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PDL 1513

XVI LEGISLATURA

CAMERA DEI DEPUTATI

   N. 1513



PROPOSTA DI LEGGE

d'iniziativa dei deputati

PALUMBO, BARANI, BARBIERI, BERNARDO, BIANCOFIORE, BOCCIARDO, CALABRIA, CARLUCCI, CASTIELLO, CATANOSO, CATONE, CESARO, DE ANGELIS, DE CORATO, DI BIAGIO, DI VIRGILIO, FALLICA, VINCENZO ANTONIO FONTANA, ANTONINO FOTI, FUCCI, GAVA, GERMANÀ, GIRLANDA, GRIMALDI, LABOCCETTA, LAMORTE, LUPI, MANCUSO, MILANATO, MISTRELLO DESTRO, PAGANO, PALMIERI, PATARINO, MARIO PEPE (Pdl), PIANETTA, PISO, PORCU, SBAI, TADDEI, TORRISI, VALENTINI, VENTUCCI

Norme per la tutela dei diritti della partoriente, la promozione del parto fisiologico e la salvaguardia della salute del neonato

Presentata il 22 luglio 2008


      

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Onorevoli Colleghi! - La tutela della famiglia deve costituire una priorità nella consapevolezza del ruolo fondamentale che la stessa riveste quale nucleo primario e fondante della società civile. Nella famiglia gli eventi della maternità e della procreazione e, quindi, l'esperienza della gravidanza e del parto, assumono un ruolo determinante, unitamente all'attento monitoraggio delle metodiche di parto attualmente in essere in Italia.
      Solo quarant'anni fa l'incidenza della morbilità e della mortalità fetale e, alle volte, anche materna, era notevole e legata prevalentemente all'esasperazione di metodiche che privilegiavano il parto vaginale, con un frequente ricorso a interventi ostetrici quali l'applicazione di forcipe o di ventosa ostetrica o il rivolgimento e l'estrazione podalica. Ciò comportava sovente postumi severi per la salute della madre e del neonato. Il ricorso al taglio cesareo, per contro, era percentualmente scarso sia per la mentalità dei vecchi ostetrici, sia per la scarsa affidabilità delle tecniche chirurgiche e anestesiologiche di allora.
      Dal 1975 il tasso di mortalità infantile (morti entro il primo anno di vita per 1.000 nati vivi) in Italia è sceso del 76 per cento (dal 20,5 del 1975 al 4,9 per mille del 1999). Tuttavia vi sono ancora differenze tra le regioni del nord e del sud: in alcune regioni meridionali (Puglia, Sicilia, Basilicata), infatti, il tasso di mortalità infantile nel 1999 era del 7,33 per mille rispetto al 3,0 delle regioni con il tasso di mortalità più basso (Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia). Obiettivo fondamentale è quindi, innanzitutto, ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità neonatale, avvicinando la media nazionale a quella della regione con indice di mortalità più basso. Per quanto riguarda la mortalità nel primo anno di vita, le malformazioni congenite rappresentano, insieme alla prematurità, l'83 per cento di tutte le cause.
      Negli anni successivi la reazione è stata quella di ricorrere ad una ospedalizzazione massiva e ad un eccesso di medicalizzazione del parto. Pensiamo che non si possa e non si debba tornare indietro, innanzitutto perché non esistono quasi più le manualità ostetriche in grado di eseguire quegli interventi vaginali complessi che ormai fanno parte della storia dell'ostetricia, e d'altra parte, la denatalità via via crescente ha condotto ad una standardizzazione delle famiglie con un numero di figli solo raramente superiore a due. Ciò ha indotto sempre più a pretendere di avere una prole sana riducendo al minimo i rischi comunque sempre presenti nel parto vaginale.
      Oggi il 90 per cento e oltre delle gravidanze si conclude con la nascita di un neonato sano; tra i meno fortunati vanno compresi non soltanto i soggetti nati da gravidanze a rischio elevato, affetti da malformazione o prematuri, ma anche coloro che hanno subìto sofferenza prenatale insorta prima del travaglio o durante il parto per cause imprevedibili o impreviste. Ciò significa che anche l'evidenza di condizioni gravidiche e feto-neonatali ragionevolmente ritenute normali, correttamente documentata, non esclude la possibilità di un'improvvisa evoluzione verso l'emergenza. Pertanto, tipo e modalità del parto, scelte della gestante, strategie assistenziali adottate al momento dell'avvio del travaglio, nascere o far nascere in un determinato modo piuttosto che in un altro, tipologia ed entità delle risorse umane e strumentali disponibili al momento del parto, insieme ad altri fattori, rappresentano il terreno in cui competenze professionali e mezzi tecnologici concorrono nel conseguimento dell'obiettivo primario, anche se non unico, di far venire alla luce un neonato in condizioni di benessere il più possibile ottimali.
