XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 4 di martedì 13 maggio 2008

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 10,10.

MIMMO LUCÀ, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 7 maggio 2008.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, il deputato Tremonti è in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente tre, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.
Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio della formazione del Governo e del conferimento di incarichi a Ministri.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 9 maggio 2008, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente,
La informo che il Presidente della Repubblica, con propri decreti in data 7 maggio 2008, ha accettato le dimissioni rassegnate il 24 gennaio 2008 dal Gabinetto presieduto dall'onorevole professor Romano Prodi ed ha altresì accettato le dimissioni dalle rispettive cariche rassegnate dai Sottosegretari di Stato.
Avendo io accettato l'incarico di formare il Governo conferitomi in data 7 maggio 2008, il Presidente della Repubblica mi ha nominato, con contestuale decreto, Presidente del Consiglio dei ministri.
Con ulteriore decreto in pari data, il Presidente della Repubblica, su mia proposta, ha nominato ministri senza portafoglio l'onorevole dottor Elio Vito, l'onorevole Umberto Bossi, il senatore dottor Roberto Calderoli, l'onorevole dottor Raffaele Fitto, l'onorevole dottoressa Maria Rosaria Carfagna, l'onorevole dottor Andrea Ronchi, l'onorevole professor Renato Brunetta, l'onorevole dottor Gianfranco Rotondi e l'onorevole Giorgia Meloni.
Sono stati altresì nominati ministri:
degli affari esteri, l'onorevole dottor Franco Frattini;
dell'interno, l'onorevole avvocato Roberto Maroni;
della giustizia, l'onorevole avvocato Angelino Alfano;
della difesa, l'onorevole avvocato Ignazio La Russa;
dell'economia e delle finanze, l'onorevole professor Giulio Tremonti;
dello sviluppo economico, l'onorevole dottor Claudio Scajola;
delle politiche agricole e forestali, il dottor Luca Zaia;Pag. 2
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, l'onorevole dottoressa Stefania Prestigiacomo;
delle infrastrutture e dei trasporti, il senatore Altero Matteoli;
del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il senatore dottor Maurizio Sacconi;
dell'istruzione, dell'università e della ricerca, l'onorevole avvocato Mariastella Gelmini;
per i beni e le attività culturali, il senatore dottor Sandro Bondi.

Inoltre, il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data 8 maggio 2008, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato il dottor Gianni Letta sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con le funzioni di segretario del Consiglio medesimo.
Infine, con mio decreto in data 8 maggio 2008, sentito il Consiglio dei ministri, ho conferito ai ministri senza portafoglio, a norma dell'articolo 9 della legge 23 agosto 1988, n. 400, i seguenti incarichi:
all'onorevole dottor Elio Vito i rapporti con il Parlamento;
all'onorevole Umberto Bossi le riforme per il federalismo;
al senatore dottor Roberto Calderoli la semplificazione normativa;
all'onorevole dottor Raffaele Fitto i rapporti con le regioni;
all'onorevole dottoressa Maria Rosaria Carfagna le pari opportunità;
all'onorevole dottor Andrea Ronchi le politiche comunitarie;
all'onorevole professor Renato Brunetta la pubblica amministrazione e l'innovazione;
all'onorevole dottor Gianfranco Rotondi l'attuazione del programma;
all'onorevole Giorgia Meloni le politiche per i giovani.
Firmato: Silvio Berlusconi».

Annunzio della nomina dei sottosegretari di Stato.

PRESIDENTE. Comunico altresì che il Presidente del Consiglio dei ministri ha inviato, in data 12 maggio 2008, la seguente lettera:
«Onorevole Presidente,
La informo che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta e sentito il Consiglio dei ministri, ha nominato i seguenti sottosegretari di Stato:
alla Presidenza del Consiglio dei ministri: onorevole Maurizio Balocchi (semplificazione legislativa); onorevole Paolo Bonaiuti (editoria); onorevole Michela Vittoria Brambilla (turismo); onorevole Aldo Brancher (riforme); onorevole Rocco Crimi (sport); senatore Carlo Amedeo Giovanardi (famiglia, droga e servizio civile); onorevole Gianfranco Miccichè (CIPE);
allo sviluppo economico: senatore Ugo Martinat; onorevole Paolo Romani; onorevole Adolfo Urso;
alle politiche agricole e forestali: onorevole Antonio Buonfiglio;
all'ambiente e alla tutela del territorio e del mare: onorevole Roberto Menia;
alle infrastrutture e ai trasporti: senatore Roberto Castelli; signor Bartolomeo Giachino; senatore Mario Mantovani; signor Giuseppe Maria Reina;
al lavoro, alla salute e alle politiche sociali: professor Ferruccio Fazio; onorevole Francesca Martini; onorevole Eugenia Maria Roccella; senatore Pasquale Viespoli;
agli affari esteri: onorevole Stefania Gabriella Anastasia Craxi; senatore Alfredo Mantica; dottor Enzo Scotti;Pag. 3
all'interno: senatore Michelino Davico; onorevole Alfredo Mantovano; senatore Nitto Francesco Palma;
alla giustizia: senatrice Maria Elisabetta Alberti Casellati; senatore Giacomo Caliendo;
alla difesa: onorevole Giuseppe Cossiga; onorevole Guido Crosetto;
all'economia e alle finanze: onorevole Luigi Casero; onorevole Nicola Cosentino; onorevole Alberto Giorgetti; onorevole Daniele Molgora; onorevole Giuseppe Vegas;
all'istruzione, all'università e alla ricerca: professor Giuseppe Pizza;
ai beni e attività culturali: onorevole Francesco Maria Giro.
Firmato: Silvio Berlusconi».

Sull'ordine dei lavori (ore 10,15).

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Presidente del Consiglio, ricordo agli onorevoli colleghi che oggi pomeriggio, così come deciso dall'Ufficio di Presidenza, alle ore 16 si svolgerà la cerimonia per intitolare la Sala gialla della Camera dei deputati, in occasione dell'anniversario della tragica uccisione, alla memoria dell'onorevole Aldo Moro.

Comunicazioni del Governo (ore 10,16).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca: comunicazioni del Governo.
Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio dei ministri (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia).

SILVIO BERLUSCONI, Presidente del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il lavoro che ci aspetta per ridare fiducia e slancio all'Italia richiede ottimismo e spirito di missione.
Gli elettori hanno raccolto e premiato il nostro comune appello a rendere più chiaro, più efficiente e controllabile il governo del Paese. Hanno ridotto drasticamente la frammentazione politica e hanno scelto, con nettezza, una maggioranza di governo e una di opposizione, ciascuna con le proprie idee e passioni, ciascuna con una propria leadership.
Il voto è stato un messaggio univoco alla classe dirigente, è stata la prima grande riforma di tante altre che sono necessarie.
Gli italiani hanno preso la parola, hanno messo a tacere con la loro voce sovrana il pessimismo rumoroso di chi non ama l'Italia e non crede nel suo futuro. Hanno respinto le insidiose campagne di sfiducia astensionista o di protesta qualunquista, hanno partecipato generosamente al momento più alto e più nobile di una democrazia liberale moderna ed hanno detto: noi vi mettiamo in grado di risollevare il Paese, sta a voi non deluderci.
Dividetevi - hanno detto i cittadini - ma non ostacolatevi slealmente. Combattetevi anche, ma non in nome di vecchie ideologie. Prendete democraticamente le decisioni necessarie a risalire la china, rispettate il dissenso e tutelate le minoranze che si esprimono dentro e fuori del Parlamento, ma dateci stabilità e impegno nell'azione di governo, fate uno sforzo comune perché chi governa e chi esercita il controllo parlamentare sul governo possano fare, ciascuno nel suo ambito, il proprio mestiere.
Fate funzionare le istituzioni della Repubblica, ci hanno ordinato gli elettori. Riducete l'area della vanità e della cosiddetta visibilità politica dei partiti. Realizzate quanto avete promesso di realizzare e fatelo in fretta, perché una cosa è sicura: l'Italia non ha tempo da perdere.
Nella società italiana è maturata una nuova consapevolezza dopo anni difficili e, per certi aspetti, tormentati. Si respira un nuovo clima, che si esprime nella nuova composizione delle Camere chiamate oggi qui a discutere della fiducia al Governo.
La parte maggiore dell'opposizione ha creato un suo strumento di osservazione e di interlocuzione con il Governo: il gabinettoPag. 4ombra della tradizione anglosassone, che può essere di aiuto nel fissare i termini della discussione, del dissenso e delle eventuali convergenze parlamentari, in particolare sulle urgenti e ben note modifiche da apportare al funzionamento del sistema politico e costituzionale.
L'aspirazione generale è che un confronto di idee e di interessi: anche severo, anche rigoroso, non generi nuove risse, ma una consultazione alla luce del sole, un dialogo concreto e trasparente e poi scelte e decisioni ferme che abbiano riguardo esclusivamente agli interessi del Paese.
Il Capo dello Stato ha definito in maniera impeccabile, citando l'opera e il pensiero di un grande liberale, Luigi Einaudi, i termini della dialettica tra le istituzioni, in particolare, tra la Presidenza della Repubblica e la guida del Governo. Tutte le condizioni sono così riunite perché il Parlamento recuperi per intero la fiducia dei cittadini lavorando seriamente e a pieno ritmo.
Il Paese non ci chiede compromessi al ribasso, confabulazioni segrete o mercanteggiamenti; ci spinge, invece, ad assumerci ciascuno la nostra parte di responsabilità con un metodo e una cultura che mettano il rispetto al posto della faziosità, che mettano una polemica vivace al posto della guerriglia paralizzante, che mettano la bellezza della politica - capace di cambiare le cose e di migliorarle - al posto della demagogia, del chiacchiericcio, del teatrino e dell'inganno (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Noi faremo la parte che un forte consenso democratico ci ha assegnato. Non abbiamo promesso miracoli, ma intendiamo realizzare piccole e grandi cose. Partiremo da interventi di alto valore, insieme simbolico e concreto, come quelli che definiremo nel prossimo Consiglio dei ministri che terremo a Napoli. Punto primo: lo scandalo dei rifiuti non smaltiti deve finire e finirà (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Nessun grande Paese può convivere a lungo con una simile ferita al suo ambiente, all'igiene pubblica e al prestigio della sua immagine dentro e fuori i confini della nazione.
Punto secondo: la casa è un bene primario intorno al quale prendono radici l'identità familiare, la capacità lavorativa e la stessa identità sociale stabile dei cittadini e la tassazione della prima casa va definitivamente cancellata (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Punto terzo: il reddito di chi lavora va sostenuto anche dalla fiscalità generale, soprattutto in una fase in cui il divario tra prezzi e potere d'acquisto dei salari e degli stipendi si è fatto, in certi casi, intollerabile e chi si impegna a lavorare di più e a contribuire alla competitività delle imprese va incoraggiato con una sensibile detassazione dei suoi guadagni (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Punto quarto: la sicurezza della vita quotidiana deve essere pienamente ristabilita con norme di diritto e comportamenti preventivi e repressivi delle forze dell'ordine che siano in grado di riaffermare la sovranità della legge sul territorio dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Noi non abbiamo mai cavalcato e non cavalchiamo la paura; al contrario, noi vogliamo liberare dalla paura i cittadini e, in particolare, le donne e gli anziani. Coloro che sollevano obiezioni di merito ragionevoli saranno ascoltati, ma sbaglia gravemente chi nega la prima regola di una grammatica della democrazia. Questa regola dice che la sicurezza è il sinonimo della libertà e che è proprio sulla tutela della sicurezza individuale che si fondano il patto di unione di cittadini e la stessa legittimazione del potere pubblico.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non mi attarderò a lungo sul lungo elenco delle cose da fare e non ripeterò punto per punto gli impegni del nostro programma. Lo abbiamo presentato agli elettori e quello sarà, giorno dopo giorno, l'agenda del nostro Governo. Non vi annoierò, perciò, con lunghi e pomposi discorsi di carattere settoriale. Avremo modo di confrontarciPag. 5spesso in Parlamento, nell'immediato futuro, e i ministri del Governo che ho l'onore di presiedere sono a disposizione delle Commissioni permanenti per ogni genere di chiarimento.
Vorrei, piuttosto, collegare tutti i temi cruciali che abbiamo di fronte, anche al di là dei primi adempimenti di cui ho già parlato, alla vera, grande questione che può determinare una svolta dal pessimismo paralizzante, che circola oggi, a quel vitale ottimismo e a quello spirito di missione comune di cui ho parlato all'inizio.
Questo Paese deve rialzarsi, nel senso che ha tutte le potenzialità per rimettersi rapidamente in corsa e per tagliare il traguardo decisivo di un nuovo tempo della Repubblica, che deve essere il tempo della crescita (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Il problema principale del nostro Paese è di ricominciare a crescere dopo una lunga e deludente fase di riduzione delle prestazioni del nostro sistema economico e sociale. La crescita non è solo un parametro economico, è un metro di misura del progresso civile di una nazione. Crescere non significa soltanto produrre più ricchezza e mettersi in condizione di ridistribuirla meglio attraverso quel circolo virtuoso di responsabilità e di libertà che un mercato ben regolato può garantire.
Crescere significa anche rilanciare il Paese e i suoi talenti, significa formare nuove generazioni di lavoratori altamente qualificati, significa dare una «frustata» vitale alla ricerca e all'istruzione, significa ricominciare a padroneggiare il proprio destino senza lasciare indietro nessuno. Crescere vuol dire ascoltare il grido di dolore che si leva dal Nord e dai suoi standard europei di lavoro e di produzione, vuol dire incentivare forme di autogoverno federalista, indispensabili ad una evoluzione unitaria della Repubblica, a partire dal federalismo fiscale solidale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Crescere significa promuovere il sud del Paese, considerandolo come una formidabile risorsa per lo sviluppo e sradicare il peso delle cattive abitudini e della criminalità organizzata - la vera nemica della libertà, della sicurezza e del futuro del Mezzogiorno italiano - a vantaggio della libera creatività e della voglia di fare di tante intelligenze e volontà di cui sono ricche le nostre regioni meridionali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Crescere significa - ancora - rinnovare il paesaggio delle nostre infrastrutture, che sono altamente carenti, significa tornare ad essere un sistema di convenienze per gli investimenti degli altri Paesi del mondo, significa fornire a tutti gli italiani un nuovo potere di conoscenze e di uso delle tecnologie, significa ringiovanire l'Italia e farla uscire dal rischio della denatalità. Crescere significa promuovere la famiglia come nucleo di spinta dell'intera organizzazione sociale, significa dare alle donne nel lavoro e negli altri ruoli sociali un sostegno per la loro autonomia, significa rimuovere le cause materiali dell'aborto e varare un grande piano nazionale per la vita e per la tutela dell'infanzia, destinando nuove e consistenti risorse al fine di incrementare lo sviluppo demografico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Crescere vuol dire aumentare la nostra capacità di scambio con il resto del mondo, vuol dire assorbire e integrare con ordine e saggezza le immigrazioni interne ed esterne alla comunità dei Paesi europei di cui facciamo parte, senza lasciarci penetrare da un senso oggi avvertibile di sconfitta e di chiusura di fronte alle difficoltà e ai rischi dell'immigrazione selvaggia e non regolata, e restando padroni in casa nostra, ma fieri - fieri - dell'antico spirito di accoglienza e dell'antica capacità di integrazione del nostro popolo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Crescere vuol dire - ancora - esportare le nostre capacità, salvaguardare il posto delle nostre imprese nei mercati internazionali. Crescere vuol dire aprire e modernizzare la mentalità con cui affrontiamo i problemi della salute, del benessere,Pag. 6della battaglia per una seria e non retorica tutela dell'ambiente, i problemi della cultura e della preziosa eredità di esperienza, di pensiero e di vita che abbiamo alle spalle e che è garanzia per il nostro futuro. Crescere vuol dire rivalutare il lavoro, renderlo più sicuro e qualificato, vuol dire fare subito e bene tutto ciò che è indispensabile per mettere fine alla infinita, dolorosa e inaccettabile teoria delle morti bianche (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Crescere vuol dire contrastare la rassegnazione ad alcune forme di precariato particolarmente instabili e penalizzanti, ma senza ripararci nella logica del posto fisso e mal pagato, dell'immobilità sociale, della pigrizia educativa, della tolleranza verso forme abusive di mancato impegno nella realizzazione del lavoro come vocazione e come missione nella vita personale, particolarmente in alcuni settori della pubblica amministrazione.
Per crescere dobbiamo affrontare una situazione difficile dei mercati finanziari, sfruttando la posizione di relativo vantaggio del nostro sistema bancario e chiedendo agli istituti di credito uno sforzo comune, uno sforzo aperto alla giovane impresa, alle giovani famiglie, al popolo dei consumatori e dei risparmiatori, per rendere sempre più libera, sempre più coraggiosa e orientata verso la promozione degli utenti e dei consumatori la grande rete dell'economia italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Dobbiamo fare una politica estera e di cooperazione allo sviluppo che sia idonea ad assicurare la capacità contrattuale del nostro sistema nel turbolento mercato delle materie prime, senza mai rinunciare a far sentire e a far pesare la nostra voce in Europa e nel mondo. Dobbiamo anche impedire, attraverso una tutela non protezionistica dei nostri interessi, che forme sleali di concorrenza stravolgano il mercato globalizzato e ledano l'interesse dei lavoratori italiani e della classe media, interessi che siamo chiamati a difendere con intelligenza e lungimiranza.
Dobbiamo tenere i conti in ordine e ridurre il peso del debito pubblico in proporzione al fatturato del Paese. Dobbiamo accrescere la volontà e la capacità di contrastare l'evasione fiscale, ristabilendo però il principio liberale secondo il quale le tasse non sono «belle in sé» e neppure un tributo moralistico al potere indiscusso dello Stato. Le imposte sono il corrispettivo che i cittadini devono allo Stato per i servizi che ricevono, e sono quindi il presupposto e la garanzia del buon funzionamento dei servizi pubblici e la tutela di un equilibrio sociale responsabile, ma mai punitivo verso chi produce la ricchezza da redistribuire con equità (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Dobbiamo contrastare il calo di competitività del sistema economico, mettendo l'insieme del Paese che lavora e produce al passo con quelle splendide imprese italiane che si sono ristrutturate in questi anni, che hanno affrontato le sfide competitive della globalizzazione e della liberalizzazione dei mercati con animo intrepido e con successo, con inventiva e con amore per il lavoro ben fatto. Dobbiamo colpire i corporativismi e le chiusure difensive che, in passato, hanno tutelato soltanto i bisogni castali di un sistema assistenziale dirigista che non ha fiducia nella libertà e nell'autonomia della società.
Dobbiamo risolvere positivamente, contemperando l'interesse nazionale e le regole del mercato, una rilevante questione come la crisi dell'Alitalia, senza svendere e senza rinazionalizzare, facendo appello al contributo decisivo della finanza e delle imprese italiane, che hanno tutto da guadagnare e niente da perdere da un Paese più moderno ed efficiente e da un sistema di infrastrutture e di trasporti adeguato ai bisogni e al rango della nostra economia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
La crescita della prosperità e del ruolo dell'Italia in Europa e nel mondo, nel segno della responsabilità occidentale e della ricerca di vie credibili alla pace, saranno la bussola della nostra politica come Paese fondatore del progetto europeo,Pag. 7come grande nazione mediterranea, naturalmente chiamata alla cooperazione tra le due sponde del nostro mare e come pilastro dell'amicizia tra Europa e Stati Uniti d'America.
Solo un Paese in crescita, che dia segnali chiari di uno slancio e di un metodo nuovi per affermare la sua presenza sulla scena mondiale, può rinsaldare le proprie ambizioni, può sostenere le imprese di pacificazione e di promozione della libertà in cui sono impegnati migliaia di soldati italiani nel mondo, di cui siamo orgogliosi e a cui il Parlamento manda, ancora una volta, il suo ringraziamento più forte e più sentito (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Lega Nord Padania, Unione di Centro e Italia dei Valori).
Soltanto un Paese in crescita può impegnarsi in una tessitura diplomatica multilaterale, che avrà nell'Europa - uscita dal Trattato istituzionale appena varato a Lisbona - il suo motore e il suo spazio di azione. È nostro vitale interesse ridurre i focolai di tensione in Medio Oriente e contribuire alla più strenua difesa dell'esistenza e dell'identità storica di Israele (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania, Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico), il cui diritto alla pace si specchia nel diritto indiscutibile dei palestinesi alla costruzione di uno Stato indipendente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Unione di Centro e di deputati del Partito Democratico) e di una democrazia capace di sradicare ogni forma di intolleranza fondamentalista e di violenza.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la riforma dettata dal voto del 13 e del 14 aprile ha lineamenti che, ai miei occhi - e non solo ai miei occhi - risultano chiarissimi. Innanzitutto, nuova moralità nella politica e contrasto fermo e deciso, nella piena unità civile del Paese, nei confronti della criminalità organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania); riduzione di ogni forma di privilegio indebito e lotta a ogni forma di spreco del denaro pubblico; efficienza nella spesa; riduzione del costo della pubblica amministrazione e moderazione nelle pretese fiscali dello Stato, che deve riuscire a semplificare e ridurre, sensibilmente e gradualmente, la pressione delle imposte sull'apparato produttivo e sui redditi familiari; sicurezza dei cittadini e affermazione di una giustizia che abbia risorse e personale adatti a un moderno Stato di diritto: a tale riguardo, il mio e il nostro pensiero riconoscente va alle forze dell'ordine e ai tanti magistrati che compiono, in silenzio, il proprio dovere (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico, Lega Nord Padania, Unione di Centro e Italia dei Valori).
Per realizzare questo progetto di riscatto e di rilancio occorre che una volontà comune proceda a modifiche istituzionali che oggi, dopo la lunga fase di divisione del passato, sono sostanzialmente condivise da una larga maggioranza di questo Parlamento. L'elenco è noto e un lavoro comune di definizione legislativa è già stato fruttuosamente compiuto: il rafforzamento dei poteri dell'Esecutivo e della sua guida, contestuale ad un robusto incremento della capacità di controllo delle Assemblee elettive, anche attraverso la modifica dei Regolamenti parlamentari; la diminuzione sensibile del numero degli eletti e la definizione di compiti diversi per le due Camere; un assetto federalista dello Stato che superi le difficoltà incontrate con la riforma del Titolo V della Costituzione; una riconsiderazione attenta e condivisa della legge elettorale, anche nella prospettiva del referendum pendente per la prossima primavera.
Noi siamo a disposizione. Noi siamo pronti. Il dialogo può e deve cominciare da subito, non appena il Governo sarà nel pieno possesso delle sue attribuzioni, all'indomani del voto di fiducia che vi chiediamo e che attendiamo da voi. Nessuno deve sentirsi escluso. Nella mia ormai consistente esperienza della vita pubblica e politica - seguita agli anni spesi nell'impegno a costruire impresa e ricchezza sociale - ho avuto qualche delusione e molte soddisfazioni, ma non sono e nonPag. 8sono mai stato un uomo solo al comando: ho sempre avuto un fortissimo senso della squadra e delle relazioni personali, all'insegna della gentilezza e del garbo, che sono i veri giacimenti culturali dell'identità italiana, all'insegna della solidarietà e della compattezza, di un lavoro tipicamente collettivo come quello di guidare lo Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Ho sempre cercato di mostrare e di praticare - anche quando su di me soffiava il vento dell'acrimonia personale e la bufera della faziosità - il massimo rispetto possibile nei confronti degli avversari politici.
Non solo intendo continuare in questo sforzo - qualche volta fallito anche forse per qualche mia disattenzione o stanchezza - ma vorrei che questa disponibilità divenisse una buona nuova regola della politica italiana (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), non per sopire, non per troncare, non per ottundere il dibattito democratico e il confronto civile - e talvolta anche lo strappo radicale - ma per preservare istituzioni e popolo dalla litigiosità inutile, da quel senso di vacuità e di monotona ripetitività, che delegittima la politica gli occhi della stragrande maggioranza degli italiani. Con tutti i difetti della prima Repubblica, una volta in Parlamento si era capaci di recitare i sonetti di Guido Cavalcanti per rafforzare un argomento; si era abili nel giocare di fioretto, dopo aver tirato sciabolate, ed illustri padri costituenti sapevano temperare le asprezze della guerra fredda con l'ironia, persino con l'umorismo, e, comunque, con quel reciproco riconoscimento di valore, senza il quale non esiste e non può esistere una vera classe dirigente (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Lo scontro, per così dire antropologico, tra diverse classi di umanità che si ritengono incomponibili e irriducibili, è ormai alle nostre spalle e deve restare alle nostre spalle.
Abbiamo finalmente realizzato l'alternanza di forze diverse alla guida del Governo, sottomettendoci alla logica del consenso e imparando con fatica che la Repubblica, i luoghi della sua memoria e i simboli della sua storia sono patrimonio comune di tutti gli italiani, anche di quelli che si sono battuti per molti anni da parti opposte della barricata della storia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Facciamo tesoro di questa aria nuova e respiriamola a pieni polmoni. Se un Governo è messo in grado di decidere, nel rispetto del mandato che gli hanno conferito gli elettori, non ha interesse a comportarsi in modo invasivo, a considerare colleghi e avversari come nemici. Se un'opposizione non trova intralci alla sua delicata funzione di controllo, se è messa in grado di costruire un suo progetto alternativo, non avrà interesse alcuno a mostrare un profilo negativo e muscolare in modo sistematico e riflessivo, trasformando in cattiva propaganda la buona politica.
Le sfide, signor Presidente, cari colleghi, sono sempre anche delle scommesse, degli azzardi - lo so bene - e ad aiutare tutti noi invochiamo l'aiuto di Dio. Speriamo anche di avere fortuna, che, come sappiamo bene, non viene incontro a chi fa vita pubblica se non è incoraggiata, invitata con pazienza e forse anche sedotta e ammaliata da una buona dose di coraggio e di virtù (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Con forte responsabilità, ma anche con grande gioia per il compito che gli italiani ci hanno affidato, auguro sinceramente buon lavoro a noi del Governo e della maggioranza e a voi tutti, colleghi dell'opposizione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania). Auguro a chi ci ascolta fuori da quest'Aula di ritrovare l'orgoglio di sentirsi italiani, la fiducia in questa nazione e l'amore per le nostre cento città.
Auguro a tutti gli italiani di riprovare e condividere l'ammirazione che un'Italia in robusta ripresa e in corsa per i suoi primati saprà - ne sono sicuro - suscitare in futuro intorno a sé. Vi ringrazio! Vi ringrazio! Viva il Parlamento e vivaPag. 9l'Italia! (Vivi e prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia e di deputati del Partito Democratico - I deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Movimento per l'Autonomia si levano in piedi).

PRESIDENTE. La ringrazio, signor Presidente del Consiglio.
La seduta sarà ora sospesa per consentire al Presidente del Consiglio di recarsi al Senato per depositare il testo delle dichiarazioni programmatiche.
Ricordo che, a seguito della Conferenza dei presidenti di gruppo dell'8 maggio scorso, sono state stabilite le seguenti modalità di svolgimento del dibattito sulle comunicazioni del Governo.
Nella seduta odierna si svolgerà la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Nella seduta di domani, alle ore 10, avranno luogo la replica del Presidente del Consiglio e, quindi, le dichiarazioni di voto e la votazione per appello nominale.
Lo schema recante la ripartizione dei tempi per la discussione è in distribuzione e sarà pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Sospendo la seduta che riprenderà alle 11,30.

La seduta, sospesa alle 10,45, è ripresa alle 11,35.

(Discussione)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle comunicazioni del Governo.
È iscritto a parlare l'onorevole Nicco, al quale ricordo che ha otto minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

ROBERTO ROLANDO NICCO. Signor Presidente, signori membri del Governo, la regione autonoma Valle d'Aosta è un collegio uninominale. L'eletto, seppur espressione diretta di una parte, deve perciò necessariamente cercare di farsi interprete in quest'Aula dell'intera comunità regionale, di quello che noi, riferendoci alla sua storia, amiamo definire «le Pays d'Aoste»: onore ed onere che anche in questa XVI legislatura mi è stato affidato.
Siamo innanzitutto interessati alle riforme brevemente evocate dal Presidente del Consiglio. Nel recente incontro con il Capo dello Stato, che anche in questa occasione ha voluto dimostrare una specifica attenzione istituzionale ai rappresentanti delle minoranze linguistiche, abbiamo sottolineato il nostro apprezzamento per l'intervento fatto in quest'Aula dal Presidente Fini, il quale, all'atto del suo insediamento, riprendendo proprio una sollecitazione più volte avanzata dal Capo dello Stato, ha auspicato che questa legislatura possa assumere un ruolo costituente, procedendo a quelle riforme che già erano state delineate, con una larga condivisione, dalla Commissione affari costituzionali della Camera. Mi riferisco in particolare alla differenziazione delle funzioni tra Camera e Senato al fine di rendere più rapido ed incisivo l'iter legislativo, alla trasformazione del Senato in un'ottica federalistica, quale espressione, a nostro avviso, delle regioni e delle province autonome, alla riduzione del numero dei parlamentari in funzione di istituzioni più snelle e del taglio dei costi della politica.
Allora facciamole queste riforme. Passiamo una buona volta dalle parole ai fatti. La Valle d'Aosta, anche se è la più piccola regione del Paese, per la sua storia politica che si è sviluppata attorno ai temi dell'autonomia e dell'autogoverno, dalle franchises medievali fino allo statuto speciale del 1948, ha svolto in passato un ruolo importante nella trasformazione regionalista dell'Italia, ed intende portare anche oggi il suo contributo nella discussione sulla riforma dello Stato, essendo il federalismo tema che ha avuto in Valle d'Aosta sin dagli anni Trenta del secolo scorso - quando l'Italia era fascista e monarchica - significativi interpreti e propugnatori. Un federalismo che nel senso proprio del termine, di foedus, a nostro avviso non può che essere, in primo luogo, politico. Da lì occorrerebbe partire perPag. 10declinarne correttamente le conseguenze, in particolare per quanto concerne il cosiddetto federalismo fiscale, una questione su cui, peraltro, per le regioni a statuto speciale e le province autonome un proficuo confronto è già stato compiuto nella scorsa legislatura ed ha portato ad un sostanziale accordo nella formulazione dell'articolo 19 del disegno di legge A.C. 3100, che ci auguriamo possa costituire una condivisa base per la futura attività legislativa in materia.
Nel quadro delle riforme vorrei poi richiamare due questioni per noi nodali su cui la componente delle minoranze linguistiche ha presentato specifiche iniziative nella scorsa legislatura, già riproposte anche in questa. La prima riguarda l'intesa Stato-regione per la modificazione degli statuti speciali, già inserita - ricordo - con votazione pressoché unanime nel progetto di riforma costituzionale del 2005, norma poi riapprovata, a seguito dell'esito negativo del referendum, in Commissione affari costituzionali della Camera nel luglio 2007. La seconda riguarda un seggio al Parlamento europeo per ogni regione e provincia autonoma, questione su cui pure la Commissione affari costituzionale della Camera aveva indicato un positivo punto di intesa, proponendo di ridefinire nella legge elettorale le circoscrizioni su base regionale.
Sul piano economico-sociale è per noi essenziale, in quanto regione interamente montana, una nuova legge sulla montagna. Occorre una normativa specifica che meglio definisca il concetto di montagna, tenendo conto dei maggiori costi sostenuti da chi vive ed opera in territori montani, effettivamente montani, e che consenta un'adeguata qualità della vita assicurando la presenza sul territorio dei servizi essenziali. Anche in questa materia nella scorsa legislatura era stato predisposto un testo largamente condiviso che riteniamo possa rappresentare una concreta base di lavoro.
Richiamo infine due questioni specifiche di particolare rilievo nelle relazioni tra lo Stato e la regione Valle d'Aosta.
La prima è la commissione paritetica di cui auspichiamo una rapida ricostituzione. Alcune norme di attuazione di primaria importanza erano in discussione al momento della crisi. Ricordo quelle relative al trasporto ferroviario, su cui già vi era intesa tra le parti; quelle relative all'attuazione dell'articolo 14 dello statuto speciale riguardante l'istituzione nel contesto europeo attuale di una zona franca; quelle relative all'energia elettrica, all'ordinamento linguistico e altre ancora.
La seconda riguarda le infrastrutture, sia quelle ferroviarie sia quelle stradali. Un primo significativo intervento per la trasformazione della ottocentesca linea ferroviaria, che collega la nostra regione alla rete nazionale e internazionale, è stato infine avviato con il contratto di programma 2007-2011 tra Ministero delle infrastrutture e RFI ma è stato solo il primo passo.
Per la rete stradale siamo in attesa di importanti appalti, su fondi già resi disponibili dai contratti di programma 2007-2008 tra Ministero delle infrastrutture e Anas, sia per la galleria di sicurezza del traforo internazionale del Gran San Bernardo, sia per interventi sulla via di accesso. Queste alcune delle principali questioni su cui riteniamo necessario un concreto e puntuale confronto con il Governo e all'interno del Parlamento con un approccio molto pragmatico e per niente ideologico, nell'interesse unico della comunità regionale.
Sul piano generale attendiamo di conoscere i provvedimenti che il nuovo Governo proporrà per tradurre concretamente gli impegni assunti, dalla riduzione della pressione fiscale all'incremento di salari e pensioni, dall'abolizione dell'ICI al carovita, dalla sicurezza dei cittadini alla giustizia, agli interventi a sostegno della famiglia, con le relative coperture finanziarie, e ci riserviamo di valutare quegli interventi nel merito.
Con ciò auguriamo a questo Governo un proficuo lavoro auspicando che abbia come riferimento costante nella sua azione i principi di libertà, tolleranza, solidarietà, laicità dello Stato e sappia operare perPag. 11una politica estera di pace, di multilateralismo, senza egemonie, in un'Europa che sia meno degli Stati e dell'economia e, invece, più dei cittadini, dei popoli e delle regioni (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Minoranze Linguistiche e di deputati del Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Nicco, anche per il rigoroso rispetto del tempo a sua disposizione.
È iscritto a parlare l'onorevole Buonanno. Ne ha facoltà. Le ricordo che ha nove minuti di tempo.

GIANLUCA BUONANNO. Signor Presidente, colleghi deputati, il risultato elettorale è stato molto chiaro: il popolo ha fatto una scelta ben precisa, ci chiede di cambiare e ci chiede di restituire fiducia ad un'Italia che non ne ha più, che ha bisogno di cambiamenti radicali soprattutto al nord, dove tali cambiamenti sono necessari.
Il nord è la locomotiva del Paese e ha bisogno di infrastrutture, di poter competere con i Paesi più importanti del mondo, altrimenti le cose non potranno andare per il verso giusto. Diciamo, dunque, che bisogna innanzitutto fare in modo che la distanza tra i palazzi e la gente diminuisca. Oggi è una distanza abissale: oggi veramente la gente vede i politici in maniera non certo positiva. Per questo dobbiamo - con la capacità di questo Governo - fare in modo di cambiare le cose.
Sembrerà un po' assurdo, ma questa rivoluzione democratica è stata fatta con una legge che sino al giorno prima delle elezioni veniva denigrata: si diceva che non si doveva andare alle elezioni perché era tempo perso e che andare alle elezioni era comunque un danno per l'Italia. Invece i cittadini italiani, il popolo, ha deciso con il voto di essere più avanti di tanti palazzi, di tanti burocrati che pensano di sapere tutto, quando magari sanno poco. Con un voto ben preciso abbiamo avuto questa maggioranza che deve essere usata per fare ciò che la gente si aspetta.
Cosa si aspetta la gente? Innanzitutto che si intervenga sul tema della sicurezza. Oggi in maniera paradossale un delinquente è più tutelato di chi si comporta bene. Oggi, in maniera paradossale, chi non ha niente da perdere è più tutelato di chi si comporta bene. Vogliamo che chi si comporta male resti in galera fino a quando non ha finito di scontare la sua pena. Chi si comporta bene deve essere tutelato. Vediamo magistrati che per decorrenza dei termini fanno uscire mafiosi, camorristi e delinquenti di ogni specie: non va bene.
Abbiamo bisogno di una giustizia che funzioni e che sia veramente tale.
Quindi, per andare avanti, dobbiamo realizzare anche il federalismo, un federalismo che faccia in modo che chi si comporta bene, anche negli ambiti pubblici, abbia più premi, sia più tutelato. Se ci sono regioni che vogliono ventimila o venticinquemila dipendenti pubblici, se li tengano, però non è giusto che tali costi e tale modo di lavorare vada poi ad incidere su altre regioni, su altri comuni, su altre città o su altre province che, magari, si comportano bene e tirano avanti la «baracca» che, in questo momento, purtroppo è il nostro Paese.
Cito, ad esempio, un concetto che avrebbe dovuto esprimere la sinistra - ma che non ha detto e naturalmente nemmeno ha fatto -, una frase del nostro Ministro Tremonti, in cui sottolinea che bisogna cominciare a far fare sacrifici non ai cittadini, ma ai banchieri e ai petrolieri, che sono i primi a cui dobbiamo chiedere di fare sacrifici. Si tratta di una delle frasi che avrebbe dovuto pronunciare la sinistra e che non ha detto, oltre a non aver fatto. Dunque, considerato che siamo diventati ormai i veri difensori dei lavoratori e delle classi deboli, ci faremo carico anche di questo, perché giustamente al Nord molti lavoratori e numerosi appartenenti alle classi deboli hanno votato la Lega. Essi hanno votato la Lega perché noi stiamo in mezzo alla gente, siamo amministratori che stanno tutto il giorno a lavorare per ascoltare tutti e cercare di portare avanti le istanze del popolo.
Come si evince anche dalle trasmissioni televisive, parecchia gente ripone maggiormentePag. 12altrove la sua fiducia: addirittura ha più fiducia nel «Gabibbo»! Affermo ciò per ribadire che a volte un pupazzo è più credibile di un personaggio politico, perché non vi è più vicinanza tra politica e i cittadini, e noi dobbiamo colmare tale distanza.
Sicuramente, si dovranno compiere probabilmente anche scelte impopolari, ma è meglio compierle subito: la gente poi capirà, perché è meglio dire una brutta verità che continuare a dire tante fandonie, per poi non fare mai ciò che la gente vuole.
È giusto dire la verità, dire a tutto il popolo italiano come è sistemata l'Italia, quali sono i veri problemi, quali sono gli obiettivi veri e il Presidente Berlusconi lo ha detto ben chiaro.
Ecco, noi siamo qui per cambiare. Vi sono anche tanti giovani in mezzo noi, e ne siamo contenti, soprattutto nella Lega: significa che occorre rispondere a molti sindaci - io sono sindaco da 15 anni - che vogliono più potere sul territorio, perché chi sta in trincea veramente, dal punto di vista politico, sono i sindaci, di ogni colore politico. Quando si chiede di avere più aiuti, quando si chiede di avere una mano più forte da parte dello Stato, è perché i sindaci hanno realmente il termometro della situazione. Ciò si può capire anche riguardo ai problemi con gli extracomunitari, sul tema della sicurezza: ma vi rendete conto che oggi, in Italia, purtroppo abbiamo le Forze armate, i Carabinieri, la Polizia, la Guardia di finanza che, spesso, non hanno nemmeno i soldi per la benzina! Non ci sono soldi per riparare le automobili! Queste non sono barzellette, è realtà!
Allora, se vogliamo un'Italia che funzioni meglio, è evidente che bisogna aiutare le forze dell'ordine, bisogna stare loro vicino, bisogna fornire loro ciò che serve per andare avanti. Non possiamo avere una giustizia in cui, per un processo, si va avanti quindici o venti anni. Non possiamo avere una giustizia dove vi sono i giudici che chiedono ai sindaci di comprare il toner piuttosto che la fotocopiatrice, perché non vi sono i soldi per andare avanti nelle preture italiane, anche del nord.
Altro punto importante: tutti parlano della questione del petrolio. Se vogliamo svecchiare l'Italia, una riforma importante da operare è l'eliminazione di questi balzelli: chiamiamoli con un altro nome, togliamo i riferimenti alla guerra in Abissinia, al problema del canale di Suez, all'alluvione di Firenze, alla tragedia del Belice, dell'Irpinia, e così via. Siamo nel 2008, sono passati decenni! È una cosa che fa impressione e fa ricordare che comunque dobbiamo cambiare; dobbiamo davvero essere coloro che vogliono cambiare lo Stato, dicendo la verità.
Signor Presidente del Consiglio, la ringrazio di essere presente e la esorto, a nome della Lega e a nome di noi della Padania: diciamo le cose come stanno, facciamo le cose che servono; non diciamo bugie, diciamo anche amare verità, e proseguiamo su questa strada, perché la gente ha bisogno di fiducia e, per infonderle fiducia, dobbiamo portare risultati concreti, che possano convincere anche i giovani (parola che viene sempre pronunciata da molti).
Perché oggi in Italia nascono sempre meno bambini? Perché quando si mette su famiglia, prima di fare un figlio, ci si pensa cento volte, per i costi che comporta e per il fatto che la stessa famiglia non riesce neanche ad andare avanti anche se è composta solo di marito e moglie.
Pertanto, per poter incentivare ciò, occorre una politica sui giovani - ma bisogna attuarla veramente! - così come occorre realizzare una politica sulle pensioni. Certo, oggi, si discute sulle pensioni attuali, sul fatto che sono basse e che molte non vanno bene. È vero. Ma proviamo a immaginare le pensioni di chi appartiene alla mia generazione, o addirittura pensiamo a chi, come mio figlio, ha cinque anni: quando mai vedrà una pensione? La vedrà col binocolo! Occorre dunque pensare alle generazioni future! Occorre pensare ad un nord dell'Italia sempre più all'avanguardia e ad un'Italia, insieme, tutta protratta ad ottenere un futuro migliore!Pag. 13
In conclusione, signor Presidente del Consiglio dei ministri, credo che lei potrà diventare, insieme al suo Governo e a tutti noi, il vero rivoluzionario italiano degli ultimi quarant'anni! Infatti, se lei attuerà ciò che ha detto, insieme a noi, certamente verrà ricordato come un Presidente del Consiglio dei ministri che, oltre a dire, fa! Così come ha fatto ciò nella sua vita privata, con le sue aziende, allo stesso modo si comporti anche per l'azienda Italia! Noi del Nord siamo con lei e diciamo: viva la Valsesia, viva la Padania, viva la Lega Nord Padania (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fassino, per quindici minuti. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio dei ministri, onorevoli colleghi, tutti avvertiamo che quella che si apre in queste settimane è una legislatura di straordinaria importanza. Avvertiamo tutti l'esigenza di essere all'altezza delle aspettative dei cittadini, in anni in cui la politica è spesso apparsa ai cittadini distante e sorda. Avvertiamo tutti l'esigenza di restituire certezze ad una società inquieta e percorsa da mille febbri e insicurezze. Avvertiamo tutti la necessità di dare al Paese quella crescita che consenta ad ogni cittadino di guardare alla propria vita con maggiore serenità e sicurezza, avendo più opportunità. Avvertiamo tutti l'esigenza di dare finalmente all'Italia un sistema politico moderno, capace di guidare il Paese nel tempo reale della società di oggi.
Per questo motivo, onorevole Berlusconi, non ho imbarazzo a dirle che abbiamo apprezzato il tono del suo discorso. Un tono lontano dall'aggressività degli anni passati e anche da quella spesso usata in campagna elettorale. Il suo è stato un discorso dal tono sobrio e rispettoso delle opinioni di tutte le forze politiche, comprese quelle dell'opposizione.
Apprezziamo, quindi, la consapevolezza che l'Italia non abbia bisogno di guerre civili, ma di uno sforzo da parte di tutti, che richiami la responsabilità di ciascuno, per mettere al centro della politica le attese, le ansie, le aspettative e le domande degli italiani.
Si tratta di un clima a cui il Partito Democratico ha dato un contributo decisivo, in primo luogo proprio con la creazione del Partito Democratico stesso, che ha innescato quel processo di riforma del sistema politico, che ci ha consentito di lasciarci alle spalle un Parlamento - come quello precedente - in cui sedevano trentanove partiti, e consegna al Paese un Parlamento in cui siedono oggi sei gruppi parlamentari. Si tratta di un Parlamento certamente più rappresentativo della realtà del Paese, un Parlamento più capace di corrispondere, con la propria azione, alle esigenze e alle domande degli italiani, un Parlamento più in grado di interloquire con il Governo concorrendo ad una governabilità più efficace.
Rivendico il contributo che il PD ha dato a questo nuovo clima con i nostri toni di campagna elettorale, i quali mai sono trascesi nell'aggressione degli avversari politici. Ci siamo sforzati ogni giorno e per questo motivo, talora, siamo stati anche rimproverati. Qualcuno ha detto che eravamo «noiosi», perché ci siamo sforzati di mettere al centro dalla campagna elettorale i problemi e le soluzioni che prospettavamo.
E rivendico il nostro contributo anche con le scelte di questi giorni; la scelta di costituire un Governo ombra per dare alla nostra opposizione una maggiore efficacia in termini propositivi (e apprezziamo anche che lei, signor Presidente, abbia voluto apprezzare questa scelta) è indicativa di un modo di guardare ai doveri e al compito della politica che continuerà a ispirare le nostre azioni anche da domani.
Naturalmente ai toni deve corrispondere anche la sostanza e una reale disponibilità a misurarsi davvero con le proposte che l'opposizione avanzerà intorno ai problemi del Paese. Proprio per tale motivo ritengo che occorra sottolineare la necessità di misurarsi davvero fino in fondo con i problemi del Paese per quelloPag. 14che sono, nella loro complessità e nel loro spessore, senza semplificazioni e fughe populistiche. La società italiana è percorsa da diffusi sentimenti di inquietudine: il malessere di quei tanti pensionati che sono costretti a vivere con 500 euro al mese; il disagio di quell'ottanta per cento dei lavoratori dipendenti italiani che ogni giorno portano a casa una busta paga che non supera i 1100-1200 euro; l'inquietudine di chi guarda al proprio lavoro con preoccupazione, stante i tanti livelli di precarizzazione che incidono sulla vita di molti; il fastidio di tanti imprenditori che si sentono vessati da uno Stato vissuto come ostile e lontano, la preoccupazione di chi ha paura e di chi vede negli immigrati - e non soltanto in quelli clandestini, ma spesso anche in quelli legali - un competitore nelle proprie condizioni di vita per l'assegnazione di un alloggio, piuttosto che per un posto per il proprio figlio in un asilo nido. Tutte queste inquietudini, hanno avuto il loro punto di unificazione in un fastidio verso tutto ciò che è Stato, istituzioni e politica.
Ad un Paese inquieto e insicuro lei ha proposto un messaggio semplice e di una qualche suggestione, tant'è vero che ha vinto le elezioni. Ha proposto uno Stato più leggero e, al tempo stesso, uno Stato che protegge di più. È un binomio attrattivo e difatti ha raccolto il consenso di una larga parte del corpo elettorale. Vorrei, tuttavia, sottolinearle che lo slogan «uno Stato leggero che protegga di più» è efficace per vincere le elezioni, ma è di più complessa applicazione per governare il Paese. La vorrei mettere in guardia dalle semplificazioni che in qualche modo anche nel suo discorso di oggi, sia pure dai toni nuovi, ho registrato.
Certamente uno Stato più leggero significa uno Stato che riduca fortemente i troppi adempimenti burocratici che assillano la vita dei cittadini; uno Stato più leggero è uno Stato che deve semplificare il proprio rapporto con la società e con i mille interessi che maturano ogni giorno; uno Stato più leggero è uno Stato che deve alzare il livello di efficienza, di produttività e di qualità dei servizi che offre ai cittadini. Tutto questo però non significa - questo è quanto vorrei richiamare alla sua attenzione - uno Stato che debba fare di meno. Noi abbiamo bisogno di sostenere la competitività delle imprese in un'economia globale che ogni giorno pone loro sfide nuove; abbiamo bisogno di mettere in campo un processo di modernizzazione infrastrutturale ancora più accelerato; abbiamo bisogno di spendere molto di più per la scuola e l'università di quanto non si sia speso in tanti anni; abbiamo bisogno di mettere in campo ammortizzatori sociali senza i quali il mercato del lavoro flessibile rischia di essere esposto a rischi di precarietà inquietante per tanti. Ebbene, tutto questo richiede una quantità significativa di risorse, a cui si deve aggiungere il fabbisogno di risorse necessario per continuare nell'opera di riduzione del debito pubblico e del deficit volta a mettere a posto i conti pubblici. Lei si accorgerà presto che la politica di rigore che il Governo Prodi ha realizzato in questi venti mesi, e che in campagna elettorale voi avete messo fortemente sotto accusa, in realtà è stata una politica necessaria al Paese e di cui lei si avvantaggerà.
Lei, infatti, eredita uno Stato nel quale il deficit pubblico è rientrato in parametri accettati dall'Europa - mentre prima non lo era - lei eredita uno Stato nel quale il debito pubblico ha cominciato a scendere - mentre, precedentemente, era tornato a salire - lei eredita un avanzo primario che non le sarà davvero inutile in quelle politiche di investimento che qui ha voluto indicare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E una politica di riduzioni fiscali - che tutti auspichiamo - quando sarà portata in Aula troverà un atteggiamento non ostile, non pregiudiziale da parte dell'opposizione. Ma lei e il suo Governo dovete essere consapevoli che quei provvedimenti di riduzione fiscale - ai quali lei ha affidato molto, in termini simbolici, di quel messaggio «Stato più leggero, Stato che protegge di più» - in realtà non potranno mai prescindere dalle necessarie risorse alla politica di modernizzazione e di investimenti così come dal fabbisogno per la riduzione del debitoPag. 15pubblico e del deficit di bilancio. Per questo dico: attenzione alle semplificazioni che possono far credere che sia facile ciò che facile non è.
Questo sarà dunque uno dei banchi di prova: una crescita vera non può che essere fondata su una politica più alta di investimenti, su una politica di conti pubblici in equilibrio, su una politica di rigore a cui anche il suo Governo sarà chiamato.
E non minore rigore ed equilibrio richiederà l'altro corno del binomio che lei ha proposto agli italiani: la politica di protezione. Anche qui attenzione a non evocare scelte illusorie che possano ritorcersi contro i cittadini e contro l'azione del suo stesso Governo. Non credo davvero che i tanti rischi e le tante sfide di fronte alle quali le imprese sono messe ogni giorno dalla globalizzazione potranno essere adeguatamente risolte con i dazi.
Credo che evocare l'Europa come un rischio più che come un'opportunità, come spesso avete fatto - lei non l'ha fatto oggi ed anche questo è un tono nuovo, ma ancora in campagna elettorale voi avete appunto evocato costantemente l'Europa più come un rischio, più come un gravoso fardello, più come un impaccio di cui non si può fare a meno che come un'opportunità - rischi di essere un errore.
Allo stesso modo, il tema dell'immigrazione è un tema complesso che non va semplificato e va affrontato in tutte le sue sfaccettature vedendo bene cosa significa costruire una società che sia effettivamente capace di accogliere e di integrare, perseguendo e realizzando una politica che liberi l'immigrazione dalla paura che l'immigrazione stessa porta con sé. Il che sconsiglia di cavalcare, invece, la paura dell'immigrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Anche il tema della sicurezza su cui lei ha insistito e che giustamente deve essere considerato da chiunque una priorità assoluta - perché essere sicuri non è un'esigenza di destra o di sinistra, ma è l'esigenza di qualsiasi cittadino che voglia guardare la propria vita con serenità - richiede serietà, equilibrio e rigore. E per non dilungarmi eccessivamente la invito a leggere l'intervista che questa mattina l'ex Ministro dell'interno Pisanu ha rilasciato ad un grande quotidiano per richiamarla ad una maggiore sobrietà di toni su questo tema rispetto a quelli che ancora nei giorni scorsi sono stati usati da alcuni esponenti del suo Governo. Anche questi saranno banchi di prova su cui noi misureremo la vostra azione.
Infine, sarà un banco di prova mettere mano alle riforme che portino a compimento la transizione da troppo tempo incompiuta e qui, ancora di più, si misurerà se ai toni corrisponde la sostanza. Sappiamo tutti che mettere mano alle riforme istituzionali è un'urgente esigenza per dare a questo Paese un sistema politico moderno, in sintonia con la società italiana. Proprio per questo, però, le riforme istituzionali non possono essere figlie soltanto di una maggioranza di Governo e noi vogliamo sperare che ai toni che lei ha usato in questa sede corrisponda la consapevolezza di ricercare, sulle riforme istituzionali, quelle convergenze e quelle intese in Parlamento e con l'insieme delle forze politiche che sono necessarie per dare efficacia alle riforme stesse. E ad un'intesa istituzionale che sia capace di modernizzare il sistema politico italiano e di dare al Paese assetti istituzionali moderni ed efficaci noi, come abbiamo più volte dichiarato, siamo pronti.
Concludendo, noi non le daremo la fiducia che lei ha richiesto qui, al termine del suo discorso. Ma questo non significa che vi sia in noi alcuna ostilità pregiudiziale, né che ci arroccheremo in un'opposizione sorda e miope. Abbiamo fatto il Partito Democratico per dare al Paese una forza riformista, moderna, ispirata sempre ad una moderna cultura di governo che vogliamo praticare sia dall'opposizione sia quando avremo responsabilità di governo.
Al centro, in ogni caso, della nostra cultura di governo e del nostro modo di fare opposizione noi mettiamo l'Italia e le sue aspettative. La nostra opposizione muoverà dai problemi del Paese, dalle ansie, dalle aspettative, dalle esigenze degli italiani. E aver voluto dare forma alla nostra opposizione con il Governo ombraPag. 16ha voluto esattamente sottolineare questa scelta: quella di volerci dare uno strumento con cui accrescere la capacità di ispirare la nostra azione quotidiana a proposte e progetti che siano in sintonia con le domande e le aspettative del Paese e si confrontino con l'azione che il suo Esecutivo metterà in campo ogni giorno. Ogniqualvolta da questo confronto risulterà la possibilità di una convergenza, stia sicuro che noi non avremmo imbarazzi a dichiararlo. Ogniqualvolta non vi sarà intesa, non avremo timidezza a contrastare provvedimenti che riterremo errati per il Paese.
In ogni caso, di qui comincia un cammino: e si vedrà lungo il percorso chi avrà il passo più spedito e più sicuro. La politica - questo è l'augurio che faccio al suo Governo e alla nostra opposizione - sia all'altezza delle aspettative del Paese. Mi auguro che il suo Esecutivo lo sia; noi, dall'opposizione, faremo la nostra parte, sempre mettendo al centro della nostra azione l'Italia e le esigenze, le aspettative, le speranze degli italiani (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Unione di Centro e Misto).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Saltamartini. Ne ha facoltà.

