Back

Seduta dell'8/7/2010


Pag. 3


...
Audizione di rappresentanti di ANCI e di ANCITEL s.p.a.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito dell'audizione, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva del federalismo fiscale di rappresentanti di ANCI e di ANCITEL s.p.a.
Gli auditi risponderanno ai quesiti formulati dai colleghi nella precedente seduta. Sono con noi il dottor Mauro Cammarata, direttore del settore entrate del comune di Bologna e responsabile dell'ente capofila del progetto ELI-CAT, l'ingegner Dario Gambino, responsabile del settore servizi informativi del comune di Fabbriche di Vallico, il dottor Gianpiero Zaffi Borgetti, responsabile del dipartimento innovazione e tecnologia ANCI, il dottor Andrea Zaccone, dirigente dei sistemi informativi del comune di Terni e responsabile dell'ente capofila del progetto ELI-FIS, il dottor Gianpaolo Artioli, esperto del gruppo tecnico di progettazione, la dottoressa Annamaria Graziano, direttore delle politiche delle entrate del comune di Roma e responsabile dell'ente capofila del progetto FED-FIS, il dottor Andrea Ferri, esperto ANCI.
L'audizione si inquadra nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva del federalismo fiscale.
Ringrazio i presenti di essere intervenuti e cedo la parola all'ingegner Gambino, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgere al termine degli interventi eventuali domande o formulare osservazioni.

DARIO GAMBINO, responsabile stazione appaltante del comune di Fabbriche di Vallico. Buongiorno a tutti. Comincerei direttamente a rispondere alle questioni poste nella scorsa tornata. I punti che affronterò riguardano due domande che furono sottoposte alla nostra attenzione, principalmente di natura tecnica.
La prima domanda posta la settimana scorsa riguardava il processo di bonifica delle banche dati come si riusciva cioè, tramite tali soluzioni, a consentire che le banche dati della pubblica amministrazione locale e nazionale potessero convergere e avere un allineamento tale da poter raggiungere gli obiettivi illustrati nella scorsa occasione ovvero a ricostruire per un soggetto, un'azienda o un immobile tutto ciò che la pubblica amministrazione locale o nazionale conosce.
Per rispondere nel dettaglio a questa domanda, anche secondo quanto abbiamo preparato nel documento presentato alla Commissione, i moduli di bonifica sono stati pensati e realizzati seguendo alcuni princìpi. Essenzialmente, in fase di progettazione sono state osservate le maggiori difficoltà e incongruenze che tipicamente, quando si compie un incrocio di dati tra le banche dati locali dei comuni, del


Pag. 4

catasto o dei sistemi tributi, vengono a emergere. Sono state individuate alcune anomalie catastali sulla base dati tributaria, classamento e voltura: quando si installa il sistema che abbiamo visto la settimana scorsa, la cosiddetta Anagrafe comunale soggetti, oggetti e relazioni, che certifica le posizioni e le situazioni riguardanti appunto i soggetti, gli oggetti e le relazioni, emergono alcune casistiche per cui i dati noti al catasto sono difformi rispetto a quelli noti all'ente locale; tali anomalie vengono quindi segnalate al catasto, al sistema tributi o ad altri sistemi esterni.
Porto un esempio specifico: l'applicazione dei moduli di bonifica, dopo aver riconciliato le informazioni, individua che lo stesso soggetto è censito in maniera diversa nel catasto e che esistono due registrazioni, pur essendo la persona la stessa, perché magari ha un doppio nome oppure un codice fiscale non correttamente censito; l'applicazione propone quindi al funzionario di unificare e riconciliare questa posizione, segnalando al catasto la proposta di variazione. In questo modo l'ente locale e il catasto si ritrovano la stessa informazione sul soggetto di indagine. Due immobili precedentemente registrati a due soggetti diversi vengono quindi identificati in capo a un soggetto unico. La stessa capacità di risoluzione delle problematiche non fa solo riferimento al catasto, in cui, come abbiamo visto la settimana scorsa, esistono alcune anomalie, ma anche alla base dati tributaria. Il sistema tributario locale oggi è basato su un modello di dichiarazione da parte del cittadino ed è evidente che, quando si presenta una dichiarazione, si possono commettere diversi errori. La dichiarazione infatti non è precompilata dall'amministrazione pubblica che indica al cittadino i dati che conosce di lui; il cittadino ha invece una discreta libertà nel compilarla e può commettere errori in riferimento a toponimi, codici fiscali oppure all'inserimento del nome e del cognome. Anche in questo caso, la creazione di un'anagrafe comunale certificante consente di compiere un'operazione di bonifica.
L'elemento importante e rilevante nella creazione di questi moduli, quando li abbiamo progettati, era ed è che essenzialmente consentono a qualsiasi amministrazione di creare nuovi casi: se si vengono a verificare situazioni nelle quali è necessario compiere bonifiche, per esempio, su fonti che riguardano energia elettrica, gas, acqua - come sapete, nelle forniture che vengono trasmesse dall'Agenzia delle entrate mancano le chiavi catastali - è molto semplice aggiungere nuove funzionalità. Vi sono persone in grado di compiere queste operazioni grazie ad appositi corsi di formazione. Il modulo formula alcune proposte al funzionario che guarda le anomalie, le censisce, controlla nel sistema se effettivamente di anomalie si tratti, accorpa i dati e segnala l'informazione corretta a tutti i soggetti interessati, siano essi catasto, regione, o altri soggetti istituzionalmente interessati a quel dato.
Capite bene che con questa operazione un funzionario compie l'attività una volta sola per sé e per gli altri, allineando tutte le banche dati di riferimento. Se, come amministrazioni locali e nazionali condividiamo una modalità di interscambio, non proseguiamo sulla rotta per cui lo stesso dato è richiesto un numero «n» di volte con modalità diverse; il funzionario compie, invece, un'operazione unica e tutti i soggetti interessati specificamente a quel dato se lo ritrovano nella banca dati in maniera automatica, senza compiere operazioni manuali. Questa era la risposta alla prima domanda.
La seconda domanda chiede come si aggiorna il sistema. Abbiamo visto un'architettura anche piuttosto complessa che riconcilia basi dati che provengono da soggetti diversi, dal comune, dall'Agenzia delle entrate, dall'Agenzia del territorio, dalle Camere di commercio, dalla Motorizzazione civile, eccetera. Dopo la prima fase di impianto, come si assicura che il sistema continui a essere aggiornato? Bisogna innanzitutto differenziare, come è stato anche scritto in una nostra nota, ciò che il sistema consente di fare e le difficoltà attualmente presenti per mantenere


