Organo inesistente

XVI LEGISLATURA
 

CAMERA DEI DEPUTATI


   N. 5580


CAMERA DEI DEPUTATI N. 5580
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PROPOSTA DI LEGGE
d'iniziativa del deputato BERNINI BOVICELLI
Disposizioni concernenti la natura, il rimborso delle spese elettorali e i controlli sui bilanci dei partiti politici, nonché la disciplina dell'attività dei rappresentanti di interessi particolari e il finanziamento dei partiti politici da parte dei medesimi
Presentata il 15 novembre 2012


      

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Onorevoli Colleghi! — La presente proposta di legge si prefigge di regolamentare le modalità di relazione che intercorrono tra i diversi portatori di interessi particolari e il reperimento di fonti di finanziamento dei partiti politici, che dovranno essere di natura prevalentemente privata.
      Senza voler entrare in questa sede nell'annoso dibattito sul finanziamento ai partiti politici, che tanti aspetti critici ha di recente evidenziato e ai quali non si è forse dato compiutamente risposta con la recente legge n. 96 del 2012 che pur avendo contemplato l'importante apporto di un cofinanziamento privato mantiene significative forme di finanziamento pubblico ai partiti, sganciato da un mero rimborso delle spese elettorali rigorosamente documentate, per recuperare un più solido collegamento tra società civile e sistema dei partiti si ritiene opportuno ancorare prevalentemente il sistema di finanziamento a fonti provenienti dai privati.
      Per fare questo occorre tuttavia preliminarmente disciplinare e regolamentare un'attività come quella della rappresentanza di interessi, alla quale si fa largamente ricorso non solo nelle mature democrazie dell'Europa del nord e negli Stati Uniti d'America (USA), ma anche a livello di Unione europea.
      A questo proposito, la presente proposta di legge intende dunque svolgere un ruolo fondamentale di introduzione nel nostro sistema della rappresentanza di interessi, regolamentandola, così da poter successivamente fare ricorso alla stessa con riguardo ad altri aspetti della vita istituzionale del nostro Paese; in ipotesi, nel momento della formazione degli atti normativi, al fine di aumentare il grado di democraticità e di trasparenza dei processi decisionali, così come la qualità degli stessi, grazie a un migliore e più efficace dialogo tra istituzioni e collettività.
      Il «lobbying» è lo strumento di rappresentanza politica con il quale gruppi, organizzazioni e individui, legati tra loro da interessi comuni, incidono, legittimamente, sulle istituzioni al fine di influenzarne le decisioni a proprio vantaggio. I «gruppi di pressione», così come viene definito il fenomeno in Italia, rappresentano oggi una parte fondamentale della dialettica politica: il lobbismo è infatti considerato come un aspetto indispensabile del procedimento parlamentare. Malgrado ciò, il nostro ordinamento giuridico non prevede una normativa che regolamenti la rappresentanza di interessi particolari nel Parlamento.
      Una situazione leggermente migliore è quella che riguarda l'Unione europea. Da un lato, infatti, può affermarsi che da qualche anno è stato istituito il Registro dei lobbisti e, dall'altro, occorre precisare che l'iscrizione (e la consequenziale osservanza del codice di condotta e dei requisiti, nonché le sanzioni) non è obbligatoria, per cui le adesioni al Registro non rendono l'idea della reale attività che i circa 15.000 lobbisti e le 2.500 organizzazioni esercitano tra Bruxelles e Strasburgo.
      Il fenomeno, la cui nascita si attribuisce generalmente al Parlamento britannico ma la cui regolamentazione è invece ricondotta agli USA, è stato affrontato in modo eterogeneo nei Paesi europei ed extraeuropei: in alcuni Stati l'attività lobbistica è stata oggetto di una regolamentazione specifica che prevede obblighi e diritti per chi esercita il lobbismo: è il caso di Canada, USA, Israele, Germania, Svizzera e Austria. In altri Stati prevalgono, invece, procedimenti consuetudinari e i relativi codici di condotta e di deontologia professionale: è il caso di Francia e Gran Bretagna. In altri Paesi ancora, ed è questo il caso dell'Italia, manca ogni forma di normazione.
      Allo stato attuale, l'Italia non dispone ancora di una legislazione nazionale che riconosca e regoli l'attività di lobbying. Il perché il nostro Paese non sia ancora «evoluto», da questo punto di vista, al pari di nazioni quali USA, Belgio e Regno Unito, rimane una domanda cui è impossibile dare una risposta certa.
      La necessità di una legge ha generato un dibattito, soprattutto con il passaggio a un sistema elettorale maggioritario, su una tematica che viene percepita come nuova (le lobby). Di fatto, l'esistenza di gruppi di pressione che, dall'esterno, sollecitano interventi del legislatore, a favore o contro determinati provvedimenti, non rappresenta una novità, al pari, e lo si può affermare senza timori di smentita, dell'intreccio tra partiti politici, gruppi di interessi e burocrazia.