BARBARA SALTAMARTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, membri del Governo, è con grande emozione che prendo per la prima volta la parola in quest'Aula.
Il risultato elettorale ci consegna la responsabilità e l'orgoglio di governare l'Italia: una responsabilità tanto maggiore perché conseguenza di una vittoria netta, che ci mette nella condizione - ma anche nel dovere - di garantire la governabilità necessaria per mettere in moto quel processo di cambiamento di cui il Paese ha oggi assoluto bisogno. Il nuovo Governo, a mio giudizio, segna già il passo del rinnovamento: è un Governo coeso; è un Governo giovane, fra i più giovani nello scenario europeo; è un Governo snello e che da subito potrà lavorare per attuare il nostro programma elettorale, così come enunciato questa mattina dal Presidente Berlusconi. È inoltre un Governo che ha saputo valorizzare la presenza femminile, secondo il nostro progetto politico e culturale, teso a sostenere e a promuovere il ruolo delle donne non solo secondo una logica della rappresentanza in termini quantitativi, ma soprattutto in termini qualitativi. Si è infatti voluto affidare alle donne che siedono tra i banchi del Governo temi importantissimi quali quelli dell'ambiente, dell'istruzione, delle politiche giovanili, delle pari opportunità: temi che sono tanto importanti quanto centrali nella realizzazione di un nuovo modello sociale da consegnare alle nuove generazioni. Ed è infatti soprattutto ai giovani che noi dobbiamo guardare e che questa maggioranza deve dare risposte: è a loro che occorre ridare fiducia. Poiché la situazione che ci troviamo ad affrontare - triste eredità di due anni di non governo - è quella della riduzione della competitività del nostro sistema produttivo, della crescita di precarietà nella vita quotidiana delle famiglie, dell'assenza di una seria politica demografica e soprattutto del mancato riconoscimento della maternità come grande valore sociale e come un bene per l'intera comunità nazionale.
E ancora: della precarietà del mondo del lavoro e del reddito, dell'emergenza di sicurezza e della grande richiesta - sempre maggiore - di legalità, di rispetto delle regole, perché vi sia veramente una società dove, oltre ai diritti, siano ben esplicitati i doveri di ognuno di noi.
Di fronte a tale scenario siamo chiamati a lavorare con coraggio, con determinazione e con onestà, ad una profonda riforma del sistema del welfare italiano al fine di garantire, finalmente, l'attuazione di politiche sociali, economiche e fiscali a sostegno della famiglia, vera cellula fondamentale della nostra società, e soprattutto della maternità, perché in Italia finalmente avere un figlio non sia più un bene di lusso ma una possibilità per tutti, con l'aiuto dello Stato a realizzare quelloPag. 17che costituisce un sogno per tutte le donne e per tutte le famiglie, anche con un sostegno economico e sociale.
Ovviamente dobbiamo lavorare per poter realizzare nuove e concrete politiche sulla sicurezza, per vedere finalmente garantito il diritto di ognuno di noi a vivere e lavorare in città sicure. Ma si tratta di un obiettivo che deve essere perseguito con un intervento congiunto dello Stato, delle forze dell'ordine a cui finalmente dare mezzi e risorse necessarie e anche e soprattutto delle amministrazioni locali, rifiutando il principio di delegare al singolo cittadino, alla singola donna - dotandola magari di un braccialetto elettronico - il compito di provvedere autonomamente alla propria incolumità.
Pertanto, il Governo - lo voglio ribadire soprattutto come donna - dovrà anche dimostrare che è finita l'epoca in cui una sola parte politica deteneva il monopolio della rappresentanza sulle politiche e sulle tematiche femminili. Le donne del centrodestra, con il loro impegno, dimostreranno che i pregiudizi degli avversari sul presunto «velinismo» della nostra coalizione attengono ad una mentalità maschilista e saranno ribaltati e rispediti al mittente dalla nostra capacità, come donne, di fare squadra e di sapere ascoltare i reali problemi del mondo femminile, al contrario di quanto è stato forse fatto fino ad oggi da una certa parte politica che probabilmente si è resa portavoce soltanto di minoranze fanatiche. Con tale augurio, signor Presidente, rinnovo l'impegno a rappresentare con orgoglio l'Italia ma anche una nuova classe dirigente che sia veramente intenzionata a far passare il senso di antipolitica che pervade la nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, viste le blandizie rivolte all'opposizione anche in tale occasione ella non ha mancato di dimostrare le sue doti di imbonitore peraltro ampiamente riconosciutele da Indro Montanelli che, per la verità, usava un altro termine, più crudo.
Non sono iscritto al partito dei buonisti. Italia dei Valori non concederà la fiducia al suo Governo per motivi etici, politici e programmatici. Infatti, un Governo trae la sua credibilità in primo luogo dal comportamento presente e passato di colui che lo presiede, una credibilità che deve trovare riscontro non solo all'interno dei confini del Paese, ma anche e soprattutto nella comunità internazionale. Sotto questo profilo, non è difficile comprendere che con il suo ritorno al Governo saremo nuovamente di fronte ad un'emergenza etica. Sarebbe come sparare sulla croce rossa prendere a riferimento le pagine di quella sorta di enciclopedia che documenta le tante e gravi inchieste giudiziarie nella quale ella risulta ancora coinvolto e dalle quali, grazie alle numerose leggi ad personam (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) che ella è riuscita a far approvare, lei è sinora riuscito in larga parte a sfuggire. Sfuggito, ma non assolto, per lo più salvato dalle prescrizioni ora dimezzate grazie sempre ad una di tali leggi.
Poiché in relazione a tali indagini lei invoca continuamente l'idea di una fantomatica persecuzione politica, voglio risalire più indietro nel tempo, a momenti antecedenti alla sua discesa in campo, a tempi non sospetti, quando cioè il richiamo alla persecuzione politica sarebbe apparso del tutto ridicolo.
Eppure, già allora era evidente una delle principali caratteristiche del suo agire: il ricorso alle false promesse, delle quali io stesso fui diretto testimone, ad esempio al tempo in cui l'Università della Calabria le conferì la laurea honoris causa in ingegneria gestionale (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Quel metodo un giorno la portò, Presidente, in un tribunale ad alzare la mano destra e dire «giuro davanti a Dio e agli uomini di dire la verità», salvo poi rendere una falsa testimonianza, reato accertato anche se estinto per amnistia.Pag. 18
Con un simile precedente penale in nessun Paese veramente democratico, ad esempio in quella grande democrazia che sono gli Stati Uniti, ella avrebbe mai potuto accedere ad una carica pubblica. Immaginiamoci alla massima delle cariche pubbliche! Ma Lutero e Calvino vissero e predicarono al di là delle Alpi e, purtroppo per noi italiani, prevalentemente al di là delle Alpi si è diffusa quell'etica protestante che là e negli Stati Uniti hanno informato e continuano ad informare la gestione della res publica.
Qualche giorno fa lei ha pronunciato davanti al Capo dello Stato un giuramento con il quale si è impegnato ad agire nell'interesse dell'intera nazione, ma di una cosa possiamo essere certi: nei periodi in cui lei ha governato a stare molto meglio di prima sono state le sue aziende, che hanno avuto risultati eccezionali (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Eppure, nel momento in cui lei ricevette l'incarico di formare il suo primo Governo, il suo gruppo industriale era sull'orlo del fallimento. Molti italiani, però, stanno oggi peggio di allora e per metà degli ultimi quattordici anni è lei che ha governato il Paese.
Sono questi i motivi sufficienti a togliere ogni credibilità alle nuove promesse che lei ha fatto agli italiani in campagna elettorale e che qui ha puntualmente ripetuto oggi e per le quali non ha spiegato ancora dove troverà le risorse necessarie a finanziarle.
L'Italia dei Valori non le darà la fiducia poiché, anche più che in passato, lei ha costruito una compagine di Governo obbligata a dire sempre sì a qualunque cosa lei dovesse proporre ed è sintomatico che la questione dell'informazione, basilare per la democrazia, venga oggi nascosta dentro un altro Ministero.
Siamo certi che lei si guarderà bene, sia dal dare applicazione alla nota sentenza della Corte costituzionale, sia dal dare adeguata risposta alla condanna dell'Unione europea contro la legge Gasparri, ancora una volta da lei voluta per avvantaggiare le sue aziende editoriali e televisive. Alla faccia del pluralismo dell'informazione!
E la giustizia? Ci mancherebbe che un nuovo Minculpop di mussoliniana memoria (Commenti di deputati del gruppo Popolo della Libertà ) impedisca alla rete di far circolare il bacio del Ministro Alfano a Croce Napoli, capomafia di Palmi di Montechiaro. Ogni italiano ha il diritto di saperlo, di vederlo e di valutarlo, così come ha il diritto di giudicare l'intervento dello stesso Ministro in solidarietà e difesa di Totò Cuffaro dopo la condanna a cinque anni per favoreggiamento di un mafioso.
Con queste premesse meglio sarebbe parlare sin d'ora di Ministero dell'ingiustizia. Oppure le do un suggerimento: lo nasconda come l'informazione, per esempio celandolo nel Ministero delle infrastrutture; chissà, forse ne potrebbero fare un nuovo porto delle nebbie sul tipo di quello che il suo fido Cesare Previti, con lei Ministro della difesa in attesa di una condanna a sei anni per corruzione di un giudice, ben conosceva.
Mi dispiace per qualche anima candida come la Ministra Meloni e qualcun altro. La compagnia non appare proprio cristallina. Noi dell'Italia dei Valori dubitiamo che da un tale Governo possa venire il bene per il Paese, soprattutto nei campi più delicati per il salvataggio della democrazia, come l'informazione, la giustizia, la legalità, l'assenza del conflitto di interesse, argomenti da lei neppure sfiorati.
Nondimeno, qualora dovesse arrivare in Aula qualche provvedimento per la sicurezza dei cittadini, per il federalismo vero - ma su questo ultimo punto esprimiamo forti dubbi che ciò avvenga -, siamo pronti a passare dall'opposizione dura alla proposta e, nel caso, alla condivisione. Così sarà per le riforme istituzionali e per la legge elettorale, a condizione che vada nel senso di ripristinare in capo agli elettori il potere di decidere chi li debba rappresentare e a condizione che preveda adeguate cause di ineleggibilitàPag. 19per i condannati con sentenza passata in giudicato e per chi si trovasse in palese conflitto di interessi con lo Stato.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANTONIO BORGHESI. Con queste motivazioni e con le ulteriori che saranno specificate da altri colleghi del gruppo, Italia dei Valori dichiara la non fiducia nei confronti del suo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà, per undici minuti.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Presidente del Consiglio, le riconosco garbo e gentilezza, ma ciononostante le debbo spiegare perché non posso votarle la fiducia. Infatti, sono parte di una opposizione minoritaria di centro che lei in fondo fatica a riconoscere, perché pensa di rappresentarla. Forse preferisce quella ombra di Veltroni.
Lei passerà alla storia per aver superato l'impianto parlamentare della nostra democrazia, facendoci però correre il rischio di una deriva un po' sudamericana. Un sistema presidenziale senza contrappesi istituzionali: questo è il suo nuovo parlamentarismo, già sperimentato in questi anni con l'elezione diretta dei presidenti delle regioni. Invito i colleghi ad andare ad accertare come si svolge il processo legislativo all'interno delle assemblee regionali: si esalta la funzione di governo e la funzione legislativa diventa ornamentale. Questa è la sua dialettica istituzionale.
Per questo oggi, forte del risultato elettorale, riconosce finalmente il ruolo del Capo dello Stato e ribadisce la subalternità del Parlamento rispetto al suo Governo e, magari, si sceglie pure l'opposizione.
Io mi inchino rispetto al risultato elettorale, ma rivendico il dovere di segnalare la vera natura del suo Governo. Il suo discorso di oggi è stato indubbiamente abile, glielo riconosco. Ma noi la conosciamo altrettanto bene. In questi quattordici anni, il Paese, invece di andare avanti, è purtroppo andato indietro, non è cresciuto, ha perso speranza, si è attorcigliato nelle corporazioni, ha creduto più nella furbizia, che nel senso del dovere e della responsabilità.
Leggendo il suo programma di Governo - non quello che lei ha rappresentato oggi, che era un discorso carico di abilità parlamentare -, si vede la mano di Tremonti, emerge un rigurgito di colbertismo: più Stato per difenderci dalla globalizzazione. Si offre protezione. È il pensiero debole degli amici leghisti, i quali hanno fra l'altro hanno invece delle opinioni molto aggressive in altri campi: più quote e dazi per difendere le nostre produzioni dalla concorrenza asiatica. Tutto ciò si salda con il suo stile gentilmente monopolista.
Tuttavia, l'Italia ha bisogno di uno Stato più forte per battere le corporazioni e le rendite diffuse, creando più concorrenza. Non si tratta certo di sostituirsi al mercato, ma di esaltare la sua funzione di misuratore di efficienza, per creare risorse da destinare ai più deboli. Si ripropone anche nel programma uno scetticismo pericoloso nei confronti dell'Europa. Se non fossimo stati stimolati dall'Europa, saremmo ancora più un fanalino di coda e quel poco di concorrenza che c'è in Europa la si deve alle iniziative di Bruxelles e alla positiva esperienza del commissario Monti sul versante dell'apertura ai mercati.
Per fortuna abbiamo l'euro in tasca, altrimenti correremmo il rischio jugoslavo. Ma se il nuovo Berlusconi non avesse perso né il pelo e né il vizio e fosse rimasto quello del 1994, cioè un finto liberalizzatore, un po' monopolista (Crozza direbbe: «ma anche monopolista»), deciso a difendere lo spazio degli interessi particolari con le unghie e con i denti, contagiando su questa strada magari anche l'idea del Governo ombra, vorrebbe che il duopolio dell'informazione televisiva diventasse il canovaccio del bipartitismo all'italiana. Berlusconi venda una rete Rai e tolga il tetto e il canone e apra il mercato pubblicitario come si deve!Pag. 20
Non è un caso se sull'altro fronte il programma di Veltroni e del Governo ombra per molti aspetti appare analogo o «copiato», come direbbe lei. Ecco perché c'è bisogno di un centro riformatore che spieghi agli italiani che senza riforme strutturali non si va da nessuna parte. Questo dovrà fare l'Unione di Centro sul piano parlamentare.
Lei cerca di rassicurare il suo blocco sociale con la protezione, così, invece di prospettare al Paese una fase coraggiosa, ne prospetta una difensiva.
Quando l'Italia ha adottato quelle politiche, si è ritirata dalla sfida mondiale; l'esempio della FIAT è emblematico: quando chiedeva protezione è uscita dal mercato, quando ha accettato la regola del mercato è diventata un elemento di raffronto della moderna politica industriale. Ora, per fortuna, vi è un tessuto solido di imprese che ha scelto di rischiare nella competizione mondiale: è questa la grande speranza! Il diritto di crescere economicamente e socialmente è unitamente connesso al dovere di rischiare e di mettere in discussione le nostre presunte certezze.
Ora, lei indica la necessità di avere ottimismo e di dimostrare uno spirito di missione, ma più che dell'usato sicuro della furbizia abbiamo bisogno del nuovo, costruito sul sacrificio della sfida, dell'innovazione e della responsabilità personale.
Io, pur non votandole la fiducia, giudicherò il suo Governo dalle questioni concrete. Il caso di Alitalia - che lei oggi ha sorvolato - è un elemento che non può non creare un grande imbarazzo: lei ha affermato che, da un lato, non la vuole svendere, dall'altro, non la vuole ripubblicizzare, ma Alitalia deve essere risanata; il prestito ponte a cui ha fatto riferimento avrebbe avuto una sua ragione di essere se fosse stato legato a una richiesta di amministrazione straordinaria da presentare in Europa ai sensi della cosiddetta legge Marzano, così come si è fatto per il caso Parmalat. Ciò avrebbe reso possibile una ristrutturazione industriale, togliendo il potere di veto alle nuove sigle sindacali che oggi ancora dominano Alitalia.
Riguardo alla sicurezza e all'immigrazione, non vorrei che quello che state proponendo fosse un manifesto: il reato penale di immigrazione clandestina va messo in connessione con il reato penale di organizzazione del lavoro sommerso; non si sfugge da questa regola (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Partito Democratico)! Quando in un Paese vi sono 3 milioni e 500 mila lavoratori in nero, di cui tre quarti sono extracomunitari, a nessuno è consentito di tenerli a lavorare in nero, pagandoli quattro euro all'ora e, magari, alla sera di andare al bar a pontificare sul perché dobbiamo liberarcene! Ma liberarci di cosa? Se questi lavoratori se ne andassero, l'economia sarebbe in ginocchio il giorno dopo! Quindi, non scherziamo su tali questioni; separiamo il tema della sicurezza (per cui i delinquenti vanno messi in condizione di non nuocere) dalla demagogia intorno alle problematiche del lavoro.
E così sull'ICI, le tasse e il federalismo fiscale. Lei ha fatto un accenno al problema dell'evasione, ma in questi anni, in alternanza, Visco e Tremonti non hanno neppure lontanamente scalfito tale evasione: il 30 per cento dell'economia italiana è in nero e le attività quotidiane sono prevalentemente in nero. Se non si introduce il principio del contrasto di interessi - non un finanziere sulla testa di ognuno di noi! - è impensabile che si riesca a incidere su quella montagna di sommerso che è all'origine della riduzione della base imponibile del Paese, se la base imponibile del Paese determina condizioni di ricchezza che vanno a danno dei più e provoca un allargamento delle fasce di povertà.
La vorrò vedere all'opera sulle liberalizzazioni e sul nuovo capitalismo municipale. Ho letto delle interviste un po' preoccupanti al Ministro dell'interno sul neostatalismo localista: cosa vuol dire? Vuol dire che ciò che si è privatizzato al centro, ora si ripubblicizza in periferia? Che senso ha che province e i comuni gestiscano le autostrade: lo fanno come lo fanno i Benetton, sono dei nuovi monopolisti.Pag. 21È questa la logica con cui si pensa di affrontare il nodo del capitalismo locale?
Riguardo alle riforme istituzionali e alla legge elettorale: non vada avanti sulla strada di questo schema bipartitico, potrebbe essere un elemento sul quale inciamperà!
Quando in una realtà economica e sociale come la nostra i migliori rendimenti sono conseguiti grazie a posizioni di rendita, dovute a regolazioni restrittive, a privilegi clientelari, all'evasione fiscale, alla corruzione o alle relazioni politiche, possiamo aspettarci che aumentino gli investimenti per padroneggiare e perfezionare abilità e competenze che producono i più abili speculatori, mediatori, lobbisti, evasori e corruttori.
Come mai nel tessuto del Paese non c'è la tendenza a mettere in un angolo, ad esempio, coloro che si sono arricchiti attraverso la strada dell'insider trading, ma è anzi diventato un gesto di furbizia? Chi ha fatto i soldi aggirando la legge o facendo un uso strumentale di informazioni riservate, magari di società quotate, è diventato un furbo, un esempio da seguire, un elemento al quale guardare con una sorta di ammirazione. Questo è il Paese che non voglio e che ha di sé un'idea sbagliata.
La sua missione sarebbe quella di ripristinare l'equilibrio tra diritti e doveri, ma per farlo occorre la credibilità necessaria.
Mi permetto di avvertirla con la stessa gentilezza con cui lei ha parlato: non le basterà guardare a sinistra, non sarà sufficiente riconoscere il ruolo di Veltroni (lo affermo senza nessuna invidia). Dovrà cambiare il passo in maniera radicale rispetto agli altri sei anni dei suoi Governi (non è per la prima volta, infatti, che lei è alla guida di un Governo). Se lei farà bene - lo vedremo - noi glielo riconosceremo e lei potrà dar colpo alla spina nel fianco di cui è riuscito a liberarsi. Se invece andrà male - e mi dispiacerebbe molto per il mio Paese -, forse la spina nel fianco avrà avuto ragione e si aprirà una fase diversa (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Parlamento, in questi giorni, si appresta a votare la fiducia al nuovo Governo. Queste sono giornate dal significato politico intenso, ma dobbiamo essere consapevoli che la vera fiducia a questa maggioranza è già stata ampiamente attribuita dagli elettori il 13 e il 14 aprile scorsi: è questa l'investitura senz'altro più significativa.
Il nostro programma di Governo è stato apprezzato; i cittadini, con il loro voto, ci impegnano al rispetto di quanto proposto, soprattutto su temi quali la sicurezza, il controllo dell'immigrazione, il rilancio delle opere pubbliche, il federalismo fiscale e la semplificazione burocratica e amministrativa dello Stato.
È di tutta chiarezza la difficile situazione in cui versa il Paese dopo due anni di Governo del Presidente Prodi: due anni passati più a discutere sui Dico e sull'indulto piuttosto che ad occuparsi del fatto che il Paese si stava sempre più impoverendo. Per questo motivo serve subito un nuovo Governo che si occupi dei veri problemi di interesse generale e non settoriale.
La situazione del Paese, ad oggi, è questa: mancano le materie prime; abbiamo poca energia elettrica di nostra produzione; vi sono solo cinque regioni in attivo, mentre le altre quindici incrementano continuamente un debito pubblico che ha raggiunto 1.623 miliardi di euro. Sul punto, un interessante studio proposto da Unioncamere del Veneto sui costi del mancato federalismo fotografa in modo imparziale la necessità inderogabile di cambiamento in senso federalista per il Paese, al fine di evitarne il fallimento.
La pubblica amministrazione è da riformare, assorbe metà del prodotto interno lordo e, da erogatrice di servizi, si è trasformata - complici anche i sindacati -Pag. 22in uno «stipendificio», dove gli operatori meritevoli sono spesso trattati peggio di chi lavora poco e male. Le tasse sul lavoro sono pari al 60 per cento; quelle sulle imprese raggiungono il 52 per cento; la pressione fiscale, con il Governo Prodi, è cresciuta di oltre due punti in due anni, nei quali il Presidente Prodi ha chiesto agli italiani ben 40 miliardi di euro di tasse in più. Gli studi di settore introdotti dal Ministro Visco hanno aumentato le tasse del 30 per cento: questo spiega l'aumento delle entrate fiscali, non - come vogliono farci credere - la lotta all'evasione fiscale, che infatti è rimasta in linea con gli anni precedenti.
L'INPS incassa settantacinque e spende cento, con le solite poche regioni in regola con i conti. Per contenere il debito pubblico, il Presidente Prodi ha seguito la via dei tagli agli enti locali, così, oltre ad aumentare le tasse in senso generale, ha di fatto costretto i comuni ad aumentare anche quelle locali di un buon 10 per cento.
A queste negatività aggiungiamo il blocco degli investimenti e degli appalti pubblici, che, grazie al partito del «non fare», sono crollati del 70 per cento, allontanando anche gli investitori stranieri. Con il patto di stabilità imposto ai comuni, il Governo Prodi ha fatto crollare del 50 per cento anche gli appalti dei lavori locali. Non a caso, l'ISTAT e l'Unione europea ci ricordano che l'Italia è ultima per crescita nell'area euro. Con questi numeri, il Governo Prodi è riuscito anche a portare i rifiuti di Napoli in Germania. Da non crederci o, meglio ancora, semplicemente incredibile!
Ricordo questi aspetti perché è ripreso il martellamento mediatico tendente a magnificare i risultati del Governo di centrosinistra, mentre è all'evidenza di tutti che l'unico risultato ottenuto nei due anni scorsi è stato l'impoverimento generale del Paese. L'Eurispes ricorda che oggi ben un terzo delle nostre famiglie non arriva alla fine del mese: gli interessati sono solo 15 milioni di cittadini italiani. D'altronde, cosa ci si poteva aspettare da Ministri come Pecoraro Scanio, che esordì nel nome della redistribuzione della ricchezza, promettendo aumenti del bollo auto ai possessori delle Porsche Cayenne, finendo poi per aumentarlo solo ai possessori delle utilitarie euro 0 degli operai (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Se questo era l'inizio, purtroppo abbiamo visto anche come è andata a finire. Ora soprattutto questi cittadini più poveri si attendono un cambio di marcia per la nuova guida del Paese. Noi pensiamo che una prima proposta potrebbe essere quella di trasferire i sistemi di Governo delle regioni virtuose, che spendono meno e meglio le risorse pubbliche e offrono buoni servizi, alle regioni con i conti in passivo. In sostanza, si tratta di lavorare per un federalismo solidale, ma soprattutto responsabile. In caso contrario, il pericolo sarà quello di distribuire a piene mani povertà per tutti, sia a chi è bene amministrato, sia a chi non lo è.
Oltre agli interventi economici, fiscali e di nuova impronta federalista, questo Governo deve affrontare il problema della sicurezza e governare il fenomeno dell'immigrazione. Per questo ci hanno dato un preciso mandato popolare, che bisogna esercitare con fermezza, essendo chiari nella gestione dei ruoli fin da subito: chi rappresenta il popolo approva le leggi, mentre la giustizia le applica. Non dovrà ripetersi, ad esempio, quello che è accaduto nella XIV legislatura: mentre in Parlamento si discuteva ancora del provvedimento Bossi-Fini, vi erano già notizie di agenzia che riportavano le contrarietà di alcuni giudici e di membri della Corte costituzionale a tale legge.
Centinaia furono le contestazioni dopo l'approvazione del provvedimento per bocciarne i contenuti. Piuttosto che boicottarla occorreva applicare norme civili, quali quelle che prevedevano, ad esempio, aggravi di pena da cinque a quindici anni per chi trae profitti, schiavizzando donne e bambini immigrati, ma probabilmente questo non era nell'intento di quella parte della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non è neanche più tollerabile, signor Presidente, che il Consiglio superiore della magistraturaPag. 23non eserciti quasi più il controllo sulle responsabilità di alcuni giudici. Proprio in questi giorni abbiamo assistito alle scarcerazioni di stupratori di minorenni, di responsabili di assalti violenti in villa, di responsabili di decine di rapine ai danni dei piccoli commercianti e artigiani, a causa di negligenze o per mancate priorità operative da parte di certi tribunali. Le responsabilità devono emergere, altrimenti sarà inutile approvare nuovi pacchetti sicurezza, se continueremo ad assistere alla messa in libertà dei delinquenti arrestati dagli agenti della pubblica sicurezza (Applausi del deputato Torazzi).
Se questi gravi problemi della giustizia dovessero persistere, oltre alle riforme costituzionali in termini di federalismo e di nuovo assetto dello Stato, dovremmo rivedere anche le funzioni, i compiti e le responsabilità sia del Consiglio superiore della magistratura sia della Corte costituzionale, se non altro per riportarli nei ruoli che gli stessi organi hanno negli altri Paesi dell'Unione europea. Ciò perché ad esercitare il mandato popolare, anche in questo Paese, deve essere il Parlamento e non la magistratura, peggio ancora se questa non è né terza né imparziale. Con queste riflessioni il gruppo parlamentare della Lega nord Padania garantirà fiducia e collaborazione al nuovo Governo del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa al quale ricordo che ha a disposizione dieci minuti di tempo. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, le elezioni di aprile hanno cambiato davvero lo scenario della politica italiana: vi è stata una drastica semplificazione del quadro politico nazionale e una riduzione della frammentazione della rappresentanza parlamentare da 14 a 6 gruppi. L'immediata conseguenza di questa rivoluzione elettorale è stata quella di consegnare al Paese un Governo in tempi brevi, con una larga maggioranza, con uno schema di alleanze semplificato (il tempo della politica ci dirà se e quanto questa maggioranza sarà anche coesa). Questa rivoluzione elettorale ha prodotto anche una nuova opposizione composta da tre partiti, di cui uno largamente maggioritario con 217 deputati, solo uno in meno rispetto al gruppo dell'Ulivo della passata legislatura che pur godeva del premio di maggioranza.
Il giorno in cui si insedia il nuovo Governo la domanda vera da fare è se questa svolta politica sia la novità del giorno delle elezioni - l'unico secondo Rousseau in cui cittadini sono veramente liberi di scegliere e di contare - oppure se si tratti di una novità capace di influenzare politicamente l'intera legislatura. Competerà all'intelligenza degli avvenimenti politici e alla conseguente responsabilità che ogni parte intenderà assumersi, misurare la capacità di cambiamento, anche se il pericolo prefigurato da Bauman, ovvero che il potere si misura in base alla velocità con cui si fugge dalle responsabilità, resta sempre in agguato. Si tratta di un agguato tanto più attuale quanto più la politica resta sempre più schiacciata sul presente, un rischio tanto più grande quanto più il marketing politico si orienta sul bisogno del consenso immediato, su un'urgenza esistenziale, certamente drammatica, che rischia però di schiacciarsi sui sintomi, ignorando la gravità della malattia. Comprendo che questa sia la pressione maggiore per chi ha il compito di governare, ma non può e non deve essere la cultura dell'opposizione. Per effetto di quegli strani labirinti in cui si muove la nostra politica, noi oggi abbiamo un Parlamento in cui l'opposizione, o perlomeno la principale forza d'opposizione, può esercitare quella che, per primo Bagehot nella seconda metà dell'ottocento, intravide essere la funzione propulsiva dell'opposizione ovvero la sua funzione ciclica alternativa. Il carattere alternativo dell'opposizione - questo noi vogliamo essere, sicuramente con garbo e gentilezza, ma alternativi - comporta il superamento definitivo della concezione passiva nel suo profilo astensionista (il dissenso dal Governo)Pag. 24e in quello ostativo (il limite alla maggioranza). L'opposizione viene caratterizzata da una concezione attiva, in quanto è la sua stessa dinamicità che ne consente una definizione. La funzione politica dell'opposizione viene concepita, sostanzialmente, come formulazione di un indirizzo politico alternativo e potenzialmente sostitutivo rispetto a quello di Governo portato avanti anche tramite l'attività di controllo svolta in sede parlamentare, mentre le forze politiche che si insediano nel concetto organizzativo di opposizione parlamentare si presentano come potenziale partito di Governo.
Per quanto ci riguarda, se vi saranno le condizioni politiche per poterlo fare, siamo pronti a collaborare alle riforme costituzionali e regolamentari, ma da subito noi autoriformiamo il ruolo e il potere dell'opposizione che non vuole essere, né sarà, pregiudiziale o ammiccante, ma costituzionale e democratica. Un'opposizione democratica presuppone la costruzione, attraverso il ruolo parlamentare, quindi attraverso una ritrovata centralità del Parlamento, di una cultura di Governo alternativa. La responsabilità dell'opposizione non si misura nel numero dei «sì» o dei «no», ma si misura sul tessuto coerente delle proprie proposte originali, alternative, modificative e integrative a quelle di Governo. Da questa nuova cultura d'opposizione nasce l'idea e la concretezza del Governo ombra, che non è un'espressione mediatica, ma un modo esigente di ripensare il valore democratico dell'essere minoranza in Parlamento.
La nostra sarà anche un'opposizione costituzionale, nel senso di un'opposizione politica che non tanto difende, ma piuttosto attua i principi costituzionali, a cominciare dal principale problema che un consigliere parlamentare, in un delizioso saggio breve: La democrazia al cinema, ha così efficacemente sintetizzato: quello che è in crisi nella nostra Costituzione è il riconoscimento di come i sacri diritti e doveri individuali abbiano necessariamente una proiezione istituzionale e necessitino di un ordinamento di poteri che sia funzionale alla loro garanzia.
Noi immaginiamo il nostro essere opposizione come un potere che sa essere garante dei diritti e dei doveri individuali, e sappiamo di poterlo fare perché riconosciamo alla Costituzione italiana, rispetto ad altre carte fondamentali dei diritti, una originalità culturale che, nel linguaggio a me più familiare, viene definita in termini di personalismo e pluralismo, e nel linguaggio internazionale sarebbe tradotta in termini di interpretazione dignitaria dei diritti, incentrata sulla persona, un essere umano concreto, un «io» che scaturisce da un «noi», da una comunità.
È una tradizione in cui i diritti sono, oltre che inviolabili, anche indivisibili, in cui vi è spazio per i limiti a tali diritti, perché essi formano un tutt'uno e vanno bilanciati l'uno con l'altro.
È una tradizione in cui alcuni diritti presentano l'ambivalente natura di diritti - doveri. Questa è la nostra cultura, che deve tornare a vivere nel vivo dell'attività parlamentare. Dobbiamo avere la capacità di riflettere su cosa significhi legiferare secondo i principi costituzionali e non solo per regole, perché il diritto positivo che non avanza né esplicitamente né implicitamente una pretesa di giustizia, e che oltrepassa il limite categoriale dell'ingiustizia, non è diritto.
La retorica delle radici e della sicurezza, infarcita di condanna del relativismo culturale e basata sull'esistenza di una verità assoluta e sulla morale che ne deriva, di cui sono intrisi i vostri discorsi politici e i vostri programmi, non ci lascia molta speranza, ma soprattutto non ne lascia al Paese che, snervato ed insicuro, anche per nostri errori e presunzioni politiche di governo, non potrà riscattarsi e cambiare solo con la retorica.
Essere sensibili al rischio presente ma indifferenti rispetto al destino futuro significa avere politicamente il fiato corto, e con il fiato corto si corre veloci per un breve tratto ma poi si scoppia.
Aldo Moro nel marzo del 1976 scriveva che tra il realismo della preoccupazione ePag. 25l'idealismo delle forze dei diritti emergenti non c'è contraddizione; sono le due facce di una stessa realtà, nella quale la ricchezza del nuovo e dell'umano che avanza non deve essere soffocata ma composta.
Noi non siamo chiamati a fare la guardia alle istituzioni e a preservare un ordine semplicemente rassicurante, ma siamo chiamati a raccogliere, con sensibilità popolare e con consapevolezza democratica, tutte le invenzioni dell'uomo nuovo a questo livello dello sviluppo democratico. Questa sensibilità e questa cultura ci possono consentire di vincere la sfida del cambiamento. Questa è la sfida che il Partito Democratico, da questo Parlamento, lancia al Paese, e lo fa dall'opposizione, incarnando così un nuovo potere, il potere delle idee.
Non sottovalutatelo, non sottovalutateci, perché cinque anni possono essere più lunghi per voi che per noi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Calderisi, al quale ricordo che ha a disposizione dieci minuti. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CALDERISI. Signor Presidente, colleghe e colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio, nel discorso di insediamento il Presidente della Camera - come già quello del Senato - ha affermato con forza che la XVI legislatura dovrà essere una legislatura costituente.
L'ammodernamento del nostro sistema istituzionale è stato oggi alla base del suo intervento, signor Presidente del Consiglio, e della sua volontà e ricerca di dialogo con l'opposizione per un nuovo e diverso rapporto tra maggioranza e opposizione, per giungere finalmente a quella legittimazione reciproca degli schieramenti essenziale in una democrazia bipolare. Il mio intervento vuole essere un contributo al dibattito in questa direzione.
L'affermazione di una dinamica bipolare, con l'alternanza tra le diverse coalizioni politiche e con l'indicazione preventiva del capo della coalizione - di fatto un'investitura diretta del Premier - hanno mutato profondamente il sistema politico istituzionale italiano. Le elezioni del 13 aprile hanno rappresentato una svolta ulteriore; hanno plasmato e riformato il sistema politico - come lei ha sottolineato, signor Presidente del Consiglio - in direzione di una bipolarizzazione semplificata, basata essenzialmente su due grandi partiti a vocazione maggioritaria. Ci siamo finalmente incamminati verso la realizzazione di un bipolarismo maturo di tipo europeo, ma la transizione verso un modello di democrazia decidente non è ancora compiuta. Occorre tradurre e consolidare i risultati ottenuti sul piano politico in una modifica degli assetti del nostro sistema istituzionale.
Occorrono modifiche della Costituzione volte a rafforzare il ruolo dell'Esecutivo e contestualmente quello dell'opposizione, insieme ai poteri di indirizzo e controllo del Parlamento, a superare il bicameralismo paritario e a realizzare un federalismo unitario e solidale.
Il testo elaborato nella scorsa legislatura dalla I Commissione può certamente costituire, come ha già affermato il Presidente Fini, una base di partenza che però va integrata nella parte relativa ai poteri del Premier, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di stabilizzazione dell'Esecutivo che sono del tutto assenti.
Al riguardo - porto il mio contributo alla riflessione - eviterei meccanismi troppo macchinosi, inesistenti negli altri ordinamenti, come la cosiddetta norma antiribaltone che caratterizzava la riforma della Casa delle Libertà, per seguire invece la strada maestra che caratterizza il sistema parlamentare, non solo in Inghilterra ma in tutte le maggiori democrazie, in Francia, Spagna, Svezia e anche Germania (mi riferisco all'articolo 68 della Costituzione tedesca), vale a dire una disciplina del potere di scioglimento che consenta al Capo dell'Esecutivo di esercitare un potere di deterrenza contro i possibili fattori di destabilizzazione della maggioranza.
Al riguardo la proposta avanzata dal senatore Tonini già nel 2002 (A.S. 1662),Pag. 26ispirata al sistema svedese, soluzione prospettata anche dal professor Cheli nell'audizione presso la Commissione bicamerale D'Alema, potrebbe costituire una valida base di discussione.
Per consolidare i passi avanti compiuti con le elezioni del 13 aprile occorre certamente intervenire anche sulle leggi elettorali, a partire da quella per le elezioni europee, per evitare che la patologica frammentazione che le recenti elezioni hanno cacciato dalla porta sia reintrodotta dalla finestra. Sono lieto che da parte dei vertici del Partito Democratico sia stata avanzata una specifica proposta in tal senso.
Bisogna, poi, intervenire ovviamente sulla legge elettorale nazionale anche in vista del referendum.
Vi è, però, anche un altro piano di intervento, la riforma dei regolamenti parlamentari, su cui voglio concentrare il mio intervento. Infatti essi incidono in modo più sotterraneo ma assai più penetrante, per taluni aspetti, delle stesse previsioni costituzionali. Lo ha sottolineato anche il professor Lippolis, già consigliere giuridico del Presidente della Camera Pierferdinando Casini: «In un quadro costituzionale caratterizzato da una disciplina della forma di Governo a maglie larghe, i regolamenti parlamentari costituiscono un elemento importante per la definizione del regime politico. Vi sono margini di intervento attraverso i regolamenti parlamentari per orientare l'assetto della forma di Governo in senso maggioritario che non appaiono del tutto esplorati o comunque esauriti con le riforme della fine del secolo scorso».
Si può e si deve pertanto agire anche sui regolamenti parlamentari. Tre sono, a mio avviso, i filoni di una strategia riformatrice: rafforzare la posizione del Governo in Parlamento, definire lo statuto dell'opposizione, impedire la frammentazione parlamentare.
Per quanto riguarda il primo aspetto: ad oggi, nonostante i miglioramenti introdotti nei regolamenti nel corso degli anni Ottanta e Novanta, permane una marcata debolezza del Governo nell'ambito delle dinamiche parlamentari, in generale, e del procedimento legislativo, in particolare. La posizione del Governo italiano in Parlamento rimane forse la più debole del panorama europeo. Due sono gli aspetti dove tale carattere si manifesta con maggiore evidenza: la fissazione dell'ordine del giorno e il governo dei tempi della decisione.
Si tratta naturalmente di due aspetti cruciali, il potere di determinare l'oggetto e i tempi della decisione rappresenta un elemento decisivo nella concreta configurazione degli equilibri di un sistema istituzionale. Occorre assicurare al Governo una funzione di guida del procedimento legislativo, di vero comitato direttivo della maggioranza, come avviene, ad esempio, in Francia e in Inghilterra. A tal fine non c'è bisogno di modifiche costituzionali.
Cito ancora il professor Lippolis: «Non vedo alcun ostacolo a stabilire che i programmi e i calendari siano stabiliti in primo luogo, anche se non esclusivamente, sulla base delle indicazioni del Governo, così come nulla impedisce che ad esso si attribuisca la potestà di indicare i disegni di legge valutati come essenziali per l'attuazione del programma per i quali sia fissato un termine certo e ovviamente congruo per la votazione finale. Risultato che potrebbe anche essere ottenuto, continua il professor Lippolis, anche attribuendo al Governo la potestà di chiedere la votazione preliminare di un testo per ciascun articolo in discussione». Tralasciata la descrizione analitica della proposta. «L'attribuzione al Governo di una tale potestà dovrebbe essere accompagnata dalla previsione di termini certi per il suo esercizio, in modo che l'Assemblea conosca per tempo il testo che il Governo chiede di porre in votazione e sia messa in condizione di discuterne adeguatamente». Un intervento del genere consentirebbe di porre fine finalmente ai fenomeni degenerativi ai quali assistiamo impotenti da anni: abuso della decretazione d'urgenza, maxi-emendamenti e ricorso frequente alla questione di fiducia, talvolta abbinati, ai quali i Governi hanno fatto ricorso inPag. 27mancanza di altri strumenti procedurali idonei ad ottenere decisioni tempestive.
Definire lo statuto dell'opposizione: molto può esser fatto attraverso la modifica dei regolamenti anche per quanto riguarda la definizione di uno statuto dell'opposizione.
Significativamente, negli attuali Regolamenti non è nemmeno contemplata la categoria dell'opposizione, al singolare: tutta la dialettica parlamentare si svolge tra i gruppi parlamentari e non fra maggioranza, o meglio Governo, e opposizione.
L'inadeguatezza dell'assetto attuale è quanto mai evidente: infatti, la funzione dell'opposizione, in una compiuta democrazia dell'alternanza, non si limita alla mera rappresentanza delle tante posizioni non coincidenti con quella della maggioranza di Governo, ma trova la sua principale ragione d'essere nell'obiettivo di divenire maggioranza di domani.
In una compiuta democrazia dell'alternanza - cito in questo caso il professor De Vergottini - l'opposizione è una vera e propria «istituzione costituzionale», una sorta di «Governo potenziale in attesa» e la sua aspirazione non può essere, ovviamente, né quella alla co-legislazione, di tipo consociativo, né quella all'ostruzionismo, ma il suo status va costruito mirando a realizzare le condizioni di visibilità del confronto tra indirizzi alternativi.
Pertanto, occorre innanzitutto un riconoscimento formale della minoranza maggiormente rappresentativa come opposizione, intesa come controparte organizzativa e funzionale del Governo in Parlamento, distinguendola rispetto ad eventuali altre minoranze ed attribuendo ad essa una serie di prerogative e facoltà.
Numerosi sono gli interventi che possono essere immaginati in questa prospettiva, che non ho il tempo di elencare in questa sede, a partire dall'introduzione della figura del capo o portavoce dell'opposizione, al quale riservare una posizione privilegiata rispetto agli altri capigruppo di opposizione, con la finalità di attivare alcuni strumenti di garanzia e di controllo. E nulla vieta, nei Regolamenti, di prevedere una serie di prerogative e facoltà anche per i componenti del Governo ombra, riconoscendone la funzione.
A proposito del Governo ombra, voglio anche fare chiarezza sul piano politico: se si vuole che esso abbia un carattere di serietà e non sia solo una trovata propagandistica, che non ha nulla a che vedere con lo shadow cabinet inglese, deve essere chiaro che si può parlare seriamente di Governo ombra solo se esso esprime la posizione unitaria dell'opposizione in Parlamento e nel Paese. Per essere chiari: qualora, alla posizione espressa dai componenti del Governo ombra, si affiancasse una posizione diversa di responsabili del partito e magari una ancora diversa dei responsabili in Commissione, e il partito mettesse poi in atto una politica delle alleanze non su basi programmatiche, ma solo per mettere insieme tutti coloro che sono contro il Governo, a prescindere dalla loro posizione di merito, allora evidentemente avremmo solo una parodia del Governo ombra, uno strumento che non servirebbe ad affermare il principio di responsabilità politica, ma, al contrario, proprio a negarlo. Tuttavia, mi auguro che non sia così.
Vi è poi la questione della frammentazione dei gruppi parlamentari (riduco il mio intervento perché sono quasi al termine): occorre intervenire anche su tale aspetto, perché il risultato conseguito con le elezioni potrebbe non essere un risultato definitivo. Vi è la proposta Franceschini, che può essere assunta come base di discussione, rendendola compatibile con l'articolo 67 della Costituzione.
Infine, un ulteriore, indispensabile e urgente profilo di intervento - sto per terminare, signor Presidente - riguarda anche la legge finanziaria e la sessione di bilancio: non ho il tempo per affrontare l'argomento, segnalo solo la proposta dell'onorevole Leone, risalente alla scorsa legislatura, che oltre a modificare gli aspetti della legge di contabilità prospetta anche alcune modifiche del Regolamento.
Signor Presidente del Consiglio, l'Italia ha bisogno di profonde e incisive riforme sul piano economico, sociale e istituzionale.Pag. 28Realizzare il programma presentato agli elettori per rimettere in piedi il Paese e rilanciare il suo sviluppo sarà un'impresa dura e difficile, ma sono fiducioso e certo che lei e il suo Governo possiate riuscire a realizzarla.
A lei e al suo Governo esprimo l'augurio di buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà, per sei minuti.

FRANCESCO BARBATO. Onorevole Presidente e onorevoli colleghi, voglio subito rimarcare il mio disaccordo con l'onorevole Veltroni nel punto in cui, parlando dei primi passi del Governo Berlusconi, afferma che ha cominciato proprio male.
Non sono d'accordo sul fatto che l'onorevole Berlusconi abbia cominciato proprio male, perché mercoledì scorso, a Napoli, ho partecipato ad un incontro con il commissario per l'emergenza rifiuti, il dottor De Gennaro, insieme con i comitati civici, i sindaci, gli amministratori comunali e gli enti territoriali, per quanto riguarda la nuova discarica che vorrebbero aprire in una cava di tufo dismessa a Chiaiano, a Napoli. In quell'occasione, ovviamente, il commissario per l'emergenza rifiuti, operando in nome e per conto del Governo, ha ribadito con fermezza e con determinazione la volontà di aprire una discarica in una cava dove si trovano da un lato una falda acquifera, a pochi metri dal suolo, e dall'altro lato, a 800 metri di distanza, gli ospedali del nuovo policlinico ed il Monaldi (preciso che è un ospedale dove si trattano malattie dell'apparato respiratorio e i flussi dei venti che sono stati studiati andrebbero proprio in quella direzione, portando i miasmi e le esalazioni della costituenda discarica).
Ebbene, tale discarica si trova in un quartiere - Chiaiano Soccavo Fuorigrotta - ad altissima densità popolare, con circa 250 mila abitanti, se sommati insieme all'altro versante su cui si affaccerebbe tale discarica, ossia sui comuni di Marano e Mugnano.
Il commissario De Gennaro prendeva direttive - com'era giusto che fosse - dall'onorevole Berlusconi appena eletto e, dunque, Presidente del Consiglio dei ministri ancora in pectore. Ecco, pertanto, la ragione per cui non sono d'accordo con l'onorevole Veltroni.
Infatti, non è vero che l'onorevole Berlusconi ha cominciato male, e basta. È vero, invece, che l'onorevole Berlusconi ha cominciato male, ancora prima di cominciare! Non è infatti possibile dare indicazioni al commissario straordinario del Governo per l'emergenza rifiuti di aprire una discarica a Chiaiano. L'onorevole Berlusconi ha cominciato male ancora prima di cominciare, quando lì, a Napoli, il suo deputato segretario di Forza Italia, alcuni giorni fa, parlava di realizzare un grande piano Marshall, in cui fosse previsto non solo di aprire una discarica a Chiaiano, ma di occupare anche le altre due, tre cave dismesse e, quindi, aprire altre discariche.
Questa è la vecchia politica per cui, praticamente, le discariche adesso vengono lottizzate e spartite, perché sono diventate un grande business: non sono un'occasione per dare risposte serie ai cittadini, ma sono semplicemente una spartizione, come se si trattasse della presidenza di una ASL o di un IACP. Questa è la vecchia politica che non condividiamo!
Si tratta dello stesso deputato che, a Montecitorio, durante la scorsa legislatura, la mattina si trovava a Montecitorio e la sera «armeggiava» con i camorristi! Si tratta del deputato che invitava il camorrista (che oggi si trova a Poggioreale) a «cambiare i connotati» a terzi cittadini perché non lo avevano votato! Questa è l'aria che si respira Napoli! Ma è questa, forse, l'aria di cui l'onorevole Berlusconi ci vuol far riempire i polmoni?
Questa è un'aria che non vogliamo, onorevole Berlusconi! Non vogliamo queste zone grigie tra le istituzioni e la camorra, tra le istituzioni e la mafia! Ecco perché non ci sarà solo un Marco Travaglio, ma ci saranno cento, mille, milioni diPag. 29Marco Travaglio (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! In Italia, ci saranno tanti cittadini che vogliono istituzioni libere! Vogliamo un Paese pulito!
Pertanto, in termini propositivi, ci riuniremo nel fine settimana, a Napoli, dove parteciperò ad un consiglio interistituzionale formato da sindaci, comitati civici, enti territoriali, consiglieri comunali e circoscrizionali, ed insieme vi forniremo le proposte e le soluzioni per il problema emergenza rifiuti, il quale deve essere risolto in Campania!
Infatti noi, con la nostra dignità e il nostro orgoglio, terremo in Campania i nostri rifiuti, compresi quelli che ci avete mandato dalla Lombardia e dal Veneto, quei tanti rifiuti tossici, velenosi e industriali che ci avete mandato da lassù! Per la verità, su questo, saremo molto ma molto attenti, perché siamo uomini del fare bene, siamo uomini che hanno una cultura di Governo, siamo uomini che vogliono indicarvi le soluzioni alternative che abbiamo anche in Campania, e lo proporremo al prossimo Consiglio dei ministri che l'onorevole Berlusconi terrà a Napoli.
Tuttavia, come Italia dei Valori, saremo molto attenti e vigili: non solo cercheremo di fornirvi proposte e soluzioni al problema, ma soprattutto cercheremo di essere vigili e molto attenti. All'immondo banchetto della munnezza in Campania, infatti, hanno partecipato gli uomini berlusconiani e gli uomini bassoliniani, e non vogliamo che continui più questo banchetto immondo che è andato avanti senza vergogna per quattordici anni!
Pertanto, saremo molto attenti perché, soprattutto in Campania, si avvii a soluzione un problema che ci fa veramente molto male, ma soprattutto saremo molto attenti e vigileremo affinché, in Campania (per la verità, anzi, a Napoli), non accada che venga qualcuno - come si dice a Napoli - a fa' 'o gall' ngopp 'a munnezz' (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sardelli, per cinque minuti. Ne ha facoltà.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, il Movimento per l'Autonomia condivide l'analisi dei problemi e delle necessità del Paese che lei ha significato all'Assemblea nel suo intervento. Apprezziamo l'impronta riformatrice, la disponibilità al dialogo e l'invito ad un confronto aperto e non pregiudiziale rivolto all'opposizione.
Emerge con chiarezza dal suo intervento la consapevolezza delle difficoltà che il Paese attraversa e la necessità di innescare un grande processo riformatore delle istituzioni, della pubblica amministrazione e del sistema Paese nel suo complesso.
Le riforme non sono virtuali costruzioni del migliore dei mondi possibili, ma spesso e quasi sempre sono difficili e conflittuali processi di modernizzazione del Paese, processi che incontrano resistenze e interessi consolidati, lobby e corporativismi che in questi anni si sono arricchiti sulla pelle della gente. Voglio ricordare che, mentre i titoli delle società dell'energia volavano in borsa, i pensionati, i giovani e la povera gente pagavano i costi più alti in Europa per i servizi. Non a caso il Ministro Tremonti ha già detto che bisogna tagliare le unghie a questi poteri forti.
Il lavoro che attende il Governo è complesso. Il processo riformatore a cui s'intende dare corso deve avere due linee guida: la giustizia sociale e la modernizzazione del Paese. In un mondo sempre più globalizzato la competizione non è più tra le Nazioni, ma tra i territori. Ci sono due miliardi di cittadini della Cina e dell'Estremo oriente pronti a lavorare il doppio di noi per avere la metà del nostro benessere.
Ci rendiamo conto che ci attende una sfida difficile e allora le comunità devono adeguarsi rapidamente alle trasformazioni che la competizione internazionale richiede e hanno bisogno di strumenti di azione amministrativa snelli ed efficaci. Il federalismo è la possibilità che dobbiamoPag. 30offrire ad ogni cittadino e ad ogni territorio per partecipare a tali processi, conservando una forte identità storica e culturale.
Il Movimento per l'Autonomia ha portato in Parlamento non solo un'area geografica, il Sud, ma una più estesa area sociale e culturale: i giovani costretti ad emigrare, le donne penalizzate nel lavoro e gli anziani impoveriti dai costi insostenibili dei servizi pubblici e dall'inefficienza dello Stato sociale.
Signor Presidente, se il nord urla di dolore il sud non ha più voce per urlare, non ha più lacrime da versare! Non è enfasi, purtroppo, ma una drammatica verità. Noi sediamo in quest'Aula in seno alla maggioranza e all'interno del Governo per tutelare e rappresentare gli interessi del sud.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 13,05).

