XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 150 di lunedì 23 marzo 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 15,30.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 17 marzo 2009.
(È approvato).

PRESIDENTE. Assistono ai nostri lavori gli studenti del primo anno della facoltà di giurisprudenza dell'Università LUMSA di Roma, che salutiamo (Applausi).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barba, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Colucci, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Di Stanislao, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Frattini, Galati, Garofani, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Miccichè, Patarino, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Villecco Calipari, Vito e Zacchera sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Modifica nella composizione di una componente politica del gruppo parlamentare Misto.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera in data 20 marzo 2009, il deputato Ricardo Antonio Merlo, iscritto al gruppo parlamentare Misto, ha chiesto di aderire alla componente politica Liberal Democratici-Repubblicani.
Il rappresentante di tale componente, con lettera in pari data, ha comunicato di aver accolto tale richiesta.

Discussione del disegno di legge: S. 1367-Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato) (2263-A) (ore 15,33).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Unione di Centro, Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni Pag. 2nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto che la XIII Commissione (Agricoltura) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, presidente della Commissione agricoltura, onorevole Paolo Russo, ha facoltà di svolgere la relazione.

PAOLO RUSSO, Relatore. Signor Presidente, così come ho già sottolineato nella mia relazione introduttiva presso la XIII Commissione, il decreto-legge al nostro esame rappresenta un'occasione imperdibile per risolvere finalmente un problema, quello delle quote latte, che ha assunto nel tempo un rilievo negativo per l'intera agricoltura italiana, anche al di là dei pur gravissimi effetti economici derivanti dall'accumulo delle multe per sforamento delle quote.
Intendo riferirmi al pesante condizionamento che la vicenda ha avuto sulla nostra posizione nell'ambito della politica agricola comune, in ragione della diffidenza da essa ingenerata presso gli organi comunitari nella capacità del nostro Paese di gestire in maniera adeguata i propri impegni e le proprie responsabilità.
Oggi vi è, finalmente, la possibilità di porre la parola fine a questa vicenda, grazie soprattutto al risultato ottenuto nello scorso novembre in sede di negoziato sulla verifica dello stato di salute della PAC, che ci consente di utilizzare, sin dalla prossima campagna, l'intero incremento del 5 per cento sulle quote assegnate, che, per gli altri Paesi europei, è stato, invece, spalmato in cinque anni.
Si tratta di un risultato che non era per niente scontato, ma è stato possibile solo grazie all'impegno del Governo Berlusconi e del Ministro, che ha avuto - vorrei ricordare - l'appoggio convinto del Parlamento con i documenti approvati dalle due Commissioni agricoltura, ed alla capacità, dicevo, di porre in diretta relazione, in modo convincente per i nostri interlocutori, l'aumento immediato delle quote con la stabilizzazione del mercato e la definitiva soluzione delle irregolarità che lo hanno a lungo caratterizzato.
Il Governo ha ritenuto che questa occasione dovesse essere utilizzata mediante uno specifico strumento normativo, ritenendo, credo, fondatamente, che il ricorso alle disposizioni, che pure il decreto-legge ha apprestato per la ripartizione delle nuove quote assegnate all'Italia in sede di adeguamento periodico e ordinario dei contingenti nazionali, fosse, in questo caso, non adeguato, in quanto suscettibile, in ultima analisi, di determinare un incremento di produzione, con ulteriori effetti depressivi sulle già basse quotazioni del prodotto, senza risolvere alla radice il problema degli esuberi.
In deroga, sia per la procedura che per i criteri dell'assegnazione, rispetto a quanto previsto al riguardo dal decreto-legge n. 49 del 2003, il decreto-legge in esame prevede dunque che gli aumenti della quota nazionale disponibili, e che ammontano ad oltre 758 mila tonnellate, anziché essere ripartiti tra le regioni e da queste riassegnati alle aziende, siano attribuiti alla riserva nazionale e quindi assegnati (dal Commissario istituito dal successivo articolo 4, comma 5) prioritariamente alle aziende che nel periodo 2007-2008 abbiano però realizzato consegne eccedenti rispetto alla propria quota, e che risultino ancora in produzione nella campagna di assegnazione, a condizione che tali aziende si mettano in regola, anche attraverso la rateizzazione a condizioni di mercato prevista dagli articoli 3 e 4, con i pagamenti del prelievo.
Attorno a questa scelta di fondo ruota tutto l'impianto del decreto-legge, che mi riservo di illustrare in dettaglio subito dopo aver svolto alcune considerazioni sulla funzione che in questa vicenda il Parlamento ha già svolto proficuamente al Senato e sta continuando a svolgere, credo altrettanto proficuamente, alla Camera, e che rappresenta la migliore smentita alle ricorrenti lamentazioni sulla perdita di ruolo e di identità dell'istituzione parlamentare: l'impianto del decreto-legge esprime infatti una scelta politica forte, che vuole utilizzare nel modo più efficace possibile le maggiori quote assegnate al Pag. 3l'Italia per risolvere alla radice il problema degli esuberi produttivi e quello del debito accumulato dagli splafonatori.
La scelta di assegnare prioritariamente le nuove quote a chi ha utilizzato e continua ad utilizzare una capacità produttiva superiore a quella legalmente assegnatagli non può quindi essere letta come un premio per chi non ha rispettato le regole, per quanto controvertibili queste fossero. È invece lo strumento per porre queste imprese, imprese italiane, di fronte ad una scelta che non ha più alibi: pagare il dovuto, anche attraverso una rateizzazione onerosa a tassi di mercato, ed ottenere a questa precisa condizione la possibilità di riallineare la propria capacità produttiva legale a quella effettiva, senza dimenticare che la possibilità di sostenere l'onere delle sanzioni non può realisticamente prescindere dalla prosecuzione dell'attività delle imprese in tutta la loro potenzialità produttiva.
È evidente però che questa scelta pone gravi problemi di equità nei confronti di quelle imprese che hanno rispettato le regole, mantenendo la propria capacità produttiva nei limiti delle quote assegnate o acquisendo a titolo oneroso, con acquisto o affitto di quote, la possibilità di ampliarla; e le reazioni delle organizzazioni produttive e delle stesse regioni sono state assai esplicite in questo senso.
In questo contesto, il ruolo che il Parlamento ha sinora svolto, e credo continuerà proficuamente a svolgere, è stato quello di un intervento equilibratore tra le esigenze di efficacia dell'intervento per il riassorbimento degli esuberi produttivi e del connesso debito pregresso, e quelle di tutela delle imprese che hanno operato entro le regole. Questo intervento si è indirizzato lungo due linee principali.
Innanzitutto, sono stati introdotti nel provvedimento tutti i possibili elementi di ulteriore garanzia per assicurare che l'assegnazione delle nuove quote agli splafonatori si accompagni in modo certo e definitivo all'estinzione delle passività pregresse, eliminando quindi ogni possibile sospetto di un trattamento di favore per queste imprese. Fondamentale in questo senso è la norma sulla rinuncia ai contenziosi, che rappresenta un elemento di equità e di chiarezza indispensabile per la credibilità di tutta la manovra operata con il decreto-legge, e che è stata tra l'altro richiesta da un ampio schieramento sia in Parlamento che nel Paese. Ma vorrei sottolineare l'importanza anche di altre disposizioni, alcune introdotte dal Senato, altre dalla Commissione agricoltura della Camera: penso alle norme che prevedono la compensazione della prima rata con i contributi PAC e la fissazione di una data certa, il 31 dicembre 2009, per il primo pagamento, nonché l'anticipazione alla campagna in corso degli effetti delle revoche delle nuove assegnazioni qualora le fattispecie che determinano la revoca si realizzino durante il primo periodo di assegnazione.
L'altra linea di azione è quella degli interventi positivi per le imprese che hanno rispettato le regole. Da questo punto di vista, sono importanti le disposizioni che hanno modificato l'ordine di priorità per le nuove assegnazioni, rivalutando la posizione delle imprese affittuarie di quote e di quelle montane ed eliminando la soglia minima di sforamento del 5 per cento, nonché quelle che hanno temperato gli effetti della riammissione dei grandi splafonatori alle restituzioni per la campagna in corso.
Il nucleo forse più importante di questi interventi positivi si ritrova nell'articolo 6, ed in particolare nella norma che riserva specifici finanziamenti alle imprese che hanno acquistato quote: è questo infatti un punto che affronta alla radice quei problemi di equità da più parti sollevati e sui quali hanno inteso operare sia il Senato, che ha introdotto la norma, sia la Commissione agricoltura della Camera, che ha ampliato il finanziamento sino a 45 milioni di euro.
Il Parlamento - e segnatamente le due Commissioni agricoltura - si è infine adoperato per inserire nel decreto-legge una serie di disposizioni ulteriori rispetto al corpo principale del decreto stesso, che raccolgono istanze di assoluta urgenza per il comparto agricolo. Pag. 4
Mi riferisco alla proroga delle agevolazioni previdenziali per le zone svantaggiate e al rifinanziamento del Fondo di solidarietà per gli incentivi assicurativi, ed anche al ripristino delle disposizioni sui contenziosi INPS e sul canone ricognitorio per le concessioni relative ad attività di acquacoltura già approvate dal Parlamento nel decreto-legge n. 171 del 2008 ed immediatamente cancellate dal decreto-legge milleproroghe.
Su questi punti, in particolare, si è realizzata una convergenza politica così ampia che spero possa sostenere queste norme le quali presentano delicati aspetti di copertura finanziaria anche nelle ultime fasi dell'iter parlamentare.
L'articolo 1, al comma 1, interviene sui criteri e l'ordine di priorità della restituzione ai produttori di latte del prelievo supplementare da essi versato in eccesso rispetto a quanto effettivamente dovuto a livello nazionale, in conseguenza della iniziale mancata applicazione di una compensazione fra produttori in esubero e produttori non utilizzatori della quota.
L'articolo 9 del decreto-legge n. 49 del 2003, al comma 3, stabilisce infatti quali siano nell'ordine le aziende titolari di quota, in regola con i versamenti mensili, che possono beneficiare della restituzione: i primi beneficiari devono essere coloro che hanno pagato indebitamente; successivamente si pongono i titolari di aziende ubicate nelle zone di montagna; poi quelli delle zone svantaggiate; infine hanno titolo alla restituzione le aziende che hanno sofferto il blocco della movimentazione dei capi in conseguenza di un provvedimento dell'autorità sanitaria.
Nel caso in cui residuino delle somme, queste vengono ripartite, ai sensi del comma 4 del predetto articolo 9, tra i produttori titolari di quota che hanno versato il prelievo, con esclusione di coloro che hanno superato il 100 per cento del quantitativo loro assegnato, secondo i seguenti criteri e nell'ordine: titolari di quota B, per la riduzione da loro subita ai sensi del decreto-legge n. 727 del 1994, nei limiti di tale riduzione netta; coloro che hanno superato di non oltre il 20 per cento il quantitativo di riferimento individuale; produttori, la cui produzione sia stata per intero trasformata in prodotti DOC o IGP; tutti i produttori, compresi quelli titolari di quota B già beneficiari della precedente ripartizione, per la parte di prelievo non ancora restituita.
Rispetto a tali criteri, il decreto in esame integra il predetto articolo 9, aggiungendo in primo luogo un nuovo comma 4-bis, che stabilisce che per il periodo 2008-2009 non si applicano le disposizioni del comma 4, che escludono dalla restituzione del prelievo pagato in eccesso i produttori non titolari di quota e i produttori che abbiano superato il 100 per cento del proprio quantitativo di riferimento individuale. I produttori così riammessi alla restituzione sono tuttavia collocati dopo tutte le altre categorie individuate dalla norma.
Il nuovo comma 4-ter definisce i criteri per la ripartizione, a decorrere dal periodo 2009-2010, dell'importo che eventualmente residui dopo che siano state effettuate le restituzioni dovute in prima battuta.
La ripartizione avverrà tra le aziende che abbiano versato il prelievo, secondo i seguenti nuovi criteri e nell'ordine: aziende che non abbiano superato il livello produttivo conseguito nel periodo 2007-2008 (in Commissione abbiamo inserito al riguardo un limite di tolleranza pari al 5 per cento), purché non abbiano successivamente ceduto quota; aziende che non abbiano superato di oltre il 6 per cento il proprio quantitativo disponibile individuale. Il nuovo comma 4-quater dispone, infine, l'attribuzione al Fondo per gli interventi nel settore lattiero-caseario, istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, delle ulteriori somme residue. L'articolo 1, al comma 2, disciplina l'assegnazione alle aziende produttrici di latte dell'aumento della quota nazionale attribuito all'Italia nel corso del 2008. Si ricorda che la quota nazionale è stata incrementata del 2 per cento per tutti gli Stati membri, con il regolamento CE n. 248/2008 del 17 marzo 2008, nonché del 5 per cento per l'Italia in Pag. 5unica soluzione nel 2009, a seguito dell'accordo politico definito il 20 novembre 2008.
Come risulta dalla relazione tecnica, la maggiore quota da ripartire ammonta complessivamente a 758.482 tonnellate, delle quali 210.601 derivanti dal regolamento n. 248/2008, e 547.881 derivanti dall'accordo del 20 novembre 2008.
Il decreto-legge in esame introduce a tal fine, nel decreto-legge n. 49, un articolo 10-bis, che si pone in deroga rispetto a quanto sinora previsto dall'articolo 10, comma 22, per l'assegnazione degli aumenti da parte dell'Unione europea del quantitativo nazionale garantito.
Il nuovo articolo 10-bis dispone, invece, che gli aumenti della quota nazionale disposti nel 2008 dall'Unione europea siano attribuiti alla riserva nazionale e, quindi, assegnati prioritariamente alle aziende che nel periodo 2007-2008 abbiano realizzato consegne eccedenti rispetto alla propria quota e che risultino ancora in produzione nella campagna di assegnazione.
Secondo la relazione illustrativa, questa scelta di priorità ha come fondamentale obiettivo quello di utilizzare gli aumenti della quota nazionale ottenuti dall'Unione europea per conseguire un effettivo riequilibrio tra quota e produzione per le aziende che si trovano, allo stato attuale, in una situazione strutturale di impossibilità di mantenere la produzione entro i limiti della quota di cui dispongono e, contemporaneamente, di sopportare l'onere delle sanzioni connesse agli esuberi produttivi senza danni irreversibili per la propria redditività, o addirittura, per la propria sopravvivenza. L'ultima parte del comma 1, ed i commi 2 e 3, dell'articolo 10-bis precisano poi alcune condizioni e limiti per tale assegnazione, che sarà contenuta entro i limiti del quantitativo prodotto in esubero nel periodo 2007-2008, ed al netto del quantitativo oggetto di vendita di sola quota effettuata dal 1995-1996 in poi. Il comma 4, come modificato dal Senato, definisce le seguenti priorità per le assegnazioni: a) aziende che hanno subito la riduzione della quota B, nei limiti del quantitativo ridotto che risulti effettivamente prodotto, calcolato sulla media degli ultimi cinque periodi (riferimento così modificato dal Senato, mentre il testo originario del decreto-legge prendeva a base la produzione del periodo 2007-2008) ed al netto dei quantitativi già riassegnati, includendo, secondo una modifica che abbiamo apportato in Commissione, i quantitativi coperti da affitti di quota stipulati nel periodo 2007-2008, considerandosi così restituita la quota B ridotta; b) aziende ubicate in zone di pianura, di montagna e svantaggiate di cui al comma 1, e aziende, ubicate nelle stesse zone, che abbiano fatto ricorso nel periodo 2007-2008 ad affitti di quota (in proposito, il Senato ha eliminato la soglia minima del 5 per cento dell'incremento di produzione); c) aziende ubicate in zone di montagna e svantaggiate condotte da giovani imprenditori agricoli, anche non titolari di quota.
Il comma 5 definisce le modalità per il calcolo dei quantitativi da assegnare.
Il comma 6 stabilisce che i quantitativi non assegnati in base alle disposizioni dei commi da 1 a 5 vengano utilizzati con le modalità già previste dall'articolo 10, comma 22, del decreto-legge n. 49.
Il comma 7, relativo alla comunicazione dell'assegnazione ai produttori, è stato soppresso dal Senato, che ha previsto che tali comunicazioni siano effettuate, a valere dal periodo 2009-2010, dal Commissario straordinario di cui all'articolo 4, anziché dalle regioni (articolo 1, comma 2-bis, dell'articolo 1 del decreto-legge). Un emendamento che abbiamo approvato in Commissione precisa che tale comunicazione deve essere effettuata entro il 15 aprile 2009.
L'articolo 1, comma 3 (numerazione risultante da un emendamento approvato dal Senato, che corregge un errore materiale nel testo del decreto), abroga a decorrere dal 1o aprile 2009 il comma 3 dell'articolo 2 del decreto-legge n. 157 del 2004, che prevede che, qualora al termine delle operazioni di restituzione ed accantonamento il prelievo complessivamente trattenuto ai produttori risulti ancora superiore a quanto dovuto dallo Stato italiano Pag. 6 all'Unione europea, l'AGEA non proceda al recupero del prelievo imputato in eccesso presso i produttori inadempienti.
L'articolo aggiuntivo 1-bis, introdotto dalla Commissione agricoltura in sede referente, dispone la trasmissione in via telematica all'AGEA, ai fini di controllo, dei dati relativi al numero dei capi bovini detenuti in stalla ed ai quantitativi di latte prodotto.
L'articolo 2 istituisce presso l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA) il Registro nazionale dei debiti, nel quale sono iscritti, mediante i servizi del Sistema informativo agricolo nazionale, tutti gli importi accertati a debito dei produttori agricoli, risultanti dai registri degli organismi pagatori riconosciuti, nonché quelli comunicati dalle regioni e dalle province autonome, connessi a provvidenze ed aiuti agricoli dalle stesse erogati. L'iscrizione del debito nel registro ha un duplice effetto: da un lato equivale all'iscrizione a ruolo ai fini della procedura di recupero, dall'altro (comma 5) fa scattare un obbligo di compensazione a carico degli organismi pagatori i quali, in sede di erogazione di provvidenze ed aiuti comunitari ed anche nazionali, sono tenuti ad effettuare il recupero, il versamento e la contabilizzazione nel registro del corrispondente importo, ai fini dell'estinzione del debito.
Il comma 7 demanda a provvedimenti dell'AGEA la definizione delle modalità tecniche di attuazione di quanto disposto dai precedenti commi, in particolare per quanto riguarda i meccanismi di estinzione dei debiti relativi agli aiuti agricoli comunitari da parte degli organismi pagatori. Con un emendamento approvato in Commissione abbiamo previsto che sui provvedimenti attuativi siano sentite le regioni.
L'articolo 3 prevede al comma 1, come modificato dalla Commissione agricoltura, che i produttori agricoli possano richiedere la rateizzazione dei debiti maturati fino al 31 marzo 2009 e iscritti nel Registro nazionale, per i quali si sia realizzato l'addebito allo Stato italiano da parte Commissione europea. La rateizzazione è gravata di interessi, alle condizioni specificate nei commi 3 e 4.

PRESIDENTE. Onorevole Paolo Russo, la prego di concludere.