      Le risposte degli ordinamenti nazionali alla richiesta di una regolamentazione dell'attività di lobbying sono molteplici: vi sono appositi provvedimenti che sanciscono le regole della professione; in altri casi, invece, i tentativi di pressione sono regolati secondo procedure consuetudinarie e codici deontologici. Il caso dell'Italia costituisce una terza modalità di risposta, data dall'assenza di una normativa vera e propria. L'elemento di discriminazione è dato così dalle finalità del legislatore, il quale può scegliere se privilegiare la trasparenza o la partecipazione.
      In Italia, nonostante la riapertura del dibattito, non si è mai dedicata grande attenzione a tale tematica e le motivazioni sono le seguenti: a) il ruolo monopolistico dei partiti politici che costituiscono gli unici intermediari tra la società e lo Stato; b) la composizione del tessuto economico-sociale, costituito da piccole e medie imprese; c) il basso livello di cittadinanza attiva; d) il mito dell'interesse pubblico di derivazione francese (specialmente nell'azione amministrativa), che solo negli ultimi venti anni sembra in via di superamento.
      Nella prospettiva di una regolamentazione della materia, attualmente in Italia l'unico limite è dato esclusivamente dal rispetto dei valori fondamentali della Costituzione e questa lacuna normativa ha portato molto spesso ad eccessi e al superamento di limiti che si sono rilevati poi lontani dagli scopi di ricerca e di informazione, a causa della complessità della vita sociale e delle decisioni a livello istituzionale, oltretutto connotando spesso l'attività di lobbying in senso negativo.
      L'attività di lobbying trova infatti non solo sicuro fondamento costituzionale nell'articolo 18 della Costituzione ma proprio da tale articolo si desume un certo favore per la regolamentazione e soprattutto per l'emersione di tale attività.
      Com’è noto, il Costituente non ha voluto porre alcun limite in positivo in ordine alle finalità che possono essere perseguite nella forma associata: non sono dunque indicati in positivo per quali finalità, considerate costituzionalmente meritevoli di salvaguardia, ci si può associare, ma, in negativo, sono indicate semplicemente le finalità che non possono essere perseguite nella forma associata.
      La regola è pertanto la possibilità di perseguire le più disparate finalità in forma associata, l'eccezione, per casi tassativamente enucleati, è il divieto di perseguire determinate finalità nella forma associata.
      A parte il limite di ordine generale, di cui al primo comma dell'articolo 18 della Costituzione, di carattere quasi intuitivo, secondo il quale non si può perseguire in forma associata fini che siano vietati al singolo dalla legge penale, si evidenzia che negli altri due limiti espliciti alla libertà di associazione è stretto il collegamento tra finalità perseguita e conformazione o struttura dell'associazione. Se questo dato è evidente per il divieto di associazioni che hanno una struttura militare o paramilitare e perseguono fini politici, laddove, con tutta evidenza, il carattere militare o le finalità politiche singolarmente prese in considerazione non sono vietate ma, anzi, la finalità politica perseguita in forma associata è a tal punto garantita che nell'articolo 49 della Costituzione si offre esplicita salvaguardia costituzionale ai partiti politici, lo stesso dicasi per il limite delle associazioni segrete.
      Com’è noto, secondo l'articolo 1 della legge 25 gennaio 1982, n. 17, di attuazione dell'articolo 18 della Costituzione, è precisato che «si considerano associazioni segrete, come tali vietate dall'articolo 18 della Costituzione, quelle che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto od in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo, di enti pubblici anche economici, nonché di servizi pubblici essenziali di interesse nazionale».
      Ne deriva, da un lato, che non è la segretezza in quanto tale che è vietata, ma la segretezza affiancata dall'enunciata finalità e, dall'altro lato, che la menzionata attività, tesa ad interferire o, meglio, a influire sul funzionamento dei pubblici poteri, di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche eccetera è assolutamente lecita purché svolta non segretamente, ovvero alla luce del sole.
      Non solo si desumono, dunque, da tale articolo un fondamento e una copertura costituzionali per l'attività di rappresentanza di interessi, ma addirittura una spinta costituzionale verso l'emersione e la regolamentazione della medesima attività, che non può svolgersi in maniera segreta.
      In Italia, dal 1948 al 2006, sono stati presentati venticinque progetti di legge volti a riconoscere e a disciplinare il fenomeno lobbistico, ma nessuno è mai stato discusso in Aula: c’è sempre stata, infatti, una sorta di ritrosia da parte del legislatore a causa, probabilmente, del forte ruolo esercitato dai partiti politici nel rapporto tra Stato e società. In questo contesto due sono state le modalità inerenti la regolamentazione del rapporto tra gruppi di pressione e decisore pubblico:

