XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 11 maggio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta dell'11 maggio 2009.

Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brunetta, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Farinone, Fitto, Formichella, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Meloni, Menia, Miccichè, Leoluca Orlando, Pini, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Soro, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 7 maggio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
ANTONINO FOTI: «Interventi per agevolare la libera imprenditorialità e per il sostegno del reddito» (2424);
VILLECCO CALIPARI e VICO: «Disposizioni per l'inquadramento dei lavoratori del Genio campale nei ruoli civili del Ministero della difesa» (2425);
GOLFO: «Modifica all'articolo 147-ter del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di parità di accesso agli organi di amministrazione delle società quotate in mercati regolamentati» (2426);
PORTA: «Modifiche alla legge 22 aprile 1941, n. 633, in materia di riconoscimento del diritto d'autore relativamente alle opere a fumetti» (2427).

In data 8 maggio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CROSIO e CAPARINI: «Modifiche agli articoli 7, 129 e 130 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernenti il trattamento dei dati per fini di pubblicità o di vendita telefonica» (2428);
MAZZOCCHI: «Disposizioni concernenti il recupero degli imballaggi, per la reintroduzione del sistema del "vuoto a rendere"» (2429).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di deputati a proposte di legge.

La proposta di legge LULLI ed altri: «Norme per la riconoscibilità e la tutela dei prodotti italiani» (896) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Strizzolo.

La proposta di legge BECCALOSSI ed altri: «Modifica dell'articolo 4 della legge 24 febbraio 2005, n. 34, in materia di unificazione della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti e della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali» (2150) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Antonino Foti.

La proposta di legge COMPAGNON ed altri: «Norme in materia di servizi di informazione in favore degli utenti dei servizi pubblici» (2352) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Antonino Foti.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:
I Commissione (Affari costituzionali):
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LANDOLFI: «Modifiche agli articoli 114 e 117 e introduzione dell'articolo 130-bis della Costituzione in materia di controllo di legittimità sugli atti amministrativi degli enti locali» (1289) Parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
II Commissione (Giustizia):
MARIO PEPE (PDL): «Introduzione dell'articolo 329-bis del codice di procedura penale, recante divieto di pubblicazione e diffusione sui mezzi di informazione del nome del pubblico ministero durante le indagini preliminari» (280) Parere delle Commissioni I e VII;
BARBIERI: «Modifica dell'articolo 8 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, in materia di accesso alla professione forense» (1545) Parere delle Commissioni I e VII;
CONTENTO: «Modifica all'articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, in materia di accordi di ristrutturazione dei debiti degli imprenditori in stato di crisi» (2370) Parere delle Commissioni I, VI e X.
VII Commissione (Cultura):
RAMPELLI: «Disciplina delle attività musicali» (2256) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), IX, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
XI Commissione (Lavoro):

MURER ed altri: «Modifica all'articolo 71 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, in materia di esenzione dall'obbligo di reperibilità per il controllo dell'assenza nei riguardi dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in caso di malattia oncologica, psichiatrica o renale necessitante del trattamento della dialisi» (2351) Parere delle Commissioni I, V e XII.
XII Commissione (Affari sociali):
BOBBA ed altri: «Istituzione del servizio civile delle persone anziane» (1081) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
CESARO e PETRENGA: «Istituzione degli ordini e albi professionali delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione» (2361) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), V, VII, XI, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali):

MARIO PEPE (PDL): «Modifiche alla legge 9 ottobre 1970, n. 740, recante l'ordinamento delle categorie di personale sanitario addetto agli istituti di prevenzione e pena non appartenente ai ruoli organici dell'Amministrazione penitenziaria» (282) Parere delle Commissioni I, IV, V, VII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Annunzio di sentenze della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 30, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, copia delle seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni competenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

con lettera in data 24 aprile 2009, sentenza n. 121 del 20 - 24 aprile 2009 (doc. VII, n. 220), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 405, comma 1-bis, del codice di procedura penale, aggiunto dall'articolo 3 della legge 20 febbraio 2006, n. 46 (Modifiche al codice di procedura penale, in materia di inappellabilità delle sentenze di proscioglimento):

alla II Commissione (Giustizia);

con lettera in data 30 aprile 2009, sentenza n. 123 del 22 - 30 aprile 2009 (doc. VII, n. 221), con la quale:

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 245, comma 3, del decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della legge 12 dicembre 2002, n. 273), nella parte in cui stabilisce che sono devolute alla cognizione delle sezioni specializzate le procedure di reclamo iniziate dopo l'entrata in vigore del codice, anche se riguardano misure cautelari concesse secondo le norme precedentemente in vigore:

alla II Commissione (Giustizia);

con lettera in data 30 aprile 2009, sentenza n. 124 del 22 - 30 aprile 2009
(doc. VII, n. 222), con la quale:
dichiara l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 474, della legge n. 244 del 2007 nella parte in cui non prevede che il decreto del ministro dei trasporti, emanato di concerto con i ministri dell'economia e delle finanze, della salute e della solidarietà sociale, sia adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni:

alla IX Commissione (Trasporti).

La Corte costituzionale ha depositato in cancelleria le seguenti sentenze che, ai sensi dell'articolo 108, comma 1, del regolamento, sono inviate alle sottoindicate Commissioni permanenti per materia, nonché alla I Commissione (Affari costituzionali), se non già assegnate alla stessa in sede primaria:

sentenza n. 107 dell'1 - 9 aprile 2009 (doc. VII, n. 217) con la quale:
dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi da 46 a 49, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008), promosse dalla regione Veneto, in riferimento agli articoli 3, 32, 97, 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché al principio di leale collaborazione, di cui agli articoli 5 e 120 della Costituzione ed all'articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione):

alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XII (Affari sociali);

sentenza n. 108 dell'1 - 9 aprile 2009 (doc. VII, n. 218) con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 2-bis, del decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (Disposizioni urgenti per assicurare la funzionalità di settori della pubblica amministrazione), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, sollevata, con riferimento agli articoli 3, 24, 25, 103, 111, secondo comma, 113 e 125 della Costituzione, dal Consiglio di giustizia amministrativa per la regione siciliana:

alla II Commissione (Giustizia);

sentenza n. 114 del 20 - 24 aprile 2009 (doc. VII, n. 219) con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 2, commi 458, 459 e 460 della legge n. 244 del 2007, sollevata dalla regione Veneto, per violazione degli articoli 5, 117, comma terzo, 118, 119 e 120 della Costituzione e dell'articolo 11 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione):

alla XII Commissione (Affari sociali);

sentenza n. 125 del 22 - 30 aprile 2009 (doc. VII, n. 223) con la quale:
dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 3, commi 9, lettera a), ultima parte, e 10 della legge 8 agosto 1995, n. 335, in combinato disposto, con l'articolo 15 del regolamento del Consiglio delle Comunità europee n. 659/1999, del 22 marzo 1999, sollevata dal tribunale di Reggio Calabria in funzione di giudice del lavoro, in riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione:

alla XI Commissione (Lavoro);

sentenza n. 129 del 4 - 6 maggio 2009 (doc. VII, n. 224) con la quale:
dichiara che spettava allo Stato adottare il decreto del questore della provincia di Bolzano 24 aprile 2008 n. 11 A/A.S./2008, con cui è stata disposta la sospensione per dieci giorni, con effetto immediato a decorrere dalla data di notificazione del decreto medesimo, della licenza di esercizio n. 669/2747, rilasciata in data 18 gennaio 2006 dal sindaco del comune di Bolzano, per la gestione del Bar Caffè Teatro:

alla I Commissione (Affari costituzionali);

sentenza n. 130 del 4 - 6 maggio 2009 (doc. VII, n. 225) con la quale:
dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione proposto dal comune di Transacqua nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alla sentenza del tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, sezione di Trento, del 17 luglio 2008, n. 1717:

alla I Commissione (Affari costituzionali);

sentenza n. 131 del 4 - 6 maggio 2009 (doc. VII, n. 226) con la quale:
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 83, comma 1, del codice di procedura penale, in combinato disposto con l'articolo 1917, secondo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3, secondo comma, 24, primo e secondo comma, 32, primo comma, 35, primo comma, e 111, primo e secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di Biella:

alla II Commissione (Giustizia);

sentenza n. 132 del 4 - 6 maggio 2009 (doc. VII, n. 227) con la quale:

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo 16 marzo 1992, n. 265 (Norme di attuazione dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in ordine all'insegnamento in lingua tedesca nel conservatorio di musica di Bolzano), sollevata dal tribunale di Bolzano, con riferimento agli articoli 3, 36, 70 e seguenti della Costituzione, nonché all'articolo 107 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 (Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige):

alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal ministro dello sviluppo economico.

Il ministro dello sviluppo economico, con lettera in data 4 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15, quinto comma, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la relazione sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui risultati conseguiti, con particolare riguardo alla ricaduta dell'occupazione, alla coesione sociale e alla sostenibilità ambientale, nonché alla ripartizione territoriale degli interventi, per l'anno 2008 (doc. XIII, n. 1-sexies).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di trentacinque risoluzioni approvate nelle sessioni dal 23 al 26 marzo e dal 1o al 2 aprile 2009, che sono assegnate, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio concernente la conclusione dell'Accordo tra la Comunità europea e il governo del Nepal su alcuni aspetti relativi ai servizi aerei (doc. XII, n. 292) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su «Un anno dopo Lisbona: il partenariato Africa-UE in azione» (doc. XII, n. 293) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sui contratti relativi agli Obiettivi di sviluppo del Millennio (OSM) (doc. XII, n. 294) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sugli studi artistici nell'Unione europea (doc. XII, n. 295) - alla VII Commissione (Cultura);
risoluzione sul dialogo attivo con i cittadini sull'Europa (doc. XII, n. 296) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sulla lotta contro le mutilazioni sessuali femminili praticate nell'Unione europea (doc. XII, n. 297) - alle Commissioni riunite II (Giustizia) e XII (Affari sociali);
risoluzione sul multilinguismo: una risorsa per l'Europa e un impegno comune (doc. XII, n. 298) - alla VII Commissione (Cultura);
risoluzione sulla dimensione urbana della politica di coesione nel nuovo periodo di programmazione (doc. XII, n. 299) - alla VIII Commissione (Ambiente);
risoluzione sull'attuazione del regolamento sui Fondi strutturali per il periodo 2007-2013: risultati dei negoziati relativi alle strategie nazionali e ai programmi della politica di coesione (doc. XII, n. 300) - alla V Commissione (Bilancio);
risoluzione recante raccomandazioni alla Commissione sull'iniziativa europea per lo sviluppo del microcredito a sostegno della crescita e dell'occupazione (doc. XII, n. 301) - alla VI Commissione (Finanze);
risoluzione sull'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n.302) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'Accordo di partenariato economico tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n. 303) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra il Ghana, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n. 304) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo di partenariato interinale fra gli Stati del Pacifico, da una parte, e la Comunità europea, dall'altra (doc. XII, n. 305) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su un accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati della SADC aderenti all'APE, dall'altra (doc. XII, n. 306) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo interinale che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra gli Stati dell'Africa orientale e meridionale, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n. 307) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo che istituisce un quadro per un accordo di partenariato economico tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e gli Stati partner della Comunità dell'Africa orientale, dall'altra (doc. XII, n. 308) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'accordo di partenariato economico interinale tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e l'Africa centrale, dall'altra (doc. XII, n. 309) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n. 310) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo di partenariato economico interinale tra la Côte d'Ivoire, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra (doc. XII, n. 311) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulle relazioni annuali 2007 della Banca europea per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo (doc. XII, n. 312) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sul futuro dell'industria automobilistica (doc. XII, n. 313) - alla X Commissione (Attività produttive);
risoluzione sul Libro bianco in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (doc. XII, n. 314) - alla II Commissione (Giustizia);
risoluzione su un accordo di libero scambio tra l'Unione europea e l'India (doc. XII, n. 315) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla responsabilità sociale delle imprese subappaltanti nelle catene di produzione (doc. XII, n. 316) - alle Commissioni riunite X (Attività produttive) e XI (Lavoro);
risoluzione sullo stato delle relazioni transatlantiche all'indomani delle elezioni negli Stati Uniti d'America (doc. XII, n. 317) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su una strategia dell'Unione europea per una migliore demolizione delle navi (doc. XII, n. 318) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione sulla proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell'accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera recante modifica dell'allegato 11 dell'accordo tra la Comunità europea e la Confederazione svizzera sul commercio di prodotti agricoli (doc. XII, n. 319) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'istruzione per i figli dei migranti (doc. XII, n. 320) - alla VII Commissione (Cultura);
risoluzione sull'applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri (doc. XII, n. 321) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
risoluzione sui problemi e le prospettive concernenti la cittadinanza europea (doc. XII, n. 322) - alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sulla valutazione semestrale del dialogo Unione europea-Bielorussia (doc. XII, n. 323) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione su coscienza europea e totalitarismo (doc. XII, n. 324) - alla I Commissione (Affari costituzionali);
risoluzione sulle preoccupazioni per la salute connesse ai campi elettromagnetici (doc. XII, n. 325) - alla VIII Commissione (Ambiente);
risoluzione su «Migliorare le scuole: un ordine del giorno per la cooperazione europea» (doc. XII, n. 326) - alla VII Commissione (Cultura).

Trasmissione dalla regione Sardegna.

