XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 16 di mercoledì 11 giugno 2008

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,50.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Amici, Aprea, Bonaiuti, Brancher, Brugger, Buonfiglio, Casero, Castagnetti, Cirielli, Colucci, Cota, Crosetto, Donadi, Fitto, Pescante, Romani, Soro, Stucchi e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantuno, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Convocazione di Commissioni bicamerali per la loro costituzione.

PRESIDENTE. Comunico, d'intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, che la costituzione delle Commissioni bicamerali - della cui composizione è stato dato annuncio nella seduta del 4 giugno - avrà luogo giovedì 19 giugno prossimo.
A tal fine, la Commissione parlamentare per le questioni regionali, la Commissione parlamentare per l'infanzia, la Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale e la Commissione parlamentare di vigilanza sull'anagrafe tributaria sono convocate per le ore 13,30 del suddetto giorno, nella sede di palazzo del Seminario; la Commissione per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi, la Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione e il Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione sono convocati per le ore 14,30 della stessa giornata nella medesima sede.

Proclamazione di un deputato subentrante.

PRESIDENTE. Comunico che, essendosi reso vacante un seggio attribuito alla lista n. 9 - Popolo della Libertà, nella XV circoscrizione Lazio 1, a seguito dell'accettazione, nella seduta del 10 giugno 2008, delle dimissioni del deputato Giovanni Alemanno, la Giunta delle elezioni - ai sensi dell'articolo 86, comma 1, del testo unico delle leggi per l'elezione della Camera dei deputati, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 - ha accertato, nella seduta del 10 giugno 2008, che il candidato che nella stessa lista, nell'ambito della medesima circoscrizione, segue immediatamente l'ultimo degli eletti nell'ordine progressivo di lista risulta essere Annagrazia Calabria.
Do atto alla Giunta di questa comunicazione e proclamo quindi deputato, a norma dell'articolo 17-bis, comma 3, del Pag. 2Regolamento, per la XV circoscrizione Lazio 1, Annagrazia Calabria, cui vanno i nostri auguri.
S'intende che da oggi decorre il termine di 20 giorni per la presentazione di eventuali ricorsi.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta avranno luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,01).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, fra le sue comunicazioni mi sarei atteso di ascoltare quella relativa alla riunione dell'Ufficio di Presidenza di ieri, che si è occupata di un argomento che ha investito i lavori dell'Aula nelle ultime giornate. Abbiamo infatti appreso dai giornali le decisioni in proposito del Presidente Fini e dell'Ufficio di Presidenza: sarebbe però forse utile che - così come il Presidente Fini aveva annunciato sarebbe accaduto - i deputati fossero messi a conoscenza di quali sono effettivamente le intenzioni che il Presidente ha per migliorare i risultati dei suoi predecessori riguardo a tale questione, o venendo invitati alla conferenza stampa che il Presidente fa per annunciarle, o magari - come sarebbe più naturale - attraverso, diciamo così, un'informativa che il Presidente può fare in Aula quando lo ritenga opportuno.

PRESIDENTE. La sua richiesta sarà comunicata al Presidente della Camera.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, desideriamo sapere se davvero la clinica Santa Rita è la «clinica degli orrori» e se è vero che altre trentacinque cliniche lombarde sono già finite sotto inchiesta e che in queste ore sono in corso accertamenti di carattere economico su altre dieci strutture. Desideriamo sapere insomma, anche se è difficile in questo momento definire il tutto, se il Governo non ritenga di informare l'Assemblea di Montecitorio su uno scandalo gravissimo che fa parlare di truffa omicida e chiama in causa un sistema ormai compromesso che paga la malattia anziché promuovere la salute.

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, il Ministro per i rapporti con il Parlamento Elio Vito, che è presente, prenderà buona nota. Noi, dal nostro canto, riporteremo la sua richiesta al Governo, che fra l'altro sappiamo dover riferire domani al Senato sull'argomento.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 4 - Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo (Approvato dal Senato) (A.C. 1094-A/R) (ore 10,02).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo.
Ricordo che nella seduta del 10 giugno si è esaurito l'esame degli emendamenti e degli ordini del giorno.

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(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 1094-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ricordo che, a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 10 giugno scorso, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e dei rappresentanti delle componenti politiche del gruppo Misto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone, al quale ricordo che ha sette minuti a disposizione. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, il gruppo parlamentare del Movimento per l'Autonomia voterà a favore del decreto-legge n. 80 sul trasporto aereo, che è stato oggetto della nostra discussione di questi giorni (forse troppo lunga, a causa dell'ostruzionismo noioso e inutile da parte dei colleghi dell'Italia dei Valori, che non ha prodotto alcuna proposta interessante).
Riteniamo infatti che salvare la compagnia di bandiera, l'Alitalia, prevedendo un esborso di 300 milioni, rappresenta un investimento sul futuro del nostro Paese e che sarebbe assolutamente miope ritenere il dato esclusivamente tecnico o dividersi tra chi oggi - improvvisamente e con poca credibilità - si scopre fautore del libero mercato e chi difende l'italianità della nostra compagnia di bandiera.
La crisi di fiducia che attraversa il nostro Paese ha bisogno, per essere superata, di azioni di Governo decise e di scelte che diano all'Italia nuove certezze ed ai nostri cittadini nuove speranze. Un Paese che rinuncia, senza fare alcun tentativo, a pezzi importanti della propria storia economica e industriale corre il rischio di essere travolto dalla globalizzazione. È evidente che Alitalia dovrà essere gestita con criteri di economicità e di efficienza, dovrà essere un'azienda sana che produce profitti e non perdite e che per questo necessita di un piano industriale efficace e di compratori, auspicabilmente italiani - del resto, che male c'è? -, in grado di garantirne l'attuazione. L'Alitalia risanata dovrà accompagnare la ripresa dell'Italia e consentire di recuperare le posizioni che abbiamo perduto nel campo dei flussi turistici: dal quinto posto dovremo risalire al vertice della classifica dei Paesi più visitati, perché abbiamo un patrimonio artistico, di bellezze naturali e culturali, unico al mondo.
Non possiamo affidare a nessun altro la decisione sugli scali e sulle rotte. Del resto, il dato negativo del primo trimestre del 2008 sta anche nel fatto che vi è stato il trasferimento dei voli dall'aeroporto di Malpensa a quello di Fiumicino. L'Italia - non l'aeroporto di Malpensa o quello di Fiumicino, ma l'Italia - ha perso nel primo trimestre il 25 per cento dei propri passeggeri, che hanno scelto di prendere negli scali franco-tedeschi i voli intercontinentali, che prima venivano presi dagli aeroporti del nord del nostro Paese.
Non dobbiamo commettere l'errore di mettere in contrapposizione Alitalia con Malpensa, perché sono due questioni che riguardano il nostro assetto del trasporto aereo, ma che devono essere tenute separate. Ritengo che i due hub di Fiumicino e di Malpensa siano assolutamente compatibili con gli obiettivi di rilancio e di risanamento di Alitalia. Del resto, Malpensa è assolutamente necessaria per garantire al nord i collegamenti fondamentali per la sua economia.
Con questo decreto-legge e con questo prestito a condizioni rigorose - che non è assolutamente assimilabile ad un aiuto di Stato - deve iniziare per Alitalia una nuova fase, che consentirà alla nostra compagnia di bandiera di uscire definitivamente dalla crisi ed ai lavoratori (un grande patrimonio di professionalità e competenza che va valorizzato ed ulteriormente arricchito) di avere più garanzie sul futuro.
Affrontando la questione Alitalia e quella del trasporto aereo non si può non sottolineare come una parte del nostro Paese - il sud - si trovi in una condizione Pag. 4di grave carenza di infrastrutture e soprattutto non abbia un aeroporto internazionale e intercontinentale come Malpensa o Fiumicino.
Insieme a tante altre, la carenza di infrastrutture è la principale causa del ritardo economico del sud. Il Movimento per l'Autonomia sollecita pertanto il Governo a compiere scelte coerenti e concrete in grado di consentire al Mezzogiorno di avere le stesse opportunità di altre aree del Paese.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Massimo Donadi. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'Italia dei Valori ha fatto un'opposizione durissima contro l'approvazione del decreto-legge in esame per smascherare quello che crediamo sia un vero e proprio inganno che si sta cercando di perpetrare ai danni degli italiani. Sia chiaro: non l'abbiamo fatta contro gli interessi dell'Alitalia, né tanto meno contro gli interessi dei suoi dipendenti. Esattamente all'opposto: l'abbiamo fatta per difendere tale patrimonio e tali interessi contro l'azione del Governo che, a nostro avviso, non solo sta mettendo proprio l'Alitalia e i posti di lavoro dei suoi 15 mila dipendenti a serio rischio, ma ormai, quasi sicuramente, sta creando le condizioni per la loro distruzione.
Signor Presidente, Alitalia attraversa da tanti anni una fase di grande difficoltà che ha visto spesso lo Stato intervenire mettendoci molti soldi pubblici, ma senza mai essere capace di proporre risposte. Ebbene, il Governo Prodi in due anni - solo in due anni - aveva trovato un partner industriale, Air France, uno dei più grandi operatori internazionali in materia di volo civile, uno dei più solidi finanziariamente, che si era dichiarato disposto a rilevare Alitalia, a compiere importantissimi investimenti finanziari per rilanciare le sue capacità commerciali e che si era impegnato, inoltre, a rispettare in larga misura i livelli occupazionali dell'azienda e il fatto che Alitalia rimanesse la compagnia di bandiera italiana. Non voglio dire che questa fosse la migliore proposta possibile, né che non potesse essere migliorata, ma era una proposta seria che avrebbe tutelato, salvaguardato e difeso uno dei grandi patrimoni economici del nostro Paese.
Il problema, signor Presidente, è che negli ultimi tre mesi, da parte di quella che oggi è la maggioranza, si è messo in scena il più trito e il più deteriore dei comportamenti che caratterizzano spesso la politica italiana, caratterizzato soltanto dall'ipocrisia e dalla demagogia. In questo caso l'ipocrisia consiste in ciò: ogni volta che nel nostro Paese la politica ha voluto privatizzare pezzi di economia pubblica, e l'ha voluto fare eludendo le regole del mercato senza cercare di massimizzare le possibilità di profitto per lo Stato e di guadagno per i cittadini italiani, ogni volta che ha voluto privatizzare secondo criteri di «amicalità» più che di interesse pubblico e ha voluto applicare il vecchio refrain per cui i debiti sono dello Stato, mentre gli utili vanno ai privati, ha tirato fuori questa famosa parolina magica, «italianità». È questa la parolina magica che il candidato Premier in pectore Berlusconi ha tirato fuori tre mesi fa ed è lì che è nato il grande inganno, la grande demagogia elettorale. Per un pugno di voti, per un meschino di più di consenso elettorale si è pronunciata la famosa frase: o si fa Alitalia, o si muore.
Signor Presidente, questa rischia di essere in negativo una delle poche promesse che alla fine questo Governo avrà mantenuto: Alitalia non è ancora morta, non ci siete ancora riusciti, ma ci manca davvero poco! In due mesi, da quando l'attuale maggioranza ha vinto le elezioni, il valore di Alitalia in Borsa è crollato di un quarto; sarebbe crollato anche di metà se non fosse che da dieci giorni sono state sospese le contrattazioni per eccesso di ribasso. In questi due mesi Alitalia ha perso un quarto dei suoi passeggeri; insomma avete distrutto e state distruggendo un grande patrimonio economico del Paese.
Adesso, poiché questo non vi basta e non avendo soluzioni alternative da proporre, Pag. 5avete pensato di fare ciò che la politica sa sempre fare quando non ha idee: mettere le mani nelle tasche dei cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Si tratta di 300 milioni di euro che non servono a niente, signor Presidente, e che rappresentano un po' la linea di riferimento dei vostri Governi. Infatti, già nel 2004, quando Berlusconi governava, fu stabilito un altro prestito di 400 milioni di euro.
Signor Presidente, allora almeno vi era un progetto industriale e una speranza di salvare Alitalia. Non vi siete riusciti, perché il vostro piano non era buono. Tuttavia oggi non vi è un piano industriale e nemmeno lo stralcio di un partner, perché Aeroflot ha dichiarato che ormai Alitalia ha superato il punto di non ritorno, Air France è scappata, Air One continua a essere quella che è sempre stata, ovvero il topolino che non può mangiare l'elefante.
Mi chiedo, dunque, cosa resti. Resta soltanto quella banca a cui voi avete dato l'incarico di vendere la società, ma a cui avete riconosciuto la possibilità alla fine (se lo volesse e se lo decidesse) di potersela comprare per sé. Insomma, stiamo procedendo ad una vendita dove non vi è né un partner, né un piano industriale e neanche le regole, in quanto avete anche deciso di sospendere l'applicazione degli obblighi di comunicazione che una società quotata in borsa ha verso i suoi azionisti. Di conseguenza, nessuno saprà più niente e gli investitori e i risparmiatori italiani non avranno più nessuna tutela, ma non vi è più neanche un quadro di riferimento di legalità liberale, poiché chi è incaricato di vendere è anche incaricato (se vuole) di acquistare.
Mi chiedo che razza di vendita sia questa, signor Presidente, e come si possano tutelare così gli interessi degli italiani. Oltretutto, nel far ciò, andate incontro a quella che ormai per voi è solo l'ennesima procedura di infrazione. Non riuscendo ormai a realizzare in Italia quella secessione cara a una parte della Lega, state realizzando, giorno dopo giorno, una strisciante secessione dall'Europa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Non vi è giorno, non passa giorno, in cui l'Unione europea non sia costretta ad aprire una procedura d'infrazione verso l'Italia. Tuttavia l'inganno, come dicevo all'inizio dell'intervento, che noi volevamo svelare è che tutto ciò rappresenta una storia già scritta, scritta tre mesi fa quando il presidente Berlusconi, inopinatamente, ha fatto fuggire l'unico e serio acquirente, senza avere alle spalle nessuna altra alternativa, nessuna altra possibilità e nessuna altra chance. Ci si è dati un orizzonte di tre o quattro mesi, coperto ora mettendo le mani nelle tasche degli italiani, sapendo che così non si ha alcun potere contrattuale, in quanto il poco tempo danneggia chi vende ed è tutto negli interessi di chi compra.
Tuttavia, pare che mettere le mani nelle tasche degli italiani non spaventi il Governo. Infatti, avete già quasi distrutto il valore di Alitalia, ora chiedete agli italiani 300 milioni di euro e saremo costretti a pagare una multa per l'infrazione europea e un'altra multa dovremo pagarla cambiando materia. Sarà una multa probabilmente miliardaria in euro per le frequenze che non avete mai voluto dare ad Europa 7 e anche quando fate finta di togliere (come nel caso dell'ICI), con una mano togliete, ma con l'altra prendete. In questo caso con un tratto di penna avete cancellato tutte le strade che dovevano essere costruite tra la Sicilia e la Calabria, questo sì il vero patrimonio di cui il sud del Paese ha bisogno per crescere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Insomma, signor Presidente, un Ministro autorevole del vostro Governo a proposto in queste settimane la «Robin Hood tax»: mi pare che il Governo di Robin Hood abbia molto poco e assomigli sempre di più all'avido sceriffo di Nottingham (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tabacci. Ne ha facoltà.

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BRUNO TABACCI. Signor Presidente, il Governo con il decreto-legge in esame mette una «pezza» alla disinvoltura con cui il Presidente Berlusconi in piena campagna elettorale, ma anche dopo, ha compiuto una serie di azioni. Ha messo in fuga Air France, ha sollecitato Putin e Aeroflot (una società aerea che vive con i diritti di sorvolo di quell'immenso Paese), ha annunciato una cordata italiana sulle ali di un falso patriottismo economico (tra l'altro mettendo in mezzo perfino i figli) e ha soffiato sull'andamento speculativo del titolo Alitalia in borsa, sospeso tardivamente dalla Consob.
Per questo motivo, oggi il Governo si trova costretto a continuare una strategia dannosa, illusoria e gravemente pesante per i contribuenti. Il Governo, così, costruisce una pericolosa deroga alle modalità di privatizzazione e consegna il gioco nelle mani di Banca Intesa - San Paolo, in pieno conflitto di interessi, sia per il ruolo avuto nella gara indetta dal Governo Prodi, sia per i rapporti in essere con il gruppo Air One.
Ci dispiace per la Lega, il cui ordine del giorno in difesa di Malpensa è stato semplicemente accolto come raccomandazione dal Governo. Ieri, il collega Reguzzoni si è dato da fare per tentare di convincere il sottosegretario a tornare sui suoi passi. Si può dire, per la Lega, che è scattata la legge del contrappasso: la Lega rifinanzia Alitalia nel momento in cui l'azienda lascia Malpensa e viene meno ai suoi impegni. Noi dell'Unione di Centro possiamo esprimerci così, con una certa libertà, che è diversa da quella del Partito Democratico e dell'Italia dei Valori, perché eravamo critici anche nei confronti della procedura avviata dal Presidente Prodi. Per questo motivo, abbiamo potuto esercitare un'opposizione serena e non pregiudiziale, senza rigidità o ammiccamenti.
L'onorevole Compagnon - che era il nostro «portabandiera» nel Comitato dei nove - ha presentato solo tre emendamenti, ma si trattava di tre emendamenti di natura sostanziale. Non abbiamo rincorso l'atteggiamento ostruzionistico di Italia dei Valori, ma sostengo anche che le polemiche di ieri in Aula nei confronti di Di Pietro non ci appartengono. Anche se la distanza dall'onorevole Di Pietro è rilevante, ricordo a coloro che hanno innestato queste polemiche che è come se essi mettessero in discussione le loro stesse radici, che affondano nella tradizione di un certo giustizialismo. Noi ricordiamo sia il cappio della Lega sia le monetine del Movimento Sociale. Non abbiamo la memoria corta e ricordiamo anche che la nascita di Forza Italia avvenne sul presupposto della discontinuità con la prima Repubblica; in seguito, Berlusconi, dopo i fatti di Napoli, si accorse che le cose potevano riguardare anche lui. Lasciamo stare, quindi, la storia passata, perché Alitalia, da tempo, andava sottoposta alla cosiddetta legge Marzano, la «ex Prodi», come è avvenuto per il caso Parmalat. Questa è la nostra posizione: non si sarebbe trattato di una liquidazione, ma sarebbe stata la premessa per una seria ristrutturazione industriale.
Le ragioni sono diverse: l'andamento dei suoi bilanci degli ultimi dieci anni (specchio negativo di un assetto societario, finanziario e organizzativo non in grado di reggere la competizione crescente, specie dei vettori low cost); la dispersione su due «mini hub», che ha generato costi addizionali; le perdite generate da rotte in competizione con mercati collegati ad hub molto forti come Francoforte, Monaco, Parigi e Amsterdam; la rottura del rapporto di fiducia con i mercati finanziari, pagato duramente da risparmiatori e contribuenti. Ce n'è per tutti: per il Governo Prodi e per i governi Berlusconi. Nel 1998 vi è stata una ricapitalizzazione aperta agli azionisti terzi per 3.000 miliardi di lire; nel 2002 vi è stato un aumento di capitale per 1.432 milioni di euro; nel 2004 un prestito-ponte di 400 milioni di euro; nel 2005 un aumento di capitale per 1 miliardo 6 milioni di euro e il ricorso al mercato obbligazionario per oltre 500 milioni, con la promessa dell'utile nel 2006 (quell'esercizio si è chiuso in rosso per 626 milioni di euro: è stata operata, pertanto, Pag. 7una clamorosa «fregatura» nei confronti dei risparmiatori che, ahimè, hanno creduto a quelle promesse).
Un mercato relativamente povero è un contesto sfavorevole, con il petrolio a oltre 130 euro al barile e il cherosene che ne risente. L'azienda è tuttora costretta ad esercitare attività senza alcuna base di competitività, accumulando perdite; la flotta è in parte obsoleta e frammentata su macchine di diverso tipo, con complessità di manutenzione e di gestione degli equipaggi; il costo del personale navigante è superiore di oltre il 50 per cento rispetto a quello degli altri vettori nazionali.
La gestione del personale è fortemente sindacalizzata o politicizzata, con vincoli contrattuali che non consentono ai migliori o ai più meritevoli di affermarsi in tempi brevi. La proliferazione delle sigle sindacali ha creato conflittualità anche su questioni di scarso valore strategico, generando perdite per l'azienda. Persino l'assunzione di piloti dall'esterno è preclusa per contratto, così come l'assunzione di personale etnico per i voli verso l'Oriente e l'Africa è causa di gravi tensioni sindacali. Dunque, cari colleghi, senza una profonda e rigorosa ristrutturazione, che solo una procedura straordinaria può consentire, non si materializzerà nessuna seria cordata. Finora i capi azienda che l'hanno tentata sono stati avvicendati: sono dieci in una dozzina di anni. Quando si annuncia un piano industriale e lo si minaccia, qual è la soluzione che si adotta? Si cambia l'amministratore delegato. L'Unione di Centro vota contro questo decreto-legge per la pericolosa sospensione delle regole di privatizzazione, per l'irrompere di conflitti di interesse e per il contrasto con l'Unione europea, che avanza rilievi fondati di infrazione per aiuti di Stato. Il Governo si illude che la «luna di miele» lo preservi dalla severità del giudizio che accompagnerà questa operazione fallimentare e Tremonti si illude che basti richiamare Colbert per innestare un sano patriottismo economico. È un grande pasticcio del quale finirete per assumere la responsabilità complessiva, anche per quella parte che, in fondo, non vi competerebbe. Quando le promesse elettorali, sganciate dall'interesse generale, inseguono interessi particolari, prima o poi si rivoltano contro chi le avanza. Pur di vincere, si è capaci di promettere cose che fanno male al Paese e per questo richiamate una lealtà con gli elettori che evidenzia, in definitiva, una scarsa cultura di Governo. Il nostro dissenso corrisponde alla denuncia di questo rischio che sta correndo il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, credo che quando si affronta un tema così complesso, corre l'obbligo di porsi alcune domande. Stiamo discutendo della conversione in legge di un decreto-legge i cui effetti, però, sono immediati. Allora, se gli effetti sono immediati e il prestito di cui stiamo discutendo è già operativo - e la risposta è sì -, i soldi sono già stati materialmente dati ad Alitalia e da questa probabilmente già impegnati? E la risposta è ancora sì. Dunque, dopo questo triplice sì, la domanda finale è: se non convertiamo questo decreto-legge, l'Alitalia, che notoriamente non è in grado di avere un conto economico positivo, cosa fa? Deve portare i libri in tribunale, giusto? Ebbene, la risposta è ancora una volta sì. Perché si è arrivati a questa situazione? Le cause le abbiamo sentite per due settimane e sono tante, gli errori che sono stati commessi sono numerosi e credo che il primo per importanza e l'ultimo in ordine di tempo sia quello più clamoroso: è quello di aver abbandonato il nord, ma - badate bene - non solo Malpensa, ma tutto il nord. È stato fatto un piano industriale i cui effetti si notano in questi giorni. Ma scusate, abbandonare Malpensa non doveva risanare i conti dell'azienda? Non era Malpensa il baratro dove finivano i fondi dell'Alitalia? Ebbene, i dati di questi Pag. 8giorni testimoniano che non è così: Alitalia perde ancora di più, nonostante questo tipo di politica dissennata.
Sulle altre cause il nostro gruppo è stato, per disciplina e senso di responsabilità, in silenzio ad ascoltare tanti interventi, alcuni dei quali sicuramente molto interessanti. Credo che gli esperti di trasporto aereo in quest'Aula non siano così numerosi come gli intervenuti, però abbiamo ascoltato tutti gli interventi. Per esempio, non possiamo non rimarcare uno degli aspetti significativi sottolineati in questa Aula. L'allora Ministro di Pietro sottolineò in un tavolo a Milano, alla mia presenza - quindi sono stato testimone oculare -, un grande imbarazzo di fronte all'offerta di Air France, che non era solo volta ad acquistare la compagnia, ma ad impedire lo sviluppo degli aeroporti e dell'aviazione nel nostro Paese. Quando parlo di aeroporti, mi riferisco a tutti gli aeroporti, non solo a quello di Malpensa, ma a tutti gli aeroporti, in particolare a quelli del nord, ma non solo.
I dati di questi giorni dimostrano che la politica di abbandono del piano industriale precedente ha portato l'Alitalia a un disastro economico e i nostri passeggeri e le nostre merci a viaggiare, non tanto su Roma, ma soprattutto verso gli aeroporti stranieri. Si tratta di un danno che penalizza il Paese, di un disastro cui siamo chiamati, in una delle prime sedute di questa legislatura, a porre attenzione.
Ritengo che in questo quadro sia necessaria una svolta e sono convinto che con l'approvazione degli ordini del giorno e con la relazione del Governo di ieri questa svolta sia arrivata. Noi abbiamo presentato l'ordine del giorno Cota n. 9/1094-A-R/2 e altri anche significativi - gliene do atto - accolti anche essi dal Governo, sono stati presentati da parte dei gruppi dell'opposizione. Per tali motivi, al di là della primogenitura, mi sembra che si tratti di un cambio di passo, di una svolta della politica del trasporto aereo. Affermo tutto ciò perché da quando esiste l'aviazione civile, la politica degli Stati nazionali è sempre stata improntata al supporto di una compagnia di bandiera. La politica della Repubblica italiana, così com'è avvenuto in altri Stati, è stata quella di tutelare una compagnia di proprietà del Governo. Questa politica è cambiata qualche decennio fa negli Stati Uniti e parecchi anni fa negli altri Paesi europei. Anche noi finalmente ci rendiamo conto che con l'offerta commerciale che esiste oggi fare una politica del trasporto aereo incentrata solo a favore di una compagnia di bandiera è non soltanto inutile, ma rischia di essere dannoso per lo sviluppo economico del Paese. In questo senso arriviamo tardi, ma finalmente arriviamo e in questo senso va non solo l'ordine del giorno della Lega, ma anche gli altri. Voglio sottolineare che nel nostro ordine del giorno ha un'importanza fondamentale il termine alla decisione arbitraria su dove localizzare gli accordi bilaterali. Stiamo entrando nel tecnico, me ne rendo conto, ma da oggi in avanti non sarà più il Governo a decidere dove verrà collocato il volo, ad esempio per Caracas, ma dovrà essere il mercato a deciderlo e il Governo sarà impegnato e obbligato ad assegnarlo laddove vi è una richiesta di mercato. Non parlo solo per Malpensa, se vi una richiesta di mercato a Venezia il volo dovrà essere collocato a Venezia, se vi è una richiesta a Verona dovrà essere posizionato a Verona, così come a Torino, a Genova - e perché no? - a Palermo, a Napoli, ovunque sia, ma non sempre e solo a Roma per decisione centralistica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Per questo motivo, perché siamo di fronte ad una svolta - il Governo lo sappia con chiarezza: solo per questo motivo - la Lega Nord Padania voterà a favore della conversione in legge di questo decreto-legge. Su queste basi, non essendo ovviamente contenti delle affermazioni di principio, saremo molto attenti e vigileremo puntualmente perché la politica sul trasporto aereo in Italia sia da ora in avanti una politica di libertà.
Anche in questo caso, come sempre accade quando si parla di federalismo, non si tratta di una politica rivolta solo per una parte. Verrebbe facile a chi, come il sottoscritto, abita a cinque chilometri Pag. 9dall'aeroporto di Malpensa fare propaganda e affermare: favoriamo Malpensa. Il federalismo fa bene a tutti, a tutto il Paese, a tutto il nord, a tutti noi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bersani. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