          1) regolamentazione – trasparenza: che palesa al cittadino i vari fattori che

hanno portato a una determinata decisione pubblica;

          2) regolamentazione – partecipazione: che oltre a rendere trasparente il processo decisionale ne consente la partecipazione dei rappresentanti di interessi particolari.

      Ben sei sono stati i progetti di legge presentati soltanto nella XV legislatura: il disegno di legge atto Senato n. 1866 è quello a cui, generalmente, si presta maggiore attenzione, non soltanto perché è stato giudicato, nel complesso, positivamente dalle stesse associazioni di lobbisti, ma soprattutto perché è il primo disegno di legge ad essere stato presentato da un Ministro di un Governo in carica, segno questo che è stato considerato come il riconoscimento istituzionale di un fenomeno che per molto tempo si è voluto che passasse quasi inosservato. Nell'attuale legislatura sono stati presentati diversi progetti di legge.
      Questa proposta di legge coglie l'occasione di prevedere un cambio di rotta nell'individuazione delle forme di finanziamento dei partiti politici, disciplinando nel contempo lo stesso fenomeno della rappresentanza di interessi.
      Nel dettaglio, l'articolo 1 chiarisce la natura del partito politico come associazione di fatto, mentre l'articolo 2 stabilisce che la principale fonte di finanziamento dei partiti politici è costituita da finanziamenti provenienti da privati. L'articolo 3 riconosce, infine, una funzione costituzionalmente rilevante svolta dai partiti politici.
      Gli articoli 4 e 5 disciplinano le forme di finanziamento consistenti nel rimborso delle spese elettorali, sia per quanto concerne le campagne elettorali, che per quanto concerne quelle referendarie.
      L'articolo 6 contempla un obbligo di certificazione dei bilanci per i partiti politici, mentre l'articolo 7 contempla le sanzioni in caso di inosservanza dello stesso obbligo.
      Il capo II è dedicato alla rappresentanza di interessi, prevedendo all'articolo 8 la possibilità di tali rappresentanti di concorrere al finanziamento privato dei partiti politici. L'articolo 9 reca le definizioni.
      L'articolo 10 individua i requisiti per l'esercizio dell'attività di rappresentanza di interessi, mentre l'articolo 11 stabilisce l'obbligo di iscrizione nel registro pubblico dei rappresentanti di interessi e l'articolo 12 istituisce e fissa i requisiti per l'iscrizione nel registro.
      Per finire, l'articolo 13 stabilisce gli obblighi degli iscritti nel registro e l'articolo 14 fissa pesanti sanzioni qualora l'attività di rappresentanza di interessi si svolga al di fuori delle disposizioni della legge.

