XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 7 gennaio 2009

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli articoli dell'Ordinamento Penitenziario (legge 26 luglio 1975 n. 354) e del Regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000 n. 230) sul «trattamento» all'interno delle carceri, se confrontati con la realtà, rivelano una serie di dati a dir poco sconcertanti: secondo l'interrogante mai violazione di legge è stata così eclatante, così certa e da tutti conosciuta per tantissimi anni, senza un intervento concreto di chi avrebbe il dovere di intervenire;
ed invero da tutte le recenti evidenze statistiche emerge che ai circa 60.000 detenuti attualmente presenti all'interno degli istituti penitenziari italiani non sono garantiti, a causa del sovraffollamento, né un livello di igiene adeguato, né spazi pro-capite sufficienti, né la possibilità di continuare ad intrattenere con i propri familiari relazioni umane e civili; senza contare la situazione drammatica in cui versa la medicina penitenziaria nonché i disagi provocati dalla cronica carenza di organico dei sanitari, degli educatori, degli psicologi e degli agenti di polizia penitenziaria;
nel 2006 il dottor Sebastiano Ardita - responsabile della Direzione Generale dei Detenuti e Trattamento del D.A.P. - ha dichiarato: «siamo consapevoli di versare in una situazione di grave, perdurante, quanto involontaria ed inevitabile divergenza dalle regole, per il fatto di non essere nella materiale possibilità di garantire, a causa del sovraffollamento, quanto previsto dalle normative vigenti e dal recente regolamento penitenziario; la salute dei detenuti, ad esempio, non è solo un problema politico e neanche solo una questione tecnica o medico legale. È molto altro ancora. È il luogo privilegiato per valutare le politiche sociali di uno Stato. È una questione di politica criminale. È il banco di prova della pena costituzionalmente, intesa» (fonte ANSA 1o marzo 2006);
attualmente l'articolo 35 dell'Ordinamento Penitenziario e l'articolo 75 del Regolamento prevedono il «Diritto di Reclamo» a favore del «cittadino-detenuto» che intenda chiedere il rispetto dei suoi diritti;
sulla base dei predetti articoli il detenuto, qualora ritenga che un atto dell'amministrazione penitenziaria abbia leso una sua posizione giuridica soggettiva, può rivolgere istanze orali o scritte, anche in busta chiusa, al Direttore dell'Istituto, al Direttore del D.A.P., al Ministro della Giustizia, al Magistrato di Sorveglianza, alle Autorità giudiziarie e sanitarie in visita al carcere, al Presidente della Giunta Regionale e al Capo dello Stato;
con la sentenza n. 26 del 1999 la Corte costituzionale ha ritenuto che il citato articolo 35 (diritto di reclamo) nonché l'articolo 69 (funzioni e Provvedimenti del Magistrato di Sorveglianza) fossero incompatibili con la Costituzione in quanto non prevedono una tutela giurisdizionale - sufficiente, concreta ed effettiva - nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale;
nelle motivazioni della predetta sentenza, il Giudice delle Leggi ha affermato: «L'idea che la restrizione della libertà personale possa comportare come conseguenza il disconoscimento delle posizioni soggettive attraverso un generalizzato assoggettamento all'organizzazione penitenziaria è estranea al vigente ordinamento costituzionale, il quale si basa sul primato della persona umana e dei suoi diritti (...). La restrizione della libertà personale, secondo

