XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 29 gennaio 2009

TESTO AGGIORNATO AL 26 FEBBRAIO 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la salute della donna è un vero e proprio paradigma del livello di civiltà, democrazia e sviluppo di un Paese. Essa è l'indicatore del benessere di una società nel suo complesso, tanto più se si considera che la disuguaglianza sessuale rispecchia ancora oggi tutte le altre disuguaglianze, discriminazioni e oppressioni. Nel mondo le donne sono ancora le più povere, le meno istruite, quelle con minor reddito e con minori diritti civili. Il riconoscimento del pieno diritto alla salute della donna non fa altro che rafforzare e promuovere la tutela di tutti gli altri diritti, sociali, civili, politici;
la promozione della salute della donna è un tema che non può essere circoscritto solo alle politiche sanitarie, ma che riguarda più in generale gli aspetti politici e culturali di un Paese. Le disuguaglianze nello stato di salute della popolazione condizionano tutte le altre disuguaglianze e discriminazioni, quelle sociali;
anche nel nostro Paese, nonostante la straordinaria crescita di soggettività e di protagonismo, la maggioranza delle donne resta discriminata dai luoghi decisionali delle istituzioni, della politica, del lavoro. E questo soprattutto nel nostro Mezzogiorno;
per promuovere efficacemente la salute delle donne occorre attivare politiche, risorse, servizi, professionalità, ma anche costruire socialità, favorire mutamenti nel tessuto sociale delle relazioni, nella prassi sociale della solidarietà, della reciprocità, della libertà e della responsabilità tra le donne e gli uomini. Riconoscere le differenze non solo biologiche tra uomo e donna, ma anche quelle sociali e culturali in genere, è essenziale per delineare programmi ed azioni, per organizzare l'offerta dei servizi, per indirizzare la ricerca, per analizzare i dati statistici;
la promozione della salute delle donne per essere tale necessita innanzitutto dei dati sulla prevalenza di malattie, ma anche dei dati sulle condizioni di lavoro, di vita, sui ruoli sociali e familiari, sulla natura e sulla qualità delle relazioni, sui vissuti delle donne;
le condizioni di salute delle donne in Europa sono migliorate in modo significativo negli ultimi decenni, anche se persistono alcuni fattori che ostacolano la parità anche in relazione alla salute stessa. La persistente suddivisione dei ruoli e le disuguaglianze nelle relazioni sessuali interagiscono

con altri fattori sociali ed economici, dando luogo a modalità diverse e spesso poco eque di esposizione al rischio di malattie e di accesso e di utilizzo delle informazioni relative alla salute, alle terapie ed ai servizi;
le donne si ammalano di più, ma muoiono di meno. Secondo l'indagine Istat presentata il 2 marzo 2008 l'8,3 per cento delle donne italiane denuncia un cattivo stato di salute contro il 5,3 per cento degli uomini. Le malattie per le quali le donne presentano una maggiore prevalenza rispetto agli uomini sono: le allergie (+8 per cento), il diabete (+9 per cento), la cataratta (+80 per cento), l'ipertensione arteriosa (+30 per cento), alcune malattie cardiache (+5 per cento), tiroide (+500 per cento), artrosi e artrite (+49 per cento), osteoporosi (+736 per cento), calcolosi (+31 per cento), cefalea ed emicrania (+123 per cento), depressione e ansietà (+138 per cento), morbo di Alzheimer (+100 per cento). Cresce tra le ragazze, di più che per i ragazzi, il consumo di alcool e la diffusione del fumo tra le donne;
secondo le statistiche internazionali, la malattia cardiovascolare è il killer numero uno per la donna. Sebbene sia la prima causa di morte per le donne tra i 44 e i 59 anni, è sempre stata invece considerata una malattia maschile;
le patologie psichiche sono prevalenti ed in crescita tra le donne; la depressione è la principale causa di disabilità delle donne tra i 15 e i 44 anni, la schizofrenia è sottostimata, le donne sono al primo posto nel consumo dei farmaci, ma sono poco rappresentate nei trials clinici o farmacologici;
l'endometriosi ha un'incidenza nella popolazione femminile di circa il 10 per cento e interessa circa il 30 per cento delle donne infertili. È spesso sottovalutata ed invalidante, provoca un grave stato di sofferenza psicofisica nella donna. Il suo costo sociale, per le sole giornate lavorative non effettuate, è stimato attorno ai 4 miliardi di euro;
la violenza sessuale, fisica, psicologica, economica contro le donne rappresenta ormai una grande emergenza e una grande questione di civiltà per il nostro Paese. In Italia, secondo i dati Istat e del ministero dell'interno, nel corso dell'ultimo anno, un milione di donne ha subito violenza fisica o sessuale e nei primi sei mesi del 2007 ne sono state uccise 62, 141 sono state oggetto di tentato omicidio, 1.805 sono state abusate, 10.383 sono state vittime di sevizie o maltrattamenti. Dal 2004 al 2005 le violenze sessuali sono aumentate del 22 per cento e un caso su tre di decessi conseguenti a violenze carnali riguarda attualmente donne uccise dal marito, dal convivente o dal fidanzato. La violenza contro le donne ha una forte rilevanza sanitaria, per le conseguenze immediate delle lesioni fisiche e per gli effetti secondari: depressione, ansia, attacchi di panico, disturbi dell'alimentazione, dipendenze, disturbi sessuali e ginecologici, malattie sessualmente trasmissibili, disturbi gastrointestinali e cardiovascolari;
la salute sessuale e riproduttiva comprende, nella definizione dell'Organizzazione mondiale della sanità, lo stato di benessere fisico, mentale e sociale correlato al sistema riproduttivo e alle sue funzioni. Ciò implica che le donne e gli uomini devono essere in grado di condurre una vita sessuale responsabile, soddisfacente e sicura;
il tumore alla mammella rappresenta la neoplasia più frequente e la causa di morte per tumore più importante per le donne. Nonostante il piano nazionale di prevenzione e l'organizzazione dei programmi di screening abbiano fatto raggiungere importanti risultati, ancora vi sono forti disuguaglianze territoriali tra Nord e Sud, dove nel Mezzogiorno oltre il 60 per cento delle donne risulta ancora privo di un'offerta di mammografia all'interno di programmi organizzati;
la salute delle donne immigrate rappresenta una grande sfida per il sistema sanitario nazionale, rispetto all'organizzazione dei servizi, alle loro modalità

operative, alle competenze professionali coinvolte,

impegna il Governo:

a definire un approccio nuovo nella ricerca, nella sperimentazione e nei trattamenti farmacologici, tale che la medicina tenga adeguatamente conto della specificità maschile e femminile;
a considerare tra le sue priorità la tutela e la promozione della salute materno-infantile, a partire dalla riduzione della mortalità materna e di quella neonatale e infantile, coniugando in ultima istanza naturalità e sicurezza come obiettivi entrambi necessari per la qualità e l'efficacia degli interventi;
a valutare l'adozione di misure di sistema in linea con la necessità di costruire politiche di sostegno per i giovani e le famiglie, tanto italiane quanto migranti, che prendano in considerazione, in maniera organica ed integrata, sia forme di provvidenze economiche, sia lo sviluppo della rete dei servizi sul territorio, a partire dai consultori familiari e agli asili nidi, nonché a predisporre risorse finanziare adeguate alla legge 28 agosto 1997, n. 285, recante disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità per l'infanzia e l'adolescenza;
a considerare la lotta ai tumori quale programma strategico del servizio sanitario nazionale, potenziando il sistema di screening oncologico, in particolare nel Sud del Paese, avviando anche campagne di sensibilizzazione sull'importanza degli screening per i tumori della cervice uterina, della mammella e del colon retto e a predisporre progetti di supporto multidisciplinari della donna dopo la diagnosi di tumore al seno;
a considerare l'endometriosi quale patologia sociale ed a predisporre un progetto nazionale per la promozione dell'informazione e della sensibilizzazione su questa patologia, coinvolgendo anche i medici di medicina generale, nonché i servizi territoriali, e a prevedere l'istituzione della Giornata nazionale per la lotta all'endometriosi, come già, del resto, adottata in altri Paesi europei;
a predisporre un registro nazionale per la raccolta dei dati, fino ad oggi non stimati o sottostimati e corsi specifici per il personale sanitario, nonché a prevedere la presa in carico della donna attraverso una rete assistenziale coordinata tra centri territoriali e centri di eccellenza, che siano anche centri di ricerca scientifica e clinica;
a considerare la violenza contro le donne una priorità della sanità pubblica ed a predisporre, all'interno del pronto soccorso, luogo dove, oltre all'intervento sanitario sull'emergenza della violenza sessuale, si può far emergere la violenza domestica e si deve avviare un'organica risposta, anche sul piano psico-sociale, costruendo la rete con il territorio, sportelli di ascolto in cui siano presenti gruppi di operatrici che possano prendere in carico le donne vittime della violenza;
a porre in essere tutti gli strumenti più idonei alla sensibilizzazione e alla conoscenza dell'osteoporosi, attraverso la promozione di campagne informative sui corretti stili di vita, sulle cure oggi disponibili e sull'importanza di controlli specifici, presso le scuole e le strutture sanitarie, quali farmacie e ambulatori dei medici di famiglia;
ad introdurre tutte le misure più opportune al fine di offrire un servizio pubblico adeguato alla prevenzione e alla cura dell'osteoporosi, attraverso l'istituzione del registro delle fratture di fragilità, nonché a individuare e predisporre, d'intesa con le regioni, una specifica scheda di dimissione ospedaliera, che permetta di vedere riconosciuti i propri diritti ad una terapia;
a garantire, nell'ottica di un sistema sanitario nazionale pubblico e universalistico, la salute a tutte le donne, italiane e straniere, che vivono nel nostro Paese;
a programmare, organizzare i servizi, la professionalità degli operatori anche in relazione alla presa in carico non solo

delle donne italiane, ma anche secondo i bisogni di salute delle donne immigrate, insistendo su alcune criticità come la salute sessuale e riproduttiva, il percorso nascita, la prevenzione dell'interruzione volontaria di gravidanza, la promozione della maternità, la promozione del sostegno sociale e sanitario alle maternità difficili, la salute mentale, il sostegno alle donne prostitute e vittime della tratta e alle donne vittime delle mutilazioni genitali femminili, nonché ad evidenziare il ruolo della figura del mediatore culturale all'interno delle strutture sanitarie, affinché sia facilitato l'accesso alle prestazioni alle donne immigrate;
ad incorporare specifici obiettivi relativi alla parità di genere nell'ambito del metodo aperto di cooperazione nel campo della salute, tra cui il rafforzamento dei programmi di prevenzione, che migliorano la salute delle donne, il finanziamento della parità di accesso ai servizi sanitari e una formazione del personale medico, che risponda alle necessità della tutela della salute ed alle patologie femminili;
a consolidare le iniziative che si rivolgono alle malattie sessualmente trasmesse, all'hiv-aids ed alle questioni inerenti i diritti riproduttivi e sessuali, affermando con chiarezza l'assoluto diritto di ogni donna di decidere sul numero ed i tempi delle gravidanze;
ad analizzare le conseguenze della disuguaglianza sulla salute delle donne, tra cui le conseguenze della suddivisione dei ruoli negli obblighi domestici e della divisione disuguale del lavoro domestico e di cura, predisponendo una rete territoriale di servizi adeguata al sostegno alla non autosufficienza, al fine di alleviare il peso gravoso che ricade essenzialmente sulla donna che accudisce il familiare disabile.
(1-00094) «Livia Turco, Sereni, Argentin, Bossa, Bucchino, Burtone, D'Incecco, Lenzi, Miotto, Murer, Sbrollini, Concia, Siragusa, Pes, Madia, Velo, Mariani, D'Antona, Lanzillotta, Sarubbi, Rossomando, Rossa, Coscia, Mogherini Rebesani, Merloni, Servodio, Samperi, Froner, De Biasi, Mastromauro, Gatti, Codurelli, Pollastrini, Amici, Zampa, Marchioni, Mattesini, Gnecchi, Lo Moro, Laganà Fortugno, Schirru, Motta, Picierno, Capano, Mosca, De Micheli, Melandri, Villecco Calipari, Ferranti, Ghizzoni, Binetti, Calgaro, Grassi, Mosella, Pedoto, Garavini, Rubinato, Braga, De Nichilo Rizzoli, Bellanova, Cenni, Rampi».

