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Seduta del 12/7/2012


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Audizione di rappresentanti della Corte dei conti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno prevede l'audizione di rappresentanti della Corte dei conti. Sono presenti il presidente della Corte dei conti dottor Luigi Giampaolino, che è accompagnato dal presidente di sezione dottor Maurizio Meloni, dal consigliere dottor Massimo Romano, dal primo referendario dottoressa Alessandra Sanguigni, dal capo di gabinetto dottor Luigi Caso, dal funzionario per i rapporti col Parlamento dottor Francesco Paolo Bucci e dal funzionario dell'ufficio stampa dottor Roberto Marletta.
Cedo la parola al presidente Giampaolino, con la riserva per me e per i colleghi di rivolgere, al termine del suo intervento, ulteriori domande e formulare osservazioni.

LUIGI GIAMPAOLINO, presidente della Corte dei conti. L'esistenza stessa di un moderno ordinamento fiscale appare oggi inconcepibile senza l'ausilio dei sistemi informativi, dei quali è ben nota la rilevanza sempre più evidente nella gestione della fiscalità di massa.
Lo sviluppo del sistema informativo dell'Anagrafe tributaria è stato prevalentemente, se non esclusivamente, indirizzato alla gestione ex post dei dati dichiarati, quale modello essenzialmente finalizzato alle esigenze di controllo dell'amministrazione, attraverso le diverse fasi dell'acquisizione dei contenuti delle dichiarazioni tributarie e degli atti (solo alla fine degli anni Novanta prodotti mediante modalità telematica) nonché dei controlli di autoliquidazione delle imposte e delle numerose e complesse attività di elaborazione e di incrocio finalizzate all'emanazione degli accertamenti nei confronti dei soggetti che si sottraggono agli obblighi fiscali. Il sistema si è pertanto ben poco preoccupato di semplificare l'adempimento dei contribuenti, indotto quasi sempre a ricorrere all'assistenza professionale e informatica offerta dal mercato. Sono pertanto indubbi i riflessi che tale impostazione ha avuto sui livelli di tax compliance e sulla contestuale persistenza di omissioni e dimenticanze del contribuente in una sostanziale assenza della pubblica amministrazione proprio nella fase dell'adempimento fiscale, uno dei momenti fondamentali del rapporto tra il cittadino e le pubbliche istituzioni. È ormai un dato acquisito, in ambito internazionale, il fatto che la facilità di adempiere svolge un ruolo cruciale nella tax compliance. Poiché la legislazione tributaria italiana è complessa, quello che ci si aspetta dai contribuenti dovrebbe essere spiegato in modo chiaro e reso facile da assolvere. I costi di adempimento, in termini di tempo e di denaro, sovente ostacolano l'adempimento stesso.
Un ruolo centrale spetta all'amministrazione attraverso l'utilizzo degli strumenti


