XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 5 ottobre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 7 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il 10 ottobre è la giornata nazionale dei Down e questo deve aiutarci a riflettere e a capire se e come la nostra società si mostri sempre più inclusiva nei loro confronti, combattendo qualsiasi tipo possibile di discriminazione;
fino a pochi anni si era soliti riferirsi alle persone con sindrome di Down chiamandole mongoloidi e l'idea più diffusa era quella di persone ritardate mentalmente, che sarebbero state per sempre dipendenti dai loro genitori. Oggi è possibile incontrare ragazzi con sindrome di Down nelle scuole e nei parchi, che si muovono da soli fuori casa per incontrare i loro amici e perfino qualche adulto sul posto di lavoro;
la causa della sindrome di Down è legata a diversi tipi possibili di anomalie cromosomiche, il cui effetto finale è comunque identico: la trisomia del cromosoma 21. Non si conoscono affatto quali siano le cause che determinano le anomalie cromosomiche in generale. Si sa però, che le anomalie cromosomiche, soprattutto le trisomie, sono un evento abbastanza frequente che interessa circa il 9 per cento di tutti i concepimenti (alla nascita però solo lo 0,6 per cento dei nati presenta un'anomalia cromosomica a causa dell'elevatissima quota di embrioni che va incontro ad un aborto spontaneo);
l'incidenza delle anomalie cromosomiche in generale, e quelle della Trisomia 21 in particolare, è assolutamente costante nelle diverse popolazioni, nel tempo e nello spazio; tutte le possibili ipotesi eziologiche fino ad oggi formulabili (agenti chimici, radiazioni ionizzanti, infezioni virali, alterazioni metaboliche o endocrine materne) non sono state mai avvalorate dalle molte ricerche condotte. Numerose indagini epidemiologiche hanno comunque messo in evidenza che l'incidenza aumenta con l'aumentare dell'età materna;
la presenza della sindrome di Down è diagnosticabile durante la gravidanza con alcuni test specifici, e visibile già al momento della nascita del bambino, attraverso una serie di caratteristiche facilmente riscontrabili dal pediatra, di cui la più nota è il taglio a mandorla degli occhi (che ha dato origine al termine mongolismo);
un'informazione sulla diagnosi di questa sindrome fatta durante la gravidanza e non accompagnata da un adeguato counseling che porti a conoscenza dei genitori i grandi progressi fatti per stimolare questi bambini sul piano dell'apprendimento e dell'inserimento sociale e professionale, può facilmente trasformarsi nella richiesta di aborto e di fatto ci sono intere aree in cui da tempo non nascono più bambini down perché prevale una cultura di tipo eugenetico;
d'altra parte proprio le migliorate condizioni di vita e di salute di queste persone permettono loro di raggiungere un'età adulta, in cui l'aumentata autonomia non riesce però a coprire la totalità dei loro bisogni, aprendo nuove e finora inedite aree di ansia e di preoccupazione per i genitori, che si chiedono frequentemente cosa accadrà ai figli quando loro non ci saranno più nonostante le migliorate condizioni di inclusione scolastica, dove comunque molto si potrebbe ancora fare per stimolare questi bambini in modo sempre più adeguato alle loro potenzialità;
nonostante le migliorate condizioni di inclusione sociale dovute anche ad una decisa volontà di accoglienza e di apertura nei loro confronti legata alla naturale affettuosità di questi ragazzi; nonostante nel mondo del lavoro si stiano creando non solo atelier e laboratori protetti, ma ci siano anche nuove e interessanti iniziative tra cui restaurant cogestiti da questi ragazzi

insieme ad alcune cooperative sociali, nonostante tutto, molto resta ancora da fare per permettere loro di nascere, di vivere e di essere felici. Ad esempio: il regolamento del parco divertimenti di Gardaland impedisce l'accesso a numerose attrazioni ai disabili intellettivi e mentali, a differenza di quanto avviene a livello internazionale nei parchi di grosse dimensioni, ove i disabili hanno un accesso prioritario e non sono presenti divieti per le disabilità intellettive; per di più non potendosi in linea generale accertare la disabilità intellettiva degli ospiti, le uniche persone a cui è fisicamente impedito l'accesso alle attrazioni dagli addetti alla sicurezza del parco sono quelle con sindrome di Down, che vengono quindi discriminate unicamente sulla base dei tratti somatici;
in seguito alla notizia riportata da numerose testate giornalistiche a fine agosto 2010 di una bambina con sindrome di Down di otto anni a cui è stato fisicamente impedito l'accesso all'attrazione «monorotaia», e dell'annuncio del padre della stessa di citare in giudizio il parco, sono state raccolte da parte dell'Associazione Pianeta Down decine di testimonianze di persone con sindrome di Down fermate al momento di accedere alle giostre. A riprova del fatto che la discriminazione avviene sulla base dei tratti somatici, c'è la testimonianza del padre di una ragazza cerebrolesa, «molto più fragile emotivamente e limitata intellettivamente di una ragazza con la sindrome di Down», la quale, secondo le parole del padre stesso «ha potuto scorrazzare su e giù in tutte le attrazioni che noi abbiamo ritenuto adatte a lei, perchè la sua disabilità non è visibile a un esame sommario»;
in realtà, per quanto riguarda il caso specifico della sindrome di Down, è noto che il ritardo mentale delle persone con sindrome di Down è variabile e spesso sovrapponibile o addirittura inferiore a quello di persone che non hanno nessun'evidenza fisica di questo ritardo, alle quali non è impedito l'ingresso alle attrazioni;
la legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (legge n. 104 del 1992, in particolare all'articolo 23, comma 5) prevede sanzioni per coloro che discriminano persone handicappate nell'ambito dei pubblici esercizi (in cui rientrano i parchi a tema come strutture turistico-ricettive, a norma dell'articolo 1, comma 2), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 13 settembre 2002); nella stessa direzione va la legge n. 67 del 2006, recante misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni, all'articolo 2;
la legge n. 18 del 2009 ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità e previsto l'istituzione presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali dell'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, di cui peraltro si attende ancora l'effettiva costituzione;

impegna il Governo:

a promuovere la predisposizione di protocolli volti a garantire che nei consultori e nei laboratori dove si effettuano test cromosomici venga data alle madri una adeguata informazione su tutte le misure di sostegno e su tutte le condizioni di inclusione scolastica, sociale, professionale, attualmente disponibili per le persone con sindrome di down;
ad assumere nell'immediato iniziative per garantire la cessazione tempestiva delle situazioni di discriminazione descritte in premessa;
a promuovere e presiedere un tavolo di confronto tra i maggiori parchi di divertimento italiani, le associazioni di costruttori e le associazioni rappresentative del mondo della disabilità per addivenire alla stesura di regolamenti condivisi che nel contempo tengano conto delle misure di sicurezza e non determinino condotte pregiudizialmente discriminatorie, in accordo con le regioni e gli enti locali interessati;

a non sostenere mai nessun taglio in termini finanziari a discapito dei disabili e in concreto delle persone con sindrome di Down e piuttosto si tenga sempre conto delle loro aumentate prospettive di vita; per valutare le migliori condizioni di garanzia per loro anche quando non ci saranno più i genitori.
(1-00449)
«Binetti, Nunzio Francesco Testa, De Poli, Delfino, Capitanio Santolini, Compagnon, Ciccanti, Naro, Volontè, Ria, Anna Teresa Formisano».

La Camera,
premesso che:
dal Rapporto 2010 di Nessuno tocchi Caino si conferma l'evoluzione positiva verso l'abolizione della pena di morte in atto nel mondo da oltre dieci anni, essendo oggi 154 i Paesi o i territori che hanno deciso di abolirla per legge o in pratica, mentre i Paesi mantenitori sono scesi a 43, a fronte dei 48 del 2008, dei 49 del 2007, dei 51 del 2006 e dei 54 del 2005;
il graduale abbandono della pena di morte è anche evidente dalla diminuzione del numero di esecuzioni nei Paesi che ancora le effettuano: nel 2009, le esecuzioni sono state almeno 5.679, a fronte delle almeno 5.735 del 2008 e delle almeno 5.851 del 2007;
nel 2009, l'Asia si è confermata essere il continente dove si pratica la quasi totalità della pena di morte nel mondo; nelle Americhe, solo gli Stati Uniti hanno compiuto esecuzioni (52) nel 2009; in Africa la pena di morte è stata eseguita solo in 4 Paesi dove sono state registrate almeno 19 esecuzioni (almeno 9 in Sudan; almeno 5 in Egitto; almeno 4 in Libia; 1 in Botswana); in Europa, la Bielorussia continua a costituire l'unica eccezione in un continente altrimenti totalmente libero dalla pena di morte;
dei 43 mantenitori della pena di morte, 36 sono Paesi autoritari o illiberali: in 15 di questi, nel 2009, sono state compiute almeno 5.619 esecuzioni, circa il 99 per cento del totale mondiale, tra cui circa 5.000 in Cina, almeno 402 in Iran e almeno 77 in Iraq, per limitarsi ai primi tre Paesi che nel 2009 hanno compiuto più esecuzioni;
le democrazie liberali che nel 2009 hanno praticato la pena di morte sono state solo 3 e hanno effettuato in tutto 60 esecuzioni, circa l'1 per cento del totale mondiale: Stati Uniti (52), Giappone (7) e Botswana (1);
nel 2009, almeno 8 persone che avevano meno di 18 anni al momento del reato sono stati giustiziate in Iran e in Arabia Saudita, mentre condanne a morte nei confronti di minorenni sono state emesse, ma non eseguite, negli Emirati Arabi Uniti, a Myanmar, in Nigeria e in Sudan;
l'Iran, in particolare, dopo essere stato nel 2008 l'unico Paese al mondo a praticare la pena di morte nei confronti dei minori (almeno 13 i giustiziati), ne ha impiccati almeno altri 5 nel 2009 e almeno 1, il più recente, nel luglio del 2010; l'esecuzione di minori pone l'Iran in aperta violazione della Convenzione sui diritti del fanciullo che pure ha ratificato;
inoltre, l'Iran è il solo al mondo a praticare la lapidazione e, a differenza di quanto sostengono le autorità, ciò avviene con una certa frequenza: almeno una volta all'anno negli ultimi quattro anni per un totale di almeno sette esecuzioni, l'ultima delle quali effettuata il 5 marzo del 2009 nei confronti di un uomo condannato per adulterio; attualmente le persone detenute nelle prigioni iraniane a rischio di lapidazione sono 14, di cui 3 sono uomini e 11 donne, compresa Sakineh Mohammadi Ashtiani, la donna accusata di adulterio e di complicità nell'omicidio del marito al centro di una sempre più crescente attenzione e mobilitazione internazionali;
nel 2009 e nei primi mesi del 2010, la repressione nei confronti di membri di minoranze religiose o di movimenti religiosi o spirituali non riconosciuti dalle

autorità, è continuata in Cina, Corea del Nord, Iran e Vietnam, Paesi nei quali si sono verificate anche condanne a morte o esecuzioni per motivi essenzialmente politici o per reati non violenti;
in particolare, in Iran, nel corso del 2009 sono state emesse decine di condanne a morte e nei primi mesi del 2010 effettuate le prime esecuzioni per la partecipazione alle manifestazioni di piazza contro i risultati delle elezioni presidenziali del 12 giugno che hanno portato alla riconferma di Mahmoud Ahmadinejad;
molti Paesi, per lo più autoritari, non forniscono statistiche ufficiali sull'applicazione della pena di morte, per cui il numero delle esecuzioni potrebbe essere molto più alto, anche perché la mancanza di trasparenza del sistema e di informazione all'opinione pubblica sono fattori determinanti un maggior numero di esecuzioni;
l'istituzione o la nomina di un «Inviato Speciale» delle Nazioni Unite con il mandato di favorire l'applicazione concreta della linea ONU nei Paesi che ancora praticano la pena di morte contribuirebbe al superamento del segreto di Stato e al conseguimento, attraverso le moratorie, all'abolizione definitiva della pena di morte nel mondo;
l'articolo 6 (2) del Patto internazionale sui diritti civili e politici (ICCPR) ammette un'eccezione al diritto alla vita garantito dall'articolo 6 (1) per quei Paesi che ancora non hanno abolito la pena di morte, ma solo riguardo ai «reati più gravi»; il limite dei «reati più gravi» per l'applicazione legittima della pena di morte è sostenuto anche dagli organismi politici delle Nazioni Unite (ad esempio, il comitato diritti umani) i quali chiariscono che per «reati più gravi» si intendono solo quelli «con conseguenze letali o estremamente gravi»; la giurisprudenza si è evoluta al punto che gli organismi delle Nazioni Unite sui diritti umani hanno dichiarato, ad esempio, i reati di droga non ascrivibili alla categoria dei «reati più gravi»;
in molti Stati, leggi penali prescrivono la condanna a morte obbligatoria oltre che per omicidio o atti terroristici anche per reati meno gravi, come alcuni reati di droga; l'obbligatorietà della pena capitale, che non tiene conto del merito specifico di ogni singolo caso, è stata fortemente criticata dalle autorità internazionali a tutela dei diritti umani;
la sessione in corso a New York dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha messo all'ordine del giorno la discussione di una nuova Risoluzione per la moratoria universale delle esecuzioni capitali, dopo quelle approvate a stragrande maggioranza nel 2007 e nel 2008, che sono state proposte e sostenute dall'Italia anche con il voto unanime del Parlamento e l'impegno di tutti i Governi che si sono succeduti negli ultimi 16 anni;
il 10 ottobre 2010 si svolge la Giornata internazionale contro la pena di morte con manifestazioni pubbliche e dibattiti parlamentari in tutto il mondo;
per il Consiglio d'Europa l'abolizione della pena di morte è un requisito indispensabile per aderire all'Organizzazione, poiché si considera che tale prassi non sia ammissibile in una società democratica;
l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa monitora costantemente la situazione in relazione alla pena capitale nei vari Stati membri - dove a partire dal 1997 non è stata svolta alcuna esecuzione -, e ha esteso il suo raggio di azione, anche ai paesi aventi lo status di osservatore in seno al Consiglio, ossia Giappone e Stati Uniti;
il 25 febbraio 2010, in occasione del Congresso mondiale contro la pena di morte di Ginevra, la relatrice dell'Assemblea sull'abolizione della pena di morte, Renate Woblwend, ha invitato Giappone e Stati Uniti, ad «aderire al movimento per l'abolizione di questa punizione barbara»;
nella 19vesima Sessione Annuale dell'OSCE PA, tenutasi a Oslo dal 6-10 luglio

2010, è stata adottata la Risoluzione sulla moratoria della pena di morte e verso la sua abolizione;
la risoluzione invita la Bielorussia e gli Stati Uniti ad adottare un'immediata moratoria sulle esecuzioni e chiede al Kazakistan e alla Lettonia di modificare la loro legislazione nazionale che ancora prevede la pena di morte per alcuni tipi di reati commessi in circostanze eccezionali;
tale testo, inoltre, esorta gli Stati membri mantenitori a incoraggiare l'ODHIR e le Missioni OSCE in cooperazione con il Consiglio d'Europa, per mettere a punto iniziative di sensibilizzazione contro il ricorso alla pena di morte, rivolte soprattutto ai mass media, ai funzionari delle forze dell'ordine, ai politici e all'opinione pubblica,

impegna il Governo:

ad intervenire presso le autorità iraniane perché sia scongiurata l'esecuzione di Sakineh Mohammadi Ashtiani e perché siano annullate le sentenze capitali nei confronti di persone minori di 18 anni al momento del reato e sia favorito un progressivo adeguamento a standard più avanzati a tutela dell'individuo;
ad avviare, in vista del voto all'Assemblea generale dell'ONU sulla risoluzione pro-moratoria, un'azione volta ad aumentare il numero di cosponsor e di voti a favore e a rafforzare il nuovo testo sui seguenti punti: abolizione dei «segreti di Stato» sulla pena di morte; limitazione della pena di morte ai reati più gravi; abolizione della condanna a morte obbligatoria per certi tipi di reato;
a incoraggiare ulteriormente le attività promosse dalle organizzazioni non governative per l'abolizione della pena di morte.
(1-00450)
«Zamparutti, Franceschini, Della Vedova, Giulietti, Evangelisti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Mantini, Casini, Nucara, Pianetta, Picchi, Donadi, Brugger, Nicco, Stefani, Argentin, Sardelli, Sbai, Di Stanislao».