La Camera,
premesso che:
il 14 dicembre 2008 si è avviato l'esercizio della linea ferroviaria Tav sull'asse Milano-Bologna, con l'utilizzo di 64 convogli che quotidianamente viaggiano sui binari;
l'attivazione di questo importante servizio di trasporto veloce, che, nei nodi, interferirà inevitabilmente con i treni di interesse regionale e, in particolare, con quelli destinati al traffico dei pendolari, comporta conseguenze gravi che vanno attentamente considerate;
infatti il progetto di orario 2008-2009, presentato dal gruppo Ferrovie dello Stato, prevede, al fine di favorire al massimo la circolazione dei treni ad alta velocità, spostamenti di orari per gli altri treni, che sono anche costretti a rallentare per dare precedenza a quelli super veloci, imponendo allungamenti dei tempi di percorrenza a un'utenza che è costretta a subire quotidianamente disagi;
sia il prospetto informativo, per quanto riguarda l'assegnazione dei percorsi orari di ciascun treno, sia la prefazione generale dell'orario di servizio di Trenitalia prevedono che i treni che utilizzano le tracce orarie di punta del pendolarismo ferroviario di interesse regionale «abbiano la priorità sulla restante tipologia di traffico»;
questa situazione, già così difficile, sta producendo ulteriori peggioramenti soprattutto per i traffici che gravitano sui nodi di Bologna e Milano e, in particolare, sulla tratta Mantova-Carpi-Modena-Bologna, caratterizzata da quotidiani, pesanti disagi per gli utenti, nonché sulla tratta Firenze-Roma, col trasferimento sulla linea lenta di servizi intercity;
in particolare, da dicembre 2008 sul nodo di Bologna, con le infrastrutture dell'alta velocità/alta capacità ancora da completare, transitano senza fermarsi diciotto nuovi treni eurostar, che dovranno «convivere» con gli altri treni, prevalentemente regionali;
Trenitalia, per compensare gli spostamenti degli orari dei treni dei pendolari e rendere meno dannosi gli effetti del transito dei treni ad alta velocità, ha previsto l'introduzione di alcuni treni in più, i cui costi dovrebbero ricadere sulle regioni interessate e sui viaggiatori;
Trenitalia ha, inoltre, previsto il cambio di denominazione di molti treni intercity in eurostar city e solo questo fatto comporterà un aumento del costo del biglietto per i viaggiatori;
non è corretto chiedere ai cittadini e alle regioni di farsi carico di ulteriori aumenti, dovuti unicamente per compensare non effettivi miglioramenti del servizio

ferroviario, ma peggioramenti delle condizioni di trasporto, derivanti dalla riorganizzazione della rete ferroviaria;
è inaccettabile che a pagare le gravi conseguenze di una mancata politica di programmazione trasportistica siano milioni di italiani che utilizzano il servizio ferroviario per recarsi quotidianamente sul posto di lavoro;
i finanziamenti destinati ai servizi ferroviari regionali non dovrebbero essere reperiti da altre risorse già destinate alle regioni per altre spese (fondi strutturali),

impegna il Governo:

ad intervenire sulle società del gruppo Ferrovie dello Stato al fine di garantire la piena compatibilità degli orari tra le due tipologie di servizio, ovvero quello pendolare e l'alta capacità, in continuità con gli assetti preesistenti, prestando l'attenzione dovuta al traffico pendolare, garantendo compatibilità di tecnologia e alimentazione sulla linea direttissima, nonché destinando uno spazio orario ai servizi intercity o regionali veloci, nelle tratte in cui la linea tradizionale e quella ad alta velocità non corrono parallele;
a prevedere che le risorse per i servizi ferroviari siano adeguatamente incrementate in misura tale da assicurare interamente gli oneri relativi ai contratti di servizio ferroviario regionali, così garantendo almeno il mantenimento, anche nel 2009, dello stesso livello dei servizi in essere nel corso del 2008, ponendo in capo al bilancio dello Stato i costi dei servizi aggiuntivi dovuti alla circolazione dei treni ad alta velocità;
ad intervenire sulle società del gruppo Ferrovie dello Stato affinché presentino un progetto di servizi di trasporto ferroviario regionale, coerente con gli accordi stipulati in sede di conferenza dei servizi sull'alta velocità Milano-Bologna, da realizzarsi quando saranno completati gli interventi sui nodi.
(1-00095) «Marchignoli, Motta, Quartiani, Peluffo, Marchi, Giachetti, Ghizzoni, De Micheli, Misiani, Braga, Mariani».

La Camera,
premesso che:
la politica europea di contrasto diretto e indiretto e di repressione del terrorismo ha inizio, alla fine degli anni '70, con la Convezione europea di Strasburgo, del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 1977, ratificata in Italia con legge 26 novembre 1985, n. 719, a cui hanno fatto seguito numerosi altri atti ma soprattutto l'articolo K1 del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, in materia di cooperazione di polizia ai fini della prevenzione e della lotta al terrorismo, (ora articolo 29 della versione consolidata del Trattato sull'Unione europea);
la decisione quadro (2002/584/GAI), relativa al mandato d'arresto europeo (MAE) e alle procedure di consegna tra Stati membri prevede, in luogo dell'estradizione, l'adozione di una procedura di «consegna semplificata» delle persone colpite da provvedimenti restrittivi della libertà emessi dalle autorità giudiziarie dei Paesi membri. In Italia il mandato di arresto europeo ha trovato attuazione nel primo semestre 2005, in forza della legge n. 69 del 22 aprile 2005;
proprio in questi giorni è tornata prepotentemente alla ribalta delle cronache la vicenda di Cesare Battisti, ex leader dei Pac - i Proletari armati per il comunismo, un terrorista condannato in contumacia con sentenze definitive, pronunciate secondo le leggi della Repubblica italiana, all'ergastolo e ad un periodo di isolamento diurno, oltre che per banda armata, rapine, detenzione di armi, atti di violenza a mano armata (gambizzazioni), per ben quattro efferati omicidi: in due di essi (omicidio del maresciallo degli allora agenti di custodia, Antonio Santoro, Udine 6 giugno 1978; omicidio dell'agente Andrea Campagna, Milano 19 aprile 1979), egli

sparò materialmente in testa o alle spalle delle vittime; per un terzo (Lino Sabbadiri, macellaio, ucciso a Mestre il 16 febbraio 1979) partecipò materialmente all'agguato facendo da copertura armata al killer Diego Giacomini; per il quarto (Pierluigi Torregiani, Milano 16 febbraio 1979) fu condannato come co-ideatore e co-organizzatore;
Cesare Battisti venne arrestato nel 1979 nell'ambito di un'operazione antiterrorismo e detenuto nel carcere di Frosinone, dal quale il 4 ottobre 1981, riuscì ad evadere e a fuggire in Francia da cui poi si trasferì in Messico. Rientrò a Parigi nel 1990 dove, poco tempo dopo, venne arrestato a seguito di una richiesta di estradizione del Governo italiano. Nell'aprile 1991, dopo quattro mesi di detenzione, la Chambre d'Accusation di Parigi lo dichiarò non estradabile. La magistratura italiana richiese nuovamente la sua estradizione, che venne concessa dalle autorità francesi il 30 giugno 2004;
il Consiglio di Stato francese e la Corte di cassazione, con due successive decisioni sulla richiesta di estradizione, autorizzarono la consegna di Cesare Battisti alle autorità italiane. A seguito di tale provvedimento Cesare Battisti si rese latitante, lasciando la Francia e facendo perdere le sue tracce sino al suo arresto avvenuto a Copacabana, in Brasile, il 18 marzo 2007, a seguito di indagini congiunte di agenti francesi e carabinieri del raggruppamento operativo speciale;
l'ultimo ricorso, presentato da Cesare Battisti alla Corte europea dei diritti dell'uomo, contro la sua estradizione in Italia, venne dichiarato dalla stessa Corte inammissibile nel dicembre del 2006 in quanto manifestamente infondato;
con la legge di ratifica del 23 aprile 1991, n. 144, entrava in vigore, per una durata illimitata, il trattato di estradizione tra la Repubblica italiana e la Repubblica federativa del Brasile, fatto a Roma il 17 ottobre 1989;
con una decisione che i firmatari della presente mozione reputano opinabile sul piano giuridico perché in netto contrasto con quanto stabilito nel richiamato trattato Italia-Brasile e eticamente discutibile perché offende la memoria delle vittime del terrorismo, i loro familiari e il Popolo italiano tutto che vede così stravolti i principi democratici di giustizia e certezza della pena, in data 13 gennaio 2009, il Ministro della giustizia del Brasile, Tarso Genro, ha concesso lo status di «rifugiato politico» a Cesare Battisti con la motivazione di «timori di persecuzione politica» al rientro di Cesare Battisti nel nostro Paese, stracciando di fatto non solo gli accordi in essere con lo Stato italiano in materia di estradizione ma rinnegando tutte le diverse pronunce delle Corti europee e internazionali che più volte si sono espresse in favore dell'estradizione in Italia del Battisti. Tutto ciò ha suscitato unanime sdegno e riprovazione del Governo italiano e del Presidente della Repubblica italiana, che, con «rammarico e stupore», nel difendere le garanzie del nostro Ordinamento Giuridico, ha scritto al Presidente della Repubblica federativa del Brasile rendendosi interprete di quella «vivissima emozione e della comprensibile reazione che la grave decisione ha suscitato nel Paese e tra tutte le forze politiche italiane»;
la decisione sullo status di rifugiato politico concesso a Cesare Battisti, assunta in maniera isolata dal Ministro della giustizia, Tarso Genro, ancor prima della conclusione del giudizio sulla richiesta di estradizione, è in palese contrasto con la decisione del Comitato nazionale per i rifugiati del Brasile che sulla concessione di tale status già si era espresso negativamente;
la decisione del Ministro della giustizia del Brasile ha scatenato polemiche all'interno dello stesso Governo del Brasile, tanto che il Tribunale Supremo Federale ha bloccato la scarcerazione di Cesare Battisti, contestando la ricostru-zione

del Ministro della giustizia e giudicandola, difatti, «un atto isolato»,

impegna il Governo:

ad adottare ogni opportuna azione utile per la tutela del proprio ordinamento giuridico in sede internazionale, perseguendo e potenziando gli interventi già intrapresi dal Governo sul piano delle relazioni diplomatiche, economiche e commerciali, al fine di richiamare il Governo della Repubblica federativa del Brasile al rispetto dei trattati internazionali sottoscritti in materia di estradizione e, dunque, invitare il Governo del Brasile ad operare immediatamente per la revoca dello status di rifugiato politico a Cesare Battisti, concedendo l'immediata sua estradizione, affinché possa scontare m Italia la pena a lui comminata per i reati commessi;
a rafforzare gli strumenti di cooperazione internazionale per la lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, sia in ambito europeo, trattando con paragonabile energia casi analoghi a cominciare da quello di Marina Petrella, sia attraverso una più ampia e fattiva collaborazione con i Paesi extra-europei in materia di sviluppo di iniziative volte a favorire l'armonizzazione e la reciprocità degli ordinamenti giuridici.
(1-00096) «Cazzola, Bachelet, Adornato, Lussana, Mura, Lo Monte, Cicchitto, Bocchino, Baldelli, Moroni, Osvaldo Napoli, Soro, Sereni, Bressa, Cota, Luciano Dussin, Vietti, Donadi, Evangelisti, Allasia, Angeli, Antonione, Barani, Berardi, Bernini Bovicelli, Berruti, Biancofiore, Bindi, Binetti, Bitonci, Bonino, Boniver, Buonanno, Burtone, Compagnon, Consiglio, Consolo, D'Antona, De Luca, De Torre, Della Vedova, Di Biagio, Fedriga, Ferrari, Fiano, Vincenzo Antonio Fontana, Forcolin, Gatti, Gava, Ghizzoni, Goisis, Iannaccone, Lanzarin, Lanzillotta, Lehner, Levi, Lo Moro, Lorenzin, Mannucci, Melis, Ricardo Antonio Merlo, Minasso, Miotto, Mistrello Destro, Laura Molteni, Munerato, Paniz, Massimo Parisi, Pastore, Pecorella, Pelino, Pezzotta, Picchi, Polledri, Raisi, Recchia, Rivolta, Rossa, Saglia, Saltamartini, Sammarco, Sarubbi, Scandroglio, Vassallo, Verini, Vignali, Villecco Calipari, Zaccaria, La Malfa, Leoluca Orlando, Fedi, Porta».

Risoluzioni in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
il Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera svolge funzioni in materia di ricerca e salvataggio della vita umana in mare, di sicurezza della navigazione e del trasporto marittimo, di security portuale, nonché attività di vigilanza e controllo per la tutela dell'ambiente marino e costiero e la protezione delle risorse ittiche e biologiche marine in genere;
per lo svolgimento delle predette funzioni, che rappresentano le principali, il Corpo si avvale del proprio dispositivo aeronavale, che opera non solo nelle acque territoriali italiane ed in quelle prospicienti, ma anche in zone di mare molto più vaste, in ottemperanza a precisi obblighi derivanti da accordi internazionali in materia di soccorso in mare e di sicurezza della navigazione;
le funzioni esercitate dal Corpo delle Capitanerie di porto-Guardia costiera sottendono senz'altro ad interessi generali di rango primario in ragione della finalità proprie delle diverse missions svolte, queste mirano al salvataggio di persone in pericolo di perdersi nonché a garantire efficienti standard di sicurezza alle nostre navi, oltreché per vigilare su navi sub standard, che, in molti casi, mettono rischio se non in pericolo il nostro mare e

le nostre coste e con queste le attività che ivi si svolgono e che danno occupazione e reddito a milioni di cittadini;
gli interventi di salvataggio svolti nell'ultimo anno ammontano a più di trentamila e la maggior parte degli stessi sono stati decisivi per la salvezza di centinaia di persone. Tale dato tiene conto del grande impegno che il Corpo, in questi ultimi anni, ha profuso per fronteggiare il pesante fenomeno dell'immigrazione illegale via mare, caratterizzato da centinaia di traversate, che spesso, come noto, sfociano in drammatiche operazioni di salvataggio;
il taglio alle spese di funzionamento, disposto con l'articolo 60 del decreto-legge n. 112 del 2008 ed il mancato rifinanziamento del Fondo di funzionamento, previsto dalla legge finanziaria del 2008 relativamente all'esercizio finanziario dello stesso anno, ha di fatto reso insufficienti le risorse finanziarie per sostenere le predette attività operative in uno ai relativi servizi erogati;
le stesse spese, come è logico ipotizzare, per loro stessa natura a causa della particolare specifica destinazione, sono incomprimibili a maggior ragione per un Paese come il nostro sempre attento ai principi-valori della solidarietà e della salute pubblica costituzionalmente garantiti;
le chiamate di soccorso in mare non possono essere evitate se non a rischio di gravi ed insopportabili sciagure; è, quindi, doveroso affermare che pur in un momento di crisi economica e di sacrifici, la scure dei tagli non può mietere con la stessa forza ed ampiezza, bisogna, diversamente, soffermarsi e tutelare quelle risorse che vanno ad incidere ben oltre il semplice astratto termine spese di funzionamento, laddove queste sono destinate, in maniera ineludibile, a salvare la vita di migliaia di persone;

impegna il Governo

ad individuare nei tempi più brevi possibili, congrue risorse economiche da destinare per la sicurezza in mare e per l'organizzazione del servizio di ricerca e salvataggio della vita in mare di competenza delle Capitanerie di porto-Guardia costiera, prevedendo meccanismi di stabilità e certezza degli stanziamenti al fine di garantire l'erogazione di un servizio indispensabile.
(7-00114) «Meta, Bonavitacola, Velo, Tullo, Lovelli, Fiano, Giorgio Merlo, Cardinale, Boffa, Enzo Carra, Sarubbi, Laratta».