Pag. 5

l'aggiornamento. Per esprimersi con parole molto piane, all'interno di ciascuna amministrazione comunale è dislocato un cosiddetto sincronizzatore, chiamato in gergo orchestratore locale, che va immaginato come un motore a cui sono collegati tutti gli archivi del comune: l'anagrafe della popolazione, i tributi, il gestionale per l'edilizia e così via. L'orchestratore locale si preoccupa di far dialogare i singoli sistemi e quindi quotidianamente, settimanalmente, mensilmente le fonti dati comunicano con il sincronizzatore che trasmette all'Anagrafe comunale soggetti, oggetti e relazioni le informazioni nuove compiendo una nuova riconciliazione per ricostruire il quadro riguardante il soggetto, l'azienda o l'immobile.
Tale aggiornamento periodico, che avviene in maniera automatica - mi viene l'obbligo di sottolinearlo - può essere svolto manualmente per amministrazioni che non abbiamo particolari competenze. È, però, concepito in modalità automatica e quindi il funzionario non fa nulla: in fase di primo impianto si installano i sistemi che settimanalmente inviano al sincronizzatore i dati e non si compiono più operazioni manuali. Questo vale a livello di ente locale.
Viene poi dislocato a livello di centro servizi, che è tipicamente regionale, ma potrebbe anche essere provinciale o territoriale, un sincronizzatore chiamato orchestratore centrale che si preoccupa di far dialogare con il comune i soggetti ad esso esterni, come Agenzia del territorio, Agenzia delle entrate e Camere di commercio. Si tratta di un collettore, come potremmo definirlo in parole molto semplici, che si preoccupa di effettuare la sincronizzazione tra ciò che risulta nel comune e nelle agenzie per avviare un dialogo - prima si parlava dei moduli di bonifica - di cui beneficiano tutti i flussi informativi che vengono bonificati o aggiornati. Se è evidente che le applicazioni locali e quelle attualmente in disponibilità degli enti riescono a fornire informazioni in maniera periodica tali da consentire l'aggiornamento, oggi, per quanto riguarda il dialogo con l'Agenzia del territorio e con quella delle entrate, il flusso non avviene in maniera automatica. Per quanto riguarda l'Agenzia del territorio, riusciamo ad avere uno scarico dalle agenzie verso gli enti locali, ma non per tutti i flussi; ne mancano un paio. Non abbiamo, invece, il dialogo bidirezionale: il comune che vuole trasmettere verso il catasto informazioni aggiornate, benché oggi le soluzioni tecniche consentano di farlo, non è, dal punto di vista implementativo, sul lato Agenzia del territorio, ancora in grado di farlo perché tale servizio non è pronto. È vero che la settimana scorsa è stata data una risposta sulla possibilità di avviare questo dialogo: c'è una disponibilità, però questa implementazione non è ancora in effetti pronta.
Diversamente, per quanto riguarda l'Agenzia delle entrate, l'aggiornamento dei dati verso gli enti comunali fino a oggi avviene in maniera manuale, perché l'Agenzia delle entrate non ha ancora predisposto gli strumenti per avviare un dialogo in cosiddetta cooperazione applicativa, con applicazioni che dialogano in maniera automatica. L'Agenzia delle entrate ci consente, in una fase di deminutio rispetto a quella precedente, di scaricare i file manualmente, entrando nel sito Punto fisco. Si scaricano i file in una cartella e si inseriscono nell'orchestratore centrale, da cui parte la procedura automatica. È, però, ancora richiesto un funzionario che deve svolgere tale operazione manuale. Si tratta di un elemento su cui abbiamo svolto alcune osservazioni la scorsa volta.
Questa attività tecnica a livello di ente comunale o di orchestratore centrale, che segue e manutiene il sistema di orchestrazione centrale, ha necessità di un presidio tecnico, che tipicamente viene assicurato a livello molto alto, non di amministrazione comunale; si tratta, infatti, di attività che vengono seguite a livello regionale o di area molto vasta. Una volta effettuata la sincronizzazione iniziale, le casistiche e le problematiche generate in fieri non sono elevatissime, per cui pochi funzionari e addetti seguono la parte tecnica. È consigliabile, comunque, che tutta questa architettura, dal punto di vista tecnico,


Pag. 6

come sarà illustrato anche dai colleghi successivamente, non venga seguita dall'ente locale, perché questi strumenti per funzionare devono eliminare la complessità che le amministrazioni e i comuni potrebbero rischiare di affrontare: bisogna dare loro uno strumento su cui si acceda aprendo un browser e il resto deve essere automatizzato già in fase di impianto, altrimenti si va a creare una complessità non gestibile.

MAURO CAMMARATA, direttore settore entrate del comune di Bologna. Buongiorno a tutti. Proseguo con la terza domanda dove ci veniva chiesto che cosa implica riproporre il «cruscotto» decisionale per il governo della fiscalità nazionale, in modo da dotare il sistema di uno strumento forte per il federalismo fiscale, visti i problemi sorti nell'avvio del progetto per i rapporti con SOGEI, di cui adesso vi parlerò. Nella sua versione originale, il modello di catasto e fiscalità nazionale proposto dai tre progetti ELISA considerava un «cruscotto» per la fiscalità locale e l'esistenza di un cosiddetto orchestratore centrale, un datawarehouse centrale in capo a SOGEI, che dialogava in cooperazione applicativa con gli orchestratori locali e le rispettive banche dati ACSOR (Anagrafe comunale soggetti, oggetti e relazioni) dispiegate sul territorio nazionale di cui parlava il collega Gambino e di cui abbiamo trattato nella precedente audizione. Tale modello era stato discusso con SOGEI in sede di elaborazione della proposta, ma è stato poi abbandonato, date le difficoltà riscontrate per raggiungere un accordo con l'Agenzia delle entrate e l'Agenzia del territorio, oltre a SOGEI, per portare tale disegno in pratica.
Il problema è stato superato e siamo andati avanti. Il modello si è evoluto, tenendo anche presente la legge sul federalismo fiscale approvata dal Parlamento, in un sistema di cooperazione applicativa tra orchestratori locali e un orchestratore CST (Centro servizi territoriale) per ciascuna delle regioni che supportano il progetto. Di fatto, SOGEI viene sostituita dalle regioni.
La funzione di acquisire i dati dall'agenzia centrale per poi condividere informazioni in cooperazione applicativa con gli orchestratori locali è stata messa in capo agli orchestratori CST delle regioni, di solito installati in centri elaborazione dati che curano i servizi cosiddetti infrastrutturali per i centri servizi territoriali, cui partecipano gli enti locali, ossia i comuni e le province. Di fatto, lo snodo di SOGEI è istituito da questi snodi regionali.
Gli orchestratori sono applicativi software in grado di sincronizzare e coordinare l'interscambio tra le diverse banche dati, organizzando l'informazione e rispondendo sulla base della richiesta proveniente da un soggetto sottoscrittore del servizio richiedente. Per tale ragione contribuiscono in modo fondamentale alla creazione della banca dati unitaria della PA, di cui si è parlato il 30 giugno scorso. L'attuale modello è quindi autonomo dalle agenzie centrali, ma richiede comunque dati relativi alle banche dati da esse gestiti - redditi, utenze elettriche, successioni, catasto. Questi sono i dati che abbiamo, poi ci sono tutti quelli che vorremmo avere e che il sistema dovrebbe acquisire in modo automatico, mediante lo scarico dei relativi file FTP e, parzialmente, nel caso dei dati catastali, attraverso il sistema di cooperazione applicativa. A beneficio delle agenzie, il sistema è anche in grado di produrre report su dati errati di provenienza centrale che dovrebbero essere bonificati, lasciando alle agenzie la scelta di farlo e la metodologia da utilizzare. Ciò risponde anche a obblighi normativi tuttora vigenti, richiamati nella relazione. In relazione al governo della fiscalità a livello nazionale, l'attuale sistema si limita a misurare la pressione fiscale nei territori e a fornire report informativi di carattere generale, grazie al patrimonio informativo riconciliato di cui è portatore.
Per riprendere una strategia più incisiva di sviluppo di servizi utili al governo della fiscalità su base nazionale, si renderebbe necessario un cambio di atteggiamento a livello della pubblica amministrazione, peraltro auspicabile in un contesto di federalismo fiscale. L'idea di fondo,