PIER LUIGI BERSANI. Signor Presidente, cari colleghi, in questa vicenda vi sono troppi fatti e troppo gravi perché si possano sprecare parole. Starò, quindi, sui fatti certificati e dimostrabili. Nel 2001, anno di passaggio di consegne dal centrosinistra al centrodestra, l'Alitalia valeva 8,5 euro ad azione. Nel 2006, passaggio di consegne dal centrodestra al centrosinistra, Alitalia vale 1 euro ad azione.
In quei cinque anni, con l'azionista di centrodestra, il presidente di Alitalia di centrodestra e il presidente di SEA di centrodestra, sono avvenute le seguenti tre cose: il crollo dei conti di Alitalia nonostante le ricapitalizzazioni; la rinuncia, nel 2003, all'accordo con Air France e KLM, che è stato l'ultimo treno vero su cui poteva saltare il nostro aereo; la crescita dello squilibrio anarchico del sistema aeroportuale del nord e la mancata applicazione della clausola, trattata con l'Unione europea, che avrebbe consentito al Governo italiano, dopo un anno dal primo trasferimento dei voli, di riconsiderare la ripartizione dei voli degli aeroporti lombardi.
Nel 2006 arriva al Governo il centrosinistra e va riconosciuto che c'è stato qualche mese di stand by e poi si è provato a privatizzare. L'azienda mostra di essere molto difficile da vendere. Si usano procedure di mercato standard. Con la prima procedura si arriva all'ultima offerta di Air One assistita non solidalmente da Banca Intesa, per cui si ha la rinuncia di Air One; con la seconda procedura, governata e condotta da Alitalia si mostra efficace e si affaccia la soluzione di Air France. Ci sono scogli da superare: l'accordo sindacale; lo scoglio un po' simpatico e surreale avanzato da SEA, che chiede risarcimenti miliardari (quella stessa SEA che oggi dice di non volere Alitalia «nei piedi») alla quale Alitalia risponde con uguale e contraria richiesta; ma lo scoglio più vero e più grave è politico, politico-elettorale. Appare la posizione del centrodestra con i seguenti argomenti: si svende Alitalia (Air France offre per l'acquisto, per il ritiro delle obbligazioni, e per la ricapitalizzazione tre miliardi di euro più gli investimenti successivi); in secondo luogo si sostiene che si da in mano ai francesi il turismo italiano, dimenticando che noi abbiamo perso quattro posizioni nel mondo nel settore turistico in pieno governo di Alitalia dei flussi turistici aerei; si avanzano argomenti anche simpatici, ad esempio si ricorda, in modo elegante, che Padoa Schioppa ha casa a Parigi (anche questo è un argomento inserito nella discussione). C'è invece un argomento serio che si chiama Malpensa perché il piano Air France mette in immediata difficoltà Malpensa. Tutti ci lamentiamo di questo, però c'è chi grida più forte, e chi grida più forte è quello stesso che oggi dice, giustamente: lasciateci uno sbocco di mercato per Malpensa. Infatti anche un bambino capiva che Malpensa stava prendendo sette o otto milioni di passeggeri da voli in perdita di una compagnia in perdita e sovvenzionata, e alla lunga non si può andare avanti così, tant'è vero che adesso Malpensa può trovare gradualmente una strada di recupero e va appoggiata. Infatti da questo punto di vista abbiamo messo soldi per gli ammortizzatori.
Non c'è modo di ragionare perché siamo in piena campagna elettorale. Il centrodestra annuncia soluzioni italiane. Alcune sigle sindacali, già ostili, rafforzano l'ostilità perché appare una sponda. Le trattative si rompono. L'amministratore Prato se ne va. Questo gesto da persona seria e da gentiluomo induce un ripensamento nelle parti, perché appare chiaro che a giudizio di Prato non c'è alcun altra soluzione. L'amministrazione Prodi cosa fa? Nell'ultima settimana prima delle elezioni cerca di ricucire. In qualità di persona Pag. 10presente posso dire che il lavoro di ricucitura stava procedendo, e - voglio dirlo qui in Parlamento - Air France era in condizione di chiarire ulteriori elementi di flessibilità, le organizzazioni sindacali avevano gradualmente appurato che il contesto occupazionale non era così pesante e negativo come era apparso in un primo momento e che si trattava prevalentemente di una questione di perimetri e non di una questione sostanziale di occupazione, anche se devo dire, con onestà, che vi era l'eccezione di alcuni problemi dal lato dei piloti.
In ogni modo, a mio avviso, si stava chiudendo, sennonché, a elezioni avvenute, il capo dell'opposizione è diventato futuro Capo del Governo. E da futuro Capo del Governo dice: «i francesi non sono graditi. Vi è un'altra soluzione».
Quella triste sera Air France telefona e dice che se ne va. Qui voglio dirlo: potranno non esserci simpatici, ma si sono dimostrati persone serie in tutta questa trattativa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Il Capo del Governo in pectore chiede a quello uscente il tempo necessario per riuscire a trovare una soluzione che, comunque, c'è, è lì, è la cordata. Poi, dalla villa sarda, era decollato anche Aeroflot, quindi eravamo a posto. Quindi, c'era solo bisogno di tempo.
Benissimo, si è concesso il prestito ponte. Nel frattempo i conti di Alitalia precipitano, un privato cittadino gira per l'Italia a vendere un bene pubblico, anche nostro, non si capisce a quale titolo (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Intanto, il titolo azionario va sulle montagne russe, senza che nessuno intervenga. Ripeto, senza che nessuno intervenga.
Ed eccoci a noi. Arriva il nuovo Governo e si passa all'azione. Il prestito ponte è trasformato in patrimonio: un debito diventa un patrimonio, una figura che non si è mai vista. Naturalmente tutti comprendiamo il salto di qualità dal punto di vista del rischio comunitario: ci è evidente, è evidente anche a un bambino.
È evidente che stiamo buttando soldi dalla finestra. La copertura viene trasferita da un Fondo rotativo rimpinguabile ai Fondi per il sostegno della piccola e media impresa e industria 2015, senza dimenticare una decina di milioni dai fondi del sociale: sempre per fare il Robin Hood, perché un po' di Robin Hood va sempre fatto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Eccoci, infine, signor Presidente al capolavoro. Si scopre che, oltre a mandare a casa Air France, si è buttata via una procedura di mercato standard e trasparente che era durata sei mesi. E se ne è inventata un'altra: la si inventa fuori da ogni regola di trasparenza, di concorrenza e di vigilanza.
Prima questione (vorrei che i colleghi fossero attenti a questi passaggi, perché in questo momento ci stiamo assumendo una responsabilità): chi presta servizio di consulenza finanziaria viene scelto senza confronto concorrenziale e si tratta chiaramente di una parte protagonista, di una parte in causa vicino ad una delle scelte in campo.
Seconda questione: viene derogato il vincolo di legge che impone modalità trasparenti e non discriminatorie nelle cessioni. Tale disposizione viene derogata e se la lingua italiana non è una convenzione né un'opinione, ciò significa che diventano legali modalità oscure e discriminatorie.
Terza questione: viene esclusa la conoscenza dei dati dell'azienda e dei dati relativi ad eventuali compratori. Tale conoscenza viene esclusa per tutti: i piccoli azionisti, eventuali soggetti che avessero interesse, l'opinione pubblica. Ma tali dati non sono oscuri per uno o per chi viene preso per mano da quell'uno. Quindi, luce per uno e buio totale per tutti gli altri.
Quarta questione, ma non ultima. Attenzione: viene data facoltà di fissare il prezzo libero delle azioni al momento della cessione, senza la verifica di congruità di un soggetto terzo.
E si giustifica tutto questo obbrobrio, affermando che sono andate deserte due gare e che non vi è altra possibilità. No: un privato italiano ha detto che è interessato; Pag. 11il francese, l'avete cacciato via voi; altri sui giornali dicono di stare attenti, perché viene fuori un pasticcio.
Per dirla in due parole, siamo al punto che o la situazione precipita prima che...

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Bersani.

PIER LUIGI BERSANI. O la situazione precipita prima che queste norme abbiano effetto o, se queste norme divengono effettive, qualcuno si mette nei guai, perché vi sono interessi legittimi che vengono palesemente aggirati.
Quindi, noi attendiamo l'epilogo. Speriamo che l'epilogo abbia un contenuto positivo per i lavoratori e per l'azienda...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Bersani.

PIER LUIGI BERSANI. Se non fosse così, il Governo si assume una responsabilità drammatica e il nostro voto contrario è un invito al Parlamento a non condividere tale responsabilità (Vivi applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori-Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Biasotti. Ne ha facoltà.

SANDRO BIASOTTI. Signor Presidente, è da tre settimane che discutiamo dell'importante provvedimento in esame e purtroppo ci avviamo a votarlo a maggioranza.
Dico purtroppo, perché trattiamo un decreto-legge sostanzialmente votato dal Governo Prodi il 23 aprile del 2008. Per questo mi rammarico di un voto a maggioranza, ricordando anche che i nostri colleghi del Senato lo hanno votato all'unanimità.
È vero, il testo è stato emendato ed un emendamento del Governo ha trasformato questo prestito in sottoscrizione di capitale, ma era un passaggio obbligato: se il Governo non avesse agito in tal modo, all'approvazione del bilancio Alitalia del 2007 (la trimestrale del 2008), la società avrebbe portato i libri in tribunale, con un danno irreparabile per i dipendenti, per i passeggeri, per le nostre merci, per le nostre continuità territoriali, per l'interesse più generale dell'Italia.
Perciò mi rammarico dell'atteggiamento dell'opposizione: è la prima volta che siedo in Parlamento e in questa vicenda, obiettivamente, l'ho ritenuta parziale, pregiudiziale e preconcetta.
Allora mi permetto, modestamente, di contestare alcuni passaggi che ritengo obiettivamente quantomeno inesatti, se non ingiusti.
In primo luogo, è stato contestato a Berlusconi il fatto che governa da cinque settimane e non è riuscito a trovare una soluzione: è vero...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, prego tutti di consentire al collega Biasotti di proseguire il suo intervento.

SANDRO BIASOTTI. Grazie, signor Presidente. Non so se Berlusconi sia «unto dal Signore». Certamente, nell'imprenditoria dispone di capacità che non sono seconde a nessuno.
Dunque, diamogli il tempo per iniziare una procedura.
Ma con che coraggio criticate cinque settimane, cari colleghi della sinistra, quando ne avete avute cento per trovare una soluzione ad un problema così importante?
Il Governo Prodi ha avuto cento settimane, ma non solo non ha trovato una soluzione: ha fallito tre procedure. La prima: nel dicembre del 2006, il Governo Prodi ha autorizzato una privatizzazione a procedura competitiva, a trattativa diretta, che ha portato, in un primo momento, all'interesse di diverse compagnie, successivamente poi ridottesi a cinque, poi, il 16 aprile, a tre offerte (Air One, Aeroflot con Mediobanca e Matlin Patterson); tutte e tre, signor Presidente, il 18 luglio hanno rinunciato, perché il Governo Prodi ha dimostrato l'incapacità di individuare la procedura più corretta per attrarre gli Pag. 12investitori e gli operatori più importanti del mercato.
Secondo sbaglio: ha approvato un piano industriale di Alitalia che, invece di ridurre le perdite, ha ridotto i voli ed i servizi e ha aumentato le perdite.
Per continuare, infine, nel luglio dell'anno scorso, con un'altra procedura competitiva, che ha prodotto una trattativa esclusiva con Air France e che ha permesso alla stessa di decidere autonomamente il prezzo, la chiusura del settore merci e quella dell'aeroporto di Malpensa, la sparizione del marchio, la scelta del prezzo (ricordo che in quel momento il prezzo di mercato era di 0,96 e Air France ha offerto 0,35, a mercati aperti!) e il licenziamento di 6.000 dipendenti diretti e di 2.500 dipendenti indiretti.
La sinistra sostiene che almeno era stato individuato un compratore e che almeno vi era Air France. Bene: non è così. Air France aveva posto quattro condizioni per la validità del contratto ed erano le seguenti: il prestito di 300 milioni di euro (realizzato, quindi, dal Governo Prodi), il pieno accordo sindacale e il superamento della causa fra la Sea e l'Alitalia per l'aeroporto di Malpensa. Air France ha rinunciato non certo per Berlusconi, ma perché il 2 aprile al tavolo con il sindacato, esso ha detto «no» e Spinetta ha preso il suo aereo e se n'è andato a Parigi, interrompendo le trattative. Questa è la verità. E ciò non lo dice il sottoscritto o il centrodestra, ma l'onorevole Buttiglione, che ho molto apprezzato in un suo intervento, quando ha affermato che Air France era una bufala, perché anch'essa chiedeva qualcosa che non si può dare. Non so se Malpensa, prosegue Buttiglione, abbia ragione o torto a intentare una causa ma, certamente, il Governo non può proibire a Malpensa di intentare una causa e nessun Governo si può impegnare a pagare la cifra - un miliardo e mezzo di euro - che Alitalia dovrebbe versare nel caso in cui venisse condannata.
Pertanto, le condizioni poste da Air France erano assolutamente non accettabili.

PRESIDENTE. Colleghi, vi invito ad avere un atteggiamento, per usare un eufemismo, più soft per consentire al collega di proseguire il suo intervento. Grazie.

SANDRO BIASOTTI. Signor Presidente, sono 15 giorni che siamo inchiodati a discutere su questo importante provvedimento e, quindi, capisco che i colleghi abbiano un momento di disattenzione.
Il problema è stato anche accennato dal collega Bersani: la questione del titolo in Borsa. È vero: il titolo valeva otto euro nel 2001, mentre nel 2006 valeva un euro e qualcosa. Forse, però, egli dimentica di sottolineare che nel 2001 vi è stato il dramma delle Twin Towers e che i titoli di tutte le compagnie aeree sono crollati di tre, quattro o cinque volte (Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

ANDREA LULLI. Falla finita!

SANDRO BIASOTTI. Mi permetto di ricordare all'onorevole Bersani - che, tra l'altro, stimo - che è vero che il titolo in Borsa valeva otto euro nel 2001, ma nel 1997, con il Governo Prodi, il titolo Alitalia valeva 14,72 euro, quando, cioè, avete collocato sul mercato il 60 per cento del titolo Alitalia. Lo ripeto: 14,72 (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà)! E nel momento migliore dei traffici aerei, in cui tutte le compagnie aeree hanno triplicato il fatturato e triplicato o quadruplicato le rotte, Alitalia ha perso il valore del titolo di metà, ha perso traffici e, in quegli anni in cui eravate al Governo, avete assunto migliaia di dipendenti. Questa è la verità vera, che oggi volete sottacere.
Inoltre, siete stati recidivi, perché in quegli anni - nel luglio del 1997 - avete approvato, sempre con il Governo Prodi, un importante piano di ristrutturazione, con una ricapitalizzazione non di 300 milioni di euro, ma di 1.420 milioni di euro, cioè cinque volte tanto. Con che coraggio, quindi, oggi contestate un'operazione - l'unica che può portare la salvezza di questo titolo - quando nel 1997, negli anni migliori del traffico aereo, ne avete messi Pag. 13sul tavolo - anzi, buttati via - 1.420? Questa è la verità. È vero, allora era in carica il Ministro Burlando, con il quale ho una questione personale e, quindi, non voglio parlarne. Tuttavia, avete sprecato un'occasione incredibile.
Un'altra inesattezza, colleghi: avete parlato per 15 giorni della procedura d'infrazione che la Comunità europea avvierà nei confronti del Governo Berlusconi. Bene, il Governo Prodi ha usato un sistema forse non condivisibile, ma si trattava di salvare la vita - per usare una similitudine - ad una persona cara: allora sgomiti, superi gli ostacoli e rischi di avere un'infrazione, che, tuttavia, noi ancora non abbiamo avuto. Vi ricordo, infatti, che è stato aperto un dossier: vi è, quindi, un sospetto, non si tratta di un'infrazione, ma di un'apertura d'indagine da parte della Comunità europea (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).
La vera infrazione l'avete compiuta voi nel 1997 e verrà a sentenza nei prossimi giorni per ciò che avete commesso dieci, anzi undici anni fa.
Avete contestato la trasparenza e l'assenza di una gara. Berlusconi non aveva altra iniziativa che questa; sapete meglio di me che indire una gara per trovare un advisor vorrebbe dire avviare procedure lunghe sei mesi e, in caso di ricorso al TAR, un anno e vorrebbe dire far fallire l'Alitalia. Come vi permettete, quindi, di affermare che non vi sia stata trasparenza? È stata scelta una delle banche più importanti, una di quelle che, mi sembrava, fosse molto più vicina al centrosinistra che al centrodestra. Ricordo che questi banchieri facevano la fila per andare a votare alle primarie del centrosinistra, adesso invece diventano gli amici di Berlusconi e voi dite che questa non è trasparenza!

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Biasotti.

SANDRO BIASOTTI. Concludo, signor Presidente. Mi sembra, anche dalle indiscrezioni degli ultimi giorni, che Berlusconi abbia fatto un appello a tutti gli imprenditori nazionali e internazionali, ma soprattutto a quelli nazionali. Secondo quanto ho letto, sono interessati importantissimi imprenditori, che mi auguro possano proseguire, ma che sono certamente molto più vicini al centrosinistra che al centrodestra. Questo, però, non deve essere un problema di centrosinistra o di centrodestra: si tratta di salvare decine di migliaia di dipendenti, di salvare la nostra continuità territoriale, di salvare il nostro sistema delle merci e di salvare il nostro turismo.
Per questo motivo, non accetto (me lo consenta, onorevole di Pietro) attacchi così strumentali e non accetto che lei ci abbia tenuto qui per 15 giorni senza alcuna proposta...

PRESIDENTE. Onorevole Biasotti, la invito a concludere.

SANDRO BIASOTTI. ... solo con attacchi personali ai colleghi e alla Presidenza su una questione per la quale avremmo bisogno veramente di un accordo bipartisan, perché lei capirà che in assenza di un tale accordo qualche imprenditore non verrebbe al tavolo delle trattative.
Concludo, signor Presidente, esprimendo, purtroppo, un forte dubbio. Ho il dubbio che una parte minima (mi auguro) di questo consesso non abbia a cuore le sorti dell'Alitalia, ma, al contrario, abbia a cuore il suo fallimento, al fine di poter, ancora una volta, colpevolizzare Berlusconi. Per tale motivo noi, convintamente, esprimiamo voto favorevole al provvedimento in esame (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Passiamo ora alle dichiarazioni di voto a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Jannone. Ne ha facoltà, per un minuto.

GIORGIO JANNONE. Signor Presidente, dopo aver ascoltato alcuni interventi, Pag. 14verrebbe da chiedersi dove fosse l'onorevole Di Pietro, che con il suo gruppo ha richiamato il Governo alla trasparenza delle procedure, quando più volte nella scorsa legislatura il Parlamento fu totalmente esautorato dalle decisioni che riguardavano Alitalia; dove si trovavano l'onorevole Di Pietro e l'onorevole Bersani quando, a mercati aperti, i ministri della scorsa legislatura più volte causavano la débâcle dei titoli Alitalia in borsa portandoli, con le loro dichiarazioni, ai minimi storici e danneggiando così migliaia di azionisti di tutta Italia che li possedevano? Dov'erano l'onorevole Bersani e l'onorevole Di Pietro, quando le aste indette dall'allora Governo, con una procedura del tutto inusuale, per due volte andarono completamente deserte? Ancora, dove erano quando si creò una corsia assolutamente preferenziale nei confronti di Air France, fornendo solamente alla compagnia di bandiera francese i dati di bilancio di Alitalia?
Di tutte queste contraddizioni, che non sto rilevando io, signor Presidente, ma che sono state più volte evidenziate dalla Consob e dalle autorità italiane e internazionali, con un pizzico di vergogna dovrebbero rispondere coloro che oggi criticano a gran voce il Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà, per un minuto.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, voglio innanzitutto ringraziare l'onorevole Biasotti per l'ampiezza del ragionamento che ha portato all'attenzione della Camera. Vorrei aggiungere un'unica considerazione. Poco fa si è richiamato il ruolo della Consob e anche nei giorni scorsi ci si è riferiti a questo istituto in merito alle questioni sorte dopo la decisione del Governo di emanare il provvedimento al nostro esame.
Ricordo a me stesso che nella passata legislatura, sia alla Camera che al Senato, abbiamo più volte chiesto l'audizione della Consob quando, nel pieno del processo di privatizzazione, o di finta privatizzazione, quale è stata quella avviata dal precedente Governo, si assisteva ogni giorno a dichiarazioni altalenanti di vari ministri che, in quel momento, non tenevano conto del fatto che c'era una gara aperta e, di fatto, erano funzionali a un vero e proprio insider trading.
Di questo la Consob, a suo tempo, non si è interessata: credo che questo vada detto con chiarezza perché, certamente, oggi non possono venire da quella parte lezioni di questo tipo alla maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mario Pepe (PdL). Ne ha facoltà, per un minuto.

MARIO PEPE (PdL). Signor Presidente, vorrei rivolgermi all'Assemblea con un tono un po' diverso e mi auguro che oggi, con l'approvazione di questo disegno di legge di conversione, si ponga fine ad una brutta vicenda: la vicenda dell'Alitalia è lo specchio fedele del fallimento dello Stato imprenditore, uno Stato che in passato ha fabbricato panettoni e che la sinistra stava per far diventare anche impresario di pompe funebri!
Mi auguro che lo Stato, in futuro, possa andar via definitivamente dall'economia e che, con questo ultimo atto, l'Alitalia possa ritrovare quello slancio e quella competitività di cui una compagnia moderna ha bisogno (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

Modifica nella composizione di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che il deputato Annagrazia Calabria, proclamata in data odierna e a cui va il nostro saluto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo Pag. 15della Libertà), ha dichiarato di aderire al gruppo parlamentare Popolo della Libertà.

Si riprende la discussione (ore 10,58).

(Coordinamento formale - A.C. 1094-A/R)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 1094-A/R)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 1094-A/R, di cui si è testé concluso l'esame.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(S. 4 - Conversione in legge del decreto-legge 23 aprile 2008, n. 80, recante misure urgenti per assicurare il pubblico servizio di trasporto aereo) (1094-A/R):

(Presenti e votanti 533
Maggioranza 267
Hanno votato sì 278
Hanno votato no 255).

Prendo atto che i deputati Lisi, Milanese e Beccalossi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole e che i deputati Volontè e Leoluca Orlando hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori (ore 11).

PRESIDENTE. Onorevole Evangelisti, lei aspetta una risposta con riferimento alla richiesta che ha formulato all'inizio della seduta di un'informativa urgente sulle recenti vicende che hanno interessato il settore della sanità in Lombardia.
Le confermo che il Governo riferirà su tale argomento domani al Senato. Per quanto riguarda la Camera, considerata l'articolazione dei lavori prevista dal calendario, l'argomento potrà essere considerato, se del caso, ai fini dei lavori della prossima settimana, non essendo prevista seduta nella giornata di domani.

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, le ho chiesto la parola per ricordare a lei, a noi tutti, all'Aula che oggi, 11 giugno, cade il ventesimo anniversario della scomparsa di Giuseppe Saragat. È stato un padre costituente, Presidente dell'Assemblea costituente, è stato Presidente della Repubblica, è stato uno degli uomini che ha contribuito a far crescere la nostra democrazia, nonostante all'inizio, dopo la scissione di Palazzo Barberini, fosse stato tacciato come socialfascista, socialtraditore, rinnegato. Il 28 dicembre 1964, dopo essere stato più volte Vicepresidente del Consiglio, nonché Ministro degli esteri dal 1963 al 1964, fu eletto Presidente della Repubblica, grazie anche ai voti dei socialisti e dei comunisti. Terminato il mandato, divenne di diritto senatore a vita.
Le chiedo, signor Presidente, se non ritenga, nelle iniziative della Camera dei Deputati, che anche questa figura di padre costituente a vent'anni dalla scomparsa possa essere adeguatamente ricordata, magari con un convegno nella Sala della Lupa.

PAOLO RUSSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 16

PAOLO RUSSO. Signor Presidente, la sollecitazione che giunge mi pare utile, e soprattutto un atto doveroso, dal punto di vista della riflessione storica e politica. Credo che tale sollecitazione vada intesa nel senso di un'interpretazione autentica di quel pensiero riformista, democratico, socialista libertario che fu rappresentato in questo Paese dal compianto Giuseppe Saragat, che, da Presidente della Repubblica e da leader autorevole della sinistra moderata, seppe al meglio interpretare i sentimenti di libertà, di giustizia sociale, di eguaglianza, di democrazia e di autentico spirito di pace. Mi pare in questo senso utile non solo associarsi alla sollecitazione qui posta, ma rappresentare alla Presidenza con particolare rilievo come la Camera dei deputati abbia il dovere di ricordare, e non solo al suo interno ma anche attraverso pubbliche iniziative che coinvolgano il Paese, il pensiero libertario, moderato, atlantista di un grande statista come Giuseppe Saragat, che ha rappresentato la storia democratica italiana. Sono certo che la Presidenza saprà interpretare al meglio questa sollecitazione, e saprà darci delle utili indicazioni per ricordare il pensiero di questo importante uomo, che ha rappresentato il sistema democratico nel nostro Paese, partecipando alla sua costruzione.

