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PDL 1441-quater

XVI LEGISLATURA


CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1441-quater



DISEGNO DI LEGGE

presentato dal ministro dell'economia e delle finanze
(TREMONTI)

dal ministro dello sviluppo economico
(SCAJOLA)

dal ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione
(BRUNETTA)

dal ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali
(SACCONI)

dal ministro per la semplificazione normativa
(CALDEROLI)

e dal ministro della giustizia
(ALFANO)

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro

(Già articoli 23, 24, 32, da 37 a 39 e da 65 a 67 del disegno di legge n. 1441,
stralciati con deliberazione dall'Assemblea il 5 agosto 2008)


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DISEGNO DI LEGGE

Artt. 1-22.

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Art. 23.
(Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo, al fine di concedere ai lavoratori dipendenti impegnati in particolari lavori o attività e che maturano i requisiti per l'accesso al pensionamento a decorrere dal 1o gennaio 2008 la possibilità di conseguire, su domanda, il diritto al pensionamento anticipato con requisiti inferiori a quelli previsti per la generalità dei lavoratori dipendenti, secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 1, comma 3, lettere a), b), c), d), e), f) e g), della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Restano ferme le modalità procedurali per l'emanazione dei predetti decreti legislativi indicate dai commi 90 e 91 e le norme di copertura di cui al comma 92 del citato articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

Art. 24.
(Deleghe al Governo per la riorganizzazione di enti vigilati dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali).

      1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi finalizzati alla riorganizzazione dell'Istituto superiore di sanità, dell'Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro, degli Istituti zooprofilattici sperimentali, della Croce rossa italiana, della Lega italiana per la lotta contro i tumori, dell'Agenzia italiana del farmaco, dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori, dell'Istituto per gli affari sociali e di Italia Lavoro Spa nonché alla ridefinizione del rapporto di vigilanza del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali sugli stessi enti, istituti e società, in base ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

          a) semplificazione e snellimento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli enti, istituti e società vigilati, adeguando le stesse ai princìpi di efficacia, efficienza ed economicità dell'attività amministrativa e all'organizzazione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, prevedendo altresì la trasformazione di Italia Lavoro Spa in ente pubblico economico, con eventuale incorporazione nello stesso, in tutto o in parte, dell'Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori e dell'Istituto per gli affari sociali;

          b) razionalizzazione e ottimizzazione delle spese e dei costi di funzionamento, previa riorganizzazione dei relativi centri di spesa e mediante adeguamento dell'organizzazione e della struttura amministrativa degli enti e istituti vigilati ai princìpi e alle esigenze di razionalizzazione di cui all'articolo 1, comma 404, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

          c) ridefinizione del rapporto di vigilanza tra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e gli enti e istituti vigilati, prevedendo, in particolare, la possibilità per il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di emanare indirizzi e direttive nei confronti degli enti o istituti sottoposti alla sua vigilanza;

          d) previsione dell'obbligo degli enti e istituti vigilati di adeguare i propri statuti alle disposizioni dei decreti legislativi emanati in attuazione del presente articolo, entro il termine di un anno dalla data di entrata in vigore degli stessi.

      2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati su proposta del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e con il Ministro dello sviluppo economico, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I pareri sono espressi, rispettivamente, entro quaranta ed entro trenta giorni dalla data di trasmissione degli schemi di decreti legislativi; decorsi tali termini i decreti sono emanati anche in assenza dei pareri.
      3. L'adozione dei decreti legislativi attuativi della delega di cui al presente articolo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
      4. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, si procede al riordino degli organi collegiali e degli altri organismi istituiti con legge o con regolamento nell'amministrazione centrale della salute, mediante l'emanazione di regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto dei seguenti criteri:

          a) eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali;

          b) razionalizzazione delle competenze delle strutture che svolgono funzioni omogenee;

          c) limitazione del numero delle strutture a quelle strettamente indispensabili all'adempimento delle funzioni riguardanti la tutela della salute;

          d) diminuzione del numero dei componenti degli organismi.

Artt. 25-31.

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Art. 32.
(Misure contro il lavoro sommerso).

