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Seduta dell'11/11/2010


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Audizione di rappresentanti della Società per gli studi di settore (SOSE).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sull'anagrafe tributaria nella prospettiva del federalismo fiscale, l'audizione di rappresentanti della Società per gli studi di settore (SOSE). È presente il dottor Giampietro Brunello, presidente e amministratore delegato della Società per gli studi di settore (SOSE).
Cedo la parola al dottor Brunello con la riserva, per me e per i colleghi, di rivolgergli, al termine del suo intervento, alcune ulteriori domande e di formulare talune osservazioni.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Ho portato lo stesso documento con cui ho presentato la società alla Commissione bicamerale per il federalismo, così da rendere informazioni uniformi, anche in relazione al nostro lavoro attuale e al modo con cui prevediamo di affrontare il problema dell'analisi dei costi standard per la determinazione dei fabbisogni standard.
SOSE è una società nata a seguito della legge che ha introdotto gli studi di settore ed è stata fortemente voluta dalle associazioni di categoria perché assumesse un ruolo terzo rispetto all'Agenzia delle entrate da un lato e rispetto al mondo dei rappresentanti delle piccole e medie imprese e del lavoro autonomo dall'altro: proprio in questa direzione si inscrive la partecipazione, minoritaria (12 per cento), ma significativa, di Banca d'Italia. La società è dunque partecipata all'88 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso il dipartimento delle finanze, e da Banca d'Italia.
L'oggetto sociale, determinato per legge, di realizzare studi di settore e analisi fiscali, verrà allargato per consentirci di operare anche sul fronte del federalismo, sebbene nello stesso concetto di «analisi fiscali» possa in astratto essere già ora ricompreso il discorso del federalismo fiscale.
Si tratta di una società nuova con 121 dipendenti la cui età media è molto bassa (il 67 per cento ha meno di 35 anni); l'83 per cento sono laureati, gli altri diplomati; quasi tutti sono utilizzati in attività di produzione; in maggioranza, statistici e aziendalisti, persone esperte in specifici settori che hanno già avuto una formazione, provenendo in genere da società di consulenza e che abbiamo dunque acquisito e impiegato. Oltre agli esperti interni, abbiamo una rete di esperti proveniente dall'esterno.
Il modello che vado illustrando è lo stesso che pensiamo di utilizzare per il federalismo, avvalendoci cioè anche in


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quel caso del supporto di esperti esterni, soprattutto provenienti da centri studi universitari.
Realizziamo prodotti di analisi statistica ed economica, prodotti di supporto alla gestione delle imprese e prodotti di supporto agli enti territoriali. I secondi due gruppi di prodotti derivano dalla banca dati predisposta sulla base della raccolta degli allegati per gli studi di settore compilata dai contribuenti e che sarebbe stato uno spreco non utilizzare per aiutare le imprese e gli enti territoriali.
Per quanto riguarda il fisco, se non ci sono richieste particolari, vi consegnerei della documentazione.
La cosa che mi preme sottolineare è che tutto il nostro lavoro si basa sulla compliance, ovvero su tavoli comuni. Una delle caratteristiche della nostra sede che ho sempre messo in rilievo, è il numero delle sale riunioni: viviamo di riunioni, facendo incontrare l'Agenzia delle entrate e gli esperti delle organizzazioni di categoria. Salvo che in una circostanza, ovvero quando si sono voluti introdurre gli indicatori di normalità economica senza un preventivo esame da parte delle categorie, tutto il rimanente percorso degli studi è stato sempre condiviso.
Oltre che con la condivisione, il consenso si ottiene facendo sì che il contribuente si riconosca nei risultati. Esiste un'intera piattaforma che aiuta la compliance, l'incontro tra ordini professionali, associazioni di categoria, Agenzia delle entrate, SOSE, gruppi tecnici di lavoro, commissione degli esperti e osservatori regionali.
Il fatto che esista un dialogo è evidenziato anche dalla scheda che abbiamo fortemente voluto venisse inserita in tutte le dichiarazioni, nella quale il contribuente può inserire i motivi per i quali non intende adeguarsi. Dalle 5.000 compilazioni del 2005 si è passati alle 265.000 del 2008 e per il 2009, dalle prime analisi, - i dati completi ci verranno consegnati solo il 30 novembre - risulterebbero altrettante compilazioni. In relazione alla capacità degli studi di settore, attraverso i correttivi, di adeguarsi a riconoscere la crisi, si rileva che soltanto 19.000 schede indicano che il correttivo per la crisi non abbia colto nel segno. Ciò mette in evidenza il grado di analisi raggiunto dalla società in termini di know how, riuscendo a intervenire anno dopo anno sugli elementi che hanno determinato la crisi, cogliendone le conseguenze in ragione dell'impatto sul conto economico.
Il monitoraggio è uno degli elementi che vorremmo introdurre anche per il federalismo. Non si tratta semplicemente di elaborare dei numeri, ma di verificare che quei numeri abbiano realizzato un risultato concreto e realisticamente applicabile.
Nella slide 18 troviamo un dato per me estremamente significativo che evidenzia che - considerando i 12 settori per i quali l'ISTAT svolge l'analisi dei consumi finali, e quindi di fatto i dati che si possono confrontare con i ricavi dichiarati dai contribuenti grandi e piccoli - mentre nel 1995, quando abbiamo cominciato i primi studi sperimentali, si aveva il 42,2 per cento di volume di affari non dichiarato, come differenza tra dato ISTAT, oggi l'unico disponibile, e le dichiarazioni dei redditi, a partire dal 2002 in maniera consolidata, si sia scesi, su questi 12 settori - gli unici su cui è possibile svolgere tale indagine - al 21 per cento e poi al 14. Si è poi registrato un rialzo nel 2008, nel 2009 si vedrà: siamo comunque abbondantemente sotto il 21 per cento. Se pensiamo che la media, stimata anche da diversi studi, indica i livelli di evasione sui ricavi grosso modo tra il 18 e il 19 per cento, abbiamo recuperato in modo significativo in quei settori che implicano un rapporto con il consumatore finale.
C'è invece ancora molta strada da percorrere sui servizi alla persona e sui servizi di prossimità. Se non parte il redditometro in maniera corretta non si riuscirà a venirne a capo mediante indicatori di processo, come invece siamo riusciti a fare nel commercio tradizionale, nella produzione di beni e, in parte, nella produzione di alcuni servizi. Rimangono fuori i servizi alla persona e i servizi,


