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Seduta del 28/1/2010


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Audizione del presidente di Asco tributi locali, dott. Lanfranco Tavasci.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva del federalismo fiscale, del Presidente di ASCO tributi locali, dottor Lanfranco Tavasci. Do la parola al dottor Tavasci.

LANFRANCO TAVASCI, presidente di ASCO tributi locali. Vi ringrazio per averci ricevuto. Mi sono permesso di predisporre un documento in modo da essere più veloce nell'esposizione.
L'odierna audizione cade, per le note vicende che ultimamente hanno coinvolto un'importante società di gestione dei servizi di fiscalità locale, sulle quali il Parlamento e gli organi di stampa si sono più volte soffermati, in un momento particolarmente delicato per l'intero settore delle aziende operanti nel campo della fiscalità locale, che per tali vicende rischia di essere sottoposto nel suo insieme a un giudizio particolarmente severo. Vi è la consapevolezza del rischio che prevalga la ricorrente tentazione di fare «di ogni erba un fascio», con il conseguente pericolo di buttare insieme all'acqua sporca anche il bambino.
ASCO tributi locali è quindi grata a codesta onorevole Commissione per l'opportunità che le viene offerta, in un siffatto contesto, di offrire il suo contributo di idee e di soluzioni, perché vengano superate le odierne difficoltà e create le condizioni per un reale efficientamento dei servizi di fiscalità locale. Crediamo infatti che ASCO tributi locali per la sua recente costituzione e soprattutto per la storia delle aziende che le hanno dato vita, abbia tutte le carte in regola per contribuire al dibattito che si è aperto circa il futuro del settore.
L'associazione nasce e inizia a operare nel 2007 per impulso delle cessate concessionarie del servizio nazionale della riscossione, che hanno scelto di scorporare il ramo d'azienda relativo alla fiscalità locale all'atto della pubblicizzazione della riscossione erariale. Successivamente, si è aperta alle altre aziende del settore, il cui modus operandi fosse assolutamente coerente con gli obiettivi di trasparenza, correttezza ed efficienza che l'associazione stessa si è data statutariamente all'atto della sua costituzione. Ecco perché riteniamo di aver titolo a far sentire la voce delle nostre aziende e la volontà di difendere un patrimonio di professionalità, di risorse umane e di efficienza.
Il 31 dicembre 2010 scade il periodo transitorio previsto per la fiscalità locale dalla legge di riforma di riscossione erariale e dal 1 gennaio 2011 si apre su scala nazionale un panorama nuovo, anch'esso legislativamente disciplinato, volto a riportare nella piena autonomia degli enti locali