la Costituzione vigente, non comporta dunque affatto una capitis deminutio di fronte alla discrezionalità dell'autorità preposta alla sua esecuzione (...). Al riconoscimento della titolarità di diritti non può non accompagnarsi il riconoscimento del potere di farli valere innanzi ad un Giudice in un procedimento di natura giurisdizionale (...). Da tutto questo si trae che il reclamo dei detenuti o internati, ancorché volto al Magistrato, non si distingue da una semplice doglianza, in, assenza di alcun potere dell'interessato di agire in un procedimento che né consegua. Ciò che si presenta, senza necessità di alcun altra considerazione, contrario alla garanzia che la Costituzione prevede nel caso della violazione dei diritti (...). Pertanto, fondata essendo la questione di costituzionalità relativamente al difetto di garanzia giurisdizionale non resta che dichiarare l'incostituzionalità della omissione e contestualmente chiamare il legislatore all'esercizio della funzione normativa che ad esso compete, in attuazione dei principi della Costituzione»;
allo stato, pertanto, secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale, l'impianto previsto dalle norme in vigore non garantisce al detenuto una tutela effettiva contro gli atti dell'amministrazione penitenziaria né la possibilità di muovere una doverosa censura alle attuali condizioni di vivibilità delle carceri;
nonostante il Giudice delle Leggi abbia esplicitamente richiamato il Legislatore a colmare la predetta lacuna normativa, a tutt'oggi la questione non risulta essere stata ancora affrontata nel suo complesso sicché il principio di umanizzazione della pena e del suo fine rieducativo continuano a restare senza un'effettiva tutela e senza uno strumento giurisdizionale di controllo che ne assicuri la concreta realizzazione;
un eventuale ulteriore inerzia sul punto non sarebbe oltremodo tollerabile considerato che la pena, oltre ad essere certa, deve essere anche «giusta», ossia scontata con il rispetto delle norme in materia, il che significa che in uno Stato di diritto al detenuto, pur privato della libertà personale, deve essere comunque riconosciuto il potere-dovere di ricorrere in sede giudiziaria per veder tutelati i suoi diritti;
appare dunque immediatamente necessario un intervento legislativo in materia, quantomeno nei limiti individuati dalla importante pronuncia dei giudici costituzionali, ciò a garanzia della coerenza del nostro ordinamento e della certezza del diritto;
inoltre, secondo quanto appreso dall'interrogante durante le sue numerose visite negli istituti penitenziari italiani, in nessun carcere è dato di conoscere ai detenuti il regolamento interno dell'istituto stesso ne le norme dell'Ordinamento Penitenziario, così come previsto dal secondo comma dell'articolo 32 della legge n. 354 del 1975: «I detenuti e gli internati, all'atto del loro ingresso negli istituti e, quando sia necessario, successivamente, sono informati delle disposizioni generali e particolari attinenti ai loro diritti e doveri, alla disciplina e al trattamento». D'altra parte la conoscenza delle disposizioni da parte dei detenuti è necessaria, visto che al terzo comma dello stesso articolo 32 si stabilisce che «essi devono osservare le norme e le disposizioni che regolano la vita penitenziaria»;
l'esponenziale crescita dei detenuti stranieri impone, inoltre, la traduzione nelle lingue d'appartenenza di ciascun detenuto delle norme sopracitate -:
se e quali iniziative legislative il Governo intenda adottare al fine di garantire una effettiva e concreta tutela giurisdizionale nei confronti degli atti dell'amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di coloro che sono sottoposti a restrizione della libertà personale, secondo quanto disposto dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 26 del 1999;

se e quali iniziative il Ministro della Giustizia intenda adottare per portare concretamente a conoscenza della popolazione carceraria le disposizioni che sanciscono i diritti e i doveri dei detenuti.
(4-01971)