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informatici e telematici. Ad oggi, rispetto ad altri Paesi dell'area OCSE, la gestione diretta del contribuente non sembra aver fatto molti passi avanti, con servizi implementati ma orientati alla gestione ex post del contribuente più che rivolti alla gestione dell'adempimento. Le stesse procedure di accreditamento risultano macchinose e poco apprezzate.
Ciò premesso, occorre sottolineare l'importanza decisiva che ha oggi l'uso degli strumenti informatici per favorire l'adempimento fiscale prima ancora che per reprimere i comportamenti scorretti. La Corte ha già avuto modo di esprimersi sulle problematiche dell'Anagrafe tributaria nella specifica prospettiva del federalismo fiscale in occasione dell'audizione tenutasi il 23 marzo 2011. In quella sede si è cercato di offrire, nel peculiare ruolo della Corte, un contributo di riflessione per la messa a fuoco delle esigenze determinate dal nuovo scenario federalista e di alcuni aspetti problematici che ancora oggi appaiono sostanzialmente irrisolti.
Le dimensioni dell'evasione, sia di tributi nazionali sia di tributi locali, e la valutazione dei cambiamenti intervenuti nella tax compliance sono fra le tematiche affrontate nel rapporto 2012 sul coordinamento della finanza pubblica presentato nello scorso maggio e nella relazione al Rendiconto generale dello Stato per il 2011 recentemente presentata al Parlamento. La Corte, sulla base di approfondimenti effettuati dall'Agenzia delle entrate, pur nei soli settori dell'IVA e dell'IRAP - con particolare riferimento al cosiddetto «gap IVA» quale differenza fra il gettito potenziale dell'imposta (quello conseguibile in assenza di evasione ed erosione) e il gettito effettivo (quello effettivamente incassato dall'erario) - ha esaminato la quota di evasione/erosione che, dopo aver raggiunto punte prossime al 40 per cento fino alla metà degli anni Novanta, dieci anni dopo si assesterebbe al di sotto del 30 per cento. Per altro verso, l'osservazione della distribuzione dell'evasione per aree geografiche e per settori economici, elaborata dall'Agenzia delle entrate, pone in evidenza che al Sud e nelle isole risulta maggiore l'evasione in termini percentuali (40,1 per cento per l'IVA e 29,4 per cento per l'IRAP) mentre, in valori assoluti, la maggior parte dell'evasione si concentra nelle aree del Nord Ovest e del Nord Est, nelle quali si realizza la ruota più rilevante del volume di affari e del reddito. L'analisi per settori economici conferma, a sua volta, l'elevata propensione a evadere nei settori dell'agricoltura e del terziario privato, con un tasso compreso fra tre e cinque volte quello calcolato per il settore dell'industria in senso stretto.
Quanto alle dimensioni complessive dell'evasione fiscale, occorre tener conto che le valutazioni cui perviene l'Agenzia delle entrate si riferiscono a tributi che costituiscono soltanto un segmento del nostro sistema tributario e che forniscono un gettito di poco superiore a 150 miliardi di euro complessivi, restando esclusi da tali valutazioni l'intero settore delle imposte sul reddito, le altre imposte sugli affari e il settore dei contributi previdenziali, che presentano con ogni probabilità tassi di evasione non molto dissimili da quelli rilevati per l'IVA e l'IRAP. L'Italia presenta una delle peggiori performance (dietro Turchia e Messico) nell'analisi effettuata dall'OCSE tra i Paesi che adottano la VAT. A tal proposito si segnala che l'articolo 3 del disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale recentemente presentato al Parlamento prevede, tra l'altro, l'emanazione di norme dirette a «definire una metodologia di rilevazione dell'evasione fiscale» e a «prevedere che i suoi risultati siano calcolati e pubblicati con cadenza annuale».
Per quanto riguarda le tipologie dei fenomeni evasivi, questi presentano molteplici e diffusi aspetti di diversa natura e rilevanza, tra i quali i più diffusi, nell'ambito delle attività indipendenti, sono l'occultamento di ricavi e compensi e l'indebita deduzione dei costi, con gravi conseguenze ai fini della determinazione delle basi imponibili delle imposte sul reddito dell'IVA e dell'IRAP. Particolarmente diffuso risulta essere, per comprensibili ragioni, l'occultamento dei ricavi e compensi


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nei settori di attività che si rivolgono al consumatore finale, per i quali gli strumenti di controllo finora utilizzati - quali misuratore e ricevuta fiscale e studi di settore - non sembrano essere stati in grado di determinare significativi incrementi nella tax compliance. Risulta diffuso anche il ricorso allo schermo societario - le cosiddette società cartiere, esterovestizioni ecc. - e all'utilizzo fraudolento di fatture e altri documenti falsi o per operazioni inesistenti. Infine, frequenti sono gli occultamenti totali o parziali di canoni di locazione immobiliare.
Lo scenario quindi mostra una situazione di forte squilibrio nel prelievo fiscale a ingiusto vantaggio di coloro che hanno concreta possibilità di autodeterminare la base imponibile dichiarata. Per quanto specificamente attiene alla dimensione di fenomeni evasivi dei tributi locali, va considerato che il loro presupposto d'imposta è per lo più collegato al possesso o alla detenzione di immobili (ICI, oggi IMU, TARSU), ovvero direttamente e inscindibilmente connesso ai tributi personali erariali (addizionali IRPEF, IRAP per le regioni). I primi presentano una maggiore controllabilità degli adempimenti, anche se taluni aspetti - come quelli legati all'applicazione di regimi agevolati - offrono non poche possibilità di evasione, mancando spesso, da parte delle stesse amministrazioni comunali, un attento presidio delle regole che attengono alla fissazione dell'iscrizione anagrafica e ai trasferimenti da un comune all'altro al solo fine di poter beneficiare di riduzioni ed esenzioni.
Così sommariamente tracciato il quadro dei fenomeni evasivi, è di tutta evidenza come un apporto rilevante al loro ridimensionamento possa venire dal funzionamento degli strumenti informatici e telematici. In primo luogo va segnalata l'opportunità di una più ampia utilizzazione dei pagamenti tracciati, degli incroci tra i dati contabili registrati da clienti e fornitori e dei movimenti risultanti dai rapporti finanziari comunicati all'Anagrafe tributaria. Si tratta di scelte sostanzialmente già adottate dal legislatore nell'ultimo anno, con l'abbassamento a 1.000 euro del limite di effettuazione dei pagamenti in contante, con la reintroduzione dell'obbligo di trasmettere i dati relativi ai rapporti tra clienti e fornitori (abrogato nel 2008) questa volta esteso alle singole operazioni tra i soggetti IVA nonché ai rapporti con i consumatori finali di importo superiore a 3.600 euro e con la previsione dell'obbligo di comunicazione annuale ad apposita sezione dell'Anagrafe tributaria delle movimentazioni risultanti dai rapporti finanziari. Tali misure, che andrebbero comunque rafforzate - almeno nella parte delle limitazioni all'uso del denaro contante - implicano la necessità di una tempestiva utilizzabilità delle informazioni da parte dell'amministrazione, già nella fase in cui il contribuente è chiamato ad adempiere, allo scopo di favorirne comportamenti corretti. Sotto tale profilo, il sistema attuale, come già si è accennato, si rivela deficitario, continuando a essere concepito in chiave reattiva piuttosto che persuasiva. Un sintomo di tale inadeguatezza sembra doversi individuare nel crescente fenomeno degli omessi versamenti delle imposte dichiarate, che soltanto in parte limitata si riesce poi a recuperare attraverso le procedure di liquidazione automatizzata delle imposte sui redditi e dell'IVA dichiarata (solo il 43 per cento del totale delle entrate da accertamento e controllo).
I limiti principali della situazione attuale sono riconducibili alla parcellizzazione nella gestione delle informazioni di provenienza esterna al contribuente e alla difficoltà di integrarle con quelle che lo stesso è chiamato a fornire direttamente; al ritardo nell'acquisizione dei dati e conseguente impossibilità di utilizzarli nella fase dell'adempimento per facilitare i contribuenti e favorirne comportamenti corretti; all'insufficiente qualità degli archivi e delle procedure - ancora oggi affetti da notevoli errori e disallineamenti - in parte originati dalla stessa complessità del sistema fiscale. La situazione italiana, come si è detto, non è pienamente soddisfacente e l'adempimento fiscale si regge ancora essenzialmente su informazioni di cui solo il contribuente dispone. Lo stesso funzionamento degli studi