Risoluzioni in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
il diritto alla mobilità, sancito dalla Costituzione, deve essere protetto e garantito soprattutto nei confronti delle persone disabili, in quanto costituisce una condizione essenziale per la loro integrazione sociale;
tale principio generale trova rispondenza in diverse previsioni del codice della strada e del relativo regolamento di attuazione, volte a facilitare la mobilità delle persone disabili;
in particolare, l'articolo 7, comma 1, lettera d), del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevede che nei centri abitati i comuni possano, con ordinanza del sindaco, riservare limitati spazi alla sosta dei veicoli adibiti al servizio di persone con limitata o impedita capacità motoria, munite del contrassegno speciale;
l'articolo 188 del codice della strada dispone rilevanti agevolazioni per i disabili che siano muniti ed espongano l'apposito contrassegno, stabilendo che gli enti proprietari della strada sono tenuti ad allestire e mantenere apposite strutture, nonché la segnaletica necessaria, per consentire ed agevolare la mobilità dei veicoli al servizio delle persone invalide e introducendo l'importante misura per cui i veicoli al servizio di persone invalide non sono tenuti all'obbligo del rispetto dei limiti di tempo, se lasciati in sosta nelle aree di parcheggio a tempo determinato;
le disposizioni sopra richiamate sono integrate da quanto previsto dal regolamento di esecuzione e di attuazione del nuovo codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, che vieta la rimozione

e il blocco dei veicoli degli invalidi, purché muniti di contrassegno (articoli 354 e 355) e, nel definire le procedure di rilascio del contrassegno, impone agli enti locali l'obbligo di allestire e mantenere funzionali ed efficienti tutte le strutture per consentire ed agevolare la mobilità delle persone invalide (articolo 381);
ulteriori previsioni a favore della mobilità degli invalidi sono contenute nel regolamento recante norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503, che, all'articolo 11, permette la circolazione e la sosta dei veicoli a servizio degli invalidi anche nei casi in cui la circolazione sia sospesa o limitata, ovvero la sosta sia vietata o limitata, consente la circolazione e la sosta nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane e prevede che sia riservato ai detentori del contrassegno almeno un posto ogni 50 o frazione di 50 posti disponibili, nell'ambito dei parcheggi o delle attrezzature per la sosta che siano muniti di dispositivi di controllo della durata della sosta o che forniscano il servizio di custodia dei veicoli;
con nota di indirizzo interpretativo del 21 ottobre 2005, n. 2679, il direttore generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha ritenuto che, sulla base delle norme sopra citate, dovesse essere consentita la sosta gratuita ai detentori del contrassegno per invalidi nelle aree soggette a tariffa, anche al di fuori degli stalli loro riservati, qualora questi ultimi risultino occupati; alla nota era attribuita efficacia vincolante, sulla base del potere riconosciuto dal codice della strada al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di impartire direttive agli enti locali e ai prefetti per l'applicazione delle norme concernenti la regolamentazione della circolazione (articolo 2 del decreto legislativo n. 285 del 1992);
la richiamata nota ministeriale è stata annullata, in accoglimento del ricorso proposto da una società titolare di concessioni rilasciate per la gestione di parcheggi pubblici a pagamento automatizzato, dalla sentenza del tribunale amministrativo regionale per il Lazio del 25 maggio 2006, n. 6044, sulla base della motivazione che tale nota prevede una illimitata estensione del beneficio per i veicoli a servizio di disabili, mentre il bilanciamento tra l'interesse pubblico ad agevolare la mobilità dei disabili e l'interesse privato a trarre profitto dall'attività imprenditoriale di gestione di parcheggi a pagamento dovrebbe essere definito nelle convenzioni con cui è affidata la gestione in concessione di tali parcheggi, nell'ambito delle quali le amministrazioni comunali dovrebbero individuare un numero adeguato di stalli da riservare ai disabili, ovvero dovrebbe comunque essere garantito dalle medesime amministrazioni mediante l'individuazione di altri siti appositi da riservare a parcheggio per i disabili;
sulla questione è intervenuta, a livello di pronunce giurisprudenziali, anche la sentenza della II sezione civile della Corte di cassazione del 5 ottobre 2009, n. 21271, che ha rigettato il ricorso di un cittadino disabile, titolare di contrassegno per invalidi, contro la pronuncia del giudice di pace, con la quale a sua volta si rigettava l'opposizione al verbale di accertamento della violazione di sosta in zona tariffata delimitata dalle strisce blu, senza aver pagato la tariffa prevista; la Corte di cassazione motivava la propria pronuncia rilevando che non è previsto da alcuna norma che il veicolo a servizio di un disabile, munito del contrassegno previsto dal codice della strada, che sia stato parcheggiato in uno stallo a pagamento a causa della indisponibilità degli stalli riservati gratuitamente ai disabili, debba beneficiare della gratuità della sosta;
le pronunce giurisprudenziali qui richiamate non pregiudicano peraltro la facoltà dei comuni di prevedere la gratuità della sosta nei parcheggi a pagamento delimitati da strisce blu a vantaggio dei disabili;

occorre altresì osservare che la citata sentenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio si riferisce esclusivamente ai parcheggi affidati in gestione a società private mediante concessione, mentre non tiene conto dei parcheggi posti lungo la carreggiata e delimitati da linee blu;
l'esigenza di agevolare la mobilità a favore delle persone disabili richiede che il Governo si attivi con le opportune modalità per consentire ai disabili di usufruire gratuitamente dei parcheggi a pagamento, in considerazione del fatto che gli stalli ad essi riservati risultano in molte circostanze assenti o insufficienti e spesso sono oggetto di occupazione abusiva, che dovrebbe essere contrastata con una rigorosa attività di vigilanza,

impegna il Governo:

ad assumere le opportune iniziative, in primo luogo nell'ambito della Conferenza Stato-città ed autonomie locali, per promuovere da parte dei comuni, anche attraverso significative misure premianti, deliberazioni volte:
a prevedere, per i veicoli a servizio di disabili muniti del contrassegno previsto dal codice della strada, la gratuità della sosta nei parcheggi a pagamento delimitati da strisce blu, qualora risultino indisponibili gli stalli riservati gratuitamente ai disabili;
a stabilire che, nell'ambito delle convenzioni con cui è affidata a soggetti privati la gestione in concessione di parcheggi a pagamento, sia riservato un adeguato numero di posti destinati alla sosta gratuita dei disabili muniti di contrassegno, superiore al limite minimo previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1996, n. 503.
(7-00400) «Valducci».

La XII Commissione,
premesso che:
l'endometriosi ha un'incidenza nella popolazione femminile di circa il 10 per cento e interessa circa il 30 per cento delle donne infertili;
attualmente, in Italia sono circa 3 milioni, in Europa 14 milioni e nel mondo 140 milioni le donne che soffrono a causa di questa malattia. La diagnosi è spesso lunga e complessa e, infatti, passano in media 8-9 anni prima che l'endometriosi sia correttamente diagnosticata;
molto spesso tale malattia viene sottovalutata, nonostante sia fortemente invalidante, per la sofferenza psicofisica che provoca nella donna e abbia un costo sociale, per le sole giornate lavorative non effettuate, stimato attorno ai 4 miliardi di euro;
la written declaration on endometriosis, siglata con delibera n. 30 del 2004 del Parlamento europeo, evidenzia come l'endometriosi, patologia poco conosciuta dal punto di vista sociale e medico, colpisce una donna su dieci nell'Unione europea e che l'onere annuale dei congedi malattia dovuti a tale affezione sempre nell'Unione europea, viene stimato in 30 miliardi di euro annui;
in Italia la XII Commissione igiene e sanità del Senato nel 2005, raccogliendo l'invito del Parlamento europeo, ha svolto l'indagine conoscitiva «Fenomeno dell'endometriosi come malattia sociale», evidenziando, nelle conclusioni, l'esigenza di realizzare specifiche campagne informative di educazione sanitaria rivolte sia ai medici che alla popolazione femminile;
per ridurre la «omissione di diagnosi», preservare la fertilità della donna, migliorare la qualità della sua vita e ridurre i costi socio-economici, oltre alle iniziative di comunicazione sopra citate, è inoltre fondamentale lo sviluppo di reti di servizi e centri di eccellenza che assicurino la presenza di team multidisciplinari in grado di garantire un approccio «globale» alla patologia,

impegna il Governo:

a indicare l'endometriosi, in quanto malattia cronica e complessa come malattia

sociale e, al fine di accrescere la conoscenza della malattia, a diffondere specifiche campagne informative nazionali di educazione sanitaria anche attraverso i canali televisivi pubblici;
ad assumere iniziative per istituire presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale sull'endometriosi al fine di raccogliere e analizzare i dati clinici e sociali su tale malattia per favorirne poi lo scambio dei dati e per monitorare l'andamento del fenomeno nonché le problematiche e le eventuali complicanze connesse;
ad attivarsi, in tutte le sedi opportune per la definizione di linee guida e per la programmazione della ricerca scientifica relativa alla diagnosi e alla cura dell'endometriosi e dell'infertilità associata.
(7-00398)
«Livia Turco, Lenzi, Grassi, Farina Coscioni, Murer, Miotto, Burtone, D'Incecco, Bossa, Sbrollini, Sarubbi, Argentin, Pedoto».

La XII Commissione,
premesso che:
secondo il piano oncologico nazionale per il 2010/2012 del Ministero della salute nel 2010 nel nostro Paese il numero di persone affette da cancro potranno superare il milione e 900 mila unità, di cui il 56 per cento sarà costituito da donne;
tale rapporto evidenzia come ad oggi circa il 2,8 per cento della popolazione italiana, circa 1,8 milioni di persone, abbia avuto nel corso della propria vita una diagnosi di cancro;
l'oncologia costituisce una delle priorità del Ministero della salute come affermato nel rapporto 2010-2012 che cerca di affrontare tutti i problemi connessi all'oncologia, dalla prevenzione alla cure palliative;
gli obiettivi più rilevanti consistono, da una parte, nella possibilità di offrire standard diagnostici e terapeutici sempre più elevati a tutti i cittadini italiani, riducendo il gap esistente fra le diverse aree del Paese e, dall'altra, nel contenimento della spesa sanitaria grazie ad una sempre maggiore razionalizzazione delle risorse;
per tali motivi ampio risalto è stato dato sia alla prevenzione (universale, secondaria e terziaria) che alla continuità di cura in fase diagnostica e terapeutica, così come all'assistenza domiciliare e alle cure palliative;
nel piano in questione, oltre all'aspetto assistenziale, grande rilevanza si è data all'innovazione e alla ricerca clinica in oncologia;
come evidenziato dallo stesso Ministero della salute, quando si parla di prevenzione oncologica, un ruolo fondamentale rivestono i «registri tumori che raccolgono, valutano, organizzano ed archiviano, in modo continuativo e sistematico, le più importanti informazioni su tutti i casi di neoplasia che sorgono nella popolazione interessata»;
la banca dati AIRTUM è l'archivio nazionale, ospitato presso l'Istituto superiore di sanità, in cui confluiscono tutti i dati sui tumori raccolti dai singoli registri accreditati. Attualmente il numero dei registri tumori, comprendenti anche quelli specializzati per un singolo tipo di tumore, in Italia è salito a 32, ma, la loro distribuzione è ancora alquanto disomogenea: la copertura della popolazione, infatti è pari al 32 per cento del totale (23 per cento nel 2005, con un aumento della copertura di circa il 40 per cento in 4 anni), ma varia dal 49 per cento al Nord, al 26 per cento al Centro, sino ad un 16 per cento al Sud e Isole. La popolazione coperta da un registro varia da dimensioni regionali (Umbria) o quasi (Veneto, Emilia-Romagna) a dimensioni provinciali o corrispondenti a una singola città (Torino);
questa disomogeneità di raccolta dei dati non permette di avere un quadro

completo ed esauriente su tutto il territorio nazionale dell'incidenza dei vari tumori sulla popolazione,

impegna il Governo:

a predisporre tutte le iniziative normative necessarie a garantire l'accesso omogeneo alla diagnosi precoce in tutto il Paese, eliminando le sempre più evidenti discrepanze tra le regioni del Nord, del Centro e del Sud Italia;
a predisporre tutti le iniziative normative, economiche ed organizzative necessarie, alla costituzione di una banca dati nazionale sui tumori che copra l'intero territorio italiano da Nord a Sud in modo uniforme, omogeneo e capillare, quale strumento indispensabile per sorvegliare l'andamento della oncologica in Italia e, di conseguenza, per meglio attuare strategie di prevenzione, studio e ricerca;
a garantire in tutte le sue parti, dalla prevenzione al rinnovo tecnologico alla ricerca clinica in oncologia, la tempestiva attuazione del piano oncologico nazionale 2010-2012, così come presentato, affinché questo non rimanga lettera morta.
(7-00399)
«Pedoto, Livia Turco, Lenzi, Grassi, Farina Coscioni, Murer, Miotto, Burtone, D'Incecco, Bossa, Sbrollini, Sarubbi, Argentin».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la signora Iole Pozzi in una lettera pubblicata dal quotidiano Il Riformista nella sua edizione del 30 settembre 2010 rilevava come le cosiddette new town predisposte per le popolazioni colpite dal terremoto che ha devastato l'Aquila e l'Abruzzo, «si stanno rovinando e la coibentazione non è sufficiente a lasciare fuori il freddo e la neve, i tubi gocciolano già»;
la lettera prosegue affermando che le new town «vennero consegnate da Silvio Berlusconi lo scorso anno, giusto il 29 settembre più per autogratificazione (essendo il suo compleanno) che per reale scopo sociale e umano...tant'è che da allora non si è visto più nessuno...» -:
se quanto sostenuto dalla signora Pozzi corrisponda al vero, e specificatamente se risulti che le new town stanno cedendo e non sono più adeguate alla situazione e alle necessità delle popolazioni che le abitano;
in caso affermativo, quali urgenti iniziative si ritenga di dover promuovere, adottare, sollecitare a fronte della grave situazione esposta nella citata lettera.
(4-08903)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere se non ritengano doveroso fornire l'elenco storico delle richieste di rogatoria internazionale nei confronti dello Stato Città del Vaticano e/o della Santa Sede, le ragioni della richiesta e le relative risposte.
(4-08905)

BARBARO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 14 settembre 2010 l'AgenParl, agenzia parlamentare per l'informazione politica ed economica, diramava alcuni take

relativi all'installazione di due antenne di telefonia mobile abusive all'interno del parco regionale di Veio a Formello;
in merito alle due antenne, risulta che l'ente regionale parco di Veio rilasciava in data 31 maggio 2001, con prot. 1487 un nulla osta per l'installazione provvisoria di una stazione mobile «finalizzata alla copertura temporanea e alle prove tecniche per servizio di telefonia mobile del comune di Formello in attesa di una definizione della localizzazione definitiva della stazione» a condizione che l'impianto venisse rimosso entro sei mesi;
in data 19 dicembre 2003, lo stesso ente regionale Parco di Veio, con prot. 3807, alla richiesta di parere preventivo sulla installazione di una stazione radio base per telefonia mobile affermava che «l'intervento non rientra tra quelli consentiti dall'articolo 8 «Misure di Salvaguardia» della legge regionale n. 29 del 6 ottobre 1997, e successive modifiche ed integrazioni ed è in contrasto con quanto previsto dalle norme tecniche del PTP n. 4 Valle del Tevere»;
tali antenne permangono e funzionano a gasolio nel sito ancora oggi;
secondo l'articolo «Parco di Veio come una discarica. Adesso intervengono i carabinieri» pubblicato da Il Tempo del 9 ottobre 2008 risulta che in data 8 ottobre 2008 nel Parco di Veio è avvenuta il sopralluogo del nucleo operativo ecologico e del nucleo tutela del patrimonio archeologico dei carabinieri e il maresciallo Sansonetti del Noe ha dichiarato che «i militari dell'Arma avvieranno subito le indagini del caso per capire se vi siano state inadempienze o responsabilità da sanzionare» -:
se siano a conoscenza di quanto sopra esposto e quali ulteriori elementi intendano acquistare per far piena luce sulla situazione evidenziata;
se sia stata presentata una relazione dettagliata del Noe, alla luce delle dichiarazioni del maresciallo dei carabinieri sulle due antenne abusive.
(4-08907)

PIONATI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la lotta all'uso di sostanze stupefacenti è prerogativa dello Stato, secondo le leggi attualmente in vigore;
per le competizioni sportive questo contrasto è stato delegato al CONI, in collaborazione con le federazioni sportive interessate;
il CONI ha delegato alla Federazione medici sportivi, in un regime di monopolio, sia i prelievi di sangue ed urina, sia il loro successivo esame che avviene in laboratori della Federazione medici sportivi;
questi controlli se effettuati in un regime di concorrenza e di libero mercato, utilizzando laboratori e reagenti più convenienti in Italia o in Europa, porterebbero ad un risparmio calcolato fra il 15 e il 20 per cento del costo sostenuto per ristorare la Federazione medici sportivi delle proprie spese, valutato in diversi milioni di euro, pur mantenendo la stessa attenzione e lo stesso rigore nei controlli -:
se nella predisposizione del disegno di legge per la finanziaria e del disegno di legge di bilancio dello Stato per il 2011, il Governo non intenda contemplare iniziative normative che abroghino questo regime di monopolio, utilizzando in un regime di libero mercato lo strumento più economico che consenta un notevole risparmio del denaro pubblico sugli obbligatori e doverosi controlli contro l'uso di sostanze stupefacenti e doping.
(4-08913)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:

NARDUCCI e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
una recente lettera, inviata da quattro consiglieri del Consiglio generale degli

italiani all'estero eletti in Germania all'ambasciatore d'Italia a Berlino, ripropone le criticità da tempo createsi nel consolato generale d'Italia di Stoccarda;
il deterioramento delle relazioni dell'amministrazione consolare con gli organismi elettivi della comunità italiana e con le reti di organizzazioni ed associazioni italiane operanti nella circoscrizione consolare, ha raggiunto un punto di tensione che genera fondate preoccupazioni;
la condotta dell'autorità consolare crea, ad avviso degli interroganti, il concreto rischio del blocco delle attività scolastiche italiane nella stessa circoscrizione, vale a dire dei corsi di lingua e cultura italiana per alunni italiani delle scuole locali e iniziative di sostegno ad altri alunni italiani purtroppo ancora inseriti nelle scuole speciali, nonché per alunni con problemi di apprendimento (Sonderschulen);
le suddette attività riguardano migliaia di bambini e ragazzi della collettività italiana che non possono essere assistiti dalle poche unità di personale scolastico di ruolo assegnate al consolato generale. A rischio non sarebbe solo l'avvio dell'anno scolastico 2010-2011, ma l'intero svolgimento dello stesso anno scolastico;
nella presa di posizione dei consiglieri del Consiglio generale degli italiani all'estero eletti in Germania si attribuisce all'attitudine del reggente del consolato generale l'origine dell'attuale critica situazione. Nello specifico ambito dell'assistenza scolastica il reggente, dottor Alessandro Giovine, avrebbe, secondo gli stessi consiglieri del Consiglio generale degli italiani all'estero, avviato un «concorso per gli enti gestori di lingua italiana» per l'assegnazione dei contributi Ministero degli affari esteri per il 2011, iniziativa per se stessa lodevole, se orientata al rispetto della concorrenza e alla trasparenza del processo di assegnazione di contributi pubblici;
lo stesso dottor Giovine, sempre stando alle affermazioni dei consiglieri Consiglio generale degli italiani all'estero, sarebbe indebitamente intervenuto nel processo stesso decidendo «di far nascere un nuovo ente - "Lernerfolg" - completamente tedesco, scrivendo a destra e a manca che in effetti tale ente sarebbe la lunga mano del Ministero della cultura del Baden-Württemberg». Tali affermazioni sarebbero poi state smentite dal direttore generale di quel Ministero, che, il 30 luglio 2010, rispondendo al presidente del Comites, ha scritto che lo stesso Ministero non sarebbe assolutamente coinvolto in questa operazione;
a quanto pare l'associazione «Lernerfolg» non risultava registrata al momento della presentazione della domanda di contributo;
con lo stesso spirito «interventista» in concorsi pubblici il reggente - sempre secondo quanto scrivono i consiglieri Consiglio generale degli italiani all'estero - «ha preso contatti con una vecchia associazione, la DIG di Karlsruhe, che si trova a circa 90 chilometri da Stoccarda, ed ha indotto il Presidente a fare richiesta al Ministro degli affari esteri per organizzare i corsi di lingua e cultura per i bambini italiani della circoscrizione di Stoccarda», pur sapendo (almeno dovrebbe saperlo) che detta associazione non ha mai organizzato corsi di lingua e cultura italiana e iniziative di sostegno per alunni italiani iscritti alle scuole locali;
i consiglieri del Consiglio generale degli italiani all'estero, rilevando che il dottor Giovine ha espresso parere positivo per le richieste di contributo Ministro degli affari esteri 2011 di «Lernerfolg» e di «DIG-Karlsrahe» e parere negativo per le richieste di ENAIP/ACLI e IAL/CISL, constatano l'intenzione di eliminare «due enti storici per far posto a due enti completamente nuovi» e dunque da ritenersi, avviso degli interroganti, inesperti in un campo d'intervento che esige certamente comprovate capacità organizzative sul territorio e competenze in campo didattico;

le iniziative del reggente, come descritte dai consiglieri del Consiglio generale degli italiani all'estero, prefigurerebbero un discutibile intervento dell'amministrazione nello svolgimento di un concorso per contributi pubblici. A quell'intervento - a detta dei responsabili dei due enti, l'ENAIP/ACLI e lo IAL/CISL, destinati ad essere sostituiti da Lernerefolg e da DIG-Karlsruhe - sarebbero seguite diverse azioni dello stesso reggente del consolato generale di Stoccarda volte ad ostacolare in modo che appare agli interroganti pretestuoso e ingiustificato il regolare proseguimento delle attività di assistenza scolastica già affidate agli stessi enti per l'esercizio in corso, in particolare attraverso il blocco del saldo dei finanziamenti già decretati a favore dei due enti per l'anno 2010. Tale blocco avverrebbe, come il 23 settembre 2010 il dottor Alessandro Giovine ha scritto ai due enti, «in esito alle verifiche amministrativo-contabili compiute in relazione al bilancio consuntivo 2009 e alle conseguenti istruzioni del Ministero degli affari esteri»;
al riguardo è da riferire che i due enti interessati giudicano la comunicazione del reggente poco comprensibile - nei tempi, diversi mesi dopo l'effettuazione delle verifiche amministrativo-contabili e dieci giorni dopo l'avvio delle attività scolastiche organizzate dalla stessa amministrazione consolare, e nel merito, relativo ad aspetti già chiariti e documentati in occasione delle stesse verifiche amministrativo-contabili - e, quindi, sostanzialmente riconducibile al disegno di sostituzione degli enti gestori evocato nella citata presa di posizione dei consiglieri del Consiglio generale degli italiani all'estero. Ciononostante i due enti dichiarano di voler fare un ultimo tentativo di riproposizione dei chiarimenti già forniti;
la situazione che si è determinata a seguito dei fatti riferiti, così come espressi dai consiglieri Consiglio generale degli italiani all'estero e dai due enti coinvolti, può avere gravi conseguenze per l'intera comunità. Nell'immediato, infatti, il blocco dei saldi dei già decretati contributi 2010 può obbligare gli enti alla sospensione delle nuove attività avviate il 13 settembre 2010;
in un quadro così carico di tensioni, sia per gli enti coinvolti che per quelli che sarebbero stati mobilitati direttamente dal Console Reggente, nonché per le famiglie interessate e per i docenti alle dipendenze degli enti penalizzati - direttamente e impropriamente impegnati dagli uffici consolari nell'avvio del presente anno scolastico - è possibile l'insorgere di contenziosi legali riguardo alle procedure di concorso per i contributi 2011 e di iniziative di rivalsa da parte di enti e di persone che ritengano di essere stati ingiustamente danneggiate;
a giudizio degli interroganti, questo anomalo accumulo di contenziosi, se non prontamente disinnescato, non potrà non avere un impatto negativo anche sullo svolgimento delle attività previste per l'esercizio 2011; il precipitare delle situazione può arrecare un danno all'immagine del nostro Paese presso le autorità governative locali, che cofinanziano le nostre attività scolastiche, e presso le istituzioni scolastiche locali che le ospitano, mostrando per altro un grande e fondato interesse -:
se il Governo intenda, con la necessaria urgenza, intervenire presso il consolato generale di Stoccarda per ristabilire condizioni favorevoli al mantenimento delle attività scolastiche iniziate, attraverso, in particolare, l'erogazione del necessario finanziamento fino al 31 dicembre 2010, verificando l'effettiva possibilità di portare a conclusione le procedure di concorso avviate dal reggente e, nel caso si riscontrino insanabili problemi di trasparenza e di correttezza, elaborare, d'intesa con gli organismi rappresentativi della comunità italiana e con gli operatori interessati, una nuova strategia che assicuri la prosecuzione nel 2011 delle attività stesse.
(5-03534)

DI BIAGIO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha sottoscritto nel maggio 2003, ma non ancora ratificato, la convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, «sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori»;
la suindicata convenzione, che interviene su quella precedente del 1961, reca tutti i provvedimenti di protezione del minore e dei suoi beni, ad eccezione dell'adozione (già regolamentata a livello internazionale dalla convenzione dell'Aja del 1993), degli obblighi alimentari (già regolamentati dalla convenzione dell'Aja del 1973), la sottrazione dei minori (già regolamentata da una convenzione del 1980) e di alcuni provvedimenti elencati nell'articolo 4 (ad esempio materia delle successioni, previdenza sociale, decisioni sul diritto di asilo e in materia di immigrazione), rientrando nel campo di applicazione della convenzione i provvedimenti che regolano i rapporti fra genitori e figli e quelli che dispongono sulla protezione dei minori;
la convenzione si applica in tutte le fattispecie in cui emergono aspetti di «internazionalità»: il testo reca infatti disposizioni miranti alla determinazione di quale Stato è competente ad adottare le misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore; alla definizione della competenza delle autorità del Paese in cui il minore si trova fisicamente per l'adozione di tutti provvedimenti d'urgenza; al riconoscimento della legge applicabile dalle autorità competenti; alla determinazione in particolare di qual è la legge applicabile alla «responsabilità genitoriale»; al riconoscimento dell'esecuzione delle misure di protezione del minore in tutti gli Stati contraenti; infine alla determinazione delle dinamiche di cooperazione fra gli Stati coinvolti nell'emanazione e nel riconoscimento dei provvedimenti su minori;
uno degli aspetti che innova rispetto alle disposizioni del 1961 va ricercato nella costituzione di un'autorità centrale e nell'istituzione di una procedura di «consultazione» fra le autorità dei due Paesi di residenza attuale e di residenza «futura» del minore, al fine di garantire alle decisioni in materia minorile un riconoscimento il più possibile «uniforme» nei vari Stati con il superamento del limite territoriale dello Stato in cui il provvedimento è stato emesso;
la ratifica della convenzione in esame è obbligatoria per lo Stato italiano in seguito alla decisione del Consiglio europeo del 5 giugno 2008 (2008/431/CE) con cui l'Italia, fra altri Stati, è stata «autorizzata» alla ratifica stessa entro il 5 giugno 2010. Termine spirato senza alcun tipo di riscontro o intervento da parte dello Stato e delle autorità competenti;
l'Italia ha ratificato buona parte degli strumenti internazionali volti alla protezione dell'infanzia e dei suoi diritti, fra cui merita particolare menzione la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (New York 1989), nel cui articolo 5 si legge che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del minore deve essere una considerazione preminente»;
l'Italia in quanto membro attivo dell'Unione europea ha l'obbligo di ottemperare alle disposizioni e alle prospettive da questa individuate; l'Unione europea infatti ha interesse alla ratifica in quanto si tratta di una convenzione di natura «mista», che per alcuni aspetti ricade sotto la competenza dei singoli Stati membri (così la legge applicabile alla custodia e alle altre misure di protezione dell'infanzia), mentre per altri ricade nella competenza esterna esclusiva dell'Unione europea nell'ambito dell'obiettivo della creazione di uno spazio giuridico comune all'interno dell'Unione (così la giurisdizione, il riconoscimento

e l'esecuzione dei provvedimenti tra i vari Stati dell'Unione europea);
nel Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, l'Unione europea ha inserito per prima volta i diritti dei minori tra gli obiettivi comuni: nell'articolo 3 si legge che l'«Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»; i diritti dei minori, e in particolare, il principio del suo superiore interesse è contenuto anche nell'articolo 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha assunto un valore che può essere definito «costituzionale»; nella Costituzione della Repubblica italiana, agli articoli 10 e 117, si fa espresso riferimento, tra l'altro, agli obblighi assunti dallo Stato italiano con la stipulazione di convenzioni internazionali; questa convenzione, allo stato degli atti, è stata già ratificata da alcuni Paesi dell'Unione europea, e, mentre le istituzioni dei Paesi «storici» dell'Unione (come la Spagna e il Regno Unito) hanno già approvato una legge di autorizzazione della ratifica, l'Italia manca ancora all'appuntamento, nonostante - tra l'altro - la comunicazione in merito della Commissione europea del 24 giugno 2010, e le raccomandazioni ricevute in occasione dell'incontro tecnico tenutosi a Bruxelles il 5 luglio 2010;
l'importanza di questa convenzione era stata richiamata dalle 86 associazioni italiane attive per la difesa dei diritti dell'infanzia riunite nel «Gruppo CRC» nel «Il rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia», pubblicato a novembre 2009 e diffuso in occasione della conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza tenutasi a Napoli;
la decisione del Consiglio dell'Unione europea è vincolante e la Commissione europea, in applicazione dei poteri riconosciuti al trattato sul funzionamento dell'unione europea, ha il potere di valutare l'inerzia da parte degli Stati membri oppure la mancanza di volontà di procedere alla ratifica, al fine di attivare la procedura prevista nell'articolo 258 Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (Trattato di Lisbona) contro la violazione dei trattati;
il mancato riscontro da parte dell'Italia in merito alla ratifica del provvedimento lascerebbe emergere il rischio che la Commissione europea attivi la suindicata disposizione sanzionatoria per la violazione dei trattati, procedura che prevede una fase giudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea e che potrebbe anche comportare una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del diritto comunitario;
in data 30 settembre 2010, il Ministero degli affari esteri, provvedendo a rispondere ad un atto parlamentare concernente le questioni in esame, ha evidenziato di aver costituito un tavolo di lavoro interministeriale con i dicasteri della giustizia e dell'interno per approfondire le modalità di armonizzazione del nostro ordinamento giuridico ai contenuti della convenzione. Ma non sono noti gli aspetti operativi attinenti alle attività di questa «commissione» né tanto meno il timing delle attività considerando il forte ritardo dell'Italia sulla ratifica;
esiste la chiara e doverosa esigenza da parte del nostro Paese di far fronte ai propri impegni internazionali procedendo in tempi rapidi alla ratifica della convenzione -:
se sussistano ragioni ostative da parte del Governo alla presentazione, in tempi celeri, del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996, considerato che il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione europea hanno sollecitato tale ratifica in quanto materia di competenza parzialmente comunitaria.
(5-03535)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
poiché una delle maggiori cause di deturpamento del nostro Paese è rappresentata dall'enorme quantità di buste di plastica che circolano e che, una volta utilizzate, vengono troppo spesso disperse nell'acqua o nel suolo, è necessario assumere interventi incisivi e organici contro i danni provocati da questo fenomeno all'ambiente e alla salute;
particolarmente nefasti e gravi sono gli effetti sul mare perché, secondo studi recenti, il tempo di degradamento della plastica dispersa in mare non è minore di 20 anni e in questo lungo periodo di tempo le buste abbandonate sprigionano sostanze chimiche e soffocano l'ecosistema, il che, in seconda battuta, causa anche gravi danni all'industria del turismo;
secondo lo studio «Rifiuti marini: una sfida globale», a cura del programma ambientale delle Nazioni Unite (UNEP), il primo che compie un'analisi accurata sullo stato di salute di dodici grandi mari del Mondo, almeno l'8,5 per cento dei rifiuti presenti nel Mar Mediterraneo sarebbe costituito dalle sole buste di plastica;
all'estero il tema della riduzione delle buste in plastica non biodegradabile è ritenuto realmente cruciale per la tutela dell'ambiente come dimostrano:
il fatto che in molti Paesi, sia in Europa che al di fuori di essa, dalla Francia all'Australia, da alcuni Stati degli Usa alla Cina, sono stati già presi provvedimenti in proposito;
il fatto che l'articolo 29 della direttiva europea 2008/98/CE sulla riduzione dei rifiuti, il cui decreto legislativo di attuazione è attualmente all'esame della Commissione Ambiente della Camera dei deputati, imponga agli Stati membri l'adozione di programmi di prevenzione dei rifiuti;
inoltre, articolo 1, commi 1129 e 1130, della legge n. 296 del 2006 prevede l'avvio di un programma sperimentale a livello nazionale per la progressiva riduzione della commercializzazione di sacchi per l'asporto di merci che non siano biodegradabili, ma nel corso degli anni il termine per l'attuazione di tale previsione è stato prorogato fino alla data, oggi in vigore, del 1o gennaio 2011. La necessità di dare piena attuazione al programma è confermata dal fatto che, di fronte al mancato varo del necessario decreto ministeriale, alcuni comuni, con in testa quello di Roma, hanno emesso o annunciato ordinanze per bandire l'utilizzo delle buste di plastica all'interno dei rispettivi territori -:
quali iniziative, anche in riferimento all'atteso decreto di attuazione del programma sperimentale di cui alla legge n. 296 del 2006, siano in atto o siano in procinto di essere assunte da parte del Governo per eliminare e prevenire i gravi danni all'ambiente causati dalla diffusione delle buste di plastica.
(2-00841)
«Cosenza, Marinello, Marsilio, Stasi, Cesaro, Del Tenno, Pizzolante, Luciano Rossi, Ceroni, Tortoli, Milanese, Mazzoni, Holzmann, Raisi, Ruben, Iapicca, Giorgio Conte, Bellotti, Bonciani, Scalia, Ghiglia, Garofalo, Di Cagno Abbrescia, Barba, Speciale, Girlanda, Barani, Polidori, Rampelli, Palmieri, Minardo, Murgia, Germanà, Tommaso Foti, Bernardo».

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come annunciato dall'allerta meteo emessa dalla Protezione civile, sulle regioni settentrionali è arrivato il maltempo. Un violento nubifragio si è abbattuto nelle prime ore della mattinata sul savonese e sul ponente genovese. Sono straripati i torrenti Lerone, Arresta e Arzocco nella zona compresa tra Arenzano e Celle Ligure, dove alcune abitazioni sono state evacuate per questioni di sicurezza. Alcune persone sono state soccorse da vigili del fuoco e da passanti dopo essere state trascinate via dalle acque: tra queste ci sarebbe anche una donna con un bambino di tre anni. Numerose le chiamate ai vigili del fuoco per piccoli smottamenti, allagamenti di strade, sottopassaggi e scantinati nella cittadina di Varazze, dove sono segnalati anche diversi black-out di energia elettrica. Disagi e code per allagamenti anche sull'autostrada A10 tra Varazze e Albisola e sull'Aurelia, che è stata chiusa tra Cogoleto e Varazze;
la perturbazione arriverà nelle prossime ore anche sulla Toscana, portando piogge intense, specialmente nelle zone settentrionali e meridionali e lungo la costa. Le prime aree interessate dalle precipitazioni saranno quelle settentrionali;
la mozione 1-00324 impegnava tra l'altro il Governo a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico -:
a che punto sia la stesura del piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico;
quali iniziative si siano adottate, e con quali risorse, per la messa in sicurezza dei territori citati in premessa.
(4-08901)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
sul sito della Rete Toscana Comitati la questione, incidente sul territorio del comune di Vaiano (Po), località Faltugnano «Casa medioevale Il Papa», è elencata fra i casi di emergenze ambientali da affrontare. Si tratta di una questione che, per i suoi risvolti, è divenuta emblematica di una grave situazione, ad avviso dell'interrogante, di diffuso mancato rispetto della normativa vigente nella zona, dove altri casi analoghi in materia di uso del territorio sono in essere.
la situazione di emergenza che si è venuta a creare e che la famiglia della signora Sandra Alù (coniugata Forchione) è costretta a sopportare, ha assunto profili insostenibili per i danni subiti. Va innanzitutto premesso che la signora Alù è proprietaria di una casa di epoca remota in zona classificata A3 coperta da vincolo sismico, idrogeologico e paesaggistico, posta sulle basi di un antico fortilizio denominato Il Papa, nel borgo medioevale di Faltugnano, «antico insediamento Etrusco Romano», una delle più belle zone del circondario pratese, ricca di storia e bellezze naturali, ai piedi del parco Monti Calvana. Dall'agosto 1998 la signora Alù è stata privata della normale fruizione della sua casa, poiché essa fu dissestata in seguito a scavi e sbancamenti pericolosi e non protetti, ad opera della famiglia confinante con la direzione del loro tecnico, i quali avrebbero provocato un innesco alla porzione di versante che infliggeva al suo edificio danni destinati a moltiplicarsi, in quanto i luoghi non sono mai stati messi in sicurezza;