La presidenza della regione autonoma della Sardegna, con lettera in data 6 maggio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 2, comma 5, della legge regionale 7 ottobre 2005, n. 13, il decreto n. 4 del presidente della regione stessa in data 4 maggio 2009, con cui è stato sciolto il consiglio comunale di Ottana (Nuoro) e nominato il relativo commissario straordinario.
Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI FRANCESCHINI ED ALTRI N. 1-00161, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00168, VIETTI ED ALTRI N. 1-00170, CICCHITTO ED ALTRI N. 1-00171 E DI GIUSEPPE ED ALTRI N. 1-00172 CONCERNENTI INIZIATIVE VOLTE A FAVORIRE L'INSERIMENTO DEI GIOVANI DEL MEZZOGIORNO NEL MERCATO DEL LAVORO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
contrariamente a quanto avvenuto in passato, quando il Mezzogiorno, proprio a causa della sua minore apertura internazionale, tendeva a risentire meno del rallentamento dell'economia mondiale, nell'attuale crisi mondiale sarà proprio nel Sud del Paese che la crisi morderà maggiormente, con effetti fortemente negativi sulla dinamica dei consumi, degli investimenti e dell'occupazione;
si tratta di una prospettiva allarmante e che rischia di determinare effetti pesanti in termini sia economici che sociali per le aree deboli del nostro Paese, già colpite strutturalmente da alti tassi di disoccupazione e da diffuse situazioni di povertà;
se la crisi sta certamente facendo sentire i suoi effetti drammatici nelle regioni centro-settentrionali, dove la cassa integrazione cresce di oltre il 600 per cento, tuttavia è nel Mezzogiorno che sta escludendo fasce crescenti di popolazione, soprattutto giovane, dal mercato del lavoro;
secondo l'Istat, nel quarto trimestre del 2008 l'occupazione nel Sud si è ridotta di 126 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2007; inoltre, l'industria meridionale ha perso nel 2008 circa 65 mila addetti, le costruzioni altri 30 mila;
l'economia meridionale somma all'inversione ciclica debolezze strutturali, che affondano le loro radici nel tempo e che si aggravano nell'attuale fase congiunturale;
in un simile quadro la politica pubblica, che in altri momenti aveva sostenuto il Sud nelle fasi di crisi, sembra avere assunto una strategia sostanzialmente anti-meridionale;
il nostro Paese non crede più nel Sud e nelle sue possibilità di crescita, quando il Mezzogiorno resta, invece, un bacino ricco di potenzialità non pienamente sfruttate, verso cui dobbiamo orientare serie e nuove strategie d'intervento. Come ha ricordato qualche mese fa il Governatore della Banca d'Italia Draghi: «Il Paese non si riprende se il Sud non decolla»;
l'approccio seguito dal Governo Berlusconi ripropone un modello di intervento che privilegia il riposizionamento competitivo delle aree forti, nell'erronea convinzione che basti alleggerire gli ultimi vagoni, che rappresentano le aree deboli, del treno dell'economia italiana per farlo correre più forte;
i provvedimenti varati dall'attuale Esecutivo hanno di fatto azzerato ogni intervento a favore del Mezzogiorno, sia in termini di risorse stanziate sia di strumenti appropriati: basti citare il sistematico utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate;
il fondo per le aree sottoutilizzate è lo strumento principale per realizzare interventi aggiuntivi nel Mezzogiorno volti a ridurre il gap ancora esistente nelle dotazioni infrastrutturali e nella qualità dei servizi pubblici: nell'ultimo anno, invece, il fondo per le aree sottoutilizzate è stato utilizzato come un salvadanaio da poter utilizzare per ogni evenienza, un bancomat improprio, utile sia per far fronte alle promesse elettorali (come l'abolizione dell'ici), sia per coprire ogni tipo di esigenza di spesa corrente. I tagli del fondo per le aree sottoutilizzate ammontano a oltre 17 miliardi di euro;
inoltre, è proprio a valere sulle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate, già stanziate per la programmazione 2007-2013, che sono e saranno finanziate le cosiddette «misure anti-crisi» e anche quelle per far fronte all'emergenza terremoto previste dai fondi di nuova istituzione, ovvero il fondo infrastrutture, fondo sociale per occupazione e formazione, il fondo strategico per il paese a sostegno dell'economia reale;
a questa sistematica distrazione di fondi, si è aggiunta una miope politica di tagli per gli imprenditori meridionali: in una fase congiunturale così difficile, invece di supportare le imprese del Sud, il Governo ha di fatto annullato l'operatività del credito d'imposta per i nuovi investimenti nel Mezzogiorno, lasciando le aziende del Sud senza alcuna fiscalità di sviluppo e deprimendo ancora di più le prospettive di crescita delle zone sottoutilizzate. A questo va aggiunto il mancato avvio delle zone franche urbane;
servirebbero, invece, interventi per fronteggiare la crisi e allo stesso tempo per dare copertura sociale a larghi strati di occupazione, proprio quella più debole e precaria particolarmente presente al Sud, che al momento è totalmente scoperta;
il Meridione deve e può diventare un'opportunità per l'intero Paese, ma serve una svolta nella gestione delle risorse. Occorre ripartire con scelte coraggiose: incentivi chiari e trasparenti per le imprese; programmazione unitaria, quindi programmi strategici coordinati tra Stato centrale e regioni e non più progetti spot; meccanismi premiali per le amministrazioni che raggiungono target di servizio capaci di migliorare la vita della collettività; nuovo slancio civico e uno sforzo di tutti a non pensare più in termini localistici, indirizzando, invece, le energie su progetti di ricaduta ampia;
c'è una generazione di giovani meridionali che sta realizzando importanti progressi nei livelli di scolarizzazione, ormai arrivati anche per l'istruzione universitaria ai livelli del Centro-Nord, a cui dobbiamo dare risposte in termini di opportunità di impiego e di realizzazione individuale. Intorno a questa grande risorsa, sempre più scarsa in un continente che invecchia sempre più velocemente, vanno costruiti progetti di intervento in grado di aumentare la qualità dell'istruzione (e non certo i tagli indiscriminati previsti dal Ministro Gelmini), di accompagnare i giovani nella difficile fase di accesso al lavoro, di offrire loro adeguati sistemi di formazione fuori e dentro le aziende, anche per impedire che continui l'esodo verso il Nord dei giovani diplomati e laureati del Mezzogiorno;
è necessario approntare da subito un confronto con le parti sociali e i rappresentanti istituzionali dei territori del Mezzogiorno, al fine di mettere in campo un programma di interventi anti-ciclici per favorire l'ingresso delle nuove generazioni meridionali nel mercato del lavoro,

impegna il Governo

a finanziare un piano volto a inserire nel mercato del lavoro almeno 100 mila giovani diplomati e laureati delle otto regioni del Mezzogiorno mediante stage presso imprese private, a tal fine prevedendo un compenso mensile a carico dello Stato per un periodo non inferiore a sei mesi, cui aggiungere un incentivo di 3.000 euro a favore dell'azienda in caso di assunzione a tempo indeterminato.
(1-00161)
«Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Bersani, D'Antoni, Damiano, Lulli, Baretta, Fluvi».
(30 aprile 2009)

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria su scala internazionale colpisce in particolare modo un Mezzogiorno che si presenta ancora con il suo pesante fardello di problemi irrisolti. Il «check up Mezzogiorno», elaborato dall'Istituto per la promozione industriale e dall'area Mezzogiorno di Confindustria, ha confermato che «l'economia meridionale si è comportata in modo anticiclico rimanendo ai »margini« delle oscillazioni del ciclo economico, ma solo perché poco inserita nell'economia globale»;
tuttavia, il Mezzogiorno oggi non è più al riparo dagli eventi negativi esterni: la «protezione» derivante dall'isolamento è ora meno attiva. I sistemi economici sono molto più «connessi» che in passato e sicuramente anche il Mezzogiorno lo è, anche perché «la soggettività, i bisogni, gli atteggiamenti socio-culturali sono sempre più quelli tipici della modernità, non distinguibili dal resto d'Italia»;
la concatenazione fra problemi strutturali irrisolti e nuove minacce derivanti dalla globalizzazione rende l'economia delle regioni meridionali ancora più fragile; il Mezzogiorno non attrae investimenti, esporta poco, soprattutto se si esclude il contributo della grande industria a controllo esterno, e si presenta di fronte ai nuovi pericoli con il carico dei suoi problemi strutturali;
stando alle stime dell'Ufficio statistico delle Comunità europee (Eurostat) nel 2005 il prodotto interno lordo per abitante del Mezzogiorno era pari al 70 per cento della media UE27, con un lieve arretramento rispetto al 71 per cento del 2004. Anche nel Centro-Nord si è registrato un peggioramento, da 126 a 124. Nell'intervallo 2004-05, fra i vecchi Stati membri dell'UE15, Francia, Grecia, Olanda e Irlanda migliorano la propria collocazione, mentre peggiora la Gran Bretagna. Riguardo al livello di prodotto interno lordo per abitante, il Mezzogiorno è superato ormai non solo da Spagna, Grecia e Portogallo, ma anche da alcuni Paesi di nuovo accesso, come Repubblica ceca, Slovenia, Malta e Cipro. Fra le regioni meridionali, i valori più bassi sono registrati da Sicilia, Campania, Calabria e Puglia, le quattro regioni dell'obiettivo «convergenza». Gli alti tassi di sviluppo dei nuovi Paesi membri fanno prevedere un ulteriore peggioramento del posizionamento relativo del Mezzogiorno;
dodici punti separano il tasso di occupazione del Mezzogiorno e quello medio italiano, punti che diventano 20 se il confronto viene fatto con l'Italia settentrionale;
nel periodo 1995-2008, gli occupati sono aumentati di 2 milioni 701 mila unità nel Centro-Nord e di 483 mila unità nel Mezzogiorno; in termini percentuali, del 19 per cento nel primo caso, e dell'8 per cento nel secondo. Soprattutto, nel Sud l'aumento dell'occupazione si è esaurito nel periodo 1998-2002, mentre è continuato nel Centro-Nord. Tra il 2008 e il 2007 (primi tre trimestri), l'occupazione è cresciuta soltanto nel Centro-Nord (240 mila unità), a fronte di una sostanziale stazionarietà nel Mezzogiorno;
nel periodo 1995-2008, il tasso di disoccupazione è progressivamente disceso, prima nel Centro-Nord e successivamente, con circa cinque anni di ritardo, anche nel Mezzogiorno, fino al minimo del 2007, in cui sono stati raggiunti valori pari a circa la metà di quelli registrati all'inizio del periodo. I primi tre trimestri 2008 evidenziano un rialzo, più sensibile nel Sud. Alcune componenti, come le donne, i giovani e i disoccupati di lungo periodo, manifestano a Sud un particolare disagio, con un tasso di disoccupazione che si attesta al 32,3 per cento per i giovani meridionali;
da vari anni è ripreso un forte movimento migratorio dal Mezzogiorno verso le regioni del Centro-Nord. Negli ultimi cinque anni, l'emigrazione interna ha comportato ogni anno per il Mezzogiorno una perdita di oltre il 2 per mille della popolazione, con valori intorno al 2,4/2,5 per mille abitanti a partire dal 2004, particolarmente intensi in Campania (-4,3 per mille nel 2007), Calabria (-3,9) e Basilicata (-3,7);
alla luce dei dati sopra esposti, occorre rivedere la politica sull'utilizzo del fondo per le aree sottoutilizzate, dal quale, recentemente, l'Esecutivo ha attinto somme non destinate alla riduzione del divario infrastrutturale e al potenziamento dei servizi pubblici,

impegna il Governo:

a elaborare un piano straordinario per l'occupazione a favore dei giovani meridionali che preveda:
a) il sostegno alle imprese private che assumono, assegnando uno sgravio fiscale che copra il costo della manodopera fino a 12 mesi;
b) lo stanziamento di adeguate risorse per favorire iniziative autonome imprenditoriali dei giovani meridionali attraverso il meccanismo del finanziamento della microimpresa;
c) la promozione di ulteriori investimenti per colmare il gap infrastrutturale del Mezzogiorno attraverso la realizzazione di grandi opere;
d) lo stanziamento di risorse per l'adeguamento sismico degli edifici pubblici, in modo particolare delle scuole, e il risanamento idrogeologico del territorio;
e) lo sblocco del turnover nelle regioni dell'obiettivo «convergenza», con la contestuale attuazione di un meccanismo di assunzione di un dipendente nella pubblica amministrazione per ogni tre lavoratori assunti a tempo indeterminato nelle imprese private, da destinare al potenziamento dei servizi a favore delle fasce sociali più deboli.
(1-00168) «Iannaccone, Lo Monte, Belcastro, Commercio, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli, Brugger».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

La Camera,
premesso che:
la crisi economica mondiale ha reso, in Italia, più drammatico il divario tra il Nord ed il Mezzogiorno, accusato di essere l'anello debole del Paese; nel contesto economico attuale, il permanere di detto sistema dicotomico rappresenta uno dei principali ostacoli alla crescita;
secondo i dati relativi all'ultimo trimestre del 2008 pubblicati dall'Istat, nel rapporto di «Rilevazione sulle forze di lavoro», in Italia gli occupati sono 23.349.000, un numero che segna una sostanziale interruzione della crescita su base annua, appena lo 0,1 per cento, pari a 24.000 unità. Il risultato è frutto di una media tra Nord, Centro e Sud e la crescita (minima) è data soprattutto dal lavoro straniero al Nord, mentre al Sud si registra una decrescita pesante dell'1,9 per cento, pari a -126.000 unità. Il tasso di occupazione della popolazione tra 15 e 64 anni è sceso di tre decimi rispetto al 2007, attestandosi al 58,5 per cento: vale a dire solo un italiano su due in età da lavoro conserva attualmente il posto;
il calo dell'occupazione nell'ultimo trimestre del 2008 si manifesta, soprattutto, nel lavoro non dipendente: -2,7 per cento, pari a -162.000 lavoratori. La crisi dell'industria in senso stretto riguarda maggiormente i dipendenti del Nord-Ovest (-1,3 per cento, -64.000 unità), ma anche quelli del Mezzogiorno. Il dato più preoccupante nel Sud riguarda il settore delle costruzioni: a fronte di una nuova riduzione dei dipendenti del 3 per cento, che equivale a 15.000 posti di lavoro in meno; il dato allarmante è costituito anche dalla contrazione del 9,4 per cento degli indipendenti, piccoli artigiani attivi nel settore dell'immobiliare, pari a 17.000 unità in meno;
la componente di genere fa registrare una particolare criticità nel Sud, dove il tasso di inattività delle donne residenti raggiunge il 62,8 per cento. I problemi sociali, culturali, di gestione delle risorse si sommano nel Sud in una miscela esplosiva;
le stime aggiornate al 2006 e al 2007 dell'Istat, sul numero di occupati residenti e sulle persone in cerca di occupazione per sistema locale del lavoro, rilevano che ampie zone del Mezzogiorno sono state investite da una riduzione complessiva della forza lavoro. I sistemi locali di Puglia, Basilicata, Calabria e Sardegna risultano i più colpiti, con un tasso di disoccupazione riferito al 2007 che le posiziona ai livelli più alti rispetto al resto del Paese;
è ormai evidente come tutti gli indicatori siano peggiorati al Sud, più che nel resto del Paese, compreso un incremento significativo del tasso di inattività (2,3 per cento, pari a 149.000 persone in più rispetto al 2007, che non cercano un'occupazione perché sono convinti di non trovarla o rimangono in attesa), amplificando la valenza negativa degli altri indicatori economici;
in questo particolare momento storico-economico, diventa cruciale non solo superare la diversa velocità fra Nord e Sud, ma anche valorizzare pienamente le tante possibilità di crescita del Meridione, messe a dura prova dagli effetti della recessione, in particolar modo in settori esposti alla concorrenza internazionale;
è concreto il rischio, inoltre, che la crisi travolga le piccole e medie imprese meridionali, impegnate nei seppur difficoltosi processi di riconversione;
il disagio delle imprese meridionali è reso ancor più palese dal contesto in cui operano, caratterizzato da arretramento delle strutture tecnologiche, da una diffusa economia sommersa e dalla presenza della criminalità organizzata e mafiosa, che tenta di penetrare ed inquinare l'intero tessuto dell'economia meridionale;
occorrono azioni mirate a destinare le risorse necessarie all'innovazione e all'attività di ricerca e sviluppo pubblica in generale e del sistema delle piccole e medie imprese nello specifico;
è necessario aggredire la crisi e lavorare sul lungo periodo, al fine di avviare un processo strutturale di rilancio dell'economia e di modifica delle condizioni dell'apparato industriale, per sanare il divario con il resto del Paese;
poiché nella strategia di sviluppo economico-sociale del Mezzogiorno la valorizzazione del capitale umano rappresenta da sempre un aspetto centrale, diventa imprescindibile rafforzare l'offerta di formazione, in modo da legarla maggiormente ai processi di sviluppo e finalizzarla alla creazione di un'occupazione stabile;
il libro bianco sul futuro del modello sociale intitolato «la vita buona nella società attiva», presentato dal Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, evidenzia, ancora una volta, la profonda divisione tra Nord e Sud nei livelli di quantità e qualità delle prestazioni sociali come nei tassi di attività della sua popolazione, rendendo, pertanto, inevitabili interventi in grado di sanare queste difformità nel lungo periodo e percorsi virtuosi di protezione sociale idonei a garantirne, in termini di crescita e di sviluppo, la piena sostenibilità;
non servono interventi una tantum circoscritti nel tempo;
le prospettive di rilancio del Mezzogiorno, inoltre, trovano un valido fondamento nella politica continentale volta a creare un polo di sviluppo mediterraneo in grado di competere con una propria specificità nel mercato globale, configurando in una nuova posizione di centralità l'intero Meridione, anche nell'ottica del nuovo ciclo (2008-2010) della strategia di Lisbona rinnovata per la crescita e l'occupazione,

impegna il Governo:

a prevedere adeguati finanziamenti finalizzati alla realizzazione di politiche innovative di formazione e di lavoro, in grado di dare alle giovani generazioni del Sud maggiori e migliori possibilità occupazionali, permettendo così all'intero Paese di progredire attraverso la trasformazione del Mezzogiorno d'Italia in una grande realtà produttiva capace di valorizzare le opportunità offerte dal proprio territorio;
a promuovere un piano di concertazione con le regioni su interventi di sostegno straordinari dell'occupazione e a finanziare interventi orientati non solo alla domanda, ma alla riorganizzazione dell'offerta produttiva, in direzione della strutturazione e del consolidamento delle piccole e medie imprese del Sud e del miglioramento della qualità del lavoro e delle produzioni;
ad attuare ogni utile intervento legislativo, atto a rendere più agevole l'assunzione di lavoratori temporanei, aumentando al contempo le garanzie per i periodi di non occupazione, attraverso l'utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate ancora riferibili al periodo di programmazione 2007-2013, assegnate al fondo sociale per l'occupazione e la formazione e ai programmi regionali e interregionali del Mezzogiorno;
a vigilare e garantire l'attuazione dei piani varati dalle regioni per fronteggiare l'emergenza occupazionale, che prevedono, in gran parte nel Meridione, misure per ridurre la disoccupazione e per incentivare l'impiego delle cosiddette fasce deboli (le donne in primis).
(1-00170) «Vietti, Occhiuto, Tassone, Pezzotta, Poli, Delfino, Compagnon, Cera, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Ruvolo, Drago, Naro, Romano, Mannino».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

