XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 154 di venerdì 27 marzo 2009

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 9,05.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che non vi sono ulteriori deputati in missione a partire dalla seduta odierna. Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantadue, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'Allegato A al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di petizioni.

PRESIDENTE. Invito l'onorevole segretario a dare lettura delle petizioni pervenute alla Presidenza, che saranno trasmesse alle sottoindicate Commissioni.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge:
ARMANDO PUPELLA, da Palermo, chiede nuove norme volte alla prevenzione degli incendi colposi, in particolare boschivi, causati dai fumatori (618) - alla VIII Commissione (Ambiente);
MICHELE VECCHIONE, da Alatri (Frosinone), chiede che una quota delle addizionali comunale e regionale dell'imposta sul reddito delle persone fisiche sia devoluta al comune e alla regione di nascita del contribuente (619) - alla VI Commissione (Finanze);
ALESSANDRO ROCCHI, da Roma, chiede la piena equiparazione dei trattamenti previdenziali degli uomini e delle donne (620) - alla XI Commissione (Lavoro);
ANTONIA DALLA COSTA, da Padova, chiede l'abrogazione dei commi 2 e 3 dell'articolo 25 del decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 in materia di insegnamento delle lingue straniere nella scuola secondaria (621) - alla VII Commissione (Cultura);
SALVATORE GERMINARA, da Pistoia, chiede il rafforzamento degli strumenti di controllo sull'operato della magistratura (622) - alla II Commissione (Giustizia);
MATTEO LA CARA, da Vercelli, chiede:
un aumento delle indennità spettanti ai consiglieri comunali (623) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
misure per la riduzione del numero dei parlamentari e per l'introduzione di un tetto massimo di tre legislature per ciascun parlamentare (624) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
che il controllo sulla corretta erogazione dei rimborsi spettanti ai partiti politici per le consultazioni elettorali sia affidato ai prefetti (625) - alla I Commissione (Affari costituzionali).

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 9,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti. Diamo il benvenuto al sottosegretario.

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(Iniziative di competenza in ordine ad una presunta fuga di notizie relativa ad indagini giudiziarie sulla sanità in Puglia - n. 2-00315)