LEOLUCA ORLANDO e SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 28 dicembre del 1908, il territorio di Messina è stato devastato da uno dei più grandi terremoti della storia;
tale terremoto ha prodotto centinaia di migliaia di morti e ha messo in ginocchio la vita di intere comunità appartenenti a quei luoghi;
la prima operazione di ricostruzione determinò la realizzazione transitoria di baraccamenti in legno: case, uffici, scuole e altro ancora. Doveva seguirne un piano regolatore che fu approvato nel 1916, ma che provocò ulteriori smantellamenti di insediamenti preesistenti e la creazione di nuovi accampamenti di baracche;
con il fascismo si costruirono nuovamente migliaia di casette provvisorie per proseguire i lavori del piano regolatore, ma a seguito della seconda guerra mondiale si aggiunsero ai vecchi accampamenti quelli dovuti ai bombardamenti del 1943;
ad oggi sono pressoché 12.000 le persone baraccate, un totale di 3.336 famiglie che vivono in baracche di cartongesso, amianto, lamiere, legno talvolta centenario, il tutto in un contesto di fogne a cielo aperto;
gli ambiti cittadini che da cent'anni sono immersi nel degrado sociale ed ambientale sono aumentati: Giostra, Fondo De Pasquale, Fondo Basile, Annunziata, Ritiro, Villa Lina, Camaro, Maregrosso, Fondo Saccà, Villaggio Volano, Via 3B eccetera;
la Regione Sicilia il 6 luglio 1990, si è data una legge speciale per la riqualificazione urbana di Messina che ha portato allo stanziamento di 500 miliardi di lire di cui ne sono stati usati solo 150 e dei restanti 350 si sono perse le tracce;
in seguito, nel 1996, vengono adottati, sempre dalla Regione Sicilia, piani particolareggiati di sbaraccamento e ricostruzione che saranno definitivamente approvati nel 2002;
nel 2004 la Regione siciliana stanzia altri 70 miliardi di euro per realizzare abitazioni e, a partire dal 4 aprile del 2007, il Comune di Messina incassa i fondi regionali per la costruzione degli alloggi;
di tale orrenda condizione disumana è stata data testimonianza in diversi reportage giornalistici nazionali, tutti visibili sul sito www.messinacittanegata.it;
si è ormai determinata una condizione di emergenza permanente e di marginalità fuori controllo; vi sono condizioni igieniche e sanitarie che condannano le persone che vi abitano all'esposizione continua di malattie gravi;
appare ingiustificabile la situazione ormai centenaria delle baracche di Messina, e va richiamato a parere degli interroganti il dovere di interrompere tale spirale di miseria e di inadempienza amministrativa -:
se non ritengano improrogabile intervenire rapidamente ed efficacemente, dopo cent'anni di umiliazioni inflitte ad essere umani trattati come scarti nell'indifferenza generale, sul territorio di Messina per mettere la parola fine a uno scempio prodotto dall'insensibilità delle nostre istituzioni e dall'insipienza di certa nostra politica.
(4-01972)

