XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 27 aprile 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 aprile 2009.

Albonetti, Angelino Alfano, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bordo, Bossa, Bossi, Brambilla, Brunetta, Buonfiglio, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Ippolito Vitale, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Frattini, Galati, Garavini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Granata, Laboccetta, La Malfa, La Russa, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Angela Napoli, Andrea Orlando, Leoluca Orlando, Papa, Piccolo, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Strizzolo, Stucchi, Tassone, Torrisi, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 23 aprile 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
GREGORIO FONTANA: «Concessione di un contributo all'Associazione nazionale fra mutilati ed invalidi del lavoro per la riqualificazione dei lavoratori infortunati» (2396);
RAZZI: «Abrogazione della legge 6 novembre 1989, n. 368, recante istituzione del Consiglio generale degli italiani all'estero, e disposizioni sull'impiego delle somme già destinate al suo funzionamento» (2397);
RAZZI: «Disciplina dell'attività professionale di costruttore edile nel settore privato» (2398).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge BERTOLINI ed altri: «Concessione di un contributo per celebrare la ricorrenza del centenario dell'assegnazione del premio Nobel per la fisica a Guglielmo Marconi» (2231) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Cazzola.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
BORGHESI ed altri: «Disposizioni per il contenimento della spesa pubblica mediante la soppressione di enti territoriali» (2247) Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), VII, VIII, IX, XI, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
VERSACE: «Disposizioni in materia di ineleggibilità e di incompabilità dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari» (2323) Parere delle Commissioni II, V, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

II Commissione (Giustizia):
LUSSANA ed altri: «Nuove norme in materia di affidamento condiviso dei figli» (2209) Parere delle Commissioni I, V e XII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento).

VI Commissione (Finanze):
BORGHESI ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle operazioni di cartolarizzazione denominate SCIP 1 e SCIP 2 effettuate dalla Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici S.r.l.» (2269) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni) e V;
TAGLIALATELA: «Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di espropriazione mobiliare e immobiliare, fermo amministrativo e iscrizione di ipoteca nel procedimento di riscossione delle imposte sul reddito» (2356) Parere delle Commissioni I e II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento).

VII Commissione (Cultura):
LULLI ed altri: «Norme per la promozione dei sentieri della memoria lungo la cosiddetta «linea gotica» (2102) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PICIERNO: «Disposizioni concernenti l'accesso ai corsi universitari e delega al Governo in materia di orientamento per le scelte relative all'istruzione superiore» (2218) Parere dalle Commissioni I, V, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PICIERNO: «Disposizioni per il sostegno del settore musicale, della musica popolare contemporanea italiana e delle opere prime di artisti emergenti» (2284) Parere delle Commissioni I, III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questori regionali;
EVANGELISTI ed altri: «Abrogazione dell'articolo 1-septies del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27, in materia di equipollenza del diploma di laurea in scienze motorie al diploma di laurea in fisioterapia» (2317) Parere delle Commissioni I e XII.

IX Commissione (Trasporti):
TASSONE ed altri: «Modifiche alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante riordino della legislazione in materia portuale» (1201) Parere delle Commissioni I, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, X, XI, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
MATTESINI ed altri: «Disposizioni in favore dei soggetti affetti da sensibilità chimica multipla» (2287) Parere delle Commissioni I, V, VI, VII, VIII, IX, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e X (Attività produttive):
GALATI: Disposizioni per il coordinamento e la promozione delle attività nel settore del turismo e istituzione del Ministero delle politiche turistiche» (2303) Parere delle Commissioni III, V, VI, VII, VIII, XI, XIII, XIV e delle Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di archiviazione di atti relativi a reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione.

Con lettera pervenuta il 24 aprile 2009, il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Roma ha comunicato che il collegio per i procedimenti relativi ai reati previsti dall'articolo 96 della Costituzione, costituito presso il suddetto tribunale, ha disposto, con decreto del 26 marzo 2009, l'archiviazione di atti relativi ad un procedimento per ipotesi di responsabilità nei confronti del deputato Livia Turco, nella qualità di ministro della salute pro tempore.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B  al resoconto della seduta odierna.

Annunzio di risposte scritte ad interrogazioni.

