XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 134 di martedì 17 febbraio 2009

Pag. 1

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 14.

LORENA MILANATO, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Alessandri, Balocchi, Bongiorno, Brancher, Brugger, Buttiglione, Caparini, Cirielli, Conte, Donadi, Fallica, Gregorio Fontana, Gibelli, Lo Monte, Lucà, Lusetti, Mazzocchi, Melchiorre, Migliavacca, Molgora, Pescante, Scajola e Stucchi sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settanta, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Seguito della discussione delle mozioni La Loggia ed altri n. 1-00061, Capodicasa ed altri n. 1-00114, Romano ed altri n. 1-00115 e Messina ed altri n. 1-00116 in materia di compartecipazione della regione Sicilia al gettito d'imposta su redditi prodotti nel proprio territorio (ore 14,07).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione delle mozioni La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione), Capodicasa ed altri n. 1-00114, Romano ed altri n. 1-00115 e Messina ed altri n. 1-00116 in materia di compartecipazione della regione Sicilia al gettito d'imposta su redditi prodotti nel proprio territorio (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta del 9 febbraio 2009 si è conclusa la discussione sulle linee generali delle mozioni all'ordine del giorno.

Sull'ordine dei lavori.

PIER PAOLO BARETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, ancora una volta siamo costretti a sollevare in Assemblea una questione di procedura riferita all'organizzazione dei lavori della Commissione bilancio relativi al provvedimento di proroga termini.
Come lei sa, certamente i tempi stabiliti per affrontare in Assemblea il provvedimento nella giornata di domani hanno comportato il fatto che non c'è stato praticamente tempo per una discussione nell'ambito della Commissione. Anzi, questa mattina, a fronte di una serie di emendamenti che sono stati presentati, il relatore ed il Governo ci hanno spiegato che, essendo i tempi disponibili troppo stretti, il parere sugli emendamenti era contrario. Non mi pare una grande motivazione politica per dire che non si è d'accordo su un emendamento.Pag. 2
Resta però il fatto che questo provvedimento, che è stato consegnato dal Senato qualche giorno fa, scade il 1o marzo. Quindi, solleviamo questa strana contraddizione per la quale si corre ad una conclusione dei lavori della Commissione bilancio senza effettuare alcuna analisi di merito - tant'è che abbiamo scelto di non partecipare a questa fase odierna -, sapendo che (non c'è mistero neanche nelle dichiarazioni indirette del Governo) ci si avvia probabilmente ad un voto di fiducia. Tutto questo avviene ad una settimana abbondante di tempo dalla conclusione dei tempi previsti di scadenza.
Che cosa significa questo? Che cosa suppone? Che cosa si fa aspettare? Ci fa sospettare o aspettare che il Governo, nel maxiemendamento che presenterà per l'eventuale posizione della questione di fiducia, corregga il provvedimento e, quindi, si riserva il tempo per poter tornare al Senato. Per carità, non metto in dubbio che ciò sia legittimo, ma francamente rappresenterebbe un ulteriore grave elemento rispetto alla conduzione dei lavori della Commissione.
Voglio sollevare questo aspetto, signor Presidente, perché è evidente che, da qui a domani o nel momento in cui l'esame inizierà in Assemblea, dobbiamo capire se esistono margini e possibilità per qualche ragionamento correttivo di intervento. Infatti, come abbiamo fatto altre volte in questo periodo, possiamo anche valutare, nonostante la vibrata protesta che solleviamo, in occasione dell'esame in Assemblea, di selezionare alcuni punti per capire se ci sono le condizioni per correggerlo (e ci sarebbe molto da correggere in quel provvedimento).
Le chiediamo, quindi, di sapere, compatibilmente ovviamente con le prerogative del Governo, se esiste la possibilità che si possa immaginare nelle prossime ore la presentazione di qualche selezionato emendamento per poterne valutare le condizioni, affinché - dati i tempi disponibili - il provvedimento venga corretto con il concorso di tutti e di tutto il Parlamento e non in un gioco che il Governo fa da solo.
Peraltro - e concludo - non spetta a me dirlo, ma dato che i lavori nella Commissione bilancio sono stati in tutti questi mesi comunque trasparenti con le opposizioni, ho notato che anche all'interno della maggioranza si sono manifestate delle preoccupazioni circa il fatto che si stia superando la soglia di sostenibilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, noi del gruppo dell'Italia dei Valori ormai non ci sorprendiamo più delle continue posizioni di questioni di fiducia su provvedimenti che non hanno neanche una scadenza ad horas, come ha imparato a dire il Presidente del Consiglio. Però oltre alle questioni di forma, sulle quali tra l'altro ci riconosciamo nelle considerazioni appena fatte dal collega Baretta, le quali ci sembrano assolutamente meritevoli di attenzione, oggi voglio sottoporre una questione strettamente tecnico-giuridica e regolamentare al Presidente della Camera e quindi agli uffici che lo coadiuvano in questo difficile compito.
Riporto da un autorevole giornale, la Repubblica: i conti pubblici dello Stato sono a rischio, a rischio immobili. Lo dicono i tecnici del servizio studi della Camera sollevando il caso SCIP. Il decreto «mille proroghe», fra le svariate cose di cui si occupa, prevede anche la liquidazione della società creata apposta dal Tesoro per la vendita degli immobili pubblici - la SCIP appunto - e la restituzione degli appartamenti invenduti agli stessi enti. Tale operazione ha un costo ed è la SCIP, e quindi lo Stato, ha sostenere gli oneri dell'invenduto. Ma il provvedimento è stato introdotto senza alcuna relazione tecnica per cui, spiegano i tecnici, non è possibile definire il quadro finanziario complessivo dell'operazione. Ovvero dal decreto non si capisce quali sono gli effetti della liquidazione sulla finanza pubblica e se c'è o meno copertura.Pag. 3
Siccome qui non siamo nel campo dell'opinabile, non siamo nel campo delle opportunità politiche, non siamo nell'ambito del dibattito fra maggioranza e minoranza, ma siamo di fronte ad una questione fondamentale per il corretto esercizio legislativo, la prego, signor Presidente, di metterci nelle condizioni di sapere se possiamo procedere o meno all'esame di questo provvedimento.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, non sarei intervenuto - il collega Beretta si è allontanato - se non per dare una risposta ai colleghi Beretta e ed Evangelisti. In effetti, abbiamo dei tempi ristrettissimi per questo provvedimento e di questo mi dolgo, comprendendo lo spirito del Governo, ma soprattutto dei colleghi, sia della V Commissione che della I Commissione, i quali non hanno avuto il tempo necessario per valutare appieno la portata di questo provvedimento che ci è pervenuto dal Senato nella giornata di venerdì scorso.
Però c'è anche da dire che l'atteggiamento che l'opposizione ha avuto nella giornata di lunedì, quando avevamo fissato alle ore 12 l'inizio dei lavori per la relazione e la discussione, è stato tale per cui i colleghi non sono venuti, ad eccezione di un rappresentante dell'Italia dei Valori, il quale si è limitato ad una brevissima dichiarazione politica di dissenso rispetto al modo in cui noi procedevamo.
Detto questo, il Governo ha depositato la relazione oggi, quindi questo ulteriore elemento di lagnanza che ho sentito aleggiare nei due interventi è stato colmato. Anche nella giornata di oggi i colleghi opposizione hanno abbandonato i lavori, ma se si fossero intrattenuti, con ogni probabilità avrebbero potuto prendere cognizione del provvedimento.
C'è da aggiungere, quanto alla dichiarazione dell'onorevole Beretta, che se fosse stata fatta nella mattinata di oggi probabilmente avrebbe potuto avere un significato diverso. Noi ci siamo trovati dinanzi a 216 emendamenti, 65 dei quali dichiarati inammissibili, e sul resto non vi è stata nessuna dichiarazione da parte dei colleghi nel senso di identificare un gruppo minimale di emendamenti sui quali concentrare l'attenzione da parte delle Commissioni. Ce lo dice oggi in Aula.
Lo ripeto: se l'atteggiamento, già nella giornata di ieri, in sede di discussione, alla quale nessuno di loro ha partecipato per una loro volontà politica, si fosse già cominciato ad esprimere e a far aleggiare un comportamento come quello che oggi il collega Beretta ha rappresentato in quest'Aula, probabilmente, se vi fosse stata anche la disponibilità del Governo avremmo potuto svolgere qualche lavoro ulteriore. L'assenza ha portato, inevitabilmente, al risultato di oggi, ossia che questa sera daremo il mandato ai relatori, dopo il parere delle Commissioni, per portare il provvedimento all'esame dell'Aula, come convenuto nella Conferenza dei capigruppo, domani mattina.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, sul decreto-legge mille proroghe sono già intervenuti altri colleghi; a me preme, invece, in questo scorcio di inizio dei lavori, rifarmi molto brevemente al richiamo che mi ero permesso di rivolgere in quest'Aula - e che lei certamente avrà fatto proprio nell'indicarlo al Governo - al responsabile del Dicastero dell'economia. In quell'occasione ho chiesto al Ministro non tanto di discutere - sebbene capisco sia importante - sul modo in cui arrivare ad una formulazione definitiva del cosiddetto mille proroghe, ma sul modo in cui - è ciò che mi preme di più comprendere - si pensa di spendere i 40 miliardi di euro (ai quali si aggiungono i 40 europei) che sono stati annunciati in una conferenza stampa dal Presidente del Consiglio dieci giorni fa.Pag. 4
Considerato che la crisi economica è internazionale e che tutti i giorni i Governi europei approntano nuove misure, sarebbe all'uopo opportuno, come chiedevo già all'allora Ministro Padoa Schioppa, e lei con me, attuale Presidente, lo chiedeva dai banchi di Forza Italia, che sua eccellenza il Ministro dell'economia volesse scendere in questo agone politico che è il Parlamento e che descrivesse, magari in un dibattito e in un confronto con le altre forze parlamentari, come accade in tutte le democrazie occidentali, quali sono le misure e le idee che si vogliono approntare per risolvere la crisi del nostro Paese, così come - lo ripeto - nel resto dei parlamenti occidentali accade oramai da qualche mese. Ciò per evitare - sto concludendo Presidente - che si arrivi, per l'ennesima volta, a dire in televisione e sui giornali che c'è una grande disponibilità al confronto e che, per l'ennesima volta, nel momento in cui il provvedimento arriva all'esame dell'Aula si ponga la questione di fiducia, anche su provvedimenti, come fu per il decreto-legge anticrisi, importanti e fondamentali per il futuro del nostro Paese.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, il presidente Bruno, che ringrazio, ha risposto in parte alle questioni che sono state poste dal nostro capogruppo in Commissione bilancio, che si chiama Baretta, non Beretta - poi ci sarà tempo per conoscerci in quest'Aula, è come la questione di Stracquadagno e Stracquadanio - tuttavia, a parte le osservazioni sulla denominazione esatta dei cognomi, vorrei far osservare quanto segue.
C'è stata un'accelerazione chiesta dal Governo e dalla maggioranza perché il decreto-legge contenente proroga di termini è stato licenziato dal Senato e consegnato a questo ramo del Parlamento nella tarda giornata di giovedì. L'accelerazione è stata tale per cui, non disponendo del testo nella scorsa settimana, le Commissioni, non solo quelle di merito, ma anche quelle alle quali è stato assegnata la responsabilità di fornire un parere, non hanno potuto lavorare.
Ciò detto, le Commissioni avevano previsto, già la scorsa settimana, di esprimere un parere: ad esempio la mia Commissione, la X, lo aveva programmato per la giornata di giovedì. L'accelerazione prodotta dall'insistenza del Governo e della maggioranza anche nella Conferenza dei presidenti di gruppo affinché si accelerassero i tempi della discussione e della votazione in Aula ha fatto in modo che la gran parte delle Commissioni non potranno esprimere alcun parere consultivo.
Sulla base di queste modalità di lavoro, quindi, già alcune Commissioni e alcuni commissari non potranno, per le materie di loro competenza, contribuire alla discussione, non dico all'iniziativa emendativa propria delle Commissioni di merito, ma nemmeno all'iniziativa che loro compete di esprimere pareri per le Commissioni di merito perché ne tengano conto per la discussione in Aula e anche nella fase in cui debbono formare il giudizio definitivo per quanto attiene agli emendamenti presentati.
A me sembra che in genere si assume prima il parere delle Commissioni, in quanto il loro parere, talvolta, esprime delle condizioni che si possono tradurre in emendamenti. Poiché ciò non può avvenire, è del tutto evidente che le Commissioni affari costituzionali e bilancio si sono trovate in una particolare situazione per cui non possono nemmeno verificare se si possano o meno tradurre in emendamenti le osservazioni e le condizioni poste dalle Commissioni alle quali è stata data la responsabilità di esprimere un parere.
A fronte di un'iniziativa dei commissari dell'opposizione, che più volte si sono rivolti al sottosegretario (in questo caso l'onorevole Alberto Giorgetti, che credo sia stato delegato dal Governo a seguire il provvedimento), preventivamente sia a livello di stampa (quindi con dichiarazioni pubbliche), sia a livello di discussionePag. 5preliminare (anche se non in sede formale all'interno della Commissione), il Governo ha sempre negato che ci fossero le condizioni per poter addivenire ad una soluzione concordata anche per quanto riguarda la possibilità di rivedere il provvedimento, o almeno alcune parti, attraverso la votazione di emendamenti. Quindi, la situazione è che per l'Aula tutti gli emendamenti sono respinti (o saranno respinti) e il mandato è conferito al relatore.
L'onorevole Baretta chiedeva semplicemente che, prima di arrivare ad un'azione definitiva e definitoria di questo tipo, in Commissione si potesse eventualmente prendere atto della possibilità di enucleare un numero di emendamenti su cui poter discutere ed eventualmente concordare di affrontarli in Aula.
L'onorevole Baretta giustamente chiedeva al Governo perché mai non fosse neanche dato di conoscere il testo....

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Scusi, signor Presidente. Capisco che lei mi solleciti e capisco anche che prendo un po' di tempo, ma ho cinque minuti.

PRESIDENTE. Sono già scaduti.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Allora, prendo solo altri trenta secondi. Capisco che il Governo possa anche presentare un testo che non necessariamente comporti la possibilità di arrivare, se il Governo lo ritenga (anche se lo considero sbagliato), alla posizione della questione di fiducia. Tuttavia, se il Governo ponesse la fiducia su un maxiemendamento, quest'ultimo comporterebbe il fatto che vi sarebbero delle parti emendate del testo consegnatoci dal Senato e che lo stesso Senato ha votato con lo strumento della questione di fiducia. Quindi, non si capisce perché al Governo è data la potestà di intervenire con proprie iniziative emendative, mentre questa potestà non è possibile riconoscerla a tutti i parlamentari all'interno di una modalità concordata tra maggioranza e opposizione.
Siccome questo aspetto non si comprende e siccome sono presenti un sottosegretario e un Ministro che hanno seguito il provvedimento (benché non si tratti del sottosegretario Alberto Giorgetti), vorrei capire quale sia l'orientamento del Governo in modo tale che sia chiaro quale debba essere l'atteggiamento di un'opposizione alla quale per ora sono state precluse tutte le possibilità di intervenire nel merito dell'iniziativa parlamentare sul decreto-legge recante proroga termini (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sulla questione sollevata dall'onorevole Quartiani e dall'onorevole Baretta penso che abbia risposto il presidente Bruno, almeno per quanto riguarda l'iter procedimentale, mentre per il resto si tratta di questioni di merito sulle quali non spetta alla Presidenza intervenire.
Per quanto riguarda la questione sollevata dall'onorevole Evangelisti, proprio oggi il Governo ha presentato un'integrazione della relazione tecnica sul punto al fine di rispondere ai rilievi posti dalla Commissione che, quindi, è in grado di valutare compiutamente il testo.