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di settore è basato sull'autodichiarazione dei dati (contabili e strutturali) da parte del contribuente, senza alcun riscontro sulla veridicità di tali dati in sede di adempimento. Si tratta di un limite grave degli studi, che pregiudica non poco la loro capacità di fare emergere la base imponibile: la costante diminuzione della maggiore base imponibile emersa e la contemporanea crescita dei contribuenti congrui e coerenti sin dall'origine sembrano essere, almeno in parte, sintomatiche di una relativa facilità di «aggiustamento» dei dati esposti nelle dichiarazioni. Appare quindi imprescindibile non solo l'utilizzo sistematico ma anche l'integrazione delle basi informative in materia economico-finanziaria quale strumento sia per accrescere la compliance sia per migliorare l'azione di contrasto. La condivisione degli archivi e il coordinamento dei processi operativi attraverso le nuove tecnologie informatiche e telematiche costituiscono, infatti, un fattore decisivo per il funzionamento del sistema fiscale.
Il ruolo degli enti territoriali nel contrasto all'evasione dei tributi statali, in base agli elementi conoscitivi analizzati dalla Corte, risulta alquanto circoscritto in valori assoluti e fortemente concentrato sul piano territoriale, in termini di apporto dei comuni all'azione di accertamento, pur con l'innalzamento della quota di partecipazione dell'ente locale. In tale contesto, l'Anagrafe tributaria può fornire un contributo anche all'azione di recupero dei tributi locali. Il quadro normativo delineato supporta giuridicamente l'assetto sistematico, sia con i criteri direttivi della delega per l'attuazione del federalismo fiscale, sia nei decreti attuativi in materia di federalismo fiscale municipale, e in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. In ogni caso, per il proficuo funzionamento del quadro normativo ora ricordato è necessario garantire la massima affidabilità dei dati presenti nei diversi archivi e, in particolare, in quelli catastali, ai quali si è già accennato.
Da quanto precede, emerge la necessità di sviluppare le potenzialità dell'informatica e della telematica soprattutto nella direzione della gestione della fase dell'adempimento. È in questa fase, infatti, che si deve incidere prioritariamente per innalzare i livelli di tax compliance in un sistema fiscale di massa. Occorre approntare procedure e applicazioni in grado di ricordare scadenze, proporre comportamenti, comunicare dati e informazioni che il contribuente deve conoscere per dichiarare correttamente gli imponibili e autoliquidare i tributi. Naturalmente, tutto ciò non è da solo sufficiente. Occorrerà anche migliorare lo scambio automatico e l'integrazione delle informazioni tra i diversi sistemi e presidiare fortemente la qualità dei dati, soprattutto quando gli stessi provengono da fonti storicamente datate.
Le altre considerazioni, con maggiori approfondimenti, sono contenute nell'atto che depositiamo.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Ringrazio il presidente della Corte per questa chiara e determinata relazione; si tratta di questioni sulle quali, anche al di fuori dell'aspetto legislativo, non si può che concordare. Vi sarebbero diversi punti da affrontare ma per ragioni di tempo ne indico solo alcuni.
Il presidente Giampaolino ha giustamente evidenziato agricoltura e terziario privati come due dei grandi «buchi della vasca da bagno»; spetta in particolar modo alla politica occuparsene, perché sappiamo che il regime speciale di questo settore comporta una serie di conseguenze legate anche all'altra questione evidenziata nella sua relazione, ovvero quella del consumatore finale. Nel discutere di evasione in questa sede, potremmo parlare del potenziamento - che rappresenta ciò che ci preoccupa e per cui stiamo lavorando - della grande macchina informatica per un maggior controllo dei dati e una maggiore possibilità che essi coincidano. Al di là di questi aspetti tuttavia vi sono questioni che continueranno a sfuggire anche alla macchina e al controllo, se non ci saranno scelte di natura politico-fiscale precise e determinate.


