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CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 27 marzo 2012
629.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza
ALLEGATO
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ALLEGATO

Indagine conoscitiva sui minori stranieri non accompagnati.

DOCUMENTO CONCLUSIVO APPROVATO DALLA COMMISSIONE

1. Introduzione.

Il 23 ottobre 2008 la Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza ha deliberato un'indagine conoscitiva volta ad approfondire la condizione dei minori stranieri non accompagnati (MNSA), espressione con la quale giuridicamente si designano i minori stranieri presenti a vario titolo sul territorio italiano (migranti, rifugiati, in stato di abbandono), in assenza di qualsiasi riferimento familiare (non reperibile o non identificabile).
Poiché dal momento del loro arrivo e della prima accoglienza sino al loro stabilimento sul territorio, in forme più o meno permanenti, i minori stranieri non accompagnati attraversano una serie di fasi spesso confuse di accoglienza e permanenza, che non di rado sfociano nella loro dispersione o addirittura sparizione, la Commissione infanzia e adolescenza con la citata indagine ha inteso espressamente ricostruire il percorso di questi minori, a partire dal momento in cui abbandonano i centri di prima accoglienza per gli immigrati (dopo essere stati identificati come minori e pertanto esclusi dalla procedura di espulsione dal territorio italiano), fino al momento in cui trovano una residenza stabile (ove questo avvenga), all'interno del sistema dell'accoglienza familiare previsto anche per i minori italiani in stato di temporaneo abbandono.
Nell'ambito dell'indagine la Commissione infanzia e adolescenza ha audito: il Ministro dell'interno Roberto Maroni, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini, il Presidente dell'Organismo centrale di raccordo minori comunitari non accompagnati Prefetto Mario Ciclosi, il Prefetto di Agrigento Umberto Postiglione, il presidente del Comitato per i minori stranieri Giuseppe Silveri, il delegato dell'ANCI alle politiche migratorie Fabio Sturani, il già sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Roma Simonetta Matone, l'assessore della regione Sicilia con delega alla famiglia, politiche sociali e autonomie locali Francesco Scoma, rappresentanti dell'Associazione Telefono azzurro, di Save the children - Italia e dell'Associazione Giovanni XXIII, il direttore generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali Natale Forlani e infine Ernesto Tomei, professore associato di radiologia dell'Università degli Studi di Roma «La Sapienza».
Sono state inoltre svolte due missioni conoscitive: una a Lampedusa, nell'ottobre del 2008 (precedente all'inizio dell'indagine conoscitiva, ma decisiva per la deliberazione della stessa), con l'obiettivo

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di visitare il Centro di identificazione ed espulsione per i migranti provenienti dal Nord Africa ivi presente; l'altra a Bucarest il 16 e 17 luglio 2009, per verificare l'attuazione dell'accordo bilaterale italo-rumeno in materia di cooperazione nel campo dell'adozione e dell'affido di minori comunitari.
La Commissione ha altresì approvato il 21 aprile del 2009 (Doc. XXIV-bis, n. 1.) una risoluzione avente ad oggetto i minori stranieri non accompagnati, che contiene alcuni importanti impegni per il Governo, riferiti direttamente alla necessità di sciogliere i maggiori nodi critici emersi dalle prime risultanze dell'indagine in corso.
Le risultanze dell'indagine hanno sin dal primo momento evidenziato una situazione di notevole gravità sociale relativamente ai fenomeni riscontrati, imponendo alla Commissione l'urgenza di individuare al più presto strumenti immediati atti a garantire un'efficace tutela di questi minori, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse alla loro incerta sorte e alla prevaricazione dei loro più elementari diritti di soggetti deboli. Con l'obiettivo di ricostruire e portare all'attenzione del Governo la complessa problematica sottostante queste vicende, la Commissione ha redatto il presente documento conclusivo, che si propone di individuare i punti deboli del sistema di accoglienza ed integrazione di questi minori, nonché tutti i possibili spunti di intervento normativo per superare l'emergenza tuttora in atto.

2. Il quadro normativo.

Ai sensi della legge 23 dicembre 1997, n. 451, istitutiva della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, la Commissione formula osservazioni e proposte sugli effetti, sui limiti e sull'eventuale necessità di adeguamento della legislazione vigente, in particolare per assicurarne la rispondenza alla normativa dell'Unione europea ed in riferimento ai diritti previsti dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, fatta a New York il 20 novembre 1989 e ratificata con legge 27 maggio 1991, n.176.
La Convenzione, che si riferisce e si applica alle persone di età inferiore ai 18 anni (articolo 1), costituisce lo strumento normativo internazionale più importante in materia di tutela e promozione dei diritti dell'infanzia, di cui rappresenta il catalogo più completo.
Tra le tutele generali contemplate dalla Convenzione, per quanto qui interessa, rilevano soprattutto: il divieto di discriminazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di origine nazionale, etnica o sociale e di ogni altra circostanza nella tutela dei diritti da garantire ad ogni minore (articolo 2); la considerazione preminente dell'interesse superiore del minore in tutte le decisioni che lo riguardano, nonché il diritto alla protezione e alle cure necessarie al suo benessere, con particolare riguardo alla sicurezza e alla salute (articolo 3); il diritto alla vita (articolo 6); il diritto al nome e ad una cittadinanza (articolo 7); il diritto alla salute e a godere delle prestazioni sanitarie (articolo 24), il diritto ad esprimere la propria opinione (articolo 12) e ad essere informati (articolo 13), il diritto al nome, tramite registrazione anagrafica, nonché alla nazionalità (articolo

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17), il diritto all'istruzione (artt. 28 e 29), il diritto al gioco (articolo 31) ed il diritto ad essere tutelati da ogni forma di sfruttamento e di abuso (articolo 34).
Con riferimento all'oggetto proprio dell'indagine conoscitiva della Commissione, la Convenzione sui diritti del fanciullo, negli articoli 22, 30, 32, 34, 35, 36, 38 e 39, contiene una tutela particolare a favore di alcuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione della loro maggiore vulnerabilità: si tratta dei minori in situazioni di emergenza, come i minori rifugiati e i minori impiegati nei conflitti armati; dei minori in condizione di sfruttamento economico, compreso il lavoro minorile, l'abuso e lo sfruttamento sessuale; dei minori vittime di tratta o di altre forme di sfruttamento; infine dei bambini e adolescenti appartenenti a minoranze etniche o popolazioni indigene.
Una particolare menzione, sia per il suo contenuto specifico, sia per l'importanza che la Commissione ha inteso annettergli nel corso dell'indagine e nella formulazione delle conclusioni, merita certamente l'articolo 8 della Convenzione, che recita testualmente:
«1. Gli Stati parti si impegnano a rispettare il diritto del fanciullo a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni familiari, così come riconosciute dalla legge, senza ingerenze illegali.
2. Se un fanciullo è illegalmente privato degli elementi costitutivi della sua identità o di alcuni di essi, gli Stati parti devono concedergli adeguata assistenza e protezione affinché la sua identità sia ristabilita il più rapidamente possibile».

Sul rispetto di questo dettato e in particolare sull'affermazione del diritto all'identità del minore (in particolare dei minori stranieri non accompagnati) si è soffermata la Commissione, che nel progressivo svolgimento dell'indagine ha individuato le maggiori criticità nelle tutele predisposte per l'infanzia straniera soprattutto a partire dal mancato rispetto o dalla carente attuazione di questo diritto, che invece è apparso basilare per contrastare all'origine fenomeni come lo sfruttamento del lavoro minorile e la tratta di persone.
Alla Convenzione sui diritti dell'infanzia si accompagnano inoltre due Protocolli opzionali che l'Italia ha ratificato con la legge 9 maggio 2002, n. 46, concernenti rispettivamente la vendita dei bambini, la prostituzione dei bambini e la pornografia rappresentante bambini ed il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati.

3. Le diverse fasi dell'indagine.

L'indagine conoscitiva della Commissione ha abbracciato un arco temporale di più di tre anni, includendo una vasta platea di auditi, ciascuno dei quali ha fornito un'ampia congerie di dati relativi ad un ampio ventaglio di situazioni, anche distanziate nel tempo e nello spazio. Occorre perciò specificare che le informazioni e i dati acquisiti sono soggetti a sensibili variazioni a seconda del segmento temporale e locale a cui sono riferiti, sia con riguardo alle diverse situazioni

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descritte o approfondite, sia con riferimento alle diverse audizioni (spesso notevolmente distanziate nel tempo) in cui ogni singolo soggetto audito ha riferito dati in continua evoluzione, pur se relativi allo stesso argomento.
È quindi opportuno distinguere una prima fase dell'indagine, caratterizzata dalle audizioni svolte sino alla fine del 2010, in cui la situazione dei minori stranieri non accompagnati è stata descritta dai soggetti auditi con una relativa uniformità di dati e di connotazioni generali, riferite a flussi migratori sostanzialmente invariati e provenienti generalmente dalle stesse aree geografiche (Asia centrale e Africa sub-sahariana).
Con l'inizio del 2011 invece, si apre una seconda tranche dell'indagine, riferita ad una situazione migratoria in sensibile movimento e con caratteristiche notevolmente diverse rispetto alla precedente fase. All'esplodere della cosiddetta «primavera araba», che interessa gran parte della fascia dei Paesi nordafricani (in particolare Tunisia e Egitto) per tutto il primo semestre del 2011, aumentano notevolmente di volume i flussi migratori provenienti dal Maghreb, che si impongono all'attenzione dell'opinione pubblica europea e mondiale nelle forme di una vera e propria emergenza umanitaria.
Nel contempo si riducono proporzionalmente o passano in secondo piano (pur non perdendo il loro carattere di gravità) i dati acquisiti nel corso di audizioni aventi ad oggetto la condizione di minori stranieri non accompagnati provenienti da aree geografiche diverse dal Maghreb (ad es. la questione della tutela dei minori afghani e provenienti dall'Asia centrale, che entrano nel territorio italiano attraverso le frontiere marittime).

