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Resoconti delle Giunte e Commissioni

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CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 22 marzo 2012
627.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
ALLEGATO
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ALLEGATO 1

5-04313 Rivolta: Sulla spesa relativa alle «missioni» presso le facoltà di Agraria.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole interrogante espone le difficoltà che incontra la facoltà di agraria nell'avvalersi di collaboratori esterni per le attività di ricerca, sottolineando in particolare come l'articolo 18, comma 5, della legge n. 240 del 2010, riserva la partecipazione ai gruppi, ai progetti e alle attività di ricerca svolti presso le università a una serie di categorie di soggetti dalle quali rimarrebbero esclusi i collaboratori coordinati e continuativi, i collaboratori occasionali e professionali, il personale tecnico amministrativo a tempo determinato, i titolari di borse di studio.
Al riguardo si segnala che con il decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, sono state apportate alcune modifiche alla norma in questione volte proprio ad ampliare la platea di coloro che possono partecipare a progetti di ricerca nelle università.
In particolare, l'articolo 49, comma 1, lettera h) n. 4) del decreto-legge n. 5 del 2012 è intervenuto sull'articolo 18, comma 5, lettera e), della legge n. 240 del 2010, da un lato eliminando il riferimento al rapporto di lavoro a tempo indeterminato del personale tecnico amministrativo, dall'altro richiamando i soggetti esterni alle università, così consentendo una estensione dell'ambito applicativo della disposizione in esame sia ai dipendenti dell'università con qualifica di tecnico amministrativo e rapporto di lavoro a tempo determinato, sia ad altre categorie di soggetti non dipendenti, purché in possesso di specifiche competenze nell'ambito della ricerca.
Il successivo punto n. 5 del medesimo articolo 49, comma 1, lettera h), modificando la disposizione di cui all'articolo 18, comma 5, lettera f) con l'eliminazione del riferimento ai bandi per le borse di studio posti in essere dalle amministrazioni pubbliche, da enti pubblici o privati o da imprese, ha chiaramente ampliato la platea dei titolari di borse di studio che possono prendere parte ai gruppi e progetti di ricerca svolti presso le università con ulteriore estensione dell'applicazione della disposizione a soggetti precedentemente dalla stessa non contemplati.

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ALLEGATO 2

5-04882 Sbrollini: Richiesta di accertamenti ispettivi presso la scuola dell'infanzia di Rettorgole, nell'istituto comprensivo del comune di Caldogno (VI).

TESTO DELLA RISPOSTA

Riguardo alla vicenda esposta dall'onorevole interrogante si rappresenta preliminarmente che la stessa, considerata la delicatezza degli interessi coinvolti, è attentamente seguita dagli uffici dell'amministrazione scolastica.
Il competente Direttore scolastico regionale per il Veneto, interpellato sull'argomento, ha esposto quanto segue.
In data 8 aprile 2010 alcuni genitori dell'Istituto comprensivo di Caldogno presentavano un esposto all'Ufficio scolastico territoriale di Vicenza con cui segnalavano comportamenti gravemente scorretti posti in essere da un'insegnante di scuola dell'infanzia, all'epoca dei fatti in servizio presso il medesimo Istituto.
Il citato ufficio scolastico, in considerazione della gravità di quanto segnalato, provvedeva il giorno stesso ad inoltrare l'esposto al dirigente della Questura il quale, nel comunicare l'avvio degli accertamenti del caso e di tutte le iniziative correlate, richiedeva all'amministrazione scolastica di non sovrapporsi alle indagini in corso con iniziative parallele.
In ragione delle continue contestazioni sulla propria persona, l'insegnante coinvolta (alla quale il dirigente scolastico dell'Istituto aveva intanto affiancato altro insegnante onde evitare possibili situazioni di rischio) formulava comunque domanda di mobilità ottenendo il trasferimento per l'anno scolastico 2010/2011 presso altra scuola dell'infanzia di Vicenza.
Alla notevole risonanza data alla vicenda dalla stampa conseguiva però che anche il trasferimento presso la nuova sede veniva accompagnato da lamentele e manifestazioni di dissenso: ancor prima dell'arrivo della docente presso la nuova scuola dell'infanzia i genitori dei futuri allievi si premuravano di inviare all'Ufficio scolastico e alla stampa locale le loro rimostranze, costringendo così il dirigente scolastico ad emanare una specifica circolare per chiarire che la docente avrebbe preso servizio presso la nuova sede per effetto di trasferimento volontario e non in ragione di un provvedimento disciplinare, e che nei suoi confronti non esisteva agli atti alcun elemento, atto o fatto, che ne mettesse in discussione l'idoneità all'insegnamento.
Il Direttore generale regionale ha in particolare sottolineato che, prescindendo da tale iniziale dissenso espresso dai genitori ancor prima di conoscere la docente, non è successivamente pervenuta alcuna segnalazione di comportamenti contrastanti con i doveri professionali, né durante l'anno scolastico 2010/2011 né durante l'anno scolastico in corso.
Per quanto attiene alle indagini giudiziarie, è stato fatto presente che le stesse sono in corso e risultano vincolate dal segreto istruttorio; conseguentemente le richieste di informazioni avanzate al magistrato incaricato non hanno avuto, per ora, alcun seguito.
Ciò posto, si assicura nuovamente che l'Ufficio scolastico regionale segue il caso con la massima attenzione e che, non appena la magistratura avrà reso note le sue decisioni, procederà agli eventuali adempimenti di propria competenza che risultassero necessari o, comunque, opportuni.

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ALLEGATO 3

5-05352 Pes: Sull'assegnazione di cattedre di sostegno a docenti in esubero privi dei titoli prescritti.

TESTO DELLA RISPOSTA

L'onorevole interrogante chiede chiarimenti circa l'assegnazione delle cattedre di sostegno ai docenti in esubero privi della specializzazione prevista dalla legge n. 104 del 1992.
Al riguardo si ricorda anzitutto che con decreto interministeriale emesso di concerto con il Ministro dell'economia e finanze si procede annualmente alla determinazione delle dotazioni organiche del personale docente, alla relativa quantificazione a livello nazionale e regionale e alla definizione dei criteri di riparto da adottare con riferimento alle diverse realtà provinciali e alle singole istituzioni scolastiche.
Le operazioni di elaborazione dell'organico di diritto e dell'organico di fatto debbono comunque concludersi raggiungendo gli obiettivi finanziari di contenimento della spesa di cui al Piano programmatico previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008).
Le attività volte al corretto e regolare avvio dell'anno scolastico si traducono nelle complesse procedure dei trasferimenti, utilizzazioni, assegnazioni provvisorie e immissioni in ruolo, che riguardano l'organico di diritto, e nell'attribuzione degli incarichi a tempo determinato, che attengono invece alle situazioni di fatto.
È di tutta evidenza che l'attribuzione degli incarichi a tempo determinato al personale docente non di ruolo avviene dopo aver disposto le utilizzazioni dei docenti con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Per il corrente anno scolastico 2011/2012 il Ministero ha diramato le istruzioni per le utilizzazioni di detto personale con l'ordinanza n. 64 del 21 luglio 2011.
Tale ordinanza prevede, all'articolo 2, comma 1, lettera h), che sono destinatari delle utilizzazioni, tra gli altri, anche «i docenti, appartenenti a ruoli, posti o classi di concorso in esubero, che richiedano l'utilizzazione in altri ruoli, posti o classi di concorso per cui hanno titolo, ivi compresi i posti assegnati alla scuola secondaria di II grado per le attività di potenziamento dell'offerta formativa, o su posti di sostegno, nell'ambito del ruolo di appartenenza, anche se privi del titolo di specializzazione, nella provincia nei limiti dell'esubero».
La medesima ordinanza precisa tuttavia, all'articolo 4, che l'impiego su posti di sostegno è subordinato alla mancanza di docenti specializzati, sia a tempo indeterminato che aspiranti a supplenza e, al successivo articolo 9, stabilisce che le operazioni per la copertura dei posti di sostegno, mediante utilizzazione a domanda dei docenti non fomiti del prescritto titolo e titolari su posto comune, vengono disposte dopo aver accantonato un numero di posti di sostegno corrispondente ai docenti specializzati aspiranti a rapporto di lavoro a tempo indeterminato o determinato.
Conseguentemente, prima di procedere all'utilizzazione dei docenti di ruolo privi del titolo di specializzazione, l'amministrazione scolastica deve destinare i posti di sostegno ai docenti non di ruolo specializzati inclusi nelle graduatorie provinciali degli aspiranti alla nomina annuale. Soltanto nel caso in cui il contingente di posti

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di sostegno non possa essere ricoperto con i docenti specializzati a causa dell'insufficiente numero di questi ultimi, l'amministrazione può ricoprire i posti residuati ricorrendo all'utilizzazione dei docenti di ruolo non specializzati.
Poiché le operazioni di utilizzazione dei docenti di ruolo in esubero, come sopra specificato, precedono temporalmente il conferimento delle supplenze, gli accantonamenti previsti dall'articolo 9 della citata ordinanza n. 64 sono appunto finalizzati ad impedire il verificarsi di situazioni come quelle descritte nell'atto parlamentare.
Da quanto esposto sopra si evince che le istruzioni ministeriali relative alle operazioni per l'avvio dell'anno scolastico, alle quali si conformano gli uffici periferici, sono in linea con le prescrizioni della legge n. 104 del 1992.
Non specificando, l'onorevole interrogante, in quali province, secondo quanto denunciato dal sindacato nazionale degli insegnanti di sostegno, gli uffici di ambito territoriale avrebbero proceduto in maniera difforme a quanto previsto dall'ordinanza n. 64, non si è in grado di fornire alcuna ulteriore precisazione al riguardo.