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Il presidente della Corte dei conti ha messo in evidenza agricoltura e terziario, ma vorrei sottolineare anche la questione del consumatore finale. Se n'è discusso spesso, ma la casalinga che riceve in casa l'idraulico e si sente chiedere 120 euro con IVA oppure 80 senza, per avere un po' di sconto ne paga 80. Questa è la realtà dei dati e non potrebbe essere diversamente, soprattutto in un momento di crisi e di difficoltà economica come quella attuale, in cui le famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese.
Anch'io agli inizi ero dubbioso circa queste procedure, ma bisognerà pur inventarsi qualcosa; sono state ampliate alcune formule (l'innalzamento della detrazione dal 36 al 55 per le ristrutturazioni degli immobili si muove in questo senso) e adottati alcuni interventi sulla maggior detraibilità di oneri deducibili che, a mio giudizio, sono anche di conforto, entro i limiti in cui possiamo incidere in questo senso.
Concordo sul fatto che un'altra grossa piaga sia rappresentata dall'evasione sul piano dei contributi previdenziali (chissà a quanto ammonta) e, anche a questo proposito, senz'ombra di dubbio sarebbero opportune svariate riflessioni e valutazioni approfondite. Quando il contribuente va dal commercialista per la stesura del suo modello unico per le imposte, credo che si lamenti soprattutto per le «sorbole» aggiuntive in contributi previdenziali che deve versare all'INPS sul reddito che ha maturato. Come tutti sappiamo, poiché oggi, fortunatamente, si registra una maggiore longevità, sono maggiori i contributi da versare e le pensioni da pagare.
Ho qualche riserva sul movimento del contante; sicuramente la questione andava perseguita, ma solo su determinate cifre. Mi pare di capire che l'aspetto dei 1.000 euro stia determinando numerose problematiche dal punto di vista della piccola economia quotidiana e delle difficoltà presenti, e che stia rappresentando più un freno che un deterrente all'evasione fiscale: cifre di questo genere vengono spese dai piccoli consumatori, non sono motivo di grande evasione. Presidente Giampaolino, stiamo continuando a perseguire l'evasione nel quotidiano; c'è anche quella, ma - come ho già avuto modo di dire - si tratta di «peccati veniali», non mortali, che al contrario non vengono perseguiti. Questa è la realtà dei fatti.
Credo che occorra anche dare direttive ben precise e coordinarle con le sfere dell'accertamento tributario. Abbiamo verifiche fiscali, sia dell'Agenzia delle entrate sia della Guardia di finanza, che si soffermano per giornate e settimane su aspetti di natura solamente formale e che, di fatto, tolgono tempo al perseguimento della vera evasione sostanziale. Per fare un esempio, è ormai una settimana che, in una verifica, discuto sulla logica di anticipazioni per uno studio professionale; anche se è stato accertato che in una partita di giro le anticipazioni effettuate da un notaio in favore del cliente non erano state forzate ma si pareggiano, è in corso una discussione senza fine per le modalità di registrazione. Mi sono permesso di far notare all'ufficiale accertatore quanto tempo stessimo perdendo su questi aspetti in luogo di altre realtà molto più chiare, e pur dandomi ragione sul fatto che non vi fosse evasione, ha detto che doveva comunque rilevare la formalità. Il rilievo delle formalità in campo di accertamento distoglie completamente dai rilievi delle sostanze vere e proprie. Presidente Giampaolino, non possiamo che rivolgerle un plauso e una conferma alla relazione che ha presentato oggi, anche se mi permetto riflessioni e rilevazioni sul piano concreto e quotidiano.