Sono pervenute alla Presidenza dai competenti Ministeri risposte scritte ad interrogazioni. Sono pubblicate nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00148, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00153 E CICCHITTO, COTA, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00155 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ E DELL'EMARGINAZIONE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni gli indicatori monetari e non monetari dell'Istat e di Eurostat mostrano che povertà e disuguaglianza continuano a essere un problema molto rilevante in Italia. Tra i Paesi dell'Europa dei quindici, la situazione italiana è tra le peggiori, insieme a quella degli altri grandi Paesi mediterranei, con un livello di disuguaglianza più elevato e una situazione di gravità della povertà più marcata. In Italia, secondo l'Istat, le famiglie povere sono 2 milioni 623 mila, mentre gli individui poveri sono 7 milioni 537 mila;
la situazione è particolarmente critica nel Mezzogiorno e tra le famiglie numerose, di cinque o più persone;
sempre più rilevante sta diventando il problema della povertà femminile, che si concentra tra le madri sole e le donne anziane sole;
oltre alla grave situazione delle famiglie i cui componenti hanno perso il lavoro, sempre più difficoltà incontrano quelle famiglie che, pur avendo un reddito, non riescono a far fronte a tutte le spese mensili minime necessarie per la sussistenza;
la lotta a tutte le forme di povertà deve essere un obiettivo primario della politica del nostro Governo, ancor di più oggi che l'Italia, come il resto d'Europa, è investita da una profonda crisi economica, che ha come risultato quello di far scivolare sempre più famiglie sotto la soglia di povertà con la perdita del lavoro;
sarebbe necessario, per prevenire lo scivolamento nella povertà dei cittadini presenti nella «fascia di vulnerabilità», creare un «punto unico di accesso» alla rete integrata dei servizi, per consentire la presa in carico della persona, accompagnandola nell'utilizzo appropriato dei servizi e delle prestazioni sociali, nonché definire i livelli essenziali delle prestazioni sociali (lep), così come previsti all'articolo 22 della legge quadro n. 328 del 2000 e dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;
a fronte di questo quadro così tragico, l'Italia è agli ultimi posti in Europa a 27 per la spesa pro capite per il contrasto al fenomeno della povertà. Le risorse dedicate alla povertà in Italia rimangono esigue. Nessuna nuova risorsa è stata stanziata con l'introduzione della social card, ma semplicemente si è trattato di una redistribuzione di risorse già esistenti, visto che allo stanziamento di 450 milioni di euro annui per la carta è corrisposta una riduzione almeno equivalente dei trasferimenti statali destinati ai servizi sociali dei comuni, nonché del fondo per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000;
nell'ultimo secolo, la maggior parte dei Paesi europei si è dotata di sistemi di protezione del reddito per combattere la povertà e quasi tutti i welfare state hanno predisposto strumenti di reddito minimo garantito. Nonostante le notevoli differenze che contraddistinguono i provvedimenti nei vari Paesi, l'idea centrale è quella di proteggere tutti i cittadini dalla povertà estrema. Tra i Paesi europei solo Italia, Ungheria e Grecia non hanno ancora introdotto sistemi di reddito minimo o di «solidarietà attiva» accompagnate a misure d'inserimento sociale e lavorativo da articolarsi in una serie di possibili azioni, quali la fuoriuscita da situazioni di illegalità, percorsi di superamento dalle dipendenze, completamento dell'istruzione scolastica e professionale, assunzione di oneri di cura familiare, percorsi di inserimento lavorativo, affinché tutti possano disporre di un reddito almeno di sussistenza ed evitare così la «trappola della povertà»;
è necessario invertire la rotta che vede l'Italia tra i Paesi europei avere un tasso di povertà minorile tra i più elevati;
è necessario, in particolar modo, in questo periodo di forte crisi economica nazionale ed internazionale creare una strategia integrata che garantisca un'interazione positiva delle politiche economiche, sociali e dell'occupazione, sia con misure immediate per fronteggiare le situazioni più drammatiche, che con un progetto organico e strutturale che comprenda un'integrazione fra le politiche sociali, del lavoro, della formazione, abitative, con misure volte all'occupazione femminile, all'adozione di misure fiscali e monetarie a sostegno dei figli, all'elaborazione di politiche di conciliazione tra lavoro e famiglia, all'accesso ai servizi socio-educativi per la prima infanzia, alla presa in carico della non autosufficienza attraverso la piena, concreta e reale attuazione del fondo, a misure per la casa a partire dagli affitti, a sperimentare forme di concessione di microcrediti per sostenere l'imprenditorialità sociale,

impegna il Governo:

a considerare tra le sue priorità la lotta alla povertà estrema, anche attraverso l'introduzione una tantum di un contributo di solidarietà del 2 per cento sui redditi superiori a 120.000 euro e con la creazione di un fondo nazionale per il contrasto della grave emarginazione, con l'obiettivo di implementare il sistema dei servizi dedicati all'accoglienza, all'accompagnamento ed alla protezione delle persone in stato di grave emarginazione, nonché di contrastare il disagio nelle periferie urbane;
ad integrare con risorse economiche adeguate il fondo nazionale per le politiche sociali di cui all'articolo 20 della legge n. 328 del 2000, in modo da garantire su tutto il territorio nazionale alle persone e alle famiglie una migliore qualità della vita, con la qualificazione e il potenziamento della rete dei servizi degli enti locali;
ad incentivare la lotta all'evasione fiscale attraverso il riavvio delle politiche antievasione, a cominciare dal ripristino della tracciabilità dei corrispettivi e dell'innalzamento del limite massimo dei trasferimenti in contanti, nonché delle sanzioni per le imposte evase, anche al fine di recuperare risorse finanziarie necessarie da poter poi utilizzare per misure di lotta alla povertà.
(1-00148)
«Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Letta, Livia Turco, Baretta, Fluvi, Quartiani, Giachetti, Argentin, Binetti, Bossa, Bucchino, Burtone, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Lenzi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini, Maurizio Turco, Bersani, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Cesario, Duilio, Genovese, Marchi, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Rubinato, Vannucci, Ventura, Carella, Causi, Ceccuzzi, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo».