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00315, concernente iniziative di competenza in ordine ad una presunta fuga di notizie relativa ad indagini giudiziarie sulla sanità in Puglia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, con questo atto di sindacato ispettivo si intende interpellare il Ministro della giustizia su quanto segue. Nella giornata di venerdì 6 febbraio 2009, alle ore 16,51, il notiziario regionale della Puglia dell'agenzia di stampa ANSA batteva la notizia: Tangenti, indagato assessore alla salute della regione Puglia.
Il testo dell'agenzia dice testualmente che il nome dell'amministratore regionale sarebbe stato iscritto nel registro degli indagati nell'ambito di un'indagine su un presunto sistema corruttivo legato alla fornitura di servizi e prodotti, al quale avrebbero preso parte, tra gli altri, imprenditori ritenuti vicini all'assessore Tedesco e funzionari dell'assessorato regionale alla sanità. Continua nella descrizione dei fatti parlando di indiscrezioni e fonti vicine all'inchiesta; dopo circa un'ora, a quanto è dato sapere, solo sulla base di tali indiscrezioni di stampa, l'assessore regionale alla sanità della regione Puglia Alberto Tedesco si dimette e il presidente della giunta regionale, Nichi Vendola, lo sostituisce - nel giro di poche -, ore nominando un nuovo assessore.
All'indomani della sua sostituzione - quindi l'8 febbraio, due giorni dopo l'avvenuta sostituzione - in un'intervista al Nuovo Quotidiano di Puglia l'assessore Tedesco dichiara di non sapere ancora nulla dell'inchiesta che lo riguarderebbe, di non aver ricevuto alcuna informazione di garanzia e, in merito alle «indiscrezioni», ipotizza che «qualcuno da Roma abbia mosso le fila» e, nonostante l'agenzia di stampa in questione sia datata «Bari» e sia stata quindi lanciata da Bari e dalla Puglia, dichiara testualmente: «Ha del paradossale che la più grande agenzia di stampa lanci da Roma una notizia che, a livello locale, non trova alcun tipo di riscontro»; «sono convinto che la soffiata non sia uscita dai magistrati», dice sempre testualmente l'assessore, e continua: «la magistratura non si presta al gioco della politica né si fa tirare la giacca dall'una o dall'altra parte. Credo ad altre strane coincidenze». E le elenca, quindi: «È strano che questa vicenda nasca a ventiquattro ore dalla vicenda Angelucci nel Lazio e a dodici ore dalla vicenda del Galeazzi in Lombardia. Qualcuno può avere avuto interesse a far apparire la Puglia non diversa sul piano della disamministrazione e dell'illegalità da situazioni che sembrano, invece, caratterizzare due importanti regioni del nostro Paese. Chi ha diffuso la notizia» - dichiara ancora l'ex assessore Tedesco - «poteva avere questo obiettivo». Chiede quindi il giornalista: «Pensa a fonti politiche?» e l'assessore Tedesco risponde: «Sicuramente si tratta di persone che hanno accesso agli uffici giudiziari e al corso delle indagini».
Seguendo, interpretando e riassumendo il ragionamento dell'assessore Tedesco, quindi, chi ha fatto venir fuori la notizia avrebbe avuto un obiettivo politico (far apparire la Puglia non diversa da altre regioni sul piano della disamministrazione e dell'illegalità) senza essere un politico e avrebbe avuto «accesso agli uffici giudiziari e al corso delle indagini» senza essere un magistrato. L'assessore, quindi, sembra tracciare un identikit di chi ha potenzialmente dato la notizia alla stampa, ma senza farne il nome.
Ma vi è di più: il 16 febbraio 2009 è stata diffusa una nota ANSA, nella quale si legge che «ritenendo "grave e intollerabile" la fuga di notizie che nei giorni scorsi ha rivelato l'esistenza di un'indagine a carico dell'assessore alla salute della regione Puglia, Alberto Tedesco (subito dimessosi dall'incarico), e alla pubblicazione del contenuto di un interrogatorio di un "pentito", il coordinatore della DDA di Bari, Marco Dinapoli, Pag. 3ha inviato una circolare ai pubblici ministeri dell'Antimafia, raccomandando loro di non ricevere più nei propri uffici i giornalisti e di non parlare con i cronisti neanche nei corridoi del Palagiustizia» e che «alla domanda dei cronisti se condivide l'iniziativa del suo aggiunto e se intendesse estendere la "raccomandazione" ai sostituti della procura ordinari, Marzano (procuratore capo facente funzioni), ha risposto sorridendo: "Non intendo rispondere a questa domanda"».
Aggiungo solo, rispetto al testo scritto dell'interpellanza, che in data 12 febbraio il Corriere del Mezzogiorno, altro importante quotidiano locale, titola: «Inchiesta va in fumo. Fuga di notizie e indagini: per gli investigatori un lavoro costato un milione di euro. Il procuratore Marzano vuole scoprire chi ha parlato».