La Camera,
premesso che:
il Governo ha approvato il libro bianco proposto dal Ministro Maurizio Sacconi, nel quale le nuove politiche del lavoro si intrecciano con una visione innovativa delle politiche sociali. Il libro bianco costituirà il quadro di riferimento per le riforme sociali che verranno adottate nel corso della XVI legislatura;
dieci anni di riforme del mercato del lavoro - anche se non hanno sciolto il nodo di una più moderna regolazione della risoluzione individuale del rapporto di lavoro - non sono passati inutilmente e hanno iniziato a raccogliere i primi risultati. Dal 1997 sono stati creati più di tre milioni di posti di lavoro, due terzi dei quali rappresentati da contratti di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Dal 1995 al 2008 gli occupati sono aumentati del 17 per cento (erano 23,367 milioni alla fine del 2008, contro poco meno di 20 milioni all'inizio del 1995, dopo la precedente recessione). La modesta crescita delle retribuzioni reali (al netto dell'inflazione) e la maggiore flessibilità del mercato (facilità d'assunzione e d'interruzione del rapporto), assicurata da numerose leggi di riforma, hanno reso più conveniente per le imprese l'utilizzo del lavoro, nonostante una crescita economica molto contenuta. Anche il tasso di disoccupazione si è molto ridotto: da più dell'11 per cento del 2005 al 6,7 per cento del 2008;
il tasso di occupazione, così decisivo per la sostenibilità del sistema di welfare e il radicamento di una società attiva, si è lentamente avvicinato alla media europea, crescendo di quasi 10 punti percentuali. È aumentato sensibilmente il numero di donne presenti nel mercato del lavoro;
per quanto riguarda il carattere dell'occupazione (e quindi la polemica sul cosiddetto «precariato») dal 1997 (anno del cosiddetto «pacchetto Treu») al 2006 (la cosiddetta «legge Biagi» è del 2003), quella a tempo pieno è aumentata di ben 2 milioni; quella a tempo parziale di 600 mila circa (il che non è un dato negativo se si considera che in Europa, laddove il lavoro a part time è elevato, è alta anche l'occupazione femminile). Va richiamata l'attenzione sul lavoro dipendente, che aumenta di circa 2,4 milioni di unità: 1,8 milioni sono permanenti, mentre l'incremento dei rapporti a termine è stato di 600 mila unità;
grazie alle riforme introdotte si è diffuso - anche se in termini non ancora sufficienti - l'impiego del lavoro a tempo parziale e di quelle forme di lavoro a orario modulato, che, consentendo una migliore conciliazione tra tempo di lavoro remunerato e lavoro di cura, offrono opportunità di inclusione sociale a persone altrimenti escluse dal mercato di lavoro;
rimane, tuttavia, ancora insufficiente il livello complessivo di valorizzazione del capitale umano, con particolare riferimento a Mezzogiorno e occupazione femminile. Tuttavia, negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il tasso d'occupazione femminile (la percentuale delle donne che lavorano) è salito dal 37,8 al 47,2 per cento, mentre per gli uomini nello stesso periodo è passato dal 68,3 al 70,3 per cento. Quasi 2 milioni di donne in più hanno trovato un impiego, sebbene i servizi sociali forniti dallo Stato per facilitare l'occupazione femminile (gli asili nido e le scuole materne in particolare) non abbiano compiuto adeguati progressi nello stesso periodo. Ha giovato, soprattutto, la diffusione del lavoro a tempo parziale. Dal 1993 a oggi le lavoratrici dipendenti part time sono più che raddoppiate, passando da poco più di 1 milione a 2,12 milioni: dal 19 al 28 per cento del totale delle donne, con un'occupazione dipendente;
un fenomeno che non ha toccato la componente maschile delle forze di lavoro. Sono, invece, aumentati i lavoratori dipendenti, soprattutto quelli a termine e i collaboratori coordinati e continuativi a progetto, che ormai sono ben 2,3 milioni, il 10 per cento degli occupati totali e il 13,2 per cento di quelli dipendenti. Per quanto riguarda il lavoro a termine, tuttavia, il raffronto internazionale disponibile per tutti i Paesi vede l'Italia posizionata al 12,3 per cento di rapporti a tempo determinato sul totale del lavoro dipendente, contro una media europea del 14,3 per cento (Germania 14,2 per cento, Francia 13,5 per cento, Regno Unito 5,7 per cento);
negli ultimi 15 anni, secondo l'Istat, il numero dei giovani «attivi» (che lavorano o cercano un lavoro) è passato da 3,45 a 1,87 milioni. Il tasso di attività è sceso di 11 punti. Gli occupati sono scesi di 1 milione, passando da 2,5 milioni a meno di 1,5 milioni. Su questi dati incidono sicuramente i trend demografici che hanno fortemente contratto la popolazione delle coorti giovanili, ma la disoccupazione dei giovani è oggi pari al 23,9 per cento in Italia e al 36,8 per cento nel Mezzogiorno;
i giovani entrano tardi e male - e cioè in età avanzata rispetto ai coetanei europei e con conoscenze poco spendibili - nel mercato del lavoro, con la conseguenza di un frequente intrappolamento ai margini di esso e con lavori di bassa qualità;
le donne sono spesso costrette a percorsi discontinui per le persistenti difficoltà di conciliazione del tempo di lavoro con le cure domestiche. Subiscono discriminazioni nella carriera, nell'accesso al lavoro e nella retribuzione;
la fascia d'età che va dai 25 ai 54 anni ha fatto segnare un forte incremento (5 per cento) sia del tasso di attività, sia del tasso di occupazione. Quella che va dai 55 ai 64 anni ha invertito la tendenza, grazie alle politiche mirate a posticipare il pensionamento;
un lavoratore su quattro è autonomo. Il numero è rimasto stabile, intorno a 6 milioni, ma la percentuale (25 per cento) non ha confronti negli altri Paesi (10 per cento medio) ed è questo un punto di forza del mercato del lavoro, anche se nel suo ambito esistono aree di sostanziale sottoccupazione;
i lavoratori - e ancor più le lavoratrici - in età avanzata sono spesso indotti a un abbandono precoce del lavoro regolare, anche in conseguenza della struttura rigida della retribuzione. Nel complesso, è diffusamente assente l'opportunità di percorsi di continuo apprendimento, a causa delle caratteristiche autoreferenziali dell'offerta formativa e dell'insufficiente valorizzazione dell'impresa, quale luogo più idoneo all'aggiornamento delle competenze;
anche dopo le recenti innovazioni apportate dalle leggi Treu e Biagi, è palese l'insofferenza verso un corpo normativo sovrabbondante e ostile, che, pur senza dare vere sicurezze a chi lavora, intralcia inutilmente il dinamismo dei processi produttivi e l'innovazione nell'organizzazione del lavoro;
i lavoratori chiedono maggiori e più incisive tutele. Le imprese reclamano a loro volta un quadro di regole semplici, sostanziali più che formali, accettate e rispettate, in quanto contribuiscano a cementare rapporti fiduciari e collaborativi;
il processo di semplificazione documentale nella gestione dei rapporti di lavoro, avviato nel corso della XVI legislatura, rappresenta un primo passo per liberare il lavoro dal peso, divenuto oramai insostenibile, di una regolazione di dettaglio che intralcia, in un formalismo giuridico fine a se stesso e fonte di uno smisurato contenzioso, la libertà di azione degli operatori economici, senza portare alcun contributo alla tutela dei lavoratori;
le storiche carenze del mercato del lavoro si combinano con un'insufficiente disponibilità di servizi di accompagnamento al lavoro e con un sistema incompiuto di protezione del reddito dei disoccupati, che necessita periodicamente di interventi straordinari;
le potenzialità del nuovo apprendistato sono molte, ma ancora largamente inespresse. Non solo nella versione tradizionale e di tipo professionalizzante, volta cioè a insegnare un mestiere. Ancor più innovativi e fondamentali, per l'investimento in capitale umano e la produttività del lavoro, sono i contratti di apprendistato, che consentono il conseguimento di un titolo di studio, come nel caso dell'apprendistato per l'esercizio del diritto-dovere di istruzione e formazione, che consente l'acquisizione di una qualifica del secondo ciclo, e come nel caso dell'apprendistato di alta formazione, che è indirizzato sia ai percorsi tecnico-professionali, sia all'acquisizione di un titolo universitario e persino di un dottorato di ricerca;
il futuro occupazionale e previdenziale dei nostri giovani - è affermato nel libro bianco - si costruisce lavorando sulla qualità del sistema educativo e sul quel gioco di anticipo, che consenta, attraverso un effettivo raccordo tra scuola e impresa, un tempestivo ingresso nel mercato del lavoro. Sensibilizzando il sistema produttivo sulla valenza culturale e di prospettiva dell'accettazione delle generazioni in fase di apprendimento all'interno della proprie strutture, per valorizzare al massimo la capacità formativa della impresa, sino a oggi sottovalutata da tutti gli attori del mercato;
con le recenti riforme il quadro normativo si è collocato in questa direzione. Ma le molte previsioni di legge in materia sono rimaste disattese nella prassi operativa per il radicamento di una concezione assai vecchia dei modelli educativi e formativi. Una concezione lontana dalle logiche dei nuovi sistemi di produzione e organizzazione del lavoro, che porta ancora a vedere nella scuola e nel lavoro due mondi inesorabilmente separati;
il quadro occupazionale è cambiato ed è destinato a presentare seri problemi nel 2009 e nel 2010, in conseguenza delle dimensioni della caduta del prodotto interno lordo e della velocità della ripresa e dell'insorgere di nuovi inattesi gravi eventi, come il terremoto in Abruzzo;
è in tale complesso contesto che il Governo ha dovuto scegliere di rinviare la riforma degli ammortizzatori sociali e di predisporre, con l'essenziale aiuto delle regioni, un'imponente massa di risorse straordinarie (9 miliardi in un biennio) per il finanziamento della cassa integrazione cosiddetta «in deroga», perché rivolta ai settori che ne sono privi. Una decisione che ha consentito di estenderne la copertura e che si è rivelata opportuna, alla prova dei fatti, perché ha dato alle imprese - nella fase peggiore - la possibilità di prendere tempo, senza assumere decisioni irrevocabili come i licenziamenti (è bene ricordare, invece, che durante la permanenza in cassa integrazione prosegue il rapporto di lavoro);
a questa linea di condotta l'opposizione ha contrapposto il rafforzamento e l'estensione dell'indennità di disoccupazione, da realizzare anche mediante l'utilizzo di gran parte delle risorse che il Governo aveva destinato alla cassa integrazione in deroga, senza porsi il problema di quale sarebbe stato il segnale pratico che un provvedimento siffatto avrebbe inviato al sistema delle imprese;
se nessuno è stato lasciato solo di fronte alla crisi, i recenti provvedimenti sui settori che producono beni durevoli hanno messo in condizione l'economia italiana di arrestare la spirale recessiva e di prepararsi, in un quadro coerente sul piano internazionale, ad invertire il ciclo. L'operazione in cui è impegnata la Fiat sul piano internazionale apre delle importanti prospettive per il «sistema Italia» e determina un più sicuro quadro di riferimento anche per gli stabilimenti dislocati nel Mezzogiorno, che possono meglio utilizzare le loro potenzialità, prendendo parte ad un processo di sviluppo e di internazionalizzazione, anziché rinchiudersi in un mercato nazionale ed europeo, forzatamente angusto per un'impresa che si candida ad essere uno dei primi produttori al mondo (che è poi la condizione necessaria per affrontare la complessità dei problemi del futuro);
la conferma e l'attuazione del piano per le infrastrutture, unitamente ai progetti e agli interventi per la ricostruzione delle aree terremotate dell'Abruzzo e all'attuazione di un piano per la costruzione di una moderna rete di smaltimento dei rifiuti, possono diventare, in breve tempo, un volano per il riscatto del Mezzogiorno,

impegna il Governo:

ad assumere la ricostruzione dell'Abruzzo come una sfida, un'occasione di sviluppo e di trasformazione produttiva non solo dell'economia di quella regione, ma di tutto il tessuto meridionale;
ad avviare il piano di opere pubbliche e di infrastrutture a cui il Governo ha affidato un ruolo decisivo per la ripresa economica del Paese, in particolare delle aree meridionali (con riguardo alle opere pubbliche previste in quei territori, a partire dal ponte sullo Stretto di Messina);
a promuovere, insieme alle regioni e agli enti locali delegati e agli operatori pubblici e privati del settore, in un contesto di massima trasparenza, piani di formazione professionale e di avviamento al lavoro, con il contributo delle università, allo scopo di determinare le condizioni affinché l'offerta di lavoro sia qualificata ed adeguata a far fronte alla domanda di lavoro, dando priorità all'apprendimento diretto all'interno delle aziende;
a realizzare nel Mezzogiorno, d'intesa con le regioni e gli enti locali, un progetto per fare impresa - per lo sviluppo, in un triennio, di 50 mila iniziative imprenditoriali, prioritariamente nei settori del turismo, dei servizi alla persona, dell'hi-tech, del privato sociale, che abbiano come principali protagonisti i disoccupati di lunga durata e che coinvolgano le associazioni imprenditoriali e il mondo cooperativo, finanziate in parte con le risorse degli ammortizzatori sociali, in parte con altre risorse reperibili a livello locale;
a bandire e a svolgere i concorsi nelle pubbliche amministrazioni per la stabilizzazione del personale assunto a termine secondo le indicazioni e gli indirizzi dettati dal ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, in base ai dati risultanti dal monitoraggio compiuto in proposito;
ad aprire a operatori privati polifunzionali, che agiscono in regime di autorizzazione o accreditamento e in cooperazione con i servizi pubblici del lavoro, allo scopo di ampliare la rete degli sportelli in grado di offrire formazione, orientamento, accompagnamento nel mercato del lavoro regolare, coinvolgendo le università nel predisporre servizi di certificazione;
a sviluppare, nelle aree più svantaggiate del Sud, intese tra le parti sociali, secondo quanto prevede l'accordo quadro sulle relazioni industriali e attenendosi strettamente alle garanzie da esso richieste (poi confermate dall'accordo interconfederale del 15 aprile 2009), per il governo delle situazioni di crisi e per lo sviluppo economico ed occupazionale del territorio, anche attraverso la modifica, in tutto o in parte, pure in via sperimentale e temporanea, di singoli istituti economici o normativi disciplinati dai contratti collettivi nazionali.
(1-00171) «Cicchitto, Bocchino, Cazzola, Baldelli, Stracquadanio».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