      1. All'articolo 3 del decreto-legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

          a) il comma 3 è sostituito dal seguente:

      «3. Ferma restando l'applicazione delle sanzioni già previste dalla normativa in vigore, l'impiego di lavoratori senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro, da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del datore di lavoro domestico, è altresì punito con la sanzione amministrativa da euro 1.500 a euro 12.000 per ciascun lavoratore, maggiorata di euro 150 per ciascuna giornata di lavoro effettivo. L'importo della sanzione è da euro 1.000 a euro 8.000 per ciascun lavoratore, maggiorato di euro 30 per ciascuna giornata di lavoro irregolare nel caso in cui il lavoratore risulti regolarmente occupato per un periodo lavorativo successivo. L'importo delle sanzioni civili connesse all'evasione dei contributi e dei premi riferiti a ciascun lavoratore di cui ai periodi precedenti è aumentato del 50 per cento»;

          b) il comma 4 è sostituito dal seguente:

      «4. Le sanzioni di cui al comma 3 non trovano applicazione qualora, dalle registrazioni effettuate sul libro unico del lavoro nel mese precedente all'accertamento ispettivo oppure da altri adempimenti obbligatori precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione»;

          c) il comma 5 è sostituito dal seguente:

      «5. All'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 3 provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la direzione provinciale del lavoro territorialmente competente».

      2. Al comma 7-bis dell'articolo 36-bis del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introdotto dall'articolo 1, comma 54, della legge 24 dicembre 2007, n. 247, la parola: «constatate» è sostituita dalla seguente: «commesse».

Artt. 33-36.

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Art. 37.
(Territorializzazione delle procedure concorsuali).

      1. Il comma 1 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

      «1. Le pubbliche amministrazioni coprono i propri fabbisogni nel rispetto del principio del prevalente accesso dall'esterno, tramite concorso pubblico, e del previo esperimento delle procedure di mobilità, con le modalità da adottare nei propri regolamenti di organizzazione. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:

          a) tramite procedure selettive conformi ai princìpi di cui al comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta;

          b) mediante avviamento degli iscritti negli elenchi anagrafici ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità».

      2. Al comma 4 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «A tali fini le dotazioni organiche sono articolate per area o categoria, profilo professionale e posizione economica».
      3. Al comma 5 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è premesso il seguente periodo: «Le amministrazioni dello Stato e gli enti pubblici non economici individuano i posti per i quali avviare le procedure concorsuali dall'esterno e di progressione interna nella programmazione triennale dei fabbisogni con riferimento alle sedi di servizio e, ove ciò non sia possibile, con riferimento ad ambiti regionali».
      4. Al comma 5-bis dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo 1, comma 230, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, dopo le parole: «I vincitori dei concorsi» sono inserite le seguenti: «e i vincitori delle procedure di progressione verticale» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nelle procedure di progressione verticale la permanenza nelle sedi carenti di organico, individuate dalle amministrazioni e comunicate alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, è considerata titolo di preferenza».

Art. 38.
(Mobilità del personale delle pubbliche amministrazioni).

      1. In caso di conferimento di funzioni statali alle regioni e alle autonomie locali ovvero di trasferimento o di conferimento di attività svolte da pubbliche amministrazioni ad altri soggetti pubblici ovvero di esternalizzazione di attività e di servizi, si applicano al personale ivi adibito, in caso di esubero, le disposizioni dell'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
      2. Il personale che oppone un reiterato rifiuto, pari a due volte in cinque anni, per giustificate e obiettive esigenze di organizzazione dell'amministrazione, si considera in posizione di esubero, con conseguente applicazione di quanto previsto dall'articolo 33 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
      3. All'articolo 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, dopo il comma 2-quinquies è aggiunto il seguente:

      «2-sexies. Le pubbliche amministrazioni, per motivate esigenze organizzative, risultanti dai documenti di programmazione previsti all'articolo 6, possono utilizzare in assegnazione temporanea, con le modalità previste dai rispettivi ordinamenti, personale di altre amministrazioni per un periodo non superiore a tre anni, fermi restando quanto già previsto da norme speciali sulla materia, nonché il regime di spesa eventualmente previsto da tali norme e dal presente decreto».

Art. 39.
(Aspettativa).

      1. I dipendenti pubblici possono essere collocati in aspettativa, senza assegni e senza decorrenza dell'anzianità di servizio, per un periodo massimo di dodici mesi, anche per avviare attività professionali e imprenditoriali. L'aspettativa è concessa dall'amministrazione, tenuto conto delle esigenze organizzative, previo esame della documentazione prodotta dall'interessato.
      2. Nel periodo di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano le disposizioni in tema di incompatibilità di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.
      3. Resta fermo quanto previsto dall'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

Artt. 40-64.

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Art. 65.
(Clausole generali e certificazione).