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appunto, di prossimità, dove c'è convenienza reciproca tra consumatore finale ed erogatore del servizio: infatti, uno risparmia l'IVA, l'altro non la paga, ma non dichiara nemmeno il reddito.
La nostra banca dati è molto importante: non si tratta di una banca dati di bilanci ma di dati contabili e di dati strutturali. In particolare, abbiamo il modello di impiego del fattore lavoro, forse più approfondito anche di quello di INPS, perché sono presenti anche le diverse forme di lavoro, dalle imprese familiari alle associazioni in partecipazione, dal lavoro professionale a tutte le varie forme in cui oggi si struttura il rapporto, non soltanto dunque il dipendente, il co.co.co. o il co.co.pro; abbiamo poi il modello produttivo con le sue diverse fasi, svolte all'interno o all'esterno, la delocalizzazione territoriale, l'utilizzo dei beni strumentali, quali e come, e il modello commerciale: quindi cosa si fa, dove si fa, come lo si fa e dove e come lo si vende. Tutta una gamma di informazioni che ci hanno permesso di arrivare a prodotti di benchmark.
Quanto al federalismo, abbiamo come obiettivo la costruzione di un sistema di modelli per la determinazione dei fabbisogni standard, oggi non ancora individuabili perché siamo in continua evoluzione anche sugli studi di settore. Abbiamo concepito altri quattro modelli che possono rappresentare meglio determinate realtà: uno ad esempio ci permette di rappresentare il livello territoriale fino al comune, cogliendo una serie di differenze e migliorando il vecchio sistema di dummy che ci permetteva, appunto, di cogliere il fenomeno delle differenze territoriali.
I requisiti per realizzare questo obiettivo sono trasparenza, riconoscibilità e persuasività. La trasparenza è perseguibile attraverso il processo di costruzione che deve essere condiviso e ben chiaro a tutti; la riconoscibilità dei risultati è necessaria perché i comuni comprendano che i miglioramenti sono realizzabili; quando infine parliamo di LEP e di obiettivi di servizio si rientra nel principio di persuasività.
I livelli essenziali, chiaramente determinati dalla parte politica, quindi dal Parlamento, sono un obiettivo finale da realizzare e da rendere uniforme in tutta Italia, ma i singoli obbiettivi vanno determinati anno dopo anno per creare una gradualità di avvicinamento a livelli di efficienza e di efficacia nell'erogazione di servizi concretamente realizzabili. Se, infatti, viene posto un obiettivo troppo lontano, nessuno riuscirà ad adeguarsi; diversamente, un po' alla volta, l'adeguamento sarà realizzato. Si tratta della curva che avete osservato e che in dieci anni, a mano a mano, ha portato il contribuente a emergere: vogliamo anche qui introdurre lo stesso processo.
Il contesto deve essere quello di compliance, perché se non è condiviso l'obiettivo, se non è condivisa la modalità con cui si arriva a certi risultati, non si va da nessuna parte.
Quanto ai processi che vogliamo condividere, oggi siamo alla fase finale del primo questionario. Tanto per darvi un'idea, mi trovavo con il vostro presidente a Napoli dove abbiamo riscontrato che quell'indagine è stata svolta con 14 variabili: noi ne abbiamo già 300 relative al primo questionario. Ciò per spiegare la complessità del lavoro che stiamo svolgendo in quanto è essenziale tener conto di tutti gli elementi, non solo delle spese in conto esercizio, delle spese in conto capitale, ma anche delle diverse modalità di erogare un servizio. I questionari sono basilari perché se manca un'informazione nel questionario la potremo recuperare dopo un anno diminuendo il livello di approssimazione.
Una volta raccolti i questionari, la prima fase consiste nell'individuare i diversi modelli organizzativi, che possono riferirsi a soluzioni con organismi in house, in appalto oppure organizzati direttamente dagli enti territoriali e così via; c'è poi la valutazione dei risultati e l'analisi della fase di applicazione che va condivisa con gli enti territoriali per capire perché un ente sia riuscito a realizzare l'obiettivo e un altro no; infine l'evoluzione del sistema. Solo questo processo permetterà,