      Il benessere psico-fisico della madre e il soddisfacimento dei suoi desideri non possono dunque essere ricercati disgiuntamente dal conseguimento della massima salvaguardia dell'integrità fisica della gravida e del neonato.
      La promozione della salute riproduttiva consiste nel dare corrette informazioni sul possibile rischio genetico, sulla contraccezione, sulla necessità di abolire il fumo, l'alcool e le droghe, sulle problematiche della nutrizione, sulla necessità della profilassi con acido folico e di un supporto sociale ed emozionale tempestivo. Inoltre, devono essere fornite precise informazioni sull'esistenza nel territorio di reparti e di centri ostetrico-neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.
      L'orientamento delle donne verso un tipo di parto «alternativo» è molto probabilmente un'espressione di insoddisfazione del parto e può rappresentare una reazione all'eccesso di medicalizzazione e di ospedalizzazione che si è realizzato fino agli anni ottanta. Tale insoddisfazione rappresenta un terreno fertile per l'attecchimento di messaggi che tendono a distogliere l'attenzione dalla valutazione del rischio perinatale che interessa una quota non indifferente di parti e che non può essere identificato con tanta tempestività da rinunciare a priori all'impiego di tecnologie. Ogni messaggio e offerta rivolti a soddisfare il bisogno di «naturalità» e a ridurre l'insoddisfazione connessa alla medicalizzazione possono essere ingannevoli se non accompagnati da una chiara esplicitazione degli eventuali rischi aggiuntivi connessi all'espletamento dell'evento nascita nelle condizioni desiderate dalla gestante.
      L'esperienza quotidiana in sale parto di differente livello assistenziale giustifica ampiamente le cause di insoddisfazione sul parto. Tuttavia, il Servizio sanitario nazionale, nelle varie sedi di competenza, non può dare risposte corrispondenti esclusivamente alle attese dell'adulto e, in particolare, ai suoi bisogni di privacy o di accoglienza logistica, ma deve soddisfare in ogni momento i requisiti di salvaguardia della salute della madre e del feto, tenendo conto della compatibilità della domanda nell'allocazione delle risorse a disposizione, dei benefìci attesi e dei risultati conseguiti e obiettivamente valutati.
      Se è vero che la medicalizzazione spinta, a parità di condizioni socio-economiche della popolazione e di risorse ospedaliere di personale e di strutture, ha determinato all'inizio degli anni settanta una riduzione dei tassi di mortalità perinatale superiore al 50 per cento in pochissimi anni, occorre fornire un'equa soluzione per porre in modo corretto al servizio della popolazione più debole e bisognosa mezzi di trattamento e di assistenza proporzionati ai bisogni. Un intervento ostetrico, mirato razionalmente alla tutela globale della salute materno-infantile e caratterizzato dal massimo impegno nel rispetto della proporzionalità dell'utilizzo di tecnologie, non può essere barattato con scelte alternative finalizzate al recupero di quella naturalità che, in anni non ancora dimenticati, ha prodotto tanti esiti infausti e disabilità.
      L'attuale organizzazione ospedaliera, insieme alla mancanza di una continuità assistenziale sul territorio, ha determinato nel 1999 un tasso di ospedalizzazione significativamente più elevato rispetto a quello di Paesi europei quali, ad esempio, il Regno Unito (51 per cento) e la Spagna (60 per cento). Oggi umanizzare deve voler dire offrire attitudini nel controllare eventi naturali per mezzo di una nuova cultura del partorire e del nascere che raccolga ed elabori le conoscenze scientifiche, coniugandole con comportamenti assistenziali rispettosi degli stati emotivi e mirati al mantenimento del massimo benessere della partoriente e del nascituro.
      Ormai l'ostetricia è radicalmente cambiata: il parto deve avvenire fisiologicamente e spontaneamente e sarà sempre più rara l'esecuzione di indaginosi parti operativi vaginali. È ovvio però che la loro drastica riduzione ha causato un aumento significativo dell'incidenza dei tagli cesarei: ben il 33 per cento nel 1999, più frequenti nelle strutture del centro-sud con un basso numero di nati, fino a raggiungere in Campania il 51 per cento, mentre le regioni Trentino-Alto Adige e Friuli Venezia Giulia registrano una percentuale di parti con taglio cesareo pari al 20 per cento, valori di poco superiori a quelli riportati dalla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea.