      1. In tutti i casi nei quali le disposizioni di legge nelle materie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, contengano clausole generali, ivi comprese le norme in tema di instaurazione di un rapporto di lavoro, esercizio dei poteri datoriali, trasferimento di azienda e recesso, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento del presupposto di legittimità e non può essere esteso al sindacato di merito sulle valutazioni tecniche, organizzative e produttive che competono al datore di lavoro o al committente.
      2. Nella qualificazione del contratto di lavoro e nell'interpretazione delle relative clausole il giudice non può discostarsi dalle valutazioni delle parti espresse in sede di certificazione dei contratti di lavoro di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, salvo il caso di erronea qualificazione del contratto, di vizi del consenso o di difformità tra il programma negoziale certificato e la sua successiva attuazione.
      3. Nel valutare le motivazioni poste a base del licenziamento, il giudice fa riferimento alle tipizzazioni di giusta causa e di giustificato motivo presenti nei contratti collettivi di lavoro stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi ovvero nei contratti individuali di lavoro ove stipulati con l'assistenza e la consulenza delle commissioni di certificazione di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Nel definire le conseguenze da riconnettere al licenziamento, il giudice tiene ugualmente conto di elementi e di parametri fissati dai predetti contratti e comunque considera le dimensioni e le condizioni dell'attività esercitata dal datore di lavoro, la situazione del mercato del lavoro locale, l'anzianità e le condizioni del lavoratore, nonché il comportamento delle parti anche prima del licenziamento.
      4. L'articolo 75 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

      «Art. 75. - (Finalità). - 1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di lavoro le parti possono ottenere la certificazione dei contratti in cui sia dedotta, direttamente o indirettamente, una prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria stabilita nel presente titolo».

      5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 66.
(Conciliazione e arbitrato).

      1. L'articolo 410 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 410. - (Tentativo di conciliazione). - Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall'articolo 409 del presente codice e dall'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può promuovere, anche tramite l'associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all'articolo 413.
      La comunicazione della richiesta di espletamento del tentativo di conciliazione interrompe la prescrizione e sospende, per la durata del tentativo di conciliazione e per i venti giorni successivi alla sua conclusione, il decorso di ogni termine di decadenza.
      Le commissioni di conciliazione sono istituite presso la direzione provinciale del lavoro. La commissione è composta dal direttore dell'ufficio stesso o da un suo delegato, in qualità di presidente, da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei datori di lavoro e da quattro rappresentanti effettivi e da quattro supplenti dei lavoratori, designati dalle rispettive organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative.
      Le commissioni, quando se ne ravvisi la necessità, affidano il tentativo di conciliazione a proprie sottocommissioni, presiedute dal direttore della direzione provinciale del lavoro o da un suo delegato, che rispecchino la composizione prevista dal terzo comma. In ogni caso per la validità della riunione è necessaria la presenza del presidente e di almeno un rappresentante dei datori di lavoro e almeno un rappresentante dei lavoratori.
      La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dall'istante, è consegnata o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta del tentativo di conciliazione deve essere consegnata o spedita a cura della stessa parte istante alla controparte.
      La richiesta deve precisare:

          1) nome, cognome e residenza dell'istante e del convenuto; se l'istante o il convenuto sono una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, l'istanza deve indicare la denominazione o la ditta nonché la sede;

          2) il luogo ove è sorto il rapporto ovvero dove si trova l'azienda o sua dipendenza alla quale è addetto il lavoratore o presso la quale egli prestava la sua opera al momento della fine del rapporto;

          3) il luogo dove devono essere fatte alla parte istante le comunicazioni inerenti alla procedura;

          4) l'esposizione dei fatti e delle ragioni posti a fondamento della pretesa.

      Entro venti giorni dal ricevimento della copia della richiesta, la controparte deposita presso la commissione di conciliazione una memoria contenente le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova. Entro i dieci giorni successivi al deposito, la commissione fissa la comparizione delle parti per il tentativo di conciliazione, che deve essere tenuto entro i successivi trenta giorni. Dinanzi alla commissione il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui aderisce o conferisce mandato.
      La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, anche in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo e terzo, non può dar luogo a responsabilità amministrativa».

      2. L'articolo 411 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 411. - (Processo verbale di conciliazione). - Se la conciliazione esperita ai sensi dell'articolo 410 riesce, anche limitatamente ad una parte della domanda, viene redatto separato processo verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti della commissione di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo a seguito di provvedimento del giudice su istanza della parte interessata.
      Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, la commissione di conciliazione deve formulare una proposta per la bonaria definizione della controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse dalle parti.
      Ove il tentativo di conciliazione sia stato richiesto dalle parti, al ricorso depositato ai sensi dell'articolo 415 devono essere allegati i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito».