Pag. 7

come indicato nella relazione, è quella di creare le condizioni per un fisco equo, non solo in grado di limitare ed eliminare le disuguaglianze combattendo l'evasione e l'elusione fiscale, ma anche di governare la fiscalità nazionale e locale, informando i contribuenti su ciò che la pubblica amministrazione allargata conosce ai fini fiscali e anticipando agli stessi il quadro del dovuto, calcolato in base alla loro capacità contributiva. Da parte del raggruppamento che ha costituito il sistema di catasto e fiscalità oggetto della presente audizione non ci sono ostacoli - il sistema è già pronto - ma si pone l'esigenza di lavorare in pari condizioni e senza vincoli che non siano quelli di rispettare le norme, così come auspicato dal sistema pubblico di connettività e di progetti nazionali sulla cooperazione applicativa. È sufficiente, infatti, concordare e condividere i servizi di cooperazione con cui i centri servizi possono dialogare con l'agenzia e viceversa.
Le proposte a questo riguardo da parte delle stazioni delle autonomie locali sono ben note alle agenzie e a SOGEI, così da attivare la sincronizzazione e l'orchestrazione tra livelli centrali e locali, con beneficio di tutta la pubblica amministrazione. Tali servizi non richiedono uno sforzo di sviluppo addizionale significativo, dato l'alto livello di automazione già presente nel sistema.
Vengo alla quarta domanda, che pone un problema che già ci eravamo posti e avevamo affrontato e che ora andiamo a esplicitare in modo più puntuale: quali sono le criticità da affrontare per evitare che l'efficienza non venga compromessa dal carattere non centralizzato del sistema? Ovviamente, quello che preoccupa, anche sul tema della discussione, è che ci sono 8 mila comuni: come facciamo a gestire 8 mila sistemi di questo genere?
Occorre da subito distinguere fra la gestione funzionale e informatica del sistema.
Da un punto di vista informatico, anche per la complessità di gestione e manutenzione della soluzione e per garantire un'ottimizzazione dei costi e dei tempi di evoluzione, è consigliabile concentrare il dispiegamento del sistema presso centri servizi locali e regionali. In tal modo, soprattutto per i piccoli comuni, si abbatte considerevolmente la complessità della sua attivazione. Vengono così concentrate le competenze informatiche e il monitoraggio dei flussi e degli eventuali errori da parte dei soggetti in grado di gestirli. Dal punto di vista funzionale, invece, è evidente che la soluzione deve nascere dal basso. È altrettanto immediato, però, che occorre offrire anche una proposta di possibile dispiegamento.
Strumenti di questa natura possono essere impiegati certamente dalle amministrazioni locali per svolgere in modo assai più efficiente l'attività ordinaria, come analisi di dichiarazioni inoltrate, liste dei soggetti che rispondono a determinati requisiti, gestione del territorio. Consentono loro, altresì, di svolgere anche l'attività di recupero dell'evasione dei tributi locali ed erariali, essendo però tale attività tipicamente aggiuntiva rispetto alle ordinarie funzioni svolte localmente; richiedendo queste ultime un livello di gestione e competenza specifica, difficilmente potranno essere presidiate a livello di piccolo comune e, talvolta, anche di un comune medio. È ipotizzabile e auspicabile l'aggregazione di enti per creare strutture apposite dedicate a queste funzioni che ne presidino la gestione.
L'attività di recupero dell'evasione locale ed erariale - penso sempre all'evasione non solo come alla determinazione, ma anche alla riscossione del credito - può essere svolta direttamente in tali strutture o con il concorso dell'Agenzia delle entrate per i domini di sua competenza. Inoltre, è fortemente consigliabile un duplice approccio di governance per superare i problemi di eventuale dispersione delle energie. Da un lato, occorre portare un messaggio unitario e comune presso gli enti in relazione agli standard con cui devono trasmettere i dati da implementare nei propri gestionali: da questo punto di vista, sarebbe auspicabile e centrale che le amministrazioni locali e nazionali condividessero lo standard dei rispettivi tracciati dati e dei servizi di


Pag. 8

cooperazione applicativa, cosicché i processi di alimentazione e aggiornamento siano utilizzabili dai soggetti pubblici interessati e autorizzati per le proprie attività istituzionali a utilizzare le informazioni disponibili nelle banche dati della pubblica amministrazione. In questo modo verrebbe peraltro meno quella pratica affatto efficiente con la quale ogni ente pubblico chiede ai comuni le stesse informazioni in modo sempre differenziato.
Dall'altro lato è necessario coinvolgere appieno le stazioni degli enti locali, in quanto mediatori e organizzatori dell'attività sui livelli territoriali, sia con riguardo agli obiettivi politici, sia con riferimento agli aspetti tecnici e di armonizzazione degli interventi. Le funzioni da presidiare localmente da parte delle stazioni riguardano gli aspetti funzionali e tecnici sopra citati e l'affiancamento per individuare, di concerto con gli enti, i bacini e i livelli ottimali idonei a svolgere dette funzioni.