4. Le origini e le caratteristiche del fenomeno, la provenienza geografica dei flussi, l'età dei minori coinvolti.

Il fenomeno dei minori stranieri non accompagnati che giungono sul territorio italiano è andato sensibilmente crescendo negli ultimi anni, particolarmente a partire dal 2006  (1). Al di là dei termini quantitativi di questo fenomeno, che oscillano nell'arco temporale coperto dai lavori della Commissione, l'indagine ha evidenziato numerose peculiarità.
Sotto il profilo della provenienza geografica, la maggioranza dei minori stranieri non accompagnati proviene dal territorio africano, includendo sia il Maghreb (tradizionale serbatoio di migrazione giovanile), sia le regioni subsahariane, i cui flussi di migranti spesso fuggono da guerre o carestie, raggiungendo il nostro territorio dopo aver traversato vasti territori ostili e gravi pericoli per la propria

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incolumità personale  (2). Negli ultimi anni sono aumentate le presenze di minori egiziani e afghani, mentre per quanto riguarda i marocchini la crescita è stata più contenuta; inoltre è aumentato il numero di minori palestinesi (o sedicenti tali) e dei minori provenienti dal Corno d'Africa, somali ed eritrei, o dal Sudan.
Oltre a questi gruppi, un'altra consistente categoria di minori stranieri non accompagnati proviene invece dall'Asia centrale (in particolare dall'Afghanistan) e raggiunge l'Italia attraverso la Grecia e la Turchia, via mare (a bordo di navi per il trasporto merci, in condizione di clandestinità) o via terra (spesso nascondendosi a bordo di camion).
Come hanno evidenziato le audizioni svolte dalla Commissione  (3), il grosso degli arrivi di minori nel nostro Paese avviene per mare, diversamente dai flussi migratori irregolari degli adulti, i cui sbarchi, pur essendo drammatici per le modalità con cui avvengono, non rappresentano una percentuale significativa degli ingressi migratori. Anche i minori provenienti dall'Europa orientale e dall'Asia centrale arrivano dal mare, ma si dirigono verso porti diversi da quelli siciliani (Ancona, Trieste o Venezia). Il circuito delle vecchie frontiere di terra continua ad attirare anche i minori, ma in percentuale minore.
In tutti questi casi, il primo dato evidente riguarda l'estrema pericolosità del viaggio che conduce questi minori nel nostro Paese: la tragedia dei migranti che traversano il Mediterraneo in cerca di una vita migliore a bordo di barconi in precarie condizioni di sicurezza coinvolge anche molti minori, così come il destino tragico che spesso attende i minori afghani, imbarcati come clandestini a bordo di navi merci, aggrappati sotto i camion o infilati fra i container che traversano l'Europa orientale, incarna condizioni estreme di pericolo di vita e di degrado umano e sociale, che l'Europa vorrebbe non conoscere, ma che in questi ultimi anni stanno diventando oggetto della cronaca quotidiana nei nostri telegiornali.
Per quanto riguarda l'età media di questi ragazzi, la fascia più alta d'età dichiarata è 17 anni e rappresenta il 37 per cento degli arrivi: capita talvolta che i maggiorenni dichiarino di avere 17 anni perché informati che in quanto minorenni la legge italiana non consente il loro rimpatrio nel Paese di origine. La seconda fascia di età, che rappresenta il 20-21 per cento dei ragazzi, è quella dei 16 anni, mentre i ragazzi di 15 anni rappresentano l'11 per cento  (4). Pertanto, è possibile concludere che la maggior parte dei ragazzi appartiene ad una fascia medio-alta di minore età.
Per quanto concerne i minori che sbarcano in Sicilia provenienti dalle coste africane, l'indagine della Commissione ha messo a fuoco alcune specificità del loro percorso di inserimento, che ha inizio con lo sbarco e l'arrivo all'interno di un Centro di identificazione e

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espulsione, dove per essere trattenuti e accolti con modalità consone al rispetto dei loro diritti di minori è necessario in primo luogo che siano identificati come tali. Per questo motivo, i soggetti competenti per la fase della prima accoglienza, unitamente all'assistenza sanitaria e sociale (Ministeri dell'interno, della salute e delle politiche sociali) cooperano all'identificazione di questi minori con tutte le tecniche utili e perfezionate per il caso specifico (ove necessario si ricorre alla radiografia del polso).
In particolare, fra i minori stranieri accolti nei Centri di prima accoglienza la Commissione ha avuto notizia  (5) di molte giovani donne o adolescenti che arrivano nel nostro Paese in stato di gravidanza, a seguito di violenze subite durante il tragitto  (6). Non è un caso che molte di loro - come testimoniato dai rappresentanti delle ONG presenti in loco per assistere i migranti nella fase della prima accoglienza - si trovino spesso costrette ad abbandonare il figlio appena partorito. Il fenomeno descritto presenta infatti preoccupanti connessioni con i flussi dell'immigrazione clandestina, gestiti dalla criminalità organizzata, spesso con base al di fuori del territorio italiano  (7), a conferma dell'esistenza di gravi fenomeni di tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento dei minori e soprattutto di donne.
Numerosi problemi di compatibilità con le norme della Convenzione di New York sono stati rilevati dalla Commissione (anche in occasione della citata missione a Lampedusa) nel trattamento riservato a questi minori nella prima fase dell'accoglienza e dell'identificazione dei migranti, volta ad accertare non solo la loro eventuale minore età, ma anche la loro provenienza geografica. In particolare, gli eccezionali flussi migratori conseguiti alla scoppio delle rivolte nordafricane all'inizio del 2011 hanno sollevato gravi problematiche nella gestione dell'accoglienza dei migranti, con specifico riguardo alla tutela dello status di rifugiato nonché - per quanto qui interessa - alla condizione dei minori sbarcati in Italia e al rispetto dei diritti loro riconosciuti dalla Convenzione di New York.
All'articolo 22 la Convenzione di New York prevede che «gli Stati parti adottano misure adeguate affinché il fanciullo il quale cerca di ottenere lo statuto di rifugiato, oppure è considerato come rifugiato ai sensi delle regole e delle procedure del diritto internazionale o nazionale applicabile, solo o accompagnato dal padre o dalla madre o da ogni altra persona, possa beneficiare della protezione e della assistenza umanitaria necessarie per consentirgli di usufruire dei

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diritti che gli sono riconosciuti della presente Convenzione e dagli altri strumenti internazionali relativi ai diritti dell'uomo o di natura umanitaria di cui detti Stati sono parti»  (8).
All'articolo 37 si dice fra l'altro che: «gli Stati parti vigilano affinché nessun fanciullo sia sottoposto a tortura o a pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, o sia privato di libertà in maniera illegale o arbitraria; l'arresto, la detenzione o l'imprigionamento di un fanciullo devono essere effettuati in conformità con la legge, costituire un provvedimento di ultima risorsa e avere la durata più breve possibile; ogni fanciullo privato di libertà sia trattato con umanità e con il rispetto dovuto alla dignità della persona umana e in maniera da tener conto delle esigenze delle persone della sua età». In particolare, continua la lettera della Convenzione, ogni fanciullo privato di libertà «sarà separato dagli adulti, a meno che si ritenga preferibile di non farlo nell'interesse preminente del fanciullo; i fanciulli privati di libertà hanno il diritto ad avere rapidamente accesso a un'assistenza giuridica o a ogni altra assistenza adeguata, nonché il diritto di contestare la legalità della loro privazione di libertà dinanzi un Tribunale o altra autorità competente, indipendente e imparziale».
Se la pratica dei respingimenti in mare, instaurata all'inizio della grave emergenza umanitaria nordafricana che ha visto sbarcare sul territorio siciliano migliaia di migranti, è stata successivamente abbandonata anche a seguito delle ripetute proteste degli organismi internazionali impegnati nella tutela del diritto di asilo dei migranti, ha sollevato nella Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza molte perplessità il trattenimento di molti minori (o presumibili tali) all'interno dei Centri di accoglienza per periodi di tempo indeterminati, assimilabili per molti versi ad una forma di detenzione, senza la garanzia di un alloggio separato e consono alle necessità dei minori, spesso in condizioni di promiscuità con gli adulti.
Nella fattispecie, in occasione della grave emergenza umanitaria verificatasi nei primi mesi del 2011 e consistente negli eccezionali flussi di migranti provenienti dal Maghreb, un alto numero di minori nordafricani è stato temporaneamente ospitato all'interno delle strutture del Centro di identificazione ed espulsione di Lampedusa. In questa situazione, molti parlamentari, anche all'esterno della Commissione per l'infanzia e l'adolescenza, hanno fatto rilevare che l'estrema precarietà delle condizioni di permanenza riservate a questi adolescenti (spesso privi di spazi adeguati o in condizioni di promiscuità che non tenevano adeguatamente conto del loro specifico status di minori) erano incompatibili con il dettato dell'articolo 37 della Convenzione di New York (v. supra).

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5. L'identificazione dei minori stranieri non accompagnati e il percorso successivo alla fase della prima accoglienza.

