XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 9 giugno 2009

TESTO AGGIORNATO AL 10 GIUGNO 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
il 17 febbraio 2009 l'avvocato inglese David Mills è stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari. Secondo la sentenza emessa dai giudici della X sezione penale del tribunale di Milano, i 600.000 dollari versati sul suo conto dalla Fininvest sono, dunque, serviti a corrompere il legale inglese per testimoniare il falso nell'ambito di due processi in cui era imputato Silvio Berlusconi;
i giudici hanno riconosciuto colpevole Mills, ritenendo valido l'impianto dell'accusa, secondo cui Mills fu corrotto «con almeno 600.000 dollari» da Silvio Berlusconi per testimoniare il falso in due processi al fondatore della Fininvest. In particolare, il tribunale di Milano ha accolto la tesi della pubblica accusa, secondo cui i 600.000 dollari sono stati versati a Mills, attraverso il manager Fininvest Carlo Bernasconi, da parte di Silvio Berlusconi, perché il legale inglese fosse testimone reticente nei processi per i casi «guardia di finanza» e All Iberian;
il 19 maggio 2009 sono state depositate le motivazioni della sentenza che hanno accresciuto l'attenzione per il coinvolgimento nella vicenda di Silvio Berlusconi: in particolare, il tribunale di Milano contesta a Mills, in relazione alla deposizione resa il 20 novembre 1997 nel procedimento n. 1612/96 (cosiddetto «guardia di finanza»): «1) di avere omesso di dichiarare, pur specificatamente interrogato, che la proprietà delle società offshore del Fininvest b group faceva capo direttamente e personalmente a Silvio Berlusconi; 2) di avere omesso di riferire la circostanza del colloquio telefonico con Silvio Berlusconi nella notte di giovedì 23 novembre 1995, avente quale argomento la società All Iberian e il finanziamento illegale di 10 miliardi di lire erogato da Berlusconi tramite All Iberian a Bettino Craxi; 3) di avere dichiarato circostanze false in ordine al compenso di circa un milione e mezzo di sterline ricevuto una tantum nel 1996, a seguito di accordi con Silvio Berlusconi.»;
in relazione invece alle deposizioni rese il 12 e 19 gennaio 1998 nel procedimento n. 3510/96 + 3511/96 (cosiddetto All Iberian), il tribunale di Milano contesta all'avvocato inglese: «di aver evitato di rispondere alle domande sulla proprietà delle società offshore (...); per quanto riguarda Century one ltd e Universal one ltd, società offshore costituite da Mills per conto di Silvio Berlusconi, che avevano ricevuto dal gruppo Fininvest ingenti rimesse di denaro su conti bancari presso Bsi Lugano, somme successivamente prelevate in contanti (per circa 50 milioni di euro) da Paolo Del Bue e altre persone della fiduciaria Arner: a) di aver omesso di riferire che beneficial owners di dette società, in forza di accordi di trust stipulati dallo stesso Mills, erano Marina e Piersilvio Berlusconi; b) di aver omesso di riferire quanto a sua conoscenza in ordine al legame diretto esistente tra Paolo Del Bue, della fiduciaria Arner, e la famiglia Berlusconi»;
nello stesso processo per concorso in corruzione in atti giudiziari, coimputato dell'avvocato inglese Mills era proprio l'attuale Presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi. La posizione processuale del Presidente del consiglio dei ministri è stata, però, stralciata in attesa della pronuncia della Corte costituzionale sulla legittimità del «lodo Alfano», la norma che blocca i processi per le quattro massime cariche dello Stato;
la legge n. 124 del 2008, il cosiddetto «lodo Alfano», pur avendo determinato l'interruzione del processo nei confronti del coimputato Silvio Berlusconi, non ha tuttavia impedito, per la particolarità del reato di corruzione - che prevede un concorso necessario tra corrotto e corruttore - che con la condanna del

corrotto e con l'accertamento dei fatti corruttivi, si sia determinata, pur in mancanza di una corrispondente condanna, anche la sostanziale identificazione di un ben preciso corruttore, cioè l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi;
è di tutta evidenza che, pur trattandosi di una sentenza di primo grado, e dunque restando valido il principio della presunzione di innocenza, il caso ha assunto una valenza politica enorme, coinvolgendo direttamente il Presidente del Consiglio dei ministri in carica ed essendo le accuse in essa contenute di tale straordinaria gravità da destare eccezionale allarme nell'opinione pubblica. In queste condizioni, l'interruzione del processo a carico del Presidente del Consiglio dei ministri appare non solo totalmente inutile, ma, addirittura, dannosa, nei limiti in cui non consente un preciso accertamento dei fatti e delle responsabilità, cosa che viceversa sarebbe assolutamente doverosa nell'interesse dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri ed anche nei confronti dell'opinione pubblica, che ha il diritto di essere certa dell'onestà di chi la governa e rappresenta;
proprio in questa direzione si muoveva la richiesta avanzata dalle opposizioni, in maniera costruttiva, nell'interesse generale del Paese, al Presidente del Consiglio dei ministri di rinunciare alla sospensione del processo prevista dal »lodo Alfano»;
è fondamentale, nell'interesse generale del Paese, che in Italia il primato della legge e l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla medesima non possano essere messi in discussione;
la condanna dell'avvocato Mills ed il coinvolgimento del Presidente del Consiglio dei ministri, così come il suo rifiuto di rinunciare al «lodo Alfano», hanno avuto un enorme rilievo internazionale: tutta la stampa si è soffermata sulla vicenda. L'International Herald Tribune ha titolato: «Avvocato condannato per corruzione per aver protetto Berlusconi»: nell'articolo relativo, apparso anche sul New York Times, si evidenzia la sorpresa per il fatto che la notizia, «che avrebbe mandato in fibrillazione il sistema politico di diversi Paesi», non abbia, invece, meritato l'apertura dei telegiornali italiani. Anche il Guardian alla vicenda ha dedicato diversi servizi, soffermandosi, anche in questo caso, sul «lodo Alfano», «considerato una priorità del Governo Berlusconi», grazie al quale il Presidente del Consiglio dei ministri ha, di fatto, ottenuto l'immunità, «e la sentenza di ieri mostra quanto sia stato utile», anche se la Corte costituzionale, rileva sempre il quotidiano britannico, deve pronunciarsi ancora sulla sua legittimità;
in questo contesto l'immagine ed il prestigio internazionale del nostro Paese appaiono gravemente compromessi dal comportamento del Presidente del Consiglio dei ministri che pare privilegiare, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, un proprio interesse privato a continuare a gestire una posizione di potere politico, a dispetto dell'interesse nazionale dell'intero Paese;
nei prossimi mesi in Italia si terranno importanti vertici internazionali, a cominciare dal G8: in questo contesto appare a dir poco inopportuno che a presiedere tali riunioni sia un Presidente del Consiglio dei ministri che una sentenza di un tribunale italiano, per quanto di primo grado, ha riconosciuto colpevole di corruzione in atti giudiziari, volta a celare fatti di un'enorme gravità;
le dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio dei ministri sulla magistratura e sul Parlamento, ad avviso dei presentatori della presente mozione, sono tali da screditare l'onorabilità e la credibilità delle specifiche istituzioni e dell'intero ordinamento costituzionale, conformando un conflitto istituzionale senza precedenti nell'intera storia repubblicana;
in tale situazione di conflitto istituzionale, il Presidente del Consiglio dei ministri appare insofferente nei confronti

di qualsiasi potere che si opponga, nell'ambito delle legittime dinamiche democratiche, alla sua determinazione;
la concentrazione nella persona del Presidente del Consiglio dei ministri di enormi poteri politici, economici e mediatici rende particolarmente grave, ad avviso dei presentatori del presente atto di indirizzo, la potenzialità eversiva intrinseca ad ogni conflitto istituzionale;
il conflitto di interessi in capo al Presidente del Consiglio dei ministri risulta gravemente ostativo ad ogni sereno e proficuo dibattito in ordine alle riforme istituzionali necessarie al Paese e, in particolare, ad ogni ampia revisione della seconda parte della Costituzione,

impegna il Governo:

ad attivarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché la legge n. 124 del 2008, nota come «lodo Alfano», sia abrogata;
a valutare quanto l'attuale compagine governativa sia di ostacolo alla credibilità internazionale dell'Italia, alla sua stabilità istituzionale ed all'avvio, nel rispetto delle basilari dinamiche democratiche, dei necessari processi di riforma anche istituzionali, ponendo in essere, nell'ambito delle proprie competenze, le iniziative necessarie alla rimozione di tali ostacoli.
(1-00186) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Rota».

La Camera,
premesso che:
la legge n. 124 del 2008, meglio nota come «lodo Alfano», introduce un meccanismo di sospensione processuale diretto a tutelare, secondo l'esempio delle maggiori democrazie occidentali, l'interesse al sereno svolgimento delle funzioni che fanno capo alle più alte cariche dello Stato;
nella sentenza n. 24 del 2004, la Corte costituzionale ha difeso tale impostazione, affermando, con riferimento ad analogo provvedimento, che si tratta di «un interesse apprezzabile dell'ordinamento che può essere tutelato in armonia con i principi fondamentali dello Stato di diritto»;
la ratio legis del provvedimento risiede nella volontà di tutelare il principio di continuità e di regolarità nell'esercizio delle più alte funzioni pubbliche, nel pieno rispetto del principio di eguaglianza, permettendo ai maggiori esponenti delle istituzioni di poter esercitare il proprio mandato senza i condizionamenti dovuti ad una delle principali anomalie del sistema politico italiano: l'uso politico della giustizia;
il federalismo fiscale, approvato in meno di un anno dall'avvio dell'azione di Governo, dimostra la fortissima volontà della maggioranza di riformare il Paese;
in questo ambito, quando è stato possibile un confronto di idee, l'apporto dell'opposizione è risultato significativo ed ha consentito l'approvazione di un testo coeso e condiviso;
la coalizione di centrodestra aveva già dimostrato, nel corso della XIV legislatura, di voler portare avanti un disegno di forte rinnovamento in ambito istituzionale, attraverso l'approvazione della riforma della II parte della Costituzione, che, tra l'altro, mirava alla riduzione del numero dei parlamentari, al superamento del bicameralismo perfetto attraverso la differenziazione delle funzioni di Camera e Senato e al rafforzamento del ruolo del Governo; a seguito della mancata entrata in vigore di quella riforma, nella XV legislatura, la Camera dei deputati, su impulso della coalizione di centrosinistra, ha avviato il confronto sulla cosiddetta «bozza Violante» (Atto Camera n. 553-A e abbinate);
appare necessario confrontarsi sulla necessità di dare piena attuazione, nel pieno rispetto del dettato costituzionale,

all'espressione della sovranità popolare, che non può trovare ostacolo nella mancata armonizzazione dei diversi poteri dello Stato;
appare, altresì, necessario un piano organico di riforme, che punti a rendere più efficace e tempestiva l'azione dell'Esecutivo, in un quadro di doveroso rispetto delle prerogative attribuite e riconosciute al potere legislativo;
occorre anche riflettere sul compito del potere giudiziario, preservandone l'indipendenza e l'efficacia ed assicurandone la corretta ed esemplare funzione;
il nodo fondamentale da sciogliere, nel panorama delle prossime necessarie riforme (e in questa direzione si muove la legge n. 124 del 2008), resta, dunque, quello di creare un equilibrio tra i diversi poteri dello Stato, che possa nel suo complesso rispondere alle indicazioni della volontà popolare, nel pieno rispetto dello spirito del Costituente,

impegna il Governo:

a sollecitare e a favorire, attraverso proprie iniziative, nel pieno rispetto dell'autonomia delle Camere, un confronto tra maggioranza ed opposizione sui temi della revisione della II parte della Costituzione, che muova dalla riforma approvata grazie al centrodestra nella XIV legislatura e dalla cosiddetta «bozza Violante» e diretto, principalmente, a superare il bicameralismo perfetto, a ridurre il numero dei parlamentari, a rafforzare il vertice dell'Esecutivo e ad introdurre specifiche garanzie per l'opposizione parlamentare;
a procedere, con la massima sollecitudine, all'attuazione del federalismo fiscale, nonché alla presentazione dei disegni di legge velativi al codice delle autonomie;
ad affrontare la «questione giustizia» nei suoi nodi fondamentali, con riferimento sia all'efficienza del sistema giudiziario, sia all'equilibrio tra i poteri dello Stato.
(1-00187) «Cicchitto, Cota, Lo Monte, Bocchino, Costa, Brigandì, Calderisi, Luciano Dussin, Baldelli».

La Camera,
premesso che:
a quanto si apprende dalla stampa la procura della Repubblica di Roma ha deciso di accertare se vi siano state delle irregolarità nell'utilizzo dei voli di Stato e dell'aeronautica militare. Secondo diversi organi di informazione infatti, i voli di Stato sarebbero stati utilizzati per trasportare amici e ospiti del Presidente del Consiglio all'aeroporto di Olbia in modo da consentire loro di raggiungere feste e cerimonie organizzate a Villa Certosa;
il procuratore della Repubblica di Roma ha disposto accertamenti per chiarire se nell'utilizzo degli aerei a disposizione del premier siano stati commessi comportamenti penalmente rilevanti o abusi. Come primo atto verrà acquisita la normativa che regolamenta l'impiego dei voli a disposizione delle cariche istituzionali. Il passo successivo, in caso di sospette irregolarità, sarebbe l'apertura di un fascicolo che verrebbe poi trasmesso per competenza al Tribunale dei Ministri;
al centro delle indagini del magistrato è finita anche una fotografia che ritrae il cantante napoletano Mariano Apicella immortalato mentre carica i bagagli su un'auto del corteo del Presidente del Consiglio dopo essere sceso da un volo dell'aeronautica nell'aeroporto della Costa Smeralda;
è necessario ricordare che il Governo Berlusconi, appena insediatosi, ha deciso di modificare la normativa sull'utilizzo degli aerei di Stato, abrogando le disposizioni più restrittive volute dal precedente Governo Prodi. Nel merito l'articolo 5 della nuova direttiva del 25 luglio 2008

apre i portelloni dei voli di Stato «al personale estraneo alla delegazione ma accreditato al seguito della stessa su indicazione dell'Autorità anche in relazione alla natura del viaggio, al rango rivestito delle personalità trasportate, alle esigenze protocollari ed alle consuetudini, anche di carattere internazionale». Ancora «ad accompagnatori la cui assistenza sia ritenuta necessaria dalla Prefettura e dalla Rappresentanza diplomatica, competente alla trattazione della richiesta». E, sempre, «in via del tutto eccezionale» a viceministri e sottosegretari che erano invece esclusi dalla precedente direttiva;
durante i cinque anni del precedente Governo Berlusconi i membri dell'esecutivo avevano accumulato una serie impressionante di ore di volo: dal 2002 al 2005, la voce di spesa per i voli di Stato era lievitata da 23 a 65,3 milioni di euro, quasi 180mila euro al giorno. Nel dettaglio la spesa era di 23 milioni nel 2002, di 41 milioni nel 2003 e di 52 milioni nel 2004. Nel 2006, anno in condivisione tra Berlusconi e Prodi, la cifra era scesa di 43 milioni per arrivare a 35 milioni nel 2007;
di fatto nei primi mesi dell'anno 2009 rispetto agli stessi del 2008 si è registrato un aumento notevole nell'utilizzo dei voli di Stato che sono addirittura triplicati. Non solo l'abrogazione della normativa voluta dal Governo Prodi ha inevitabilmente allargato le maglie dei soggetti titolati ad usufruirne e la normativa attuale non pare sufficientemente chiara per porre dei limiti precisi. Appare la volontà di allargare la discrezionalità nell'utilizzo dei voli di Stato, una discrezionalità che appare configurarsi evidentemente arbitraria;
come già ricordato l'utilizzo dei voli di Stato comporta un aggravio considerevole per le casse dello Stato, si tratta di denaro pubblico, ed appare ai sottoscrittori del presente atto offensivo in particolare in un momento così difficile come quello che sta attraversando il nostro Paese che si possa pensare di utilizzare denaro pubblico a fini privati. Quando poi l'utilizzo privato delle risorse pubbliche viene effettuato dalle più importanti cariche istituzionali, diventa necessario interrogarsi sulla concezione di democrazia che tali rappresentanti possono avere. Appare offensivo che, mentre molti italiani perdono il posto di lavoro o mentre tante famiglie hanno difficoltà a gestire i propri bilanci, il Presidente del Consiglio utilizzi gli aerei di Stato, per accompagnare i propri amici, così come riportato dalla stampa, alle «feste e cerimonie organizzate a Villa Certosa». Con lo stato di emergenza da fronteggiare in Abruzzo, mentre tante famiglie sono costrette a vivere nelle tende, non è accettabile che denaro pubblico venga utilizzato a fini privati e, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, dilapidato senza ritegno e senza ragione;
un comportamento del genere, se trovasse conferma, farebbe luce secondo i firmatari del presente atto sulla concezione distorta privatistica e personalistica che il Presidente del Consiglio ha della democrazia;
è fondamentale che chi ricopre incarichi pubblici, a qualsiasi livello, sappia mantenere sempre un comportamento adeguato alle proprie responsabilità, chi ha l'onore e l'onere di rappresentare il nostro Paese ha il dovere di garantire la massima trasparenza e correttezza del proprio operato, il rispetto della legge deve essere un imperativo categorico per le massime cariche istituzionali del nostro Paese;

impegna il Governo

a riferire, con la massima urgenza, sui costi che ha affrontato negli ultimi dodici mesi per il ricorso ai voli di Stato, chiarendo quali siano le ragioni che ne hanno determinato l'aumento, chi siano i soggetti che ne hanno beneficiato e quali siano stati i requisiti sulla base dei quali si è dato accesso ai medesimi;
ad assumere le opportune iniziative normative per rendere più rigoroso e trasparente

l'utilizzo dei voli di Stato al fine di evitare un inutile spreco di denaro pubblico, inaccettabile, in particolare, in un momento di crisi così difficile come quello che sta attraversando in questi mesi il nostro Paese e a valutare, a questo scopo, la necessità di reintrodurre una disciplina puntuale, attenta e rigorosa in merito all'utilizzo dei voli di Stato, così come quella definita nella legislatura precedente e grazie alla quale si erano ottenuti risparmi evidenti.
(1-00188) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Mura, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
le Forze Armate sono una risorsa per il nostro Paese e le loro strutture un enorme patrimonio immobiliare e nazionale;
centinaia di giovani volontari ogni anno giurano fedeltà alla Repubblica italiana in decine di caserme in tutta Italia che sono motivo di orgoglio per tutta la Nazione. Il loro contributo deve essere fondamentale e di vitale importanza non solo per prevenire e difendere, ma anche per ottemperare, ove si renda possibile, alle esigenze e alle necessità dei cittadini;
ci sono, peraltro, strutture militari parzialmente inutilizzate e lasciate all'abbandono ed è doveroso e rispettoso da parte delle Forze Armate poter destinare tali spazi per il bene della collettività e del Paese. È il caso delle tre strutture militari di Chieti: la Caserma Berardi, l'ex ospedale militare e il distretto militare;
ma decisamente eclatante è la situazione in cui versa la Caserma «Berardi» di Chieti sede del 123o Reggimento dell'esercito che accoglie appena 400 volontari. Centinaia di metri quadrati completamente inutilizzati tenuti in stato di abbandono. Eclatante perché proprio a Chieti l'esigenza di tali spazi è oramai urgente e inderogabile come a più riprese segnalato dal sindaco della città alle autorità militari;
il palazzo di giustizia è già per metà inagibile e l'altra metà è in condizioni poco sicure, come attestano tecnici, amministratori e sindacati. Un recente documento dei responsabili della sicurezza del tribunale ha messo in evidenza che ci sono seri rischi all'interno dello stabile per il personale che oggi giorno compie il proprio dovere. I carotaggi disposti dalla Provincia insieme ai geologi hanno riscontrato che le fondamenta sono molto fragili a causa dei tanti rifiuti e laterizi vari e ancora gli uffici della questura sono costretti in luoghi angusti privi di ogni dignità lavorativa;
inoltre, l'ex ospedale militare e il distretto militare Spinelli sono strutture entrambe ampie e per gran parte non utilizzate dai militari, mentre appare evidente che il futuro della città ruota intorno alla disponibilità di questi edifici;
è obiettivo primario tenere in vita la Caserma Berardi e renderla operativa al cento per cento in tutto il suo complesso, qualora ciò non fosse possibile in quanto altri sono gli obiettivi del Ministero della difesa in relazione al piano di dismissione degli immobili in uso all'amministrazione della difesa si ritiene di dover destinare le tre strutture sopra citate, a partire dalla Caserma Berardi, nel loro complesso o in maniera parziale per le attività istituzionali e di pubblica utilità indicate dall'amministrazione comunale di Chieti,

impegna il Governo:

a riconsegnare alla città le tre strutture come patrimonio pubblico per attività

e servizi socialmente significativi, secondo quanto richiesto dall'amministrazione comunale;
ad assegnare tempestivamente e in via prioritaria anche in questa prima fase temporaneamente la Caserma Berardi e l'ex ospedale militare, o parte di esse, per le attività del tribunale di Chieti ed il distretto militare Spinelli per le attività della questura di Chieti in quanto attualmente usufruiscono di edifici non idonei per il completo svolgimento delle loro attività e altresì gli spazi rinvenienti da mettere a disposizione per quanto ulteriormente venga richiesto dall'amministrazione comunale di Chieti.
(7-00173) «Di Stanislao».

La VII Commissione,
premesso che:
il monitoraggio promosso dal Ministro della pubblica amministrazione e dell'innovazione, presso le amministrazioni pubbliche di Stato, le regioni, gli enti locali, le università sulla presenza di lavoratori atipici all'interno di queste organizzazioni presenta - per quanto riguarda le università - numerose incongruenze;
secondo i dati del monitoraggio, inviato al Parlamento alla fine di aprile, hanno risposto all'invio del questionario da parte del Ministero suddetto soltanto 45 università su 73 invitate a prendervi parte. Mancano pertanto, in questo comparto, circa il 40 per cento delle risposte attese. Una lacuna di proporzioni tali da rendere quantomeno incerto e comunque non del tutto attendibile il risultato del monitoraggio stesso, almeno per quanto riguarda l'ambito universitario;
inoltre, le varie università hanno adottato criteri difformi nel conteggiare il personale con contratto di lavoro flessibile: in particolare, nella maggior parte dei casi, hanno omesso di indicare i titolari di assegni di ricerca ex articolo 51, comma 6, della legge n. 449 del 1997, nonostante questa tipologia di prestazione di collaborazione ad attività di ricerca si configuri come lavoro a termine e sia soggetta per legge ai contributi previdenziali alla gestione separata INPS di cui all'articolo 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, dovuti da parte di coloro che esercitano attività di lavoro autonomo ovvero di collaborazione coordinata e continuativa;
pur non rientrando, secondo le norme delle leggi finanziarie 2007 e 2008, tra il personale stabilizzabile, i titolari di assegni di ricerca non sono in alcun modo assimilabili ad altre figure di collaboratori universitari alla ricerca come i dottorandi di ricerca o gli studenti laureandi in quanto l'attività svolta a fronte di un assegno di ricerca non è riconducibile alla formazione, bensì alla produzione di ricerca, tanto è vero che, per legge, accede di norma all'assegno chi sia già in possesso di un titolo di dottore di ricerca;
appare pertanto incongrua l'esclusione degli assegnisti di ricerca dal monitoraggio sopra citato, soprattutto alla luce del fatto che alcuni atenei hanno invece giustamente conteggiato, tra il personale con contratto di lavoro flessibile, gli assegnisti come anche altre tipologie di contrattisti per la didattica e la ricerca. L'università di Modena e Reggio Emilia, ad esempio, dichiara nel monitoraggio la presenza di 90 co.co.co., specificando che si tratta proprio di contratti di ricerca, assenti dal conteggio di altre università (che pure li riportano nei loro siti web istituzionali);
considerazioni simili possono essere svolte per i professori a contratto di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 21 maggio 1998, n. 242, che costituiscono un altro enorme serbatoio di precariato universitario destinato alla copertura di insegnamenti ufficiali universitari, soprattutto nei corsi di laurea di nuova istituzione,

impegna il Governo:

a ripensare, alla luce di queste incongruenze e lacune, i risultati e l'efficacia

del monitoraggio citato in premessa e a predisporre quindi un nuovo monitoraggio meglio progettato per cogliere la varietà e l'estensione del lavoro precario nelle attività didattiche e di ricerca delle università e maggiormente rappresentativo del sistema universitario nazionale;
a prevedere, già nell'annunciato disegno di legge di iniziativa del Governo sull'università, da un lato una nuova normativa che consenta di mettere ordine nel segmento tra dottorato di ricerca e assunzione in ruolo universitario, con una figura, possibilmente unica, di titolare di contratto di ricerca e didattica a termine ma con tutte le tutele assistenziali e previdenziali dei lavoratori a tempo determinato, dall'altro un piano straordinario di reclutamento di ricercatori universitari in prosecuzione ed estensione di quello previsto dall'articolo 1, comma 648, della legge n. 296 del 2006, al fine di contrastare concretamente il fenomeno del precariato e di innovare la didattica e la ricerca in ambito accademico.
(7-00172) «Ghizzoni, Madia, Damiano, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Miglioli, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Sarubbi, Siragusa, Mazzarella, Bellanova».

TESTO AGGIORNATO AL 7 MARZO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
da notizie pubblicate in questi giorni dai più diffusi quotidiani nazionali sembra emergere un uso dei voli di Stato, da parte del Governo, che non risponderebbe alle finalità «di conferire certezza nei tempi e celerità nei trasferimenti delle Autorità per consentire alle stesse di attendere efficacemente e compiutamente allo svolgimento dei propri compiti istituzionali, ovvero ad assicurare loro un adeguato livello di tutela o il trattamento protocollare connesso al rango rivestito», finalità fissate nella direttiva del 25 luglio 2008, emanata dal Presidente del Consiglio -:
se corrisponda al vero che i voli di Stato della Presidenza del Consiglio siano stati utilizzati per trasportare persone prive di incarichi pubblici invitate a partecipare ad eventi privati sia prima che dopo la emanazione della direttiva del 25 luglio 2008;
quanti siano e chi siano i viaggiatori imbarcati dagli aerei della Presidenza del Consiglio negli ultimi dodici mesi che non siano membri di Governo o loro collaboratori istituzionali;
quali siano i costi globali dei voli di Stato dell'ultimo anno;
quali siano i criteri che la Presidenza del Consiglio ha adottato per determinare le nuove modalità dell'uso dei suddetti voli di Stato definite nella direttiva del 25 luglio 2008 che ha abrogato le precedenti direttive emanate dal Presidente del Consiglio Prodi che avrebbero potuto dare ottimi risultati sia sul piano della diminuzione di spesa e sia sul piano del perseguimento dell'obiettivo di un corretto ed istituzionale uso dei voli di stato.
(2-00396) «Sereni, Bressa, Rosato, Fiano, Mogherini Rebesani, Zaccaria, Amici, Villecco Calipari, Ferranti, Santagata».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi diversi quotidiani nazionali hanno riportato la notizia secondo cui in occasione di «feste e cerimonie»

private tenutesi presso la residenza del Presidente del Consiglio, in Sardegna, diversi ospiti avrebbero raggiunto tale destinazione avvalendosi di aerei di Stato;
la possibilità di fare ricorso a «voli di Stato» era stato drasticamente ridotta dal Governo Prodi, che intervenne con una direttiva e un decreto specificamente mirati a ridimensionarne l'utilizzo, restringendo di molto i requisiti necessari per farvi ricorso e diminuendo la platea dei soggetti che potevano usufruirne;
l'attuale Governo tra i suoi primi atti ufficiali ha deciso di abrogare tali normative;
secondo quanto riportano diversi quotidiani sui voli di Stato hanno viaggiato spesso «con Silvio Berlusconi, personaggi che non fanno parte dell'entourage autorizzato», presenti in quanto invitati;
la procura di Roma ha deciso di intervenire mettendo sotto osservazione quei «voli di Stato e dell'aeronautica militare che avrebbero portato amici e ospiti del primo ministro Silvio Berlusconi nell'aeroporto di Olbia per consentire loro di raggiungere feste e cerimonie organizzate a villa Certosa». Il procuratore Giovanni Ferrara «ha disposto accertamenti per chiarire se nell'utilizzo degli aerei a disposizione del Premier siano stati commessi comportamenti penalmente rilevanti o abusi»;
nei prossimi giorni dalla procura sarà acquisita la normativa che regola l'impiego dei voli a disposizione delle cariche istituzionali con la possibilità che si apra poi uno specifico fascicolo presso il Tribunale dei ministri;
è necessario che chi ricopre incarichi pubblici, a qualsiasi livello, sappia mantenere sempre un comportamento adeguato alle proprie responsabilità, chi ha l'onore e l'onere di rappresentare il nostro Paese ha il dovere di garantire la massima trasparenza e correttezza del proprio operato, il rispetto della legge deve essere un imperativo categorico per le massime cariche istituzionali del nostro Paese;
attualmente confrontando i primi mesi del 2009 con quelli del 2008 il ricorso ai voli di Stato appare triplicato con un aggravio per le casse dello Stato considerevole;
in una situazione economica particolarmente difficile e con lo stato di emergenza da fronteggiare in Abruzzo, non è accettabile ad avviso degli interpellanti che denaro pubblico venga utilizzato a fini privati, dilapidato senza ritegno e senza ragione -:
se non ritenga doveroso riferire con la massima urgenza sui costi che l'attuale Governo ha affrontato negli ultimi dodici mesi per il ricorso ai voli di Stato, su quali siano le ragioni che ne hanno determinato l'aumento, chi siano i soggetti che ne hanno beneficiato, quali siano i requisiti sulla base dei quali si è dato accesso ai medesimi ed infine se non ritenga opportuno, come fatto dal precedente Governo Prodi, intervenire per rendere più rigoroso l'utilizzo dei voli di Stato onde evitare un inutile ed offensivo spreco di risorse e denaro pubblico.
(2-00397) «Di Pietro, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Mura, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Stanislao, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Giulietti, Messina, Misiti, Monai, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Pisicchio, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7-quinquies del decreto-legge n. 5 del 2009 convertito con modificazioni della legge 9 aprile 2009, n. 33

«Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, recante misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi», ha istituito un fondo nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, con una dotazione, per l'anno 2009, di 400 milioni di euro allo scopo di finanziare interventi urgenti ed indifferibili, con particolare riguardo ai settori dell'istruzione e agli interventi organizzativi connessi ad eventi celebrativi;
l'utilizzo di tale fondo è disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, con il quale sono individuati gli interventi da finanziare e i relativi importi, indicando ove necessario le modalità di utilizzo delle risorse;
le agenzie di stampa hanno allora riportato che nelle intenzioni dei presentatori dell'emendamento che ha introdotto il citato articolo una parte delle risorse del suddetto fondo è stata stanziata allo scopo di finanziare le attività di continuazione dei rapporti di lavoro dei co.co.co, LSU ed ex Lsu in cooperativa, transitati dagli enti locali allo Stato e impegnati presso gli istituti scolastici;
questi lavoratori sono indispensabili per il funzionamento di molti istituti scolastici;
ad oggi sembra che le Direzioni scolastiche Regionali non abbiano ancora ricevuto le risorse necessarie al pagamento degli stipendi dei lavoratori e questo dal mese di marzo 2009 -:
se quanto sopra riportato risponda al vero e, in caso affermativo, se non intenda adottare con urgenza ogni disposizione attuativa e, ove occorrendo, interpretativa, allo scopo di destinare prontamente, a valere sul Fondo istituito con l'articolo 7-quinquies del decreto-legge in esame, le occorrenti risorse finanziarie a favore dei soggetti impegnati in lavori socialmente utili presso gli istituti scolastici.
(5-01486)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il problema del personale pubblico in assegnazione di utilizzo temporaneo (comandato e fuori ruolo), coinvolge oltre a molte amministrazioni ministeriali, anche la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
nell'ultimo ventennio si è registrato, a causa del generale blocco delle assunzioni, un utilizzo di personale comandato, cioè proveniente da altre amministrazioni pubbliche, che è stato chiamato a prestare la propria attività lavorativa sia per la peculiare professionalità e competenza, non rinvenibile nell'amministrazione di destinazione, sia per sopperire alle crescenti carenze di organiche rispetto ai nuovi compiti istituzionali;
tale massiccio utilizzo di personale comandato, in servizio per i superiori interessi delle varie amministrazioni presso strutture diverse da quelle di appartenenza, ha portato ad un uso distorto dell'istituto del comando che da «temporaneo» è divenuto «permanente», atteso che lo status aleatorio dei funzionari comandati si protrae da decenni;
il fatto stesso che venga ripetuta, da molti anni, la conferma-reiterazione del provvedimento di comando nei confronti dei medesimi dipendenti dimostra, inequivocabilmente, che l'apporto di professionalità reso da tale personale è indispensabile per il funzionamento dei vari segmenti operativi delle amministrazioni ove esplicano la loro attività lavorativa e perciò stesso è palesemente evidente la volontà dell'amministrazione di non privarsi di detti dipendenti;
in base al «conto tesoro» i lavoratori del comparto Ministeri in posizione di

comando fuori ruolo, in servizio cioè presso amministrazioni diverse da quelle di originaria appartenenza, ammontano a 6.500 unità, senza alcuna certezza circa la propria futura sede di servizio, con riverberi negativi sia per quanto attiene lo sviluppo di carriera e in prospettiva sui trattamenti di pensione e di quiescenza;
alla luce della vetusta questione della stabilizzazione del personale comandato, già affrontato e non risolto dai precedenti Esecutivi ed in considerazione del fatto che in sede di approvazione dell'A.C. 2161, sono stati accolti nella seduta parlamentare del 17 ottobre 2007 due ordini del giorno con i quali si impegna il Governo a dare attuazione alla stabilizzazione del personale comandato;
diversi parlamentari ebbero a proporre un emendamento al disegno di legge «Delega al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, nonché misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico, di controversie di lavoro e di ammortizzatori sociali» - A.C. 1441-quater intesa a regolarizzare la posizione di stato del personale in argomento, recepito ed accolto dall'XI Commissione Lavoro della Camera, ma respinto in aula;
l'operazione di stabilizzazione del personale de quo è in linea con le scelte dell'Esecutivo in materia di risparmio di spesa perché consisterebbe in un trasferimento della partita stipendiale dall'amministrazione di appartenenza a quella di destinazione con contestuale soppressione del posto in organico presso l'amministrazione di origine;
la regolarizzazione di tale personale del comparto ministeri, comporta altresì delle economie di gestione in quanto il personale in argomento è contemporaneamente gestito da due uffici del personale, quello dell'amministrazione di appartenenza e quello ove presta servizio-:
quali iniziative si intendano intraprendere al fine di stabilizzare la posizione del personale in assegnazione temporanea e quali iniziative legislative si intendano promuovere per meglio disciplinare l'istituto del comando stabilendo, in ogni caso, un limite temporale ben definito, oltre il quale sia reso obbligatorio per l'amministrazione procedere alla stabilizzazione del personale in posizione di prestito, al fine di non rendere durature nel tempo situazioni di stato aleatorie e precarie;
se non si ravvisi la necessità di assumere urgenti iniziative legislative volte a stabilizzare detti lavoratori (senza oneri aggiuntivi) presso le varie amministrazioni dello Stato ed in particolare presso la Presidenza del Consiglio dei ministri dove il problema è più pressante ed eclatante realizzando, finalmente, organici stabili ed adeguati e superando l'anacronistica distinzione tra organici di diritto e organici di fatto.
(4-03148)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la situazione di grave crisi in cui versa la Fiat auto rischia di vedere materializzarsi lo spettro della chiusura di impianti in Italia e in Europa;
negli ultimi giorni, in migliaia hanno scioperato e sfilato le tute blu della Fiat e i lavoratori dell'indotto dando vita ad una serie di manifestazioni, tra le più grandi degli ultimi anni; organizzate, unitariamente, da quasi tutte le sigle sindacali da Fim, Fiom, Uilm, Fismic e Ugl;
tante sono le motivazioni che hanno mosso gli operai non soltanto di Mirafiori, ma anche di Pomigliano e Termini Imerese: dalla crisi economica alla cassa integrazione e non ultima la dichiarazione a La Repubblica del 16 maggio 2009 dello stesso ministro Scajola il quale così argomentava «sono preoccupato per l'andamento

del mercato dell'auto mondiale, che ha ridotto le vendite del 30-40 per cento. L'accordo di Fiat con Chrysler e le trattative con Opel sono la risposta a questo sconvolgimento, perché solo gruppi automobilistici più forti e globali potranno sopravvivere»;
mentre si apprende, inoltre, per bocca dello stesso ministro Matteoli, che per il governo sarebbe inderogabile mantenere i 5 stabilimenti in Italia alla fine delle trattative tra Fiat e Opel, pare che al contrario, scritto nero su bianco, su un rapporto presentato da Marchionne al governo tedesco, si parla della chiusura degli stabilimenti di Pomigliano, Termini Imerese e S. Giorgio Canavese;
in Fiat lavorano migliaia di operai e negli ultimi otto mesi molti di essi sono rimasti in cassa integrazione per un periodo complessivo di circa cinque mesi percependo 750 euro al mese; alcuni lavoratori sono stati costretti persino a vendere la casa per poter far fronte ad una situazione economica sempre più disastrosa;
dopo sette anni, Termini Imerese è tornata a difendere la sua fabbrica, come fece nel 2002 quando la Fiat aveva deciso di chiuderla, ma la mobilitazione degli operai e delle loro famiglie fece modificare i piani al Lingotto;
centinaia di lavoratori dello stabilimento Fiat di Termini Imerese e delle aziende dell'indotto hanno manifestato davanti ai cancelli della fabbrica e per due ore la stessa cittadina si è fermata in maniera spontanea in segno di solidarietà con gli operai della Fiat;
lo sciopero è scattato per protestare contro l'ipotesi di chiusura della fabbrica, nell'ambito delle trattative in corso tra la Fiat e la Opel e i responsabili della Fiom che hanno organizzato lo sciopero sostengono: «... è incredibile che mentre la Fiat decide l'assetto industriale del futuro dell'auto in Europa e nel mondo, e il governo Usa e quello tedesco sono intervenuti per contrattare con la Fiat condizioni che non prevedano chiusure di stabilimenti nei loro rispettivi Paesi, il governo nazionale e il governo regionale stanno a guardare»;
Fim, Fiom e Uilm hanno ribadito al Governo Berlusconi la richiesta di convocare un confronto tra sindacati e Fiat, per discutere del piano industriale, prima dell'eventuale intesa tra il gruppo di Torino e la Opel: «siamo molto preoccupati per Termini Imerese - ha detto il segretario della Fiom, Giorgio Cremaschi - Sergio Marchionne ha assicurato che Fiat non chiuderà alcuno stabilimento in Germania; ma non ha mai pronunciato le stesse parole per le fabbriche italiane»;
lo stesso sindaco di Termini Imerese, anche a nome di 13 sindaci presenti alla manifestazione del 23 maggio 2009, si è rivolto al governatore Raffaele Lombardo, «perché ascolti le preoccupazioni dei lavoratori e assuma iniziative concrete per lo stabilimento»;
la chiusura dello stabilimento di Termini Imerese avrebbe pesanti e gravissime ricadute sull'occupazione son solo in tutto il comprensorio di Termini Imerese ma anche nel territorio delle Madonie;
tale decisione, oltre alla preoccupazione per il venir meno di centinaia di posti di lavoro con conseguenze sull'indotto e su tutta l'economia locale sta provocando gravi preoccupazioni in tutto il tessuto sociale e grande apprensione nelle famiglie, dal momento che non è dato conoscere soluzioni che in prospettiva possano garantire il futuro dei lavoratori -:
quali provvedimenti il Governo intenda adottare al fine di far fronte alla grave condizione di crisi della Fiat auto, che investe particolarmente lo stabilimento di Termini Imerese, e quali iniziative a tutela dei livelli occupazionali si intendano assumere per salvaguardare migliaia di posti lavoro ed una realtà economica che se cessasse, in un momento di grave crisi quale quello in corso, inciderebbe pesantemente sia a livello locale che nazionale.
(4-03173)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la rete ferroviaria siciliana - a binario unico, con pochissime eccezioni - costituisce ancora la più estesa rete ferroviaria insulare del Mediterraneo e dell'Italia, ma è altresì quella con i tracciati più obsoleti e resta, sostanzialmente, quella degli anni Cinquanta, migliorata da brevissimi raddoppi;
le recentissime dichiarazioni del Capo dello Stato sull'utilizzo delle risorse finanziarie Comunitarie destinate alla Sicilia e della forte richiesta di lotta e prevenzione del fenomeno mafioso si legano ad un ritardo drammatico nelle infrastrutture della regione dove vanno immediatamente ridefinite le priorità degli interventi;
la linea ferroviaria Palermo-Messina è fondamentale per lo sviluppo dell'isola, poiché collega direttamente il capoluogo con tutti i Comuni della costa e con il territorio continentale;
i Sindaci e i Presidenti dei Consigli Comunali di Cefalù e delle Madonie unitamente al Comitato Cittadino «Cefalù-Quale Ferrovia», che da 10 anni segue l'iter progettuale e realizzativo per l'inserimento del raddoppio ferroviario nel territorio della cittadina normanna, sono seriamente preoccupati per i malumori e il disappunto della popolazione interessata; sentimenti questi derivanti dal mancato finanziamento da parte del Consiglio dei ministri e dal Cipe attraverso le risorse del Fondo per le Aree Sottoutilizzate - del secondo lotto (Cefalù Ogliastrillo Castelbuono, km 12, euro 540 milioni) della tratta ferroviaria Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono;
tale opera è «cantierabile» ed è inoltre inserita tra quelle da realizzare «prioritariamente», come risulta nel programma varato dal Ministero delle infrastrutture il 16 novembre 2006, e come è in parte dimostrato dai lavori in corso di realizzazione del primo lotto Fiumetorto-Cefalù Ogliastrillo (km 20, euro 420 milioni);
la totale copertura finanziaria della tratta ferroviaria Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono (km 32, euro 960 milioni) si fa risalire alla fine del 2004, come ripetutamente asserito da Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) e come ha ribadito il ministro delle Infrastrutture pro tempore - il 28 novembre 2006 - rispondendo ad una interrogazione parlamentare presentata dei senatori Ferrante e Fazio;
si sono registrati ripetuti e incomprensibili rinvii nell'espletamento della gara di appalto e quindi nell'inizio dei lavori della Cefalù Ogliastrillo-Castelbuono, nonostante le reiterate assicurazioni (sistematicamente disattese) da parte di Rfi circa l'avvio dell'attività negoziale, prima prevista per il mese di luglio del 2005 e, successivamente, «entro gennaio 2007»;
la mancata contemporanea realizzazione della nuova linea a doppio binario sull'intero territorio della cittadina balneare costituisce di fatto una palese e ingiustificata violazione delle prescrizioni volute dalle Amministrazioni e dai Consigli Comunali pro tempore di Cefalù e inserite nelle delibere di approvazione del Parere sul Progetto di massima - Studio di Fattibilità - (la n. 101 del 17 settembre 2001) e di quella relativa al Progetto definitivo (delibera n. 98 del 15 luglio 2003);
le sopraindicate prescrizioni sono state condivise da Italferr e da Rfi e fatte proprie anche nella Conferenza dei servizi del 3 ottobre 2003, con la sottoscrizione dell'«Atto di Assenso n. 10 - Comune di Cefalù» peraltro interamente reiterate dal Consiglio comunale di Cefalù nella delibera di approvazione della variante al progetto definitivo, assunta nella seduta del 26 luglio 2005, n. 130;
i rinvii nella realizzazione del secondo lotto rispetto al primo non rendono immediatamente e pienamente «funzionale»

e fruibile la tratta Fiumetorto-Cefalù-Castelbuono, con considerevoli ulteriori disagi per le popolazioni madonite, creando inoltre insostenibili condizioni di vivibilità per residenti e turisti che gravitano su Cefalù e dintorni, a causa anche dei 4 passaggi a livello che ricadono nel centro abitato e nelle aree di espansione urbana e turistico-residenziali;
che la Cefalù Ogliastrillo-Castelbuono non è un «binario morto» o un semplice, anche se importantissimo, collegamento metropolitano tra Cefalù e le Madonie (in prossimità del confine est della Provincia di Palermo) con Palermo e l'aeroporto di Punta Raisi, ma è inoltre una tratta di fondamentale rilevanza strategica infrastrutturale ed economica per la Sicilia e l'Europa, in quanto lo stesso segmento ferroviario fa parte integrante ed è pertanto coincidente con:
a) il Corridoio Transeuropeo n. 1 Berlino-Palermo;
b) il tracciato del Progetto n. 1 del TEN-T (Trans European Network Transports), adottato nell'aprile del 2004 con decisione della Commissione europea n. 884/2004/EC, asse ferroviario Berlino-Verona/Milano-Bologna-Messina-Palermo;
c) la linea ferrata che si sviluppa lungo la dorsale tirrenica Palermo-Messina;
d) il programmato nuovo doppio binario Palermo-Castelbuono-Catania-Messina;

l'appalto e l'inizio dei lavori della Cefalù Ogliastrillo-Castelbuono, pur essendo «immediatamente cantierabile» e tra le opere da realizzare «prioritariamente» e a fronte di una presunta «copertura finanziaria» che risale alla fine del 2004, in pratica non può realizzarsi perché, ad oggi, gli stessi finanziamenti vengono sistematicamente destinati ad infrastrutture da realizzare altrove -:
se i Ministri interrogati, ciascuno per quanto di competenza, non ritengano di dover intervenire per accertare l'entità dei fondi stanziati e la destinazione di essi, al fine di rimuovere gli eventuali ostacoli che impediscono la realizzazione della tratta ferroviaria Cefalù-Castelbuono.
(4-03174)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha stanziato quasi 600 mila euro per finanziare cinque progetti nel territorio bergamasco, in materia di tutela e aiuti alla vita. Tali progetti sono il segno di una importante novità nel campo socio-assistenziale perché, per la prima volta, si assiste ad una concreta sinergia fra l'Asl e le associazioni di volontariato e terzo settore;
i progetti sono destinati a rimuovere gli ostacoli materiali e culturali che condizionano la scelta di avere un figlio, e soprattutto a promuovere l'assistenza alle famiglie che vivono conflitti e difficoltà, rafforzando le relazioni familiari. Lo scopo comune delle associazioni impegnate nel settore sociale, e della Asl, è quello di promuovere la cultura della vita, fornendo assistenza psicologica, sanitaria e soprattutto materiale (ad esempio con buoni pasto, contributi alle rette per gli asili nidi, sostegni finanziari per acquistare farmaci);
i cinque progetti sono chiamati: «Mamma anch'io, con la comunità vicino», «Mamme per mano, percorsi di accompagnamento e supporto», «Maternità condivise: accompagnamento e sostegno della comunità alla maternità fragile», «Nascere in valle Imagna e in valle Brembana», «Nuove vite»;
in questo periodo di crisi sociale, le associazioni sociali e le Asl del territorio bergamasco hanno deciso di attuare questi progetti per evitare che le donne, siano esse italiane o straniere, rinuncino ad una maternità per difficoltà economiche, per mancanza di un lavoro, per pochi mezzi

nell'accogliere una nuova vita, lanciando un segnale positivo nei confronti della vita -:
se i Ministri siano a conoscenza dei progetti citati in premessa, se reputino che essi siano idonei a rimuovere gli ostacoli materiali e culturali che condizionano la scelta di avere un figlio e a promuovere l'assistenza alle famiglie e, in tal caso, se intendano favorirne la diffusione.
(4-03188)

MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MECACCI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Circolo di cultura omosessuale Mario Mieli di Roma, a nome di tutte le associazioni componenti il comitato promotore della manifestazione Romapride 2009, che si svolgerà il 13 giugno 2009, ha avuto in queste settimane diversi incontri con la Questura Centrale di Roma per concordare il percorso della manifestazione;
il percorso proposto dall'Associazione Mario Mieli prevedeva la partenza da Piazza della Repubblica e l'arrivo a Piazza San Giovanni, luogo solitamente dedicato a grandi manifestazioni come lo è quella del Romapride 2009;
la Questura di Roma già lo scorso aprile ha opposto il suo diniego all'uso di Piazza San Giovanni perché vi sarebbe in quello stesso giorno una manifestazione religiosa: la processione di Sant'Antonio promossa dai Frati Minori della Chiesa di Via Merulana - Roma;
l'Associazione Mario Mieli si era anche proposta di cambiare la data della manifestazione ma di tutta risposta è stato loro comunicato che la cerimonia religiosa sarebbe durata tutto il mese di giugno;
come riportato dal quotidiano il Corriere della Sera mercoledì 20 maggio 2009 il Presidente dell'Arcigay di Roma, Fabrizio Marrazzo ha avuto un colloquio con frate Fernando Campagna che è il «padre guardiano» della comunità dei Frati Minori, il quale, riguardo possibili contrasti con la manifestazione Romapride 2009 ha dichiarato: «noi con la processione non entriamo nella piazza San Giovanni, neanche entriamo lì. La processione partirà alle 19, da Via Merulana poi via Machiavelli, Piazza Dante, Via Tasso, Via Fontana e poi ancora Via Merulana. Se la loro manifestazione non entra nelle nostre strade, nessun problema»;
secondo alcune recenti informazioni la Questura di Roma ha comunicato ai rappresentanti del Circolo Mario Mieli la proposta di un percorso che limita ai partecipanti le varie forme di espressione, anche con automezzi; in queste ultime ore è stato addirittura proposto un percorso di poche centinaia di metri da Piazza Rocca della Verità a Piazza Navona;
già lo scorso anno la Questura di Roma oppose un diniego allo svolgimento del Romapride 2008 in Piazza San Giovanni a causa di un'altra concomitante «cerimonia religiosa». Quando i parlamentari e dirigenti radicali, insieme ad alcune associazioni lgbt, si recarono la sera di sabato 7 giugno in Piazza San Giovanni per un sit-in contro l'assurdo diniego, furono testimoni oculari che la «cerimonia religiosa» consisteva in un ricevimento nella parte opposta alla Basilica di San Giovanni che nulla aveva a che fare con la Piazza richiesta per la manifestazione e in un orario successivo di almeno tre ore rispetto alla conclusione del Romapride 2008 -:
quali siano le vere ragioni del diniego all'utilizzo di Piazza San Giovanni che viene opposto per il secondo anno consecutivo agli organizzatori del Romapride;
se non ritenga il Ministro che le dichiarazioni del «Padre guardiano» dei Frati minori della Chiesa di Via Merulana, smentiscano in modo inequivocabile quanto motivato dalla Questura di Roma riguardo il diniego all'utilizzo di Piazza San Giovanni come punto d'arrivo del Romapride 2009;

se non ritenga il Ministro che tale impedimento vìoli i più elementari diritti costituzionali riguardanti la libertà di espressione dei cittadini e in particolare gli articoli 17 e 21 della costituzione posto che lo stesso articolo 17 della Costituzione precisa che le autorità possono vietare riunioni in luogo pubblico soltanto per «comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica»;
se non ritenga che con questi atteggiamenti delle istituzioni si alimentino ancora di più quelle forme di omofobia che in molti strati della società si manifestano, a volte anche con la violenza, verso le persone lesbiche, gay e transgender;
se non ritenga il Ministro che tale comportamento ostativo nei confronti della comunità lgbt di Roma non sia in netto contrasto con la Risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 15 giugno 2006 sulla recrudescenza e le violenze razziste ed omofobe in Europa e quella del 26 aprile 2007 contro l'omofobia in Europa;
se non ritenga infine il Ministro che questo atteggiamento si ponga in aperto contrasto con l'orientamento espresso a più riprese dal Parlamento europeo e dalla Commissione Europea in particolare la direttiva anti-discriminazione del luglio 2008.
(4-03212)

TESTO AGGIORNATO AL 7 MARZO 2011

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 14 maggio 2009 la Nobel per la pace e leader della Lega nazionale per la democrazia Aung San Suu Kyi è stata trasferita nella prigione di Insein, nonostante le cattive condizioni di salute denunciate dal medico personale Tin Myo Win, a sua volta arrestato. L'accusa, ancora una volta, è di violazione delle leggi di sicurezza. Secondo la denuncia del pubblico ministero, Aung San avrebbe permesso ad un cittadino americano, che qualche tempo fa aveva raggiunto la casa in cui la Leader sta scontando gli arresti domiciliari, di fermarsi a casa sua per due giorni e tre notti, violando l'obbligo di isolamento che le impone di ricevere soltanto le rare visite del suo medico e dell'avvocato;
il 18 maggio la Corte militare di giustizia, che ha autorizzato il nuovo arresto nel corso di una breve seduta, si è convocata per decidere sulla sorte di Aung San, in base all'articolo 22 della legge «per la salvaguardia dello Stato dal pericolo di elementi sovversivi», punibile dai tre ai cinque anni di detenzione. Dando per scontata la condanna, il team di avvocati della Nobel ha anticipato che chiederà il rilascio su cauzione, ma lascia aperta la possibilità di farle ottenere di nuovo almeno gli arresti domiciliari;
la testata giornalistica Indipendent, citando un presunto testimone, ha sostenuto che il cittadino americano al centro della questione, intendeva scrivere un libro sulle violazioni dei diritti umani nel mondo, ma il mistero che circonda l'impresa lascia anche aperta l'ipotesi di un suo utilizzo per evitare al regime la scarcerazione della Nobel. Aung San Suu Kyi fu infatti già condannata a quattro anni dopo gli incidenti che costarono la vita a decine di suoi sostenitori a Depayin nel maggio del 2003, quando lei stessa rischiò di essere uccisa da gruppi di «lealisti» spediti dai generali;
per due anni consecutivi alla scadenza dei termini, la Corte di giustizia ha negato la sua scarcerazione, ma il prossimo 27 maggio, giorno dell'ultima scarcerazione, la detenzione sarebbe stata costituzionalmente improrogabile. Per questo gli avvocati di Aung San Suu Kyi sospettano che il caso sia stato creato ad arte per impedire una sua eventuale candidatura nelle elezioni del 2010 (elezioni «farsa», dato che il 70 per cento dei seggi è destinato a membri della giunta militare).