l'intento dei confinanti, poi messo in esecuzione, era di suddividere secondo l'interrogante in modo non conforme alla normativa vigente, l'antica confinante unifamiliare casa colonica - anche unica unità poderale - in 4/5 nuove unità;
i suddetti, per ricavare nuovi volumi e piani abitabili prima inesistenti, avrebbero escavato le quote interne ed esterne dei fabbricati ivi esistenti posti su un pendio di circa 35-40o fino a modificare la morfologia dei luoghi;
cosa si voleva fare dell'antico impianto colonico sarebbe documentato nei grafici depositati già nel 1997 al CFS «Istanza in parziale sanatoria»;
le autorità competenti, a quanto consta all'interrogante, non avrebbero dunque ancora posto rimedio ai gravi fatti sopra descritti, e questo nonostante non si tratti solo di una banale lite fra confinanti, bensì anche e soprattutto di un grave danno ambientale e della proprietà pubblica, con un serio pericolo per l'incolumità pubblica e privata;
purtroppo fino ad ora a nulla sono serviti i tentativi della signora Alù di far valere le proprie ragioni con memorie ed esposti corredati di prove e depositati presso varie istituzioni, e ciò nonostante l'emergenza dovuta all'inesorabile allentamento dei terreni dovuto alle opere realizzate dai confinanti, che potrebbe condurre addirittura al crollo dell'immobile di proprietà della signora Alù;
a tal proposito si rileva altresì che i confinanti avrebbero asportato anche parte del terreno sul declivio lato valle, ricavando così un grande piazzale, senza tener conto del fatto che, con tale opera, sarebbe stata danneggiata la vena d'acqua che era presente in loco e che infatti poi non è più riaffiorata;
praticamente sarebbe stato destabilizzato l'intero versante. Il coordinatore provinciale del Corpo forestale dello Stato, con ordinanza solidale del 19 dicembre 2003 prot. n. A31098 imponeva la realizzazione di una palificata atta a contenere l'innesco di movimento causato alla porzione di versante; ad oggi, per quanto consta all'interrogante, tale ordinanza risulta inadempiuta da tutti i confinanti. In riferimento a quanto finora esposto, la documentazione ufficiale raccolta pone inoltre in evidenza diffuse resistenze ad adottare provvedimenti risolutivi del caso;
ciò nonostante, si continua a non tenere in nessuna considerazione cosa le norme tecniche di attuazione di piano regolatore generale del comune di Vaiano ammettevano in quella zona e quanto di importante sia stato disatteso in materia di sicurezza e di rispetto del vincolo idrogeologico - sismico - paesaggistico. Si veda a tal proposito il certificato di destinazione urbanistica rilasciato dallo stesso comune di Vaiano, secondo il quale «Tutta la zona è sottoposta a protezione paesistica ai sensi della legge 431/85», nonché la scheda istruttoria alla P.E. 249/95 del 6 novembre 1995 presentata al comune di Vaiano dai confinanti, ove si legge: «Zona di PRG A/3 sottoposta a vincolo idrogeologico e paesaggistico L.431/85»;
la signora Alù, come si è già scritto, è stata costretta ad adire le vie giudiziarie in numerose occasioni, la più recente delle quali ha riguardato un'attività di controricorso al Consiglio di Stato; così, sono trascorsi dodici anni senza porre rimedio all'ingiustizia perpetrata;
va rilevato che con la Sentenza n. 182 del 5 maggio 2006 la Corte costituzionale riconosce linee di illegittimità costituzionale in 3 articoli della legge regione Toscana n. 1 del 3 gennaio 2005 «Norme per il governo del Territorio» incidenti sui vincoli paesaggistici e sulla sicurezza;
con la Sentenza n. 367 del 24 ottobre 2007, la stessa Corte ha fatto definitiva chiarezza anche sulle competenze gestionali e legislative circa i vincoli ambientali e paesaggistici, mettendo in chiaro che eventuali modifiche degli stessi, «sono di esclusiva competenza dello Stato», non

certo di comune, provincia e regione alle quali, invece, spetta solo la valorizzazione -:
quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere, in relazione a quella che all'interrogante appare una situazione di non conformità alla normativa vigente che ha consentito opere edilizie in danno dell'assetto ambientale, con specifico riferimento all'esercizio delle prerogative dello Stato in tema di vincoli paesaggistici.
(4-08912)

BORGHESI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da sempre si conosce l'esistenza dei cosidetti «tombaroli», che ogni anno depredano e devastano migliaia di siti in tutta Italia e soprattutto nel Lazio, regione in cui si concentra il numero maggiore di scavi clandestini. Alimentano un traffico che per profitti è secondo solo a quello della droga: dagli anni settanta ad oggi almeno 1 milione di oggetti scavati illegalmente e 10.000 inquisiti;
oltre ai «tombaroli» vi sono grandi mercanti, che si muovono con centinaia di prestanome. Tra questi, personaggi noti alle cronache come Giacomo Medici, 8 anni di condanna in secondo grado e 10 milioni di euro da restituire allo Stato italiano per danni accertati. Quando i carabinieri nel 1995 sono entrati nel suo magazzino di Ginevra vi hanno trovato oltre 3000 opere di tutti i generi, da una stanza di affreschi strappati a Pompei a un capitello sottratto a Villa Celimontana. O personaggi come Gianfranco Becchina, nato povero vicino Trapani, oggi produttore di un olio famoso venduto negli Usa a 70 dollari il litro e che ha partecipazioni nell'Atlas, società di cemento siciliana. È il più grande «collettore» di reperti scavati nel Sud e contro di lui è in piedi un processo per aver venduto al Getty Museum capolavori dell'arte mondiale, come il grande cratere apulo del pittore Asteas (un Raffaello del IV secolo a.C.) raffigurante il «ratto d'Europa»;
è in corso un ampio dibattito volto a far «riemergere» un patrimonio occulto valutato in milioni di pezzi. Si ipotizza che chi possiede illegalmente un manufatto archeologico possa sanare la sua posizione denunciandone il possesso e versando allo Stato una somma fissa sia per le spese di registrazione, sia per ogni pezzo dichiarato, qualsiasi ne sia il valore commerciale. Lo Stato, si sostiene, ne avrebbe un vantaggio economico immediato, mentre la comunità scientifica verrebbe finalmente a conoscenza dei beni sottratti;
in Italia a fronte di tale situazione sarebbe piuttosto necessario l'inasprimento delle leggi per frenare questa «grande razzia». Le pene per i «predatori» sono infatti ridicole: se colto sul fatto un «tombarolo» rischia fino a tre anni per scavi clandestini, ma dopo 6 anni e mezzo il reato è prescritto. La ricettazione è stata dichiarata un reato non continuato, cioè viene contestato solo all'ultimo possessore mentre il reato dovrebbe esistere dal momento dello scavo e rimanere in tutti i passaggi ulteriori. Come ha dichiarato il sostituto procuratore Ferri, che per anni ha combattuto il fenomeno: «In Italia è più facile finire in prigione per un furto di jeans che per aver sottratto un vaso dal sottosuolo. Le pene sono così lievi che non scoraggiano nessuno e quasi tutto finisce in prescrizione» -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano di dover intervenire, anche attraverso opportune iniziative normative, al fine di salvaguardare il principio millenario della demanialità del sottosuolo e colpire coloro che razziano e commerciano beni di grande rilevanza artistica e archeologica.
(4-08915)

DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la mattina del 1o ottobre 2010 nei pressi del Ministero della difesa (piazza di San Bernardo angolo con via XX Settembre) ad opera di un gruppo di cittadini si è svolta una manifestazione apparentemente di protesta;
dalle informazioni che è stato possibile reperire consta agli interroganti che si sarebbe trattato di alcuni appartenenti all'Arma dei carabinieri in congedo e che questi nella tarda mattinata sarebbero stati accompagnati da alcuni militari presso il comando generale dell'Arma dei carabinieri per essere ricevuti dal comandante generale dell'Arma;
chi siano gli ex appartenenti all'Arma dei carabinieri che hanno manifestato e le loro ragioni -:
se si sia svolto l'incontro con il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, quali siano i termini e i contenuti dello stesso, chi vi abbia partecipato oltre ai manifestanti e quali immediate iniziative intenderà assumere in merito il Ministro interrogato.
(4-08914)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

TIDEI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Civitavecchia e la sua giunta hanno prodotto, ad avviso dell'interrogante, anni di scarsa attività e di trascuratezza, causando notevoli danni alla città, poiché non sono mai state condotte opere di manutenzione urbana, lasciando così strade, condutture idriche e fognarie, cassonetti, marciapiedi, illuminazione stradale e altro in condizioni fatiscenti;
sono stati avviati i lavori di riqualificazione della Marina di Civitavecchia e che si stanno attuando, nella medesima area, anche modifiche strutturali non previste, dal momento che sono sorti improvvisamente manufatti che somigliano più a negozi che a locali tecnici;
l'area suddetta è pubblica ed è in concessione al comune fino al 2013 con proroga al 2015; il nulla osta demaniale che risale al 2009 prevede che le condizioni dell'autorizzazione del cantiere siano le seguenti: «occupazione di suolo pubblico al solo fine erariale (canone concessorio), inoltre il presente nulla osta non ha valore di concessione urbanistica»;
la delibera di giunta 81/2008 che ha approvato progetto stabilisce che siano realizzate esclusivamente due passeggiate, di cui la seconda sopraelevata, lungo il mare e che siano previste anche le migliorie di rito, cioè la pavimentazione delle stesse, le aree verdi e un'area giochi per ragazzi;
la costruzione di locali adibiti a negozi presso la Marina di Civitavecchia non è autorizzata dalla delibera di giunta n.81 del 2008 ed essendo tale area pubblica, come testimonia anche il nulla osta demaniale del 2009, non può essere utilizzata come area commerciale privata, che risulta essere così, ad avviso dell'interrogante, di fatto abusiva;
si è di fronte ad una abuso edilizio da parte dell'amministrazione comunale -:
di quali elementi dispongano i Ministri interrogati in ordine alla conformità dei lavori di riqualificazione della Marina di Civitavecchia alle prescrizioni contenute nel nulla osta demaniale rilasciato nel 2009.
(3-01260)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2010, rispondendo a un'interrogazione parlamentare (3-01100), il Ministro per i rapporti con il Parlamento, ha offerto elementi circa la vicenda della irregolare gestione di alcuni casinò gestiti dalla società Atlantis;
la risposta del Ministro fu secondo l'interrogante piuttosto elusiva e non chiari se lo Stato abbia davvero perso 90 miliardi di introiti in ragione del mancato funzionamento di strumenti di gioco che avrebbero dovuto stornare automaticamente somme dovute al fisco sul conto dei Monopoli di Stato;
la vicenda peraltro torna d'attualità in un articolo apparso sul Corriere della sera del 28 settembre 2010 -:
di quali elementi disponga con riferimento alle vicenda;
se risulti che le inadempienze nello storno delle somme dovute al fisco abbiano causato un danno all'erario pubblico tale per cui diversi provvedimenti finanziari sarebbero stati superflui.
(4-08909)

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INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
organi d'informazione (la Repubblica del 5 ottobre 2010 edizione di Palermo e Striscia la notizia del 4 ottobre 2010) riportano la notizia secondo la quale alcuni beni confiscati alla mafia e assegnati dal comune di Palermo a due cooperative e alla fondazione Padre Puglisi, sarebbero finiti di fatto nella disponibilità di soggetti legati alle cosche mafiose;
più precisamente, la fondazione Padre Puglisi e le associazioni «Solaria» e «Live Europe», tutte gestite da don Golesano, assegnatarie di appartamenti e magazzini, annoveravano sino ad ottobre 2008 tra i soci, personaggi come Roberta Bontade (figlia di Giovanni Bontade noto mafioso), Stefano Marcianò imparentato con il boss Francesco Maggiore) e tale Giuseppe Provenzano, prestanome del boss Matteo Messina Denaro;
il 16 ottobre 2008, una nota riservata della prefettura di Palermo indirizzata al comune di Palermo, denunciava la presenza di tali personaggi nella compagine sociale delle predette associazioni e suggeriva al comune di Palermo di procedere alla revoca delle assegnazioni;
è stato accertato, secondo quanto riportato dalla stampa, che il giorno dopo la iscrizione al protocollo del comune della nota della prefettura, furono cambiati tutti i soci «sospetti»;
l'amministrazione comunale, ignorando la modifica, provvedeva quindi a revocare tutte le assegnazioni dei beni confiscati alle predette associazioni, esponendosi, purtroppo, al ricorso di don Golesano e dei suoi amministratori che, fidando proprio sul cambiamento dell'assetto societario, riusciva ad ottenere una pronuncia favorevole dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia che ordinava al comune di restituire i beni revocati;
la fuga di notizie dopo appena 24 ore dall'assunzione a protocollo della nota prefettizia, è stata determinata, ad avviso degli interpellanti, da infiltrati mafiosi nell'amministrazione comunale -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti e per quali motivi, all'epoca delle assegnazione dei beni alle associazioni gestite da don Golesano, la prefettura di Palermo non accertò preventivamente la composizione delle compagini sociali;

quali iniziative intenda adottare per accertare la sospetta infiltrazione mafiosa nell'amministrazione comunale di Palermo e le responsabilità politiche e amministrative nella incredibile vicenda che vede, purtroppo, coinvolto il nome di un martire della lotta alla mafia come Don Puglisi, nel nome del quale don Golesano gestiva le predette associazioni.
(2-00844) «Bocchino, Lo Presti».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (TV), attualmente consta di n. 9 dipendenti, compreso il comandante, di cui n. 2 dipendenti in aspettativa che con tutta probabilità non rientreranno;
a maggio del 2011 resteranno in 6 poiché il vice comandante dovrà andare in pensione per limiti di età, mentre il comandante ha già raggiunto i presupposti per la pensione e in qualsiasi momento può andare via;
se questo accadesse si ritroverebbero in 5 unità, pochi per resistere alla paventata chiusura del posto Polfer da parte del Ministero dell'interno, che richiede un minimo di 7 unità;
si potrebbe incrementare in modo sufficiente con l'invio di almeno n. 2-3 unità operative da attingere dalle liste di attesa per questo ufficio;
a tal proposito si precisa che la stazione di Castelfranco Veneto, per la sua importanza e logistica, è fra le 116 stazioni di media importanza «Centostazioni», perciò considerata dalle Ferrovie dello Stato una stazione molto, rilevante per la sua mole di viaggiatori e studenti, nonché quale snodo ferroviario che consente il passaggio giornalmente di circa 170-180 treni, di cui circa 50-60 merci provenienti da ogni parte, liberando così quasi tutto il traffico merci che gravava prima sulla tratta Padova-Mestre-Treviso;
la Polfer di Castelfranco è impegnata inoltre nella vigilanza di numerose linee, stazioni e scali F.S. e precisamante; linea F.S. Vicenza-Treviso, che comprende le stazioni di Albaredo-S. Martino di Lupari-Tombolo-Cittadella-Fontaniva-Carmignano di Brenta-San Pietro in Gu; linea F.S, Bassano-Padova, che comprende le stazioni di Bassano-Rosà-Rossano Veneto-Cittadella-Villa del Conte-Fratte; linea F.S. Camposampiero-Montebelluna che comprende dall'ingresso della stazione di Montebelluna, le stazioni di Fanzoro-Castelfranco Veneto, fino al segnale di protezione a Camposampiero, in attesa della nuova fermata a Loreggia; linea F.S. Mestre-Trento che comprende le stazioni di Trebaseleghe di nuova realizzazione-Piombino Dese-Resana-Castelfranco Veneto-Castello di Godego-Cassola-Bassano-Pove-Solagna-S. Nazario-Carpanè Valstagna-S. Marino-Cismon del Grappa-Primolano e fino al confine con la regione Trentino Alto Adige;
come si può notare, rientrano nella competenza del suddetto ufficio, le stazioni di Cittadella e Bassano: la prima risulta una delle prime stazioni per il carico e lo scarico di treni merci in tonnellaggio a livello regionale, mentre la stazione di Bassano è ai primi posti per numero di viaggiatori, studenti e pendolari verso Venezia, coprendo un grande bacino d'utenza;
la Polfer di Castelfranco Veneto risulta essere il primo ufficio della polizia istituito in Castelfranco Veneto, subito dopo la seconda guerra mondiale e ancor prima come milizia ferroviaria;
i compiti della Polfer sono la prevenzione e repressione reati in corsa treno, stazioni e scali F.S., nonché tutto quello che riguarda la regolarità dell'esercizio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980;
chiudere la Polfer di Castelfranco Veneto significa meno controllo del territorio, e praticamente libero arbitrio da parte di piccole bande di minori extracomunitari che già a fatica si riesce per il momento ad allontanare;

le stazioni, come si sa, sono luogo di incontro e crocevia per qualsiasi malaffare;
il personale del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto è inoltre impegnato per le scorte ai treni regionali e euro star city nell'ambito regionale e non;
talune volte personale del suddetto ufficio viene sacrificato per sopperire alle problematiche di altri uffici, tanto da dover chiudere e così perdere un po' alla volta il controllo del territorio;
in futuro il traffico ferroviario in Castelfranco Veneto sarà sempre più incrementato tanto che la regione Veneto con la metropolitana di superficie e la nuova istituenda stazione dei bus vicino a quella dei treni (gomma-rotaia) accentuerà il flusso di viaggiatori in modo esponenziale in arrivo e partenza da questo scalo F.S. -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato relativamente alla permanenza, o meglio al potenziamento, del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (TV).
(2-00845) «Luciano Dussin, Reguzzoni».