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l'affidamento del servizio di riscossione delle entrate locali, attraverso procedura a evidenza pubblica.
A distanza di poco più di un anno dall'obiettivo temporale fissato dal legislatore, le aziende operanti nel settore sono particolarmente attente e vigili sul percorso che entro la fine del 2010 dovrà portare all'affidamento del servizio, dovendosi e volendosi trovare assolutamente preparate in modo responsabile e adeguato alla nuova realtà che si presenterà dal 1 gennaio 2011, anche alla luce di quanto previsto dalla legge delega sul federalismo fiscale e in particolare di quanto in concreto i decreti legislativi attuativi incideranno sul futuro della riscossione delle entrate locali.
Purtroppo, la produzione legislativa in materia non segue di pari passo le reali necessità del settore, anzi in modo scoordinato e frammentario diversi episodi legislativi hanno creato ultimamente uno stato di preoccupazione e confusione negli operatori, che non riescono a programmare con la dovuta responsabilità il loro futuro imprenditoriale.
Estremamente preoccupante al riguardo è stato ad esempio l'intervento del legislatore che ha modificato i requisiti necessari per l'iscrizione all'albo per l'accertamento e la riscossione dei tributi e delle entrate degli enti locali, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, imponendo l'elevazione del capitale sociale ad almeno 10 milioni di euro. Come è stato evidenziato in tutte le sedi competenti, comprese la Commissione europea e il Garante della concorrenza e del mercato, tale disposizione ha determinato un'indebita discriminazione dei soggetti privati nei confronti degli operatori a prevalente partecipazione pubblica e ha introdotto un requisito per l'iscrizione all'albo che risulta sproporzionato rispetto al fine che la norma intende perseguire.
Con grandi sacrifici di natura finanziaria, alcune società si stanno adeguando al contestato disposto legislativo, mentre altre sono in palese difficoltà e rischiano di dover rinunciare a un'attività spesso svolta da decenni con professionalità, onestà e correttezza operativa. Al momento, i rilievi critici della categoria alla previsione legislativa dell'aumento del capitale sociale stanno trovando in sede giudiziaria pieno accoglimento, ma la situazione di confusione e di incertezza che si sta creando non agevola una serena programmazione imprenditoriale in vista del termine al 31 dicembre 2010.
Anche alcune considerazioni svolte da codesta Commissione in sede di indagine conoscitiva sullo stato della riscossione, nonché la più recente risoluzione della Commissione finanze della Camera hanno ingenerato non poche perplessità, soprattutto in ordine alla evidenziazione da parte di codesta Commissione di difficoltà di acquisizione dei dati inerenti alla riscossione, nonché alla richiesta del versamento diretto alla tesoreria degli enti locali attraverso il sistema bancario o postale dei pagamenti spontanei, se non anche di quelli coattivi. Di tali problematiche peraltro questa associazione si è fatta già direttamente carico, e con nota del 28 settembre 2009, indirizzata a tutti i componenti della Commissione, ha evidenziato le proprie osservazioni al riguardo.
Naturalmente, questo stato di critica continua al sistema che si va diffondendo anche nelle sedi politiche più autorevoli non solo non rasserena chi opera nel settore, ma tende ad aggravare ulteriormente la situazione già continuamente penalizzata anche in sede legislativa e amministrativa. Anche dal punto di vista amministrativo, infatti, si nota un atteggiamento di malcelato ostruzionismo nei confronti del settore, di cui l'esempio più eclatante è la mancata autorizzazione all'accesso all'anagrafe tributaria in favore dei soggetti affidatari dei servizi di accertamento e riscossione delle entrate locali, con una chiara disparità di trattamento con Equitalia Spa, alla quale tale accesso è pacificamente consentito.
Purtroppo, va evidenziato a chiare note che questa inadempienza dell'Agenzia delle entrate ostacola in modo ingiustificato le attività di riscossione svolte non solo attraverso le società private incaricate,


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ma anche in forma diretta dall'ente locale, nonostante lo stesso legislatore con l'articolo 83, comma 28-sexies del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con legge n. 133 del 2008 avesse espressamente precisato che non era ammessa alcuna discriminazione nell'accesso ai dati tra Equitalia e gli altri soggetti incaricati della riscossione.
È inutile e superfluo che questa associazione continui a evidenziare l'estremo disagio della categoria da essa rappresentata, per l'impossibilità di utilizzare detto sistema informativo così importante ed essenziale per combattere l'evasione della riscossione nel settore della fiscalità locale. Proprio nell'ambito della lotta all'evasione da riscossione va collocata l'ulteriore, ma finora inascoltata esigenza di porre mano a un coordinamento delle varie disposizioni di legge che nel tempo hanno regolato la riscossione coattiva degli enti locali con normative non sempre coerenti e coordinate. Basti pensare che il testo base per la riscossione coattiva è il regio decreto del 1910 che va ovviamente coordinato con la successiva legislazione in materia, per capire la macchinosità e complessità dei procedimenti esecutivi e le inevitabili incertezze operative che ne conseguono a partire dalla notifica dei reati.
In sede di audizione del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le riforme, Aldo Brancher, dinanzi a questa Commissione in data 14 ottobre 2009, sono state evidenziate dallo stesso Sottosegretario alcune esigenze da armonizzare in tema di accesso diretto alle anagrafi voluto dall'articolo 2 comma 2 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale.
In particolare, il Governo ha precisato che da un lato la legge prevede che si debbano definire modalità che assicurino a ciascun soggetto titolare del tributo l'accesso diretto alle anagrafi e a ogni altra banca utile alle attività di gestione tributaria, dall'altro si rende necessario assicurare il rispetto della normativa a tutela della riservatezza dei dati personali, aggiungendo che su questo dovrà essere avviato un percorso condiviso, anche per tracciare il confine del diritto alla privacy, in modo che esso non si trasformi surrettiziamente in una limitazione all'azione di contrasto all'evasione.
Se queste perplessità sono anche quelle che stanno al momento ostacolando l'accesso all'anagrafe tributaria da parte dei soggetti affidatari dei servizi di accertamento e riscossione delle entrate locali, è evidente come il percorso condiviso indicato dal Sottosegretario debba essere portato a termine con urgenza, perché il ritardo nell'autorizzazione non si trasformi surrettiziamente in una limitazione all'azione di contrasto all'evasione. ASCO tributi locali confida che nell'ottica di tale considerazione codesta onorevole Commissione evidenzi con autorevolezza tale indifferibile esigenza.
Il panorama complessivo tracciato evidenzia una manovra finalizzata da parte di alcuni settori politici e amministrativi a destabilizzare il sistema, o meglio indica chiaramente, così come messo in luce anche da alcuni interventi dei commissari appartenenti a codesta onorevole Commissione (vedi l'intervento del senatore D'Ubaldo nel resoconto di mercoledì 14 ottobre 2009), uno scontro che dura da tempo non soltanto in sede convegnistica, ma anche in sede di apparati centrali. Sia l'Agenzia delle entrate sia Equitalia nascono infatti con l'obiettivo - Equitalia in modo specifico - di trasformare i sistemi di riscossione in un unicum tendenzialmente esauriente ed esaustivo di tutta l'attività stessa di riscossione. Altri sostengono invece l'esigenza di accentuare l'autonomia.
Dietro tutto ciò c'è uno scontro di interessi tra chi vuole la pubblicizzazione della riscossione e chi la vuole invece privatizzata. Questo scontro indebolisce la categoria delle aziende operanti nel campo della fiscalità locale che, senza alcun punto di riferimento chiaro e obiettivo, si dibatte in un'incertezza paurosa e deleteria sia in termini di scelte imprenditoriali sia a livello gestionale e operativo, consapevole comunque che senza un chiarimento politico tempestivo, anche nei prossimi