Si riprende la discussione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Giuseppe Vegas, che esprimerà altresì il parere sulle mozioni all'ordine del giorno.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, le mozioni in esame mirano ad impegnare il Governo a determinare le modalità applicative del decreto legislativo n. 241 del 2005, che prevede il trasferimento della quota di competenza fiscale dello Stato alla regione Sicilia, in base all'articolo 37 dello statuto della regione medesima.Pag. 6
Al riguardo, faccio presente che il decreto legislativo 3 novembre 2005, n. 241 ha previsto, in attuazione dell'articolo 37 dello statuto della regione siciliana, che le quote di competenza fiscale dello Stato relativamente alle somme riscosse dalle imprese industriali e commerciali che hanno sede centrale fuori dal territorio della regione, ma che in essa hanno stabilimenti ed impianti, siano trasferite alla regione, alla quale sono simmetricamente trasferite competenze previste dallo statuto fino ad ora esercitate dallo Stato. Alla definizione delle modalità applicative del citato decreto legislativo si deve provvedere con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, di intesa con l'assessorato regionale del bilancio e delle finanze, intesa che attualmente non è stata ancora raggiunta.
Il dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ha avviato un'istruttoria diretta ad individuare le funzioni finora esercitate dallo Stato da trasferire alla regione siciliana, di competenza statutaria regionale. L'istruttoria è fondata sul presupposto interpretativo del decreto legislativo n. 241 del 2005, che condiziona il trasferimento delle quote di competenza fiscale dallo Stato alla regione al simmetrico trasferimento di tutte le funzioni statutarie dettagliate negli articoli 14 e 17 del regio decreto legislativo 15 maggio 1946 n. 455, recante approvazione dello statuto regionale della regione Sicilia.
Con la recente sentenza 16 maggio 2008, n. 145, la Corte costituzionale ha ritenuto che le funzioni da attribuire alla regione, in relazione alla simmetria prevista nel citato decreto legislativo n. 241 del 2005, sarebbero unicamente quelle inerenti all'attività di riscossione delle imposte di cui all'articolo 37 dello statuto. In materia di interpretazione di questa sentenza sono stati avanzati rilievi circa l'attitudine da parte degli uffici della Ragioneria, nel corso del precedente dibattito. Tengo a precisare che la Ragioneria, come tutti gli ordini dello Stato, applica e non interpreta le sentenze. Chiaramente, il portato di questa sentenza è quello che è e non si può estendere un obiter dictum fuori dal suo portato naturale.
Pertanto, il dipartimento della Ragioneria generale ritiene che il citato decreto legislativo abbia previsto la simmetria sia dal lato delle entrate sia da quello delle spese, con neutralità finanziaria per lo Stato e per la regione. Inoltre, l'articolo 1, comma 661, della legge n. 296 del 2006, destinato a tutte le regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e Bolzano, persegue obiettivi di risanamento di finanza pubblica nell'esercizio del potere di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, di cui all'articolo 119, comma 2, della Costituzione.
Al fine di superare le divergenze emerse, in data 30 settembre 2008 è stato richiesto all'Avvocatura generale dello Stato il parere (ritenuto fondamentale per poter dar seguito agli ulteriori adempimenti), che tuttavia non è ancora pervenuto. Soggiungo che le modalità di attuazione del menzionato decreto legislativo n. 241 del 2005, oltre al problema di individuazione della simmetria tra gettito attribuito e le funzioni di spesa, pongono questioni che interessano non solo i rapporti tra Stato e regione Sicilia, ma anche quelli con le altre autonomie speciali. Pertanto, in questo quadro, ovviamente gli uffici ministeriali sono disponibili e volenterosi a lavorare nei più brevi tempi possibili per poter dare finalmente attuazione all'articolo 37 dello statuto della regione Sicilia.
Ciò detto, a nome del Governo esprimo parere favorevole su tutte le mozioni presentate, con particolare riferimento alla mozione La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione), che si propone di riformulare aggiungendo, alla fine del dispositivo, dopo le parole: «in conformità alla più recente giurisprudenza costituzionale e in coerenza con i principi del federalismo fiscale», le parole: «con particolare riferimento a quelli di cui al disegno di legge n. 2105», già approvato dal Senato e all'esame della V e della VI Commissione della Camera dei deputati, in modo da dare una colorazione ed unPag. 7riferimento normativo preciso ad un principio generale assolutamente condivisibile.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Commercio. Ne ha facoltà.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ancora una volta, nella storia repubblicana del nostro Paese, lo statuto della regione Sicilia ha dato prova di essere il precursore di alcuni processi riformatori.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, alludo alla recente approvazione da parte del Senato del disegno di legge sul federalismo fiscale, di cui il sistema previsto agli articoli 36, 37 e 38 dello statuto della regione siciliana rappresenta quello che si può definire un modello ante litteram.
I suddetti articoli, in particolar modo il 37, che stiamo appunto trattando, rappresentano i principali strumenti attraverso i quali avrebbe dovuto finanziarsi l'autonomia siciliana. Rimarco avrebbe dovuto finanziarsi, poiché a tal proposito si è assistito ad una forte divergenza tra le previsioni statutarie e la realtà. Se è vero, infatti, che alla regione siciliana, a norma dell'articolo 36 dello statuto, è attribuito il gettito dei tributi erariali, è anche vero che lo Stato, a partire dalla fine degli anni Novanta, ha riservato a se stesso le addizionali sui suddetti tributi.
È inoltre fuori da ogni dubbio che l'entità del gettito di alcune imposte sia di misura diversa se generata da alcune aree forti del Paese rispetto a quella generata da una struttura produttiva ubicata in un'area marginale come la Sicilia, che - è bene ricordare - sconta in primo luogo la lontananza dai più significativi mercati europei.
Un prodotto dell'agricoltura siciliana, ad esempio, per raggiungere i mercati internazionali presenta costi di trasporto aggiuntivi che lo rendono meno competitivo. Quella divergenza, dunque, tra le previsioni statutarie e la realtà, cui accennavo prima, rappresenta una violazione, o meglio una distorsione, del criterio di simmetria tra il trasferimento di funzioni e di risorse, stabilito dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 241 del 2005, che prevede sostanzialmente un trasferimento di funzioni senza un contestuale trasferimento di risorse economiche, o peggio un trasferimento di risorse inferiori al necessario.
Infatti, prevedere la possibilità del trasferimento di funzioni dallo Stato alle regioni, senza un contestuale trasferimento di risorse, determina una violazione dell'autonomia finanziaria della regione, garantita dall'articolo 36 dello statuto e dall'articolo 119 della Costituzione. È una violazione rilevante, anche sotto il profilo del rispetto dell'obbligo di copertura della spesa, ai sensi dell'articolo 81, comma 4, della Costituzione, il cosiddetto principio del pareggio di bilancio, determinando un aggravio di spesa e perciò uno squilibrio finanziario a carico del bilancio regionale.
La mancata applicazione dei principi della Costituzione, di cui lo statuto della regione siciliana è parte integrante, rappresenta un paradosso, frutto di un'idea distorta di unità nazionale e di un'impostazione centralista di Stato, che non ha mai assunto il valore dell'autonomia come riferimento reale dell'azione politica e che ha scelto di rimuovere il tema del Mezzogiorno e del suo ritardo di sviluppo dall'agenda di priorità del Governo.
È per questo che il movimento che mi onoro di rappresentare in questo consesso, il Movimento per l'Autonomia, e che, pone a suo fondamento il valore dell'autonomia dei territori e della loro responsabilità di autogoverno, non può che guardare con fiducia ad una riorganizzazione dello Stato che metta al centro l'autonomia, sino al federalismo, come valore fondante di un nuovo patto nazionale ed accogliere la sfida del federalismo fiscale come competizione virtuosa dei territori sul terreno dell'efficienza. In tempi come questi, in cui si parla di federalismo, va ricordato che lo statuto autonomo della regione siciliana èPag. 8legge di rango costituzionale, addirittura precedente alla Costituzione stessa. L'autonomia speciale della regione siciliana nasce prima ancora dell'inizio dei lavori dell'Assemblea costituente nel 1946. Si tratta, dunque, di una situazione particolarissima, che vale a differenziarla anche dalle altre regioni speciali.
Dunque, qualsiasi forma di federalismo, signor Presidente, dovrà prescindere da tale specialità, anzi, salvaguardarla, onde evitare pericolose rotture.
Per tornare all'oggetto della mozione, l'articolo 37 dello statuto prevede che le imprese operanti in Sicilia, ancorché aventi sede legale fuori di essa, debbano versare tasse alla regione siciliana in conformità dell'autonomia fiscale riconosciuta alla stessa. Dopo la riforma tributaria di cui alla legge delega n. 825 del 1971, un'erronea interpretazione ha comportato la disapplicazione della norma costituzionale contenuta nell'articolo 37 dello statuto della regione Sicilia, determinando una significativa diminuzione delle entrate per quella regione, oltre al fatto che, per un lungo lasso di tempo, oltre 40 anni, si è operato al di fuori del dettato costituzionale.
D'altra parte, la stessa Corte costituzionale ha più volte affermato - cito testualmente - la spettanza in favore della regione siciliana del gettito derivante dalla capacità fiscale che si manifesta nel suo territorio, cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o dalla collocazione nell'ambito regionale del fatto cui si collega il sorgere dell'obbligazione tributaria. Quelli tributari sono gli unici profili della specialità siciliana; infatti, sul versante del contenzioso costituzionale, la regione non ricorre alla Corte costituzionale per tutelare le proprie competenze, ma quasi sempre per rivendicare l'attribuzione di risorse finanziarie che lo Stato avrebbe dovuto trasferirle.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Sicilia vive una condizione economica che non si fa fatica a definire difficile, se non drammatica, sottolineata pesantemente dagli indicatori economici riguardanti reddito pro capite, occupazione e produttività, che rilevano un divario di sviluppo molto ampio rispetto alle medie nazionali e a quelle europee. Le considerazioni fatte fin qui spingono il gruppo parlamentare del Movimento per l'Autonomia, cui appartengo, a sollecitare il Governo nel definire in brevissimo tempo le modalità applicative del trasferimento alla regione Sicilia delle quote di competenza fiscale spettanti ai sensi...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO MARIO SERGIO COMMERCIO. ...dell'articolo 37 dello statuto - concludo - e a votare favorevolmente le mozioni La Loggia ed altri n.1-00061 (Nuova formulazione), Capodicasa ed altri n.1-00114, Romano ed altri n.1-00115 e Messina ed altri n. 1-00116, che impegnano il Governo in tal senso.
Ci aspettiamo da questo Governo, di cui siamo leali alleati, il pieno rispetto della specialità siciliana e la salvaguardia e la piena attuazione delle norme sancite dallo statuto autonomistico; ce lo chiede la storia, di cui siamo oggi, in quest'Aula, depositari (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per l'Autonomia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Messina. Ne ha facoltà.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, le mozioni presentate hanno un obiettivo primario: prima che la tutela della Sicilia, regione alla quale appartengo e da cui provengo, con queste mozioni si richiama il rispetto delle legge; si richiama, da parte del Governo, il rispetto di leggi di rango costituzionale, che non si può tollerare che siano, ad oggi, ancora disattese. Parlo, innanzitutto, dell'articolo 37 dello statuto della regione siciliana, norma che ha rango di legge costituzionale. Lo statuto siciliano del 1946 prevedeva espressamente a vantaggio della regione siciliana il trasferimento e la riscossione diretta delle imposte che fossero state prodotte pressoPag. 9la regione da aziende che non avevano impianti industriali o sede principale nel territorio siciliano.
Questa norma dal 1946 è stata totalmente disattesa, nonostante le sollecitazioni dei vari governi che in Sicilia si sono succeduti, e che sicuramente non abbiamo condiviso in molte parti, ma che su questo punto certamente ci sentiamo di sostenere. Non è stata mai applicata, nonostante nel 2005, con il decreto legislativo n. 241, sia stato espressamente ribadito che questo diritto della Sicilia era un diritto inviolabile, un diritto che andava affermato. Anche lì nulla di fatto! È stata necessaria una sentenza, una pronunzia della Corte costituzionale, ossia la sentenza n. 145 del 16 maggio 2008, con la quale è stato chiarito quale fosse il principio reale da applicare, e quindi confermato il diritto della regione siciliana ad avere queste somme. Ad oggi non è stato attuato quanto queste leggi e la Corte costituzionale hanno sancito; cioè a dire che questo Governo spesso si fa beffe delle sentenze che provengono dai vari giudici, ma noi riteniamo di richiamare all'ordine, di richiamare al rispetto delle norme e di chi mira ad applicarle: ed è per questo motivo che chiediamo che il Governo si pronunzi!
Questa norma prevedeva una cosa molto semplice, e fa specie che in un Governo nel quale si discute dell'efficienza, nel quale un Ministro, come il Ministro Brunetta qualche giorno fa, ci ha fatto approvare una norma contro i cosiddetti fannulloni, dall'altra parte non si provveda immediatamente. Sono passati già tre anni, da quando quella norma del 2005 prevedeva esplicitamente questo: «Con decreto dirigenziale del Ministero dell'economia e delle finanze, d'intesa con l'assessorato regionale del bilancio e delle finanze, si provvede alla definizione delle relative modalità applicative». Sostanzialmente abbiamo perso dal 1946 oltre sessant'anni, dal 2005 tre anni per avere un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. Alla faccia dell'efficienza, alla faccia di quelli che sono i fannulloni!
Noi chiediamo il rispetto di questa legge, chiediamo lo stop a quei luoghi comuni che vedono sempre la Sicilia e il nostro Meridione additati come un sud sprecone a fronte di un nord laborioso. In questo caso, al contrario, c'è un sud che vuole andare avanti, c'è un sud che crede anche nel federalismo fiscale; ma quando questo Governo, che promuove il federalismo fiscale, quando anche gli esponenti della Lega, che fanno un punto di vanto del federalismo fiscale, poi nei fatti lo disattendono già prima della sua applicazione, evidentemente lasciano margine a grandi sospetti. Perché è chiaro, la prima norma del federalismo, che probabilmente andremo ad approvare in Aula, prevede proprio che le risorse finanziarie provengano da reddito prodotto nella regione dalle aziende che operano nella regione stessa: rispetto alla Sicilia questo è stato disatteso da oltre sessant'anni. Il Meridione è in grande difficoltà: vuole accettare la sfida del federalismo, ma vuole accettarla a parità di condizioni. Noi non rinneghiamo che sprechi siano stati fatti, ma vogliamo anche evidenziare che molti sprechi non sono stati a vantaggio del sud, ma a vantaggio del nord, che è venuto a prendere in Sicilia, a prendere nel Meridione. Non è un caso, e questo Governo, andando avanti nella propria amministrazione, lo sta dimostrando.
Per quanto riguarda i fondi FAS, per esempio: essi, destinati alle regioni del sud, sono stati via via depauperati. Abbiamo lottato affinché l'85 per cento fosse destinato al Meridione: il Ministro Tremonti ne ha fatto un punto di vanto, della resistenza che nelle varie Commissioni abbiamo fatto. Ebbene, parliamo dell'85 per cento del nulla; e questo mi dispiace per gli amici dell'MpA, che credono ancora alle promesse, alle lusinghe, alle speranze che dal Governo e dai vari Ministri, non ultimo il Ministro Fitto (Ministro per i rapporti con le regioni, tra l'altro, quindi estremamente competente), che, richiamato sulla sottrazione dei fondi FAS alla loro destinazione originaria, espressamente affermava che in fondo erano piccola cosa. Signor Ministro, signori del Governo, era poca cosa? Abbiamo i dati, i dati dei fondi FAS: nelPag. 10bilancio 2009-2011 erano previsti 6 miliardi di euro a vantaggio delle aree sottoutilizzate; sapete quanti sono rimasti, checché ne dica il Ministro Fitto? Soltanto un miliardo e mezzo!
Di fatto, quindi, più del 90 per cento delle risorse è stato sottratto ai fondi FAS per essere destinato (con i decreti-legge nn. 185 e 154 del 2008 che si sono susseguiti e che abbiamo via via approvato) a finalità che nulla hanno a che vedere con il sud.
La realtà è che si è lavorato per togliere e sottrarre queste risorse destinandole, invece, a garanzia di altro. Non siamo d'accordo - e vogliamo sottolinearlo - perché andare a coprire debiti di comuni amici, anche se quei comuni sono del sud, non costituisce l'utilizzo corretto dei fondi FAS: non è, infatti, con la cattiva amministrazione o giustificando la cattiva amministrazione che si può riuscire ad andare avanti e ad accettare la sfida del federalismo.
Ovviamente è, però, un discorso diverso dare al sud ciò che gli compete e dare alla Sicilia quello che di fatto le spetta. Lo avevamo già detto e l'Italia dei Valori era già intervenuta sul punto l'8 luglio del 2008 con una espressa risoluzione, a tutt'oggi disattesa: questo è un altro dei temi che con questa mozione il Governo può dimostrare di voler smentire, e cioè che rispetto agli impegni assunti in Commissione e nell'Aula del Parlamento mozioni, risoluzioni ed ordini del giorno sono soltanto piccoli contentini a vantaggio di chi si deve accontentare (che poi rimangono, sostanzialmente, lettera morta).
Il Ministro Calderoli è venuto anche ad un convegno dell'Italia dei Valori ad illustrare, con grande interesse da parte di tutti, un'idea di tracciabilità dell'imposta che al sud interessa, perché vogliamo sapere da dove vengono le risorse, ma soprattutto come vengono utilizzate; tuttavia, è inutile parlare di questo quando poi alla fine le risorse che legittimamente, secondo una legge costituzionale, ti vengono attribuite lo stesso Governo, invece, non te le dà.
Il sud è in pericolo, il Meridione è in pericolo, e invito l'MpA a prenderne atto: questo Governo sta lavorando contro il sud, ed anche la Chiesa e i vescovi del sud si alzano per dire che i nostri giovani stanno emigrando (e non stanno emigrando, come qualcuno vuol far credere, le intelligenze).
Ricordo un intervento dell'arcivescovo di Palermo, il quale giustamente osservava che non stanno emigrando i geni ma soltanto i volenterosi, coloro i quali cercano un lavoro che al sud non riescono più a trovare.
Ecco, allora, per quale motivo occorre approvare queste mozioni e perché il contenuto di queste mozioni deve essere preso in seria considerazione da parte del Governo.
Probabilmente il Governo siciliano non lo merita e sta male amministrando, dal momento che in questo momento litiga su tutto: sulla sanità per le poltrone, sulle scelte di politica economica, sull'utilizzo delle risorse (litiga senza andare avanti, per una mera spartizione di potere).
Ma se il Governo non funziona, certamente non può essere penalizzato il popolo siciliano, che ha diritto ad avere le proprie risorse e a vedere affermati i propri diritti.

PRESIDENTE. Onorevole Messina, deve concludere.