CALOGERO MANNINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, mi unisco alla sollecitazione rivolta da altri colleghi: ricordare Giuseppe Saragat è ricordare una delle figure pilastro della storia democratica del Paese. Accanto a De Gasperi, Giuseppe Saragat, soprattutto con la scelta coraggiosa di Palazzo Barberini del 1947, diede stabilità a quella prospettiva politica che la storiografia definisce centrista, a quel sistema politico che consentì l'approvazione di una Costituzione, quella che ancora oggi il popolo italiano conserva, e consentì la ricostruzione e l'avvio allo sviluppo di un Paese che usciva dal disastro della guerra.
La figura di Giuseppe Saragat campeggia accanto a quelle di Luigi Einaudi, di Carlo Sforza e soprattutto di Alcide De Gasperi. Nel corso del tempo e della storia, Saragat doveva divenire un punto di riferimento per l'evoluzione del socialismo: un'esigenza non soltanto storica ma anche politica, ancora oggi non compiuta, anzi interrotta, nel nostro Paese, e probabilmente ragione di contraddizioni anche dell'attuale sistema politico. Un moderno partito socialista come quello che Saragat vagheggiò nel 1947 e poi ancora negli anni Sessanta, quando promosse l'incontro con l'allora Partito socialista, sarebbe infatti oggi un elemento costitutivo di una moderna democrazia dell'alternanza.
Saragat fu anche Presidente della Repubblica: non si può non ricordare Saragat se non si ricorda la sua partecipazione a quella fase della vita politica italiana del centrosinistra contrassegnata dai Governi presieduti da Moro. Credo che sulla sua figura e su quel tempo storico sia necessario promuovere non solo iniziative di carattere meramente storiografico o celebrativo, ma anche iniziative che presentino quel tempo e quelle figure alla memoria degli italiani - e soprattutto delle giovani generazioni - perché esse rappresentarono un esempio valido ancora per l'oggi.

PRESIDENTE. Mi associo senz'altro ai sentimenti e alle parole che i colleghi hanno portato all'attenzione dell'Aula e mi farò carico di rappresentare alla Presidenza la possibilità di assumere iniziative in questo senso, che so fra l'altro essere già in programma in Senato.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, volevo richiamare l'attenzione sua e del Governo su una vicenda che sta interessando da parecchi giorni la struttura giudiziaria di Reggio Calabria (sia il tribunale, sia la DDA). I giornali riportano Pag. 17continuamente notizie del rinvenimento di microspie negli uffici dei magistrati (anche di magistrati della DDA), fra l'altro operanti con un raggio di ricezione di 20 metri, ragion per cui l'azione appare dover essere consumata all'interno degli stessi uffici giudiziari.
Credevo che il Governo avesse assunto qualche iniziativa in proposito, e certamente non sarebbe inutile se esso venisse in Aula per dichiarare quali iniziative intenda assumere per rimuovere questa situazione di estrema gravità.
Quando parliamo degli uffici giudiziari e della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria non vi è dubbio che parliamo anche di strumenti e di strutture che sono preposti al contrasto della criminalità organizzata e che rappresentano una controspinta ad essa. Nel momento in cui si assiste ad una girandola di notizie riguardanti intercettazioni, «corvi» e quindi veleni all'interno degli uffici giudiziari, ciò non fa altro che affievolire ed indebolire l'azione di contrasto alla criminalità organizzata.
Sto predisponendo, signor Presidente, un atto di sindacato ispettivo che intendo senza dubbio portare avanti, ma credo che il Ministro della giustizia - che personalmente considero moltissimo - avrebbe dovuto, come dicevo poc'anzi, assumere una qualche iniziativa, visto e considerato che il Governo non ha inteso assumere autonomamente l'iniziativa.
Abbiamo anche ricordato la figura di Saragat, e giustamente da parte dei colleghi si è detto che egli è stato un riferimento importante dello Stato diretto, della democrazia, della libertà ed anche della tutela dei territori (e senza dubbio anche dell'area meridionale). Ritengo che l'aspetto che ho inteso evidenziare con il mio intervento abbia una sua rilevanza, e credo che tale rilevanza, tale importanza e tale significato non sfuggiranno né alla Presidenza della Camera né - mi auguro - al Governo, da oggi e per l'avvenire.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Tassone. Il suo sollecito sarà sicuramente rappresentato in maniera corposa al Governo ed alla Presidenza della Camera.
Secondo le intese intercorse, se non vi sono obiezioni, riprenderemo la seduta, dopo una breve sospensione, con lo svolgimento delle interpellanze urgenti previste all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 11,20.

La seduta, sospesa alle 11,10, è ripresa alle 11,20.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 11,20).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Incidenti verificatisi nelle vicinanze dell'università «La Sapienza» di Roma il 27 maggio 2008 e iniziative per garantire il libero confronto all'interno degli atenei - n. 2-00030)

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00030, concernente incidenti verificatisi nelle vicinanze dell'università «La Sapienza» di Roma il 27 maggio 2008 e iniziative per garantire il libero confronto all'interno degli atenei (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, rappresentanti del Governo, questa interpellanza è stata presentata dopo i noti fatti, che hanno avuto anche una grande eco sulla stampa, verificatesi all'università «La Sapienza» di Roma, ed è stata rivolta al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca proprio per sapere cosa stia accadendo nell'università italiana.
Era stato chiesta da alcuni studenti interni all'università l'autorizzazione a svolgere un convegno nel quale il deputato europeo, Roberto Fiore, aderente al gruppo Forza Nuova, avrebbe dovuto trattare il tema delle foibe. Successivamente, vi è stata una revoca all'autorizzazione di tale convegno e poi, di conseguenza, vi Pag. 18sono stati gli episodi avvenuti nelle vie adiacenti all'ateneo perché, a mio avviso, un nesso di causalità tra questa revoca intempestiva e i fatti di violenza, condannabili ed esecrabili, esiste ed è il motivo pregnante della presente interpellanza.
Abbiamo ancora un clima di intolleranza nella stessa università dove i collettivi di sinistra, quattro mesi fa, occupando l'università avevano impedito al Pontefice di partecipare ed assistere all'inaugurazione dell'anno accademico.
Chiedo quindi come mai, ancora una volta, il corpo docente e le autorità dell'ateneo non siano state in grado di gestire la situazione, ma abbiano tenuto un comportamento contraddittorio, prima autorizzando, e successivamente nonché immotivatamente - se non adducendo un generico fatto di ordine pubblico - negando l'autorizzazione stessa. Con soddisfazione abbiamo appreso che il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Gelmini, ha richiesto una relazione per conoscere i fatti relativi agli scontri avvenuti il 27 maggio del 2008.
Nella vicenda vengono in rilievo due piani diversi e volutamente questa interpellanza urgente non è stata presentata al Ministro dell'interno perché in questa sede non si vuole analizzare quanto è avvenuto fuori dall'ateneo - che, come affermavo prima, è condannabile ed esecrabile - ma si vuole cercare di capire e di analizzare il preambolo, la premessa degli scontri.
L'università, che dovrebbe essere un luogo di libertà e di libero confronto, diventa invece, paradossalmente, il luogo dove le tensioni si manifestano in maniera più cruenta. Lo svolgimento di un convegno sulle foibe, che sono celebrate solennemente da una festività che è stata istituita con legge dello Stato, viene negato, mentre una settimana prima, invece, viene autorizzato un convegno sullo stesso tema tenuto dai negazionisti, ossia da coloro che sostengono che le foibe siano una fantasia.
Chiedo quindi al rappresentante del Governo, innanzitutto se sia stato effettuato un controllo per sapere sulla base di quali motivazioni il rettore dell'università «La Sapienza» di Roma abbia revocato l'autorizzazione dopo averla concessa, contribuendo in tal modo ad esasperare le tensioni e a creare le condizioni per una serie di disordini fuori e dentro l'università. In secondo luogo, domando quali iniziative siano state attuate dalle autorità accademiche, proprio per evitare il ripetersi di simili episodi e se siano stati presi provvedimenti anche di natura interna all'università.
Infine, quali iniziative intenda adottare il Ministero interpellato proprio per evitare che si ripetano episodi di intolleranza all'interno di scuole e università, che dovrebbero essere invece il luogo dove il confronto libero e civile dovrebbe insegnare ai ragazzi a confrontarsi anche con temi sociali, di attualità e politici.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca, Giuseppe Pizza, ha facoltà di rispondere.

GIUSEPPE PIZZA, Sottosegretario di Stato per l'istruzione, l'università e la ricerca. Signor Presidente, premesso che sui gravi fatti accaduti in prossimità dell'università «La Sapienza» di Roma ha riferito in questa stessa Aula il sottosegretario di Stato per l'interno, onorevole Mantovano, si riferisce quanto è stato a suo tempo trasmesso dalla questura di Roma e dagli uffici di questo Ministero. Si tratta di atti che sono a disposizione di coloro che ne volessero prendere visione.
Il 14 maggio scorso, lo studente Andrea Fiorucci presenta al preside della facoltà di lettere dell'università «La Sapienza» di Roma, professor Pescosolido, una richiesta di autorizzazione per l'incontro-dibattito sulle foibe al quale sarebbe intervenuto, fra gli altri, il parlamentare europeo Roberto Fiore: il preside autorizza l'incontro.
Il successivo 26 maggio, un gruppo di studenti dichiaratamente di sinistra occupa la presidenza della facoltà di lettere, al cui interno doveva svolgersi questo dibattito, e protesta per la concessione dell'aula per il dibattito stesso. Il documento che diffondono in occasione dell'occupazione dice testualmente: «L'università Pag. 19non è un luogo neutro che offra indiscriminatamente legittimità a organizzazioni di spiccata fattura anticostituzionale. Lettere è una facoltà antifascista per memoria storica, per attitudine e per composizione».
Sulla base di questa protesta - che si traduce anche in un'occupazione - il preside, professor Pescosolido, lo stesso giorno, scrive una lettera al prorettore vicario, professor Frati, segnalando la situazione di tensione all'interno dell'università. Nella lettera, i documenti sono tutti a disposizione, si riconosce che la manifestazione è stata autorizzata, ma si dice che è stata interpretata da un gruppo di studenti come strumentale a finalità meramente politiche, si è creata tensione ed è il caso di revocare l'autorizzazione.
Il professor Frati, annulla l'autorizzazione rilasciata con un comunicato dello stesso 26 maggio, nel quale ribadisce che i dibattiti di grande rilevanza storica, scientifica o culturale - ancorché problematici - costituiscono l'essenza stessa dell'università senza preclusione o pregiudizio di alcun tipo. Aggiunge, però, che è il caso di evitare episodi di intolleranza e quindi ciò motiva l'annullamento della concessione dell'aula.
Il 27 maggio, accade quanto è ormai noto e che la questura di Roma, che come ogni realtà di polizia giudiziaria adopera qualificazioni giuridiche adeguate a descrivere i fatti che accerta, definisce testualmente: «una rissa fra elementi di opposta fazione».
Contraddittorie, in merito, le versioni dei fatti su chi abbia dato inizio allo scontro. A detta dei giovani di sinistra verso le ore 13,30, mentre erano intenti ad attaccare manifesti sui muri adiacenti la mensa universitaria, venivano aggrediti da quattro giovani, poi identificati per aderenti a Forza Nuova, tutti noti alla DIGOS. A detta di questi ultimi, cioè degli esponenti di Forza Nuova, invece, nel transitare con una autovettura in via De Lollis venivano riconosciuti come aderenti al gruppo di destra ed aggrediti.
La ricostruzione effettuata dalla DIGOS, effettuata sulla base di testimonianze ed elementi oggettivi acquisiti sul posto, di filmati e di una fotografia (anch'essa a disposizione di chi voglia visionarla), ha consentito di appurare che i quattro aderenti a Forza Nuova si stavano recando all'università. Nel transitare, si accorgevano che alcuni giovani erano intenti a coprire i manifesti da loro precedentemente affissi.
Dopo essersi fermati ed avere verbalmente inveito contro detti giovani, anche minacciandoli con arnesi atti ad offendere, poco dopo venivano affrontati da un consistente numero di aderenti ai collettivi universitari (certamente oltre venti persone, molte delle quali armate di bastoni e varie armi improprie). Solo a questo punto i due gruppi si sarebbero affrontati passando alle vie di fatto, dando luogo ad una violenta rissa, con l'uso di oggetti contundenti (alcuni dei quali già in possesso ed altri probabilmente reperiti sul luogo), di fatto sviluppatasi tra i quattro elementi di Forza Nuova e un numero imprecisato di appartenenti ai collettivi universitari.
All'arrivo delle volanti, i partecipanti alla rissa si disperdevano, ma sei di questi - i quattro di Forza Nuova e due dei collettivi studenteschi - venivano fermati sul luogo o all'interno del vicino nosocomio e, dopo le cure mediche, venivano arrestati per rissa aggravata.
La partecipazione e la responsabilità dei fermati è emersa anche dal materiale fotografico e filmato acquisito nel corso delle prime indagini. Gli arrestati hanno fatto ricorso alle cure mediche, riportando lesioni guaribili da cinque a venti giorni. Il giovane che ha riportato la prognosi più alta - venti giorni - aderente ai collettivi, ha lamentato una lussazione alla spalla. Nessuno dei feriti ha riportato lesioni riconducibili ad armi da taglio.
È evidente il sentimento di grave preoccupazione per l'accaduto: il peggio che si possa fare è, comunque, tentare ricostruzioni «da destra» o «da sinistra»; si deve, comunque, osservare che la rissa è qualcosa di diverso dall'aggressione di alcuni nei confronti di altri.Pag. 20
L'uso della violenza non ha alcuna giustificazione, ma è difficile separare quanto è accaduto dal divieto di tenere un'assemblea in un primo momento autorizzata, che certamente poteva essere oggetto di discussione quanto ai temi che sarebbero stati approfonditi e agli argomenti che sarebbero stati adoperati, ma altrettanto certamente non poteva qualificarsi eversiva. Si trattava di un'assemblea chiesta da esponenti di una forza politica nelle cui posizioni il Governo non si riconosce neanche in minima parte, ma che, in presenza di disposizioni che impongono di sciogliere organizzazioni, movimenti o associazioni che favoriscono reati di discriminazione etnica o di ricostituzione del partito fascista, non ha subito scioglimenti da parte di nessun Ministro dell'Interno di alcun Governo italiano. Questo - ripeto - non legittima alcun atto di violenza, ma vale per inquadrare quanto è accaduto.

PRESIDENTE. L'onorevole Frassinetti ha facoltà di replicare.

PAOLA FRASSINETTI. Signor Presidente, ringrazio il Governo. Sono soddisfatta per la risposta, anche se rimangono una grande preoccupazione e la consapevolezza dell'utilità della mia interpellanza urgente. Dopo la presentazione, infatti, sono accaduti altri fatti gravi, sempre nelle università: il sequestro e le minacce subiti dal rettore della facoltà di lettere, Pescosolido, nel suo ufficio all'interno dell'università e sono noti, altresì, i fatti di Torino, dove si è impedito a una studentessa aderente ad Azione universitaria, Augusta Montaruli, di sostenere l'esame.
È ancora più importante, quindi, cercare di capire come riuscire a frenare questa intolleranza all'interno dell'università.
A detta di tutti, il clima nella nazione è cambiato: si parla di confronto tra maggioranza e opposizione e siamo tutti rasserenati e soddisfatti di aver potuto vivere anche l'ultima campagna elettorale in un clima migliore. Proprio per questo motivo, è ancora più assurdo che nei luoghi dove si formano i giovani esista una sorta di zona franca.
Questo non può essere concesso e per evitare che ciò accada sono proprio le autorità accademiche che devono intervenire. Questa professoressa che ha parlato alla Sapienza nel convegno del 13 maggio è una certa Kersevan, negazionista, alla quale addirittura gli enti pubblici hanno negato la presentazione del proprio libro, che riporta frasi ingiuriose verso gli italiani uccisi e trucidati nelle foibe, definisce le foibe un'invenzione e dichiara che si cercherà di sfatare l'assunto dell'italiano ucciso in quanto tale. Quindi, è vergognoso che sia stato autorizzato questo tipo di convegno in cui questa Kersevan ha potuto, in maniera del tutto falsa, portare avanti queste tesi, anche con l'apporto di siti Internet, come antifascismo militante, da cui parte il tam tam delle azioni violente, che perorava e pubblicava questo convegno.
Dunque, abbiamo una situazione assurda: queste persone possono parlare all'università, mentre le autorità accademiche negano l'autorizzazione all'altro convegno, affermando che non è di sufficiente valore scientifico-culturale rispetto all'evento. Devo prendere atto, quindi, che quella della Kersevan sarebbe un'autorevole fonte scientifica.
Pertanto, è importante cercare di partire dalla tolleranza all'università, perché tutti hanno diritto all'agibilità politica e diritto di parlare, e non può esserci chi offre patenti di democrazia e concede autorizzazioni.
Siamo veramente all'assurdo di gruppi di collettivi che decidono chi possa o non possa parlare all'interno dell'università. Non vogliamo tornare al clima degli opposti estremismi degli anni Settanta, che tante vittime ha fatto in questo Paese, non vogliamo creare allarmismi, ma fu proprio da questi episodi di intolleranza all'interno delle scuole che si esasperò il clima e si arrivò alla triste stagione degli anni di piombo. Attenzione, quindi, a far sì che non vengano usati due pesi e due misure. Attenzione a lasciar passare questi episodi di violenza interna, queste sopraffazioni, Pag. 21nascondendosi dietro a uno sterile e ormai logorato antifascismo militante, che in questo senso non ha più diritto di esistere, e soprattutto a questa sorta di menefreghismo delle autorità accademiche, che, con una scrollata di spalle, decidono di concedere o di revocare le autorizzazioni.
In questo modo, si incita e si favorisce la cultura della sopraffazione. Pertanto, non si può poi cercare di affrontare i problemi più importanti dell'Italia e di auspicare un dibattito sereno e costruttivo, se proprio nei luoghi della sapienza e dell'educazione, dove si formano i giovani, esiste l'intolleranza più totale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

(Iniziative per la ridefinizione dell'accordo procedurale sottoscritto dall'INPS e dal fondo svizzero di garanzia sulla previdenza professionale in materia di liquidazione dei contributi versati dai lavoratori italiani in Svizzera - n. 2-00031)

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00031, concernente iniziative per la ridefinizione dell'accordo procedurale sottoscritto dall'INPS e dal fondo svizzero di garanzia sulla previdenza professionale in materia di liquidazione dei contributi versati dai lavoratori italiani in Svizzera, per quindici minuti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, intendo illustrare brevemente la mia interpellanza, che parte dall'accordo sottoscritto dalla Svizzera con l'Unione europea nel 2002 - gli accordi bilaterali - e dall'introduzione della libera circolazione delle persone, che ha modificato il sistema di convenzione bilaterali precedentemente sottoscritto dalla Svizzera con i Paesi dell'Unione europea.
In base a detti accordi, dal primo giugno 2007, cioè dopo cinque anni dalla sottoscrizione degli accordi bilaterali, i lavoratori stranieri, non solo italiani, che lasciano la Svizzera prima dell'età pensionabile, non possono più ricevere l'avere di vecchiaia in liquidazione, cioè i fondi di previdenza complementare, ovvero il secondo pilastro.
Si tratta di fondi accumulati nell'arco della loro vita lavorativa e occupazionale nella Confederazione elvetica. Il fatto di riscuotere il capitale degli averi di vecchiaia accumulati, anziché una rendita pensionistica, riguarda notoriamente moltissimi cittadini italiani immigrati in Svizzera che tornano definitivamente in Italia e soprattutto riguarda 50 mila frontalieri che giornalmente varcano i confini, hanno un rapporto di lavoro e versano i detti contributi nella Confederazione elvetica. Il pagamento anticipato degli averi di vecchiaia accumulati nel secondo pilastro può avvenire - è questa la modalità che consente ai nostri concittadini di riscuotere allorché lasciano definitivamente la Svizzera - a patto che i cittadini rientrando in Italia non siano più sottoposti ai vincoli del mercato del lavoro, non abbiano più coperture assicurative e non versino più i contributi sociali perché usciti dal mercato del lavoro. Il fondo di garanzia del secondo pilastro della legge di previdenza professionale richiede però che venga certificato - certamente non è sufficiente un'autocertificazione - che il soggetto assicurato sia uscito dal mercato del lavoro e non abbia più coperture assicurative. Questa certificazione deve essere rilasciata dall'Istituto nazionale di previdenza sociale italiano. In tal senso vi è stato un accordo tra il fondo di garanzia elvetico e la sede centrale dell'INPS attraverso il quale l'INPS si impegna a comunicare, entro 90 giorni dalla domanda, che il richiedente non risulta iscritto all'assicurazione obbligatoria in Italia.
Il problema è che vi è stata una sottovalutazione da parte dell'INPS nello stabilire una regola così stretta (90 giorni). Si tratta di una regola che, comunque, sicuramente noi auspichiamo perché è evidente che chi rientra definitivamente in Italia vuole, nel tempo più rapido possibile, poter riscuotere quello che gli spetta di diritto, ovvero il capitale di previdenza professionale versato in Svizzera. Tra l'altro, anche il nostro Paese avrebbe un Pag. 22interesse fondato affinché questi capitali, questo flusso finanziario, siano diretti verso l'Italia e non giovino invece all'economia del Paese da cui provengono. Questa mancata possibilità dell'INPS di certificare nei 90 giorni la non copertura assicurativa dei cittadini italiani rientranti, ha generato una protesta enorme perché si sono accumulate migliaia di richieste di certificazione che non sono giunte al fondo di garanzia della legge di previdenza professionale svizzero e lo stesso fondo di garanzia è tempestato di telefonate, lettere di protesta, perché passano i tre mesi e l'erogazione non avviene.
Noi interroghiamo il Governo, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali per sapere come vuole risolvere questo problema ovvero se intende rinegoziare l'accordo e stabilire procedure diverse come potrebbe essere quella ad esempio di stabilire che il fondo di garanzia possa rivolgersi direttamente agli istituti previdenziali periferici (anche se su questo ultimo aspetto va sottolineata un'eccezione dato che esistono altri enti che non fanno capo all'INPS e che hanno procedure di certificazione o di aggiornamento dei propri elenchi che sicuramente vanno oltre i 90 giorni). Chiediamo al Governo come intende risolvere questo problema e soprattutto cosa intende fare per smaltire le giacenze che si sono accumulate nel frattempo e per dare la giusta risposta a migliaia di cittadini che sono in attesa di poter riscuotere quanto hanno versato nella Confederazione elvetica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali. Signor Presidente, l'onorevole Narducci solleva l'attenzione sull'Accordo bilaterale, stipulato nel 2002, tra la Confederazione Elvetica e l'Unione Europea in materia di sicurezza sociale e previdenziale. In particolare, vengono evidenziate le difficoltà derivanti dall'applicazione dell'articolo 10, capoverso secondo, del regolamento CEE n. 1408/71, relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità, le cui disposizioni, in virtù del citato Accordo, sono entrate a regime in Svizzera a decorrere dal 1o giugno 2007.
II richiamato articolo 10 prevede che, nel caso in cui la legislazione di uno Stato membro subordini il rimborso dei contributi alla condizione che l'interessato abbia cessato di essere soggetto all'assicurazione obbligatoria, tale condizione non venga considerata soddisfatta fino a quando il medesimo sia soggetto, in qualità di lavoratore, all'assicurazione obbligatoria in virtù della legislazione di un altro Stato membro. La normativa svizzera in materia prevede, invece, che i lavoratori iscritti alla previdenza professionale possano ritirare in un'unica soluzione il capitale corrispondente alle prestazioni obbligatorie quando lasciano definitivamente la Svizzera.
Pertanto, a decorrere dal 1o giugno 2007, se un soggetto assicurato nella previdenza professionale lascia definitivamente la Svizzera e intende ritirare in contanti il suo avere, la condizione necessaria per aver diritto al pagamento è di non essere iscritto all'assicurazione generale obbligatoria contro i rischi dì vecchiaia, invalidità e superstiti dello Stato membro nel quale si è stabilito definitivamente. L'INPS e il Fondo di garanzia LPP (Legge di Previdenza Professionale), al fine di dare attuazione al predetto articolo, hanno sottoscritto, in data 24 gennaio 2007, un Accordo tecnico-procedurale che, nel rispetto delle normative nazionali in materia di tutela della privacy e della riservatezza dei dati trasmessi, regolamenta le modalità di ricevimento delle informazioni in argomento. In particolare, attraverso tale scambio di informazioni, nel momento in cui viene presentata una domanda di pagamento degli averi della previdenza professionale da parte di un soggetto che, rientrato dalla Svizzera, risiede Pag. 23stabilmente in Italia, si verifica se lo stesso risulti o meno iscritto, in Italia, all'assicurazione generale obbligatoria contro i rischi di vecchiaia, invalidità e superstiti. Le parti hanno, in questo modo, concordato un procedimento, gestito, in maniera centralizzata, per l'Italia dall'INPS e per la Svizzera dal più volte citato Fondo di garanzia LPP, finalizzato, da una parte, ad acquisire dati certi relativi agli assicurati e, dall'altra, a rendere più celere la riscossione. A conclusione del procedimento il Fondo informa il richiedente e le istituzioni coinvolte sul risultato dell'accertamento effettuato dall'INPS.
Dal mese di settembre 2007, secondo i dati trasmessi dall'INPS, risultano pervenute circa 270 richieste e risulterebbero in corso di trasmissione, alla data del 3 giugno 2008, ulteriori 40 domande. Il 30 maggio scorso è stata trasmessa al Fondo di garanzia LPP una nota contenente le informazioni richieste per i primi cinque gruppi di nominativi (114 pratiche, di cui 96 definite positivamente).
Appare il caso di segnalare, a testimonianza di un intervenuto miglioramento strutturale, che risulta pienamente operativo il casellario centrale delle posizioni previdenziali attive, istituito presso l'INPS con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 4 febbraio 2005. L'istituto, inoltre, si è particolarmente impegnato nella complessa strutturazione e potenziamento del casellario con il recentissimo inserimento di oltre 7 milioni di posizioni assicurative provenienti da altri enti di gestione previdenziale (in aggiunta agli oltre 25 milioni di posizioni gestite dall'INPS). Anche le procedure informatiche di gestione e di consultazione sono state implementate in modo da rendere possibile il rispetto dei tempi di cui al citato Accordo tecnico.
Con riferimento a quanto riportato nell'atto ispettivo, circa presunte difficoltà nel reperimento dei dati relativi all'iscrizione dei soggetti a gestioni previdenziali obbligatorie gestite dall'INPS, l'istituto ha precisato che tali informazioni sono contenute negli archivi centrali del medesimo, risultando quindi immediatamente accessibili agli operatori centrali e periferici.
Attualmente è allo studio una procedura che consenta al Fondo di garanzia LPP, nel quadro di un aggiornamento dell'Accordo e nel rispetto della normativa in materia di tutela della privacy, di consultare direttamente e online l'archivio INPS per l'immediata verifica delle informazioni.

PRESIDENTE. L'onorevole Narducci ha facoltà di replicare.

