XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di lunedì 27 luglio 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 27 luglio 2009.

Albonetti, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Donadi, Renato Farina, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliori, Milanato, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vitali, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, D'Amico, Donadi, Renato Farina, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Jannone, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Mecacci, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliori, Milanato, Molgora, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pecorella, Pescante, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vietti, Vitali, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 24 luglio 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CARLUCCI: «Norme contro il traffico e la vendita di organi prelevati da bambini» (2637);
CARLUCCI: «Disposizioni per la tutela del diritto allo studio dei bambini delle famiglie dello spettacolo viaggiante e del circo» (2638);
MAURIZIO TURCO: «Modifica all'articolo 6 della legge 1° aprile 1981, n. 121, concernente la dotazione di personale del Dipartimento della pubblica sicurezza, e delega al Governo in materia di ridefinizione della dipendenza gerarchica e delle funzioni dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza» (2639);
CASINI ed altri: «Disposizioni per il riequilibrio del carico fiscale della famiglia e introduzione del contributo alla genitorialità» (2640);
BERNARDINI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, in materia di depenalizzazione della coltivazione domestica di piante dalle quali possono essere estratte sostanze stupefacenti o psicotrope» (2641);
BACCINI: «Modifiche agli articoli 157, 600-bis, 600-septies e 609-quinquies del codice penale, in materia di prostituzione minorile, di corruzione di minorenne, nonché delle relative pene accessorie e della durata della prescrizione» (2642).
Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge VOLONTÈ: «Disposizioni in materia di donazione e di utilizzo a fini terapeutici e di ricerca di cellule staminali fetali, di cellule staminali da cordone ombelicale e di cellule staminali adulte» (361) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Nunzio Francesco Testa.

Assegnazione di un progetto di legge a Commissione in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, il seguente progetto di legge è assegnato, in sede referente, alla sottoindicata Commissione permanente:
II Commissione (Giustizia):
GOZI ed altri: «Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento interno allo Statuto della Corte penale internazionale» (1695) Parere delle Commissioni I, III (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), IV, V, VII, VIII e XII.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria del Gestore dei servizi elettrici (GSE) Spa, per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 114).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Unione italiana delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (UNIONCAMERE), per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 115).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla X Commissione (Attività produttive).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Cassa di previdenza e assistenza tra i dipendenti dell'ex Ministero dei trasporti e della navigazione, per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 116).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XI Commissione (Lavoro).

Trasmissione dal ministro per i rapporti con il Parlamento.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 16 luglio 2009, ha comunicato che è stata attivata, ai sensi della legge 21 giugno 1986, n. 317, come modificata dal decreto legislativo 23 novembre 2000, n. 427, la procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche di cui alla direttiva 98/34/CE, e successive modificazioni, in ordine al testo unificato delle proposte di legge Stefani ed altri: «Modifiche all'articolo 25 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, concernente le sanzioni per la violazione della disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi» (326), Raisi ed altri: «Nuova disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi» (1010) e Mattesini ed altri: «Modifiche all'articolo 5 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, in materia di marchi di responsabilità per gli oggetti in metallo prezioso, e all'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, in materia di contraffazione di prodotti nazionali, e altre disposizioni per la tutela del mercato dei prodotti di oreficeria, argenteria e gioielleria» (2032).
Le predette comunicazioni sono state trasmesse alla X Commissione (Attività produttive) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti atti e progetti di atti:
n. 11917/09 - Proposta di decisione quadro del Consiglio sul diritto all'interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali (COM(2009) 338 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla II Commissione (Giustizia);
n. 11815/09 - Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio concernente gli orientamenti per un migliore recepimento e una migliore applicazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente sul territorio degli Stati membri (COM(2009) 313 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla I Commissione (Affari costituzionali);
n. 11892/09 - Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio concernente misure volte a garantire la sicurezza dell'approvvigionamento di gas e che abroga la direttiva 2004/67/CE (COM(2009) 363 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
n. 12235/09 - Proposta di regolamento del Consiglio sulla comunicazione alla Commissione di progetti di investimento nelle infrastrutture per l'energia nella Comunità europea e che abroga il regolamento (CE) n. 736/96 (COM(2009) 361 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla X Commissione (Attività produttive);
n. 11873/09 - Comunicazione della Commissione; Garantire mercati dei derivati efficienti, sicuri e solidi (COM(2009) 332 definitivo), che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze).

Comunicazione di una nomina ministeriale.

Il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la comunicazione relativa alla conferma del professor Pierleonardo Zaccheo nell'incarico di commissario straordinario dell'Ente parco nazionale della Val Grande.
Tale comunicazione è trasmessa alla VIII Commissione (Ambiente).

Richiesta di parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 24 luglio 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del professor Enrico Giovannini a presidente dell'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) (42).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla I Commissione (Affari costituzionali).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

DISEGNO DI LEGGE: CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 1o LUGLIO 2009, N. 78, RECANTE PROVVEDIMENTI ANTICRISI, NONCHÉ PROROGA DI TERMINI E DELLA PARTECIPAZIONE ITALIANA A MISSIONI INTERNAZIONALI (A.C. 2561-A)

A.C. 2561-A - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
le discipline del lavoro devono diventare sempre più flessibili sia per il cambiamento profondo della domanda di lavoro sia per la crisi occupazionale che interessa le imprese, le iniziative produttive, le strutture pubbliche se si vuole rispondere attentamente alla sfida della difficile situazione economica e finanziaria caratterizzata da pochi investimenti, dalle difficoltà delle imprese che rendono molto incerto il quadro sociale del Paese;
la legge 24 dicembre 2007, n. 247, nella disciplina delle procedure per la somministrazione di lavoro a tempo determinato, prevedeva il limite massimo di 36 mesi che non poteva essere superato da ulteriori nomine tramite le agenzie di formazione;
tale vincolo è stato superato con una particolare deroga dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, che consente alla contrattazione collettiva ai vari livelli di derogare al limite massimo precedentemente stabilito,

impegna il Governo

nella predisposizione delle nuove discipline per affrontare seriamente il problema del lavoro a tempo determinato con i relativi vincoli, ad estendere, con opportuni accertamenti e verifiche, a tutto il sistema degli enti pubblici l'applicazione rigorosa del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per consentire il superamento del vincolo - limite di 36 mesi previsto dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, per procedere alla chiamata al lavoro anche di quegli operatori, che sono stati impegnati per il periodo previsto dalle norme allora vigenti.
9/2561-A/1. Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
le famiglie in modo particolare si trovano in drammatiche situazioni economiche - finanziarie soprattutto quelle monoreddito perché per la irrisoria quantità di risorse disponibili non possono affrontare le spese quotidiane e gli oneri previsti, dai servizi essenziali per mantenere in dignitosa accoglienza la propria abitazione;
tutti i provvedimenti finora adottati in maniera diversa e frammentaria non hanno affrontato seriamente il problema della sopravvivenza delle famiglie monoreddito residenti nelle aree di edilizia economica - popolare che vivono con difficoltà la situazione in ordine ai servizi erogati,

impegna il Governo

ad adottare verso le famiglie residenti nelle aree di edilizia economica - popolare e che vivono in maniera precaria o con la pensione sociale o con la pensione di invalidità o con un salario monoreddito inadeguato ed impari, rispetto agli oneri mensili, misure agevolative, risparmi o integrazioni di reddito miranti a ridurre i costi delle spese inerenti alla utilizzazione del gas di città per i servizi essenziali alla dignità della famiglia.
9/2561-A/2. Giorgio Merlo, Mario Pepe (PD).

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 1279-1280, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) hanno istituito l'Ente Italiano per la Montagna (E.I.M), ente di ricerca vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali e contestualmente soppresso l'IMONT, trasferendo al nuovo ente i suoi impegni e funzioni, il patrimonio, i beni mobili, le attrezzature in dotazione e l'attuale dotazione organica;
il successivo comma 1282 ha disposto che al funzionamento dell'EIM si provvederà in parte con le risorse disponibili che verranno trasferite su apposito capitolo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella misura assegnata all'IMONT, e in parte con il concorso finanziario dei soggetti che aderiranno alle attività del medesimo;
l'articolo 2, comma 45, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), specifica che il citato comma 1282 si interpreta nel senso che le risorse da trasferire all'Ente italiano montagna (EIM) sono tutte quelle complessivamente già attribuite all'Istituto nazionale della montagna (IMONT) al 1o gennaio 2007;
l'articolo 41, comma 15, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha assegnato all'Ente Italiano Montagna (EIM) un contributo di euro 2.800.000 per l'anno finanziario 2009, ponendo la copertura dell'onere a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il funzionamento degli enti di ricerca,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative legislative in sede di predisposizione del disegno di legge finanziaria per il 2010 al fine di assegnare all'Ente Italiano per la Montagna le risorse convenute al fine di poterne garantire il funzionamento.
9/2561-A/3. Quartiani, Caparini.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1, commi 1279-1280, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007) hanno istituito l'Ente Italiano per la Montagna (E.I.M), ente di ricerca vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali e contestualmente soppresso l'IMONT, trasferendo al nuovo ente i suoi impegni e funzioni, il patrimonio, i beni mobili, le attrezzature in dotazione e l'attuale dotazione organica;
il successivo comma 1282 ha disposto che al funzionamento dell'EIM si provvederà in parte con le risorse disponibili che verranno trasferite su apposito capitolo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, nella misura assegnata all'IMONT, e in parte con il concorso finanziario dei soggetti che aderiranno alle attività del medesimo;
l'articolo 2, comma 45, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), specifica che il citato comma 1282 si interpreta nel senso che le risorse da trasferire all'Ente italiano montagna (EIM) sono tutte quelle complessivamente già attribuite all'Istituto nazionale della montagna (IMONT) al 1o gennaio 2007;
l'articolo 41, comma 15, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ha assegnato all'Ente Italiano Montagna (EIM) un contributo di euro 2.800.000 per l'anno finanziario 2009, ponendo la copertura dell'onere a valere sulle risorse del Fondo ordinario per il funzionamento degli enti di ricerca,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative legislative in sede di predisposizione del disegno di legge finanziaria per il 2010 al fine di assegnare all'Ente Italiano per la Montagna le risorse convenute al fine di poterne garantire il funzionamento.
9/2561-A/3.(Testo modificato nel corso della seduta)Quartiani, Caparini.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 1 del provvedimento in esame, ai commi 7 e 8, contiene nuove disposizioni per incentivare la possibilità, per i lavoratori che sono destinatari di trattamento di sostegno al reddito, di cassa integrazione e di mobilità, di avviare un'attività imprenditoriale autonoma anche associandosi in cooperativa;
il lavoratore, successivamente all'ammissione al beneficio e prima dell'erogazione del medesimo, deve dimettersi dall'impresa di appartenenza;
le somme corrisposte sono cumulabili con il beneficio di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49;
tale previsione di cumulabilità risulta, allo stato, inapplicabile, in quanto le società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, sono prive delle risorse finanziarie necessarie;
le suddette risorse, per un importo pari a 41 milioni di euro, sono state impegnate a favore delle società finanziarie dal Ministero dello sviluppo economico con decreto del 20 dicembre 2005, ma non erogate nei termini utili e, pertanto, risultano perente agli effetti amministrativi;
lo stesso Ministero dello sviluppo economico, con nota del 1o luglio 2008, ha chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la riassegnazione di tale somma sul capitolo n. 7342/81, e, con nota del 10 marzo 2009, ha reiterato detta richiesta di riassegnazione, segnalando, nel contempo «l'estrema urgenza di provvedere, in modo da consentire nel corrente esercizio finanziario l'erogazione degli importi»;
fra alcuni dei lavoratori appartenenti ad aziende in crisi, spesso dotati di buona professionalità e di capacità organizzativa e imprenditoriale, con l'entrata in vigore del provvedimento in esame, si creerebbe una legittima aspettativa circa la possibilità di avviare un'attività imprenditoriale autonoma mediante la loro associazione in cooperativa;
la cumulabilità del capitale proprio con quello delle finanziarie e la possibilità di accesso ai finanziamenti previsti dalla citata legge n. 49 del 1985 rappresenta un fattore fondamentale per il successo dell'iniziativa, stanti le difficoltà storiche, per le cooperative, di disporre di una sufficiente capacità patrimoniale e di accedere al credito bancario, difficoltà che l'attuale crisi economica generale aggrava in misura consistente,

impegna il Governo

nell'ambito delle disposizioni attuative di cui al comma 8-bis dell'articolo 1 del presente provvedimento, a provvedere alla tempestiva riassegnazione ed erogazione delle somme perente già impegnate a favore delle società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49.
9/2561-A/4. Vignali.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento in esame, ai commi 7 e 8, contiene nuove disposizioni per incentivare la possibilità, per i lavoratori che sono destinatari di trattamento di sostegno al reddito, di cassa integrazione e di mobilità, di avviare un'attività imprenditoriale autonoma anche associandosi in cooperativa;
il lavoratore, successivamente all'ammissione al beneficio e prima dell'erogazione del medesimo, deve dimettersi dall'impresa di appartenenza;
le somme corrisposte sono cumulabili con il beneficio di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49;
tale previsione di cumulabilità risulta, allo stato, inapplicabile, in quanto le società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, sono prive delle risorse finanziarie necessarie;
le suddette risorse, per un importo pari a 41 milioni di euro, sono state impegnate a favore delle società finanziarie dal Ministero dello sviluppo economico con decreto del 20 dicembre 2005, ma non erogate nei termini utili e, pertanto, risultano perente agli effetti amministrativi;
lo stesso Ministero dello sviluppo economico, con nota del 1o luglio 2008, ha chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la riassegnazione di tale somma sul capitolo n. 7342/81, e, con nota del 10 marzo 2009, ha reiterato detta richiesta di riassegnazione, segnalando, nel contempo «l'estrema urgenza di provvedere, in modo da consentire nel corrente esercizio finanziario l'erogazione degli importi»;
fra alcuni dei lavoratori appartenenti ad aziende in crisi, spesso dotati di buona professionalità e di capacità organizzativa e imprenditoriale, con l'entrata in vigore del provvedimento in esame, si creerebbe una legittima aspettativa circa la possibilità di avviare un'attività imprenditoriale autonoma mediante la loro associazione in cooperativa;
la cumulabilità del capitale proprio con quello delle finanziarie e la possibilità di accesso ai finanziamenti previsti dalla citata legge n. 49 del 1985 rappresenta un fattore fondamentale per il successo dell'iniziativa, stanti le difficoltà storiche, per le cooperative, di disporre di una sufficiente capacità patrimoniale e di accedere al credito bancario, difficoltà che l'attuale crisi economica generale aggrava in misura consistente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito delle disposizioni attuative di cui al comma 8-bis dell'articolo 1 del presente provvedimento, di provvedere alla tempestiva riassegnazione ed erogazione delle somme perente già impegnate a favore delle società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49.
9/2561-A/4.(Testo modificato nel corso della seduta)Vignali.