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
nel Comune di Bologna a seguito di quella che all'interpellante appare un'arbitraria interpretazione della legge sulla pubblicità, sono state irrogate oltre duemila multe ai commercianti, per importi pari anche ad alcune migliaia di euro, per mancati pagamenti dell'imposta comunale sulla pubblicità riferiti soprattutto agli anni 2006 e 2007, con successiva proroga dei termini di pagamento fino al 31 marzo 2009;
le sanzioni sono state irrogate in relazione all'esposizione in vetrina, da parte dei commercianti, di manifesti di dimensioni superiori ai 30 centimetri;
i commercianti bolognesi lamentano la retroattività della sanzione ma anche le dimensioni delle pubblicità finite nel mirino: secondo i commercianti il comune non ha mai chiesto il pagamento dell'imposta sulla base di tali presupposti;
tale vicenda dimostra come siano diversi gli aspetti che, secondo l'interrogante, dovrebbero formare oggetto di revisione normativa per evitare problematiche come quelle verificatesi a Bologna;
innanzi tutto, ai sensi dell'articolo 11, comma 10, della legge n. 449 del 1997, «Le tariffe e i diritti di cui al capo I del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, e successive modificazioni, possono essere aumentati dagli enti locali fino ad un massimo del 20 per cento a decorrere dal 1o gennaio 1998 e fino ad un massimo del 50 per cento a decorrere dal 1o gennaio 2000 per le superfici superiori al metro quadrato, e le frazioni di esso si arrotondano al mezzo metro quadrato.»;
tale facoltà comporta il rischio di aumenti molto elevati dell'imposta: proprio per tale ragione l'interpellante, in un apposito progetto di legge, ha proposto di ridurre al 20 per cento il limite massimo dell'aumento, anche per limitare il potere discrezionale dei comuni;
la materia inoltre merita una regolamentazione più accurata anche alla luce della giurisprudenza che si è pronunciata su alcuni punti essenziali i quali, secondo l'interpellante andrebbero meglio definiti legislativamente;
la vicenda di Bologna evidenzia la necessità di chiarire quali siano i presupposti dell'imposta;
alcune pronunce giurisdizionali, secondo l'interrogante, sono invece molto penalizzanti per i soggetti passivi dell'imposta e richiederebbero un intervento del legislatore con riguardo ai presupposti di applicazione della medesima: ad esempio la giurisprudenza ha sancito che tra i presupposti per l'applicazione dell'imposta sugli impianti di affissione diretta non risulterebbe necessario che vi sia l'avvenuta esposizione del messaggio pubblicitario e neppure si richiede che la prova dell'avvenuta affissione debba essere fornita dal comune impositore; inoltre l'imposta comunale sulla pubblicità colpirebbe la mera disponibilità del mezzo pubblicitario (impianto di affissione, o altro) e non già l'attività di diffusione di messaggi pubblicitari attraverso l'effettiva utilizzazione del mezzo stesso, che non dovrebbe quindi formare oggetto di accertamento da parte dei comuni. Infine, secondo un'interpretazione estensiva della norma, la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata attraverso forme di comunicazione visive o acustiche, diverse da quelle assoggettate al diritto sulle pubbliche affissioni, in luoghi pubblici o aperti al pubblico o che sia da tali luoghi percepibile sarebbe soggetta all'imposta sulla pubblicità prevista nel decreto legislativo sopra citato;
appare infine spesso errato il computo della superficie dell'impianto oggetto d'imposta in quanto molti comuni sottopongono all'imposta anche quella parte dell'impianto, la cornice, che non essendo

destinata a veicolare il messaggio pubblicitario non dovrebbe essere computata -:
se non si intenda assumere iniziative normative che, in un momento di difficoltà economica obbiettiva dei comuni, limitino i presupposti per l'applicazione e l'importo dell'imposta in modo da tutelare i titolari di attività economiche e i consumatori evitando che si verifichino situazioni come quelle segnalate in premessa.
(2-00261)«Garagnani».

Interrogazione a risposta orale:

RUGGHIA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a Velletri, nel punto più alto della città, è ubicato l'immobile delle ex carceri storiche. Lo stabile, ad oggi in disuso, era una ex casa circondariale, costruito nel 1867 dal Governo pontificio e terminato nel 1970 dal Governo italiano, che ha ricoperto una funzione pubblica per oltre un secolo;
l'immobile rientra tra i beni degli enti pubblici, affidati per l'eventuale alienazione alla Patrimonio S.p.a.;
dopo alcuni tentativi effettuati attraverso aste pubbliche, la Patrimonio S.p.a. ha esperito una trattativa privata dello stabile, al prezzo di cessione di 2 milioni e 500 mila euro con la società Sirid S.r.l., che ha presentato un piano integrato (legge regionale n. 22 del 26 giugno 1997) per la ristrutturazione dell'edificio;
il progetto, presentato al Comune di Velletri - in attesa di approvazione - prevede la totale demolizione dell'immobile e la costruzione di una struttura condominiale comprensiva di 78 appartamenti, di un'area commerciale e di quattro piani interrati di garage;
il valore di cessione del complesso è stato definito in una cifra di 2 milioni e 500 mila euro, ammontare di gran lunga inferiore al valore di mercato della zona veliterna, prossima alla Capitale;
la zona interessata corrisponde all'antica arx veliterna, mai soggetta a scavo sistematico e che potrebbe invece riservare rilevanti scoperte archeologiche;
l'intervento di ristrutturazione, altererebbe l'identità del centro storico di Velletri e avrebbe un'incidenza negativa sulla già precaria viabilità, provocando un consistente danno ambientale legato all'aumento del traffico, in una zona che invece dovrebbe essere preservata. Nel progetto inoltre non è prevista la realizzazione di spazi a verde;
la struttura che ospita le ex carceri, invece che per finalità residenziali e commerciali, andrebbe recuperata e ristrutturata mantenendone intatto lo stile esistente, anche in conformità alla legge regionale n.22 del 26 giugno 1997 nella quale si afferma «il progetto integrato consiste in un progetto operativo complesso, di interesse pubblico di rilevante valenza edilizia e urbanistica»;
la vicenda ha da subito suscitato grande interesse da parte dell'opinione pubblica e ha avuto risalto negli organi di informazione nazionali e locali. È stata peraltro oggetto di una petizione popolare, promossa da associazioni e partiti politici, che si sono riuniti lo scorso 22 ottobre nel coordinamento «Salviamo Castello» per la salvaguardia di un bene comune -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro competente per evitare che venga svenduto un patrimonio di tale rilevanza e nel contempo prevenire la deturpazione di un'area con innegabile valenza storico-architettonica, per sostituirla alla costruzione di una palazzina di stampo moderno, incidendo negativamente sull'inquinamento del centro storico, sulla salute dei cittadini e sulla qualità della vita degli stessi.
(3-00300)