FRANCO NARDUCCI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Viespoli, che conosce molto bene questa materia riguardante soprattutto i nostri concittadini all'estero. Devo dire che le notizie e le informazioni che ha dato sono soddisfacenti. Mi pare che vi sia la volontà di affrontare il problema.
Quando parlavo di 50 mila frontalieri, evidentemente, non mi riferivo a 50 mila domande ma al numero potenziale, perché soprattutto negli anni a venire, nei prossimi tre o quattro anni, secondo dati calcolati dalla Confederazione elvetica, vi sarà una curva in crescita delle persone che rientrano definitivamente ed escono dal mercato del lavoro e, quindi, faranno richiesta di pensionamento.
Sono quindi davvero soddisfatto nel vedere che vi è la volontà di affrontare i ritardi. Ho avuto un colloquio dieci giorni fa con un alto funzionario del Fondo di garanzia in Svizzera e ritengo che vada al più presto soddisfatta l'esigenza di rinegoziare questo Accordo e di renderlo, quindi, più funzionale, in linea con quanto lei ha detto.
Non è una questione ideologica, ma nel momento in cui il Ministro Tremonti prevede di tagliare tutto ciò che costituisce spese improduttive e, quindi, vi sarà un taglio enorme sugli stanziamenti del Ministero degli affari esteri, ritengo che valga la pena di ricordare che soltanto il flusso delle pensioni erogate dagli Stati europei a nostri concittadini che vivono in Italia si aggira intorno ai quattro miliardi di euro l'anno.Pag. 24
Ritengo, dunque, che il potenziale e il capitale enorme rappresentato da un fattore economico strategico, quali sono le nostre comunità italiane all'estero, vada seguito con molta attenzione.

(Iniziative per prevenire e contrastare fenomeni di violenza e intolleranza di matrice xenofoba e omofoba - n. 2-00019)

PRESIDENTE. L'onorevole Concia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza urgente n. 2-00019, concernente iniziative per prevenire e contrastare fenomeni di violenza e intolleranza di matrice xenofoba e omofoba, per quindici minuti (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, la nostra è un'epoca difficile, complicata, che sottopone tutti noi al coraggio di affrontare le sfide della modernità.
La modernità porta con sé, ovviamente, fattori positivi e fattori negativi. È compito della politica e delle istituzioni, è compito di uno Stato democratico essere così all'altezza, tanto da far sì che i fattori positivi della modernità superino i fattori negativi.
Le società multietniche e multiculturali sono uno dei frutti della modernità. È un dato di realtà ineludibile, con il quale è necessario fare i conti per creare circoli virtuosi attorno ad un problema. Certamente, è un problema: nessuno lo nega. Ma è un problema che deve necessariamente diventare uno strumento di sviluppo, un volano di sviluppo economico e sociale di un Paese. Insisto su questo punto. Ripeto: volano economico e sociale di un Paese.
Tutti i più moderni e autorevoli analisti socio-economici, coloro che studiano gli indicatori di sviluppo di un Paese e di un territorio, ci dicono, dopo decenni di studi, che le società più evolute, quelle con un più alto grado di sviluppo economico e sociale, sono le società cosiddette aperte.
Quali sono le società aperte? Sono le società in cui gli indicatori di sviluppo sono almeno tre. La promozione dei talenti, vale a dire la cura delle classi creative, la piena valorizzazione di coloro che oggi vengono definiti i nuovi «colletti bianchi» del mercato del lavoro. La tecnologia, cioè, la capacità di un territorio di investire in tecnologia e innovazione. La tollerance, termine inglese che non vuol dire tolleranza, ma rispetto delle diversità religiose, etniche, dell'orientamento sessuale di una popolazione.
La combinazione e la mescolanza di questi tre fattori di crescita condiziona lo sviluppo economico e sociale di un territorio.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,55)

ANNA PAOLA CONCIA. Attenzione: è la combinazione e l'armonioso sviluppo tra questi elementi che determina lo sviluppo, non quella di uno solo.
Faccio un esempio: i talenti non crescono in qualsiasi luogo, in qualsiasi ambiente, ma solo nelle società aperte.
Questa premessa serve per affermare come, a mio parere, si deve affrontare il problema della modernità.
In campagna elettorale, sia a livello nazionale sia a Roma, il Popolo della Libertà ha puntato tutto sulla sicurezza. È un tema importante, che viene molto utilizzato nel marketing elettorale. È un tema che permette di parlare alla «pancia» delle persone, ai nostri umani istinti di conservazione. È un tema che aiuta a vincere le campagne elettorali, è un tema che non permette di governare.
La sicurezza dei cittadini è un argomento importantissimo e non voglio in nessun modo sottovalutarlo. La sicurezza si costruisce, è un sistema complesso di combinazione di legalità e senso della comunità. È un equilibrio difficile da costruire, che comporta il contributo di tutti. Ma se non c'è equilibrio tra questi elementi, non c'è sicurezza.
Il senso di sicurezza di un cittadino e di una comunità è determinato da tanti fattori. Non ci si sente sicuri nella società Pag. 25della paura: nella società della paura, si ha solo e semplicemente paura.
Credo che bisogna chiedersi ogni giorno, soprattutto noi che rappresentiamo le istituzioni, in che mondo vogliamo vivere, che società vogliamo costruire.
La mia interpellanza urgente al Ministro dell'interno e al Ministro per le pari opportunità, nasce esattamente da questo presupposto e da questo pensiero che vi ho illustrato.
Il sindaco Alemanno, a Roma, ha vinto le elezioni, puntando tutto sulla paura, alimentando nell'immaginario collettivo l'idea che Roma è una città insicura, invasa da cittadini extracomunitari che delinquono e che vanno cacciati e repressi. Ha vinto su questo, ma ora deve governare.
La conseguenza di questo clima attivato sono gli episodi accaduti il 24 maggio scorso, a Roma: al Pigneto un gruppo di cittadini ha deciso di farsi giustizia da sé contro un gruppo di extracomunitari, considerati responsabili di un furto.
La sera stessa, un ragazzo gay che conduce una famosa trasmissione radiofonica sulle tematiche omosessuali, è stato picchiato sotto casa, intimandogli di smettere di fare quella trasmissione, perché in essa parla appunto di temi legati all'omosessualità e alla transessualità.
Ancora: sabato 7 giugno, recentemente, a Napoli altri giovani sono stati picchiati e pestati perché gay.
Mi ripeterò, signor sottosegretario e onorevoli colleghi, ma è questo il Paese che vogliamo? Credo di no: c'è un evidente difetto di educazione civica e di educazione al rispetto.
Nel nostro Paese, nonostante gli inviti del Parlamento europeo, mancano ancora norme specifiche ed efficaci contro l'omofobia e la transfobia: cosa aspettiamo ad introdurle?
Quali azioni positive intendete introdurre per sostenere una cultura del rispetto, della convivenza e dell'integrazione tra i cittadini, siano essi eterosessuali, omosessuali o transessuali, siano essi italiani o migranti?
Quali politiche nazionali il Governo intende adottare per sostenere un processo formativo ed informativo per il rispetto dei diversi orientamenti sessuali e identità di genere?
E ancora: quale sistema di provvedimenti il Governo intende assumere, per contrastare l'ondata di odio omofobo in atto nel nostro Paese?
Chiedo se non si ritenga di dover estendere l'efficacia delle disposizione della cosiddetta legge Mancino, integrando le fattispecie discriminatorie ivi sanzionate, includendovi quelle relative all'odio motivato dal differente orientamento sessuale o dell'identità di genere delle vittime.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente e onorevoli deputati, l'interpellanza urgente in esame trae spunto da due distinti episodi di violenza, verificatisi nelle settimane scorse a Roma, che non presentano punti di collegamento e di contatto tali da ricondurne l'analisi ad un contesto unitario, se non per il fatto di essere entrambi espressione di una subcultura violenta ed intollerante, verso la quale il Governo ha già formulato le più ferme espressioni di condanna e di rifiuto.
Il primo episodio si è verificato nel pomeriggio di sabato 24 maggio, quando è stata segnalata un'aggressione ai danni di alcuni negozi di proprietà di cittadini extracomunitari, siti nel quartiere Pigneto.
Contrariamente a quanto ipotizzato da alcune agenzie di stampa subito dopo il fatto, gli accertamenti investigativi hanno portato ad escludere una matrice politica ed a chiarire il contesto nel quale è maturato l'episodio, che si configura sostanzialmente come un atto di ritorsione violenta per un borseggio commesso nella zona ai danni di una donna.
La ricostruzione dei fatti è ormai nota. Una decina di giovani, tutti a volto scoperto ed alcuni armati di bastoni, ha infranto le vetrine del portone di un Pag. 26palazzo ubicato in via Macerata 24/b e poi di un negozio attiguo di rivendita di generi alimentari. Lo stesso gruppo si è poi spostato in via Ascoli Piceno, dove ha danneggiato un negozio di alimentari ed un call center gestiti da cittadini del Bangladesh.
Nell'accaduto è stato aggredito anche un altro cittadino bengalese (che si trovava per strada e si era rifugiato all'interno del call center), il quale ha riferito di essere stato colpito, riportando una prognosi di cinque giorni salvo complicazioni.
Come detto, gli accertamenti avviati dalle forze di polizia hanno ben presto portato ad escludere ogni matrice politica del fatto. A tal proposito, il cittadino indiano titolare dell'esercizio commerciale ubicato in via Macerata, regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, ha riferito che la mattina precedente l'aggressione, alle ore 10,30 circa, nel suo negozio di alimentari si era presentato un cittadino italiano di mezz'età, conosciuto di vista e frequentatore del quartiere. L'uomo, spalleggiato da due giovani, aveva intimato ad un avventore del negozio, anch'egli straniero, di restituire il denaro e i documenti contenuti in un portafoglio che quest'ultimo aveva rubato qualche giorno prima. Lo straniero avrebbe risposto che i documenti erano stati lasciati in una buca delle lettere, ammettendo così il furto. A questo punto gli italiani minacciavano che avrebbero spaccato tutto, qualora non avessero riavuto, entro le 17 del pomeriggio, soldi e documenti.
Questa versione è stata confermata da numerosi riscontri, fra cui la deposizione di un cittadino italiano che nella circostanza si trovava nel negozio. Effettivamente, all'ora indicata, due dei predetti soggetti si erano presentati nei pressi del negozio sostandovi all'esterno. Non avendo riavuto documenti e soldi, si erano poi allontanati per tornare dopo qualche minuto e dar vita all'aggressione.
Il cittadino indiano titolare del negozio, nel frattempo, compreso il pericolo, aveva chiuso l'esercizio - che, infatti, è stato danneggiato solo all'esterno - rifugiandosi nell'atrio del palazzo attiguo; circostanza, questa, che spiega perché gli aggressori abbiano poi rotto a colpi di bastone i vetri dello stabile. Gli altri atti vandalici sono stati perpetrati mentre i teppisti si allontanavano dal luogo.
Tutte le persone chiamate a testimoniare hanno escluso che durante il raid siano stati pronunciati slogan politici o frasi razziste, ma solo insulti e l'invito ad andarsene dal quartiere.
Il contesto d'intolleranza e d'insofferenza nel quale è maturato l'episodio è risultato evidente anche dalle dichiarazioni rese nei giorni successivi alla stampa dal principale responsabile dell'accaduto. Si tratta di un cittadino italiano di 48 anni, residente nel quartiere, con precedenti per reati comuni, fra cui associazione a delinquere finalizzata al compimento di rapine. È stato inoltre identificato un giovane di origine eritrea, regolarmente soggiornante sul territorio nazionale, che si sarebbe trovato sul posto al momento dei fatti ed il cui ruolo nella vicenda deve essere precisato.
Secondo quanto riferito dal Ministero della giustizia, il procuratore della Repubblica di Roma ha chiarito che sull'episodio del Pigneto sono in corso le necessarie indagini finalizzate ad accertare le responsabilità penali ed a circostanziare i fatti accaduti. In particolare, il predetto procuratore ha precisato che è stato iscritto il procedimento penale n. 31590/08 nei confronti di soggetti ignoti e che l'iscrizione riguarda i reati di concorso in violenza privata aggravata e danneggiamento aggravato. In un secondo tempo, lo stesso procuratore ha precisato che, come già ampiamente reso noto dagli organi di stampa, risulta essere stato identificato un soggetto nei cui confronti, unitamente alle ipotesi di reato già segnalate in precedenza, si procede anche per il reato di porto d'armi o oggetti atti ad offendere, punito dall'articolo 4 della legge n. 110 del 1975.
La DIGOS, conclude il procuratore, è attivamente impegnata in accertamenti diretti ad identificare i responsabili dei fatti. A tal proposito, segnalo che in data 9 giugno, la procura ha comunicato di aver Pag. 27deferito in stato di libertà un altro giovane accusato di aver partecipato agli episodi di danneggiamento, in quanto riconosciuto tra gli elementi del gruppo che si sono spostati tra via Macerata e via Ascoli Piceno.
Il giovane, di nazionalità italiana, abita in zona e non risulta aver mai operato in ambiti di estremismo politico.
Il secondo e distinto episodio cui fa riferimento l'interpellanza ha avuto come vittima il giovane conduttore radiofonico del portale DeeGay.it, il quale ha denunciato di essere stato aggredito mentre rincasava e di essere stato spinto a terra da due persone che l'avevano chiamato per nome, appellandolo poi con frasi offensive.
Nella circostanza lo stesso ha riportato lesioni guaribili in sette giorni e ha riferito che in precedenza aveva ricevuto minacce telefoniche non registrate.
Sull'episodio proseguono le indagini delegate dall'Autorità giudiziaria alla locale Squadra mobile, rese purtroppo difficoltose dal fatto che la vittima ha dichiarato di non essere in grado di riconoscere gli aggressori.
Per quanto concerne le iniziative volte ad arginare il fenomeno dell'intolleranza e della violenza in danno di persone omosessuali, preciso innanzitutto che Ministero dell'interno non sottovaluta la gravità di episodi riconducibili alla matrice omofobica, in quanto espressione sia di oggettiva discriminazione, sia di metodi violenti finalizzati a compromettere la pacifica coesistenza tra i cittadini.
Conseguentemente, le forze di polizia vigilano in modo rigoroso sul piano della prevenzione e del contrasto di detti eventi e, nell'espletamento dei propri compiti istituzionali, mantengono un comportamento improntato alla massima correttezza ed imparzialità nei confronti di tutte le persone.
Al fine di adottare ogni utile strategia, le forze dell'ordine dispongono e rivedono periodicamente, in sede di coordinamento tecnico, sia le misure per assicurare un più capillare controllo del territorio dando priorità ai servizi di sorveglianza per la tutela degli obiettivi più esposti a rischio, sia il monitoraggio sulle attività degli appartenenti a movimenti politici più estremisti ed intolleranti.
In relazione alla richiesta di approfondire gli episodi in questione in seno al comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, riferisco che, nella giornata del 4 giugno, si è tenuta in prefettura una specifica riunione finalizzata a valutare lo spessore e la significatività dei fatti e ad adottare ogni iniziativa utile a prevenire e a contrastare qualunque manifestazione discriminatoria.
Per quanto riguarda l'aggressione del Pigneto, preso atto che le risultanze investigative escludono qualsiasi matrice politica, in sede di comitato è emerso che il quartiere presenta condizioni di degrado sulle quali sia l'amministrazione comunale, sia quella provinciale si sono impegnate ad attivare iniziative di carattere culturale e sociale, per agevolare i processi di coesione ed allontanare i pericoli, peraltro già evidenziatisi, di intolleranza. Inoltre, si è concordato sulla necessità di potenziare i controlli e le presenze delle forze dell'ordine per garantire accettabili condizioni di tranquillità.
Per quanto concerne l'episodio relativo al conduttore radiofonico di DeeGay.it, è stato riferito che le indagini stanno appurando le esatte modalità di aggressione, anche riguardo agli ambienti frequentati.
Durante il comitato è stato fatto riferimento, infine, all'episodio, ampiamente riportato dalla stampa, dell'aggressione ad un noto ballerino albanese. I corpi di polizia hanno all'unanimità escluso che alla base vi sia stato un movente di natura xenofoba, essendosi in realtà trattato di una lite per motivi economici su cui gli accertamenti in corso stanno facendo ulteriore luce.
Per quanto riguarda, più in generale, il tema della violenza omofoba, l'inquadramento della problematica non può prescindere da alcune considerazioni di ordine generale.
La tutela dei diritti umani e il contrasto di ogni forma di discriminazione rientrano tra le priorità dell'impegno del Ministro Pag. 28per le pari opportunità che non ha mancato di condannare fermamente gli episodi denunciati di discriminazione, violenze ed aggressioni basati sull'orientamento sessuale, definendoli di gravità inaudita.
Il suddetto dicastero per le pari opportunità intende impegnarsi nel sostenere una cultura della non discriminazione, riconoscendo, sostenendo ed incoraggiando i molteplici modi in cui persone diverse (per genere, cultura, opinioni, religione, etnia) possono interagire nelle loro funzioni.
Per quanto concerne le politiche nazionali per sostenere una cultura della convivenza e dell'integrazione tra i cittadini italiani e le popolazioni migranti, ricordo che, presso lo stesso dipartimento per le pari opportunità, opera l'ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, istituito con decreto legislativo n. 215 del 2003 che ha recepito la direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone, indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica. Tale struttura, tra i vari compiti, ha anche quello di promuovere, da parte delle associazioni e degli enti che svolgono attività nel campo della lotta alle discriminazioni, l'adozione di misure specifiche, dirette a evitare o compensare le situazioni di svantaggio connesse alla razza o all'origine etnica.
Rientrerà tra i compiti precipui del Ministero per le pari opportunità sostenere la diffusione della cultura della tolleranza mediante azione di sensibilizzazione dell'opinione pubblica.
Per quanto concerne la disciplina normativa, ricordo che con il decreto legislativo n. 216 del 9 luglio 2003 è stata recepita la direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, che tratta, tra l'altro, delle discriminazioni causate dall'orientamento sessuale in ambito lavorativo.

PRESIDENTE. L'onorevole Concia ha facoltà di replicare.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario anche se vi sono degli elementi di dubbio sui quali lo invito ancora a riflettere. Nella sua risposta il sottosegretario sostiene che tra i due fatti accaduti non vi sono relazioni; io invece continuo a pensare che la relazione tra i fatti del Pigneto e l'aggressione alla giornalista omosessuale sia rappresentata dalla mancanza di rispetto per le diversità. Si tratta di un elemento su cui invito tutti noi a riflettere perché è quella la vera questione.
Il sottosegretario ha insistito su un punto: i fatti del Pigneto non hanno una matrice politica. Ciò non mi tranquillizza affatto, nel senso che non credo che il fatto che non abbiano matrice politica li renda meno gravi, anzi, vorrei cercare di capire dove si annida l'altra matrice che sicuramente è xenofoba od omofoba e che ha portato a qualcosa di pericolosissimo a cui dobbiamo fare molta attenzione e su cui credo che le istituzioni debbano vigilare: mi riferisco alla giustizia «fai da te».
Il sottosegretario, dopo aver raccontato ciò che è accaduto al Pigneto, ci spiega la ragione per cui hanno compiuto degli atti vandalici ossia perché c'era stato un furto. Credo si tratti di un elemento molto pericoloso e che chi si fa giustizia da sé non vada assolutamente giustificato, né assecondato.
La nostra è una democrazia moderna; tentiamo disperatamente di essere un Paese civile e per tale motivo credo che dobbiamo educare i nostri cittadini ad una giustizia giusta, ad una giustizia che nessuno di noi si deve fare da solo, in quanto le conseguenze potrebbero essere devastanti per la nostra convivenza civile.
L'altro elemento riguarda i reati di omofobia. Alcune affermazioni del sottosegretario mi convincono, mentre per altre continuo a pensare - non solo io naturalmente - che, per quanto riguarda i reati di omofobia, vi sia ormai bisogno - ormai è ineludibile - di estendere la legge Mancino agli atti di violenza compiuti per le ragioni legate all'orientamento sessuale ed all'identità di genere. Inoltre, credo che vada costruito nel nostro Paese - so Pag. 29benissimo quanto siano importanti le leggi - un percorso culturale educativo di concerto tra tutti i Ministeri. Penso non solo al dipartimento delle pari opportunità, ma anche al Ministero dell'istruzione, poiché il bullismo oggi evidenzia fenomeni di omofobia. Pertanto, credo che vada fatto un lavoro di concerto tra tutti i Ministeri e se tale lavoro verrà svolto in modo proficuo potrà sicuramente avere il nostro appoggio.

(Decisioni del questore di Roma e del prefetto di Biella in merito alle manifestazioni del gay pride - n. 2-00034)