Ciò premesso, con l'interpellanza urgente in esame si intende quindi chiedere al Ministro (in questo caso al sottosegretario presente) quali iniziative il Ministero intenda assumere in merito alla vicenda descritta in premessa e, in particolare, se non ritenga indispensabile ed urgente avviare iniziative ispettive, anche al fine dell'individuazione delle responsabilità in ordine alla rivelazione di indiscrezioni sull'inchiesta.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti pongono alla nostra attenzione un recentissimo fatto di cronaca giudiziaria che potrebbe almeno in apparenza costituire l'ennesimo episodio di diffusione non autorizzata di notizie. L'interesse rivolto da questo Dicastero al fenomeno abitualmente definito «fuga di notizie» è ovviamente massimo e doveroso, ma ritengo di poter interpretare il pensiero comune allorquando metto in risalto l'imprescindibile salvaguardia dei diritti e della privacy del singolo, accanto all'indispensabile tutela del segreto investigativo.
È ormai di dominio pubblico il fatto che sia in corso un'indagine della procura di Bari nei confronti dell'assessore Alberto Tedesco, in relazione all'attività da lui svolta nella veste di assessore regionale alla salute presso la regione Puglia (lo si è appreso appunto da fonti giornalistiche e se ne è avuta conferma dalle informazioni trasmesse dalla competente autorità giudiziaria interpellata sul punto).
Non è, tuttavia, questo il punto da risolvere. Ciò che si vuole e ci viene chiesto di chiarire è se vi siano delle responsabilità e, se sì, chi se ne debba fare carico. In tal senso, preciso che tutti i necessari accertamenti sono stati fatti per il tramite del Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria. Anticipo, altresì che, allo stato, proprio alla luce dei dati acquisiti, non vi è spazio per una più approfondita indagine ispettiva di iniziativa ministeriale o per rilievi di carattere disciplinare nei confronti di singoli magistrati.
Chiarificatrici al riguardo si sono rivelate le delucidazioni fornite dal procuratore facente funzioni di Bari, il quale, con specifico riferimento al caso dell'assessore Tedesco, ha segnalato che l'iscrizione degli indagati nell'apposito registro era stata cautelativamente secretata dalla stessa procura, proprio al fine di garantire la genuinità delle fonti acquisitive ed evitare la deprecabile fuga di notizie che, però, nonostante tutto, si è verificata, ma per la quale, anche lo stesso assessore, non ha ritenuto responsabile la magistratura inquirente.
Piuttosto, rappresento che, a seguito delle propalazioni di stampa, la procura di Bari ha già disposto l'apertura di un'indagine parallela sulla lamentata fuga di notizie, ma per tali indagini opera - è appena il caso di rammentarlo - il necessario segreto investigativo.
Quanto alla citata lettera «raccomandazione» autonomamente rivolta dal dottor Marco Dinapoli ai colleghi della DDA di Bari, nella veste di loro coordinatore, trattasi, a detta del dirigente dell'ufficio inquirente, di una vera e propria circolare predisposta nell'interesse dei sostituti, allo Pag. 4scopo precipuo di metterli al riparo dal sospetto che possibili fughe di notizie potessero essere loro riferite.
Decisamente inconferente è, invece, risultata essere la non risposta data dal procuratore facente funzioni di Bari, dottor Marzano, ad un giornalista al termine di una conferenza stampa, che era stata indetta dalla procura in occasione della definizione di un procedimento avente un oggetto del tutto diverso dal tema della presente interpellanza urgente.
In considerazione di quanto esposto ribadisco, quindi, che non vi è, allo stato, spazio per un'attività ispettiva del Ministero della giustizia. In ogni caso, nella consapevolezza della complessità della tematica affrontata dagli onorevoli interpellanti, non posso esimermi dal ricordare i nuovi divieti sulla pubblicazione degli atti di indagine, contenuti nell'articolo 2 del disegno di legge attualmente all'esame del Parlamento. Qualora tale previsione dovesse diventare legge dello Stato, sarà, infatti, vietata la pubblicazione di ogni atto dell'indagine preliminare, anche se solo per riassunto, e di ogni altro atto che verrà acquisito al fascicolo del pubblico ministero e del difensore, anche se non sussiste più il segreto, e fino a che non siano concluse le indagini preliminari, ovvero fino al termine dell'udienza preliminare.