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nel giro di alcuni anni, certamente non pochi, ma sicuri, di migliorare i servizi e di ottenere risparmi.
Lavorano attorno ai tavoli tecnici organizzati da SOSE, i comuni e le province, IFEL, individuata anche nel decreto legislativo per volontà dei comuni, RGS, che rappresenta il MEF e l'ISTAT, per le sue esperienze e anche per i dati che ha acquisito; nella casella dove abbiamo messo i puntini di sospensione, potrebbe starci il Ministero dell'interno che ha sempre svolto un proprio ruolo: è nelle nostre intenzioni coinvolgerlo, anche se non è previsto dal decreto legislativo, quindi anche se non abbiamo voluto andare oltre i puntini, il contenuto di quella casella ci è molto chiaro.
Quanto alle fasi, si comincia con l'analisi della territorialità e dei gruppi omogenei di comuni, seguìta dall'analisi e dalla valutazione dei processi di erogazione dei servizi, che possono essere istituzionali e a domanda individuale: questi ultimi, tra l'altro, sono perfettamente riconducibili ai nostri studi di settore perché in essi è presente un processo di produzione. Le farmacie comunali, ad esempio, sono tipicamente un servizio a domanda individuale; abbiamo le farmacie private, e quindi si tratta di innescare un processo evolutivo molto rapido e fornire anche strumenti. Questa è, infatti, la parte più importante, di controllo da parte dell'amministratore comunale che vuole sapere qual è lo stato di salute delle attività che controlla. A seguire ci sono la valutazione delle modalità organizzative di erogazione dei servizi (in forma diretta, tramite municipalizzate o aziende speciali, in appalto ad aziende esterne); viene poi l'analisi comparativa con riferimento ai diversi livelli di servizio, fondamentale per capire i livelli e i rispettivi costi e viceversa, quindi viene elaborata una scala di valori e di individuazione degli indicatori di performance; alla fine del percorso si arriva alla determinazione del modello di stima.
Oltre a questo, è nostra intenzione realizzare dei prodotti di supporto alla gestione che verranno messi a disposizione degli amministratori locali e dei dirigenti dei vari servizi per capire dove possono intervenire per migliorare il servizio. Un prodotto aggiuntivo a nostro avviso di grande utilità proprio per efficientare i servizi e migliorare soprattutto il livello di prestazione.
Quanto alla base informativa, si tratta di una base contabile (misurare i costi) e strutturale (vedere come viene svolta, con quante risorse e con quali modalità) che costituirà una banca dati fondamentale per studiare e monitorare l'evoluzione del sistema.
Relativamente alle metodologie, vi è tutta la nostra esperienza su modelli che riescono a rappresentare il fenomeno della produzione di beni, servizi e distribuzione; tenendo poi conto di tutti gli effetti della territorialità e degli altri elementi che influiscono sui risultati, stiamo valutando anche nuovi modelli che siano più rappresentativi del fenomeno che stiamo affrontando in questo momento.
Mediante l'analisi periodica dei comportamenti e l'evoluzione del modello di stima dei fabbisogni standard, anno dopo anno, con la gradualità necessaria, dovremmo innescare quel processo virtuoso verso l'efficienza di cui parlavo.
Abbiamo infine banche dati copia delle quali nel decreto legislativo si prevede di consegnare a una istituenda banca centrale per la fiscalità locale.

ROSARIO GIORGIO COSTA. Certamente adesso non avrà i dati a disposizione, ma le sarei grato se ci facesse pervenire il numero delle dichiarazioni inerenti ai contribuenti soggetti agli studi di settore e il numero delle dichiarazioni per le quali si è rilevata la non congruità o la non coerenza, possibilmente articolati tra nord, centro e sud d'Italia e per singola regione. Questi benedetti comitati di base, che pure dovrebbero avere una funzione, non sempre ce l'hanno: per esperienza, so che quando viene designato un dottore commercialista per partecipare al comitato regionale, non prende mai parte alle riunioni. Mi interessa sapere se c'è lo scostamento, nonché il calo di gettito in


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funzione dello scostamento, vale a dire della non congruità delle dichiarazioni.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Posso fornirle il numero delle imprese che trova nella slide 7; i congrui e non congrui si trovano nella slide 16 in percentuale su 2 milioni e 820 mila: solo il 20 per cento non è congruo. Mi riservo di farle avere gli altri dati tramite il presidente.

GIULIANO BARBOLINI. Chiedo scusa se dovrò allontanarmi dopo aver posto una domanda, perché devo essere tassativamente presente in Aula. La mattinata poi non consente neanche di muoversi con una certa rapidità.
Ho già avuto modo di ascoltare, in un'audizione delle Commissioni finanze riunite di Camera e Senato, la descrizione della metodologia che si intende utilizzare e ripeto quello che ho già detto nell'altra audizione: trovo potenzialmente ricca di auspicabili risultati la metodologia che qui ci è stata descritta. Ricordo che anni fa in ANCI si diceva che sarebbe stato necessario costituire una sorta di Maastricht dei comuni, per allineare gradualmente il superamento della spesa storica a una spesa parametrata su fabbisogni e costi standard. Mi pare che la gradualità e il lavoro in progress siano elementi che si trovano all'interno di questa impostazione.
In me rimangono due perplessità circa il successo del risultato: la prima è che si parte - è evidente che non è colpa del dottor Brunello - da una aggregazione troppo «macro» delle funzioni ai sensi della legge n. 42. Sarebbe opportuno che quella classificazione sia più dettagliata e articolata per facilitare delle analisi maggiormente in grado di centrare il profilo e le caratteristiche dei livelli di servizio a cui si vuole fare riferimento. Mi preoccupa, in secondo luogo, che il LEP sia il risultato finale del processo. Per un verso, infatti, è evidente che alla fine del processo realizzo - se ho costruito un percorso, con tutte le verifiche, la partecipazione e il monitoraggio - effettivamente il risultato di potermi avvicinare, ma dovrei avere definito a monte quello che non è un compito che dobbiamo assegnare alla SOSE, ma che il Parlamento dovrebbe svolgere, ovvero il decisore politico e istituzionale: questo aspetto e una classificazione delle funzioni più attinente e appropriata, sono due presupposti di partenza la cui mancanza rischia di inficiare tutto il processo.
Infine, una raccomandazione: il metodo è interessante, sicuramente il soggetto che lo gestisce, insieme agli altri, dà ampie garanzie, tuttavia c'è il rischio che il profilo quantitativo delle prestazioni si imponga su alcuni elementi di carattere qualitativo che, a mio avviso, sono molto più difficili da apprezzare, soprattutto attraverso questo tipo di metodologia. Questa preoccupazione nasce da una consapevolezza: non conosco dati generali, però so cosa vuol dire, per esempio, un'analisi sul funzionamento degli asili nido in Emilia-Romagna, di cui si potrebbe dire che sono una realtà omogenea. In realtà, se andiamo a verificare le diversità, tremano anche le pur solide basi documentali della SOSE.
Mi chiedevo, allora, se, accanto a questa metodologia di rilevazione dei dati, non si sia pensato di sviluppare anche una ricognizione del profilo qualitativo. Lo si potrebbe fare, ad esempio, utilizzando, sebbene non siano completamente e armonicamente diffuse, banche dati anche molto dettagliate già in possesso del sistema delle autonomie. Penso al controllo di qualità dei servizi, alla disaggregazione sui fattori di costo, al grado di performance, di risultato e di soddisfazione degli utenti: perché non accompagnare al percorso che si è delineato come eventi sentinella, la possibilità di ricostruire analisi su modelli individuati, ovviamente su base campionaria, che possano però fornire degli indicatori di scostamento senza che ciò sia rilevabile solo dalla scheda che dovrà essere compilata da tutti i comuni? Per la maggior parte dei comuni, infatti, riempire quella scheda sarà un'impresa, lo faranno perché non vi si possono sottrarre, altrimenti verrebbero martoriati, ma può darsi che, anche con la migliore volontà di cooperare, sarà difficile estrapolare


