XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 14 giugno 2010

TESTO AGGIORNATO AL 15 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
con decisione del Consiglio dell'Unione europea del 20 febbraio 2006, sono stati definiti gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale, per il periodo 2007-2013, da cui sono emersi alcuni obiettivi principali sui quali vi è stata ampia convergenza: il mercato e le politiche di sviluppo rurale devono tendere ad uno sviluppo sostenibile, mostrando particolare riguardo alla promozione di prodotti sani e di qualità elevata, di metodi produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale, incluse la produzione biologica, le materie prime rinnovabili e la tutela della biodiversità;
da questo punto di vista l'azione della politica agricola comunitaria si concentra su determinati aspetti: competitività, ricerca e innovazione del settore agricolo e forestale; miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; qualità della vita nelle zone rurali;
queste ultime, infatti, secondo una definizione dell'Ocse, costituiscono il 92 per cento del territorio dell'Unione europea, laddove il 19 per cento della popolazione vive in zone prevalentemente rurali e il 37 per cento in zone significativamente rurali; queste zone producono un valore aggiunto lordo pari al 45 per cento dell'Unione europea e garantiscono il 53 per cento dei posti di lavoro, ma risultano essere in ritardo per quanto riguarda tutta una serie di indicatori socioeconomici, rispetto alle altre zone non rurali; ne consegue che il reddito pro capite è di circa un terzo più basso nelle zone rurali;
inoltre, l'allargamento dell'Unione europea ha, in un certo modo, modificato la situazione dell'agricoltura europea, dal momento che nei vecchi Paesi membri rappresenta il 2 per cento del prodotto interno lordo, nei nuovi Paesi il 3 per cento, con picchi di oltre il 10 per cento in Paesi quali Romania e Bulgaria; anche il livello di occupazione nel settore agricolo segue un andamento simile, per cui nei nuovi Paesi è pari al 12 per cento, al 4 per cento in quelli vecchi e molto più elevato risulta essere in Romania e Bulgaria;
sebbene queste siano le intenzioni dell'Unione europea, ormai da alcuni anni il settore agricolo è al centro di continue difficoltà, rappresentate dapprima, tra la fine del 2006 e l'inizio del 2008, dalla bolla dei prezzi delle materie prime e delle commodity agricole (in particolare cereali) e, successivamente, proprio mentre la bolla si andava sgonfiando e i prezzi agricoli erano in forte discesa, si sono verificati gli effetti della crisi economica, con una contrazione del prodotto interno lordo, che nel 2009 è stata pari al -0,8 per cento a livello mondiale e al -4,8 per cento in Italia; e, benché tutti gli indicatori congiunturali indichino che il punto più basso del ciclo economico è stato toccato nel maggio del 2009, le conseguenze in termini reali sono tuttora evidenti e il peggio in termini occupazionali, con l'ulteriore riduzione dei redditi e dei consumi che ne deriva, si sta manifestando proprio nel corso del 2010;
nel corso della crisi dell'economia mondiale l'attenzione si è concentrata, soprattutto, sui settori dell'industria e dei servizi, sia per l'entità della contrazione della produzione del comparto manifatturiero (con una perdita cumulata del -16,8 per cento nei cinque trimestri della crisi), sia per il peso preponderante dei servizi nell'economia nazionale; invece, scarsa attenzione è stata dedicata all'impatto della crisi economica sul settore agricolo, in considerazione del fatto che l'agricoltura è stata tradizionalmente considerata come un settore anticiclico, ossia un settore che per le sue caratteristiche sarebbe in grado di assorbire e attutire gli shock macroeconomici, sia in un senso che nell'altro, e che, dunque, finirebbe con l'andare in

controtendenza rispetto al ciclo economico generale: crescendo di meno quando l'economia tira e soffrendo di meno nelle fasi di recessione;
se è vero che l'agricoltura ha resistito meglio di altri settori, in forza di una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle risorse, a partire dal lavoro, ed in virtù di un sistema di solidarietà familiare che ha contribuito a limitare le difficoltà di ricorso al credito, ciò non vale per i prezzi, che mostrano una variabilità molto più accentuata rispetto ad altri settori;
l'impatto della crisi sull'agricoltura è aggravato dal fatto che essa si inserisce in un quadro già difficile caratterizzato da prezzi fortemente calanti e da problemi specifici di alcune filiere (ad esempio, latte e zootecnia); inoltre, gli effetti negativi si fanno sentire maggiormente sulle aziende strutturate di medie e grandi dimensioni, che producono merci indifferenziate (commodity); soprattutto, la crisi mette in evidenza i mali antichi del settore agroalimentare; in particolare la presenza di una struttura di mercato largamente imperfetta lungo tutta la filiera;
nei cinque trimestri di recessione, la perdita cumulata dell'output agricolo è stata del -3 per cento, la perdita in termini di numero di imprese attive del settore agricolo è stata pari al -1,8 per cento; infine, nello stesso periodo, caratterizzato da perdita di occupazione in tutti i settori, si registra che la caduta dell'occupazione agricola rallenta (il tasso medio annuo passa dal -1,3 per cento, nel periodo che va dal primo trimestre 2000 al primo trimestre 2008, al -0,6 per cento del periodo della crisi); viceversa, la perdita di occupazione nell'industria si approfondisce drammaticamente, nonostante l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali (con un tasso medio annuo che passa dallo 0,7 per cento del periodo precedente alla crisi al -2,7 per cento durante i trimestri di recessione), mentre l'occupazione nei servizi diminuisce sensibilmente (dall'1,8 per cento del periodo pre-crisi al -0,6 per cento della crisi), ma con un certo ritardo, grazie alla maggior tenuta del lavoro nei servizi pubblici; la ragione principale di questa tenuta del settore agricolo dell'occupazione risiede nel tessuto di piccole imprese a conduzione familiare, che rende meno facile l'espulsione di manodopera, come sopra accennato;
nei primi sei mesi del 2009 le esportazioni diminuiscono del 24,2 per cento, con un leggero recupero del saldo negativo commerciale; il dato è leggermente migliore per i prodotti dell'agricoltura e dell'industria alimentare; Cina, India e Brasile determinano un aumento della domanda mondiale di beni di consumo, sostituendo, in parte, nel medio periodo la minore domanda dei Paesi sviluppati maggiormente colpiti dalla crisi; questo comporta una diversa composizione della domanda, con un aumento della domanda di beni primari a scapito di prodotti di alta gamma e di lusso; il made in Italy alimentare si colloca a metà strada tra questi estremi e non a caso soffre nei segmenti di qualità, le dop e le igp e nei tradizionali mercati di sbocco;
il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) sta creando forti preoccupazioni tra gli operatori del settore,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per liberare l'agricoltura italiana, a partire da quella del Mezzogiorno, da ogni influenza mafiosa e malavitosa, anche costituendo un osservatorio permanente formato con risorse tratte dalle forze di polizia, militari e della giustizia, nonché dagli operatori pubblici e privati del mondo agricolo e dalla società civile, promuovendo contestualmente accordi con le regioni e gli enti locali affinché, secondo le loro competenze, siano coinvolti nell'adozione di un pacchetto di misure a sostegno del settore agricolo fortemente colpito dalla crisi economica;

ad intervenire per contrastare le evidenti anomalie presenti sul mercato alimentare che la crisi rischia di amplificare;
ad attuare politiche atte a limitare la forte volatilità dei prezzi provocata dalle speculazioni di mercato e dal calo dei consumi;
a predisporre le premesse indispensabili perché le imprese agricole possano rilanciare la loro attività produttiva e favorire una nuova occupazione, in modo da essere realmente competitive a livello internazionale;
a sostenere il vero made in Italy attraverso la creazione di una vera e propria filiera agricola tutta italiana, con l'obiettivo di combattere le inefficienze e le speculazioni, di assicurare acquisti convenienti alle famiglie e di sostenere il reddito degli agricoltori;
a mettere in pratica tutte le iniziative necessarie a rendere maggiormente efficiente l'attuale sistema di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
ad assumere iniziative finalizzate a prorogare la fiscalizzazione degli oneri sociali per aziende operanti in territori svantaggiati;
ad adottare rapidamente quegli aiuti di Stato autorizzati dall'Unione europea per il sostegno delle imprese agricole in difficoltà a causa della crisi economica;
a convocare una conferenza nazionale dell'agricoltura ispirata al principio della massima partecipazione sociale e politica;
ad intraprendere ulteriori iniziative a sostegno delle categorie penalizzate dall'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo).
(1-00388) «Mosella, Calgaro, Vernetti, Calearo Ciman, Brugger».

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria congiunturale che ha colpito numerosi Paesi, tra cui l'Italia, insieme alla contrazione del sostegno comunitario all'agricoltura ha indubbiamente avuto effetti negativi sul settore primario italiano;
da alcuni anni si assiste ad un calo costante dei redditi agricoli, a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i costi di produzione, dovuto ad una flessione dei prezzi alla produzione del 12 per cento e ad una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2 per cento;
relativamente al credito in agricoltura si è constatato che l'effetto della crisi ha determinato un progressivo incremento del volume degli oneri finanziari per le aziende agricole, a seguito di un innalzamento del costo medio del finanziamento esterno, e che le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti;
nonostante la crisi, l'Italia ha una quota di export agroalimentare a livello mondiale (5 per cento) in linea con quella di importanti Paesi, come Cina, Spagna e Canada, e superiore ad altri Paesi di rilievo, come Argentina e Australia;
nel mercato internazionale il disavanzo strutturale della bilancia commerciale dell'agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni, passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 miliardi di euro del 2009. Tale riduzione è stata raggiunta, soprattutto, grazie ai prodotti del made in Italy, che non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro, ma che, con un livello delle esportazioni che nel 2009 è stato di 15,5 miliardi di euro, nel corso del quinquennio hanno visto crescere il saldo del 54 per cento;
il Governo, consapevole dell'importanza del made in Italy agroalimentare, ha adottato incisive misure in materia di

contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici, rafforzando anche i controlli nel settore;
appare ormai improrogabile costruire un dialogo forte e articolato con le regioni, anche al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari, come pure occorre assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale, anche attraverso la riapertura della delega in materia di modernizzazione del settore e di definizione del codice agricolo;
appare necessario «sburocratizzare» il settore agricolo e rafforzare la rete di servizi a favore delle imprese agricole;
il Governo, seppure costretto a causa della crisi economica e finanziaria a veicolare gli interventi normativi secondo logiche di razionalizzazione delle risorse e di riduzione degli sprechi, è intervenuto con forza per contrastare la crisi nel settore agricolo;
con la legge finanziaria per il 2010 sono stati stanziati complessivamente, per il solo triennio 2010-2012, circa 1 miliardo e 115 milioni di euro per le finalità dei settori agricoli ed agroalimentari;
tra gli interventi non bisogna dimenticare la proroga delle agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate (cosiddette ex Scau), che, tuttavia, appare necessario rinnovare quanto prima, essendo prossima la scadenza di tali agevolazioni;
la legge finanziaria per il 2010 ha anche previsto la destinazione da parte del Cipe di 100 milioni di euro per le esigenze del settore agricolo, proprio al fine di prevedere misure anticrisi nel settore agroalimentare italiano;
il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi attuato con la legge finanziaria per il 2010 è risultato sufficiente sia a coprire i fabbisogni del 2009, sia a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012, essendo stati stanziati 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012. A questi si aggiungono in tabella D della legge finanziaria per il 2010 ulteriori 51,9 milioni di euro per il 2010, 16,7 milioni di euro per il 2011 e 16,7 milioni di euro per il 2010, attinti dal fondo di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, oltre a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto scudo fiscale;
nel «decreto-legge milleproroghe» è stato possibile inserire, grazie all'apporto del Governo, il consolidamento delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (appc) per tutto il 2010;
anche nell'ultimo provvedimento di natura economica del Governo, il «decreto-legge incentivi», sono state stanziate risorse a favore dell'agricoltura, in particolare introducendo incentivi per l'acquisto di nuovi macchinari agricoli;
nella legge comunitaria 2009, approvata definitivamente meno di un mese fa, sono contenute numerose norme per rendere l'agricoltura italiana più competitiva, per aumentare il reddito nel settore primario e per rendere la burocrazia meno oppressiva. Tra gli interventi si ricordano: l'articolo 17 della legge, che consente l'assoggettamento alla dichiarazione di inizio attività per gli impianti per la produzione di energia elettrica con capacità di generazione non superiore ad un megawatt elettrico; la revisione degli incentivi per la produzione di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da biomasse e biogas, al fine di promuovere la realizzazione e l'utilizzazione di impianti in asservimento delle attività agricole; la definizione di alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni

vinicole quale bioliquido per scopi energetici. Sempre la legge comunitaria 2009 ha introdotto l'esclusione dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 194 del 2008 sui controlli sanitari ufficiali di tutte le attività dell'imprenditore agricolo comprese nell'articolo 2135 del codice civile, incluse quelle connesse. Ciò ha consentito di escludere dal pagamento del ticket per i controlli sanitari la produzione aziendale di vino, formaggi, olio, salumi ed altro da parte degli imprenditori agricoli;
nel settore bieticolo-saccarifero il Governo ha dimostrato attenzione alle necessità del comparto e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dottor Giancarlo Galan, ha confermato l'impegno a stanziare gli aiuti nazionali autorizzati dalle normative comunitarie per i complessivi 86 milioni di euro relativi agli anni 2009 e 2010, trovando la necessaria copertura finanziaria;
nel settore vitivinicolo, il Governo ha adottato il decreto legislativo «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini», volto a mettere ordine in uno dei settori più prestigiosi e importanti dell'agroalimentare italiano ed incardinato sulla tutela e sulla valorizzazione della qualità di un prodotto d'eccellenza del nostro Paese;
il Governo, nella convinzione che la semplificazione e la conoscibilità delle norme costituiscano un importante volano per lo sviluppo, ha adottato lo schema di decreto legislativo di riordino delle normative sull'attività agricola, il cosiddetto codice agricolo, attualmente in attesa del parere della conferenza unificata, volto a semplificare e accorpare il quadro legislativo dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile a tutti una materia per ora dispersa tra il codice civile, le leggi speciali emanate nel corso di quarant'anni e alcuni commi di leggi finanziarie;
sempre nell'ottica di favorire lo sviluppo mediante la semplificazione del quadro normativo, il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha adottato il cosiddetto decreto unico sulla politica agricola comune, che costituisce il risultato della ricognizione e raccolta in un unico testo coordinato dei decreti ministeriali concernenti l'applicazione italiana della riforma di medio termine della politica agricola comune;
nel settore della pesca il Governo sta agendo con grande risolutezza, cercando di contrastare la gravissima crisi che coinvolge il settore, soprattutto dopo la fine del periodo transitorio di oltre 3 anni di alcune disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), che toccano direttamente più del 25 per cento della nostra flotta peschereccia;
con riferimento alla situazione finanziaria del settore della pesca, la legge finanziaria per il 2010 ha prorogato il programma nazionale triennale della pesca ed il decreto-legge n. 162 del 2008 ha stanziato a favore della pesca 30 milioni di euro, volti a contrastare il «caro gasolio» conseguente all'aumento del prezzo del petrolio;
anche per il 2010 verrà pagato il fermo biologico con le risorse della cassa integrazione in deroga;
relativamente al regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha deciso di attivare le richieste di deroghe consentite dal regolamento comunitario e ha costituito una «unità di crisi», dove, grazie alla presenza delle regioni e delle associazioni professionali, saranno anche vagliate le necessarie e possibili iniziative a sostegno delle imprese e del personale imbarcato;
in merito al «piccolo strascico costiero», il Governo si sta, inoltre, adoperando per individuare le misure in grado di limitare al massimo l'impatto sociale ed economico determinato dalle nuove regole comunitarie ed è in corso un'istruttoria per la messa in opera dei provvedimenti previsti dal fondo europeo per la pesca,

impegna il Governo:

ad operare al fine di proseguire ed implementare l'azione di sostegno all'agricoltura italiana attraverso misure volte a sostenere i settori in crisi, anche attraverso azioni di negoziazione a livello comunitario, con particolare riferimento al settore ittico, lattiero-caseario, cerealicolo, oleicolo, frutticolo;
a promuovere il made in Italy all'estero in modo efficace, anche eliminando duplicazioni di funzioni e razionalizzando l'azione delle amministrazioni coinvolte, mediante la soppressione di Buonitalia s.p.a.;
a promuovere e rafforzare l'accesso al credito degli imprenditori agricoli e a valutare l'opportunità di una detassazione parziale dei redditi, consentendo un aumento della competitività del comparto;
ad intraprendere un costruttivo dialogo con le regioni al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari;
a continuare nell'opera di «sburocratizzazione» in favore delle imprese agricole;
a valutare l'opportunità di stabilizzare gli oneri contributivi per le aree montane e svantaggiate almeno per tutto il 2010;
a reperire con immediatezza le risorse finanziarie necessarie per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero;
ad attivare tutte le iniziative ritenute opportune, normative e negoziali, con l'Unione europea, al fine di ridurre al minimo le conseguenze negative sul settore ittico italiano del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) e di prevedere adeguate risorse finanziarie per tutelare i lavoratori e le imprese del settore.
(1-00389) «Beccalossi, Baldelli, Sardelli, Bellotti, Biava, Catanoso, D'Anna, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Marinello, Nastri, Nola, Romele, Rosso, Taddei, Gaglione».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria congiunturale che ha colpito numerosi Paesi, tra cui l'Italia, insieme alla contrazione del sostegno comunitario all'agricoltura ha indubbiamente avuto effetti negativi sul settore primario italiano;
da alcuni anni si assiste ad un calo costante dei redditi agricoli, a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i costi di produzione, dovuto ad una flessione dei prezzi alla produzione del 12 per cento e ad una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2 per cento;
relativamente al credito in agricoltura si è constatato che l'effetto della crisi ha determinato un progressivo incremento del volume degli oneri finanziari per le aziende agricole, a seguito di un innalzamento del costo medio del finanziamento esterno, e che le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti;
nonostante la crisi, l'Italia ha una quota di export agroalimentare a livello mondiale (5 per cento) in linea con quella di importanti Paesi, come Cina, Spagna e Canada, e superiore ad altri Paesi di rilievo, come Argentina e Australia;
nel mercato internazionale il disavanzo strutturale della bilancia commerciale dell'agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni, passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 miliardi di euro del 2009. Tale riduzione è stata raggiunta, soprattutto, grazie ai prodotti del made in Italy, che non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro, ma che, con un livello delle esportazioni che nel 2009 è stato di 15,5 miliardi di euro, nel corso del quinquennio hanno visto crescere il saldo del 54 per cento;
il Governo, consapevole dell'importanza del made in Italy agroalimentare, ha adottato incisive misure in materia di contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici, rafforzando anche i controlli nel settore;
appare ormai improrogabile costruire un dialogo forte e articolato con le regioni, anche al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari, come pure occorre assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale, anche attraverso la riapertura della delega in materia di modernizzazione del settore e di definizione del codice agricolo;
appare necessario «sburocratizzare» il settore agricolo e rafforzare la rete di servizi a favore delle imprese agricole;
il Governo, seppure costretto a causa della crisi economica e finanziaria a veicolare gli interventi normativi secondo logiche di razionalizzazione delle risorse e di riduzione degli sprechi, è intervenuto con forza per contrastare la crisi nel settore agricolo;
con la legge finanziaria per il 2010 sono stati stanziati complessivamente, per il solo triennio 2010-2012, circa 1 miliardo e 115 milioni di euro per le finalità dei settori agricoli ed agroalimentari;
tra gli interventi non bisogna dimenticare la proroga delle agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate (cosiddette ex Scau), che, tuttavia, appare necessario rinnovare quanto prima, essendo prossima la scadenza di tali agevolazioni;
la legge finanziaria per il 2010 ha anche previsto la destinazione da parte del Cipe di 100 milioni di euro per le esigenze del settore agricolo, proprio al fine di prevedere misure anticrisi nel settore agroalimentare italiano;
il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi attuato con la legge finanziaria per il 2010 è risultato sufficiente sia a coprire i fabbisogni del 2009, sia a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012, essendo stati stanziati 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012. A questi si aggiungono in tabella D della legge finanziaria per il 2010 ulteriori 51,9 milioni di euro per il 2010, 16,7 milioni di euro per il 2011 e 16,7 milioni di euro per il 2010, attinti dal fondo di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, oltre a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto scudo fiscale;
nel «decreto-legge milleproroghe» è stato possibile inserire, grazie all'apporto del Governo, il consolidamento delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (appc) per tutto il 2010;
anche nell'ultimo provvedimento di natura economica del Governo, il «decreto-legge incentivi», sono state stanziate risorse a favore dell'agricoltura, in particolare introducendo incentivi per l'acquisto di nuovi macchinari agricoli;
nella legge comunitaria 2009, approvata definitivamente meno di un mese fa, sono contenute numerose norme per rendere l'agricoltura italiana più competitiva, per aumentare il reddito nel settore primario e per rendere la burocrazia meno oppressiva. Tra gli interventi si ricordano: l'articolo 17 della legge, che consente l'assoggettamento alla dichiarazione di inizio attività per gli impianti per la produzione di energia elettrica con capacità di generazione non superiore ad un megawatt elettrico; la revisione degli incentivi per la produzione di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da biomasse e biogas, al fine di promuovere la realizzazione e l'utilizzazione di impianti in asservimento delle attività agricole; la definizione di alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni vinicole quale bioliquido per scopi energetici. Sempre la legge comunitaria 2009 ha introdotto l'esclusione dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 194 del 2008 sui controlli sanitari ufficiali di tutte le attività dell'imprenditore agricolo comprese nell'articolo 2135 del codice civile, incluse quelle connesse. Ciò ha consentito di escludere dal pagamento del ticket per i controlli sanitari la produzione aziendale di vino, formaggi, olio, salumi ed altro da parte degli imprenditori agricoli;
nel settore bieticolo-saccarifero il Governo ha dimostrato attenzione alle necessità del comparto e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dottor Giancarlo Galan, ha confermato l'impegno a stanziare gli aiuti nazionali autorizzati dalle normative comunitarie per i complessivi 86 milioni di euro relativi agli anni 2009 e 2010, trovando la necessaria copertura finanziaria;
nel settore vitivinicolo, il Governo ha adottato il decreto legislativo «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini», volto a mettere ordine in uno dei settori più prestigiosi e importanti dell'agroalimentare italiano ed incardinato sulla tutela e sulla valorizzazione della qualità di un prodotto d'eccellenza del nostro Paese;
il Governo, nella convinzione che la semplificazione e la conoscibilità delle norme costituiscano un importante volano per lo sviluppo, ha adottato lo schema di decreto legislativo di riordino delle normative sull'attività agricola, il cosiddetto codice agricolo, attualmente in attesa del parere della conferenza unificata, volto a semplificare e accorpare il quadro legislativo dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile a tutti una materia per ora dispersa tra il codice civile, le leggi speciali emanate nel corso di quarantanni e alcuni commi di leggi finanziarie;
sempre nell'ottica di favorire lo sviluppo mediante la semplificazione del quadro normativo, il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha adottato il cosiddetto decreto unico sulla politica agricola comune, che costituisce il risultato della ricognizione e raccolta in un unico testo coordinato dei decreti ministeriali concernenti l'applicazione italiana della riforma di medio termine della politica agricola comune;
nel settore della pesca il Governo sta agendo con grande risolutezza, cercando di contrastare la gravissima crisi che coinvolge il settore, soprattutto dopo la fine del periodo transitorio di oltre 3 anni di alcune disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), che toccano direttamente più del 25 per cento della nostra flotta peschereccia;
con riferimento alla situazione finanziaria del settore della pesca, la legge finanziaria per il 2010 ha prorogato il programma nazionale triennale della pesca ed il decreto-legge n. 162 del 2008 ha stanziato a favore della pesca 30 milioni di euro, volti a contrastare il «caro gasolio», conseguente all'aumento del prezzo del petrolio;
anche per il 2010 verrà pagato il fermo biologico con le risorse della cassa integrazione in deroga;
relativamente al regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha deciso di attivare le richieste di deroghe consentite dal regolamento comunitario e ha costituito una «unità di crisi», dove, grazie alla presenza delle regioni e delle associazioni professionali, saranno anche vagliate le necessarie e possibili iniziative a sostegno delle imprese e del personale imbarcato;
in merito al «piccolo strascico costiero», il Governo si sta, inoltre, adoperando per individuare le misure in grado di limitare al massimo l'impatto sociale ed economico determinato dalle nuove regole comunitarie ed è in corso un'istruttoria per la messa in opera dei provvedimenti previsti dal fondo europeo per la pesca,

impegna il Governo:

ad operare al fine di proseguire ed implementare l'azione di sostegno all'agricoltura italiana attraverso misure volte a sostenere i settori in crisi, anche attraverso azioni di negoziazione a livello comunitario, con particolare riferimento al settore ittico, lattiero-caseario, cerealicolo, oleicolo, frutticolo;
a promuovere il made in Italy all'estero in modo efficace, anche eliminando duplicazioni di funzioni e razionalizzando l'azione delle amministrazioni coinvolte, mediante la soppressione di tutti gli enti o società ritenuti inutili;
a promuovere e rafforzare l'accesso al credito degli imprenditori agricoli e a valutare l'opportunità di una detassazione parziale dei redditi, consentendo un aumento della competitività del comparto;
ad intraprendere un costruttivo dialogo con le regioni ai fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari;
a continuare nell'opera di «sburocratizzazione» in favore delle imprese agricole;
a valutare l'opportunità di stabilizzare gli oneri contributivi per le aree montane e svantaggiate almeno per tutto il 2010;
a reperire con immediatezza le risorse finanziarie necessarie per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero;
ad attivare tutte le iniziative ritenute opportune, normative e negoziali, con l'Unione europea, al fine di ridurre al minimo le conseguenze negative sul settore ittico italiano del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) e di prevedere adeguate risorse finanziarie per tutelare i lavoratori e le imprese del settore.
(1-00389) (Nuova formulazione) «Beccalossi, Baldelli, Sardelli, Bellotti, Biava, Catanoso, D'Anna, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Marinello, Nastri, Nola, Romele, Rosso, Taddei, Gaglione».

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi finanziaria in atto, manifestati anche dalla recessione che attanaglia l'economia a livello mondiale, incluso il nostro Paese, interpretano solo in parte l'eccezionale situazione negativa e penalizzante che sta vessando l'agricoltura italiana e, in particolare, quella meridionale;
nonostante i suddetti scenari negativi, nel Mezzogiorno le nuove imprese agricole sono risultate il doppio di quelle industriali, con l'avvio di 3823 attività in campagna rispetto alle 1607 di tipo industriale nel secondo trimestre del 2009, a conferma che l'economia del Sud può ripartire dall'agroalimentare di qualità, che guarda al mercato e risponde alle domande dei consumatori e che, nonostante le difficoltà infrastrutturali, è importante investire in un territorio che è in grado di esprimere primati gastronomici, alimentari ed ambientali;
inoltre, nel Sud si concentrano circa i due terzi delle coltivazioni biologiche nazionali, con quasi la metà delle imprese agricole nazionali. Il 10 per cento del territorio è coperto da parchi e aree protette, un patrimonio che rappresenta una chance formidabile per generare nuovo sviluppo e opportunità occupazionale attraverso la valorizzazione del rapporto con il territorio, in un sistema integrato che coinvolge tutti i settori, dall'agricoltura all'industria, dalla finanza al commercio fino al turismo, in stretta connessione con le risorse storiche, archeologiche, culturali ed ambientali di cui il Sud è ricchissimo;

l'intento dell'Unione europea di sviluppare una politica estera oltre i confini, allargando il suo spazio economico e commerciale, ha posto all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, il bacino mediterraneo in una felice congiuntura ed al centro di un nuovo progetto, quello dell'Euromediterraneo, che si presenta, anche grazie al processo di costruzione del partenariato euromediterraneo (pem), avviato nel 1995 con la Conferenza di Barcellona, come una scommessa sul futuro;
in termini previsionali, nel 2020, il «modello agricolo europeo» dovrebbe essere esteso a modello agricolo euromediterraneo, fattore di coesione interterritoriale e intraterritoriale, orientato ad una sostenibilità reale ed atto a creare una solidarietà di fatto;
il carattere multidimensionale dell'agricoltura nel Mezzogiorno e la sua centralità nell'equilibrio delle società delle economie dell'Europa e del bacino mediterraneo pongono le prospettive di sviluppo del binomio Mezzogiorno-agricoltura in una condizione privilegiata;
il sistema agricolo e della pesca, oltre a rappresentare una componente di rilievo del sistema economico del Mezzogiorno (con una incidenza sul prodotto complessivo doppia rispetto alla media del Paese), ha implicazioni che vanno oltre il suo rilievo economico e riguardano importanti legami con gli aspetti occupazionali, con le relazioni sociali, con il territorio e l'ambiente;
accanto ad alcuni sistemi locali di produzione «eccellenti», nei quali si sono potuti instaurare legami di integrazione verticale con la nascita di veri e propri distretti agroalimentari, vi è un ampio segmento in cui il Mezzogiorno costituisce semplice fonte di approvvigionamento per circuiti industriali o commerciali, collocati in altre aree del Paese o all'estero. L'industria alimentare è, infatti, poco sviluppata ed orientata ai modelli di impresa di piccole e medie dimensioni, con ampio rilievo dell'artigianato. Di conseguenza, permangono una scarsa capacità di realizzare in loco le fasi ad elevato valore aggiunto ed una ridotta propensione all'innovazione di prodotto (prodotti a maggiore contenuto di servizio) e basso associazionismo (l'indice intensità cooperativa è poco più della metà del dato nazionale);
la domanda di prodotti di qualità costituisce una grande opportunità strategica per l'agricoltura del Mezzogiorno, con la possibilità di diversificare profondamente le aree di mercato, attenuando, nel medio e lungo termine, la tradizionale competizione con i Paesi terzi mediterranei per l'accesso ai mercati di massa del Nord Europa e consentendo, invece, l'avvio di una proficua politica di cooperazione nel campo dei servizi commerciali, tecnici e ambientali;
accanto a tale componente del sistema agroalimentare, nuova e crescente importanza viene attribuita allo sviluppo dei «sistemi rurali». L'agricoltura e la pesca possono essere, cioè, intese come erogatrici di una pluralità di servizi (salvaguardia idrogeologica del territorio, gestione del paesaggio, mantenimento della biodiversità, tutela dell'ambiente e altro), interagendo ed integrandosi con altre funzioni produttive (turismo, artigianato e altro). La pesca nelle acque mediterranee sconta i ritardi dell'intero territorio nazionale. Il carattere disomogeneo della flotta è testimoniato dalla frammentazione della struttura produttiva, dalle ridotte dimensioni e dall'elevata età media dei battelli. Debole risulta attualmente il ruolo dell'acquacoltura; solo il 10 per cento delle aree produttive nazionali sono, infatti, localizzate nel Mezzogiorno, lasciando, perciò, intravedere, in corrispondenza di adeguate politiche di promozione, ampie possibilità di crescita;
la scelta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di destinare per il 2010 le somme ricavate dall'applicazione dell'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 e relativo ai cosiddetti «sostegni specifici» in agricoltura è risultata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, fortemente penalizzante

per gli agricoltori e gli allevatori meridionali, oltre che lesiva dei loro diritti, ed ha rappresento per l'intero comparto una vera e propria sottrazione di risorse quantificabile in 30-40 milioni di euro. La stessa, nel non prevedere nessun obiettivo strategico nazionale da perseguire e nessun intervento di politiche di valorizzazione della qualità, del miglioramento della commercializzazione e di compensazione effettiva delle situazioni di svantaggio, si è sostanziata esclusivamente in una diversa riallocazione delle risorse, spostandole dal Mezzogiorno a tutto vantaggio del Nord del Paese, ed ha interessato, soprattutto, i comparti della zootecnia (allevamenti bovini e ovicaprini), dell'olivicoltura, del lattiero caseario e della filiera del tabacco, tutti per lo più concentrati nelle regioni del Nord del Paese;
gli agricoltori e gli allevatori del Mezzogiorno hanno finito con il godere di benefici assolutamente marginali delle suddette misure, pur essendo i principali finanziatori del fondo di cui al suddetto articolo 68, il cui valore si aggira intorno ai 420 milioni di euro e che, per oltre il 60 per cento, è alimentato dal prelievo operato sui premi per i seminativi, per l'olivicoltura, per gli ovicaprini e per l'ortofrutta. Inoltre, il 50 per cento del fondo servirebbe a finanziare gli interventi sulle assicurazioni, finora a totale carico del bilancio dello Stato, e solo una minima parte ritornerebbe alle aziende agricole del Meridione, mentre oltre 90 milioni di euro dei 146 previsti per gli interventi «accoppiati» è destinato alle principali produzioni del Nord, quali bovini da carne e bovini da latte, in coerenza con una scelta politica diretta verso interventi che emarginerebbero le regioni del Mezzogiorno, deficitarie proprio in tali produzioni;
per quanto riguarda l'ortofrutticoltura e l'olivicoltura, fortemente rappresentate nel Sud d'Italia, settori che da soli contribuiscono per oltre il 30 per cento all'intero fondo, è stata riservata la molto limitata somma di 6 milioni di euro per un incentivo ai soli oli d'oliva dop e igp, mentre gli interventi previsti per il grano duro sono stati destinati alle misure agroambientali, prevedendo solo un aiuto agli agricoltori che praticano l'avvicendamento triennale finalizzato alla copertura dei costi supplementari ed alla perdita di reddito connessa alla pratica colturale;
con la legge finanziaria per il 2010 non sono state risolte alcune questioni importanti come: la conferma delle agevolazioni per il gasolio agricolo, sia per l'uso in pieno campo che per l'impiego nelle serre e nel florovivaismo; la garanzia di un'adeguata dotazione finanziaria per il piano irriguo nazionale; la concessione degli sgravi contributivi per la formazione della piccola proprietà contadina, estendendo la validità del vigente sistema di trattamento fiscale ai casi di acquisto di terreni; la proroga del regime fondiario gestito di Ismea, in modo da favorire un miglior dimensionamento delle aziende agricole e l'ingresso dei giovani nel settore; l'adozione di un pacchetto di interventi anticrisi, così come è avvenuto in altri Paesi dell'Unione europea, quali la Francia, la Germania e la Spagna;
inoltre, la stessa legge finanziaria per il 2010 ha cancellato le agevolazioni previdenziali per le imprese agricole che operano nelle aree svantaggiate, comportando un onere aggiuntivo per gli agricoltori di circa 200 milioni di euro l'anno ed ha tagliato anche le agevolazioni fiscali sulle accise del gasolio per le coltivazioni sotto serra, per l'acquisto e la rivalutazione dei terreni agricoli, con un onere di oltre 150 milioni l'anno;
la previsione dell'autorizzazione per il 2010 dell'accesso al fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito centrale, per un importo di 20 milioni di euro, al fine di rafforzare le attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli e favorire l'accesso al credito alle aziende agricole, non ha prodotto i risultati sperati;
il settore agroalimentare in Italia è caratterizzato da una sempre maggiore attenzione del mercato a tutti gli aspetti

legati alla qualità del prodotto/servizio acquistato. L'evoluzione dei consumatori, anche per effetto della globalizzazione dei mercati, ha portato ad una crescente richiesta di trasparenza, una «sete» di conoscenza delle caratteristiche dei prodotti e dei processi produttivi a garanzia della qualità e genuinità dei prodotti;
un mercato così evoluto richiede, necessariamente, alle aziende di tutte le dimensioni della filiera la capacità di gestire continuamente cambiamenti organizzativi, relativi sia alle aree di produzione e vendita che ai processi di supporto (approvvigionamento, marketing, gestione del personale e altro);
nel settore agroalimentare, che costituisce uno degli assi portanti della produzione italiana, si segnala, in particolare, un'eccessiva frammentazione degli operatori del settore. Nella filiera che parte dal contadino e arriva sulle nostre tavole, infatti, entrano in gioco una o più industrie di trasformazione, la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio e, spesso, anche vari intermediari, che si interpongono fra un anello e l'altro. A fronte di oltre un milione di produttori (includendo anche la pesca), si registrano oltre settantamila fabbriche coinvolte a vario titolo, più di duecentomila fra venditori all'ingrosso, supermercati e negozianti al dettaglio, e altre duecentocinquantamila figure che rivendono alimenti sotto altra forma, come bar e ristoranti, il tutto con l'inevitabile risultato conclusivo di un'eccessiva lievitazione del costo dei prodotti e, quindi, del prezzo finale, al fine di garantire a ciascuno un margine di guadagno;
in questo quadro è da registrare una sostanziale difficoltà da parte delle medie e piccole imprese dell'agroalimentare ad attivare le linee di credito in grado di sostenere gli investimenti. È anche per questo motivo che le aziende hanno, di fatto, bloccato l'attuazione dei piani industriali e di investimento, annunciando alle parti sociali di «attendere tempi migliori» per onorare gli impegni condivisi sul futuro dello sviluppo produttivo ed occupazionale dell'agroalimentare;
la dipendenza dalle politiche agricole dell'Unione europea del settore agroalimentare italiano, ove si alternano politiche protezionistiche sia contro che a favore dei prodotti italiani, crea delle difficoltà nelle analisi previsionali per capire la realtà economica in cui le aziende si devono muovere. Favorevoli all'Italia sono stati i riconoscimenti dei dop e igp da parte dell'Unione europea, che hanno portato aiuti alla produzione e sussidi all'esportazione;
nonostante i suddetti problemi e la crisi finanziaria in atto, alcune aziende italiane hanno fatto dei loro marchi un punto di forza dell'export. Il made in Italy di questo settore è richiesto all'estero non tanto per le materie prime, ma soprattutto per le ricette, la cultura, il lavoro degli imprenditori. Dunque, nel comparto export, negli ultimi mesi, il settore italiano agroalimentare ha, invece, registrato un aumento nelle esportazioni dei prodotti: vino (22 per cento dell'aggregato), frutta fresca e agrumi (14 per cento), pasta (12,4 per cento), legumi e ortaggi inscatolati (9,5 per cento), formaggi e latticini (8,7 per cento), prodotti dolciari (8,3 per cento). È andato bene anche per l'export dei prodotti di alta qualità: doc (denominazione di origine controllata), docg (denominazione di origine controllata e garantita), dop (denominazione di origine protetta), igp (indicazione geografica protetta). Questi prodotti hanno un valore aggiunto per la loro qualità e, di conseguenza, hanno un prezzo più alto e nonostante ciò prodotti, come il grana e diversi vini, hanno conseguito nell'export buoni risultati;
il settore agroalimentare, che, come è stato già sottolineato, si caratterizza come uno dei settori di punta dell'economia italiana, secondo solo all'industria metalmeccanica, e che contribuisce ad esportare l'immagine dell'Italia in tutto il mondo, negli ultimi anni è stato tuttavia scosso, oltre che dallo scoppio di diverse e gravi crisi alimentari di carattere internazionale, anche dalla scoperta nel nostro

Mezzogiorno di veri e propri ghetti di lavoratori immigrati caratterizzati da pessime condizioni lavorative;
in Italia tutto il settore bieticolo è caratterizzato da una fortissima frammentazione produttiva, che colloca il Paese in una situazione di forte svantaggio strutturale rispetto ai concorrenti nordeuropei. Il numero di aziende bieticole, infatti, si aggira attorno alle 70.000 unità, con una superficie media che si attesta su livelli di gran lunga inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea. La bieticoltura è prevalentemente localizzata nel Nord, ove si concentra circa il 62 per cento della superficie nazionale e il 68 per cento della produzione;
a fronte della suddetta frammentazione, il settore della trasformazione industriale dei prodotti saccariferi ha subito un intenso processo di concentrazione e risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di pochissimi grandi gruppi, processo favorito anche da un piano pubblico di risanamento del settore, varato nel 1983 per far fronte a una grave crisi di sovrapproduzione;
tutti i parametri di produttività, riferiti sia alla resa agricola sia alla resa industriale, vedono il nostro Paese largamente al di sotto degli standard di riferimento dei Paesi nordeuropei. Ciononostante, e anzi in alcuni casi proprio in ragione di tali difficoltà strutturali, la regolamentazione comunitaria ha concesso all'Italia un livello di protezione anche superiore rispetto a quello garantito agli altri Paesi;
i precedenti piani varati dai Governi che si sono avvicendati nell'ultimo decennio, che si basavano sul mantenimento della produzione di barbabietole da zucchero nelle tre aree del Paese di maggiore produttività, non sono valsi a scongiurare la forte crisi che sta attraversando il settore;
negli anni si è assistito ad una progressiva burocratizzazione della politica agricola comune, soprattutto con riferimento all'accesso ai contributi agricoli, finendo con il soffocare la vitalità del settore,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a stanziare urgentemente, alla stregua di altri Paesi europei, come Grecia, Spagna e Francia, risorse finanziarie aggiuntive per sostenere il mancato reddito di quelle aziende agricole e zootecniche che registrano un forte indebitamento ed il rischio di chiusura;
ad adottare iniziative normative che prevedano la proroga per altri tre anni delle agevolazioni contributive per le aziende che assumono manodopera agricola e che operano in aree svantaggiate, come le zone montane e le regioni dell'ex obiettivo 1;
ad adottare un piano urgente di tutela e rilancio delle produzioni mediterranee;
ad aprire un confronto, in sede di rinegoziazione con la Conferenza unificata Stato-regioni e autonomie locali, per una distribuzione territoriale più equa dei finanziamenti previsti dall'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, che, come nello stesso spirito della norma, dovrebbe rappresentare un valido strumento che permetta agli Stati membri di migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli;
ad avviare una semplificazione amministrativa finalizzata allo snellimento dei procedimenti per accedere ai contributi agricoli, che, a causa dell'eccessiva burocratizzazione, soffocano le aziende;
ad aprire con urgenza un tavolo di confronto con le associazioni degli agricoltori, al fine di individuare misure condivise per fronteggiare la crisi del settore agricolo e le sue prospettive future, impegnandosi affinché sia modificato il tetto massimo dei regimi de minimis, applicabili alle imprese che operano nel settore della trasformazione e della commercializzazione

dei prodotti agricoli e che, attualmente, prevede un intervento non superiore a 7.500 euro in tre anni, aumentandolo a 50.000 euro, nel triennio, come avviene per gli altri settori produttivi;
ad adottare iniziative normative che prevedano la sospensione/moratoria dei pagamenti contributivi a carico delle aziende, la copertura finanziaria al piano assicurativo nazionale e le facilitazioni nell'accesso al credito, anche al fine di scongiurare lo stato di crisi di tutto il comparto agricolo;
ad attivarsi presso l'organizzazione comune di mercato dello zucchero affinché vengano mantenuti l'attuale regime delle quote e dei prezzi e l'assegnazione di quote di zucchero nazionali in linea con i consumi dei Paesi membri e perché siano confermati gli aiuti nazionali per la bieticoltura meridionale;
ad assumere iniziative finalizzate a prevedere incentivi di carattere fiscale che favoriscano l'aggregazione tra imprese o la costituzione di società ed associazioni fra produttori e manifattori, tali da ridurre i passaggi all'interno della filiera ed abbattere i rispettivi costi, o la realizzazione da parte di imprese più grandi di economie di scala che consentano di competere sui mercati internazionali.
(1-00390) «Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
nel corso dell'ultimo decennio si sono prodotti notevoli cambiamenti negli scenari dell'economia mondiale. Infatti, secondo autorevoli esponenti della comunità accademica e importanti istituzioni internazionali come le Nazioni Unite o la Banca mondiale, alcune tra le più rilevanti trasformazioni si sono registrate nel campo della finanza e della distribuzione del reddito;
il pressoché completo abbattimento dei vincoli alla libera circolazione internazionale dei capitali ha fortemente ristretto i gradi di libertà delle politiche economiche nazionali e la combinazione tra instabilità finanziaria e impotenza della politica economica ha notevolmente contribuito alla inquietante divaricazione dei redditi verificatasi, durante gli anni '90, sia tra i Paesi che all'interno dei singoli Paesi;
il succedersi continuo di crisi valutarie in Europa, in Russia, nel Sud Est asiatico e in America latina, non ultima quella che si sta attraversando, l'assenza di basi oggettive in grado di spiegare gli enormi, repentini afflussi e deflussi di capitale che spesso attraversano i Paesi meno sviluppati, l'irrazionale euforia che ha guidato l'ascesa e il declino dell'economia americana e gli squilibri di bilancia dei pagamenti ad essa associati, questi e molti altri eventi hanno sollevato fortissimi dubbi sulle proprietà taumaturgiche del libero mercato, in particolare del mercato finanziario;
l'impatto che in particolar modo potrebbe avere la recente crisi a livello globale sulle già precarie e fragili economie dei Paesi in via di sviluppo e del Terzo mondo (con riguardo soprattutto ai fondi destinati agli aiuti pubblici allo sviluppo) rischia naturalmente di avere ben più gravi conseguenze di quelle che patiscono le società occidentali;
gran parte della comunità accademica sembra ormai aver fatto propria una famosa affermazione del premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz, secondo il quale il sostegno politico degli ultimi vent'anni alla deregolamentazione finanziaria è stato «fondato più su un legame ideologico nei confronti di una concezione idealizzata dei mercati che sull'analisi dei fatti o della teoria economica». La medesima concezione idealizzata dei mercati ha spesso indotto a trascurare le straordinarie divaricazioni dei redditi associate al dilagare dei fenomeni di instabilità valutaria e finanziaria;

la rinnovata presa di coscienza nei confronti della strutturale instabilità dei mercati monetari e finanziari e dei danni che essa è in grado di provocare ha riaperto il dibattito sulla necessità di attribuire alla politica rinnovati strumenti di controllo e di governo delle dinamiche economiche;
un primo passo nella direzione del necessario cambiamento di rotta sopra evocato è stato da tempo individuato in una proposta, avanzata per la prima volta nel 1972 dal premio Nobel per l'economia James Tobin, basata sulla istituzione di un'imposta sulle transazioni valutarie, la cosiddetta «Tobin tax» che ha raccolto negli ultimi anni il consenso di gruppi, movimenti politici, Parlamento e Governi sempre più numerosi e significativi e una straordinaria convergenza a sostegno della stessa da parte di economisti di diversa provenienza culturale e politica;
si tratta di una tassa sulle transazioni valutarie e finanziarie che appare essere in grado di contribuire contemporaneamente alla riduzione dell'instabilità sui mercati finanziari, all'aumento dei margini di manovra delle autorità di politica economica nazionale e all'intervento redistributivo per rimediare, almeno in parte, alle sperequazioni dei redditi verificatesi nel corso di questi anni;
si parla dunque di un'imposta proporzionale al valore di ogni transazione valutaria effettuata, ed è pagata in egual misura da entrambe le parti del contratto. Questo significa, ad esempio, che a fronte di una conversione di un milione di euro in dollari, un'imposta dello 0,1 per cento (ma potrebbe ovviamente essere anche di entità minore) imporrebbe a ognuno dei contraenti di versare al fisco 1.000 euro, o il loro equivalente in dollari;
sul piano politico, l'istituzione della «Tobin tax» potrebbe simbolicamente rappresentare una netta inversione di tendenza rispetto alle scelte di deregolamentazione dell'ultimo ventennio, uno strumento semplice, dunque, per il perseguimento di molti obiettivi complessi, sia operativi sia politici, non ultimo quello di contribuire a determinare risorse addizionali per il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio e per far fronte ai danni sociali causati dalla crisi attuale soprattutto rispetto all'erogazione dell'aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri,

impegna il Governo:

a sostenere con forza, soprattutto in occasione del G20 di fine giugno 2010, che si terrà a Toronto, l'introduzione di un'imposta sulle transazioni finanziarie finalizzata al sostegno delle politiche di cooperazione allo sviluppo in collaborazione con tutte le istituzioni internazionali che già si sono espresse favorevolmente su tale ipotesi,
a monitorare e verificare che una significativa percentuale di tale tassazione venga effettivamente impiegata per il raggiungimento degli Obiettivi del millennio che vedono proprio il nostro Paese essere in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate, ovvero dello 0,51 per cento entro il 2010, già disatteso, e dello 0,7 per cento entro il 2015;
a relazionare compiutamente e periodicamente al Parlamento circa i risultati derivanti dalle decisioni che verranno conseguentemente adottate dagli organismi internazionali.
(7-00346) «Evangelisti».