PRESIDENTE. L'onorevole Distaso ha facoltà di replicare.

ANTONIO DISTASO. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario, sono soddisfatto della sua esposizione, perché dimostra di aver colto non solo il significato formale di quanto contenuto nell'interpellanza urgente, ma lo stesso significato sostanziale che, insieme agli altri interpellanti, ci siamo ripromessi. Prendo atto di quanto dichiarato, che, al momento, non vi siano ulteriori margini per ulteriori azioni ispettive da parte del Ministero e che vi sono ulteriori indagini in corso.
Questo è un tema - come è stato già detto dal sottosegretario - di grande attualità. Tuttavia, non abbiamo sollevato il caso soltanto per questo motivo, ma perché riteniamo grave e preoccupante, anche dal punto di vista politico, che un'indagine così complessa venga non solo frettolosamente archiviata, ma anche compromessa da non si sa bene quali fughe di notizie.

(Iniziative per sanare la posizione giuridica ed economica dei medici che si sono specializzati tra il 1983 e il 1991 - n. 2-00325)

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00325, concernente iniziative per sanare la posizione giuridica ed economica dei medici che si sono specializzati tra il 1983 e il 1991 (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, illustrerò brevemente l'interpellanza, che pone l'attenzione su una questione della quale, tra l'altro, ci siamo già occupati in momenti precedenti: essa riguarda la situazione particolare che interessa i medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione tra il 1983 e il 1991. Cosa è successo a questi professionisti? A dispetto di quanto previsto dalla direttiva comunitaria 82/76/CEE, costoro non hanno ricevuto alcuna retribuzione, così come invece previsto da accordi comunitari intercorsi tra l'Italia e gli altri Paesi dell'Unione europea. Quel che è peggio, al di là del danno economico, i medesimi soggetti, per una serie di motivazioni che derivano anche dalla mancata retribuzione, si trovano oggi ad avere un titolo non equipollente negli altri Paesi europei e, quindi, con delle oggettive difficoltà di riconoscimento, una limitazione e un grave nocumento al diritto di libera circolazione dei titoli e di libero esercizio della professione in tutti i Paesi dell'Unione europea.
Devo anche aggiungere che il decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, emanato dal nostro Paese, nell'affrontare la questione, non ha assolutamente sanato la vicenda precedente. Devo anche aggiungere che esistono delle sentenze della Corte di giustizia europea e in particolare Pag. 5quelle del 25 febbraio 1999 e del 3 ottobre 2000, che ribadiscono la gravità della situazione e nelle quali, di fatto, si giunge ad una condanna del nostro Paese.
Tale questione riguarda oggi diverse corti del nostro Paese, tribunali e corti d'appello. Esiste già un amplissimo contenzioso che, seppur con differenze di giudizio - e questo, tra l'altro, rappresenta un fatto ancor più grave - sta comunque andando avanti. Nell'interpellanza desideriamo sapere dai Ministri interpellati l'esatta posizione del Governo italiano perché, in effetti, intendiamo affrontare e risolvere le due questioni fondamentali ossia quella dell'equipollenza del titolo di studio e l'individuazione di misure che possano offrire una risposta al danno economico subito da questi soggetti.
Ci rendiamo conto che trattasi comunque di grandi numeri e a tal proposito esistono, in Parlamento, una serie di proposte di legge presentate da parlamentari sia della maggioranza sia dell'opposizione che tendono, comunque, a dare una risposta e una soluzione alla problematica. Attendiamo quindi la risposta del Governo per capire come procedere su questo terreno.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per la giustizia, Maria Elisabetta Alberti Casellati, ha facoltà di rispondere.