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gli elementi utili a quantificare i dati e specificarli in modo omogeneo.
Quello che sto indicando potrebbe essere un elemento di riscontro a cui non assegnare un risultato probatorio, ma una funzione di verifica. Non vorrei, infatti, che nel processo alla fine si vadano ad appiattire tutti i dati su una media, speriamo abbastanza ben definita, che però in realtà mortificherebbe molto il risultato finale, ovvero il risultato che si deve assicurare effettivamente ai cittadini. Questo è un dubbio e una raccomandazione. Capisco che chi deve lavorare lo debba fare all'interno di schemi prestabiliti, però, in sede di definizione di una metodologia, raccomanderei che questo aspetto venisse particolarmente considerato.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Ringrazio per la sua esposizione il dottor Brunello che ho già avuto modo di ascoltare un mese fa nelle Commissioni riunite. Vorrei sottolineare un aspetto che è quello che più mi ha colpito. Premetto che la mole di lavoro che state affrontando e l'articolazione di tutti i passaggi fa capire, soprattutto a un appassionato della materia, che, anche dal punto di vista fiscale, il raggiungimento degli obiettivi corretti sia fondamentale, anche nel rispetto di quel dettato al quale dovremmo sempre rifarci, ovvero il famoso articolo 53 della Costituzione.
Vado alla questione. Quando si parla dell'esperienza al servizio del federalismo, quello che balza subito evidente è l'obiettivo, ossia la costruzione di un sistema di modelli per la determinazione dei fabbisogni standard, che è il nucleo, l'essenza fondamentale...

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Chiedo scusa. Vedo che il senatore Barbolini si deve allontanare; vorrei ringraziarlo, perché effettivamente uno degli sforzi che stiamo cercando di fare è quello di trovare degli elementi per la valutazione qualitativa. Il messaggio l'avevamo presente, ma a maggior ragione mi impegno a rafforzarlo.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. A proposito dei fabbisogni standard, dottor Brunello, lei sostiene essere l'obiettivo principale. Sappiamo che sono l'obiettivo principale anche per arrivare alla formulazione concreta di un'ipotesi di attuazione del federalismo fiscale. Se non ricordo male, alla Camera lei aveva parlato di tempi piuttosto lunghi. Ora, la mia non vuole essere una provocazione per tirare conclusioni da una parte o dall'altra - ci mancherebbe altro, qui siamo in una sede di valutazioni ancora molto tecniche, al di là della Commissione istituzionale alla quale partecipiamo - ma qui sembrava che per la fine dell'anno, per gennaio o febbraio prossimi potessimo già avere dei risultati, e invece mi pare che la realtà, se non ricordo male, sia piuttosto complessa e lunga e che il processo non sia così semplice.

LUCIO D'UBALDO. Vorrei sollecitare, alla luce di questa documentazione molto stimolante, una riflessione. Parto da una considerazione che muove la mia specifica valutazione sul federalismo. A parte le considerazioni politiche di fondo, quello che trovo di viziato, di vizioso in questo procedimento è questo misto di presunzione che porta a esaltare una dinamica di ordine legislativo.
Non stiamo, infatti, parlando di studi, si tratta di una dinamica legislativa, la quale poggia sull'idea - in questo ultimo passaggio dell'indagine conoscitiva sul federalismo fiscale ci siamo concentrati sull'aspetto dei fabbisogni standard, ed è per questo che siamo interessati ad audire oggi la SOSE - che si arrivi a un punto in cui tutti i comuni, le province e le regioni d'Italia dovrebbero stare all'interno di una griglia identificativa di fabbisogni, generando una dinamica ulteriore. Quale sarebbe altrimenti la ragione di uno sforzo tecnico-scientifico cui ispirare una legge? Lo si adotta perché quel modello, una volta identificato e assunto, dovrebbe generare automaticamente una dinamica ulteriore. Si stabilisce quindi che il fabbisogno di un comune è «x» e a quel punto scatta una procedura conseguente. Sarebbe molto strano, infatti, che utilizzassimo