JAVIER OSSANDON, project manager ANCITEL. A me tocca rispondere a due domande cruciali. La prima è come garantire il riuso, in modo che il sistema abbia una dimensione nazionale, la seconda riguarda la tempistica con la quale possiamo attenderci risultati significativi.
In relazione al primo aspetto, come garantire il riuso, questo tema è stato a cuore di tutti coloro che hanno ideato questi progetti, ossia circa 50 enti locali, organizzati in tre iniziative distinte, ma gestite in modo integrato. Cominceremo subito. Questo mese finiscono i due primi progetti, ELI-CAT ed ELI-FIS, che sono veramente il cuore del sistema, in quanto il terzo progetto, FED-FIS, è piuttosto a integrazione e riguarda soprattutto la riscossione e il pagamento dei tributi. I motori che fanno funzionare tutta l'iniziativa sono già stati sviluppati. La prima operazione da compiere è certamente quella di iscrivere tutti i prodotti nel catalogo gestito da DGPA per il riuso nell'amministrazione pubblica: ciò permette di inserire il sistema nella procedura del riuso che viene normalmente utilizzata per tutti gli applicativi o servizi di government creati dalle amministrazioni pubbliche.
Il secondo aspetto importante - vorrei sottolinearlo, perché è stato un tema molto discusso tra noi - è quello di attribuire al sistema una cosiddetta licenza open source. Il sistema può, cioè, essere acquisito dall'ente o, più propriamente, dalla società che lavora con l'ente locale in modo gratuito. Il codice sorgente, il software, può quindi essere acquisito senza alcun obbligo di natura economica. L'unico vero vincolo di questo tipo di licenza consiste nel fatto che qualsiasi modifica introdotta nel software deve essere pubblicata e messa a disposizione di tutti. Un sistema rilasciato in licenza open source non può quindi diventare proprietà di nessuno. Chiunque lo modifica deve comunicare agli altri la modifica apportata. Questo è un aspetto fondamentale, perché, in termini pratici, le società che già lavorano con gli enti locali per tutti gli aspetti relativi alla fiscalità possono intervenire sul software e adattarlo alle condizioni dell'ente. È possibile, infatti, che l'ente abbia già alcuni strumenti in casa che non andranno buttati a mare, ma recuperati e integrati con il sistema.
Questo lavoro di dispiegamento e installazione del sistema viene compiuto, quindi, utilizzando una licenza open source. I cruscotti di servizi che stiamo mettendo adesso a disposizione sono elencati nella risposta scritta alla domanda. Rapidamente, si tratta dell'Anagrafe comunale soggetti, oggetti e relazioni, dei moduli di bonifica, dell'Anagrafe comunale degli immobili, del cruscotto di servizi per il recupero dei tributi locali e del cruscotto di servizi per il recupero dei tributi erariali, del cruscotto di servizi per misurare la pressione fiscale sul territorio, dello sportello catastale integrato, del portale territoriale del contribuente e del sistema della riscossione e dei pagamenti dei tributi locali, che verrà prodotto da FED-FIS.
Vorrei illustrare, infine, un altro aspetto. Nell'iniziativa da portare avanti una strategia di riuso sono coinvolte non


Pag. 9

solo le regioni, ma anche le associazioni delle autonomie locali che supportano il progetto. Si tratta di un'operazione tendenzialmente globale. Come pensiamo di portarla avanti? Stiamo creando una comunità di pratica, cioè una comunità tra gli enti che hanno partecipato al progetto che permetta poi di aggiungere nuovi comuni e che verrà organizzata in base a comitati tematici. Ciò comporta che i funzionari che devono poi utilizzare il sistema possano scambiare esperienze con quelli che lo stanno già utilizzando, il che dovrebbe facilitare l'utilizzo del sistema. Il secondo obiettivo della comunità di pratica è quello di gestire il processo di rilascio della licenza e, allo stesso tempo, di assicurare l'aggiornamento del sistema: possono, infatti, intercorrere cambiamenti non solo di tipo normativo, ma anche sviluppi a livello tecnologico che rendono necessario il rilascio di un software più aggiornato. A tal fine, la comunità si dovrebbe servire di una struttura - ne stiamo discutendo a livello delle associazioni delle autonomie locali e con ANCITEL - che permetta di monitorare e gestire tutto questo processo. Non basta che venga acquisito il software; ci sono poi servizi di accompagnamento che devono essere messi in pista, in modo da aiutare i comuni a operare nel modo giusto, dalla definizione di eventuali capitolati tecnici per le gare che affidano alle società, al dispiegamento e all'installazione dei servizi, alle problematiche che riguardano la formazione, il monitoraggio, la modifica dei dati e così via. L'idea è di disporre di una struttura tecnica in grado di assolvere a questo tipo di bisogno.
L'altra domanda riguarda, invece, la tempistica. L'idea è che il sistema venga dispiegato nella maggior parte dei comuni entro il 2015. Naturalmente, non dipende solo da noi; oggi questo risultato è sufficientemente garantito nelle sei regioni che hanno supportato il progetto e che stanno già definendo strategie di riuso, come viene indicato nel nostro documento. Porto solo un esempio: l'Emilia Romagna ha già messo a disposizione 1,2 milioni di euro per il dispiegamento del sistema tra gli enti locali, mentre in Toscana il sistema è già inserito a livello della cosiddetta rete telematica regionale toscana, cui partecipano tutti gli enti. È stata avviata una politica per il riuso del sistema a partire dal prossimo settembre. Siamo in discussione con la Sardegna per il progetto di riuso con l'Agenzia delle entrate della regione; in Liguria è stata già concordata la futura strategia di riuso, che parte con un'esperienza pilota che verrà svolta in una decina di enti; in Piemonte, la situazione è un po' diversa, perché vi è una struttura molto forte, come il CSI, che può garantire che il dispiegamento venga effettuato soprattutto riutilizzando le soluzioni già sviluppate. Otterremo un primo risultato nel 2013, che riguarderà soprattutto le sei regioni nelle quali il sistema oggi è fortemente supportato. Per il resto, entro il 2015 riusciremo ad avere accordi con gli enti locali in ciascuna regione in modo da poter proseguire.
Ci sono diverse iniziative, che sarebbe troppo lungo elencare, ma ci stiamo muovendo con una strategia piuttosto articolata di riuso del sistema. Non vi nascondo che non è un'impresa facile, perché il sistema porta veramente anche a cambiamenti organizzativi e alla reingegnerizzazione di processi interni all'amministrazione; d'altra parte, è anche un passo obbligato, perché senza un sistema di questa natura non è possibile pensare a recuperi significativi per quanto riguarda l'evasione e l'elusione fiscale.