LUCIANO MARIO SARDELLI. La novità più importante della coalizione di centrodestra è la presenza accanto ad un grande partito nazionale, il Popolo della Libertà, di due movimenti territoriali che trovano ragione del loro essere nel rapporto quotidiano e costante col territorio.
Per il sud chiediamo allora che il degrado economico e sociale non si trasformi in un irreversibile declino. Ci preoccupano le forme di ribellione aperta che si sono verificate sul territorio campano come protesta ad una situazione emergenziale non più tollerabile. Il dramma economico vissuto da centinaia di migliaia di giovani e di anziani del sud sono una minaccia pronta a prender fuoco.
Rispetto a tali emergenze le risposte devono essere straordinarie. Perciò le chiediamo, signor Presidente, di riaffermare all'inizio di questa legislatura l'impegno suo e del Governo verso alcuni punti programmatici qualificanti per il risanamento del Mezzogiorno; chiediamo che si affermi con forza in sede europea la necessità di introdurre nelle aree svantaggiate del Paese una fiscalità compensativa e di vantaggio; chiediamo grandi investimenti in infrastrutture materiali ed immateriali che uniscano il Paese. Il Governo acceleri la realizzazione del ponte sullo stretto, la consideri la cartina di tornasole della sua efficienza ed efficacia nella realizzazione di opere pubbliche, ma non trascuri l'alta velocità e una rete ferroviaria più sicura e moderna nel Mezzogiorno e nel Paese in generale.
Signor Presidente, noi ci collochiamo nel solco storico tracciato da Gaetano Salvemini, da Giustino Fortunato e da Luigi Sturzo, quello di un meridionalismo antistatalista che si fonda sulla responsabilità dei territori.
Lei che è un appassionato di calcio mi permetta di chiudere con una metafora, che è un po' la metafora di questo Paese: ci aspetta un campionato difficile, molto difficile.
Lei è un grande e vincente motivatore e anche un leader visionario.
Siamo certi che saprà giocare questa partita fino in fondo con coraggio e che, alla fine, riusciremo a vincerla. Noi del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia saremo accanto a lei (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Movimento per l'Autonomia e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Delfino al quale ricordo che il tempo a sua disposizione è di dodici minuti. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, con le dichiarazioni programmatiche rese questa mattina lei, signor Presidente del Consiglio dei ministri ha, tra l'altro, compiuto un'importante apertura al dialogo tra Governo ed opposizione e si è impegnato ad un nuovo modo di governare. Il tempo è galantuomo e dirà se questo impegno sarà onorato: noi ovviamente lo speriamo.
Con le elezioni del 13 e 14 aprile i cittadini italiani hanno aperto, nei suoi confronti e per la sua coalizione, una corposa linea di credito che deve essere onorata. Siamo convinti anche noi che èPag. 31finita l'epoca delle contrapposizioni ideologiche, che è finita la stagione di una contrapposizione frontale che ha compromesso per anni la coesione della società ed ha distrutto e messo in ginocchio il Paese. Oggi lei può partire sfruttando questo nuovo clima che si respira.
L'UdC, pur nella polarizzazione del voto, ha dimostrato di essere radicato nella società per lo specifico dei valori che rappresenta e che ha tradotto in programma elettorale. Avremmo ascoltato volentieri, signor Presidente, una sua forte sottolineatura dei temi della vita, della famiglia, della libertà di educazione, di un sistema di valori che è profondamente radicato nella nostra comunità nazionale. Comunque oggi vogliamo convertire il patto che abbiamo stretto con i nostri elettori esercitando il ruolo di un'opposizione attenta e non alternativa, critica ma non ideologica, disponibile a votare con la maggioranza quei provvedimenti in linea con il nostro programma, facendoci sempre portatori di proposte a tutela degli interessi generali.
Per questo chiediamo con forza che, con il Governo Prodi, venga archiviata anche la stagione della legislazione d'urgenza restituendo al Parlamento - autentica espressione del popolo sovrano - il ruolo che la Costituzione ad esso attribuisce.
L'Italia ha urgente necessità di invertire la rotta in campo economico, sociale, educativo, sui temi etici e nell'assetto istituzionale.
Oggi in campo economico la principale emergenza - lei lo ha ricordato - è quella legata ai redditi da lavoro dipendente dei pensionati e dei nuclei familiari sempre più colpiti dal continuo rialzo del costo della vita. Si tratta di una difficoltà a vivere ancora maggiore per la famiglia che è impegnata a condividere la presenza di familiari diversamente abili.
L'idea di sottrarre alla progressività fiscale del prelievo tutte le parti variabili del salario - incluse le gratificazioni di metà e fine anno attraverso una tassazione agevolata contenuta nel documento «Liberare il lavoro» - è una delle idee che condividiamo, ma non può essere l'unica via per dare fiato ai salari dei lavoratori dipendenti e per dare risposta alle famiglie.
Occorrono scelte coraggiose sul fronte della famiglia: il Presidente Napolitano lo ha ricordato proprio in questi giorni chiedendo un rinnovato impegno sulle politiche della famiglia. A questo riguardo noi, signor Presidente del Consiglio dei ministri, siamo certi che lei procederà con decisione sul «quoziente familiare» per il quale, per la stagione di Governo 2001-2006, questa forza politica ha sempre ricevuto un rifiuto all'interno della coalizione.
Per quanto riguarda il lavoro, lei può certamente contare anche su un clima positivo nelle relazioni industriali.
L'unità raggiunta fra le organizzazioni sindacali sulla questione della riforma del modello contrattuale è una di queste premesse positive: ma potrebbe essere l'ultima occasione per modernizzare un Paese che, diversamente, si avvierebbe verso una crisi sistemica assai più pericolosa di quella sfiorata nel 1993, quando fu firmato in extremis il patto di luglio sotto il Governo Ciampi. Oggi il mondo è ulteriormente cambiato, e possono essere affrontati tabù sindacali quali la contrattazione unica, fino ad immaginare anche il ripristino, con attente modalità, di articolazioni salariali fra nord e sud, alla luce del diverso costo della vita e della differente produttività nelle varie aree del Paese.
Oggi nel Paese manca - e lei lo ha sottolineato - l'ottimismo necessario a far ripartire un ciclo virtuoso. Per la prima volta dalla fine della seconda guerra mondiale, i nostri figli temono che li aspetti una vita meno agiata o più disagiata di quella dei loro padri. Si avverte così quella che Samuelson chiama «la cultura della ansietà»: un fenomeno che l'economista e premio Nobel considera destabilizzante per la democrazia, e che ogni Governo ha il compito di combattere. Così come la paura - come ammonisce uno dei più grandi pensatori contemporanei, il polacco Bauman - è il più sinistro dei tanti demoni che si annidano nelle societàPag. 32aperte del nostro tempo. Oggi, signor Presidente, è indispensabile dare fiducia ai giovani, valorizzando la loro vitalità e il loro entusiasmo: occorre dunque riscoprire il valore del merito ed incentivarlo al fine di superare una cultura nichilista e spesso edonista, scommettendo invece sulla qualità dei nostri giovani e sulla loro disponibilità ai valori.
Noi siamo convinti che il futuro del sistema economico italiano risieda in modo particolare nella capacità di innovazione continua e sistematica dei prodotti e dei processi produttivi delle nostre aziende. Vogliamo inoltre evidenziare che, in questi anni difficili, la tenuta del nostro sistema economico sia da attribuirsi alla piccola e media impresa agricola, commerciale ed artigianale, nei confronti della quale chiediamo e proponiamo una particolare attenzione, sia in termini di scelte politiche mirate (quali la semplificazione burocratica, il sostegno alla competitività, la revisione degli studi di settore e delle norme per l'apprendistato), sia in termini di dotazioni infrastrutturali materiali ed immateriali.
Occorre inoltre incentivare l'innovazione, poiché è grazie ad essa che è possibile migliorare la qualità dell'offerta ed i vantaggi competitivi delle nostre imprese, oltre che la produttività e il valore aggiunto del capitale tecnico ed umano. Proprio con riguardo al capitale umano, è urgente prevedere la creazione di meccanismi che consentano nuove opportunità lavorative e di mobilità per quel personale over 40 che, malgrado un'alta professionalità, fatica oggi a trovare lavoro per mancanza di incentivi alle imprese, che preferiscono invece puntare sui dipendenti più giovani. Riteniamo perciò indispensabile promuovere ogni iniziativa formativa per le risorse umane utile, al fine di migliorare, attraverso sistemi snelli ed efficienti, la produttività ed il vantaggio competitivo delle imprese; così come auspichiamo che il Governo si impegni a facilitare l'accesso al mondo imprenditoriale dei giovani e delle donne.
In campagna elettorale, così come nei giorni scorsi, abbiamo sentito l'espressione: «sarà una legislatura di riforme istituzionali». Il nostro contributo collaborativo non mancherà, sia per una riforma del sistema elettorale che sappia coniugare stabilità e rappresentatività, sia per la riforma dello Stato in senso federale. Siamo infatti con Cattaneo quando diceva che l'Italia è fisicamente e storicamente federale, ma ribadiamo che il federalismo deve avere una connotazione di solidarismo, di responsabilità e di operatività. Siamo dunque lontani dall'opinione di quanti affermano che è meglio vivere amici in più case che discordi in una sola casa: poiché vi sono doveri e necessità che lo Stato deve saper ordinare ed organizzare affinché al pastrocchio di oggi non si sostituisca un localismo deregolato.
Noi vogliamo, signor Presidente, un federalismo forte insieme ad uno Stato capace di decidere: per questo va allora chiarito il nodo del Titolo V, anche prima di muoverci lungo la strada del federalismo fiscale che dovrebbe allocare le risorse anche in base ad una puntuale ripartizione delle competenze.
Onorevole Presidente, il suo Governo parte oggi, forte di una solida maggioranza in entrambi i rami del Parlamento, ma non pensi per questo di avere sconti particolari dall'opposizione e dai cittadini che l'hanno eletta. I cittadini saranno meno tolleranti con le bugie e con i balletti dei comunicati e delle smentite, e su questo punto l'esordio del Ministro Tremonti - me lo consenta - non mi sembra incoraggiante. Non si possono cioè fare annunci su interventi importanti come l'ICI - che lei ha qui ribadito - e sulla detassazione degli straordinari che pure noi condividiamo, e poi dire che non esiste nessuna risorsa e che non esiste il «tesoretto».
Si chiedono dunque sacrifici, ma come si potrà far fronte a queste forti promesse ed a questi forti impegni senza aver fatto comunque una due diligence approfondita, che ci faccia veramente conoscere la realtà dei fatti? Tali iniziative devono inoltre essere assolutamente coerenti anche con le «antenne» di Bruxelles, che solo pochi giorni fa ha cancellato la procedura diPag. 33infrazione per deficit eccessivo nei confronti del nostro Paese. Su questi, come su altri punti che sono nell'agenda del Governo, ci confronteremo, assicurando certamente un'opposizione nuova e seria, votando i provvedimenti a seconda che questi siano in linea o meno con il nostro programma. Signor Presidente, l'Italia ha bisogno di risposte urgenti e puntuali sui temi che sono stati discussi in campagna elettorale e sui temi che lei ha in questa sede proposto. Noi siamo e saremo attenti all'azione del Governo e della sua maggioranza, per misurare soprattutto l'equità di tutti i provvedimenti, inclusi quei sacrifici che da parte sua e di qualche suo esponente sono stati evidenziati come necessari, perché la situazione è certamente molto difficile. Il nostro «no» alla fiducia è coerente con l'esito elettorale, ma la nostra presenza e la nostra azione concreta e costante saranno incalzanti nell'interesse del Paese. Buon lavoro, signor Presidente (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e della deputata D'Ippolito Vitale)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Santelli, che ha a disposizione dieci minuti. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, colleghi, lei - Presidente del Consiglio - non ha mai celato dinanzi agli italiani la gravità della situazione attuale nel nostro Paese. È una situazione seria - forse non grave, ma comunque seria - tanto dal punto di vista economico, quanto forse da un punto di vista che ancora di più tocca la situazione e la vita reale di tutti i cittadini, e cioè il grande deficit di sicurezza che in questo momento sembrano avvertire i cittadini italiani.
Lei, signor Presidente, oggi ha detto una cosa che potrebbe essere quasi ovvia in un Paese politicamente maturo e democraticamente avanzato, e cioè che la sicurezza è sinonimo di libertà. Si tratta di una frase ovvia, che però ovvia non è quando tale affermazione viene pronunciata in Italia, dove per troppi anni sicurezza e libertà - sicurezza, quindi, di tutti i cittadini e libertà dell'individuo singolo - sono stati considerati due termini in contraddizione, e dove quell'equilibrio perfetto che bisognerebbe trovare tra l'esigenza di garantire la libera espressione di tutti i cittadini e il non imprimere un'eccessiva forza sulla libertà del singolo ha finito per essere, nel nostro Paese, estremamente sbilanciato da un lato, trascurando un dato importante, ossia il fatto che il sentimento di insicurezza colpisce tutti e, soprattutto, i più deboli.
Colpisce chi non è in grado, per propria parte, di garantirsi degli strumenti di sicurezza effettivi ma deve ricorrere direttamente allo Stato. Lo Stato italiano è in debito soprattutto nei confronti di tali cittadini. Si tratta di un debito pesante, importante ma - lo ripeto - è in maggior parte un debito di natura culturale e politica. Il superamento di tale steccato e il riconoscimento che finalmente si può parlare di sicurezza nel Paese senza dover subire, per tale ragione, le nubi di un passato storico forse eccessivamente pesante, rappresenta già un passo di qualità notevole con cui il Governo inizia a camminare, ma è anche il frutto di tutta l'elaborazione della discussione che si è sviluppata sul tema nei due anni precedenti. Oggettivamente, occorre riconoscere che il grande dibattito svolto nel centrosinistra e nella sinistra su tale punto ha visto delle posizioni estremamente divaricate, ma anche la possibilità di interloquire oggi su tali temi in maniera assolutamente naturale e coerente.
Signor Presidente, credo che su questi temi servono misure urgenti ma anche molto più strutturali, determinate e più allargate di settore. Su tali temi occorre un riordino e una riorganizzazione delle forze dell'ordine, una rivalutazione della dignità e dell'onore degli operatori di pubblica sicurezza; inoltre è necessario rimodellare alcuni strumenti processuali e ridare efficienza ed efficacia al sistema delle pene, rivedere gli attuali limiti e gli ambiti fra sicurezza e giustizia. Mi spiego meglio: occorre rivedere l'intero sistema - ed è una riforma importante e strutturale -Pag. 34delle forze dell'ordine. Rivalutare le due polizie generaliste, l'Arma dei carabinieri e la Polizia di Stato, sottolineando la specificità delle altre forze dell'ordine. Abbiamo moltissimi operatori - è vero - e se ne quantifichiamo il numero paragonandolo agli altri Paesi europei sembra che addirittura ne abbiamo in esubero, ma in realtà non è così. Soprattutto, corriamo un rischio: il blocco delle assunzioni comporterà, fra vent'anni, forze dell'ordine vecchie. Su questo bisognerà riflettere, ovviamente tenendo in considerazione le esigenze economiche, ma sapendo che non possiamo distruggere delle professionalità ed è necessario costruire anche per l'Italia che verrà tra dieci e vent'anni.
Dobbiamo assolutamente procedere al riordino delle carriere degli operatori di polizia. Vi è un problema puramente economico ma soprattutto, signor Presidente, vi è il fatto che lo Stato deve essere orgoglioso di chi lo rappresenta in divisa. Non è possibile procedere e continuare su un percorso per cui chi sulla strada difende lo Stato con una divisa non si sente tutelato poi dallo Stato stesso. Si tratta di una grave lacuna politica che il Paese e il Governo riusciranno - ne sono certa - a superare.
Dal punto di vista dei collegamenti fra la sicurezza e la giustizia - parlo anche al Ministro della giustizia che vedo presente - sarà importante ristabilire un rapporto reale sicuramente in termini processuali, revisionando urgentemente il sistema delle pene, urgentemente. Non sempre il carcere è una misura efficace ed efficiente, ma a volte esso è necessario e la durata della carcerazione deve essere quella stabilita per legge. Occorre accorciare i tempi, la burocrazia e tutto ciò che in astratto potrebbe sembrare garanzia, ma che si risolve invece in una mancanza di garanzia per il cittadino e sicuramente in una sofferenza per tutti. Concludo su tale punto che ritengo il tema forse più delicato. Bisogna rivedere, nel nostro Paese, la distanza e la differenza fra le due aree: la giustizia e la sicurezza. La giustizia è troppo avanzata come area, arriva subito. Tutto ciò che è sicurezza si occupa di un fenomeno mentre la giustizia non può che occuparsi del caso singolo.
Noi dobbiamo spostare assolutamente questo confine, recuperando anche l'intervento dei poteri della polizia giudiziaria, revisionando quel sistema che nel 1989 è stato in qualche modo incrinato. Ciò comporterà sicuramente una migliore prevenzione e una maggiore efficacia del trattamento delle forze di polizia, ma soprattutto, signor Ministro della giustizia, comporterà una decurtazione circa del 70 per cento del carico della giustizia penale che oggi non riesce ad avere fiato e che da alcune di queste misure potrebbe recuperare efficienza.
Il quadro è largo e, ovviamente, quando si affronta il tema della sicurezza non può non parlarsi anche di immigrazione. Si è detto, in quest'Aula, che dal centrodestra si è alzata la paura dell'immigrazione in collegamento alla sicurezza. L'immigrazione può essere, in un Paese - onorevole Tabacci - scelta, gestita, o può essere esclusivamente subita. Purtroppo, l'impressione è che per molti anni l'immigrazione, da questo Paese, è stata esclusivamente subita. Oggi possiamo decidere di gestirla, sapendo che esiste e che chi viene in Italia lo fa per avere dei diritti, ma anche che gli viene richiesto di assolvere a doveri e che chi viene in Italia in primo luogo deve essere grato a questo Paese del lavoro, della sicurezza e della libertà che lo stesso Paese gli offre. L'immigrazione deve essere gestita sapendo che questo non è il Paese che deve solo dare, ma deve anche ricevere e, soprattutto, che dalla gestione dell'immigrazione - uno dei temi più delicati per la convivenza del domani - deriverà negli anni l'effettiva integrazione della società italiana. Possiamo scegliere un qualsiasi modello di integrazione, ma occorre sceglierlo.
Concludo dicendo che, ovviamente, si tratta di sfide estremamente delicate che, tuttavia, non sono esclusivamente del Presidente del Consiglio o di un Governo. Le sfide sulla sicurezza e la sfida sull'integrazione riguardano sicuramente il Governo e la sua maggioranza, la politica, laPag. 35credibilità dello Stato nei confronti dei cittadini e, soprattutto, la dignità dello Stato italiano (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Brigandì, che ha dieci minuti per svolgere il suo intervento. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, nella sua esposizione ho sentito tutto ciò che mi aspettavo di sentire perché ha parlato del programma che ci ha uniti nella lotta che ha portato alla campagna elettorale. Tuttavia, né in tema di riforme, né in tema di progetti, ho sentito parlare di un elemento che reputo importantissimo: la giustizia. Ricordo a me stesso che il precedente Governo, che lei riteneva dovesse andar giù con una spallata (giustamente), è caduto per un'iniziativa di carattere giurisdizionale; se vogliamo essere maligni, di una iniziativa di carattere giurisdizionale che, comunque, ha avuto un effetto politico, ossia far diventare il partito di plastica (il Partito Democratico) un partito reale rappresentato adesso in Parlamento.
Pertanto, quello della giustizia è un problema sul quale, nella sua replica, mi aspetterei di sentire qualche parola, perché deve essere affrontato in maniera seria. La magistratura è andata via via delegittimando il Parlamento e i ministri. Lo si vede dal fatto che tanti anni fa il Dicastero della giustizia era il più ambito e oggi viene dato - non mi riferisco, ovviamente, a quello attuale - a partiti minori, come è accaduto sia nella legislatura scorsa, sia due legislature fa. Questo ci crea grossi problemi in ogni campo, anche in quello dell'economia, signor Presidente del Consiglio. Infatti, lei che ha fatto l'imprenditore sa bene che avere un credito, in presenza di un sistema giudiziario che garantisce il rientro in poco tempo, è molto diverso dall'avere un credito, con un sistema giudiziario che non glielo garantisce.
Quindi, oggi le nostre imprese in campo internazionale - forse il punto di vista economico è certamente più pesante del problema penalistico - sono totalmente prive di giustizia civile, cioè della possibilità di intraprendere senza che vengano garantiti crediti. Dico questo, signor Presidente, perché lei deve decidere una cosa fondamentale: la natura giuridica della magistratura.
Questo Governo, che tutti hanno riconosciuto - maggioranza e opposizione - essere fondante e propositivo, dovrà dire se la magistratura ha una natura giuridica come potere o come ordine. Nel primo caso deve essere eletta dal popolo, mentre se ha una natura giuridica come ordine, allora deve essere sottoposta alla legge e la legittimazione gli viene data dal Parlamento.
Se così è, signor Presidente, noi dobbiamo dire e affermare dei principi importantissimi. La magistratura-potere deve essere in grado sempre di obbligarsi all'esercizio dell'azione penale. In questo caso, non è una magistratura-dovere, ma una magistratura-potere e il potere deriva dal popolo. Quindi, se la magistratura non è in grado di rispondere al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, dovrà risponderne qualcun altro, ma non certo la magistratura, il cui esercizio non è legittimato dal popolo. Questo è un dato. Dopodiché, un elemento - credo fondamentale, che la sinistra sbandiera a tutto campo e che condivido - è quello dell'indipendenza dalla magistratura. La magistratura deve essere indipendente. Tutti sono scandalizzati al solo pensiero che la magistratura o una parte di essa o gli inquirenti siano sottoposti al Governo.
Sono d'accordo: il magistrato con le sue conoscenze e la sua cultura universitaria deve fornire una risposta in termini giurisdizionali, deve cioè emettere una sentenza senza essere vincolato dal Governo. Questo è un discorso pacifico. Ma, signor Presidente, non deve essere neanche vincolato dalle proprie correnti. Se qualcuno è in grado di indicarmi un posto di direzione all'interno della magistratura che sia svincolato dalla lottizzazione dellePag. 36correnti, vuol dire che la magistratura è indipendente. Ma siccome allo stato non è così, i magistrati nel momento in cui vogliono fare carriera si legano alle loro correnti e, quindi, i risvolti giurisdizionali sono legati alle decisioni delle loro correnti e all'attività politica. Lei, signor Presidente del Consiglio, è la persona che direttamente e sulla propria pelle ha sperimentato questo principio.
Quindi, occorre riflettere sul risultato, su come risolvere tale questione. Un primo provvedimento a costo zero è molto semplice. La Costituzione dice che i magistrati sono tutti uguali davanti alla legge, si differenziano solo per le funzioni, quindi evitiamo i partiti e sorteggiamo i membri del CSM. Così si risolverebbe la questione: tutti i magistrati potranno semplicemente pronunciarsi senza nessun problema, perché saranno indipendenti.
In secondo luogo, in Italia dall'epoca delle dodici tavole si è stabilito che vi sono alcuni valori, il primo dei quali è la certezza del diritto. Infatti, la gente deve sapere a che cosa va incontro quando compie il comportamento «A» o il comportamento «B». Attualmente i magistrati - è da poco che vige un codice disciplinare - vengono promossi in base a delle circolari interne che mutano di volta in volta. Quindi, avremo che una volta il più bravo è quello con i capelli bianchi e gli diamo una certa procura generale, un'altra volta...
È un meccanismo importantissimo anche dal punto di vista dell'efficienza.
Chi può stabilire se una sentenza è giusta o sbagliata? È evidente: il grado d'appello. Chi è il più bravo fra i magistrati, che quindi avrà diritto a un posto di dirigente superiore? È semplice: è colui le cui sentenze sono state meno riformate; assunto che le sentenze siano cento, se al giudice «A» gliene riformano novantanove perché deve fare politica e al giudice «B» ne riformano cinque perché si è attenuto alla prassi, sapremo che il giudice «B» è più bravo. Avremo così la certezza del diritto e, soprattutto, dei magistrati che concorrono ad emettere sentenze che poi - considerato che in caso di appello sarebbero confermate - non sarebbero impugnate, con la conseguente riduzione del carico di lavoro. Infatti, se si guarda al rapporto tra il numero dei magistrati e la quantità di lavoro che svolgono ci si mette le mani nei capelli! Se non ci fossero quei «poveracci» che svolgono lo stesso lavoro dei togati - l'articolo 36 della Costituzione in questo caso non vale! - e che reggono in sostanza la giurisdizione in Italia... È evidente che si tratta di una questione che crea problemi non da poco.
Credo che nel momento in cui stabilissimo questi due principi, arriveremmo a risolvere il 50 per cento dei problemi; si tratta di principi culturalmente basati sulla Carta costituzionale, ovviamente ineccepibili dal punto di vista intellettuale. Il potere della magistratura.
Signor Presidente, l'articolo 68 della Costituzione è stato svuotato dalla Corte costituzionale: ormai, di fatto, non esiste l'insindacabilità. Tutta l'Europa ha l'immunità, mentre l'Italia ha l'insindacabilità, ma non viene mai riconosciuta l'insindacabilità nei confronti dei consiglieri regionali. Abbiamo approvato una legge con la quale si prevede di staccare i dirigenti da un'area specifica e, dopo un certo numero di anni, di trasferirli per evitare di avere dei concatenamenti sul territorio; ebbene, il procuratore generale della Repubblica di Torino - tanto per non fare nomi: Caselli (e se avesse dei dubbi per via di un'omonimia, mi riferisco a colui che ha scritto il libro nel quale si afferma che è compito istituzionale della magistratura fare politica) - dal momento che doveva staccarsi dal territorio è diventato procuratore della Repubblica. È come se ad un ammiraglio si dicesse che per restare nello stesso porto deve fare il comandante di vascello: ma quali ragazze deve trovare Caselli in quel porto? Peraltro, sul caso, il CSM ha votato all'unanimità e non vi è stato Ministro della giustizia che abbia potuto affermare queste cose.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MATTEO BRIGANDÌ. Concludo, signor Presidente. Pensiamo all'ipotesi di un MinistroPag. 37della giustizia togato e diamogli i soldi affinché risolva economicamente i problemi della giustizia. Il tempo è tiranno. Auguri, Presidente (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Colaninno. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

MATTEO COLANINNO. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, è con profonda emozione che per la prima volta prendo la parola in quest'Aula, fondamento supremo di democrazia e altissimo luogo di confronto e di dialettica politica, di proposta e costruzione delle soluzioni e delle risposte che l'Italia chiede.
La XVI legislatura, che si è appena aperta, è segnata da un quadro politico fortemente semplificato nella rappresentanza parlamentare e potenzialmente mutabile nella dinamica tra maggioranza e opposizione. Signor Presidente del Consiglio, lei, in questo quadro, può oggi confidare su una larga maggioranza parlamentare; il programma da voi presentato agli elettori, abbandonati i toni - l'abbiamo ascoltato felicemente questa mattina - e gli audaci sogni del passato, sarà ora messo alla prova di governo e, finalmente, alla prova delle attese suscitate e moltiplicate in campagna elettorale.
Il Partito Democratico non potrà votare la fiducia al suo Governo perché è convinto che molte delle ricette da voi indicate e delle proposte non corrispondano, in realtà, ai pesanti bisogni di sviluppo e di solidarietà che l'Italia reclama.
Il Partito Democratico è portatore di una propria visione dei problemi in atto e di una propria proposta di soluzione, non identificabile né con l'attuale maggioranza né, in buona parte, con il vecchio centrosinistra. Anche noi, come principale opposizione rappresentata nel Parlamento, abbiamo assunto di fronte agli italiani una precisa responsabilità: indicare, tracciare e rendere concreta una soluzione alternativa e più rispondente ai bisogni dell'Italia, ogni qual volta il suo Governo metterà in campo una strategia che riterremo migliorabile, non congrua o insufficiente. Si tratta di una responsabilità che abbiamo materializzato e reso evidente con l'istituzione del Governo ombra, di cui mi onoro di essere parte. Signor Presidente, mi fa piacere sentire nelle sue parole un tono nuovo - finalmente nuovo - che probabilmente aprirà una fase politica diversa.
L'iniziativa del Governo ombra ha proprio lo scopo di rendere più capillare ed incisivo il nostro compito di opposizione, dando un valore costruttivo alla nostra attività di controllo e non escludendo anche, laddove possa esserci un margine di confronto alto, di contribuire direttamente e positivamente alla soluzione dei problemi particolarmente gravosi per i cittadini.
Il momento di crisi economica internazionale che stiamo vivendo, in questa curva strettissima della nostra storia, non autorizza nessuno a sogni velleitari o ad atteggiamenti dissennati o disfattisti. Penso che la corretta autonomia e indipendenza tra la maggioranza e l'opposizione non possano tradursi in una solitaria autocrazia del Governo, né in un estremo isolazionismo dell'opposizione. Non mi riferisco esclusivamente alle grandi riforme istituzionali e costituzionali - che certamente richiedono un confronto comune -, ma anche ai grandi temi della visione strategica della politica interna e di quella estera, ai grandi temi dell'economia, della finanza pubblica e dello sviluppo economico, che necessitano finalmente di una discussione aperta, forte e chiara tra le parti.
Su questi temi la funzione del Governo ombra - e, in particolare, il ruolo che vorrei svolgere con riferimento allo sviluppo economico - è quella di un'opposizione libera e severa, ma, se possibile, costruttiva e propositiva. Non sarò mai protagonista di un'opposizione pregiudiziale e sterilmente ideologica. Contribuiremo facendole un'opposizione serrata, ma attenta alle aperture che lei vorrà offrire, esaltando la straordinaria fertilità del Parlamento.Pag. 38
Stiamo tutti vivendo un momento difficile e complesso: stiamo entrando nella seconda era globale, paradossalmente caratterizzata dal trionfo degli interessi nazionali, dal sorgere di nuove barriere erette dalle fragilità politiche dei Paesi avanzati, dal pericoloso disorientamento nei rapporti tra mercato e politica e dall'evidente debolezza delle istituzioni globali.
Di fronte a questo scenario, si moltiplicano e si rafforzano le aggregazioni regionali e le intese bilaterali che ormai coprono la metà del commercio mondiale. I nuovi muri non sono più le barriere della guerra fredda: finita l'era delle divisioni ideologiche, siamo entrati nell'era delle alleanze per lo sfruttamento comune delle risorse scarse che marginalizzano e rendono impotenti gli esclusi. L'Italia è chiamata oggi, quindi, a definire una propria mappa degli interessi, capace di guidare a medio termine le sue strategie politiche, diplomatiche e commerciali nel mondo, per non limitarsi più a subire scelte maturate altrove.
In questo scenario, la dimensione nazionale è palesemente insufficiente a tutelare una parte rilevante degli interessi strategici italiani. Il futuro dell'Italia è legato al futuro dell'Unione europea: si illude profondamente chi pensa di poter rinunciare a questo potenziale di oltre mezzo miliardo di cittadini e consumatori. Non è quindi la globalizzazione a doverci preoccupare, ma la debolezza della sua governance.
In questo contesto così complesso, il sistema economico e produttivo italiano - seppure tra grandi difficoltà - ha saputo superare la prima fase dell'integrazione economica, durissima e in gran parte imprevista, caratterizzata dalla caduta delle barriere che proteggevano dai concorrenti low cost del lontano est. Le imprese italiane hanno saputo superare parte della propria debolezza cogliendo la sfida dell'innovazione, della crescita e dell'internazionalizzazione, riuscendo in una difficile mutazione che necessariamente dovrà proseguire con più forte convinzione, investendo in ricerca e innovazione e ricercando filiere a più alto valore aggiunto.
La nostra cultura, quella del Partito Democratico, traguarda il rilancio dell'economia insieme al grande problema della giustizia sociale e della necessità di un'unità di intenti di tutti i protagonisti del sistema economico, puntando sui giovani e sulle donne, veri giacimenti nascosti del nostro Paese.
Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, concludo il mio intervento con un augurio a tutti noi, a lei, signor Presidente del Consiglio, al suo Governo, a quest'Aula e alla politica italiana. L'Italia sente un forte bisogno di un ceto politico che sia guida morale, che sappia rialzare la temperatura etica del Paese, che sappia finalmente cancellare il sentimento qualunquista dell'antipolitica e annullare quei comportamenti irresponsabili di calcolatori interessati che, anche per tornaconto personale, tentano di delegittimare la politica e le sue istituzioni in modo squallido e inqualificabile. La politica deve ritrovare e ritornare alla nobiltà della sua ragion d'essere, recuperando soprattutto piena dignità. Un'altra politica è possibile: una politica responsabile, capace di ascoltare il respiro profondo dei propri cittadini, di recuperare il suo posto insostituibile di moltiplicatore di interessi sociali, di infondere aspettative e creare opportunità di benessere e felicità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, si apre una nuova fase della vita politica italiana straordinariamente delicata ed importante. Vi sono, infatti, tutte le condizioni in questo Parlamento, nel corpo vivo della Nazione, per fuoriuscire finalmente dalla interminabile fase della transizione italiana. Signor Presidente, una grande semplificazione del quadro politico e soprattuttoPag. 39la stessa rapidità, quasi futurista, nella formazione del suo Governo mi sembrano elementi coerenti, che vanno in questa direzione.
Onorevole Berlusconi, nel suo programma, come d'altra parte nel programma dell'opposizione, c'è una grande presenza dell'esigenza delle piccole, grandi e medie infrastrutture per l'Italia. Quest'esigenza non può negarsi, ma, servono anche la piena valorizzazione e la piena consapevolezza soprattutto della più grande infrastruttura italiana: un'infrastruttura immateriale, che non è di cemento, né d'acciaio o d'asfalto, ma che è rappresentata dalla più grande stratificazione storica, paesaggistica, culturale e ambientale dell'intero pianeta.
Questa straordinaria infrastruttura, questa consapevolezza, deve servire a far superare il declino all'Italia, ma per contrastare questo declino serve anche un nuovo clima politico, al quale lei oggi, Presidente Berlusconi, ha dato un contributo importante. Occorre un clima che riesca a ricucire il tessuto strappato dell'identità nazionale, che è un'identità dinamica sin dalle origini, sin dal Rinascimento, resa unica proprio dalla varietà, dalle differenze, dalle qualità e dalle specificità.
È un'identità ricchissima, che è il nostro patrimonio e che deve tornare a unirci come italiani. È un patrimonio del quale dobbiamo essere all'altezza e, come diceva Faust di Goethe, non esiste un'eredità dei padri che non possa essere riconquistata attraverso il pieno possesso della stessa e la piena consapevolezza di ciò che rappresenta. Occorre unire le differenze, quindi, acquisendo la piena consapevolezza che proprio queste differenze, come quelle straordinarie delle cento città e dei mille campanili - che proprio lei ha citato nel suo intervento di presentazione del suo programma questa mattina - rappresentano tasselli imprescindibili dello straordinario mosaico dell'identità italiana.
Presidente Berlusconi, si tratta, quindi, di costruire un'identità nazionale condivisa. Questo è il traguardo più alto del suo Governo e del nostro Parlamento. Bisogna costruirla sul senso dello Stato, sul rispetto delle istituzioni, sulla difesa del patrimonio ambientale, sul contrasto radicale alla mafia e a tutte le organizzazioni criminali, sulla tutela e la piena valorizzazione del patrimonio culturale, sulla qualità della storia italiana, dalle origini greche e romane, passando per il Rinascimento e arrivando al made in Italy.
Su questi punti, su queste precondizioni della politica, si costruisce il senso della Nazione. Si tratta di un nuovo clima politico che dobbiamo costruire in Parlamento e che ha avuto nel sapiente discorso del Presidente Fini, all'atto della sua nomina a terza carica dello Stato, un punto alto dal quale occorre partire tutti insieme.
Ritengo, infine, che la fiducia da parte della sua maggioranza vada assicurata non soltanto al programma, che contiene elementi importanti di innovazione e novità, ma soprattutto all'appello da lei rivolto alla nazione di rialzarsi, di tornare ad essere consapevole di sé. Un racconto antico è quello della nostra nazione, che contiene in sé già i semi di un futuro possibile e straordinario. Per questo, signor Presidente, il suo Governo ha la nostra fiducia.
Al di là del programma, parafrasando l'indimenticabile Leo Longanesi, la nostra fiducia va data anche alle facce che lo rappresentano: la sua, signor Presidente, innovativa e, al di là del dato anagrafico che lei sempre ci ricorda del tutto irrilevante, assolutamente giovane e quella dei suoi Ministri. Mi si consentirà una citazione particolare, che non è di appartenenza geografica, ma di condivisione di percorsi; mi riferisco in particolare all'onorevole Giorgia Meloni, che rappresenta per i militanti e dirigenti della destra politica giovanile italiana (anche se da parte nostra questa fase è anagraficamente superata) un tassello intelligente e dinamico di identità politica, ed a due suoi Ministri siciliani come me: Stefania Prestigiacomo e Angelino Alfano. Questi ultimi due Ministri, per la loro storia, per la loro onestà, la loro già importante cultura di Governo, rappresentano, in modo particolarePag. 40per noi siciliani, l'affermazione della «faccia al sole» della nostra isola che, proprio sulla giustizia e sulla tutela ambientale, ha subito spesso, in questo interminabile dopoguerra, vulnera molto gravi e che invece vuole tornare ad essere pensata per quella che è: la culla della Grecia d'Occidente, la terra di Federico II e la patria di Paolo Borsellino.
Per questo, Presidente del Consiglio, dopo Longanesi, sono certo che terrà bene a mente nella sua azione di Governo - so che a lei sono molto care le letture dei classici - l'insegnamento di Seneca. Contro i troppi profeti di sventura che in questi anni hanno voluto far credere che l'Italia fosse ingovernabile e irredimibile sarà invece la volontà politica a dare senso e direzione di marcia, poiché, come Seneca diceva: «Non esiste vento favorevole per chi non sa dove vuole andare».
Dal suo programma, dal suo intervento, dalla direzione di marcia che lei ha delineato, il futuro dell'Italia si può veramente ricostruire (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare a titolo personale l'onorevole Barani, al quale ricordo che ha a disposizione cinque minuti di tempo. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, è con grande piacere e con soddisfazione personale e politica che le porto il sostegno e l'abbraccio di tutti i Socialisti Riformisti del Nuovo PSI, che è parte integrante del Popolo della Libertà. Signor Presidente, il suo programma e quello del suo autorevole Governo è il programma dei Socialisti Riformisti, dei figli di Turati, Saragat, Pertini, e sarebbe stato anche quello del suo amico Bettino.
Nel Popolo della Libertà si è riconosciuto oltre il 95 per cento di quel popolo socialista che negli anni Novanta votava PSI, e il suo Governo rappresenta le speranze, anzi le certezze che, dopo due anni di ombre, si ritorni al sereno, con protagonista anche il seme del nostro garofano, simbolo nel mondo e in Italia di riforme e progresso. È necessario non dimenticarlo.
Il suo è stato un intervento da leader riformista e liberale; è stato un discorso di chi guarda al futuro per cambiare e riformare la politica e la società. È stato importante il richiamo alla centralità della persona e del valore del capitale umano che è l'elemento di partenza per costruire una società più giusta. Infine, è stata di importante rilievo politico la forte e sincera apertura all'opposizione per una nuova stagione costituente alla quale nessuno potrà sottrarsi.
Auguri di buon lavoro e grazie ancora, signor Presidente, per aver voluto che i Socialisti Riformisti continuassero a sedere su questi scranni. Noi la sosterremo lealmente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, lei non me ne vorrà, ma non posso perdere l'occasione, avendo lei assunto oggi per la prima volta la Presidenza della Camera da quella postazione ...

PRESIDENTE. Non gliene ho mai voluto.

ROBERTO GIACHETTI. Vorrei rivolgerle - penso a nome di tutti i colleghi - i migliori auguri di buon lavoro. La sua esperienza sarà sicuramente utilissima ai nostri lavori (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie.

ROBERTO GIACHETTI. Tuttavia, per parafrasare una parte delle affermazioni svolte dal Presidente del Consiglio, il quale rilevava giustamente che i nostri padri costituenti non hanno in passato esitato ad usare l'ironia e magari l'umorismo, mi lasci anche dire che il passaggio dall'onorevolePag. 41Meloni a lei in quest'Aula, dal punto di vista estetico, non è di pari gradevolezza.

PRESIDENTE. Sempre di «melone» si parla esteticamente. La ringrazio.
Il seguito della discussione è rinviato alla ripresa pomeridiana.
Sospendo la seduta che riprenderà alle ore 15,30.

La seduta, sospesa alle 14, è ripresa alle 15,35.

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione alla ripresa pomeridiana della seduta.
I deputati in missione sono tre, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Su un lutto del deputato Luciano Rossi.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Luciano Rossi è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
Al collega la Presidenza della Camera ha già fatto pervenire le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'Assemblea.

Nomina dei componenti la Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge e annunzio della sua costituzione (ore 15,36).

PRESIDENTE. Comunico che, a seguito delle designazioni da parte dei gruppi, la Commissione speciale per l'esame di disegni di legge di conversione di decreti-legge risulta composta dai seguenti deputati: Alfano Gioacchino, Amici, Baldelli, Bocchino, Borghesi, Ciccanti, Conte, Della Vedova, D'Ippolito Vitale, Dussin Luciano, Formisano Anna Teresa, Gozi, Leone, Lussana, Marchi, Margiotta, Mariani, Martinelli, Mazzocchi, Meta, Milanato, Moffa, Molteni Laura, Motta, Santelli, Sardelli, Tenaglia, Zaccaria, Zorzato e Zucchi.
Comunico inoltre che nella seduta del 7 maggio 2008 la Commissione ha proceduto alla propria costituzione, che è risultata la seguente: presidente, onorevole Marino Zorzato; vicepresidenti, onorevoli Marco Martinelli e Sesa Amici; segretari, onorevoli Carolina Lussana e Anna Teresa Formisano.

Sull'ordine dei lavori (ore 15,37).

PRESIDENTE. Comunico che nella riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo dello scorso 8 maggio, dopo aver proceduto all'organizzazione del dibattito fiduciario, di cui si è data notizia all'inizio della seduta, si è convenuto che mercoledì 14 maggio (pomeridiana) avrà luogo la votazione per l'integrazione dell'Ufficio di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del regolamento.
È stata altresì definita la seguente organizzazione dei lavori nella settimana 19-23 maggio.
Lunedì 19 maggio (pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna) avrà luogo la discussione sulle linee generali dei seguenti disegni di legge:
n. 5 - Conversione in legge del decreto-legge 1o aprile 2008, n. 49, recante misure urgenti volte ad assicurare la segretezza della espressione del voto nelle consultazioni elettorali e referendarie (da inviare al Senato - scadenza: 3 giugno 2008);
n. 6 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 59, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee (da inviare al Senato - scadenza: 8 giugno 2008);
n. 7 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 60, recante disposizioni finanziarie urgenti in materiaPag. 42di trasporti ferroviari regionali (da inviare al Senato - scadenza: 8 giugno 2008);
n. 8 - Conversione in legge del decreto-legge 8 aprile 2008, n. 61, recante disposizioni finanziarie urgenti in materia di protezione civile (da inviare al Senato - scadenza: 8 giugno 2008).

Il seguito dell'esame dei disegni di legge di conversione avrà luogo a partire da martedì 20 maggio (antimeridiana e pomeridiana, con eventuale prosecuzione notturna e nelle giornate di mercoledì 21 e giovedì 22 maggio).

Si riprende la discussione (ore 15,40).

(Ripresa discussione)

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Laboccetta, al quale ricordo che ha otto minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

AMEDEO LABOCCETTA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori del Governo, onorevoli colleghi, in veste di esordiente in questo Parlamento non posso che rallegrarmi per il debutto di questo Governo nella mia città. Decidere di partire da Napoli con il primo Consiglio dei ministri è stata davvero una scelta importante per indicare la sensibilità del nuovo Governo verso il sud e verso la capitale del Mezzogiorno, che oggi sicuramente è il simbolo più evidente e drammatico del degrado, dell'incuria e del malgoverno passato.
Se l'Italia ha bisogno di rialzarsi, Napoli è certamente la prima città che avverte la necessità di rialzarsi. Chi semina preoccupazione intorno ad un Governo che si dice troppo sbilanciato verso il nord, troppo padano, troppo condizionato dalla grande affermazione della Lega, deve riconoscere che partire da Napoli è una smentita sul campo di tale preoccupazione. Infatti, la netta affermazione del centrodestra alle ultime elezioni politiche si regge su due gambe: da una parte il forte successo al nord Italia, ma dall'altra anche il ribaltamento in favore del centrodestra di quasi tutte le regioni del sud, dalla Campania alla Puglia, dall'Abruzzo alla Calabria, per non parlare ovviamente della Sicilia.
Ciò significa che il nuovo Governo Berlusconi dovrà tener conto non solo del vasto consenso ricevuto nel nord Italia, ma anche dell'ampio mandato di fiducia che ha ricevuto dal sud attraverso un clamoroso travaso di consensi da sinistra a destra. Abbiamo un Governo promettente, che si presenta oggi alle Camere con una significativa presenza giovanile e femminile ed un buon equilibrio tra esperienza e novità. Ma quello che si annuncia è anche un buon progetto perché affronta in primo luogo le due emergenze principali del nostro Paese, la sicurezza e il carovita, rispetto alle quali è naufragata la sinistra e il nuovo Partito Democratico.
Un Governo nuovo in un Parlamento nuovo, che segna davvero la fine del Novecento, perché per la prima volta non sono presenti nella Camera i «residui tossici» del secolo passato, i simboli del comunismo e della vecchia storia ideologica e politica che abbiamo finalmente lasciato alle spalle.
Ho rispetto per le idee altrui e per la storia civile e politica del nostro passato e ho rispetto soprattutto per le persone che rappresentano questo segmento di storia, dunque non gioisco per l'assenza di formazioni e di esponenti che rappresentano in vario modo uno scorcio di storia della Repubblica italiana, ma colgo in positivo due elementi: la semplificazione del quadro politico - che sicuramente giova alla chiarezza delle scelte e alla governabilità, senza piccoli partiti che ricattano le grandi coalizioni e rendono ingovernabile il Paese - e l'avvio di una stagione nuova, costituente, che potrà rifondare la politica e permettere una reciproca legittimazione tra maggioranza e opposizione.
Tuttavia, per fare ciò, la nascita dei nuovi partiti sui due versanti della politica e la scomparsa dei vecchi soggetti non basta: occorre davvero rispondere all'antipolitica adottando misure concrete per debellare quelli che vengono percepiti come gli abusiPag. 43e i privilegi della cosiddetta casta. Dobbiamo dimostrare che anche quella pagina del passato è stata finalmente voltata, se vogliamo recuperare la fiducia degli italiani.
Per questo mi auguro che, accanto alla concretezza operativa nell'affrontare i problemi concreti e urgenti del nostro Paese, vi sia anche una passione ideale e civile per rifondare la politica, le istituzioni e l'amor patrio. E qui consentitemi di parlare da uomo di destra, senza alcuna faziosità, ovvero da italiano con una sensibilità politica e civile di destra: credo che alla politica manchi ancora il respiro ideale di un progetto comune, la tensione morale verso una rifondazione dello Stato, un rilancio dell'italianità e della lealtà verso le istituzioni.
Occuparsi del risanamento economico o dell'ordine pubblico, della salute o dell'occupazione giovanile, dell'assistenza agli anziani, della casa o della difesa della vita, sono sicuramente i compiti prioritari del nuovo Governo, ma porre attenzione anche alla coesione ideale del nostro Paese, valorizzare le nostre radici, i nostri simboli comuni, la nostra civiltà e le nostre tradizioni, credo che sia un bisogno importante, anzi fondamentale.
Su piani diversi, un'indicazione di tale tipo ci giunge dal pontefice Benedetto XVI e sul piano politico europeo un forte richiamo all'identità ha accompagnato la vittoria elettorale di Sarkozy in Francia e dei conservatori in Inghilterra: è giusto che qualcuno in Italia la interpreti e la traduca nel nostro contesto.
Per questo penso che la destra politica italiana ed europea, ora che si avvia a far parte di un contenitore più vasto come il Popolo della Libertà, abbia il compito specifico di tutelare e valorizzare, all'interno del nuovo partito, del Governo e del Parlamento, ma anche nel Paese, l'identità e la tradizione, il senso dello Stato e la coscienza civica, affiancando con la sua sensibilità sociale chi rappresenta, invece, una più spiccata sensibilità liberale e liberista: una destra della solidarietà accanto a chi, giustamente, tutela il libero mercato. Così è necessario che vi sia, accanto a chi rappresenta legittimamente l'aspirazione a un federalismo fiscale e politico, anche chi si preoccupa di salvaguardare l'unità nazionale e popolare del nostro Paese, nel contesto di un'Europa unita che non si vergogna delle proprie radici.
Tocca ancora alla destra politica ripristinare nel nostro Paese anche il principio di autorità e il criterio della meritocrazia, garanzie di una società più giusta e più sicura, che si fondano in una cultura della responsabilità.
Parlo da uomo di destra e da italiano che si preoccupa della comunità nazionale, e che su questa base reputa importante avviare un dialogo costruttivo con l'opposizione: oggi il tono e il taglio che abbiamo ascoltato dall'onorevole Fassino vanno colti con grande serietà. Ma quanta differenza, però, caro onorevole Veltroni, rispetto ai toni del tuo alleato Di Pietro!
Ad un Governo di ampia maggioranza e di lunga durata, come si annuncia il nascente Governo, si addicono compiti di grande lungimiranza. Per questo esprimo l'augurio fiducioso che il nascente Governo sia non solo efficace sul piano dell'azione e dell'amministrazione, ma anche capace di pensare in grande, per ridare all'Italia la sobria fierezza del suo ruolo e una ritrovata unità del sentire comune.
L'Italia è una grande nazione: lo è per la sua storia, la sua cultura e la sua gente, che, nonostante tutto, si fa onore nel mondo.
La missione della politica, della maggioranza parlamentare e del Governo a cui ci accingiamo ad accordare la fiducia, è quella di restituire allo Stato italiano lo status che merita nel mondo, una dimensione adeguata a ciò che gli italiani, per genio e cultura, meritano di avere.
La formula del riformismo non resti sterile, ma si sostanzi in progetti, in scelte e in decisioni. La politica deve tornare alle grandi visioni, alla capacità di trasmettere valori e di concretizzare decisioni. Viviamo in un'epoca in cui ogni singolo individuo e soprattutto ogni nazione, si muove nello spazio aperto, spesso tempestoso, della globalità. Gli italiani, un popolo molto piùPag. 44intelligente e attento di quanto comunemente si creda, ci hanno consegnato un'occasione, una grande opportunità di cambiamento: abbiamo il dovere morale di coglierla.
Voglio dire al Presidente Berlusconi che sono certo che questa volta il nostro Governo lascerà pesantemente il segno del proprio passaggio e del proprio lavoro. Grazie e buon lavoro a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Vignali. Ne ha facoltà, per otto minuti.