SETTIMO NIZZI. Grazie, presidente Giampaolino, per l'importante e dettagliata relazione che ci ha presentato. Vorrei svolgere alcune osservazioni e soprattutto porle alcune domande.
Nella sua esperienza di lavoro specifica, ha potuto constatare ciò che ricorre nelle discussioni comuni, vale a dire che in Italia non paghiamo le tasse mentre in America pagano tutto perché detraggono tutto? Vorrei chiederle se abbiamo esperienza in merito e se sappiamo se le cose stiano realmente così. Non sono ancora riuscito ad approfondire questa problematica per capire se questo modo comune di pensare o di


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discutere corrisponda al vero e se vi siano substrati reali. Pensa che con l'aumento della pressione fiscale e la stretta - necessaria, naturalmente - che è stata data nell'ultimo periodo, vi sia stato o vi sia anche un aumento dell'evasione? Disponiamo di dati che possano aiutarci a capirlo?
Inoltre, ricollegandomi all'esempio dell'America, vorrei chiederle se la Corte dei conti ritiene che l'aumento della detraibilità per tutti i cittadini, non soltanto in termini percentuali di detraibilità ma soprattutto in un allargamento della base delle detraibilità, possa dare anche un aumento nella dichiarazione dei denari spesi.
L'ultimo punto sul quale vorrei soffermarmi è stato già rilevato dal collega e concerne la questione dei contanti. È vero che c'è maggiore tracciabilità, però si è avuta anche una notevole riduzione della spesa: i cittadini tengono i soldi a casa, molti non acquistano oppure il venditore frammenta la spesa, e invece di emettere uno scontrino da 1.500 o 1.800 euro ne emette diversi d'importo inferiore. Un televisore o un frigorifero non si possono dividere, ma molte altre categorie di commercianti emettono quattro o cinque scontrini e il consumatore paga in contanti.
Avrebbe qualche consiglio da darci? La situazione non è facile, perché si riversa sulla responsabilità del legislatore, che naturalmente non elabora mai norme adeguate; così facendo non riusciamo a emanare leggi chiare e semplici che possano permettere a tutti noi di fare il nostro ruolo di cittadini e pagare le tasse dovute.

PRESIDENTE. Anch'io ringrazio il presidente Giampaolino e gli altri rappresentanti della Corte dei conti per l'importante contributo offerto. Desidero porgere anche le scuse dei colleghi senatori che non sono presenti quest'oggi perché, essendo stato avviato l'esame del decreto legge sulla spending review, sono impegnati in Commissione al Senato.
Vorrei soffermarmi sull'aspetto degli studi di settore, che è ben dettagliato nella vostra relazione. A pagina 11 si afferma che una delle carenze del sistema degli studi di settore è legata al fatto che sono gli stessi contribuenti a fornire dati ed elementi che vengono poi «addomesticati» al fine di raggiungere livelli di congruità che li portano a dichiarare un reddito a loro parere sufficiente. Nella legislazione recente si è corretto un po' il tiro, per cui se il contribuente non mette in evidenza tutti i dati contabili e strutturali reali, l'amministrazione finanziaria può azionare un accertamento induttivo puro, basato non sugli elementi di gravità, precisione e concordanza propri degli accertamenti analitici induttivi ma su un induttivo puro, raffrontandolo con altre realtà imprenditoriali. Ritenete che così facendo si possa compiere un passo in avanti oppure bisogna continuare a lavorare per rendere ulteriormente incisiva l'azione dell'amministrazione finanziaria, laddove questo fenomeno, come correttamente riscontrate, è abbastanza diffuso?
Un'altra questione riguarda un tema che sta diventando di grande attualità: l'elusione/abuso del diritto. Il tema sta occupando molto l'amministrazione finanziaria, che fa spesso ricorso a questi istituti recuperando notevoli importi. A questo proposito, ritenete che sia opportuno l'intervento del legislatore in tempi abbastanza rapidi per dare chiarezza e certezza al contribuente?
Come avete correttamente evidenziato, il principio della certezza del diritto si sta vanificando sempre più; in una materia così delicata come il diritto tributario è necessario che tutti abbiano un quadro di riferimento certo, e mi riferisco sia agli investitori esteri, che rischiano di non venire in Italia, sia agli stessi operatori italiani, che vanno all'estero perché nel nostro Paese non dispongono di tale quadro. Vorrei chiederle se ritenete opportuno un immediato intervento del legislatore, anche perché si stanno configurando situazioni abbastanza complesse sul versante penale; l'elusione non dovrebbe generare aspetti penalmente rilevanti perché, a differenza dell'evasione - la quale, individuando un precetto, comporta l'applicazione di sanzioni penali per le violazioni dello stesso - nel caso di aggiramenti o


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artifici non si viola alcuna norma espressa. Mi piacerebbe sapere cosa pensate al riguardo, perché il tema è di grande attualità ed è stato evidenziato anche da Confindustria: vi sono imprese che si vedono aggredite sul versante dell'abuso del diritto e hanno la necessità di un quadro di riferimento certo.