Le risultanze delle audizioni svolte dalla Commissione e della missione effettuata a Lampedusa, nonché ripetuti contatti intercorsi (anche nel corso della citata missione) fra la Commissione stessa e gli organismi umanitari operanti nel settore dell'assistenza agli immigrati, hanno concordemente evidenziato una situazione di grave allarme sociale che riguarda i bambini o adolescenti stranieri privi di riferimenti familiari, una volta superata la fase della prima accoglienza e prima del successivo smistamento disposto dal magistrato competente verso la comunità familiare deputata a prendere in carico il minore.
Fin dal momento dello sbarco (nella maggior parte dei casi si tratta di minori sbarcati nei porti siciliani, pugliesi o marchigiani) i minori sono condotti nei Centri di prima accoglienza dove ha luogo la procedura di identificazione. Successivamente la questura ne comunica la presenza all'autorità giudiziaria (tribunale dei minori), che li affida direttamente ad una struttura alloggiativa  (9): dopo questa prima fase (coordinata dal Ministero dell'interno e di recente affidata al Soggetto attuatore delle misure di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - v. infra), il magistrato competente - con tempi variabili e commisurati al numero dei minori destinatari di analoghi provvedimenti - nomina il tutore, che normalmente è il dirigente del servizio sociale del comune dove ha sede la comunità alloggio.
Successivamente a questa ulteriore fase, una parte di questi minori si allontana in molti casi senza lasciare traccia dalle comunità alloggio che li ospitano. Si tratta spesso di adolescenti arrivati in Italia senza una famiglia al seguito, ma non di rado con riferimenti telefonici di familiari o conoscenti disposti ad indirizzarli per la ricerca di un lavoro o di una qualche forma di inserimento sul territorio italiano o - più frequentemente - in altri Paesi europei, come la Francia o la Germania. È tuttavia indubbio che questo passaggio nella loro permanenza sul nostro territorio è quello che presenta i maggiori profili di vulnerabilità, poiché è in questa fase che questi minori sono esposti maggiormente a seri pericoli di sfruttamento da parte della criminalità organizzata o a gravi rischi per la loro stessa incolumità.
La sparizione dei minori costituisce un fenomeno particolarmente concentrato nelle aree del Sud Italia, e specialmente in Sicilia: poiché in quelle zone non vi sono grandi opportunità di integrazione né contesti cosiddetti «familiari» che possano accogliere questi adolescenti,

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essi si dirigono spesso verso aree dove, invece, sono già inseriti parenti, amici o altri connazionali. In questo percorso di allontanamento i minori fanno rapidamente perdere traccia di sé, anche grazie alla loro incerta identità, non attestata da alcun documento e spesso non adeguatamente verificata per mancanza di riferimenti certi. In alcuni punti dell'indagine conoscitiva sono emersi anche accenni al grave sospetto che dietro la sparizione di alcuni di questi minori si celi il pericolo di un possibile traffico di organi sul nostro territorio: tuttavia, le risultanze oggettive dell'indagine non hanno potuto fornire alcun riscontro obiettivo a tali supposizioni, che sono pertanto rimaste nell'ambito delle semplici ipotesi.
A questo proposito un dato significativo è emerso in occasione dell'audizione del presidente del Comitato per i minori stranieri, Giuseppe Silveri  (10), e riguarda le risultanze della banca dati gestita dal Comitato stesso: in base a queste si apprende che sul numero totale dei minori censiti sul nostro territorio (ovvero segnalati al Comitato dalle questure, dai comuni e dai tribunali) soltanto il 30 per cento risulta identificato. Su questo dato si è particolarmente soffermata la Commissione per individuare una delle cause principali della sparizione di numerosi minori, nonché una delle ragioni ostative al compimento di un loro effettivo processo di integrazione: fintanto che non si conoscono provenienza, età ed identità di questi minori, infatti non solo diventa impossibile tutelarli, ma anche gestirne la presenza, favorirne l'integrazione, proteggerli dal lavoro irregolare e da ogni forma di sfruttamento.
Pertanto, la prima significativa conclusione cui è pervenuta la Commissione in questa fase dell'indagine è che il primo obiettivo per garantire una efficace tutela dei diritti dei minori stranieri non accompagnati si raggiunge attraverso una tempestiva procedura di identificazione di questi soggetti fin dal momento della prima accoglienza ed una gestione coordinata delle presenze così verificate da parte di una vera e propria task force, formata da personale specializzato e rappresentanti delle ONG accreditate.

6. La rete dei soggetti competenti e degli interventi previsti a favore dei minori stranieri non accompagnati: principali criticità.

Le audizioni svolte nel corso dell'indagine hanno consentito di conoscere non solo le caratteristiche del sistema di accoglienza e gestione dei minori stranieri non accompagnati, ma anche la natura e le funzioni dei soggetti operanti nello svolgimento di questa delicata funzione. Il primo di questi soggetti che si è posto all'attenzione della Commissione è rappresentato dal Comitato per i minori stranieri, istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.
Il Comitato minori stranieri è istituito dall'articolo 33 del Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», al fine di vigilare sulle modalità di soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio dello Stato e di coordinare le attività delle amministrazioni

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interessate. Il Comitato è stato poi disciplinato dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 535 del 9 dicembre 1999, che ne regola in dettaglio il funzionamento. Esso gestisce anche una banca dati dei minori stranieri, nella quale vengono registrati la residenza, il numero, la nazionalità che permette di conoscere il numero dei minori stranieri identificati.
Il Comitato minori stranieri effettua il censimento e svolge le indagini familiari sui minori su richiesta degli enti locali: per fare questo tuttavia è necessario conoscere i minimi dati anagrafici e il Paese di provenienza del minore (informazioni spesso difficili da ottenere). Solo dopo aver svolto le indagini familiari è possibile procedere ad un eventuale rimpatrio assistito, a patto però che ciò avvenga nel rispetto del superiore interesse del minore (Convenzione di New York).
In tutti gli altri casi, il minore straniero deve permanere sul territorio italiano per essere progressivamente inserito in un adeguato contesto di accoglienza familiare. In questo percorso di inserimento dei minori stranieri, a partire dal momento del loro ingresso e della loro presumibile identificazione, vengono in rilievo diversi soggetti operanti nella gestione della loro permanenza, soggetti che la Commissione ha provveduto ad audire e dai quali ha potuto ricavare l'esistenza di alcune criticità e l'importanza di alcuni fattori organizzativi e finanziari.
Come si è detto, al momento del loro ingresso nelle comunità alloggio, che consegue al provvedimento del magistrato competente, i minori stranieri vengono presi in carico dall'ente locale di riferimento, su cui insiste il Centro di prima accoglienza nel quale sono stati accolti: essi passano così dalla responsabilità del Ministero dell'interno  (11), competente per la prima fase della loro accoglienza, a quella dei servizi sociali a carico del comune ospitante.
Sin dall'inizio dell'indagine, la Commissione aveva potuto rilevare un profilo fortemente critico di questa gestione, che consisteva anzitutto nel grave carico (non solo finanziario) posto in capo agli enti locali limitrofi ai centri di accoglienza per gli immigrati, vale a dire nella grande maggioranza dei casi a piccoli comuni dell'agrigentino (dato che la maggior parte degli sbarchi si verificava a Lampedusa). Prima dell'avvento dei piani di ripartizione regionale dei migranti sbarcati (che si avranno solo nella primavera del 2011) un alto numero di minori veniva infatti smistato da Lampedusa verso l'entroterra siciliano, gravando integralmente sul territorio e sulle limitate risorse finanziarie di comuni molto piccoli, del tutto impreparati a svolgere questa funzione di inserimento.
Anche questo stato di cose ha probabilmente favorito, in alcuni casi, l'allontanamento degli adolescenti dalle comunità alloggio di questi comuni, non adeguate a garantire la loro integrazione, se non addirittura interessate (per ragioni di convenienza economica  (12)) a favorire un continuo ricambio dei minori già ospitati con nuovi arrivi.
Nelle comunità alloggio dove sono ospitati questi minori peraltro non può vigere alcun regime di restrizione della libertà personale, per

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cui i ragazzi non subiscono alcun tipo di controlli. Le organizzazioni internazionali competenti a vigilare sul rispetto dei loro diritti (in particolare UNHCR, Save the Children e IOM) verificano proprio l'assenza di questo tipo di costrizioni.
Le audizioni svolte dalla Commissione nella prima parte dell'indagine conoscitiva  (13) hanno posto chiaramente in luce il fatto che, per finanziare le comunità alloggio in cui vengono ospitati i minori stranieri, i comuni dei territori limitrofi alle aree di sbarco degli immigrati senza regolare permesso di soggiorno subiscono un pesante carico finanziario in relazione alle loro limitate dimensioni.
Un secondo soggetto che ha operato interventi in favore dei minori stranieri non accompagnati è l'ANCI che rappresenta gli interessi dei comuni, responsabili della presa in carico di tutti i minori privi di riferimenti parentali presenti sui propri territori. L'ANCI da circa un decennio, dal 2002 in via sperimentale e dal 2004 in maniera strutturata, promuove un'indagine nazionale (che coinvolge a cadenza biennale tutti i comuni italiani) sull'entità numerica e sulle politiche di protezione e tutela attivate nei confronti dei minori stranieri non accompagnati, al fine di raccogliere informazioni complete e aggiornate atte a migliorare e promuovere interventi specifici nei confronti di questi soggetti particolarmente vulnerabili.
Parallelamente a questa attività di ricognizione e in virtù delle forti ricadute che la presenza dei minori stranieri non accompagnati ha sui territori di centinaia di comuni, come si è detto, è stato costituito presso l'ANCI un tavolo di coordinamento con le maggiori città interessate dalla presenza di minori stranieri non accompagnati dove sono state evidenziate le principali criticità e anche i percorsi più efficaci di intervento.
Il Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati prende avvio nel 2008 grazie al finanziamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, è realizzato dall'ANCI in stretto raccordo con il Comitato per i minori stranieri e ha proposto ai comuni delle linee guida operative per la pronta accoglienza. I comuni coinvolti si sono quindi impegnati a realizzare le diverse azioni proposte, misurandosi anche con sfide impegnative quali l'inserimento lavorativo e l'affidamento familiare.
Anche dal IV Rapporto dell'ANCI arriva la conferma che la pronta accoglienza è un momento cruciale in cui è necessario intervenire tempestivamente con servizi di qualità, con risorse dedicate e professionalità specifiche, anche alla luce dei dati che dimostrano che è nei primi giorni che si verifica il maggior numero degli allontanamenti di questi minori dalle strutture di accoglienza. Il Programma ha operato fin dall'inizio in base a quelle che poi nel 2010 sono state indicate come le priorità nel Piano d'azione (2010-2014) sui minori stranieri non accompagnati adottato dalla Commissione europea, anticipandone dunque le linee di indirizzo.