La Camera,
premesso che:
l'economia nazionale e mondiale è alle prese con una difficile crisi che sta mettendo alla prova soprattutto le piccole e medie imprese;
tale situazione è stata originata principalmente dalla speculazione finanziaria sganciata da qualsiasi forma di controllo;
è stata abolita la commissione di massimo scoperto, ma gli istituti di credito hanno introdotto altri costi a carico della clientela;
le banche, nonostante lo sforzo fatto dallo Stato per rafforzare il sistema bancario, anziché supportare le aziende, tendono a «fare cassa» dimenticando il loro ruolo di propulsione per lo sviluppo economico e sociale;
molte banche erogano denaro con lentezza e richiedono sempre maggiori garanzie alle piccole e medie imprese che vivono un momento di difficoltà transitoria,

impegna il Governo:

a sollecitare le banche affinché operino con maggiore trasparenza e correttezza;
a valutare l'opportunità di rivedere i parametri di Basilea 2.
9/2561-A/5. Follegot.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS), istituito con la legge 163 del 1985, è lo strumento finanziario attraverso il quale lo stato sostiene le attività del settore spettacolo, sia del cinema che dello spettacolo dal vivo, rifinanziato ogni anno con la legge finanziaria, viene ripartito tra i vari settori con un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali;
la gestione del suddetto Fondo consente, infatti, di assegnare contributi ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante, nonché di promuovere e sostenere manifestazioni ed iniziative di carattere e rilevanza nazionali da svolgere in Italia o all'estero;
la legge finanziaria 2007 aveva provveduto a reintegrare il FUS di 50 milioni annui per il triennio 2006-2008, prevedendo una dotazione di 444 milioni per il 2007 e di 544 milioni di euro per il 2008 e il 2009;
la finanziaria 2009 decurta tale fondo di circa 200 milioni di euro portando i finanziamenti al minimo storico;
l'inadeguatezza e la scarsità di tali stanziamenti per la produzione e l'industria dello spettacolo italiano potrebbero determinare, di fatto, la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa del Paese e necessitano di adeguatezza progettuale, sia in termini di finanziamento, sia in termini di programmazione e di politica di interventi;
la gravissima situazione finanziaria, che interessa in particolare lo spettacolo dal vivo, mette a rischio la possibilità di portare a termine la riforma del settore, attesa da più di trent'anni, attualmente in discussione nel comitato ristretto della settima commissione, con inedite e positive convergenze e con proficue innovazioni nei contenuti e nel metodo di lavoro;
lo stato in cui versano le fondazioni lirico-sinfoniche richiede un intervento urgente;
il cinema italiano vive una stagione felice, che potrà essere interrotta dalla mancanza di adeguate risorse per la crescita e la qualità del prodotto cinematografico e audiovisivo e dalla sottovalutazione dell'importanza dell'industria dei contenuti, essenziale per ricollocare l'Italia nel mercato europeo e globale della comunicazione;
lo spettacolo in Italia, nel suo complesso, conta all'incirca 250.000 addetti, tra artisti, tecnici, operatori, maestranze e una tale esiguità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto e il sistema dei diritti e degli ammortizzatori sociali;
assemblee e mobilitazioni hanno chiamato a raccolta tutto il mondo dello spettacolo fortemente preoccupato per i consistenti tagli;
è urgente intervenire al fine di evitare il blocco di ogni attività,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di reperire, nei provvedimenti finanziari dei prossimi mesi, risorse adeguate a garantire il ripristino del Fondo unico dello spettacolo almeno ai livelli stabiliti dalla Finanziaria 2007 per il triennio, a mettere in atto tutti i provvedimenti necessari a prevenire una crisi del settore, che potrebbe avere riflessi devastanti sulla intera industria culturale nazionale, e ad intraprendere con deci
sione la strada della valorizzazione e della crescita delle attività dello spettacolo, parte essenziale dell'identità nazionale.
9/2561-A/6. De Biasi, Carlucci, Granata, Ghizzoni, Veltroni, Barbareschi, Aprea, Melandri, Frassinetti, Nicolais, Giulietti, Ceccacci Rubino, Sarubbi.

La Camera,
premesso che:
la situazione economica nazionale e internazionale soffre di una crisi generalizzata;
tutti i settori, dal tessile alla meccanica, dal mobile-arredo all'immobiliare, ne risentono in modo consistente, tanto che il quadro macroeconomico prevede una riduzione del PIL per l'anno 2009 di oltre cinque punti percentuali e solo nel 2010 una lieve crescita positiva;
uno dei settori trainanti, poiché ha un impulso diretto sugli altri, è da sempre quello immobiliare ed in particolare il residenziale privato;
il «piano casa» darà sicuramente suoi frutti, ma non sarà da solo sufficiente a rilanciare gli investimenti,

impegna il Governo

ad elaborare strategie di settore, sentite le associazioni di categoria interessate, in grado di accelerare i tempi di ripresa dell'edilizia privata.
9/2561-A/7. Vanalli, Follegot.

La Camera,
premesso che:
il Governo si è impegnato a dare attuazione della sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee in materia di regime previdenziale INPDAP per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, sancita dalla sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di Giustizia UE, in violazione dell'articolo 141 del Trattato UE che riguarda «la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore»;
l'avvio del processo di armonizzazione del nostro sistema previdenziale per il pubblico impiego è stato incluso per emendamento nel decreto in esame (articolo 22-ter), andando a modificare l'articolo 2 comma 21 della legge 8 agosto 1995, n. 335;
tale riforma del regime INPDAP ha indicato proprio all'articolo 2 comma 21 della legge n. 335 modalità e tempi di armonizzazione come segue: «A decorrere dal 1o gennaio 2010, per le predette lavoratrici il requisito anagrafico di sessanta anni di cui al primo periodo del presente comma e il requisito anagrafico di sessanta anni di cui all'articolo 1, comma 6, lettera b), dello legge 23 agosto 2004, n. 242, e successive modificazioni, sono incrementati di un anno. Tali requisiti anagrafici sono ulteriormente incrementati di un anno, a decorrere dal 1o gennaio 2012, nonché di un ulteriore anno per ogni biennio successivo, fino al raggiungimento dell'età di sessantacinque anni»;
dalla riforma, come formulata nell'emendamento al decreto in esame, sono stati accertati risparmi per un ammontare totale di circa 2,5 miliardi di euro fino al 2018, data in cui i requisiti di vecchiaia dell'età pensionabile saranno equiparati tra uomini e donne nel pubblico impiego;
l'articolo 22-ter, comma 3, del decreto in esame prevede che le economie derivanti dall'attuazione del comma 1 e dunque dalla progressiva equiparazione dell'età pensionabile nel regime INPDAP, «confluiscono nel Fondo Strategico per il Paese o sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 18, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, e successive modificazioni, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza; a tale fine la dotazione del predetto fondo è incrementata di 120 milioni di euro nell'anno 2010 e 242 milioni di euro o decorrere dall'anno 2011»;
secondo il comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, il fondo cui il andrebbero destinate le risorse derivanti dalla misura di equiparazione è dedicato a investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione da parte delle imprese e dei centri di ricerca;
tale fondo non parrebbe idoneo per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza (così come previsto nel decreto in esame);
sia il «Fondo nazionale per le non autosufficienze», legge 27 dicembre 2006 n. 296, così come «il Fondo asili nido», di cui alla legge finanziaria 2002, sono stati istituiti presso il Ministero del lavoro e possono dunque operare indipendentemente dal Fondo Strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
il «Fondo nazionale per le non autosufficienze» è del tutto carente e ha ricevuto finanziamenti modesti rispetto alla domanda inevasa di servizi, specie nelle grandi città nonché nelle regioni meridionali, dove gli standard minimi di servizio alle voci assistenza e cura sono ben lontani dalle esigenze dei cittadini e delle cittadine del nostro Paese;
le risorse assegnate al Fondo per le non autosufficienze per gli anni 2008 e 2009, pari rispettivamente a 300 e 400 milioni di euro, sono state attribuite per un ammontare pari ad euro 299 milioni nel 2008 e 399 milioni nel 2009 alle Regioni e alle Province autonome di Trento e di Bolzano e per un ammontare di un milione di euro per ciascun anno al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
soltanto la Regione Emilia-Romagna dedica mediamente alla voce non autosufficienza tra i 300 e i 400 milioni di euro annui del proprio bilancio;
in Italia meno di 10 bambini su cento da zero a tre anni hanno accesso a un asilo nido, l'utenza potenziale è di 1.645.000 bambini e la capacità di risposta attuale è di 160 mila posti, quasi il 10 per cento, realizzata in 35 anni;
l'obiettivo minimo del 30 per cento di copertura asili nido per bambini da zero a tre anni stabilito dalla Strategia di Lisbona e da raggiungere entro il 2010, appare ormai irraggiungibile;
della carenza di servizi di assistenza e cura patiscono molte famiglie italiane e in particolare le donne, che secondo numerose ricerche e indagini, tra i primi motivi di inattività e di uscita dal mercato del lavoro segnalano la difficoltà di conciliazione tra impiego e famiglia e la necessità di doversi fare carico di bambini, anziani o malati, in mancanza di una rete di welfare che le sollevi da questo gravoso onere;
tale onere è molto spesso sottovalutato sia dalle famiglie per perduranti stereotipi culturali e disincentivi economici e lavorativi penalizzanti, che condannano ancora una volta la popolazione femminile al ruolo anacronistico di angelo del focolare;
anche lo Stato e la politica, specie in tempi di contenimento della spesa pubblica e crisi economica, trova più conveniente un gioco a somma positiva e un mantenimento dello status quo, uno status quo ingiusto, inefficiente in termini di produzione di ricchezza per il paese come testimoniato da numerosi studi sul rapporto virtuoso tra creazione di reti di servizi di assistenza e cura, occupazione femminile e PIL;
i dati sull'inattività, femminile - 63,7 per cento nel sud Italia - come rilevato dal rapporto ISTAT sulle forze lavoro e dal recente Rapporto SVIMEZ sul Mezzogiorno, segnalano come le donne stiano sempre più rinunciando ad entrare nel mercato del lavoro o ne escono definitivamente, non solo per la difficoltà nel ricercare un impiego, ma per il costo troppo alto dei servizi di cura e assistenza, che rendono il cambio poco favorevole, elevando così il salario di riserva,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a utilizzare le risorse derivanti dalla misura di equiparazione dell'età di vecchiaia nel regime INPDAP e che libererà quasi 2,5 miliardi nei prossimi 10 anni, esclusivamente per il «Fondo nazionale per le non autosufficienze» e il «Fondo asili nido», in proporzione rispettivamente di 2/3 e 1/3;
a intervenire sulle modalità di assegnazione e ripartizione del Fondo per le non autosufficienze, come specificato nelle lettere a e b del comma 2 dell'articolo 1 del decreto 6 agosto 2008 del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, dando priorità nell'assegnazione delle risorse alle aree nelle quali è più alta l'incidenza della disoccupazione femminile, ove gli obiettivi minimi di assistenza e cura sono ancora lontani e dove tali carenze rendono più difficile per le donne entrare e restare nel mercato del lavoro;
ad agire virtuosamente affinché nell'assegnazione di tali risorse non vi siano eccessive lentezze frutto di burocrazie locali spesso impreparate o poco attive nella presentazione di progetti di spesa, e a valutare l'utilizzo di strumenti come i voucher per i servizi, che hanno ottenuto grande successo in Francia e che vedono esperimenti riusciti in Italia, come il «PROGETTO ALFA» della Regione siciliana;
a stabilire un forte controllo sull'utilizzo dei fondi stanziati, valorizzando l'importante funzione di vigilanza e di iniziativa politica e sociale della rete locale delle consigliere di pari opportunità.
9/2561-A/8. Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