La III Commissione,
premesso che:
all'inizio del 2010, l'OCSE/DAC ha presentato i risultati dell'esame della cooperazione italiana, condotto nell'anno precedente. Il DAC, ovvero il Comitato di aiuto pubblico, ritiene che nei cinque anni trascorsi dalla precedente valutazione solo alcune delle raccomandazioni avanzate siano state realizzate. Il documento chiede all'Italia di riaffermare con forza l'impegno a riformare la disciplina legislativa della cooperazione, finanziandone adeguatamente

un'affidabile strategia orientata al conseguimento di risultati ben definiti. Nel gennaio 2010, in occasione di un evento pubblico ospitato dal Parlamento, il Presidente del DAC Eckhard Deutscher ha elencato diciannove azioni necessarie per la modernizzazione e il pieno riallineamento della cooperazione italiana con gli altri Paesi donatori, ma ha anche evidenziato quelle ritenute indispensabili a garantire un rilancio duraturo;
il DAC prescrive una cura completa di riforme da somministrare nell'arco di quattro anni, ma non fa i conti con il fatto che le nuove sedici raccomandazioni possano restare inattuate come quelle del 2004 per negligenza e per oggettiva difficoltà di una struttura che si è nel frattempo indebolita;
l'Italia, a tutt'oggi, veste la maglia nera in Europa poiché risulta essere scesa al penultimo posto della classifica dell'Ocse degli «Aiuti pubblici allo sviluppo» (APS) destinati alla lotta contro la povertà dei Paesi del sud del mondo. Già in calo nel 2008, nel 2009 il Governo italiano ha fatto registrare un record negativo e rapportando i fondi per gli aiuti pubblici italiani al prodotto interno lordo nazionale, l'Italia passa da un ridotto 0,22 per cento nel 2008 a un ancora più deprecabile 0,16 per cento nel 2009;
il calo della quota dell'Italia è uno dei più alti (meno 31,1 per cento) ed è dovuto a un effettivo calo complessivo dei fondi per gli aiuti oltre che alla riduzione della cancellazione del debito; peggio dell'Italia c'è soltanto la Corea del Sud - che però, va detto, è membro effettivo del DAC solo dal gennaio 2010 - che riserva soltanto lo 0,10 per cento del proprio prodotto interno lordo alla lotta contro la povertà;
per converso, le nostre spese militari sono circa 10 volte maggiori rispetto all'aiuto pubblico allo sviluppo e, per acquistare vino, si spende ancora di più: 13,2 miliardi di euro solo nel 2009. Le previsioni per il 2010, come è noto, non lasciano sperare in un miglioramento, a meno che l'Italia non recuperi subito il terreno perduto con un piano di riallineamento vincolante;
a livello mondiale, sempre secondo il Development Assistance Committee (DAC) dell'OCSE - nel 2009 gli aiuti pubblici allo sviluppo sono aumentati da 122 a 123 miliardi di dollari con un incremento dello 0,7 per cento. Tenendo però conto dell'inflazione, c'è stata, in realtà, una riduzione di 3,5 miliardi di dollari. Nonostante questo, l'OCSE sottolinea che nel 2009 diversi Stati hanno accresciuto la loro quota effettiva di aiuti allo sviluppo: tra questi soprattutto la Francia (+16,9 per cento), il Regno Unito (+14,6 per cento), la Finlandia (+13,1 per cento), il Belgio (+11,5 per cento), la Svezia (+7,4 per cento), la Danimarca (+4,2 per cento) e il Lussemburgo (+1,9 per cento), ma anche gli Stati Uniti (+5,4 per cento);
dunque, cinque Paesi europei hanno già raggiunto l'obiettivo di destinare lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo in aiuti allo sviluppo fissato dall'Assemblea generale dell'Onu già quaranta anni fa: Svezia, Norvegia, Danimarca, Olanda e Lussemburgo. E vari Stati si apprestano a raggiungere tale obiettivo, tra quali il Regno Unito (adesso allo 0,60 per cento del prodotto interno lordo), la Finlandia (a quota 0,56 per cento), ma anche l'Irlanda (a quota 0,52 per cento) e la Spagna (allo 0,51 per cento);
a seguire l'Italia nella lista nera ci sono nell'ultimo anno l'Irlanda, con una riduzione del 18,9 per cento, la Germania (-12 per cento), il Giappone (-10,7 per cento) e il Canada (-9,5 per cento);
ma, nonostante il rilancio dell'azione esterna dell'Europa di Lisbona, l'Unione europea farà mancare 15 miliardi di euro di risorse per la lotta allo povertà e per questa mancanza una grave responsabilità ricade sull'Italia che quest'anno evidenzia una performance particolarmente negativa che, oltre ad allontanarla ulteriormente dalla media dei partner europei, rende sempre più improbabile il raggiungimento degli Obiettivi del millennio da parte del nostro Paese;

povertà e fame sono aumentate nel mondo nel 2009 e altre 90 milioni di persone si sono aggiunte alla lista di coloro che vivono in povertà assoluta. Si tratta ormai di oltre 1 miliardo di persone - un sesto della popolazione mondiale - che soffre la fame;
le reti delle organizzazioni non governative impegnate su questo fronte hanno da tempo chiesto ai Paesi ricchi di stabilire piani di incremento annuali dell'aiuto pubblico allo sviluppo per raggiungere lo 0,7 per cento del prodotto interno lordo entro il 2015 e l'appuntamento per farlo è il vertice Onu sugli Obiettivi del millennio in programma a settembre a New York;
in definitiva, il DAC chiede al nostro Governo di avviare quanto prima una serie di iniziative che prevedano almeno: la riforma della disciplina sulla cooperazione allo sviluppo, partendo dai risultati dell'indagine conoscitiva del Senato, svoltasi durante la XV legislatura; la predisposizione di un documento strategico di visione di tutta la cooperazione allo sviluppo italiana, che diventi la cornice di orientamento sul tema per tutti gli attori pubblici; una dichiarazione sulla coerenza delle politiche delle relazioni esterne dell'Italia con il perseguimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio; una strategia di sensibilizzazione e mobilitazione rivolta al pubblico per accrescere consapevolezza e visibilità delle ragioni e dei risultati della cooperazione allo sviluppo,

impegna il Governo:

a presentare entro la prossima sessione dell'Onu sugli Obiettivi del millennio, che si terrà a settembre 2010 a New York, e comunque entro il 2010, un calendario che evidenzi quando e a quali riforme raccomandate dal DAC si prevede di dare attuazione entro il 2013;
a prevedere la pubblicazione dello stato d'attuazione delle raccomandazioni indicate in premessa all'interno di ogni relazione previsionale e programmatica della cooperazione allo sviluppo trasmessa al Parlamento che preveda anche una calendarizzazione più dettagliata delle riforme per l'anno di riferimento.
(7-00347) «Evangelisti».

La X Commissione,
premesso che:
il settore del legno-arredo, come si evince dai dati diffusi dal Centro Studi Cosmit/Federlegno Arredo, nonché dai quaderni di ricerca curati dalla Fondazione Nord Est (in particolare «Le imprese del metadistretto veneto della filiera legno-arredo: tra presente e futuro») costituisce un comparto produttivo particolarmente rilevante per il sistema economico italiano, dato che con le sue 75.000 imprese e i suoi 408 mila addetti rappresenta una quota rilevante del settore manifatturiero nazionale;
tale settore raccoglie al suo interno diversi comparti, tra loro anche molto differenti per logiche e mercati, ma che insieme rappresentano, nonostante le difficoltà rilevanti dei mesi successivi alla crisi internazionale che ha determinato il crollo della domanda mondiale, un punto di forza e di eccellenza del made in Italy;
l'arredamento, infatti, insieme ai settori dell'abbigliamento-moda, degli alimentari e delle apparecchiature industriali, costituisce le cosiddette quattro «A» del made in Italy, che nel corso degli ultimi anni hanno presentato performance di assoluto rilievo a livello internazionale;
tuttavia, già nel corso del 2008 alcuni indicatori, ad esempio fatturato ed esportazioni, presentavano per il settore, complessivamente considerato, alcuni segnali di rallentamento che si sono amplificati in misura molto rilevante a partire dal crollo del commercio mondiale, seguito alla crisi internazionale che ha preso avvio con il fallimento della Lehman-Brothers a settembre 2008;

nel primo trimestre 2009 il calo dell'export del settore è stato stimato pari a -22,1 per cento dopo un calo del 2 per cento nel 2008. Le stime sino a giugno 2009 hanno indicato addirittura un calo semestrale pari a -40 per cento;
il settore legno-arredo, dunque, si è trovato dal 2008 ad oggi a dover affrontare una domanda interna particolarmente debole ed una domanda internazionale particolarmente rallentata, soprattutto in alcuni mercati, come la Russia, che avevano rappresentato uno sbocco particolarmente importante per i prodotti italiani dell'arredo e a monte della filiera per quelli del legno;
l'insieme delle strategie che le imprese stanno mettendo in campo per superare la crisi, alla luce di quanto descritto dai già citati quaderni di ricerca curati dalla Fondazione Nord Est, prevede l'utilizzo di quattro strumenti principali:
a) la riduzione dei costi (89,8 per cento tra le imprese del legno, 88,4 per cento nell'arredo);
b) il miglioramento dei rapporti con la clientela (74,4 per cento per il settore del legno, 85,6 per cento per quello dell'arredo);
c) la ricerca di nuovi mercati (73,6 per cento per il settore del legno e 83,3 per cento per quello dell'arredo);
d) lo sviluppo di nuovi prodotti (68,5 per cento per il settore del legno e 63,7 per cento per quello dell'arredo);
i mercati più colpiti dalla crisi sono il Triveneto e il Nord Italia, mentre chiudono l'elenco il Centro e il Sud Italia;
secondo quanto recentemente dichiarato dal presidente di Federlegno-Arredo, Rosario Messina, durante la presentazione a Venezia dei dati consuntivi 2009 all'assemblea generale della Federazione (5 giugno 2010), la ripresa piena del settore non avverrà prima del 2014;
tali dati, del resto, registrano una diminuzione del fatturato pari al 18,2 per cento, una diminuzione dell'export pari al 21,9 per cento ed infine una diminuzione dei consumi interni pari al 16,8 per cento;
il fatturato 2009 si è attestato sui 32,4 miliardi di euro, ovvero 7 miliardi di euro in meno rispetto al 2008 che già aveva chiuso con un calo del 5,6 per cento. A mancare sono state soprattutto le esportazioni, anche se il saldo commerciale si è comunque mantenuto positivo per quasi 6 miliardi di euro;
a fronte di tale situazione è stata rilevata una percentuale di mortalità delle imprese che, di fatto, ha provocato la perdita complessiva di circa 10.000 posti di lavoro;
nel nostro Paese, in un momento di congiuntura economica critica come quella attuale, le risorse allocate sino ad oggi a sostegno del settore del legno arredo, appaiono purtroppo gravemente insoddisfacenti. Gli strumenti di aiuto messi in campo dal Governo con il decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40, recante «disposizioni urgenti tributarie e finanziarie in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali operate, tra l'altro, nella forma dei cosiddetti «caroselli» e «cartiere», di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria anche in adeguamento alla normativa comunitaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno della domanda in particolari settori» oltre ad essere, ad avviso dei firmatari del presente atto, particolarmente scarsi, hanno, purtroppo, escluso la possibilità di estendere gli incentivi ivi previsti al settore del mobile e dell'arredo, ad eccezione degli incentivi per l'acquisto delle cucine;
altri Paesi, come ad esempio la Cina, hanno allocato oltre 586 miliardi di dollari (circa il 14 per cento del prodotto interno lordo) per rispondere in maniera rapida, vigorosa ed efficace alla crisi economica, mentre tutto questo non è stato possibile in Italia e a farne le spese sono stati soprattutto i settori industriali del mobile e del complemento arredo;

in sede di esame del disegno di legge di conversione del già citato decreto-legge 25 marzo 2010, n. 40 (segnatamente l'atto Camera 3350-A) è stato accolto dal Governo l'ordine del giorno 9/3350 presentato dai deputati del gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori con il quale lo si impegna «a valutare l'opportunità di adottare iniziative volte a sostenere il comparto produttivo delle calzature e di tutta la filiera del tessile e dell'abbigliamento, nonché altri settori industriali attualmente in sofferenza nel nostro Paese, quali quello del mobile e del complemento arredo che sono rimasti completamente esclusi dalle misure di aiuto previste dal provvedimento in esame»;
al fine di imprimere competitività dell'offerta italiana di beni e servizi del settore del legno e dell'arredo, è stato firmato - in data 25 maggio 2010 - dal Vice Ministro dello sviluppo economico con delega al commercio estero, Adolfo Urso, e dal Presidente di Federlegno Arredo, Rosario Messina, un accordo quadro volto a garantire il sostegno ai progetti di promozione dell'export. In tale occasione, per altro, il Vice Ministro ha dichiarato pubblicamente che: «in questa fase di congiuntura internazionale il contributo pubblico dovrà essere indirizzato a garantire penetrazione e continuità di presenza sui mercati per imprimere l'identità made in Italy della nostra produzione tra i clienti e i consumatori»,

impegna il Governo:

ad adottare ogni iniziativa, anche normativa, al fine di dare seguito agli impegni assunti in sede parlamentare ed extraparlamentare volti a sostenere il settore produttivo del legno-arredo e più in generale i settori industriali del mobile e del complemento arredo;
ad adottare iniziative, anche normative, volte a sostenere gli investimenti compiuti da parte delle imprese operanti nei predetti settori nella creazione di nuovi prodotti, anche di carattere bio-compatibile che producano un significativo miglioramento dell'ambiente, al fine di favorire l'implementazione di strategie di impresa basate su fattori produttivi come innovazione, immagine e nuove tecnologie;
ad adottare iniziative di concreto sostegno alla domanda interna e all'economia reale, anche attraverso l'attuazione di forme di agevolazione fiscale sulle attività di esportazione compiute dalle imprese italiane operanti nei settori industriali del mobile e del complemento arredo che diffondono il made in Italy nel mondo.
(7-00348) «Cimadoro, Donadi, Borghesi, Piffari, Monai».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

PEZZOTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gruppo Indesit elettrodomestici, colosso internazionale della famiglia Merloni, ha approvato un piano industriale che prevede la chiusura dello stabilimento di Brembate Sopra (Bergamo);
tale decisione ha gravi ripercussioni occupazionali che, oltre a riguardare il territorio lombardo e in particolare quello bergamasco, già fortemente colpito dal ricorso alla cassa integrazione, coinvolgerebbe direttamente circa 430 dipendenti;
non è prevista alcuna delocalizzazione della produzione italiana negli otto stabilimenti del gruppo all'estero, ma il potenziamento dei poli industriali di Indesit

Company al centro-sud d'Italia, in particolare Fabriano (quartier generale del gruppo) e Caserta;
il piano per consolidare la produzione degli stabilimenti italiani, approvato mercoledì 9 giugno 2010 dal consiglio di amministrazione, «prevede - spiega l'azienda - il rilancio della competitività degli stabilimenti italiani attraverso iniziative, tra le quali l'accorpamento negli impianti del centro-sud Italia di alcune produzioni, mirate a rendere sostenibile l'assetto industriale. In particolare, richiedono interventi le produzioni di lavabiancheria a carica dall'alto (stabilimento di Brembate) e di apparecchiature speciali di cottura (stabilimento di Refrontolo-Treviso)» -:
se non ritengano necessario disporre con la massima urgenza un tavolo di confronto tra Governo e parti sociali, finalizzato alla salvaguardia dei livelli occupazionali della regione Lombardia;
quali iniziative urgenti intendano predisporre per scongiurare la chiusura dello stabilimento in oggetto e la conseguente perdita del posto di lavoro per oltre 400 lavoratori.
(3-01121)

Interrogazioni a risposta scritta:

BELCASTRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la diga sul fiume Melito rappresenta, per volume di investimenti e durata dei lavori un'opera che avrà un forte impatto economico per la provincia di Catanzaro e per l'intera Calabria;
il presidente del consorzio di bonifica «Ionio Catanzarese», dottor Grazioso Manno, ha reso pubblica una lettera di protesta inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nella quale lamenta un'assoluta mancanza di informazione sui tempi e l'avvio dei lavori della diga in questione nonostante le molte sollecitazioni in merito inviate;
la vicenda della diga sul fiume Melito rischia di diventare una delle tante «vicende incompiute» che caratterizzano la storia del Mezzogiorno e della Calabria;
il progetto per la costruzione della diga di Gimigliano sul fiume Melito fu approvato nel lontano 1982; tale opera imponente doveva, sulla carta, diventare il più grande cantiere del Sud e risolvere i problemi idrici per circa mezzo milione di abitanti della Calabria (cinquanta comuni), oltre a centinaia di aziende agricole e imprese;
nel luglio 1990 Italstrade si aggiudicò, a distanza di otto anni dalla delibera, i lavori per 97,4 milioni; tre anni dopo iniziano un serie infinita di vertenze, a partire da quelle tra i Ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici e il Consorzio di bonifica Alli-Punta di Copanello, responsabile dell'esecuzione dei lavori;
dopo anni di trattative, Astaldi (che aveva nel frattempo incorporato Italstrade) firma la transazione con il Consorzio di bonifica, dopo che la società aveva minacciato di risolvere il contratto e chiedere il pagamento dei lavori fino ad allora eseguiti, oltre al risarcimento dei danni;
dopo varie vicissitudini, nel 2008, a ventisei anni dall'approvazione del progetto, sembrava che finalmente si potessero portare a termine i lavori della tanto sospirata diga, ma la realtà è che, ancora oggi, si è in attesa di un via definitivo ai lavori;
il Ministro interrogato, a sua volta, ha risposto pubblicamente dichiarando che «il progetto della diga sul fiume Melito, sarà sottoposto entro il corrente mese di giugno al parere del Consiglio Superiore dei lavori pubblici, a complemento dell'istruttoria prevista per un'opera, che per dimensioni non ha uguali in Italia....pertanto

nessuna omissione da parte del Ministero e della direzione generale competente» -:
se non si ritenga necessario, pur riconoscendo l'impegno del Ministro interrogato sul tema in questione, di dover convocare un tavolo di confronto, tra le varie istituzioni interessate alla realizzazione della diga sul fiume Melito, per definire, di comune accordo, i tempi per avviare concretamente i lavori, dando, in questo modo, più certezze alle popolazioni interessate e dimostrando, allo stesso tempo, una volontà politica concreta di dare avvio alle opere necessarie al rilancio dello sviluppo nel Mezzogiorno.
(4-07571)

DE POLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
all'inaugurazione di una nuova scuola primaria di Fanzolo Vadelago (Treviso), l'inno di Mameli avrebbe dovuto essere cantato da un coro al taglio del nastro, ma una ventina di minuti prima della cerimonia, il portavoce del Governatore del Veneto, Luca Zaia, avrebbe chiesto di sostituire l'inno con il «Va' Pensiero»;
il cambio di programma avrebbe fatto infuriare in particolar modo la direttrice dell'ufficio scolastico regionale che si sarebbe riservata di denunciare l'accaduto all'assessore regionale Elena Donazzan;
nonostante le repliche del Governatore i testimoni smentiscono dichiarando che il «Va' Pensiero» è stato cantato alla fine dei discorsi ufficiali e della benedizione del parroco, prima del taglio del nastro per l'inaugurazione della nuova scuola di Fanzolo di Vedelago. Tre testimoni infatti hanno confermato la progressione degli eventi della cerimonia nella quale l'inno di Mameli è stato appunto eseguito solo quando il Presidente veneto stava visitando il nuovo plesso scolastico;
secondo quanto si è appreso sarebbe stato invertito il programma ufficiale che prevedeva l'inno di Mameli al taglio del nastro e successivamente, a fine cerimonia, il «Và Pensiero». Invece ha riferito un testimone, due persone dello staff del presidente avrebbero fatto presente agli amministratori e agli organizzatori che Zaia non avrebbe gradito l'inno nazionale nel clou dell'evento -:
se il Governo abbia intenzione di fare chiarezza sugli eventi, e se dovessero corrispondere al vero, di prendere le distanze e condannare un fatto gravissimo che umilia il Paese e la Costituzione italiana.
(4-07583)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
secondo la denuncia dell'Ordine nazionale dei geologi, ripresa dall'agenzia «ANSA» del 4 giugno 2010, sono ben 485mila le frane «censite» in Italia;
a parte gli irrisarcibili danni in termini di vite umane, queste migliaia di frane sono costate alla collettività «almeno dieci volte di più che predisporre un serio ed efficace piano di prevenzione e controllo»;
avvertono i geologi dell'Ordine nazionale che non considerare la prevenzione significa «giocare col fuoco»;
in occasione di un loro ormai imminente incontro nazionale, fissato il 16

giugno 2010, intendono presentare la «fotografia» della situazione nazionale e indicare i disastri evitabili;
in particolare sarà proposta l'istituzione del «geologo condotto», che controlli periodicamente le condizioni del territorio, soprattutto dove i rischi sono maggiori;
secondo il presidente dell'Ordine dei geologi del Lazio Eugenio Di Loreto: «Il geologo è una figura professionale che per i suoi studi e le sue competenze può stabilire lo stato di salute del territorio, ma nella pubblica amministrazione scarseggia la figura del geologo. È importante saper individuare le priorità, lo dimostra il fatto che dove i geologi ci sono, la gestione del territorio è diversa»;
la mancata prevenzione e le migliaia di frane, negli ultimi venti anni, secondo la professoressa Tiziana Guida, consulente dei geologi del Lazio, «è costato in media tre miliardi di euro l'anno» -:
quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano promuovere in ordine alla situazione sopra esposta.
(4-07563)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano Terra di giovedì 10 giugno 2010, lungo il torrente Oliva, nei pressi della spiaggia dove nel 1991 si arenò la Jolly Rosso, i carotaggi hanno individuato fanghi industriali e idrocarburi;
nel maggio 2010, la procura di Paola aveva consegnato all'allora assessore all'ambiente Silvio Greco un studio epidemiologico riferito all'area del fiume Oliva, nel quale si evidenziavano allarmanti problemi sanitari dovuti alla presenza di sostanze tossiche nocive. L'area faceva registrare infatti una radioattività più alta del normale, da tre a sei volte, con un incremento di leucemie e tumori;
dopo un mese di operazioni di carotaggio, è arrivata la conferma, di quanto già si sospettava, direttamente da parte del procuratore capo di Paola (Cosenza), Bruno Giordano: l'area ricadente tra i comuni di Amantea, Serra d'Aiello e Aiello Calabro, lungo l'alveo del fiume, negli anni Novanta è stata utilizzata come discarica per rifiuti tossici e nocivi;
l'articolo parla di buche estese quanto un campo di calcio e profonde probabilmente oltre 10 metri, riempite con fanghi industriali ed idrocarburi. Indiscrezioni hanno riferito della presenza di residui di altiforni, sicuramente non presenti in Calabria. Attraverso il posizionamento di piezometri lungo il corso del fiume, si sta cercando di capire se anche le falde acquifere siano state contaminate;
secondo Gianfranco Posa, portavoce del comitato civile Natale De Grazia: «Sono tanti e troppo estesi gli appezzamenti di terreno utilizzati nell'Oliva come discarica abusiva. Per realizzare un lavoro di tale portata non si può pensare al solo coinvolgimento di imprese "criminali", certamente vi è stata la connivenza - se non vera e propria complicità - di chi doveva controllare e non lo ha fatto»;
il movimento ambientalista che organizzò nell'ottobre 2009 la manifestazione ad Amantea, chiedendo «verità e giustizia sui casi delle navi dei veleni», ha chiesto ieri la «dichiarazione immediata dello stato di emergenza che vieti subito la pesca nel mare antistante il fiume Oliva ed in tutte quelle aree che possano essere contaminate dal flusso delle acque del fiume». Il movimento chiede anche di «riaprire l'inchiesta sulla Jolly Rosso, la motonave piaggiata ad Amantea il 14 dicembre del 1990, archiviata per ben due volte dalla procura di Paola»;
le trivellazioni continueranno tutto il mese di giugno 2010. L'attesa è ora rivolta

ai risultati delle analisi condotte dall'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Calabria -:
di quali informazioni siano in possesso i Ministri interrogati in merito a quanto in premessa riferito ed alle dimensioni dell'area interessata alla discarica di rifiuti tossici e nocivi;
se si intenda dichiarare lo stato di emergenza;
se e quali indagini siano state fatte sul pescato nel mare antistante il fiume Oliva ed in tutte quelle aree che possano essere contaminate dal flusso delle acque del fiume;
se e di quali tecnologie ci si intenda avvalere per il monitoraggio della contaminazione;
se sia noto quali iniziative siano state assunte in relazione alle bonifiche dei siti citati e se, vista la gravità di quanto riportato in premessa, non si intenda valutare l'opportunità di inserire tali aree tra i siti da bonificare di interesse nazionale.
(4-07573)

BOSI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel settembre 2006 è stato nominato, dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il dottor Mario Tozzi, Presidente dell'ente parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano - P.N.A.T.;
appena insediatosi nella carica, il dottor Tozzi in un'intervista rilasciata al periodico Trenta Giorni e resa nota l'11 ottobre 2006, tra l'altro affermò «Chiedevano che alla guida del Parco andasse un esponente del territorio? Questa è bella...come pretendere un pescatore ai vertici di una riserva marina.» ed inoltre «Ai Primi Cittadini elbani consiglio una seduta psicanalitica» ed ancora «l'Elba sconta un'arretratezza culturale impressionante»;
le suddette affermazioni, unite a numerose altre, tutte offensive nei confronti dell'Elba e delle istituzioni locali, suscitavano un coro di reazioni sdegnate di tutti i maggiori rappresentanti di dette istituzioni oltre al Presidente della regione che chiese al Ministro Pecoraro-Scanio un incontro chiarificatore; tutto ciò ha determinato un clima assai poco proficuo per un'auspicabile collaborazione;
la gestione, ormai quadriennale, del PNAT ha visto la scarsissima presenza in loco del Presidente risultando deficitaria sotto ogni profilo;
nei giorni scorsi il dottor Tozzi, nel presentare a Portoferraio un suo libro sull'esperienza alla guida dell'ente parco, è tornato ad usare espressioni offensive del tipo «Se non ci fosse il Parco assomiglierebbe già a Malta» e poi di ignoranza «Su cui soffia anche il vento dell'interesse politico di parte e della speculazione» ed individua una soluzione: la deportazione degli elbani in un altro Paese civile, ad esempio il Montenegro, spostando la popolazione di quel Paese all'Elba per ripristinare la salvaguardia dell'ambiente. Queste continue provocazioni hanno suscitato altre inevitabili risposte polemiche - forse ricercate - per trovare spazio sulla stampa ad un probabile lancio editoriale del libro -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione ai comportamenti di un presidente di ente pubblico di nomina governativa;
se, in considerazione del fatto che queste vicende sembrano rappresentare un ostacolo al positivo esercizio delle funzioni assegnate non ritenga di dover procedere ad una verifica dell'operato del presidente del P.N.A.T. ed assumere iniziative volte al ripristino dei corretti rapporti istituzionali.
(4-07584)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
il 25 febbraio 2010 il Sottosegretario Molgora, rispondendo all'interpellanza urgente 2-00585 presentata da deputati della Lega Nord in merito al regime tributario applicato alle somme che sarebbero state percepite dall'associazione «Italia dei Valori» a titolo di rimborso elettorale, aveva ravvisato la necessità di fare ulteriori accertamenti;
sono passati mesi senza una risposta da parte del Governo, mentre per esigenza di chiarezza e di trasparenza sulla gestione di tali somme, che contraddistingue il movimento politico al quale appartengono gli interpellanti, appare necessaria e non rinviabile una risposta definitiva e totalmente chiarificatrice -:
se siano stati effettuati gli opportuni approfondimenti in materia da parte degli organi competenti e quale ne sia stato l'esito.
(2-00755) «Donadi, Evangelisti, Borghesi».

Interrogazioni a risposta scritta:

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
in conseguenza del progressivo deterioramento delle condizioni finanziarie della Grecia, gli Stati membri della zona euro hanno espresso la comune volontà di intraprendere azioni determinate e coordinate per salvaguardare la stabilità finanziaria nell'insieme della zona euro;
a seguito anche della speculazione che ha innescato una profonda crisi dell'euro rispetto al dollaro e della necessità per tutti i Paesi dell'area euro di ridurre il debito pubblico, il Governo ha emanato il decreto legge n. 78, con lo scopo di ridurre il rapporto deficit/Prodotto interno lordo fino al 2,7 per cento nel 2012, attraverso un aggiustamento da 24 miliardi di euro nel biennio, fatto di riduzioni della spesa pubblica e lotta all'evasione fiscale;
una delle principali cause di crisi dell'euro, come da più parti viene riferito, è rappresentata dal fatto che Paesi troppo diversi tra loro sotto il profilo economico, finanziario e sociale sono stati inseriti nell'area euro in tempi troppo rapidi; il caso della Grecia è emblematico a questo proposito;
i Ministri delle finanze dell'Unione europea, dopo parecchi mesi di riflessione, hanno dato il via libera all'Estonia per l'ingresso nell'eurozona e, anche se manca ancora l'assenso formale del Consiglio dei Capi di Stato e di Governo e il secondo passaggio all'Ecofin nel mese di luglio 2010, dal 2011, l'Estonia sarà il 17o Paese ad adottare la moneta unica europea;
la fase delicata che l'economia europea sta vivendo dovrebbe far riflettere se in questo momento è opportuno l'ingresso di nuovi Paesi nell'area euro, tanto più che l'Estonia arriva da una drammatica crisi economica, presenta un trend al rialzo dell'inflazione e, viste le piccole dimensioni, non sarà in grado di apportare benefici al sistema economico europeo -:
se, visti gli indicatori economici dell'Estonia, il Governo ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative in sede europea per evitare l'ingresso nell'eurozona dell'Estonia in questa fase di forte crisi dell'economia europea.
(4-07574)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
lo Stato, attraverso il Ministero dell'economia e delle finanze detiene il diretto,

totale o parziale, controllo azionario in numerose e importanti società come Consip, Sogesid, Enav, Arcus, Rete autostrade mediterranee, Expo 2015, Sogin (l'elenco completo è pubblicato sul sito del Ministero) che svolgono rilevanti servizi per conto dello Stato e che spesso sono utilizzate come vere e proprie braccia operative dei Ministeri;
le predette società, dotate di vertici che agli interroganti appaiono spesso pletorici, con ampia autonomia amministrativa e finanziaria, gestiscono sostanziose risorse finanziarie e un considerevole numero di personale, spesso assunto direttamente e senza procedure ad evidenza pubblica, e si avvalgono anche di numerosi consulenti, scelti «intuitu personae»;
le società partecipate dal Ministero dell'economia e delle finanze, sebbene previsto dall'articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), non rendono note attraverso la pubblicazione sul sito web dell'amministrazione, l'indicazione nominativa dei destinatari di compensi e a quanto ammontano;
lo stesso articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) prescrive come nessun atto comportante spesa può ricevere attuazione, se non preventivamente reso noto, prevedendo che l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita;
un siffatto comportamento degli amministratori di società partecipate, oltre ad essere ad avviso degli interroganti, palesemente difforme dalla legge, non dando trasparenza ai contratti e ai compensi pagati ai consulenti, espone a rischi i vertici e i consulenti medesimi, in particolare al danno erariale, visto che, secondo la legge n. 244 del 2007 potrebbero essere costretti a rimborsare una somma pari a 10 volte l'ammontare della somma illegittimamente erogata, soprattutto alla luce di quanto stabilito dalla recente normativa promossa dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, che vieta a chi non adempie a questo onere di trasparenza, di firmare nuovi contratti di consulenza;
contravvenendo al principio della pubblicità degli atti, le società controllate dal Ministero dell'economia e delle finanze, che, si ricorda, sono partecipate totalmente o parzialmente con denaro dello Stato, finiscono per agire in piena autonomia e discrezionalità, sottraendosi così al controllo democratico esercitato attraverso anche l'informazione e la facilità di accesso ai dati, specie nell'attuale congiuntura economica che rende quanto mai opportuno ed etico conoscere l'utilizzo delle risorse loro assegnate, che si ricorda hanno natura pubblica -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza della situazione sopra descritta e se intendano adottare provvedimenti affinché le società partecipate provvedano, secondo i termini previsti dall'articolo 3, comma 44, della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), alla sollecita pubblicazione dei nomi e relativi importi percepiti dagli amministratori, dai consulenti e dai professionisti esterni sugli appositi siti web.
(4-07575)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta scritta:

MADIA e SAMPERI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010 diversi organi di stampa hanno riportato la notizia (http://ricerca.repubblica.it/archivio/repubblica/2010/05/27/nessuna-cifra-cancellera-lo-stupro.html) secondo la quale il tribunale di Torino, in un processo per violenza sessuale, ha emesso una sentenza di condanna nei confronti dello Stato italiano. Lo Stato, poiché i responsabili della violenza sono nullatenenti, è condannato al risarcimento

dei danni subiti dalla vittima, una donna di 25 anni. Il risarcimento è quantificato in 90.000 euro;
tale sentenza si poggia sul presupposto che lo Stato, secondo la direttiva comunitaria 2004/80/CE, avrebbe dovuto istituire uno fondo di risarcimento per le vittime di reati violenti, qualora i responsabili si sottraggano alla giustizia o siano inadempienti per altri motivi;
in data 29 novembre 2007 la Corte di giustizia delle comunità europee, nella causa C-112/07, ha condannato l'Italia per non aver adottato le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Consiglio del 29 aprile 2004, n. 2004/80/CE, relativa all'indennizzo delle vittime di reato;
il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 204, in vigore dal 24 novembre 2007, ha recepito la direttiva in questione. Il provvedimento regola sostanzialmente gli aspetti organizzativi e amministrativi della facoltà, da parte dei cittadini dell'Unione europea residenti e non residenti, di richiedere in Italia forme d'indennizzo per reati violenti commessi nel Paese. La copertura finanziaria della norma è stabilita in 56.000 euro;
secondo le medesime notizie di stampa, la tesi dell'avvocatura dello Stato, al processo, è stata che il decreto legislativo n. 204 del 2007 riguarderebbe soltanto i «sistemi di indennizzo per alcune categorie di vittime, quelle del terrorismo, dei reati di mafia, dell'usura, del disastro di Ustica e della banda della Uno bianca». Di parere opposto la sentenza del tribunale che impone allo Stato di non distinguere, nel risarcimento, tra diverse tipologie di reati violenti;
la citata direttiva stabilisce, infatti, all'articolo 12, paragrafo 2, «Tutti gli Stati membri provvedono a che le loro normative nazionali prevedano l'esistenza di un sistema di indennizzo delle vittime di reati intenzionali violenti commessi nei rispettivi territori, che garantisca un indennizzo equo ed adeguato delle vittime -:
quali siano gli intendimenti del Governo rispetto alle questioni aperte dalla sentenza di cui in premessa;
se intenda assumere iniziative volte ad adeguare l'ordinamento a quanto disposto dal tribunale di Torino, anche al fine di evitare altre sentenze di condanna;
se intenda adottare iniziative per rendere più capiente la copertura finanziaria del decreto legislativo n. 204 del 2007 al fine di disporre il pagamento di eventuali richieste di risarcimento da parte di vittime di reati violenti nelle condizioni di cui al decreto legislativo n. 204 del 2007.
(4-07564)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
sabato 5 giugno 2010 la prima firmataria del presente atto si è recata - insieme ai militanti radicali Monica Mischiatti e Matteo Angioli - in visita ispettiva presso il carcere bolognese della Dozza, il cui direttore attualmente è il dottor Palma Mercurio;
a fronte di una capienza regolamentare di 492 detenuti, nell'istituto penitenziario in questione si trovano ristrette 1.145 persone (il 65 per cento è di nazionalità straniera), di cui 1075 uomini e 70 donne; oltre a due bambini sotto i tre anni reclusi nelle celle con le loro madri; ciò provoca molti disagi e problemi organizzativi in quanto tutte le risorse dell'istituto sono tarate solo ed esclusivamente sulla capienza regolamentare;
la struttura ha bisogno di numerosi interventi di ristrutturazione, in particolare le docce sono carenti ed inadeguate, ciò anche in relazione all'elevato numero di detenuti; alle finestre, oltre alle sbarre, c'è una rete di protezione che, facendo filtrare poca luce, crea ulteriore disagio ai detenuti per scrivere e leggere;
nelle celle gli impianti elettrici non risultano a norma, con grave rischio per

l'incolumità dei detenuti e del personale, soprattutto in caso di incidente notturno, quando gli agenti di guardia sono ridotti all'osso e un intervento di soccorso dall'esterno richiederebbe troppo tempo per trarre in salvo le persone;
la drastica riduzione delle risorse determina la mancanza anche di beni di prima necessità come gli strumenti necessari a tenere pulita una cella e ciò mette in serio rischio l'igiene più che necessaria nelle condizioni di sovraffollamento riscontrate;
in genere nelle celle di 11 metri quadrati (bagno compreso) convivono tre detenuti; peraltro al momento della visita si contavano tre detenuti in isolamento per sospetta TBC;
per quanto possibile, i tossicodipendenti sono assegnati in tre sezioni di 75 persone e sono seguiti direttamente dal SERT;
il passaggio della sanità penitenziaria al Servizio sanitario nazionale, ha creato non pochi problemi organizzativi e gestionali, soprattutto in odontoiatria e assistenza psichiatrica, senza contare che le medicine di prima necessità sono a carico dei detenuti i quali sono costretti ad acquistarle all'esterno;
i problemi di cui sopra non sono venuti meno sebbene sia stato mantenuto il precedente personale sanitario, ciò anche a causa del fatto che il compito di coordinare il settore è stato assegnato a due manager esterni che si occupano anche di altro e non vivono né conoscono a fondo la difficile realtà sanitaria dell'istituto;
i detenuti occupati nelle diverse attività lavorative sono 120 ma, secondo quanto riferito dalla direzione dell'istituto, a seguito degli ulteriori tagli alle mercedi operati dal Ministero della giustizia di concerto con quello dell'economia e delle finanze, i lavoranti dovranno essere ridotti a circa 90 unità;
i volontari ammessi dalla direzione sono tantissimi; ogni giorno entrano in carcere circa 200 persone che contribuiscono - per quanto possibile - ad alleviare le sofferenze dei detenuti e del personale;
gli educatori, dopo lo sblocco di un vecchio concorso che ha consentito 6 nuove assunzioni, sono in tutto 8, compreso il capoarea, a fronte di una pianta organica che ne prevede 11;
gli agenti di polizia penitenziaria previsti in pianta organica sono 567, ma assegnati ve ne sono appena 520, di cui solo 379, al netto dei distacchi delle missioni e delle agenti in maternità. Peraltro attualmente di questi 379 circa 35 risultano essere in malattia;
solo una minoranza dei detenuti ha i familiari residenti in regione e tutto ciò comporta grandi sofferenze per coloro che raramente (spesso mai) hanno la possibilità di incontrare mogli, figli e genitori. A questo proposito si segnala il caso di Talbi Seifeddine che da sei mesi ha avanzato - senza ricevere risposta - la richiesta di trasferimento al carcere di Pisa, città dove vivono moglie e figlio di undici anni italiani;
un altro ragazzo Haddar Anis, avendo una condanna a 5 anni e otto mesi ed avendo già scontato tre anni e due mesi ha giustamente chiesto il trasferimento nel reparto penale senza essere costretto a convivere con persone in attesa di giudizio che hanno problematiche completamente diverse da chi ha ricevuto una condanna definitiva ed è in una situazione più stabile e segnata di chi non sa ancora quale sarà il futuro -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere della Dozza; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se la ASL di riferimento abbia fatto i previsti controlli periodici sull'idoneità igienico-sanitaria dell'intera struttura e se sia stata rilasciata secondo la normativa vigente

la necessaria dichiarazione di conformità di tutti gli impianti dell'istituto;
cosa intendano fare per rimuovere le diffuse situazioni di pericolo riscontrate dall'interrogante;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se, più in generale, visti gli attuali vuoti d'organico di cui soffre il Corpo dei «baschi azzurri», il Governo non intenda richiamare in servizio i quasi 2.000 agenti penitenziari distaccati tra Ministero e dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, il cui utilizzo sul campo risulterebbe quanto mai prezioso;
entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, in particolare se intenda procedere all'immediato rifacimento degli impianti-docce in modo da rendere il numero degli stessi adeguato a quello dei detenuti ivi ristretti;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di dare piena attuazione del principio della territorialità della pena previsto dall'ordinamento penitenziario, così che possano essere finalmente esercitate al meglio tutte quelle attività di sostegno e trattamento dei detenuti rinchiusi nel carcere della Dozza che richiedono relazioni stabili e assidue tra questi ultimi, i loro familiari ed i servizi territoriali della regione di residenza;
per quali motivi il detenuto Talbi Seifeddine non abbia ancora ottenuto il trasferimento presso il carcere di Pisa, città dove risiedono la moglie ed il figlio 11enne;
quali siano le ragioni che non consentano l'immediato trasferimento del detenuto Haddar Anis - condannato in via definitiva a 5 anni e 8 mesi ed attualmente ristretto insieme ai detenuti in atteso di giudizio - presso il reparto penale del carcere bolognese.
(4-07576)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti Orizzonti, associazione «Il Detenuto Ignoto», associazione «Antigone», associazione «A Buon Diritto», il pomeriggio del 12 giugno 2010, Francisco Caneo, 48enne, originario delle Filippine e condannato all'ergastolo, si è tolto la vita nel carcere di Opera;
nella casa di reclusione di Opera l'ultimo suicidio fu quello di Jonny Montenegrini, 32 anni, avvenuto l'11 settembre 2008. Negli ultimi 6 anni nel carcere di Opera sono morti 8 detenuti, di cui 5 per suicidio;
da inizio anno sono trascorsi 163 giorni e nelle carceri italiane i morti sono stati 89: 25 si sono impiccati, 6 sono deceduti dopo aver inalato del gas, 38 a causa di malattie e 20 per motivi «da accertare» (sui loro casi sono state avviate inchieste da parte della magistratura);

dal 1o gennaio 2000 ad oggi nelle carceri italiane sono morti 1.687 detenuti: 585 per suicidio, 7 uccisi da altri carcerati, 84 stroncati da overdose di sostanze stupefacenti. Le restanti 1.011 morti in cella sono da attribuire quasi tutte a «malori improvvisi», oppure a malattie non diagnosticate, o sottovalutate, o curate in maniera inadeguata. L'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) prevede che un detenuto in condizioni di salute critiche sia ricoverato in ospedale, per essere curato e, quando non c'è cura possibile, per consentirgli di morire da persona libera, ma, evidentemente, in almeno 100 casi l'anno questo non viene fatto;
in alcune decine di casi la causa della morte rimane ancora «da accertare» e i procedimenti giudiziari a volte si trascinano per anni senza riuscire a dare una risposta definitiva e convincente, almeno per i famigliari dei detenuti morti. Tra le vicende più controverse vi sono quelle di Marcello Lonzi, di Luigi Acquaviva, di Aldo Bianzino e di Stefano Cucchi;
ogni anno più di 150 detenuti muoiono in cella, di questi 50 o 60 si suicidano: numeri drammatici che da almeno vent'anni sono pressoché stabili;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, il numero dei suicidi potrebbe essere drasticamente diminuito se solo si rispettasse quanto previsto dall'ordinamento penitenziario nella parte in cui viene previsto che un detenuto debba rimanere in cella soltanto la notte in quanto nel corso dell'intera giornata allo stesso l'amministrazione penitenziaria dovrebbe offrire l'opportunità di lavorare, studiare, fare attività sportive e ricreative. Al contrario, oggi le predette disposizioni non vengono rispettate per mancanza di spazi, di soldi e di personale, al punto che, tranne in alcuni istituti di pena, i detenuti arrivano a trascorrere anche 20-22 ore al giorno chiusi in una cella, spesso sovraffollata, dove è possibile soltanto stare in branda ad aspettare il tempo che passa -:
nel rispetto e indipendentemente dall'inchiesta avviata dalla magistratura quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, dell'inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio di Francisco Caneo;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno e quali iniziative intenda assumere in proposito;
quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine all'esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà.
(4-07579)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'Osservatorio permanente sulle morti in carcere, composto da Radicali italiani, redazione Radiocarcere, redazione Ristretti orizzonti, associazione «Il Detenuto Ignoto», associazione «Antigone», associazione «A Buon Diritto», il pomeriggio del 12 giugno 2010, Luigi Coluccello, 55enne salentino, si è impiccato nel reparto infermeria del carcere di Lecce. Gli mancavano tre anni per terminare la pena;
per il carcere di Lecce si tratta del secondo suicidio del 2010 (il 28 maggio si è ucciso un detenuto straniero di 30 anni): dal 2004 ad oggi nel predetto istituto penitenziario sono morti 17 detenuti, di cui 13 per suicidio;

da inizio anno sono trascorsi 163 giorni e nelle carceri italiane i morti sono stati 89: 25 si sono impiccati, 6 sono deceduti dopo aver inalato del gas, 38 a causa di malattie e 20 per motivi «da accertare» (sui loro casi sono state avviate inchieste da parte della magistratura);
dal 1o gennaio 2000 ad oggi nelle carceri italiane sono morti 1.687 detenuti: 585 per suicidio, 7 uccisi da altri carcerati, 84 stroncati da overdose di sostanze stupefacenti. Le restanti 1.011 morti in cella sono da attribuire quasi tutte a «malori improvvisi», oppure a malattie non diagnosticate, o sottovalutate, o curate in maniera inadeguata. L'ordinamento penitenziario (legge n. 354 del 1975) prevede che un detenuto in condizioni di salute critiche sia ricoverato in ospedale, per essere curato e, quando non c'è cura possibile, per consentirgli di morire da persona libera, ma, evidentemente, in almeno 100 casi l'anno questo non viene fatto;
in alcune decine di casi la causa della morte rimane ancora «da accertare» e i procedimenti giudiziari a volte si trascinano per anni senza riuscire a dare una risposta definitiva e convincente, almeno per i famigliari dei detenuti morti. Tra le vicende più controverse vi sono quelle di Marcello Lonzi, di Luigi Acquaviva, di Aldo Bianzino e di Stefano Cucchi;
ogni anno più di 150 detenuti muoiono in cella, di questi 50 o 60 si suicidano: numeri drammatici che da almeno vent'anni sono pressoché stabili;
a giudizio della prima firmataria del presente atto, il numero dei suicidi potrebbe essere drasticamente diminuito se solo si rispettasse quanto previsto dall'ordinamento penitenziario nella parte in cui viene previsto che un detenuto debba rimanere in cella soltanto la notte in quanto nel corso dell'intera giornata allo stesso l'amministrazione penitenziaria dovrebbe offrire l'opportunità di lavorare, studiare, fare attività sportive e ricreative. Al contrario, oggi le predette disposizioni non vengono rispettate per mancanza di spazi, di soldi e di personale, al punto che, tranne in alcuni istituti di pena, i detenuti arrivano a trascorrere anche 20-22 ore al giorno chiusi in una cella, spesso sovraffollata, dove è possibile soltanto stare in branda ad aspettare che il tempo che passi -:
nel rispetto e indipendentemente dall'inchiesta avviata dalla magistratura quali siano gli intendimenti del Governo e quali siano gli esiti, allo stato, della inchiesta avviata nell'ambito dell'amministrazione penitenziaria al fine di accertare modalità ed eventuali responsabilità in ordine al suicidio di Luigi Coluccello;
se il Governo non ritenga che l'alto tasso di atti di autolesionismo e di suicidi in carcere dipenda anche dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno;
quali iniziative intenda porre in essere affinché gli indirizzi di gestione del sistema penitenziario siano conformi ai princìpi del nuovo regolamento penitenziario in ordine agli interventi di trattamento del detenuto;
quali siano gli intendimenti del Governo in ordine alla esigenza di riforma della legge n. 354 del 26 luglio 1975 e dunque dell'ordinamento penitenziario e dei criteri di esecuzione delle pene e delle altre misure privative o limitative della libertà.
(4-07580)

LABOCCETTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano la Gazzetta del Mezzogiorno, sia nell'edizione cartacea che in quella on-line - www.gazzettadelmezzogiorno.it - il 10 giugno 2010, pubblicava la notizia relativa al comportamento tenuto dal sostituto procuratore della Repubblica Michele Ruggiero, in servizio presso la procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, il quale immediatamente dopo aver compiuto un atto di indagine ne avrebbe dato notizia ad una giornalista;
con particolare clamore, poi, lo stesso 10 giugno 2010 anche le testate televisive riportavano la notizia del comportamento

del Pubblico Ministero in questione, dando altresì notizia che la sua posizione fosse al vaglio della procura di Bari e che, nel caso di iscrizione del magistrato nel registro degli indagati per il delitto di rivelazione di segreto di ufficio, competente a conoscere il fatto sarebbe stata l'autorità giudiziaria di Lecce;
il fatto riportato appare particolarmente grave, perché le audizioni erano state per necessità di indagine secretate, al fine di rafforzare la tutela rispetto alla segretezza delle indagini, segretezza che andava primariamente garantita dallo stesso titolare del fascicolo di indagine;
dal colloquio intercettato traspare, a parere dell'interrogante, una inopportuna confidenzialità tra la giornalista ed il dottor Ruggiero, confidenzialità, che, e questa volta oggettivamente, appare contraria al dovere di riservatezza che si impone al magistrato, anche a norma dell'articolo 1 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109;
in particolare, con il suo comportamento il dottor Ruggiero appare avere violato le norme di disciplina contenute nell'articolo 2 del detto decreto, in particolare il divieto della divulgazione degli atti del procedimento, il divieto di rendere pubbliche le dichiarazioni sui fascicoli in trattazione, il divieto di intrattenere rapporti con organi di informazione e di sollecitare la pubblicità di notizie, ovverossia, come traspare dalla conversazione intercettata, di costituire e di utilizzare canali informativi personali riservati o privilegiati;
quest'ultimo episodio venuto alla luce conferma quanto emerge da una letteratura ormai vasta che ipotizza l'esistenza di un circuito mediatico-giudiziario, da tanti ritenuto pericoloso per la democrazia;
accadimenti come quelli evidenziati ad avviso dell'interrogante costituiscono attacchi alla credibilità, al prestigio ed al decoro dell'istituzione giudiziaria -:
se sia a conoscenza dei fatti che sono stati sin qui esposti;
se siano stati disposti gli opportuni accertamenti anche di tipo ispettivo riguardo ai comportamenti di questo magistrato;
quali altre iniziative intenda porre in essere per impedire che nel futuro fatti simili abbiano a verificarsi.
(4-07585)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
durante una visita ispettiva realizzata sabato 15 maggio 2010 da una delegazione radicale nella struttura di Quarto d'Asti (Asti) era stata segnalata alla direttrice del carcere, Elena Lombardi Vallari, la pessima situazione, di cui si era a conoscenza, delle attrezzature e strutture adibite alla produzione di prodotti agricoli del progetto Agribio;
la stessa direttrice aveva addotto a motivazione di tale abbandono la carenza di personale e, quindi, l'impossibilità di garantire adeguata sorveglianza ai detenuti potenzialmente impiegabili nello svolgimento dei lavori agricoli;
come in quasi tutte le strutture nazionali anche in questo caso, oltre il sovraffollamento e la carenza di agenti di polizia penitenziaria, è stata verificata durante l'ispezione la permanenza in cella della maggior parte dei detenuti per oltre 20 ore giornaliere;
tale stato di degrado complessivo potrebbe essere alleviato dalla concreta messa in opera di attività che possono in tutta evidenza essere garantite esclusivamente dalla presenza di un numero adeguato di agenti, in rapporto ad un numero sempre crescente di detenuti;
il 19 maggio 2010 un comunicato della segreteria provinciale dell'OSAPP denunciava pubblicamente gravi disfunzioni relativamente alla casa circondariale di Quarto d'Asti (Asti) per quanto riguarda la pessima gestione dell'area giardinaggio/Agribio;

nel documento si poneva l'accento sullo stato di degrado delle attrezzature di confezionamento e conservazione prodotti, sulle serre in decadenza e abbandono, su altre attrezzature che sebbene mai - o quasi mai - utilizzate sono oggetto di riparazioni o di sostituzione e sullo stato di degrado dei locali adibiti; si sottolineava inoltre che le celle frigorifere destinate alla conservazione dei prodotti risultano essere vuote anche se attive continuativamente;
La Stampa del 26 maggio 2010 nella cronaca di Asti riprendeva la notizia riportando al contempo l'impegno della direttrice a monitorare la situazione e a ripristinare le strutture;
ad oggi un'attività che poteva essere un fiore all'occhiello della struttura è nei fatti cessata per carenze di finanziamenti e di personale -:
se sia a conoscenza della situazione di degrado in cui versa la struttura carceraria di Quarto d'Asti;
se sia a conoscenza del fatto che il progetto Agribio, lanciato con enfasi qualche anno addietro, ad oggi è sostanzialmente fermo e non impegna come dovrebbe parte dei detenuti della struttura;
quali provvedimenti urgenti intenda attuare per porre rimedio alla situazione e consentire un ripristino completo delle attività agricole all'interno e all'esterno della struttura, posto che ciò che sta avvenendo all'interno della struttura di Quarto d'Asti appare uno sperpero di denaro pubblico.
(4-07588)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010 il quotidiano online www.primadinoi.it ha pubblicato la seguente notizia: «Mafia. Detenuto chiede i domiciliari per gravi problemi di salute. SULMONA. Due interventi chirurgici subiti nel giro di un mese e un terzo che dovrebbe essere eseguito in questi giorni per un'improvvisa occlusione intestinale». Una storia tra malasanità e malagiustizia quella di Giuseppe Paratore, messinese di 41 anni, da 8 anni in carcere per associazione mafiosa. L'uomo termina di saldare il suo conto con la giustizia alla fine di quest'anno e tramite il suo avvocato, Pietro Luccisano del foro di Messina, ha chiesto al giudice di sorveglianza del tribunale dell'Aquila, di poter scontare il resto della pena agli arresti domiciliari, per poter avere i familiari al suo fianco, in questo momento difficile. In ospedale è, infatti, costantemente piantonato dagli agenti come fosse in cella. «Dopo due interventi chirurgici che non hanno risolto il suo problema clinico», afferma il legale siciliano all'agenzia Ansa, «il mio assistito dovrà essere operato una terza volta. Proprio per la gravità della situazione, ho fatto istanza di rinvio dell'esecuzione della pena, o in alternativa ho chiesto la concessione dei domiciliari che sconterebbe in ospedale. Ad oggi la mia richiesta non ha ricevuto nessuna risposta». Paratore si è sentito male nel mese di aprile per problemi ai diverticoli, il 10 dello stesso mese è stato operato una prima volta. Tornato in carcere, dopo qualche giorno ha avuto delle complicazioni. Nei primi giorni di maggio ha subito un secondo intervento chirurgico e da allora è sempre rimasto in ospedale. Nei giorni scorsi di nuovo complicazioni e dovrà essere rioperato. «La moglie è disperata», conclude l'avvocato, «e lui è spaventato e solo»;
la prima firmataria del presente atto ha effettuato più visite ispettive al carcere di Sulmona ed ha raccolto, oltre a quanto rappresentato nel presente atto, numerose lamentele da parte dei detenuti in merito all'assistenza sanitaria ricevuta tali segnalazioni hanno ingenerato negli interroganti perplessità sull'effettiva garanzia dei livelli essenziali di assistenza per i detenuti del carcere di Sulmona -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza della notizia riportata in premessa;
quali iniziative di competenza intendano intraprendere, negli ambiti delle loro

rispettive competenze, affinché sia verificato se il signor Giuseppe Paratore sia stato seguito sia dal punto di vista sanitario che detentivo come richiedevano le sue precarie condizioni di salute;
se non ritengano di dover valutare approfonditamente il modo in cui sono curati i detenuti e se siano garantiti i loro diritti fondamentali in primis, quello alla salute.
(4-07589)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in una delle ultime inchieste di Altroconsumo, associazione per la difesa del consumatore, è emersa una situazione altamente a rischio per ciò che concerne la viabilità urbana ed extraurbana. L'associazione ha passato al setaccio circa 2500 chilometri della nostra rete stradale, evidenziando molti punti di rischio, con una documentazione sia fotografica che video. Molte sono le situazioni di pericolo soprattutto per i motociclisti a causa di pali in mezzo alla strada, assenza di guard rail, scarpate senza protezioni, dossi non segnalati. La maggior parte degli incidenti, oltre all'imprudenza dei motociclisti e automobilisti, è originata dalla scarsa sicurezza autostradale causata da una cattiva gestione e da investimenti miopi. Controllando bene i bilanci dello Stato, molte sono le risorse messe in campo ed investite per la manutenzione delle strade, calcolate in 5 miliardi di euro all'anno. A tali fondi si aggiungono le quote provenienti dal pedaggio autostradale che le società private gestiscono per ammortizzare i loro investimenti senza peraltro raggiungere la fase di ammortamento;
i maggiori costi dunque sono a carico del cittadino, che rischia quotidianamente la vita a causa del dissesto della nostra rete autostradale;
è opportuno non sottovalutare il grido d'allarme lanciato dalle varie associazioni dei consumatori, ma intervenire per ammodernare le nostre infrastrutture e ridurre le concause delle morti sulle strade -:
se il Ministro sia a conoscenza della pericolosa situazione connessa alla cosiddetta emergenza nella viabilità stradale;
quali forme di controllo il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti intenda attuare per evitare eventuali cattivi investimenti;
se siano previste ulteriori forme di investimento per la manutenzione e la messa in sicurezza delle nostre strade.
(4-07568)

SCILIPOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il volo Roma-Catania di venerdì 28 maggio 2010 ore 11,10 della compagnia Wind Jet è partito con un'ora di ritardo con tutti i passeggeri ma, all'insaputa di tutti, con solo metà dei loro bagagli;
consta all'interrogante che le valigie di circa 40 persone erano rimaste a Roma: era stato comunicato che sarebbero state imbarcate, ma non erano state fornite garanzie sui tempi;
la Wind Jet non recapita il bagaglio a casa, ma è necessario recuperarlo all'aeroporto. Chi abita a 100-200 chilometri di distanza è costretto a spendere per riavere la propria valigia, per l'imbarco della quale si paga un costo di 10 euro;
sono evidenti i disagi per i turisti e non solo, ma anche per le famiglie in

viaggio con neonati o bambini, i disabili, gli anziani, i viaggiatori comuni -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
se il Ministro interrogato, a fronte del caso riportato, intenda adottare iniziative, per quanto di competenza, atte a rendere uniformi gli obblighi delle compagnie aeree nei confronti dei passeggeri e dei loro diritti, anche di semplice ma doverosa informazione, e a tutelarli da carenze organizzative;
se, in carenza di chiare normative a difesa dei viaggiatori, il Ministro interrogato voglia adottare misure urgenti e assumere iniziative normative per evitare che possano ripetersi, come spesso succede, accadimenti che causano notevoli disagi e non indifferenti danni economici ai passeggeri.
(4-07572)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
l'azienda Eutelia-Agile è un gruppo societario che fa capo alla famiglia Landi di Arezzo, che ha realizzato per un certo periodo grandi profitti attraverso grandi commesse pubbliche, acquisendo imprese ed assumendo centinaia e centinaia di lavoratori;
da un certo punto in poi il management non ha più fatto fronte ai debiti e perciò il titolo in borsa è stato congelato e sono state avviate procedure giudiziarie pre-fallimentari ed anche procedimenti penali presso il tribunale di Arezzo, determinando la mancanza di lavoro per tutti i suoi dipendenti;
la vicenda dell'azienda Eutelia-Agile è divenuta, come noto, uno dei più conosciuti esempi di crisi industriale che incide sulla vita delle persone, dei lavoratori e delle loro famiglie, dal momento che essi non percepiscono da molti mesi la retribuzione e l'orizzonte che si prospetta non è incoraggiante;
in questo contesto, sono state avviate, per mesi, diverse iniziative di mobilitazione dei lavoratori dell'azienda Eutelia-Agile, attraverso forme di protesta sempre pacifica, per far sì che essi non divenissero invisibili e per richiamare l'attenzione di tutte le istituzioni a diverso livello fino al coinvolgimento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta, dal quale si attendono indicazioni e percorsi risolutivi;
numerosi sono stati gli atti di sindacato ispettivo presentati dal Gruppo PD alla Camera dei deputati attraverso interpellanze (autunno 2009) a cui si aggiunge più recentemente un ordine del giorno (27 aprile 2010) presentato in Assemblea durante la conversione del decreto-legge cosiddetto «incentivi». Analoghe iniziative sono state presentate al Senato dal gruppo parlamentare del PD;
l'11 marzo 2010, la protesta, esasperata da comportamenti secondo gli interpellanti poco responsabili della controparte aziendale, ha visto una raccolta di lavoratori Eutelia-Agile per strada, in Roma, nelle vicinanze della Camera dei deputati, con l'esibizione di striscioni e la partecipazione delle loro famiglie. A questa manifestazione hanno doverosamente preso parte alcuni deputati del Partito Democratico, tra cui gli onorevoli Esposito, Boccuzzi e Vico;
del tutto inaspettatamente, durante questa manifestazione, i deputati Boccuzzi, Esposito e Vico sono stati identificati dalla polizia di Stato e successivamente, nel mese di maggio 2010, agli stessi è stato notificato un verbale di contestazione da parte della questura di Roma (commissariato di pubblica sicurezza «Trevi Campo Marzio») di sottoposizione a procedimento amministrativo sanzionatorio per blocco stradale ai sensi di una legge del 1948, emendata nel 1999;
la medesima sanzione pecuniaria è stata comminata anche ad alcuni lavoratori

(circa 20 persone) che agli interpellanti risultano, non essere mai stati identificati in piazza durante il corso dell'iniziativa;
dal documento di polizia risulta che i deputati sono stati indicati come gli istigatori del blocco stradale -:
quali siano gli elementi di cui il Governo disponga in ordine agli accadimenti sopra delineati, in particolare per quanto concerne le modalità di individuazione dei lavoratori nei confronti dei quali sono stati adottati i provvedimenti sanzionatori, e quali iniziative intenda assumere al fine di verificare la piena conformità alla normativa vigente del procedimento che ha portato all'applicazione di pesanti sanzioni, in un contesto di pacifica manifestazione di un grave disagio sociale ed economico, con il diretto coinvolgimento di rappresentanti parlamentari.
(2-00756) «Boccia, Maran, Andrea Orlando, Ginefra, Recchia, Marantelli, Rossomando, Velo, Mosca, Vaccaro, Dal Moro, Vico, Esposito, Boccuzzi, Graziano, Berretta, Genovese, Laratta, Laganà Fortugno, Oliverio, Cesare Marini, Lulli, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Colaninno, Marchioni, Mastromauro, Peluffo, Quartiani, Letta, Bordo, Causi, Capodicasa, Grassi, Losacco».

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 9 giugno 2010 il quotidiano Repubblica pubblicava un articolo a firma di Attilio Bolzoni dal titolo «Il superpoliziotto La Barbera era un agente dei Servizi» con cui viene data la notizia del rinvenimento di un documento inviato dall'Aisi (l'Agenzia per la sicurezza interna) ai procuratori di Caltanissetta che indagano su Capaci e via Mariano D'Amelio;
secondo il giornalista il prefetto Arnaldo La Barbera, deceduto nel settembre del 2002, «in realtà era al soldo del Sisde con una regolare retribuzione registrata nel fascicolo spedito qualche settimana fa agli inquirenti siciliani. Un'anomalia - capo della mobile di Palermo e "fonte Catullo" - ...»;
il medesimo giorno l'agenzia di stampa Il Velino, con un comunicato delle ore 18.59 riprende la notizia e la amplia con delle considerazioni che meritano di essere riportate integralmente nel presente atto di sindacato ispettivo «POL - Stragi, se «Catullo» è l'alibi per coprire gli errori dei magistrati - Roma, 9 giù (Il Velino) - Arnaldo La Barbera serviva due padroni, la polizia di Stato e i servizi segreti (l'ex Sisde). È quanto emergerebbe da una nota che il Dis, Dipartimento per l'informazione e la sicurezza, avrebbe inviato segretamente ai magistrati di Caltanissetta che indagano sulle stragi di Capaci e di Via D'Amelio. La «fonte Catullo», questa in codice la scheda intestata a La Barbera, già all'epoca, fra gli anni Ottanta e i primi anni Novanta, della sua nomina a capo della squadra mobile di Palermo serviva lo Stato da due sponde e il doppio «incarico» lo rivestì pure successivamente alle stragi, quando fu chiamato a guidare un pool di poliziotti per scoprire autori e mandanti delle stragi coordinato dai magistrati di Caltanissetta. Perché La Barbera (nel 2001 guidò da vice-capo della polizia, su delega di Gianni De Gennaro, le operazioni al G8 di Genova e prima di morire, nel 2002, fu vicedirettore dell'ex Cesis, oggi Dis) fu autorizzato a rivestire due parti in commedia è tutto da verificare, ma non sarà difficile. Gli ex direttori del Sisde, infatti, sono ancora in vita, così come lo è De Gennaro che lo volle accanto a sé quale vice-capo. E non dovrebbe neppure essere tanto difficile sapere dei suoi rapporti, se effettivamente ci furono, con Vincenzo Scarantino, l'uomo che si autoaccusò di aver rubato la 126 Fiat che

imbottita di tritolo uccise Paolo Borsellino e gli uomini della scorta, salvo poi pentirsi di essersi pentito e, oggi, definitivamente sconfessato da un altro pentito, Gaspare Spatuzza, che ha dimostrato agli inquirenti che fu lui e non Scarantino a rubare la 126 (ha indicato luogo e dettagli mai forniti, e come poteva farlo, da Scarantino). Non dovrebbe neppure essere difficile comprendere perché quando quest'ultimo decise di vuotare il sacco e non reggendo più le menzogne confessò di essere stato costretto da inquirenti (si svolsero a Catania anche delle indagini, ma non si approdò a nulla) e investigatori ad inventarsi tutto sulla strage di Via D'Amelio, non fu creduto, tanto che sconta ancora in carcere la pena per una strage alla quale appare ormai certo non partecipò. Anzi, la Corte di Cassazione nella sentenza del 3 luglio del 2003, scriveva: «Non regge la tesi dell'indottrinamento/manipolazione da parte degli investigatori. Dall'esame del dottor La Barbera emerge la linearità del percorso collaborativo di Scarantino»; e definiva le sue dichiarazioni (quelle che tentò inutilmente di ritrattare, ma non fu mai creduto): «nitide, nonché ricche di dettagli, con variazioni e correzioni di modesta entità giustificabile..». E ciò, nonostante, fra una ritrattazione e l'altra Scarantino avesse rivelato precedentemente: «La Barbera mi disse che mi sarei fatto solo qualche mese di galera e che mi avrebbe dato duecento milioni. Ma a me non interessavano i piccioli». Una vicenda incredibile che nessun magistrato cercò di appurare e verificare con maggior precisione nonostante altri pentiti avallassero le «ritrattazioni» di Scarantino. Perfino Giovanni Brusca, uno dei pentiti più accreditati da diverse procure, sollevò più di un dubbio e in due occasioni. La prima nel corso di un processo a Catania sulle «stragi», qualche anno fa dichiarò: «Ci sono innocenti in carcere per l'eccidio di via D'Amelio». La seconda quando riferì di aver chiesto a Totò Riina se «quelli si sono fatti sentire» (cioè se Aglieri e il vicecapo del mandamento Carlo Greco avessero o meno partecipato alla strage) e di aver avuto per risposta: «non li ho chiamati e non si sono fatti sentire». Oggi sulla «fonte Catullo» si cerca di scaricare il peso di errori che furono commessi e avvallati da piemme e vertici investigativi che incuranti delle «evidenze» contrarie presero per buone montagne di bugie. (vum) 9 giù 2010 18:59»;
in una delle ultime udienze dibattimentali del processo cosiddetto «Borsellino 1o» la difesa dello Scarantino ha prodotto alcuni verbali di interrogatorio resi precedentemente dal predetto Scarantino all'ufficio di procura di Caltanissetta infarciti di «segnalibri» ed annotazioni con indicate circostanze, nomi e fatti diversi da quelli dallo stesso già narrati e poi, nei successivi suoi interrogatori, «adeguati» opportunamente, nonché un promemoria manoscritto a carattere stampatello concernente circostanze relative a persone e cose composto di due facciate e mezzo di foglio protocollo;
in esito al suddetto processo gli imputati di strage accusati dallo Scarantino sono stati assolti dal reato principale;
in data 13 febbraio 1999 la corte di assise di Caltanissetta giudicando sul processo cosiddetto «Borsellino-bis» a carico di altri presunti autori dell'efferato delitto ha anch'essa assolto dal delitto di strage ben otto degli imputati accusati dallo Scarantino; ormai, è un dato acquisito e divulgato che molti dei cosiddetti collaboratori di giustizia si incontrano tra loro anche per concordare accuse e dichiarazioni e , nella specie, lo Scarantino ha financo prodotto atti e documenti non firmati e da lui acquisiti durante il periodo in cui è stato sottoposto a regime di rigorosa protezione;
in merito ai rapporti tra Vincenzo Scarantino e Arnaldo La Barbera, il Ministro della giustizia pro tempore, rispondendo all'interrogazione a risposta scritta n. 4-20428, presentata il 20 settembre 2000 dal senatore Novi Emiddio, affermò che «...la tesi delle minacce e dell'iniquo trattamento penitenziario dal predetto asseritamente subiti si inserisce, chiaramente, in un preciso quadro strategico volto al reperimento di una giustificazione alle accuse rivolte agli altri correi della strage nel

momento in cui il medesimo adottò la decisione di ritrattare quanto in precedenza dichiarato. Non possono, avuto riguardo alla prospettiva sopra delineata, sottrarsi ad un giudizio di evidente inverosimiglianza e di palese infondatezza le affermazioni dello Scarantino concernenti le subite minacce di morte da parte del dottor Arnaldo La Barbera - all'epoca dirigente del gruppo investigativo «Falcone-Borsellino» - e della dottoressa Ilda Boccassini - all'epoca sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Caltanissetta...«ed infine, per lumeggiare in pieno la personalità dello Scarantino ed aver ancora una volta la riprova che la sua ritrattazione non è stata frutto di una spontanea determinazione, è significativo riportare alcuni passi di una lettera che lo stesso ha inviato dal carcere di Velletri al procuratore distrettuale di Caltanissetta...nella quale esprime con sincerità, anche se in rozzo italiano, le sue scuse, giurando sull'anima del padre che non avrebbe mai voluto parlare contro i magistrati di Caltanissetta...ma che purtroppo si è lasciato andare ad accusare i colleghi» del predetto procuratore.» -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti narrati;
per quanto tempo e con quale incarico Arnaldo La Barbera sia stato al servizio del Sisde, prima di essere nominato vice-direttore del Cesis;
quali siano le informazioni che Arnaldo La Barbera abbia fornito al Sisde, per quale motivo, con quali compensi e con quali motivazioni siano stati erogati, e se tali erogazioni di denaro siano state effettuate conformemente alle leggi all'epoca vigenti;
in merito alle dichiarazioni di Scarantino, riportate dall'agenzia stampa II Velino, «... «La Barbera mi disse che mi sarei fatto solo qualche mese di galera e che mi avrebbe dato duecento milioni.»...», se i Ministri non ritengano che «Una vicenda incredibile che nessun magistrato cercò di appurare e verificare con maggior precisione nonostante altri pentiti avallassero le «ritrattazioni» di Scarantino.», vada immediatamente chiarita;
quale sia la provenienza della riferita somma di denaro che La Barbera avrebbe promesso a Scarantino e per quali motivi;
se i Ministri non ritengano doveroso e necessario chiarire la vicenda in premessa che sotto differenti «letture» sembra voler, per un verso gettare discredito sul prefetto Arnaldo La Barbera che viene descritto come un servitore di due padroni, mentre per l'altro sollevare il dubbio che sullo stesso poliziotto, deceduto nel 2002 si cerca di scaricare il peso di una lunga serie di errori che furono commessi e avvallati da piemme e vertici investigativi;
quanti siano attualmente i «pentiti» collaboratori di giustizia che beneficiano dei programmi di protezione, quali i costi e quanti di questi abbiano collaborato con il Sisde, o collaborino ancora oggi con l'Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI).
(4-07582)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel mese di luglio 2011 verrà riaperta la graduatoria del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario (ATA) per le supplenze brevi nelle scuole statali;
in tale graduatoria permanente della prima fascia attualmente sono iscritti migliaia di collaboratori scolastici precari che in tanti anni di lavoro, anche con sacrifici, hanno acquisito le competenze necessarie al proprio ruolo;
tale ruolo non riguarda soltanto la mera pulizia dei locali, ma anche la vigilanza, il rapporto quotidiano con gli alunni, i docenti e i genitori, il supporto degli

allievi diversamente abili, il supporto necessario per l'espletamento dei progetti relativi al piano dell'offerta formativa (POF), l'applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 su salute e sicurezza sul luogo di lavoro;
negli ultimi anni, al personale di cooperative o di ditte, utilizzati per la mera pulizia delle scuole, a seguito di gare d'appalto, nonché a lavoratori socialmente utili, o di ditte in cassa integrazione, è stato accordato per la prima volta il riconoscimento del punteggio derivato dal lavoro svolto presso le istituzioni scolastiche alle dipendenze delle ditte e cooperative citate;
un eventuale inserimento di suddetto personale nella graduatoria del personale ATA sconvolgerebbe la graduatoria permanente della prima fascia ed i collaboratori scolastici precari interni alla graduatoria in questione, pur avendo idonea qualifica, potrebbero venir scavalcati da altri che non hanno tale qualifica né le competenze relative -:
se nella graduatoria menzionata in premessa confluiranno solo i collaboratori scolastici precari (come previsto dalle vigenti normative), che già ne fanno parte con la qualifica specifica di collaboratore scolastico, aprendo di nuovo la graduatoria anche a coloro i quali, in possesso di analoga qualifica, hanno esercitato appieno tali mansioni nel periodo in cui la graduatoria era chiusa, oppure se s'intenda inserirvi anche personale delle cooperative o di ditte o lavoratori socialmente utili che hanno concorso in questi anni alla mera pulizia delle scuole e che non possiedono le competenze indispensabili a tutto quanto attiene alla vigilanza, al rapporto quotidiano con alunni, docenti e genitori, al supporto degli allievi diversamente abili, al supporto necessario per l'espletamento dei progetti relativi al piano dell'offerta formativa, all'applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008.
(5-03046)

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è in corso la revisione delle classi di concorso per l'insegnamento nelle scuole secondarie;
sono state emanate due note ministeriali - la n. 1348 del 21 aprile 2010 e n. 4968 dell'11 maggio 2010 - che stabiliscono la confluenza delle vecchie classi di concorso nei nuovi insegnamenti del primo anno degli istituti superiori secondo la riforma della scuola superiore in vigore dal prossimo anno;
in base a dette note ministeriali diversi insegnamenti vengono trattati come «atipici» con lo scopo di assegnarli a più di una classe di concorso;
i criteri con cui viene attribuita l'atipicità agli insegnamenti risultano, a parere dell'interrogante, non conformi alla normativa vigente;
tale non conformità deriva dal fatto che l'atipicità fino ad oggi era connessa ad esigenze di omogeneità di consigli di classe, di omogeneità della sezione, di continuità didattica (si confronti ordinanza ministeriale 1996), mentre ora la si vuole legare esclusivamente ad esigenze di risparmio economico;
le esigenze di risparmio economico determinano la necessità di reintegrare il personale perdente posto e attraverso un'applicazione impropria e approssimativa del concetto di atipicità si arriva a utilizzare classi di concorso di uno stesso ambito disciplinare o di ambiti disciplinari affini in istituti all'interno dei quali è previsto dalla normativa vigente l'utilizzo di classi di concorso superiori perché più specializzate, in quanto concepite appositamente per l'insegnamento in quegli istituti;
è esattamente in virtù di un'applicazione impropria di questo principio che si propone di utilizzare le classi di concorso di ambito disciplinare letterario, in base alle sopra citate note ministeriali, in istituti in cui non è previsto che possano insegnare;

le classi di concorso in questione, secondo la dicitura tradizionale, sono le seguenti:
- A051: lettere, latino nei licei e istituti magistrali;
- A050: lettere negli istituti di istruzione secondaria di II grado;
la suddivisione delle classi di concorso dell'ambito disciplinare di lettere serve ad assegnare agli insegnanti cattedre nelle diverse tipologie di istituti secondari di II grado e dalle tabelle dei decreti ministeriali del 2 marzo 1972 (recante indicazioni circa le nuove classi di abilitazione all'insegnamento secondario e nuove classi di concorso a cattedre), del 3 settembre 1982 (recante indicazioni circa le nuove classi di concorso a cattedre) e n. 39 del 30 gennaio 1998 (testo coordinato delle classi di concorso) risulta, con chiarezza, la seguente associazione delle classi di concorso ai diversi insegnamenti dei vari istituti superiori:
A051: italiano, latino, storia, educazione civica, geografia al biennio del liceo scientifico, italiano e latino al triennio del liceo classico e scientifico; italiano, latino, storia educazione civica, geografia al primo anno dell'istituto magistrale, italiano e storia al triennio;
A050: lettere italiane, storia, educazione civica negli istituti magistrali; lingua e lettere italiane. Lingua italiana. Lettere italiane, storia ed educazione civica. Geografia. Italiano, storia, geografia. Lingua e lettere italiane, storia negli istituti tecnici. Lingue, lettere italiane e storia. Cultura generale ed educazione civica, letteratura e storia dello spettacolo. Letterature straniere. Italiano. Storia negli istituti professionali; letteratura e storia nei licei artistici; lettere italiane e storia. Lingua italiana, storia ed educazione civica, geografia negli istituti d'arte; lingua italiana, storia della chiesa, educazione civica e geografia. Cultura liturgica nell'istituto per la decorazione e l'arredo nella chiesa; lingua e letteratura italiana storia educazione civica e geografia nella scuola magistrale;
ogni classe di concorso più alta possiede i requisiti professionali e i titoli necessari per insegnare in quelle inferiori (si parla a questo proposito infatti di «abilitazioni a cascata» si confronti decreto ministeriale n. 354 del 1998) e quindi la classe di concorso A051 è abilitata all'insegnamento delle materie letterarie in qualsiasi istituto secondario inferiore o superiore ad esclusione del ginnasio del liceo classico;
non è vero il contrario, e quindi alla classe di concorso A050 è stata indebitamente estesa la possibilità di prestare servizio in tutti i licei, laddove i docenti in possesso di abilitazione A050 possono insegnare solo nei licei artistici e negli istituti tecnici e professionali (si vedano le tabelle allegate al decreto-legge n. 39 del 30 gennaio 1998);
in base a tale applicazione dubbia sul piano della legittimità della atipicità nei licei in cui è previsto l'insegnamento del latino (liceo scientifico, linguistico e delle scienze umane) si arriverà ad assegnare gli insegnamenti di latino e di italiano a due diversi docenti con gravissime ripercussioni sulla didattica di queste due materie caratterizzate da un elevato grado di interdisciplinarietà. In tale modo, si comprometterà definitivamente la possibilità degli studenti di apprendere in maniera proficua la lingua latina - di per sé già fortemente limitata dalla diminuzione delle ore di latino sull'intero quinquennio - anche nella sua dimensione diacronica, nonché di cogliere i legami di continuità tra la produzione letteraria delle due culture: latina e italiana. In particolare, il liceo scientifico italiano che si è sempre contraddistinto per la sua duplice natura, coniugare la vocazione prettamente scientifica ad un'approfondita formazione umanistica, perderà la sua peculiarità;
inoltre, nella nota 1348 si specifica che «l'assegnazione all'una o all'altra classe di concorso deve mirare prioritariamente a salvaguardare la titolarità dei docenti presenti nell'istituzione scolastica, l'ottimale determinazione delle cattedre e la continuità

didattica» (si veda la nota n. 1348 del 21 aprile 2010);
gli ultimi due princìpi appena menzionati risultano inapplicabili già per effetto della riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore che il Ministro ha reso obbligatoria indiscriminatamente anche lì dove l'orario di cattedra era legato esclusivamente all'esigenza di ottimale determinazione della stessa o di continuità didattica;
il principio di salvaguardia della titolarità, di per sé condivisibile, risulta inconciliabile con la natura progressiva dei tagli e pertanto inapplicabile in una prospettiva a lungo termine (la continuità didattica);
si registrano quindi l'inadeguatezza del principio di atipicità a far fronte alla forte instabilità nell'assegnazione delle cattedre generata dai tagli nonché le conseguenze catastrofiche sulla qualità della didattica disciplinare prodotte per effetto dell'utilizzo non conforme alla normativa vigente di classi di concorso in istituti in cui l'insegnamento è affidato a classi di concorso superiori -:
se non intenda ritirare le note ministeriali sopra citate (quindi assegnare esclusivamente alla classe di concorso A051 l'insegnamento delle materie letterarie e del latino nei licei escluso il classico) e rivedere i princìpi in base ai quali si procederà alla revisione delle classi di concorso, in modo da rispettare le specializzazioni del personale, al fine di non impoverire ulteriormente la didattica e nello stesso tempo favorire il razionale utilizzo delle risorse umane, come del resto esplicitamente dichiarato nell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale utilizzo delle risorse umane della scuola».
(5-03047)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
in occasione della giornata mondiale senza tabacco l'Organizzazione mondiale della sanità ha evidenziato dei dati allarmanti soprattutto per ciò che concerne l'aumento del fumo fra le donne, soprattutto nelle fasce d'età giovanili. Attualmente nel mondo sono donne 20 fumatori su cento (200 milioni circa), ma in diversi Paesi il tabagismo femminile è in crescita. Inoltre, secondo il recente rapporto Oms Women and health: today's evidence, tomorrow's agenda la pubblicità di sigarette punta sempre più alle ragazze che, anche in Italia, rischiano di «abboccare» in massa;
una ricerca condotta dall'Istituto AstraRicerche sui ragazzi delle scuole superiori milanesi e promossa dalla Fondazione Veronesi e dall'assessorato alla salute del comune di Milano, tende a confermare questo dato facendo notare come le donne rispetto agli uomini rientrano nella categoria dei fumatori regolari. La ricerca scientifica dimostra che, con ogni sigaretta che una donna incinta fuma, il flusso del sangue attraverso la placenta è ridotto per circa 15 minuti, provocando un aumento della frequenza cardiaca del bambino. Tra i vari rischi del fumare in gravidanza ci sono un aumento del rischio di aborto o di parto prematuro, di nati morti e di morte in culla, ricordano gli scienziati. Un riscontro valido contro la problematica legata al fumo delle donne in gravidanza è emerso dall'iniziativa «Mamme libere dal fumo» finanziata dal Ministero del lavoro e politiche sociali e dal Ministero della salute, sostenuto e promosso dalla Lega italiana per la lotta contro i tumori (introduzione del presidente LILT) e dalla Federazione nazionale collegi delle ostetriche (introduzione della presidente FNCO), e che vede

l'ostetrica vicino alla donna in una attività di sostegno alla decisione di smettere di fumare e a mantenersi in astinenza -:
se sia possibile stilare un primo bilancio sull'efficacia dell'iniziativa «Mamme libere dal fumo» per poterla dunque estendere in tutto il territorio nazionale;
se siano previsti, oltre alle già descritte iniziative, ulteriori interventi che possano concorrere a debellare definitivamente questa grave minaccia per la salute delle mamme in gravidanza;
se si intendano mettere in atto politiche sociali per impostare una cultura anti-tabagismo per le giovani donne già a partire dalle scuole.
(4-07567)

SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la GE.S.I.P., Gestione servizi impianti pubblici Palermo s.p.a., è una società costituita in data 21 novembre 2001 dal comune di Palermo e da Italia Lavoro s.p.a, con un duplice obiettivo, uno sociale, ovvero dare un'occupazione stabile prima a 1500 e poi ad altri 350 lavoratori provenienti dal bacino del precariato e utilizzati dall'amministrazione comunale in lavori socialmente utili; l'altro industriale, ovvero formare un'azienda capace di fornire alla cittadinanza i servizi oggetto della convenzione;
la storia di questi anni di vita aziendale è stata dunque caratterizzata dallo scopo statutario di fare impresa e, al contempo, dalla necessità di garantire l'occupazione del personale, cogliendo le opportunità concesse a un'azienda di tale natura sociale;
la Gesip gestisce ininterrottamente dal dicembre 2001 servizi di interesse comunale quali: servizio di pulizia; servizio di custodia; servizio di manutenzione; servizio di cura del verde; servizio impianti sportivi; servizio amministrativo; gestione del canile municipale; gestione del cimitero dei Rotoli; gestione bagni pubblici;
dal 2006 è stata costituita la Gesip Servizi s.r.l. che gestisce il servizio di animazione presso la città dei ragazzi e il servizio trasporto disabili;
per l'espletamento di tali servizi la Gesip s.p.a. occupa 1780 dipendenti (Gesip spa) con la seguente struttura organizzativo-funzionale: 1 direttore generale (dirigente); 1 responsabile area di rilevanza aziendale (dirigente); 3 responsabili di uffici di rilevanza aziendale (quadri); 10 responsabili di uffici o di specifiche attività; 174 impiegati; 73 tra coordinatori di servizio e assistenti tecnici; 170 capi squadra; 1348 operai di II, III e IV livello;
mentre la Gesip servizi s.r.l occupa 104 unità così suddivise: 54 impiegati (V livello); 25 impiegati (IV livello); 23 operai (IV livello); 1 operaio (III livello); 1 impiegato (II livello);
il contratto collettivo nazionale di riferimento applicato è quello «per imprese di pulizia e multi-servizi» per un costo del lavoro totale previsto per il 2010 di 54.679.457 euro;
per le attività di cui sopra la società si è dotata di 181 automezzi per un costo complessivo di 728.000 euro;
l'impegno di spesa assunto dall'amministrazione comunale corrisponde al corrispettivo mensile previsto dal contratto di servizio del 2007, fatto quest'ultimo che genera una perdita di circa 870.000 euro al mese (perdita imputabile anche alla mancata copertura finanziaria per la stabilizzazione di circa 455 lavoratori socialmente utili effettuata a partire dal novembre 2005);
i costi totali sostenuti dall'azienda nel corso del 2009 sono pari a 56.614.580 euro a fronte di ricavi pari a 49.097.534 euro, frutto in larghissima parte del contratto di servizio con il comune di Palermo;
l'azienda registra un deficit per il 2009 pari 8.365.422 euro;

data la disastrosa situazione dell'azienda comunale Gesip s.p.a e della sua collegata Gesip s.r.l, (il giorno 10 maggio 2010, è stato avviato il processo di messa in liquidazione) e vista la nota 3733 del 29 aprile 2010 a firma del sindaco Cammarata nella quale si sostiene che «la soluzione più confacente alla situazione economica finanziaria rappresentata è la realizzazione del processo di internalizzazione delle funzioni della Società Gesip con conseguente acquisizione delle risorse umane al comune di Palermo», l'amministrazione comunale di Palermo sembra ritenere che l'unica soluzione possibile sia l'internalizzazione dei servizi e la relativa assunzione del personale oggetto di tali processi;
ciò sarebbe possibile, a condizione che si potesse derogare alla normativa vigente che disciplina le assunzioni, le spese relative al costo del personale, le condizioni del patto di stabilità e il rapporto numero dipendenti/popolazione, nell'interesse della città e dei lavoratori;
con l'internalizzazione dei servizi Gesip e la relativa assunzione, il comune risparmierebbe (dati relativi alla D.C.C, n. 483 del 27 ottobre 2009): 12 milioni euro di adeguamento del contratto di servizio della Gesip (richiesto); IVA per circa 10 milioni di euro sull'attuale contratto di servizio che è pari a euro 58.873.842,49, che diventerebbe nell'ipotesi di un «adeguamento» del contratto di servizio di almeno altri 10.000.000,00 di euro circa i 14.000.000,00 di euro annuali; circa 400 mila euro per il costo annuale degli organi sociali e di revisione; circa 87 mila per consulenze annuali -:
se il Governo non intenda consentirei, anche mediante un'apposita iniziativa normativa, al comune di Palermo l'assunzione diretta del personale Gesip, in deroga alla normativa sopra citata, a salvaguardia dei posti di lavoro.
(4-07581)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
numerosissimi produttori e titolari di aziende agricole della Sicilia, da molti anni, hanno aderito alle misure agro-ambientali, promosse dalla Comunità europea, al fine di salvaguardare e promuovere un'agricoltura sempre più ecologicamente sostenibile e legata a criteri produttivi coerenti coi vari territori;
tale adesione ha comportato l'abbandono di metodologie produttive abitualmente mirate a l'uso sistematico di prodotti chimici, in grado di assicurare una stabile quantità e qualità dei prodotti agricoli;
in relazione a tali impegni agro-ambientali, al fine di ovviare e supplire a una considerevole e impegnativa perdita di reddito degli agricoltori, l'Unione europea ha assicurato un'indennità a tali aziende;
tale integrazione al reddito, che è condizione necessaria all'equilibrio finanziario delle aziende che si sono impegnate nelle misure agro-ambientali, è stata puntualmente erogata fino al 2006;
fino all'anno 2006 le procedure di controllo del territorio e degli impegni delle aziende erano, con una procedura collaudata nel tempo, affidate alle regioni, che garantivano attraverso i propri funzionari stabilità di erogazione dei pagamenti e neutralità nei controlli alle aziende;
dall'anno 2006, l'Agea ha cambiato più di una volta le proprie procedure di controllo ed erogazione delle indennità, affidando, a ditte private convenzionate tali prerogative, con un conseguente aggravio di adempimenti burocratici e amministrativi;
il cambio di tali procedure ha comportato, non solo un ulteriore aggravio di costi, che pesano sul contribuente, ma, soprattutto, una sostanziale paralisi nell'erogazione

delle indennità con costanti e ripetuti contraddittori con i produttori, derivanti da errate rilevazioni e valutazioni e da inadeguate metodologie di controllo, «fotointerpretazioni anziché i classici controlli sul campo»;
l'affidamento a tali ditte private viene finalizzato tramite convenzioni che vengono sottoscritte con forte ritardo; ad oggi queste convenzioni non sono state rinnovate;
non sono ancora stati definiti i programmi dei sistemi informatici relativi alle suddette procedure, provocando difficoltà di accesso alle misure nelle scadenze previste;
ad oggi sarebbero numerose le pratiche inevase relative agli anni precedenti;
le aziende vivono un perdurante stato di incertezza legata al cambiamento delle procedure e dei dati, con un continuo rimbalzo di responsabilità e di competenze tra vari enti e con le associazioni professionali e di categoria impossibilitate a fornire un'adeguata assistenza ai propri iscritti;
moltissime aziende, poiché non ricevono reddito oramai da anni, sono già state raggiunte da avvisi di pagamento esattoriali e numerosissime sono oramai le ditte che non sono state in grado di onorare i propri impegni con gli istituti bancari;
in considerazione di tale situazione, molte aziende si sono viste rifiutare mutui bancari di esercizio, poiché tali indennità non vengono più considerate dagli istituti bancari come redditi d'azienda affidabili;
l'agricoltura siciliana si trova oggi in uno stato di profonda crisi e di continua destrutturazione del proprio tessuto occupazionale e infrastrutturale, e con fortissime perdite percentuali di reddito in tutti i suoi settori;
i ritardi e le inefficienze suddette rischiano paradossalmente di aggravare lo stato di estrema crisi del comparto agricolo regionale penalizzando maggiormente le aziende agricole siciliane che, aderendo alle misure agro-ambientali, si sono impegnate in un percorso di modernizzazione e sostenibilità ambientale -:
se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
quali iniziative intenda assumere affinché le aziende agricole siciliane non abbiano a soffrire le conseguenze delle inefficienze legate ai controlli ed all'erogazione dei contributi connessi alle misure agro-ambientali.
(2-00754) «Capodicasa».

