XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 5 maggio 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
il Ministero della difesa, in relazione all'articolo 2, comma 627 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, avrebbe dovuto emanare negli otto mesi successivi il Regolamento di attuazione del programma infrastrutturale all'interno della riforma organica connessa al nuovo modello delle Forze Armate attraverso la predisposizione di un piano pluriennale per la costruzione, acquisto e ristrutturazione degli alloggi di servizio;
il punto b) del comma 628 della legge sopra citata stabilisce che il Ministero della difesa, ai fini della realizzazione del programma di cui al comma 627, provvede all'alienazione della proprietà, dell'usufrutto o della nuda proprietà di alloggi non più funzionali alle esigenze istituzionali i cui proventi sono riassegnati in apposita unità previsionale di base allo stato di previsione del Ministero della difesa;
va tenuto conto delle audizioni antecedenti unitamente a quella svolta il 25 febbraio 2009 del «Comitato famiglie militari per la casa» nel corso della quale è stata ribadita l'urgenza della presentazione del regolamento e di misure concrete che prevedono la vendita di tutti gli immobili situati al di fuori delle infrastrutture militari e non più utili alle esigenze della difesa;
l'articolo 9, comma 7 della legge 537 del 24 dicembre 1993 recita: «Entro il 31 marzo di ciascun anno il Ministero della difesa emana un proprio decreto in cui viene stabilito il limite di reddito al di sotto del quale gli attuali utenti degli alloggi di servizio, ancorché si tratti di personale in quiescenza o di vedove non legalmente separate possono mantenere la conduzione dell'alloggio purché non proprietari di altra abitazione, di certificata abitabilità,

impegna il Governo:

a presentare al Parlamento unitamente al Regolamento, l'elenco degli alloggi alienabili;
a evidenziare nell'emanando regolamento la natura pluriennale del programma di alienazione del patrimonio abitativo non più utile, esplicitando che il programma di vendita degli immobili - che la stessa norma contenuta nella legge n. 244 del 27 dicembre 2008 indica non poter essere inferiore, nel primo lotto, alle tre mila unità - non si esaurisce con l'individuazione di un primo elenco, ma prosegue al fine di un consistente rinnovo e ampliamento del patrimonio abitativo della difesa;
a garantire la permanenza negli alloggi dei conduttori con basso reddito non sulla base di un limite temporale prefissato, ma in relazione al permanere del reddito familiare al di sotto della soglia determinata annualmente dal decreto ministeriale di cui all'articolo 9, comma 7 della legge 24 dicembre 1993, n. 537 includendo anche le famiglie con portatori di handicap, dietro corresponsione del canone all'acquirente dell'alloggio e comunque venduto dalla difesa «in nuda proprietà», non pregiudicando quindi la vendita dell'intero stabile;
a individuare un numero consistente di unità immobiliari da alienare non inferiore al 30 per cento, considerando che l'adozione del modello di difesa su base esclusivamente volontaria rende necessaria la disponibilità di risorse finanziarie importanti da investire in unità abitative da assegnare al personale volontario.
(7-00156)«Di Stanislao».

La XI Commissione,
premesso che:
l'articolo 7-ter del decreto-legge n. 5 del 2009 convertito, con modificazioni dalla legge n. 33 del 2009, recante misure urgenti a tutela dell'occupazione, interviene sui rapporti di lavoro in agricoltura apportando modificazioni all'articolo 70 del decreto legislativo 10 settembre 2003 n. 276 e successive modificazioni, in particolare, con la lettera c) del comma 12 sono apportate modifiche al comma 1, lettera f), allo scopo di assoggettare le casalinghe alla disciplina dei contratti occasionali di tipo accessorio prestato in attività agricole di carattere stagionale;
il comma 13 del medesimo articolo 7-ter della legge n. 33/2009 modifica l'articolo 74 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 al fine di estendere ai parenti e affini di quarto grado le prestazioni che esulano dal mercato del lavoro;
l'INPS - considerato l'esito positivo della prima fase di sperimentazione del nuovo sistema di regolazione delle prestazioni occasionali di tipo accessorio in occasione delle vendemmie - con circolare n. 94 del 27 ottobre 2008 ha esteso l'applicabilità dei voucher anche alle altre attività agricole previste dall'articolo 70, comma 1 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, successivamente modificato dall'articolo 22 della legge 6 agosto 2008, n. 133 e, da ultimo, dal comma 12 dell'articolo 7-bis del citato decreto-legge n. 5 del 2009;
l'estensione di tale tipologia contrattuale alle «casalinghe» comporta una discriminazione inaccettabile che, oltretutto, farebbe perdere tutele e diritti acquisiti nel corso negli ultimi cinquant'anni;
l'inserimento dei parenti ed affini di quarto grado fra i soggetti rientranti nelle prestazioni che esulano dal mercato del lavoro, comporta un significativo incremento delle prestazioni svolte in modo meramente occasionale o ricorrente di breve periodo, a titolo di aiuto, mutuo aiuto, obbligazione morale prive di tutele previdenziali, assistenziali e salariali;
per effetto delle modifiche introdotte almeno 300.000 lavoratrici - alle quali va aggiunta una cifra sicuramente maggiore di parenti ed affini di quarto grado - rischiano di essere estromesse dal lavoro dipendente pienamente tutelato;
l'estensione del lavoro occasionale di tipo accessorio e parentale produrrà inevitabilmente un aumento del lavoro irregolare, del lavoro sommerso e del lavoro nero;
i rapporti di lavoro nel settore agricolo sono per oltre il 90 per cento a tempo determinato e non presentano particolari difficoltà dovute alla stagionalità delle attività agricole, in quanto vengono instaurati sulla base di una presunzione di giornate lavorative da effettuarsi nell'arco di un periodo che può abbracciare l'intero anno solare,

impegna il Governo:
ad assumere iniziative volte ad abrogare le modifiche ai contratti di lavoro accessorio di tipo occasionale e alle prestazioni che esulano dal mercato del lavoro dei parenti di quarto grado relative al lavoro in agricoltura introdotte con i commi 12 e 13 dell'articolo 7-ter del decreto-legge n. 5 del 2009;
a richiedere all'INPS di vigilare affinché con l'estensione a tutte le attività agricole, previste dall'articolo 70, comma 1 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276 e successive modificazioni, dell'applicabilità dei voucher sia coerente con la finalità di favorire la regolarizzazione di rapporti di lavoro flessibili in un particolare contesto di riferimento specifico e non generare al contrario forme surrettizie di lavoro irregolare.
(7-00157)«Bellanova, Brandolini, Zucchi, Oliverio, Cenni, Agostini, Marco Carra, Sani, Cuomo, Dal Moro, Trappolino, Mario Pepe (PD), Lusetti, Marrocu».

ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
nel comune di Occhiobello (Rovigo), in via Piacentina, n. 22, sorge un complesso agroalimentare della ditta EUROVO Srl, ubicato a circa 500 metri dalle prime abitazioni e attività industriali e artigianali, a meno di un chilometro dai centri commerciali, attività sportive, bar, ristoranti, eccetera e a meno di due chilometri dalle zone residenziali;
l'attività consiste nell'allevamento di circa 720.000 galline, per la produzione di uova e di ovoprodotti in genere, effettuato in 8 edifici industriali di uguali dimensioni. I capannoni di allevamento e la relativa attività è affidata in gestione alla Società Agricola Occhiobello Srl;
da anni tale attività è causa di cattivi odori (a volte insopportabili) e una proliferazione abnorme di mosche che da marzo a novembre invadono letteralmente il paese;
tanto le problematiche connesse all'emissione di cattivi odori quanto quelle inerenti alla presenza abnorme di mosche sembrano originare dalla cosiddetta «pollina»; ossia dalle materie fecali degli allevamenti avicoli, accumulata in quantitativi massicci negli impianti in esame per intervalli di tempo molto lunghi ed in particolare nel periodo primaverile-estivo nel quale si riproducono gli insetti e le condizioni atmosferiche favoriscono la propagazione e la percezione delle emissioni maleodoranti;
la particolare entità di tali cattivi odori è anche documentata nella relazione presentata al tribunale di Rovigo dal dottor Davoli, CTU nominato dallo stesso tribunale a seguito dell'esposto presentato dal Comitato Ambiente e Salute di Occhiobello. In tale relazione si conclude in termini indiscutibili nel senso della presenza di «molestie olfattive» nelle aree a sud-ovest e ad est di Occhiobello fino ad una distanza di 1-1,5 chilometri (in linea d'aria);
la popolazione che abita e lavora nei pressi del sito in questione è particolarmente preoccupata atteso che: 1) nelle emissione di questi allevamenti c'è una grossa concentrazione di ammoniaca ed altri componenti (idrogeno solforato e protossido d'azoto); 2) il canale Mainarda, in cui scarica il depuratore dello stabilimento Eurovo è da tempo oggetto di pesante inquinamento organico e biologico;
tale situazione sta creando una tensione ambientale grave con i residenti che oltre a dover convivere giornalmente con i suddetti problemi vedono fortemente deprezzati i propri immobili. A ciò si aggiunge che un'azienda di agriturismo presente in quella zona sta per chiudere ed altre attività produttive, alberghi compresi, hanno registrato un forte calo del proprio volume d'affari sempre a causa delle maleodoranti immissioni nell'aria e del proliferare delle mosche -:
di quali elementi disponga sulla situazione segnalata in premessa;
quali siano gli indirizzi del Governo riguardo la permanenza sul territorio, di allevamenti avicoli intensivi in batteria con sistema a fossa profonda;
quali azioni si intendano intraprendere per porre rimedio alla carenza di normativa sulle emissioni odorigene in atmosfera.
(2-00374)«Barbieri».

Interrogazioni a risposta scritta:

COMPAGNON. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 14 aprile 2006, n. 88, prevede che, fermo restando quanto disposto dal decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 209, al fine dell'ottimizzazione del recupero dei pneumatici fuori uso e per la conseguente riduzione della formazione, sia fatto obbligo ai produttori ed importatori di provvedere in forma singola o associata e con periodicità almeno annuale, alla gestione dei quantitativi fuori uso pari a quelli dai medesimi immessi sul mercato e destinati alla vendita del territorio;
in mancanza di osservanza delle disposizioni di cui sopra, viene stabilita una sanzione amministrativa per i produttori e gli importatori inadempienti proporzionata alla gravità e comunque non superiore al doppio del contributo incassato per il periodo considerato;
ai sensi del comma 2 del succitato articolo 228, è posta, inoltre, la previsione che la disciplina dei tempi e delle modalità di attuazione dell'obbligo in questione sia rimandata all'emanazione di un decreto da parte del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano;
a tutt'oggi, il decreto attuativo di cui sopra non è stato ancora emanato, né si è a conoscenza di uno schema di lavori preparatori da parte del ministero sulla tematica in questione;
la mancata approvazione di tale atto regolamentare crea una situazione di notevole disagio alle categorie interessate, le quali si trovano in uno stato di criticità nell'adempimento dell'obbligo previsto dalla legge -:
quale sia il reale stato della procedura attinente l'iter di emanazione del decreto attuativo dell'articolo 228 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e se non ritenga opportuno assumere gli atti in suo potere, al fine di accelerare la predisposizione dello stesso e la conseguente definitiva soluzione della vicenda.
(4-02917)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
recentemente si è appreso dalla stampa che l'Agenzia Regionale per i Rifiuti e le Acque (ARRA) avrebbe predisposto dei nuovi bandi di gara al dichiarato fine di ottemperare alla Sentenza della Corte di Giustizia UE del 18 Luglio 2007;
secondo tali fonti, la stessa Arra avrebbe altresì predisposto con le imprese con cui erano state stipulate le convenzioni cassate come illegittime dalla Corte di Giustizia UE, non meglio specificati accordi di natura economica;
in particolare, secondo quanto riportato dalla stampa «...l'accordo definisce le condizioni e i termini principali che, da un lato consentono all'Arra di bandire la nuova gara di appalto senza pregiudizio per le attività compiute e le opere realizzate in esecuzione della convenzione e dell'altro lato assicurano alle società progetto e ai propri soci il pagamento di un importo corrispondente ai costi sostenuti e ad un eventuale corrispettivo, così come accertati da un advisor nominato congiuntamente dalla Regione siciliana, dalle società progetto e dai singoli soci. Pertanto, se ad aggiudicarsi la nuova gara di appalto saranno aziende diverse, Gruppo Falck e Waste Italia saranno rimborsate fino all'ultimo centesimo...»;