La Camera,
premesso che:
l'INPS ha portato a compimento, in questo ultimo decennio e nel 2008, un profondo percorso di cambiamento organizzativo, culturale, tecnologico e patrimoniale;
i processi di programmazione elaborati per l'anno 2009 si caratterizzano, infatti, sia per una forte spinta all'applicazione e al consolidamento di innovazioni tecnologiche ed informatiche (rilascio di nuovi applicativi e potenziamento dei supporti di hardware e di rete) sia per interventi di natura organizzativa ed informativa che modificano profondamente le prassi operative ed i comportamenti gestionali puntando alla creazione di ambienti consoni a realizzare le condizioni ottimali per il conseguimento di obiettivi di efficienza, trasparenza ed efficacia dei servizi resi;
per l'INPS e per gli altri enti di previdenza, a dimostrazione della considerazione che suscitano da parte sia del Governo che dell'opinione pubblica in genere, l'esecutivo ha previsto per quest'anno la disapplicazione del decreto-legge 25 giugno 1008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, proprio per la finalità per la quale la stessa disposizione legislativa è stata introdotta: ossia il voler ancorare la disapplicazione, per il 2009, delle disposizioni speciali che prevedono risorse aggiuntive dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, al riordino della materia del trattamento accessorio rivolta a definire una più stretta correlazione di tali trattamenti alle maggiori prestazioni lavorative ed allo svolgimento di attività di rilevanza istituzionale che richiedono particolare impegno e responsabilità, così come, peraltro, previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001, «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
l'INPS, già da molti anni, ha legato l'erogazione dei trattamenti accessori a criteri di produttività collettiva così come indicato alla lettera b) dell'articolo 45 sopra citato, collegando l'effettiva erogazione del trattamento all'apporto individuale del singolo dipendente. Nei contratti collettivi integrativi che si sono susseguiti nel tempo sono stati individuati obiettivi di erogazione delle prestazioni sia in termini quantitativi che qualitativi di «correntezza» di alcune prestazioni, nonché obiettivi di progetto (piani di azione) legati a processi di cambiamento e di innovazione tecnologica ed organizzativa opportunamente misurati attraverso rilevazioni ad hoc;
il livello delle prestazioni istituzionali viene valutato anche in termini di efficienza/produttività tecnica sulla base di indicatori di efficienza calcolati sia in relazione alle singole prestazioni, che di processo nonché di struttura o sede. Il sistema degli indicatori tiene conto del personale impiegato nelle linee di processo nonché di tutto il personale in servizio presso la sede operativa in maniera tale che l'efficienza delle struttura possa essere valutata, a prescindere dai periodi di assenza dei dipendenti;
l'INPS ha, inoltre, completato il percorso di riordino e potenziamento dei meccanismi dei controlli interni previsti dal decreto legislativo n. 286 del 1999 e ha già provveduto, con riferimento alla dirigenza, all'adozione di un sistema di valutazione, quale presupposto al configurarsi di ipotesi di responsabilità dirigenziale in caso di risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione o di mancato raggiungimento degli obiettivi valutati con sistemi e garanzie previsti dalle normative vigenti;
parallelamente a questo percorso di oggettiva efficienza organizzativa a cui va il nostro plauso di cittadini fruitori di servizi e di contribuenti che partecipano ai costi per erogare gli stessi, l'INPS ha subito una costante e progressiva flessione della consistenza del proprio personale per l'effetto delle disposizioni normative di blocco delle assunzioni che si sono succedute al fine di contenere la spesa pubblica;
mentre aumenta il livello di efficienza e diminuisce il personale, aumentano le competenze dell'Istituto quali, tra le ultime, il trasferimento delle funzioni relative alle commissioni mediche di verifica dal Ministero dell'economia e delle finanze e il trasferimento dei servizi erogati dalla Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi (Sportass), da poco soppressa, a cui si sono aggiunti nel 2009 la gestione dell'acquisizione delle domande di bonus fiscale e della Carta acquisti, ed il Piano straordinario di verifica delle invalidità civili;
nonostante l'Istituto abbia proceduto, giustamente a giudizio dei presentatori, ad un progressivo contenimento delle dotazioni organiche, si è verificato un incremento costante dello scostamento della consistenza del personale rispetto all'organico, da uno 0,17 per cento nel 1998 si è passati ad un 15,33 per cento del 2008;
con l'applicazione del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 lo scostamento si riduce ad un 7,84 per cento nel 2008;
mentre la missione istituzionale dell'INPS si è sempre più ampliata a seguito di interventi legislativi, l'efficienza e la qualità dei servizi erogati deve necessariamente essere accompagnata da una oculata gestione delle risorse umane;
la flessione della consistenza del personale riguarda tutte le qualifiche e le posizioni economiche, ma l'area C ha subito nello stesso periodo un fenomeno a prima vista contraddittorio: un addensamento e un contestuale decremento di personale dovuto alla elevata età media dello stesso e al conseguente raggiungimento dei requisiti pensionabili;
questo personale svolge il maggior carico di lavoro, per cui un suo ulteriore decremento costituirebbe un irreparabile danno che pagherebbero nell'immediato soltanto pensionati e lavoratori;
in base ad un semplice calcolo basato sulla consistenza del personale, sull'età media dello stesso e sui requisiti pensionistici, nei prossimi tre anni a venire l'Istituto perderà circa 6.500 unità, 1.800 nel 2008, 1.600 nel 2009, 2.000 nel 2010 e 1.100 nel 2011, tra i più qualificati, esperti e meglio professionalizzati;
gli organi di vertice dell'INPS, in questi ultimi anni, hanno fatto ogni possibile sforzo per evitare che questo tracollo di personale ricadesse sull'efficienza dei servizi erogati attraverso le procedure di mobilità inter enti ed i pochi concorsi esterni banditi per poche centinaia di posti;
nel mese di gennaio di quest'anno, si sono svolte le prove delle selezioni interne di riqualificazione del personale dell'Istituto a cui hanno partecipato più di ventimila dipendenti. Un vero e proprio concorso per titoli ed esami che ha riguardato tutte le aree professionali;
a giudizio dei presentatori, sollecitati in questo dal Coordinamento nazionale INPS della UIL p.a., dall'UGL-Fedep e dalla CISL FP-INPS, sono numerose le azioni che si dovranno intraprendere per evitare il collasso organizzativo dell'INPS;
innanzitutto bisognerebbe dare seguito in tempi brevissimi ai nuovi inquadramenti professionali a seguito della conclusione delle selezioni interne svoltesi a gennaio di quest'anno;
vi sono due concorsi banditi, uno per 50 posti da B1 e un secondo per 108 da C1, non ancora espletati che sono stati rinviati per ben tre volte e che occorre definire in tempi brevissimi;
anche se ambedue le iniziative fossero definite in tempi brevi, rimane per il 2009 ed il 2010 una situazione di organico al limite del collasso ed occorrerebbe bandire almeno altri due o tre concorsi per aree e funzioni, sia per gli amministrativi che per gli ispettori;
a giudizio dei presentatori, inoltre, bisognerebbe autorizzare, visti i vincoli normativi vigenti, l'INPS ad assumere tutti gli idonei alle selezioni interne, soprattutto quello relativo al passaggio tra le aree B e C, vale a dire il personale interessato alla posizione C1;
per risolvere il problema delle mansioni superiori, che sta causando innumerevoli procedimenti giudiziari davanti al giudice del lavoro e che vedono l'Istituto soccombere regolarmente, è opportuno che tutti gli idonei alle selezioni per le posizioni A2 e B2 vengano inquadrati in quelle posizioni con la stessa decorrenza prevista per i vincitori, e cioè il 31 dicembre 2006, e prevedere, già a partire da quest'anno, il percorso di riqualificazione di tutto il personale dell'Area A verso l'Area B in tempi certi, anche apportando le opportune modifiche al fabbisogno organico di personale dell'Area B;
per quanto riguarda le selezioni all'interno dell'Area C, quella con il maggior numero di personale e quella con le migliori professionalità, la spina dorsale dell'Istituto, sempre secondo i presentatori ed in base a quanto sostengono la UILPA-INPS, la UGL Fedep e la CISL FP-INPS, si dovrebbero inquadrare al 1o gennaio 2008 tutti gli idonei che vanno a ricoprire i posti resisi vacanti al 31 dicembre 2007, si dovrebbero inquadrare al 1o gennaio 2009 i restanti idonei rispetto ai posti resisi ulteriormente vacanti al 31 dicembre 2008, e prevedere una sessione unica di selezione per l'attribuzione di posizioni organizzative, vacanti al 31 dicembre 2008, per i neo C4, secondo la disciplina del CCNL vigente,

impegna il Governo

ad adottare tutte le opportune iniziative per risolvere le problematiche esposte in premessa.
9/2561-A/9. Lo Presti, Marsilio, Catanoso.

La Camera,
premesso che:
l'INPS ha portato a compimento, in questo ultimo decennio e nel 2008, un profondo percorso di cambiamento organizzativo, culturale, tecnologico e patrimoniale;
i processi di programmazione elaborati per l'anno 2009 si caratterizzano, infatti, sia per una forte spinta all'applicazione e al consolidamento di innovazioni tecnologiche ed informatiche (rilascio di nuovi applicativi e potenziamento dei supporti di hardware e di rete) sia per interventi di natura organizzativa ed informativa che modificano profondamente le prassi operative ed i comportamenti gestionali puntando alla creazione di ambienti consoni a realizzare le condizioni ottimali per il conseguimento di obiettivi di efficienza, trasparenza ed efficacia dei servizi resi;
per l'INPS e per gli altri enti di previdenza, a dimostrazione della considerazione che suscitano da parte sia del Governo che dell'opinione pubblica in genere, l'esecutivo ha previsto per quest'anno la disapplicazione del decreto-legge 25 giugno 1008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, proprio per la finalità per la quale la stessa disposizione legislativa è stata introdotta: ossia il voler ancorare la disapplicazione, per il 2009, delle disposizioni speciali che prevedono risorse aggiuntive dei fondi per il finanziamento della contrattazione integrativa, al riordino della materia del trattamento accessorio rivolta a definire una più stretta correlazione di tali trattamenti alle maggiori prestazioni lavorative ed allo svolgimento di attività di rilevanza istituzionale che richiedono particolare impegno e responsabilità, così come, peraltro, previsto dall'articolo 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001, «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche»;
l'INPS, già da molti anni, ha legato l'erogazione dei trattamenti accessori a criteri di produttività collettiva così come indicato alla lettera b) dell'articolo 45 sopra citato, collegando l'effettiva erogazione del trattamento all'apporto individuale del singolo dipendente. Nei contratti collettivi integrativi che si sono susseguiti nel tempo sono stati individuati obiettivi di erogazione delle prestazioni sia in termini quantitativi che qualitativi di «correntezza» di alcune prestazioni, nonché obiettivi di progetto (piani di azione) legati a processi di cambiamento e di innovazione tecnologica ed organizzativa opportunamente misurati attraverso rilevazioni ad hoc;
il livello delle prestazioni istituzionali viene valutato anche in termini di efficienza/produttività tecnica sulla base di indicatori di efficienza calcolati sia in relazione alle singole prestazioni, che di processo nonché di struttura o sede. Il sistema degli indicatori tiene conto del personale impiegato nelle linee di processo nonché di tutto il personale in servizio presso la sede operativa in maniera tale che l'efficienza delle struttura possa essere valutata, a prescindere dai periodi di assenza dei dipendenti;
l'INPS ha, inoltre, completato il percorso di riordino e potenziamento dei meccanismi dei controlli interni previsti dal decreto legislativo n. 286 del 1999 e ha già provveduto, con riferimento alla dirigenza, all'adozione di un sistema di valutazione, quale presupposto al configurarsi di ipotesi di responsabilità dirigenziale in caso di risultati negativi dell'attività amministrativa e della gestione o di mancato raggiungimento degli obiettivi valutati con sistemi e garanzie previsti dalle normative vigenti;
parallelamente a questo percorso di oggettiva efficienza organizzativa a cui va il nostro plauso di cittadini fruitori di servizi e di contribuenti che partecipano ai costi per erogare gli stessi, l'INPS ha subito una costante e progressiva flessione della consistenza del proprio personale per l'effetto delle disposizioni normative di blocco delle assunzioni che si sono succedute al fine di contenere la spesa pubblica;
mentre aumenta il livello di efficienza e diminuisce il personale, aumentano le competenze dell'Istituto quali, tra le ultime, il trasferimento delle funzioni relative alle commissioni mediche di verifica dal Ministero dell'economia e delle finanze e il trasferimento dei servizi erogati dalla Cassa di previdenza per l'assicurazione degli sportivi (Sportass), da poco soppressa, a cui si sono aggiunti nel 2009 la gestione dell'acquisizione delle domande di bonus fiscale e della Carta acquisti, ed il Piano straordinario di verifica delle invalidità civili;
nonostante l'Istituto abbia proceduto, giustamente a giudizio dei presentatori, ad un progressivo contenimento delle dotazioni organiche, si è verificato un incremento costante dello scostamento della consistenza del personale rispetto all'organico, da uno 0,17 per cento nel 1998 si è passati ad un 15,33 per cento del 2008;
con l'applicazione del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 lo scostamento si riduce ad un 7,84 per cento nel 2008;
mentre la missione istituzionale dell'INPS si è sempre più ampliata a seguito di interventi legislativi, l'efficienza e la qualità dei servizi erogati deve necessariamente essere accompagnata da una oculata gestione delle risorse umane;
la flessione della consistenza del personale riguarda tutte le qualifiche e le posizioni economiche, ma l'area C ha subito nello stesso periodo un fenomeno a prima vista contraddittorio: un addensamento e un contestuale decremento di personale dovuto alla elevata età media dello stesso e al conseguente raggiungimento dei requisiti pensionabili;
questo personale svolge il maggior carico di lavoro, per cui un suo ulteriore decremento costituirebbe un irreparabile danno che pagherebbero nell'immediato soltanto pensionati e lavoratori;
in base ad un semplice calcolo basato sulla consistenza del personale, sull'età media dello stesso e sui requisiti pensionistici, nei prossimi tre anni a venire l'Istituto perderà circa 6.500 unità, 1.800 nel 2008, 1.600 nel 2009, 2.000 nel 2010 e 1.100 nel 2011, tra i più qualificati, esperti e meglio professionalizzati;
gli organi di vertice dell'INPS, in questi ultimi anni, hanno fatto ogni possibile sforzo per evitare che questo tracollo di personale ricadesse sull'efficienza dei servizi erogati attraverso le procedure di mobilità inter enti ed i pochi concorsi esterni banditi per poche centinaia di posti;
nel mese di gennaio di quest'anno, si sono svolte le prove delle selezioni interne di riqualificazione del personale dell'Istituto a cui hanno partecipato più di ventimila dipendenti. Un vero e proprio concorso per titoli ed esami che ha riguardato tutte le aree professionali;
a giudizio dei presentatori, sollecitati in questo dal Coordinamento nazionale INPS della UIL p.a., dall'UGL-Fedep e dalla CISL FP-INPS, sono numerose le azioni che si dovranno intraprendere per evitare il collasso organizzativo dell'INPS;
innanzitutto bisognerebbe dare seguito in tempi brevissimi ai nuovi inquadramenti professionali a seguito della conclusione delle selezioni interne svoltesi a gennaio di quest'anno;
vi sono due concorsi banditi, uno per 50 posti da B1 e un secondo per 108 da C1, non ancora espletati che sono stati rinviati per ben tre volte e che occorre definire in tempi brevissimi;
anche se ambedue le iniziative fossero definite in tempi brevi, rimane per il 2009 ed il 2010 una situazione di organico al limite del collasso ed occorrerebbe bandire almeno altri due o tre concorsi per aree e funzioni, sia per gli amministrativi che per gli ispettori;
a giudizio dei presentatori, inoltre, bisognerebbe autorizzare, visti i vincoli normativi vigenti, l'INPS ad assumere tutti gli idonei alle selezioni interne, soprattutto quello relativo al passaggio tra le aree B e C, vale a dire il personale interessato alla posizione C1;
per risolvere il problema delle mansioni superiori, che sta causando innumerevoli procedimenti giudiziari davanti al giudice del lavoro e che vedono l'Istituto soccombere regolarmente, è opportuno che tutti gli idonei alle selezioni per le posizioni A2 e B2 vengano inquadrati in quelle posizioni con la stessa decorrenza prevista per i vincitori, e cioè il 31 dicembre 2006, e prevedere, già a partire da quest'anno, il percorso di riqualificazione di tutto il personale dell'Area A verso l'Area B in tempi certi, anche apportando le opportune modifiche al fabbisogno organico di personale dell'Area B;
per quanto riguarda le selezioni all'interno dell'Area C, quella con il maggior numero di personale e quella con le migliori professionalità, la spina dorsale dell'Istituto, sempre secondo i presentatori ed in base a quanto sostengono la UILPA-INPS, la UGL Fedep e la CISL FP-INPS, si dovrebbero inquadrare al 1o gennaio 2008 tutti gli idonei che vanno a ricoprire i posti resisi vacanti al 31 dicembre 2007, si dovrebbero inquadrare al 1o gennaio 2009 i restanti idonei rispetto ai posti resisi ulteriormente vacanti al 31 dicembre 2008, e prevedere una sessione unica di selezione per l'attribuzione di posizioni organizzative, vacanti al 31 dicembre 2008, per i neo C4, secondo la disciplina del CCNL vigente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tutte le opportune iniziative per risolvere le problematiche esposte in premessa.
9/2561-A/9.(Testo modificato nel corso della seduta)Lo Presti, Marsilio, Catanoso.