La XIII Commissione,
premesso che:
in Basilicata e in particolare nel territorio di Ferrandina (Matera) è presente una pregiatissima qualità di olive;
la Majatica di Ferrandina è infatti una delle varietà storiche dell'olivicoltura da mensa italiana;
le olive nere al forno di Ferrandina sono uno dei principali prodotti tipici della Basilicata;
le olive al forno vengono tutt'ora selezionate manualmente, esclusivamente da olive mature di varietà maiatica e lavorate artigianalmente secondo l'antichissima ricetta tradizionale ferrandinese;
le prime testimonianze scritte sulle olive infornate prodotte a Ferrandina risalgono al 1700. Tuttora la lavorazione avviene secondo il metodo tradizionale, solo in parte adeguato ai tempi e alle tecnologie moderne;
le olive destinate al trattamento sono di grandi dimensioni, polpose e di colore nero. Sono raccolte a completa maturità, quando raggiungono una giusta colorazione scura e vengono appassite per una settimana su ripiani di legno. Sono poi scottate in acqua bollente per pochi minuti, con lo scopo di deamarificare le olive, quindi vengono scolate, salate e aromatizzate con origano e finocchio selvatico. Dopo alcuni giorni di stagionatura sono avvizzite a temperatura moderata

con due successive cotture in essiccatoi che con il tempo hanno sostituito i tradizionali forni a legna;
suddetta produzione rientra nei «Presìdi Slow Food», i progetti di promozione e salvaguardia delle produzioni tipiche portati avanti dalla «Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus» che riguardano circa 200 prodotti in tutta Italia;
una produzione di qualità quale quella delle olive nere di Ferrandina merita una adeguata valorizzazione e promozione attraverso il riconoscimento della tracciabilità del prodotto in oggetto;
sono state presentate da quasi dieci anni domande di riconoscimento dei marchi Igt e DOP ancora in corso,

impegna il Governo

ad adoperarsi nelle sedi opportune per il riconoscimento dei marchi Igt e Dop in favore delle olive nere al forno di Ferrandina.
(7-00113) «Oliverio, Cuomo, Servodio».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione della Repubblica Italiana assicura piena e completa tutela alla salute dell'individuo, sancendo, in capo a quest'ultimo, un diritto assoluto, primario ed incomprimibile, tanto che nessuna legge può «... in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana» (articolo 32, comma II, Cost.);
l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) indica come il cosiddetto «stato di benessere», cioè che la salute, si riferisca a un «benessere completo dal punto di vista fisico, mentale e sociale e non, semplicemente, l'assenza di malattie o infermità»;
recente letteratura medica e dettagliate ricerche di settore attribuiscono, con ragionevole grado di certezza, al fenomeno dei cosiddetti campi elettromagnetici qualifica di vero e proprio fattore inquinante;
tra i danni da esposizione da elettrosmog vanno segnalate numerose patologie di varia intensità ed ordine; per citarne solo alcune: prurito, eritemi, allergie, disturbi del sonno, stress, neurastenia, instabilità emotiva, ansietà, mali di testa, emicranie, depressioni, crampi, dolori muscolari, astenia, aritmie, disturbi della pressione arteriosa, ictus cerebrale, riduzione della sintesi della melatonina, alterazioni delle sottopopolazioni linfocitarie;
in tal senso e in via meramente esemplificativa, il dottor Gerd Oberfeld, medico del servizio di salute ambientale di Salisburgo, nel quadro di uno studio commissionato nel 2005 dal dipartimento di salute della regione di Steiemark, ha recentemente evidenziato un significativo aumento del rischi di cancro dovuto alle radiazioni delle radiofrequenze nella periferia nei 200 metri dalle antenne di una stazione base di telefonia mobile;
ancora il professor Angelo Gino Levis, Ordinario di mutagenesi ambientale presso l'Università di Padova, attraverso numerosi interventi, ha avvertito circa il concreto pericolo di manifestazioni degenerative tumorali provocate da esposizioni prolungate ai campi elettromagnetici (CEM) emessi da linee elettriche ad alta tensione (elettrodotti) e da trasmettitori radiotelevisivi, oltre a numerosi disturbi attribuiti ai ripetitori di telefonia mobile (antenne o stazioni radio-base, SRB);

proprio in relazione a quest'ultimi, il professor Angelo Gino Levis specifica come le emissioni delle SRB per la telefonia mobile comporterebbero effetti significativi sulla salute umana anche a livelli di campo elettrico dell'ordine di appena 0,2-0,6 Volt/metro, valori nettamente inferiori agli attuali limiti imposti dalla normativa di settore;
ulteriori ed allarmanti notizie giungono, di recente, dall'Inghilterra in merito alle conseguenze causate dall'installazione di antenne di telefonia mobile vicino alle scuole;
il territorio della Valle del Mela in Provincia di Messina, sebbene di modeste dimensioni, annovera nell'ordine: una raffineria, una centrale termoelettrica, un elettrodotto da 380 Kv, una centrale di compressione del gas metano in fase di autorizzazione e, sembrerebbe, un nuovo elettrodotto;
nel fascia insediativa di riferimento le problematiche dovute all'alto tasso di inquinamento, originato dalle emissioni di sostanze nocive e pericolose per l'organismo umano, addebitabili ad una notevole serie di fattori (inquinamento chimico, elettromagnetico di bassa frequenza, acustico e da polveri sottili), hanno, ormai da tempo, superato la soglia di normale tollerabilità;
diverse pubblicazioni e numerosi studi a carattere scientifico indicano come l'emissione di gas serra e polveri sottili, dovute alla presenza di centrali ad idrocarburi, sia di nocumento alla salute dell'uomo e comprometta irreparabilmente l'equilibrio dell'intero sistema naturale;
l'esigenza di immediata tutela della salute della collettività residente e limitrofa ha trovato, non a caso, formale riscontro attraverso la sottoposizione dell'area, tramite apposito decreto assessoriale n. 50 del 4 settembre 2002 allo stato di area ad alto rischio di crisi ambientale, oltre che con decreto del ministero dell'ambiente n. 308 dell'11 agosto 2006, alla dichiarazione di sito di interesse nazionale (SIN);
ancora un ulteriore decreto assessoriale 27 aprile 2007 avente ad oggetto: Trasferimento di competenze dal dipartimento regionale territorio e ambiente all'ufficio speciale «aree ad elevato rischio di crisi ambientale», a cura dell'Assessorato del territorio e dell'ambiente della regione Sicilia, ha previsto il trasferimento delle specifiche competenze del dipartimento territorio e ambiente all'istituendo Ufficio speciale «Aree ad elevato rischio di crisi ambientale»;
in particolare, l'articolo 1 del superiore decreto, nell'indicare analiticamente le competenze trasferite, include quelle «relative al rilascio di autorizzazioni, pareri, nulla osta, valutazioni e quanto altro di carattere ambientale e, altresì, quanto previsto dal decreto legislativo n. 59/2005 e dal decreto n. 152/2006 nell'ambito delle aree di cui all'articolo 74 del decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998»;
detto decreto trova applicazione per le cosiddette aree sensibili ed include, tra di esse, Messina e relativa Provincia;
il Comune di San Filippo del Mela, sito nella Valle del Mela, per gli effetti del decreto assessoriale n. 50 del 4 settembre 2002 rientra tra i comuni ad alto rischio di crisi ambientale;
all'interno del territorio di detto comune e, più precisamente, nella frazione denominata Olivarella sulla strada statale 113-terreno Anas, dovrebbe realizzarsi, ad opera della ditta Towercoll s.p.a., l'installazione di apposito ripetitore di telefonia mobile;
la collocazione, nell'area individuata, dell'impianto di ripetizione risulta assolutamente inadeguata, in considerazione dell'alta densità abitativa della zona, della presenza, nelle immediate vicinanze, della scuola elementare, dell'ufficio postale, di numerosi esercizi pubblici, del campo di calcio, di un oratorio parrocchiale e della prossima realizzazione di un nuovo insediamento di tipo misto residenziale-commerciale;

la giurisprudenza amministrativa (TAR Veneto - 8 marzo 2006 - n. 565), pronunciatasi su casi analoghi a quello in esame, ha ribadito che le antenne, quali opere di interesse generale, possono essere localizzate sul territorio, ma a certe condizioni: è indispensabile che chi ne richieda l'installazione dimostri la necessità di una determinata localizzazione per assicurare il servizio. Pertanto, se al gestore non può essere preclusa in assoluto una zona di installazione, nondimeno per installare l'antenna vicino a particolari insediamenti, quali scuole e ospedali, deve dimostrare di non poter assicurare altrimenti il servizio;
tra i plurimi ed improcrastinabili interventi, si evidenzia, dunque, l'esigenza di imporre specifiche forme di tutela atte, quanto meno, ad impedire l'insorgere di ulteriori dannose immissioni di carico inquinante in un territorio già di per sé sensibile -:
quali risultino al Governo essere gli effetti dell'elettrosmog sulla salute e sui livelli di inquinamento magnetico nel sito in esame;
come intenda intervenire il Governo per evitare che, in un sito da bonificare di interesse nazionale, siano inseriti nuovi fattori di inquinamento.
(5-00921)

Interrogazione a risposta scritta:

FAVA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro della Giustizia. - Per sapere - premesso che:
il nuovo Presidente degli Stati Uniti d'America ha firmato un ordine esecutivo che contempla la chiusura entro un anno del centro militare di reclusione speciale basato a Guantanamo;
il Vicepresidente degli Stati Uniti Joseph Biden ha successivamente precisato che i detenuti attualmente a Guantanamo non saranno ospitati sul territorio metropolitano americano, ma faranno ritorno ai Paesi d'origine od andranno in Stati terzi;
costituisce motivo di preoccupazione il fatto che l'Italia abbia offerto la propria disponibilità ad ospitare sul proprio territorio alcuni fra i detenuti di Guantanamo che saranno prossimamente liberati e sia già in corso l'esame di una lista di nomi di possibili candidati ad un soggiorno nel nostro Paese;
la preoccupazione è accresciuta dalla circostanza che nessuna di queste personalità potrà essere oggetto di provvedimenti di custodia; sarà invece presumibilmente consentito loro di circolare liberamente, ancorché siano previsti controlli di non meglio specificata natura, con un permesso di soggiorno provvisorio;
le personalità trattenute attualmente a Guantanamo non godono del resto di uno status giuridico idoneo a consentirne il trattenimento in condizioni di reclusione nel nostro Paese, in quanto prigionieri di guerra di fatto cui non è stata riconosciuta la posizione di legittimo combattente, ma ciò non di meno trattasi di individui da considerarsi in massima parte pericolosi, in ragione delle circostanze della loro cattura e della loro stessa successiva detenzione;
non mancano i casi di ex prigionieri detenuti a Guantanamo che abbiano successivamente alla loro liberazione abbracciato organizzazioni jihadiste od impegnate nelle attività insurrezionali in atto in Afghanistan ed Iraq -:
quali siano gli orientamenti del Governo in merito all'eventualità di ospitare in Italia prigionieri detenuti attualmente a Guantanamo, le valutazioni sui rischi derivanti dal loro accoglimento per la sicurezza nazionale e l'ordine pubblico, nonché le misure alle quali si pensa per evitare che gli individui presi in carico dal nostro Paese si dedichino ad attività jihadiste.
(4-02177)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro dell'economia e delle finanze, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
in data 13 gennaio 2009 presso la Commissione Sanità della Regione Lazio, il responsabile del Dipartimento di epidemiologia dell'Asl RM/E ha reso noti i risultati condotti su un campione della popolazione residente a ridosso del fiume Sacco, nei comuni di Colleferro, Segni, Gavignano, Sgurgola e Morolo (nelle province di Roma e Frosinone) per accertare lo stato di contaminazione causato dai rifiuti tossici degli insediamenti industriali insistenti nella Valle del Sacco a partire dagli anni '50;
da quanto emerso risulta che circa cinquecento cittadini residenti a ridosso del fiume Sacco convivranno per tutta la loro vita con il betaesaclorocicloesano, una sostanza inquinante derivante dalla produzione di un potente insetticida, il lindano, bandito dal 2001;
secondo le proiezioni elaborate dal Dipartimento di Epidemiologia dell'Asl RM/E, il 55 per cento dei casi trattati dovrebbe risultare contaminato e in maniera praticamente irreversibile, dal momento che il beta esaclorocicloesano ha vita lunga, è solubile nei grassi, sembra ormai entrato nel ciclo alimentare e non viene metabolizzato dal corpo umano;
da quanto si apprende, la sostanza tossica può essere espulsa, nelle donne, solo mediante allattamento, ma mettendo di conseguenza a rischio la salute del bambino;
da quanto riferito emerge un quadro molto preoccupante, che prefigura un disastro ambientale non circoscrivibile alle sole sponde del fiume Sacco. Studi accreditati dimostrano che l'esposizione acuta al betaesaclorocicloesano oltre ad avere conseguenze gravi a carico del sistema nervoso, può provocare l'insorgenza di diabete, problemi alla funzionalità della tiroide e all'apparato riproduttivo;
malgrado il fiume Sacco attraversi la città di Ceccano tagliando letteralmente in due il centro storico della città, l'indagine epidemiologica commissionata dalla regione Lazio non è stata condotta sugli abitanti di Ceccano che sono stati esclusi dal monitoraggio;
secondo il programma di sorveglianza messo a punto dal Dipartimento di epidemiologia dell'Asl RM/E, presso le Asl RM/G e di Frosinone verrà attrezzato uno sportello informativo e saranno organizzati incontri con i medici di base dell'area per fornire informazioni continue ed aggiornate sul livello di contaminazione del territorio;
presso la Asl RM/G sarà poi attivato un ambulatorio centralizzato per favorire i controlli periodici della popolazione e ciascuna persona analizzata riceverà informazioni sul proprio stato di contaminazione e risposte individuali sui controlli effettuati;
nel 2005, la stessa zona è stato teatro di una moria indiscriminata di pesci e capi di bestiame con fortissime ripercussioni economiche per le aziende locali di allevamento e per tutto il territorio;
nello stesso anno, il Governo ha nominato quale Commissario straordinario per l'emergenza della Valle del Sacco il Presidente della regione Lazio Piero Marrazzo, che a sua volta ha indicato quale sub commissario l'avvocato Luigi Di Palma -:
se non si intenda predisporre un programma sinergico (ambientale, sanitario, finanziario e alimentare) atto a verificare