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ALLEGATO 4

5-06087 De Pasquale: Sulla fruizione di permessi artistici da parte dei maestri dipendenti dalle fondazioni lirico-sinfoniche.

TESTO DELLA RISPOSTA

Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole De Pasquale chiede di sospendere ogni provvedimento in vigore che limiti la possibilità di usufruire di permessi artistici, da parte dei maestri dipendenti presso le fondazioni liriche.
Al riguardo, occorre premettere che la ragione che ha indotto il legislatore della legge n. 100/2010, che ha convertito il decreto legge n. 64/2010, a porre una netta cesura temporale, con la data del 1o gennaio 2012, alla possibilità di concedere permessi artistici (e professionali) individuali deriva dal problema generale della crisi del settore lirico-sinfonico e dal problema particolare - concausa non ultima del primo - della difficoltosa organizzazione del lavoro nei Teatri d'opera.
Le quattordici Fondazioni, con poche eccezioni, soffrono da lustri di una crisi patrimoniale ed economico-finanziaria che la riforma del 1996 non ha risolto: patrimoni il cui valore è inferiore allo stesso valore d'uso (indisponibile) delle sedi, centinaia di milioni di euro di debiti, costante ricorso ad oneroso credito bancario nonostante la prontezza del conferimento dei contributi dello Stato, conti economici che espongono perdite di milioni di euro esercizio dopo esercizio, con costi in primis del personale che hanno raggiunto il valore di 314 milioni di euro, a fronte di un FUS di settore che non supera i 300 milioni.
Queste, in estrema sintesi, le pecche del settore cui il Ministro Bondi ha inteso porre rimedio, sia disponendo commissariamenti sia promuovendo la legge di che trattasi.
Oggetto principale di intervento della legge del 2010 è stato pertanto la materia del trattamento giuridico-economico del personale dipendente, le cosiddette masse artistico-tecniche-amministrative la cui gestione ed il cui costo sono così platealmente non funzionali ai fini istituzionali da paralizzare anche la migliore buona volontà degli amministratori.
Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, già in sé farraginoso quanto ad orari, turni, permessi, ovvero quanto alla organizzazione del lavoro, è stato negli anni «doppiato» in sede aziendale da contratti integrativi che solo in rari casi hanno restituito al Teatro sottoscrittore il necessario respiro operativo, ed hanno comportato nuovi esborsi in misura tale da fruttare ai dipendenti vantaggi economici superiori anche al 50 per cento del valore economico del contratto collettivo nazionale di lavoro. Dal 2003 manca l'adozione di un nuovo Contratto nazionale.
La legge n. 100/2010 ha quindi, in omaggio alla natura di organismi di diritto pubblico comunque rivestita dalle quattordici Fondazioni, ricondotto la contrattazione nell'alveo dell'ARAN, ha congelato la contrattazione integrativa rinviando la possibilità di sottoscrivere nuovi accordi successivamente alla adozione di un razionale e moderno contratto collettivo nazionale di lavoro, è intervenuta, infine, su un tema basilare per la organizzazione dei Teatri: i permessi artistico-professionali.
Sino al 31 dicembre 2011 (il legislatore ha pertanto concesso un largo margine di tempo alle parti sociale e ai datori di lavoro) i sovrintendenti potevano concedere permessi, richiesti in genere dagli

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orchestrali, per svolgere «extra moenia» attività di alto valore artistico-professionale; in alcuni Teatri sussiste inoltre la particolarità della presenza dei corpi artistici autonomi (articolo 23 decreto legislativo n. 367/96), quale ad esempio la Filarmonica della Scala, operanti con propri spettacoli nello stesso Teatro e fuori di esso e pertanto con problemi di coordinamento delle attività parallele. I permessi artistici autonomi ad personam comportavano due problemi: la necessità di riorganizzare il lavoro dell'orchestra o del coro per sopperire alla mancanza di elementi (in genere i più apprezzati) ed il costo per gli eventuali «aggiunti» in sostituzione dei primi. Con il tempo le richieste si sono moltiplicate a dismisura.
Il problema ha - sia detto solo per inciso - anche natura sociale, in quanto l'eccesso di prestazioni artistiche svolte dai professionisti dipendenti delle Fondazioni può precludere ai giovani e numerosi diplomati di conservatorio di poter trovare collocazione nel mondo del lavoro: in sintesi l'attuale sistema aggrava il problema dell'occupazione giovanile.
Occorre aggiungere che, con la legge n. 100/2010, non si è voluto limitare le prestazioni lavorative rese dai dipendenti anche presso i Conservatori di musica. In materia non si deve neppure sottacere che la legge n. 498/92, fatta salva dalla legge n. 100/2010, stabilisce comunque che «il rapporto di lavoro a tempo indeterminato del personale amministrativo, artistico e tecnico degli enti lirici e delle istituzioni concertistiche assimilate è incompatibile con qualsiasi altro lavoro dipendente pubblico o privato. Coloro che vengono a trovarsi in situazione di incompatibilità possono optare entro trenta giorni per la trasformazione del rapporto in contratto a tempo determinato di durata biennale».
In sintesi: aggiuntivo sforzo organizzativo ed economico dei Teatri, disaffezione di molti lavoratori anche tecnici e amministrativi attratti da guadagni e prestigio all'esterno, calendarizzazione degli spettacoli da mediare anche con i corpi artistici autonomi, assenze di vario genere, produzione numericamente insoddisfacente, erano e sono falle di sistema, alcune delle quali postulavano un rimedio urgente a prescindere dalla adozione del nuovo contratto collettivo nazionale di lavoro, a seguito della quale i permessi artistici potranno essere «re-ingegnerizzati».
In ragione di quanto sopra la circolare del 19 gennaio 2012 (confermativa di altra circolare del 31 ottobre 2011 che rammentava la scadenza) nel riaffermare il rigore della norma ha inteso contemperare prudentemente esigenze contrapposte, interpretandola in realtà estensivamente; in tal senso si è ritenuto dall'analisi del testo di legge di poter affrancare i Corpi artistici dal rigore della medesima, anche in virtù del tendenziale ritorno economico per l'ente, e di consentire tuttora il lavoro esterno di quei dipendenti per attività non direttamente rientranti nel profilo d'area di inquadramento.
Appare evidente che anche istituzioni di alto livello culturale, quale la Scuola di Musica di Fiesole evocata dagli interroganti, non possono a fronte di tale quadro avanzare pretese di affrancamento dal rigore della norma, la cui genesi è stata solo dianzi rammentata.
Peraltro, attese le risultanze dell'incontro che l'onorevole Ministro ha avuto con le organizzazioni sindacali nazionali delle Fondazioni in relazione al rinnovo del contratto nazionale di lavoro, incontro nel quale è stato trattato anche il problema specifico di che trattasi, si può soggiungere che nulla osta da parte di questa Amministrazione all'adozione di uno stralcio di contrattazione avente quale precipuo oggetto quello dei permessi artistici. Si può pertanto ragionevolmente confidare in una soluzione di tale problema affidato al metodo della contrattazione, così come previsto dalle norme vigenti.

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ALLEGATO 5

5-06096 Zazzera: Sul mancato accesso al contributo per attività artistiche e corali da parte dell'associazione «Amici della Musica» di Monopoli (BA).

TESTO DELLA RISPOSTA

Mi riferisco all'interrogazione con la quale l'onorevole Zazzera chiede ragione del mancato inserimento dell'Associazione Amici della Musica tra le Associazioni destinatarie del contributo statale.
Al riguardo, occorre premettere che il possesso da parte dell'Organismo richiedente il contributo, dei requisiti di accesso previsti dall'articolo 11 del decreto ministeriale 9 novembre 2007, non garantisce di per sé l'assegnazione del contributo, ma unicamente l'obbligo da parte della Direzione generale per lo spettacolo dal vivo, di sottoporre il progetto artistico al parere della Commissione Consultiva per la Musica.
La Commissione si pronuncia sulla validità artistica del progetto valutato in sé stesso e in relazione a tutti quelli pervenuti per l'anno di riferimento. Tale iter comporta necessariamente l'esclusione di alcune istanze di contributo, in considerazione delle limitate risorse finanziarie disponibili sul Fondo Unico Spettacolo.
Infatti i contributi sono assegnati sia tenendo conto del considerevole numero di domande presentate ogni anno che delle numerose istanze «nuove», ovvero non finanziate negli anni precedenti.
In tale prospettiva, riveste notevole importanza la valutazione qualitativa espressa dalla Commissione, valutazione di carattere prettamente discrezionale.
Si tenga conto, a tal proposito, che l'articolo 5, comma 9 del sopra citato decreto ministeriale 9 novembre 2007, così come modificato dall'articolo 1, comma 4 del decreto ministeriale 3 agosto 2010 recita: «la valutazione qualitativa può essere positiva o negativa» e che tale valutazione, nella seconda ipotesi «azzera la base quantitativa determinando il rigetto della domanda di contributo per carenza qualitativa del progetto contenuto nella domanda stessa».