PAOLO RUSSO, Relatore. Il comma successivo, così come modificato in Commissione agricoltura, prevede rate annuali costanti ed uguali.
Signor Presidente, il lavoro che si è fatto, difficile e articolato per la materia, che ancora in questa sede vuole trovare ragioni di comunione, può essere considerato un lavoro interlocutorio rispetto all'Aula, ma profondo e anche vivace nell'articolazione del dibattito. Sicuramente si tratta di un aiuto nella direzione di definire con certezza, con chiarezza, e in modo ultimativo una vicenda annosa che dura da troppo tempo, peraltro indicando due strade: da una parte, considerare le imprese italiane, tutte le imprese italiane, patrimonio del nostro Paese, ma dall'altra anche considerare un profilo di eticità come elemento assoluto per la valorizzazione di tutte quelle imprese di cui ragionavamo.
Ho motivo di ringraziare tutti i gruppi, che hanno operato con straordinaria serietà e anche con straordinaria vivacità, pari alla necessità dell'impegno che questo provvedimento comporta.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, oggi affrontiamo una discussione generale su un tema di rilevante interesse non soltanto per la filiera lattiero-casearia ma più in generale per tutto il mondo agricolo: infatti, il provvedimento in esame risulta essere esemplare circa la capacità e la volontà del sistema politico-parlamentare e del sistema agricolo di sviluppare, recepire ed applicare integralmente la normativa comunitaria. Pag. 7
Ancor più significativo diviene, a nostro giudizio, l'aspetto relativo alla disciplina di un settore che ha già visto, con il decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, il regime delle quote latte allinearsi anche nel nostro Paese all'ordinamento comunitario.
Com'è noto, l'applicazione del sistema delle quote latte negli anni era stata segnata da continui splafonamenti della quota produttiva assegnata al nostro Paese. Vi era un vasto contenzioso accumulato nelle sedi giudiziarie. Tale contenzioso era stato sostenuto dall'asserita non coerenza della normativa statale con quella comunitaria e aveva di fatto determinato la sospensione dell'applicazione del prelievo. La legge n. 119 del 2003, approvata dopo un lungo, largo, contrastato dibattito parlamentare, aveva assicurato nel suo complesso una piena coerenza con la normativa comunitaria; aveva razionalizzato e semplificato la normativa nazionale vigente; aveva favorito il riequilibrio tra le quote assegnate e la quantità di latte commercializzato attraverso la liberalizzazione territoriale delle vendite di quote produttive e la possibilità di affitto temporaneo in corso di campagna.
Sulla questione delle multe pregresse vi era stata, nella legge n. 119, la previsione di una rateizzazione pluriennale con la volontà di garantire agli allevatori le certezze necessarie per favorire lo sviluppo delle loro imprese e del mercato delle quote, per dare respiro alle loro aziende e favorire il pieno ritorno nella legalità comunitaria del nostro comparto lattiero-caseario. Infatti, è indubbio che in quel tempo e in quegli anni la credibilità del nostro Paese era ad un livello assolutamente basso e ogni volta che ci si andava a rivolgere all'allora commissario per l'agricoltura Fischer, questi diceva: è il sesto o il settimo Ministro dell'agricoltura che viene a prendere impegni; noi vogliamo sul nostro tavolo una legge che recepisca la normativa comunitaria. E il fatto che questa legge abbia ottenuto il pieno placet dell'Unione europea evidentemente sta a indicare, rispetto ai detrattori e a quanti allora si opposero con un ostruzionismo parlamentare, ivi compreso, signor Ministro, per dovere di cronaca, il gruppo della Lega, che fu piegato all'adesione soltanto con il voto di fiducia, che quella legge si muoveva nell'ottica di garantire un rientro pieno da parte del mondo produttivo lattiero-caseario nella normativa comunitaria.
L'applicazione di tale normativa, come dicevo, è stata fortemente contrastata da una quota minoritaria di produttori, con motivazioni certamente discutibili, per usare un termine eufemistico, che hanno comunque determinato un'ulteriore fase di disordine e di concorrenza sleale ed una situazione di mercato molto più debole per il nostro Paese. La piena applicazione della legge n. 119 del 2003, malgrado tali contrasti, ha proceduto in modo comunque forte e significativo, riuscendo a coinvolgere in questo processo più del 95 per cento dei produttori agricoli di allora.
Queste situazioni di aperto contrasto alla normativa si sono anche avvalse di un sistema giuridico e giudiziario complesso e non sempre univoco nell'interpretazione sia della normativa comunitaria sia della legge n. 119. Pertanto ricorsi e controricorsi, nelle diverse sedi giurisdizionali, hanno ottenuto nel tempo risposte molto diverse, alimentando in quelli che io chiamo strenui contestatori della legge la possibilità di sfuggire al rigore previsto dalla normativa stessa e anche - voglio dirlo, avendo vissuto quella stagione - una certa lentezza da parte delle regioni nell'assolvere i compiti che, in base anche al Titolo V della nostra Costituzione, competevano loro. È evidente che vi è stato un travaglio anche in sede di applicazione.
Voler quindi oggi ritornare sulla vicenda con la volontà di recuperare tutta la nostra capacità produttiva a una definitiva e regolare stabilizzazione, costituisce - l'abbiamo già detto in sede di Commissione - un intento rispetto al quale non abbiamo alcuna preclusione pregiudiziale. Costituisce un intento che va nella direzione in cui andava anche la legge n. 119, ma noi intendiamo ribadire con forza che dobbiamo assolutamente sottolineare la Pag. 8ferma volontà di evitare sanatorie e benefici sperequati, rispetto a tutti i produttori che hanno seguito il percorso della regolarizzazione prevista dalla legge n. 119.
Avevamo per questo sospeso il nostro giudizio, nell'attesa di verificare la disponibilità e l'impegno del Governo e della maggioranza a voler porre fine a tale situazione e superare una produzione illegale che sicuramente ha creato in questi anni grandi problemi di credibilità nell'ambito europeo, che da sempre contesta la capacità del nostro Paese di gestire in maniera coerente e corretta la questione delle quote latte. È indubbio che la disponibilità derivante dalla possibilità di utilizzare l'intero incremento del 5 per cento, come ricordava il presidente relatore, costituisce un'opportunità che va colta, senza però stravolgere gli elementi fondamentali del regime delle quote latte definiti dalla legge n. 119.
È questa la nostra frontiera, è questa la nostra scelta fondamentale, con la quale abbiamo sviluppato il confronto, prima al Senato e poi presso la Commissione agricoltura di questo ramo del Parlamento, per risolvere il problema degli esuberi produttivi, quello del debito accumulato dagli splafonatori e il problema dell'equa assegnazione a tutta la platea dei produttori delle quote disponibili fin dalla prossima campagna. Su questo aspetto - ne parlerò più avanti - si gioca una partita, anche di credibilità, del Governo e del Parlamento.
Avevamo accolto positivamente alcune modifiche intervenute nella prima lettura al Senato, con particolare riferimento alla previsione della rinuncia ai contenziosi, alle insufficienti, ma positive, modifiche circa l'assegnazione delle quote, nonché alla compensazione, attraverso i contributi PAC, per la prima rata relativa alle multe pregresse.
Dal testo odierno al nostro esame, risultano evidenti i rilevanti elementi negativi introdotti dall'esame in sede di Commissione che, per un verso, giudichiamo incomprensibili, e per l'altro verso, riteniamo che rendano l'atteggiamento della maggioranza e del Governo schizofrenici rispetto all'obiettivo di una posizione comune e forte del Parlamento. Tale posizione garantirebbe il superamento - e questo è richiesto da tutta la filiera - di ogni spazio di furbizia da parte di quanti non volessero ancora adeguarsi definitivamente alla normativa. Crediamo, infatti, che una legge non renda immediatamente virtuosi coloro che hanno sempre contestato quella normativa generale.
Pertanto, volendo offrire un'opportunità (come giustamente ha fatto il Governo con la sua iniziativa), vorremmo essere chiari: signor Ministro, vorremmo veramente che questo fosse il passaggio normativo definitivo, che andrebbe anche a merito della maggioranza, del Governo e del Ministro stesso. Non abbiamo preclusioni in questa direzione. Abbiamo fatto esaminare questo provvedimento da organizzazioni rappresentative dei produttori, che vivendo sul campo e avendo esperienza produttiva, ne possono sapere molto di più rispetto a chi parla o a chi non fa questo mestiere. Dunque, vorremmo veramente che questo provvedimento, che rappresenta comunque - come affermava anche il relatore - un'opportunità per chiudere definitivamente la questione, fosse fermo e condiviso da parte di tutti. È necessario, infatti, impedire che si ripetano quei fenomeni di contenziosi e di trascinamento che, ancora una volta, andrebbero a nocumento sia del settore, che dell'immagine del nostro Paese nelle sedi dove lei, signor Ministro, tante volte si deve battere - come si batte - per difendere gli interessi del mondo agricolo ed agroalimentare del nostro Paese.
Pertanto, ci preoccupano, soprattutto, le modifiche intervenute sul tema della rinuncia ai contenziosi e la contrarietà del Governo e del relatore ad accogliere proposte emendative mirate a rafforzare l'importante passo, compiuto al Senato, relativo alla rinuncia dei contenziosi. Allo stesso modo, francamente, appare insostenibile la reintroduzione della soglia minima di sforamento del 5 per cento. Ribadisco che sosteniamo l'esigenza di recuperare gli splafonatori al rispetto della Pag. 9normativa italiana e comunitaria, ma vogliamo dire, con grande forza, che è imprescindibile pervenire ad una soluzione equa nei confronti di tutti gli altri produttori.
Non è possibile, a nostro giudizio, che i produttori italiani che con grande sacrificio e fatica hanno rispettato le leggi possano subire dalla normativa oggi in esame una reale discriminazione, sia rispetto agli «splafonatori» nazionali, sia (è questo secondo aspetto che voglio qui ribadire) rispetto agli altri produttori europei, che nei prossimi cinque anni potranno ottenere dall'aumento di produzione annuale quote pari all'1 per cento concesso a tutti gli Stati dell'Unione europea. Sarebbe una clamorosa ingiustizia se gli unici produttori a non ricevere nuove assegnazioni con cui poter sviluppare le loro aziende e sostenere l'impatto del mercato nei prossimi anni fossero i produttori che hanno rispettato la legge. Questo potrebbe capitare, perché se utilizziamo tutta l'assegnazione del 5 per cento per colmare la produzione a favore degli «splafonatori», così come sembra l'intenzione del Governo e della maggioranza, tutti gli altri non avranno la pari opportunità che hanno i loro competitor aziendali europei, oltre che costituire una grave ingiustizia interna.
In questo passaggio in Aula sosteniamo la necessità inderogabile di lavorare insieme per definire una normativa equilibrata, chiara ed equa nel suo complesso, perché - lo ribadisco - la volontà di porre la parola «fine» alle lacerazioni e ai contenziosi del passato può essere vera solo se sul nuovo testo possano largamente convenire tutti i produttori della filiera.
Le nostre proposte, che nascono da un confronto con le organizzazioni professionali e cooperative rappresentative di migliaia di aziende, mirano a rendere certa la rinuncia a tutti i contenziosi e al versamento della prima rata delle multe pregresse quali condizioni per ottenere le nuove assegnazioni; a definire tempi e regole certe per l'istruttoria delle domande di rateizzazione, il versamento della prima rata e la revoca dell'assegnazione; a fornire una risposta equa ai produttori che per coprire la maggiore produzione hanno affittato quote a titolo oneroso; a garantire che il Fondo di sostegno previsto da questo provvedimento (buona cosa, buona iniziativa) sia idoneo a soddisfare le esigenze di sviluppo e di crescita e a soddisfare le carenze di liquidità sia dei produttori che hanno sempre rispettato la legge, sia di quelli che si sono regolarizzati con la legge n. 119 del 2003.
Signor Ministro, non so questo Fondo viene utilizzato in conto interessi, come lei ha dichiarato in Commissione, e quindi se siano sufficienti i 45 milioni di euro: le segnalazioni e le richieste che anche con questo tipo di utilizzo ci vengono avanzate sono significativamente superiori e ammontano a quasi il doppio. Vorremmo solo capire, perché lasciare qualcuno indietro sarebbe veramente un atto di disequità per la platea dei produttori che vanno a beneficiare di questo Fondo. Per questo motivo, rassegniamo una considerazione valutando i dati - pur non avendone una conoscenza puntuale - i quali ci fanno presente non essere sufficienti queste disponibilità.
Su questi temi abbiamo presentato diverse proposte emendative come occasione di confronto e di dialogo per cercare di superare i limiti inaccettabili oggi presenti nel provvedimento. Vogliamo sperare che la chiusura, sostanzialmente pregiudiziale, riscontrata in Commissione agricoltura venga superata; vogliamo sperare che sulle proposte emendative approvate su proposta dei colleghi della Lega Nord - che vanno nella direzione opposta rispetto a quella a cui vorremmo, invece, che maggioranza e Governo guardassero - si apra questo confronto volto alla ricerca di una comune alta risposta di legalità e di equità, oggi assenti nel provvedimento.
C'è il rischio che, a seguito di tale provvedimento, se non si pone mano alle necessarie e ineludibili modifiche, si determini una situazione di ancora maggiore conflittualità e un'ulteriore profonda divisione e lacerazione della filiera. Questo è un altro elemento sul quale invitiamo la maggioranza, il Governo e lei, signor Ministro, Pag. 10 a riflettere. La ringraziamo, peraltro, di essere qui, perché dobbiamo darle atto che lei, non da oggi, si occupa di questi temi con competenza. Tuttavia, riteniamo che un'apertura su questi temi non sia nell'interesse di una parte politica o dell'altra, ma nell'interesse vero e nell'amore - uso questa parola forte - che tutti noi nutriamo verso la grande realtà produttiva agricola e agroalimentare, che è un'eccellenza e - come lei ci ha illustrato in altre occasioni - un valore aggiunto per il nostro Paese.
L'agricoltura italiana, che sta attraversando mesi molto difficili, ha bisogno di essere governata da provvedimenti profondamente condivisi che tutelino le aziende e assicurino loro il credito necessario, sulla base di un sistema di norme condivise per ogni comparto e per ogni settore. Quello lattiero-caseario non è un settore secondario - lo abbiamo detto tante volte - della nostra realtà produttiva agricola. Questa è la nostra speranza, restando fermi al tema della normativa sulle quote latte.
Noi diamo atto, inoltre, che in questo provvedimento sono inserite altre norme di largo e profondo interesse per tutto il mondo agricolo, che vanno oltre la normativa delle quote latte. Mi riferisco ai temi che il provvedimento contiene per quanto riguarda il Fondo di solidarietà nazionale, la proroga delle agevolazioni previdenziali e le norme in materia di contenziosi con l'INPS, già ricordati dal relatore.
Sono, evidentemente, previsioni normative, impegni e interventi proposti da tutte le forze politiche e da tutti i gruppi parlamentari, ma che ovviamente rientrano nella responsabilità del Governo per i problemi di copertura che comportano. Pertanto, ne prendiamo atto favorevolmente e sosterremo queste norme - per quanto rientra nel nostro ruolo -, affinché domani trovino pieno e totale riscontro in seno alla Commissione bilancio. Anche in passato e non solo nel corso di questa legislatura, ho avuto altre delusioni rispetto allo sforzo comune che, su determinati temi, il mondo politico e parlamentare, in seno alla Commissione agricoltura della Camera e del Senato, auspicava unanimemente mentre poi, chi aveva la chiave delle risorse, inesorabilmente diminuiva, impedendo del tutto, in qualche passaggio, la possibilità di arrivare alle risposte a quelle fondamentali questioni largamente condivise.
Ci auguriamo che questo non sia il ruolo che lei e la sua forza politica, signor Ministro, volete svolgere in questo Governo, potendo incidere pesantemente - usiamo un termine molto chiaro - anche nei confronti del Ministero dell'economia e delle finanze. Riteniamo, infatti, che queste esigenze siano irrinunciabili per tutto il mondo agricolo, rispetto al quale credo che, se non siamo in ritardo, non possiamo dire certamente di essere in anticipo. È quindi giusto che su questo tema sia pronunciata una parola chiara e definitiva perché, ad esempio, ho letto che alcune organizzazioni professionali hanno già avviato le campagne assicurative relative al Fondo di solidarietà per le calamità naturali, ritenendo che ci sia la certezza di ottenere tali risorse. Mi auguro che sia veramente così. Ne prendiamo atto favorevolmente, ma attendiamo l'approvazione in via definitiva di queste norme.
Tuttavia - lo voglio dire con molta chiarezza - rifiutiamo la lettura che ci è parsa venire dal relatore e dalla maggioranza, una lettura quasi strumentale che vuole indicare queste provvidenze come «compensative» di eventuali ingiustizie consumate ai danni degli allevatori che con fatica si erano adeguati alla legge n. 119 del 2003. Mi pare che questo ragionamento non sia assolutamente accettabile e mi auguro che sia totalmente smentito dagli interventi dei colleghi della maggioranza e da lei, signor Ministro, perché credo che parliamo di questioni totalmente diverse.
In questa parte del provvedimento ci sono esigenze, provvidenze e sostegni al mondo agricolo che assolutamente non si può pensare di mettere sul piatto della bilancia per equilibrare altri aspetti in un altro settore che ha altre finalità. Potremmo anche condividere tale finalità, Pag. 11come ho detto all'inizio, ma per come è concepita ci troveremmo a fare una battaglia decisiva e forte in quest'Aula.
Concludo esprimendo un auspicio ed una proposta, ossia che in questo passaggio parlamentare ci possa essere una verifica attenta delle esigenze del mondo della filiera lattiero-casearia e dell'interesse generale di tutti i produttori e sulla base di questo si possano evidentemente apportare le necessarie modifiche. Noi ci battiamo e continueremo a farlo perché il provvedimento finale sia chiaro nei suoi obiettivi, dia certezze ai produttori e mantenga quella forte e leggibile coerenza con la legge n. 119 del 2003, che per noi è il punto irrinunciabile di riferimento (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Servodio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPINA SERVODIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevole relatore, onorevoli colleghi, ha ragione il collega Delfino quando, all'inizio del suo intervento, sottolinea la rilevanza del tema che oggi affrontiamo.
Questo decreto-legge - lo hanno già riferito il relatore ed il collega Delfino - nasce all'interno di un quadro che si rifà al negoziato sulla verifica dello stato di salute della politica agricola comunitaria conclusosi a Bruxelles lo scorso 20 novembre. Infatti, il negoziato ha assegnato all'Italia, così come a tutti gli altri partner europei, un ampliamento delle quote del 5 per cento, con l'unica differenza che al nostro Paese è stato concesso un anticipo delle quote e tradotte in quantità si tratta di circa 620 mila tonnellate in più.
A nome del gruppo Partito Democratico, signor Ministro - ringraziandola di essere qui presente alla discussione sulle linee generali - le dico che indubbiamente ha raggiunto un ottimo risultato e le dobbiamo riconoscere tenacia ed impegno, anche perché questo negoziato ci consente di superare un contenzioso che il nostro Paese, purtroppo, in questi anni ha aperto con l'Europa. Sin dall'inizio la scelta delle quote latte è stata pesante per l'Italia: continui splafonamenti, un vasto contenzioso, il nostro Paese ha pagato delle multe da record. Il collega Delfino ricordava che soltanto con legge n. 119 del 2003 abbiamo iniziato un percorso di legalità e abbiamo segnato un passaggio importante, un'inversione di tendenza che ci è stata riconosciuta anche dall'Unione europea.
Quindi le diciamo: bravo, signor Ministro, per aver ottenuto questa quota con anticipo; però le diciamo anche che a questa buona notizia è eseguita una doccia fredda. Il decreto-legge a sua firma - anzi, a firma del Governo, perché la responsabilità è del Governo e non solo del Ministro dell'agricoltura - ha creato, non appena approvato dal Consiglio dei ministri, una contestazione totale, non solo delle organizzazioni agricole, ma anche di molti gruppi parlamentari, anche della stessa maggioranza.
Allora, andiamo al cuore del problema. Quali sono gli obiettivi, signor Ministro? È vero che l'Unione europea ha concesso un anticipo delle quote, riconoscendo la particolare situazione deficitaria della produzione nel nostro Paese, ma è anche vero che siamo obbligati - e voglio sottolineare che lo siamo sia sul piano etico sia su quello politico - a definire una normativa con cui conciliare l'esigenza di recuperare gli splafonatori al rispetto delle normative con quella, imprescindibile, di pervenire ad una soluzione equa nei confronti di tutti gli altri produttori. Questi sono gli obiettivi, che però non ritroviamo all'interno di questo provvedimento, nonostante le modifiche, a cui farò riferimento successivamente, apportate dal Senato.
Questo provvedimento contiene ancora profili di forte criticità e mi dispiace sottolinearlo. È interessante la relazione del presidente della Commissione, che è anche il relatore del provvedimento. In realtà, la sua relazione - vorrei segnalarlo - trascura il fatto che nella Commissione agricoltura della Camera si sono introdotti degli emendamenti che, a nostro avviso, peggiorano il quadro che ci è stato consegnato dal Senato. Pag. 12
Questo provvedimento, come diceva il collega Delfino, è segnatamente sbilanciato ed orientato a sanare le irregolarità di una piccola minoranza di produttori italiani che fino ad oggi hanno trasgredito le regole, a danno di quelli che, invece, le hanno sempre rispettate.
Signor Ministro, glielo diciamo ancora con spirito di estrema collaborazione e fiducia: il gruppo del Partito Democratico, in Commissione, è stato chiaro e propositivo su questo punto. Abbiamo evitato di assumere posizioni pregiudiziali e ostruzionistiche e abbiamo chiesto a lei, Ministro, e alla sua maggioranza di condividere un impianto legislativo non ambiguo e discriminatorio. Tuttavia, dobbiamo prendere atto che tutti gli emendamenti sono stati respinti. Li abbiamo riproposti all'esame dell'Assemblea, perché siamo convinti che è necessaria nell'interesse del settore una normativa equilibrata e chiara, da un lato, per rimediare - lo ripeto - a quelle lacerazioni e a quelle contrapposizioni che, in passato e fino ad oggi, hanno caratterizzato il comparto e, dall'altro lato, per consentire di affrontare le nuove sfide con la necessaria coesione della filiera. Infatti, signor Ministro, il problema vero di questo settore è la coesione e la trasparenza. Se vogliamo superare la crisi economica di questo settore, dobbiamo garantire coesione e trasparenza di comportamenti e di regole. Non si tratta di un approccio moralistico, ma politico.
Dunque, qual è il cuore del provvedimento? Esso è l'ordine di priorità di assegnazione delle nuove quote. Su questo punto si gioca il provvedimento e in questo sta - lo ripeto - il cuore e il profilo essenziale di questo provvedimento.
Il provvedimento è stato varato dal Consiglio dei ministri con una graduatoria e su tale punto vi è stato l'intervento riparatore del Senato. Infatti, sappiamo che all'articolo 1, comma 2, la categoria degli affittuari e quella degli splafonatori sono posti nella stessa posizione. Questo elemento non era presente nel testo iniziale del decreto-legge e ciò già rappresenta un fatto positivo a merito del Senato e, quindi, della discussione che è stata fatta in quella sede. Ma, Ministro, l'aver messo in un'unica categoria gli affittuari e gli splafonatori non è ancora sufficiente, né accontenta nessuno. Non è una mediazione verso l'alto, ma al ribasso e, al tempo stesso, è anche iniqua, perché penalizza gli affittuari, non riuscendo a coprire tutta la loro quota.
So che parliamo di argomenti un po' tecnici, ma mi auguro che i colleghi approfondiscano quanto detto nel corso della discussione sulle linee generali del provvedimento, anche perché l'Assemblea sarà chiamata a votare gli emendamenti. L'affitto si è sempre configurato come una manifestazione di volontà e di rispetto delle regole e deve essere prioritario nell'assegnazione delle quote, rispetto a chi ha infranto le regole. Questo è un principio e una regola di comportamento.
È tra quelle regole che maggioranza e opposizione in quest'Aula devono condividere; se non lo fanno, vuol dire che si approvano provvedimenti che sono anche al di fuori di quelle regole che la società civile, nelle sue espressioni economiche e produttive, deve imitare e portare avanti.
Sappiamo che nel Paese si è registrata in questo comparto una riduzione del numero delle aziende rispetto, invece, ad un'accresciuta capacità produttiva delle aziende rimaste attive, e sicuramente uno dei dati che ha più pesato sugli imprenditori, negli investimenti effettuati per ammodernare le proprie aziende, è stato proprio quello relativo alle quote.
Sosteniamo che gli affittuari sono una categoria di persone che va sostenuta. È giusto, infatti, che il Parlamento, il Governo e le forze politiche diano a questa parte di imprenditori tutto il riconoscimento e anche la fiducia per andare avanti e continuare ad investire nelle proprie aziende.
Questa graduatoria, signor Ministro, non è ancora equa e credo l'equità sia uno dei binari sui quali procedere, se vogliamo risolvere i problemi economici di questo Paese, nonché un elemento fondamentale anche per la ripresa economica.
Passo ad un altro punto importante sul quale abbiamo anche presentato degli Pag. 13emendamenti. All'articolo 1 vi sono alcune regole con effetto retroattivo (campagna 2008-2009) con cui si stabilisce che chi ha splafonato oltre il sei per cento della propria quota produttiva, pur essendo in regola con i versamenti delle multe, si vede escluso dalla restituzione del prelievo pagato in eccesso. Il collega Delfino ha fatto giustamente riferimento alla legge n. 119 del 2003 che, all'articolo 9, ha disciplinato con risultati positivi questa fattispecie prevedendo una soglia del 20 per cento.
Signor Ministro, colleghi, non voglio continuare nell'esposizione di profili e dati tecnici, ma mi interessa sottolineare un dato politico. Questo provvedimento va emendato, signor Ministro, perché è nato non solo perché la Comunità europea ci ha attribuito quote in più; dobbiamo dare un futuro alla stragrande maggioranza degli allevatori che, con enorme sacrificio, sono stati alle regole stabilite sulle quote latte e, contemporaneamente, signor Ministro, concedere meccanismi di rientro del sistema ai produttori che vorranno mettersi in regola.
All'articolo 4, al Senato, siamo riusciti ad ottenere che i soggetti che aderiscono alla rateizzazione delle multe pregresse debbano rinunciare espressamente ad ogni azione giudiziaria intrapresa. Questo è un risultato importante ottenuto ovviamente all'interno del dibattito che si è sviluppato al Senato e non era stato posto come volontà da parte del Governo nella prima stesura del testo uscito dal Consiglio dei ministri. Si tratta di un risultato importante - ne prendiamo atto - ma al tempo stesso parziale.
Noi diciamo che la rinuncia espressa ad ogni azione giudiziaria intrapresa deve essere condizione necessaria anche per l'assegnazione delle nuove quote. All'articolo 4, infatti, è prevista la trattenuta degli aiuti PAC e nazionali, ma solo sul pagamento della prima rata della multa che, tra l'altro, non dovrà essere versata in anticipo.
Chiediamo che, per garantire continuità nei pagamenti degli splafonatori che aderiscono alla rateizzazione, prima dell'assegnazione delle quote, i soggetti interessati debbano provvedere al pagamento di almeno una rata di multe pregresse e, soprattutto, che l'AGEA possa trattenere in via preventiva i premi PAC di spettanza del debitore da utilizzare a scalare per il versamento delle singole rate e non solo sulla prima.
Signor Ministro, il provvedimento in discussione contiene queste criticità che, se non superate, peseranno sulle dinamiche e sulle relazioni tra gli stessi produttori all'interno della filiera. Forse provocheranno anche nuovi problemi di contrapposizione.
I nostri produttori stanno vivendo un periodo di calo dei prezzi alla stalla, di aumento dei costi della produzione, tutti problemi legati anche ai territori sensibili in relazione all'attuazione della pur giustissima direttiva nitrati.
Quindi, come Parlamento abbiamo il dovere etico e politico di consegnare una condizione di tranquillità, serenità ed equità.
Debbo aggiungere che il Senato ha modificato alcune parti del provvedimento. Ciò che è grave è che in Commissione agricoltura voi della maggioranza, oltre a rigettare i nostri emendamenti, ne avete approvati alcuni - soprattutto quelli riferiti alle procedure di pagamento dei debiti da parte degli «splafonatori» - che ci lasciano molto perplessi e preoccupati. Infatti, intravediamo maglie troppo larghe e non chiare, che non si riconducono alla certezza dei pagamenti dovuti; mi riferisco al tema della rinuncia dei contenziosi.
Signor Ministro, colleghi, Presidente, relatore, il gruppo del Partito Democratico non ha mai voluto su questa vicenda condurre una guerra contro qualcuno e, cioè, contro i cosiddetti «splafonatori». Noi sosteniamo una regola di comportamento. Diciamo che tale regola deve chiudere e non deve più alimentare l'area della furbizia.
Ciò che ci dispiace, signor Ministro, è che è venuto meno su questo importante provvedimento uno stile, quello spirito e quel senso di collaborazione che ha sempre Pag. 14contraddistinto in Commissione agricoltura i rapporti tra maggioranza e opposizione.
Rinnoviamo la nostra volontà di chiudere definitivamente un passato di contenziosi, ma non possiamo, signor Ministro, rinunciare a difendere i tanti allevatori che meritano tutto il nostro rispetto, perché grazie a loro il made in Italy agroalimentare è riuscito a conquistare i mercati esteri.
Su questa posizione noi sfidiamo il Governo e la maggioranza, in termini parlamentari, è evidente. È responsabilità della politica, del Parlamento e del Governo in questo momento storico di crisi economica creare tutte le condizioni per ricompattare e pacificare un settore attraversato per tanti anni da incertezze e contrapposizioni e non farsi condizionare nelle scelte da pressioni che vengono da coloro che hanno sbagliato, ma che - lo ripeto - nessuno di noi vuole punire, ma neppure premiare. Quindi, questa è la responsabilità. Noi dell'opposizione ce l'assumiamo e siamo disponibili, ma chiediamo al Governo e alla maggioranza di fare altrettanto.
Sono qui gli emendamenti presentati, non sono ostruzionistici, né tanti. Sono qualificanti e vanno nella direzione che mi sono permessa sinteticamente di illustrare in ordine ai temi affrontati.
Speriamo che vi sia questo accoglimento, signor Ministro, perché il nostro giudizio politico finale sarà certamente legato ad esso.
Mi auguro, signor Ministro, che la discussione sia vera fino in fondo in quest'Aula, perché il provvedimento è importante. Abbiamo bisogno di continuare a recuperare credibilità in Europa. Soprattutto in un mondo agricolo in difficoltà, abbiamo bisogno di un settore - quello lattiero caseario - che, se vi sarà, un provvedimento giusto ed equilibrato, potrà ritornare ad avere fiducia nella politica.
Questo è un provvedimento che, secondo me, può unire il Parlamento al Paese vero, leale e reale (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Caterina. Ne ha facoltà.