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7. L'emergenza migratoria per i nordafricana dell'inizio del 2011 e il nuovo modello di gestione dell'accoglienza per i minori stranieri non accompagnati.

Gli eccezionali flussi migratori provenienti dal Nord Africa e connessi alle rivolte arabe dei primi mesi del 2011 hanno recentemente determinato una significativa svolta nella gestione dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati.
Nel corso del 2010 il fenomeno dell'immigrazione diretta in Italia, anche con riferimento ai minori, aveva subito una drastica riduzione, non solo grazie all'adozione di misure di prevenzione e di contrasto, ma anche per l'intensificarsi della collaborazione con i principali Paesi di origine e di transito dei migranti. L'emergenza migratoria del 2011 ha fatto registrare, invece, un considerevole aumento: se nel 2010 il totale dei minori giunti nel nostro Paese ammontava a 1.035, di cui 698 non accompagnati, dal primo gennaio 2011 al 24 settembre, cioè in nove mesi, ne sono arrivati 4.012, di cui ben 3.739 non accompagnati. Alla data del 27 settembre 2011 i minori non accompagnati segnalati al Comitato per i minori stranieri erano 6.946, di cui 926 identificati e 6.020 non identificati  (14).
A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza umanitaria del 12 febbraio 2011 da parte della Presidenza del Consiglio, la gestione dei minori stranieri non accompagnati, che originariamente si articolava nelle due fasi della prima accoglienza, in carico al Ministero dell'interno, e della seconda accoglienza, in carico agli enti locali, è stata rimodulata: il Ministero dell'interno si occupa ora della primissima fase di accoglienza, mentre il Commissario delegato alla gestione dell'emergenza (il Capo del dipartimento della Protezione civile) ha il compito di provvedere alla sistemazione dei minori sul territorio nazionale d'intesa con gli enti locali, che mantengono la responsabilità di assistere i minori.
Nell'ambito delle disposizioni emanate dal Consiglio dei ministri in relazione all'emergenza migratoria proveniente dal Nord Africa nell'aprile del 2011  (15), è stato infatti nominato uno specifico Soggetto attuatore nazionale (non regionale), delle misure di accoglienza in favore dei minori stranieri non accompagnati  (16). Questa nuova figura giuridica, purtroppo nominata con ritardo all'evidenziarsi del fenomeno, è stata creata proprio nell'intento di accentrare e coordinare le diverse competenze relative all'accoglienza di minori stranieri, in modo da superare i profili critici sopra evidenziati della

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gestione finanziaria dell'accoglienza e dell'inserimento di questi minori, d'intesa con il Comitato minori stranieri costituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e con l'ANCI, per la collaborazione nell'individuazione delle strutture di accoglienza finale dei minori stessi.
In particolare, fanno capo al Soggetto attuatore l'organizzazione della prima accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, la definizione dell'attuazione delle procedure per la gestione del sistema informativo e dei trasferimenti dei minori dalla fase di soccorso alle diverse fasi di accoglienza, la definizione delle linee guida del rimborso delle spese sostenute dai comuni per l'accoglienza dei minori, l'erogazione dei contributi ai comuni che hanno autorizzato spese per l'accoglienza dei minori.
Il Commissario delegato ha definito una procedura operativa per il collocamento dei minori stranieri non accompagnati provenienti dal nord Africa, in base alla quale, dopo l'identificazione, il minore viene segnalato al Soggetto attuatore, al Comitato per i minori stranieri, alla Procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni e al giudice tutelare, nonché ulteriori procedure amministrative per la sistemazione dei minori stessi. Tramite la segnalazione al Soggetto attuatore, l'autorità di pubblica sicurezza comunica se il minore è stato accolto in una comunità ovvero segnala l'indisponibilità di posti affinché lo stesso Soggetto attuatore individui il comune con le strutture di accoglienza disponibili. Il Soggetto attuatore provvede altresì a diramare procedure operative per i minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale, in base alle quali è previsto che, in caso di insufficienza di posti nelle strutture del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, il cosiddetto SPRAR  (17), lo stesso Soggetto attuatore provveda a indicare strutture alternative idonee  (18).
Particolarmente significativi sono i dati forniti alla Commissione dallo stesso Soggetto attuatore relativamente all'emergenza migratoria

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occorsa dall'inizio del 2011 in seguito alle gravi rivolte sociali scoppiate nei paesi maghrebini. A partire dal 10 gennaio 2011 fino al 25 ottobre 2011 (data dell'audizione svolta dalla Commissione) si è registrata sul territorio italiano la presenza di 3.802 minori stranieri, di cui: 348 sono fuoriusciti poi dalle strutture interne e hanno presentato domanda di asilo perché divenuti maggiorenni; 163 hanno presentato istanza di protezione internazionale; 835 si sono resi irreperibili (in prevalenza si tratta di tunisini che seguono i percorsi dei profughi clandestini provenienti da quel Paese, avviati principalmente verso la Francia). Attualmente, 2.456 minori sono collocati in strutture alloggiative, di cui 1.857 autorizzate o accreditate sulla base di leggi regionali e 599 nelle strutture temporanee di accoglienza individuate dal soggetto attuatore  (19).
In sostanza dunque, pare di poter concludere che, se la nomina di un Soggetto attuatore con l'approvazione di una normativa ad hoc per la gestione dei minori stranieri non accompagnati ha ridotto i notevoli problemi di coordinamento territoriale e finanziario della presenza di questi minori, consentendo una gestione più efficiente delle risorse (oltre che un aumento delle stesse), non altrettanto può dirsi per quanto concerne il problema della «sparizione» di molti di questi minori, strettamente connesso alla difficoltà di identificarli con certezza, all'impossibilità di controllarne i movimenti sul territorio nazionale, a causa di alcune insufficienze o lacune normative. La mancata tracciabilità di queste presenze resta pertanto, ancora una volta, il principale nodo critico del fenomeno.

8. Alcuni particolari gruppi di minori non accompagnati.

8.1. Il caso dei minori comunitari.

Un caso specifico di tutela dei minori non accompagnati si è posto a partire dal 1o gennaio 2007, cioè al momento dell'ingresso di Romania e Bulgaria nell'Unione europea, quando è venuta meno la copertura normativa relativa all'assistenza dei minori non accompagnati di provenienza comunitaria (pertanto non qualificabili come «stranieri»). Infatti, trattandosi di minori comunitari (nella fattispecie quasi esclusivamente rumeni), e pertanto rientranti a pieno titolo nella categoria dei cittadini europei, questi risultavano per alcuni versi sprovvisti delle garanzie previste per gli stranieri, prima fra tutte quella riguardante l'applicazione della procedura di rimpatrio nel caso di minori privi di idoneo ambiente familiare sul territorio italiano  (20).
Era infatti importante in primo luogo definire un sistema normativo che consentisse di verificare le modalità del rientro in patria e di reintegrazione di questi stessi minori una volta ritornati sul territorio rumeno. Per ovviare a questa lacuna, l'Accordo bilaterale di cooperazione italo-rumeno, firmato il 9 giugno del 2008, per la protezione dei minori romeni non accompagnati o in difficoltà presenti sul territorio della repubblica italiana, ha fissato - attraverso

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l'intervento di una commissione mista - un percorso che specificamente impedisce il rimpatrio «assistito» del minore se preventivamente non vengono predisposti un piano individuale di intervento e di reintegrazione del minore stesso in Romania.
Con il decreto del Ministero dell'interno dell'8 ottobre 2008 è stato istituito presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, l'Organismo centrale di raccordo per la protezione dei minori comunitari non accompagnati, con il compito di garantire una adeguata tutela di minori comunitari - particolarmente rumeni - presenti sul territorio italiano in assenza di riferimenti familiari e/o dichiarabili in stato di abbandono.
L'Organismo è responsabile, per parte italiana, anche dell'applicazione del citato Accordo italo-rumeno, per la protezione dei minori romeni, secondo cui i due Stati collaboreranno al fine di migliorare la situazione dei minori romeni non accompagnati o in condizioni di difficoltà presenti sul nostro territorio. Individuando come punti di contatto nazionale per i due Stati Parti l'Organismo centrale di raccordo per la protezione dei minori comunitari non accompagnati per l'Italia e l'Autorità nazionale per la protezione dei diritti del fanciullo, costituita presso il Ministero del lavoro rumeno, il citato accordo mira a garantire il rientro assistito in patria dei minori privi di un ambiente familiare idoneo, prevedendo la collaborazione e lo scambio di informazioni tra gli organismi italiani e quelli rumeni competenti in materia per assicurare l'adozione di misure di protezione e reintegrazione sociale di questi minori.

