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PDL 993

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 993



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, ZAMPARUTTI

Abolizione dell'Ordine dei giornalisti e istituzione della carta d'identità professionale del giornalista professionista

Presentata il 13 maggio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione», dispone l'articolo 21 della Costituzione. Ma una Costituzione materiale si è imposta, anno dopo anno, al di là e contro la Carta fondamentale, insinuandosi nella legislazione ordinaria fino a rendere lettera morta i princìpi - complementari e irrinunciabili perché un ordinamento possa dirsi democratico - della libertà di informare e del «conoscere per deliberare». Al punto che il Rapporto 2005 sulla libertà di stampa compilato da Reporters sans frontières pone l'Italia al quarantaduesimo posto, superata da Costarica, Mali, Giamaica, Bosnia, Tobago, Capo Verde e Namibia.
      Già nel 1945, dalle colonne di Risorgimento liberale, Luigi Einaudi aveva levato la sua voce contro l'istituzione di un Ordine dei giornalisti: «L'albo obbligatorio è immorale, perché tende a porre un limite a quel che limiti non ha e non deve avere, alla libera espressione del pensiero. Ammettere il principio dell'albo obbligatorio sarebbe un risuscitare i peggiori istituti delle caste e delle corporazioni chiuse, prone ai voleri dei tiranni e nemiche acerrime dei giovani, dei ribelli, dei non-conformisti». Una previsione, quella del primo Presidente della Repubblica, che trova drammatico riscontro nella realtà odierna.
      La legge istitutiva dell'Ordine dei giornalisti, che qui si intende abrogare, ha garantito, contro la Costituzione, non la libertà «di» stampa di tutti i cittadini, ma la libertà «della» stampa, intesa come «corporazione» giornalistica. Caduto il regime fascista, la sostanza strutturale è rimasta immutata: la corporazione ha preso il nome di Ordine. Laddove, secondo il dettato costituzionale, avrebbe dovuto essere consentito a tutti i cittadini l'esercizio della libertà di stampa, la legge n. 69 del 1963 ha stabilito che «nessuno può assumere il titolo né esercitare la professione di giornalista, se non è iscritto nell'albo professionale».
      Come può essere considerato, se non effetto di una bardatura corporativa a difesa di privilegi di casta, il vero e proprio percorso di guerra che chi intenda intraprendere la professione di giornalista deve affrontare prima di arrivare all'esame? Una professione, a tutti gli effetti, non libera, nel momento in cui essere riconosciuto praticante (e avere quindi titolo di ammissione all'esame) è spesso frutto di un negoziato politico: lottizzazione partitocratica, familismo, clientela sono la regola. Proprio come sono la regola - e gli scandali che periodicamente si ripetono non mancano di rammentarcelo - le raccomandazioni al momento del cosiddetto concorso di esame.
      Nemmeno la nascita, negli ultimi anni, di numerose scuole di giornalismo, la cui frequentazione biennale è sostitutiva del periodo di praticantato presso un editore, è valsa a migliorare la situazione: spesso le stesse scuole si trasformano in una sorta di diplomificio, dove «acquistare» l'iscrizione all'Ordine dei giornalisti professionisti.
      Con la soppressione dell'Ordine prevista dalla proposta di legge che qui si illustra, viene a cadere un'anomalia italiana all'interno dell'Unione europea e si restituisce piena dignità professionale a chi svolge effettivamente la professione di giornalista. L'articolo 2 istituisce infatti la «carta di identità professionale del giornalista» valida fino al momento in cui l'attività giornalistica cessa, abolendo da una parte la qualifica (altrove sconosciuta) di «pubblicista», e dall'altra lo status sociale vitalizio, indipendente dall'esercizio della professione, di «giornalista professionista».
      Cessa così la commistione fra giornalisti e lobbisti, vale a dire funzionari redattori di uffici stampa o pubbliche relazioni: identificazione pericolosa per chi svolge un'attività di giornalista legata a valori costituzionalmente protetti; ma, d'altra parte, implicitamente offensiva per chi si vede costretto a mascherare la propria attività di informatore di parte, che è pienamente legittima all'interno di meccanismi di mercato chiari e rigorosi.
      In questa proposta non viene previsto un periodo di praticantato, visto che l'apprendistato professionale è stato di fatto cancellato nella vita delle redazioni proprio dalla legge attualmente in vigore e sostituito da lavoro nero, sottopagato e privo di diritti.
      Con l'istituzione della «carta d'identità del giornalista» si intende, infine, impedire ogni assurda discriminazione fra redattori di quotidiani da una parte e redattori di emittenti radiofoniche o televisive, di agenzie e di periodici specializzati dall'altra, indipendentemente dal fatto che i suddetti mezzi di comunicazione abbiano diffusione per via tradizionale o telematica, salvaguardando in tal modo le forme più moderne di accesso alla professione.