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ALLEGATO 6

Schema di decreto legislativo recante revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti (Atto 436).
(Articolo 5, commi 1, lettere a) e d), 3, lettera f), 6 e 7, della legge 30 dicembre 2010, n. 240).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione),
esaminato lo schema di decreto legislativo recante revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti (Atto n. 436);
tenuto conto delle audizioni svolte dalla Commissione;
considerato che l'articolo 11, comma 3 innova la disciplina vigente in materia di collaborazioni degli studenti, prevedendo l'onere, in capo alle Università, di provvedere non solo alla copertura assicurativa contro gli infortuni, come previsto dall'articolo 13, comma 2, della legge 2 dicembre 1991, n. 390, ma anche al versamento dei contributi previdenziali;
considerato altresì che l'obbligo di versamento dei contributi previdenziali cambierebbe la natura delle collaborazioni studentesche, che attualmente non configura in alcun modo un rapporto di lavoro subordinato, rendendole inidonee al conseguimento delle finalità per cui sono state istituite;

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) venga assicurato che il nuovo sistema, configurato dal provvedimento in esame, non determini una riduzione delle risorse complessive a disposizione del diritto allo studio, ma anzi consenta di coprire un maggior numero di idonei, rivedendo il sistema di contribuzione studentesca in senso progressivo, volto ad incrementare la consistenza delle risorse disponibili;
2) all'articolo 11, comma 3, vengano soppresse le parole «nonché al versamento dei contributi previdenziali»;

e con le seguenti osservazioni:
a) valuti il Governo la possibilità di prevedere una disciplina specifica di riconoscimento e accreditamento delle Scuole di alta formazione attivate dagli atenei;
b) valuti il Governo l'opportunità di salvaguardare l'autonomia della Provincia autonoma di Trento in materia di diritto allo studio, richiamando espressamente le relative disposizioni;
c) all'articolo 16, in rubrica e al comma 1, si valuti l'opportunità di aggiungere, dopo la parola «collegio», le parole «di merito»;
d) all'articolo 16, comma 3, si valuti l'opportunità di sostituire il termine di novanta giorni con il termine di centoventi giorni;
e) all'articolo 17, in rubrica e al comma 1, si valuti l'opportunità di aggiungere, dopo la parola «collegio», le parole «di merito»;

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f) all'articolo 17, si sostituisca il comma 3 con il seguente: «Con successivo decreto ministeriale, saranno individuati i parametri specifici per la dimostrazione dei requisiti di cui al comma 2 e le modalità di verifica della permanenza dei requisiti medesimi.»;
g) all'articolo 17, comma 4, si valuti l'opportunità di sostituire il termine di sessanta giorni con il termine di centoventi giorni;
h) all'articolo 17, comma 5, si valuti l'opportunità di eliminare le seguenti parole: «compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e secondo modalità e condizioni definite con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
i) all'articolo 17, si valuti l'opportunità di sostituire il comma 6 con il seguente: «Con proprio decreto, il Ministero definisce modalità e condizioni di accesso ai finanziamenti statali per i collegi universitari accreditati, compatibilmente con le risorse finanziarie.»;
l) all'articolo 20, si valuti l'opportunità di riservare 50.000 euro annui per il funzionamento dell'Osservatorio nazionale per il diritto allo studio, con corrispondente riduzione del Fondo integrativo statale.

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ALLEGATO 7

Schema di decreto legislativo recante revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti (Atto n. 436).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO ZAZZERA

La VII Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo n. 436 recante la revisione della normativa di principio in materia di diritto allo studio e valorizzazione dei collegi universitari legalmente riconosciuti;
premesso che:
questo nuovo schema decreto modificherà alla radice tutto il sistema di diritto allo studio in Italia e l'introduzione dei Lep è senz'altro da ritenersi favorevolmente ai fini della definizione di nuovi e migliori criteri per l'assegnazione delle borse e la determinazione dei servizi agli studenti;
per garantire realmente agli universitari dei servizi adeguati, è necessario si debba procedere ad una definizione di un finanziamento stabile dei Lep, che non viene previsto in questo schema di decreto; pertanto è' da stigmatizzare la mancata definizione dei nuovi importi delle borse di studio e dei nuovi criteri economici e di merito per l'accesso ai Lep;
l'articolo 18 dello schema di decreto individua il sistema di finanziamento delle borse di studio - nelle quali, si concretizza la declinazione dei LEP -, disponendo, altresì, sul finanziamento degli altri strumenti e servizi relativi al diritto allo studio; per la copertura del fabbisogno indicato, il comma 1 fa riferimento al Fondo integrativo statale per la concessione di borse di studio e, ai sensi del comma 2, le regioni e le province autonome assicurano, nell'ambito delle risorse proprie, la definizione dei requisiti di eleggibilità riferiti alla condizione economica dello studente in misura superiore almeno del 10 per cento rispetto a quelli assicurati dallo Stato a garanzia dei livelli delle prestazioni;
pertanto la seconda modalità di copertura del fabbisogno finanziario necessario per garantire, attraverso la borsa di studio, i LEP, è costituita dal gettito derivante dall'importo della tassa regionale per il diritto allo studio (comma 1, lett. b);
l'aumento delle tasse che sarà conseguenza inevitabile, rappresenta una misura oltremodo deprecabile, in particolare in questo momento di crisi economica e di sotto-finanziamento del sistema universitario; gli studenti non solo saranno i primi finanziatori del sistema di diritto allo studio ma si ritroveranno a pagare l'anno prossimo tasse molto più alte di quelle oggi esistenti in molte regioni;
l'ambito di applicazione del decreto non comprende le Università non statali, tuttavia all'articolo 9 comma 8 si dispone che le università non statali legalmente riconosciute riservano agli studenti capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, una quota del contributo statale di cui alla L. 243 del 1991 concedendo gli esoneri totali di cui al comma 2 (relativi, cioè, agli studenti con i requisiti di eleggibilità per il conseguimento della borsa di studio e agli studenti con un grado di invalidità superiore

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al 66 per cento - non viene, quindi, fatto riferimento agli esoneri di cui ai commi 3 e 4) ed ulteriori esoneri stabiliti autonomamente, tenendo conto dei criteri di cui al comma 5;
dunque, il comma 10 dispone che, al fine di garantire alle stesse università una adeguata copertura degli oneri finanziari, nel riparto dei contributi di cui alla citata L. 243 del 1991, il Ministro definisce specifici incentivi che tengono conto dell'impegno nelle politiche per il diritto allo studio, con particolare riferimento all'incremento del numero degli esoneri totali dalla tassa di iscrizione e dai contributi universitari, rispetto all'anno accademico 2000-2001, degli studenti che presentino i requisiti di eleggibilità per il conseguimento della borsa di studio;
l'articolo 10 conferisce a regioni, province autonome, università e istituzioni AFAM, nonché agli enti erogatori dei servizi concernenti il diritto allo studio, nelle more dell'attuazione delle disposizioni di cui all'articolo 38, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010 (L. 122/2010), la potestà di procedere al controllo della veridicità della situazione familiare dichiarata dallo studente, confrontando i dati reddituali e patrimoniali dichiarati dai beneficiari degli interventi con i dati in possesso del sistema informativo dell'Agenzia delle Entrate; a tal proposito sarebbe auspicabile che i controlli fiscali fossero effettuati sulle richieste di esenzione e non sui beneficiari, mediante un meccanismo automatico con relative sanzioni al fine di inibire all'origine le richieste palesemente non consone ai requisiti richiesti;
sarebbe opportuno prevedere all'articolo 8, che dispone sui requisiti di eleggibilità per l'accesso ai LEP, che i redditi dei lavoratori precari, contenuti in limiti prestabiliti, non concorressero alla determinazione della situazione patrimoniale;
considerato che:
la situazione strutturale del diritto allo studio contempla regolarmente un'insufficienza di fondi per garantire gli idonei, un quarto dei quali è non beneficiario e questo ha già determinato uno sforzo delle regione che pesa sempre su studenti e famiglie;
si creerà inevitabilmente la situazione paradossale di studenti idonei non beneficiari che si troveranno a pagare più tasse oltre che a non ricevere la borsa di cui hanno diritto, con il rischio che gli idonei non beneficiari, con il verificarsi di simili scenari, si trovino impossibilitati a completare gli studi;
sono innumerevoli le situazioni in cui anche gli studenti beneficiari stanno subendo ritardi e blocchi delle borse;
la congiuntura economica sfavorevole e la condizione giovanile, con la disoccupazione al 30 per cento e la difficoltà intrinseca di trovare lavoro prima, dopo e durante gli studi;
il governo si è assunto l'impegno per lo sviluppo e la crescita, è necessario eliminare simili negazioni del principio di pari opportunità ed è più che mai indispensabile sostenere i giovani meritevoli;
l'attuale calpestamento del diritto allo studio, della cultura e della formazione, dovuto al precedente governo, ci preclude totalmente l'unica vera via d'uscita dalla crisi, un'economia fondata sull'innovazione e sulla conoscenza;
lo schema di decreto all'esame, in attuazione del titolo v, parte II della Costituzione, si prefigge la garanzia del Diritto allo studio universitario, diritto sociale e civile costituzionalmente riconosciuto dall'articolo 34 della Costituzione, attraverso la determinazione dei Livelli Essenziali di prestazioni, ma in pratica esso non risponde a nessuna delle reali necessità connesse alle finalità dichiarate;

esprime:

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 8

Schema di decreto legislativo recante disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei (Atto 437).
(Articolo 5, commi 1, lettere b) e c), 4, lettere da b) a f), 5 e 7, della legge 30 dicembre 2010, n. 240).