IGNAZIO MESSINA. L'Italia dei Valori si batte per tutto questo e si batte, fondamentalmente, affinché la legge e i diritti di ognuno vengano rispettati.
Per questo motivo e per quanto ho detto, l'Italia dei Valori, considerato che le mozioni presentate (La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione), Capodicasa ed altri n. 1-00114, Romano ed altri n. 1-00115 e Messina ed altri n. 1-00116) sono sostanzialmente di analogo contenuto, hanno simili premesse e tutte fanno riferimento anche al federalismo, ritiene come gruppo di votare a favore di tutte le mozioni per dare un segnale unanime della volontà di questo Parlamento e una traccia precisa al Governo affinché non siPag. 11sottragga al rispetto di una legge costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Onorevole Presidente, colleghi, intervengo per esprimere la posizione favorevole del Partito Democratico sulla nostra mozione e su quella presentata dall'Italia dei Valori e il voto di astensione nei confronti della mozione presentata dal PdL per l'applicazione dell'articolo 37 dello statuto speciale della regione siciliana, che prevede - lo vogliamo ricordare - la compartecipazione della regione siciliana al gettito di imposta su redditi prodotti nel proprio territorio.
Va detto con chiarezza, signor Presidente, che ci troviamo di fronte ad un articolo di uno statuto speciale che è norma costituzionale. Quindi, va sgombrato subito il campo da possibili strumentali equivoci: non siamo di fronte a concessioni o favoritismi. Noi chiediamo diritti, soltanto diritti costituzionalmente sanciti. È bene precisare, infatti, che fino agli anni Settanta tali quote venivano versate alla regione siciliana; con la riforma tributaria del 1971 sono state introitate e trattenute dallo Stato. Ne è nato un lungo contenzioso, anche costituzionale, tra lo Stato e la regione siciliana.
Vogliamo segnalare la sentenza n. 299 del 1974 della Corte costituzionale che ripristinava il diritto cancellato dalla riforma del 1971. Dopo il 1974 vi sono state anche le sentenze n. 111 e n. 138 del 1999, la n. 66 del 2001, la n. 306 del 2004: tutte sentenze che si pronunciavano direttamente e indirettamente a favore della regione siciliana.
Lo Stato non ha ritenuto di dover ottemperare, chiuso dietro la necessità di regolare il trasferimento del tributo attraverso nuove norme di attuazione che armonizzassero la riforma tributaria del 1971 con quelle del 1965. La Commissione paritetica Brancasi, istituita nel 1997, permise, nel maggio del 2003, un accordo, la definizione di un contenzioso tra Stato e regione siciliana, ma non entrò nel merito dell'articolo 37 dello Statuto. Soltanto nel 2005, con il decreto legislativo n. 241, il Governo definì il riconoscimento del diritto della regione siciliana a percepire le somme ma tentò - cosa molto grave - di caricare simmetricamente nuove funzioni.
È doveroso dire che il Governo regionale del tempo accettò la proposta d'intesa non solo per i legami di natura politica, ma anche per una strumentale utilità contabile. L'accordo sbandierato in Sicilia con grande clamore fu da noi contestato per il gravissimo travisamento del diritto della regione costituzionalmente stabilito. Lo dicemmo allora e lo ribadiamo oggi: non si tratta di trasferimenti di tributi dello Stato alla regione, che avrebbero potuto prevedere o potrebbero prevedere nuove competenze, ma di tributi che spettavano e spettano per norma costituzionale alla regione siciliana.
Dopo il danno formale, tuttavia, venne fuori la beffa autentica: infatti, il Governo nazionale non ha mai dato seguito al decreto legislativo n. 241 del 2005. Lo scorso anno fortunatamente una sentenza della Corte costituzionale ha rilevato il diritto della regione siciliana a riscuotere queste somme e ha precisato che per simmetria debbano intendersi esclusivamente le funzioni di riscossione dell'imposta.
Dunque, non vi sono dubbi, non vi possono essere inadempienze e nuove ingiustizie nei confronti della regione siciliana. Il Governo può e deve porre la parola fine a questo contenzioso e affermare un diritto costituzionale.
Pensavamo, francamente, che potesse essere sufficiente l'ordine del giorno presentato dall'onorevole La Loggia durante l'approvazione della manovra finanziaria e accettato dal Governo: lo vogliamo ricordare al sottosegretario? Invece no, sono state necessarie queste mozioni.
Certo, signor sottosegretario, fa sorridere ciò che serpeggia sottovoce negli ambienti del centrodestra, vale a dire che ad opporsi sarebbero dei funzionari. Sia chiaro che c'è un ordine del giorno che ilPag. 12Governo ha accettato; oggi voteremo le mozioni e vi sarà un voto del Parlamento. Non ci sono più alibi! Il Governo si muova, signor sottosegretario, e attivi l'avvocatura dello Stato.
Signor Presidente e colleghi, siamo impegnati perché tutto questo possa essere ricondotto sul piano del diritto: l'abbiamo detto prima e ho menzionato rigorosamente le varie sentenze. Potremmo aggiungere che l'applicazione dell'articolo 37 dello Statuto potrebbe essere chiesta per una questione risarcitoria: va ricordato appunto che la maggior parte delle aziende interessate sono quelle che trasformano prodotti petroliferi, con danni ambientali non indifferenti.
Noi siamo consapevoli dell'importanza di questi siti industriali, che danno lavoro e diritto di cittadinanza a tanti siciliani, ma queste aziende hanno il dovere di pagare, a seguito di una norma costituzionale, il dovuto alla comunità siciliana. Non parliamo di questi dovuti risarcimenti: lo faremo più avanti. Oggi chiediamo l'applicazione dell'articolo 37, solo per una questione di diritto riconosciuto dalla Costituzione.
Potremmo aggiungere che la Sicilia, negli ultimi mesi, è stata depredata da questo Governo: i fondi per la viabilità secondaria, i fondi Fintecna, i fondi per il Belice e poi quelli per realizzare il Campus dell'università Kore di Enna, quelli per le aziende agricole, il fermo che è stato imposto all'applicazione delle norme per le zone franche urbane, per dare una risposta di tipo occupazionale. Noi non pensiamo che questi furti subiti dai siciliani per opera del Governo potrebbero portare compensazioni, perché vogliamo soltanto l'applicazione dell'articolo 37. Noi non chiediamo una compensazione: chiediamo un diritto.
Entreremo poi, più avanti, nel merito dei danni che questo Governo ha prodotto nei confronti della Sicilia. Lo comprendiamo: quando parliamo di diritti ci poniamo in un campo difficile. Lo comprendiamo: è azzardato parlare di diritti, ma lo vogliamo fare perché vogliamo tenere la testa alta, perché questo ci impone il riferimento allo Statuto speciale della regione siciliana, frutto di una stagione politica di altissimo livello ideale, culturale e istituzionale, legata a uomini e gruppi che, seppur di diversa formazione politica e ideologica, si incontrarono sul terreno della battaglia per l'autonomia siciliana.
Certo, stupisce e rammarica il silenzio del presidente della regione di fronte a questo dibattito: avrebbe potuto fare appello non solo ad un voto unanime, ma soprattutto all'impegno del Governo a mettere fine ad un lungo e triste contenzioso tra Stato e regione.
Pazienza, noi voteremo a favore della nostra mozione e di quella dell'Italia dei Valori, mentre ci asterremo sulla mozione del Popolo della Libertà, anche perché non condividiamo alcune premesse, così come non pensiamo che sia opportuna la riformulazione (ma questo lo dirà il primo firmatario di quella mozione proposta dal Governo), perché ha la funzione di «remorare» ulteriormente.
Noi vogliamo con forza, invece, ribadire le ragioni dell'applicazione dell'articolo 37, che rispondono ad un'intuizione politica che può essere preziosa per affrontare nel modo migliore le sfide che la Sicilia ha oggi davanti a sé (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pagano. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO SARO ALFONSO PAGANO. Signor Presidente, desidero fare il mio intervento richiamando in toto l'intervento di lunedì scorso dell'onorevole La Loggia, per cui ogni cosa che è stata detta durante quella giornata di lavori assume a tutti gli effetti un momento fondante su quello che oggi è stato discusso e si discuterà; non foss'altro perché l'intervento viene dal figlio di uno dei padri fondatori della regione siciliana, l'onorevole Peppino La Loggia.
Premesso tutto ciò, ritengo che oggi il grande passaggio su cui si deve muovere l'Aula deve essere quello di un riconoscimento delle prerogative della Sicilia, non inPag. 13quanto tale, ma in quanto regione anticipatrice di un processo di federalismo.
Quello che si chiede oggi pertanto non è tanto un voto favorevole, quanto un voto all'unanimità, aiutato in questo anche da altre regioni e da altri partiti che hanno a cuore le logiche federaliste.
La Sicilia, quindi, è a tutti gli effetti un passepartout verso il federalismo e siamo convinti - convintissimi - che se non vi sarà la possibilità concreta di un intervento compatto da parte di quest'Assemblea, probabilmente, si perderà un appuntamento storico. Non è la prima volta infatti che si vogliono far perdere appuntamenti di tipo federalista al nostro Paese. Proprio la regione siciliana ne è stata più volte vittima. Vorrei darne prova citando una fonte assolutamente fuori dal comune, quella di Luigi Sturzo. Il 24 marzo 1959, egli ebbe modo di esprimere ciò che sto per leggere testualmente: «Le speranze di autonomia, sempre vive nel cuore dei siciliani, furono discretamente realizzate nel maggio 1946 con il decreto-legge di autonomia, trasformato nel 1948 in legge costituzionale. Ebbene, da allora in poi, l'opinione pubblica italiana ha guardato alla Sicilia come a una ragione estraniata, da tenersi sotto osservazione; si cerca di sottrarle diritti riconosciuti, contestandone istituti, limitandone poteri, diminuendo contributi, vessandone l'organizzazione con interventi tali da minorarne, persino, personalità, libertà e possibilità di sviluppo». Quindi, quello di questo Paese è un male antico: il male antico di non riconoscere autonomia a quanti ne hanno diritto per dettato costituzionale.
Ecco perché questo non può essere un elemento che debba sfuggire a questo Parlamento ed ecco perché chiediamo un voto unanime: se crediamo fermamente nel federalismo, è chiaro che tali politiche sono state anticipate dalla Sicilia. Certo, qualcuno dirà che in Sicilia vi è una logica assistenzialista che finora ha fatto da padrona e noi non la neghiamo. Siamo convinti che, tranne alcune virtuose parentesi, in generale, vi sia stato un processo di statalizzazione o, se volete, di regionalizzazione, che ha impoverito la regione, mediante una spesa improduttiva di tipo assistenzialistico. Abbiamo il coraggio e l'onestà intellettuale di ammettere questo, e abbiamo anche il coraggio di rinnegare la politica fallimentare di tipo clientelare che ci è piovuta dall'alto e che non è venuta dal basso.
Chiediamoci il motivo per cui sia accaduto tutto questo. Chiediamoci: perché la politica assistenzialistica è tipica delle regioni meridionali? Perché queste popolazioni sono abituate a chiedere sempre aiuto (che sia possibile o meno, che sia buono o non sia buono)? Chiediamoci perché vi è sempre la tendenza del Sud a chiedere aiuto al Governo. La risposta, tra le tante, è che la politica economica in Sicilia è stata di tipo pubblico. Perché sono state esasperate (ed esasperanti) le iniziative pubbliche, al punto di uccidere l'iniziativa privata. Perché vi sono state le logiche degli aiuti «a pioggia», che non hanno favorito né il merito, né la meritocrazia. Perché le politiche assistenzialistiche verso il Meridione e verso la Sicilia in particolare, sono state realizzate per scelta, al fine di tenere buone le popolazioni e mantenere agiate determinate classi dirigenti (qualcuno le ha definite «borghesia compradona»). E il tutto per favorire le migrazioni di braccia utili a sostenere il miracolo produttivo del Nord. Ecco perché era necessario «dopare» la Sicilia con un finto benessere da spese improduttive per poi fare emigrare «le braccia» che dovevano sostenere il boom economico del nord del Paese.
Ecco perché oggi dobbiamo radicalmente cambiare politica! È chiaro che quelle politiche hanno orientato le coscienze. Hanno fatto emergere un ragionamento sociale e culturale, una mentalità che oggi dobbiamo rifiutare. E infatti le classi dirigenti, che si sentono autenticamente tali, già oggi in Sicilia rifiutano le logiche del passato. È la storia, infatti, a dimostrare che, quando i nostri figli emigravano riuscivano a far emergere forza di volontà, energie, resistenza e facilità di apprendimento: in altre parole, avevano successo.Pag. 14
Pertanto, è necessario andare avanti nelle logiche di tipo federalista, che consentono alle regioni di fare propri tutti i programmi virtuosi all'interno delle risorse a disposizione (Applausi di deputati del gruppo Lega Nord Padania) e non certo delle risorse che piovono dall'alto e che finivano in logiche di tipo clientelare ed assistenzialistico. Questo è il grande salto qualitativo che oggi si chiede a questo Paese e alla mia Sicilia, proprio perché anticipatrice di una logica autonomistica e federalista.
Ecco perché, oggi, questo Parlamento deve dare la prova, attraverso il voto, di affermare che non si vogliono più prebende, che si vuole soltanto lavorare, e che si vuole portare avanti un progetto basato sulle risorse proprie, e tutto senza andare con il cappello in mano dallo Stato. Vogliamo fare tutto questo con le nostre forze, ecco perché chiediamo il voto compatto di questo Parlamento sulla mozione La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione), in materia di compartecipazione della regione siciliana al gettito di imposta sui redditi prodotti sui nostri territori. È infatti troppo comodo, troppo facile avere le sedi legali al Nord e portare aziende e imprese che utilizzano pregiato capitale umano e sociale della nostra regione e poi magari inquinare. Questo è il grande passaggio su cui, oggi, questo Parlamento si deve interrogare. Il voto unanime non è una mera richiesta, non è una fantasia; è un bisogno reale, non della Sicilia ma del Paese. È su queste basi che ci confronteremo. È su queste basi che misureremo il futuro e il progresso della nostra regione ma anche, consentitemi, della nostra nazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Romano. Ne ha facoltà.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Signor Presidente, onorevoli deputati, ho ascoltato con attenzione i colleghi che mi hanno preceduto. Ho ascoltato con attenzione anche l'ultimo intervento e quindi eviterò di entrare nel merito della questione già affrontata da altri colleghi anche con excursus storici. L'onorevole La Loggia, nell'illustrare la sua mozione, in fase di discussione sulle linee generali, è stato talmente puntuale che l'excursus storico da lui svolto non può essere migliorato. Tuttavia, noto che tra l'impostazione data dall'onorevole La Loggia nell'illustrazione della sua mozione e quanto riferito all'Aula, oggi, con dichiarazione di voto, dall'onorevole Pagano, c'è qualche sostanziale differenza. Dirò perché: quanto occupa, oggi, quest'Aula, non è tema che possa essere circoscritto ad una violazione di legge da parte del Governo per un diritto vantato dalla regione siciliana, in quanto esso si inserisce e coincide, con il tempo, in un dibattito più ampio, quello relativo al cosiddetto al federalismo fiscale e alla modifica della Carta costituzionale. Già nel corso della XIV legislatura, chi vi parla, unitamente ad altri colleghi, aveva presentato un progetto di legge per reintrodurre un meccanismo che consentisse alla regione Sicilia di poter rendere pienamente efficace l'articolo 37 del suo Statuto. Quel progetto di legge a mia firma fu ritirato perché, in quella legislatura, con la legge finanziaria per il 2003 (lo ricordo a me stesso) fu prevista la costituzione di una Alta Corte che doveva occuparsi di tali questioni. Sono poi seguite tutte le vicende che i colleghi che mi hanno preceduto hanno ben illustrato. L'onorevole La Loggia, allora Ministro, ricorderà che, anche grazie al suo impegno, furono risolte tante questioni legate al contenzioso - atavico, oserei dire - che c'era tra la regione e lo Stato. Tuttavia, anche il Ministro La Loggia si è dovuto arrendere rispetto ad un'evidenza che, oggi, assume un significato importantissimo.
Qual era l'evidenza? Che ogni attività legislativa di questo segno e di questa importanza incontra, purtroppo, un dominus che non è previsto dalla legge ma che, nei fatti, determina quale legge deve essere applicata e quale, invece, no. Mi riferisco al Ministro dell'economia e delle finanze, perché sin da allora questo procedimentoPag. 15poteva avere una sua naturale conclusione. Non era necessario un ordine del giorno, né una mozione, né che la Corte costituzionale si esprimesse con la sentenza n. 145 del 2008, perché sin da allora era chiaro ciò di cui stavamo discutendo.
La cosiddetta simmetria, prevista in quel provvedimento, non poteva riguardare nuove competenze, perché queste erano state già attribuite con legge costituzionale alla regione siciliana e al riguardo non si sarebbe potuto intervenire con legge ordinaria. È vero invece - e per questo siamo molto preoccupati circa il percorso che questo Parlamento ha intrapreso in ordine al federalismo fiscale con la cosiddetta legge delega - che, al di là delle diverse valutazioni (e ve ne sono, perché il nostro gruppo ha certamente diverse valutazioni rispetto a quelle del gruppo di maggioranza in ordine al federalismo fiscale), sarà poi il Ministro dell'economia e delle finanze a decidere cosa diventerà realmente legge dello Stato e cosa no.
Affermo tutto ciò perché la vicenda che oggi ci occupa è emblematica, da questo punto di vista. Sarebbe semplicemente sufficiente un provvedimento che fornisse la copertura finanziaria e che prevedesse i codici di imposta per porre presto fine a questo contenzioso (perché, se tale questione è stata portata dinanzi alla Consulta, di questo si tratta). E invece «no»! Infatti, l'atteggiamento seguito è quello dello «scaricabarile» e del far finta di non vedere. Siamo dinanzi alla condotta propria di quanti pensano che, poiché la Sicilia è un muretto basso, così come oggi lo è l'intero Mezzogiorno d'Italia, si può continuare a commettere reato di omissione restando impuniti.
Pertanto, cari amici - e dico: «amici» anche perché sulla vicenda e sulla necessità di porre fine a questo contenzioso e, dunque, di attribuire alla Regione questo riconoscimento mi sembra che ci siamo espressi tutti univocamente -, vorrei soffermarmi un attimo su ciò che è accaduto in questi ultimi mesi e in questi ultimi anni. Infatti, se non leghiamo questa vicenda a quelle che riguardano, ad esempio, la destinazione di risorse prelevate dal cosiddetto FAS a finalità che non sono previste dalla legge istitutiva del fondo e se non leghiamo questa vicenda a quella che è stata la cosiddetta evoluzione dei fondi Fintecna, prima destinati al ponte sullo stretto, poi alle strade provinciali e oggi non sappiamo più a che cosa, ci sfugge perché vi sia questo unanime consenso da parte della deputazione siciliana e ci sfugge perché rispetto a ciò oggi l'intervento dell'onorevole Pagano sembri distonico. Esso appare distonico perché, candidamente, l'onorevole Pagano dovendo prendere l'applauso della Lega viene a raccontarci che in Sicilia non vogliamo prebende (e questo, lo condivido), che in Sicilia abbiamo abbandonato da tempo la politica degli ammortizzatori sociali, così come erano previsti, attraverso le pensioni di invalidità o vicende di questo genere (e anche questo, lo condivido); però, l'onorevole Pagano non ci spiega come possiamo farcela con le nostre forze quando oggi si inaugura nel nostro Paese Freccia rossa e, invece, in Sicilia abbiamo dovuto inaugurare «Freccia rotta» (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e del deputato Sarubbi). Per andare da Palermo a Catania servono 5 ore e un quarto. Ciò significa che dal punto di vista infrastrutturale siamo ancora lontani dalla normalità nel nostro Paese.
Come è possibile pretendere, da chi meno ha, da chi meno produce e da chi meno produrrà, che possa farcela con le proprie forze? È impossibile; è come chiedere a un paralitico di correre più forte di un atleta. Contestiamo questa impostazione alla sua radice perché non ci convince; parliamoci molto chiaramente, è un federalismo istituzionale che viene introdotto surrettiziamente attraverso il federalismo fiscale.
Infatti, si occupa anche di devoluzione di competenze (che potrebbero essere devolute soltanto con legge costituzionale) proprio per evitare la doppia lettura prevista per questa modifica e per fare in modo che sia invece il Consiglio dei Ministri,Pag. 16rectius, il Ministro del tesoro, a decidere come disegnare istituzionalmente il nostro Paese nei prossimi anni.
Di questo il collega Pagano dovrebbe rendersi conto: c'è una diversa filosofia che ci contrappone. Noi non vogliamo necessariamente piacere ai colleghi della Lega; vogliamo anzi risultare loro antipatici da questo punto di vista (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro), ma non vogliamo piegarci ad una logica che è quella che premia chi più ha, anziché chi meno ha.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. Non vogliamo piegarci ad una logica secondo la quale il Mezzogiorno ormai è diventato la palla al piede della locomotiva Italia. Con molta chiarezza: la questione che oggi affrontiamo si innerva dentro questo processo disgregante del nostro Paese.

PRESIDENTE. Deve concludere.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO. I processi di disgregazione avvengono con tanti piccoli dettagli. Oggi non si tratta di un piccolo dettaglio e noi, con forza, vogliamo dire agli italiani che voteremo ovviamente a favore sulla nostra mozione e su quella dei colleghi dell'opposizione, Italia dei Valori e Partito Democratico. Ci asteniamo, invece, sulla mozione n. 1-00061 a prima firma del collega La Loggia perché conosco lo stato d'animo dell'onorevole La Loggia e anche l'intento che ha promosso questa sua iniziativa.
Però, onorevole La Loggia, dentro al vostro schieramento dovete intanto chiarirvi le idee e per questo ci asteniamo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 15,15).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Luciano Dussin. Ne ha facoltà.