RAFFAELLO VIGNALI. Signor Presidente, signori membri del Governo, onorevoli colleghi, non è senza un po' di timore che prendo la parola per la prima volta in quest'Assemblea. È il timore di chi, avendo trascorso anni in tentativi di educazione, di costruzione, di risposte ai bisogni, di valorizzazione e sostegno a chi costruisce per il bene di tutti, è ora chiamato ad impegnare tutto se stesso in una nuova e più grave responsabilità. Si tratta della responsabilità propria della politica, di una politica intesa come servizio e volta a costruire un assetto di libertà, cioè a costruire un sistema in cui chi ha energie da impegnare possa farlo, in cui il merito possa essere riconosciuto e premiato e il merito sta nell'impegno della propria libertà, con una realtà tutta da costruire.
Come questa mattina ha sottolineato il Presidente del Consiglio, il Paese sta attraversando un momento non facile. Il rapporto di Unioncamere per l'anno 2008, presentato nei giorni scorsi, ha confermato uno scenario internazionale pieno di incognite. Rimane elevata la volatilità dei mercati finanziari, continuano ad aumentare i prezzi delle materie prime alimentari ed energetiche e l'euro si mantiene forte rispetto alle altre valute.
Ciò penalizza l'economia italiana, tanto sul fronte dell'importazione di prodotti energetici, quanto su quello delle esportazioni. A ciò si aggiungono sensibili spinte inflazionistiche e un peggioramento del clima di fiducia che frenano i consumi delle famiglie.
Il rallentamento dei consumi e la conseguente consistente diminuzione del fatturato del settore del commercio, del turismo, delle industrie che operano nel settore dei beni per la casa, degli alimentari, dell'abbigliamento e del calzaturiero costituiscono il principale freno a una dinamica positiva di crescita del PIL e dell'occupazione. Né, in coscienza, ritengo che, al di là dei dati del PIL, si possa stare tranquilli se le famiglie italiane fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.
Lo stesso rapporto indica, tuttavia, una grande vivacità nel nostro tessuto imprenditoriale, in particolare da parte delle medie, delle piccole e delle microimprese. Esse hanno reagito con grande impegno al fenomeno della globalizzazione, che le ha investite con forza. Si tratta di quelle imprese che stanno in rete, che si specializzano puntando sull'innovazione e sulla differenziazione qualitativa delle loro produzioni e che sempre più spesso si affacciano sui mercati esteri.
Nel giro di pochi anni, dal 1998 al 2005, esse hanno visto crescere del 9 per cento la loro dimensione occupazionale: sono passate dal disporre in media di 6,2 dipendenti a disporne di 7,3. Oggi le imprese che esportano sono il 34 per cento ed erano il 30 per cento appena un anno fa.
Nel corso del 2007, poi, il valore dell'export è cresciuto dell'8 per cento, a fronte del 2,1 della Francia, del 3,3 della Spagna e della riduzione del 10,6 della Gran Bretagna.
Per il 2008 è atteso un incremento dell'occupazione dipendente - sempre per le piccole imprese - intorno all'1 per cento, pari a circa 100-110 mila nuovi posti di lavoro.
Questo è l'esito dell'impegno libero e responsabile di milioni di uomini e donne che, ogni giorno, a loro rischio e con la loro dedizione, costruiscono il PIL e la solidarietà nel nostro Paese. È solo da tale dato positivo, da questa ricchezza presente nella nostra società, che si può e si devePag. 45partire per dare un rinnovato sviluppo all'Italia - perché su quello che manca non si può costruire - e lo si fa innanzitutto partendo dalla stima sincera e grata per chi intraprende.
Per questo condivido quanto illustratoci dal Presidente del Consiglio come programma del suo Governo, un programma che tutti vogliamo improntato ad una reale sussidiarietà e di cui vorrei sottolineare alcuni elementi.
In primo luogo un fisco più equo per il lavoro e per le famiglie: se vogliamo far ripartire il PIL dobbiamo sostenere il reddito riducendo progressivamente, a favore delle famiglie, l'iniquo gravame fiscale che insiste sul costo del lavoro, così come dobbiamo arrivare progressivamente alla piena introduzione del quoziente familiare, ovvero di un sistema fiscale equo e premiante per le famiglie che fanno figli e investono così sul futuro della nostra nazione. Così come non posso non apprezzare quanto scritto nel programma riguardo all'impegno per la stabilizzazione del 5 per mille, che apre a una nuova direzione del welfare in un senso di welfare community e non solo di welfare State.
In secondo luogo un fisco più equo per le imprese: se continuiamo a togliere risorse alle imprese, in particolare alle piccole ed alle microimprese, se togliamo loro tutte le risorse che dovrebbero essere rivolte ai necessari investimenti, il nostro sistema complessivo non potrà reggere più a lungo. Non possiamo che andare, dunque, nella direzione di una reale riduzione del carico fiscale: da esso verranno investimenti e dagli investimenti deriverà lavoro, dal lavoro i consumi e dai consumi mercato per le imprese. Verranno, cioè, PIL ed occupazione e da questi verranno anche nuove entrate per l'erario.
In terzo luogo la riduzione dei costi dello Stato - su cui non mi dilungo - e poi la riduzione della burocrazia e la realizzazione delle infrastrutture. La burocrazia non è solo un costo per le imprese - per le quali viene stimato, ogni anno, in circa un punto del PIL - ma la lentezza dei tempi burocratici è anche un freno per chi investe, è l'impedimento principale all'attrazione degli investimenti esteri ed una barriera troppo alta per chi vorrebbe assumersi il rischio di creare nuove imprese.
Infine, vorrei fare una considerazione che lascio per ultima, ma che per me è la più importante: la vera emergenza nel nostro Paese non è principalmente sociale o economica o politica, ma è educativa. Solo con una forte valorizzazione dei soggetti educatori presenti e vivi nella nostra società la politica può pensare di costruire il futuro. Solo se sosteniamo chi educa i giovani ad una fede, ad un ideale più grande degli interessi immediati, avremo uomini e donne capaci di sviluppo, di autonoma iniziativa ed insieme di carità; avremo persone capaci di guardare l'altro con simpatia, capaci di passione e di responsabilità.
Solo se sosteniamo chi educa, avremo famiglie solide, insegnanti mossi da una forte passione educativa verso i nostri figli e capaci di valorizzarne appieno i talenti, imprenditori capaci di creare ricchezza, uomini e donne che stimano il lavoro e che si mettono insieme per rispondere ai bisogni della società, banchieri a servizio del risparmio e dello sviluppo, giornalisti a servizio della verità, magistrati a servizio del bene comune, politici a servizio della comunità e dipendenti pubblici responsabili ed impegnati.
La passione, l'iniziativa e la responsabilità di ciascuno sono l'unico, vero motore dello sviluppo e della convivenza, ma questi nascono solo dall'educazione ad un ideale.
A noi, al Parlamento ed al Governo non spetta solo fare buone leggi o buoni provvedimenti, ma anche sollecitare gli uomini e le donne, le famiglie ed i soggetti sociali ad una rinnovata responsabilità. Sta a noi il dovere di un richiamo costante; ma il Paese e le persone ci chiedono soprattutto il dovere di dare per primi l'esempio a tutti, di essere quel che dobbiamo essere, innanzitutto attraverso un lavoro assiduo ed un confronto serrato per cercare soluzioni.
Per questo ho apprezzato l'apertura convinta ed immediata del Presidente delPag. 46Consiglio all'opposizione e spero che nessuno in quest'Aula si voglia tirare indietro. Credo che sia di buon auspicio l'apertura dichiarata questa mattina dall'onorevole Fassino: non dobbiamo avere paura di essere uniti per realizzare riforme condivise per il bene del Paese, per il bene comune...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RAFFAELLO VIGNALI...ovvero imperniate sulla centralità della persona, della solidarietà e della sussidiarietà.
Mentre faccio gli auguri al Governo appena insediatosi e ringrazio i suoi membri per la responsabilità che si sono assunti, vorrei chiudere citando una frase di una grande donna italiana: santa Caterina da Siena. Si tratta di un augurio che rivolgo a me stesso ed a ciascuno di voi che inizia questa legislatura ed è l'invito che lei rivolse ad un personaggio potente della sua epoca: «Se sarete quello che dovete essere, metterete il fuoco all'Italia» (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Cimadoro. Ne ha facoltà per sei minuti.

GABRIELE CIMADORO. Signor Presidente, ringrazio i membri del Consiglio, i Ministri. Avrei preferito ci fosse anche il Presidente del Consiglio, visto che a parlare ci sono i rappresentanti... (Noi rispondiamo di fatti minori, probabilmente).
Voglio dire al Presidente del Consiglio, come si direbbe a Napoli: «La voglio bene» (adesso qualcuno mi correggerà: non parlo bene il napoletano). Questa mattina, durante il suo intervento, per la verità, sono intervenuto applaudendo cinque o sei volte, per cui su alcuni temi siamo sostanzialmente d'accordo. Dico anche «La voglio bene» per due fatti fondamentali, che lui registra e testimonia in quest'Aula: è un grande imprenditore, è stato un grande imprenditore, ed è il presidente della mia squadra del cuore, ma vorrei solo che continuasse a fare questo da adesso in avanti ed è per questa ragione che sono costretto e sarò costretto a non dargli la fiducia. La fiducia che concederò sarà alla fine della legislatura, giudicando sui fatti, giudicando le parole dette questa mattina in Aula, che hanno trovato in parecchi temi la nostra stessa sostanza. Qualcuno ha detto: più le urla del Ministro Di Pietro, credo il collega che continuava a definirsi di destra. Non siamo né di destra né di sinistra: siamo dell'Italia dei Valori e vogliamo rappresentare un'emergenza; vogliamo rappresentare la gente che ha bisogno di cambiamento. Su questo saremo intransigenti con questo Governo, anche perché saremo, probabilmente, l'unica vera forza di opposizione. Saremo la sentinella tra legalità e sopruso; saremo forti e corretti nei comportamenti e, se necessario, voteremo anche i vostri provvedimenti. Così sarà e questo credo sia il percorso che sarà condiviso da tutti.
L'Unione di Centro è un pezzo di pane, è un partito che ha avuto, come dice Luca Volontè, esperienze ovunque, per cui è disponibile a un colloquio e a una trattativa ed è sempre pronta, anche per un pezzo di pane, a raccogliere la mano tesa (Commenti del deputato Volontè).
Il Partito Democratico ha avuto la possibilità nei due anni di Governo di portare in quest'Aula un provvedimento significativo, molto importante, sul conflitto di interessi e non lo ha fatto! Forse non aveva la forza politica e istituzionale! Su questi temi saremo intransigenti. Non solo, credo anche che il disastro economico di questo Paese non sia riconducibile ai due anni di Governo Prodi, perché in due anni è impossibile mandare un Paese alla deriva.
Credo che qualcuno - lei, Presidente del Consiglio, forse prima di Prodi - abbia dato una mano a creare queste condizioni e su queste condizioni noi vogliamo e pretendiamo che la vostra maggioranza porti questo Governo fuori dalle secche e saremo - ripeto - disponibili ad approvare alcuni provvedimenti che vanno inPag. 47quel senso, ma saremo opposizione dura (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Milo, per cinque minuti. Ne ha facoltà.

ANTONIO MILO. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, il Movimento per l'Autonomia esprime consenso ai contenuti dell'azione politica che il Governo intende sviluppare in stretto collegamento con la sua maggioranza parlamentare, cercando di trovare in quest'Aula la possibilità di un dialogo con l'opposizione sulle grandi questioni del cambiamento istituzionale e sulle misure per far uscire il Paese dalla stagnazione. Abbiamo bisogno di una forte azione di Governo, capace di sprigionare tutte le energie vitali che il Paese è in grado di esprimere e che oggi sono quasi conculcate da rigidità economiche e istituzionali che i cittadini sperimentano tutti i giorni.
Nel contesto di queste novità, il Movimento per l'Autonomia ripropone alla considerazione del suo Governo e della sua maggioranza, ma anche dell'opposizione, il tema del Sud del Paese, consapevoli come siamo della difficoltà di farlo di fronte all'immagine, non più accettabile, che le regioni meridionali offrono all'opinione pubblica, non solo del nostro Paese. Nonostante questo, vogliamo riportare con grande forza e dignità politica i temi dello sviluppo delle regioni meridionali al centro dell'agenda politica.
Vogliamo farlo in termini innovativi, superando la visione centralista dello Stato e le pratiche di assistenzialismo e lavorando per un federalismo istituzionale e fiscale, solidale e sussidiario, bilanciando politiche nazionali e politiche territoriali. Noi siamo convinti che il Mezzogiorno è la grande risorsa strategica per la ripresa dello sviluppo dell'intero Paese, così come fu negli anni Cinquanta e Sessanta: non è un elemento negativo. I grandi investimenti straordinari di quegli anni giocarono un ruolo determinante per la crescita complessiva del sistema Italia, furono il motore dello sviluppo nazionale. Oggi, a fronte di grandi potenze mondiali, globali che crescono a due cifre, l'Italia è bloccata, non cresce. È necessario ripartire dal Mezzogiorno, convinti come siamo che esso debba diventare la grande piattaforma logistica e tecnologica dell'Europa del Mediterraneo.
Le grandi potenzialità umane, culturali, economiche e ambientali sono di fatto depresse dalle crisi che la politica deve affrontare e risolvere. Si pensi alla criminalità, all'inefficienza burocratica, all'arretratezza infrastrutturale. C'è bisogno, particolarmente al sud, di rinnovate classi dirigenti, di programmare i grandi investimenti a fronte di progetti seri ed a medio-lungo termine, anche cogliendo le opportunità che vengono dall'Europa in termini di stanziamenti economici.
Onorevoli colleghi, una sfida così ambiziosa chiede un serio lavoro politico e la capacità di realizzare alcune proposte concrete di respiro strategico. Se da un lato è necessario contrastare con decisione, e non con scelte di maniera, la grande e la piccola criminalità, dall'altro lato occorre creare le condizioni per lo sviluppo, con il coinvolgimento dei governi regionali, delle amministrazioni locali, dell'associazionismo sociale. Indichiamo la necessità di un piano decennale di grandi infrastrutture nell'area del trasporto intermodale e della logistica, dell'acqua, dell'energia, della internazionalizzazione del sistema informativo, formativo, soprattutto universitario.
Il ponte sullo Stretto di Messina è necessario se inserito in un quadro integrato e ben definito, capace di realizzare un reale effetto moltiplicativo in termini di sviluppo complessivo. Tale piano deve avere tempi e modi certi di realizzazione: è fondamentale per rendere competitive le nostre regioni meridionali nel contesto globale. Dobbiamo porre le condizioni perché i Fondi del partenariato euro-mediterraneo vengano dirottati nelle nostre regioni, a fronte di progettualità strategiche. Dobbiamo lanciare dunque un messaggio chiaro ed innovativo alle imprese,Pag. 48meridionali e non, invitandole ad investire nel Mezzogiorno. Per questo vi abbiamo chiesto, signor Presidente, che si lavori seriamente sulla proposta di una fiscalità di vantaggio: in pratica, esentando dalla fiscalità generale gli utili che vengono utilizzati per la ricerca, per l'innovazione e per l'espansione delle attività produttive. Non giova a nessuno tassare la formazione di capitale. Noi siamo per una riforma federale dello Stato, per un vero federalismo fiscale che, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, sostengano, particolarmente nei settori dei servizi primari ai cittadini, l'innovazione, la riorganizzazione, la trasparenza, la responsabilità delle amministrazioni pubbliche, per renderle protagoniste del cambiamento economico e sociale dei propri territori.
Luigi Einaudi scriveva nel 1954: «Non è concepibile razionalmente l'esistenza di uno Stato il quale esiga imposte senza dare nulla in cambio, o anche dando ai cittadini servizi di valore minore del valore delle imposte pagate». Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, su queste basi il Movimento per l'Autonomia è pronto a lavorare in Aula e nel Paese in maniera leale e convinta per dare una prospettiva nuova alle regioni meridionali ed all'Italia intera (Applausi dei deputati del gruppo Misto - Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Laffranco, per cinque minuti. Ne ha facoltà.

PIETRO LAFFRANCO. Signor Presidente, amici del Governo, onorevoli colleghi, il risultato del 13 e 14 aprile ha prodotto alcune conseguenze politiche di grande interesse e anche di grande importanza.
Innanzitutto, ha consegnato una maggioranza parlamentare ampia e soprattutto omogenea, a differenza di quello che avvenne due anni or sono. Ha consolidato quel sistema bipolare, che pure alcuni velleitari tentativi terzisti avevano cercato di mettere in dubbio; ha vinto quella frammentazione politica che preoccupava gli italiani e che ci vedeva irrisi da parte della stampa e di talune cancellerie straniere; ha fatto sì che il Governo fosse costituito in tempi brevissimi, evitando quegli stanchi riti partitocratici cui eravamo purtroppo abituati; ha fatto sì che si costituisse una squadra di Governo assai snella, ridotta di oltre il 40 per cento rispetto a quella del precedente Esecutivo. Infine, ha portato alla costituzione di uno dei Gruppi parlamentari più numerosi della storia della Repubblica, quello del Popolo della Libertà, che rappresenta il preludio istituzionale alla costruzione di uno dei più importanti e più grandi partiti moderati d'Europa. Si tratta di conseguenze politiche di indubbia portata che, con un po' di ottimismo, si può dire che ci conducono sulla strada per chiudere finalmente quella transizione istituzionale apertasi da oltre un decennio e per la quale l'Italia ha evidentemente sofferto molto.
Noi, com'è ovvio, daremo la fiducia a questo Governo. Ma non lo faremo soltanto perché esso ha individuato le priorità di questa nazione: la sicurezza, che deve tornare ad essere un diritto sacrosanto per ogni cittadino, poiché laddove non vi è sicurezza non vi è libertà; il rilancio dell'economia, poiché altrimenti non sarà possibile restituire potere d'acquisto a salari e stipendi; la centralità del ruolo della famiglia nella società; una nuova politica infrastrutturale; servizi pubblici più efficienti; una pubblica amministrazione più moderna. Daremo la fiducia a questo Governo anche per un altro motivo che giudichiamo altrettanto importante: cioè, la consapevolezza che l'azione di questo Governo sarà certamente ispirata ai valori e alle sensibilità che costituiscono la nostra identità nazionale, dalla tutela delle comunità familiari, locali e nazionali, alla tradizione civile e religiosa, dalla meritocrazia, alla selezione della classe dirigente sulla base della qualità, dal senso dello Stato, dell'ordine e della legalità, alla necessaria correlazione fra diritti e doveri. Questa impostazione, che si pone in evidente antitesi con quel relativismo laicista che davvero rappresentaPag. 49- come ha detto qualcuno ben più autorevole di me - il problema più grande della nostra epoca, consentirà a questo Governo di interpretare veramente i sentimenti più profondi della nazione, per comprenderne sino in fondo i bisogni e per affrontare e vincere ogni tipo di sfida, proprio in quanto la sua politica sarà ispirata a valori universali.
Alla nuova fase della politica italiana, che ci auguriamo finalmente parta, auspichiamo possa concorrere anche l'opposizione: e ciò non solo per fare assieme le attese riforme istituzionali, ma anche per trovare quelle concordanze che sono necessarie ogni volta che è in gioco l'interesse nazionale. Certo, senza inciuci e senza capovolgimento dei ruoli stabiliti dagli elettori.
Fare una buona opposizione è un augurio ma, seppur di solito lo si dice, non prelude necessariamente ad una rivincita. E noi lo diciamo al Governo al quale diamo la fiducia: cercheremo, a fronte dell'auspicata buona opposizione, di essere un'ottima maggioranza, per cercare di rinviare il più tardi possibile una simile rivincita. Buon lavoro al Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Capitanio Santolini per dodici minuti. Ne ha facoltà.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, il Governo è ai blocchi di partenza. Con il voto di fiducia della Camera e del Senato inizia una nuova legislatura carica di attese, di cui oggi il Presidente Berlusconi ha tratteggiato il programma di Governo.
Come era prevedibile il Presidente ha parlato di sicurezza, di federalismo fiscale, dell'abolizione dell'ICI sulla prima casa, del problema dei rifiuti, di detassazione degli straordinari, di immigrazione, di rilancio dell'economia, di riforme elettorali, di riforma delle istituzioni e di infrastrutture: tante proposte in vasti campi della vita del Paese ed interventi urgenti che sono stati ampiamente illustrati anche in campagna elettorale, ma ora come allora non si può non notare che nell'elenco di tutti questi provvedimenti mancano alcune voci che, a mio avviso, sono altrettanto urgenti e che non possono essere accantonate, pena una pesante ipoteca sul futuro dei nostri figli. Parlo dei temi cari alla stragrande maggioranza del popolo italiano e che sembrano interessare solo di sfuggita al Presidente del Consiglio: la bioetica, l'iniquità fiscale nei confronti della famiglia, l'educazione e la formazione, un sistema di welfare che si dimostri amico della famiglia riconoscendo il valore della famiglia come ammortizzatore sociale e come insostituibile sistema di welfare. Non sono temi secondari, e avrebbero meritato qualche parola in più nel discorso che abbiamo sentito questa mattina in questo ramo del Parlamento.
Ma andiamo per ordine. Una prima osservazione riguarda la delega al sottosegretario alla Presidenza del Consiglio sulla famiglia, sulla droga e sul servizio civile, delega che evidenzia una scarsa sensibilità dell'Esecutivo sul tema della famiglia, che avrebbe meritato un'attenzione specifica, viste le grandi sfide che abbiamo davanti e vista la nostra posizione in Europa quale fanalino di coda in tema di politiche familiari, le quali non vanno per questo confuse con i problemi della droga e del servizio civile.
Inoltre, le politiche «per» la famiglia e «con» la famiglia non sono solo le politiche di welfare (anche se ne rappresentano una grande parte), ma sono le politiche fiscali, le politiche della scuola e della natalità; sono le politiche del lavoro, di conciliazione dei tempi del lavoro e dei tempi della famiglia; sono le politiche sociali che tutte devono rispondere al principio di sussidiarietà e a criteri di equità e di giustizia.
In nome di questa visione della famiglia, quale prisma attraverso cui guardare per ogni iniziativa legislativa e di Governo, nessun provvedimento che impatta la famiglia dovrebbe essere deciso solo da un Dicastero, ma dovrebbe essere oggetto di un confronto trasversale tra le varie competenzePag. 50per rispondere alle legittime aspettative delle famiglie. Il Governo è in grado di garantire un percorso di questo genere?
Una seconda osservazione riguarda il comparto scuola. Il Presidente Berlusconi ha parlato semplicemente di rilanciare i talenti e di formare lavoratori qualificati senza lasciare indietro nessuno. Mi pare un cenno troppo breve per liquidare il tema della scuola, sballottata da una riforma all'altra: una scuola che sta scivolando negli ultimi posti delle classifiche OCSE, che vede gli studenti balzare alle prime pagine dei giornali per atti di violenza e non per meriti conquistati con rigore e disciplina, che vede docenti demotivati e malpagati, che si arrovella su formule burocratiche e su graduatorie, su meccanismi di funzionamento e sugli orari, e non sulle uniche cose che una scuola deve fare, la formazione e l'educazione.
Le tre «i» annunciate - informatica, inglese e impresa - sono ben poca cosa, e non possono tranquillizzare le famiglie che dalla scuola si aspettano doverosamente molto di più.
Il Presidente non ha parlato di libertà di scelta educativa delle famiglie, che non è solo un traguardo di civiltà e di giustizia, ma è la sola scelta che possa garantire la ripresa di un sistema formativo che da troppi anni si sente abbandonato. Ma la parità scolastica costa e non basta annunciarla, bisogna metterla in programma da subito tra le emergenze e le priorità del Paese. Anche per quanto riguarda l'equità fiscale per la famiglia, il Presidente Berlusconi è stato troppo evasivo: ha accennato alla denatalità e alla famiglia come nucleo di spinta delle organizzazioni sociali.
Ciò non basta, perché occorre prima definire di quale famiglia si tratti, e poi perché la crisi della natalità si risolve con investimenti cospicui e adeguati che noi ci aspettiamo a partire dal prossimo DPEF.
Non ha parlato di quoziente familiare, ma le posso assicurare che noi incalzeremo il Governo, in Commissione e in Aula, perché questo annuncio della campagna elettorale diventi una realtà. Anche su questo fronte l'Italia è fanalino di coda, se è vero, com'è vero, che da calcoli fatti una famiglia monoreddito con due figli che abbia un reddito di 25 mila euro, paga 1.750 euro di tasse in Italia, 730 in Germania e 50 in Francia. Si tratta di un'ingiustizia palese che certo non si risolve nell'annunciato «bonus bebè» di mille euro, magari con un tetto di reddito.
C'è da augurarsi che il Governo non pensi a risolvere il problema del fisco familiare con il sostegno dei salari o con l'abolizione dell'ICI, essendo queste misure forse giuste, ma non a misura di famiglia perché non fanno alcuna differenza tra chi ha figli e chi non ne ha. A proposito di politiche per la famiglia il Presidente Berlusconi, nel lungo elenco di interventi che il Governo intende fare, ha taciuto sulle politiche giovanili, altra emergenza sociale, e non ha speso una parola sui temi che gravano sulle famiglie italiane.
Come si interverrà sulle non autosufficienze e sulle disabilità? A questo proposito sollecito il Governo ad avviare un'iniziativa legislativa volta a ratificare ed eseguire la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, con protocollo opzionale, adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, iniziativa che intendiamo, comunque, presentare come parlamentari.
Infine vi sono le questioni bioetiche, di cui non c'è alcun accenno nel discorso del Presidente Berlusconi. In altre parole, i problemi del nascere e del morire non possono essere sottaciuti e inizio subito con una richiesta precisa: l'ex Ministro Turco, con un atto del tutto arbitrario e privo di ogni correttezza istituzionale, ha emanato, poche ore prima di passare la mano al Ministro del nuovo Governo, il provvedimento recante le nuove linee-guida della legge n. 40 del 2004, allargandone a dismisura le maglie e tradendone lo spirito e la lettera. Chiediamo al responsabile del dicastero della sanità di abrogare queste linee guida come primo atto dopo il suo insediamento.
Inoltre, com'è noto, ci sono tantissime donne italiane e straniere che abortisconoPag. 51per questioni economiche, una scelta drammatica per una manciata di euro. Come intende rispondere il Governo? Benedetto XVI ha detto che il rispetto della vita umana è la prima giustizia e che si è creata una mentalità di progressivo svilimento del suo valore affidato al giudizio del singolo e che molte e complesse sono le cause che conducono a decisioni dolorose come l'aborto.
Ebbene, allora occorre mettere in campo iniziative serie a sostegno delle donne e delle famiglie per creare le condizioni più favorevoli all'accoglienza della vita. Occorre una legislazione che tuteli la maternità, assicuri sostegno ai figli e garantisca alle coppie di avere tutti i figli che desiderano. Chiederemo, pertanto, un'indagine conoscitiva sulla legge n. 194 del 1978 e presenteremo proposte di legge che mirino all'abbassamento del limite temporale previsto per l'aborto terapeutico.
Mi auguro che il Governo dia segnali positivi in questo senso e mi auguro anche che nella sua replica il Presidente Berlusconi spenda una parola a questo proposito. La biopolitica, che si affaccia prepotentemente all'orizzonte, non può essere trascurata così come è stato fatto durante la campagna elettorale e durante il discorso del Presidente Berlusconi.
C'è da augurarsi che tutta la compagine di Governo sia compatta nel dare risposte a quel popolo del Family day che esattamente un anno fa ha riempito piazza San Giovanni e che ha dato un inequivocabile segnale di vitalità e di presenza ai Governi di ieri e di oggi (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fugatti, al quale ricordo che ha dieci minuti di tempo a disposizione. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, nell'augurare buon lavoro al Governo che si è appena insediato, non possiamo comunque non rilevare come i Governi Berlusconi, dal punto di vista economico, siano un po' sfortunati per la congiuntura in cui si insediano: infatti, ora si insedia in un momento in cui è purtroppo prevista da vari indicatori una crisi economica, ma è stato così anche nel 2001, durante la precedente esperienza di Governo.
Infatti, ricordiamo che allora, durante l'esperienza dell'Esecutivo guidato da Berlusconi nel 2001, ci fu l'attacco alle Torri gemelle, con tutte le conseguenze sul piano economico internazionale; la Cina doveva ancora entrare nell'Organizzazione mondiale del commercio, e vi è entrata alla fine del 2001; l'euro è stato introdotto all'inizio del 2002, e sappiamo quanto questa scelta ha pesato sull'economia italiana e sulle tasche dei cittadini. Oggi ci accingiamo a governare di fronte ad una crisi che arriva dagli Stati Uniti d'America, causata dai mutui concessi con troppa facilità dalle banche d'affari americane, e che si sta ripercuotendo anche sull'economia europea e italiana.
Eppure, tra il 2001 e il 2006, il Governo Berlusconi riuscì a non fare ciò che gli italiani non vogliono che si faccia: riuscì a non mettere le mani nelle tasche degli italiani a fronte di una crisi economica (che vi fu), e riuscì anche, in parte, a diminuire le imposte di quel poco che era possibile in quel momento. Oggi, torna il Governo Berlusconi con due pesanti eredità economiche che ci arrivano dalla sinistra: una di tipo globale e una locale. L'eredità globale deriva dal fallimento, ormai sotto gli occhi di tutti, dell'impostazione economica che si è data a questa Europa: la globalizzazione sta facendo vedere agli occhi dei cittadini tutti i suoi fattori negativi.
Paradossalmente, oggi costa meno comprare un telefonino o una stampante che fare un pieno di benzina o fare la spesa in un supermercato. La globalizzazione sta avendo effetti perversi sulle tasche dei cittadini che oggi cominciamo a vedere in maniera pesante. Doveva essere la risoluzione di tutti i mali, quel fenomeno economico per cui la ricchezza sarebbe arrivata in tutti gli strati dellaPag. 52popolazione, ma sta invece pesantemente manifestando i suoi aspetti quasi paradossali e negativi.
La responsabilità della sinistra, la sua eredità a livello globale, è che l'Europa, così come è stata costruita - liberista, mercatista e liberoscambista -, è stata pensata da quelle élite di sinistra ideologicamente impostate su quella cultura. La Lega Nord venne derisa quando una decina d'anni fa chiese l'applicazione di quote e dazi per difendere le nostre imprese e la nostra economia; oggi in America stanno introducendo tali misure per difendere le imprese americane e l'Europa ancora si sta chiedendo cosa deve fare per difendere le proprie industrie.
Vi è un fenomeno di deindustrializzazione, presente anche a livello italiano e padano; è un dato di fatto, e le responsabilità sono da ricercare da quella parte. Basta pensare a cosa sta accadendo con i tassi di interesse. Oggi sappiamo che l'inflazione è importata e deriva da materie energetiche e da materie prime; non è un'inflazione da crescita dei consumi interni. Ebbene, la Banca centrale europea si sta ancora arrovellando sulla questione se aumentare o meno i tassi per combattere l'inflazione. Aumentare i tassi non serve a nulla oggi per combattere l'inflazione, perché quest'ultima ha un'altra causa, non è un'inflazione di tipo interno.
Poi, c'è l'eredità locale della sinistra, i due anni di Governo di centrosinistra, che hanno buttato al vento quel poco di buono che in campo economico vi era stato in quel biennio. Infatti, il Governo Prodi, a differenza del Governo Berlusconi, ha la fortuna di andare al Governo quando l'economia tira. Così è stato: nel 2005, nel 2006 e un po' anche nel 2007 l'economia ha tirato. Si sono registrati quasi 70 miliardi in più di incassi di gettito fiscale, i famosi «tesoretti».
Abbiamo condotto delle battaglie all'interno di quest'Aula per utilizzare quei soldi per diminuire le imposte sulle famiglie, sulle imprese e sui commercianti. Invece quelle risorse furono sperperate in una serie di rivoli assistenziali e clientelari che non hanno portato a nulla. E non ci vengano a dire che si trattava del risultato della lotta all'evasione. Le ricerche svolte in questo Parlamento dalle Commissioni competenti hanno evidenziato che forse il 20, il 15 per cento del famoso extragettito era dovuto alla lotta all'evasione fiscale: il resto derivava da maggiori tasse o da maggiore crescita. Questi due anni sono stati buttati al vento: anziché diminuire le imposte e le tasse in previsione del ritorno ciclico di una fase di crisi dopo una ripresa, le hanno aumentate e hanno messo le piccole e medie imprese in una situazione oggettiva di difficoltà.
I dati dicono che oggi siamo di fronte ad una crisi imminente: la crescita del PIL per il 2008 era stimato inizialmente all'1,7 per cento, poi si è passati all'1, oggi si parla dello 0,5: praticamente il Paese è «piantato». Quello che noi oggi riceviamo come eredità dal centrosinistra, dobbiamo cercare di trasformarlo in fiducia e speranza per le imprese, per le famiglie, per i cittadini. Cosa si può fare, ci chiediamo? Inizialmente potremmo pensare di dare un taglio secco a tutta quella serie di adempimenti burocratici che sono stati introdotti dal Governo Prodi per le piccole e medie imprese, per i commercianti, per gli artigiani e per l'economia in generale; si tratta di provvedimenti che costano anche poco e che darebbero sicuramente un segnale importante alle categorie produttive che si sono viste assillate e vessate in questi due anni di Governo Prodi. Tutti ricordiamo il provvedimento «Visco-Bersani» che doveva essere il decreto delle liberalizzazioni; dopo, quando abbiamo letto i tre articoli sulla parte fiscale, è emerso il contenuto principale di quel provvedimento sulle liberalizzazioni che prevedeva invece un accanimento contro il mondo produttivo e contro la libertà di impresa. Credo che eliminare alcuni degli adempimenti più odiosi introdotti dal Governo Prodi possa essere un segnale importante.
Allo stesso modo sarebbe importante giungere, nel medio lungo periodo, ad una diminuzione della pressione fiscale. Occorre avere il coraggio di tagliare la spesa pubblica per destinare maggiori risorsePag. 53allo sviluppo delle nostre imprese. Le teorie economiche affermano che oltre una determinata soglia non conviene più aumentare l'aliquota dell'imposizione fiscale perché il gettito non crescerebbe e anzi diminuirebbe. Probabilmente abbiamo già raggiunto questo livello di aliquota: dobbiamo ridurre nel medio e lungo periodo queste aliquote per dare maggiore possibilità di sviluppo alle nostre imprese. Ciò potrà essere fatto solamente attraverso il federalismo fiscale, perché è con il federalismo fiscale che si può arrivare ad un taglio della spesa pubblica in modo reale e incisivo laddove la stessa sia presente e pesante: chiaramente ci riferiamo non certo alla realtà padana, ma alle realtà del Mezzogiorno.
Occorre dare speranza alle giovani famiglie. Una giovane coppia, una giovane famiglia che ha fatto un mutuo quattro anni fa, oggi sa quanto è aumentata la rata di questo mutuo a causa della crisi economica legata alle vicende sui tassi verificatesi negli Stati Uniti d'America. Occorre dare dei segnali a questi giovani perché la speranza del futuro deve passare attraverso i giovani e attraverso la possibilità di poter investire sul proprio futuro. Se non diamo loro la possibilità di costruirsi una casa, di formare una famiglia e di credere nel futuro, questo Paese non potrà avere uno sviluppo e sarà successivamente destinato al declino.
Si è parlato tanto di piccole e medie imprese e della loro tutela. Occorrerà riguardare il modo in cui il Governo Prodi ha pensato la questione degli studi di settore, soprattutto per quanto riguarda gli indici di normalità economica, perché sappiamo che essi non hanno fatto altro che innalzare verso l'alto l'asticella dei ricavi. Ci rendiamo conto che nel breve periodo ciò è difficile da realizzare, ma la questione della modifica degli studi di settore, magari centrati sulle diverse realtà geografiche, è da affrontare e da risolvere.
Concludo, signor Presidente, con due considerazioni e pregherei il Ministro Vito di ascoltarle gentilmente. Io sono un trentino, provengo dunque da una regione a statuto speciale; nella devolution del 2006, la riforma che fu «bocciata» dal popolo italiano, per le regioni a statuto speciale era previsto il meccanismo dell'intesa, che praticamente consisteva nella blindatura dello statuto speciale di autonomia. Il centrodestra aveva già inserito tale meccanismo all'interno della propria riforma di devolution; occorrerà ora reinserirlo perché è un principio di autonomia e di federalismo.
Vi è anche un altro aspetto: molti comuni al confine con le regioni a statuto speciale hanno chiesto maggiore libertà e autonomia; mi riferisco, ad esempio, ai comuni di Lamon e Sopramonte, che tramite referendum democratici e popolari hanno chiesto di passare nel territorio della regione confinante. Occorre fornire risposte a queste realtà di montagna, che vivono in situazioni di oggettiva difficoltà e che hanno trovato uno strumento all'interno della Costituzione italiana per chiedere maggiore autonomia. Il federalismo fiscale servirà anche a questo ...

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, ha terminato il tempo a sua disposizione da parecchio.

MAURIZIO FUGATTI. ... ma se non riusciremo a fornire risposte a tali comunità, anche accogliendo le loro richieste di passaggio, la nostra montagna rischierà di essere impoverita e noi rischieremo di non trovare più quella bella cartolina delle nostre montagne che oggi ancora c'è (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Monai, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori Ministri, esordisco in questo emiciclo che è stato evocato dall'onorevole Castagnetti come tempio della sovranità popolare, nel suo lodevole saluto inaugurale della XVI legislatura, con la consapevolezza che molto dipenderà da ciascuno di noi, da quanto sapremo fare soprattutto fuori da questoPag. 54Palazzo, se il rispetto dovuto alle istituzioni fondamentali del Paese migliorerà nei prossimi anni e se sapremo ravvivare l'interesse verso la politica dei troppi cittadini che ne sono sfiduciati.
In questo mio intervento, ma anche nei futuri, non intendo esercitare critiche preconcette, legate alla mera topografia di questo seggio, rispetto a quello dei colleghi che siedono a destra, bensì discutere temi concreti di interesse generale, e quindi - spero - comune a tutti noi. Questa attitudine è legata alla mia provenienza, che è quella delle liste civiche della mia regione, il Friuli Venezia Giulia, che negli scorsi anni hanno avuto dignità e responsabilità di ruolo al fianco del presidente della regione Riccardo Illy. Dopo l'uscita di questo leader dalla scena politica, nella mia regione (e non solo) continuano ad operare persone che portano nella politica non di partito o nelle realtà amministrative un valido contributo di civismo, pragmatico e responsabile.
Ringrazio l'Italia dei Valori che ha creduto in questo movimento e si è aperta a esperienze esterne, promuovendole nelle proprie liste elettorali. Oggi posso compiacermi di essere in quest'Aula grazie all'onorevole Antonio Di Pietro che mi ha offerto questa possibilità, trovando poi insieme a me sintonia con gli elettori che hanno favorito la mia elezione sia qui, in Parlamento, sia nel consiglio regionale dal quale mi sono conseguentemente dimesso. Credo si tratti di un segnale di novità importante per la rimodulazione di una democrazia sempre più aperta, un segnale che diventerà più nitido quando verrà reintegrato il diritto del cittadino all'espressione del voto di preferenza anche nelle elezioni politiche nazionali. Forte di questa sensibilità civica giudicherò il neocostituito Governo sulle scelte in concreto e confido che, anche grazie al contributo vigile e costruttivo dell'opposizione dell'Italia dei Valori, la legislatura possa produrre risposte equilibrate e tempestive alle esigenze dei cittadini, delle famiglie e delle imprese con un focus - non lo chiedo, come spiegherò, per campanilismo - sulla mia regione.
Il Friuli Venezia Giulia dalle macerie del terremoto del 1976 - il mio e il nostro pensiero solidale non può non andare allo Sichuan, nel sud ovest della Cina, oggi straziato da una ancora più violenta calamità - grazie ad una spiccata responsabilità collettiva, quasi connaturata, e alla solidarietà nazionale e internazionale, ha saputo diventare un esempio di riscatto economico per l'intero Paese.
Dal 2003 in poi, il consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, nella sua autonomia differenziata, ha orientato le politiche alla crescita economica e alla coesione sociale, avvicinandosi così agli obiettivi fissati dall'Unione europea nell'agenda di Lisbona. Da allora gli indicatori socio-economici sono stati sempre in crescita e nettamente migliori rispetto alla media italiana e a quella dello stesso nord est, in linea con i migliori Paesi europei. Questi sono dati di fatto e non mie opinioni.
Oggi questa regione così piccola ha un ruolo grande e di rilievo nazionale. È chiamata, grazie alle novità geopolitiche del 1o maggio 2004 e del 21 dicembre dell'anno scorso, ossia l'allargamento europeo e dell'area Schengen, ad essere cerniera tra i tre maggiori mondi culturali d'Europa: il latino, lo slavo e il germanico. Essa può assolvere ad una politica internazionale di integrazione e di sviluppo delle relazioni economiche - pensiamo solo ai collegamenti infrastrutturali, ferroviari, autostradali, marittimi e portuali, energetici e delle telecomunicazioni - ed è perno attrattivo con la sua eccezionale offerta di centri di ricerca ed universitari tra i più qualificati d'Europa, centri che un mese fa hanno goduto della visita e della massima considerazione dello stesso Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Questo Governo temo sia nato con una sfocata consapevolezza di questo asset strategico. Non un Ministro e solo un sottosegretario, l'onorevole Menia, al quale auguro peraltro buon lavoro, hanno domicilio in Friuli Venezia Giulia; mi attendo da coloro che in questa mia regione si sono candidati e hanno raccolto molto consenso - e, soprattutto, dal PresidentePag. 55del Consiglio e dagli onorevoli Ministri Frattini e Bossi, ma anche dal Presidente della Camera, onorevole Fini - che questi interessi collettivi siano perseguiti con priorità. Auspico, inoltre, che si voglia presto consegnare alla regione un aggiornato strumento per meglio realizzare questi interessi, riavviando l'iter parlamentare per l'approvazione del nuovo statuto di autonomia speciale.
Abbiamo bisogno di progetti ambiziosi e di prestigio; da qui il convinto sostegno, che fin d'ora auspico, a progetti culturali e turistici di rilievo mondiale, come quello, di cui mi onoro di essere tra i promotori insieme al collega Corsini, già sindaco di Brescia, della candidatura Unesco di «Italia Langobardorum», che comprende le maggiori testimonianze della cultura longobarda nella penisola italiana; candidatura che è stata presentata dal Governo italiano al Bureau di Parigi nel febbraio scorso e che salda, con un articolato itinerario di visite, il nord e il sud del Paese.
L'esperienza dei grandi eventi ci deve insegnare anche uno nuovo stile della politica, i cui effetti possiamo confrontare in due eventi molto simili: l'Expo di Trieste 2008, perso nel 2004 dal Governo di allora, e l'Expo di Milano del 2015, in cui il gioco di squadra del Governo di centrosinistra e degli enti territoriali lombardi ha conseguito, in modo bipartisan, risultati forti per l'intero Paese.
La campagna elettorale è finita e mi auguro che il tempo degli slogan e delle promesse venga meno. Il Governo è chiamato alla prova dei fatti e di questi fatti è necessario che venga offerta la fotografia quotidiana e soprattutto veritiera. Da qui discende l'interesse costituzionale che l'informazione pluralistica e la libertà di espressione restino delle vere garanzie della democrazia e di trasparenza delle scelte...

PRESIDENTE. Onorevole Monai, non è finita solo la campagna elettorale, ma anche il tempo a sua disposizione.