8.2. Il caso dei minori stranieri provenienti dall'Asia centrale.

Nel corso delle audizioni svolte la Commissione ha potuto approfondire la vicenda dei minori provenienti dall'Asia centrale (particolarmente afghani, iracheni e curdi), che arrivano nel nostro Paese attraverso i porti di Venezia, Bari, Brindisi, Ancona e Pescara, viaggiando in condizioni pericolose e spesso inumane, per scomparire successivamente e finire - come accertato in troppi casi - nei circuiti del lavoro irregolare, dell'accattonaggio o dello sfruttamento sessuale.
Si tratta di un grave fenomeno di immigrazione che transita prevalentemente attraverso la Grecia, di cui sono protagonisti per la maggior parte minori afghani, iracheni e curdi, i quali raggiungono il nostro Paese nascondendosi sotto i TIR, nei container, nelle celle frigorifere, o imbarcandosi sulle navi in partenza dalla Grecia, dove rimangono chiusi nelle stive senza cibo né acqua per ore, fino all'arrivo in uno dei porti italiani citati.
Questi adolescenti non sono il frutto di una mera emigrazione economica, ma fuggono dalla fame e dalle persecuzioni: hanno pertanto tutti i requisiti giuridici per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato, il diritto di accedere alle procedure per i richiedenti asilo e a tutta la protezione loro dovuta in quanto minori presso le autorità italiane. Ad essi tuttavia, per una serie di circostanze ancora poco chiare, di cui la Commissione ritiene necessario che si accertino quanto prima tutte le eventuali responsabilità (si veda in proposito anche l'esposto alla Procura della Repubblica del 18 novembre 2011), non è garantito l'accesso alle tutele di legge. La loro presenza resta

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infatti del tutto sotterranea, non essendo in alcun modo visibile alle autorità italiane competenti per la vigilanza sui porti ed essendo volutamente ignorata, come sembra, dalle autorità greche al momento dell'imbarco.
Come la giurisprudenza della Corte di Strasburgo ha più volte statuito, i diritti di profughi e rifugiati non sono adeguatamente tutelati in Grecia, Paese considerato non sicuro anche ai fini della vigilanza sulle frontiere esterne dell'Unione europea, a cui invece è tenuto in quanto parte dell'Accordo di Schengen. Dalle risultanze dell'audizione svolta in Commissione  (21), il trattamento riservato a questi minori che arrivano in Grecia dall'Asia centrale è inumano e degradante, in quanto le autorità greche non si fanno carico di dare loro accoglienza e tutela, favorendo surrettiziamente il loro imbarco verso altri territori o non dichiarando il loro stato di clandestinità una volta rilevatane la presenza a bordo di una nave. La normativa nazionale e internazionale d'altro canto non consente nessun tipo di respingimento di minori dall'Italia o di riammissione degli stessi da parte della Grecia.
All'esito dell'indagine svolta la Commissione è pertanto giunta alla conclusione che è assolutamente necessario che il Governo italiano richiami le Forze dell'ordine e le autorità portuali ad una attenta vigilanza per rilevare la presenza di eventuali minori imbarcati clandestinamente sulle navi greche; successivamente è indispensabile che i soggetti competenti per la gestione dei minori stranieri non accompagnati dispongano a favore di essi tutta la protezione e le tutele richieste dal loro particolare status.
In particolare, gli auditi hanno sottolineato che potrebbe essere utile affiancare alle autorità portuali dei soggetti o degli organismi indipendenti (eventualmente anche espressione del terzo settore o del volontariato) per vigilare sull'attività di controllo volta a reprimere il traffico di persone a bordo di queste navi o certe prassi illegali di respingimento di minori da un porto all'altro.
Nel corso dell'audizione del Ministro dell'interno del 27 settembre 2011, la Commissione ha richiesto specifiche informazioni sull'attività della polizia di frontiera in relazione alla richiesta di protezione internazionale presentata da molti minori stranieri non accompagnati. A questo riguardo, il Ministro ha affermato che presso tutti i valichi di frontiera, come su tutto il territorio nazionale, è garantito ai minori non accompagnati il diritto di presentare la richiesta di protezione internazionale.
Già da anni, presso i valichi ove si registrano i maggiori flussi, in particolare i porti di Ancona, Bari, Brindisi e Venezia, è prevista la presenza di personale CIR (Consiglio italiano rifugiati) o di altri organismi competenti in materia di asilo (ACNUR - Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - e OIM), per fornire immediata assistenza a quanti intendano avvalersi della procedura per il riconoscimento della protezione internazionale). All'autorità di pubblica sicurezza competente sul territorio nazionale e alla polizia di frontiera non è consentita alcuna valutazione in merito alle istanze;

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pertanto, la polizia di frontiera che riceve l'istanza di protezione internazionale da parte del minore ne dà immediata comunicazione al tribunale per i minorenni e al giudice tutelare e informa il Comitato per i minori stranieri, nonché il servizio centrale dello SPRAR, per l'inserimento del minore in una delle strutture operanti nell'ambito del medesimo sistema di protezione  (22).

9. Osservazioni e valutazioni della Commissione.

Le conclusioni cui è pervenuta la Commissione in esito all'indagine svolta si differenziano in base alle distinte fasi dell'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati a cui si riferiscono.
Per quanto attiene alla fase dell'arrivo dei minori stranieri non accompagnati sul nostro territorio e della prima accoglienza nei Centri per l'immigrazione, il primo punto che resta senza dubbio dolente riguarda l'obiettiva difficoltà che circonda l'esercizio del diritto d'asilo di questi minori non appena sbarcati in Italia. Le audizioni svolte dalla Commissione sul punto hanno rilevato delicati problemi di compatibilità del trattamento riservato a questi minori nei Centri per l'immigrazione con la normativa europea e internazionale. In questo ambito è necessario perciò prefiggersi la realizzazione di una seria politica di conciliazione fra esigenze di controllo dell'immigrazione e di rispetto dei diritti degli immigrati, in particolar modo se minori, che tenga conto di alcuni principi guida.
Le risultanze delle audizioni e della missione a Lampedusa svolte dalla Commissione hanno indotto la Commissione a fare proprie le conclusioni del 4o Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione ONU in Italia, 2007-2008, pubblicato dal Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti del fanciullo in Italia.
Nel Rapporto si raccomanda, in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione (soprattutto gli artt. 2, 3, 22 e 37), e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, che l'Italia:
a. incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri speciali di accoglienza per minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale;
b. assicuri che la permanenza in questi centri sia più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità siano garantiti durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza;
c. adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati in tutto lo Stato parte;
d. assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò corrisponde al superiore interesse del bambino, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo.

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Sul problema specifico del rimpatrio dei minori stranieri, la Commissione ha rilevato la necessità di richiamare specifiche linee-guida, che individuino nel rimpatrio del minore (sia pure assistito) una misura esclusivamente residuale.
In questo senso la Commissione ha inteso fare proprie le linee guida raccomandate per la gestione delle operazioni di rimpatrio dei minori sia dal Comitato sui diritti dell'infanzia che dalla Rete europea dei Garanti dell'infanzia, secondo le quali il rimpatrio dovrebbe avvenire solo quando è rispondente al «superiore interesse del minore», ovvero dopo opportuna verifica dei fattori di rischio diretto e indiretto, tra cui: la possibilità che il minore incontri condizioni di violenza fisica o abusi, sia vittima di riduzione in schiavitù; le condizioni socio-economiche che il minore affronterà al rientro; la disponibilità di assistenza; il livello di integrazione sociale; il diritto a preservare la sua identità, secondo quanto previsto dall'articolo 8 della Convenzione sui diritti del fanciullo; la necessità di assicurare continuità nell'istruzione del minore stesso.
Un secondo ordine di conclusioni, che pure si riconnette alla fase della prima accoglienza dei minori stranieri, concerne la garanzia dell'esercizio dei diritti inerenti lo status di minore attraverso l'applicazione di procedure certe per la sua identificazione come tale (v. infra, proposta n. 2).
È pertanto necessario, secondo la Commissione, che al minore straniero presente temporaneamente sul territorio italiano sia garantita, fin dal momento del suo ingresso, una identità certa, fondata sull'espletamento di una procedura uniforme su tutto il territorio nazionale, attestata dal rilascio di un vero e proprio documento e registrata nelle banche dati degli organi competenti alla gestione delle presenze dei minori stranieri.
In alternativa al rilascio di un documento, sono state discusse in Commissione ipotesi concernenti la rilevazione delle impronte digitali, ma sul punto non si è raggiunta una posizione comune. Sulla questione delle procedure di identificazione tuttavia, la risoluzione sui minori stranieri non accompagnati approvata dalla Commissione il 21 aprile 2009 impegna il Governo «ad intraprendere idonee iniziative, per definire - anche attraverso l'elaborazione di linee guida - criteri standard e procedure omogenee per l'identificazione dei minori stessi, la loro presa in carico anche al fine di favorire la loro integrazione nel tessuto sociale del nostro Paese»   (23).
Per quanto invece concerne la fase cosiddetta della seconda accoglienza dei minori stranieri sul nostro territorio, che comprende il loro inserimento in una struttura di tipo familiare dopo il rilascio dai Centri dell'immigrazione e preliminarmente ad una successiva fase di integrazione nel tessuto sociale e lavorativo del nostro Paese, l'indagine ha evidenziato alcuni nodi critici.
In primo luogo, sulla specifica questione delle modalità e dei costi della prima accoglienza di questi minori, gli esiti delle audizioni svolte dalla Commissione hanno condotto ad un duplice ordine di considerazioni:
a. il fatto che molte famiglie già affidatarie di minori (come risulta alla Commissione) sarebbero disponibili ad accogliere in affido

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temporaneo anche minori stranieri non accompagnati suggerisce l'opportunità che gli organi competenti per la gestione dei minori stranieri non accompagnati considerino anche altri percorsi di inserimento per i minori stranieri diversi da quelli attualmente previsti dalla legge;
b. nella fase dell'accoglienza e del successivo inserimento del minore nel tessuto sociale del nostro Paese è di cruciale importanza la congruità e l'efficacia dei provvedimenti di tutela adottati dal giudice minorile: per questo motivo è necessario verificare e garantire che i criteri utilizzati per l'adozione di tali provvedimenti siano omogenei su tutto il territorio nazionale  (24).