LUCIANO DUSSIN. Signor Presidente, questa mozione viene discussa mentre è all'esame della Camera dei deputati il disegno di legge A.C. 2105, già approvato dal Senato della Repubblica, che prevede una delega al Governo in materia di federalismo fiscale per attuare l'articolo 119 della Costituzione.
Tale disegno di legge ridefinisce i rapporti finanziari tra Stato e regioni e prevede, in particolare, il coordinamento della finanza delle regioni a Statuto speciale e delle province autonome per il loro concorso al conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà e dell'esercizio di diritti e dei doveri da essi derivanti.
In buona sostanza sappiamo di cosa si discute: all'interno del disegno di legge è previsto il superamento della spesa storica (finalmente), l'adeguamento ai costi standard (e questa era cosa necessaria e dovuta), il conseguimento degli obiettivi di perequazione e di solidarietà conseguenti (che nessuno mette in discussione) e l'esercizio dei diritti e dei diritti che però conseguiranno a questa vitale modifica del nostro sistema.
Questa riforma, oggi più che mai, è necessaria soprattutto alla luce della crisi mondiale che sta investendo anche la nostra economia. Essa darà risposte complessive in termini di miglioramento dei servizi che lo Stato eroga ai cittadini in base al principio - anche in questo caso si può dire «finalmente» - della responsabilità diretta degli amministratori statali e regionali.Pag. 17
Inoltre, interesserà anche quelli locali, con conseguenti diminuzioni degli sperperi della finanza pubblica. Si tratta di un fenomeno tristemente noto ai nostri cittadini che vedono scialacquare le imposte che versano allo Stato, molto spesso spese in maniera indecorosa, se non addirittura indegna.
Si attueranno finalmente le previsioni di cui all'articolo 119 della Costituzione, che garantisce a comuni, province e regioni di disporre tutti di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibili al proprio territorio. Come dicevo prima, i fondi perequativi da destinarsi ai territori più bisognosi saranno erogati, ma con criteri diversi da quelli che abbiamo seguito fino ad ora e ispirati alla responsabilità diretta di chi poi li gestirà. Purtroppo, ogni giorno apprendiamo notizie che lasciano a dir poco esterrefatti.
Oggi uno dei maggiori quotidiani italiani - giusto per ribadire i concetti che ho esposto dianzi, ovvero che si ravvisa la necessità di passare dalla spesa storica alla spesa standard responsabilizzando gli amministratori - faceva l'esempio di un ospedale che in questo Paese ha la bellezza di 122 primari, vale a dire, per quella realtà, un primario ogni tre posti letto. Se non cambiamo le cose, visto che ora di risorse da buttare via non ce n'è più per nessuno (neanche per le aree produttive del nord), è fallimento certo per tutti e miseria garantita per tutti i cittadini italiani. Ma lo stesso giornale oggi, senza fare ricerche storiche e indagini, che tra l'altro sono già state ampiamente riportate nel passato, ricorda che ci sono aree nel Paese dove, ad esempio, il numero di ambulatori rispetto alla popolazione insistente è cinque volte superiore alla media nazionale. Non si tratta del doppio, ma del quintuplo. Allora, in questo caso c'è la richiesta di intervenire.
Mi ricordo che anni fa mi trovavo in vacanza in Puglia. Il governatore all'epoca era l'attuale Ministro Fitto e con un atto di coraggio cominciò a mettere mano a questi dissesti economico-finanziari che riguardavano la sanità della sua regione e fu in quel periodo ampiamente criticato e mi ricordo che fu accolto anche con sassaiole. Però, si mise in testa di cercare di modificare una situazione che non poteva più stare in piedi.
Contemporaneamente, mi ricordo che in un'altra regione, la Campania, il presidente Bassolino, per così dire, non spostò una virgola che fosse una! La gente della Puglia allora riteneva che il proprio presidente rischiasse di non essere più rieletto e che pertanto avrebbe dovuto imparare a fare ciò che si faceva in altre regioni. Ma alla fine è successo che abbiamo perso comunque tutti. Ha vinto e si è fatto rieleggere il presidente che ha fatto finta che non ci fossero esigenze per cambiare e risparmiare nella propria sanità, ma alla lunga i cittadini l'hanno conosciuto e la prossima volta sarà allontanato.
Occorre la responsabilità di mettere mano intervenendo su certe situazioni evidenti a tutti i cittadini come inefficienti e sprecone. Ora come ora, se non ci ha pensato la politica è la crisi economica che ci impone di mettere mano a tali situazioni. Quindi, sussiste questa necessità, come ricordavo prima. Infatti, va considerato il blocco dell'economia globale, che insiste nel vecchio continente e nelle regioni produttive del nord del Paese. Ad esempio, la regione Veneto ha un differenziale fiscale positivo per 11,5 miliardi di euro l'anno. Tradotto in soldoni, ciò significa che i cittadini del Veneto, nel rapporto tra tutto quello che danno alle pubbliche amministrazioni e quello che ricevono, mettono sul piatto quasi 12 miliardi di euro ogni anno per aiutare le regioni più bisognose. Ma se consideriamo la Lombardia, il differenziale positivo dei lombardi in termini di aiuto ad altre regioni sfiora e, anzi, supera i 30 miliardi di euro ogni anno. L'Emilia Romagna è più o meno come il Veneto, e così via.
Allora perché dico che bisogna cambiare? Semplicemente perché queste regioni, con il blocco delle loro economie, volenti o nolenti non riescono più a garantire questi standard. Allora bisogna adeguarsi e per adeguarsi bisogna necessariamente, se non si vuole reintrodurre la povertà generalizzata in questo Paese,Pag. 18mettere mano al funzionamento dello Stato. Quindi le poche risorse che avremo a disposizione nei prossimi anni devono essere riperequate, spese bene nella logica della responsabilità degli amministratori; vedere la compartecipazione dei territori alla propria ricchezza, perché c'è da costruire, tanto nel Meridione quanto nel nord del Paese, perché siamo fermi quanto a infrastrutture ancora agli anni Settanta, e quindi il disegno deve essere globale, pena - ripeto ancora - miseria assicurata per tutti.
L'accelerazione viene data dalla crisi che è sempre più evidente, si può toccare con mano ormai in tutti i comparti. Allora per farla breve, visto che i concetti sono stati espressi, noi voteremo questa mozione e siamo sicuri che troverà quelle risposte nel disegno di legge sul federalismo fiscale che, già approvato al Senato e che oggi è in discussione nella V nella VI Commissione permanente della nostra Camera, sta per essere approvato, garantendo ai cittadini quelle modifiche di cui abbiamo sempre più bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, colleghi, non stiamo discutendo una seppur legittima rivendicazione da parte di un territorio, in questo caso la Sicilia, stiamo affermando un principio che è a fondamento dell'approccio autonomista e federalista: ovvero che ciascuno è titolare delle ricchezza e delle risorse del proprio territorio. Questo è un principio che abbiamo più volte affermato nel disegno di attuazione del federalismo fiscale, dell'articolo 119 della Costituzione.
Colleghi, ognuno di noi può a pieno titolo rivendicare risorse per le proprie aree e può citare esempi di colonialismo centralista. Io provengo da una valle bresciana, la Val Camonica, che come altre valli lombarde contribuisce per il 20 per cento, un quinto, al fabbisogno di energia elettrica nazionale. Abbiamo un territorio deturpato, letteralmente saccheggiato da tralicci e da impianti di generazione di energia elettrica, con bacini idroelettrici per milioni di metri cubi. Tutti noi abbiamo ancora negli occhi e nella memoria ciò che è accaduto nel Vajont che rappresenta l'aspetto emblematico, la degenerazione di una visione centralista per cui quel territorio serviva a produrre per il fabbisogno nazionale, passando sopra tutto e sopra tutti, con l'interesse nazionale anteposto a quello delle genti e delle popolazioni locali.
Quello è l'esempio di ciò che molti di noi quotidianamente sono costretti a subire. Pensate che nel 2005 quest'Aula votò un provvedimento all'interno di una finanziaria proprio per compensare minimamente le popolazioni che contribuiscono al fabbisogno elettrico nazionale con una sorta di sovracanone applicato alle società produttrici. Questa compensazione venne poi tolta a causa di un miope ricorso fatto dalle regioni «rosse» che ingolosite dall'ammontare di questo sovracanone avevano tentato di avocarlo a sé. Quello è l'esempio di come la cultura e l'imprimatur centralista, allorquando c'è bisogno di riconoscere lo sforzo delle popolazioni, vanifichino e non riconoscano lo sforzo di interi territori, il sacrificio fatto per un presunto bene nazionale.
Tanto è vero - mi rivolgo anche al Governo, al sottosegretario che è competente in materia - che questi comuni ad oggi sono ancora costretti a risarcire le società concessionarie delle somme che hanno percepito, a detta della Corte costituzionale, in modo illegittimo con enormi buchi di bilancio. In questo senso siamo ancora in attesa che il Governo si impegni, come ha detto più volte, anche attraverso le sollecitazioni provenute dalla Camera con la presentazione di ordini del giorno, perlomeno ad alleviare la sofferenza di queste amministrazioni che oggi sono costrette, purtroppo, a risarcire le società concessionarie.
Colleghi, è un dato di fatto che ogni territorio ha la sua quota di risarcimento perché ognuno ha dovuto pagare uno scotto pesante al centralismo che ha moPag. 19strato il suo volto più degenere proprio nei confronti di quella che, purtroppo, viene considerata «la periferia dell'impero». In questo senso, quindi, è chiara ed è imprescindibile la necessità di affrontare la questione in modo più vasto, affermando questo principio, che sottende anche la nostra mozione, ma andando oltre.
Questo è l'impegno di una legislatura, è l'impegno di una forza politica in questo Parlamento, la Lega Nord, che ha messo nella centralità della sua vita politica, della sua stessa esistenza, il fatto di dare piena attuazione alla modifica costituzionale del Titolo V e, quindi, di affermare quel principio imprescindibile che oggi stiamo discutendo all'interno dell'attuazione del federalismo fiscale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capodicasa. Ne ha facoltà.

ANGELO CAPODICASA. Signor Presidente, interverrò brevemente, perché non intendo ovviamente ripercorrere gli argomenti che abbiamo usato qui nell'illustrare la nostra mozione in quanto l'ha già fatto in modo egregio l'onorevole Burtone nell'annunciare la nostra opzione di voto.
Ritengo di dover intervenire a seguito del parere espresso dal Governo solo per riaffermare alcune perplessità che ci hanno indotto a dichiarare il voto di astensione sulla mozione presentata dall'onorevole La Loggia. La proposta di riformulazione avanzata dal Governo, se ce ne fosse stato bisogno, ci conferma in questo nostro orientamento. Ho sentito dal sottosegretario che il Governo ha chiesto all'Avvocatura dello Stato un parere sull'applicazione della sentenza n. 145 del 2008 della Corte costituzionale; non si capisce esattamente per quale ragione il Governo ritenga di dover chiedere un parere all'Avvocatura dello Stato sull'applicazione di una sentenza che è, ad una lettura persino superficiale, molto chiara e netta nella propria affermazione. Ciò ci fa pensare che persista un atteggiamento dilatorio da parte del Governo che se poi viene valutato insieme alla richiesta di riformulazione della mozione dell'onorevole La Loggia, ci rafforza nel convincimento che non c'è ancora un netto e prevalente orientamento del Governo a dare seguito al dispositivo di quella sentenza.
Appare strano, e devo dire che è comunque inusuale, improprio, che in un atto di indirizzo si proponga di fare un riferimento non tanto ai principi del federalismo fiscale, peraltro richiamati in qualche mozione, se non ricordo male quella dell'Italia dei Valori.
Se, infatti, il richiamo fosse al principio del federalismo fiscale (già peraltro contenuto nella stessa mozione dell'onorevole La Loggia) sarebbe del tutto naturale, in quanto stiamo discutendo sull'applicazione del federalismo fiscale (articolo 119 della Costituzione) e l'attuazione dell'articolo 37 dello statuto di autonomia della regione siciliana rappresenta un principio di federalismo fiscale. Il problema, invece, sorge quando si vuole richiamare in modo esplicito un disegno di legge in itinere, attualmente all'esame della V e VI Commissione della Camera e che, quindi, per sua natura è soggetto a modifiche sia alla Camera, sia al Senato dove dovrebbe ritornare per la definitiva approvazione ove dovessero intervenire delle modifiche.
Non vorremmo che questo richiamo dovesse servire a creare nuovi appigli per dilazionare ulteriormente l'applicazione della sentenza e ad accampare ulteriori pretesti. Noi sappiamo bene quali sono le argomentazioni usate dal Ministero dell'economia e delle finanze anche nella precedente legislatura, quando ad un'interpellanza dell'onorevole Piro sull'argomento il Governo rispose che l'articolo 37 dello statuto di autonomia della regione siciliana poteva essere applicato, visto le difformi interpretazioni date dalla regione siciliana e dal Governo, in sede di federalismo fiscale. Questa risposta, ancorché insufficiente, poteva essere accettata quando ancora non era stata pronunciata una sentenza della Corte costituzionale che in modo certo ed inequivocabile interpretaPag. 20il contenuto, quel «simmetricamente», del decreto legislativo n. 241 del 2005.
Mi chiedo, dunque, se vogliamo di nuovo ricominciare daccapo e fare in modo che questa telenovela continui all'infinito, danneggiando ulteriormente gli interessi di una regione che si vede negata un diritto statutario, quindi un diritto costituzionale. Questa è la ragione per cui ho voluto sottolineare la nostra ulteriore perplessità che rimane agli atti di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Antoni. Ne ha facoltà.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Signor Presidente, vorrei che si prendesse coscienza del fatto che questo dibattito nasce da una decisione del precedente Governo Berlusconi (2001-2006) che fece un accordo con la regione Sicilia per l'attuazione di un punto specifico dello statuto siciliano. L'allora Governo Berlusconi, con lo stesso Ministro dell'economia, Tremonti, fece un accordo su questa attuazione con ampia pubblicità, con conferenze stampa e con una grande capacità di comunicazione che non mancava al Governo di allora e, ahimè bisogna ammetterlo, non manca al Governo di oggi.
Il Governo di allora (quasi quattro anni fa), che è anche quello attuale, non ha dato attuazione a quel tipo di accordo. Come ha ricordato il collega Capodicasa, c'è voluta una sentenza della Corte costituzionale per ritornare sullo stesso tema e per fare in modo che attraverso delle mozioni questo Parlamento potesse sollecitare il Governo questa volta non già ad attuare un accordo del Governo stesso, ma una sentenza della Corte costituzionale.
Io vorrei che il Parlamento prendesse coscienza del fatto che oggi voteremo mozioni per fare in modo che il Governo attui una sentenza della Corte costituzionale. Di questo stiamo parlando, non di altro! Se poi non la attuerà o l'attuerà, sarà una responsabilità politica che il Governo si prenderà. Qui si è voluto aprire su questo tema un dibattito diverso, che è parallelo ma non c'entra nulla con questa vicenda. Qui c'è un accordo con il Governo, che il Governo non ha applicato; è intervenuta una sentenza della Corte costituzionale e questo Parlamento sollecita il Governo ad attuarla. La attuerà? Noi speriamo di sì. La questione del federalismo costituisce altra partita ed altro tipo di discussione e di costruzione. Volerla inserire è, come al solito, un modo di mischiare le carte e di fare ragionamenti che non si capiscono e di fare cifre che non hanno senso. Ho sentito cifre relative a ciò che regalano singole regioni ad altre, ma che non hanno alcun riscontro con la realtà. La pressione fiscale, ossia ciò che si incassa, si calcola in rapporto al PIL, alla ricchezza. Se ci sono, per fortuna, regioni ricche e, per sfortuna, regioni povere, è questo a determinare quella differenza, non il fatto in sé: la pressione fiscale si calcola, lo ripeto, rispetto alla ricchezza.
Se questo Parlamento è unito ed interessato ad un Paese unito, dobbiamo fare in modo che la ricchezza sia dovunque, in tutte le parti del Paese, nessuna esclusa, perché solo così l'Italia tutta avrà un futuro (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Non deve esserci una parte ricca che si tiene i suoi soldi e una parte povera lasciata al proprio destino. Da un po' di tempo ci sentiamo dire: «La colpa è vostra perché non sapete spendere». È come dire ad un ammalato che non sa mangiare: «Siccome non sai mangiare, io ti affamo per la vita». Non si può più! Bisogna svolgere un ragionamento diverso e correggere le cose che non funzionano. Bisogna fare in modo che tutti imparino a mangiare, per avere un'Italia ricca che superi la crisi e la affronti tutta, da Milano a Palermo, nessuna città esclusa e senza discriminazioni di alcun tipo.
Ecco perché penso che questo dibattito sia servito soltanto a riportarci all'attenzione tale questione. Pertanto, chiedo al Parlamento, con il voto che esprimerà, e alla Presidenza della Camera, di impegnarsi affinché, finalmente, il Governo rispetti le sentenze della Corte costituzionale,Pag. 21che, fino a prova contraria, hanno valore di legge in tutte le parti d'Italia e per tutti i Governi che si susseguono (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ruvolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Presidente, intervengo per svolgere qualche considerazione che ritengo opportuna, perché qualcuno vuole fare passare le mozioni in esame come chissà quale regalo da fare alla Sicilia. Il fatto è uno solo: dopo cinquant'anni, attraverso le mozioni in esame - che non era neanche il caso di presentare -, ancora una volta si vuole fare chiarezza su ciò che viene sottratto da cinquant'anni alla Sicilia o, meglio, su ciò che non le viene dato. Non può passare nell'immaginario collettivo l'idea dei soliti siciliani spreconi, di coloro i quali vogliono soldi e non sanno che fare. Questo è solo ed esclusivamente ciò che ci è dovuto e che lo Stato ci nega da cinquant'anni!
Ecco perché, con forza, chiediamo - al di là delle mozioni, che sappiamo saranno approvate - che il Governo prenda atto, in maniera definitiva, di quello che non ha saputo fare nel 2005. Allora il sottoscritto era nella maggioranza: in quell'occasione il Ministro Tremonti ricercò tutti i cavilli per non dare alla Sicilia la possibilità di avere ciò che le era dovuto.
Questa è la ragione per la quale gridiamo con forza e vogliamo quello che ci spetta. Ovviamente, questo si inserisce anche nel contesto del prossimo federalismo fiscale, annunciato come federalismo concorrenziale. Noi non siamo d'accordo. Questa dovrebbe essere l'occasione per far riflettere i parlamentari del Mezzogiorno e della Sicilia, in particolare. Noi siamo qui per tentare di avere quello che non ci avete dato, ma soprattutto per mettere un punto molto forte per il futuro federalismo fiscale. Le divaricazioni e le diversità esistenti nell'ambito infrastrutturale non possono essere coperte solo da una norma per volere di qualche bandiera. Su questo, noi saremo vigili e, soprattutto, protesteremo nelle sedi opportune (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Loggia. Ne ha facoltà.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, signor sottosegretario Vegas, colleghi, credo che possiamo tutti reciprocamente darci atto che questo dibattito, nato attraverso la presentazione di una mozione, poi seguita da altre mozioni da parte di altri colleghi, che ringrazio molto per questo, è andato sostanzialmente al di là dello specifico merito della mozione, anche se la stessa ha una validità ed una forza che tutti hanno dovuto sostanzialmente riconoscere. Di ciò, per un verso, sono grato, ma nel contempo questa mozione carica me e il gruppo che rappresento, e anche ciascuno di noi, di un'ulteriore grave responsabilità.
Sottosegretario Vegas, stiamo giungendo al termine di questa lunga e approfondita discussione. Vi sono ancora alcuni aspetti che vanno chiariti ed alcuni concetti da ribadire (lo farò rapidamente).
In primo luogo, nel nostro Paese vi è una gerarchia delle fonti: prima la Costituzione della Repubblica e le leggi costituzionali, poi le leggi ordinarie e gli atti aventi forza di legge, poi i regolamenti, le circolari e così via. Credo che non sia inutile ricordare in questa sede che lo statuto siciliano, emanato il 15 maggio del 1946, fu recepito nella legge costituzionale del 2 agosto del 1948, all'alba della nostra Repubblica.
La legge costituzionale n. 2 si colloca proprio tra i primi atti conclamati della nostra Repubblica. Lo ricordo perché l'articolo 37 assegnò ai siciliani, attraverso il suo statuto, un diritto costituzionalmente garantito. Né leggi ordinarie né atti aventi forza di legge potranno mai mettere in discussione quel principio costituzionale.
Sicché, dal 15 maggio del 1946, o se volete dal 2 agosto del 1948, i redditi, dei quali si parla, sono di competenza della regione siciliana. Quindi, l'argomentazionePag. 22che talvolta è stata avanzata, secondo cui l'attuazione di questa norma avrebbe un costo per lo Stato, da compensare attraverso l'attribuzione di ulteriori funzioni e competenze, è privo di fondamento.
Questa osservazione è priva di fondamento, perché si tratta di redditi che lo Stato si è attribuito come propri e che, nella realtà, non gli appartenevano, non gli appartengono né gli potranno appartenere.
Sto dicendo questo perché è vero che esiste il decreto legislativo del 2005, è vero che vi è la sentenza della Corte costituzionale, alla quale tutti abbiamo fatto riferimento, ma è anche vero che si discetta in ordine ad un'interpretazione della sentenza della Corte costituzionale.
Bene ha fatto il sottosegretario Vegas a dichiarare in quest'Aula - resta, quindi, agli atti di quest'Aula - che le sentenze della Corte costituzionale non si interpretano, ma si applicano.
Mi permetto di ricordare... Ho ancora qualche minuto e chiederei la vostra attenzione. Signor Presidente Leone, le chiedo scusa, ma sto svolgendo un'argomentazione che ha anche una qualche difficoltà di esplicazione. Vorrei, se possibile...