LUIGI GIAMPAOLINO, presidente della Corte dei conti. Mi riservo di formulare le risposte di carattere generale pregando i miei colleghi più esperti di rispondere alle questioni più particolari toccate dagli onorevoli e dal Presidente Leo.
Innanzitutto vorrei esprimere la nostra soddisfazione per gli apprezzamenti sul tono, lo stile e il contenuto del documento; è aspirazione della Corte offrire documenti specifici, nella sua funzione ausiliaria al Parlamento e nell'esercizio di una funzione magistratuale, con una posizione di terzietà, di imparzialità - per quanto è dato possibile alle umane cose - nonché della prima delle caratteristiche di un magistrato: la diligenza. Gli avvocati temono i magistrati intelligenti ma apprezzano quelli diligenti, perché se è proprio del magistrato vedere iuxta alligata et probata - ossia avere degli elementi corroborati - uno dei problemi della Corte è proprio l'acquisizione autonoma degli elementi; molti di questi, come i commissari avranno potuto vedere, sono dell'Agenzia e dell'amministrazione stessa. Collego a questa impostazione di carattere generale due problemi, di cui nei documenti vi è una labile traccia con riferimento al primo e soltanto una parte relativa al secondo. I due problemi che la Corte ha affrontato - ma che ha ritenuto di non dover esplicitare ex cathedra nella sua completezza, perché meritevoli di ulteriori approfondimenti e di un esame ex professo - sono sollevati dalla stessa Anagrafe tributaria in ordine a tutti i dati informatici e alla loro disponibilità, che il Codice digitale attribuisce all'amministrazione finanziaria. In tal modo, usufruendo dell'ampia valenza del Codice tributario, l'amministrazione può avvalersi di tutta la disponibilità dei dati che, ormai, sono in mano all'operatore pubblico in generale.
Il secondo problema è stato evocato dal presidente Leo e concerne l'abuso del diritto. Chi ha avuto esperienze magistratuali sa che si tratta di una clausola di chiusura dell'ordinamento (per certi versi come lo stato di necessità) di cui l'ordinamento non può mai prevedere tutto, e che nella sua completezza dimostra anche la sua limitazione. Un famoso saggio sull'abuso del diritto si conclude osservando che l'istituto dimostra quale labile strumento abbia in mano l'operatore giuridico - cioè la legge - perché deve trovare un modo, nell'abuso di diritto, di dover andare al di là di essa. Questo, invece, è il suo limite e la fonte del suo potere.
Il primo punto è stato fatto oggetto di un approfondimento ulteriore; per quel che riguarda il secondo, invece, può rinvenirsene una fonte nell'articolo 5 della legge delega: la necessità di regolamentazione dell'abuso di diritto, perché - per dirla in modo icastico - esso è molto vicino all'arbitrio. Pur avendo origine nella necessità di andare al di là della strumentazione strettamente legale, infatti, vi è il pericolo dell'arbitrio del giudice (nel caso del processo) e dell'operatore amministrativo (nel caso dell'amministrazione) che, slegati dal vincolo della legge, ancorché mossi da nobili ulteriori fini, possono appunto cadere nell'arbitrio. Nell'articolo 5 della legge delega vi sono gli elementi di una disciplina - dunque un approfondimento - e, se mi è consentito, in ambedue le problematiche la Corte può fornire un apporto. In quanto magistratura, infatti, la Corte deve farsi carico dei valori generali dell'ordinamento in un settore peculiare come quello dell'amministrazione (intesa sia in senso lato sia in senso particolare) perché entrambi i problemi la riguardano. Ciò va fatto affinché un'amministrazione come quella finanziaria possa andare al di là e investire tutti i dati che la pubblica amministrazione in senso generale possiede (questo è il vero problema dei dati informatici) e, nel secondo caso, affinché l'operatore e l'amministrazione finanziaria, per raggiungere i


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nobili fini di cui all'articolo 23 e 53 della Costituzione, possa andare al di là del limite della legge. Opportunamente istruendo e, se necessario, anche su richiesta, la Corte ha lo status e l'attitudine professionale a farlo, in particolare con l'attenzione all'amministrazione, che è una peculiarità della Corte come magistratura.
Queste sono le due questioni di carattere generale che mi stava a cuore sottolineare nell'ottica di esercizio e di esplicitazione della funzione della magistratura che ho l'onore di presiedere. Sugli altri singoli problemi, vale a dire il consumatore finale, il contenimento del contante, l'evasione del quotidiano - con la peculiare figura dei «peccati veniali» e dei «peccati mortali» e l'attenzione alle irregolarità formali che fanno venir meno la sostanziale evasione di grosse somme o altre elusioni - e, soprattutto, per quanto riguarda la questione sollevata dal Presidente Leo con riferimento agli studi di settore, prego i colleghi o il presidente di sezione di intervenire.