tale procedura sembrerebbe illegittima per violazione dell'obbligo di astensione, infatti con ordinanza 5 agosto 2002, n. 670, l'allora Presidente della Regione Siciliana, agendo nella sua qualità di Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia e in base all'articolo 4 dell'ordinanza n. 2983/99, approvava un documento intitolato «Avviso pubblico per la stipula di convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata, prodotta nella Regione Siciliana»;
il 2 maggio 2003 con l'ordinanza n. 333, il suddetto Commissario ha stabilito l'organizzazione e l'impiantistica della gestione dei rifiuti a valle della raccolta differenziata, riportando nell'ordinanza le proposte delle aziende, senza esercitare il potere di programmazione e di gestione proprio dell'Amministrazione regionale;
il 17 giugno 2003, in esito allo svolgimento della suddetta procedura, il Commissario delegato per l'emergenza rifiuti stipulava quattro convenzioni, rispettivamente con la Tifeo Energia Ambiente S.c.p.a., la Palermo Energia Ambiente S.c.p.a., la Sicil Power SpA e la Platani Energia Ambiente S.c.p.a.;
la Corte di Giustizia della Unione Europea però, con la Sentenza del 18 Luglio 2007, statuiva che «...poiché le convenzioni controverse danno luogo ad appalti pubblici di servizi ai sensi dell'articolo 1, lettera a), della direttiva 92/50, la loro aggiudicazione poteva intervenire soltanto in osservanza delle disposizioni della predetta direttiva;
in forza di queste ultime l'amministrazione aggiudicatrice interessata era tenuta a pubblicare un avviso di bando di gara d'appalto conforme al modello previsto dall'allegato III della suddetta direttiva;
conseguentemente, poiché «...l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura per la stipula delle convenzioni per l'utilizzo della frazione residua dei rifiuti urbani, al netto della raccolta differenziata prodotta nei comuni della Regione Siciliana e ha concluso le dette convenzioni senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE, che coordina le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di servizi, come modificata dalla direttiva della Commissione 13 settembre 2001, 2001/78/CE, e, in particolare, senza la pubblicazione dell'apposito bando di gara d'appalto nella Gazzetta Ufficiale della Comunità europea, si può concludere che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della predetta direttiva e, in particolare, dei suoi articoli 11, 15 e 17...»;
la Corte di Giustizia dell'Unione Europea cioè, con la Sentenza del 18 Luglio 2007 ha condannato lo Stato Italiano, per non aver applicato alla procedura di aggiudicazione delle quattro convenzioni la normativa comunitaria che disciplina l'aggiudicazione degli appalti di servizi;
la condanna, più precisamente, è stata pronunziata in quanto «...l'Ufficio del Commissario delegato per l'emergenza rifiuti e la tutela delle acque in Sicilia, ha indetto la procedura... senza applicare le procedure previste dalla direttiva del Consiglio 18 giugno 1992, 92/50/CEE...»;
la Corte di Giustizia ha in primo luogo ben individuato quale soggetto ha posto in essere gli atti e le condotte censurate e cioè l'Ufficio del Commissario per l'emergenza rifiuti;
di conseguenza, tutti i danni eventualmente nascenti dalle violazioni delle disposizioni comunitarie, sono certamente da imputare a chi in nome per conto di tale ufficio ha operato;
quindi gli stessi soggetti che hanno già operato nella veste di Ufficio del Commissario per l'emergenza rifiuti, dopo aver posto in essere gli atti dichiarati illegittimi dalla Corte UE, predispongono adesso sia non meglio specificati accordi di natura economica con le imprese coinvolte negli

atti medesimi, che i nuovi bandi con cui si pretenderebbe di ottemperare alla decisione della Corte di Giustizia UE;
sembra pertanto evidente all'interrogante che tali funzionari versano in un gravissimo stato di conflitto di interessi; per come sono stati esposti e sintetizzati sulla stampa, sia gli accordi (che non si conoscono) con le imprese che avevano stipulato le convenzioni, che i nuovi bandi, non sembrano posti in essere nell'interesse dell'Amministrazione, ma al contrario sembrano tutelare l'interesse delle imprese coinvolte, non solo ad essere poste al riparo da ogni possibile danno, ma finanche a perseguire un indebito profitto dalla rimozione di un atto illegittimo (secondo la stampa infatti tali accordi «assicurano alle società progetto e ai propri soci il pagamento di un importo corrispondente ai costi sostenuti e ad un eventuale corrispettivo»);
se ciò corrispondesse al vero costituirebbe una gravissima distorsione e subordinazione degli interessi pubblici a quelli privati delle imprese che si erano aggiudicate una procedura dichiarata illegittima dalla Corte di Giustizia, e questo dovrebbe condurre alla illegittimità dei nuovi bandi di gara;
l'apposizione al nuovo bando di gara di clausole eccessivamente onerose, per di più per finalità del tutto diverse da quelle attinenti lo svolgimento del servizio, nella misura in cui determinerà la mancata partecipazione di imprese diverse da quelle originariamente aggiudicatarie o, cosa ancor più grave, l'inutile esperimento di una gara deserta, determinerebbe l'illegittimità della procedura ed il suo annullamento in sede giurisdizionale;
le notizie apparse sulla stampa in ordine all'ammontare di tali danni fanno riferimento a cifre del tutto spropositate e fuori luogo, ove si consideri che le attività concretamente svolte dalle ditte firmatarie delle convenzioni sono state del tutto limitate;
in particolare, per quanto concerne il sito di Augusta, da quel che è dato sapere, nessuna attività risulta svolta nell'area in questione la quale non risulta nemmeno sia mai stata nella materiale disponibilità della ditta che aveva stipulato la convenzione;
per quanto attiene al sito di Paternò, ubicato su un terreno di scarsissimo valore commerciale (trattasi di calanchi argillosi) peraltro ricadente all'interno di un Sito di Interesse Comunitario (SIC), risulta soltanto realizzata una recinzione e alcuni lavori di movimento terra legati in parte alla attività di cava preesistente ed in parte alla bonifica derivante dall'interramento di rifiuti tossici che ha determinato il sequestro dell'area in oggetto da parte della magistratura penale;
per quanto attiene al sito di Bellolampo risulterebbe eseguita solo la recinzione e qualche minimo lavoro di movimento terra peraltro ricollegato alla preesistente discarica;
per il sito di Campofranco infine, sembra sia stata realizzata solo la recinzione e poco altro, il tutto peraltro presso l'alveo del fiume Platani;
tutte le suindicate attività sembrano essere state realizzate dalle ditte che avevano stipulato le convenzioni in assenza della prescritta autorizzazione integrata ambientale (AIA), che ancora ad oggi non risulta rilasciata;
le convenzioni oggetto della (illegittima) gara del 2002 sono state predisposte nella vigenza delle precedenti normative ambientali nazionali e comunitarie ed in un contesto totalmente diverso da quello odierno;
tali normative sono state superate da nuove disposizioni sia nazionali che comunitarie, le quali hanno stabilito nuovi criteri e nuove priorità;
la Direttiva 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio per esempio ha stabilito testualmente che «...l'obiettivo principale di qualsiasi politica in materia di rifiuti dovrebbe essere di

ridurre al minimo le conseguenze negative della produzione e della gestione dei rifiuti per la salute umana e l'ambiente;
la politica in materia di rifiuti dovrebbe altresì puntare a ridurre l'uso di risorse e promuovere l'applicazione pratica della gerarchia dei rifiuti...»;
sembra evidente che il sistema approvato a seguito del bando del 2002 prevede un completo capovolgimento della gerarchia di gestione dei rifiuti, per come specificata nella suindicata direttiva;
in buona sostanza, il sistema da cui sono scaturite le quattro convenzioni per la realizzazione dei termovalorizzatori è un sistema che ha posto al vertice della gerarchia di gestione dei rifiuti l'incenerimento con recupero energetico a scapito di tutte le altre forme di gestione dei rifiuti;
ciò risulta evidente dal semplice esame del dimensionamento degli impianti che avrebbero dovuto essere realizzati sulla base delle convenzioni risolte ed invece sono certamente sovradimensionati essendo stati approvati per il trattamento di una quantità di rifiuti che sembrerebbe pari o addirittura superiore ai rifiuti solidi urbani prodotti in Sicilia;
secondo invece il principio della gerarchia dei rifiuti, devono essere preventivamente e prioritariamente realizzate le forme di riduzione, riutilizzo, riciclaggio e recupero di materia;
in una relazione della Corte dei Conti Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato - Programma delle attività di controllo sulla gestione per l'anno 2005 (deliberazione n. 1/2005/G dell'aprile del 2007) si enuncia, in proposito: «... il ricorso agli inceneritori rischia di ingessare il contesto attuale della produzione dei rifiuti, impedendo il cambiamento sia del modo di consumare le merci da parte dei cittadini che di quello di cambiamento pure così voluto e auspicato dal legislatore. Gli inceneritori possono, infatti, in antitesi allo sforzo di riduzione all'origine delle quantità dei rifiuti e di riciclaggio, far crescere, al contrario, la percentuale di incenerimento a scapito della raccolta differenziata, con il pericolo di vederla ridotta addirittura al disotto degli obiettivi minimi di legge. È del tutto evidente, infatti, che una capacità di inceneritori eccessiva può divenire una barriera nei confronti degli sforzi di riduzione e riciclaggio, stimolando anzi, addirittura, e paradossalmente, la maggior produzione di rifiuti. È per questi fattori - ambientali ed economici - che la legislazione incoraggia il più possibile il riutilizzo dei materiali...»;
le direttive comunitarie quindi, ostano ormai alla realizzazione di impianti di incenerimento delle dimensioni di quelli previsti dalla procedura del 2002 che pertanto non può essere legittimamente riproposta;
le convenzioni stipulate in esito alla illegittima gara del 2002, prevedevano un inammissibile regime di monopolio, essendosi impegnata l'Amministrazione Regionale a non autorizzare attività in concorrenza con i sistemi di termovalorizzazione, impedendo così di fatto qualunque forma di recupero di materia;
tale compressione della libertà di impresa era ancor più grave ove si consideri che l'impegno contrattualmente assunto dalla Regione di non autorizzare attività concorrenziali aveva la durata di 20 anni;
anche sotto questo profilo, quindi, risulta inopportuno ed illegittimo riproporre acriticamente l'assetto giuridico nascente dalla procedura del 2002;
in ordine alla idoneità dei siti degli impianti, va considerato quanto statuito nella Ordinanza di Prot. Civile n. 3190/2002 con cui è stato autorizzato l'allora Commissariato ad indire l'avviso pubblico per la stipula di convenzioni con i privati;
l'articolo 5 di tale ordinanza prevedeva che gli impianti di termovalorizzazione avrebbero dovuto «realizzarsi in siti idonei», ovvero «in ... impianti industriali, e di cui (i privati) abbiano la disponibilità

gestionale, esistenti nel territorio della regione, ivi compresi quelli per la produzione di energia elettrica in sostituzione totale o parziale di combustibili ora impiegati»;
non è dato però sapere in che modo è stata valutata l'idoneità dei siti degli inceneritori siciliani indicati nella gara del 2002;
il procedimento iniziato con l'avviso pubblico del 9 agosto 2002 ha palesemente violato la stessa ord. della Prot. civ. 3190/2002 e quindi il mandato che il Commissario regionale aveva ricevuto dallo Stato, in quanto la norma citata non consentiva al Commissario delegato di delegare a sua volta ai privati la individuazione dei «siti idonei»;
risulterebbe altresì che in questo momento è in fase di avanzata discussione un nuovo Piano Regionale dei rifiuti e sarebbe oltremodo paradossale ed assurdo approvare nuovamente un Piano Regionale dei Rifiuti, solo dopo aver appaltato il servizio di incenerimento;
le imprese aggiudicatarie, le quali avevano l'obbligo di dichiarare in sede di gara di avere la disponibilità giuridica delle aree interessate dai relativi progetti, non risulterebbe che abbiano ottemperato a tale obbligo e quindi avrebbero dovuto essere immediatamente escluse dalla gara;
in ordine ai vizi relativi alla localizzazione dei singoli impianti risulterebbe quanto segue:
sul sito di Paternò il termovalorizzatore dovrebbe essere realizzato a pochi chilometri dai centri abitati di Paternò e di S.M. di Licodia, fra aranceti e uliveti, in un'area inserita per l'alto valore ambientale fra i Siti di Interesse Comunitario (cosiddette zone SIC), nell'alveo di uno dei principali affluenti del fiume Simeto e cioè il Torrente Cannizzola;
questa area si chiama «contrada valanghe» ed è stata definita, non dagli ambientalisti, ma dall'Ufficio del Genio Civile di Catania come «a rischio idraulico potenziale elevato» in quanto soggetta a periodiche esondazioni;
il sito di Augusta individuato dalla Tifeo Energia Ambiente Spa, per la realizzazione dell'impianto di termovalorizzazione - all'interno dell'area industriale di Augusta-Priolo-Melilli, rientra tra le aree che secondo l'articolo 74 del decreto legislativo 112/98 sono «...caratterizzate da gravi alterazioni degli equilibri ecologici nei corpi idrici, nell'atmosfera e nel suolo che comportano rischio per l'ambiente e la popolazione...»;
per le suddette aree quindi, lo stesso articolo 74, al quarto comma, prevede testualmente che «...le regioni definiscono, per le aree di cui al comma 2, un piano di risanamento teso ad individuare in via prioritaria le misure urgenti atte a rimuovere le situazioni di rischio e al ripristino ambientale...»;
la Soprintendenza BB.CC.AA. di Siracusa, con nota prot. n. 13559 del 24 settembre 2004, ha altresì negato il nulla osta al progetto per due distinte e trancianti motivazioni:
1) poiché l'area in cui ricade è sottoposta a tutela paesaggistica in quanto ricadente nella fascia di 150 mt. dal torrente Cantera;
2) poiché il sito ricade in area A3 del PRG e cioè in un'area archeologica vincolata e delimitata, l'area archeologica demaniale di Megara Hyble. Secondo la Soprintendenza quindi, il termovalorizzatore è incompatibile con entrambi i suddetti vincoli;
per quanto riguarda il sito di Casteltermini/Campofranco, si rileva che la localizzazione dell'inceneritore è stata scelta del tutto autonomamente dalla società privata Platani E.A. del Gruppo Falk, in assenza di qualsiasi direttiva pubblica, secondo esigenze puramente aziendali ed imprenditoriali (basso costo delle aree) e senza - per quanto consta