CARLO MONAI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Esse responsabilizzano la maggioranza nel perseguimento reale degli obiettivi di Governo, promuovono il ruolo di controllo dell'opposizione e danno dignità dialettica a tutte le sensibilità del Paese reale, e questo non va dimenticato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lussana, per dieci minuti. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, onorevole Presidente del Consiglio, la Lega Nord Padania esprime a lei, alle donne e agli uomini del suo Governo piena fiducia e le augura buon lavoro.
Dopo due anni di instabilità governativa, con l'incapacità dell'Esecutivo del Presidente Prodi, alla fine imploso nelle sue innumerevoli e insanabili contraddizioni, di risolvere i problemi concreti del Paese, i cittadini, con le elezioni del 13 e 14 aprile, hanno lanciato un messaggio preciso. Le hanno rinnovato la fiducia con un mandato molto chiaro: riprendere il percorso riformista, interrotto due anni fa, e procedere con nuovo slancio, con entusiasmo e con ottimismo - perché è questo che ci chiedono gli elettori - ma anche con grande senso di responsabilità, nell'impegnativa sfida di rilanciare un Paese messo in ginocchio da Prodi e compagni.
Sono ancora freschi gli echi della campagna elettorale in cui il centrosinistra e il neonato Partito Democratico del leader Walter Veltroni, con un'abile operazione di trasformismo politico, hanno cercato di far dimenticare le colpe gravi con cui hanno mal governato il Paese. Hanno girato in lungo e in largo l'Italia promettendo l'esatto contrario di quella che, fino a un momento prima, era stata la loro azione di Governo. Ricordiamo alcuni slogan del centrosinistra come «città più sicure»; ma il centrosinistra al Governo ha cominciato con un bel regalo come l'indulto, con la scusa di svuotare le carceri e di eliminare il problema del sovraffollamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Commenti di deputati del gruppo Italia dei Valori); carceriPag. 56che sono tornate a riempirsi nuovamente. Si tratta di una gravissima colpa, di un grandissimo senso di irresponsabilità. Il centrosinistra ha continuato con lo slogan «città più sicure», ma non è stato capace di risolvere il problema dell'emergenza romena. Non è andato a trattare in Europa sulle regole di Schengen, non ha contrattato una moratoria per l'ingresso dei romeni nell'Unione europea; questa è una colpa gravissima (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)! Il centrosinistra si è accorto dell'emergenza romena solo dopo l'omicidio della povera signora Reggiani a Roma. Walter Veltroni ha fatto grandi proclami, ma vergognosamente non sono riusciti ad adottare nessuna misura di contrasto al fenomeno. Il centrosinistra ha utilizzato lo slogan «città più sicure», ma voleva smantellare la legge Bossi-Fini e ci proponeva la cosiddetta legge Amato-Ferrero, ovvero frontiere aperte, libere, senza alcuna distinzione tra immigrati che hanno un permesso, un contratto di lavoro e quelli che entrano clandestinamente nel nostro Paese.
Potremmo continuare con i vostri slogan falsi a cui gli italiani non hanno creduto, come quello della «lotta al precariato». Vi siete accaniti ideologicamente contro la legge Biagi senza riuscire ad approvare misure, come gli ammortizzatori sociali, necessari per dare un futuro lavorativo ai nostri giovani così come ai soggetti deboli e, in modo particolare, alle donne.
Un altro slogan era «maggior potere di acquisto agli stipendi e alle pensioni»: vergognatevi! Tutti sanno che avete impoverito il Paese. Lo dice l'Eurispes: un terzo delle famiglie italiane fa fatica ad arrivare a fine mese, e abbiamo visto che il voto degli operai e dei lavoratori dipendenti vi ha abbandonato proprio per la vostra incoerenza.
Anche per quanto riguarda lo slogan «far crescere l'impresa» vi è da dire che avete assolutamente fallito con la mentalità punitiva e ideologica del Viceministro Visco. Le nostre imprese oggi fanno fatica a vincere la sfida con gli altri mercati; paghiamo un deficit di competitività e di infrastrutture! Quelle infrastrutture che noi avevamo avviato e che voi avete bloccato, come la questione non risolta della TAV.
Onorevole Presidente del Consiglio, adesso tocca a noi. Bisogna, certo, lasciare da parte la polemica. Occorre, però, essere consapevoli della pesante eredità che ci ritroviamo e avere anche la convinzione che si potranno dare sicuramente risposte concrete alle numerose aspettative.
Ha fatto bene lei, onorevole Presidente del Consiglio, a lanciare questa mattina un appello all'opposizione per un dialogo che speriamo ci possa essere, perché in passato non è stato così. Forse, adesso vi è un clima nuovo e diverso nel Paese. Speriamo che ci sia un'opposizione responsabile che sia in grado di condividere delle scelte che hanno riguardo all'interesse collettivo. Avremo modo nel percorso di questa legislatura di verificare questo atteggiamento responsabile dell'opposizione.
Occorre procedere, signor Presidente del Consiglio, senza indugio, con coraggio e virtù - come lei stesso ha evidenziato nel suo intervento - sulla via del cambiamento e delle riforme.
Per noi della Lega Nord è indispensabile sconfiggere i mali di un sistema centralista, assistenziale e clientelare, e realizzare la riforma in senso federalista dello Stato che dia voce e potere alle autonomie locali.
Lei ha parlato del grido di dolore del nord che chiede con forza, in modo particolare, il federalismo fiscale. Ebbene l'espressione è quanto mai appropriata perché il sistema produttivo del nord, le imprese del nord, i cittadini del nord, gli enti locali, chiedono con forza ed hanno bisogno del federalismo fiscale.
Tuttavia, siamo sicuri che un federalismo fiscale, solidale, coniugato al concetto di responsabilità, servirà al Paese intero e anche al sud, il cui sviluppo è frenato dalla criminalità e da logiche corporative che troppo spesso si legano all'inefficienza delle amministrazioni locali.
Mi riferisco al grande tema della sicurezza e della giustizia perché, signor Presidente,Pag. 57è inaccettabile che oggi i cittadini non si sentano protetti dallo Stato, e che al nord molti debbano organizzarsi in ronde per presidiare il territorio e per sentirsi più sicuri!
Questa è la resa dello Stato alla quale noi dobbiamo reagire con forza. Allora, basta con il buonismo e con i toni politicamente corretti. È innegabile - dobbiamo avere il coraggio di dirlo - che, in molti casi, l'emergenza sicurezza si lega a un mancato controllo dell'immigrazione. Ciò emerge dai dati forniti dal Viminale, i quali rivelano che gli stranieri, soprattutto immigrati clandestini, sono in testa - hanno, per così dire, il primato - in molti tipi di reati. Di questo noi dobbiamo prendere atto, e perciò dobbiamo intervenire attraverso una demarcazione netta, distinguendo l'immigrazione legale, che rispetta le nostre leggi e non le dileggia (solo su questi presupposti potrà rendersi possibile l'integrazione), e dimostrando tolleranza zero nei confronti della criminalità e della clandestinità. Va benissimo il decreto sicurezza e le nuove norme annunciate che prevedono anche la configurazione penale del reato dello status di clandestinità.
Occorre, inoltre, una giustizia più vicina ai cittadini, quindi certezza della pena per chi commette un reato e viene condannato. Chi viene condannato per un reato deve scontare la pena fino in fondo. Non si tratta di un principio, per così dire, tribale, ma di un principio di giustizia che troppo spesso viene dimenticato nel nostro Paese. I cittadini si chiedono per quale motivo, magari per i processi troppo lunghi o perché un magistrato lascia nel cassetto determinate carte, vengano scarcerati i mafiosi e i pedofili. Questo è immorale e non deve più accadere.
Allora, con coraggio, bisogna riprendere la riforma della giustizia e rivedere l'intero sistema penale ed è importante procedere ad una revisione delle norme sui benefici penitenziari: basta permessi premio troppo facili o sconti di pena a pericolosi criminali, in modo particolare ai recidivi!
Dobbiamo porre un freno al modo in cui è stata utilizzata fino adesso la legislazione premiale, in modo particolare le leggi Gozzini e Simeone.
Signor Presidente, occorrono nuove leggi contro la violenza sessuale - lo dico da donna - in quanto sono previste attualmente delle pene ridicole, e purtroppo le donne sono quelle che patiscono più di tutti il fenomeno della violenza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Nella passata legislatura avevamo iniziato ad affrontare questo tema, lo stalking, ma poi non siamo riusciti a concretizzare nulla. Mi rivolgo anche alle Ministre presenti per un impegno forte in questa direzione.
Inoltre, ci vuole una giustizia - l'ho detto prima - nella quale comunque sia rispettato e pienamente applicato il principio della ragionevole durata del processo. In altre parole, occorrono processi più veloci, magistrati terzi e imparziali, un sistema che tuteli i cittadini e che li protegga dall'uso, anzi dall'abuso delle intercettazioni telefoniche, perché il nostro Paese è diventato «il grande fratello» e ciò non è più tollerabile (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Quindi occorre una riforma che non sia contro la magistratura, ma che abbia riguardo sicuramente ai cittadini utenti e a quei magistrati seri e onesti che lavorano silenziosamente e preferiscono questo tipo di lavoro alla sovraesposizione mediatica.
Occorre attenzione alla famiglia, tema sul quale lei è stato molto chiaro. Infatti - lo dico da donna - è vergognoso che il 60 per cento delle coppie italiane dichiari che vorrebbe un figlio in più e non lo fa solo per ragioni economiche. Quindi - lo ripeto - occorre sostegno alla natalità.
Infine, il primo Consiglio dei ministri sarà a Napoli, ma ricordiamoci - onorevole Presidente del Consiglio - di Malpensa, perché il nord non può perdere il suo hub internazionale, assolutamente necessario per l'economia.
Lei ha detto - concludo - che moralità in politica è rispettare gli impegni: bene,Pag. 58Presidente, in questa legislatura credo che vi siano tutte le condizioni per poterlo fare. Coraggio Presidente, di nuovo buon lavoro e, come ha detto lei, che Dio ci aiuti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernini, che ha a disposizione sette minuti. Ne ha facoltà.

ANNA MARIA BERNINI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, signori Ministri, onorevoli colleghi, non voglio e non posso nascondere la mia profonda emozione nel prendere la parola in occasione di un atto parlamentare così fondamentale, che consacra la missione del Governo attraverso la verifica del suo programma, del quale vorrei sinteticamente evidenziare solo alcuni punti ed obiettivi, unitamente ai motivi per cui li reputo particolarmente condivisibili.
Gli interventi sono tanti e tutti indispensabili. Il Paese non è più in grado di tollerare un disordine sociale ed una depressione economica spesso, insieme, causa e conseguenza di una caduta dei valori che genera inosservanza delle regole. Regole e valori che devono, invece, considerarsi presupposti essenziali per una convivenza sociale in una democrazia compiuta.
Le misure proposte dal Presidente Berlusconi e dallo schieramento che egli rappresenta esprimono perfettamente la filosofia che da sempre ha animato la sua azione: cultura della libertà e del fare, realismo e buonsenso.
Nella presente congiuntura, i bisogni e i desideri dei nostri elettori sono stati identificati con molta chiarezza, con priorità ormai indiscusse: ristabilimento della sicurezza nella vita quotidiana, controllo e costante monitoraggio dell'immigrazione, severità nell'erogazione e certezza nell'applicazione della pena, sburocratizzazione dell'apparato pubblico come presupposto per una sua concreta efficienza ed autonomia. Questi i desideri che devono essere subito realizzati.
Basta, quindi, con una macchina dello Stato che non raggiunge e non protegge i suoi cittadini e si trascina con improduttiva incertezza. Si apra la porta alla semplificazione e alla funzionalizzazione in ambito legislativo ed esecutivo. Basta con una giustizia che non può più consentirsi e perdonarsi i tempi biblici e le inefficienze del suo esercizio come proprio ieri ha ricordato il nostro Capo dello Stato.
Basta, infine - mi sia consentito - con lo stereotipo del dibattito sui massimi sistemi che complica il passaggio alla concretezza del lavoro quotidiano. A questo proposito, rilevo con piacere che tra le misure urgenti indicate con analoga priorità dal Governo, vi sono quelle intese a porre rimedio al ridotto potere d'acquisto delle famiglie e dei salari e agli eccessi di tassazione che hanno appesantito la povertà di troppi italiani, cittadini e imprese.
Misure queste - ne siamo consapevoli - che presuppongono interventi di più ampio respiro nel campo della finanza pubblica e di strategie intese ad aumentare la competitività del e nel nostro Paese, in ambito nazionale, ma anche soprattutto internazionale.
Anche il mondo della globalizzazione - consentitemi questo breve accenno - sta mostrando i suoi limiti, in un'accezione positiva e negativa. Ciò va affrontato non come postulato da accettarsi o rigettarsi apoditticamente, ma in termini pragmatici, con la massima attenzione per gli aspetti del commercio mondiale che travalicano i confini delle misure tariffarie, spingendosi su un terreno di natura politica e sociale, con riferimento - per non citare che alcuni esempi - al settore dell'ambiente, al lavoro minorile, ma anche agli aiuti di Stato.
Sono state poi enunciate nel programma di Governo - lo dico con soddisfazione - misure costituenti, la cui realizzazione inciderà profondamente sugli assetti istituzionali dello Stato, accentuandone il decentramento in senso federalista (federalismo - si è detto - non solo fiscale, ma solidale), modificando il bicameralismo perfetto o più che perfetto che caratterizza il nostro attuale sistema parlamentare,Pag. 59rafforzando i poteri dell'organo di Governo, consolidando il bipolarismo.
La società italiana richiede una trasformazione radicale non limitata a singoli capitoli. Su riforme strutturali di così ampia portata, l'acquisizione di un consenso tra le opposte forze politiche appare, quindi, quanto mai auspicabile. Esistono le condizioni per un dialogo responsabile con l'opposizione per il bene del Paese. A sostegno di questo assunto il Presidente Berlusconi, coonestato da un proficuo ed alto dialogo con il Capo dello Stato, ha oggi manifestato un'apertura di corresponsabilizzazione su punti di riforme e temi di fondo già sin d'ora condivisi.
In questo senso, a mio parere, un ulteriore sforzo di coesione dovrebbe essere partecipato da tutte le forze politiche: bisogna contrastare, ancora nell'interesse comune, gli eccessi di un'antipolitica a tratti artificiale, che oscilla tra salotti e piazze, ma comunque in grado di generare nei cittadini un clima di allergia, insoddisfazione, scoramento.
Soprattutto quanti ancora pensano di poggiare la loro credibilità su piedistalli di autoattribuita superiorità etica e culturale, è bene che da quei piedistalli siano fatti scendere con sollecitudine, per riacquistare la fiducia dei nostri rappresentati.
È opportuno che nella politica, quella vera, i gruppi di intellettuali onniscienti cedano il passo a gruppi di persone capaci e di buon senso, pronti a svolgere il loro lavoro con competenza, onestà intellettuale ed efficienza. Inoltre la politica, quella vera, dovrebbe assumere un ulteriore impegno con i suoi destinatari: uscire dal club del tecnicismo e del linguaggio iniziatico e soprattutto - mi sia consentito - farsi capire. Credo che solo al realizzarsi di tutte queste condizioni al nostro Paese sarà data la forza di ritrovare la strada delle opportunità, la forza della rinascita e il ruolo che gli spetta nella comunità internazionale. Penso che tale progetto, assai ambizioso, debba essere realizzato con la più ampia convergenza possibile tra tutte le forze politiche.
Sono persuasa che il risultato elettorale e la composizione dell'attuale Governo abbiano creato positivamente le condizioni per contrastare un ideologismo troppo acceso. Il Governo poggia su di una solida maggioranza, garantita da un'unitarietà e convergenza di obiettivi politici destinata solo a progredire. È quindi sulla base di tali riflessioni e dello spirito che le ha animate che mi rallegro di cuore con il Presidente Berlusconi e con tutti i suoi Ministri e sottosegretari, ai quali accordo, con la ferma convinzione di farlo nell'interesse del Paese, il mio voto di fiducia, augurando a tutti loro e a tutti noi buon lavoro e grandi risultati per l'intera durata della legislatura (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zazzera, al quale ricordo che ha a disposizione sei minuti. Ne ha facoltà.

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, Presidente del Consiglio, Ministri, onorevoli colleghi, per me è un debutto. Affronto immediatamente il tema. Stamani abbiamo ascoltato un discorso ecumenico e «buonista» del Presidente del Consiglio, privo però di risposte concrete a questioni decisive e, forse, colpevolmente omissivo su altre.
Non dimentichiamo - non dimentichiamolo - che l'attuale Parlamento è stato eletto, ancora una volta, con un sistema elettorale che non prevede la preferenza ed ha escluso i cittadini dalla partecipazione diretta nella scelta dei candidati.
Una delle grandi novità introdotte dal Berlusconi-quater consiste certamente nell'assorbimento del Dicastero delle comunicazioni e sorprende il silenzio sulla questione radiotelevisiva. Ebbene, tale trasformazione non solo appare del tutto avulsa dal meccanismo del contenimento del numero dei dicasteri, né si giustifica con il contenimento delle spese, considerata la contestuale introduzione di nuovi ministeri e possibili futuri «spacchettamenti», ma - e questo è un aspetto che mi preme sottolineare - non risponde alla primaria esigenza di rimuovere un problema che corrode il nostro Paese. Il suo conflittoPag. 60d'interessi, signor Presidente del Consiglio: di questo ella non ha parlato o non ha voluto parlare.
I fatti dimostrano l'assenza, nella lista degli impegni dell'attuale Governo, di una preordinata attività, e quindi di una strategia, volta ad affrontare con fermezza e chiarezza una problematica la cui soluzione è da considerarsi come condizione essenziale per la vita democratica di un Paese che vuole essere moderno e liberale, aggettivo solo enunciato più volte nel suo intervento.
Considerate queste premesse, e dunque la mancata calendarizzazione di tale delicata questione, l'atteggiamento dell'Italia dei Valori sul tema sarà ancora più determinato e incisivo.
È nostra intenzione, infatti, evitare lo sterile ostruzionismo e proporre agli italiani interventi normativi utili che davvero rispondano alle reali esigenze dei cittadini. La nostra opposizione sarà scevra da preconcetti, ma inflessibile e intransigente sul rispetto delle regole. Non permetteremo alle strumentalizzazioni politiche di utilizzare temi drammatici come quello della violenza e della sicurezza dei cittadini.
Non è compito dei politici classificare forme di soprusi o maltrattamenti, ma è compito della politica predisporre delle leggi che concretamente consentano al meccanismo della giustizia di funzionare: anche di questo non vi è traccia nel suo discorso.
Voglio ricordare, tuttavia, che in merito alla sicurezza di cui tanto si parla (più per emozione che per razionalità) nella passata legislatura ella, e la parte che a lei si richiama, siete stati favorevoli al provvedimento dell'indulto, che ha visto noi dell'Italia dei Valori assolutamente contrari. Quel provvedimento, come tutti sappiamo, non ha risolto il problema del sovraffollamento delle carceri, che sono tornate ad essere piene, e non ha migliorato il livello di sicurezza per i cittadini: ha salvato invece qualche colletto bianco dalle patrie galere.
Vi è però un problema che più di tutti mi preme ricordare in questa autorevole Assemblea e che non possiamo rimuovere dalle nostre agende. Solo sabato scorso si è consumata nel nostro Paese l'ennesima strage sui posti di lavoro, costata la vita a tre lavoratori. Il mio pensiero va a quelle famiglie, rimaste orfane di affetti e sostegno.
Non basta enunciare che le morti bianche vanno debellate, sono necessarie azioni concrete. I dati dell'INAIL relativi all'anno 2007 parlano di 1260 morti e di 913.500 infortuni sul lavoro: una seconda guerra in Iraq. Oggi gli italiani non sono al sicuro nemmeno sul posto lavoro; sono necessarie ed urgenti risorse da investire immediatamente nella sicurezza sui luoghi di lavoro ed è fondamentale che la politica e le istituzioni cooperino per garantire efficienza ed adeguati controlli, onde ottenere maggior rigore nel rispetto delle regole.
Noi dell'Italia dei Valori speriamo che davvero il tema della sicurezza sul lavoro venga affrontato dal nuovo Governo come un'assoluta priorità, senza parole ma con i fatti. Quello del lavoro è un tema talmente ampio che richiede attenzione su diversi fronti. Sono necessarie modifiche legislative volte a garantire reddito e agevolazioni fiscali per tutti i lavoratori che subiscono la piaga del precariato (trattasi per lo più di giovani, ma non solo), cui è negata la legittima aspettativa di un futuro certo e stabile. L'assenza di una politica volta a rinsaldare e ad irrobustire la sicurezza lavorativa degli italiani rischia seriamente di danneggiare la formazione della cellula fondamentale della nostra società: la famiglia.
Sul lavoro, sulla legalità e sulla sicurezza, come pure su altre questioni fondamentali per il nostro Paese, noi dell'Italia dei Valori diamo la piena disponibilità a trovare soluzioni concrete nell'interesse dei cittadini stando all'opposizione, nel rispetto del ruolo che gli elettori ci hanno voluto affidare. In questa veste saremo dunque integerrimi controllori del rispetto delle regole, senza però mai perdere di vista l'interesse generale del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente della Camera, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo. Il Parlamento è chiamato ad una grande responsabilità: recuperare il rapporto di fiducia con i cittadini, restituire all'Italia, soprattutto alle nuove generazioni, la consapevolezza che un sistema democratico ha bisogno di partecipazione, coinvolgimento, condivisione e, nella diversità delle posizioni, di momenti di unità tra le forze politiche sulle grandi questioni.
Ad ogni inizio di legislatura si pone l'accento sulla necessità di una stagione costituente per riformare le istituzioni, renderle più moderne ed efficienti. A tal proposito le riflessioni del Presidente Fini, sviluppate nel suo discorso di insediamento, e quelle sviluppate dal Presidente del Consiglio questa mattina, sono assolutamente condivisibili e sono uno stimolo positivo.
Non ritengo che questa volta si possa solo essere più ottimisti né che questo ottimismo sia solo una speranza. Ci sono tutte le condizioni: il dialogo avviato tra centrodestra e centrosinistra prima delle elezioni; una campagna elettorale chiara nei contenuti, ma tutto sommato responsabile nei toni; una campagna elettorale che non ha scavato nuovi solchi, ma gettato altri semi per far crescere e consolidare un clima innanzitutto di rispetto e poi di collaborazione, pur nella distinzione dei ruoli tra le forze politiche.
C'è una maggioranza solida, politicamente e numericamente, ed un'opposizione che, proprio per questo, mi auguro non coltiverà l'illusione di una difficoltà della stessa maggioranza, ma si potrà impegnare nel confronto - anche fortemente dialettico - sui contenuti e sulla ricerca delle soluzioni ai problemi nell'interesse dell'Italia. La riforma elettorale sarà il primo, importante e decisivo banco di prova: da come essa sarà scritta, se si darà più potere ai cittadini e meno ai vertici di partito, si rideterminerà una nuova sintonia con il Paese.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 17,10)

ARTURO IANNACCONE. Il centrodestra ha vinto le elezioni anche grazie al grande apporto delle regioni e delle popolazioni meridionali che hanno riconosciuto in Berlusconi e nella nostra coalizione una nuova e concreta ragione di speranza. Si tratta di una coalizione equilibrata, di una grande forza politica nazionale che fa riferimento al popolarismo europeo e di due grandi forze territoriali: la Lega al nord ed il Movimento per l'Autonomia al sud. Questa formula ha impedito speculazioni, ha rassicurato il Mezzogiorno che questo Governo si impegnerà seriamente a risolvere la questione meridionale, il dramma dei nostri giovani destinati alla disoccupazione o costretti ad emigrare.
Come diceva Sturzo è venuto il momento per un Risorgimento meridionale completo, nel quadro del più largo Risorgimento nazionale. Noi siamo pronti alle grandi sfide del federalismo - anche di quello fiscale - così come lo ha riproposto il Presidente del Consiglio questa mattina e che noi condividiamo. Deve essere, però, chiaro ed evidente - come diceva sempre Sturzo - che l'economia nazionale è una e solidale: non vi è un'economia del nord ed una del sud.
Il Movimento per l'Autonomia sarà il propulsore di nuove politiche meridionaliste non basate sui vecchi, logori e contestati canoni dell'assistenzialismo, ma su strumenti moderni e nuovi che non costeranno nulla allo Stato, ma che faranno crescere il sud e che noi abbiamo proposto agli elettori in campagna elettorale.
Infine, voglio soffermarmi brevemente sull'emergenza rifiuti in Campania.
Il Presidente Berlusconi lo ha definito uno scandalo, un vero e proprio dramma, oltre che una vergogna, causata dall'irresponsabilità e dall'inerzia del governo regionale e di chi lo guida.
Occorre mettere fine alle gestioni commissariali e rientrare nei poteri ordinari. Occorre provincializzare il ciclo dei rifiuti: ogni provincia si faccia carico del processoPag. 62di smaltimento dei propri rifiuti e si evitino scorciatoie pericolose, come la realizzazione di mega discariche regionali che avrebbero effetti devastanti sul territorio.
Il Presidente del Consiglio questa mattina ha tenuto in quest'Aula il discorso che il Paese si attendeva: equilibrato, rigoroso, aperto, ottimista sul futuro della nostra Italia. Siamo consapevoli, onorevoli rappresentanti del Governo, che dovrete operare in un contesto delicato e difficile, ma il largo consenso che questa maggioranza ha ricevuto, la lealtà e la solidarietà della coalizione consentiranno di dare all'Italia le risposte che si attende ai piccoli e ai grandi problemi, come li ha definiti Berlusconi questa mattina. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Reguzzoni, al quale ricordo che ha a disposizione dieci minuti. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, ho apprezzato moltissimo il discorso del Presidente del Consiglio, che mai come oggi in quest'Aula è risuonato intriso dei principi, che ci sono cari, di liberismo, autonomia, federalismo, ma anche di un sano pragmatismo tendente a uno Stato meno pieno di lacci e lacciuoli, con meno vincoli.
Abbiamo apprezzato, per esempio, il passaggio fatto su una partita molto complessa, che è stata ed è tuttora all'ordine del giorno, con una drammatica attualità: l'Alitalia. Lo abbiamo apprezzato perché non è mai stato pronunciato il nome di Malpensa, perché i destini sono stati separati e tali devono rimanere, e lo abbiamo apprezzato perché è stata un'affermazione di principi liberisti.
L'Alitalia, se vive, vive nel mercato, e questa è un'affermazione importante, che ci consente di affermare anche gli interessi di Malpensa, che può vivere in un mercato e, quindi, può vivere senza i vincoli che oggi questo Stato le ha imposto attraverso un uso non consono e non libero degli accordi bilaterali.
Ma abbiamo apprezzato anche la volontà di liberare dai vincoli, dalle mille leggi che lo opprimono, un sistema produttivo che è tra i più importanti e tra i più efficienti del mondo. Le nostre piccole aziende costituiscono un unicum a livello mondiale: sono talmente forti che, per esempio, riescono a vendere l'elicottero al Presidente degli Stati Uniti d'America.
Noi abbiamo però bisogno di dotarle di uno Stato meno pieno di vincoli, di lacci e lacciuoli, come grande risalto deve essere dato alle autonomie degli enti locali. Questo è il Paese dei mille municipi, dei tanti campanili, e noi dobbiamo andare in questa direzione, come il discorso programmatico del Governo testimonia e dimostra.
Ma, soprattutto, l'apprezzamento è perché tutto questo viene declinato in un clima nuovo, di grande correttezza e di grande attenzione al principale obiettivo, che è quello di riformare lo Stato.
Abbiamo questo nuovo clima: in Lombardia, per esempio, ha prodotto una legge sul federalismo fiscale che è stata approvata all'unanimità. Quello che siamo riusciti a fare in Lombardia, quindi, non vedo perché non lo si possa fare in questa sede tutti insieme.
Vedevo prima la vicepresidente Beccalossi e il consigliere Corsaro, la relatrice della legge è oggi Vicepresidente del Senato: quello che sono riusciti a fare loro perché non possiamo farlo anche noi, e realizzare finalmente un federalismo fiscale degno di questo nome? Assieme all'apprezzamento per il discorso del Presidente del Consiglio, rivolgo un apprezzamento sincero e sentito anche al primo intervento, il più autorevole finora, delle minoranze (le voglio definire tali, e non opposizioni), vale a dire quello dell'onorevole Fassino, che ha svolto un discorso ricco di attenzione e di voglia di collaborare. Tutto questo si traduce in un clima sereno, che è necessario per lo sviluppo del Paese.
Il Presidente del Consiglio ha parlato di fiducia, ha parlato di ottimismo. Dobbiamo avere il coraggio della pacatezza e del dialogo, e la voglia di portare avanti le nostre riforme in un clima di grandePag. 63ottimismo, anche per quanto riguarda gli appuntamenti che ci aspettano, per esempio l'Expo, che è stato un'altra grande vittoria della Lombardia, di Milano, del sindaco Moratti in particolare. Su tutti questi aspetti siamo disposti a confrontarci, alla sinistra chiediamo di avere il coraggio delle sue azioni. Abbiamo apprezzato anche, nella vicenda dell'Alitalia, gli sforzi compiuti dall'allora sottosegretario Enrico Letta per andare verso una collaborazione. Sicuramente ci sentiamo vicini a certe posizioni federaliste espresse da taluni di voi (cito, ad esempio, Francesco Boccia): abbia la sinistra il coraggio di essere federalista. Uno dei più grandi padri del federalismo, Pierre-Joseph Proudhon, fu tacciato di essere addirittura anarchico: è da lì che nasce il vero federalismo.
A voi si chiede, come a tutto il Paese, di avere coraggio; noi, dalla nostra parte, sicuramente siamo qui per fare tanto, per fare bene, per realizzare quel federalismo di cui il primo ad avvantaggiarsi sarà proprio il sud, perché è proprio da lì che può rinascere davvero la nostra vittoria totale (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Lupi. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ITALO BOCCHINO. Ma dove sta scritto? Come sempre di parte, signor Presidente...!

PRESIDENTE. Onorevole Bocchino, mi dispiace, ma questo è l'ordine che mi è stato consegnato.

ITALO BOCCHINO. È la lobby dei Vicepresidenti...!

MAURIZIO LUPI. Signor Presidente, se vuol intervenire qualcun altro sono disponibile...

PRESIDENTE. Onorevole Lupi, la prego.

MAURIZIO LUPI. Grazie, molto cortese. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, anch'io voglio, dopo altri colleghi che sono intervenuti, non solo commentare il discorso del Presidente del Consiglio della nuova legislatura, ma svolgere alcune considerazioni riguardo alla nuova fase che si sta aprendo, perché tale mi sembra.
Si tratta di una fase nuova, ed è sotto gli occhi di tutti che forse finalmente questo Paese può apprestarsi a vivere un'esperienza nuova. Il Presidente del Consiglio, iniziando il suo discorso, ha definito superato uno scontro quasi antropologico. È quello che abbiamo vissuto nel nostro Paese in questi quattordici anni: uno scontro in cui il Parlamento non rappresentava il luogo di confronto tra esperienze, ideali, valori, programmi diversi, di confronto tra soggetti e forze politiche eletti democraticamente dai cittadini che, partendo da una medesima concezione della politica, quella di servire il bene comune, si confrontavano poi nel dibattito, nella declinazione delle loro storie nelle proposte concrete.
Si è assistito invece, in questi quattordici anni, alla caccia al nemico, all'identificazione del male nell'avversario, al fatto che questo Paese - lo diceva Walter Veltroni alla fine del mese di novembre - non poteva essere normale. Ciò che in tutti gli altri paesi d'Europa e del mondo era normale nelle democrazie - un confronto serio e intelligente tra maggioranza e opposizione, in cui alla maggioranza spettava di governare e di assumere le decisioni e le responsabilità, e all'opposizione di svolgere seriamente e dignitosamente il proprio ruolo - nel nostro Paese non è avvenuto per quattordici anni.
Forse oggi, come sottolineava sempre il Presidente Berlusconi - e credo che questa sia la grande novità, la prima grande novità - ancora una volta la gente, il popolo è andato oltre noi stessi, oltre l'autoreferenzialità della politica, oltre le discussioni dei mass media, oltre le opinioni degli opinionisti, che avevano descrittoPag. 64un Paese in ginocchio, un Paese non in grado di saper guardare con forza al proprio futuro.
Il risultato elettorale è sotto gli occhi di tutti. Vi è oggi una maggioranza chiara, che è stata formata con questa, non con un'altra legge elettorale. Si tratta di una semplificazione del sistema voluta dalla politica. È questa dunque l'altra grande novità: la politica ha mostrato, ancora una volta, che, se i partiti e i loro leader sono coscienti del proprio ruolo, possono cambiare la realtà. Le leggi sono strumenti: è la volontà politica, che si esplicita nelle leadership di coloro che guidano le forze politiche, che può indicare una strada. La decisione presa prima della campagna elettorale dal Presidente Berlusconi e dall'onorevole Veltroni ha infatti segnato di fatto un cambiamento: quello che ci stiamo apprestando ad inaugurare nella nuova stagione legislativa è esattamente questo scenario.
Superato dunque lo scontro antropologico, mi sembra che il tema sul quale occorre confrontarci è proprio quello posto nel suo discorso dal Presidente Berlusconi. Si può guardare con fiducia al futuro di questo Paese? E, se sì, qual è il ruolo della politica e quale quello del Governo? Sì: c'è la possibilità di guardare con fiducia al futuro di questo Paese. E ciò perché, ancora una volta, protagonista nelle vicende del Paese non sono né la politica né i partiti, ma la gente, il popolo. E il popolo è protagonista di questo nostro Paese poiché ha in sé la forza per guardare con fiducia al proprio futuro.
Ciò, però, ad una condizione, che il Presidente Berlusconi ha sottolineato adoperando una parola assai interessante, e che raramente abbiamo ascoltato in Parlamento: talenti. I talenti appartengono alla natura della gente e costituiscono la vera ricchezza di questo nostro Paese: una ricchezza che sta nella persona, nelle associazioni e nella loro libertà. Ebbene, qual è la condizione perché i talenti possano esprimersi? È che, nell'azione di governo, la politica comprenda che il suo ruolo è servire i talenti, liberare le risorse, creare le condizioni perché chi è il vero protagonista possa continuare ad esserlo, esprimendo le proprie capacità.
In questi due anni abbiamo purtroppo assistito ad una concezione opposta, per la quale la politica e il governo della cosa pubblica erano opprimenti: si credeva che la politica e lo Stato avessero in sé la possibilità di garantire il bene. Addirittura, due anni fa, in Parlamento ascoltammo espressioni quali «spero di dare la felicità agli italiani»: la politica che dà la felicità! Su questo punto, oggi, a mio avviso, coscienti del nostro e del vostro ruolo abbiamo aperto un nuovo confronto.
Vi sono taluni passaggi del discorso del Presidente del Consiglio che mi preme sottolineare, poiché credo che su di essi si debba aprire un confronto serio. Su quali contenuti questo confronto e questa assunzione di responsabilità possono avvenire? L'aspetto che mi sembra importante è che abbiamo la coscienza che non si può perder tempo: poiché tutti, ma anzitutto la maggioranza, il Presidente del Consiglio e il Governo, abbiamo la grande responsabilità di non fallire un'altra occasione. Vi sono infatti le energie e le risorse necessarie per guardare con fiducia al futuro: ma l'occasione è storica ed è affidata anzitutto alle nostre mani, le mani di chi governa e le mani di chi è qui a rappresentare il popolo italiano.
In questo senso, la grande fiducia e la grande speranza stanno nel tentativo di ricucire quella distanza fra la gente e una politica che continua a fare promesse che poi puntualmente non mantiene, una politica autoreferenziale, una politica che non sviluppa un'azione legislativa sussidiaria, cioè effettivamente al servizio di chi è protagonista in questo Paese. Poiché protagonisti, come dicevamo, sono coloro che hanno la dignità di vivere e di essere la ricchezza di questo Paese.
Abbiamo la consapevolezza di questa responsabilità: non vi sono scusanti. Certo, non abbiamo una bacchetta magica per risolvere i problemi del Paese, ma abbiamo la forza e l'esperienza che derivano dal nostro passato e dalla nostra capacità di servire ed accompagnare il Paese aPag. 65rialzarsi, come ha detto ancora il Presidente Berlusconi. «Rialzati, Italia!» era uno slogan che comunicava che il soggetto della politica è la gente, e che la politica deve accompagnare la gente ad alzarsi e aiutarla a tornare ad essere protagonista.
La famiglia, il federalismo, la realizzazione delle infrastrutture, la politica del fare: tanti sono i passaggi toccati e condivisi non solo da me ma - credo - da tutti. Ho ascoltato l'intervento di qualcuno, anche dell'opposizione, che diceva: come si fa a non essere d'accordo su alcune grandi questioni? È esattamente questo: ci sono alcune grandi questioni che declinano la concezione di bene comune. Su questo ognuno di noi, dalla maggioranza o dall'opposizione, deve dare il proprio contributo, ma poi bisogna assumersi la responsabilità. Quanto è costata a questo Paese la politica del non fare, del non assumersi le responsabilità, del non realizzare, del non decidere, del non fare le infrastrutture, del non assumersi la responsabilità di guidare il Paese e convincere - perché la politica ha anche questo ruolo - che una scelta è giusta ed è per il bene comune anche se può toccare un tuo legittimo interesse?
Questa è la grande sfida su cui sin dall'inizio dovremo misurarci. Le prime proposte fatte dal Presidente del Consiglio, che saranno portate nel primo Consiglio dei ministri, mi sembra seguano esattamente questa strada e questo indirizzo. Non è un caso che siano stati toccati temi che riguardano la persona, la qualità della vita e la scommessa sul futuro del nostro Paese: la casa, la sicurezza dei cittadini, la famiglia, la qualità dell'ambiente e della vita. Viviamo infatti in un territorio che deve essere difeso e rispettato - è presente il Ministro dell'ambiente Prestigiacomo, cui vanno tutti i nostri auguri di buon lavoro da parte dell'Assemblea -, ma la grande scommessa è quella di un ambiente e di un territorio rispettato e tutelato in cui il protagonista è la persona, l'uomo, la sua possibilità di diventare e di essere protagonista in un territorio in cui la qualità della vita possa essere spesa bene.

PRESIDENTE. Onorevole Lupi, la invito a concludere.

MAURIZIO LUPI. Concludo, signor Presidente. È stucchevole il dibattito al quale abbiamo assistito negli ultimi giorni in cui, a fronte della formazione del Governo e di questa grande scommessa cui noi tutti siamo chiamati, ancora una volta sono tornati vecchi schemi e vecchie letture della politica.
Mi riferisco, ad esempio, alla questione cattolica. Al Governo - si è detto - non sono rappresentati i cattolici, mentre sono rappresentati i laici: è una vecchia e sbagliata concezione della politica, che non appartiene a noi, a chi proviene dall'esperienza del mondo cattolico e la rivendica con orgoglio, perché la grande sfida che tutti abbiamo davanti provenendo da esperienze, ideali, valori e storie diverse e rivendicando con forza la nostra tradizione di questo Paese - vale a dire quella cattolica - è che questa visione e questa concezione dello Stato e della persona appartenga a tutti e possa essere declinata da coloro cui il popolo ha dato la possibilità di governare.
È su questo che ci misureremo: non sulle persone, sui volti o sui certificati di battesimo, ma sul fatto che questo Governo saprà, nella sua azione, dimostrare di creare una società ed un Paese in cui quei valori della nostra tradizione cattolica, declinati concretamente, diventino un punto di riferimento ed un modello.
Cos'altro è se non questo il richiamo, per esempio, nel discorso del Presidente del Consiglio, al sostegno e alla difesa della famiglia, al fatto che anche su un tema così drammatico come l'aborto il nostro sforzo debba essere quello di eliminare le cause che portano a questo dramma? Questo è lo sforzo della politica, questo è essere laici nel vivere la politica, ed è questo l'augurio che rivolgo ai Ministri che sono qui presenti - l'amico Vito, che per la prima volta siede dall'altra parte, cui auguro veramente ottimo lavoro, e l'amico Gianfranco Rotondi - ed al nuovo Vicepresidente, che per la prima volta presiede la nostra Assemblea (Applausi dei deputatiPag. 66del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Polidori. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

CATIA POLIDORI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei rivolgermi al signor Presidente del Consiglio: non solo al leader politico, ma anche e soprattutto all'imprenditore, che conosce bene la vita e i problemi dell'impresa, e che ha portato la mentalità del fare e lo stile imprenditoriale nel mondo politico.
In questi ultimi due anni le nostre aziende ed il mondo della piccola e media impresa italiana, dal quale provengo, hanno retto, mantenendo con notevoli sforzi il loro ruolo di zoccolo duro e silenzioso del sistema produttivo italiano. Queste imprese, pur appesantite dal fisco e da un euro così forte, hanno retto l'urto della globalizzazione e sono riuscite ad investire in innovazione di prodotto nonostante i margini di utile risicati se non nulli, i servizi e le infrastrutture inefficienti, una pubblica amministrazione fondata su un regime burocratico spaventoso e un sistema di istruzione in cui non si premia il merito.
Tuttavia, c'è da chiedersi fino a quando questo ceto produttivo riuscirà a mantenere il Paese tra le potenze industrializzate, nonostante la mancanza di una chiara e forte politica economica nazionale. Dico questo perché questioni come Alitalia, Malpensa, TAV e Corridoio n.5, infrastrutture di comunicazione stradale e ferroviaria, sono state lasciate lì a languire per effetto di una politica che non ha saputo decidere, di un Governo che, negli ultimi due anni, non ha saputo (o voluto) fare le necessarie, fondamentali e talvolta scomode scelte.
Questi imprenditori e i loro collaboratori, esasperati ma fiduciosi, hanno fortemente contribuito al nostro vittorioso risultato elettorale. Dalle personalità di grande spessore e capacità che il Presidente Berlusconi ha scelto per il suo Governo, ma anche dai volti nuovi, che suscitano grandi attese, da una squadra così importante, gli imprenditori italiani si aspettano un deciso cambio di marcia nelle politiche a supporto dell'industria, in particolare della piccola e media impresa.
In completa condivisione con il programma di Governo si tratterà, quindi, di affrontare argomenti scomodi e, purtroppo, non nuovi, a cominciare da un dibattito franco e senza pregiudizi sul sistema fiscale italiano, sulla sua equità, sulla sua efficienza e sul suo impatto sociale, perché quella fiscale è e rimane la questione chiave nei rapporti economici (e non solo) tra Governo e cittadino, tra Governo e imprese, tra Italia e resto del mondo, con la consapevolezza che solo partendo da qui sarà possibile raggiungere l'obiettivo prioritario di benessere diffuso a tutti i livelli.
Non dimentichiamo che il maggior contributo che l'industria italiana ha dato alla società negli ultimi cinquant'anni è stato l'aver offerto una straordinaria possibilità di crescita sociale e di benessere ai lavoratori. Se in questo Paese l'industria è accettata, lo si deve, in primo luogo, al fatto che l'industria ne ha garantito la crescita. Ma il circolo virtuoso fatto di rischio, della sua remunerazione, di investimenti, di creazione di ricchezza e del suo trasferimento è nei fatti inceppato e gran parte della sindrome del «not in my backyard» di cui tutto il sistema soffre deriva appunto da questo inceppamento.
Con adeguate politiche fiscali e incentivanti, non disgiunte da un necessario ripristino della legalità, della sicurezza e del legame di solidarietà tra Stato e cittadini, il nostro Paese e, in particolare, il sud potrà divenire un motore di spinta di rara forza, proprio così com'è nelle sue potenzialità ancora inespresse. Sta a noi garantire al Mezzogiorno una crescita che va accompagnata con il dovuto rigore, ma anche con la dovuta intelligenza e saggezza. Il nuovo sud vuole essere sostenuto e non assistito.
Dinanzi all'atteggiamento distruttivo e catastrofista degli ultimi due anni, offensivo alcune volte anche nei confronti dell'individualitàPag. 67delle persone, al trasformismo, alla caccia al potere, si rafforza sempre più in noi la consapevolezza di essere chiamati ad un grande sforzo politico ed istituzionale per garantire all'Italia orizzonti di crescita e sviluppo e sempre maggiore libertà di esprimersi, di intraprendere, di lavorare e di creare.
Ci vengono chiesti un Governo ed una maggioranza parlamentare efficienti, grintosi e convinti di voler far bene. Con un'espressione di totale fiducia sento che il mio e il nostro dovere è quello di aiutare il Presidente a raccogliere questo messaggio di impegno e di speranza che oggi viene da tantissimi italiani che sono pronti a stare al nostro fianco, e noi non li deluderemo. Auguro, quindi, al Presidente e a tutta la compagine di Governo buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà, per sei minuti.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, il discorso del Presidente del Consiglio è stato naturalmente sintetico e, quindi, richiede certamente degli approfondimenti.
Nell'inserire gli argomenti nelle comunicazioni di oggi ha però evidentemente dimenticato qualcosa. In particolar modo, ha dimenticato quanto riguarda il nostro lavoro all'estero, lavoro, cioè, di emigranti. Infatti, il problema non riguarda soltanto gli immigrati: a tutt'oggi si pone anche una questione di emigranti, soprattutto intellettuali, ma di emigranti del passato. Credo che vada riconosciuto e apprezzato l'impegno, già profuso nella precedente legislatura, dei dodici deputati e dei sei senatori eletti all'estero. Questo, il Presidente del Consiglio probabilmente non l'ha ricordato, questa mattina.
Gli argomenti che ha appena sfiorato - e che mi sembra debbano essere approfonditi - sono soprattutto quelli relativi al Mezzogiorno e alla ricerca scientifica e tecnologica. Quindi, è giusto parlare di Mezzogiorno, di emigrazione, ma anche di federalismo. Infatti, è necessario sapere che non solo - come qualcuno ha detto e come è stato ampiamente trattato anche nelle comunicazioni rese - il Mezzogiorno non va assistito, ma al Mezzogiorno deve essere riconosciuto ciò che è del Mezzogiorno.
Le definizioni comunque utilizzate nelle comunicazioni - se sincere - sono apprezzabili e degne di essere effettivamente discusse. La mia opinione è che questi due temi (Mezzogiorno e ricerca scientifica e tecnologica) sono strettamente legati e interdipendenti. I Paesi in via di sviluppo sono quelli che stanno dando il maggior contributo allo sviluppo della scienza e della tecnica. Noi abbiamo questa occasione nel nostro Mezzogiorno.
Il riconoscimento che il sud è una grande risorsa per il Paese, fatto da eminenti studiosi, ma anche dal Governatore della Banca d'Italia, va accompagnato da alcune decisioni di fondo. La prima decisione che deve essere assunta - è solo accennata, un po' con il fioretto, nelle comunicazioni del Presidente - è una guerra senza quartiere a tutte le mafie, in tutte le loro espressioni, con risorse umane e materiali da aggiungere a quelle attuali a disposizione delle forze dell'ordine e della magistratura.
Per il sud deve essere poi previsto l'immediato avvio della realizzazione dei due corridoi europei che portano i numeri 1 e 8, oltre al corridoio n. 5 che è indispensabile per l'economia della Val Padana. Se noi pensassimo che ci si debba limitare esclusivamente al corridoio n. 5 continueremmo ad accrescere la forbice tra nord e sud. Noi vogliamo far diminuire questa forbice e, in tale quadro, vanno previsti investimenti consistenti. In primo luogo, nel corridoio n. 1 va portata avanti l'alta velocità ferroviaria da Napoli a Palermo.
Non si può quadruplicare, sestuplicare la ferrovia fino a Napoli e prevedere esclusivamente l'adeguamento dell'unica ferrovia in riva al mare che va da Napoli a Reggio Calabria e da Messina a Palermo. In tale quadro, debbono essere previsti investimenti adeguati per il grande portoPag. 68di Gioia Tauro e debbono essere previste anche norme nuove che consentano lo sdoganamento in loco delle merci provenienti dall'oriente. Noi abbiamo in questo porto la captazione e il trattamento di circa il 10-12 per cento dei container che attraversano il Mediterraneo, mentre il resto d'Italia raggiunge la percentuale del 5 per cento.
Dobbiamo assolutamente far crescere queste percentuali, perché quella ricchezza che passa nel Mediterraneo, non possiamo soltanto osservarla; dobbiamo creare le condizioni perché questa ricchezza entri in Italia, a partire da Gioia Tauro e dalla Calabria.
Così pure - e concludo signor Presidente - è necessario investire sull'università e sui centri di ricerca, soprattutto meridionali, perché da questi si può partire considerandoli come motori dell'innovazione e dello sviluppo. Gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione devono almeno raddoppiare nel prossimo quinquennio. Questo è il modo per affrontare le questioni: con la prevenzione, anche con riguardo alla scienza e alla tecnologia per prevenire i terremoti. Oggi il mio pensiero va alle decine e decine di migliaia di morti nel terremoto in Cina. Se noi in Italia non miriamo ad un investimento per la prevenzione dei terremoti saremo sempre costretti a rincorrere dopo l'evento. Ma dopo l'evento non c'è altro che il pianto e la riparazione dei danni, che spesso non può avvenire (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Renato Farina, al quale ricordo che ha cinque minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volante RENATO FARINA. Onorevole Presidente, signori Ministri, colleghi, credo che l'intervento del Presidente del Consiglio di questa mattina abbia avuto un unico grande contenuto che ha assorbito anche i contenuti parziali. Pertanto ritengo sia inutile adesso vedere cosa abbia dimenticato o cosa manchi in quanto ha detto, perché oggi egli ha voluto porre una forma, quella che prima ha esplicitato l'onorevole Lupi: la segnalazione di un fatto nuovo, di un momento nuovo nella vita di questo Paese, che è la fine della guerra civile «verbale» o «mentale» per usare un'espressione di Pansa o di Paolo Mieli; vale a dire, quella guerra civile non dichiarata che ha portato una sorta di frammentazione nel cuore delle persone e una sfiducia totale nella politica.
Tra l'altro essa è stata anche foriera del terrorismo. Lupi ha detto che questa guerra civile e «mentale» c'è da 14 anni, ma in realtà esiste da molto più tempo. Nel giorno della memoria ho riletto alcuni testi del terrorismo: esiste un testo del Collettivo politico metropolitano, il gruppo prodromico delle Brigate rosse, dove si parla di guerra civile latente e implicita che diventò giustificazione della lotta armata.
Dunque, questo fatto nuovo è un compito importantissimo, non è semplicemente una maniera per applicare una specie di savoir faire o un galateo, ma è la sostanza della politica.
Credo che il contenuto forte e sottinteso del discorso di Berlusconi stamani sia il seguente: noi dobbiamo far prevalere, in modo totale e assoluto, l'appartenenza ad un popolo, l'appartenenza ad un ethos di questo popolo italiano - per usare un'espressione di Karol Wojtyla - che viene prima ancora delle legittime divisioni ideali oppure delle contrapposizioni sulle scelte concrete. È l'appartenenza a questa identità comune che ci abilita a parlarci; si chiama «Parlamento», ma credo che dovrebbe chiamarsi anche «ascoltamento», perché se non ci si ascolta e non si impara l'uno dall'altro è inutile.
Detto questo, credo che ci sia un'altra parola chiave che occorre sviluppare in questi anni, e che io provo a sviluppare adesso: è la parola crescita. Berlusconi ha usato questa espressione, «crescere», e l'ha dispiegata nei vari momenti della vita sociale. Ritengo che sia importantissimo accorgersi di un elemento di cui chiunque di noi che ha fatto campagna elettorale, girando nei paesi, nel territorio e nei mercati, si è reso conto.Pag. 69
Vi è una grande incertezza nella gente, che si riscontra nella divisione tra chi, dentro di sé, sceglie l'assoluta disillusione, la disperazione e, dunque, in fondo, l'antipolitica, e chi, invece, pensa e crede che sia possibile ricominciare. Sono convinto che non sia questione di ottimismo della volontà, secondo l'aforisma di Gramsci che continua a perseguitarci, ma di ottimismo della ragione. Esistono delle risorse nel nostro popolo, che voglio definire ideali, che sono incomprimibili da qualsiasi disastro politico possiamo combinare; abbiamo però la responsabilità totale e assoluta di trasformarle e di renderle positive negli atti, nelle azioni e anche nel modo di essere in Parlamento.
Tutto ciò si paleserà soprattutto nell'affrontare la grande questione dell'emergenza educativa. Voglio pronunciare questa parola: oggi vi è un'emergenza educativa gravissima...
RENATO FARINA. Onorevole Presidente, signori Ministri, colleghi, credo che l'intervento del Presidente del Consiglio di questa mattina abbia avuto un unico grande contenuto che ha assorbito anche i contenuti parziali. Pertanto ritengo sia inutile adesso vedere cosa abbia dimenticato o cosa manchi in quanto ha detto, perché oggi egli ha voluto porre una forma, quella che prima ha esplicitato l'onorevole Lupi: la segnalazione di un fatto nuovo, di un momento nuovo nella vita di questo Paese, che è la fine della guerra civile «verbale» o «mentale» per usare un'espressione rispettivamente di Pansa e di Paolo Mieli; vale a dire, quella guerra civile non dichiarata che ha portato una sorta di frammentazione nel cuore delle persone e una sfiducia totale nella politica.
Tra l'altro essa è stata anche foriera del terrorismo. Lupi ha detto che questa guerra civile e «mentale» c'è da 14 anni, ma in realtà esiste da molto più tempo. Nel giorno della memoria ho riletto alcuni testi del terrorismo: esiste un testo del Collettivo politico metropolitano, il gruppo prodromico delle Brigate rosse, dove si parla di guerra civile latente e implicita che diventò giustificazione della lotta armata.
Dunque, questo fatto nuovo è un compito importantissimo, non è semplicemente una maniera per applicare una specie di savoir faire o un galateo, ma è la sostanza della politica.
Credo che il contenuto forte e sottinteso del discorso di Berlusconi stamani sia il seguente: noi dobbiamo far prevalere, in modo totale e assoluto, l'appartenenza ad un popolo, l'appartenenza ad un ethos di questo popolo italiano - per usare un'espressione di Karol Wojtyla - che viene prima ancora delle legittime divisioni ideali oppure delle contrapposizioni sulle scelte concrete. È l'appartenenza a questa identità comune che ci abilita a parlarci; si chiama «Parlamento», ma credo che dovrebbe chiamarsi anche «ascoltamento», perché se non ci si ascolta e non si impara l'uno dall'altro è inutile.
Detto questo, credo che ci sia un'altra parola chiave che occorre sviluppare in questi anni, e che io provo a sviluppare adesso: è la parola crescita. Berlusconi ha usato questa espressione, «crescere», e l'ha dispiegata nei vari momenti della vita sociale. Ritengo che sia importantissimo accorgersi di un elemento di cui chiunque di noi che ha fatto campagna elettorale, girando nei paesi, nel territorio e nei mercati, si è reso conto.Pag. 69
Vi è una grande incertezza nella gente, che si riscontra nella divisione tra chi, dentro di sé, sceglie l'assoluta disillusione, la disperazione e, dunque, in fondo, l'antipolitica, e chi, invece, pensa e crede che sia possibile ricominciare. Sono convinto che non sia questione di ottimismo della volontà, secondo l'aforisma di Gramsci che continua a perseguitarci, ma di ottimismo della ragione. Esistono delle risorse nel nostro popolo, che voglio definire ideali, che sono incomprimibili da qualsiasi disastro politico possiamo combinare; abbiamo però la responsabilità totale e assoluta di trasformarle e di renderle positive negli atti, nelle azioni e anche nel modo di essere in Parlamento.
Tutto ciò si paleserà soprattutto nell'affrontare la grande questione dell'emergenza educativa. Voglio pronunciare questa parola: oggi vi è un'emergenza educativa gravissima...

PRESIDENTE. Onorevole Farina, la prego di concludere.