lo stato dell'emergenza al fine di limitare i rischi della contaminazione per la popolazione residente attraverso:
a) un monitoraggio costante dello stato di salute della popolazione interessata anche mediante azioni sanitarie mirate (controlli, test);
b) la sottoposizione ad appositi controlli e relativo monitoraggio anche gli abitanti della città di Ceccano dove, tra l'altro, si registra uno spaventoso aumento delle patologie tumorali;
c) la verifica della salubrità dei prodotti alimentari anche per mezzo di azioni specifiche che tengano in considerazione la provenienza dei prodotti e delle materie prime e la loro tracciabilità;
d) la previsione di azioni specifiche di indennizzo per la popolazione colpita dalla emergenza;
e) la verifica delle azioni finora intraprese dal Commissario straordinario per l'emergenza della Valle del Sacco e dal subcommissario delegato con particolare attenzione al monitoraggio e controllo da parte delle autorità competenti Asl e Arpa effettuato sugli scarichi nel fiume Sacco e all'utilizzo delle risorse economiche stanziate per l'emergenza.
(2-00288)
«Iannarilli, Moffa, Vella, Germanà, Ghiglia, Tommaso Foti, Lorenzin, De Nichilo Rizzoli, Simeoni, Abrignani, Barbaro, Bocchino, Bonciani, Aracu, Landolfi, Mariarosaria Rossi, Calabria, Pelino, Dima, Castiello, Saltamartini, Di Virgilio, Biava, Porcu, Sammarco, Bertolini, Biancofiore, Giulio Marini, Holzmann, Pili, Cicu, Moles, Speciale, Mondello, Marinello, Scalera, Taglialatela, Moroni, Centemero, Vignali, Mannucci, Garofalo, Berruti, Ceroni, Mario Pepe (PdL), Caldoro, Carlucci, Aracri».

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORDO e MASTROMAURO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 26 febbraio 2008 il Ministro pro tempore, viste le comunicazioni della Direzione per la Protezione della Natura del Ministero, che evidenziavano il perdurare dell'assenza di indirizzo e di programmazione dell'Ente Parco nazionale del Gargano e la conclamata incapacità di gestione dello stesso, procedeva al commissariamento dell'Ente Parco;
tali problematicità gestionali dell'ente, evidenziate dalla direzione competente, sono tutte contenute nella Relazione (S.I. 5889) trasmessa al Ministero dell'ambiente dall'Ispettorato Generale di Finanza - Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica - del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato a seguito di irregolarità accertate nella verifica amministrativo-contabile eseguita presso l'Ente Parco nazionale del Gargano;
gli elevati profili problematici e di criticità (amministrativo-contabile gestionale, di indirizzo e di programmazione) dell'Ente Parco, constatati, rilevati e contenuti nella Relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria centrale dello Stato, e che hanno portato al commissariamento dell'Ente, sono, ad esempio: l'assenza del piano del parco, il mancato esperimento delle procedure di gara ad evidenza pubblica, le procedure selettive per incarichi di consulenza a professionisti, eccetera;
tali criticità sono tuttora presenti e lontane dall'essere risolte;
il Tar di Bari, con sentenza n. 996 del 22 aprile 2208, mai notificata al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha annullato il decreto di commissariamento;
l'Avvocatura Distrettuale di Bari e gli uffici competenti del Ministero consigliano

di appellare la sentenza al Consiglio di Stato per ottenere la sospensione degli effetti prodotti;
il ministero ha rinunciato all'appello, rendendo, così, valide le controverse motivazioni della sentenza e creando un pericoloso precedente che può incidere sulla corretta funzionalità e gestione dei parchi nazionali;
l'Ente Parco, dal 23 aprile 2008 al 28 agosto 2008, è rimasto privo degli organi di indirizzo, essendo nel frattempo decaduto il consiglio direttivo, e il presidente, reinsediato per effetto della sentenza del Tar di Puglia del 22 aprile 2008, ha ripreso le sue funzioni in data 29 Agosto 2008;
il direttore dell'Ente, cui spetta la gestione, è stato assente per tutto il periodo del commissariamento e fino al mese di agosto, salvo sporadiche apparizioni;
lo stesso Ente Parco, così come più volte segnalato dai sindaci della Comunità del Parco, soffre dei ritardi e della cronica incapacità gestionale della direzione;
l'organo di indirizzo del Parco e il presidente, nonostante la verifica amministrativo-contabile eseguita presso l'Ente dai Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica nell'ottobre del 2006, le continue segnalazioni dei sindaci della Comunità del parco le contestazioni dei sindacati dei lavoratori del parco, non hanno mai inteso prendere iniziative adeguate atte a rimuovere gli ostacoli, assicurando in questo modo una corretta gestione amministrativa dell'Ente;
ad oggi la stessa direzione dell'Ente, nonostante i numerosi solleciti della competente direzione del Ministero, non ha ancora provveduto a fornire utili e adeguate spiegazioni su tutte le contestazioni e criticità contabili e amministrative accertate;
da notizie riportate dalla stampa locale, il direttore dell'Ente nell'estate del 2007, disapplicando i principi di concorrenza, trasparenza e pubblicità richiesti dalla legge ha affidato l'incarico per lo svolgimento di una manifestazione alle Tremiti ad una Cooperativa di cui il coniuge risulta essere vicepresidente;
il presidente del Parco, reinsediato a capo dell'Ente Parco, pur conoscendo tale fatto, non ha inteso prendere opportuni provvedimenti;
l'organo di indirizzo politico del Ministero, dalla pubblicazione della sentenza del Tar di Bari ad oggi, è stato completamente assente da un così grave problema, contravvenendo ai principi ispiratori della legge quadro sulle aree protette, che prevede che sia lo stesso Ministero a vigilare e a controllare i parchi;
il Ministero, con nota del 29 luglio 2008, ha avviato le procedure per la richiesta delle designazioni per la ricostituzione del Consiglio Direttivo dell'Ente;
la Comunità del Parco del Gargano ha da tempo inviato al Ministero il proprio atto deliberativo con cui ha designato, a norma di legge, i suoi cinque componenti;
sono scaduti abbondantemente i tempi previsti dall'articolo 9 commi 4 e 5 della legge n. 394 del 1991 e non si è ancora provveduto a nominare il nuovo Consiglio Direttivo dell'Ente;
da voci e notizie provenienti dal territorio del parco, contrariamente a quanto previsto dall'articolo 9 comma 3 della legge n. 394 del 1991, il Ministro si appresta a chiedere formale intesa al presidente della Regione Puglia per la conferma per ulteriori cinque anni del reinsediato presidente dell'Ente Parco, che altrimenti concluderebbe il suo mandato il 14 giugno 2009 -:
quali siano i motivi della rinuncia, da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al ricorso in appello avverso la sentenza del Tar di Bari n. 996 del 22 aprile 2208;
come il Governo abbia giudicato le motivazioni contenute nella relazione dei Servizi Ispettivi della Ragioneria Generale

dello Stato che hanno portato al necessario commissariamento dell'Ente Parco Nazionale del Gargano;
quali siano le ragioni per le quali il Governo non ha ritenuto opportuno mantenere il commissariamento;
se il Governo ritenga, in osservanza delle disposizioni di legge e visto il permanere del caos gestionale e amministrativo dell'ente, di procedere con urgenza alla nomina dei 12 componenti del nuovo Consiglio Direttivo e/o comunque alla nomina della maggioranza dei suoi componenti;
se il Governo abbia chiesto o intenda chiedere, e per quali motivi formali, al presidente della Regione Puglia la conferma per ulteriori cinque anni del reinsediato presidente dell'Ente Parco;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, quale organo vigilante e di controllo sull'attività degli Enti di gestione dei parchi nazionali, conoscendo i fatti esposti in premessa, adottato atti conseguenti e provvedimenti di autotutela per assicurare il rispetto della normativa vigente;
se il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, a fronte di un'evidente situazione di conclamate incapacità gestionali dell'Ente Parco, già accertata dai Servizi Ispettivi della Ragioneria Centrale dello Stato, e del rischio di ulteriori eventuali irregolarità amministrative non intenda avviare una completa verifica, circa il rispetto della normativa, di tutti gli atti amministrativi e gestionali dell'Ente Parco nazionale del Gargano finora prodotti, adottando, se necessario, provvedimenti di autotutela;
se risponde al vero quanto riportato dalla stampa locale circa l'affidamento di incarico alla cooperativa del coniuge del direttore;
quali iniziative e provvedimenti urgenti il Governo intenda assumere, a fronte delle richiamate violazioni normative, nei confronti del direttore del Parco, disponendo della facoltà di nomina e revoca da tale incarico;
se il Governo non ritenga opportuno comunicare alla procura della Corte dei conti, visto lo stato della gestione amministrativa dell'Ente, già segnalata dai Servizi Ispettivi di Finanza Pubblica;
quali iniziative e provvedimenti urgenti il Governo intenda assumere per ripristinare l'immediata funzionalità di indirizzo programmatico e gestionale dell'Ente Parco Nazionale del Gargano.
(5-00917)

Interrogazione a risposta scritta:

DI CAGNO ABBRESCIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il rapporto dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale pubblicato a fine dicembre 2008, rivela che in Italia il 57,3 per cento delle acque superficiali contiene tracce di pesticidi, nel 36,6 per cento dei casi oltre i limiti previsti per l'acqua potabile, mentre per le falde sotterranee la contaminazione riguarda il 31,5 per cento dei siti esaminati;
il medesimo rapporto indica inoltre, che i limiti di potabilità sono superati nel 10,3 per cento dei casi; situazioni che escludono l'utilizzo delle acque stesse come fonte per acquedotti;
nel 2006 i controlli e le analisi, che hanno riguardato 3.400 siti, hanno rilevato che le sostanze individuate sono state 131, soprattutto erbicidi, come ad esempio la terbutilazina (usata nelle coltivazioni di sorgo e mais), presente nella metà dei campioni prelevati nella pianura padana;
il dato più allarmante, prosegue in rapporto fornito dall'Ispra, riguarda la presenza generalizzata di atrazina, erbicida vietato 17 anni fa, ma rilevato molto spesso nelle acque sia di superficie, sia sotterranee (17 per cento), a conferma della lunghissima persistenza di alcuni pesticidi nell'ambiente;

la ricerca inoltre ha accertato, come purtroppo il carico di sostanze chimiche utilizzate negli ultimi trent'anni nei campi, trovi difficoltà ad essere «metabolizzato» dal terreno ed ha conseguentemente raggiunto le acque sotterranee, contaminandole;
anche l'Istituto superiore di sanità, ha confermato il pericolo e la preoccupazione, asserendo che l'acqua delle falde contaminate oltre i limiti consentiti, non fornisce alcun servizio utile per gli acquedotti;
infatti gli effetti tossici cumulativi provocati dalle sostanze chimiche presenti anche in quantità inferiore ai limiti, non sono al momento conosciuti e conseguentemente sono ignoti gli effetti negativi che ne deriverebbero dall'ingerire acqua contaminata, per ogni singolo individuo e in modo particolare, per i feti e i bambini di piccola età, i cui rischi sono più evidenti, in quanto molto sensibili agli interferenti endocrini -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di tutelare e salvaguardare, sia la qualità delle acque dei laghi, dei fiumi, delle falde sotterranee e degli acquedotti, che di tutti i soggetti che utilizzano quotidianamente l'acqua potabile;
se non ritenga opportuno, in considerazione di quanto esposto in premessa, avviare un procedimento di controllo e monitoraggio più incisivo ed accurato sull'utilizzo e sulle modalità di impiego dei pesticidi classificati come tossici, una cui parte non indifferente delle 150 mila tonnellate di prodotti chimici usati nei campi agricoli, finisce come suesposto nelle acque superficiali del nostro Paese;
se non ritenga infine valutare l'opportunità di istituire un'apposita Commissione ministeriale ad hoc, al fine di verificare l'entità del fenomeno di inquinamento di antiparassitari e pesticidi presenti nelle acque, predisponendo un quadro generale sulla consistenza nelle aree regionali italiane coinvolte dall'evento.
(4-02169)