MARCELLO DI CATERINA. Signor Presidente, signor Ministro onorevoli colleghi, il decreto-legge che stiamo affrontando riguarda una questione - le quote latte - che assilla il comparto agricolo italiano da ormai oltre vent'anni.
Le multe relative al mancato rispetto del regime comunitario sulle quote latte sono costate all'intero comparto centinaia di milioni di euro, che - sia chiaro - sono gravati sull'intero sistema agricolo, non solo su quello lattiero caseario.
Per anni le organizzazioni professionali agricole hanno chiesto alla politica di fare chiarezza su questa vicenda, ma solo il precedente Governo Berlusconi, con il Ministro Alemanno, ha provveduto con l'approvazione della legge n. 119 del maggio 2003.
Grazie a questo provvedimento, votato dal Parlamento a grandissima maggioranza, il comparto lattiero caseario, e con lui il sistema delle regioni al quale è stato dato il compito di vigilare sulla sua attuazione, ha avuto un quadro legislativo di riferimento chiaro.
Con la legge n. 119 del 2003 gran parte degli allevatori si sono messi in regola pagando le multe pregresse, grazie ad un sistema di rateizzazione delle stesse che comunque è costato impegno e sacrificio, sia in termini economici che aziendali. Sono stati fatti mutui e prestiti, spesso gravemente onerosi, per rientrare in un sistema di regole certe e condivise.
Non tutti, però, hanno avuto la volontà o la possibilità di regolarizzare la propria azienda e dal 2003 ad oggi si sono aperti, purtroppo, non pochi contenziosi tra il sistema regionale, soggetto controllore, e AGEA con alcuni allevatori.
Sebbene ormai tutte le sentenze dei vari tribunali, amministrativi e ordinari, hanno dato di fatto ragione allo Stato, ritengo che l'obbligo della politica sia quello di fare il possibile perché nessuna azienda agricola - ripeto, nessuna - che voglia mettersi in regola possa chiudere. Pag. 15
Chi sperava, però, che con questo provvedimento il Governo volesse dar vita ad una sorta di sanatoria rimarrà profondamente deluso. Il decreto-legge n. 4 del 2009 del Ministro Zaia, infatti, prevede che tutti gli allevatori paghino l'intero ammontare delle multe pregresse in un arco temporale che va dai dieci ai trent'anni, con interessi fino al 9 per cento. Nessuna sanatoria, quindi, ma solo un'ultima possibilità per chi, seppure in ritardo, vuole finalmente porre fine alla propria situazione di irregolarità.
Questo decreto-legge prevede, inoltre, la distribuzione di 840 mila tonnellate di nuove quote che il Ministro Zaia, con ottime capacità di trattativa, professionalità e senso delle istituzioni, è riuscito a strappare alla Comunità europea.
Questo è il nodo centrale del provvedimento: da un lato, una distribuzione equa delle nuove quote, possibilmente senza aumentare la produzione nazionale, dall'altro, la possibilità di chiudere posizioni di irregolarità aziendali attraverso il pagamento delle multe pregresse.
Tutto ciò, però, va fatto senza mortificare coloro che, senza esitazione alcuna, hanno creduto fin da subito a questo sistema: tutti quegli allevatori che, pagando spesso multe salate o rispettando da subito il sistema comunitario, non devono essere penalizzati né con una distribuzione sbagliata né con il vedere che i cosiddetti furbi l'hanno avuta vinta ancora una volta.
Alcuni emendamenti approvati al Senato sono migliorativi del testo proprio in questa direzione, altri (per la verità non molti) sono stati approvati dalla Commissione agricoltura della Camera. Per questa ragione e, ripeto, solo per cercare di dare un contributo utile e costruttivo, sono stati presentati all'Aula ulteriori emendamenti che ci auguriamo possano essere presi in considerazione dal Ministro Zaia.
Un'ulteriore sottolineatura desidero farla per ringraziare proprio il Ministro per averli accolti. Grazie infatti ad alcuni emendamenti, condivisi da maggioranza e opposizione, si danno finalmente risposte ad altre questioni agricole rimaste in sospeso negli ultimi mesi; il Fondo di solidarietà nazionale e gli SCAU sono solo un esempio.
Concludendo, onorevoli colleghi, il mio auspicio è che l'Aula affronti questo decreto-legge con lo stesso clima collaborativo che ha caratterizzato la discussione del decreto-legge n. 171 del 2008, per il bene della politica e del mondo agricolo nel suo complesso (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Di Giuseppe. Ne ha facoltà.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Presidente, Ministro, onorevoli colleghi, desidero iniziare questo mio intervento ringraziando innanzitutto il relatore, l'onorevole Paolo Russo, presidente della Commissione agricoltura, che profonde sempre tanto impegno su qualsiasi argomento; impegno che però questa volta, Ministro, ritengo sia stato vano considerati i risultati prodotti.
Signor Presidente, all'attenzione dell'Aula oggi vi è un decreto-legge, il n. 4 del 2009, che tende - vedremo fino a che punto - a regolare le linee fondamentali nel settore lattiero caseario, che ha sollevato, nel corso degli anni, problematiche non indifferenti e ha generato tensioni e disaccordi in sede europea.
Vi sono stati anche contestazioni e proteste - le conosciamo tutti - da parte degli operatori del settore, che sono sfociati persino in contenziosi in sedi giudiziarie. È evidente che tutte le problematiche legate alla sovrapproduzione lattiera rispetto a quella spettante all'Italia hanno visto interessati i Governi che si sono succeduti, che hanno constatato quanto la faccenda fosse di difficile risoluzione. Questo perché la difficoltà riscontrata era ed è quella di stabilire un giusto equilibrio tra gli interessi degli addetti ai lavori, cioè i produttori, e i limiti di mercato imposti dalla Comunità europea, con la prescrizione di sanzioni rilevanti.
Questi sono punti cruciali, problematici e di grande rilievo. Ministro Zaia, con il Pag. 16recente negoziato condotto in sede europea mediante l'accordo sulla revisione della PAC, lei ha ottenuto un aumento di tonnellate di latte. Questo permette agli allevatori, che sicuramente ne sono felici, di tirare un respiro di sollievo, perché si delinea una compensazione più agevole dei quantitativi in esubero produttivo (questo, signor Ministro, non glielo può negare nessuno; mi pare che sia stato evidente anche negli altri interventi).
Il decreto-legge prevede anche un incremento del Fondo di solidarietà nazionale: è una proroga delle agevolazioni previdenziali per le imprese agricole in zone svantaggiate; si tratta di due questioni che abbiamo fatto presente sin dall'inizio di questa legislatura.
Queste richieste diventano oggi prerogativa comune della Commissione agricoltura - a dimostrare che, quando si vuole, si può - nella speranza che il Governo la recepisca in Aula e, soprattutto, disponga una somma adeguata per questo Fondo. Questa è la questione importante!
Al Fondo di solidarietà nazionale occorrono - questo il Ministro lo sa meglio di noi - più di 230 milioni di euro per coprire gli impegni già presi dai Governi per l'anno 2008 e per finanziare il 2009, che è tuttora privo di risorse, pena l'impossibilità di assicurare le produzioni; questo lo avevamo chiesto anche con il decreto-legge n. 171 del 2008.
Il Fondo di solidarietà nazionale è un sistema basilare a sostegno delle imprese agricole, che patiscono i condizionamenti dovuti a calamità naturali e a circostanze non prevedibili. Terminano qui, però, le positività di questo decreto-legge.
Veniamo ora ai punti negativi. Il testo tratta, fondamentalmente, due argomenti cruciali: la rateizzazione delle multe pregresse e la suddivisione delle nuove quote assegnate al nostro Paese.
Tuttavia, vi è un «ma» che è sostanzioso, a mio avviso: nell'elaborazione e nella stesura di questo decreto-legge (anche se lei dice di «no») ha fatto in modo, signor Ministro, che vi fossero allevatori di serie «A» e allevatori di serie «B»; il guaio è che di serie «B» rimangono quelli che hanno sempre rispettato le regole.
Dai panegirici del decreto-legge si evince che lo stesso è stato indirizzato agli eletti, cioè a quelli che hanno fatto il proprio comodo, splafonando (uso questo termine, giacché è stato coniato da lei di recente); insomma, quelli che hanno agito a proprio vantaggio, e non solo, ma hanno avuto anche il coraggio di aprire i famosi contenziosi.
Staremo a vedere se questo decreto-legge, così com'è formulato, risolverà la questione: abbiamo dei dubbi e credo che siano anche fondati, perché riteniamo che chi non ha rispettato le regole precedentemente - nonostante la legge n. 119 del 2003 del Ministro Alemanno, che avrà sicuramente presentato punti di debolezza, ma che comunque ha offerto la possibilità agli irregolari (chiamiamoli così, che è meglio) di rientrare sulla giusta strada - potrebbe riconfermare la stessa condotta scorretta. È questo che temiamo.
Certo è che multe per un ammontare di circa 1 miliardo 700 milioni di euro coinvolgono diversi allevatori. Al comma 1-bis dell'articolo 6 è prevista la somma da destinarsi ai produttori che hanno acquistato quote latte successivamente alla legge n. 119 del 2003, somma che voi avete fissato a 45 milioni di euro, e cifra che noi riteniamo insufficiente a soddisfare le esigenze degli allevatori.
In questa ulteriore lettura non abbiamo visto alcuna sua disponibilità, Ministro: la stragrande maggioranza degli emendamenti proposti dall'opposizione è stata «bocciata». «No» a tutto: è stato, in Commissione agricoltura, un ripetuto «no» per la stragrande maggioranza di questi emendamenti. Al termine del suo iter, il decreto-legge evidenzierà una sua paradossale contraddizione, quella di essere nient'altro che un condono, anche se ho sentito dire dal relatore che non è così; ma si tratta di un condono a favore delle aziende che, indifferenti alle regole imposte dall'Unione europea e alla legge n. 119 del 2003, hanno agito all'insegna dell'arbitrarietà. Pag. 17
Insomma, Ministro, la montagna questa volta veramente ha partorito il topolino, perché secondo noi la risoluzione del problema delle quote latte è di là da venire. In 40 mila hanno contenuto la produzione secondo le regole, hanno speso centinaia di milioni di euro per acquistare le quote latte; ed ora saranno invece premiati coloro che si sono comportati in modo scorretto, soprattutto nei riguardi di chi si è indebitato per mettersi in regola, di chi ha fatto sforzi veri, di chi ha affittato le quote, cercando anche forme diverse - ma comunque onerose - per regolarizzarsi.
Se le modifiche apportate al Senato non sono state sufficienti a farci cambiare opinione, quelle non apportate in Commissione hanno rafforzato la nostra idea: si è mantenuta l'impostazione del decreto, e pertanto, così com'è, il testo non tranquillizza i cosiddetti «regolari», figuriamoci se può tranquillizzare noi! E non veniteci a dire (perché questo, poi, l'ho anche sentito sostenere in Commissione agricoltura) che abbiamo dato retta alle associazioni: vorrei che nessuno dimenticasse che le associazioni riportano la voce dei propri associati, e che quindi sono degne di considerazione. Non diteci quindi che il decreto-legge risolverà la questione. I nostri emendamenti erano indirizzati a migliorarlo: purtroppo, voi volete solo che l'opposizione, mentre voi procedete a colpi di decreto-legge, si metta a pettinare le bambole, oppure volga lo sguardo da un'altra parte; ma questo non è possibile, altrimenti quale sarebbe il nostro ruolo?
Avete mostrato un'indifferenza totale a qualsiasi nostro suggerimento, e tutte le principali proposte di modifica al decreto-legge sulle quote latte presentate in Commissione agricoltura quindi sono state respinte dal Governo nella sua persona, Ministro: un decreto-legge che in questo modo non risponde certamente alle aspettative del comparto interessato.
Le modifiche minime da lei accolte, Ministro Zaia, lasciano irrisolte le problematiche sollevate a gran voce dal mondo produttivo e anche dalle rappresentanze regionali. C'è una nutrita serie di emendamenti che, qualora venissero accolti, apporterebbero veramente delle sostanziali migliorie al decreto-legge: li riveda, Ministro, e li prenda in considerazione.
Tutti gli allevatori italiani si chiedono se il testo in esame uscirà dall'esame della Camera con risposte efficaci per salvaguardare questo settore. Sarà anche meglio chiarire - si tratta della mia umile opinione - i termini temporali oggettivi della così definita «rinuncia al contenzioso», che mantiene ancora spazi di equivocità: questa è una questione basilare, direi prioritaria da risolvere; e comunque c'è anche la priorità nell'assegnazione delle riserve: devono essere tali da rispettare innanzi tutto le aziende che hanno subito il taglio della quota B, le aziende che hanno coperto con affitti di quote la produzione realizzata, e infine le aziende che hanno prodotto oltre la quota.
Così, Ministro, si elabora un decreto-legge per pochi, quando le imprese agricole sono a rischio. Occorrono interventi tempestivi a sostegno degli agricoltori, ma si rileva una modesta attenzione da parte del Governo verso questo settore primario dell'economia italiana, che risente oltretutto della forte competitività a livello internazionale; e questo credo, Ministro, che lei lo sappia.
Però avete preferito garantire molte opportunità a pochi eletti, anziché fondamentali necessità a tutti gli allevatori.
Ministro Zaia, lei evidentemente è convinto di aver prodotto un decreto-legge efficace e risolutivo di una situazione che si trascinava da venticinque anni; pare però che lei, Ministro, abbia costruito un ponte dove il fiume, in questo modo, non esiste proprio. Si è chiesto mai perché ci sono tante reazioni da parte degli allevatori? Il mondo agricolo non voleva una conclusione tale, non voleva proprio una così tanto pesante ingiustizia verso coloro che hanno sempre rispettato le leggi, per gratificare chi, invece, le regole, le ha raggirate e trasgredite. Sa cosa sostengono gli allevatori? Che il decreto-legge è solo per pochi amici! E questo non è giusto, perché la parola «giustizia» sta proprio a significare il valore per il quale si dà a ciascuno ciò che merita, ciò che gli è Pag. 18dovuto: allora, diamo ai regolari ciò che meritano. Diciamolo a chiare lettere: sembra che alcuni - gli irregolari - abbiano imparato le regole per poi infrangerle nel modo giusto, e che qualcuno abbia dato loro una mano. Rifletta su questo, Ministro, e soprattutto sull'equità - e sottolineo la parola «equità» - del decreto-legge che lei ha prodotto. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori, Partito Democratico e Unione di Centro).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Onorevole Presidente, intanto voglio ringraziare l'onorevole Ministro che, diversamente dal relatore e dai componenti della maggioranza, almeno è presente. Vedo che il relatore non c'è e che i componenti del PdL sono assolutamente assenti.