In relazione all'accoglienza (prima e seconda fase) va segnalato come modello positivo il già citato Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati finanziato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e realizzato dall'ANCI in stretto coordinamento con il Comitato per i minori stranieri. Questo modello, nato con l'obiettivo di sperimentare un sistema nazionale, decentrato e in rete, che sostenga i comuni nelle attività di accoglienza e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, si è rivelato in grado di accrescere la protezione dei minori in questione, sostenendo i Comuni nella messa a punto di servizi specifici in base a linee guida operative condivise.
Il Programma, avviato nel 2008, ha contato su una rete di 32 comuni titolari di progetti, comprendendo anche grandi città metropolitane quali Roma, Milano, Torino, Genova, Napoli, Catania e Bari e località situate in zone di frontiera, destinatarie di flussi significativi di minori stranieri non accompagnati (Como, Cremona, Venezia, Verona, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì, Rimini, Firenze, Ancona, Macerata, Perugia, Teramo, Caserta, Brindisi, Lecce, Catanzaro, Reggio Calabria, Agrigento, Sciacca, Palma di Montechiaro, Caltagirone, Ragusa, Messina): complessivamente i comuni coinvolti sono distribuiti sul territorio di 14 regioni, 29 province e hanno visto il coinvolgimento di un'ampia rete territoriale locale. Al 31 dicembre nel Programma 2011 hanno trovato ospitalità oltre 2750 minori, sia presso strutture ad essi destinate sia presso famiglie italiane e straniere, per un totale di più di 160.000 giornate di accoglienza complessivamente erogate.
L'efficacia di questo modello deriva dalla capacità dei territori di attivare concreti percorsi di integrazione, attraverso strumenti quali l'affidamento familiare ed il sostegno all'inserimento socio-lavorativo, e dal fatto che è stata garantita grazie al coinvolgimento preventivo e consapevole dei servizi sociali locali, in direzione della sostenibilità sociale dell'accoglienza e della miglior integrazione possibile per i minori.
Tali attività, volte all'integrazione dei minori non accompagnati, hanno visto i comuni quali promotori di iniziative realizzate con il coinvolgimento dell'associazionismo più esperto e finalizzate all'accompagnamento dei minori verso l'autonomia sociale ed economica,

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anche dando loro la possibilità di trovare in un'altra famiglia il supporto educativo, affettivo e materiale che la propria non è momentaneamente o definitivamente in grado di fare.
Nonostante il successo del Programma, il suo finanziamento, concluso il 31 dicembre 2011, non è stato rinnovato.

Proposte conclusive elaborate dalla Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza.

1. Creazione di una vera e propria task force, formata da personale specializzato e rappresentanti delle ONG accreditate, in grado di procedere tempestivamente all'identificazione dei minori stranieri non accompagnati fin dal momento della prima accoglienza, al fine di garantire un'efficace tutela dei diritti di questi soggetti.
2. Espletamento di una procedura certa e uniforme su tutto il territorio nazionale, attestata dal rilascio di un vero e proprio documento d'identità e registrata nelle banche dati degli organi competenti alla gestione delle presenze dei minori stranieri, che si avvalga inoltre di tecnologie non invasive, utilizzate da personale specializzato, come il riconoscimento biometrico del minore straniero non accompagnato.
3. Promozione di collaborazioni bilaterali tra l'Italia e i Paesi di provenienza dei minori stranieri non accompagnati, al fine di conoscere gli specifici motivi che li spingono a migrare nonché le situazioni socioeconomiche di partenza e per poter attivare risposte nei Paesi di emigrazione (adozioni a distanza, percorsi di migrazione accompagnata, mantenimento dei rapporti con la famiglia di origine anche in vista di una eventuale opzione di ritorno nel proprio Paese, ecc.). Inoltre è altresì importante favorire una collaborazione a livello europeo per promuovere politiche a favore dei minori stranieri non accompagnati che attuino gli accordi internazionali, che siano coordinate tra i vari Paesi dell'Unione europea e diano risposte adeguate alle aspirazioni e ai diritti di scelta dei minori.
4. Trasformazione di parte dei sussidi per l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati, in particolare di quelli provenienti dalla Libia, in borse lavoro per minori ultrasedicenni. La borsa lavoro è uno strumento formativo che concerne un'esperienza di inserimento in un contesto lavorativo di persone in situazione di svantaggio sociale od occupazionale nell'accesso al mondo del lavoro. Non costituisce rapporto di lavoro ma prevede, di norma l'erogazione di somme a titolo di incentivazione o di rimborso spese. La normativa nazionale sulle borse lavoro prevede solo un indirizzo generale che configura questo istituto come uno strumento di macrointervento da parte di un soggetto pubblico promotore in favore di destinatari sufficientemente definiti. Esistono numerose normative regionali che si muovono nella stessa direzione. L'obiettivo concreto identificato da molte leggi regionali è l'»inserimento socio - lavorativo con borsa di formazione lavoro di minori e giovani adulti (15 - 21 anni) a rischio di devianza e criminalità». La borsa lavoro si presenta quindi come uno strumento appropriato per avviare l'inserimento socio-lavorativo dei minori ultra-sedicenni (in particolare per quelli giunti dalla Libia con la caduta del regime di Gheddafi) che accompagni il loro affido, o in

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ipotesi secondaria, che sostanzi il permesso loro concesso per motivi umanitari. A sei mesi dalla richiesta di asilo, anche il percorso di riconoscimento dello status di richiedente protezione internazionale non osta alla concessione della borsa lavoro. Questa soluzione avrebbe il doppio vantaggio di creare un percorso di inserimento socio-lavorativo per i minori, togliendoli dalla situazione di inattività forzata in cui in questo momento si trovano, e, se svolgono lavori, per esempio di carattere ambientale e di manutenzione del territorio, facendo percepire alle comunità in cui sono inserite la loro utilità sociale.
5. Rifinanziamento del Programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati gestito dall'ANCI. L'assegnazione di fondi specifici a sostegno dei costi dell'accoglienza sostenuti dai comuni e di risorse destinate al coordinamento e all'assistenza tecnica ai comuni coinvolti permetterebbe una valorizzazione ed un ampliamento di questa esperienza.
6. Attivazione di speciali procedure di adozione o di affidamento familiare, in collaborazione con le associazioni deputate e nel rispetto della normativa in materia, per i figli di quelle giovani donne o adolescenti che arrivino nel nostro Paese in stato di gravidanza, a seguito di violenze subite durante il percorso di emigrazione e che decidono di dare il figlio in adozione. Al contempo è necessario prevedere un sostegno di tipo psicologico e sociale (accoglienza presso case-famiglia, borse di studio e/o lavoro, ecc.) nei casi in cui le madri di questi bambini siano adolescenti e/o minorenni, al fine di sostenerle e offrire loro una prospettiva futura concreta per poter crescere il nascituro.
7. Attivazione di procedure di affidamento familiare temporaneo per i minori stranieri non accompagnati secondo le nome previste in materia dall'ordinamento.
8. Iniziative di formazione ad hoc per il personale (militare e non) impiegato presso i luoghi più strategici per i flussi migratori come porti e frontiere, in collaborazione con il personale delle ONG accreditate. Tale formazione deve prevedere la presa in carico del minore straniero non accompagnato, da parte del personale preposto, in base alle normative esistenti (diritto all'accoglienza da parte del minore, status di rifugiato per particolari nazionalità, divieto di respingimenti coatti, ecc.).
9. Attivazione di procedure di gare pubbliche per l'accreditamento delle comunità alloggio cui possono essere affidati i minori stranieri non accompagnati: tali procedure devono fissare requisiti oggettivi sia di carattere economico-gestionale che in termini di risorse umane. L'attività e gli standard di accoglienza e assistenza delle case stesse devono essere sottoposte a forme di controllo periodico. Inoltre all'interno delle case di accoglienza dove sono ospitati i minori stranieri dovranno essere attivati percorsi di reale integrazione tali da motivare il minore a non allontanarsene.
10. Creazione, d'intesa con il Ministero degli affari esteri ed in collaborazione con le ONG accreditate, di percorsi di emigrazione assistiti per quei minori non accompagnati che transitano attraverso l'Italia manifestando l'intenzione di raggiungere altri paesi europei dove hanno residenza loro familiari. Opportuni controlli in tal senso eviterebbero a questi minori viaggi rischiosissimi e l'incertezza del futuro.

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ALLEGATO 1

COMUNICAZIONI DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA

Sulla missione svolta da una delegazione della Commissione il 12 e 13 ottobre 2008 a Lampedusa.

Una delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia, composta dalla Presidente Alessandra Mussolini e dall'onorevole Luisa Capitanio Santolini, ha svolto una missione a Lampedusa, nelle giornate di domenica 12 e lunedì 13 ottobre 2008, per verificare le condizioni di prima accoglienza dei minori temporaneamente ospitati nel centro di accoglienza per gli immigrati, ubicato nell'isola, con particolare riguardo ai minori cosiddetti non accompagnati, cioè privi dei rispettivi genitori o parenti.
La delegazione della Commissione aveva interesse a verificare specificamente le condizioni in cui vengono accolti tali minori, prima di essere smistati e inviati nelle case-famiglia, particolarmente nel momento in cui - soprattutto se non accompagnati - rischiano di rimanere vittime di fenomeni di tratta di persone o sfruttamento e si trovano pertanto in una condizione di particolare vulnerabilità.
La rappresentanza della Commissione si è recata a Lampedusa con una delegazione della Presidenza del Consiglio, di cui facevano parte anche il Sottosegretario alla sanità, Ferruccio Fazio, e il Ministro della gioventù, Giorgia Meloni, in visita nel medesimo centro in quelle stesse date.
La missione è stata svolta con l'ausilio del Prefetto di Agrigento, Umberto Postiglione, e del Prefetto Mario Morcone, capo dipartimento del Ministero dell'interno, responsabile in prima persona della gestione del Centro di soccorso e prima accoglienza per immigrati di Lampedusa.
In occasione della visita al centro, le Onorevoli Mussolini e Capitanio Santolini, hanno anzitutto constatato che le condizioni degli stranieri sbarcati in quei giorni nell'isola e accolti nel centro apparivano ancora piuttosto difficili, essendo le persone reduci da una lunga e disagevole traversata per mare ed essendo evidente un visibile sovraffollamento delle strutture e degli spazi disponibili. L'efficienza del personale di servizio presente, sia pure allo stremo delle forze in un impegno superiore alla disponibilità numerica delle persone, testimoniava comunque, come ha sottolineato anche la Presidente della Commissione, il pregevole sforzo che lo Stato italiano sta compiendo per assicurare un'adeguata e dignitosa accoglienza a tutti gli stranieri sbarcati sull'isola, motivo per cui i risultati, ottenuti spesso in condizione di grave difficoltà, sono stati giudicati largamente positivi.