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lo strumento della legge per identificare che il fabbisogno sia quello e poi, per dirlo con una battuta, mettessimo un punto e andassimo a capo. Non sarebbe logico, tanto varrebbe che, invece di fare una legge, facessimo un'indagine conoscitiva: siamo invece di fronte a un procedimento legislativo e questa secondo me è una «presunzione». Una volta realizzata infatti questa gigantesca opera di fotografia del sistema Paese e della realtà del suo governo territoriale, ho moltissimi dubbi che si possa ottenere questo fattore di automatismo, generatore di una condizione di presunto riequilibrio. Teniamo per un momento a latere questo discorso.
Dall'altra parte, dal punto di vista propriamente tecnico-scientifico, ho l'impressione che avremmo fatto meglio e di più se, approfittando della mole di informazioni e di dati già esistenti nella pancia del sistema SOSE, le autorità di Governo, e quindi anche il Parlamento come organo principale di controllo sull'attività del Governo, avessero assunto i grandi parametri che già oggi - così immagino, e in realtà è questa la domanda - sarebbe possibile identificare attraverso il colloquio con la SOSE. Quando, infatti, la SOSE ci presenta un documento in cui è scritto che tra le sue attività vi è anche quella del benchmarking territoriale, ho l'impressione che siamo già in prossimità di questo bisogno che stiamo alimentando per noi stessi perché se vogliamo sapere qual è il fabbisogno, qual è il costo del servizio e via discorrendo, è perché poi deve scattare, oltre al riequilibrio, anche una sana competizione, per lo meno in termini di conoscenza, che si chiama appunto benchmarking territoriale.
Da una parte - è una domanda circolare - vorrei sapere, per la vostra esperienza, per la sua valutazione specifica, se non ritenete che esista il rischio, di cui dicevo all'inizio, di una presunzione eccessiva che porta a caricare questa iniziativa legislativa di un'aspettativa, di un obiettivo così «mostruoso»; dall'altra parte, siamo in presenza di un atteggiamento rinunciatario perché, se vale quel criterio, ossia capire come girano le bocce nel sistema dei governi territoriali, probabilmente, senza aspettare questo lungo ciclo, già oggi avremmo potuto acquisire una serie sistematica di informazioni sulle quali intervenire specificamente. Non voleva intervenire il Governo in via diretta con la produzione legislativa ordinaria, voleva attivare un procedimento più solenne che coinvolgesse il Parlamento attraverso un disegno di legge, con deleghe? Si poteva studiare. Siamo in mezzo a una presunzione, secondo me molto accentuata, in ordine alle finalità, e insieme a una forma di autocensura, per cui è come se non sapessimo nulla del sistema, come se al suo interno non ci fosse nessun dato, come se cioè la SOSE già oggi non avesse nel suo sistema una, credo, ricchissima mole di dati. Rimaneva in ultimo, certamente, il problema della decisione politica: ho i dati, ho le informazioni, quando ho capito e saputo - ammesso che non sapessimo che il comune di Milano prende più soldi del comune di Roma e ammesso anche che non sapessimo che questa diversa dotazione finanziaria deriva da ragioni strutturali storiche - me lo faccio dire dalla SOSE, per l'ennesima volta, perché lo sappiamo - esco dall'ironia - e a quel punto il Governo decide di prendere un provvedimento per cui dà meno soldi a Milano e più soldi a Roma. Succederà magari che a Roma si daranno più soldi per altre ragioni, allora toglieremo a Roma e daremo a Napoli e così via. Non vorrei, però - mi dispiace dell'atteggiamento un po' comiziante - che avessimo montato questa gigantesca panna per cui alla fine perdiamo di vista la sostanza del problema. Se la sostanza del problema è conoscere le distorsioni del sistema, penso che già dall'inizio della legislatura avremmo potuto avere una relazione del Governo alle Camere per illustrare la situazione. Successivamente, le Camere, o il Governo con iniziativa sua propria, avrebbero potuto innescare una procedura. Adesso, invece, ci troviamo, dopo due anni, con tutte le deleghe in corso, con un procedimento vaporoso e ambizioso,


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che diventa anche inconcludente perché al tempo stesso decidiamo che la SOSE deve farci, entro quanti mesi, dottore?...

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Quanti anni...

LUCIO D'UBALDO... un quadro perfettissimo, quando già potremmo avere una fotografia, un dagherrotipo, un'immagine un po' abbozzata, già utile per capire come gira il sistema.

PRESIDENTE. Anch'io desidero ringraziare il dottor Brunello per l'ampia relazione e la documentazione molto puntuale che ci ha fornito.
Il senatore D'Ubaldo mi ha anticipato sulla tempistica perché, a mio avviso, le sue valutazioni sono assolutamente condivisibili. È chiaro che il processo, come ha ricordato il dottor Brunello, è abbastanza lungo per arrivare a fotografare in modo puntuale i fabbisogni standard, i livelli essenziali e via dicendo, però forse qualcosa si può fare da subito visto che, come si diceva, SOSE ha un rilevantissimo bagaglio di informazioni. Lo dico questa volta da amministratore comunale: saremmo veramente felicissimi se potessimo avere a disposizione dei benchmark territoriali, come viene evidenziato nella documentazione, che possano essere di ausilio anche all'amministratore. Pensiamo ai beni di uso comune: Roma è una realtà così complessa che tra municipio e municipio l'acquisizione di beni o servizi ha diversi ammontari, diverse valutazioni di spesa. Se riusciste a fotografare - penso che siate in possesso di una serie di informazioni in tal senso - il costo giusto, il prezzo giusto di un dato bene o servizio, per noi sarebbe di grande aiuto perché spesso è come se ci trovassimo sulle sabbie mobili. Spesso accade che le nostre stesse strutture di controllo come la ragioneria non siano in grado di valutare se il prezzo sia quello giusto, affidandosi alle valutazioni dei dipartimenti. Credo che si possa, in una fase intermedia rispetto a quella dell'obiettivo finale, mettere a disposizione elementi che possano essere di ausilio per l'amministratore per stilare i bilanci di previsione e pluriennali.
L'altro punto su cui vorrei richiamare l'attenzione del dottor Brunello è il discorso dei bilanci. Lei sostiene che non vengono acquisiti i dati dei bilanci, perché rappresentano una realtà che riguarda certe particolari tipologie d'impresa: visto che adesso si sta implementando il sistema informatico dei bilanci, il modello XBRL, non pensa che questo sistema possa essere acquisito dalle banche dati della SOSE in modo da avere ulteriori informazioni utili sia sul versante fiscale per gli studi di settore sia sul versante del federalismo e dell'individuazione dei costi standard?
Un'ultima questione riguarda i questionari: si ripercorre un po' l'esperienza fatta con gli studi di settore, diramando il questionario e attendendo la risposta. Il mio dubbio è la fedeltà dei dati da parte degli enti locali, visti i tempi stretti e la grande preoccupazione del taglio dei trasferimenti. Se un ente locale riceve il questionario e per evitare la mannaia del taglio di trasferimenti fornisce informazioni non completamente veritiere oppure presenta qualche criticità, suppongo che abbiate pensato ad antidoti contro questa patologia, riuscendo a intercettare tali informazioni per evitare di fornire una rappresentazione non corretta del sistema.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Grosso modo, l'approccio è comune. Per quanto riguarda i tempi, li abbiamo scadenzati d'accordo con il Governo nel decreto legislativo: il ciclo completo si svolge nei primi tre anni, un terzo di ciclo all'anno; disaggreghiamo ciascuna funzione fondamentale in tutti i servizi che ricomprende, quindi per una funzione possono esserci anche quindici o sedici questionari. Ogni funzione, infatti, comprende un certo numero di servizi. Ho così risposto anche alla domanda precedente.