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PROPOSTA DI LEGGE
Capo I
NATURA DEI PARTITI POLITICI, FINANZIAMENTI E RIMBORSI ELETTORALI
Art. 1.
(Natura giuridica dei partiti politici).

      1. I partiti politici sono associazioni di fatto, disciplinate dalle norme del codice civile, fatto salvo quanto disposto dalla presente legge.

Art. 2.
(Finanziamento privato ai partiti politici).

      1. La principale fonte di finanziamento dei partiti politici è costituita da finanziamenti provenienti da privati, in forma singola o associata, e da persone fisiche o giuridiche, certificati e resi pubblici secondo le modalità disciplinate dalla presente legge.
      2. Possono concorrere al finanziamento dei partiti politici anche i rappresentanti di interessi particolari, iscritti nel registro di cui all'articolo 11, che hanno sottoscritto il codice deontologico dei rappresentanti di interessi particolari di cui all'articolo 12.
      3. I finanziamenti dei privati e dei rappresentanti di interessi ai partiti politici sono detratti per il 50 per cento del loro ammontare dall'imponibile ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) dei medesimi soggetti finanziatori.

Art. 3.
(Funzione costituzionalmente rilevante dei partiti politici).

      1. I partiti politici svolgono la funzione di cui all'articolo 49 della Costituzione consentendo ai cittadini di concorrere, con

metodo democratico, a determinare la politica nazionale.
Art. 4.
(Rimborsi per le spese elettorali sostenute dai partiti politici).

      1. Ai partiti politici è riconosciuto il diritto ai rimborsi per le spese elettorali sostenute certificate e documentate, a condizione che ciascun partito abbia ottenuto almeno un candidato eletto nella specifica competizione elettorale.
      2. In particolare, ai partiti politici è riconosciuto un rimborso parametrato alle spese sostenute per le campagne elettorali per le elezioni, anche suppletive, del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, dei consigli regionali e dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano.
      3. A seguito di certificazione, accompagnata da adeguata documentazione trasmessa entro trenta giorni dalla verifica dei poteri al Ministro dell'economia e delle finanze, sono liquidati ai partiti politici, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, entro trenta giorni dall'avvenuta certificazione del bilancio e del rendiconto del partito politico effettuata da una società di certificazione, i rimborsi delle spese elettorali che risultano debitamente certificate e documentate.
      4. Il rendiconto delle spese per le campagne elettorali per le quali i partiti politici chiedono il rimborso è pubblicato nel sito internet del Ministero dell'economia e delle finanze.
      5. È fissato un limite massimo alle spese per campagne elettorali rimborsabili ai partiti politici, pari a 0,50 euro per ogni voto validamente espresso in favore del partito politico a condizione che il partito abbia ottenuto almeno un candidato eletto nella specifica competizione elettorale.
      6. Le somme erogate ai partiti politici ai sensi del presente articolo e i relativi crediti, finalizzati esclusivamente a rimborsare le spese per campagne elettorali

sostenute, non possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e non sono cedibili a terzi.
Art. 5.
(Rimborsi per le spese relative a campagne referendarie).