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della legge n. 200 del 2003 e del decreto ministeriale 5 maggio 2006 «tutti gli equidi residenti in Italia devono essere identificati ed iscritti dell'anagrafe equina;
il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ha individuato nell'AIA, presente sul territorio attraverso le Apa, il gestore dell'anagrafe stessa;
vanno iscritti all'anagrafe tutti i cavalli, asini, muli e bardotti presenti in Italia nati dopo il 1o gennaio 2007 o sprovvisti di qualsiasi documento di identificazione (passaporto o libretto sanitario) conforme alle decisioni 93/623/CEE e 2000/68/CE;
il costo dell'identificazione e il rilascio di passaporti è:
per i cavalli di euro 55 per i soci Apa e di 66 per i non soci Apa;
per gli asini, muli o bardotti di euro 40 per i soci Apa e di euro 48 per i non soci Apa;
la vidimazione della scheda per il puledro destinato alla macellazione e di euro 5 per i soci e di euro 6 per i non soci;

fino al 31 dicembre 2006 l'identificazione con rilascio del passaporto senza l'applicazione del microchip era svolto dai veterinari ASL con un costo di euro 15, a fronte degli attuali oneri richiesti dall'A.I.A. che sono da ritenersi eccessivi;
i soggetti da sottoporre al riconoscimento sono, molto frequentemente, cavalli da carne di scarso valore, pony, asini di piccola taglia: il costo dell'identificazione, oggettivamente, a volte è sproporzionato rispetto al valore dell'animale;
si dovrebbero considerare due linee:
una per i cavalli da carne o derivati tali, comprensivi anche dei pony e degli asini/muli, per i quali si dovrebbe applicare una tariffa agevolata (del tipo di 15/20 euro);
una per i cavalli da sella e/o corsa per i quali si potrebbe applicare la tariffa piena;
gli animali da carne sono allevati in zona svantaggiata e/o montana e i costi di marcatura risultano spesso molto onerosi per gli allevatori del posto, con il rischio che si dismetta l'allevamento degli animali, creando danno anche ambientale per l'abbandono dei prati e pascoli alpini -:
se non si ritenga di affidare la gestione dell'anagrafe equina anche alle ASL (sistema sanitario nazionale), in modo da rendere i costi di identificazione più consoni e, nel contempo, di consentire ai veterinari ufficiali di operare con un'adeguata vigilanza sanitaria.
(4-07566)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
gli ultimi casi di infanticidio in Italia hanno indotto molti ginecologi ad affermare che l'unico modo per bloccare la depressione post-partum sia il trattamento sanitario obbligatorio. La Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia) e l'Associazione Strade Onlus propongono di applicare la procedura del Trattamento sanitario obbligatorio extraospedaliero nei casi gravi. La proposta prevede che un'equipe specializzata si occupi, 24 ore su 24, delle donne «con comportamento omicida, tutelando così sia la madre che il figlio». Arma vincente nella prevenzione e cura di questi casi psichiatrici sembra essere la diagnosi precoce. Le varie associazioni tendono a sottolineare che oggi non esiste una protezione reale per il bambino e per la donna, che sono necessarie delle attenzioni particolari per la paziente che ha una condizione a rischio e che il bambino deve essere tutelato esplicitamente;
l'ipotesi del trattamento sanitario obbligatorio per casi di depressione post-partum vede alcune associazioni di categoria favorevoli e altre contrarie, essendo alcune convinte della sua efficacia altre definendola come azione poco risolutiva senza un autentico lavoro di prevenzione -:
quali siano gli orientamenti del Ministero della salute rispetto al trattamento sanitario obbligatorio per casi di depressione post-partum e quali siano le eventuali iniziative e forme di assistenza per prevenire il verificarsi di tale problematica.
(4-07569)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'EFSA, l'ente europeo per la sicurezza alimentare, ha pubblicato i dati relativi ai livelli di acrilammide presenti in diversi tipi di alimenti campionati nel 2008;
la relazione si basa su oltre 3.400 risultati forniti da 22 Stati membri dell'Unione europea e dalla Sorveglia;
l'acrilammide che può formarsi in determinati alimenti, solitamente nei prodotti

aminoacidi, durante i processi di cottura ad alta temperatura (frittura, cottura al forno e alla griglia) è sia un cancerogeno, che un genotossico, e può dunque danneggiare e pregiudicare il materiale genetico delle cellule;
il livello più alto è stato trovato nei prodotti succedanei del caffè (orzo o cicoria) -:
quali iniziative si sono adottate o promosse, o si intendano adottare e promuovere perché l'industria alimentare adotti le opportune misure e provvedimenti per ridurre negli alimenti i livelli di acrilammide.
(4-07577)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come riferito da numerosi organi di stampa e dai telegiornali, una bimba di venti mesi è deceduta all'ospedale Gaslini di Genova per un'emorragia interna provocata dalla presenza nell'esofago di una batteria, piccola, tonda e piatta, che aveva inghiottito probabilmente giorni prima del decesso;
secondo quanto accertato la batteria si era attaccata alle pareti dell'esofago, creando una ulcerazione che poi si è perforata. Tempestivamente portata al pronto soccorso dell'ospedale pediatrico Gaslini, la piccola, viva e cosciente è stata trattenuta per ore in osservazione, in codice giallo, ovvero di media gravità e che non presuppone il pericolo di vita;
le sono state fatte le analisi del sangue che hanno rivelato i valori di emoglobina molto bassi; successivamente la piccola ha avuto un'altra crisi; prima che fosse possibile effettuarle una endoscopia di urgenza la bimba è stata vittima di un blocco cardiaco ed è deceduta -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo se non si ritenga opportuno inviare i propri ispettori per accertare le cause dell'accaduto.
(4-07578)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Liberazione nella sua edizione del 3 giugno 2010, ha dato notizia di una conferenza internazionale di chirurgia laporoscopica all'ospedale Niguarda di Milano che prevedeva chirurgia dal vivo con l'uso di animali;
numerose associazioni per la difesa degli animali hanno ricordato che secondo la legge italiana l'uso di animali vivi o morti per sperimentazione didattica deve essere accordata direttamente dal Ministero della salute e per casi di inderogabile necessità e non sia possibile ricorrere ad altri sistemi dimostrativi;
in numerose regioni, da tempo, sono state vietate manifestazioni che prevedano l'uso degli animali -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
quali iniziative di competenza intenda il Governo assumere per vietare l'uso degli animali come già da tempo hanno fatto le regioni Toscana e Piemonte.
(4-07586)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Secolo XIX nella sua edizione del 3 giugno 2010 ha dato notizia di un «piano di salvataggio» della sanità ligure;
il Governo, nella persona del Ministro della salute, ha assicurato all'ospedale pediatrico

«Gaslini» di Genova, retto dalla curia genovese, cinquanta milioni di euro, «fondi destinati in via esclusiva»;
tali fondi alleggeriranno per pari importo il «buco» di bilancio complessivo regionale per il 2010 -:
quali siano le ragioni di quella che Il Secolo XIX non senza ragione definisce «partita di giro», e «gioco delle tre tavolette»;
per quali ragioni si siano aumentati i fondi regionali vincolandoli alla struttura pediatrica «Gaslini» anche in considerazione del fatto che detta struttura è retta dalla locale curia.
(4-07587)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta scritta:

FUGATTI, DOZZO e REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei mesi scorsi il Governo ha emanato un decreto-legge (n. 5 del 2009) denominato «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi» che prevedeva incentivi per il settore dei mobili e degli elettrodomestici;
il comma 3 dell'articolo 2 di tale decreto-legge stabilisce che «Il Ministero dello sviluppo economico, al fine di monitorare gli effetti del presente decreto, promuove la stipula di un apposito protocollo di intenti con i soggetti delle filiere produttive e distributive dei beni per i quali sono previsti gli incentivi di cui al presente decreto, in relazione al mantenimento dei livelli occupazionali, ai termini di pagamento previsti nei rapporti interni alle filiere medesime, nonché alle iniziative promozionali già assunte per stimolare la domanda e migliorare l'offerta anche dei servizi di assistenza e manutenzione. Il Ministero dello sviluppo economico, con proprio decreto, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, detta disposizioni per vigilare sul rispetto degli impegni previsti, anche tramite periodica audizione delle organizzazioni datoriali e sindacali.»;
si legge su alcuni organi di stampa che Indesit Company ha deciso la chiusura di due stabilimenti in Italia, uno a Brembate (Bergamo) nel quale si producono lavatrici e uno a Refrontolo (Treviso) nel quale si producono pezzi speciali per la cottura; i due stabilimenti attualmente occupano complessivamente 500 persone circa; la chiusura, tra l'altro, è stata decisa senza alcun preavviso o confronto con le rappresentanze dei lavoratori;
la Indesit ha goduto indirettamente dei benefici fiscali a favore degli acquirenti di elettrodomestici introdotti dal già citato decreto-legge n. 5 del 2009 -:
in che modo il Governo abbia dato attuazione al comma 3 del citato articolo 2 del decreto-legge n. 5 del 2009 e, in particolare, se Indesit, direttamente o indirettamente, tramite le rappresentanze di categoria, abbia sottoscritto i protocolli previsti dal medesimo comma 3 sul mantenimento dei livelli occupazionali.
(4-07565)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

GALATI. - Al Ministro per il turismo, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la cronaca degli ultimi giorni dà notizia di un clamoroso divieto da parte dell'Unione europea che colpisce principalmente l'Italia e le sue tradizioni culinarie. In effetti dal 1o giugno 2010, telline e cannolicchi, rischiano di sparire dalle tavole degli italiani per effetto dell'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 dell'Unione europea che detta nuove regole

destinate ad avere un impatto sulla pesca e sulla tradizione enogastronomica nazionale. Il citato regolamento fissa nuove distanze per la pesca dalla costa a non meno di 1,5 miglia per le reti gettate sotto costa, che diventano 0,3 per le draghe usate per la cattura dei bivalvi, impedendo di fatto la raccolta di telline e cannolicchi. A lanciare l'allarme è la Coldiretti che chiede «una deroga all'entrata in vigore delle nuove norme comunitarie». Allo stato attuale se non interverrà al più presto la deroga richiesta, non sarà più possibile gustare piatti come gli spaghetti con le telline o i cannolicchi e altre specialità tipiche di specifiche zone dell'Italia marina. Una scelta che non solo intaccherà l'economia di molti pescatori e ristoratori, ma arrecherà un grave danno al turismo enogastronomico italiano, che rappresenta de facto, uno degli elementi di maggior attrazione per due terzi dei viaggiatori, in base a dati provenienti dall'Osservatorio internazionale del turismo enogastronomico. La regolamentazione in atto si scontra chiaramente, ad avviso dell'interrogante, con la linea del Ministro del turismo che circa un anno fa si era impegnato, con la costituzione di una commissione per la promozione e il sostegno del turismo enogastronomico, a rilanciare le tipicità del made in Italy -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in merito alla problematica fatta emergere dalla regolamentazione europea;
se siano allo studio interventi, nel breve periodo, da parte del Ministro del turismo per difendere le tipicità culinarie e il turismo enogastronomico, con particolare riferimento alle zone colpite dalla normativa comunitaria;
quali siano le iniziative del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, competente in materia di pesca, per evitare un possibile danno all'economia dei pescatori delle zone interessate.
(4-07570)

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Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Oliverio e altri n. 1-00366, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Laganà Fortugno.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Carlucci n. 1-00261, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 240 del 28 ottobre 2009.

La Camera,
premesso che:
il tumore al seno rappresenta la forma più diffusa di carcinoma femminile: ogni anno in tutto il mondo vengono diagnosticati più di 1 milione di nuovi casi e 400.000 donne muoiono per questa malattia; nei Paesi ad economia avanzata 1 donna su 100 si ammala entro i 45 anni, 2 su 100 entro i 50 e altre 8 fra i 50 e gli 80, cioè entro la speranza di vita media di questi Paesi;
nel 2007 in Europa l'incidenza del tumore al seno è stata di oltre 280.000 nuovi casi e la mortalità di circa 75.000;
in Italia ogni anno si ammalano di tumore al seno circa 37.000 donne (dato che rappresenta il 20-25 per cento di tutti i tumori maligni femminili), di cui il 30 per cento prima dei 50 anni, il 45 per cento fra 50 e 70 ed il 25 per cento dopo i 70; sono circa 450.000 le donne che hanno avuto negli ultimi 10 anni una diagnosi di carcinoma mammario, di cui quasi la metà negli ultimi 5;
in Italia il tumore al seno rappresenta la prima causa di morte fra le donne di età compresa tra i 35 ed i 45 anni; 8.000 decessi all'anno testimoniano l'elevato rischio di mortalità della malattia, seppure in diminuzione;

una recente indagine, commissionata dalla Lega italiana per la lotta ai tumori (LILT), ha stimato i costi del tumore al seno tra i 29.000 ed i 31.000 euro per ogni singola patologia, in relazione alla gravità della malattia, alle eventuali complicanze, alla complessità e durata del previsto ciclo di terapia; la stima considera, innanzitutto, i costi medico-sanitari diretti ed indiretti (per l'86 per cento rimborsati dal Servizio sanitario nazionale) ma anche i costi non sanitari direttamente connessi con la malattia (trasferte e spostamenti che spesso coinvolgono anche i familiari e i parenti più stretti delle pazienti), la diminuzione del reddito familiare legata alla forzata astensione dal lavoro della donna, e, infine, gli oneri derivanti da una diversa gestione dell'economia domestica in relazione alla inabilità della donna a svolgere il proprio essenziale ruolo all'interno della famiglia;
al di la del pur rilevante impatto economico e dei costi sociali a carico della collettività il tumore al seno rappresenta una vera e propria patologia sociale con evidenti ripercussioni sulla qualità complessiva della vita di tutto il nucleo familiare e dei parenti più stretti delle donne colpite dalla malattia. Si tratta di una patologia da fronteggiare, allora, con strumenti adeguati alla consapevolezza che la salute della donna costituisce il fondamentale paradigma non solo del livello complessivo di benessere della famiglia e della società tutta, ma anche, più in generale, del complessivo livello di civiltà, democrazia e sviluppo del Paese;
fondamentale per ridurre i casi di insorgenza del carcinoma mammario è la prevenzione primaria basata sull'adozione di uno stile di vita tale da ridurre significativamente i fattori di rischio oggettivo quali l'obesità, l'eccessivo consumo di alcool, una cattiva alimentazione e la protratta esposizione a radiazioni ionizzanti; in presenza di tali fattori e, comunque, di situazioni oggettive quali l'età, la familiarità con la malattia, l'esistenza di disturbi nel ciclo mestruale, diviene essenziale una efficace prevenzione secondaria basata sulla diagnosi precoce, assicurata da uno screening mammografico organizzato, strumento sensibile ed affidabile per identificare allo stadio iniziale tumori anche di piccolissime dimensioni che possono essere immediatamente trattati con terapie meno invasive aumentando le probabilità di guarigione e riducendo di quasi il 50 per cento il rischio di mortalità;
i presupposti per una migliore efficacia della cura del tumore al seno sono, in conclusione, un'adeguata campagna di sensibilizzazione e di informazione, una diagnosi il più possibile precoce della malattia, una consapevole adesione delle pazienti al percorso terapeutico e un adeguato supporto psicologico alle donne colpite. A tal riguardo, le linee guida concernenti la prevenzione, la diagnosi e l'assistenza in oncologia, approvate l'8 marzo 2001 dalla Conferenza Stato-Regioni, prevedono, sostanzialmente in linea con gli standard adottati dagli altri Paesi europei, l'offerta gratuita a tutte le donne residenti in Italia in età compresa fra i 50 e i 70 anni di uno screening mammografico con frequenza biennale, secondo dettagliate modalità organizzative e qualitative;
tale previsione è stata successivamente inserita nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza (LEA) approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 che individua gli standard minimi qualitativi e quantitativi delle prestazioni sanitarie da garantire in modo appropriato ed uniforme in tutte le diverse realtà regionali;
l'intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005 ha ribadito il principio dell'uniforme erogazione dei LEA su tutto il territorio nazionale e ha demandato ad un apposito Comitato, istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il compito di monitorare e verificare l'appropriatezza delle prestazioni e di certificare l'esatto adempimento degli obblighi regionali in materia sanitaria, ai fini dell'adozione delle successive misure da parte del previsto tavolo congiunto di verifica;
il numero di donne effettivamente destinatario dell'invito a sottoporsi al previsto

screening per la diagnosi precoce del carcinoma mammario risulta notevolmente aumentato negli ultimi quattro anni; tuttavia, nel 2007 a fronte di 7 milioni e 400 mila donne potenzialmente interessate allo screening biennale solo 2 milioni e 200 mila sono state effettivamente sollecitate ad effettuare la mammografia (dato che su base nazionale rappresenta il 62 per cento del target annuale di riferimento);
negli ultimi anni la conoscenza dei fattori di rischio di tipo genetico coinvolti nello sviluppo del carcinoma della mammella ha avuto un rapido sviluppo con l'identificazione del gene TP53 dei geni BRCA1 e BRCA2, responsabili di forme autosomiche dominanti di predisposizione allo sviluppo della neoplasia mammaria, definite ad «alta penetranza» in quanto mutazioni in questi geni conferiscono un aumento significativo del rischio di sviluppare tale neoplasia;
permane, inoltre un forte squilibrio fra il nord e il centro da un lato e il sud e le isole dall'altro: mentre nelle prime due macroaree siamo vicini a un'estensione tra il 70 per cento e l'82 per cento, delle donne invitate ad effettuare i controlli, nelle regioni meridionali e insulari tale indicatore supera di poco il 27 per cento;

impegna il Governo:

a considerare il tumore al seno tra le priorità della sanità pubblica e avviare ogni intervento idoneo a fronteggiare lo stesso;
a predisporre, in conseguenza, un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'adozione di un corretto stile di vita, nonché sull'importanza di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a promuovere progetti di supporto multidisciplinari per le donne che abbiano ricevuto diagnosi di tumore al seno;
a monitorare con attenzione e continuità l'andamento dei programmi di screening mammografico, demandando al Comitato per la verifica dei LEA l'effettuazione di specifiche rilevazioni concernenti le diverse modalità organizzative e i differenti costi sostenuti al fine di evidenziare le migliori pratiche e promuovere la loro estensione in tutte le realtà regionali;
ad assumere ogni iniziativa idonea ad eliminare le evidenziate differenze nella attuazione dei programmi di screening mammografico;
a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanza pubblica e di contenimento della spesa sanitaria l'adozione di misure incentivanti e premiali per le regioni che evidenzino rispetto alla situazione attuale maggior efficacia ed efficienza nella realizzazione di programmi di diagnosi precoce del tumore al seno;
a predisporre linee-guida per l'istituzione di percorsi diversificati di screening mammografici e di presa in carico delle donne a maggior rischio di carcinoma alla mammella, in quanto portatrici dei geni BRCA, in coerenza con i risultati degli studi promossi dal ministero della salute nell'ambito del Piano nazionale screening;
ad adottare, d'intesa con le regioni, tutte le iniziative opportune per superare le problematiche che a tutt'oggi impediscono la piena realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale per diminuire i costi sociali e rischi di mortalità della malattia.
(1-00261) «Carlucci, Rivolta, Mura, Bocciardo, Centemero, Bertolini, Pelino, Goisis, Frassinetti, Di Virgilio, Biancofiore, Antonione, Moles».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Oliverio n. 1-00366, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 320 del 12 maggio 2010.

La Camera,
premesso che:
la recessione economica in Italia ha causato una perdita del prodotto interno

lordo del 5 per cento e non sembra essersi arrestata, visto che il quarto trimestre del 2009 si è chiuso con un altro segno negativo;
l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, con quattro effetti principali: diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese, peggioramento del margine di filiera, allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e diminuzione dei redditi;
valore aggiunto del settore è diminuito del 5 per cento, frutto di una contrazione della produzione agricola e di una riduzione dei prezzi all'origine, a fronte di una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi;
il settore del frumento è in forte contrazione, sia sul fronte dei prezzi sia su quello delle produzioni, per effetto dei minori investimenti;
tra le altre produzioni mediterranee, consistenti flessioni dei listini si sono registrate per il vino, la frutta e l'olio, che segna anche un calo accentuato in termini di produzione;
i prezzi agricoli sono diminuiti del 16,3 per cento nel 2008 e del 6,1 per cento nel 2009, con punte del 200 per cento per il grano duro;
la diminuzione dei prezzi agricoli, del fatturato e dei redditi è stata aggravata dallo sgonfiamento della «bolla» agricola del 2008 e la crisi economica ha appesantito la situazione economica delle imprese agricole;
la diminuzione dei prezzi nel 2009 è stata causata anche da fattori strutturali, indipendenti dalla crisi; ad esempio, nel settore vitivinicolo lo squilibrio tra domanda e offerta persiste da anni. A ciò si aggiunge una crescente competizione a livello europeo e mondiale, frutto della liberalizzazione degli scambi e della diminuzione dei costi di trasporto, che hanno avuto un ruolo considerevole nella diminuzione dei prezzi agricoli;
margine di filiera, cioè della differenza tra i prezzi al consumo e quelli all'azienda, è aumentato del 13,9 per cento per l'insieme dei prodotti agricoli, con punte del 60,1 per cento per cereali e derivati, del 27,2 per cento per frutta ed agrumi e del 25,7 per cento per vini e spumanti, mentre gli aumenti sono generalmente più contenuti per i comparti zootecnici;
il reddito agricolo reale per lavoratore (dati Eurostat) ha subito una notevole diminuzione: nel 2009 si è contratto di oltre un quarto (-25,3 per cento) rispetto al 2008, anno in cui invece era cresciuto, seppur di poco. La contrazione dei redditi in Italia è più del doppio di quella media europea (-12,2 per cento);
la situazione del credito in agricoltura è peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 5,9 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
la crisi ha colpito tutta l'agricoltura, ma, in particolare, i settori cerealicolo, oleicolo, frutticolo, lattiero-caseario, tabacchicolo, bieticolo-saccarifero e della pesca;
la situazione di difficoltà delle imprese è generalizzata in tutta l'Italia, ma colpisce più pesantemente il Sud Italia, dove si concentrano i settori più colpiti dalla diminuzione dei prezzi: grano duro, vino, ortofrutta, olio di oliva;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose, in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie che mettano al centro la ricerca e l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno di un approccio multifunzionale e intersettoriale che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;

il settore agroalimentare del nostro Paese sta sperimentando, in modo sempre più pervasivo, la presenza di fenomeni di illegalità e di criminalità, che alterano la libera e leale competizione tra le imprese del settore e determinano forme di lavoro irregolari, spesso gestite da organizzazioni malavitose; tale situazione, particolarmente grave nelle regioni meridionali, si manifesta con pesanti elementi di condizionamento dell'attività economica, del controllo delle filiere di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari;
è iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni sul sistema agroalimentare italiano: è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana, per rilanciare il settore agroalimentare e per accompagnare le imprese in un percorso di innovazione che favorisca il ricambio generazionale e incrementi la redditività delle aziende agricole;
il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi, senza una vera politica anticiclica, lasciando andare naturalmente il corso delle cose, senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo non ha adottato alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, mancando una strategia di politica agraria e di indirizzi per l'imprenditoria agricola; non solo, il Governo manifesta continue difficoltà a mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generate sul fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i territori svantaggiati e di montagna e sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero;
il fondo di solidarietà nazionale è rimasto senza risorse pubbliche per tutto il 2009, con grave incertezza per le imprese agricole; gli stanziamenti triennali previsti dalla legge finanziaria per il 2010, ampiamente propagandati dal Governo, dovranno servire a coprire la totale assenza di risorse del 2009 e saranno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto insufficienti a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012; infatti, a fronte di un fabbisogno annuo di circa 230 milioni di euro, lo stanziamento ammonta a 165 milioni di euro per il 2010 e di 131 milioni di euro per il 2011 e il 2012;
nel settore bieticolo-saccarifero non sono stati mantenuti gli impegni del Governo relativamente agli aiuti nazionali al settore derivanti dall'attuazione dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero e, ad oggi, al settore mancano 65 milioni di euro per finanziare le ultime due campagne produttive;
l'applicazione nazionale dell'health check della politica agricola comune, in particolare l'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, è stata attuata in totale assenza di un quadro strategico, con dieci tipologie di misure e una distribuzione a pioggia delle risorse; l'articolo 68 andrà ad erogare pagamenti esigui, con grandi difficoltà burocratiche per le imprese, per Agea e gli organismi pagatori; inoltre, il Governo è stato costretto a modificare l'applicazione dell'articolo 68 a febbraio 2010, quando gli agricoltori avevano già operato le scelte colturali, creando ulteriori difficoltà alle imprese agricole;
nel settore lattiero-caseario, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo si è limitato ad interventi ad personam, con una distribuzione dell'aumento di quote-latte ai produttori «irregolari», anziché alle imprese più virtuose, determinandone la caduta del prezzo; alcuni provvedimenti, in attuazione del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, non hanno trovato concreta applicazione, a cominciare dalla conclusione dell'iter delle istanze di rateizzazione;
nel settore lattiero-caseario il Governo non ha adottato alcuna politica di contrasto alla crisi, ad eccezione della distribuzione a pioggia di 23 milioni di euro

messi a disposizione dall'Unione europea, che andrà ad erogare ai produttori di latte un contributo insignificante di 0,002 euro per chilo, a dimostrazione della mancanza di un disegno strategico e dell'incapacità di andare oltre ad una politica, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare esclusivamente «populista»;
nel settore suinicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa per fronteggiare la crisi dei prezzi;
nel settore cerealicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa a fronte del crollo dei prezzi, soprattutto nel grano duro, settore che ha toccato il minimo storico dei prezzi, addirittura al di sotto del prezzo del grano tenero;
nel settore tabacchicolo il Governo non è riuscito ad ottenere dalla Commissione europea quanto aveva promesso in merito alla misura agroambientale, lasciando il settore nella totale incertezza; la campagna 2010 del tabacco si apre con il rischio del totale smantellamento della filiera;
nel settore ortofrutticolo il Governo non è intervento per contrastare la caduta dei prezzi alla produzione: nessun intervento è stato posto in essere per ottenere dalla Commissione europea misure di gestione della crisi di mercato;
nel settore vitivinicolo il Governo mostra, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'assenza di qualsiasi politica strategica di contrasto al calo dei consumi, alle difficoltà nelle esportazioni e allo squilibrio strutturale tra domanda e offerta, ad eccezione della mera applicazione degli strumenti messi a disposizione dell'organizzazione comune di mercato del vino; in molte zone d'Italia le cooperative vitivinicole sono sull'orlo del fallimento e non remunerano le uve conferite dai soci;
negli altri settori il Governo si è limitato ad attuare le decisioni comunitarie, con grande enfasi propagandistica, ma senza una strategia che possa contribuire a contrastare la crisi;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare la Francia, la Spagna e la Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
il Governo continua ad ignorare il settore agricolo anche nella manovra presentata con il decreto-legge n. 78 del 2010, che non dispone nessuna misura di sviluppo per il comparto, prevedendo solo riduzioni di spesa;
tali carenze sono ancora più pesanti alla luce della grave emergenza che sta vivendo il comparto della pesca, che la normativa europea inchioda al rispetto di nuove e più rigide regole; se tale processo non sarà adeguatamente governato, guidando il settore verso nuove modalità di gestione dell'attività produttiva e definendo un nuovo ruolo delle imprese ittiche nella filiera, i contraccolpi socioeconomici e occupazionali derivanti da tale cambiamento saranno devastanti,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'immediato, un pacchetto di politiche di intervento pubbliche per l'agricoltura e l'agroalimentare, finalizzate ad assicurare un nuovo quadro di regole condiviso che consenta a tutti gli agenti della filiera agroindustriale di operare in maniera competitiva, attraverso:
a) il potenziamento dei controlli per il miglioramento del funzionamento dei mercati e una maggiore trasparenza, sanzionando gli abusi di posizione dominante, al fine di evitare posizioni speculative, a partire da un deciso intervento del Governo, come avvenuto in Francia con l'autorevole mediazione del Presidente della Repubblica francese, finalizzato alla definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero le filiere agroalimentari, al fine di stabilizzare i rapporti dal produttore alla grande distribuzione organizzata, sulla base della proposta approvata

dalla Conferenza Stato-regioni per fronteggiare la crisi dei prezzi della frutta fresca;
b) la previsione, con la massima urgenza, di un piano di gestione per il settore della pesca che consenta alle imprese ed agli operatori del comparto di far fronte ai nuovi obblighi comunitari, tutelando allo stesso tempo le specificità e le tradizioni del nostro Paese attraverso investimenti mirati per piani di ristrutturazione, l'ammodernamento delle flotte, l'organizzazione di piani di gestione locale, la diversificazione delle attività e la concessione di ammortizzatori sociali anche agli imbarcati a seguito delle misure relative al fermo pesca;
c) l'adozione di aiuti di Stato, recentemente autorizzati dall'Unione europea, fino a 15.000 euro per impresa agricola, per sostenere le imprese agricole maggiormente colpite dalla crisi economica in agricoltura;
d) iniziative volte alla proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aziende che operano in territori svantaggiati e di montagna e dell'«accisa zero» sul gasolio per tutte le imprese e non solo per le serre, allo scopo di garantire una riduzione dei costi;
e) il credito d'imposta per nuovi investimenti produttivi in agricoltura a tutto il territorio nazionale, con priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione ed alla concentrazione dell'offerta ed alla stipula di accordi interprofessionali;
f) l'individuazione immediata delle risorse necessarie alla sopravvivenza dei settori bieticolo-saccarifero e tabacchicolo;
g) una modifica urgente delle misure di gestione e di prevenzione delle crisi nel settore europeo degli ortofrutticoli, al fine di rendere più flessibili gli interventi, anche attraverso un adeguamento dei prezzi di ritiro dei prodotti, senza che ciò comporti un aumento dei costi;
h) un programma speciale per affrontare lo squilibrio di mercato nel settore vitivinicolo, per promuovere il consumo responsabile di vino, per contrastare la crisi delle imprese viticole con aiuti di Stato e per stimolare la riorganizzazione delle imprese cooperative di trasformazione;
i) l'attivazione in Europa del processo negoziale necessario per individuare, così come accaduto per la crisi del settore lattiero nell'autunno 2009 sotto la spinta dei Paesi del Nord Europa, un pacchetto di misure e aiuti a sostegno delle produzioni mediterranee (frumento, olio, ortofrutta) fortemente colpite dalla crisi economica;
l) l'adozione immediata di tutti i provvedimenti attuativi a sostegno dei produttori lattiero-caseari previsti dall'articolo 8-septies (disposizioni finanziarie) del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, ossia:
1) l'istituzione di un apposito conto di tesoreria destinato anche ad interventi nel settore lattiero-caseario, rivolti alle operazioni di ristrutturazione del debito e all'accesso al credito;
2) l'emanazione del decreto del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali recante criteri e modalità per l'utilizzo delle risorse precedenti;
3) l'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'assegnazione dei 45 milioni di euro a favore dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge n. 119 del 2003;
m) l'adozione di un provvedimento che abbia l'obiettivo di rendere trasparente il mercato dei prodotti suinicoli mediante l'etichettatura all'origine per contrastare la concorrenza sleale che oggi determina una grave crisi del settore;
n) un programma di sostegno al processo di internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane per migliorare la loro capacità di inserimento nei mercati esteri, attraverso nuove partnership commerciali, nuove relazioni bilaterali, assetti

societari volti al radicamento e al controllo del prodotto italiano sui mercati esteri;
o) l'accesso al credito e la ristrutturazione finanziaria delle imprese agricole con la trasformazione del debito con gli istituti bancari dal breve a medio e lungo termine e con agevolazioni sui finanziamenti destinati alla trasformazione di esposizioni debitorie contratte con istituti di credito con l'assistenza del fondo riassicurativo presso l'Ismea, per una seria ed efficace politica del credito, che consenta di utilizzare tale strumento come antidoto contro necessità di tipo congiunturale e per fronteggiare la volatilità dei prezzi;
p) una maggiore efficienza dei sistemi di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
q) opportune iniziative normative per il ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale, al livello di 230 milioni di euro annui, allo stesso livello di quello degli anni 2006-2008;
r) la creazione di un quadro istituzionale che consenta lo sviluppo di un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa contro i rischi economici e ambientali;
s) una maggiore efficienza e razionalizzazione delle istituzioni della pubblica amministrazione e degli enti collegati al ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in particolare di Buonitalia per la promozione delle produzioni nazionali nel mondo, del Centro di ricerca agroalimentare (Cra), da lungo tempo in attesa di un effettivo rilancio, e di Agea, per velocizzare e anticipare i pagamenti dei fondi europei (politica agricola comune, programma di sviluppo rurale ed altri), nonché un significativo snellimento degli adempimenti burocratici a carico delle aziende;
t) la realizzazione di una politica nazionale che, nell'ambito del piano nazionale d'azione sulle energie rinnovabili, fornisca regole, condizioni e tempi certi per lo sviluppo delle risorse di biomassa, l'applicazione di dispositivi per la sostenibilità di biocarburanti e delle filiere di biometano, anche nell'ottica di incrementare le fonti di reddito degli agricoltori, facendo sì che l'insieme delle energie alternative realizzabili sul territorio aperto tenga conto della compatibilità e della salvaguardia del sistema agricolo nazionale e che il reddito derivante da tali attività sia inteso prevalentemente ad integrazione e non a sostituzione delle attività agricole.
(1-00366) (Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia, Laganà Fortugno».

Si pubblica il testo riformulato della mozione Di Giuseppe n. 1-00385, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 335 del 10 giugno 2010.

La Camera,
premesso che:
la crisi che ormai da mesi sta gravemente interessando i principali settori dell'agricoltura sta colpendo duramente i nostri agricoltori, senza che all'orizzonte si intravedano vie di uscita. È una situazione che diventa ogni giorno sempre più difficile e complessa e, soprattutto davanti al disinteresse del Governo, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha compreso la reale portata dei problemi delle imprese agricole, c'è bisogno di politiche e strategie economiche di ampio respiro che coinvolgono tutto il sistema produttivo del Paese;
in questa fase l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, il che ha causato tre effetti principali: la diminuzione del fatturato delle imprese, il peggioramento del margine di filiera e della

forbice tra prezzo al consumo e prezzo agricolo alla produzione e la diminuzione dei redditi;
le imprese devono fronteggiare una situazione pesantissima: i costi produttivi sono arrivati a livelli insostenibili, gli oneri sociali sono sempre più gravosi, mentre i prezzi sui campi continuano a scendere in maniera preoccupante e gli adempimenti burocratici creano non poche difficoltà. I redditi, nonostante la crescita del 2008, scontano i crolli registrati negli ultimi anni. Le risposte del Governo sono state, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, parziali, riduttive o sbagliate;
la Confederazione italiana agricoltori rileva che il calo complessivo per i prezzi agricoli all'origine, ad aprile 2010, è stato del 4,5 per cento. E questo fa seguito ad una flessione del 9,6 per cento nel mese di marzo 2010 e del 13,4 per cento del 2009. Una caduta libera che, sommata all'aumento dei costi produttivi, contributivi e burocratici, ha determinato un taglio netto (meno 20,6 per cento solo nel 2009) dei redditi degli agricoltori, sempre più in grande affanno;
in Italia l'incremento dei prezzi nel settore agroalimentare è determinato, oltre che da fattori strutturali, quali l'eccessiva lunghezza delle filiere produttive, la scarsa propensione all'associazionismo tra produttori, l'inadeguatezza e arretratezza delle infrastrutture logistiche e di trasporto, la scarsa informazione dei consumatori, anche dalla proliferazione dei comportamenti speculativi;
l'incremento dei prezzi al consumo ha creato una ricchezza che si è dissipata nella filiera produttiva, senza arrivare al primo anello della catena, ovvero al produttore agricolo e zootecnico. Al contempo, a causa dell'aumento dei prezzi di acquisto dei fattori di produzione, sopportato dalle aziende agricole, la redditività delle stesse si è ridotta drasticamente. Gli attori che hanno subito maggiormente gli effetti del rialzo dei prezzi sono stati, quindi, gli estremi della filiera produttiva: il consumatore e il produttore;
bisogna dare un sostegno agli agricoltori e ai destinatari finali dei prodotti, ovvero ai consumatori: i primi devono poter vedere assicurate condizioni necessarie per poter competere sui mercati, a fronte di un adeguato investimento, mentre ai secondi è doveroso garantire il diritto ad una trasparente informazione, unitamente alla corretta formazione del prezzo;
è da sottolineare anche la carenza di efficaci meccanismi di monitoraggio e di controllo dei prezzi dei prodotti agroalimentari, nonché la fragilità dell'apparato ispettivo e sanzionatorio;
la fragilità dell'organizzazione della filiera distributiva e la scarsa propensione all'aggregazione in determinate aree regionali e subregionali meridionali, dove il contesto ambientale è fortemente influenzato dalla criminalità organizzata (ma ormai si registrano infiltrazioni criminali anche in alcuni importanti mercati del Centro-Nord), la quale ha assunto un ruolo centrale nel controllo dei mercati ortofrutticoli e florovivaistici, nella gestione delle fasi di intermediazione logistica e del trasporto, nella proprietà diretta di ipermercati e di diverse attività di ristorazione, con possibilità enormi di incidere sulla fissazione dei prezzi dei prodotti e di promuovere condotte monopolistiche;
oltre a un prezzo equo, la seconda condizione da garantire per il consumatore è un'adeguata informazione, tale da permettergli di compiere scelte consapevoli al momento dell'acquisto. A questo proposito la tracciabilità del prodotto risulta fondamentale nella sua funzione di garante della sicurezza alimentare e della qualificazione del prodotto stesso. Infatti, la possibilità di identificare, documentare e comunicare tutti i percorsi che un prodotto segue, dal primo momento fino all'acquisto da parte del consumatore, può portare alla realizzazione di un chiaro ed inequivocabile elemento identificativo (etichetta), che, oltre ad accompagnare il prodotto di qualità, deve anche saper giustificare le difformità tra i prezzi e lasciare la scelta finale e informata all'utente;

il reddito dei produttori agricoli italiani, secondo i dati 2009 resi noti dall'Eurostat, ha segnato un calo del 20,6 per cento rispetto al 2008. Il quadro risulta ancora più grave se si prende in esame il periodo 2000-2009: in dieci anni nelle campagne è stato bruciato quasi il 36 per cento dei redditi, a fronte di una crescita di oltre il 5 per cento della media europea;
l'attuale situazione economica ha influito negativamente sui redditi degli agricoltori, ma ha costituito un ulteriore ostacolo per i giovani imprenditori agricoli. In Italia il ricambio generazionale in agricoltura permane sempre ai livelli più bassi d'Europa. Il numero dei conduttori agricoli sotto i 40 anni rappresenta il 6,9 per cento, con un costante trend in diminuzione dagli anni 2000. Di contro quelli con età superiore a 65 anni sono oltre il 44 per cento del totale;
occorre, per questo motivo, sviluppare politiche ed interventi che diano impulso all'imprenditoria giovanile, affinché si favorisca sia il ricambio generazionale che la ristrutturazione fondiaria, per costituire nuove imprese agricole di più grandi dimensioni ed indirizzi produttivi, al fine di garantire una soddisfacente sostenibilità economica;
nel nostro Paese sussistono, infatti, molte difficoltà legate all'insediamento giovanile. Tra queste ci sono la scarsa mobilità fondiaria e l'accesso al bene terra, gli alti costi di avviamento, l'incertezza delle prospettive economiche, la scarsità di formazione e di servizi di consulenza adeguati. Ostacoli ai quali si aggiungono gli oneri amministrativi connessi all'esercizio dell'attività agricola, gli elevati prezzi di affitto e di acquisto dei terreni, gli alti costi dei macchinari e, in generale, degli investimenti;
nonostante l'impegno unanime svolto della Commissione agricoltura della Camera dei deputati, per individuare le migliori soluzioni per affrontare la crisi e rafforzare tale settore, c'è sempre stato il problema di coprire le necessarie risorse finanziarie. Si possono elaborare i migliori progetti, ma, se sono insufficienti le risorse, il lavoro diventa inutile e le varie proposte si arrestano;
ogni manovra varata da parte del Governo non ha fatto altro che tagliare risorse vive all'agricoltura. La legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010), ha tolto agli agricoltori risorse per oltre un miliardo di euro, tra cui 450 milioni di euro dei fondi per le aree sottoutilizzate, 550 milioni di euro per la cancellazione del «bonus gasolio» e la fine delle agevolazioni contributive a favore degli agricoltori nelle zone montane e svantaggiate a decorrere dal 1o agosto 2010. A questi si aggiungono il crollo dei prezzi sui campi (meno 13,4 per cento nel 2009), gli aumenti dei costi produttivi, contributivi e burocratici (oltre il 10 per cento) e la caduta verticale dei redditi (meno 20,6 per cento). Il quadro - confermato sia dall'Istat che dall'Ismea - è chiaro: il mondo agricolo è in piena emergenza;
con il fondo di solidarietà nazionale, così come sottofinanziato dalla legge finanziaria per il 2010, non si copre neanche il 30 per cento delle necessità;
in particolare, la filiera bieticolo-saccarifera in Italia è interessata da una gravissima crisi, che rischia definitivamente di compromettere il futuro del settore e di provocare il degrado di una consistente superficie di terreno agricolo di pregio e la perdita di posti di lavoro. Malgrado gli impegni assunti dal Governo, nulla è stato fatto in tal senso ed ancora mancano gli 86 milioni di euro che l'Esecutivo si era impegnato a reperire;
nel settore della pesca le limitazioni che l'Unione europea pone a salvaguardia di alcune specie in squilibrio biologico, unitamente ad uno spostamento significativo del mercato verso prodotti ittici semilavorati e sfilettati di importazione, stanno mettendo in crisi un comparto che invece dovrebbe trovarsi nelle migliori condizioni per soddisfare il consumo crescente di prodotti ittici;
come si stanno trovando i fondi per altri settori, anche per l'agricoltura occorre

individuare le risorse indispensabili per un settore in tracollo, con la chiusura di migliaia di imprese, soprattutto quelle che operano nelle zone di montagna e nei terrori svantaggiati;
sono necessarie politiche e strategie economiche di ampio respiro, che rimuovano gli eccessi burocratici di cui sono vittime le imprese agricole, che aiutino l'agricoltura italiana a gestire il cambiamento e a cogliere le opportunità offerte dalla politica agricola comune, ancora pochissimo esplorata, e che coinvolgano tutto il sistema produttivo del Paese,

impegna il Governo:

ai fini di un rilancio del settore in termini di competitività, ad adottare gli opportuni interventi nel settore agroalimentare, tenendo conto delle seguenti priorità:
a) rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
b) sostenere la filiera agricola e, in particolare, la competitività del settore agroalimentare e della pesca per i prodotti del made in Italy;
c) migliorare la competitività dei sistemi agricoli ed agroindustriali, in un contesto di filiera, attraverso l'introduzione di innovazioni, il rafforzamento delle funzioni commerciali, la gestione integrata in tema di qualità, sicurezza ed ambiente, anche al fine di ridurre il quantitativo di rifiuti da smaltire, il consumo delle risorse naturali e il potenziale inquinante;
d) emanare uno specifico provvedimento volto ad estendere l'obbligo dell'indicazione di origine in etichetta a tutti i prodotti agroalimentari, istituendo un sistema obbligatorio di tracciabilità della filiera, intendendosi per tale l'insieme di atti e di procedure diretto ad assicurare la conoscenza del luogo di origine e di provenienza di un prodotto, nonché a garantire la trasparenza;
e) assumere iniziative necessarie a definire una normativa penale adeguata per colpire i gravi fenomeni di criminalità organizzata che si registrano nel mercato del lavoro agricolo;
f) incentivare e motivare l'ingresso dei giovani nell'imprenditoria del settore e, quindi, favorire un auspicato ricambio generazionale e l'aumento delle dimensioni delle imprese agricole;
g) favorire l'aggregazione tra gli agricoltori come nuovo strumento di sviluppo, al fine di creare migliori condizioni di competitività, attraverso un maggiore e coordinato controllo dell'offerta, sia da un punto di vista logistico che di specializzazione del lavoro;
h) adottare le opportune iniziative normative al fine di stabilizzare le agevolazioni contributive per le imprese agricole operanti in determinate zone svantaggiate e prevedere una loro estensione a tutte le piccole e medie imprese agricole;
i) prestare maggiore attenzione alla dimensione problematica degli infortuni in agricoltura, anche al fine di elevare la sicurezza dei lavoratori e la qualità del lavoro in questo settore;
l) attuare opportune iniziative per il ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale, al fine di dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura per far fronte ai sempre più frequenti e devastanti cambiamenti climatici;
m) individuare le risorse necessarie per consentire il rifinanziamento del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera;
n) sostenere in via prioritaria alcuni settori strategici, soprattutto per lo sviluppo ed il rilancio dell'agricoltura del Mezzogiorno, tra cui i settori ortofrutticolo, vitivinicolo e cerealicolo, con l'obiettivo di sostenere alti standard di prodotto idonei a soddisfare i requisiti del mercato su tutto il territorio;

o) assumere iniziative per avviare un processo negoziale in Europa necessario per individuare misure e aiuti a sostegno delle produzioni mediterranee fortemente colpite dalla crisi economica;
ad adottare iniziative volte a risolvere i problemi del settore della pesca, come la ristrutturazione e il salvataggio delle imprese in crisi, nonché la rimodulazione degli investimenti strutturali del fondo europeo per la pesca, favorendo la possibilità di integrazione del reddito mediante lo sviluppo di attività di itticoltura.
(1-00385) (Nuova formulazione) «Di Giuseppe, Rota, Borghesi, Donadi, Evangelisti».