all'interrogante - alcuna preventiva valutazione delle problematiche di natura ambientale e sanitaria;
nella scelta del sito non si è tenuto conto, ratione temporis, del Piano di assetto idrogeologico (cosiddetta P.A.I.) approvato con successivo D.P.Reg. Sic. 25 gennaio 2006; in cui si evidenzia che tale sito è vicinissimo alla linea di esondazione del fiume Platani ed è soggetto ad inondazione in caso di collasso della diga «Fanaco» a monte dell'inceneritore;
il sito poi è in prossimità della riserva naturale orientata «Monte Conca», censita, nel decreto ministeriale 3 aprile 2000, come «PSIC» (proposto sito di interesse comunitario) codice 050006, nonché ad una distanza, dall'argine del fiume Platani, inferiore ai 150 metri prescritti dall'articolo 146, comma 1, lettera c) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (cod. dei beni culturali e del paesaggio), anche in aree che risultano illegittimamente sdemanializzate solamente nel 2007;
inoltre, il sito si trova a circa 1 km dall'abitato di Campofranco, in una profonda valle poco ventilata (a quota 150 metri s.l.m. e circondata da un sistema collinare che si eleva tra i 400 e gli 800 metri s.l.m.), dove è notorio il fenomeno del ristagno dell'aria che dà luogo, per moltissimi giorni all'anno, a persistenti e fitte nebbie autunnali e primaverili;
di contro l'analisi atmosferica e dei venti è stata fatta nel sito della stazione metrologica di Prizzi, distante oltre 50 km. ad un'altezza di circa 1000 metri s.l.m.;
sotto il sito dell'impianto passano una condotta idrica ed un metanodotto, con i possibili immaginabili effetti catastrofici in caso di incidenti tanto al termovalorizzazione quanto agli altri impianti connessi;
il sito, inoltre, è interessato dalla presenza di una falda freatica accertata a m. 3,50 dal piano di campagna che verrebbe gravemente compromessa;
riguardo al sito di Bellolampo si osserva che gli impianti insistono sul sito SIC «Raffo Rosso, Monte Cuccio e Vallone Sagana», quindi sito di importanza comunitaria, già dalla data della sua individuazione e soggetto a tutela e a particolari procedure per eventuali opere/piani previsti al suo interno;
alcuni di questi siti sono anche Riserve Naturali Orientate/integrali, istituite dalla Regione Sicilia (l.r. 98/81; l.r. 14/88 e singoli decreti istitutivi) e vi è anche una Riserva Marina (Capo Gallo);
la Direttiva 92/43/CEE esprime con chiarezza e senza alcuna fumosità che, in caso vi sia il dubbio che l'opera/piano possa avere incidenza negativa (quindi non la certezza ma la possibilità), va applicato il principio di precauzione, ovvero l'opera non si realizza;
gli studi presentati non hanno consentito alla Commissione VIA la completa conoscenza dell'impatto ambientale di tali opere, stante anche la natura stessa dell'incarico ricevuto e quindi si potrebbe dedurre che gli studi di impatto ambientale e le valutazioni d'incidenza non hanno rispettato la normativa nazionale e comunitaria -:
se il Governo non reputi necessario intervenire in riferimento alla vicenda esposta in premessa del pieno rispetto delle normative comunitarie e nazionali, anche per evitare la reiterazioni di atti eventualmente illegittimi, nonché posti in essere in violazione ed elusione della Sentenza della Corte di Giustizia del 18 Luglio 2007 e se sia noto in base a quali presunti accordi con gli organi giurisdizionali europei sarebbe stata bandita la nuova gara per l'affidamento del servizio di incenerimento dei rifiuti;
se risulti chi risponderebbe dei danni derivanti dalle sanzioni che sarebbero comminate ove fosse riscontrata un'elusione della sentenza della Corte di Giustizia del 2007, posto che la procedura di realizzazione degli inceneritori non riparte

da zero, ma esattamente da dove essa si trovava al momento della sentenza della corte;
se risultino avviate indagini con riferimento ai numerosissimi esposti presentati alle procure competenti.
(4-02919)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro per dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa che l'Agenzia delle Entrate avrebbe pubblicato un «decalogo antievasione» che individuerebbe le Scuole cosiddette «private» come un «Servizio di Lusso» e quindi indicatore attendibile di ricchezza;
dall'articolo pubblicato dal Corriere della Sera, il 28 aprile 2009, si evince che chi iscrive i propri figli alle scuole private sarebbe quindi persona da controllare con attenzione, con lo stesso meccanismo di chi compra automobili di lusso, barche imponenti, di chi fa parte di circoli esclusivi, centri di benessere e agenzie di viaggio, così come sarebbe scritto nella circolare dell'Agenzia delle Entrate del 9 Aprile scorso;
il termine «scuola privata» non ha riferimenti legislativi, nella giurisprudenza italiana, l'Agenzia delle Entrate farebbe riferimento alle scuole Paritarie, che fanno tuttavia parte a pieno titolo del sistema scolastico pubblico;
le scuole paritarie sono scuole gestite nella maggior parte dei casi da ordini religiosi o cooperative di famiglie e situate nei quartieri periferici delle città, nei paesi e quindi assolutamente determinanti per il futuro dell'educazione in Italia, sia per livello qualitativo raggiunto, ne è segno il numero degli iscritti, sia per l'utilità economica per la nazione;
gli interpellanti riportano alcuni dati che dimostrano l'importanza delle scuole paritarie per il sistema scolastico italiano: le scuole dell'infanzia e quelle primarie accolgono circa 730mila alunni: 530mila bambini su 1 milione e 652mila della scuola dell'infanzia, ovvero il 30 per cento, e 200mila su 2 milioni 800mila nella scuola primaria, ovvero l'8 per cento; per quanto riguarda le scuole paritarie secondarie, sono frequentate da circa 200mila studenti: 66.627 su 1 milione e 730mila per quelle di primo grado e 135.553 su un totale di 2.735.135, per quelle di secondo, 930mila studenti su 5,5 milioni, ovvero il 15 per cento frequentano scuole libere;
inoltre, la loro esistenza garantisce un reale risparmio per lo Stato; infatti un bambino iscritto alla scuola non statale ha un costo molto più basso, del costo riferito alla scuola statale, per ogni iscritto ad una scuola paritaria infatti, il contributo statale è pari a 584 euro annui, a differenza dei 6.116 euro all'anno per ogni iscritto alle scuole statali;
infine, rispondendo ad alcune interrogazioni parlamentari, e intervenendo pubblicamente il governo ha espresso più volte la volontà di difendere la totale parità scolastica sia economica che giuridica -:
se corrisponda al vero quanto appreso dai giornali e descritto in premessa;
cosa intenda l'Agenzia delle Entrate quando parla di «scuole private»;
se quanto descritto in premessa corrisponde al vero, il Governo non consideri discriminatoria in linea di principio, la scelta dell'Agenzia delle Entrate, di inserire tra gli indicatori da confrontare con la dichiarazione dei redditi l'iscrizione alle scuole private.
(2-00373)
«Toccafondi, Vignali, Lupi, Migliori, Marinello, Girlanda, Gioacchino Alfano, Zorzato, Traversa, Palmieri, Perina, Aprea, Mazzuca, Speciale, Mazzoni, Cazzola, Faenzi, Gottardo, Pagano, Versace, Di Biagio, Renato Farina, Rosso, Nastri, Di Centa, Mussolini, Pugliese, Marsilio, De Girolamo, Garagnani».

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

FLUVI, BRANDOLINI e MARCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 126 del 2008, prevede l'esenzione dall'ICI per le abitazioni principali e per le unità immobiliari ad esse assimilate;
il secondo comma dell'articolo 1 del predetto decreto-legge n. 93 del 2008, dispone quanto segue: «Per unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo si intende quella considerata tale ai sensi del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e successive modificazioni, nonché quelle ad esse assimilate dal comune con regolamento o delibera comunale vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto...»;
la risoluzione n. 12/DF del 5 giugno 2008, emanata dal Ministero dell'economia e delle finanze, «chiarisce» che l'esenzione in questione si estende anche a tutte le unità immobiliari assimilate per regolamento all'abitazione principale, poiché «nel concetto di assimilazione vanno ricomprese tutte le ipotesi in cui il Comune, indipendentemente dalla dizione utilizzata, ha inteso estendere i benefici previsti per le abitazioni principali... Indipendentemente dalla circostanza che il comune abbia assimilato dette abitazioni ai soli fini della detrazione e/o dell'aliquota agevolata...»;
al punto n. 10, la medesima risoluzione «chiarisce» che: «In merito, invece, alle "unità immobiliari locate con contratto registrato ad un soggetto che le utilizzi come abitazione principale", si deve precisare che la norma in esame consentiva ai comuni soltanto di estendere l'aliquota ridotta a favore dei soggetti ivi indicati, ma non di assimilare dette unità immobiliari all'abitazione principale. Pertanto non è possibile riconoscere a questa specifica fattispecie l'esenzione disposta dall'articolo 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, poiché non si configura un'ipotesi di assimilazione, a meno che questa non sia stata espressamente prevista nel regolamento comunale, vigente alla data del 29 maggio 2008»;
in sede di prima applicazione delle nuove disposizioni, nonostante i chiarimenti ministeriali, una parte considerevole dei proprietari di unità immobiliari locate che - sulla base di regolamenti comunali sono equiparate ai fini dell'aliquota ICI alla abitazione principale - non hanno provveduto al versamento dell'imposta in quanto hanno ritenuto di essere esentati dal pagamento;
nella seduta della Commissione bilancio della Camera dei deputati del 29 gennaio 2009 il Sottosegretario Daniele Molgora, in risposta ad una interrogazione dell'onorevole Maino Marchi, ribadiva che «in merito alle unità immobiliari locate con contratto registrato ad un soggetto che la utilizzi come abitazione principale, si deve precisare che la norma in esame consentiva ai comuni soltanto di estendere l'aliquota ridotta a favore dei soggetti ivi indicati, ma non di assimilare dette unità immobiliari all'abitazione principale. Pertanto, non è possibile riconoscere a questa specifica fattispecie l'esenzione disposta all'articolo 1 del decreto-legge n. 93 del 2008, poiché non si configura una ipotesi di assimilazione»;
la ricostruzione sopra delineata può sostanzialmente evincersi da una lettura in chiave sistematica della circolare interpretativa

emanata al riguardo dell'Amministrazione nel giugno del 2008 -:
quale sia la posizione del Ministero in merito alla controversa interpretazione della risoluzione n. 12/DF 2008 riguardante l'esenzione ICI delle unità immobiliari locate con contratto registrato a soggetto che le utilizzi come abitazione principale e se non ritenga opportuno emanare una norma o una ulteriore risoluzione che chiarisca definitivamente la questione.
(5-01382)