      1. Ai promotori di referendum ai sensi degli articoli 75 e 138 della Costituzione, con specifico riferimento alle spese sostenute per la promozione del referendum, è riconosciuto il diritto al rimborso ai sensi dell'articolo 4 della presente legge.
      2. Il rimborso di cui al comma 1 è corrisposto ai comitati promotori delle consultazioni referendarie, nella misura massima di 0,50 euro per ogni firma valida raccolta, solo quando la consultazione raggiunga il quorum di partecipanti al voto, ove previsto per la sua validità, limitatamente alle spese certificate e documentate, a seguito di domanda presentata dai medesimi comitati al Ministro dell'economia e delle finanze entro trenta giorni dalle consultazioni referendarie, con decreto dello stesso Ministro emanato entro i successivi trenta giorni.
      3. Il rendiconto delle spese per le quali i comitati promotori di consultazioni referendarie chiedono il rimborso è pubblicato nel sito internet istituzionale del Ministero dell'economia e delle finanze.

Art. 6.
(Certificazione dei bilanci dei partiti politici).

      1. Entro il 30 giugno di ogni anno i partiti politici presentano il bilancio annuale e il rendiconto delle spese elettorali sostenute a una società di revisione.
      2. Qualora la revisione del bilancio annuale dei rendiconti delle spese elettorali effettuate ai sensi del comma 1 dia esito positivo, i documenti sono trasmessi al Ministro dell'economia e delle finanze, che provvede a liquidare i relativi rimborsi entro trenta giorni dall'avvenuta certificazione. Il bilancio annuale è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale entro un mese dalla data della sua trasmissione.


      3. Qualora la revisione effettuata ai sensi del comma 1 dia esito negativo il Ministro dell'economia e delle finanze dispone con proprio decreto, entro trenta giorni dalla comunicazione di tale esito che è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, la sospensione dei finanziamenti, rimborsi, agevolazioni ed esenzioni nonché di qualsiasi altro tipo di provvidenza pubblica. La sospensione cessa all'atto del versamento da parte del partito politico delle somme indebitamente percepite.
Art. 7.
(Sanzioni per irregolare tenuta delle scritture contabili e per illeciti accertati).

      1. L'irregolare tenuta delle scritture contabili, la mancata certificazione delle stesse o la mancata sottoposizione del bilancio annuale alla società di revisione comporta l'esclusione del partito politico dal diritto al rimborso per le spese elettorali per l'intera durata della legislatura in corso e l'obbligo di restituire le somme già ottenute. I relativi provvedimenti sono assunti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
      2. Qualora sia accertata la commissione di illeciti, con sentenza di condanna passata in giudicato, in ragione dell'irregolare tenuta delle scritture contabili, il partito politico è escluso da ogni forma di finanziamento pubblico o di rimborso elettorale.
      3. Qualora un partito politico sia sciolto e non confluisca in altra formazione politica, esso ha l'obbligo di restituire le somme ottenute a titolo di rimborso per la spesa elettorale ancora nella sua disponibilità.

Capo II
RAPPRESENTANZA DI INTERESSI
Art. 8.
(Rappresentanza di interessi particolari e finanziamenti ai partiti politici).

      1. L'attività di rappresentanza di interessi particolari esercitata nei confronti

dei membri del Parlamento, del Governo, delle autorità di settore e degli enti pubblici consiste nella rappresentazione ai decisori pubblici degli interessi particolari e si informa ai princìpi di pubblicità, di partecipazione e di trasparenza.
      2. È garantita la conoscibilità dell'attività dei soggetti che esercitano l'attività di rappresentanza di interessi particolari di cui al comma 1 ed è assicurata un'ampia base informativa sulla quale i decisori pubblici possono fondare le proprie decisioni.
      3. I rappresentanti di interessi particolari possono concorrere al finanziamento dei partiti politici in conformità a quanto disposto dal presente capo.
Art. 9.
(Definizioni).