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si è svolto, il 24 settembre 2010, presso il dipartimento della pubblica sicurezza un incontro tra l'amministrazione ed i rappresentanti sindacali di categoria per discutere della bozza di decreto concernente la soppressione del commissariato di polizia di «Chiaiano»;
durante l'incontro i rappresentanti dell'amministrazione della P.S. hanno evidenziato l'intenzione di procedere alla chiusura del commissariato di P.S. Chiaiano, lasciando presso la medesima sede alcuni alloggi per il personale della polizia di Stato, ed un ufficio denunce che dovrebbe coprire la fascia oraria 8/20;
come denunciano i rappresentanti del sindacato autonomo «Autonomi di Polizia», il commissariato venne aperto a causa delle organizzazioni criminali che agivano ed agiscono in quella zona tant'è che pochi anni orsono il già posto di polizia «cambiò» in Commissariato ed il personale ebbe un incremento della forza organica;
la richiesta avanzata dal questore di Napoli, a giudizio dell'interrogante e degli Autonomi di Polizia, lascia perplessi;
lo Stato, rappresentato in quella porzione di territorio dal commissariato di Polizia e dai suoi uomini, deve essere sempre presente a tutela dei cittadini onesti di Chiaiano e dintorni che da anni devono convivere con la piaga della camorra;
l'interrogante e gli Autonomi di Polizia ritengono che la chiusura del commissariato di Chiaiano appaia come un segno di abbandono da parte dello Stato nei confronti dei cittadini, pertanto ritengono che sia doveroso da parte del dipartimento della pubblica sicurezza. di rivedere la posizione assunta -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché le problematiche descritte in premessa vengano risolte.
(4-08899)

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
è trascorso un anno esatto dal tragico 1o ottobre del 2009 data in cui si è manifestato il violento e disastroso evento calamitoso che ha colpito la provincia di Messina con la frana che ha parzialmente distrutto la cittadina di Giampilieri e recato numerosi danni nei paesi limitrofi di Scaletta Zanclea, Molino e Altolia;
da subito ed ininterrottamente fino al 31 maggio 2010 i vigili del fuoco sono stati

i primi ad intervenire in forze e gli ultimi ad andare via dai luoghi colpiti dalla calamità;
il contributo profuso dalla componente fondamentale del soccorso tecnico urgente, grazie alla professionalità manifestata e allo spirito di abnegazione di cui i vigili del fuoco sono portatori sani, ha contribuito in maniera determinante a salvare nei primi momenti numerose vite umane e, nel corso delle settimane successive, a ripristinare le condizioni di sicurezza in quei territori devastati dall'acqua e dal fango oltreché dai gravi dissesti idrogeologici che si sono manifestati nel mese di febbraio;
ancora una volta i vigili del fuoco hanno ricevuto plausi ed encomi dalla popolazione che hanno caratterizzato tutto il periodo di permanenza del personale in quelle zone fino alla conclusione dell'emergenza;
di contro, e con grosso rammarico da parte dei vigili del fuoco, la risposta ricevuta dalle pubbliche amministrazioni non è stata altrettanto soddisfacente;
infatti, la mancata erogazione dei fondi necessari al pagamento delle prestazioni rese ha fatto scaturire nei confronti del personale intervenuto da tutte le province d'Italia, ma soprattutto dal personale che presta servizio nei comandi siciliani, un forte malcontento;
i vigili del fuoco, per l'emergenza di cui sopra, vantano crediti che vanno dai 500 agli oltre 10 mila euro;
a causa della non precisa individuazione di responsabilità e di competenze, la Confsal vigili del fuoco ha scritto al Ministro interrogato, al presidente della regione Sicilia ed ai vertici dell'amministrazione del Corpo nazionale dei vigili del fuoco una richiesta di chiarimenti circa le cause che hanno determinato ad oggi il mancato pagamento dei crediti vantati dal personale intervenuto ininterrottamente dal 1o ottobre 2009 al 31 marzo 2010;
con una nota datata 10 agosto 2010, il Capo dipartimento della protezione civile con una nota indirizzata al presidente della regione Sicilia ed alla Confsal ha evidenziato che il 20 novembre 2010 ha provveduto ad effettuare il trasferimento della somma di 20 milioni di euro e il 7 luglio 2010 il trasferimento di un'ulteriore somma di 10 milioni di euro finalizzate, ai sensi degli articoli 1, comma 7, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 10 ottobre 2009, n. 3815, e 9, comma 2, dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 15 aprile 2010, n. 3865, a rimborsare le spese sostenute nelle fasi di prima emergenza, ivi comprese, fra le altre, quelle relative alle prestazioni di lavoro straordinario effettuato dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
secondo quanto si è appreso nel corso di incontri intercorsi tra la rappresentanza dei vigili del fuoco ed il Governo regionale siciliano ed anche riferito verbalmente tramite i contatti telefonici intercorsi tra i rappresentanti della Confsal e la segreteria del presidente Lombardo, sembrerebbe che queste risorse non siano disponibili -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-08904)

TESTO AGGIORNATO AL 12 GENNAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
da oltre 30 anni con la legge «Falcucci» n.517 del 1977 il nostro Paese conduce una straordinaria esperienza educativa e didattica, studiata ed invidiata

dagli altri Paesi europei che si stanno orientando a questa stessa scelta, che vede tutti gli alunni con disabilità a scuola con i loro compagni;
nella «Relazione conclusiva della commissione Falcucci, concernente i problemi scolastici degli alunni handicappati» (1975), che ha preceduto e preparato l'estensione delle legge sopra citata, sono contenuti importanti indicazioni, di seguito riportate in alcuni passaggi solo esemplificativi: «La scuola proprio perché deve rapportare l'azione educativa alle potenzialità individuali di ogni allievo, appare la struttura più appropriata per far superare la condizione di emarginazione in cui altrimenti sarebbero condannati i bambini handicappati, anche se deve considerarsi coessenziale una organizzazione dei servizi sanitari e sociali finalizzati all'identico obiettivo»; la condizione della piena integrazione scolastica «passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, cosi da poter veramente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo personale, precisando peraltro che la frequenza di scuole comuni da parte di bambini handicappati non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni»; si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto ai livelli di intelligenza logica-astrattiva, venga considerata anche l'intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto tenuti presenti i processi di socializzazione». Non vi si nascondevano le difficoltà per cui «La Commissione mentre considera la realizzazione di un nuovo modo di essere della scuola, un obiettivo fondamentale, generale e irrinunciabile, ritiene che esso costituisca il punto di arrivo di un processo necessariamente graduale e realistico»;
questo percorso è stato solo parzialmente intrapreso, per quanto attiene sia alla formazione di tutti i docenti e di quelli specializzati (erroneamente trasformatisi in docenti dedicati al solo allievo con disabilità invece che all'intera azione della scuola), sia l'organizzazione generale del sistema scolastico e delle singole autonome istituzioni scolastiche, sia all'integrazione tra servizi scolastici, sociali e sanitari;
il 20 marzo 2008 è stata firmata in sede di Conferenza unificata l'intesa tra il Governo, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane in merito alle modalità e ai criteri per l'accoglienza scolastica e la presa in carico dell'alunno con disabilità» (rep. N.39/cu), «finalizzata a stabilire modalità e criteri per ricondurre la complessa materia dell'integrazione scolastica dell'alunno con disabilità all'interno di un progetto complessivo idoneo a ridefinire principi e criteri su cui fondare gli interventi di sostegno e assistenza, di coordinamento e funzionalità dei momenti accertativi e di integrazione delle azioni di tutti i soggetti istituzionali coinvolti»;
maggiori conoscenze sulle difficoltà specifiche di apprendimento consentono oggi di intervenire precocemente ed efficacemente anche per ridurre le difficoltà degli alunni con difficoltà specifiche di apprendimento, per le quali la VII Commissione della Camera ha approvato in sede legislativa con modificazioni il progetto di legge recante nuove norme in materia di disturbi specifici di apprendimento in ambito scolastico (atto Camera n. 2459), attualmente in corso di esame in seconda lettura presso la VII Commissione Senato (atto Senato n. 1006-1036-B);
dall'anno 2007 è in corso il progetto I CARE (imparare, comunicare, agire in una rete educativa) per promuovere nelle istituzioni scolastiche sistematiche azioni e attività di formazione dei docenti e dei dirigenti sugli snodi delle politiche di integrazione, il cui filo conduttore è il diritto all'apprendimento di tutti gli alunni;
in sede di espressione del parere sul regolamento concernente la formazione iniziale degli insegnanti della scuola dell'infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo e secondo grado (atto n. 205, il 18 maggio 2010 la VII Commissione della Camera ha posto la

seguente condizione: «occorre valutare rinserimento dell'insegnamento di didattica e pedagogia speciale, attualmente previsto solo nell'ambito del tirocinio formativo attivo, anche nel corso di laurea magistrale e all'articolo 13 è necessario prevedere, durante la specializzazione post abilitazione per il sostegno all'integrazione agli alunni con disabilità, percorsi differenziati volti ad acquisire specifiche competenze per i diversi ambiti di disabilità» (condizione n. 9);
martedì 21 settembre 2010 a Chieri - comune del Torinese di 36 mila abitanti - durante una seduta del Consiglio comunale aperto, l'assessore comunale all'istruzione è intervenuto sul tema degli alunni disabili nelle classi ed ha affermato: «Basta disabili a scuola. Non imparano e disturbano. Meglio per tutti una comunità, dove mandarli seguiti da personale specializzato»;
nonostante la legittima indignazione dei genitori con figli disabili che desiderano per i loro figli un futuro fatto di integrazione e non di isolamento e nonostante il tentativo del sindaco di Chieri di prendere le distanze dalle parole dell'assessore, pur scusandolo in quanto forse frainteso, l'assessore ha ribadito, in una successiva intervista, la propria posizione, rincarando la dose. «Qualche genitore si è sentito offeso? E perché mai? Ho detto soltanto quel che pensano tutti: quei ragazzi a scuola disturbano(...) bisognerebbe creare luoghi adeguati ai reali bisogni di questi ragazzi. Oggi ci sono comunità specializzate. Non sempre mamma e papà sono d'accordo, ma è nostro compito convincerli (...). Lasciarli in classe con gli altri compagni è inutile! Ci sono ragazzi, qui da noi, che passano la mattina a dare calci e pugni ad un muro. Disturbano e non imparano nulla». E riguardo agli insegnati di sostegno ha aggiunto: «Non possono fare nulla. E questi ragazzi con l'istruzione non hanno nulla a che fare»;
negli ultimi giorni si è pericolosamente ripetuta qualche dichiarazione sulla presenza di «troppi alunni disabili nelle scuole», arrivando ad invocare addirittura la reintroduzione della «Rupe Tarpea», senza che il Ministro intervenisse sulle vicende richiamate -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere per:
a) promuovere con ogni utile iniziativa, una politica dell'integrazione in favore degli alunni portatori di handicap, in modo da contrastare una cultura discriminatoria pericolosamente dilagante, che va a minare profondamente la natura inclusiva della scuola-italiana;
b) implementare e consolidare competenze organizzative, formative, valutative sia nella struttura centrale del Ministero, sia a livello delle singole istituzioni scolastiche autonome;
c) procedere alla concreta applicazione dell'intesa in Conferenza unificata del 20 marzo 2008, citata in premessa;
d) dare continuità al progetto di formazione I Care o presentare al Parlamento altri analoghi progetti di formazione in servizio.
(2-00843)
«De Torre, Ghizzoni, Coscia, De Pasquale, Melandri, Nicolais, Pes, Siragusa, De Biasi, Bachelet, Levi, Rossa, Antonino Russo, Mazzarella, Lenzi, Tocci, Verini, Bossa, Agostini, Schirru, Realacci, Froner, Zampa, Corsini, Miotto, Argentin, Albonetti, Concia, Pierdomenico Martino, Narducci, Melis, Bellanova, Baretta, Cavallaro, Ferranti, Ferrari, Sereni, Veltroni, Zaccaria».

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI, MADIA e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 1, comma 647, della legge finanziaria per il 2007 (legge

n. 296 del 2006), in attesa della riforma dello stato giuridico dei ricercatori universitari, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, con proprio decreto da emanare entro il 31 marzo 2007, sentiti il Consiglio universitario nazionale (CUN) e la CRUI, disciplina le modalità di svolgimento dei concorsi per ricercatore, banditi dalle università successivamente alla data di emanazione del predetto decreto ministeriale, con particolare riguardo alle modalità procedurali ed ai criteri di valutazione dei titoli didattici e dell'attività di ricerca, garantendo celerità, trasparenza e allineamento agli standard internazionali. Il successivo comma 648 prevede che, al fine di consentire il reclutamento straordinario di ricercatori, il decreto di cui al comma 647 definisce un numero aggiuntivo di posti di ricercatore da assegnare alle università e da coprire con concorsi banditi entro il 30 giugno 2008. Il comma 650 ha stabilito che all'onere derivante dalle disposizioni del comma 648 si provvede nel limite di 20 milioni di euro per l'anno 2007, di 40 milioni di euro per l'anno 2008 e di 80 milioni di euro a decorrere dall'anno 2009;
l'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificato dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, stabilisce che ogni anno ciascuna università destina una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse disponibili per assunzioni di nuovo personale «all'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato, nonché di contrattisti ai sensi dell'articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230»;
lo stesso articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificato dall'articolo 1, comma 3, del decreto- legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1 esclude dal computo del predetto 60 per cento le assunzioni dei ricercatori per i concorsi di cui all'articolo 1, comma 648, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nei limiti delle risorse residue previste dall'articolo 1, comma 650 della stessa legge;
con il decreto ministeriale 24 novembre 2009, n. 212, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, direzione generale per l'università, ha ripartito fra le università italiane la quota relativa alla terza tranche dello stanziamento citato, stabilendo che lo stanziamento ministeriale copra la totalità del costo di ciascuna assunzione;
il combinato disposto delle succitate disposizioni impone che la spesa per le assunzioni della terza tranche non sia compresa nel computo del limite del 60 per cento delle risorse disponibili da destinare all'assunzione di ricercatori a tempo indeterminato e di contrattisti ai sensi dell'articolo 1, comma 14, della legge 4 novembre 2005, n. 230;
con la nota prot. 893 del 5 agosto 2010 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, direzione generale per l'università, ha inviato a tutti i rettori delle università italiane le indicazioni da seguire per l'utilizzo dei cosiddetti «punti organico»;
la predetta nota, in palese contrasto con le disposizioni di cui all'articolo 66, comma 13, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, modificato dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, informa che la procedura PROPER in sede di verifica dell'utilizzo dei punti organico conteggia i ricercatori di qualsivoglia tipologia con valore pieno (0,50 PO) ai fini della verifica del rispetto del limite del 60 per cento, in tal modo ricomprendendo la spesa per le assunzioni della terza tranche nel computo del limite -:
se il Ministro non ritenga necessario intraprendere le iniziative necessarie per ripristinare il pieno rispetto della legge;

se ritenga di inviare quanto prima una nota correttiva a tutti i rettori, onde evitare che le università incorrano in violazioni delle leggi vigenti.
(5-03531)

Interrogazioni a risposta scritta:

COSENZA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nell'anno scolastico 2009/10 è stata avviata l'applicazione, nelle scuole del Paese, del programma «frutta nelle scuole» ai sensi dei regolamenti europei n. 1234/2007 e n. 288/2009;
con la comunicazione del 28 ottobre 2009 il Ministro interrogato - insieme ai titolari dei dicasteri delle politiche agricole, alimentari e forestali e della salute - ha indirizzato ai direttori degli uffici scolastici regionali una circolare in cui si legge che il fine del programma «frutta nelle scuole» consiste nel «far fronte allo scarso consumo di frutta e verdura da parte dei bambini, aumentando durevolmente la porzione di frutta e verdura nella loro dieta, nella fase in cui si formano le abitudini alimentari. (...) Il ruolo della prevenzione e dell'educazione alimentare diventa la leva principale di una strategia volta ad introdurre comportamenti maggiormente consapevoli fra i giovanissimi ed informare insegnanti e genitori per rendere i programmi più efficaci»;
inoltre gli uffici tecnici del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca hanno anche messo a punto un documento, poi approvato dalla Conferenza Stato-regioni, recante: «Linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica», in cui si afferma che il menù deve essere elaborato secondo i princìpi di una alimentazione equilibrata dal punto di vista nutrizionale, utilizzando anche alimenti tipici al fine di insegnare ai bambini il mantenimento delle tradizioni alimentari, e misurata sul piano della quantità, in particolare limitando la possibilità che vengano date ai bambini porzioni doppie;
la materia oggetto degli interventi sopra descritti è di grande importanza e attualità considerato che - come documentato dalla ricerca del Ministero della salute «Okkio alla salute» svolta nelle scuole primarie - sempre maggiore sta diventando, soprattutto in alcune regioni tra le quali spicca la Campania con un tasso pari al 24 per cento, la quota di bambini in condizioni di sovrappeso o obesità, il che rappresenta un grave rischio per la salute e per le prospettiva di sana crescita dei minori -:
quali iniziative siano state messe in campo e quali siano le ulteriori eventuali misure in programma da parte del Governo per attuare concretamente, nelle scuole dell'intero territorio nazionale, il programma «frutta nelle scuole» e le «linee di indirizzo nazionale per la ristorazione scolastica» e quali strumenti siano disponibili per monitorarne i risultati e quindi avere garanzia della tutela della salute alimentare dei bambini.
(4-08898)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
il Corriere della Sera, nella sua edizione del 30 settembre 2010 ha pubblicato una lettera della signora Anna De Castiglione che, per il suo contenuto e la sua gravità si ritiene opportuno riportare integralmente: «Sono la mamma di un ragazzo disabile che frequenta la seconda superiore all'Itsos »Albe Steiner« di Milano. Ecco come inizia l'anno scolastico 2010 per mio figlio affetto da tetraparesi: le ore di sostegno settimanale passano da 18 a 9; nessuno è disponibile a portarlo in bagno (perché tutto il personale è occupato in altre mansioni), così spesso mi fermo io a scuola nell'orario scolastico per

aiutare la scuola ad affrontare una situazione che sembra ingestibile. Come si è arrivati a questo punto? Queste le risposte che ho ricevuto: il preside ha fatto domanda al comune e al provveditorato, documentando tutte le spese sostenute l'anno scorso, ma il rimborso che ha ricevuto è stato poco più che simbolico. In provveditorato mi hanno detto che »i ragazzi crescendo devono diventare sempre più autonomi«, e che in ogni caso »mancano le risorse«. Non mi resta, così mi hanno detto, che fare ricorso al TAR...Ringrazio per il consiglio, ma...intanto? Ultima considerazione: ho iscritto mio figlio a questa scuola, dopo che in numerose altre mi era stato risposto: »Gentile Signora, la nostra scuola, purtroppo, non è in grado di accogliere suo figlio....si rivolga altrove, perché davvero non possiamo seguirlo come meriterebbe...«: devo concludere che anche l'Albe Steiner avrebbe dovuto rispondermi così?» -:
se quanto pubblicato dal Corriere della Sera e affermato dalla signora Castiglione corrisponda al vero;
in caso affermativo, quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative, a fronte di una così grave e penosa situazione esposta e denunciata;
se non si ritenga di doversi attivare per accertare se si tratta di un fenomeno isolato o se vi siano altri casi simili a quelli denunciati dalla signora Castiglione.
(4-08902)