La Camera,
premesso che:
secondo la Svimez, nel quinquennio 1996-2001, le migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord hanno prodotto saldi negativi di 100 mila giovani fra i 25 ed i 29 anni e di 88 mila fra i 20 ed i 24 anni. Cinquant'anni dopo la grande emigrazione di massa degli anni '50-'60, il Mezzogiorno si ritrova al punto di partenza;
le politiche comunitarie e pubbliche non hanno prodotto risultati apprezzabili. Il divario del Mezzogiorno rispetto al Centro-Nord rimane ampio e peggiora la posizione relativa del Mezzogiorno in Europa, per la maggiore velocità di crescita delle altre regioni europee in ritardo di sviluppo;
è grave il ritardo di produttività del Mezzogiorno: la distanza dalla «media Paese» rimane superiore a 30 punti percentuali. I dati sulla produttività e sulla qualità del radicamento sul territorio delle imprese evidenziano una criticità per il Mezzogiorno, in difficoltà nel promuovere processi di sviluppo persistenti, guidati da fattori endogeni;
nel Mezzogiorno i tassi di disoccupazione si sono ridotti, ma con essi anche i tassi di attività. Aumentano gli inoccupati. In alcune regioni cresce un mercato del lavoro parallelo, che soppianta il mercato legale;
nel Mezzogiorno aumenta il numero dei laureati, ma sono poco ricercati dalle imprese e hanno difficoltà a trovare occupazione. Il Mezzogiorno registra una maggior prevalenza di occupati fermi al livello dell'istruzione dell'obbligo, le cui famiglie sono esposte al rischio povertà;
desta preoccupazione, per il Mezzogiorno, la compresenza di bassa occupazione, saldi migratori netti negativi e bassi tassi di natalità;
si sono invertite le tendenze demografiche iniziate negli anni '70. Nel Mezzogiorno la popolazione ha cominciato a diminuire, mentre è aumentata nel Centro-Nord. A questo andamento concorrono sia i flussi migratori sia i tassi di natalità. Nelle aree del Paese dove i servizi per l'infanzia e di supporto alle famiglie sono più sviluppati, si registra una correlazione positiva tra tasso di occupazione femminile e tasso dì natalità;
i giovani con meno di 30 anni nelle regioni meridionali registrano un tasso di disoccupazione del 19,8 per cento;
nel 2007, gli inattivi, che non studiano e non cercano lavoro, sono concentrati al 66 per cento nel Mezzogiorno. Di questi, il 42 per cento è donna;
il tasso d'attività del Mezzogiorno è fermo da 12 anni poco al di sopra del 52 per cento, con una punta del 57 per cento nel 2002 e con un andamento fortemente decrescente, dal 55,6 per cento del 2002 al 52,4 del 2007. Nello stesso periodo, il tasso d'attività a livello di Paese è cresciuto dal 58 per cento del 1995 al 63 per cento del 2007 e quello del Nord Est è passato dal 64 al 70 per cento. I dati del primo trimestre del 2008 segnalano per il Mezzogiorno un'ulteriore diminuzione del tasso di attività;
nel Mezzogiorno la quota di lavoro irregolare è del 19,6 per cento contro il 12,1 per cento del Paese nel suo complesso. Sulla consistenza di questa area grigia pesa l'assenza di servizi adeguati, pubblici e privati, per la ricerca del primo impiego e il reimpiego e la diffusione di meccanismi di reclutamento e di collocamento gestiti da reti informali e clientelari;
le persone di età compresa tra i 15 ed i 34 anni in cerca di prima occupazione nel Mezzogiorno sono pari al 56,2 per cento del totale nazionale; le donne il 51,9 per cento del totale nazionale - dato probabilmente sottovalutato in quanto molte ragazze rinunciano alla ricerca di un'occupazione uscendo dal mercato del lavoro. Per capire la gravità di questi dati bisogna considerare che la popolazione delle otto regioni meridionali rappresenta solo il 35 per cento del totale della popolazione nazionale;
il tasso di occupazione dei laureati fino ai 24 anni di età è del 43 per cento al Sud contro quasi il 76 per cento del Centro-Nord, mentre la percentuale di disoccupati sotto i 29 anni nel Mezzogiorno è tre volte maggiore che al Centro-Nord: 27 per cento contro 8 per cento;
nel Mezzogiorno la percentuale di occupati laureati (15,4 per cento) è inferiore di poco meno di un punto percentuale rispetto al Centro-Nord (16,3 per cento), mentre i diplomati sono meno numerosi di circa 7 punti percentuali rispetto al Centro-Nord (40,2 contro 47 per cento);
in ogni caso, il possesso di un diploma o di una laurea non sembra aiutare la ricerca di un lavoro, in quanto i giovani meridionali disoccupati con questi titoli di studio rappresentano il 58,6 per cento del totale nazionale dei disoccupati diplomati o laureati;
il più basso livello di capitale umano nel Mezzogiorno ha un impatto negativo in termini di produttività;
tra il 2001 e il 2006, il Mezzogiorno ha fatto registrare il tasso di crescita maggiore della popolazione laureata: 44,4 per cento, contro il 35,9 del Nord e il 33,5 del Centro. Nel 2006, il tasso di occupazione dei laureati del Mezzogiorno è stato del 72,6 per cento, con un divario di -5,6 punti percentuali rispetto alla media del Paese. Particolarmente negativo è il differenziale del tasso d'occupazione nella fascia d'età dai 25 ai 34 anni, -15 punti percentuali, probabilmente a causa della bassa domanda di neo laureati da parte delle imprese;
la difficoltà d'ingresso nel mercato del lavoro è confermata dai dati sugli inoccupati di lunga durata, in cerca di prima occupazione da 12 mesi e oltre. Il 75 per cento degli inoccupati di lunga durata risiede nel Mezzogiorno, con numeri particolarmente elevati in Campania (76 mila), Sicilia (71 mila) e in Puglia (55 mila);
uno studio recente sulla condizione dei giovani meridionali effettuato dalla Svimez ha confermato come donne e giovani restano nel Sud confinati ai margini del mercato del lavoro;
l'analisi, basata su una rielaborazione degli ultimi dati Istat, ha certificato che gli uomini sono più avvantaggiati delle donne a trovare lavoro. Una laurea aiuta più di un diploma a trovare un lavoro, mentre la professione e il titolo di studio del capofamiglia pesano fortemente sulla condizione professionale dei figli, segno di un forte immobilismo sociale;
l'attuale crisi economica colpisce in maniera pesante il Mezzogiorno, come dimostrano, ad esempio, le difficoltà dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco, la crisi del tessile in Molise e nel Salento, la crisi dei distretti del mobile della Murgia e del salotto, a partire dalla Natuzzi, per non citare l'industria in Campania o il comparto delle costruzioni;
i dati della cassa integrazione guadagni ordinaria, che rilevano un aumento più intenso nelle regioni del Centro-Nord, non deve ingannare: molte delle realtà produttive meridionali, anche a volere prescindere dalla larga diffusione del lavoro sommerso, non possono utilizzare tale ammortizzatore sociale;
nel Mezzogiorno, a fine 2008, prima che la crisi attuale si manifestasse in tutta la sua incidenza, l'occupazione si era ridotta di 126 mila unità rispetto al 2007, mentre nel medesimo periodo e nel Centro-Nord, pur rallentando, l'occupazione era aumentata di 150 mila unità;
per inquadrare meglio la situazione occupazionale del Meridione, basti pensare che in Campania ed in Sicilia, per citare due delle regioni più popolose del Sud, lavora poco più del 40 per cento della popolazione in età da lavoro (mentre nel 2004 era il 45 per cento) e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10;
l'asimmetria nelle tutele assicurate da ammortizzatori sociali lacunosi e squilibrati incide, dunque, nel Mezzogiorno su un mercato del lavoro già gravato da elevata disoccupazione, mentre servirebbe un sistema di tutela universale, valido su tutto il territorio nazionale, in grado di sostenere il reddito di chi perde il lavoro di qualsiasi tipologia esso sia;
nel Sud alle difficoltà congiunturali si aggiungono le storiche carenze di competitività territoriale, infrastrutturali, amministrative e reddituali, aggravate dall'attuale crisi economica;
il Mezzogiorno soffre, infatti, di una carenza diffusa di dotazioni infrastrutturali, nell'istruzione, nei trasporti, nelle reti energetiche, nella sanità, nel turismo, nella grande distribuzione organizzata, nell'intermediazione finanziaria;
il divario tra Mezzogiorno e resto del Paese ha determinanti profonde, che sembrato proporre una forte dipendenza dallo stato iniziale: bassa qualità della pubblica amministrazione e del tessuto istituzionale e legale, insufficienza delle dotazioni infrastrutturali, esiguità delle economie di agglomerazione geografica;
lo stesso accordo sugli ammortizzatori sociali sottoscritto dalle regioni e dal Governo è stato in larga parte finanziato con risorse destinate al Sud: ben 4 miliardi su gli 8 miliardi previsti sono a carico del fondo per le aree sottoutilizzate (per l'85 per cento dovrebbe essere destinato al Mezzogiorno), mentre 2 miliardi provengono dal fondo sociale europeo. Inoltre, queste risorse servono a finanziare la cassa integrazione in deroga, misura che è di ben poca utilità per la grande maggioranza dei disoccupati meridionali;
complessivamente questo Governo in meno di un anno ha sottratto circa 19 miliardi al Mezzogiorno, infatti: i fondi per le aree sottoutilizzate stornati o ridotti dall'inizio della XVI legislatura sono stati pari a più di 16 miliardi di euro per il periodo 2008-2011: i fondi sono stati utilizzati, tra l'altro, per la crisi dei rifiuti in Campania, il taglio dell'ici per le abitazioni di lusso, per il contenimento della spesa pubblica nell'ambito della manovra di bilancio per il 2009, per il finanziamento del servizio sanitario nazionale, per il comune di Roma, per coprire il deficit del comune di Catania, per le spese relative al G8, per finanziare le misure anticrisi dalla social card al taglio dell'acconto ires e irap ed altro;
ulteriori fondi pari a 3 miliardi sono stati sottratti al Mezzogiorno, fondi destinati allo sviluppo delle isole minori, alla sicurezza dei trasporti nello Stretto di Messina, alle strade calabresi e siciliane, agli incentivi a sostegno delle imprese;
bisogna considerare che il fondo per le aree sottoutilizzate costituisce, dal 2003, lo strumento generale di governo della nuova politica regionale per la realizzazione di interventi in aree particolari del Paese - individuate sulla base dell'articolo 27, comma 16, della legge n. 488 del 1999 - legge finanziaria 2000 - che comprendono: le sei regioni «obiettivo 1» del ciclo di programmazione 2000-2006 (Basilicata, Campania, Calabria, Puglia, Sardegna, Sicilia); la regione Abruzzo; la regione Molise; le aree del Centro-Nord ricadenti nell'«obiettivo 2» e quelle in regime di sostegno transitorio; le zone beneficiarie di aiuti di Stato, ai sensi dell'articolo 87.3.c. del Trattato che istituisce l'Unione europea;
le risorse del fondo per le aree sottoutilizzate sono stabilite ogni anno dalla legge finanziaria e assegnate dal Cipe, al fine di perseguire l'obiettivo del riequilibrio economico e sociale tra le diverse aree del Paese;
con i tagli imposti al fondo per le aree sottoutilizzate, operati senza il consulto delle regioni, con il rischio che non sia più applicabile il quadro strategico nazionale, si finanziano spese di gestione correnti e non politiche addizionali per lo sviluppo, così come previsto dalla destinazione dei fondi. È, di conseguenza, lo spirito stesso per cui era nato il fondo per le aree sottoutilizzate che viene stravolto, con il risultato che al Mezzogiorno vengono sottratti fondi indispensabili allo sviluppo. È importante tenere conto che anche il fondo per le aree sottoutilizzate destinati a regioni del Sud, che non rientrano nelle specificità previste per i medesimi, debbono essere considerati come fondi sottratti, perché, in questi casi, bisognerebbe utilizzare risorse ordinarie, come normalmente si fa per interventi nel Nord;
è da chiarire come queste finalizzazioni possano essere conciliate con il vincolo di destinare l'85 per cento del fondo per le aree sottoutilizzate al Mezzogiorno;
il risultato di queste scelte è lo smantellamento di quanto programmato nel quadro strategico nazionale 2007-2013 e un forte indebolimento delle risorse disponibili per le politiche regionali di sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno;
in qualche modo, questa situazione viene registrata dai dati prodotti dal dipartimento del ministero dello sviluppo economico, basati sui «conti pubblici territoriali»: per ogni 100 euro spesi dalla pubblica amministrazione in conto capitale, meno di 35 euro vanno al Sud;
sembra, dunque, definitivo l'addio agli obiettivi fissati sia dai Governi di centrosinistra che da quelli di centrodestra di una quota riservata al Sud pari al 45 per cento degli investimenti nazionali in infrastrutture e trasferimenti alle imprese;
negli ultimi anni le risorse ordinarie complessive per il Sud erogate dalla pubblica amministrazione sono calate di diversi punti percentuali, riducendosi a circa un quinto di quelle nazionali. Per questo i fondi europei sono stati vieppiù utilizzati anche per compensare la mancata spesa nazionale. C'è stato, dunque, un utilizzo improprio delle risorse comunitarie. A loro volta, le società di servizi pubblici a controllo o partecipazione pubblica, da Ferrovie dello Stato ad Anas ed Enel, hanno a loro volta riorientato i loro investimenti verso il centro-nord;
inoltre, sono stati chiusi i finanziamenti per il credito di imposta sia per gli investimenti delle imprese nel Mezzogiorno che per le assunzioni a tempo indeterminato, nonché le misure a favore dell'imprenditoria giovanile;
la dichiarazione di Barcellona prevedeva, tra l'altro, nell'ambito della prospettiva di estesa e sistematica cooperazione tra i Paesi delle sponde nord e sud del Mediterraneo, l'istituzione di una università del Mediterraneo. Si deve operare affinché le nostre università meridionali siano in grado di svolgere, facendo sistema, questo ruolo, coinvolgendole anche nella progettazione e nella realizzazione di grandi infrastrutture che interessano la regione mediterranea, nonché nelle iniziative a difesa dell'ambiente e nella ricerca di nuove fonti di energia e nella promozione di nuove imprese,

impegna il Governo:

a realizzare un efficace rapporto tra i servizi provinciali per l'impiego, le regioni e le strutture locali e private che operano sul mercato del lavoro, con un'attenzione forte alle persone più svantaggiate ed alle aree interne e con la promozione di servizi ed assistenza tecnica in grado di consentire ad ogni territorio di avere strutture di qualità e funzionanti;
ad attuare servizi pubblici che sappiano creare sinergie con la scuola, le strutture private ed i servizi delle organizzazioni di impresa e sindacali, nella promozione del nuovo apprendistato ed utilizzando lo strumento degli stage;
ad individuare in sede locale nuovi strumenti formativi e di incontro scuola-lavoro, premiando, ad esempio, con forti detrazioni di imposta le organizzazioni di impresa, le università e gli istituti tecnici che consentono ai ragazzi di svolgere un'esperienza di tirocinio formativo in un'impresa;
ad adottare iniziative per ripristinare il credito d'imposta per le imprese che assumono nel Mezzogiorno e con contratti a tempo indeterminato i giovani, con un incentivo maggiore per le giovani inoccupate e le mamme con più di 35 anni che vogliono tornare a lavorare, e per attuare un piano dando priorità alle regioni del Sud per aumentare gli asili nido e i servizi per l'infanzia e alle persone non autosufficienti;
a promuovere, con una forfettizzazione di imposte e contributi per i primi tre anni di attività, le iniziativa di autoimprenditorialità dei giovani meridionali, dando priorità a progetti innovativi basati sulle tecnologie informatiche e sul risparmio energetico;
a promuovere le opportune intese, anche internazionali, per creare nel Meridione, mettendo in rete le nostre università, «l'Università del Mediterraneo», un vero e proprio «hub mediterraneo della conoscenza», per una maggiore comprensione tra le culture, per la formazione delle classi dirigenti e dei quadri tecnici dei Paesi rivieraschi, per creare un grande incubatore di imprese innovative.
(1-00172) «Di Giuseppe, Misiti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Leoluca Orlando, Messina».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