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mesi si intensificheranno gli attacchi contro la sopravvivenza del sistema dopo il 31 dicembre 2010.
Non si può sottacere però che tali attacchi sono figli dell'impostazione politica del passato, ove la fiscalità locale prima delle norme introdotte dal federalismo fiscale era conglobata in tutto e per tutto nella fiscalità erariale. Proprio a tale situazione si riferisce il Sottosegretario Brancher nella sua citata audizione, allorquando avverte che «si è infatti consapevoli che storicamente, sul piano dello svolgimento pratico della funzione normativa dell'organizzazione materiale, la fiscalità locale si è decisamente appoggiata alla fiscalità erariale».
Gli enti locali invero si sono mostrati particolarmente remissivi, pronti a lasciare la funzione di accertamento e riscossione e dunque la capacità di agire per l'attuazione del tributo agli organi dell'amministrazione centrale. Lo stesso Sottosegretario ricorda però che la legge n. 42 contiene un insieme di previsioni che hanno come obiettivo proprio il rafforzamento e l'incentivazione dell'applicazione autonoma dei tributi, e conclude richiamando all'attenzione come uno degli obiettivi della legge n. 42 sia proprio il rafforzamento del nesso tra autonomia impositiva e autonomia applicativa, rimettendo all'ente titolare del tributo la responsabilità di governare la fase di liquidazione, accertamento e riscossione in forme sempre più efficaci e trasparenti.
Per quanto sopra espresso, questa associazione si augura che codesta onorevole Commissione condivida quanto evidenziato e si adoperi per assicurare il rispetto dei principi direttivi fissati dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, e a tal fine valuti l'opportunità che l'attuale scadenza dei contratti al 31 dicembre 2010 venga differita a dopo l'effettiva applicabilità dei decreti legislativi attuativi della delega sul federalismo fiscale.
ASCO tributi locali avverte che in questa delicata situazione l'esigenza primaria è quella di comprendere innanzitutto e con chiarezza e urgenza il futuro che politicamente il sistema deve attendersi, dopo aver impiegato notevoli risorse economiche e organizzative per rispettare gli obblighi legislativamente imposti negli ultimi tempi: dalle riorganizzazioni societarie richieste dalla riforma del servizio alla ristrutturazione dei compiti, dagli adeguamenti del capitale sociale alla revisione continua della propria architettura gestionale e informativa.
Secondo quanto evidenziato nella presente nota, ad avviso di questa associazione, non appare politicamente coerente che gli operatori del settore debbano essere penalizzati in modo violento e ingiustificato, impedendo loro dopo il 31 dicembre 2010 la prosecuzione dell'attività con la conseguenza inevitabile della traumatica chiusura delle loro aziende. Come ricordato dal Sottosegretario Brancher, infatti, tale scelta politica risulterebbe oltremodo contraria alla liberalizzazione dei servizi locali voluta dalle norme in materia di federalismo fiscale, nonché dalla recentissima riforma dei servizi pubblici locali, eliminando la concorrenza a discapito dell'economicità ed efficienza del servizio, senza aggiungere che tutto questo potrebbe portare al rischio di licenziamento di migliaia di lavoratori attualmente operanti nel sistema.
Questa associazione si augura quindi che, anche e soprattutto su sollecitazione di codesta onorevole Commissione, nasca subito un confronto politico chiaro e trasparente sugli intendimenti e approfondito sulle conseguenze delle scelte operate, nel rispetto dei princìpi dettati dal federalismo fiscale in tema di autonomia dell'ente locale e delle leggi del mercato e della concorrenza, per assicurare al Comune la migliore scelta nell'affidamento del servizio.