MARIA ELISABETTA ALBERTI CASELLATI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, si risponde anche sulla base degli elementi riferiti, per competenza, dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dal Ministero dell'economia e delle finanze, all'interpellanza con la quale gli onorevoli interpellanti evidenziano l'opportunità di un tempestivo intervento volto a sanare la posizione giuridica dei medici che si sono specializzati tra il 1983 e il 1991, attraverso il recepimento completo della direttiva n. 82/76/CEE e successive modifiche ed estendendo, in tal modo, i benefici dell'equipollenza dei titoli di specializzazione a tali soggetti. Viene, altresì, richiesto al Ministero dell'economia e delle finanze di procedere al reperimento dei fondi necessari al riconoscimento di un'adeguata retribuzione ai predetti medici, in applicazione della citata direttiva, prevedendo eventualmente che, in luogo dell'erogazione diretta di tale emolumento, il relativo importo venga inserito nelle voci fiscalmente deducibili ai fini dell'IRPEF.
Tali richieste si basano sostanzialmente sulla tardiva attuazione da parte del legislatore nazionale della predetta normativa comunitaria, avvenuta circa dieci anni dopo la sua emanazione per effetto del decreto legislativo n. 257 del 1991, che avrebbe in concreto precluso ai medici specializzatisi negli anni dal 1983 al 1991 di percepire «l'adeguata remunerazione» ivi prevista e che ha determinato l'insorgere di un ingente contenzioso teso a rivendicare la corresponsione di tale remunerazione, ovvero ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti.
Per quanto riguarda la richiesta di borse per specializzati ante 1991, non remunerati, l'amministrazione provvede alla corresponsione delle borse di studio a seguito di accertamento amministrativo con esito positivo ai sensi della legge del 19 ottobre 1999, n. 370, che, all'articolo 11, comma 1, attribuisce tale diritto esclusivamente ai medici ammessi alle scuole di specializzazione in medicina nel periodo 1983-1991 destinatari di alcune sentenze passate in giudicato del TAR Lazio dal 1993 al 1994.
Si evidenzia che successivamente sono intervenuti ulteriori contenziosi e che, comunque, sono state numerose le sentenze favorevoli alle amministrazioni per avvenuta prescrizione.
Al riguardo, pur prendendo atto del contenuto delle sentenze richiamate nell'interpellanza con cui la Corte di cassazione ha affermato la risarcibilità del danno subito dal singolo in conseguenza delle violazioni delle norme comunitarie da parte del legislatore per mancata attuazione di direttive non autoesecutive, va, tuttavia, evidenziato con riferimento all'ulteriore profilo relativo alla prescrizione dei diritti azionati dagli interessati, che la Pag. 6giurisprudenza formatasi sul punto è sostanzialmente uniforme pur con alcune eccezioni.
In verità su tale aspetto la giurisprudenza prevalente ha affermato, in primo luogo, che il diritto a conseguire l'adeguata remunerazione intesa come equivalente della borsa di studio di cui all'articolo 6 del decreto legislativo n. 257 del 1991 è soggetto al termine di prescrizione quinquennale previsto dall'articolo 2948 n. 4 del codice civile; ciò in quanto il citato articolo 6 prevede la determinazione di tale emolumento su base annuale e la corresponsione del medesimo con cadenza bimestrale (da ultimo le sentenze della Corte di appello di Milano sezione I civile e della Corte d'appello di Roma sezione lavoro).
In secondo luogo, la giurisprudenza ha affermato che l'azione di risarcimento danni è sottoposta a prescrizione quinquennale ex articolo 2947 del codice civile (da ultimo le sentenze della Corte di appello di Roma I sezione civile n. 4154 del 2007, n. 5316 del 2007, n. 2291 del 2008, e della Corte di appello di Campobasso n. 103 del 2008).
Il Ministero dell'economia e delle finanze, relativamente all'individuazione del dies a quo, ai fini della corretta determinazione del termine di prescrizione (sia con riferimento all'articolo 2948 che all'articolo 2947 del codice civile) riferisce che la giurisprudenza è sostanzialmente costante nell'individuare la suddetta data dall'entrata in vigore del decreto legislativo n. 257 del 1991 (con cui lo Stato italiano ha recepito la normativa comunitaria) e, in ogni caso, non oltre la data di conseguimento del diploma di specializzazione.