MOZIONI MANCUSO ED ALTRI N. 1-00136, FARINA COSCIONI ED ALTRI N. 1-00133, LIVIA TURCO ED ALTRI N. 1-00166, NUNZIO FRANCESCO TESTA ED ALTRI N. 1-00167 E PALAGIANO ED ALTRI N. 1-00173 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA PREVENZIONE E LA CURA DELL'AIDS

Mozioni

La Camera,
premesso che:
per garantire uno Stato soddisfacente per i tutti i cittadini è necessario operare affinché ogni Paese partecipi in modo diretto e senza ostacoli alle reti, ai programmi di cooperazione internazionale in materia di salute, soprattutto tenuto conto del fatto che oggi sono maggiori le possibilità di una propagazione transfrontaliera di varie malattie infettive;
tra le malattie infettive, l'HIV/AIDS conosce una diffusione sempre maggiore a livello mondiale e un aumento, anche, nei Paesi europei;
il Parlamento europeo il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009;
il Parlamento europeo il 21 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS - diagnosi precoce e cure tempestive;
in occasione della giornata internazionale della lotta all'HIV/AIDS 2008, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno sottolineato l'importanza della diagnosi precoce attraverso la facilitazione dell'accesso al test ed hanno invitato tutti gli Stati membri a portare i loro risultati nel campo alla conferenza di Vienna che si terrà nel 2010;
le conclusioni delle conferenza «2008 HIV diagnosis HIV summit» della Presidenza francese dell'Unione europea, tenutasi a Parigi nel novembre 2008, nello stigmatizzare il ritardo nella diagnosi per l'HIV/AIDS, invitano gli Stati membri a mettere in atto con urgenza tutte le azioni per migliorare l'accesso al test in un sistema che lascia in Francia nell'ignoranza del proprio stato almeno 40.000 sieropositivi all'anno, permettendo, quindi, attraverso la diagnosi precoce di migliorare la qualità della loro vita e allo stesso tempo ridurre la trasmissione della malattia;
in base ad alcune recenti ricerche, si stima che nel nostro Paese siano circa 130.000 mila le persone sieropositive: poiché i casi accertati sono soltanto 65.000, il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia risultano, attualmente, non identificati;
in Italia, come negli altri Paesi dell'Unione europea, il numero di nuovi contagi HIV continua a crescere: nel 2008 secondo gli ultimi dati del Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore della sanità, oltre 4.000 persone si sono infettate con l'HIV;
nel 2008 il Centro operativo AIDS comunica che sono state 1.400 le persone sieropositive che si sono ammalate di HIV, quelle cioè che durante il 2008 anno hanno manifestato i segni di malattie conseguenti all'infezione dell'HIV;
la diminuzione dei casi di AIDS conclamato, nel nostro Paese, appare sempre meno netta e in alcune regioni, come il Lazio o la Toscana, si registra addirittura un nuovo incremento;
una larga percentuale di infezioni da virus HIV non vengono diagnosticate e molte di queste persone, che non sanno di essere infette, scopriranno di esserlo solo quando saranno afflitte dalle patologie correlate;
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il rischio di contagio da parte delle persone infette che non sanno ancora di esserlo;
l'introduzione di misure efficaci e realistiche di salute pubblica per facilitare la diagnosi precoce dell'infezione da HIV è indispensabile per evitare un'inconsapevole diffusione della malattia, dare migliori possibilità di cura e dare al sieropositivo maggiore possibilità di tutela dei propri diritti;
la lotta all'HIV/AIDS è una sfida complessa, che comprende un numero infinito di fattori in campo: il punto essenziale per affrontare la diffusione della malattia appare il raggiungimento della consapevolezza dello stato di sieropositività attraverso la diagnosi precoce e l'accesso ai test per l'HIV;
la piena tutela dei diritti umani e del diritto alla riservatezza è essenziale in ogni aspetto della risposta al virus dell'HIV;

impegna il Governo:

ad adottare le strategie necessarie per combattere in modo efficace l'HIV/AIDS attraverso prevenzione, educazione sanitaria, assistenza e cure, favorendo il ricorso a farmaci più avanzati;
a promuovere campagne di informazione e prevenzione dell'HIV in collaborazione con i medici sia di base che specializzati, coinvolgendo i docenti delle scuole secondarie;
a promuovere campagne di informazione, affidando anche alle associazioni onlus le campagne della promozione del test HIV nelle persone con comportamento a rischio, includendo nelle campagne di informazione anche i cittadini extracomunitari, i nomadi e le persone detenute nelle carceri;
ad affidare alla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, organo tecnico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il compito di elaborare le linee guida nazionali per garantire, indurre e facilitare l'accesso al test, affinché tali linee guida individuino i gruppi di fragilità sociale verso le quali indirizzare le azioni strategiche di informazione, prevenzione e cura;
a definire strumenti chiari e modalità innovative per la garanzia per l'accesso informato quale l'introduzione di procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero;
ad avviare procedure standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate in situazione di conclamato disagio sociale o, ad esempio, in presenza di patologie psichiatriche;
a trasmettere al Parlamento le conclusioni della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS sulle sopra citate linee guida ogni sei mesi;
a migliorare la prevenzione e l'informazione sulle malattie sessualmente trasmesse e, in particolare, sull'HIV/AIDS e sulle epatiti, sottolineando la necessità di sottoporsi al test per permettere una diagnosi precoce;
a presentare una relazione annuale al Parlamento sulla diffusione e sulle campagne di prevenzione adottate.
(1-00136)
«Mancuso, Palumbo, Barani, Laura Molteni, Mussolini, Baccini, Iannaccone, Di Virgilio, Abelli, Bocciardo, Castellani, Ciccioli, Stagno d'Alcontres, De Luca, Fucci, Garofalo, Girlanda, Lussana, Patarino, Porcu, De Nichilo Rizzoli, Rondini, Saltamartini, Scapagnini».
(16 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha approvato il 6 luglio 2006 la risoluzione sull'HIV/AIDS: «tempo di agire»;
il Parlamento europeo il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009;
il Parlamento europeo il 21 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS: diagnosi precoce e cure tempestive;
il 1o dicembre 2008, giornata internazionale della lotta all'AIDS, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno ribadito la necessità della diffusione del test per la diagnosi precoce e hanno richiesto a tutti gli Stati membri di mettere in atto tutte le azioni per la diffusione del test e di riferire sui risultati nel corso della prossima conferenza internazionale sull'AIDS che si svolgerà a Vienna nel 2010;
nel mese di novembre 2008 si è tenuta a Parigi, sotto l'egida della Presidenza francese, la conferenza «2008 HIV diagnosis summit», dove tutti gli Stati membri sono stati invitati a far emergere, sempre attraverso la diffusione del test, il sommerso della sieropositività, che oggi nella sola Francia è stimato in 40.000 persone ignare della propria condizione, in modo, attraverso la diagnosi precoce, da aumentare le loro aspettative di vita e, nel contempo, da diminuire le possibilità di trasmissione della malattia;
il 19 marzo 2009 si è tenuto a Roma l'HIV summit Italia 2009: «Diagnosi precoce, qualità della vita»;
secondo le ultime ricerche del reparto epidemiologia del dipartimento malattie infettive dell'Istituto superiore di sanità, si stima che nel nostro Paese siano, in realtà, almeno 130 mila le persone sieropositive, mentre i casi diagnosticati sono soltanto 65 mila;
nel 2008, secondo i dati del Centro operativo AIDS dell'Istituto superiore di sanità, più di 4.000 persone si sono infettate con l'HIV, con un aumento dei nuovi contagi (al pari delle altre nazioni europee);
il Centro operativo AIDS indica che nel 2008 sono state 1.400 le persone sieropositive che si sono ammalate di AIDS;
un'elevata percentuale di infezioni da virus HIV non sono diagnosticate e queste persone, ignare del proprio stato, scopriranno di essere sieropositive solo quando saranno vittima di altre gravi patologie (l'Istituto superiore di sanità stima che il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia siano non identificati);
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il grave rischio di contagio da parte di queste persone infette che non sanno ancora di esserlo, con grave nocumento della salute pubblica;
la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce appaiono essere la strada auspicabile per dare adeguate possibilità di cura al sieropositivo, insieme all'indispensabile consapevolezza e tutela dei propri diritti e per rallentare la diffusione della malattia;
la piena tutela dei diritti umani e il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati personali, è alla base di ogni azione contemplata nella risposta al virus dell'HIV,

impegna il Governo:

a richiedere con urgenza alla Commissione nazionale per la lotta contro l'Aids, organo tecnico-scientifico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di definire le linee guida nazionali per indirizzare, indurre e garantire l'accesso al test dell'HIV, tali da indicare, altresì, i gruppi socialmente vulnerabili sui quali orientare le prime azioni, gli strumenti e le procedure consigliabili per la garanzia dell'accesso informato, come l'introduzione di innovative procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero, un piano di azione per la richiesta standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate e nelle aree di evidente disagio sociale, test i cui risultati, oltre a migliorare la prevenzione dell'HIV/AIDS, permetteranno anche di raccogliere dati scientifici importanti per l'identificazione, da parte dell'Istituto superiore di sanità, di ceppi e sottoceppi dei virus presenti in Italia;
a richiedere alla Commissione nazionale per la lotta contro l'Aids di completare tali linee guida entro sei mesi;
a provvedere all'applicazione delle linee guida da parte delle istituzioni preposte;
a monitorare la puntuale applicazione delle linee guida su tutto il territorio nazionale, da parte delle istituzioni preposte;
a redigere una relazione annuale sull'applicazione delle linee guida al test dell'HIV in Italia da presentare alla Camera dei deputati.
(1-00133)
«Farina Coscioni, Maurizio Turco, Zamparutti, Bernardini, Marrocu, Mecacci, Melis, Touadi, Tullo, Mario Pepe (PD), De Poli, Beltrandi, Duilio, Calvisi».
(11 marzo 2009)

La Camera,
premesso che:
il Parlamento europeo ha approvato il 6 luglio 2006 la risoluzione sull'HIV/AIDS - «tempo di agire» - il 24 aprile 2007 ha adottato la risoluzione sulla lotta all'HIV/AIDS all'interno dell'Unione europea e nei Paesi vicini per il triennio 2007-2009 ed infine il 20 novembre 2008 ha adottato la risoluzione sull'HIV/AIDS - «diagnosi precoce e cure tempestive»;
il 1o dicembre 2008, giornata internazionale della lotta all'AIDS, la Commissione europea e il Consiglio dell'Unione europea hanno ribadito la necessità della diffusione del test per la diagnosi precoce e hanno richiesto a tutti gli Stati membri di mettere in atto tutte le azioni per la diffusione del test e di riferire sui risultati nel corso della prossima conferenza internazionale sull'AIDS che si svolgerà a Vienna nel 2010;
nel mese di novembre 2008 si è tenuto a Parigi, sotto 1'egida della Presidenza francese, la conferenza «2008 HIV diagnosis summit», dove tutti gli Stati membri sono stati invitati a far emergere, sempre attraverso la diffusione del test, il sommerso delle sieropositività presente nel loro Paese;
nonostante i progressi delle terapie e le recenti sperimentazioni che aprono la strada alla possibilità di nuove cure, la malattia continua a mietere vittime in tutto il mondo. Secondo i dati forniti da Unaids, il programma congiunto delle Nazioni Unite sull'HIV e l'AIDS, dall'inizio dell'epidemia negli anni '90 sono morte circa 27 milioni di persone nel mondo;
anche in Italia e in Europa, dove lo scenario è meno allarmante, il numero di sieropositivi continua ad aumentare. Nel Sud del mondo, la situazione resta drammatica e l'infezione ha provocato 2,5 milioni di nuovi casi solo nel 2008;
il 19 marzo 2009 si è tenuto a Roma l'HIV summit Italia 2009: «Diagnosi precoce, qualità della vita»;
sono 58.400 i casi di AIDS notificati dall'inizio dell'epidemia fino al 31 dicembre 2007. Tenendo conto del ritardo della notifica, ragionevolmente questo numero sale a oltre 59.500. La regione più colpita in assoluto risulta essere la Lombardia, ma nell'ultimo anno il tasso di incidenza più elevato è quello del Lazio, seguito da Lombardia, Toscana, Emilia Romagna e Liguria;
cambiano le caratteristiche delle persone con AIDS: aumenta l'età, sia per gli uomini (43 anni) che per le donne (40 anni), diminuiscono i tossicodipendenti, aumentano gli stranieri (oltre il 20 per cento dei casi segnalati nell'ultimo anno). Diminuisce ulteriormente l'incidenza di casi di AIDS nei bambini: solo un nuovo caso pediatrico è stato segnalato nel corso del 2007. Per quanto riguarda le nuove diagnosi di infezione da HIV, per le quali non esiste ancora un sistema di sorveglianza nazionale, i dati provenienti da alcune regioni e province italiane mostrano una sostanziale stabilizzazione, che permette di stimare circa 4000 nuove infezioni l'anno nel nostro Paese (circa 11 infezioni ogni giorno);
nel 2007 le stime mostrano una sostanziale stabilità nel numero di nuovi casi di AIDS rispetto al 2006, segno che si è arrestata la tendenza al declino dell'incidenza di malattia conclamata che aveva caratterizzato l'era della haart (terapia antiretrovirale combinata). Ciò dipende dal mancato accesso precoce alla terapia (oltre il 60 per cento dei nuovi casi non ha effettuato terapia prima della diagnosi di AIDS) e consegue a un ritardo nell'esecuzione del test (oltre una persona su due scopre di essere sieropositiva al momento della diagnosi di AIDS o poco prima);
la causa del ritardo risiede in una bassa percezione del rischio, soprattutto in persone che hanno acquisito l'infezione per via sessuale;
un'elevata percentuale di infezioni da virus HIV non sono diagnosticate e queste persone, ignare del proprio stato, scoprono di essere sieropositive solo quando sono vittime di altre gravi patologie (l'Istituto superiore di sanità stima che il 50 per cento dei sieropositivi presenti in Italia siano non identificati);
tale situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi qualora fossero approvate norme che rendano sempre più difficile l'accesso alle strutture del servizio sanitario nazionale da parte di tutti coloro che legalmente o illegalmente, stabilmente o momentaneamente, si trovino sul territorio dello Stato italiano;
l'HIV/AIDS è una malattia trasmissibile ed esiste, quindi, il grave rischio di contagio da parte di queste persone infette che non sanno ancora di esserlo, con grave nocumento della salute pubblica;
la riduzione degli ostacoli per l'accesso al test per l'HIV e la conseguente diagnosi precoce appaiono essere la strada auspicabile per dare adeguate possibilità di cura al sieropositivo, insieme all'indispensabile consapevolezza e tutela dei propri diritti e per rallentare la diffusione della malattia;
la piena tutela dei diritti umani e il rispetto della riservatezza e la protezione dei dati personali è alla base di ogni azione contemplata nella risposta al virus dell'HIV,