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PROPOSTA DI LEGGE

Art. 1.

      1. La legge 3 febbraio 1963, n. 69, e successive modificazioni, sull'ordinamento della professione di giornalista, e il relativo regolamento di esecuzione, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 febbraio 1965, n. 115, e successive modificazioni, sono abrogati.

Art. 2.

      1. È istituita la carta d'identità professionale del giornalista, ai cui titolari si applicano le disposizioni adottate in favore dei rappresentanti della stampa dalle autorità amministrative e qualsiasi altra facilitazione prevista per chi svolga attività di giornalista professionista.

Art. 3.

      1. Per ottenere la carta d'identità professionale di cui all'articolo 2 è necessario essere giornalista professionista. Ai fini della presente legge, è giornalista professionista chi ha come occupazione principale, regolare e retribuita l'esercizio della professione di giornalista in una pubblicazione quotidiana o periodica, in un'emittente radiofonica o televisiva o in un'agenzia di stampa, anche quando le stesse hanno diffusione prevalentemente o esclusivamente telematica.
      2. Sono inoltre considerati giornalisti professionisti, ai sensi e per gli effetti del comma 1, e possono richiedere la carta d'identità professionale:

          a) i giornalisti liberi che, senza essere al servizio di una determinata pubblicazione, emittente o agenzia, esercitano l'attività giornalistica come occupazione principale e regolare, ricavandone le principali risorse necessarie alla propria esistenza;

          b) i fotoreporter, cineoperatori e reporter-cameramen che operano come giornalisti professionisti secondo i criteri di cui alla lettera a) del presente comma e di cui al comma 1;

          c) i giornalisti italiani residenti all'estero corrispondenti regolari di pubblicazioni, emittenti o agenzie italiane;

          d) i giornalisti stranieri o apolidi domiciliati in Italia che hanno un'occupazione giornalistica regolare.

Art. 4.

      1. La carta d'identità professionale di cui all'articolo 2 è rilasciata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni a chi può documentare di essere da almeno un anno nelle condizioni previste all'articolo 3.
      2. Presso l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni è istituito il registro dei giornalisti, ai fini del deposito della comunicazione necessaria all'ottenimento della carta d'identità professionale, che è rilasciata entro un mese dalla data di presentazione della richiesta. Qualora la documentazione sia insufficiente, l'Autorità, con decisione motivata, respinge la richiesta. La richiesta può essere rinnovata decorsi tre mesi da ogni reiezione.

Art. 5.

      1. La carta di identità professionale di cui all'articolo è rinnovata ogni tre anni e resta valida fino a quando non cessano le condizioni previste all'articolo 3. Entro sei mesi dalla cessazione di tali condizioni, il titolare è tenuto a darne comunicazione all'Autorità per le garanzie sulle comunicazioni. All'atto della cessazione delle medesime condizioni, il titolare della carta decade da ogni beneficio connesso al suo possesso.


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