Già nel 1990 la Lega conquistò 392 dei 485 seggi in Parlamento, ma il regime annullò il voto e impose di nuovo la legge marziale. Da allora Aung San Suu Kyi, che ha passato agli arresti 13 anni senza la possibilità di rivedere i suoi due figli e il marito inglese deceduto a causa di un tumore, ha avuto solo brevi pause di libertà sotto stretta sorveglianza;
la situazione ha provocato sdegno in tutto il mondo. Il segretario di Stato americano, Hillary Clinton, chiede il rilascio immediato della leader della dissidenza birmana, fatta bersaglio di un'accusa infondata. Si dice molto preoccupato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che sottolinea come il premio Nobel Suu Kyi sia una partner essenziale nel dialogo per la riconciliazione nazionale del Paese. A Parigi gli fa eco «la più ferma condanna» pronunciata dal Ministro degli esteri Bernard Kouchner, il quale firma un comunicato insieme al suo segretario per i diritti umani, Rama Yade: «La Francia ritiene le autorità birmane responsabili delle condizioni di detenzione di Aung San Suu Kyi e di ogni peggioramento nel suo stato di salute. Per questo, il suo rilascio è ancora più urgente». L'Australia e la Norvegia, custode del Nobel consegnato nel 1991 alla icona dell'opposizione democratica, esprimono la medesima censura -:
quali misure urgenti il Ministro intenda adottare per palesare lo sdegno italiano nei confronti della grave situazione del Nobel per la pace Aung San Suu Kyi.
(4-03166)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
tra il 1999 e il 2007 il prodotto interno lordo della Repubblica di San Marino è cresciuto in media del 5,56 per cento l'anno. Nel 2001 le banche sammarinesi raccoglievano 9 miliardi di euro l'anno, nel 2007 14 miliardi di euro. Questo aumento di capitali deriva anche dal fatto che molte imprese italiane si sono trasferite nel territorio sammarinese, per godere dei suoi privilegi fiscali. Secondo le indagini della procura forlinese, coordinate con quelle della Guardia di Finanza, il circolo di denaro che arriva a San Marino, di solito, segue questo iter: la Cassa di Risparmio della Repubblica riceve gli assegni da parte di cittadini italiani, che non può formalmente incassare, così li invia all'Istituto centrale delle banche popolari di Milano, che accredita gli importi presso il conto della Cassa sammarinese al Monte dei Paschi di Forlì. Un giro complicato che garantisce al denaro di tornare nelle casse dell'istituto sammarinese a disposizione della sua clientela. II Monte dei Paschi, nel sistema informatico antiriciclaggio, riconosce la cassa di risparmio di San Marino con il codice 268, previsto per le finanziarie italiane, anziché il codice 729, per le banche extracomunitarie, come invece prevede il regolamento;
nel gennaio 2008, la procura di Forlì ha avviato un'inchiesta riguardante circa 40 persone, tutte dipendenti della Cassa di Risparmio di San Marino. I reati ipotizzati sono associazione a delinquere, riciclaggio, occultamento di reati come l'appropriazione indebita, distrazione di fondi, falso in scritture private, evasione fiscale, emissione di fatture per operazioni inesistenti e truffa ai danni dello Stato. Secondo le indagini, l'istituto di credito sammarinese, tramite una seconda banca consorziata, raccoglieva denaro attraverso uno sportello di una piccola cassa di Forlì;
la banca di cui si serviva la Cassa di Risparmio di San Marino sembrava essere una banca italiana ma in realtà non lo era, per questo poteva liberamente far perdere le tracce del denaro raccolto. In base a queste informazioni è scattata l'ipotesi di riciclaggio. Inoltre, qualche mese dopo la Guardia di finanza ha sequestrato un furgone contenente 2 milioni e mezzo in banconote da 500 euro, prelevati dalla Banca d'Italia. In ottemperanza alla normativa vigente, è necessario denunciare questa ingente somma di denaro in dogana, ma la denuncia non è avvenuta ed il

denaro è arrivato indisturbato a San Marino. Preso atto della situazione, la Banca d'Italia avvia un'ispezione, dalla quale si scopre che nell'ultimo triennio le sue filiali di Forlì, Bologna e Reggio Emilia hanno registrato uscite, per sette milioni di pezzi da 500, solo loro il 25 per cento del totale nazionale nei primi cinque mesi del 2008;
la convenzione italo-sammarinese, stipulata il 2 maggio 1991, afferma che le due repubbliche non devono ostacolare il libero movimento di merci, servizi e capitali tra i due paesi. Al punto 4 si legge: «Le Autorità sammarinesi si impegnano ad evitare che, nei rapporti delle istituzioni creditizie e finanziarie di San Marino con residenti italiani, si creino condizioni concorrenziali discorsive rispetto a quelle presenti in Italia». Cioè si impegnano a bloccare l'arrivo di capitali provenienti dall'evasione fiscale italiana. Inoltre tra il 2006 e il 2007, vennero approvate le norme antiriciclaggio, che impongono alle nostre banche di fare l'adeguata verifica di tutti i movimenti finanziari, di registrarli su un archivio informatico e di trattare le banche che invece hanno un rigido segreto bancario come extracomunitarie. Ma sembra che San Marino eluda questi controlli, per cui dei rapporti con le banche sammarinesi non è rimasta alcuna traccia;
secondo la normativa vigente a San Marino, se un magistrato italiano indaga su una banca situata sul territorio, o su un presunto evasore fiscale, deve inviare una rogatoria internazionale che deve rispondere a tre requisiti. Innanzitutto la richiesta proveniente dall'Italia deve essere rigorosamente dettagliata; il fatto per cui si procede, deve essere riconosciuto sia in Italia che a San Marino, come reato perseguibile legalmente. Il secondo requisito crea molti problemi, perché, ad esempio, il reato di evasione fiscale a San Marino non esiste, quindi l'evasore non è perseguibile legalmente. Infine, i funzionari di San Marino possono rispondere alla rogatoria soltanto se, le informazioni, non vanno a ledere l'immagine e l'ordine pubblico di San Marino;
fra qualche settimana il Governo italiano e quello sammarinese dovranno stipulare il nuovo trattato finanziario rigettato tre volte dalla Banca d'Italia, perché nelle sue righe nascondeva sempre qualche soluzione elusiva a favore della piccola Repubblica. La Banca d'Italia chiede che le norme antiriciclaggio vengano assunte in toto, che sia abolito il segreto bancario sia per l'autorità finanziaria che per quella giudiziaria e che sia rivista la convenzione stipulata nel 1939 sul libero scambio fra cittadini -:
quali iniziative i Ministri intendano adottare affinché il nuovo trattato finanziario fra Italia e Repubblica di San Marino sia pienamente conforme alle norme contro l'evasione fiscale ed antiriciclaggio, previste dalla legislazione italiana.
(4-03186)

TESTO AGGIORNATO AL 7 MARZO 2011

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
le emissioni di CO2 ascrivibili alla tipologia di veicoli elettrici a batteria (emissioni degli impianti di generazione elettrica, con l'attuale mix nazionale di fonti energetiche utilizzate) è valutabile in circa 70 g/km, largamente inferiore a quello delle migliori tipologie con motorizzazione endotermica, cosa che giustificherebbe una maggior selettività a favore delle tipologie elettriche;
il settore della produzione di veicoli elettrici a batteria in Italia è uno dei più attivi dell'ambito europeo, con la presenza di numerose industrie di piccola/media dimensione che nel corso degli anni, per competenze e qualità dei prodotti, si sono

imposte anche sul mercato internazionale aggiudicandosi gare in competizione con operatori esteri, e che in Italia hanno gradatamente costituito un circolante che, per quanto limitato in rapporto al totale nazionale, è tra i più ampi al mondo;
nonostante le potenzialità, ambientali ed economiche, insite in questo settore, esso non risulta essere adeguatamente sostenuto o incentivato in particolare per quanto riguarda i motocicli elettrici;
infatti, il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5 (Gazzetta Ufficiale n. 34 dell'11 febbraio 2009) che destinava fondi per la rottamazione e l'acquisto di nuovi veicoli, ha trascurato totalmente scooter e moto elettriche;
il decreto direttoriale relativo ai listini, aggiornati al 30 aprile 2009, presentati dall'ANCMA e dal CEI CIVES, in base all'accordo di Programma, sottoscritto in data 23 dicembre 2008, tra il Ministero, Confindustria ANCMA (Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori) e CEI CIVES (Comitato elettrotecnico italiano - Commissione Italiana Veicoli Elettrici Stradali), per l'incentivazione alla diffusione di ciclomotori, motocicli, biciclette a pedalata assistita, veicoli assimilati a basso impatto ambientale e quadricicli elettrici, pubblicato on-line in data 5 maggio 2008, ha esteso alle normali biciclette la possibilità di accedere ai contributi escludendo nel contempo i quadricicli elettrici pesanti;
l'incentivo, che in precedenza era vincolato solo all'acquisto di biciclette a pedalata assistita, è pari al 30 per cento della spesa sostenuta, fino ad un massimo di 700 euro, ed è senza obbligo di rottamazione;
il fondo messo a disposizione dal Ministero è di 8.750.000 euro da erogare nel corso del 2009 e non prevede una quota minima per gli scooter elettrici e le biciclette a pedalata assistita come era necessario fare per garantire un minimo di vendite anche di questi prodotti;
sarebbero state vendute con incentivo oltre 30mila biciclette (in maggior parte bici sportive o mountain bike di lusso) e poco meno di cento motorini (per cui resta l'ostacolo della rottamazione del vecchio veicolo) -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione su esposta e se sia vero quanto riferito;
perché non sia stata prevista una quota minima del fondo da destinare all'acquisto di scooter elettrici e biciclette a pedalata assistita;
se non ritenga pertanto che le misure contenute nel decreto direttoriale siano volte a sostenere più l'attività commerciale dei rivenditori di biciclette che a favorire la «mobilità sostenibile» attraverso una politica di incentivazione alla mobilità elettrica e alla rottamazione;
se e quali misure intenda adottare per sostenere il settore della mobilità elettrica, ed in particolare degli scooter elettrici e delle biciclette pedalata assistita, in considerazione anche del fatto che la Direttiva del Consiglio dei Ministri europei approvata lo scorso mese di aprile ha lo scopo, a partire dal settore pubblico, di stimolare la crescita di un mercato di veicoli efficienti per un rapido sviluppo dell'industria di settore.
(5-01481)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante richiama in premessa l'interrogazione a risposta in Commissione 5-00652, presentata in data lunedì 24 novembre 2008, seduta n. 91;
il 19 maggio 2009, il giornale La Nuova Ecologia ha pubblicato un articolo dal titolo «A Vibo Valentia sequestro di pet-coke»;
nell'articolo si legge che «a Vibo Valentia, carabinieri del Noe e Guardia di finanza hanno messo i sigilli in un'area di 20 mila metri quadri utilizzata per lo stoccaggio di pet-coke, usato come combustibile dai cementifici. Sotto la lente

degli inquirenti le modalità del trasporto ...mentre a Crotone analogo provvedimento ha riguardato il suolo ed il sottosuolo di 23 aree contenenti scorie di rifiuti pericolosi»;
nello stesso si legge altresì che «in base alla normativa, l'utilizzo del pet-coke deve seguire regole molto rigorose che, in base a quanto accertato, non sarebbero state applicate al punto che le polveri si sono depositate su balconi, panni stesi, sulle auto e all'ingresso di attività commerciali;
come documentato nell'interrogazione richiamata in premessa, una situazione analoga si sta producendo a Isola delle Femmine, dove la Italcementi escava e trasporta pet-coke su autocarri in condizione di assoluta insicurezza -:
se non intenda intervenire con urgenza, anche alla luce di quanto sopra illustrato, al fine di stabilire le cause dell'emissione di polvere nera di zolfo nelle zone adiacenti la Italcementi a Isola delle Femmine a tutela della salute dei cittadini;
se non intenda altresì verificare quali accorgimenti siano stati adottati dalla Italcementi e se gli stessi siano o meno sufficienti a garantire sicurezza ai lavoratori e agli abitanti che vivono nelle immediate vicinanze del plesso industriale;
se siano stati adottati tutti gli accorgimenti necessari al fine di monitorare quantitativamente e qualitativamente le esalazioni che fuoriescono dai punti di emissione e che impatto abbiano gli stessi per l'ambiente circostante ed in particolare quali conseguenze possano provocare per la salute pubblica;
se vengano rispettate le normative relative alla sicurezza degli impianti e se le emissioni vengano o meno monitorate con regolarità e, in particolare, se intenda verificare da dove partano i carichi e quale sia il percorso che seguono.
(5-01487)

Interrogazioni a risposta scritta:

MONDELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 29 aprile 2009 su organi di stampa la stampa - tutto scienze è apparso l'articolo l'Italia perde l'Antartide;
l'Antartide è un continente nel quale la ricerca scientifica si è fortemente sviluppata solo dal secondo dopoguerra. L'ambiente estremo e incontaminato, la calotta glaciale che racchiude informazioni di carattere atmosferico, climatico e galattico del passato (fino a un milione di anni fa), i processi meteorologici che vi si sviluppano, rappresentano un laboratorio ideale per la comprensione di molti fenomeni riguardanti la circolazione atmosferica e, in ultima istanza, l'evoluzione del clima futuro;
la ripartizione geopolitica, l'utilizzo delle risorse, il bando alle installazioni militari, sono regolate dal Trattato Antartico, in vigore dal 23 giugno 1961;
ampie regioni dell'Antartide orientale risultano ancora inesplorate, né è stato stabilito con certezza quale sia la dimensione delle risorse naturali presenti nel continente;
a supporto delle ricerche in questi settori, sono di estrema necessità le basi permanenti, che una trentina di Paesi vi hanno stabilito;
l'Italia, sotto l'egida del PNRA (Programma nazionale di ricerche in Antartide), ha finora allestito 24 spedizioni annuali continuative in Antartide. Il Plateau Antartico, ovvero l'area più interna e impervia (quota media di circa 3.000 m), ha visto la creazione della prima base da parte americana (Amundsen-Scott, 2.836 m, al Polo Sud geografico) nel 1956-'57; nel 1958 è stata avviata la base sovietica Vostok (3.488 m);

il duopolio sovietico (russo) - americano sul Plateau Antartico è durato fino al 2005 quando, in una regione denominata Dome C (Dome Charlie per gli anglosassoni, Dome Concordia per gli europei), è stata resa operativa la base permanente Concordia (3.233 m), gestita dal PNRA e dall'analogo francese IPEV (Institut polaire français Paul Emile Victor);
nei mesi scorsi il governo di Pechino, attraverso la Chinese Arctic and Antarctic Administration, ha realizzato la base Dome A (4.093 m) nel luogo più elevato della calotta antartica, investendovi 500 milioni di yuan. Dome A sarà la quarta base permanente del Plateau Antartico;
il sito di Concordia è di estremo interesse, per via dello spessore della calotta. Il programma EPICA (European Project for Ice Core in Antarctica) ha permesso, attraverso un carotaggio di 3.270 m, la ricostruzione del clima e della composizione atmosferica degli ultimi 800 mila anni;
per la logistica, la ricerca italiana in Antartide si avvale anche della base semi permanente Mario Zucchelli a Baia Terra Nova, sul Mare di Ross, e della nave da trasporto Italica;
la progressiva riduzione dei finanziamenti statali a favore del PNRA mettono in grave pericolo la partecipazione italiana in Antartide e la prosecuzione dell'attività dello stesso ente;
negli ambienti del PNRA si dà quasi per scontata, a partire dalla stagione 2009-'10, una totale gestione francese della base Concordia;
le difficoltà del PNRA possono essere esemplificate in un unico, incredibile dato: il rischio di chiusura dei siti web da cui la comunità scientifica internazionale attinge i dati di parte italiana, poiché non si riescono a reperire 120 (centoventi) euro per il rinnovo dei domini Polarlink e Fotoantartide;
il venir meno della presenza in Antartide metterebbe l'Italia in condizioni di grave svantaggio rispetto alle altre nazioni che vi operano;
la chiusura, o il ridimensionamento, dell'attività del PNRA, comporterebbe la perdita d'una serie di importanti esperienze tecnico scientifiche acquisite finora;
l'autoesclusione dall'Antartide costringerebbe l'Italia a un ruolo subordinato nel momento in cui le istanze internazionali giungessero alla determinazione di stabilire nuove regole riguardanti l'accesso e lo sfruttamento delle risorse naturali presenti nel continente -:
quali iniziative intenda adottare per scongiurare la mancata partecipazione dell'Italia alle attività di ricerca.
(4-03149)

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio comunale di Rottofreno (Piacenza), con atto n. 39, del 20 luglio 2007, ha deliberato l'approvazione del Piano Particolareggiato di iniziativa privata per la coltivazione di parte del Polo Estrattivo n. 5 in località Boscone Cusani;
secondo una nota inviata da parte di cittadini locali al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il 23 luglio 2007, la deliberazione del Consiglio comunale di Rottofreno ed in particolare le previsioni e i tempi di esecuzione del citato Piano Particolareggiato e la realizzazione di una strada per il trasporto degli inerti ivi prevista sarebbero in contrasto con la normativa vigente e in contrasto con il PIAE della Provincia di Piacenza;
il Comune di Calendasco, anche esso interessato al Polo Estrattivo n. 5, ha risolto il problema del trasporto degli inerti, in conformità al Piano infraregionale delle attività estrattive (PIAE) della Provincia di Piacenza, disponendo che tale trasporto debba avvenire prevalentemente per via fluviale;
la citata nota del 23 luglio 2007 mette in evidenza come il progetto del Piano di coltivazione del comune di Rottofreno sia stato inoltre esentato dalla presentazione

della VIA, sulla base di norme transitorie non più valide alla data dell'approvazione del Piano medesimo;
pertanto gli impatti derivanti dalla realizzazione del Progetto non sono stati valutati da una Autorità competente in materia ambientale;
i timori della popolazione riassunti nella citata nota del 23 luglio 2007 sono i seguenti:
1) come conseguenza delle modalità di escavazione adottate e degli ingenti volumi di materiali inerti che saranno estratti, potrebbe innescarsi un processo di diversione del corso del Fiume Po;
2) la realizzazione di una nuova strada a servizio della cava è fonte di inquinamento diffuso, particolarmente dannoso per gli abitanti di Boscone Cusani e Santimento, e tale strada sarebbe in totale contrasto con gli strumenti di pianificazione vigenti in materia di attività estrattive;
3) il Comune avrebbe utilizzato come pretesto lo sfruttamento della necessità di dotarsi di una via più agevole per il trasporto degli inerti, in alternativa al trasporto fluviale, probabilmente puntando verso la realizzazione di una nuova infrastruttura di base per la successiva urbanizzazione dell'area;
il mancato impedimento della realizzazione del progetto comporta la distruzione di una delle ormai rare porzioni di territorio agricolo ancora perfettamente conservate, un territorio quest'ultimo ricco di cultura e di rara bellezza di carattere paesaggistico, per il quale occorre piuttosto pensare ad interventi di riqualificazione e di recupero;
la citata nota del 23 luglio 2007 conclude chiedendo al Ministero, Direzione Generale per il danno ambientale, di dare corso con urgenza alle proprie competenze in materia di prevenzione del danno ambientale, così come indicato nella parte VI del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, ed in particolare negli articoli 301 e 304 di tale decreto;
ad oggi, gli interessati non hanno ricevuto alcuna risposta da parte del Ministero -:
quale iter abbia seguito la citata nota del 23 luglio 2007 presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e se il Ministro intende adoperarsi per rispondere alle legittime richieste dei cittadini ricordate in premessa.
(4-03157)

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Italia vengono prodotti annualmente circa 546 kg di rifiuti a testa, al contrario di quanto accade nel resto d'Europa, in cui il tasso di riciclo si attesta attorno al 39 per cento. L'Italia viaggia a due velocità: è leader mondiale nel recupero della carta, riciclandone fino a 4 milioni di tonnellate l'anno, ma, malgrado la raccolta differenziata sia raddoppiata dal 2000 ad oggi, nel nostro Paese ne viene recuperata solo un modesto 27,5 per cento ben al di sotto del 40 per cento che tutti gli ultimi governi si erano posti come obiettivo;
la geo-politica riguardante i rifiuti italiani ha una mappa molto diversificata. A Milano il 39,5 per cento viene riciclato, un tasso simile a quello di Vienna e Berlino, le metropoli più virtuose d'Europa, il resto finisce nel termovalorizzatore, producendo energia per la città. Al Nord la raccolta differenziata è già arrivata a quota 42,4 per cento con regioni come Trentino e Veneto che recuperano più della metà dei rifiuti che producono. Roma, invece, è ferma al 13 per cento mentre al Sud si scende all'11,4 per cento;
l'oro delle pattumiere italiane è la carta. Quella che viene gettata nei cassonetti, viene deinchiostrata con solventi e poi immersa in enormi vasche d'acqua,

dove lo «spappolatore» la riduce a una pasta di microfibre destinata alle cartiere. L'oscar del risparmio ambientale sul fronte del riciclo va però ad acciaio e alluminio. Come il vetro sono riutilizzabili praticamente in eterno e il 50 per cento della produzione mondiale è garantito proprio dal prodotto ricavato dal riciclaggio dell'immondizia. Il vantaggio energetico è del 95 per cento per l'alluminio e del 65 per cento per l'acciaio;
la maglia nera della raccolta differenziata tocca invece a quello che, in apparenza, sembra il prodotto più semplice da raccogliere, la plastica. Per poterla riutilizzare va sottoposta a trattamenti più costosi, per questo solo il 30 per cento di quella immessa sul mercato ogni anno riesce a sfuggire a discariche e termovalorizzatori. Il processo di riciclo prevede la separazione dei singoli polimeri, che vengono poi lavorati. Il risultato è simile a quello di un caleidoscopio, dove gli stessi elementi, si ricompongono in mille forme diverse. Molte delle sedie, che si trovano negli uffici, sono costituite da vecchi tappi di plastica. Altri esempi sono i flaconi di detersivo, che vengono trasformati in isolanti per l'edilizia, oppure le stopper, che diventeranno in seguito sacchi per l'immondizia;
a Barcellona e a Göteborg, sono stati varati esperimenti di raccolta differenziata di rifiuti «pneumatica». Tale pratica prevede che i cassonetti sotto casa scarichino direttamente in una rete di tubature sotterranee che trasportano carta, vetro e metalli in mega-piattaforme centralizzate, eliminando così l'inquinamento e i disagi al traffico della raccolta porta a porta. Il direttore generale dell'Amsa, Salvatore Cappello, ha annunciato che un esperimento simile verrà effettuato anche a Milano, nel nuovo quartiere di CityLife -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per valorizzare le potenzialità del riciclo dei rifiuti e per promuovere una raccolta differenziata di rifiuti sperimentale, come quella intrapresa a Barcellona e a Göteborg, anche in alcuni Comuni italiani.
(4-03159)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ultimo dossier presentato da Legambiente registra che l'industria dell'ecomafia in Italia ha un giro d'affari di 20,5 miliardi di euro divisi tra i 258 clan. Nel 2008 si sono registrati 3.911 reati commessi nell'ambito dei rifiuti speciali e confiscate 28 mila abitazioni illegali. Il volume di affari delle ecomafie è di 3 miliardi di euro;
secondo il dossier di Legambiente, la regione Lombardia risulta decima in Italia per numero di reati ambientali, con 886 infrazioni accertate, fra i quali viene registrata anche l'esistenza di alcune discariche abusive. Il vicepresidente regionale di Legambiente conferma che alcune industrie della regione non smaltiscono i rifiuti speciali secondo le regole previste dalla legge, ma li abbandonano in discariche abusive di piccole e medie dimensioni, provocando conseguenze molto gravi per la salute dei cittadini e per l'intero ecosistema con seri danni alle falde acquifere;
oltre alle infrazioni ambientali, in Lombardia sono stati accertati 261 casi di illegalità collegati al ciclo del cemento, che hanno avuto come diretta conseguenza 400 denunce e 26 sequestri. Il ciclo del cemento comprende sia l'abusivismo edilizio che l'attività delle cave non autorizzate;
gli stessi problemi di ecosostenibilità riscontrati nel territorio della regione Lombardia, hanno fatto balzare la regione Lazio al quinto posto nella classifica pubblicata dal rapporto «Ecomafie 2009» di Legambiente. I reati ambientali commessi nella regione sono 2.086, mentre il numero delle persone denunciate è aumentato del 18 per cento rispetto a quanto avvenuto nel 2008. Rispetto a tale anno, si è registrato anche un considerevole aumento dei sequestri di circa il 28 per cento. A titolo

esemplificativo, occorre ricordare il sequestro di circa 421 unità immobiliari abusive, nel solo comune di Pomezia -:
se il Ministro intenda acquisire elementi informativi del fenomeno «ecomafia» anche in relazione a quanto affermato nel rapporto «Ecomafie 2009» pubblicato da Legambiente;
quali iniziative di carattere normativo il Ministro intenda intraprendere per inasprire le sanzioni relative ai reati ambientali connessi al fenomeno «ecomafia».
(4-03160)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la denuncia di Legambiente, a proposito della febbre suina, riguarda soprattutto le condizioni degli allevamenti dei suini. Infatti, secondo quanto riscontrato da Legambiente, proprio a causa della rapida evoluzione di allevamenti intensivi, nell'arco di un paio di decenni per ben quattro volte si è corso il rischio di una pandemia. Anni fa ci fu l'allarme Bse, un morbo prodotto dalla decisione di abbattere i costi della produzione dei bovini rinunciando a regole di buon senso elementare come l'alimentazione vegetariana delle mucche e le alte temperature nei processi di macellazione. Qualche anno dopo è arrivata la Sars, la polmonite atipica scoppiata in Cina e legata al contatto con gli animali destinati alla nostra tavola. Di seguito è stato il turno dell'aviaria, prodotta dalla vicinanza con l'allevamento intensivo dei polli. Ora tocca ai suini, con modalità di contagio ancora più insidiose, perché il virus si trasmette da uomo a uomo con una rapidità allarmante;
la somministrazione forzata di cibo, la spaventosa concentrazione di nitrati difficilmente smaltibili, l'uso smodato di medicinali e antibiotici per permettere agli animali di sopravvivere ammassati in condizioni spaventose creano ambienti ad altissimo rischio, spiega Francesco Ferrante, responsabile agricoltura di Legambiente, secondo cui negli anni '90, la Comunità Europea aveva tentato di porre rimedio a questo stato di cose, ma la direttiva nitrati del 1991, come la successiva direttiva sul benessere animale e la messa al bando delle gabbie per le galline ovaiole, non hanno trovato applicazione effettiva;
secondo Enrico Moriconi, presidente dell'Asvep, l'associazione culturale veterinaria di salute pubblica, il virus attuale è «parente stretto» di quello dell'aviaria, che a sua volta ha un legame con la «spagnola», l'influenza che uccise cento milioni di persone dopo la prima guerra mondiale. Questo perché i suini sono sensibili sia ai virus influenzali umani sia a quelli aviari: se vengono inseriti in allevamenti intensivi, si ottengono condizioni ideali per permettere ai virus di evolversi fino ad arrivare, mutazione dopo mutazione, al salto di specie tra animale e uomo;
secondo l'Oms, comunque, il virus della febbre suina non ha mostrato per ora alcuna resistenza ai due farmaci utilizzati per trattarlo. A preoccupare è però la trasmissione da uomo a uomo del virus, uno dei passaggi chiave perché si possa parlare di pandemia, in Messico e negli Stati Uniti. Pertanto, Keiji Fukuda, vicedirettore generale dell'Oms, ha affermato che i governi devono prepararsi al peggio, specie nelle nazioni più povere che vengono colpite in maniera talmente dura da apparire sproporzionata. Per questo, in caso di pandemia, l'Oms si concentrerà sulle necessità dei paesi in via di sviluppo;
il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha chiesto al Congresso americano di stanziare 1,5 miliardi di dollari per rafforzare le capacità del paese di rispondere all'influenza da suini e per far fronte ad eventuali emergenze sanitarie. Il governato della California ha dichiarato lo stato di emergenza per l'influenza da suini. L'innalzamento del livello di allerta sanitario

mondiale significa che il contagio si sta diffondendo e trasmettendo in comunità localizzate, ma che non ha ancora raggiunta una forza tale da essere descritto come pandemico;
l'Oms, esattamente come la Commissione Ue, non ha raccomandato restrizioni sui viaggi, né la chiusura delle frontiere, ormai insufficienti a frenare il contagio. Ma la Farnesina sconsiglia i viaggi non strettamente necessari in tutto il territorio del Messico. L'Assotravel, l'associazione delle agenzie di viaggio della Confindustria, e Federviaggio, hanno annunciato che sospenderanno i pacchetti vacanza e voli per il Messico -:
quali interventi siano allo studio, finalizzati alla definizione della filiera produttiva anche nel caso della carne suina;
quali provvedimenti urgenti i Ministri intendano adottare per verificare se anche in Italia esista concretamente il pericolo di contagio da febbre suina e quali misure siano in atto per attivare le misure preventive necessarie.
(4-03161)

BORGHESI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
già nel 1971 una ditta, allora denominata Junior Costruzioni Meccaniche, con sede nel comune di Tezze sul Brenta in provincia di Vicenza, fece richiesta per costruire un edificio ad uso industriale in un'area sino ad allora usata prevalentemente in agricoltura;
il comune (delibera del 22 giugno 1971) acconsentì a tale richiesta;
successivamente venne concessa l'autorizzazione (previa domanda della ditta Junior) ad un ampliamento con la seguente clausola «Il terreno ceduto deve essere destinato alla costruzione di capannoni industriali, in caso di mancato adempimento di tale obbligazione o di cambiamento di destinazione dell'area o di parte di essa, la vendita dovrà intendersi risolta senza bisogno di formalità alcuna». Il consenso venne espresso dai consiglieri, purché non venisse installato un impianto galvanico e venissero rigorosamente rispettate le destinazioni del nuovo complesso;
con una lettera del 25 giugno 1973 la ditta «Junior» chiese di eseguire la costruzione di un impianto galvanico in netta opposizione alle condizioni poste dal comune l'anno precedente. Alla ditta viene concessa la costruzione dell'impianto a patto che vengano rispettate e siano presenti tutte le norme sulla sicurezza ambientale e che su eventuali scarichi di liquido non vi siano più di 50 mcg/l di cromo esavalente;
nel 1974 inizia l'attività della ditta di cromatura. Successivamente la società assume denominazione di «Tricom SPA». A febbraio dello stesso anno vengono rilevati 7200 mcg/l di cromo totale e 3700 mcg/l di nickel, valori altamente fuori dai valori massimi consentiti per legge. (Valori rilevati dalla perizia 05/06/2006 del dottor Morando Soffritti);
nel 1979 l'amministrazione provinciale revoca alla ditta l'autorizzazione allo scarico di liquami industriali (19 settembre 1979) ma la Tricom, grazie a 2 proroghe (dell'allora sindaco Rocco Battistella, dipendente Tricom) di tre mesi ciascuna continua gli sversamenti in deroga alla revoca provinciale;
dal 1980 sino al 1982 vengono rilevati pozzi d'acqua inquinati da cromo esavalente in località Tombolo (località a Sud di Tezze sul Brenta) della vicina provincia di Padova. Vengono emessi provvedimenti dai NAS a carico della Tricom per varie omissioni:
non aver indicato il luogo di destinazione dei fanghi scaturiti dalla depurazione dei reflui industriali;
aver continuato a scaricare i fanghi nonostante la revoca della provincia, anche dopo la scadenza delle proroghe temporanee emesse dal sindaco di Tezze sul Brenta;

aver continuato ad aumentare l'inquinamento a seguito del continuo peggioramento qualitativo dei reflui industriali senza adottare tutte le misure necessarie ad evitare tali inconvenienti;
aver omesso di far sottoporre i propri dipendenti alle visite mediche trimestrali contro i rischi di malattie professionali;
nel 1982 alla Pretura di Bassano del Grappa perviene la richiesta di rinvio a giudizio per: Forlin Pietro, Scalco Giovanni, Scalco Roberto, Sgarbossa Adriano, Bonifaci Pietro, Battistella Rocco e Brogli Adelchi; (Procura della Repubblica 28/82 R.Gen. del 16 febbraio 1982);
nel 2002 vengono effettuate delle indagini approfondite della polizia giudiziaria di Cittadella (anche questo paese vicino a Tezze sul Brenta ma in provincia di Padova) e viene identificata come fonte inquinante la società Galvanica PM (nuova denominazione assunta dalla «Tricom spa») di Tezze sul Brenta;
a seguito delle indagini nel 2003 viene avviato un processo che si concluderà nel 2006 con la dichiarazione di colpevolezza e condanna in via definitiva di Paolo Zampierin, proprietario della Ex Galvanica PM (il 23 dicembre 2003 la Galvanica PM dichiara fallimento) in quanto colpevole del delitto di avvelenamento colposo. La pena è di 2 anni e 6 mesi di reclusione (abbonati grazie all'indulto) e al pagamento di tutti i danni cagionati, per un totale di 2 milioni 250 mila euro;
all'interno della ditta Galvanica lavorarono molti operai: tra di essi si registrarono un numero considerevole di decessi per tumore (21 registrati sino al 1994). Molti esperti di medicina del lavoro hanno più volte dichiarato che le cause di tali morti potrebbero essere associate al tipo di lavoro a cui gli operai erano sottoposti;
nel 2006 la procura di Bassano del Grappa apre un fascicolo sulle morti sospette (ne furono accertate 14) tra gli operai della Galvanica PM. Le ipotesi di reato sono: omicidio colposo plurimo, lesioni colpose gravi e omissioni di difese e cautele contro disastri e infortuni sul lavoro e violazione sulle norme di sicurezza ed igiene negli ambienti di lavoro mentre gli indagati sono:
Sgarbossa Adriano (legale rappresentate della società Tricom);
Zampierin Paolo (legale rappresentante della società Galvanica PM);
Zampierin Adriano (responsabile del reparto cromatura);
Battistella Rocco (impiegato nel reparto cromatura, ex-Sindaco di Tezze e all'epoca assessore provinciale);
nel 2008 viene richiesta per la prima volta l'archiviazione, da parte del PM Giovanni Parolin, del fascicolo aperto 2 anni prima per determinare le causa delle morti sospette all'interno della galvanica. L'archiviazione viene chiesta in base al fatto che alcuni degli operai fumavano;
la richiesta di archiviazione viene rigettata in base a nuovi elementi e studi presentati dai legali dei famigliari delle vittime, che dimostrano che la mortalità all'interno della fabbrica era triplicata rispetto alla media nazionale. Attualmente tale mortalità risulta quintuplicata, considerando le morti degli ex-operai che, nel frattempo sono deceduti;
successivamente, il giudice Massimo Morandini (incaricato di analizzare i nuovi elementi e fare le nuove indagini), dopo quattro udienze preliminari per decidere o meno l'archiviazione del fascicolo lascia nuovamente al PM Giovanni Parolin la decisione sul procedere o meno alla celebrazione del processo. Quest'ultimo, sempre adducendo alle motivazioni della prima richiesta d'archiviazione ripresenta una seconda richiesta di archiviazione;

attualmente è stata ripresentata un'opposizione da parte dei legali dei famigliari delle vittime e il tribunale dovrà pronunciarsi -:
se i Ministri sono a conoscenza dei fatti e come intendono intervenire affinché si rimedi al danno ambientale prodotto, se si intendano assumere iniziative ispettive presso il Tribunale di Bassano del Grappa, visti i comportamenti a dire poco discutibili ricordati in premessa.
(4-03179)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOTTA e GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, prevede all'articolo 74 il ridimensionamento degli assetti organizzativi esistenti per le amministrazioni statali, con corrispondente riduzione delle dotazioni organiche;
peraltro il suddetto decreto, il decreto 93 (cosiddetto taglia-ICI) e la legge finanziaria 2009 hanno previsto - e già in parte attuato - gravi tagli ai finanziamenti del Ministero per i beni e le attività culturali, tanto da ridurne il bilancio in un solo anno dello 0,1 per cento di PIL, con conseguenze pesanti sul funzionamento dello stesso Ministero e sull'assolvimento delle sue funzioni, esponendo la cultura al rischio di residualità, all'impoverimento della sua funzione di valore nazionale, come sancito dalla Costituzione;
da qualche giorno circola una bozza di decreto ministeriale datata 23 maggio 2009 «Articolazione degli uffici dirigenziali di livello non generale dell'amministrazione centrale e periferica del Ministero per i beni e le attività culturali», che ad una prima lettura pare peggiorare, in alcuni casi, la situazione poiché non sono chiare le motivazioni e le logiche che sottendono a talune operazioni sia a livello centrale che periferico;
in particolare, nella bozza dello schema di decreto ministeriale è prevista la soppressione della sede dirigenziale dell'Archivio di Stato di Parma;
tale ipotesi desta sconcerto e viva contrarietà nel mondo culturale e nei rappresentanti delle istituzioni locali, visto che l'Archivio di Stato di Parma è uno dei più importanti istituti archivistici italiani; è sempre stato sede dirigenziale come tutti gli altri archivi delle antiche capitali degli stati preunitari; conserva gli archivi di uno dei grandi comuni medievali italiani e dell'antico ducato farnesiano assurto ad importanza europea per il suo ruolo politico e culturale ed è, inoltre, sede di una scuola di archivistica per la formazione dei professionisti del settore -:
se il Ministro interrogato non ritenga tale provvedimento, oltre che per la città e la provincia di Parma, punitivo per l'intero settore archivistico, che già di recente ha subito nella Regione Emilia-Romagna la soppressione di una sede dirigenziale e che, a livello nazionale, subirà una riduzione di ben quattro sedi, giungendo a una complessiva riduzione del 40 per cento, contro una media del Ministero del 15 per cento rispetto al 1998.
(5-01483)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a norma dell'articolo 831 del Codice Civile, le chiese non possono essere sottratte alla loro destinazione, anche per effetto di alienazione finché la destinazione stessa non sia cessata secondo leggi in materia. Ora soltanto l'autorità competente, nel caso particolare l'autorità ecclesiastica, può fare cessare la destinazione. Il diritto di proprietà di una chiesa può

consentire l'esercizio di determinate attività qualora non si pongano in contrasto con il fine di culto;
nella città pugliese di Trani, nonostante non sia mai stata sconsacrata dalle autorità ecclesiastiche, la Chiesa di Sant'Antuono è stata trasformata in un ristorante;
il Vescovo di Trani, monsignor Giovan Battista Pichierri ha dichiarato pubblicamente che: «L'attuale uso della chiesa oltre che contra legem svilisce il patrimonio culturale-artistico-architettonico e la città di Trani "perla della Puglia" non può tollerare tale umiliazione. Invito pertanto chi di dovere a trovare una soluzione al problema.»;
il signor Giovanni Raimo, dirigente della ripartizione finanziaria del Comune, dal 2004 al 2006, ha dichiarato non solo che: «Non appena giunto a Trani a fine aprile 2004, trovai una deliberazione di indirizzo della Giunta, adottata una quindicina di giorni prima del mio arrivo, con la quale si incaricava il dirigente della III ripartizione di reperire nuove risorse per far fronte alla pesante situazione debitoria del Comune.» ma anche che: «Furono individuate alcune strutture che potevano portare soldi alle casse comunali e, tra queste, la piattaforma galleggiante (che però presentava grosse difficoltà relative alla sicurezza per l'uso che se ne sarebbe potuto fare) e la chiesa di Sant'Antuono.»;
la stessa popolazione della città di Trani ha espresso più volte aperto disappunto per una vicenda che offende il sentimento religioso e popolare e costituisce oltraggio per la storia ed il patrimonio culturale dell'intera comunità;
Legambiente ha manifestato il proprio dissenso nei confronti della decisione dell'amministrazione comunale tranese, inviando due esposti alla Soprintendenza e al Ministero per i beni e le attività culturali;
aperte critiche sono state manifestate anche da membri della stessa maggioranza che guida il Comune di Trani e precisamente dai consiglieri Roberto Visibelli e Francesco De Noia. Quest'ultimo ha scritto al consiglio dei Ministri per segnalare l'incresciosa vicenda;
la decisione di trasformare un luogo di culto non ancora sconsacrato in un ristorante, senza il previo assenso delle autorità ecclesiastiche, come stabilito dalla normativa vigente, appare all'interrogante difforme rispetto alle normative vigenti;
la vicenda della chiesa di Sant'Antuono, appare, inoltre, offensiva per il sentimento religioso e popolare, per la storia, per il patrimonio artistico e culturale della città di Trani -:
se sia a conoscenza dei fatti come sopraesposti;
se vi siano ulteriori circostanze di cui voglia mettere al corrente la Camera dei deputati;
se siano mai pervenuti al Ministro ed al Governo e, quali riscontri abbiano avuto gli esposti e le segnalazioni sopracitati.
(4-03182)

LABOCCETTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la sede storica del Banco di Napoli, sita in Napoli nella via Toledo, oggi via Roma, è allocata dal 1939 presso un pregevole edificio opera dell'architetto Marcello Piacentini;
il fabbricato, del quale fa parte un maestoso atrio, da sempre sede della banca, è stato nel corso degli anni, pur con le necessarie opere di adeguamento per ragioni di sicurezza, sostanzialmente rispettato nella sua originaria conformazione;
di recente, per mantenere l'antico prestigio è stato arricchito di splendide vetrine di cristallo contenenti antichi libri contabili e reperti di diverso genere riportati alla luce per la generale fruizione attingendo all'archivio storico dell'istituto che vanta oltre 400 anni di storia;

particolari elementi di pregio erano e sono costituiti dai banconi marmorei che ne costituiscono rimarchevole particolarità;
di recente sono iniziati lavori di rifacimento del salone che prevedono la totale eliminazione di tali opere che ne hanno connotato sin dalla costruzione il valore architettonico oltre che storico;
la locale sovrintendenza ai Beni architettonici parrebbe aver concesso l'autorizzazione alla loro rimozione in vista della realizzazione di un «open space» che meglio si attaglierebbe alla fruizione dello spazio;
l'ipotizzato intervento aggredisce al cuore un'opera architettonica di indubbio valore che andrebbe preservata per mantenere e conservare oltre al suo pregio la stessa memoria storica dell'edificio -:
se sia a conoscenza in quanto in premessa;
se e in quali termini sia stata autorizzata la realizzazione di opere che aggrediscono un manufatto architettonico di indubbio valore storico e culturale.
(4-03207)

TESTO AGGIORNATO AL 7 MARZO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
durante l'ultimo convegno di Confindustria a Bergamo sono emersi i numerosi problemi cui andranno incontro le aziende del territorio in questo anno finanziario. I rappresentanti delle varie realtà industriali della zona hanno affermato di voler continuare gli investimenti programmati adottati per la maggior parte delle imprese, che hanno una dimensione media di 60 dipendenti e risultano presenti in moltissimi settori;
dai dati presentati, è emerso che alcune società stanno addirittura rimandando nel tempo la cassa integrazione, ritenuta indispensabile, per un senso di responsabilità sociale verso le maestranze, ottenendo il plauso convinto del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, che si è detta favorevole ad «estendere l'operazione Bergamo a tutto il territorio nazionale»;
accanto ai programmi intrapresi dalle aziende bergamasche, secondo il presidente di Confindustria Bergamo, sarebbe opportuno attivare degli interventi di credito di imposta, intelligenti e automatici, ad esempio nell'energia, nell'innovazione e nella ricerca, per far fronte ai reali bisogni delle imprese. Accanto a ciò occorre che gli imprenditori siano messi nelle giuste condizioni per autocertificarsi, riducendo così gli adempimenti burocratici, e creare una nuova regolamentazione della cassa integrazione;
il presidente di Confindustria si è detta propensa a chiedere l'intervento del Governo in maniera concreta, su quelli che sono i problemi amministrativi e burocratici delle aziende, provvedendo con soluzioni articolate che prevedano, fra l'altro: un fondo di garanzia, la riduzione dei termini di pagamento, la possibilità di scontare alcuni crediti, una definitiva soluzione nei confronti dei problemi e delle lungaggini della Pubblica Amministrazione, dei sistemi di compensazione debiti/crediti con lo Stato -:
se il Ministro intenda prendere in esame i provvedimenti adottati da Confindustria Bergamo per far fronte all'attuale crisi economica, analizzarli, ed eventualmente promuoverne la diffusione su scala nazionale e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere, di concerto con Confindustria, per porre una nuova regolamentazione alla cassa integrazione e per ridurre gli iter burocratici a cui devono sottostare le imprese.
(4-03158)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Italia soffre di una carenza cronica di notai più volte denunciata ed ammessa dallo stesso Consiglio Nazionale del Notariato;
dagli ultimi dati risultano in servizio circa 4.700 notai rispetto alle 6.152 sedi notarili previste dall'ultima revisione dell'aprile 2008;
la revisione della Tabella che determina il numero dei notai per ciascun distretto notarile è avvenuta con decreto del Ministro della Giustizia 2 aprile 2008 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 aprile 2008;
in base alla legge n. 80 del 2005 (che ha ridotto da dieci a sette anni il periodo per la revisione ordinaria) la revisione avrebbe dovuto operarsi a partire dal 14 maggio 2006 e pertanto è avvenuta con due anni di ritardo;
risulta che il decreto 2 aprile 2008 di revisione dalla Tabella delle sedi notarili ed i consequenziali decreti di allocazione sono stati impugnati di fronte alla giustizia amministrativa in vari procedimenti ed il Tribunale Amministrativo abbia annullato i decreti medesimi;
la Tabella malgrado l'annullamento compare ancora nel sito del Ministero senza alcun riferimento alla sua operatività non fornendo notizia sul fatto che il Ministero abbia impugnato o meno i provvedimenti di annullamento al Consiglio di Stato;
in ogni caso il numero dei notai in servizio risulta fortemente carente anche rispetto alla precedente Tabella -:
se il Ministero abbia impugnato le sentenze dei TAR davanti al Consiglio di Stato ed in caso contrario perché non abbia ritenuto di farlo;
se la Tabella dell'aprile 2008 sia da considerarsi operativa e quali iniziative si stiano prendendo per la sua applicazione;
in caso contrario, quali azioni stia intraprendendo il Ministero al fine di ottemperare al dettato normativo per procedere all'aggiornamento della Tabella delle sedi notarili superando le carenze eventuali riscontrate dalle sentenze richiamate.
(5-01485)

BERNARDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
gli istituti della difesa d'ufficio e del patrocinio a spese dello Stato sono espressione dell'articolo 24 della Costituzione che sancisce la difesa quale diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento e l'assicurazione, anche ai non abbienti, dei mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione in rispetto del principio fondamentale di uguaglianza;
tale principio sembra però essere minato dal diffuso e lamentato ritardo nei pagamenti degli onorari professionali ai difensori che hanno esercitato il loro mandato di ufficio o i cui assistiti siano stati ammessi ai meccanismi del patrocinio a spese dello Stato;
infatti una recente indagine effettuata dall'Unione delle camere penali italiane, registra un grave disagio di numerosi professionisti che non ottengono da lungo tempo i versamenti delle somme a loro dovute;
tale situazione non è più sostenibile in quanto questa lederebbe non solo e non tanto il diritto dei legali alla retribuzione per l'attività professionale prestata, quanto quello del cittadino - presunto innocente fino a condanna definitiva - di essere assistito in modo conforme ai valori costituzionali sottesi all'articolo 24 della Costituzione ed al principio di uguaglianza analogamente tutelato costituzionalmente;
un simile contesto potrebbe aggravarsi anche alla luce delle recenti disposizioni normative che estendono il diritto

alla ammissione al patrocinio a spese dello Stato anche alle vittime di «reati sessuali», rischiando così un ulteriore aggravio nel ritardo dei pagamenti nonché nell'inevitabile compromissione di una efficace difesa tecnica degli interessati -:
se il Ministro sia a conoscenza della problematica sopra esposta;
quale ne sia l'entità a livello nazionale;
come s'intenda provvedere affinché si proceda al pagamento degli onorari professionali dovuti.
(5-01491)

CAVALLARO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
numerosissime Camere Penali hanno segnalato all'Unione delle Camere Penali Italiane il sostanziale «blocco» del pagamento degli onorari professionali ai difensori che hanno esercitato il loro mandato di ufficio o i cui assistiti siano stati ammessi ai meccanismi del patrocinio a spese dello Stato;
in particolare, da un'indagine svolta sul territorio dalla Giunta dell'UCPI, è emerso che numerosi sono i difensori d'ufficio che ormai da mesi se non addirittura da anni non ottengono più i versamenti delle somme loro dovute per l'attività professionale prestata;
già in passato si sono registrate fasi di paralisi dei pagamenti degli onorari corrisposti tardivamente e spesso in misura vessatoria quanto all'entità, a tutto danno di quegli avvocati che, nominati dai tribunali e in ottemperanza all'impegno stabilito dalla Carta Costituzionale, assicurano ai non abbienti il diritto di agire e di difendersi davanti ad ogni giurisdizione;
l'Unione delle Camere Penali ha sempre denunciato pubblicamente casi e situazioni in cui tali disagi fossero riconducibili a indiscriminati e incontrollati accessi alle liste dei difensori d'ufficio o addirittura alla professione forense; a derive deontologiche di qualche legale; a prassi distorte nell'esercizio quotidiano della professione, tanto è vero che, nel quadro dell'auspicata introduzione delle specializzazioni forensi, di cui si discute nell'ambito della riforma professionale, l'UCPI ha rappresentato la necessità che, in futuro, solo avvocati specializzati nel settore penalistico possano «accedere» agli istituti in questione laddove si tratti di processo penale, e ciò nell'interesse dei cittadini assistiti;
presupposto di una difesa tecnica efficiente in un processo come quello accusatorio, al di là del sacrificio, dell'impegno e della volontà dei singoli legali è la presenza effettiva e continua di un avvocato retribuito a norma di legge;
il blocco dei pagamenti degli onorari professionali ai tali difensori incide su quanti si sono presi l'onere e la responsabilità di difendere persone che, altrimenti, resterebbero senza un'adeguata difesa nel processo penale ed in maniera particolare su molti giovani avvocati, che vedono nella difesa d'ufficio un'occasione per fare esperienza concreta nei processi e per ottenere anche i primi guadagni mediante la liquidazione degli onorari da parte dello Stato;
paralizzare i pagamenti degli onorari dei difensori di ufficio significa ledere, comprimere e pregiudicare nei fatti non solo il diritto dei legali alla retribuzione, ma anche un principio di civiltà e certezza giuridica, quale quello del cittadino di essere assistito in modo conforme ai valori costituzionali sottesi all'articolo 24 della Costituzione ed al principio di uguaglianza analogamente tutelato costituzionalmente -:
se alla luce dei fatti sopra elencati il Ministro interrogato intenda verificare la situazione e, ove confermata, porre immediatamente in essere tutti i provvedimenti necessari per regolarizzare le corresponsioni degli onorari professionali pendenti presso tutte le Corti d'Appello sul territorio nazionale, consentendo in tempi rapidi, il pagamento delle liquidazioni agli avvocati, in maniera stabile e sicura.
(5-01492)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 16 maggio 2009 l'interrogante, assieme alla professoressa Giulia Simi e al dottor Andrea Francioni, ha visitato la Casa circondariale Santo Spirito di Siena;
l'Istituto occupa un antico convento nel centro storico della città e per la sua fatiscenza e le allarmanti condizioni igienico-sanitarie è completamente inadeguato ad ospitare i detenuti; anche gli uffici del personale sono tutti fuori norma;
le carenze strutturali legate alla vetustà comportano carenze di spazi di socialità, di aree verdi e di aree sportive;
il fatto che il Santo Spirito non sia nato come carcere limita l'utilizzo degli spazi esistenti, di tal che spesso non è possibile impiegare detenuti per svolgere lavori;
i detenuti sono 75 a fronte di una capienza regolamentare di 69 posti: il 35 per cento della popolazione carceraria è composta da stranieri ed il 45 per cento da tossicodipendenti;
nonostante gli stanziamenti del Monte dei Paschi - che hanno consentito di aggiustare almeno in parte fogne e pavimentazione del camminamento - il carcere in questione richiederebbe numerosi, radicali e urgenti interventi di ristrutturazione da effettuare soprattutto nelle celle, quasi tutte infatti sono sudice ed invase da un tanfo irrespirabile; basti pensare al fatto che il gabinetto alla turca è ubicato in un box all'interno della stanza di reclusione;
pur non essendoci il tasso di sovraffollamento registrato in altri istituti, e pur avendo la Direzione del carcere organizzato meritoriamente molti corsi di formazione (teatro, ceramica, giardinaggio, informatica, edilizia, scuola elementare e media), il disagio che i detenuti sono costretti a patire è molto elevato, vuoi perché c'è un solo educatore operativo, peraltro solo tre volte a settimana, ed un solo psicologo in servizio per non più di diciotto ore nell'arco di un intero mese, vuoi perché poche persone recluse hanno la possibilità di svolgere una qualche attività lavorativa; ciò rende inevitabilmente la Casa circondariale di Siena, al pari di altre strutture penitenziarie, un carcere inattivo, ossia un luogo in cui si accumulano tensioni; mentre, al contrario, investire in progetti che aiutino i detenuti a lavorare favorirebbe il loro reinserimento e renderebbe il carcere più gestibile;
l'impossibilità di avviare a programmi di lavoro i detenuti è causata - oltre che da difficoltà oggettive come la mancanza di fondi - anche dall'insufficienza degli educatori presenti in carcere, atteso che sono questi ultimi a dover stilare le relazioni a sostegno della concessione del lavoro esterno;
gli agenti di polizia penitenziaria sono 42 a fronte di una pianta organica composta da 52 unità; però di questi quarantadue tre sono distaccati, nove sono occupati nella traduzioni, mentre cinque donne, per regolamento, non possono prestare servizio nelle sezioni tutte maschili;
la sala adibita al colloquio tra detenuti e parenti e/o figli minorenni presenta un aspetto assai deprimente, il che potrebbe essere facilmente risolto, almeno con il bel tempo, provvedendo a trasferire la stessa nel delizioso giardino centrale curato dai detenuti;
l'insufficienza dei fondi per la gestione dell'Istituto è racchiusa in una frase della direttrice, dottoressa Anna Maria Visone che, alle domande dell'interrogante sul personale ha risposto: «abbiamo tre ragionieri, ma hanno ben poco su cui ragionare»; scarsezza dei fondi che incide in primis, negativamente, sull'organizzazione e sull'espletamento di attività lavorative all'interno del predetto carcere;
le predette condizioni di detenzione sono, all'evidenza, incompatibili con la

funzione rieducativa della pena, costituzionalmente sancita; non v'è dubbio infatti che la struttura di un carcere abbia una ricaduta sensibile sulla qualità della vita al suo interno, sui rapporti tra detenuti e personale penitenziario, nonché sulla garanzia ed il rispetto dei diritti fondamentali delle persone ivi recluse; da questo punto di vista non aiutano sicuramente a far diminuire tensione, frustrazione, disperazione e violenza problemi quali l'igiene precaria (bagno e cucina nello stesso angusto locale) e gabinetti alla turca o water malamente separati dal resto della cella -:
se il Governo non intenda disporre, per i necessari interventi immediati, soprattutto in materia edilizia, adeguati stanziamenti di risorse e un aumento dei mezzi a disposizione della Direzione dell'istituto in modo da consentire un immediato miglioramento della situazione all'interno della Casa circondariale Santo Spirito di Siena e alla polizia penitenziaria di svolgere con efficacia e dignità la propria funzione;
se il Ministro non intenda adottare gli opportuni provvedimenti al fine di aumentare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e degli psicologi in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da renderlo adeguato al numero delle persone recluse;
se e quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare, magari sotto forma di stanziamenti di bilancio, al fine di promuovere e agevolare - perlomeno tra i detenuti condannati con sentenza definitiva già passata in giudicato reclusi nel predetto istituto toscano - lo svolgimento di qualche attività lavorativa, atteso che è certamente più utile al detenuto e alla società far uscire dal carcere persone che sappiano fare qualche lavoro, piuttosto che individui che siano indotti a tornare a delinquere;
se non si ritenga opportuno spostare il luogo destinato allo svolgimento dei colloqui tra detenuti e parenti, quantomeno con l'arrivo della bella stagione, nel giardino centrale presente all'interno del carcere.
(4-03151)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 16 maggio 2009 l'interrogante, assieme alla prof.ssa Giulia Simi e al dott. Andrea Francioni, ha visitato il carcere di Ranza San Gimignano;
nell'istituto di pena in questione, oltre ad un reparto «transito» e ad un reparto «isolamento», si contano otto sezioni in totale, sei di media sicurezza e due di alta sicurezza;
a fronte di una capienza regolamentare di 237 posti, i detenuti presenti sono 341, di questi 115 sono stranieri (17 comunitari e 98 extracomunitari) ed il 35 per cento risulta essere tossicodipendente, ciò a ulteriore riprova del fatto che il sistema carcerario italiano non risulta sovraffollato a causa dei troppi detenuti provenienti dalle fila della criminalità organizzata, quanto piuttosto dal mondo dell'emarginazione (immigrati e, appunto, tossicodipendenti);
rispetto a questo preoccupante tasso di affollamento, nel carcere di Ranza San Gimignano: a) gli agenti di polizia penitenziaria in servizio sono 146 (compresi gli addetti alle traduzioni che sono 13), ciò a fronte di una pianta regolamentare che ne prevede ben 233; b) gli educatori previsti in pianta organica sono 9, ma, oltre al capo-area pedagogica, il servizio è offerto da due sole persone per cinque giorni a settimana con, in aggiunta, un educatore assunto part-time; c) vi è un solo psicologo per venti ore a settimana e un singolo operatore del SERT, mentre la consulenza psichiatrica viene fatta per venti ore in totale nell'arco di un intero mese;
l'insufficienza dell'organico degli agenti di polizia penitenziaria rispetto al numero delle persone recluse comporta

inevitabilmente l'insorgere di rischi per la sicurezza dei detenuti e del personale;
il sovraffollamento, unito alla carenza degli psicologi ed educatori penitenziari, fa sì che i detenuti siano costretti a vivere 20 ore in cella in una condizione di totale disagio; la mancanza di qualsiasi forma di privacy e l'assenza di qualsiasi trattamento rieducativo finalizzato all'eventuale reinserimento sociale dei detenuti determina la totale illegalità del carcere di Ranza San Gimignano; il che è confermato paradossalmente persino dal verificarsi di casi encomiabili come quello di un detenuto che, dopo aver svolto con profitto il percorso scolastico fino al diploma superiore e dopo essersi iscritto alla facoltà di Scienze Politiche di Siena, incontra ora enormi difficoltà nel preparare gli esami atteso che lo stesso si trova costretto a dividere la cella, pensata per un singolo detenuto, con un'altra persona, la quale non fa altro che tenere la televisione sempre accesa essendo questo l'unico passatempo di cui possa disporre nelle 20 ore che trascorre in cella;
il lavoro per i detenuti - ulteriormente ridotto per i tagli di bilancio - è solo quello all'interno dell'istituto: ad esso vi accede una esigua minoranza dei 341 reclusi; il che rende San Gimignano, al pari di altre strutture penitenziarie, un carcere inattivo, ossia un luogo in cui si accumulano tensioni;
mentre, al contrario, investire in progetti che aiutino i detenuti a lavorare aiuterebbe il loro reinserimento e renderebbe il carcere più gestibile;
l'istituto di pena in questione dista 10 Km da San Gimignano e, non essendoci mezzi pubblici di collegamento, per i parenti dei detenuti che non dispongono di un mezzo di trasporto privato c'è solo la costosa alternativa di prendere un taxi o di percorrere a piedi il lungo tragitto; senza considerare che per i congiunti provenienti da altre lontane regioni d'Italia, pernottare nella famosissima località turistica comporta spese insostenibili;
il carcere di San Gimignano, non avendo il collegamento con l'acquedotto, attinge l'acqua dai pozzi artesiani, che però d'estate sono assolutamente insufficienti al punto che, per avere l'acqua potabile, tanto i detenuti quanto il personale si vedono costretti ad acquistare acqua minerale;
va sottolineato che, alla stregua di quanto evidenziato, le condizioni di vita di chi è ristretto nel carcere di San Gimignano sono assolutamente inaccettabili, in quanto, all'evidenza, contrarie al senso di umanità, soprattutto per ciò che concerne il sovraffollamento ad oggi registrato;
va rilevato altresì che, in tale contesto, la pena sofferta dai detenuti non si sostanzia esclusivamente nella, di per sé afflittiva, limitazione della libertà, sommandosi, alla stessa, situazioni che determinano, inevitabilmente, un'inconcepibile lesione della dignità personale degli stessi;
le predette condizioni di vita in cui versano le persone ristrette sono, all'evidenza, incompatibili con la funzione rieducativa della pena, costituzionalmente sancita; la soluzione al sovraffollamento degli istituti di pena non può essere data unicamente dalla costruzione di nuove carceri se la stessa non verrà accompagnata da un maggior ricorso alle misure alternative, ovvero da provvedimenti sicuramente più efficaci nel recupero delle persone condannate, più utili nell'abbattere il tasso di recidiva e meno costosi -:
quali spiegazioni possa dare il Ministro a proposito dello stato del carcere di San Gimignano citato in premessa e quali provvedimenti urgenti intenda adottare per rimediare al suo insostenibile sovraffollamento, atteso che tale situazione rischia di pregiudicare in modo grave sia le condizioni di vita dei detenuti che la sicurezza dell'istituto, nonché le stesse condizioni lavorative del personale dell'amministrazione e della polizia penitenziaria;
quali urgenti iniziative intenda mettere in atto, anche stipulando accordi con

il Comune di San Gimignano, per risolvere il problema, che diviene ancora più grave d'estate, dell'acqua potabile e dei trasporti per il personale e i familiari dei detenuti;
se il Ministro non intenda adottare opportuni provvedimenti al fine di aumentare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, degli educatori e degli psicologi in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da renderlo adeguato al numero delle persone recluse;
se e quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda adottare al fine di promuovere e valorizzare, anche all'interno del carcere di Ranza San Gimignano, esperienze, come quella di Milano, che hanno visto l'istituzione di una sorta di agenzia di collocamento capace di mettere in contatto la mano d'opera, per quanto detenuta, con le possibilità offerte dal mondo del lavoro;
quali siano le iniziative che il Governo intende adottare al fine di risolvere il grave problema della sovrappopolazione carceraria, considerando che l'annuncio dell'apertura di nuove strutture e l'ampliamento di quelle esistenti - peraltro dilazionate nel tempo, non totalmente coperte dai finanziamenti e che richiederebbero un notevole incremento di personale già oggi totalmente carente per le carceri esistenti - non possono costituire l'unico modo per risolverlo.
(4-03152)

CIOCCHETTI e RAO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
non si comprende come, innanzi alle più volte segnalate urgenze di acquisire in Italia strutture per ospitare decorosamente il numero ormai esuberante di detenuti, si lasci ancora inutilizzato e addirittura deteriorato un carcere definito modello come quello di Rieti, progettato secondo nuove e aggiornate normative e con i requisiti atti a poter fornire dignitosi servizi ai cittadini, attualmente reclusi nel vecchio carcere di Santa Scolastica;
tale situazione è avvertita a Rieti come un vero e proprio scandalo, in quanto il funzionamento del carcere rappresenterebbe una risorsa economica e lavorativa di grande rilevanza, in un momento di fortissima crisi e di non poca riduzione del PIL pro capite dei cittadini della Sabina -:
se la struttura penitenziaria abbia tutte le certificazioni necessarie per la sua entrata in funzione e se si sia ad oggi effettivamente provveduto alle consegne dell'impianto tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello della giustizia;
a quanto ammonti la spesa sostenuta a carico dell'Erario per la realizzazione del carcere;
quando sarà reso funzionante il nuovo carcere;
quale sarà il numero dei detenuti che vi saranno ospitati, delle unità di polizia penitenziaria che vi sarà destinato nonché quello del personale dei servizi amministrativi, assistenziali e di aiuto alla persona.
(4-03153)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante, assieme al segretario dell'Associazione radicale «Nessuno Tocchi Caino», Sergio D'Elia e al segretario dell'Associazione RadicaliLecce, Roberto Mancuso, ha visitato il carcere Borgo San Nicola di Lecce;
secondo i dati forniti dal commissario Salvatore Colazzo che ha accompagnato la delegazione nella visita ispettiva, i detenuti ospitati sono 1.277 a fronte di una capienza regolamentare di 681 posti e «tollerata» di 950; tra le persone attualmente recluse, 725 sono state condannate con sentenza già passata in giudicato;
nella sezione femminile l'interrogante ha trovato sei bambini che vivono nelle

celle con le madri, ciò è dovuto al fatto che l'asilo nido presente nella predetta struttura carceraria è inutilizzabile per «carenza di personale»;
il carcere di Lecce, a differenza di altri istituti di pena, non presenta carenze di organico quanto agli agenti di polizia penitenziaria, però all'interno dell'Istituto le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione della popolazione detenuta sono del tutto carenti, basti pensare al fatto che i permessi premio concessi sono appena 23, che nessun detenuto risulta ammesso al lavoro esterno e che solo cinque di loro usufruiscono della semilibertà;
il lavoro per i detenuti - come detto - si svolge solo all'interno dell'istituto: ad esso, così come ai corsi professionali, vi accede solo una esigua minoranza dei 1.277 reclusi; il che rende Borgo San Nicola, al pari di altre strutture penitenziarie, un carcere inattivo, ossia un luogo in cui si accumulano tensioni; mentre, al contrario, investire in progetti che aiutino i detenuti a lavorare aiuterebbe il loro reinserimento e renderebbe il carcere più gestibile; a ciò si aggiunge il fatto che, più in generale, il lavoro alle dipendenze dell'amministrazione carceraria è svolto quasi esclusivamente nei servizi domestici interni con mansioni di basso livello che producono scarsi miglioramenti per il singolo detenuto nella possibilità di re-inclusione lavorativa una volta scontata la pena;
come noto, le cause del basso numero di detenuti che lavorano, oltre al sovraffollamento, sono riconducibili alla scarsa disponibilità di locali e laboratori per il lavoro e la formazione, nonché alle modeste risorse destinate a queste attività e ai docenti; peraltro la già esigua disponibilità di spazi e risorse verrà ulteriormente ridotta dalla costruzione di un nuovo padiglione di 200 posti così come previsto nel piano straordinario di edilizia penitenziaria;
gli articoli dell'ordinamento penitenziario (legge 26 luglio 1975, n. 354) e del regolamento (decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230) sul «trattamento» all'interno delle carceri, se confrontati con la realtà del carcere leccese, rivelano una serie di dati a dir poco sconcertanti: a causa dell'elevato e non più tollerabile tasso di affollamento, infatti, nella struttura penitenziaria in questione non sono garantiti né un livello di igiene adeguato, né spazi pro-capite sufficienti, né la possibilità di continuare ad intrattenere con i propri familiari relazioni umane e civili; senza contare i disagi provocati dalla cronica carenza di organico degli educatori e degli psicologi penitenziari;
il piano di edilizia penitenziaria del Commissario straordinario e Capo del Dap, dottor Franco Ionta, prevede la realizzazione (la data di ultimazione dei lavori stabilita per giugno 2011) di un nuovo padiglione per 200 posti finanziato con i denari della cassa delle ammende, ciò a fronte della totale mancanza di progetti volti al reinserimento sociale dei detenuti leccesi finanziati con i soldi della predetta cassa delle ammende;
il nuovo padiglione è comunque destinato a rimanere inutilizzato se non si provvederà ad aumentare nell'immediato futuro l'organico degli agenti di polizia penitenziaria, atteso che già oggi esistono interi reparti detentivi inutilizzati per mancanza di personale penitenziario da assegnarvi, senza considerare che esiste addirittura un nuovo carcere, quello di Rieti, completato da tempo ma non ancora in funzione per lo stesso motivo;
la costruzione di «nuovi padiglioni» in istituti già esistenti rischia inoltre di sottrarre spazi alle attività lavorative, culturali e sportive dei detenuti e, quindi, di ridurre ancor di più gli aspetti cosiddetti «trattamentali» della pena;
sottolineato che, alla stregua di quanto evidenziato, le condizioni di vita di chi è ristretto nel carcere di Borgo San Nicola, ad oggi, sono assolutamente inaccettabili, in quanto, all'evidenza, contrarie

al senso di umanità, soprattutto per ciò che concerne il sovraffollamento ad oggi registrato;
rilevato altresì che, in tale contesto, la pena sofferta dai detenuti non si sostanzia esclusivamente nella, di per sé afflittiva, limitazione della libertà, sommandosi, alla stessa, situazioni che determinano, inevitabilmente, un'inconcepibile lesione della dignità personale degli stessi;
le predette condizioni di vita in cui versano le persone ristrette sono, all'evidenza, incompatibili con la funzione rieducativa della pena, costituzionalmente sancita; la soluzione al sovraffollamento degli istituti di pena non può essere data unicamente dalla costruzione di nuove carceri se la stessa non verrà accompagnata da un maggior ricorso alle misure alternative, ovvero da provvedimenti sicuramente più efficaci nel recupero delle persone condannate, più utili nell'abbattere il tasso di recidiva e meno costosi -:
quali spiegazioni possa dare il Ministro a proposito dello stato della struttura penitenziaria di Borgo San Nicola e quali provvedimenti urgenti intenda adottare, perlomeno fino alla piena realizzazione del nuovo «piano carceri», per rimediare al suo insostenibile sovraffollamento, atteso che tale situazione rischia di pregiudicare in modo grave sia le condizioni di vita dei detenuti che la sicurezza dell'istituto, nonché le stesse condizioni lavorative del personale dell'amministrazione e della polizia penitenziaria;
se ed in che modo il Ministro intenda potenziare, all'interno della struttura penitenziaria leccese, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che stanno concludendo la pena;
quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ripristinare immediatamente la funzionalità ed operatività dell'asilo nido presente all'interno del carcere, in modo così da salvaguardare lo sviluppo armonico della personalità dei bambini ivi ristretti insieme alle madri;
se il Ministro non intenda adottare gli opportuni provvedimenti al fine di aumentare l'organico degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
quali provvedimenti intenda adottare al fine di aumentare l'organico degli agenti di polizia penitenziaria onde evitare che il nuovo padiglione, una volta costruito, rimanga inutilizzato per carenza di personale;
se ed in che misura la costruzione del cosiddetto «nuovo padiglione» rischi di ridurre ulteriormente gli aspetti «trattamentali» della pena sottraendo spazi alle attività lavorative, culturali e sportive spettanti ai detenuti e cosa intenda fare per evitare che ciò si verifichi;
se non ritenga necessario destinare con urgenza parte dei fondi della Cassa delle ammende, oltre che per la costruzione del nuovo padiglione, anche per finanziare progetti volti a facilitare il reinserimento sociale della popolazione carceraria attualmente ristretta presso la Casa Circondariale di Lecce;
quali siano le iniziative che il Governo intende adottare al fine di risolvere il grave problema della sovrappopolazione carceraria, considerando che l'annuncio dell'apertura di nuove strutture e l'ampliamento di quelle esistenti - peraltro dilazionate nel tempo, non totalmente coperte dai finanziamenti, e che richiederebbero un notevole incremento di personale già oggi totalmente carente per le carceri esistenti - non possono costituire l'unico modo per risolverlo.
(4-03154)

ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 8 febbraio 2001 prevede un organico di personale di polizia penitenziaria operante presso la

casa circondariale di Reggio Emilia pari a 144 unità. L'effettiva entità di quelle amministrate è di 127 unità da cui si devono espungere 17 unità distaccate presso altre sedi portando la carenza di personale a circa 39 unità;
l'efficacia del predetto decreto 8 febbraio 2001 non è più rispondente alle effettive esigenze organizzative della struttura penitenziaria di Reggio Emilia, sia per l'aumento dei posti di servizio, sia per l'incremento della popolazione;
il problema del sovraffollamento del carcere in questione è uno dei fattori più critici della struttura penitenziaria, infatti a fronte di una capienza regolamentare di 161 detenuti e di una capienza tollerabile di 279 detenuti, la popolazione detenuta effettivamente presente è di 352 soggetti di cui 217 sono stranieri e quasi tutti irregolari;
il sovraffollamento ha comportato l'incremento del carico di lavoro per tutti i settori dell'istituto penitenziario, ma in particolar modo è stato generato dal turnover ingresso/uscite che è pari a circa 100 soggetti che vengono posti in stato di fermo o di arresto per motivi lievi e che con l'udienza direttissima vengono poi rimessi in libertà;
si fa presente che dal momento che il tribunale di Reggio Emilia nella giornata del sabato non garantisce le udienze, il Procuratore della Repubblica di Reggio Emilia dispone l'accompagnamento dei detenuti in carcere e comunque fino al lunedì per essere sottoposti alle udienze direttissime, pertanto per evitare il citato incremento dell'attività lavorativa e la forza presente di detenuti in carcere, sarebbe opportuno che le persone detenute fossero ristrette nelle camere di sicurezza della Forza di Polizia procedente (Carabinieri, Polizia, eccetera) oppure che il tribunale facesse le udienze anche al sabato;
per motivi di opportunità e sicurezza degli istituti penitenziari, stante anche alla drastica riduzione di risorse umane nella fascia oraria dalle 24 alle 8 sarebbe opportuno che fosse disposta la chiusura del carcere durante l'orario sopra citato;
il sindacato autonomo di polizia penitenziaria di Reggio Emilia, nel far presente le predette problematiche, ha proposto possibili risoluzioni immediate;
per evitare l'implosione, eventuali e non escludibili eventi critici come ad esempio colluttazioni, risse per futili motivi che possono essere generate anche dagli spazi ridotti che è riservato a ciascun detenuto anche per meglio garantire i livelli standard di sicurezza degli istituti penitenziari, sarebbe necessario che il Dipartimento competente del Ministero della giustizia disponesse un allontanamento di almeno 100 detenuti dalla Casa circondariale di Reggio Emilia e di almeno 30 internati dall'OPG di Reggio Emilia;
inoltre, in previsione della conclusione dei corsi di formazione dei neo agenti, in atto nelle scuole di formazione e di aggiornamento per la Polizia penitenziaria di Catania e di Parma, si dovrebbe provvedere ad integrare gli organici dei reparti operanti presso gli istituti penitenziari di Reggio Emilia, con almeno 20 unità da destinare alla Casa circondariale, di 20 unità da destinare all'OPG e di 10 unità da destinare al Nucleo traduzioni e piantonamenti sede -:
se il Ministro sia al corrente delle criticità che interessano la Casa circondariale di Reggio Emilia quali descritte in premessa ed in tali circostanze se non intenda con la massima urgenza attivarsi per risolverle, anche valutando la necessità di intervenire secondo le opzioni che prevedono l'allontanamento di almeno 100 detenuti dalla Casa circondariale e di almeno 30 internati dall'OPG di Reggio Emilia, nonché l'incremento degli organici dei reparti operanti presso gli istituti penitenziari di Reggio Emilia, con almeno 20 unità da destinare alla Casa circondariale, di 20 unità da destinare all'OPG e di 10 unità da destinare al Nucleo traduzioni e piantonamenti sede.
(4-03170)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il tribunale di Bari ventuno presunti mafiosi e trafficanti di droga sono stati scarcerati, perché il giudice che ha emesso il dispositivo della sentenza di primo grado il 16 gennaio 2008, non ha ancora depositato le motivazioni. Da allora il magistrato aveva chiesto e ottenuto due proroghe da 90 giorni ciascuna per il deposito, vista la complessità e il grande numero di imputati nel processo. Nonostante ciò ad ottobre saranno scarcerate altre trenta persone, tutte condannate a più di dieci anni. Si tratta di alcuni dei 160 imputati del maxiprocesso «Eclissi» nei confronti del clan mafioso barese degli Strisciuglio, egemone nel capoluogo pugliese e in comuni della provincia. Nei confronti degli imputati che tornano in libertà sono scaduti i «termini di fase che decorrono dalla data di lettura del dispositivo di sentenza all'avvio del processo di secondo grado;
in merito alle sanzioni disciplinari nei confronti del giudice in questione, la prima commissione di Palazzo dei Marescialli ha deciso che, mancando nei tribunali italiani dei rigidi sistemi di controllo sul rispetto dei termini di deposito delle motivazioni delle sentenze, che consentano ai dirigenti degli uffici di sollecitare i giudici ritardatari, i magistrati non possono essere ritenuti responsabili al 100 per cento delle loro omissioni e degli effetti che questi producono. Quindi, per quanto attiene la competenza del Csm, l'esercizio dell'azione disciplinare spetta di fatto al Ministro della Giustizia e al Procuratore Generale della Cassazione;
il 16 aprile scorso alcuni ispettori del Ministero di Giustizia sono andati a verificare i motivi per i quali la sentenza emessa nei confronti degli imputati all'esito di un giudizio abbreviato, celebrato nel gennaio del 2008, non sia stata ancora depositata. Anche il Csm, presieduto da Nicola Mancino, si era detto disponibile ad intervenire per capire ed eventualmente sanzionare il giudice, da poco promosso a presidente del tribunale dei minorenni di Bari. A sua difesa si è invece schierato il presidente dell'ufficio gip-gup del tribunale di Bari, il quale ha affermato che «la procura dovrebbe evitare di istruire i maxi-processi. Non è possibile per un solo giudice, del quale sono note le straordinarie capacità tecniche, giudicare 160 persone accusate di 53 capi di imputazione nei tempi previsti dal Codice» -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare per evitare il ripetersi di episodi così incresciosi per il sistema giudiziario italiano.
(4-03200)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 25 maggio l'interrogante, assieme al militante radicale Francesco Giachini e all'esponente aretino del PD Roberto Vasai, ha visitato la casa circondariale di Arezzo;
nell'istituto di pena in questione risultano recluse 121 persone a fronte di una capienza regolamentare di 65 posti; tra le persone attualmente recluse, più della metà (73) risultano essere stranieri fra comunitari ed extracomunitari, 27 sono state condannate con sentenza già passata in giudicato, mentre 51 sono ancora in attesa di giudizio; i tossicodipendenti sono 52, dodici dei quali sono sottoposti a terapia metadonica e uno di loro è affetto da HIV;
la struttura carceraria, costruita nel 1929, nonostante i lavori di ristrutturazione compiuti qualche anno fa, rimane fatiscente ed inadeguata ad ospitare un numero così elevato di detenuti: al suo interno vi è una sostanziale mancanza di spazi ed aree verdi (le attività motorie vengono svolte all'interno dei passeggi), le celle contengono anche fino a 8 detenuti, alcune di queste hanno solo tre sgabelli; il pavimento dei corridoi non è in buono stato; inoltre, a causa della mancanza delle risorse economiche, ultimamente

hanno cominciato a scarseggiare anche prodotti essenziali quali carta igienica, scope e detersivi per la pulizia delle celle;
la Casa circondariale di Arezzo, come altri istituti di pena, presenta vistose carenze di organico anche quanto agli agenti di polizia penitenziaria, visto e considerato che di agenti in servizio ne mancano venti rispetto a quanto previsto e stabilito dalla pianta organica dell'istituto;
all'interno del carcere le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione della popolazione detenuta sono del tutto carenti, basti pensare al fatto che di educatori realmente in servizio se ne conta solo uno, che soltanto un detenuto usufruisce della semilibertà mentre sono appena quattordici i reclusi ai quali è consentito lavorare all'interno del carcere; per il resto, a parte la presenza della scuola media e di un corso di alfabetizzazione, le persone recluse non svolgono alcun tipo di attività rimanendo chiuse in cella anche venti ore al giorno;
il lavoro per i detenuti - come detto - si svolge solo all'interno dell'istituto: ad esso vi accede solo una esigua minoranza dei 121 reclusi; il che rende il carcere di Arezzo, al pari di altre strutture penitenziarie, un carcere inattivo, ossia un luogo in cui si accumulano tensioni; mentre, al contrario, investire in progetti che aiutino i detenuti a lavorare favorirebbe il loro reinserimento e renderebbe il carcere più gestibile; a ciò si aggiunge il fatto che, più in generale, il lavoro alle dipendenze dell'amministrazione carceraria è svolto quasi esclusivamente nei servizi domestici interni con mansioni di basso livello che producono scarsi miglioramenti per il singolo detenuto nella possibilità di re-inclusione lavorativa una volta scontata la pena;
nell'istituto di pena aretino è evidente la mancanza di locali per laboratori e spazi per la socialità, se si eccettuano la palestra, la scuola e la biblioteca: il che comporta che nelle ore d'apertura i detenuti siano costretti ad andare nei passeggi di cemento che, quanto a ristrettezza e calore riflesso, sono ai limiti del sopportabile, specie d'estate;
alla stregua di quanto evidenziato, le condizioni di vita di chi è ristretto nel carcere di Arezzo, ad oggi, sono assolutamente inaccettabili, in quanto, all'evidenza, contrarie al senso di umanità, soprattutto per ciò che concerne il sovraffollamento ad oggi registrato;
in tale contesto, la pena sofferta dai detenuti non si sostanzia esclusivamente nella, di per sé afflittiva, limitazione della libertà, sommandosi, alla stessa, situazioni che determinano, inevitabilmente, un'inconcepibile lesione della dignità personale degli stessi;
le predette condizioni di vita in cui versano le persone ristrette sono, all'evidenza, incompatibili con la funzione rieducativa della pena, costituzionalmente sancita;
la soluzione al sovraffollamento degli istituti di pena non può essere data unicamente dalla costruzione di nuove carceri se la stessa non verrà accompagnata da un maggior ricorso alle misure alternative, ovvero da provvedimenti sicuramente più efficaci nel recupero delle persone condannate, più utili nell'abbattere il tasso di recidiva e meno costosi -:
quali spiegazioni possa dare il Ministro a proposito dello stato in cui versa la Casa Circondariale di Arezzo e quali provvedimenti urgenti intenda adottare, perlomeno fino alla piena realizzazione del nuovo «piano carceri», per riportare la predetta struttura penitenziaria nella legalità rimediando al suo insostenibile sovraffollamento, atteso che tale situazione rischia di pregiudicare in modo grave sia le condizioni di vita dei detenuti che la sicurezza dell'istituto, nonché le stesse condizioni lavorative del personale dell'amministrazione e della polizia penitenziaria;
se ed in che modo il Ministro intenda potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai

detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se il Ministro non intenda adottare gli opportuni provvedimenti al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
quali siano le iniziative che il Governo intende adottare al fine di risolvere il grave problema della sovrappopolazione carceraria, considerando che l'annuncio dell'apertura di nuove strutture e l'ampliamento di quelle esistenti - peraltro dilazionate nel tempo, non totalmente coperte dai finanziamenti, e che richiederebbero un notevole incremento di personale già oggi totalmente carente per le carceri esistenti - non possono costituire l'unico modo per risolverlo.
(4-03201)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in Italia esistono una ventina di nuove strutture carcerarie non ancora utilizzate, utilizzate impropriamente come residenze abusive. È questa la situazione che si registra, se si osservano le condizioni delle nuove carceri, chiamate «prigioni fantasma», che vanno da Pinerolo a Reggio Calabria, da Castelnuovo Daunia a San Valentino in Abruzzo;
mentre le carceri attualmente in uso scoppiano, a causa del surplus di detenuti al loro interno, le strutture di nuova creazione, non vengono ancora utilizzate, nonostante la loro capacità di ospitare in totale, al loro interno, circa 17mila detenuti. Cifra di non poco conto, se si considera che in Italia, ogni mese, varcano le strutture carcerarie circa 700 persone;
ad esempio, il carcere Gleno di Bergamo, possiede un padiglione completamente nuovo formato da corridoi luminosi, ampie celle, ognuna con una toilette interna, e telecamere a circuito chiuso, sia all'interno che all'esterno della struttura. Il provveditore alle carceri della Regione Lombardia, Luigi Pagano, afferma però che la struttura non può essere aperta a causa di carenza di personale;
a Reggio Calabria, un carcere, finito nel 2005 e costato 90 milioni di euro, è ancora chiuso perché non è stata creata una strada per raggiungerlo. La via di accesso è un sentiero che passa tra i vigneti, mentre, per paradosso, a San Vittore i detenuti devono dormire sui materassi per terra, perché non c'è spazio per le brandine da campo. San Vittore potrebbe ospitare al massimo 700 detenuti, attualmente ne contiene 1.500;
commentando lo stato delle carceri italiane, lo stesso Ministro della Giustizia ha affermato che vengono meno le condizioni di attuazione del principio di umanità nell'esecuzione della pena. Il sovraffollamento del sistema penitenziario italiano, infatti, sta sfiorando la soglia dei 60.000 detenuti, circa 17.000 in più della capienza regolamentare;
anche Patrizio Gonnella, presidente dell'associazione «Antigone» condivide la posizione del Ministro della Giustizia, sulla inumanità della pena scontata negli istituti, affermando che sarebbero però necessarie sanzioni alternative alla detenzione, fin dalla decisione del giudice. Soltanto in questo modo, secondo Gonnella, si lascerà lo spazio adeguato alla reclusione di chi è socialmente pericoloso -:
quali misure urgenti il Ministro intenda intraprendere, per far sì che le strutture carcerarie italiane, di nuova costruzione e non ancora utilizzate, siano rese operative ed utilizzabili nel più breve tempo possibile, grazie anche ad una eventuale redistribuzione del personale penitenziario ad oggi esistente.
(4-03204)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio d'Europa ha nuovamente invitato l'Italia ad avviare le riforme necessarie per abbreviare la durata dei procedimenti

civili e penali, dando anche un limite di tempo per l'adeguamento: il 2009 per le procedure amministrative e giugno 2010 per i processi civili e penali. In esecuzione delle sentenze della Corte europea dei diritti dell'uomo, il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha adottato una risoluzione, nella quale si lancia un appello alle autorità italiane affinché siano moltiplicati gli sforzi per un'adozione rapida delle misure già sul tavolo relative alle procedure civili e penali, chiedendo anche un'urgente adozione delle misure appositamente concepite per ridurre gli arretrati nei processi civili, penali ed amministrativi;
secondo lo studio concluso dal Consiglio d'Europa, in Italia un processo civile dura in media 1.210 giorni, in Germania, che è al nono posto 394 giorni. La Francia è al decimo con 331 giorni, il Regno Unito al ventiquattresimo con 404 giorni, la Spagna al cinquantaquattresimo con 515 giorni, il nostro Paese si trova così ad occupare la centocinquantaseiesimo posizione, su 181 paesi presi in considerazione dalla Banca Mondiale: nella graduatoria viene dopo Angola, Gabon, Guinea, e Sao Tomè e precede Gibuti, Liberia, Sri Lanka e Trinidad;
il Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha ribadito che, a causa degli eccessivi «tempi morti» delle procedure giudiziarie, nei tribunali italiani restano in sospeso 5 milioni e mezzo di procedimenti civili e oltre 3 milioni di procedimenti penali. Nel 2008 il costo che, in base alla legge Pinto, l'erario dello Stato ha elargito per i risarcimenti causati dalla lentezza dei processi, è stato di 32 milioni di euro. In base a queste considerazioni, il Comitato di Strasburgo suggerisce anche di modificare la legge Pinto, con la creazione di un sistema di finanziamento che acceleri l'indennizzo per le sanzioni previste dalle numerose condanne all'Italia della Corte europea dei diritti dell'uomo -:
quali iniziative urgenti il Ministro intenda adottare, per far sì che l'iter dei processi civili e penali risulti più fluido, evitando di incappare in inutili lungaggini burocratiche, anche mediante l'utilizzo delle tecnologie informatiche.
(4-03205)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

SCHIRRU, CALVISI, MARROCU, FADDA, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI e PES. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 25 maggio 2009 è stata comunicata, alla Keller Elettromeccanica Spa, la decisione di Trenitalia di sopprimere la corsa

del 27/28 maggio 2009 della nave traghetto Garibaldi nella tratta Civitavecchia/Golfo Aranci;
quanto sopra ha impedito l'uscita di carrozze revisionate dalla Keller Elettromeccanica Spa di Villacidro già collaudate e pronte per l'uscita e attese con urgenza dalla Divisione Passeggeri e Regionale di Trenitalia;
la soppressione della tratta ha interrotto l'arrivo in Keller di ulteriori rotabili da revisionare (erano pronte a Civitavecchia cinque carrozze), pregiudicando l'attività lavorativa dell'azienda, con conseguenze gravi anche dal punto di vista occupazionale;
nei giorni scorsi Trenitalia/RFI avrebbe deciso di sopprimere la linea Civitavecchia-Golfo Aranci (in quest'ottica, pare esista un ordine di servizio interno di Trenitalia/RFI), a partire dal 1o giugno 2009, determinando, di fatto, l'eliminazione definitiva del trasporto merci su rotaia in tutta la Sardegna, visto che riguarda l'unico servizio merci su rotaia attivo per la Regione Sardegna e di conseguenza anche del servizio di traghettamento dei veicoli ferroviari;
la cancellazione dell'unico servizio su rotaia senza individuazione di valide e concrete alternative significa, per la Sardegna, un ulteriore indebolimento di un sistema infrastrutturale nevralgico, per il quale i sardi hanno pagato ampiamente in termini economici, basti ricordare che le Navi Traghetto delle F.S. sono state acquistate con il contributo della regione Sardegna. Mentre nel resto d'Italia si assiste ad investimenti finalizzati ad opere di infrastrutturazione, in Sardegna si assiste ad operazioni inverse peggiorando le condizioni di difficoltà economica derivanti dalla nostra insularità. La centralità della questione sta quindi nella volontà di F.S. di abbandonare la Sardegna ritenendola, a torto anche sul piano economico, un semplice costo;
l'impressione è che, ancora una volta, non si stia valutando nella giusta misura la portata del provvedimento delle Ferrovie dello Stato, che risulta essere in evidente contrasto non solo con gli indirizzi strategici forniti dalle politiche nazionali ed europee dei trasporti, che mirano a incentivare il trasporto merci su linea ferroviaria, ma anche con il piano regionale dei trasporti che prevede il riequilibrio modale del trasporto di merci e persone con misure a favore del trasporto su rotaie;
la quantità di personale direttamente impegnato nelle ferrovie colpito dalla chiusura del settore merci in Sardegna inoltre è davvero consistente: tra ferrovieri della Divisione Cargo, macchinisti ferrovieri, ferrovieri dell'impianto di Golfo Aranci e di Civitavecchia, ferrovieri sardi imbarcati sulla NT Garibaldi e quelli, sempre imbarcati, facenti capo a Civitavecchia, dipendenti della ditta appalti F.S. ferrovieri di R.F.I. (capi stazione e manovratori decreto ministeriale) che, a causa della mancanza di treni merci, non troverebbero più utilizzo in linea ferroviaria Sarda lavoratori dell'indotto, si stima che i posti di lavoro a rischio siano oltre 300. I sindacati della Gallura ipotizzano il venire meno di 120 buste paga nella sola realtà di Olbia Golfo Aranci;
la situazione della Keller Elettromeccanica nello stabilimento di Villacidro appare poi drammatica: costruisce e ripara rotabili ferroviari di ogni tipo e rappresenta una delle realtà industriali più importanti in Sardegna;
attualmente, la Keller Elettromeccanica ha in essere numerosi contratti con Trenitalia, e garantisce direttamente la piena occupazione a circa 300 dipendenti ai quali si sommano ulteriori 80 addetti per le lavorazioni affidate all'indotto, che operano all'interno dei propri impianti;
la Keller Elettromeccanica produce, inoltre, lavoro per una significativa filiera di piccole e medie imprese sarde, che forniscono all'azienda sub componenti e attività di vario tipo; la definitiva soppressione del servizio marittimo di trasporto dei rotabili ferroviari bloccherebbe immediatamente

tutte le attività dello stabilimento Kelier di Villacidro, in quanto tutti i rotabili in lavorazione presso il citato stabilimento possono essere trasportati fuori dalla Sardegna solo via mare, per ragioni di ingombro, peso e circolabilità stradale; la citata soppressione costituisce una vera e propria incognita sulla stessa stabilità operativa della Keller Elettromeccanica, ponendo il territorio isolano a confronto con locazioni industriali che si presentano più attrattive e favorevoli, con il rischio di perdere una delle attività industriali più vive e che impiega diverse centinaia di posti di lavoro;
già nel maggio 2008, con atto di sindacato ispettivo 5-00043 è stata posta attenzione sui rischi paventati, anche in tale periodo, circa la ipotizzata chiusura senza alternative del servizio di trasporto merci su ferrovia tra Golfo Aranci e Civitavecchia -:
quali iniziative intenda assumere al fine di scongiurare la chiusura del richiamato servizio e le gravi conseguenze industriali e occupazionali che ne deriverebbero;
come si intenda intervenire per garantire l'efficacia e l'efficienza della continuità territoriale delle merci da e per la Sardegna, affinché il comparto industriale della regione non subisca il peso delle sue condizioni geografiche di insularità.
(5-01482)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le «stazioni fantasma» di Arcene, Stezzano e Levate, in provincia di Bergamo, sono al centro di una vicenda che si protrae dal 2001, anno in cui tutti i sindaci interessati alla tratta ferroviaria Bergamo-Treviglio Ovest, Rete Ferroviaria Italiana e la Provincia di Bergamo, hanno sottoscritto l'accordo di programma per la realizzazione del raddoppio ferroviario e delle relative opere utili ai pendolari delle nuove stazioni. Il raddoppio dei binari era stato inaugurato a luglio 2005, ma già ad ottobre di quell'anno la Regione aveva convocato un Collegio di vigilanza per affrontare la delicata situazione delle stazioni interessate. Come denunciano i sindaci, da allora, non c'è stata alcuna comunicazione a riguardo, tanto che nel 2007 le amministrazioni comunali di Levate e Stezzano hanno chiesto a Rete Ferroviaria Italiana le necessarie risorse economiche per procedere autonomamente con le opere, visto che la stessa RFI non si era ancora adoperata per la costruzione di quanto promesso, cioè parcheggi e strade per le nuove stazioni;
ad ottobre 2008 l'allora procuratore generale della Corte dei conti, Domenico Spadaio si era recato, con alcuni agenti della Guardia di finanza, presso le stazioni di Arcene e Stezzano, per verificare le critiche sollevate sulla gestione di questo particolare capitolo del raddoppio della linea Bergamo-Treviglio. Ad Arcene la stazione è isolata dal resto della città, mentre a Stezzano, i lavori non erano ancora iniziati. A seguito di un confronto con i sindaci delle cittadine interessate, fino ad ottobre 2008 si erano spesi oltre 69 milioni di euro per la realizzazione delle infrastrutture. Per portare a compimento le opere, si necessitava, secondo quanto dichiarato dai rappresentanti di RFI, altri 26 milioni di euro. Questo blocco ha portato ad una situazione di stallo e di diffuso malcontento, perché i fondi sono necessari al nuovo servizio di collegamento Bergamo-Treviglio, necessari al corretto funzionamento delle tre nuove stazioni, utili allo snellimento del flusso di traffico riguardante la linea Bergamo-Milano, che deve essere accelerata, migliorata e condotta a puntualità;
lo scorso anno, anche il sottosegretario di Stato alle infrastrutture, onorevole Roberto Castelli, ha confermato la situazione sopra descritta. Il raddoppio del binario della linea Bergamo-Treviglio Ovest rientrava nel piano, ideato per Malpensa 2009, non ancora portato a compimento. Infatti, non solo non sono state

attivate le fermate di Arcene e Levate, ma non sono ancora stati completati i lavori della stazione di Stezzano dove, a causa dell'intersezione tra ferrovia e autostrada, bisognerà realizzare un parcheggio provvisorio in attesa di avere lo spazio per quello definitivo e spostare parte dei binari;
durante l'inaugurazione dell'Anno giudiziario 2009, avvenuta lo scorso marzo, la Corte dei conti, insieme alle altre magistrature, ha svolto un momento di riflessione sull'andamento della giustizia erariale nel 2008 e sulle novità legislative che si proiettano nel nuovo anno giudiziario. Tra i dati statistici del 2008, anche il nuovo Procuratore regionale Eugenio Francesco Schlitzer ha richiamato l'attenzione sul caso emblematico di disutilità, per la collettività intera, delle «stazioni fantasma» di Arcene e Stezzano, che ora dispongono delle adeguate strutture per il loro corretto utilizzo, mentre non si è ancora predisposta l'attivazione di convogli ferroviari, in favore dei già penalizzati pendolari. Il magistrato Paolo Evangelista, che risiede a Bergamo, ha affermato di voler far chiarezza nel più breve tempo possibile, per questo sono tuttora in corso di accertamento le responsabilità di tutti gli enti coinvolti nella gravosa e penalizzante vicenda;
purtroppo la situazione ha registrato un ennesimo sconcertante stop il 18 aprile, giorno in cui il direttore generale di Trenitalia Lombardia, Fiorenzo Martini, ha confermato su Radio Rai 1 che nessuna delle tre nuove stazioni bergamasche di Arcene, Stezzano e Levate sarà attivata, come promesso, il mese di giugno. Il motivo principale del mancato rispetto di quanto previsto, sta nella mancanza di adeguate risorse finanziarie. Secondo quanto affermato dallo stesso Martini, il piano delle risorse necessarie non sarebbe stato definito in base alle reali esigenze del relativo tratto ferroviario. Per questo si auspica che l'attivazione delle infrastrutture possa avvenire entro il prossimo settembre, dopo un confronto con la Regione Lombardia. Per quanto attiene alle accuse che la stessa RFI rivolge alle amministrazioni degli enti locali coinvolti, i sindaci ribadiscono che ad Arcene il parcheggio è stato volontariamente preso in carico dal Comune e consegnato in anticipo e a Stezzano il ritardo è effettivo, ma è stato prodotto da RFI e non dall'Amministrazione locale che si è sostituita ad essa di recente per recuperare sui ritardi accumulati -:
se il Ministro intenda accertarsi delle effettive responsabilità di RFI per i ritardi nell'esecuzione dei lavori riguardanti le infrastrutture ferroviarie di Arcene, Stezzano e Levate;
quali misure urgenti il Ministro intenda intraprendere per avviare, quanto prima, un'adeguata soluzione fattiva della problematicità sopra descritta.
(4-03169)

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 13 gennaio 2009 è nata la Compagnia Aerea Italiana, CAI, che ha rilevato parte degli assets remunerativi, insieme alla titolarità del marchio industriale, da Alitalia - Linee Aeree Italiane S.p.A.;
i pesanti oneri a carico di tutta la collettività, 5 miliardi di euro secondo l'Università L. Bocconi, sono stati giustificati dalla salvaguardia della cosiddetta «italianità» della linea aerea e da un'ipotizzata ristrutturazione della compagnia meno onerosa verso i dipendenti Alitalia rispetto ai progetti di acquisizione di altri competitori;
gli atti concreti di CAI sembrano però dimostrare il contrario;
tra tutte la decisione di chiudere la rappresentanza commerciale Alitalia presso l'aeroporto «Amerigo Vespucci» di Firenze, ma si potrebbero citare anche gli esempi di riduzione della presenza presso altri scali italiani;

la nuova azienda è in effetti partita con il nuovo assetto il 13 gennaio 2009 con notevole riduzione di personale, circa 8.000 persone. A Firenze si è passati da 15 unità a 5 unità e dopo soli 4 mesi, si apprende dal personale aeroportuale ivi impiegato, che a partire dal 1o luglio 2009 verrà definitivamente chiusa la Rappresentanza commerciale di Firenze attualmente sede per la Toscana e l'Umbria;
l'assenza di un ufficio Alitalia in uno dei più importanti aeroporti italiani, in una della città d'arte più famose del mondo, metà ogni anno di milioni di turisti provenienti da tutti i continenti, oltre che lasciare spazio alla concorrenza di altre compagnie, danneggia un patrimonio di affiliazione alla clientela costruito dopo lunghi anni di presenza sul mercato -:
quali iniziative, i Ministri interrogati, intendano assumere per verificare gli accordi sindacali fissati durante la lunga vertenza Alitalia-CAI;
se i Ministri interrogati, di concerto con tutto l'esecutivo, vogliano attuare un'opera di «moral suasion» intesa a mantenere la piena occupazione di tutte le risorse umane già previste dal piano di cessione a CAI, ad esempio affidando lo stesso personale alla società di gestione dell'aeroporto di Peretola, come avvenuto in altri scali nazionali.
(4-03171)

MELIS. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'Aeroporto di Alghero-Fertilia la Sogeaal s.p.a., in forza di una convenzione stipulata con l'Enac (Ente nazionale per l'aviazione civile) nel 2005, nell'ambito dei finanziamenti APQRAS, ha bandito e realizzato entro il 2006 opere riguardanti la pista di volo, via di rullaggio e piazzale di sosta auto per l'importo di circa 25 milioni di euro;
la convenzione prevedeva che Sogeaal anticipasse l'importo degli stati di avanzamento dei lavori e che Enac reintegrasse le somme anticipate (secondo norma e prassi, entro 60 giorni);
i fondi relativi (circa 43 milioni di euro complessivi per gli aeroporti di Alghero, Olbia e Cagliari) - a seguito di non meglio definite «complicazioni» intervenute tra il Ministero dell'economia, quello dei trasporti, la Regione Sardegna e l'Enac, sono stati trasferiti dalla Regione Sardegna all'Enac con forte ritardo, solo nel dicembre 2008;
visti i ritardi e l'esposizione di Sogeeal, il consiglio di amministrazione di Enac deliberò, sulla base di una nota della Regione Sardegna, di anticipare dai propri fondi gli importi necessari alla copertura dei lavori; il che è in effetti avvenuto, ma solo parzialmente (13 milioni di euro tra il 2007 e il 2008);
nel frattempo la prolungata esposizione di Sogeeal verso le imprese e la mancanza di certezze sui tempi del reintegro delle somme ha compromesso la stabilità finanziaria di questa società, determinandola, su precisa richiesta del collegio sindacale, a chiamare in giudizio Enac;
il 16 febbraio 2009 il Tribunale di Roma, esecuzioni immobiliari, dopo il pignoramento delle somme dell'Enac presso la Banca nazionale del lavoro, ha ordinato la liquidazione di 2.5 milioni di euro a favore di Sogeaal per interessi e quota capitale;
sempre nel 2005 (nel mese di dicembre) sono stati aggiudicati i lavori di ristrutturazione della vecchia aerostazione di Alghero-Fertilia per circa 5 milioni di euro. Ma tali lavori sono stati bloccati (salvo una piccola parte autofinanziata da Sogeaal per 700.000 euro) perché Enac, anche dopo essere venuta nella piena disponibilità dei fondi ad esso trasferiti dalla Regione Sardegna, non ha sottoscritto l'atto aggiuntivo della convenzione sopra citata, adducendo pretestuosamente il mancato perfezionamento del trasferimento allo stesso Enac delle opere di cui

al punto precedente, ma in realtà pretendendo in cambio dell'adempimento (un adempimento dovuto) la rinuncia da parte Sogeaal a quanto stabilito in suo favore dal Tribunale di Roma;
tutto ciò ha creato e crea, come è comprensibile, gravissimi problemi a Sogeaal, che, essendo trascorsi quasi 4 anni dalla aggiudicazione dei lavori, deve subire da parte della ditta esecutrice, vincitrice a suo tempo di una regolare gara d'appalto, una concreta minaccia sia di risoluzione del rapporto sia di risarcimento danni. Si aggiunga che il lunghissimo periodo trascorso comporta che nel frattempo siano lievitati considerevolmente i prezzi -:
se il Ministro sia al corrente del comportamento di Enac e se non intenda intervenire perché detto ente firmi senza ulteriori indugi l'atto aggiuntivo alla convenzione, dando luogo al trasferimento delle relative somme a Sogeaal e ponendo così termine a una insostenibile inadempienza che arreca grave danno a Sogeaal, alle imprese vincitrici della gara e allo stesso erario.
(4-03175)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni, in Abruzzo ed in special modo nei paesi gravemente colpiti dal terremoto, progettisti, geometri ed architetti sono impegnati a rilevare i danni subiti dalle abitazioni. Interi quartieri sono da abbattere, borghi da restaurare, alberghi da ricostruire, ma quello che sta preoccupando la popolazione è che gli aiuti finanziari non siano altro che l'inizio di una vasta speculazione, nata dalla necessità di una veloce e repentina ricostruzione;
la macchina operativa, che verrà messa in moto a breve, prevede costi di progettazione, di direzione lavori, oneri per la sicurezza, per il collaudatore, che seguiranno questo iter: ispezione dell'abitazione, preventivo del tecnico con relativo timbro e saldo da parte dell'amministrazione competente. Il rischio è che dietro questi semplici passaggi si nascondano artifici ben più pesanti per le casse delle amministrazioni locali: aumenti del costo della perizia, aumenti del costo complessivo dell'opera ed appalti che generano subappalti, a cui tenteranno di partecipare i clan criminali e mafiosi;
il rischio è proprio che i clan organizzati di camorra, di mafia e di 'ndrangheta arrivino a spartirsi in tempo di crisi il business della ricostruzione, dato che già prima del terremoto le organizzazioni malavitose avevano cominciato a infiltrarsi nella pubblica amministrazione in Abruzzo, come emerge dalle indagini della Procura della Repubblica dell'Aquila, coordinata dalla Direzione nazionale antimafia. Gli investigatori stanno lavorando alacremente per mettere a punto le strategie atte a preservare l'ingente mole di denaro stanziata per la ricostruzione;
secondo i rapporti giudiziari, da alcuni mesi le indagini hanno evidenziato il pericolo di possibili infiltrazioni mafiose e in particolare di Cosa Nostra nel settore degli appalti e dello smaltimento dei rifiuti, attraverso la costituzione e il trasferimento in Abruzzo di società che potrebbero servire da un lato come serbatoio per il riciclaggio di denaro sporco e dall'altro mezzi per ottenere finanziamenti pubblici e appalti per lo smaltimento dei rifiuti. A tal proposito lo stesso procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso si è espresso affermando che «L'esperienza del passato del dopo terremoto nell'irpinia ci serve da esperienza per valutare e prevenire quello che può accadere in Abruzzo»;
sino ad oggi a L'Aquila non sono stati presenti grandi casi di infiltrazioni mafiose, perché mancava la possibilità di grandi affari. Ora, purtroppo, a causa della sciagura provocata dal terremoto del 6 aprile, si apre un enorme cantiere con i conseguenti rischi potenziali. Sia il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente, che il Presidente della Provincia, Stefania Pezzopane, hanno auspicato la creazione di una commissione di inchiesta in grado di controllare

le attività inerenti alla ricostruzione dei paesi danneggiati -:
se il Ministro intenda provvedere alla creazione di una commissione governativa speciale di inchiesta relativa al controllo delle attività di ricostruzione dei paesi danneggiati, che vigili sia sull'attribuzione degli appalti che sul rispetto della normativa anti-sismica;
quali misure urgenti il Ministro voglia intraprendere per fronteggiare e debellare il pericolo di infiltrazioni mafiose nell'attività di ricostruzione degli edifici distrutti dal terremoto.
(4-03187)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sulla tratta ferroviaria Bergamo Milano vengono quotidianamente segnalati ritardi che provocano disagi soprattutto a chi usufruisce del servizio per recarsi nel luogo di lavoro. La situazione viene aggravata dalle precarie condizioni delle vetture, che non risultano in numero sufficiente ad accogliere la totalità dei pendolari che si recano a Milano; le carrozze, inoltre, sono spesso luride, con sedili e bagni sporchi e guasti;
dopo la creazione di un Comitato dei pendolari, che si è fatto portavoce degli innumerevoli disagi a cui vanno incontro decine e decine di persone, sono stati fissati alcuni vertici presso la Regione Lombardia, tutti rivelatisi sostanzialmente infruttuosi: la Regione accoglie favorevolmente le lamentele e le proposte dei pendolari, mentre Trenitalia evidenzia i pochi minuti di viaggio guadagnati dalla rete su scala regionale. Entrambe le parti, inoltre, rimandano la soluzione del problema alla fase di entrata in vigore del nuovo orario estivo, risposta che fa nascere dei seri dubbi a chi deve comunque usufruire del servizio, anche durante l'orario invernale;
l'idea comune della Regione Lombardia e di Trenitalia, è quella di costituire una società regionale, che possa sopperire alle mancanze esistenti finora. Tuttavia, anche se l'intenzione c'è ed il progetto risulterebbe essere una positiva soluzione al problema, non si intravedono ad oggi spiragli che possano far pensare ad una rapida costituzione della società stessa. Il problema è dato dal fatto che Trenitalia e Regione Lombardia non hanno ancora trovato un accordo economico cui sottostare, questo perché le Ferrovie, essendo azienda privatizzata, agiscono in un'ottica di mercato, quindi più euro vengono dedicati ai servizi, e migliore sarà la loro erogazione, fatto che la Regione, impegnata anche nei lavori di Expo 2015, considera gravoso per le proprie casse;
in quest'ottica di puro mercato, non si tiene in debita considerazione la situazione dei pendolari, alcuni dei quali sono stati costretti a lasciare Bergamo ed andare a vivere a Milano, per non incappare quotidianamente nella congestione del traffico ferroviario. Tali decisioni hanno portato alcuni pendolari a schierarsi contro l'azienda Trenitalia e a citarla in giudizio per «danni biologici». L'idea della citazione a giudizio è nata dopo una riunione di circa venti pendolari con un giudice di pace di Piacenza che, alcuni mesi fa, ha riconosciuto il «danno esistenziale» provocato da ritardi e disagi di Trenitalia ad un viaggiatore -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda intraprendere per sollecitare, Trenitalia affinché sia dato corso ad una rapida soluzione dei problemi riguardanti la tratta ferroviaria Bergamo-Milano, che costringono ogni giorno i pendolari ad effettuare viaggi di due ore per percorrere poco più di 40 km, in condizioni non accettabili di erogazioni del servizio.
(4-03189)

BITONCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2007, dopo disservizi l'ENAC ha aperto un procedimento di sospensione della licenza e del certificato

di operatore aereo alla Alpi Eagles S.p.A. Il procedimento è stato infine archiviato, ma la compagnia è stata sanzionata;
ciò non ha impedito che nell'agosto 2007 si ripetessero i medesimi disservizi, con violazione, inoltre, di molti articoli del Regolamento (CE) n. 261/04 a tutela dei passeggeri;
la compagnia ha operato successivamente con una licenza temporanea fino al 20 ottobre 2007, essendole stata revocata quella ufficiale a causa di presunte insolvenze finanziarie, sulla cui realtà possono testimoniare molti responsabili aeroportuali (a partire dal Direttore dell'aeroporto di Venezia);
Enrico Marchi, Presidente della SAVE, afferma che la SAVE vanta crediti per 750 mila euro; crediti ne vanta finanche l'Eurocontrol, l'ente pubblico europeo a cui le compagnie devono i diritti di sorvolo;
l'ENAC ha avviato un'indagine sull'esistenza di analoghe situazioni debitorie sugli altri scali utilizzati da Alpi Eagles dalla quale è emerso che, alla fine del mese di settembre 2007, il debito complessivo della Compagnia per i servizi aeroportuali (diritti, canoni, tariffe, eccetera) ammontava a circa 9 milioni di euro. Anche l'analisi del bilancio 2006 e gli accertamenti effettuati presso Eurocontrol hanno evidenziato una rilevante situazione debitoria gravante su Alpi Eagles;
un ricorso al TAR aveva poi sospeso l'esecutività dei provvedimenti ENAC fino al 25 ottobre 2007, in attesa di nuove disposizioni. Il passo successivo è stato quello della richiesta di fallimento da parte dei creditori, depositata nel mese di novembre 2007;
all'inizio del 2008 la compagnia è stata fermata dalle autorità, mentre per il personale si è ricorso alla cassa integrazione, il commissario straordinario ha cercato di preparare un piano di rilancio dell'azienda, la cui presentazione era stata prevista per il mese di aprile 2008;
a partire dal marzo 2008 varie sentenze del tribunale di Venezia hanno interessato l'Alpi Eagles, con la nomina di due diversi commissari governativi destinati all'amministrazione straordinaria della società; questi ultimi stanno seguendo tutti i passi previsti dalle norme per la liquidazione societaria;
durante l'anno trascorso dalla nomina dell'ultimo commissario poco è stato fatto per cercare di riattivare l'operatività della compagnia per uscire da una situazione che grandi disagi ha creato ai dipendenti a cui è stata rinnovata la cassa integrazione;
in data 12 novembre 2008 la Commissione europea ha autorizzato un aiuto al salvataggio in favore di Alpi Eagles SpA. L'aiuto consiste in una garanzia di prestito di 17 milioni di euro per i successivi sei mesi per consentire alla compagnia aerea di riprendere le operazioni di volo;
sul quotidiano il Sole 24 ore del 14 febbraio 2009 viene riportato dal Commissario Straordinario dottor Vidal che «È una situazione incredibile. Nonostante una garanzia sicura come quella dello Stato nessuna banca vuole finanziarci» «un paio di soggetti hanno mostrato interesse a comprare Alpi Eagles. Tutti pongono come condizione pregiudiziale che la compagnia riparta» -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire urgentemente al fine di non depauperare un patrimonio industriale ed umano che ha grandi potenzialità di ripresa.
(4-03195)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la strada detta «Pedemontana» è un'infrastruttura fondamentale per le esigenze del sistema produttivo e sociale della Regione Lombardia, nonché assolutamente centrale per lo sviluppo della provincia di Bergamo, per questo Confindustria auspica che la realizzazione avvenga

in tempi molto brevi. Tuttavia, secondo gli industriali bergamaschi, lo sviluppo dell'infrastruttura è da rivedere, soprattutto per la parte che interessa il Comune di Filago ed il polo produttivo Bayer, all'altezza dell'innesto sull'autostrada A4;
Confindustria osserva che il nuovo tracciato stradale, nel territorio di Filago, insiste su due zone regolate dalla legge Seveso, che obbliga ad una politica di prevenzione dei grandi rischi industriali, come conseguenza della presenza del polo Bayer. Al suo interno, il tracciato dovrebbe attraversare le aree di danno di livello 3, cioè zone di attenzione con allerta per la popolazione debole, e lambire quelle di livello 2, cioè zone di danno grave a popolazione sana, incrementando così il livello di rischio complessivo. Oltre a ciò, la sua posizione blocca l'unica uscita d'emergenza del polo produttivo sul lato sud-ovest, impedendo la fuga dei dipendenti e dei mezzi di soccorso e sovrapassa la sottostazione elettrica Enel-Bayer, esponendo l'impianto e la stessa infrastruttura stradale al rischio di incendio e di esplosione connesso con eventi incidentali, vandalici, terroristici. All'osservazione di Confindustria si aggiunge quella formulata dal Comune di Filago, secondo cui l'opera ha subito uno stravolgimento peggiorativo rispetto al condiviso progetto preliminare, eludendo gli aspetti fondamentali della sicurezza sia autostradale che legati all'interferenza con le aziende. Per questo si richiede di realizzare l'opera come da progetto preliminare, cioè tramite una galleria e non con un viadotto;
le problematiche del nuovo tracciato stradale deriverebbero da un progetto che, secondo Confindustria, non rispetta l'indicazione del Cipe (Comitato interministeriale programmazione economica), che ribadisce come, in sede di progettazione definitiva del tracciato dell'opera, debba essere eliminata qualsiasi influenza del nuovo manufatto stradale con il sistema di alimentazione energetica del polo industriale. Indicazione formulata nell'agosto 2004, dopo che la prima versione del progetto prevedeva che una fascia del polo Bayer fosse tagliata in diagonale dal tracciato stradale. La soluzione prevista era quella di creare una galleria interrata, denominata galleria del Seminario. La vicenda si riapre però lo scorso settembre, quando la galleria non appare più nel progetto, ma viene creata una corsia che va ad interessare il sedime del polo. Il nuovo progetto prevede la trasformazione in autostrada dell'attuale tracciato di viale delle Industrie tra la Bayer e Grignano, con la quota di strada che si alza fino a sfiorare la sottostazione Enel-Bayer a 130 KV di tensione e 10+10 MW di potenza e passa sopra la cabina di alimentazione del metano;
d'altra parte gli uffici tecnici di Pedemontana rispondono che il nuovo tracciato è frutto di precise scelte dei Comuni interessati e di normative nel frattempo sopravvenute. Secondo i responsabili di questi uffici il tracciato è stato forzato a passare in adiacenza all'impianto Bayer, quando venne definito il progetto preliminare, a causa dell'opposizione dei Comuni dell'area alla prosecuzione rettilinea che dall'Adda avrebbe dovuto portare all'A4, attraverso un corridoio di elettrodotti a Sud degli stabilimenti Tenaris-Dalmine. Dopo aver stabilito questo passaggio, il tracciato sarebbe dovuto passare sotto l'A4, per risalire in superficie appena a sud, in territorio di Filago-Brembata, curvando immediatamente verso est per superare il fiume Grembo e realizzare lo svincolo di Osio Sotto. Ma tra il progetto preliminare e quello definitivo, è occorsa l'approvazione di nuove norme per la progettazione delle strade, che, per ragioni di sicurezza, obbligano ad allargare le curve, nonché la realizzazione della quarta corsia dell'A4, che rende impossibile la creazione del sottopasso autostradale -:
quali misure urgenti il Ministro intenda adottare per una corretta realizzazione del nuovo tracciato stradale realizzato con la «Pedemontana», che non intacchi il polo produttivo Bayer, sito nel comune di Filago.
(4-03196)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo Alessandro De Stefano, professore di progettazione di strutture antisismiche al politecnico di Torino, la normativa italiana antisismica è confusa, ed è difficile farla rispettare, perché, anche dove si esercitano adeguati controlli, non è semplice intervenire e spesso mancano le risorse. Il professor De Stefano critica anche i provvedimenti adottati negli ultimi anni che, seppur elaborati da professionisti competenti, non hanno coinvolto gli esponenti del settore edilizio, per questo le norme contengono errori o lacune. Inoltre, una volta effettuati i controlli, dovrebbe essere compito degli enti locali, in primo luogo delle Regioni, intervenire per rimettere a norma gli edifici. Spesso, però, sono proprio le Regioni a non disporre delle risorse economiche necessarie alla verifica ad ampio spettro;
le autorità de L'Aquila hanno confermato che, oltre al crollo delle vetuste costruzioni in pietra, il terremoto del 6 aprile ha anche distrutto o danneggiato i palazzi di recente costruzione, come l'ospedale, sorto nel 2000, e l'hotel «Duca degli Abruzzi». Non è soltanto la tragedia appena accorsa a preoccupare. Infatti la Protezione Civile calcola che in Italia esistono circa 80 mila edifici pubblici «vulnerabili», fra i quali si annoverano scuole, ospedali, uffici, caserme. Le scuole costituiscono una vera emergenza: quelle edificate in zone a rischio sarebbero 22 mila, 16 mila delle quali in aree ad alto rischio; di queste circa novemila sarebbero prive di criteri antisismici e potrebbero subire danni in caso di scosse;
in merito al terremoto del 6 aprile ha espresso il proprio parere anche il presidente del Consiglio nazionale degli ingegneri, Paolo Stefanelli. Il dottor Stefanelli ha affermato che tutti gli edifici costruiti negli anni '50 e '60, a causa del tipo di cemento armato usato, sono a rischio sismico in un tempo tra i 5 e i 30 anni, ed ha ribadito la necessità di un'adeguata e giusta normativa che renda obbligatorio il monitoraggio sul tempo di vita delle costruzioni -:
se il Ministro intenda adottare iniziative finalizzate a definire un'adeguata normativa antisismica, di facile attuazione per tutte le ditte edili italiane;
quali iniziative urgenti il Ministro intenda intraprendere per effettuare delle verifiche ad ampio raggio di tutti gli edifici, pubblici e privati, costruiti in zone a rischio sismico.
(4-03198)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il problema della viabilità è ormai un'emergenza a Treviglio, comune dell'hinterland di Bergamo. In un'indagine condotta dall'associazione «Sistematica» risulta che ogni giorno oltre 21 mila auto attraversano la cittadina: una quota pari a 1,68 abitanti per vettura, superiore alla media provinciale. Nell'indagine Treviglio viene denominata «polo di attrazione per gli spostamenti intercomunali», spostamenti dovuti soprattutto a motivi professionali;
per avere un ampio spettro di riferimento sulla mobilità di Treviglio i ricercatori hanno raccolto dati relativi sia alla mobilità pendolare in provincia di Bergamo, sia alla cittadina stessa e al suo territorio. La mobilità pendolare in provincia di Bergamo è rappresentata da circa 530 mila spostamenti, di cui: il 69 per cento per lavoro, ed il 31 per cento per studio. Il 67 per cento di coloro che devono recarsi fuori città predilige la macchina, mentre soltanto il 14 per cento utilizza i mezzi pubblici. Dai dati risulta che a Treviglio entrano 15 mila vetture al giorno; mentre coloro che usano il treno quotidianamente per uscire dalla cittadina sono 3.500. Degli 11 mila viaggi al giorno interni alla città, 7.600 avvengono in auto, 3.400 in bicicletta;

i comuni che gravitano attorno a Treviglio sono più di trenta. Questo fa sì che si contino all'incirca 44 mila spostamenti al giorno nell'intero territorio della cittadina, numero che comprende sia gli spostamenti pendolari che quelli erratici. Per questo la questione viabilità è stata al centro di una delle ultime riunioni del Comitato popolare della zona nord. Durante l'incontro i residenti del quartiere più popoloso della cittadina hanno sottolineato la necessità di realizzare al più presto la tangenziale Ovest, i cui lavori dovrebbero iniziare nella seconda metà del 2009 e concludersi all'inizio del 2011 -:
a che punto sia l'iter autorizzativo relativo alla costruzione della tangenziale Ovest, la cui apertura costituirebbe una valvola di ampio respiro per tutta la viabilità della città di Treviglio e dell'intera provincia orobica.
(4-03202)

FERRANTI e ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende dagli organi di stampa «la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Segretariato generale, Ufficio per i voli di Stato, di Governo e umanitari, con nota prot. UV/2.47.2.7/2244/2008 del 15 maggio 2008 ha comunicato che in conformità al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 gennaio 2008 è stata attribuita la qualifica di volo di stato ai voli che saranno effettuati, per le esigenze di trasporto del signor Presidente del Consiglio dei ministri, dagli aeromobili della Società Alba Servizi Aerotrasporti e del Consorzio elicotteri Fininvest di seguito elencati: GulfStream5(I-Ideas); Hawaker800Xp (I-Alho); Hawaker800Xp (I-Rony); A319 (I-ecja); Aw139 (I-Cddl)»;
secondo quanto riportato in un articolo de L'Unità del 5 giugno 2009 dalla suddetta attribuzione, l'utilizzo dei mezzi di proprietà della Società Fininvest sarà pagato ad avviso degli interroganti ingiustificatamente con soldi pubblici a danno dei cittadini contribuenti -:
a quanto ammontino i costi, diretti e indiretti, dei trasporti aerei del Presidente del Consiglio dei ministri attraverso i suddetti mezzi, che ricadono sul bilancio dello Stato.
(4-03213)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dopo una lunga attività di indagine, si è conclusa con l'arresto di 5 persone, il deferimento in stato di libertà vigilata di 43 persone ed il sequestro di beni immobili e mobili per un valore di oltre 50 milioni di euro, l'operazione «Giudizio finale» condotta da Guardia di Finanza e Carabinieri;
la brillante operazione ha consentito, inoltre, per la prima volta, di portare alla ribalta la gestione diretta da parte della camorra di società operanti nel settore dei rifiuti non solo in Campania, confermando l'interesse dell'associazione criminale per il territorio laziale;
la confisca della Biocom di Castrocielo, operante nel settore dello smaltimento dei rifiuti, rappresenta solo una parte delle attività gestite dalla camorra del clan Belforte, che ha esteso i suoi interessi nel campo dell'estorsione, dell'usura e del riciclaggio di denaro sporco;
grazie alla ricostruzione dei legami finanziari e patrimoniali è emersa una mappa delle attività gestite dai camorristi, ricostruzione che collima con le rivelazioni di diversi collaboratori di giustizia all'epoca legati ai clan del Casertano -:
se non ritenga di rafforzare l'attività di controllo del territorio nel Basso Lazio, atteso che l'operazione «Giudizio finale» ha inequivocabilmente confermato i timori ed i rischi di una infiltrazione scientifica

dei clan camorristici del Casertano nel territorio laziale, soprattutto nella zona del Cassinate, pericoli da tempo sottolineati dall'interrogante con numerosi atti di indirizzo.
(3-00550)

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Ciociaria Oggi del 27 maggio 2009, nella scorsa settimana il Dipartimento della Polizia Stradale avrebbe deciso l'accorpamento dei Distaccamenti di Polizia Stradale di Cassino, Fano e Viareggio con gli uffici di specialità attigui, come quelli della Polfer o della Polizia di frontiera;
nello specifico, Cassino vedrebbe lo spostamento delle 22 unità della Polizia stradale alle 43 della sottosezione autostradale;
al di là delle problematiche logistiche che tale accorpamento comporterà, preme sottolineare come in un territorio come quello del Cassinate, in cui il rischio di infiltrazioni mafiose è già alto, l'accorpamento rappresenterebbe una pericolosa dispersione delle forze di polizia, né risulta specificata la destinazione delle unità;
tale decisione giunge dopo quelle di declassare il Commissariato di Cassino da dirigenziale a funzioni direttive, l'assorbimento del Commissariato Tiburtino di Frosinone da parte della Questura e quello del COA di Cassino a quello di Napoli;
nelle precedenti operazioni di riorganizzazione delle Forze di Polizia nella provincia di Frosinone sono stati sacrificati una settantina di posti di cui 35 solo nel Cassinate -:
se, nella decisione di procedere all'accorpamento delle unità di Polstrada di Cassino si siano tenuti in conto e valutati attentamente i rischi che ne deriverebbero in termini di minor controllo del territorio e di maggiori pericoli di infiltrazione da parte di organizzazioni criminali nel Cassinate, come più volte rimarcato anche dalle stesse autorità e dalle Forze dell'Ordine e se non ritenga, conseguentemente, di sospendere tale decisione.
(3-00551)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da qualche settimana per quanto risulta all'interrogante è in atto un duro scontro tra la procura di Crotone e la procura generale di Catanzaro;
al centro della disputa vi sarebbe l'applicazione del P.M. dottor Pierpaolo Bruni alle indagini dell'antimafia, negata il 5 maggio dal procuratore reggente, dottor Dolcino Favi, e poi consentita il 13 maggio 2009 ma soltanto per un processo già in corso;
il P.M. dottor Bruni è lo stesso magistrato applicato all'inchiesta Why Not che dopo un anno ha dovuto abbandonare, nonostante le indagini avessero subito una notevole accelerazione grazie al suo lavoro. Nell'inchiesta risultò iscritto tra gli indagati il Presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, il quale è stato rinviato a giudizio;
è sempre il P.M. Bruni il magistrato che ha svelato i collegamenti finanziari che dalla Calabria portavano alla cosiddetta Loggia di San Marino;
nel curriculum del dottor Bruni ci sono 400 arresti, una decina di boss condannati in regime di 41-bis, 140 milioni di euro sequestrati alle cosche;
lo stesso dottor Bruni in merito alla decisione di rimuoverlo dalla DDA così si è espresso: «Ma è ovvio che sia rammaricato: mi dispiace, dopo anni di lavoro, non poter concludere l'accertamento dei rapporti tra la 'ndrangheta e quella nebulosa di colletti bianchi, asserviti alle cosche che condiziona pesantemente le istituzioni»;

il sostituto procuratore dottor Bruni di fatto sarebbe stato rimosso il 5 maggio 2009 dalla direzione distrettuale antimafia visto che il procuratore generale non gli ha rinnovato l'applicazione;
una nota agenzia dell'8 maggio 2009 riportava che il procuratore generale di Catanzaro, il dottor Dolcino Favi (che, secondo quanto risulta agli interroganti, sarebbe indagato per l'avocazione dell'inchiesta Why not), ha disposto l'applicazione del sostituto procuratore dottor Pierpaolo Bruni alla direzione distrettuale antimafia di Catanzaro unicamente per consentirgli di rappresentare la pubblica accusa nel processo con rito abbreviato scaturito dalle indagini «Heracles» e «Perseus» che sono iniziate il 14 maggio 2009 davanti al GUP di Catanzaro a carico di 93 imputati;
la decisione presa dal procuratore generale, dottor Favi, a seguito delle polemiche sulla mancata applicazione del dottor Bruni alla DDA di Catanzaro, apparirebbe una sorta di compromesso raggiunto tra la procura di Crotone e la procura generale di Catanzaro;
lo stesso procuratore dottor Favi intima al dottor Bruni nel provvedimento di applicazione al processo di continuare ad occuparsi anche di tutte le altre questioni di competenza della procura ordinaria di Crotone;
all'interrogante risulterebbe che il procuratore generale di Crotone, dottor Raffaele Mazzotta, avrebbe redatto una relazione sulla questione destinata probabilmente al Ministro della giustizia o al Consiglio superiore della magistratura;
il dottor Mazzotta avrebbe riferito di un episodio preciso, «un fatto nuovo» avvenuto tra il 29 aprile 2009 e il 5 maggio 2009, giorni in cui si decideva l'applicazione del dottor Bruni;
il dottor Mazzotta in un primo momento, il 27 aprile scorso, ha espresso parere favorevole all'applicazione del dottor Bruni, ma il 29 aprile il dott. Favi esprimeva parere contrario;
il dottor Mazzotta a seguito di «un fatto nuovo» ha revocato il parere. Lo stesso Mazzotta afferma: «il 5 maggio si è verificato un fatto nuovo per il quale sono stato costretto a revocare il mio precedente parere favorevole»;
in questa maniera al sostituto procuratore, dottor Bruni, non sarà consentito di proseguire alcune delicatissime indagini alle quali stava attualmente lavorando. Tra queste l'inchiesta sulla faida di Papanice tra le cosche Megna e Ruscelli su cui, il dottor Bruni, di fatto non può più disporre gli arresti perché non è più della DDA;
la stessa cosa accadrà per gli attentati contro i familiari di collaboratori di giustizia e per le delicatissime indagini in corso sui rapporti tra importanti pezzi della politica, dell'imprenditoria e le cosche mafiose. Per queste indagini le deleghe sono scadute da oltre un mese e di proroghe nel provvedimento del dottor Favi non vi sarebbe alcuna traccia;
suscita particolare perplessità il fatto che il dottor Bruni sia stato sottratto ad indagini estremamente delicate che vedono coinvolti cosche calabresi, imprenditori e politici esponendo lo stesso ad un rischio evidente per la propria vita;
ciò senza contare che la sostanziale rimozione dalla DDA potrebbe esporlo a rischi per la sua vita, essendo egli oggi sotto scorta e oggetto di minacce da parte della 'ndrangheta, dopo la scoperta qualche mese fa di armi e tritolo destinati con molta probabilità al magistrato calabrese come da rivelazione di alcuni pentiti -:
se i ministri siano a conoscenza dei gravi fatti descritti nella presente interrogazione;
se corrisponda al vero che la vita del pubblico ministero dottor Bruni sia in pericolo e, in caso affermativo, quali provvedimenti urgenti i Ministri ritengano opportuno adottare.
(5-01496)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da alcune settimane, durante le ore notturne all'incirca tra mezzanotte e le tre di notte, la zona residenziale dei Parioli, in via Giacinta Pezzana, un'area usualmente molto tranquilla e silenziosa della città di Roma, è caratterizzata da forti rumori e da musica ad elevato volume provenienti da un locale notturno chiamato «Level Four» operativo nella stessa area;
i rumori e l'elevato volume della musica trasmessa nel locale arrecano notevole disturbo, costringendo a notti insonni gli abitanti della zona, con gravi riflessi soprattutto sui più piccoli la cui serenità nelle ore notturne dovrebbe essere irrevocabilmente salvaguardata e tutelata;
gli abitanti della zona hanno presentato svariati esposti ai referenti locali, nonché al Prefetto ed al Viceprefetto di Roma, nei quali si denuncia il grave protrarsi dell'elemento disturbante ritenuto illecito e indecoroso e attraverso il quale si richiede un intervento urgente al fine di porre una soluzione alla vicenda;
gli abitanti della zona hanno sporto formale denuncia-querela contro tutti i responsabili della situazione, perché si proceda nei loro confronti per gli eventuali reati che verranno ravvisati dall'autorità competente nella situazione sussistente;
nelle ore notturne, durante le quali si registrano le maggiori criticità dovute al rumore, sono state diverse le segnalazioni alle forze dell'ordine, le quali, interpellate, non hanno potuto che confermare il sussistere del disagio, non potendo però intervenire per porre rimedio, non sussistendo i presupposti normativi per legittimare tale atto;
i referenti della polizia municipale, interpellati al telefono, hanno ribadito la loro impotenza dinanzi a tale situazione, sottolineando che presso il Municipio II esiste «un muro di gomma» contro il quale sarebbe impossibile muovere sollecitazioni al fine di fare chiarezza sulla vicenda, indecorosa e probabilmente illegittima;
malgrado le svariate forme di sollecitazione formulate dai residenti, ad oggi non vi è stata ancora alcuna forma di riscontro e di attenzione da parte delle autorità competenti -:
quali azioni intenda intraprendere al fine di porre chiarezza nella situazione creatasi, segnatamente sul versante della concessione dell'autorizzazione all'esercizio delle attività del locale notturno, e quali iniziative intenda predisporre per porre fine alla situazione indecorosa e critica che da settimane interessa un intero quartiere di Roma.
(4-03156)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Regione Lombardia ha una popolazione di circa 9.109.000 abitanti, pari quasi al 15,6 per cento di quella italiana. Gli abitanti sono ripartiti in 1.546 Comuni e distribuiti su 23.861 kmq di superficie, che ne fanno la quarta regione più estesa d'Italia. La densità abitativa è di 382 abitanti per kmq, circa il doppio della media nazionale. Il territorio è costituito morfologicamente per il 47 per cento da pianure, per il 40 per cento da montagne e per il 13 per cento da colline. Queste caratteristiche devono costituire la base per una corretta organizzazione del sistema di soccorso regionale, non solo in funzione di un'attività ordinaria ben al di sopra della media nazionale, ma anche per affrontare situazioni di estrema complessità. Pertanto è necessario che ogni provincia della regione disponga di un adeguato numero di operatori, la maggior parte dei quali dotati di elevata e specifica professionalità, che abbiano maturato una profonda conoscenza del territorio su cui tono chiamati ad operare;
con riferimento all'importante attività di prevenzione incendi, si rappresentano i dati relativi alle istanze evase da tutti i Comandi Provinciali dei Vigili del

fuoco della Lombardia (dati Annuario Statistico vigili del fuoco 2006) rappresentano oltre il 16 per cento del totale nazionale ed attestano quanto segue: n. 18.060 pareri di conformità, n. 9.154 sopralluoghi per rilascio dei certificati di prevenzione incendi (CPI), n. 5.111 rinnovo CPI. Oltre all'attenta attività svolta, si deve rilevare che la quantità dei servizi resi nelle attività di prevenzione e di vigilanza, i cosiddetti corsi 626/94, producono un rilevante introito nelle casse dell'Amministrazione, a cui, tuttavia, non sembra corrispondere un adeguato ritorno in termini di risorse umane e materiali, con conseguenti mancanze sul sistema di soccorso tecnico urgente e, più in generale, sulla protezione e salvaguardia dei cittadini e dell'ambiente;
prendendo in considerazione il caso locale, il rapporto fra la vastità della provincia di Bergamo e l'organico dei vigili del fuoco della città è nettamente sproporzionato. Da decenni, ad una crescita esponenziale della provincia, non ha mai fatto seguito una proporzionale crescita del settore, tanto che il Comando Provinciale dei vigili del fuoco di Bergamo dispone degli stessi organici previsti dalle tabelle del Ministero dell'interno, stipulate nel 1989. A fronte di una provincia che si trova al decimo posto in Italia per densità di popolazione e che ha una quantità di unità comunali maggiori rispetto ad altre province italiane, anche più importanti, si conta che il suddetto Comando possiede soltanto 241 unità. A questo esiguo numero, occorre sottrarre 84 unità, cioè l'organico previsto per il distaccamento aeroportuale; le restanti 153 devono essere suddivise su quattro turni, ognuno;
nonostante la dimensione di Bergamo, intesa come città capoluogo, sia inferiore, per esempio alle vicine Milano e Brescia, si registra un significativo numero di pratiche di prevenzione incendi, che si attesta sulle 85.000 unità, delle quali circa 6.000 sorgono ogni anno, a causa dei sempre maggiori insediamenti produttivi. A livello europeo, il rapporto vigili del fuoco/abitanti è attestato ad 1 vigile del fuoco ogni 1.000 abitanti, al contrario, il rapporto nazionale italiano è di 1 vigile del fuoco ogni 1.500;
i Vigili del Fuoco precari del Comando di Bergamo erogano una prestazione di circa 4.380 giorni all'anno, pari a 105.120 ore. Questa massiccia quantità di ore si verifica a causa della mancanza di organico, riscontrata anche dalla sigla sindacale CISL Federazione Vigili del Fuoco. Affinché sia garantito uno standard minimo di servizio, sarebbe necessario un potenziamento consistente dell'organico, dato che le cifre stabilite nel 1989 non hanno subito il necessario adeguamento negli ultimi venti anni. Quello che viene proposto è che si proceda ad un sistema di assunzione più diretto, con l'inserimento immediato nelle squadre dei vigili discontinui, evitando così anche uno spreco di risorse economiche, dovuto al percorso formativo previsto per gli allievi vigili del fuoco;
è da porre un particolare accento sull'attività svolta dai vigili del fuoco di Bergamo, durante le operazioni di soccorso seguite al terremoto in Abruzzo. Nella regione sono arrivate 2.700 unità di vigili del fuoco, che hanno messo a disposizione complessivamente 1.200 mezzi. Il comandante provinciale Giuseppe Verme ha affermato che per sopperire alla mancanza degli uomini inviati in Abruzzo, a Bergamo, i restanti vigili del fuoco saranno costretti a raddoppiare i turni, che dalle attuali 12 ore, passeranno a 24 ore consecutive;
la situazione riscontrata a Bergamo ed in tutta la Lombardia, si verifica anche a livello nazionale, in cui quasi tutti i Comandi sono costretti, con sempre maggior frequenza, a sospendere l'operatività di alcuni distaccamenti, provocando, involontariamente, pesanti ripercussioni sulla qualità del soccorso, specialmente in un'ottica di breve e medio termine. Alla mancanza di organico, si aggiunge l'inesistente revisione delle dotazioni tecniche, che ad oggi risultano del tutto inadeguate rispetto alle reali esigenze di servizio;
la carenza d'organico, inoltre, non consente di organizzare in maniera adeguata