PRESIDENTE. L'onorevole Concia ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00034 concernente decisioni del questore di Roma e del prefetto di Biella in merito alle manifestazioni del gay pride (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANNA PAOLA CONCIA. Signor Presidente, signor sottosegretario, onorevoli colleghi credo che sia noto ormai a tutti che i gay pride sono manifestazioni pacifiche: mai, in Italia, sono successi incidenti e ci sono state violenze. Il gay pride nasce a New York nel 1969 quando la comunità omosessuale e transessuale si ribellò alle continue violenze e vessazioni della polizia. Fu così che nacque e si diffuse nel mondo la giornata del cosiddetto orgoglio omosessuale che viene celebrata ogni anno a ricordare quel 28 giugno 1969.
Ogni anno, in questo periodo, assistiamo alla solita e oramai noiosa querelle fra favorevoli e contrari, tra velleità censorie da un lato ed ambizioni rivendicative di diritti negati dall'altro. Lo ricordo: i partecipanti al gay pride hanno il diritto costituzionalmente garantito ad esprimere le proprie idee e a rivendicare il riconoscimento e l'applicazione del principio di eguaglianza previsto dalla nostra Costituzione.
A Roma il comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica ha negato piazza San Giovanni per motivi tecnici. Mi chiedo e le chiedo, signor sottosegretario, quali sono questi motivi tecnici, visto che la legge non inserisce tali motivi tra quelli per i quali è possibile impedire lo svolgimento di una manifestazione. La verità, a mio parere, è che piazza San Giovanni non è stata concessa perché, dopo il gay pride, si sarebbe tenuto all'interno della basilica un concerto di musica corale.
Gli spettatori e gli ascoltatori di quel concerto sarebbero entrati nella basilica da una porta laterale, come sempre accade per le manifestazioni diverse dalle celebrazioni religiose. Ciò vuol dire che i partecipanti al gay pride e le persone interessate al concerto neppure si sarebbero incontrate. Per di più, l'orario in cui era previsto che sarebbe finito il gay pride e quello dell'inizio del concerto erano assolutamente compatibili. Gli organizzatori del gay pride erano disponibili ad anticipare l'inizio della manifestazione e gli organizzatori del concerto si erano persino dichiarati disponibili a posticipare l'inizio del loro evento.
Le due manifestazioni non avrebbero potuto incidere l'una sull'altra, avendo collocazioni spazio-temporali differenti. Invece, la manifestazione pacifica e a fini umanitari - lo ricordo, a fini umanitari - non ha avuto la disponibilità di piazza San Giovanni per motivi tecnici. Ma non è di un Paese civile fare convivere la manifestazione religiosa al chiuso e quella laica all'aperto? Davvero, signor Ministro e signor sottosegretario, pensate di poter governare il Paese a compartimenti stagni? Non vogliamo neppure provare a far convivere due mondi, due realtà, due modi diversi, eppure compatibili, di intendere la vita? Tutti noi dobbiamo fare il massimo sforzo per pacificare gli animi, per buttare acqua sul fuoco pericoloso dell'intolleranza.
Questo è quello che succedeva a Roma. Per Biella vale un altro discorso, che rasenta purtroppo - ahimè - la tragicommedia ed il grottesco. Nella cittadina piemontese il prefetto ha negato non una, ma due piazze, con motivazioni che in qualunque altro Paese dell'Europa civile avrebbero fatto inorridire anche i più conservatori.Pag. 30
Il prefetto di Biella avrebbe detto: «ognuno deve esprimere le proprie libertà senza imporle agli altri e fare un gay pride dentro la città vuol dire costringere il cittadino biellese ad entrare in una manifestazione in cui non intende trovarsi». Ed ancora: «la manifestazione è per le persone direttamente interessate (mi pare ovvio!). Non si può limitare la libertà dei negozianti e dei cittadini biellesi di andare in giro per la città, come di andare dal macellaio per acquistare carne da cavallo». Il prefetto ha poi concluso: «la manifestazione non deve disturbare e infastidire la cittadinanza». Per questo, ai manifestanti è stato concesso uno spazio a dir poco periferico.
È così che lo Stato, attraverso i propri funzionari più elevati in grado, intende tutelare i diritti costituzionali? È così che vogliamo che i rappresentanti del Governo sul territorio esercitino la loro funzione, anche educativa?
Signor Ministro e signor sottosegretario, in Germania esiste la rainbow polizei, cioè un corpo speciale della polizia formato da omosessuali e da poliziotti gay friendly, per proteggere gli omosessuali dai fenomeni di omofobia. A Sidney e a San Francisco i poliziotti aprono tutti gli anni i cortei dei gay pride che si svolgono in quelle città (guardate un po'!). Questi due Paesi non sono governati da Governi estremisti, ma da due Governi moderati, e questo avviene per rispetto verso le rivendicazioni di quelle che sono considerate, a torto o a ragione, delle minoranze, ed anche per dare alla cittadinanza un esempio di azioni positive, volte ad abbattere lo stereotipo ed il pregiudizio.
Che vogliamo fare? Vogliamo mandare il prefetto di Biella a studiare all'estero? Signor Ministro, le parole pronunciate dal prefetto di Biella, che ho poc'anzi ricordato, si possono chiamare omofobia. L'omofobia è paura irrazionale verso qualcuno che ha forme, atteggiamenti o modi di vita diversi da quelli che sono ritenuti normali. È una paura che agisce a livello emotivo, frutto di millenni di pregiudizi.
È una cosa che funziona a livello inconsapevole: neppure ce ne accorgiamo, ma quando siamo di fronte al diverso iniziamo a mettere in atto le nostre difese. Ciascuno di noi manifesta a modo suo le proprie difese: c'è chi semplicemente gira la testa dall'altra parte, c'è chi prova a confrontarsi con le diversità, c'è chi assume comportamenti violenti nel tentativo di «rieducare» e di «normalizzare» il diverso da sé. E c'è l'alto funzionario dello Stato che ha delle uscite infelici, nel tentativo grottesco di difendere la città da un momento di rivendicazione tra i più giocosi e pacifici che si possano immaginare.
Solo superando la diffidenza e l'ignoranza si potrà arrivare al dialogo, alla comprensione, alla coesistenza e all'integrazione. Il percorso è lungo e richiede impegno mentale e materiale, ma non deve essere giudicato impossibile, inutile e pericoloso. Il vantaggio sarà per l'intera società, applicando l'ottica sul mondo di oggi e sulla vita. La difficoltà potrà essere superata se siamo convinti della validità di ciascuna posizione e rispettosamente ci poniamo in un confronto con le abitudini, le esigenze e gli stili di vita diversi dai nostri. Non dobbiamo, per affrontare e risolvere questi problemi, cadere nella retorica, nella demagogia e neppure nel populismo: occorre umiltà, occorre la consapevolezza di non essere portatori di valori assoluti, ma che anche i valori sono relativi e riferibili a un dato contesto socio-culturale. Rispetto, non tolleranza: ci vuole rispetto, e dobbiamo mettere i cittadini italiani nelle condizioni di rispettare il diverso.
Per questo, signor rappresentante del Governo, le chiedo se non ritenga di dover esercitare il vostro ruolo gerarchicamente sovraordinato verso il questore di Roma e il prefetto di Biella, affinché questi non eccedano dai propri poteri compiendo atti contrari al disposto dell'articolo 17 della Costituzione, in quanto l'autorità ha facoltà di vietare o di impedire manifestazioni pubbliche e in luogo pubblico solo per comprovati motivi di sicurezza o incolumità pubblica. E infine, se non ritenga che sia il caso di istituire per la pubblica amministrazione a tutti i livelli, dal più basso al più alto, corsi di formazione al Pag. 31rispetto della diversità, per rendere la burocrazia di questo Paese al passo con i tempi e con l'Europa.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, l'articolo 17 della Costituzione, dopo aver affermato che i cittadini hanno diritto a riunirsi pacificamente e senz'armi, precisa che per le riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, le quali possono vietarle solo per comprovati motivi di sicurezza ed incolumità pubblica. Tale disposizione e i successivi interventi della giurisprudenza costituzionale e di merito offrono la cornice entro la quale va ora riletto l'articolo 18 del testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza, in virtù del quale spetta all'autorità di pubblica sicurezza valutare le circostanze e le condizioni che di volta in volta sono necessarie a consentire riunioni o manifestazioni oppure, al contrario, inducono a vietarle e a farle svolgere secondo modalità differenti da quelle previste dagli organizzatori.
Premesso il quadro normativo nel cui ambito è previsto un intervento delle autorità amministrative, ricostruisco le attività organizzative delle manifestazioni indette dalle comunità omosessuali di Roma e di Biella, come dettagliatamente illustrate dalla competenti questure e dalle prefetture di Roma e di Biella.
Il comitato promotore della manifestazione nazionale «Roma pride 2008» ha preavvisato dello svolgimento di una manifestazione nazionale per la rivendicazione dei diritti civili della comunità omosessuale, lesbica, bisessuale e transgender, da tenersi nella capitale il 7 giugno 2008. L'iniziativa in questione, secondo il preavviso, prevedeva, dalle ore 15,30 alle ore 21 di detto giorno, lo svolgimento di un corteo da piazza della Repubblica a piazza di Porta San Giovanni, percorrendo via Luigi Einaudi, piazza dei Cinquecento, via Cavour, largo Corrado Ricci, via dei Fori imperiali, piazza del Colosseo, via Labicana, viale Manzoni e via Emanuele Filiberto. Era prevista la partecipazione di circa 150 mila persone, accompagnate da una parata di venti carri allegorici.
In precedenza, il Vicariato di Roma aveva comunicato che dal 5 all'8 giugno 2008, con il patrocinio del Consilium conferentiarum episcoporum Europae, sotto l'alto patronato del Presidente della Repubblica, in collaborazione con il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il CNR, presso la Pontificia università lateranense era in programma lo svolgimento del VI Simposio europeo dei docenti universitari, sul tema: «Allargare gli orizzonti della razionalità, prospettiva per la filosofia», con la prevista partecipazione di numerose personalità e di invitati italiani e stranieri.
In particolare, nella giornata del 7 giugno, nell'ambito del suddetto Simposio, oltre al previsto svolgimento dei lavori del convegno ed alle cerimonie religiose, all'interno della Basilica di San Giovanni in Laterano alle ore 20,30 era programmato un concerto del Coro interuniversitario di Roma, evento per il quale, peraltro, gli organizzatori avevano richiesto ai competenti uffici comunali la disponibilità dell'area adiacente la Basilica per consentire il parcheggio delle autovetture e dei pullman per l'accompagnamento dei partecipanti.
In relazione alla concomitanza dei predetti eventi, la questura ha convocato i promotori del «Roma pride 2008» rappresentando loro che la conclusione del corteo e dei carri allegorici in piazza di Porta San Giovanni avrebbe inevitabilmente ostacolato l'afflusso dei numerosi fedeli ed invitati al Simposio interferendo, attraverso le emissioni sonore della parata, con lo stesso svolgimento del concerto, peraltro da tenersi in zona extraterritoriale. È stato inoltre rappresentato che la contestuale presenza nella medesima località di un elevato numero di partecipanti alle iniziative avrebbe potuto determinare momenti di attrito con conseguenti riflessi negativi sotto il profilo dell'ordine e della sicurezza pubblica. La questura ha quindi Pag. 32chiesto ai promotori di indicare un'altra località presso la quale far concludere il corteo, senza imporre alcuna formale prescrizione. L'argomento è stato inoltre oggetto di approfondita discussione in due distinte sedute del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica in cui, per i motivi di cui sopra, è stata ribadita l'inopportunità di far concludere il corteo nella piazza in questione.
Nella serata del 4 giugno, su richiesta del circolo di cultura omosessuale Mario Mieli, si è tenuta presso la prefettura di Roma una riunione nel corso della quale il prefetto ha ribadito le ragioni che hanno indotto le autorità di pubblica sicurezza a chiedere l'individuazione di un diverso punto di arrivo della manifestazione, al fine di garantire ad entrambe le iniziative il pieno e sereno svolgimento. In relazione a quanto sopra, i promotori del «Roma pride 2008» hanno formulato una nuova proposta e la manifestazione si è regolarmente conclusa lo scorso 7 giugno a piazza Navona.
Per quanto riguarda l'evento denominato «Biella pride 2008» previsto a Biella per sabato 14 giugno, risulta che nella prima istanza presentata dagli stessi organizzatori al sindaco della città è stata richiesta la concessione dell'utilizzo di una tra le seguenti piazze: piazza Unità d'Italia (antistante il palazzo della provincia), piazzale Casalegno (nell'ambito del centro commerciale «I giardini») oppure piazza Martiri della Libertà.
Lo scorso 23 maggio, al fine di esaminare gli aspetti inerenti l'ordine e la sicurezza pubblica, l'argomento è stato posto all'attenzione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica che ha unanimemente concordato nel ritenere piazzale Casalegno - per le sue ridotte dimensioni e la sua collocazione all'interno di un centro commerciale - inidoneo ad ospitare l'evento, che, essendo a rilievo regionale, potrà vedere la partecipazione di numerose persone. Nella valutazione delle restanti piazze, è stata opinione pienamente condivisa da tutti i presenti che il piazzale antistante il palazzo della provincia, piazza Unità d'Italia, rappresenta il luogo più adatto, sotto il profilo logistico, ad ospitare i partecipanti, evitando al contempo problemi di traffico che potrebbero incidere negativamente sull'ordine pubblico.
Nell'occasione, il prefetto di Biella ha anche sottolineato la necessità di adottare tutte le misure opportune per indicare il luogo di ritrovo, da segnalare in maniera idonea per renderlo accessibile anche a coloro che vengono da fuori, ai quali deve essere assicurata la possibilità di parcheggiare le auto. In conclusione di riunione, è stato peraltro ritenuto opportuno programmare un nuovo incontro, anche con l'auspicio di avere, per quella data, notizie più certe sul numero previsto di partecipanti ed apportare, se del caso, i necessari correttivi ai servizi previsti.
Successivamente, accogliendo una richiesta di incontro avanzata dal comitato «Biella pride», il prefetto ha anche ricevuto una rappresentanza degli organizzatori della manifestazione regionale i quali hanno reso noto di aver presentato al sindaco di Biella una nuova istanza volta ad ottenere, per lo svolgimento della manifestazione, la concessione di un diverso luogo, rispetto a quelli indicati precedentemente, ossia piazza 1o maggio o, in alternativa, piazza Martiri della Libertà. Il prefetto, nel prendere atto di quanto rappresentato, ha informato i presenti delle valutazioni emerse nel corso della riunione del comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica, rappresentando che la nuova istanza sarebbe stata oggetto di esame nel corso di una successiva e già programmata riunione, effettivamente poi tenutasi il 6 giugno scorso.
Durante quest'ultimo incontro il sindaco di Biella ha reso noto di non poter accogliere la nuova proposta sia per l'inidoneità dei luoghi prescelti, sia per il concomitante svolgimento di altra iniziativa precedentemente programmata.
Di tali determinazioni sono stati informati gli organizzatori dell'evento, ai quali il sindaco ha suggerito una nuova soluzione non precedentemente considerata: piazza Vittorio Veneto. Conseguentemente, il comitato provinciale, esaminati i profili Pag. 33dell'ordine e della sicurezza pubblica, ha preso atto delle determinazioni assunte dal Sindaco, nell'esercizio delle proprie competenze.
La soluzione prospettata dal Comune è stata accolta dai promotori del «Biella pride 2008» che hanno presentato l'avviso di cui all'articolo 18 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza individuando la centrale piazza Vittorio Veneto quale sito per lo svolgimento dell'iniziativa.
Per quanto concerne le notizie apparse sulla stampa locale, il 31 maggio è stato pubblicato un articolo in cui risultano completamente travisate le opinioni del prefetto, al quale vengono anche attribuite dichiarazioni mai rilasciate né ad organi di stampa né nel corso dell'incontro. Infatti, in quell'occasione, il Prefetto ha solo illustrato l'indirizzo coralmente seguito nel comitato per l'ordine e la sicurezza pubblica, peraltro basandosi sulle opzioni inizialmente indicate dagli organizzatori stessi.
Concludendo, come si evince da quanto sopra esposto, le autorità di pubblica sicurezza hanno agito per evitare possibili turbative dell'ordine e della sicurezza pubblica, senza precludere, bensì tenendo nella giusta considerazione, il diritto di esercitare le libertà costituzionalmente riconosciute.

PRESIDENTE. L'onorevole Concia ha facoltà di replicare.

ANNA PAOLA CONCIA. Signor sottosegretario, vi è un elemento che accomuna sia la mancata concessione di piazza San Giovanni a Roma sia quanto accaduto a Biella. In primo luogo, credo vi sia un pregiudizio sul fatto che ad esempio, per quanto riguarda Roma, dovesse ritenersi impossibile che le due iniziative - e cioè il simposio nella chiesa di San Giovanni in Laterano e il gay pride - potessero convivere. Credo che questo sia davvero un pregiudizio, e reputo sbagliato che le istituzioni debbano decidere quali sono le iniziative che possono convivere e quali no.
La stessa considerazione vale per Biella: credo cioè che all'interno delle scelte che si stanno compiendo su Biella vi sia un pregiudizio rispetto a questo tipo di manifestazioni. Mi fa piacere sapere che il prefetto di Biella non avrebbe affermato le cose che poi sono state riportate sui giornali, ma vi chiedo se non sia il caso di sensibilizzare le forze dell'ordine e la pubblica amministrazione su un problema così grave, con il quale credo che le forze dell'ordine devono cominciare a fare i conti (e, a mio parere, esse possono svolgere un grandissimo ruolo educativo, all'interno della nostra società, per prevenire i fenomeni di omofobia).
Mi auguro che il principio costituzionale sia stato questa volta rispettato per entrambe le manifestazioni - sia a Roma sia a Biella - e che venga rispettato anche il prossimo anno (considerato che ovviamente il gay pride si svolgerà, come ogni anno, anche il prossimo anno, sperando di non incontrare gli stessi problemi).

(Iniziative per la modifica del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni - n. 2-00029)

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00029, concernente iniziative per la modifica del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 18 gennaio 2008, n. 40, in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, signori sottosegretari, nell'interpellanza parliamo di uno degli ultimi atti di «Stato di polizia fiscale» posti in essere dal Ministro Padoa-Schioppa poco prima di lasciare l'incarico. Il Ministro ha infatti emanato, con il decreto 18 gennaio 2008, n. 40, le disposizioni attuative dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, recante disposizioni in materia di pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni.Pag. 34
Con questa norma vengono bloccati tutti i pagamenti delle amministrazioni pubbliche superiori ai 10 mila euro relativi alle attività per le quali non sia stata presentata una dichiarazione con la quale si attesti l'assenza di inadempienze fiscali di qualunque entità e tipologia. Tale normativa, applicata alle attività di spettacolo, non servirà a facilitare le regolarizzazioni in campo fiscale, ma otterrà solo il risultato - e l'ha già ottenuto - di soffocare queste attività che di per sé sono assai poco burocratizzate, con ulteriori e inutili adempimenti, i quali ritarderanno ancora di più i pagamenti dei contributi pubblici che già arrivano con sostanziosi ritardi. A beneficiarne saranno ancora una volta, come sempre, le banche alle cui onerose anticipazioni si è già costretti a ricorrere.
Vorrei solo spiegare che quando si parla di compagnie di spettacolo o di imprese che operano nel settore dello spettacolo ci si riferisce a imprese anomale che lavorano con un contributo statale ed è proprio lo Stato la causa dei ritardi nei pagamenti delle cartelle esattoriali e degli altri adempimenti in materia fiscale. Lo Stato, infatti, anziché erogare tali contributi alle compagnie di spettacolo in un tempo congruo - non dico nel momento in cui vengono richiesti, ma almeno nel giro di trenta o sessanta giorni - li eroga a partire da sei mesi, addirittura con ritardi che arrivano fino ad un anno. Ciò significa che la compagnia, per mettere in atto le sue attività e quindi fisicamente mandare in scena gli attori e realizzare lo spettacolo, è costretta a indebitarsi con le banche, a chiedere delle anticipazioni sulle quali poi, naturalmente, pagherà tassi di interesse altissimi.
Dunque, è lo Stato che causa i ritardi di pagamento da parte delle compagnie. Si tratta di un circolo vizioso che si può interrompere soltanto se lo Stato, giustamente, paga i contributi nel momento in cui viene decisa l'erogazione. Il Ministero dei beni e delle attività culturali ad un certo punto dell'anno decide di erogare tali contributi che purtroppo, però, entrano nelle casse della compagnia sei mesi o addirittura un anno dopo! Peccato che la compagnia dovrà pagare comunque l'allestimento e gli attori per mettere in scena lo spettacolo, chiedendo un'anticipazione alle banche: ecco perché le compagnie di spettacolo e i teatri non possono essere in regola in base a questa norma.
Quindi, mentre per il cittadino vale la clausola solve et repete, ossia pagare la sanzione, anche se ingiusta, e poi chiedere indietro il maltolto, ciò non vale per la pubblica amministrazione che si arroga il diritto di non pagare contratti validi e finanziamenti già stabiliti, sui quali le imprese hanno fatto affidamento, anche per il più semplice degli errori formali.
Pertanto, chiediamo al sottosegretario se non ritenga un impegno fondamentale del Ministero dell'economia e delle finanze onorare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione a scadenza, e se non ritenga opportuno modificare il decreto 18 gennaio 2008, n. 40, nel senso di tenere conto delle specificità delle imprese di spettacolo, liberandole da una burocrazia complicata, contraddittoria, farraginosa e frustrante.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, onorevole Nicola Cosentino, ha facoltà di rispondere.

NICOLA COSENTINO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti, premesso che con il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 18 gennaio 2008, n. 40, si è attuato l'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, chiedono al signor Ministro di valutare l'opportunità di una sua modificazione per venire incontro alle specifiche esigenze delle imprese di spettacolo.
L'articolo 48-bis prevede che le pubbliche amministrazioni e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare pagamenti, a qualunque titolo, per importi pari o superiori a 10 mila euro, accertano se il beneficiario sia inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di Pag. 35pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento, segnalando la circostanza all'agente della riscossione competente per territorio perché eserciti l'attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo.
Il decreto ministeriale n. 40 del 2008 ha disciplinato le modalità di verifica, eseguite attraverso una procedura telematica, che le pubbliche amministrazioni devono adottare per eseguire i controlli nei riguardi dei beneficiari di pagamenti.
La verifica si attua con una procedura di controllo telematico che, laddove il beneficiario del pagamento risulti inadempiente all'obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento, determina la temporanea sospensione del pagamento (per un massimo di trenta giorni dalla comunicazione di inadempienza effettuata da Equitalia servizi Spa), allo scopo di permettere al competente agente della riscossione di procedere all'eventuale pignoramento delle somme.
A carico dei beneficiari, occorre precisare, non vi è alcun obbligo di presentare una dichiarazione attestante l'assenza di inadempienze fiscali.
Per quanto attiene, in particolare, al contenuto del documento di sindacato ispettivo in esame, è opportuno evidenziare che l'eventuale accoglimento delle richieste degli interpellanti comporta la necessità di procedere ad una modifica dell'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica del 29 settembre 1973, n. 602. Al riguardo, si fa presente che i competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze stanno effettuando gli approfondimenti necessari al fine di individuare possibili soluzioni riguardo ai molteplici profili problematici scaturenti dall'applicazione della normativa di cui trattasi, ivi inclusi quelli evidenziati nell'odierna interpellanza.

PRESIDENTE. L'onorevole Carlucci ha facoltà di replicare.

GABRIELLA CARLUCCI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Cosentino, in quanto mi sembra che dalle sue parole traspaia comunque la certezza che qualcosa succederà. Tuttavia, speriamo che gli studi propedeutici a modificare questo articolo del decreto avvengano in tempi brevi, in quanto nel frattempo - ripeto - l'erogazione dei contributi (che non è mai arrivata) è bloccata a causa della normativa in vigore.
Ringrazio tantissimo, quindi, il sottosegretario e anche il Ministro per aver risposto così velocemente alla questione posta, però sollecito che la soluzione definitiva al problema giunga in tempi brevi.

(Politiche del Governo per garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela del territorio in presenza di eventi alluvionali - n. 2-00036)

PRESIDENTE. L'onorevole Giorgio Merlo ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00036 concernente politiche del Governo per garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela del territorio in presenza di eventi alluvionali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIORGIO MERLO. Signor Presidente, il tema lo abbiamo affrontato ieri in un dibattito alla Camera con il sottosegretario Bertolaso e riguarda la drammatica alluvione che ha nuovamente colpito il Piemonte. I motivi dell'interpellanza sostanzialmente sono due, il primo dei quali è capire, al di là degli impegni annunciati e in ordine ai quali ieri ci siamo già congratulati con il sottosegretario Bertolaso, la tempestività, l'efficacia e la garanzia degli investimenti, che devono essere indicati. Infatti, i danni sono molto forti e sono già stati stimati a Torino in 43 milioni di euro per la somma urgenza (è l'indicazione che arriva dalla provincia e dalla regione), in 204 milioni di euro per l'urgenza e in ben 710 milioni di euro per ripristinare la situazione preesistente all'alluvione. Il primo interrogativo, quindi, è sapere come i fondi saranno garantiti, sapendo anche che non si tratta di fondi gonfiati, ma di richieste che provengono Pag. 36dalle amministrazioni comunali, filtrate dalla provincia di Torino e dalla regione Piemonte. Diciamo ciò in quanto non vorremmo che si verificasse quanto successo nell'alluvione del 1994, quando i fondi furono diluiti con tempi biblici, quindi senza che fosse garantita l'efficacia e la tempestività necessaria.
Il secondo elemento intorno al quale si richiede una risposta legislativa altrettanto efficace da parte del Parlamento riguarda il governo del territorio, in quanto sappiamo che le risorse economiche sono importanti, ma non sufficienti al fine di garantire un'adeguata prevenzione. Quindi, sapere come è possibile garantire una normativa per la difesa del suolo e del territorio, che fornisca indirizzi chiari e definisca precisamente i ruoli, i compiti e le funzioni dei diversi enti (forse ad oggi ancora troppi) che operano sul territorio: Stato, province, regioni, comuni, AIPO, autorità di bacino del Po.
Occorre garantire un'esaustiva e non frammentaria conoscenza del territorio, della sua vulnerabilità e dei rischi che su di esso insistono. Lo dico perché negli ultimi dieci anni sono stati svolti molti studi dalla provincia di Torino, ad esempio, dalla regione Piemonte, dall'AIPO e dall'autorità di bacino del fiume Po, ma spesso tali materiali non hanno trovato utilizzi operativi.
Serve, inoltre, una nuova generazione di strumenti di programmazione e di pianificazione efficaci e condivisi, attraverso un superamento della frammentazione e della separazione tra enti diversi e settori. La scala di programmazione e di progettazione non può essere soltanto locale, come è stato affermato più volte in queste settimane, a ridosso dell'alluvione. La gestione del reticolo idrografico richiede una scala sovracomunale.
In conclusione, serve un nuovo sistema di governo che ridefinisca le competenze operative dei diversi enti e semplifichi e renda più efficace ed efficiente l'attuazione degli interventi programmati. Per tale motivo, credo che questi due temi, oggi, richiedano una risposta politica e legislativa precisa, puntuale ed efficace: chiediamo come saranno garantiti i finanziamenti e, soprattutto, una risposta legislativa capace di sciogliere il nodo delle competenze per un governo efficace del territorio, capace di prevenire gli eventi alluvionali.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare, onorevole Roberto Menia, ha facoltà di rispondere.