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La VII Commissione (Cultura, scienza ed istruzione),
esaminato lo schema di decreto legislativo recante disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei (Atto n. 437);

esprime

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) all'articolo 4, comma 2, sia specificato che si fa riferimento alla programmazione di ateneo e che le disposizioni ivi previste hanno valore di indirizzo (e non di vincolo) e validità per il primo triennio di programmazione dall'entrata in vigore del decreto; alla lettera a) sia previsto che il rapporto tra professori di prima fascia e professori di prima e seconda fascia sia contenuto entro il valore del 50 per cento al posto del 40 per cento, eliminando altresì il riferimento al posizionamento dei dipartimenti nel primo decile della valutazione VQR; alla lettera c) sia eliminato il riferimento ai criteri definiti ogni triennio con decreto del Ministro;
2) all'articolo 4, comma 4 prevedere che l'adozione dei piani sia riferita a ciascun triennio di programmazione e sia aggiornata annualmente in sede di approvazione del bilancio di previsione triennale;
3) all'articolo 5, commi 2 e 5, si tenga conto che:
a. devono essere fatte salve e quindi considerate a riduzione delle relative spese di personale le entrate da soggetti pubblici o privati coperte da convenzioni già stipulate dagli atenei per il finanziamento di posti di personale docente e ricercatore antecedenti all'entrata in vigore della legge 240/10;
b. devono essere considerati i finanziamenti da soggetti pubblici e privati destinati a coprire costi di personale già strutturato presso l'ateneo e quelli relativi a spese per contratti di insegnamento e personale a tempo determinato;
4) all'articolo 6, comma 3, si preveda che all'onere di ammortamento annuo siano sottratti i relativi contributi statali per l'edilizia e tale risultato sia quindi rapportato alle altre voci di entrata al netto delle solo spese di personale, senza tenere conto delle spese per fitti passivi; conseguentemente si chiede di modificare anche il comma 4, eliminando il riferimento ai fitti passivi;
5) all'articolo 7, comma 1:
a. si limitino le disposizioni ivi previste riferite alle limitazioni all'assunzione di personale al solo anno 2012, armonizzando i contenuti del comma a quanto previsto a legislazione vigente dal DL 112/08 in cui si prevede per le università un contingente assunzionale massimo

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per un importo non superiore al 50 per cento delle corrispondenti cessazioni di personale a tempo indeterminato dell'esercizio precedente, fermo restando che tali disposizioni devono consentire al sistema universitario nel suo complesso di utilizzare interamente il 50 per cento disponibile;
b. si rinvii a successivo DPCM da adottarsi su proposta del Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, d'intesa con il Ministro dell'Economia e delle Finanze la definizione delle regole assunzionali relative al triennio 2013 - 2015, prevedendo che le disposizioni in esso contenute consentano un adeguato tasso di sostituzione del personale in uscita e al contempo rendano possibile le progressioni di carriera sulla base della sostenibilità accademica e finanziaria dell'organico docente nel suo complesso, ripartito equamente tra gli atenei in relazione al rispettivo quadro finanziario. Tale previsione è necessaria per allineare le regole agli obiettivi di programmazione del sistema universitario per il triennio 2013 - 2015;
6) all'articolo 9, comma 1, lettera a) si elimini la parte in cui si fa riferimento alla coerenza con gli indicatori utilizzati per l'attribuzione dell'abilitazione scientifica nazionale, nonché dei risultati, ove disponibili, della VQR;
7) all'articolo 9, comma 2 si preveda che nel decreto richiamato sia riportato anche il periodo di tempo a cui si fa riferimento nella valutazione delle politiche di reclutamento degli atenei;
8) all'articolo 11, comma 1, lettera b) si specifichi che l'abrogazione fa riferimento esclusivamente al primo periodo dell'articolo 1, comma 1, del decreto legge 180/2008 convertito con modificazione nella legge 1/2009.

e con le seguenti osservazioni:
a) i contenuti dell'articolo 3 siano armonizzati rispetto a quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio 2012, n. 18 relativo a «Introduzione di un sistema di contabilità economico-patrimoniale e analitica, del bilancio unico e del bilancio consolidato nelle università, a norma dell'articolo 5, comma 1, lettera b), e 4, lettera a), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;
b) all'articolo 5, comma 1 si specifichi che le spese di personale sono quelle riferite alla competenza dell'anno;
c) all'articolo 5, comma 2, lettera e) si specifichi che i contratti di insegnamento sono quelli previsti dall'articolo 23 della legge 240/10;
d) all'articolo 7, comma 1, lettere da a) a d) relativamente alla modalità di determinazione delle quote assunzionali massime di ogni ateneo e fatto salvo il contingente minimo del 10 per cento rispetto alla minore spesa per cessazioni dell'anno precedente che si ritiene possa essere assicurato a tutti gli atenei, si proceda a semplificare la determinazione delle stesse in modo che sia graduata pur tenendo conto della situazione delle spese di personale e della situazione di indebitamento e assicurando in ogni caso modalità di determinazione delle quote che siano proporzionalmente maggiori per gli atenei che presentano situazione maggiormente virtuose rispetto alla combinazione di tali indicatori;
e) nel testo del decreto, laddove si fa riferimento a date e termini temporali relativi ad adempimenti degli atenei o del Ministero (es. verifica parametri di indebitamento e spese di personale, adozione e aggiornamento dei piani triennali e loro comunicazione da parte degli atenei, ecc.), si valuti l'opportunità di eliminare tali termini rinviandone la determinazione a specifici provvedimenti ministeriali in modo da consentire che le scadenze siano coerenti ai tempi con cui il Ministero sarà in grado di adottare i provvedimenti di sua competenza (es. determinazione del FFO, i criteri della programmazione triennale del sistema universitario).

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ALLEGATO 9

Schema di decreto legislativo recante disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei (Atto n. 437).

PROPOSTA DI PARERE ALTERNATIVO PRESENTATA DAL DEPUTATO ZAZZERA

La VII Commissione,
esaminato lo schema di decreto legislativo n. 437 recante disciplina per la programmazione, il monitoraggio e la valutazione delle politiche di bilancio e di reclutamento degli atenei;
premesso che:
lo schema di decreto legislativo all'esame della Commissione è emanato a seguito della delega al Governo contenuta nell'articolo 5, commi 1, lettere b) e c), 4, lettere da b) a f), 5 e 7 della legge n. 240/2010;
le norme citate prevedono che il Governo debba adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi, finalizzati alla riforma di differenti aspetti del sistema universitario, tra cui: la «revisione della disciplina concernente la contabilità, al fine di garantirne coerenza con la programmazione triennale di ateneo, maggiore trasparenza ed omogeneità, e di consentire l'individuazione della esatta condizione patrimoniale dell'ateneo e dell'andamento complessivo della gestione; previsione di meccanismi di commissariamento in caso di dissesto finanziario degli atenei» (articolo 5, comma 1, lett. b)); l'»introduzione, sentita l'ANVUR, di un sistema di valutazione ex post delle politiche di reclutamento degli atenei, sulla base di criteri definiti ex ante» (articolo 5, comma 1, lett. c));
l'articolo 3, del provvedimento all'esame, in attuazione del criterio direttivo di cui all'articolo 5, comma 4, lett. b), della L. 240/2010, introduce l'obbligo dell'adozione di un piano economico finanziario triennale che, come evidenzia l'AIR, è propedeutico alla programmazione triennale del personale;la finalità è quella di garantire la sostenibilità nel medio periodo di tutte le attività;
è necessario che i piani triennali per il reclutamento debbano tener conto dell'effettivo fabbisogno del personale al fine del miglioramento delle attività didattica e di ricerca e dei servizi e della sostenibilità della spesa; risultano dunque indispensabili, per un'efficace opera di programmazione, le risorse a disposizione degli atenei;
il piano di cui all'articolo 3, in un quadro di risorse decrescenti, rappresenta solo uno strumento di più efficace gestione dei tagli e di riduzione dell'impegno pubblico che non risolverebbe in alcun modo né l'esigenza di una più efficace ricaduta dell'attività di programmazione sull'erogazione dei servizi e sulla capacità di promuovere ricerca e didattica di qualità, né le necessità di qualificazione del personale docente e non docente;
appare condivisibile quanto ha affermato il CUN in sede di audizione che nel loro complesso «Si tratta di soluzioni nelle quali è facile riconoscere il proseguimento delle politiche di ridimensionamento, o comunque contenimento, del sistema universitario»
all'articolo 4 di definiscono i parametri di numerosità per gli appartenenti