impegna il Governo:

a richiedere con urgenza alla Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, organo tecnico del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di elaborare entro sei mesi dall'approvazione del presente atto le linee guida nazionali per garantire, indurre e facilitare l'accesso al test secondo le seguenti indicazioni:
a) individuazione di gruppi di fragilità sociale sui quali focalizzare i primi passi strategici;
b) definizione di strumenti chiari e modalità innovative per la garanzia dell'accesso informato, quali l'introduzione di procedure standard nell'accettazione per il ricovero ospedaliero o di procedure standard di test informato all'interno delle strutture carcerarie, nel momento dell'accoglienza delle persone immigrate, in situazioni di conclamato disagio sociale o, ad esempio, in presenza di patologie psichiatriche;
c) miglioramento dell'informazione e della prevenzione sulle malattie sessualmente trasmissibili e, in particolare, sull'HIV/AIDS e sulle epatiti, sottolineando la necessità di sottoporsi al test per permettere una diagnosi precoce;
a realizzare un piano di prevenzione, diagnosi precoce e terapia dell'AIDS, approntando misure specifiche, in particolare, per la tutela dei minori sieropositivi;
a stanziare risorse idonee per favorire la ricerca scientifica e la sperimentazione di nuovi trattamenti delle patologie sessualmente trasmissibili e dell'AIDS in particolare, in ottemperanza al dispositivo n. 1 della suddetta risoluzione del Parlamento europeo;
a realizzare un sistema di diagnosi precoce dell'infezione da HIV, anche nei confronti dei cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale, a prescindere dalla condizione di regolarità o meno del loro soggiorno;
a garantire un costante monitoraggio in ordine alla diffusione del virus HIV nell'ambito della popolazione presente sul territorio nazionale, nel rispetto del diritto alla protezione dei dati personali dei soggetti interessati, ricorrendo, in particolare, a statistiche in forma aggregata e anonima;
ad adottare misure specifiche per migliorare lo standard di tutela del diritto inviolabile alla salute dei soggetti detenuti affetti da AIDS;
a realizzare campagne di sensibilizzazione, informazione e prevenzione dell'AIDS, favorendo, tra l'altro, l'insegnamento della prevenzione nelle scuole secondarie di secondo grado, affinché anche gli adolescenti possano acquisire un'adeguata consapevolezza su tale infezione;
ad adottare misure idonee a prevenire e contrastare ogni forma di discriminazione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS, in ottemperanza al dispositivo n. 8 contenuto nella citata risoluzione del Parlamento europeo.
(1-00166)
«Livia Turco, Sereni, Giachetti, Bossa, Bucchino, Calgaro, D'Incecco, Grassi, Miotto, Mosella, Murer, Pedoto, Sbrollini».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

La Camera,
premesso che:
l'HIV summit Italia 2009, tenutosi a Roma il 19 marzo 2009, ha confermato la tragica espansione di una malattia, ancora estremamente diffusa tra la popolazione;
esiste un rischioso «allarme sommerso» costituito dal fatto che il 55 per cento dei sieropositivi viene a conoscenza del proprio stato quando la malattia è in stato avanzato; negli anni '90 solo il 20 per cento veniva a conoscenza del proprio stato di sieropositività al momento della diagnosi di AIDS, oggi questo avviene quasi nel 60 per cento dei casi;
l'Istituto superiore di sanità stima che siano ben 120 mila gli italiani sieropositivi che ignorano di esserlo e che arrivano troppo tardi al test; chi vive nel Sud e nelle Isole ha una maggiore probabilità di arrivare tardi al test rispetto a chi vive al Nord, mentre gli stranieri, residenti nel nostro Paese, sono in assoluto coloro che hanno il rischio maggiore di fare tardi il test;
dal 1981 - anno di inizio del dilagare della malattia - in Italia si sono verificati oltre 60.000 casi di AIDS. Nel decennio 1995-2005, il trend di crescita era rallentato, mentre oggi l'infezione ha ricominciato a propagarsi intensamente fino ad arrivare a circa 4000 nuovi casi di contagio l'anno, registrati negli ultimi tre anni;
la drammaticità dei dati descritti scaturisce, in parte, dall'inspiegabile riduzione dell'attenzione, anche mediatica, sul fenomeno, che sta generando una sorta di «contagio inconsapevole», provocato dalle persone infette non diagnosticate. Risultano ancora troppo poche le iniziative e i canali di informazione volti a sensibilizzare l'opinione pubblica in materia di prevenzione e trattamento dell'HIV;
bisogna evidenziare, inoltre, che il problema della disinformazione e della trascuratezza sull'effettuazione del test non riguarda solo l'HIV, ma tutte le malattie sessualmente trasmesse;
infatti, secondo i dati trasmessi dall'Organizzazione mondiale della sanità, sono ben un milione i casi di malattie sessualmente trasmissibili accertate in Italia; di queste malattie sono solo 8 mila le notificate. L'incremento degli immigrati, spesso provenienti da Paesi pesantemente colpiti da questo tipo di malattia, procura maggiori difficoltà per un accesso più difficoltoso a test e cure;
non può essere sottovalutato, neanche, il drammatico problema dei neonati e dei minori esposti al rischio di contagio da HIV. L'Unicef evidenzia quanto sia forte l'esigenza di attuare misure urgenti e atte a garantire un'efficace prevenzione del contagio da virus HIV proprio nei confronti di queste categorie più deboli e indifese;
la risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2008 (n. RC-B6-0581/2008), sull'HIV/AIDS, «diagnosi precoce e cure tempestive», sancisce l'invito al Consiglio e alla Commissione europea a formulare una strategia sull'HIV, al fine di: promuovere la diagnosi precoce e la riduzione degli ostacoli alla sperimentazione; garantire un tempestivo trattamento e la comunicazione dei relativi benefici; garantire un accurato monitoraggio;
il Sottosegretario per il lavoro, la salute e le politiche sociali, professor Ferruccio Fazio, ha firmato il 21 gennaio 2009 il decreto di ricostituzione della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, con la finalità di fornire indicazioni sui messaggi prioritari oggetto delle campagne di informazione istituzionali, di delineare progetti di formazione medica continua dedicati al medico generico, con particolare attenzione al test e alla gestione della cronicità dell'infezione, nonché di promuovere l'insegnamento delle malattie infettive;
alla Commissione spetta, inoltre, la sorveglianza sui trend epidemiologici nei Paesi industrializzati e nel territorio nazionale, con particolare attenzione alla diffusione dell'infezione tra le categorie a rischio,

impegna il Governo:

ad attivare ogni utile disposizione atta ad aumentare l'attenzione nei confronti della sieropositività e a facilitare l'accesso ai test, in tutte le diverse realtà territoriali, ma soprattutto nelle zone in cui l'emergenza è più grave;
a sostenere, in maniera incisiva, ulteriori campagne di informazione necessarie a fornire un monitoraggio adeguato e aggiornato con riguardo alla malattia e alle possibili conseguenze e, ancor più, alle possibilità di prevenzione, soprattutto tra i giovani e le categorie a rischio;
a promuovere campagne di sensibilizzazione ed informazione, anche verso le future madri, in ordine alle possibili modalità di trasmissione del virus, favorendo, altresì, la diagnosi precoce, al duplice scopo di approntare le terapie idonee ad impedire l'aggravarsi della patologia, limitandone gli effetti pregiudizievoli, e di impedirne la trasmissione;
ad attuare piani di formazione e prevenzione continua anche al momento dell'ingresso nel nostro Paese delle persone immigrate, che diano la possibilità di garantire e migliorare la prevenzione su tutte le malattie sessualmente trasmesse e, in particolar modo, sull'HIV/AIDS;
ad adottate ogni possibile e puntuale iniziativa per dare efficacia alle misure previste dalla risoluzione adottata dal Parlamento europeo e citata in premessa;
a prevedere l'attuazione, da parte della Commissione nazionale per la lotta contro l'AIDS, di ogni utile iniziativa tesa ad elaborare un piano di azione nazionale, che fornisca linee guida organiche e dettagliate, in grado di individuare le aree deboli su cui agire in modo più particolareggiato, e tese a garantire interventi per la prevenzione, l'informazione, la ricerca.
(1-00167)
«Nunzio Francesco Testa, De Poli, Oppi, Pisacane, Capitanio Santolini, Compagnon, Drago, Delfino, Ciccanti, Volontè».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

La Camera,
premesso che:
dalla fine degli anni '80, l'epidemia di HIV/AIDS è divenuta uno dei principali problemi sanitari e una delle grandi priorità dell'Unione europea. L'Unione europea ha concentrato la propria azione su:
a) promozione della prevenzione e di una sempre maggiore sensibilizzazione;
b) migliore sorveglianza della malattia;
c) costituzione di reti per connettere fra loro i principali soggetti che lottano contro l'HIV/AIDS;
d) una più agevole diffusione delle buone pratiche;
l'Unione europea ha, inoltre, istituito organismi importanti per lo scambio d'informazioni e il coordinamento delle attività, a beneficio degli Stati membri e dei Paesi vicini, ed è attiva anche nei Paesi in via di sviluppo, fornendo, inoltre, un notevole sostegno al fondo mondiale per la lotta all'HIV/AIDS e ad altre istituzioni, al fine di rafforzare le misure e le azioni già adottate, in modo che apportino un valido contributo alla riduzione dell'epidemia di HIV/AIDS in futuro;
in Italia, come nel resto del mondo occidentale, il fenomeno HIV/AIDS si presta ormai a una doppia lettura contrastante:
a) l'aspetto positivo è che l'incidenza di AIDS (la malattia conclamata), che aveva toccato una punta massima di oltre 5500 nuovi casi nel 1995, è andata diminuendo a partire da metà del 1996. Ad oggi, sin dall'inizio dell'epidemia, i casi segnalati sono 60.346. La prevalenza di persone viventi con AIDS nell'ultimo anno è in aumento (si stimano oltre 21.500 pazienti viventi con AIDS); la diminuzione dei nuovi casi di AIDS non è, però, da attribuire a una diminuita incidenza delle nuove infezioni da HIV, quanto piuttosto all'effetto della terapia antiretrovirale combinata che ha rallentato la progressione della malattia, riducendo sia il numero dei pazienti che evolvono in fase conclamata che il numero dei decessi;
b) l'aspetto negativo è che l'aumento della sopravvivenza determina un incremento del numero delle persone sieropositive viventi e una parte di queste continua ad avere rapporti sessuali non protetti, magari perché inconsapevole del proprio stato di contagiosità, e ciò può contribuire alla diffusione dell'infezione, come testimoniato dall'elevato numero di nuove infezioni che si stima si verifichino ancora in Italia;
il fenomeno forse più preoccupante consiste, quindi, nell'incremento delle persone che scoprono di essere sieropositive solo al momento della diagnosi di AIDS, ovvero in uno stadio di malattia molto avanzato. La percentuale degli «inconsapevoli» è aumentata dal 21 per cento nel 1996 al 60 per cento nel 2008. Questo dato suggerisce che una parte rilevante di persone infette, soprattutto fra coloro che hanno acquisito l'infezione per via sessuale, ignora per molti anni la propria sieropositività: ciò gli impedisce di entrare precocemente in trattamento e di adottare quelle precauzioni che potrebbero diminuire il rischio di diffusione dell'infezione;
in questi anni si sono anche modificate le caratteristiche delle persone colpite. Innanzitutto, aumenta l'età delle persone con AIDS: se nel 1988 la media era di 29 anni per i maschi e 27 per le femmine, nel 2008 si arriva rispettivamente a 43 e 40 anni. Cambiano, inoltre, i fattori di rischio: la proporzione dei casi attribuibili alla tossicodipendenza è diminuita dal 66 per cento prima del 1997 al 25 per cento nel 2007-2008, mentre i contatti eterosessuali sono passati nello stesso periodo dal 15 per cento al 45 per cento;
l'epidemia di HIV/AIDS, quindi, non diminuisce, piuttosto si modifica. I sieropositivi vivono più a lungo e meglio, grazie alle nuove terapie, ma le dimensioni dell'epidemia aumentano, a causa dell'abbassamento della guardia conseguente alla bassa percezione del rischio di contrarre l'infezione, soprattutto per via sessuale;
l'educazione sulle vie di trasmissione dell'HIV e su come diminuire il rischio di esposizione a esso rappresenta, quindi, ancora oggi, uno dei mezzi principali per ridurre la diffusione del virus. In questo ambito la promozione dell'uso del profilattico deve essere a tutti gli effetti considerata come misura efficace, almeno per il controllo della malattia trasmissibile per via sessuale;
nella XVI legislatura non è stato ancora presentata al Parlamento la «Relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV», così come prevede l'articolo 8, comma 3, della legge n. 135 del 1990;
come riportato dall'ultima «Relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV», trasmessa al Parlamento il 28 febbraio 2008 dall'allora Ministro della salute Livia Turco, il programma nazionale di ricerca sull'AIDS, avviato alla fine degli anni '80, «ha usufruito, all'inizio di investimenti di significativa entità, mantenuti allo stesso livello fino alla metà degli anni '90. Dalla fine degli anni '90, l'entità del finanziamento si è costantemente ridotta e, soprattutto, ha perso la periodicità annuale». E ciò non può, quindi, non ripercuotersi sulla qualità stessa della ricerca italiana sull'AIDS e sul suo inserimento in campo internazionale;
se si analizza la diffusione del fenomeno in ambito internazionale, si evidenzia come nei Paesi sottosviluppati e in quelli in via di sviluppo, in particolare nel continente africano, la situazione è ben più drammatica e l'AIDS rappresenta un problema sanitario e sociale gravissimo e tragico nelle sue dimensioni. Secondo il rapporto Unaids, il numero degli infettati dal virus HIV è stimato in quasi 40 milioni di persone, di cui 30 milioni solo nel continente africano;
i bambini sono la popolazione più vulnerabile alla pandemia dell'HIV: oltre 15 milioni di bambini sotto i 15 anni sono orfani a causa di HIV/AIDS e oltre 2 milioni sono sieropositivi. Ogni minuto un bambino muore per cause collegate all'HIV/AIDS e quattro nuovi contagi avvengono fra adolescenti di età inferiore ai 15 anni;
strumento fondamentale di cooperazione e aiuto internazionale in questo ambito è rappresentato dal fondo globale per la lotta contro l'AIDS, la tubercolosi e la malaria (gfatm);
questo fondo - meccanismo internazionale di finanziamento destinato a raccogliere ed erogare fondi per la lotta alle tre pandemie - è stato promosso nella sessione speciale dell'Assemblea generale dell'Onu, tenutasi a New York nel giugno 2001, ed è stato istituito nel vertice dei Paesi membri del G8 del 2001. Consiste in una partnership pubblico-privata, cui aderiscono numerosi Stati, tra i quali l'Italia, organismi internazionali e associazioni private, e finanzia attività di prevenzione e cura, nonché di consolidamento dei sistemi sanitari locali, prevalentemente destinate all'Africa;
dalla sua istituzione, il fondo globale ha approvato quasi 600 progetti di finanziamento, distribuiti tra 137 Paesi, per un valore totale di 10,2 miliardi di dollari. In questi anni di attività, il fondo è riuscito a salvare circa 2,5 milioni di vite umane;
il nostro Paese, nella XV legislatura, ha stanziato, come quota contributo al suddetto fondo, 260 milioni di euro, con il decreto-legge n. 81 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127 del 2007, e ulteriori 130 milioni di euro, con il decreto legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007;
vale la pena sottolineare che l'Italia si è impegnata per 2,5 miliardi di dollari in 5 anni (2010-2015), per 130 milioni di dollari l'anno (2008-2010) di contributo al fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria (gfatm), per 1,8 miliardi di dollari per la prevenzione e cura dell'AIDS in età pediatrica e per 1,5 miliardi di dollari per la prevenzione della trasmissione dell'HIV da madre a figlio, oltre a partecipare a iniziative per lo sviluppo dei vaccini e per la formazione del personale sanitario, con particolare riferimento alla salute riproduttiva per la prevenzione della mortalità materna;
attualmente, però, il fondo globale per la lotta ad AIDS, tubercolosi e malaria si trova di fronte a 5 miliardi di dollari in meno rispetto ai finanziamenti previsti per il 2009-2010 ed è evidente che in assenza di adeguate risorse finanziarie risulta ancora più difficile garantire interventi sanitari per le popolazioni più vulnerabili,