La Camera,
premesso che:
a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007 (cosiddetto decreto flussi) furono presentate circa 740.000 domande di assunzione, in base alle quali, all'inizio di giugno 2008 furono rilasciati circa 170.000 nulla osta (mentre circa 80.000 furono le domande respinte o dalle direzioni provinciali del lavoro o dalle questure);
a seguito del decreto flussi emanato alla fine del 2008, saranno accolte altre 150.000 domande, sempre a valere sul complesso delle domande presentate nel 2007;
resteranno quindi senza risposta circa 340/350.000 richieste: si tratta di persone che già due anni fa denunciarono alle autorità italiane tutti i propri dati, dichiarando la disponibilità del proprio datore di lavoro alla completa regolarizzazione;
gran parte di quelle persone è tuttora nel nostro Paese, continua a lavorare da noi; si tratta di persone obbligate a lavorare in nero, che non possono pagare le tasse, i contributi, provocando anche - ma non per colpa loro - un forte danno alle casse dello Stato e che ora rischiano l'imputazione per il reato di clandestinità;
dal momento dell'entrata in vigore della legge sulla sicurezza, potrebbero esserci moltissime espulsioni, quelle persone perderebbero il lavoro e molte famiglie italiane, molte piccole aziende, molti commercianti, molti artigiani si troverebbero senza il necessario aiuto. Per non parlare dell'altra conseguenza, per la quale per molti datori di lavoro italiani potrebbe scattare anche l'ipotesi di favoreggiamento;
con la presentazione nel corso dell'esame presso le Commissioni V e VI dell'emendamento 1.021, volto a inserire il nuovo articolo 1-ter al testo del decreto-legge in esame, il Governo ha messo in atto un primo tentativo per affrontare - pur se in modo parziale - la questione dell'emersione dal lavoro irregolare di migliaia di persone che da tempo svolgono nel nostro Paese attività di assistenza e sostegno alta famiglia;
tale iniziativa corrisponde solo in parte alle manifestazioni di grande preoccupazione - avanzate sia da autorevoli figure istituzionali, sia dalle moltissime associazioni, nazionali ed internazionali, che da tempo si occupano del fenomeno della immigrazione e delle problematiche relative a questo fenomeno - derivanti dalla recentissima entrata in vigore di norme la cui rigida applicazione potrebbe provocare, sia a livello economico e sociale, sia a livello giudiziario, una situazione di forte disagio nel nostro Paese;
tale iniziativa, inoltre, rischia di essere in grave contrasto con il dettato costituzionale, prevedendo la possibilità di emersione solo per due categorie di persone, promuovendo di fatto una discriminazione per mestieri nei confronti di persone che si trovano nelle stesse condizioni, in aperta violazione del principio di uguaglianza,

impegna il Governo

ad adottare i provvedimenti necessari al fine di:
favorire la regolarizzazione del lavoro dei cittadini stranieri non comunitari che fecero richiesta del nulla osta al lavoro a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007;
autorizzare allo scopo, per chiunque occupi alle proprie dipendenze cittadini stranieri privi di titolo di soggiorno, che abbiano presentato la domanda di nulla osta al lavoro valida ed ammissibile, a norma del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ma risultati in esubero rispetto alla quota complessiva di ingressi autorizzata sulla base dell'articolo 1 dello stesso decreto, la possibilità di denunciare, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura - ufficio del Governo competente per territorio mediante presentazione di domanda di emersione, con le stesse modalità previste per la dichiarazione di emersione relativa ai cittadini stranieri non comunitari di cui all'articolo 1-ter.
9/2561-A/10. Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Ghizzoni, De Biasi, Giulietti, Motta, Granata, Di Biagio, Barbaro, Ceccacci Rubino, Angeli, Moles, Della Vedova, Raisi, Perina, Mussolini, Tremaglia, De Angelis, Malgieri, Melis, Touadi, Corsini, Tabacci, Colombo, Mantini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
a seguito del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007 (cosiddetto decreto flussi) furono presentate circa 740.000 domande di assunzione, in base alle quali, all'inizio di giugno 2008 furono rilasciati circa 170.000 nulla osta (mentre circa 80.000 furono le domande respinte o dalle direzioni provinciali del lavoro o dalle questure);
a seguito del decreto flussi emanato alla fine del 2008, saranno accolte altre 150.000 domande, sempre a valere sul complesso delle domande presentate nel 2007;
resteranno quindi senza risposta circa 340/350.000 richieste: si tratta di persone che già due anni fa denunciarono alle autorità italiane tutti i propri dati, dichiarando la disponibilità del proprio datore di lavoro alla completa regolarizzazione;
gran parte di quelle persone è tuttora nel nostro Paese, continua a lavorare da noi; si tratta di persone obbligate a lavorare in nero, che non possono pagare le tasse, i contributi, provocando anche - ma non per colpa loro - un forte danno alle casse dello Stato e che ora rischiano l'imputazione per il reato di clandestinità;
dal momento dell'entrata in vigore della legge sulla sicurezza, potrebbero esserci moltissime espulsioni, quelle persone perderebbero il lavoro e molte famiglie italiane, molte piccole aziende, molti commercianti, molti artigiani si troverebbero senza il necessario aiuto. Per non parlare dell'altra conseguenza, per la quale per molti datori di lavoro italiani potrebbe scattare anche l'ipotesi di favoreggiamento;
con la presentazione nel corso dell'esame presso le Commissioni V e VI dell'emendamento 1.021, volto a inserire il nuovo articolo 1-ter al testo del decreto-legge in esame, il Governo ha messo in atto un primo tentativo per affrontare - pur se in modo parziale - la questione dell'emersione dal lavoro irregolare di migliaia di persone che da tempo svolgono nel nostro Paese attività di assistenza e sostegno alta famiglia;
tale iniziativa corrisponde solo in parte alle manifestazioni di grande preoccupazione - avanzate sia da autorevoli figure istituzionali, sia dalle moltissime associazioni, nazionali ed internazionali, che da tempo si occupano del fenomeno della immigrazione e delle problematiche relative a questo fenomeno - derivanti dalla recentissima entrata in vigore di norme la cui rigida applicazione potrebbe provocare, sia a livello economico e sociale, sia a livello giudiziario, una situazione di forte disagio nel nostro Paese;
tale iniziativa, inoltre, rischia di essere in grave contrasto con il dettato costituzionale, prevedendo la possibilità di emersione solo per due categorie di persone, promuovendo di fatto una discriminazione per mestieri nei confronti di persone che si trovano nelle stesse condizioni, in aperta violazione del principio di uguaglianza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare i provvedimenti necessari al fine di:
favorire la regolarizzazione del lavoro dei cittadini stranieri non comunitari che fecero richiesta del nulla osta al lavoro a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 30 ottobre 2007;
autorizzare allo scopo, per chiunque occupi alle proprie dipendenze cittadini stranieri privi di titolo di soggiorno, che abbiano presentato la domanda di nulla osta al lavoro valida ed ammissibile, a norma del citato decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri ma risultati in esubero rispetto alla quota complessiva di ingressi autorizzata sulla base dell'articolo 1 dello stesso decreto, la possibilità di denunciare, entro quattro mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame, la sussistenza del rapporto di lavoro alla Prefettura - ufficio del Governo competente per territorio mediante presentazione di domanda di emersione, con le stesse modalità previste per la dichiarazione di emersione relativa ai cittadini stranieri non comunitari di cui all'articolo 1-ter.
9/2561-A/10.(Testo modificato nel corso della seduta)Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Zamparutti, Ghizzoni, De Biasi, Giulietti, Motta, Granata, Di Biagio, Barbaro, Ceccacci Rubino, Angeli, Moles, Della Vedova, Raisi, Perina, Mussolini, Tremaglia, De Angelis, Malgieri, Melis, Touadi, Corsini, Tabacci, Colombo, Mantini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
gli interventi di manutenzione delle scuole e di messa in sicurezza devono essere considerati al pari delle grandi infrastrutture del Paese, in quanto la messa in sicurezza delle scuole costituisce una priorità;
le scuole italiane andrebbero sistematicamente sottoposte ad interventi strutturali di manutenzione ordinaria e straordinaria, di messa in sicurezza, e l'esigenza diventa ancor più necessaria nelle zone del Paese soggette a rischio sismico;
le scuole pubbliche italiane sono oggi 42.000 ed il totale degli studenti è di circa 8 milioni;
la fornitura e la manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, compreso l'adeguamento e la messa a norma e in sicurezza di tali edifici, rientra nelle competenze degli enti locali. In attesa, inoltre, di nuovi e maggiori finanziamenti è necessario utilizzare bene quelli esistenti, compresi gli accantonamenti richiesti dal patto di stabilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di utilizzare i 2.250 milioni di euro di cui all'articolo 9-bis, comma 2, del decreto in esame prioritariamente per opere di manutenzione ordinaria e straordinaria e di messa in sicurezza e a norma degli edifici scolastici
9/2561-A/11. Centemero, Rivolta.