      Ma non è solo questa la causa che ha fatto innalzare la percentuale di tagli cesarei ad una media di oltre il 30 per cento di tutti i parti, con alcune punte superiori al 50 per cento. La convinzione di un abbattimento dei rischi e l'esigenza di evitare la sofferenza del travaglio sono un altro elemento soggettivo che ha contribuito alla riduzione dei parti fisiologici.
      Altre condizioni, legate alle mutate esigenze della donna moderna, sempre più impegnata nel mondo del lavoro, hanno elevato oltre i 30 anni l'età media della prima maternità. Considerando infatti che l'età fisiologicamente più idonea per un primo parto va dai 20 ai 30 anni, tale condizione di «primiparità attempata» di per sé rappresenta una condizione di maggior rischio fetale nel parto e quindi un'ulteriore causa di maggiore incidenza di tagli cesarei. In Italia si riscontra, invero, una bassa percentuale di gravidanze in età adolescenziale (2,25 per cento), paragonabile ai tassi osservati in altri Paesi europei quali Germania, Danimarca, Finlandia, Svezia e Francia.
      La rivalutazione dei consultori familiari, creati anche per far crescere tra la gente una cultura della sessualità e della riproduzione e per diffondere la tecnica della preparazione psico-fisica al parto, ormai spesso snaturati e ridotti al rango di semplici ambulatori di ginecologia, potrebbe contribuire alla realizzazione di quel transfert che deve crearsi tra il ginecologo e la donna per stabilire rapporti fiduciari e di sicurezza.
      L'analgesia ostetrica in travaglio di parto, tra le esigenze primarie della donna, risulta pochissimo praticata sul territorio nazionale soprattutto per la carenza di medici anestesisti. Anche in ciò è stato disatteso il progetto obiettivo materno-infantile 1998-2000, di cui al decreto del Ministro della sanità 24 aprile 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 131 del 7 giugno 2000, che prevedeva la presenza in sala parto del medico anestesista, insieme al ginecologo, al pediatra e all'ostetrica.
      Il Piano sanitario nazionale 2006-2008, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 aprile 2006, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17 aprile 2006, focalizza l'attenzione sulla salute del neonato e poneva come obiettivo fondamentale quello di ridurre le disparità regionali nei tassi di mortalità e morbilità neonatali, intervenendo sia con la promozione della salute, intesa nel dare corrette informazioni sul rischio genetico e sulla necessità di instaurare corrette abitudini di vita e alimentari, sia con la realizzazione di centri ostetrici e neonatologici specificatamente indirizzati all'assistenza delle gravidanze normali e ad alto rischio.
      Tutti i sondaggi e le indagini statistiche effettuati nell'ambito del parto concordano nell'indicare una sorta di insicurezza e di malessere nella gestante, la quale vorrebbe coniugare sempre sicurezza, umanità e serenità in quel momento magico rappresentato dalla maternità e dalla nascita.
      Gli obiettivi strategici della protezione della maternità e del miglioramento dell'assistenza ostetrica e neonatologica del periodo perinatale non possono esulare dall'educazione alla salute e all'igiene dei giovani e delle famiglie, dalla riduzione del tasso di ospedalizzazione, dalla diminuzione della percentuale dei tagli cesarei, dall'ottimizzazione del numero dei punti nascita, dalla riqualificazione dei consultori familiari, dalla promozione di campagne informative rivolte alle gestanti sulle norme comportamentali di prevenzione, dalla diffusione della pratica del parto indolore, ancora non garantita in Italia dal Servizio sanitario nazionale, e dall'elaborazione di linee guida e di percorsi diagnostico-terapeutici condivisi anche in ambito locale.
      Da ultimo, appare non sufficientemente considerato l'aspetto della rivalutazione del profilo professionale dell'ostetrica: al riguardo, questo ruolo, negli ultimi anni messo un po' da parte per via dell'eccessivo ricorso alla medicalizzazione, rappresenta classicamente un filtro tra il parto naturale e quello medicalizzato e può sicuramente contribuire ad una maggiore umanizzazione del parto, una delle esigenze primarie della donna.
      Queste le finalità della presente proposta di legge, che riprende, con alcune modifiche, il testo elaborato dalla XII Commissione (Affari sociali) della Camera dei deputati, nella XIV legislatura.