il rapporto tra la componente permanente e quella volontaria del Corpo Nazionale dei vigili del fuoco. A questa ulteriore difficoltà, va aggiunto il vorticoso turn over e le continue mobilità di personale, che non consentono di trattenere sul territorio le risorse umane formate e addestrate a prezzi altissimi. Per questo sarebbero necessari due interventi immediati: innanzitutto la creazione di più unità permanenti e l'utilizzo di istruttori professionali per la formazione dei volontari, in modo da consentire un'efficace integrazione che valorizzi tutte le professionalità nel pieno rispetto delle competenze di ciascuno, D'altro canto, si fa quanto mai pressante, l'esigenza di razionalizzare l'ubicazione sul territorio sia dei distaccamenti permanenti, che di quelli volontari;
la cronica insufficienza di fondi non consente più di far fronte alle spese correnti e costringe a risparmi di gestione che incidono negativamente sull'organizzazione del servizio. A titolo esemplificativo, si deve considerare la prassi, ormai invalsa, di ricorrere all'istituto contrattuale della banca del tempo per consentire l'esecuzione di addestramenti e mantenimenti del personale operativo, in considerazione dell'impossibilità di pagare le ore di lavoro straordinario prestate dal personale. La situazione paradossale che si è venuta a creare è pertanto la seguente: il sott'organico costringe il personale a prestare lavoro straordinario, il quale, non potendo essere pagato per assenza di fondi, si trasforma in ore di riposo compensativo;
il quadro sopra delineato assume ancora maggior rilievo se si prendono in considerazione anche alcuni eventi di rilevanza internazionale, come l'assegnazione alla città di Milano della manifestazione «Expò 2015», che prevede importanti e numerosi appuntamenti per tutto il corso dell'anno 2015 e, probabilmente, anche eventi preparatori negli anni precedenti. Solo con un piano di potenziamento che richiede inderogabilmente l'assunzione di provvedimenti straordinari e strutturali, i vigili del fuoco della Lombardia e, più in generale, il Corpo Nazionale, potranno continuare a fornire il proprio insostituibile contributo in termini di professionalità e di capacità operativa per assicurare i massimi livelli di sicurezza -:
se, in base a quanto descritto, il Ministro intenda non solo aumentare l'organico, ma rivedere anche il decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, per apportare alla normativa vigente alcuni elementi di chiarezza che possono stimolare un nuovo spirito di collaborazione tra la componente professionale del Corpo e quella volontaria;
se, in base alla richiesta di revisione del decreto del Presidente della Repubblica n. 76 del 2004, il Ministro intenda separare i volontari che vengono richiamati dai Comandi da quelli che prestano servizio nei Distaccamenti, supportare, con gli adeguati mezzi, il personale volontario, in modo da non pregiudicare il potenziamento di quello permanente e far sì che questa attività di potenziamento sia finalizzata ad un presidio costante e qualificato di ogni parte del territorio;
quali misure urgenti il Ministro intenda adottare, per far fronte alle gravi carenze presenti nel Corpo Nazionale dei vigili del fuoco, per consentire, da un lato di affrontare nel breve termine le emergenze derivanti dallo status quo e dalla insufficienza dei fondi e dall'altro, di individuare dei percorsi che possano portare a dei correttivi che consentano di adeguare le strutture dei vigili del fuoco alle reali esigenze regionali e nazionali, anche riequilibrando le risorse umane disponibili, con evidenti disparità, sul territorio nazionale.
(4-03162)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo la segreteria provinciale del Sindacato italiano appartenenti alla polizia (Siap) e della Uil, Bergamo risulta essere la decima provincia italiana in quanto a numero di abitanti, ma l'ultima

in classifica nel rapporto fra poliziotti e residenti, che si attesta ad un agente ogni 3.338 abitanti. In Lombardia, la questura di Bergamo è quella con l'organico maggiormente ridotto: 313 agenti impiegati concretamente per operare sulla sicurezza di un territorio, che conta 1.044.820 residenti. Da questo numero sono esclusi i poliziotti che lavorano alla frontiera dell'aeroporto di Orio e sulla autostrada A4, in quanto assolvono compiti di interesse sovraterritoriale;
le difficoltà della questura di Bergamo, si riscontrano facilmente in tutto il territorio italiano. Ad esempio, a Milano mancano 600 agenti su 3.800, 257 auto su 487 sono ferme perché mancano i fondi. A Torino ci sono 3.500 uomini in servizio rispetto ai 3.800, che in teoria dovrebbero essere presenti nell'organico, elaborato nel 1989. A Genova ci sono in totale 2.300 poliziotti tra mobile, polfer, polmare e stradale, anche se in base all'organigramma dovrebbero essere 3.100. Il questore di Parma, Germano Gallo, parla di diverse carenze di uomini e mezzi, dato che, in base ad un decreto ministeriale del 1989, la questura dovrebbe avere 144 agenti per il controllo del territorio, mentre, in realtà, ne ha 18 in meno. La pianta organica di Roma prevede 3.600 poliziotti in servizio, ad oggi ce ne sono tra i 1.500 e i 2.000 in meno secondo i sindacati;
Felice Romano, segretario generale del Siulp sottolinea i problemi di organico e di uomini sul territorio, che sembrano non tendere ad arrestarsi nei prossimi anni. Romano afferma che: «Con le uscite programmate, già oggi siamo sotto di 7.500 unità, nel 2012 saranno 12 mila e nel 2017 15 mila, con ingressi di soli 3 mila uomini, uno ogni cinque che andrà in pensione secondo le regole del pubblico impiego. Questo significa che, se siamo in difficoltà ora, tra otto anni saremo al collasso»;
la sigla sindacale Siulp afferma che le auto sono usurate, gli organici sono ridotti al minimo, i mezzi e gli strumenti a disposizione degli agenti non sono sufficienti. Secondo il segretario nazionale Michele Alessi, occorre rafforzare le forze di polizia ordinarie come i carabinieri, la finanza, la polizia di Stato, fornendo mezzi e strumenti adeguati, facendo il possibile per rafforzare e potenziare la sicurezza dello Stato e non la sicurezza privata;
oltre alla grave carenza di organico e all'assenza di unificazione fra polizia ed arma dei carabinieri, bisogna riscontrare che un certo numero di uomini in divisa viene assegnato alle Procure della Repubblica, per svolgere mansioni impiegatizie, in modo da supplire alle carenze di altri comparti della pubblica amministrazione, mentre alcune operazioni compiute dalla polizia potrebbero essere trasferite agli uffici amministrativi, per esempio dei Comuni, come il rilascio del passaporto oppure il rinnovo dei permessi di soggiorno;
il deficit maggiore è quello relativo all'organico della polizia: circa 7.000 unità in meno, rispetto quanto necessario, dato che ogni anno 1.500 agenti vanno in pensione e soltanto una minima parte di essi viene rimpiazzata. Secondo i sindacati, invece di ridurre gli organici effettivi, sarebbe auspicabile unificare le forze di pubblica sicurezza, riunire poliziotti e carabinieri in un unico corpo di circa 220 mila unità, dotato di maggiore efficienza, e che sia capillarmente più presente sul territorio. Questa operazione di unificazione dovrebbe portare anche ad un cospicuo risparmio di miliardi di euro ogni anno. In alternativa, si potrebbe pensare ad un coordinamento effettivo delle forze di pubblica sicurezza, che si riconosca nell'operatività di ogni giorno e non solo nella legge 121 del 1981;
la necessità urgente di un coordinamento viene sottolineata anche nelle conclusioni dell'Indagine conoscitiva sullo stato della sicurezza in Italia condotta dal Dipartimento della pubblica sicurezza del ministero dell'interno tra maggio e dicembre 2007. Dall'indagine si evince con certezza che, dopo la crescita continuata nei primi anni del nuovo secolo fino al 2006, trainata in particolare dall'aumento del

costo del personale sia nella polizia sia tra i carabinieri, la tendenza degli ultimi bilanci è a una contrazione decisa delle spese per le forze di pubblica sicurezza;
a chiedere la creazione di un'unica forza di pubblica sicurezza sono a gran voce il Sap ed il Coisp, con i relativi segretari generali, Franco Maccari e Nicola Tanzi. Secondo Maccari, l'Italia, dal punto di vista sicurezza, ha una posizione arretrata rispetto agli altri Paesi europei, dato che è l'unica ad avere due corpi di polizia con compiti identici. Tanzi gli fa eco, chiedendo una riforma che parta soprattutto dal riassesto delle risorse umane e finanziarie, dato che alcune caserme sono già in procinto di terminare la propria attività;
in Europa, molti altri Stati, stanno provando ad utilizzare la tecnica dell'unificazione fra i diversi corpi di ordine pubblico. In Francia, per esempio, il presidente Nicolas Sarkozy ha celebrato a gennaio il matrimonio tra poliziotti e gendarmeria. Da due mesi e mezzo, le due forze, 120 mila uomini i primi, 100 mila, la seconda, hanno una sola guida e sono entrambe alle dipendenze del ministero dell'interno. Come ha affermato lo stesso Sarkozy, questa rivoluzione sarà perfezionata negli aspetti tecnici da norme all'approvazione del Parlamento e permetterà risparmi fino a 5 mila unità; in Spagna è stato creato un organo di pubblica sicurezza terzo, che coordina polizia e «guardia civil», tutti dipendenti dal ministero dell'interno. In Germania esiste, invece, la «Bundeskriminalamt», la polizia nazionale investigativa sotto la direzione degli interni ed in Gran Bretagna alla più nota «Scotland Yard», la polizia nazionale, si affiancano la «Metropolitan police service», che opera nella provincia di Londra, e i poliziotti locali in ogni città;
è ancora molto esiguo il numero degli interventi di vera razionalizzazione. Si prenda il caso delle sale operative: qualche anno fa era partito il progetto per l'unificazione, a cominciare dalle grandi città come Milano e Roma, ma tutto è rimasto fermo, con la conseguenza che nei capoluoghi di provincia continuano a esistere cinque sale operative, una per ogni forza di polizia, con non meno di 25 unità nel complesso. Se si ipotizza solo l'esistenza di due sale, 15 agenti potrebbero essere impiegati altrove sul territorio. Anche l'introduzione del numero unico di emergenza sanitaria e di sicurezza porterebbe qualche risparmio. In tutta Europa è il 112, mentre in Italia non si è ancora raggiunto un accordo, nonostante il monito formale dell'Unione europea -:
se il Ministro intenda pronunciarsi in merito ad un eventuale accorpamento delle due forze di ordine pubblico, polizia ed arma dei carabinieri;
quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda adottare per aumentare l'organico degli agenti di Polizia in tutto il territorio nazionale, assicurando loro, in coerenza e in continuità con gli sforzi già attuati, mezzi e strumenti adeguati ed in misura sufficiente allo svolgimento dei loro delicati compiti di salvaguardia della sicurezza.
(4-03164)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la relazione 2008 del Dis (Dipartimento informazione e sicurezza) rivela che l'Europa nel suo insieme può essere inclusa tra gli obiettivi dello jihadismo globale con un grado di rischio medio-alto. Anche l'Italia è inserita in questo contesto di criticità, a cui si aggiunge la minaccia legata alla possibile ed improvvisa attivazione operativa dei cosiddetti «lone terrorist» (terroristi solitari), che si rifanno alla guerra santa senza l'appoggio di alcun vincolo associativo, ma seguendo dettami ideologici e indicazioni tecnico-operative di cui Internet resta una fonte di prima grandezza;
la relazione rileva che il fenomeno terrorismo sembra essere in crescita negli ambienti carcerari, dove l'indottrinamento dei futuri terroristi viene svolto da integralisti islamici detenuti in carcere, nei

confronti di loro connazionali che devono scontare pene meno severe. In questo caso, la Lombardia si conferma una delle principali piazze del radicalismo, ma significativo polo di riferimento è risultato anche l'hinterland partenopeo, accanto a realtà in fase di crescita presenti in Piemonte, Veneto, Toscana ed Emilia Romagna;
accanto alla crescita del terrorismo «fai da te», come è stato chiamato da alcuni quotidiani, viene segnalato un aumento progressivo del fenomeno dell'immigrazione clandestina cinese. Tale fenomeno è correlato alla ricerca di manodopera a basso costo o al mercato della prostituzione, che sempre più spesso viene gestito da organizzazioni criminali cinesi, che si avvalgono del supporto di validi ed insospettabili referenti nelle sedi di destinazione e nelle aree di transito;
la grave crisi economica che sta colpendo l'intero globo, è fonte anche di nuove minacce alla sicurezza dei singoli paesi, il cui territorio può essere facilmente penetrato dalla malavita organizzata. Ciò accade in special modo in Italia, in cui le associazioni mafiose acquisiscono, attraverso la pratica dell'usura, il controllo di aziende in difficoltà. Da questo punto di vista, il gruppo più insidioso risulta essere la `ndrangheta, particolarmente attiva nei concorsi riguardanti gli appalti pubblici, attraverso i quali poter partecipare occultamente ai progetti di riqualificazione del territorio, e nello sviluppo dei rapporti di natura collusiva o intimidatoria con i locali livelli tecnico-amministrativi, garantendosi in questo modo, una rete molto ampia per la gestione del narcotraffico;
nell'ambito dell'eversione interna, si fa sentire più forte la spinta della forza anarco-insurrezionalista, anche a fronte della prolungata stasi della Fai (Federazione anarchica informale). Il Dis fa risalire agli anarco-insurrezionalisti alcuni attentati di basso profilo operativo, non rivendicati, a danno di obiettivi-simbolo delle campagne libertarie contro la «repressione» e lo sfruttamento ambientale, quali ad esempio alcune azioni incendiarie contro sedi e mezzi delle forze dell'ordine, nonché contro istituti di credito «accusati» di finanziare imprese impegnate in lavori di impatto sul territorio;
sale infine la conflittualità fra estremisti di destra e di sinistra. Sono stati registrati 38 episodi nel 2008 contro i 15 del 2007. La causa dell'innalzamento dello scontro, sembra essere legata al maggior protagonismo politico della destra radicale nei confronti di tematiche che, da tradizione, sono sempre state monopolio della sinistra, quali ad esempio gli spazi sociali, gli alloggi e la vivibilità nelle grandi aree urbane -:
quali provvedimenti intenda intraprendere il Ministro per arginare la minaccia terroristica in Italia, con particolare riferimento alle emergenze legate all'immigrazione clandestina qui evidenziate.
(4-03165)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Bergamo, piazzale degli Alpini è il luogo in cui si manifestano, con maggiore evidenza, i due aspetti contrastanti della città: l'elevato disagio di chi vive ai margini della società e la vitalità di uno dei principali poli scolastici cittadini. Infatti, piazzale degli Alpini è meta ogni giorno di migliaia di ragazzi diretti a scuola, ma anche ritrovo ideale per chi deve consumare la propria dose di stupefacenti quotidiana;
in questi giorni, si è espresso anche il preside dell'Istituto tecnico commerciale Vittorio Emanuele, che si trova a ridosso di piazzale degli Alpini, il professor Pietro Fusco. Secondo il preside l'emergenza è alta, per questo si rende necessaria una maggiore attenzione da parte delle istituzioni. La situazione è resa ancora più grave dalla scoperta fatta nel primo pomeriggio di domenica scorsa, di un cinquantenne morto per malore davanti all'Istituto. A causare il malore, secondo i carabinieri, è stata probabilmente un'overdose;

il professor Fusco sta chiedendo da molto tempo un'attenta e accurata sorveglianza del campus, con un maggior rigore rispetto al passato. Ogni giorno, i bidelli della scuola devono spazzare quantità di rifiuti potenzialmente pericolosi dalle scale d'ingresso, senza contare le numerose persone che assumono la propria dose di eroina nei giardini e presso le aiuole riparate a ridosso dell'istituto. Nei mesi scorsi anche il comitato di quartiere aveva denunciato l'uso «improprio» del piazzale, a metà fra bivacco e servizio igienico;
per sopperire all'uso del piazzale degli Alpini come snodo dello spaccio, dato che è geograficamente situato al centro dell'area che comprende le stazioni autobus e treni, i dirigenti delle altre scuole che si trovano nelle vicinanze, istituti Lussana e Secco Suardo, hanno messo in atto contromisure che vanno dalla cancellata davanti all'ingresso, al ridisegno dei parcheggi per gli insegnanti -:
quali misure urgenti il Ministro intenda intraprendere, di concerto con le istituzioni locali, per garantire una maggiore sicurezza agli studenti degli Istituti situati presso piazzale degli Alpini e ai cittadini che si recano ogni giorno nella suddetta zona per usufruire del trasporto pubblico.
(4-03184)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la chinatown milanese è ancora al centro delle cronache quotidiane, a causa della scoperta, da parte della polizia, dell'esistenza di un «condominio sotterraneo» in cui circa sessanta cittadini cinesi vivevano in condizioni ambientali e igieniche a dir poco precarie, senza finestre, acqua, riscaldamento. Durante il blitz della polizia sono stati scoperti circa 12 cittadini cinesi clandestini, ed alcuni bambini, due dei quali di pochissimi mesi;
i sessanta cittadini cinesi erano suddivisi in trenta mini-appartamenti, talmente angusti da permettere che al loro interno vi fosse spazio soltanto per un materasso matrimoniale. I mini-appartamenti sono stati ricavati suddividendo un appartamento di via Mac Mahon con lastre di compensato. Il complesso era strutturato come se fosse stato un «ostello»: grazie ad una scala a chiocciola abusiva, si poteva scendere dall'appartamento principale al sottosuolo, in cui si ripeteva la suddivisione in mini camere da letto, con soltanto un servizio igienico per piano. Tra i posti letto, si snodavano stretti ed angusti corridoi, che conducevano ad una botola, attraverso cui si usciva direttamente sul marciapiede di via Duprè, dall'altro lato del palazzo;
gli accertamenti della polizia hanno dimostrato che i locali appartengono ad una donna italiana, anche se non è stata ancora confermata la sua completa estraneità ai fatti. In caso contrario, scatterebbe nei confronti della signora una denuncia per favoreggiamento e sfruttamento dell'immigrazione clandestina, seguita dal sequestro giudiziario dell'immobile -:
quali provvedimenti urgenti i Ministri intendano adottare per debellare simili episodi di sfruttamento dell'immigrazione e del lavoro clandestino, e per controllare maggiormente il flusso migratorio proveniente dai paesi orientali.
(4-03190)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la procura di Lecce ha emesso un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 16 agenti della polizia stradale, accusati di associazione a delinquere finalizzata alla concussione e falso ideologico. Gli agenti sembrano essere implicati in un giro d'affari illecito che avrebbe fruttato, a ciascuno degli indagati, circa 40 mila euro a triennio. La procura di Lecce è venuta a conoscenza di quanto accaduto, a causa di alcune denunce

anonime inviate da un collega dei 16 agenti, che non era stato reso partecipe della truffa;
secondo quanto affermato dalla procura e dal gip, i nomi degli agenti indagati sarebbero presenti sul libro paga di circa 100 aziende del Salento, che in questo modo aggiravano controlli e sanzioni da parte della polizia stradale. Nell'elenco degli indagati figurano agenti di ogni grado, assistenti, ispettori capo, tutti uomini addetti al servizio di pattugliamento. Un ruolo di primo piano avrebbe un ispettore capo prossimo alla pensione, che avrebbe coordinato tutti i movimenti della presunta associazione;
gli investigatori della mobile, insieme ai colleghi della stradale di Bari e di Lecce, hanno dovuto ricostruire per intero la vicenda, senza che alcun imprenditore avesse sporto denuncia. Fra le varie intercettazioni messe agli atti, la più importante sarebbe quella di un ispettore capo che candidamente aveva conteggiato gli utili dell'affare imbastito insieme ai colleghi, ostentando la serenità economica che il giro aveva fruttato a ciascuno di loro: non meno di 40 mila euro a triennio. I proventi e la serenità degli agenti indagati avevano come solida base di appoggio la consapevolezza che tutte le 100 aziende implicate nella vicenda preferivano pagare il dazio pur di eludere controlli e sanzioni -:
quali misure il Ministro intenda adottare, dopo che la magistratura competente abbia verificato le accuse rivolte agli indagati, per evitare che simili fenomeni si ripetano, soprattutto nel Mezzogiorno, ai danni di aziende italiane.
(4-03197)

DI BIAGIO, PICCHI, ANGELI e BERARDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dalla consultazione del sito ufficiale del Ministero dell'Interno della sezione dedicata alle elezioni europee 2009 sussistono notevoli lacune per quanto concerne l'individuazione di informazioni relative alla designazione dei rappresentanti di lista per i seggi per gli italiani all'estero;
l'assenza di informazioni riguarda soprattutto le procedure da rispettare per la fase di scrutinio a seguito delle votazioni, per i voti espressi dai cittadini italiani iscritti all'anagrafe degli italiani all'estero, nella fattispecie dai nostri connazionali residenti nei Paesi membri dell'Unione uropea;
lo stesso decreto-legge 27 gennaio 2009 n. 3, convertito con modificazioni, dalla legge 25 marzo 2009 n. 26, recante «disposizioni urgenti per lo svolgimento nell'anno 2009 delle consultazioni elettorali e referendarie», non esplica la prassi da rispettare per lo scrutinio dei voti espressi nelle circoscrizioni estere presso le Corti d'appello delle città prescelte per i suddetti scrutini;
le stesse Corti d'appello non sono state messe nella condizione di fornire informazioni uniformi ed organiche, bensì discordanti anche all'interno degli stessi uffici di una medesima Corte;
nonostante la distinzione tra italiani ed italiani residenti all'estero e la precisa indicazione della fase di scrutinio non vi è chiarezza in merito a chi presentare le designazioni dei Difensori del voto per lo spoglio dei voti all'estero ed in quali tempi porle in essere;
la scarsa completezza di informazioni riguarda anche le notizie necessarie ai fini della predisposizione del modulo, per la designazione stessa, data anche l'impossibilità di recuperarlo all'interno del sito o presso gli uffici che dovrebbero essere deputati a tali funzioni -:
quali iniziative normative intenda, predisporre al fine di colmare le lacune sussistenti nella normativa di cui al decreto-legge del 27 gennaio 2009 n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 2009, n. 26 e come intenda far fronte all'assenza di un adeguato sistema di informazione da parte del Ministero dell'Interno sia attraverso il potenziamento

del portale dello stesso, che attraverso gli uffici.
(4-03206)

GARAVINI, BUCCHINO, FEDI, NARDUCCI e PORTA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono state riscontrate anomalie riguardanti il voto per i candidati italiani, da parte di numerosi italiani all'estero nel corso delle elezioni europee tenutesi presso i seggi allestiti dai Consolati nei giorni 5 e 6 giugno 2009;
gli italiani all'estero hanno potuto scegliere se votare per i candidati italiani presso i seggi allestiti dai Consolati i giorni 5 e 6 giugno, o per i candidati del Paese di residenza in una giornata compresa nell'arco di tempo tra il 4 ed il 7 giugno 2009, a seconda delle consuetudini elettorali dei diversi Paesi di residenza;
come previsto dalla legge, gli italiani all'estero hanno ricevuto dal comune di residenza i moduli per iscriversi alle liste elettorali del Paese di residenza o direttamente la scheda elettorale del Paese di residenza nel caso in cui si fossero già iscritti a tali liste per elezioni europee o eventuali amministrative passate;
gli italiani iscritti all'AIRE, compresi coloro che in elezioni passate si erano iscritti alle liste elettorali del Paese di residenza, hanno ricevuto direttamente da Roma la scheda elettorale per votare per i candidati italiani;
nei documenti giunti dal Ministero dell'interno o dal comune estero di residenza era data indicazione di dare un solo voto per non andare incontro a sanzioni, poiché il possesso eventuale di due schede elettorali rendeva di fatto possibile votare sia per i candidati italiani, sia per quelli esteri;
in nessuno dei documenti inviati era data indicazione della necessità di accertarsi di non essere inseriti nelle liste elettorali del Comune di residenza nel caso si volesse votare per un candidato italiano;
in nessuno dei documenti era indicato di doversi cancellare ufficialmente dalle liste elettorali presso il comune di residenza, nel caso ci si fosse iscritti alle liste elettorali in occasione di elezioni europee o amministrative passate;
in Olanda, Francia e Finlandia si sono verificati numerosi casi di connazionali che desideravano votare per i candidati italiani, respinti al seggio nonostante fossero in possesso di una scheda di voto valida per i candidati italiani;
in Olanda le votazioni per i candidati locali si sono svolte il giorno 4 giugno: nei giorni 5 e 6 giugno numerosi connazionali si sono recati al seggio con regolare certificato elettorale italiano, ma circa un terzo di loro, da dichiarazioni di stampa, è stato respinto dalle autorità perché considerato «optante»; pur non avendo espresso l'intenzione di votare per i candidati locali, le autorità italiane li hanno considerati optanti alla luce di scelte evidentemente prese in occasione di tornate elettorali precedenti;
molti di questi connazionali residenti in Olanda avevano con sé anche il certificato elettorale del Paese di residenza integro, a testimonianza di non aver già votato per i candidati olandesi il 4 giugno, e di non voler quindi esprimere un doppio voto; tali cittadini sono stati tuttavia respinti al seggio;
le autorità hanno impedito la votazione agli «optanti» sulla base di una lista fornita dalle autorità locali sulla quale erano elencati gli italiani all'estero che in elezioni passate si erano iscritti alle liste elettorali del Paese di residenza;
perché, rispetto ad un crescente ed allarmante astensionismo, non si sia provveduto a fornire un'indicazione trasparente, chiara e completa sulle modalità di voto per gli italiani all'estero;
perché attraverso i documenti elettorali inviati non sia stata data comunicazione direttamente dal Ministero, o attraverso i comuni di residenza della necessità

di cancellarsi dalle liste elettorali locali nel caso si fosse votato per candidati esteri in tornate elettorali passate;
perché non si sia fatto tutto il possibile per consentire l'esercizio del voto a quei connazionali in possesso del certificato elettorale locale integro e di cui si sarebbe potuto quindi accertare la volontà di esercitare il voto per i soli candidati italiani e non per il doppio voto;
come si giustifichi che numerosi certificati elettorali siano arrivati in forte ritardo e che talvolta gli indirizzi dei seggi indicati non fossero corretti.
(4-03208)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CODURELLI e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a pochi giorni dall'inizio degli esami di Stato le scuole hanno appreso che l'applicazione software «Conchiglia», realizzata dall'INVALSI a supporto delle segreterie scolastiche e delle commissioni di esame nella gestione di dati e della documentazione degli esami di Stato, non potrà essere utilizzata in quanto, per l'anno in corso, non è stato avviato l'aggiornamento delle modifiche previste dalla normativa rendendo di conseguenza l'applicazione stessa obsoleta;
le commissioni di esame, dopo dieci anni di rodaggio di tutti gli insegnanti, che ormai avevano imparato a gestire il programma, quest'anno dovranno probabilmente utilizzare la documentazione cartacea o uno strumento software diverso;
tornare all'uso della carta e della penna è un'ipotesi che porterà di certo la scuola sempre più lontana dalla modernizzazione;
diversamente non risultano chiare le motivazioni che hanno indotto a bloccare un programma già avviato per applicarne eventualmente uno nuovo;
infatti, da una notizia riportata il 27 maggio 2009 da una rivista di settore orizzonte scuola si apprende di una nuova distribuzione, entro l'inizio degli imminenti esami, di uno strumento sostitutivo all'applicazione «Conchiglia» denominato «Argo Conchiglia» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno chiarire le motivazioni che hanno indotto a non aggiornare l'applicazione software «Conchiglia» già in uso da dieci anni;
se non intenda, se dovesse essere confermata, motivare la scelta di distribuire una nuova applicazione e chiarire se tale scelta abbia avuto un costo.
(5-01484)

MARCHIGNOLI e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il comune di Medicina (Bologna) da 23 anni ha una scuola superiore statale con un indirizzo di Istituto professionale commerciale, articolato su 5 anni; attualmente la scuola è Sede coordinata dell'Istituto di istruzione superiore «Giordano Bruno» di Budrio;
al suddetto indirizzo, 3 anni fa è stato attivato un indirizzo di Liceo scientifico, in relazione alle richieste del territorio e alla presenza di un adeguato numero di iscritti;
l'Ufficio scolastico provinciale di Bologna ha proposto la soppressione sia della classe quarta del Liceo scientifico, sia della quarta dell'Istituto professionale commerciale;
questa scelta comporterebbe per gli alunni delle attuali classi terze gravissimi disagi causati: dall'aggregazione forzata ad altri Istituti del territorio; dalla distanza delle altre scuole e dalla carenza dei

trasporti pubblici; dalla formazione presso le altre sedi dell'I.I.S. «Bruno» di classi con numeri ben oltre i 30 alunni; dall'incoerenza fra l'indirizzo di studi di Liceo scientifico finora seguito dagli alunni di Medicina (Indirizzo tradizionale) e gli indirizzi sperimentali presenti invece nella sede di Budrio;
quando tre anni fa fu avviato l'indirizzo di Liceo scientifico agli alunni iscritti alla prima fu assicurato il compimento in loco del corso di studi;
inoltre, il numero elevato di iscrizioni alle altre classi sia dell'IPC che del Liceo scientifico (comprese quelle per il prossimo anno scolastico) evidenzia sia il gradimento dell'utenza per questo servizio, sia la funzione importante svolta nel territorio dalla scuola superiore di Medicina;
il numero medio di alunni nelle attuali sei terze del Liceo scientifico dell'IIS Bruno è di oltre 21,7 alunni per classe, più elevata della media nazionale e regionale; la costituzione di 6 quarte non appare quindi in contrasto con gli obiettivi generali di contenimento della spesa pubblica;
la scuola superiore di Medicina è ospitata da un edificio di nuovissima costruzione (2005), rigorosamente rispondente a tutte le normative e dotato di vari laboratori attrezzati;
inoltre, nel piano dell'offerta formativa superiore la Provincia di Bologna ha tenuto conto della opportunità di valorizzare e potenziare la scuola superiore a Medicina, in funzione delle esigenze del territorio, del contenimento del pendolarismo e di un utilizzo razionale delle strutture scolastiche disponibili, in particolare della suddetta nuova struttura;
anche il circondario imolese, di cui medicina fa parte, ha indicato nella scuola superiore di Medicina un polo da tutelare e sviluppare per una distribuzione ottimale dell'offerta scolastica superiore sul territorio -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire per assicurare nel prossimo anno scolastico la permanenza delle due classi quarte nella scuola superiore di Medicina, affinché non sia tradito il patto con le famiglie siglato tre anni fa, sia mantenuta per i cittadini un'offerta scolastica essenziale, sia rispettato il ruolo degli Enti locali nella programmazione dell'offerta formativa sul territorio.
(5-01488)

FRASSINETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la medicina estetica moderna, per il grado di perfezione raggiunto e per la molteplicità degli interventi con cui opera, costituisce una disciplina medica particolarmente complessa ed articolata, coinvolgendo inevitabilmente molti altri settori della medicina quali, per citarne alcuni, la medicina interna, l'endocrinologia, la dermatologia, la fisiatria, la nutrizione, la ginecologia e andrologia, l'angiologia e la psicologia;
è pericolosamente diffusa la tendenza a considerare solamente gli aspetti più frivoli di tale disciplina medica, tralasciandone i rischi e le particolari competenze ad essa connessi;
molto spesso i mezzi di informazione di massa, analizzando questioni molto delicate di medicina estetica, divulgano pareri e tesi mediche sostenute più che da professionisti del settore da personaggi dello spettacolo, con il rischio di provocare una pericolosa tendenza a banalizzare le questioni inerenti tale disciplina sanitaria e indurre il lettore o il telespettatore a considerazioni talmente superficiali da far loro rischiare di incorrere in cure ed interventi inadeguati se non gravemente rischiosi per la salute;
ad oggi nonostante i mirabili risultati raggiunti e la sempre maggiore complessità degli interventi eseguiti nell'ambito della medicina estetica, da non confondere con la chirurgia estetica, tale sfera sanitaria

non comprende alcuna scuola di specializzazione regolamentata ed inquadrata in un quadro normativo ben definito;
è opportuno, per il medico che vuole intraprendere un percorso specifico di tipo specialistico, seguire una scuola indirizzata alla disciplina prescelta, onde maturare una preparazione adeguata sia teorica che pratica;
il decreto ministeriale 1o agosto 2005, di riassetto delle scuole di specializzazione dell'area sanitaria, le suddivide in tre aree, medica, chirurgica e dei servizi clinici e, pur ricomprendendo scuole di specializzazioni in chirurgia plastica, ricostruttiva ed estetica, non ricomprende alcuna scuola di specializzazione in medicina estetica;
l'istruzione e la divulgazione del sapere, secondo la normativa nazionale ed europea, è affidata a istituti scolastici ed accademici sia pubblici che privati;
le uniche scuole di specializzazione post laurea in tale settore medico sono quelle private, sorte spontaneamente grazie agli input forniti dalle sempre più crescenti esigenze, insite nella natura umana, di scoprire, approfondire, migliorare, sviluppare e riuscire a trasmettere quelle particolari e complesse nozioni scientifiche che costituiscono la medicina estetica;
queste Scuole sono promosse da Società scientifiche di medicina estetica registrate quali «Provider» del Ministero della salute, e quindi Enti organizzativi riconosciuti idonei alla formazione;
la normativa comunitaria prevede che per una scuola specialistica medica post laurea, deve maturarsi un percorso formativo legato alla specialità richiesta, ma comunque non inferiore ai 4 anni e ad un monte ore specifico;
la Scuola superiore post universitaria di Medicina ad indirizzo estetico di Milano (S.M.I.E.M) opera da oltre 20 anni e costituisce la più antica scuola di specializzazione in tale ambito sanitario avendo, tra l'altro, acquisito un prezioso e ricco bagaglio di nozioni ed esperienza da tutelare e valorizzare;
la S.M.I.E.M possiede tutti i requisiti propri di una scuola di specializzazione assimilabili a quelle universitarie quali: avere un programma di studio quadriennale; prevedere corsi riservati ai medici chirurghi in possesso dell'abilitazione professionale; impartire una formazione certificata da un attestato di frequenza e dal risultato degli esami annuali; prevedere il superamento di esami intermedi, con votazione di merito tendenti ad accertare il grado di preparazione teorica e pratica di ciascun candidato; prevedere un esame finale con discussione di una tesi accompagnata da un voto di giudizio relativo all'intero corso di studi; prevedere un opportuno tirocinio clinico pratico da effettuarsi nei 4 anni di formazione;
le qualifiche riconosciute dalla S.M.I.E.M. e dalle altre scuole di specializzazione private ad essa comparabile, nonostante le caratteristiche di completezza ed alta formazione dei piani di studio e dei percorsi formativi suddescritti, non godono di un riconoscimento giuridico compiuto e formalmente riconosciuto, impedendo, in sostanza, una piena ed effettiva fruibilità e divulgazione del sapere -:
se i Ministri interrogati, verificata la compiutezza del quadro normativo inerente l'area sanitaria della Medicina estetica e le scuole di specializzazione ad essa connesse, attualmente non comprendente l'ambito della Medicina estetica, e verificato l'alto grado di specializzazione e competenza della Scuola superiore post universitaria di Medicina ad indirizzo estetico di Milario (S.M.I.E.M), intenda integrare il quadro normativo di settore e, nelle more, coinvolgere la S.M.I.E.M. nell'ambito dei progetti e delle iniziative di studio e sviluppo inerenti la medicina estetica.
(5-01489)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
Il 4 giugno 2009 alcuni mezzi di informazione La Repubblica, Tg3 hanno dato notizia della sospensione da parte dell'ufficio scolastico provinciale di Cesena di Roberto Marani, docente di matematica e fisica presso il Liceo Scientifico «Righi» della città;
la motivazione relativa alla sospensione per due mesi riguarda il fatto che il docente ha distribuito tra i suoi studenti un questionario sull'ora di religione che aveva come obiettivo quello di condurre un'indagine nelle proprie classi per rilevare quale insegnamento lo studente avrebbe scelto fra Religione cattolica, Storia delle religioni e Diritti umani;
il risultato del questionario ha fatto emergere che l'11 per cento degli studenti sceglierebbe la religione cattolica e lo stesso Collegio dei docenti, a seguito di questo risultato, ha deliberato sulla necessità di offrire agli studenti una materia alternativa;
secondo le informazioni raccolte nell'Istituto scolastico lo stesso insegnante di religione interessato è membro del Collegio dei 130 docenti dell'Istituto che nulla aveva avuto da ridire sul questionario quando fu loro proposto nel novembre 2008; due mesi dopo, nel gennaio 2009, si è saputo che don Pasolini aveva protestato presso l'Ufficio scolastico regionale senza che nessuno dei docenti ne fosse a conoscenza;
il provvedimento di sospensione prevede per la sua durata il dimezzamento dello stipendio -:
se non ritenga il Ministro che il provvedimento disciplinare sia ingiustificato e lesivo della dignità professionale;
se non ritenga il Ministro che tale provvedimento vada applicato a tutto il Collegio dei 130 docenti che avevano insieme deciso di trovare una soluzione alternativa alla luce del sondaggio proposto dal docente di matematica e fisica;
se non ritenga che questa azione disciplinare si inquadri in una logica volta a intimidire i docenti nell'ambito della loro discrezionalità educativa;
se non ritenga di dover intervenire affinché al docente di matematica e fisica venga immediatamente reintegrato lo stipendio;
infine, se non ritenga il Ministro che tale azione disciplinare sia finalizzata alla promozione di politiche clericali volte all'eliminazione di comportamenti più razionali e laici nella scuola pubblica italiana.
(4-03172)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
presentando falsi certificati medici relativi a gravi malattie invalidanti, 27 maestre titolari di cattedre nella provincia di Milano, in tre anni di lavoro, non hanno mai esercitato la loro professione. Le maestre sono state denunciate dal provveditorato agli studi, che ha inviato un dossier alle procure di Milano e di Reggio Calabria. Nel dossier si evince che le 27 maestre hanno sfruttato alcune falle nella legge 104 e nel contratto sulla mobilità degli insegnanti, per non tenere lezioni nella provincia diversa da quella di residenza;
una volta ottenuto il trasferimento a Reggio Calabria, provincia di provenienza delle insegnanti indagate, i certificati attestano che le malattie sono completamente scomparse, reintegrandole nel pieno delle loro facoltà lavorative. Le cartelle mediche parlavano di scoliosi, ansia, depressione e diabete, patologie che, una volta ottenuto il trasferimento per legge, scomparivano immediatamente. Quella scoperta dal provveditorato di Milano è

solo la punta dell'iceberg di un circolo vizioso che investe i provveditorati di altre province italiane: Firenze, Venezia, Torino e Caserta;
come hanno sottolineato gli uffici del provveditorato preposti al recupero della documentazione relativa alle indagini, per ottenere un trasferimento è sufficiente presentare un certificato di invalidità provvisorio, rilasciato da un medico della Asl di residenza. Alla scuola che il docente lascia, per tutela della privacy, non viene indicata né la patologia né il grado di invalidità, che si presume quindi essere grave, consentendo così all'insegnante di tornare a casa. Entro 90 giorni, a trasferimento già avvenuto, la stessa Asl è tenuta ad emettere un secondo certificato di conferma, in cui invece si dichiara la percentuale di invalidità. Il verdetto, nei casi reali esaminati dalle procure, non riscontrava alcun handicap nei soggetti esaminati, e a quel punto il trasferimento è soggetto ad annullamento;
il meccanismo si blocca nel passaggio fra la prima e la seconda visita. Infatti, a causa delle inefficienza delle aziende sanitarie, possono passare anche tre anni. Nel frattempo, la maestra può insegnare nella provincia di appartenenza, oppure può decidere di non insegnare affatto, lasciando scoperta la cattedra che le era stata assegnata per concorso. Da tale procedura consegue che ogni anno, nella scuola lombarda, si riscontri un vuoto di centinaia di cattedre da coprire con supplenze, che provocano un aumento dei costi di gestione;
sulla vicenda si è espresso anche il responsabile vertenze della Flc-Cgil a Milano, Pippo Frisone, invitando ad evitare giudizi superficiali, riponendo la responsabilità ad ogni soggetto considerato singolarmente. Frisone ha anche criticato il dilungarsi dei tempi di attesa della certificazione Asl, che possono provocare abusi incontrollati. Per questo, la Cgil chiede al Governo che siano rese più rigide le norme contrattuali e chiusi tutti i varchi che favoriscono gli abusi -:
se i Ministri intendano verificare la gravità della situazione sorta nel provveditorato di Milano e provvedere ad un'ulteriore verifica anche nei sopraccitati provveditorati di Firenze, Venezia, Torino e Caserta;
quali provvedimenti o iniziative urgenti i Ministri intendano intraprendere per arginare l'abuso di falsa documentazione sanitaria finalizzata al trasferimento nella provincia di residenza.
(4-03183)

DI BIAGIO e SALTAMARTINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è stata distribuita dal personale docente ai singoli alunni, in molte scuole romane, anche elementari e medie inferiori, una nota da parte dell'Associazione delle scuole autonome del Lazio, con tanto di carta intestata recante stemma della Repubblica e firmata dal Dirigente scolastico professoressa Paola Pancrazi dell'Istituto Carlo Alberto Dalla Chiesa, Via Mario Rigamonti, 10, Roma, che contiene una lunga serie di lamentele sullo stato finanziario delle scuole del Lazio ed una serie di critiche forti e pesanti alla politica finanziaria del Governo nel campo dell'istruzione pubblica;
è grave che a ridosso di una importante tornata elettorale, vengano veicolati, attraverso ragazzi e bambini, messaggi negativi nei confronti dello stato della scuola pubblica e critiche non tanto velate, a chi ha la responsabilità politica ed amministrativa di gestire il settore scolastico;
il tenore complessivo del documento distribuito, affinché ne prendessero visione i genitori degli alunni coinvolti, ha anche caratteristiche vagamente minatorie in quanto rivolgendosi alle famiglie, reca un paragrafo intitolato «Le conseguenze sui vostri figli», dove sono elencate una serie di disfunzioni e di carenze, evidentemente drammatizzate;

gli estensori dei documento, operano una evidente forzatura della situazione e danno un quadro non veritiero della condizione reale della scuola nella Regione Lazio per fini, evidentemente politici -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di questa iniziativa e come intenda agire per evitare che vengano strumentalizzati bambini e ragazzi per azioni di natura sindacale e politica utilizzando la carta intestata di una scuola pubblica con tanto di stemma dello Stato che conferisce un crisma di ufficialità ad una nota che è di natura strettamente sindacale, generando così volontariamente, un equivoco sulla sua effettiva valenza.
(4-03210)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

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LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BARANI, DI VIRGILIO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i casi di febbre suina - virus A/H1N1 - segnalati aumentano al ritmo preoccupante di 1.000 contagi al giorno e i livelli di allerta internazionale sono al livello 5 (su un massimo di 6);
l'innalzamento del livello di allerta sanitario mondiale significa che il contagio si sta diffondendo e trasmettendo in comunità localizzate, ma che non ha ancora raggiunta una forza tale da essere descritto come realmente pandemico;
sono circa 10.000 i casi di nuova influenza acclamati in 40 Paesi del Mondo, in Messico i casi confermati di infezione da A/H1N1 sono 3.648, 72 i decessi mentre negli Stati Uniti i casi di infezione sono 5.123 con 5 decessi, in Canada 496 e una vittima, in Costa Rica 9 casi con un decesso, secondo quanto riferito dall'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms);
l'Istituto Superiore di Sanità evidenzia, sul suo portale, che i dati epidemiologici sono in rapida evoluzione quindi e non è possibile finora stabilire un reale tasso di trasmissione e una relativa incidenza della malattia e della mortalità;
la mappa dei contagi per il virus della cosiddetta Nuova Influenza si allarga ogni giorno e si registriamo nuovi casi in tutto il mondo;
secondo quanto dichiarato dal direttore generale dell'Oms, Margaret Chan «è troppo presto per abbassare la guardia», l'influenza A/H1N1 è «una crisi con possibili implicazioni mondiali» inoltre i segnali che l'epidemia stia scemando nel suo epicentro in Nord America non significano che il peggio è passato, esiste «grande incertezza» sul fatto che l'attuale quadro «parzialmente confortante» non muti;
in Italia, finora, sono 9 i casi verificati, il 2 maggio il primo caso in Toscana (Ospedale di Massa), e poi nelle altre regioni in particolare si sono registrati 5 casi a Roma;
l'innalzamento del livello di allerta sanitario mondiale ha significato che il contagio si è sempre più diffuso e trasmesso in comunità localizzate;
in alcune realtà locali, come nel caso del primo paziente, in provincia di Massa Carrara ad Aulla, le autorità locali invece di prevenire il contagio hanno lasciato un certo lassismo e tempo, che nel caso di un virus veramente letale, poteva costare caro alla salute dei cittadini;
risulta che il Sindaco di Aulla invece di predisporre i protocolli di prevenzioni consoni in caso di allerta a livello 5, ha, con i massimi dirigenti dell'ASL e della direzione del settore igiene e sanità pubblica, organizzato incontri pubblici per discutere o meno dell'opportunità di chiudere le scuole;
tale atteggiamento, risulta in antitesi con quanto sta avvenendo nel resto del mondo, ed ha portato la popolazione locale ad esporsi ad eventuali complicazioni

o contagi del virus H1N1, visto che in questi casi è prassi evitare adunanze pubbliche, che sono il primo vettore dell'influenza, come qualsiasi altro luogo di aggregazione di massa quale scuole, chiese, esercizi commerciali, eccetera;
risulta positivo sia il coordinamento Ue nell'affrontare l'emergenza della febbre suina a livello Comunitario sia le modalità con cui il Ministero del Welfare ha istituito un numero di pubblica utilità dove rispondono medici ed esperti del dicastero appositamente formati;
l'aggiornamento sullo stato della malattia è continuamente aggiornato sul sito internet del dicastero (www.ministerosalute.it) con gli aggiornamenti della situazione nazionale e internazionale relativa all'influenza A/H1N1;
sin dal 24 aprile il Ministero ha riunito in seduta permanente una Task force di esperti e continua a monitorare ora per ora l'evolversi della situazione in collegamento con gli organismi europei e internazionali;
inoltre è confortante e rassicurante che il nostro Paese possieda scorte sufficienti di farmaci antivirali -:
quali iniziative, il Ministro interrogato, intenda assumere per rafforzare le misure di prevenzione sanitaria fino ad ora messe in campo, per evitare che casi come quello di Aulla possano riaccadere e generare, nel caso in cui la virulenza del virus dovesse crescere, nuovi casi, ed inoltre quale previsione si può avere nel caso in cui il ceppo dovesse entrare nella «normale influenza» a cui andremo incontro nel prossimo autunno nel nostro Paese.
(5-01480)

MADIA, GHIZZONI e BOCCIA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli anni 2007 e 2008 la Regione Puglia, ha stanziato circa 36 milioni di euro a copertura di circa 600 borse di studio per dottorandi e giovani ricercatori. Tali borse di studio sono state coperte interamente dal fondo sociale europeo e hanno costituito delle risorse aggiuntive per gli atenei pugliesi che così hanno coperto gran parte se non tutti i cosiddetti dottorati «senza borsa»;
il bando per il 2009 non è stato emanato a causa delle seguenti ragioni. L'erogazione dei finanziamenti alle Università da parte della direzione generale affari sociali, occupazione e pari opportunità è subordinata, come espressamente previsto nei piani operativi del Fondo sociale europeo, all'approvazione del comitato nazionale del Quadro strategico nazionale di riferimento (QSNR) dedicato alle risorse umane;
tale approvazione è in carico al ministero in oggetto ed era stata concordata con le autorità comunitarie in data 30 luglio 2008;
nonostante numerosi solleciti scritti e orali da parte della Commissione Europea a causa dell'inadempienza ministeriale, Bruxelles si è trovata costretta - con nota del 24 aprile 2009 - a revocare l'azione presumendo che l'interesse nazionale fosse venuto meno. La Commissione ha tuttavia lasciato uno spiraglio aperto fino a luglio affinché il governo possa provvedere a quanto dovuto;
l'assessore alla formazione e al lavoro della regione Puglia, preposto all'attuazione del progetto, nonostante i numerosi solleciti si trova nell'impossibilità di proseguire l'azione per il finanziamento dei giovani ricercatori e dottorandi -:
per quali ragioni il Governo nazionale non abbia provveduto in circa un anno ad inviare il suddetto parere a Bruxelles;
se il Governo abbia adeguatamente considerato che persistendo nell'inadempienza rinuncerebbe a un importante finanziamento esterno, quindi senza oneri per la finanza pubblica, a favore della ricerca e della società della conoscenza, un

finanziamento che sarà sottratto all'Italia, in favore di altri membri dell'Unione europea;
se il Governo non ritenga che il finanziamento di centinaia di borse di ricerca per giovani rappresenti un'azione positiva per la crescita economica e la competitività di tutto il territorio pugliese e per tutto il mezzogiorno del paese;
se il Governo intenda sfruttare la finestra lasciata aperta da Bruxelles e adempiere a quanto di sua competenza.
(5-01490)

LENZI, ZAMPA e CODURELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane, interrompendo alcuni appalti nel territorio bolognese per inadempienze contrattuali (subappalti vietati ed evasione contributiva), da parte degli appaltatori TNT Post e ACT, senza affidare ad altre imprese detti appalti, ha licenziato lo scorso 25 marzo 38 lavoratori;
le aziende coinvolte si occupavano di rifornire i portalettere, i cosiddetti «viaggettisti», per la consegna delle raccomandate. A svolgere questi servizi nel territorio di Bologna erano 30 lavoratori dipendenti di ACT, una società cooperativa con sede legale a Campobasso, e 8 lavoratori dipendenti da una cooperativa a cui TNT Post di Bologna ha subappaltato il servizio postale affidato da Poste Italiane tramite bando di gara;
i 38 lavoratori licenziati non hanno neppure potuto accedere alla indennità di disoccupazione in quanto ingaggiati come soci non dipendenti di cooperativa o perché privi dei requisiti relativi al numero minime di contributi versati;
le organizzazioni sindacali di categoria bolognesi hanno richiesto alla Provincia di Bologna di convocare Poste Italiane, TNT Post Italia e ACT soc. coop e agli incontri del 3 e del 17 aprile si sono presentati, oltre ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali di categoria territoriali Sic-Cgil, Slp-Cisl e Uil-Post, il responsabile delle relazioni sindacali di TNT Post Italia, e i rappresentanti delle aziende appaltatrici ACT soc. coop., e del Consorzio Molise Multiservizi, subentrato a quest'ultima;
le Organizzazioni sindacali hanno denunciato le condotte illegali delle aziende appaltatrici a discapito dei lavoratori che svolgono servizi pubblici e stigmatizzato l'assenza di uno standard minimo di responsabilità sociale di Poste Italiane che, in nome della «tutela dei lavoratori» dipendenti delle aziende appaltatrici, interrompe legittimamente gli appalti ma chiude gli occhi sulle conseguenti ricadute per i lavoratori interessati;
le organizzazioni sindacali hanno altresì denunciato che Poste Italiane, con un memorandum sottoscritto anche dal Ministero delle comunicazioni nel dicembre 2007, si era impegnata a mantenere i contratti di appalto con le Agenzie di Recapito fino al 31 dicembre 2010 e, in caso di risoluzione dei contratto di appalto, a scorrere la graduatoria per aggiudicare il servizio al secondo classificato che si deve far carico anche dei relativi lavoratori (ex articolo 7 del CCNL dei servizi postali in appalto del 18 luglio 2001);
Poste Italiane non si è presentata agli incontri, limitandosi a inviare, in ciascuna occasione, una nota richiamante le «reiterate inosservanze delle disposizioni contrattuali e di legge da parte delle aziende TNT Post e ACT»;
Poste Italiane ha altresì precisato che «la risoluzione dei rapporti di lavoro con ACT e TNT è stata effettuata in ottemperanza alle disposizioni contenute nell'accordo sindacale del 6 dicembre 2006 sottoscritto da Poste Italiane e Slc-Cgil, Slp-Cisl, Uil-Post, Failp-Cisal, Sailp-Confsal e Ugl-Comunicazioni (Protocollo di Intesa sulla disciplina del rapporti con le Agenzie di Recapito) e del successivo memorandum

tra Ministero delle comunicazioni, Poste Italiane SpA e Agenzie di Recapito, sottoscritto in data 11 dicembre 2007»;
la Società Cooperativa ACT, a sua volta, ha declinato ogni responsabilità nei confronti dei lavoratori in ragione della cessione di ramo d'azienda avvenuta il 1o marzo 2009 (pochi giorni prima della decisione di Poste Italiane di interrompere il contratto di appalto) a favore del Consorzio Molise Multiservizi e di avere impugnato di fronte al Tribunale di Roma la decisione di Poste Italiane;
TNT Post Italia da parte sua, attraverso il responsabile delle relazioni sindacali, ha sostenuto che «avendo ottenuto dal Comune di Bologna l'appalto di un servizio di notifica di atti giudiziari, potrà collocare al lavoro gli 8 addetti che operavano attraverso subappalti illeciti, ma solo a part-time e con un contratto a tempo determinato e comunque non prima del mese di luglio». TNT Post non ha comunque neppure formalizzato questo impegno, rifiutandosi così di farsi carico, pur avendo una organizzazione di grande dimensione, del problema immediato e urgente di quei lavoratori, provocato dall'illecito comportamento della stessa;
la Provincia di Bologna e le organizzazioni sindacali bolognesi hanno chiesto al Ministero del lavoro, della salute, e delle politiche sociali la convocazione di Poste Italiane, TNT Post e Act, ad oggi senza nessun esito, mentre le organizzazioni sindacali nazionali hanno richiesto un tavolo di confronto a Poste Italiane su questa vicenda e su molte altre analoghe nel territorio nazionale -:
se non ritenga doveroso provvedere alla risoluzione immediata del problema di questi lavoratori bolognesi, privati del reddito necessario per sé e per le proprie famiglie, oltre al problema di un numero imprecisato di lavoratori in condizioni analoghe negli altri territori e accertare la correttezza delle modalità di gestione di un servizio di pubblica utilità da parte di Poste Italiane erogato attraverso appalti al massimo ribasso che inevitabilmente si ripercuotono tanto sugli addetti quanto sul servizio.
(5-01493)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 26 maggio 2009, la trasmissione Striscia la Notizia, in onda su Canale 5, ha trasmesso un filmato che riprendeva un operatore portalettere di Poste Italiane SpA sul proprio ciclomotore, privo di casco di protezione, e nell'intento di svolgere le mansioni sancite dal proprio contratto professionale;
un eventuale incidente, dovuto alla negligenza e alla irresponsabilità del soggetto di cui sopra, potrebbe condurre a responsabilità a carico dell'azienda, Poste Italiane Spa che è partecipata dal Ministero dell'economia e delle finanze per il 65 per cento, con conseguente coinvolgimento della stessa amministrazione statale;
il sussistere di più casi di negligenza e di totale noncuranza della propria incolumità e del rispetto delle disposizioni in materia di sicurezza stradale e di sicurezza sui luoghi di lavoro da parte di dipendenti delle società partecipate e delle varie realtà pubbliche, sottolineano l'esigenza di chiarire ed eventualmente modificare la normativa esistente in materia di responsabilità sui luoghi di lavoro, segnatamente per ciò che concerne le dinamiche di corretta informazione e prevenzione;
immagini come quelle trasmesse dal programma di Canale 5, sebbene lodevoli sotto il profilo informativo, rappresentano un esempio drammatico per la società civile e segnatamente per i giovani, che in questo modo possono sentirsi legittimati nello svolgere determinate pratiche, che si collocano ben oltre la legalità e la correttezza civile, oltre che un esempio di incapacità e di inefficienza da parte di

coloro che sono chiamati a svolgere una mansione per conto dell'Amministrazione dello stato o per conto di realtà ad essa legate -:
quali iniziative si intendano definire al fine di formulare un chiarimento ed eventualmente una modifica delle disposizioni in materia di informazione, formazione per i lavoratori, ed in materia di responsabilità e prevenzione degli incidenti sul luogo di lavoro, così come sancite dal decreto legislativo n. 81 del 2008.
(4-03155)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto enunciato dalla relazione al Parlamento sugli interventi realizzati in attuazione dell'articolo 8 della legge 30 marzo 2001, n. 125 «Legge quadro in materia di alcol e problemi alcolcorrelati», nel nostro Paese si vanno diffondendo da molto tempo nuove abitudini di consumo alcolico, che espongono, soprattutto i giovani, ad un elevato rischio di patologie e di incidenti correlati all'abuso di alcool. Questi nuovi atteggiamenti derivano «dall'imitazione» di ciò che accade nei Paesi del Nord Europa e negli USA, dove, il fenomeno dei «binge drinkers» si è radicato nel mondo dei teenagers e non solo;
dalla relazione al Parlamento si rileva che il primo contatto con le bevande alcoliche avviene, di media, intorno ai 12 anni, con un sensibile aumento di consumatori di alcool nelle fasce di età che vanno dai 14 ai 17 anni, e dai 20 ai 24 anni. Territorialmente si attesta che le regioni del Nord, in particolare Veneto e Lombardia risultano tra quelle con numero assoluto più elevato di «binge drinkers», mentre il valore più basso si registra in Valle d'Aosta;
il «binge drink» è un fenomeno legato all'abuso di alcol, in senso lato significa «ubriacarsi fino all'intossicazione, fino a cadere in coma etilico»: ispirandosi ai modelli del Nord Europa, o statunitensi, durante il weekend, il «binge drinker» si concede grandi bevute fino allo stordimento, non accorgendosi che questo abuso può essere assimilato a quello di altre sostanze stupefacenti. I «binge drinkers» si dividono in occasionali, cioè persone che si intossicano di alcool una volta a settimana, ed in assidui, cioè coloro che superano il limite del coma etilico anche tre volte alla settimana;
attualmente, la legislazione italiana vieta la somministrazione di bevande alcoliche agli under 16, ma non la vendita nei supermercati a questa fascia di età. Questo costituisce un controsenso, dato che, anche se nei luoghi di intrattenimento viene fatto divieto di bere alcol ai minorenni, costoro possono tranquillamente comprare superalcolici al supermercato e berli fuori dai loro luoghi di ritrovo;
se si confrontano i dati della relazione al Parlamento sulla legge n. 125, con quelli indicati dall'ESPAD Report del 2000 si vede che l'abitudine al «binge drinking» è aumentata del 39,8 per cento in soli otto anni. Infatti nel 2000, la pratica riguardava circa il 13 per cento degli studenti delle superiori, mentre ora, come anche sottolineato da Andrea Noventa, responsabile del settore Prevenzione Sert 1 dell'Asl di Bergamo, il dato è salito al 58,2 per cento e riguarda soprattutto i ragazzi tra i 15 ed i 19 anni. Inoltre la Asl di Bergamo sottolinea anche che l'età della prima «ubriacatura» si è abbassata notevolmente, dato che avviene, di media, ad 11 anni -:
quali misure urgenti intenda intraprendere il Ministro per arginare il fenomeno denominato «binge drinker», non soltanto con campagne di sensibilizzazione, ma anche attuando programmi di informazione che, grazie anche al supporto di internet, si rivolgano specificatamente ai giovani a scuola, utilizzando le nuove tecnologie mediatiche per raggiungere la più ampia platea di soggetti a rischio.
(4-03163)

STUCCHI, PIROVANO, VANALLI e CONSIGLIO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la M.I.T.I. S.p.A., società produttrice di tessuti a maglia ad alta tecnologia e performanti per il mondo dello sport che ha iniziato la sua attività nel 1931, ha reso noto che intende chiudere la sede di Zogno (Bergamo), che conta 72 dipendenti, entro il prossimo settembre, mantenendo ancora attiva la sede di Urgnano (Bergamo) con 130 dipendenti;
i pesanti segnali della crisi, iniziata lo scorso anno con un sensibile calo degli ordini e la crescita esponenziale dei costi di produzione (soprattutto per quanto riguarda il consumo energetico), si sono concretizzati nel più drammatico epilogo per gli attuali 72 dipendenti, la cui gran parte sono donne;
la proprietà della M.I.T.I. giustifica questa sua scelta sulla base del risparmio in termini di costo della manodopera e costi per il consumo energetico dei macchinari con la prevista delocalizzazione in Ungheria dell'attività di tessitura che si svolge presso la sede di Zogno;
per la Valle Brembana, la vicenda della M.I.T.I. rappresenta l'ennesimo duro colpo anche sul piano sociale, con pesanti ripercussioni occupazionali e con conseguenti situazioni personali e familiari delicatissime da affrontare -:
se non ritengano necessario convocare con urgenza l'azienda e i rappresentanti dei lavoratori, al fine di individuare ogni utile soluzione che possa permettere ai dipendenti interessati di ottenere garanzie circa il loro futuro occupazionale, anche valutando eventuali ipotesi di subentro della proprietà che possano garantire la prosecuzione dell'attività lavorativa in corso;
se non ritengano di dover intervenire presso la proprietà rimarcando che le modalità adottate per affrontare la crisi in corso appaiono estremamente lesive dell'interesse dei lavoratori coinvolti e dell'economia bergamasca nel suo complesso, specificando che le scelte attuate rispondono ad una logica contabile di abbassamento dei costi, ma che non possono rappresentare l'unica soluzione alla crisi industriale e produttiva che da diversi anni investe pesantemente il comparto manifatturiero;
se non ritengano opportuno intervenire con urgenza, qualora malauguratamente non si verifichino le condizioni per far continuare le attività lavorative del M.I.T.I. S.p.A. a Zogno, al fine di assicurare che l'iter per la concessione degli ammortizzatori sociali ordinari e straordinari per i lavoratori coinvolti, si concluda in tempi ragionevoli.
(4-03177)