La Camera,
premesso che:
le tecnologie energetiche solari sono in tutto il mondo uno dei settori della ricerca applicata in più rapido e promettente sviluppo, e uno di quelli da cui possono derivare maggiori benefici per la collettività in termini di miglioramento ambientale, di mitigazione dei cambiamenti climatici, di riduzione della dipendenza dei sistemi energetici dalle fonti fossili, di innovazione tecnologica;
grande sviluppo stanno avendo in Europa, negli Stati Uniti, in Asia i progetti legati al solare a concentrazione, noto anche come solare termodinamico, che produce calore ed elettricità. Tra i vantaggi specifici di queste tecnologie, vi sono la possibilità di accumulare l'energia termica, rendendo così continua la produzione energetica, e la possibilità di cogenerare energia termica ed energia elettrica;
oggi le centrali solari a concentrazione hanno taglie tra 50 e 280 MW di potenza, ed esistono progetti in fase di sviluppo fino a 1000 MW. Negli Stati Uniti vi sono progetti per ulteriori 7000 MW, mentre la Spagna ha l'obiettivo di raggiungere 10.000 MW entro il 2017;
le previsioni di «Global CSP Outlook 200» indicano che, in uno scenario avanzato con un forte sviluppo di misure di efficienza energetica, il solare a concentrazione sarà in grado di fornire il 7 per cento circa dell'elettricità mondiale al 2030, e un quarto al 2050, pari a circa a 7.800 TWh e ad una capacità installata di 1.500 GW;
secondo lo scenario di sviluppo moderato, il solare a concentrazione potrà creare oltre 200 mila posti di lavoro al 2020 nelle regioni esposte a maggiore radiazione solare. Il dato aumenta a oltre 1,1 milioni di posti di lavoro «verdi» al 2050. Secondo lo scenario di sviluppo avanzato, invece, i posti di lavoro al 2050 supererebbero i due milioni, con investimenti di circa 40 miliardi di euro nel 2020. Nel medesimo scenario il solare a concentrazione consentirebbe al 2050 di risparmiare circa 2,2 miliardi di tonnellate annue di CO2, pari a circa quattro volte le emissioni attuali dell'Italia;
il costo di produzione dell'energia elettrica prodotta da centrali solari a concentrazione è in diminuzione, e molti operatori confermano che diventerà presto competitivo con il costo dell'energia prodotta da centrali a gas di medie dimensioni. I costi di generazione dipendono dalla disponibilità di radiazione solare, dalle possibilità di collegarsi alla rete elettrica e dai tempi di realizzazione. Attualmente i costi di centrali CSP che utilizzano la tecnologia degli collettori parabolici lineari - la più diffusa, e la stessa utilizzata dal professor Rubbia per il progetto «Archimede» di Priolo Gargallo - superano di poco i 10 centesimi di dollaro per kWh prodotto negli Stati Uniti, mentre in Spagna si attestano a 20-23 centesimi di euro per kWh.;
il solare a concentrazione è al centro di importanti progetti di ricerca e di rilevanti investimenti, da parte di aziende leader del settore energetico: tra i progetti più ambiziosi vi è il «Desertec», che ha l'obiettivo di realizzare nel deserto del Sahara una rete di impianti solari a concentrazione con una potenza di circa 100 GW. Tra i protagonisti di questo grande sforzo di ricerca e sviluppo, vi è il Premio Nobel italiano Carlo Rubbia, mentre 20 compagnie tedesche tra cui Siemens, Deutsche Bank, Munich Re e Rwe hanno impegnato nel progetto ingenti investimenti. Il costo di «Desertec» sarà di circa 400 miliardi di euro, le forniture di energia elettrica potrebbero partire già entro i prossimi 10 anni;
anche l'Italia è presente con forza in questo campo d'innovazione. È italiana l'unica azienda al mondo produttrice di tubi ricevitori solari a sali fusi, nel cui capitale è entrata di recente Siemens e la cui tecnologia è stata sviluppata e brevettata nei laboratori Enea di Portici. Anche grazie al nuovo sistema di incentivazione introdotto dal Governo Prodi, diverse regioni hanno avviato progetti sul solare termodinamico: il 23 giugno scorso è stato siglato un Protocollo d'intesa tra Regione Lazio, Enea e Confindustria Lazio per la realizzazione di una centrale da 25-30 MW a Latina, progetti analoghi sono partiti in Sardegna e in Puglia, mentre a Priolo, in provincia di Siracusa, l'Enel sta realizzando l'impianto sperimentale Archimede da 5 MW, che utilizza la tecnologia cui ha lavorato il professor Rubbia. Infine nell'ambito del programma «Industria 2015» sono stati finanziati due progetti: il primo proposto da Archimede Sfilar Energy da 12,4 milioni di euro per lo studio di tubi ricevitori solari., l'altro promosso da Pera da 12,5 milioni sulla tecnologia solare termodinamica a concentrazione tramite specchi di tipo Fresnel;
per opinione pressoché unanime degli operatori del settore energetico, il solare a concentrazione è destinato ad affermarsi come una delle principali tecnologie per la produzione di energia da fonti rinnovabili e, dunque, come uno strumento insostituibile nell'impegno per mitigare i mutamenti climatici in atto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di:
potenziare la presenza strategica nel Paese della tecnologia del solare in tutte le sue applicazioni, nell'ambito dello sviluppo della produzione di energia da fonti rinnovabili, ai fini del raggiungimento degli obiettivi comunitari di cui al cosiddetto «accordo del 20-20-20»;
favorire la presenza delle imprese italiane sui mercati esteri a cominciare dai programmi di cooperazione scientifica e tecnologica in Nord Africa;
dare impulso all'attività di ricerca e sviluppo industriale del settore del solare in tutte le sue applicazioni, coinvolgendo il settore produttivo privato e i centri di ricerca, tenendo conto del riconoscimento a livello mondiale del know-how dei centri di ricerca italiani.
9/2561-A/12. Realacci, Mariani, Bratti, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame interviene, all'articolo 10, sulla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di crediti IVA vantati dai contribuenti;
le novità introdotte riguardano soprattutto l'utilizzo in compensazione dei crediti IVA per il pagamento, mediante modello F24, di imposte, tributi e contributi, con la specificazione però che l'utilizzo in compensazione dei crediti IVA, annuali o infrannuali, superiori a 10.000 euro, deve essere effettuato esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dell'Agenzia delle entrate;
tale formulazione sembra escludere la possibilità di avvalersi dei più diffusi e semplici servizi di home banking, remote banking e sistemi tecnici analoghi messi a disposizione dagli istituti di credito, come è avvenuto fino ad oggi per il pagamento delle altre imposte da parte dei soggetti titolari di partita IVA, creando ulteriori ostacoli burocratici con maggiori costi amministrativi per i contribuenti che dovranno rivolgersi agli «intermediari»,

impegna il Governo

a chiarire che tra le modalità tecniche per l'utilizzo in compensazione dei crediti IVA superiori a 10.000 euro, di cui al nuovo comma 49-bis dell'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248, introdotto con il decreto-legge in esame, siano compresi anche i servizi di home banking e sistemi analoghi messi a disposizione dagli istituti di credito, come avviene per il pagamento di tutte le altre imposte da parte dei soggetti titolari di partita IVA.
9/2561-A/13. Zeller, Brugger.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame - al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 13 novembre 2008 nella causa C-46/07 - modifica, all'articolo 22-ter, quanto previsto dall'articolo 2, comma 21, della legge 8 agosto 1995, n. 335, disponendo che per le lavoratrici del pubblico impiego il requisito anagrafico dei sessanta anni di età per il conseguimento del trattamento pensionistico di vecchiaia è incrementato di un anno a partire dal 1o gennaio 2010 e in ragione di un anno ogni due nel periodo successivo fino a raggiungere i 65 anni a partire dal 2018;
mantengono i requisiti di età e di anzianità previgenti le lavoratrici che conseguono il diritto di accesso al trattamento di vecchiaia, secondo la predetta normativa, entro il 31 dicembre 2009;
sarebbe stato più equo riservare la medesima salvaguardia delle regole previgenti per l'accesso al trattamento di vecchiaia anche alle lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2009, abbiano applicato un regime di prosecuzione volontaria o siano comunque cessate dal servizio prima di avere maturato il diritto a pensione;
la normativa vigente prevede che 1'INPDAP non può corrispondere il trattamento pensionistico ai soggetti che lasciano il servizio senza aver maturato il diritto alla pensione e che in questi casi scatta il meccanismo indicato nella legge n. 322 del 1958 (articolo unico), il quale obbliga l'ente alla costituzione della posizione assicurativa maturata dal soggetto dimissionario presso l'Ago-Inps;
di conseguenza la dipendente intenzionata ad aggirare l'ostacolo dei 65 anni, può dare le dimissioni un mese prima del compimento dei 60 anni (una volta compiuto 59 anni ed 11 mesi di età) e far trasferire la posizione all'Inps e così facendo, una volta compiuto i 60 anni, potrà chiedere tranquillamente la pensione di vecchiaia Inps, con risultati che possono essere persino più vantaggiosi,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, con successivi e solleciti provvedimenti legislativi, misure che consentano l'applicazione delle norme in materia di accesso al pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici alla dipendenze delle pubbliche amministrazioni secondo le regole previgenti, anche alle lavoratrici che, entro il 31 dicembre 2009, abbiano applicato un regime di prosecuzione volontaria o siano comunque cessate dal servizio prima di avere maturato il diritto a pensione; nonché ad adottare specifiche normative atte ad evitare la sostanziale elusione della misura di innalzamento dell'età di vecchiaia come sopra rappresentata.
9/2561-A/14. Cazzola.

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi finanziaria in atto, manifestati anche dalla recessione che attanaglia l'economia a livello mondiale, incluso il nostro Paese, interpretano solo in parte l'eccezionale situazione negativa e penalizzante che sta vessando l'agricoltura italiana e in particolare quella pugliese;
per alcuni importanti comparti quali l'olivicoltura e la zootecnia, nonché per settori agroalimentari come quello ortofrutticolo, vitivinicolo e cerealicolo, la Regione Puglia costituisce un caso evidente ed emblematico di quanto contribuiscano anche le anomalie di mercato ad accrescere e rendere paradossali gli effetti della crisi;
le suddette difformità, che rappresentano delle vere e proprie speculazioni, volte a comprimere i prezzi delle produzioni agricole senza alcun beneficio per i consumatori finali, trovano spesso terreno fertile attraverso normative e regolamenti scarsamente trasparenti e poco chiari, che dovrebbero in realtà regolare l'entrata dei prodotti agroalimentari, specie quelli provenienti dall'estero, in maniera più soddisfacente;
in aggiunta a quanto predetto, è importante evidenziare la pressoché totale indifferenza da parte della grande distribuzione organizzata che, al di là di qualche iniziativa sostenuta dalla Regione Puglia, non ha ritenuto di dover avviare dei rapporti strutturati con la produzione del territorio, nonché con gli stessi operatori del settore regionali;
gli imprenditori agricoli pugliesi, inoltre, da diverso tempo stanno denunciando massicce importazioni di prodotti agroalimentari di dubbia provenienza e soprattutto di incerta qualità, a cui è corrisposto il conseguente crollo dei prezzi dei prodotti locali, con prevedibili rischi sul piano occupazionale per le imprese regionali;
nonostante ci siano stati numerosi incontri con le istituzioni locali e diverse manifestazioni da parte degli agricoltori pugliesi e delle associazioni di categoria organizzate dalla Coldiretti, a sostegno della valorizzazione della tipicità e della qualità dei prodotti agroalimentari, attraverso la presentazione di una piattaforma di proposte, l'attuale situazione di congiuntura economica negativa sembra non arrestarsi,

impegna il Governo:

ad attivare urgentemente importanti iniziative che possano rappresentare una svolta positiva all'evidente e gravissima situazione economica e finanziaria che coinvolge l'agricoltura nazionale, ed in particolare quella pugliese, che costituisce come è noto, un settore fondamentale ed essenziale per l'intera economia del Paese e che contribuisce in maniera determinante alla produzione del prodotto interno lordo, attraverso l'introduzione delle seguenti disposizioni volte a:
rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta dell'origine di tutti i prodotti agroalimentari, anche favorendo l'iter di approvazione delle proposte di legge presentate in Parlamento, che intervengono nella materia;
rendere obbligatoria l'indicazione in etichetta dell'origine territoriale del latte a lunga conservazione e di quello impiegato per le produzioni casearie;
rendere obbligatoria l'indicazione nell'etichetta di formaggi (mozzarelle) e latticini, di sostanze, come le cagliate prelavorate, utilizzate come ingredienti, precisandone la loro origine territoriale;
vietare l'uso di caseine, caseinati e proteine concentrate del latte nella fabbricazione dei formaggi;
rendere pubblici i dati relativi alle importazioni di latte dall'estero, oggi non liberamente conoscibili da parte dei cittadini-consumatori e disponibili presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (ASL e uffici UVAC - uffici veterinari adempimenti comunitari), il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e l'Agenzia delle dogane;
modificare le normative sui controlli attraverso:
l'intensificazione delle verifiche alle frontiere e il miglioramento della efficacia delle procedure adottate;
la dotazione di nuove risorse e realizzazione di coordinamento fra le istituzioni preposte ai controlli sugli obblighi introdotti, soprattutto per quanto concerne l'etichettatura dei prodotti ortofrutticoli (decreto legislativo 10 dicembre 2002, n. 306, entrato in vigore il 15 febbraio 2003), e dell'olio extravergine di oliva introdotta dal Regolamento (CE) 182 del 2009, che modifica il Regolamento (CE) 1019 del 2002;
la validazione di nuovi metodi di indagine, peraltro sviluppati con la ricerca realizzata negli Atenei pugliesi, per la individuazione di sofisticazioni e truffe sull'origine dei prodotti;
la pubblicazione dei dati relativi alle importazioni di prodotti agricoli nei nostri territori, soprattutto in riferimento al latte ed ai suoi derivati.
adottare immediatamente le modalità applicative del regolamento (CE) 182/2009, che modifica il Regolamento (CE) 1019/2002, sulla indicazione obbligatoria dell'origine per l'olio di oliva, già in vigore dal 1o luglio di quest'anno;
intensificare i controlli soprattutto a garanzia degli ignari cittadini utenti, sulla provenienza e sulle garanzie igienico-sanitarie del latte estero utilizzato dall'industria casearia in particolare quella pugliese;
adottare iniziative a sostegno di un'attività di grande rilevanza socio-economica per il sistema agroalimentare nazionale compreso quello della Puglia e rappresentato dalla zootecnia e dalla produzione di latte;
tutelare maggiormente i consumatori dai rischi alimentari derivanti dalle possibili sofisticazioni a causa dell'uso di latte in polvere che, invece di essere destinato all'uso zootecnico, attraverso fasi di trasformazione, può essere introdotto nel consumo alimentare umano;
difendere il lavoro dei nostri produttori perseguendo la politica della trasparenza, rendendo noti:
i metodi dei controlli adottati;
le sedi ove i controlli vengono effettuati;
le aziende di trasformazione;
il numero complessivo di queste ultime che hanno ricevuto i previsti accertamenti nel rispetto della legge n. 250 del 2000.
9/2561-A/15. Patarino, Antonio Pepe.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 8 del provvedimento in esame «Sistema export banca» rimanda a decreti del Ministero dell'economia e delle finanze l'autorizzazione a Cassa depositi e prestiti ad operare con SACE SpA per un sistema integrato di «export banca» al fine di sostenere, azioni di internazionalizzazione delle imprese e di sostegno alle nostre esportazioni;
lo stesso articolo prevede che con i medesimi decreti venga favorita l'attività di SACE SpA per l'assicurazione del credito per l'export delle piccole e medie imprese;
l'ultima disposizione appare quanto mai opportuna in considerazione del particolare impegno che SACE sarebbe chiamata a dare alle piccole e medie imprese superando una legislazione non definita al proposito;
a differenza di altri Paesi, l'Italia non ha strumenti sempre adeguati a sostenere l'assicurazione del credito per le piccole e medie aziende mentre invece gli strumenti sono molto efficaci per le grandi commesse e le grandi operazioni di esportazioni;
la soluzione di questo problema dando la possibilità ai nostri esportatori di assicurare la riscossione anche di piccole e medie forniture aprirebbe considerevolmente il mercato;
attualmente il credito è assicurato soltanto quando l'insolvenza è dichiarata definitiva (fallimento);
una formula che invece prevedesse, dopo la necessaria verifica di affidabilità del debitore estero, una forma di assicurazione anche parziale (con adeguata franchigia) in grado di rimborsare il fornitore dopo un congruo periodo dall'insolvenza e mantenendo in proprio l'attività di recupero del credito medesimo potrebbe dare grande impulso all'esportazione;
la soluzione del tema proposto appare necessaria affinché le imprese italiane abbiano le stesse opportunità e gli stessi strumenti di altri Paesi europei dai quali potrebbe essere comparata, mutuata e infine migliorata la normativa;
non è prevista una tempistica per l'emissione dei decreti,

impegna il Governo

ad emanare i decreti previsti nel più breve tempo possibile per dare maggiore impulso alle esportazioni ed a considerare le premesse per realizzare una forma rinnovata di attività di assicurazione del credito da parte di SACE SpA anche per esportazioni di limitato importo delle piccole e medie aziende italiane.
9/2561-A/16. Vannucci.