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PROPOSTA DI LEGGE

Capo I
PRINCÌPI GENERALI

Art. 1.
(Finalità).

      1. La presente legge persegue le seguenti finalità:

          a) promuovere un'appropriata assistenza alla nascita;

          b) perseguire la tutela della salute materna, il benessere del nascituro e quello delle famiglie nell'esperienza della genitorialità;

          c) rafforzare gli strumenti per la salvaguardia della salute materna e della salute del neonato, individuando i livelli dell'assistenza ospedaliera che ad essi devono essere garantiti;

          d) favorire il parto fisiologico e promuovere le modalità per l'appropriatezza degli interventi.

Art. 2.
(Relazione al Parlamento).

      1. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali presenta annualmente al Parlamento, entro il mese di giugno, una relazione sullo stato di attuazione della presente legge, tenuto conto dei dati rilevati dalle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Art. 3.
(Compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, attraverso i rispettivi piani sanitari e sulla base dei criteri definiti dai progetti obiettivo in materia materna e infantile (POMI), individuati dal Piano sanitario nazionale ai sensi dell'articolo 1, comma 11, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, definiscono modelli organizzativi assistenziali per il percorso nascita e per il rafforzamento della tutela della salute e del benessere della madre e del neonato, nel rispetto delle finalità e dei requisiti individuati dalla presente legge, anche attraverso il potenziamento dei consultori di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405, e successive modificazioni.

Capo II
DIRITTI DELLA PARTORIENTE E PROMOZIONE DEL PARTO FISIOLOGICO

Art. 4.
(Finalità).

      1. Il presente capo ha le seguenti finalità:

          a) soddisfare i bisogni di benessere fisico e psichico materno-infantile durante la gravidanza, il parto, il puerperio, l'allattamento e il periodo neonatale;

          b) favorire la libertà di scelta informata dei luoghi nei quali il parto può avvenire, in condizioni di adeguata salvaguardia del benessere fisico e psichico;

          c) promuovere la più ampia conoscenza delle modalità di assistenza e delle pratiche sanitarie in uso, comprese le tecniche del controllo del dolore da parto, la verifica dei livelli di assistenza assicurati, la continuità e l'integrazione territorio-ospedale e l'armonizzazione delle modalità di assistenza di tutto il percorso nascita, tenuto conto delle raccomandazioni dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) in materia di tecnologie e di metodologie appropriate alla nascita;

          d) favorire l'informazione e la conoscenza delle strutture territoriali e ospedaliere presenti a cui potersi rivolgere prima, durante e dopo il parto, consentendo una consapevole conoscenza e scelta del luogo e delle modalità del parto;

          e) ridurre i fattori di rischio ambientali, personali e iatrogeni per diminuire i tassi di morbilità e di mortalità materna e perinatale mediante un corretto utilizzo dei professionisti sanitari addetti all'assistenza della gravidanza e del parto fisiologico;

          f) assicurare al neonato, durante la degenza, l'instaurarsi di un corretto rapporto relazionale e la continuità del rapporto psico-affettivo con la madre, attraverso modelli organizzativi che consentano la maggiore vicinanza del neonato alla madre, con particolare riferimento alla promozione e al sostegno dell'allattamento al seno, e la presenza del padre nonché fornire ai genitori l'informazione necessaria sullo stato di salute del neonato e sui modi per garantirla.