GERMANÀ. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le società proprietarie di impianti di distribuzione di carburante si trovano in una situazione di incertezza relativamente alla possibilità di applicare agli immobili-impianti situati nei punti vendita di distribuzione di carburante le disposizioni in materia di rivalutazione di immobili di cui all'articolo 15, commi 16 e seguenti, del decreto-legge n. 185 del 2008;
tali immobili-impianti, pur essendo iscritti in Catasto nelle categorie E, C e D, non sono iscritti in bilancio nella voce «terreni e fabbricati» bensì nella voce «impianti»;
la circolare n. 11 del 19 marzo 2009 dell'Agenzia delle Entrate, relativa alla rivalutazione dei beni immobili d'impresa, afferma, tra l'altro, che: «rientrano tra gli immobili ammortizzabili i fabbricati strumentali per natura e quelli strumentali per destinazione»;
sulla base dell'impostazione interpretativa contenuta nella circolare appena richiamata, non sembrerebbe possibile la rivalutazione di beni diversi dai «fabbricati», e quindi degli immobili-impianti sopra richiamati;
tuttavia, ad una opposta conclusione potrebbe far giungere la considerazione che nel decreto-legge n. 185 del 2008 non vi sono richiami alla legge di rivalutazione n. 413 del 1991, che escludeva la rivalutazione degli immobili-impianti;
a sostegno di tale interpretazione può inoltre richiamarsi il tenore della circolare dell'Agenzia delle Entrate n. 1 del 19 gennaio 2007, relativa all'ammortamento dei terreni, la quale, al paragrafo 7.2, afferma che: «dette disposizioni sono applicabili; pertanto anche agli impianti e ai macchinari infissi al suolo nel caso in cui questi realizzino una struttura che nel suo complesso costituisca una unità immobiliare iscrivibile nel catasto urbano in quanto rientrante nelle categorie catastali di cui sopra. Come affermato nella circolare del 4 agosto 2006 n. 281/E, non rientrano, invece, nell'ambito di applicazione delle disposizioni in commento gli impianti e i macchinari, ancorché infissi al suolo, qualora gli stessi non costituiscano fabbricati iscritti o iscrivibili nel catasto edilizio urbano»;
sembra dunque che l'Agenzia delle Entrate consideri come «immobile» qualsiasi struttura che possa essere iscritta in catasto, rendendo dunque applicabili le norme in materia di rivalutazione di cui al decreto-legge n. 185 del 2008 anche agli immobili-impianto;
un ulteriore aspetto problematico relativo alla rivalutazione degli impianti di distribuzione di carburante riguarda il loro classamento catastale, in quanto l'articolo 2, comma 40, del decreto-legge n. 262 del 2006 prevede che: «Nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali F/1, E12, E13, E14, E15, E16 ed E19 non possono essere compresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale», mentre il comma 41 dello stesso articolo 2 stabilisce che: «Le unità immobiliari che per effetto del criterio stabilito nel comma 40 richiedono una revisione della qualificazione e quindi della rendita devono essere dichiarate in catasto da parte dei soggetti intestatari, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto»;
con la circolare n. 4 del 2007, l'Agenzia del Territorio afferma, in riferimento

agli immobili ricompresi negli impianti di distribuzione di carburante, che: «Coerentemente con tale indirizzo è stato evidenziato come quegli immobili, o porzioni di essi, adibiti ad autofficina o autolavaggio chiuso, con idonee attrezzature e relativa area asservita, fossero censibili nella categoria C 13; mentre i locali ospitanti bar, tavole calde o ristoranti, e quelli utilizzati per la rivendita di articoli vari, con le relative porzioni di area asservita, nella categoria D/8, ovvero C11, in relazione alle loro caratteristiche e al parametro dimensionale»;
pertanto, durante l'esercizio chiuso al 31 dicembre 2007, le società che esercitano l'attività di gestione di punti vendita per la distribuzione del carburante, hanno dovuto procedere ad una revisione del classamento degli impianti di distribuzione fino a quel momento classati nella categoria E, scorporando tutte quelle unità immobiliari suscettibili di inserimento in altra categoria catastale: C/1, C/3 o D/8;
per assurdo, quindi, a decorrere dal bilancio al 31 dicembre 2007, tali società possono trovarsi nella situazione di avere un maggior numero di immobili intestati «catastalmente» (a seguito della modifica del classamento degli immobili in precedenza accatastati nella categoria E, in applicazione del disposto del decreto-legge n. 262 del 2006) rispetto a quanto invece iscritto in bilancio, in quanto alla modifica del classamento non è necessariamente seguita una modifica del costo storico dell'impianto imputato a bilancio;
dal momento che la rivalutazione degli immobili ai sensi del decreto-legge n. 185 del 2008, prevede che gli immobili rivalutabili sono quelli risultanti dal bilancio in corso al 31 dicembre 2007 e ancora presenti in quello al 31 dicembre 2008, non risulta chiaro come occorra considerare tali immobili ai fini della rivalutazione, anche in quanto il decreto-legge n. 185 pone, come condizione necessaria al perfezionamento della stessa, l'inclusione di tutti gli immobili appartenenti ad una stessa categoria omogenea -:
quale sia la disciplina applicabile agli immobili-impianti di carburante ai fini della rivalutazione prevista dall'articolo 15, commi 16 e seguenti, del decreto-legge n. 185 del 2008, considerato che le società proprietarie di tali immobili potrebbero trovarsi di fronte a contestazioni da parte dell'Agenzia delle entrate circa la mancata inclusione di uno o più impianti nella rivalutazione, e dovrebbero conseguentemente integrare l'imposta sostitutiva prevista in caso di rivalutazione, oppure rinunciare ai benefici fiscali della stessa, chiedendo il rimborso di quanto versato.
(5-01383)

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 42-bis del decreto-legge n. 207 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, recante «Disposizioni per la definizione di violazioni in materia di affissioni e pubblicità», ha disposto che «Le violazioni ripetute e continuate delle norme in materia di affissioni e pubblicità commesse nel periodo compreso dal 1o gennaio 2005 fino alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, mediante affissioni di manifesti politici ovvero di striscioni e mezzi similari, possono essere definite in qualunque ordine e grado di giudizio, nonché in sede di riscossione delle somme eventualmente iscritte a titolo sanzionatorio, mediante il versamento, a carico del committente responsabile, di una imposta pari, per il complesso delle violazioni commesse e ripetute, a 1.000 euro per anno e per provincia. Il termine per il versamento è fissato, a pena di decadenza dal beneficio di cui al presente articolo, al 31 marzo 2009»;
il medesimo articolo ha disposto che ne medesimi casi non si applicano le disposizioni dell'articolo 15, commi 2 e 3,

della legge 10 dicembre 1993, n. 515, le quali prevedono una sanzione amministrava sino a 25 mila euro nonché l'attribuzione a carico, in solido, dell'esecutore materiale e del committente responsabile per le spese sostenute dal comune per la rimozione della propaganda abusiva;
dal 2005 ad oggi i comuni italiani hanno irrogato sanzioni per affissioni abusive anche a carattere politico le cui somme sono state conseguentemente messe a bilancio dagli stessi -:
se il Ministro sia a conoscenza del numero complessivo di sanzioni oggetto di sanatoria per effetto dell'articolo 42-bis della legge 14 del 2009;
se il Ministro sia a conoscenza dell'entità complessiva del mancato introito nelle casse dei comuni per effetto della citata sanatoria, nonché in particolare dei comuni di Milano, Roma, Torino e Napoli.
(4-02916)

TESTO AGGIORNATO AL 27 LUGLIO 2010

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata:

TENAGLIA, FERRANTI, MINNITI, SERENI, BRESSA, QUARTIANI, GIACHETTI, CAPANO, CAVALLARO, CIRIELLO, CONCIA, CUPERLO, GIANNI FARINA, MELIS, ROSSOMANDO, SAMPERI, TIDEI, TOUADI e VACCARO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
si è recentemente concluso, presso la III Commissione (Commissione per i trasferimenti) del Consiglio superiore della magistratura l'esame del cosiddetto «bollettone» per la copertura dei posti requirenti di I grado, dopo che, in precedenza, in data 14 gennaio 2009, il Consiglio superiore della magistratura aveva pubblicato il concorso per il trasferimento alle sedi vacanti di procura, invitando a parteciparvi i magistrati giudicanti ed inquirenti interessati, con esclusione di quelli di prima nomina;
l'esame del «bollettone» ha evidenziato, in maniera drammatica, la persistente difficoltà di copertura degli organici di numerose sedi giudiziarie (ubicate prevalentemente nelle regioni con più alto tasso di criminalità organizzata);
le cifre, ancor più delle parole, sottolineano l'oggettiva emergenza organizzativa in materia di funzionamento degli uffici giudiziari, un'emergenza che ha assunto i contorni di una vera e propria desertificazione delle procure italiane. Nel dettaglio, sono stati pubblicati 206 posti e, di questi, 132 rimarranno scoperti, poiché privi di aspiranti, e soltanto 74 saranno coperti (di questi ultimi soltanto 3 saranno attribuiti a magistrati che attualmente svolgono funzioni giudicanti). I dati disaggregati rappresentano una realtà particolarmente grave in alcune regioni:
a) in Sicilia, su 61 posti messi a concorso, 56 risultano senza aspiranti. Dei 5 posti che saranno coperti, solo uno sarà attribuito ad un magistrato proveniente da altra regione. Dagli uffici siciliani, invece, andranno via 9 colleghi, tutti pubblici ministeri, con l'effetto che le scoperture negli uffici requirenti saliranno da 61 a 69. L'indice di scopertura, alla fine del concorso, sarà in Sicilia del 30 per cento;
b) in Calabria, su 27 posti pubblicati, 25 sono senza aspiranti. I 2 soli posti che verranno coperti saranno attribuiti a colleghi già in servizio presso altri uffici calabresi. Dalla regione andranno via in 15, con l'effetto che da 27 scoperture si salirà a 42. L'indice di scopertura, alla fine del concorso, sarà del 39,6 per cento;
c) in Sardegna, la scopertura che si avrà negli uffici di procura sarà del 24 per cento (12 posti su 50 in pianta organica);
d) in Basilicata, dove molte delle sedi pubblicate sono rimaste prive di aspiranti, l'indice di scopertura sarà del 27,2 per cento;

disaggregando ulteriormente il dato, si rileva che ben 5 uffici avranno una scopertura del 100 per cento (Lanusei, Voghera, Saluzzo, le procure presso i tribunali per i minorenni di Caltanissetta e Reggio Calabria); 3 dell'80 per cento o più (Vibo Valentia, Gela, Palmi); 3 del 75 per cento (Enna, Patti, Locri); 9 del 60 per cento o più (Nicosia, Ragusa, Crotone, Termini Imerese, Biella, Nuoro, Lamezia Terme, Barcellona Pozzo di Gotto, Gorizia);
altri 19 uffici registreranno una scopertura del 50 per cento o più. Nel distretto di Brescia, per esempio, la procura e la procura presso il tribunale per i minorenni per la terza volta consecutiva resteranno senza aspiranti; anzi, la procura ordinaria perde un altro magistrato, con l'effetto che la scopertura finale sarà del 50 per cento alla procura presso il tribunale per i minorenni e del 47,6 per cento alla procura ordinaria;
nel complesso, le procure italiane continueranno a scontare rilevanti vuoti di organico: su 1.737 posti di procura (esclusi Bolzano e i posti di magistrato distrettuale), continueranno a rimanere scoperti 206 posti (l'indice di scopertura nazionale si attesterà intorno al 12 per cento);
salvo sporadiche eccezioni, non vi è un numero sufficiente di giudici interessati alle funzioni requirenti. Infatti, il numero delle domande avanzate da chi finora ha fatto il giudice per ricoprire posti di sostituto procuratore è ridottissimo: come già detto, dei 74 posti coperti, solo 3 saranno attribuiti a magistrati che attualmente svolgono funzioni giudicanti;
le domande per il trasferimento alle sedi vacanti di procura sono state avanzate solo da magistrati che già facevano i pubblici ministeri e, pertanto, non si è colmato alcun vuoto, ma si è operato soltanto uno spostamento territoriale di magistrati, che occupano un posto in una procura per lasciarne scoperto un altro in un'altra procura;
i vuoti nella copertura degli organici delle procure si concentrano in talune regioni e distretti, che presentano un indice di scopertura di gran lunga superiore a quello nazionale. Dal momento che queste aree sono caratterizzate dai più consistenti movimenti di magistrati «in uscita», è innegabile affermare che il trend è quello della «desertificazione» degli uffici di procura;
i consistenti e progressivi vuoti di organico delle procure riguardano, soprattutto, anche se non esclusivamente, regioni e distretti con i più elevati indici di diffusione della criminalità organizzata;
spesso i magistrati che hanno funzioni giudicanti non sono propensi a diventare pubblici ministeri perché, in caso di ripensamento, non possono tornare sui propri passi, se non dopo cinque anni trascorsi in una regione diversa da quella di provenienza professionale e talvolta neppure confinante. Per di più, la mobilità trasversale e territoriale dei magistrati è penalizzata dalla carenza di mezzi tecnici e investigativi in molte aree del Sud e dalla recente norma approvata in sede di riforma dell'ordinamento giudiziario, che impedisce di assegnare alla procura della Repubblica magistrati di prima nomina, un tempo vero bacino a cui attingevano le procure meridionali per far fronte alle carenze di organico;
quindi, ad aggravare il problema della copertura delle sedi vacanti ha concorso in modo rilevante il divieto di destinazione al termine del tirocinio ed anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità (id est, prima di quattro anni dalla data di nomina) di nuovi magistrati ordinari allo svolgimento di funzioni inquirenti (oltre che di funzioni giudicanti monocratiche penali e funzioni di giudice per le indagini preliminari-giudice per l'udienza preliminare); tale soluzione in passato ha assicurato una costante immissione di nuovi magistrati negli uffici di procura, consentendo la trattazione degli affari ordinari e garantendo che i magistrati con maggiore esperienza, nell'ambito delle direzioni distrettuali antimafia, alleggeriti dall'onere di