La Camera,
premesso che:
tra le molte disposizioni del provvedimento in esame, si affrontano alcune questioni concernenti il trasporto pubblico locale, la sicurezza dei trasporti e delle infrastrutture;
il recente disastro ferroviario di Viareggio, oltre a richiedere un rapido accertamento delle responsabilità, ha messo in evidenza la necessità di alcuni interventi immediati atti ad assicurare che il trasporto ferroviario di merci e passeggeri possa avvenire in piena sicurezza anche in riferimento all'impatto sull'ambiente circostante;
sono attualmente in discussione in sede comunitaria direttive specifiche in materia di sicurezza ferroviaria e si terrà a settembre una riunione apposita dei ministri dei trasporti dei Paesi membri;
si deve porre mano ad interventi immediati che riguardano: il rafforzamento dell'Agenzia per la sicurezza ferroviaria istituita dal Governo Prodi e ancora sottodimensionata per risorse e mezzi a disposizione; l'attuazione delle direttive europee in materia di sicurezza ferroviaria, e in particolare la direttiva ECM sulla manutenzione dei carri; l'istituzione di una Authority dei trasporti in grado di controllare il processo di liberalizzazione in atto e che, soprattutto per le merci, è ormai pienamente operante;
risulta necessario affrontare, con la massima tempestività, il problema dell'impatto delle linee storiche sui centri abitati anche con stanziamenti appositi che consentano di migliorare la sicurezza delle linee,

impegna il Governo:

ad adottare le necessarie iniziative per la piena attuazione delle direttive europee in materia di sicurezza ferroviaria, al contempo predisponendo il potenziamento della struttura organizzativa dell'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, nonché a promuovere la costituzione di un'autorità di regolazione autonoma in grado di controllare il processo di liberalizzazione in corso, prendendo spunto dalle proposte di legge già all'esame della Camera;
a prevedere, già in occasione della predisposizione di prossimi provvedimenti, la costituzione di un fondo volto al finanziamento di interventi di messa in sicurezza delle stazioni, delle abitazioni e degli edifici nei centri abitati attraversati da linee ferroviarie, verificando che il gruppo Ferrovie dello Stato assuma gli impegni necessari, anche in attuazione dei contratti di servizio e di programma con lo Stato.
9/2561-A/17. Lovelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la città di Prato è stata un grande magnete che ha attirato flussi di immigrazione a raggi diversi nel corso dei passati decenni. Flussi che ne hanno fatto, con una progressione impressionante, la terza città dell'Italia centrale;
nel corso degli anni '80 il progressivo esaurirsi dell'immigrazione meridionale e l'ulteriore restringersi del grado di copertura della parte bassa del mercato del lavoro da parte dei «pratesi», hanno aperto la strada - sia pure in una situazione di crescita rallentata dell'economia locale e di contrazione dell'occupazione manifatturiera - a un'immigrazione extracomunitaria che ha interessato un fronte molto ampio di nazionalità - oggi oltre cento - ma che, nel corso degli anni '90, ha visto imporsi come assolutamente predominante l'etnia cinese;
l'immigrazione cinese si è realizzata con caratteri del tutto peculiari sia quantitativi che qualitativi ed è andata, paradossalmente, accelerando negli anni delle forti difficoltà dell'economia pratese;
la comunità cinese non ha, salvo casi molto rari, assunto la posizione di lavoratori dipendenti in imprese con titolari italiani, ma ha costituito una marea crescente di piccole e piccolissime imprese nel settore della maglieria e della confezione pronto moda con una vita media estremamente ridotta; imprese che hanno impiegato - con numeri medi comunque molto esigui - loro connazionali (salvo, in pochissime imprese più strutturate, quadri italiani);
nel corso degli anni i cinesi hanno anche mostrato una tendenza ad una sorta di «integrazione verticale etnica» con l'acquisizione di imprese «terziste» rispetto all'attività di confezione (tintorie e trattamenti capo) e in generale di fornitura o servizio alle loro imprese e di servizio alla loro comunità (commercio, servizi alla persona ecc.);
si è quindi andato configurando nel tempo una specie di «distretto parallelo» che ha trovato gli spazi fisici per insediare le proprie attività nel progressivo ritrarsi delle attività tessili pratesi e alcuni presupposti giuridici per alimentarsi nei meccanismi delle leggi sull'immigrazione (diversi dei nuovi arrivi passano regolarmente per il collocamento grazie ai tanti imprenditori connazionali già attivi);
larga parte della presenza cinese si è configurata e si configura come «clandestina» e tra le condizioni di sviluppo della stessa deve essere purtroppo annoverata anche la insufficiente attenzione e la scarsa capacità di controllo delle autorità preposte;
il primo punto su cui occorre concentrare l'impegno è quello dell'affermazione della legalità, visto che il sommerso, l'impiego di clandestini, il non rispetto delle normative in materia di igiene e sicurezza e la mancata osservanza nel pagamento delle tasse locali sono situazioni estremamente diffuse che, se non combattute, rischiano di produrre effetti corrosivi irreversibili sul corpo della società pratese;
le ragioni per imporre la legge non sono solo giuridiche ed etiche: occorre rimettere l'asticella «al posto giusto» anche per far emergere i progetti imprenditoriali più solidi, quelli con maggiore qualità intrinseca anche a beneficio delle interazioni con il resto del tessuto distrettuale;
quella per la legalità è quindi «politica industriale» vera e propria,

impegna il Governo

ad attivare tutti i mezzi, anche con l'istituzione di un tavolo specifico, per l'emersione del distretto illegale cinese, condizione necessaria per favorire un corretto sviluppo economico del distretto pratese.
9/2561-A/18. Mazzoni, Massimo Parisi.

La Camera,
premesso che:
il repentino scatto in avanti della crisi globale da settembre-ottobre 2008 ha determinato un profondo impatto sul sistema manifatturiero italiano, col risultato che le conseguenze recessive sulla domanda si sono fatte sentire contemporaneamente su tutti i mercati e su tutte le produzioni, anche se in modo differenziato;
l'export manifatturiero del nostro Paese risulta essersi contratto, nei primi quattro mesi del 2009, del 23,3 per cento (al netto dei prodotti energetici, che hanno risentito in modo diretto e significativo di effetti di prezzo legati alla forte discesa dei prezzi dell'energia);
sono risultati particolarmente colpiti il settore tessile abbigliamento e il meccanotessile;
la crisi, nel rimodellare e riallocare verso il basso una quota di domanda, ha aperto un ulteriore varco per la penetrazione sui mercati delle importazioni dai Paesi a basso costo, e non è un caso che l'andamento delle importazioni di abbigliamento in Italia abbia proceduto ad un ritmo diverso rispetto alla riduzione dei consumi e all'export (le importazioni tendenziali di abbigliamento sono variate, nel periodo gennaio aprile 2009, del -1,6 per cento, le esportazioni del -12,2 per cento);
l'impatto più forte della crisi sul tessile-abbigliamento nazionale si è manifestato tuttavia in un vero e proprio sconvolgimento negli andamenti delle varie componenti della filiera tessile-abbigliamento;
nel primo trimestre del 2009 (indagine a campione SMI) rispetto allo stesso periodo del 2008, il fatturato del tessile è diminuito del -27,7 per cento mentre l'abbigliamento ha «contenuto» la flessione al -6,3 per cento;
nei distretti tessili si è registrato mediamente un aumento di oltre il 150 per cento nel ricorso agli strumenti salariali integrativi;
nonostante il grande impegno del Governo per garantire il flusso del credito dalle banche alle imprese, non si sono ancora raggiunti i risultati sperati;
dalle parti sociali è giunta più volte la richiesta di congelare per due anni il riferimento ai parametri di Basilea 2,

impegna il Governo:

ad attivarsi in sede di Unione Europea per rendere più flessibili i parametri di Basilea 2, concepiti in un momento di espansione dei mercati e quindi superati dall'evolversi della più grave crisi finanziaria internazionale da ottant'anni ad oggi. Questo darebbe più margini anche alle banche per aumentare il flusso del credito verso le imprese;
a prevedere aiuti per accompagnare in modo meno penalizzante verso la chiusura le aziende che sono ormai fuori mercato, al fine di favorire un riequilibrio fra domanda e offerta;
a studiare ulteriori incentivi per favorire le aggregazioni fra imprese sia in senso trasversale che verticale.
9/2561-A/19. Massimo Parisi, Mazzoni.

La Camera,
premesso che:
il repentino scatto in avanti della crisi globale da settembre-ottobre 2008 ha determinato un profondo impatto sul sistema manifatturiero italiano, col risultato che le conseguenze recessive sulla domanda si sono fatte sentire contemporaneamente su tutti i mercati e su tutte le produzioni, anche se in modo differenziato;
l'export manifatturiero del nostro Paese risulta essersi contratto, nei primi quattro mesi del 2009, del 23,3 per cento (al netto dei prodotti energetici, che hanno risentito in modo diretto e significativo di effetti di prezzo legati alla forte discesa dei prezzi dell'energia);
sono risultati particolarmente colpiti il settore tessile abbigliamento e il meccanotessile;
la crisi, nel rimodellare e riallocare verso il basso una quota di domanda, ha aperto un ulteriore varco per la penetrazione sui mercati delle importazioni dai Paesi a basso costo, e non è un caso che l'andamento delle importazioni di abbigliamento in Italia abbia proceduto ad un ritmo diverso rispetto alla riduzione dei consumi e all'export (le importazioni tendenziali di abbigliamento sono variate, nel periodo gennaio aprile 2009, del -1,6 per cento, le esportazioni del -12,2 per cento);
l'impatto più forte della crisi sul tessile-abbigliamento nazionale si è manifestato tuttavia in un vero e proprio sconvolgimento negli andamenti delle varie componenti della filiera tessile-abbigliamento;
nel primo trimestre del 2009 (indagine a campione SMI) rispetto allo stesso periodo del 2008, il fatturato del tessile è diminuito del -27,7 per cento mentre l'abbigliamento ha «contenuto» la flessione al -6,3 per cento;
nei distretti tessili si è registrato mediamente un aumento di oltre il 150 per cento nel ricorso agli strumenti salariali integrativi;
nonostante il grande impegno del Governo per garantire il flusso del credito dalle banche alle imprese, non si sono ancora raggiunti i risultati sperati;
dalle parti sociali è giunta più volte la richiesta di congelare per due anni il riferimento ai parametri di Basilea 2,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di attivarsi in sede di Unione Europea per rendere più flessibili i parametri di Basilea 2, concepiti in un momento di espansione dei mercati e quindi superati dall'evolversi della più grave crisi finanziaria internazionale da ottant'anni ad oggi. Questo darebbe più margini anche alle banche per aumentare il flusso del credito verso le imprese;
a prevedere aiuti per accompagnare in modo meno penalizzante verso la chiusura le aziende che sono ormai fuori mercato, al fine di favorire un riequilibrio fra domanda e offerta;
a studiare ulteriori incentivi per favorire le aggregazioni fra imprese sia in senso trasversale che verticale.
9/2561-A/19.(Testo modificato nel corso della seduta)Massimo Parisi, Mazzoni.