impegna il Governo:

a favorire l'accesso ai servizi sanitari e allo sviluppo qualificato di reti interistituzionali di prevenzione sul fenomeno, con il pieno coinvolgimento delle associazioni impegnate nella lotta all'AIDS e alle malattie sessualmente trasmissibili;
a prevedere adeguate risorse per il programma nazionale di ricerca sull'AIDS, stante la riduzione costante del relativo finanziamento in questi ultimi dieci anni;
ad assicurare in tutti i centri del territorio nazionale, senza eccezioni, un accesso al test diagnostico pienamente gratuito, anonimo e volontario, visto che l'accesso al test viene segnalato in diminuzione, con pericolose conseguenze sulla ricostruzione del quadro epidemiologico e, in caso di sieropositività, con rischio di ritardo nella diagnosi;
a presentare al Parlamento la «Relazione sullo stato di attuazione delle strategie attivate per fronteggiare l'infezione da HIV», così come previsto dall'articolo 8, comma 3, della legge n. 135 del 1990;
a riprendere specifiche campagne informative, anche attraverso il servizio pubblico radiotelevisivo, con l'obiettivo di diffondere la conoscenza delle modalità di trasmissione del virus HIV, la consapevolezza della fondamentale rilevanza dei comportamenti individuali rispetto all'esposizione al rischio d'infezione, l'avvio di un percorso di autoresponsabilizzazione circa i propri comportamenti e la non discriminazione delle persone sieropositive;
a promuovere specifici progetti di prevenzione primaria nelle scuole per coinvolgere gli studenti in percorsi educativi e formativi sull'AIDS, la prevenzione, l'educazione sessuale, con particolare riferimento alle azioni individuali utili a ridurre il rischio di trasmissione del virus, a cominciare dall'uso consapevole del profilattico, come principale strumento di contrasto al rischio contagio;
a sostenere programmi di intervento ed aiuto nella lotta contro l'AIDS, attraverso l'incentivazione di progetti bilaterali tra l'Italia ed i Paesi in via di sviluppo, finanziati e coordinati dal ministero degli affari esteri, e dello strumento della cooperazione internazionale;
ad assicurare le risorse promesse al fondo globale per la lotta all'HIV/AIDS, tubercolosi e malaria (gfatm) e a non coprire tali stanziamenti attingendo dai fondi, già insufficienti, destinati alla cooperazione allo sviluppo.
(1-00173)
«Palagiano, Mura, Donadi, Evangelisti, Borghesi».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)

MOZIONI COTA ED ALTRI N. 1-00076 E EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00169 CONCERNENTI UNA MORATORIA PER LA COSTRUZIONE DI NUOVE MOSCHEE E CENTRI CULTURALI ISLAMICI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
grazie al lavoro condotto dal ministero dell'interno e dai reparti investigativi delle forze dell'ordine, impegnate in una battaglia silenziosa e instancabile di contrasto al terrorismo di matrice fondamentalista islamica, è stata sgominata una cellula jihadista che operava in Lombardia, pronta a portare a termine eclatanti azioni di terrore che avrebbero avuto conseguenze devastanti;
i fatti di questi giorni dimostrano che si è dinnanzi ad un'evoluzione del fenomeno realmente preoccupante. La cellula terrorista di matrice fondamentalista islamica lombarda, da quanto si apprende dalle notizie riportate dagli organi di stampa, si presenta, infatti, come un'organizzazione radicata sul territorio, che non svolge soltanto il ruolo di collettore del terrore islamico internazionale, ma come una vera e propria base operativa pronta ad agire attraverso azioni di martirio suicida. Un'organizzazione pronta a colpire il nostro Paese nel cuore del suo territorio. Il Duomo di Milano, caserme, supermarket, discoteche (tutti luoghi affollati e frequentati da centinaia, migliaia di persone) erano stati individuati come obiettivi dove mettere in atto la strategia del terrore. Non si tratta, quindi, di azioni dimostrative, ma di veri e propri attacchi militarmente organizzati, che avrebbero avuto conseguenze devastanti;
a conferma di quanto detto, basti pensare che è la prima volta nel nostro Paese che, oltre all'accusa di terrorismo internazionale, viene contestato ai fermati appartenenti alla cellula islamica un capo di imputazione di rilevante importanza: concorso esterno alla rete terrorista di Al Qaeda;
in Italia il fenomeno sociale della diffusione di centri islamici e moschee, in molti casi abusivi, sta subendo negli ultimi anni un'allarmante crescita esponenziale. Nel giro di poco tempo sono sorte in tutta Italia: moschee di dimensioni enormi, centri culturali e religiosi, scuole coraniche e attività commerciali gestite direttamente dalle comunità musulmane (macellerie, phone center ed altro);
sempre più spesso, stando alle notizie pubblicate dagli organi d'informazione, ci si trova dinnanzi a casi emblematici, dove è facilmente riscontrabile da un lato il manifesto rifiuto da parte delle comunità musulmane presenti in Italia di rispettare le normative vigenti e di adeguarsi alla regole comportamentali e culturali del nostro Paese e dall'altro lato l'atteggiamento superficiale delle istituzioni, che, non comprendendone i rischi, adottano semplicistiche soluzioni, mettendo conseguentemente in pericolo la sicurezza dei cittadini;
il mantenimento di questa costosissima rete di associazioni islamiche in Italia è impensabile senza il sostegno e la solidarietà di moschee, centri universitari, donazioni, finanziamenti di Stati e banche che hanno come obiettivo la «diffusione della fede» (da 'wa). È ipotizzabile, inoltre, che i finanziamenti di queste attività avvengano anche attraverso strutture parallele formate da commerci illeciti, riciclaggio di denaro, sfruttamento dell'immigrazione;
si stima che oggi l'ammontare di denaro utilizzabile dalle organizzazioni legate al fondamentalismo islamico ammonterebbe ad almeno 150 miliardi di euro;
è noto che questi centri culturali, oltre ad essere sede di attività religiosa, diventano anche centri della vita sociale e politica della comunità musulmana;
l'Islam si presenta fin dalle origini come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita. Include un modo di vivere, di comportarsi, di concepire il matrimonio, la famiglia, l'educazione dei figli, perfino l'alimentazione. In questo sistema di vita è compreso anche l'aspetto politico: come organizzare lo Stato, come agire con gli altri popoli, come rapportarsi in questioni di guerra e di pace, come relazionarsi agli stranieri ed altro. Tutti questi aspetti sono stati codificati a partire dal Corano e dalla sunna e sono rimasti «congelati» nei secoli. La legge religiosa determina la legge civile e gestisce la vita privata e sociale di chiunque vive in un contesto musulmano e se questa prospettiva è destinata a rimanere immutata, come è accaduto finora, la convivenza con chi non appartiene alla comunità islamica non può che risultare difficile;
la legge islamica, rivolgendosi l'Islam a tutta l'umanità, è una legge personale e non dipende in nessun modo dall'elemento territoriale. La stessa nazionalità non è collegata, come avviene nella tradizione occidentale, allo jus sanguinis e allo jus loci, ma allo jus religionis, cioè all'appartenenza ad una comunità di credenti che non è legata all'esistenza di un'entità statuale;
mentre oramai è palese che anche in Italia all'interno di alcune comunità islamiche si annidi la presenza di gruppi eversivi (basti ripensare alle vicende giudiziarie che hanno investito il centro islamico di viale Jenner a Milano, la moschea di Cremona e quella di Gallarate), allo stesso tempo non è invece facilmente riscontrabile, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, una collaborazione con le forze dell'ordine e la magistratura da parte di quei musulmani che si dichiarano moderati e che continuano a chiedere diritti, dimostrando la volontà di volersi integrare nella nostra società;
è necessario, quindi, ribadire come, secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva accettazione da parte di tutta la comunità islamica del principio fondamentale della separazione inequivocabile tra la sfera laica e quella religiosa e delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico, di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, lo status giuridico o religioso delle donne, il rispetto del diritto di famiglia e dell'istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti e il trattamento degli animali;
l'assenza di azioni istituzionali volte a scoraggiare tale fenomeno ha conseguentemente portato alla diffusione di uno stato di illegalità, nel quale le organizzazioni islamiche di matrice fondamentalista hanno potuto operare in piena libertà;
il gruppo della Lega Nord, ritenendo necessario intervenire in tempi rapidi per regolamentare l'attività delle comunità musulmane presenti nel Paese, ha presentato una proposta di legge (Atto Camera n. 1246), recante «Disposizioni concernenti la realizzazione di nuovi edifici destinati all'esercizio dei culti ammessi», volta a regolamentare l'attività delle confessioni religiose presenti nel nostro Paese che non hanno stipulato intese con lo Stato italiano. Tale proposta prevede l'istituzione di un elenco presso il ministero dell'interno di tutte le guide spirituali che esercitano attività di culto in comunità religiose che non hanno stipulato intese; prevede, inoltre, che le regioni, in attuazione di quanto stabilito in materia di governo del territorio dal terzo comma dell'articolo 117 della Costituzione, possano concedere l'autorizzazione per la realizzazione di nuovi edifici destinati a funzioni di culto, per la ristrutturazione o il loro cambiamento d'uso, alle confessioni religiose che non abbiano stipulato intesa con lo Stato, secondo quanto disposto dall'articolo 8 della Costituzione, solo previa presentazione da parte del richiedente di apposita domanda da presentare alla regione interessata corredata di progetto edilizio, del piano economico finanziario e dell'elenco degli eventuali finanziatori italiani o esteri, sottoscritta da un numero di aderenti all'associazione stessa con atto notarile e approvata mediante referendum da parte della popolazione del comune interessato, secondo le disposizioni del relativo statuto comunale;
non è dato dimenticare che dopo gli attentati dell'11 settembre 2001, l'Italia è impegnata, come del resto tutto il mondo occidentale, in una lunga guerra al terrorismo internazionale di matrice islamica fondamentalista;
terrorismo internazionale jihadista ha messo sotto scacco l'Europa con gli attentati terroristici di Madrid dell'11 marzo 2004 e di Londra del 7 luglio 2005;
è necessario ricordare che nella rivendicazione degli attentati di Londra si faceva esplicito richiamo proprio all'Italia, indicando il nostro Paese come prossimo obiettivo per un'operazione di terrore, se possibile ancora più eclatante di quelle di Madrid e Londra,

impegna il Governo:

ad attivarsi, anche attraverso iniziative legislative urgenti, per introdurre misure straordinarie di contrasto al terrorismo di matrice islamica:
a) che consentano l'immediata espulsione degli imam, che anche solo nell'esercizio del culto, mettendo in essere comportamenti contrari ai principi dell'ordinamento giuridico italiano e promuovendo un pensiero ostile nei confronti dell'Occidente, contribuiscono a diffondere una cultura del terrore;
b) che prevedano una moratoria per la costruzione di nuove moschee e centri culturali islamici, fino a quando non sarà approvata una legge per regolamentare l'edificazione di luoghi di culto per le confessioni che non abbiano stipulato intese con lo Stato italiano, e che predispongano l'immediata chiusura di tutte le moschee e centri islamici al cui interno si riscontrino presenze eversive.
(1-00076) «Cota, Guido Dussin, Dal Lago, Reguzzoni, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Brigandì, Buonanno, Callegari, Caparini, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, D'Amico, Dozzo, Luciano Dussin, Fava, Fedriga, Fogliato, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gibelli, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Lussana, Maccanti, Laura Molteni, Nicola Molteni, Montagnoli, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Salvini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(4 dicembre 2008)