LUCIO D'UBALDO. Grazie, presidente. Volevo porre solo una domanda, iniziando dall'esposizione dell'importante punto di vista di ASCO tributi locali e andando sinteticamente al nodo di una questione ormai matura.
Non siamo in grado, né desiderosi di impedire o di regolamentare il dibattito teorico su come si debba sviluppare l'autonomia


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degli enti locali anche in relazione alle attività di riscossione. Come legislatori, pur nelle posizioni distinte di maggioranza e opposizione, abbiamo però il compito di capire quali siano le distorsioni intervenute nel sistema, che a loro volta riportano alla luce distorsioni antiche, anzi antichissime. Ci troviamo quindi di fronte a un panorama preoccupante, con enti locali non sempre in condizioni di fronteggiare un'offerta che peraltro si presenta in modo sofisticato con servizi, argomentazioni, proposte e apparati amministrativi, specie quelli legati all'attività tributaria, progressivamente riorganizzati solo negli ultimi quindici anni, posto che dopo più di trent'anni erano ridotti al lumicino e ancora oggi piuttosto gracili.
La questione è delicata soprattutto per quanto riguarda il passaggio di denaro. Nessuno contesta la possibilità di accentuare il momento dell'autonomia, quindi anche della diffusione di servizi che possono essere sempre più qualificati, precisati, adattati alle esigenze del singolo comune grande o piccolo. Il problema è che, quando si assume come criterio il fatto che la società concessionaria privata riscuote il tributo per poi doverlo riversare, purtroppo si manifestano fenomeni gravi come quelli che abbiamo riscontrato e che in sede pratica diventa difficile controllare, con un contenzioso che nel frattempo va vieppiù sviluppandosi.
Ci troviamo infatti di fronte non a comportamenti pregiudizialmente e chiaramente illegali, quindi facilmente affrontabili, ma a tanti piccoli escamotage e giustificazioni. I soldi che dovrebbero arrivare in cassa al comune un certo giorno, non arrivano, e si crea un fenomeno ancora più pericoloso, con punte anche di effettiva irregolarità non solo amministrativa, ma anche penale.
La forza di Equitalia e quindi della proposta che tende a centralizzare e a pubblicizzare il sistema, è questa: stroncare alla radice, somministrare una massiccia cura di antibiotici, per cui magari il malato sarà debilitato, ma i germi saranno debellati e il sistema sarà stabilizzato; sia in sede scientifica sia in sede politica i cultori del principio di autonomia guardano a questa proposta con preoccupazione, perché si otterrebbe quel beneficio al prezzo di trasformare gli enti locali in tante macchinette operative prive di capacità.
Vorrei sapere se non si possa ragionare con coraggio sul fatto che, se una società privata fornisce un servizio, questo non debba essere parametrato in modo irrisorio, ma debba essere pagato bene, perché la società ci mette un valore aggiunto. Questo è il mercato: tra vari soggetti che si presentano, si deve valutare l'offerta migliore.
Mi chiedo perché il flusso di denaro debba obbligatoriamente seguire quel percorso e non si debba intervenire legislativamente e garantire che, qualunque sia la forma di esercizio, ci debba essere un canale pubblico, per cui il contribuente versi non alla società privata, ma su un conto del Comune o comunque con l'F24. Sarà poi possibile sbizzarrirsi sulle modalità: intanto si creino le condizioni per impedire l'utilizzo scorretto di queste opportunità.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Nel fare mie le osservazioni del senatore D'Ubaldo, vorrei evidenziare alcune questioni tecniche. Vorrei sapere se ASCO tributi locali abbia provveduto all'adeguamento del capitale sociale e si sia adeguata ai 10 milioni di euro ovvero se sia da annoverare tra le aziende in difficoltà nel farlo.
Devo ammettere la mia ignoranza, perché ritenevo che ASCO tributi locali derivasse dalla Confcommercio, perché a Verona l'associazione commercianti si chiama ASCO: vorrei dunque conoscere le componenti della compagine sociale.
Ovviamente, una proroga dopo il 31 dicembre varrebbe a dire aspettare dieci anni prima che trovino applicazione tutti i decreti collegati al federalismo fiscale. Tutti auspichiamo che la questione possa trovare soluzione, ma sappiamo quanto tempo servirà perché il federalismo fiscale, così come è stato approvato nella legge fondamentale, possa trovare attuazione. La questione si pone dunque non come