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

LABOCCETTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'avvocato Pierpaolo Greco, figlio della moglie del dottor Mariano Lombardi ex Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro, esercita la professione legale dal 2003 nel ramo civile, non risulta essere indagato in alcun procedimento penale né difende alcuno degli indagati nei noti procedimenti penali denominati why not e Poseidone istruiti dall'altrettanto noto dottor Luigi De Magistris, gia pubblico ministero a Catanzaro, poi trasferito di sede e funzione dal Consiglio superiore della magistratura per una serie di mancanze disciplinari;
la mattina del 2 dicembre 2008 Pierpaolo Greco ed i suoi genitori sono stati sottoposti a perquisizione per ordine dei magistrati della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno, con l'intervento «in prima linea» del pubblico ministero Roberto Penna seguito da diversi militari;
dopo aver perquisito, oltre all'immobile ove risiedono i genitori, anche la parte della casa ove l'avvocato Greco dimora e dopo aver esteso la perquisizione anche ad una autovettura nella sua disponibilità, con esito sempre negativo, il pubblico ministero riteneva di poter estendere la perquisizione anche alla parte di immobile ove è ubicato il suo studio legale e destinata, all'esercizio della attività professionale;
l'avvocato di fiducia del professionista, unitamente all'avvocato delegato dal Consiglio dell'Ordine, eccepivano la mancata emissione del decreto autorizzativo del giudice per le indagini preliminari come espressamente previsto al comma 4 dell'articolo 103 del codice di procedura penale, che impone l'emissione di motivato provvedimento da parte del giudice per le indagini preliminari;
il dottor Roberto Penna, «consultato il proprio ufficio» e rilevato che il Greco non risultava indagato nel predetto procedimento penale, rilevata la mancanza del decreto di autorizzazione, desisteva dal procedere oltre nella perquisizione presso lo studio legale, allontanandosi dall'immobile ove lasciava, invece, per quanto risulta all'interrogante ben quattro militari fino alle ore 14 circa;
il Penna faceva poi ritorno alle ore 16 con in mano il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Salerno, accompagnato dagli stessi militari, e dava inizio alle operazioni di perquisizione e sequestro presso lo studio legale;
è, per l'interrogante non comprensibile come il giudice per le indagini preliminari di Salerno possa avere ricevuto la richiesta del pubblico ministero di procedere alla perquisizione, considerato che tutti, per quanto consta all'interrogante i pubblici ministeri di Salerno si trovavano a Catanzaro;
sembra altresì legittimo chiedersi come il giudice per le indagini preliminari di Salerno possa aver letto, ponderato, vagliato ben 1.497 pagine del provvedimento di perquisizione ed emettere in poco meno di due ore il relativo decreto nei confronti del legale;
tutto deve essere avvenuto evidentemente via fax o per mezzo del telefono, tra i pubblici ministeri titolari dell'indagine (Apicella, Nuzzi e Verasani) ed il giudice per le indagini preliminari;
giudice per le indagini preliminari che fino a quel momento, non poteva conoscere nulla del contenuto di quell'indagine e dell'incarto processuale; i sostituti Apicella, Nuzzi e Verasani sembrerebbero infatti aver dimenticato che per poter procedere all'interno di uno studio legale serviva un'autorizzazione del giudice per le indagini preliminari, sono partiti alla volta di Catanzaro senza decreto, ma lo