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 1972 la collettività italiana di Lima, in Perù, per l'annunciato pericolo di espropriazione delle scuole gestite da stranieri, donò lo stabile sito a Lima, ingresso principale via Arequipa, al Governo italiano, con l'impegno morale che una volta superato il problema politico sarebbe stato restituito alla collettività;
nello stabile continuò a funzionare, grazie ad una convenzione con l'Ambasciata d'Italia, la Scuola Antonio Raimondi e l'Istituto Italiano di Cultura Dante Alighieri;
Ad oggi, l'associazione educativa Antonio Raimondi non può più usufruire nello stabile di tre aule che le erano state concesse in uso dalla convenzione;
tale ridimensionamento degli spazi e dei locali adibiti all'attività scolastica, costituirebbe per lo stesso consiglio direttivo della associazione educativa Antonio Raimondi, la negazione del diritto delle scuole di poter crescere organicamente e di poter esercitare la funzione primaria di migliorare la qualità accademica;
la scuola Antonio Raimondi è esempio di modello di scuola italiana all'estero, sia per le strutture fisiche sia per la qualità accademica;
la Scuola Dante Alighieri svolge una funzione sociale importantissima avvicinando famiglie meno abbienti ad una educazione di ottima qualità legata alla lingua ed alla cultura d'Italia ad un costo sovvenzionato dall'Associazione;
tale situazione solleverebbe, secondo l'interrogante, una limitazione al diritto allo studio della comunità italiana a Lima sancito dall'articolo 34 della Costituzione -:
se tale informazione sia esatta e sia giunta al Governo e ai ministeri competenti.
(4-04676)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto in esame si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La «Raimondi» è scuola italiana paritaria ed è gestita dall'omonima Associazione a Lima.
L'Associazione «Raimondi» gestisce nei locali dell'istituto di cultura anche una scuola privata denominata «Dante Alighieri», esclusivamente peruviana, il cui orario prevede alcune ore settimanali di italiano. L'Associazione, volendo regolarizzare la sua posizione, ha chiesto alla nostra Rappresentanza di poter disporre, per la scuola «Dante Alighieri», di spazi diversi da quelli occupati fino ad ora, più funzionali alle attività didattiche. L'Ambasciata d'Italia a Lima ha quindi sottoscritto, il 15 ottobre 2009, il relativo atto di concessione a canone agevolato, come prevede la legge, in considerazione delle finalità educative del concessionario.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'elemento fondamentale del trattamento intramurario è sicuramente il lavoro (articolo 15, L. 354/1975) sia perché permette ai detenuti di occupare il tempo in maniera costruttiva, sia perché consente loro di garantirsi un minimo di indipendenza economica. Per gli stranieri questo aspetto diventa ancora più rilevante, anche perché spesso si trovano soli ad affrontare la carcerazione ed in tal senso necessitano di una sia pur limitata occupazione lavorativa capace di potergli fruttare un minimo di reddito, necessario per la loro sussistenza in carcere e per affrontare spese legali e di giustizia;
la normativa vigente detta i criteri per l'ammissione all'attività lavorativa intramuraria stabilendo che occorre assicurare tale possibilità prima ai condannati e agli internati, poi ai ricorrenti ed appellanti ed infine agli imputati sottoposti a custodia cautelare in carcere. In pratica vi è una sorta di graduatoria che tiene conto della posizione giuridica del detenuto nonché del periodo di pena da scontare e considerato che i periodi di attesa sono molto lunghi e che gli stranieri, nella maggior parte dei casi, hanno pene piuttosto brevi, risulta alquanto difficile, già in partenza, assicurare loro un'attività lavorativa;
oltre a questa difficoltà di ordine generale, gli stranieri extracomunitari reclusi in carcere e privi del permesso di soggiorno, per poter lavorare durante il periodo di detenzione, devono superare l'ulteriore ostacolo rappresentato dal mancato possesso del codice fiscale, documento senza il quale non è pensabile svolgere una qualsiasi attività lavorativa, né autonoma, né dipendente e che può essere rilasciato allo straniero extracomunitario solo dietro presentazione di un valido permesso di soggiorno;
attesa la centralità del lavoro rispetto al trattamento intramurario, il Ministero della giustizia - con la circolare emanata in data 12 aprile 1999 n. 547671/10 ad oggetto «Detenuti extracomunitari, avviamento al lavoro e rilascio codice fiscale» - ha stabilito che, a seguito di intese con il Ministero delle finanze, può essere rilasciato il codice fiscale a coloro che non siano in possesso di un valido documento di identità e di un regolare permesso di soggiorno, attraverso la presentazione della richiesta, per conto del detenuto, da parte del direttore dell'istituto di pena. Tale richiesta deve essere accompagnata da una attestazione della direzione del carcere recante i dati anagrafici del detenuto che è stato identificato dall'autorità giudicante;
in pratica la circolare richiamata prevede che in questi casi, ai fini del rilascio del codice fiscale, non occorre né il possesso del permesso di soggiorno, dal momento che lo spazio di detenzione costituisce già di per sé una condizione di soggiorno obbligatorio, né un documento di identità valido, visto che il fatto che lo straniero detenuto sia stato sottoposto a procedimento penale e soggetto a condanna implica, di per sé, il superamento di ogni dubbio circa la sua identità (e quindi la mancanza di valido documento può essere superata tramite, appunto, la presentazione della richiesta di codice fiscale, intestato al detenuto, da parte del direttore del carcere o di un suo delegato);
nonostante la predetta circolare, a seguito dell'entrata in vigore della legge 15 luglio 2009 n. 94 recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica» e della coeva introduzione del reato di immigrazione clandestina (perseguibile d'ufficio), in alcuni istituti di pena non viene più rilasciato - alle persone recluse non in grado di esibire i documenti inerenti al soggiorno ex articolo 6, comma 2, D.lgs n. 286/1998 - il codice fiscale necessario allo svolgimento dell'attività lavorativa intramuraria e/o extramuraria (articolo 21 Legge n. 354/1975); sicché l'unico modo che questa categoria di reclusi ha per

poter svolgere una qualche attività lavorativa è quello di ricorrere all'ausilio dei volontari;
le innovazioni al codice penale e al testo unico sull'immigrazione introdotte dalla legge n. 94 del 2007 rischiano pertanto di spogliare della sua identità il clandestino ristretto in carcere: già prima, infatti, era molto difficile per l'extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno poter ottenere qualche documento dall'interno del penitenziario, ora è diventato quasi impossibile;
il preminente valore costituzionale della funzione rieducativa della pena, sotteso alla possibilità riconosciuta ad ogni singolo detenuto di lavorare all'interno o all'esterno del carcere, deve costituire la necessaria chiave di lettura delle modifiche introdotte dalla legge n. 94 del 2009, sicché l'interpretazione costituzionalmente orientata della richiamata normativa consente di affermare che la possibilità di svolgere attività lavorativa negli istituti non può essere, a priori, esclusa nei confronti degli stranieri privi del permesso di soggiorno, ciò perché deve essere senz'altro negata la possibilità di introdurre discriminazioni tra cittadini (e stranieri muniti di permesso di soggiorno) e stranieri in condizione di clandestinità, per la decisiva ragione che le relative disposizioni di legge sono dettate a tutela della dignità della persona umana, in sé considerata e protetta indipendentemente dalla circostanza della liceità o meno della permanenza nel territorio italiano (sotto questo profilo un'eventuale disparità di trattamento normativo risulterebbe indubbiamente contraria ai principi di uguaglianza e al canone della ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione);
il mancato rilascio del codice fiscale, impedendo la possibilità per il detenuto di svolgere attività lavorativa fuori dal carcere, appare totalmente contrastante non solo con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, ma anche con quella consolida prassi amministrativa (e giurisprudenziale) tesa a riconoscere anche allo straniero privo del permesso di soggiorno la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione. Ed invero, con circolare del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria del 23 marzo 1993, trasmessa alle questure con circolare del Ministero dell'Interno n. 8 del 2 marzo 1994, è stato precisato che i cittadini stranieri sprovvisti del permesso di soggiorno «sono tassativamente obbligati in forza di una decisione giurisdizionale a permanere sul territorio italiano ed a svolgere attività lavorativa in alternativa alla pena detentiva». Le medesime regole sono state ribadite, anche successivamente all'entrata in vigore del D.lgs n. 286/1998, con circolari del ministero della giustizia del 16 marzo 1999, prot. 547899, e del ministero dell'Interno n. 300 del 2 dicembre 2000: in quest'ultima è dato atto che «riguardo alla posizione di soggiorno dei cittadini stranieri detenuti ammessi alle misure alternative previste dalla legge, quali la possibilità di svolgere attività lavorativa all'esterno del carcere, si rappresenta che la normativa vigente non prevede il rilascio di un permesso di soggiorno ad hoc per detti soggetti. In dette circostanze non si reputa possibile rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di giustizia né ad altro titolo, ben potendo l'ordinanza del magistrato di sorveglianza costituire ex se un'autorizzazione a permanere nel territorio nazionale»;
peraltro la possibilità, per gli stranieri privi del permesso di soggiorno, di svolgere attività lavorativa all'esterno del carcere è stata disciplinata dalla circolare n. 27/93 del Ministero del lavoro con la quale è stato chiarito che è sufficiente un apposito atto di avviamento al lavoro rilasciato dagli uffici provinciali del lavoro, e ciò «prescindendo dalla iscrizione nelle liste di collocamento, dal possesso del permesso di soggiorno e dall'accertamento di indisponibilità»; il predetto atto deve avere «validità limitata al tipo di attività lavorativa e al periodo indicati nel provvedimento giudiziario di ammissione al beneficio di cui trattasi e non costituirà titolo valido per la iscrizione nelle liste di

collocamento alla cessazione del rapporto di lavoro per il quale è stato concesso»;
a giudizio dell'interrogante occorre urgentemente rimuovere gli ostacoli di carattere burocratico che - successivamente alla entrata in vigore del reato di immigrazione clandestina e delle modifiche apportate al testo unico sull'immigrazione dalla legge n. 94/2009 - incontrano i detenuti extracomunitari privi del permesso di soggiorno che intendono svolgere un'attività lavorativa, sia dentro che fuori le mura; ciò anche alla luce di quanto recentemente dichiarato dal capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dott. Franco Ionta, il quale alla fiera di Rimini ha definito il lavoro all'interno del carcere «una formidabile opportunità», visto e considerato che «un detenuto che lavora probabilmente non delinque più e che senza il lavoro l'uomo si riduce a bestia» -:
se e quali provvedimenti intendano adottare il Ministro della giustizia e quello dell'economia e delle finanze affinché sia chiarito, anche mediante circolari ministeriali esplicative dirette al personale dell'amministrazione penitenziaria e delle Agenzie delle Entrate regionali, che anche successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 94 del 2009 e del reato di immigrazione clandestina, nulla inibisce il rilascio del codice fiscale ai detenuti extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno che intendono svolgere attività lavorativa all'interno o all'esterno del carcere secondo quanto previsto e stabilito dalle norme dell'Ordinamento Penitenziario;
se e quali provvedimenti intendano adottare il Ministero del Lavoro e quello dell'Interno affinché sia chiarito, anche mediante apposita circolare ministeriale esplicativa diretta agli Uffici Provinciali del Lavoro e alle Questure, che anche successivamente alla introduzione del reato di immigrazione clandestina e delle modifiche apportate al Testo Unico sull'Immigrazione dalla legge n. 94 del 2009, nulla osta al persistere dell'applicabilità della apposita procedura di avviamento al lavoro delineata nella circolare n. 27 del 15 marzo 1993.
(4-03920)

Risposta. - Con l'interrogazione in esame l'interrogante chiede chiarimenti in merito al rilascio del codice fiscale a detenuti extracomunitari, alla luce della legge 15 luglio 2009, n. 94 che, in tema di disposizioni in materia di sicurezza pubblica, ha introdotto il reato di immigrazione clandestina.
In particolare il documento di sindacato ispettivo in parola, fa espresso riferimento ai detenuti
extracomunitari privi del permesso di soggiorno che intendono svolgere un'attività lavorativa all'interno o all'esterno del carcere, secondo quanto previsto e stabilito dalle norme dell'ordinamento penitenziario.
Al riguardo si fa presente che l'Agenzia delle entrate, con circolare n. 56/E del 5 dicembre 2003, ha dato soluzione alle richieste del Ministero della giustizia nei casi in cui nel dare seguito all'iscrizione a ruolo delle spese di giustizia, la richiesta del codice fiscale riguardava soggetti debitori stranieri, noti alla sola autorità giudiziaria.
La circolare n. 56/E sopra richiamata è tuttora in vigore e trova applicazione laddove ne ricorrano i presupposti in essa riportati. Gli uffici dell'Agenzia delle entrate, pertanto, attribuiscono il codice fiscale se la richiesta è motivata e sottoscritta dal direttore del penitenziario.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

BINETTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal 9 febbraio 2010 la multinazionale LyondellBasell, con una lettera indirizzata alla regione Umbria, al presidente della provincia di Terni e al sindaco della città di Terni, ha annunciato interventi di razionalizzazione relativi ai propri impianti produttivi di polipropilene e polietilene;

il 25 febbraio, LyondellBasell Industries, con un comunicato, ha pubblicamente annunciato la cessazione della produzione di polipropilene nello stabilimento di Terni adducendo a giustificazione della scelta dinamiche negative, indotte dalla crisi globale, relative alla domanda di polipropilene e la circostanza, secondo la multinazionale, che lo stabilimento di Terni non sarebbe più economicamente sostenibile;
lo stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell ha prodotto, nel 2009, a fronte di una capacità massima di 250mila, 205mila tonnellate di polipropilene, registrando un utile pari a 10 milioni di euro. Unico sito in Italia della multinazionale ad aver registrato un utile; da oltre 10 anni, lo stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell, risulta essere il più produttivo d'Europa dal punto di vista economico e qualitativo;
la razionalizzazione degli impianti produttivi della multinazionale LyondellBasell, in Italia, interessa gli stabilimenti presenti a Brindisi, a Ferrara e a Terni;
dopo essere stato protagonista dello sviluppo della chimica italiana, il polo chimico temano ha subito numerosi processi di ristrutturazione e dimensionamento ed oggi occupa, tra diretti ed indiretti, oltre mille lavoratori;
la produzione dello stabilimento di Terni della multinazionale LyondellBasell rappresenta il fulcro dell'attuale polo chimico temano fornendo polipropilene ad altre attività produttive. La cessazione di tale produzione provocherebbe conseguenze immediate anche per altre due importanti aziende che dipendono dal polipropilene prodotto dalla Basell: la Treofan (180 dipendenti diretti) e la Meraklon (280 dipendenti diretti);
l'allarme creato dall'ipotesi di chiusura entro il 30 giugno 2010 annunciata dalla multinazionale LyondellBasell, non è soltanto relativo all'occupazione che, in un periodo come l'attuale e in un territorio come quello ternano subirebbe conseguenze gravissime, ma rappresenta un ulteriore e durissimo colpo per la competitività della chimica italiana, ridimensionando capacità produttiva e quote di mercato del nostro Paese in un settore strategico fondamentale per lo sviluppo;
il direttore dello stabilimento di Terni, Gianluca Gori, ha recentemente affermato che Basell sarebbe pronta a prendere in considerazione offerte di acquisto, fermo restando che la chiusura dell'impianto temano è fissata al prossimo 30 giugno e che l'eventuale acquirente non diventi un concorrente ma si limiti ad una produzione di polipropilene strettamente necessaria a soddisfare il mercato locale (Treofan e Meraklon) che è pari a circa 80 mila tonnellate annue anche se la potenzialità del sito Basell di Terni è tre volte superiore;
il tessuto produttivo temano ha avanzato manifestazioni d'interesse, da valutare nelle sedi opportune, chiedendo l'apertura di un dialogo con l'attuale proprietà, al fine di salvare e rilanciare la produzione;
il gruppo LyondellBasell ha spedito lettere di cassa integrazione straordinaria a zero ore «per cessazione dell'attività» ai 115 dipendenti dello stabilimento ternano, dimostrando, in tal modo, la chiara volontà di accelerare il processo di dimensionamento anche a fronte delle richieste avanzate dal Governo italiano, dalle istituzioni locali, dalle organizzazioni sindacali e da numerosi soggetti privati;
il 22 aprile 2010 si è tenuta, presso lo stabilimento di Terni, la riunione del coordinamento nazionale dei lavoratori della Basell e tale coordinamento ha deciso di organizzare un'assemblea generale di tutti i lavoratori del polo chimico ternano per il giorno 29 aprile, di programmare uno sciopero dell'intero gruppo Basell e di organizzare una manifestazione che si terrà il 4 maggio a Roma e si concluderà in piazza Montecitorio di fronte alla Camera dei deputati -:
quale iniziativa il Ministro abbia, finora, assunto ed intenda ancora assumere

per scongiurare la chiusura dello stabilimento di Terni;
se il Governo intenda assumere immediate iniziative volte alla riconvocazione del tavolo nazionale per salvaguardare con forza i livelli occupazionali e il polo chimico ternano.
(4-07033)

Risposta. - In merito alle richieste dell'interrogante, contenute nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
L'importanza strategica che la chimica riveste per l'Italia, ha spinto il Governo a seguire con grande attenzione la crisi della multinazionale americana
LyondellBasell.
Nel mese di marzo, nella riunione alla quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico, anche il management aziendale, sono emerse le prime indicazioni.
Il rappresentante dell'azienda ha confermato la decisione presa di dismettere il citato sito nell'ambito del piano industriale di razionalizzazione dei propri stabilimenti europei, oltre che per evitare il fallimento a seguito dell'avvio della procedura americana
Chapter 11. Le motivazioni di questa decisione sono legate, pertanto, esclusivamente alla forte sovraccapacità produttiva in relazione al significativo declino della domanda.
Il piano, a dire dello stesso, si è già in parte materializzato con la chiusura di due linee produttive in Francia e nel Regno Unito e di una in Germania.
Per quanto riguarda la situazione italiana, l'impianto individuato è quello di Terni, a causa della circostanza che lo stesso farebbe parte di un insediamento con minor massa critica produttiva, rispetto a quelli di Ferrara e Brindisi, e che il tipo di produzione è più facilmente trasferibile in altri stabilimenti del gruppo.
I rappresentanti del Governo hanno comunicato alle parti presenti al tavolo che, anche in una fase di crisi complessa come quella attuale, non si deve dare per scontato l'esito del confronto e che, in tale ottica, la decisione comunicata dall'azienda di abbandonare il sito di Terni, non può essere accettata.
Con l'incontro di marzo si è aperto, quindi, un percorso di confronto tra azienda e organizzazioni sindacali per cercare di preservare questa realtà.
Tuttavia, nell'ultima riunione tenutasi dopo un acceso confronto, i rappresentanti della società hanno riconfermato la volontà di abbandonare l'impianto ternano, a partire dal prossimo mese di luglio, proseguendo sulle altre attività di messa in sicurezza e di bonifica dello stabilimento e continuando a partecipare, fino al 30 giugno 2011, ai costi fissi del condominio industriale nel quale è situato lo stabilimento.
Dall'azienda, inoltre, non viene considerata perseguibile, a causa della sovracapacità produttiva, l'ipotesi di vendita dello stabilimento ad altro produttore di polipropilene, dando tuttavia la disponibilità a considerare altri tipi di proposte.
I lavoratori, dal primo luglio prossimo, sarebbero messi in cassa integrazione guadagni straordinaria per un anno e successivamente in mobilità.
La proposta del Mse, condivisa con le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali, unite nella volontà di mantenere la produzione e l'occupazione, è quella di non chiudere gli impianti prima che si sia trovata una soluzione alternativa, con la condizione ulteriore di due requisiti minimi: avere il tempo necessario per fare delle valutazioni senza la scadenza incipiente del 30 giugno prossimo e la disponibilità dell'Azienda a valutare tutte le ipotesi percorribili senza scartare nulla.
L'incontro si è concluso senza una posizione condivisa, con la decisione, tuttavia, di mantenere aperto il tavolo di confronto fino a quando non si riuscirà a trovare soluzioni adeguate e si saranno esplorate tutte le strade possibili.
In questi giorni si stanno susseguendo contatti anche con Confindustria-Terni e con le singole aziende, sia per affrontare le problematiche del sito che per la reindustrializzazione dello stesso.
Le decisioni dell'azienda non possono, infatti, prescindere da un contesto composto da una pluralità di «attori», ci si aspetta, quindi, che anche il piano di Basell

possa cambiare, con l'auspicio che tutti contribuiscano con coerenza ad una possibile soluzione positiva.
I prossimi giorni sono ritenuti dal Governo cruciali per continuare nel confronto e si auspica che anche da parte dell'azienda ci sia l'intenzione di proseguire concretamente su questa strada.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

DI BIAGIO, PICCHI, ANGELI e BERARDI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Crimea e precisamente nelle città di Kerch e di Simferopol vivono alcune centinaia di oriundi Italiani rientrati alcuni anni fa dal Kazakistan dove furono deportati in epoca staliniana;
questi discendono da un flusso migratorio di varie migliaia di persone che si trasferirono in Crimea nella seconda metà dell'Ottocento, provenienti soprattutto da Trani, Bisceglie e Molfetta per svolgere attività agricole e per lavorare nelle attività marittime e raggiungendo una buona condizione sociale;
cominciarono ad essere perseguitati con l'avvento del comunismo perché Italiani in possesso ancora di passaporto italiano e in contatto col nostro consolato di Odessa, e quindi molti scomparvero nelle purghe staliniane e furono privati delle proprietà agricole che vennero nazionalizzate;
dopo il 1939 nessuno poté rientrare in Italia essendo proibito e comunque nell'impossibilità di farlo illegalmente perché privi ormai di ogni mezzo economico per farlo;
nel gennaio 1942, in piena Seconda guerra mondiale, tutti i rimasti, circa 2.000 persone (uomini, donne, bambini), vennero deportati in Kazakistan con l'accusa di popolo traditore in quanto Italiani e circa due terzi morirono nel tragitto effettuato in carri piombati, per fame e malattie oppure nei luoghi di destinazione per il freddo e i maltrattamenti. Quasi tutti i bambini morirono;
al momento della deportazione vennero privati dalle autorità sovietiche di tutti i documenti, compresi i passaporti, e mai più restituiti perché distrutti assieme ad ogni documentazione personale, sostituita con l'attestazione di deportato o altra infamante;
dopo la denuncia dei crimini staliniani ad opera di Kruscev, alcune centinaia poterono tornare in Crimea dove però ogni loro bene era stato confiscato e mai più restituito, mentre altri si dispersero in Russia, Kazakistan, Uzbekistan, dove essi e i loro discendenti tuttora vivono;
malgrado le loro richieste, il Governo ucraino non ha ancora riconosciuto loro lo status di popolo deportato che oltre a costituire un riconoscimento morale, conferisce alcune agevolazioni (quale ad esempio la possibilità del rientro a pieno titolo in Ucraina dei dimoranti negli altri Stati della ex URSS). Riconoscimento concesso dal Governo ucraino ai Tartari, ai Tedeschi, ai Greci, e ad altre popolazioni deportate dalla Crimea su interessamento dei vari Stati di origine (per i Tartari, la Turchia) -:
se non ritenga opportuno, d'intesa con le autorità ucraine, agevolare essi e i loro discendenti, che tuttora si proclamano Italiani, nella ripresa dei rapporti culturali con l'Italia, intervenire, come hanno già fatto altri Stati, anche dell'Unione Europea per i loro oriundi, presso il Governo ucraino perché venga riconosciuto finalmente anche a loro lo status di popolo deportato, conferire nuovamente a loro e ai loro discendenti, che ne facciano richiesta, con apposita disposizione, la cittadinanza italiana loro tolta con la violenza e la distruzione di ogni documento personale;
se non ritenga opportuno interessare le nostre Rappresentanze diplomatiche in Russia e Uzbekistan di occuparsi finalmente

dell'argomento e prendere fattivo contatto con i dispersi e loro discendenti rimasti in detti Stati, che in anni passati inutilmente hanno cercato rapporti con le nostre Ambasciate (come accaduto in Russia).
(4-03113)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
Il ministero degli affari esteri ha già dato istruzioni alla nostra ambasciata a Kiev di eseguire una ricognizione della legislazione e della prassi ucraine tesa a verificare quali eventuali disposizioni, ivi incluso il riconoscimento dello
status di «popolo deportato», siano già state adottate in favore di altre popolazioni, oggetto di deportazione nel 1942. La nostra ambasciata a Kiev sta provvedendo in tal senso ed ha anche avviato contatti e scambi d'informazioni con altre ambasciate dell'Unione europea cui si rifanno comunità allogene presenti in Ucraina, vittime di repressioni e deportazioni in epoca staliniana.
Le autorità italiane presenti in Ucraina mantengono peraltro anche contatti costanti con gli oriundi italiani delle città di Kerch e Simferopol, rientrati dal Kazakhstan, ove furono deportati, o discendenti da questi ultimi. Lo scorso anno, un rappresentante dell'ambasciata d'Italia a Kiev ha partecipato all'inaugurazione di una manifestazione organizzata dall'associazione CERKIO (Comunità degli Emigrati in Regione di Kerch - Italiani di Origine) con l'obiettivo di mantenere vivo il contatto fra tale comunità e le istituzione italiane, così come quello di promuovere e di stimolare lo sviluppo dei suoi rapporti, anche culturali, con l'Italia. Inoltre l'ambasciata d'Italia a Kiev, a seguito di una richiesta ricevuta dalla summenzionata associazione, sta verificando la possibilità, con l'ausilio dell'istituto italiano di cultura, di poter organizzare corsi di italiano a Kerch.
Le nostre ambasciate nella Federazione Russa, in Uzbekistan ed in Kazakhstan sono aperte ad eventuali contatti che dovessero essere sollecitati da parte di dispersi e dei loro discendenti rimasti in detti Stati.
Infine, si precisa che il riacquisto del nostro
status civitatis, regolato dall'articolo 13 della legge 5 febbraio 1992, n. 91 vigente in materia, è subordinato al trasferimento, seppure per un breve periodo, della residenza degli interessati nel nostro Paese.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli impiegati a contratto operanti presso l'ambasciata e l'istituto italiano di cultura di Belgrado ammontano a 23 unità di cui 15 sottoposti a legge locale e 8 a legge italiana;
sulla base dei dati raccolti dall'interrogante, i contratti disciplinati dalla normativa locale non risultano in linea con le variazioni apportate nella normativa serba degli ultimi armi, ovvero dalla fine della guerra dei Balcani ad oggi, ponendo di conseguenza gli impiegati sottoposti alla legge locale in una situazione di sostanziale irregolarità;
gli impiegati con contratto disciplinato dalla legge locale in servizio presso le suindicate sedi serbe avrebbero una copertura sociale e previdenziale limitata ad un decimo della retribuzione, anziché sul totale della stessa, diversamente da quanto sancito dalla normativa serba in materia. Tale aspetto emergerebbe anche nell'ambito dell'astensione obbligatoria per maternità e - solo negli ultimi anni - quattro dipendenti a contratto hanno ricevuto, durante tale periodo, solo il 10 per cento della retribuzione anziché il 100 per cento come previsto dalla normativa imperativa serba;
sulla base dei dati forniti dall'Istituto nazionale di statistica della Repubblica di Serbia emerge che per quanto riguarda le altre rappresentanze straniere in Serbia, in particolar modo quelle dei Paesi dell'Unione europea, vi è stato nel corso degli

ultimi anni un adeguamento del profilo contrattuale degli impiegati alla normativa locale;
sebbene dai dati dell'Istituto di statistica si evidenzi un incremento del costo della vita in Serbia negli ultimi dieci anni pari al 1.500 per cento, al personale a contratto locale è stato conferito un unico aumento del 10 per cento nel 2004;
nell'ambito della pubblica amministrazione serba è stato avviato dal 2002 un incremento delle retribuzioni dei dipendenti che va oltre il 300 per cento -:
se sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa e se corrisponda al vero che l'ambasciata d'Italia a Belgrado prelevi alla fonte, ai sensi della normativa serba, le ritenute fiscali da versare all'ente fiscale serbo nella misura del 12 per cento dello stipendio lordo, di cui 6 per cento a carico del lavoratore e 6 per cento a carico del datore di lavoro, ma che tale percentuale venga applicata su un decimo della retribuzione effettiva, ponendo così i lavoratori coinvolti di fatto in una situazione di irregolarità fiscale;
quali iniziative si intendano predisporre al fine di sanare le evidenti criticità fiscali e di procedere ad un pieno adeguamento contrattuale degli impiegati presso le citate sedi diplomatiche ai parametri normativi serbi.
(4-06396)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Ai sensi dell'articolo 154, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18 «Le rappresentanze diplomatiche, o, in assenza, gli uffici consolari di prima classe accertano, sentite anche le rappresentanze sindacali in sede, la compatibilità del contratto con le norme locali a carattere imperativo e assicurano, in ogni caso, l'applicazione delle norme locali più favorevoli al lavoratore in luogo delle disposizioni del presente titolo».
Come previsto dalla norma citata, i documenti d'impiego attualmente in vigore del personale con contratto regolato dalla legge locale in servizio a Belgrado sono stati predisposti sulla base delle indicazioni fornite dalla sede con il conforto del proprio legale di fiducia, che ha attestato la conformità del modello contrattuale alla normativa allora vigente tanto su un piano generale quanto con specifico riferimento alla materia contributiva.
Nel gennaio 2009, l'ambasciata d'Italia a Belgrado ha qui trasmesso un'istanza della confederazione sindacale CONFSAL UNSA volta ad avviare una revisione del modello contrattuale in vigore per adeguarlo alle innovazioni introdotte dalla più recente normativa locale.
Sulla base delle indicazioni fornite dalla predetta ambasciata, corredate del parere del suo legale di fiducia, questa amministrazione ha quindi avviato una verifica della conformità alle nuove norme sul lavoro del trattamento giuridico, economico e contributivo del personale interessato.
Tale laboriosa revisione tiene conto della necessità di verificare, materia per materia, il carattere imperativo o di favore delle nuove regole rispetto alle corrispondenti previsioni dell'ordinamento italiano, e nel contempo ad accertarne la decorrenza effettiva, in modo da poter apportare le necessarie modifiche ai documenti d'impiego sia per il futuro sia rispetto a situazioni già intervenute.
L'esame delle clausole contrattuali, il cui studio ha richiesto numerosi approfondimenti, si trova attualmente in una fase avanzata e dovrebbe prevedibilmente concludersi nella prima metà dell'anno in corso.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

EVANGELISTI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa risulta che il Ministro interrogato intende proseguire nella sua, ad avviso dell'interrogante, poco credibile crociata per la moralità nella pubblica amministrazione, censendo il numero

delle auto blu (la Repubblica sito web dell'11 maggio 2010);
ancora una volta si tratterebbe apparentemente di un proposito lodevole, ma una serie di dati e comportamenti pregressi, già evidenziati in precedenti atti di sindacato ispettivo, minano fortemente la credibilità di un'effettiva volontà moralizzatrice;
il Ministro interrogato fa parte di una maggioranza della quale alcuni membri hanno proposto niente meno che l'immunità per gli autisti delle auto blu;
il Ministro interrogato ha ancora un enorme ufficio sul Canal Grande di Venezia, a spese del contribuente, cosa che evidentemente i veneziani sanno, tanto che - al momento di eleggere il loro sindaco - si sono regolati di conseguenza;
il Ministro interrogato si serve nel suo Gabinetto di personale qualificatissimo che percepisce, oltre allo stipendio, una cospicua indennità di funzione, sempre a spese del contribuente;
il Ministro interrogato ha nominato, come componente retribuito assai lautamente del suo staff Gianni De Michelis, sempre a spese del contribuente;
il Ministro interrogato risulta si sia espresso a suo tempo in senso contrario allo scioglimento del comune di Fondi, che era stato proposto per infiltrazioni mafiose dal Ministro dell'interno. Tale posizione si è peraltro rivelata del tutto erronea, dato che, proprio di recente in tale area è stata effettuata un'importante operazione contro la mafia dell'ortofrutta, a conferma delle buone ragioni della proposta di scioglimento (confronta l'articolo di Michele Marangon sul sito de Il Corriere della Sera del 10 maggio 2010);
il complesso di tali elementi richiede una concreta verifica della coerenza tra propositi e comportamenti concreti del Ministro interrogato e legittima pertanto una serie di domande -:
con quale mezzo il Ministro interrogato si rechi al ministero ogni mattina;
con quale mezzo si rechi al lavoro il suo consulente Gianni De Michelis;
con quale mezzo vi si rechino gli altri componenti del suo staff.
(4-07189)

Risposta. - In riferimento all'atto in esame, concernente l'utilizzo delle cosiddette «auto blu» da parte del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e del suo staff, si rappresenta quanto segue.
Come già reso noto mediante comunicato stampa, il Ministro Renato Brunetta, sotto scorta da 25 anni per le minacce dei terroristi, usa per i suoi spostamenti l'auto blindata messagli a disposizione dall'Arma dei carabinieri, mentre il consigliere Gianni De Michelis si reca ogni mattina al Ministero con mezzi propri. A ciò si aggiunga che sul sito istituzionale del Ministero è stato pubblicato l'elenco delle auto di rappresentanza e di servizio, pari complessivamente a sole sette unità, assegnate, non solo allo
staff del Ministro, come chiesto dall'interrogante, ma anche alle strutture di line del dipartimento della funzione pubblica e del dipartimento per la digitalizzazione della pubblica amministrazione e l'innovazione tecnologica.
Tale elenco anticipa la pubblicazione delle schede di monitoraggio delle «auto blu» di tutte le amministrazioni pubbliche che, unitamente ai dati relativi alla certificazione della spesa complessiva sostenuta al riguardo, saranno rese note in attuazione di quanto stabilito dalla recente direttiva n. 6/2010 del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. Al provvedimento da ultimo richiamato, anch'esso pubblicato sul sito ministeriale, si rinvia, dunque, per ulteriori e dettagliate informazioni in merito alle modalità di utilizzo e gestione delle autovetture in dotazione, nonché alle modalità innovative proposte dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione al fine del contenimento

della spesa e della realizzazione del sistema dei trasporti in uso nelle pubbliche amministrazioni.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
al valore della Protezione civile destinate ai vigili del fuoco, ai militari, alle forze di polizia e al volontariato per il servizio svolto durante il terremoto dell'Aquila, dell'emergenza rifiuti della Campania e il vertice del G8 possono essere ritirate solo dopo aver pagato 130 euro per un kit che, oltre alla medaglia in questione, comprende «nastro, rosetta, distintivo, fascetta e astuccio»;
tutto ciò è previsto da un apposito decreto della presidenza del Consiglio dei ministri, secondo il quale «gli oneri per la realizzazione e la spedizione dei diplomi sono posti a carico del Dipartimento della Protezione civile, quelli connessi alle insegne sono posti a carico dei beneficiari»;
il segretario del sindacato autonomo dei Vigili del Fuoco (Conapo) Antonio Brizzi ha inviato una lettera di protesta al capo del dipartimento della Protezione civile Guido Bertolaso: «Sono medaglie vere? In tal caso pretendiamo che ce le dia lo Stato. Sono invece medaglie di scarso valore morale, distribuite a pioggia, anche a chi di valoroso non ha nulla ha fatto in questi eventi? O è forse un business? Ci auguriamo di no, ma tolga i vigili del fuoco dalle liste dei benefici, perché più che riconoscimento sembrerebbe una presa in giro» -:
con quale criterio sia stata individuata e scelta la ditta che ha prodotto le medaglie;
quanti siano i vigili del fuoco, i militari, gli appartenenti alle forze di polizia e i volontari che, in teoria, avrebbero diritto alla medaglia;
quale sia il nome della ditta e se altri simili appalti le siano stati conferiti in passato;
se sia a conoscenza della lettera di protesta riportate in premessa e quale risposta si intenda dare ai quesiti posti dal segretario Brizzi.
(4-06525)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente le medaglie al valore della protezione civile, si fa presente quanto segue.
Nel 2008 è stata esperita una gara tra 27 ditte per l'aggiudicazione della commessa per la produzione e la spedizione delle medaglie e dei diplomi nonché per svolgere i connessi servizi di controllo e verifica,
call center e gestione del sito per gli acquisti online.
Atteso che la normativa di riferimento (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 e decreto del capo del dipartimento della protezione civile 28 aprile 2009), è stata emanata successivamente all'espletamento ed all'aggiudicazione della commessa, in sede di prima concessione, non è stato possibile individuare requisiti specifici per la partecipazione alla gara medesima. Entro la fine dell'anno in corso si procederà all'aggiudicazione di una nuova commessa mediante l'esperimento di una gara comunitaria.
Non è possibile indicare precisamente l'incidenza degli appartenenti al corpo dei vigili del fuoco e alle forze dell'ordine, sul numero totale dei beneficiari, perché molti di essi partecipano agli interventi di protezione civile con associazioni di volontariato e da queste sono segnalati, di conseguenza non si può riconoscerne lo status di vigile del fuoco ovvero di militare visto anche che la cosa è ininfluente per la concessione della benemerenza in parola. Tuttavia, dalle segnalazioni formulate dal dipartimento dei vigili del fuoco e dagli stati maggiori e comandi generali delle forze armate e delle forze dell'ordine, la percentuale

complessiva degli appartenenti a tali enti ammonta al 65 per cento degli aventi diritto.
Per quanto riguarda la società
System Data Center SpA questa e uno dei fornitori del dipartimento della protezione civile e partecipa alle gare bandite dall'amministrazione come ogni altro fornitore. Prima della commessa in essere con tale società, non sono stati commissionati servizi simili, né alla società in parola, né ad altra società, proprio perché trattasi della prima concessione avvenuta, per la partecipazione agli eventi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 maggio 2006.
A tal fine si specifica, che a differenza di quanto erroneamente diffuso dai media relativamente all'evento sismico dei 6 aprile 2009, sono ancora in corso le segnalazioni e, pertanto, le insegne in commercio non comprendono anche detto evento.
A maggior precisazione va detto che le attestazioni del dipartimento della protezione civile, come avviene per altre benemerenze della Repubblica italiana, sono conferite con apposito decreto, nella fattispecie del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato con gli elenchi nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il primo conferimento è avvenuto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 ed è in corso la segnalazione per la partecipazione ai tre eventi relativi allo smaltimento dei rifiuti della regione Campania, al sisma Abruzzo e all'organizzazione del vertice G8.
L'attestazione di pubblica benemerenza esprime il ringraziamento che il dipartimento della protezione civile rivolge a tutti coloro che hanno partecipato ad un determinato evento. L'insegna rappresenta la manifestazione esteriore della benemerenza stessa, che per il dipartimento assume un valore unico ed esclusivo per ogni singolo operatore, a riprova dell'importanza del singolo nell'ambito del servizio nazionale di protezione civile.
Analogamente alle altre benemerenze della Repubblica (ad esempio ordine al merito - Omri), viene consegnato al benemerito il diploma, che costituisce l'attestato della benemerenza concessa, considerato inoltre l'elevato numero di beneficiari (l'elenco allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 riporta 73.600 nominativi), il dipartimento della protezione civile non può assumersi l'onere della consegna gratuita delle insegne, pertanto chi volesse fregiarsene, senza alcun vincolo e senza alcuna compromissione del titolo, può acquistarle con oneri a proprio carico, così come avviene per l'Omri. Si è poi inteso introdurre un elemento di ulteriore valore alla benemerenza in parola, attribuendo un numero di conio ad ogni insegna. A tal fine, si è reso necessario individuare un produttore unico che svolgesse anche il servizio di verifica della titolarità all'acquisto ed all'esibizione dell'insegna, per evitare un uso indebito degli emblemi, anche, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legge 39 del 2009, come modificato dal 15-
bis del decreto-legge 195 del 2009.
Al riguardo si evidenzia che la normativa vigente non vieta la libera vendita delle insegne prodotte dalla società
System Data Center Spa, né dai futuri produttori, purché i rivenditori siano preventivamente autorizzati dal dipartimento, al fine di accettare il possesso del titolo.
Nella lettera citata nell'atto di sindacato ispettivo il signor Brizzi obietta sullo «scarso valore morale» delle insegne. In proposito si ritiene che, oltre all'importanza attribuita dal dipartimento ed al mero costo materiale, ogni operatore può attribuire il proprio valore morale e soggettivo al simbolo, in quanto connesso al proprio intervento, alla propria esperienza vissuta ed al proprio stato emotivo durante l'evento medesimo.
Con riferimento poi al paventato «
business» si ribadisce che il dipartimento della protezione civile, dato l'altissimo numero di beneficiari, non può supportare l'onere di un così elevato numero di insegne, né trae alcun vantaggio economico dalla vendita delle insegne.
Per quanto concerne la cancellazione dei vigili del fuoco dagli elenchi, ogni soggetto segnalato può richiedere la cancellazione

del proprio nominativo al comando del corpo, in quanto il dipartimento non è responsabile della segnalazione formulata dal corpo nazionale, né della cancellazione del nominativo; peraltro la richiesta di un singolo, nella fattispecie del sindacato autonomo dei vigili del fuoco Conapo, non può comportare eliminazioni collettive.
Si rappresenta, infine, come già in varie sedi si è avuto occasione di precisare, che il costo di 130 euro riguarda l'intero cofanetto i cui pezzi, a seguito della modifica intervenuta al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2010, pubblicato in
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 aprile 2010, n. 77, possono essere acquistati anche singolarmente.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

FEDI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la convenzione sulle doppie imposizioni fiscali in vigore tra Italia e Australia, firmata a Canberra il 14 dicembre 1982 e ratificata con la legge n. 292 del 27 maggio 1985, entrata in vigore il 5 novembre 1985, regola l'imposizione fiscale sui redditi e sul patrimonio;
l'articolo 18 della convenzione prevede che le pensioni, incluse quelle pubbliche, siano imponibili nel Paese di residenza del titolare la prestazione pensionistica;
in conformità a tali disposizioni, dietro presentazione di richiesta di detassazione, vidimata dalle autorità fiscali del Paese di residenza, l'istituto previdenziale che eroga la pensione non deve più operare alla fonte la ritenuta fiscale IRPEF;
in presenza di una richiesta di detassazione di un residente all'estero, opportunamente vidimata dalle autorità fiscali australiane, la procedura di detassazione si applica anche se la pensione viene pagata in Italia;
numerose segnalazioni indicano che l'INPDAP non applichi correttamente questa procedura -:
quali iniziative si intendano adottare per garantire la corretta applicazione delle convenzioni internazionali ed in modo specifico delle norme della convenzione sulle doppie imposizioni fiscali in vigore tra Italia e Australia che prevede la tassazione nel Paese di residenza anche per le pensioni pubbliche;
quali ulteriori iniziative si intendano adottare per assicurare che le norme in questione siano applicate anche al sistema di pagamento delle pensioni, prevedendo la possibilità di accredito su conto corrente sia in Italia che all'estero;
se si intendano infine diramare precise istruzioni atte a superare l'attuale carenza di informazioni sui singoli pagamenti relativamente ad importi in valuta locale e valori di cambio, oltre a garantire la comunicazione annuale delle singole prestazioni che compongono la pensione in pagamento.
(4-06040)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente la convenzione italo australiana, ratificata con legge 27 maggio 1985, n. 292, in materia di divieto di applicazione di doppia imposizione fiscale sui redditi, sulla base delle informazioni acquisite dai competenti uffici dell'Inpdap e del ministero dell'economia e delle finanze, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 18 della citata legge prevede che le pensioni, comprese quelle pubbliche, sono tassabili esclusivamente nel paese di residenza del percipiente.
L'istituto ha reso noto di non operare, nei confronti dei pensionati amministrati e residenti nel territorio australiano, la ritenuta fiscale alla fonte, qualora gli stessi possiedano i requisiti prescritti dalla convenzione in parola (residenza all'estero del beneficiario e tassabilità nel paese di residenza), debitamente attestati per mezzo

della modulistica disponibile presso le rappresentanze diplomatiche aventi sede nel citato territorio.
L'Inpdap, sulla base di quanto comunicato dall'Agenzia delle Entrate, potrebbe, comunque, continuare ad assoggettare a tassazione, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, lettera
a) del TUIR, i trattamenti pensionistici qualora non sussista la certezza della sussistenza del requisito della residenza fiscale in Australia, (sia pure certificata dalle competenti Autorità straniere come nell'ipotesi di richiesta di accredito della pensione in Italia). Ciò in quanto l'istituto non può effettuare i necessari accertamenti in quanto privo di tale potere proprio, invece, dell'Amministrazione finanziaria.
Con specifico riferimento, invece, alla ulteriore situazione portata all'attenzione nel presente atto parlamentare, inerente le modalità di pagamento dei trattamenti pensionistici corrisposti ai residenti in Australia, l'istituto ha fatto presente che il pagamento viene effettuato dalla Banca d'Italia - Servizio Rapporti con il tesoro - attraverso ordinazione di bonifici sui conti correnti delle Ambasciate e dei Consolati italiani che provvedono al pagamento in favore dei beneficiari. In proposito, l'Inpdap, al fine di garantire un servizio più efficiente ai propri amministrati, ha reso noto di avere interessato la Banca d'Italia sulla possibilità di adottare procedure volte all'accreditamento diretto sui conti correnti bancari degli interessati.
Da ultimo, l'istituto ha comunicato che è ora di esclusiva competenza della Banca d'Italia fornire informazioni in ordine ai singoli importi erogati in valuta locale e sui valori di cambio. Per agevolare la trasmissione delle informazioni nei riguardi dei pensionati pubblici residenti all'estero è stata istituita una specifica casella di posta elettronica alla quale possono essere indirizzate tutte le richieste inerenti la gestione dei trattamenti pensionistici i esame.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 giugno 2009 il Governo ha annunciato l'avvio di una nuova fase di riduzione della presenza all'estero dell'amministrazione dello Stato italiano che prevede, tra gli ultimi mesi del 2009 e i primi mesi del 2011, la chiusura di diciotto sedi consolari (tredici in Europa, due negli Stati uniti, due in Australia, uno in Sudafrica);
la prospettata razionalizzazione della rete consolare provocherebbe prevedibili conseguenze negative per l'accesso ai servizi da parte delle comunità italiane e per il personale già assunto in loco e spostato in sedi spesso distanti;
in questo contesto, sorgono e si consolidano forti dubbi sull'opportunità della chiusura dell'agenzia consolare di Mannheim, la quale serve un bacino di circa 19.000 connazionali ed è un punto di riferimento e di erogazione di servizi essenziali e irrinunciabili per circa 500 piccoli imprenditori e liberi professionisti italiani, nonché per tutto il personale italiano che è in servizio presso gli istituti di ricerca universitari e non, nei settori della biologia, della medicina, dell'informatica, dove molti giovani ingegneri e scienziati hanno trovato occupazione e possibilità di crescita personale e professionale, oltre che per i numerosissimi studenti e ricercatori italiani che vengono a trascorrere periodi di studio nei poli di eccellenza delle università di Heidelberg e Mannheim e per la rappresentanza di ufficiali italiani di collegamento (circa 12 unità) in servizio presso il comando NATO di Heidelberg;
complessivamente, nella regione metropolitana del Neckar Reno i connazionali colpiti dalla paventata chiusura della sede di Mannheim sarebbero circa 40.000;
gli stessi interlocutori tedeschi danno segnali di disponibilità per il mantenimento dei servizi, con possibili risparmi sui costi fissi di gestione della sede;

in particolare, si apprende da note di agenzie che il presidente della Federazione dei sindacati tedeschi (Deutscher Gewerkschafsbund - Dgb) di Mannheim, Stefan Rebmann, in occasione della riunione bimestrale del 5 febbraio 2010, ha dichiarato che il Dgb, per dare un concreto aiuto alla comunità italiana residente nel circondario Neckar Reno e per l'alto numero di adesioni da parte di italiani al Dgb di Mannheim, metterà a disposizione locali a costo zero, affinché l'agenzia consolare possa continuare a garantire in loco i servizi all'utenza italiana;
si apre così una concreta e praticabile alternativa alla chiusura della sede consolare in questione, finora giustificata unicamente dal risparmio dei costi d'affitto -:
se il Ministro interrogato non intenda assumere iniziative affinché la chiusura dell'agenzia consolare di Mannheim sia riconsiderata nel quadro del piano di razionalizzazione e quindi revocata, al fine di salvaguardare i diritti della collettività italiana residente nella zona e le giuste rivendicazioni del personale che ora vede ipotecato il proprio futuro.
(4-06183)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La riflessione riguardante l'Agenzia Consolare di Mannehein non ha carattere isolato, ma va ricondotta al più generale piano di razionalizzazione della rete estera che è stato presentato, in più occasioni, alle Commissioni Esteri della Camera e del Senato, al Consiglio Generale degli Italiani all'Estero (CGIE) ed alle organizzazioni sindacali. Tale piano, che inizialmente prevedeva scadenze più ravvicinate per l'attuazione dei provvedimenti di chiusura e che già
ab origine contemplava l'Agenzia consolare di Mannehein, ha subito una successiva rimodulazione, in funzione degli approfondimenti svolti dall'Amministrazione in merito ai singoli aspetti di problematicità relativi alle sedi interessate nel processo. In questi approfondimenti, che sono ancora in corso, il ministero degli affari esteri riserva comunque prioritario riguardo alla cura dei servizi destinati alle collettività italiane, che si intende continuare a mantenere ad un livello qualitativo elevato, come legittimamente segnalato dalle varie istanze coinvolte, in particolare con la Risoluzione della III Commissione della Camera dei deputati in data 21 luglio 2009.
Allo stato attuale, sono oggetto di attento studio soluzioni volte a salvaguardare adeguati livelli di assistenza prestati ai nostri connazionali residenti in Germania garantendo comunque il conseguimento di apprezzabili risparmi. In generale, si conferma l'impegno del Governo al rafforzamento delle sedi consolari che riceveranno le competenze dagli Uffici in chiusura, permettendo il mantenimento degli adeguati livelli qualitativi nell'erogazione dei servizi ai cittadini ed alle imprese.
Priorità dell'amministrazione è infatti che le risorse ottenute attraverso il piano di razionalizzazione vengano reinvestite nella rete all'estero, al fine di garantirne la sostenibilità nel suo insieme. Proprio nell'ottica del complessivo rafforzamento della rete, la prospettata disponibilità di locali a titolo gratuito non appare di per sé determinante ai fini del mantenimento di una presenza istituzionale italiana a Mannheim, dovendo la Farnesina tenere conto di più generali criteri ai fini del processo di ristrutturazione, attraverso un'attenta analisi costi/benefici finalizzata al più efficiente utilizzo delle risorse umane e finanziarie, la disponibilità delle quali risulta, attualmente, più circoscritta rispetto al passato. Durante l'audizione presso le Commissioni Affari esteri di Camera e Senato del 23 scorso ho segnalato l'intenzione dell'amministrazione di procedere alla chiusura della sede di Mannheim durante il prossimo autunno. In questa prospettiva saranno adottate specifiche misure - rafforzando il Consolato generale di Stoccarda - per assicurare un adeguato livello di servizi alla collettività italiana residente in quella circoscrizione.
Parallelamente e sul più generale prosegue l'impegno del ministero degli affari esteri nella realizzazione di piattaforme informatiche

innovative, progetto cui e stata attribuita particolare priorità dal punto di vista dei tempi di realizzazione e delle risorse dedicate e nel perseguimento dell'obiettivo di garantire sia la promozione degli interessi nazionali, sia l'assistenza alle collettività italiane residenti all'estero. Come peraltro illustrato nel corso della visita di una delegazione di Parlamentari italiani al Consolato di Bruxelles, tale progetto è volto a consentire all'intera rete consolare di:
a) aumentare il livello di produttività degli Uffici, rendendoli sempre più efficienti e rispondenti alle esigenze dei connazionali;
b) fornire all'utenza adeguati servizi telematici a distanza;
c) corrispondere agli indirizzi governativi in tema di innovazione, digitalizzazione e dematerializzazione della pubblica Amministrazione.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