Art. 5.
(Assistenza alla nascita).

      1. Le aziende sanitarie locali predispongono modelli organizzativi e risorse di personale e di materiali atti a garantire:

          a) l'utilizzazione di un'idonea cartella ostetrica computerizzata, nella quale sono annotati tutti i dati relativi alla gravidanza; tali dati, su richiesta, sono messi a disposizione della donna e degli operatori che l'assistono durante e dopo il parto;

          b) corsi di accompagnamento alla nascita rivolti, fin dall'inizio della gravidanza, alla donna e alla coppia, allo scopo di garantire le conoscenze relative alla sequenza di eventi gravidanza-parto-nascita-puerperio-allattamento e alle metodiche per l'espletamento del parto, comprese le tecniche per il controllo del dolore da parto;

          c) l'accertamento e la certificazione delle gravidanze a rischio e dei fattori di rischio per la gravidanza.

      2. In ogni caso, l'assistenza sanitaria delle gravidanze a rischio è demandata, a partire dal momento dell'accertamento, alle strutture specialistiche pubbliche o private accreditate.
      3. Le strutture specialistiche pubbliche o private accreditate favoriscono, compatibilmente con le condizioni fisiche della puerpera e del neonato, su espresso consenso della madre, la dimissione precoce, protetta e appropriata della madre e del figlio, garantendo la partecipazione dell'ostetrica nell'ambito dell'assistenza domiciliare integrata per il controllo del puerperio e del neonato e per il sostegno dell'allattamento al seno.
      4. La durata e le modalità dell'assistenza al puerperio sono adeguate allo stato fisico, psicologico e sociale della donna e del bambino. È favorita la presa in carico più precoce possibile del neonato da parte del pediatra di libera scelta.

Art. 6.
(Parto fisiologico).

      1. Si definisce parto fisiologico la spontanea modalità di evoluzione dei tempi e dei ritmi della nascita. Le modalità assistenziali da assicurare durante il travaglio garantiscono, in base alle indicazioni dell'OMS:

          a) il pieno rispetto delle esigenze biologiche e fisiologiche della donna e del nascituro;

          b) l'assecondamento dei ritmi fisiologici del travaglio e l'eliminazione di ogni pratica routinaria non supportata da precise indicazioni cliniche, per ognuna delle quali è fornita una corretta informazione al fine di favorire decisioni consapevoli da parte della partoriente;

          c) la promozione e la diffusione di tecniche naturali e farmacologiche per il controllo del dolore da parto;

          d) l'organizzazione del luogo di assistenza al travaglio di parto, assicurando un ambiente confortevole e rispettoso dell'intimità della donna;

          e) la possibilità di avere accanto il ginecologo o l'ostetrica di fiducia, nel rispetto della continuità dell'assistenza e per il potenziamento dell'integrazione assistenziale;

          f) la possibilità per il padre che lo desideri o di altra persona indicata dalla donna, tranne in presenza di gravi ragioni, di essere sempre presente all'evento;

          g) la possibilità di immediato e continuo contatto tra la madre e il figlio;

          h) la promozione dell'allattamento al seno nel periodo immediatamente successivo alla nascita e nei primi sei mesi di vita del bambino, anche secondo le indicazioni del Fondo delle Nazioni Unite per l'infanzia (UNICEF).

Art. 7.
(Luoghi per il parto fisiologico).

      1. Per garantire alla donna il diritto a vivere l'evento travaglio-parto-nascita in un contesto umanizzato e sicuro, il parto può svolgersi:

          a) in strutture sanitarie pubbliche o private accreditate o autorizzate;

          b) in case di maternità individuate mediante progetti di ristrutturazione o di costruzione da parte delle aziende sanitarie locali.