TERESIO DELFINO. Bisogna farlo chiamare, il relatore!

LUCA VOLONTÈ. Almeno lei, Ministro, ci fa respirare come se fossimo in una democrazia parlamentare. La sua serietà nell'essere qui ad ascoltare anche osservazioni totalmente diverse da quelle che...

PRESIDENTE. Onorevole Volontè, però è presente il vicepresidente della Commissione, non infierisca.

LUCA VOLONTÈ. Presidente Leone, lasciamo perdere per cortesia, non vorrei dire quello che lei avrebbe detto al mio posto.

TERESIO DELFINO. È una vergogna!

LUCA VOLONTÈ. Ringrazio molto il Ministro per la sua serietà, se così possiamo chiudere la vicenda penosa delle assenze, a partire da quella del relatore. Vorrei riprendere quanto hanno detto alcuni colleghi partendo, però, da un'esigenza che mi sembra fondamentale. Vedo che qualche minuto fa, onorevole Ministro, lei ha risposto sulle agenzie, ma certamente avrà saputo che la Germania - insieme ad Austria, Ungheria, Slovacchia e Slovenia - ha proposto di posporre l'aumento del volume delle quote latte al prossimo anno.
In questa battaglia, che l'ha vista impegnata in prima persona, immagino che lei ritenga giusto portare a termine l'iter di esame di questo provvedimento raccogliendo il massimo consenso. Questo quindi è un invito, anche a fronte di quanto sta accadendo in Europa, a raccogliere il massimo consenso su questo provvedimento che, come lei ha ascoltato dagli autorevolissimi colleghi che mi hanno preceduto, non trova un'ostilità da parte dell'opposizione; trova - alla Camera adesso, come al Senato qualche settimana fa - la volontà reale di poter contribuire positivamente ad eliminare alcune distorsioni e - mi permetta di usare un termine un po' colorito - a superare alcune furbizie che noi riteniamo, probabilmente in malafede, presenti in questo testo (ma che come noi ritengono presenti tante categorie, tante persone, insomma tante forze politiche).
Sembra quasi, per esempio, che gli unici produttori a non avere le nuove quote siano quanti hanno rispettato le leggi; sembra quasi che tutto il 5 per cento vada a favore degli splafonatori; sembra quasi che la maggioranza, che ha scelto con grandi sacrifici di proseguire l'attività nel rispetto delle leggi, sia messa di fronte a due prospettive (frenare la crescita delle proprie aziende limitandone la produzione di latte alla propria quota originaria, oppure sviluppare l'attività caricando le aziende di gravosi investimenti per l'acquisto o l'affitto di altre quote latte), mentre la minoranza, che ha scelto di disattendere il regime comunitario e le misure adottate dal Parlamento e dal Governo continuando a produrre latte senza freni e senza oneri finanziari, ha realizzato una concorrenza sleale nei confronti dei colleghi corretti.
Dal provvedimento in esame sembrano tante cose, e non voglio neanche citare gli allevatori-deputati, gli ex allevatori-senatori o gli ex capipopolo che nel 1993 Pag. 19riempivano le piazze e che adesso sono prossimi alla riconferma al Parlamento europeo (sono cose che non mi interessano e di cui si stanno già occupando i giornali)!
Non penso neanche che un Ministro serio come lei - che dimostra ancora oggi la sua serietà - possa farsi condizionare da questi autorevoli colleghi parlamentari, che pure potrebbero trarre qualche vantaggio da questo provvedimento. Penso, invece, che si debba porre rimedio ad alcune distorsioni che sono state fatte presenti e certamente il testo licenziato dalla Commissione agricoltura non ha permesso di portare avanti quelle ulteriori modifiche nella prospettiva che lei stesso auspicava nel dibattito svoltosi al Senato in prima lettura. Mi sembrava di aver letto, infatti, proprio alla fine dell'approvazione del disegno di legge di conversione al Senato, alcune dichiarazioni sue e del Ministro Bossi, che l'accompagnava in quella circostanza, in cui affermavate che da qui all'approvazione finale della Camera, vi sarebbero state alcune modifiche, anche significative, per alcuni elementi distorsivi di cui avevate preso atto durante il dibattito. Questo momento - come dimostra la sua serietà con la presenza di oggi - è arrivato. Alcune modifiche che, probabilmente, non sono state realizzate in Commissione per ragioni di tempo, devono diventare l'oggetto della riflessione nell'Aula di Montecitorio e si dovranno approvare degli emendamenti presentati anche dall'opposizione che vanno nella direzione auspicata dal dibattito svoltosi al Senato.
Onorevole Ministro, pur con tutta la considerazione positiva che si può avere per gran parte di questo decreto-legge, bisogna certamente constatare che non si vi sarà la possibilità, se non saranno apportate modifiche, di vedere riaffermati nella loro sostanza molti dei principi di legalità e di equità previsti dalla legge n. 119 del 2003; cosa che noi consideriamo un'assoluta priorità. Sia il relatore sia il Governo hanno prestato scarsa attenzione al fatto che occorreva evitare penalizzazioni nei confronti di chi si è sempre mantenuto in un percorso di legalità. È fondamentale, invece, l'approvazione definitiva di un provvedimento coerente con i principi di legalità e di equità di cui alla legge n. 119 per garantire a tutti i produttori del comparto lattiero-caseario pari opportunità e la possibilità di miglioramento della loro struttura aziendale.
Non sono stati né la volontà né il coraggio, purtroppo, finora, da parte del Governo e della maggioranza, di rendere più stringente l'obbligo della rinunzia al contenzioso, di definire norme e modalità chiare, da non consentire in futuro comportamenti elusivi del percorso di regolarizzazione, e mi pare che l'approvazione di alcuni emendamenti della Lega hanno reso il testo più ambiguo ed incerto.
Onorevole Ministro, diversamente da molti auspici «sprecati» e annunciati con autorevolezza durante il dibattito al Senato, anche per quel che riguarda l'assegnazione delle nuove quote latte l'assurdità della maggioranza è stata pressoché totale. Si è stati sordi alla nostra richiesta di evitare di premiare proprio coloro che avevano maggiormente violato la legge con il rifiuto di ampliare agli ultimi cinque periodi, e non soltanto dal 2007 al 2008, la produzione di riferimento, nonché di stabilire il limite del 100 per cento della quota già in possesso del produttore. Il nostro gruppo dell'Unione di Centro - l'ha detto poco fa, l'onorevole Delfino - trova assolutamente ingiustificabile voler difendere la normativa in questione con le altre norme, anch'esse giuste, contenute nel provvedimento e introdotte dal Senato (come il Fondo di solidarietà nazionale).
Onorevole Ministro, al di là di tutto ciò che è stato detto e che si dirà in questi giorni, e anche dei possibili conflitti d'interesse che possono legittimamente colpire molti colleghi di altri gruppi parlamentari, ci sembra importante - questo è il nostro auspicio - che si ponga con attenzione una questione di equità, e di legalità, che anche i nostri emendamenti pongono alla sua attenzione e a quella del mondo agricolo. Si tratta di una serie di emendamenti che riportano al centro la legalità Pag. 20e l'equità, e portano di nuovo l'attenzione del provvedimento sull'interesse generale dei produttori, e di tutto il comparto agricolo. Per essere valorizzato, il comparto necessita di quelle modifiche che, non si capisce il perché, pur auspicate al Senato, in una settimana, invece, sono state non solo tralasciate, ma contraddette grazie ad emendamenti di altre forze politiche).
Signor Ministro, l'aspettiamo, dopo questa discussione sulle linee generali, nel dibattito in fase di discussione degli emendamenti in Aula, e auspichiamo in questo senso che il suo punto di vista per migliorare questo decreto-legge possa sostanzialmente avvicinarsi alle nostre idee di legalità e di equità per tutti (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Partito Democratico e Italia dei Valori).

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo per tranquillizzare l'amico e collega Volontè circa la mia presenza in Aula, e per ricordargli che per il gruppo del Popolo della Libertà è già intervenuto autorevolmente l'onorevole Di Caterina, e che io stesso mi riservo di intervenire in chiusura di seduta.

LUCA VOLONTÈ. Bravissimo! Sei arrivato in corner, ma bravissimo!

SIMONE BALDELLI. La ringrazio anche per i complementi. Quando avremo bisogno di un censore o di un regolatore di presenze dopo l'impronta digitale avremo anche l'onorevole Volontè «digitale».

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Zucchi. Ne ha facoltà.