La Camera,
premesso che:
nonostante siano trascorsi diversi anni dalla legge di riforma del settore idrico del 5 gennaio 1994 n. 36, cosiddetta «legge Galli», non si è ancora completato il processo di ristrutturazione e aggregazione degli operatori del settore;
in Italia operano numerose società municipalizzate che, negli anni, non sono state in grado di raggiungere livelli ottimali di efficienza del servizio né di effettuare gli investimenti necessari all'ammodernamento della rete;
alcune società del settore sono quotate nei mercati regolati e sono, quindi, soggette ad un sistema di regole e controlli che necessita di un quadro normativo chiaro e stabile nei confronti degli attuali e futuri investitori;
la durata delle concessioni del servizio idrico assegnate a società quotate era regolato dall'articolo 113, comma 15-bis, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali);
il testo unico escludeva dalla cessazione delle concessioni le società quotate in borsa proprio per l'esigenza di tutelare il pubblico risparmio, soprattutto di coloro che avevano sottoscritto le azioni delle società quotande;
successivamente il legislatore - secondo quanto previsto dall'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 - ha fissato la scadenza delle concessioni non affidate con procedura di evidenza pubblica entro il 31 dicembre 2010, abrogando solo in parte l'articolo 113 del suddetto testo unico;
il combinato disposto della normativa non chiarisce se l'esclusione della cessione della concessioni per le società quotate in borsa sia tutt'ora in vigore;
è opinione diffusa tra gli esperti che l'articolo 23-bis preservi il principio di salvaguardia per le società quotate tant'è che il comma 9 dello stesso articolo 23-bis esclude proprio le società quotate dal divieto partecipare a gare per affidamento di ulteriori servizi, in analogia con quanto era stato previsto dall'articolo 113 del testo unico sugli enti locali;
tale indeterminatezza normativa rischia di avviare contenziosi amministrativi avverso le società quotate con evidenti riflessi sui corsi azionari dei titoli stessi nonché sulla stabilità operativa delle stesse società,

impegna il Governo

a prevedere, ai fini della tutela del pubblico risparmio - attraverso l'opportuno strumento normativo - che gli affidamenti diretti già assentiti a società a partecipazione pubblica già quotate in borsa e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile cessano alla scadenza prevista per tali società dal testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, qualora la partecipazione pubblica si riduca nel corso di un congruo arco temporale ad una quota inferiore al 50 per cento sia attraverso procedure ad evidenza pubblica che forme di collocamento privato.
9/2561-A/20. Versace.

La Camera,
premesso che:
in conseguenza della crisi e dei suoi effetti sulla struttura produttiva e l'occupazione perderanno il posto di lavoro molti lavoratori stranieri regolari, da tempo residenti nel nostro Paese ed integrati nelle comunità di appartenenza;
il venir meno di un rapporto di lavoro può comportare il mancato rinnovo del permesso di soggiorno, vanificare la concreta possibilità di reimpiegarsi e determinare il rimpatrio;
una siffatta eventualità oltre a chiamare in causa aspetti delicati sul piano solidaristico, potrebbe causare un reale spreco di risorse umane e professionali dopo anni di fattivo inserimento nel mercato del lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di riconoscere ai lavoratori stranieri - che percepiscono dall'Inps l'indennità di mobilità o di disoccupazione - il diritto di chiedere ed ottenere (in presenza degli altri requisiti previsti) la proroga del permesso di soggiorno fino alla scadenza dei periodi di erogazione delle suddette prestazioni sociali.
9/2561-A/21. Della Vedova, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
il sistema termale del nostro Paese, composto da oltre 350 imprese, che danno lavoro a circa 70.000 dipendenti, è una componente fondamentale della sanità e delle economie territoriali;
l'articolo 4, comma 4, della legge 323 del 2000, prevede che «l'unitarietà del sistema termale nazionale, necessaria in rapporto alla specificità e alla particolarità del settore e delle relative prestazioni, è assicurata da appositi accordi stipulati, con la partecipazione del Ministero della sanità, tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali; tali accordi divengono efficaci con il recepimento da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nelle forme previste dagli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281»;
l'Accordo nazionale per l'erogazione delle prestazioni termali per l'anno 2005 è scaduto il 31 dicembre 2005;
la Federterme - organizzazione aderente a Confindustria, associazione rappresentativa dell'industria termale nazionale - ha più volte richiesto l'avvio del negoziato per il rinnovo dell'accordo predetto ed il conseguente adeguamento delle tariffe;
il mancato adeguamento delle tariffe delle prestazioni termali agli intervenuti incrementi dei costi di produzione, ha inciso in modo determinante sull'operatività delle Aziende e sulla programmazione degli investimenti;
di tale complessa situazione il Legislatore e il Governo, nella consapevolezza dell'importanza che il sistema termale riveste per le economie di numerosi territori e per le ricadute sulla dinamica della spesa sanitaria, hanno inteso farsi carico con la previsione di cui all'articolo 8, comma 3, del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, «Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti» (c.d. milleproroghe) convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31.riconfermando l'accordo ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della legge n. 323 del 2000, come strumento di governo del sistema termale italiano e destinando specifiche risorse;
anche le Regioni hanno inteso contribuire alla risoluzione delle problematiche proprie del settore, fornendo allo stesso il più idoneo supporto per consentire alle imprese di attenuare le ricadute negative derivanti dallo stato di crisi nella quale versano l'economia del Paese e quella internazionale anche attraverso un riconoscimento per il sostegno degli oneri derivanti dal mancato aggiornamento delle tariffe per l'anno 2008 attesa la particolare modalità di rapporto con il comparto;
nonostante ciò, non si è ancora riusciti ad addivenire alla stipula dell'accordo;
è necessario evitare, come accaduto negli ultimi anni, che i rinnovi dell'accordo nazionale di cui all'articolo 4 della legge 323 del 2000 incontrino difficoltà derivanti dall'assenza di chiari riferimenti sulle risorse disponibili;
è indispensabile offrire al settore termale un quadro di riferimento certo sia sul piano finanziario, sia sul piano normativo, facendo salve, nel contempo, le esigenze di controllo delle spesa sanitaria pubblica per cure termali, attraverso la fissazione di un importo massimo dell'onere determinato dalle imprese del comparto a carico del Fondo Sanitario Nazionale,

impegna il Governo

a creare le condizioni affinché a decorrere dall'anno 2010, nel Patto per la salute, una quota del Fondo Sanitario Nazionale sia espressamente riservata al finanziamento delle cure termali erogate con oneri a carico del Servizio Sanitario Nazionale, prendendo a riferimento la spesa storica per il settore con i necessari meccanismi di adeguamento automatico.
9/2561-A/22. Albonetti, Vannucci, Motta, Ghizzoni, Ceccuzzi, Lovelli, Cenni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge in esame punta a contrastare gli arbitraggi fiscali internazionali, attraverso una modifica dell'articolo 167 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. La disposizione è finalizzata ad evitare indebiti arbitraggi fiscali e, a tal fine, subordina l'accesso a regimi che possono favorire disparità di trattamento, con particolare riferimento ad operazioni infragruppo, ad una verifica di effettività sostanziale;
la norma introduce un nuovo concetto di mercato «locale,» cioè dello stato o territorio di insediamento, come condizione per ottenere l'esimente, in sostituzione del solo riferimento allo stato o territorio d' insediamento, come previsto dalla normativa precedente;
la nuova formulazione dell'articolo 167 rischia di penalizzare le imprese italiane che hanno scelto di delocalizzare ed internazionalizzare con l'obiettivo di beneficiare di specifiche competenze produttive per resistere alla competizione internazionale,

impegna il Governo

qualora si ravvisino i presupposti di effettività sostanziale dell'attività esercitata, ad interpretare estensivamente il nuovo riferimento al mercato, stante il richiamo normativo al territorio di insediamento dell'impresa, avendo riguardo anche alle specifiche competenze produttive del territorio di insediamento.
9/2561-A/23. Savino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13 del decreto-legge in esame punta a contrastare gli arbitraggi fiscali internazionali, attraverso una modifica dell'articolo 167 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. La disposizione è finalizzata ad evitare indebiti arbitraggi fiscali e, a tal fine, subordina l'accesso a regimi che possono favorire disparità di trattamento, con particolare riferimento ad operazioni infragruppo, ad una verifica di effettività sostanziale;
la norma introduce un nuovo concetto di mercato «locale,» cioè dello stato o territorio di insediamento, come condizione per ottenere l'esimente, in sostituzione del solo riferimento allo stato o territorio d' insediamento, come previsto dalla normativa precedente;
la nuova formulazione dell'articolo 167 rischia di penalizzare le imprese italiane che hanno scelto di delocalizzare ed internazionalizzare con l'obiettivo di beneficiare di specifiche competenze produttive per resistere alla competizione internazionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, qualora si ravvisino i presupposti di effettività sostanziale dell'attività esercitata, ad interpretare estensivamente il nuovo riferimento al mercato, stante il richiamo normativo al territorio di insediamento dell'impresa, avendo riguardo anche alle specifiche competenze produttive del territorio di insediamento.
9/2561-A/23.(Testo modificato nel corso della seduta)Savino.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie di norme volte al sostegno dell'occupazione e del reddito per la salvaguardia delle famiglie italiane, in una situazione di crisi finanziaria;
la legge finanziaria 2007, ha esteso le detrazioni fiscali per carichi di famiglia, previste dall'articolo 1, comma 1324, ai lavoratori ed alle lavoratrici residenti all'estero limitatamente agli anni 2007, 2008 e 2009, a condizione che gli stessi dimostrino che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, al limite previsto dall'articolo 12, comma 2, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato, e di non godere, nel Paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari;
alla natura del provvedimento in esame è da ricondurre il decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, che, modificando l'articolo 1, comma 1324, della legge 27 dicembre 2006, ha disposto, all'articolo 6, commi 4-quater e 4-quinquies la proroga al 2010 per le detrazioni fiscali per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti;
il carattere limitato di tale riconoscimento ai cittadini italiani residenti all'estero che producono un reddito assoggettabile ad IRPEF in Italia pone questa categoria di lavoratori in una condizione di sostanziale disparità nei confronti dei residenti nel territorio nazionale,

impegna il Governo

a valutare l'eventualità di estendere, in futuri provvedimenti, il diritto alla fruizione delle detrazioni fiscali per carichi di famiglia ai residenti all'estero oltre l'anno 2010.
9/2561-A/24. Di Biagio, Picchi, Angeli, Berardi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame, recante misure urgenti per il sostegno alle famiglie, al lavoro, all'occupazione e alle imprese, rappresenterebbe un quadro normativo adeguato per tracciare norme di semplificazione per l'accesso all'amministrazione pubblica per i cittadini italiani residenti all'estero;
la vigente normativa per la dichiarazione dei redditi dei cittadini residenti all'estero prevede l'utilizzo del modello UNICO per i dipendenti presso amministrazioni pubbliche italiane operanti all'estero;
l'Agenzia delle entrate, nelle istruzioni per la compilazione del 730/2009, ha espressamente precluso la possibilità di utilizzare il 730 ai residenti all'estero negli anni 2008 e 2009;
il modello 730, a differenza del modello UNICO, è semplice da compilare e permette di ottenere eventuali rimborsi direttamente con la retribuzione o con la pensione, in tempi rapidi;
sarebbe necessario e utile, oltre che il dovere della contribuzione fiscale, che i cittadini italiani residenti all'estero, che svolgono lavoro dipendente presso amministrazioni pubbliche italiane operanti all'estero come sostituti d'imposta, abbiano il diritto di godere dell'utilizzo di procedure fiscali semplificate, che si possono sostanziare con la facoltà dell'utilizzo del modello 730 per la dichiarazione dei redditi, anziché del modello UNICO,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre in futuri provvedimenti normativi l'ipotesi di applicare l'articolo 7, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1992, n. 395, anche nei confronti dei dipendenti pubblici non residenti nel territorio dello Stato, titolari di redditi di lavoro dipendente di cui all'articolo 49 del testo unico sulle imposte dei redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917.
9/2561-A/25. Angeli, Di Biagio, Picchi, Berardi.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame contiene una serie di norme volte al sostegno dell'occupazione e del reddito per la salvaguardia delle famiglie, in una situazione di crisi finanziaria globale;
a queste iniziative a salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie è da ricondurre il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, che prevede l'esenzione ICI per l'unità immobiliare adibita ad abitazione principale, così come considerata ai sensi del decreto legislativo n. 504 del 1992;
la recente disposizione, che ha introdotto l'esenzione ICI per l'abitazione principale, ha creato problemi interpretativi, per il mancato riferimento alle abitazioni dei cittadini italiani non residenti in Italia;
l'articolo 1, comma 4-ter, del decreto-legge del 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 1993, n. 75, ha stabilito che «.... per i cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato, si considera direttamente adibita ad abitazione principale l'unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto in Italia, a condizione che non risulti locata»;
il decreto-legge n. 16 del 1993, ancora in vigore, quindi, introduce una sostanziale equiparazione, tra le abitazioni principali dei residenti in Italia e le abitazioni dei non residenti, purché non locate;
in sostanza l'esenzione ICI introdotta nel 2008 dovrebbe applicarsi a tutte le fattispecie riconducibili alla definizione normativa dell'abitazione principale; quindi non solo all'abitazione ove il contribuente risiede o dimora (in base alla definizione di cui all'articolo 8, comma 2, del decreto legislativo n. 504 del 1992), ma anche all'unità immobiliare che per legge (decreto-legge n. 16 del 1993) deve essere considerata direttamente adibita ad abitazione principale, come quelle non locate possedute dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato;
il silenzio della legge o, comunque, la sua formulazione lacunosa lascia aperte diverse soluzioni interpretative, circa il godimento o meno dell'esenzione dell'ICI per il 2008 da parte dei cittadini italiani residenti all'estero,

impegna il Governo

ad attuare un intervento legislativo chiarificatore in materia, attraverso norme di coordinamento tra le norme che si sono succedute nel tempo e l'estensione, con una norma espressa, del beneficio dell'esenzione ICI alle abitazioni, non locate, degli italiani residenti all'estero.
9/2561-A/26. Picchi, Di Biagio, Angeli, Berardi.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame, all'articolo 21, reca disposizioni disciplinanti il rilascio di concessioni in materia di giochi, segnatamente di lotterie nazionali ad estrazione istantanea e differite, finalizzate a garantire la tutela dei preminenti interessi pubblici nelle attività di raccolta del gioco;
tali norme, nel definire i tempi e le modalità di svolgimento delle procedure occorrenti per consentire la tempestiva aggiudicazione della concessione, in previsione delle prossima scadenza della vigente concessione per l'esercizio di tale forma di gioco, devono attenersi al pieno rispetto dei principi e delle regole comunitarie e nazionali, al fine di assicurare un confronto competitivo ampio e non discriminatorio idoneo a garantire maggiore concorrenzialità ed economicità nella gestione del prodotto, in linea con i predetti interessi pubblici;
la previsione di assicurare entrate erariali aggiuntive nel biennio 2009-2010, di ammontare complessivo non inferiore ad 800 milioni di euro, attraverso il pagamento di diritti di aggiudicazione la cui entità non è definita in misura certa, ma in funzione del numero dei soggetti aggiudicatari, né tantomeno in proporzione alle percentuali di raccolta attese derivanti dalla gestione del servizio, rende indeterminati gli effetti della norma, con ciò limitando fortemente la partecipazione di molti operatori, nazionali e comunitari, alla procedura ad evidenza pubblica e condizionandone la libertà di impresa;
le disposizioni indicate, unitamente a quelle che definiscono un elevato numero di punti vendita in esclusiva quale parametro di partecipazione alla gara, non sembrano essere pienamente in linea con i suindicati obiettivi di tutela dei preminenti interessi pubblici volti ad assicurare ampia concorrenzialità ed economicità nella gestione del prodotto e soprattutto non appaiono conformi ai principi comunitari di tutela della libera concorrenza in materia di contratti pubblici,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure idonee, anche per il tramite dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, a rendere le modalità di svolgimento della procedura pienamente conformi e rispondenti ai richiamati principi comunitari e nazionali, al fine di evitare contestazioni in sede comunitaria tali da impedire ovvero ostacolare lo svolgimento della gara, con comprensibili conseguenze sul piano della tutela degli interessi pubblici generali.
9/2561-A/27. Vincenzo Antonio Fontana, Di Biagio, Berardi.