MAURIZIO MELONI, presidente di sezione della Corte dei conti. All'onorevole Nizzi, che ha chiesto se negli USA detraggono tutto, il consigliere Romano saprà rispondere meglio di me.
Personalmente vorrei aggiungere due considerazioni a coronamento di quanto ha detto il presidente Giampaolino. Quanto alle riserve sul movimento del contante, si rileva anche un forte problema generazionale: mia figlia, ad esempio, che ha 34 anni, non ne usa. Inoltre, nel nostro Paese la mentalità statunitense non esiste, ma in America si può addirittura pagare il gettone per una telefonata attraverso un marchingegno che si infila nel telefonino. In Italia il discorso è giustificato, anche se ha delle ripercussioni negative sulla piccola economia quotidiana; tuttavia, credo sia legato fondamentalmente a un cambiamento di mentalità che sarà di non poco momento.
Analogamente, per quel che concerne la questione del consumatore finale, si è giustamente detto che si potrà fare di tutto, ma il consumatore finale non sarà mai intercettato dall'Anagrafe tributaria. Questo è vero, ma se oltre all'aumento dal 36 al 55 per cento per la ristrutturazione edilizia, dal punto di vista legislativo si fosse introdotto qualcosa sulla manutenzione ordinaria dell'immobile, per esempio, forse la casalinga chiederebbe all'idraulico il documento contabile. Bisognerebbe introdurre delle misure legislative che vadano maggiormente incontro anche alla quotidianità, anche per il famoso discorso di coloro che detraggono tutto negli Stati Uniti, e di cui il consigliere Romano sa sicuramente più di me.
Alle due questioni, in particolare a quella del consumatore finale, si accompagna anche un aspetto fondamentalmente etico, perché si tratta di un'impostazione fondamentale nei rapporti interpersonali che dovrebbero essere tipici anche del cittadino. Ad ogni modo, qualche intervento legislativo che privilegi la cosiddetta «manutenzione ordinaria» (esclusa dal nostro ordinamento) potrebbe invogliare a delle misure. Lo stesso vale per i rapporti con i sanitari, in riferimento alle visite specialistiche.

MASSIMO ROMANO, consigliere della Corte dei conti. Prima di fornire qualche elemento rispetto alle questioni poste, vorrei riportare l'attenzione sul senso del documento che abbiamo elaborato: non c'è solo la repressione, ma anche degli strumenti fisiologici di accompagnamento dell'adempimento che possono aiutare il contribuente a comportarsi correttamente e che possono anche - nei limiti del possibile - sdrammatizzare e aiutare i professionisti chiamati a dialogare e a confrontarsi con il contribuente.
Con riferimento all'istituto della detrazione del 36 per cento - che proprio oggi, tra l'altro, dovrebbe essere oggetto di aumento - farò prima un esempio e poi parlerò anche del contrasto d'interesse. Dagli elementi di cui abbiamo una sia pur sommaria cognizione, con riferimento al 36 per cento pare che vi sia un elevato numero di soggetti che hanno emesso le fatture senza poi dichiarare. L'acquirente, il servizio o la prestazione ha giustamente


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detratto la spesa nell'ambito delle procedure del 36 per cento, ma dall'altra parte non vi è stata la controprestazione. In termini di imposte, si tratta di cifre che superano il miliardo. Sembra che la persona che si è data fuoco a Bologna salendo tragicamente alle cronache nazionali avesse fatto così: era un artigiano che aveva emesso le fatture ma, quando si è fatto l'incrocio, i dati non collimavano. Se si riuscissero a governare queste informazioni nella fase dell'adempimento, in modo da far capire al contribuente, attraverso uno dei tanti meccanismi che potremmo studiare - telematico, prospetto informativo, comunicativo - che la sua situazione è rilevata ai fini del suo adempimento fiscale, probabilmente il rapporto comincerebbe a recuperare tassi di maggiore compliance e forse le cose potrebbero andare meglio. Oggi disponiamo di un patrimonio informativo enorme - anche troppo esteso, forse - e usarlo solo nella logica della repressione, per eseguire i 250.000 controlli degni di tale nome che si effettuano in Italia (e non credo se ne possano fare di più) è quasi uno spreco. Dai documenti dell'OCSE di quest'anno, che sono abbastanza aggiornati e offrono ricognizioni accurate, emerge che gli altri Paesi si muovono tutti nella logica del favorire.
Nella relazione abbiamo citato l'IMU come esempio di attualità; sarebbe stato auspicabile che l'amministrazione pubblica - lo Stato e i comuni - avesse fornito al contribuente una ricognizione dei suoi possedimenti immobiliari e magari anche una piccola procedura di calcolo. Noi l'abbiamo usata, ma è quella dell'ANTEL o del Sole24Ore. Lo Stato non c'è stato nelle sue varie articolazioni benché fosse una cosa semplice da fare, tant'è che non si presentavano neanche problemi di aliquote sull'acconto IMU. Insomma, non vi è la cultura del guidare e dell'assistere il contribuente e il professionista, ma anche il tecnico - che quasi sempre è necessario - fornendo loro tutte le informazioni e i dati di cui l'amministrazione è in possesso. Secondo noi occorrerebbe un ripensamento del modello, che è troppo in chiave repressiva, nell'ottica, invece, di un accompagnamento all'adempimento.
Per quanto riguarda il contrasto d'interesse, il discorso è chiaro: il contrasto sviluppato all'ennesima potenza non serve, e per giunta produce un danno all'erario, perché in quel settore vi è una quota di oneri che per fortuna è dichiarata. Non è tutta evasione, e rendere deducibili o detraibili una generalità di spese rischia di provocare una perdita di gettito piuttosto che un suo incremento. Il legislatore ha usato - forse non sempre in modo del tutto razionale - la leva degli oneri deducibili e detraibili, in alcuni casi per giustificazioni di carattere quasi etico o comunque sociale, in altri per scelte più lobbistiche che razionali. Credo che vi sia anche una volontà di procedere a una revisione di questi meccanismi, e in quella sede si potrà trovare un punto di equilibrio tra l'esigenza di ampliare la conoscenza delle transazioni e il riconoscimento di una riduzione, nei casi in cui questa è meritevole. Occorre essere selettivi: anche sul 36 per cento, infatti, si corre il rischio di favorire l'installazione di pompe di calore e basta (che, tra l'altro, anche in termini di economia nazionale, sono quasi tutte di fabbricazione estera). Bisogna compiere delle scelte anche tenendo conto dei comportamenti dei contribuenti.
Per quanto riguarda il contante, concordo sul fatto che le soglie sull'uso del contante di per sé non hanno necessariamente un effetto positivo sul piano fiscale; tuttavia, nelle transazioni tra imprese, che costituiscono una bella parte delle transazioni finanziarie che avvengono nel nostro Paese, si potrebbe instaurare il principio che la regola è l'uso di una transazione tracciata, ragionando sulle differenze. Nel sistema insistono contraddizioni abbastanza evidenti (abbiamo il paradosso delle banconote da 500 euro) e bisognerebbe contribuire a farle emergere gradualmente, anche in una funzione pedagogica per i comportamenti collettivi.
Sul tema degli studi di settore, di cui ha parlato il Presidente Leo, il legislatore è