PRESIDENTE. Colleghi, vi prego.

ENRICO LA LOGGIA. ...essere ascoltato ancora per qualche minuto. Nel già più volte citato incontro del 24 luglio ultimo scorso, è scritto a verbale - purtroppo per i suoi estensori, è a verbale - che, da parte statale, è stato evidenziato come detta posizione, quella espressa (non ve lo leggo tutto, ma gli atti sono a disposizione e li posso anche depositare) dalla regione siciliana, e cioè di applicare la sentenza della Corte costituzionale, non possa essere condivisa. La sentenza della Corte costituzionale non può essere condivisa!
Che cosa afferma tale sentenza, sottosegretario Vegas? La prego di prestarmi un momento di attenzione. Pregherei anche il senatore Antonione... Senatore Antonione!

PRESIDENTE. Onorevole Antonione, la prego. Onorevole La Loggia, se lo chiama senatore in quest'Aula, non sente.

ENRICO LA LOGGIA. Signor Presidente, ha ragione, onorevole Antonione, già senatore. Afferma testualmente la sentenza della Corte costituzionale, che, a prescindere dal fatto che non si può interpretare, ma applicare, è di una chiarezza lampante che tale criterio, cioè quello che veniva per assurdo sostenuto dalla regione siciliana, che in questo caso, sbagliando, sosteneva una tesi sbagliata, riguarda solo la specifica ipotesi - ascoltate - di trasferimento dallo Stato alla regione delle funzioni di riscossione delle imposte in conseguenza della devoluzione di quote di competenza fiscale dello Stato, e non, come sosteneva in quel momento la regione, l'ipotesi di trasferimento di funzioni diverse da quelle di riscossione.
Infatti, conclude la Corte, l'articolo 1 del decreto legislativo n. 241 del 2005, nel dare attuazione all'articolo 37 dello statuto, si limita a disporre che, con riferimento all'imposta relativa alle quote del reddito da attribuire agli stabilimenti ed impianti siti nel territorio della regione siciliana di imprese industriali e commerciali aventi la sede centrale fuori da tale territorio, sono trasferite alla regione, simmetricamente al trasferimento del gettito di tale imposta, anche le competenze previste dallo statuto sino ad ora esercitate dallo Stato, e cioè, dice la Corte, esclusivamente le competenze in ordine alla riscossione di tale imposta.
Non c'è niente da interpretare: c'è soltanto da eseguire.
Preannunzio, quindi, sottosegretario Vegas, il voto favorevole, ovviamente, sulla mozione da noi presentata, La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione) e l'astensione rispetto alle altre che sono state presentate. Avrei preferito un'approvazione reciproca, ma così è stato definito, e peraltro il risultato non cambia perché i dispositivi sono sostanzialmente sovrapponibili; mi auguro quindi che, al termine di questa discussione, il voto dell'Aula sostanzialmente conclamerà l'unità della Camera dei deputati nel sostenere questo atto di indirizzo al Governo.
Lei mi ha chiesto di fare un'aggiunta alla mozione da noi presentata. Voglio direPag. 23con tutta chiarezza, signor sottosegretario, e lo voglio dire ai colleghi: se questa aggiunta ha come significato che noi dobbiamo adeguarci - e ci mancherebbe altro! - ai principi di responsabilità e di controllo in ordine all'utilizzazione di questi fondi, al fine di utilizzarli come spese per investimenti in infrastrutture e non altro, con possibilità di controllo anche periodico da parte del Parlamento nazionale e da parte dell'Assemblea regionale siciliana, non ho difficoltà a dire che accordo il mio consenso a questa aggiunta; perché, se sono questi i principi di federalismo fiscale ai quali si fa riferimento, sono per primo un sostenitore di tali principi. Troppe volte abbiamo visto fondi destinati alle regioni che sono pessimamente utilizzati!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole, mi dispiace.

ENRICO LA LOGGIA. Ma laddove invece vi fosse una riserva mentale (e perciò le chiedo un'interpretazione autentica per poter dare il mio consenso), una sorta di pensiero retrostante, in virtù del quale per procedere all'attuazione di questo decreto legislativo occorrerà attendere l'iter conclusivo del federalismo fiscale e dei decreti delegati che seguiranno, è di tutta evidenza che non potrei essere d'accordo. La prego, signor sottosegretario, se potesse, anche brevemente, dare una risposta a questa mia domanda, credo che potremmo felicemente concludere questa lunga, ma mi auguro molto proficua discussione sul federalismo in generale e sulla mozione che riguarda la regione siciliana in particolare (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Signor Presidente, se do una risposta al quesito dell'onorevole La Loggia, si riapre il dibattito o lo si può considerare concluso?

PRESIDENTE. Se qualcuno chiede di intervenire non possiamo mettergli il bavaglio.

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Allora, mi scuserà onorevole La Loggia se questa irrazionalità del Regolamento mi costringe a stare zitto (Commenti).

PRESIDENTE. Ma lei può fornire una precisazione, una risposta secca. Non abbia timore!

GIUSEPPE VEGAS, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze. Risposta secchissima: è chiaro che si tratta di temi logicamente coerenti ma proceduralmente separati, quindi non bisogna attendere il federalismo.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che l'onorevole La Loggia accetta la riformulazione proposta dal Governo.

(Votazioni)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione La Loggia ed altri n. 1-00061 (Nuova formulazione), nel testo ulteriormente riformulato, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 475
Votanti 255
Astenuti 220
Maggioranza 128
Hanno votato
254
Hanno votato
no 1).

Prendo atto che i deputati Cambursano, Mazzarella e Moles hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevolePag. 24e che i deputati Colombo e Pisicchio hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Prendo altresì atto che il deputato Scarpetti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto e che i deputati Cuperlo, Pezzotta, Ghizzoni, Rao, Melis e Gnecchi hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO MARIA BERRUTI. Signor Presidente, ho cercato di avvertirla prima per tre volte, ma non funziona proprio la postazione, nel senso che non si accende nulla. Le chiedo se qualcuno può far qualcosa.

PRESIDENTE. Onorevole Castellani, lei ha lo stesso problema?

CARLA CASTELLANI. Sì, signor Presidente, non funziona.

PRESIDENTE. Prego di prenderne atto.

GIULIO SANTAGATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, intervengo per segnalare che intendevo astenermi, ma che è risultato un voto favorevole.

PRESIDENTE. Ne prendo atto, può capitare con le macchine.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Capodicasa ed altri n. 1-00114, per la parte non assorbita dalla precedente votazione, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 488
Votanti 249
Astenuti 239
Maggioranza 125
Hanno votato
248
Hanno votato
no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Romano ed altri n. 1-00115, per la parte non assorbita dalle precedenti votazioni, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 491
Votanti 234
Astenuti 257
Maggioranza 118
Hanno votato
234).

Prendo atto che il deputato Palomba ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Messina ed altri n. 1-00116, per la parte non assorbita dalle precedenti votazioni, accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti 489
Votanti 237
Astenuti 252
Maggioranza 119
Hanno votato
231
Hanno votato
no 6).

Pag. 25

Prendo atto che il deputato Marinello ha segnalato che non è riuscito a votare e che il deputato Laffranco ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Prendo altresì atto che i deputati Pisicchio, Aniello Formisano, Rota e Palomba hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Deliberazione sulla richiesta di stralcio relativa alle proposte di legge nn. 1764 e 1968 (ore 16,03).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la deliberazione su una richiesta di stralcio.

La XII Commissione (Affari sociali), nel corso dell'esame delle proposte di legge Cota ed altri: «Disposizioni a tutela della vita nella fase terminale e in materia di terapie del dolore» (1764) e Saltamartini ed altri: «Disposizioni in materia di consenso informato ai trattamenti sanitari e di cure palliative» (1968), ha deliberato di chiedere all'Assemblea lo stralcio degli articoli da 6 a 13 della proposta di legge Cota ed altri (1764) e del comma 3 dell'articolo 1 e degli articoli da 15 a 22 della proposta di legge Saltamartini ed altri (1968).
Avverto che, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, del Regolamento, su tale proposta darò la parola ad un oratore contro e ad uno a favore.

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Grazie, signor Presidente, vorrei solo ricordare all'Aula che pochi minuti fa il tribunale di Milano ha condannato l'avvocato David Mills a quattro anni e sei mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Donadi, siamo in una fase che non consente questo tipo di intervento.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, non le prendo più di trenta secondi.

PRESIDENTE. Onorevole Donadi, le darò la parola subito dopo.
Nessuno chiedendo di parlare, passiamo ai voti.
Pongo in votazione la richiesta di stralcio degli articoli da 6 a 13 della proposta di legge n. 1764 e del comma 3 dell'articolo 1 e degli articoli da 15 a 22 della proposta di legge n. 1968.

(È approvata).

La proposta di legge risultante dallo stralcio degli articoli da 6 a 13 della proposta di legge n. 1764, con il numero 1764-ter e con il titolo: «Disposizioni in materia di terapie del dolore», è assegnata alla XII Commissione (Affari sociali), in sede referente, con il parere delle Commissioni I, II, V e VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
La restante parte della proposta di legge n. 1764, con il numero 1764-bis e con il titolo: «Disposizioni a tutela della vita nella fase terminale», resta assegnata alla XII Commissione (Affari sociali), in sede referente, con il parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento) e III.
La proposta di legge risultante dallo stralcio del comma 3 dell'articolo 1 e degli articoli da 15 a 22 della proposta di legge n. 1968, con il numero 1968-ter e con il titolo: «Disposizioni in materia di cure palliative», è assegnata alla XII Commissione (Affari sociali), in sede referente, con il parere delle Commissioni I, II, V e VII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
La restante parte della proposta di legge n. 1968, con il numero 1968-bis e con il titolo: «Disposizioni in materia di consenso informato ai trattamenti sanitari», resta assegnata alla XII Commissione (Affari sociali), in sede referente, con il parere delle Commissioni I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento).

Pag. 26

Sull'ordine dei lavori (ore 16,05).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, come dicevo prima, oggi il tribunale di Milano ha condannato l'avvocato inglese David Mills a quattro anni e sei mesi di reclusione con l'accusa, accolta dalla sentenza, di essere stato corrotto in relazione a una deposizione da rendere in un processo e - come credo tutti in quest'Aula sanno, anche se probabilmente non a tutti interessa - di essere stato corrotto dall'attuale Presidente del Consiglio italiano, l'onorevole Silvio Berlusconi (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Ritengo, signor Presidente, che oggi sia chiaro a tutti in questo Paese per quale motivo l'Italia si è dotata di una legge che non ha paragone in nessun altro Paese né civile né incivile al mondo, e cioè il lodo Alfano, una norma che stabilisce l'impunità...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Donadi.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, chiedo scusa ma ho sostanzialmente concluso. Una norma che sancisce sostanzialmente l'impunità di quattro alte cariche dello Stato ma, in realtà, di una sola, da ogni reato commesso sino al termine del mandato. Ritengo che questo fatto sia di inaudita gravità, perché l'accusa di aver corrotto un testimone in un processo penale è una delle accuse più gravi e infamanti che possa essere concepita nel nostro ordinamento giuridico. Chiedo pertanto a nome del mio gruppo che il Presidente del Consiglio venga in quest'Aula a riferire su questi fatti (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).

GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, vorrei ricordare al gruppo dell'Italia dei Valori che in quest'Aula noi svolgiamo attività parlamentare e, grazie a quest'attività parlamentare e in virtù della medesima, desidero anche ricordare la straordinaria vittoria (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) ottenuta domenica e lunedì in Sardegna dal nuovo governatore del Popolo della Libertà, con dieci punti di scarto sul governatore uscente Soru. Così facciamo politica, non con le sentenze di primo grado (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei soltanto dire che la sentenza di Milano con questi lavori non c'entra assolutamente per nulla. Quindi, come al solito, si cercano dei pretesti per poter buttare fango, alla faccia del dettato della Costituzione che prevede un meccanismo di innocenza presunta. In secondo luogo, vorrei spiegare a chi mi ha preceduto che negli altri Paesi non c'è bisogno di prevedere un meccanismo di immunità o di insindacabilità per un semplice ed evidente motivo: in tutti i Paesi d'Europa - tutti - è previsto per i parlamentari un meccanismo di immunità che qui ci è stato mandato...

ANTONIO BORGHESI. Non per il Presidente del Consiglio!

MATTEO BRIGANDÌ. Il Presidente del Consiglio è un parlamentare e quindi, in quanto tale, avrebbe diritto in tutti i Paesi d'Europa ad avere un'immunità per evitare che dei giudici prezzolati emanino sentenze, che sicuramente andranno a finirePag. 27in prescrizione, all'unico fine di gettare fango sui loro avversari politici diretti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà - Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

BRUNO TABACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO TABACCI. Signor Presidente, a proposito del richiamo che ha fatto testé il collega della Lega, vorrei ricordare che quelle guarentigie furono cambiate nella legislatura 1992-1994 proprio per iniziativa loro, e l'idea che adesso si venga a dare lezioni, dopo aver sventolato il cappio e fatto altro, è davvero insopportabile (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).
Ora, poiché io c'ero, mentre il collega non c'era, so bene quale fosse il clima, in cui era difficile anche difendersi, ma adesso l'idea di apparire tutti vergini rispetto a questo contesto è del tutto insopportabile, quindi evitateci la morale, che è molto meglio (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

FURIO COLOMBO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FURIO COLOMBO. Signor Presidente, è stato perfettamente appropriato da parte dell'Italia dei Valori ricordare questa sentenza, perché essa dimostra che abbiamo un Presidente del Consiglio complice di una gravissima violazione e abbiamo un Presidente del Consiglio protetto da un lodo che non esiste in nessun Paese del mondo. Non esiste in nessun Paese del mondo: sono protetti i monarchi e i capi di Stato, mai i Presidenti del Consiglio, come dimostra la situazione di Israele, il cui Primo ministro, Olmert, appena raggiunto dai verbali di polizia ha dovuto mettersi nella posizione di indire le elezioni e di dimettersi.
Quanto all'argomento squallido e terribile secondo cui se la gente vota il reato è amnistiato e cancellato, è un argomento che è impossibile che un legale del valore e della notorietà dell'onorevole avvocato Consolo possa proporre. Sono due questioni completamente diverse. Non esiste l'indulgenza plenaria del voto, esiste l'onestà e la disonestà (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori)!

GIUSEPPE CONSOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole, ritengo di non dover ampliare oltre modo il dibattito, la ringrazio.

(Rinvio del seguito della discussione delle mozioni nn. 1-00110, 1-00117, 1-00118, 1-00119).

ANGELO ALESSANDRI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO ALESSANDRI. Signor Presidente, in qualità di Presidente della VIII Commissione, facendo seguito ad un impegno che avevo preso durante la discussione generale sulle mozioni concernenti iniziative per favorire lo sviluppo ambientale sostenibile, dopo aver raccolto anche la disponibilità dei gruppi a cercare di dare un segnale al Paese che sia positivo in questo senso, fermo restando che il punto principale è una crisi che stiamo attraversando, nella quale gli investimenti dal punto di vista ambientale possono avere un loro valore, chiedo alla Presidenza di poter rinviare l'esame ad una data futura, da definirsi in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, per poter cercare nei prossimi giorni una mediazione, che possa permetterci di uscire con un messaggio positivo esterno che sia condiviso.

Pag. 28

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, la richiesta è ragionevole: le mozioni non sono molto distanti e, per quello che valgono le mozioni parlamentari (che, come sappiamo, non hanno cogenza di legge), se il Parlamento riuscisse ad esprimere una posizione comune su un tema che nei grandi Paesi occidentali è un tema su cui vi è accordo, per utilizzare la chiave ambientale per affrontare la crisi, credo che sarebbe un fatto positivo. Quindi, siamo d'accordo con la proposta avanzata dal presidente Alessandri.