La Camera,
premesso che:
secondo il rapporto 2008 sulla povertà e l'esclusione sociale in Italia, presentato nel mese di ottobre 2008 da Caritas italiana e Fondazione Zancan, il 13 per cento della popolazione italiana è costretto a sopravvivere con meno di metà del reddito medio italiano, ossia con meno di 500-600 euro al mese, e, con riferimento all'Europa dei 15, l'Italia presenta una delle più alte percentuali di popolazione a rischio povertà;
in particolare, sarebbero due le fasce di popolazione maggiormente in difficoltà: le persone non autosufficienti e le famiglie con figli: risulta, infatti, povero il 30,2 per cento delle famiglie con 3 o più figli, di cui il 48,9 per cento vive nel Mezzogiorno (secondo gli ultimi dati disponibili del 2006). Avere più figli in Italia comporta un maggiore rischio di povertà, con una penalizzazione non solo per i genitori che si assumono questa responsabilità, ma soprattutto per i figli, costretti a una crescita con meno opportunità;
questa tendenza è confermata dai dati che l'Istat ha recentemente fornito a partire dalla misura della povertà assoluta, che segnala la presenza per il 2007 del 4,1 per cento delle famiglie in condizioni di mancato accesso ad un paniere di beni e servizi essenziali, vale a dire circa due milioni e mezzo di persone;
la crisi economica internazionale in atto ha acuito le difficoltà incontrate da queste fasce di popolazione: inoltre, oggi la povertà economica è legata ad una complessità di fattori, che, intrecciandosi, contribuiscono ad allargare la fascia della vulnerabilità. Ciò significa che, per parlare con correttezza di povertà, si deve tenere conto della multidimensionalità del fenomeno, dei processi di impoverimento e non solo della povertà come esito;
precarizzazione del lavoro, contrazione del welfare, fragilità familiare sono i tre fattori che moltiplicano la vulnerabilità, la allargano a fasce sociali un tempo relativamente al sicuro e accrescono l'ansia nei confronti del futuro: molte famiglie dichiarano di avere meno risorse di quanto soggettivamente considerato necessario;
la povertà economica si intreccia spesso con altri di fattori di debolezza sociale: mancanza o perdita del lavoro, disagio psichico, dipendenze, lacerazione dei legami familiari;
ci sono poi persone cadute nell'emarginazione senza neppure aver potuto sperimentare una vita lavorativa e familiare normale, persone con una traiettoria di mobilità discendente, contrassegnata dalla perdita del lavoro, dei legami familiari, della stabilità abitativa, persone senza famiglia, che con l'avanzare degli anni si trovano senza sostegni, donne sole con bambini, prive del sostegno del coniuge o con compagni a loro volta colpiti dalla precarietà occupazionale, da malattie o inabilità o con genitori anziani da assistere, persone che subiscono a livello psicologico e relazionale i contraccolpi della disoccupazione o del fallimento e della cessazione di attività autonome;
i rischi di impoverimento non potranno che aumentare a seguito di un prevedibile peggioramento della situazione economica, della riduzione delle disponibilità di risorse per la protezione sociale, dell'aumento della fragilità delle unioni familiari;
l'insuccesso dei tentativi volti a ridurre o eliminare il rischio povertà è dettato, tuttavia, non solo dall'esiguità delle risorse disponibili, ma anche dalla loro cattiva utilizzazione;
i trasferimenti sociali operati in Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Germania e Irlanda riescono a ridurre del 50 per cento il rischio di povertà, mentre in Italia hanno un minor impatto;
la spesa per la protezione sociale italiana ha registrato una crescita considerevole nel corso degli anni, soprattutto a causa della componente previdenziale: le prestazioni erogate a fini sociali sono per il 66,3 per cento per pensioni, mentre quella per l'assistenza sociale è pari all'1,9 per cento, evidenziando uno squilibrio funzionale;
secondo il rapporto Caritas-Zancan, l'incidenza dei trasferimenti sociali potrebbe avere un diverso impatto attraverso il passaggio da trasferimenti monetari a servizi e la gestione decentrata della spesa sociale;
i Paesi che investono di più in servizi (intesi come forme di aiuto che vanno dagli interventi domiciliari a interventi intermedi o territoriali, come i centri diurni o i servizi educativi, a interventi residenziali, come le case famiglia, le residenze per persone non autosufficienti ed altro), piuttosto che in trasferimenti monetari, riescono a combattere la povertà con indici di risultato, che raggiungono anche il 50 per cento;