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sicuramente intervenuto, ma sempre nella logica delle conseguenze repressive: se il contribuente non dichiara fedelmente i dati richiesti per applicare gli studi di settore, scatta l'accertamento (che peraltro non sempre è un danno e potrebbe anche rappresentare un favore, sul piano del contenzioso). Dal 2012 abbiamo una base informativa enorme per il futuro, basti pensare agli scambi clienti-fornitori. Se attraverso il sistema di scambio clienti-fornitori si risale al dato degli acquisti - che è fondamentale, per gli studi di settore, anche più dei dati strutturali - e lo si verifica, probabilmente il livello di attendibilità di una dichiarazione basata sugli studi di settore migliora. Certamente non esistono soluzioni miracolistiche, ma solo soluzioni progressive che aspirano e spingono a essere sempre più compliant.
Con riferimento al tema dell'abuso del diritto, che non abbiamo affrontato nel nostro documento, è evidente che si ha un'esigenza di certezza e credo che la delega muova proprio dalla preoccupazione di rispondere a questa esigenza. Sicuramente si tratta di un tema molto delicato, perché il confine tra evasione ed elusione non è sempre così facilmente definibile.
Vorrei esprimere un'idea del tutto personale (che pertanto non è stata oggetto di esame) dicendo che bisognerebbe anche rivalutare gli istituti di interpello - che nel sistema attuale sono abbastanza sfilacciati - e cercare di riportarli a una logica di effettivo confronto costruttivo con un'amministrazione in grado di governare il rapporto, senza scadere nell'arbitrio e agendo da interprete evoluto delle problematiche tributarie.
Anche alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte di cassazione e dalla Corte di giustizia dell'Unione europea in materia di IVA, occorre probabilmente rispondere con delle certezze attraverso un confronto preventivo, che è stato forse un po' troppo trascurato. Gli strumenti ci sono - forse anche troppi - ma bisognerebbe riordinarli; la delega può essere l'occasione buona per rimettere un po' di ordine in questa strumentazione che negli ultimi anni non ha funzionato perfettamente.

PRESIDENTE. Concordo sul profluvio di interpelli che si annidano nel sistema tributario; razionalizzare questo importante istituto è fondamentale. Vista la delicatezza degli argomenti e l'importanza del vostro contributo - e visto che la delega farà probabilmente il suo corso dal mese di settembre in poi - propongo, dopo la pausa estiva, di creare un'occasione seminariale con il vostro intervento per acquisire dei contributi che potranno essere utili al legislatore e al governo sull'abuso del diritto e su altre questioni. Potremmo aggiornarci a settembre o a ottobre, magari per creare un'occasione seminariale nella quale coinvolgere anche il dottor Befera, il comandante Capolupo e altri soggetti.

LUIGI GIAMPAOLINO, presidente della Corte dei conti. Con molto piacere.

PRESIDENTE. Ringrazio gli auditi e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,05.

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