MAURO LIBÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURO LIBÈ. Signor Presidente, noi siamo d'accordo su questa proposta ad una condizione: che la volontà sia quella di trovare una mozione comune che serva al Paese. Se la volontà è di annacquare una serie di mozioni che hanno caratteristiche particolari in un'unica mozione, non siamo d'accordo.
Noi, nella nostra mozione, abbiamo posto temi importanti, come quello dell'utilizzo dell'energia nucleare, e ci aspettiamo su questo una condivisione da parte del Governo. Questo tentativo di unificare potrebbe anche portarci a disillusioni, dunque noi siamo d'accordo, però sicuramente con la volontà di unire non per trovare per forza unità, ma per dare soluzioni vere al Paese, auspicando la presenza del Ministro, perché è un discorso sicuramente importante.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, noi concordiamo con la proposta di rinviare l'esame delle mozioni, per l'importanza dell'esigenza di uscire da questo Parlamento con una proposta unica, a fronte anche degli impegni internazionali che l'Italia dovrà affrontare, dalla questione del G8 alla questione di Copenhagen.
Quindi, credo che, se troviamo un accordo su argomenti così importanti e strategici per i prossimi trenta o cinquant'anni, sia importante anche aspettare qualche giorno.

PRESIDENTE. Poiché vi è una leggera sfumatura da parte dell'onorevole Libè, porrò in votazione la proposta formulata dal presidente Alessandri.
Pongo in votazione la proposta di rinvio del seguito della discussione delle mozioni n. 1-00110, 1-00117, 1-00118 e 1-00119.

(È approvata)
.

Seguito della discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086, concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l'affermazione delle libertà democratiche in Birmania (ore 16,17).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione della mozione Boniver ed altri n. 1-00086 (Nuova formulazione), concernente iniziative per la difesa dei diritti umani e per l'affermazione delle libertà democratiche in Birmania (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Ricordo che nella seduta di ieri si è conclusa la discussione sulle linee generali della mozione all'ordine del giorno ed è intervenuto il rappresentante del Governo che ha espresso parere favorevole sulla mozione.
Prima di passare oltre, ha facoltà di parlare l'onorevole Fassino, che ricopre, altresì, l'incarico di inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania, anche al fine di fornire ulteriori elementi di conoscenza sulla materia oggetto della mozione.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, ringrazio il Presidente Fini e lei perPag. 29avermi concesso di intervenire in questo dibattito in un modo che può essere inusuale. Mi trovo, infatti, nella situazione di avere un «doppio cappello»: per un verso, sono un membro di questa Camera dei deputati e, come tale, interessato a partecipare alla discussione sulla Birmania, e per altro verso, come è noto, dal 6 novembre 2007 ricopro l'incarico di inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania-Myanmar. Non voglio aggiungere altre considerazioni a quelle che sono state svolte egregiamente ieri dai colleghi che sono intervenuti nel corso della discussione sulle linee generali, quanto fornire a quest'Assemblea - come, peraltro, ebbi modo di fare presso la Commissione affari esteri, qualche mese fa, in occasione di un'audizione - un'informazione ulteriore sulle scelte e le iniziative che l'Unione europea sta mettendo in campo per favorire una soluzione politica ad una crisi che, come sappiamo, si trascina da lunghissimo periodo. È una crisi che, in realtà, ha conosciuto passaggi via via sempre più gravi, fino agli avvenimenti che hanno investito nell'agosto 2007 la Birmania, con moti popolari guidati dai monaci buddisti, che hanno suscitato emozione in tutto il mondo. Un movimento di popolo e di protesta, che ha subito una grave repressione nelle settimane successive, tra l'ottobre e il novembre dello stesso anno.
Di fronte all'aggravarsi e all'acutizzarsi così drammatico di quella situazione, la comunità internazionale ha via via assunto, sempre di più, la questione birmana come una delle priorità dell'agenda internazionale. Il Segretario generale dell'ONU Ban Ki Moon ha nominato un suo rappresentante speciale permanente per la Birmania, nella persona di Ibrahim Gambari. È stato costituito un gruppo di contatto, il gruppo Friends, di cui fa parte anche l'Unione europea, come una cabina di monitoraggio e di iniziative di intervento su quella crisi in modo permanente. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha, più volte, dedicato la propria attenzione a questo tema: questa settimana, venerdì prossimo, all'ordine del giorno del Consiglio di sicurezza è previsto un nuovo aggiornamento sulla situazione in Birmania sulla base di un'informativa di Gambari, e lunedì il gruppo Friends si riunirà per valutare quali iniziative assumere (riunione a cui mi accingo a partecipare).
Questa attenzione della comunità internazionale si è tradotta in un impegno diverso dei diversi attori della scena internazionale. Una parte della comunità internazionale, segnatamente l'Unione europea, gli Stati Uniti, l'Australia e il Canada (la comunità occidentale), ha adottato delle sanzioni come forma di pressione sul regime birmano per indurlo ad una politica di apertura. I Paesi asiatici, invece, hanno preferito una strategia di moral suasion, non adottando sanzioni, ma cercando, con una strategia di relazione politica più intensa con il regime birmano, di indurlo ad ammorbidire i propri atteggiamenti.
Nonostante questo doppio approccio, fino ad oggi la situazione appare essenzialmente di stallo: nonostante Gambari, a nome delle Nazioni Unite, abbia condotto quattro missioni in Birmania, avanzando le proposte della comunità internazionale per favorire una transizione democratica, fino ad oggi la situazione appare bloccata.
Il tema, quindi, che sta di fronte alla comunità internazionale - che è anche il medesimo tema sul quale si pronuncia la mozione che è all'esame di questa Camera - è quale sia, in questa situazione, la migliore strategia per affrontare il dossier birmano. Ho il dovere di sottolineare, in particolare, la scelta che è stata fatta finora dall'ONU (cui anche l'Unione europea e tutti i Paesi europei, tra cui l'Italia, concorrono) di una strategia che tenga insieme due obiettivi: quello di favorire una transizione democratica in Birmania - affermando, cioè, in quel Paese quei valori di democrazia e di diritti civili e umani che oggi sono negati - insieme al valore della stabilità, particolarmente tenuto in considerazione dai Paesi asiatici e, in specie, dai Paesi della regione.
Quindi, serve mettere in campo un'iniziativa che non solo favorisca una transizionePag. 30democratica ma che, il più possibile, consenta a questa transizione democratica di realizzarsi in un quadro sufficientemente stabile o, se volete, in un quadro che non sia destabilizzante rispetto agli equilibri politici della regione. È per questa ragione che le Nazioni Unite, con il concorso di tutti i Paesi della comunità internazionale e anche dell'Unione europea, hanno scelto la strategia di promuovere, in ogni modo, un dialogo interno tra tutti i diversi attori della società birmana, vale a dire tra la Giunta al potere, l'opposizione guidata da Aung San Suu Kyi, le comunità etniche che compongono l'Unione birmana e altre forze della società civile e religiosa di quel Paese.
Il presupposto di questa strategia è che, se si riesce a realizzare un dialogo interno in cui si identifichi ciascuno degli attori della società birmana, è evidente che il processo avrà la possibilità di essere realizzato in un quadro di maggiore stabilità, perché se tutti si identificano, tutti hanno interesse a realizzarlo in un quadro di stabilità. Viceversa, un processo di transizione che passasse per il conflitto aperto tra gli attori della società birmana sarebbe, naturalmente, molto più destabilizzante e se così fosse non troverebbe, soprattutto in Asia, il consenso e il sostegno dei Paesi della regione.
Questa è la ragione per cui continuiamo ad insistere su questo obiettivo: promuovere l'attivazione di un dialogo interno, di cui siano partecipi tutti i diversi settori della società birmana, per mettere in campo una politica di riconciliazione nazionale che realizzi una transizione democratica di cui tutti siano parte e in cui tutti i cittadini birmani e tutti i settori della società birmana possano identificarsi.
Questo è l'obiettivo per il quale stiamo lavorando. È evidente che per realizzarlo occorre un accrescimento della pressione internazionale sulle autorità birmane perché accettino questo approccio e si aprano a quel dialogo cui, fino a questo momento, invece, sono state sorde; non solo sono state sorde, ma, fino ad oggi, la Giunta birmana ha gestito questo dossier in un modo assolutamente unilaterale, rifiutandosi di accogliere le proposte che la comunità internazionale, attraverso Gambari, ha avanzato e rifiutandosi di aprire a quel dialogo interno che è la condizione per realizzare la transizione democratica che auspichiamo.
Nonostante questo, non ci rassegniamo e vogliamo continuare ad insistere per realizzare questo passaggio essenziale della promozione di un dialogo che apra la strada ad una fase di transizione, unica condizione per realizzare un passaggio democratico nella stabilità. Di fronte alla Birmania sta un passaggio temporalmente cruciale, quello delle elezioni politiche che la Giunta ha deciso di convocare per il 2010, dopo che, nel corso del 2008, ha fatto approvare, con un referendum (che, peraltro, si è svolto con garanzie democratiche assai labili), la nuova Costituzione.
Le elezioni del 2010 diventano il passaggio cruciale, perché o quelle elezioni saranno in realtà una farsa per stabilizzare soltanto il potere esistente, oppure potranno essere, appunto, il passaggio verso l'apertura di una fase diversa nella vita di quel Paese. Tutto dipende da come ci si arriva e da come si realizzeranno. Creare le condizioni perché si apra oggi un dialogo tra tutti i settori della società birmana, per discutere il percorso che porta alle elezioni, la legge elettorale e le garanzie democratiche di trasparenza che consentiranno alle elezioni di essere effettivamente fair and free è l'obiettivo intorno al quale la Comunità internazionale sta lavorando.
Per realizzare questo obiettivo serve un accrescimento dell'iniziativa di tutti, in primo luogo dell'ONU, attraverso un impegno diretto più evidente del Segretario generale delle Nazioni Unite, per il peso che il Segretario generale delle Nazioni Unite può avere in questa vicenda. Serve sollecitare e spingere i Paesi asiatici, a partire da quelli più importanti come la Cina, l'India, l'Indonesia e la Tailandia, a essere più assertivi nei confronti della Giunta birmana nel sollecitare l'apertura di quella fase di dialogo. Può giocare unPag. 31ruolo importante l'ASEAN, l'associazione di cooperazione del sud-est asiatico, di cui il Myanmar è parte, e che oggi già esercita un ruolo importante nel coordinare tutti gli aiuti internazionali di tipo umanitario messi in campo dalla Comunità internazionale dopo il ciclone del maggio 2008 e in questa chiave naturalmente l'Unione europea deve continuare, come sta facendo, un'azione di relazione sia con i paesi asiatici sia con l'ASEAN, d'intesa con le Nazioni Unite, per creare le condizioni perché si possa arrivare all'apertura del dialogo auspicato.
È evidente che passaggio essenziale di questa strategia è la definitiva liberazione di Aung San Suu Kyi dagli arresti domiciliari a cui è costretta ingiustamente da più di tredici anni, così come la liberazione degli oltre duemila leader ed esponenti politici dell'opposizione che sono attualmente detenuti, condizione fondamentale perché, appunto, si possa aprire una fase diversa nella costruzione del passaggio elettorale del 2010. Questo è, sostanzialmente, il quadro entro cui stiamo collocando anche questo dibattito ed entro cui si colloca l'iniziativa anche del nostro Paese.
Desidero ringraziare, ovviamente, i parlamentari che hanno presentato e sottoscritto la mozione. Essa è espressione di una sensibilità del Parlamento italiano tanto più apprezzabile perché la mozione è sostenuta da un numero di deputati largo che rappresenta un ampio spettro politico di partiti di maggioranza e di opposizione i quali realizzano, su questo tema, un'importante unità di vedute.
Ringrazio il Governo per tutte le iniziative che sono state messe in campo in questi mesi e per il sostegno che il Governo italiano mi ha fornito, in qualità di inviato speciale dell'Unione europea. Desidero affermare che non solo apprezzo questa iniziativa, ma condivido le finalità che l'hanno ispirata e anche i contenuti della mozione che viene presentata. I colleghi e la Presidenza comprenderanno che per il ruolo istituzionale che ricopro, tuttavia, è opportuno che io non partecipi a questa votazione, nella mia funzione di rappresentante di ventisette Paesi pur, ripeto, esprimendo piena condivisione e apprezzamento per l'iniziativa e i contenuti della mozione. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie a lei per il contributo portato alla discussione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pezzotta. Ne ha facoltà.

SAVINO PEZZOTTA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la situazione politica, sociale ed economica in Birmania, nel corso del 2008, è sicuramente peggiorata. Vorrei qui ricordare il primo esempio della violenza della Giunta militare, un regime tra i più terribili e tra i più tremendi oggi esistenti al mondo. Vorrei ricordare l'esempio del ciclone Nargis, arrivato senza che la Giunta prendesse in alcuna considerazione le segnalazioni dal Governo indiano per cercare di ridurre al minimo possibile l'impatto devastante di questo tifone, non avvisando le popolazioni interessate e creando, così, migliaia e migliaia di vittime.
Si tratta di una regione dove il lavoro forzato è da sempre il pane quotidiano di questi contadini, una regione in cui vi sono gli Stati Mon e Karen oggetto di campagne di pulizia etnica e di quotidiane incursioni dei militari. Subito dopo il ciclone Nargis, il 10 maggio scorso, la Giunta militare, invece di soccorrere milioni di persone devastate dal ciclone, ha preferito concentrare l'esercito nella celebrazione di un referendum che attraverso minacce, intimidazioni e violenze ha costretto il popolo birmano a votare per una Costituzione che garantirà anche per il futuro il potere ai militari.
Si tratta di una Costituzione elaborata senza la partecipazione delle opposizioni democratiche, delle nazionalità etniche e, nonostante le pressioni internazionali, la Giunta ha impedito per settimane allePag. 32organizzazioni umanitarie internazionali di intervenire con gli aiuti necessari che sono arrivati troppo tardi e spesso sono stati confiscati dai militari e dai loro «amici».
Sappiamo che ancora oggi la leader Aung San Suu Kyi è agli arresti domiciliari, che il suo vice è stato vittima di un arresto in questi mesi (novembre e dicembre) e sappiamo altresì degli arresti delle persone impegnate nella opposizione pacifica e non violenta. Questo è un dato da ricordare: c'è in Birmania un'opposizione vera, seria, non violenta e costruttiva che invece continua ad essere perseguitata in modo drastico e tremendo, con durissime condanne e decine e decine di anni di carcere duro.
Con questo la Giunta vuole mettere a tacere l'opposizione alle elezioni del 2010. Oggi il numero dei prigionieri politici è salito a 2137. In questi ultimi due mesi quattordici leader della associazione Generazione 88 sono stati condannati a sessantacinque anni di carcere, altri venticinque attivisti che presero parte alle manifestazioni della «rivoluzione Zafferano» sono stati condannati a ventisei anni di carcere, molti attivisti sindacali sono stati condannati a decine e decine di anni di carcere per avere cercato di organizzare i lavoratori e per avere denunciato all'Organizzazione internazionale del lavoro la confisca di grandi appezzamenti di terra da parte dei militari e la continuazione del lavoro forzato.
In queste settimane c'è un incremento della persecuzione religiosa con il divieto di celebrare i riti religiosi per i cristiani e i musulmani. La Giunta continua imperterrita ad utilizzare il lavoro forzato e il lavoro minorile anche nella ricostruzione post-ciclone che vede impegnati, e questo bisogna ricordarlo, numerosi finanziamenti internazionali.
Il numero dei bambini soldato non è diminuito, anzi la Giunta intende arrivare entro il 2010, anno delle elezioni, ad avere 500 mila militari, e usa tutti i mezzi a questo fine. Questo è il decimo esercito del mondo, con un bilancio per la difesa che rappresenta il 40 per cento della spesa nazionale, del 28 per cento più alto della spesa per istruzione e sanità. Eppure le armi da qualche parte vengono comprate.
Credo che bisognerebbe esercitare una pressione perché a questa Giunta non arrivino più armi e strumenti militari. Dobbiamo ricordare che i proventi del settore gas raggiungono dai 600 agli 800 milioni di euro l'anno, ed è risaputo il legame tra entrate del settore e acquisto di armi. La Giunta è ricca, mentre vi sono cinque milioni di persone che vivono al di sotto della povertà.
L'UNICEF denuncia che il tasso di mortalità infantile è il secondo in Asia con il 10 per cento dei bambini che non raggiunge i cinque anni di età. Il 95 per cento della popolazione è al di sotto di un dollaro al giorno. Il prodotto interno lordo pro capite della Birmania è meno della metà di quello del Bangladesh e della Cambogia.
Oltre un milione l'anno sono le persone deportate per costruire aree di interesse turistico, i cui proventi vanno nelle tasche dei militari. Una Giunta ricca anche per il traffico della droga e un paese che affonda. Per questo è importante che il Parlamento italiano, attraverso questa mozione che sosteniamo, affermi con chiarezza che per accelerare il processo di cambiamento democratico l'Italia, il nostro Paese, si impegna contemporaneamente a rafforzare l'azione diplomatica, ma anche le sanzioni mirate a livello europeo, includendo i settori oggi esclusi come il gas, le banche e il settore finanziario.
L'Italia si deve impegnare esplicitamente a sostenere programmi di cooperazione, non solo umanitaria, che potrebbero continuare a vita, visto il cinismo della Giunta, ma a sostenere le organizzazioni democratiche birmane attraverso la cooperazione allo sviluppo. Giace da oltre un anno, senza alcun motivo, presso il Ministero degli affari esteri un progetto per la costituzione ai confini con la Birmania di una scuola per il rafforzamento della partecipazionePag. 33e la promozione del dialogo. È fermo senza alcun motivo, nonostante il sostegno della nostra ambasciata.
Tra poche settimane si terrà il consiglio d'amministrazione dell'Organizzazione internazionale del lavoro. Chiedo che l'Italia sostenga l'attuazione della decisione di attivare le procedure per chiedere alla Corte internazionale di giustizia un parere consultivo urgente sulla violazione della Convenzione sul lavoro forzato. Noi, Parlamento democratico, dobbiamo ricordare che nonostante i buoni uffici del rappresentante dell'ONU non è cambiato nulla nel Paese e che accanto all'azione diplomatica bisogna mantenere alto il livello di pressione. Dobbiamo, inoltre, condannare chiaramente le elezioni del 2010, non solo perché non si realizzeranno sulla base degli standard democratici internazionalmente riconosciuti e di una legge elettorale elaborata con il concorso dell'opposizione e da essa condivisa, ma perché le elezioni eleggeranno un Parlamento la cui struttura è già stata decisa dai militari a favore dei militari.
Dobbiamo, pertanto, sostenere le richieste del Governo in esilio, del Parlamento democraticamente eletto nel 1990. Cito testualmente parte della risoluzione del congresso dell'unione dei parlamentari birmani tenutasi poche settimane fa in Irlanda: «L'unione dei parlamentari della Birmania ritiene che la costituzione del 2008 del regime militare birmano non porti una democrazia, non risolva i problemi nazionali o porti a pace e prosperità alla nazione. I leader militari dovrebbero rivedere la costituzione insieme all'opposizione democratica e agli altri partecipi, in modo che gli emendamenti costituzionali possano essere introdotti in modo da ridurre il controllo dei militari sui diversi aspetti della vita politica e rimuovere le restrizioni imposte ai diritti fondamentali».