TESTO AGGIORNATO AL 21 APRILE 2009

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIULIETTI e ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
sono una trentina le manifestazioni di interesse per l'acquisto dello storico Palazzo Labia che la Rai ha messo in vendita. Fra i soggetti interessati diverse fondazioni - fra cui anche alcune istituzioni americane - e case di moda. In questi giorni Reag - che svolge il ruolo di advisor nell'operazione - ha presentato il progetto a Londra, illustrando anche agli investitori esteri le caratteristiche dell'immobile che ha una valutazione di massima di 55-60 milioni;
come si ricorderà l'azienda televisiva ha dato mandato a un advisor immobiliare per curare l'operazione e il bando è stato pubblicato anche sulla stampa internazionale. Il prestigioso palazzo settecentesco - situato in Campo San Geremia;
l'edificio è tutelato dai Beni Culturali, si sviluppa su 7.500 metri quadri: un vero e proprio gioiello con splendide opere d'arte tra cui gli affreschi di Giambattista Tiepolo al piano terra - di cui si è appena avviato il delicato intervento di restauro - numerosi dipinti, arazzi, sculture e arredi d'epoca;
la presentazione di offerte non vincolanti si è conclusa il 7 maggio 2008 a cui ha fatto seguito una scrematura dei potenziali acquirenti;
la Rai vorrebbe liberarsi di Palazzo Labia, sia per motivi finanziari, sia per attuare quel trasferimento a Marghera, nell'area adiacente del Parco Vega, dove potrebbe nascere un polo produttivo legato all'audiovisivo a cui guarda con interesse anche il Comune;

Palazzo Labia è una fastosa dimora barocca settecentesca costruita tra la fine dei XVII e l'inizio dei XVIII secolo, su progetto dell'illustre architetto del tempo Andrea Cominelli;
la famiglia Labia, composta da mercanti catalani giunti a Venezia verso la prima metà del Cinquecento, dopo aver contribuito con un'ingente somma alla Guerra di Candia, nel 1646 acquista il diritto di far parte della nobiltà veneziana e costruisce questo palazzo come sua prestigiosa dimora;
ingenti risorse nell'arredamento del Palazzo vengono subito spese dalla famiglia che, in occasione delle nozze di Paolo Antonio Labia, ingaggia i migliori artisti dell'epoca, tra i quali Giambattista Tiepolo. Suo il grande ciclo di affreschi nel Salone delle Feste, realizzato fra il 1745 e il 1750, dedicato alle storie di Antonio e Cleopatra;
il Salone delle Feste è stato sottoposto più volte a restauro, anche se la parte più a rischio di distacco degli affreschi è quella relativa al Banchetto tiepolesco, scompaginata sia a causa di vari restauri, sia per l'uso intensivo della Sala da ballo. Affiancato alla Chiesa di San Geremia, l'edificio, costruito in pietra d'istria, è situato vicina alla confluenza dei Canale di Cannaregio nel Canal Grande, verso i quali rivolge le due facciate più antiche; la terza guarda su Campo San Geremia;
le facciate sui canali, attribuite variamente ad Andrea Cominelli, ad Alessandro Tremignon ed al figlio Paolo, riprendono modelli del Longhena. Presentano un pianterreno dorico bugnato e piani superiori di ordine ionico e corinzio con finestre ornate da mascheroni e balconate continue. Sull'attico sono scolpite le aquile araldiche dei Labia, alternate ad oculi ovali;
la facciata sul campo, realizzata intorno al 1730, riprende, semplificandolo, lo stile delle altre due; non è certa l'attribuzione del disegno a Giorgio Massari, che sicuramente aprì all'interno il monumentale Salone da ballo -:
quali siano le misure che il Ministero abbia assunto a tutela di Palazzo Labia in vista della sua vendita;
se saranno ancora possibili le visite guidate al ciclo degli affreschi dei Tiepolo e delle altre opere sino ad oggi garantite dalla RAI.
(5-00914)

Interrogazione a risposta scritta:

ALESSANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la statua del David di Michelangelo, custodita nella Galleria dell'Accademia di Firenze, presenta da parecchi anni profonde ed estese fessurazioni in corrispondenza delle caviglie e per tale motivo è da tempo oggetto di approfonditi studi ed accurate indagini;
fra questi studi ed indagini sono stati di particolare rilevanza quelli iniziati nel 2003 dal prof. ing. Antonio Borri, Ordinario di scienza delle costruzioni all'Università degli studi di Perugia e Presidente del Centro studi Sisto Mastrodicasa, su invito dell'ing. Luciano Marchetti, responsabile delle indagini statiche sul David di Michelangelo per il Ministero per i beni e le attività culturali, oltre che Presidente della sezione beni culturali della Commissione grandi rischi, ed attuale Direttore regionale per i beni culturali e paesaggistici del Lazio, e che sono stati effettuati sotto la supervisione dello stesso ing. Marchetti;
già nel 2004 gli studi e le indagini dell'Università di Perugia avevano anche messo in evidenza l'elevata vulnerabilità sismica del capolavoro, a causa del suddetto stato fessurativo, come testimoniano gli atti del Convegno «La Stabilità delle Grandi Statue: il David di Michelangelo», organizzato dal prof. Borri alla Galleria dell'Accademia di Firenze il 9 giugno, e le dichiarazioni di numerosi esperti ivi riportate, incluse quelle dell'ing. Marchetti e di altri esponenti del Ministero per i beni e le attività culturali;

in particolare, le analisi effettuate dall'Università di Perugia avevano dimostrato che l'elevata vulnerabilità sismica del David di Michelagelo potrebbe causarne il crollo anche nel caso di terremoti di intensità inferiore a quella di alcuni eventi già avvenuti in passato nell'area fiorentina;
recenti noti eventi che hanno interessato sia altri Paesi che anche il territorio nazionale hanno dimostrato che l'accadimento di terremoti con intensità inattesa non è, purtroppo, da escludersi neppure in aree relativamente «quiete», come è considerata quella fiorentina;
l'Università di Perugia ha proseguito ed anzi esteso gli studi e le indagini sul David di Michelangelo negli anni successivi al 2004, in particolare misurando, grazie ad un'adeguata strumentazione della statua, le vibrazioni ambientali agenti su di essa ed analizzando gli effetti di tali vibrazioni per studiarne lo stato fessurativo;
il monitoraggio della statua ha evidenziato che essa è soggetta a tali continue e talora significative vibrazioni di origine ambientale;
in effetti, risulterebbe all'interrogante che spesso si eseguano operazioni strumentali e servizi tecnici sull'area espositiva e nei suoi intorni, tramite l'uso di attrezzature che provocano vibrazioni pericolose per la stabilità della statua e ad ogni modo capaci di indurre azioni di fatica che alla lunga potranno far estendere le lesioni già presenti senza escluderne un principio di collassamento per fatica dinamica;
i risultati dei nuovi studi e delle nuove indagini dell'Università di Perugia, oggetto, dal 2004 in poi, di numerose pubblicazioni del prof. Borri in riviste scientifiche ed atti di importanti convegni, nazionali ed internazionali, nonché le relazioni tecniche dello stesso prof. Borri riguardanti i suddetti nuovi studi ed indagini, confermano l'elevata vulnerabilità del capolavoro, evidenziando anzi che questa non si limita alle vibrazioni di origine sismica, ma riguarda anche quelle ambientali;
sulla richiesta di chiarimenti sullo stato di tutela del David e sulle possibili situazioni di rischio cui potrebbe essere interessato, l'interrogante ha già segnalato tale presunto contesto problematico nell'interrogazione n. 4-01558, del 7 novembre 2008, allo scopo citando date ed eventi che hanno trattato la questione, in cui, tra gli autorevoli esperti di ingegneria sismica che venivano ricordati, si faceva riferimento anche all'ingegnere Alessandro Martelli, responsabile della Sezione prevenzione rischi naturali e mitigazione effetti dell'ENEA, docente di costruzioni in zona sismica alla Facoltà di architettura dell'Università degli studi di Ferrara e Presidente dell'associazione scientifica GLIS (isolamento ed altre strategie di progettazione antisismica), che al momento esprime fortemente le sue preoccupazioni sulla possibilità di preservare e tramandare per le future generazioni, nel suo splendore e senza ulteriori danni, la statua che ci hanno lasciato in custodia i nostri predecessori;
gli stessi esponenti scientifici che hanno condotto studi e ricerche sulla stabilità del David, animati solo da spirito istituzionale e senso di responsabilità, hanno raccomandato al Ministero per i beni e le attività culturali l'avvio urgente di un progetto finalizzato a proteggere, nel più breve tempo possibile, il David di Michelangelo dalle vibrazioni sismiche e (a seguito dei più recenti studi ed indagini) ambientali e, a tal fine, hanno avanzato proposte;
risulterebbe, a riguardo, che alle istanze dei suddetti esperti non siano state date risposte, neppure come lettera di presa visione, come del resto neanche all'interrogazione predetta si è convenuto di fornire una risposta pertinente e puntuale che in tal senso non fornisce elementi esaustivi a questo riguardo -:
quali provvedimenti ed azioni abbia adottato per evitare la perdita, od anche solo ulteriori danneggiamenti, di un capolavoro unico al mondo quale è il David di Michelangelo, in particolare a causa delle

vibrazioni di qualsiasi natura ed intensità che possono interessarlo, in particolare di quelle ambientali cui la statua è attualmente soggetta e di quelle sismiche cui pure essa, prima o poi, lo sarà.
(4-02178)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

LOMBARDO, LO MONTE, BELCASTRO, COMMERCIO, IANNACCONE, LATTERI, MILO e SARDELLI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, attuativo della riforma strutturale delle Forze armate, tra l'altro, ha realizzato un deciso accorpamento delle strutture militari, sopprimendo buona parte delle attività che avevano luogo in Sicilia e nel Meridione d'Italia e concentrandone la gran parte nelle regioni centro-nord, dove peraltro, per precedenti ragioni strategiche dovute alla politica dei blocchi contrapposti, già erano molto presenti;
la riorganizzazione, tuttavia, ha risposto più a ragioni di contenimento dei costi che alle reali e mutate esigenze della difesa, visto che i punti caldi dello scacchiere internazionale si sono spostati dall'area dell'est europeo, all'area del sud Europa, del medio oriente e, dopo le torri gemelle, nell'area asiatica;
è evidente come, anche per il futuro, le «aree di crisi» riguarderanno sempre più il sud del mondo, prova ne sono il sostegno e l'addestramento dei terroristi di matrice musulmana, l'area mediorientale e le numerose guerre dimenticate del continente africano, che non fanno altro che spingere masse di migranti, per i tramite della Sicilia, verso l'Europa;
la necessità di avere particolare attenzione alle aree instabili del sud del mondo, del medio oriente e dell'Asia, non giustifica la concentrazione della quasi totalità delle strutture militari nel centro nord a scapito del sud, ma più probabilmente si è trattato di una scelta figlia della solita idea che, quando c'è da penalizzare una parte del Paese, come un riflesso condizionato, si sceglie la Sicilia e il Sud;
risulta chiaro, per motivazioni geopolitiche, come la scelta di privilegiare l'accorpamento delle strutture militari verso il settentrione d'Italia, oltre ad essere in contrasto con le opzioni strategiche della difesa e di aiuto nel mondo, sia stata anche in contrasto con il contenimento dei costi delle Forze armate;
le regioni del sud forniscono la quota più consistente dei militari sia in ferma prefissata che in servizio permanente, per cui l'attuale dislocazione, allontanando sistematicamente migliaia di giovani dalle comunità locali, dal punto di vista del territorio, penalizza e impoverisce, culturalmente, socialmente ed economicamente il Meridione;
un diverso approccio, oltre che a rispondere alle predette scelte strategiche, avrebbe come conseguenza indiretta il risveglio economico delle zone del Sud, le quali, con il riordino delle Forze Armate fin qui attuato, hanno perso ulteriori possibili occasioni di sviluppo;
sarebbe opportuno ripensare le scelte operate per effetto della riorganizzazione delle Forze armate avendo a mente le nuove necessità che i fatti internazionali impongono, anche per il difficile mantenimento della pace nel mondo e, persino, per attuare le politiche di prima accoglienza necessaria per i migranti;
nelle more delle appropriate riflessioni a farsi, potrebbero essere insediate, o meglio riattivate alcune delle tante strutture presenti nel territorio, idonee ad ospitare una R.A.V. (Reparto Addestramento Volontari), così da creare indubbiamente sviluppo in un territorio per molti versi penalizzato;