RENATO FARINA. Signor Presidente, accenno ad una sola questione. Mi ha molto colpito oggi la dichiarazione del Vicepresidente del Senato, Emma Bonino, contro il Papa, accusato di mancanza di carità e di mistificazione. Ritengo molto grave che tutto ciò non abbia trovato alcuna risposta da parte di alcun membro del partito che l'ha posta come capolista e che l'ha messa a rappresentare una istituzione come il Senato. Credo che una tale offesa non vada passata sotto silenzio e debba essere registrata in quest'Aula (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Mussolini, alla quale ricordo che ha otto minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, io adotterò i tempi del Parlamento europeo, che sono molto brevi, in quanto si può dire tutto in massimo due minuti e mezzo. Innanzitutto la saluto e sono contenta che sia lei il Presidente di turno.
Non vedo il Presidente del Consiglio, ma affettuosamente, con il garbo e la gentilezza che mi vengono riconosciuti, nonché con moderazione, dirò ciò che penserei se fossi chiamata a dover esprimere un voto e una valutazione - non come deputato del Popolo della Libertà, ma come responsabile di Azione Sociale - sulla formazione del Governo e sui criteri che hanno portato ad essa. Il mio giudizio sarebbe negativo, contrario a logiche vecchie, contrario a nuove spartizioni, nonché a correnti, a circoli e ad associazioni animaliste che hanno trovato un peso all'interno del Governo. Questa non è aria nuova, è un'aria polverosa! Tuttavia, considerato che siamo in quest'Aula come rappresentanti del popolo - purtroppo non eletti, ma nominati, e ciò è un grave vulnus alla democrazia, al quale dobbiamo rimediare - e che ho preso un impegno con gli elettori del Popolo della Libertà, che è un impegno di lealtà, vi sono numerosi problemi che non possono essere sviliti dalla questione della formazione del Governo o dei partiti che, pur avendo ottenuto la stessa percentuale di voti, hanno avuto più o meno rispetto ad altri.
Finiamola anche con questa discussione, purtroppo patetica, che si svolge ogni volta che si forma un Governo, sulla quantità di donne che si devono inserire! Non mi dite che sono tante: ve ne sono quattro come Ministri (due con portafoglio, due senza), e cinque come sottosegretari su trentasette. Ci viene detto che noi abbiamo il Ministero delle pari opportunità; per carità: chiamiamolo Ministero delle mancate opportunità (Applausi della deputata Bossa), eliminiamo questo Ministero delle pari opportunità e anche questa festa stucchevole dell'8 marzo, che è invece un ricordo di un fatto storico. Noi donne siamo anche stanche di fare le donne; io ormai sono entrata in un'altra categoria: non più donna, altro. Ciò che voglio affermare - vedo qui presente il Ministro dell'ambiente che, per fortuna, è con portafoglio! - è di fare attenzione: hoPag. 70ascoltato gli interventi del Presidente del Consiglio su priorità importantissime, tra cui l'emergenza rifiuti (è dal 1993 che a Napoli esiste l'emergenza rifiuti!); mi raccomando, Ministro dell'ambiente, quando andrete a fare il primo Consiglio dei ministri a Napoli, non dovete rilegittimare Antonio Bassolino che è stato uno dei responsabili dello sfascio di Napoli, della Campania e che ci ha fatto fare una tale figura a livello internazionale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Non può essere lui il referente, perché ognuno si deve assumere le proprie responsabilità!
Vada, Ministro, alla cava di Chiaiano, vada a vedere che è impossibile riempirla di 700 mila tonnellate di rifiuti, questa cava di tufo vicino all'ospedale Monaldi e all'ospedale Cotugno, dove ci sono i bambini malati di malattie infettive! Questi sono problemi che vanno affrontati e queste sono le priorità!
Non è presente in aula il Ministro delle pari opportunità. Sapete che mi sono sempre occupata di quelle che per me sono «le sensibilità»: le donne e, soprattutto, i bambini, l'unica parte della società che va realmente difesa e tutelata. I bambini sono stati massacrati e violati e devono avere una voce: veramente mi auguro che ciò avvenga.
Come rappresentante del popolo, darò un sostegno convinto a questo Governo, nonostante il criterio utilizzato (che non mi è piaciuto ed è assolutamente antico e proprio di vecchie logiche), perché c'è molto da lavorare. Occorre un'assunzione di responsabilità: vedo il «grande» Ministro Rotondi (ce la fai sempre!), il Ministro Elio Vito e il Ministro dell'ambiente, ai quali rivolgo un «in bocca al lupo», perché bisognerà rimboccarsi le maniche. Si può e si deve lavorare - io l'ho sempre fatto - anche senza avere una poltrona (ci mancherebbe altro!). Grazie e in bocca al lupo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba, al quale ricordo che ha sei minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signora Presidente di turno della Camera, con tutta franchezza devo dire che ci aspettavamo delle dichiarazioni programmatiche con proposte di soluzione almeno sulle grandi questioni, secondo consuetudine. Invece, abbiamo udito, insieme ad una parziale elencazione di problemi, un discorso sul metodo, anzi sul dialogo. Non sappiamo se la mancata prospettazione dei problemi e delle proposte di soluzione su alcuni temi, come ad esempio la giustizia - tema sul quale dobbiamo registrare il nulla e che resta una cosa misteriosa - sia dovuta alla scelta tattica di non dire cose che avrebbero potuto urtare un possibile accordo, ovvero alla difficoltà di indicare soluzioni per contrasti interni alla maggioranza. E ancora, francamente, devo dire che il discorso sul dialogo è parso rivolto al solo Partito Democratico e non anche gli altri partiti presenti in Parlamento, a cominciare da Italia dei Valori per finire all'UDC, quasi una res inter alios acta. Ci sia consentito turbare questa eventuale aspettativa del Presidente del Consiglio di «idillio a due» per il rispetto del Parlamento del quale facciamo parte per dire innanzitutto che accettare il dialogo non significa affatto non potere avere opinioni contrastanti su uno o più punti e non esprimerle.
Noi dell'Italia dei Valori siamo abituati a capire prima su cosa si cerca il dialogo e poi, eventualmente, a cercare e trovare un accordo. Se accade il contrario, può voler dire che vi è una volontà di accordo preventivo sulla pelle di qualcuno o di qualcosa (e questo è ciò che Italia dei Valori non vuole e non consentirà). È bene che si sappia che non siamo legati se non alla nostra coscienza e siamo svincolati da accordi presi da altri senza consultarci. In particolare, non possiamo firmare cambiali in bianco e saremo estremamente attenti a valutare ogni iniziativa, così come ogni omissione, su temi altamente sensibili, per noi e per la nostra democrazia, quali la giustizia, ogni forma di conflitto di interesse, l'informazione e le riforme istituzionali.Pag. 71
E comunque si sappia che contrasteremmo ogni tentativo di proseguire sulla strada della delegittimazione, spesso violenta, delle agenzie di controllo della legalità - quali la magistratura e la libera stampa -, ancor più se si declamasse di volere il dialogo con i magistrati, ma poi non si perdesse occasione per aggredirli quando non si comportano in maniera conforme ai voleri dei potenti di turno.
Oggi non siamo stati volutamente messi in condizione di esprimerci sui diversi problemi, perché nessuna proposta ci è stata prospettata e nessuna informazione ci è stata elargita su questioni cruciali per la nostra democrazia.
Vedremo nel prosieguo quali proposte verranno concretamente avanzate e le analizzeremo con rigore, senza pregiudizi collegati al colore politico di chi le avanza, salvi quelli connessi con il nostro stesso rigore morale, ovvero su ciò che attiene al bene della democrazia.
Per fare un esempio del nostro metodo di lavoro, prendendo in considerazione un tema come quello della giustizia, vi è da dire che, mentre collaboreremo ad ogni seria proposta per la celere definizione dei procedimenti, ci opporremo con estremo vigore, in Parlamento e nel Paese, ad ogni tentativo di minare l'indipendenza e l'autonomia della magistratura attraverso una manipolazione della Costituzione che attentasse all'obbligatorietà dell'azione penale, ai poteri del CSM, all'unicità delle carriere o che tendesse alla collocazione fuori dall'ordine giudiziario del potere disciplinare sui magistrati. In generale, ci opporremo ad ogni forma di controllo politico sull'attività giurisdizionale.
In materia di sicurezza e di controllo della clandestinità - su cui siamo d'accordo - ci si dovrebbe spiegare come verrebbe affrontato il problema del sicuro, gravissimo ingolfamento del sistema giudiziario e del probabile repentino riempimento delle carceri che si verificherebbe. Noi speriamo che non si parli più di indulto - su questo si dovrebbero pronunciare, innanzitutto, le forze politiche che nella passata legislatura, sono state le prime a insistere maggiormente per ottenerlo - e assumeremo iniziative per togliere dalla farsa la disciplina del conflitto di interessi e per garantire la libertà di informazione.
Su questo ed altri temi sensibili nutriamo una forte aspettativa di convergenza da parte del nostro alleato e del suo Governo ombra con il quale auspichiamo costanti consultazioni. Consideriamo questi aspetti come una precondizione dello sviluppo. In altri termini, siamo convinti che, senza legalità, non vi sia progresso e prestiamo attenzione a tutti gli aspetti di carattere sociale concernenti il benessere delle persone e la loro sicurezza. Collaboreremo alla migliore attuazione di questi obiettivi; lo faremo con la capacità di destare fiducia e anche di sorridere, capacità che possediamo anche noi quando si tratta non di respingere i tentativi di minare le fondamenta della società civile e della Costituzione, ma di affrontare i temi che riguardano i diritti e la risposta ai bisogni delle persone (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bianconi per cinque minuti. Ne ha facoltà.

MAURIZIO BIANCONI. Signor Presidente, membri del Governo, colleghi deputati, vi sono alcuni aspetti e alcune precondizioni che rafforzano l'affidabilità di questo Governo e ne segnano la differenza rispetto al precedente. La prima che è balzata immediatamente gli occhi di tutti è la solida maggioranza nel Parlamento e nel Paese. Non si tratta di un fatto fine a se stesso che ha scontentato le attese di qualcuno o le previsioni di altri, ma è un fatto ontologico che ha permesso la costruzione di un programma e di un Governo di legislatura che durerà cinque anni. Questa è la prima grande differenza con il Governo che ci ha preceduto. Se vi è stato un errore di valutazione dell'onorevole Prodi nel momento in cui ha instaurato un suo programma e il suo Governo è stato quello di concepirlo di legislatura senza averne i numeri.Pag. 72
La seconda grande differenza risiede nel numero dei membri di questo Governo. È stato detto, ma non è stato sottolineato abbastanza, che a fronte di un Governo di centoquattro componenti - il Governo più affollato della Repubblica - vi è un Governo di sessanta membri. Tutto ciò è garanzia di efficienza, di snellezza, di compattezza ed è anche un buon segnale per il Paese. Ricordiamo quanto il Governo Prodi abbia quotidianamente sofferto le ricuciture e gli strappi e quanto il Presidente Prodi si lamentasse di ciò; era più intento a rammendare gli strappi che non a confezionare il vestito. Noi andremo avanti compatti con pochi membri e con grande efficienza.
Il terzo aspetto importante - anche questo poco sottolineato - riguarda i tempi con i quali il Governo si è insediato.
In Italia per la prima volta abbiamo un Governo in tempi europei oltre che in numeri europei. Si tratta di un aspetto che non è stato messo in evidenza più di tanto, ma rappresenta già un grande progresso rispetto alle critiche che provengono dal Paese. Non si è perso un minuto rispetto alla scansione temporale istituzionale per la formazione e l'insediamento del Governo. Ciò non ha precedenti nella storia della Repubblica e si tratta, dunque, di un buon messaggio per il Paese.
Tuttavia questi tre dati - la chiarezza del risultato, i tempi di insediamento e il numero dichiarato dei componenti del Governo - hanno rappresentato, a mio avviso, un grande progresso sotto il profilo istituzionale. Infatti, il Presidente della Repubblica, quando ha conferito l'incarico e ha ricevuto dal Presidente Berlusconi l'elenco dei ministri, ha chiaramente espresso i motivi per cui tutto si è svolto così velocemente e bene. Ha comunicato il motivo, ossia ha praticamente catalogato all'interno della Costituzione materiale la figura del premierato. Ciò non era mai successo. Constatati i benefici del procedimento, il Presidente della Repubblica, con grandissima sensibilità istituzionale, ha realizzato questa operazione. Porre nella Costituzione materiale la figura del premierato rappresenta un'operazione importante, perché determina un'ulteriore conseguenza pure importante sotto il profilo costituzionale: per la prima volta abbiamo l'avvisaglia di un centro unico di responsabilità all'interno del Governo. L'Esecutivo ha finalmente instaurato un centro di responsabilità; in altre parole, si innesta nel diritto costituzionale italiano il principio di responsabilità all'interno del Governo. Ciò non si era mai verificato, e comporta un'altra conseguenza: il Governo non è più un ventaglio di individualità, ma è la squadra del Premier. Il Governo, in altre parole, è l'organo che lavora per il Presidente del Consiglio il quale è responsabile della politica dell'Esecutivo poiché gli elettori lo hanno indicato, e in virtù di ciò il Presidente della Repubblica gli ha conferito il mandato. Pertanto, volenti o nolenti, abbiamo compiuto un grande balzo in avanti verso questo passaggio istituzionale.
Mi auguro veramente che questa stagione sia distesa sotto il profilo della scrittura delle regole. In quest'Aula non abbiamo ascoltato voci particolarmente arrabbiate, tranne qualcuna; dunque, in questo Parlamento vi è grande senso di responsabilità. Se riusciremo a realizzare una stagione di regole condivise, ciò significherà l'aver dato insieme una grande risposta al Paese: resta soltanto da scrivere insieme tale risposta. Pertanto, dichiaro convintamente la fiducia a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà, per dodici minuti.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, signori Ministri, ho seguito con molta attenzione, questa mattina, le comunicazioni del Presidente del Consiglio dei ministri. Questa è certamente l'occasione per commentare quelle considerazioni ed avere, quindi, anche la possibilità di comprendere dove intende andare e come intende muoversi il Governo. Lo abbiamo già detto questa mattina: non abbiamo nessuna posizione preconcetta e pregiudiziale.Pag. 73Siamo collocati all'opposizione, ma vorremmo capire fino in fondo se il Governo ha l'intenzione e gli strumenti per portare avanti il programma che ha posto in essere e che ha comunicato questa mattina.
Non vi è dubbio, signor Presidente, onorevoli ministri, che le nostre valutazioni riguardano certamente questo aspetto e questo dato e si riferiscono a questa stagione politica. Dunque, vorremmo capire se tutti siamo impegnati a dare forza al primato della politica e a recuperare tale primato rispetto anche al funzionamento delle istituzioni nel cui ambito certamente deve prevalere l'interesse generale.
Quindi, vorremmo comprendere fino in fondo se si è impegnati a sottrarre il dato della politica al condizionamento degli egoismi, delle corporazioni e dei settorialismi che spesso hanno offuscato l'impegno e hanno degradato e affievolito la capacità delle istituzioni.
Dunque, vi è un aspetto che riguarda tutti noi e anche il modo in cui ci incamminiamo nella stagione delle riforme. Chi ha una consuetudine di appartenenza a questo ramo del Parlamento sa che da molto tempo si parla di riforme. Nella XIV legislatura avevamo anche approvato qualche riforma: oggi vi è l'esigenza di armonizzare la Carta costituzionale con la legislazione che si riferisce all'elezione e, quindi, alle riforme elettorali.
Questa dicotomia, che oggi avvertiamo sempre più pesantemente, non può essere mantenuta laddove una Costituzione scritta parla di alcuni principi e, invece, ci si muove, per quanto riguarda il sistema elettorale, in termini opposti e contraddittori.
Vi è, quindi, la volontà di portare avanti il progetto riformatore nel quadro di un recupero - come dicevo poc'anzi - del primato della politica, ma soprattutto con la grande capacità di comprendere e capire che tutto non può venire da noi. Non è possibile realizzarlo se manca il dialogo, il confronto, il coinvolgimento della gente e se manca, quindi, un momento di passione anche sul piano dell'impegno politico, dove certamente le omologazioni e gli appiattimenti non creano ricchezza sul piano dei contributi politici e sul piano della valorizzazione delle energie.
Bisogna comprendere sino in fondo che vi sono temi che vanno affrontati con grande capacità, senza nessuna improvvisazione, senza nessuna leggerezza e senza nessuna approssimazione.
Non ho ascoltato interventi in termini forti su alcuni aspetti anche per quanto riguarda la politica delle infrastrutture. Quando parliamo di Alitalia, forse non riusciamo a capire che nel Paese non vi è un problema di Alitalia, bensì vi è un problema concernente il sistema aeroportuale, il sistema della portualità, dei corridoi (del Corridoio V e del Corridoio I), del ponte sullo Stretto.
Vi è una serie di problematiche che possono essere anche recuperate con le riforme che abbiamo approvato nella XIV legislatura, che sono state lasciate in ombra e non sono state portate avanti dal precedente Governo. Recuperare questo significa avere una visione di insieme, dove politica delle infrastrutture non significa soltanto politica dei lavori pubblici, ma anche politica dell'economia e politica estera: politica intesa in senso lato, dove ovviamente i temi del collegamento e del raccordo del nostro territorio - soprattutto del suo collegamento anche con i Paesi europei - diventano un momento fondamentale e forte per quanto riguarda l'azione di Governo.
Non ho sentito alcuna parola sulla sicurezza stradale. Contiamo migliaia di morti ogni anno. Sono state approvate alcune leggi e, soprattutto, alcuni impegni portati avanti nella XIV legislatura non hanno avuto alcuna conseguenza nella passata legislatura. Bisogna recuperare tutto questo, avere quindi la forza e la capacità di comprendere che, quando parliamo di dignità della persona, di difesa della famiglia, dobbiamo parlare anche e soprattutto di questi temi e argomenti fondamentali e importanti.
Occorre, ancora, recuperare e riscoprire un tema importante. Qui non vi sonoPag. 74una questione settentrionale e una questione meridionale. Ho sentito il Presidente del Consiglio dei ministri che parlava di una questione settentrionale: vi è una questione del Paese. Non può esserci un Paese che va a diverse velocità. Se vi è un'azione per quanto riguarda la fiscalizzazione, vi è un dato importante e fondamentale da considerare riguardante le regioni meridionali. Quando si parla di solidarismo si sottolinea un elemento importante, ma deve esservi una visione di insieme e di integrazione anche sul territorio nazionale attraverso una politica fatta di regole.
Infatti, ciò che manca in Italia sono le regole, e certamente deve intervenire lo Stato per rimuovere sacche di ingiustizia e, soprattutto, per superare gli squilibri territoriali esistenti all'interno del nostro Paese.
Chi pensa di riproporre la politica settentrionale per allungare, rilanciare e rafforzare gli steccati tra territori e tra regioni all'interno del nostro Paese si incammina verso un percorso sicuramente pericoloso e difficile.
Dunque, vi è un aspetto importante che dobbiamo recuperare sul piano culturale, dove certamente gli obiettivi devono essere perseguiti con grande forza, coraggio ed energia. C'è bisogno dell'impegno e della coralità di tutti. Oggi non si sente la necessità di parole d'ordine, ma di una grande riflessione, di pacatezza e di saggezza.
Vi è un dato - che ho ascoltato anche da parte di un collega - riguardante l'emergenza culturale: investire sul sapere, sulla ricerca scientifica, sulla scuola. In proposito, possiamo elaborare una riflessione con molta attenzione: non si può scaricare sulla scuola una serie di incombenze - come per esempio l'educazione civica, l'educazione alla sicurezza stradale, l'educazione sull'ambiente - senza comprendere se la scuola dispone delle strutture ed è nelle condizioni di fronteggiare un impegno delicato e importante.
Un altro aspetto - e concludo, signor Presidente - riguarda la criminalità organizzata: ritengo che questo argomento non possa essere vissuto con leggerezza, né con stereotipi che certamente non evidenziano la delicatezza della situazione.
Vi sono interi territori del nostro Paese occupati dalle organizzazioni criminali.
Nella passata legislatura la Commissione antimafia ha licenziato per la prima volta un documento sulla 'ndrangheta calabrese: bisogna capire se esistono gli strumenti, se vi è la volontà, se vi è la forza per sconfiggere tale tarlo e soprattutto per estirpare questo cancro, che esiste e offende la coscienza civile del nostro Paese.
Bisogna capire se gli strumenti di contrasto alla criminalità organizzata sono sufficienti e idonei. Pongo alcune questioni: bisogna rivedere la Direzione nazionale antimafia, che non ha poteri veri ed effettivi di coordinamento e, soprattutto, è un ente inutile.
Inoltre, bisogna rivedere la DIA, nonché tutta l'azione di coordinamento, e occorre capire fino in fondo se esiste la volontà di rompere legami, collusioni e coperture.
Vi sono momenti, signor Presidente e onorevoli colleghi, che impongono traiettorie e percorsi molto seri e molto forti. Vi è bisogno di una grande capacità, di una grande conoscenza, di una grande consapevolezza di ciò che è innanzi a noi, per risolvere tali problemi. Occorre, soprattutto, avere ben presente che non dipende tutto da noi, dall'attuale Governo e dall'attuale Parlamento, avendo come riferimento anche le regioni, il coinvolgimento degli enti e delle autonomie locali.
È necessario che vi sia una grande mobilitazione: i grandi Governi, i veri Governi vincono le scommesse se riescono a suscitare entusiasmi e passioni, se riescono a realizzare una coincidenza di intenti e a ottenere una risposta a progetti e programmi condivisi.
Credo che sia questo il passaggio forte che oggi poniamo all'attenzione dell'attuale Governo, con la speranza che non vi siano né disattenzioni, né parole d'ordine, né la supremazia - come affermavo poc'anzi - di corporazioni su interessi generali, né vi siano prevalenze di egoismiPag. 75e di settorialismi, ma vi sia una forte e grande capacità, all'interno del Paese, che sappia suscitare energie. Ciò affinché vi sia e ritorni la speranza e, soprattutto, la credibilità delle istituzioni, del Governo e del Parlamento.
Noi porremo molta attenzione in questo momento, attestati certamente all'opposizione.
Come dicevo all'inizio, signor Presidente - e mi avvio alla conclusione - noi saremo senza alcuna visione di parte, senza alcuna visione preconcetta, ma con grande attenzione, perché siamo convinti che oggi in gioco vi siano i valori reali, il destino e il futuro del nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Beccalossi. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

VIVIANA BECCALOSSI. Onorevoli colleghi, signori ministri, anch'io sono decisamente emozionata ad intervenire oggi. Nonostante provenga da un'esperienza politica e da una militanza certamente molto lunga (oltre venti anni) è la prima volta che intervengo da deputato in quest'aula e quindi, un po' come il primo giorno di scuola, ho ascoltato con attenzione l'intervento del Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.
È un intervento che mi è piaciuto molto innanzitutto per i suoi toni pacati, forse diversi da quelli utilizzati nel 2001, che esprimono la volontà e l'impegno a parlare e a dialogare con l'opposizione in un clima decisamente cambiato rispetto al passato. Mi auguro che ciò possa continuare nel corso dei prossimi cinque anni.
È chiaro che condivido tutti gli argomenti, tutte le emergenze e tutti i progetti che il Presidente ha elencato nel corso del suo intervento: dall'emergenza rifiuti a Napoli fino al grido di allarme proveniente dal nord e alla lotta all'immigrazione selvaggia. È di ieri un articolo pubblicato su Il Sole 24 Ore che annuncia dati davvero preoccupanti riguardo a tale fenomeno. Io sono una cittadina di Brescia dove, ahimè, ci sono 32 extracomunitari clandestini ogni mille abitanti. Credo che affrontare questa emergenza non significhi essere xenofobi o voler usare il tema della sicurezza per spaventare i cittadini, bensì significhi essere realisti.
Alla questione della sicurezza si aggiunge quella di una giustizia equa, veloce e forte contro i delinquenti, non contro i cittadini. Oggi abbiamo sempre più la sensazione di una giustizia forte con i deboli e debole con i forti: è necessaria una giustizia più equa.
Occorre, altresì, una maggiore sensibilità nei confronti dei temi ambientali. In tal senso ritengo che un ministro donna possa dire qualcosa di più rispetto al passato, perché prima di tutto è madre, poi è donna e infine è ministro. Credo che quando il ministro Prestigiacomo si impegnerà per avvicinare di più il nostro Paese ai parametri europei in materia di ecologia lo farà innanzitutto con gli occhi di una madre, prima ancora che di un politico.
È insomma necessaria una politica che metta al centro i problemi del nostro Paese. Io credo che la grande missione che tutti noi abbiamo (chi ministro, chi sottosegretario, ma anche chi, come me, è deputato semplice) sia quella di riportare i problemi dei cittadini italiani al centro della politica. Ritengo che questa sia anche un po' la ragione per la quale il centrosinistra ha perso le elezioni andando a casa prima della scadenza del suo mandato. Proprio in quest'aula si è perso, ricattato dall'estrema sinistra e troppo preso ad occuparsi di problemi che ai cittadini italiani non interessavano, dai Dico ai mille altri rivoli che stavano a cuore a pochi esponenti di una maggioranza che si stava sgretolando, perdendo così di vista i reali problemi dei cittadini italiani.
Ho apprezzato molto un concetto usato dal Presidente del Consiglio: crescere, investire sul futuro. Dobbiamo avere la consapevolezza di avere ereditato un Paese con grandi problemi economici, con grandi problemi di sicurezza, di infrastrutture, di ambiente e di agricoltura. Per la prima volta dobbiamo risolvere problemi ancorPag. 76più importanti relativi alle famiglie che faticano ad arrivare non più alla quarta, ma alla terza settimana del mese.
Dobbiamo intervenire - come ha sostenuto il Presidente del Consiglio - per promuovere la famiglia, per dare vita ad un piano nazionale per la vita e per la famiglia. Il Presidente Berlusconi ha parlato di imposte che devono essere il corrispettivo che i cittadini devono versare allo Stato in cambio di servizi adeguati e non una punizione, ma ha parlato soprattutto di futuro. Quindi, lo ripeto, credo che noi tutti oggi - non solo i deputati della maggioranza, ma anche quelli dell'opposizione - dobbiamo affrontare i prossimi anni con il sano realismo di una situazione difficile, ma anche con la voglia di migliorare il nostro futuro coltivandolo insieme. Non credo sia finito il tempo in cui l'avversario politico è un nemico da battere e contro il quale bisogna schierarsi sempre e comunque. Credo che ci siano grandi tematiche che, mi sia consentito, vanno anche oltre le riforme istituzionali; temi più concreti che ci devono vedere uniti e coesi al fine di trovare delle soluzioni.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VIVIANA BECCALOSSI. Solo allora, se faremo questo, potremo riavvicinare i cittadini alla politica affinché noi politici non siamo più visti come la «casta» lontana dal Paese reale. Dobbiamo sapere interpretare le esigenze dei cittadini italiani; credo che sia questo l'obiettivo da raggiungere. Tutto il resto verrà di conseguenza. Per questo con profonda convinzione darò il mio voto...

PRESIDENTE. Grazie onorevole.

VIVIANA BECCALOSSI. ... il mio sostegno e la fiducia al Governo Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Realacci. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, l'intervento del Presidente Berlusconi questa mattina ha avuto dei toni e dei contenuti molto diversi da quelli della campagna elettorale e anche - se mi è consentito - da quelli del 2001, quando per cinque anni guidò il Governo di questo Paese.
Credo che sia una buona notizia, una buona notizia per noi del Partito Democratico che - come ricordava Fassino nel suo intervento - in questa campagna elettorale abbiamo teso a mettere in primo piano i problemi del Paese, l'idea di una politica che si libera dalle contrapposizioni che non vengono verificate sui contenuti, l'idea anche di trovare le ragioni di un'azione comune nell'interesse dell'Italia. È una buona notizia che ovviamente chiede una verifica nei fatti.
Il Presidente Berlusconi ha parlato poco di temi che mi stanno a cuore: penso ai temi ambientali (ne approfitto per fare gli auguri al Ministro Prestigiacomo che ha dimostrato, in materia, una certa sensibilità che, però, deve essere anch'essa verificata poi dai fatti). Ha parlato poco dei temi ambientali e da questo punto di vista sarà proprio il cambio di rotta che dovrà essere verificato.
Vorrei essere molto franco (lo merita il confronto fra noi ed il Paese): nei precedenti Governi Berlusconi l'attenzione nei confronti dell'ambiente è stata negativa. Il Governo Berlusconi ha varato in due occasioni una sanatoria dell'abusivismo edilizio, veleno per la legalità e per il nostro Paese. Nel passato temi importanti come quelli dei mutamenti climatici sono stati trascurati nell'agenda del Governo ed anche oggi devo dire che nessun leader europeo di rilievo avrebbe fatto un discorso di investitura senza tener conto di questi temi.
In Europa non solo lo schieramento democratico e progressista, ma anche il centrodestra fa di questi temi una componente essenziale della sfida del Governo. Pensate alle posizioni che sono state prese, in questo periodo, dalla Merkel, da Sarkozy, da Cameron - il leader conservatore inglese - che in molti casi haPag. 77posizioni più avanzate di quelle dei laburisti su questi temi. Si tratta di una grande sfida per tutti i Paesi industrializzati, è una sfida per il futuro e che riguarda anche la competitività della nostra economia.
Noi guarderemo ai fatti e sulla base dei fatti decideremo il nostro atteggiamento. Il Presidente Berlusconi ha parlato, ad esempio, del tema dei rifiuti di Napoli: è un tema importante. Torna ad occuparsene da Presidente del Consiglio come ha fatto nella metà degli anni Novanta e negli anni dal 2001 al 2006. Sappiamo che in questa vicenda il centrosinistra ha responsabilità pesanti, ma per affrontare quel tema sarà necessario introdurre un tasso di responsabilità nella politica e nelle istituzioni e ricostruire una fiducia con i cittadini che in Campania si è interrotta. È necessario realizzare raccolte differenziate, costruire nuovi impianti.
Abbiamo osservato, sia dalla maggioranza sia dall'opposizione, l'uso di toni che vanno contro gli impianti previsti; magari hanno ragione, però è un dato di fatto che mentre in altre aree del Paese - peraltro spesso governate dal centrodestra - queste politiche si riescono a fare, in Campania ciò non è stato possibile.
Affrontare questo tema, quindi, implica da tutta la politica un atteggiamento diverso, che dimostri anche la capacità di compiere scelte che possono essere contrarie ad interessi puntiformi, ma sono nell'interesse generale. Quando si parla dell'incapacità del nostro Paese di fare delle opere, si parla di un tema profondo nell'Italia. Voglio parlare di un'opera semplice: la Salerno-Reggio Calabria.
La Salerno-Reggio Calabria è un'opera cui tutti sono favorevoli: nel DPEF del 2002 il Governo Berlusconi si era impegnato a terminare la Salerno-Reggio Calabria entro il 2006 e tutti eravamo d'accordo. La Salerno-Reggio Calabria non è completata e noi oggi saremmo contenti se questo accadesse nei primi anni del prossimo decennio. C'è un problema, quindi, di modernizzazione del Paese, di accelerazione delle scelte, di resa efficace della politica che attraversa entrambi gli schieramenti. Su questi temi possiamo lavorare insieme, anche per tenere l'Italia in rotta con l'Europa sul tema dei mutamenti climatici, sulle grandi sfide ambientali, senza ideologie e ideologismi.
Volete rilanciare il nucleare (così dice Scajola)? Non crediamo che questa sia una misura intelligente! Il Ministro Prestigiacomo ha parlato del nucleare di quarta generazione. Siamo d'accordo: nella scorsa legislatura all'unanimità la Commissione per l'ambiente, il territorio e i lavori pubblici della Camera ha votato una risoluzione in cui invitava l'Italia a essere presente nella ricerca di un nucleare che affronti i temi della sicurezza e dello smaltimento delle scorie, ma questo nucleare oggi non esiste e pensare di parlare di vecchie centrali nucleari nel nostro Paese credo sarebbe uno spreco in termini economici e anche una scelta sbagliata dal punto di vista energetico. Ma, soprattutto, è molto importante lavorare intorno a un'idea di Italia. L'ambiente, da questo punto di vista, non è la politica di un ministero: è la politica di un Governo, di un Paese, delle imprese e delle istituzioni a tutti i livelli.
L'ambiente è una componente essenziale dell'identità e della competitività del nostro Paese. Anche da alcuni colleghi della maggioranza ho sentito un richiamo forte e giusto alla capacità che il nostro Paese ha avuto di competere a livello internazionale.
La difficoltà della nostra economia deriva oggi molto dalla domanda interna, dalla difficoltà di intere aree della nostra popolazione ad arrivare a fine mese, dagli stipendi bassi, ma la nostra economia, il sistema delle piccole e medie imprese ha dimostrato di saper competere in maniera straordinaria scommettendo sulla qualità, una componente essenziale della capacità italiana di essere presenti nel mondo, anche rinverdendo le proprie radici.
Ho trovato, per esempio, interessanti alcune delle considerazioni presenti nel libro di Tremonti da questo punto di vista, lo voglio dire con franchezza. Questo implica una concezione della politica internazionale, della politica estera, della politicaPag. 78economica molto diversa da quella che ha proposto il Governo Berlusconi negli anni dal 2001 al 2006. Vi ricordo che in quegli anni la misura principale che voi proponeste fu l'eliminazione dell'articolo 18, cioè una misura che abbassava i diritti, pensando che l'Italia potesse essere competitiva con i Paesi in via di sviluppo riducendo i diritti, magari abbassando le regole. Non è questo!
Servono regole semplici, ma serve anche una grande scommessa sulla qualità, che tuteli la qualità delle nostre produzioni. Torno alle considerazioni del libro di Tremonti. È chiaro che non possiamo mettere dazi, ma c'è qualcosa che possiamo fare: difendere i nostri marchi, i nostri prodotti, impedire il dumping sociale e ambientale, garantire la sicurezza dei prodotti che arrivano dall'estero. Quando la Cina - e voglio dirlo in una giornata in cui quel grande Paese, molto importante nel futuro del mondo, è segnato da un lutto gravissimo, a cui tutti, credo, siamo vicini: ci sono migliaia di vittime, questioni molto gravi in quel Paese - nelle settimane scorse ha vietato l'importazione della mozzarella di bufala italiana, di cui non importava neanche un chilo, francamente mi sono vergognato di un Paese che non è in grado di difendere adeguatamente le proprie produzioni e di sottoporre, invece, a una verifica, legata agli standard ambientali, sociali, al controllo di sicurezza, tante produzioni che arrivano in Italia e fanno competizione con la nostra economia, non essendone all'altezza e non offrendo adeguate garanzie ai cittadini.
Anche queste sono politiche ambientali, in cui l'intreccio, unico al mondo, di storia, natura, cultura, territorio, tenuta delle comunità, coesione sociale, rappresenta un ingrediente prezioso per il nostro Paese. È questa la missione dell'Italia! Crediamo in un'Italia più giusta, più equa, in cui il capitale umano e il capitale sociale vengano salvaguardati. Saremo d'accordo se voi farete misure in questa direzione, in cui viene garantito, come ha detto il Presidente Berlusconi - aspettiamo a vedere i provvedimenti - al tempo stesso la sicurezza dei cittadini, la certezza del diritto, ma anche la solidarietà e la capacità di accoglienza.
Se le misure che voi proporrete andranno in questa direzione, noi non avremo problemi ad appoggiarle; se andranno in una direzione diversa, noi le contrasteremo.
C'è un'idea d'Italia, un'Italia gentile, forte, ambiziosa e fiduciosa nel futuro, che affonda le radici nella storia del nostro Paese. Diceva Carlo Maria Cipolla che la missione dell'Italia è produrre all'ombra dei campanili cose che piacciono al mondo: noi crediamo in quest'Italia. Quest'Italia ha bisogno di una politica che sia all'altezza di questa sfida, che accetti i grandi temi ambientali non solo come un vincolo ma anche come un'opportunità, che produca uno sforzo comune non solo da parte della politica, ma da parte dell'economia e della società. Per questo lavoriamo. Se voi darete segnale di andare in questa direzione, troverete in noi un'opposizione responsabile; se voi riproporrete delle scelte che portano indietro il Paese, faremo pesare i voti che abbiamo avuto e faremo la nostra parte (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, membri del Governo, inizia una nuova fase della storia politica italiana: due grandi partiti a vocazione maggioritaria, all'americana, post-ideologici, con poche e coerenti alleanze si sono presentati all'opinione pubblica con l'ambizione di rappresentarne l'universalità dei bisogni e delle aspettative. Gli elettori hanno premiato la nuova offerta politica, chiedendo a queste forze di porre fine alla deriva politico-istituzionale del sistema italiano; e ad una di queste, quella che meglio ne ha saputo interpretare le esigenze, di dare vita ad un Governo forte che ricevesse la fiducia di un Parlamento efficace.Pag. 79
Bene ha fatto il Presidente del Consiglio a sottolineare la straordinarietà e la positività di quanto accaduto con il voto, e a sottolineare la responsabilità che tutti insieme abbiamo nell'operare perché questa autoriforma del sistema politico non venga cancellata da un'inerzia che ci riporterebbe nelle sabbie mobili politiche da cui uno straordinario scatto di reni, di tutti insieme, ci ha consentito di uscire. Questo, anche questo ci chiedono gli elettori.
Oggi - e non avevo dubbi - ho ritrovato nel discorso del Presidente Berlusconi quel Berlusconi che ha sdoganato in Italia e portato al centro del dibattito quotidiano i grandi temi del liberalismo e del conservatorismo occidentale: la critica all'eccessiva spesa pubblica, la riduzione delle tasse, l'affermazione di un ruolo autorevole dell'Italia, europea ed atlantica, nello scacchiere internazionale, il federalismo, l'imprenditorialità e la proprietà privata come valore pubblico da tutelare e promuovere, l'incontro, in un unico grande aggregatore politico, dei valori cristiani e dei principi laici, la piena cittadinanza e riconoscibilità delle diverse polarità ideali e valoriali sui grandi temi che interessano la vita degli individui e le loro scelte etiche.
Con la straordinaria affermazione elettorale, il PdL e chi con tanta decisione ne ha voluto la costituzione hanno dimostrato di interpretare la realtà e i desiderata dell'opinione pubblica. Quanti considerano sbagliata la domanda di protezione e in un certo senso di più Stato che una fetta cospicua dell'elettorato ha espresso nel voto, cadono in quella stramba tentazione di voler cambiare gli elettori nell'incapacità di cambiare o aggiornare la politica. Una domanda politica, tanto più se così diffusa, non è giusta o sbagliata: semplicemente esiste e con essa bisogna confrontarsi, sapendo - e questa è la grande responsabilità che si assume questo Governo - che una domanda non è di per sé una risposta a una soluzione. Vinta la sfida del voto, bisogna ora vincere la prova del Governo.
Una politica di Governo va costruita sull'interpretazione dei bisogni reali dei cittadini e non cavalcandone gli umori: come invece è accaduto alla sinistra ad esempio, quando, a seguito dell'approvazione della legge Biagi, si è dichiarata una guerra ideologica al precariato di massa, che in Italia non esisteva e non esiste, anziché affrontare la questione dei bassi salari, che invece negli ultimi quindici anni è divenuta una vera emergenza sociale. Un'azione di Governo è efficace se sa compiere scelte pragmatiche sulla base di un'analisi della realtà; e dall'analisi si evince ormai da anni che i problemi economici dell'Italia hanno essenzialmente a che fare con i bassi tassi di crescita, di produttività e di occupazione; hanno a che fare con il ridotto dinamismo della crescita economica, le sue ricadute in termini di mobilità sociale e il conseguente ripiegamento civile.
La crescita - sono d'accordo con le parole del Presidente Berlusconi - è il metro di misura del progresso civile di una nazione. L'andamento dell'economia, d'altronde, incide da sempre sulla domanda degli elettori: più cresce l'economia, più la domanda di intervento pubblico lascia il campo alla richiesta di disimpegno pubblico e di autonomia agli individui nelle decisioni imprenditoriali, nelle attività professionali e nelle scelte previdenziali e di welfare. In un certo senso, il pendolo dei sentimenti dell'opinione pubblica oscilla storicamente fra protezione e libertà: ma la politica non può permettersi di offrire soluzioni altalenanti e, in una fase di crisi, di offrire soluzioni consolatorie.
È stato osservato da tutti gli analisti che una fetta consistente di operai e di impiegati, più che in passato, questa volta ha votato per noi e per questo Governo. Ebbene, non dobbiamo pensare che essi abbiano votato a destra per avere le stesse politiche paternalistiche e stataliste della sinistra. Penso invece che ci abbiano votato perché ritengono che è innanzitutto nel loro interesse una politica che, attraverso la riduzione della burocrazia e delle imposte sulle imprese, oltre che di quellePag. 80sul loro reddito e sui loro risparmi, produca più crescita, più occupazione, più salario.
Dobbiamo fermare la spirale negativa ed invertire l'attuale tendenza dell'economia italiana. Il Ministro Tremonti suole ripetere che i governi possono fare poco per l'economia, ma possono fare molto contro di essa. Meglio allora che si compia l'unica scelta possibile: quella di chiedere meno in termini di regolazione, tasse e burocrazia agli individui e alle imprese. La soluzione a molte delle questioni aperte del Paese si chiama - e continua a chiamarsi da anni - libertà economica, apertura dei mercati, riduzione delle regole e della burocrazia, innovazione.
Con il resto d'Europa, siamo immersi in un contesto globale nuovo e ricco di nuove e a volte impreviste difficoltà. Ma non dobbiamo dimenticare che paghiamo prima di tutto lo scotto dei ritardi e delle peggiori performance rispetto alle economie dei principali Paesi che sono del tutto simili a noi, quali la Germania, la Francia, la Spagna, la Gran Bretagna: Paesi che vivono come noi nella globalizzazione, subiscono come noi l'aumento del costo del petrolio, magari adottano l'euro, certamente hanno elevati standard di protezione sociale, eppure crescono più di noi, hanno più occupati e salari netti più alti. Ridurre in cinque anni il divario rispetto a questi Paesi è possibile, e dipende solo dalle decisioni che sapremo prendere e dalle politiche che sapremo attuare.
Per far tutto ciò, occorrono infrastrutture adeguate, una giustizia che funzioni, una pubblica amministrazione che non sia un peso ma una risorsa per l'economia, un rilancio della produzione energetica che riapra all'opzione nucleare e che combini qualità dell'ambiente e sviluppo. Ma occorre anche, non dico continuare, ma finalmente avviare le liberalizzazioni, in una logica di sistema e non vendicativa, senza furori verso le categorie, ma anche senza sconti politici che sono ormai troppo costosi per il Paese. Pubblico impiego, servizi pubblici locali, energia, professioni, sanità, ricerca, scuola (in proposito, desidero fare un caloroso augurio a chi - mi riferisco al Ministro Gelmini e al sottosegretario Pizza - dovrà lavorare su quello che è e deve essere un obiettivo centrale di un Governo innovatore e riformatore: la scuola, la ricerca, l'università): è su questi fronti che credo il Paese necessiti delle trasformazioni più radicali e positive, e se le aspetti. Ciascuno di questi settori può infatti giovarsi di iniezioni di merito e di mercato: ciascuno di essi può e deve ragionevolmente divenire un capitolo del dossier liberalizzazioni di questo Governo. Accanto alla riduzione della pressione fiscale, queste sono risposte efficaci ad una paura giustificata, perché affrontano le cause reali di quel disagio che produce paura e richiesta di protezione, una richiesta cui bisogna dare risposta anzitutto aggredendone le cause.
Nelle grandi democrazie il confronto è sempre più fra innovazione e conservazione: il Governo che sa scegliere la prima rinunciando alle rendite permesse dalla seconda sposterà verso l'alto l'asticella della crescita e del benessere.
Signori ministri, in questa sfida avvincente troverete tutta la maggioranza parlamentare lealmente ed operosamente vicina, pronta a sostenere il vostro lavoro e a svolgere, se e quando servirà, un ruolo positivo di richiamo e di pungolo. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tenaglia. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

LANFRANCO TENAGLIA. Onorevole Presidente, onorevoli membri del Governo, onorevoli colleghi, negli ultimi anni la crisi di fiducia che ha investito le istituzioni - ed in primo luogo quelle politiche - è stata determinata dall'incapacità di decidere, di corrispondere alle aspettative dei cittadini, di garantire certezze ad una società attraversata da mille inquietudini e alla ricerca di nuovi assetti sociali ed economici: una incapacità di essere coalizioni governanti e di progettare il Paese nel lungo periodo che è stata comune ad entrambe le coalizioni.Pag. 81
La percezione della necessità per il Paese di avere un sistema politico moderno capace di colmare il divario tra tempo della decisione politica e tempo della società reale e di corrispondere alle aspettative, ai bisogni e alle certezze dei cittadini ha portato alla nascita del Partito Democratico. Ed è stata questa intuizione, questo processo politico che ha consentito nelle ultime elezioni la contrapposizione di due diverse visioni del Paese, di due diverse prospettive di Governo nel quadro di alleanze politiche semplificate ed omogenee. I cittadini hanno capito la semplificazione che è derivata dalle elezioni, e il frutto che ne costituisce questo Parlamento è sotto gli occhi di tutti.
Personalmente - come molti tra questi banchi, signor Presidente del Consiglio - ho apprezzato i toni del suo intervento per quanto riguarda la dichiarata volontà di dialogo con le opposizioni su alcuni temi fondamentali, come quello delle riforme istituzionali, e l'apprezzamento per l'iniziativa del Partito Democratico di dotarsi di uno strumento operativo di proposta, opposizione ed iniziativa quale è il Governo ombra, del quale mi onoro di far parte.
Ma, signor Presidente, non creda che il Governo ombra e i gruppi parlamentari del Partito Democratico le consentano di avere sconti nel percorso di governo o coinvolgimenti nella fissazione dell'agenda e della priorità legislativa, che è tutta nella sua responsabilità. Il Governo ombra per lei non sarà solo un antagonista di diniego e di ostacolo, ma sarà la proposizione attiva di una visione contrapposta di Paese, che nell'arco ciclico di una legislatura si proporrà di sostituirla nella funzione di governo. Per lei saremo alternativi e formuleremo proposte non solo punto a punto e giorno per giorno, ma anche nella visione di prospettiva che si candida a poter applicare un progetto di Paese che non vale solo oggi, ma vale per i prossimi anni e per il futuro.
Da questa considerazione, signor Presidente, inizio l'elencazione dei punti nei quali non ho condiviso il suo intervento, innanzitutto perché in tanti passaggi esso è stato teso a disegnare la sua coalizione quale unica possibilità di governo di questo Paese, interrotta momentaneamente da cicli in cui il centrosinistra ha governato dimostrando di non essere in grado di reggere la relativa responsabilità.
Non è così: noi siamo portatori di una cultura di governo e di una visione alternativa del Paese, e di questo valore della democrazia siamo stati protagonisti nella stagione di governo e lo saremo nel modo di essere minoranza in Parlamento, come testimoniano i tanti risultati positivi di un'azione di governo purtroppo durata solo due anni.
Signor Presidente, mi sarei aspettato che ai toni avesse fatto seguire le enunciazioni di politiche specifiche, e che ad alcuni titoli di testa che lei ha enunciato su temi quali la giustizia e la sicurezza avesse fatto seguire la scrittura di una sceneggiatura seria, efficace e, soprattutto, dal finale utile per le esigenze dei cittadini.
Nel discorso di oggi ciò non è avvenuto.
Ciò non è avvenuto in tema di giustizia, rispetto al quale devo esprimere, signor Presidente del Consiglio, la mia delusione. Infatti, pur partendo da un'affermazione, che facciamo da tanto tempo e che abbiamo concretato nella nostra proposta di governo presentata in campagna elettorale, vale a dire che occorre una giustizia che abbia risorse e personale adatti ad un moderno Stato di diritto, non ci ha detto come concretamente intende riformare il nostro sistema processuale civile e penale per rendere la macchina della giustizia efficiente, la pena certa e garantire l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e di tutte le autorità di garanzia. Infatti, riteniamo che questi siano principi indispensabili dello Stato di diritto, come anche il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale.
Signor Presidente, riteniamo che sia il momento di affrontare in maniera definitiva il nodo dell'efficienza della giustizia e di mettere in campo una politica della ragionevole durata del processo che abbia carattere di sistema e non settoriale. Se lei deciderà di riformare il processo, e non i processi, di occuparsi di magistratura, ePag. 82non di magistrati, noi saremo pronti a collaborare e a dialogare, e le indichiamo anche alcune priorità, che non sono più rinviabili e che riguardano le condizioni di lavoro degli uffici giudiziari. Il Ministro della giustizia è in Aula, ne sono compiaciuto: la normativa sull'ufficio del processo, la necessaria riqualificazione dell'amministrazione della giustizia (il cui personale, unico nel comparto statale, non ha avuto la riqualificazione), la necessaria assunzione di 2.800 nuovi cancellieri, che sono il nucleo principale di funzionamento della macchina giudiziaria, sono riforme che avevamo proposto, che erano in dirittura d'arrivo e che credo debbano essere condivise al di là delle appartenenze e delle specifiche posizioni politiche, al pari di una normativa nuova e moderna di contrasto alla criminalità organizzata, che serva finalmente a sradicare il fenomeno da tante regioni del nostro Paese. Una normativa moderna significa colpire la criminalità organizzata anche nei suoi interessi economici, con misure sulle confische e sulla gestione dei patrimoni confiscati che siano efficaci e che consentano all'autorità pubblica anche di avere i frutti di quel risultato. Credo, inoltre, che debba essere rafforzata l'azione di contrasto della DNA su tutto il territorio nazionale.
La giustizia ha bisogno di tutto questo, e non di una nuova stagione di polemiche, di delegittimazioni reciproche fra poteri dello Stato e di conflitti di potere che i cittadini non capiscono più. La sfida per una giustizia moderna, efficiente e giusta, e per la ragionevole durata del processo - la sfida dell'articolo 111 della Costituzione, che vogliamo perseguire anche sul versante della parità tra accusa e difesa - non può più attendere. Non si possono più perdere treni, perché i diritti dei cittadini e la competitività del Paese ne stanno pagando ogni giorno un prezzo che va oltre ogni misura.
In tema di sicurezza in questi giorni la coalizione che lei rappresenta, signor Presidente del Consiglio, ha espresso opinioni diverse e soluzioni spesso opposte per fronteggiare quelli che vengono definiti i presupposti della questione: andamento della criminalità, paura della criminalità e allarme sociale per la sicurezza. Sono pienamente consapevole che è difficile mettere in campo una politica che soddisfi contemporaneamente tutte queste esigenze, che muovono in direzioni diverse perché sono sottoposte all'influenza di fattori diversi, ma ciò che mi preme evidenziare è che la soluzione non riposa nella semplice equazione criminalità-immigrazione, ovvero prevenzione-aumento delle pene.
Piuttosto, sicurezza vuol dire garantire effettività delle espulsioni, certezza delle pene, processi rapidi per i reati più gravi, ridefinizione normativa delle prescrizioni, potere e risorse alle autorità di polizia amministrative e locali. Allo stesso modo, contrapporre legalità e sicurezza è profondamente sbagliato sul piano dei valori della nostra civiltà giuridica, ma anche poco funzionale al raggiungimento dell'obiettivo di maggiore sicurezza.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LANFRANCO TENAGLIA. Concludo, signor Presidente del Consiglio, annunciandole il voto contrario alla fiducia, mio e del gruppo del Partito Democratico, ma con un auspicio: nei giorni scorsi ho riletto il resoconto stenografico della seduta del 23 maggio 2006, quella della fiducia al Governo Prodi. Ho visto tante interruzioni di interventi, sia di esponenti dell'allora maggioranza, che dell'allora opposizione, ma soprattutto quelli di Prodi e Franceschini. Oggi ciò non è avvenuto, perché credo che in quest'Aula siano tornati il rispetto e la politica. Facciamo in modo che ogni giorno ognuno di noi possa praticare, nelle rispettive posizioni e opinioni, la virtù del rispetto delle idee altrui e il metodo della comprensione prima della discussione e della discussione prima della condanna. Così avrà vinto il Paese, e con esso la dignità e la considerazione dell'alta funzione che siamo chiamati a svolgere (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Marsilio. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