PRESIDENTE. Onorevole Pezzotta, la prego di concludere.

SAVINO PEZZOTTA. Concludo. Credo che questo sia l'elemento vero della nostra battaglia. Chiediamo che il nostro Governo e il Parlamento, oltre che approvare la mozione che abbiamo presentato, siano veramente determinati a far sì che questa dittatura cessi. Occorre fare pressione su quei Paesi che, direttamente o indirettamente, sostengono i generali. Occorre fare in modo che la democrazia avanzi in Birmania, ma per fare questo occorre che la Giunta sia isolata. Per questo noi esprimeremo voto favorevole sulla mozione presentata (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e i docenti della scuola San Domenico Savio di Mattinata (provincia di Foggia), che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, vorrei esprimere la sostanziale condivisione delle questioni evidenziate anche nelle premesse di questa mozione e l'apprezzamento per l'intervento che ha qui svolto l'inviato speciale dell'Unione europea per le questioni attinenti alla Birmania, l'onorevole Piero Fassino. Si tratta, certamente, di una condivisione non formale da parte del gruppo dell'Italia dei valori.
Infatti anche noi riteniamo sia patrimonio di ciascuno che anche altre persone del mondo, ancorché oppresse, possano avere diritto di parola, di pensiero e di azione, insomma di avere diritto di vivere integralmente la propria quotidianità e la propria personalità. Fatto salvo tutto ciò, però, ci preme sottolineare alcune cose che andrebbero corrette ed integrate nei capoversi finali del dispositivo di questa mozione.
Già in sede di discussione sulle linee generali, il gruppo dell'Italia dei Valori ha sottolineato come, fermo restando l'importanza di mozioni come questa quali strumento di pressione che non vanno abbandonate, occorrano interventi più incisivi. In primis, facciamo riferimento ad unPag. 34sostegno molto forte all'opposizione al regime militare anche attraverso l'aiuto ai rifugiati che stazionano alla frontiera con la Thailandia. Ma se consideriamo i contenuti della mozione c'è qualcosa che non ci convince e che stride con il nostro essere sensibili alle questioni umane. Quando, ad esempio, nella mozione si scrive che bisogna impedire ai familiari della Giunta militare di poter ricevere cure sanitarie all'estero, si introduce una qualche contraddizione nel nostro dibattito. Almeno questa parte della mozione andrebbe emendata.
Non solo, nel secondo capoverso del dispositivo della mozione si fa cenno a iniziative non solo di aiuto umanitario, ma anche di sostegno alle organizzazioni democratiche in esilio anche attraverso lo strumento della cooperazione allo sviluppo. Qui non si può essere ipocriti: come si può infatti, a fronte di tali impegni, non ricordare che l'ultima legge finanziaria ha ridotto a 320 milioni di euro il contributo alla cooperazione, con un taglio del 56 per cento rispetto ai 732 milioni previsti dalla manovra dell'anno precedente? Come, dopo che è stata aggiunta un'ulteriore decurtazione di 490 milioni di euro alla cosiddetta «cooperazione a dono?» Un fatto questo che allontana ulteriormente l'Italia dai suoi impegni verso la comunità internazionale. Come, chiediamo ancora, dopo che l'Italia aveva assunto a livello internazionale impegni vincolanti per stanziare entro il 2010 lo 0,51 per cento del PIL, per poi raggiungere lo 0,7 per cento entro il 2015, secondo quelli che sono gli obiettivi del millennio. Invece siamo, secondo gli studi del servizio dei rapporti internazionali della Camera dei deputati, ad uno stringato 0,19 per cento.
Allora, di cosa stiamo parlando? Noi non vogliamo alimentare alcuna polemica, ma almeno vogliamo chiarirci, perché altrimenti si vota, si alza la mano, abbiamo votato la mozione a favore dei diritti umani in Birmania, ci siamo messi a posto la coscienza, però poi tutto rimane così com'è. Mentre gli altri ventisei Paesi dell'Unione europea magari qualche aiuto lo potranno dare, noi non potremo dare niente. Poi darò un dato preciso sulla cooperazione con quel Paese da parte dell'Italia.
Una dichiarazione di intenti, infatti, si fa sempre in tempo a scriverla e a inserirla in un testo pur condivisibile. Poi appare quantomeno singolare che di fatto le attività della cooperazione italiana in Myanmar abbiano subito un brusco arresto dopo la grave crisi interna verificatasi in quel Paese nell'autunno del 1988 a seguito della quale l'Italia ha sospeso i propri aiuti a partire dal 1994, uniformandosi alle direttive comunitarie e facendo eventualmente eccezione per quelli di natura esclusivamente umanitaria.
Infatti attualmente - e mi rivolgo al sottosegretario, se mi presta un attimo di attenzione; chiederei al mio collega, l'onorevole Pisicchio, di non distrarlo -, come si può leggere sul sito della cooperazione allo sviluppo del Ministero degli affari esteri, è scritto a chiare lettere che è in corso un unico, consistente intervento in formazione per il miglioramento delle cure neonatali in quel Paese per la bellezza di 400 mila euro. Allora, di cosa stiamo parlando? Votiamo una mozione, ci salviamo la coscienza, però non interveniamo.
Lo ripeto: noi del gruppo dell'Italia dei Valori voteremo convintamente questa mozione, ma saremmo molto più contenti se questo testo potesse costituire l'inizio di un atteggiamento più coerente in campo di cooperazione allo sviluppo, se il Governo desse un segnale di ripristino se non di tutti i fondi, almeno di una parte di quelli per la cooperazione allo sviluppo e, infine, saremmo più contenti se questo testo costituisse un atteggiamento più coerente verso tutti quei Paesi e quei regimi che non rispettano i diritti universali dell'uomo. Lo abbiamo detto qualche settimana fa quando abbiamo parlato della Libia, lo abbiamo affermato qualche mese fa quando abbiamo discusso della Cina, lo dobbiamo ricordare ogni giorno quando parliamo dell'Iran. Il gas e il petrolio, infatti, non possono essere pagati con quella valuta pregiata che sono la dignità e il diritto anche di un solo uomo. QuiPag. 35stiamo parlando di migliaia di uomini, di migliaia di prigionieri politici nelle carceri birmane, stiamo parlando della condizione di sottosviluppo, di povertà estrema, di riduzione in schiavitù, di violenze sessuali, di torture di un intero Paese. Per questo la nostra sensibilità deve essere alta, così come la coerenza del nostro impegno.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti della scuola media «Angioletti» di Torre del Greco, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, la Birmania è indipendente dal 1948, ma nei fatti è sempre stata governata dai militari che con il colpo di Stato del 1988 hanno definitivamente cancellato la parola democrazia in quel Paese. Nonostante la vittoria alle elezioni del 1990 del partito di opposizione, le manifestazioni dell'agosto-settembre del 2007 di dissenso da parte della popolazione sono state, purtroppo, represse nel sangue.
La delusione delle aspettative che si erano create per la liberazione del premio Nobel Aung San Suu Kyi cui sono stati rinnovati, purtroppo, gli arresti domiciliari, l'aumento in quest'ultimo anno dei detenuti politici, talvolta vittime di maltrattamenti e di pesantissime condizioni carcerarie e il sostanziale nulla di fatto delle missioni del rappresentante delle Nazioni Unite, rendono molto più difficile l'apertura di un dossier politico anche in vista delle elezioni che si terranno in quel Paese nel 2010. Temo che queste elezioni, che secondo l'onorevole Fassino dovrebbero costituire un passaggio cruciale, non saranno purtroppo delle elezioni libere.
L'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania, onorevole Fassino, già nel luglio del 2008, in Commissione affari esteri, faceva notare alcuni particolari caratteri di riferimento della cultura asiatica nella quale fanno premio il valore della stabilità e il principio della non interferenza a tutela della sovranità nazionale. Egli affermava che questa sovranità nazionale, questo principio della propria tutela è molto più sentito in Asia che in Europa e ricordava che le stesse Nazioni Unite, in seno al Consiglio di sicurezza, hanno sempre trattato la Birmania in termini informativi e non deliberativi. Quindi mi chiedo se non sia il caso - abbiamo l'opportunità di farlo la prossima settimana, nella prossima riunione del Consiglio di sicurezza - che lo stesso assuma decisioni forti con riferimento al regime birmano. Questa è una grande possibilità che si può prospettare da qui a poco, per non parlare del ruolo svolto in quella regione dalle superpotenze della Cina e dell'India.
Qui abbiamo parlato di strumenti sanzionatori; sappiamo che l'Unione europea, gli Stati Uniti, il Canada, l'Australia applicano delle sanzioni che sono insufficienti, considerato che le materie prime di cui la Birmania è fornitrice vengono esportate espressamente nei Paesi asiatici. Quindi a questo punto, signor Presidente, mi chiedo se non convenga alla Cina e all'India mantenere questo stato di fatto.
Sappiamo benissimo che in particolare l'India (che si professa una nazione democratica) in questo momento ha rapporti molto stretti con il regime birmano.
Signor Presidente, ribadiamo l'assoluta inaccettabilità di un regime che reprime e affama il proprio popolo e perpetua il proprio potere a qualunque prezzo e, dunque, appoggiamo la mozione della collega Boniver. Pensiamo, inoltre, che la situazione birmana possa e debba essere discussa più attivamente proprio a livello regionale, con un ruolo trainante svolto dall'ASEAN, di cui la Birmania è membro, e dalla Cina, quale suo partner privilegiato, attuando un sistema di sanzioni più stringenti da parte dei Paesi direttamente confinanti e obbligando a maggiori responsabilità gli attori di quell'area.
Noi pensiamo che sia questa la soluzione da adottare e la più stringente nei confronti di un regime non rispettoso dei diritti umani della propria popolazione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Pag. 36

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zampa. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi con questa mozione che oggi ci apprestiamo a votare e che ha trovato in quest'Aula il sostegno dei diversi gruppi di maggioranza e di opposizione noi, il Parlamento italiano, dichiariamo la nostra solidarietà alle ragioni di chi in Birmania vede negato il diritto a vivere nella democrazia e nella libertà. Dichiariamo la nostra vicinanza ad una delle donne più coraggiose del nostro tempo, Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace, leader della Lega nazionale per la democrazia, che ha legato la propria vita alla causa del suo popolo e che per questo motivo vive agli arresti domiciliari da più di tredici anni. Dichiariamo, inoltre, la nostra volontà di vedere restituiti alla libertà gli oltre duemila prigionieri detenuti solo per aver espresso il desiderio di portare la democrazia in Birmania.
Soprattutto con questa mozione il Parlamento italiano ribadisce la volontà di agire in tutte le sedi opportune per il ripristino dei diritti umani e per la transizione dal regime militare attuale alla democrazia. Da troppi anni il popolo birmano è vessato da un regime non solo crudele per il costante conculcamento dei diritti umani, ma colpevole di aver affamato e ridotto in povertà una nazione ricca di tesori naturali e storici che l'hanno sempre fatta considerare la gemma del sud est asiatico.
Questa mozione rappresenta un atto di corresponsabilità del nostro Paese di fronte ad una situazione davvero drammatica e ben descritta nel documento posto in votazione. Sono certa che questa nostra iniziativa rappresenti il comune sentire dell'Italia, perché il destino della Birmania non riguarda solo quel Paese. La pace e il progresso dei popoli (di ogni popolo) sono un bene comune dell'intera umanità che ci riguarda tutti.
Mentre ricordiamo le colpe dei generali birmani che hanno scippato al popolo del Myanmar la democrazia, conquistata da Aung San Suu Kyi alle prime elezioni libere del 1990, ci dobbiamo chiedere qual è il nostro compito, qual è il ruolo dell'Italia e soprattutto dell'Europa che si è affidata al lavoro di un uomo politico esperto ed autorevole come il nostro collega Fassino, inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania per far procedere la situazione verso standard di democrazia e soprattutto di vita migliori per gli uomini e le donne birmane.
Il dramma della Birmania è uno dei banchi di prova per un grande e nuovo protagonismo dell'ONU e dell'Unione europea. I tentativi ripetuti e falliti degli interventi della diplomazia (cinque colloqui da novembre 2007 a febbraio 2008, quattro visite di Ibrahim Gambari e la visita rinviata del Segretario generale Ban Ki-moon) ci fanno dire che l'ONU deve ancora più tenacemente proporsi come motore di un cambiamento in Birmania e con esso l'Unione europea attraverso l'impegno del suo inviato speciale.
Si tratta di un intenso lavoro che deve mirare ad assicurare alla causa della Birmania tutta l'influenza dell'ASEAN (l'associazione regionale dei Paesi del sud est asiatico), affinché essa svolga un ruolo di assistenza nella fase di dialogo con tutti i settori della società birmana e tra i rappresentanti della giunta militare e della Lega per la democrazia.
Cina e India - come è già stato ricordato -, in particolare devono comprendere che possono essere protagonisti del mondo globale dell'economia, ma anche sul fronte della formazione e del rispetto dei diritti umani. Questa consapevolezza è fondamentale per la loro stessa leadership mondiale ed anche per questo guardiamo con grande interesse e speranza al nuovo corso nelle relazioni internazionali degli Stati Uniti d'America, avviato dal Presidente, Barack Obama. Non è un caso che la prima visita del Segretario di Stato, Hillary Clinton, abbia luogo proprio nei Paesi asiatici (Giappone, Indonesia, Corea del sud e Cina).
Qual è il nostro compito? Cerco di rispondere, dopo aver ascoltato la passionePag. 37per i diritti e per la democrazia che in maniera bipartisan sono stati espressi anche ieri in quest'Aula. Cerco di rispondere avendo ben presente che il compito della politica è quello di andare oltre la denuncia e la declamazione, pure indispensabile, degli ideali. Compito della politica è far muovere la realtà, lavorare per il cambiamento con gli strumenti che esistono ed avere il coraggio di sperare e la responsabilità di investire anche nelle situazioni più distanti. Proprio questa è la forza e la novità della mozione in esame, costruita con il contributo di diversi punti di vista e da diverse posizioni politiche, con il merito, a mio parere, di bilanciare forza e determinazione nella difesa dei diritti e nell'individuazione di un percorso politico costruttivo che faccia uscire la Birmania da un isolamento ventennale.
Certo, sappiamo che le consultazioni sul referendum dello scorso anno sono state largamente insoddisfacenti (lo ricordava bene il Governo), tra assenza di garanzie, condizionamenti e situazioni logistiche proibitive causate dalla sostanziale coincidenza tra il voto ed il passaggio del ciclone Nargis, che ha causato migliaia di morti. Sappiamo anche, però, che quella Costituzione, così imperfetta, proclamata unilateralmente e senza il corretto coinvolgimento delle opposizioni democratiche, ha acceso una flebile luce. Nel 2010 dovranno essere celebrate le elezioni e a Naypyidaw è stato perfino costruito un Parlamento. Il nostro compito è premere, vigilare, lavorare, proporre soluzioni e sperare, anche contro la speranza stessa, nonostante i fallimenti (come facciamo con la mozione in esame), affinché vengano concesse le massime garanzie possibili per le elezioni corrette e democratiche.
Sappiamo che la politica delle sanzioni economiche contro i membri della giunta e i loro familiari non hanno ancora prodotto i frutti che speravamo; anzi, sappiamo che a volte essa ha avuto come conseguenza solo quella di regalare ad altri interlocutori - la Cina e la Russia - il Paese del sud est asiatico, magari gravando spesso più sulla popolazione che sulle élites di Governo. Tuttavia, sappiamo anche di dover mantenere la fermezza di una censura per le pratiche intollerabili della giunta militare e che, quindi, le misure sanzionatorie non possono essere rimosse senza significativi allontanamenti da tali pratiche. Dobbiamo essere pronti, come scritto nel dispositivo, ad aggravare le sanzioni, così come ad alleggerirle, come tutti ci auspichiamo, qualora fosse registrato un passo in avanti.
Questo bilanciamento chiaro e virtuoso vuole essere il contributo del Parlamento italiano alla battaglia del popolo birmano per la propria democrazia. È una battaglia che gli stessi birmani intendono condurre con equilibrio e saggezza. Per questo, persino il Parlamento democratico birmano in esilio, riunitosi qualche settimana fa in Irlanda, ha scelto un atteggiamento di cauta e vigile apertura all'ancora insoddisfacente percorso di democratizzazione, puntando ancora sul dialogo e sulla modifica concordata delle previsioni più restrittive della Costituzione approvata. Con quella stessa ferma speranza nella democrazia, nell'intelligenza dei birmani, così come nel ruolo di promozione dei diritti, che l'Europa svolge nel mondo, ci apprestiamo, come Partito Democratico, a votare a favore di questa mozione, augurando nel contempo il più grande successo al lavoro dell'onorevole Fassino, quale rappresentante speciale dell'Unione europea, in quel Paese che ci sta tanto a cuore.

PRESIDENTE. Onorevole Zampa, deve concludere.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, ho concluso. Il mio auspicio e quello del Partito Democratico è che il Governo italiano sappia esprimere, in ogni sede, con forza e con intelligenza, questi sentimenti e questa volontà dell'Italia (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto una delegazione dell'associazione culturale «Giordano Bruno» di Nola, in provincia di Napoli, che oggi ha commemorato a Roma il filosofo nolano, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).Pag. 38
Saluto, inoltre, gli studenti dell'Istituto comprensivo «Giuseppe Luosi» di Mirandola, in provincia di Modena, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mecacci. Ne ha facoltà.