GRIMOLDI, STUCCHI, VANALLI, PIROVANO e CONSIGLIO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
gravi disservizi si verificano quotidianamente nella gestione dei servizi postali nella regione Lombardia, creando notevoli inconvenienti agli utenti, siano essi privati o persone giuridiche;
in particolare, nella città di Sonate (Bergamo), la qualità del servizio postale, già compromessa, sta fortemente peggiorando; nelle ultime settimane cittadini stanno subendo sempre più gravi inefficienze sia per i servizi di sportello sia per quelli di recapito della corrispondenza;
infatti, dopo anni di disservizi e, nonostante le promesse fatte dai responsabili di Poste italiane spa, il secondo ufficio della città non è mai stato aperto, i tempi d'attesa si sono allungati con file fino ad 80 persone, i disservizi nella distribuzione a domicilio non si sono mai interrotti, lasciando continuamente scoperte alcune zone cittadine;
inoltre, i noti problemi di manutenzione dell'unico punto di servizio postale in via Partigiani, che ne ha imposto la chiusura nel dicembre 2009, ne condizionano continuamente l'efficienza; tale inagibilità (completa prima, parziale ora) ha creato un notevole disagio all'intera città di quasi 24 mila abitanti e con importanti attività economiche e istituzionali; a risentirne sono ovviamente gli utenti, costretti a file lunghissime prima di poter effettuare qualsiasi operazione, dalla trasmissione di corrispondenza ai servizi di conto corrente postale, dal pagamento di utenze alla riscossione di titoli;
nonostante e numerose proteste formali dell'Amministrazione comunale e le raccolte firme, seguite da incontri e dalle promesse di Poste italiane spa relativamente all'apertura di un secondo ufficio, data l'evidente inadeguatezza di quello esistente rispetto al numero dei potenziali utenti, non si è verificato alcun miglioramento;
a questa situazione si è aggiunto un diffuso disservizio nel recapito a domicilio della posta in arrivo: in alcune vie della città, quali via Marconi e viale Lombardia, il servizio non è stato assicurato; si tratta di zone di Seriate densamente abitate, con importanti sedi di attività commerciali e di terziario;
le numerose aziende della zona, i commercianti, gli uffici comunali e tutti i cittadini stanno dunque subendo insopportabili disagi per il ritardato o mancato recapito della corrispondenza; la ritardata consegna riguarda anche bollettini, fatture e raccomandate, e comporta per i cittadini notevoli inconvenienti ed il pagamento di multe; inoltre, gran parte dei rapporti tra istituti bancari, imprese e privati avviene attraverso i servizi di corrispondenza postale;
risulta quindi evidente che i disservizi sono notevoli e duraturi e comportano

altresì una perdita di tempo e denaro per gli utenti, nonché spiacevoli inconvenienti -:
se i Ministri interrogati non intendano assumere iniziative per verificare quali siano le cause dei disservizi nella gestione del servizio postale nella città di Seriate (Bergamo) e quali azioni Poste spa stia attivando per superare la situazione di disservizio lamentata al fine di riportare efficienza e trasparenza nella gestione del servizio postale, in particolare relativamente alle seguenti problematiche:
a) stato della manutenzione dell'edificio di via Partigiani;
b) previsione della ripresa regolare della distribuzione postale nelle vie Marconi e Lombardia, indicando in particolare quali accorgimenti verranno presi per evitare il ripetersi della situazione lamentata e per garantire sempre la distribuzione su tutta la città;
e) tempistiche di attivazione di un secondo punto di servizio di Poste italiane spa nel territorio di Seriate.
(4-05801)

Risposta. - Con riferimento all'atto in esame concernente disservizi postali nella regione Lombardia, sulla base degli elementi forniti dalla direzione competente e dalla Società concessionaria del Servizio postale universale, si segnala quanto segue.
Relativamente alla situazione del comune di Seriate, in provincia di Bergamo, con un numero di abitanti pari a 23419, Poste italiane ha rappresentato che l'ufficio postale di Seriate, dispone di 6 sportelli, 2 aree prodotti finanziari e un
cash dispenser utilizzabile nelle 24 ore lo stesso è aperto con modalità di doppio turno e dall'analisi dei flussi di traffico è risultato in grado di soddisfare adeguatamente le richieste della clientela, nel rispetto degli standard di qualità, previsti.
I responsabili territoriali di Poste Italiane hanno, inoltre, comunicato al sindaco del comune in questione che l'ufficio è continuamente monitorato, al fine di garantire interventi adeguati, in caso di necessità.
Poste Italiane ha informato, inoltre, che la parziale inagibilità dell'ufficio postale di Seriate, via Partigiani, 1, è determinata da problemi strutturali dell'edificio, verificatisi per una infiltrazione di acqua attraverso il tetto, a causa delle abbondanti nevicate avvenute durante le scorse festività natalizie. La stessa Azienda informa, poi, che, nonostante la tempestività degli interventi di riparazione e manutenzione, i lavori sono a tutt'oggi in corso e richiederanno ancora qualche mese per il definitivo completamento. La struttura di tale ufficio sarà anche dotata di un ulteriore elemento radiante per il riscaldamento.
La difficoltà intervenuta, aveva reso necessario lo spostamento temporaneo sia dei raccoglitori contenenti la corrispondenza in distribuzione che del relativo personale addetto al recapito presso l'ufficio postale di Gorle, distante poche centinaia di metri da quello di via Partigiani.
I disservizi nel recapito, invece, che si erano verificati per le avversità citate, sono stati superati e il servizio è ritornato alla normalità.
Il ministero dello sviluppo economico, attraverso gli uffici territoriali competenti, non mancherà di vigilare affinché un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, onde assicurare alla cittadinanza un servizio sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

HOLZMANN. - Al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Bolzano sono recentemente stati installati cartelli segnaletici monolingui sui sentieri, da parte dall'associazione Alpen Verein Sudtirol (AVS);
il fatto non è certo nuovo, della vicenda l'interrogante si era interessato in più occasioni anche quando era consigliere provinciale, sollecitando la Giunta provinciale per rammentarle l'obbligo del bilinguismo previsto dallo statuto di autonomia

ma, da parte della Giunta provinciale, era stato risposto che essendo l'associazione alpinistica un soggetto privato, non aveva alcun obbligo del rispetto del bilinguismo;
il Club Alpino Italiano, competente per la segnaletica in altre zone dell'Alto Adige, ha sempre rispettato il bilinguismo, mentre l'Alpen Verein non lo ha mai fatto. Fatto ancora più grave è costituito dagli stanziamenti pubblici da parte della Provincia Autonoma di Bolzano e dell'Unione europea, finiti nelle casse dell'Alpen Verein per questo lavoro di «pulizia linguistica» a danno della comunità di lingua italiana dell'Alto Adige e, più in generale, dei numerosissimi turisti provenienti da altre zone d'Italia che percorrono sentieri di montagna, vie alpinistiche, sentieri attrezzati. Prescindendo dalle valutazioni di opportunità politica e dal manifesto disprezzo nei confronti di norme statutarie poste a presidio della convivenza che vengono furbescamente eluse, è evidente il rischio per l'incolumità pubblica che tale situazione comporta -:
se e quali iniziative di competenza intenda adottare al fine di evitare situazioni di mancato rispetto dal bilinguismo, che peraltro sono tali da comportare anche grave pericolo per la difficoltà di determinati percorsi o in occasioni di condizioni atmosferiche avverse.
(4-03141)

Risposta. - In riferimento all'atto parlamentare di cui all'oggetto concernente l'installazione di cartelli segnaletici monolingue in alcuni comuni della provincia di Bolzano nonché sui sentieri di montagna da parte dell'Associazione Alpen Verein Sudtirol e sulla base degli elementi forniti dal Commissario del Governo della provincia di Bolzano, si rappresenta quanto segue.
L'obbligo di bilinguismo della toponomastica in provincia di Bolzano è sancito dallo Statuto di autonomia della regione Trentino Alto Adige (decreto del Presidente della Repubblica del 31 agosto 1972 n. 712). All'articolo 8 lo Statuto stabilisce la competenza della provincia di Bolzano, in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, a legiferare in materia di toponomastica «fermo restando l'obbligo della bilinguità»; inoltre l'articolo 101 dispone l'uso, da parte delle amministrazioni pubbliche, della toponomastica di lingua tedesca nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, «se la legge provinciale ne abbia accertata l'esistenza ed approvata la dizione».
Le norme statutarie, volte ad assicurare l'effettiva applicazione del principio del bilinguismo nei riguardi delle popolazioni di lingua tedesca, non autorizzano certo una lettura che limiti l'uso della lingua italiana nella toponomastica. Un'interpretazione contraria di tali disposizioni contrasterebbe palesemente con l'intima ragione che sorregge il principio stesso, che mira ad evitare discriminazione alcuna tra le popolazioni di lingua diversa residenti nella provincia di Bolzano proprio attraverso un uso congiunto, e quindi plurale, del mezzo espressivo, quale segno fondamentale identitario di quelle comunità.
L'uso della lingua nei sentieri alpini che rientrano espressamente nel patrimonio alpinistico provinciale (legge provinciale n. 22 del 7 giugno 1982) ha, pertanto, caratterizzazione ed interesse pubblico, con conseguente riflesso sull'obbligo di rispetto, anche in questi settori, dei principi statutari in tema di bilinguismo. Inoltre, la vigilanza sull'osservanza della citata legge provinciale, nonché sul rispetto del corretto uso di finanziamenti provinciali, spetta alla Provincia Autonoma, e in particolare all'Assessorato competente.
L'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 574 del 1988 stabilisce, altresì, «l'uso congiunto della lingua italiana e tedesca da parte degli organi, uffici e concessionari di cui all'articolo 1», prescritto per gli atti destinati alla generalità dei cittadini. L'uso congiunto è quindi esteso anche ai concessionari di servizio di pubblico interesse, ossia ai soggetti che gestiscono servizi che rientrano nelle attribuzioni o nella disponibilità di enti pubblici, nonché quelli in atto ad essi equiparati.


All'
Alpen Verein Sudtirol è stata data la connotazione di ente pubblico (articolo 12 decreto legislativo n. 267 del 16 marzo 1992, di equiparazione al CAI, a sua volta Ente pubblico ai sensi della legge n. 91 del 26 gennaio 1963) e, pertanto, nell'ambito ora in questione, l'Associazione svolge una funzione di pubblico interesse, ed è quindi tenuta al rispetto del citato articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 574 del 1988.
A simili conclusioni, del resto, si perviene anche a volere ritenere l'
Alpen Verein Sudtirol un ente privato.
La legge provinciale 7 giugno 1982 n. 22 infatti, nel disciplinare i rifugi alpini dispone provvidenze a favore degli enti che si attivano per la tutela del patrimonio alpinistico provinciale. In particolare l'articolo 10, comma 1, lettera
d), della legge in commento stabilisce che «la Giunta Provinciale è autorizzata a concedere contributi per... la costruzione, la manutenzione, il miglioramento e la segnalazione dei sentieri alpini, escluse le vie ferrate». Tra i beneficiari di tali contributi la norma include l'Alpen Verein Sudtirol. Allorquando effettua interventi per la segnalazione dei sentieri alpini. L'Associazione assume dunque la veste di concessionario di servizio di pubblico interesse e, come tale, è tenuta all'osservanza delle disposizioni del citato decreto del Presidente della Repubblica 574 del 1988.
In considerazione di quanto esposto, l'assessore provinciale competente in materia ha reso noto al Commissario di Governo, il quale ne ha informato il Governo, che, poiché l'uso dei toponimi sui cartelli di montagna deve essere regolato a livello di normativa provinciale, sono già state presentate in consiglio provinciale diverse proposte in materia.
Lo stesso assessore ha comunicato altresì che, alla luce dell'assoluta importanza ed indefettibilità di fornire le informazioni sui cartelli di montagna in lingua italiana e tedesca, sia per rispetto della normativa statutaria che per motivi di sicurezza nelle zone di montagna, i servizi provinciali competenti, in previsione della predisposizione di nuovi cartelli sul territorio provinciale, daranno precise disposizioni affinché le indicazioni sui cartelli medesimi siano bilingue e che anche gli incarichi di apposizione della segnaletica di montagna alle associazioni turistiche ed alpinistiche siano formulati in tal senso: è inoltre intenzione dell'Assessorato che in un prossimo futuro questa soluzione possa essere estesa anche ai cartelli già apposti.
Tale posizione è stata confermata sostanzialmente dallo stesso presidente della provincia, per ultimo nell'ambito di una conferenza stampa tenutasi il giorno 24 agosto 2009.
Riservata ogni valutazione all'esito del procedimento legislativo attualmente in atto in provincia di Bolzano, riguardo alle iniziative che il Governo intende assumere, con riferimento all'attività amministrativa oggetto dell'interrogazione va rimarcato che il nostro l'ordinamento, attraverso i cennati principi costituzionali, valorizza particolarmente le minoranze linguistiche e, quindi, non prevede una concezione della toponomastica legata all'uso esclusivo di termini di lingua tedesca: neppure quando tale uso viene invocato per motivazioni di valore storico o consuetudinario.
Né l'uso esclusivo della lingua tedesca può poggiare sulla distinzione tra macro e micro toponomastica, che salvaguardia il principio del bilinguismo solo con riguardo alla macro-toponomastica, mentre per i micro-toponimi, che non sono utilizzati nella lingua italiana o che sono intraducibili, l'osservanza del principio non sarebbe necessaria. Tale distinzione, infatti, non trova riconoscimento nello Statuto e si traduce una sensibile riduzione dei toponimi di lingua italiana che appare irrispettosa del principio del bilinguismo.
L'
Alpen Verein Sudtirol, nel collocare i cartelli lungo i sentieri alpini, deve pertanto rispettare l'indicazione bilingue. Anche quando i segnali sono apposti da suoi componenti volontari, l'Associazione ha l'obbligo, quale concessionario di servizio di pubblico interesse, di vigilare assicurando l'apposizione di una segnaletica bilingue poiché le indicazioni riportate sui cartelli sono dirette verso una pluralità indeterminata di destinatari, che rischiano oltretutto

di non ricevere altrimenti informazioni utili per la loro sicurezza.
All'osservanza dell'indicazione bilingue sui cartelli apposti lungo i sentieri alpini, peraltro, è tenuta anche la provincia di Bolzano. L'articolo 13, comma 2, della legge provinciale n. 22/1982 dispone che la liquidazione dei contributi in favore dell'
Alpen Verein Sudtirol riguardante la segnalazione di detti sentieri deve avvenire immediatamente dopo l'accertamento della regolare esecuzione dell'iniziativa ammessa. Ne deriva che la Provincia non può ammettere a contributo, per i ridetti obblighi di legge, iniziative che non prevedano la collocazione di cartelli bilingue, né può liquidare alcuna sovvenzione per contributi ammessi, qualora al termine dei lavori sia riscontrata la presenza di segnali monolingue.
Nel quadro delle descritte attività restano fermi i poteri commissariali di vigilanza e di irrogazione della sanzione pecuniaria prevista dall'articolo 2, comma 5, decreto del Presidente della Repubblica 15 luglio 1988 n. 574. In tale direzione l'attività del Commissariato di Governo sarà sensibilizzata per garantire il rispetto scrupoloso della normativa vigente.
Può conclusivamente ritenersi che l'azione del Governo non può prescindere dal richiamo alla puntuale osservanza del principio del bilinguismo che si dimostra indispensabile per scongiurare iniziative legislative e azioni amministrative non in linea con i valori costituzionalmente e statutariamente tutelati, senza per questo limitare affatto la sfera dell'autonomia provinciale. Tale principio, originariamente proteso a salvaguardare precipuamente la minoranza di lingua tedesca, rappresenta oggi un punto di riferimento imprescindibile per assicurare la pacifica convivenza tra tutti i gruppi linguistici residenti in provincia di Bolzano e per rimuovere ogni ostacolo di ordine economico e sociale, che, limiti la libertà e l'eguaglianza dei cittadini.

Il Ministro per i rapporti con le regioni: Raffaele Fitto.

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le caselle postali subiranno rincari a partire dal prossimo 1° gennaio 2010. L'abbonamento subirà un incremento che andrà, a seconda della misura della casella stessa, dal 285 al 400 per cento. Ad oggi infatti le caselle a disposizione nelle 400 sedi di Poste che garantiscono il servizio, sono di tre dimensioni. Affittare per un intero anno la più piccola (in cm 14,5x9,6x40) costa 35 euro, quella media 42, la più grande 50 euro. Con il nuovo anno, il canone d'affitto passerà rispettivamente a 100, 150 e 200 euro, comprendenti anche costi prima pagati a parte, come il servizio fax o la possibilità di usare la casella anche per la posta dei familiari, ma la differenza è, comunque, evidente;
la società Poste Italiane spa continuerà a garantire una casella postale gratuita a tutti gli utenti che, vivendo in zone disagiate, non possono essere raggiunti dal servizio a domicilio, ma secondo le associazioni dei consumatori, ciò non basterà a tutelare le fasce deboli. Rosario Trafiletti, presidente di Federconsumatori, afferma: «Capisco che per le Poste questo non sia un servizio redditizio, capisco anche che ormai sia utilizzato soprattutto da aziende e professionisti e che le famiglie ne siano meno interessate. Ma le ripercussioni di questa decisione di Poste s.p.a. saranno evidenti: è chiaro che la piccola impresa, l'avvocato o il commercialista che ricorrono alla casella postale riverseranno l'aumento sulle tariffe applicate ai clienti. Alla fine il peso si abbatterà comunque sui consumatori. Risultato che, visti i tempi, non possiamo accettare»;
le caselle postali disponibili sono circa 300.000: di queste 210.000 risultano occupate, le altre 70 mila sono libere. Ad utilizzarle sono soprattutto piccole e medie imprese che le utilizzano per comodità, i privati sono pochi perché la possibilità di mantenere la riservatezza è oggi

garantita tramite altre modalità. Difficile che a casa o in azienda arrivino missive non controllate: email a parte, le stesse Poste hanno varato due nuovi servizi «aspettami» (l'utente, quando si assenta per un periodo lungo può farsi mettere da parte la corrispondenza) e «dimmi quando» (il cliente sceglie il giorno in cui passerà a ritirare missive e pacchetti);
in più, sottolinea l'azienda, il servizio è in libera concorrenza, lo forniscono anche i privati e a prezzi decisamente più alti (una delle principali società concorrenti chiede 170 euro per la piccola, 208 per la media e 315 per la grande). «Ricorrere ad aumenti così elevati non rientra nella filosofia aziendale, precisa Romilo Giacani, responsabile dei rapporti con i consumatori per Poste spa, ma la redditività del servizio era bassissima e comunque i nostri prezzi sono molto più bassi rispetto a quelli che si possono trovare sul mercato. Le tariffe attuali sono insostenibili e la domanda è fortemente diminuita». La casella postale, insomma, è considerata una modalità ormai superata e l'azienda punta ad altre soluzioni, per esempio il postino «elettronico», che segue sul palmare il viaggio di lettere, raccomandate e pacchi -:
se sia possibile valutare iniziative dirette a contenere i rincari ventilati.
(4-05629)

Risposta. - Con riferimento all'atto in esame, riguardante i rincari delle caselle postali, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla concessionaria del servizio postale universale, si comunica quanto segue.
Poste Italiane ha provveduto, a far data dal 1o gennaio 2010, ad un aggiornamento del canone di locazione delle caselle postali, che rimasto invariato dal 2005.
I prezzi attualmente praticati da Poste italiane per il servizio suddetto non si discostano in misura sostanziale da quelli offerti sul mercato da altri operatori, pur essendo comunque inferiori.
Si ricorda infatti che il servizio di caselle postali è in libera concorrenza, non essendo compreso nel servizio universale, in quanto accessorio ai servizi postali di base.
Al fine di migliorare l'offerta del servizio e venire incontro alle esigenze della clientela, la stessa società ha comunicato di avere, altresì, provveduto ad arricchire il servizio di locazione delle caselle postali di alcune funzionalità aggiuntive, quali, ad esempio, fax in casella ed estensione dell'offerta ai familiari.
Tali funzionalità, a differenza di quanto avveniva in passato, sono state rese disponibili gratuitamente ed i prezzi praticati dalla società per il servizio non si discostano in misura sostanziale dai prezzi di mercato, pur essendo inferiori a quelli offerti dagli altri operatori postali.
Si ribadisce, comunque, che l'esercizio di casellari privati per la distribuzione di invii di corrispondenza, ai sensi dell'articolo 6 del decreto legislativo n. 261 del 1999, non essendo ricompreso nel servizio postale universale, è reso in regime di libera concorrenza e che pertanto, la definizione dei relativi livelli di prezzo rientra nell'esclusiva autonomia delle scelte di strategia aziendali delle società erogatrici di servizi postali.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

LANZILLOTTA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in un post di Antonello Caporale pubblicato il 23 ottobre 2008 su Repubblica.it si segnala che il dottor Francesco Verbaro direttore generale per il personale del Ministero della pubblica amministrazione (incarico per il quale gode di un compenso di 141.532 euro) risulta anche componente del Comitato Direttivo dell'ARAN Sicilia per un compenso pari a 80.000 euro, nonché consulente del comune di Milazzo per un compenso pari a 44.000 euro e, infine, consulente della provincia di Messina per un compenso pari a 127.000 euro (incarico cui pare l'interessato abbia poi rinunciato a causa

di un intervento della Corte dei conti che ne ha contestato l'eccessivo importo);
il Ministro Brunetta ha più volte dichiarato di avere realizzato una operazione di totale trasparenza pubblicando gli emolumenti dei dirigenti dello Stato, rilevato che tale operazione è poi nei fatti risultata assai limitata visto che oltre al Dipartimento dipendente dallo stesso Ministro Brunetta nessuna altra amministrazione statale ha risposto all'appello tant'è che sul sito del medesimo Dipartimento risultano inseriti solo gli emolumenti di spettanza dei dirigenti dello stesso Dipartimento della pubblica amministrazione e rilevato altresì che, anche per questi ultimi dirigenti, risultano evidentemente omessi gli emolumenti relativi a incarichi e consulenze che i medesimi dirigenti (tra i quali il dottor Verbaro) percepiscono da parte di altre amministrazioni pubbliche;
ricordato che anche i dati forniti dal Ministro Brunetta con riferimento al crollo dell'assenteismo sono stati contestati dal sito infolavoce che ne ha messo in discussione la veridicità in quanto raccolti con una metodologia totalmente priva di scientificità (sarebbero stati infatti forniti i dati di un 7 per cento di amministrazioni pubbliche che non rappresentano un campione statistico significativo ma solo alcune amministrazioni che hanno volontariamente fornito i dati) -:
se i dati relativi agli incarichi e ai compensi del dottor Francesco Verbaro pubblicati da Repubblica.It e ad oggi non smentiti dal Ministro rispondano a verità e, in tal caso: a) come sia ciò compatibile con l'assolvimento dei compiti e degli obiettivi oggetto del contratto sottoscritto dal medesimo dottor Verbaro e dal Ministro Brunetta e per i quali gli è stato riconosciuto un trattamento più che adeguato; b) come ciò sia coerente con la battaglia che il Ministro conduce contro i fannulloni e contro le consulenze esterne;
qualora il direttore del personale del Dipartimento che dipende dal Ministro Brunetta svolga effettivamente le predette attività di consulenza e riscuota i relativi compensi, per quale motivo essi non siano stati pubblicati sul sito del Ministero e, qualora ciò sia dovuto al fatto che sono stati pubblicati solo gli emolumenti contrattuali, se il Ministro non ritenga che ciò non sia l'esatto opposto della trasparenza da lui tanto pubblicizzata in quanto si accredita l'idea che il sito fornisce una informazione completa e veritiera sui compensi dei dirigenti e, al contrario, si forniscono all'opinione pubblica informazioni parziali e distorte con un effetto manipolativo tanto più grave in quanto prodotto dall'informazione fornita da un sito istituzionale del Governo cui compete una particolare responsabilità quanto a correttezza e completezza dell'informazione;
se non ritenga, di conseguenza, che nella sezione del sito del suo ministero non debba essere segnalato con la necessaria evidenza che i dati ivi contenuti sono parziali e scarsamente significativi in quanto riguardano solo gli stipendi contrattuali dei dirigenti ovvero (il che sarebbe più coerente con il più volte conclamato obiettivo della trasparenza) non debbano essere pubblicati tutti gli emolumenti dei dirigenti del suo Dipartimento, a qualsiasi titolo percepiti da parte di amministrazioni pubbliche;
se, anche alla luce di tale vicenda che getta un'ombra di grave inaffidabilità delle informazioni sin qui fornite, non si debba, anche con riferimento ai dati sull'assenteismo, esplicitare le metodologie con cui essi sono stati raccolti ed elaborati affinché i dati su cui è basata l'azione amministrativa risultino effettivamente credibili.
(4-07186)

Risposta. - In riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente gli incarichi ed i compensi conferiti al cons. Francesco Verbaro, si rappresenta quanto segue.
Per quanto attiene alle notizie apparse sul sito di
Repubblica relativamente agli incarichi di consulenza conferiti al cons. Verbaro, va osservato, in via preliminare,

che quest'ultimo ha operato presso il dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, collaborando dall'ottobre 2000 al luglio 2008 con più Ministri (Franco Bassanini, Franco Frattini, Luigi Mazzella, Mario Baccini, Luigi Nicolais, Renato Brunetta). L'apprezzamento nei confronti di tale dirigente, il quale ha ricoperto il ruolo di direttore generale dell'ufficio per il personale delle pubbliche amministrazioni dal 2002 al 2008, è dimostrato dall'essere stato, nel corso del tempo, confermato in vari incarichi da Ministri e Governi di diverso e opposto orientamento politico. Dal 21 luglio 2008 il cons. Verbaro è stato nominato segretario generale del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Relativamente agli incarichi richiamati dall'articolo pubblicato sul sito di
Repubblica giova rilevare che essi sono stati disposti da vari Ministri della funzione pubblica secondo criteri oggettivi e predeterminati ed hanno tenuto conto della specifica ed alta professionalità del cons. Verbaro. In particolare, sono stati utilizzati criteri stringenti al fine di escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione. I casi autorizzati fanno, inoltre, riferimento ad amministrazioni non rientranti nella competenza del dipartimento della funzione pubblica, in quanto dotate di autonomia (una regione a Statuto speciale ed un ente locale della stessa regione).
A ciò occorre aggiungere che gli incarichi in questione - contrariamente a come sembra emergere dall'articolo giornalistico - fanno riferimento ad anni diversi, non essendo stati autorizzati dai vertici dell'amministrazione contemporaneamente o in un breve arco temporale. Peraltro, la posizione aggiornata del cons. Verbaro, come di tutti gli altri dirigenti delle amministrazioni dello Stato, risulta rinvenibile dall'Anagrafe delle Prestazioni, istituita dall'articolo 24 della legge 30 dicembre 1991, n. 412 al fine di raccogliere le informazioni sugli incarichi affidati a dipendenti pubblici ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, i cui dati sono pubblicati sul sito del ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione (www.innovazionepa.it) nella sezione «Operazione trasparenza».
Con riferimento alla vicenda richiamata dall'interrogante, si sottolinea che gli incarichi citati fanno riferimento ai seguenti periodi:

a) dal 2002 al 2003 (provincia regionale di Messina), in qualità di consulente della giunta per la rideterminazione della dotazione organica dell'ente e sui temi inerenti l'applicazione delle norme delle finanziarie nella gestione del rapporto di lavoro;
b) dal 2004 al 2008 (Aran Sicilia), in qualità di componente del Comitato direttivo dell'agenzia;
c) 2007 (comune di Milazzo), incarico mai svolto in quanto rifiutato dall'interessato come da comunicazione del dicembre 2007.

Gli incarichi di cui alle lettere b) e c) sono stati autorizzati dal Presidente del Consiglio Prodi e dal Ministro pro tempore professor Luigi Nicolais, rispettivamente con nota del 12 marzo 2008 (Aran Sicilia) e del 13 novembre 2007 (comune di Milazzo). Con riguardo, invece, all'incarico presso il direttivo dell'Aran Sicilia, occorre evidenziare che, in base all'articolo 25 della legge-regionale 15 maggio 2000, n. 10, esso poteva essere conferito solo ad un dirigente competente in lavoro pubblico non appartenente alla Regione siciliana. La norma vincola, pertanto, l'Agenzia ad attribuire tale nomina ad un esperto altamente qualificato in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, profilo che è pubblicamente riconosciuto al cons. Verbaro per l'esperienza e le competenze acquisite nel corso degli anni. Infine, giova rilevare che gli incarichi menzionati sono stati tutti debitamente autorizzati ai sensi dell'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e sono stati svolti compatibilmente con la funzione ricoperta presso il Dipartimento della funzione pubblica.
Infine, merita di essere rilevato che, alla luce della professionalità, dell'esperienza

e della competenze dimostrate nelle materie del lavoro pubblico, il cons. Verbaro ha ricevuto, nel corso degli anni, numerose proposte di conferimento di incarichi da parte di pubbliche amministrazioni, che lo stesso ha rifiutato spontaneamente a garanzia dell'efficienza dell'Ufficio da lui diretto ed in generale nell'interesse del buon andamento della pubblica amministrazione.
Il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione: Renato Brunetta.

LUCÀ. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 29 luglio 2008 veniva rinvenuto, nelle campagne di Campomaggiore (Campobasso), il cadavere del cittadino rumeno Radu Gheorche, operaio con regolare permesso di soggiorno, residente a Torremaggiore (Foggia);
si tratta di una vicenda particolarmente tragica considerato che, dalle informazioni acquisite, sembra che l'infortunio mortale sia occorso al signor Gheorche molte ore prima del ritrovamento del corpo, senza che nessuno degli altri operai, molti dei quali non assunti e non in regola, gli prestasse soccorso e che quindi l'uomo sia stato lasciato morire nella cunetta dove è stato successivamente ritrovato;
su iniziativa di alcuni consiglieri della Regione Molise e stata attivata la ricerca dei familiari del signor Gheorche, attraverso l'Ambasciatore di Romania in Italia, dottor Razvan Victor Rusu con lettera del 31 luglio 2008 e successivamente attraverso il sindaco e il comando dei carabinieri del comune di Campomarino (Campobasso) e la procura della Repubblica di Larino (Campobasso);
il 23 settembre 2008 il consiglio regionale del Molise ha inoltre discusso una interrogazione, presentata dai medesimi consiglieri, primo firmatario Michele Petraroia, riguardante i gravi fatti di Campomarino (Campobasso) e, più in generale, la grave situazione di insicurezza dei lavoratori stranieri, spesso irregolari e non assunti, impegnati nelle campagne di raccolta del basso Molise;
il 25 settembre 2008 il procuratore Magrone ha indicato le generalità più complete del lavoratore deceduto e ha confermato la presenza in Italia dei suoi familiari;
dalla famiglia del signor Gheorche, che ha contattato uno dei consiglieri regionali molisani firmatari dell'interrogazione, si è quindi appreso che a distanza di 15 mesi dall'accaduto, nessuna istituzione italiana si era attivata in loro aiuto, ad eccezione del comune di Torremaggiore (Foggia) per un importo di 500 euro per il rimpatrio della salma in Romania;
il signor Gheorche era in possesso di un regolare permesso di soggiorno e aveva consegnato alla ditta pugliese tutti i documenti di lavoro per l'assunzione e, inoltre, essendo cittadino dell'Unione europea aveva diritto ad accedere ad ogni tutela secondo la normativa vigente -:
se non ritenga necessario assumere tutte le opportune informazioni presso le istituzioni competenti al fine di verificare quanto accaduto e per fare in modo che vengano riconosciuti i benefici e le tutele previste dalla legge ai familiari del lavoratore Radu Gheorche deceduto sul lavoro, ivi compresa la rendita INAIL.
(4-06122)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente l'infortunio mortale occorso al cittadino rumeno Radu Gheorche, sulla base delle informazioni acquisite dai competenti uffici, si rappresenta quanto segue.
In data 29 luglio 2008, in località Campomarino (Campobasso), durante le operazioni di raccolta del pomodoro per conto di una azienda agricola di Torremaggiore (Foggia), è deceduto il lavoratore citato.
La Sede Inail territorialmente competente, in seguito all'espletamento degli accertamenti

di rito, ha riconosciuto l'evento in questione come «infortunio avvenuto in occasione di lavoro», emettendo il relativo provvedimento.
In data 27 febbraio 2010, si è provveduto, quindi, alla costituzione della rendita a superstiti, ai sensi dell'articolo 85 testo unificato, a favore del coniuge, comprensiva anche della quota spettante alla figlia minorenne; nel prossimo mese di maggio, verrà corrisposta la somma di euro 27.397,62, a titolo di pagamento del primo rateo di rendita, unitamente agli arretrati spettanti dal giorno successivo all'evento mortale.
A decorrere dal successivo mese di giugno verrà corrisposta, a titolo di rateo di rendita mensile, la somma di euro 1.263,26.
Si precisa, inoltre, che la competente sede Inail, in data 24 febbraio 2010, ha effettuato il pagamento dell'assegno funerario (pari ad euro 1.833,81) e provvedere all'erogazione del beneficio
una tantum previsto dal Fondo di sostegno ai familiari delle vittime di gravi infortuni sul lavoro, ai sensi della legge n. 296/2006.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

MIGLIORI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Reggello (provincia di Firenze), con caratteristiche pedemontane, in località Cancelli, che conta 1.000 abitanti, è situato l'ufficio postale sulla via provinciale di collegamento fra la vallata e il comune capoluogo di Reggello, del quale sono fruitori anche gli abitanti delle adiacenti località;
dopo molte sollecitazioni è stata chiarita «l'intenzione da parte della Soc. Poste Italiane di procedere alla chiusura dell'ufficio postale di Cancelli, causata dal man- cato rinnovo del contratto di affitto dei locali che ospitano l'ufficio», nonostante la disponibilità del comune in tal senso -:
quali iniziative urgenti si intendano attuare affinché l'ufficio postale di Cancelli non venga eliminato, continuando così a garantire una presenza pubblica in questa zona, dando ai cittadini e soprattutto agli anziani un servizio minimo che possa permettere il vivere civile in una zona già disagiata.
(4-05134)

Risposta. - Con riferimento all'atto in esame, riguardante la chiusura dell'ufficio postale di Cancelli (Firenze), sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla Società concessionaria del servizio postale universale, si comunica quanto segue.
La società Poste italiane ha comunicato che nel territorio in esame operano 6 uffici postali, che garantiscono, grazie alle differenti articolazioni dell'orario di apertura, un'offerta di servizi adeguata alla domanda della clientela.
In particolare, la società ha rappresentato che:
l'ufficio di Reggello è dotato di 4 sportelli e di un
cash dispenser fruibile 24 ore ed è aperto tutti i giorni, anche in orario pomeridiano;
gli uffici di Leccio e Tosi, entrambi mono operatori, sono aperti tutti i giorni;
l'ufficio di Donnini, anch'esso mono operatore, è chiuso un solo giorno a settimana;
l'ufficio di Vallombrosa, dotato di uno sportello, è aperto 2 giorni a settimana.

Per quanto concerne l'ufficio di Cancelli, che assicurava un'operatività a giorni alterni, Poste italiane ha evidenziato che il proprietario dell'immobile che ospitava l'ufficio postale in questione, ha recentemente comunicato la disdetta del contratto di locazione, dichiarandosi contestualmente non disponibile ad un eventuale rinnovo.
Sulla base delle analisi congiunte delle dinamiche di produzione, degli esigui flussi di clientela dell'ufficio di Cancelli e della dislocazione territoriale dei vari presidi limitrofi sopra citati, la Società poste italiane ha pertanto ritenuto sufficiente trasferire le

attività dell'ufficio di Cancelli presso l'ufficio di Reggello.
Tale ufficio postale è, infatti, distante solo 3 chilometri circa ed attivo anche durante il turno pomeridiano, in modo da non comportare pregiudizi sull'andamento e la qualità dei servizi offerti al pubblico.
Sarà, comunque, cura del ministero dello sviluppo economico effettuare, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, monitoraggi e sopralluoghi, per verificare che un servizio così essenziale come quello postale, sia erogato nel modo migliore, e assicurare, così, alla cittadinanza una prestazione sempre efficiente e di qualità.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

MURER e MARAN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Luca Tornatore, 34 anni, astrofisico, residente a Mestre, sposato e padre di una bambina di otto anni, è attualmente detenuto presso un carcere danese in attesa della prima udienza di un processo in cui è imputato con le accuse di lancio di oggetti e resistenza a pubblico ufficiale;
Luca Tornatore è un ricercatore presso il Dipartimento di fisica dell'Università di Trieste e attivista ambientalista e si trovava la scorsa settimana a Copenaghen per partecipare, con la delegazione italiana (oltre 200 persone) della Campagna See You in Copenaghen, di cui è uno dei portavoce pubblici e riconosciuti, alle iniziative organizzate in occasione della Conferenza mondiale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (COP 15);
il 14 dicembre 2009 si è recato nel quartiere di Christiania per intervenire al dibattito organizzato dalla rete «Climate Justice Action» con la partecipazione del filosofo americano Michael Hardt e della giornalista canadese Naomi Klein e un migliaio di persone tra il pubblico. Mentre il dibattito era in corso, ad alcune centinaia di metri, un gruppetto di persone vestite di nero ha attaccato, lanciando oggetti ed erigendo una barricata successivamente incendiata, la polizia danese che stazionava in forze ai margini del quartiere. Questo gruppetto, dopo aver colpito, si è dato alla fuga verso l'interno del quartiere, dove nel frattempo il dibattito si era concluso e centinaia di persone si erano fermate nei locali della zona. L'azione ha dato il pretesto alla polizia danese per effettuare un vero e proprio rastrellamento di massa per le strade e all'interno dei pubblici esercizi di Christiania, procedendo al fermo di circa duecento persone (tra cui alcune decine di italiani) che sono state condotte ammanettate ai centri detentivi;
mentre la quasi totalità dei fermati sono stati rilasciati tra la tarda notte e le prime ore del mattino, Luca Tornatore è stato condotto davanti ad un tribunale con pesanti accuse, senza alcuna prova, ma basate esclusivamente sul rapporto e le testimonianze della polizia;
nel tardo pomeriggio di martedì 15 dicembre 2009, il tribunale ha convalidato il suo arresto, fissato la prima udienza del processo per il 12 gennaio 2010 e disposto, fino ad allora, la sua detenzione cautelare in carcere;
Luca Tornatore è persona del tutto estranea a comportamenti e ad atti di violenza di qualsiasi tipo e sta probabilmente pagando il ruolo che, a viso aperto, ha avuto nelle manifestazioni di questi giorni. La sua vicenda, così come gli oltre milleduecento fermi preventivi già compiuti in soli tre giorni dalla polizia danese, non può che destare grande preoccupazione in merito all'effettiva garanzia della libertà d'espressione e del diritto a manifestare, sanciti dalla Costituzione danese e riconosciuti dalla Carta europea, a cui la Danimarca così come il nostro Paese aderisce -:
se e in che modo il Ministro interrogato intenda intervenire sulla vicenda presso le autorità danesi per garantire i diritti del cittadino italiano Luca Tornatore, consentendogli, da cittadino incensurato ed estraneo a qualunque comportamento

di violenza, di attendere il processo in stato di libertà.
(4-05499)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'Onorevole interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'Ambasciata d'Italia a Copenaghen, non appena avuta notizia, 15 dicembre 2009, del fermo del signor Tornatore e di altri connazionali, si è attivata presso le competenti Autorità locali per fornire l'assistenza del caso.
Due funzionari dell'Ambasciata hanno presenziato all'udienza tenutasi per direttissima, presso il tribunale distrettuale di Byret, il 15 dicembre stesso, ed hanno conferito con il connazionale. Gli altri connazionali fermati sono stati rilasciati nella stessa giornata. La Corte ha invece convalidato l'arresto del signor Tornatore imputandogli il lancio di due bottiglie durante i disordini della sera precedente. La misura cautelare, motivata dalla preoccupazione che egli potesse porre in essere altre iniziative simili, è stata efficace sino al 13 gennaio 2010, data dell'udienza di convalida nel fermo; ove fosse stato ritenuto colpevole dall'Autorità giudiziaria, la legislazione danese avrebbe previsto la possibilità di comminare sino a tre mesi di detenzione per reati riconducibili ai fatti in questione.
Il signor Tornatore è stato visitato in carcere dal personale dell'Ambasciata, che lo ha trovato in buone condizioni psico-fisiche. L'Ambasciata è stata altresì in costante contatto con la madre del connazionale, che ha ricevuto regolari aggiornamenti sulla situazione giudiziaria del figlio e sulle sue condizioni detentive.
Il Tribunale distrettuale di Copenaghen ha assolto il connazionale con formula piena, il 13 gennaio 2010. La Corte ha riconosciuto la completa estraneità del signor Tornatore ai fatti criminosi addebitatigli dalla polizia danese ed ha anche disposto l'addebito delle spese processuali e legali, ivi comprese quelle dell'avvocato difensore del connazionale, alla Danimarca.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sembra ormai certo che la multinazionale americana LyondellBasell Industries, leader mondiale nella tecnologia, nella produzione e commercializzazione delle poliolefine, voglia dismettere l'impianto di produzione di polipropilene di Terni;
la chimica e petrolchimica scontano l'effetto della crisi mondiale peggio di altri settori, perché rappresentano l'anello della catena delle materie prime necessarie alla trasformazione dei prodotti per il comparto manifatturiero che, a sua volta, risente in prima persona della crisi. In particolare, la multinazionale LyondellBasell, che negli Stati Uniti è in fase di ristrutturazione in base alla legge fallimentare americana, sta ridimensionando tutto il comparto in Europa e quindi le preoccupazioni dei lavoratori italiani, impiegati negli stabilimenti di Ferrara, Brindisi e Terni, sono assolutamente fondate;
negli ultimi mesi si è ripetuto spesso che le difficoltà finanziarie nelle quali si dibatte la divisione americana di Lyondell- Basell non avrebbero avuto conseguenze dirette sulle attività europee e segnatamente su quelle di casa nostra. Ma il precipitare della situazione negli Usa, con il ricorso al «Chapter 11» (legge fallimentare americana), una sorta di amministrazione controllata all'italiana, ha mostrato con tutta evidenza la portata del problema. L'annuncio di tagli al personale del 15 per cento è stato confermato dalle affermazioni di qualche settimana fa dell'amministratore dell'azienda circa il taglio di personale e il rallentamento degli investimenti. Ma la situazione di quasi tutto il comparto chimico temano è ben peggiore perché la chiusura della Basell provocherebbe un effetto trascinamento per le altre aziende ternane che utilizzano le Poliolefine della Basell (Meraklon e Treofan);
la chiusura oggi denunciata del sito di Terni appare in contrasto con quanto riconosciuto e praticato nel marzo 2009,

quando vennero adottati, con il consenso delle organizzazioni sindacali, ristrutturazioni e riduzioni di personale finalizzati alla salvaguardia dello stabilimento ternano;
una scelta di questo tipo provocherebbe circa mille esuberi tra Basell, Meraklon e Treofan, mettendo in discussione la sopravvivenza dell'intero polo chimico ternano. Infatti, lo stabilimento ternano - che produce resine di polipropilene utilizzate per applicazioni come film per confezioni, prodotti tessili, fibre e stampaggio ad iniezione - si inserisce in una realtà che consente un'attività sinergica con altri siti produttivi presenti nel polo chimico ternano (Meraklon, Treofan, Novamont, Edison);
il sito ternano, pur in una situazione di crisi industriale e finanziaria generale, ha già operato processi di razionalizzazione del personale e ottimizzazione dei costi di gestione, ottenendo utili importanti, costanti e significativi negli ultimi anni, risultando il sito più competitivo nel panorama europeo salvaguardando fette di mercato specifiche e livelli di sicurezza eccellenti;
la decisione di procedere al piano di rientro finanziario e al relativo piano industriale non sembra tenere minimamente conto delle gravi conseguenze che questo avrà sul versante occupazionale: oltre 1.000 lavoratori, entro fine anno, rischiano infatti di perdere il posto di lavoro, e la chiusura dell'impianto di Terni avrà un effetto domino sulle altre unità produttive della zona, Treofan, Meraklon, Novamont e sulla Centrale Edison, creando nuove difficoltà economiche a tutto il territorio della Provincia, che già risente pesantemente della crisi generale in atto anche nel nostro paese;
la preoccupazione è aggravata dalla mancanza di motivazioni oggettive in quanto lo stabilimento di Terni è uno dei pochi a livello internazionale in utile e addirittura, con i suoi 9 milioni di euro nel 2009, è il più produttivo d'Europa;
lo stabilimento BASELL di Terni, inoltre, ha l'importante caratteristica di non aver avuto incidenti sul lavoro negli ultimi otto anni;
le istituzioni locali e regionali, i rappresentanti dell'Assindustria, che hanno incontrato i dirigenti dello stabilimento ternano per fare il punto sulle sorti dell'intero polo chimico, hanno deciso di avviare un tavolo con il Governo nazionale chiedendo l'intervento e l'aiuto del Governo e cercando, appunto, di intraprendere ogni strada perché la multinazionale torni a considerare Terni un punto di primo piano per la propria produzione, e preoccupazione hanno espresso anche i sindacati per i posti a rischio, compreso l'indotto e gli altri stabilimenti del polo chimico a vario titolo coinvolti -:
se non ritenga il Ministro di intervenire tempestivamente al fine di permettere l'avvio e la convocazione di un tavolo nazionale che affronti con l'azienda e con le rappresentanze di categoria e sindacali il problema del sito ternano, evitando la chiusura dello stabilimento e la conseguente, inevitabile chiusura delle altre attività ad esso collegate, con l'ulteriore depauperamento economico e lavorativo di una realtà territoriale/industriale già sottoposta a rischio di dissoluzione anche a seguito del ridimensionamento del polo dell'acciaio.
(4-06378)