GIANPAOLO ARTIOLI, esperto gruppo tecnico progettazione. A me è stato affidato il compito di parlare di soldi, di costi.
Abbiamo prodotto alcune applicazioni software che naturalmente comportano costi relativi alla loro installazione e al loro avvio in esercizio. Questa è una prima grande famiglia di costi.
Per farle funzionare al meglio, in modo efficiente ed efficace, come affermava prima l'ingegnere Gambino, ci sono ricadute su entrambi i fronti, dato che il sistema si basa sul dialogo tra le banche dati gestionali dei comuni - con le cosiddette applicazioni gestionali con cui si


Pag. 10

gestiscono l'anagrafe della popolazione, i tributi e le licenze commerciali - e quelle delle agenzie o comunque di provenienza nazionale, opportunamente riconciliate.
La terza questione riguarda, per i comuni, il fatto che il sistema prevede che i comuni siano dotati di banche dati con determinate caratteristiche. Potrebbe succedere - lo possiamo affermare tranquillamente - che essi abbiano banche dati non messe tanto bene, per usare un eufemismo, o talora che siano del tutto assenti: si pone quindi una tematica di costruzione dei dati che mancano. Questa è una terza tipologia di costi.
Una quarta e ultima è quella cui faceva riferimento il dottor Ossandon pochi secondi fa, quando ricordava che vi è un impatto organizzativo e di formazione del personale.
I progetti si sono preoccupati di tutte le famiglie di costi, in primis della più facile: si è costruito il software e ci si è messi d'accordo con le imprese che hanno vinto la gara per un listino di prezzi pubblico riguardante le attività di installazione materiale e l'avviamento in esercizio presso i comuni, singoli o associati, meglio associati, come si diceva prima; peraltro, in molte regioni questa spinta verso il sostegno alle forme associate per la gestione degli ambienti software e delle relative attività è un fatto concreto, già partito.
Si tratta di un listino di riferimento, ma in realtà, nell'applicazione pratica, i comuni, le associazioni e addirittura le regioni hanno effettuato successive contrattazioni, con cui hanno spuntato, in termini concreti e operativi, rilevanti sconti rispetto a questo listino, che pur essendo un fatto pubblico in quanto risultato da apposite gare, si poneva in un quadro astratto. Nel momento in cui dal quadro astratto siamo passati alla concretezza operativa, misurabile quantitativamente, sono stati spuntati prezzi decisamente più favorevoli.
Passo a illustrare i prezzi. Si va dal piccolissimo comune fino a 5 mila abitanti con un costo stimato per il dispiegamento del software e l'avvio in esercizio pari circa al numero degli abitanti in euro, ossia a circa 5 mila euro; per soglie via via a scalare fino a 60 mila abitanti, soglia importante perché spesso coincide con la dimensione di molte forme associative - unioni e comunità montane - in pratica il prezzo si dimezza, attestandosi intorno ai 30-35 mila euro. Tali prezzi sono quelli necessari per installare il software e metterlo in esercizio. Ci sono poi situazioni di comuni più grandi, fino ad arrivare a Roma, dove è evidente che l'operazione può essere stimata soltanto in relazione al caso specifico; proprio perché molti casi specifici sono già presenti all'interno del trittico dei progetti, possiamo affermare che il prezzo cala in modo più che proporzionale, anche perché più la macchina organizzativa del comune è potente, più può intervenire mettendo in campo proprie risorse interne. In poche parole, si può usare personale interno e ciò comporta un risparmio oggettivo.
Questo è il primo blocco.
Il secondo blocco - procedo praticamente a ritroso - riguarda l'impatto sugli applicativi gestionali del comune. In questo caso va notato che, soprattutto per aree territoriali omogenee, si verifica la seguente situazione, che riscontro in Emilia Romagna e in Toscana e di cui abbiamo parlato più volte con il dottor Gambino: alcuni fornitori hanno fornito l'applicativo dell'Anagrafe della popolazione a decine di comuni in una data area: è normale, il mercato funziona in questo modo. L'operazione di adeguamento di quell'applicativo relativo alla popolazione, per sincronizzarlo, secondo le parole usate dal collega Gambino, con l'Anagrafe comunale soggetti, oggetti e relazioni viene compiuta una tantum: si individua la ditta che ha venduto il proprio applicativo a licenza a un dato numero di decine di comuni e con essa si contrattualizza un'operazione, che vale spesso poche migliaia di euro. Parliamo di prezzi che possono andare dai 5 ai 10 mila euro; con questo tipo di operazione non chiediamo infatti ai comuni di disfarsi dell'applicativo con cui gestiscono l'anagrafe, ma di mettere in piedi meccanismi di cooperazione. Scrivere meccanismi di cooperazione con


Pag. 11

coloro che hanno prodotto materialmente l'applicativo è un'operazione semplice e di basso costo; peraltro, la si compie una volta sola per tutti coloro che poi adottano tale applicativo.
A proposito del discorso svolto prima da Ossandon riguardo l'Emilia Romagna, che certamente conosco meglio, abbiamo notato, nel momento in cui come ANCI Emilia Romagna abbiamo sostenuto questa operazione con i comuni e le comunità montane, che, presa una comunità montana o un'unione di comuni, supponiamo di 10 comuni, spesso sei o sette di essi hanno già lo stesso tipo di software dell'anagrafe o per la gestione delle pratiche edilizie. Da una parte, quindi, il costo cala, dall'altra, spesso e volentieri, si mettono in moto meccanismi virtuosi con cui si va all'allineamento totale degli applicativi di settore, per esempio quello delle pratiche edilizie; si approfitta dell'occasione per far sì che tutti i comuni si avvalgano dello stesso software di gestione pratiche edilizie. Il prezzo, comunque, è oggettivamente basso. Situazione, invece diversa, è la vicenda della presenza/assenza di banche dati necessarie e sufficienti in casa dei comuni. Nei grandi comuni, la nostra esperienza ci indica che ci sono tutti gli strumenti e che sono più che necessari e più che sufficienti; in quelli piccoli spesso ciò non avviene e oggettivamente, in questo caso, diventa difficile prevedere in modo molto analitico quanto si andrà a spendere.
Mi spiego: se compio un'operazione come quella proposta all'interno di un'unione di comuni in cui tre hanno la numerazione civica interna e gli altri cinque non ce l'hanno, per effettuare la numerazione civica interna non esiste la bacchetta magica, ma bisogna elaborare un programma di azione, mandare in giro persone a censire le unità immobiliari e ad attaccare il pezzettino di plastica o l'adesivo davanti alle porte. Questa è la chiave di volta per rendere comunicanti le basi dati del catasto con tutte le basi dati del comune, però va implementata, se non esiste. Operazioni di questo genere vanno sostenute con programmi ad hoc: riprendendo la precedente citazione di Ossandon, gli 1,2 milioni di euro tirati fuori dalla regione Emilia Romagna per sostenere questa partita vanno anche nella direzione di sostenere il completamento delle basi dati laddove non esistono.
Un'ultima considerazione riguarda l'impatto organizzativo e sulla formazione. Tutti i comuni hanno dichiarato, già nel progetto, spese interne per implementare il minimo o il massimo di riorganizzazione necessaria e sufficiente; anche in questo caso, la spesa è veramente variabile nella casistica. Certamente il fatto di andare verso unioni o comunità montane semplifica enormemente anche la parte organizzativa. Poi si pone il tema della formazione, di cui parlerà il collega Zaccone, che comporta come impatto il fatto che il comune o l'unione debbono mandare fisicamente alcune persone a imparare. In quel momento non si occupano di altro rappresentando un costo indiretto per l'amministrazione.