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una semplice proroga di un anno o due, ma come una proroga interminabile. Esprimo dunque molte riserve perché, operando nel settore, constato la quotidiana difficoltà dei contribuenti che, sebbene si comportino correttamente, in situazioni di ristrettezza finanziaria subiscano azioni pesantissime, dovendo poi rivolgersi a professionisti per ricorrere contro azioni promosse dalle aziende di riscossione, con le varie conseguenze che abbiamo avuto modo di verificare in Commissione finanze.

GIULIANO BARBOLINI. Anch'io ringrazio per il materiale che ci è stato fornito. Desidero esprimere una riflessione che si accompagna a una domanda. Anch'io ritengo che la possibilità di una proroga a tempo indeterminato sia difficilmente percorribile. Visto che la modulazione dei decreti sul federalismo fiscale traguarda il 2013, prendereste in considerazione la possibilità che, parallelamente all'entrata a regime del nuovo quadro normativo, si conceda una proroga attorno appunto al 2013?
Vorrei anche sapere se sia possibile avere una nota documentata sulle implicazioni di carattere economico e sulle ricadute occupazionali nei vari comparti e settori, così da poter fare una valutazione concreta. È comprensibile che ci siano implicazioni, ma si tratterebbe di capire in che termini, perché la questione che rappresentate evidenzia quelle luci, ombre e contraddizioni che il senatore D'Ubaldo ha opportunamente evidenziato, per cui ai fini del nostro lavoro sarebbe utile avere un quadro di valutazioni e di conoscenze più dettagliato.

ROSARIO GIORGIO COSTA. Finalmente ascoltiamo ASCO tributi locali. Consapevoli di quanto fruttuosa e virtuosa fosse stata la gestione dell'antico esattore, anche in forza delle sanzioni seriamente comminate a suo carico in ipotesi di devianza, siamo sbalorditi per quanto sta accadendo circa l'insolvenza di molte società alle quali è stata data questa facoltà.
A suo tempo, conoscendo personalmente la virtuosità dell'antico esattore, non sempre amato, ma certamente molto virtuoso, con riferimento al rapporto con l'erario, non vedevo di buon occhio l'inaugurarsi di questa riscossione. Alla luce dell'esperienza vissuta e recependo le lacrime e i pianti che salgono da molte località del Paese, (nella mia provincia il comune di Gallipoli e quello di Casarano si vedono sottratte risorse), mi chiedo se le sanzioni che erano postulate per le inadempienze dell'antico esattore sono state alleggerite tanto da consentire la presa d'atto dell'insolvenza, la presa d'atto della sottrazione delle risorse e nessun arresto. Prima, quando l'esattore, sia pure per errore commetteva l'appropriazione di un centesimo, il giorno dopo era in carcere e gli revocavano la concessione. Mi chiedo come mai tutto ciò non si stia verificando, con scandalo notevole per la fede pubblica e per la pubblica amministrazione in generale.

PRESIDENTE. Anch'io mi associo alle considerazioni dei colleghi. Come avete potuto notare, qui non ci sono opposizioni di partito o schieramenti contrapposti, ma c'è reale preoccupazione di tutti i componenti di questa Commissione per quanto è accaduto. L'avvenimento ha riguardato circa quattrocento Comuni, che hanno avuto difficoltà nell'approvazione di bilancio, perché queste somme risultano formalmente ed effettivamente riscosse ma non possono essere contabilizzate tra i residui perché risultano incassi a tutti gli effetti: conseguentemente, i Comuni vanno in enorme sofferenza.
Il TAR dovrebbe pronunciarsi a giorni con una sentenza di merito. Le preoccupazioni manifestate a voi ASCO tributi locali riguardano la necessità di monitorare in modo puntuale questa situazione che sta creando enormi difficoltà a numerosi Comuni che fanno affidamento su queste risorse e si sono trovati coinvolti in una vicenda estremamente preoccupante.
Do quindi la parola ai rappresentanti di ASCO tributi locali per la replica.