LUCIO D'UBALDO. Mi scusi se la interrompo. In altre circostanze abbiamo anche cercato di capire quale possa essere


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il margine di errore rispetto a tali questionari e alla loro corrispondenza alla realtà. Se, ad esempio - sembra una stupidaggine, ma fa capire subito se andiamo fuori strada o nella giusta direzione - un certo comune risponde in un certo modo a un questionario, avete già in animo di confrontare immediatamente questo dato con ciò che emerge dal certificato di bilancio presso il Ministero dell'interno?

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Assolutamente sì...

LUCIO D'UBALDO. Qualora ci fosse una discordanza, cosa succede? Se, ad esempio, il Ministero dell'interno registra una difformità sulla dichiarazione delle strade, cosa succede? Ho citato le strade perché tutti sanno perfettamente che la somma delle strade denunciate nei certificati di bilancio costituirebbe la rete stradale, credo, di tutta Europa. A quel punto cosa succede?
Lo chiedo perché dobbiamo anche essere, tutti quanti, immedesimati in una funzione di Governo. Se io fossi il Ministro dell'interno, registrato che il comune x dichiara di avere 100 km di strade e invece nel certificato ne denuncia 500 ai fini dell'acquisizione del trasferimento, cosa dovrei fare? Tagliare subito i fondi? O bendarsi gli occhi? Scusi la foga.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. S'immagini, invece mi aiuta; mentre quello delle imprese - l'onorevole Leo mi conosce da tantissimi anni - è un problema che domino perfettamente, quello dei comuni lo conosco molto meno, perché nei loro confronti sono un cittadino come tanti altri, e quindi sto imparando. Tra le cose che abbiamo imparato, però, c'è che dobbiamo tutelarci dai numeri non corretti, e sarei giunto a parlare di questo problema rispondendo alla stessa domanda del Presidente Leo. Proseguirei dunque a parlare del problema dei tempi per arrivare a fornire anche quest'ultima risposta ai fini di una sistematicità del mio discorso.
Per noi i tempi consistono in un primo triennio e di «n» trienni successivi; avremo quindi una mappatura completa dopo tre anni - spiegherò la subordinata alla fine, perché si tratta sempre della risposta alla medesima domanda - con i questionari, con tutti i dati contabili e strutturali. Le funzioni sono sei (due, due e due) con «n» servizi sottostanti a ciascuna di esse. Le prime due funzioni e i primi servizi verranno realizzati entro la fine del 2011: questa è la scadenza perché i questionari non possono partire prima della pubblicazione del decreto legislativo in Gazzetta Ufficiale, altrimenti non avremmo nessun titolo per parlare con i comuni. IFEL ha fatto dei test a una ventina di comuni. Abbiamo quindi inviato i questionari a una ventina di comuni tester tramite IFEL: ci hanno risposto e abbiamo colto alcune difficoltà nelle risposte, per cui li abbiamo ulteriormente affinati. L'invio definitivo deve però avvenire soltanto dopo che il decreto legislativo sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, altrimenti non saremo né riconosciuti né riconoscibili come SOSE. Il processo, quindi, sarà avviato l'anno successivo e già la prima funzione verrà adeguata in termini di obiettivi di servizio.

LUCIO D'UBALDO. Chiedo scusa, ma questo non è un passaggio secondario. Lei chiede all'assessore al bilancio del comune di Roma, ad esempio, quanto costa il servizio di asilo nido. La mia domanda è la seguente: come fa l'assessore al bilancio, quindi i suoi uffici, a dare una risposta diversa da quella del certificato di bilancio? Se non può dare una risposta diversa, a che serve questa gigantesca opera di perlustrazione? Mi pare che, se non capiamo questo, siamo come uno che va sulla cyclette e dice di aver percorso 100 km: li ha fatti, virtualmente, ma sta sempre lì fermo.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Comincio dalla fine ovvero dalla fedeltà dei dati,


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altrimenti non riusciremo a capirci. Abbiamo già raccolto i certificati di bilancio degli ultimi tre anni, ci stiamo già lavorando, li stiamo disaggregando, valutando e riclassificando. Faremo anche - per rispondere alla domanda sull'esistenza di studi sulle performance e sui livelli di gradimento - un'ulteriore indagine in tal senso perché tutto viene inserito nei nostri archivi e quindi nelle nostre conoscenze.
Una delle cose che abbiamo imparato dai contribuenti - se c'è uno che mente è il contribuente - è di analizzare i dati.