ROBERTO MENIA, Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare. Signor Presidente, l'interpellanza urgente presentata si riferisce al recente evento alluvionale verificatosi nella regione Piemonte: com'è stato appena illustrato, da una parte essa chiede rassicurazioni in ordine alla tempestività e alla congruità dei finanziamenti e, dall'altra, pone problemi evidentemente di linea politica più generale, in ordine alle politiche che il Governo intende intraprendere per garantire la sicurezza dei cittadini e la tutela dei territori di fronte ai ripetuti eventi alluvionali.
L'evento alluvionale di cui trattiamo, che ha recentemente colpito il territorio piemontese, è stato determinato da piogge intense che hanno interessato, nelle giornate del 27, 28, 29 e 30 maggio 2008, il settore nord-occidentale dell'arco alpino, in particolare i bacini montani delle valli Susa, Chisone, Germanasca e Pellice. L'evento ha provocato principalmente diffusi fenomeni di dissesto in corrispondenza dei versanti montani e del reticolo idrografico secondario (frane, colate detritiche, erosioni spondali).
Il fenomeno più grave si è verificato, come è ben noto, a Villar Pellice, dove una colata di detriti in corrispondenza dello sbocco terminale del conoide ha investito alcune case, distruggendone due e provocando, purtroppo, quattro vittime.
I corsi d'acqua maggiormente colpiti dalla propagazione della piena sono stati la Dora Riparia, il Pellice ed il Chisone, dove i livelli, seppure elevati, sono stati contenuti, per la gran parte dei casi, all'interno delle fasce fluviali definite dalla Pag. 37pianificazione di bacino. Solo su alcuni rii minori, tributari della Dora Riparia, si sono verificati allagamenti in corrispondenza di alcuni centri abitati, fra cui, in particolare, Susa e Bussoleno, mentre a Torino la Dora Riparia è transitata in città con livelli prossimi ai massimi consentiti, evidenziando una situazione di criticità peraltro già nota.
Lungo l'asta del Po la piena ha superato solo nel tratto piemontese i livelli di guardia, mentre nel tratto medio inferiore è transitata con livelli inferiori a quelli di guardia, interessando quasi esclusivamente l'alveo inciso e, solo marginalmente, alcune golene aperte.
Pur evidenziando che tali situazioni sono note da tempo e che gli interventi necessari per la loro soluzione risultano in gran parte già pianificati, l'esiguità delle risorse disponibili non ha finora permesso la soluzione di gran parte dei problemi. Ad oggi, infatti, grazie al lavoro svolto tramite la predisposizione dei Piani per l'assetto idrogeologico, in cui è prevista la mappatura delle zone con diverso grado di rischio e pericolosità da frana, alluvione e valanga, è stato delineato anche il quadro degli interventi e delle necessità finanziarie per la sistemazione idrogeologica del territorio nazionale. Tale quadro mostra che il Paese è chiamato ad affrontare, nel breve periodo, un impegno economico sintetizzabile in oltre 10 miliardi di euro, al quale si aggiunge un impegno di oltre 30 miliardi di euro nel medio e nel lungo periodo.
L'analisi dei dati riportati nei PAI, inoltre, ha consentito la quantificazione delle aree a pericolosità e rischio più elevati presenti sul territorio italiano, complessivamente stimate in circa il 9,8 per cento del territorio nazionale e coinvolgenti i territori di oltre 6.633 comuni (oltre l'81 per cento dei comuni italiani).
Per coniugare l'esigenza di sviluppo economico-sociale con quella di garantire la sicurezza degli abitati, delle infrastrutture e delle persone, è quindi necessario, in primo luogo, procedere alla realizzazione degli interventi previsti nei Piani.
Al riguardo, si osserva che i fondi per la difesa del suolo, erogati a partire dal 1991 dall'ex Ministero dei lavori pubblici e poi dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ammontano a circa 5 miliardi di euro, dei quali circa 2 miliardi di euro nel periodo 1998-2007.
A questi si sommano i fondi per le aree depresse (di cui 5,4 miliardi appena impegnati a favore di interventi di sistemazione idrogeologica della Dora Riparia) e i fondi degli accordi di programma quadro per la difesa del suolo (fondi del Ministero dell'economia e delle finanze) per un ammontare di circa 1 miliardo di euro dal 1998 al 2007, ripartiti secondo le necessità strategiche di sviluppo individuate dalle regioni.
Complessivamente, quindi, dal 1991 al 2007, lo Stato ha investito circa 6 miliardi di euro per il finanziamento di interventi di difesa del suolo.
Purtroppo, questa dinamica di sostegno alla spesa per la difesa del suolo, per quanto significativa, appare comunque modesta a fronte delle esigenze documentate nei PAI e considerate necessarie per portare il Paese fuori dall'emergenza da rischio idrogeologico.
Per contro, si evidenzia che i danni prodotti dagli eventi alluvionali degli ultimi anni ammontano ad alcune decine di miliardi di euro e il confronto con l'entità delle recenti manovre finanziarie e con le risorse annualmente stanziate per la prevenzione e la messa in sicurezza è fin troppo chiaro per essere commentato.
Si può e si deve affinare la capacità di prevenzione e di previsione degli eventi, ma naturalmente non ci si può limitare alla gestione dell'emergenza. La prevenzione dalle calamità comporta la necessità di realizzare interventi strategici e, in qualche caso, di ripensare il territorio. La pianificazione va connessa a misure atte a compensare i vincoli e a sollecitare anche la partecipazione di capitali privati, a incentivi per la delocalizzazione di manufatti, a iniziative in campo agricolo e a interventi di riforestazione compensativa Pag. 38nei bacini idrografici, in modo da riequilibrare i finanziamenti verso prevenzione e intervento ordinario.
Inoltre, il Governo precedente, nel non dare attuazione alla riforma della difesa del suolo prevista dal decreto legislativo n. 152 del 2006, che prevedeva l'istituzione dei distretti idrografici, ha intensificato la frammentazione di competenze esistente tra i diversi enti, che rende di difficile attuazione una programmazione rapida ed efficace.
L'impegno del Ministero dell'ambiente e tutela del territorio e del mare è oggi volto a intraprendere una serie di iniziative finalizzate a garantire condizioni di adeguata sicurezza per la popolazione, senza compromettere, e anzi garantendo, contestualmente lo sviluppo economico del territorio, fra le quali: provvedere al completamento del quadro normativo in materia di difesa del suolo, attraverso l'emanazione dei decreti attuativi delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006, al quale ho fatto riferimento, al fine di dare un quadro di riferimento certo ed esaustivo; dare attuazione alla riforma avviata dal citato Codice sull'ambiente, attraverso la costituzione delle autorità di distretto, in attuazione della direttiva 2000/60/CE, valorizzando e potenziando il ruolo e le competenze delle attuali autorità di bacino - future autorità di distretto -, secondo quanto già contenuto nel testo delegato prima della soppressione di parte dello stesso da parte dell'ex Ministro Pecoraro Scanio, il quale ha cassato parti della riforma senza dare seguito ad alcun riordino.
Esiste oggettivamente un problema sia di efficienza sia di efficacia della spesa: una parte delle risorse trasferite dallo Stato alle regioni, sia con la programmazione ordinaria sia soprattutto con quella straordinaria, non sono state ancora impiegate. La reale estensione del problema non è nota, perché l'azione di monitoraggio è stata discontinua.
Più seria ancora appare la questione dell'efficacia degli interventi: è sempre difficile avere informazioni circa la reale risoluzione dei problemi. Si tratta di introdurre meccanismi di erogazione della spesa e di valutazione di efficacia della stessa ed è, a tale proposito, necessario poter disporre del quadro aggiornato di come sono stati impiegati i fondi trasferiti e di quale parte è ancora giacente nei conti correnti delle amministrazioni regionali o degli enti delegati.
È intenzione del Ministero riassumere il ruolo, che negli ultimi anni è stato abbandonato, di coordinamento del sistema, che è assai complesso, in quanto coinvolge regioni, province, comunità montane, comuni, ANAS, Ferrovie, consorzi di bonifica, a cominciare dall'istituzione di un'unica cabina di regia per i finanziamenti, che oggi transitano da provvedimenti legislativi diversi, con la sovrapposizione di piani e programmi definiti in sedi diverse (CIPE, autorità di bacino, regioni, Ministero).
Riassumere la centralità nella regia politico-strategica della difesa del suolo non significa accentrare in capo al Ministero le funzioni ed il ruolo in massima parte ben svolto - voglio rimarcarlo - dalle Autorità di bacino.
In conseguenza di quanto sopra, l'indicazione delle risorse necessarie dovrà essere collegata ad obiettivi territorializzati misurabili e comunicabili. La genericità della spesa, unita alle risorse rilevanti e ai tempi lunghi di realizzazione degli interventi che si prospettano, induce chi fa le scelte di programmazione spesso a scartare il settore della difesa del suolo dal quadro della programmazione ordinaria, privilegiando l'intervento straordinario a valle di un evento alluvionale. Si tratta quindi di fare in tempi rapidi un quadro delle criticità di interesse strategico nazionale e di superare la cultura dell'emergenza che continua a dettare tempi e modi di soluzione dei problemi, valorizzando ciò che già le Autorità di bacino avevano realizzato in termini di pianificazione e programmazione. A tale riguardo, il sistema dei PAI, già approvati delle Autorità di bacino (ora distrettuali), costituisce nel suo insieme un programma di sicurezza per le grandi città e per le vaste aree produttive e consente di individuare nel Pag. 39«Piano degli interventi idrogeologici prioritari» le opere da includere nel meccanismo unitario ed organico di programmazione della difesa del suolo.
Il sistema dei PAI, sia attraverso le norme d'uso del territorio sia attraverso la definizione degli interventi, individua, altresì, le azioni di difesa del suolo dei piccoli comuni e nelle parti alte dei bacini idrografici il cui territorio presenta significativi fenomeni di dissesto. Inoltre, il sistema dei PAI, individua le regole operative ed i costi degli interventi di manutenzione sul reticolo idrografico e sui versanti, al fine di assicurare i necessari livelli di sicurezza per la permanenza delle popolazioni nelle aree di montagna e di collina così come ha ben evidenziato il recente caso del Piemonte; così come occorre individuare azioni di messa in sicurezza e riqualificazione ambientale delle aree costiere, con particolare riferimento al contrasto dei fenomeni erosivi ed al ripristino del corretto equilibrio erosione-sedimentazione. Tali interventi andranno individuati sulla base di studi approfonditi della dinamica dei litorali, anche alla luce delle dinamiche presenti a scala di bacino e dovranno vedere privilegiate tutte quelle tecniche che garantiscano l'efficacia nel tempo dell'intervento unitamente al ridotto impatto ambientale.
Il citato sistema dei PAI e il «piano degli interventi idrogeologici primari» devono poter contare su una comune base di rappresentazione e di consultazione costituita dal Sistema cartografico cooperativo a cui sono interessati anche le regioni, le province, i comuni e le Autorità di bacino distrettuali. A tal fine, per una corretta programmazione degli interventi ed una tempestiva comparazione e monitoraggio degli stessi, il Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare, attraverso la Direzione generale per la difesa del suolo, si è dotato di uno strumento tecnologicamente evoluto in grado di fornire e gestire in modo capillare ed omogeneo qualsiasi informazione geografica su tutto il territorio nazionale.
Tale infrastruttura è costituita dal Sistema cartografico cooperativo e dal portale cartografico nazionale (PCN), e consente a qualunque ente della pubblica amministrazione centrale e locale di conoscere le informazioni territoriali ed ambientali disponibili, poterne disporre e poterle analizzare sulla base di metodologie e strumenti condivisi. Ad oggi, il Sistema cartografico cooperativo e il portale cartografico nazionale, con la sua rete di enti collegati (regioni, province, comuni, Autorità di bacino, e così via), costituisce il primo grande sistema in Europa finalizzato alla condivisione di dati, strumenti e metodologie per il controllo e monitoraggio del territorio.
Il Piano straordinario di telerilevamento rappresenta il naturale completamento del Sistema cartografico nazionale in quanto, ricorrendo alle moderne tecnologie di acquisizione ed analisi dei dati da telerilevamento aereo e satellitare, permette di consolidare strumenti e metodi finalizzati al monitoraggio, alle attività di analisi ed eventuale mitigazione del rischio e pianificazione degli interventi ad esso correlati. Essendo in grado, il medesimo sistema, di prevedere ulteriori tipologie di monitoraggio, è previsto nel presente esercizio finanziario un parziale rifinanziamento per estendere l'originario ambito del Piano (rischio idrogeologico) a tutte le problematiche di tipo ambientale quali: aree naturali e parchi, aree marine, discariche, aree industriali, post-industriali, strade, ferrovie, elettrodotti, centrali termiche ed altre ancora.
Risultano di tutta evidenza anche gli aspetti di ricaduta industriale che un Piano di questa rilevanza comporta, in quanto può offrire alle imprese una serie di importanti opportunità per innovare i propri prodotti e servizi, aumentando le capacità competitive verso nuovi mercati.
Volevo anche precisare che per eventuali e maggiori informazioni di dettaglio sull'evento alluvionale è disponibile il contributo specialistico della Protezione Civile - si tratta di un bel volume - e una sintesi delle attività di APAT sulla difesa del suolo.

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PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

MARIO LOVELLI. Signor Sottosegretario, lei ci ha esposto in modo molto ampio le intenzioni e gli indirizzi cui si vuole attenere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il futuro, ma per la verità mi sembra che sia un po' sfuggito al merito, perché noi facevamo riferimento ad un evento accaduto in Piemonte in questi giorni. Quindi, l'urgenza degli interventi è data da quanto è accaduto su questo territorio e riguarda le iniziative specifiche necessarie nell'immediato, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, tenendo conto che, per la verità il sottosegretario Bertolaso, come delegato alla Protezione civile, su questo tema ci aveva già dato delle risposte. Noi avevamo dato atto degli interventi eseguiti e della correttezza dell'impostazione data al pronto intervento sul nostro territorio.
Quindi, sulla politica generale che il Ministero intenderà seguire avremmo certamente occasione di tornare nelle sedi competenti (nelle Commissioni competenti). In questa Aula trovo abbastanza discutibile che, in una risposta ad un'interpellanza, si utilizzi una parte del tempo per discutere dei ritardi che si sarebbero accumulati proprio di recente su questa materia: tutto ciò mi sembra un po' una forzatura della lettura della realtà.
Voglio richiamare alla sua attenzione le questioni che noi riteniamo necessario siano affrontate nelle prossime settimane sin da subito. Del pronto intervento naturalmente ho già detto e siamo a conoscenza - tale misura peraltro è necessaria - del fatto che i fondi già stanziati siano incrementati in modo significativo per poter realizzare gli interventi ancora necessari, che sono molti. È inoltre necessario un intervento generale di messa in sicurezza dei luoghi che sono stati colpiti da questo evento catastrofico, che ha avuto delle conseguenze veramente significative, intervento che deve riguardare sia le zone ad intensità abitativa più o meno alta sia le attività produttive. Voglio, tra l'altro, ricordare che è stato interessato da questo evento anche il sito nucleare di Saluggia, gestito dalla Eurex, per il quale ci sono stati momenti di allarme, sui quali inviterei il Governo a fare le verifiche necessarie, perché tra l'altro - in un momento in cui si rilancia il nucleare - la questione dei siti in cui c'è ancora materiale nucleare merita la nostra attenzione.
Inoltre, c'è la questione delle infrastrutture danneggiate, che sono essenziali per garantire la mobilità in una regione dove le zone di montagna e le zone periferiche sono molto rilevanti e che oggi si trovano in condizioni di difficoltà. Quindi, noi siamo d'accordo sul fatto che si realizzi un piano complessivo che interesserà tutto il territorio nazionale, ma è evidente che quando siamo di fronte ad un territorio dove, nell'ambito dell'intero bacino del Po, si riscontrano ben 340 comuni individuati a rischio livello 4 (quindi, con possibili perdite di vite umane, lesioni alle persone e danni gravi ad edifici ed infrastrutture) vuol dire che c'è un'emergenza specifica da affrontare. Pertanto noi la invitiamo - prendendo atto delle informazioni che ci ha dato - ad assumere un'iniziativa che affianchi quella che sta realizzando la Protezione civile, che porti ad un confronto di merito sul territorio con la regione, in particolare con le due province di Torino e di Cuneo che sono state colpite da questo evento, e che affronti in modo unitario l'insieme degli interventi necessari per uscire da una situazione che certamente - per ciò che lei ha ricordato e per la somma di risorse investite nell'ultimo quindicennio e forse più - è di grande rilevanza nazionale, ma che presenta una tematica specifica piemontese su cui vogliamo richiamare la sua attenzione e quella del Governo. Confidiamo, alla fine dello svolgimento di questa interpellanza, che questo interesse non mancherà.
Ricordo che il Governo sta per preparare un decreto-legge in materia economica e finanziaria che anticipa il DPEF e la finanziaria. In tale provvedimento devono essere già trovate le risorse che comunque servono per avviare una soluzione dei problemi che abbiamo segnalato.

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(Problematiche relative all'installazione di telecamere per il controllo dell'accesso dei veicoli nella zona universitaria del comune di Bologna - n. 2-00037)

PRESIDENTE. L'onorevole Bernini Bovicelli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00037, concernente problematiche relative all'installazione di telecamere per il controllo dell'accesso dei veicoli nella zona universitaria del comune di Bologna (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Signor Presidente, utilizzando parte dei quindici minuti che mi sono concessi, intendo illustrare al signor sottosegretario e all'Assemblea una questione che riguarda il comune di Bologna.
Il piano generale del traffico urbano 2006, del comune di Bologna, approvato con delibera consiliare del 25 giugno 2007, prevede un progetto di ciclo-pedonalizzazione, leggasi chiusura totale di una porzione di centro storico, con transito consentito ai soli pedoni e biciclette, ovvero della cosiddetta cittadella universitaria, quadrante nord-ovest del centro storico, che rappresenta il cuore medioevale della nostra città e della comunità universitaria.
L'attuazione dell'intervento è prevista per fasi successive. Procedo soltanto ad una veloce annotazione procedimentale: i provvedimenti attuativi consistono nella delibera della giunta del comune di Bologna n. 274026 del 27 novembre 2007 e nell'ordinanza del sindaco del comune di Bologna p.g. n. 43700 del 4 marzo 2008. In particolare, l'ordinanza del sindaco si autodefinisce un provvedimento sperimentale soggetto a revisione dopo congruo periodo di attuazione che consenta una corretta valutazione degli effetti.
Dal 15 maggio di quest'anno siamo entrati nella cosiddetta «fase 1» del progetto sperimentale ovvero nella pedonalizzazione di due ingenti aree poste a nord e sud della via Zamboni, via principale che taglia la dianzi indicata cittadella universitaria, sulla quale si sviluppano i principali edifici della nostra università e gli esercizi commerciali ad essa pertinenti. Gli accessi sono attualmente controllati da telecamere attive sette giorni su sette e ventiquattro ore su ventiquattro, per sanzionare tutti i transiti non autorizzati, sia delle auto sia delle moto, senza distinzioni attualmente, tra moto di grossa cilindrata e ciclomotori abitualmente utilizzati dagli studenti per raggiungere, come è noto, gli edifici universitari. L'ordinanza prescrive l'autorizzazione al transito nella zona interessata per i soli veicoli dei residenti, anche temporanei, e per i domiciliati iscritti agli appositi sportelli addetti al rilascio permessi, che presentino regolare contratto registrato riferito all'immobile abitato.
Sempre ai sensi dell'ordinanza di cui si tratta, residenti e domiciliati possono - qui viene il punto più significativo - far accedere alla zona pedonale, solo dalle 20 della sera alle 7 della mattina, i veicoli di ospiti e accompagnatori dei residenti e soltanto e tassativamente con le seguenti modalità: ad ogni nucleo familiare viene consegnato un codice di accesso per comunicare le targhe dei futuri visitatori ad un non meglio identificato sistema di controllo, via sms, Internet o telefono. Questa tipologia di accesso ha un limite massimo contingentato di quindici accessi per mese per nucleo familiare.
La limitazione di cui sopra a noi sembra porsi in contrasto con la normativa dettata in materia di protezione dei dati personali e diritto alla riservatezza (ricordo, il decreto legislativo n. 196 del 2003), in particolare alla luce di quanto stabilito dallo stesso Garante per la protezione dei dati personali con proprio provvedimento del 29 aprile 2004, in materia proprio di videosorveglianza. Con riferimento agli accessi ai centri storici, il Garante sostiene che: «Qualora introducano sistemi di rilevazione degli accessi dei veicoli ai centri storici e alle zone a traffico limitato, i comuni dovranno rispettare quanto dettato dal decreto del Presidente della Repubblica 2 giugno 1999, n. 250» che impone ai comuni stessi di richiedere una «specifica autorizzazione Pag. 42amministrativa, nonché di limitare la raccolta dei dati sugli accessi rilevando le immagini solo in caso di infrazione».
Ebbene, nel caso in oggetto la raccolta dei dati e la rilevazione delle immagini non è limitata ai soli trasgressori, in quanto i dati relativi alle targhe dei soggetti legittimati (parenti e amici visitatori dei residenti), insieme al giorno e all'ora del loro passaggio, saranno comunque raccolti dal «sistema di controllo», al pari delle immagini di targa e veicoli degli stessi, quando costretti, come dovranno fare, a passare dal sistema di videosorveglianza, pur senza aver commesso alcuna infrazione. Ciò ci pare in violazione della riservatezza, nonché in alcuni casi, soprattutto nelle ore notturne, vista la tracciabilità dei loro spostamenti, della sicurezza di soggetti costretti a denunciare i loro transiti e percorsi, senza che ciò trovi alcun bilanciamento nella trasgressione di divieti alla circolazione.
A ciò si aggiunge l'impossibilità per tali soggetti - lo si dica solo per inciso - se destinatari di una sanzione amministrativa pro futuro, di provare, a distanza di mesi, il titolo loro legittimante l'accesso, poiché lo stesso può consistere in un sms, o in una semplice comunicazione telefonica, peraltro operata non dagli stessi asseriti trasgressori, ma dal residente ospitante. Ciò appare idoneo a tradursi, insieme, in un vero e proprio isolamento e discriminazione dei soggetti residenti o domiciliati nella zona, e in una incongrua tracciabilità dei visitatori, i cui dati vengono affidati, con un'incerta procedura, ad un non meglio identificato gestore.
A ciò si aggiunga l'arbitraria limitazione del numero di volte al mese (15 per nucleo familiare) in cui «parenti e amici» possano raggiungere le abitazioni dei residenti o domiciliati in zona. Si evidenzia, solo per inciso, come tali provvedimenti siano stati assunti - ciò è stato rilevato dalla Confesercenti di Bologna, in una nota al sindaco e all'assessore alla mobilità del 30 aprile di quest'anno - senza una preventiva qualificazione urbana e un progetto più complessivo riguardante la sicurezza e la vivibilità della zona. Con questa decisione si corre il rischio di penalizzare le attività commerciali e di pubblico esercizio, per cui gli effetti positivi dell'eventuale - solo eventuale - miglioramento della qualità ambientale, sono annullati dagli effetti negativi sulla vivibilità, in particolare nelle ore serali e notturne, stante il prevedibile aumento del degrado, con conseguente pericolo alla sicurezza dei cittadini.
In conclusione, i provvedimenti sopra menzionati appaiono anche idonei a creare un'indebita sperequazione tra attività commerciali e pubblici esercizi operanti nella zona (che i cittadini possono ora solo raggiungere a piedi, con ovvi disagi e rischi alla propria sicurezza, soprattutto nelle ore notturne, lo ribadisco) e attività commerciali e pubblici esercizi concorrenti, che hanno la fortuna di essere siti altrove e di essere più comodamente raggiungibili.
Tutto ciò premesso, i provvedimenti in oggetto ci appaiono viziati sotto molteplici profili ed assunti dall'amministrazione comunale in assenza di un'adeguata ponderazione, concertazione e bilanciamento dei contrapposti interessi privati - personali e professionali commerciali insieme - localizzati nell'area interessata, in contrasto, tra gli altri, con il disposto degli articoli 41 e 97 della Costituzione. A ciò si aggiunga la già rappresentata disparità di trattamento - lo si ribadisce - tra i commercianti, al di fuori di qualsivoglia criterio di ragionevolezza che giustifichi tale indebita discriminazione.
Tutto ciò premesso, signor sottosegretario, voglia quindi precisare se, e in tal caso sulla base di quali elementi, il Ministro interpellato abbia autorizzato l'installazione e l'esercizio degli impianti descritti in premessa e se non intenda ordinare, qualora accerti l'insussistenza dei presupposti per l'autorizzazione, la cessazione dell'esercizio degli impianti medesimi.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti, Mario Mantovani, ha facoltà di rispondere.

MARIO MANTOVANI, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture ed i trasporti. Pag. 43Signor Presidente e signori colleghi, rispondendo alle tematiche sollevate dall'onorevole Anna Maria Bernini e da altri interpellanti circa la problematica attinente ai provvedimenti attuativi della ciclo-pedonalizzazione della zona universitaria di Bologna, per quanto di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, si riferisce che il decreto dirigenziale di autorizzazione all'installazione ed attivazione dei due varchi elettronici di via Bertoloni e di via Belmeloro, in Bologna, è stato emesso in data 12 luglio 2007, a seguito di richiesta del comune di Bologna, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999 e, quindi, prima dei provvedimenti attuativi citati nell'interpellanza urgente cui si risponde.
A tale proposito, si ricorda che rientra nella discrezionalità dell'amministrazione comunale adottare misure di limitazione della circolazione di tutte o di alcune categorie di veicoli ad ore prestabilite per accertate e motivate esigenze di prevenzione degli inquinamenti e di tutela del patrimonio artistico, ambientale naturale, anche attraverso l'istituzione delle ZTL (zone a traffico limitato).
Peraltro, dalla documentazione presentata dal comune di Bologna, risulta che i primi provvedimenti di limitazione della circolazione, con l'istituzione della ZTL, risalgono all'anno 2000 e si sono susseguiti nel corso degli anni.
Il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 250 del 1999 non è altro, quindi, che un supporto per verificare il diritto di accesso alle ZTL dei veicoli autorizzati.
Gli impianti, che non sono interconnessi con altri strumenti, archivi o banche dati, nel rilevare le targhe dei veicoli in transito, non fanno altro che verificare se gli stessi siano autorizzati al passaggio (ovvero se siano stati inseriti in apposite liste) e, solo nel caso di infrazione, rileveranno le immagini dei non autorizzati per le successive procedure di notifica di infrazione.
Ciò chiarito, appare che non vi sia contrasto con la normativa in materia di protezione dei dati personali e diritto alla riservatezza, anche in considerazione del fatto che chi viene autorizzato ad accedere alle zone ZTL dà contestualmente il proprio assenso all'inserimento della targa del veicolo che viene utilizzato nella cosiddetta «lista bianca» per il tempo necessario a garantirgli il transito senza che venga rilevata alcuna infrazione.
In ordine al paventato e possibile errore di rilevamento, non si ritiene che vi possano essere difficoltà nel risalire alla registrazione dell'autorizzazione, dal momento che tale autorizzazione è richiesta ai residenti all'interno della ZTL per il tramite di un codice di accesso loro consegnato dal comune stesso.
Ad ulteriore informazione, si riferisce quanto comunicato dall'amministrazione comunale di Bologna che, approvando il piano generale del traffico urbano con delibera consiliare odg. 128 del 25 giugno 2007, ha perseguito la realizzazione di un progetto di ciclopedonalizzazione della zona universitaria, ovvero della zona formata dalle aree «Belle Arti» e «Belmeloro», poste rispettivamente a nord e a sud di via Zamboni, via lungo la quale si concentrano la maggioranza delle facoltà e dei dipartimenti universitari.
Il progetto, a connotazione sperimentale, ha come obiettivo la promozione di una mobilità più sostenibile, che risponda all'esigenza del contesto urbano in cui vive l'università di Bologna, di tipo campus integrato nella città storica.
L'attuazione dell'intervento è prevista mediante l'adozione di più fasi successive: il 15 maggio 2008 è entrata in vigore la prima fase, che prevede il divieto di accesso nella zona universitaria alle auto e alle moto, ad esclusione dei veicoli dei soggetti legittimati.
Il controllo degli accessi è stato affidato ad alcune telecamere collocate ai varchi di via Bertoloni e di via Belmeloro.
Come precedentemente evidenziato, il progetto di installazione ed attivazione dei varchi elettronici è stato trasmesso dal comune di Bologna al Ministero dei trasporti, che lo ha autorizzato con la prescrizione di un periodo di pre-esercizio Pag. 44della rilevazione degli accessi di durata non inferiore a 30 giorni, da realizzare sotto il controllo della polizia municipale.
Per tale motivo, nelle more dell'avvio degli impianti di rilevazione dal carattere sperimentale, i due varchi sono presidiati della polizia municipale che accerta e contesta eventuali violazioni alla disciplina di accesso.
Al termine della fase di pre-esercizio, peraltro non ancora iniziato, il comune di Bologna, valutati gli esiti della stessa ed adottati gli eventuali conseguenti provvedimenti, potrà procedere alla fase di esercizio ordinario, previa adeguata informazione alla cittadinanza.
Per quanto attiene l'impossibilità di tali soggetti di provare a distanza di mesi il titolo legittimante l'accesso, il sistema utilizzato è molto simile a quello già ampiamente sperimentato, di validazione dei ticket giornalieri di accesso alla ZTL, da attivare mediante sms.
Il sistema informatico mantiene un registro eventi nel quale sono memorizzati i dati storici inerenti le richieste di accesso ed in qualunque momento tali dati possono essere reperiti per far fronte ad istruttorie amministrative relative a contenziosi su sanzioni.
A tutela dell'utente, il sistema prevede un'architettura interattiva consistente nell'attesa di un messaggio di conferma dell'autorizzazione ad accedere; ciò mette al riparo da eventuali malfunzionamenti di ordine tecnologico.
Il provvedimento oggetto dell'interpellanza, peraltro, è frutto di un lungo percorso di consultazioni che, a partire dal Piano generale del traffico urbano, si è svolto nei quartieri cittadini, anche alla presenza delle categorie.

PRESIDENTE. L'onorevole Bernini Bovicelli ha facoltà di replicare.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Signor Presidente, intervengo solo per alcune velocissime notazioni. Desidero ringraziare il signor sottosegretario per la tempestività della risposta e per la precisione e la puntualità della disamina effettuata sul provvedimento.
Tengo a sottolineare che il sottosegretario ha evidenziato, a sua volta, la natura sperimentale dell'iniziativa, per la quale ci troviamo nella prima fase. Si tratta di un provvedimento che dovrà svilupparsi per fasi successive e che, in questo momento, ha procurato nella cittadinanza un livello piuttosto significativo di insoddisfazione e di sofferenza, sia tra i privati, sia tra i titolari di pubblici esercizi e di attività commerciali della cosiddetta zona protetta che, in realtà, viene definita dai media «blindata» e, addirittura, «lagerizzata».
Comprendo la natura del sindacato ispettivo, pertanto mi ritengo soddisfatta dalla disamina di carattere meramente formale che non può toccare il merito profondo e l'opportunità politica di tali provvedimenti, peraltro, lo sottolineo nuovamente, di carattere sperimentale.
L'opportunità politica e giuridica insieme di tali provvedimenti sarà oggetto (lo possiamo anticipare) di ulteriori atti di sindacato ispettivo a livello locale ed a livello comunale nonché, ove ne ricorrano i presupposti (noi riteniamo che sia così), di eventuali ricorsi giurisdizionali amministrativi a livello nazionale. Naturalmente, sarà anche oggetto di segnalazioni al Garante per la protezione dei dati personali, i cui precetti noi assumiamo, ancora una volta, violati.
Purtroppo - e qui mi fermo, anche per non sottrarre eccessivo tempo alle interpellanze che seguiranno e, comunque, poiché mi ritengo soddisfatta per la risposta del sottosegretario, tenendo conto di una fotografia del «qui e ora» - sottolineo che sono già stati adottati i primi provvedimenti, soprattutto per quanto riguarda le sanzioni amministrative elevate nel primo periodo, la cui tracciabilità, purtroppo, non è così lineare come il progetto aveva auspicato e come emergeva dal dato testuale. Non è così facile risalire ad un codice di accesso comunicato per via telefonica; pertanto, talora, le contravvenzioni elevate a carico dei visitatori e dei residenti sono state considerate non tracciabili e, quindi, non facilmente contestabili, Pag. 45a fronte della mancanza di una prova concreta, da parte dei soggetti nei confronti dei quali sono state elevate.
Ribadiamo la nostra intenzione di accendere un riflettore su questa vicenda che riteniamo fortemente lesiva dei diritti di libertà sia civili sia economiche, ringraziando, allo stato per la risposta all'attività di sindacato ispettivo, il cui contenuto reputiamo soddisfacente, il signor sottosegretario e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.