hanno ottenuto in poche ore; il giudice per le indagini preliminari di Salerno che in meno due ore ha letto, valutato, ponderato, vagliato un tomo di 1.497 pagine per poi autorizzare la perquisizione è la dottoressa Maria Teresa Belmonte, cognata di Michele Santoro;
come è accaduto di ragionare in altri casi, questa circostanza costituirebbe la prova provata di chissà quale intreccio televisivo-massonico-giudiziario, da approfondire con tutti i poteri di cui un pubblico ministero dispone;
la perquisizione ha avuto esito negativo non avendo rinvenuto la benché minima traccia di quanto i pubblici ministeri titolari dell'indagine cercavano nello studio legale;
il dottor Roberto Penna riteneva però di dover sequestrare all'avvocato Pierpaolo Greco 3 cellulari, di cui due utilizzati per lavoro, ed il computer dello studio ove è custodito tutto l'archivio, con all'interno atti di prossima e imminente scadenza, arrecando al professionista un facilmente immaginabile danno personale e professionale;
lo stesso dottor Penna invitato ad effettuare copie integrali del contenuto informatico del computer e dei cellulari, indispensabili per l'attività professionale, servendosi dei tecnici giunti a Catanzaro appositamente fin da Salerno, operazione che avrebbe potuto essere compiuta in meno di un'ora, di modo che le esigenze investigative sarebbero state tutelate e il danno arrecato contenuto, o almeno tollerabile, procedeva al sequestro di un computer e cellulari;
ad oggi, tra un sequestro e un controsequestro, e un successivo doppio dissequestro, tra scuse e strette di mano e pacche sulle spalle, l'avvocato Pierpaolo Greco non ha ancora ricevuto in restituzione i suoi beni;
tutti sono tornati al lavoro, la Procura generale di Catanzaro, la Procura della Repubblica di Salerno, il Consiglio Superiore della Magistratura, giudici e pubblici ministeri;
tutti tranne l'avvocato Greco, senza computer e senza il suo archivio: professionista che non è né indagato né difende alcuno degli indagati e che forse sconta la colpa di essere il figlio della seconda moglie del dottor Mariano Lombardi -:
se sia conoscenza degli accadimenti esposti e quali iniziative di natura ispettiva ed eventualmente disciplinare intenda assumere nei confronti di quei magistrati, rappresentanti dello Stato, che hanno posto in essere tali condotte.
(4-01973)

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INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che -:
sabato 3 gennaio 2009, nel corso di una manifestazione organizzata da settori dell'estremismo islamico e dell'estrema sinistra locale e nazionale si sono verificati episodi incresciosi: non solo sono state bruciate bandiere di Israele ma sono stati pronunciati slogan nei quali si auspicava la distruzione di quello Stato;
inoltre la medesima iniziativa si è poi trasformata anche in una manifestazione religiosa davanti alla Basilica di San Petronio occupando, di fatto abusivamente, Piazza Maggiore ed insultando gravemente i sentimenti cattolici dei bolognesi, posto che San Petronio è storicamente il «tempio» cristiano per eccellenza della città;
già con due precedenti atti di sindacato ispettivo (interpellanza 2-00001 del 6 maggio 2008, ed interpellanza 2-00122 del 16 settembre 2008), il primo firmatario del presente atto aveva richiesto al governo