nel confronto europeo l'Italia è agli ultimi posti per incidenza della spesa «altri servizi» sul totale delle prestazioni sociali;
nel nostro Paese solo l'11 per cento della spesa per l'assistenza sociale è gestita a livello locale, per cui risulta urgente intervenire, collegando strutturalmente il passaggio da trasferimenti a servizi e da gestione centrale a gestione locale;
è possibile dare una concreta risposta ai problemi della povertà, senza aumentare la spesa complessiva per la protezione sociale, riallocando una parte delle risorse destinate alla spesa sociale, passando da un approccio per categoria ad un approccio basato sulla persona, la sua effettiva condizione, i suoi bisogni di protezione e promozione sociale e trovando soluzioni perché almeno una parte del trasferimento monetario possa essere fruita in termini di servizi accessibili, come prestazioni di sostegno alla domiciliarità, attività di socializzazione, servizi per l'inserimento lavorativo, di accoglienza familiare part-time ed altro;
il rapporto opera anche un confronto temporale tra le diverse regioni italiane rispetto alla modernizzazione dei sistemi di protezione sociale, eliminazione della povertà infantile e garanzia di un alloggio dignitoso, evidenziando come sulla modernizzazione dei sistemi di protezione sociale venga confermata la tesi del divario Nord-Sud, pur con un grado di eterogeneità interna molto elevato, dovuto al maggior peso di alcuni indicatori rispetto agli altri, un divario che si conferma anche rispetto alla povertà infantile, alla disoccupazione femminile di lunga durata e alla mortalità infantile;
servono disponibilità politiche ed economiche per accompagnare e gestire socialmente le situazioni, ma non basta solo l'intervento diretto delle istituzioni: è sempre più necessario, infatti, far crescere un'imprenditorialità sociale che aiuti a superare l'assistenzialismo per generare percorsi di promozione;
il recente «libro verde» presentato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali può essere un'occasione per sviluppare un dibattito chiaro sul tema della povertà in Italia, per arrivare ad un piano organico di contrasto alla povertà e di promozione delle persone povere, impoverite o emarginate;
occorre ricordare che, per effetto della riforma del titolo V della Costituzione, le politiche sociali (comprese quelle di contrasto della povertà mediante forme di «reddito minimo di inserimento» o di «reddito di cittadinanza») sono diventate di esclusiva competenza regionale, mentre restano in capo allo Stato la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e le politiche redistributive basate sulla leva fiscale e su quella pensionistica (di tipo previdenziale o assistenziale);
il 9 ottobre 2008 è stata approvata dalla Camera dei deputati una mozione che impegnava, tra l'altro, il Governo: a considerare la lotta alla povertà, tenendo conto della multidimensionalità del fenomeno e dei processi di impoverimento e non solo della povertà come esito, un obiettivo ordinario e non straordinario della politica del Paese; a dare rilievo all'aspetto culturale e valoriale delle scelte, a partire dal riconoscimento della centralità della persona, di una maggiore attenzione alla primaria difesa della vita e alla concreta valorizzazione del ruolo della famiglia e dei minori; ad elaborare una nuova riqualificazione della spesa sociale, intervenendo soprattutto, d'intesa con gli enti locali e regionali, laddove gli squilibri territoriali sono maggiori; a produrre la riorganizzazione in ogni ambito del servizio di sostegno economico all'inclusione sociale, con il superamento dell'erogazione dei sussidi e contributi una tantum e a pioggia; a mettere in atto azioni incisive di contrasto all'esclusione sociale e alla povertà con idonee azioni territoriali, a seconda della natura dei fenomeni di esclusione presenti nell'ambito territoriale; a valorizzare, nei progetti e nelle azioni di inclusione, l'integrazione fra politiche sociali, politiche del lavoro, politiche per la formazione, politiche abitative e politiche della salute; a procedere in tempi rapidi ad una riforma degli ammortizzatori sociali, che allo stato attuale presenta criticità e strozzature,