ANGELO ZUCCHI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, ci sarebbe voluto più coraggio. Lo dico quasi paradossalmente, ma più coraggio avrebbe facilitato la discussione. L'avrebbe fatta uscire dall'ambiguità nella quale le ragioni non dette, le ragioni sospettate e le diverse chiavi di lettura l'hanno in qualche modo costretta. Infatti, il decreto-legge di cui stiamo discutendo oggi si occupa sostanzialmente della rateizzazione di un debito, di un debito cospicuo che nel corso degli anni si è sempre più incrementato, delle multe per eccesso di produzione di latte che l'Italia paga all'Europa, e che chi finora le ha causate si è ostinato a non pagare.
In effetti, Presidente, più che di multe non pagate si dovrebbe per la precisione parlare di multe non rimborsate. Infatti, per pagarle le stiamo pagando tutti, ma proprio tutti, cittadini produttori ma anche consumatori di latte, cioè tutti i cittadini italiani che pagano le sanzioni all'Europa, mentre coloro che hanno generato queste multe hanno fatto di tutto per non pagarle. Ecco, Presidente, questo decreto di fatto si occupa di loro. Il decreto, per informazione, ha origine dal recente negoziato europeo che ha concesso all'Italia un aumento di produzione del 5 per cento anticipato al 2009 rispetto agli altri Paesi europei che, l'aumento di produzione, lo avranno nella misura dell'1 per cento all'anno per i prossimi cinque anni.
Questo aumento anticipato ha un preciso obiettivo, quello di stabilizzare il mercato, sanando le irregolarità di cui sono protagonisti alcuni produttori italiani. È indubbio che è interesse del nostro Paese che si trovi una soluzione, anche per il ruolo che in Europa il nostro Paese dovrà svolgere, e per il rispetto degli impegni che in quel negoziato ci siamo presi. Come si potrà ricordare, il tema delle quote latte è per il nostro Paese storia che si ripete. Di quote latte se ne è già parlato qualche anno fa, per la precisione nel 2003, quando si votò una legge, la n. 119, approvata a larghissima maggioranza dal Parlamento. Credo di non ricordare male se affermo che la sola Lega padana, o Lega nord, votò contro quella legge, provvedimento che doveva mettere la parola fine al trascinamento di una vicenda che ci copriva di ridicolo in tutta Europa. Pag. 21
Fu proprio nella legge n. 119 del 2003 che si costruirono le condizioni per uscire da una vicenda non particolarmente gratificante. Si costruirono cioè procedure atte a fornire sufficienti garanzie di rispetto della produzione di latte (o, come si voglia chiamare, quota assegnata), si definì in quell'occasione una procedura per favorire, attraverso un percorso di rateizzazione, il pagamento del debito generato dalle multe fin lì non pagate, procedimento di rateizzazione al quale aderirono la stragrande maggioranza dei produttori: una rateizzazione di quattordici anni a interessi zero, che sembrava l'unico modo per far rientrare nella regolarità un settore così importante per il comparto agroalimentare.
Voglio ricordare che parliamo, nella situazione di oggi, di circa 40 mila produttori di latte e di una produzione di grande qualità che alimenta una delle nostre più invidiate produzioni di formaggi DOP, quella del Parmigiano reggiano e del Grana padano. Eppure la vicenda, che tutti si pensava finita con l'approvazione della legge n. 119 (Ministro allora era Gianni Alemanno), ebbe delle code. Poche migliaia di produttori decisero di non aderire e intrapresero vie giudiziarie attestandosi sostanzialmente su una posizione che certo non favoriva, come evidentemente non ha favorito, la soluzione dell'annoso problema.
Ho parlato, Presidente, di debito cospicuo perché si tratta di un miliardo 700 milioni (tanto è l'ammontare complessivo del debito). Le ragioni del decreto sono tutte qui. Ora noi del Partito Democratico, Presidente, comprendiamo bene la necessità che la vicenda trovi una soluzione.
Per la verità, dal nostro punto di vista, avremmo preferito che si applicasse la legge n. 119 del 2003. Si poteva, cioè, cercare una soluzione anche attuando la legge vigente o, quanto meno, ci si poteva ispirare a quell'impostazione. Infatti la situazione è indubbiamente delicata e lo dimostrano le tante manifestazioni e proteste di una parte del mondo agricolo e produttivo che teme che il decreto-legge possa in un qualche modo assolvere una funzione di sanatoria, anziché avere la dignità di un provvedimento che cerca di chiudere una vicenda nel rispetto di tutte le parti coinvolte.
Quali sono le parti coinvolte? Non dobbiamo sottovalutare che in questa vicenda si confrontano, da una parte, un numero elevato di produttori che hanno faticosamente aderito alla prima rateizzazione del 2003, si sono conformati al volere legislativo, si sono sforzati di organizzare un processo produttivo che consentisse loro di restare in un processo di legalità, hanno fatto investimenti acquistando quote per tenere la propria produzione nella legittimità o, ancora, hanno affittato quote per rispondere alle proprie necessità produttive. Dall'altra parte, vi è un numero esiguo ma che, in valore reale rappresenta circa l'80 per cento del valore delle multe non pagate, che si è tenuto ai margini di questo processo di rientro di legittimità, ha prodotto in eccesso, si è rifiutato di pagare le multe, ha preferito scegliere la strada dei ricorsi e si è appellato ovunque possibile per non sanare la propria situazione e, in ultima analisi, non si può escludere che tale atteggiamento abbia finito per ripercuotersi negativamente anche sul mercato.
Possiamo, quindi, non ascoltare le ragioni di coloro che in queste settimane hanno rimesso in moto i trattori per chiedere, ad Arcore come a Gemonio, che non ci si dimenticasse di loro, dei loro sforzi, della loro crisi che è una crisi sì economica, è una richiesta sì di sostegno al settore, ma è anche una richiesta di rispetto per coloro che vogliono lavorare dentro le regole.
Sono convinto che proprio queste manifestazioni hanno contribuito a cambiare il decreto-legge nella discussione al Senato: è certo merito delle organizzazioni di categoria o di alcune di esse e dei tanti allevatori che si sono mobilitati, se il decreto-legge non è più lo stesso di quello uscito dal Consiglio dei ministri.
È in questo contesto e con questa consapevolezza che il Partito Democratico si è confrontato nel merito del decreto-legge. Ha assunto sin dall'esame in Senato Pag. 22un atteggiamento costruttivo, avendo come ispirazione il tentativo di arrivare ad un provvedimento che tenesse conto delle cose che ho detto sin qui e consentisse di occuparsene con equilibrio.
Devo dire che in Senato il testo, arrivato dal Consiglio dei Ministri, è stato, secondo il nostro punto di vista, migliorato, non tanto tuttavia da farci cambiare idea sulla contrarietà a questo decreto-legge. Sono stati introdotti alcuni elementi di garanzia, a nostro avviso, necessari per evitare un provvedimento troppo squilibrato che tendesse a premiare chi, in realtà, non può essere premiato. Uno su tutti è la rinuncia al contenzioso: la rinuncia, cioè, per coloro che intendono aderire alla rateizzazione del pagamento delle multe proposte ad ogni procedura di contenzioso in essere.
Per la verità tale provvedimento, che in una transazione sarebbe considerato normale, è stato introdotto soltanto grazie al parere condizionato della Commissione bilancio del Senato e non già per una convinta azione di recepimento delle nostre ragioni da parte della maggioranza né tantomeno del Governo. Voglio, peraltro, ricordare che la rinuncia al contenzioso è una delle condizioni alle quali si sono sottoposti coloro che aderirono alla rateizzazione prevista dalla legge n. 119. Il che naturalmente ci fa guardare con sospetto alla posizione ostinatamente contraria del Governo e del Ministro ad accettare l'inserimento di tale condizione anche in questo decreto-legge.
Il Partito Democratico si era particolarmente speso su tale aspetto, considerandolo uno degli elementi indispensabili di garanzia da richiedere in cambio di una nuova opportunità data di accedere ad un nuovo processo di rateizzazione. È proprio sui processi di adesione che riteniamo giusto concentrare la nostra azione. Alla semplice dichiarazione di adesione vengono assegnate al produttore quote aggiuntive, prima ancora di aver decretato l'accoglimento di tale richiesta, e, solo in un secondo tempo, dopo aver verificato l'inesistenza delle condizioni, ne viene richiesta la restituzione.
Più saggiamente noi riteniamo - e lo proponiamo con un nostro emendamento - che in fase transitoria le quote siano inserite in riserva nazionale e dopo le opportune verifiche, semmai, assegnate. È evidente che siamo di fronte ad un modo opposto di affrontare il tema.
O ancora, l'ipotesi che l'AGEA possa trattenere in via preventiva i premi PAC di spettanza del debitore solo sul pagamento della prima rata della multa, anziché a scalare anche su tutte le rate successive, indica proprio che siamo in presenza di accorgimenti a garanzia dello Stato che sono alquanto discutibili. Inoltre, ad esempio, rilevo che il fatto, per noi positivo introdotto al Senato, che l'inosservanza del pagamento anche solo di una rata fosse condizione di decadenza dal beneficio della rateizzazione, viene trasformato in Commissione agricoltura della Camera in «mancato reiterato versamento dell'intera rata», a seguito di un emendamento approvato: ciò vuol dire che si vogliono rendere le garanzie meno cogenti, meno certe, insomma che in qualche modo si allargano le maglie della rete.
Per questo riteniamo che le procedure e di conseguenza le garanzie richieste non contengano quegli elementi di chiarezza indispensabili per un corretto rapporto tra due parti che stanno promuovendo una transazione. Lasciatemelo dire: in alcuni passaggi si può persino affermare che siano state costruite più per produrre altri contenziosi che per definire con chiarezza un processo. Anzi, se fosse possibile, alcune azioni emendative accolte in Commissione agricoltura della Camera hanno ulteriormente accentuato questo aspetto. Ne parleremo, naturalmente, nel prosieguo della discussione e durante la fase di illustrazione dei nostri emendamenti.
Vi sono poi altre questioni sulle quali esprimiamo dubbi e contrarietà. La più evidente riguarda l'ordine di assegnazione delle quote. Proprio rispetto a quei principi di equità e anche di giustizia ai quali il decreto in esame avrebbe dovuto ispirarsi, resta incomprensibile - anzi per la verità si comprende benissimo e per questo siamo fortemente critici - come si Pag. 23possa pensare di distribuire questa quota di produzione aggiuntiva, senza fare differenza tra chi in questi anni ha affittato le quote e chi in questi anni ha ecceduto nella sua produzione. Non sfugge infatti la differenza: mentre i primi ricorrono ad affittare quote per garantire la propria produzione in un contesto di rispetto delle regole, i secondi eccedono, sforano e producono di più della loro quota assegnata, senza nessun costo aggiuntivo, né tantomeno - lasciatemelo dire - preoccupandosi della legge.
Anche la costituzione del fondo di rotazione ci appare inadeguata. Il fondo nasce con l'intento di sostenere un settore, quello lattiero caseario, fortemente in crisi, e dentro questo settore sostenere coloro che in questi anni hanno investito nell'acquisto di quote, si sono cioè indebitati acquistando quote di produzione a un valore che oggi si è fortemente deprezzato. Si è deprezzato e rischia di deprezzarsi ulteriormente per il fatto che nel 2015 il regime delle quote scomparirà. La produzione, almeno nelle intenzioni attuali dell'Europa, sarà totalmente libera e costoro naturalmente vedranno evaporare i loro investimenti e il valore dei loro investimenti. Si troveranno cioè sempre più esposti con le banche e quindi il fondo dovrebbe assolvere a questo scopo e dovrebbe farlo agendo in conto interessi.
Noi pensiamo che i pur apprezzabili 45 milioni previsti non siano sufficienti e ci si consenta anche di esprimere qualche perplessità sulle coperture trovate, una sostanziale partita di giro all'interno del Ministero dell'agricoltura: si toglie al fondo della meccanizzazione, al piano forestale e ai piani nazionali di settore, come quello delle agroenergie, per esempio. Siamo particolarmente critici sulla copertura perché conosciamo bene - e lo sanno bene anche gli agricoltori - quante risorse siano state tolte all'agricoltura, risorse per interventi indispensabili, che non si riescono a fare e non si faranno mettendo sempre più in crisi un settore già fortemente provato.
Per non parlare poi del ruolo scippato alle regioni: la legge n. 119, per le regioni, prevedeva un ruolo di gestione amministrativa del sistema di prelievo, l'irrogazione di sanzioni, la riscossione coattiva, insomma un ruolo attivo, un coinvolgimento del territorio, in sintonia e in coerenza con il fatto che la materia agricola è materia regionale. Nel decreto-legge in esame si opta per il ritorno al centralismo, al controllo di «Roma ladrona», direbbero altri, all'istituzione di un commissario, l'ennesimo commissario italiano.
Il decreto-legge in esame, così com'è, complessivamente, ci lascia molto critici. Rischia perfino, per come è stato costruito, di non raggiungere il risultato che si propone: la rateizzazione trentennale e il costo elevato degli interessi, secondo alcune dichiarazioni tra le quali voglio annoverare anche quella del Ministro, rischierebbero di disincentivare le adesioni.
Vi è il sospetto, dunque, che le condizioni proposte non siano favorevolmente accolte da coloro che dovrebbero aderirvi. Quindi, vi sarebbe il rischio che quelle tonnellate di quote assegnate all'Italia finiscano, anziché a compensare produzioni, che in qualche modo già avvengono, a determinare nuove produzioni o nuova mungitura, con evidenti ricadute sul prezzo del latte, che già, come avviene oggi, viene remunerato e copre, a malapena, i costi di produzione.
Se le cose stanno così, ci si chiede come si possa continuare a sostenere che il negoziato in Europa sia stato un successo. Forse, si potevano lasciare le quote dov'erano, se la ragione per la quale sono state portate a casa non si realizza pienamente. Forse, invece, le cose non stanno così e, pertanto, vi devono essere altre ragioni che, indipendentemente dalle rate e dagli interessi, inducono all'adesione. Sono proprio queste ragioni a farci ritenere che sarebbe stato meglio continuare con la legge n. 119 del 2003, la sua applicazione e il rispetto dei suoi principi. Sono proprio queste ragioni, e le altre che ho cercato di elencare, che ci convincono ad un voto fortemente contrario al decreto-legge in discussione.
In conclusione, signor Presidente, vorrei esprimere alcune parole su altri diversi Pag. 24provvedimenti presenti, in primo luogo, con riferimento al fondo di solidarietà, che viene rifinanziato in questo decreto-legge. Tutti sappiamo l'importanza che riveste per il mondo agricolo: si tratta di cofinanziare un processo assicurativo contro le calamità naturali, a cui accedono circa 200 mila aziende. Noi, ma direi tutta la Commissione, a più riprese, non ha mancato di lamentare il taglio di risorse che delimitava il finanziamento. Tutte le organizzazioni di categoria lo rivendicano come essenziale per le sorti di tanti imprenditori agricoli. L'agricoltura non può farne a meno.
La legge istitutiva è una legge che l'Europa ci copia, mentre in Italia, almeno fino ad oggi, abbiamo pensato bene di non rifinanziarla. Allo stesso modo, con riferimento ad altri provvedimenti, che riguardano il canone ricognitorio in agricoltura e la risoluzione dei contenziosi INPS per le cooperative forestali, che sono nuovamente stati recepiti all'unanimità dalla Commissione agricoltura ed inseriti nel decreto-legge in discussione. Gesto apprezzabile e, in qualche modo, doveroso, visto che, nello specifico, questi due provvedimenti erano già stati votati all'unanimità, addirittura dall'Assemblea, in occasione dello scorso decreto-legge concernente il rilancio del settore agroalimentare, e abrogati, quasi contestualmente a distanza di addirittura poche ore, con disinvoltura, dal Consiglio dei ministri, in sede di approvazione del decreto-legge «milleproroghe».
Ovviamente siamo soddisfatti di questi provvedimenti, per i quali ci siamo battuti ed impegnati. Ovviamente, signor Presidente, siamo soddisfatti se il citato fondo troverà adeguata copertura. Tuttavia, non essendosi ancora espressa, nel momento in cui interveniamo, la Commissione bilancio, rinvieremmo gli apprezzamenti perché, per troppe volte, abbiamo assistito a decisioni assunte all'unanimità dalla Commissione agricoltura, smentite da altri pareri. È il caso di dire, signor Presidente, che, come mai, in questo caso, la prudenza non è mai troppo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico e di deputati dei gruppi Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti del quarto circolo della scuola elementare «Lorenzo Milani» di Potenza, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
È iscritto a parlare l'onorevole Oliverio. Ne ha facoltà.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, oggi esaminiamo un altro decreto-legge, quello del 5 febbraio 2009, n. 4.
Signor Presidente, signor Ministro, non ci troviamo davanti ad un banale ed ordinario episodio di vita parlamentare, ma ad un fenomeno grave: l'abuso della decretazione d'urgenza e dei maxiemendamenti, l'abuso dei provvedimenti cosiddetti milleproroghe, l'introduzione di leggi cosiddette trenino, per cui al primo vagone si agganciano, man mano che proseguono i lavori parlamentari, altri vagoni, con norme ugualmente importanti, ma con contenuti diversi. Tutto ciò degrada l'attività del Parlamento e modifica in senso peggiorativo i rapporti tra Governo e Parlamento stesso.
Mi corre l'obbligo di ricordare a quest'Assemblea - ma i colleghi lo sanno, perché vivono questa condizione sulle loro spalle - che, per la nostra Costituzione, l'attività legislativa è di esclusiva pertinenza del Parlamento e che il Governo può esercitarla soltanto in casi eccezionali, sottoposta a regole certe e a condizioni precise.
In questo quadro di profonda erosione dell'identità e della funzione parlamentare, come non sottolineare, in questa sede, che il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, in questi primi dieci mesi di legislatura, oltre ad effettuare una copiosa e pirotecnica comunicazione propagandistica, ha presentato due soli provvedimenti legislativi e che entrambi sono stati decreti-legge da convertire al fotofinish. Pag. 25
Per l'agricoltura, in questa legislatura, non vi è mai stata una condizione di lavoro parlamentare proficua, attenta, protesa ad una programmazione di interventi in grado di rilanciare il settore agroalimentare che attraversa oggi una grave crisi economica e finanziaria che vede la platea dei lavoratori e delle imprese agricole - pari a oltre un milione, ovvero il 16 per cento del totale delle imprese italiane, e che valgono oltre 220 miliardi di euro - diventare sempre più povera.
Ebbene, signor Presidente, signor Ministro, il Partito Democratico ha sempre manifestato il suo senso di responsabilità, un grande senso di responsabilità, e il suo impegno a voler lavorare nell'esclusivo interesse dell'agricoltura e dei suoi operatori, mettendo da parte strumentali e pretestuosi atteggiamenti ideologici. Per noi Democratici, la conversione del decreto-legge sulle quote latte, che interessa un segmento importante, ma molto limitato degli imprenditori agricoli, in particolare gli allevatori, vuole rappresentare un'occasione privilegiata per scuotere il Governo.
Prendendo a prestito un'immagine del mondo agricolo, intendiamo dare all'albero dell'Esecutivo una poderosa scrollata per fargli rilasciare un bel po' di frutti e di risorse, che non sono costituiti soltanto da interventi monetari, ma da un complesso di misure per definire un piano strategico di rilancio e di sviluppo del settore. Siamo, infatti, convinti che occorre evitare che nella crisi vi sia un settore più sfortunato di altri. L'agricoltura non è «figlia di un Dio minore». Si parla legittimamente - figuriamoci - delle difficoltà delle aziende manifatturiere, degli istituti di credito, delle fabbriche di auto e delle società che offrono servizi, ma di agricoltura si continua a non parlare e, quando se ne parla, lo si fa in coda. Non occorre aprire una guerra tra settori, ma sarebbe davvero espressione di cecità dimenticare le difficoltà e i rischi conseguenti che sta affrontando il comparto agricolo e le ricadute che questi hanno sull'industria alimentare e, quindi, sull'occupazione e sui consumi dei cittadini.
Il Governo, a fronte di questa sfavorevolissima congiuntura, si è mostrato sordo alle proposte e alle ricette dell'opposizione: ha fatto da solo e ha fatto male, come ben sanno le organizzazioni del mondo agricolo. Così è stato anche riguardo al decreto-legge sulle quote latte. Siamo consapevoli, signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, che l'annosa vicenda delle quote latte è certamente una questione da chiudere. Siamo d'accordo, è un problema dannoso per tutto il nostro Paese. È una zavorra - così lo ha definito il capogruppo del partito Democratico in Commissione agricoltura e produzione agroalimentare al Senato, la senatrice Leana Pignedoli - che va tolta dai tavoli europei e dalle trattative internazionali, perché ci vincola e ci penalizza; è un peso per le casse dello Stato e soprattutto per i cittadini, ai quali è tolta la disponibilità finanziaria di oltre un miliardo e mezzo di euro che avrebbe potuto essere destinata a sostenere i tanti lavoratori che in questo periodo perdono il lavoro, a concorrere a risolvere le tante emergenze agricole causate da queste ondate di maltempo e a mettere in campo efficaci misure per rilanciare il settore agroalimentare. Chiudere questa annosa vicenda, però, prefigura la definizione seria di questa problematica; vuol dire chiuderla bene premiando la legalità, la trasparenza e il rispetto delle regole, voltando pagina e mettendo la parola «fine» alle iniquità.
Quando gli agricoltori, in particolare gli allevatori - che sono anche caratterialmente molto schivi a promuove iniziative di protesta - vanno così numerosi a protestare nelle piazze di tutto il nord del Paese c'è qualcosa che non va; questo malessere bisogna saperlo cogliere in pieno, in considerazione della drammatica debolezza di tutto il comparto. Anche per questo motivo il Governo non può legiferare avendo in mente solo l'obiettivo di sanare o condonare prepotentemente e prevalentemente la posizione di 667 allevatori Pag. 26 furbetti, ovvero l'1,58 per cento del totale degli allevatori, responsabili di non avere rispettato affatto la legge. Non abbiamo manie di persecuzione nei confronti di questi produttori che hanno fatto scelte quanto mai dubbie, ma nella ripartizione dell'assegnazione delle quote dobbiamo tutelare prioritariamente coloro i quali hanno sempre operato nell'ambito legale.
Alcuni di essi, poi, hanno versato importi consistenti nelle casse dello Stato. Aspetto non di poco conto è, infatti, quello dell'IVA versata: su tutte le operazioni di compravendita di quote, i produttori hanno versato all'erario qualcosa come 200 milioni di euro. Per questo il PD ha dato agli allevatori che sono scesi in piazza la solidarietà politica ed umana, pur senza mettere in campo nessuna strumentalizzazione.
Noi, signor Presidente, amiamo l'agricoltura e al rilancio del settore agroalimentare vogliamo puntare mettendo al centro della nostra azione i suoi problemi e la necessità di promuovere azioni e iniziative che possano convertire, con positività, i punti di debolezza e costruire una prospettiva futura di questo importante settore primario della nostra economia.
Ma torniamo al merito del provvedimento: avremmo preferito - come abbiamo scritto nel documento consegnato al signor Ministro in occasione di un incontro da lui convocato prima del varo del decreto-legge, in considerazione dell'obiettivo di chiudere un contenzioso che si sta trascinando da circa 25 anni e che è costato agli italiani circa un miliardo e mezzo di euro versati all'Unione europea - che si applicasse all'odierno processo di definizione legislativa la legge 30 maggio 2003, n. 119, che, proposta dall'allora Ministro Alemanno, fu votata da larghissima parte del Parlamento. Solo la Lega nord non la votò e preferì mettersi dalla parte dei Cobas del latte, che protestarono su tutte le piazze del nord, giungendo fino alle porte di Roma.
Avevamo auspicato che di quella legge si cogliesse almeno l'importanza del ruolo che essa affida alle regioni quali organi deputati all'amministrazione delle quote latte dei rispettivi territori. Invece, un Governo che si è fregiato della medaglia del federalismo e che nel nord innalza questo vessillo contro il sud, ha escluso le regioni perfino da un preventivo confronto.
Attraverso la vicenda del decreto sulle quote latte è possibile, infatti, leggere in filigrana la consistente dose di strumentalità condensata in alcune classiche battaglie leghiste. Come si può dar credito, per esempio, all'intemerata federalista del Carroccio, quando, su una questione tanto importante per l'economia e gli assetti socio-produttivi delle realtà locali, le regioni vengono estromesse in maniera plateale ed ogni decisione avocata al Governo? Il potere alle regioni e alle istituzioni locali va riconosciuto sempre, a prescindere dalla convenienza politica del momento, quando conviene e quando non conviene, quando si è all'opposizione e quando si è al Governo. Questa storia delle quote latte, invece, dimostra che nella Lega non la pensano così.
Ciò nonostante, le regioni hanno elaborato un documento unitario con il quale, indipendentemente dal colore politico dei diversi assessori, hanno espresso un parere negativo sui contenuti del decreto, denunciando come proprio le regioni siano state espropriate di una prerogativa che la legge sulle quote latte riserva loro. Altro che federalismo! Per una strana legge del contrappasso, questo Governo si sta dimostrando ipercentralista. Evidentemente, parole a parte, la tentazione di accentrare nelle mani dello Stato incombenze tipicamente gestionali è rimasta particolarmente forte.
Più strano appare poi tutto ciò in relazione all'appartenenza politica dell'attuale Ministro delle politiche agricole, al quale devo dare atto della particolare attenzione nel seguire direttamente, anche in questa occasione, i lavori della Commissione e dell'Aula. Mi duole, tuttavia, signor Ministro, che della particolare sua diligenza e dell'asserita verbale sua disponibilità ad aprire un confronto costruttivo, l'agricoltura e, in particolare, i tantissimi Pag. 27allevatori non potranno trarre alcun beneficio. I vantaggi e le regalie, infatti, sono stati confezionati con cura e nei minimi particolari, signor Presidente - e di questo va pienamente reso merito al Ministro Zaia - per consegnarli, alla vigilia delle elezioni amministrative ed europee, ai quattro amici dei Cobas. In occasione dell'incardinamento del provvedimento in Commissione, avevamo invece capito - ma ci siamo sbagliati di grosso, prendendo lucciole per lanterne - che vi fosse la volontà di aprire uno spiraglio per un ragionamento costruttivo.
Avevamo percepito dagli interventi del relatore di maggioranza, il presidente Russo e del Ministro Zaia una qualche disponibilità ad un confronto con l'opposizione sulle questioni che fin dal primo incontro avevamo fatto presenti e sui quali i colleghi del Partito Democratico che mi hanno preceduto si sono soffermati. Voglio solo ricordarne i titoli: la priorità degli affittuari sugli splafonatori; la priorità nella prima fascia per tutta la quota B e non solo quella relativa al quantitativo prodotto; la rinuncia ad ogni contenzioso; la durata della rateizzazione in un massimo di venti anni a tassi di mercato; l'assegnazione delle quote di riserva nazionale fino all'adesione della rateizzazione del pagamento della prima rata; la restituzione del prelievo pagato in eccesso con la franchigia dello splafonamento del 20 per cento, così come previsto dalla legge n. 119 del 2003; la trattenuta preventiva dei premi PAC per utilizzarli a scalare sul versamento delle singole rate; un adeguato fondo per i produttori che hanno acquistato quote.
Oggi, purtroppo, prendiamo atto che il Ministro non è stato in grado di soddisfare le aspettative che aveva suscitato perché ha dovuto accontentare i pochi grandi splafonatori, che noi abbiamo definito «i furbetti delle mangiatoie» e che non hanno mai rispettato la legge.
Il Ministro, come tutta la sua maggioranza di Governo, non ha minimamente prestato attenzione alle tante aziende che hanno agito nella piena legalità e nel rispetto delle regole, accendendo all'occorrenza mutui consistenti che pesano oggi più che mai sui bilanci aziendali e che spesso hanno addirittura causato la chiusura o il fallimento di moltissime aziende; è per questo che abbiamo presentato un pacchetto limitatissimo di emendamenti.
Questi furbetti, però, oggi vedono stendere sulle loro colpe un velo pietoso, a tutto danno di quelli che, invece, anche con duro sacrificio economico, si sono comportati correttamente e lealmente verso lo Stato. Ma, signor Presidente, non erano i leghisti quelli di «Roma ladrona», quelli che hanno fatto della lotta agli sprechi e ai comportamenti accondiscendenti verso determinate categorie gli slogan e le parole d'ordine di maggiore successo? Anche qui non ci possono essere due comportamenti diversi quando si è al Governo e quando ci si trova all'opposizione.
Sanatorie per comportamenti illeciti non possono essere mai ammesse né giustificate, non solo per i danni economici che provocano al sistema in generale e al corretto funzionamento dei mercati in particolare, ma soprattutto perché non può passare e diventare regola l'idea che rispettare le leggi non conviene.
Signor Presidente, signor Ministro, tutto ciò sarebbe inaccettabile perché soprattutto il decreto-legge del Ministro porta un bel regalo, una sanatoria neanche tanto mascherata alle illegalità che ha subito il nostro comparto lattiero-caseario e questo regalo è dato ai super-splafonatori: un vero e proprio colpo di spugna.
Signor Presidente, signor Ministro, signori del Governo, la gravità degli effetti che produce questo provvedimento e l'atteggiamento sostanziale di chiusura del Ministro Zaia sono stati rimarcati nelle grandi manifestazioni che si sono svolte e che continuano a svolgersi nelle più importanti piazze del nostro Paese.
Al momento, tra l'altro, possiamo solo prendere atto che il decreto-legge sulle quote latte è stato peggiorato, così come diceva il collega Zucchi, rispetto al testo licenziato dal Senato: è stata inserita una modifica che peggiora vistosamente la situazione. Se nel testo licenziato dal Senato Pag. 28bastava il mancato pagamento di una rata per far decadere immediatamente i benefici derivanti dalla rateizzazione e dall'assegnazione di nuove quote, un emendamento della Commissione agricoltura alla Camera - credo proposto dal capogruppo della Lega - stabilisce che la decadenza di questi benefici si avrà solo in caso di reiterato mancato pagamento. Cosa si intende per «reiterato»? Quante rate non si dovranno pagare per subire la decadenza? Tutto ciò sarà ancora materia di infinite dispute legali, fonte di nuovi ricorsi e di sospensive da parte dei tribunali e ciò ovviamente depotenzia la denuncia e i contenziosi che rimangono per i soli debiti esigibili.
Inoltre, devo dire che le risorse assegnate a sostegno del settore lattiero-caseario sono insufficienti; è necessario pertanto aumentare il fondo di rotazione con cui poter rifinanziare gli allevatori che avevano investito in quote. L'importo finora finanziato di 35 milioni di euro non è assolutamente sufficiente, infatti, a garantire un piano consistente per apportare ossigeno alle aziende investitrici.
Bisogna quindi attivare un finanziamento in conto interesse tale da poter ristorare gli investimenti fatti nel settore quote con piani di rientro a lungo termine a interessi zero. Non servono garanzie fideiussorie o facilitazioni all'accesso al credito, ma riduzioni all'entità delle rate per gli allevatori onesti. Sarebbe una boccata d'ossigeno di grande portata per il settore zootecnico nazionale, che rappresenta il motore dell'intera agricoltura.
Al di là delle quote latte, è stata approvata al Senato la proroga delle agevolazioni previdenziali per le aree svantaggiate del Paese e sono stati votati alla Commissione agricoltura della Camera alcuni emendamenti senza, ancora oggi, il parere della Commissione bilancio, relativi all'assegnazione di nuove risorse per il Fondo di solidarietà, alla definizione del contenzioso delle cooperative forestali dell'INPS, ai canoni concessori per l'attività delle pesche e dell'acquacoltura, norme già previsto dal decreto-legge n. 171 del 2008 e poi abrogate dal cosiddetto decreto-legge milleproroghe.
Si tratta di misure che il Partito Democratico aveva richiesto con emendamenti e ordini del giorno fin dall'inizio della legislatura, che oggi diventano patrimonio comune di tutta la Commissione agricoltura e che non possono essere considerate merce di scambio. Mi auguro che la scure del Ministro Tremonti sia, in questa occasione, più benevola, signor Ministro, acconsentendo alla dotazione di 330 milioni per l'anno 2009 e di 230 milioni di euro per gli anni 2010 e 2011. Vedremo. Bisogna evitare, comunque, il rischio che il Fondo sia coperto da un'accisa sugli alcolici che colpirebbe vino e birra, depotenziando il loro necessario rilancio competitivo.
Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, solo con una seria ed efficace politica agricola finalizzata al recupero dei margini di competitività delle nostre aziende, alla riduzione dei costi di produzione, alla difesa delle produzioni e alla loro valorizzazione, all'attivazione di nuovi strumenti di mercato e di sostegno del reddito aziendale, sarà possibile superare l'attuale fase di crisi strutturale del settore in un necessario quadro di riferimento europeo.
Il Partito Democratico è vicino ai tantissimi allevatori che stanno protestando contro il Governo, perché la loro iniziativa è assunta a difesa della legalità e ha consentito a tanti cittadini italiani di capire che questo decreto-legge sulle quote latte è un regalo ingiusto a quei pochi «furbetti delle mangiatoie» che hanno guadagnato sulle spalle degli onesti, una sorta di condono mascherato a favore di quattro amici.
Signor Presidente, per tutti questi motivi, se non interverranno in quest'Aula elementi significativi di responsabilità o, così come afferma il presidente Russo, «ragioni di comunione», il nostro voto sarà, con convinzione e ragionata determinazione, contrario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Fogliato. Ne ha facoltà.