gestire i procedimenti per reati ordinari, potessero dedicare le proprie energie professionali alla trattazione dei reati più gravi, soprattutto quelli collegati alla criminalità organizzata;
il decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, ha determinato una serie di parametri oggettivi, al fine di rendere immediatamente operativo il trasferimento d'ufficio dei magistrati per la copertura immediata delle sedi disagiate, da realizzarsi attraverso incentivi economici e di carriera, rivolti a magistrati più anziani. Sulla base di questa recente normativa, alle sedi disagiate potranno essere destinati d'ufficio al massimo un centinaio di magistrati provenienti da sedi non disagiate, i quali abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità;
il recente rimedio legislativo, che, peraltro, non ha avuto ancora attuazione come ampiamente dimostrato dai dati, non sarà risolutivo. In primo luogo, i posti vacanti sono ben più di cento e basterebbero a stento a soddisfare le esigenze di copertura delle regioni meridionali;
sulla base dei dati e delle considerazioni esposte, è incontrovertibile che la combinazione di limiti al passaggio e divieto di assegnazione dei nuovi magistrati alle procure stia portando verso un'intollerabile paralisi dell'attività d'indagine, a partire dalle sedi del Sud e delle Isole, ma anche di alcune del Nord. Si è sostanzialmente in presenza di carriere di fatto;
proprio in ragione della consapevolezza della drammaticità della situazione degli organici e dell'inidoneità della soluzione rappresentata dalla nuova disciplina del trasferimento d'ufficio dei magistrati contenuta nel decreto-legge n. 143 del 2008, il Partito democratico ha presentato e sostenuto in Commissione giustizia e in Aula uno specifico emendamento, che non è stato approvato, secondo cui l'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, è sospesa fino alla riforma di riordino della geografia giudiziaria e comunque non oltre il 31 dicembre 2010 -:
quali provvedimenti di competenza ad effetto immediato intenda adottare al fine di fronteggiare la situazione di persistente difficoltà nella copertura dei posti di magistrato inquirente e per contrastare la profonda crisi della mobilità trasversale dei magistrati (passaggio dalla funzione giudicante alla requirente), che sta azzerando gli organici di interi uffici giudiziari requirenti, anche attraverso l'adozione di iniziative per la sospensione del divieto di destinazione dei magistrati in tirocinio alle funzioni monocratiche giudicanti penali e requirenti, nonché attraverso l'indifferibile revisione delle circoscrizioni giudiziarie.
(3-00516)

VIETTI, RAO, MANTINI, TASSONE, MANNINO, VOLONTÈ, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, OCCHIUTO, GALLETTI e LIBÈ. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la situazione delle carceri italiane è vicina al collasso: il numero dei detenuti è giunto a 62.057 e, prevedendo una crescita della popolazione carceraria al ritmo di 800/1000 nuove unità al mese, si giungerà presto al limite massimo tollerabile di 63.702 unità;
il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha presentato nei giorni scorsi al Ministro interrogato un piano che prevede l'aumento di 18 mila posti letto distribuiti in 18 regioni, di cui 5 mila a regime a partire dal 2010, ma si teme che la disponibilità concreta di posti non potrà avvenire prima di due anni;
il piano comporta un impegno di circa 1,5 miliardi di euro destinati alla ristrutturazione di sezioni carcerarie esistenti, alla costruzione di nuovi padiglioni in quelli esistenti, oltre al completamento di nove carceri, già in fase avanzata, e la realizzazione di 18 nuovi penitenziari;

siamo fermamente convinti della necessità di un intervento significativo che interessi le strutture carcerarie, ma altrettanto necessaria ed urgente è la predisposizione di misure in favore della polizia penitenziaria, che lamenta la mancanza di personale per fare fronte a questa emergenza;
l'impegno finanziario del piano, che peraltro chiamerebbe in causa il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, pone seri interrogativi sulle coperture, tenuto conto che i fondi disponibili del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ammontano a circa 200 milioni di euro, cui andrebbero aggiunti, secondo quanto riportato da organi di stampa, circa 120-130 milioni di euro della cassa ammende;
anche ammettendo il ricorso ai fondi per le aree sottoutilizzate (non ancora assegnati dal ministero dello sviluppo economico in virtù dell'emergenza terremoto), che ammonterebbero a 200 milioni, le coperture previste potrebbero fare fronte solo ad un terzo della spesa prevista;
in attesa che si realizzi l'ambizioso piano annunciato, occorrerebbero ulteriori soluzioni urgenti al problema, per cui sarebbe auspicabile un maggior ricorso alle misure alternative, previa una rigorosa valutazione dei loro presupposti;
occorrerebbe poi secondo gli interroganti interrompere la continua produzione di nuove fattispecie penali, volute dal Governo in questi mesi, che rischia di immettere indiscriminatamente nel circuito giudiziario e carcerario soggetti che potrebbero più utilmente essere destinatari di sanzioni amministrative;
senza le risorse indicate, l'impegno rischia di diventare l'ennesimo annuncio propagandistico del Governo, mentre le difficoltà della popolazione carceraria e del personale di polizia penitenziaria aumentano -:
come intenda recuperare e con quali tempi le risorse necessarie ad evitare il collasso del sistema carcerario italiano, tenuto conto dell'esiguità delle disponibilità a fronte del piano presentato dal dipartimento dell'amministrazione penitenziaria.
(3-00517)

CICCHITTO, BOCCHINO e CASSINELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato ed il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, attraverso approfonditi monitoraggi e puntuali analisi, hanno più volte evidenziato l'esaurimento del cosiddetto «effetto indulto» ed il riemergere del problema del sovraffollamento negli istituti di pena;
stando alle verifiche effettuate, è, infatti, emerso che il numero dei detenuti è di gran lunga superiore rispetto ai posti disponibili;
inoltre, tale sovraffollamento è aggravato, nella gran parte degli istituti penitenziari, dall'inadeguatezza delle strutture, che risalgono anche all'epoca borbonica -:
come il Governo intenda intervenire per superare la situazione come sopra evidenziata e ripristinare adeguate condizioni infrastrutturali e logistiche negli istituti penitenziari di tutto il Paese, onde preservare legalità e sicurezza.
(3-00518)

Interrogazione a risposta scritta:

LUCIANO DUSSIN e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
viviamo in uno dei Paesi con la più elevata spesa pubblica nel settore della giustizia. Una macchina giudiziaria che consuma più di 7,7 miliardi di euro l'anno, eppure nei tribunali mancano le penne, la carta, i computer, l'inchiostro per le stampanti, le fotocopiatrici;
nonostante il numero di giudici in Italia sia allineato a quello degli altri Paesi europei i processi durano più a lungo che in ogni altro Paese d'Europa: una media di

cinque anni per decidere se qualcuno è colpevole o innocente; sette anni e mezzo per un divorzio; due anni per un licenziamento in prima istanza; otto per dare ragione o torto in una causa civile;
mentre si moltiplicano le denunce di questo stato di inefficienza in occasione di ogni inaugurazione dell'anno giudiziario, giungono notizie come quella apparsa sul Gazzettino del 29 aprile 2009, secondo cui, poiché al Tribunale di Venezia non si tengono udienze il sabato per effetto di un accordo sindacale firmato dal Presidente e dal dirigente del Tribunale, a causa della carenza di personale, rischia di bloccarsi il processo relativo al crac delle società Cdc e Manifatture Venete di Eraclea, con il serio rischio che si determini la prescrizione per i reati per i quali si procede;
mentre in vari casi, anche per quanto riguarda il Tribunale di Venezia, emergono segnali di ritardi e di aggravamento delle procedure - comprese impugnazioni che hanno, ad avviso dell'interrogante, scarsissima possibilità di accoglimento - da altri Tribunali, come quello di Torino arrivano invece dati confortanti che segnalano la forte riduzione degli arretrati pendenti e dei tempi dei procedimenti grazie alla sperimentazione di un decalogo che incentiva comportamenti virtuosi dei giudici e del personale amministrativo -:
se il Ministro non ritenga, che, considerata la notevole disparità di rendimento e di efficienza dei tribunali italiani, non sia opportuno approntare mediante opportune iniziative normative meccanismi di finanziamento che evitino l'erogazione di contributi indifferenziati a tutti i Tribunali e privilegino invece quelli più efficienti, penalizzando quelli che hanno indici di produttività insoddisfacenti.
(4-02918)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MONTAGNOLI, BRAGANTINI e NEGRO. - AI Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada statale 434 Transpolesana (SS 434) è un'importante strada statale italiana che collega Verona a Rovigo. Il percorso, che inizia a Verona allacciandosi alla tangenziale tra le uscite dell'autostrada A4 di Verona Sud e Verona Est, attraversa i comuni della bassa veronese, entra in provincia di Rovigo nel comune di Giacciano con Baruchella, attraversa Badia Polesine, Lendinara, Villamarzana (dove da poco è stato costruito uno svincolo dell'autostrada A 13) per terminare in una rotatoria in località Borsea del comune di Rovigo;
le istituzioni coinvolte sono a conoscenza del problema degli allagamenti sul tracciato che scorre nel comune di San Giovanni Lupatoto, in corrispondenza del raccordo con la tangenziale sud di Verona e nella galleria sottostante via Pacinotti;
in una riunione in prefettura il 20 agosto 2008, una soluzione è stata individuata nella disponibilità del Consorzio di bonifica agro veronese Tartaro-Tione a ricevere le acque prelevate dalle pompe idrovore che intervengono in caso di allagamento, nella stessa occasione l'ANAS ha confermato la predisposizione del progetto della condotta che dovrebbe convogliare nelle rete idrica del Consorzio le acque prelevate;
a tutti gli utenti della statale Transpolesana è noto il pessimo stato di manutenzione della medesima, per cui non viene garantita la sicurezza stradale e degli automobilisti;
lo stato di manutenzione è assolutamente carente e insoddisfacente: il solo transito è caratterizzato dalla presenza di

ampie zone ove il manto stradale è assente, con molti dislivelli che si amplificano dopo piogge e gelo;
le statistiche ci consegnano dati allarmanti circa la percentuale di incidentalità che caratterizza la statale 434, negli ultimi anni più di un centinaio le persone decedute nel solo tratto veronese;
gli stessi organi preposti al controllo ed alla tutela della salute pubblica hanno rilevato come vi sia l'assoluta necessità di provvedere all'installazione di pannelli fonoassorbenti nei tratti che costeggiano i centri abitati per il continuo superamento dei livelli consentiti;
per i lavori di manutenzione straordinaria sarebbero previsti una serie di interventi che dovrebbero porre un rimedio temporaneo alla situazione di emergenza: la stesura di diversi tratti di manto stradale, l'adeguamento del sistema di raccolta e smaltimento acque nella galleria di San Giovanni e lavori di rafforzamento della sovrastruttura stradale -:
se il Ministro essendo a conoscenza della criticità della situazione non intenda adoperarsi in tempi rapidissimi, mettendo anche a disposizione le risorse necessarie, affinché le opere necessarie per la messa in sicurezza della SS 434 vengano iniziate e portate a compimento al fine di salvaguardare la sicurezza degli automobilisti che la percorrono e dei cittadini che vivono nei pressi della stessa.
(5-01380)