notizie con riguardo alla identità dei finanziatori della ipotizzata moschea in zona CAAB, alla natura dei rapporti tra UCOII e Paesi esteri, a possibili collegamenti fra gli estremisti arrestati in relazione al mancato attentato alla Basilica di San Petronio ed elementi del terrorismo internazionale, nonché con riferimento a possibili collegamenti fra settori dell'estrema sinistra dei no-global ed elementi dell'estremismo islamico con particolare riferimento al CPT (Centro di Permanenza Temporanea) di via Mattei;
gli interpellanti biasimano la condotta di forze politiche che anche in passato si sono distinte per minacce ed accuse al CPT di via Enrico Mattei, oltre che per un'opera di delegittimazione costante della tradizione culturale e religiosa del popolo Italiano;
particolare preoccupazione ha destato nell'opinione pubblica bolognese l'occupazione de facto di Piazza Maggiore e la trasformazione della medesima quasi in luogo di culto mussulmano, fatto che secondo l'interpellante costituisce un'evidente sfida al significato profondo della Basilica di San Petronio, elemento caratterizzante l'identità bolognese, e costantemente a rischio di attentati da parte dell'estremismo islamico stesso, come dimostrano le note vicende di 2 anni fa. Desta altresì preoccupazione negli interpellanti la presenza tra gli organizzatori della manifestazione di esponenti del Centro di cultura islamica di Bologna, dell'associazione Sopra i Ponti, dei Crash e Disobbedienti nonché di rappresentanti dell'organizzazione sindacale RDB-CUB;
si evidenzia che non è in questione il diritto di manifestare di chiunque nel rispetto delle leggi, ma che nel caso sopra descritto ci si è trovati di fronte a circostanze che mettevano in pericolo l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini con un atto di vero e proprio oltraggio alla tradizione cristiana di Bologna;
si rileva la gravità del fatto che le autorità competenti - anche alla luce dei precedenti atti di sindacato ispettivo presentati dal primo firmatario del presente atto e di altri presentati nell'anno 2007, concernenti il ruolo ambiguo dell'UCOII e le contiguità fra settori dell'estrema sinistra locale presenti anche nelle istituzioni e l'estremismo islamico - non abbiano ritenuto di assumere alcuna iniziativa specifica a fronte della comunicazione per lo svolgimento della manifestazione sopra citata, che, secondo gli interpellanti, era certamente a rischio per l'ordine pubblico -:
se il Governo disponga di elementi con riferimento a eventuali collegamenti nazionali ed internazionali dei promotori della manifestazione, secondo gli interpellanti connessa con attività di centri esterni alla realtà bolognese che pare inserirsi in una sorta di strategia della tensione e se intenda intraprendere energiche azioni di prevenzione rispetto a qualunque evento che si riconnetta a forme di estremismo politico-religioso.
(2-00260)
«Garagnani, Mazzuca, Aprea, Lazzari, Palmieri, Di Virgilio, Fallica, Bernini Bovicelli, Gava, Speciale, Tommaso Foti, Di Biagio, Versace, Bellotti, Vincenzo Antonio Fontana, Mistrello Destro, Gottardo, Pelino, Angela Napoli, D'ippolito Vitale, Scalera, Nicolucci, Bianconi, Caldoro, Polidori, Laboccetta, Lehner, Di Centa, Di Cagno Abbrescia, Giulio Marini, Nola, Cassinelli, Scandroglio, Patarino, Bocciardo, Minasso».