      3. L'articolo 412 del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 412. - (Risoluzione arbitrale della controversia). - In qualunque fase del tentativo di conciliazione, o al suo termine in caso di mancata riuscita, le parti possono accordarsi per la risoluzione della lite, affidando alla commissione di conciliazione il mandato a risolvere in via arbitrale la controversia.
      Nel conferire mandato per la risoluzione arbitrale della controversia, le parti devono indicare:

          1) il termine per l'emanazione del lodo, spirato il quale l'incarico deve intendersi revocato;

          2) le norme che la commissione deve applicare al merito della controversia, ivi compresa la decisione secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento.

      Il lodo emanato a conclusione dell'arbitrato, sottoscritto dagli arbitri e autenticato, produce tra le parti gli effetti di cui all'articolo 1372 e all'articolo 2113, quarto comma, del codice civile e ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell'articolo 474 del presente codice a seguito del provvedimento del giudice su istanza della parte interessata ai sensi dell'articolo 825.
      Il lodo è impugnabile ai sensi dell'articolo 808-ter».

      4. L'articolo 412-ter del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 412-ter. - (Altre modalità di conciliazione previste dalla contrattazione collettiva). - La conciliazione, nelle materie di cui all'articolo 409 del presente codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, può essere svolta altresì presso le sedi previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative.
      Si applicano, in quanto compatibili, le norme di cui agli articoli 410, 411 e 412».

      5. L'articolo 412-quater del codice di procedura civile è sostituito dal seguente:

      «Art. 412-quater. - (Altre modalità di conciliazione e arbitrato). - Ferma restando la facoltà di ciascuna delle parti di adire l'autorità giudiziaria e di avvalersi delle procedure di conciliazione e di arbitrato previste dalla legge, le controversie di cui all'articolo 409 del presente codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono essere altresì proposte innanzi al collegio di conciliazione e arbitrato irrituale costituito secondo quanto previsto dai commi seguenti. È nulla ogni clausola del contratto individuale di lavoro o comunque pattuita che obblighi una parte o entrambe a proporre le controversie indicate nel periodo precedente al collegio di conciliazione e arbitrato.
      Il collegio di conciliazione e arbitrato è composto da un rappresentante di ciascuna delle parti e da un terzo membro, in funzione di presidente, scelto di comune accordo dagli arbitri di parte tra i professori universitari di materie giuridiche e gli avvocati ammessi al patrocinio davanti alla Corte di cassazione.
      La parte che intenda ricorrere al collegio di conciliazione e arbitrato deve notificare all'altra parte un ricorso sottoscritto, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato al quale abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. Il ricorso deve contenere la nomina dell'arbitro di parte e indicare l'oggetto della domanda, le ragioni di fatto e di diritto sulle quali si fonda la domanda stessa, i mezzi di prova e il valore della controversia entro il quale si intende limitare la domanda.
      Se la parte convenuta intende accettare la procedura di conciliazione e arbitrato nomina il proprio arbitro di parte, il quale entro trenta giorni dalla notifica del ricorso procede, ove possibile, concordemente con l'altro arbitro, alla scelta del presidente e della sede del collegio. Ove ciò non avvenga ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria.
      In caso di scelta concorde del terzo arbitro e della sede del collegio, la parte convenuta, entro trenta giorni da tale scelta, deve depositare presso la sede del collegio una memoria difensiva sottoscritta, salvo che si tratti di una pubblica amministrazione, da un avvocato cui abbia conferito mandato e presso il quale deve eleggere il domicilio. La memoria deve contenere le difese e le eccezioni in fatto e in diritto, le eventuali domande in via riconvenzionale e l'indicazione dei mezzi di prova.
      Entro dieci giorni dal deposito della memoria difensiva il ricorrente può depositare presso la sede del collegio una memoria di replica senza modificare il contenuto del ricorso. Nei successivi dieci giorni il convenuto può depositare presso la sede del collegio una controreplica senza modificare il contenuto della memoria difensiva.
      Il collegio fissa il giorno dell'udienza, da tenere entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la controreplica del convenuto, dandone comunicazione alle parti nel domicilio eletto almeno dieci giorni prima.
      All'udienza il collegio esperisce il tentativo di conciliazione. Se la conciliazione riesce si applicano le disposizioni dell'articolo 411, commi primo e terzo, del presente codice, e dell'articolo 66, comma 8, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165.
      Se la conciliazione non riesce il collegio provvede, ove occorra, a interrogare le parti e ad ammettere ed espletare le prove, altrimenti invita all'immediata discussione orale. Nel caso di ammissione delle prove il collegio può rinviare ad altra udienza, a non più di dieci giorni di distanza, per l'assunzione delle stesse e la discussione orale.
      La controversia è decisa, entro venti giorni dall'udienza di discussione, mediante un lodo. Il lodo è impugnabile ai sensi dell'articolo 808-ter.
      Il compenso del presidente del collegio è fissato in misura pari al 2 per cento del valore della controversia dichiarato in ricorso ed è versato dalle parti per metà ciascuna presso la sede del collegio mediante assegni circolari intestati al presidente almeno cinque giorni prima dell'udienza. Ciascuna parte provvede a compensare l'arbitro da essa nominato. Le spese legali e quelle per il compenso del presidente e dell'arbitro di parte, queste ultime nella misura dell'1 per cento del suddetto valore della controversia, sono liquidate nel lodo ai sensi degli articoli 91, primo comma, e 92.
      I contratti collettivi nazionali di categoria possono istituire un fondo per il rimborso al lavoratore delle spese per il compenso del presidente del collegio e del proprio arbitro di parte».