impegna il Governo:

a procedere celermente all'adozione dei provvedimenti conseguenti agli impegni contenuti nella sopra citata mozione, approvata dall'Assemblea della Camera dei deputati il 9 ottobre 2008;
ad adottare politiche redistributive di tipo strutturale, usando la leva fiscale a favore di due gruppi prioritari: le famiglie con più minori a carico (a cominciare da quelle monogenitoriali) e le famiglie con persone disabili;
a prevedere risorse aggiuntive da destinare al fondo nazionale per le politiche sociali (assegnate alla regioni) per il sostegno delle famiglie e dei soggetti deboli e per attivare misure volte a contrastare la povertà e l'esclusione sociale.
(1-00153)
«Pezzotta, Capitanio Santolini, Vietti, Volontè, Ciccanti, Compagnon, Naro, Galletti, Libè, Occhiuto».
(27 aprile 2009)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
grazie ad una nuova metodologia di indagine adottata dall'Istat su sollecitazione del Governo, è ora possibile avere una rappresentazione più precisa del fenomeno della povertà, come è emerso evidente in seguito ai dati dell'indagine resi noti nei giorni scorsi e riguardanti la situazione del 2007;
l'Istat, infatti, nel condurre l'indagine non ha adottato l'indicatore ingannevole della cosiddetta «povertà relativa» (più adatto a misurare le differenze), ma quello della «povertà assoluta». Ciò ha consentito di calcolare, per ciascuna tipologia di famiglia e a seconda dell'età, della ripartizione geografica e del comune di residenza, la spesa mensile minima necessaria per acquistare un certo paniere di beni e servizi, individuato sulla base di elementi oggettivi, come la soglia del rischio povertà;
nel 2007 erano 975 mila le famiglie italiane in condizione di povertà assoluta, pari al 4,1 per cento dei nuclei residenti, per un totale di 2 milioni 427 mila persone. L'incidenza maggiore di povertà assoluta era concentrata nel Sud e nelle Isole (5,8 per cento), poi nel Nord (3,5 per cento) e nel Centro (2,9 per cento). La gravità del fenomeno raggiungeva livelli più elevati nelle famiglie con tre o più figli, nel caso che la persona di riferimento fosse donna e dove vi erano anziani. La povertà era, inoltre, associata a bassi livelli d'istruzione e di qualificazione professionale e all'esclusione dal mercato del lavoro;
la lotta alle povertà estreme, ai bisogni degli ultimi, è uno dei principali obiettivi per la costruzione di una società fondata sulle opportunità e sulla solidarietà. Il sistema di welfare non può ignorare le esigenze dei cittadini più in difficoltà, di quanti si trovano nella indigenza, al di sotto delle condizioni economiche minime;
il contrasto alla povertà avviene, in primo luogo, con la promozione di una società attiva, sostenendo l'occupabilità delle persone e la creazione di posti di lavoro di qualità, costruendo percorsi personalizzati di formazione, orientamento e accesso al lavoro, valorizzando un sistema retributivo che incoraggi la produzione di ricchezza;
esistono, tuttavia, componenti della società a forte rischio di esclusione sociale e che non sono in grado di rispondere da sé al bisogno. Persone a cui è preclusa l'entrata nel mondo del lavoro e nella stessa società attiva. Tra questi, gli anziani oltre i 65 anni con la sola pensione minima, le famiglie con un solo genitore (spesso donna) e con figli minori a carico, quelle con figli portatori di disabilità. È questa dimensione della povertà, quella assoluta, che deve essere riscoperta e affrontata, al fine di assicurare una vita buona anche a coloro che si trovano nelle condizioni più difficili;
se i dati del 2007 indicano una relativa stabilità del fenomeno, negli ultimi tempi si è registrato un peggioramento della situazione delle famiglie povere in conseguenza della crisi finanziaria internazionale e dei suoi effetti sull'economia;
se il lavoro costituisce la prima risposta al bisogno - non solo in senso materiale, ma anche nel senso di integrazione nella società - è pur sempre necessario provvedere a integrare il reddito di coloro per i quali appare difficile l'inserimento lavorativo;
il Governo, pur nelle difficoltà in cui ha dovuto operare (alle quali si è aggiunto da ultimo il terremoto in Abruzzo), ha adottato una strategia adeguata a fronteggiare l'emergenza, prioritariamente difendendo l'occupazione e il lavoro, grazie alla predisposizione, insieme alle regioni, di una salda «rete di sicurezza» degli ammortizzatori sociali, allo scopo non solo di garantire un reddito ai lavoratori, ma di mantenerli il più a lungo possibile collegati all'impresa in costanza di rapporto di lavoro. In forza di queste scelte (per la prima volta sono state istituite forme di tutela per il lavoro indipendente e parasubordinato), il Governo ha potuto contrastare una delle più devastanti cause di povertà: l'esclusione dal mercato del lavoro;
sul versante del contrasto delle povertà assolute e delle esigenze inclusive di situazioni di particolare disagio è doveroso ricordare che alcuni milioni di famiglie hanno beneficiato delle misure del cosiddetto «pacchetto anticrisi»: il bonus straordinario (per cui sono stati stanziati 2,4 miliardi); le agevolazioni per i nuovi nati (25 milioni ad uno specifico fondo credito); «bonus pannolini»; revisione dei tassi sui mutui; tariffe agevolate per luce e gas ed altro. Alcune centinaia di migliaia di cittadini in possesso dei requisiti richiesti si avvalgono della social card, una volta superate le iniziali difficoltà operative;
questi programmi, soprattutto per chi è solo temporaneamente in condizioni di non autosufficienza, non devono costituire una trappola, da cui scaturiscono emarginazione e lavoro nero, né devono essere pensati come strumenti che facilitino la permanenza in questa condizione. Questi interventi, al contrario, devono tenere conto delle differenti realtà locali, essere accuratamente configurati per fasce precise di beneficiari e combinabili con strumenti di welfare to work per il successivo inserimento lavorativo;
non così è stato per il reddito minimo di inserimento. Al pari delle prime generazioni di lavori di pubblica utilità, non legati ad azioni di reinserimento nel mercato del lavoro, anche il reddito minimo di inserimento ha prodotto logiche puramente assistenziali, favorendo il lavoro irregolare e minando all'origine l'accettabilità universale di questa misura. Gestioni poco attente hanno reso il reddito minimo di inserimento disincentivante rispetto alle occasioni di lavoro regolare, accentuando le peggiori pratiche;
il reddito di ultima istanza pare, per contro, una risposta più efficace per affrontare le situazioni di disagio sociale estremo. Per definizione, esso interviene solo quando non esistono altre possibili soluzioni, quindi prevedendo una soglia che sia più stringente e accompagnando le persone coinvolte verso un percorso di uscita dall'area di disagio;
poiché l'esclusione sociale è un fenomeno che presenta caratteristiche diversificate, a seconda delle aree geografiche, le risposte devono pertanto essere articolate. Il reddito di ultima istanza è una soluzione da preferire, anche perché, con l'obiettivo di valorizzare pienamente i governi locali, si fonda sul ruolo responsabile delle regioni e delle autonomie locali, soggetti meglio attrezzati per selezionare accuratamente i destinatari di questi interventi straordinari, affidando al Governo centrale il ruolo di premiare, con finanziamenti aggiuntivi, le migliori pratiche;
non è condivisibile l'ipotesi di una tassazione una tantum sui redditi superiori a 120 mila euro, perché colpirebbe una fascia modesta di contribuenti (per due terzi lavoratori dipendenti e pensionati), su cui grava una quota importante dell'intero prelievo sul reddito,

