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PDL 1329

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1329



PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

d'iniziativa dei deputati

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI

Modifica all'articolo 11 della Costituzione in materia di partecipazione dell'Italia all'Unione europea

Presentata il 18 giugno 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - L'articolo 11 della Costituzione, come è noto, fu pensato dai costituenti con prevalente riferimento all'adesione dell'Italia alle Nazioni Unite. Tuttavia tale norma, anche mediante forzature che hanno fatto leva sulla elasticità della norma costituzionale, è stata considerata idonea a dare una copertura costituzionale al processo di integrazione comunitaria. Questa operazione interpretativa, che non ha mancato di suscitare perplessità nella dottrina costituzionalistica, si rivela però attualmente insufficiente, almeno sotto due profili. L'approfondirsi dell'integrazione a livello comunitario pone sempre più spesso in discussione la sovranità dello Stato, sicché appare opportuno prevedere che la rinuncia di parte della sovranità statale che si accompagna alla ratifica di Trattati comunitari sia sottoposta a forme di consultazione popolare, mediante referendum. Ciò consentirebbe peraltro di rimediare a quel «deficit di democraticità» che continua a caratterizzare le istituzioni comunitarie.
      Nel momento in cui ci si muove, come appare evidente dalle prossime scadenze europee, nella direzione di una sempre più forte integrazione comunitaria, che deve peraltro scontare una non ancora realizzata armonizzazione degli ordinamenti degli Stati membri, occorre che sia chiamato in causa direttamente il soggetto a cui costituzionalmente appartiene la sovranità e cioè il popolo. D'altra parte non può sottacersi il pericolo che l'integrazione comunitaria possa talora mettere a rischio anche alcuni princìpi costituzionali che attengono ai valori fondativi di ciascuno Stato membro, sicché bisognerebbe prevedere che determinati valori che si considerano irrinunciabili non possano cedere, neppure dinanzi alla normativa comunitaria direttamente applicabile e si pongano anzi, rispetto ad essa, come limiti invalicabili. Questa esigenza s'impone oggi con maggior forza se si considera la prospettiva dell'allargamento dell'Unione ai Paesi dell'Europa orientale, nonché la revisione dei meccanismi decisionali delle istituzioni comunitarie.
      Nel corso della XIII legislatura non si ebbero iniziative volte a modificare direttamente l'articolo in questione, ma il problema fu affrontato durante i lavori preparatori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, laddove l'articolo 116 del testo approvato dalla Commissione dettò norme circa la partecipazione dell'Italia all'Unione europea. La senatrice Dentamaro (gruppo CDU), nella sua relazione sul Parlamento e le fonti normative e sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, illustrò con chiarezza le motivazioni che spinsero la Commissione (precisamente con gli articoli 116, 117 e 118 del testo di revisione) a dare copertura costituzionale al processo di integrazione europea. In primo luogo, diede conto delle novità introdotte in tema di referendum; tratto significativo e innovativo - ad avviso della relatrice - fu la soppressione dell'esclusione del referendum per le leggi di autorizzazione a ratificare trattati internazionali, quale elemento che senza dubbio amplia l'ambito di utilizzazione dell'istituto referendario. Infatti, acquisite le limitazioni di sovranità fino ad allora poste mediante la ratifica dei trattati istitutivi delle Comunità e dell'Unione (autorizzata in passato con legge ordinaria e quindi con qualche forzatura interpretativa dell'articolo 11 della Costituzione vigente), l'articolo 116 del testo di revisione costituzionale della Commissione stabiliva una procedura rinforzata (maggioranza assoluta di ciascuna Camera e soggezione a referendum) per l'introduzione di ulteriori limitazioni. In realtà, si tratta di una strada già perseguita dalla maggior parte dei partners europei (Germania, Austria, Francia, Finlandia, Irlanda, Svezia) e in relazione alla quale l'Italia deve colmare un gap che risale già all'adesione alle Comunità economiche, ma che si è reso ancora più evidente con la ratifica del trattato di Maastricht. A sostegno della sua tesi la relatrice affermò che la dottrina costituzionalistica più avvertita, oltre che molti operatori politici, era pressoché concorde nel ritenere che l'attuale articolo 11 della Costituzione sia stato sottoposto a una considerevole forzatura interpretativa per giustificare l'adozione di semplici leggi ordinarie per l'autorizzazione alla ratifica dei trattati istitutivi delle Comunità europee e dell'Unione europea.
      Si ripropone perciò il testo approvato dalla Commissione bicamerale per le riforme, con la sola aggiunta di un quorum di validità del referendum, nell'auspicio che esso possa trovare concordi le opposizioni che allora contribuirono significativamente alla sua elaborazione.


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PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE

Art. 1.

      1. All'articolo 11 della Costituzione sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

      «L'Italia partecipa, in condizioni di parità con gli altri Stati e nel rispetto dei princìpi supremi dell'ordinamento e dei diritti inviolabili della persona umana, al processo di integrazione europea; promuove e favorisce lo sviluppo dell'Unione europea ordinata secondo il principio democratico e il principio di sussidiarietà.
      Ulteriori limitazioni di sovranità sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera e dal corpo elettorale mediante referendum. Il referendum non è valido se ad esso non partecipa la maggioranza degli aventi diritto».


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