      1. Ai fini della presente legge si applicano le seguenti definizioni:

          a) rappresentanti di interessi particolari: i soggetti che rappresentano, presso i soggetti indicati alla lettera c), direttamente o indirettamente su incarico dei soggetti indicati alla lettera b), interessi leciti di rilevanza non generale, anche di natura non economica, al fine di incidere su processi decisionali pubblici in atto, ovvero di avviare nuovi processi decisionali pubblici. Nella definizione sono compresi i soggetti che svolgono, anche nell'ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro, ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l'attività di rappresentanza di interessi particolari, per conto dell'organizzazione di appartenenza, l'attività di rappresentanza di interessi particolari;

          b) portatori di interessi particolari: i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interessi particolari avente ad oggetto lo svolgimento dell'attività di cui alla lettera e), nonché i committenti che conferiscono ai rappresentanti di interessi particolari uno o più incarichi professionali

aventi ad oggetto lo svolgimento dell'attività di cui alla medesima lettera e);

          c) decisori pubblici: i membri del Parlamento, il Presidente del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato, i vertici degli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei Vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato, i titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e i vertici delle autorità di settore nell'esercizio dell'attività di regolazione;

          d) processi decisionali pubblici: i procedimenti di formazione degli atti normativi e degli atti amministrativi generali;

          e) attività di rappresentanza di interessi particolari: ogni attività, non sollecitata da decisori pubblici, svolta dai rappresentanti di interessi particolari, attraverso proposte, richieste, suggerimenti, studi, ricerche, analisi e qualsiasi altra iniziativa o comunicazione orale e scritta, anche trasmessa per via telematica, intesa a perseguire interessi leciti di rilevanza non generale nei confronti dei decisori pubblici.

Art. 10.
(Requisiti per l'esercizio dell'attività di rappresentanza di interessi particolari).

      1. Possono esercitare l'attività di rappresentanza di interessi particolari i seguenti soggetti:

          a) i liberi professionisti e i consulenti che hanno svolto, nei tre anni precedenti all'iscrizione nel registro di cui all'articolo 11, attività di rappresentanza di interessi pubblici per conto di società, aziende, movimenti di difesa civica o associazioni che svolgono attività di rappresentanza di interessi;

          b) i dipendenti di società nella cui ragione sociale è espressamente indicata

l'attività di rappresentanza di interessi particolari;

          c) i dipendenti con deleghe specifiche di società nazionali o multinazionali, di associazioni, anche di ordini professionali, di movimenti civici o associativi in favore dei consumatori e di organizzazioni non governative.

      2. Sono esclusi dall'esercizio dell'attività di rappresentanza di interessi particolari coloro che risultano eletti ai diversi livelli istituzionali, i dipendenti della Presidenza del Consiglio dei ministri, i dipendenti dei Ministeri, i dipendenti delle autorità di settore e degli enti pubblici, nonché i giornalisti che svolgono attività presso il Parlamento e che hanno accesso ai relativi uffici.

Art. 11.
(Registro pubblico dei rappresentanti di interessi particolari).

      1. Coloro che intendono esercitare l'attività di rappresentanza di interessi particolari presso i decisori pubblici hanno l'obbligo di iscriversi nel registro pubblico dei rappresentanti di interessi particolari, di seguito denominato «registro», istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), che ne garantisce, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, la pubblicità dei contenuti nell'ambito di una sezione dedicata e accessibile del proprio sito internet istituzionale, attraverso la pubblicazione e l'aggiornamento periodico dei dati comunicati dai rappresentanti di interessi particolari.
      2. Nel registro, articolato in sezioni distinte per categorie omogenee di interessi, sono indicati i seguenti dati, aggiornati periodicamente su richiesta dei rappresentanti di interessi particolari:

          a) il nome e il cognome e il domicilio professionale del rappresentante di interessi particolari;

          b) i dati identificativi del portatore di interessi particolari nell'interesse del quale

è svolta l'attività di rappresentanza di interessi particolari;

          c) l'interesse particolare che si intende rappresentare, nonché i potenziali destinatari dell'attività di rappresentanza di interessi particolari;

          d) le risorse economiche e umane di cui dispone il rappresentante di interessi particolari per lo svolgimento dell'attività di rappresentanza di interessi particolari.

Art. 12.
(Requisiti di iscrizione nel registro).