impegna il Governo:

a proseguire nelle azioni intraprese nel cosiddetto «pacchetto anticrisi», a monitorarne gli effetti e a rendere sempre più congrui i requisiti richiesti, allo scopo di utilizzare al meglio ed interamente le risorse stanziate, in quanto sono proprio i dati emergenti dall'indagine dell'Istat, citata in premessa, ad evidenziare la necessità di far fronte ad esigenze differenziate con politiche anch'esse differenziate;
a valutare la possibilità di adottare iniziative per estendere la platea dei destinatari del bonus famiglia e della social card, proprio per meglio rispondere ad un più ampio quadro di situazioni di disagio e di bisogno;
ad adottare ogni ulteriore utile misura di lotta all'emarginazione e, prioritariamente, di inclusione delle situazioni di povertà assoluta, sulla base del disegno organico che sarà contenuto nel libro bianco del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e che dovrà prefigurare un passaggio organico da un'impostazione risarcitoria ad una cultura inclusiva (in primis attraverso il lavoro e la formazione) del sistema di sicurezza sociale;
ad accompagnare gli interventi di carattere assistenziale e di contrasto all'emarginazione con percorsi di carattere formativo, commisurati alle attitudini della persona.
(1-00155)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Cazzola, Caparini, Della Vedova, Baldelli, Antonino Foti, Saglia, Briguglio, Ceccacci Rubino, Di Biagio, Vincenzo Antonio Fontana, Formichella, Mannucci, Minardo, Mottola, Pelino, Luciano Rossi, Saltamartini, Commercio, Scandroglio, Taglialatela, Gioacchino Alfano, Aracu, Armosino, Catone, Ceroni, Corsaro, De Angelis, Franzoso, Girlanda, Giudice, Laboccetta, Marinello, Marsilio, Moroni, Ravetto, Toccafondi, Traversa, Leo, Zorzato, Golfo».
(27 aprile 2009)