Alcuni giudici (Corte di appello di Campobasso e tribunale di Catania) relativamente alla richiesta di risarcimento del danno, hanno affermato la possibilità di retrodatare il dies a quo al 31 dicembre 1982, ossia alla scadenza assegnata dal legislatore europeo agli Stati membri per il recepimento della citata normativa comunitaria.
Si fa presente che recentemente la Cassazione con sentenza n. 16507 del 18 giugno 2008, relativamente all'università di Bologna, ha dato in parte ragione all'amministrazione e cassando la sentenza della Corte d'appello di Bologna, ha rimesso la questione alla Corte di appello di Torino; pertanto, per l'eventuale ripetizione delle somme erogate agli interessati occorre attendere la decisione definitiva di quest'ultima.
In merito alla questione, nel corso di una riunione tecnica, promossa dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e tenuta nello scorso dicembre, avente ad oggetto il contenzioso in parola, è stato deciso, insieme alle altre amministrazioni, di adottare una linea di difesa comune volta, tra l'altro, a segnalare al competente organo di difesa erariale gli aspetti evidenziati in termine di prescrizione; ciò anche in considerazione del rilevantissimo onere conseguente ad un eventuale riconoscimento agli interessati di importi a titolo o di adeguata remunerazione o di risarcimento dei danni subiti quantificabile, ove si prendesse a riferimento l'ammontare delle borse di studio previste in favore dei medici che hanno frequentato le scuole di specializzazione, secondo l'ordinamento previsto dal decreto legislativo n. 257 del 1991, in non meno di 2,2 miliardi di euro, senza considerare interessi legali e rivalutazione monetaria.
Si è ritenuto che eventuali iniziative in tal senso non siano compatibili con l'attuale quadro economico-finanziario e con i relativi vincoli di finanza pubblica. In particolare, l'agenzia delle entrate, direzione centrale normativa e contenzioso, proprio in occasione della discussione di oggi, comunicando gli elementi di propria competenza, riguardo la prospettata possibilità che in luogo dell'erogazione diretta degli emolumenti richiesti il relativo ammontare venga inserito nelle voci fiscalmente deducibili ai fini IRPEF, ha espresso parere negativo, atteso che appare del tutto incoerente, con il sistema di imposizione del reddito delle persone fisiche, attribuire ad una componente retributiva natura di onere deducibile dal reddito. Pag. 7
Il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ritiene anche di poter prendere in considerazione la proposta avanzata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali di giungere ad emanare un atto di indirizzo e coordinamento per sensibilizzare l'avvocatura generale dello Stato e, di conseguenza, le avvocature distrettuali dello Stato a sostenere le ragioni delle amministrazioni citate nei casi analoghi e si rende disponibile a concordare una nota circolare difensiva, da diramare a tutte le commissioni provinciali di conciliazione. Ad oggi, il Ministero medesimo è in attesa della convocazione di una prossima riunione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Per quanto concerne il secondo aspetto, relativo alle rivendicazione del diritto alla libera circolazione in ambito comunitario, il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha precisato che tale diritto è, comunque, garantito anche ai professionisti in parola. Infatti, la direttiva comunitaria attualmente vigente, ossia la 2005/36/CE, recepita con il decreto legislativo n. 206 del 9 novembre 2007, oltre a prevedere l'automatismo di riconoscimento per i titoli che soddisfano i requisiti minimi di formazione, prevede un secondo regime di riconoscimento e, cioè, il regime generale per quelli che non soddisfano dette condizioni. Attraverso l'applicazione di tale sistema è garantita, quindi, la libera circolazione in ambito dell'Unione europea dei professionisti di cui in parola.
Ad ogni modo, atteso il lungo tempo trascorso dal ritardato recepimento della direttiva 82/76/CEE, al fine di corrispondere maggiormente alle esigenze rappresentate dai medici in questione, si potrebbe ipotizzare un intervento in sede comunitaria, al fine di sottoporre alle valutazioni della Commissione europea proposte emendative alla citata direttiva 2005/36/CE. Ciò al fine di prevedere, per quei professionisti che potessero documentare l'effettivo e lecito esercizio di attività lavorativa nella pertinente specialità per un numero di anni considerato sufficiente a colmare le carenze formative, il possesso dei cosiddetti diritti acquisiti, propedeutici al riconoscimento automatico del titolo.