(Orientamenti del Governo in merito ad iniziative normative sull'utilizzo delle intercettazioni telefoniche - n. 2-00040)

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00040, concernente orientamenti del Governo in merito ad iniziative normative sull'utilizzo delle intercettazioni telefoniche (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, noi del gruppo dell'Italia dei Valori abbiamo presentato questa interpellanza urgente, perché siamo tra quelli che pensano che le interpellanze si debbano presentare prima, non dopo che il fatto è accaduto, in quanto, dopo che il fatto è accaduto, si può solo piangere sul latte versato.
Dico ciò, perché ho già sentito dire nei corridoi o anche in affermazioni pubbliche da parte di rappresentanti del Governo frasi del tipo: «Non abbiamo ancora approvato niente, di che cosa vi lamentate?»
In realtà, noi non ci lamentiamo; noi interroghiamo e lo facciamo, perché ce lo consente il Regolamento della Camera dei deputati, laddove afferma e spiega che l'interpellanza va rivolta, per iscritto, ogni volta che un gruppo o un parlamentare vuole conoscere gli intendimenti della condotta del Governo. Noi vorremmo proprio conoscerne gli intendimenti e vorremmo una risposta nel merito, non il rinvio ad un giorno successivo a venerdì, perché, dopo tale data, il danno è fatto. Vorremmo, cioè, che si rifletta insieme nel merito e prima di adottare il provvedimento, sul fatto se quest'ultimo serva al Paese o serva a chi.
L'interpellanza urgente che abbiamo presentato - lo ripeto - è volta a sapere se è vero o no che il Governo intende modificare le procedure per le intercettazioni telefoniche; se è vero o no che, modificando queste procedure, intende attenersi a ciò che formalmente, ufficialmente - non nel bar dietro l'angolo - ha riferito il Presidente del Consiglio, che è tale per 24 ore al giorno, non soltanto quando sta seduto a Palazzo Chigi o quando si trova all'associazione dei giovani industriali o quant'altro. Quando egli afferma di volere fare qualcosa come Presidente del Consiglio, le sue parole le prendiamo per oro colato (forse sbagliamo troppo quando pensiamo a questo Presidente del Consiglio).
Non era di sera tardi, ma di prima mattina, quando egli ha affermato testualmente che intende, al più presto, adottare un provvedimento, insieme al suo Governo, impegnando la sua maggioranza, per prevedere un divieto assoluto - non di commettere reati, non quello - ma di ordinare, eseguire e diffondere intercettazioni telefoniche, salvo che per inchieste riguardanti camorra, mafia, 'ndrangheta e terrorismo.
Cerchiamo di capire: il divieto assoluto riguarda l'ordinare, l'eseguire ed il diffondere intercettazioni telefoniche. Vorrei ricordare a me stesso (non posso certo ricordarlo al rappresentante del Governo che io conosco bene, perché abbiamo un passato insieme negli stessi uffici giudiziari di Milano e quindi sa quanto me - o io so per averlo appreso da lui - cosa sono) che le intercettazioni telefoniche sono testualmente un mezzo di ricerca della prova e sono strumenti che servono all'autorità giudiziaria per individuare - dice la legge - ed assicurare al processo elementi utili sui fatti che si riferiscono all'imputazione, alla punibilità e alla determinazione della pena. Pertanto, l'intercettazione telefonica è come il bisturi in sala operatoria, uno degli strumenti di cui il chirurgo ha bisogno Pag. 46per intervenire. E il chirurgo, in sala operatoria, ha bisogno di intervenire con il bisturi non solo quando c'è una metastasi - ossia un'associazione criminale - ma anche quando c'è un intervento specifico che riguarda una grave malattia ossia un grave reato.
Mi permetta di pregarla, signor sottosegretario, di riferire al Presidente del Consiglio - dal momento che lei lo sa bene - che i reati associativi a cui lui si è riferito quali camorra, terrorismo, 'ndrangheta e mafia sono reati che intanto hanno ragion d'essere, intanto possono essere scoperti, in tanto possono essere contestati, in quanto, a monte o a valle, esistono dei reati specifici che vengono commessi. Ossia una associazione si organizza per commettere tutta una serie di reati.
Allora, quando il pubblico ministero vede una sparatoria e ci scappa il morto, come fa a sapere che quel morto è stato sparato, perché dietro c'era un marito tradito e non un'associazione a delinquere di tipo criminale, se non fa le indagini per saperlo?
Ogni reato, ogni associazione a delinquere ha bisogno, per poter vivere, di una serie di reati che vengono commessi e l'associazione a delinquere è il risultato di un'indagine in quanto solo a seguito di una serie di investigazioni, che si fanno su una serie di reati commessi dalle stesse persone, in associazione tra di loro, si può dire che c'è l'associazione a delinquere.
Insomma, lei mi insegna che l'associazione a delinquere è il momento finale di un accertamento istruttorio, non il momento iniziale. E se è il momento finale di un accertamento istruttorio, come faccio a fare le indagini, se uno dei mezzi fondamentali della prova per accertare il reato per cui, poi, posso contestare l'associazione a delinquere, l'intercettazione telefonica, mi viene tolto?
Ecco perché interveniamo prima: per cercare di invitare alla ragione chi sta adottando questo provvedimento. Non può essere questa la ragione! Non si possono limitare le intercettazioni ai soli reati associativi; bisogna, invece, prevederle per tutta quella serie di reati gravi già previsti dall'articolo 266 del codice di procedura penale. Esso non dice che si può procedere a intercettazioni nei confronti di tutti i reati, ma per i delitti non colposi (per quelli per i quali è previsto l'ergastolo, naturalmente, ma anche per quelli con pena superiore a cinque anni), per i delitti contro la pubblica amministrazione (come la corruzione e la concussione, per i quali si vorrebbe eliminare la possibilità di utilizzare le intercettazioni), per i delitti concernenti sostanze stupefacenti e psicotrope, per i delitti concernenti le armi e le sostanze esplosive, per i delitti di contrabbando e anche per i reati di ingiuria, minacce e molestie a mezzo telefono. Come faccio a scoprirli, se non faccio le intercettazioni?
Insomma, la norma già adesso fornisce dei precisi parametri e paletti di riferimento. Ci sono dei delitti che possono essere commessi da singoli o da associati, ma sono gravi e così tanto gravi che è bene che tra i mezzi istruttori siano permesse anche le intercettazioni.
Le garanzie affinché esse vengano fatte nel rispetto della legge sono già previste adesso dalla stessa, perché si prevede come presupposto, primo, che vi sia un'assoluta indispensabilità per le indagini; secondo, che vi sia la sussistenza di gravi indizi circa il reato commesso.
C'è già un giudice, un organo di garanzia che valida tutto questo. Diciamo subito le cose come stanno: chiediamo formalmente, adesso e prima del tempo, che, nell'intendimento del Governo, che dovrà esprimersi nei prossimi giorni, vi sia un ripensamento operoso rispetto all'azzardata e avventata affermazione fatta dal Presidente del Consiglio, che vuole eliminare le intercettazioni in questi casi.
Le giustificazioni addotte, così come le ha addotte il Ministro della giustizia, non un passante al bar, non ci soddisfano affatto. Il Ministro della giustizia formalmente, in Commissione parlamentare e nelle aule del Consiglio superiore, presso l'Associazione nazionale magistrati ha giustificato questo provvedimento con il fatto che le intercettazioni costano troppo.Pag. 47
Non costavano troppo i polmoni espiantati alla clinica «Santa Rita» in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)? Sono stati scoperti grazie alle intercettazioni! È più importante far risparmiare lo Stato, non rubando in una clinica privata come quella, o far risparmiare lo Stato, spendendo qualche soldo a favore delle intercettazioni per scoprirlo?
Vorrei ricordare che giacciono depositati negli uffici postali e nelle banche oltre un miliardo e seicento milioni di proventi di reati, confiscati. Questi soldi ci sono e possono servire per far funzionare la giustizia. Non si riducono i fondi e i mezzi per combattere il crimine; si deve ridurre il crimine e si devono utilizzare i fondi provenienti dal crimine per aumentare le risorse a favore della giustizia, per aumentarne l'efficienza.
Si dice: ma costano troppo, e in modo sperequato fra vari tribunali. Bene: fate una gara unica per il miglior offerente su tutto, intervenite sulle modalità tecniche, ma non eliminate il mezzo! Se un bisturi costa di più rispetto a un altro, in una sala operatoria non si elimina il bisturi, si va a cercare chi lo offre a meno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!
Si dice: troppe persone sono intercettate. Innanzitutto è un falso storico, che troppe persone sono intercettate: l'Italia è il Paese d'Europa e del mondo dove vigono le migliori e le maggiori garanzie per un'intercettazione, che viene fatta con la garanzia di un giudice terzo che le controlla. Negli altri Paesi ci sono poche intercettazioni classificate come intercettazioni della magistratura, perché molte altre strutture realizzano le intercettazioni. Chi sa qualcosa del progetto Echelon, realizzato negli anni passati e nei decenni passati dagli Stati Uniti, sa bene che tutta l'Europa era intercettata. Chi sa come funzionano i satelliti sopra di noi, sa bene come funzionano le intercettazioni: ognuno di noi è in ogni momento sezionato da organismi che non conosciamo; e su questo, che viene fatto sotto il controllo della magistratura, in modo trasparente, dicono che ci sono troppe persone intercettate.
Certo, si dice che ci sono troppi abusi nelle comunicazioni sui giornali. Ed ecco la proposta che noi vi consigliamo, vi facciamo, vi lasciamo, vi depositiamo. Non v'è dubbio che c'è un insieme di intercettazioni che sono utili alle indagini, e un insieme di intercettazioni che sono inutili alle indagini, perché anche due delinquenti parlano di cose che non c'entrano niente con la delinquenza, e anche due persone normali possono rimanere coinvolte. La nostra proposta è questa: fate in modo che ci sia un'udienza specifica e diretta fra le parti interessate in cui, in modo anticipato rispetto ai canoni attuali, il pubblico ministero e il difensore della parte scelgono quali sono le intercettazioni di cui si vogliono avvalere. Quanto alle altre, qualcuno ne propone la distruzione: credo che sia bene prima disporne piuttosto l'acquisizione in un luogo riservato presso il tribunale o presso la corte d'appello, fino a quando non finisce il processo, perché ci può sempre scappare la novità, che può sempre essere utile. Credo quindi che questo problema può essere risolto nel merito, facendo in modo che non ci sia la disponibilità delle parti e tra le parti di quelle intercettazioni che non servono ai fini del processo.
Lo dico a lei, rappresentante del Governo, già magistrato: lei sa meglio di me che questa accusa generalizzata, per cui ogni intercettazione che viene pubblicata è colpa del magistrato, è un'accusa infondata, falsa e calunniosa! Ci può essere anche qualche magistrato che non fa il suo dovere, ed in tal caso questo va perseguito, ma la maggior parte, la quasi totalità, oserei dire la totalità dei casi delle intercettazioni che vanno a finire sui giornali vengono pubblicate il giorno dopo in cui sono depositate a disposizione delle parti, e ne prendono conoscenza gli avvocati, gli interessati, mille altri soggetti!
Quindi questa criminalizzazione, come se la colpa fosse dei magistrati e solo di essi, non ci sta bene. E comunque sia, si punisca chi viola la legge, ma non si tolga l'arma, Pag. 48una delle armi fondamentali, che è quella di combattere il crimine con le intercettazioni; né si dica, alla fine: basta con le intercettazioni, si ritorna alle indagini come un tempo. Ma lei che ha i capelli bianchi come me, un tempo come facevamo le indagini? Avevamo la lente di ingrandimento? Le indagini come si fanno, se non con i mezzi di ricerca della prova, le intercettazioni, le perquisizioni, i sequestri, le acquisizioni di documenti, gli interrogatori, le assunzioni di informazioni testimoniali, le testimonianze? Insomma, come vuole che si facciano, quali sono questi mezzi che usava una volta Sherlock Holmes per trovare la prova? Ma come sono fatti questi mezzi?
Ieri ancora un rappresentante del Governo ha detto: per esempio, alla clinica Santa Rita non c'era bisogno di fare le intercettazioni, bastava leggere le cartelle cliniche. Ma lei, che ha fatto il mio mestiere, ha mai visto scritto, su una cartella clinica o su un documento: io ho commesso questo reato?. Sulla cartella clinica dovrebbe essere scritto: dovevo togliere un foruncolo, le ho tolto un seno: ma non scrivo così, scrivo che un seno è malato! La prova di un reato commesso, vale a dire scrivere una cosa rispetto a un'altra, diventa la prova della non commissione del reato! Stiamo coi piedi per terra, e lasciamo fare a ciascuno il proprio mestiere.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANTONIO DI PIETRO. In conclusione, noi chiediamo formalmente e per tempo che il Governo ci dica cosa intenda fare esattamente, e ce lo dica oggi, nel merito: se intende ridurre le intercettazioni solo a particolari tipi di reati rispetto a quelli previsti attualmente; se intende addirittura vietare la pubblicazione di quelle che sono messe a disposizione delle parti, sulle quali è bene che i cittadini sappiano subito come stanno i fatti, perché all'opinione pubblica interessa sapere oggi che succedeva alla clinica Santa Rita, non fra dieci anni, quando il processo sarà finito: bisogna sapere oggi che cosa sta succedendo, perché siamo in una democrazia diretta!.
Domandiamo inoltre al Governo cosa intenda fare per aumentare le spese a favore della giustizia: in questo senso noi proponiamo formalmente che provveda all'acquisizione immediata di quei 1.600 milioni di euro che sono depositati presso le banche e gli uffici postali con un capitolo di bilancio da mettere esclusivamente a disposizione per le esigenze della giustizia (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Giacomo Caliendo, ha facoltà di rispondere.

GIACOMO CALIENDO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli interpellanti pongono l'accento su problematiche delicate e complesse, quelle che riguardano le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, che devono essere affrontate e risolte avendo sempre riguardo alla necessità di contemperare il diritto alla riservatezza delle persone con le esigenze connesse alle attività investigative e di indagine, che sono dirette all'acquisizione di elementi di prova.
Va poi considerato, sempre in tema di pubblicità degli atti di indagine, e soprattutto delle intercettazioni telefoniche, che è intendimento del Governo operare in modo da garantire il diritto dei cittadini ad essere informati e quello della libera stampa ad informare, senza che ciò si traduca in un pregiudizio per le indagini ovvero in un'indebita propalazione di notizie riservate, soprattutto se relative a terzi estranei al procedimento penale.
Credo che l'onorevole Di Pietro sappia meglio di me come più volte si sia verificata l'esposizione di terzi estranei al procedimento penale o come più volte siano state inserite nei provvedimenti comunicati agli indagati notizie e intercettazioni di soggetti che non avevano nulla a che fare con le indagini, così come egli sa meglio di me che non ci si riferisce a vecchi sistemi di indagine ma al fatto che vi è un uso non moderato delle intercettazioni telefoniche, come ha detto il Presidente della Repubblica ieri. Mi pare che Pag. 49queste siano cose che ci siamo detti per anni e che condividiamo, e che occorre dunque cercare di porvi rimedio, in un equilibrio generale. Se esiste, infatti, un diritto alla riservatezza, bisogna anche garantirne l'effettività: non è possibile che vi sia un diritto, ma poi vi sia una sua pratica violazione senza possibilità di tutela.
Sulla base di tali considerazioni, il Ministro della giustizia, in sede di audizione innanzi alla Commissione giustizia della Camera, ha anticipato la prossima presentazione di un disegno di legge sulle intercettazioni per tutelare la privacy e arrivare a consistenti risparmi di spesa (ma non per condizionare le indagini in relazione alla spesa).
Il Ministro della giustizia ha anche affermato che, sulle materie di grande rilevanza, come quella delle intercettazioni, è intendimento del Governo realizzare riforme il più possibile condivise, ed è per tale ragione che si sta procedendo all'individuazione di principi e di punti comuni con le disposizioni contenute nei disegni di legge presentati dai precedenti Governi. Si tratta di una tematica su cui tutte le forze politiche sono chiamate ad intervenire e che proprio in considerazione della sua complessità richiederà uno sforzo unanime e coordinato, e lo strumento del disegno di legge ce lo consente.
Tuttavia, poiché il disegno di legge sulle intercettazioni non è stato ancora presentato al Consiglio dei ministri, non è possibile, per ovvie ragioni di correttezza istituzionale, fornire alcuna anticipazione in proposito. Solo successivamente vi sarà spazio - e ce lo auguriamo - per lo svolgimento di un dibattito, che spero corretto e propositivo, anche e soprattutto in sede parlamentare. In quel contesto, il Governo avrà la possibilità di fornire puntuali e circostanziate informazioni e l'opposizione avrà l'occasione di esprimere le proprie osservazioni ed esercitare le prerogative che la Carta costituzionale le assegna.

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro ha facoltà di replicare.

ANTONIO DI PIETRO. Dovrei dichiarare di sentirmi soddisfatto da ciò che ha affermato l'ex collega Caliendo, che oggi è sottosegretario, e che non poteva dire di più: il problema è che il Governo non ha detto niente!
Insomma, caro rappresentante del Governo, noi abbiamo posto una questione molto chiara e precisa: il Regolamento della Camera ce lo consente e ce lo impone, e a voi impone una risposta. Noi abbiamo chiesto qual è l'intendimento del Governo in ordine all'annunciato provvedimento sulle intercettazioni telefoniche: è un nostro diritto e anche dovere proporlo, è un vostro diritto ma anche dovere rispondere. Voi non ci avete detto niente! Ripeto allora la domanda: nel provvedimento che intendete porre in essere, prevedete che esso riguardi solo i reati associativi e non gli altri reati quali l'omicidio, lo stupro, lo spaccio di stupefacenti, la pedofilia, la rapina, e quant'altro? La corruzione, l'estorsione? Perché di questo stiamo parlando! Questi reati li togliete dalla possibilità di intercettare, oppure no? Se li togliete non potete infatti scoprire neanche i reati associativi, perché se non scoprite prima i reati commessi non potete contestare l'associazione a delinquere a nessuno (non voi, i magistrati)! È come chiudere una sala operatoria. Su questo tema non abbiamo avuto una risposta.
Ci è stato detto da lei oggi che la vostra preoccupazione sono i terzi estranei: per noi sono i secondi «intranei», cioè i complici, i correi, coloro che commettono i reati! Quella è la prima cosa di cui ci preoccupiamo noi, di coloro che commettono i reati! Verso i terzi estranei anche noi abbiamo una grande attenzione, ed infatti non solo abbiamo detto che si deve rispettare la regola per cui ciò che non può essere pubblicato non va pubblicato, e che quando le cose sono pubbliche e sono messe a disposizione dell'indagato è bene che il cittadino sappia come stanno le cose; abbiamo anche fatto una proposta, ed è a questa proposta che ci aspettavamo - e ci aspettiamo - una risposta: perché non prevedere un'udienza specifica per Pag. 50individuare quali siano le intercettazioni utili e quali no, per poi archiviare tutto, ossia questi atti e queste registrazioni, in un luogo riservato e segreto, sotto la diretta responsabilità del procuratore o del procuratore generale? Non ci è stata data una risposta, e allora ve la facciamo come proposta, visto che probabilmente la risposta non ci arriva perché al Governo qualcuno non sa come fare (sa, tra un ingegnere, un giornalista e un dipendente, succede poi che magari alla fine non si sa cosa fare!).
Lo ripetiamo ancora una volta: il diritto alla riservatezza è un diritto sacrosanto che tutti noi vogliamo, ma non è una buona ragione per dire che non si devono fare le indagini a 360 gradi e che non si devono impiegare tutti gli strumenti che la legge ci consente, soprattutto con riferimento ai reati gravissimi, come quelli previsti adesso. Il diritto alla riservatezza può e deve essere tutelato nell'ambito di una normativa diversa da quella dell'impedimento dell'intercettazione telefonica, altrimenti dovremmo togliere - ripeto - tutti i coltelli dalle macellerie, perché qualche volta è capitato che qualche macellaio non li abbia usati soltanto per tagliare la fettina, ma per ammazzarci la moglie!
In conclusione, mi dichiaro totalmente insoddisfatto, ma neanche, perché per essere insoddisfatto dovrei dichiararmi soddisfatto o insoddisfatto rispetto ad una proposta, ad un qualcosa che c'è, mentre semplicemente non posso esprimermi, perché non ho capito che cosa intende fare il Governo.
Quindi preannunciamo a lei, al Governo e al Presidente della Camera che a norma dell'articolo 138, comma 2, del Regolamento, al termine di questa seduta presenteremo una formale mozione al Governo in quanto insoddisfatti, una mozione che intendiamo far votare dal Parlamento per sapere se e come s'intende combattere la criminalità organizzata e se in particolare, con riferimento alla criminalità organizzata, si intende combattere questa o, piuttosto, combattere coloro che combattono la criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.
Sospendo la seduta, che riprenderà alle 15.

La seduta, sospesa alle 13,55, è ripresa alle 15,05.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interrogazioni a risposta immediata, alle quali risponderanno il Ministro per i rapporti con il Parlamento, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il Ministro per la semplificazione normativa.

(Risorse per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili presso il comune di Palermo, anche in relazione alla copertura delle spese conseguenti all'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale - n. 3-00033)

PRESIDENTE. L'onorevole Siragusa ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00033, concernente risorse per la stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili presso il comune di Palermo, anche in relazione alla copertura delle spese conseguenti all'abolizione dell'ICI sull'abitazione principale (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

ALESSANDRA SIRAGUSA. La legge finanziaria ha previsto uno stanziamento annuale di 55 milioni di euro per la stabilizzazione di circa 3 mila lavoratori socialmente utili nella pianta organica del Pag. 51comune di Palermo. La stabilizzazione a tempo pieno è indispensabile non solo per garantire finalmente, dopo dieci anni, ai lavoratori un contratto a tempo pieno e indeterminato, ma anche per migliorare i servizi comunali; tuttavia per la stabilizzazione full time non bastano 55 milioni di euro: ne sono necessari 93.
Il Governo, con il decreto-legge n. 93 del 2008 ha cancellato i finanziamenti e poi, irritualmente, con atto del Presidente del Consiglio, ha dichiarato di averli ripristinati.
Poiché il comune di Palermo deve garantire anche le progressioni di carriera dei dipendenti comunali, è necessario che il Governo aumenti lo stanziamento previsto nella legge finanziaria e, certamente, che non lo cancelli.
Chiediamo, quindi, al Governo come intenda restituire nell'ambito della conversione in legge del decreto citato i 55 milioni di euro, aggiungendo le somme necessarie alla stabilizzazione full time degli LSU di Palermo.

PRESIDENTE. Il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Elio Vito, ha facoltà di rispondere, per tre minuti.

ELIO VITO, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, con l'interrogazione a risposta immediata presentata e illustrata dall'onorevole Siragusa e da altri colleghi, si chiede al Governo di conoscere quali iniziative intenda assumere per ripristinare in bilancio le somme attribuite dall'articolo 2, comma 550, della legge finanziaria per il 2008 a favore della stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili della regione Sicilia e del comune di Palermo. Questi fondi, infatti, sono stati toccati dal recente decreto-legge riguardante le disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie, che abolisce definitivamente l'ICI (l'imposta comunale sugli immobili). La materia - che in generale posso assicurare che è all'attenzione del Governo, proprio per la delicatezza della problematica sociale - ha trovato un'immediata risposta da parte del Governo, che ne ha valutato la sensibilità sociale.
In particolare, il Governo si è attivato per trovare una tempestiva soluzione a quanto richiesto con l'interrogazione, accogliendo le istanze della popolazione palermitana e dello stesso sindaco di Palermo, onorevole Cammarata, in relazione al delicato problema della stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili in carico al comune, con le stesse finalità, gli stessi limiti e le stesse modalità di cui all'articolo 2, dei richiamati commi 550 e 551, della legge finanziaria per il 2008, che prevedono la stipula di convenzioni con modalità e termini analoghi a quelli richiamati dagli onorevoli interroganti.
Il Governo, infatti, ha già provveduto a reintegrare le risorse in questione per il triennio 2008-2010 per 55 milioni di euro, come previsto dalla legge finanziaria, per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010. Ciò è avvenuto non in via irrituale - onorevole Siragusa - ma con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, l'onorevole Berlusconi, del 5 giugno 2008, adottato ai sensi dell'articolo 5, comma 4, del decreto-legge sull'abolizione dell'ICI e per un importo esattamente corrispondente a quanto già previsto dall'autorizzazione di spesa inserita nel comma 551 dell'articolo 2 della legge finanziaria.
Per parte sua il Governo, quindi, ritiene di avere assunto le iniziative richieste dagli interroganti necessarie per provvedere ai sensi rappresentati. Per lo stanziamento di ulteriori somme ai quali faceva riferimento adesso l'onorevole interrogante, ma che non sono quelle alle quali si faceva riferimento testualmente nell'interrogazione a risposta immediata, ci si rimetterà ai successivi strumenti parlamentari per la valutazione di competenza.

PRESIDENTE. La ringrazio, Ministro Vito, anche per la tempistica.
L'onorevole D'Antoni, cofirmatario dell'interrogazione, ha facoltà di replicare, per due minuti.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, penso che le parole del Ministro Vito non trovino riscontro perché «l'irritualità» resta. Noi abbiamo cercato Pag. 52questo decreto del Presidente del Consiglio che, modificando un decreto-legge, è assolutamente irrituale, ma non lo abbiamo trovato. Se esiste, saremmo ben felici di avere questa prima notizia - ripeto che lo abbiamo cercato, ma non lo abbiamo trovato - e se questa interrogazione ha raggiunto questo obiettivo si tratterebbe di un primo risultato.
La seconda questione è che non basta soltanto dare un'assicurazione general generica circa la necessità di un ulteriore stanziamento per ottenere la stabilizzazione full time. Penso infatti che sia interesse di tutti chiudere una partita, che è aperta da dieci anni e che francamente sta diventando inaccettabile.
La terza questione riguarda il fatto che una riflessione complessiva sulla copertura del cosiddetto decreto ICI e straordinari, che parta da queste considerazioni, si impone assolutamente, perché voi non vi state accorgendo di fare una cosa veramente inaccettabile: non si può finanziare l'abolizione dell'ICI rivolta a tutti, in particolare alle classi più agiate, riguardando anche le case signorili, a danno delle popolazioni più deboli di questo Paese. Infatti, oltre a questi 55 milioni di euro - come lei sa - ben 2 miliardi e 200 milioni di euro del «decreto ICI» saranno coperti con fondi previsti per la Sicilia, la Calabria e l'intero Mezzogiorno: ciò è veramente inaccettabile.
Si è parlato in questi giorni di Robin Hood, ma siamo in presenza di uno sceriffo cattivo che toglie ai deboli per dare ai forti. Penso che, francamente, una riflessione da parte vostra si impone, perché tutto ciò è assolutamente da respingere al mittente.