LUCIO D'UBALDO. La differenza è che il comune non può mentire. Quando il funzionario firma il certificato di bilancio, ne risponde amministrativamente.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Ho detto che è il contribuente a mentire, non il comune.

LUCIO D'UBALDO. Il comune non può mentire. Quando manda il certificato, delle due l'una: o il certificato è falso, allora l'assessore deve licenziare il funzionario, oppure il certificato è vero. Se il certificato è vero, lei deve dirmi come fa a spiegare all'opinione pubblica italiana e a noi parlamentari di questa Repubblica che questa operazione, che emulsiona questo dato, produca qualcosa di positivo.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Non lo emulsiona, lo analizza.

LUCIO D'UBALDO. Io, Lucio D'Ubaldo, posso anche fare, perché è una mia libertà, una dichiarazione dei redditi falsa. Corro dei rischi. Lei è in grado di intercettare il mio errore o la mia attività non corretta e mi sanziona. Il comune non può farlo per legge. La legge esige dal comune un certificato di bilancio con i costi del suo servizio. Se si riteneva che il certificato non fosse così ricco di informazioni, sarebbe bastato un decreto che modificasse il certificato. Si fa invece un'operazione secondo cui voi impiegate risorse dello Stato, si mette in moto un processo della pubblica opinione per cui stiamo aspettiamo questo evento: per fare cosa? Quando al comune di Roma arriva il vostro questionario, il funzionario, se non è un pazzo, prenderà il certificato di bilancio e cercherà di capire come deve rispondere. Non potrà infatti dichiarare una cosa diversa.

PRESIDENTE. Non so se i dati richiesti dal questionario saranno solo dati di bilancio.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Non sono solo dati di bilancio, ma anche di struttura.

LUCIO D'UBALDO. Quali sono i dati di struttura che il comune può fornirle?

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Quanto personale è dedicato a un servizio piuttosto che a un altro.

LUCIO D'UBALDO. Non lo sa nessuno. Allora non si tratta di chiamare la SOSE, ma di fare un'azione propria, di ordinamento, in cui si cambia di nuovo la contabilità - l'abbiamo già cambiata molte volte - e si chiede di conoscere con precisione quanta gente lavora all'asilo nido di via IV novembre.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Perfetto.

LUCIO D'UBALDO. Questo però al comune non glielo abbiamo detto! Adesso con quale autorità glielo chiedete? Solo in base a una legge che prevede che dobbiamo genericamente sapere quanto costa quel servizio? Lei capisce qual è la dismisura? Chiedo scusa, ripeto, per la foga, lei non c'entra niente naturalmente: io me la sto prendendo perché mi sembra che perdiamo tempo, perdiamo soldi, illudiamo la pubblica opinione e stiamo facendo un'operazione demagogica.


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GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Dal punto di vista tecnico, posso dirle che da queste informazioni posso restituire al mondo degli enti locali e agli amministratori una serie di informazioni in termini di analisi comparativa che consentono loro di migliorare l'efficienza dei servizi, cercando di trovare dei benchmark sui diversi modi di gestire. Se raccolgo dati e li accumulo non ho creato nessun valore aggiunto; ai dati, invece, siamo abituati a conferire valore aggiunto, restituendo quindi agli amministratori - come ho detto prima - dei prodotti di gestione. A Maurizio Leo sarei felicissimo di poter fornire delle informazioni che gli permettano di gestire meglio il comune di Roma.
Se ci riusciremo, non domani, perché è impossibile, ma tra un anno per i primi servizi e tra tre anni per gli ultimi, avremo fatto un grande passo avanti. Questo valore aggiunto non è dato dal fatto che il comune consegni i bilanci divisi con ulteriori informazioni, poi archiviati al Ministero dell'interno, ma è dato soltanto da chi ha l'abitudine di trattare i numeri in un determinato modo.
È la stessa attività che abbiamo svolto nel mondo delle imprese. Il benchmark territoriale che vedete riportato nelle slide è legato al mondo delle imprese: sono quelli i dati che abbiamo. Questo significa - mi spiego meglio per evitare di dare un'informazione errata - che prendiamo un territorio, per esempio il distretto del Livenza, uno dei distretti produttivi del mobile (lo conosco bene in quanto veneto), analizziamo le diverse modalità con cui vengono prodotti i mobili; analogamente operiamo nel «mobile classico veneto», il secondo distretto, nella Brianza, il terzo distretto, e nel pesarese, il quarto distretto - i mobili hanno quattro distretti in Italia. Mettiamo i territori a confronto, individuiamo, in un arco di anni, quali modelli hanno reso di più, quali di meno, combiniamo le varie informazioni e valutiamo il territorio. Ecco perché si parla di benchmark territoriale, riferito però alle imprese. Successivamente forniamo informazioni all'ente locale circa gli interventi di politica industriale diretti a ottenere effetti migliorativi del loro territorio. Questo significa quel benchmark. Allo stesso modo individuiamo i diversi modelli di produzione e di erogazione di un servizio da parte dei comuni, li mettiamo a confronto in maniera oggettiva - non ci interessano graduatorie di efficienza perché non è questo il nostro compito - e poi li consegniamo agli amministratori comunali in modo che possano diventare prodotti di gestione. Il rapporto col cittadino concerne il livello di soddisfazione circa l'erogazione del servizio e la quantità di servizi che riesce a ottenere. Il risparmio ottenibile non consiste soltanto nella minor spesa, ma, a parità di spesa, riguarda la possibilità di avere più servizi e più efficienti: questo sarebbe il massimo del risparmio che potremmo ottenere. Uno dei problemi che abbiamo in Italia è quello della competitività del sistema Paese: essa però dipende anche dai servizi che possono essere erogati dagli enti territoriali, in termini di velocità nella erogazione del servizio e della sua qualità. L'aspetto qualitativo è per noi un elemento importante. Non si tratta, quindi, soltanto di raccogliere numeri e metterli in una banca dati, ma conferire loro valore e restituirli al destinatario.