Art. 8.
(Strutture ospedaliere per il parto fisiologico).

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e le strutture pubbliche o private accreditate o autorizzate attrezzano spazi adeguati per il parto fisiologico nonché per l'effettuazione di tecniche di parto-analgesia. Questi spazi consentono, successivamente al parto, in collaborazione con le unità operative neonatologiche, il contatto tra la madre e il bambino mediante la pratica di tenere il neonato in camera con la madre, nonché la presenza del padre senza vincoli di orari.
      2. Gli spazi previsti dal comma 1 sono realizzati dalle aziende sanitarie e dalle strutture di cui al medesimo comma 1 nell'ambito dei propri progetti di ampliamento, di ristrutturazione e di costruzione di reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici e anestesiologici ovvero, in attesa della realizzazione delle nuove strutture, tramite una riorganizzazione funzionale degli esistenti reparti ostetrici, pediatrici, neonatologici e anestesiologici.

Art. 9.
(Servizio di trasporto materno e neonatale).

      1. Per il riconoscimento delle gravidanze, dei parti e delle condizioni neonatali a rischio, al fine del tempestivo ricovero nei punti nascita, si applicano i criteri individuati dall'OMS.
      2. In casi di particolare gravità, il trasporto assistito è effettuato da personale con competenze specifiche, mediante il servizio di trasporto d'emergenza, ed afferisce a strutture assistenziali di II o di III livello, utilizzando un'unità mobile attrezzata per le cure intensive da prestare in corso di trasferimento.

Art. 10.
(Donazione e raccolta del sangue del cordone ombelicale).

      1. Lo Stato e le regioni promuovono la donazione e la raccolta del sangue del cordone ombelicale. La conservazione è consentita sia per uso autologo sia per uso allogenico per scopi terapeutici, clinici o di ricerca.
      2. Le divisioni di ostetricia diffondono la cultura della donazione del sangue del cordone ombelicale informando le gestanti sulle potenzialità della donazione, sulle possibili utilizzazioni e sull'assoluta mancanza di ogni rischio per loro e per i neonati, nonché garantendo il prelievo a tutte le partorienti.
      3. La conservazione del sangue del cordone ombelicale per uso autologo avviene senza oneri per lo Stato in istituti pubblici o privati accreditati dalle regioni e convenzionati con centri trasfusionali autorizzati. Sono fatti salvi i casi di conservazione autologa o destinata a consanguinei per patologia in atto o previa presentazione di motivata documentazione clinico-sanitaria.

Art. 11.
(Incentivi).

      1. In considerazione dei maggiori costi derivanti dall'assistenza al travaglio e al parto per via vaginale, sia in termini di impegno di personale medico e ostetrico, che di tecnologie, il rimborso alle strutture sanitarie relativo ai parti vaginali, spontanei e operativi, è equiparato a quello previsto per i tagli cesarei.
      2. Le aziende sanitarie ospedaliere che intendono attivare e diffondere le tecniche di analgesia per il parto possono assumere, a tale fine, medici anestesisti anche in soprannumero rispetto alle dotazioni organiche.
      3. Le unità operative che dimostrano, di anno in anno, di lavorare in conformità alle disposizioni della presente legge sono incentivate dalle aziende sanitarie locali con iniziative di formazione e di aggiornamento, nonché con il finanziamento di progetti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi fissati dalla presente legge.

Art. 12.
(Compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di parto fisiologico).

      1. Ai fini dell'espletamento delle attività connesse all'attuazione del parto fisiologico previste dalla presente legge, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, d'intesa con le aziende sanitarie locali, provvedono a:

          a) adottare le nuove linee guida del parto fisiologico, secondo i princìpi stabiliti dalla presente legge;

          b) verificare annualmente il livello qualitativo del percorso parto-nascita, secondo le modalità stabilite dalla presente legge;

          c) programmare corsi di accompagnamento alla nascita all'interno delle strutture pubbliche e private accreditate o autorizzate o in altra sede idonea individuata dalla competente azienda sanitaria locale;

          d) raccogliere e monitorare annualmente i dati statistici relativi alle diverse modalità di parto verificati nelle proprie strutture e nel proprio territorio;

          e) pianificare, per il personale, corsi di aggiornamento di livello generale e specialistico;

          f) favorire il confronto e i collegamenti tra gli operatori dei vari dipartimenti, anche per garantire livelli uniformi di assistenza nell'ambito del percorso nascita;

          g) organizzare e promuovere campagne informative sui diritti della partoriente, del nascituro e del padre.