SEBASTIANO FOGLIATO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la vicenda dell'applicazione del regime comunitario delle quote latte costituisce uno dei maggiori paradossi della recente storia italiana e, come tutti i paradossi, si fonda su ragioni che, pur apparendo incredibili, sono, purtroppo, reali e che, nel caso specifico, sono rappresentate dal fatto che in Italia mai siamo stati in grado di sapere quanto effettivamente fosse la nostra produzione di latte.
È evidente che applicare un regime che si fonda sulla regola di non poter produrre oltre un determinato quantitativo, senza sapere esattamente quanto si produce, diviene non solo difficile ma, appunto, paradossale. Non sapevamo quanto latte si produceva nel 1984. Con l'entrata in vigore del regime comunitario delle quote comunicammo una produzione diversa e inferiore a quella reale, fondandoci sulla malintesa idea che tale regime non l'avremmo comunque applicato e, quindi, senza curarci più di tanto che in tal modo avremmo pregiudicato, come poi è accaduto, il futuro sviluppo del nostro settore lattiero-caseario.
Ma quel che è peggio è che fatichiamo ancora oggi a sapere quanto latte si produce, visto che da più parti si continua giustamente a richiedere sia l'attuazione di verifiche incrociate tra le dichiarazioni di produttori ed il numero di vacche da latte iscritte all'anagrafe bovina, sia l'esecuzione di controlli specifici e addirittura la costituzione di una commissione ad hoc per indagare sul fenomeno del cosiddetto latte in nero.
Il vero problema è che la lunga e tormentata vicenda dell'applicazione del regime comunitario delle quote latte da parte dell'Italia è, in primo luogo, una storia di volontaria e prolungata inadempienza, nella quale le irregolarità più gravi non sono state e non sono necessariamente le più evidenti.
Sarebbe, infatti, troppo facile ricondurre l'intero problema agli allevatori che non hanno rispettato le quote loro assegnate, senza considerare il ruolo che per lungo tempo è stato svolto dai diversi soggetti istituzionali che tutto hanno fatto fuorché operare ai fini della corretta applicazione del regime comunitario, oppure ancora senza tenere conto che l'insufficienza della quota assegnata all'Italia (e quindi l'inevitabile superamento della stessa) ha rappresentato un utile paravento dietro al quale nascondere traffici tutt'altro che leciti, come quelli del latte in nero e dell'utilizzo delle polveri di latte, traffici dei quali da troppo tempo si parla perché dietro non vi sia niente di vero. Abbiamo imparato, dal 1984 ad oggi, che il mantenimento in vita del problema delle quote latte, se da un lato ricadeva sulle spalle dei nostri allevatori, dall'altro, andava ad alimentare tutta una serie di soggetti che, proprio dall'esistenza del perdurare di un problema che appariva storicamente irrisolvibile, hanno tratto e vorrebbero continuare a trarre linfa vitale per alimentare la loro presenza e, in alcuni casi, la loro rappresentanza. È probabilmente proprio per difendere interessi corporativi che sono destinati a venire meno, a seguito della risoluzione dei problemi di cui fino ad oggi si sono alimentati, che da più parti si stanno verificando così tante strumentalizzazioni contro il presente decreto-legge.
In particolare, si sente dire che con questo provvedimento si sconfessano le regole vigenti, delegittimando l'intero quadro normativo nazionale in materia di quote latte, che non si rispettano coloro che hanno sempre osservato le regole e che si assegnano quote ai cosiddetti splafonatori di professione, attuando una vera e propria sanatoria in favore di coloro che si sono rifiutati di riconoscere e quindi di pagare gli importi imputati a titolo di prelievo supplementare.
Sembra quasi impossibile che tali strumentalizzazioni possano avere luogo a fronte di un testo i cui contenuti sono stati fin dall'inizio molto chiari e facilmente leggibili, eppure questa è la realtà con cui oggi siamo chiamati a confrontarci. Per tale motivo, anche al fine di recare un Pag. 30contributo al sereno esame del provvedimento da parte di quest'Aula, riteniamo necessario operare alcune considerazioni riguardo alle suddette contestazioni che sono state mosse al presente decreto-legge.
In primo luogo, non vi è alcuna delegittimazione del vigente quadro normativo in materia di quote latte, la cui validità in nessun modo è posta in discussione con il presente decreto-legge. Non è questa la sede per una puntuale ricostruzione storica della vicenda delle quote latte, tuttavia, quando si sostiene che con il presente decreto-legge si determina la delegittimazione del quadro normativo vigente, diviene indispensabile richiamare le condizioni in cui, fino a pochi anni fa, erano applicate le quote latte al fine di meglio apprezzare la differenza con la situazione attuale. Ci riferiamo, in particolare, alle seguenti circostanze. Subito dopo la prima applicazione nel 1987 - quando vigeva la figura del produttore unico che in Italia era rappresentato dalle unioni denominate Unalat e Assolat - l'allora Ministero dell'agricoltura e delle foreste assegnò a tali soggetti una quota complessiva superiore di oltre il 5 per cento rispetto a quello che la Comunità europea aveva attribuito al nostro Paese.
Nel 1991 una legge dello Stato (la legge n. 201 del 20 luglio 1991), all'articolo 1, comma 3, disponeva che gli obblighi derivanti dalle disposizioni in materia di prelievo supplementare sul latte di vacca si applicavano a partire dal periodo 1991-1992 su tutto il territorio nazionale, riuscendo così in un colpo solo a derogare ad un obbligo sancito dalla Costituzione (il rispetto dei regolamenti comunitari) e a cancellare di fatto sette anni di partecipazione dell'Italia alla Comunità europea in quanto, come è noto, le quote latte erano in vigore dal 1984 e non dal 1991-1992.
Nel 1992, la legge n. 468 del 26 novembre 1992, che pure avrebbe dovuto garantire il rispetto delle regole comunitarie, assegnava ai produttori non una quota, ma due: la quota A, che corrispondeva a quanto prodotto e commercializzato nel periodo 1988-1989, e la quota B, che rappresentava l'incremento produttivo rispetto alla quota A, che era stato irregolarmente realizzato fino al 1991-1992 e che, pertanto, avrebbe dovuto essere linearmente ridotto a tutti i produttori al fine di rientrare nei limiti della quota assegnata dalla Comunità europea. La quota B, invece, come ben sappiamo, fu ridotta non a tutti, ma solo ad alcuni, creando un problema con le cui stratificazioni siamo ancora oggi costretti a fare i conti ogni qual volta si legifera in materia di quote latte.
Nella XIII legislatura, i quattro Governi di centrosinistra che si alternarono alla guida del Paese emanarono ben 11 decreti-legge in cinque anni per apportare ripetute modifiche alla legge n. 468 del 1992, complicandone i già discutibili contenuti al punto da renderli di fatto inapplicabili, come inequivocabilmente dimostrano gli oltre 20 mila ricorsi aperti contro AGEA che alla fine della stessa legislatura risultavano essere stati avanzati da parte dei produttori.
In questo quadro di vera e propria devastazione giuridica, nella XIV legislatura il Governo di centrodestra riuscì, per la prima volta dal 1984, a mettere a punto un nuovo quadro normativo nazionale che garantisse l'applicazione del regime delle quote latte in condizioni di legittimità e certezza del diritto.
Come abbiamo detto, questa breve ricostruzione si è resa necessaria proprio per dare rilevanza al fatto che con questo decreto-legge non si alterano le regole, ma si interviene per assicurare l'equa e corretta gestione di un fatto straordinario e straordinariamente positivo, rappresentato dall'assegnazione delle quote ottenute dal Ministro Zaia nell'ambito del recente negoziato comunitario del cosiddetto health check. Quindi, non vi è stata nessuna delegittimazione del quadro normativo vigente, come alcuni hanno voluto e vogliono strumentalmente sostenere.
Dopo aver sgombrato il campo da questa strumentalizzazione veniamo alle altre, ossia alle affermazioni di coloro che sostengono che, attraverso questo decreto-legge, si discriminerebbero gli allevatori Pag. 31che hanno sempre rispettato le regole e si attuerebbe una sanatoria delle multe pregresse.
Dal 1984 in avanti il problema della mancata applicazione delle quote latte ha inciso negativamente sulla credibilità dell'Italia nelle sedi comunitarie. Il fatto stesso che, dopo innumerevoli tentativi, la Commissione europea sia arrivata alla determinazione di concederci un significativo aumento di quota è, in primo luogo, una grande apertura nei confronti dell'attuale Governo, cui va il merito di essere stato ritenuto credibile proprio sul terreno in cui la credibilità dell'Italia era storicamente tendente a zero.
L'aumento di quota è stato un grande successo i cui meriti sono indubbiamente da riconoscere al Ministro Zaia. Tale successo non è, però, un alloro sul quale riposare felici e spensierati, ma costituisce - come detto - un riconoscimento alla credibilità, onorevoli colleghi, e proprio per questo si fonda sull'obbligo di confermarci credibili.
Come ben sappiamo, l'aumento di quota non ci è stato concesso a fondo perduto per poter accrescere la nostra produzione di latte senza rendere conto a nessuno. Su questo punto occorre essere ben chiari. Le nuove quote non possono e non debbono essere impiegate per produrre di più, ma sono unicamente da destinare al riassorbimento degli attuali surplus produttivi, per impedire che si formino nuove multe nei sei anni che ci separano dalla scadenza del regime delle quote, affinché a tale scadenza le nostre imprese possano arrivare in condizioni migliori di quelle in cui si trovano adesso.
È evidente che data l'importante entità dei quantitativi di nuove assegnazioni e considerati i vincoli dei quali è necessario tenere conto, si rendeva indispensabile la messa a punto di un provvedimento mirato che, come detto, si rivolge ad un problema specifico senza mettere in discussione la generale normativa nazionale di applicazione del regime delle quote latte.
In questo senso, i problemi da affrontare erano molti e complicati. Vi era da garantire l'equità nella distribuzione delle nuove quote e da evitare che si creassero situazioni a svantaggio di coloro che hanno sempre rispettato le regole e a favore di chi, invece, non è stato altrettanto virtuoso e che addirittura si è posto volontariamente fuori dal sistema. Vi era anche da cogliere al meglio un'opportunità veramente straordinaria come quella dell'aumento delle quote che per la prima volta consentiva non solo di uscire dal tunnel delle multe certe alla fine di ogni campagna, ma anche di ricondurre nell'alveo della regolarità tutte le imprese che per vari motivi ne erano uscite.
Per risolvere questi difficili problemi era necessario un provvedimento rigoroso, quale certamente è il decreto-legge che siamo chiamati a convertire. È evidente - o meglio dovrebbe esserlo a tutti - che un provvedimento rigoroso e puntualmente mirato a risolvere un problema difficile non può avere contenuti discriminatori a danni di alcuni ed a favore di altri, né tantomeno può avere o prendere la forma di una sanatoria.
Tanto è vero che le nuove quote saranno riconosciute solo agli allevatori in produzione e unicamente per coprire i surplus produttivi realizzati nel 2007 e nel 2008, al netto delle quote vendute, e dal 1995 e dal 1996 in avanti; segno evidente che obiettivo chiarissimo, e oseremmo dire chirurgico, del presente decreto-legge è quello di evitare che si producano quantità aggiuntive di latte e, quindi, di destinare le nuove quote unicamente a riassorbire i quantitativi che hanno dato origine a multe, affinché le stesse non compaiano più fino alla scadenza nel 2015 del regime comunitario delle quote.
Così come non è assolutamente vero che a beneficiare delle nuove assegnazioni di quote saranno solo quei pochi che in passato non hanno rispettato il regime delle quote. Tant'è vero che, a fronte di 4.260 splafonatori, saranno più di 17 mila le imprese che, in base ai criteri fissati nel provvedimento, riceveranno nuove assegnazioni di quote. Ciò significa che del provvedimento beneficerà non un'esigua minoranza, come è stato erroneamente Pag. 32riportato nei precedenti interventi, ma più del 42 per cento delle aziende in produzione.
Così come non vi è nessuna sanatoria per le multe pregresse la cui restituzione avviene dietro il pagamento di rate gravate da un saggio di interesse che non è esagerato definire di mercato; le sanatorie, come è noto, sono ben altro. Anche questo aspetto costituisce un'ulteriore prova che non vi è alcuna discriminazione nei confronti di coloro che nel 2003 hanno deciso di mettersi in regola e che beneficiarono di una rateizzazione che, essendo senza interessi, era indiscutibilmente assai più favorevole di quella contenuta nel presente decreto-legge.
Non solo, l'accettazione e quindi il pagamento degli importi pregressi imputati a titolo di prelievo supplementare è la condicio sine qua non per avere accesso all'assegnazione delle nuove quote. I contenuti del decreto-legge al riguardo sono tanto chiari quanto intransigenti: solo chi si mette in regola e rispetta le scadenze dei pagamenti può accedere alla nuova assegnazione e può conservarla. Come si vede è una realtà ben diversa da quella che da più parti si vorrebbe far apparire.
Parimenti del tutto infondate, nonché assolutamente strumentali, sono quelle teorie che cercano di mettere in relazione le nuove assegnazioni con la perdita di valore delle quote e con la riduzione dei prezzi che dovrebbe verificarsi a seguito di un ipotetico aumento della produzione, a sua volta conseguente all'attribuzione di nuovi quantitativi.
La perdita di valore delle quote è un fatto inevitabile che non è conseguente alle nuove assegnazioni, ma al fatto che è ormai certa la scadenza del regime delle quote latte. È, infatti, evidente che con l'approssimarsi della data del 31 marzo 2015 le quote vedranno progressivamente ridursi il loro valore. È questo un processo inevitabile e del tutto fisiologico sul quale le nuove assegnazioni non avranno né potranno avere incidenza alcuna. Non è, infatti, un caso che la Commissione europea abbia preannunciato la possibilità di un intervento che alla scadenza del regime riconosca agli allevatori una sorta di indennizzo per la perdita di valore delle quote che per un lungo tempo hanno rappresentato un bene economico e, quindi, un valore patrimoniale.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18)