dal punto di vista militare non dovrebbero esserci difficoltà alla riattivazione poiché si tratta di caserme scuola e non di reparti operativi -:
quali siano le scelte strategiche della Difesa, con uno sguardo attento verso le aree a «rischio guerra» del bacino del Mediterraneo, dell'Asia e del Medio Oriente e se il Ministro interrogato abbia intenzione di assumere provvedimenti per riaprire reparti di addestramento reclute nel territorio siciliano e nel meridione d'Italia.
(4-02175)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, MIGLIOLI, LEVI e SANTAGATA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Tribunale di Modena da diversi anni soffre di una preoccupante carenza di personale, che si accompagna ad un ancor più critica condizione degli edifici giudiziari;
il piano di edilizia giudiziaria di Modena (relativo ad interventi su: Palazzo Martinelli, plesso di San Pietro, archivio giudiziario, Palazzo Delfini e palazzo di giustizia) è stato approvato definitivamente nel novembre 1999, beneficiando di un finanziamento di 8.366.000 euro successivamente ridotto a 8.301.414 euro per la deduzione di oneri di progettazione nel dicembre 2001 dopo l'esame e le autorizzazioni di vari organi competenti (Soprintendenze e provveditorato alle Opere Pubbliche). Nel corso dell'estate 2002 è avvenuta l'aggiudicazione delle opere eseguibili con effettivo inizio dei lavori. Per quanto attiene Palazzo Martinelli, le opere sono state ultimate con la consegna del fabbricato alla Procura nell'aprile del 2008; l'edificio richiede tuttavia di ulteriori interventi indifferibili per ulteriori 90.000 euro per le quali il Comune di Modena si è già attivato. Analogamente sono stati ultimati sia i lavori del plesso di San Pietro, presso cui le attività giudiziarie si sono insediate nel gennaio 2006, sia l'intervento all'archivio giudiziario, terminato nell'aprile 2005 con un esubero di spesa assunto a carico dell'Amministrazione comunale. Per quanto attiene al Palazzo del Tribunale, i lavori di ristrutturazione e di adeguamento impiantistico non sono ancora stati appaltati, non solo perché non si è ancora concluso il trasferimento della Procura presso Palazzo Martinelli, ma soprattutto per la necessità di finanziamenti integrativi, dovuti a successive modificazioni delle richieste funzionali. Tale ritardo si riverbera negativamente sull'intervento previsto per Palazzo Delfini, che potrà avviarsi solo successivamente alla conclusione delle opere su Palazzo di Giustizia. La commissione manutenzione del Tribunale di Modena, in accordo con il Presidente della Corte di Appello di Bologna, in considerazione della vetustà del progetto e della naturale lievitazione dei prezzi edili intercorsi dal 1997 ad oggi, ha valutato l'inderogabilità di una integrazione a carico del Ministero interrogato per complessivi 4.399.000 euro;
per i nuovi edifici della Procura e per gli interventi sul Tribunale, quale l'allestimento di aule dibattimentali presso l'ex cinema Metropol inaugurate un anno fa ma mai utilizzate poiché non sono pervenuti gli arredi necessari, l'amministrazione comunale di Modena ha aggiunto e anticipato risorse proprie pari a 1.042.000 euro;
in merito all'organico della magistratura si registra un conclamato sottodimensionamento rispetto alle reali esigenze del circondario, in considerazione dell'applicazione di un magistrato e della reggenza del dirigente amministrativo di Modena in altri circondari. Da ultimo, con decreto del Presidente della Corte d'Appello di Bologna, un magistrato civile è stato applicato al Tribunale di Reggio Emilia dal 12 gennaio 2009 all'11 luglio 2009. In ordine a tale decreto di applicazione il Consiglio

Giudiziario ha espresso parere negativo al Tribunale di Reggio Emilia. Avverso tale decreto si è opposto anche il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati con propria delibera, inviata al CSM e alla Corte d'Appello;
il provvedimento in parola produrrà un evidente pregiudizio al Tribunale di Modena, causando l'immediata riduzione delle possibilità operative;
la prevista applicazione del magistrato civile, inoltre, ha come ulteriore e negativo effetto quello di pregiudicare anche la prospettata - ed appena attivata - riorganizzazione delle sezioni civili del Tribunale -:
se il Ministero intenda accordare le risorse necessarie per completare il piano di edilizia giudiziaria di Modena al fine di consentire lo svolgimento dell'attività giudiziaria in sedi adeguate e sicure;
se il Ministro intenda procedere al rimborso delle spese aggiuntive sostenute dall'Amministrazione di Modena e citate in premessa;
come il Ministro intenda agire per risolvere la carenza di personale del Tribunale di Modena, causa di un pernicioso rallentamento nella celebrazione delle udienze.
(5-00915)

LENZI e ZAMPA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 10 gennaio, le interroganti hanno visitato il carcere di Dozza (Bologna) ed incontrato il Direttore;
dalla visita è emerso che le condizioni del carcere suddetto presentano gravi criticità, tanto che risulta in molte parti fatiscente, con gravi problemi di manutenzione straordinaria ed ordinaria degli ambienti e degli impianti;
tali criticità erano state già oggetto di un'ordinanza, emanata dal Sindaco di Bologna in data 5 (dicembre 2007 in ordine al degrado igienico-sanitario del carcere cittadino;
ad oggi tale ordinanza rimane inattuata nelle sue parti più significative e permangono gravi problemi di manutenzione e le condizioni igienico-sanitarie sono drammatiche:
particolarmente preoccupanti sono le condizioni dei bagni delle celle, dove si rilevano gravi infiltrazioni di umidità oltre che intonaci scrostati e cadenti;
il sovraffollamento della struttura, costringe i detenuti ad utilizzare i bagni come deposito di suppellettili e, finanche, di alimenti;
i materassi in gomma piuma non rivestita, scaduti in alcuni casi da oltre 20 anni, si presentano intrisi di sudiciume, spesso tagliati e ricomposti in più pezzi;
in alcune celle mancano i cuscini e le coperte sono in pessime condizioni;
l'impianto di riscaldamento presenta problemi di cattivo funzionamento, in particolare, una delle due caldaie risulta non funzionante ed ampie aree di passaggio dei detenuti e del personale risultano prive di riscaldamento;
il carcere di Dozza, la cui capacità di accoglienza è pari a 480 persone, estensibili ad un massimo di 550, nel giorno in cui si è svolta la visita ospitava 1034 detenute e detenuti, di cui oltre due terzi in regime transitorio;
la situazione di sovraffollamento, in particolare nelle sezioni giudiziarie, dove in molti casi si registra la presenza di 3 detenuti in una superficie di 10 metri quadrati compresivi del bagno, sta determinando seri pregiudizi al diritto alla salute, alla dignità e alla privacy dei detenuti;
le pessime condizioni di vivibilità e gestibilità della struttura non consentono al personale in servizio di poter svolgere le funzioni a cui è preposto, compromettendo in tal modo lo svolgimento delle attività finalizzate alla riabilitazione e al recupero dei soggetti detenuti;

inoltre, nel corso della visita, si è avuto modo di apprendere che ormai già da alcune settimane l'amministrazione carceraria non era in grado di garantire ai detenuti le dotazione minime personali finalizzate all'acquisto di beni per l'igiene personale e piccoli consumi (sigarette, tessere telefoniche, etc.);
la dotazione organica di polizia penitenziaria presenta gravi carenze: in particolare, mentre il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha fissato in 567 unità il numero di personale necessario al servizio presso il carcere di Dozza, l'organico assegnato alla struttura risulta essere pari a 488 unità, di cui 108 distaccate presso altre sedi o assegnate a missioni; pertanto, attualmente, l'organico effettivamente in servizio risulta pari a sole 380 unità;
inoltre, dei 6 educatori assegnati alla struttura solo 4 risultano in servizio; tale carenza riduce inevitabilmente l'attività di elaborazione e gestione dei progetti di recupero dei detenuti medesimi, progetti necessari anche in considerazione dell'elevata presenza in tale istituto - circa il 65 per cento - di detenuti di nazionalità non italiana;
si segnala, infine, la preoccupante situazione di instabilità nella direzione dell'istituto penitenziario, dovuta anche al continuo avvicendamento dei direttori; in particolare, in meno di un anno l'istituto è stato diretto da ben quattro diversi direttori, di cui l'ultimo assegnatario di un incarico non definitivo -:
se il Ministro, in relazione alle funzioni di controllo di propria specifica pertinenza, sia informato sulle gravi condizioni di disagio che caratterizzano la vita penitenziaria del carcere di Dozza e se non ritenga opportuno acquisire ulteriori informazioni, anche attraverso un'ispezione, in merito alle disfunzioni segnalate;
se non ritenga necessario adottare urgentemente ogni provvedimento idoneo a rimuovere le rilevate disfunzioni e carenze presenti nell'istituto di pena in esame, per garantire alle detenute e ai detenuti dei carcere di Dozza, nonché al personale operante all'interno della struttura stessa, le adeguate misure igienico-sanitarie e il rispetto degli standard di sicurezza, anche al fine di ristabilire un clima più adeguato al non facile processo di rieducazione e risocializzazione che fonda la legittimità della pena nel nostro ordinamento costituzionale.
(5-00916)

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBIERI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è ancora lontana la data dell'ultimazione dei lavori e della successiva conseguente consegna, da parte del Ministero di Lavori Pubblici al Ministero della Giustizia, del nuovo e moderno carcere di Reggio Calabria-Arghillà;
si ravvisa sempre più impellente ed improcrastinabile un intervento di ristrutturazione ed ammodernamento dell'ormai storica Casa Circondariale di Reggio Calabria - Via San Pietro, Istituto di primo livello, che versa in pessime condizioni strutturali (igienico-sanitarie) ed ambientali;
l'immediatezza ed urgenza di tale intervento è dettata anche dalla necessità di garantire la dovuta sicurezza ad una struttura collegata all'Aula bunker da apposito tunnel che, in quanto tale, non sarà mai soggetta a dismissione e/o inutilizzabilità;
è necessario porre fine alle seguenti situazioni:
a) i grandi padiglioni detentivi (reparto A1 e reparto M) a quanto consta all'interrogante non sono conformi al decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 2000, ovvero non sono mai stati eseguiti i prescritti lavori, con un ritardo di ben tre anni dalla scadenza stabilita (anno 2005): gli stessi, infatti, si presentano in condizioni fatiscenti e non sono mai stati oggetto di un complessivo intervento

di ristrutturazione (l'immobile risale ai primi decenni del secolo scorso). Tutti i cancelli posti all'interno delle aree detentive (ivi compresi i corridoi) non sono automatizzati e, causa la carenza di personale di vigilanza di Polizia Penitenziaria, alcuni di questi vengono lasciati aperti e privi di presidio, con conseguenti problemi in termini di sicurezza;
b) gli impianti di videosorveglianza e registrazione sono praticamente inesistenti, la cosiddetta «sala regia» non è idonea a consentire un regolare servizio di carattere operativo, in quanto ormai fatiscente è priva di apparecchiature moderne, sicché non è possibile effettuare un'adeguata vigilanza;
c) il parco degli automezzi - sia radiomobile che per trasporto detenuti - è fermo ad una decina di anni fa, presenta mezzi usurati dal tempo e dal loro continuo utilizzo e, pertanto, non più efficienti;
d) l'armeria dell'istituto è situata, dal 1997, in locali privi dei requisiti minimi previsti dalla normativa che disciplina questa materia: i suddetti locali sono, infatti, assolutamente inidonei all'uso cui sono destinati e, segnatamente, alla gestione degli armamenti e degli equipaggiamenti sia di reparto che del personale di Polizia Penitenziaria;
quanto sopra esposto è reso ancora più aggravato da una crescente ed inarrestabile situazione di sovraffollamento della popolazione detentiva, nonché da una cronica ed insostenibile carenza organica di personale di Polizia Penitenziaria (maschile e femminile), conseguenza del distacco di numero 43 unità - a vario titolo - presso altri Istituti d'Italia. Peraltro, non può non evidenziarsi che, per far fronte a tale carenza, il direttore dell'istituto si è visto costretto ad accorpare più posti di servizio con una sola unità di Polizia Penitenziaria;
nonostante tutto, bisogna dare merito alla direzione della Casa Circondariale di Via San Pietro - Reggio Calabria che con grande senso di attaccamento professionale ed abnegazione sul lavoro dimostra alte capacità dirigenziali ed una spiccata sensibilità nei rapporti umani, facendo sì che la difficile gestione strutturale-organizzativa del carcere non diventi motivo di esasperazione e contestazione sociale -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare per consentire alla popolazione detenuta, in sovraffollamento nell'Istituto Penitenziario di Via San Pietro - Reggio Calabria, di poter vivere in un ambiente igienicamente adatto ad una condizione umana rispettosa della dignità della persona;
a fronte dell'urgenza di adattare l'organico di Polizia Penitenziaria al sempre più crescente aumento della popolazione detenuta, quali iniziative sono state programmate considerato che vi è la necessità di rendere più armonico il rapporto tra i detenuti ed il personale preposto alla sicurezza, alla vigilanza ed al controllo.
(4-02168)

OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Polizia penitenziaria della Casa di reclusione di Rossano (Cosenza), così come denunciato anche dal Sindaco di Rossano, vive da diversi mesi una situazione di grave disagio causato dal depauperamento dell'organico attuato attraverso il trasferimento di dieci unità, ufficialmente rientrate nella struttura penitenziaria di Cosenza, ma che di fatto hanno creato un deficit a Rossano;
si tratta di un ridimensionamento di organico che aggrava una situazione già critica, più volte denunciata, in Parlamento e attraverso gli organi di stampa, dal momento che la dotazione organica, ad oggi, non è mai stata rideterminata né adeguata alle esigenze del personale che, in tutti questi anni ha lavorato con professionalità e competenza;
la struttura sembrerebbe essere stata considerata mandamentale, pur ospitando detenuti con sentenze passate in giudicato, in molti casi ergastolani;

in questi anni è stato lodevole l'impegno di quanti hanno lavorato congiuntamente all'interno dell'istituto per poter realizzare una integrazione difficile, volta a superare il pregiudizio di chi, troppo spesso non associa l'espiazione della pena al diritto di reinserimento nella società civile;
le attività dei detenuti svolte nei laboratori all'interno del carcere rischiano di essere interrotte, a causa della ristrettezza di uomini -:
quali urgenti iniziative intenda promuovere al fine di garantire la piena funzionalità dell'istituto di pena di Rossano (Cosenza) in ordine alla necessaria copertura degli organici il cui ridimensionamento agevola l'acuirsi del distacco fra la città ed il carcere.
(4-02171)