ANDREA ZACCONE, dirigente sistemi informativi del comune di Terni. Devo rispondere a due domande relative alle risorse umane e alle figure professionali necessarie per la gestione del sistema.
Per quanto riguarda il primo punto, il progetto ha sempre molto puntato sul discorso della formazione. Sin dall'inizio sono stati pensati i corsi che sarebbero poi stati erogati a tutto il personale, non solo a quello tecnico, ma anche ai dirigenti e ai responsabili degli uffici. Sono stati organizzati workshop sul territorio nazionale, indirizzati più che altro agli amministratori. Sono previste sessioni di formazione generale e di formazione veramente tecnica, indirizzata ai futuri operatori dei sistemi e ai sistemisti informatici che dovranno gestire i sistemi. Sono stati individuati circa 15 moduli di corsi e sono state effettuate dalle cinque, sei sessioni fino a dieci per ognuno di essi, sviluppate sul territorio nazionale, a Firenze, Bologna e Terni. Alla formazione in presenza è stata associata la formazione a distanza. È stato creato un sito, il cui indirizzo è www.elifad.it, cui le persone abilitate


Pag. 12

possono accedere per prendere conoscenza dei corsi di formazione e vedere anche i video dei corsi che si sono tenuti. Molti, infatti, sono stati registrati e inseriti nel sito. Il sito contiene anche tutta la documentazione di progetto e potrà essere riutilizzato per i nuovi comuni che dovranno eventualmente aderire al riuso del sistema.
La stessa comunità che si sta andando a formare potrà utilizzare tutto quanto è stato fatto per la formazione e per il sito, per divulgare il lavoro svolto sul sistema. Il sito potrà diventare anche un punto di scambio, con strumenti tipo forum, per i diversi utilizzatori del sistema per scambiarsi idee e opinioni sull'utilizzo del sistema stesso.
Occorre distinguere tra formazione tecnica e organizzativa. La formazione tecnica viene in genere effettuata dalle ditte che hanno realizzato il prodotto, mentre la formazione organizzativa potrà venire realizzata anche dalla comunità che si sta andando a formare e sarà composta dagli enti più grandi, che fino adesso hanno portato avanti il progetto, con il supporto di ANCI, UPI e UNCEM. La formazione è stata, dunque, considerata un aspetto critico e curata con attenzione proprio per poter permettere al sistema di partire in modo adeguato.
Per quanto riguarda il secondo punto ovvero le figure professionali necessarie alla gestione del sistema: il sistema è stato pensato, disegnato e realizzato per cercare di limitare l'intervento degli informatici puri. In alcuni casi ciò può rappresentare, infatti, un problema, soprattutto per enti piccoli che magari non dispongono di questo tipo di figure professionali. Si è cercato, pertanto, di creare un sistema in cui gli operatori potessero accedere a uno strumento facilmente utilizzabile.
Gli operatori che saranno necessari per la gestione del sistema saranno quelli dei tributi e dell'edilizia, che hanno già una propria formazione per quanto riguarda le procedure amministrative dell'ente e che dovranno avere chiaramente una dimestichezza con gli strumenti informatici. Questo, però, è un requisito che ormai, più passa il tempo, più è attuale. Essi potranno utilizzare il sistema senza particolari conoscenze dal punto di vista sistemistico. Le figure informatiche potranno essere necessarie nel caso in cui continuerà la situazione a livello nazionale in cui non c'è chiarezza nello scambio dei dati. È chiaro che se viene creato uno strumento automatico per lo scambio dei dati, a quel punto tutto viene gestito in modo automatico; se invece i dati devono essere presi dalle agenzie con strumenti come il file transfer o di altro tipo, occorre poi l'informatico per poterli inserire all'interno del sistema. Si sta però cercando di evitarlo. La creazione del sistema, che riconcilia l'informazione della pubblica amministrazione, porterà benefici non solo agli operatori del sistema, ma anche ai tecnici che lavorano ai suoi margini per la certificazione energetica degli immobili o per la protezione civile. Anche questo personale potrà utilizzare il sistema e ottenerne benefici.

PRESIDENTE. Siete stati molto esaustivi nelle risposte. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Credo sia davvero doveroso esprimere un ringraziamento. Mi spiace che non ci siano alcuni colleghi questa mattina perché è stata fatta un'esposizione veramente completa ed esaustiva dei problemi; la volta scorsa, causa un precedente impegno, non ho potuto seguire le prime relazioni che mi hanno riferito essere state molto interessanti; ne ho copia e sarà mia premura riesaminarle. Credo, presidente, che quella di oggi sia veramente una bella e interessante audizione che ci permette di entrare nel vivo delle questioni. Sono valutazioni squisitamente tecniche, ovviamente; esuliamo dall'aspetto politico, che è poi quello che a noi interessa in maniera principale.
L'ingegnere Gambino ha parlato, nel primo processo di bonifica banche dati e del sincronizzatore locale, con le difficoltà del collegamento con l'Agenzia delle entrate; il dottor Cammarata parlava del