SEBASTIANO FOGLIATO. Altrettanto pretestuosa ed infondata è la teoria secondo cui le nuove assegnazioni determineranno un aumento di produzione che, a sua volta, provocherà un'ulteriore riduzione dei prezzi, aggravando la già pesante situazione in cui versa il comparto.
La flessione dei prezzi è in atto da tempo e ha le sue ragioni non nelle quote, che anzi avendo assicurato un diritto a produrre il prezzo lo hanno difeso, ma in cause strutturali che vedono la componente agricola e di trasformazione perdere peso e potere contrattuale nei confronti della distribuzione, alla quale ormai va circa il 60 per cento del valore che si produce, a fronte del 23 per cento e del 17 per cento che vanno rispettivamente all'industria e all'agricoltura.
Non si capisce, pertanto, come il presente decreto-legge possa negativamente incidere su dinamiche da tempo in corso, nonché dipendenti da tutt'altre cause. Tanto più che i contenuti del provvedimento sono rigorosamente finalizzati ad utilizzare le nuove assegnazioni per riassorbire le attuali eccedenze, e quindi ad evitare che le stesse si trasformino in produzioni aggiuntive e in ulteriori multe.
D'altronde, non si capisce per quale motivo il Governo dovrebbe perseguire un obiettivo diverso non solo da quello che dichiara, ma anche da quello a cui è tenuto per il rispetto delle condizioni in base alle quali la Commissione europea ci ha concesso le quote aggiuntive e che, giova ricordarlo, prevedono che il superamento dei nuovi quantitativi comporti il pagamento di un superprelievo maggiorato del 150 per cento.
Anche questo è un modo attraverso il quale, da un lato, la Commissione europea Pag. 33ha inteso misurare la nostra credibilità e, dall'altro lato, il nostro Governo intende dimostrare di essere credibile.
Anche per questo siamo convinti che, come già detto, il presente decreto-legge costituisca una risposta rigorosa ad una serie di problemi difficili e che, pertanto, meriti di essere convintamente sostenuto, non solo per assicurare il futuro sviluppo del nostro settore lattiero caseario, ma anche per l'immagine dell'Italia, che riesce a mettere definitivamente ordine in una questione che, per 25 anni, è stata sistematicamente e strumentalmente utilizzata nelle sedi comunitarie come l'emblema della nostra scarsa credibilità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pizzetti. Ne ha facoltà.

LUCIANO PIZZETTI. Signor Ministro, come ho fatto con il suo collega Calderoli, non la ringrazio per essere qui presente, perché penso che sia un suo preciso dovere. Voglio, però, dirle che apprezziamo molto questa sua presenza, perché non fa parte dello stile di questo Governo ascoltare e discutere con il Parlamento.
Il collega che mi ha preceduto ha discusso molto sul tema del regime delle quote, ma in questo decreto-legge non è in discussione quel regime. Possono esserci, e legittimamente ci sono, opinioni differenti sul regime delle quote, ma le deliberazioni comunitarie e le leggi nazionali si applicano e si rispettano, non si aggirano né si alterano; questo è il punto.
Vi era bisogno di questo decreto-legge? Non sarebbe bastata l'applicazione della legge n. 119 del 2003 per l'assegnazione delle nuove quote, rispettando, in questo modo, la legalità ottenuta con grandi fatiche nel corso del tempo, assicurando trasparenza nel processo ed evitando rischi concreti di alterazione del mercato, legittimando figli e figliastri tra i produttori?
Esponenti di rilievo della stessa maggioranza esprimono questo giudizio: di questo decreto-legge non vi era assolutamente bisogno per regolare la questione delle quote latte, bastava la legge n. 119 del 2003; lo discuteremo più per dovere di maggioranza che per convinzione politica. Così si è espressa Viviana Beccalossi, capogruppo del Popolo della Libertà in Commissione agricoltura.
Dunque, il tema è discusso, così come l'opportunità. Con squilli di tromba si è annunciata la novella di aver conquistato in sede europea, noi soltanto, l'ottenimento anticipato in un'unica soluzione delle quote finalizzate all'uscita, da qui a pochissimi anni, dal regime delle quote medesime.
Gli altri Paesi hanno convenuto di dilazionare in modo programmato il quantitativo aggiuntivo di quote; noi, invece, no. Noi, da soli, insisto, abbiamo preteso tutto e subito. È una scelta oculata e positiva? Soprattutto, è positiva per chi?
Mentre il resto d'Europa adatta una politica flessibile e la adotta per governare l'avvicinamento al post-quote, così da governare meglio i contraccolpi, noi spendiamo subito il bonus: non l'atterraggio morbido, dunque, di cui si è tanto discusso, ma quello traballante.
Il tema è perché, nonostante la legge n. 119 del 2003 fosse stata varata con largo consenso e portasse con sé la regolazione del sistema (peraltro, è una legge approvata da un Governo simile a questo), imponendo legalità ed equità tra i produttori sul mercato, essa è stata applicata con fatica e, più spesso, è stata sabotata, in un connubio tra parti politiche e minoranze fuori quota. Se la legge n. 119 del 2003 fosse stata applicata con rigore, non avremmo bisogno di questo decreto-legge.
Il decreto-legge, dunque, è fatto per sanare: è una pacca sulla spalla di chi ha agito fuori dalle regole, di quell'1,6 per cento di produttori che genera il 75 per cento dello splafonamento.
Signor Ministro, non discuto le ragioni, discuto le intenzioni: cosicché si pensa di risolvere la latitanza di ieri con il permissivismo di oggi.
La maggioranza e il Governo hanno scelto questa via, e non vale - lo dico con chiarezza - il gioco, che pure vedo fare, Pag. 34abbastanza strabico di accusare il Ministro per fuggire dalle comuni responsabilità. Né vale il gioco della differenziazione interna alla maggioranza: certo, le differenze ci sono, i mugugni ci sono, ma alla fine il decreto-legge verrà convertito in legge con il voto dell'intera maggioranza.
Tutto questo ha un effetto contorto: si pensa di ripristinare le regole continuando ad alterarle. Ma la legalità non è la somma di tante furbizie: la legalità sta nel valore della legge uguale per tutti e nell'autorevolezza dello Stato che la fa rispettare, senza trattare sotto banco con chicchessia.
Il relatore, il collega Paolo Russo, ha parlato della diffidenza in sede europea rispetto al modo in cui abbiamo agito nel corso del tempo su questo fronte: ma voi credete che questa diffidenza possa venir meno a fronte di quanto stiamo facendo ora, e a fronte delle iniziative che gli altri Paesi stanno assumendo? In fondo, i tanti produttori che nelle settimane scorse hanno manifestato, gli allevatori che sono stati ad Arcore o che sono andati a Gemonio, in realtà pretendono questo come condizione per continuare a stare correttamente sul mercato: chiedevano e chiedono che una legge non venga formulata pensando soprattutto a poche centinaia di aziende, ma che venga formulata pensando ai tanti che hanno investito e, nell'investire, si sono indebitati rischiando in proprio.
Non credo che quelli che manifestano stiano strumentalizzando. Non penso neppure che siano disinformati: chiedono semplicemente tutela e rispetto di una funzione importante dell'economia italiana. A questi produttori il Governo e la maggioranza hanno messo un po' le dita negli occhi; cosicché loro che chiedevano e chiedono legalità sono reprobi, coloro che invece hanno vilipeso la legalità rappresentano il figliol prodigo. Causa ed effetto si confondono e si alterano.
Peraltro, operiamo in una condizione abbastanza strana: il decreto-legge in discussione, che non ha visto la condivisione delle regioni, che modifica in negativo la relazione tra Stato e regioni sul settore, vede la luce nel momento stesso in cui stiamo discutendo la legge delega sul federalismo fiscale. Se lo lasci dire, signor Ministro, una bella incongruenza!
Il non positivo testo del Governo è stato nei fatti poi cambiato dal Senato almeno in alcune sue parti: nella parte dei contenziosi, più su sollecitazione della Ragioneria generale dello Stato che per scelta propria. Alla Camera, in Commissione agricoltura, sono state sinora introdotte modifiche minime, più che altro palliativi, e in qualche caso è stato addirittura peggiorato.
Un grave peggioramento (glielo segnalo per vedere se si possa correggere nel corso del dibattito e con il voto dell'Aula) consiste, ad esempio, nella decisione di tutta la maggioranza di accogliere un emendamento in Commissione, quello riferito al comma 7 dell'articolo 4, che parla di mancato reiterato versamento dell'intera rata come condizione per sancire la decadenza dal beneficio della rateizzazione e dalle quote assegnate. Appare evidentemente un grave tentativo di annacquare la norma, rendendola permissiva ad oltranza: è una furbizia che si aggiunge ad altre, che annulla quel poco di rigore introdotto con fatica al Senato. Per questo le chiediamo di modificare almeno questa parte del decreto-legge.
Grave è stato che, nonostante i mugugni di una parte della maggioranza, si sia respinto in Commissione l'emendamento che intendeva destinare, tra affittuari e splafonatori, la priorità di assegnazione delle quote; quindi distinguendo, e naturalmente rispettando i primi.
È una questione di principio, prima ancora che di sostanza: sulla sostanza possiamo discutere, ma sul principio non vi può essere discussione! È comunque utile che la dotazione del fondo passi dagli iniziali 25 milioni di euro a 45, ma è del tutto insufficiente - come è ovvio - soprattutto per il fatto che si tratta prevalentemente di una partita di giro interna al comparto che, ad esempio, sottrae fondi alla meccanizzazione, in netto contrasto peraltro - lo sottolineo - con il decreto-legge sulla rottamazione in discussione in Pag. 35questo stesso momento presso le Commissioni riunite finanze e attività produttive.
È positivo che il Governo abbia accolto la proposta sul Fondo di solidarietà nazionale, però al riguardo serve una copertura adeguata (ma ancora non abbiamo notizie certe al riguardo).
In un momento di grave crisi, appesantita da una concorrenza sregolata che danneggia i redditi dei produttori e le garanzie qualitative per i consumatori a partire proprio dal latte, ciò che manca è l'individuazione dell'agro-alimentare e zootecnico come di un settore strategico e da sostenere. Le chiedo dunque: intende il Governo farsene carico nel pacchetto anticrisi? Dalle notizie disponibili e dalla discussione in corso non risulta infatti esservi, in quel pacchetto, alcun riferimento a questo comparto.
Signor Ministro, a lei che ha detto che abbiamo battuto i pugni a Bruxelles, le chiedo: li batta sul tavolo di Roma, li batta sul tavolo del Governo, per ottenere quell'elemento di riconoscimento al settore e al comparto che sin qui è mancato nei provvedimenti di contrasto alla crisi!
Abbiamo presentato - lo hanno ricordato i colleghi - emendamenti all'articolo 1, all'articolo 4 e all'articolo 6, e li ripresenteremo in Aula; tutti questi emendamenti hanno un solo scopo, quello di affermare con chiarezza che chiunque sia assegnatario di quota abbia in premessa avviato il rientro nella legalità, quel rientro che già avrebbe dovuto esservi con gradualità sulla base della legge n. 119 del 2003.
Questo è il senso degli emendamenti che sono stati depositati. Peraltro, gli stessi pareri delle Commissioni (faccio riferimento alla Commissione giustizia e alla Commissione parlamentare per le questioni regionali) richiamano un comportamento in questa direzione. Signor Ministro, se il Governo e la maggioranza - lo dico con spirito aperto, poiché non siamo interessati a cavalcare la tigre, ma a far sì che la barca giunga bene in porto - intenderanno accogliere in Aula le proposte di modifica che abbiamo avanzato, saremo lieti di sostenere il provvedimento e di dargliene atto con piacere; viceversa, il nostro voto sarà ovviamente e convintamente contrario perché non ci pare che gli atti sin qui immaginati vadano nella direzione giusta (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2263-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, presidente della Commissione agricoltura, onorevole Paolo Russo.