(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

MOZIONI VOLONTÈ ED ALTRI N. 1-00152, CICCHITTO, COTA, LO MONTE ED ALTRI N. 1-00154 E MAURIZIO TURCO ED ALTRI N. 1-00156 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI PARITÀ SCOLASTICA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
il nostro Paese sta attraversando una preoccupante situazione di emergenza educativa;
la stessa crisi economico-finanziaria è frutto del fallimento della formazione etica delle persone, che ha portato a scelte irresponsabili, contrarie al bene comune;
nonostante le difficoltà economiche, è, tuttavia, evidente la necessità di riservare più attenzione e più risorse a tutti quei soggetti che nella società operano per offrire risposte al bisogno di crescita umana, morale, spirituale e culturale delle nuove generazioni;
lì diritto di ogni persona ad essere educata prevede che si attui una vera libertà di educazione, che permetta alla famiglia, unica titolare della responsabilità educativa nei confronti dei figli, la scelta della scuola secondo le proprie convinzioni. Un diritto di cui in Italia sono privati soprattutto i più poveri;
rispetto a questa responsabilità l'istituzione scolastica ha una funzione sussidiaria rispetto alle famiglie;
nonostante l'introduzione dell'autonomia scolastica, tuttavia, il sistema scolastico italiano continua a funzionare come un apparato centralistico, il che determina ancora il mantenimento del monopolio dello Stato e l'esclusione della famiglia quale soggetto decisivo del processo educativo;
nell'ottica della più ampia offerta formativa, risulta poi significativo il contributo dell'istruzione e della formazione professionale, che, laddove viene realizzata e favorita, contribuisce in modo considerevole a ridurre la dispersione scolastica e ad inserire nel mondo del lavoro giovani professionalmente preparati;
occorre ridisegnare il sistema educativo nazionale attorno alle giovani generazioni, così da consentire la personalizzazione dei percorsi educativo-formativi e il pieno e libero esercizio della responsabilità educativa dei genitori;
è necessario riconoscere e sostenere la libertà di educazione e di insegnamento, in attuazione di un concreto pluralismo istituzionale scolastico e ciò per un miglioramento delle istituzioni formative in direzione di una competitività tesa a migliorarne la qualità e a valorizzare il merito;
l'autonomia, la sussidiarietà, la parità scolastica sono principi costituzionali che in uno Stato più democratico, più libero, più solidale e più efficiente, come pure in un sistema educativo di istruzione e di formazione più moderno e più europeo, dovrebbero essere garantiti e promossi;
la libertà di educazione misura la natura autenticamente democratica di una società ed è condizione necessaria per realizzare sia una concreta autonomia, sia una crescita di qualità di tutte le scuole;
inoltre, in una società frammentata e plurale quale quella attuale, caratterizzata da una crescente immigrazione di popolazioni con diverse culture, il mito della scuola unica di Stato si rivela sempre più incapace di raggiungere risultati di uguaglianza e di promozione culturale;
nei giorni scorsi la conferenza Stato-regioni ha dato il via libera al decreto interministeriale che stanzia 120 milioni di euro per le scuole paritarie, ripristinando, anche se non integralmente, il finanziamento che era stato loro assegnato prima dei tagli, lasciando in sospeso ancora 13,4 milioni di euro previsti inizialmente,

impegna il Governo:

a garantire la certezza dei finanziamenti e dei tempi di erogazione delle risorse per le scuole paritarie e l'equivalenza con le altre istituzioni formative, anche europee;
ad adottare iniziative per prevedere in tempi rapidi il ripristino integrale delle risorse sottratte alle scuole paritarie dalla manovra economica;
ad adottare iniziative per ripristinare per il 2009 il finanziamento di 240 milioni di euro per il sistema di istruzione e formazione professionale, recuperando, inoltre, i 440 milioni di euro relativi ai due anni precedenti;
ad adottare iniziative per consolidare le normative in questo settore;
ad adottare provvedimenti volti a garantire un'effettiva libertà di scelta della scuola da parte delle famiglie, attraverso l'introduzione della definitiva autonomia giuridica e didattica delle scuole, di un sistema di valutazione che consenta alle famiglie di disporre delle informazioni utili per la scelta educativa e di strumenti di finanziamento alle famiglie per la scelta della scuola nell'ambito del sistema nazionale di istruzione.
(1-00152)
«Volontè, Vietti, Capitanio Santolini, Ciocchetti, Ciccanti, Compagnon, Occhiuto, Galletti, Libè».
(23 aprile 2009)