VELO e LOVELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
gli effetti della crisi finanziaria e produttiva internazionale si stanno manifestando con tutta la loro drammatica evidenza anche sull'economia nazionale, investendo interi comparti della produzione industriale e dei servizi;
tale quadro rappresenta un ulteriore elemento di preoccupazione per la condizione di esercizio delle attività di autotrasporto, settore che già aveva manifestato motivi di difficoltà legati all'andamento dei costi di gestione, in gran parte dovuti alla dinamica dei prezzi dei carburanti, e situazioni di criticità normativa, fiscale e finanziaria;
a tal fine, con il Protocollo di intesa sottoscritto da tutte le sigle di rappresentanza del settore, in data 25 giugno 2008, sembrava avviato un proficuo lavoro di concertazione per l'attuazione di un pacchetto di misure volte a risolvere l'insieme richieste del settore;
come recentemente denunciato dalle principali sigle che hanno sottoscritto quel documento, a tutt'oggi, risolte delle misure ivi previste tardano a trovare integrale e fedele attuazione, non risultando essere stati ancora emanati importanti atti governativi;
in particolare, non risulterebbero ancora affrontati e risolti i temi relativi al sostegno per l'acquisto di nuovi veicoli euro 5, alla riduzione dei pedaggi autostradali, ai contributi per la formazione professionale, agli incentivi per l'aggregazione di imprese, alle agevolazioni per il credito agli investimenti e agli incentivi per gli investimenti del biennio 2005-2007, alle indennità di trasferta, all'esonero fiscale e contributivo per gli straordinari, nonché al credito di imposta sulle tasse automobilistiche per l'anno 2009 per i grandi veicoli;
a tutt'ora non si è dato corso nemmeno all'istituzione dell'Osservatorio sulle attività di autotrasporto di cui all'articolo 9, del decreto legislativo 21 novembre 2005, n. 286, così privando il settore dell'unico strumento effettivamente adatto a gestire in modo corretto l'andamento, a volte schizofrenico, di tutti i costi di esercizio, non solo del gasolio, a carico delle imprese;
se l'emanazione di tali misure fu ritenuta opportuna dieci mesi or sono, per il sostegno di una coraggiosa azione di consolidamento e ammodernamento delle imprese del settore dell'autotrasporto, oggi diventa di drammatica urgenza pena una

non auspicabile riproposizione di forme di protesta che arrecherebbero ulteriori problemi all'intero sistema economico del paese o l'acuirsi di situazioni di critici gestionale che potrebbe mettere fuori mercato centinaia e migliaia di imprese, con inevitabili effetti occupazionali;
appare, pertanto, incomprensibile e inaccettabile un'ulteriore dilazione dei tempi di attuazione dei contenuti del Protocollo del 25 giugno 2008 -:
quali siano le ragioni che hanno portato il Governo a non dare piena e coerente applicazione del citato Protocollo, sostanzialmente sottoscritto da tutte le sigle di rappresentanza del settore;
quali azioni intenda intraprendere per addivenire, nei tempi più ravvicinati, all'adozione delle misure richiamate in premessa, ivi compresa l'istituzione del citato Osservatorio sulle attività di autotrasporto, contenute nell'atto sottoscritto presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, così scongiurando l'ulteriore aggravamento della situazione del settore e il riproporsi di forme di protesta che non potrebbero non produrre difficoltà aggiuntive in una congiuntura economica già tanto delicata.
(5-01381)

...

INTERNO

Interrogazione a risposta orale:

GUZZANTI. - Al Ministro dell'Interno. - Per sapere - premesso che:
l'Ufficio elettorale del Ministero dell'interno, con riferimento al deposito dei contrassegni dei Partiti in vista delle elezioni europee del 6 e 7 giugno, in data 21 Aprile, invitava il Dott. Nicola Carnovale, presentatore a nome dei «I Socialisti» del contrassegno «Socialisti Uniti per l'Europa» con «il garofano rosso» al centro del cerchio, registrato al n. 11 a modificare detto simbolo sul presupposto del tutto infondato - come risulta accertato - che altro simbolo depositato al n. 19 dal «Nuovo Psi» «risulta tra l'altro essersi presentato ed aver avuto propri eletti in occasione delle Elezioni europee del 2004»;
l'Ufficio elettorale Nazionale, presso la Suprema corte di Cassazione, con decisione del 26 Aprile 2009, bocciava tale assunto in quanto il depositante del contrassegno n. 19 - il «Nuovo Psi» - «non sia il medesimo partito presente alle Elezioni europee del 2004» e «che non ha dimostrato la successione tra la propria organizzazione e quella del Partito originario» accoglieva l'opposizione proposta dal suddetto Carnovale a nome de «I Socialisti» e né ammetteva il relativo contrassegno n. 11 escludendo espressamente il n. 19 del «Nuovo Psi»;
le Commissioni circoscrizionali, ricusavano erroneamente le liste presentate dai «I Socialisti» con il Contrassegno «Socialisti Uniti per l'Europa» «per la mancata ricorrenza della ragione di esenzione dall'obbligo di raccogliere le firme, come previsto dall'articolo 12, comma 4 della legge n. 18 del 1979» che recita: «nessuna sottoscrizione è richiesta altresì per i partiti o gruppi politici che nell'ultima elezione abbiano presentato candidature con il proprio contrassegno ed abbiano ottenuto almeno un seggio al Parlamento europeo» -:
se come dalla norma su richiamata, l'Ufficio elettorale del Ministero dell'Interno, abbia inviato agli uffici elettorali circoscrizionali le comunicazioni relative a tutti i partiti o gruppi esonerati dall'obbligo di raccolta delle firme, secondo quanto previsto nelle istruzioni emanate dallo stesso Ministero (vedi Capitolo VI, lettera B, pagina 49);
se sia stata omessa la comunicazione riguardante la lista «Socialisti Uniti per l'Europa» e per quali ragioni ciò si sia verificato, arrecando grave pregiudizio in ordine alla ammissione della lista de «I Socialisti» che costringe il partito ad impegnarsi in una serie di ricorsi a tutti i

livelli Nazionali ed Europei, con eventuali gravi effetti sull'andamento e sulla validità della competizione elettorale.
(3-00512)

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 212 del 1956, recante norme sulla propaganda elettorale, «Chiunque sottrae o distrugge stampati, giornali murali od altri, o manifesti di propaganda elettorale previsti dall'articolo 1, destinati all'affissione o alla diffusione o ne impedisce l'affissione o la diffusione ovvero stacca, lacera o rende comunque illeggibili quelli già affissi negli spazi riservati alla propaganda elettorale a norma della presente legge, o, non avendone titolo, affigge stampati, giornali murali od altri o manifesti negli spazi suddetti» nonché «Chiunque affigge stampati, giornali murali od altri, o manifesti di propaganda elettorale previsti dall'articolo 1 fuori degli appositi spazi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 1.032»;
ai sensi dell'articolo 635 del codice penale commette il reato di danneggiamento colui che distrugge, disperde, deteriora o rende, in tutto od in parte, inservibili cose mobili od immobili altrui, con l'aggravante se il fatto è commesso su edifici pubblici o destinati ad uso pubblico od all'esercizio di un culto o su cose di interesse storico od artistico ovunque siano ubicati;
ai sensi dell'articolo 294 del codice penale «chiunque con violenza, minaccia o inganno impedisce in tutto o in parte l'esercizio di un diritto politico, ovvero determina taluno a esercitarlo in senso difforme dalla sua volontà, è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;
nei Comuni italiani, in particolare nelle città, da molte settimane la quasi totalità degli spazi del servizio «Pubbliche affissioni» gestiti dai Comuni è occupata da manifesti di partiti politici privi della autorizzazione conseguente al pagamento dei diritti di affissione, mentre si sta di già verificando, altresì, una esponenziale crescita del fenomeno dell'affissione di manifesti di propaganda politica al di fuori di qualsiasi spazio consentito, in particolare muri degli edifici, cassonetti, cabine telefoniche, cabine elettriche;
oramai da anni gli spazi di propaganda predisposti ai sensi della legge n. 212 del 1956 in occasione delle elezioni, assegnati individualmente ai singoli partiti che vi partecipano, sono oggetto di sistematica affissione abusiva che impedisce, anche con la violenza e le minacce, l'affissione di manifesti ai candidati ed ai partiti politici che si rifiutano di violare le leggi, quale ad esempio il movimento Radicale;
dalle inchieste giornalistiche, da ultimo il servizio mandato in onda dal programma televisivo «Le Iene» del 17 aprile 2009 così come dall'articolo pubblicato sul Corriere della Sera edizione Roma l'11 aprile scorso, si palesa l'esistenza di una operazione condotta su larga scala che, considerate modalità e circostanze della sua quotidiana realizzazione, viene evidentemente organizzata e pianificata a tavolino, in concorso tra più persone, al fine di sovvertire le regole del gioco democratico;
tali condotte costituiscono un vero e proprio attentato ai diritti civili e politici dei cittadini, penalizzando solo determinati soggetti politici ed impedendo ai cittadini di conoscere le diverse forze politiche e le proposte in campo;
la perpetrazione degli illeciti descritti avviene anche in pieno giorno, in prossimità delle caserme dei carabinieri, dei commissariati di polizia, persino a 100 metri dal Quirinale, senza che si abbia notizia di interventi delle forze dell'ordine per l'identificazione dei responsabili materiali e dei loro mandanti -:
quali iniziative il Ministero dell'interno, intenda assumere al fine di garantire

la regolarità della competizione elettorale, interrompendo la sistematica affissione abusiva da parte di alcuni soggetti politici in violazione delle leggi elettorali;
se siano in corso azioni di prevenzione da parte delle forze dell'ordine e di accertamento dell'esistenza di una pluralità di organizzazioni territoriali dedite al sovvertimento delle regole democratiche, in particolare attraverso il furto degli spazi elettorali assegnati ai singoli partiti partecipanti alle elezioni;
quante denunce di furto o smarrimento di manifesti elettorali sono state registrate in questi giorni e nel corso della campagna elettorale;
se il Ministero intende adottare, anche tramite le Prefetture ed ai fini di prevenzione e dissuasione, i seguenti provvedimenti:
dotare ciascuno spazio di propaganda elettorale che sarà allestito in questi giorni di apposita indicazione del partito politico cui è riservato (ad esempio con l'affissione del simbolo o del nome della lista);
rendere pubblico giornalmente, per ciascuna città, l'elenco delle sanzioni comminate e dei partiti e dei candidati multati;
vietare con ordinanza l'affissione di manifesti dalle ore 23 e le ore 7 di ogni giorno, ovvero gli orari in cui maggiormente si verifica il fenomeno dell'affissione abusiva.
(4-02915)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:

MELCHIORRE, RICARDO ANTONIO MERLO e TANONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli assistenti amministrativi delle scuole, noti come ex collaboratori amministrativi o ex applicati di segreteria, svolgono un compito importante per la quotidiana, corretta funzionalità ed efficienza del sistema scuola;
con il passar del tempo, tali funzioni sono, di fatto, mutate, comportando un sempre maggior carico di lavoro in linea con le nuove procedure amministrativo-contabili di competenza delle istituzioni scolastiche;
attualmente per lo svolgimento dell'ordinaria attività delle segreterie, non sono più sufficienti le tradizionali conoscenze di base offerte dal semplice titolo di studio della licenza media o, in alcuni casi, del diploma di maturità, ma sono, di fatto, richieste ulteriori competenze in materia di diritto (soprattutto amministrativo, civile, tributario e previdenziale), di informatica e nel campo della contabilità;
malgrado tale modifica di status, nel corso degli anni tali figure sono ancora collocate nella IV qualifica funzionale, nell'area B, cioè nella posizione degli «esecutivi», diversamente da tutti gli impiegati delle altre amministrazioni statali, che sono collocati almeno nell'area C e inquadrati nella V qualifica funzionale;
inoltre, tra gli assistenti di area B, nonostante tutti gli assistenti amministrativi svolgano nella realtà medesime mansioni, sussistono, inspiegabilmente, diversi e frammentati regimi retributivi. Tra questi, va segnalata la seconda posizione economica ex articolo 2, comma 3, della sequenza contrattuale del 25 luglio 2008, il cui riconoscimento è legato al superamento di un test, che - come si legge nella nota ministeriale del 12 marzo 2009 - è al tempo stesso selettivo e formativo del personale e che presuppone un'approfondita conoscenza, più consona ad un livello dirigenziale che impiegatizio, non motivata da alcuna reale esigenza, se non di corrispondere

una sorta di beneficio di 95 euro netti mensili ad una categoria in chiara difficoltà -:
quali iniziative normative il Ministro interrogato intenda assumere in ordine all'eliminazione, o modifica, della prova selettiva a mezzo di test per la seconda posizione economica degli assistenti amministrativi di area B e se il Ministro interrogato, in un immediato futuro, intenda procedere alla collocazione nell'area C di tutti gli assistenti amministrativi, per conferire migliore produttività attraverso la valorizzazione dell'intera categoria.
(3-00514)