Risposta. - In merito alla richiesta dell'interrogante, contenuta nell'atto di sindacato ispettivo in oggetto, si rappresenta quanto segue.
L'importanza strategica che la chimica riveste per l'Italia, ha spinto il Governo a seguire con grande attenzione la crisi della multinazionale americana LyondellBasell.
Si è, infatti, subito tenuto un incontro presso lo stesso ministero non appena si è venuti a conoscenza della grave situazione che ha riguardato, in particolar modo, il sito di Terni della Basell.
Nel mese di marzo, nella riunione alla quale hanno partecipato, oltre ai rappresentanti del Ministero dello sviluppo economico

anche il management aziendale, sono emerse le prime indicazioni.
Il rappresentante dell'azienda ha confermato la decisione presa di dismettere il citato sito nell'ambito del piano industriale di razionalizzazione dei propri stabilimenti europei, oltre che per evitare il fallimento a seguito dell'avvio della procedura americana
Chapter 11. Le motivazioni di questa decisione sono legate, pertanto, esclusivamente alla forte sovraccapacità produttiva in relazione al significativo declino della domanda.
Il piano, a dire dello stesso, si è già in parte materializzato con la chiusura di due linee produttive in Francia e nel Regno Unito e di una in Germania.
Per quanto riguarda la situazione italiana, l'impianto individuato è quello di Terni, a causa della circostanza che lo stesso farebbe parte di un insediamento con minor massa critica produttiva, rispetto a quelli di Ferrara e Brindisi, e che il tipo di produzione è più facilmente trasferibile in altri stabilimenti del gruppo.
I rappresentanti del Governo hanno comunicato alle parti presenti al tavolo che, anche in una fase di crisi complessa come quella attuale, non si deve dare per scontato l'esito del confronto e che, in tale ottica, la decisione comunicata dall'azienda di abbandonare il sito di Terni, non può essere accettata.
Con l'incontro di marzo si è aperto, quindi, un percorso di confronto tra azienda e organizzazioni sindacali per cercare di preservare questa realtà.
Tuttavia, nell'ultima riunione tenutasi dopo un acceso confronto, i rappresentanti della società hanno riconfermato la volontà di abbandonare l'impianto ternano, a partire dal prossimo mese di luglio, proseguendo sulle altre attività di messa in sicurezza e di bonifica dello stabilimento e continuando a partecipare, fino al 30 giugno 2011, ai costi fissi del condominio industriale nel quale è situato lo stabilimento.
Dall'azienda, inoltre, non viene considerata perseguibile, a causa della sovraccapacità produttiva, l'ipotesi di vendita dello stabilimento ad altro produttore di polipropilene, dando tuttavia la disponibilità a considerare altri tipi di proposte.
I lavoratori, dal primo luglio prossimo, sarebbero messi in cassa integrazione guadagni straordinaria per un anno e successivamente in mobilità.
La proposta del Ministero dello sviluppo economico, condivisa con le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali, unite nella volontà di mantenere la produzione e l'occupazione, è quella di non chiudere gli impianti prima che si sia trovata una soluzione alternativa, con la condizione ulteriore di due requisiti minimi: avere il tempo necessario per fare delle valutazioni senza la scadenza incipiente del 30 giugno prossimo e la disponibilità dell'azienda a valutare tutte le ipotesi percorribili senza scartare nulla.
L'incontro si è concluso senza una posizione condivisa, con la decisione, tuttavia, di mantenere aperto il tavolo di confronto fino a quando non si riuscirà a trovare soluzioni adeguate e si saranno esplorate tutte le strade possibili.
In questi giorni si stanno susseguendo contatti anche con Confindustria-Terni e con le singole aziende, sia per affrontare le problematiche del sito che per la reindustrializzazione dello stesso.
Le decisioni dell'azienda non possono, infatti, prescindere da un contesto composto da una pluralità di «attori», ci si aspetta, quindi, che anche il piano di Basell possa cambiare, con l'auspicio che tutti contribuiscano con coerenza ad una possibile soluzione positiva.
I prossimi giorni sono ritenuti dal Governo cruciali per continuare nel confronto e si auspica che, anche, da parte dell'azienda ci sia l'intenzione di proseguire concretamente su questa strada.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

RAZZI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da fonti ufficiali si apprende che dall'autunno 2008 si sono riscontrate numerose

irregolarità contabili-amministrative, anche penalmente rilevanti, presso il Patronato INCA-CGIL sede di Zurigo;
si tratta, nella specie, di una serie di azioni che hanno defraudato un numero sempre maggiore di connazionali italiani, residenti in Svizzera, che si erano rivolti al patronato per l'assistenza nei rapporti con gli enti svizzeri gestori di previdenza complementare, che hanno avuto l'amara sorpresa di perdere tutti i propri risparmi (accumulati in anni di duro lavoro da emigrati in Svizzera) causa gli artifizi e raggiri posti in essere, a loro carico, dalla dirigenza zurighese del Patronato INCA, in persona del signor Giacchetta;
le famiglie interessate sono circa un centinaio, per un danno complessivo che si aggira o supera la somma di trenta milioni di franchi svizzeri;
la dinamica usata nella seriazione delittuosa a carico dei connazionali può essere ricostruita come segue:
a) colui che era prossimo al pensionamento si rivolgeva alla sede INCA di Zurigo, gestita dal signor Giacchetta: conferendo l'incarico di contattare il fondo od ente pensionistico svizzero per verificare l'ammontare dei contributi versati nel corso degli anni e calcolare la somma cui si aveva diritto (sorta di indennità di fine rapporto) percepire;
b) il Patronato INCA accettava l'incarico, facendo sottoscrivere agli ignari connazionali (che non se ne rendevano conto) anche un mandato, un'autorizzazione all'incasso degli erogandi importi, pronti ad essere liquidati;
del mandato, nel suo complesso, beneficiava non il signor Giacchetta personalmente, bensì il Patronato INCA;
in perfetta buona fede - e previa esibizione della richiesta documentazione - gli enti pensionistici e/o assicurativi svizzeri versavano su un conto corrente, intestato al Patronato INCA, via via gli importi di pertinenza dei singoli richiedenti, definendo in tal modo la posizione pensionistica e/o assicurativa;
c) ricevuti i singoli accrediti sul proprio conto corrente, INCA non li girava all'avente diritto ma provvedeva a ritenerli in modo indebito, appropriandosene di fatto, senza nemmeno avvertire, in molti casi, l'interessato;
di questo passo è stato ad INCA possibile, nel corso dei mesi, incassare una cifra importante, ragguardevole che - si dice - sfiori o superi la bellezza di trenta milioni di franchi svizzeri (quasi 40 miliardi delle vecchie lire): sottratte alle tasche di quasi cento famiglie di connazionali coinvolte e danneggiate da tali malversazioni;
tutti i connazionali hanno sempre trattato all'interno dei locali, della sede del Patronato INCA a Zurigo: con la conseguenza che nessun dubbio poteva nascere sulla titolarità del rapporto professionale, conferito all'INCA e nei locali dell'INCA;
nel corso del corrente anno, ed in seguito alle denunce di alcuni connazionali indirizzate alle autorità elvetiche da parte di qualche italiano raggirato e danneggiato, il signor Giacchetta è stato tratto in arresto una prima volta per breve periodo e, di recente, una seconda volta;
voci attendibili narrano che Giacchetta giustifichi il buco di danni di tanti poveri connazionali a fronte di investimenti speculativi andati a male dopo il crollo dei mercati finanziari;
è necessario individuare se nel caso di specie siano state attivate tutte quelle ispezioni e verifiche che la legge sui Patronati impone periodicamente al Ministro interrogato;
il Patronato INCA-CGIL è una persona giuridica di diritto privato (anche se svolge servizio di pubblica utilità) che, al pari di tutti gli altri Patronati, esercita anche all'estero le funzioni di cui agli articoli 7) e 8) della legge n. 152;

il Patronato INCA gode dei finanziamenti nella misura elencata dall'articolo 13 citata legge: per il quale il 2 per cento è riservato esclusivamente alle sedi estere e lo 0,10 per cento è destinato al controllo delle stesse;
ogni Patronato ha l'obbligo, ex articolo 14, di fornire entro il 30 aprile di ciascun anno al Ministero del lavoro tutti i dati relativi alle strutture organizzative in Italia ed all'estero;
l'attività di vigilanza (sui Patronati) spetta - ex articolo 15 - a codesto Ministero che, per l'esercizio del controllo delle sedi estere, effettua «ispezioni con proprio personale dipendente, dotato di particolare competenza in materia. In sede di ispezione, accertate gravi irregolarità amministrative oppure accertate violazioni al proprio compito istituzionale, il Ministro nomina un commissario per la gestione straordinaria delle attività e ricorre allo scioglimento - con nomina di un liquidatore - nel caso siano venuti meno i requisiti di cui agli articoli 2 e 3 della legge»;
appurato dunque essere compito istituzionale del Ministero del lavoro quello di attuare vigilanza, sulle sedi estere dei Patronati, con periodiche ispezioni, non risultano al sottoscritto essere state effettuate verifiche ministeriali od ispezioni di sorta presso la sede di Zurigo del Patronato INCA;
i gravi fatti, come descritti, rappresentano comunque ipotesi di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, prevista e sancita dal decreto legislativo n. 231 dell'8 giugno 2001 -:
se siano mai state effettuate ispezioni ed accertamenti nei confronti della sede estera di Zurigo del Patronato INCA; in caso negativo, le ragioni per le quali tali ispezioni siano state omesse; per quali ragioni non sia stata promossa responsabilità amministrativa, verso il Patronato INCA, come previsto e sancito dal decreto legislativo n. 231 dell'8 giugno 2001.
(4-04188)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, sulla base delle notizie acquisite presso i competenti uffici del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché del ministero degli affari esteri, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente pare opportuno ricordare che il ministero del lavoro e delle politiche sociali esercita, ordinariamente, un controllo «a campione» sulle sedi estere degli istituti di patronato e di assistenza sociale, nell'ambito delle competenze attribuitegli dalla legge 30 marzo 2001 n. 152.
In particolare, tale controllo, ai sensi dell'articolo 15 della legge citata, si sostanzia in ispezioni compiute da personale dipendente con specifiche competenze in materia, aventi ad oggetto, unicamente, la verifica dell'organizzazione e dell'attività svolta, nel corso dell'anno di riferimento, dalla sede oggetto di accertamento. Ciò, alla luce dei criteri dettati dal decreto ministeriale n. 193/2008 (che ha sostituito il decreto-legge n. 764/1994) e nei limiti delle risorse all'uopo dedicate, come previsto dall'articolo 13, comma 2, lettera
c) della suindicata legge.
Più precisamente, il controllo sulla «organizzazione» è volto ad accertare la conformità della sede ispezionata ai requisiti di cui alla vigente normativa in materia, avuto riguardo all'autonomia funzionale della stessa, al numero del personale impiegato e al rispetto dell'orario di lavoro; il controllo sulla «attività» è, invece, diretto alla verifica del volume di pratiche utili per la ripartizione del Fondo Patronati, preventivamente dichiarato all'Amministrazione dagli Istituti in questione.
Tutto ciò premesso, con specifico riferimento alla sede INCA di Zurigo, si rappresenta che la stessa è stata sottoposta a verifica ispettiva il 15 ottobre del 2008, con riferimento all'organizzazione ed all'attività relative all'anno 2007.
Nel corso del predetto accertamento, si è provveduto a verificare la regolarità, sotto il

profilo organizzativo, della sede di che trattasi, non rilevandosi, in quell'ambito, profili di illiceità riferibili all'operato dei preposti; sono stati, inoltre, annullati gli atti non «statisticabili» ovvero «erroneamente statisticati», ai fini dell'attribuzione del punteggio (e della conseguente ripartizione del Fondo).
Con riferimento agli addebiti relativi al responsabile
pro tempore della sede INCA, di cui questa amministrazione è venuta a conoscenza solo a decorrere dal 12 dicembre 2008, si fa presente che essi si pongono nell'ambito di un'indagine giudiziaria, peraltro ancora in corso. Al riguardo, da informazioni acquisite presso la presidenza del Patronato INCA è risultato che il signor Giacchetta si è assunto tutte le responsabilità del caso e che nulla è emerso nei confronti di altri soggetti.
La presidenza del Patronato, nel mettersi a disposizione degli organi inquirenti e dei ministeri vigilanti, ha comunicato di avere provveduto, il 19 gennaio dello scorso anno, al licenziamento del Giacchetta.
Il ministero degli affari esteri, per quanto di propria competenza, ha reso noto che alcuni dei connazionali coinvolti nella vicenda hanno formalmente costituito un Comitato per la difesa delle famiglie vittime dei raggiri, allo scopo di coordinare le azioni legali intraprese per il recupero delle somme sottratte nonché di ottenere sostegno ed assistenza dalle istituzioni italiane e locali.
L'INCA-Svizzera, dal suo canto, ha comunicato di aver messo a disposizione delle vittime del raggiro un servizio gratuito di assistenza in ambito fiscale e nelle operazioni di denuncia alle competenti autorità.
Il Consolato generale d'Italia in Zurigo, comunque, ha manifestato la sua disponibilità a concedere sussidi, secondo le disposizioni vigenti, su richiesta dei singoli interessati. A tale riguardo, il ministero degli affari esteri ha reso noto di aver già provveduto ad accordare un'integrazione sul relativo capitolo di bilancio del Consolato.
Si fa presente, inoltre, che, ravvisandosene la necessità in considerazione dei fatti all'odierna attenzione, il ministero del lavoro e delle politiche sociali ha provveduto ad effettuare, lo scorso mese di novembre, una verifica ispettiva straordinaria ai sensi dell'articolo 10, comma 2, del decreto ministeriale n. 193/2008.
Nel corso degli accertamenti, che hanno riguardato l'anno 2008, non sono state rilevate irregolarità nell'organizzazione e nell'attività svolta dalla sede, secondo i criteri e gli ambiti di competenza sopra ricordati. Sono state comunque annullate talune pratiche ed è stata acquisita una relazione della coordinatrice INCA di Zurigo inerente i fatti relativi al signor Giacchetta.
Da ultimo, con specifico riferimento al profilo sollecitato nell'atto parlamentare su un'eventuale responsabilità amministrativa, si rappresenta quanto segue.
Il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, nel disciplinare la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle assicurazioni, anche prive di personalità giuridica, esclude espressamente dal suo ambito applicativo lo Stato, gli Enti pubblici territoriali, gli Enti pubblici non economici nonché gli Enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale (articolo 1, comma 3).
Al riguardo, questa amministrazione, recependo l'orientamento del Giudice delle leggi in materia, ha ritenuto, sulla base dell'articolo 1 della legge n. 152/2001 (che richiama gli articoli 2, 3, comma 2, 18, 31 comma 2, 32, 35 e 38 della Costituzione) che gli istituti di patronato, svolgendo funzioni di rilievo costituzionale, non possano essere destinatari delle richiamate disposizioni in materia di responsabilità amministrativa (nota circolare del Ministero del lavoro 8 aprile 2008, prot. 24/V/005743).

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

REALACCI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i servizi postali sono attualmente disciplinati dal decreto legislativo n. 261

del 1999, atto che, nell'introdurre «regole comuni per lo sviluppo del mercato interno dei servizi postali comunitari e per il miglioramento della qualità del servizio», chiarisce come uno dei beni primari il servizio alla comunità;
la decisione di Poste italiane Spa di chiudere i due uffici dell'aeroporto internazionale di Pisa, Galileo Galilei, e dell'ospedale di Cisanello desta particolare preoccupazione per la definitiva cessazione di una importante offerta di servizi al cittadino in due luoghi strategici per il tessuto sociale ed economico pisano;
la suddetta chiusura inoltre non tiene conto della prospettiva di crescita e di passaggio nelle sopracitate infrastrutture e del loro ricco bacino di clientela;
l'utenza turistica dell'aeroporto e quella ospedaliera non potrà più usufruire del servizio reso per versamenti con bollettini di conto corrente postale, per trasferimenti, depositi e prelievi di somme;
le lamentele sollevate dai cittadini e i disservizi segnalati dalle cronache hanno seri motivi di sussistere -:
se il Ministro non intenda utilizzare gli adeguati strumenti normativi per verificare se la carenza di personale nel distretto pisano presupponga la chiusura di uffici essenziali in luoghi così importanti per la città di Pisa;
quali iniziative si intendano assumere per far sì che alle promesse di miglioramento dei servizi postali più volte annunciato da Poste italiane SpA seguano fatti e misure concrete, considerato che le problematiche rappresentate si pongono in stridente contrasto con il processo di rinnovamento e riorganizzazione avviato negli ultimi anni dalla stessa azienda.
(4-04651)

Risposta. - In merito alla chiusura dei due uffici postali ubicati nell'aeroporto internazionale di Pisa e nell'ospedale di Cisanello, la società Poste italiane ha rappresentato quanto segue.
L'ufficio di Cisanello, operante all'interno dell'omonimo ospedale in modalità monoturno è dotato di 2 sportelli. Dallo scorso 10 ottobre i servizi svolti da tale ufficio sono stati definitivamente trasferiti presso l'ufficio di Pisa 11, ubicato a circa 500 metri di distanza, in quanto i locali utilizzati non risultavano perfettamente conformi alla vigente normativa in materia di sicurezza.
Si evidenzia, inoltre, che l'ufficio Pisa 11 è attivo anche in orario pomeridiano ed è dotato di 5 sportelli, di un'area dedicata ai prodotti finanziari, di un'area poste
business e di un cash dispenser attivo 24 ore.
Poste italiana ha precisato, altresì che tale iniziativa è stata comunicata al sindaco di Pisa, al prefetto ed al presidente dell'Azienda ospedaliera.
Per quanto riguarda, invece, la situazione dell'ufficio postale, operante presso l'aeroporto internazionale di Pisa, la società ha assicurato che al momento non vi è alcuna iniziativa di chiusura in atto e che il citato ufficio continuerà ad operare in modalità monoturno, con orario di apertura al pubblico dalle ore 8,15 alle ore 13,30 dal lunedì al venerdì e delle ore 8,15 alle ore 12,30 il sabato.
Il ministero dello sviluppo economico non mancherà, comunque, di vigilare attraverso i competenti uffici, affinché nella città di Pisa venga garantito il corretto svolgimento del servizio universale.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha avviato importanti e condivise riforme sia riguardo all'immigrazione, sia riguardo al sistema universitario;
l'apertura di «finestre» e «canali agevolati» nel nostro Paese è purtroppo

stata usata spesso in passato per aggirare le leggi e le normative;
emerge da più parti l'ipotesi di poter prevedere canali «speciali» e «agevolati» per gli studenti, i ricercatori e i docenti stranieri nelle nostre università;
sull'argomento si vedano anche le affermazioni del rettore del Politecnico di Milano, prof. Ing. Giulio Ballio, apparse sul Corriere della Sera il 14 luglio 2009;
in altri Paesi, come ad esempio la Confederazione elvetica, esistono norme che agevolano l'arrivo di personalità e «cervelli» da tutto il mondo, senza al contempo snaturare le regole rigide sui permessi di soggiorno -:
se e come sia possibile dare risposte alle istanze del mondo accademico, rispettando al contempo la linea di rigore adottata dal Governo in tema di immigrazione.
(4-03633)

Risposta. - L'ingresso sul territorio nazionale dei docenti universitari, disciplinato dall'articolo 27, comma 1, (lettera c), del testo unico per l'immigrazione, non è soggetto alla definizione di quote. La procedura di ingresso è stata ulteriormente semplificata dalla legge n. 94 del 2009, che ha introdotto il comma 1-ter all'articolo 27. Tale norma prevede la sostituzione della richiesta di nulla osta dello sportello unico per l'immigrazione presso la prefettura con una comunicazione da presentare con modalità informatiche. Il rilascio del visto di ingresso da parte della rappresentanza diplomatica all'estero è subordinato esclusivamente al rilascio del nulla osta per motivi di sicurezza di competenza dei questore.
La disciplina per l'ingresso dei ricercatori è stata anch'essa semplificata ed uniformata a quella degli altri paesi dell'Unione europea per effetto del recepimento della direttiva europea 2005/71/CE. Ulteriori semplificazioni sono previste per i ricercatori di nazionalità straniera provenienti da paesi dell'Unione europea.
Gli studenti possono fare ingresso in Italia, senza limite di quote, a seguito di rilascio di visto da parte delle autorità consolari competenti; il permesso di soggiorno viene concesso per la durata di un anno ed è rinnovabile sino alla scadenza del periodo di studio.
La permanenza nel nostro Paese per svolgere attività lavorativa viene consentita, senza vincoli di quote e previo nulla osta alla conversione del permesso di soggiorno da parte dello sportello unico, agli studenti che hanno compiuto i diciotto anni di età o agli stranieri che hanno conseguito in Italia il diploma di laurea a seguito della frequenza dei relativi corsi di studio in Italia. Inoltre, per effetto delle modifiche introdotte con la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», che ha introdotto il comma 11-
bis all'articolo 22 del testo unico per l'immigrazione, è stata prevista fa possibilità per lo straniero che abbia conseguito in Italia il dottorato o il master universitario di secondo livello, di convertire il permesso di soggiorno per motivi di studio in permesso per motivi di lavoro o di iscriversi nell'elenco anagrafico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 luglio 2000, n. 442 (le cosiddetta liste di collocamento), per un periodo non superiore a dodici mesi.
Per velocizzare le procedure il ministero dell'Interno ha messo in atto una serie di interventi volti al miglioramento sia sul piano organizzativo, che su quello delle dotazioni tecnologiche, cercando di razionalizzare sempre di più l'intera istruttoria facente capo agli sportelli unici e rafforzando la collaborazione già esistente con le varie associazioni ed organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con precedente interrogazione a risposta scritta (4-01602) l'interrogante segnalava

il perpetuarsi di disservizi nello svolgimento del servizio postale in molte località delle province di Como, Varese e Milano;
la segnalazione - seguita da colloquio informale con l'interrogante - trovava preparato il Ministro interrogato, attivo da mesi nella risoluzione dei numerosi problemi connessi alla gestione di Poste Italiane S.p.A., il quale infatti con risposta a detta precedente interrogazione comunicava - tra l'altro - che: «(...) Poste Italiane provvede all'affidamento dei servizi di recapito a terzi, attraverso una procedura ad evidenza pubblica con chiamata da albo fornitori, ai sensi del decreto legislativo n. 163 del 2006. (...) Per quanto riguarda, in particolare, la procedura di gara indetta nel territorio di Milano, la concessionaria ha fatto presente che è risultata vincente la ditta individuale Carlo D'Angelo. In data 1° agosto 2008, detta società ha ceduto l'azienda alla società ACT cooperativa, il cui amministratore unico è lo stesso Carlo D'Angelo. Per quanto riguarda i disservizi, gravi e reiterati, causati dal comportamento della società ACT, Poste Italiane ha precisato che, in più occasioni, ha provveduto a sospendere l'affidamento del recapito della posta registrata, provvedendo con mezzi propri a recapitare oltre 40.000 pregressi non recapitati. La società aggiudicataria, infatti, aveva manifestato fin dall'inizio, difficoltà operative nello svolgimento del servizio affidato e, data l'incapacità della stessa di far fronte agli impegni sottoscritti, Poste italiane ha provveduto alla risoluzione del contratto di affidamento stipulato, con effetto dal 4 dicembre 2008, al fine di evitare che la situazione degenerasse ulteriormente. (...) Relativamente alle città di Como, Busto Arsizio e Gallarate, Poste italiane ha precisato che i contratti stipulati con la società ACT, aggiudicataria della gara, sono stati risolti con effetto dal 15 giugno 2009. I competenti uffici del ministero dello sviluppo economico continueranno, comunque, a vigilare affinché Poste italiane effettui i necessari controlli sulle agenzie di recapito, al fine di garantire il rispetto degli impegni contrattuali relativi alla qualità del servizio, nonché il rispetto della normativa vigente in materia di tutela dei lavoratori per lo sviluppo di una occupazione stabile e di qualità»;
a fronte delle azioni descritte, in alcune delle aree citate pare che effettivamente si sia realizzato un miglioramento significativo del servizio postale;
sussistono tuttora numerosi disservizi, in particolare ma non esclusivamente riferiti alla città di Gallarate (Varese), come si può chiaramente evincere anche da segnalazioni apparse su media locali a firma dei signori Francesco Fabris (rione Cajello, Gallarate) e Carlo Cella (rione Arnate, Gallarate) e liberamente consultabili sul web all'indirizzo http://www3.varesenews.it/gallarate-malpensa/articolo.php?id=153512;
in tale situazione può apparire contraddittorio apprendere che sono stati erogati premi a numerosi uffici postali, delle aree interessate nel corso del «Meeting di Poste Italiane» tenutosi il 29 settembre 2009 ad Assago (Milano), anche perché le motivazioni dei premi paiono collegate al ruolo commerciale e di promozione di prodotti finanziari di Poste Italiane S.p.A., ruolo importante per gli equilibri dei conti economici dell'azienda ma che dovrebbe essere subordinato al raggiungimento dei livelli qualitativi minimi nell'erogazione del servizio postale -:
quali altre iniziative il Ministro intenda intraprendere per assicurare l'erogazione del servizio postale nelle aree citate in premessa in cui tale servizio non viene da mesi assicurato con continuità;
quali altre iniziative il Ministro intenda intraprendere per migliorare l'erogazione del servizio postale nelle province in argomento.
(4-04592)

Risposta. - Con riferimento all'atto in esame riguardante lo svolgimento del servizio di recapito nelle province di Varese,

Como e Milano, sulla base degli elementi forniti dagli uffici competenti, si comunica quanto segue.
L'ufficio postale di Gallarate svolge il servizio di recapito anche nei comuni limitrofi di Cassano Magnago, Cavaria, Lerago con Drago, Besnate, Arsago, Sepri, Casorate Sempione, Cardano al Campo, Somarate, avvalendosi anche di personale assunto con contratto a termine.
Durante le scorse festività natalizie, a causa dei sensibili incrementi dei flussi di traffico e delle avverse condizioni meteorologiche, caratterizzate da precipitazioni nevose fuori della norma, in occasione dei periodici avvicendamenti del personale succitato si è registrata qualche criticità.
Il centro di Gallarate è stato recentemente sottoposto ad una riorganizzazione interna, che ha reso possibile uno snellimento dei processi di ripartizione della corrispondenza, migliorando, di conseguenza, anche la qualità del servizio di recapito.
Relativamente al quesito circa «i premi a numerosi uffici postali delle aree interessate nel corso del
meeting di Poste Italiane tenutosi il 22 settembre 2009, ad Assago (Milano)», la Società ha precisato che nel corso dell'evento è stato consegnato un presente di mero valore simbolico, a titolo di riconoscimento a carattere sociale, ai rappresentanti dei predetti uffici e delle filiali della Lombardia, in quanto tali sedi si erano distinte per i risultati raggiunti. Ciò non ha inteso significare tuttavia alcuna pretermissione o minore considerazione del servizio universale.
Il ministero dello sviluppo economico, nell'ambito delle sue competenze e attraverso gli uffici competenti, vigilerà che l'importante servizio reso dalla concessionaria universale, sia sempre più efficiente e adeguato alle esigenze sia dei cittadini, sia delle aziende operanti sul territorio comprese le province segnalate nell'interrogazione in esame.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
recentemente l'ufficio postale di Busto Arsizio 1 ha ridotto il proprio orario, anticipando la chiusura dalle ore 19.30 alle ore 14.00; poiché a tale ufficio compete la consegna delle raccomandate non recapitate per assenza del destinatario, la modifica dell'orario causa notevoli disagi, non esistendo ovviamente alternativa;
un altro ufficio bustese, quello di via Mazzini, rimane aperto per altre esigenze sino alle 19.30;
tale situazione è comune a molti uffici in molti comuni -:
se si ritenga opportuno spostare il servizio ritiro raccomandate presso gli uffici che hanno orario più ampio;
nel caso citato e riguardante la città di Busto Arsizio (Varese), se si ritenga opportuno spostare il servizio ritiro raccomandate negli uffici di via Mazzini.
(4-04942)

Risposta. - Con riferimento all'atto, in esame, riguardante la riduzione dell'orario di apertura dell'ufficio postale di Busto Arsizio, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente, si comunica quanto segue.
Nel territorio della filiale di Busto Arsizio operano 10 uffici postali che mettono a disposizione della clientela, complessivamente, 44 sportelli attrezzati, 5
cash dispenser, un'area self service ed un ufficio Poste business. Presso cinque uffici, inoltre, è attivo il servizio «Sportello Amico», finalizzato a semplificare ed agevolare i rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione.
Al momento il servizio di consegna delle raccomandate non recapitate per assenza del destinatario (cosiddette inesitate) viene svolto presso gli uffici di Busto Arsizio, Busto Arsizio 1 e Borsano.
In particolare, l'ufficio di Busto Arsizio è dotato di 9 sportelli, 5 aree prodotti finanziari, un'area
self service, 2 cash dispenser

operativi nelle 24 ore ed un ufficio Poste business. L'ufficio è attivo con orario delle ore 8.30 alle ore 19.00, dal lunedì al venerdì, e con orario delle ore 8.30 alle ore 12.30, il sabato.
L'ufficio di Busto Arsizio 1, dotato di 5 sportelli e di un'area prodotti finanziari, eroga il servizio con apertura antimeridiana.
L'ufficio di Borsano, infine, con 3 sportelli, osserva il turno di apertura antimeridiano.
Dopo un'accurata analisi dei flussi di traffico e dei dati di produzione, l'ufficio di Busto Arsizio 1 è stato sottoposto a rimodulazione dell'orario di apertura, al fine di ottimizzare l'equilibrio tra domanda ed offerta.
Anche se i servizi erogati attraverso il nuovo orario di apertura soddisfano adeguatamente la domanda della clientela e risultano rispettosi degli standard di qualità previsti, l'ufficio viene comunque sottoposto ad un costante monitoraggio per valutare eventuali interventi da apportare all'attuale modello organizzativo e garantire interventi tempestivi in caso di necessità.
Per completezza di informazione si rende noto che, essendo previsto il trasferimento del servizio di recapito presso i locali messi a disposizione dal Centro primario di distribuzione di Busto Arsizio, è prevedibile che anche il servizio di consegna delle raccomandate inesitate possa essere sottoposto ad una revisione.
Il ministero dello sviluppo economico, tramite i proprio uffici e nell'ambito delle sue competenze, continuerà a monitorare la situazione del servizio postale sul territorio in questione, ed a sollecitare la concessionaria Poste italiane, affinché valuti la possibilità che venga ripristinata la completa funzionalità degli uffici postali nei comuni sopraddetti, almeno nel caso che la richiesta dell'utenza torni a dei livelli per i quali debba ritenersi necessario ripristinare il precedente orario di servizio.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
continuano a pervenire segnali preoccupanti circa disservizi nella gestione del servizio postale, le ultime in località di Luvinate (Varese), Luino (Varese) e Busto Arsizio (Varese) -:
da cosa dipenda il perdurante stato di malfunzionamento e se e quali iniziative il Ministro intenda attuare al fine di migliorare la qualità del servizio postale.
(4-04968)

Risposta. - Con riferimento all'atto in esame, riguardante disservizi in alcune località in provincia di Varese, sulla base degli elementi forniti dalla direzione generale competente e dalla Società concessionaria del servizio postale universale, si comunica quanto segue.
La società Poste italiane ha comunicato che, da indagini effettuate, nel corso del 2009, presso gli uffici postali di Luino e Luvinate, in provincia di Varese, non sono state rilevate particolari problematiche riguardanti lo svolgimento del servizio di recapito.
Presso l'ufficio di Busto Arsizio, invece, è stata invece registrata qualche criticità poiché, in quell'ufficio, a causa di frequenti malattie, il personale non ha potuto garantire una presenza continuativa.
La stessa società ha reso noto, inoltre, che dalla metà dello scorso mese di dicembre 2009, il centro di Busto Arsizio è stato ubicato in una nuova sede.
Tale iniziativa renderà, tra l'altro, possibile anche l'introduzione di una nuova gestione operativa che concorrerà alla risoluzione delle criticità in argomento ed al miglioramento della qualità dei servizi offerti alla clientela.
Il ministero dello sviluppo economico, comunque, nell'ambito delle proprie competenze e attraverso gli uffici preposti, non mancherà di monitorare gli uffici postali del territorio in questione, al fine di offrire ai cittadini ed alle società ivi operanti, un servizio sempre più efficiente.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'autorità garante per le comunicazioni ha raggiunto a mezzo stampa ed in relazione alla necessità di regolamentare le trasmissioni TV destinate ai minori, le seguenti dichiarazioni: «Ci sono due possibilità. Potremmo fare una segnalazione al Governo perché scriva norme severe e le innesti nel decreto legislativo che recepirà la nuova direttiva sulla TV senza frontiere. In caso contrario, faremo noi una delibera» -:
quale sia l'intendimento del Governo in merito, e precisamente se ritenga di intervenire sull'importante argomento in parola e come.
(4-05085)

Risposta. - In recepimento della direttiva 2007/65/CE, il Governo ha emanato il decreto legislativo n. 44 del 15 marzo 2010, recante l'Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive.
In tale decreto è prevista una serie di norme al fine di istituire un quadro moderno, flessibile e semplificato per i contenuti audiovisivi, adeguandoli allo sviluppo tecnologico e di mercato.
Il settore televisivo, infatti, sta vivendo un momento di radicale cambiamento a causa dell'affermazione di nuove piattaforme trasmissive e di nuove modalità di fruizione dei contenuti offerti al pubblico.
Tra le norme principali contenute nel citato schema di decreto legislativo, un'attenzione particolare è stata rivolta alla tutela dei minori con l'introduzione di una disciplina più rigida di quella vigente, applicabile a tutti i fornitori di servizi di media audiovisivi. Sono previste, in particolare, apposite misure volte a evitare che i minori possano assistere a trasmissioni che si caratterizzano per la presenza di contenuti gravemente nocivi, quali, ad esempio, i programmi a carattere pornografico, per i quali è previsto un divieto assoluto di trasmissione in orario diurno dalle ore 7 alle ore 23.
È inoltre prevista l'introduzione di un apposito sistema di classificazione che si basa su criteri proposti dal Comitato di applicazione del Codice media e minori, soggetti alla approvazione del Ministro dello sviluppo economico con apposito decreto.
Per quanto riguarda i programmi criptati, è prevista l'introduzione di un apposito sistema di controllo parentale che, a differenza di quello attualmente in uso da parte degli operatori, prevede che ai contenuti nocivi sia in via generale inibito l'accesso, salva la possibilità di disattivazione per default da parte dall'utente attraverso l'inserimento di uno specifico codice (cosiddetto PIN).
(Personal identification number).
La tutela dei minori rappresenta, quindi, una priorità per il ministero dello sviluppo economico che, attraverso gli organi competenti, è attivamente impegnato a favorire azioni di sensibilizzazione e formazione rivolte ai minori e agli educatori per un corretto utilizzo dei media.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la società Eurofly è nata 19 anni fa ed attualmente dispone di una flotta mista di aeromobili Airbus A320 e A330 di ultima generazione;
suo attuale azionista di maggioranza è Meridiana (da tre anni), compagnia sarda con una flotta composta principalmente da vecchi MD80;
è prevista una fusione tra le due società che di fatto cancellerà Eurofly da Malpensa;
il personale di terra di Eurofly, circa 150 persone, lavora tra la sede di Milano (uffici commerciali, del personale e amministrativi)

e il terminal di Malpensa - circa 90 persone (manutenzione, ingegneria e ruoli operativi);
nonostante non vi sia in previsione una diminuzione dei voli da/per Malpensa, la società non si è sentita in obbligo di mantenere la presenza del personale Eurofly presso Malpensa;
è previsto un trasferimento di tutto il personale di Eurofly ad Olbia per ottenere finanziamenti regionali (40 milioni di euro attraverso SFIRS - società finanziaria industriale rinascita Sardegna spa della regione Sardegna) e agevolazioni per la costruzione di nuovi hangar e ottenere dallo Stato gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione nei periodi di magra del lavoro: è noto che l'aeroporto di Olbia lavora principalmente d'estate con arrivi e partenze di centinaia di migliaia di turisti;
i naviganti verranno suddivisi tra le varie basi di Meridiana: Verona - Firenze - Olbia e Cagliari;
Meridiana «offre» invece al personale di terra lombardo il trasferimento della loro sede di lavoro in Sardegna, al momento senza nessuna «agevolazione» se non quelle previste da contratto - 21 giorni di preavviso prima del trasferimento (nessuna agevolazione anche temporanea, per un appoggio logistico né biglietti agevolati per il rientro) senza considerare che si tratta di persone che hanno radici, famiglia, vita in Lombardia e non avranno molto da scegliere: poche saranno le persone in grado di sopportare il trasferimento, sia in termini personali di affetti, che economici, tenuto conto che molte di queste devono mantenere una famiglia o sostenere il mutuo di una abitazione di proprietà, oltre a provvedere al proprio sostentamento in una regione;
al momento, dalle comunicazioni, pare non sia previsto alcun ammortizzatore sociale anzi l'azienda sostiene di avere esuberi (solo da parte di Eurofly) che oscillano tra i 120 ed i 130 (proprio i numeri di Malpensa);
non è stato prorogato nessun contratto a tempo determinato;
dopo alcuni anni di separata gestione del lavoro, anni nei quali al personale Eurofly è stata applicata la disciplina della cosiddetta «solidarietà», con un contratto tuttora scaduto, i vertici di Meridiana hanno deciso di unire le due forze lavoro secondo i seguenti progetti: creazione di una società di manutenzione «Meridiana Maintenance Srl», fusione dei due vettori GJ e IG in «Meridiana Fly», sopprimendo così di fatto il marchio Eurofly, creazione della nuova Meridiana Express, che porterà lavoratori solo stagionali per la parte volo -:
se e quali iniziative i ministri intendano intraprendere ai fini di salvaguardare il patrimonio umano consistente nel personale di Eurofly di base a Malpensa.
(4-06140)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, concernente i nuovi assetti aziendali delle compagnie aeree Eurofly Spa e Meridiana Spa, sulla base delle informazioni acquisite presso i competenti uffici del ministero del lavoro e delle politiche sociali e della Regione Lombardia, si rappresenta quanto segue.
Il nuovo assetto societario, derivante dal conferimento da parte di Meridiana Spa del ramo di azienda «aviario» alla controllata Eurofly Spa che, in seguito a tale operazione ha cambiato la propria denominazione in Meridiana fly Spa, è operativo dal 28 febbraio 2010.
La sede legale della neo costituita società Meridiana fly Spa, è stata stabilita in Olbia presso il Centro Direzionale Aeroporto Costa Smeralda (ove ha sede legale anche la controllante Meridiana Spa).
Il gruppo Meridiana risulta ad oggi strutturato in tre distinte attività di servizi:
trasporto aereo con Meridiana fly Spa assoggettato alla Direzione ed al Coordinamento di Meridiana Spa,
ex articolo 2497-bis del codice civile;

manutenzione aeronautica con Meridiana Maintenance Spa;
gestione aeroportuale con Geasar Spa.

La Meridiana fly Spa è dotata di una flotta di 35 aeromobili, che per un periodo iniziale, conserveranno le originarie livree «Meridiana» ed «Eurofly».
Coerentemente a quanto stabilito in sede contrattuale e a quanto previsto dall'articolo 2112 del codice civile, la Meridiana Fly Spa ha garantito la continuazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti di Meridiana Spa, con conservazione di tutti i diritti anche economici e retributivi.
A riguardo si precisa che l'attuale assetto societario, prevede per i dipendenti della Meridiana Fly Spa, l'applicazione dei contratti collettivi di lavoro già applicati da Eurofly Spa.
Le unità lavorative di Eurofly spa, interessate dal nuovo assetto societario, sono 648 di cui 140 unità rappresentate da personale di terra, 372 da personale di cabina e 136 da personale di condotta; attualmente, sulla base delle notizie acquisite dai competenti uffici del lavoro, non sarebbe stato definito o programmato nessun trasferimento di sede lavorativa. Sono stati, invece, annunciati 70 esuberi per l'area amministrativa degli uffici di Milano e 50 per quella di Olbia.
Per quanto concerne la Meridiana Maintenance, i rappresentanti della compagnia aerea hanno precisato che la medesima non sarà interessata da alcuna ristrutturazione, né da trasferimento di personale bensì sarà inserita in nuovi piani di sviluppo.
Il ministero del lavoro e delle politiche sociali, ben consapevole dell'impatto in termini occupazionali della vicenda in parola, ha dimostrato sin da subito una particolare attenzione alle difficoltà aziendali della Eurofly spa e della Meridiana spa intervenendo con la concessione di misure di sostegno al reddito.
Le società, Meridiana Spa ed Eurofly Spa, sono state destinatarie del cosiddetto contributo di solidarietà, concesso con decreto Direttoriale ai sensi dell'articolo 5, comma 5, legge n. 236 del 1993, e successive modifiche ed integrazioni, come di seguito precisato:
Eurofly Spa ha beneficiato del contributo di solidarietà, per il periodo dal 1o aprile 2007 al 31 marzo 2009, concesso con decreto del 28 giugno 2007, per l'importo di euro 9.287.287,66 ed interamente erogato; unicamente per gli assistenti di volo, è stato concesso, inoltre, con decreto del 20 ottobre 2009, il contributo di solidarietà, ancora da erogare, per il periodo 21 luglio 2009 - 20 luglio 2010, per l'importo di euro 1.026.610,14. A breve, essendosi conclusa positivamente l'istruttoria della relativa istanza, potrà essere adottato il provvedimento per la concessione del contributo di solidarietà richiesto per i piloti, per il periodo dal 17 settembre 2009 al 16 settembre 2010, per complessivi euro 1.601.456,90;
A Meridiana Spa è stato concesso, per i piloti, con decreto del 14 aprile 2009, il contributo di solidarietà, ancora da erogare, relativamente al periodo 1o marzo 2009 - 31 agosto 2010, per l'importo di euro 3.122.293,94; per gli assistenti di volo, è stato concesso, con decreto del 4 maggio 2009, il contributo di solidarietà, ancora da erogare, per il periodo 1o aprile 2009 - 31 agosto 2010, per l'importo di euro 842.029,52.
Si ritiene opportuno precisare, infine, che la liquidazione del contributo di solidarietà (per la parte non ancora erogata), avverrà, da ultimo, in favore della società Meridiana fly Spa, previa acquisizione della documentazione relativa al nuovo assetto societario e sulla base del positivo accertamento in ordine all'attuazione del contratto di solidarietà da parte della Meridiana Spa e della Eurofly Spa (originari contraenti).