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alla I e alla II fascia della docenza, ovvero «che la percentuale dei professori di I fascia sia contenuta entro il 40 per cento dei professori di I e II fascia»; i dipartimenti che si collocano nel primo decile della VQR possono derogare al limite del 40 per cento fino ad un massimo del 50 per cento;
se da un lato la succitata disposizione appare inutilmente centralistica e di difficile attuazione, dall'altro non è chiaro come possano interagire la deroga prevista per i singoli dipartimenti con i vincoli posti agli atenei. Non chiaro è cosa accade ad un dipartimento che, sulla base di una valutazione positiva, abbia equilibrato al 50 per cento il rapporto tra docenti di I e II fascia quando, ad una successiva valutazione, esca dal decile superiore;
nella stessa ottica di una eccessivamente minuziosa definizione di parametri connessi al reclutamento, il decreto stabilisce che gli atenei devono provvedere al reclutamento di ricercatori a tempo determinato di cui al comma b dell'articolo 24, comma 3 della 240/2010 in un numero almeno pari al numero dei professori di prima fascia reclutati nello stesso periodo;
dati gli attuali e futuri drammatici limiti di risorse, a cui si aggiungono questi vincoli numerici sul reclutamento nonché i vincoli al turn-over è plausibile che i numeri di riferimento risultino alla fine drasticamente bassi, rendendo impossibile una programmazione del reclutamento legata alle esigenze didattiche e scientifiche, obbligando piuttosto ad una programmazione connessa al riempimento di caselle percentuali tra i diversi ruoli e le diverse fasce;
l'obiettivo complessivo della disposizione di cui all'articolo 4 è il riequilibrio nella composizione dell'organico e in base al comma 2, lett. da a), si tratta di:
a) realizzare un equilibrio nella composizione dell'organico «del personale docente e ricercatore», in modo che, sul totale dei docenti delle due fasce, la percentuale di professori di prima fascia sia contenuta entro il 40 per cento, ovvero entro il 50 per cento per i dipartimenti che si posizionano nel primo decile della Valutazione della qualità della ricerca (VQR);
non si comprende se quanto previsto dall'articolo 4, c. 2, lettera a) si riferisca alla totalità dell'Ateneo o, come parrebbe, ai singoli Dipartimenti, non c'è dubbio che l'applicazione rigida del sistema di turn-over previsto da questo decreto comporterebbe una riduzione progressiva degli organici, già pesantemente decurtati nel corso dell'ultimo triennio e su livelli molto ridotti in qualunque confronto internazionale; inoltre, si osserva come quest'ultimo vincolo appare essere in contraddizione con la seconda frase della lettera c) dello stesso comma 2, dove si recita «..da assicurare un'adeguata possibilità di consolidamento e sostenibilità dell'organico dei professori...».;
in ogni caso, nell'attuale schema non si salvaguardano le specificità dei singoli Atenei in materia di composizione dell'organico docente;
l'articolo 5 definisce il limite massimo dell'incidenza delle spese di personale (assegni fissi per il personale docente e ricercatore a tempo indeterminato e determinato; assegni fissi per il personale dirigente, tecnico-amministrativo e per i collaboratori ed esperti linguistici a tempo indeterminato e determinato; trattamento economico del direttore generale; fondi destinati alla contrattazione integrativa; contratti di insegnamento), sostenute nell'anno di riferimento, che non deve superare l'80 per cento delle entrate date dalla somma algebrica dei contributi statali per il funzionamento, e da tasse, soprattasse e contributi universitari riscossi nello stesso anno;
si sancisce quindi attraverso questo decreto una progressiva ed ulteriore riduzione del corpo docente, ad oggi tra i più bassi d'Europa secondo i parametri della media OCSE. Se un ateneo adotterà comportamenti «virtuosi» potrà al massimo sostituire il 50 per cento dei docenti che

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ha mandato in pensione, l'università dei prossimi anni avrà quindi un numero molto più basso di docenti rispetto a quelli odierni e questo comporterà una riduzione del numero degli studenti;
appare evidente, quindi, che a fronte di un FFO costantemente in riduzione, a partire dai tagli operati dalla L.133/2008 (1,5 mld in 5 anni), l'unico dato variabile risulta essere il gettito derivante dalle tasse universitarie; pertanto sarà possibile mantenere livelli accettabili di reclutamento solo a patto del radicale innalzamento delle tasse;
finiranno per essere penalizzate le Università meridionali: da un lato non possono aumentare le tasse universitarie al di sopra di un certo limite socialmente sostenibile a causa della difficile situazione economica del territorio; dall'altro le Università meridionali sono quelle che erogano un maggior numero di rimborsi tasse per cui il valore complessivo di tasse e contributi, essendo «al netto dei rimborsi effettuati agli studenti nello stesso periodo» risulterà ancora minore del previsto,
specie in un momento di crisi economica durante la quale a fronte della contrazione dei redditi familiari aumenta il numero di studenti potenziali idonei e, al contempo, di coloro i quali potrebbero abbandonare gli studi universitari;
ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 306/1997 «la contribuzione studentesca non può eccedere il 20 per cento dell'importo del finanziamento ordinario annuale dello Stato, a valere sul fondo di cui all'articolo 5, comma 1, lettera a) e comma 3, della legge 24 dicembre 1993, n. 537. «Recentemente anche il TAR Milano ha condannato l'Università di Pavia per lo sforamento di tale limite che, tuttavia, non risulta esser rispettato da circa 33 Atenei;
all'articolo 6 si fissa il limite massimo alle spese per l'indebitamento, gli Atenei potranno contrarre mutui e indebitarsi solo ed esclusivamente per le spese di investimento entro il limite del 15 per cento dell'indicatore così definito: «L'indicatore di indebitamento degli atenei è calcolato rapportando l'onere complessivo di ammortamento annuo alla somma algebrica dei contributi statali per il funzionamento, dei contributi statali per investimento ed edilizia e delle tasse, soprattasse e contributi universitari nell'anno di riferimento,al netto delle spese di personale, così come definite all'articolo 5, comma 2 (spese di personale) e delle spese per fittivi passivi.»;
l'articolo 7 individua le combinazioni dei livelli degli indicatori di spesa per il personale e di spesa per indebitamento rilevanti, per ciascun ateneo, per la determinazione della misura delle assunzioni di personale a tempo indeterminato e del conferimento di contratti di ricerca a tempo determinato, nonché per la possibilità di contrarre nuovi mutui o altre forme di indebitamento; a tale proposito non si può non segnalare un elemento generale di criticità che riguarda proprio la scalarità proposta all'articolo 7, comma 1, lettere a-f) per quello che riguarda le spese di personale;
la scalarità nello schema è un prodotto composito di due indici, ciascuno con opzione plurime: la percentuale di superamento o di non superamento dell'80 per cento, e il superamento o non superamento dell'indicatore di indebitamento superiore al 10 o al 15 per cento; il nuovo regime, pur garantendo a tutti in pratica una quota base assunzionale pari al 10 per cento segmenta la virtuosità con percentuali estremamente basse e fortemente differenziate di spazio per le assunzioni. Lo schema di decreto propone in sostanza una correlazione fra gli indicatori da un canto e le assunzioni dall'altro, ma lo fa con una scalarità eccessiva, che ha peraltro effetti distorsivi anche quando è meno accentuata;
in sostanza si riduce in maniera drammatica le possibilità di reclutamento e avanzamento di carriera dimezzando le possibilità di utilizzo delle risorse per cessazioni, al punto che se nel 2010 gli

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atenei in media sono riusciti a mantenere un reclutamento pari al 41 per cento circa dei pensionamenti, d'ora in poi la percentuale media, stando alle simulazioni del Miur, sarà almeno dimezzata;
l'Italia è inoltre una delle nazioni con il più alto rapporto studenti/docenti (19,5 studenti per docente contro il 15.8 della media OCSE), un dato che smentisce nettamente il luogo comune che nel nostro Paese ci siano troppi docenti. In rapporto al numero di studenti, su 29 nazioni considerate ci collochiamo al ventiseiesimo posto, davanti solamente a Cile, Turchia e Slovenia che hanno meno docenti di noi;
all'articolo 8 il decreto si limita a prevedere la successiva definizione del costo standard unitario di formazione per studente in corso su parametri legati alla «durata del corso di studio, della tipologia di corso di studi, delle dimensioni dell'ateneo e dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui opera l'università». Se da un lato, non appare più rinviabile l'introduzione del costo standard unitario di formazione per studente in corso, dall'altro sarebbe auspicabile che lo stesso sia calcolato con riferimento a parametri europei riferiti a Paesi di analoga importanza economica,
considerato che:
lo schema di decreto giunge al termine di un triennio 2009-11 contestuale all'iter e all'approvazione definitiva della legge di Riforma universitaria citata in premessa e nel quale gli Atenei sono stati sottoposti a una sorta di «condizione emergenziale» in materia di risorse e di assunzioni, come confermato dal calo dell'FFO (-7,3 per cento nominale nel triennio 2009-11) e del personale docente e ricercatore (-10,5 per cento nel triennio 2009-11);
lo schema di decreto abbia la finalità di regolare in via pluriennale le spese degli Atenei in una fase in cui tuttavia non è noto l'ammontare di risorse su cui gli stessi sono chiamati a competere per il periodo della programmazione;
è indispensabile, date le premesse, un piano straordinario di reclutamento che si ponga l'obiettivo di colmare le distanza con l'Europa, tenendo conto in primo luogo della necessità di garantire l'impegno dello Stato ad offrire una formazione di qualità su tutto il territorio e programmando in seguito le risorse;
per lo stesso motivo, è necessario invertire la logica che parte dal presupposto di una necessaria decrescita del sistema universitario, a maggior ragione per il fatto che non si può chiedere alle Università italiane, a fronte di un numero di docenti drammaticamente in calo (-10,5 per cento nel triennio 2009-2011) e di una conseguente offerta formativa pericolosamente decurtata, di continuare a ridimensionarsi anche negli anni successivi al triennio «emergenziale» appena trascorso;
l'insieme dei provvedimenti configura un quadro di appesantimento burocratico, di centralizzazione ministeriale e riduzione dell'autonomia universitaria;
la rigidità prescrittiva del decreto e il principio dell'impossibilità per le università di utilizzare in maniera piena le risorse liberatesi dal turn-over, nel medio lungo periodo, a parità di entrate statali, questo comporterà la progressiva riduzione delle unità di personale a meno di non prevedere un significativo aumento della tassazione studentesca;
pur rimanendo invariata la disposizione di legge che parametra al 20 per cento del FFO il tetto massimo per la contribuzione studentesca, l'insieme delle disposizioni previste dal decreto preparano il terreno alla cancellazione degli attuali vincoli all'aumento della tassazione universitaria;
il provvedimento incide, aggravandola, su una situazione di partenza estremamente differenziata fra gli Atenei. Una vera e propria sperequazione la cui esistenza è riconosciuta dalla stessa legge 240/2010 e l'applicazione dei medesimi valori parametrici in situazioni così differenti