(Misure a favore del settore della pesca in relazione all'aumento del prezzo del gasolio - n. 3-00034)

PRESIDENTE. L'onorevole Mannino ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00034, concernente misure a favore del settore della pesca in relazione all'aumento del prezzo del gasolio (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

CALOGERO MANNINO. Signor Presidente, signor Ministro, il problema è ormai noto, anzi, ha assunto alcuni aspetti sociali alquanto drammatici. Tutte le marinerie italiane sono in sciopero: lo è quella di Mazara, quella di Sciacca, di Trapani e tutte le altre in Sicilia, così come quelle adriatiche e le tirreniche. Il problema del caro petrolio ha una ricaduta nei bilanci dell'esercizio dell'impresa armatoriale di pesca che credo non debba essere ulteriormente sottolineato.
Si tratta di un problema che riguarda anche altri settori, ma nessun settore sopporta, come avviene per la pesca, un aumento del costo di produzione pari al 40 per cento. È necessario prendere dei provvedimenti in generale e un provvedimento d'urgenza sul punto specifico, anche in ragione del fatto che l'accresciuto fabbisogno di carburante nel settore della pesca è determinato dalle difficoltà e dagli elementi strutturali della flotta peschereccia italiana.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha facoltà di rispondere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, onorevole Mannino, le posso garantire che ho rischiato di arrivare in ritardo perché ho incontrato anche gli ultimi manifestanti di questa mattina (circa 3.000 persone) che si sono ammassati all'EUR.
Capiamo le difficoltà dei pescatori (stiamo parlando di 44 mila occupati in Italia e di 14 mila imbarcazioni, di cui 2.638 si occupano di strascico). Sappiamo dell'incremento enorme che ha avuto il prezzo del gasolio e quanto esso incide, ossia per oltre il 60 per cento, sui costi di produzione di queste imprese. Sono incrementi letteralmente fuori mercato.
Quali sono le iniziative del Governo? Noi, da un lato, abbiamo innanzitutto la consapevolezza che per garantire un Pag. 53fermo temporaneo di 45 giorni ad armatori ed equipaggio - come ci viene richiesto - dovremmo comunque prevedere un investimento di circa 42 milioni di euro (equivalente alla cifra destinata per fermi temporanei nei prossimi sei anni nel FEP-Fondo europeo per la pesca). Dall'altro lato, stiamo facendo alcuni approfondimenti rispetto agli ammortizzatori sociali e all'IVA, ma anche rispetto alla necessità - lei lo evidenziava nella sua interrogazione - di parlare con le compagnie petrolifere.
Sicuramente ci stiamo ponendo qualche domanda per quanto riguarda le speculazioni, perché l'incremento del prezzo del gasolio, relativamente a questo settore, è stato molto elevato.
Le voglio anche ricordare che - dopo i tantissimi incontri in cui ho anche ricevuto tutti i pescatori che hanno chiesto di parlare con il Ministro - domani incontrerò gli assessori regionali alla pesca. Inoltre, lunedì 16 giugno a Verona si terrà di nuovo il tavolo sulla pesca nazionale per discutere delle soluzioni, quindi del prodotto dal lavoro di questa settimana, e, non ultimo, martedì 17 - ci tengo a sottolinearlo - per la prima volta nella storia si svolgerà un summit in Italia, chiesto dal nostro Paese, con la presenza di Francia, Spagna, Portogallo, Grecia e l'Italia stessa, per redigere e sottoscrivere un documento comune, perché il problema riguarda tutti gli Stati membri che hanno importanti flotte per la pesca. Ciò servirà a costringere - diciamolo fino in fondo - la Commissione europea e il Commissario Borg a dare delle risposte, che non devono essere ovviamente delle pacche sulle spalle, ma devono tradursi in risorse fresche.

PRESIDENTE. L'onorevole Mannino ha facoltà di replicare.

CALOGERO MANNINO. La ringrazio, signor Ministro. Al di là dell'attendibilità del suo Governo, del Governo Berlusconi, nutro fiducia nella sua capacità personale, nel senso della sua personale concretezza, in ragione delle sue origini e della sua esperienza amministrativa.
Accanto a tutte le cose puntuali che ella ha detto, mi permetto però di farle presente - peraltro richiamo un documento approvato qualche minuto fa in XIII Commissione (Agricoltura) - che un punto fondamentale da affrontare riguarda il regolamento n. 1967 del 2006 dell'Unione europea, che in Italia non ha avuto applicazione. Credo che da questo elemento fondamentale possa partire una riconsiderazione del problema pesca, rispetto al quale continuo ad aggiungere che esiste l'aspetto emergente del costo del carburante, ma esiste altresì l'aspetto più sostanziale da affrontare, che è quello del problema pesca in quanto tale in Italia.
Per quanto riguarda le iniziative da lei annunciate, faccio riferimento al tavolo di Verona, al quale spero che le organizzazioni della pesca arrivino con uno sforzo maggiore di collaborazione, perché un'interlocuzione, non dico unica, ma molto convergente e concordata delle organizzazioni della pesca - lo dico anche per esperienza personale - aiuterebbe molto il Governo a tracciare una linea che deve seguire due direzioni: quella del rapporto con l'Unione europea, che deve rivedere la sua politica della pesca anche e soprattutto nel Mediterraneo, perché non si possono utilizzare per il Mediterraneo i criteri e i canoni della pesca atlantica o della pesca nordica; e quella, però, della collaborazione con le ragioni, che permetta all'Italia di avere una concreta politica in questo settore.
Raccomanderei, inoltre, una collaborazione con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, perché anch'essa è davvero indispensabile.

(Misure per contrastare l'aumento del prezzo del gasolio con particolare riferimento al settore della pesca - n. 3-00035)

PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di illustrare la sua interrogazione n. 3-00035, concernente misure per contrastare l'aumento del prezzo del gasolio con particolare riferimento al settore della pesca (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), per un minuto.

Pag. 54

PIERFELICE ZAZZERA. Signor Presidente, signor Ministro, in questi ultimi giorni il caro gasolio ha creato forti agitazioni in tutta Europa con problemi anche di ordine pubblico (sono recenti i fatti di cronaca). Il costo del carburante dal 2004 è aumentato del 240 per cento e questa situazione sta creando gravi ripercussioni sul costo commerciale del pesce, su cui inevitabilmente si riversano le alte spese sostenute per l'ottenimento della materia prima.
La Federconsumatori ha denunciato un incremento dei prezzi al consumo per i cittadini comuni del 20-30 per cento. Sul Corriere della sera il Ministro Scajola, qualche giorno fa, ha denunciato l'insostenibilità per l'Italia del prezzo industriale dei carburanti, anche rispetto ai quindici Paesi dell'area dell'euro. Voglio ricordare che in Italia sono previsti 25 centesimi in più per le accise sui carburanti. Considerata la situazione d'emergenza nelle marinerie è a rischio la sopravvivenza stessa del settore. Fino ad ora la crisi dovuta al caro gasolio è costata ai pescatori 28 milioni di euro.
Le chiedo, allora, cosa intende fare, nell'immediato, per affrontare questa grave situazione.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha facoltà di rispondere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Rispondo all'interrogazione a risposta immediata n. 3-00035, degli onorevoli Zazzera ed altri. Sappiamo che i nostri pescatori, che costituiscono una flotta importante di 14 mila imbarcazioni e 44 mila occupati, sono in grossissima difficoltà.
Basterebbe ricordare che dal 2004 ad oggi abbiamo un dato che la dice lunga sulla vicenda del caro gasolio: 0,40 centesimi di euro per un litro nel 2004; ora 0,80-0,82 centesimi di euro, molto probabilmente quando torneranno in mare, dopo questa serrata, si arriverà vicino all'euro. Questo per dire comunque - come si direbbe tecnicamente - che noi «siamo sul pezzo».
Abbiamo incontrato il tavolo pesca nazionale e, quindi, le rappresentanze, in più occasioni; quest'oggi a Roma ho incontrato anche i manifestanti, e stiamo lavorando su alcune ipotesi di lavoro. Sicuramente la prima è quella di ragionare su un fermo temporaneo, che se si dovesse effettuare con i valori dei 45 giorni, come si vorrebbe, costerebbe circa 42 milioni di euro, ovvero la stessa cifra che abbiamo stanziato nel FEP per i prossimi sei anni. Dall'altro lato è anche vero che comunque dovremmo garantire anche altre iniziative. In queste ore stiamo lavorando per scrivere un decreto e cercare di costruire un ragionamento rispetto agli ammortizzatori sociali.
Vi è ancora in sospeso tutta la vicenda dell'IVA - la parificazione dell'IVA, l'IVA agevolata - ed, infine, non dimentichiamolo, abbiamo una disponibilità di 157 milioni di euro nel FEP che potremmo destinare alla rottamazione. Molto probabilmente l'incentivo all'esodo e, quindi, far uscire dal mercato le imbarcazioni obsolete che consumano o che sono a gestione in maniera marginale, che non stanno sul mercato come imprese e che vorrebbero un incentivo per uscire, potrebbe essere l'ottima occasione per ristrutturare la nostra flotta. Ricordo che se noi abbiamo 14 mila imbarcazioni, la Francia, che è un nostro benchmark, un punto di riferimento, ha circa 7 mila imbarcazioni.
Infine, vorrei sottolineare che dopo questi incontri, domani, giovedì 12 giugno, incontrerò gli assessori regionali alla pesca e lunedì 16 giugno, a Verona, incontrerò di nuovo tutte le organizzazioni per parlare di queste soluzioni e cominciare a tirare la somma del lavoro di questa settimana.
Infine, mi permetto di sottolinearlo, per la prima volta è stato convocato un summit europeo degli Stati membri coinvolti dal problema del caro gasolio e della pesca in generale, ovvero Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, insieme all'Italia, organizzato direttamente dall'Italia, a Venezia, per produrre un documento, sul quale stiamo già lavorando da qualche giorno, da sottoporre alla Commissione europea e, quindi, al commissario Borg.

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PRESIDENTE. L'onorevole Zazzera ha facoltà di replicare.

PIERFELICE ZAZZERA. La ringrazio, signor Ministro, anche se la sua risposta non trova una soluzione se non nelle buone intenzioni del Governo che, ovviamente, si deve scontrare, poi, con la realtà dei conti.
Non per ritornare su fatti recenti che hanno visto quest'Aula impegnata, ma lei ha parlato delle difficoltà di reperire 40 milioni di euro per sostenere, evidentemente con un fermo temporaneo di pesca, i pescatori oggi coinvolti nella crisi: voglio ricordare che questa Assemblea ha deciso di destinare all'Alitalia 300 milioni di euro per risolvere, anche in quel caso, una crisi difficile.
Ritengo, signor Ministro, che per avere autorevolezza in Europa e, quindi, da parte del Governo, nei confronti dei Governi europei, bisogna essere noi stessi autorevoli e, dunque, rispettare le normative europee, rispettare quanto l'Europa ci impone e ci indica.
Mi auguro - ne sono certo - che lei si impegnerà per trovare rapidamente una soluzione, ma sottolineo anche la necessità di avviare un ragionamento a medio e lungo termine per ristrutturare un intero settore che vive la difficoltà del ricambio generazionale, di quei giovani che non vogliono impegnarsi in un comparto che pure è attivo ma che non trova incentivi.
Lo ha detto il collega Mannino, sono in crisi le marinerie di tutta Italia. Sottolineo, però, che sulla base dei dati di cui dispongo, rispetto a quelli che lei ha citato, si parla di 20 mila pescherecci, di 30 mila famiglie e di una produzione pari a 1.970 milioni di euro (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

(Iniziative per garantire la tutela della qualità dei vini italiani e dell'immagine dei prodotti agroalimentari sul mercato interno ed estero - n. 3-00036)

PRESIDENTE. L'onorevole Negro ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cota n. 3-00036, concernente iniziative per garantire la tutela della qualità dei vini italiani e dell'immagine dei prodotti agroalimentari sul mercato interno ed estero (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria.

GIOVANNA NEGRO. Signor Presidente, ci rivolgiamo al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali formulando una premessa: nei mesi scorsi, attraverso i principali mezzi di informazione nazionali, sono state diffuse notizie riguardo a presunti fatti fraudolenti inerenti il mancato rispetto dei requisiti di qualità previsti dai disciplinari di produzione di vini italiani di particolare pregio, noti ed apprezzati in tutto il mondo.
Dette notizie hanno avuto un'inevitabile vasta eco internazionale, generando diffusi allarmismi e, più in genere, recando disorientamento ai consumatori e, quindi, un danno non solo alla nostra produzione vitivinicola, ma anche all'intero agroalimentare italiano, del quale proprio i vini di qualità sono principale vessillo e traino.
Riguardo ai fatti di cui sopra, ferma restando la necessità di attendere gli esiti delle indagini e dei controlli ancora eventualmente in corso, si può, tuttavia, affermare che, alla luce delle evidenze comunque già emerse sulla questione di cui trattasi, non sono risultati estranei fenomeni di speculazione e di disinformazione, il cui unico effetto certo è stato, appunto, quello di recare danno alla produzione e all'esportazione dei vini di qualità.
Pertanto, chiediamo se e quali iniziative siano state adottate.

PRESIDENTE. Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha facoltà di rispondere.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, rispondo all'interrogazione dell'onorevole Cota ed altri, e li ringrazio, perché mi forniscono anche l'opportunità di rendere un aggiornamento ufficiale rispetto alla vicenda del Brunello di Montalcino.Pag. 56
Stiamo parlando di una di DOCG, forse della più importante DOCG nazionale, di un emblema nazionale: non è solo un grande vino, ma è per noi un'apripista su molti mercati.
Abbiamo avuto non poche difficoltà rispetto al mercato statunitense e ricordiamo che quel mercato per noi rappresenta oltre un miliardo di euro di esportazione nel settore agroalimentare, con una bilancia in attivo per l'Italia.
Gli Stati Uniti ci hanno chiesto in più occasioni rassicurazioni, che abbiamo cercato di fornire sia sul fronte diplomatico sia su quello tecnico. Ciò mi ha visto costretto, per la prima volta nella storia del Ministero, ad emanare un decreto e, quindi, ad esonerare il consorzio di tutela dai controlli.
Non stiamo parlando di una messa a repentaglio della sicurezza alimentare, tanto è vero che anche il collega Ed Schafer, il Ministro americano che ho avuto modo di incontrare, ha voluto rassicurare i cittadini americani con una dichiarazione, rispetto al fatto che la vicenda del Brunello non riguarda la sicurezza alimentare. Stiamo discutendo di un uvaggio non permesso, qualora fosse dimostrato (il Brunello deve avere il 100 per cento di Sangiovese, e qualcuno sostiene - attenderemo i risultati - che forse è presente una parte percentuale di Merlot o di altri vini rossi; in percentuale minima, però potrebbe essere presente).
Ho nominato una commissione costituita da luminari del settore, che sono il professor Vasco Boato, dell'università di Padova, il dottor Ricci Curbastro, che è presidente di Federdoc e il dottor Mattivi, che è direttore del laboratorio analisi dell'Istituto di San Michele all'Adige.
Agli Stati Uniti abbiamo spiegato che questa commissione, in collaborazione con la Camera di commercio di Siena, sarà in grado, con le proprie analisi, di mostrare l'attendibilità di quanto è stato sostenuto.
Ho in programma un incontro con l'ambasciatore Spogli, la prossima settimana, per tornare a caldeggiare e sollecitare un aspetto che a noi preoccupa molto: siamo riusciti, grazie alla collaborazione con l'ambasciatore, a scongiurare il blocco alle importazioni negli Stati Uniti, previsto per il 9 giugno, che è stato spostato al 23 giugno.
Speriamo che questa vicenda si possa definitivamente concludere. Da parte nostra, in generale, posso affermare che con il nostro ispettorato abbiamo già avviato una campagna di controlli che, in questa prima parte dell'anno, supera le 3.000 ispezioni: abbiamo controllato oltre 2.500 operatori, con 7.000 diversi prodotti controllati e 600 campioni effettuati.
Affermo ciò per dire che «siamo sul pezzo», quindi abbiamo la volontà di garantire la sicurezza alimentare e anche di farne una promozione, come giustamente evidenziato nella vostra interrogazione. È una promozione che realizziamo con gli strumenti del Ministero, con Buonitalia e con riguardo alla nuova riforma OCM vino, quindi tenendo conto di ciò che l'Europa sta prescrivendo rispetto al vino, anche attraverso promozioni di settore.

PRESIDENTE. L'onorevole Negro ha facoltà di replicare.

GIOVANNA NEGRO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, come gruppo le siamo grati per l'interessamento che ha manifestato in questo intervento, consci che il suo impegno è costante e attento alle esigenze del territorio. Per questo motivo, la ringraziamo.

(Iniziative per la semplificazione della normativa vigente e per la riduzione degli adempimenti burocratici non indispensabili - n. 3-00037)

PRESIDENTE. L'onorevole Bernini Bovicelli ha facoltà di illustrare l'interrogazione Cicchitto n. 3-00037, concernente iniziative per la semplificazione della normativa vigente e per la riduzione degli adempimenti burocratici non indispensabili (Vedi l'allegato A - Interrogazioni a risposta immediata), di cui è cofirmataria, per un minuto.

Pag. 57

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Signor Presidente, signor Ministro, posto che troppo spesso ormai cittadini e imprese si confrontano e sono oppressi da normative complesse e farraginose di difficile interpretazione, che tendono a complicare in maniera esponenziale la loro vita professionale e privata, posto che alcune di queste norme tendono ad aprire un varco troppo ampio alla discrezionalità della pubblica amministrazione, che rischia di indurre conseguenze distorsive, posto che già il precedente Governo Berlusconi ha avviato un processo legislativo di semplificazione, attraverso la redazione di testi unici tematici, le domandiamo con quali provvedimenti e con quali iniziative intende favorire ed implementare il processo di semplificazione della normativa vigente e come intende ridurre gli adempimenti burocratici al minimo indispensabile per il perseguimento degli obiettivi, degli interessi e della funzione pubblica.

PRESIDENTE. Il Ministro per la semplificazione normativa, Roberto Calderoli, ha facoltà di rispondere.

Testo sostituito con errata corrige volante ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, la bontà dell'azione di un Governo non si misura dalla quantità delle leggi che produce, ma dalla loro qualità, chiarezza e semplicità. Fino ad oggi, si è parlato molto di semplificazione, ma si è fatto molto poco; anzi, si sono realizzati strumenti per semplificare che, di fatto, hanno ulteriormente complicato il quadro e la vita dei cittadini. Per questo motivo, la prima cosa da fare è «semplificare la semplificazione», e questo sarà il mio vero mandato.
Il nostro primo obiettivo è di recuperare e garantire la conoscibilità e la certezza della legislazione vigente. Appare impossibile ma, ancora oggi, non esiste una banca dati pubblica di tutte le norme vigenti e chiunque è costretto a rivolgersi, sborsando un sacco di quattrini, a soggetti privati che diventano, così, arbitri del diritto.
In quest'ottica, il Governo si accinge, nei prossimi giorni, a proporre al Parlamento l'abrogazione di almeno il 25 per cento delle leggi vigenti e realizzare una banca dati pubblica, completando finalmente il progetto di normativa.
In seconda battuta, si procederà all'attuazione concreta del cosiddetto meccanismo «taglialeggi», opportunamente potenziato, rispetto al passato, nella sua azione ed esteso non solo alle leggi ante 1970, ma anche a quelle fino ai giorni di oggi, raggruppando le norme rimanenti in un numero limitato di testi unici e di codici di settore. D'ora in poi, tutta l'attività legislativa dovrà rispondere ai requisiti della better regulation o, meglio, come dico io, del «meno scrivi, meglio scrivi».
Il processo di semplificazione normativa deve, però, tradursi anche in una reale semplificazione della vita dei cittadini. Già nei provvedimenti che il Governo a breve presenterà, anticipando una parte della manovra finanziaria, saranno inserite alcune importanti misure urgenti di semplificazione. Per fare qualche esempio: il procedimento amministrativo, con riduzione e certezza dei tempi, il rafforzamento del principio del silenzio-assenso, indennizzi al cittadino e sanzioni ai responsabili della pubblica amministrazione, quando sbagliano; l'avere impresa in un giorno e la semplificazione dei controlli, piani per tutte le pubbliche amministrazioni per ridurre del 25 per cento gli oneri amministrativi entro il 2012, come previsto in sede europea; il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere ai privati adempimenti diversi da quelli elencati e disposti in Internet, l'elevazione della durata della carta d'identità da cinque a dieci anni e l'avviso automatico di scadenza da parte dell'amministrazione; la progressiva eliminazione dei documenti cartacei a partire dalla Gazzetta Ufficiale e il ricorso agli abbonamenti on-line; il riordino di tutti gli organismi statali e, finalmente, la soppressione degli enti inutili - che, purtroppo, vi sono ancora, nonostante le belle parole - attraverso un meccanismo «a ghigliottina», ispirato al «taglialeggi», che diventerà il «taglia enti inutili»...
ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Signor Presidente, la bontà dell'azione di un Governo non si misura dalla quantità delle leggi che produce, ma dalla loro qualità, chiarezza e semplicità. Fino ad oggi, si è parlato molto di semplificazione, ma si è fatto molto poco; anzi, si sono realizzati strumenti per semplificare che, di fatto, hanno ulteriormente complicato il quadro e la vita dei cittadini. Per questo motivo, la prima cosa da fare è «semplificare la semplificazione», e questo sarà il mio vero mandato.
Il nostro primo obiettivo è di recuperare e garantire la conoscibilità e la certezza della legislazione vigente. Appare impossibile ma, ancora oggi, non esiste una banca dati pubblica di tutte le norme vigenti e chiunque è costretto a rivolgersi, sborsando un sacco di quattrini, a soggetti privati che diventano, così, arbitri del diritto.
In quest'ottica, il Governo si accinge, nei prossimi giorni, a proporre al Parlamento l'abrogazione di almeno il 25 per cento delle leggi vigenti e realizzare una banca dati pubblica, completando finalmente il progetto di norma attiva.
In seconda battuta, si procederà all'attuazione concreta del cosiddetto meccanismo «taglialeggi», opportunamente potenziato, rispetto al passato, nella sua azione ed esteso non solo alle leggi ante 1970, ma anche a quelle fino ai giorni di oggi, raggruppando le norme rimanenti in un numero limitato di testi unici e di codici di settore. D'ora in poi, tutta l'attività legislativa dovrà rispondere ai requisiti della better regulation o, meglio, come dico io, del «meno scrivi, meglio scrivi».
Il processo di semplificazione normativa deve, però, tradursi anche in una reale semplificazione della vita dei cittadini. Già nei provvedimenti che il Governo a breve presenterà, anticipando una parte della manovra finanziaria, saranno inserite alcune importanti misure urgenti di semplificazione. Per fare qualche esempio: il procedimento amministrativo, con riduzione e certezza dei tempi, il rafforzamento del principio del silenzio-assenso, indennizzi al cittadino e sanzioni ai responsabili della pubblica amministrazione, quando sbagliano; l'avere impresa in un giorno e la semplificazione dei controlli, piani per tutte le pubbliche amministrazioni per ridurre del 25 per cento gli oneri amministrativi entro il 2012, come previsto in sede europea; il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere ai privati adempimenti diversi da quelli elencati e disposti in Internet, l'elevazione della durata della carta d'identità da cinque a dieci anni e l'avviso automatico di scadenza da parte dell'amministrazione; la progressiva eliminazione dei documenti cartacei a partire dalla Gazzetta Ufficiale e il ricorso agli abbonamenti on-line; il riordino di tutti gli organismi statali e, finalmente, la soppressione degli enti inutili - che, purtroppo, vi sono ancora, nonostante le belle parole - attraverso un meccanismo «a ghigliottina», ispirato al «taglialeggi», che diventerà il «taglia enti inutili»...

Pag. 58

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO CALDEROLI, Ministro per la semplificazione normativa. Inoltre, la semplificazione fiscale, il lavoro, il cosiddetto decreto Bersani sull'edilizia, la tracciabilità dei pagamenti, la privacy e molto altro ancora. Si tratta di tutte misure su cui si sta operando in stretta connessione con i Ministri competenti in materia che ringrazio.
Per troppo tempo ci siamo pesati tutti i giorni dicendo che lunedì avremmo iniziato la dieta; da oggi parte la dieta.

PRESIDENTE. Seguiremo il suo consiglio.
L'onorevole Bernini Bovicelli ha facoltà di replicare.

ANNA MARIA BERNINI BOVICELLI. Signor Presidente, signor Ministro, il suo regime alimentare ci piace molto e crediamo che in un moderno Stato di diritto la cosa più importante sia proprio uscire dall'indigestione legislativa e vincere la complessità. I nostri rappresentati devono sentirsi soprattutto assistiti da leggi utili, puntuali, chiare, intellegibili e fuori da linguaggi iniziatici.
Per fare una citazione semplice, direi, di bruciante attualità, Beccaria diceva che le leggi, per penetrare profondamente nella coscienza dei loro destinatari ed essere obbedite, debbono essere poche, chiare e di facile applicazione. Tutto ciò che è inutile è pesante, oneroso, gravoso e, quindi, comporta un costo economico e sociale insieme. Mi sembra che il suo programma di dimagrimento voglia ovviare proprio a questa patologia e per questo motivo la ringraziamo, naturalmente offrendole tutto il nostro aiuto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata che - lo ricordo - si sono svolte in concomitanza dei lavori delle Commissioni permanenti, anche alla luce delle impietose riprese televisive.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 16 giugno 2008, alle 14,30:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile (1145).

2. - Discussione delle mozioni Damiano ed altri n. 1-00006, Cazzola ed altri n. 1-00012 e Delfino ed altri n. 1-00013 concernenti iniziative relative alla delega legislativa in materia di lavori usuranti.

La seduta termina alle 15,35.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 10 giugno 2008, a pagina 114, seconda colonna, riga venticinquesima, le parole: «l'accoglimento» si intendono sostituite dalle seguenti: «il parere favorevole».

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 1
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. ddl 1094-A/R - voto finale 533 533 267 278 255 39 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M = Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.