      1. Ai fini dell'iscrizione nel registro, il rappresentante di interessi particolari:

          a) deve aver compiuto la maggiore età;

          b) non deve aver riportato condanne penali passate in giudicato con sentenza definitiva per reati non colposi;

          c) non deve essere stato dichiarato fallito, salvo che sia stato riabilitato;

          d) deve appartenere a una delle categorie indicate nel presente capo.

      2. L'iscrizione nel registro è subordinata all'impegno scritto del rappresentante di interessi particolari a rispettare il codice deontologico adottato dal CNEL entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, previa consultazione delle organizzazioni rappresentative del settore che ne facciano tempestiva richiesta. Il codice di deontologia è pubblicato sul sito internet istituzionale del CNEL nell'ambito della sezione dedicata al registro.

Art. 13.
(Obblighi degli iscritti nel registro e attività di verifica).

      1. A decorrere dall'anno successivo a quello dell'iscrizione nel registro, entro il termine del 28 febbraio di ogni anno, il rappresentante di interessi particolari

trasmette al CNEL, sotto la propria responsabilità, in via telematica, una relazione sulle tematiche principali affrontate nel corso dell'anno precedente, allegando alla stessa la nota documentata dalle spese sostenute per lo svolgimento dell'attività di rappresentante di interessi particolari.
      2. In un'apposita sezione della relazione di cui al comma 1 sono indicate dettagliatamente le somme eventualmente elargite ai partiti politici a titolo di finanziamento privato agli stessi.
      3. Il CNEL trasmette la relazione di cui al comma 1 al Ministero dell'economia e delle finanze, affinché operi un controllo incrociato sui bilanci annuali e sui rendiconti dei partiti politici, prima di conferire loro il rimborso per le spese elettorali, di cui al capo I, ai fini della verifica della veridicità dei medesimi bilanci e rendiconti dei partiti politici e della relazione di cui al citato comma 1.
      4. Qualora sia accertata una discordanza tra i bilanci annuali e i rendiconti dei partiti politici e la relazione di cui al comma 1, se la dichiarazione mendace, ad esclusione di un errore materiale emendabile, è contenuta nei bilanci o nei rendiconti dei partiti politici, sono disposti, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, l'immediata revoca dei rimborsi ottenuti per le spese elettorali e l'obbligo di loro restituzione, nonché l'esclusione da ogni altro futuro rimborso per spese elettorali.
      5. Qualora la dichiarazione mendace, ad esclusione di un mero errore materiale emendabile, sia contenuta nella relazione di cui al comma 1, il CNEL, con provvedimento motivato e in contraddittorio con il soggetto interessato, dispone la radiazione dal registro del soggetto e l'interdizione per dieci anni dall'esercizio dell'attività di rappresentanza di interessi particolari e irroga la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'articolo 14, comma 2.
      6. Le attività di verifica dei dati e delle informazioni contenuti nella relazione di cui al comma 1 sono effettuate dal CNEL.
Art. 14.
(Sanzioni).

      1. Salvo che il fatto costituisca reato, il rappresentante di interessi particolari che svolge nei confronti di decisori pubblici l'attività di cui al presente capo in assenza di iscrizione nel registro è punito con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 100.000.
      2. La falsità delle informazioni fornite all'atto di iscrizione nel registro o nei successivi aggiornamenti, la violazione degli obblighi previsti dal codice deontologico di cui all'articolo 12, il mancato deposito della relazione di cui all'articolo 13, o la non completezza delle informazioni ivi contenute, sono puniti con la censura, con la sospensione o, nei casi di particolare gravità, con la cancellazione dal registro e con una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 30.000. Nell'ipotesi prevista dall'articolo 13, comma 5, si applicano le sanzioni ivi previste.
      3. Le sanzioni di cui ai commi 1 e 2 sono irrogate dal CNEL con provvedimento motivato.
      4. Il rappresentante di interessi particolari cancellato dal registro non può chiedere una nuova iscrizione prima di cinque anni dalla cancellazione.
      5. Le controversie relative all'applicazione del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.