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La delegazione della Commissione ha constatato quindi che i minori presenti nel centro erano accolti ed ospitati all'interno di in un edificio separato, con una parte riservata alle donne, ed assistiti nelle loro esigenze con tutta la cura necessaria.
Gli incontri svoltisi in loco fra la delegazione e le associazioni umanitarie che si occupano di migranti (Save the Children, OIM) hanno evidenziato poi alcuni nodi critici nell'accoglienza destinata ai minori. In particolare, è stato segnalato anzitutto come sia necessario separare, nell'ambito dei minori sbarcati, gli adolescenti dai minori di età inferiore ai quattordici anni, per evitare anche fenomeni di promiscuità: la maggiore parte dei minori accolti all'interno dei Centri di prima accoglienza infatti risultano essere nella maggioranza adolescenti e dunque con esigenze e necessità diverse dai neonati e dai bambini, che devono invece evidentemente restare presso le madri.
Le associazioni umanitarie hanno anche illustrato il drammatico percorso che conduce molte donne immigrate dai Paesi dell'Africa subsahariana (in particolare nigeriane) fino alle spiagge della Libia e di qui a Lampedusa, passando per durissime traversate del deserto e dolorose permanenze all'interno delle carceri libiche, dove spesso vengono - come sembra - stuprate intenzionalmente, per farle arrivare in Italia in condizioni di gravidanza (come è noto, infatti, le donne in stato di gravidanza non possono essere espulse dal territorio italiano).
I racconti delle associazioni, che assistono materialmente e psicologicamente queste donne sin dal momento del loro sbarco a Lampedusa, hanno inoltre fornito un preoccupante quadro di sfruttamento della prostituzione (per lo più minorile), che origina in Paesi come la Nigeria e il Sudan ed è gestito da una vasta rete di criminalità organizzata con connivenze internazionali, anche all'interno di Paesi che dichiarano di farsi carico di questi migranti all'interno di presunte strutture carcerarie.
Sempre le associazioni umanitarie hanno poi posto l'accento sulla necessità di seguire attentamente il percorso dei minori stranieri non accompagnati sin dal loro arrivo sull'isola, fino al loro affidamento ad una casa famiglia, da cui scompaiono spesso senza lasciare traccia per avviarsi ai mercati della prostituzione o dello sfruttamento del lavoro minorile. È infatti emerso con tutta evidenza il fatto specifico che molti dei minori adolescenti che sbarcano a Lampedusa (soprattutto le ragazze nigeriane) hanno già con sé il riferimento di un presunto parente o conoscente che dovrebbe prendersi cura di loro, ma che troppo spesso rappresenta invece il trait d'union fra le organizzazioni della tratta di persone con base nel loro Paese d'origine e gli sfruttatori che operano già sul territorio italiano.

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ALLEGATO 2

COMUNICAZIONI DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER L'INFANZIA E L'ADOLESCENZA

Sulla missione svolta da una delegazione della Commissione il 16-17 luglio 2009 a Bucarest, Romania.

Una delegazione della Commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, guidata dalla Presidente, On. Alessandra Mussolini, e composta dalle deputate Luisa Capitanio Santolini e Amalia Schirru, nonché dalla senatrice Giuliana Carlino, si è recata in missione a Bucarest il 16 e il 17 luglio 2009, per incontrare rappresentanti istituzionali rumeni e le autorità competenti per la tutela dell'infanzia, al fine di rafforzare i rapporti bilaterali sul fronte delle adozioni internazionali e per approfondire la condizione dei minori presenti in territorio rumeno, con particolare riguardo a quelli rimpatriati dall'Italia a seguito di dichiarazione dello stato di abbandono.
La Commissione infatti aveva precedentemente affrontato nel corso di alcune audizioni la problematica relativa alla condizione dei minori comunitari non accompagnati, presenti sul territorio italiano, di cui la maggioranza provenienti dalla Romania. Era inoltre specifico interesse della delegazione della Commissione approfondire alcune questioni relative al pregresso blocco delle adozioni di minori provenienti dalla Romania (blocco operante sin dal 2001), che interessava allo stato ancora alcune famiglie italiane, nonché la particolare situazione di un minore rumeno recentemente rimpatriato dall'Italia in Romania (il bambino Gratian Gruia), a seguito degli abusi subiti da una parte della sua famiglia residente in Italia.
Nel corso della missione la delegazione della Commissione ha incontrato: il Presidente della Commissione lavoro e protezione sociale della Camera dei deputati rumena, Victor Paul Dobre; il Segretario di Stato del Ministero della giustizia, Rodica Constantinovici; il Segretario di Stato Ileana Savu, capo dell'Autorità nazionale per la protezione dei diritti del fanciullo; il Segretario di Stato Bogdan Panait, responsabile per l'Ufficio romeno per le adozioni.
Nel corso degli incontri sono stati anzitutto sottolineati gli ottimi rapporti bilaterali intercorrenti fra Italia a Romania sul fronte delle adozioni e della collaborazione in materia di tutela dell'infanzia, oltre che nel più generale ambito della cooperazione parlamentare. Sono poi stati specificamente trattati alcuni consistenti gruppi di tematiche in materia di infanzia abbandonata e rapporti bilaterali in tema di adozioni.
Un primo oggetto dei colloqui ha riguardato la necessità di superare da parte rumena il pesante retaggio del regime di Ceaucescu in materia di infanzia abbandonata, nonché i problemi sociali connessi alla gestione dei forti flussi di cittadini rumeni verso l'esterno

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della Romania, con le sue ricadute in tema di tutela dell'infanzia e di politiche della famiglia. Il regime comunista infatti, attuando una forzosa politica di natalità, aveva favorito nel passato l'insorgere di gravi problematiche relative a bambini abbandonati, orfani sieropositivi, disadattati fisici e mentali, divenuti famosi in Europa con le immagini di generazioni di minori cresciuti nel sistema fognario di Bucarest. Queste problematiche sono state aggravate dall'aumento dei flussi migratori di uscita dalla Romania, che ha visto molte madri emigrare in Italia, Spagna e Francia, lasciando i propri figli in patria in frequenti condizioni di semiabbandono e in assenza di una efficace rete di protezione e di assistenza sociale.
Su questo fronte, uno dei più rilevanti problemi che le autorità rumene hanno tentato di porre in luce di fronte alla delegazione della Commissione si riferisce all'esistenza di una immagine fortemente negativa della Romania all'estero e in Unione europea per quanto riguarda la gestione dell'infanzia e delle politiche per la famiglia. Poiché restano indiscussi i dati relativi all'infanzia rumena abbandonata, che risultano elevati, nonché l'insufficienza della rete dell'assistenza cosiddetta maternale, gli interlocutori rumeni della delegazione, pur riferendo alcuni segnali di novità derivanti da un positivo progetto di legge di riforma delle adozioni e dalla centralizzazione della tutela dell'infanzia in capo ad un'unica Autorità nazionale, non sono riuscite a fugare alcune consistenti perplessità sull'efficienza del sistema di accoglienza maternale e sociale di queste fasce disadattate, oltre che sulla congruità e sulla dignità delle strutture degli orfanotrofi.
In particolare, il sistema rumeno di tutela dell'infanzia e della maternità è stato efficacemente illustrato dai rappresentanti delle istituzioni rumene: esso si fonda su una rete di assistenza decentrata a livello provinciale e locale, basato sulla collaborazione fra i servizi sociali, che però fa capo all'Autorità nazionale per la tutela dell'infanzia. La delegazione ha espresso il proprio apprezzamento per la centralizzazione della tutela dell'infanzia in capo ad un'autorità unica di livello nazionale.
In relazione allo stallo delle adozioni internazionali, i colloqui svolti hanno evidenziato come nel corso degli anni che hanno preceduto e seguito il suo ingresso in Unione europea, la Romania abbia subito alterne pressioni internazionali e bilaterali, volte ora a spingere verso un blocco o un restringimento delle norme in materia di adozione, ora verso un loro allentamento, in relazione al momento politico contingente. Di fronte al sospetto che la Romania non impieghi i mezzi necessari per garantire un'adeguata assistenza ai bambini abbandonati, che non possono più essere adottati all'estero, gli interlocutori incontrati dalla delegazione non hanno negato l'esistenza di alcune criticità relative alla condizione dell'infanzia abbandonata sul territorio rumeno, ma hanno assicurato che la domanda interna di adozioni in Romania è in continuo aumento, risultando largamente superiore al numero dei bambini rumeni dichiarati adottabili (contrariamente invece a quanto appurato dalla Commissione nell'ambito di alcune specifiche audizioni svolte in Italia).
Sul fronte dell'assistenza ai minori rumeni rimpatriati dall'Italia, la delegazione ha avuto assicurazione dalla controparte rumena che esistono in Romania specifici programmi individuali di reinserimento

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psicologico e culturale di questi bambini attraverso lo specifico supporto degli assistenti sociali e sotto la supervisione dell'Autorità nazionale per l'infanzia. In questo ambito, in particolare la Presidente della Commissione ha posto l'accento sulla necessità di intensificare i rapporti fra le omologhe commissioni parlamentari di Italia e Romania per superare i problemi legati al rimpatrio dei minori rumeni e al blocco delle adozioni.
Nel corso della visita, la delegazione ha potuto infine visitare un orfanotrofio situato nel centro di Bucarest: pur trattandosi di una struttura ben gestita e adeguata alle esigenze dei minori ospitati, è emerso in modo piuttosto evidente che la grande maggioranza di minori abbandonati appartiene all'etnia Rom, a conferma di un consistente problema di emarginazione e discriminazione sociale che le autorità rumene non hanno evidentemente ritenuto di menzionare nel corso degli incontri svolti con la delegazione.