PAOLO RUSSO, Relatore. Signor Presidente, sarò telegrafico per esprimere l'apprezzamento vivo ad un dibattito che è stato franco ma anche foriero di ulteriori spunti e di chiarimenti che confermano alcune posizioni espresse in Commissione ed ancor più le rafforzano, ma che indicano anche una strada e un percorso che quest'Aula nelle prossime ore può mettere in campo.
Si tratta di un provvedimento complesso che si dipana attraverso il sottile crinale rappresentato dalla necessaria appetibilità delle norme, senza la quale diventa sostanzialmente inutile il provvedimento teso a rimettere a regime anche quanti erano fuori delle regole, ma anche attraverso il sottile crinale che guarda alla considerazione dell'eticità come ad un valore di riferimento chiaro.
Mi piace ringraziare tutti gli intervenuti, che sono stati tutti capaci di esprimere significativi rilievi, utili ad affrontare le prossime ore del dibattito.
Mi consentirà il collega Oliverio di rasserenare che non vi sono lucciole, ma sono rimaste quelle lanterne pronte, nelle prossime ore, a fare luce sull'emendabilità, che insieme non abbiamo ancora individuato, di un testo che ha - questo è evidente - una sua intrinseca problematicità. Mi piace significare come nel provvedimento Pag. 36 vi sono alcune questioni che non sono di strettissima attinenza, ma che sono di strettissima attinenza con le questioni e con la vita stessa dell'agricoltura del nostro Paese in un momento di straordinaria criticità; mi riferisco agli sgravi contributivi, al Fondo rimpinguato per i produttori che non accedono alla rateizzazione e al Fondo di solidarietà. Si tratta di tre questioni che non edulcorano un provvedimento, semmai lo arricchiscono di ulteriori aspetti positivi.
Mi auguro che quelle criticità che sono state espresse, e brillantemente sostenute, in quest'Aula, possano trovare rispondenze in qualche ulteriore forma di emendabilità nelle prossime ore, a cominciare da domani, quando in Assemblea comincerà l'esame degli emendamenti.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Signor Presidente, ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi, ho anche preso appunti e ho avuto modo di approfondire alcuni aspetti (per cui se qualcuno mi ha visto per qualche istante distratto era per reperire qualche dato che mi mancava per la replica).
Desidero, innanzitutto, ringraziare, e lo faccio veramente dal profondo del cuore, il presidente Paolo Russo per la magistrale conduzione dei lavori e per l'estrema disponibilità nei confronti dei commissari, e soprattutto del sottoscritto. Voglio ringraziare anche il sottosegretario che mi ha coadiuvato in questo lavoro, e tutti i commissari della Commissione agricoltura, in maniera uguale e trasversale. Esprimo, infine, un ringraziamento particolare a tutte le persone che hanno lavorato per la redazione del provvedimento, mi riferisco ai tanti funzionari, ai dirigenti, a tutti coloro che in questi mesi mi hanno dato una mano a seguire la redazione del provvedimento, cercando di redigere un nuovo provvedimento che potesse dare una risposta nella legalità, e nella coerenza, a quello che ci viene richiesto dal mercato rispetto alla produzione delle quote latte.
Molti di voi hanno sottolineato il tema principale, che è quello dal quale siamo partiti quella giornata del 18 novembre, in cui abbiamo chiuso il negoziato. Se non fossimo stati in grado di chiudere un negoziato in quella maniera, e così positivamente, portando a casa oltre seicentomila tonnellate di latte, oggi non saremmo qui a discutere di un provvedimento che prevede non solo la distribuzione, ma anche un nuovo approccio della distribuzione.
Si tratta di un negoziato che ha previsto peraltro - spesso non viene ricordato - oltre 4 miliardi di euro per l'agricoltura italiana, per la nuova politica agricola comunitaria, e che proprio nel comparto delle quote latte vede degli elementi di novità che volutamente non vengono mai ricordati (non mi riferisco agli onorevoli intervenuti, ma a quelle persone che spesso vanno alle assemblee degli allevatori, presentano maldestramente il testo del nostro decreto-legge e non ricordano quello che dal negoziato è stato ottenuto). Quello non era il negoziato della quote latte, sebbene il comparto latte avesse un capitolo dedicato, ma della PAC, tuttavia proprio in quel negoziato l'Italia ha presentato due grandi proposte che furono accolte.
La prima è quella di dar modo alle regioni di investire risorse attraverso i piani di sviluppo rurale, quindi attraverso il secondo pilastro della PAC, nelle misure di accompagnamento della produzione lattiera. Questo lo dobbiamo dire perché le regioni oggi hanno questa possibilità, magari anche quelle regioni che si lamentano del fatto di non aver potuto interloquire, di non essere state interpellate, e del fatto di trovarsi fuori dalla partita. Noi diciamo che nel piano di sviluppo rurale, nel secondo pilastro, per quanto riguarda quelle risorse sono indicate le modalità per investire e per aiutare gli allevatori dei propri territori.
D'altra parte proprio il Ministro italiano chiese di inserire due date importanti, il 2010 e il 2012, che rappresentano Pag. 37le date di ulteriori verifiche del regime delle quote latte. Molti di voi questa mattina hanno ricordato il soft landing, cioè l'arrivo in atterraggio morbido al 1o aprile 2015, in teoria l'ipotizzata fine del regime delle quote latte, per il quale noi abbiamo chiesto al Commissario di avere due livelli di valutazione (il 2010 e il 2012, lo ripeto) per poter valutare l'opportunità di rimanere con il regime delle quote a livello comunitario.
Questa è una partita non di poco conto. Significa che non si chiude la partita delle quote latte, e che al 2010, quindi dalla prossima annualità, il Consiglio dei ministri d'Europa verrà comunque convocato per fare una sorta di check-up del regime e per capire se queste quote servono per mantenere i prezzi - qualcuno potrebbe dire di no, visto quello che sta succedendo sui mercati -, se contingentare la produzione ha ancora un significato oppure no, mi riferisco al 2010. Queste sono solo alcune delle osservazioni relative a quel negoziato.
È giusto ricordarle perché non a caso oggi - lo ricordava l'onorevole Pizzetti alla fine - non è che abbiamo portato a casa un bonus e ce lo siamo giocati come un jolly o un joker (chiamatelo come volete), e gli altri invece si fanno diluire questo 5 per cento attraverso l'1 per cento l'anno. Anzitutto ricordiamo che molti Ministri europei, quelli delle regioni europee più rappresentative per la produzione del latte, quella notte si arrabbiarono, e non poco, perché anche loro volevano l'anticipazione di tutta la quota. Il fatto che fossero tutti arrabbiati, vuol dire che noi eravamo sulla strada giusta.
Il secondo aspetto fondamentale è che il negoziato per noi si è chiuso bene, ed oggi ne abbiamo una ragione. Germania, Ungheria, Polonia, Lituania e molti altri paesi PECO dicono al Commissario europeo, Fischer Boel, in queste ore di fermarsi e non distribuire più le quote. Ebbene, noi per fortuna abbiamo queste quote. Ringraziamo il Commissario Fischer Boel che ha detto anche oggi: no, si va avanti così. Quindi si tratta di una possibilità e noi l'abbiamo sfruttata e la stiamo sfruttando nella maniera che riteniamo migliore.
Qual è questa maniera? È quella di mettere in piedi un decreto che abbia dei principi fondamentali. Il primo principio è quello di non aumentare la produzione. Dobbiamo ricordarlo fino in fondo. Queste sono state le istanze di quegli stati generali che io ho gestito all'interno del mio studio al Ministero, ascoltando, riascoltando, ascoltando ancora, in andata e ritorno, e successivamente tornandoci sopra, tutti gli interlocutori del comparto lattiero caseario, i quali unanimemente da sempre mi hanno dichiarato: faccia un provvedimento dove non si aumenti la produzione; utilizzi queste quote per legittimare una produzione che c'è già.
Ne consegue la quota B, una produzione che c'è già (lo sappiamo), oltre 5 mila produttori, gli affittuari (una produzione, lo ripeto, che c'è già), e ovviamente gli splafonatori, una produzione che, a differenza di quel che si vuol far passare come concetto, c'è già, per la quale vi è un superprelievo previsto dalla legge n. 119 del 2003, e che comunque, visto che sussiste, dobbiamo contabilizzare. Infatti significa che il produttore ha portato in latteria il suo latte e quel latte non gli è stato pagato, ma è sul mercato.
È ovvio che il non aumento della produzione oggi ci dà ragione. Vi fornisco in anteprima i prezzi che escono da una grande realtà comunitaria. Vi illustro i prezzi comunitari a confronto con il nostro costo di produzione, oggi stimato in 34, 36 centesimi (dipende dal tipo di azienda) al litro. Oggi in Europa si trova tranquillamente (anzi in Italia) latte a 18, 22 centesimi. La Lituania offre all'Italia latte a 18 centesimi, la Germania offre all'Italia latte a 22, 24 centesimi, l'Ungheria offre latte a 23 centesimi.
Quindi noi comunque sappiamo che il problema del latte non è questo decreto.
Spero che si finisca anche di dire queste fandonie agli allevatori e di raccontare bugie circa il fatto che il crollo del prezzo del latte dipende da un decreto-legge. Ricordiamo che noi siamo l'unico Pag. 38Stato membro che, grazie a quel disgraziatissimo negoziato di venticinque anni fa, porta a casa quote latte pari alla metà del suo fabbisogno: 20 milioni di tonnellate di latte consumate in Italia e 10 milioni di tonnellate importate. È ovvio che noi rappresentiamo un grande mercato, una grande opportunità per Germania, Ungheria, Lituania, Slovenia.
In quella notte del negoziato condussi molte trattative bilaterali. Ovviamente la Germania chiese subito di incontrarci perché disse: 640 mila tonnellate sono 640 mila tonnellate di latte in meno che noi esporteremmo da voi. Ma anche la Slovenia ci chiese una trattativa bilaterale, affermando che avevano solo noi come grandi clienti e che se avessimo chiuso i rubinetti, a chi avrebbero potuto dare il loro latte? Noi tuttavia abbiamo risposto a tutti che eravamo lì a rappresentare le nostre 40 mila stalle e non 50 mila, come qualcuno scrive addirittura al Capo dello Stato in maniera anche irrispettosa, dal momento che tutti conoscono i dati sulle quote latte: poco più di 40.900 stalle, non 50 mila. Dunque siamo lì a rappresentare e rappresenteremo sempre fino in fondo le nostre stalle.
L'altra questione fondamentale è la sanatoria, ma questa non è una sanatoria. Noi in questo caso siamo chiamati ad andare all'incasso di una multa che è sulla testa di 8.404 aziende e ammonta a 1 miliardo 671 milioni di euro. Di queste 8.404 aziende, 4.264 sono con vacche in stalla, vale a dire che sono aziende produttrici.
Noi avevamo un'alternativa: non occuparci di queste aziende e pensare che chi fosse riuscito, in una maniera o in un'altra, a pagare la sua multa si sarebbe salvato dall'esecuzione e dal fatto di veder messa all'asta la propria azienda, dal dovere stringere amicizia con Equitalia e così via oppure intervenire. Abbiamo praticato la soluzione di cui alla legge n. 119 del 2003, vale a dire una rateizzazione - lo ricordava bene il presidente Russo - onerosa, dove gli interessi sono molto alti e dove viene detto agli allevatori che avranno una quota, che avranno la possibilità di rateizzare la loro multa, ma anche che dovranno pagare la rata entro il 31 dicembre.
Ovviamente proponiamo di bloccare - oggi, nel provvedimento, è realtà con questo emendamento - la PAC in via precauzionale in modo tale che l'allevatore al concorso del pagamento della prima rata comunque abbia bloccata la sua PAC e vi ricordo (l'ho ricordato anche in Commissione) che questo non accade per tutte le rateizzazioni del settore: in particolar modo in questo caso si è voluto comunque dare un ulteriore segnale - e ben venga un tale segnale - di bloccare i fondi comunitari.
Ovviamente è prevista la perdita della quota, ricordata prima da più parti: lo ricordavano gli onorevoli Oliverio, Di Giuseppe, Servodio - da tutti ho sentito questi temi - Zucchi e, non ultimo, Pizzetti. Ma l'espressione «dopo reiterate violazioni», cosa significa: è un'ulteriore concessione? La notizia del giorno, oggi, è che il decreto-legge in esame contiene questa frase che stravolge l'idea del decreto-legge stesso, che non funziona più e che è «roba» per i soliti furbetti, come diceva prima Oliverio riguardo alla mangiatoia e così via. Questo è il contenuto della legge n. 119 del 2003: se è vero che invocate la legge n. 119, ebbene, qui c'è scritto come funziona la legge n. 119. Altrimenti si dovrebbe modificare anche la legge n. 119: dato che ormai qui ci siamo, si potrebbe presentare un emendamento che riveda anche la legge n. 119 e che preveda, anche per i rateizzandi di cui alla legge n. 119, che, dopo una violazione, si decade da tutti i benefici della rateizzazione stessa.
Abbiamo anche l'obbligo di ricordare che la rateizzazione di cui alla legge n. 119 - so che i presenti lo sanno meglio di me, ma lo ricordiamo a tutti coloro che ci ascoltano e che comunque prenderanno nota di quanto sto dicendo - riguarda una multa (sottolineo: una multa) che si era obbligati a pagare allo Stato a interessi zero in quattordici anni. Oggi si rateizza una multa ad interessi molto onerosi in scaglioni di dieci, venti o trent'anni. Non siamo nell'alveo degli aiuti di Stato. Lo Pag. 39diciamo perché abbiamo negoziato un gentlemen agreement, quindi non c'è nulla di scritto ma le strette di mano ancora, in Europa, valgono. Abbiamo negoziato una rateizzazione degli interessi e vuol dire che l'Europa è con noi e che il commissario, i suoi funzionari e tutti i dirigenti comunque ci dicono che, se questo è il progetto, a loro sta bene.
Dunque anche su tale questione non invochiamo l'Europa quando ci serve perché deve strigliarci e, invece, quando l'Europa ci dà ragione o comunque ci accompagna in questo percorso, allora diciamo che non siamo in Europa e che l'Europa deve badare ad altre vicende, alle grandi programmazioni mentre noi dobbiamo guardare ai nostri provvedimenti.
Direi che l'Europa qui ha voluto sottolineare la bontà del nostro provvedimento.
Poi, ovviamente, il provvedimento in esame ci permetterà non solo di non pagare multe per il futuro, ma ricordo anche che, avendo come campagna di riferimento l'anno 2007-2008, chi non supererà del 6 per cento la propria produzione di quell'anno di riferimento non pagherà multe. Quindi, voi avete invocato ed evocato tutte le possibilità emendative, le avete ricordate oggi, ma io sono convinto che i provvedimenti debbano, nel massimo rispetto delle Camere, essere sottoposti all'analisi del Senato piuttosto che della Camera e ovviamente tutto ciò che è migliorativo si può accogliere.
Però faccio alcuni esempi: vi è la tanto decantata modifica delle priorità (prima la quota B, poi poniamoci gli affittuari e infine gli splafonatori); ci potrebbe anche stare un ragionamento del genere, ma solo nella misura in cui fosse chiarito che non obblighiamo tali categorie ad essere soggette ad un prelievo mensile che noi tutti sappiamo - perché è scritto nella legge - costringerebbe alcune aziende a pagare una multa in maniera simbolica, per poi restituire tutto l'ammontare della multa a fine campagna, perché nel decreto-legge è scritto che chi non supera la propria produzione di riferimento 2007-2008 non avrà alcuna multa da pagare e, quindi, otterrà la restituzione.
Circa le restituzioni vorrei anche ricordare che - questo è un dato che non vi ho mai fornito e mi permetto di farlo oggi: ascoltando le vostre discussioni mi sono reso conto che ho mancato - delle 40.900 stalle in Italia che producono latte onestamente, disastrate dal mercato e dai cattivi negoziati, 13.220 prima della compensazione hanno prodotto di più di quello che dovevano produrre e comunque hanno splafonato, chi per un litro, chi per centinaia di litri, chi per mille litri, chi per grandi quantità. Dopo la compensazione, emerge che 1.500 restano con uno splafonamento che non riusciamo a giustificare e passiamo dalle 873.000 tonnellate di splafonamento generale alle circa 600.000, con circa 270.000 tonnellate che si recuperano per strada con la compensazione.
Dunque, in linea generale sugli emendamenti alcuni ragionamenti si possono fare. Vi confermo quello che ho detto anche in Commissione e ne approfitto, visto e considerato che i presenti sono tutti componenti della Commissione agricoltura, per aggiungere che vi è anche sicuramente la necessità, in questo momento di crisi e di difficoltà, di imporre rigore. Infatti, il decreto-legge in esame va ad incassare le multe. L'ho detto in molte occasioni: noi non scriviamo le leggi, per poi dire che non saranno rispettate.
Dall'altro lato, dobbiamo anche pensare che non possiamo andare a chiedere a mille, duemila, tremila, quattromila aziende (non so quante saranno) di pagare simbolicamente una multa ogni mese, per poi arrivare a fine anno e restituire tutta questa liquidità. Pagare una multa per un'azienda che produce latte, significa consegnare latte alla cooperativa o alla latteria e non vedere mai pagata quella fattura. La cooperativa, in qualità di primo acquirente, trattiene il corrispettivo; a fine campagna ne farà una contabilità e vedrà che quella azienda non ha superato le produzioni come previsto dalla legge (per Pag. 40ché qui c'è scritto così) e allora dovrà restituire, in quel caso dovrà pagare, il corrispettivo del latte consegnato.
Ovviamente dobbiamo anche ricordare (è sempre scritto nel decreto-legge in conversione) che chi supererà il proprio quantitativo di riferimento per la campagna 2007-2008 e lo supererà di oltre il 6 per cento avrà un aumento della multa del 150 per cento. Quindi rigore massimo, binari ovviamente rigidi, all'interno dei quali il treno, se non corre, deraglia, e anche la volontà di dare una risposta a tutti coloro che ci chiedono interventi duri rispetto alla legalità.
Concludo dicendo che non si tratta - e ringrazio l'onorevole Fogliato che lo ha ricordato - di un provvedimento per pochi amici. È necessario ricordare ciò e, se non lo si vuole ricordare, lo faremo noi dal 1o aprile o, anzi, visto che è scritto nel decreto-legge, dopo il 15 aprile: arriverà, infatti, a casa di 17 mila 800 allevatori (questo è il dato esatto) una comunicazione, nella quale si dirà: caro signor allevatore, da oggi, lei ha delle quote in più. Quindi, quei signori, che hanno detto a tutti gli allevatori che si tratta di un provvedimento che consegna quote solo agli splafonatori, spiegheranno come mai AGEA scriverà a 17 mila 800 aziende agricole, comunicando delle consegne di quota.
Affermo tutto questo, per chiedere ancora una riflessione possibile. Voglio sposare quello stile che il nostro presidente Russo ha voluto portare e diffondere in Commissione. Voglio cogliere, altresì, l'invito dell'onorevole Servodio, quando afferma che, comunque, la Commissione agricoltura ha sempre lavorato con una certa coralità e trasversalità.
Pertanto, auspico la possibilità e la disponibilità a ragionare ancora, anche per dare un senso al lavoro che svolgeremo, in questa sede, nelle prossime giornate, ma nell'alveo di una proposta di una soluzione sostenibile, in modo da non far chiudere aziende - in un momento nel quale l'unica cosa che gli italiani non vogliono è chiudere aziende agricole e avere ancora disoccupazione - e difendere ancora la nostra produzione fino in fondo. In queste ore, stiamo effettuando controlli, continuando con la filosofia della «tolleranza zero»: i 10 milioni di tonnellate di latte straniero che entrano nei nostri mercati, devono avere ancora più tracciabilità e più garanzie per il consumatore e i trentaquattro formaggi DOP, comunque, devono essere caseificati, cioè prodotti con latte locale.
È questa la grande sfida, in un momento nel quale - lo ricordo all'onorevole Pizzetti, che è originario di quelle zone - il Parmigiano reggiano si vende, nelle promozioni di questa mattina, a 7,20 euro al chilo, quando, ventidue mesi fa, fu immagazzinato a 8,80 euro al chilo per la stagionatura. Dunque, ci muoviamo in un contesto nel quale vi sono molte difficoltà e nel quale cercheremo di chiudere - ben venga il vostro richiamo - la partita del Fondo di solidarietà, che riguarda oltre duecentomila aziende agricole per le assicurazioni in agricoltura e la partita delle SCAU, che, comunque, è ancora in piedi, nel senso che ancora non è stata definita fino in fondo. Con riferimento al Fondo di solidarietà, vorrei ricordare che questo Governo ha ereditato la necessità di far fronte ad una mancanza di copertura per l'annualità 2008.
Ricordo che con il decreto-legge n. 171 del 2008, convertito in legge n. 205 del 2008, abbiamo stanziato 66 milioni di euro per una provvisoria copertura di quella mancanza. Per chiudere il 2008 oggi abbiamo ancora la necessità di disporre di altri 90 milioni di euro e di ulteriori 230 milioni di euro per la copertura per l'anno 2009.
Queste sono le partite che ci troviamo a discutere in un contesto di crisi generale nella quale si assiste al crollo del prezzo della carne suina, al crollo del prezzo delle commodities e quindi di tutto ciò che è rappresentato dal grano, dal mais e dalle produzioni agricole in generale. Parte anche dalla poca difesa della nostra produzione sui mercati quella discussione che la Camera si troverà a svolgere rispetto al nostro disegno di legge per l'indicazione obbligatoria di origine in etichetta. Pag. 41
Concludo il mio intervento ringraziando ancora per il bel lavoro svolto in Commissione e, per quanto questo provvedimento sia stato già arricchito durante il suo iter, sono convinto che prima della conversione riceverà ulteriori apporti positivi (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 24 marzo 2009, alle 9,30:

1. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1117 - Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione (Approvato dal Senato) (2105-A)
e delle abbinate proposte di legge: RIA; D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA LOMBARDIA; PANIZ (452-692-748).
- Relatori: Leone, per la V Commissione; Antonio Pepe, per la VI Commissione.

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
S. 1367 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 5 febbraio 2009, n. 4, recante misure urgenti in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario (Approvato dal Senato) (2263-A).
- Relatore: Paolo Russo.

3. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Norme in materia di intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Modifica della disciplina in materia di astensione del giudice e degli atti di indagine. Integrazione della disciplina sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche (1415-A)
e delle abbinate proposte di legge JANNONE; CONTENTO; TENAGLIA ed altri; VIETTI e RAO; BERNARDINI ed altri (290-406-1510-1555-1977).
- Relatori: Bongiorno, per la maggioranza; Palomba e Ferranti, di minoranza.

La seduta termina alle 18,40.

ERRATA CORRIGE

Nel resoconto stenografico della seduta del 19 marzo 2009, a pagina 46, seconda colonna, trentunesima riga, inserire il nome: «AMEDEO CICCANTI.».