MARCO MARSILIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'intervento del Presidente Berlusconi offre alle forze politiche l'occasione di dare una svolta reale e concreta al dibattito politico e istituzionale. Sarà compito delle forze politiche raccogliere questa sfida, e naturalmente molto dipende dall'atteggiamento che l'opposizione avrà in questo senso nelle aule parlamentari e nel Paese (in particolare il principale partito dell'opposizione, ovvero il Partito Democratico). Infatti, è innegabile che nell'intervento del Presidente Berlusconi vi siano state delle aperture che offrono la possibilità di stabilire un clima di discussione e di dialogo ben diverso da quello che l'Italia intera ha vissuto nei quindici anni che ci hanno preceduto, e che ha impedito il più delle volte di poter arrivare alla sostanza dei problemi, fermandosi a quello che volgarmente viene definito il triste teatrino della politica.
Da parte nostra, ovviamente, sentiamo tutta intera la responsabilità di rappresentare la maggioranza del popolo italiano, che ci ha dato l'onere di sostenere il Governo, di adottare le riforme, di attuare il programma presentato, riassunto questa mattina dal Presidente Berlusconi. Daremo per questo la fiducia al Governo e lo sosterremo nelle aule parlamentari, in Commissione e in tutta Italia, tra le categorie, dovunque verrà richiesta la nostra presenza per spiegare, rappresentare, costruire insieme ai cittadini le leggi, le riforme e le iniziative di cui l'Italia ha bisogno.
Nei pochi minuti che mi sono stati concessi dalla Presidenza voglio però, in particolare, porre in evidenza due questioni che il Governo dovrà e potrà affrontare. Per quanto riguarda la prima, prendo spunto dalla coraggiosa scelta che ha caratterizzato questo Governo, in virtù della quale di esso fa parte il più giovane ministro della storia repubblicana, con la responsabilità delle politiche giovanili. Questa scelta deve essere riempita di sostanza, non può essere un'iniziativa di immagine o di propaganda, e siamo certi che non lo sarà nella persona del Ministro Meloni e non lo sarà nell'azione dell'intero Governo, che deve investire sui giovani e sulla gioventù.
Infatti, i giovani sono il futuro della nazione, e dobbiamo ricostruire la speranza del futuro. Ho sentito citare più volte le analisi economiche del Ministro Tremonti, anche da parte dell'opposizione, come un forte e utile contributo al dibattito. Si tratta, comunque, di tesi che obbligano alla riflessione. È in quelle tesi che troviamo anche le ragioni dello sforzo che va fatto per dare ai giovani la possibilità di accedere - prima di quanto non accada oggi - al mondo del lavoro, di poter diventare autosufficienti, di poter costruire una famiglia, uscire dalle proprie famiglie di origine e farsi una casa, contribuendo a un ricambio demografico di cui tutta l'Italia ha assolutamente bisogno. Quindi, l'invito al Governo è di non avere paura ad investire sui giovani e sulle politiche per i giovani, per dare un futuro più serio alla nostra nazione.
Il secondo tema riguarda la città di Roma, città che mi onoro di rappresentare in quest'Aula come deputato, dopo aver rappresentato per oltre dieci anni in Campidoglio anche come capogruppo di quello che per molti anni è stato il primo partito della città. Sento il dovere di rappresentare in quest'Aula anche la città nella quale sono nato e cresciuto e che rappresento dal punto di vista di collegio elettorale. Bisogna ricostruire il rapporto fra la nazione e la sua capitale. La vittoria del centrodestra anche all'elezione di Roma offre un'opportunità straordinaria per ricostruire questo rapporto insieme al Governo, perché è finita la stagione nella quale c'erano sindaci che, magari anche per ragioni solo di parte politica e di contrapposizione strumentale al Governo, alimentavano una polemica che non ha fatto bene né all'Italia né alla sua capitale.
Concludo dicendo che siamo impegnati in Parlamento per realizzare quello che è stato il primo punto del programma e del patto che il sindaco Alemanno ha firmatoPag. 84con il Presidente Berlusconi, vale a dire la creazione del distretto di Roma federale. Credo che tale punto riceverà l'impegno di tutto il Governo e che sicuramente dai parlamentari romani verranno il pieno sostegno e, laddove ce ne fosse bisogno, iniziative parlamentari per stimolare il Governo a mantenere gli impegni assunti con la città di Roma e con tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Sereni alla quale ricordo che ha dieci minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

MARINA SERENI. Signor Presidente, colleghi, rappresentanti del Governo, abbiamo ascoltato con attenzione il discorso con il quale il Presidente Berlusconi ha chiesto al Parlamento la fiducia al suo Governo. Abbiamo ascoltato un discorso sobrio e sintetico, senza dubbio nuovo nei toni. Domani molti commentatori noteranno accenti diversi nel confronto politico tra maggioranza e opposizione ed è prevedibile che molti si interrogheranno se questo clima nuovo prelude all'apertura di una fase politica davvero nuova e utile per il Paese.
La risposta è nelle nostre mani, la responsabilità però è proporzionale ai ruoli che ognuno di noi è chiamato a ricoprire. I cittadini hanno consegnato a voi la responsabilità di governare; a noi spetta controllare, avanzare proposte, interloquire con quelle che voi avanzerete, indicare un'alternativa nell'interesse del Paese e della sua crescita. Qui sta il senso della nostra opposizione, il ruolo del nostro «Governo ombra» e del gruppo parlamentare del Partito Democratico. Ecco perché credo sia giusto in questo dibattito provare ad entrare nel merito, chiarire ciò che ciascuno di noi, dalla maggioranza o dall'opposizione, ritiene sia giusto e possibile fare per dare all'Italia finalmente una politica che si misuri con i problemi della vita quotidiana dei cittadini, delle famiglie, delle imprese, delle comunità.
Il Presidente Berlusconi ha indicato quattro punti da cui intende cominciare l'azione di Governo, priorità certo in sé condivisibili. Vorrei soffermarmi su due di essi che hanno per noi una valenza sociale particolare. La casa: sarebbe stato bello sentire dal Presidente Berlusconi che un primo intervento di riduzione dell'ICI era stato già deciso dalla precedente legislatura e che in virtù della legge finanziaria per il 2008 già a giugno circa il 40 per cento delle famiglie non pagheranno l'ICI sulla prima casa. Ecco perché certamente non saremo noi a rigettare pregiudizialmente un vostro provvedimento su questo terreno. Vi chiederemo semmai di fare qualcosa in più e di pensare anche a quelle famiglie, non poche, che non hanno una casa di proprietà e pagano un affitto. Sarebbe un segnale in direzione dell'equità in un Paese in cui aumentano le differenze sociali ed il rischio di povertà.
Seconda questione: i salari. L'aumento dei prezzi e il problema della caduta del potere di acquisto dei salari e delle pensioni sono stati al centro del confronto elettorale. Sta a noi far sì che ora non spariscano dall'agenda politica. Ci domandiamo se il vostro Governo intende studiare misure di alleggerimento del peso fiscale sui lavoratori dipendenti e sui pensionati - certo, magari graduandole in base alle risorse disponibili - o se l'intervento annunciato di detassazione degli straordinari sia per voi da considerare esaustivo. Perché, se da parte nostra c'è disponibilità al confronto anche verso misure di questo genere, certo ci sembra del tutto insufficiente ridurre la platea ai soli lavoratori che possono fare gli straordinari e limitare gli interventi a sostegno della produttività a questa unica misura.
Per quanto riguarda le linee generali, qui presentate per la legislatura, devo dire che la scelta di un discorso sintetico, certo apprezzabile in sé, impedisce però di pronunciare un giudizio argomentato. Mettere al centro la crescita è un obiettivo difficilmente contestabile e i titoli indicati sono, per certi versi, obbligati, anche se stupisce che, accanto alla citazione di un grande liberale come Einaudi, non sia entrato, neppure tra i titoli, il tema delle liberalizzazioni di cui il nostro sistema haPag. 85così grande bisogno per crescere. Tuttavia, avremo certo altre occasioni di confronto e di approfondimento sulle grandi scelte di politica economica che il vostro Governo sarà chiamato a operare se vorrà mantenere fede alle tante buone intenzioni che abbiamo ascoltato in quest'Aula. Certo, dobbiamo tutti sapere - noi che siamo all'opposizione, e ancora di più voi, che siete maggioranza di Governo - che la realtà ha molti più spigoli di quanto le parole possano descrivere, che la complessità dei problemi che il Paese deve affrontare per essere più veloce, più dinamico, più giusto è grande e che ricette semplici possono essere piacevoli da ascoltare, ma inefficaci alla prova dei fatti.
Tra i titoli evocati ve ne è uno che mi sta particolarmente a cuore: è quello che riguarda le famiglie italiane. Viviamo in un momento di forte malessere sociale in cui vediamo avanzare, accanto a gravi fenomeni di impoverimento materiale, un impoverimento culturale, di valori e di relazioni. Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza educativa, come i continui episodi di violenza che coinvolgono i giovani - da ultimo i drammatici fatti di Verona - ci dimostrano. Una seria politica per le famiglie, un maggior investimento sulla scuola, sulle reti primarie di solidarietà, sulla dimensione della comunità, possono e devono essere alla base di una reazione ampia contro modelli culturali negativi, consumistici, aridi e violenti. Troppe volte la famiglia è stata usata, invece, per erigere steccati astratti e ideologici, per fare propaganda e per provvedimenti spot che hanno cambiato poco o nulla nelle condizioni di vita reali delle tante e diverse famiglie italiane.
Infine, si è respirata un'aria nuova in questo dibattito: il Presidente Berlusconi ha fatto un cenno positivo al lavoro avviato nella passata legislatura sulle riforme; bene, ripartiamo subito perché è compito nostro - questo sì, di maggioranza e opposizione insieme - dare all'Italia regole e istituzioni moderne ed efficaci; così come spetta a noi, ossia al Parlamento - a tale proposito, ho apprezzato la sobrietà con cui il presidente Berlusconi ha accennato al tema dei Regolamenti - affrontare seriamente la questione della riforma dei Regolamenti parlamentari. Sono mature, tanto più alla luce della straordinaria semplificazione del quadro politico risultante dal voto, modifiche che non si limitino a snellire il procedimento legislativo o a garantire tempi certi per i provvedimenti urgenti, che pure rappresentano punti sui quali dall'opposizione non faremo mancare la disponibilità al confronto.
Un'ultima battuta: il presidente Berlusconi ha affermato che avremo altre occasioni di incontro e di confronto; lo prendiamo in parola, auspicando che in questa legislatura, a suggellare un clima politico e una fase politica nuovi voglia corrispondere a un dovere che è suo e di nessun altro, e che purtroppo, nei cinque anni del suo precedente Governo, non volle rispettare. Naturalmente, colgo anch'io l'occasione per rivolgere gli auguri al Ministro per i rapporti con il Parlamento, Vito; certamente lo vedremo spesso e con lui avremo modo di interloquire, ma il Presidente Berlusconi ha un dovere che è suo e di nessun altro: quello di partecipare, quando tocca al Premier, al question time, e di avere, anche attraverso tale istituto, occasione di confronto diretto e periodico con il Parlamento.
Con questo auspicio auguro a tutti noi, per la parte che a ciascuno compete, davvero buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Boniver, alla quale ricordo che ha dieci minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, onorevoli Ministri, colleghi, durante la campagna elettorale si è parlato molto poco di politica internazionale e anche nelle dichiarazioni programmatiche il Presidente del Consiglio Berlusconi, stamani, ha tratteggiato solo i tratti essenziali della futura azione in politica internazionale.Pag. 86
Credo che valga la pena, pertanto, ricordare i tratti salienti della politica internazionale dei passati Governi a guida del centrodestra sotto la Presidenza del Presidente Berlusconi, che sono stati sempre improntati alle famose tre «C», che indicano coraggio, coerenza e continuità.
Coraggio, innanzitutto per avere inviato i nostri militari su due teatri così cruciali come quello afgano e quello iracheno. In Afghanistan l'Italia ha immediatamente assunto un ruolo primario a fianco dei nostri maggiori alleati per rovesciare il brutale destino di un popolo che, negli ultimi venticinque anni, aveva solo conosciuto gli orrori dell'invasione sovietica e della lunghissima guerra civile approdata nel regime oscurantista dei taleban. In Iraq, l'apprezzatissimo compito svolto dal nostro contingente nella ricostruzione di quel Paese e nel contrasto al terrorismo internazionale - costato un terribile prezzo di sangue - è ancora oggi evocato e additato come esempio di cooperazione di pace.
Coerenza, per aver sempre saputo difendere - ma soprattutto mantenere - tali missioni, che sono state sottoposte, in quest'aula, a molteplici e complessi dibattiti, ma anche, fuori da quest'aula, ad imponenti manifestazioni pacifiste, il cui spirito di fondo rivelava un pervicace strabismo politico e un antiamericanismo duro a morire (la classica cifra, si direbbe, di tanta sinistra italiana).
Continuità, perché i tre pilastri fondamentali della nostra politica estera - che, tradizionalmente, sono l'atlantismo, l'Europa e la politica mediterranea - hanno goduto di un formidabile rilancio, primo fra tutti per il rapporto davvero speciale con gli Stati Uniti d'America, in un momento in cui questi hanno subito la sfida più terribile della loro storia con gli attacchi alle torri. Fondamentale è stata, altresì, l'azione della nostra politica estera nei confronti delle nazioni europee alla vigilia dell'allargamento a ventisette, che ha incluso tanti popoli che a lungo hanno sofferto sotto le dittature comuniste: pertanto, quando si è verificato questo allargamento, giustamente molti hanno parlato di «riunificazione» dell'Europa. Infine, le eccellenti relazioni con Israele e i tanti Paesi arabi, che hanno sempre premiato la nostra presenza sia in termini di scambi economici privilegiati sia in termini di cooperazione, quando si è trattato di predisporre dossier delicati quali quelli sulla lotta al terrorismo e anche sul rilascio dei nostri ostaggi. Giudichiamo molto positivamente, infatti, che uno dei primi inviti rivolti dal Presidente Berlusconi porterà presto in Italia Abu Mazen, il leader dell'ANP, al quale ritengo che dobbiamo offrire tutto l'aiuto possibile affinché quel tenue filo del negoziato di pace che dovrebbe portare alla costituzione di uno Stato palestinese accanto allo Stato di Israele - che ha appena compiuto sessant'anni - sia veramente una speranza che si possa concretizzare al più presto.
Ho citato sinteticamente, quindi, solo i tratti più importanti dell'azione del Presidente Berlusconi sullo scenario internazionale, ma vorrei anche ricordare quanto il Presidente stesso ebbe occasione di affermare, nello storico intervento di fronte al Congresso americano, il primo marzo 2006: «La battaglia per la libertà dalla paura non è una battaglia a vantaggio soltanto dei cittadini dei Paesi che già vivono in democrazia. È soprattutto una battaglia a vantaggio di quanti oggi vivono sotto regimi autoritari e illiberali. La storia ha dimostrato che l'aspirazione alla democrazia è universale e che libertà e democrazia sono positivamente contagiose.
Quando i popoli sono esposti al vento della democrazia, essi inevitabilmente rivendicano i propri diritti di libertà nei confronti dei loro governanti. Voi lo sapete bene» - diceva ancora Berlusconi rivolto ai congressisti americani - «perché il vostro Paese è il principale promotore di questo vento di libertà. (...) Solo con la democrazia, infatti, si può avere la libertà e solo la libertà garantisce che gli individui possano sviluppare i propri talenti, possano mettere a frutto le loro energie, possano realizzarsi e conquistare il benessere. Non c'è, quindi, davanti a noi, nessuna altra strada possibile se non quella di impegnarci tutti insieme per diffondere laPag. 87democrazia nel mondo». Questa parte del discorso di Berlusconi credo che rappresenti in modo assolutamente straordinario quella che è la filosofia stessa di tutto il Popolo della Libertà e non soltanto per quanto riguarda la politica internazionale.
Oggi, due anni dopo, l'agenda politica è in parte cambiata radicalmente e si profilano nuove formidabili sfide: si va dalla minaccia delle armi nucleari, che presto saranno in mano al regime iraniano, alle continue interferenze sempre iraniane e siriane nel disgraziatissimo Libano e alla perdurante sfida del terrorismo internazionale che colpisce indistintamente civili innocenti a Tel Aviv, a Lahore, a Kabul e nelle località turistiche del Mar Rosso (solo per citarne alcune dato che la lista è naturalmente molto più lunga). Si va dallo sconvolgente scenario che si è aperto con i fortissimi aumenti dei cereali che mettono nuovamente a repentaglio la sopravvivenza stessa di quel miliardo di essere umani costretti a vivere con un dollaro al giorno e che provoca rivolte in oltre trenta Paesi dell'America latina, dell'Asia e dell'Africa alla sostanziale impunità di tanti regimi dittatoriali, sempre protetti e ben difesi dai veti all'interno del Consiglio di sicurezza, che fanno strame di ogni dignità e utilizzano i loro sudditi come scudi umani. Anche a tale ultimo riguardo, farò una lista incompleta e mi limiterò a citare la Corea del nord, la Birmania, lo Zimbabwe e il Darfur, tanto per restare a quei Paesi che hanno l'onore della cronaca (di molti altri si sa sempre troppo poco).
Dobbiamo, quindi, onorevoli colleghi chiederci cosa fare affinché il Darfur non diventi solo una cause célèbre per le stelle hollywoodiane visto che il massacro delle popolazioni rurali inizia nel lontano 2003 e che tutti gli strumenti che sono stati messi in moto dalla comunità internazionale fino a oggi non hanno posto ancora argine a quello che sta diventando una sorta di genocidio dimenticato.
Cosa fare affinché il folle regime militare comunista in Birmania, protetto da molte complicità internazionali, allenti la presa sul popolo martire a cui viene persino impedito l'accesso agli aiuti umanitari dopo che il ciclone che ha devastato il Paese e provocato oltre centomila morti non impedisce lo svolgersi di un falso referendum voluto dalla Giunta militare per poter perpetuare all'infinito la loro dittatura?
Cosa fare affinché l'assedio di Gerusalemme, di fatto cominciato con l'occupazione da parte delle Milizie di Dio di alcuni quartieri di Beirut che in qualsiasi momento possono congiungersi con le milizie del terrorismo di Hamas a Gaza, non abbia conseguenze ancor più devastanti? Dobbiamo anche chiederci cosa fare dell'UNIFIL, oggi a guida italiana, che svolge con grande capacità e competenza il mandato di presidiare i confini con Israele?
Questo è un compito non privo di rischi, ma anche limitato da regole di ingaggio volutamente ambigue che, dopo gli ultimi disastrosi atti golpisti nel Paese dei cedri, certificano l'esistenza di un vero e proprio Stato nello Stato e la perfetta efficienza militare di hezbollah. Che cosa fare, dunque, nel teatro afgano dove da molto tempo la NATO chiede, a noi e agli altri contingenti europei, di assumere maggiori responsabilità operative con il conseguente abbandono delle limitazioni in corso?
Sappiamo evidentemente che non basta l'intervento militare a sostenere la ancora fragile democrazia afgana e il suo giovane Presidente. Bisogna incrementare e accelerare quei sostegni economici e di ricostruzione che possano definitivamente fare la differenza per una popolazione ancora largamente provata da mille penurie.
Onorevole Presidente del Consiglio, onorevoli ministri, colleghi, vi ho illustrato, anche se sinteticamente, un'agenda molto impegnativa che necessita di interventi...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARGHERITA BONIVER. ... sia diretti che multilaterali, ma soprattutto necessita di una capacità decisionale e di risorse appropriate che certamente non mancheranno di manifestarsi.
Il G8 che si terrà alla Maddalena nel 2009 sarà per lei l'occasione non solo diPag. 88ospitare i leader dei grandi Paesi, ma anche di rappresentare un rinnovato ruolo del nostro Paese, di un'Italia quale protagonista responsabile in uno scenario internazionale complesso, di un Paese che, pur non essendo una grande potenza, saprà dimostrare di nuovo di avere una grande politica estera (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Castagnetti. Ne ha facoltà, per quindici minuti.

PIERLUIGI CASTAGNETTI. Signora Presidente, signor Presidente del Consiglio, il suo intervento di presentazione del nuovo Governo ci ha felicemente sorpresi e persino un po' disorientati.
Vogliamo interpretare i toni, il rispetto per le opposizioni e il riconoscimento del ruolo del Parlamento come una novità non effimera e non strumentale. Per un attimo ci ha persino preso il dubbio che, se non è stato possibile realizzare questo clima negli ultimi quattordici anni, ciò fosse stato per colpa nostra. Poi ci siamo dati un «pizzicotto», ci siamo risvegliati e abbiamo rivisto il film di tanti dibattiti parlamentari, in questa sede e al Senato, sino agli ultimi giorni della passata legislatura e ci siamo detti: va bene, lasciamo perdere e guardiamo veramente avanti; qui, se non si ha un po' di fiducia nella possibilità di cambiare, non si riparte mai.
Dunque, signor Presidente, vogliamo essere fiduciosi e anche un po' ottimisti, come lei ci ha invitato a fare, anche se in giro per l'Italia di ottimismo ne vediamo poco; anzi, ci pare di cogliere una gigantesca contraddizione fra il tutto che si vorrebbe dalla politica e il poco che si è convinti di poter ottenere dalla politica.
Negli stessi vostri elettori, anziché l'entusiasmo, che pure sarebbe assolutamente motivato e legittimo per la misura del vostro successo, ci pare stia facendosi spazio un certo scetticismo per talune dichiarazioni, per così dire, improvvisate e anche un po' disinvolte di alcuni membri del nuovo Esecutivo. Senza voler infierire, basta un cenno alle prime osservazioni che ha dovuto fare il Capo di stato maggiore della difesa per precisare che non è possibile intraprendere determinate azioni in mare, oppure all'intervento che abbiamo letto questa mattina dell'ex Ministro senatore Pisanu. Peraltro - lo riconosciamo doverosamente, Presidente Berlusconi - voi avete avuto un consenso superiore alle nostre previsioni. Non solo avete vinto, ma lo avete fatto con un consenso superiore alle nostre previsioni e, probabilmente, alle vostre stesse attese.
Mi permetto di rilevare che non si sia trattato di un'adesione così tanto estesa al vostro programma: peraltro, alcuni osservatori sostenevano - lei stesso lo ha dichiarato - che noi l'avessimo copiato per sottolineare una certa convergenza.
Non è vero che l'abbiamo copiato - non foss'altro perché l'abbiamo scritto prima - ma è comunque vero che tutti quelli che vi hanno votato - questo è il punto di verità - hanno voluto inequivocabilmente affidare a voi il Governo del Paese e non a noi. Questo è il dato. Qui sta la ragione del nostro «no» alla richiesta di fiducia che lei ha rivolto al Parlamento.
Lo motiverò con un argomento che Dossetti usò quando il sindaco Dozza, nel 1956, lo invitò ad entrare in giunta. Egli disse che non era possibile perché gli elettori bolognesi avevano la possibilità di scegliere l'uno o l'altro; avevano scelto Dozza e, quindi, era necessario rispettare non solo i propri elettori, ma anche gli elettori di Dozza.
Dunque le diciamo che, pur in questo clima, quand'anche condividessimo tutte le affermazioni che lei stamattina ci ha detto - e così non è, ovviamente - non potremmo che votare contro per rispetto ai nostri elettori e ai vostri elettori, che hanno voluto affidare a lei la guida del Governo.
Riteniamo - almeno di questo siamo convinti - di avere prospettato durante la campagna elettorale un quadro politico più organico e più proiettato verso il futuro che ci attende, ma il Paese non è stato dello stesso avviso. Almeno in parte ha ritenuto che i problemi e le paure dell'oggi fossero più importanti delle prospettivePag. 89del domani. Non è ovviamente una recriminazione, ma semplicemente una constatazione di cui - ahinoi! - dobbiamo prendere atto.
I nostri concittadini sono allarmati - è vero - giustamente per la crescente criminalità che sta colpendo tutte le nostre città, a prescindere dal colore di chi le amministra. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha annunciato una serie di misure, alcune delle quali riteniamo apprezzabili. Lavorare per la certezza della pena e per la certezza della praticabilità dell'espulsione dei clandestini sicuramente anche per noi è un caposaldo.
Però, signor Presidente - se è possibile non certo darle un suggerimento, ma parteciparle una preoccupazione - vorremmo che, per quanto nelle possibilità del Governo e della politica, degli uomini politici, non contribuissimo anche involontariamente ad alimentare ulteriormente un clima che nelle nostre città - in tutte le città - su questo tema è già molto surriscaldato.
L'informazione sta facendo la sua parte. Registriamo positivamente - e lo dico senza alcuna ironia - che i telegiornali parlano già meno che possono degli episodi di violenza pubblica e privata. Le sue televisioni in particolare hanno ormai dismesso l'inestetismo morboso di certe immagini dei luoghi della marginalità urbana (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Lo dico senza ironia: anche questo è un bene che può contribuire ad abbassare le tensioni degli ultimi mesi.
Analogamente dovrebbero comportarsi il Governo e in particolare la maggioranza, non solo qui, all'interno di questa istituzione, ma anche nel Paese. Ci attendiamo, dunque, provvedimenti efficaci, giustamente severi, non demagogici, non improvvisati e non privi della consapevolezza delle conseguenze. L'insistenza - per fare solo un esempio - sul tema delle cosiddette ronde urbane (una proposta inefficace e che complica la già complicata organizzazione dei servizi di sicurezza, chiamati in questo caso non di rado - l'esperienza ci dice questo - a intervenire per tutelare i volontari che partecipano a siffatte ronde, perché sono esposti, a loro volta, a un qualche rischio, aumentando, quindi, la confusione) finisce inevitabilmente per introdurre - è questo il problema su cui richiamo la sua attenzione - un'idea della privatizzazione dei diritti e della tutela, con un'oggettiva regressione della cultura e dell'insieme dell'ordinamento dello Stato di diritto. Questa è la preoccupazione che dobbiamo avere.
Mi permetta un altro esempio: il federalismo fiscale. Come opposizione potremmo perfino compiacerci di una certa disinvoltura, come quella a nostro avviso contenuta nel cosiddetto progetto lombardo, ma sappiamo che non vi sarà vantaggio per alcuno se si scassa il sistema, se l'Italia si spezza.
Il sud, signor Presidente del Consiglio, non ce la fa con una modesta solidarietà fiscale; anzi, se volessimo tutti dire la completa verità, dovremmo ammettere che il Mezzogiorno, per un certo periodo, affinché possa agganciare il resto dell'Italia, avrebbe bisogno di una proporzione rovesciata dei trasferimenti.
Questa è la realtà, se vogliamo dirla e guardarla in faccia, senza nulla togliere a un nord che chiede giustamente efficienza della pubblica amministrazione e infrastrutture moderne, più ancora che il federalismo fiscale, che non interessa molto. Non vi è un eccesso di fiducia sulla possibilità delle regioni di amministrare meglio il fisco e le finanze: non è questo ciò che ci viene chiesto. Ci chiedono infrastrutture ed efficienza, non riforme come quella del federalismo fiscale - modello lombardo - che finirebbe, come minimo, per non semplificare il tema del fisco e per non ridurre la pressione fiscale, perché ciò lo capiscono tutti.
Allora, procedete con misura.
Sono solo due temi; noi, al di là della distinzione dei ruoli, che ci obbliga a un controllo di merito incalzante dei provvedimenti del Governo, giudicheremo l'Esecutivo anche dalla sua volontà di creare un clima più sereno e più utile non solo in questa sede, ma in tutto il Paese, dal nord al sud.Pag. 90
Un'ultima osservazione sulla compagine governativa (ovviamente non ci interessano valutazioni giornalistiche o di gossip, non è questo il punto). Registriamo un dato che, a nostro avviso, è politicamente piuttosto interessante: lei, signor Presidente, ha voluto miscelare novità e tradizione nella composizione della compagine governativa, ma l'ossatura di essa - perché sappiamo tutti che vi sono Ministeri centrali ed altri che non lo sono - l'ha affidata alla cosiddetta tradizione. Non la critico, mi limito a constatarlo. È la tradizione cui lei si è sempre sentito politicamente più vicino: quella socialista. Frattini, Tremonti, Sacconi, Brunetta sono personalità sicuramente di rilievo, ma anche dal passato politico ben connotato, che ovviamente io rispetto, e rispetto molto. Semplicemente, prendo atto di ciò che è accaduto, della scelta che lei ha operato, di chi si fida di più e di chi si fida di meno e del fatto che, dopo l'ultimo risultato elettorale, lei ha potuto prendere le distanze rispetto a coloro di cui, probabilmente, si fida di meno.
Forse non è vero ciò che si dice, cioè che nella compagine manchino i cattolici, come ad esempio sostengono Giuliano Ferrara e Famiglia Cristiana: penso, anzi, che la maggior parte dei suoi ministri sia battezzata; quindi non sto dicendo questo.
Mancano, se mi consente, i rappresentanti di una lontana stagione (perché coloro che hanno acquisito il fregio al «mercatino delle pulci» solo in tempi recenti non contano niente), i democristiani. Questo è il dato politico di un certo rilievo, di un certo interesse e di una certa rilevanza.
È indubbiamente un elemento di chiarezza, forse anche per chi vi sta osservando dall'Europa.
In ogni caso, signor Presidente, per il bene del Paese, buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

ENRICO COSTA. Signor Presidente della Camera, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, desidero innanzitutto formulare un sincero augurio di buon lavoro a lei e al suo Esecutivo, che, fin dai primi giorni di attività, ha mostrato di essere entrato in forte sintonia con il Paese, di averne compreso appieno le aspettative e le esigenze e di aver dato chiari segnali di cambiamento.
Una squadra di Governo giovane, dall'immagine fresca e attiva, con tratti fortemente innovativi rispetto al passato, a cominciare dal numero dei suoi componenti quasi dimezzato, costituisce il segnale, apprezzato dai cittadini, di un metodo di lavoro all'insegna della novità e della concretezza.
Signor Presidente del Consiglio, in più occasioni, prima e dopo le elezioni, lei ha espresso piena consapevolezza circa la difficile situazione in cui il suo Esecutivo si troverà ad operare e circa gli ostacoli che si frapporranno sul percorso intrapreso.
Uno di tali ostacoli è costituito da un muro invalicabile, che i più, sbrigativamente, chiamano burocrazia, ma che nei fatti è rappresentato da un quadro normativo copioso, invadente, spesso impermeabile e talvolta ossessivo, costituito da decine di migliaia di leggi che condizionano pesantemente l'attività anche minima e modesta della vita pubblica e di quella privata, degli enti locali, dei ministeri, delle regioni, dei cittadini e delle aziende.
Se in Francia e nel Regno Unito le leggi sono meno di cinquemila, nel nostro Paese sono vigenti ventunmila tra leggi e atti aventi forza di legge, oltre agli atti comunitari, alle leggi regionali, alle norme regolamentari, alle circolari ed alle altre fonti di diritto, per non parlare dell'eccessiva presenza di enti pubblici - spesso inutili - autorizzati ad adottare atti amministrativi.
Oggi realizzare un'opera pubblica richiede una serie di passaggi, barriere, autorizzazioni e oneri burocratici che determinano percorsi tortuosi e complessi, ritardando i risultati e molto spesso aumentando i costi.
Per raggiungere un obiettivo non è, quindi, sufficiente avere la volontà politicaPag. 91e trovare i finanziamenti, ma occorre scontrarsi e spesso soccombere di fronte all'eccesso di norme che condizionano chi vuole ottenere risultati concreti.
Signor Presidente del Consiglio, il suo passato Governo già nel 2005 ha avuto il merito di dare un segnale fondamentale in tema di semplificazione legislativa, spingendo il Parlamento ad approvare la cosiddetta norma taglialeggi o ghigliottina, con la quale si è stabilita l'automatica abrogazione di tutte leggi anteriori al 1970, ad eccezione di quelle per le quali venisse espressamente stabilita la permanenza in vigore.
Ebbene oggi, a fronte di ventunmila leggi vigenti, se ne contano settemila anteriori al 1970 e, di queste, ben cinquemila potrebbero essere cancellate in modo indolore.
Il risultato, al di là dell'innegabile semplificazione che ne deriverebbe, sarebbe anche in termini di contenimento della spesa: ogni legge costa, perché comporta nuovo personale che la esegua, nuovi uffici, nuove strutture e nuovi soggetti che ne controllino l'applicazione, sovente anche un'organizzazione periferica che si accompagna e spesso si sovrappone alle altre.
Saluto, pertanto, come una coerente e virtuosa prosecuzione del percorso intrapreso nel 2005 l'istituzione, nell'ambito del nuovo Esecutivo, del Ministero per la semplificazione legislativa e la delegificazione, affidato alla concretezza e all'attivismo del senatore Calderoli. Si tratta di una novità sostanziale che testimonia una volontà politica netta: tagliare, riordinare, disboscare.
Ottenere risultati significativi non sarà facile, perché ogni sforbiciata provocherà grida e lamenti.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ENRICO COSTA. Ogni norma verrà dipinta come essenziale e ogni articolo come insopprimibile. Le forze politiche e i singoli parlamentari saranno sollecitati da spinte conservatrici, saranno in tanti ad avere interesse a mantenere questo ginepraio incomprensibile di norme.
I cittadini, invece, ci chiedono uno Stato più facile e un'amministrazione più agile e snella che condizionino il meno possibile la vita quotidiana di ciascuno di noi, delle imprese e degli stessi enti pubblici. Aver puntato, attraverso la creazione di un apposito Ministero, sulla semplificazione costituisce una novità di portata storica. Cancellare norme vecchie, ripetitive, confuse e contraddittorie sarà un passo fondamentale per avere uno Stato più moderno e produttivo. Buon lavoro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà, per 15 minuti.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente del Consiglio, se non mi sbaglio nel suo intervento lei ha fatto tre operazioni: con la prima ha cercato una cifra più liberale, con la seconda ha cercato di raffreddare le aspettative senza spegnerle e con la terza ha cercato di disegnare uno spazio nobile per un'opposizione seria e civile.
Le risponderò così: sul primo punto sento anche personalmente le ammaccature del vostro liberalismo, del liberalismo della vostra coalizione, e quindi mi permetterà di dubitare.
Sul secondo punto credo che sia compito nostro - primo compito della nostra opposizione - quello di non consentirvi di sfuggire dalle aspettative che avete suscitato: questo è il nostro primo compito.
L'opposizione, dunque, e quale opposizione? Lei ha usato parole come garbo, gentilezza e tanti commentatori ci chiedono un'opposizione ben educata e noi possiamo tranquillizzare tutti. Lo dico così: noi non useremo i toni che abbiamo subito in questi due anni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) e che, in particolare, ha subito il Presidente Prodi che voglio salutare e ringraziare da qui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Le assicuro che anche nei momenti di gioia o di allegria, che spero non mancherannoPag. 92anche a noi, non organizzeremo simpatiche merende con salumi e champagne in queste aule (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Faremo certamente un'opposizione seria e civile - la faremo sicuramente - è opinabile che voi abbiate diritto a questa opposizione, ma noi certamente ne sentiamo il dovere e faremo, lo ripeto, un'opposizione seria civile. Faremo un'opposizione che starà al concreto delle condizioni materiali di vita dei cittadini italiani, le condizioni che sono state il vero oggetto di questo confronto elettorale e cominceremo da subito, da oggi, cominceremo cercando una misura per giudicare quello che farete.
Credo che la prima misura da prendere sia fissare bene il punto da cui voi prendete il testimone. Avete davanti una situazione semplice? No di certo: c'è una crescita meno che flebile, ci sono turbolenze internazionali, c'è uno Stato ipertrofico, anchilosato e via dicendo. Tuttavia, voi avete oggi margini di intervento più ampi di quelli che lasciaste a noi. Credo che un conto sia partire col 4,2 per cento di deficit, un conto sia partire con il 2,3 per cento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Un conto è partire con l'avanzo primario pari a zero, un conto è partire con l'avanzo primario al 3, col debito che cala invece di crescere e così via. Un conto è partire essendo pienamente dentro un'infrazione comunitaria, un conto è partire essendone usciti.
Avrei apprezzato, Presidente Berlusconi, che lei facesse cenno a questa piccola evenienza (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) visto che siamo in un confronto sereno e civile.
Cominciamo anche col dire, a proposito del punto da cui partite voi, che dal 1o gennaio di quest'anno succedono alcune «cosucce». Vorrei enunciarle solo affinché rimangano almeno qui, a verbale, perché non mi affido certamente ai meccanismi di informazione. Alcune di queste «cosucce» saranno viste dai contribuenti già tra maggio e giugno, altre sono in corso e si vedranno nella fiscalità dell'anno successivo. Parlo della riduzione dell'IRES, e dell'IRAP; del credito di imposta del 40 per cento per gli investimenti e ricerca; del forfettone per i contribuenti minimi; del credito di imposta per il sud e «chiusura» della legge 19 dicembre 1992, n. 488; dei crediti di imposta per la ristrutturazione edilizia e per l'efficienza energetica; dell'abolizione, a partire da giugno, del 40 per cento dell'ICI, ad iniziare dalle case più modeste; della quattordicesima per le pensioni basse; del bonus per gli incapienti e mi fermo qui.
Da qui parte la vostra avventura, da qui dovete andare avanti. E qui la domanda: avete dei margini per potere andare avanti da subito? Sì, li avete! Quanti, poi, vedremo, si può discutere, ma li avete e lo sapete bene, perché altrimenti non vi impanchereste a promettere da subito l'intervento sull'ICI, la detassazione degli straordinari e così via.
Nel merito, naturalmente, discuteremo: togliere l'altra metà dell'ICI è prioritario? Non lo so, è da discutere. Sono sicuro, però, che voi non rinuncerete a passare alla storia per quelli che hanno tolto l'ICI pagandone solo la metà, perché di questo si tratta (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Gli straordinari sono un problema? La detassazione sì, sicuramente; siamo pronti a discutere! Ma questo tema coincide con quello del potere d'acquisto dei salari? No! Questo tema coincide con quello della produttività? No! Ne discuteremo: sia chiaro che eravamo e siamo perché queste risorse siano utilizzate per migliorare il potere d'acquisto di salari e pensioni più basse. Volete prendere soldi dai petrolieri e dalle banche? Benissimo: ci sono bilanci grassi lì, non c'è dubbio!

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 19,45)

PIER LUIGI BERSANI. Domanda: per darli a chi questi soldi? All'erario o ai consumatori? Questa è la domanda, è molto semplice! Vi do qualche pista: fate rispettare la legge sulla trasferibilità dei mutui, la legge sui conti correnti, andate a prendervi il provvedimento, che è fermo alPag. 93Senato, sull'abolizione del massimo scoperto. Queste tre cose fanno 1 o 2 miliardi di euro, che vanno verso il potere d'acquisto dei consumatori, perché se invece intendete prenderli e darli all'erario, questi poi li scaricano sui consumatori e voi mettete le mani in tasca ai cittadini per procura (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Avremo modo di discutere nel merito, ripeto, però adesso, concludendo il mio intervento, voglio toccare un tema di fondo, che accompagnerà questa legislatura, e che, credo, ne sarà la cifra.
Sono tante, signor Presidente, le ragioni che hanno portato alla nostra sconfitta e alla vostra vittoria; tutte queste ragioni, però, si muovono su uno sfondo, che coinvolge in maggiore o minore misura tutti i Paesi sviluppati. Questo sfondo è il tumulto indotto dalla cosiddetta globalizzazione, con fenomeni non regolati di insicurezza, di impoverimento, relativo o assoluto, di divaricazioni sociali e territoriali. Sono fenomeni indotti da uno sconvolgimento globale che si scaricano alla porta di casa e sono difficilmente affrontabili con gli strumenti democratici e di governo che abbiamo tutti tra le mani.
In questa fase riconosco che mediamente, in Europa intanto, le forze di destra e di centrodestra hanno parole più confortevoli rispetto a questi disagi. A chi ce la fa, ma comunque è nervoso e insicuro, queste formazioni di destra e centrodestra offrono parole di deregolazione, di libertà dai vincoli; a chi vuole difendersi dalle cose nuove offrono parole di difesa, di tutela e di conservazione; a chi è escluso o si impoverisce offrono una critica forte e spregiudicata allo stato di cose esistenti, senza temere la demagogia, e compaiono anche nuove idee, per esempio, lavorare di più per guadagnare di più (in Francia), e compaiono nel profondo della società.
Emergono dei bersagli facili: l'immigrato, il burocrate, il mercatista, il vampiro fiscale, Roma più o meno ladrona. Sono parole confortevoli, anche efficaci, ma, signor Presidente, pur sempre parole. La domanda è: con i fatti che derivano da quelle parole è davvero possibile, sarà davvero possibile dare sicurezza di vita, ricostruire il potere d'acquisto, ridurre la forbice sociale e territoriale?
Credo che i fatti fin qui ci dicono che non è così, non sembra così; a meno di non pensare, per esempio, che il Presidente Sarkozy abbia perso le elezioni amministrative in Francia per il suo matrimonio. Non credo sia stato questo.
Può darsi dunque, Presidente, che si tratti in Europa e da noi non tanto di svolte politiche, ma di accorciamento dei cicli politici perché nessuno ancora trova la chiave risolutiva dei problemi. Ecco allora la mia tesi: se è così, la vostra vittoria è legata certamente a una questione di fondo, ma non è scritta sulla pietra. Anche nella vostra vittoria c'è un'insicurezza, un timore per la sfida, una prudenza; e forse è questo che ha portato a quelle tre cose, a quel suo intervento, a parole diverse da quelle del 2001 e del 2004 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Voi sapete come noi che la sfida vera è aperta, la partita vera è aperta, sta nella società. Gli interrogativi sono ancora aperti e riguardano certamente noi, noi più di voi perché siamo stati sconfitti; ma riguardano anche voi in questi anni decisivi che avrete da governare, decisivi per il posizionamento dell'Italia nel mondo nuovo e per le nostre nuove generazioni. Voi, Presidente, lo sapete bene che Paese avete alle mani, non potete non saperlo. Un Paese che vive da mille anni sulla trasformazione di materie prime che non ha, un Paese esportatore di prodotti e importatore di materie prime, il primo Paese a morire se scattassero improvvisamente dei riflessi protezionistici nel mondo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Un Paese - sapete anche questo - con la demografia peggiore del mondo, che non potrebbe sostenere né crescita né welfare senza l'immigrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Un Paese esposto di suo, per ragioni storiche sue, ad un eccesso di meccanismi difensivi, per l'organizzazione particolare di reti corte, familistiche, relazionali,Pag. 94localistiche, corporative, che bloccano la mobilità sociale, che frenano le nuove generazioni. È un Paese, infine, che ha un sacco di debiti e che spende le sue risorse in interessi, e che per ricavare risorse da spendere per la modernizzazione deve riqualificare la spesa pubblica, non quindi ridurla perché siamo nella media europea, e deve riconvertirla. Le risorse le puoi prendere solo portando la fedeltà fiscale alla media degli altri Paesi sviluppati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Allora, Presidente, le parole confortevoli non possono eludere questi dati di realtà: quindi ci vogliono cambiamenti. Non ho sentito questa parola nel suo intervento! Ci vogliono cambiamenti in questo Paese! E allora noi ripartiremo da lì, da questa esigenza di cambiamento, come si conviene a un partito riformista. Certo, lo faremo con meno ingenuità di quella che abbiamo avuto fin qui, cioè con una più acuta consapevolezza che il cambiamento ha bisogno di rassicurazione. Se vuoi la società aperta devi mettere dei paletti, fatti comunque con la nostra impronta, che non è la vostra.
In poche parole, concludendo: il nostro riformismo parte da un riconoscimento non umanitario, ma direi quasi tecnico: nel mondo nuovo uno non sta bene se anche l'altro non sta un po' bene, e che non si può star bene da soli (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). E che questo stare bene assieme richiede un certo modo di organizzare il mercato e un certo modo di fare le politiche sociali: un mercato privo di condizionamenti, senza rendite improprie, senza monopoli, senza conflitto di interessi, in cui cittadino non sia un suddito né del mercato né della pubblica amministrazione, la pubblica amministrazione al servizio e non al comando del cittadino e dell'impresa, l'idea che per pagare meno tasse dobbiamo pagarle tutti.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIER LUIGI BERSANI. Ho finito, signor Presidente. Politiche sociali che non lascino al mercato le risposte a problemi fondamentali, come sicurezza, salute e istruzione: perché davanti a un problema vero di salute non c'è né povero né ricco, questa è l'ispirazione del nostro riformismo.
E allora, un riformismo che riconosca anche che è necessaria la progressività fiscale e che si deve fare una forte redistribuzione per tenere assieme la società. L'idea che, se cambiamo un po' tutti, stiamo meglio un po' tutti: sì, sapendo che queste nostre idee che ho elencato devono essere anche corrette e meglio definite attraverso elementi di rassicurazione che incoraggino e aiutino il cambiamento. E ciò meglio di quanto non abbiamo saputo fare fin qui, poiché abbiamo noi commesso i nostri errori.
Con questa ispirazione, negando naturalmente la fiducia al vostro Governo, siamo però pronti ad aprire un confronto con voi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Dima. Ne ha facoltà.

GIOVANNI DIMA. Signor Presidente, signori colleghi, signor Presidente del Consiglio dei Ministri, intervengo dopo aver ascoltato l'autorevole esponente del centrosinistra, e lo faccio per la prima volta, dal momento che sono stato eletto per la prima volta al Parlamento nazionale. Lo faccio anche, però, carico di una lunga esperienza maturata sul territorio nel consiglio regionale della Calabria; e lo faccio in un contesto storico, politico e culturale profondamente cambiato rispetto al passato.
Chi vi parla è militante da sempre ed ha sempre immaginato il giorno in cui in Italia si potesse inaugurare una pagina forte di dialogo e di confronto. Mi sembra di capire che questa legislatura, la XVI, nasce proprio con questi presupposti, che sono essenziali per immaginare il futuro del nostro Paese: un dialogo e un confronto sereni e civili.
Signor Presidente, prima di affrontare qualche elemento di merito, vorrei sottolineare un aspetto che è stato lungamentePag. 95trattato anche oggi nella discussione, e che è legato al dato elettorale. Un dato elettorale evidente, chiaro, storico, come è stato definito da molti, e che comunque ha come minimo messo da parte i tifosi del pareggio...

PRESIDENTE. Per cortesia, chi non ha interesse ad ascoltare il collega Dima può anche guadagnare l'uscita.

GIOVANNI DIMA. Mi rendo conto di aver avuto la possibilità di parlare dopo un intervento importante: immagino, dunque, che i colleghi del centrosinistra debbano necessariamente considerare il loro leader Bersani.
Come dicevo, signor Presidente, si tratta di un dato elettorale forte, significativo, importante, che ha messo da parte i fautori del pareggio (poiché vi era qualcuno che immaginava di non dare a questo Paese una governabilità e una prospettiva di governo). Questo dato ci pone tutti, maggioranza ed opposizione, di fronte alla necessità di assumerci fino in fondo le nostre responsabilità: responsabilità forti e delle quali - come è stato detto con chiarezza - noi della maggioranza desideriamo caricarci fino in fondo, poiché siamo convinti che, in un sistema bipolare, chi vince deve governare e chi perde deve fare fino in fondo l'opposizione. Chi ha perso ha infatti evidentemente qualche motivo per lagnarsi, ma allo stesso tempo ha anche qualche motivo in più per riflettere nei prossimi mesi e nei prossimi anni. Noi, per parte nostra, vogliamo andare avanti per la nostra strada, cercando di applicare e di realizzare il programma che è stato discusso in campagna elettorale e che è stato esposto anche nella giornata di oggi.
Proprio al proposito del programma e delle prospettive future, desidero fare particolare riferimento a tre fra le grandi emergenze del nostro Paese. Io sono fra coloro che immaginano, accanto allo sviluppo economico di questa nostra nazione, anche una grande capacità di dare a questo nostro Paese le necessarie infrastrutture: elementi che sono fondamentali soprattutto per le regioni del sud, e non solo per le regioni del nord.
E ciò soprattutto nel momento in cui immaginiamo questa nostra Italia nel contesto europeo, soprattutto nel contesto europeo-mediterraneo. Le regioni del sud, attraverso una forte politica di infrastrutturazione, possono guadagnare spazi in termini di capacità di sviluppo e in termini di capacità per il prossimo avvenire. Ritengo, per esempio, che la partita del ponte sullo Stretto di Messina sia una partita chiara e netta che non lascia più dubbi, Presidente Berlusconi, non foss'altro per il fatto che proprio lei, in occasione della campagna elettorale del 2001, in una famosa intervista a Porta a porta, con la cartina d'Italia delineava i percorsi, le strade e le infrastrutture da realizzare nel prossimo futuro. Quindi, anche adesso su questo tema non vi possono essere dubbi e incertezze: c'è la necessità di dotare al più presto di questa grande infrastruttura il nostro Paese, e soprattutto di collegare la nostra realtà meridionale nel contesto nazionale ed europeo.
Vorrei aggiungere altri due elementi, a mio parere fondamentali per il prossimo futuro. Il primo è quello legato alla ricerca, al rinnovamento ed alla possibilità di alimentare sempre di più la ricerca scientifica e l'innovazione. Si tratta di un tema molto caro al dibattito che ha segnato in questi ultimi giorni e in queste ultime settimane la discussione politica.

PRESIDENTE. Onorevole Dima, la invito a concludere.