NOTE:

(1) Si è passati da 789 minori del 2006 a 1450 nel 2007; in base ai dati forniti dalle autorità di Pubblica sicurezza, a novembre 2008 il numero dei minori stranieri non accompagnati ammontava già a 1712 (dati forniti nel corso dell'audizione del 26 novembre 2008 dal prefetto di Agrigento). Particolarmente in occasione della grave emergenza umanitaria verificatasi nei primi mesi del 2011, in concomitanza con gli eccezionali flussi migratori provenienti dal Nord Africa, il numero dei minori stranieri non accompagnati giunti sul nostro territorio ha subito una sensibile impennata (v. infra).

(2) Secondo i dati forniti dal Comitato per i minori stranieri, i minori stranieri non accompagnati censiti al 31 dicembre 2007 erano in totale 7.548, di cui oltre il 74,6% sprovvisto di documenti di identità; dalla ripartizione per nazionalità di appartenenza di tali minori, emerge che le prime tre nazionalità registrate costituiscono oltre il 50% delle segnalazioni: Marocco 19,8%, Albania 17,2%, Palestina 14%, Egitto 10,7%, in crescita rispetto al passato; Afghanistan 7,1%, Iraq 6%, Serbia e Montenegro 3,2%.

(3) V. fra le altre l'audizione del 26 novembre 2008 del Presidente del Comitato per i minori stranieri del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Giuseppe Silveri.

(4) Dati forniti nel corso dell'audizione del 26 novembre 2008 del presidente del Comitato per i minori stranieri del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Giuseppe Silveri.

(5) V. comunicazioni della Commissione sulla missione svolta il 12-13 ottobre 2008 a Lampedusa, allegate al presente documento (all. 1).

(6) Prima del tracollo del regime libico, un grande numero di migranti e profughi provenienti dall'Africa subsahariana e dal Corno d'Africa in particolare sono stati trattenuti a tempo indeterminato nelle carceri libiche dalle autorità di polizia della Libia, che intendevano così impedirne o ritardarne l'accesso alla costa e l'imbarco verso l'Italia. Dopo aver traversato il deserto in condizioni difficilissime, a rischio della propria vita e pagando spesso in anticipo ai trafficanti di persone il viaggio, questi migranti e profughi (tra cui un grande numero di donne) hanno subito le peggiori violazioni dei diritti umani: quelli di loro che sono riusciti a raggiungere le coste libiche o anche l'Italia, quando sono sopravvissuti alla traversata del canale di Sicilia, non hanno spesso trovato le condizioni per vedere riconosciuto il proprio status di rifugiato.

(7) In molti casi i minori (in particolare le donne coinvolte nel traffico di persone finalizzato alla prostituzione) arrivano sul territorio italiano già provvisti di riferimenti telefonici per potersi allontanare dal centro di identificazione e trovare un lavoro presso referenti, i cui nominativi sono stati evidentemente forniti loro dalle organizzazioni che gestiscono il traffico con base nei Paese limitrofi o di origine dei migranti stessi.

(8) Il comma 2 prosegue: «A tal fine, gli Stati parti collaborano, nelle forme giudicate necessarie, a tutti gli sforzi compiuti dall'Organizzazione delle Nazioni Unite e dalle altre organizzazioni intergovernative o non governative competenti che collaborano con l'Organizzazione delle Nazioni Unite, per proteggere e aiutare i fanciulli che si trovano in tale situazione e per ricercare i genitori o altri familiari di ogni fanciullo rifugiato al fine di ottenere le informazioni necessarie per ricongiungerlo alla sua famiglia. Se il padre, la madre o ogni altro familiare sono irreperibili, al fanciullo sarà concessa, secondo i principi enunciati nella presente Convenzione, la stessa protezione di quella di ogni altro fanciullo definitivamente oppure temporaneamente privato del suo ambiente familiare per qualunque motivo».

(9) La regione Sicilia, insieme ad altre, ha fissato le tariffe per questa accoglienza (la più alta delle quali ammontava a circa 70 euro pro capite pro die): tali tariffe (originariamente stabilite per il caso di minori italiani privi di riferimenti familiari) si sono poi trasferite al modello di accoglienza per i minori stranieri non accompagnati sbarcati a Lampedusa, fornendo anche discutibili opportunità di guadagno per alcune strutture siciliane (non necessariamente case famiglia, ma spesso individuate dal Ministero dell'interno anche fra strutture alberghiere, per far fronte all'emergenza continua degli sbarchi). Questi minori venivano ospitati a spese del Ministero dell'interno fino al momento della nomina del tutore, ma con l'adozione del provvedimento di tutela passavano a carico del comune che ospitava la comunità alloggio.

(10) Audizione del 26 novembre 2008.

(11) Sotto l'impatto di imponenti arrivi di migranti e per effetto anche di alcuni stimoli venuti dall'ANCI , lo Stato, d'intesa con i comuni, ha organizzato il sistema per l'accoglienza dei richiedenti asilo denominato SPRAR (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), finanziato dal Ministero dell'interno.

(12) V. supra, nota n. 8.

(13) V. in particolare l'audizione del delegato ANCI Fabio Sturani, del 11 dicembre 2008, da cui si apprende che ad un comune il mantenimento di un minore costa in media dai 25.000 ai 30.000 euro l'anno, necessari a garantire un servizio di assistenza continuativo, educativo e sociale oltre che alloggiativo, da parte di figure professionali specifiche, senza che siano previste a questo fine risorse aggiuntive da parte dello Stato centrale. In particolare la città di Ancona (destinataria dei minori che sbarcano al posto di Ancona provenendo dall'Europa orientale) spendeva all'epoca dell'audizione 3.200.000 euro annui per il mantenimento dei minori stranieri non accompagnati (il 2,5 per cento del bilancio, quattro volte di più delle spese stanziate per l'assistenza domiciliare agli anziani).

(14) Dati depositati dal Ministro dell'interno in occasione dell'audizione del 27 settembre 2011.

(15) Si tratta dell'O.P.C.M. 13 aprile 2011, n. 3933, recante «Ulteriori disposizioni urgenti dirette a fronteggiare lo stato di emergenza umanitaria nel territorio nazionale in relazione all'eccezionale afflusso di cittadini appartenenti ai Paesi del Nord Africa».

(16) Si tratta del Direttore generale dell'immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Natale Forlani (v. audizione del 25 ottobre 2011). Il Soggetto attuatore è stato nominato con decreto del Commissario delegato emergenza Nord Africa n. 2436, del 18 maggio 2011, per provvedere all'assistenza dei minori stranieri non accompagnati di cui all'articolo 5 dell'O.P.C.M. 13 aprile 2011, n. 3933. Tale articolo autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali a corrispondere un contributo giornaliero pro capite non superiore a 80 euro per complessivi 500 posti ai comuni che hanno sostenuto o autorizzato spese per l'accoglienza di minori stranieri non accompagnati.

(17) Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (articolo 32, Legge 30 luglio 2002, n. 189): Art. 1-sexies. - (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) - 1. Gli enti locali che prestano servizi finalizzati all'accoglienza dei richiedenti asilo e alla tutela dei rifugiati e degli stranieri destinatari di altre forme di protezione umanitaria possono accogliere nell'ambito dei servizi medesimi il richiedente asilo privo di mezzi di sussistenza nel caso in cui non ricorrano le ipotesi previste dagli articoli 1-bis e 1-ter. 2. Il Ministro dell'interno, con proprio decreto, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede annualmente, e nei limiti delle risorse del Fondo di cui all'articolo 1-septies, al sostegno finanziario dei servizi di accoglienza di cui al comma 1, in misura non superiore all'80 per cento del costo complessivo di ogni singola iniziativa territoriale. 3. In fase di prima attuazione, il decreto di cui al comma 2: a) stabilisce le linee guida e il formulario per la presentazione delle domande di contributo, i criteri per la verifica della corretta gestione dello stesso e le modalità per la sua eventuale revoca; b) assicura, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, la continuità degli interventi e dei servizi già in atto, come previsti dal Fondo europeo per i rifugiati; c) determina, nei limiti delle risorse finanziarie del Fondo di cui all'articolo 1-septies, le modalità e la misura dell'erogazione di un contributo economico di prima assistenza in favore del richiedente asilo che non rientra nei casi previsti dagli articoli 1-bis e 1-ter e che non è accolto nell'ambito dei servizi di accoglienza di cui al comma 1. 4. Al fine di razionalizzare e ottimizzare il sistema di protezione del richiedente asilo, del rifugiato e dello straniero con permesso umanitario di cui all'articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e di facilitare il coordinamento, a livello nazionale, dei servizi di accoglienza territoriali, il Ministero dell'interno attiva, sentiti l'Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l'ACNUR, un servizio centrale di informazione, promozione, consulenza, monitoraggio e supporto tecnico agli enti locali che prestano i servizi di accoglienza di cui al comma 1. Il servizio centrale è affidato, con apposita convenzione, all'ANCI.

(18) Audizione del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, del 27 settembre 2011.

(19) V. audizione del Direttore Natale Forlani, del 25 ottobre 2012.

(20) Su questo specifico argomento, v. le comunicazioni della Commissione sulla missione svolta in Romania il 17 e 18 luglio 2009, allegate al presente documento (all. 3).

(21) V. audizione di rappresentanti dell'Associazione Giovanni XXIII, del 19 luglio 2011.

(22) Il Capo Dipartimento libertà civili e immigrazione, con apposito decreto, stabilisce il numero dei posti di accoglienza del Sistema, una parte dei quali è specificamente destinata ai minori stranieri non accompagnati richiedenti protezione internazionale.

(23) V. testo della risoluzione in Atti parlamentari della Camera, XVI legislatura, DOC XXIV-bis, n.1.

(24) In questo senso anche la risoluzione approvata (cit.).