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rischia di pregiudicare in partenza la posizione degli Atenei storicamente sotto finanziati;
in questa fase, dopo i durissimi sacrifici dell'ultimo triennio e dell'ultimo semestre in maniera particolare, il Paese deve ricominciare a crescere e a questa crescita non può né deve sottrarsi l'Università che ne è motore fondamentale;
anche la capacità di intercettare fondi di ricerca, in particolare europei, risente del numero di ricercatori italiani in relazione alla popolazione se confrontati con gli altri Paesi. È anche per questo motivo che l'Italia intercetta una frazione di fondi europei per la ricerca inferiore al contributo del Paese all'ammontare complessivo degli stessi. Un'ulteriore riduzione del numero di docenti e di ricercatori avrebbe un immediato riflesso negativo sulla capacità del sistema di competere nel contesto europeo;
nel provvedimento si ripete in modo ossessivo che «dall'attuazione del presente decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica», anche se l'eliminazione di strutture universitarie ipotizzata è un costo sociale, come è un costo sociale la riduzione ulteriore del finanziamento all'università, che potenzialmente passerà così in buona parte dallo stato alle famiglie;

esprime:

PARERE CONTRARIO

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ALLEGATO 10

Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali (Testo unificato C. 953 Aprea e abbinate, C. 806, C. 808 e C. 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale, C. 1710 Cota, C. 4202 Carlucci e C. 4896 Capitanio Santolini).

EMENDAMENTI

ART. 1.

Sopprimerlo.
1. 1.Zazzera.

ART. 2.

Sopprimerlo.
2. 1.Zazzera.

ART. 3.

Sopprimerlo.
3. 1.Zazzera.

ART. 4.

Sopprimerlo.
4. 1.Zazzera.

ART. 5.

Sopprimerlo.
5. 1.Zazzera.

ART. 6.

Sopprimerlo.
6. 1.Zazzera.

Al comma 2 dopo le parole: commissioni e dipartimenti aggiungere le seguenti: consigli di classe.

Conseguentemente al comma 4 dopo le parole: lo statuto disciplina aggiungere la seguente: la composizione.
6. 2.Il Relatore.
(Approvato)

ART. 7.

Sopprimerlo.
7. 1.Zazzera.

ART. 8.

Sopprimerlo.
8. 3.Zazzera.

Al comma 1, alla fine, dopo le parole: di criteri di competenza, aggiungere le seguenti:, e almeno un rappresentante delle famiglie.
8. 1.Bachelet.
(Approvato)

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Al comma 2, sopprimere le parole: anche ai fini di un'eventuale individuazione e valorizzazione delle alte professionalità della scuola.
8. 2.Bachelet.
(Approvato)

ART. 9.

Sopprimerlo.
9. 1.Zazzera.

ART. 10.

Sopprimerlo.
10. 1.Zazzera.

Al comma 1, dopo le parole alla costituzione di reti e consorzi aggiungere la seguente: associazioni.

Conseguentemente al comma 2 sopprimere la parola: oltre.
10. 2.Il Relatore.
(Approvato)

Dopo il comma 6, aggiungere il seguente:
6-bis. Andranno comunque valorizzate associazioni di scuole autonome che si costituiscono per esercitare una migliore azione di coordinamento delle azioni delle stesse ed aumentare l'efficacia dei rapporti con altri enti e realtà territoriali, fermo restando quanto indicato nei precedenti commi.
10. 3.Bachelet.

Al comma 1, primo periodo, aggiungere in fine le seguenti parole: di scuole autonome che si costituiscono per esercitare un migliore coordinamento delle stesse.
10. 3.(Nuova formulazione)Bachelet.
(Approvato)

ART. 11.

Sopprimerlo.
11. 1.Zazzera.

Dopo l'articolo 11 aggiungere il seguente:

Art. 11-bis.
(Rapporto tra le istituzioni scolastiche e la realtà territoriale).

1. Le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado concorrono allo sviluppo del territorio in cui operano attraverso la programmazione di un'offerta formativa coerente ai bisogni del territorio delle comunità e operano per l'integrazione e per la collaborazione tra le stesse istituzioni scolastiche e gli altri soggetti istituzionali.
2. Nell'ambito della propria autonomia le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado utilizzano una parte del curricolo obbligatorio per la costruzione di percorsi interdisciplinari dedicati alla conoscenza del territorio di appartenenza, dal punto di vista storico, culturale, ambientale, urbanistico, economico e sportivo.
3. I percorsi di cui al comma 2 sono volti altresì a fornire le conoscenze necessarie a esercitare consapevolmente i diritti di cittadinanza attiva, di legalità e di partecipazione democratica a livello locale, in un'ottica di mantenimento delle diversità e delle specificità territoriali aperte e inserite nella comunità nazionale, europea e internazionale.
4. Nell'ambito del piano dell'offerta formativa è definita la quota curricolare da dedicare ai percorsi di cui ai commi 2 e 3.
11. 01.Goisis, Rivolta, Cavallotto, Grimoldi.
(Inammissibile)

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ART. 12.

Sopprimerlo.
12. 1.Zazzera.

Sostituirlo con il seguente:
1. Le disposizioni di cui agli articoli 5, 7, 8, 9 e 10, e 44, 46 e 47 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, cessano di avere efficacia in ogni istituzione scolastica a decorrere dalla data di costituzione degli organi di cui all'articolo 2 della presente legge. Resta in ogni caso in vigore il comma 1-bis dell'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994.
2. Le disposizioni di cui agli articoli da 16 a 22 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994 cessano di avere efficacia in ogni regione a decorrere dalla data di costituzione degli organi di cui all'articolo 11, commi da 3 a 6, della presente legge.
3. Le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 15 e da 30 a 43 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, e successive modificazioni, cessano di avere efficacia in ogni istituzione scolastica a decorrere dalla data di entrata in vigore dello statuto di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge.
4. Gli articoli da 23 a 25 del citato decreto legislativo n, 297 del 1994 sono abrogati a decorrere dalla data di insediamento del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche di cui all'articolo 11 della presente legge.
12. 2.Il Relatore.
(Approvato)

ART. 13.

Sopprimerlo.
13. 1.Zazzera.

Dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:

Art. 13-bis.
(Forme flessibili di impiego del personale docente).

1. Le istituzioni scolastiche, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento previste dalla presente legge, anche ai fini della copertura del tempo pieno, si avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa ai sensi dell'articolo 36 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
2. Ai fini della copertura dell'orario settimanale a tempo pieno, nell'ambito di un'organizzazione della didattica improntata all'unitarietà della programmazione e alla sua articolazione flessibile, le istituzioni scolastiche possono raddoppiare i criteri per l'utilizzazione del doppio organico per gli insegnanti.
3. Nel caso della costituzione di reti di scuole previste dai regolamenti di cui all'articolo 21, comma 2, della legge 15 marzo 1997, n. 59, le istituzioni scolastiche utilizzano gli organici funzionali di rete, per incarichi di almeno un anno, eventualmente rinnovabili.
4. Le competenze attribuite dalla presente legge all'istituzione scolastica sono esercitate dall'organo di rete, nei limiti e con le modalità stabiliti dall'accordo stipulato tra le istituzioni scolastiche consorziate.
5. Per le finalità di cui al comma 3 si provvede anche con il personale docente non di ruolo, residente nell'ambito regionale, che ha prestato almeno centottanta giorni di servizio, al quale può essere affidata l'attività di sostegno, escluse le funzioni normalmente attribuite al personale assistente educatore.
6. Le direzioni scolastiche regionali provvedono all'istituzione di un elenco del

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personale non di ruolo in possesso dei requisiti previsti dal comma 5 del presente articolo.
13. 01.Goisis, Rivolta, Cavallotto, Grimoldi.
(Inammissibile)

Dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:

Art. 13-bis.
(Superamento della prova di esame e graduatorie di merito).

1. La prova di esame del concorso è finalizzata all'accertamento delle capacità comunicative e metodologiche dei concorrenti.
2. Le commissioni giudicatrici dispongono di 45 punti:
a) 40 punti per la prova di esame;
b) 5 punti per la valutazione dei titoli.