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
viene segnalato che in Italia vengono attivati corsi di memoria, lettura veloce e crescita personale, dietro i quali si celerebbero vere e proprie psicosette;
l'Associazione «Telefono Antiplagio» è stata contattata in relazione a quattro casi di persone che hanno frequentato (in regioni diverse) la stessa società;
per convincere le vittime, si userebbero suggestioni di massa, ma ancor peggio la tecnica della PNL (programmazione neuro linguistica), che dovrebbe essere riservata agli psicologi. Il tutto avverrebbe attraverso una persuasione sottile, amichevole, che cambia il carattere e le abitudini dell'individuo (vestire rigorosamente con giacca e cravatta, dormire poco, avere sempre meno tempo per la privacy, perdere le amicizie, distaccarsi dalla famiglia e altro), facendogli credere che collaborando, ovvero reclutando nuove vittime (7 persone, poi 15 e oltre), tramite volantinaggio, può acquisire sicurezza. Si innescherebbe così una catena piramidale all'infinito, o meglio multilevel. Hanno constatato, inoltre, che sono nate tante imprese analoghe, collegate tra loro, che aprono e chiudono dopo un anno o due. In tal modo, riuscirebbero, con l'espediente di aver trovato lavoro agli adepti, a passarseli di mano, convincendoli che si tratta del loro futuro: in pratica, chi aderisce continuerebbe a produrre compensi per le società, dopo essere già stato sfruttato da altre;
Telefono Antiplagio ed European Consumers hanno già sensibilizzato tv, radio, giornali, e stampato i primi 300.000 volantini, per mettere in guardia i nostri studenti, i nostri ragazzi -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
come ritengano di intervenire per porre fine a quelle che all'interrogante appaiono «truffe» incentrate solo sull'interesse economico e a danno di persone «fragili».
(4-08908)

TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il protrarsi della crisi economica internazionale, in cui si distinguono negativamente gli indicatori della nostra economia, sta mettendo sempre più in difficoltà interi comparti economici con inevitabili ricadute sull'occupazione e sul reddito dei lavoratori;
tra i diversi istituti previsti dal nostro ordinamento, un utile strumento di attenuazione delle tensioni occupazionali, anche in questa particolare congiuntura negativa, si sono dimostrati i contratti di solidarietà, di cui all'articolo 1, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863;
come noto, ai sensi dell'articolo 1, comma 6, del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, l'ammontare del trattamento di integrazione salariale prevista per i lavoratori che accedono ai contratti di solidarietà è stato, in via sperimentale per gli anni 2009 e 2010, elevato all'ottanta per cento della retribuzione;
com'è altrettanto noto, ai sensi dell'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, ai datori di lavoro che stipulino i contratti di solidarietà è riconosciuta una riduzione significativa dell'ammontare della contribuzione previdenziale e assistenziale;
la combinazione delle richiamate disposizioni rappresenta il presupposto per il perfezionamento delle condizioni per il ricorso ai contratti di solidarietà. Pertanto, la circostanza dell'indisponibilità delle risorse destinate a finanziare la decontribuzione prevista dal citato decreto-legge 510 del 1996, evidenziata nel decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, n. 53530, relativo alla richiesta di riconoscimento del trattamento d'integrazione salariale per i lavoratori della società Lenci Calzature S.p.A., rappresenta un pregiudizio di primario rilievo ai fini dell'attivazione dell'istituto dei contratti di solidarietà;
l'impresa in questione, così come - si presume - la gran parte delle imprese nelle medesime condizioni, lamenta l'impraticabilità della soluzione concordata con le organizzazioni sindacali, a fronte della mancata decontribuzione, che fa venir meno le condizioni economiche per il mantenimento degli attuali livelli occupazionali;
le tensioni che si registrano nel mercato del lavoro italiano richiedono ogni sforzo per scongiurare altre situazioni di sofferenza -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere anche attraverso apposite misure di rifinanziamento del fondo per la decontribuzione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, al fine di scongiurare che un importante strumento come i contratti di solidarietà possa essere compromesso dalla mancata corresponsione delle agevolazioni contributive.
(2-00842)
«Gatti, Damiano, Mariani, Barbi, Bellanova, Berretta, Bobba, Bossa, Braga, Brandolini, Ceccuzzi, Cenni, Ciriello, Cuperlo, D'Antoni, D'Incecco, Fluvi, Ginefra, Giovanelli, Gnecchi, Madia, Marantelli, Marchi, Mattesini, Mazzarella, Merloni, Miglioli, Misiani, Mosca, Motta, Murer, Peluffo, Pes, Pollastrini, Rampi, Rugghia, Santagata, Schirru, Touadi, Trappolino, Vannucci, Zunino».

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI e ZAFFINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerso nel corso di una recente audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, personaggi di spicco della criminalità sarebbero beneficiari di trattamenti previdenziali di vario tipo;
numerosi boss mafiosi, al raggiungimento dei requisiti anagrafici, percepirebbero la pensione sociale o, comunque, il trattamento pensionistico spettante per l'attività lavorativa svolta come copertura della carriera criminosa;
addirittura sembrerebbe che taluni mafiosi abbiano ottenuto l'indennità di disoccupazione durante i loro periodi di latitanza;
tale vicenda inquietante ha provocato dure reazioni nel mondo politico, tanto da comportare un'immediata iniziativa legislativa per escludere che cittadini indegni come i superboss mafiosi possano maturare il diritto alla prestazione in presenza di requisiti contributivi «fittizi»;
è doveroso evitare che simili criminali possano fruire di qualsiasi trattamento previdenziale da parte dello Stato, tale da determinare un clamoroso spreco di danaro pubblico, oltre che una palese ingiustizia nei confronti dei familiari delle vittime e dei cittadini onesti;
appare scandaloso che lo Stato italiano, fatti salvi i diritti realmente acquisiti, paghi una pensione a persone che si sono macchiate di feroci delitti, in beffa a tutti i cittadini onesti per i quali, nonostante lunghi e faticosi anni di lavoro, la pensione è ancora un miraggio -:
quale sia il numero dei criminali condannati con sentenza passata in giudicato percettori di un trattamento previdenziale e a quale titolo (anzianità, vecchiaia, minima ed altro) e quanti di loro beneficino, oltre al trattamento previdenziale, anche degli assegni previsti dal piano di protezione pentiti, nonché a quanto ammonti l'onere a carico dello Stato per l'erogazione dei trattamenti previdenziali in questione.
(3-01261)

MOFFA e LO PRESTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la riforma del mercato del lavoro appare una tra le priorità della legislatura, anche al fine di rispondere in modo adeguato alla fase di uscita dalla crisi economica, individuando ogni possibile misura diretta a contrastare la disoccupazione;
nel luglio 2008 il Ministro interrogato ha avviato un ambizioso percorso di riforma del mercato del lavoro e della previdenza sociale, con la presentazione del libro verde sul futuro del modello sociale («La vita buona nella società attiva»); il documento - sottoposto ad una consultazione pubblica nel Paese, a cui hanno potuto partecipare tutti i soggetti interessati - ha visto anche l'approvazione di un'importante risoluzione delle Commissioni riunite XI e XII della Camera dei deputati, in data 18 marzo 2009;
sulla base dell'impianto complessivo del documento e degli indirizzi ricevuti dal

Parlamento, il Ministro interrogato ha attivato un'ampia consultazione con le parti sociali, che ha portato - tra l'altro - alla presentazione, alla fine di luglio 2010, del «piano triennale per il lavoro», il cui obiettivo principale è quello di «aprire il cantiere per una riforma generale del sistema fiscale correlata al completamento del federalismo istituzionale e ai grandi cambiamenti intervenuti nella produzione e composizione della ricchezza»;
è in corso di esame presso la XI Commissione (lavoro pubblico e privato) della Camera dei deputati anche il libro verde della Commissione europea, nel quale sono prefigurati importanti scenari sotto il profilo previdenziale, anch'essi meritevoli della massima attenzione da parte di Governo e Parlamento;
quanto al versante lavoristico, il piano triennale ha individuato talune significative priorità di intervento in tema di lavoro: statuto dei lavori, bilateralità, fisco più leggero sulla parte del salario che, in base ad accordi territoriali o aziendali, consente di aumentare la produttività o gli utili della società in cui si lavora;
in questo ambito, lo statuto dei lavori - secondo quanto affermato nel piano - dovrebbe essere destinato a sostituire lo statuto dei lavoratori del 1970, secondo un principio basato su «un diritto del lavoro sostanziale governato da un autonomo ed efficiente sistema di relazioni industriali, più che dalla logica tutta formalistica della norma inderogabile di legge»;
la riforma dovrebbe essere completata, nelle intenzioni del Governo, anche mediante un intervento normativo da proporre alle Camere su impulso dell'Esecutivo;
risulta che, nel frattempo, siano stati attivati incontri con le parti sociali per impostare le linee guida della citata riforma, tanto che - in vista dell'incontro programmato per il 4 ottobre 2010 - lo stesso Ministro interrogato ha scritto alle parti sociali chiedendo un avviso comune sullo statuto dei lavori;
appare quanto mai opportuno comprendere la tempistica di questi lavori preparatori, anche al fine di verificare quali siano gli spazi di riflessione e di intervento del Parlamento -:
se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti circa l'attuale «stato dell'arte» dell'intervento di cui in premessa, con gli opportuni aggiornamenti in ordine agli sviluppi del confronto con le parti sociali sullo statuto dei lavori.
(3-01262)

BELCASTRO, IANNACCONE, MILO, SARDELLI e GAGLIONE. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il nostro ordinamento giuridico riconosce e garantisce situazioni giuridiche soggettive, facendo espresso riferimento agli articoli 2 e 3 della Costituzione, che sanciscono, all'articolo 2, la libertà e i diritti fondamentali dell'uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e, all'articolo 3, i due principi di eguaglianza, sia formale che sostanziale;
il principio dell'uguaglianza formale (tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali) è stato molto approfondito ed ha assunto il valore di criterio di riferimento per il nostro sistema giuridico;
destinatario dell'articolo 3 della Costituzione è, in prima istanza, il legislatore, che deve considerare eguali tutti i cittadini, parificando le situazioni giuridiche eguali e distinguendo quelle diverse;
la discrezionalità del legislatore, nel diversificare le situazioni giuridiche, si deve arrestare di fronte a questi criteri enunciati dal costituente;
ma le discriminazioni si celano anche in norme di legge che, all'apparenza, appaiono neutre: è il caso della legge 22 dicembre 1973, n. 903 (istituzioni del

fondo di previdenza del clero e dei ministri di culto delle confessioni religiose), che prevede, per i sacerdoti, titolari di due pensioni, la trattenuta di un terzo sulla pensione del clero, riduzione che opera per principio, senza alcun collegamento con la situazione reddituale del sacerdote, senza salvaguardare una franchigia di sussistenza, come indicato dalla Corte costituzionale; la somma trattenuta sulla pensione da liquidare a carico del fondo è devoluta a favore del fondo stesso;
la trattenuta viene effettuata anche sulle pensioni di invalidità, la cui concessione conferma situazioni di bisogno economico e di sofferenza fisica del titolare, aggravandone, di fatto, la situazione personale;
il fondo clero prevede una sola pensione, che non fa riferimento ai redditi personali e che non distingue la percentuale di invalidità, e, pertanto, la trattenuta appare ancora più iniqua quando colpisce un sacerdote completamente inabile;
nessuna gestione previdenziale pubblica o privata prevede tale tipo di trattenuta: i vari divieti previdenziali di cumulo ne limitano l'importo complessivo, ma non vietano il diritto di avere due introiti, pensione e reddito;
infine, è da rilevare che tale trattenuta viene operata anche nei confronti dei sacerdoti successivamente laicizzati, che non dovrebbero, pertanto, essere più soggetti alla normativa ecclesiastica -:
quali iniziative si intendano assumere concretamente al riguardo al fine di far cessare tali palesi discriminazioni che colpiscono i sacerdoti, che sono uomini e lavoratori che svolgono una delicata missione, portata avanti con profondo zelo pastorale, spirituale e umano, che li vede spesso impegnati in realtà socio-culturali «difficili», dove appaiono indispensabili il loro lavoro e le loro parole di conforto, riaffermando così, al contempo, quei veri principi fondamentali di eguaglianza che sono alla base della nostra Carta costituzionale.
(3-01263)

DONADI, MURA, DI GIUSEPPE, PALADINI e PORCINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la distanza dell'Italia dai parametri di Lisbona sul tasso di occupazione femminile è preoccupante: non si riuscirà a raggiungere entro la fine del 2010 l'obiettivo dell'occupazione femminile al 60 per cento, essendo fermi al 46 per cento (i nostri dati sono inferiori rispetto a quello medio dell'Unione europea di circa dodici punti);
ciò significa che quasi metà delle donne in età da lavoro non ha speranza di ottenere un'autonomia economica, che gran parte delle famiglie italiane, soprattutto, ma non solo, al Sud, si reggono su un solo percettore di reddito, dalla stabilità ed adeguatezza del quale dipende la sopravvivenza di tutti; la mancata valorizzazione dell'occupazione e del ruolo femminile produce declino economico, in quanto il loro ingresso o il loro ritorno nel mondo del lavoro è motore di tutta l'economia, oltre che volano di servizi;
le politiche sociali non affrontano, né riconoscono il valore economico al lavoro di cura, sia sotto forma di congedi coperti da indennità adeguati che sotto forma di contributi figurativi più sostanziosi di quelli attualmente vigenti; al momento attuale solo il congedo di maternità è coperto da contributi figurativi calcolati sulla retribuzione effettiva (e solo per chi ha un lavoro regolare). Il congedo genitoriale, oltre ad essere compensato in maniera poco più che simbolica (30 per cento dello stipendio e solo se preso entro i tre anni di vita del bambino), dà luogo a contributi figurativi ridotti, ancorché riscattabili o integrabili con versamenti volontari, e per un massimo di sei mesi e solo per le lavoratrici dipendenti che abbiano almeno 5 anni di storia contributiva. Invece, nel caso di contributi per il periodo del servizio militare (o civile alternativo a quello militare) basta aver avuto anche un solo contributo nel periodo precedente il servizio; è anche per questo -

bassa remunerazione e scarsi o nulli contributi figurativi - che i padri raramente prendono il congedo genitoriale, allargando di fatto il divario con le loro compagne;
sul fronte degli incentivi ad hoc, al momento nessuna delle due recenti scuole del pensiero economico trova sponda in questo Governo: né la scuola che propone la detassazione parziale del reddito da lavoro dipendente delle donne, né l'altra che propone incentivi diretti alle aziende che assumono donne; non risultano risorse per favorire l'accesso al credito delle imprese femminili operanti nel Mezzogiorno; il fondo per il sostegno all'imprenditoria femminile in tutti i settori produttivi, di cui alla legge n. 215 del 1992, non è stato rifinanziato ed è privo di risorse;
il piano del Governo del dicembre 2009 «Italia 2020 - Programma di azioni per l'inclusione delle donne nel mercato del lavoro» propone, ad avviso degli interroganti, una politica di familismo esplicito, che riporta il nostro Paese agli anni sessanta: non vi è in cantiere, a distanza di un anno dal piano e di oltre due dall'avvento di questo Governo, alcuna misura concreta in favore dell'inclusione delle donne nel mercato del lavoro;
con riguardo al lavoro femminile nel pubblico impiego - in assenza di contestuali iniziative di sostegno o di benefici economici o di incremento dei servizi nel campo del welfare - l'unica misura adottata è stata l'innalzamento dell'età pensionabile a 65 anni, al pari degli uomini, con l'unico scopo, ad avviso degli interroganti, di produrre risparmi; il fatto rischia di aggiungere ingiustizia a disuguaglianza;
promessa del Governo fu che quei risparmi sarebbero stati utilizzati per l'incremento di risorse in favore delle donne medesime, delle politiche di conciliazione tra tempo di lavoro e di cura, delle politiche sociali collegate ai servizi alle famiglie: invece, il fondo per la non autosufficienza risulta ridotto, né sono state destinate adeguate risorse al welfare, né, al momento, ciò sembra rientrare nelle priorità del Governo;
al contrario, diversi provvedimenti adottati dal Governo - l'abolizione della legge n. 188 del 2007 sulle dimissioni in bianco, la limitazione del ricorso al part time, il mancato rinnovo degli incentivi fiscali a favore delle donne lavoratrici del Mezzogiorno - ad avviso degli interroganti, hanno di fatto avallato comportamenti scorretti da parte dei datori di lavoro e aumentato la discriminazione nei confronti delle lavoratrici; in sostanza, il rischio è che per le donne e le famiglie italiane l'Italia del 2020 sia tragicamente uguale a quella del 2010 -:
con quali misure intenda favorire l'occupazione femminile.
(3-01264)

Interrogazione a risposta scritta:

CALLEGARI, FEDRIGA, FORCOLIN e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2008 viene indetta la gara d'appalto per la gestione delle portinerie dell'università Ca' Foscari di Venezia; tale appalto coinvolgeva circa 40 lavoratori e prevedeva l'applicazione del CCNL multiservizi;
il CCNL multiservizi all'articolo 4 prevede il passaggio diretto dei lavoratori precedentemente impiegati all'interno dell'appalto, specificando tale procedura nel caso a fine appalto ci sia un nuovo aggiudicatario, l'unica condizione posta è che i lavoratori abbiano maturato in precedenza all'interno dell'appalto un'anzianità di servizio di almeno 4 mesi;
la ATI formata da Il Guerriero-Prodest si aggiudica a far data dal 1 dicembre 2009 l'appalto sopra citato e tramite raccomandata AR contatta i 40 lavoratori che fino al 30 novembre 2009 erano in forza alla cooperativa Biblos (precedente aggiudicatario dell'appalto) proponendo l'assunzione alle proprie dipendenze, ma con una condizione contrattuale nettamente sfavorevole, la ATI inseriva l'applicazione della discontinuità (sono discontinui quei lavoratori che svolgono attività che non richiedono

un impegno continuativo di lavoro, nonché i lavoratori che svolgono attività di semplice attesa e custodia articolo 3 RDL n. 692 del 1923), che in pratica prevede una maggiorazione oraria da 40 a 45 ore settimanali a parità di stipendio;
i lavoratori prima rifiutavano, ma dopo, per paura di perdere il posto di lavoro accettavano il contratto (comunque sempre entro i limiti di legge), anche se ritenuto svantaggioso; la ATI invece a prescindere dagli obblighi imposti dal capitolato e dal CCNL multiservizi procedeva con 15 nuove assunzioni, lasciando a casa i 40 vecchi lavoratori;
i 40 lavoratori con procedimento di urgenza citavano di fronte al giudice del lavoro l'ATI Il Guerriero-Prodest recriminando il loro diritto al posto di lavoro sancito dall'articolo 4 del CCNL multiservizi e contro l'applicazione della discontinuità. Il giudice del lavoro in data 10 marzo 2010 dava ragione ai lavoratori su tutti i punti, sia per quanto riguardava il posto di lavoro sia riconoscendo che per la loro figura professionale la discontinuità non era applicabile;
l'ATI Il Guerriero-Prodest in data 1 aprile 2010 faceva ricorso d'urgenza contro la sentenza, ma anche questa volta il collegio dei giudici del lavoro in data 28 aprile 2010 rigettava le istanze del consorzio dando ragione ai lavoratori e ordinando a Il Guerriero e Prodest ognuna per la propria parte di competenza, l'immediata assunzione dei ricorrenti con il livello e gli orari di lavoro che gli stessi avevano in precedenza nel medesimo appalto sino al 30 novembre 2009;
in data 11 agosto 2010 il giudice del lavoro dava per la terza volta ragione ai lavoratori emettendo la terza sentenza contro Prodest e l'applicazione della discontinuità;
a far data dal 5 settembre 2010 l'ATI Il Guerriero-Prodest riassumeva come ordinato dal giudice del lavoro i 40 lavoratori, tenendoli però a casa in congedo pagato fino al 16 settembre 2010 per poi reinserirli al lavoro; in data 18 settembre 2010 a tutti i lavoratori riassunti veniva recapitato un telegramma con il quale la ATI comunicava il trasferimento su altre regioni, chi in Puglia chi in Lombardia a far data dal 20 ottobre 2010 -:
se non ritenga opportuno inviare degli ispettori a controllare la corretta applicazione del CCNL multiservizi, in quanto risulta che nonostante la magistratura del lavoro abbia giudicato per tre volte come non applicabile alle figure professionali in oggetto la discontinuità (articolo 3 RDL n. 692 del 1923) ai 15 lavoratori assunti in sostituzione dei 40 venga tuttora applicata;
se risponda al vero che i sopraccitati 15 lavoratori vengano impiegati anche per turni di 60 ore settimanali;
se non ritenga opportuno fare un'attenta verificare dei caratteri oggettivi e di legittimità delle motivazioni e delle responsabilità anche personali che secondo l'ATI possano giustificare in presenza di tre sentenze di reintegro nel posto di lavoro, e dalle garanzie date dal CCNL il trasferimento di 40 lavoratori.
(4-08906)

...

RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazione a risposta immediata:

MANTINI, VOLONTÈ, PEZZOTTA, MARCAZZAN, COMPAGNON, CICCANTI, GALLETTI, LIBÈ e RAO. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
l'assegnazione alla città di Milano dell'Expo 2015 riveste un ruolo strategico fondamentale, soprattutto per le ricadute virtuose che il progetto potrà avere in funzione anticiclica sulla crisi economica: è un'occasione eccezionale di sviluppo, un fattore di ripresa competitiva e di attrazione di investimenti, il cui traino dovrebbe

produrre un incremento del valore aggiunto della Lombardia e dell'intero Paese;
secondo una ricerca effettuata dalla camera di commercio milanese su un campione di oltre 1.100 imprese, si tratta di un'importantissima opportunità che dovrebbe produrre un giro d'affari imponente: si prevede un incremento del fatturato intorno ai 44 miliardi di euro, con un incremento medio del giro d'affari di circa il 10 per cento ed i posti di lavoro che potrebbero nascere grazie all'Expo sono stati valutati in circa 70.000;
il comma 2 dell'articolo 14 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto la nomina del sindaco di Milano pro tempore a commissario straordinario del Governo per l'attività preparatoria dell'evento universale Expo 2015;
l'articolo 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2008 ha disposto l'istituzione della società di gestione Expo 2015 s.p.a., il cui oggetto sociale, in attuazione degli obblighi internazionali assunti nei confronti del Bureau international des expositions, prevede lo svolgimento di tutte le opere individuate nel dossier di candidatura come «essenziali», consistenti nelle opere di preparazione e costruzione del sito espositivo, nelle opere infrastrutturali di connessione al sito, nelle opere riguardanti la ricettività, nelle opere di natura tecnologica, nonché in tutte le attività di organizzazione e gestione dell'evento;
il comma 3 dell'articolo 5 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 ottobre 2008 dispone l'istituzione del «tavolo istituzionale» dell'Expo, che si è riunito il 23 febbraio 2009, con la partecipazione di Governo e dei tre enti istituzionali territoriali (regione, provincia e comune), che hanno proceduto all'approvazione dell'elenco delle opere: sono stati censiti complessivamente 65 interventi, per quasi 25 miliardi di euro, divisi tra 13 opere essenziali, 17 opere connesse e 35 opere ritenute necessarie ma non inserite nel dossier di candidatura;
il commissario straordinario delegato dal Governo per la realizzazione dell'evento universale, il sindaco di Milano Letizia Moratti, nella seduta del Cipe del 6 marzo 2009, ha confermato il cronoprogramma delle opere e l'obiettivo di giungere nel settembre 2014 al completamento delle stesse, cui si aggiunge anche il parere positivo del presidente della regione Lombardia, che ha rassicurato che «su tutte le 65 opere si sta rispettando alla lettera il cronoprogramma, sia per le essenziali che per le 17 cosiddette connesse e le 35 necessarie, e contiamo di concluderle tutte entro settembre», e anche i finanziamenti sembrerebbero essere stati confermati e messi a disposizione per l'esecuzione delle opere necessarie;
il Governo ha precisato, nella seduta della Camera dei deputati del 21 aprile 2009, che gli interventi si trovano in fase di studio di fattibilità e preliminare e riguardano opere stradali, metropolitane e urbanistiche. L'avvio dei lavori per questo primo gruppo di opere era previsto tra gennaio 2010 e novembre 2010; la scansione temporale così stabilita corrisponde alle previsioni di spesa che consentono il completamento degli investimenti specifici dell'evento Expo 2015, in coerenza con il piano finanziario e con gli impegni internazionali assunti dal Governo italiano nei confronti del Bureau international des expositions;
in data 9 settembre 2009, più di un anno e mezzo dopo la designazione del Bureau international des expositions, è stato presentato a Milano dall'allora amministratore delegato, onorevole Lucio Stanca, il concept master plan di Expo 2015, non l'intero master plan, ma, come si dice in gergo, la sua definizione concettuale, un insieme cioè di linee guida di quello che sarà il piano generale del sito sul quale dal 1o maggio al 30 ottobre 2015 si svolgerà l'esposizione;
le preoccupazioni diffuse sui ritardi accumulati hanno riguardato la valutazione

del progetto dell'Expo 2015 di Milano, da parte del Bureau international des expositions, la cui scadenza è stata programmata per il mese di aprile 2010 a Parigi. Entro quella data, per regolamento, la società di gestione dell'Expo 2015 avrebbe dovuto: registrare il progetto dopo l'approvazione del master plan dell'area espositiva, presentare il business plan del progetto e il piano di comunicazione e marketing di tutta la manifestazione;
le preoccupazioni crescono anche per i ritardi accumulati sotto il profilo della copertura dei costi dell'evento;
in seguito, nei mesi successivi e fino ai nostri giorni, la confusione, i conflitti e i ritardi sono aumentati in modo assai preoccupante, fino alle dimissioni, nel giugno 2010, dell'amministratore delegato, onorevole Lucio Stanca, e alla messa in dubbio della stessa realizzazione dell'evento;
in particolare, il nodo essenziale irrisolto risulta essere quello della proprietà dei terreni, oggetto di infinite diatribe con e tra i proprietari e di pareri legali, tardivamente richiesti e acquisiti;
risulta evidente, a pochi giorni dal nuovo e decisivo incontro con il Bureau international des expositions il 19 ottobre 2010, che l'Italia rischia di perdere l'Expo 2015, con gravissimo danno economico e di immagine;
i pareri legali evidenziano che l'unica strada ora perseguibile è quella ordinaria, prevista in tutti i Paesi democratici avanzati per la realizzazione di infrastrutture pubbliche, della dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori, con immediata presa di possesso delle aree, fermi restando i pieni diritti dei proprietari al corretto indennizzo del valore ai sensi di legge;
risultano, infatti, impercorribili gli strumenti dell'acquisto delle aree tramite newco pubblico-privato e della concessione parziale del diritto di superficie, poiché insostenibili nei tempi e contrari alla legge, anche per i maggiori oneri derivanti nella valutazione delle aree rispetto ai criteri di indennizzo -:
se il Governo non ritenga necessario procedere con immediatezza al provvedimento di dichiarazione di pubblica utilità e di immissione in possesso delle aree, anche attraverso ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, valutando l'opportunità della revoca dell'attuale commissario straordinario Moratti, al fine di non pregiudicare la realizzazione dell'Expo 2015.
(3-01267)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

BALDELLI e MANCUSO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della sanità pubblica, i tempi di attesa sono di estrema rilevanza;
per quanto riguarda le prestazioni diagnostiche bisogna aspettare almeno 360 giorni per fare l'ecografia al seno o una risonanza magnetica cranio (senza contrasto). Per una mammografia ci vogliono 420 giorni, per l'eco tessuto molle 480 giorni e per l'ecocolordoppler 720 giorni;
nell'ambito delle visite specialistiche, chi deve sottoporsi ad una chirurgica i tempi di attesa sono 5 mesi (150 giorni), per fare la visita neurochirurgica o un esame vestibolare i giorni da aspettare sono 180, contro i 270 della visita senologica e i 390 di quella cardiologica;
per gli interventi chirurgici ci sono 1.080 giorni di attesa per gli interventi di protesi al seno, al ginocchio e all'anca, 540 giorni per l'intervento al menisco e 450 per l'asportazione della sacca lacrimale;
l'articolo 32 della Costituzione dichiara solennemente che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto

dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti;
il fenomeno delle liste d'attesa che dilatano i tempi per l'accesso alle prestazioni erogate dal servizio sanitario nazionale lede il diritto alla tutela della salute;
è doveroso che il servizio pubblico garantisca a tutti i cittadini tempi di accesso alle prestazioni sanitarie certi e adeguati ai problemi clinici;
è necessario stroncare il deplorevole fenomeno delle liste d'attesa create ad arte per spingere i pazienti a pagare quel che nel normale orario di lavoro non viene garantito gratis o col solo pagamento del ticket -:
quali siano le iniziative del Ministro interrogato, nell'ambito delle sue competenze, per ridurre i tempi delle liste di attesa ed evitare che si debba ricorrere con sempre maggiore frequenza alle prestazioni sanitarie in intramoenia a pagamento per avere un servizio celere ed efficiente.
(3-01265)

LIVIA TURCO, MARAN, LENZI, QUARTIANI, GIACHETTI, ARGENTIN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, FARINA COSCIONI, GRASSI, MIOTTO, MURER, PEDOTO, SARUBBI e SBROLLINI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da 17 giorni un gruppo di cittadini, infettati per colpa di una trasfusione sbagliata di malattie come l'hiv, l'epatite B o C, provenienti da tutta Italia, stazionano, giorno e notte, con un camper davanti a Montecitorio e chiedono risposte;
più volte il Parlamento si è occupato di questa vicenda, a partire dalla legge 25 febbraio 1992, n. 210, e successive modificazioni ed integrazioni, che prevedeva un indennizzo economico a favore dei soggetti lesi in seguito a trasfusioni con sangue o da somministrazioni di emoderivati infetti, fino alla legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007), dove, all'articolo 2, comma 361, si prevede l'adozione di un decreto da parte del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per la definizione dei criteri in base ai quali i soggetti titolati possano accedere ai risarcimenti previsti e, al comma 363, l'estensione dell'indennizzo di cui all'articolo 1 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, ai soggetti effetti da sindrome da talidomide, determinata dalla somministrazione dell'omonimo farmaco, nelle forme dell'amelia, dell'emimelia, della focomelia e della macromelia;
a distanza di tre anni, dopo lunghe e logoranti trattative, dallo schema transattivo proposto dal Ministero della salute scompare l'iniziale «analogia» e «coerenza», previste nella legge per il risarcimento a tutte le categorie infette, e compaiono la «prescrizione», il requisito del «danno minimo», nonché quella che viene definita la «discriminazione tra categorie»: per lo stesso danno fisico il Ministero della salute propone a un emofiliaco 400.000 euro e a un emotrasfuso 68.000 euro, sei volte di meno;
sempre nello schema transattivo si propone di pagare subito chi ha «le carte in regola», mentre chi ha problemi di prescrizione o quant'altro deve confidare in un decreto-legge «salva esclusi» successivo, di cui non esiste alcuna garanzia o impegno scritto;
tutti i cittadini danneggiati da trasfusioni con sangue infetto devono essere pagati egualmente, senza distinzione di categorie e senza temere che la prescrizione mandi in fumo i dovuti risarcimenti -:
se non si ritengano ragionevoli, opportune ed accoglibili le richieste avanzate dalle vittime delle trasfusioni da sangue infetto, facendo sì non solo che tutti i cittadini danneggiati in questo modo abbiano lo stesso trattamento risarcitorio indipendentemente dalla causa che lo ha prodotto, ma evitando anche di inserire i termini per la prescrizione dalla domanda di risarcimento, evitando così a coloro che

sono stati danneggiati oltre il danno anche la beffa.
(3-01266)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

LIVIA TURCO, LENZI, GRASSI, MURER, MIOTTO, BURTONE, D'INCECCO, BOSSA, SBROLLINI, SARUBBI, ARGENTIN e PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la definizione dei livelli essenziali d'assistenza, il «paniere» dei servizi e delle prestazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini è ferma al 2001 dopo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del Governo Prodi del 23 aprile 2008 contenente l'aggiornamento dei Livelli essenziali d'assistenza, è stato revocato dall'attuale Governo prendendo a pretesto, ad avviso degli interroganti, un rilievo mosso dalla Corte dei conti la quale ritenne che i nuovi livelli essenziali di assistenza sarebbero costati circa 800 milioni di euro in più su base annua rispetto alla copertura prevista;
i nuovi livelli essenziali d'assistenza cancellati e non ancora reintrodotti contenevano molte novità tra le quali: il nuovo «nomenclatore tariffario delle protesi dei presidi e degli ausili» che riguarda l'assistenza protesica per le persone disabili ed introduce nuovi ausili informatici di comunicazione e controllo ambientale, ausili per la mobilità personale, ausili per la cura e l'adattamento della casa, apparecchi acustici per le persone con sordità peri verbale, l'aggiornamento dell'elenco delle malattie croniche e rare esentate dal pagamento del ticket, l'introduzione del vaccino anti papilloma virus contro il cancro alla cervice uterina, l'analgesia epidurale che consente di partorire senza dolore, la diagnosi neonatale della sordità congenita e della cataratta congenita, il potenziamento dell'assistenza odontoiatrica attraverso la visita di controllo per tutti e il trattamento delle urgenze, le cure domiciliari soprattutto per i malati nella fase terminale, i servizi socio sanitari come i consultori familiari, i centri di salute mentale, i servizi di neuropsichiatria per i minori, i servizi per i disabili gravi e quelli per le persone con dipendenze patologiche;
i livelli essenziali di assistenza rappresentano in sostanza l'offerta dei servizi e delle prestazioni erogabili dal servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini, gratuitamente o previo pagamento di una somma standardizzata (ticket) e, non disporre di una regolamentazione precisa e aggiornata riguardo queste prestazioni è alquanto rischioso per tutte le persone che di queste prestazioni non possono fare a meno;
la revoca del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 aprile 2008 ha comportato anche il mancato aggiornamento del nomenclatore tariffario degli ausili e delle protesi aggravando così ulteriormente una situazione già di per sé difficile visto che di fatto ha escluso dal rimborso tutte le nuove applicazioni tecnologiche che sicuramente rendono più agevole compiere i normali gesti quotidiani alle persone disabili;
il mancato aggiornamento dei LEA da almeno due anni sta avendo gravi ripercussioni sui cittadini in particolar modo quelli più deboli che si sono visti costretti in tutto questo tempo a far fronte da soli alle mancate ed auspicate novità previste nel 2008 e mai entrate in vigore come;
in data 27 luglio 2010 alla Camera dei deputati, in sede di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 maggio 2010, 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, «il Governo ha accettato l'ordine del giorno n. 9/3638/312 a firma degli onorevoli Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco e Zamparutti con il quale si impegnava ad emanare il decreto sui livelli essenziali di assistenza entro il mese di settembre 2010, termine da considerarsi perentorio salvo che il ministro dell'economia

non avesse comunicato al Parlamento le ragioni che considerasse ostative all'emanazione del decreto in questione entro il termine indicato»;
il mese di settembre 2010 è passato senza che né sia stato emanato il nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sull'introduzione dei nuovi livelli essenziali di assistenza né che il Ministro dell'economia e delle finanze comunicasse al Parlamento le ragioni ostative all'emanazione dei nuovi livelli essenziali di assistenza -:
a quale stadio sia attualmente l'iter relativo all'approvazione del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicante l'introduzione dei nuovi livelli essenziali d'assistenza fermi ormai al lontano 2001 e se non ritenga opportuno impegnarsi in prima persona e in tutte le sedi opportune affinché tale decreto veda la luce quanto prima indicando anche con chiarezza e precisione quale sia la data di approvazione.
(5-03532)