PELINO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Casa di reclusione via Lamaccio di Sulmona versa in una gravissima situazione sintetizzata;
per quanto riguarda la situazione dei detenuti, essa rileva preoccupanti problematiche di sovraffollamento: detenuti capienza massima tollerabile 450 unità; detenuti presenti alla data odierna: 457 unità, di cui 150 con disturbi psichici o legati a tossicodipendenza, certificati, come in appresso meglio specificato;
la gestione attuale di n. 6 circuiti penitenziari differenti, crea enorme difficoltà e precisamente si tratta di:
a) reclusione ordinaria media sicurezza;
b) casa lavoro;
c) casa lavoro ex articolo 41-bis;
d) reclusione alta sicurezza;
e) reclusione elevato indice di vigilanza;
f) reclusione collaboratori di giustizia;
per quanto riguarda la gestione dei detenuti, anche essa crea gravi difficoltà poiché la situazione dei detenuti, nel dettaglio è:
a) presenze detenuti medie prima dell'indulto: 400 unità;
b) presenze detenuti medie dopo l'indulto: 300 unità;
c) presenze detenuti attuali: 457;
d) presenze di detenuti affetti da disturbi psichiatrici: circa 120 controllati per tre giorni a settimana da un solo psichiatra;
la gestione del circuito destinato a casa lavoro, crea le ulteriori seguenti difficoltà:
a) non è possibile assicurare a tutti gli internati presenti il lavoro per mancanza di fondi sull'apposito capitolo di bilancio, proprio per questo motivo la presenza era limitata a circa 70 unità;
b) la presenza attuale di internati è di 140 unità con conseguenti problematiche di gestione delle misure di sicurezza;
per quanto riguarda il personale di Polizia penitenziaria operante nella casa di reclusione di Sulmona, altre criticità sono date dalle seguenti circostanze: vi è una gravissima carenza di personale del ruolo degli Agenti-Assistenti, infatti, attualmente operano circa 230 unità a fronte di n. 264 unità previste in organico per questa struttura; delle 230 unità presenti n. 20 unità sono assegnate solo provvisoriamente e pertanto possono essere in qualsiasi momento destinate ad altre sedi o servizi;
per quanto riguarda gli educatori, vi è una grave carenza anche in questo ruolo, ove operano solo n. 4 unità, destinate ai 457 detenuti presenti, con evidente sperequazione in rapporto di 1 a 100;

per quanto riguarda la situazione sanitaria, si segnalano le seguenti criticità: a seguito del passaggio della medicina penitenziaria dal Ministero della giustizia alla Regione Abruzzo (per questo istituto penitenziale, alla ASL Avezzano-Sulmona) l'offerta dei servizi sanitari risulta diminuita, infatti, sono andati via un medico ed un infermiere, al momento non ancora sostituti; sono stati riferiti problemi nella gestione dei rapporti di lavoro da parte della predetta ASL sia sotto il profilo economico della retribuzione e sia sotto il profilo contrattuale e di incarico;
questo grave quadro della situazione, va a cadere in un momento di massima popolazione della casa di reclusione, in cui a fronte di un aumento dei detenuti, l'offerta dei servizi da prestare agli stessi, dovrebbe essere ampliata;
l'intervento urgente per sanare queste gravi criticità, tramite l'aumento della dotazione dell'organico, portandola almeno alle 264 previste, è ancor più improcrastinabile, visto il grave episodio che si è verificato domenica 25 gennaio 2009 in cui un detenuto algerino ha tentato il suicidio in cella tagliandosi la gola, soccorso da quattro agenti di custodia, li ha malmenati selvaggiamente con prognosi per le lesioni arrecate dai 3 ai 9 giorni -:
quali provvedimenti urgenti e improcrastinabili il Governo intenda attuare per potenziare l'organico del personale addetto alla Casa di reclusione via Lamaccio di Sulmona, viste le predette gravi difficoltà gestionali e anche legate all'assistenza sanitaria in rapporto al numero dei detenuti presenti ed alle patologie segnalate a carico di parte degli stessi, che ha condotto all'episodio di cronaca in cui si è scongiurato il suicidio di un detenuto e sono stati assaliti quattro agenti di custodia e gravemente feriti.
(4-02172)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

TENAGLIA, TIDEI, CAPODICASA, CARELLA, CAPANO e META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come è noto, dal primo capitolo del libro «Gomorra» dello scrittore Saviano si fa esplicito e chiaro riferimento alla società «Cosco», armatore cinese che ha in gestione un terminal nel Porto di Napoli e di Gioia Tauro ed ha interessi intrecciati con una società svizzera, per le attività del trasporto merci attraverso i container e che dopo tale segnalazione sono state avviate dalla magistratura indagini in varie parti d'Italia;
durante il Convegno del Giugno 2008, indetto dall'Associazione Antimafia «Antonino Caponnetto», per discutere sulla penetrazione mafiosa nell'Alto Lazio, il sostituto Procuratore Luigi De Ficchy della Direzione Nazionale Antimafia, disse pubblicamente: «Uno dei più grandi pericoli per la zona costiera dell'Alto Lazio, è costituito dalla proposta di costruire un molo portuale nella zona la Frasca-Sant'Agostino, lungo il confine tra Civitavecchia e Tarquinia» su questo medesimo argomento, il vicesegretario della predetta associazione ha dichiarato alla stampa: «Al posto dei mafiosi arrestati a Gioia Tauro è subentrato il gruppo imprenditoriale romano guidato da Pietro D'Ardes con il sostegno del sodalizio criminale dei Casamonica, cosca che opera a Roma, nel Lazio, in provincia di Viterbo e sulla costa dell'Alto Lazio, tra Tarquinia, Civitavecchia e Montalto di Castro» e «Alcuni del clan Casamonica erano già stati arrestati a Viterbo a Giugno, il D'Ardes è stato preso il 22 Luglio a Gioia Tauro»;
come prosegue nella sua dichiarazione alla stampa il predetto vicesegretario dell'Associazione «Antonino Caponnetto»: «Non comprendiamo i motivi per cui il Sindaco di Civitavecchia Gianni Moscherini, punti alla realizzazione del Terminal

Cina, distruggendo, tra l'altro un'area di notevole pregio ambientale e storico, un sito di importanza comunitaria»;
promotore e sostenitore della costruzione del Terminal Cina è stato, tra gli altri, l'ex-Presidente dell'Autorità Portuale Gianni Moscherini, oggi Sindaco di Civitavecchia e che il duplice incarico può provocare legittime apprensioni nella gestione delle gare di appalto;
da una parte le vicende già controllate dalla magistratura e le altre cui si fa riferimento richiedono una scrupolosa, quotidiana attenzione soprattutto nello svolgimento delle gare di appalto promosse dall'Autorità Portuale, attraverso le quali, è facile che si determini la penetrazione di soggetti mafiosi e che, pertanto, in tale preoccupante contesto, ne consegue il preminente e delicato compito del Presidente dell'Autorità Portuale;
tali vicende tornano in questi giorni, con grande evidenza sulla stampa cittadina;
la predetta infrastruttura potrebbe essere parzialmente finanziata con fondi del Ministero delle infrastrutture -:
quale giudizio ritengano di poter formulare rispetto a tali gravi vicende, con particolare riferimento all'Alto Lazio e al Porto di Civitavecchia;
se non ritengano inoltre, loro dovere compiere autonomi approfondimenti per verificare la fondatezza, la consistenza e ramificazione delle notizie emerse che stanno suscitando scalpore e apprensione soprattutto tra la popolazione di Civitavecchia, in relazione alla circostanza che l'attuale Sindaco risulta essere il promotore del Terminal Cina, con tutti i risvolti desumibili dal libro «Gomorra» e dalla stampa quotidiana e quali eventuali provvedimenti di loro competenza e quali in collaborazione con la magistratura, non ritengano di dover assumere di fronte ad una così grave ipotesi e alle sue dimensioni operative.
(3-00340)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPARINI, SALVINI, PIROVANO, VOLPI, CROSIO, STUCCHI e CONSIGLIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
lunedì 15 dicembre 2008 sono entrati in vigore i nuovi orari ferroviari per la Regione Lombardia;
la linea Brescia-Bergamo ha perso tutti i collegamenti diretti con Milano;
tale soppressione coincide con un evidente ridimensionamento quantitativo e qualitativo del servizio ferroviario locale;
sono molte le variazioni d'orario apportate da Trenitalia in modo difforme da quanto concordato con le Regioni interessate;
il nuovo orario Trenitalia non ha tenuto conto delle reali esigenze di una linea che conta, sulla sua direttrice, le stazioni di Bergamo (che è al quinto posto in Italia come flusso passeggeri) e di Brescia che garantiscono un importante contributo in termini di fatturato: Trenitalia non ha mantenuto gli impegni dell'incontro del 28 novembre 2008;
secondo quanto riportato dagli organi di informazioni, l'assessore alle infrastrutture della Regione Lombardia avrebbe dichiarato che «se Trenitalia ha deciso che Freccia rossa deve correre passando davanti a tutti gli altri treni e sulle spalle dei pendolari, può darsi che saremo costretti a dimostrare a Trenitalia che il Freccia rossa può anche rimanere in stazione»;
Trenitalia ha istituito una taskforce che sta costantemente verificando l'andamento della situazione al fine di procedere tempestivamente all'eventuale adozione di interventi correttivi;
in risposta all'atto di sindacato ispettivo n. 5-00785 del 17 dicembre 2008, a prima firma dell'onorevole Montagnoli, che dà conto di molteplici criticità generate dal cambio orario dello scorso 14 dicembre, focalizzando specificamente sui servizi di trasporto regionale in Lombardia

ma rappresentando anche ciò che accade in altre Regioni del Nord Italia (Veneto, Trentino, Piemonte) il Ministero pur sostenendo che non determina o non concorre a determinare la declinazione dell'offerta, preso atto delle pesanti ripercussioni determinate dalle recenti variazioni d'orario, si è dichiarato disponibile a prendere parte ad iniziative di cooperazione e concertazione tra i soggetti interessati (in particolare: Regioni e Trenitalia SpA) per rimuovere e - in futuro - prevenire l'insorgere di analoghe criticità -:
quali siano le iniziative urgenti che intenda promuovere nei confronti di Trenitalia.
(5-00920)

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INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

GINEFRA e BELLANOVA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Giorno della Memoria è stato istituito con la legge n. 211 del 20 luglio 2000, dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata dedicata alla commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo - nazismo - e del fascismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati;
il testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria: «La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.»;
la scelta della data ricorda il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell'Armata Rossa, nel corso dell'offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oswiecim, nota con il nome tedesco di Auschwitz, scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti: la scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l'orrore del genocidio nazista;
il 27 gennaio il ricordo della Shoah è celebrato anche da molte altre nazioni, tra cui la Germania e la Gran Bretagna, così come dall'ONU, in seguito alla risoluzione 60/7 del 1° novembre 2005;
il 25 gennaio scorso nella città di Maglie (Lecce), in piazza Aldo Moro si è tenuta una manifestazione dell'organizzazione neofascista «Casapound», a soli due giorni dalla Giornata della Memoria;
l'organizzazione «Casapound» risulta essere, inoltre, un'organizzazione palesemente neofascista, antisemita, razzista, xenofoba e omofoba -:
se il Ministro sia a conoscenza del fatto che si sia tenuta tale manifestazione, se la Questura di Maglie abbia dato il permesso per lo svolgersi di tale manifestazione e in tale ambito se risulti che il Comune abbia concesso l'utilizzo della Piazza, a due giorni da un fondamentale e storico anniversario quale il Giorno della Memoria e se le forze dell'ordine abbiano denunciato all'autorità giudiziaria eventuali reati commessi ai sensi della legge Mancino.
(3-00341)

Interrogazione a risposta scritta:

PIONATI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni in materia di corsi di formazione per istruttori di tiro per gli

appartenenti al Corpo della Polizia di Stato è fissato nell'età massima di 40 anni;
vi sono stati degli agenti della Polizia di Stato che pur avendo presentato la domanda entro il termine previsto i 40 anni ed operando in reparti molto delicati si sono visti negare la possibilità di frequentare i corsi di cui trattasi;
nel corso per istruttori di tiro terminato nel dicembre 2008 hanno partecipato, a discrezione dell'amministrazione, agenti della Polizia di Stato che avevano 46 e 47 anni -:
se i fatti sopra descritti corrispondano a realtà;
quali provvedimenti intenda adottare al fine uniformare le disposizioni erga omnes ed evitare scelte che possono, se non ampiamente giustificate, dare adito a malumori ed incomprensioni fra gli appartenenti al corpo della Polizia di Stato.
(4-02176)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI GIUSEPPE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni in molti comuni italiani si è registrato un aumento della domanda di istituti convittuali e semiconvittuali;
l'aumento della domanda di detti alloggi è motivato dall'insufficienza dei servizi di trasporto pubblico soprattutto nelle realtà di montagna, dove il pendolarismo degli studenti diventa ancor più difficoltoso e pericoloso durante le nevicate invernali;
ne consegue che molte famiglie trovano sollievo e notevoli vantaggi nel sapere i propri figli accolti in strutture capaci di offrire servizi come la scuola, il doposcuola, la mensa, le attività integrative e sportive, il pemottamento;
inoltre nei paesi di vocazione tipicamente agricola lo sviluppo della realtà convittuale costituisce uno strumento per l'aumento del PIL e per garantire occupazione qualificata, fattore quest'ultimo capace peraltro di frenare il processo emigratorio verificatosi nei decenni scorsi;
l'articolo 22 dello schema di regolamento recante «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», prevedendo la riduzione dei rapporti educatore-convittore ed educatore-semiconvittore, depotenzia una figura professionale (l'educatore) caratterizzata da un'attività complessa ed articolata e capace di offrire ai giovani notevole sostegno nello studio;
l'educatore si occupa anche del tutoraggio e del recupero di studenti con lacune in alcune materie, mediante approfondimenti nelle materie curriculari ed extracurriculari, assiste i ragazzi durante le attività sportive e ricreative, è in grado di mediare nel rapporto didattico-educativo tra insegnati e studenti e tra studenti e famiglie, di fornire un apporto psicopedagogico ad ogni singolo studente;
da quanto summenzionato si evince che la figura dell'educatore diverge nettamente da quella dell'insegnante, pertanto se la classe assegnata ad ogni singolo educatore dovesse crescere, la qualità del lavoro e del contributo pedagogico-educativo verrebbero seriamente compromessi -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno modificare l'articolo 22 dello schema di regolamento recante «Norme per la riorganizzazione della rete scola- stica

e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» nella parte relativa al rapporto educatore-convittore ed educatore-semiconvittore, che come specificato in premessa alla presente interrogazione depotenzia la figura dell'educatore, al fine di impedire il notevole danno culturale che arrecherebbe la chiusura di numerosi istituti convittuali e seminconvittuali.
(5-00918)