PRESIDENTE. Si tratta dello stesso procedimento che hanno adottato per i ricavi congrui. Anche in quel caso si poteva prendere il dato della dichiarazione; verosimilmente, il contribuente - stessa cosa che avviene per i comuni - si prendeva il dato e lo comunicava a loro, i quali però hanno fatto ulteriori elaborazioni per verificare qual è il ricavo congruo: questo dovrebbe essere il ragionamento.

LUCIO D'UBALDO. Per legge loro devono fare la rilevazione dei fabbisogni. Quando arriverà il questionario a Magliano Sabina - il mio comune - il comune comunicherà il fabbisogno relativo alla fascia di osservazione decisa. Ci si concentrerà inizialmente su due funzioni...


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PRESIDENTE. Amministrazione generale e polizia municipale.

LUCIO D'UBALDO. Come sindaco di Magliano Sabina passerò, perché così avviene nelle amministrazioni, il questionario al segretario comunale (mi correggerai se sbaglio visto che sei stato sindaco): se il comune è di medie dimensioni, lo passa al funzionario il quale, ricevuta questa preziosissima carta, apre il cassetto, prende il bilancio, va a vedere le voci di bilancio, compila il questionario seguendo il bilancio e lo rispedisce indietro. Quali sono gli ulteriori dati che sono stati acquisiti? Se me lo spiegate, mi arrendo e prometto che non faccio più polemica sul federalismo. Divento anche io federalista!

PRESIDENTE. I dati che ha a disposizione il Ministero dell'interno sono il numero di vigili urbani, le auto di servizio ecc. Se si richiedono ulteriori informazioni, come quelle sulle divise...

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Le consegnerò il questionario sui vigili, appena ne vengo in possesso. Sono 300 le informazioni che chiediamo.

PRESIDENTE. Si possono trarre elementi che mettano in evidenza l'eventuale discrasia tra il dato del Ministero dell'interno e quello da loro acquisito.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Non ho portato i questionari perché sono ancora in fase di evoluzione, ma so che lei conosce bene Silvia Scozzese, può rivolgersi a lei.

LUCIO D'UBALDO. Invece di chiedere il numero dei vigili urbani, che già abbiamo, possiamo chiedere quante divise hanno. Ammesso che registriamo che negli ultimi tre anni il comune di Roma ha comprato due divise e il comune di Milano tre, è difficile sapere quanto hanno pagato. Pensate davvero che si riesca a conoscere un'informazione del genere? Si dovrebbero rivedere le gare effettuate cinque o dieci anni prima...o è una cosa inutile o è una cosa presuntuosa: questa è la mia obiezione.
Una gigantesca opera svolta nei confronti di 8.100 comuni che dovranno dichiarare, sempre per restare nell'esempio, quante divise hanno comprato e a quale prezzo: ammesso pure che stabiliamo che la divisa a Palermo costa 100 e a Genova 120, che significa tutto ciò? Può darsi che a Genova abbiano deciso che per ragioni di decoro, siccome c'erano le Colombiadi, i vigili dovessero indossare una divisa più elegante. Sarà un'autonomia comunale quella, o no? Neanche quella è autonomia comunale?

PRESIDENTE. Visto che questi quesiti sono tutti interessanti, come suggeriva il dottor Brunello, possiamo pensare a una riunione con la partecipazione di Silvia Scozzese, persona qualificatissima che entrambi conosciamo, per vedere se si può trarre un quid pluris rispetto a quello che già si conosce.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Dottor Brunello, prima dell'interruzione, lei stava dicendo che già entro il 2011 potremo avere...

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Avremo i risultati di un terzo delle funzioni, cioè le prime due funzioni esaminate e i primi servizi ad esse collegati. Nel 2012 il secondo terzo sarebbe completato, per concludere infine nel 2013.

LUCIO D'UBALDO. Per assumerci tutti quanti le responsabilità, potrebbe cortesemente mandare alla Commissione una nota scritta in cui, sulla base del decreto legislativo e delle vostre valutazioni, dite compiutamente cosa si potrà ottenere da qui alle prossime scadenze, da qui a sei mesi, un anno, tre anni? Ciò sarà utile per chi farà la storia di questi anni, per capire un domani cosa abbiamo immaginato e cosa abbiamo realizzato: io vorrei essere


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smentito, quindi consegnerò appunto idealmente ai posteri le mie valutazioni.

GIAMPIETRO BRUNELLO, presidente e amministratore delegato di SOSE. Per quanto riguarda l'acquisizione dei dati XBRL, stiamo già sollecitando l'Agenzia perché lo faccia.
Sulla questione di cosa può offrire SOSE agli enti locali, a oggi fornisce dati riferiti al mondo delle imprese. Se, infatti, la provincia di Brescia vuole fare un lavoro sul distretto della rubinetteria e sul distretto delle armi e su quello dei casalinghi, noi glielo facciamo. Basta che lo richieda.
Sui dati, è evidente che mettiamo una serie di filtri. SAS, ad esempio, il più grosso produttore di software per l'elaborazione statistica dei dati, ha svolto un'analisi sui nostri processi e ha verificato che abbiamo inserito circa 15.000 filtri su ogni numero acquisito alla nostra banca dati. Ciò significa che se un numero non ha le caratteristiche di affidabilità ritenute necessarie chiederemo al comune di fornirci informazioni ulteriori e i numeri verranno quindi acquisiti solo dopo che sono stati filtrati.
Preparerò una nota riferita allo stato attuale delle cose, nell'attesa che il decreto venga emanato.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Brunello e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10.

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