La Camera,
premesso che:
la scuola è risorsa fondamentale per il Paese, chiamata a generare il capitale umano delle giovani generazioni. Per questo va salvaguardata e sostenuta, valorizzandone le potenzialità e promuovendone l'arricchimento dell'offerta formativa. Le scuole statali e quelle paritarie private e degli enti locali, ai sensi della legge n. 62 del 2000, costituiscono il servizio nazionale di istruzione;
la parità scolastica, prevista dall'articolo 33, quarto comma, della Costituzione, ha sempre rappresentato per il nostro Paese una questione oggetto di pregiudiziali ideologiche, oggi ormai datate e prive di senso. È evidente che la scuola pubblica esercita un ruolo essenziale. D'altra parte il sistema è pluralista per scelta dei cittadini-utenti. Le scuole paritarie in Italia sono scelte da oltre un milione di studenti, pari a circa il 13 per cento della popolazione scolastica. È dimostrazione di un'offerta formativa articolata, che raccoglie un ampio consenso sociale;
assicurare la libertà di scelta educativa delle famiglie, a pari condizioni economiche, costituisce un principio di equità. Al contempo, le scuole paritarie rappresentano un risparmio per le casse dello Stato: il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, onorevole Maria Stella Gelmini, ha evidenziato che il risparmio annuo per l'erario è di circa 5,5 miliardi, a fronte di un contributo di circa 500 milioni di euro. Inoltre, realizzare un'offerta formativa diversificata stimola spinte emulative che favoriscono l'innalzamento della qualità di tutto il sistema scolastico, statale e paritario. Il principio della parità scolastica, pertanto, oltre che un diritto, rappresenta un incentivo al miglioramento della qualità educativa e didattica e una possibile riduzione dei costi, a parità di qualità del servizio fornito, per tutto il sistema scolastico italiano;
realizzare la parità economica, oltre a quella giuridica, afferma un'istanza di libertà, realizza un autentico pluralismo educativo, favorisce la libertà di scelta da parte delle famiglie e migliora l'intero sistema nazionale di istruzione, rimuovendo ogni discriminazione economica tra gli studenti delle scuole statali e di quelle paritarie;
l'effettiva libertà di educazione consente di affermare i principi del pluralismo istituzionale, della diffusa responsabilità formativa, della sussidiarietà e della solidarietà, che si collocano nel dettato costituzionale, a partire dai riferimenti fondamentali alla persona e alla concezione della società, dello Stato e dei loro corretti rapporti;
nella realtà dei fatti, però, la Costituzione è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, disattesa e si è affermato un sostanziale statalismo educativo, antitetico a tali principi. È necessario, perciò, dare concretezza al sistema nazionale di istruzione, sostenendo la pubblicità del servizio svolto dalle scuole paritarie;
oggi le scuole paritarie sono investite da una grave crisi determinata dalla perdurante incertezza nella definizione ed assegnazione delle necessarie risorse economiche. Senza interventi concreti e determinanti verrà a mancare in breve tempo in numerose aree del Paese un servizio educativo pubblico, tante volte con una lunga storia alle spalle. È tempo di un forte intervento legislativo, che consenta l'affermarsi di un sistema pubblico integrato di istruzione, di respiro europeo;
va considerato, infine, che lo Stato, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, in ragione dell'insufficienza degli strumenti apprestati dalle regioni, deve attivarsi direttamente con risorse aggiuntive, interventi speciali e modelli di finanziamento anche fra loro alternativi, al fine di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, a garanzia per tutti della parità di accesso all'istruzione, in condizioni di eguaglianza,

impegna il Governo:

a realizzare in tempi brevi le condizioni per l'effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie, a parità di condizioni economiche, fra scuole statali e paritarie;
ad adottare iniziative per recuperare le risorse ancora mancanti affinché la situazione dei finanziamenti alla scuola paritaria per l'esercizio finanziario del 2009 ammonti almeno a quelli assegnati nell'esercizio finanziario 2008;
a realizzare tali condizioni incrementando significativamente, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario, elevandole almeno a 600 milioni di euro, con un aumento del 10 per cento rispetto al 2008;
a predisporre uno specifico strumento legislativo che, con risorse aggiuntive dello Stato, realizzi interventi speciali a sostegno della libertà di scelta educativa delle famiglie, anche mediante un mix di strumenti, quali: buoni scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione e di frequenza in scuole paritarie; detrazioni fiscali a favore delle famiglie che iscrivono i figli presso scuole paritarie in misura adeguata a ridurre significativamente gli oneri, calibrate a scalare per le famiglie con i redditi più bassi e con previsione di un'erogazione diretta in caso di incapienza; assunzione, a carico dello Stato, degli oneri relativi ai docenti delle scuole statali che scelgono, previa accettazione da parte delle istituzioni paritarie, di transitare nei ruoli di queste ultime sulla base della condivisione degli orientamenti culturali e ideali delle medesime;
a definire i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite dalle regioni su tutto il territorio nazionale, con riferimento alle prestazioni concernenti il sistema educativo di istruzione e formazione, per consentire a tutte le famiglie di potere scegliere, senza condizionamenti economici e nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, la scuola dei propri figli.
(1-00154)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Garagnani, Goisis, Frassinetti, Baldelli, Granata, Aprea, Barbieri, Caldoro, Carlucci, Ceccacci Rubino, Centemero, Di Centa, Renato Farina, Lainati, Mazzuca, Lattieri, Murgia, Palmieri, Massimo Parisi, Perina, Giammanco, Rampelli, Toccafondi».
(27 aprile 2009)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)

La Camera,
premesso che:
l'articolo 33 della Costituzione della Repubblica italiana recita: «L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l'ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l'abilitazione all'esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato»;
l'articolo 34 della Costituzione della Repubblica italiana recita: «La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso»,

impegna il Governo:

a rispettare i dettami costituzionali e pertanto:
a) ad escludere oneri per lo Stato noi confronti di enti e privati che istituiscano scuole ed istituti di educazione;
b) ad intensificare i controlli delle scuole non statali che chiedono la parità, affinché agli alunni sia garantito un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali;
c) a rendere effettivo il diritto allo studio, aumentando le dotazioni finanziarie per borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze da attribuire per concorso;
(1-00156)
«Maurizio Turco, Bernardini, Beltrandi, Mecacci, Zamparutti, Farina Coscioni, Colombo, Concia, Nucara, La Malfa».
(27 aprile 2009)
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)