LIVIA TURCO, LENZI, GRASSI, FARINA COSCIONI, MURER, MIOTTO, BURTONE, D'INCECCO, BOSSA, SBROLLINI, SARUBBI, ARGENTIN e PEDOTO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Parlamento in data 9 marzo 2010 ha approvato in via definitiva la legge n. 38 riguardante «Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore», auspicata e voluta da tutte le forze politiche;
quello delle cure palliative è divenuto un vero problema sociale visto che, secondo i dati dello stesso Ministero della salute, sono 250 mila i malati terminali che ogni anno necessitano di cure palliative: 160 mila oncologici e 90 mila con altre patologie (cardiache, respiratorie, neurologiche, infettive);
per garantire la tutela e il diritto del cittadino ad accedere alle cure palliative e alla terapia del dolore e far sì che tutti i cittadini, e non solo il 40 per cento dei malati oncologici e meno dell'1 per cento di quelli non oncologici, abbiano accesso al programma di cure palliative, l'articolo 1 della legge n. 38 del 2010 tutela e garantisce «l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore da parte del malato, come definito dall'articolo 2, comma 1, lettera c), nell'ambito dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 33 dell'8 febbraio 2002, al fine di assicurare il rispetto della dignità e dell'autonomia della persona umana, il bisogno di salute, l'equità nell'accesso all'assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni»;
l'inserimento nei livelli essenziali di assistenza del diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore è fondamentale non solo per superare le attuali disomogeneità tra regione e regione, che rappresentano uno dei più grossi limiti di questa medicina, ma per garantire la dignità del fine vita e dell'eguaglianza di fronte alla sofferenza di tutti coloro che ne sono coinvolti, impedendo che la sofferenza si trasformi in un impoverimento dei diritti della persona;
la legge n. 38 del 2010, proprio per rendere usufruibile e reale il diritto alle cure palliative e alla terapia del dolore a tutti i cittadini, prevede al suo interno una serie di adempimenti quali ad esempio:
all'articolo 3, comma 2, la definizione delle linee guida per la promozione, lo sviluppo e il coordinamento degli interventi regionali negli ambiti individuati dalla presente legge;
all'articolo 4, la realizzazione di campagne istituzionali di comunicazione destinate a informare i cittadini sulle modalità e sui criteri di accesso alle prestazioni e ai programmi di assistenza in materia di cure palliative e di terapia del

dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative;
all'articolo 5, comma 1, l'attivazione da parte del Ministero della salute di una specifica rilevazione sui presidi ospedalieri e territoriali e sulle prestazioni assicurate in ciascuna regione dalle strutture del Servizio sanitario nazionale nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore, al fine di promuovere l'attivazione e l'integrazione delle due reti a livello regionale e nazionale e la loro uniformità su tutto il territorio nazionale;
all'articolo 5, comma 2, un decreto per l'individuazione sia delle figure professionali con specifiche competenze ed esperienza nel campo delle cure palliative e della terapia del dolore sia per le modalità di coordinamento tra la rete nazionale e quelle regionali;
all'articolo 5, comma 3, un decreto per la definizione dei requisiti minimi e delle modalità organizzative per l'accreditamento delle strutture di assistenza ai malati in fase terminale e delle unità di cure palliative e della terapia del dolore domiciliari presenti in ciascuna regione;
all'articolo 6, il potenziamento del progetto «Ospedale-Territorio senza dolore»;
all'articolo 7, l'obbligo di riportare la rilevazione del dolore all'interno della cartella clinica;
all'articolo 8, la formazione e l'aggiornamento del personale medico e sanitario in materia di cure palliative e di terapia del dolore con l'approvazione di uno o più decreti atti sia a modificare la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici percorsi formativi in materia di cure palliative e di terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative sia ad introdurre l'istituzione di master in cure palliative e nella terapia del dolore, nonché la definizione di percorsi formativi omogenei su tutto il territorio nazionale per i volontari che operano nell'ambito delle due reti;
all'articolo 9, l'attivazione del monitoraggio da parte del Ministero della salute delle cure palliative e della terapia del dolore connesso alle malattie neoplastiche e a patologie croniche e degenerative;
all'articolo 10, la semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore con la modifica al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 -:
quale sia attualmente lo stato degli adempimenti previsti dai vari articoli dalla legge n. 38 del 2010 riportati in premessa, affinché una legge ormai approvata più di sei mesi fa e voluta da tutte le forze politiche possa iniziare a esplicare i suoi effetti rendendo così accessibile e fruibile un diritto riconosciuto a tutti i cittadini indipendentemente dal loro luogo di residenza o dalle loro condizioni economico-sociali.
(5-03533)

Interrogazione a risposta scritta:

DI PIETRO, DI GIUSEPPE, MURA e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 15 settembre 2010, come riportato dall'Agenzia Ansa e da un articolo di altromolise.it, un caso di malasanità è accaduto a Pozzilli, piccolo centro della provincia di Isernia. Vittima un sessantacinquenne, Antonio Del Corpo, che intorno alle 4 aveva avvertito forti dolori al torace. I familiari chiamano ripetutamente il 118 di Venafro, ma il telefono squilla a vuoto. Il signor Del Corpo muore dopo un'ora e mezzo, poco prima dell'arrivo di un'ambulanza chiamata dalla Polizia;
più volte gli operatori di Venafro hanno denunciato, anche alla stampa, che a causa della chiusura di diversi servizi all'ospedale SS. Rosario di Venafro e per

la trasformazione del pronto soccorso in punto di primo soccorso, si sono moltiplicati i trasferimenti della zona verso altri nosocomi, con conseguente impossibilità di fare fronte tempestivamente alle numerose richieste di intervento;
per chiarire, se mai ce ne fosse bisogno, lo stato in cui versa la sanità in Molise, e prendendo proprio spunto dalla morte di alcuni giorni prima del suddetto signor Antonio Del Corpo, le pagine locali del quotidiano Il Tempo del 21 settembre 2010, riportano la Lettera che l'ex primario di chirurgia del Veneziale di Isernia, Cristiano Huscher, ha inviato all'assessore alla sanità Nicola Passarelli. Partendo dalle mancanze del 118 (sulle quali sono aperte le indagini della Procura) il professor Huscher ricorda di aver costantemente riferito all'assessore circa l'inutilità di alcuni reparti; le spese proibitive per le creazioni di reparti; la pericolosità dei medesimi reparti in quanto non poteva essere garantita la continuità assistenziale da parte dei primari che, esaurita l'attività operatoria, tornavano a Roma; che nell'ospedale di Isernia si facevano interventi che non andavano fatti e per i quali qualcuno «ci aveva rimesso la pelle»; e infine che alcune strutture del Veneziale non erano a norma;
in questi mesi è peraltro montata la protesta contro chi gestisce la sanità molisana; cortei a difesa degli ospedali, raccolta di firme per sindaci «poco attivi» nella difesa dei reparti ospedalieri della propria città, lungaggini nella fornitura di esami diagnostici;
la realtà è che il Molise è una delle regioni italiane con il deficit sanitario più alto. Nel solo 2009, con una popolazione di appena 330.000 abitanti, il deficit accertato è stato pari a circa 60 milioni di euro. Per il 2010 si viaggia verso gli 80 milioni di euro;
principale causa di questo enorme disavanzo sanitario, ad avviso degli interroganti è rappresentata dagli sperperi accumulati in anni di gestione clientelare nella sanità pubblica;
come primi interventi per il rientro dal deficit sanitario, la regione ha deciso di tagliare sui più deboli, quelli che non hanno la possibilità, o a prezzo di grandi sacrifici, di spostarsi da una città all'altra e che hanno l'esigenza di una assistenza sanitaria ordinaria e continuativa sul territorio. Una delle scelte del governo regionale, è infatti quella di chiudere qualche struttura sanitaria, e tra queste vi è l'Ospedale «SS. Rosario» di Venafro. Si tratta di una struttura sanitaria pubblica molisana, con il più alto indice di mobilità attiva, crocevia e punto di riferimento per i cittadini del basso Lazio, dell'alto casertano e del basso Abruzzo;
ciò ha consentito negli anni, al SS. Rosario di maturare una elevata specializzazione in alcuni importanti servizi sanitari;
si ricorda peraltro che l'11 settembre 2010, si era svolta una grande manifestazione, organizzata anche dal comitato «Ospedale SS. Rosario», e in difesa dello stesso ospedale, proprio per difendere il proprio diritto alla salute e per rivendicare il mantenimento di una struttura, il SS. Rosario, da sempre efficiente, anche economicamente. In realtà, il SS. Rosario continua a ricevere duri colpi, che lo stanno trascinando lentamente e inesorabilmente verso la chiusura;
oltretutto è stato accertato dai tecnici specializzati che l'edificio in cui è ubicato il SS. Rosario è antisismico, diversamente da altri, tra cui il fabbricato del Veneziale di Isernia. Una soluzione tecnica idonea a garantire l'incolumità pubblica senza ulteriori costi per il sistema, sarebbe quello di trasferire reparti del Veneziale nell'edificio del SS. Rosario;
viceversa sembra che la regione Molise abbia programmato di realizzare un nuovo edificio, con quello che comporta in termini di milioni di euro spesi. In pratica si dovrebbe decidere di chiudere un ospedale - quello di Venafro - pienamente antisismico, per realizzarne uno nuovo. E ciò in evidente contrasto con i vincoli posti dal Piano di rientro;

non per tutti gli ospedali sono però previsti tagli, anzi in alcuni sono stati apportati ulteriori interventi di potenziamento;
emblematica in questo senso è la vicenda del «Veneziale» di Isernia e della sua unità operativa di coordinamento, l'unità di neurofisiopatologia. La struttura ha praticamente più personale sanitario che malati, e non avrebbe motivo di esistere data la specificità del reparto. Peraltro nel 2005, una Commissione di inchiesta del Senato ha evidenziato che si tratta di una UOC (unità operativa di coordinamento) che non attrae utenza numerosa. Come riportato anche dal quotidiano Nuovo Molise oggi del 24 febbraio 2009, il primario di detta UOC unità di neurofisiopatologia, è Nicola Iorio, fratello del presidente Michele Iorio;
il medesimo quotidiano Nuovo Molise oggi del 24 febbraio 2009, riporta peraltro come altri familiari del presidente Iorio, già commissario ad acta, sono inseriti nelle strutture del servizio sanitario regionale -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare - nell'ambito delle proprie prerogative - per verificare quanto esposto in premessa, rispetto alle scelte del commissario ad acta riguardanti il ridimensionamento e/o la chiusura di importanti presidi sanitari regionali posto che ad avviso degli interroganti sussiste un problema di incompatibilità dell'attuale commissario ad acta a svolgere le sue funzioni per conflitto di interessi, qualora venisse confermata la presenza in posti chiave della sanità regionale di familiari del presidente medesimo.
(4-08910)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha evidenziato come il settore dell'edilizia possa dare un contributo significativo per il risparmio energetico su scala europea se vi è un maggior impegno per l'efficienza sul patrimonio esistente;
la Commissione ha valutato come le direttive sul risparmio energetico in edilizia, siano rivolte agli edifici nuovi che rappresentano però soltanto l'1 per cento dello stock di alloggi dell'Unione europea, mentre il target del patrimonio edilizio esistente è trascurato;
secondo la Commissione investire nell'efficienza energetica dell'esistente, darebbe vita a una rivoluzione energetica dell'edilizia che cambierebbe il quadro della domanda energetica dell'Unione, assorbita per due terzi dalle città;
gli immobili residenziali rappresentano il 40 per cento dei consumi di energia dell'Unione europea. Dotandoli di standard energetici elevati, si potrebbero compiere progressi rilevanti verso l'obiettivo di efficienza energetica fissato per il 2020, con un taglio di ben 78 miliardi di euro nella bolletta annuale e la creazione di un milione di posti di lavoro;
quanto alle risorse, per la Commissione europea fino al 4 per cento dei fondi dell'Unione europea per lo sviluppo regionale potrà essere indirizzato in efficienza energetica e nel ricorso alle fonti rinnovabili negli edifici residenziali esistenti. Si tratta di 8 miliardi di euro che darebbero un contributo per il raggiungimento degli obiettivi comunitari in materia di clima ed eco-edilizia;
la mozione 1-00324 del 26 gennaio 2010 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati impegnava, tra l'altro, il Governo a promuovere iniziative normative

di competenza per "favorire la riqualificazione energetica del patrimonio abitativo e industriale esistente in funzione di un adeguamento tecnologico che permetta un maggiore risparmio energetico, anche attraverso la previsione di un sistema di incentivazione stabile e certo nel medio-lungo periodo, prevedendo a tal fine di portare a regime le norme attualmente vigenti di agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici -:
quali misure si siano adottate per dar seguito agli impegni sull'efficienza energetica del patrimonio abitativo ed industriale esistente;
quale posizione si tenga nell'ambito dell'Unione europea su questo tema in relazione anche alla recente raccomandazione della Commissione europea.
(4-08900)

BORGHESI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con delibera 366/10/CONS del 4 agosto 2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha regolamentato il piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre in chiaro e a pagamento, indicando le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione dei contenuti audio-video in tecnica digitale vie etere terrestre e relative condizioni di utilizzo;
con determina dell'11 agosto 2010, in attuazione della delibera 366 dell'AGCOM, il dipartimento comunicazioni dell'MSE ha emesso il bando per l'attribuzione della numerazione automatica dei canali (LCN);
la delibera 366 dell'AGCOM prevede per le emittenti locali il posizionamento nel primo arco di numerazione dal 10 al19 e dal 71 al 99;
la citata delibera 366/10/CONS stabilisce che il criterio di assegnazione della numerazione alle emittenti locali è costituito dalla media dei punteggi delle ultime 3 graduatorie predisposte dai Comitati regionali delle comunicazioni (CORECOM) nell'applicazione del decreto ministeriale n. 292 del 2004, riguardante il regolamento per la concessione dei benefici previsti a favore delle emittenti televisive locali dall'articolo 45, comma 3, della legge n. 448 del 1998 e successive modificazioni ed integrazioni;
il decreto legislativo n. 44 del 15 marzo 2010 recante «Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive», pubblicato in Gazzetta Ufficiale al n. 73 del 29 marzo 2010 (cosiddetto «Decreto Romani») prevede che:
«l'Autorità, al fine di assicurare condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, adotta un apposito piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, in chiaro e a pagamento, e stabilisce con proprio regolamento le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi in ordine di priorità:
a) garanzia della semplicità d'uso del sistema di ordinamento automatico dei canali;
b) rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti...»;
«Nel primo arco di numeri si dovranno prevedere adeguati spazi nella numerazione che valorizzino la programmazione delle emittenti locali di qualità e quella legata al territorio»;
con segnalazione (AS718) pubblicata sul bollettino 26/2010, l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha espresso dubbi in merito al fatto che l'applicazione concreta del decreto ministeriale n. 292 del 2004 produca «problematiche di carattere concorrenziale», giacché i criteri in base ai quali vengono assegnati i punteggi

alle emittenti ai fini del riconoscimento dei contributi (fatturati realizzati nel triennio precedente e unità di personale dipendente impiegate nello svolgimento dell'attività televisiva), afferma l'Antitrust: «possono produrre effetti distorsivi delle dinamiche competitive nel mercato», finendo con il premiare «in modo maggiormente significativo le imprese che già realizzano fatturati elevati e che già dispongono di un consistente numero di dipendenti». «Le imprese televisive che realizzano fatturati più elevati - scrive l'Agcom - ottengono un significativo numero di punti aggiuntivi che contribuiscono ad elevare la posizione in graduatoria delle stesse e, di conseguenza, il contributo ad esse spettanti»;
tali criteri, a giudizio dell'Autorità, non favoriscono l'innovazione e il miglioramento qualitativo dell'offerta televisiva e, per ciò, ne andrebbero aggiunti altri, quali la valutazione del tempo che le emittenti televisive locali riservano ai programmi informativi e l'innovazione tecnologica degli impianti di radiodiffusione televisiva eserciti. Tali criteri, infatti, «sarebbero maggiormente idonei al raggiungimento dell'obiettivo principale che il legislatore si prefiggeva nel momento dell'introduzione della normativa in esame (il decreto ministeriale n. 292 del 2004), consistente nel sostenere ed incentivare l'esistenza e l'operatività di imprese televisive in ambito locale a tutela del pluralismo dell'informazione»;
riportando all'attenzione il caso esemplificativo dell'emittente lombarda «Più Blu Lombardia», radicata sul territorio lombardo da oltre 20 anni e stabilmente ai primi 10 posti tra le emittenti più seguite in Lombardia, ma nelle ultime posizioni delle graduatorie Corecom, secondo le previsioni della richiamata delibera tale emittente finirebbe per occupare una posizione successiva al numero 90 del telecomando, vedendo così di fatto azzerato il suo consolidato avviamento d'impresa televisiva, cancellato il ventennale rapporto con l'utenza -:
se in Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se e quali iniziative di competenza, ferme restando le prerogative dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, il Ministro intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa.
(4-08911)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Farina Coscioni e altri n. 1-00443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marchi, De Torre, Di Stanislao, Graziano, Raisi.

Apposizione di firme ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta scritta Picierno n. 4-08827, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giulietti, Santagata, Rosato, Oliverio, Rigoni, Schirru, Bellanova.

Ritiro di documenti di indirizzo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
mozione Di Pietro n. 1-00435 del 22 settembre 2010;
mozione Franceschini n. 1-00438 del 23 settembre 2010;
mozione Casini n. 1-00446 del 30 settembre 2010.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza a risposta scritta Lussana n. 4-07677 del 21 giugno 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Luciano Dussin n. 5-03262 del 20 luglio 2010.