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

FUGATTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 17 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - T.U. in materia di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro - reca gli obblighi del datore di lavoro non delegabili, ovvero:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall'articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi;
il successivo articolo 28 stabilisce al comma 1 che la valutazione di cui all'articolo 17, lettera a), (...) deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell'accordo europeo dell'8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo n.151 del 2001, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all'età, alla provenienza da altri Paesi; il comma 2 del medesimo articolo 28 stabilisce, poi, cosa il documento di valutazione rischi deve contenere e, tra questi, alla lettera b), si prevede «l'indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati a seguito della valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a)»;
risulta all'interrogante di una Srl con sede a Trento che, attenendosi letteralmente alle disposizioni di legge e, probabilmente in un eccesso di zelo, nel documento di valutazione rischi redatto a dicembre 2008 ed avente ad oggetto la procedura da seguire in caso di assunzione di lavoratori di fede islamica che facciano il Ramadan, ha previsto che le misure di prevenzione attuabili siano:
a) informazione ai lavoratori su alcuni consigli di una corretta alimentazione integrativa;
b) evitare nel periodo di Ramadan i lavori più affaticanti o quelli che espongono a temperature più elevate rispetto ad altre postazioni di lavoro;
c) consentire pause più frequenti, soprattutto se il Ramadan cade nei mesi estivi;
in particolare il documento sottolinea che gli effetti derivanti dal digiuno totale, soprattutto quando il Ramadan cade nei mesi estivi, «possono aumentare il rischio infortunistico legato ad esempio all'utilizzo di macchinari, alla conduzione di macchine movimento terra, alla permanenza all'aperto, sotto il sole o comunque in ambienti con condizioni microclimatiche severe»;
pur condividendo il rispetto delle singole e diverse professioni religiose e l'importanza di adottare tutte le dovute e necessarie misure di prevenzione, si ritiene

tale iniziativa spropositata e a rischio di ledere il principio della parità di trattamento di tutti i lavoratori;
a parere dell'interrogante, infatti, se questo principio divenisse una prassi, si finirebbe con il creare, in ambito aziendale, lavoratori di serie A e di serie B a seconda della fede religiosa;
quali siano gli intendimenti del ministro interrogato in merito ai fatti esposti in premessa e se non ritenga opportuno intervenire con iniziative di propria competenza.
(5-01379)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SALVINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Organizzazione mondiale della sanità ha reso noti il 5 maggio 2009 i dati relativi alla recente diffusione del virus A/H1N1, quello della cosiddetta «febbre suina»: il numero di casi confermati ammonterebbe a 1.124 in 21 Paesi; i Paesi più colpiti sarebbero il Messico, con 590 casi, di cui 25 mortali, e gli Stati Uniti, con 286 casi e un decesso;
come è noto, la valutazione della pericolosità delle malattie si misura in riferimento alla morbilità e alla mortalità che, per quanto riguarda la cosiddetta «febbre suina», tendono in entrambi i casi a zero, rendendo evidente l'allarmismo e le speculazioni che si stanno facendo nel caso in specie;
piuttosto che sulla salute degli italiani, gli effetti del virus A/H1N1 si vedono sul mercato delle carni suine. In poco meno di due settimane, secondo le stime delle principali organizzazioni agricole, c'è stata una contrazione tra il 10 e il 15 per cento dei consumi di carne di maiale e dei suoi derivati e un calo compreso tra il 5 e il 10 per cento dei prezzi all'origine dei suini;
per effetto degli allarmismi creati dai mezzi di comunicazione di massa, sarebbero ora a rischio 5 mila stalle e un settore che dà lavoro a circa 90 mila lavoratori;
in base alle premesse sin qui illustrate, si evidenzia l'irrilevanza del rischio sanitario ed emerge, di conseguenza, la speculazione in atto, il cui unico effetto è quello di danneggiare il settore -:
se non ritenga che ci sia in atto una speculazione fondata sulla disinformazione, quali siano in conseguenza di ciò le ricadute negative attualmente stimabili su questo importante settore produttivo e quali iniziative intenda assumere a difesa degli allevatori, dell'intero comparto e dei consumatori.
(3-00513)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
un imprenditore titolare di una agenzia automobilistica denuncia la scarsa se non assente professionalità e il mancato rispetto delle regole (orario e altro) sia del dirigente che di altro personale dell'Ufficio Provinciale della Motorizzazione di Verona;
risulta ad esempio che giovedì 19 marzo 2009 l'impiegata assegnata allo sportello revisioni, arriva alle ore 10.15 anziché alle ore 8.30 e prontamente inizia il lavoro alle 10.45 con il suo caffè sul bancone, dopo aver recuperato dei timbri;
al suo ritorno alcune persone assai alterate per la lunga attesa chiedono conto del ritardo ma l'impiegata si sente male, viene visitata, giunge un'ambulanza ma non si riscontrano particolari problematiche. Subito dopo arrivano anche due pattuglie di pronto intervento di P.S. che raccolgono le dichiarazioni dei presenti. Il direttore era assente. Tali gravi fatti sono confermati con lettera al giornale locale da un medico presente nell'occasione come utente;
osservando la turnazione del personale esaminatore (patenti) si osserva che, ad esempio, ma è sempre così, nelle prime tre settimane di marzo circa, il personale di Verona è stato prevalentemente tenuto in ufficio per esigenze di servizio, non comprensibili per l'interrogante, mentre, per fare gli esami per il conseguimento della patente di guida, vengono comandati esaminatori provenienti da altre città del Veneto con conseguenti maggiori costi per le autoscuole le quali, per poter fare gli esami, non denunciano la situazione;
nel periodo tra novembre 2008 e marzo 2009 sono state fatte molteplici segnalazioni concernenti disservizi e difetti di gestione (dal rifiuto non motivato di eseguire una pratica legittima, al rinvio di esami di guida che avrebbero potuto regolarmente svolgersi), indirizzate tanto ai ministri interrogati quanto al prefetto, provenienti da diversi cittadini che, in un modo o nell'altro, si sono trovati a dover sperimentare in prima persona la cattiva gestione dell'ufficio provinciale della motorizzazione di Verona -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e come intendano procedere al fine porre rimedio a situazioni quali quella descritta in premessa, anche in considerazione delle dichiarazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione relative ai «fannulloni», in particolare se dirigenti.
(4-02920)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta immediata:

BORGHESI, DONADI, EVANGELISTI e PALOMBA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 30 aprile 2009 il petrolchimico di Marghera è stato bloccato dalla mobilitazione degli operai che chiedono vengano riattivate le condutture che portano etilene e dicloretano alla Vinyls Italia, in modo da poter riprendere la produzione. I lavoratori del polo veneziano, scesi in sciopero per 24 ore, hanno bloccato gli ingressi alla cittadella chimica;
in particolare, viene denunciato lo stallo della Ineos, l'azienda che produce pvc, e la decisione annunciata dal consiglio di amministrazione di Vinyls Italia (società che ha acquisito l'ex Ineos) di presentare istanza di fallimento della società, che

porterà alla chiusura, oltre che degli impianti di Marghera, anche di quelli di Porto Torres;
l'agitazione dei lavoratori ha messo in evidenza come la crisi economica abbia colpito in maniera profonda anche il settore petrolchimico;
sono in discussione diverse centinaia di posti di lavoro e la capacità produttiva di un intero settore industriale diffuso su tutto il territorio nazionale, in particolare nell'area padana, e la sua competitività internazionale, con rilevanti effetti negativi sulla bilancia commerciale del Paese;
la chimica di Marghera e di Porto Torres rappresenta un punto chiave per la produzione industriale del Paese: da questi poli industriali esce la produzione che fa funzionare tutti gli impianti chimici italiani e costituisce un patrimonio da qualificare, su cui investire secondo una linea rigorosa di rispetto dell'ambiente;
è necessario consolidare le attuali capacità produttive, individuando un modello di sviluppo più adeguato e competitivo, capace di coniugare le esigenze di tutela dell'ambiente con quelle del settore chimico, salvaguardare l'occupazione e la sicurezza sul lavoro;
è evidente che l'accordo di programma per la chimica di Porto Marghera, sottoscritto nell'ottobre del 1998 tra istituzioni locali, Governo, organizzazioni sindacali e le più importanti aziende chimiche e petrolchimiche del sito, deve essere applicato in tutte le sue parti;
serve, inoltre, una politica di sviluppo chiara e coerente che garantisca il mantenimento dei livelli occupazionali e protegga i poli chimici più importanti per il nostro Paese -:
quali iniziative concrete intenda assumere ed in quali tempi a sostegno del petrolchimico di Marghera e Porto Torres, garantendo le professionalità acquisite, i livelli occupazionali ed indicando le linee programmatiche di una politica industriale di sviluppo coerente e sostenibile.
(3-00515)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, CECCUZZI e LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo le ultime indagini, relative all'anno 2005, il parco circolante degli autocaravan ha raggiunto in Italia le 200.000 unità in virtù di una crescita del numero di immatricolazioni che non si è mai interrotta negli ultimi 10 anni;
per circa 20 anni il settore della camperistica in Italia ed in Europa ha registrato una lunga ed ininterrotta crescita di mercato con significativi incrementi di volumi di pezzi prodotti, di fatturati e di occupati per le imprese della filiera;
secondo quanto emerge da fonti di informazione, negli ultimi mesi, si è verificata invece una netta inversione di tendenza che ha fatto registrare un calo delle vendite di camper, sul territorio nazionale, del 20 per cento;
il mercato della camperistica risente in parte della crisi generalizzata economica e dei consumi anche se va rimarcata la perdurante carenza di politiche fiscali ed infrastrutturali a sostegno del settore. La tassazione sui veicoli costituisce infatti la quinta voce di gettito erariale governativo e manca sul territorio nazionale, a differenza di altri paesi europei, una efficace e moderna rete di strutture per elevare la fruibilità del turismo all'aria aperta a partire da aree di sosta attrezzate;
secondo quanto emerge da alcuni studi per rilanciare il settore della camperistica sarebbe inoltre fondamentale, in linea con la normativa già adottata da altri paesi europei, modificare l'articolo 116 del decreto legislativo numero 285 del 30 aprile 1992 per introdurre l'innalzamento della guidabilità, per la patente «B», dei camper da 3,5 a 3,7 tonnellate. Con questa modifica, infatti, i camper potranno essere dotati di dispositivi ed accessori capaci di

elevare i livelli di sicurezza e di comfort elevando al tempo stesso la platea di potenziali clienti;
nella zona della Valdelsa, che si estende tra le provincie di Siena e di Firenze, è presente un distretto industriale della camperistica dove viene attualmente realizzato l'80 per cento della produzione nazionale del comparto;
tale distretto, direttamente ed attraverso l'indotto, presenta oltre 80 aziende, occupa circa 4000 addetti e rappresenta il 35 per cento dell'economia della zona per un fatturato annuo superiore a 600 milioni di euro;
gli effetti della crisi del settore della camperistica si stanno già ripercuotendo sui livelli occupazionali locali. Dopo che alcune imprese, nei mesi scorsi, avevano annunciato esuberi e tagli al personale, dal primo settembre 2008 la Triganò, una delle aziende leader del comparto, ha messo in cassa integrazione 330 dipendenti (su circa 500) dello stabilimento industriale della zona di Cusona, nel comune di Poggibonsi (provincia di Siena);
si ha inoltre notizia, in conseguenza del piano presentato dall'azienda nello scorso dicembre, di provvedimenti di mobilità per 50 dipendenti e di cassa integrazione per 340 dipendenti fra Toscana e Lombardia del gruppo Sea;
secondo quando reso noto dalle organizzazioni sindacali locali la cassa integrazione potrebbe, nei prossimi gironi, riguardare altre aziende ed interessare altri stabilimenti del territorio;
in questi anni le istituzioni locali hanno seguito con attenzione lo sviluppo e le problematiche del settore della camperistica intervenendo tempestivamente con politiche adeguate in grado di promuovere la qualità del prodotto, la crescita dei livelli occupazionali e la programmazione di infrastrutture logistiche sul territorio;
nello specifico nel mese di luglio 2007 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa fra Regione Toscana, la Provincia di Siena, la Provincia di Firenze, gli otto Comuni del territorio interessato, le associazioni imprenditoriali e sindacali. Le linee guida dell'accordo di programma prevedono la riqualificazione della zona produttiva locale e la nascita di una filiera del camper attraverso finanziamenti in settori strategici di intervento come le infrastrutture, la logistica, la ricerca e la formazione. Tale accordo predispone inoltre l'attivazione di una fase di concertazione e confronto con le organizzazioni sindacali, economiche e di categoria e la definizione, con il Ministero per lo Sviluppo Economico, di strumenti di finanziamento e leggi specifiche finalizzate alla crescita del comparto;
in questa direzione, nelle scorse settimane, sono state avviate le procedure per realizzare uno snodo ferroviario della Valdelsa, in località Zambra: una infrastruttura logistica, che comporta di un investimento di 1,2 milioni di euro, necessaria per supportare l'attività delle industrie della zona;
la Regione Toscana ha avviato da tempo politiche mirate per il rilancio del distretto della camperistica investendo risorse economiche a sostegno del settore e stanziando finanziamenti mirati per le aziende che promuovono la ricerca e l'innovazione;
per far fronte alla crisi della camperistica nelle scorse settimane è stato inoltre convocato un tavolo istituzionale che ha coinvolto gli enti locali, la Regione Toscana, le organizzazioni sindacali ed imprenditoriali;
gli enti locali stanno quindi seguendo e monitorando attentamente la crisi del settore e la sua evoluzione -:
se sia a conoscenza della grave situazione che interessa il comparto italiano della camperistica dal momento che nella zona della Valdelsa viene realizzato attualmente l'80 per cento della produzione nazionale del settore;