PRESIDENTE. L'onorevole Marinello ha facoltà di replicare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, evidentemente debbo dichiararmi assolutamente non soddisfatto della risposta e dirò chiaramente quali sono le motivazioni. Intanto, cominciamo dal cosiddetto diritto all'equipollenza. Già il fatto che nella risposta del sottosegretario si intraveda la possibilità e l'opportunità che il Ministero competente possa intervenire in sede comunitaria per arrivare ad una norma o comunque ad una serie di passaggi che possano consentire il pieno riconoscimento di un diritto all'equipollenza, addirittura introducendo una sorta di valutazione di eventuali diritti acquisiti, di fronte a soggetti che comunque hanno frequentato regolarmente le scuole di specializzazione in Italia e che, comunque, hanno riportato un titolo di specializzazione e che hanno esercitato per un arco temporale che va dai 20 ai 25 anni, è già di per sé una discrepanza, una anomalia e - se mi consente - un fatto certamente offensivo per questi professionisti e anche per il nostro Paese. Evidentemente, ci troviamo di fronte al solito ritardo del nostro Governo, della politica italiana al di là delle distinzioni e delle appartenenze e, quindi, già di per sé questo è un implicito riconoscimento di un torto che questi professionisti hanno subito dai ritardi del nostro Paese.
Per quanto riguarda l'aspetto economico, invece, ci troviamo nella nota categoria, che purtroppo riguarda innumerevoli cittadini italiani, dei cosiddetti diritti negati. Infatti, ci troviamo di fronte a dei soggetti che dovevano comunque avere una retribuzione e non l'hanno avuta. Alcuni di tali soggetti hanno avuto la fortuna di ricorrere al TAR Lazio in un determinato periodo e via via sono stati pagati o stanno per esserlo.
Altri invece - nella risposta del sottosegretario l'abbiamo appreso - devono Pag. 8aspettare i giudizi pendenti (tra l'altro prendo atto della risposta del sottosegretario, che ha citato una serie di sentenze), però evidentemente gli uffici che hanno preparato la risposta si sono ben guardati dal citare altri giudizi e altre sentenze di segno assolutamente opposto. Dobbiamo anche dire che la stessa giurisprudenza della Cassazione è di fatto altalenante, quindi, noi non ci troveremo di fronte a situazioni univoche e corriamo il rischio di creare la solita disparità tutta italiana di sentenze a macchia di leopardo e, quindi, di una giustizia tale.
Per concludere, debbo anche aggiungere una notazione al riguardo, signor Presidente. Quando una questione di questo genere deve essere affidata al giudice naturale, è evidente che un fatto del genere contribuisce ad un'ulteriore delegittimazione della politica e ad un'ulteriore sfiducia dei soggetti interessati, dei cittadini (in questo caso dei medici), nei confronti della politica e anche del nostro sistema e nei confronti, quindi, dello Stato. Sono convinto che la politica ha il dovere dell'assunzione delle responsabilità e, quindi, di individuare, attraverso proposte possibili e con i mezzi possibili, delle ipotetiche soluzioni.
Io e gli altri sottoscrittori dell'interpellanza (nonché i diretti interessati) ci rendiamo perfettamente conto che è passato tanto tempo e che, come d'altronde ha detto il sottosegretario, le dimensioni dell'ipotetico danno o costo dell'intera operazione oggi non sono assolutamente compatibili con le situazioni particolari del nostro bilancio e con i vincoli che ci derivano da norme comunitarie e, quindi, che implicitamente oggi insistono sul bilancio dello Stato italiano. Questa, tuttavia, non è una buona motivazione. Si possono trovare tutta una serie di altre forme e di altre misure. Bisogna solo avere la buona volontà di mettersi attorno al tavolo e capire le possibili risposte.
Poi spetterà alla politica fornire delle risposte e, a mio avviso, la risposta non può essere soltanto quella di trincerarsi dietro a delle sentenze che, così come ho già detto precedentemente, saranno sicuramente a macchia di leopardo: secondo me solo con un atto legislativo (di iniziativa governativa o di iniziativa parlamentare, poi si vedrà) si potrà mettere la parola fine ad una questione ormai così obsoleta e, per certi versi, incancrenita.
Sono convinto che i professionisti sapranno far valere le loro ragioni e che proseguiranno; non vorrei che tra qualche mese o tra qualche anno ci dovessimo ritrovare in quest'Aula non soltanto per svolgere un atto di sindacato ispettivo, ma in sede di esame della legge finanziaria dello Stato o quant'altro, a dover poi andare a trovare improvvisamente delle risorse, così come sta accadendo, per esempio, per gli effetti derivanti dalla cosiddetta «legge Pinto» e trovarci di fronte a dei nuovi buchi di bilancio. Se così fosse, evidentemente sarà colpa della politica che, ancora una volta, è rimasta sorda, non ha saputo avere la capacità di individuare le proposte e le soluzioni necessarie.
Lo ripeto, questa è una tematica che interessa il nostro Paese da vent'anni, in questo ventennio sono passati per quest'Aula tanti soggetti, tanti Governi si sono alternati, anche di segno opposto, ma ho l'impressione che comunque in materia di diritti negati il nostro Paese continui su questa strada, che sicuramente non è una bella strada.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.