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

OLIVERIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
Caraffa di Catanzaro, fondata intorno al 1450 da albanesi, è l'unico Comune

in tutta la Provincia di Catanzaro che conserva, ancora oggi, lingua, cultura e tradizioni arbereshe;
soltanto Vena di Maida - che però è frazione di circa 1.000 abitanti del Comune di Maida (Catanzaro) e fa parte scolasticamente dell'Istituto Comprensivo di Maida - conserva lingua, cultura e tradizioni arbereshe come Caraffa di Catanzaro;
sin dal 1971/72 il sistema scolastico di Caraffa di Catanzaro (scuola materna, elementare e media) gode di un'autonomia tale da consentire la tutela di questo patrimonio culturale;
tale autonomia, in considerazione delle innumerevoli iniziative intraprese da autorità e organi scolastici - spesso in collaborazione con altri istituti scolastici arbereshe delle Province di Cosenza e di Crotone in cui sono presenti altre comunità di origine albanese, nonché con istituzioni pubbliche e associazioni del settore - è stato lo strumento principale per la tutela del patrimonio arbereshe;
a seguito del «dimensionamento delle istituzioni scolastiche autonome» previsto dalla legge n. 189 del 4 dicembre 2008 (di conversione del decreto-legge n. 154 del 7 ottobre 2008), l'eventuale perdita dell'autonomia scolastica ed il conseguente accorpamento dell'istituto comprensivo statale di Caraffa di Catanzaro ad un istituto scolastico di altro comune di lingua non arbereshe comporterebbe un colpo esiziale alle stesse radici etno-culturali della comunità di Caraffa di Catanzaro;
lo stesso Comune di Caraffa di Catanzaro, è stato promotore di iniziative finalizzate a salvaguardare la cultura di origine della comunità, elaborando e promuovendo programmi e progetti finanziati dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e mirati all'insegnamento della lingua arbereshe nei tre ordini di scuola, integrandoli anche con programmi di eventi culturali, sociali e tradizionali che hanno fatto di Caraffa di Catanzaro uno dei centri più vitali del mondo italo-albanese italiano;
pur trovandosi la comunità di Caraffa di Catanzaro in un contesto territoriale e culturale - confinante e contiguo con Catanzaro, Capoluogo di Regione, e altri Comuni tutti non facenti parti di minoranza linguistica - che non favorisce la tutela delle minoranze culturali, ha tuttavia saputo conservare lingua e tradizioni grazie al contributo straordinario delle proprie istituzioni scolastiche;
attualmente il numero complessivo di alunni dell'istituto Comprensivo di Caraffa di Catanzaro è 211 e non vi sono Comuni contigui di origine albanese (eccetto la frazione Vena del Comune di Maida di cui si è prima accennato) con i quali sarebbe logico un accorpamento -:
se e quali iniziative intenda assumere il Governo per preservare e assicurare, alla luce degli articoli 3 e 6 Costituzione e della legge n. 482 del 15 dicembre 1999 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche), l'autonomia scolastica dell'Istituto Comprensivo Statale di Caraffa di Catanzaro, strumento principale e determinante per tutelare lingua, cultura e tradizioni di origine della comunità di Caraffa di Catanzaro.
(5-00819)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 10 del decreto ministeriale del 26 luglio 1995 autorizza ad esercitare la pesca locale nel solo compartimento marittimo di iscrizione;
a giudizio dell'interrogante e delle associazioni di categoria la previsione normativa rappresenta una restrizione alla stessa pesca;
vi sono compartimenti marittimi che per le più svariate ragioni sono ricchi di pesci ed altri che sono soggetti a numerose

altre limitazioni, pensiamo alle riserve marine od ai tratti di mare inquinato;
a giudizio dell'interrogante si dovrebbe estendere l'autorizzazione alla pesca costiera locale a tutto il territorio regionale al fine di garantire pari opportunità a tutta la marineria regionale -:
quali iniziative normative intenda adottare il ministro interrogato per venire incontro alle richieste della pesca costiera locale.
(4-01970)

...

ERRATA CORRIGE

Interpellanza urgente Cera e altri n. 2-00257 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 107 del 18 dicembre 2008. Alla pagina n. 3508, seconda colonna, alla riga tredicesima, deve leggersi: «corso del torrente Tano è stata interessata» e non: «corso del torrente Taro è stata interessata», come stampato.