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

ROSATO e MOTTA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il servizio prestato dai Vigili del fuoco è largamente apprezzato dai cittadini per la professionalità, l'impegno e l'umanità che continuamente dimostrano in ogni circostanza, dalle emergenze che richiedono l'intervento del soccorso tecnico urgente alle grandi operazioni connesse ad eventi calamitosi, ultimo tra i quali si annovera il terremoto del 6 aprile 2009 all'Aquila, per il cui lavoro non hanno ancora ricevuto il pagamento degli straordinari;
le decorazioni sono un'alta espressione simbolica attraverso cui lo Stato dimostra pubblica riconoscenza nei confronti dei suoi servitori in divisa o anche di comuni cittadini che si siano distinti per atti di straordinario coraggio o di particolare dedizione;
la stampa ha dato notizia che il Dipartimento della protezione civile ha prospettato in particolare ai Vigili del fuoco la possibilità di fregiarsi di un titolo di benemerenza previo l'acquisto di un apposito «kit» predisposto dalla società System Data Center SpA ai sensi del decreto del capo del Dipartimento della protezione civile del 28 aprile 2009, a sua volta attuativo del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 dicembre 2008;
detto «kit» sarebbe acquistabile sul sito www.benemerenze.it al costo indicativo di euro 130, da parte di tutti coloro che avessero prestato attività di soccorso ed assistenza in concomitanza degli eventi calamitosi segnalati sul medesimo sito;
ad avviso dell'interrogante è avvilente una simile pratica di compravendita delle benemerenze nonché mortificante e lesivo della dignità il fatto che a quanti hanno prestato servizio con passione e sacrificio sia proposto l'acquisto di un titolo onorifico -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri sia a conoscenza degli elementi descritti in premessa e se non ritenga opportuno prendere tutte le misure affinché sia impedito il commercio delle benemerenze.
(4-06678)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'atto di sindacato ispettivo in esame, concernente le medaglie al valore della protezione civile, si fa presente quanto segue.
Nel 2008 è stata esperita una gara tra 27 ditte per l'aggiudicazione della commessa per la produzione e la spedizione delle medaglie e dei diplomi nonché per svolgere i connessi servizi di controllo e verifica,
call center e gestione del sito per gli acquisti online.
Atteso che la normativa di riferimento (decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 e decreto del capo del dipartimento della protezione civile 28 aprile 2009), è stata emanata successivamente all'espletamento ed all'aggiudicazione della commessa, in sede di prima concessione, non è stato possibile individuare requisiti specifici per la partecipazione alla gara medesima. Entro la fine dell'anno in corso si procederà all'aggiudicazione di una nuova commessa mediante l'esperimento di una gara comunitaria.
Non è possibile indicare precisamente l'incidenza degli appartenenti al corpo dei vigili del fuoco e alle forze dell'ordine, sul numero totale dei beneficiari, perché molti di essi partecipano agli interventi di protezione civile con associazioni di volontariato e da queste sono segnalati, di conseguenza non si può riconoscerne lo status di vigile del fuoco ovvero di militare visto anche che la cosa è ininfluente per la concessione della benemerenza in parola. Tuttavia, dalle segnalazioni formulate dal dipartimento dei vigili del fuoco e dagli stati maggiori e comandi generali delle forze armate e delle forze dell'ordine, la percentuale complessiva degli appartenenti a tali enti ammonta al 65 per cento degli aventi diritto.
Per quanto riguarda la società
System Data Center SpA questa e uno dei fornitori del dipartimento della protezione civile e partecipa alle gare bandite dall'amministrazione

come ogni altro fornitore. Prima della commessa in essere con tale società, non sono stati commissionati servizi simili, né alla società in parola, né ad altra società, proprio perché trattasi della prima concessione avvenuta, per la partecipazione agli eventi di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 2 maggio 2006.
A tal fine si specifica, che a differenza di quanto erroneamente diffuso dai media relativamente all'evento sismico dei 6 aprile 2009, sono ancora in corso le segnalazioni e, pertanto, le insegne in commercio non comprendono anche detto evento.
A maggior precisazione va detto che le attestazioni del dipartimento della protezione civile, come avviene per altre benemerenze della Repubblica italiana, sono conferite con apposito decreto, nella fattispecie del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, pubblicato con gli elenchi nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il primo conferimento è avvenuto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 ed è in corso la segnalazione per la partecipazione ai tre eventi relativi allo smaltimento dei rifiuti della regione Campania, al sisma Abruzzo e all'organizzazione del vertice G8.
L'attestazione di pubblica benemerenza esprime il ringraziamento che il dipartimento della protezione civile rivolge a tutti coloro che hanno partecipato ad un determinato evento. L'insegna rappresenta la manifestazione esteriore della benemerenza stessa, che per il dipartimento assume un valore unico ed esclusivo per ogni singolo operatore, a riprova dell'importanza del singolo nell'ambito del servizio nazionale di protezione civile.
Analogamente alle altre benemerenze della Repubblica (ad esempio ordine al merito - Omri), viene consegnato al benemerito il diploma, che costituisce l'attestato della benemerenza concessa, considerato inoltre l'elevato numero di beneficiari (l'elenco allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 riporta 73.600 nominativi), il dipartimento della protezione civile non può assumersi l'onere della consegna gratuita delle insegne, pertanto chi volesse fregiarsene, senza alcun vincolo e senza alcuna compromissione del titolo, può acquistarle con oneri a proprio carico, così come avviene per l'Omri. Si è poi inteso introdurre un elemento di ulteriore valore alla benemerenza in parola, attribuendo un numero di conio ad ogni insegna. A tal fine, si è reso necessario individuare un produttore unico che svolgesse anche il servizio di verifica della titolarità all'acquisto ed all'esibizione dell'insegna, per evitare un uso indebito degli emblemi, anche, ai sensi dell'articolo 15 del decreto legge 39 del 2009, come modificato dal 15-
bis del decreto-legge 195 del 2009.
Al riguardo si evidenzia che la normativa vigente non vieta la libera vendita delle insegne prodotte dalla società
System Data Center Spa, né dai futuri produttori, purché i rivenditori siano preventivamente autorizzati dal dipartimento, al fine di accettare il possesso del titolo.
Con riferimento poi al paventato «
business» si ribadisce che il dipartimento della protezione civile, dato l'altissimo numero di beneficiari, non può supportare l'onere di un così elevato numero di insegne, né trae alcun vantaggio economico dalla vendita delle insegne.
Si rappresenta, infine, come già in varie sedi si è avuto occasione di precisare, che il costo di 130 euro riguarda l'intero cofanetto i cui pezzi, a seguito della modifica intervenuta al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 marzo 2010, pubblicato in
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 2 aprile 2010, n. 77, possono essere acquistati anche singolarmente.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

SBAI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la cronaca scosse l'opinione pubblica per il barbaro assassinio l'11 agosto 2006,

di Hina Saleem che aveva solo 21 anni, era pakistana e viveva da tempo in Italia. Il suo corpo, massacrato da diverse coltellate e avvolto in alcuni sacchetti di plastica, fu trovato sepolto nel giardino della casa dei suoi genitori a Sarezzo, in provincia di Brescia. Senza dubbio, nella sua morte potrebbe aver avuto un ruolo preponderante l'ala estrema dell'integralismo islamico. I vigili del fuoco dovettero lavorare per più di un'ora per riesumare il cadavere sepolto ad oltre un metro di profondità dalle mani omicide. Il 14 agosto 2006, - Mohammad Saleem, il padre di Hina, fu arrestato con l'accusa di omicidio volontario premeditato e di occultamento di cadavere. Ricercati anche due cognati e uno zio. Il fatto sconvolgente fu rafforzato dal ruolo di Bushra Bakum, la mamma di Hina, che rinnegò le precedenti sevizie della figlia da parte del marito e che affermò che la figlia barbaramente uccisa «faceva una vita non da ragazza perbene»... La mamma di Hina, certamente vittima di pressioni e intimidazioni tali da annullarne la personalità, disse di non poter perdonare il marito. La donna si trovava in Pakistan quando fu commesso l'omicidio e poi quasi giustificò l'operato del marito e si trovò costretta a difendere anche se stessa dal sospetto di essersi allontanata da casa per lasciare il campo libero a una esecuzione capitale decisa in famiglia: pietosamente disse «Non è vero. Non sarei partita se solo l'avessi sospettato. Sono andata in Pakistan come ogni estate. Sarei tornata più avanti e, invece, è successo quello che è successo...». Gli imputati, il padre e altri tre parenti di Hina Saleem, avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato, che consentì lo sconto di un terzo della pena;
l'Imam Abdellah Mechnoune, venuto da Torino per assistere all'udienza preliminare, tenne a sottolineare che Hina morì per colpa di fanatici integralisti. L'Islam, dunque, non c'entrava nulla. Per far sì che drammi come questo non si potessero ripetere, l'imam che lavora a Torino ed è anche ambasciatore di Pace UPM Onu, partecipa a numerosi incontri con i musulmani nelle scuole e nelle moschee dove possono avvenire dette devianze psicologiche e sobillazioni da parte di fanatici estremisti «Imam fai da te»;
in Marocco le ragazze portano pantaloni e minigonna. In Italia, all'interno di alcune comunità marocchine, ci si trova assurdamente indietro almeno di 10 anni. Acmid-Donna, l'associazione di donne marocchine in Italia chiese di costituirsi parte civile nel processo di Hina ma il giudice per l'udienza preliminare, Silvia Milesi, respinse la richiesta;
a parte il clamore suscitato nell'opinione pubblica questo crimine ebbe effetti collaterali: venne assegnata la scorta a Dounia Ettaib, vice presidente dell'Acmid, dopo essere stata aggredita alcuni giorni prima del processo da islamici a Milano nei pressi della moschea di viale Jenner per aver preso la difesa, assieme ad una larga parte della popolazione, della ragazza uccisa, che visse nel terrore, bersagliata da denunce di altre minacce;
il padre di Hina e i suoi due cognati furono condannati a 30 anni, lo zio Tariq Muhammad a due anni e otto mesi, al processo di appello la procura chiese la conferma delle condanne inflitte in primo grado e il 5 dicembre 2008 e il tribunale di Brescia, nella sentenza di appello confermò la condanna a 30 anni al padre di Hina. Ai due cognati fu ridotta la pena a 17 anni, mentre allo zio furono confermati i 2 anni e 8 mesi;
parte rilevante di questo processo che qui si vuole sottolineare fu che il difensore del padre di Hina invocò «le attenuanti per motivi di valore morale, etnico e culturale - cosiddetti attenuanti culturali», sostenendo che l'esasperazione assoluta in questo omicidio terribile, era sorretta da una forte identità religiosa. Il GIP Milesi non le concesse;
è di questi giorni l'altro sconvolgente e simile crimine: è stata accoltellata un mese fa dal padre mentre si trovava in auto con il fidanzato, una ragazza appena diciottenne di origine marocchina, Sanaa Dafani, morta dissanguata in un boschetto

di Montereale Valcellina, in provincia di Pordenone, dove cercava di sfuggire alla furia omicida del genitore che si è accanito barbaramente sul suo corpo. Un'altra esecuzione capitale per mano paterna, un'altra tragedia dietro alla quale potrebbero esserci motivi religiosi. La vittima ha pagato il suo amore per il fidanzato italiano e più grande di lei Massimo De Biasio, 31 anni. El Katawi Dafani, il padre omicida, un aiuto cuoco di 45 anni che lavora a Pordenone, di quella relazione non ne voleva neppure sentir parlare ed ha giustiziato la propria figlia. Anche in questo caso, la madre si vede accerchiata da un muro impenetrabile, che condiziona la sua volontà di espressione in pubblico;
il paragone con il caso di Hina Saleem è immediato. Un delitto d'onore maturato nell'incomprensione, nell'ignoranza e nell'islamismo radicale, che attecchisce facilmente nelle menti dei ceti umili come nel caso dei due padri assassini, sobillati nelle moschee dagli «Imam fai da te» che istigano all'odio al razzismo ed alla sharia intesa nell'accezione più estrema di fanatismo omicida per la difesa di ideali disumani, nutriti da frange estreme estremiste;
in alcuni Paesi islamici, la sharia prevede la pena di morte per adulterio e omosessualità, bestemmia contro Allah e prevede forti attenuanti in caso di delitto d'onore, come ad esempio, eseguito quale giusta punizione per legami extraconiugali;
nel caso di Hina, la difesa del padre aveva chiesto l'applicazione della predetta «attenuante culturale» non codificata nel nostro ordinamento, ma ammessa in tanti paesi islamici, quale forte attenuante, legata al vissuto culturale etnico e religioso del reo, retaggio di usi e costumi del suo Paese d'origine. Il GIP non l'ha giustamente concessa, con la conseguente forte riduzione di pena e, come tale, non può e non deve mai essere riconosciuta nel nostro sistema giudiziario, non solo poiché, appunto, non codificata ed estranea al nostro ordinamento, ma poiché in totale contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, secondo cui il processo si deve svolgere con il rito e l'ordinamento vigente nel nostro Paese, e non deve perciò essere rimessa esclusivamente alla discrezione del magistrato giudicante;
detta «attenuante culturale» per la riduzione di pena in caso di delitti d'onore non può coesistere con l'ordinamento occidentale, poiché legata al vissuto etnico, religioso e culturale del reo in relazione al Paese di origine, intessuto di mentalità e tradizioni ancestrali, di credi religiosi diversi, che magari ammettono e giustificano simili condotte criminose in nome di leggi, sia di dimensione metafisica che pragmatica, applicate in senso estremo per manipolazioni psicologiche barbare e disumane di matrice estremista e quindi deve essere bandita da ogni possibile approccio processuale e valutazione discrezionale del giudice, a difesa della nostra Costituzione e dei diritti delle donne. Come giustamente è accaduto nel processo per il terribile crimine del padre di Hina;
la cronaca quotidiana è ricca di allarmanti notizie: da Hina a Sanaa, che hanno pagato l'essere giovani e vivere in maniera occidentale e l'aver amato un italiano con la morte più atroce, altre, tante, troppe donne islamiche subiscono ogni giorno violenze e segregazioni di ogni genere, coro silenzioso e dolente della nostra Società che le accoglie, per questo occorre difendere la dignità di queste donne islamiche vittime di atroci violenze e di delitti efferati, per loro, per la nostra civiltà, per salvaguardare il futuro di tutte le donne;
è necessario, alla luce dei tanti crimini commessi contro le donne islamiche in Italia, contrapporre un modello etico, culturale e comportamentale completamente opposto alle devianze in questione, affinché, come segno di civiltà e di dignità, nel pieno rispetto della Costituzione, si possa scongiurare che simili crimini, anche omicidi, commessi contro le donne possano ripetersi -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, sul piano culturale, etico

giuridico, per promuovere il superamento delle manifestazioni e fattispecie, anche criminali, contro le donne islamiche in Italia di cui alle premesse, frutto di concezioni estremiste e di credi religiosi del tutto estranei al nostro sistema ordinamentale sociale e costituzionale.
(4-04553)

Risposta. - Mi riferisco all'interrogazione in esame concernente gli episodi di violenza commessi a danno delle donne appartenenti alle comunità islamiche presenti in Italia.
La tutela dei diritti delle donne, a qualsiasi Stato o religione esse appartengano, costituisce oggetto di particolare attenzione da parte del ministero per le pari opportunità.
La violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una progressiva attenzione fino a diventare una priorità di azione sia a livello internazionale che nell'ambito delle agende dei governi locali.
L'istanza del rispetto dei diritti umani trova pieno riconoscimento fin dal 1948 con la Dichiarazione universale dei diritti umani. Questo tema è stato progressivamente integrato nell'agenda delle Nazioni unite attraverso una lunga serie di raccomandazioni ed iniziative, tra le più importanti si segnalano le seguenti: la IV Conferenza mondiale sulle donne a Pechino, nel 1995, che ha elaborato la piattaforma di azione e che ha dato un nuovo impeto all'azione internazionale sui temi della violenza; la sessione speciale dell'Assemblea generale dell'ONU che a New York nel 2000 è stata dedicata alla revisione dei progressi in materia di violenza contro le donne.
Sempre a livello internazionale si ricorda la Convenzione per l'eliminazione di tutte le forme di violenza contro le donne (CEDAW), ratificata nel 1997 dal 160 Paesi di tutto il mondo, tra i quali l'Italia.
A livello europeo il Consiglio d'Europa definisce la violenza contro le donne «qualsiasi azione di violenza fondata sull'appartenenza sessuale che comporta o potrebbe comportare per le donne che ne sono bersaglio danni o sofferenza di natura fisica, sessuale o psicologica, ivi compresa la minaccia di mettere in atto simili azioni, la costrizione, la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica che in quella privata» mentre la Raccomandazione del Consiglio dei ministri del Consiglio d'Europa (2002)5, del 30 aprile 2002, considera la violenza nei confronti delle donne un «attacco ai diritti di persone umane che impedisce loro di esercitarli».
Ciò è stato, altresì, evidenziato nel corso della Conferenza Internazionale sulla violenza contro le donne, tenutasi a Roma il 9 e il 10 settembre 2009, su iniziativa della Presidenza italiana del G8, nelle cui conclusioni si legge che «la violenza nei confronti delle donne e delle bambine rappresenta un'inaccettabile forma di violazione e privazione dei diritti umani», un «crimine», da chiunque ed ovunque sia commesso.
Segnalo, altresì, che in seno al Consiglio d'Europa sono appena iniziati i lavori per l'elaborazione di una Convenzione contro la violenza sulle donne, il cui progetto prevede specifiche incriminazioni delle odiose condotte criminose indicate dall'Onorevole interrogante.
Per quanto concerne in particolare i più recenti casi di violenza commessa ai danni di donne appartenenti ad un diverso credo religioso da parte dei propri familiari, vorrei sottolineare che, per la prima volta in un caso del genere, il ministero per le pari opportunità, nel corso dell'udienza preliminare svoltasi il 3 maggio 2010, a Pordenone, si è costituito parte civile nel processo penale per l'omicidio di Sanaa, la ragazza 18enne marocchina uccisa da suo padre, Elketaoui Dafani perché frequentava un ragazzo italiano.
Sanaa, come Hina Saleem, rappresenta il simbolo di tutte quelle donne, molte di loro giovani, vittime di analoghi efferati delitti, la cui illogicità spesso viene mascherata con una non meglio specificata «motivazione culturale».
A tale proposito, segnalo che, come riferito dall'interrogante, la Corte di Assise di Appello di Brescia (sentenza n. 13 del 2008) nel processo a carico di Saleem

Mohammed ed altri, imputati nell'omicidio di Hina Saleem, ha ritenuto fuorviante il riferimento alla «motivazione culturale» - invocata come attenuante dalla difesa - sia perché un delitto come quello commesso dal Saleem non risulta giustificato neanche in Pakistan, Paese d'origine del reo, sia perché lo stesso residente in Italia dal 1989 ha avuto il tempo necessario per conoscere gli usi e i costumi nazionali, nonché le regole vigenti nel nostro Paese. Secondo la Corte, la tesi della «motivazione culturale» appare «peregrina e buonista», specie nella misura in cui non risulta riconosciuta nemmeno nei Paesi di cultura musulmana.
Sempre in riferimento alle vicende relative all'omicidio di Hina Saleem, e più in generale alla violenza commessa contro le donne, occorre sottolineare che, come riferito dalla Prefettura di Brescia, la locale amministrazione provinciale ha disposto il finanziamento di un progetto denominato «Con Naima e non solo», finalizzato all'implementazione e potenziamento di una rete provinciale per prevenire e contrastare la violenza di genere.
Inoltre, il comune di Brescia, per gli anni 2007, 2008, 2009, ha promosso una serie di manifestazioni e campagne di sensibilizzazione sul tema della tutela delle donne da ogni forma di violenza. In particolare, la Commissione pari opportunità del comune di Brescia, nel 2009, ha realizzato e sostenuto i seguenti progetti:
Produzione e allestimento di uno spettacolo teatrale sulla condizione delle donne nelle diverse realtà culturali;
Partecipazione all'ampliamento del polo universitario/di formazione per le donne carcerate;
Convegno di studi sull'utilizzo linguistico nelle diverse culture; una mostra sulla violenza «Storia di Francesca»;
Partecipazione alla realizzazione di un percorso di formazione, rivolto ai medici di base della città e della provincia di Brescia, teso a fornire strumenti utili per un corretto approccio, riconoscimento e accompagnamento delle donne vittime di violenza.
Ritengo, altresì, che sia importante sottolineare il ruolo prioritario che la scuola svolge nel processo di integrazione in quanto sede privilegiata nella quale può opportunamente realizzarsi l'integrazione tra culture, il libero scambio ed il confronto delle idee, la
par condicio tra i soggetti che la frequentano, la crescita umana, civile e culturale delle nuove generazioni, al di là delle differenti etnie, nel rispetto dell'articolo 3 della Costituzione. Infatti, tra i compiti della scuola vi è quello di contribuire, con le modalità che le sono proprie, a rimuovere ogni forma di intolleranza, violenza, pregiudizio e discriminazione e che la scuola italiana promuove la crescita comune dei giovani evitando divisioni, discriminazioni e pregiudizi e favorisce un insegnamento fondato sulla conoscenza dei diritti fondamentali, sull'educazione alla legalità e del rispetto.
Gli enti locali, dal canto loro, sono chiamati a collaborare al processo di integrazione degli alunni stranieri, in quanto a loro spetta mettere a disposizione delle scuole le figure professionali dei mediatori culturali ed organizzare appositi corsi di formazione per gli stessi, inoltre, come riferito dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, annualmente vengono realizzati numerosi progetti finalizzati all'inserimento degli alunni stranieri.
Infine, segnalo che per il contrasto alla violenza di genere e per l'educazione al rispetto della parità fra i sessi, il ministero per le pari opportunità, il 3 luglio 2009, ha siglato d'intesa con il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, un Protocollo istitutivo della «Settimana contro la violenza», durante la quale gli istituti scolastici organizzeranno iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione rivolte agli studenti, ai genitori e ai docenti, sulla prevenzione della violenza fisica e psicologica, compresa quella fondata sull'intolleranza razziale, religiosa e di genere, e sui servizi attivati dai ministeri, come il numero verde nazionale contro la violenza sulle donne - 1522.
Si è tenuta invece il 15 marzo scorso, presso il ministero dell'interno, la prima riunione del gruppo di lavoro costituito per

l'attuazione dell'articolo 2 del Protocollo d'intesa tra il ministero per le pari opportunità e il ministero dell'interno del 3 luglio 2009, il cui obiettivo è quello di promuovere sinergie e predisporre azioni mirate, anche con il coinvolgimento delle forze di polizia e di enti e istituzioni locali, volte al contrasto della violenza di genere.
Si segnala, infine, che è in fase avanzata la predisposizione da parte di questo ministero del piano nazionale contro la violenza di genere e lo
stalking, che rappresenta lo strumento per elaborare e sviluppare la strategia nazionale di prevenzione e contrasto alla violenza, nella consapevolezza che, per contrastare efficacemente tale fenomeno è necessario integrare gli interventi repressivi con politiche ed azioni puntuali e coordinate in ambito sociale, educativo, informativo e normativo.
Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 25 novembre 2009 tutti i correntisti di Poste Italiane SpA hanno avuto la spiacevole sorpresa di vedersi addebitare le somme moltiplicate «per 100», relative ai pagamenti effettuati con le carte Bancomat della società o a prelievi fatti presso gli sportelli Postamat nei giorni 19 e 20 novembre 2009;
la direzione di Poste Italiane SpA sostiene che gli errori siano dipesi da «un'anomalia contabile» e che verranno ripristinati i corretti saldi dei conti correnti nelle prossime ore;
non risulta che altri istituti di credito abbiano mai avuto simili anomalie;
nei giorni scorsi l'home page del sito di Poste Italiane ha subito un attacco degli hacker -:
quali iniziative intenda intraprendere al fine di tutelare i correntisti di Poste Italiane SpA affinché il ripristino dei corretti saldi sia tempestivo, nonché evitare il ripetersi di simili disagi ai cittadini.
(4-05200)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo, in esame, riguardante il malfunzionamento di alcuni sportelli Postamat, lo scorso novembre, sulla base degli elementi pervenuti dalla direzione generale competente e dalla Società concessionaria del Servizio postale universale, si rappresenta quanto segue.
L'anomalia contabile che, durante lo scorso mese di novembre ha interessato il saldo di conti correnti di alcuni clienti, è stata causata da un inconveniente di carattere informatico al
software che gestisce le operazioni contabili relative alle carte Postamat e che ha generato, per un limitato numero di clienti, un errato addebito delle operazioni di acquisto/prelievo.
L'inconveniente suddetto, rilevato nella mattinata del 25 novembre, è stato prontamente rimosso consentendo la piena normalizzazione dell'operatività.
Nella stessa giornata sono state avviate e completate le iniziative per recuperare le errate contabilizzazioni, ripristinando la corretta situazione del saldo dei conti correnti.
I problemi contabili non hanno riguardato le operazioni di prelievo, eseguite dai correntisti attraverso gli sportelli automatici Postamat, che hanno funzionato regolarmente.
Le anomalie in questione, riscontrate sui conti correnti, hanno invece riguardato le sole operazioni di prelievo eseguite da correntisti presso altri sportelli automatici e/o pagamenti eseguiti su punto di vendita
(point of sale) di esercizi commerciali.
Per completezza di informazione si rende noto che sui conti della clientela non è stato calcolato alcun addebito, e, nei giorni successivi all'episodio citato è stata inviata ai clienti una lettera che confermava il ripristino del corretto saldo di conto corrente.
Si precisa, inoltre, che l'anomalia in parola non ha riguardato i sistemi di sicurezza informatica di Poste Italiane che,

peraltro, sono impenetrabili, come dimostrato in occasione del tentativo di attacco al sistema informatico del sito web aziendale da parte di alcuni hacker, durante il quale l'affidabilità dei sistemi di sicurezza applicati dall'Azienda ha garantito l'integrità del data base centrale che custodisce i dati della clientela.
Il Viceministro dello sviluppo economico: Paolo Romani.

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Equitalia è la società per azioni, a totale capitale pubblico, incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi;
il suo fine è quello di contribuire a realizzare una maggiore equità fiscale, dando impulso all'efficacia della riscossione attraverso la riduzione dei costi a carico dello Stato e la semplificazione del rapporto con il contribuente;
nel comune di Zogno (Bergamo) l'agenzia di Equitalia eroga un servizio importante non solo ai cittadini residenti, ma ha un bacino di utenza molto ampio che comprende tutti gli abitanti della Valle Brembana;
come apparso il 2 aprile 2010 sul quotidiano L'Eco di Bergamo, i vertici regionali di Equitalia hanno recentemente deciso di chiudere lo sportello esattoriale ubicato a Zogno (Bergamo), comunicando la decisione, già assunta, al sindaco del comune;
l'amministrazione comunale di Zogno (Bergamo) ha manifestato il proprio dissenso a tale soluzione, tra l'altro adottata senza un confronto preventivo con gli enti locali interessati -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché Equitalia rivaluti la decisione che prevede la chiusura dell'unico sportello esistente nella Valle Brembana, facendo sì che eventuali problematiche siano affrontate con gli enti locali interessati, che dovrebbero essere interpellati come interlocutori privilegiati nell'ottica dell'attuazione di un concreto federalismo.
(4-06748)

Risposta. - In relazione al tema posto con il documento di sindacato ispettivo in esame, sentita l'agenzia delle entrate, si illustra quanto riferito dalle competenti strutture di Equitalia Spa.
La decisione di Equitalia esatri Spa, agente della riscossione per la regione Lombardia, di chiudere l'ufficio di Zogno (Bergamo) è maturata dopo un attento esame del volume di attività svolta dall'ufficio stesso. Quotidianamente infatti, in media, nello sportello di Zogno, sono stati serviti 10 contribuenti, lavorate 37 quietanze e presentata poco più di un'istanza (1,2) di dilazione di pagamento. Con questi numeri diventava obiettivamente difficile mantenere aperto un ufficio, considerando le soluzioni alternative possibili, peraltro già utilizzate dai residenti, come banche, uffici postali, l'utilizzo del
web e gli sportelli Equitalia di Bergamo e Ponte San Pietro.
Equitalia Spa segnala, inoltre, che, in Lombardia, come nelle altre regioni servite, monitora periodicamente la situazione per verificare se eventuali mutate esigenze economico-sociali non consiglino di aprire nuovi uffici.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

TADDEI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
come è noto il Corpo forestale dello Stato, per effetto della legge 6 febbraio 2004 n. 36, svolge compiti importantissimi di tutela ambientale, paesaggistica e agroalimentare con qualifiche di polizia giudiziaria e concorre altresì con le altre forze di polizia al mantenimento della pubblica sicurezza con particolare riferimento alle zone rurali del nostro territorio;

al 30 settembre 2009 si registrano nel ruolo degli ispettori ancora 685 vacanze rispetto all'organico previsto come sufficiente e soddisfacente per il corpo;
si tratta di una carenza notevole in relazione all'intero organico in ruolo previsto, corrispondente a quasi la metà del ruolo stesso che tuttora è di 1.590 unità;
oltre il 66 per cento dei 1.100 comandi di stazione è priva della figura del comandante di stazione appartenente al ruolo degli ispettori;
il concorso interno per esami e titoli per la copertura di 183 posti di vice ispettore del Corpo forestale dello Stato bandito con decreto del capo del Corpo forestale dello Stato il 20 dicembre 2004 ha prodotto 415 candidati idonei;
tale concorso interno si riferisce alla disciplina transitoria prevista dal decreto legislativo n. 87 del 2001 per la copertura del 65 per cento dei posti disponibili sino al 31 dicembre 2004, lasciando il restante 35 per cento alla definizione di un concorso pubblico;
per varie questioni di interpretazione circa la relativa disciplina legislativa solo ora tale concorso è in via di completamento;
le vacanze nel ruolo sono intanto aumentate, al 2009, di 400 unità;
tali vacanze, secondo il decreto legislativo n. 201 del 1995, per la «normativa a regime» dovrebbero essere colmate con un concorso interno per 200 unità e un concorso pubblico per 300 unità (di cui 99 si riferiscono alle vacanze nel ruolo risalenti al 2004);
i tempi per bandire un nuovo concorso pubblico ed un ulteriore concorso interno appaiono lunghi, rischiando di procrastinare oltre ogni ragionevole limite tale difficile situazione;
la retrodatazione della decorrenza giuridica per il concorso da vice sovrintendente potrebbe causare problemi di interpretazione giuridica a chi voglia poi affrontare il concorso per vice ispettore, dove, se ottenuto il titolo di sovrintendente, si avrebbe diritto a beneficiare dell'apposita riserva di un terzo dei posti -:
come il Ministro interrogato intenda affrontare la problematica descritta in premessa;
se non sia opportuno procedere quantomeno allo scorrimento delle graduatorie del concorso interno già realizzato per mettere a ruolo i restanti 232 candidati idonei e rispondere così all'esigenza urgente di coprire tale vacanza;
come considerare i partecipanti al concorso per la promozione a vice ispettore che risultano vincitori di quello per sovrintendenti in data precedente, ma solo per via della retrodatazione della decorrenza giuridica, avendo infatti affrontato il concorso da sovrintendenti successivamente alla pubblicazione del bando del concorso da vice ispettore, in particolare se quest'ultimi avranno diritto a beneficiare dell'apposita riserva di un terzo dei posti;
se e come si intenda procedere alla parificazione dei requisiti di idoneità fisica, psichica ed attitudinale del personale del Corpo forestale dello Stato e delle relative modalità di accertamento alla disciplina prevista per le altre forze di polizia ed in particolare per la Polizia di Stato.
(4-06071)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente che il Corpo forestale dello Stato ha comunicato quanto segue.
Il primo concorso per la promozione a vice ispettore è stato bandito alla fine dell'anno 2004 e, dopo una sospensione di circa due anni, ha avuto conclusione alla fine dell'anno 2009 con l'approvazione di una graduatoria di 415 idonei, di cui 183 dichiarati vincitori.
Il concorso in questione è stato bandito per la copertura del 65 per cento dei posti disponibili al 31 dicembre 2004 (complessivamente 282) in adempimento della specifica

disciplina transitoria di cui all'articolo 34 del decreto legislativo 87/2001. Il restante 35 per cento (pari a 99 posti), ai sensi della stessa disciplina, deve essere coperto tramite concorso pubblico.
I posti resisi disponibili successivamente al 31 dicembre 2004, dunque nel periodo 2005 sino ad oggi, sono più di 400. La copertura di tali posti è soggetta alla distinta disciplina a regime di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 201/95 che ne prevede la destinazione del 50 per cento al concorso pubblico, mentre il restante 50 per cento è riservato al concorso interno con regole comunque diverse rispetto a quelle di cui alla predetta disciplina transitoria.
Sebbene il Corpo forestale dello Stato presenti all'attualità una consistente vacanza nel molo degli ispettori pari a circa un terzo dell'intero ruolo (oltre 600 su un organico previsto di 1590), a normativa vigente non è possibile soddisfare l'esigenza di una rapida copertura dei posti con uno scorrimento della graduatoria da adottarsi in via amministrativa.
Qualsiasi intervento di scorrimento della graduatoria presuppone un esplicito avallo a livello legislativo.
Peraltro, quand'anche si riuscisse ad intervenire legislativamente consentendo tale scorrimento, potrebbero risultare lese le aspettative del personale: il predetto scorrimento a favore della graduatoria del concorso concluso sottrarrebbe posti al prossimo concorso interno al quale, per legge vigente, spetta il 50 per cento dei posti resisi disponibili dopo l'anno 2004.
Perplessità riscuote anche l'ipotesi di realizzare lo scorrimento in favore degli idonei del concorso concluso (quello per i posti al 31 dicembre 2004) a scapito dell'ulteriore 50 per cento dei posti 2004-2010 a normativa vigente destinato al concorso pubblico. Una tale soluzione, sebbene contribuisca ad accelerare i tempi per il ripristino dell'organico previsto, corre il rischio di creare non poco malcontento nell'ambito del personale, in particolare tra i molti che aspirano a partecipare al prossimo concorso interno, i quali, nel momento in cui vengono deviati posti 2005-2010 dal concorso pubblico al concorso interno, troverebbero logico che sia il loro concorso (appunto per posti 2005-2010) a beneficiarne e non quello concluso (per posti ante 2005).
Qualora vi sia la possibilità di apportare una modifica legislativa che, in via transitoria, per la particolare situazione degli organici del Corpo, realizzi l'auspicato spostamento sui concorsi interni dei (circa 300) posti attualmente destinati ad un concorso pubblico, la modalità preferibile appare quella che sposta sul concorso interno già concluso il 35 per cento delle vacanze al 31 dicembre 2004 (ossia sposta 99 posti) e sul prossimo concorso interno il 50 per cento dei posti resisi vacanti nel successivo periodo 2005-2010 (ossia sposta poco più di 200 posti). In altre parole, con il primo concorso verrebbe coperto il 100 per cento dei posti ante 2005 (282 posti) e con il secondo il 100 per cento dei posti 2005-2010 (oltre 400).
La copertura finanziaria per realizzare una tale ipotesi può essere disposta a valere sul residuo della somma di 16 milioni già disponibili a decorrere dal 2010 ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.
Per quanto riguarda la riserva in favore dei vincitori di concorso a vice sovrintendente, nell'ambito del concorso a vice ispettore concluso, si riferisce che la retrodatazione giuridica della nomina a vice sovrintendente è stata esplicitamente voluta ed introdotta con il decreto legislativo 87 del 2001 per non far gravare sul personale le conseguenze dell'espletamento delle procedure concorsuali interne.
Poiché all'atto della pubblicazione del bando di concorso a vice ispettore (ossia nel 2004) erano già stati banditi tre concorsi per vice sovrintendente che avrebbero comportato nomine a tale qualifica con decorrenza giuridica anteriore (10 gennaio 2002, 2003 e 2004), si è posto il problema di come considerare, ai fini delle graduatorie finali del concorso a vice ispettore e specificamente ai fini della specifica riserva in favore degli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti, i vincitori di quei tre concorsi: vice sovrintendenti (in quanto «giuridicamente»

tali) o meri agenti-assistenti (in quanto di fatto ancora aspiranti vice sovrintendenti all'epoca del bando).
Questa questione non è sorta ora (nel 2009 in occasione dell'elaborazione delle graduatorie finali) ma prima dell'elaborazione del bando di concorso a vice ispettore. La soluzione più rispondente alla lettera della norma è parsa quella che conferisce rilevanza alla decorrenza «giuridica» della norma, anche perché altrimenti verrebbe meno l'unico contenuto innovativo della norma introdotta con il decreto n. 87 del 2001 (visto che ha esplicitamente introdotto solo la decorrenza retroattiva «giuridica» della nomina, senza retrodatare anche quella «economica»).
Tale soluzione è stata quindi, nella massima trasparenza, esplicitata in maniera inequivocabile nel bando del 2004, per cui anche i vincitori dei predetti tre concorsi a vice sovrintendente (peraltro già conclusisi da anni) hanno beneficiato della riserva in favore degli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti.
È comprensibile che oggi, nel 2010, a concorso espletato, il «non vincitore» esprima tutta la sua preferenza per la soluzione non adottata dal bando del 2004. Al tempo stesso non v'è alcuna ragione che induca l'amministrazione a mettere in dubbio la soluzione ritenuta all'epoca più ragionevole e più giuridicamente corretta e, all'epoca stessa, generalmente condivisa e resa preventivamente trasparente nel bando.
Onde, ad ogni modo, evitare che in futuro ogni bando di concorso interno a vice ispettore si trovi esposto a ricorsi o contenziosi, è auspicabile un'integrazione legislativa che, ai fini della riserva nell'ambito del concorso a vice ispettore, dia esplicitamente rilevanza alla decorrenza giuridica della nomina a vice sovrintendente nella sola ipotesi in cui il relativo concorso a vice sovrintendente risulti già in corso alla data di pubblicazione del bando di concorso a vice ispettore.
Per quanto riguarda i requisiti di idoneità psico-fisica ed attitudinale, si è intenzionati a proporre una modifica legislativa che consenta di rideterminare tutti i predetti requisiti e le relative modalità di accertamento con decreto ministeriale, vale a dire con lo stesso strumento normativo con cui sono determinati i requisiti e le modalità di accertamento per il personale della Polizia di Stato. Il conseguente decreto ministeriale per il personale del Corpo forestale dello Stato potrà poi realizzare in pieno l'allineamento agli standard della Polizia di Stato.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Giancarlo Galan.

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
uno strumento di controllo dei contribuenti ad evitare le elusioni fiscali è quello degli studi di settore;
soprattutto in questo momento economico spesso degli imprenditori che pure in tutto e per tutto hanno osservato le normative si trovano «incongrui» rispetto ai conteggi effettuati con i parametri considerati;
un elemento a base dei calcoli è la «territorialità» dell'impresa ovvero la provincia dove ha sede l'attività;
conteggi precisi dall'interrogante personalmente effettuati sottolineano la grande differenza di risultato stimato a seconda della provincia di residenza e delle situazioni diverse che possono sussistere a seconda dei singoli compatti produttivi locali;
ciò crea delle situazioni profondamente ingiuste e la determinazione di cluster ben distanti dalla realtà, vanificando una obbiettiva congruità degli studi di settore;
un caso specifico è quello di Verbania e della sua provincia del Verbano Cusio Ossola dove, pur in presenza di una forte crisi industriale con reiterate chiusure di imprese, una conseguente contrazione del settore commerciale e la crisi del terziario

(si pensi alle centinaia di imprese artigiane terziste delle industrie del casalingo «squassate» dalla concorrenza cinese che hanno chiuso in questi ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi) risulta all'interrogante che il coefficiente «provincia» sia uguale a quello di vicine regioni lombarde dove la crisi ha fortunatamente ben minori effetti e conseguenze;
se globalmente non si siano applicate per le aree meridionali coefficienti «provinciali» molto più bassi che non nel settentrione quando anche al sud vi sono situazioni di eccellenza e tali situazioni vadano considerate (ci si chiede, ad esempio, se, un hotel di Capri o Taormina deve godere di UNte di miglior favore rispetto a quello di aree del settentrione) -:
se non si ritenga di dover innanzitutto pubblicare i coefficienti «provinciali» di tutta Italia per verificarne la congruità e logicità;
se tali coefficienti non debbano essere determinati con specifica osservanza dei singoli settori produttivi di ogni territorio evidenziando congrue riduzioni là ove vi sia una situazione di comprovata crisi economica;
se nello specifico tale conteggio in riduzione non debba essere applicato con riferimento alla situazione congiunturale del Verbano Cusio Ossola.
(4-05824)

Risposta. - Con il documento in esame, l'interrogante rileva la differenza dei risultati stimati dagli studi di settore a seconda della provincia di residenza ed, in particolare, l'iniquo utilizzo di coefficienti provinciali molto più bassi per le aree meridionali rispetto a quelli utilizzati per le aree del settentrione.
A tal proposito, l'agenzia delle entrate precisa quanto segue.
Gli studi di settore sono costruiti, anche nelle versioni applicabili al periodo d'imposta 2008, in modo tale da cogliere le differenze territoriali. Al riguardo, si evidenzia che le analisi di territorialità dei vari comparti economici hanno consentito di pervenire a diverse classificazioni degli 8.100 comuni italiani, in funzione di una territorialità «generale», che prende in esame il livello di benessere e lo sviluppo socio-economico del territorio, e di alcune territorialità «specifiche».
Queste ultime, relative alle attività commerciali, al settore dei trasporti (a livello provinciale) ed ai comparti del settore manifatturiero, individuano le aree di specializzazione e/o concentrazione produttiva nei diversi settori industriali (calzaturiero, tessile, mobile, abbigliamento, occhialeria, lavorazione del legno, ceramica, lavorazione del vetro, pellicce, confezione di vestiario in pelle, meccanica leggera, meccanica pesante, oreficeria).
Con le più recenti innovazioni introdotte in relazione alle analisi di territorialità, si evidenzia che con decreto ministeriale del 6 marzo 2008 (pubblicato nella
Serie speciale alla Gazzetta Ufficiale, n. 76 del 31 marzo 2008), relativo alla «Individuazione delle aree territoriali», è stato approvato un aggiornamento della territorialità generale, della territorialità del commercio a livello comunale, provinciale e regionale, nonché una nuova territorialità relativa al livello dei canoni di affitto dei locali commerciali a livello comunale. È stata definita, pertanto, sulla base delle ultime banche dati a disposizione, una nuova classificazione della «territorialità generale» (introdotta con decreto del 30 marzo 1999), nonché un aggiornamento delle aree della territorialità del commercio (introdotte con decreti ministeriali del 30 marzo 1999 e del 16 febbraio 2001). Il citato provvedimento ha previsto, altresì, una nuova analisi della territorialità che trova impiego in diversi studi di settore dei comparti delle manifatture e del commercio, tramite la quale viene utilizzato un indicatore territoriale sintetico della struttura dei costi basato sul livello dei canoni di locazione degli immobili commerciali. Tale indicatore è stato determinato a livello comunale e trova applicazione in modo differenziato in relazione al luogo di svolgimento dell'attività ed al modello organizzativo di appartenenza. Il decreto del 19 maggio 2009 (approvazione della revisione congiunturale degli studi di settore) ha aggiornato, a decorrere dal periodo

d'imposta 2008, la territorialità generale a livello comunale, determinando la riassegnazione di sedici comuni ad altro gruppo territoriale.
Sulla richiesta dell'interrogante «di pubblicare i coefficienti provinciali di tutta l'Italia», con riferimento alla territorialità generale e alle territorialità specifiche, si rappresenta che gli stessi sono pubblicati sul sito istituzionale dell'agenzia delle entrate, nell'apposita sezione dedicata agli studi di settore: http://www.agenziaentrate.it/ilwwcm/connect/Nsi/Strumenti/Studi+di+settore/Analisi+della+territorialità+new/.
In relazione agli interventi finalizzati a cogliere «la crisi economica», si rappresenta che l'agenzia delle entrate, con il supporto delle analisi effettuate dalla So.se (società per gli studi di settore) in base ai dati ed agli clementi reperiti, ha proceduto ad analizzare i diversi impatti della crisi sui risultati degli studi di settore che si applicavano per il periodo d'imposta 2008. Le risultanze di tali attività sono state oggetto di verifica in sede di commissione degli esperti, composta da rappresentanti delle associazioni di categoria e degli ordini professionali, oltre che da esponenti dell'amministrazione finanziaria e della So.se, la quale si è riunita il 2 aprile 2009 in seduta straordinaria, per il prescritto parere in merito, prima dell'approvazione delle revisioni da parte del Ministro dell'economia e delle finanze. In tale seduta, la commissione ha espresso all'unanimità parere favorevole in merito alla validità tecnica e metodologica degli interventi proposti dall'amministrazione finanziaria diretti a calibrare i risultati degli studi sugli effetti della crisi economica in atto. Con decreto del 19 maggio 2009 è stata disposta la «revisione congiunturale» degli studi di settore, in base all'articolo 8 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge n. 2 del 2009. Tale revisione, di carattere straordinario, ha interessato tutti i 206 studi di settore in vigore al periodo di imposta 2008. Medesimo procedimento sarà seguito per quanto riguarda gli studi di settore che si applicheranno a decorrere dal periodo d'imposta 2009.
Le analisi effettuate potranno consentire l'individuazione delle aree territoriali e delle singole attività economiche maggiormente colpite dagli effetti della crisi, e la conseguente predisposizione di idonei interventi correttivi in grado di adeguare i risultati degli studi ai mutamenti intervenuti. Nell'ambito di tale raccolta di dati ed elaborazioni, saranno rilevanti anche le analisi condotte dagli osservatori regionali (istituiti con provvedimento del direttore dell'agenzia delle entrate dell'8 ottobre 2007, pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 247 del 23 ottobre 2007) che, nell'ambito delle loro funzioni di garanzia della corretta applicazione degli studi di settore nelle varie aree territoriali, sono stati invitati a fornire elementi utili a rilevare le conseguenze che la crisi economica in atto ha determinato in riferimento ai diversi settori di attività con particolare riferimento alle situazioni di sfavorevole congiuntura economica di alcune aree territoriali.
Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge finanziaria per il 2010 ha aumentato di ben sei volte i fondi per i voli di Stato, rispetto a quanto precedentemente stabilito in sei milioni di euro;
i milioni stanziati per il 2010 sono 37 -:
quanti siano stati i voli di Stato nel 2009 ed in questi primi mesi del 2010;
quanto sia costato ciascun volo e per quale motivo sia stato compiuto.
(4-06413)

Risposta. - Con riferimento a quanto richiesto con l'atto di sindacato ispettivo in concernente i voli di Stato nel 2009 e 2010, si fa presente quanto segue.
Preliminarmente occorre dire che l'ammontare dello stanziamento iniziale sull'apposito fondo per il trasporto aereo di Stato

nell'ambito dei capitoli di spesa del bilancio del Ministero della difesa costituisce un'anticipazione delle presunte risorse finanziarie occorrenti al settore, che solitamente sono definite in sede di assestamento di bilancio in una fase più avanzata della gestione dell'esercizio finanziano.
L'affermazione che gli stanziamenti siano aumentati di sei volte fra il 2009 ed il 2010 è doppiamente imprecisa sia perché gli stanziamenti complessivi dello scorso esercizio ammontavano a circa 28 milioni di euro (non 6 milioni come affermato) sia perché dei 36,8 milioni di euro stanziati per il 2010, solo 5,5 milioni sono destinati al funzionamento mentre i rimanenti 31,3 milioni sono destinati a spese di investimento.
In ogni caso il livello della spesa, fatti salvi gli adeguamenti nel tempo dei costi del personale e dei beni strumentali, si pone in rapporto diretto con il numero di ore di volo effettuate e queste a loro volta dipendono dalle esigenze di supporto delle attività istituzionali con particolare riguardo alla sicurezza delle personalità di Stato e di Governo, alla cura dei rapporti internazionali ed agli interventi di natura umanitaria.
Per concludere va detto che le missioni di volo compiute nel corso dell'anno 2009 per ragioni di Stato ammontano a n. 1963, quelle effettuate per ragioni sanitarie/umanitarie sono state n. 428 per un totale di n. 2391 interventi; nel primo trimestre 2010 le corrispondenti cifre sono 486, 99 e conseguentemente 585 missioni totali.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.