Pag. 13

cruscotto decisionale per il governo della fiscalità nazionale e della SOGEI, in merito alle quali mi pare che ci siano alcune problematiche da risolvere; l'avvocato Ossandon indicava come tempi il 2013-2015 per le regioni già partite; l'ingegnere Artioli, in merito ai costi, suggeriva di mettersi che più enti si mettano d'accordo tra loro: sono ritornato con la memoria al mio periodo da sindaco quando qualcuno ha parlato della numerazione civica mancante in alcuni comuni. Una delle ultime iniziative che curai - parlo del 1993-1994 avendo terminato il mio mandato nel 1995 - fu proprio la numerazione civica del mio comune - Castelnuovo del Garda con 10 mila abitanti - che doveva essere aggiornata perché ferma da tantissimo tempo.
Si è detto poi che occorre mettere d'accordo più enti per questi servizi, come unioni e comunità montane. In questo momento è vivo il dibattito per la soppressione di molte comunità ed enti ritenuti inutili: da una parte si chiude la porta, dall'altra poi però si apre la finestra, perché è necessario rimettersi insieme.
Vengo alla considerazione, che è ovviamente di carattere generale. È inutile chiedere all'oste se il vino è buono; siete tecnici e professionisti e chi è un professionista - come lo sono io nella vita privata da un altro versante, anche se vicino, essendo commercialista - non può che apprezzare questo nuovo lavoro che state svolgendo di mettersi al servizio degli enti locali.
Alberto Trabucchi, docente di diritto privato all'Università di Padova, autore di un testo sul quale credo abbiano studiato tutti, affermava che a un certo punto bisogna fermare le macchine e far intervenire gli uomini.
La domanda, che potrebbe essere superficiale alla fine di tutto questo excursus, è la seguente: fermo restando che porgo tanto di cappello per come avete illustrato tutta la questione, per come è impostata e «centellinata», il timore per il politico che deve approfondire questi aspetti è che, conoscendo già le difficoltà in cui si muovono molte regioni italiane, i ritardi, le stesse numerazioni civiche - non me ne voglia nessuno: chi conosce la mia appartenenza politica sa che non c'è alcuna prevenzione - e pensando ad alcuni paesi, in modo particolare dislocati al sud, è di non poter sapere in che termini, in che tempi, con quali costi e con quali eventuali ritardi tale sistema potrà essere veramente messo in funzione. Se non si riuscirà arrivare a questo obiettivo, non vorrei che avessimo ancora di più maggiorato le due diverse velocità e che il punto di arrivo, ossia il compimento di un federalismo che premi l'autonomia locale e vada incontro alle esigenze reali, possa disperdere ogni sua funzione e finalità.

LUCIO ALESSIO D'UBALDO. Confermo in parte il giudizio che avevo espresso la volta scorsa, per agganciarmi a una breve considerazione che svolgo oggi, cioè quella che ci ha portato a riconoscere che quest'audizione rispetto ad altre con entità dello Stato centrale - usiamo questa espressione - ci permette di agganciare un ipotetico processo di gestione concreta nell'intersezione tra Stato centrale e autonomie locali.
È nella natura delle cose, intendiamoci, perché è evidente che, se parliamo con queste realtà nazionali e statuali, da parte loro vi è la responsabilità, in primo luogo, di offrire la cornice generale, anche con il presupposto che molte questioni siano scontate. La responsabilità, e a volte l'interesse, delle autonomie locali è, viceversa, quella di andare oltre le affermazioni di principio. Abbiamo, però, di fronte un problema: questa legislatura si avvia al suo giro di boa, siamo ormai a metà percorso e quindi noi che partecipiamo a questo dibattito, in questa Commissione in modo particolare, abbiamo alle spalle due anni o due anni e mezzo circa di discussioni e di approfondimenti.
Qual è la consapevolezza che, a mio modesto parere, dobbiamo tentare di acquisire in un Paese, in una realtà europea, in un mondo in cui, a seguito della crisi finanziaria internazionale, tutto si è messo in movimento in modo caotico e anche concitato per tentare di aggredire i nodi


Pag. 14

della crisi? Il presidente mi consentirà di usare sempre l'espressione «cosiddetto» federalismo, perché mi picco sempre di ribadire che la parola, l'espressione, il concetto, il modello organizzativo, il criterio ordinamentale racchiusi nel termine federalismo in Costituzione non ci sono, neanche nel Titolo V innovato. Mi sento, quindi, in pieno diritto di affermare che non sono federalista e mi considero a tutti gli effetti cittadino di questa Repubblica, legittimato politicamente a non esserlo e a continuare a esprimere tutte le mie perplessità, non solo sui concetti astratti che si evocano con questo termine, ma soprattutto sulla distorsione che questo dibattito ha provocato. In due anni o due anni e mezzo - mi si passi un'espressione ai limiti della volgarità - abbiamo pestato l'acqua nel mortaio. Non si riesce a capire che cosa stiamo realmente tentando di attuare in termini di vera novità. Chi ha partecipato da più anni e ha vissuto e ha avuto la fortuna di vivere per più tempo questa vivace ed eterna discussione, che fa della Repubblica e delle autonomie una dimensione dinamica, non coglie questi elementi ontologici di novità. Mi pare che siamo alle esortazioni: ciascuno pensa che il federalismo sia un'idea che soddisfa le proprie aspettative, ma oltre questo non si riesce ad andare.
Per arrivare all'odierna audizione, è mai pensabile, dopo due anni o due anni e mezzo, che lo Stato, o meglio la Repubblica italiana, sempre per parlare alla luce dei nuovi criteri sanciti dal Titolo V della nostra Costituzione, non abbia dentro di sé la forza politica, valicando anche il confine che rimane per tanti aspetti tra maggioranza e opposizione, per indicare qual è il salto di qualità che dobbiamo compiere per avvicinare, come oggi stiamo registrando dai diversi interventi, le esigenze concrete delle autonomie locali con un impianto di ordinamento generale assicurato dallo Stato centrale? Questa è la questione che abbiamo di fronte.
È immaginabile che l'anagrafe, che continua a essere gestita e non definita, - i criteri sono quelli e non mi pare che nel dibattito corrente qualcuno abbia introdotto novità - in un tempo in cui l'informatica ha compiuto passi da gigante e siamo di fronte a uno scenario completamente nuovo possa essere gestita con una logica di 50 o 100 anni fa? Credo che non sia più possibile.
Non entro ovviamente nel merito della definizione tecnica dell'innovazione, però ormai è scontato il fatto che si possa tranquillamente organizzare un processo unificato, laddove è necessario unificare procedure e sistemi, facendo risparmiare a tutta la Repubblica italiana probabilmente molto più di quello che siamo in grado di apprezzare in maniera superficiale.
Connesso a questo tema, c'è l'altro pilastro, la gestione degli immobili. L'altro giorno abbiamo assistito, per iniziativa del presidente, alla presentazione di una ricerca dell'Agenzia del territorio, che ha esposto tutti i dati più recenti sugli immobili in Italia; se, però, essa rimane soltanto un bellissimo affresco che mettiamo a disposizione degli studiosi, è evidente che non serve a molto. La gestione degli immobili, alla luce anche di questo nuovo tributo che si annuncia, deve mettere in moto un processo integrato, testimoniato dalle relazioni che abbiamo ascoltato stamattina.
Il terzo elemento è la riscossione: i pilastri sono infatti tre. Se manca anche l'elemento della riscossione e la classe dirigente di questo Paese non si interroga sulla plausibilità di un sistema che - mi permetto di affermare - è inclinato verso la riproposizione di un modello anni Cinquanta, quando avevamo 12 mila centri di riscossione, tanti quanti erano i comuni italiani, le province, gli enti di bonifica, la situazione non è buona. Grazie a Dio non stiamo arrivando a 12 mila entità di riscossione, però il dibattito che sento riproporsi è allarmante, perché ciascuno, in nome di un principio giusto, ovvero dell'autonomia, pensa che la riscossione sia frantumabile, con rischi enormi di una diseconomia di scala pazzesca. La classe dirigente di questo Paese deve stabilire qual è il giusto grado di semplificazione, assicurando che, accanto a procedure e criteri standard, ci sia l'autonomia politica.