quali iniziative urgenti intenda intraprendere per salvaguardare i livelli occupazionali locali dal momento che il comparto della camperistica presenta oltre 80 aziende, occupa circa 4000 addetti e rappresenta il 35 per cento dell'economia del territorio;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere per evitare possibili rischi di delocalizzazione dal momento che la proprietà di alcune delle maggiori aziende presenti sul territorio (Triganò e Sea) fanno riferimento a società straniere o sono partecipate da fondi azionari internazionali, e salvaguardare conseguentemente gli investimenti delle istituzioni e delle imprese locali;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere, di concerto con gli altri ministeri competenti, per promuovere il turismo all'aria aperta e l'utilizzo del camper a partire dalla realizzazione di una rete infrastrutturale adeguata all'accoglienza, dall'introduzione di politiche fiscali mirate, dall'innalzamento della guidabilità, per la patente «B», dei camper da 3,5 a 3,7 tonnellate, in linea con gli altri paesi europei e dall'introduzione di forme di agevolazione su carburante e pedaggi autostradali.
(5-01378)

...

Apposizione di una firma ad una mozione.

La mozione Soro e altri n. 1-00160, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Zampa.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Boffa e Lazzari n. 7-00139, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 31 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Vico.

Apposizione di una firma ad una interrogazione.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e altri n. 5-00972, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 febbraio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sarubbi.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Cicchitto n. 1-00154, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 166 del 27 aprile 2009.

La Camera,
premesso che:
la scuola è risorsa fondamentale per il Paese, chiamata a generare il capitale umano delle giovani generazioni. Per questo va salvaguardata e sostenuta, valorizzandone le potenzialità e promuovendone l'arricchimento dell'offerta formativa. Le scuole statali e quelle paritarie private e degli enti locali, ai sensi della legge n. 62 del 2000, costituiscono il servizio nazionale di istruzione;
la parità scolastica, prevista dall'articolo 33, quarto comma, della Costituzione, ha sempre rappresentato per il nostro Paese una questione oggetto di pregiudiziali ideologiche, oggi ormai datate e prive di senso. È evidente che la scuola pubblica esercita un ruolo essenziale. D'altra parte il sistema è pluralista per scelta dei cittadini-utenti. Le scuole paritarie in Italia sono scelte da oltre un milione di studenti, pari a circa il 13 per cento della popolazione scolastica. È dimostrazione di un'offerta formativa articolata, che raccoglie un ampio consenso sociale;
assicurare la libertà di scelta educativa delle famiglie, a pari condizioni economiche, costituisce un principio di equità. Al contempo, le scuole paritarie rappresentano un risparmio per le casse dello Stato: il Ministro dell'istruzione, del

l'università e della ricerca, onorevole Maria Stella Gelmini, ha evidenziato che il risparmio annuo per l'erario è di circa 5,5 miliardi, a fronte di un contributo di circa 500 milioni di euro. Inoltre, realizzare un'offerta formativa diversificata stimola spinte emulative che favoriscono l'innalzamento della qualità di tutto il sistema scolastico, statale e paritario. Il principio della parità scolastica, pertanto, oltre che un diritto, rappresenta un incentivo al miglioramento della qualità educativa e didattica e una possibile riduzione dei costi, a parità di qualità del servizio fornito, per tutto il sistema scolastico italiano;
realizzare la parità economica, oltre a quella giuridica, afferma un'istanza di libertà, realizza un autentico pluralismo educativo, favorisce la libertà di scelta da parte delle famiglie e migliora l'intero sistema nazionale di istruzione, rimuovendo ogni discriminazione economica tra gli studenti delle scuole statali e di quelle paritarie;
l'effettiva libertà di educazione consente di affermare i principi del pluralismo istituzionale, della diffusa responsabilità formativa, della sussidiarietà e della solidarietà, che si collocano nel dettato costituzionale, a partire dai riferimenti fondamentali alla persona e alla concezione della società, dello Stato e dei loro corretti rapporti;
nella realtà dei fatti, però, la Costituzione è, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, disattesa e si è affermato un sostanziale statalismo educativo, antitetico a tali principi. È necessario, perciò, dare concretezza al sistema nazionale di istruzione, sostenendo la pubblicità del servizio svolto dalle scuole paritarie;
oggi le scuole paritarie sono investite da una grave crisi determinata dalla perdurante incertezza nella definizione ed assegnazione delle necessarie risorse economiche. Senza interventi concreti e determinanti verrà a mancare in breve tempo in numerose aree del Paese un servizio educativo pubblico, tante volte con una lunga storia alle spalle. È tempo di un forte intervento legislativo, che consenta l'affermarsi di un sistema pubblico integrato di istruzione, di respiro europeo;
va considerato, infine, che lo Stato, ai sensi dell'articolo 119 della Costituzione, in ragione dell'insufficienza degli strumenti apprestati dalle regioni, deve attivarsi direttamente con risorse aggiuntive, interventi speciali e modelli di finanziamento anche fra loro alternativi, al fine di favorire l'effettivo esercizio dei diritti della persona, a garanzia per tutti della parità di accesso all'istruzione, in condizioni di eguaglianza,

impegna il Governo:

a realizzare interventi volti a facilitare e promuovere le condizioni per l'effettiva libertà di scelta educativa delle famiglie fra scuole statali e paritarie;
ad adottare iniziative per recuperare le risorse mancanti affinché la situazione dei finanziamenti alla scuola paritaria per l'esercizio finanziario del 2009 ammonti sostanzialmente a quelli assegnati nell'esercizio finanziario 2008;
a realizzare tali condizioni incrementando, fin dal disegno di legge finanziaria per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
a predisporre uno specifico strumento legislativo che, con risorse aggiuntive dello Stato realizzi interventi speciali a sostegno della libertà di scelta educativa delle famiglie, anche mediante un mix di strumenti, quali: buoni scuola per la copertura, in tutto o in parte, dei costi di iscrizione e di frequenza in scuole paritarie; detrazioni fiscali a favore delle famiglie che iscrivono i figli presso scuole paritarie in misura adeguata a ridurre significativamente gli oneri, calibrate a scalare per le famiglie con i redditi più bassi;
a definire i livelli essenziali delle prestazioni che devono essere garantite

dalle regioni su tutto il territorio nazionale, con riferimento alle prestazioni concernenti il sistema educativo di istruzione e formazione, per consentire a tutte le famiglie di potere scegliere, nell'ambito del sistema nazionale di istruzione, la scuola dei propri figli.
(1-00154)
«Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Garagnani, Goisis, Frassinetti, Baldelli, Granata, Aprea, Barbaro, Barbieri, Caldoro, Carlucci, Ceccacci Rubino, Centemero, Di Centa, Renato Farina, Lainati, Mazzuca, Latteri, Murgia, Palmieri, Massimo Parisi, Perina, Giammanco, Rampelli, Toccafondi, Della Vedova».

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Misiti n. 4-02886, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 168 del 29 aprile 2009.

MISITI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Giuseppe Masciari, detto Pino, era un imprenditore edile calabrese. Era, perché dal settembre 1994 quando è stato costretto a licenziare gli ultimi 58 operai rimasti a lavorare per la sua impresa, non lo è più. Ha perso il suo lavoro, le sue imprese, la sua vita di prima. Non vive più in Calabria e la sua vita familiare e relazionale ne è uscita duramente provata;
alla morte del padre nel 1988 Pino Masciari ne eredita la ditta che si occupava di lavori per privati e nella quale già ricopriva il ruolo di amministratore. Il Masciari già possedeva un'altra impresa edile, la «Masciari Costruzioni» che invece si occupava di lavori pubblici;
Pino Masciari, non soltanto ha denunciato la 'ndrangheta, ma attraverso questo suo gesto che deve essere definito eroico, ha posto in evidenza le collusioni che la stessa ha intessuto con il mondo della politica; rapporti con le banche intralciati e non più limpidi, blocco dei lavori delle sue imprese sia nell'ambito delle opere pubbliche che in quelle private; rallentamento delle pratiche nella pubblica amministrazione in cui si registra infiltrazione mafiosa. E tutto ciò è stato lo scotto costretto a pagare per essersi ribellato al racket di 'ndrangheta e politica collusa;
il 6 per cento alla 'ndrangheta e il 3 per cento alla politica, assunzioni pilotate, rifornirsi di manodopera e di materiali da chi e dove lo decideva il capo-cosca, regali di appartamenti, erano soltanto parte del prezzo che Masciari non ha voluto pagare alla 'ndrangheta;
Pino Masciari, la moglie Marisa e i loro due figli, entrano nel programma di protezione il 18 ottobre 1997. È intuitivo capire quali conseguenze ha avuto questo evento, e soprattutto il dolore personale nel dover scomparire, dalla sera alla mattina dal luogo in cui si è nati, cresciuti e nel quale sì è lavorato per tanto tempo;
scomparire per essere portati in un luogo segreto. Lo stesso procuratore generale Pier Luigi Vigna lo definiva «il principale testimone di giustizia italiano»;
ma le incongruenze e il sentimento di lontananza che la famiglia Masciari prova nei confronti delle istituzioni derivano da vari episodi. Per esempio l'essere accompagnati con veicoli non blindati e recanti la targa della località protetta, essere registrati negli alberghi con il loro vero nome. O ancora l'assistere alla decisione della Commissione Centrale del Ministero degli interni che in data 28 luglio 2004 notifica: «che sussistono gravi ed attuali profili di rischio, che non consentono di poter autorizzare il ritorno del Masciari e del suo nucleo familiare nella località di origine; ritenuto che il rientro non autorizzato nella località di origine potrebbe configurare violazione suscettibile di revoca del programma speciale di protezione»;

ma dopo appena tre mesi, il 27 ottobre 2004, la stessa Commissione Centrale del Ministero dell'interno notifica al Masciari che il programma speciale di protezione è terminato. Tra le motivazioni additate dalla Commissione vi è la presunta conclusione dei processi. Fatto smentito in data 6 febbraio 2006, dalla DDA di Catanzaro che emetteva una delibera in cui attestava che i processi erano in corso di trattazione;
alla decisione della Commissione Centrale del Ministero degli interni, il Masciari fa ricorso al Tar del Lazio, il quale soltanto dopo 50 mesi sebbene la legge n. 45 del 2001 stabilisce un termine di sei mesi, ossia nel gennaio 2009 emette la sentenza stabilendo «l'inalienabilità del diritto alla sicurezza, l'impossibilità di sistemi di protezione o programmi a scadenza temporale predeterminata» e ordina al Ministero di attuare le delibere su sicurezza, reinserimento sociale, lavorativo, risarcimento dei danni, secondo quanto stabilito dall'articolo 16-ter della legge n. 45 del 2001;
ad oggi Pino Masciari non ha ricevuto alcuna risposta dalla Commissione Centrale del Ministero dell'interno;
la sicurezza, la libertà e il diritto di ricostruire una vita per Pino Masciari, per la moglie e per i suoi due figli, dipende da un ricorso al Tar presentato nel 2004 e che, continuamente rischiano di perdere la scorta;
la legge n. 45 del 13 febbraio 2001, ad oggi è stata disattesa e non si è rivelata in grado di proteggere i testimoni di giustizia, attualmente trattati alla stregua dei pentiti di mafia, malgrado le rassicurazioni dell'articolo 16-ter della medesima -:
se il Governo nell'immediato, intenda assumere dei provvedimenti al fine di salvaguardare e proteggere la vita del testimone di giustizia Pino Masciari, della moglie e dei figli, assicurando loro anche il lavoro.
(4-02886)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta immediata in commissione Montagnoli n. 5-01330 del 22 aprile 2009.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta orale Cenni e altri n. 3-00220 del 5 novembre 2008 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-01378.