LANFRANCO TAVASCI, presidente di ASCO tributi locali. Mi faceva piacere


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sentire le ultime affermazioni circa l'antica virtuosità del vecchio esattore. Sono presidente dell'ASCO tributi locali, ma soprattutto sono un operatore del settore, giacché come gruppo operiamo a Foggia e provincia da quasi cento anni. Condivido dunque quanto ho sentito dire.
ASCO tributi locali nasce come continuità ideale di ASCO tributi nazionale, su impulso di quei concessionari che prima riscuotevano per l'erario e che hanno deciso di scorporare. Nella nostra anima c'è il continuum delle vecchie normative, dei vecchi lacci e lacciuoli, che giustamente davano al sistema un assetto estremamente rigido e controllato, tanto che nel passato non si sono verificati casi eclatanti come quelli che viviamo in questo momento per Tributi Italia. Il controllo era infatti quasi preventivo, nemmeno successivo, con leggi appropriate e sanzioni che impedivano distrazioni di importi.
In merito al problema del passaggio di denaro, che ha creato problemi anche recentemente, gli enti locali hanno accesso diretto alle nostre banche dati e alle informative, per cui, prima che i miei collaboratori chiudano il conteggio, il comune sa quanto gli dobbiamo versare. Da un punto di vista normativo e di informativa, quindi, il passaggio di denaro è garantito. Basterebbe estendere come obbligo a tutti gli operatori del settore, il fatto non di essere collegati, voglio precisare meglio...

PRESIDENTE. Nel caso cui ci riferiamo, invece, la banca dati è nell'esclusiva disponibilità della società interessata...

LANFRANCO TAVASCI, presidente di ASCO tributi locali. Esatto, mentre per noi è l'ente che ha accesso diretto alla nostra banca dati, per cui può non solo vedere l'aspetto contabile e amministrativo, ma addirittura esaminare punto per punto la posizione dei singoli contribuenti. È un discorso che porto sempre a esempio per quanto riguarda la nostra operatività con i nostri enti locali, giacché è come se avessimo l'Ufficio tributi del singolo ente in azienda.
Personalmente, opero da trentacinque anni, ma come gruppo, come famiglia, operiamo da cento anni, ed è fondamentale nella nostra attività il radicamento sul territorio. Le famose macchie di leopardo non hanno mai funzionato. Si può essere presenti in una o due Province, però il radicamento con il territorio evita problemi come nel caso di Tributi Italia: questa è comunque una mia illazione e una mia presa di posizione.
Per quanto riguarda il discorso del passaggio di denaro, quindi di Equitalia, è opportuno ricordare che il concessionario non solo riscuote e incassa, ma ha dietro tutta una operatività di contabilizzazione e rendicontazione. Ci sono poi le anticipazioni contrattualizzate che facciamo ai Comuni: anticipiamo il 70 per cento, addirittura c'è chi ha ripristinato il vecchio principio dell'obbligo del non riscosso per riscosso che ai Comuni fa estremamente comodo, perché hanno un gettito garantito, salvo conguaglio. L'operatività di far transitare tutto attraverso un F24 metterebbe in crisi anche gli enti locali.
ASCO tributi è un'associazione di categoria, quindi alcuni dei nostri associati hanno già provveduto all'adeguamento al capitale sociale con estremi sacrifici. Tenga presente che, se devo gestire una città come Foggia con 150.000 abitanti, dal momento che i nostri capitali sono interamente versati, devono essere disponibili e dimostrabili, immobilizzare un capitale di 10 milioni di euro è veramente sproporzionato. Solo realtà come Roma, Milano, Napoli possono giustificare un capitale di questo genere.
Non chiediamo proroghe di dieci anni, anche perché per principio sono contrario alle proroghe: imprenditorialmente parlando, una progettazione deve avere uno spazio limitato, di uno, tre o quattro anni. È sufficiente anche una proroga fino al 2013, per mettere a punto tutta una serie di provvedimenti che consentano il passaggio all'assetto definitivo.
Credo che i nostri uffici possano dare immediatamente seguito alla nota con le


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ricadute del personale sul territorio. Mi auguro di essere stato chiaro e spero di aver dato risposte esaustive.
Come associazione, siamo disponibili a sopperire a eventuali carenze, laddove sia necessario.

PRESIDENTE. Quanti sono i vostri associati?

LANFRANCO TAVASCI, presidente di ASCO tributi locali. Dodici.

PRESIDENTE. Nel ringraziare i nostri ospiti per la disponibilità manifestata, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,25.

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