3. I candidati che si sono collocati, anche a pari merito, tra i primi trenta posti d'iscrizione all'albo regionale, di cui all'articolo 12, possono avvalersi del maggior punteggio ottenuto alla prova d'iscrizione al medesimo albo.
4. I titoli sono valutati esclusivamente previo superamento della prova d'esame.
3. Superano il concorso i concorrenti che hanno riportato alla prova di esame un punteggio non inferiore a 35/40.
6. La graduatoria di merito è compilata sulla base della somma del punteggio riportato nella prova di esame e nelle valutazioni dei titoli, nonché del punteggio ottenuto alla prova d'iscrizione all'albo regionale di cui all'articolo 12.
7. Ai fini della valutazione dei titoli, i vincitori del concorso che hanno prestato servizio con continuità per periodi non inferiori a tre anni nelle scuole di ogni ordine e grado operanti sul territorio regionale possono usufruire di uno specifico punteggio; a tale fine sono stabiliti i criteri in base ai quali il servizio risulta essere stato prestato con continuità.
13. 02.Goisis, Rivolta, Cavallotto, Grimoldi.
(Inammissibile)

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ALLEGATO 11

Norme per l'autogoverno delle istituzioni scolastiche statali (C. 953 Aprea e abbinate, C. 806, C. 808 e C. 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale, C. 1710 Cota, C. 4202 Carlucci e C. 4896 Capitanio Santolini).

TESTO UNIFICATO APPROVATO DALLA COMMISSIONE, RISULTANTE DAGLI EMENDAMENTI APPROVATI

Capo I.
AUTONOMIA STATUTARIA DELLE ISTITUZIONI SCOLASTICHE STATALI

Art. 1.
(L'autonomia scolastica e le autonomie territoriali).

1. L'autonomia delle istituzioni scolastiche, sancita dall'articolo 117 della Costituzione, è riconosciuta sulla base di quanto stabilito dall'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e dal decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275.
2. Ogni istituzione scolastica autonoma, che è parte del sistema nazionale di istruzione, concorre ad elevare il livello di competenza dei cittadini della Repubblica e costituisce per la comunità locale di riferimento un luogo aperto di cultura, di sviluppo e di crescita, di formazione alla cittadinanza e di apprendimento lungo tutto il corso della vita. Lo Stato, le Regioni e le autonomie locali contribuiscono al perseguimento delle finalità educative delle istituzioni scolastiche esercitando le funzioni previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, e successive modificazioni. Vi contribuiscono, altresì, le realtà culturali, sociali, produttive, professionali e dei servizi, ciascuna secondo i propri compiti e le proprie attribuzioni.
3. Alle istituzioni scolastiche è riconosciuta autonomia statutaria, nel rispetto delle norme generali di cui alla presente legge.
4. Gli statuti delle istituzioni scolastiche regolano l'istituzione, la composizione e il funzionamento degli organi interni nonché le forme e le modalità di partecipazione della comunità scolastica.
5. Gli organi di governo delle istituzioni scolastiche promuovono il patto educativo tra scuola, studenti, famiglia e comunità locale, valorizzando:
a) il diritto all'apprendimento e alla partecipazione degli alunni alla vita della scuola;
b) il dialogo costante tra la professionalità della funzione docente e la libertà e responsabilità delle scelte educative delle famiglie;
c) le azioni formative ed educative in rete nel territorio, quali piani formativi territoriali.

Art. 2.
(Organi delle istituzioni scolastiche).

1. Gli organi delle istituzioni scolastiche sono organizzati sulla base del principio della distinzione tra funzioni di indirizzo, funzioni di gestione e funzioni tecniche secondo quanto previsto al presente articolo. Sono organi delle istituzioni scolastiche:
a) il consiglio dell'autonomia, di cui agli articoli 3 e 4;

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b) il dirigente, di cui all'articolo 5, con funzioni di gestione;
c) il consiglio dei docenti con le sue articolazioni: consigli di classe, commissioni e dipartimenti di cui all'articolo 6;
d) il nucleo di autovalutazione di cui all'articolo 8.

2. Nel rispetto delle competenze degli organi di cui ai commi precedenti, lo Statuto prevede forme e modalità per la partecipazione di tutte le componenti della comunità scolastica.

Art. 3.
(Consiglio dell'autonomia).

1. Il consiglio dell'autonomia ha compiti di indirizzo generale dell'attività scolastica. In particolare:
a) adotta lo statuto;
b) delibera il regolamento relativo al proprio funzionamento;
c) adotta il piano dell'offerta formativa elaborato dal consiglio dei docenti ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 275 del 1999;
d) approva il programma annuale e, nel rispetto della normativa vigente in materia di contabilità di Stato, anche il bilancio pluriennale di previsione;
e) approva il conto consuntivo;
f) delibera il regolamento di istituto;
g) designa i componenti del nucleo di autovalutazione, di cui all'articolo 8;
h) approva accordi e convenzioni con soggetti esterni e definisce la partecipazione ai soggetti di cui all'articolo 10.
i) modifica, con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, lo statuto dell'istituzione scolastica, comprese le modalità di elezione, sostituzione e designazione dei propri membri.

2. Per l'esercizio dei compiti di cui alle lettere da c) a g) è necessaria la proposta del dirigente scolastico.
3. Il consiglio dell'autonomia dura in carica tre anni scolastici ed è rinnovato entro il 30 settembre successivo alla sua scadenza.
4. In sede di prima attuazione della presente legge, lo Statuto e il regolamento di cui al comma 1, lettera a), sono deliberati dal consiglio di circolo o di istituto uscenti, entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge. Decorsi sei mesi dall'insediamento, il consiglio dell'autonomia può modificare lo Statuto e il regolamento deliberato ai sensi del presente comma.
5. Lo statuto deliberato dal consiglio dell'autonomia non è soggetto ad approvazione o convalida da parte di alcuna autorità esterna, salvo il controllo formale da parte dell'organismo istituzionalmente competente.
6. Nel caso di persistenti e gravi irregolarità o di impossibilità di funzionamento o di continuata inattività del consiglio dell'autonomia, l'organismo istituzionalmente competente provvede al suo scioglimento, nominando un commissario straordinario che resta in carica fino alla costituzione del nuovo consiglio.

Art. 4.
(Composizione del Consiglio dell'autonomia).

1. Il Consiglio dell'autonomia è composto da un numero di membri compreso fra nove e tredici. La sua composizione è fissata dallo Statuto, nel rispetto dei seguenti criteri:
a) il dirigente scolastico è membro di diritto;
b) la rappresentanza dei genitori e dei docenti è paritetica;

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c) nelle scuole secondarie di secondo grado è assicurata la rappresentanza degli studenti;
d) del consiglio fanno parte membri esterni, scelti fra le realtà di cui all'articolo 1 comma 2, in numero non superiore a due;
e) un rappresentante dei soggetti di cui all'articolo 10, su invito, può partecipare alle riunioni che riguardano le attività di loro competenza, senza diritto di voto.

2. Le modalità di costituzione delle rappresentanze dei docenti, dei genitori e degli studenti sono stabilite dal regolamento di cui all'articolo 3, comma 1, lettera b). I membri esterni sono scelti dal consiglio secondo modalità stabilite dal suddetto regolamento.
3. Il consiglio dell'autonomia è presieduto da un genitore, eletto nel suo seno. Il presidente lo convoca e ne fissa l'ordine del giorno. Il consiglio si riunisce, altresì, su richiesta di almeno due terzi dei suoi componenti.
4. Il direttore dei servizi generali e amministrativi fa parte del Consiglio dell'autonomia senza diritto di voto e svolge le funzioni di segretario del consiglio.
5. Gli studenti minorenni che fanno parte del consiglio dell'autonomia non hanno diritto di voto per quanto riguarda il programma annuale e il conto consuntivo. Il voto dei membri studenti non maggiorenni è in ogni caso consultivo per le deliberazioni di rilevanza contabile.
6. In sede di prima attuazione, le elezioni del consiglio dell'autonomia si svolgono entro il 30 settembre dell'anno scolastico successivo all'approvazione dello Statuto.

Art. 5.
(Dirigente scolastico).

1. Il dirigente scolastico ha la legale rappresentanza dell'istituzione e, sotto la propria responsabilità, gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali e risponde dei risultati del servizio agli organismi istituzionalmente e statutariamente competenti.

Art. 6.
(Consiglio dei docenti e sue articolazioni).

1. Al fine di programmare le attività didattiche e di valutazione collegiale degli alunni, lo Statuto disciplina l'attività del Consiglio dei docenti e delle sue articolazioni, secondo quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.
2. La programmazione dell'attività didattica compete al consiglio dei docenti, presieduto dal dirigente scolastico e composto da tutti i docenti. Il Consiglio dei docenti opera anche per commissioni e dipartimenti, consigli di classe e, ai fini dell'elaborazione del piano dell'offerta formativa, mantiene un collegamento costante con gli organi che esprimono le posizioni degli alunni, dei genitori e della comunità locale.
3. L'attività didattica di ogni classe è programmata e attuata dai docenti che ne sono responsabili, nella piena responsabilità e libertà di docenza e nel quadro delle linee educative e culturali della scuola e delle indicazioni e standard nazionali per il curricolo.
4. Lo statuto disciplina la composizione, le modalità della necessaria partecipazione degli alunni e dei genitori alla definizione e raggiungimento degli obiettivi educativi di ogni singola classe.
5. I docenti, nell'esercizio della propria funzione, valutano in sede collegiale, secondo la normativa e le Indicazioni nazionali vigenti, i livelli di apprendimento degli alunni, periodicamente e alla fine dell'anno scolastico, e ne certificano le competenze, in coerenza con i profili formativi ed i requisiti in uscita relativi ai singoli percorsi di studio e con il Piano dell'offerta formativa dell'istituzione scolastica, presentato alle famiglie, e sulla base delle linee didattiche, educative e valutative definite dal consiglio dei docenti.