CECCUZZI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore termale rappresenta un comparto strategico del sistema economico ed occupazionale del paese;
l'Italia è la nazione europea che vanta il maggior numero di stabilimenti termali: circa 380 che occupano direttamente ed indirettamente oltre 65 mila addetti;
il settore termale è disciplinato dalla legge n. 323 del 2000 «Riordino del settore termale»;
nonostante siano trascorsi circa 9 anni dall'approvazione della suddetta legge non sono stati ancora emanati i decreti attuativi che possano dare efficacia all'azione pubblica per consentire la corretta applicazione di molti obiettivi contenuti nel provvedimento. Tra gli obiettivi presenti: la disciplina delle erogazioni delle prestazioni termali al fine di assicurare il mantenimento ed il ripristino dello stato di benessere psicofisico; le disposizioni per la promozione e la riqualificazione del patrimonio idrotermale, anche ai fini della

valorizzazione delle risorse naturali, ambientali e culturali dei territori termali; il rilancio degli stabilimenti termali (in particolar modo «Ex Eagat» che versano attualmente in gravi difficoltà per la prevalente vocazione monotematica dei territori dove sono presenti); la soluzione in maniera chiara ed autorevole del problema della validità scientifica delle prestazioni termali e del delicato rapporto con la classe medica e la terapia farmacologica;
in data 13 novembre 2008 il governo ha accolto un ordine del giorno alla Legge Finanziaria 2009, a prima firma Franco Ceccuzzi, che impegna l'esecutivo: «a valutare la necessità di emanare ogni utile provvedimento affinché la legge n. 323 del 2000 venga finanziata al fine di una sua piena attuazione per sostenere tutto il settore termale, tanto quello a prevalente vocazione sociosanitaria che quello legato al settore turistico del benessere, nonché per sostenere quelle città a monocultura termale con un rapporto paritario o maggiore di numero di posti letto disponibili nelle strutture ricettive presenti rispetto al numero dei residenti, in cui la contrazione delle presenze turistiche e il mancato compimento del percorso di privatizzazione degli stabilimenti Ex Eagat hanno creato una grave condizione di depressione economica che perdura da quasi due decenni»;
oltre alla riabilitazione ed al settore benessere le prestazioni termali sono riconosciute dal Servizio Sanitario nazionale per la cura di numerose patologie così come disciplinato dall'articolo 4 delle suddetta legge n. 323 del 2000;
nello specifico il comma 4 dell'articolo 4 della legge n. 323 del 2000 sancisce che le modalità di erogazione delle prestazioni termali, tra cui la definizione ed il rinnovo delle tariffe che il Servizio sanitario nazionale riconosce per le cure termali, sono assicurate «da appositi accordi stipulati, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni e le province autonome» e che «tali accordi divengono efficaci con il recepimento» da parte della Conferenza Stato-Regioni;
l'intesa raggiunta per il rinnovo delle tariffe, scadute dal 31 dicembre 2005, non è stata ancora ratificata dalla Conferenza Stato Regioni. Secondo quanto emerge da organi di informazione «a tale determinazione, si è giunti dopo oltre due anni di trattative in sede tecnica con il Coordinamento Interregionale degli Assessori alla Sanità e l'inspiegabile assenza, agli incontri, del Governo. Le risorse che le Regioni si sono impegnate a porre a carico dei propri bilanci per il rinnovo dell'accordo, sono pari a circa 10 milioni di euro nel biennio 2008-2009 ed incidono in maniera irrisoria (complessivamente meno di 3 milioni in due anni) sui conti delle Regioni sottoposte ai cosiddetti "piani di rientro"»;
il mancato recepimento dell'accordo si sta ripercuotendo negativamente sul sistema termale nazionale, sui livelli occupazionali del settore e sulla corretta erogazione delle prestazioni -:
per quale ragione il Governo non abbia assicurato la sua presenza al confronto in corso, in sede tecnica, tra Federterme ed il Coordinamento Interregionale degli Assessori alla Sanità, che si protrae da lungo tempo;
quali misure urgenti intenda varare per rispondere alla crisi del settore termale e giungere rapidamente, come primo passo concreto, al rinnovo concordato delle tariffe che il Servizio sanitario nazionale riconosce per le cure termali, al fine di salvaguardare l'attività ed i livelli occupazionali di tutti gli stabilimenti termali oltre a promuovere l'efficacia e la qualità terapeutica delle acque;
quali provvedimenti urgenti intenda intraprendere per dare finalmente piena attuazione alla legge n. 323 del 2000 in modo che venga finanziata e possa corrispondere alla finalità che l'hanno ispirata e che la rendono quanto mai attuale e necessaria per valorizzare e promuovere l'intero comparto termale nazionale, così come disposto peraltro dall'ordine del

giorno inerente accolto dal governo in data 13 novembre 2008.
(4-03180)

GINEFRA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Telecom Italia è un'azienda con una forte liquidità, con ricavi miliardari e con un patrimonio stimato in oltre 40 miliardi di euro e possiede, allo stato attuale, tutte le condizioni economiche ed organizzative per poter accompagnare la propria riorganizzazione senza ulteriori tagli al personale;
il 19 settembre del 2008, si è giunti tra SLC-CGIL, FISTEL-CISL, UILCOM-UIL e l'azienda Telecom Italia ad un accordo che prevedeva ben cinquemila mobilità fino al 2010, accordo che finora ha già portato in pochi mesi alla riduzione dell'organico di tremila unità;
poche settimane dopo la sottoscrizione dell'accordo - per la precisione il 2 dicembre scorso -, Telecom Italia, con un nuovo piano industriale, annunciava ulteriori 4.500 esuberi da realizzare negli anni 2009, 2010, 2011, che si sarebbero aggiunti ai cinquemila già concordati con le organizzazioni sindacali;
negli ultimi giorni Telecom Italia ha aperto una procedura per licenziare 470 lavoratori del settore delle Directory Assistance, personale facilmente riconvertibile che potrebbe essere reimpiegato con differenti mansioni all'interno della stessa azienda;
insieme ai licenziamenti annunciati, è prevista la chiusura di ventidue sedi dell'azienda, con il rischio per centinaia di lavoratori, che saranno obbligati a trasferirsi anche per molti chilometri, di dimissioni volontarie che porterebbero a ridurre ulteriormente gli organici;
inoltre, mentre in Italia i manager Telecom stanno procedendo a licenziamenti e a trasferimenti territoriali coatti, rinnegando gli impegni presi con i sindacati, si hanno sempre più conferme di un progetto per delocalizzare in Romania e Tunisia numerose attività di contact center della stessa azienda, con evidenti cali di volume e quindi nuovi esuberi o giustificazioni costruite appositamente per quegli attuali;
secondo quanto affermato il 27 maggio 2009 dal ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, si potrebbe evitare la procedura di mobilità avviata da Telecom Italia per 470 dipendenti, poiché l'azienda può ricorrere agli ammortizzatori sociali e, citando le parole dello stesso Ministro: «In relazione all'annunciata lettera delle organizzazioni sindacali rappresentative dei lavoratori della Telecom Italia circa l'apertura da parte dell'azienda della procedura di mobilità-licenziamento per 470 dipendenti, ribadisco, anche e soprattutto a un'azienda concessionaria di servizi di pubblica utilità, l'invito a una moratoria di ogni forma di licenziamento, in quanto sono disponibili comunque ammortizzatori sociali che evitano l'interruzione del rapporto di lavoro. Il ministero del Lavoro è a disposizione delle parti per favorire intese volte a salvaguardare il reddito e il rapporto di lavoro dei dipendenti della Telecom Italia» -:
se il ministro interrogato non ritenga che ciò che sta per accadere ai lavoratori Telecom non sia di estrema gravità, poiché porterebbe, oltre ad evidenti danni occupazionali, anche a riflessi negativi sulla qualità del servizio, a danno di tutto il Paese, lavoratori, contribuenti, istituzioni locali e nazionali, e cosa intendano fare affinché si riesca ad arginare le scelte dell'azienda rispetto alla situazione descritta, a salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-03181)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da un'inchiesta di Panorama è emersa la gravità della situazione sanitaria in provincia di Reggio Calabria, in cui a distanza di pochi chilometri l'uno dall'altro,

esistono piccoli ospedali, la cui attività è pressoché inutile ed inesistente. Uno dei casi da prendere come esempio, è quello dell'ospedale di Oppido Mamertina, alle pendici dell'Aspromonte, la cui attività settimanale si risolve in una banale operazione (ad esempio quella necessaria a rimuovete un'ernia) il martedì, poi si rileva solo normale amministrazione. A 15 km da Oppido si trova l'ospedale di Taurianova, altra struttura piccolissima, in cui, già nel primo pomeriggio si trovano stanze chiuse ed un silenzio irreale, dato che gli uffici chiudono alle 14;
altro caso limite è quello riguardante la grave penuria di posti letto degli ospedali situati nella piana di Gioia Tauro: 18 a Taurianova, 20 a Palmi, altrettanti a Oppido Mamertina. Per contro, in queste strutture, si rileva una strabiliante media di 6 dipendenti per degente, a cui però non fa riscontro la qualità dei servizi offerti. Si prenda ad esempio il caso, accaduto lo scorso anno, di Flavio Scutellà, 12 anni: cade dall'altalena, batte la testa sul selciato e comincia a girare in ambulanza per tutte e sette le strutture della piana. Nessuno riesce a intervenire sul suo ematoma, che intanto si allarga. Nove ore dopo l'incidente Scutellà muore a Reggio Calabria, ottava tappa del suo doloroso pellegrinaggio;
secondo quanto dichiarato nel 2008, nell'ospedale di Oppido Mamertina gli interventi con ricovero di mezza giornata sono stati 53, con una media sconcertante: un'operazione a settimana, weekend esclusi. Questa situazione ha fatto nascere l'esigenza di una verifica dello status dell'azienda sanitaria locale, che ha rilevato due miliardi di debiti, servizi inadeguati, pessima gestione, con relativa necessità di commissariamento dell'azienda;
la decisione del commissariamento era già stata presa nei confronti dell'azienda sanitaria della provincia di Reggio Calabria, l'Asp 5, sciolta per infiltrazione mafiosa meno di un anno fa, lasciando circa mezzo miliardo di euro di debito. Come ha affermato il dirigente della Asl, questa situazione è stata aggravata dalle continue pressioni delle componenti politiche locali, poco inclini ai tagli di spesa e alla razionalizzazione del comparto;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, in data 11 dicembre 2007, è stato dichiarato, fino al 31 dicembre 2009, lo stato di emergenza economico-sanitaria nel territorio della regione Calabria -:
quali provvedimenti urgenti il Ministro intenda adottare per risolvere la gravità della situazione degli ospedali situati nella piana di Gioia Tauro, in modo da offrire una dignitosa assistenza medica ai cittadini della zona, evitando nel contempo gli evidenti e reiterati sprechi di denaro pubblico.
(4-03185)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2008, a Bergamo ed in tutta la regione Lombardia, si è registrato una sensibile diminuzione delle donazioni di organi rispetto a quanto registrato nel 2007: i trapianti di cuore sono passati da 28 a 25, quelli di rene da 44 a 33, di fegato su adulti da 49 a 32, di fegato pediatrico da 39 a 29, di polmone da 11 a 6, di midollo da 174 a 102. L'aumento di non idoneità degli organi è in tutta Italia ed è dovuto essenzialmente all'aumento dell'età media dei donatori e all'introduzione di criteri più restrittivi a garanzia della sicurezza dei riceventi;
a livello nazionale si riscontra anche un lieve aumento delle opposizioni al prelievo, che sono passate dal 31 per cento del 2007, al 32,7 per cento del 2008. La problematica si complica perché, in assenza di una precisa dichiarazione di volontà del potenziale donatore, anche se quest'ultimo può essere considerato un «donatore segnalato», le équipes addette ai prelievi e ai trapianti devono comunque, in ogni caso, contattare i familiari ed i parenti per procedere all'espianto;

l'ex presidente provinciale dell'Aido, il dottor Leonida Pozzi, ha affermato che questa è la situazione più preoccupante degli ultimi anni. A Bergamo la cultura della donazione di organi ha radici molto salde, dato che la città è stata la prima negli anni '70 a lanciare il messaggio di solidarietà per i trapianti. Questo è stato reso possibile soprattutto dalla forte collaborazione fra strutture ed istituzioni sia locali che nazionali, collaborazione che si dovrebbe riscontrare in tutta Italia, in modo da ridurre la lunga lista di novemila pazienti in attesa di un trapianto;
la diminuzione degli espianti e dei trapianti è dovuta in buona parte anche alla mancanza di una adeguata comunicazione ed educazione al riguardo. Per questo si rende necessario incrementare gli interventi nelle scuole, parlare alla gente in modo che la donazione possa diventare parte integrante della vita di ogni persona -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere il Ministro, fatta salva la libertà di decisione di ogni singolo individuo, per sensibilizzare l'opinione pubblica riguardo alla donazione degli organi, sia a livello locale che a livello nazionale, portando il cittadino a conoscenza dell'importanza della pratica dell'espianto e dell'impianto di organi, con il supporto delle strutture preposte (quali, ad esempio, ospedali, scuole, servizi sociali).
(4-03193)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
con l'entrata in vigore della legge 180, a favore della chiusura dei manicomi, l'intenzione del legislatore era di restituire diritti civili e dignità alle persone affette da malattie mentali oltre a prevenire e curare adeguatamente i loro disturbi. Tuttavia, nel corso degli anni, le norme previste dalla legge 180 non sono state adeguatamente applicate, con la conseguente difficoltà per gli operatori del settore di provvedere alla riabilitazione e al reinserimento, nella società, dei soggetti affetti da malattia mentale. Attualmente, il sistema sanitario italiano si fa carico soltanto del 10 per cento delle persone che sono affette da depressione, disturbi alimentari e gravi psicosi, perché la cura del disagio psichico rappresenta un costo di potenziale rilievo per le aziende sanitarie;
con la legge 180, l'Italia, per la prima volta, si proponeva come modello di una pratica che voleva chiudere definitivamente con l'isolamento del malato dal mondo circostante, ostacolandone qualsiasi possibilità di recupero. Da allora sono rimasti aperti solo gli ospedali psichiatrici giudiziari, ma su 80.000 persone affette da patologie psichiche solo 30.000 hanno trovato una sistemazione sul territorio. La legge 180 prevede che ogni azienda sanitaria, attraverso il suo dipartimento di salute mentale, debba coordinare i vari presidi, ovvero centri dove chi ha dei problemi di matrice psichica sa di poter trovare uno psichiatra, uno psicologo, un assistente sociale, un educatore. Operando sul territorio, ha anche il compito di individuare i disagi di quei malati che non si rivolgono al centro, che rifiutano qualsiasi cura proprio perché non hanno consapevolezza della loro malattia, e di occuparsi del reinserimento sociale, per chi può, attraverso l'utilizzo di borse lavoro;
nella maggior parte dei casi, quando gli ospedali psichiatrici per legge devono chiudere, sono soprattutto gli istituti privati che si prendono cura dei pazienti, forti del fatto che ogni malato porta con sé un rimborso statale di circa 3.000 euro. Gli istituti privati si fanno carico della complessa situazione, perché non esiste una rete di servizi territoriali, non esistono strutture, non esiste una possibilità di curare, come prevede la legge, le persone nel loro territorio. Quindi il privato sopperisce alle carenze pubbliche, e la competenza per creare o prendere in affitto determinate strutture è regionale;
queste realtà sono poche, ma esistono sparse un po' su tutto il territorio, più al

Nord che al Sud. Nella «Casa divina provvidenza» di Bisceglie ci sono pazienti che un tempo erano ricoverati nel manicomio, ma che poi successivamente, a causa dell'età o della compensazione della malattia, sono stati classificati dalle Asl, quindi non dalla struttura, o come disabili o come disabili geriatrici. In questo modo, cambiando semplicemente la classe ai pazienti, l'azienda sanitaria di riferimento si è sollevata dalla responsabilità di inserire i malati in apposite strutture nei loro territori d'origine, continuandoli a curare nelle strutture ospedaliere come semplici pazienti;
se invece di chiudere il manicomio si cambia lo stato del degente che da psichiatrico diventa geriatrico o disabile, la retta si abbassa perché alla regione costa meno curare un anziano che uno psicotico. Ciò che non è mai stato applicato, è la norma che prevedeva che i proventi della dismissione dei locali degli ospedali psichiatrici, doveva andare in favore dei pazienti, anche se la maggior parte dei manicomi, a causa dei vincoli delle belle arti, non è stata ancora venduta, ma è in stato di abbandono, con la conseguente perdita del proprio valore di anno in anno;
il Piemonte anni fa aveva sistemato alcuni pazienti nelle pensioni di San Salvario, nella zona di frequentazione delle prostitute. I «gruppi-appartamento», a differenza delle comunità, non sono seguiti dalla commissione di vigilanza, pertanto consentono un'autonomia che all'interno delle strutture non esiste, ma hanno anche lo svantaggio di non offrire un'adeguata assistenza medica;
in Piemonte i «gruppi-appartamento» e le comunità spesso sono in esubero. Secondo le regole della regione non si può controllare un malato di mente ospitandolo in una pensione, ma questo accade perché, altrimenti, il malato rischia di dormire per strada, dato che spesso viene abbandonato dalla propria famiglia. Se però la regola prevede il passaggio da un gruppo appartamento a una comunità, da questa alla clinica, non si cura il malato, ma si peggiora il suo stato di salute;
l'unico luogo di cura in cui si può rimanere fino a un massimo di 2 anni sono le comunità terapeutiche, ma non tutte le regioni ne hanno a disposizione. Ma le comunità terapeutiche per curare e riabilitare devono avere psichiatri, psicologi, educatori, attività riabilitative e di reinserimento. Se il pubblico che paga non controlla, succede che queste comunità diventano solo dei luoghi in cui inserire il malato senza curarlo;
a causa della mancanza di strutture adeguate, il malato di psicosi che viene ricoverato in ospedale viene dimesso dopo 10 giorni da un trattamento sanitario obbligatorio e torna in famiglia, senza che ci sia una continuità di cura. In tutti i paesi europei, negli ospedali pubblici ci sono reparti di psichiatria che ricoverano il tempo necessario per tarare la cura. In Italia, al contrario, è il privato che si deve occupare della cura di queste patologie, destinando in teoria, il 5 per cento del budget sanitario alla salute mentale, anche se la media europea destina il 7,5 per cento -:
se il Ministro intenda potenziare il monitoraggio della situazione degli istituti di cura per malati psichici in Italia;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per migliorare le condizioni di vita dei malati psichici in Italia.
(4-03194)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la crisi globale ha investito anche il mercato dei farmaci, che si deve guardare sia dalle contraffazioni che dall'aumento di truffe. Nell'ultimo periodo sono stati sequestrati carichi provenienti dall'Est, dal Medio Oriente e sono in aumento i controlli relativi agli acquisti on line di medicinali;
la contraffazione farmaceutica è un fenomeno in aumento in tutto il mondo e,

mentre sino a qualche anno fa era considerato limitato ai Paesi in via di sviluppo, oggi risulta in crescita anche in Europa. Complici di ciò sono anche le emergenze sanitarie, che, sfruttando il diffuso senso di pericolo, possono divenire occasione per immettere sul mercato, attraverso canali non controllati come internet, prodotti contraffatti simili ai farmaci maggiormente richiesti che nella migliore delle ipotesi non hanno effetti ma, più spesso, sono tossici;
i Nas di Livorno e Cagliari, impegnati nell'inchiesta «Ubidex», hanno portato alla luce una truffa al servizio sanitario nazionale, riguardante la fornitura, all'Asl 8 di Cagliari, di un farmaco privo di principi attivi, ma venduto come salvavita per la cura di gravi patologie cardiache. Per questo traffico, sono finiti agli arresti domiciliari quattro dirigenti di un'industria farmaceutica toscana, la «Off» (Officina farmaceutica fiorentina) di Viareggio, mentre la responsabile del Servizio farmaceutico dell'Asl di Cagliari è indagata in stato di libertà, per omessa denuncia delle irregolarità. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, fra il 2007 e il 2008, all'azienda sanitaria locale sarda sono state vendute confezioni del farmaco «Ubidex» con gravi imperfezioni: blister completamente vuoti, capsule vuote oppure contenenti sostanze solidificate;
alcuni giorni fa, il Servizio antifrode delle Dogane di Roma 2 e la Guardia di finanza, con la consulenza dell'istituto Superiore della Sanità, ha scoperto e sequestrato 100 mila blister contenenti compresse di pramil contraffatto, un farmaco con lo stesso principio attivo del Viagra. La merce è stata rinvenuta all'interno di alcuni colli provenienti dalla Siria che, secondo quanto riportato nei documenti di trasporto aereo, dovevano contenere comuni integratori dietetici. Posto in commercio anche via internet, questo medicinale avrebbe fatto ricavare oltre 5 milioni di euro;
la nuova Aifa, l'Agenzia Italiana del Farmaco, assicura che le farmacie e i negozi autorizzati, del nostro Paese sono sicuri poiché vendono solo farmaci protetti da un sistema di tracciatura all'avanguardia, che prevede costanti controlli sulla filiera produttiva, da parte degli ispettorati sanitari pubblici, volti a minare le attività dei contraffattori: con acquisti compiuti fuori da questi canali, il rischio per i pazienti è quello di perdere ingenti somme di denaro, o, ancor peggio, la vita stessa. L'Aifa si è fatta promotrice del progetto «tracciabilità del farmaco», che prevede una Banca dati centrale, finalizzata a monitorare le confezioni dei medicinali all'interno del sistema distributivo. Un sistema che, nelle intenzioni, consentirà la prevenzione e la repressione di eventuali attività illegali, nonché il monitoraggio degli approvvigionamenti di farmaci, sia negli ospedali, sia nelle farmacie territoriali, sia per la distribuzione diretta -:
quali misure urgenti il Ministro, di concerto con l'Istituto Superiore di Sanità e l'Aifa, voglia adottare per impedire l'immissione nel mercato italiano di farmaci contraffatti.
(4-03199)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo le prime stime Inail, nel 2008 sono stati denunciati in Italia 874.866 infortuni, contro i 912.410 del 2007, facendo registrare una lieve flessione del 4,1 per cento. Anche i casi di morti sul lavoro sono diminuiti, dai 1.207 del 2007 ai 1.140 del 2008. I dati restano gravi ed allarmanti e secondo il presidente dell'Inail Marco Fabio Sartori, questa netta diminuzione riguardante sia gli infortuni che le morti sul lavoro dimostra che l'attività di prevenzione può migliorare la qualità delle condizioni di lavoro. Il miglioramento viene attestato anche dai dati registrati dal Ministero del lavoro a partire dal 1963, che registrano un calo sensibile e costante degli infortuni sul lavoro, con una lieve eccezione per quanto riguarda l'anno 2006;

nonostante l'intensa attività del Governo volta a ridurre il numero degli infortuni e delle morti sul lavoro, questa settimana, in provincia di Bergamo, si è registrato un grave infortunio sul lavoro: un autotrasportatore di 44 anni è stato colpito alla nuca da un tubo pesante oltre 200 chili;
secondo una prima ricostruzione, l'autotrasportatore si stava occupando dello scarico di sette tubi del peso di 210 chili ciascuno. Durante la manovra di scarico della merce, per cause ancora in via d'accertamento, uno dei tubi sarebbe uscito fuori dall'apposita imbracatura, colpendo l'uomo alla nuca. Sul posto è atterrato l'elicottero del 118: il medico ha soccorso l'autotrasportatore che era ancora cosciente, trasferendolo in seguito agli ospedali Riuniti di Bergamo dove la prognosi è ancora riservata;
i militari del nucleo ispettorato del lavoro stanno proseguendo gli accertamenti ispettivi per verificare se i cantieri della provincia rispettino gli standard imposti dalla normativa sulla sicurezza, dato che per due di essi sono già state emesse sanzioni per circa 58 mila euro -:
quali misure il Ministro intenda adottare per intensificare sia i controlli di sicurezza relativi ai cantieri italiani, che l'attività di prevenzione volta al miglioramento della qualità delle condizioni di lavoro.
(4-03203)

MAZZOCCHI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono giunte in questi giorni numerose richieste di chiarimenti da parte di lavoratrici e lavoratori CAI in merito ad alcuni interventi posti in essere dal Prof. Augusto Fantozzi nella sua qualità di Commissario preposto alla gestione di detta Amministrazione le cui ricadute economiche penalizzerebbero quest'ultimi in maniera significativa;
nello specifico risulterebbe che il corrispettivo relativo al TFR e alle ferie maturate nel periodo dal 15 settembre 2008 al 13 gennaio 2009 non sia mai stato erogato così come il corrispettivo relativo a 12 giorni di retribuzione del mese di gennaio 2009 comprensivo di ratei di tredicesima e quattordicesima;
sembrerebbe che anche l'erogazione degli assegni familiari, laddove spettante, risulti bloccata dal 15 settembre 2008;
risulterebbe inoltre che l'azienda abbia sottratto dalla busta paga relativa al mese di gennaio 2009, di tutti i dipendenti, la somma di euro 400 quale conguaglio a debito relativo all'IRPEF Regionale;
infine risulterebbe esser stato sottoscritto un accordo secondo il quale si attribuiva agli addetti di rampa la competenza per l'assistenza alla messa in moto degli aeromobili a fronte di un corrispettivo mensile pari a euro 25,82;
in merito a quest'ultimo punto, allo stato attuale risulterebbe che, mentre la mansione affidata continua ad essere svolta, il relativo corrispettivo non venga erogato -:
se i fatti corrispondano al vero, se intendano chiarire le ragioni delle mancate erogazioni e quali iniziative intendano intraprendere per assicurare alle lavoratrici ed ai lavoratori CAI, quella sicurezza e tranquillità economica che gli spetta.
(4-03211)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il sig. Girolamo Molè, nato a Gioia Tauro in data 1o febbraio 1961, detenuto da ormai dodici anni, è attualmente ristretto presso la Casa di reclusione di Milano-Opera;
negli anni passati, durante la sua permanenza presso altri istituti penitenziari, il Sig. Molè ha cominciato ad accusare gravi forme di malessere; in particolare i sanitari delle Case di reclusione dove lo stesso era di volta in volta detenuto, gli hanno diagnosticato una grave forma di allergia alla polvere e ad altro materiale, nonché una grave sofferenza reumatica, la cosiddetta «spondilite anchilosante»;
in più di una circostanza l'allergia alla polvere ha causato al Sig. Molè fortissimi attacchi di asma che ne hanno compromesso le capacità respiratorie e messo a rischio la vita stessa; mentre nel corso del tempo la patologia reumatica di cui lo stesso è affetto gli ha spesso provocato continui e laceranti dolori su tutto il corpo, a volte insopportabili;
a seguito dell'accertamento di entrambe le suddette patologie, il Sig. Molè ha sempre trovato adeguato sostegno terapeutico presso le diverse case di reclusione dove di volta in volta veniva allocato; in particolare al medesimo è stata da tempo prescritta la necessità di utilizzare del materiale anallergico al fine di evitare di avere contatti con gli acari della polvere, nonché prescritta una particolare terapia medica (definita terapia biologica) in modo da consentirgli di poter sopperire alla recrudescenza della malattia reumatica ed al tempo stesso di poter sopportarne i lancinanti dolori;
i predetti sostegni terapeutici sono improvvisamente venuti a mancare una volta che il Sig. Molè ha fatto ingresso presso la Casa di reclusione di Milano-Opera, ciò in quanto i diari clinici relativi ai pregressi periodi di detenzione non sono stati trovati, il tutto nonostante gli stessi fossero stati esplicitamente e più volte richiesti dal detenuto, trattandosi per di più di documentazione amministrativa che dovrebbe «seguire» la persona reclusa in tutti i suoi trasferimenti;
solo recentemente - e dopo un inaccettabile ritardo di mesi - i sanitari hanno denunciato il mancato ritrovamento di tale documentazione sanitaria disponendo per iscritto che venisse effettuata una ricerca della stessa presso i vari istituti penitenziari dove il Sig. Molè era stato precedentemente ristretto;
nel frattempo al detenuto, in modo inaspettato e a quanto consta all'interrogante, senza alcuna spiegazione, sono stati tolti i farmaci che lo stesso prendeva per la cura della spondilite anchilosante e gli veniva interrotta la terapia medica alla quale si era sottoposto per diversi anni allo scopo di rallentare l'evoluzione drastica della patologia reumatica;
il Sig. Molè ha dunque trascorso l'inverno passato all'interno del carcere di Milano-Opera senza l'ausilio di terapie di sorta, salvo alcune somministrazioni di antidolorifici che oramai, attesa l'assuefazione che via via si era determinata nel paziente, apparivano assolutamente non adeguate al fine di alleviare il dolore;
solo dopo diversi mesi ed innumerevoli solleciti, il detenuto veniva condotto presso l'Istituto San Paolo di Milano dove veniva sottoposto alle necessarie verifiche mediche all'esito delle quali al Sig. Molè veniva effettivamente riscontrata la citata patologia reumatica, sicché lo stesso veniva immediatamente sottoposto alle cure del caso, che peraltro coincidevano con quelle che venivano praticate sul detenuto prima del suo trasferimento nel carcere di Milano-Opera;
in pratica il Sig. Molè è rimasto per circa otto mesi - ossia per tutta la stagione invernale, periodo durante il quale si sono registrate temperature bassissime ed un elevato tasso di umidità all'interno delle celle - senza il suo diario clinico e quindi senza la possibilità di poter usufruire di alcuna terapia medica, salvo alcuni palliativi che come detto non avevano alcuna incidenza sulla sopportazione del dolore;
sempre nel corso della lunga stagione invernale, al detenuto in questione, seppur fortemente allergico alla polvere, è stato requisito tutto il materiale anallergico che utilizzava presso gli altri istituti di pena dove era ristretto prima di essere trasferito a Milano-Opera, sicché lo stesso si è visto costretto a non poter usare alcuna coperta (perché da ciò ne sarebbero potuti derivare degli attacchi asmatici) e, quindi, ad utilizzare il proprio accappatoio o qualche altro indumento (tipo giubbotto) per coprirsi; il che non ha potuto far altro che acuire la patologia ed i forti dolori di cui il medesimo è affetto;
va sottolineato che in seguito a tali condotte tenute dalla direzione del carcere di Milano-Opera il Sig. Molè ha già presentato una denuncia-querela presso la Procura della Repubblica di Milano -:
quali iniziative i Ministri intendano assumere, nell'esercizio dei poteri di competenza, al fine di verificare e risolvere eventuali irregolarità o disfunzioni organizzative verificatesi presso l'istituto penitenziario di Milano-Opera con riguardo a quanto descritto in premessa.
(4-03214)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONCIA e AMICI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
si apprende da una denuncia dell'Arcigay che dal sito del Ministero per le Pari Opportunità sarebbe stato cancellato dall'elenco dei gruppi particolarmente soggetti

a discriminazioni ogni riferimento al gruppo delle persone omosessuali e trans;
l'elenco dei gruppi particolarmente soggetti a discriminazioni è lungo, e insieme a disabili, donne, immigrati e religiosi, fino a poco tempo fa c'erano anche gay, lesbiche e transgender: attualmente in quella lista ogni riferimento alle persone lgbt è letteralmente scomparso;
non c'è più traccia, inoltre, neanche di un documento che, sempre sul sito, spiegava in che cosa consiste il fenomeno dell'omofobia, i motivi alla base delle discriminazioni che gay e lesbiche subiscono, e cosa avrebbe fatto il Ministero per le Pari opportunità per fronteggiare e sconfiggere il fenomeno;
dal sito pare sia scomparsa anche la Commissione per i diritti e le pari opportunità per lesbiche, gay, bisessuali e transgender, istituita nel 2007 dall'allora Ministro Pollastrini, istituita con il fine di elaborare proposte di provvedimenti da adottare al fine di rimuovere cause di discriminazione ed ogni effetto pregiudizievole, e con il compito di analizzare le questioni di carattere istituzionale normativo che potessero risultare direttamente o indirettamente discriminatorie in riferimento all'orientamento sessuale o all'identità di genere;
fonti ministeriali hanno fatto sapere che la rubrica che conteneva i gruppi particolarmente discriminati era stata cancellata dal sito già ai tempi del precedente Governo, e che la Commissione sarebbe decaduta per legge a causa dell'interruzione anticipata della XV legislatura: quello che è certo è, che comunque, il ministro Carfagna non l'ha ripristinata;
Arcigay denuncia inoltre una totale mancanza di volontà, da parte del Ministro, di incontro e di confronto con le associazioni, pur se più volte dalle stesse richiesto, mancanza di volontà a cui hanno fatto da sfondo una serie di dichiarazioni manifestamente ostili, come, ad esempio, quelle che negavano l'esistenza in Italia di una violenza omofobica;
nel decreto di attribuzione delle deleghe, firmato dal Presidente del Consiglio dei ministri il 13 giugno 2008, è previsto che il Ministero per le pari opportunità debba promuovere e coordinare le azioni di governo in tema di diritti umani delle donne e diritti delle persone, nonché quelle volte a prevenire e rimuovere le discriminazioni per cause direttamente o indirettamente fondate, in particolare, sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale -:
se il Ministro non ritenga di dovere, urgentemente, fornire chiarimenti in merito ai fatti suesposti;
quali iniziative intenda adottare al fine di garantire, finalmente, nel rispetto delle deleghe relative al suo stesso mandato, i diritti delle persone omosessuali e trans.
(5-01494)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il 29 aprile 2009 la Conferenza unificata ha espresso parere favorevole sul Decreto di riparto del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, ai sensi dell'articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per l'anno 2009;
nel citato Decreto l'ammontare complessivo a disposizione del Fondo è di euro 102.460.987,36, di cui:
6.000.000,00 destinati al Fondo nazionale contro la violenza sessuale e di genere;
fino a euro 15.850.000,00 per campagne nazionali di informazione e sensibilizzazione;

fino a euro 700.000,00 per un servizio di consulenza gestionale al Dipartimento per le pari opportunità, per il biennio 2009 e 2010;
fino a euro 79.910.987,00 destinati a:
un sistema di interventi per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
le politiche a favore delle pari opportunità di genere;
le politiche a favore dei diritti delle persone e delle pari opportunità per tutti;
in alcune dichiarazioni a stampa la Ministra per le Pari Opportunità ha anticipato alcuni degli impieghi di questo Fondo, tra i quali si ricordano:
5 milioni di euro per i buoni familiari da spendere in strutture convenzionate con il Dipartimento pari opportunità per l'erogazione di servizi di cura a bambini, anziani e disabili;
5 milioni di euro per la costruzione di asili nido;
5-10 milioni di euro per la realizzazione del progetto «Tagesmutter»;
400mila euro da assegnare al progetto «Diversità come valore» predisposto da UNAR -:
se esistano linee guida per identificare le finalità generali, gli obiettivi e le attività finanziate dal Fondo, a prescindere da quanto stabilito dalla Legge istitutiva del Fondo stesso e dal Programma di Governo in materia;
se esista un programma di attività complessivo e definito delle attività da finanziare con le risorse a disposizione del Fondo per l'anno 2009;
se nella definizione di questo programma o delle singole attività previste, siano stati coinvolti le Regioni e gli Enti Locali che sono, come noto, competenti per le materie in oggetto, con forme di coinvolgimento e consultazione, soprattutto preventiva, che prescindano dal parere della Conferenza unificata, dovuto per legge, nel caso in cui il Ministero non avesse ancora predisposto il programma complessivo degli interventi quali siano le forme future di questo coinvolgimento;
se il Ministero, per la progettazione, realizzazione e verifica delle attività che sono state già annunciate o che sono allo studio, intenda avvalersi della collaborazione di altre Istituzioni, e delle organizzazioni senza scopo di lucro attive sul territorio nazionale, in caso affermativo quali siano i criteri di individuazione delle Istituzioni e delle Organizzazioni prescelte, sia che facciano parte di Gruppi di lavoro, Consulte, Coordinamenti od altre forme collettive, sia che siano stati scelti per consulenze di tipo diretto;
se i 400mila euro assegnati al Progetto UNAR «Diversità come valore» siano da considerarsi come valore complessivo del progetto o come quota di partecipazione italiana al progetto comunitario, e in entrambi i casi quale sia la quota italiana di finanziamento, e le attività previste nel progetto stesso, oltre che le forme di collaborazione con l'associazionismo;
se risponda al vero che il Dipartimento stia per avviare una specifica linea telefonica nazionale sul tema della prevenzione e contrasto dello stalking, linea telefonica diversa da quelle già istituite con il numero unico nazionale contro la violenza (1522) e il numero verde anti-tratta (800.290.290);
in quale modo il Ministero e/o il Dipartimento abbia partecipato direttamente o attraverso organismi e strutture nazionali, od altresì intenda promuovere presso le Istituzioni locali e le organizzazioni senza scopo di lucro di settore, direttive e programmi comunitari od anche l'utile azione di rete e scambio di buone prassi a livello comunitario nelle questioni relative alle pari opportunità di genere e pari opportunità per tutti e tutte.
(4-03150)

JANNONE. - Al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
i dati dell'ultima indagine di Hay Group evidenziano come il 59 per cento degli uomini o donne al comando di un'azienda ammette la propria incapacità nello stabilire un ambiente sereno e motivante nel proprio ufficio. Oltre il 70 per cento dei manager parla delle proprie difficoltà nel motivare le persone, soprattutto in questo momento di grande disorientamento lavorativo. Il problema coinvolge sia i manager, sia le direzioni del personale ed anche le imprese nella loro complessità, che rischiano di non aver più quel rapporto di fiducia reciproca con i propri dipendenti. Le aziende, per reagire alla crisi, chiedono ai lavoratori di essere proattivi, di impegnarsi con entusiasmo nel ruolo assegnato, di creare un legame forte tra le proprie sorti e quelle dell'impresa e quindi di identificarsi con l'organizzazione di appartenenza e di esserne orgogliosi. Poi, però, non riescono a garantire ai lavoratori un futuro con un certo margine di certezza;
per raggiungere l'obiettivo di occupazione femminile, fissato al 60 per cento dall'Europa è necessario che il nostro Paese si adegui ai requisiti essenziali richiesti: innanzitutto avere una rete di servizi, pubblici e privati, per sollevare le donne dal «lavoro di cura», che viene solitamente loro attribuito, sia per quanto riguarda i bambini, sia per l'assistenza agli anziani; flessibilità degli orari di lavoro e dei tempi di lavoro, ma soprattutto una capillare presenza di asili nido, nelle diverse forme di pubblici, privati, aziendali e condominiali. Per le piccole aziende si potrebbe giungere ad una soluzione avviando la creazione di «asili interaziendali», che hanno il duplice vantaggio di permettere la riduzione dei costi di gestione, rispetto ad un asilo aziendale, con inoltre la possibilità di estendere queste strutture al territorio circostante;
per quanto attiene alla copertura di asili nido sul territorio italiano, attualmente la percentuale si attesta al 13 per cento del totale, mentre la normativa europea prevede che il livello si aggiri intorno al 33 per cento del totale. Per questo l'auspicio dell'Europa è che l'Italia riesca ad incentivare la realizzazione di asili nido aziendali, che permetteranno alle dipendenti di lavorare con più tranquillità e di sfruttare al meglio l'orario lavorativo. Tale soluzione ha avuto una stagione d'oro soprattutto tra il 2002 e il 2004, ma attualmente manca di adeguati sostegni finanziari e sociali;
nella giornata di venerdì 22 maggio alcune aziende italiane apriranno le porte ai bambini delle loro dipendenti, proprio per sottolineare l'importanza dell'obiettivo di aumentare il livello occupazionale femminile, creando un clima aziendale più sereno e meno stressante, in cui la maternità non sia vista solo come un problema di costo e di mancanza di personale. Sono decine le aziende che stanno aderendo all'iniziativa, di piccole e grandi dimensioni, appartenenti a tutti i settori produttivi -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per incentivare la creazione di asili nido aziendali e sociali, in modo da consentire alle dipendenti di qualsiasi azienda di poter godere dei vantaggi preposti ad un sereno sviluppo lavorativo.
(4-03191)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 30 aprile 2009 è stato presentato dalla Coldiretti il «Piano spesa sicura», alla presenza di 15 mila imprenditori agricoli e del Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Questo progetto ha come obiettivo specifico quello di creare una vera e propria rete commerciale che dia la possibilità ai cittadini di reperire alimenti di qualità, legati al territorio, a

prezzi equi, grazie alla nascita di una «filiera corta», che sia in grado di salvaguardare la produzione agroalimentare di ogni regione. Il progetto ha accolto il plauso del presidente della Coldiretti provinciale di Bergamo, Giancarlo Colombi, che ha evidenziato le ottime possibilità di riuscita del progetto nella sua area di competenza, grazie a 80 aziende agrituristiche e 450 aziende che effettuano la vendita diretta di prodotti;
è stato sperimentato che i mercati degli agricoltori favoriscono una ripresa dei consumi per alimenti base come frutta e verdura, perché danno una risposta garantita ed economica al numero crescente di consumatori che vogliono conciliare il risparmio e qualità, privilegiando il consumo di prodotti del territorio a «chilometri zero». Infatti, l'apertura dei mercati degli agricoltori favorisce un contenimento dei prezzi per effetto della riduzione delle intermediazioni, del maggior consumo di prodotti locali che non «bruciano» petrolio per lunghi trasporti;
secondo un'analisi della Coldiretti, se in media i prodotti alimentari rincarano del 488 per cento dall'azienda agricola alla tavola, i prezzi del latte fresco aumentano del 297 per cento, quelli della pasta del 733 per cento e della carne del 2.145 per cento. Con la riduzione dei passaggi e delle intermediazioni, grazie ad un rapporto più diretto tra agricoltori e consumatori, viene garantita una maggiore convenienza per le famiglie e viene sostenuto il reddito degli agricoltori in momenti di difficoltà economica;
l'impegno della Coldiretti è volto sia a combattere le speculazioni, per le quali vengono registrati ogni semestre ingenti aumenti di prezzi, che a promuovere la diffusione del trend «acquisti a chilometri zero», cioè portare sui mercati italiani prodotti che non devono percorrere lunghe distanze con mezzi inquinanti, contenendo in questo modo l'impatto ambientale, grazie alla riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Questo è lo scopo principale della creazione della «filiera corta» e della propria catena di distribuzione, costituita dai «farmers market», il cui utilizzo arriverà a coprire il 15 per cento della spesa agroalimentare con un importante effetto calmieratore sul mercato, come dimostrano le esperienze di successo in altri paesi europei, dalla Francia all'Inghilterra e negli Stati Uniti;
Coldiretti ha già depositato, il marchio «Prodotto Km. 0», riportato su etichette dal fondo giallo, che si potranno trovare su decine di prodotti freschi, venduti anche nei centri della grande distribuzione organizzata. Una strategia che rappresenta uno dei punti fermi della mission che Coldiretti ha portato avanti in questi ultimi anni e, ancora di più lo diventerà nel prossimo futuro, con la vision che l'organizzazione ha voluto dare alla propria attività attraverso i percorsi di Campagna Amica e della Fondazione che da essa prende il nome. Ne è nato, e si sta velocemente sviluppando, un rapporto di collaborazione con diverse amministrazioni locali che, condividendo la validità del progetto Coldiretti, stanno aprendosi ad un concreto rapporto operativo che garantisca alle mense pubbliche il reperimento e l'utilizzo dei prodotti alimentari del nostro territorio -:
quali misure il Ministro intenda adottare, di concerto con la Coldiretti, per far sì che la «filiera corta» sia oggetto di una normativa nazionale che ne regoli e ne disciplini l'attività, anche attraverso l'incentivazione di matrice fiscale.
(4-03167)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il mercato agroalimentare italiano è avulso da una catena di vincoli commerciali, squilibri economici e dazi illegali che danneggiano la massa dei piccoli produttori, favorendo la nascita di nuovi sistemi, poco visibili ma molto insidiosi, di condizionamento mafioso. Se si prende in considerazione la produzione di ortaggi, si

registra che sulla vaschetta standard da mezzo chilo, l'etichetta documenta che il produttore è un agricoltore siciliano, mentre il contenitore in plastica con l'ortaggio fresco risulta confezionato da un grossista di Fondi in provincia di Latina;
nel passaggio dai campi di produzione siciliani, ai supermercati siciliani, gli ortaggi testimoniano un percorso di nonsenso finanziario, ambientale ed energetico. Tale situazione non sorprende gli addetti ai lavori, prime vittime di questa e altre distorsioni della filiera alimentare, che è assalita da infiltrazioni mafiose, buchi e truffe nei controlli, frodi e situazioni incontrollabili di rischio per l'ambiente e la salute;
il primo anello della catena alimentare degli italiani sono gli ortaggi freschi coltivati in 4 mila ettari di serre tra Licata, Gela e Pachino, nelle quali le piante di pomodoro, selezionate fino a raggiungere una lunghezza di 14 metri, crescono su filari asettici. In alcune serre modernissime le piante poggiano addirittura su tappeti in fibra di cocco, che dosano i fertilizzati. Pomodori e peperoni, melanzane e zucchine sono coltivati da 3.500 piccole imprese, che costituiscono la vera forza lavoro della Sicilia, ma che costituiscono anche un'agroindustria fondata sulla chimica;
ogni giorno i prodotti arrivano nei mercati siciliani, in cui i produttori trattano il prezzo con gli intermediari. Il 10 per cento è destinato al commissionario, titolare del box, che in Sicilia paga anche i facchini e il primo imballaggio. All'alba del giorno dopo, gli ortaggi partono per Catania, con un camion, che prosegue via nave per Napoli, da dove ritorna su strada, per arrivare al mercato ortofrutticolo di Fondi, il più grande d'Italia. Qui la stessa pedana, come conferma l'etichettatura, viene rivenduta dal grossista direttamente ai magazzini dei supermercati, chiamati «piattaforme», con conseguente aumento di prezzo, che comprende il confezionamento finale nelle vaschette di 500 grammi. Secondo una prima stima, la grande distribuzione incassa con un solo passaggio almeno il 40 per cento del valore, cioè più del produttore e di tutta la sua manodopera;
l'aumento di prezzo però non ha come conseguenza un aumento dei guadagni dei produttori di ortaggi, dato che anche quando il cliente paga 4 euro al chilo, per ogni ortaggio, i produttori ne incassano solo 0,50. Una parte del ricarico di spesa imposto ai consumatori non ha giustificazioni, dato che secondo quanto sostenuto da alcuni grossisti, sia a Fondi che in Sicilia, sarebbe normale dover pagare ai buyers, cioè ai responsabili degli acquisti di alcune catene di supermercati, una tangente privata;
i sindaci dei paesi primi produttori delle merci, richiedono un'etichetta obbligatoria con il «prezzo all'origine», per assicurare più trasparenza, che viene contrastata da continui soprusi realizzati dalla criminalità organizzata con furti di macchinari, abigeato, racket del pizzo, estorsioni indirette, imposizione di manodopera o guardiania, danneggiamenti alle colture, aggressioni, usura, macellazioni clandestine, truffe all'Unione europea, caporalato mafioso;
nella relazione 2008 della Direzione Nazionale Antimafia, il magistrato Francesco Paolo Giordano afferma che negli ultimi anni l'ingerenza mafiosa emerge anche nella fissazione dei prezzi sui mercati ortofrutticoli: quotazioni sui campi stracciate, listini all'ingrosso gonfiati da fortissimi e ingiustificati rincari. Al parassitismo criminale si affianca, quindi, una mafia che è impresa. Agguati e attentati restano un mezzo estremo per imporre una normalità del pizzo, che viene riscossa facendo privilegiare al commerciante determinate imprese di trasporto, cooperative di pulizia o ditte di imballaggi. Se le procure non provano che il beneficiario di questi servizi è un imprenditore mafioso, prestanome, riciclatore, connivente o ricattato, il racket scompare. Resta solo la traccia di una strana scelta, antieconomica ma in apparenza lecita, cioè pagare dieci

centesimi in più per ogni cassetta. Anche le indagini del procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, hanno attestato un crescente interesse di Cosa Nostra ad infiltrarsi nella grande distribuzione e in particolare nel settore agroalimentare -:
se i Ministri intendano intraprendere un'attività di monitoraggio dei prezzi relativi ai prodotti del settore agroalimentare;
quali provvedimenti urgenti il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali intenda intraprendere per contrastare eventuali infiltrazioni mafiose all'interno della filiera produttiva agroalimentare.
(4-03168)

REALACCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la puntata del 24 maggio 2009 della trasmissione televisiva «Report» andata in onda su RAI 3, dal titolo «Come è andata a finire...», riporta nuovamente alla luce alcuni episodi avvenuti nel porto di Bagnara Calabra e di Cetraro in relazione al mancato rispetto della normativa europea e italiana che vieta l'utilizzo delle spadare come mezzi da pesca e delle reti denominate «ferrettare»;
il reportage mette in luce che, nonostante una recente e più solerte attività di contrasto all'uso delle spadare, con l'impiego di unità di personale dell'Esercito nel porto di Cetraro (Cosenza) anche per fronteggiare la mancanza di personale delle Capitaneria di Porto, molti pescatori delle aree sopracitate utilizzino illegalmente le ferrettare violando la legge e rendendo più difficile il controllo da parte della Capitaneria di Porto;
le ferrettare, reti simili alle spadare, ma più piccole, sono state inventate per la piccola pesca tradizionale sottocosta entro le tre miglia. Recentemente è stato autorizzato un utilizzo di questo attrezzo fino alle dieci miglia, un provvedimento molto contestato perché rende più difficile il controllo e reca più danni all'ecosistema marino. Nonostante ciò le ferrettare risultano ampiamente utilizzate oltre il migliaggio consentito e per la cattura di specie vietate come tonno e pescespada;
sempre nel servizio di «Report» da alcune interviste e testimonianze anche di esponenti delle amministrazioni locali emerge che la Capitaneria di Porto di Bagnara Calabra e l'intera Amministrazione comunale è a conoscenza dei luoghi dove vengono nascoste le spadare senza che però si proceda al loro sequestro;
in apparente contraddizione con le misure repressive nei confronti della pesca illegale messe in campo dalle autorità di controllo, in una missiva del 12 maggio 2009, n. prot. 0014837, indirizzata al Sindaco del Comune di Santa Flavia (Palermo), il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali fa cenno all'«ipotesi di avviare nei prossimi mesi, nella Regione Siciliana, la sperimentatone di un nuovo attrezzo con caratteristiche simili alla "ferrettara" ma con alcuni adattamenti necessari per tener conto delle contestazioni mosse in passato di fronte al TAR». Impegno confermato anche da quanto riportato il 17 aprile 2009 dal Quotidiano di Calabria il quale riporta l'esito dell'incontro tra il Sottosegretario Buonfiglio e una delegazione dell'Anapi Pesca in cui il Sottosegretario ha prospettato l'ipotesi di un decreto, da adottare in tempi rapidi, che consenta di ampliare l'operatività delle reti attualmente utilizzate;
porre continue deroghe alla normativa vigente rende quest'ultima di non chiara applicazione, aggrava la posizione dell'Italia versa la quale pende una procedura di infrazione UE per l'uso illegale delle reti derivanti, vanifica la volontà di non dare più seguito alle richieste di violazione che vengono da alcune marinerie e che portano solo danno a tutti i pescatori onesti e alle risorse marine -:
come intenda il Ministro mettere in campo tutte le azioni utili al sequestro delle spadare e ferrettare illegali nascoste nei Comuni sopraccitati e cosa intenda per

nuovo tipo di «attrezzo» e se questo sia compatibile con la legge, le normative comunitarie e la salvaguardia delle specie ittiche;
se non intenda verificare come siano stati effettivamente utilizzati i fondi destinati alla riconversione del settore della pesca con le spadare e, nel momento in cui si accerti la frode da parte delle imbarcazioni ancora in possesso di reti illegali, quali meccanismi risarcitori si intendano predisporre;
se non intenda verificare il sottodimensionamento dell'organico, dei mezzi e i piani di contrasto di questa tecnica di pesca non conforme alle Direttive dell'Unione Europea in materia di pesca convocando il Comandante delle Capitanerie di Porto della Regione Calabria C.V. (CP) Virgilio Muriana.
(4-03178)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta orale:

MOFFA e LAMORTE. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, «concorsi ed esami», del 17 febbraio 2006, è stato bandito un concorso a 70 posti di Dirigente di seconda fascia dell'Agenzia delle Dogane;
in data 27 luglio 2006, si sono svolte le preselezioni con test a risposta multipla;
in data 27 e 28 marzo 2007, si sono svolte le prove scritte, a seguito delle quali sono stati ammessi alle prove orali solo 33 candidati;
il 25 luglio 2008 si sono concluse le prove orali superate da soli 21 candidati;
il predetto concorso pubblico si è espletato all'insegna del massimo rigore e della massima trasparenza, come dimostra il fatto che tutti i ricorsi giurisdizionali presentati da diversi candidati che non sono risultati vincitori sono stati respinti;
la graduatoria di merito e la proclamazione dei vincitori è stata adottata con Determinazione n. 16033 del 26 novembre 2008, ad oltre 4 mesi dalla conclusione delle prove;
il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008 ha indicato alle Amministrazioni Pubbliche un percorso di ristrutturazione interna da approntare entro il 30 novembre 2008, pena l'impossibilità di autorizzare qualsiasi assunzione;
il Comitato di Gestione dell'Agenzia delle Dogane ha approvato la riorganizzazione aziendale prevista dal decreto-legge n. 112 del 2008 entro il termine indicato;
la trasmissione, da parte dell'Agenzia delle Dogane, al Dipartimento della Funzione Pubblica, necessaria ad ottenere la necessaria autorizzazione, è avvenuta in data 11 febbraio 2009, con integrazione del 16 marzo 2009, ad oltre 3 mesi di distanza dalla approvazione della graduatoria finale e dalle decisioni del Comitato di Gestione in merito alla riorganizzazione;
l'Agenzia delle Dogane ricorre nel contempo all'affidamento di incarichi a «reggenti», istituto previsto da una norma transitoria del regolamento dell'Agenzia, che prevede la possibilità di «trasformare» i funzionari in dirigenti nelle more della effettuazione dei concorsi per il reclutamento di dirigenti di ruolo, mentre, ad oggi, i vincitori del concorso non sono stati ancora assunti;
il quotidiano Italia Oggi, in un articolo pubblicato il 20 maggio 2009, ha rivelato che, nell'Agenzia delle Dogane, alcuni dirigenti sindacali, per giunta impegnati al tavolo della trattativa con il Capo del Personale che li nomina motu proprio, ricoprono incarichi dirigenziali quali «reggenti», delineando, secondo gli

interroganti, una ipotesi di mala gestio a carico del direttore centrale del personale, dottor Alessandro Aronica;
secondo quanto previsto dalla giurisprudenza e dalla dottrina prevalente, il cambiamento di inquadramento funzionale di un dipendente pubblico rileva quale nuova assunzione;
alla luce della riforma del lavoro pubblico voluta dal Ministro Brunetta, che è in atto, diminuirà drasticamente la possibilità di conferire incarichi dirigenziali a persone estranee alla pubblica amministrazione, che mai hanno vinto un regolare concorso pubblico -:
se sia stata concessa l'autorizzazione all'assunzione dei vincitori del concorso di cui trattasi;
se il lasso temporale che l'Agenzia delle Dogane ha lasciato trascorrere tra le varie fasi del procedimento sia omogeneo a quello che risulta da analoghi procedimenti in altre amministrazioni pubbliche;
se l'Agenzia delle Dogane abbia avviato formalmente le attività necessarie a predisporre i moduli formativi presso la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, in guisa tale da limitare al massimo il periodo di «carenza di incarico» per i vincitori del Concorso evitando, quindi, lo spreco di risorse pubbliche;
se non risulti ormai urgente ed improcrastinabile l'immissione in servizio dei vincitori del concorso, al fine di provvedere a colmare le lacune di organico dell'Agenzia e legittimare eventuali strumenti transitori di gestione dell'emergenza;
se non si ritenga che l'istituto della «reggenza», creato con fonte regolamentare, sia contrastante con la riserva di legge prevista dalla Costituzione per l'accesso al lavoro pubblico, in quanto contrario alle norme previste dal decreto legislativo n. 165 del 2001;
se risulti che i ritardi nell'assunzione dei vincitori ed il ricorso alle reggenze abbiano determinato un aggravio per l'Erario;
se non si ritenga che si debba provvedere alle esigenze dell'Agenzia delle Dogane ricorrendo alle norme esistenti in materia di conferimento di incarichi dirigenziali (articolo 19, comma 6, decreto legislativo n. 165 del 2001) ed all'istituto dell'interim ai dirigenti di ruolo;
se sia conosciuta la percentuale di adesione ai singoli sindacati dei reggenti in generale, con particolare riferimento agli iscritti alla CGIL.
(3-00552)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

ANNA TERESA FORMISANO e POLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
ogni anno si registrano diversi incidenti - a volte anche mortali - causati dal mancato rispetto degli standard di sicurezza degli impianti. Basti pensare che il 13 per cento delle abitazioni sono a rischio incendio per motivi elettrici; che circa 12 milioni di abitazioni non hanno ancora l'impianto a norma; che dal 1998, il dato relativo agli Incidenti causati dal malfunzionamento degli impianti a gas è cresciuto fino ad assestarsi, nel 2007, alla cifra di 347 incidenti all'anno;
le disposizioni in materia di sicurezza degli impianti all'interno degli edifici per uso civile sono state formulate anche al fine di garantire la maggior sicurezza dei cittadini all'interno delle abitazioni private o in qualunque altro edificio aperto al pubblico;
l'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha disposto la semplificazione della disciplina per l'installazione degli impianti all'interno degli edifici, mediante l'emanazione, entro il 31 dicembre 2008, di uno o più decreti del Ministro dello sviluppo economico;

il comma 1, alle lettere a), b) e c), prevede il riordino della disciplina anche attraverso la semplificazione degli adempimenti burocratici attualmente a carico delle imprese e dei cittadini proprietari di abitazioni ad uso privato; la definizione di un sistema di verifiche degli impianti atte a garantirne l'effettiva sicurezza, nonché a tutelare la sicurezza degli utilizzatori; la revisione del sistema sanzionatorio connesso alle violazioni degli obblighi previsti dalla disciplina in materia di installazione e degli obblighi di sicurezza da essa imposti;
il precedente riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione operato mediante il decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37, pur innovando la materia, ha creato molteplici problemi di interpretazione, a seguito dell'ampliamento della sfera di applicazione anche agli edifici adibiti ad uso non civile e della mancata previsione di una fase transitoria di adeguamento alle nuove regole per le imprese che nel regime precedente operavano, invece, liberamente per l'installazione degli impianti all'interno di edifici ad uso non civile;
la nota esplicativa, emanata dall'Ufficio Legislativo dei Ministero dello sviluppo economico in data 28 aprile 2008 al fine di chiarire le disposizioni del detto decreto e di sanare le situazioni di disagio e di perdita economica venutesi a creare tra gli operatori a seguito dell'entrata in vigore della nuova disciplina, non è stata recepita in maniera uniforme dalle amministrazioni - quali Camere di commercio, o Commissioni provinciali e regionali dell'artigianato per l'accertamento dell'attività impiantistica svolta - le quali, in virtù della propria autonomia, hanno interpretato in maniera non sempre omogenea le circolari ministeriali, contribuendo a confondere ulteriormente un quadro già tanto incerto;
c'è grande attesa tra gli operatori del settore impiantistico, un comparto produttivo che conta circa 150.000 imprese con oltre 500.000 dipendenti, che contribuiscono in modo sostanziale a creare ricchezza ed occupazione, ma soprattutto a garantire la sicurezza tra le mura domestiche e nei luoghi di lavoro, per la determinazione di un nuovo sistema di regole che permetta di individuare, in modo chiaro e definitivo, il quadro dei requisiti e delle procedure cui le imprese dovranno conformarsi senza incorrere nel rischio di ritardi o blocchi dell'esercizio della propria attività;
nonostante l'urgenza di superare le difficoltà interpretative e pratiche inerenti al sistema di regole attualmente vigenti in materia di installazione degli impianti all'interno degli edifici, la data del 31 dicembre 2008, indicata dall'articolo 35, comma 1, quale termine per la realizzazione della riforma della disciplina, è passata senza che il Ministro dello sviluppo economico abbia provveduto alla formulazione del nuovo quadro di regole secondo i princìpi enunciati dallo stesso articolo 35, comma 1 -:
se non ritenga di emanare al più presto i decreti previsti per la realizzazione della semplificazione e del riordino della disciplina per l'installazione degli impianti all'interno degli edifici disposta dall'articolo 35, comma 1, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
(5-01495)

Interrogazioni a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Radicifil è un azienda con 137 dipendenti, localizzata a Pistoia e con una specializzazione nella produzione di filo Nylon 66, fibra per la cui produzione è richiesta una elevata tecnologia ed è considerata la migliore candidata a una sicura espansione sui mercati mondiali;
la Radici Yarn Spa, di cui fa parte la Radicifil ha sede a Castigo (Bergamo), ed

è una società con 441 addetti presente anche nel settore dell'energia con Geogren e Geoenergie spa con attività di produzione elettrica e di grossista di forniture elettriche; a sua volta, questa società fa parte dell'Area Fibre sintetiche di Radici Group, una holding con 16 unità produttive e/o commerciali in Europa, Usa, Brasile e Argentina per un totale di circa 3700, che ha registrato forti difficoltà negli ultimi tempi anche a causa della forte concorrenza delle produzioni cinesi e delle difficoltà di mercato del prodotto;
i risultati raggiunti nel 2008 dai lavoratori della Radicifil, rispetto agli altri stabilimenti del gruppo, indicano però che lo stabilimento di Pistoia mantiene ottimi andamenti sia sotto il profilo della produzione che della qualità della stessa, malgrado la congiuntura negativa;
nonostante ciò, però, il Consiglio di Amministrazione di Radici Yarn Spa ha repentinamente deciso di cessare l'attività e di procedere alla chiusura dello stabilimento di Pistoia senza nemmeno che la proprietà si sia resa disponibile ad avviare un serio confronto con le rappresentanze dei lavoratori e quelle istituzionali;
forte è la rabbia e la preoccupazione dei 137 lavoratori di Pistoia, senza lavoro dal primo maggio e in presidio permanente giorno e notte, che temono che lo scopo della Radici Group sia di trasferire tutte le produzioni a Bergamo proprio per far fronte alle difficoltà del momento -:
se non ritenga di volersi attivare, considerato quanto riportato in premessa con iniziative concrete e urgenti atte a scongiurare la chiusura dello stabilimento di Pistoia ma anche per l'avvio di un confronto con le rappresentanze sindacali e con le istituzioni territoriali;
se non ritenga necessario ricorrere in via temporanea agli ammortizzatori sociali previsti dall'accordo sindacale siglato lo scorso gennaio in attesa di trovare soluzioni efficaci per il mantenimento del sito produttivo di Pistoia e la salvaguardia degli occupati.
(4-03176)

TIDEI. - Al Ministro per lo sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Decreto Autorizzativo VIA del 4 novembre 2003 n. 680, approvato in data 24 dicembre 2003, della trasformazione a carbone della Centrale Enel S.p.A di Civitavecchia Torre Valdaliga Nord (Roma), fa esplicito riferimento alla realizzazione di due banchine nell'ambito della nuova darsena del porto di Civitavecchia, attrezzate per lo scarico del carbone e del calcare;
la trasformazione della centrale prevede, tra le altre opere connesse, la realizzazione di una banchina per lo scarico del carbone, di lunghezza complessiva di circa 350 metri, lunghezza 30 metri e pescaggio 18 metri ed una seconda banchina per lo scarico del calcare ed il carico di gesso e ceneri, di lunghezza 200 metri, larghezza 15 e pescaggio 12 metri, approssimativamente parallela al filo di costa e perpendicolare alla banchina carbone;
la stessa prevede inoltre che questa seconda banchina sia a sua volta munita di scaricatore di banchina, tramogge di carico/scarico e nastro di trasporto chiuso per il collegamento ai depositi di calcare e di gesso posti in centrale;
sempre la VIA prevede che lo scaricatore dovrà essere dotato di un terminale per il caricamento pneumatico della cenere nelle stive delle navi;
appare singolare il fatto che, malgrado il Decreto Autorizzativo specifichi esplicitamente le modalità di caricamento e smaltimento delle ceneri, del calcare e del gesso da adottare, queste vengono attualmente disattese. La Centrale infatti già in esercizio provvede a caricare il calcare dai depositi tramite mezzi meccanici ed il trasporto avviene mediante camion e non a mezzo nave come da prescrizione -:
se il Ministro competente non intendano adottare le iniziative necessarie allo spegnimento della centrale di cui sopra

finché non siano adottati i sistemi di smaltimento dei materiali previsti dal Decreto Autorizzativo, secondo le cui prescrizioni il calcare, le ceneri ed il gesso devono essere trasportati a mezzo nave, anziché tramite camion.
(4-03209)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 MARZO 2011

...

TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il settore del turismo italiano ha chiuso il 2008 con una perdita complessiva di fatturato pari a 927 milioni di euro, come afferma Renato Viale, Presidente di Isnart. L'anno si è chiuso a dicembre con circa l'1 per cento in meno rispetto a quanto segnalato a giugno; tale dato è stato influenzato dal sensibile calo di lunghi periodi di vacanze. Per quanto riguarda il trend turistico dei paesi europei nei confronti dell'Italia, si è registrata una forte crescita di domanda dai Paesi Scandinavi e dalla Russia, insieme ad una stabilizzazione della richiesta proveniente da Belgio, Olanda e dai Paesi dell'Est europeo. A fronte di tali dati, si registra una sensibile contrazione della richiesta da parte di Spagna, Regno Unito e Austria, cui si aggiunge il drastico calo dagli Stati Uniti;
il consuntivo annuale fornito da Isnart-Unioncamere afferma che in tutto il 2008 gli italiani hanno effettuato circa il 5,6 per cento di partenze in meno rispetto ai dati registrati nel 2007. Una situazione che ha contribuito a una riduzione della vendita complessiva nelle imprese ricettive di circa il 6,2 per cento. Le previsioni del WTO per il 2009 non sono positive e si attestano su un valore negativo compreso fra -1 e -2 per cento; in cifre, questo significa che oltre 3,9 milioni di italiani effettueranno una vacanza tra gennaio e aprile 2009, a cui si aggiungono 6,9 milioni di probabili viaggiatori, per un totale di 10,9 milioni. Circa 2 milioni in meno rispetto a quanto rilevato un anno fa;
esemplare a tal riguardo è il caso della città di Bergamo, nella quale le presenze sono diminuite del 30 per cento, secondo quanto affermato da Giovanni Zambonelli, consigliere Ascom per il turismo. Secondo quanto stimato, in città ci sono circa 22 hotel, alcuni dei quali saranno costretti a chiudere, a causa del continuo calo di presenze. Da novembre, la perdita di fatturato è stata di circa 7 milioni di euro, per questo alcuni albergatori hanno dovuto chiedere la cassa integrazione per parte dei propri dipendenti;
secondo quanto affermato dal coordinatore nazionale Confturismo Giovanni Bastianelli il sistema imprenditoriale italiano potrebbe vincere la battaglia della competizione turistica mondiale e superare la crisi in atto, proponendo tutto il know how dell'imprenditoria italiana del Turismo e valorizzando il nostro immenso patrimonio artistico-culturale -:
quali misure intenda intraprendere il Ministro per fronteggiare il pericolo di una grave crisi nel settore turistico-alberghiero, anche mediante l'utilizzo di internet con la creazione di portali e in coerenza con le innovazioni introdotto da altri paesi a vocazione turistica.
(4-03192)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Bertolini e altri n. 1-00162, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Marini Giulio.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00185, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 26 maggio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Carra Marco, Zaccaria.

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Vico e altri n. 7-00134, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 marzo 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Monai.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interpellanza urgente Bratti n. 2-00382 del 13 maggio 2009;
interrogazione a risposta immediata in Commissione n. 5-01439 del 20 maggio 2009.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore:
interrogazione a risposta in Commissione Giovanelli n. 5-00801 del 18 dicembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-03148.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTA RISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

BARBATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
numerose sono state le lamentele e le segnalazioni negli ultimi mesi di diverse associazioni di consumatori e di utenti sui continui ritardi dei convogli F.S - Trenitalia, ES, intercity, espressi e regionali, questi ultimi utilizzati in particolare dai pendolari;
in riferimento ad una rilevazione empirica ottenuta attraverso un calcolo dei ritardi medi dei convogli viaggianti nella sola giornata dell'8 ottobre 2008, 15 convogli su 17 viaggiavano con ritardo (con una media di 12 minuti di ritardo, su 15 treni ES, intecity e espressi in ritardo, selezionati su tratte nazionali e segnalati dal sito Trenitalia http://www.viaggiatreno.it);
scarse e fumose sono le spiegazioni fornite ai viaggiatori sul sito in merito ai ritardi sopra citati (dal sito: «Il treno 43 da Domodossola (11:17) a Milano C.le (12:45) viaggia con un ritardo di minuti 42 per perturbazione della circolazione sulla rete estera», oppure «Il treno 522 da Reggio Calabria C.le (05:45) a Roma T.ni (13:33) viaggia con un ritardo di minuti 42 per guasto alla linea ferroviaria» dicitura utilizzata anche per tutti gli altri convogli in ritardo);
l'indicazione fornita nella legenda della pagina di http://www.viaggiatreno.it sullo stato dei convogli in viaggio sulla rete nazionale secondo cui "il treno sta viaggiando con regolarità" al di sotto dei 15 minuti di ritardo, e appare quanto meno contraddittoria;
si ritiene insufficiente l'accordo sulla sperimentazione delle procedure di rilevazione per 12 mesi a partire dal 1° gennaio 2009 sulla tratta Roma-Napoli, pur riconoscendo in tale provvedimento l'importanza di un primo passo verso il confronto fra il trasporto su rotaia e i suoi utilizzatori;
si vuole evidenziare come al momento possa protestare soltanto chi prende gli eurostar alta velocità, gli eurostar City, i Tbiz e gli intercity -:
se il Governo intenda produrre un'accurata rilevazione, con successiva comunicazione, dei dati sui ritardi effettivi dei treni a percorrenza nazionale - Eurostar City, i Tbiz, Intercity, espressi nonché dei convogli a tratta regionale sul territorio relativi agli ultimi sei mesi;
se il Governo intenda produrre una documentazione dei dati relativi alle richieste di bonus inoltrati a F.S. - Trenitalia a fronte dei ritardi, come ulteriore verifica dell'incidenza dei ritardi registrati;
quali provvedimenti e quali risorse siano previsti dall'attuale Governo per intervenire sui disservizi ed i ritardi, specie per quanto riguarda le tratte dei treni regionali destinati ai pendolari, in particolare a fronte dei rincari del prossimo 14 dicembre preannunciati recentemente dall'amministratore

delegato di Ferrovie dello Stato Mauro Moretti;
se il Ministro dei trasporti intenda intervenire nei confronti della dirigenza della holding Ferrovie dello Stato-Trenitalia affinché possa addivenirsi ad una sospensione di almeno un anno di ogni aumento tariffario per qualsiasi categoria di convogli nazionali, al fine di non aggravare ulteriormente la situazione economica, già di per sé estremamente difficile, delle famiglie italiane ed in particolare di coloro che si servono del servizio ferroviario.
(4-01317)

Risposta. - In merito alle questioni evidenziate nell'atto parlamentare in esame, occorre premettere che si tratta di criticità avvertita in modo sempre più pressante dall'utenza e che riguarda sia treni regionali, direttamente disciplinati dalle regioni interessate con i contratti di servizio, sia treni di media e lunga percorrenza, esercitati per buona parte in regime di autonomia d'impresa.
La richiesta di produrre un'accurata rilevazione dei dati sui ritardi effettivi dei treni nonché una documentazione dei dati relativi alle richieste dei
bonus inoltrate appare indubbiamente condivisibile, in quanto finalizzata a delineare il quadro dell'effettiva situazione. Tuttavia questa esigenza va mediata con l'assetto regolatorio esistente poiché tali servizi per lo più non sono suscettibili di diretto controllo da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Naturalmente, resta ferma la disponibilità a partecipare con i soggetti coinvolti all'individuazione di un possibile percorso atto a mitigare la criticità lamentata.
In relazione al quesito inerente le risorse rese disponibili per i servizi regionali, si informa che grazie all'impegno del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sono state stanziate, con il decreto-legge n. 285 del 2008, risorse per complessivi 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011.
Inoltre, per quanto riguarda la richiesta di blocco degli aumenti tariffari per la media e lunga percorrenza, si fa presente che la materia è in via di regolazione secondo quando disposto dall'articolo 2, comma 253, della legge finanziaria per il 2008, che prevede l'espletamento di una indagine conoscitiva (da concludere entro il 30 giugno 2009,
ex articolo 27 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207) affinché il Comitato interministeriale per la programmazione economica possa individuare il perimetro dei servizi di utilità sociale in termini di «frequenza copertura territoriale, qualità e tariffazione e che sono mantenuti in esercizio tramite l'affidamento di contratti di servizio pubblico». Va aggiunto che l'ampiezza del perimetro è funzione, a parità di condizioni, delle risorse finanziarie disponibili.
Il reperimento di ulteriori fondi, indispensabili per evitare soppressioni di servizi essenziali, è tra le priorità dei Ministeri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze e sono in corso approfondimenti con l'impresa ferroviaria allo scopo di calibrare il perimetro in funzione delle risorse.
Infine, per completezza d'informazione, circa la puntualità del servizio ferroviario nel periodo gennaio-ottobre 2008 rilevata dal sistema informatico di rilevazione della puntualità RIACE, si evince per i treni Eurostar un miglioramento della puntualità dei convogli giunti a destinazione entro 15 minuti dall'orario di arrivo previsto, con un risultato del 92 per cento contro la media dell'88 per cento rilevata nel 2007.
Nello stesso periodo, risulta sostanzialmente stabile, la tendenza mostrata dagli indici di puntualità dei treni Intercity sulla rete nazionale; difatti la puntualità dei convogli giunti a destinazione entro i 15 minuti dall'orario di arrivo previsto si è attestata mediamente sull'88 per cento (con punte superiori al 90 per cento nel primo semestre dell'anno) contro l'87 per cento medio del 2007.
Analoga tendenza mostra la puntualità del servizio regionale, riferita al medesimo periodo gennaio-ottobre 2008, con un risultato medio del 91 per cento dei treni giunti a destinazione entro i 5 minuti

dall'orario di arrivo previsto contro il 90 per cento del corrispondente periodo del 2007.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BERTOLINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da un'analisi, effettuata dall'associazione Coldiretti sull'elenco delle sentenze penali passate in giudicato a carico di produttori alimentari emergono dati preoccupanti;
nel 2008, infatti, un reato su quattro per frode e sofisticazione alimentare è stato commesso in bar e ristoranti gestiti da stranieri, nonostante questi rappresentino una esigua minoranza in Italia;
tra i reati segnalati emerge soprattutto la vendita di kebab in cattivo stato di conservazione, di spiedini di pollo con tracce di salmonella, di ravioli cinesi farciti con imballaggi non idonei per gli alimenti, di panini con feci di ratto, di cozze con cariche microbiche di coliformi fecali superiori ai limiti consentiti;
in questo genere di negozi e punti di ristoro vengono spesso utilizzati prodotti di importazione, che non garantiscono gli stessi standard di qualità di quelli nazionali;
la Coldiretti ha richiesto l'estensione dell'obbligo di indicare la provenienza in etichetta per tutti gli alimenti, al fine di garantire più controlli e verifiche sulla qualità dei cibi prodotti, confezionati e somministrati nelle attività suddette, considerata la massiccia proliferazione in Italia di spacci e negozi alimentari etnici;
la Cina risulta essere il Paese che ha ricevuto dalla UE il maggior numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari;
risulta, quindi, necessario incrementare i controlli nei confronti di tutti i negozi e spacci alimentari etnici, nei quali si somministrano cibi e la cui proliferazione risulta essere rapida ed incontrollata -:
se sia a conoscenza dei dati diffusi dalla Coldiretti e quale giudizio ne dia;
se sia in possesso di dati e analisi relativi al tasso di irregolarità diffuso tra i negozi alimentari etnici nelle varie regioni;
quante siano le attività dedite alla produzione, al confezionamento e alla somministrazione di generi alimentari etnici presenti sul territorio nazionale;
se non ritenga, alla luce dei dati sopra esposti, di attivare una campagna di controlli straordinaria e capillare nei confronti di negozi, ristoranti e spacci alimentari etnici, anche d'intesa e con il coinvolgimento delle amministrazioni locali, le quali possono avvalersi dei corpi di Polizia municipale;
se concordi nel ritenere che la proliferazione di tale genere di attività rappresenti un fenomeno che necessiti di una precisa e rigorosa regolamentazione;
come giudichi la proposta, avanzata dalla Coldiretti, di estendere l'obbligo di provenienza in etichetta di tutti gli alimenti per favorire i controlli per la sicurezza dei cittadini;
quali iniziative intenda adottare per sostenere questa proposta.
(4-02619)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione a risposta scritta in esame, inerente ad alcune problematiche relative alle irregolarità riscontrate presso i negozi e spacci alimentari etnici, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che la maggior parte delle infrazioni rilevate nei suddetti esercizi commerciali etnici sono ascrivibili principalmente a delle carenze igienico sanitarie nella produzione, confezionamento e somministrazione dei generi alimentari, la cui competenza primaria ricade nelle attività di controllo delle strutture sanitarie.


Tuttavia, si evidenzia che questo Ministero, tramite l'Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari ed il Corpo forestale dello Stato, ha partecipato a specifiche azioni di controllo, in collaborazione con le aziende sanitarie locali e la Polizia annonaria dei comandi municipali nella regione Toscana, al fine di contrastare l'irregolare commercializzazione di prodotti alimentari esteri destinati principalmente al mercato etnico.
In particolare, sono stati controllati locali di vendita e di stoccaggio di derrate alimentari gestiti da operatori cinesi nei quali sono state rilevate diverse irregolarità amministrative e penali soprattutto per la detenzione ed il commercio di alimenti in cattivo stato di conservazione o scaduti.
Per gli aspetti di competenza, i citati organi di questo Ministero hanno rilevato una serie di irregolarità in relazione ai sistemi di etichettatura che sono risultati essere incompleti e difformi da quanto stabilito dal decreto legislativo n. 109 del 1992, e successive modificazioni.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

BOBBA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a seguito del decreto del Tribunale Civile di Milano, Sezione Fallimenti, emesso il 22 novembre 2004, veniva dichiarata aperta, ai sensi degli articoli 8 e 30 del decreto legislativo n. 270 del 1999, la procedura di amministrazione straordinaria della società «Cartificio Ermolli Spa»;
con successivi decreti del Ministero delle attività produttive del 29 novembre 2004 e del 2 maggio 2006, protocollo n. 27376, veniva officiato dell'incarico di Commissario Straordinario il professore Enrico Moscati;
il nuovo Commissario, a seguito del decreto del Ministero attività produttive del 1° giugno 2005, protocollo n. 33458, e del parere favorevole del Comitato di Sorveglianza reso in data del 16 maggio 2005, dava esecuzione al programma depositato, ai sensi del combinato disposto dagli articoli 27, comma 2, e 57, comma 4, del richiamato decreto legislativo n. 270 del 1999, pubblicizzando su quotidiani nazionali, il bando per la presentazione, da parte di soggetti terzi interessati, di offerte irrevocabili per l'acquisto dell'azienda complessivamente riferita alla società in procedura e costituita, in termini operativi, dai due stabilimenti allocati rispettivamente a Moggio Udinese, Udine, e Crevacuore, Biella;
nel termine fissato, stabilito alle ore 18,00 del 16 gennaio 2006, presso lo studio del Notaio Marco Ieva in Roma, è stata presentata una sola offerta ad opera del signor Cesare Bolzonella, in rappresentanza della società Gecart Srl, poi trasformata in Cartiere Ermolli Spa, nel giugno 2006, e con decreto del Ministero della attività produttive, in data 2 maggio 2006 n. 27376, veniva autorizzata la vendita del complesso aziendale in capo al «Cartificio Ermolli SpA.» in amministrazione straordinaria;
il 27 giugno 2006, davanti allo stesso Notaio Marco Ieva, si stipulava la cessione del complesso aziendale, compreso lo stabilimento di Crevacuore, alle «Cartiere Ermolli Spa» con sede a Moggio Udinese, via Giorgio Ermolli n. 62, codice fiscale e P. Iva 02415380308, iscritta al Registro Imprese della CCIA di Udine;
il prezzo totale della transazione è stato pattuito in euro 30.500.000,00, così suddivisi: euro 1.765.000,00 per magazzino merci e semilavorati ed euro 28.735.000,00 per terreni, immobili, macchinari ed attrezzature, con effetto dal 1° luglio del 2006;
gli obblighi sottoscritti dalla società acquirente, per quanto riguarda il personale dipendente, così come riportato nell'atto di cessione, venivano descritti nell'articolo 7, il quale testualmente disponeva: «con espresso riferimento all'impegno

programmatico indicato nella propria offerta di cui in premessa assume espresso obbligo di occupare complessivamente n. 320 (trecentoventi) dipendenti nelle due unità produttive di Moggio Udinese (Udine) e Crevacuore (Biella) i nominativi dei dipendenti trasferiti la tipologia del relativo rapporto di lavoro, le retribuzioni, le qualifiche le attribuzioni e il dislocamento territoriale. Sono indicati nei prospetti allegati al presente atto»;
gli obblighi derivanti dall'offerta vincolante, riportati nella Clausola penale del contratto di cessione, obbligavano la società acquirente a proseguire l'attività aziendale; ad eseguire i nuovi investimenti previsti nell'offerta pari a 10 milioni di euro in 3 anni di cui 4,5 sullo Stabilimento di Crevacuore e a mantenere i livelli occupazionali, fatta salva l'ipotesi di dimissioni volontarie, per un periodo di due anni dalla data del 27 giugno 2006, il tutto garantito da apposita Fideiussione Bancaria irrevocabile, a prima richiesta di euro 7.625.000,00, emessa dalla Banca Popolare di Vicenza SpA, con scadenza 27 giugno 2006;
la garanzia è scaduta lo scorso fine giugno 2008, le vicende societarie degli ultimi 30 mesi hanno segnato in negativo la gestione dell'attività, visto che la società ha presentato bilanci in perdita già dal primo esercizio chiuso il 31 dicembre 2006, con una perdita di oltre 2 milioni di euro e ancor più nell'esercizio chiuso al 31 dicembre 2007, con una perdita superiore al capitale sociale, consistente in euro 10.000.000,00, pari a euro 12.764.863,00;
la società ha ripianato le perdite all'approvazione del bilancio 2007, ma tali risultati hanno portato ad un contrasto profondo tra i soci in origine, Ciani Finanziaria snc di Stefano Ciani, Bolzonella Cesare e Mario con la B2 S2 srl, la Cartiera di Rivignano Spa, di proprietà dei signori Bolzonella tramite la finanziaria Finbo spa, e Linossi Mario.
in data 12 maggio 2008, la proprietà è di fatto detenuta unicamente dal socio Stefano Ciani, tramite la Finanziaria Ciani snc e la RIF Spa, di proprietà della finanziaria;
le azioni della Cartiere Ermolli SpA sono state date a garanzia di un prestito obbligazionario da 10.000.000,00 di euro alle seguenti due banche, la Banca Popolare Friuladria spa e la Banca Popolare di Vicenza scpa;
lo stabilimento di Crevacuore, dal 1° luglio 2006, non ha mai lavorato a pieno regime, visto che la capacità produttiva è sempre stata di circa il 30 per cento, è stato interessato da lavori di ammodernamento previsti dal piano di investimenti, ma non è mai entrato a pieno regime;
i lavoratori impiegati, ad oggi circa 110 addetti, dai 132 iniziali, hanno complessivamente lavorato una settimana al mese da ottobre 2006, con provvedimenti di CIGS a partire appunto dall'ottobre 2006, scaduta ad aprile del 2008 e reiterata per 12 mesi, quindi fino ad aprile 2009;
l'amministrazione del socio Ciani sembra tendere alla chiusura dello stabilimento di Crevacuore, in quanto, per questioni legate ai costi di produzione, lo stabilimento perde circa 4 milioni di euro all'anno;
nello stabilimento di Crevacuore l'incidenza del costo dell'energia è quattro volte più alto di quello a Moggio Udinese;
a Moggio Udinese ci sono due impianti idroelettrici di proprietà che garantiscono l'autosufficienza, mentre a Crevacuore la centrale, all'inizio idroelettrica, con presa canalizzata sul torrente Strona in Comune di Guardabosone, è stata riconvertita a gas metano;
l'azienda di Crevacuore aveva previsto la produzione di un particolare tipo di carta, il Glassin, carta da siliconare per supporto etichette, mentre nel passato si produceva carta patinata per stampa Roto-offset, ovvero per rotocalchi e riviste, che riscontra il consenso del mercato, tuttavia, i costi di produzione e la mancanza

di una rete commerciale adatta ad offrire il prodotto, hanno di fatto paralizzato lo stabilimento;
nel PIT redatto dalla Provincia di Biella, approvato dalla Regione Piemonte, il sito della Cartiera rientra tra quelli ove è possibile fruire degli aiuti comunitari sui fondi del Documento Unico di Programmazione, Docup, per l'energia, per la realizzazione di una nuova centrale di produzione termoelettrica a ciclo combinato o a biomassa, con un cofinanziamento del privato pari al 50 per cento;
l'area di Crevacuore rientra nei territori a decremento industriale, ove sono previsti incentivi e finanziamenti regionali con fondi stanziati sul Docup 2006/2008 (articolo 6 legge Regionale 34/2004), in parte a fondo perso -:
se i Ministri interrogati intendano intervenire al fine di garantire l'ottemperanza al programma di sviluppo connesso all'offerta accettata, nonostante sia trascorso il termine stabilito dei 24 mesi;
se gli stessi Ministri non ritengano necessario convocare un tavolo di confronto, al fine di tutelare le famiglie dei lavoratori e verificare la continuità lavorativa aziendale di Crevacuore, al quale partecipino la Regione Piemonte, la Provincia di Biella, gli enti locali, i sindacati e le rappresentanze dei lavoratori.
(4-01866)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame, e sulla base degli elementi forniti dalla Direzione generale competente e dal Ministero del lavoro, si comunica quanto segue.
L'azienda Cartificio Ermolli Spa, costituita da due stabilimenti di Moggio Udinese (Udine) e Crevacuore (Biella), è stata ceduta dalla procedura di amministrazione straordinaria, con atto del 26 giugno 2006.
La cessione prevedeva il trasferimento degli immobili e delle attrezzature costituenti gli stabilimenti ed il trasferimento di n. 320 dipendenti, di cui n. 125 per lo stabilimento di Crevacuore e n. 195 per lo stabilimento di Moggio Udinese. Il progetto industriale, presentato unitamente all'offerta, prevedeva il mantenimento, per il biennio giugno 2006-2008, di almeno n. 125 dipendenti a Crevacuore e n. 195 dipendenti a Moggio Udinese.
Durante il biennio di osservazione, scaduto in data 30 giugno 2008, non sono state segnalate a questa Amministrazione particolari situazioni di inadempimento.
Infatti il commissario straordinario del Gruppo Ermolli, successivamente componente del collegio commissariale, nominato in data 24 aprile 2007, precisava che, anche nel corso dell'ultima riunione, tenutasi a Crevacuore, alla presenza delle organizzazioni sindacali, i rappresentanti della proprietà avevano confermato sia il mantenimento dei livelli occupazionali sia gli investimenti previsti dal piano industriale. Il Commissario aveva segnalato unicamente difficoltà nell'acquisizione di ordini, per effetto della concorrenza e della difficoltà nel mercato della carta, conseguenti all'incremento dei costi delle materie prime e dell'energia.
Le stesse organizzazioni sindacali hanno confermato che l'azienda aveva proceduto ad effettuare gli investimenti previsti dal progetto industriale, in particolare nel reparto delle calandre e che i livelli occupazionali erano rispettati, seppure con l'adozione di una cassa integrazione ordinaria a rotazione.
Nella relazione semestrale al 30 giugno 2008, i commissari straordinari, nell'evidenziare la scadenza del termine biennale previsto dal decreto legislativo n. 270 del 1999, per il monitoraggio sul rispetto del piano industriale e del mantenimento dei livelli occupazionali, precisavano che non risultano «fatti rilevanti, nè omissis, né segnalazioni di sorta».
Gli stessi commissari, su richiesta del competente ufficio della Direzione generale del Ministero dello sviluppo economico, precisavano che solo dagli organi di stampa erano venuti a conoscenza delle difficoltà attuali dello stabilimento di Crevacuore, potendosi solo ipotizzare che esse fossero derivate dall'aggravamento della crisi del settore cartario. Crisi che ha indotto la proprietà a scelte industriali sulle quali,

essendo scaduto il cosiddetto biennio di garanzia, la procedura non può attualmente interferire.
Non si può, inoltre, nascondere come, fin dall'ammissione della società Cartificio Ermolli alla procedura di amministrazione straordinaria, lo stabilimento di Crevacuore presentasse delle criticità, tanto che la Direzione del Ministero dello sviluppo economico, competente per materia, aveva più volte ribadito delle perplessità in ordine alla fattibilità economica-finanziaria del progetto di piena ripresa produttiva dello stabilimento di Crevacuore.
Tuttavia, le manifestazioni di interesse pervenute alla procedura per tale stabilimento avevano fatto propendere per l'approvazione del programma di cessione anche per la sede di Crevacuore, così come proposto dal commissario straordinario.
Per quanto riguarda la possibile riconversione industriale della Società Ermolli, mediante l'utilizzo dei fondi strutturali comunitari, si segnala che i programmi comunitari che prevedono incentivi alle imprese sono programmi a diretta gestione delle Regioni Piemonte e Friuli Venezia Giulia.
Per maggior precisione i suddetti programmi sono:
I Docup Obiettivo 2 (2000-2006). Sono ormai giunti a conclusione e per i quali è difficile prevedere possibilità di finanziamento, nonostante il termine finale per l'ammissibilità della spesa, su richiesta avanzata alla Commissione europea dal Ministero dello sviluppo economico sarà prorogato al 30 giugno 2009.
I Programmi operativi regionali (POR) Fondo europeo di sviluppo regionale (Fesr) (2007-2013). A questo riguardo occorre precisare che la società Ermolli è qualificabile come «grande impresa» e può, quindi, beneficiare di eventuali finanziamenti solo a determinate condizioni, in sostanza gli investimenti debbono essere giustificati in termini di qualificato contenuto tecnologico e di ricaduta sulle filiere produttive. Inoltre le grandi imprese devono collaborare con le piccole e medie imprese, nel caso di progetti di ricerca, sviluppo ed innovazione.
I due Comuni di Crevacuore e di Moggio Udinese sono inseriti nella carta degli aiuti a finalità regionale 2007-2013, che è stata approvata con decisione comunitaria n. C(2008)893; in altre parole si trovano in un'area derogata ai sensi dell'articolo 87, 3, c del Trattato e pertanto possono essere oggetto di eventuali aiuti anche le grandi imprese; tali aiuti possono essere più elevati rispetto a quelli concessi a territori non derogati.
È opportuno segnalare, inoltre, che, in nessun caso, possono essere incentivate aziende in crisi e che la selezione delle aziende avviene sempre secondo una procedura di bando pubblico, demandata all'Autorità di gestione dei POR - Struttura regionale responsabile del programma.
Da elementi forniti dal Ministero del lavoro, risulta che, con decreto direttoriale del 23 febbraio 2009, è stato approvato il programma per crisi aziendale, relativamente al periodo dal 9 gennaio 2009 all'8 gennaio 2010, per l'unità produttiva di Moggio Udinese. Con il medesimo provvedimento è stata autorizzata la corresponsione del relativo trattamento straordinario di integrazione salariale in favore dei lavoratori dipendenti, per un massimo di 177 unità lavorative, per lo stesso sopraddetto periodo di tempo.
Risulta, inoltre, che i lavoratori dello stabilimento di Crevacuore stanno già usufruendo del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria, previsto fino al 30 aprile 2009, e che è stata già presentata richiesta per la Cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga.
Il Ministero dello sviluppo economico continuerà a monitorare l'evolvere della vertenza, relativa alla Cartiera Ermolli, e resta disponibile, ove richiesto dalle parti, ad aprire un tavolo di confronto.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Plavix, medicinale che contiene il principio attivo clopidogrel, è indicato

nella prevenzione di eventi di origine aterotrombotica (problemi dovuti a coaguli di sangue e indurimento delle arterie) e può essere ottenuto solo dietro prescrizione medica;
ad oggi il Plavix è concesso gratuitamente solo previo piano terapeutico della durata di 6 mesi, prolungabile fin ad un massimo di 12 mesi, al termine dei quali il farmaco non è più a carico del Servizio sanitario nazionale;
per alcuni malati cardiopatici questo farmaco viene descritto come «necessario», pertanto trascorsi i 12 mesi, come previsto dal Piano terapeutico, queste persone continuano ad assumere il farmaco, con il costo del medicinale è interamente a loro carico;
una confezione di Plavix da 28 compresse costa 55 euro (660,00 euro all'anno) e solitamente chi acquista questi farmaci sono pensionati o persone anziane, con redditi bassi-:
se non ritenga doveroso che questo farmaco, definito necessario per la salute di alcuni pazienti, sia posto interamente a carico del Servizio sanitario nazionale per tutta la durata della prescrizione medica.
(4-02221)

Risposta. - In merito all'interrogazione parlamentare in esame, l'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha precisato che la prescrizione della specialità medicinale Plavix® (contenente clopidogrel), a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), è stata vincolata (determinazione del 4 gennaio 2007) all'adozione del Piano Terapeutico AIFA.
Le condizioni cliniche ammesse per la rimborsabilità sono le seguenti:
sindrome coronarica acuta senza innalzamento del tratto ST (angina instabile o infarto miocardio senza onda Q), in associazione con acido acetiesalicinico (ASA)-trattamento di 6 mesi rinnovabile per 1-2 volte.
angioplastica per cutanea (PTCA) con applicazione di stent:
non medicato (trattamento di 1 mese in associazione con ASA);
medicato (trattamento di 6 mesi in associazione con ASA);
terapia antiaggregante a breve termine per la prevenzione secondaria dell'infarto in associazione con ASA;
terapia antiaggregante a lungo termine per la prevenzione secondaria dell'infarto e dell'ictus, in pazienti per i quali esiste controindicazione ad ASA o a ticlopidina.

Tramite il Piano terapeutico non è stato modificato l'uso terapeutico del clopidogrel come risulta dalla indicazione e dalla posologia autorizzata, ma sono stati individuati gli usi e la durata ottimali per i quali è prevista la prescrizione a carico del Servizio sanitario nazionale SSN.
Gli esperti della Commissione tecnico scientifica (CTS) dell'AIFA hanno redatto il Piano terapeutico, basandosi sui risultati di sperimentazioni cliniche randomizzate e criticamente valutate; la sua durata ottimale non deve essere considerata come un vincolo arbitrario di utilità puramente economica, ma come una ragionevole limitazione temporale basata sulle evidenze presenti ad oggi in letteratura, finalizzata a garantire un impiego appropriato del farmaco.
In particolare per quanto riguarda la terapia antiaggregante a lungo termine, il Piano terapeutico non ne specifica la durata, ma suggerisce di far riferimento principalmente allo studio denominato «CAPRIE», i cui risultati si riferiscono ad un «follow up» della durata media di 1 anno e 10 mesi e all'analisi «post-hoc» di tale studio, pubblicata nel 2004 sulla rivista scientifica Stroke.
Per quanto non espressamente specificato nel Piano terapeutico AIFA, l'appropriatezza della terapia sarà fondata sulla scelta del medico, in particolare sulla conoscenza del profilo di efficacia e sicurezza del medicinale e sulla specifica situazione clinica del paziente; peraltro la letteratura che accompagna il Piano Terapeutico può

supportare il medico nella scelta terapeutica più appropriata.
Per meglio comprendere il senso delle limitazioni previste dalla CTS, si precisa che esistono altri farmaci ad azione antiaggregante, ad es. l'ASA, utilizzato a basse dosi, e la ticlopidina, entrambi classificati in fascia A, e quindi prescrivibili a carico del Servizio sanitario nazionale senza limitazioni.
Inoltre è necessario evidenziare che, ad oggi, per tutti i soggetti per i quali è indicato un trattamento antiaggregante, la documentazione scientifica rimane a favore dell'ASA a basse dosi; trova così giustificazione il fatto che l'unico trattamento a lungo termine previsto dal Piano Terapeutico è riservato a quei soggetti nei quali sono controindicati FASA o la ticlopidina, che rimangono nelle situazioni cliniche specificate il trattamento di prima scelta.
Si segnala infine che da parte di un gruppo di lavoro appositamente costituito è in corso una revisione della note AIFA, le cui valutazioni in merito ad eventuali modifiche dovranno essere comunque recepite dalla CTS.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Ferruccio Fazio.

CONCIA. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa, non solo sportiva, ha dato grande rilevanza alla notizia dell'esclusione della campionessa di tiro Elsa Caputo, tesserata per il gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato, dalla squadra che parteciperà alle Olimpiadi di Pechino in rappresentanza dell'Italia;
in un documento ufficiale, la Segreteria generale del Sindacato autonomo di polizia avanza il dubbio che tale esclusione sia riconducibile ad un'azione discriminatoria nei confronti delle donne da parte degli organismi responsabili delle selezioni per la composizione della squadra nazionale;
qualora tale denuncia rispondesse al vero, la gravità della decisione sarebbe amplificata dall'essere stata adottata nell'ambito di un prestigioso Corpo dello Stato;
considerato l'imminente inizio delle Olimpiadi di Pechino e rilevata altresì la importanza della questione trattata nella presente interrogazione, questa riveste il carattere della massima urgenza -:
quali misure e provvedimenti urgenti i Ministri interrogati intendano adottare per verificare la fondatezza della denuncia pubblicamente espressa dal Sindacato autonomo di polizia al fine di evitare la grave violazione dei principi sanciti dalla Costituzione italiana, oltreché una pessima figura a livello internazionale per il nostro Paese.
(4-00900)

Risposta. - Sui fatti segnalati dall'onorevole interrogante, gli uffici del Ministero per le pari opportunità hanno interpellato il Ministero dell'Interno, dal cui dipartimento per la sicurezza dipende la campionessa di tiro Elsa Caputo, tesserata per il gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato.
Si è quindi appreso che la campionessa di tiro a segno con la carabina Elsa Caputo nutre di elevata stima e considerazione sia da parte del gruppo sportivo Fiamme Oro della Polizia di Stato sia da parte dell'Unione Italia Tiro a Segno.
Ciò è testimoniato, peraltro, dal fatto che in un incontro tenutosi nel giugno 2008, il Presidente dell'Unione Italia Tiro a Segno (UITS), ing. Erfried Obrist, ha riconosciuto che la campionessa Elsa Caputo è atleta di altissimo livello.
Tuttavia, dovendosi operare da parte del responsabile della nazionale una scelta per la formazione della squadra olimpica nell'ambito di atleti tutti di elevate doti atletiche, è stato prescelto un criterio di natura squisitamente tecnica, basato sui risultati conseguiti nell'ultimo anno. Seguendo tale criterio, la scelta è ricaduta su altri atleti.
La UITS ha, inoltre, sottolineato che le regole di selezione per la formazione della squadra olimpica sono state chiaramente e formalmente comunicate a tutti gli atleti in preparazione olimpica. Tali regole sono

ispirate ad aspetti tecnici e riferite all'attività internazionale effettuata nell'anno delle olimpiadi ed al ranking mondiale.
Pertanto, secondo quanto affermato dal presidente della UITS anche in una nota inviata al sindacato autonomo della Polizia di Stato, le valutazioni dello staff tecnico della nazionale sono state frutto esclusivo dei risultati raggiunti dagli atleti e, diversamente da quanto divulgato dagli organi di stampa, nella scelta finale non ha influito nessun altro parametro di giudizio.
Va, peraltro, notato che nella squadra di tiro a segno erano presenti due donne selezionate secondo i criteri predetti.

Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

CONTENTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sia l'articolo 18 della legge 11 febbraio 1994 n. 109, sia l'articolo 92 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, hanno previsto la ripartizione di una percentuale dell'importo posto a base di una gara di un'opera o di un lavoro, disposti da un'amministrazione aggiudicatrice, tra il responsabile del procedimento e gli incaricati della redazione del progetto, del piano della sicurezza, della direzione dei lavori, del collaudo nonché tra i loro collaboratori;
dette disposizioni avrebbero dovuto trovare applicazione anche in relazione alle gare bandite dalla Rete Ferroviaria Italiana spa - gruppo Ferrovie dello Stato - e, ovviamente, a quelle riferibili all'area «nord est»;
se, in che termini e con quali modalità sia stata data attuazione alle disposizioni richiamate con riferimento alle gare bandite dalla rete ferroviaria italiana spa o da altre società del gruppo Ferrovie dello Stato;
in difetto quali siano le ragioni della mancata attuazione;
quale sia la destinazione degli importi riferiti alla percentuale indicata dalle disposizioni richiamate nel caso di mancata attuazione con precisazione circa l'eventuale accantonamento degli stessi e con particolare riferimento alle gare bandite nell'area del nord-est.
(4-01533)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'incentivo di progettazione previsto prima dall'articolo 18, comma 1 della legge n. 109 del 1994 ed ora dall'articolo 92, comma 5 del decreto legislativo n. 163 del 2006 (codice dei contratti) e successive modificazioni si riferisce ai lavori nei settori ordinari.
Per i soggetti operanti nell'ambito dei settori speciali, ambito che comprende il trasporto ferroviario, non è configurabile un obbligo ex lege ad applicare nè l'una né l'altra disposizione di legge.
In particolare, il citato articolo 18 non era applicabile alla stregua di quanto previsto nell'articolo 2, comma 2, lettera
b) della stessa legge 109 del 1994. Questo articolo nel richiamare selettivamente le disposizioni della legge n. 109 non applicabili ai soggetti di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995 n. 158 e successive modificazioni, elencava espressamente l'articolo 18, escludendone, pertanto, la cogenza.
Anche l'articolo 92 del decreto legislativo 163 del 2006 e successive modificazioni, non è applicabile ai sensi di quanto previsto nell'articolo 206, comma 1, dello stesso decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. Questo articolo, nel richiamare selettivamente le disposizioni relative ai settori ordinari vincolanti anche per quelli speciali, non opera alcun rinvio all'articolo 92, con ciò escludendone la cogenza.
Al riguardo, si comunica che Rete ferroviaria italiana non procede ad alcun accantonamento di importi percentuali del valore delle opere poste a base di gara riferiti a tale scopo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

DE POLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le politiche sociali sono al servizio delle fasce più deboli della popolazione;
la conferenza di Lisbona del 2000 ha definito l'obiettivo del raggiungimento del 33 per cento della copertura dei servizi alla prima infanzia (asili nido, nidi integrati, centri per l'infanzia, asili aziendali, ...);
la definizione di politiche per i giovani costituisce un'urgenza di fronte a sempre più frequenti fenomeni di disagio e violenza giovanile;
l'invecchiamento della popolazione comporta un costante aumento di situazioni di non autosufficienza;
tali politiche rientrano nella potestà legislativa ed amministrativa delle Regioni ai sensi degli articoli 117, comma 3 e 118 della Costituzione italiana;
nelle leggi finanziarie statali per il 2007 e 2008 sono stati istituiti, tra gli altri, i seguenti nuovi fondi: fondo nazionale per le politiche per la famiglia; fondo nazionale per la non autosufficienza; fondo per la permanenza e ritorno in famiglia delle persone non autosufficienti; fondo nazionale per il potenziamento dei servizi alla prima infanzia; fondo per le politiche giovanili;
a seguito delle specifiche intese, sancite o in corso di definizione in Conferenza Stato-Regioni, tali Fondi sono ripartiti tra le Regioni e le Province autonome;
dal 2006 la spesa per i servizi sociali è stata inserita all'interno del patto di stabilità;
tale disposizione risulta penalizzante per le Regioni, quali ad esempio il Veneto, che hanno sempre virtuosamente contenuto la propria spesa all'interno dei vincoli del patto di stabilità;
tale situazione comporta per il Veneto la paradossale impossibilità di spendere una ingente quantità di risorse pari a oltre 28 milioni di euro per il 2007 e quasi 50 per il 2008 provenienti dallo Stato per finanziare i servizi sociali del Veneto;
il problema è grave ed urgente se si vuole dare concretezza al federalismo e rappresentare gli interessi dei soggetti più deboli, delle famiglie già ora alle prese con le difficoltà della crisi economica. Si tratta di fondi che sono destinati ai bambini che devono andare all'asilo, ai giovani veneti, agli anziani e ai disabili non autosufficienti. Ci si chiede cosa succederà al nostro sistema dei servizi sociali se non sarà superato quest'ostacolo -:
se l'attuale Governo ritenga ancora opportuno conservare la disposizione emanata dal Governo Prodi - e che l'interrogante reputa iniqua - di far rientrare la spesa per i servizi sociali all'interno dei vincoli del patto di stabilità, non consentendo tra l'altro di attuare le indicazioni comunitarie in materia sociale e di tener conto dell'aumento dei bisogni di una sempre maggiore popolazione anziana;
quali misure il Governo intenda adottare per non compromettere gravemente l'attività dei servizi sociali e penalizzare le famiglie ed i soggetti deboli che sono i diretti destinatari di questi finanziamenti nei settori dell'infanzia, dei giovani, della non autosufficienza, che risiedono in regioni, come il Veneto, rispettose del patto di stabilità.
(4-00398)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in oggetto specificato, si rappresenta quanto segue.
La normativa oggetto dell'interrogazione è quella contenuta nei commi 655 e seguenti dell'articolo 1 della legge 296 del 2006 (finanziaria 2007). In particolare, il comma 657 fissa limiti stringenti alla crescita, in valore nominale, della spesa regionale per gli anni 2007, 2008, 2009, rispetto alla spesa 2005. Sono esclusi dai vincoli, ai sensi del comma 658, solo le spese per la concessione di crediti e le spese per la sanità, cui si applica la specifica disciplina di settore. Il comma 656 prevede una sperimentazione, a decorrere dall'anno

2007, finalizzata a verificare anche per le Regioni, in alcune aree del paese, l'eventualità di assumere come base di riferimento del patto di stabilità interno il saldo finanziario, anziché il livello della spesa.
Di fatto, la normativa di cui sopra è stata ripresa, con poche modifiche, dal decreto-legge 112 del 2008, approvato con legge 6 agosto 2008, n. 133 che, all'articolo 77-
ter, introdotto in sede di conversione, ha esteso lo stesso meccanismo al triennio 2009-2011; è quindi il medesimo atto approvato dal Parlamento a non avere escluso le spese sociali dal patto di stabilità interno.
Resta, poi, l'imprescindibilità del fatto che la definizione delle regole contabili che caratterizzano il patto di stabilità interno rientra tra le competenze istituzionali del Ministero dell'Economia e delle Finanze che, interpellato al riguardo, ha fatto presente:

a) che la partecipazione delle Regioni al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica avviene attraverso l'evoluzione controllata della spesa (corrente e in conto capitale), che va ad incidere direttamente sull'indebitamento netto;
b) che l'esclusione dal patto di stabilità interno delle spese finanziate dai trasferimenti in questione produrrebbe effetti negativi sui saldi di finanza pubblica, che necessiterebbero - ma solo attraverso una espressa modifica legislativa - di una corrispondente compensazione finanziaria.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Eugenia Maria Roccella.

DIMA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società Trenitalia, con la nuova programmazione ferroviaria che entrerà in vigore nel prossimo mese di dicembre, molto probabilmente procederà alla soppressione dei treni interregionali 2424 (Cosenza-Napoli) e 2433 (Napoli-Cosenza), privando in questo modo un ampio bacino di utenza, residenziale e turistica, di un importante servizio di trasporto;
questa probabile soppressione determinerà, per la loro particolare fascia oraria, enormi problemi alla mobilità lavorativa e scolastica dell'alto Tirreno cosentino;
questa decisione provocherebbe ulteriori disagi ad una larga fetta di utenti che ha già dovuto fare i conti con una progressiva ed inesorabile riduzione dei servizi ferroviari;
questa decisione penalizzerebbe un territorio sprovvisto di servizi pubblici sostitutivi su strada e poco e male servito da quelli privati;
questi treni interregionali, ad oggi, sono gli unici che permettono di raggiungere le stazioni ferroviarie di Sapri, Salerno e Napoli dove poi è possibile accedere ai servizi forniti dai treni a lunga percorrenza -:
quali iniziative, i ministri interrogati intendano porre in essere per evitare che le popolazioni dell'alto tirreno cosentino subiscano gli evidenti disagi legati alla soppressione dei treni interregionali 2424 e 2433, nel caso in cui questa notizia fosse confermata.
(4-01717)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si ricorda che la programmazione dei servizi regionali è di competenza delle singole regioni, i cui rapporti con Trenitalia sono disciplinati da specifici contratti di servizio, nell'ambito dei quali vengono definiti il volume e le caratteristiche dei servizi da effettuare sulla base delle risorse economiche rese disponibili.
Per quanto concerne i collegamenti regionali tra Cosenza e Napoli, con particolare riferimento alla coppia di treni regionali 2424/2431 citati nell'atto ispettivo, si evidenzia che, in attesa della definizione dei nuovi contratti di servizio e dell'adeguamento dei relativi corrispettivi, con il nuovo

orario in vigore dallo scorso 14 dicembre 2008, è stata attuata una riperimetrazione dei servizi rimodulando lievemente i volumi d'offerta.
In tale ambito, sono stati limitati nel percorso alcuni treni con basse frequentazioni quale la coppia di Regionali 2431/2424 Napoli-Cosenza e viceversa, di competenza della Regione Campania, che è stata quindi limitata alla stazione di Sapri (Napoli-Sapri e viceversa) stante la scarsissima frequentazione giornaliera, inferiore ai 10 viaggiatori, nella tratta Sapri-Cosenza.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

EVANGELISTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'organizzazione della Ferrovie dello Stato Spa vede la suddivisione di competenze tra diverse società partecipate, tra cui la società Trenitalia, alla quale è affidato il trasporto dei passeggeri e delle merci, nonché la gestione del personale dei treni;
a sua volta, la società Trenitalia è suddivisa in divisioni tecniche e settori di diversa funzione tra i quali la Divisione Trasporto Regionale che, in maniera autonoma
di regione in regione, si occupa di gestire la circolazione dei treni a livello locale e regionale;
a ciascuna Divisione regionale fa capo nel relativo territorio una serie di sedi lavorative che, nel caso toscano, sono a Pisa, Firenze, Livorno, Pontremoli, Grosseto, Campiglia, Chiusi, Arezzo, Pistoia e Siena;
la rete di sedi dovrebbe permettere all'azienda di disporre su tutto il territorio regionale una risorsa adeguata di personale al fine di effettuare con turni ad incastro la copertura di tutto il servizio ferroviario regionale;
negli ultimi anni ha preso vita dalla collaborazione tra Trenitalia e Regione Toscana il «memorario», un progetto orientato ad offrire sul territorio toscano una rete di collegamenti e di orari tali da permettere ai viaggiatori di usufruire di un servizio più efficiente molto simile a quello metropolitano, aumentando di fatto il numero dei convogli e, quindi, di lavoratori;
il progressivo sviluppo del «memorario» investirà dal prossimo dicembre anche la tratta Pontremoli-Carrara-Pisa allungando così la percorrenza dei treni che fino ad oggi terminano la propria corsa a Carrara;
a fronte di questo sviluppo, secondo quanto riportato da RSU della FILT CGIL, i Dirigenti di Trenitalia non starebbero considerando alcun aumento del numero di dipendenti nella provincia di Massa Carrara; anzi, i presidi di capitreno e macchinisti di Pontremoli, anziché aumentare di consistenza, dopo ogni pensionamento, non vengono reintegrati da altro personale, con trasferimento dal presidio di Pisa, che invece continua ad aumentare senza alcuna utilità aziendale;
i turni di Pisa sono programmati con numerose dormite fuori sede a Pontremoli, che comportano pernottamenti in albergo, con un evidente aumento di costi aziendali; non è dunque comprensibile l'ostinazione dei Dirigenti, che imperterriti hanno deciso di ridurre i posti di lavoro, senza mai pensare ad una più logica ridistribuzione dello stesso;
numerosi sono i capitreno disagiati che risiedono nel comprensorio lunigiano, zona già povera di occupazione, ma lavorano a Pisa e sono interessati ad un trasferimento verso Pontremoli -:
se il Ministro sia al corrente di questa situazione e se abbia intenzione, nei limiti delle sue competenze, di affrontare le problematiche che afferiscono non solo il personale dei treni residente in Lunigiana che è obbligato al pendolarismo verso Pisa, nonostante l'esistenza di una sede a Pontremoli verso la quale vi sarà un considerevole aumento di treni, ma la stessa azienda che per calcoli per l'interrogante oscuri preferisce accrescere i costi

in vitto e pernottamento alberghiero per i suoi dipendenti di Pisa piuttosto che acquisire nuove risorse e una più efficiente dislocazione sul territorio toscano di macchinisti e capitreno.
(4-00830)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Sulla base delle regole attualmente vigenti stabilite nel contratto collettivo nazionale del lavoro, l'organizzazione dei turni del personale di macchina e di bordo viene attuata con criteri che realizzano un razionale ed economico impiego delle risorse necessarie per assicurare il complesso dell'offerta programmata.
In tale ottica, la maggiore quantità del lavoro viene a concentrarsi su impianti allocati su nodi e linee che consentono di conseguire il pieno ed efficace utilizzo del personale.
Ferrovie dello Stato fa sapere che i riposi fuori residenza del personale, presenti nei turni degli impianti, Pontremoli compreso, sono una scelta razionale di programmazione del lavoro coerente con una più efficace utilizzazione del personale e con risultati positivi nel rapporto costi/benefici.
In considerazione delle modifiche e dell'incremento dell'offerta previsti dalla Regione Toscana a partire da aprile 2009, «Memorario», è in fase di studio avanzato una opportuna variazione all'attuale assegnazione/distribuzione del lavoro nell'area Tirrenica Nord, con il coinvolgimento anche delle altre Direzioni regionali di Trenitalia interessate (Liguria ed Emilia Romagna).
Le consistenti modifiche allo studio sono finalizzate proprio ad individuare soluzioni adeguate alle esigenze rappresentate in una logica di assegnazione funzionale del lavoro.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato una lettera della signora Delia D'Ettore, insegnante in pensione affetta da 16 anni da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), successivamente ripresa anche dalle agenzie di stampa;
in detta lettera, la signora D'Ettore tra l'altro scrive di essere «fortemente tentata di riservare a me stessa il trattamento che i genitori di Eluana Englaro hanno voluto per la figlia», e questo per la scarsa assistenza che riceve dalle istituzioni sanitarie: «solo per due volte alla settimana», spiega la signora D'Ettore, «un infermiere assiste a domicilio per conto della ASL, mentre a noi malati di SLA spetterebbe l'assistenza domiciliare gratuita 24 su 24... la mia famiglia ha tutto il peso sulle spalle, tutti vivono in funzione della mia gestione... Perché i politici si sono affrettati a emanare un decreto-legge che bloccava la sospensione della sentenza che ha permesso a Eluana di porre fine al suo calvario, mentre non fanno niente per i malati che hanno la sventura di vivere in regioni più povere...» -:
quali urgenti provvedimenti e iniziative intendano adottare perché alla signora D'Ettore sia assicurata la assistenza che la sua grave malattia richiede;
se non ritenga di dover promuovere un'indagine per accertare quante siano le persone che, come la signora D'Ettore, necessitano di una assistenza domiciliare 24 ore su 24 in quanto malate di SLA, di quale assistenza effettivamente beneficiano e in quali regioni vivano e risiedano.
(4-02348)

Risposta. - Il mantenimento al domicilio delle persone non autosufficienti, affette da malattie croniche, rappresenta un obiettivo fondamentale del Servizio sanitario nazionale, in termini di appropriatezza della risposta rispetto alle esigenze globali di questi pazienti e di efficacia degli interventi, nonché, inoltre, in termini di corretto utilizzo delle risorse.


Pertanto il progressivo sviluppo della domiciliarità a fronte della progressiva riduzione dell'ospedalizzazione, alla quale spesso si ricorre in maniera non appropriata, rappresenta un obiettivo che il sistema sanitario pubblico deve perseguire con fermezza.
Occorre ricordare che anche nell'ambito dei modelli assistenziali rivolti a malati che necessitano di interventi caratterizzati da un elevato livello di complessità, per la presenza di criticità specifiche, quali quelle dei malati terminali (oncologici e non), dei malati con malattie neurologiche degenerative/progressive in fase avanzata (SLA, distrofia muscolare e fasi avanzate e complicate di malattie croniche, pazienti in stato vegetativo e stato di minima coscienza, eccetera), il servizio domiciliare dovrebbe riuscire a garantire interventi programmati su 6 o 7 giorni settimanali e, in casi particolari, la pronta disponibilità medica sulle 24 ore.
Tuttavia non potrebbe farsi carico dell'assistenza infermieristica «h24», come richiesto dalla signora citata nell'atto parlamentare, nel quale peraltro non viene indicata la Regione e l'Azienda sanitaria locale di appartenenza territoriale.
Il presupposto indispensabile per l'attivazione dell'assistenza domiciliare, infatti, è la presenza di familiari o di persone di supporto che, in base alle indicazioni dell'equipe sanitaria, possano gestire i più semplici bisogni quotidiani del paziente e fare fronte alle necessità assistenziali di base, potendo contare sulla costante disponibilità del medico e degli altri operatori coinvolti nel piano terapeutico e, quando necessario, sul cosiddetto «ricovero di sollievo» presso una struttura ospedaliera o residenziale.
Se tale presupposto non può essere garantito, neanche con il supporto del Comune, responsabile degli interventi socio-assistenziali, il mantenimento al domicilio risulta un obiettivo difficilmente realizzabile.
Relativamente all'avvio di un'indagine per accertare quante siano le persone che si trovano nelle condizioni descritte, di quale tipologia di assistenza abbiano bisogno e di quali servizi effettivamente possano beneficiare, si segnala che è stata recentemente costituita presso questo Ministero la «Consulta delle malattie neuro-muscolari», presieduta dal dottor Melazzini, presidente della Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (AISLA), e composta da esperti e rappresentanti delle principali Associazioni dei malati e dei loro familiari.
La Consulta, tra l'altro, si pone come obiettivo quello di acquisire informazioni sulla qualità dell'assistenza erogata nelle diverse aree del Paese alle persone con malattie neuro-muscolari gravi progressive, di individuare soluzioni idonee per affrontare le criticità di maggior rilievo, e di fornire indicazioni per definire percorsi assistenziali più appropriati.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Ferruccio Fazio.

FARINONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il collegamento ferroviario Monza-Molteno-Oggiono viene utilizzato ogni giorno da migliaia di lavoratori e studenti per raggiungere dai paesi della Brianza centrale le città di Lecco e di Monza e, da qui, la stessa Milano;
Trenitalia ha previsto la soppressione di alcune corse in pieno orario di punta e in particolare quella da Lecco delle 7,45 e quella da Monza delle 7,07;
questa decisione comporterà forti disagi per gli utenti, che dovranno anticipare l'uscita dalle proprie abitazioni con inevitabili disagi per sé e per le proprie famiglie -:
quali siano le motivazioni che hanno indotto Trenitalia a sopprimere le sopracitate corse dei treni utilizzati dai pendolari della Brianza.
(4-01798)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il nuovo orario ferroviario in Lombardia, varato nel mese di dicembre 2008

(programmato e condiviso dalla regione), è il risultato di una elaborazione particolarmente complessa, per la quale è stato necessario ripetutamente intervenire sulla struttura dell'offerta anche a ridosso dell'entrata in vigore dell'orario.
Complessivamente, la rivisitazione dell'orario ferroviario in Lombardia ha interessato la programmazione di circa 700 treni, su un totale di 1200, ed ha comportato numerose e continue modifiche all'organizzazione del servizio, al fine di pervenire ad un'offerta che rispondesse alle richieste avanzate dalle varie realtà territoriali e consentisse, tra l'altro, l'avvio dei nuovi sistemi cadenzati pianificati dalla regione.
In tale ambito, la direttrice Milano-Monza-Molteno-Lecco è stata oggetto di una rivisitazione dell'offerta, inquadrata in un più ampio progetto riguardante tutte le direttrici afferenti al nodo di Monza. Ciò ha consentito di riorganizzare in maniera sistemica il servizio che nel corso degli anni si era sviluppato in maniera «disordinata» e che avevano portato ad alterare il precedente sistema cadenzato.
Pertanto, è stato creato un nuovo sistema cadenzato che prevede, oltre alla partenza dei treni sempre allo stesso minuto con orari, quindi, più agevolmente memorizzabili, una facilità di interscambio nelle stazioni nodo verso le varie destinazioni con ricadute positive sulla stabilità dell'intero sistema e, quindi, sulla puntualità dei collegamenti.
Tale programma è stato attuato tenendo conto, comunque, dei vincoli infrastrutturali esistenti, vale a dire la circolazione su singolo binario tra Lecco e Monza, che comporta la previsione di incroci lungo il tragitto da effettuarsi in stazioni dove è possibile la ricezione contemporanea di più convogli.
In ordine ai rilievi specifici avanzati nell'atto ispettivo, va evidenziato che non è stata attuata alcuna soppressione di treni ma bensì una rimodulazione di orari necessaria per la riorganizzazione del sistema; in particolare:
il treno regionale 5134 che partiva da Lecco alle ore 7.47 è stato anticipato alle ore 7.35 rendendo così possibile l'assegnazione delle fermate in precedenza mancanti (Civate, Cassago, Renate e Buttafava);
analogamente è stata anticipata la partenza del treno regionale 5127 Monza-Lecco dalle ore 7.07 alle ore 6.39 (con la nuova numerazione R 5125); tale modifica si è resa necessaria allo scopo di poter consentire l'effettuazione di altri 6 treni provenienti in senso inverso la cui circolazione sarebbe risultata, altrimenti, incompatibile con quella del 5127 (in conseguenza delle caratteristiche degli incroci che la linea consente). L'anticipazione alle ore 6.39 permette alla clientela studentesca di poter giungere in orario per l'inizio delle lezioni presso gli istituti scolastici di Villa Raverio, Oggiono e Besana. Infine, a rinforzo dell'offerta e a compensazione della soppressione del treno Regionale 5023 Merone-Lecco, sono stati aggiunti 3 autobus che effettuano tutte le fermate tra Monza e Besana.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie apparse sulla stampa che la Cartiera di Cassino rischia di chiudere se i soci industriali ed il socio bancario Unicredit non torneranno ad investire nella società che nel solo mese di gennaio valeva 52 milioni di euro di fatturato;
da circa un mese infatti lo stabilimento cartaio è in grave crisi di liquidità e la produzione è bloccata;
il 22 maggio è scaduto il termine entro il quale gli istituti di credito, a cominciare da Unicredit, dovrebbero esprimersi su una richiesta di «prestito ponte», mentre il 24 maggio prossimo si è svolta un'assemblea straordinaria dei soci per decidere il futuro dei circa 1.400

lavoratori del gruppo cartaio Kartogroup, di cui fanno parte i 160 dello stabilimento di Cassino;
nel frattempo la società starebbe cercando nuovi acquirenti e la settimana scorsa si sarebbe concretizzato l'interessamento di un importante gruppo tedesco Wepa;
sarebbe altresì necessario che le banche permettano nuova liquidità, al fine di garantire una continuità della produzione ed evitare ricadute negative sui rapporti con i clienti e i costi di avviamento industriale;
risulterebbe che attualmente i dipendenti abbiano utilizzato tutte le ferie ed i permessi arretrati e siano impegnati nei lavori di pulizie -:
quali iniziative intenda adottare affinché possa essere evitato il blocco totale della produzione del Kartogroup, con la conseguente perdita dei clienti, chiusura degli stabilimenti e licenziamento dei dipendenti, compresi quelli della cartiera di Cassino.
(4-00185)

Risposta. - In relazione all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
La società Kartogroup, come riferito anche dall'interrogante, ha attraversato una crisi di natura finanziaria che ha messo a rischio la continuità dell'attività produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali.
Riguardo alla società in questione, si precisa che nella riunione, svolta il 9 luglio 2008, presso il Ministero dello sviluppo economico, è emerso, tra l'altro, l'interessamento del gruppo Wepa a rilevare i siti produttivi, in parte con l'affitto e, in parte, con acquisizioni, garantendo, in tal modo, la continuità della produzione.
Nel successivo incontro del 17 luglio 2008, svolto sempre presso il Ministero dello sviluppo economico, Kartogroup ha comunicato di aver raggiunto un'intesa con il citato gruppo Wepa.
Con tale intesa, l'azienda tedesca ha formalizzato l'offerta per l'affitto di ramo d'azienda di tutti i siti europei, ad eccezione di quello spagnolo, e si è impegnata a prendere in carico tutto il personale Kartogroup, fino al perfezionamento del processo di concordato preventivo.
Il gruppo Wepa si è impegnato, altresì, ad acquisire i rami di azienda presi in affitto e al perfezionamento del predetto concordato, per il quale Kartogroup avrebbe fatto ricorso al tribunale di Lucca.
Dalle notizie assunte, recentemente, dal Ministero dello sviluppo economico, risulta che l'azienda sta proseguendo nell'attuazione del piano, presentato il 17 luglio 2008.
Risulta, inoltre, che l'intero personale Kartogroup è stato trasferito alla New Co. Wepa Lucca e che tale società ha attivato una procedura di Cassa integrazione guadagni straordinaria, al fine di consentire la graduale ripresa della produzione, per portarla ai livelli produttivi precedenti la crisi finanziaria che ha interessato Kartogroup, motivo per il quale la società è stata indotta ad optare per il concordato preventivo.
Risulta, altresì, che il concordato preventivo è concluso e dovrà, poi, essere omologato. Si tratta del passaggio preliminare all'acquisto da parte di Wepa dei rami d'azienda Kartogroup. Il gruppo tedesco ha confermato, infatti, il proprio interesse a rilevare tutte le attività della società.
Risulta, infine, che, nello stabilimento di Cassino, una parte dei lavoratori è ancora in Cassa integrazione guadagni straordinaria, ma che si stanno recuperando i volumi produttivi, per cui, in alcuni mesi, la cartiera dovrebbe tornare ai livelli produttivi precedenti alla crisi della citata società.
Il Ministero dello sviluppo economico continuerà a vigilare, affinché siano rispettati tutti i termini dell'intesa raggiunta tra i due gruppi, diretta a garantire la continuità dell'attività produttiva e il mantenimento dei livelli occupazionali.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 31 dicembre 2008 scadranno i contratti a tempo determinato di 23 dipendenti

di Equitalia Frosinone spa, Agente della riscossione della provincia di Frosinone;
grazie all'operato dei propri dipendenti, l'Agente della riscossione della provincia di Frosinone è tra primi per incasso a livello nazionale -:
quali opportune iniziative intenda adottare per favorire la stabilizzazione del personale in scadenza di contratto che ha contribuito al raggiungimento dei risultati suddetti e che rappresenta un esempio per altre identiche realtà lavorative.
(4-01891)

Risposta. - In riferimento alla problematica rappresentata nell'interrogazione cui si risponde, concernente l'opportunità che vengano adottate iniziative per favorire la stabilizzazione del personale di Equitalia Frosinone S.p.a., si riferisce quanto in proposito comunicato dai competenti Uffici di Equitalia S.p.a, tramite l'Agenzia delle Entrate.
La società Equitalia Frosinone S.p.a., nel giugno del 2008, ha stipulato n. 23 contratti a tempo determinato per ovviare alle necessità organizzative derivanti da eventi imprevedibili sopravvenuti. Di questi contratti, 22 sono scaduti il 31 dicembre 2008, mentre l'ultimo è scaduto il 31 marzo 2009.
La scelta di non rinnovare i richiamati contratti, comunica Equitalia, risulta coerente con le previsioni del piano industriale del Gruppo, in applicazione del quale è stata, ad esempio, già sancita la fusione di Equitalia Frosinone S.p.a. con Equitalia Gerit S.p.a.
Il conseguente processo di riorganizzazione, in termine di adozione di significative sinergie operative e di redistribuzione dei carichi di lavoro fa escludere, come riferito da Equitalia, la permanenza di impiego, allo stato, di ulteriori risorse.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Daniele Molgora.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Centro Riparazioni Piacentino S.p.a. (C.R.P. S.p.a.) - Codici Identificativo I3 AB 076 252 - è autorizzato ad effettuare interventi tecnici sui tachigrafi digitali, giusto il provvedimento del Ministero dello sviluppo economico del 16 gennaio 2007, prot. n. 0001142;
in data 27 novembre 2008 il suddetto Centro Tecnico ha trasmesso alla Camera di Commercio di Piacenza il verbale di denuncia-querela per furto in azienda sporta oralmente da Repetti Stefano in qualità di titolare della Ditta C.R.P. S.p.a., dalla quale risulta che oltre alle carte tachigrafiche ed alla chiave Downloadkey per lo scarico dei dati tachigrafici, è stato rubato anche il piombo con autorizzazione tachigrafi digitali n. 076252 completo di pinza;
con nota del 28 novembre 2008, prot. CCIAA di Piacenza n. 16802, il suddetto verbale è stato immediatamente inviato al Ministero dello sviluppo economico - Ufficio IV Strumenti di misura e metalli preziosi - chiedendo di avere, al più presto, istruzioni in merito;
oltre a vari contatti telefonici, risulta siano stati inviati sia dalla Camera di Commercio, sia dall'interrogante, email ai responsabili degli uffici competenti del Ministero facendo anche presente che l'autorizzazione era prossima alla scadenza;
non avendo ricevuto alcuna istruzione in merito, la Camera di Commercio di Piacenza ha accettato la domanda di rinnovo del Centro Tecnico, con il relativo versamento, in data 16 gennaio 2009 (ultimo giorno utile per la domanda di rinnovo) lasciando in bianco il numero di autorizzazione;
in assenza del rilascio del numero di autorizzazione, il Centro Riparazioni Piacentino S.p.a. (C.R.P. S.p.a.) - pur disponendo, come dovuto, di dipendenti che hanno sostenuto il corso per l'utilizzo della gestione dei tachigrafi digitali - si vede costretto, con aggravio notevole di spese a dovere portare i veicoli industriali a fare la prima attivazione presso altri operatori -:
se e quali urgenti disposizioni intenda impartire affinché gli uffici in questione,

con l'urgenza che il caso conclama, provvedano ad assumere i dovuti atti volti ad una positiva risoluzione della questione più sopra prospettata.
(4-02314)

Risposta. - In relazione alla questione sollevata nell'interrogazione in esame, si comunica che il Ministero dello sviluppo economico, tramite il competente Ufficio IV - Strumenti di misura e metalli preziosi - ex Direzione generale per la vigilanza e la normativa tecnica, attualmente facente capo al Dipartimento per l'Impresa e l'Internazionalizzazione-Direzione Generale per il Mercato, la Concorrenza, il Consumatore la Vigilanza e la Normativa Tecnica, ha provveduto, con nota prot. n. 16476 del 23 febbraio 2009, ad assegnare all'azienda «Centro Riparazioni Piacentino S.p.a.» un nuovo numero di codice identificativo che sostituisce, a tutti gli effetti di legge, il precedente, oggetto del furto in azienda, come risulta dalla denuncia-querela, trasmessa il 18 novembre 2008, al citato Ufficio IV, dalla Camera di commercio di Piacenza.
Si aggiunge che, con la citata nota del 23 febbraio 2009, è stata informata l'Unioncamere e sono state impartite alla predetta Camera di commercio istruzioni affinché provvedesse, ai sensi dell'articolo 7, comma 7, del decreto ministeriale 10 agosto 2007, ad annotare detta variazione in calce all'autorizzazione già concessa e ad inviare tale autorizzazione, corredata dal nuovo disegno del marchio particolare e dalle altre indicazioni richieste, al competente Ufficio del Ministero dello sviluppo economico.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.

FUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
alcuni giorni fa il Centro congressi «Giovanni XXIII» di Bergamo si è visto negare, per la prima volta dopo quattro edizioni, l'autorizzazione all'accreditamento per i medici e operatori sanitari partecipanti al corso di aggiornamento dell'Aogoi (Associazione ginecologi ospedalieri italiani) avvenuto lo scorso 10 dicembre sul tema «urgenze ed emergenze in sala parto»;
le motivazioni del diniego addotte dall'anonimo esperto ministeriale del programma Ecm (educazione continua in medicina), incaricato di valutare l'istanza di accreditamento dell'evento formativo, fanno riferimento - oltre che alla presunta inadeguatezza dei docenti relatori - soprattutto alla non idoneità del Centro congressi «Giovanni XIII» ad accogliere seminari scientifici, in quanto per statuto esso è di dichiarata ispirazione cristiana, il che contrasterebbe con la laicità del sapere scientifico e del programma Ecm;
a parere dell'interrogante, però, le motivazioni sono del tutto infondate perché:
a) il Centro congressi è regolarmente accreditato dal programma Ecm come provider, cioè organizzatore di eventi scientifici che danno diritto ai crediti ministeriali;
b) è già stato per quattro volte sede ospitante del medesimo evento senza che fossero avanzate obiezioni di sorta;
c) inoltre è un centro di riconosciuta serietà che ospita da anni le manifestazioni più varie, libere e laiche come «Bergamo scienza»;
l'edizione 2009 del seminario in questione ha avuto comunque luogo accogliendo più di trenta medici ed ostetriche italiani -:
quali iniziative voglia assumere per fare chiarezza sulla questione e soprattutto sulla motivazione estremamente grave ed assolutamente infondata che ha visto negare l'istanza di accreditamento al corso di aggiornamento in oggetto mettendo in discussione l'idoneità di un centro congressi di nota serietà e la professionalità dello staff;
se ritenga opportuno avviare una verifica sull'adeguatezza, sulla competenza e

sulla permanenza nella lista dei valutatori dell'esperto ministeriale.
(4-01890)

Risposta. - Il programma nazionale di formazione continua (educazione continua in medicina-Ecm) consente ad organizzatori pubblici e privati di accreditare eventi formativi residenziali, secondo una modalità interamente informatizzata; gli eventi proposti dagli organizzatori vengono valutati da una tema di esperti (referee) sulla base di una griglia di valutazione. Qualora siano rilevate criticità sul piano scientifico, organizzativo ovvero etico, gli esperti sono tenuti a sollevare una incongruenza, cui l'organizzatore è tenuto a rispondere. In ogni caso, se il referee conferma (reitera secondo la terminologia usata nella procedura) l'incongruenza sollevata il sistema informatico ricerca un altro esperto per la valutazione del medesimo evento.
Si segnala la direttiva della stessa commissione, secondo la quale i
referee non possono esprimere giudizi sulle finalità statutarie di enti pubblici o privati, salvo che queste non riguardino la carenza di una specifica attività formativa o organizzativa, oppure non sollevino dubbi circa la sussistenza di attività secondarie in conflitto di interessi con la formazione continua in medicina. Le possibili cause di esclusione dall'accreditamento di eventi Ecm sono la produzione, la distribuzione, il commercio e la pubblicità di prodotti farmaceutici, omeopatici, fitoterapici, dietetici, di dispositivi medici, di prodotti per l'infanzia (soprattutto i prodotti sostitutivi del latte materno).
La condotta del
referee circa le critiche mosse alle finalità statutarie dell'organizzatore è censurabile in quanto non pertinente ai propri compiti d'ufficio e perfino lesiva di principi costituzionali; pertanto la commissione ha inviato una specifica nota al referee rappresentando i limiti e i compiti che rientrano nella attività di esperto.
Va rilevato, tuttavia, che, in fase di valutazione dell'evento, non era stata sollevata solo l'incongruenza richiamata nell'interrogazione; un altro esperto aveva infatti segnalato all'organizzatore alcune inadeguatezze nel
curriculum di due docenti del corso.
Anche se il corso era stato già altre volte accreditato, occorre precisare che la commissione nazionale ha ritenuto necessario per il triennio 2008-2010, secondo l'accordo Stato Regioni del 1o agosto 2007, di valutare e accreditare
ex novo tutti gli eventi formativi. Anche se già accreditati nei sei anni precedenti, il sistema è stato programmato per una nuova numerazione degli eventi formativi e dei progetti formativi aziendali.
Il sistema di valutazione e accreditamento prevede, in ogni caso, una procedura in linea con le norme sulla trasparenza del procedimento amministrativo, in quanto gli organizzatori sono informati, in tempo reale, sulle carenze e criticità emergenti nella fase di valutazione dell'evento, ed hanno anche la facoltà di correggere, di integrare e, in alcuni casi, di modificare i dati da loro stessi inseriti.
Anche nel caso in esame, la procedura ha consentito agli organizzatori di presentare le proprie deduzioni, utili per la conclusione positiva del procedimento.
Peraltro in caso di più incongruenze, è previsto un ulteriore grado di valutazione diretta da parte di uno o più membri della stessa commissione e il definitivo diniego deve necessariamente adottarsi con formale determinazione della commissione in seduta plenaria.
Per l'evento in esame, la commissione non ritenendo fondate e argomentate entrambe le incongruenze, ha deliberato per l'accreditamento (n. 8 crediti formativi).
Più in generale, si segnala che gli automatismi propri del sistema Ecm possono generare accidentalmente qualche isolato inconveniente, tuttavia nel complesso esso consente, attraverso una continua interazione tra i soggetti organizzatori e la segreteria della commissione, di sanare gli eventuali errori tecnici e di valutazione. Peraltro, fino al 2008, a fronte di quasi duemila comunicazioni di diniego definitivo decise dalla Commissione e di innumerevoli incongruenze in fase di valutazione, non è stato instaurato alcun contenzioso.


Con riguardo al dichiarato accreditamento come «
provider» della struttura organizzatrice, si precisa che nessun organizzatore, attivo ad oggi nel sistema nazionale Ecm, è stato accreditato, neanche quelli ammessi alla sperimentazione.
Infatti, le procedure di accreditamento saranno attivate subito dopo l'emanazione di uno specifico regolamento che preveda procedure condivise tra Stato e Regioni, sulla base dei criteri delineati dalla commissione nazionale per la formazione continua.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali: Ferruccio Fazio.

GRIMOLDI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel mese di ottobre 2008 si è svolto a Roma il convegno «Foro Italico, verso la città dello Sport» al quale sono intervenuti molti esponenti del mondo politico e sportivo;
dagli articoli pubblicati sugli organi di informazione in riferimento al convegno di cui sopra, appare chiaro il progetto teso a far divenire Roma la grande capitale dello sport, attraverso la nascita della Cittadella dello Sport che dovrebbe avere il suo quadrilatero in Foro Italico, Acqua Acetosa, Flaminio e Tor di Quinto;
a questo grande progetto se ne accompagnano altri da realizzare sul territorio di Roma, come la costruzione di due nuovi stadi per le due grandi squadre di calcio della città, la rivalutazione del Foro Italico e lo sviluppo di un'altra grande area sportiva;
in quella stessa occasione si sono anche affrontati temi relativi ai prossimi appuntamenti sportivi che vedono l'Italia grande protagonista, come gli Internazionali di tennis, il Sei nazioni di rugby e i Mondiali di nuoto nel 2009;
tutti questi eventi si svolgeranno nella Città di Roma, che per questo ha beneficiato di contributi pubblici per una preparazione adeguata alle manifestazioni;
la stessa città ha presentato la sua candidatura anche per i Mondiali di basket del 2014 e una sua vittoria comporterebbe interventi strutturali per creare un impianto in grado di ospitare l'evento;
il grande progetto della Città dello Sport nell'area di Tor Vergata a Roma, sostenuto dall'allora sindaco, per lo svolgimento dei mondiali di nuoto del 2009 e per i mondiali di pallavolo del 2010 e finanziato con 200 milioni di euro, è rimasto incompleto e non ci sono, ad oggi, le risorse finanziarie per portare avanti il progetto;
tutti questi interventi sono a carico dei contribuenti di tutto il Paese -:
se non ritenga opportuno, nell'ambito degli interventi statali di sostegno all'impiantistica sportiva, anche in previsione delle prossime manifestazioni sportive internazionali, predisporre un programma volto ad una dislocazione geografica omogenea delle strutture sportive sul territorio italiano, al fine di garantire qualità architettonica ed urbanistica ed un decongestionamento dell'afflusso turistico in piena coerenza con gli specifici contesti economici e sociali delle diverse aree geografiche del territorio nazionale.
(4-01666)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in esame, si fa presente quanto segue.
Per quanto riguarda la concentrazione nella città di Roma dei grandi eventi sportivi internazionali, in programma per l'anno 2009 (Internazionali di tennis, Sei nazioni di
rugby, Mondiali di nuoto) occorre tenere presente le diverse circostanze che hanno condizionato la scelta della città quale sede degli eventi sportivi indicati.
Nel caso degli Internazionali di tennis, questi si svolgono a Roma, nella cornice del Parco del Foro Italico per lunga e consolidata tradizione, che ha le sue radici nell'anno 1950, con la sola parentesi del 1961,

anno in cui il Torneo è stato ospitato nella città di Torino.
Per l'evento «Sei nazioni di
rugby», il regolamento internazionale prevede espressamente che la manifestazione debba svolgersi presso la capitale di ciascuna nazione partecipante.
In altri casi, la scelta, da parte di organismi internazionali, della città di Roma quale sede ospitante eventi di rilevanza internazionale, è indubbiamente frutto della combinazione tra la capacità attrattiva che la città possiede e la disponibilità di impianti sportivi di altissimo livello, come è avvenuto per i Mondiali di nuoto del 2009.
Peraltro, l'opportunità, segnalata nell'interrogazione, di predisporre un programma volto ad una dislocazione geografica omogenea delle strutture sportive italiane, in previsione delle prossime manifestazioni sportive internazionali, trova accoglimento e concreto riscontro in eventi già programmati, quali i Mondiali di pallavolo maschile del 2010, che si svolgeranno in dieci città, tra cui Roma; nonché nel programma, già adottato, di sviluppo e di riqualificazione dei Centri di Preparazione Olimpica di Formia, Schio e Tirrenia, di pertinenza del CONI.

Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

JANNONE. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata di mercoledì 25 febbraio, alle ore 8,00 italiane tre persone si sono date fuoco a Pechino, a pochi metri da piazza Tienanmen. Le prime ipotesi hanno parlato di cittadini tibetani arrivati in città per protestare contro il Governo, ma in realtà, si è saputo che erano dei semplici «petitioners» venuti dalla provincia per denunciare alle autorità centrali un'ingiustizia subita;
per il momento, le autorità cinesi non escludono l'eventuale ipotesi che i tre uomini immolatisi a Pechino appartengano a Falun Gong. I seguaci di questo culto sono il bersaglio di una persecuzione sistematica da molti anni: la maggior parte di loro si trova in campi di lavori forzati, costretti a subire anni di «rieducazione ideologica» da parte dell'autorità cinese che, ancora una volta, dimostra il disprezzo dei più elementari diritti umani;
quest'oggi in Cina hanno inizio le festività del Capodanno buddista tibetano, di solito un periodo di gioia comune, che invece quest'anno si apre in un'atmosfera tetra. Da diverse settimane, infatti, il Governo cinese ha stretto ulteriormente la morsa repressiva che attanaglia il Tibet dal marzo scorso, dopo l'ondata di proteste che sconvolsero Lhasa e altre zone della regione;
oltre alla festività tibetana, in questo periodo cadono altre ricorrenze del calendario cinese, per questo Pechino ha preso misure di sicurezza eccezionali: oltre a rinforzare la presenza militare in Tibet, ha proibito l'accesso alla regione a tutti gli stranieri, inclusi i turisti, facendo ricadere di nuovo il Paese in uno stato d'assedio -:
se il Ministro degli esteri intenda presentare tale situazione all'Unione europea, in sede di Consiglio, per stipulare, di comune accordo, dei trattati che portino ad un maggior rispetto dei diritti umani in Cina.
(4-02457)

Risposta. - L'Italia, sia bilateralmente che attraverso l'esercizio del Dialogo sui diritti umani tra Unione europea e Cina, è fortemente impegnata a favore del principio della libertà religiosa nel Paese. In prossimità delle sessioni di Dialogo, l'Unione europea trasmette a Pechino liste consolidate a livello europeo di casi individuali di presunte violazioni di diritti umani - dove sono compresi anche i nominativi di alcuni esponenti del Falun Gong. Lo strumento delle liste, che vengono discusse durante le sessioni, risponde allo scopo di monitorare i casi più rilevanti di individui perseguitati per reati di opinione o per motivi religiosi, e di mitigare gli effetti più duri e inaccettabili delle repressioni messe in atto.


Fin dal riacutizzarsi della crisi tibetana con gli incidenti del marzo 2008, l'Italia e l'Unione europea hanno chiesto al Governo cinese il riavvio del dialogo con i rappresentanti del Dalai Lama, e la fine degli atti repressivi (dichiarazione della Presidenza dell'Unione europea del 18 marzo e dei Ministri degli esteri dell'Unione europea del 29 marzo). A seguito delle pressioni, e in coincidenza con la visita in Cina del Presidente della Commissione europea Barroso, a fine aprile 2008, Pechino annunciò la disponibilità a riprendere il dialogo con i rappresentanti del
leader religioso tibetano.
L'incontro ha avuto luogo il 4 maggio 2008 a Shenzhen, seguito da nuove sessioni il 2 e 3 luglio 2008 a Pechino e dal 31 ottobre al 5 novembre 2008 nuovamente a Pechino. Anche quest'ultima tornata di colloqui si è però chiusa, come le precedenti, con un nulla di fatto e senza che sia stata fissata una data per ulteriori incontri.
Se da parte tibetana si attribuisce l'assenza di passi in avanti alla rigidità e chiusura di Pechino, la Cina ascrive il fallimento dei colloqui di novembre alla presentazione da parte degli emissari del Dalai Lama di un memorandum con cui veniva invocata una «genuina autonomia», dietro cui si celerebbero, a detta dei cinesi, aspirazioni indipendentiste. L'epilogo di questa ultima tornata negoziale confermerebbe l'indisponibilità di Pechino a concedere spiragli negoziali che alterino in maniera concreta lo
status quo in Tibet.
Sullo sfondo dello stallo dei colloqui, il 17 novembre 2008 si è riunito a Dharamsala, nell'India settentrionale, il «Vertice» dei tibetani in esilio, che, pur in presenza di una cospicua opposizione radicale, ha confermato l'indirizzo moderato e non violento finora ispirato dal Dalai Lama.
Il 26 novembre 2008 le autorità cinesi hanno comunicato la decisione del
Premier Wen Jiabao di rinviare la sua visita in Francia e la partecipazione al vertice Unione europea-Cina di Lione, fissato per il primo dicembre 2008 a seguito della decisione del Presidente francese Sarkozy di incontrare a Danzica il Dalai Lama. In risposta, l'Unione europea ha emesso un comunicato con cui, nell'esprimere delusione per la decisione cinese, si è dichiarata tuttavia intenzionata a proseguire il partenariato strategico con la Cina. L'Unione europea ha anche operato da subito per l'identificazione di una nuova data per il rinviato vertice, che appare ora indicata nel mese di maggio.
Nel ribadire l'adesione al principio di «una sola Cina», il Governo italiano ha continuato, in ogni occasione utile, ad evocare con le autorità di Pechino l'importanza che il dialogo con i rappresentanti del Dalai Lama possa proseguire, nell'interesse anche della Cina.
Anche nell'ambito del già citato dialogo sui diritti umani fra Unione europea e Cina il Governo italiano ha dato il proprio appoggio al rafforzamento del capitolo dedicato al Tibet. Nell'ultima tornata del dialogo sui diritti umani, svoltasi a Pechino lo scorso novembre 2008, i rappresentanti dell'Unione europea hanno colto l'opportunità per reiterare al Governo cinese l'importanza per le delegazioni diplomatiche di potersi recare liberamente in Tibet per constatare l'effettiva situazione
in loco.
Nel febbraio 2008, l'Italia ha altresì ribadito tali preoccupazioni presso il Consiglio dei diritti umani, in sede di esame periodico universale della Cina. Tra le questioni poste a Pechino, il nostro Paese ha infatti raccomandato alle autorità cinesi di rispondere positivamente alle richieste di visita nel territorio cinese avanzate dai meccanismi ONU di monitoraggio della situazione dei diritti umani e considerare la possibilità di rivolgere loro un invito permanente («
standing invitation»).
Un risultato immediatamente tangibile nei contatti tra Pechino ed i rappresentanti tibetani nel breve termine appare improbabile, anche in considerazione delle tensioni legate alla recente ricorrenza del cinquantesimo anno dalla rivolta di Lhasa (10 marzo 1959), tensioni che homo portato a nuove limitazioni all'accesso degli stranieri in alcune zone della regione autonoma e delle province limitrofe.
Tuttavia il risultato stesso della riapertura di un canale negoziale diretto con gli

emissari del Dalai Lama è da considerarsi un progresso importante, ancora più se visto quale risposta, seppur timida e limitata, della dirigenza cinese alle pressioni internazionali. Pechino, infatti, considera tradizionalmente la situazione in Tibet come una questione di sovranità territoriale, e non come un problema riguardante la tutela dei diritti umani, e tende perciò a giudicare qualsiasi iniziativa internazionale come un'ingiustificata ingerenza negli affari domestici. Nonostante lo stallo dei colloqui le autorità cinesi hanno comunque ribadito, anche recentemente, che «la porta rimane aperta al dialogo».
Tenendo presenti le sensibilità cinesi sulla questione tibetana, il Governo italiano, insieme ai
partners europei, continuerà quindi a sottolineare con forza presso le autorità di Pechino l'importanza che il dialogo con i rappresentanti del Dalai Lama possa proseguire e produrre dei risultati, nell'interesse stesso della Cina e della sua immagine internazionale.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Stefania Gabriella Anastasia Craxi.

MARCHIONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
tra l'87 e il 1992, il Ministero dei trasporti - Direzione generale della motorizzazione civile - ha assunto numerosi dipendenti inquadrandoli al III livello;
da allora questi lavoratori non hanno usufruito di alcun avanzamento di carriera nonostante siano stati utilizzati spesso per svolgere mansioni superiori, avendone i requisiti necessari;
con il passare degli anni sono stati assunti alla motorizzazione civile nuovi dipendenti ad un livello superiore, direttamente dall'Ufficio di collocamento, quindi senza aver effettuato un concorso pubblico, come invece avevano fatto parte di coloro che erano stati assunti al terzo livello;
i nuovi assunti, dopo qualche anno, si sono potuti riqualificare a livelli ancora superiori, cosa che non è stata concessa ai terzi livelli, perché ritenuti «apicali» nell'area di appartenenza;
successivamente l'amministrazione in questione, avendo necessità di ulteriore personale ed essendo bloccati i concorsi pubblici, ha usato in maniera massiccia la mobilità rilevando personale da enti in via di ristrutturazione (Poste, Aviazione civile, Ferrovie, eccetera) e dagli enti locali, personale di livello superiore al terzo, che tuttavia, nelle nuove mansioni, è stato addestrato dai più anziani di terzo livello apicale;
anche i nuovi assunti provenienti da altre amministrazioni hanno potuto usufruire di corsi di riqualificazione cui, invece, non hanno potuto partecipare i precedenti terzi livelli ai quali è stato assegnato soltanto un modesto riconoscimento economico, ma non il passaggio dall'area A1s all'area B;
questo passaggio d'area è previsto nel contratto collettivo di lavoro 2006-2009 del comparto Ministeri, ma non ha avuto attuazione, anche se il relativo onere è conteggiato nel Fondo unico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti -:
quali provvedimenti intenda adottare affinché sia applicata, senza ulteriori indugi, questa parte del CCNL suddetto, anche in considerazione del fatto che si tratta di un numero modesto di persone (circa 700 in tutto il Paese) che attendono da circa un ventennio il giusto riconoscimento della qualità del loro lavoro.
(4-02358)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con la legge 870 del 1986 l'allora Direzione generale della motorizzazione civile ha attuato un rilevante numero di assunzioni ricorrendo agli idonei delle graduatorie concorsuali di altre amministrazioni. Ciò in ragione della assoluta necessità di incrementare gli organici degli uffici territoriali

a causa del notevole aumento dei carichi di lavoro. Con tale legge è stato possibile assumere non solo dipendenti dell'ex III qualifica funzionale, poi divenuta Area A ed attualmente Area Prima, ma anche professionalità di grado più elevato.
Le assunzioni preventive e successive al 1986, relativamente ai livelli superiori alla III qualifica funzionale, sono avvenute mediante:
procedure obbligatorie di assunzione
ex n. 56 del 1987 e legge n. 482 del 1968;
procedure concorsuali regolarmente autorizzate dal Dipartimento per la funzione pubblica;
mobilità da enti in via di trasformazione o soppressione (Federconsorzi, Efim).

Con tali assunzioni si è incrementato il numero dei presenti in servizio nelle qualifiche per le quali è necessario il possesso della scuola dell'obbligo. Si evidenzia che il personale appartenente alla III qualifica funzionale è spesso sprovvisto di tali titoli di studio e che comunque la rigida normativa in materia di pubblico impiego poneva limiti alla possibilità, per i dipendenti di III qualifica funzionale, di accedere alle qualifiche superiori.
Con il Contratto collettivo nazionale del 1999, che ha ripartito il personale in tre Aree A,B,C, sono state previste due distinte procedure: quella per il passaggio tra le aree, quindi dalla A alla B e dalla B alla C, e quella per il passaggio di livello all'interno della medesima area, ad es. da B1 a B2.
Non è stato possibile attuare la prima procedura, in quanto il meccanismo previsto dal contratto collettivo nazionale del lavoro si è rilevato particolarmente gravoso, anche alla luce di alcune pronunce giurisprudenziali che hanno stabilito la necessità, in attuazione dei passaggi d'area per il personale già in servizio, di procedere all'assunzione di un ugual numero di esterni.
Tale obbligo è stato confermato nel contratto collettivo nazionale del lavoro riferito al quadriennio 2006/2009 che ha ridenominato le precedenti Aree A, B e C in Area Prima seconda e terza. Parallelamente la normativa in materia di assunzione, modificata, anno dopo anno, da ogni legge finanziaria in maniera sempre più restrittiva, ha consentito fino ad oggi, di ricevere l'autorizzazione ad assumere solo una minima parte del necessario contingente di personale esterno per la posizione economica B1,
ex IV qualifica funzionale.
Ad oggi, infatti, per poter consentire il passaggio dall'Area prima all'Area seconda per tutti i 700 lavoratori dell'Area prima,
ex Area A, ex III qualifica funzionale, sarebbe necessario ricevere dal Dipartimento per la funzione pubblica l'autorizzazione ad assumere un ugual numero di esterni per l'Area seconda, ex Area B, posizione economica B, ex IV qualifica funzionale.
Appare evidente la difficoltà di tale procedura, anche in ragione dei limiti di spesa sempre più stretti imposti alle amministrazioni statali.
Tuttavia, nel corso degli ultimi anni, ricorrendo agli stanziamenti del proprio Fondo unico di amministrazione, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha attribuito un incremento economico ai dipendenti della III qualifica funzionale portandoli dalla posizione economica A1 a quella A1 Super. Per il prossimo futuro è prevista una ulteriore attribuzione economica, con il passaggio dalla attuale fascia retributiva F2 a quella F3.
In ogni caso, in tutta la corrispondenza avuta con gli organi competenti, ossia il Dipartimento funzione pubblica ed il Dipartimento ragioneria generale dello Stato, è stata sempre evidenziata la necessità di pervenire ai passaggi d'area per tutto il personale in questione o, in estremo subordine ed in relazione ai vincoli di spesa, per una parte di esso.
Per una migliore comprensione di quanto sopra esposto, si fornisce in allegato una tabella nella quale sono evidenziate le varie riclassificazioni del personale della Pubblica amministrazione, ponendo sulla stessa riga la corrispondenza tra vecchie e nuove denominazioni.

Legge 312/1980 CNL 1999 CNL 2006/2009
  AREA C   AREA 3o fascia retributiva F6
IX qualifica funzionale posizione economica C3 super fascia retributiva F5
IX qualifica funzionale posizione economica C3 fascia retributiva F4
VIII qualifica funzionale posizione economica C2 fascia retributiva F3
VII qualifica funzionale posizione economica C1 super fascia retributiva F2
VII qualifica funzionale posizione economica C1 fascia retributiva F1
AREA B AREA 2o fascia retributiva F5
VI qualifica funzionale posizione economica B3 super fascia retributiva F4
VI qualifica funzionale posizione economica B3 fascia retributiva F3
V qualifica funzionale posizione economica B2 fascia retributiva F2
IV qualifica funzionale posizione economica B1 fascia retributiva F1
AREA A AREA 1o fascia retributiva F3
III qualifica funzionale posizione economica A1 super fascia retributiva F2
III qualifica funzionale posizione economica A1 fascia retributiva F1

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MIGLIORI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
riferendosi ad alcune misure contenute nella sezione «Buy America» del pacchetto di stimoli economici proposto dal neopresidente degli Usa Obama, il Sottosegretario Urso ha chiesto all'Unione Europea di prendere una posizione netta contro eventuali provvedimenti, da parte dell'amministrazione americana, che blocchino l'acquisto di acciaio da compagnie non statunitensi;
la notizia, riportata dal Wall Street Journal, evidenzia il rischio di una politica americana di protezionismo strisciante, tanto più grave se progressivamente esteso ad altri settori economico-commerciali, e tale da minare i princìpi del libero mercato -:
quali iniziative politiche e diplomatiche, autonome o in concerto con l'Unione Europea e i competenti organismi internazionali, intendano assumere, onde scoraggiare tale paventata deriva protezionista della nuova amministrazione statunitense.
(4-02238)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo in esame e sulla base degli elementi forniti dalla Direzione generale competente, si comunica quanto segue.
L'interrogazione in oggetto riguarda alcune misure contenute nel pacchetto di incentivi (cd. Stimulus package) che il Congresso degli Stati Uniti ha approvato lo scorso mese di febbraio, per favorire il rilancio dell'economia americana.
In particolare, il pacchetto include una clausola (buy american), che prevede l'utilizzo esclusivo, da parte del Governo federale, di materiale tessile, ferro ed acciaio prodotti sul suolo americano, per la realizzazione dei lavori pubblici compresi nel piano economico di stimolo. Il ricorso a ferro o acciaio straniero è consentito solo nel caso in cui risponda all'interesse pubblico, o nei casi in cui la qualità o la quantità del ferro e dell'acciaio americano non siano soddisfacenti, oppure il materiale americano aumenti il costo complessivo del progetto di oltre il 25 per cento.
Si tratta di una misura chiaramente protezionistica, che rischia di colpire pesantemente molti dei 27 Stati membri dell'Unione europea in particolar modo l'Italia che, con un valore complessivo di 1,3 miliardi di dollari, risulta il secondo esportatore europeo di acciaio negli Usa, dopo la Germania.


Per questo il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo con molta attenzione la vicenda, sin da quando se ne è avuta notizia.
A livello europeo è stato subito attuato uno stretto coordinamento sia con la delegazione locale della Commissione europea a Washington, che con gli altri principali Paesi europei interessati.
Prima ancora del passaggio del citato disegno di legge
stimulus package al Senato USA, il rappresentante della Commissione europea a Washington (ambasciatore Bruton) aveva indirizzato una lettera ai leader del Congresso ed ai vari ministri della nuova amministrazione, per protestare contro le disposizioni Buy American, ed invitando gli USA a rispettare gli impegni assunti in sede di G20 nel novembre 2008, oltre a ricordare la loro partecipazione all'accordo sugli appalti pubblici (Gpa) del World Arade Organization.
In una seconda lettera, inviata a conclusione della discussione in Senato, l'ambasciatore Bruton aveva raccomandato l'inserimento, nel pacchetto di incentivi, di una clausola di reciprocità, in modo da escludere dall'applicazione delle disposizioni buy american le imprese dei Paesi che offrono alle aziende americane l'accesso ai propri mercati degli appalti.
La pressione europea (unita a quella del Canada) non è stata vana e ha facilitato un certo ammorbidimento della posizione americana. Il testo finale della clausola contiene, infatti, una postilla secondo cui gli Stati Uniti, nell'applicazione del
buy american, devono rispettare gli impegni internazionali vigenti, in particolare quanto sancito dal citato Gpa nel 1995.
Tuttavia, per come è stata redatta, la clausola lascia ampi margini di manovra all'Amministrazione statunitense per poter limitare ai fornitori stranieri l'accesso agli interventi previsti dallo
stimulus package. Infatti, non tutte le commesse pubbliche USA di ferro e acciaio ricadono nelle disposizioni dell'Accordo e questo fondamentalmente per due motivi: solo 37 Stati federali su 50 hanno firmato il Gpa e ne sono quindi vincolati ed alcune commesse non superano le soglie previste dal Gpa e non sarebbero quindi coperte.
Benché riprovevole alla luce delle dichiarazioni di impegno che i Paesi sviluppati hanno assunto a livello internazionale, come risposta alla crisi economica in atto ed alle tentazioni protezionistiche, l'adozione della clausola rientra nella piena sovranità degli Stati Uniti e ad oggi è piuttosto difficile, stante l'accorta tecnica redazionale, qualificare la legge americana come palesemente incompatibile con il diritto commerciale internazionale.
Il nostro Governo intende comunque sostenere attivamente tutte le iniziative che la Commissione europea vorrà intraprendere per riportare gli USA su «un terreno virtuoso».
Il primo appuntamento per confermare l'impegno assunto in occasione del G20 di Washington del novembre 2008, contro l'adozione di misure di tipo neo-protezionistico, è stata la riunione G20, che si è tenuta a Londra il 2 aprile 2009. In tale contesto si è ribadita la necessità di evitare un aumento delle barriere agli scambi che, anche se adottate nel rispetto dei vincoli internazionali, avrebbero comunque l'effetto di ridurre l'apertura dei mercati.
Pressioni sulla controparte americana potranno essere esercitate anche nell'ambito del Consiglio economico transatlantico (Tec), nella cui agenda per il prossimo futuro la Commissione intenderebbe inserire il tema degli appalti pubblici.
Infine, sempre a livello multilaterale, la questione
buy american continuerà ad essere affrontata anche nell'ambito del Comitato dell'Accordo sugli appalti pubblici del World trade organization, dove sono in corso le discussioni per la revisione dell'Accordo stesso. In tale sede, in particolare, la Commissione europea ha già rinnovato la sua critica alla suddetta normativa sia sul piano politico che tecnico. Ad ogni modo, il punto chiave delle preoccupazioni europee resta l'attuazione concreta della normativa americana, dato che la mera formulazione della legge non sembra offrire di per sé alcun appiglio per l'avvio di una eventuale disputa.


Si rende quindi necessario, d'ora in avanti, un monitoraggio della situazione che dovrà essere il più puntuale possibile.
A livello nazionale, il nostro Governo si impegnerà in tal senso con tutti gli strumenti che ha a disposizione, ivi compreso l'«osservatorio» nazionale contro il protezionismo che il Ministero dello sviluppo economico ha intenzione di realizzare raccogliendo tutte le segnalazioni provenienti dal mondo imprenditoriale e dalle reti diplomatiche e dell'Istituto per il commercio estero, al fine di comporre una mappatura completa e aggiornata di tutti i fenomeni che impediscono il normale accesso delle nostre imprese nei mercati esteri e poterla poi notificare ai vari organismi competenti, in primis la Commissione europea, rafforzandone così l'azione.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.

MISIANI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
gli enti accreditati di servizio civile devono, per la gestione ordinaria di ogni attività connessa al servizio civile stesso, avvalersi di un apposito sistema informativo, utilizzabile mediante internet, denominato «sistema Helios»;
a tale sistema è possibile accedere tramite il sito di Ufficio Nazionale per il Servizio Civile;
su tale sito è possibile trovare una breve presentazione del sistema informativo Helios che recita «Il sistema informativo Helios, nasce come risposta tecnologica all'esigenza di cambiamento del Servizio Civile, da "obbligatorio" a "volontario" (legge 6 marzo 2001, n. 64) e al conseguente aggiornamento delle procedure operative che mettono i "Progetti" al centro del sistema Servizio Civile Nazionale. Helios, nell'ottica della semplificazione burocratica, privilegia i diritti del cittadino mediante l'attuazione di una politica di gestione amministrativa trasparente ed agile automatizzando una serie di processi interattivi tra l'UNSC, gli Enti e i Volontari. È un sistema integrato in grado di soddisfare contemporaneamente le diverse esigenze permettendo al tempo stesso di condividere, coordinare e controllare le informazioni con semplicità e facilità d'uso. L'uso del sistema tende a minimizzare la forma cartacea, attraverso la acquisizione delle informazioni direttamente da chi le genera, con notevolissimi vantaggi in termini di precisione, coerenza e tempestività dei dati. Le principali caratteristiche tecniche sono una soluzione basata su Internet, l'uso di tecnologie all'avanguardia, l'utilizzo di una piattaforma di ultima generazione e l'impiego di un solido DBMS»;
nonostante quanto scritto nella presentazione riportata, il sistema informativo Helios ha una strana particolarità: l'accesso è possibile esclusivamente tramite il browser Internet Explorer, versione 6 e successive;
tentare l'accesso al sistema informativo Helios con browser diversi, ed in specifico con browser utilizzabili gratuitamente da parte degli enti accreditati (come ad esempio Mozilla Firefox) fa comparire la scritta «attenzione! Il browser utilizzato non è compatibile con il sistema Helios»;
risulta pertanto evidente come l'utilizzo, oltretutto obbligatorio per una gestione ordinaria del servizio civile, del sistema informativo Helios presupponga l'onere, per l'ente accreditato, di dotarsi di una licenza a pagamento rilasciata esclusivamente da un'unica azienda privata (in questo caso Microsoft);
ciò comporta non solo un vantaggio esclusivo, nella gestione di un sistema informativo pubblico, per un'azienda, ma fa gravare costi sugli enti accreditati, che in alta percentuale sono enti pubblici, facilmente evitabili utilizzando browser gratuiti e tecnologicamente affidabili quanto quelli di Microsoft;
il «documento relativo alla programmazione finanziaria per l'anno 2009» di

Ufficio Nazionale per il Servizio Civile stabilisce una dotazione finanziaria di euro 1.650.000 alla voce 46 recante «spese per l'adeguamento, la gestione e il funzionamento del sistema informatico» specificando che «si prevede di finanziare con l'importo di euro 500.000 il contratto per assistenza tecnica al sistema Helios comprensivo di attività di analisi per la digitalizzazione delle procedure di approvazione dei progetti, con eliminazione dei cartaceo. Tale contratto sarà assegnato a seguito di gara europea, sulla base di un capitolato tecnico già predisposto» -:
quali siano le ragioni che hanno portato alla scelta tecnologica descritta in premessa, palesemente in contrasto sia con i principi della libera concorrenza e dell'oculato utilizzo della risorsa pubblica;
quali provvedimenti si intendano adottare per sanare l'anomalia descritta, anche utilizzando le risorse dedicate all'aggiornamento del sistema Helios e già contenute nel documento di programmazione finanziaria 2009 di UNSC.
(4-02496)

Risposta. - Con l'atto in esame, l'interrogante sostanzialmente contesta la decisione dell'Ufficio nazionale per il servizio civile di aver adottato un sistema tecnologico informativo in contrasto «all'oculato utilizzo» delle risorse pubbliche.
Preliminarmente si deve rappresentare che il sistema informativo denominato «Helios», al quale accedono - per la gestione ordinaria delle attività connesse al servizio civile nazionale - sia le regioni e province autonome, sia gli enti di servizio civile, sia i volontari impegnati in specifici progetti (limitatamente alle aree di accesso loro riservate) è stato avviato nel 2003. La banca dati è entrata in funzione, per quel che concerne i primi moduli applicativi, sin dal 2004. Successivamente il sistema Helios è stato anche presentato ufficialmente durante il Forum della P.A. tenutosi nel maggio 2005.
In particolare, è opportuno evidenziare che nel predetto periodo è stata adottata una soluzione tecnica per lo sviluppo del Sistema basata su una piattaforma
standard di mercato (all'epoca di ultima generazione) Microsoft Windows Server 2003 con solido DBMS (Microsoft SQL server 2000) e per l'utilizzo di tale sistema è stato adottato il browser Microsoft Internet explorer. poiché solo in seguito l'evoluzione tecnologica ha consentito una più ampia diffusione di sistemi operativi detti «open source» e browser interattivi.
Si ritiene quindi che la scelta tecnologica intrapresa, all'epoca, dall'Ufficio nazionale per il servizio civile non sia assolutamente in contrasto con i principi di buona amministrazione, né tanto meno della libera concorrenza e dell'attento utilizzo delle risorse dello Stato.
Riguardo al secondo aspetto, invece, non si reputa opportuno - almeno per il momento - adottare nuove soluzioni tecnologiche. Una simile decisione avrebbe costi assai elevati, comportando la riscrittura dell'intero sistema.
È bene considerare, inoltre, che l'onere per l'ente accreditato di dotarsi di una licenza a pagamento è assai contenuto e quindi non si comprendono le ragioni della difficoltà da parte di taluni enti di servizio civile di dotarsi di un adeguato
browser.
Tra l'altro gli enti di servizio civile sono perfettamente a conoscenza che uno dei requisiti tecnico-organizzativi richiesti per l'iscrizione agli Albi di servizio civile (nazionali e regionali) è proprio quello di possedere un sistema informativo compatibile con quello utilizzato dall'Ufficio nazionale per il servizio civile.
Tuttavia, l'Ufficio nazionale per il servizio civile, in vista anche dell'imminente revisione della normativa sul servizio civile, valuterà la necessità di ristrutturare il sistema informativo Helios al fine di renderlo coerente con le modifiche operative che saranno introdotte. Proprio nell'ambito di tale futura ristrutturazione occorrerà stanziare adeguate risorse per essere destinate, tra l'altro, a rendere la banca dati Helios compatibile con i
browser più diffusi.
Il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri: Carlo Giovanardi.

NACCARATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Montagnana in provincia di Padova, lungo la Strada provinciale 19 attraversata dalla linea ferroviaria Padova-Mantova in località S. Antonio, è situato un passaggio a livello non perfettamente funzionante;
è stato segnalato più volte il difetto legato alla sbarra che dovrebbe indicare la chiusura e apertura del passaggio a livello, regolando in tal modo il transito dei mezzi lungo il tratto di strada attraversato dai binari ferroviari. In particolare, come risulta da numerose segnalazioni degli utenti, ogni giorno la sbarra si trova in posizione scorretta, non permettendo agli utenti di capire quando il passaggio a livello è aperto e transitabile senza alcun rischio e quando, invece, è chiuso per l'imminente passaggio di un convoglio;
il tratto di strada in cui è situato il passaggio a livello è molto frequentato, soprattutto in orario mattutino, per il passaggio di un gran numero di automobilisti che quotidianamente hanno l'esigenza di recarsi al lavoro;
il malfunzionamento del passaggio a livello ferroviario crea una situazione di grande disagio e pericolo per gli utenti. Ogni giorno, infatti, si creano lunghe code di automobili in attesa davanti alla barriera difettosa del passaggio;
più volte si sono verificati casi di automobilisti che hanno intrapreso strade alternative o addirittura, stanchi dell'attesa, hanno deciso di superare il passaggio a livello con il rischio di essere investiti da un treno in transito -:
se il Ministro sia al corrente dei fatti sopra esposti e quali misure il Ministro intenda porre in essere per permettere il corretto funzionamento del passaggio a livello in oggetto, impedendo il ripetersi dei disagi sopra esposti che creano evidenti situazioni di grave pericolo per molti automobilisti ed utenti del tratto di strada attraversato dai binari ferroviari nella località citata.
(4-02286)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il passaggio a livello nel Comune di Montagnana, provincia di Padova, è un passaggio a livello a 6 barriere perché si trova su un incrocio di strade che confluiscono una sull'altra in corrispondenza della linea ferroviaria.
Sebbene in passato non si siano mai registrati particolari problemi di funzionamento, nei mesi di dicembre 2008, gennaio e febbraio 2009 si sono verificate le seguenti anomalie:
1) 1o dicembre 2008: mancata chiusura del passaggio a livello ripristinatasi con la ripetizione del comando;
2) 20 gennaio 2009: mancato controllo di chiusura a causa di un tallonamento temporaneo di un automezzo non identificato;
3) 04 febbraio 2009: mancato controllo di apertura dopo un transito di un treno, l'anomalia si è ripristinata dopo una manovra manuale;
4) 05 febbraio 2009: mancato controllo di apertura dopo un transito di un treno a causa di un difetto intermittente del motore della cassa A/e. che è stato prontamente sostituito.

In tutti i casi, tranne il secondo, i treni sono transitati osservando un «regime di marcia a vista» e nel primo anche a barriere aperte. Tale sistema prevede che il macchinista, in corrispondenza di un passaggio a livello debba segnalare acusticamente l'avvicinarsi ad esso e procedere in modo da poter arrestare tempestivamente il treno al presentarsi di un qualsiasi ostacolo sul passaggio a livello stesso, non superando la velocità di 4 Km/h.
Per gli episodi avvenuti nei giorni 4 e il 5 febbraio 2009, dalle indagini svolte, risulta che dopo il transito di un treno, 5 barriere si sono regolarmente riaperte mentre una è rimasta chiusa a causa di un

guasto provocando, in attesa dell'intervento di riparazione, la successiva mancata chiusura del passaggio a livello al transito del treno successivo che, comunque, circolava con «marcia a vista».
Si sottolinea che in tutti i casi descritti i segnali stradali erano regolarmente accesi al rosso e questo, secondo il Codice della strada, indipendentemente dalla posizione delle barriere, deve fermare il traffico stradale ed eliminare ogni incertezza sulla sicurezza.
La Società Ferrovie dello Stato intende proporre al Comune il riordino della viabilità stradale in prossimità del passaggio a livello, in modo da poter rimuovere almeno 2 delle 6 barriere, riducendo in tal modo la probabilità di simili disservizi.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

NASTRI e MANCUSO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da diversi anni ormai, nonostante le comprensibili proteste degli abitanti di Castelletto Ticino, il livello di rumorosità dei convogli ferroviari, in particolare quelli di trasporto merci con destinazione internazionale, che transitano sul ponte ferroviario sul Ticino è diventato intollerabile;
le iniziative giudiziarie a cui hanno fatto ricorso oltre 46 famiglie che abitano nella predetta zona, non hanno sortito alcun effetto positivo concreto, in quanto l'azienda RFI (Rete ferroviaria italiana) nonostante avesse rassicurato gli abitanti della zona sulla risoluzione del problema, attualmente non ha ancora provveduto ad alcun intervento volto a ridurre il livello di rumorosità sul tratto ferroviario interessato;
risulta importante evidenziare inoltre, come anche diverse perizie tecniche abbiano confermato che il livello di rumorosità dei convogli ferroviari che transitano sul ponte del Ticino, superano i limiti consentiti -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere nei confronti dell'azienda RFI con riguardo alla vicenda esposta in premessa al fine di individuare una ragionevole soluzione che consenta agli abitanti di Castelletto Ticino, una migliore vivibilità, attraverso l'introduzione di sistemi di mitigazione dell'impatto sonoro che permetta ai treni che transitano sul ponte del Ticino, un livello di rumorosità che non arrechi disturbi agli abitanti della zona;
se non convenga inoltre che quanto riportato in premessa, rappresenti un esempio negativo di come le popolazioni locali spesso si schierano contro la realizzazione di importanti opere infrastrutturali di viabilità, in considerazione degli effetti penalizzanti che ne derivano, nonostante siano nel complesso favorevoli in quanto consci del livello di arretratezza dal punto di vista delle opere di viabilità pubbliche, in cui versa il nostro Paese.
(4-01306)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La legge quadro sul rumore n. 447 del 1995, nell'articolo 10 comma 5, prevede che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture attuino piani di contenimento e di abbattimento del rumore nel caso del superamento dei valori limiti stabiliti, per l'infrastruttura ferroviaria, dal decreto del Presidente della Repubblica 459 del 1998 e secondo le direttive emanate con il decreto del Ministro dell'ambiente del 29 novembre 2000. Gli interventi di risanamento devono essere realizzati in funzione delle priorità individuate, entro 15 anni dalla data della loro approvazione e naturalmente nell'ambito dei finanziamenti che saranno resi disponibili.
Il piano di risanamento acustico redatto da Rete ferroviaria italiana prevede in corrispondenza del Comune di Castelletto sopra il Ticino, una serie di interventi con barriere antirumore e interventi diretti sui ricettori, elencati nella tabella sotto riportata, in cui è anche indicato l'anno di avvio della fase realizzativa.

Codice intervento Tratta ferroviaria Tipologia intervento Lunghezza Anno
003043005 Milano-Domodossola Barriera 533 13
003043024 Oleggio-Bellinzona Barriera 189 14
003043031 Milano-Domodossola Barriera 329 13
003043004 Oleggio-Bellinzona int. diretto - 12
003043010 Milano-Domodossola int. diretto - 15
003043006 Milano-Domodossola Barriera 300 11
003043007 Milano-Domodossola Barriera 293 14
003043012 Milano-Domodossola Barriera 188 14
003043034 Milano-Domodossola Barriera 372 14
003043035 Milano-Domodossola Barriera 1042 11
003043036 Milano-Domodossola Barriera 451 15
003043001 Milano-Domodossola int. diretto - 15

Tali interventi ricadono in parte sulla linea ferroviaria Oleggio-Bellinzona e in parte sulla linea Milano P.G.-Domodossola, due linee che confluiscono in prossimità del ponte sul Ticino, costituito da una travata metallica ricostruita nel 1950, continua a tre campate, a doppio binario ed ad uso promiscuo stradale e ferroviario.
Nel tratto di interesse, è già previsto dal piano di risanamento acustico di Rete ferroviaria italiana un intervento di tipo diretto nel rispetto delle indicazioni fornite dal decreto del Presidente della Repubblica 459 del 1998, come indicato al punto 4 della tabella.
Tale intervento, essendo programmato al 12o anno del piano di risanamento di Rete ferroviaria italiana, non rientra tra quelli del primo quadriennio già approvati con l'intesa del 1o luglio 2004 dalla Conferenza unificata Stato-Regioni.
In ogni caso, si segnala che in occasione della futura approvazione del secondo stralcio di piano la Regione Lombardia avrà la possibilità, su richiesta del Comune, potrà variare la priorità degli interventi di risanamento acustico previsti all'interno della Regione stessa secondo le modalità disciplinate dall'articolo 3, comma 3, del decreto del 29 novembre 2000.
In tal modo sarà possibile contemperare la giusta esigenza dei cittadini a non dover sopportare emissioni acustiche fuori della norma con la necessità dei cittadini stessi di poter fruire dell'importante infrastruttura ferroviaria che collega Milano con Domodossola.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

NEGRO, BRAGANTINI, LANZARIN, BITONCI, MONTAGNOLI e MUNERATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
notizie provenienti dal territorio informano come Trenitalia Divisione Passeggeri Nazionale Internazionale stia realizzando con il cambio orario di dicembre 2008-2009 un totale sconvolgimento dell'offerta commerciale nella tratta Venezia-Milano;
risulta infatti che tutti i treni Intercity (tranne il primo in partenza da Venezia e l'ultimo in arrivo a Venezia) verranno trasformati in EurostarCity con ovvio aumento tariffario che non dovrà essere trattato con il Governo proprio per la natura del cambio dell'offerta commerciale monopolista;
tale offerta prevede la totale eliminazione della fermata di San Bonifacio, mentre in modo alternato delle fermate di Peschiera e Desenzano con grave aggravio nei collegamenti veloci dei residenti di

queste città, che dovranno utilizzare solo i treni regionali;
tenendo conto inoltre che il servizio svolto in questa direttrice è un servizio ad altissima frequentazione ed ad evasione vicino allo zero per cento, e che risulta che tale modifica si discosta da quanto già risposto da Trenitalia nell'interrogazione a risposta scritta 4-00389 - «L'obiettivo del- la nuova organizzazione dei servizi operata da Trenitalia è, tra l'altro, quello di pervenire ad una più marcata differenziazione dei diversi prodotti, per cui i treni Eurostar devono svolgere la funzione di collegamenti veloci tra i grandi nodi metropolitani, gli Intercity devono assicurare i collegamenti tra i centri di dimensioni intermedie, con caratteristiche differenti di servizio in termini di capillarità e tempi di percorrenza, demandando la mobilità di corto raggio ai servizi di trasporto regionale»;
i provvedimenti dell'orario futuro non sono di razionalizzazione. Riguardano treni effettuati in regime di mercato che si mantengono con i ricavi da traffico, e che presentavano un rapporto costi/ricavi notevolmente bilanciato, con entrate economiche di rilevante entità, determinate soprattutto dai relativi volumi di frequentazione;
esaminando un aumento medio a biglietto fra prima e seconda classe di circa 4 euro e che i treni interessati dovrebbero essere 18 con una frequentazione media di 900 passeggeri, si ipotizza che il rincaro/giorno sarà circa pari a 64.800,00 euro, totalmente a carico dell'utente a pari costi di produzione per Trenitalia;
di fatto viene imposta una nuova gabella ai cittadini Lombardi e Veneti che utilizzando questi servizi dovranno sborsare ancora soldi per avere un servizio quasi uguale, perché in realtà avrà delle fermate in meno;
i cittadini di San Bonifacio avranno un ulteriore disagio provocato da un ulteriore servizio soppresso -:
essendo a conoscenza della situazione e tenendo conto dell'enorme quantità di cittadini interessati, quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda intraprendere per scongiurare la nuova offerta commerciale per assicurare il diritto di mobilità di lunga percorrenza ai cittadini e pendolari dell'area Lombardo-Veneto, regioni che trainano l'economia del Paese.
(4-01147)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Con il nuovo orario ferroviario del 14 dicembre 2008, Trenitalia ha attuato una riorganizzazione complessiva dell'assetto dei servizi ferroviari di media/lunga percorrenza sulla direttrice Milano-Venezia. La nuova offerta ha come obiettivi primari la velocizzazione e una migliore distribuzione dei collegamenti nell'arco della giornata. Tale riorganizzazione è stata effettuata contestualmente alla riprogettazione del servizio regionale «Lombardia est» a valle di alcuni completamenti infrastrutturali.
Pertanto, sulla tratta Milano-Venezia sono previsti i seguenti collegamenti:
un sistema di offerta sostanzialmente cadenzato a 60 minuti, intensificato a 30 minuti nelle fasce orarie di maggiore afflusso, con partenze/arrivi a Milano allo stesso minuto:
partenza minuto 35/arrivo minuto 25 per il cadenzamento orario ES City e collegamenti veloci ES;
partenza minuto 05/arrivo minuto 55 per i rinforzi ES City e treni internazionali (EC e CIS);
la trasformazione dei precedenti Intercity in Eurostar City, con sensibile velocizzazione dei tempi di percorrenza da oltre 3 ore a 2 ore e 35 minuti;
l'incremento da 5 a 6 delle fermate precedentemente previste per i treni ES City, alternando Desenzano e Peschiera che esprimono il medesimo volume di traffico, mantenendo inalterato il tempo di percorrenza di 2 ore e 35 minuti.