GIOVANNI DIMA. Auspico che tutti i Ministri, attraverso una filiera trasversale di valutazioni amministrative, possano favorire l'innovazione e la ricerca scientifica, che non servono soltanto al Paese nella sua interezza, ma che costituiscono anche un'occasione per dire ai giovani che c'è un Paese che guarda al futuro, al loro futuro.
Signor Presidente, termino il mio intervento, dal momento che ne è stata già sollecitata la conclusione. Intendo trasferirvi il sentimento forte di partecipazione a questo dibattito, ma soprattutto intendoPag. 96trasferire al Presidente Berlusconi questa grande volontà di andare avanti.
La maggioranza deve avere la sua forza politica e morale per andare avanti: insieme dobbiamo costruire questo nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e del deputato Nucara - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà, per due minuti.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel prendere la parola dopo le dichiarazioni del Presidente del Consiglio e dopo gli interventi autorevoli di tanti colleghi, mi consenta di fare alcune brevi considerazioni, con un approccio decisamente pragmatico e realistico.
Concordo con le parole pronunciate dal Presidente Berlusconi. L'Italia non può aspettare tempi lunghi per la risoluzione di alcune sue emergenze; non può aspettare, in primo luogo, i tempi lunghi della politica, le lentezze della burocrazia, l'inefficienza di alcuni comparti della pubblica amministrazione, la scarsa competitività di diversi settori del nostro sistema produttivo.
Non intendo dilungarmi sulle sfide che i mercati mondiali ci stanno sottoponendo; cito però, tra tutte le emergenze, l'aumento del costo della vita, che la gran parte delle famiglie italiane è costretta a sopportare. Ci preme evidenziare che il nostro modo di concepire le strategie ed i programmi utili per il nostro Paese è - e sarà sempre - alternativo a quello del suo Governo e della sua maggioranza.
Pur animati da uno spirito fattivo e non certamente di pura contrapposizione fine a se stessa, saremo molto vigili su quanto verrà proposto in quest'Aula, pronti a levare la nostra voce se dovesse essere necessario e dovessimo ritrovarci, al di là delle buone intenzioni dichiarate, nuovamente di fronte a provvedimenti e leggi che unanimemente sono stati definiti ad personam. Mi consenta, signor Presidente del Consiglio, anche qualche riflessione sui componenti della squadra di Governo da lei messa a punto, in quanto non riteniamo che all'interno di essa si possano ravvisare, fatte alcune eccezioni, personalità di grande rilievo, in grado di affrontare le sfide di cui ha parlato. Non si tratta di voler gettare discredito fine a se stesso, ma sinceramente penso - e non sono il solo - che lei avrebbe fatto cosa saggia inserendo nella detta squadra ulteriori esperti di indubbia levatura, anziché fare i conti con mere logiche di appartenenza e di spartizione.
Concludo questo mio intervento ribadendo la nostra ferma volontà di giudicare il suo operato e quello del suo Governo sulle scelte concrete che porrete in essere: noi faremo la nostra parte ad iniziare da oggi, e sinceramente non appare possibile concederle quella fiducia che è venuto a chiedere in quest'Aula.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, colleghe deputate, colleghi deputati, signor Presidente del Consiglio - che mi pare sia appena andato via - noi deputate e deputati radicali eletti nelle liste del Partito Democratico prendiamo la parola dai banchi che nel 1976, per la prima volta, furono occupati da Marco Pannella, Emma Bonino, Adele Faccio e Mauro Mellini. Sono i banchi in alto a sinistra dell'emiciclo. Ne sentiamo tutta la responsabilità, per quel che hanno rappresentato e rappresentano i leader radicali nella storia di questo Paese.
Dalla e nella opposizione del Partito Democratico e del centrosinistra lotteremo, la incalzeremo e incalzeremo il suo Governo su quelle riforme liberali, liberiste e libertarie che erano contenute nei venti referendum per i quali come radicali raccogliemmo le firme nel 1999. Si ricorda, signor Presidente del Consiglio? Spero che qualcuno le ricordi questi fatti. Era il 2000 quando lei invitò gli italiani a disertare le urne, ad andare al mare, e lo fece da quei mezzi di informazione chePag. 97non ha difficoltà a raggiungere e ad utilizzare. Disse di andare al mare perché quelle riforme le avrebbe fatte lei di lì a poco, quando avrebbe ripreso la guida del Paese.
Lei fu, come aveva previsto, Presidente del Consiglio con una maggioranza schiacciante, 100 deputati e 50 senatori in più. Ma di quelle riforme non si vide nemmeno l'ombra: riforma del sistema elettorale (riforma anglosassone, con il maggioritario uninominale a turno unico: presidenzialismo e federalismo erano la nostra proposta, e lei ci credeva, all'epoca); riforma della giustizia; abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale (il mondo democratico e civile non conosce questo istituto); separazione delle carriere dei magistrati; responsabilità civile dei magistrati; incarichi extragiudiziari. Signor Presidente del Consiglio, le chiedo se sia democratico un Paese, dal momento che lo ha ripetuto in continuazione nel suo intervento, nel quale esiste un arretrato di 10 milioni di processi civili e penali: è democrazia, questa?
Come ha già ricordato la deputata Margherita Boniver, ci sono poche tracce, nel suo intervento, di politica estera. La politica estera del nostro Paese non può che fondarsi sulla consapevolezza che qualsiasi Stato-nazione è ormai inadeguato ed è quindi destinato a fallire, soprattutto se pensa di poter affrontare con l'isolazionismo - innanzitutto all'interno dell'Europa - e il nazionalismo quelle sfide economiche, sociali, ambientali, umanitarie e per la difesa della pace e della sicurezza internazionale che ci vengono da un mondo che è sempre più globalizzato e che vede emergere nuovi e importanti attori sullo scacchiere politico internazionale.
L'isolazionismo e il nazionalismo, che sono sempre accompagnati anche da venature razziste (a volte in modo tragico), sono ideologie da cui è bene che il suo Governo si guardi. Infatti, nella storia del nostro continente hanno prodotto conflitti armati e distruzione, di cui ancora le nostre società portano i segni. L'Italia è stata fra i Paesi fondatori della Comunità europea.
Oggi le istituzioni europee vivono una crisi politica che deriva non da un eccesso di Europa, come purtroppo si sente troppo spesso dire nel suo schieramento politico, ma dal progressivo e pericolosissimo spegnersi all'interno della classe politica europea degli ideali federalisti europei, che Ernesto Rossi, Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni seppero scolpire, con parole che sono ancora oggi di grande attualità, nel Manifesto di Ventotene, scritto - vogliamo ricordarlo - mentre ancora infuriava la Seconda guerra mondiale. Solo con la costruzione di istituzioni politiche europee davvero democratiche - richiesta sostenuta dalla maggioranza dei cittadini europei - si può sperare che l'Europa possa essere in grado di rispondere alle sfide che la attendono.
Occorre una scelta chiara del suo Governo a favore del federalismo europeo, e contemporaneamente per andare verso la costruzione di un'organizzazione mondiale della e delle democrazie, coinvolgendo le grandi democrazie dell'America meridionale e settentrionale, dell'Africa e dell'Asia. Questa è la sola risposta realistica che il nostro Paese può dare all'emergere del potere economico, politico e militare di Paesi autoritari come la Cina, la Russia, il Venezuela e l'Iran, che oggi possono contare anche su grandi risorse energetiche, il cui valore sta aumentando esponenzialmente.
Se si parla di Europa non si può non parlare del Mediterraneo e del Medio Oriente, dove a poche migliaia - e talvolta a poche centinaia - di chilometri da noi infuriano conflitti sempre più pericolosi per la sicurezza e il benessere di tutto nostro il continente e, quindi, del nostro Paese. Il Medio Oriente conosce oggi una sola democrazia consolidata, lo Stato di Israele, la cui difesa - come è noto - non è per noi in discussione. Israele è anche lo Stato la cui popolazione è da molti anni a favore, a stragrande maggioranza, dell'adesione all'Unione europea. Ciononostante la classe politica israeliana continuaPag. 98ad ignorare - salvo rare eccezioni - questa realtà e questa proposta, e sembra potersi rifugiare solo in una difesa nazionalista ad oltranza, destinata a fallire ed a perpetuare un conflitto che dura da decenni. Le road map e i quartetti sembrano ormai palliativi per non guardare in faccia questa realtà, e cioè che solo offrendo anche ai cittadini palestinesi e a quelli libanesi e giordani la prospettiva di adesione ad una comunità di cittadini che possono godere dei diritti umani fondamentali si può sperare di sconfiggere quelle forze estremiste ed autoritarie che ancora oggi dominano la regione. Pertanto, sosterremo in questo Parlamento le proposte che emergeranno dal Satyagraha mondiale della pace promosso da Marco Pannella e sostenuto da un appello che proviene dalla sinagoga di Firenze.
Sempre sui diritti umani ci aspettiamo da lei un impegno forte a sostegno della campagna per l'attuazione della moratoria universale della pena di morte, un successo ottenuto dal Governo Prodi cui occorre dare concreta attuazione contro i riflessi burocratici, innanzitutto europei, che rischiano di ritardare successi invece a portata di mano.
Noi vogliamo avere buoni rapporti, ma non nella gestione del sottogoverno. Anche oggi, che siamo minoranza, noi difenderemo la legislatura, come abbiamo fatto con il Governo Prodi, al quale bisognerebbe riconoscere, come è stato ricordato da Bersani, di aver rimesso a posto i conti dello Stato, di aver fatto approvare la riforma pensionistica (quella che il Governo Berlusconi rimandò alla successiva legislatura), di aver tentato con lo stesso Bersani, in molti casi con risultati positivi, la strada delle liberalizzazioni e di aver rilanciato - questo, dobbiamo dirlo, è merito di Emma Bonino - il commercio con l'estero.
Signor Presidente del Consiglio, colleghe e colleghi, credo che dobbiamo occuparci nel nostro Paese di rendere la democrazia che oggi è negata, di conquistare lo Stato di diritto che non c'è.
Dove c'è strage di diritto e di legalità - noi radicali ne siamo consapevoli - c'è strage di vite umane, soprattutto di quelle più deboli, meno ammanicate con il potere, vite umane concrete che si vedono negati i diritti civili, sociali e umani fondamentali.
Questo è quello che chiedo al Presidente del Consiglio e a tutti i miei colleghi parlamentari, sapendo di poter avere ascolto sia da parte dell'opposizione che della maggioranza. Credo che la più grande riforma che possiamo fare in questo momento in Italia per far funzionare le cose è restituire la legalità al nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Valducci. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

MARIO VALDUCCI. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, prima di iniziare il mio discorso desidero fare una premessa, visto che da poco ho sentito l'intervento del collega Bersani, e mi sembra doveroso rettificare alcune affermazioni pronunciate in quest'Aula.
In primo luogo non ci sono i conti rosei che lui ha annunciato, non c'è nessun tesoretto: c'è una finanziaria che prevedeva una crescita del prodotto interno lordo che non sarà quella che probabilmente verrà registrata a fine anno; ci troveremo quindi sicuramente un maggior deficit rispetto a quello previsto. Voglio ricordare - e non sono parole mie, ma di Walter Veltroni - che la maggioranza politica che sosteneva il Governo Prodi ha fallito. Ha fallito a tal punto che non ha avuto il coraggio di ripresentarsi con la stessa identità alle elezioni politiche del 13 e 14 aprile, perché la maggioranza politica era lacerata tra la cosiddetta sinistra antagonista, la Sinistra arcobaleno, e il Partito Democratico, l'Italia dei valori e gli altri partiti che la componevano. Quindi l'affermazione per cui il Governo Prodi ha compiuto un'opera di risanamento dei conti pubblici, senza ricordare che quel Governo ha svuotato le tasche dei cittadini italiani, andando a rimpinguare le casse diPag. 99banchieri e petrolieri, penso meriti una doverosa rettifica.
Sono in Aula da stamattina, dall'intervento del Presidente Berlusconi, ho ascoltato tutti gli interventi e devo dire che per la prima volta in quello dell'onorevole Bersani ho intravisto quella «eleganza», quella supponenza, quella visione del «migliore», del «superiore» che non mi sarei aspettato da parte di un esponente politico che ha perso pesantemente le elezioni appena un mese fa. Mi auguro che si sia trattato di una parentesi, di un inciampo, di un errore rispetto al tema del dialogo ed alla necessità di avere quella giusta contrapposizione tra maggioranza e opposizione ma in termini costruttivi, come ha ricordato anche il Presidente Berlusconi.
Il dibattito di oggi sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio apre una nuova pagina della storia politica italiana. I cittadini italiani con il loro voto del 13 e 14 aprile hanno voluto dare una risposta chiara alla classe politica: semplificazione della rappresentanza, volontà di proseguire nel quadro bipolare e scelta di una maggioranza che sia in grado di dare risposte concrete alle loro aspettative.
Vi è la piena consapevolezza nel Parlamento che la politica non può più fallire nel rispondere alle giuste aspettative dei nostri concittadini, ciascuno nel proprio ruolo di maggioranza e di opposizione; questa esigenza traspare in quasi tutti gli interventi che ho ascoltato oggi in Aula. Le sue comunicazioni hanno tracciato le linee guida di quello che potremmo chiamare il codice deontologico della terza Repubblica. In questo nuovo clima politico il Parlamento diventerà centrale per trovare quelle convergenze necessarie su molte delle tematiche che lei ha posto nell'agenda del suo Governo.
Innanzitutto vi sono le riforme costituzionali, che devono dare all'Italia gli strumenti necessari per fornire risposte adeguate in una società che è molto cambiata rispetto a sessant'anni fa. Personalmente sono convinto che si debba andare verso un sistema costituzionale presidenziale, come indicato dai lavori della Commissione bicamerale del 1998, che occorra riformare le leggi elettorali che sono di sei diversi tipi nei sei diversi livelli istituzionali, nonché modificare i regolamenti parlamentari, affinché non venga stravolta la volontà popolare, così come è prospettato dalla proposta già presentata nella passata legislatura dall'onorevole Franceschini. Questa è la nostra grande occasione per ammodernare l'Italia, renderla più competitiva, far prevalere la meritocrazia, premiare la produttività e formare i nostri giovani alle esigenze di un mercato globale e mondiale.
Il suo discorso, signor Presidente del Consiglio, è totalmente condivisibile, ma vorrei ora sottolineare alcuni argomenti che - oltre alle emergenze, quali i rifiuti di Napoli e il rilancio di Alitalia - mi sembrano prioritari, perché i cittadini non ci perdonerebbero mai l'incapacità di risolvere i problemi da loro più sentiti, la cui soluzione non richiede importanti investimenti finanziari. Occorre avere tolleranza zero nei confronti di tutti gli sprechi che si annidano nella gestione delle amministrazioni pubbliche, con la necessità di azzerare gli enti inutili o poco efficienti, gli ambiti territoriali ottimali, i consorzi di bonifica, le comunità montane e gli enti parco, nonché eliminare, o almeno ridurre, i consigli di amministrazione di tali enti e le loro consulenze spesso illimitate.
È necessario stabilire un patto con le regioni e gli enti locali per premiare i migliori buon governi e penalizzare le gestioni di bilancio deficitarie; invertire il rapporto Stato-cittadino rispetto a quanto è accaduto negli ultimi due anni; restituire spazi di libertà ai cittadini italiani che non sono tutti evasori e delinquenti, attraverso modifiche delle norme sulle intercettazioni telefoniche, sulle movimentazioni dei conti correnti bancari e sulle dichiarazioni dei redditi, che devono essere consultabili, ma con la traccia di chi li legge.
Occorre abbattere i costi eccessivi della burocrazia - uno studio di Confindustria quantifica in 61 miliardi di euro l'anno gli oneri di questa ulteriore tassa - ricordandosi che, in un tessuto produttivo come quello italiano, che è forte per l'imprenditorialità diffusa, tale costo ha un effettoPag. 100ancora più negativo. Bisogna introdurre nella pubblica amministrazione il turnover orizzontale, ovvero la mobilità del dipendente all'interno dello stesso ente pubblico nelle diverse direzioni (ad esempio, in un comune, la mobilità potrebbe verificarsi dall'urbanistica all'ecologia, ai servizi sociali e così via); in questo modo si renderebbero più facilmente applicabili i parametri di meritocrazia e le strutture meno sclerotizzate. Occorre, inoltre, realizzare norme che diano certezza nei tempi di rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di termovalorizzatori, impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, strutture di stoccaggio e di trasporto di energia, nonché consentire la realizzazione di opere infrastrutturali che si possono realizzare con il project financing.
Noi, maggioranza nel Parlamento, sosterremo l'azione del Governo, convinti dell'importanza del dialogo con l'opposizione, ma consapevoli che la responsabilità degli impegni assunti con i cittadini nella campagna elettorale è tutta e solo nostra. Sarebbe importante fare più che annunciare, soprattutto per chi, come noi, si è sempre posto l'obiettivo di una politica concreta. Siamo convinti, signor Presidente del Consiglio, che con la sua guida il Governo e la politica tutta saranno finalmente in grado di riavvicinare i cittadini alle istituzioni, per migliorare la qualità della vita e il livello di benessere del nostro Paese. Per me, che ho seguito sin dalla prima ora la sua bella avventura politica, è una grande soddisfazione vedere che tanti politici arrivati nella squadra di Governo sono nati nel «vivaio» del Popolo degli azzurri: è un grande sogno che si è realizzato. È con questo sincero augurio, e con grande affetto, che auguro buon lavoro a questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Quartiani, al quale ricordo che ha dieci minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, ho apprezzato il fatto che nessuno ascriva solo alla propria parte politica il rilevante cambiamento prodotto dal voto di aprile. Questo cambiamento, se bene interpretato, potrà avere importanti riflessi tanto sul piano del sistema politico (avvicinandoci ad un modello di democrazia bipolare, imperniata sulla centralità di due grandi partiti a vocazione maggioritaria, tra loro alternativi e alternatisi al Governo del Paese), quanto sul piano del comportamento elettorale, che tenderà sempre più a non disperdere, ma a concentrare, i consensi sulle proposte e sui soggetti potenzialmente in grado di raccogliere la maggioranza per governare e garantire la stabilità politica. Sta in ciò - e non già nel reciproco riconoscimento tra Governo formale e Governo potenzialmente alternativo - la legittimazione e la bontà del Governo ombra: una novità istituzionale che non cancella il ruolo dell'opposizione, ma, al contrario, la definisce meglio e ne mostra i tratti propositivi che il Paese potrà leggere su ogni questione che gli interessi.
Il legittimo ruolo che il Governo ombra assumerà come luogo della proposta e dell'elaborazione di politiche dell'opposizione sarà strettamente connesso al percorso di adeguamento riformatore del sistema politico ed elettorale e del bipolarismo. Sappiamo che opposizione non deve essere mai sinonimo di ostruzione, salvo casi estremi nei quali necessiti l'uso dell'arma del filibustering. Opposizione, però, non potrà essere sinonimo di collaborazione aprioristica predefinita, proprio perché dovrà essere legata alle istanze, ai movimenti, ai sentimenti e alle domande che si muovono dalla società. Anche perciò è bene non scordare che l'opposizione sarà costituita in Parlamento da eletti che svolgono il loro ruolo di controllo e di proposta legislativa, strettamente interpretando una funzione di rappresentanza che deve essere valorizzata e garantita.
Gli eletti dell'opposizione non abuseranno di strumenti ostruzionistici se il Governo e la maggioranza non pretenderanno di piegare a proprio tornacontoPag. 101vecchi e antistorici Regolamenti parlamentari, che vanno rapidamente riformati con il consenso di tutti i gruppi. Mi riferisco non solo a quella parte dei Regolamenti che ha in passato costituito l'occasione per la proliferazione dei gruppi parlamentari, accompagnando e giustificando la frammentazione politica. Penso anche al fatto che i Regolamenti vadano adattati a un sistema bipolare, senza indugiare su schemi e moduli di tipo proporzionalistico. Deve essere previsto e contemplato, ad esempio, il ruolo dell'opposizione parlamentare come soggetto che agisce e che opera in modo riconosciuto, non essendo sufficienti a definire poteri e prerogative dell'opposizione in Parlamento gli attuali istituti regolamentari. Mi riferisco, ad esempio, al potenziamento del question time, nel quale sarebbe importante disporre di un'assidua presenza del Presidente del Consiglio che risponda ai delegati dell'opposizione. Mi riferisco al cambiamento che dovrebbe innovare anche la prassi secondo la quale da troppo tempo, ad esempio, si scelgono i presidenti di Commissione sulla base della sola appartenenza politica e non già, prima di tutto, per le competenze e le capacità dei candidati alla carica di guidare il lavoro preparatorio delle leggi che si svolge nelle Commissioni, insieme ad altre attività attinenti ai poteri di inchiesta e di sindacato ispettivo.
La riforma dei Regolamenti deve avvenire per impulso dell'iniziativa parlamentare, non già perché vi si impegni direttamente il Governo: questo è un punto che va chiarito. Si tratta di materie soprattutto bipartisan, che vanno assecondate e garantite all'autonomo percorso e processo delle assemblee elettive. È materia bipartisan - che dovrebbe essere anzitutto e solo di iniziativa parlamentare - anche la materia elettorale, come però non è avvenuto al volgere finale della XIV legislatura, quando il Governo impose al Parlamento un suo disegno di legge elettorale, che oggi, anche alla luce del referendum che incombe, dovremo cambiare e adeguare anche per consolidare le indicazioni uscite dalle urne.
Si tratta di errori che non si debbono più compiere e che spero, se ho ben compreso il discorso del Presidente del Consiglio, che la maggioranza non intende più compiere. Se è così, si possono discutere anche parti del Regolamento della Camera stabilizzatesi, ancorché transitorie, ma deve essere chiaro che errori di autosufficienza della maggioranza in questi campi non favorirebbero una positiva evoluzione delle procedure e delle regole di funzionamento del Parlamento.
Vi sono poi errori politici che vanno evitati in campi in cui è bene che si sviluppi una normale dialettica e un ampio confronto parlamentare: penso alla sicurezza, alla giustizia o ai temi eticamente sensibili. Come ieri il Presidente della Repubblica ha richiamato i magistrati a guardarsi dal protagonismo e dall'esposizione mediatica, anche i ministri non devono essere da meno, soprattutto nei rapporti e con le disponibilità che debbono avere a confrontarsi con il Parlamento. Sarebbe perciò bene che i progetti per far fronte alla criminalità diffusa, per dare più sicurezza, per dare una buona legge sull'immigrazione, per rafforzare il ruolo della magistratura e dell'avvocatura nel processo, migliorandone l'efficienza e l'efficacia, non fossero progetti sottoposti al Parlamento sotto forma di decreti-legge ma di disegni di legge aperti a una vera, proficua discussione e validazione parlamentare. Vi sono materie sulle quali, per iniziativa direttamente parlamentare, è possibile o sarebbe possibile produrre leggi convergendovi maggioranza e opposizione. Penso, certo, ad alcune urgenze e alcuni progetti che riguardano il mondo dell'energia quali ad esempio i rigassificatori, l'infrastrutturazione, l'unbundling delle reti, le fonti rinnovabili e la lotta al cambiamento climatico. Penso all'apertura di alcuni mercati chiusi, quali quelli dei servizi pubblici locali o delle professioni e all'urgenza di una legge bipartisan per la montagna italiana e al suo rilancio, all'interno di un nuovo patto tra montagna e zone urbane metropolitane che beneficiano e hanno beneficiato delle risorse generate in zone montane, per portare ilPag. 102mercato e lo sviluppo dove finora hanno fallito. Penso alla necessità di dare impulso alle infrastrutture ferroviarie e viarie nel nord, come nel sud del Paese, purché non si pretenda di piegare sempre tutto strumentalmente a beneficio di una sola parte politica o di farne pretesto di polemica come più volte si è scaduti su questioni tanto importanti come l'Alitalia, Malpensa o sulla stessa questione dei rom.
Naturalmente molte proposte, idee, progetti divideranno opposizione e Governo, opposizione e maggioranza parlamentare: penso al federalismo e, in particolare, al federalismo fiscale. Se un appunto preciso debbo, tra gli altri, fare al discorso del Presidente del Consiglio perché se ne coglie la contraddittorietà con le enunciazioni è proprio a riguardo del federalismo fiscale e del nord. Il Presidente del Consiglio ha parlato di un generico autogoverno federalista anche se poi ha depotenziato la formula con un'ulteriore aggettivazione del federalismo fiscale al quale ha aggiunto l'attributo di solidale. Su questo delicato punto occorre estrema chiarezza. Non ho sentito affermare che alla base di ogni soluzione federalista, ancor più se solidale, debba stare il principio di sussidiarietà: senza sussidiarietà non può esservi federalismo, senza sussidiarietà verticale l'autogoverno federalista rischia la separatezza, senza la sussidiarietà orizzontale l'autogoverno federalista rischia di scadere nell'onnipotenza dei poteri pubblici locali prevalendo su quelli della società e dell'economia. Spero se ne possa discutere a fondo, ne va della forma e della valenza della nostra Repubblica.
Il dialogo, signor Presidente, presuppone una disposizione a praticarlo innanzitutto da parte di chi ha la maggioranza e presuppone il riconoscimento del ruolo distinto del Governo da quello delle Camere.
In secondo luogo il dialogo è raffronto tra idee e soluzioni, anche contrapposte nelle sedi opportune destinate al confronto, la più alta delle quali resta e deve restare il Parlamento della Repubblica, i cui membri - come recita l'articolo 68 della Costituzione - rappresentano la nazione ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato, cioè senza barriere preconfezionate.
Noto che ancora oggi troppi interventi dentro e fuori da questa Aula hanno esibito toni esasperati, più orientati alla polemica che alla predisposizione al dialogo, e hanno privilegiato il posizionamento al confronto di merito. Per dialogare i parlamentari devono ascoltarsi, predisporsi all'ascolto delle motivazioni altrui senza rinunciare alle proposte, cosa - concludo - che il veleno del bipolarismo forzato ci ha spesso disabituato a fare.
Il Partito Democratico è nato anche per questo, ed è tempo di correggere atteggiamenti di contrapposizione per la contrapposizione, sapendo che le istituzioni della Repubblica hanno bisogno di uno spirito nuovo che temperi le contrapposizioni e le aiuti a riavvicinarle a tutti gli italiani e che insieme renda però espliciti e visibili i progetti alternativi delle forze in campo, ragione per la quale voterò contro la fiducia al Governo e al suo programma (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, che cosa è cambiato in questi pochi mesi che sono trascorsi dalle ultime volte in cui abbiamo seduto su questi banchi, oltre al piacere di vedere i nostri amici Vito e Leone in nuovi ruoli?
Sono cambiate molte cose e credo che il grande merito che verrà ascritto dalla storia al Presidente Berlusconi sarà proprio quello di aver cambiato un quadro politico che oggi si va sempre più affinando, verso un modello nuovo, anglosassone e ben definito. Oggi esistono due grandi coalizioni che si contrappongono e ci sarà la possibilità di cambiare anche il ruolo del Parlamento e dei Regolamenti parlamentari. Quindi la vita di questa Camera subirà certamente quelle accelerazioni che il tempo e l'evoluzione dei problemi oggi richiedono.Pag. 103
Su questo argomento però sento un entusiasmo, condiviso, in un certo qual modo pericoloso. Credo che i cambiamenti che necessariamente debbono essere realizzati debbono tuttavia risentire degli equilibri creati dai padri costituenti. Già oggi ci accorgiamo che aver cambiato il numero dei sottosegretari, avendo lasciata inalterata la macchina del Parlamento, creerà certamente problemi nell'esecutività del Governo. Allo stesso modo i Regolamenti parlamentari, pur essendo opportuna una loro modifica, poiché essi rappresentano una delle basi dell'equilibrio e della centralità di questa e dell'altra Camera, devono comunque essere riformati con una certa cautela.
Io rivendico - credo che ciò sia necessario - la centralità del Parlamento così come quella dei gruppi parlamentari anche nelle scelte che in questi giorni saranno effettuate per quanto riguarda tutti gli incarichi che verranno assegnati.
Ritengo che la frase chiave dell'intervento del Presidente Berlusconi sia quella di aver proprio esaudito la richiesta del popolo italiano, cioè quella di dividerci ma di non ostacolarci nella ricerca della soluzione dei tanti problemi che aggravano la vita e la sorte del Paese. Avere finalmente un Esecutivo chiaro, una maggioranza chiara e un'opposizione altrettanto evidente e contrapposta può consentire di ragionare, e direi che tutti gli interventi che oggi abbiamo sentito in Aula sono andati in questa direzione, con la rarissima eccezione delle parole dell'onorevole Di Pietro, che si è distinto per aver creato un clima ancora demagogico e certamente non utile alla soluzione dei problemi e alla ricerca delle soluzioni fattive che la gente ci chiede.
Credo che però sia giunto finalmente il tempo di voltare pagina - se è possibile insieme, altrimenti attraverso le regole democratiche che impongono una maggioranza - nel corso della storia recente di questo Paese, e poiché i problemi che gravano su questo Paese sono seri e a tutti noi noti e colpiscono soprattutto la parte più debole della popolazione, a cui noi dobbiamo doverosamente dedicare le maggiori attenzioni sia in questa fase politica sia in quelle successive, ebbene ritengo che l'occasione cui ci apprestiamo sia davvero unica e che forse bisogna pensare un po' di più in chiave positiva.
Nei tanti interventi che oggi abbiamo ascoltato ho notato ancora quelle contrapposizioni e quei tanti «no» che hanno caratterizzato il precedente Governo.
Forse è il caso di decidere e di fare, probabilmente anche assumendosi il rischio di sbagliare, ma di fare per attivare soluzioni che devono essere veloci e condivise. Un altro fattore, infatti, che ha rivendicato giustamente il Presidente Berlusconi, è il tempo.
Purtroppo i problemi che oggi segnano la storia di questo Paese devono tutti essere affrontati con una lettura urgente e, se possibile, condivisa. Ma nel contempo dobbiamo essere consapevoli che questo è un grande Paese, e che se ci avviciniamo ad una logica anglosassone di contrapposizione di due grandi schieramenti, in questa medesima logica - come fanno tutte le democrazie mature, ed oggi abbiamo il dovere di essere una democrazia matura - dobbiamo iniziare a risolvere tali problemi cercando, quando si parla di soluzioni concrete, di dimenticare le contrapposizioni ideologiche ed aprioristiche.
I problemi che gravano sulla nostra popolazione, se trattati con serietà e con realismo, possono, paradossalmente, diventare anche grandi occasioni. Badateci, tutti i principali problemi di questi giorni, se ribaltati in una chiave positiva, possono diventare un'occasione di sviluppo.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Jannone.

GIORGIO JANNONE. Tutti: l'Alitalia, i rifiuti, il sud, l'occupazione, la sicurezza. Tutti, se riusciamo ad affrontarli con la voglia di fare e con la voglia di risolverli, credo possano rappresentare un'occasione importante.
Concludo, signor Presidente, ricordando che quando siamo arrivati nel 1994 in quest'Aula molti di noi non riuscivano a comprendere la liturgia, la lunga ePag. 104faticosa liturgia di questi appuntamenti iniziali di questa e dell'altra Camera. Ebbene, ritengo che oggi il Presidente Berlusconi per primo abbia fatto intendere a tutti che questa liturgia ha un suo preciso significato, il rispetto delle istituzioni che, talvolta, negli appuntamenti più importanti, ha anche un ritmo lento, perché ne sancisce l'importanza e la storia.
Credo che oggi questa Camera e queste elezioni abbiano sicuramente segnato la storia del Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Biancofiore. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

MICHAELA BIANCOFIORE. Signor Presidente, onorevole Ministro, signor Presidente del Consiglio, oggi lei in quest'Aula ci ha fatto sentire nuovamente orgogliosi di essere, innanzitutto, italiani, e parlamentari della Repubblica italiana. Lei ha rilanciato, con un discorso politico programmatico sentito e di altissimo profilo, un sentimento sopito di Patria, di responsabilità, di appartenenza ad un grande Paese dalle enormi potenzialità. Lei, proprio lei, oggetto in passato di livori, scherno, acrimonia, e mistificazioni che avrebbero disarmato moralmente chiunque, ha dimostrato di saper superare l'umano risentimento personale ed essere, viceversa, colui che ha aperto una fase storica nuova in un Paese diviso, portandolo alla pacificazione politica e ad un implicito revisionismo storico delle parti. Solo i colleghi Castagnetti e Bersani quest'oggi non se ne sono accorti o, forse, non hanno sentito, o letto, il discorso del Presidente del Consiglio.
Lei ha dimostrato, signor Presidente del Consiglio, una non comune levatura di statista, restituendo dignità alla politica ed alle istituzioni e cogliendo il sentimento e le indicazioni del popolo italiano e dei suoi, dei nostri elettori. Costoro - non dobbiamo mai dimenticarlo, in nessuna parte d'Italia, in nessuna delle nostre cento città da lei citate - sono il nostro, il suo unico vero azionista di maggioranza, che pertanto non possiamo e non dobbiamo mai deludere, specie innanzi a quegli artifizi sterili di una certa politica di palazzo che lei, proprio lei, è riuscito a sconfiggere e da cui ci ha insegnato a prendere le distanze.
Solo il raggiungimento del benessere della popolazione italiana, signor Presidente del Consiglio, deve guidare la sua azione di Governo, che ci ha oggi straordinariamente delineato, e quella degli onorevoli Ministri. Nel suo discorso questo si percepisce con nettezza, e sono certa che oggi il suo consenso nel Paese è maggiore rispetto al vostro decisivo del 13 e 14 aprile scorsi.
È per questi motivi che ho particolarmente apprezzato la sua volontà di mettere tra i primi punti del discorso una nuova moralità della politica, come aveva sempre detto in campagna elettorale, che non significa soltanto - come è ovvio - non rubare, ma valorizzare il merito, recuperare la parola magica «fare», realizzare quanto promesso ad un Paese in ginocchio per le inefficienze e le sregolatezze «coalizionistiche» del precedente Governo. Un Paese che ha voluto aggrapparsi alla sua mano forte, da Bolzano a Lampedusa, per rialzarsi e crescere, credendo ad ogni soluzione politica ed elettorale da lei prospettata.
È per me, giovane parlamentare animata dall'idealismo e dallo spirito rivoluzionario del 1994, altoatesina ma adottata dalla Campania - che ringrazio - particolarmente rincuorante vedere le sue parole tramutarsi immediatamente in fatti, con la volontà di svolgere il primo Consiglio dei Ministri di iniziativa politica a Napoli, città simbolo di quel rilancio da lei prospettato e dello sviluppo del Meridione.
Sono certa che lei restituirà dignità a Napoli e alla Campania, risolvendo da subito l'indignante problema dei rifiuti, che tanto ha nuociuto all'immagine dell'Italia nel mondo, con quella sua innata capacità di fare e di decidere, che questo Paese invocava. Ma per decidere e per risolvere, Presidente, come lei ha ben detto, occorrono riforme immediate, condivise, che eliminino i lacci e i lacciuoliPag. 105che caratterizzano il sistema Paese, iniziando da quella riforma principe che consente le decisioni più immediate e più vicine al cittadino: il federalismo.
Dobbiamo riprendere e portare a compimento la nostra riforma costituzionale, Presidente, ma come lei ha esplicitamente dichiarato (e condivido fino in fondo, provenendo da una regione a statuto speciale e dalla provincia più autonomista del Paese, l'Alto Adige) incentivare forme di Governo federalista è indispensabile - sono sue parole - a un'evoluzione unitaria della Repubblica, a partire dal federalismo solidale.
Con queste dichiarazioni lei ha declinato correttamente, una volta per tutte, anche innanzi alle regioni meridionali, come lo stesso Ministro Bossi condividerà, il concetto di federalismo, che non a caso deriva dal verbo latino foedero, che significa unire, e non dividere.
Nessuna fuga in avanti, dunque, di realtà peculiari come la mia, che giocano con pericolose petizioni di volontà secessioniste, che non trovano giustificazione in un Paese, come l'Italia, che ha garantito proprio a quelle realtà un benessere invidiato dalle regioni limitrofe e da molti Stati europei, la più ampia autonomia e la più riuscita tutela di minoranze linguistiche in Europa.
Mi auguro pertanto, Presidente, che nella nostra revisione costituzionale ritrovi spazio quell'interesse nazionale già votato e voluto dalla nostra maggioranza, che garantisce che non vi siano leggi contrarie alla Costituzione e all'unità della Repubblica.
Il federalismo infatti, Presidente, non è tale se non viene attuato nella sua vera essenza, ovvero il passaggio di deleghe ai livelli inferiori: se il passaggio di competenze in senso verticale avviene infatti solo dallo Stato agli enti maggiori, e da questi non passa ai livelli istituzionali più bassi, si finisce per creare fattispecie di Stati negli Stati, di piccole patrie in piccole patrie, cioè accentramenti burocratici ed interventi della mano pubblica che finiscono per asfissiare il cittadino, per sottoporlo ad un controllo politico costante e non per offrirgli quella libertà e quella garanzia di efficienza che è la nostra idea di federalismo e del nostro principale alleato, la Lega.
Mi avvio a concludere: allo stesso modo non è federalismo fiscale quello teorizzato da alcune realtà come la mia, che intende avere la competenza sull'imposizione fiscale, ma senza rinunciare agli ingenti trasferimenti dello Stato italiano. Su queste situazioni dovremo vigilare, per non creare ulteriori sperequazioni tra le diverse regioni italiane.
Da ultimo, signor Presidente, un appello che le rivolgo con il cuore di un'italiana che non può dimenticare la sua gente, con lo stesso spirito con il quale lei lavora per il nostro Paese: l'articolo 6 della Costituzione recita che la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche; non esplicita volutamente se straniere in Italia, forse perché i padri costituenti già prevedevano un progressivo decentramento amministrativo, che avrebbe anche potuto involontariamente cagionare minoranze non formalmente individuate.

PRESIDENTE. Deve concludere...

MICHAELA BIANCOFIORE. Concludo, signor Presidente.
Alcide De Gasperi, Presidente, aveva garantito alla sua terra - alla mia terra -, il Trentino-Alto Adige, un'autonomia non a caso regionale, nella quale gli italiani, cioè i cittadini del nostro Stato, fossero comunque maggioranza.
Con la riforma del Titolo V quel principio intelligente è stato cambiato, delegando due ampie autonomie alle due province autonome di Trento e di Bolzano. In quest'ultima si è venuta progressivamente e paradossalmente ad individuare una minoranza italiana in terra italiana, che ha bisogno di aggrapparsi alla sua mano, Presidente, la stessa che lei ha offerto al resto del Paese. Di questa minoranza, Presidente, le chiedo di farsi carico.

PRESIDENTE. Deve concludere...

Pag. 106

MICHAELA BIANCOFIORE. Presidente, concludo dicendole: coraggio, lei ce la può fare, il Paese è con lei, il popolo è con lei, noi tutti siamo con lei, comunque e sempre (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Concia, alla quale ricordo che ha a disposizione tre minuti. Ne ha facoltà.

ANNA PAOLA CONCIA. Onorevole Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, anche per me oggi è la prima volta di un intervento in questa aula, e sono felice di farlo su questo argomento.
Il 17 maggio si celebra la giornata internazionale contro l'omofobia, per ricordare il giorno del 1990 in cui l'Organizzazione mondiale della sanità eliminò l'omosessualità dall'elenco delle malattie mentali. Da quel giorno, l'omosessualità è considerata una variabile normale del comportamento umano e non è più possibile considerare malate le persone omosessuali. Infatti, vi sembro malata e anormale io?
La celebrazione del 17 maggio è un segnale forte contro ogni violenza fisica e morale legata all'orientamento sessuale.
La risoluzione del Parlamento europeo che l'ha istituita condanna i commenti denigratori, anche dei politici, in quanto alimentano l'odio e la violenza. Ma le cronache sono piene di resoconti di omicidi, stupri e pestaggi contro persone omo e transessuali: ne ho contati 27 soltanto nel 2007 nel nostro Paese, uno ogni quindici giorni.
Oggi ho sentito parlare molto di sicurezza, ma così come ho diritto di stare in Parlamento ho diritto di tornare a casa la sera sicura di non subire un attacco omofobo. Non voglio vergognarmi di essere italiana. Che Italia è questa? Sabato nelle piazze migliaia di militanti delle associazioni gay e lesbiche saranno impegnati in attività di educazione al rispetto di tutte diversità: e noi cosa facciamo? La politica ha una grande funzione educativa che deve essere assolta perché a tutti i cittadini sia garantito il pieno rispetto previsto dall'articolo 3 della Costituzione.
Per tale motivo insieme ad altri colleghi nei giorni scorsi ho presentato una proposta di legge contro la violenza di genere, ivi incluse norme per la lotta all'omofobia, e oggi il mio gruppo presenta una mozione per impegnare il Governo in una campagna contro l'omofobia e la discriminazione nei luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle Forze armate. È un gesto di civiltà che non può mancare in un Paese democratico. Su questo tema non possono esistere barricate, neppure con e nel mondo cattolico. Il messaggio cristiano è un messaggio inclusivo al quale i cattolici non possono sottrarsi ed io faccio appello al senso di responsabilità dei deputati cattolici perché abbraccino anche loro la causa del rispetto dei diritti umani e dei diritti civili.
Si vuole dare l'impressione che il mondo cattolico sia distante da questo tema: non è così, ne ho quotidiane attestazioni. Costruiamo insieme un percorso verso l'apertura ai diritti civili, perché i diritti civili non hanno colore, non sono di sinistra, né di destra.
Entro il 2009 l'Italia dovrà adottare la Carta fondamentale dei diritti dell'Unione europea che comprende anche norme contro le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANNA PAOLA CONCIA. A quell'appuntamento il nostro Paese deve arrivare preparato con norme che offrano un approccio sistemico al tema.
Mi rendo conto che chi non è omosessuale non possa comprendere appieno quanti atteggiamenti discriminatori si manifestino nei vari livelli della vita sociale, culturale, scientifica e soprattutto politica. Chiederò al gruppo del Partito Democratico di organizzare un seminario sull'omofobia tenuto da un professore di psicologia dello sviluppo affinché tutti gli eletti in questa Camera comprendano in modo consapevole che l'omofobia è un tarloPag. 107strisciante che si annida in ciascuno di noi, nessuno escluso.
Chiudo il mio intervento rendendo omaggio ad Aldo Moro, della cui tragica morte ricorre il trentennale. Nel suo ultimo discorso alla Camera egli disse: «Quando si dice la verità non bisogna dolersi di averla detta. La verità è sempre illuminante, ci aiuta ad essere coraggiosi» e io vi dico che il coraggio di guardare la realtà e rispettarla per quello che è, rappresenta l'unica forza che può cambiare il nostro Paese e renderlo più moderno e più civile (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi. È la prima volta che prendo la parola in Parlamento, ma se rappresentassi un'emozione non sarei leale, perché sono abituato a parlare nelle aule giudiziarie e non mi sembra diverso l'impegno di chi deve attestare una coerenza rispetto a quello che è nella società civile e portarla in Parlamento.
Nella sua relazione di oggi il nostro Presidente ha espresso pacatezza, idee chiare, ottimismo, gioia, coerenza e pervicacia su un tema che mi è caro, probabilmente quello che mi è più caro perché occupa la mia intera vita: quello della giustizia. Esso in qualche modo testimonia la civiltà di una democrazia.
Nella giustizia è necessaria la competenza, è necessaria l'umiltà del fare e del fare soprattutto quello che si è capaci. Questo è il momento più delicato: non occorrono tuttologi, ma persone che sappiano controllare il «marciapiede» del quotidiano per offrire rimedi che siano effettivamente in grado di migliorare una situazione.
Quando il nostro Presidente oggi ha detto che i giudici devono operare in silenzio ha affidato al Parlamento un messaggio di grandissima importanza e civiltà: restituire alla giustizia una dimensione che sia quella delle aule giudiziarie, privarla di ogni funzione mediatica, restituire al cittadino il diritto di entrare nelle aule senza paura che un innocente possa pagare per quello che non ha fatto.
Se questo è il trend, il percorso tracciato dal nostro Presidente, noi dobbiamo necessariamente seguirlo con una tecnica: quella del laboratorio. Un laboratorio che, da un lato, veda un impegno verso le grandi riforme con delle riflessioni, ma dall'altro veda un costante e quotidiano monitoraggio dei piccoli problemi con degli interventi che siano di terapia del dolore - se vogliamo chiamarlo in questo modo - ma che servano, con piccole norme utili, a fluidificare il plasma all'interno del sistema, a dare a questo sistema, che può avere delle patologie, un margine importante di miglioramento.
Credo che settori come la pubblicità, come la necessità di restituire al provvedimento una sua immagine (o meglio: il giudice abbia il volto del suo provvedimento e nessun altro volto e nessun altro nome), la necessità di intervenire sulle misure cautelari reali, di dividere fra politica, giustizia ed imprenditoria un quadrante rispettivo di competenza (senza confusioni ed ingerenze così che l'imprenditore possa essere libero di interventi tranquilli, senza il timore che dalle spalle possa intervenire una mannaia giudiziaria spesso ingiustificata) sono segnali che noi dobbiamo dare, in un circuito virtuoso di crescita, al nostro Paese.
Da questo punto di vista credo che la necessità di una depenalizzazione specifica, importante sui numeri, su quei reati che sono inutili e che, in qualche modo, non appartengono più alla sensibilità della antigiuridicità di «versailliana» memoria sia un altro dei passaggi importanti. Quindi una giustizia che, da laboratorio, veda un impegno effervescente di un Parlamento impegnato quotidianamente a controllarne l'efficienza e questo messaggio di imprenditorialità normativa, cioè diPag. 108norme che siano capaci di produrre, mi sembra sia quello che noi dobbiamo raccogliere.
Grazie Presidente, perché credo che lei ci abbia dato, con questo intervento, una certezza: che il nostro know-how, il nostro sapere, portato nel Parlamento, potrà effettivamente essere utile; un messaggio di speranza, un messaggio importante che ci dà la forza della quotidianità dell'impegno, di una presenza - scusate se è poco - che sia efficace per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà, per otto minuti.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo che il mio sarà l'ultimo intervento in questo dibattito ampio, serio ed approfondito sulla fiducia al quarto Governo Berlusconi. Nel corso di questa mattinata il Presidente del Consiglio ha illustrato a grandi linee il progetto politico che sta alla base di questo Governo e che ispirerà l'azione politica di questo Governo.
Si tratta di un progetto politico che condividiamo assieme ad alcune riflessioni che riteniamo opportuno svolgere in questa sede. Il Presidente Berlusconi sa bene quante aspettative ci siano nei confronti di questo Governo e coglie perfettamente quale sia il clima di possibile cambiamento che si registra in questo Paese, di quante attese si faccia carico chi guida, in questo momento, l'Esecutivo e quanta sia la responsabilità sulle spalle del Presidente del Consiglio, dei ministri, dei sottosegretari e, per contro, anche di noi che rappresentiamo la maggioranza parlamentare.
Un Paese in grande difficoltà, con grande voglia di cambiare, di crescere e quindi si ragiona di competitività e di crescita, di aiuto ai più deboli, di famiglie che non riescono a raggiungere la fine del mese ed in questo senso credo che sia strategico, in un momento in cui parallelamente a questa risposta concreta si parla ai cittadini di grandi riforme, mettere in campo alcune discussioni che possono far confrontare maggioranza e opposizione. Ciò non soltanto sul tema delle riforme istituzionali e costituzionali e non soltanto sui Regolamenti parlamentari dove pure è evidente che il salto di qualità, rappresentato anche dall'interpretazione vigorosa, forte e politica di questa legge elettorale è stato un salto di qualità rispetto alla regola scritta ed anche la composizione di questo Parlamento, di fatto, supera alcuni incagli regolamentari. Credo, però, che si debba recuperare il tempo perduto sulla grande riforma della pubblica amministrazione, da un lato, e sulle politiche di welfare, le politiche sociali, dall'altro.
Mercato del lavoro e pensioni sono due facce della stessa medaglia. L'incarico del Ministro Sacconi, in questo senso, sarà importante.
Purtroppo abbiamo dei ritardi da dover colmare: abbiamo visto incagliarsi l'azione di Governo sull'abolizione dello scalone; abbiamo visto mettere le mani nei conti previdenziali della gestione separata dell'INPS, nelle tasche dei cosiddetti precari del lavoro privato; abbiamo visto bloccare meccanismi di scala mobile per le pensioni più alte dei dirigenti; abbiamo visto una visione del sistema del lavoro a nostro giudizio sbagliata, forse per una maggioranza costretta a certe scelte da una sinistra antagonista che oggi non è più in questo Parlamento. Abbiamo però visto aumentare i contributi per i lavori flessibili, per l'artigianato, con un presupposto che non condividiamo, cioè quello di dire: facciamo costare di più il mercato del lavoro flessibile in modo che non ci sia più l'incentivo alla flessibilità e che chi utilizza il lavoro flessibile possa utilizzare, invece, il lavoro stabile a tempo indeterminato. Sappiamo benissimo che questo è un assunto sbagliato, perché in realtà conduce chi vorrebbe utilizzare il lavoro flessibile al lavoro in nero, al sommerso, e non a un maggiore consolidamento delle posizioniPag. 109professionali e contrattuali di coloro che, invece, in questo momento si trovano in condizioni di flessibilità.
C'è una grande sfida, anche di dialogo sociale con i sindacati. Credo che il Ministro Sacconi abbia l'esperienza e la caratura politica per intavolare un dialogo costruttivo, la riforma dei contratti, il progetto di detassazione della parte variabile e premiale del salario, la contrattazione di secondo livello.
C'è una grande possibilità e una grande occasione di affrontare i temi relativi al sociale e al lavoro; c'è una grande sfida, quella della riforma degli ammortizzatori sociali, cui dobbiamo guardare con grande interesse, sapendo che le forze datoriali, le forze sociali in rappresentanza dei lavoratori, tutti i cittadini in genere si aspettano molto da questo Governo.
Abbiamo un settore del pubblico impiego all'interno del quale bisogna riuscire a sancire quanto in tutto il mondo occidentale costituisce un principio acquisito, e che solo in Italia sembra una grande rivoluzione: poter pagare di più quanti lavorano di più, poter pagare di meno quanti lavorano di meno e poter licenziare chi in maniera sistematica, a lavorare, non ci va. Questo è un principio che, insieme a un certo modo di interpretare i rapporti industriali nel pubblico impiego, dobbiamo iniziare a considerare. Non possiamo più andare avanti a colpi di memorandum, dobbiamo cominciare a ragionare di meritocrazia, dobbiamo cominciare a pensare ad una maggiore efficienza di un sistema della pubblica amministrazione che, ce lo disse l'allora Ministro Nicolais, registrava 400 mila eccedenze già due anni fa, con tre milioni e 700 mila dipendenti pubblici.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

SIMONE BALDELLI. Abbiamo 70 mila vincitori di concorso e 70 mila idonei che attendono risposte dallo Stato: anche a tale riguardo dobbiamo rivedere la politica delle cosiddette stabilizzazioni, dare risposte certe a coloro che sono «precari» nel pubblico impiego, ma smettere di fare quanto il precedente Governo ha fatto, forse convinto dalla parte sinistra dello schieramento: vale a dire, prendere in giro, illudere (e disilludere) tante persone, assunte a contratto a tempo determinato nel pubblico impiego, di potersi sistemare col posto fisso a vita, magari scavalcando chi ha vinto un concorso. Servono regole certe, rispetto della Costituzione, riduzione del contenzioso. Credo che al riguardo la meritocrazia possa essere una grande ricetta da applicare; in questo senso, avranno il loro da fare il Ministro delle pari opportunità Mara Carfagna, il Ministro per le politiche giovanili Giorgia Meloni. Sono grandi sfide che interessano le nuove generazioni.
Abbiamo un Parlamento in cui per fortuna chi ha condiviso le teorie e le proposte di Marco Biagi può ragionare a testa alta di un progetto comune. Dobbiamo dialogare con la parte riformista del centrosinistra su progetti concreti, su impegni concreti, su azioni concrete sociali, politiche ed economiche. Abbiamo un Parlamento dove c'è una sinistra socialista e riformista, un centrodestra popolare ed europeo. Credo che la levatura di Berlusconi nel discorso di oggi sia stata dimostrata da un approccio da statista, da uomo politico maturo, da uomo che crede nel dialogo e nella collaborazione di maggioranza e opposizione per un Paese finalmente democratico, in cui si riesca a rimboccarsi le maniche, a lavorare insieme, a dare risposte ai tanti cittadini che da questo Governo e da questo Parlamento risposte si attendono.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione sulle comunicazioni del Governo.
Avverto che è stata presentata dagli onorevoli Cicchitto, Cota, Lo Monte la mozione di fiducia n. 1-00003 (Vedi l'allegato A - Mozione).Pag. 110
La replica del Presidente del Consiglio dei Ministri, le dichiarazioni di voto e la votazione per appello nominale avranno luogo nella seduta di domani.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 14 maggio 2008, alle 10:

1. - Seguito della discussione sulle comunicazioni del Governo.

2. - Votazione per l'elezione di tre Segretari di Presidenza, ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del Regolamento.

La seduta termina alle 21.

Pag. 111

ORGANIZZAZIONE DEI TEMPI DI DISCUSSIONE SULLE COMUNICAZIONI DEL GOVERNO

Tempo complessivo per la discussione: 9 ore e 53 minuti.

Interventi a titolo personale 1 ora e 53 minuti (con il limite massimo di 15 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 8 ore
Popolo della Libertà 2 ore e 44 minuti
Partito Democratico 2 ore e 16 minuti
Lega Nord Padania 59 minuti
Unione di Centro 47 minuti
Italia dei Valori 44 minuti
Misto: 30 minuti
Movimento per l'Autonomia 22 minuti
Minoranze linguistiche 8 minuti

Tempo complessivo per le dichiarazioni di voto e votazione: 2 ore e 43 minuti.

Tempi tecnici 1 ora e 30 minuti
Interventi a titolo personale 13 minuti (con il limite massimo di 2 minuti per ciascun deputato)
Gruppi 1 ora(10 minuti per gruppo)
Popolo della Libertà
Partito Democratico
Lega Nord Padania
Unione di Centro
Italia dei Valori
Misto:
Movimento per l'Autonomia 7 minuti
Minoranze linguistiche 3 minuti