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Art. 7.
(Partecipazione e diritti degli studenti e delle famiglie).

1. Le istituzioni scolastiche, nell'ambito dell'autonomia organizzativa e didattica riconosciuta dalla legge, valorizzano la partecipazione alle attività della scuola degli studenti e delle famiglie, di cui garantiscono l'esercizio dei diritti di riunione, di associazione e di rappresentanza.

Art. 8.
(Nuclei di autovalutazione del funzionamento dell'istituto).

1. Ciascuna istituzione scolastica costituisce, in raccordo con l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI), di cui al decreto legislativo 19 novembre 2004, n. 286, e successive modificazioni, un nucleo di autovalutazione dell'efficienza, dell'efficacia e della qualità complessive del servizio scolastico. Il regolamento interno dell'istituzione disciplina il funzionamento del nucleo di autovalutazione, la cui composizione è determinata dallo statuto da un minimo di tre fino a un massimo di sette componenti, assicurando in ogni caso la presenza di almeno un soggetto esterno, individuato dal consiglio dell'autonomia sulla base di criteri di competenza, e almeno un rappresentante delle famiglie.
2. Il Nucleo di autovalutazione, coinvolgendo gli operatori scolastici, gli studenti, le famiglie, predispone un rapporto annuale di autovalutazione, anche sulla base dei criteri, degli indicatori nazionali e degli altri strumenti di rilevazione forniti dall'INVALSI. Tale Rapporto è assunto come parametro di riferimento per l'elaborazione del piano dell'offerta formativa e del programma annuale delle attività, nonché della valutazione esterna della scuola realizzata secondo le modalità che saranno previste dallo sviluppo del sistema nazionale di valutazione. Il rapporto viene reso pubblico secondo modalità definite dal regolamento della scuola.

Art. 9.
(Conferenza di rendicontazione).

1. Sulle materie devolute alla sua competenza e, in particolare, sulle procedure e gli esiti dell'autovalutazione di istituto, il consiglio dell'autonomia, di cui all'articolo 1, promuove annualmente una conferenza di rendicontazione, aperta a tutte le componenti scolastiche ed ai rappresentanti degli enti locali e delle realtà sociali, economiche e culturali del territorio ed invia una relazione all'Ufficio scolastico regionale.

Art. 10.
(Costituzione di Reti e Consorzi a sostegno dell'autonomia scolastica).

1. Le istituzioni scolastiche autonome, nel rispetto dei requisiti, delle modalità e dei criteri fissati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, e di quanto indicato nel decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999 n. 275, articolo 7, possono promuovere o partecipare alla costituzione di reti, consorzi e associazioni di scuole autonome che si costituiscono per esercitare un migliore coordinamento delle stesse. Le Autonomie scolastiche possono altresì ricevere contributi da fondazioni finalizzati al sostegno economico della loro attività, per il raggiungimento degli obiettivi strategici indicati nel piano dell'offerta formativa e per l'innalzamento degli standard di competenza dei singoli studenti e della qualità complessiva dell'istituzione scolastica, ferme restando le competenze degli organi di cui all'articolo 11 della presente legge.

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2. I partner previsti dal comma 1 possono essere soggetti pubblici e privati, fondazioni, associazioni di genitori o di cittadini, organizzazioni non profit.
3. A tutela della trasparenza e delle finalità indicate al comma 1, le istituzioni scolastiche devono definire annualmente, nell'ambito della propria autonomia, gli obbiettivi di intervento e i capitoli di spesa relativi alle azioni educative cofinanziate attraverso il contributo economico ricevuto dai soggetti pubblici e privati, fondazioni, associazioni e organizzazioni non profit di cui al precedente comma. Contributi superiori a 5000 euro potranno provenire soltanto da enti che per legge o per statuto hanno l'obbligo di rendere pubblico il proprio bilancio.

Capo II.
RAPPRESENTANZA ISTITUZIONALE DELLE SCUOLE AUTONOME

Art. 11.
(Consiglio delle autonomie scolastiche).

1. Con proprio regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentite le Commissioni parlamentari, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca provvede ad istituire il Consiglio Nazionale delle Autonomie Scolastiche, composto da rappresentanti eletti rispettivamente dai dirigenti, dai docenti e dai presidenti dei consigli delle istituzioni scolastiche autonome, e ne fissa le modalità di costituzione e di funzionamento. Il Consiglio è presieduto dal Ministro o da un suo delegato e vede la partecipazione anche di rappresentanti della Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome, delle Associazioni delle Province e dei Comuni e del Presidente dell'INVALSI.
2. Il Consiglio Nazionale delle Autonomie Scolastiche è un organo di partecipazione e di corresponsabilità tra Stato, Regioni, Enti Locali ed Autonomie Scolastiche nel governo del sistema nazionale di istruzione. È altresì organo di tutela della libertà di insegnamento, della qualità della scuola italiana e di garanzia della piena attuazione dell'autonomia delle istituzioni scolastiche. In questa funzione esprime l'autonomia dell'intero sistema formativo a tutti i suoi livelli.
3. Le regioni, in attuazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione ed in relazione a quanto indicato nell'articolo 1 della presente legge, definiscono strumenti, modalità ed ambiti territoriali delle relazioni con le autonomie scolastiche e per la loro rappresentanza in quanto soggetti imprescindibili nell'organizzazione e nella gestione dell'offerta formativa regionale, in integrazione con i servizi educativi per l'infanzia, la formazione professionale e permanente, in costante confronto con le politiche scolastiche nazionali e prevedendo ogni possibile collegamento con gli altri sistemi scolastici regionali.
4. Le Regioni istituiscono la Conferenza regionale del sistema educativo, scolastico e formativo, ne stabiliscono la composizione e la durata. La Conferenza esprime parere sugli atti regionali d'indirizzo e di programmazione in materia di:
a) autonomia delle istituzioni scolastiche e formative;
b) attuazione delle innovazioni ordinamentali;
c) piano regionale per il sistema educativo e distribuzione dell'offerta formativa, anche in relazione a percorsi d'integrazione tra istruzione e formazione professionale;
d) educazione permanente;
e) criteri per la definizione degli organici delle istituzioni scolastiche e formative regionali.
f) piani di organizzazione della rete scolastica, istituzione, aggregazione, fusione soppressione di istituzioni scolastiche.

5. La conferenza svolge attività consultiva e di supporto nelle materie di competenza delle regioni, o su richiesta di

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queste, esprimendo pareri sui disegni di legge attinenti il sistema regionale.
6. Le Regioni istituiscono Conferenze di ambito territoriale che sono il luogo del coordinamento tra le istituzioni scolastiche, gli Enti locali, i rappresentanti del mondo della cultura, del lavoro e dell'impresa di un determinato territorio.
7. Le Regioni, d'intesa con gli Enti Locali e le autonomie scolastiche definiscono gli ambiti territoriali e stabiliscono la composizione delle Conferenze e la loro durata. Alle Conferenze partecipano i Comuni, singoli o associati, l'amministrazione scolastica regionale, le Università, le istituzioni scolastiche, singole o in rete, rappresentanti delle realtà professionali, culturali e dell'impresa.
8. Le Conferenze esprimono pareri sui piani di organizzazione della rete scolastica, esprimono, altresí, proposte e pareri sulla programmazione dell'offerta formativa, sugli accordi a livello territoriale, sulle reti di scuole e sui consorzi, sulla continuità tra i vari cicli dell'istruzione, sull'integrazione degli alunni diversamente abili, sull'adempimento dell'obbligo di istruzione e formazione.

Art. 12.
(Abrogazioni).

1. Le disposizioni di cui agli articoli 5, da 7 a 10, 44, 46 e 47 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, cessano di avere efficacia in ogni istituzione scolastica a decorrere dalla data di costituzione degli organi di cui all'articolo 2 della presente legge. Resta in ogni caso in vigore il comma 1-bis dell'articolo 5 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994.
2. Le disposizioni di cui agli articoli da 16 a 22 del decreto legislativo del 16 aprile 1994, n. 297, e successive modificazioni, cessano di avere efficacia in ogni regione a decorrere dalla data di costituzione degli organi di cui all'articolo 11, commi da 3 a 6 della presente legge.
3. Le disposizioni di cui agli articoli da 12 a 15 e da 30 a 43 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, e successive modificazioni, cessano di avere efficacia in ogni istituzione scolastica a decorrere dalla data di entrata in vigore dello statuto di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge.
4. Gli articoli da 23 a 25 del citato decreto legislativo n. 297 del 1994, e successive modificazioni, sono abrogati a decorrere dalla data di insediamento del Consiglio nazionale delle autonomie scolastiche, di cui all'articolo 11 della presente legge.

Art. 13.
(Norma transitoria).

1. Fino alla completa attuazione del Titolo V della Costituzione l'Ufficio scolastico regionale esercita i compiti di organo competente di cui all'articolo 3, commi 5 e 6.

Art. 14.
(Clausola di neutralità finanziaria).

1. Le amministrazioni competenti provvedono all'attuazione della presente legge nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.