La Camera,
premesso che:
il processo di sviluppo che ha conosciuto l'Occidente nell'età moderna ha comportato, tra le altre cose, come necessità ineludibile, l'affermazione del principio di libertà religiosa. Non è stato un processo semplice, lineare, né tanto meno breve; al contrario, è stato caratterizzato da conflitti spesso drammatici;
la necessità di definire i rapporti tra le diverse confessioni religiose, tra queste e le molteplici autorità religiose e, a loro volta, tra queste e le autorità civili ha segnato la storia d'Europa e non solo. La genesi degli Stati Uniti d'America, ad esempio, è partorita proprio dal viaggio di esuli costretti ad abbandonare l'Europa per motivi religiosi. È da un «fiore di maggio», il Mayflower, appunto, l'imbarcazione con la quale i padri pellegrini (pilgrim fathers) salparono il 6 settembre 1620 da Plymouth (Inghilterra) e raggiunsero gli attuali Stati Uniti a Cape Cod, che trae così origine la storia della principale potenza mondiale;
negli ultimi anni si è sviluppato un serrato confronto sulle radici dell'Europa, su quei tratti fondanti cioè che ne caratterizzerebbero l'identità. Tra queste radici, insieme con altre, non può non essere annoverato lo sviluppo delle diverse confessioni cristiane. Il luteranesimo e il calvinismo, così come, prima ancora, la riforma anglicana, hanno segnato, ad esempio, con particolare forza, la genesi del moderno Stato nazionale. Insieme alle confessioni cristiane, nello sviluppo della storia d'Europa, hanno però inciso anche la diffusione delle correnti ereticali, come quella delle «regole» monastiche. Lo stesso universalismo della Chiesa cattolica, prima nella tensione medievale con l'Impero e, nei secoli successivi, con lo Stato moderno, da cui sarebbe poi sorto quello nazionale, ha contribuito alla nascita dell'attuale mondo occidentale, dell'Europa di oggi. Nel processo di sviluppo e di modernizzazione che ha contraddistinto la storia d'Europa e dell'Occidente, l'affermazione dei margini di libertà, tra cui quella religiosa, da riconoscere al singolo individuo, è stata una costante di progresso e sviluppo;
il principio di «libera Chiesa in libero Stato» è il risultato laico della possibile convivenza. In questo principio di convivenza non si ritrova l'affermazione di una presunta supremazia dello Stato che intende la libertà religiosa come sua concessione, ma il riconoscimento della reciproca libertà. Nello stesso tempo, questo principio di convivenza civile non si può declinare nel senso di intenderlo valido esclusivamente nei confronti di una chiesa o di una religione. La sua validità è necessariamente estesa, a meno che non la si voglia negare, a tutte le religioni. Non si può riconoscere la libertà religiosa solo per alcune religioni. Non può essere un Governo a decidere quali religioni hanno diritto alla libertà d'espressione e a quali, invece, questo diritto debba essere negato;
oggi uomini come Averroè sarebbero considerati forse come degli extracomunitari e magari correrebbero anche il rischio di essere respinti alla frontiera, eppure diversi secoli fa Dante Alighieri collocava proprio l'arabo Averroè nel limbo, in compagnia di sapienti e patriarchi, ricordandone il contributo decisivo allo sviluppo del pensiero occidentale, in particolare alla natura della connessione tra religione e filosofia;
nel nostro Paese, a più riprese, si è proposto di autorizzare dazi doganali, iniziativa che finisce per assumere connotati a dir poco paradossali quando è reiterata nei confronti di superpotenze come la Repubblica popolare di Cina e, contemporaneamente, magari, si richiede anche di alzare mura alle nostre frontiere per difenderci dalla minaccia dei flussi migratori, identificando così l'immigrazione come una minaccia sociale, oppure si propone di vincolare le cure sanitarie e l'istruzione scolastica al possesso del permesso di soggiorno. E come se non bastasse, si chiede al Governo di impegnarsi a bloccare la costruzione di luoghi di culto dedicati alla religione islamica: di limitare, cioè di mettere sotto tutela, la libertà religiosa. Secondo questa impostazione dovrebbe essere il Governo a riconoscere e accordare la legittimità di una confessione religiosa, concedendo, a sua discrezione, la possibilità concreta di professarla. In questo modo si chiede di tornare indietro nella storia, di mettere in discussione l'intero processo di modernizzazione che ha caratterizzato la sviluppo dell'Europa;
è, invece, necessario governare il cambiamento. Dalla fine del conflitto tra blocchi e tra ideologie si è ereditato un possibile conflitto di civiltà, nel quale l'identità religiosa riveste un ruolo molto più importante, soprattutto perché il processo di secolarizzazione, che ha caratterizzato e segnato la storia dell'Occidente, è ancora per larga parte estraneo alle altre civiltà con cui dobbiamo oggi confrontarci, in un mondo globale, in cui le distanze si sono di colpo annullate. Non si può, di conseguenza, pensare di governare il cambiamento, attuando politiche di contenimento e semplice difesa. Non possiamo rinchiuderci nel nostro mondo, alzando le barriere e sbarrando confini, sarebbe inutile e pericoloso. Bisogna, al contrario, sviluppare politiche d'integrazione in maniera seria e rigorosa;
rivendicare il principio di reciprocità, in tema di libertà religiosa, nei confronti dei Paesi e delle popolazioni, che non conoscono i principi della tolleranza e del libero arbitrio, cardini della nostra democrazia, è inutile e dannoso. Non si può pensare che nei confronti di altre culture ferme a sistemi sociali di carattere etnico e tribale, nei quali, ancora oggi, la religione assume i crismi di legge civile, secondo un impianto di carattere teocratico, il nostro Paese si debba adeguare a quei sistemi, negando, in mancanza di reciprocità, il rispetto e la libertà religiosa;
se dietro le legioni romane arrivavano strade e diritto, così come dietro gli eserciti napoleonici, oggi non è ancora chiara cosa sia arrivato dopo il nostro intervento militare in Paesi come l'Afghanistan o l'Iraq, il più laico dell'area mediorientale. Un paese nel quale, anche alla luce del necessario confronto tra culture, ancora oggi non si riesce a comprendere perché l'amministrazione Bush abbia deciso di intervenire militarmente, distruggendo uno dei pochi avamposti di laicità dell'intera area, con il risultato di dare vita ad un continuo scontro di carattere tribale e religioso che rischia di far precipitar indietro di secoli l'intero Paese;
la migrazione non può essere considerata come un fenomeno eccezionale e contingente, una minaccia da limitare e contenere, ma come una condizione strutturale che può e deve diventare elemento di crescita e sviluppo collettivo;
una società multietnica è necessariamente fondata sul riconoscimento delle differenze interne e sulla capacità concreta di armonizzarle. Pensare di rifiutare un modello sociale multietnico e multirazziale significa porsi fuori dalla storia. La sfida della crescita e della competitività può essere affrontata e vinta esclusivamente da quelle società e da quei sistemi politici che, forti della propria identità, saranno in grado di produrre integrazione. In queste società non si può pensare di limitare la libertà religiosa;
pensare di vincolare l'esercizio della libertà religiosa può rappresentare un enorme pericolo, mentre potrebbe essere, se coadiuvata e sostenuta, un utilissimo strumento di confronto, di conoscenza e di integrazione. Le stesse moschee potrebbero diventare un luogo d'incontro, uno degli strumenti principali d'inserimento e d'integrazione: l'esempio della moschea realizzata qualche anno fa a Roma appare evidente;
l'Europa di oggi è una realtà multietnica e multireligiosa in progressiva espansione: un processo questo che sta creando anche diverse perplessità. Rispetto, ad esempio, all'ingresso della Turchia alcune nazioni europee, come la Francia, hanno manifestato forti dubbi. L'Italia è, invece, tra quelle nazioni che si sono espresse favorevolmente: il nostro attuale Presidente del Consiglio dei ministri vanta, a suo dire, ottimi rapporti con il Premier turco. Non appare sinceramente conciliabile che il Governo italiano da una parte prema a favore dell'ingresso della Turchia in Europa e dall'altro contemporaneamente si impegni per una moratoria per impedire la costruzione delle moschee sul proprio territorio;
è necessario rifiutare con forza l'idea che l'Islam e i mussulmani rappresentino un pericolo sociale: non è accettabile identificare nelle moschee centri di raccolta di estremisti islamici e luoghi destinati al terrorismo. Si sono già conosciuti i «ghetti» nella nostra storia, li abbiamo chiusi: non è possibile pensare di costruirne di nuovi;
la Costituzione sancisce il diritto di professare le proprie convinzioni, anche religiose, e, in particolare, l'articolo 3 prevede la non discriminazione in base a ragioni legate al sesso, alla razza, alla lingua, alle opinioni politiche, alle condizioni personali e sociali e, appunto, alla religione, e l'articolo 21 afferma il diritto per tutti di manifestare liberamente il proprio pensiero;
la libertà religiosa è garantita, nello specifico, dall'articolo 19, che stabilisce il diritto per tutti di professare liberamente la propria fede religiosa, e dall'articolo 20, che vieta l'introduzione di speciali limitazioni legislative o fiscali per le associazioni religiose;
i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose sono disciplinati dagli articoli 7 e 8 della Costituzione, relativi ai rapporti tra Stato e, rispettivamente, Chiesa cattolica e confessioni non cattoliche; i rapporti tra lo Stato e le confessioni religiose non cattoliche (o acattoliche) sono regolati dall'articolo 8 della Costituzione, che sancisce il principio di eguale libertà di tutte le confessioni religiose. È riconosciuta alle confessioni non cattoliche l'autonomia organizzativa in conformità a propri statuti, a condizione che questi non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano, ed è posto il principio secondo il quale i rapporti delle confessioni con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze;
per quanto riguarda, poi, l'autonomia organizzativa delle confessioni diverse dalla cattolica, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 43 del 1988, ha chiarito che «al riconoscimento da parte dell'articolo 8, secondo comma, della Costituzione, della capacità delle confessioni religiose, diverse dalla cattolica, di dotarsi di propri statuti, corrisponde l'abbandono da parte dello Stato della pretesa di fissarne direttamente per legge i contenuti (...) questa autonomia istituzionale (...) esclude ogni possibilità di ingerenza dello Stato nell'emanazione delle disposizioni statutarie delle confessioni religiose». La Corte costituzionale ha, quindi, affermato il principio secondo cui il limite al diritto riconosciuto alle confessioni religiose dall'articolo 8 della Costituzione di darsi i propri statuti, purché «non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano», si può intendere riferito «solo ai principi fondamentali dell'ordinamento stesso e non anche a specifiche limitazioni poste da particolari disposizioni normative»;
si suole addirittura ripetere che la libertà religiosa, giuridicamente intesa come «la libertà garantita dallo Stato ad ogni cittadino di scegliere e professare la propria credenza in fatto di religione», costituisce storicamente la prima libertà dei moderni. Espressione con la quale s'intende dire che il complesso delle libertà, facenti parte ormai del patrimonio comune dell'uomo contemporaneo, si viene costituendo nel divenire della storia dalla rivendicazione progressiva della libertà religiosa e dal suo graduale riconoscimento;
il fenomeno migratorio italiano, ormai pluridecennale, dai Paesi arabo-islamici ha portato con sé tematiche culturali e giuridiche che meritano alcune riflessioni. L'Islam è divenuta la seconda religione del nostro Paese, con più di un milione di fedeli, ma è anche forse l'unica comunità di credenti a non avere una rappresentanza ufficiale e riconosciuta, né ad aver sottoscritto un accordo d'intesa con lo Stato italiano tale da garantirle diritti e doveri costituzionali e giuridici, nonché consolidarne i rapporti con le istituzioni e la presenza pubblica;
l'11 settembre ha avuto l'effetto di creare una sorta di scontro di «civiltà», che ha portato all'identificazione del terrorismo internazionale con il variegato mondo islamico; la lotta al terrorismo, che costituisce più che mai un obiettivo prioritario per il mondo occidentale, per essere efficace, ha l'assoluto bisogno di respingere qualsiasi identificazione tra i gruppi di terroristi fanatici e il mondo arabo e musulmano;
in Italia, il problema che si sta presentando in questi ultimi anni con la comunità religiosa islamica coinvolge direttamente la natura della comunità stessa, poiché l'Islam non è un unicum religioso, ma si caratterizza per il suo volto multiforme, e le differenze si evidenziano non solo tra credenti provenienti da differenti realtà geografiche, ma si manifestano anche a seconda dei percorsi culturali, delle tradizioni locali, delle varietà linguistiche, ma soprattutto dell'integrazione con la società italiana, conseguente alla durata della permanenza nel nostro Paese;
è necessario intensificare azioni di intelligence e di controllo investigativo su elementi che hanno un potenziale di tipo terroristico, ma è, altresì, fondamentale stabilire relazioni e un sano e civile rapporto di convivenza con la comunità islamica presente nel nostro Paese, innescando processi di integrazione che dovrebbero essere alla base di ogni società democratica;
è necessario riaffermare, senza tentennamenti, il principio laico del rispetto della legge dello Stato, come fondamento della convivenza civile tra gli uomini, come riferimento di uguaglianza. A tale principio non possono essere permesse deroghe in nome di dettami religiosi. Anche per questo, l'istituzionalizzazione dei rapporti con le comunità islamiche può rivelarsi particolarmente utile, per procedere ad una progressiva secolarizzazione ed integrazione e, quindi, ad una sempre maggiore convivenza pacifica delle comunità islamiche presenti nel nostro Paese;
l'esigenza della sicurezza della popolazione non può e non deve essere trascurata: è un diritto che deve essere garantito e riconosciuto. Proprio per questo motivo non si possono marginalizzare le comunità mussulmane, con il rischio di farle confluire nell'alveo dell'estremismo. La necessità di promuovere politiche attive d'integrazione non confligge con la costruzione delle moschee;
dal 1999 ad oggi la popolazione mussulmana in Europa è quasi raddoppiata, passando da 12 a 20 milioni di abitanti: secondo un rapporto del Sisde del 2007 in sette anni in Italia il numero delle moschee è aumentato da 351 a 735. La costruzione delle moschee per le comunità islamiche riveste un'importanza cruciale, perché riflette lo sviluppo delle medesime comunità su temi come la gestione del potere, i diritti delle donne e, soprattutto, il ruolo dell'Islam nelle società occidentali. Si pensi, ad esempio, al minareto, da cui il muezzin chiama i fedeli alla preghiera, alla sua effettiva utilità nei Paesi occidentali, dove le leggi sull'inquinamento acustico ne impediscono l'attività, oppure alla sala principale, la cui costruzione ed ampiezza risponde, nelle mosche costruite in Occidente, anche alla decisione di permettere l'ingresso alle donne;
le moschee e la loro costruzione portano con loro un alto valore simbolico e possono essere proprio per questo uno strumento di concreta integrazione. Basti pensare al fatto che sono proprio gli immigrati di seconda e terza generazione ad osare di più. Secondo Zulfigar Husain, segretario onorario di una nuova moschea di Manchester, «limitarsi ad importare l'architettura tradizionale delle moschee equivarrebbe a una mancanza di rispetto verso il nuovo contesto, sarebbe un po' come tagliarsi fuori dalle società in cui si vive»;
secondo Paul Bohm, un architetto tedesco che sta lavorando alla costruzione della nuova moschea di Colonia, «negli ultimi cinquant'anni i mussulmani residenti in Germania dovevano nascondersi a pregare negli scantinati o nelle aree industriali abbandonate. Molti tedeschi non li hanno mai considerati parte della loro società. Un edificio che riconosca alla religione islamica la stessa dignità di altre religioni è di grande aiuto all'integrazione». Sempre secondo il progetto dell'architetto tedesco, sostenuto dalle nuove generazioni di immigrati mussulmani, in aperto contrasto con le generazioni precedenti, l'ingresso della moschea sarà comune per uomini e donne. Al riguardo Bohm sottolinea: «sono processi che richiedono tempo. Ai tempi di mio padre in chiesa le donne sedevano in alto, nei matronei e gli uomini in basso»;
i processi di integrazione richiedono tempo e strumenti adeguati: in questa ottica la costruzione di nuove moschee potrebbe rivelarsi finanche utile. L'integrazione sostenibile è l'unica strada percorribile per pensare ad un'Europa del futuro più ricca e competitiva, con un elevato grado di coesione e sicurezza interna;
non è realistico progettare politiche di sviluppo fondate sulla paura, imporre vincoli fondati su differenze di razza e religione per il riconoscimento dei più elementari diritti civili, limitare l'accesso ai servizi anagrafici, alla sanità, alla formazione, riservare servizi pubblici per una sola parte della cittadinanza, vincolare la libertà religiosa: tutto questo non può che portare a forme di ghettizzazione e di marginalizzazione e, quindi, inevitabilmente allo scontro ed all'insicurezza collettiva,

impegna il Governo:

a un costante impegno di contrasto al terrorismo internazionale, anche attraverso una politica estera mirata allo sviluppo della cooperazione con i Paesi dell'area mediorientale, con quelli in cui siamo stati chiamati ad interventi militari di carattere umanitario, e, in particolare, con l'Afghanistan;
a sostenere, in quest'ottica, gli sforzi che la nuova amministrazione statunitense ha messo in campo nel processo di distensione attivato con diversi Stati mediorientali e con lo stesso Iran;
a promuovere gli accordi necessari con la comunità islamica in Italia in modo da riaffermare diritti e doveri costituzionali e giuridici e consolidarne i rapporti con le istituzioni e la presenza pubblica;
a promuove le necessarie azioni di integrazione dei cittadini mussulmani nel nostro Paese, affinché possano condividere lo spirito della Costituzione, nel pieno rispetto della libertà religiosa;
a conciliare in maniera coerente la propria politica estera con gli impegni e le scelte che si assumono sul territorio nazionale, per evitare contraddizioni che esporrebbero il nostro Paese ad inevitabili contraccolpi sullo scenario internazionale;
ad investire le necessarie risorse per attivare politiche attive di carattere culturale, e non solo, con lo scopo di sviluppare una sempre maggiore coesione sociale ed identificazione collettiva, anche dei cittadini non comunitari residenti nel nostro Paese, nelle istituzioni rappresentative e nei processi democratici che danno corpo nel nostro Paese alla sovranità popolare.
(1-00169) «Evangelisti, Donadi, Borghesi, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».
(Mozione non iscritta all'ordine del giorno ma vertente su materia analoga)
(11 maggio 2009)