      6. In deroga a quanto previsto dall'articolo 412-quater del codice di procedura civile, i contratti collettivi nazionali di lavoro possono prevedere clausole compromissorie che comportino la devoluzione della controversia al collegio arbitrale anche sulla base di forme di adesione tacita dei soggetti interessati alla procedura arbitrale.
      7. Le controversie di cui all'articolo 409 del codice di procedura civile possono essere decise da arbitri, oltre che nei casi previsti dall'articolo 806 del medesimo codice e dall'articolo 5 della legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive modificazioni, anche qualora il contratto e la clausola compromissoria ivi contenuta, ovvero il compromesso, siano stati certificati in base alle norme di cui al titolo VIII del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Le commissioni di certificazione accertano che la clausola compromissoria, ovvero il compromesso, contenga, anche mediante rinvio a regolamenti preesistenti dei collegi arbitrali, i criteri per la liquidazione dei compensi spettanti agli arbitri e il termine entro il quale il lodo deve essere emanato.
      8. Gli organi di certificazione di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni, possono istituire camere arbitrali per la definizione, ai sensi dell'articolo 808-ter del codice di procedura civile, delle controversie nelle materie di cui all'articolo 409 del medesimo codice e all'articolo 63, comma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Le commissioni di cui al citato articolo 76 del decreto legislativo n. 276 del 2003, e successive modificazioni, possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di camere arbitrali unitarie. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 412, commi terzo e quarto, del codice di procedura civile.
      9. Presso le sedi di certificazione può altresì essere esperito il tentativo di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di procedura civile.
      10. All'articolo 82 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, le parole: «di cui all'articolo 76, comma 1, lettera a), del presente decreto legislativo» sono soppresse.
      11. Il comma 2 dell'articolo 83 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, è abrogato.
      12. All'articolo 2113, quarto comma, del codice civile, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e dell'articolo 82 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni».
      13. Il secondo comma dell'articolo 410-bis e l'articolo 412-bis del codice di procedura civile sono abrogati.
      14. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli adempimenti previsti dal presente articolo sono svolti nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 67.
(Decadenze).

      1. Il primo comma dell'articolo 6 della legge 15 luglio 1966, n. 604, è sostituito dal seguente:

      «Il licenziamento da parte del datore di lavoro deve essere impugnato a pena di decadenza entro centoventi giorni dalla ricezione della sua comunicazione, ovvero dalla comunicazione dei motivi, ove non contestuale, con ricorso depositato nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro».

      2. Il termine di decadenza, previsto dall'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applica anche ai casi di nullità del licenziamento, nonché ai casi di licenziamento inefficace di cui all'articolo 2 della citata legge n. 604 del 1966.
      3. Il termine di decadenza previsto dall'articolo 6, primo comma, della legge 15 luglio 1966, n. 604, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applica inoltre:

          a) ai licenziamenti anche qualora presuppongano la risoluzione di questioni relative alla qualificazione del rapporto di lavoro ovvero alla legittimità del termine apposto al contratto;

          b) al recesso del committente nei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche nella modalità a progetto, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile;

          c) al trasferimento ai sensi dell'articolo 2103 del codice civile.

Artt. 68-75.

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