MATTEO MECACCI. Signor Presidente, svolgo davvero soltanto alcune considerazioni, nel preannunziare il voto favorevole della delegazione radicale su questa mozione. In particolare, credo che sia utile sottolineare un aspetto di questa mozione, del suo dispositivo, di cui voglio dare atto in particolare alla collega Boniver, che lo ha inserito anche nella discussione di questo documento.
C'è un impegno del Governo italiano, sostenuto dal Parlamento, a sostenere le forze democratiche birmane, attualmente in esilio, a favore di un'attività di promozione dei diritti umani e della democrazia in quel Paese. Credo che questo sia uno dei primi documenti, se non il primo, che il nostro Parlamento approva in questo senso. Credo che sia un precedente molto importante, perché ci sono molte situazioni in cui movimenti di rifugiati e di esuli politici si trovano magari ospitati in Paesi vicini o lontani rispetto a quelli da cui sono stati espulsi, ma impossibilitati ad operare e a lavorare per costruire anche le premesse per il ritorno alla democrazia e alla libertà in quei Paesi.
È quindi importante che si stabilisca questo principio, ma è importante anche quello che ha ricordato il collega Evangelisti, ossia che occorre che dagli impegni e dalle parole si passi anche ai fatti, cioè che si finanzino, attraverso le attività della cooperazione internazionale, anche questo tipo di iniziative e di attività.
La nostra cooperazione solitamente si occupa di diritti umanitari, di aiuti allo sviluppo ed economici. L'aiuto alla costruzione dello Stato di diritto e delle istituzioni democratiche è qualcosa che vale tanto, se non di più, degli aiuti allo sviluppo e degli aiuti umanitari.
Per concludere, voglio solo dire che è evidente - è stato sottolineato anche da altri interventi - che c'è un Paese che ha una grande influenza su quello che accade in Birmania: la Cina.
La settimana scorsa, anche con il gruppo interparlamentare per il Tibet, abbiamo ricevuto il Dalai Lama, qui a Roma. In quell'occasione - va sottolineato - né il nostro Governo né il nostro Parlamento hanno ritenuto di accoglierlo, come era accaduto in passato. Credo che l'esempio della leadership tibetana in esilio sia qualcosa con la quale il nostro Parlamento e il nostro Governo si debbano confrontare, come fanno oggi sulla questione birmana, altrimenti si rischia di applicare le ragioni del diritto e della democrazia con i deboli, come con il regime birmano, mentre rispetto ai forti si rischia di dare priorità ad altri valori.
Con questo, vorrei anche rivolgermi a tutti i colleghi, in particolare a quelli dell'intergruppo parlamentare per il Tibet, affinché un dibattito come questo sulla Birmania si possa svolgere anche sulla questione sino-tibetana (vi è uno stallo dei negoziati), in occasione della ricorrenza del prossimo 10 marzo, che è il cinquantesimo anniversario dell'insurrezione di Lhasa, cioè del tentativo dei tibetani di liberarsi dall'occupazione cinese, che, al momento, vede un'indifferenza, se non un'ostilità, da parte delle cancellerie dei Paesi democratici occidentali.
Quindi, bene questa mozione, bene questo impegno a sostegno delle forze democratiche birmane in esilio, ma non si limiti solo a quello; teniamo in conto anche quanto sta avvenendo in Cina e la questione tibetana (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, nella giornata di ieri, soprattutto, è stata illustrata, con molta capacità, questa mozione, che giunge al nostro voto, dopo che è stata votata all'unanimità, praticamente nella stessa identica versione,Pag. 39da parte del Parlamento europeo nell'autunno dell'anno scorso.
Non ripeterò quanto è stato già detto da chi mi ha preceduto, perché credo che la situazione birmana sia stata portata alla vostra conoscenza in tutti i suoi molteplici aspetti.
Quasi cinquant'anni fa, nel 1962, una dittatura militare comunista si impadroniva dell'ex Birmania e da allora non vi è stato alcun tipo di ammorbidimento da parte di una dittatura che ha fatto scempio dei diritti del proprio popolo, che ha inflitto un dolore infinito pressoché all'intera popolazione, meno, naturalmente, agli amici dei generali, che ha provocato l'orrore, che è sotto i nostri occhi, dell'uso forzato dei lavoratori, motivo per cui la Birmania potrebbe, in qualsiasi momento, essere portata di fronte alla Corte penale internazionale per crimini contro l'umanità, che ha provocato l'esodo di milioni di birmani e di quasi tutte le minoranze e che ha portato anche, dopo il terribile evento naturale del Nargis, all'ulteriore impoverimento di una nazione che è considerata tra le più povere del mondo, ma che, malgrado questo, spende circa il 40 per cento del suo budget in spese militari.
Su questa tematica abbiamo svolto un buon lavoro con i sindacati italiani, innanzitutto con la CISL, alla quale mi pare giusto rendere grazie.
Questo è un problema pressoché intrattabile: abbiamo appena ascoltato, nell'intervento dell'inviato speciale dell'Unione europea per la Birmania, il collega Fassino, quante risoluzioni, quante decisioni e quante sanzioni si siano oramai accumulate contro il regime birmano, ottenendo un risultato pressoché pari a zero.
I motivi, naturalmente, sono molteplici: innanzitutto, salvo tornare alla tesi dell'ingerenza umanitaria, che è stata praticata ormai un decennio fa, per esempio con riferimento alla questione del Kosovo, senza questa ingerenza umanitaria, anche armata, che non è all'ordine del giorno, non si può che continuare con la cosiddetta moral suasion.
Però, vi sono dei buchi veri e propri, nel senso che, mentre l'Europa mantiene una posizione di sanzioni molto rigida, vi sono Paesi del sud-est asiatico, molto importanti, anche democratici, che non sottoscrivono queste sanzioni.
Questo dà un'assoluta e totale impunità al regime militare birmano non soltanto nel continuare a tenere agli arresti domiciliari, da oltre 15 anni, il premio Nobel Aung San Suu Kyi e nell'imprigionare migliaia di prigionieri politici, ma, soprattutto, nel fare esattamente quello che più sembra utile alla dittatura, moltiplicando le violazioni dei fondamentali diritti di quel popolo.
Questa mozione è composta da un'ampia premessa, dieci punti qualificanti e dagli impegni che richiamano l'attenzione del Governo affinché la Birmania non scompaia dall'agenda delle Nazioni Unite, ma soprattutto non scompaia dall'agenda delle cose che ancora si possono fare; perché, quando nel 2004, è iniziata la breve stagione del cosiddetto Bangkok Process, ciò ha significato convincere, anche se con una certa tiepidezza da parte loro, i Paesi membri dell'Associazione regionale dei Paesi del Sud-Est asiatico a fare attenzione a quello che succedeva nella vicina Birmania, cioè a farsi carico di spingere la giunta militare verso una qualche flebile apertura. Ahimè, il Bangkok Process si è poi chiuso dopo una breve stagione, ma potrebbe certamente prendere nuove forme: l'importante è non chinare il capo, non inchinarsi di fronte a quello che sembra un cosiddetto problema intrattabile. Non ci sono problemi intrattabili: c'è forse una flebile volontà politica di mantenerli in questa condizione.
Credo, quindi, che il nostro Paese, che non ha passati coloniali da scontare e non ha interessi commerciali o economici in Birmania, potrebbe agevolmente prendere nuovamente la leadership di un'azione mirata, affinché si possa aprire una qualche breccia. Altrimenti continueremo, come abbiamo sentito, con le visite degli inviati speciali dell'ONU, con le risoluzioni che vengono votate e con le innumerevoli iniziative che, purtroppo, non ottengono i risultati desiderati. Mi chiedo, quindi, se non sia il caso che ilPag. 40nostro Paese assuma tale leadership, al di là di questo momento parlamentare, che mi auguro faccia trovare l'unità di intenti e, quindi, un voto unanime da parte di tutti i gruppi sulla mozione in esame; mi chiedo se, per esempio, non valga la pena di spingere, affinché vi siano certe misure in Birmania così come avvenuto l'altro giorno per il Presidente del Darfur, Al-Bashir, il quale è stato messo sotto processo: nel Darfur si è trovato immediatamente un modo per far sedere intorno allo stesso tavolo i ribelli del JEM ed i governanti di Khartoum.
Su questo argomento credo che potremmo fare ancora molto, perché è indubbio che, al di là delle elezioni che ci auguriamo non siano una farsa e che avverranno nel 2010, tutto quello che la comunità internazionale può mettere in atto, non soltanto dal punto di vista della pressione diplomatica e del sostegno umanitario, sortisca gli effetti di smuovere questa che è una delle peggiori dittature, che massacra e martirizza un intero popolo. Con ciò, preannunzio il voto favorevole del gruppo del Popolo della Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

FABIO EVANGELISTI. Chiedo di parlare per una precisazione.

PRESIDENTE. Non potrebbe, ma ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, intervengo per trenta secondi, perché nella mia dichiarazione di voto ho fatto erroneamente riferimento alla mozione che era stata presentata, laddove, in termini di rafforzamento delle sanzioni, si prevedeva l'impedimento all'accesso, per alcuni generali e le loro famiglie, alle cure sanitarie all'estero. Questo avrebbe ovviamente contrastato con l'idea di un'affermazione dei diritti umani anche per i nostri eventuali nemici. Vedo che nella nuova formulazione il testo è stato emendato, raccogliendo la nostra preoccupazione, per cui confermo il voto favorevole dell'Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Boniver ed altri n. 1-00086 (Nuova formulazione), accettata dal Governo.
(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 480
Maggioranza 241
Hanno votato
477
Hanno votato
no 3).

Prendo atto che i deputati Lovelli, Mosca, Palomba, Piffari e Zazzera hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 17,17).

FRANCESCO BARBATO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, intervengo per ricordare che oggi, 17 febbraio, cade una ricorrenza importante, il 409o anniversario di quel 17 febbraio del 1600 quando a Campo de' Fiori, qui a Roma, venne bruciato vivo Giordano Bruno.
Giordano Bruno è stato sempre - ed è - il difensore estremo della libertà di giudizio, della libertà di coscienza di tutti gli uomini, ed è ancora oggi un potente simbolo della libertà di pensiero.
Nella sua modernità, con cui ancora oggi noi tutti fatichiamo a competere, Giordano Bruno diede un impareggiabile esempio della laicità come valore dellaPag. 41società, sia in campo religioso che in quello scientifico, regalandoci intuizioni e una visione del mondo con cui tutti, soprattutto oggi, dovremmo rapportarci.
Di Giordano Bruno voglio ricordare soprattutto quella sua indimenticabile frase: non ho nulla di cui pentirmi, soprattutto non so di cosa debba pentirmi.
Il mio auspicio è di raccogliere - soprattutto noi parlamentari, noi politici, tutti i governanti, tutti gli uomini e le donne presenti nelle istituzioni - questo messaggio di grande attualità che ci viene da Giordano Bruno; vorrei cioè che tutti i parlamentari, che tutti i politici, che tutti gli uomini delle istituzioni non avessero mai nulla di cui pentirsi.
Questo è l'auspicio della laicità di Giordano Bruno oggi, ed è con questo auspicio che chiedo e mi auguro che, prendendo esempio dal grande filosofo nolano, anche la politica oggi cambi marcia e cominci a non doversi mai pentire del suo operato. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

ENRICO PIANETTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ENRICO PIANETTA. Signor Presidente, oggi è programmato l'inizio del processo ai khmer rossi accusati di essere responsabili di crimini contro l'umanità. Davanti ad un tribunale composto da magistrati cambogiani e magistrati nominati dalle Nazioni Unite sono rinviati a giudizio cinque dirigenti dei khmer rossi.
Si stima che siano state un milione e 700 mila le vittime del genocidio dei khmer rossi, dall'aprile del 1975 quando Pol Pot, con il sostegno della Cina, entrò a Phnom Penh, al gennaio del 1979, quando il regime cadde e il Vietnam instaurò un governo amico. Quello di Pol Pot è stato un regime comunista, caratterizzato da una commistione ideologica di marxismo e di nazionalismo xenofobo che in quegli anni ha distrutto la Cambogia moralmente, economicamente e socialmente.
Si tratta di cinque dirigenti khmer rossi tra cui il responsabile della prigione-lagher S21 di Tuol Sleng a Phnom Penh.
Orrore, sgomento, angoscia si prova nel visitare oggi quel luogo. Vi morirono almeno 17 mila cambogiani, torturati e trucidati da quel regime comunista. Solo 12 furono i sopravvissuti. Crimini che sono noti, riferiti dai media di tutto il mondo e riportati anche nei libri di storia. Ma crimini nei confronti dei quali nessun tribunale ha mai pronunciato una sentenza.
Desidero ricordare questi eventi così tragici ed orrendi perché finalmente sia fatta giustizia nei confronti di tutti i responsabili e perché le sentenze siano di monito a che non si ripetano simili fatti. Purtroppo, tuttavia, sappiamo che così non è: crimini quali tortura, uccisioni, stupri sono avvenuti e avvengono anche dopo quegli eventi in altre parti del mondo. Dunque, i popoli liberi ed i liberi parlamenti devono far sentire la loro voce chiara e forte, perché i diritti umani siano promossi e tutelati ovunque. Questo, signor Presidente, il senso di questo mio intervento.

LUCA VOLONTÈ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, non voglio ricordare io una commemorazione. Peraltro, so che lei sta preparando insieme all'Ufficio di Presidenza importanti commemorazioni per ricordare il 9 novembre del 1989 quando cadde il muro di Berlino. Certamente sarà un'occasione per il nostro Parlamento per riflettere sulla rinnovata Unione europea dopo quella data felice che liberò interi popoli e nazioni dal giogo e dal tallone sovietico e comunista.
Vorrei, invece, più modestamente far riferimento ad una questione che è ormai all'ordine del giorno, ad una richiesta che più volte ho avanzato e mi preme ripetere in queste ore caratterizzate, purtroppo, ancora per la seconda settimana di seguito, come ogni giorno della scorsa settimana,Pag. 42da inaudita violenza nei confronti di giovani donne, messa in atto anche da studenti italiani oltre che da personaggi legati alla criminalità extracomunitaria. Questo per dire che, a mio avviso, è assolutamente indispensabile che questi temi, come ho affermato precedentemente in relazione alle tematiche economiche nei confronti del Ministro dell'economia e delle finanze, anche considerando ciò che è accaduto oggi da parte di alcuni studenti nei confronti di un professore pugliese, rappresentino un'occasione per riflettere sul disagio educativo dei nostri giovani che mi sembra una priorità assoluta.
Sono altrettanto convinto che faremmo male a ridurre tutto questo problema gravissimo della violenza nei confronti delle donne e delle bambine (quando si tratta di studentesse di dodici anni come è accaduto in queste settimane) ad una questione legata esclusivamente all'immigrazione e alla sicurezza rispetto agli extracomunitari. Certamente, è presente questa caratteristica ma è altrettanto fortemente presente un elemento e un problema di crisi educativa, di disagio giovanile che deve essere affrontato. Pertanto, come ho fatto la scorsa settimana, mi preme indicare a lei e, grazie a lei, ai Ministri competenti - della famiglia, delle pari opportunità, dell'interno e dell'istruzione, università e ricerca - la possibilità di un confronto così come con il Ministro Tremonti sui temi economici: allo stesso modo potrebbe esser fatto all'interno del Parlamento con ciascuno di questi Ministri per affrontare seriamente questo tema fondamentale.

MATTEO BRIGANDÌ. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MATTEO BRIGANDÌ. Signor Presidente, vorrei chiedere alla Presidenza due informazioni. La prima è per quale motivo non si è deviato il cavo che serve per votare sull'interruttore necessario per chiedere la parola per far sì che, con una semplice deviazione, si possa votare con due mani, senza spendere inutilmente, non so quanto ma mi pare un miliardo di vecchie lire.
Inoltre, vorrei sapere se la Presidenza della Camera intende pubblicare il nome dei deputati che prendono la nuova tessera senza depositare le proprie impronte digitali. Le mie, comunque, sono facilmente reperibili sia nella caserma presso la quale ho prestato servizio sia nelle carceri presso le quali sono stato arrestato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e del deputato Renato Farina).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Brigandì, la questione potrà essere affrontata in sede di Ufficio di Presidenza.

MARIO TASSONE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, sono stati affrontati in questa giornata numerosi problemi, soprattutto quelli legati ai diritti civili, ai diritti umani, al rispetto della persona e della sua dignità. Avevamo anche all'ordine del giorno una problematica, attraverso alcune mozioni, relativa all'ambiente e allo sviluppo sostenibile, e anche in questo caso ritengo che, quando si parla di ambiente, ci si riferisce alla qualità della vita, alla persona e ai suoi diritti, che certamente non devono essere violati, ma devono essere tutelati, arricchiti e salvaguardati.
Ma abbiamo anche avuto modo, in quest'Aula, di soffermarci sulla situazione ambientale del nostro Paese anche in seguito a calamità naturali: vi è un grande degrado, soprattutto nelle aree del Mezzogiorno, con un'evidenziazione di un territorio sempre più fragile, dove certo vi è anche la responsabilità dell'uomo e la disattenzione delle realtà locali e delle amministrazioni locali; a volte vi sono anche ritardi, soprattutto disattenzioni e lacune imperdonabili per quanto riguarda l'attività e l'azione delle regioni.
Per questi motivi, a suo tempo venne istituito un Consiglio nazionale sull'ambiente, che deve essere composto da tuttiPag. 43i rappresentanti delle regioni. Questo Consiglio nazionale per l'ambiente, nonostante tutte le regioni abbiano designato i loro rappresentanti, non ha avuto mai avvio, non ha preso mai forma.
A suo tempo ho presentato un'interrogazione, la n. 4-01721, il 25 novembre, e ancora questa interrogazione non ha avuto alcuna risposta. Ma la questione non è tanto l'interrogazione, quanto quella di capire se questo Consiglio nazionale, che dovrebbe vedere presenti tutte le regioni - e sappiamo quale sia il potere delle regioni nella gestione e nel controllo del territorio -, ha una sua funzione oppure si pensa diversamente o si è pensato diversamente.
Basterebbe saperlo, perché altrimenti facciamo le mozioni, come è giusto farle, sui cambiamenti climatici, su Kyoto, sulle emissioni di CO2 e su altri tipi di problematiche molto stringenti e molto attuali, ma poi perdiamo di vista un'azione complessiva, che deve essere portata anche a livello di territori e di amministrazioni locali e quindi di regione.
Ritengo che la mancata nascita di un Consiglio nazionale dell'ambiente crei un vulnus, o quanto meno non è comprensibile, a meno che - ripeto quanto dicevo poco fa - il Ministero o il Governo nel suo complesso non abbiano pensato qualcosa di diverso, e quindi anche di più positivo. Ma questo non ci è dato saperlo, anche perché agli atti di sindacato ispettivo non si intende rispondere.
Perciò, signor Presidente, oltre a porre il problema la sollecito, affinché questo strumento di sindacato ispettivo non cada nel vuoto ancora una volta.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la Presidenza si farà carico di trasmettere la sua richiesta al Governo.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Mercoledì 18 febbraio 2009, alle 9,30:

(ore 9,30 e al termine del punto 2)

1. - Discussione del disegno di legge:
S. 1305 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, recante proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni finanziarie urgenti (Approvato dal Senato) (per la discussione sulle linee generali, l'esame e la votazione delle questioni pregiudiziali presentate ed il seguito dell'esame) (2198).
- Relatori: Volpi, per la I Commissione e Toccafondi, per la V Commissione.

(ore 15)

2. - Svolgimento di interrogazioni a risposta immediata.

La seduta termina alle 17,30.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 5)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Moz. La Loggia ed a. n. 1-61 rif. 475 255 220 128 254 1 66 Appr.
2 Nom. Moz. Capodicasa ed a. n. 1-114 488 249 239 125 248 1 65 Appr.
3 Nom. Moz. Romano ed a. n. 1-115 491 234 257 118 234 64 Appr.
4 Nom. Moz. Messina ed a. n. 1-116 489 237 252 119 231 6 63 Appr.
5 Nom. Moz. Boniver n. 1-86 n.f. 480 480 241 477 3 63 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.