Per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo.

IVANO STRIZZOLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

IVANO STRIZZOLO. Signor Presidente, due motivi mi spingono ad intervenire a fine seduta. Innanzitutto, intervengo per sollecitare una risposta da parte del Governo ad una mia interrogazione a risposta scritta, la n. 4-01071, che ho depositato Pag. 9il 18 settembre 2008, quindi sono passati quasi sette mesi e la ragione del mio sollecito sta proprio nel tempo lunghissimo che ormai è intercorso. Si tratta di un'interrogazione che riguarda il rischio che una parte dell'area dell'ex campo di internamento durante l'ultimo conflitto mondiale di Visco, in provincia di Udine, che è un luogo di memoria storica di sofferenze perché vi furono internati circa 3 mila civili provenienti dalla ex Jugoslavia, venga utilizzato per attività che sicuramente non sono consone al rispetto della memoria e degli eventi tragici che lì si sono verificati.
L'altro motivo che mi ha spinto a sollecitare lei, signor Presidente, e per il suo tramite il Governo a dare una risposta, è anche un certo clima, un certo linguaggio che ho ascoltato ieri in Aula quando qualche collega leghista ha evocato bastoni, il picchiare duro e altro, discutendo di quote latte, ma nel merito interverrò la prossima settimana alla ripresa del dibattito.
Se legge i resoconti, signor Presidente, troverà che qualche collega leghista ha evocato i bastoni, tant'è che il collega Pezzotta, nel suo intervento, giustamente ha messo in evidenza in termini negativi questo ricorso ad un linguaggio che rischia di portarci in altri tempi ed è proprio per questo, ricordando fatti nefasti della storia di questo Paese, di violenza, di intimidazione, di non rispetto delle regole, che mi sono sentito in dovere, in questa seduta, di chiedere a lei, signor Presidente, di intercedere presso il Governo perché fornisca una risposta a questa mia interrogazione.

PRESIDENTE. Onorevole Strizzolo, forse lei si riferisce ad un intervento non di ieri ma dell'altro ieri, comunque gli unici bastoni che noi vediamo con favore in quest'Aula sono quelli che sostengono i disabili che ne hanno bisogno per camminare. Su tale aspetto credo che vi sia il totale consenso dell'Aula. Faremo, quindi, di nuovo presente la sua osservazione riguardo al campo di Visco.
Abbiamo bisogno di luoghi che nella memoria del dolore confermino l'amicizia tra gli italiani e gli sloveni, riconoscendo il male che ci siamo fatti nel passato e con il fermo proponimento che cose del genere non accadano mai più né nella Trieste dei quaranta giorni, né nei campi di concentramento fascisti in cui tanti patrioti sloveni hanno perso la vita. Personalmente riproporrò l'importanza della questione al Presidente e al Ministro competente.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 30 marzo 2009, alle 11:

1. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi (2187-A).
- Relatori: Milanese, per la VI Commissione; Raisi, per la X Commissione.

2. - Discussione del disegno di legge:
Conversione in legge del decreto-legge 23 febbraio 2009, n. 11, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori (2232-A).
- Relatore: Lussana.

3. - Discussione della mozione Di Pietro ed altri n. 1-00109 concernente iniziative relative al sistema creditizio italiano, con particolare riferimento alla riforma delle fondazioni bancarie e delle banche popolari quotate.

La seduta termina alle 9,50.