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

LENZI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i dati forniti dall'Inps lo scorso 15 gennaio, sulla diffusione della social card evidenziano:
a) la ristrettezza della platea finora coinvolta, rispetto alle famiglie in condizioni di povertà presenti nel nostro Paese;
b) una disomogenea distribuzione sul territorio nazionale, con quasi il 70 per cento delle carte distribuite nel Mezzogiorno; e una limitata, ma non irrilevante, divergenza tra diffusione delle carte e diffusione degli indici di povertà sul territorio nazionale;
sono state 423.868 le carte caricate con i 40 euro mensili spettanti ai titolari comprensivi di requisiti, pari a non più di un terzo della platea originariamente stimata dal Governo e meno del 16 per cento delle famiglie povere stimate dall'Istat (2 milioni 653 mila - anno 2007);
la social card è stata presentata anche come una iniziativa a sostegno delle famiglie povere e con bambini piccoli. Ora gli interroganti ritengono che i limiti reddituali decisamente assai bassi, e gli ulteriori requisiti richiesti possono aver limitato, al di là, del previsto la platea dei richiedenti minori di tre anni -:
quale sia il quadro numerico completo delle social card, realmente distribuite e attivate, nelle due categorie previste (pensionati e i bambini di età inferiore ai tre anni).
(4-02170)

FUCCI e DIVELLA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con sentenza n. 16 del 2009 il Tar di Bari ha accolto il ricorso di un candidato all'iscrizione, che gli era stata in precedenza negata per mancanza dei requisiti professionali necessari, nell'albo regionale pugliese dei direttori generali di Asl;
il dispositivo della sentenza afferma che, per fare il direttore generale, «non risulta necessario il possesso di una formale qualifica dirigenziale», ma basta un'«esperienza almeno quinquennale di direzione» di per sé non necessariamente dirigenziale;
secondo l'interrogante è grave che la sentenza del Tar di Bari, indebolendo i criteri di selezione, rischi di rafforzare una dannosa discrezionalità non sempre scevra da risvolti e ragioni di tipo clientelare;
il tema delle modalità e dei criteri di nomina dei direttori generali di Asl è tanto attuale che proprio in questo periodo un comitato ristretto della Commissione affari sociali della Camera sta esaminando vari disegni di legge in materia di governo delle attività cliniche -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire con opportune iniziative normative e regolamentari onde definire meglio la materia anche alla luce della sentenza richiamata in premessa.
(4-02173)

PROIETTI COSIMI e MOFFA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Subiaco, in provincia di Roma, rappresenta il paese di riferimento dell'Alta e Media Valle dell'Aniene per strutture e servizi;
il territorio in esame è composto da oltre venti comuni ad est di Roma, con un profilo orografico prevalentemente montano, caratterizzato da nuclei abitativi distanti tra loro e con strade difficili e di lunga percorrenza;
la stessa area è la più povera della provincia di Roma, in termini economici, produttivi, occupazionali, con assenza completa di politiche di sviluppo;
ilpresidio ospedaliero «A. Angelucci» di Subiaco rappresenta l'unica struttura sanitaria di riferimento, possibile da raggiungere con una percorrenza sostenibile;
la stessa struttura è a rischio ridimensionamento: già è stato chiuso il reparto di pediatria-ginecologia-ostetricia e non risultano funzionanti la tac ed altre risorse strumentali;
l'ospedale per il quale la Regione ha procrastinato più volte la riqualificazione come ospedale di montagna, organizzato con criteri di efficienza, efficacia e specializzazione, potrebbe divenire punto di riferimento non solo per le popolazioni residenti, ma attrattivo per utenti e pazienti provenienti da altre zone, concorrendo alla crescita ed al rilancio del territorio;
sarebbe essenziale accertare se nel territorio, anche alla luce di queste considerazioni sia assicurato un adeguato servizio di ospedalizzazione e terapia d'urgenza nel rispetto ai livelli essenziali di assistenza -:
se il ministro non intenda adottare iniziative per accertare il rispetto dei livelli essenziali di assistenza nell'area di Subiaco nell'ambito dell'assistenza ospedaliera, della ginecologia, ostetricia e pediatria e della terapia d'urgenza in considerazione del fatto che nel Lazio è in fase di attuazione un piano di rientro della Regione dal deficit sanitario.
(4-02174)

TESTO AGGIORNATO AL 30 GIUGNO 2009

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPARINI, FAVA e GIBELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«il gasdotto della Siberia», assurto alla cronaca di questi giorni, trasporta il gas metano dalla Russia fino al Sud Italia;
il gas, non potendo raggiungere tutta l'Italia, con la spinta che riceve in Russia, necessita di 11 centrali di ri-compressione del gas (Malborghetto, Masera, Istrana, Rimini, Terranuova, Gallese, Melizzano, Montesano, Tarsia, Messina ed Enna);
in sostanza dalla linea di distribuzione del gas viene «spillata» una certa quantità di metano per alimentare la turbina a gas. La turbina brucia gas per produrre forza motrice alla quale è collegato il compressore che quindi «ricomprime» il gas alla pressione in uscita di circa 75 atmosfere;
la turbina a gas espelle dei gas ad altissima temperatura che potrebbero essere riutilizzati per generare del vapore da usare come «combustibile» di una turbina a vapore la quale fornisce la forza motrice a dei generatori elettrici che producono energia elettrica, una architettura di processo di «CoGenerazione» che sfrutta ogni joule di energia sfruttabile dall'impianto;
per esempio nella stazione di compressione della Cicogna, denominata Terranova B., che impiega 4 turbine capaci di generare una potenza complessiva di 40 MW, il calore prodotto da una turbina a gas consentirebbe di produrre una quantità

di vapore tale da alimentare una turbina a vapore di una potenza della metà rispetto alla turbina a vapore, quindi di 20 MW che equivalgono a 2 KW per 10.000 abitazioni;
una soluzione che genera energia elettrica usando una turbina a gas ed una a vapore in cogenerazione, costa circa 500.000 euro per ogni MW prodotto, dato che la parte di turbina a gas esiste già potremo stimare un costo di circa 250.000 euro per ogni MW generato e quindi un costo omnicomprensivo (installazione, avviamento, manutenzione per tre anni) di circa 5 milioni di euro con un costo a famiglia di 500 euro;
inoltre, il vapore che ha ormai esaurito la sua carica energetica, trasferendola sul generatore elettrico è ancora molto caldo e può essere utilizzato per alimentare i riscaldamenti di abitazioni, capannoni industriali o serre e consentirebbe di riscaldare una superficie di 64.000 metri quadrati pari a 5.000 abitazioni (a testimonianza delle previsione la GE Nuovo Pignone a Firenze ha un impianto di cogenerazione da 7 MW (5 gas + 2,2 vapore) e riesce a riscaldare circa 16.000 mq di capannoni);
al giorno d'oggi è di notevole rilevanza anche l'impatto sul CO2, non c'è combustione addizionale, ma si usano i gas di scarico caldi prodotti dalla combustione della turbina a gas -:
se il Ministro intenda valutare la fattibilità di tale processo di aggiornamento delle stazioni di pompaggio italiane.
(5-00919)

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Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in commissione Damiano e altri n. 5-00845, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 gennaio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Nannicini.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della risoluzione in commissione Bernardini n. 7-00087, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 94 del 27 novembre 2008.

La II Commissione,
considerato che:
il 17 luglio 2008 è stato celebrato il decimo anniversario dell'adozione dello Statuto della Corte penale internazionale su genocidio, aggressione, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, conosciuto anche come «Statuto di Roma», e l'Italia continua a non avere adottato le norme di attuazione interna dello stesso;
già dal 1994 con la proposta di ospitare la Conferenza diplomatica istitutiva della Corte il nostro Paese ha svolto un ruolo politico di altissimo profilo, sia dal punto di vista politico-diplomatico che giuridico, contribuendo alla definizione dello Statuto attraverso l'esperienza di eminenti giuristi, sia nella definizione degli elementi dei crimini, che hanno la funzione di specificare l'ambito di interpretazione e applicazione dello Statuto;
lo Statuto di Roma è uno dei testi più avanzati nell'ambito della giustizia penale internazionale, poiché incorpora tutte le garanzie del giusto processo, dei diritti fondamentali delle vittime e degli accusati, di umanizzazione delle pene, escludendo peraltro l'applicabilità della pena di morte;
lo Statuto istitutivo della Corte penale internazionale è entrato in vigore il 1o luglio 2002, dopo avere raggiunto le 60 ratifiche necessarie: ad oggi sono 106 i paesi che lo hanno ratificato e la Corte ha già dato inizio a incriminazioni e processi relativi ai casi della Repubblica democratica del Congo, del nord dell'Uganda, del Darfur in Sudan e della Repubblica Centro Africana;

l'Italia è stato il 4o paese a firmare lo Statuto della Corte il 18 luglio 1998 e un anno dopo il Parlamento ha approvato la legge di autorizzazione alla ratifica, contenente anche l'ordine di esecuzione, attraverso una legge delega al Governo per adottare prontamente le norme di attuazione;
nel corso degli ultimi 9 anni, ben quattro Commissioni ministeriali sono state istituite con lo scopo di adeguare la legislazione interna allo Statuto di Roma: Commissione Pranzetti (1998, Ministero degli affari esteri, che ha completato il lavoro nel 2001), Commissione La Greca-Lattanzi (1999, Ministero della giustizia, che ha completato il lavoro elaborando un disegno di legge-delega a fine 2001), Commissione Conforti (2002, Ministero della giustizia, che ha concluso i propri lavori nel 2003 con due progetti di legge mai resi pubblici), Commissione Scandurra (2002, Ministero della difesa, che ha concluso i propri lavori con un altro progetto di legge-delega, approvato dal Senato il 18 novembre 2004 (Atto Senato n. 2493 della XIV Legislatura) e che attualmente è depositato, ma non ancora esaminato, alla Camera (Atto Camera n. 5433);
oltre alle quattro Commissioni ministeriali, sono state prese diverse iniziative parlamentari per l'adeguamento della legislazione interna allo Statuto di Roma (Atto Camera n. 2724, onorevole Kessler e altri, XIV legislatura; Atto Senato n. 1638, senatore Iovene e altri; Atto Senato n. 893, senatore Pianetta, XV Legislatura; Atto Senato n. 1089, senatore Martone e altri; Atti camera n. 1439, onorevole Melchiorre, n. 1695, onorevole Gozi, n. 1782, onorevole Di Pietro XVI Legislatura);
se l'Italia non procedesse in tempi brevi all'adeguamento legislativo interno, ciò significherebbe che in caso di presenza sul nostro territorio di una persona indagata per crimini gravissimi, qualora la Corte ne chiedesse l'arresto, il giudice italiano non avrebbe alcuno strumento normativo per riconoscere ed eseguire il mandato d'arresto. L'Italia potrebbe quindi, tra l'altro, divenire meta privilegiata di sospetti «criminali di guerra»;
sviluppi recenti nel campo della giustizia internazionale potrebbero mettere a serio rischio la credibilità dell'Italia a livello internazionale in quanto l'Italia si troverebbe a non poter sostenere le attività della Corte penale internazionale, istituita a Roma grazie in particolare alle iniziative intraprese dai Governi italiani nel corso degli anni '90;
lo scorso 23 luglio, in risposta all'interrogazione «5-00234 Bernardini e Mecacci: Necessità di adeguare l'ordinamento italiano allo statuto della Corte penale internazionale» il Sottosegretario Maria Elisabetta Alberti Casellati ha risposto, secondo quanto risulta dal resoconto della seduta della Commissione Giustizia, «auspicando che il Governo presenti il disegno di legge richiesto dagli interroganti entro il mese di settembre»; ad oggi non risulta nessuna iniziativa in tal senso da parte del Governo,

impegna il Governo

a predisporre con la massima urgenza un disegno di legge di adeguamento interno delle norme dello Statuto di Roma, al fine di giungere al più presto all'adattamento dell'ordinamento giuridico italiano e sanare così un'inadempienza politicamente e giuridicamente molto rilevante che mette a rischio la credibilità del nostro paese e le aspirazioni dei candidati italiani a far parte della Corte.
(7-00087) «Bernardini, Mecacci».

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore:
mozione Cazzola n. 1-00092 del 21 gennaio 2009.

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta orale Capitanio Santolini n. 3-00312 pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 115 del 15 gennaio 2009. Alla pagina 3754, seconda colonna, dalla riga sesta alla riga ottava, deve leggersi «2007 e confermato dalla ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2007, all'articolo 10 in relazione ai criteri e alle» e non «2007 e confermato dalla ordinanza ministeriale n. 26 del 15 marzo 2006, all'articolo 10 in relazione ai criteri e alle», e alla riga trentottesima deve leggersi «piena applicazione alla legge di parità succitata» e non «piena applicazione alla legge di parità», come stampato.