La nuova offerta risulta qualitativamente più elevata rispetto alla precedente, sia per la riduzione dei tempi di percorrenza sia per l'impiego di materiale rotabile Eurostar City che sono treni completamente rinnovati che offrono un confort in linea con quello della categoria Eurostar, alla quale appartengono.
L'obiettivo della velocizzazione, oltre a quello della differenziazione dei prodotti, ha comportato, tra l'altro, l'esigenza di assegnare ai treni Eurostar City un numero di fermate inferiori rispetto ai precedenti Intercity.
La scelta di eliminare la fermata di San Bonifacio deriva dalla valutazione che questa stazione esprime un traffico viaggiatori prevalentemente di tipo regionale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

OLIVERIO e LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi tempi la continua soppressione e i ritardi dei voli nazionali verso Lamezia Terme e Reggio Calabria stanno recando un danno molto grave alla Calabria. Ciò va ad aggravare una situazione resa ormai insostenibile dato che l'Aereoporto Sant'Anna di Crotone, già da tempo, non è assolutamente operativo, creando notevoli disagi per gli utenti del trasporto aereo, costretti a trasferirsi sullo scalo di Lamezia Terme;
se ciò non bastasse Trenitalia, nel predisporre la riformulazione dei nuovi orari stagionali di circolazione dei treni a media e lunga percorrenza - operativa dal prossimo 13 dicembre ha provveduto a sopprimere diverse corse di collegamento sia dalla linea tirrenica, sia da quella jonica con il Centro e il Nord Italia;
ancora una volta ad essere più gravemente danneggiati sono i cittadini delle regioni del Sud ed in particolare i passeggeri dei numerosi centri urbani situati lungo la costa jonica calabrese, che si vedranno costretti a non utilizzare il treno, con tutti i rischi e i disagi conseguenti;
le decisioni di Trenitalia che ormai diventano per questo territorio sempre più pesanti, hanno suscitato ulteriori preoccupazioni nelle Amministrazioni locali interessate, vista l'importanza di collegamento che tali arterie ferroviarie rivestono per il territorio, in virtù soprattutto della scarsa efficienza delle altre infrastrutture. È ormai noto a tutti che le strade statali 106 Jonica e 107 Silana - che conservano il triste primato di strade fra le più pericolose d'Italia - sono inadeguate nel gestire flussi di traffico particolarmente intensi;
la decisione di Trenitalia e il problema del trasporto aereo non farebbero altro che aggravare il problema della sicurezza stradale, rischiando di creare un vero e proprio isolamento per l'intera regione con ricadute economiche negative sulle realtà imprenditoriali e territoriali interessate;
la riduzione e la riprogrammazione delle risorse per investimenti in infrastrutture, con le misure disposte dal decreto-legge 93 del 2008 e dal decreto-legge 112 del 2008,e con la manovra di bilancio, colpisce in misura rilevante il Mezzogiorno e i territori più svantaggiati, come la Calabria;
nel programma della legge obiettivo, quale risulta dalle delibere Cipe, gran parte degli impegni finanziari riguarda opere localizzate nel Nord (il 61 per cento, per un ammontare di 54 miliardi e 821 milioni); il valore della spesa per le altre due aree del Paese risulta, invece, al di sotto dei 18 miliardi pari al 19,4 per cento per il Mezzogiorno e il 18,3 per cento per il Centro;
tale ripartizione delle risorse ha implicazioni significative sui collegamenti e sulla mobilità dei territori meridionali: gran parte delle opere deliberate dal Cipe sono infrastrutture di trasporto; dal punto di vista delle risorse, le opere relative a strade e ferrovie rappresentano, in valore,

oltre l'80 per cento del totale degli impegni finanziari necessari per completare le opere deliberate dal Cipe; se si aggiungono anche le metropolitane, tale percentuale sale al 90 per cento;
i tagli alle risorse per infrastrutture di trasporto nel Mezzogiorno hanno implicazioni rilevanti sulle politiche di sviluppo di regioni come la Calabria, della macroarea meridionale -:
se non ritenga alla luce delle considerazioni svolte, che sia opportuna da parte di Trenitalia, una ulteriore attenta riflessione nell'obiettivo di determinare il ripensamento della nuova programmazione e di ripristinare i treni soppressi sulle linee ferroviarie jonica e tirrenica;
quali iniziative il Governo intenda poi adottare, nonostante la precaria situazione in cui versa la compagnia di bandiera, per ripristinare l'immediata operatività dell'aeroporto di Crotone, per porre un rimedio alla continua soppressione dei voli per gli scali di Lamezia Terme e di Reggio Calabria, limitando al minimo i disagi degli utenti; e se intenda nell'immediato stanziare le necessarie risorse finanziarie per garantire risposte concrete in materia di opere infrastrutturali indispensabili per lo sviluppo e la crescita economica e sociale dell'intera Calabria.
(4-01872)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si fa presente quanto segue.
Per quanto riguarda l'operatività dello scalo di Crotone, la normativa comunitaria vigente in materia di trasporto aereo prevede che tutte le società titolari di licenza di esercizio per l'attività di trasporto aereo, hanno libero accesso alle rotte intracomunitarie e determinano la scelta delle tratte e delle relative tariffe sulla base della propria strategia industriale, ai sensi dei Regolamenti comunitari nn. 2407, 2408 e 2409 del 1992, riformulati e consolidati nel testo unico del regolamento comunitario n. 1008 del 2008.
Unica deroga a tali principi è dettata dalla possibilità per ogni Stato di imporre oneri di servizio pubblico riguardo servizi aerei di linea effettuati tra un aeroporto comunitario e un aeroporto che serve una regione periferica o in via di sviluppo all'interno del suo territorio, o una rotta a bassa densità di traffico verso un qualsiasi aeroporto nel suo territorio, qualora tale rotta sia considerata essenziale per lo sviluppo economico e sociale della regione servita dall'aeroporto stesso.
Per lo scalo di Crotone l'assegnazione di oneri di servizio pubblico è stata attivata, secondo la procedura prevista dalla citata normativa, con bando di gara pubblicato sulla
Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. 276 del 31 ottobre 2008, per le rotte Crotone/Roma Fiumicino e viceversa e Crotone/Milano Linate e viceversa che ha avuto esito negativo.
Il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze del 30 dicembre 2008, pubblicato nel supplemento n. 289 della
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 304 del 31 dicembre 2008, ha disposto, per l'anno 2009, il rinnovo del finanziamento al fine di assicurare la continuità territoriale della popolazione che gravita sull'aeroporto di Crotone.
In particolare, nel capitolo di spesa 1942, sono stati stanziati fondi per un importo pari ad euro 2.070.000,00 (duemilionisettantamila) finalizzati a coprire i costi per l'imposizione di oneri di servizio pubblico sui servizi aerei di linea tra Crotone ed i principali aeroporti nazionali.
A seguito dell'esito negativo della gara pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea n. 276 del 31 ottobre 2008, sono stati convocati il 21 gennaio 2009, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, i rappresentanti della Regione Calabria e dell'Ente nazionale per l'aviazione civile per valutare possibili alternative miranti ad evitare il ripetersi della medesima circostanza.
In particolare, una delle soluzioni proposte era l'eventualità di indire una nuova gara alle stesse condizioni dell'imposizione formalizzata con il decreto n. 109 del 6 agosto 2008, utilizzando, oltre i fondi residui delle precedenti imposizioni, anche una parte dei fondi stanziati per l'anno 2009, al

fine di incrementare la compensazione da erogare al vettore vincitore di gara.
Un'altra proposta era quella di una revisione generale dell'imposizione al fine di ovviare alle criticità che hanno condotto alla mancata aggiudicazione della precedente gara.
La Regione Calabria ed i rappresentanti della società di gestione dell'aeroporto di Crotone si sono espressi per quest'ultima soluzione, avanzando anche l'ipotesi di nuove condizioni da imporre al nuovo regime onerato.
Alcune di tali condizioni sono state oggetto di apposito quesito rivolto alla Commissione europea in ordine alla loro legittimità in base alla nuova normativa comunitaria in tema di imposizione di Oneri di servizio pubblico (OSP).
Al momento, in attesa della risposta degli organismi comunitari si sta predisponendo un nuovo decreto di imposizione sui collegamenti tra Crotone e Roma e tra Crotone e Milano.
Per quanto concerne, invece, il trasporto ferroviario, il territorio della Calabria è interessato da un intenso programma di potenziamento infrastrutturale e tecnologico.
Rete Ferroviaria Italiana è impegnata in numerosi progetti, oggi a diversi stadi di avanzamento, destinati ad aumentare e migliorare la capacità e la funzionalità della rete nella regione.
Tra questi si evidenzia il potenziamento infrastrutturale e tecnologico della linea Battipaglia-Reggio Calabria. Tali interventi serviranno per elevare gli
standard prestazionali, la velocità commerciale, sia per il traffico passeggeri sia per quello merci, e per migliorare il sistema di trazione elettrica. Nel 2003 è stata elaborata la progettazione preliminare conseguendo, nel 2005, i necessari nullaosta da parte delle Regioni Calabria e Campania interessate dai lavori. È stata avviata la realizzazione dell'intervento di adeguamento della galleria «Coreca» e gli altri interventi programmati sono previsti per fasi con conclusione delle attività entro il 2014. Il contratto di programma include il progetto in Tabella A con un costo di 230 milioni di euro.
Si evidenzia inoltre l'intervento inerente la linea ferroviaria AV/AC Battipaglia-Paola-Reggio Calabria. Lo studio di fattibilità sviluppato nel 2005 ha individuato una prima fase funzionale dell'intervento, costituito da una variante di tracciato nella tratta più accidentata della linea, tra Ogliastro e Sapri, e da interventi di
upgrading e velocizzazione della linea Battipaglia-Reggio Calabria. Tale fase funzionale consentirebbe di percorrere la distanza da Roma a Reggio Calabria in circa 4 ore e 15 minuti con un livello prestazionale analogo a quello del collegamento Milano-Roma. Il costo della variante Ogliastro-Sapri ammonta a 3.270 milioni di euro. Il contratto di programma include il progetto sia per la progettazione preliminare, in Tabella A, con un costo di 7 milioni di euro, sia per il completamento progettuale e la realizzazione, in Tabella C, con un costo di 3.263 milioni di euro. La soluzione «a completamento», che prevede un investimento stimato in 18.730 milioni di euro, è inserita nella tabella D relativa alle «Opere previste a completamento del Piano». La pianificazione dell'intervento è condizionata dall'effettiva disponibilità delle risorse finanziarie necessarie alla sua realizzazione.
Si evidenzia anche il potenziamento dell'itinerario Gioia Tauro-Sibari-Metaponto-Taranto-Bari che prevede una serie di interventi suddiviso in fasi.
Il progetto di potenziamento è finalizzato a realizzare un corridoio dedicato per il traffico merci che mette in collegamento il porto di Gioia Tauro con Taranto e Bari e quindi, attraverso la direttrice adriatica, con la linea del Brennero, asse fondamentale di penetrazione dal sud dell'Italia al nord del Paese e in Europa.
Esso ha l'obiettivo di realizzare una infrastruttura dalle prestazioni omogenee, sagoma, peso assiale e velocità, per alimentare i traffici marittimi da e per i porti di Gioia Tauro e Taranto utilizzando treni porta
container di grandi dimensioni.
Gli interventi di 1a fase, che hanno previsto un primo intervento per l'adeguamento del peso assiale della linea tra Rosarno e Taranto e la velocizzazione dei tratti di linea Sibari-Cosenza e Sibari-Metaponto,

sono stati tutti conclusi. Sono ancora in corso solo lavori di completamento la cui ultimazione è prevista entro il mese di luglio del 2009.
Per gli interventi di 2° fase, è stato sviluppato uno studio di fattibilità promosso dal Comitato interministeriale per la programmazione economica nel 2002, che ha consentito poi di elaborare anche la relativa progettazione preliminare.
L'intervento ha un costo di 792 milioni di euro, di cui 340 milioni di euro, riguardanti la tratta Metaponto-Taranto e 452 milioni di euro quella Metaponto escluso - San Lucido.
Il Contratto di Programma include il progetto in tabella D e la pianificazione dell'intervento è condizionata dall'effettiva disponibilità delle risorse finanziarie necessarie alla realizzazione.
Circa la paventata soppressione di collegamenti ferroviari di media/lunga percorrenza della Calabria, sia dalla linea tirrenica, sia dalla jonica, con il centro-nord Italia, ferrovie dello Stato fa presente che con il nuovo orario di Trenitalia, entrato in vigore il 14 dicembre scorso, non è stato soppresso alcun collegamento ferroviario di media/lunga percorrenza riguardante la Calabria.
È stato, invece, migliorato il sistema Eurostar Calabria - Roma e viceversa, attraverso la trasformazione in collegamento veloce «ES Fast» di una delle coppie di ES previste nella precedente programmazione, ossia ES 9372/9377, che viene oggi effettuata con il nuovissimo treno ETR 600 «Freccia d'Argento» e consente di coprire il tragitto tra Lamezia Terme e Roma in 3 ore e 59 minuti, con un risparmio di circa un'ora di percorrenza. Tale risultato, ottenuto anche attraverso la riduzione del numero delle fermate e l'utilizzo della nuova linea AV Roma-Napoli, risponde ad un'esigenza ripetutamente manifestata dalla popolazione calabrese di ridurre i tempi di percorrenza con Roma.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ANDREA ORLANDO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da raccomandata pervenuta in data 13 gennaio 2009, la ditta SP.EL S.r.l, (già OCEAN S.p.a e successivamente San Giorgio Elettrodomestici S.r.l) titolare di uno stabilimento di produzione di lavabiancheria sita in La Spezia Via Melara 40, comunica la messa in mobilità di 148 unità lavorative per chiusura dell'attività dovuta alla .... «ben nota crisi finanziaria ed industriale»;
tale decisione è stata comunicata il 12 gennaio 2009 alle ore 11 da Confindustria alle Associazioni Sindacali con l'avvio delle procedure di mobilità per tutto il personale e conseguente chiusura dello stabilimento;
precedentemente l'amministratore unico Paolo Nocivelli aveva chiesto e ottenuto un periodo di cassa integrazione per tutti i dipendenti dalla prima settimana di gennaio fino al 2 febbraio e preso l'impegno di comunicare ai rappresentanti delle istituzioni (Comune, Provincia e Regione), entro la fine di questo mese, il risultato delle trattative per un'eventuale partnership finanziaria e industriale con società dell'est asiatico;
la comunicazione del 12 gennaio si realizza dopo che in data 31 ottobre 2008 si è completato l'iter straordinario di legge che ha permesso alla SP.EL, srl, l'acquisizione dell'attività produttiva della fabbrica e contestualmente la stessa società è diventata proprietaria dell'area su cui sorge lo stabilimento industriale;
tale cadenza temporale smentisce la volontà della società SP.EL. srl di perseguire il rilancio produttivo dell'azienda ed induce l'interrogante a pensare che il solo scopo sia l'acquisizione agevolata di un'area strategica in piena zona industriale e utile alle attività retro-portuali. L'eventuale vendita di questa area costituirebbe secondo l'interrogante una speculazione sulle spalle dei lavoratori e a danno dell'economia della città, le cui istituzioni come già dichiarato, si opporranno

a qualunque ipotesi di trasformazione urbanistica validandone l'attuale destinazione -:
se intenda attivare immediatamente le procedure previste dalla legge 23 luglio 1991, n. 223 inerenti alle «norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro» per garantire il sostegno ai lavoratori ed il tempo sufficiente a individuare imprenditori che possano riprendere in quell'area una seria attività industriale;
quali iniziative urgenti i Ministri in indirizzo intendano adottare, nell'ambito delle rispettive prerogative e competenze, per garantire una prospettiva occupazionale e produttiva dell'area interessata e scongiurare il disegno speculativo che traspare evidentemente dall'azione della suddetta SP.EL S.r.l.;
(4-02031)

Risposta. - In merito alla richiesta dell'onorevole interrogante, contenuta nell'atto di sindacato ispettivo in esame, si rappresenta quanto segue.
La Ocean SpA è stata posta, in data 3 giugno 2002, in amministrazione straordinaria, con esercizio dell'attività d'impresa nei due stabilimenti, ubicati a Verolanuova (Brescia) e La Spezia.
In attuazione del programma di cessione, in data 7 marzo 2003, il complesso aziendale facente capo allo stabilimento di Verolanuova, è stato ceduto al gruppo israeliano Elco Brandt, che ha riassorbito tutti i lavoratori facenti capo al ramo aziendale in questione.
Lo stabilimento di La Spezia, in data 5 febbraio 2004, è stato anch'esso ceduto, ad una cordata di imprenditori, la SoFi.Spe. srl (poi divenuta Sangiorgio elettrodomestici srl) al prezzo di euro 3.650.000, con conservazione di tutti i posti di lavoro.
Dalla data del 3 maggio 2004, iniziava a decorrere il termine biennale, entro il quale, in forza dell'articolo 63 del decreto legislativo n. 270 del 1999, l'acquirente si era impegnato a garantire il mantenimento dei livelli produttivi, prefigurati nel piano industriali nonché, il livello occupazionale.
Nel corso del predetto biennio, si sono verificati i seguenti eventi:
1) la Sangiorgio srl si è resa inadempiente, rispetto agli impegni assunti in sede contrattuale sia con riferimento ai livelli produttivi che ai lavoratori occupati, cosicché i commissari straordinari, all'epoca in carica, sono stati autorizzati dal Ministero ad avvalersi della clausola risolutiva espressa, contenuta nel contratto di cessione del ramo aziendale;
2) a seguito delle trattative intavolate con la società acquirente, la cui compagine sociale era nel frattempo mutata con l'ingresso, come socio di riferimento, di un esponente della famiglia Nocivelli, imprenditore storico di Ocean, si è pervenuti, previo accordo con le organizzazioni sindacali, siglato in data 8 febbraio 2006, alla composizione della controversia, mediante un atto integrativo del contratto, che poneva a carico dell'acquirente, le seguenti obbligazioni:
proseguimento dell'attività d'impresa, nello stabilimento spezzino, fino al 30 ottobre 2008;
mantenimento, alla data del 30 ottobre 2008, di un organico di 160 lavoratori, con una tolleranza del 10 per cento al lordo di eventuali pensionamenti e dimissioni volontarie, in conformità dell'accordo sindacale, sottoscritto in data 8 febbraio 2006, con il beneficio della procedura di mobilità;
divieto, di alienazione e di iscrizioni di ulteriori ipoteche, sui beni immobili aziendali, senza il consenso dei commissari, nonché di trascrizioni di pignoramenti sino al 30 ottobre 2008, fatta eccezione per l'immobile ad uso magazzino.

Alla luce di quanto sopra, emerge come, nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria, sia stato garantito un periodo di quattro anni di mantenimento dell'attività e del livello occupazionale nello stabilimento di La Spezia.


Nell'arco dell'ulteriore biennio, la gestione commissariale ha effettuato l'attività di monitoraggio nel rispetto dei vincoli, come sopra, illustrati da parte della Sangiorgio srl (nel frattempo divenuta Sp.El srl), rilevando, come la società acquirente, abbia mantenuto gli impegni assunti.
La procedura di amministrazione straordinaria non dispone più, attualmente, di strumenti giuridici rispetto alle decisioni assunte dalla società acquirente, a decorrere dal 30 ottobre 2008.
Successivamente, in data 12 gennaio 2009, la proprietà ha comunicato, alle parti sociali, la decisione di cessare l'attività a causa del perdurare della crisi aziendale.
In data 21 gennaio 2009, è stato sottoscritto un protocollo d'intesa, presso la Prefettura in cui le parti, si impegnavano a trasformare la mobilità in Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs) per cessazione di attività, con decorrenza 5 gennaio 2009, mantenendo la procedura di mobilità, solamente, per quei lavoratori che volontariamente volessero aderirvi.
Il Ministero dello sviluppo economico, a seguito della comunicazione di Cigs sopra citata e al fine di ricercare possibili soluzioni, in data 27 gennaio 2009, ha predisposto un incontro al quale erano presenti, oltre alle parti coinvolte dalla vicenda, anche le Istituzioni locali: i rappresentanti della regione Liguria, della provincia ed il comune di La Spezia.
Durante l'incontro, il Ministero dello sviluppo economico ha proposto la sottoscrizione di un protocollo di intesa, come iter negoziale, al fine di favorire nuovi insediamenti industriali e nuovi posti di lavoro, nell'area interessata dalla crisi della San Giorgio di La Spezia.
È stato, inoltre, fornito a tutti i presenti all'incontro, una bozza di protocollo d'intesa, convenendo sull'opportunità di predisporre un percorso finalizzato al riutilizzo industriale delle aree.
Attualmente, sono pervenute adesioni e proposte di modifica e di integrazione, alla bozza di protocollo d'intesa sopra citato, unicamente, da parte delle istituzioni locali e da parte delle organizzazioni sindacali.
Il Ministero dello sviluppo economico sta seguendo in modo attento l'evoluzione di questa complessa vicenda, nel tentativo di favorire una soluzione concertata con le istituzioni locali e le organizzazioni sindacali; pertanto, ha provveduto a sollecitare l'azienda al fine di avere conferma degli impegni da questa manifestati, nell'incontro del 27 gennaio scorso.
Il Ministero del lavoro comunica, infine, che l'azienda sta già anticipando la cassa integrazione guadagni ai lavoratori interessati (circa 148), unitamente ad una cifra pari a 150,00 euro al mese, quale anticipo, sul futuro incentivo all'esodo, così come previsto in sede di accordo con le parti sindacali del febbraio scorso.
Attualmente, in Azienda, lavorano circa 15 persone per la messa in sicurezza degli impianti.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.

PELINO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da fonti di stampa della Provincia de L'Aquila, si apprende che, in attuazione della legge di riforma del Corpo Forestale dello Stato, per una migliore organizzazione dei compiti e delle risorse umane, sembra delinearsi l'ipotesi di una ristrutturazione degli Uffici presenti in Abruzzo, il che prospetterebbe la trasformazione del Distretto di Sulmona in semplice «Unità operativa Territoriale Antincendio»;
se detta operazione rientrasse realmente nel programma di riorganizzazione delle sedi del Corpo Forestale dello Stato, l'intero comprensorio peligno sarebbe fortemente penalizzato, poiché il Distretto di Sulmona svolge, attualmente, una funzione di coordinamento per tutti i Comandi-Stazione, senza considerare, inoltre, le gravi ripercussioni economiche ed occupazionali su un territorio già pesantemente penalizzato;

sarebbe, invece, auspicabile, al contrario, un potenziamento del Distretto Forestale di Sulmona, in considerazione della sua posizione strategica all'interno del territorio della vasta provincia aquilana e della prossimità alle aree territoriali gestite dall'Ufficio per la Tutela della Biodiversità di Pescara -:
se il Governo sia a conoscenza di detta situazione e quali misure intenda adottare, per scongiurare il declassamento del distretto del Corpo Forestale di Sulmona, per non penalizzare la già grave situazione del comprensorio peligno, a danno dei lavoratori, della sicurezza pubblica e degli interessi della collettività e regionali, e se non ritenga, al contrario, potenziare il distretto, altamente strategico territorialmente.
(4-02499)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione a risposta scritta in esame, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che questa Amministrazione, in conformità alla normativa vigente risultante anche dalle previsioni dalla legge 6 febbraio 2004, n. 36, sta procedendo ad una riorganizzazione delle proprie articolazioni territoriali, finalizzata ad una complessiva riqualificazione delle stesse, nell'ottica di un generale miglioramento dell'efficienza e dell'efficacia operativa.
Al riguardo, si comunica che in questo piano di riassetto strutturale rientra anche il Coordinamento distrettuale di Sulmona del Corpo forestale dello Stato, del quale si intende promuovere un potenziamento preordinato a consentire alla citata unità organizzativa di svolgere in modo ottimale i compiti istituzionali del Corpo forestale dello Stato nell'ambito della propria circoscrizione, garantendo un monitoraggio capillare del relativo territorio, a salvaguardia dell'interesse generale alla tutela della sicurezza pubblica e delle collettività locali.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

PES. - Al Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in data 21 dicembre 2006 è stato emanato dal Consiglio dell'Unione Europea il Regolamento (CE) n. 1967/2006 relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo;
al capo V (Taglie minime degli organismi marini), articolo 15 del citato Regolamento si stabilisce che «Gli organismi marini di taglia inferiore alla taglia minima di cui all'allegato III non possono essere venduti, tenuti a bordo, trasbordati, sbarcati, trasferiti, immagazzinati, venduti, esposti o messi in vendita»;
la taglia minima prevista dall'allegato III per le aragoste (Palinurus Elephas) è pari a 90 mm (lunghezza carapace, LC), che si traduce in una misura di lunghezza totale (LT) di circa 260 mm;
le aragoste che popolano i mari della Sardegna sono di piccola taglia (80 mm LC);
la pesca dell'aragosta costituisce una parte fondamentale del fatturato delle imprese sarde;
con il limite di 260 mm (LT) si prevede una perdita del pescato storico dell'aragosta pari a circa il 90 per cento;
con tali limitazioni si avvantaggia il mercato nero che vede la commercializzazione di aragoste tra i 150 e i 180 mm (LT);
all'articolo 3 del decreto dell'Assessore della difesa dell'ambiente della Regione Sardegna 10 maggio 1995, n. 412 (Disciplina dell'attività di pesca, dimensione dei pesci, molluschi e crostacei: disciplina della pesca del novellame, pesca del bianchetto e del rossetto), si disponeva una lunghezza totale minima di 24 cm (LT);
con nota 16 marzo 2009 (prot. 07/2009) il Presidente della Legacoop e Legapesca Oristano, Claudio Atzori scrive al

Ministro per fare presente la difficile situazione in cui versa la pesca nella Regione Sardegna e in particolar modo nella provincia di Oristano -:
se il Ministro interrogato intenda chiedere un intervento urgente presso la Comunità europea per rivedere le taglie minime per il pescaggio e la vendita delle aragoste, ovvero concedere una deroga per la stagione in corso (1° marzo-31 agosto 2009) ai pescatori sardi ripristinando la misura di 24 cm (LT).
(4-02600)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si rappresenta quanto segue.
In primo luogo, si ritiene opportuno far presente che il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006, relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel Mar Mediterraneo, è entrato in vigore nel marzo 2007, dopo un negoziato durato tre anni.
Non è consentito in via generale agli Stati membri di derogare, a livello nazionale, alle disposizioni stabilite dalla regolamentazione comunitaria.
In ogni caso, l'articolo 14 del regolamento citato prevede 1a possibilità di richiedere delle deroghe transitorie, alle limitazioni imposte dall'articolo 13 del regolamento stesso, in materia di distanza minima dalla costa per lo strascico e per le draghe idrauliche, che entreranno in vigore il 1o giugno 2010.
Le eventuali richieste di deroghe, tuttavia, non possono essere disposte con norma nazionale, ma devono essere inserite all'interno di piani di gestione da sottoporre al vaglio della Commissione europea.
Ciò premesso, si fa presente che questa amministrazione, considerato che intende avvalersi delle deroghe previste, provvederà ad inserire anche la questione della taglia minima dell'aragosta nella lista dei punti che saranno trattati con la Commissione europea.

Il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali: Luca Zaia.

PROIETTI COSIMI, MOFFA e PISO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società Lottomatica, oltre alla gestione in concessione delle lotterie istantanee in forma cartacea (conosciute con il brand «Gratta & Vinci»), ha ottenuto dai Monopoli di Stato, tramite il «Consorzio Lotterie Nazionali», con decreto dirigenziale del 13 aprile 2006, anche il ruolo di gestore centralizzato, in via sperimentale, delle lotterie istantanee on line (cosiddetti «Gratta & Vinci» on line), nonché il ruolo di rivenditore ai soggetti titolari di concessione per l'esercizio dei giochi pubblici;
il termine della fase sperimentale era stato individuato in 18 mesi dalla data di immissione sul mercato della prima lotteria on line, avvenuta il 20 novembre 2006, con la conseguenza che la conclusione della fase sperimentale era prevista il 30 maggio 2008;
ad una settimana dalla scadenza della fase sperimentale (23 maggio 2008), una serie di operatori, già concessionari di giochi pubblici (tra cui SISAL, Intralot, Italia, Eurobet, Ladbrokes, Merkur Cogetech), che già offrivano tale prodotto attraverso i propri siti, evidenziavano all'AAMS siffatta situazione, specificando che, in mancanza dell'esperimento di una idonea procedura ad evidenza pubblica, non avrebbero condiviso la scelta di affidare allo stesso soggetto (o a qualunque soggetto terzo) tale attività di gestore centralizzato (al riguardo, allo stesso è riconosciuto un aggio pari al 4,37 per cento della raccolta);
con una procedura del tutto inusuale veniva pubblicata sul sito AAMS, in data 27 maggio 2008, una comunicazione non intestata e senza firma in cui veniva resa nota la proroga della gestione delle lotterie istantanee on line al Consorzio Lotterie Nazionali/Lottomatica;
in data 3 giugno 2008, dopo la scadenza del predetto periodo di sperimentazione, con propria nota, il Direttore Centrale dei Giochi, dott. Antonio Tagliaferri,

informava gli operatori sopracitati che l'AAMS «al fine di una compiuta valutazione in ordine al consolidamento delle lotterie con partecipazione a distanza nel mercato dei giochi pubblici, ha ritenuto di estendere la sperimentazione in atto a nuovi canali di raccolta, al fine di valutare pienamente le potenzialità del mercato ed il posizionamento della domanda in relazione alla diversificazione dell'offerta tecnologica»;
con la richiamata nota del 3 giugno 2008 (prot. 2008/20979/Giochi/LTT), il Direttore Tagliaferri trasmetteva il decreto dirigenziale di proroga datato 20 marzo 2008 (prot. 2008/7765/Giochi/LLT);
ad avviso degli interroganti le modalità ed i tempi di comunicazione dell'avvenuta proroga appaiono quantomeno dubbi e lasciano intendere che, volutamente, si sia cercato di pubblicizzare il meno possibile tale proroga e far trovare gli operatori di fronte al fatto compiuto;
le motivazioni addotte dall'AAMS appaiono, altresì, inverosimili, anche in considerazione del fatto che resta difficile motivare un periodo di sperimentazione della durata di 36 mesi, cosa che equivale, di fatto, ad una concessione;
la richiesta, fatta dai maggiori operatori di gioco pubblici, dell'esperimento di una idonea procedura ad evidenza pubblica, trova delle forti motivazioni rispetto alle garanzie di un corretto equilibrio di mercato;
l'attivazione di tale procedura, tra l'altro, non preclude il fatto di mantenere la rete di raccolta di tale gioco in costante efficienza e di garantire la continuità del servizio ed il mantenimento dei flussi economici, in quanto, nelle more dell'esperimento della gara, il «Consorzio Lotterie Nazionali» - come già accaduto per altri giochi pubblici, non ultimo il SuperEnalotto - può continuare ad operare nelle attuali modalità fino a che la nuova rete sia a regime (termine, evidentemente, stabilito dal bando di gara) -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere, in sede di autotutela, per risolvere il rapporto con il «Consorzio Lotterie Nazionali», quale gestore centralizzato, evitando così il consolidarsi di situazioni monopolistiche, lesive delle regole di libero mercato, da garantire, invece, attraverso il ricorso, nella fattispecie, a procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto dell'interesse pubblico generale.
(4-01281)

Risposta. - Con l'interrogazione cui si risponde, gli interroganti chiedono di conoscere quali iniziative si intendono assumere per risolvere il rapporto con il Consorzio lotterie nazionali, quale gestore centralizzato delle lotterie telematiche, in considerazione anche del fatto che l'avvenuta proroga della sperimentazione delle lotterie con partecipazione a distanza, equivale, di fatto, ad una concessione vera e propria.
Viene assunto, altresì, come le modalità ed i tempi di comunicazione dell'avvenuta proroga, apparirebbero dubbi e lascerebbero intendere che, volutamente, si sia cercato di pubblicizzare il meno possibile tale proroga, in modo da far trovare gli operatori del settore di fronte al fatto compiuto.
Al riguardo, l'amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato ha fatto presente che la questione promossa dall'interrogante, lungi dal configurare un arbitrario affidamento, da parte dell'amministrazione, di un nuovo gioco a discapito degli altri soggetti potenzialmente interessati alla relativa gestione, si concretizza - di fatto - in una mera sperimentazione finalizzata all'ampliamento dei canali distributivi di un gioco (le lotterie ad estrazione istantanea) già oggetto di concessione e di cui l'unico ed esclusivo titolato alla raccolta non poteva che essere, quindi, il soggetto già concessionario di tale gioco.
Peraltro, la sperimentazione in parola è stata congeniata in termini di massima apertura nei confronti degli altri concessionari dei giochi pubblici che, sebbene non siano diretti titolari di concessione per lo specifico gioco, possono comunque esercitare nei confronti di questo la funzione di «rivenditori», con il riconoscimento di un relativo agio sulla raccolta.


Appare quindi oltremodo chiaro che il caso che ne occupa non configura alcuno degli estremi lamentati dall'interrogante ma, al contrario, è stato ideato nell'ottica di massima apertura nei confronti del mercato, fermo restando gli invalicabili limiti derivanti dalla convenzione di concessione in corso.
Tutto ciò premesso, l'amministrazione autonoma dei Monopoli dello Stato ha chiarito che l'esercizio della raccolta del gioco oggetto dell'interrogazione, afferisce al rapporto concessorio in essere con la società Lottomatica e, più in particolare, con il Consorzio lotterie nazionali. Ed infatti, i provvedimenti di sperimentazione adottati dall'amministrazione e richiamati dall'interrogante si riferiscono, non già ad un affidamento - di tipo provvisorio - di una nuova ed ulteriore tipologia di giochi pubblici ad una società già concessionaria, bensì alla naturale e dovuta evoluzione di una tipologia di gioco già ad essa affidata (le lotterie ad estrazione istantanea), limitatamente al solo ampliamento dei canali distributivi.
Tale tipologia di gioco, peraltro adottata tenendo conto di quanto previsto dal legislatore al fine di assicurare la tutela della fede pubblica ed una più efficace azione di contrasto al gioco illecito con la diffusione e gestione dei mezzi di pagamento specifici per la partecipazione al gioco a distanza (articolo 1, comma 290, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, legge finanziaria per il 2005), si è trovata ad operare quindi all'interno di un rapporto concessorio già in essere e costituito a seguito dell'espletamento e della definizione di una regolare gara pubblica. Pertanto, la stessa non poteva che essere attribuita al soggetto risultato aggiudicatario della gara medesima, svolta per la gestione della raccolta dello specifico gioco: il Consorzio lotterie nazionali.
Per quanto inoltre attiene la pretesa secondo la quale l'amministrazione, con i procedimenti in discussione, avrebbe operato l'affidamento di un nuovo gioco senza adire alle previste procedure di gara pubblica, è appena il caso di evidenziare, in aggiunta a quanto già esposto in precedenza, che il complessivo termine di sperimentazione derivante dalla sommatoria dei periodi previsti nei decreti in contestazione è limitato a 36 mesi; tale termine, risulta di assoluta brevità, qualora lo si raffronti alla durata di una qualunque convenzione di concessione per la raccolta dei giochi pubblici, che arrivano ad avere termini di validità fino a nove anni dall'atto della stipula.

Il Sottosegretario di Stato per l'economia e per le finanze: Alberto Giorgetti.

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 20 agosto 2008 il quotidiano La Repubblica ha denunciato la sopraelevazione di un palazzo sito nel centro storico di Roma, adiacente il Pantheon, in contrasto con le vigenti norme urbanistiche e di tutela dei beni culturali;
il palazzo in questione è sede del Vicariato di Roma e rientra in quanto previsto agli articoli 15 e 16 del Trattato Lateranense;
in data 23 agosto l'ufficio stampa del sindaco di Roma ha reso noto che «Su disposizione del sindaco di Roma Gianni Alemanno nella giornata di ieri, agenti della Polizia Municipale si sono recati a Palazzo Maffei Marescotti, nei pressi del Pantheon, per verificare lo stato dell'arte relativamente alla sopraelevazione» e che «non è stato possibile per i Vigili accedere all'edificio per effettuare i controlli in quanto lo stesso gode del regime di extraterritorialità»;
che sul citato Palazzo è apposta, analogamente ad altri palazzi nella disponibilità della Santa Sede, una targa in cui è scritto «zona extraterritoriale»;

Palazzo Maffei Marescotti non è definibile come extraterritoriale, ricadendo pienamente nel territorio italiano, bensì ai sensi dell'articolo 15 del Trattato gode delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri;
l'area in cui sarebbe avvenuta la sopraelevazione, che secondo le norme italiane configura il reato di abuso edilizio, è di altissimo valore paesaggistico, storico ed artistico;
la sopraelevazione si aggiunge ad un'altra realizzata sul medesimo palazzo nel 2001, ed unitamente alla successiva muta in maniera sostanziale il paesaggio e l'integrità del paesaggio che comprende il Pantheon;
l'articolo 16 del Trattato prevede che: «È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili, indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l'assetto che creda, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali e comunali Italiane, le quali possono all'uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica»;
la sopraelevazione si trova a meno di 30 metri dalla sede del Partito radicale, ed in particolare solo grazie ad essa è possibile da Palazzo Maffei Marescotti vedere direttamente nelle finestre di diversi uffici occupati da deputati, così come di ricevere la rete wireless utilizzata dai soggetti politici radicali per le comunicazioni informatiche e telefoniche ciò suscita negli interroganti la preoccupazione che, questa situazione determini una possibilità di controllo visivo, acustico, ambientale ed informatico di un partito politico italiano peraltro il più esposto al confronto e al contenzioso politico, giuridico, culturale e religioso con lo Stato proprietario del citato palazzo;
dottrina e giurisprudenza internazionali sono pressoché unanimi nel negare correttezza alla definizione di extraterritorialità per i palazzi di cui all'articolo 15 del Trattato lateranense, affermando invece che, pur godendo di alcune specifiche immunità, sono a tutti gli effetti da considerarsi territorio dello Stato italiano, su cui esiste quindi il diritto di sovranità che si manifesta per ogni altro aspetto -:
quale sia l'ambito di applicazione dell'articolo 16 del Trattato lateranense, in particolare della locuzione «è in facoltà della Santa Sede dare a questi immobili l'assetto che creda», allorché l'immobile che ricade su territorio italiano sia inserito in un contesto urbano, come nel caso di Palazzo Maffei Marescotti che è nel cuore del centro storico della Capitale d'Italia, ed in particolare quando eventuali edificazioni mutino il paesaggio, l'ambiente urbano e i beni culturali anche italiani;
se esistano, all'interno degli accordi bilaterali tra Stato italiano e Conferenza episcopale italiana, anche in materia di beni culturali ed artistici, disposizioni che disciplinino i casi di edificazione in zone soggette all'articolo 15 e 16 del Trattato, in special modo se collocate all'interno di contesti urbani e in grado di causare il mutamento del paesaggio e dell'ambiente italiano;
quali iniziative sono state assunte o verranno assunte dal Governo italiano nei confronti dello Stato della Città del Vaticano in virtù del rifiuto assoluto di accesso nella sede del Vicariato opposto ai funzionari di polizia municipale del Comune di Roma lo scorso 22 agosto, in particolare se il nostro corpo diplomatico sia stato o sarà interessato della questione;
quali sono le considerazioni del Ministero per i beni e le attività culturali in merito agli effetti della sopraelevazione e se vi siano state comunicazioni a riguardo da parte del Vicariato o di altri rappresentanti dello Stato della Città del Vaticano;
se non ritengano che la targa apposta di fronte ai palazzi di cui all'articolo 15 del Trattato lateranense, in cui si afferma la extraterritorialità dei medesimi, possa portare alla erronea conseguenza di considerare le sedi vaticane

in Italia come uno spazio non facente parte del territorio dello Stato italiano, e se intenda per questo motivo chiedere al nunzio apostolico in Italia l'immediata rimozione delle targhe apposte attualmente sui citati palazzi.
(4-01256)

Risposta. - Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo parlamentare in oggetto, si fa presente quanto segue.
La questione sollevata nella Sua interrogazione è strettamente connessa allo
status giuridico dell'immobile del Vicariato, la cui disciplina va ricondotta agli articoli 15 e 16 del Trattato lateranense.
Con riferimento, in particolare, all'ambito di applicazione di tale articoli, si fa presente che l'immobile in oggetto rientra in quelli individuati dall'articolo 15 del Trattato, che «benché facenti parte del territorio dello Stato italiano, godranno delle immunità riconosciute dal diritto internazionale alle sedi degli agenti diplomatici di Stati esteri».
Tale previsione comporta, da un lato, l'inviolabilità dei locali nei quali gli agenti dello Stato italiano non possono accedere - se non con il permesso dell'autorità responsabile dell'immobile - e, dall'altro, l'esenzione dalle misure di carattere esecutivo.
Anche la dottrina è del resto concorde nell'affermare che le sedi degli agenti diplomatici restano territorio dello Stato che li ricevono, ma lo Stato ospitante non è in potere di esercitarvi, senza il consenso degli agenti stessi, atti di coercizione.
Un'immunità, quindi, quella prevista per il palazzo del Vicariato, che segue il cosiddetto criterio funzionale, che mira a garantire l'autonomia e l'indipendenza delle attività che vi si svolgono.
In tale contesto può quindi essere ricondotto il rifiuto che l'autorità ecclesiastica ha opposto agli agenti della polizia municipale che intendevano «verificare lo stato dell'arte relativamente alla sopraelevazione».
Relativamente a quale sia l'ambito di applicazione dell'articolo 16 del Trattato lateranense, appare evidente come lo Stato italiano abbia assunto un chiaro impegno che mirava a concedere alla Santa Sede la garanzia di poter agire sugli immobili elencati nel comma 1, senza alcuna preventiva autorizzazione.
Cita, infatti, testualmente l'articolo 16: «È in facoltà della Santa Sede di dare a tutti i suddetti immobili indicati nel presente articolo e nei tre articoli precedenti, l'assetto che crede, senza bisogno di autorizzazioni o consensi da parte di autorità governative, provinciali o comunali italiane, le quali possono all'uopo fare sicuro assegnamento sulle nobili tradizioni artistiche che vanta la Chiesa Cattolica».
Con ciò significando, in particolare per quanto poi concerne la locuzione «è in facoltà della Santa Sede dare a questi immobili l'assetto che creda», che la Santa Sede - pur nella sua autonomia di gestione nella sistemazione degli immobili come affermato negli articoli citati - è chiamata appunto alle sue «nobili tradizioni artistiche».
Anche la pur limitata giurisprudenza in materia sembra seguire tale impostazione. Il caso che presenta le analogie più significative è rappresentato dalla vicenda che ha coinvolto il Palazzo di Propaganda Fide in Piazza di Spagna a Roma. Con l'ordinanza n. 26 del 30 gennaio 1985, la Corte Costituzionale dichiara l'infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 1 e seguenti della legge 27 maggio 1929, relativamente alla parte in cui viene data esecuzione all'articolo 16, secondo comma, del Trattato fra la Santa Sede e l'Italia. L'analogia è riscontrabile nel fatto che, oltre ad interessare l'applicazione del medesimo articolo 16, anche nel caso esaminato dalla Suprema Corte si trattava di un intervento di modificazione di un immobile ricoperto da immunità
ex articolo 15 del Trattato.
Infine, per quanto riguarda la targa apposta sul muro del Palazzo in questione che indica «zona extraterritoriale», probabilmente essa è eredità di una prassi internazionale, oramai decaduta, e intende indicare solo lo
status giuridico dell'immobile e non certo la sua estraneità al territorio italiano come chiaramente espressa nel Trattato Lateranense.
Il Ministro per i rapporti con il Parlamento: Elio Vito.

ZAMPARUTTI, MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, MECACCI, BERNARDINI e BELTRANDI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
un ampio articolo del Corriere della Sera del 22 settembre 2008, a firma Carlo Vulpio, pone una serie di questioni relative alla gestione delle risorse petrolifere della regione Basilicata, tra cui: quantità estratte e autorità di controllo; royalties; acquirenti; stream gas; incentivi alle compagnie petrolifere; permessi di estrazione; impatto ambientale dell'attività estrattiva...;
secondo le stime ufficiali riportate nell'articolo, i 47 pozzi del giacimento della Val d'Agri custodirebbero circa 465 milioni di barili (finora ne sono stati estratti quasi 11 milioni), che al valore corrente di 90-100 dollari al barile formano un tesoro da quasi 50 miliardi di dollari; la Basilicata, che produce circa l'ottanta per cento del petrolio estratto in Italia, non intenderebbe fermarsi a quello della Val d'Agri, estratto dall'Eni, perché dal 2011 comincerebbe a sfruttare - con Total, Esso e Shell - i giacimenti di Tempa Rossa, poco più a nord: altri 480 milioni di barili, altri 50 miliardi di dollari; e sarebbe inoltre pronta a far trivellare anche Monte Grosso, proprio a due passi da Potenza, dove ci sarebbe altro petrolio per 100 milioni di barili;
le royalties sul valore del greggio estratto e avviato al consumo, che le compagnie concessionarie devono corrispondere a Stato e regioni, sono state fissate al 7 per cento, una percentuale molto bassa rispetto a quella relativa ad altri Paesi produttori; di questo 7 per cento, il 30 per cento va allo Stato, mentre il 55 per cento e il 15 per cento vanno, rispettivamente, alle regioni e ai comuni interessati dall'attività estrattiva;
nel suddetto articolo, è riportato che, il 20 settembre 2007, il presidente della giunta regionale, Vito De Filippo, avrebbe chiesto all'Unmig (l'Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la geotermia, presso il ministero dello Sviluppo economico) «quanto petrolio è stato estratto in Basilicata dal 1995 a oggi... ma nella risposta dell'Unmig non ci sarebbe il dato richiesto... perché l'Unmig "ha facoltà", non il dovere, di verificare le quantità prodotte», dato che «a comunicare all'Unmig le quantità di petrolio estratto sarebbe "il responsabile unico di ogni concessione"; in altri termini, il controllore sarebbe lo stesso soggetto che dovrebbe essere controllato: l'unico a misurare il petrolio estratto sarebbe proprio colui che paga le royalties»;
«infatti - osserva Vulpio nel suo articolo - i 30 comuni lucani, a cui va il 15 per cento di quel 7 per cento che costituisce la royalty sul valore del greggio, ricevono direttamente dall'Eni l'estratto conto, in cui si dice: questa è la quantità che abbiamo prodotto e questo è quanto spetta a voi.»;
inoltre, dal suddetto articolo si evincerebbe che una certa quantità di petrolio estratto in Lucania sarebbe stato venduto alla Turchia, il che avverrebbe nel bel mezzo di un rialzo senza precedenti del prezzo del greggio e a discapito del fabbisogno nazionale;
ancora, nell'articolo del Corriere si afferma che «in questi anni centinaia di migliaia di tonnellate di stream gas (metano, etano, propano, butano), cioè quel gas che viene fuori assieme al petrolio, e definito «cedibile» dalla stessa Eni, è stato lasciato bruciare in torcia e quindi si è volatilizzato», con probabili ricadute sull'ambiente, l'agricoltura e la salute degli abitanti del luogo;
ad esempio, dallo studio effettuato dall'Università della Basilicata sui composti aromatici contenuti nel miele prodotto nella Valle dell'Agri e a Corleto Perticara (Potenza), zone di estrazione petrolifera lucane, emergerebbero fragranze al benzene e a tutti gli altri composti aromatici degli idrocarburi; mentre il monitoraggio regionale sulla ricaduta inquinante causata

dalle estrazioni petrolifere si limiterebbe a quattro o cinque parametri, nessuno dei quali indicativo della presenza nelle attività antropiche dei composti aromatici tipici degli idrocarburi (Il Resto, 19 luglio 2008);
tutto ciò mentre, si nota nell'articolo di Vulpio, «le compagnie petrolifere, per il 2008, attraverso la cosiddetta legge-obiettivo, hanno ottenuto come incentivo 850 milioni di euro di fondi pubblici.»;
secondo una ricostruzione del settimanale lucano Il Resto (articolo del 12 luglio 2008), la società «Gas della Concordia Spa» (poi Coopgas), di Concordia sul Secchia (Modena), il 26 aprile 2005, avrebbe ceduto per 11,2 milioni di euro alla sua controllata «Intergas Più» tutto il ramo d'azienda riguardante 17 permessi di coltivazione e 5 permessi di ricerca, tra cui quelli in Basilicata; dopo solo otto giorni, il 4 maggio 2005, la Intergas Più sarebbe stata acquistata per soli 10.000 euro da una multinazionale di diritto inglese, la «Mediterranean Oil and Gas Company»; la società inglese avrebbe poi assicurato il pagamento del valore reale della società italiana attraverso la sottoscrizione di azioni e obbligazioni convertibili da parte della Mizuho International, con sede a Londra, la Shepherd Investments International, con sede nelle Isole Vergini Britanniche, e la Stark Investment, con sede nelle Bermuda;
il 5 novembre 2007, la giunta regionale della Basilicata, con la delibera n. 1566, ha deciso all'unanimità di esprimere «Giudizio Favorevole di Compatibilità Ambientale relativamente al Progetto di perforazione di un pozzo esplorativo per ricerca di idrocarburi denominato "Monte Grosso 2", ubicato in agro del comune di Brindisi della Montagna (Potenza), proposto dalla Società Intergas Più S.r.l.»;
il 5 novembre 2007, lo stesso giorno della delibera che ha autorizzato la «ricerca» di idrocarburi in località Monte Grosso, sarebbero state scambiate diecimila azioni Med. Oil & Gas; il giorno successivo 12.600; nel mese seguente gli scambi giornalieri si sarebbero alternati fra 3.595 e 103.494; ma - sempre secondo notizie di stampa - qualcosa già si sapeva prima del 5 novembre, leggendo gli scambi del 19 ottobre 2007, quando in un solo giorno sarebbero passati di mano 2,373 milioni di azioni che al prezzo medio di 155,5 sterline per azione fanno la bellezza di 369 milioni di sterline (500 milioni di euro) (Il Resto, 5 gennaio 2008);
stando a quello che scrive nel suo «Annual Report 2007», la Mediterranean Oil and Gas Company conosceva già la consistenza del giacimento di Monte Grosso: fra i 64 ed i 109 milioni di barili, per un valore oscillante fra i 6,4 e 10,9 miliardi di dollari; inoltre, nel suo consuntivo annuale, MedOil scrive: «31 Ottobre, 4 permessi di ricerca sulla terraferma in Italia assicurati» e più oltre si spiega che fra questi è incluso Monte Grosso (Il Resto, 5 gennaio 2008);
il pozzo esplorativo Monte Grosso 2, come esplicita il verbale della seduta del 10 agosto 2007 del Comitato Tecnico Regionale Ambiente, «rappresenta la riperforazione del pozzo Monte Grosso 1, eseguito nel 1998-99 da British Gas International e British Gas Rimi Spa (diventata poi Gas della Concordia Spa, società che controlla il 100 per cento della Società Intergas Più, concessionaria di Monte Grosso 2 e, come detto sopra, acquistata per 10.000 euro dalla multinazionale Mediterranean Oil and Gas Company, Ndr), che non raggiunse l'obiettivo per motivi tecnici»; in realtà, il primo pozzo venne abbandonato in seguito a una frana del sottosuolo, dove - scrive il Comitato Tecnico Regionale Ambiente - «sono presenti numerose e diffuse sensibilità ambientali»;
a giudizio degli interroganti, nelle vicende su descritte non vi è stata né la dovuta trasparenza né una informazione adeguata ai cittadini, a partire da quelli lucani -:
se, atteso che l'Unmig (Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e la

geotermia), in base alle norme vigenti, «ha facoltà», non il dovere, di verificare le quantità di idrocarburi prodotte, non sia il caso di assumere iniziative volte a modificare sostanzialmente le attuali norme e, comunque, cosa intenda fare il governo per superare l'attuale sistema che affida al controllato, cioè il rappresentante unico delle società concessionarie, il controllo, vale a dire la corretta misurazione delle quantità prodotte e avviate al consumo, da cui dipende il valore - già molto più basso percentualmente rispetto ad altri Paesi - delle royalties da corrispondere allo Stato e alle regioni;
se corrisponda al vero che - e, nel caso, quanta - parte del petrolio estratto in Basilicata sia stata venduta in Turchia;
se i milioni di tonnellate di gas estratto assieme al petrolio (metano, etano, propano, butano), che l'ENI definisce «gas-cedibile», siano stati almeno in parte usati - e in che misura - e quanti invece si siano volatilizzati o siano stati lasciati bruciare in torcia con le relative conseguenze per l'ambiente e la salute pubblica;
a questo proposito, cosa si stia facendo a livello locale o cosa il Governo intenda fare per monitorare la situazione secondo parametri scientifici volti e atti a rilevare in tutte le attività antropiche la presenza o meno di composti aromatici degli idrocarburi, oltre che per informare adeguatamente la popolazione sulla eventuale ricaduta inquinante causata dalle estrazioni petrolifere;
se, data la rilevanza di un passaggio all'estero di proprietà e controllo dei diritti di sfruttamento delle risorse del sottosuolo italiano, vi sia stata, e da parte di quale organismo, una autorizzazione preventiva al trasferimento di quote di titolarità dei titoli minerari mediante cessione di ramo d'azienda dalla società italiana «Intergas Più s.r.l.» alla società estera Mediterranean Oil & Gas Company;
se, al di là dei diecimila euro pagati il 4 maggio 2005 da Mediterranean Oil and Gas Company per l'acquisto di «Intergas Più», risulti che il valore reale di quest'ultima sia stato successivamente pagato attraverso sottoscrizioni di quote azionarie, e di quale società o banca;
se si sia provveduto ad effettuare i dovuti controlli e quale sia stato l'esito, sullo scambio o tratte di azioni da parte di Mediterranean Oil and Gas Company o sue collegate, nel periodo che va dal 19 ottobre 2007 (quando sarebbero state scambiate ben 2.373.000 azioni, per un valore di 500 milioni di euro) fino al mese successivo al 5 novembre 2007, quando Med Oil e Gas Concordia Spa avrebbero scambiato diecimila azioni;
se, dopo la prima perforazione fallita nel 1998-99, si sia proceduto al ripristino ambientale, alle condizioni preesistenti, dell'area di Monte Grosso in Basilicata e se il Governo, per quanto gli compete ai sensi della legge n. 239 del 2004, consideri opportuno che sia stata autorizzata una seconda perforazione nella stessa area e a partire dalla stessa piattaforma, peraltro ad opera della stessa società della prima perforazione.
(4-01191)

Risposta. - In relazione ai numerosi quesiti posti nell'interrogazione in esame, di seguito e per ciascuno di essi, si rappresenta quanto segue.

Quesito 1.

Atteso che l'Ufficio nazionale minerario idrocarburi e geotermia (UNMIG), in base alle norme vigenti, ha facoltà, non il dovere, di verificare le quantità di idrocarburi prodotte:
a) non sia il caso di assumere iniziative volte a modificare sostanzialmente le attuali norme;
b) e comunque, cosa intenda fare il Governo per superare l'attuale sistema che affida al controllato, cioè al rappresentante unico delle società concessionarie, il controllo, vale a dire la corretta misurazione delle quantità prodotte e avviate al consumo;

c) da cui dipende il valore - già molto più basso percentualmente rispetto ad altri Paesi - delle royalty da corrispondere allo Stato e alle regioni.

1a) - L'UNMIG svolge, attraverso gli uffici territoriali di Bologna, Roma e Napoli, l'attività ispettiva sul territorio italiano. Tale attività ispettiva è svolta da ingegneri e periti che sono ufficiali di polizia giudiziaria, in qualità di autorità di vigilanza. Le norme vigenti affidano il controllo di produzione al Ministero dello sviluppo economico, che lo svolge attraverso funzionari della sezione Unmig territorialmente competente, ufficio di Napoli, nel caso in questione, con frequenza almeno trimestrale.
1b) - La misurazione delle quantità prodotte e avviate al consumo è effettuata con strumenti di misura che, nelle loro parti essenziali, sono approvati e verificati dall'Unmig. Un'eventuale loro manomissione costituisce una frode che, come tutti i reati, va risolta in sede giudiziaria, non amministrativa.
1c) - Il valore delle
royalty dipende dalle scelte effettuate, in materia di politica energetica, dalla nazione. In generale, le royalty basse sono concepite per attrarre investitori e ciò avviene nei paesi privi di risorse abbondanti e «facili». In generale, le royalty basse favoriscono la ricerca e lo sfruttamento delle risorse, privilegiando il concetto di sicurezza degli approvvigionamenti (intesa come moltiplicazione delle fonti di approvvigionamento e riduzione della dipendenza dalle importazioni).
Il valore delle
royalty può essere certamente modificato. Occorre precisare, tuttavia, che poiché gli investimenti nel settore vengono fatti in un'ottica di lungo periodo (decine di anni), le royalty non possono essere modificate frequentemente, pena la perdita di credibilità dello Stato e la fuga degli investitori.

Quesito 2.

Se corrisponda al vero che - e, nel caso, quanta - parte del petrolio estratto in Basilicata sia stata venduta in Turchia.
Gli operatori privati, una volta pagate le
royalty, sono liberi di disporre della propria quota di produzione. Anzi, se la vendita all'estero del prodotto assicura un maggior profitto rispetto alla vendita sul mercato nazionale, gli amministratori delle società sono obbligati, nei confronti dei propri stakeholder, a perseguire tale strada.

Quesito 3.

Se i milioni di tonnellate di gas estratto assieme al petrolio (metano, etano, propano, butano), che l'Ente nazionale idrocarburi (ENI) definisce «gas cedibile», siano stati almeno in parte usati - e in che misura - e quanti invece si siano volatilizzati o siano stati lasciati bruciare in torcia con le relative conseguenze per l'ambiente e la salute dei cittadini.
Il gas non si «volatilizza». O viene sfruttato (bruciato per usi interni all'impianto di trattamento, bruciato per generazione o cogenerazione elettrica, ceduto alla rete di distribuzione), oppure viene bruciato in torcia. In generale, il gas viene ceduto alla rete di distribuzione quando i quantitativi giustificano il relativo investimento (realizzazione delle linee di collegamento, eventuali compressori, se necessario). In caso contrario, si valuta l'opportunità di utilizzarlo per cogenerazione elettrica; se neanche questa strada è percorribile il gas viene bruciato in torcia (è il caso, ad esempio, delle prove di produzione, quando l'estrazione avviene con il supporto di infrastrutture di produzione temporanee allo scopo di acquisire conoscenze sul comportamento del giacimento).
Nel caso della concessione Val d'Agri, cui gli interroganti fanno riferimento, si ricorda che l'attuale consistenza deriva dall'unificazione di diverse concessioni preesistenti.
Nell'ambito di tale concessione, nel 1996 fu avviato il «Centro oli monte Alpi» poi, ampliato nel «Centro oli val d'Agri» nel periodo 2001-2004.
Presso tale centro di raccolta e trattamento vengono convogliati gli idrocarburi prodotti in alcuni dei pozzi attivi nell'ambito

della concessione «Val d'Agri». Altri pozzi, perforati a scopo esplorativo, pur avendo dato esito positivo, non sono stati ancora collegati al centro oli, sia perché in attesa dei risultati delle prove di produzione, sia a causa di difficoltà di natura amministrativa nella realizzazione delle tubazioni interrate di collegamento.
Nel centro oli, il greggio in ingresso viene sottoposto ad un processo di separazione trifasica che interessa l'olio, il gas e l'acqua. A valle di tale trattamento, le tre fasi risultano distinte: l'acqua viene reiniettata in giacimento, l'olio viene inviato alla raffineria di Taranto tramite un oleodotto dedicato ed il gas, dopo ulteriori processi di desolforazione, disidratazione e degasolinaggio, viene ceduto alla rete di distribuzione nazionale, al netto dei quantitativi utilizzati per i consumi interni dell'impianto (ovvero alimentazione di apparecchiature di processo necessarie per la produzione) e per alimentare la torcia d'emergenza.
I consumi interni sono necessari per la produzione; la torcia di emergenza è necessaria per la sicurezza: essa infatti serve a scaricare il gas presente nell'impianto in caso di guasto grave.
La somma dei consumi interni (funzionali alla produzione) e del gas usato per alimentare i sistemi di sicurezza (torcia) costituisce l'
overhead del sistema. Sottraendo tale quantità alla produzione lorda si ottiene la produzione netta.
Il rapporto fra la produzione netta e la produzione lorda fornisce un'indicazione sull'efficienza del processo di trattamento e conferimento in rete del gas.
Dai dati del 2007 risulta che l'efficienza complessiva del centro oli è superiore al 90 per cento, mentre il gas utilizzato per alimentare la torcia di emergenza è stato ottimizzato fino a circa lo 0,5 per cento della produzione lorda.
Per avere un quadro complessivo delle emissioni in atmosfera, complessivamente riconducibili all'attività ricerca e coltivazione di idrocarburi nell'ambito della concessione «Val d'Agri», è necessario considerare anche i pozzi non allacciati al centro oli che, nel corso degli anni, sono stati oggetto, in modo discontinuo, di prove di produzione.
Quando un pozzo viene sottoposto a prova di produzione, il greggio estratto viene trattato con impianti provvisori per garantire la sicurezza delle lavorazioni e minimizzare il rischio ambientale. L'olio viene raccolto e trasportato tramite autocisterne, ma tutto il gas estratto, in assenza di un metanodotto che ne permetta un utile impiego, deve essere bruciato sul posto. Ciò comporta che, durante le prove di produzione, i quantitativi di gas bruciati possono essere anche rilevanti.
Si precisa che le prove di produzione si rendono necessarie per la comprensione delle dinamiche del giacimento, onde permettere una progettazione ottimale delle
facility di produzione ed una accurata valutazione dei relativi investimenti.
A regime, comunque, i pozzi produttivi dovranno essere tutti allacciati al centro oli, al fine di permettere l'ottimale sfruttamento sia dell'olio che del gas estratto. Pertanto, per il futuro, è ragionevole prevedere che il rapporto produzione netta/produzione lorda di gas si mantenga sui livelli sopra evidenziati, ovvero superiore al 90 per cento. Il collegamento dei pozzi al centro oli eliminerà, altresì, la necessità di trasportare l'olio per mezzo di autocisterne, con significativa riduzione dell'impatto ambientale e sociale.
Si segnala, infine, che, per quanto riguarda gli aspetti ambientali connessi alle emissioni in atmosfera derivanti dalle attività descritte, è competente la Regione Basilicata, che ha rilasciato apposita autorizzazione il 9 maggio 2003, facendo riferimento al decreto Valutazioni impatto ambientale (VIA) 3560 del 5 febbraio 1999.

Quesito 4.

A questo proposito, cosa si stia facendo a livello locale o cosa il Governo intenda fare per monitorare la situazione secondo parametri scientifici volti e atti a rilevare in tutte le attività antropiche la presenza o meno di composti aromatici degli idrocarburi,

oltre che per informare adeguatamente la popolazione sulla eventuale ricaduta inquinante causata dalle estrazioni petrolifere.
Per quanto riguarda le competenze del Ministero dello sviluppo economico, si fa presente che l'argomento è stato già trattato al punto precedente.
Per quanto concerne i controlli sulla qualità dell'aria, si precisa che tali controlli sono fatti di continuo sia dall'Eni, che passa tutti i dati alla regione, sia dalla regione che tramite l'Azienda regionale protezione ambientale Basilicata (ARPAB) ha una centralina di rilevamento continuo ed effettua, periodicamente, controlli spot.
Si precisa, inoltre, che, nel caso di paventato ed immediato pericolo per la salute della popolazione, i Sindaci, in quanto responsabili locali del servizio nazionale di protezione civile, adottano provvedimenti di emergenza (ordinanze urgenti) e/o chiedono l'intervento delle autorità competenti.

Quesito 5.

Se, data la rilevanza di un passaggio all'estero di proprietà e controllo dei diritti di sfruttamento delle risorse del sottosuolo italiano, vi sia stata, e da parte di quale organismo, una autorizzazione preventiva al trasferimento di quote di tilolarità dei titoli minerari mediante cessione di ramo d'azienda dalla società italiana «Intergas più s.r.l.» alla società estera «Mediterranean Oil & Gas Company».
Nel 2005, la società Gas della Concordia s.p.a cedette alla società Intergas Più s.r.l. il ramo d'azienda comprendente i permessi di ricerca e le concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. Ai sensi dell'articolo 18 della legge n. 613 del 1957, questo tipo di operazioni è subordinato alla preventiva autorizzazione ministeriale. Nel caso specifico, la cessione fu autorizzata, in via preliminare, con nota n. 5297 del 25 marzo 2005; con decreto 30 giugno 2005 fu sancito il trasferimento dei titoli minerari.
In data 11 marzo 2008, la società Intergas Più s.r.l. ha comunicato il cambio di denominazione, ragione e sede sociale in Medoilgas Italia s.p.a., chiedendo, quindi, che le proprie quote di titolarità dei permessi di ricerca e delle concessioni di coltivazione venissero intestate alla nuova società. In questo caso, non era richiesta nessuna approvazione, bensì la presa d'atto del cambio di denominazione della società. Il cambio di intestazione dei titoli minerari ebbe luogo con decreto ministeriale del 16 aprile 2008.
In generale, il passaggio di titolarità di permessi di ricerca e/o concessioni di coltivazione è sottoposto ad approvazione da parte del Ministero dello sviluppo economico in relazione all'accertamento della capacità tecnico-economica dell'operatore subentrante.
Il possesso delle suddette capacità costituisce condizione necessaria per lo svolgimento dell'attività estrattiva, con riferimento agli idrocarburi.
Non costituisce, invece, oggetto di prescrizioni, né di approvazioni o verifiche, da parte del Ministero dello sviluppo economico, la proprietà delle azioni e il corrispettivo pagato, nell'ambito della cessione di una società o di un ramo d'azienda.
Si chiarisce, infine, che Medoilgas Italia s.p.a. è una società italiana. Tale circostanza, tuttavia, non ha nessun particolare rilievo, per quanto di competenza del Ministero, atteso che, in base alla legislazione vigente, i titoli minerari vengono rilasciati a qualunque operatore con sede nell'Unione europea o proveniente da paesi con i quali vigano accordi di reciprocità. Pertanto, ogni considerazione relativa alla nazionalità dell'operatore, diversa dagli obblighi fissati dalla legge (ad esempio: avere una sede legale in Italia; possedere adeguati requisiti di natura tecnico-economica; eccetera), costituirebbe una discriminazione illecita ed una violazione del principio di libera concorrenza.

Quesito 6.

Se, al di là dei diecimila euro pagati il 4 maggio 2005 da «Mediterranean Oil and Gas Company» per l'acquisto di «Intergas

Più» risulti che il valore reale di quest'ultima sia stato successivamente pagato attraverso sottoscrizioni di quote azionarie, e di quale società o banca.
Il Ministero dello sviluppo economico non è a conoscenza delle condizioni stabilite nel contratto di vendita né di eventuali altre pattuizioni tra le parti, in quanto ciò esula dalle proprie competenze.

Quesito 7.

Se si sia provveduto ad effettuare i dovuti controlli e quale sia stato l'esito, sullo scambio o tratte di azioni da parte della Mediterranean Oil and Gas Company o sue collegate, nel periodo che va dal 19 ottobre 2007 (quando sarebbero state scambiate ben 2.373.000 azioni, per un valore di 500 milioni di euro) fino al mese successivo al 5 novembre 2007, quando Med Oil e Gas Concordia Spa avrebbero scambiato diecimila azioni.
Le citate operazioni non rientrano nelle competenze del Ministero dello sviluppo economico.

Quesito 8.

Se, dopo la prima perforazione fallita nel 1998-99, si sia proceduto al ripristino ambientale, alle condizioni preesistenti, dell'area di Monte Grosso in Basilicata.
La perforazione del pozzo «Montegrosso 1» da parte della società British Gas, nell'ambito del permesso di ricerca «San Bernardo», fu autorizzata dal competente ufficio Unmig di Napoli nel dicembre 1997. La perforazione ebbe inizio nell'agosto 1998, nel terreno di proprietà della regione Basilicata. Tale perforazione, così come la seconda denominata «Montegrosso 1-ST», autorizzata nel 1999, non andarono a buon fine.
Sia la perforazione del pozzo «Montegrosso 1» che quella del pozzo «Montegrosso 1-ST» furono chiusi tramite tappi di malta cementizia.
La chiusura del «Montegrosso 1-ST» fu autorizzata dall'Unmig di Napoli, con provvedimenti dell'agosto 1999, come temporanea, in considerazione del fatto che ulteriori perforazioni deviate sarebbero state possibili sempre partendo dal pozzo già eseguito, ad una certa profondità. Tuttavia, tale possibilità venne, successivamente, scartata e, quindi, l'Unmig di Napoli autorizzò, con provvedimento del novembre 1999, la chiusura mineraria del pozzo in questione. Poiché le cementazioni già eseguite risultavano idonee alla chiusura permanente, l'intervento consistette nella rimozione della testa pozzo e nella saldatura della flangia di chiusura.
Il verbale di chiusura mineraria del pozzo «Montegrosso 1-ST» fu redatto il 17 dicembre 1999.
Il piazzale di perforazione non fu smantellato, in vista di un suo utilizzo per altre future perforazioni. Peraltro, l'Unmig di Napoli, con nota del 25 gennaio 2000, ribadiva alla società detentrice del permesso di ricerca l'obbligo di mantenere l'area in sicurezza, fermo restando l'obbligo del ripristino dei luoghi una volta cessata l'attività di ricerca.
Attualmente, il titolo minerario relativo all'area in questione è detenuto dalla società Medoilgas Italia, la quale ha presentato istanza per la perforazione di un nuovo pozzo - «Montegrosso 2» - da realizzarsi partendo dalla postazione già esistente ed utilizzata per il «Montegrosso 1». Tale istanza è ancora in fase istruttoria poiché la regione Basilicata non ha rilasciato la prescritta intesa ex accordo Stato-regioni del 24 aprile 2001.
Appare evidente, pertanto, da un lato, la correttezza e la legittimità delle operazioni svolte finora nella predetta area, dall'altro, la ragione per la quale, fintanto che la fase esplorativa non sarà conclusa, il ripristino ambientale non avrà luogo.

Quesito 9.

Se il Governo, per quanto gli compete ai sensi della legge n. 239 del 2004, consideri opportuno che sia stata autorizzata una seconda perforazione nella stessa area e a partire dalla stessa piattaforma, peraltro

ad opera della stessa società della prima perforazione.
In merito alla possibilità che sia autorizzata una seconda perforazione nella stessa area, si precisa che la questione va inquadrata nell'ambito delle leggi vigenti e delle norme di buona tecnica.
Dal punto di vista minerario, poiché le due precedenti perforazioni non sono riuscite a raggiungere la profondità prefissata, l'ulteriore esplorazione è opportuna per accertare o escludere la presenza di un giacimento economicamente coltivabile. Peraltro, avendo già avuto luogo le precedenti perforazioni, non vi sono ragioni tecniche ostative alla realizzazione di un altro pozzo. Il riutilizzo del piazzale di perforazione già esistente ha l'effetto di minimizzare l'impatto sul territorio.
Dal punto di vista amministrativo l'autorizzazione non può essere rilasciata in mancanza di tutti gli altri atti di assenso previsti dalla legge, tra cui l'intesa regionale, dei quali l'ufficio Unmig di Napoli è in attesa.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Adolfo Urso.