Art. 13.
(Relazioni e indagini).

      1. I competenti organi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano predispongono una relazione annuale per la rilevazione dei dati relativi a:

          a) morbilità e mortalità perinatale e neonatale;

          b) morbilità e mortalità materna;

          c) modalità di assistenza al parto;

          d) complicanze in gravidanza;

          e) uso di ossitociti, antispastici, analgesici e anestetici e specificazione delle relative caratteristiche;

          f) frequenza e modalità dell'allattamento al seno.

      2. Le relazioni di cui al comma 1 contengono altresì dati statistici relativi a:

          a) la popolazione assistita, quali età, classe sociale di appartenenza, rischio sanitario e altri criteri ritenuti utili per la valutazione della qualità delle cure;

          b) i livelli di assistenza neonatale;

          c) i nati pretermine, i nati morti e i malformati.

      3. Le relazioni di cui al presente articolo sono trasmesse al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, che cura la pubblicazione e la diffusione dei dati raccolti.

Capo III
SALVAGUARDIA DELLA SALUTE
DEL NEONATO

Art. 14.
(Cartella clinica neonatale).

      1. Per ogni nato vivo è compilata una cartella clinica personale, anche ai fini della predisposizione della scheda di dimissione ospedaliera (SDO), contenente, oltre ai dati previsti dalle disposizioni vigenti in materia, i rilievi sulla gravidanza, sul parto e sull'andamento neonatale.
      2. Entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali provvede, con proprio decreto, all'adozione delle linee guida generali per la compilazione, da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, della cartella clinica di cui al comma 1.

Art. 15.
(Controlli post-natali).

      1. Tutti i neonati, in attesa che si completino i processi fisiologici di adattamento post-natale, sono sottoposti ai comuni controlli dei parametri vitali durante l'osservazione transizionale.
      2. Qualora il neonato necessiti di cure speciali che determinano il temporaneo distacco dalla madre, è assicurata, per quanto possibile, la permanenza della stessa in spazi contigui e adeguati, anche in caso di degenza in terapia intensiva neonatale.
      3.Per tutto il periodo di ospedalizzazione del neonato ai sensi del comma 2, la madre, o un altro familiare in sua vece, usufruisce dei servizi di pernottamento e di vitto con oneri a carico dell'azienda sanitaria locale.

Art. 16.
(Interventi in favore delle gestanti per garantire il segreto del parto).

      1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano garantiscono gli interventi socio-assistenziali nei confronti delle gestanti presenti nel proprio territorio, indipendentemente dalla loro residenza anagrafica, che necessitano di specifici sostegni in ordine al riconoscimento o meno dei loro nati e al segreto del parto. Alle gestanti e ai loro nati sono altresì garantiti gli interventi per la continuità assistenziale e per il loro reinserimento sociale.
      2. Gli interventi di cui al comma 1 costituiscono livello assistenziale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.
      3. Le leggi regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano individuano, ai sensi dell'articolo 8, comma 5, della legge 8 novembre 2000, n. 328, gli enti locali titolari degli interventi di cui al presente articolo e le modalità di esercizio degli stessi.

Art. 17.
(Applicazione della disciplina in materia di attività usuranti).

      1. Al personale del ruolo medico dei ginecologi, anestesisti e neomatologi e dei profili professionali ostetrici e infermieristici operanti nelle unità di terapia intensiva neonatale e nel pronto soccorso ostetrico, si applicano i benefìci previsti dal decreto legislativo 11 agosto 1993, n. 374, e successive modificazioni, nonché i provvedimenti attuativi di quanto previsto dall'articolo 12 della legge 23 dicembre 1994, n. 724.


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