Pag. 15

Questo è il punto fondamentale: l'amministratore locale o il presidente di provincia, laddove sia coinvolta la loro responsabilità, devono sapere come possono intervenire.
Ho citato la stagione che stiamo vivendo e la crisi internazionale perché, dall'America all'Europa, l'idea che lo Stato abbia la responsabilità di proporre un piano nazionale, un po' come si fece all'epoca del New Deal, è entrata in circolazione. Possiamo continuare a pensare che dopo due anni o due anni e mezzo di dibattito sul federalismo non ci sia un piano nazionale per stabilire di mettere in linea le diverse responsabilità e fissare un criterio?
Penso che questa Commissione possa andare oltre il livello di sola esortazione e che possiamo arrogarci il diritto di assumere anche una funzione di direzione, in un certo senso, se non proprio di governo, in senso lato politica; si vedrà poi come gestire questo processo, che, a mio giudizio, dovrebbe essere iscritto all'interno di un piano nazionale di intervento.
Presidente, concludo affermando che, se siamo giunti davvero a questo punto di svolta, non possiamo permetterci di registrare le osservazioni e la ricchezza di contributi di cui oggi l'ANCI e la sua società operativa, ANCITEL, ci hanno dato prova, semplicemente pensando che il dovere del legislatore sia quello di raccogliere sensazioni, inviti e proponimenti e magari metterli in un disegno di legge che poi rimane lettera morta. Penso che abbiamo la responsabilità - spetta al presidente innanzitutto raccogliere questa spinta - di rappresentare, come Parlamento della Repubblica italiana, essendo questa una Commissione bicamerale, che coinvolge entrambi i rami del Parlamento, una funzione di stimolo perché si riesca a compiere un passo avanti.

PRESIDENTE. Anch'io manifesto grande apprezzamento per il vostro lavoro, che è uscito dalla fase teorica e sta entrando in quella pratica. Sino a oggi si è parlato di federalismo fiscale per massimi sistemi, ma oggi abbiamo una testimonianza di quanto va compiuto in concreto per renderlo operativo.
Riprendendo le corrette e condivisibili considerazioni sia dell'onorevole Fogliardi sia del senatore D'Ubaldo, vorrei muovermi nel modo che ora illustrerò e valutare con voi se è un percorso condivisibile. Avevamo pensato di attuare l'iniziativa pubblica entro la fine di questo mese. Penso, però, che i tempi non siano maturi, perché c'è una legislazione in corso, che verrebbe a impattare: pensate ad esempio all'anagrafe immobiliare.
Alla ripresa, a settembre, magari entro il 20, si potrebbe tenere una manifestazione importante e solenne, a cui far partecipare, oltre al Ministero dell'economia e delle finanze con i suoi massimi vertici - faremo in modo che vengano e siano presenti - l'Agenzia dell'entrate, l'Agenzia del territorio, il Garante per la protezione dei dati personali, l'ANCI e l'ANCITEL e in cui, con la regia della nostra Commissione, si declinino in modo chiaro i fondamentali del federalismo fiscale. Non possiamo stare ancora a parlare di massimi sistemi, ma dobbiamo entrare nel concreto e affermare che la tecnologia e l'innovazione sono alla base del processo: altrimenti parliamo di iniziative non realizzabili.
Se siete d'accordo, possiamo già da ora lavorare, parallelamente al lavoro della Commissione bicamerale che cura tutti gli aspetti normativi; grazie al vostro contributo stiamo andando al cuore dei problemi. Fino a oggi anche noi abbiamo ascoltato protagonisti importanti che poi non sono entrati nel vivo della questione: ora invece ci stiamo entrando. Queste questioni non possono rimanere appannaggio di una piccola cerchia di soggetti: le dobbiamo rendere visibili all'esterno, far capire che vogliamo muoverci in questa direzione e che solo questa è la strada, altrimenti non andiamo al di là delle mere petizioni di principio e non realizziamo nulla di concreto.
Studieremo anche come affrontare la questione mediaticamente, perché sapete che se non la si rende mediaticamente appetibile, l'effetto rimane nel chiuso di


Pag. 16

quattro mura; dobbiamo invece far capire, con l'impegno di tutti i parlamentari, di maggioranza e di opposizione, qual è la giusta e vera direzione del federalismo fiscale: se siamo d'accordo, a settembre potremmo tenere questo importante evento. Possiamo già contattare il dottor Befera, la dottoressa Alemanno e la SOGEI, che hanno sempre dato la loro massima disponibilità e indicare i passaggi che necessariamente devono essere seguiti. Vorrei fare in modo che sia noi sia gli altri protagonisti e attori di questa vicenda riconosciamo che questa è la strada e ci impegniamo a fare in modo che si realizzi: solo così possiamo veramente individuare un percorso corretto e giusto che faccia uscire dalle mere affermazioni e faccia entrare nel concreto la vicenda del federalismo fiscale.
Vi chiederei un ulteriore sforzo, magari con l'ausilio dei nostri uffici: il vostro lavoro è pregevole, ma lo segmenterei nel modo più semplice possibile, individuando le problematiche, le difficoltà e le criticità riscontrate e il modo per risolverle, così da mettere tutti gli attori di fronte a questioni concrete cui rispondere sì o no, altrimenti non si va da nessuna parte.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,15.

Back