La Camera,
premesso che:
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e a quanto previsto per il 2009;
con la mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00154 in materia di parità scolastica e approvata dalla Camera nella seduta di mercoledì 6 maggio 2009, si impegna il Governo, tra le altre cose, a realizzare le condizioni per un'effettiva libertà di scelta educativa fra scuole statali e paritarie incrementando, fin dal disegno di legge di bilancio per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
con ordine del giorno 9/1714-B/1 presentato nella seduta di venerdì 19 dicembre 2008 si impegnava il Governo ad utilizzare le nuove risorse al fine di reintegrare il fondo per l'istituzione scolastica non statale; a reintegrare completamente, entro l'anno, il fondo nel bilancio previsionale 2009 «Istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni; nonché ad adottare le opportune iniziative di propria competenza affinché, nell'arco della legislatura, sia reso possibile il totale raggiungimento della parità scolastica;
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008. Il bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 assegna al programma 1.9 (Istituzioni scolastiche non statali) oltre 406 milioni di euro per l'anno 2010 e oltre 312 milioni di euro per l'anno 2011;
al Senato è stato approvato un emendamento al disegno di legge di bilancio, 2.Tab.2.200-5 del Relatore, che prevede nel 2009 risorse per 120 milioni di euro «allo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
l'emendamento sopra citato inserisce nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un nuovo programma 1.10 - Interventi in materia di istruzione, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2009 (u.p.b. 1.10.2 - Interventi - capitolo 1299) a fronte della riduzione sopra richiamata di oltre 133 milioni di euro;
confermando che la riduzione della spesa pubblica è elemento essenziale del risanamento economico del paese, e confermando le priorità contenute nel DPEF e nel suo aggiornamento, risulta essenziale scongiurare un aumento della spesa delle famiglie che la riduzione del fondo per le scuole non statali renderebbe certo,

impegna il Governo

a reintegrare entro l'anno il fondo in bilancio previsionale 2010 «istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni.
9/2561-A/28. Renato Farina, Toccafondi, Pagano, Lupi, Palmieri, Vignali.

La Camera,
premesso che:
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2010, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008 e a quanto previsto per il 2009;
con la mozione Cicchitto, Cota ed altri n. 1-00154 in materia di parità scolastica e approvata dalla Camera nella seduta di mercoledì 6 maggio 2009, si impegna il Governo, tra le altre cose, a realizzare le condizioni per un'effettiva libertà di scelta educativa fra scuole statali e paritarie incrementando, fin dal disegno di legge di bilancio per il 2010, le risorse destinate al sistema paritario;
con ordine del giorno 9/1714-B/1 presentato nella seduta di venerdì 19 dicembre 2008 si impegnava il Governo ad utilizzare le nuove risorse al fine di reintegrare il fondo per l'istituzione scolastica non statale; a reintegrare completamente, entro l'anno, il fondo nel bilancio previsionale 2009 «Istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni; nonché ad adottare le opportune iniziative di propria competenza affinché, nell'arco della legislatura, sia reso possibile il totale raggiungimento della parità scolastica;
con il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009, alla tabella 7, il capitolo di bilancio riguardante l'istituzione scolastica non statale è stato ridotto di oltre 133 milioni di euro, ovvero del 25 per cento rispetto al bilancio assestato 2008. Il bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011 assegna al programma 1.9 (Istituzioni scolastiche non statali) oltre 406 milioni di euro per l'anno 2010 e oltre 312 milioni di euro per l'anno 2011;
al Senato è stato approvato un emendamento al disegno di legge di bilancio, 2.Tab.2.200-5 del Relatore, che prevede nel 2009 risorse per 120 milioni di euro «allo stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca»;
l'emendamento sopra citato inserisce nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca un nuovo programma 1.10 - Interventi in materia di istruzione, con una dotazione di 120 milioni di euro per il 2009 (u.p.b. 1.10.2 - Interventi - capitolo 1299) a fronte della riduzione sopra richiamata di oltre 133 milioni di euro;
confermando che la riduzione della spesa pubblica è elemento essenziale del risanamento economico del paese, e confermando le priorità contenute nel DPEF e nel suo aggiornamento, risulta essenziale scongiurare un aumento della spesa delle famiglie che la riduzione del fondo per le scuole non statali renderebbe certo,

impegna il Governo

a reintegrare, compatibilmente con l'attuale situazione della finanza pubblica, entro l'anno il fondo in bilancio previsionale 2010 «istituzioni scolastiche non statali» fino al raggiungimento della quota prevista per il 2008 e a garantire almeno lo stesso livello di finanziamento per i successivi anni.
9/2561-A/28.(Testo modificato nel corso della seduta)Renato Farina, Toccafondi, Pagano, Lupi, Palmieri, Vignali.

La Camera,
premesso che:
il personale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e successive modificazioni, impegnato in attività socialmente utili, riconducibili alle funzioni di assistente amministrativo o tecnico nelle istituzioni scolastiche statali, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (personale con funzioni ATA ex-LSU), vive da circa venti anni in una situazione di particolare incertezza, dal momento che, pur svolgendo rilevanti funzioni nell'ambito dell'amministrazione pubblica, non è stato ancora inquadrato nell'ambito di un definito e certo percorso di stabilizzazione;
anche per farsi carico di tale situazione, l'articolo 34 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha di recente prorogato a tutto il 2009 le attività di cui all'articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tra cui rientrano anche i soggetti citati;
il problema dei lavoratori in questione è stato già posto all'attenzione della XI Commissione, che ha concluso l'esame in sede consultiva del decreto-legge n. 78 con l'approvazione di un parere con osservazioni alle Commissioni V e VI, con la quale ha rimesso alle Commissioni di merito una valutazione circa la possibile concessione di un'ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2010, per il richiamato personale ex-LSU, con funzioni ATA, titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
si segnala, in particolare, che il trasferimento del personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato - disposto con la legge 3 maggio 1999, n. 124, e attuato con il successivo decreto interministeriale n. 184 dello stesso anno - ha determinato di fatto un adeguamento dell'organico, aprendo le porte al trasferimento fra sedi - prima impossibili - e favorendo la progressione in carriera di personale precario ATA di nuova assunzione, sino al suo inquadramento in ruolo; tale mutamento di competenze è avvenuto a discapito del personale precario già da anni presente nell'istituzione scolastica, che è risultato in tal modo sistematicamente scavalcato da tale personale con pochi mesi di servizio, in palese contraddizione con le disposizioni legislative adottate dal legislatore, che riconoscono, al contrario, un titolo di preferenza al richiamato personale Co.Co.Co. con funzioni ATA (ex-LSU);
tale personale Co.Co.Co. è divenuto, nel tempo, difficilmente sostituibile, avendo maturato nel settore della pubblica istruzione una rilevante esperienza, attraverso lo svolgimento continuativo di infungibili funzioni connesse alle attività scolastiche, che hanno comportato l'assunzione di responsabilità di fatto equiparabili a quelle proprie dei lavoratori subordinati;
la questione in oggetto coinvolge 490 lavoratori nella Regione Sicilia, sulle complessive 970 unità dislocate sull'intero territorio nazionale, rientranti in una fascia anagrafica tra i 40 e i 50 anni, per i quali potrebbe prospettarsi una soluzione normativa tendente a favorirne una stabilizzazione part-time, con conseguente automatico arretramento della loro posizione lavorativa, anche rispetto ad altri lavoratori precari - assunti invece a tempo pieno - con i quali si innescherebbe una selvaggia competizione al ribasso,

impegna il Governo

ad intraprendere iniziative tempestive per ricercare, sia pure con la dovuta gradualità, strumenti volti alla definitiva stabilizzazione del citato personale con funzioni ATA, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2000, e successive modificazioni, impegnato in attività socialmente utili, sulla base dei requisiti oggettivi di anzianità lavorativa effettivamente maturata, prevedendo in ogni caso, per il richiamato personale ex-LSU, almeno una nuova proroga sino al 31 dicembre 2010, ulteriore rispetto a quella di cui al citato articolo 34 del decreto-legge n. 185 del 2008.
9/2561-A/29. Giammanco, Vincenzo Antonio Fontana, Granata, Germanà.

La Camera,
premesso che:
il personale di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 28 febbraio 2000, n. 81, e successive modificazioni, impegnato in attività socialmente utili, riconducibili alle funzioni di assistente amministrativo o tecnico nelle istituzioni scolastiche statali, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (personale con funzioni ATA ex-LSU), vive da circa venti anni in una situazione di particolare incertezza, dal momento che, pur svolgendo rilevanti funzioni nell'ambito dell'amministrazione pubblica, non è stato ancora inquadrato nell'ambito di un definito e certo percorso di stabilizzazione;
anche per farsi carico di tale situazione, l'articolo 34 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha di recente prorogato a tutto il 2009 le attività di cui all'articolo 78, comma 31, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, tra cui rientrano anche i soggetti citati;
il problema dei lavoratori in questione è stato già posto all'attenzione della XI Commissione, che ha concluso l'esame in sede consultiva del decreto-legge n. 78 con l'approvazione di un parere con osservazioni alle Commissioni V e VI, con la quale ha rimesso alle Commissioni di merito una valutazione circa la possibile concessione di un'ulteriore proroga, sino al 31 dicembre 2010, per il richiamato personale ex-LSU, con funzioni ATA, titolare di contratti di collaborazione coordinata e continuativa;
si segnala, in particolare, che il trasferimento del personale ATA degli enti locali alle dipendenze dello Stato - disposto con la legge 3 maggio 1999, n. 124, e attuato con il successivo decreto interministeriale n. 184 dello stesso anno - ha determinato di fatto un adeguamento dell'organico, aprendo le porte al trasferimento fra sedi - prima impossibili - e favorendo la progressione in carriera di personale precario ATA di nuova assunzione, sino al suo inquadramento in ruolo; tale mutamento di competenze è avvenuto a discapito del personale precario già da anni presente nell'istituzione scolastica, che è risultato in tal modo sistematicamente scavalcato da tale personale con pochi mesi di servizio, in palese contraddizione con le disposizioni legislative adottate dal legislatore, che riconoscono, al contrario, un titolo di preferenza al richiamato personale Co.Co.Co. con funzioni ATA (ex-LSU);
tale personale Co.Co.Co. è divenuto, nel tempo, difficilmente sostituibile, avendo maturato nel settore della pubblica istruzione una rilevante esperienza, attraverso lo svolgimento continuativo di infungibili funzioni connesse alle attività scolastiche, che hanno comportato l'assunzione di responsabilità di fatto equiparabili a quelle proprie dei lavoratori subordinati;
la questione in oggetto coinvolge 490 lavoratori nella Regione Sicilia, sulle complessive 970 unità dislocate sull'intero territorio nazionale, rientranti in una fascia anagrafica tra i 40 e i 50 anni, per i quali potrebbe prospettarsi una soluzione normativa tendente a favorirne una stabilizzazione part-time, con conseguente automatico arretramento della loro posizione lavorativa, anche rispetto ad altri lavoratori precari - assunti invece a tempo pieno - con i quali si innescherebbe una selvaggia competizione al ribasso,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere iniziative tempestive per ricercare, sia pure con la dovuta gradualità, strumenti volti alla definitiva stabilizzazione del citato personale con funzioni ATA, di cui all'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2000, e successive modificazioni, impegnato in attività socialmente utili, sulla base dei requisiti oggettivi di anzianità lavorativa effettivamente maturata, prevedendo in ogni caso, per il richiamato personale ex-LSU, almeno una nuova proroga sino al 31 dicembre 2010, ulteriore rispetto a quella di cui al citato articolo 34 del decreto-legge n. 185 del 2008.
9/2561-A/29.(Testo modificato nel corso della seduta)Giammanco, Vincenzo Antonio Fontana, Granata, Germanà.

La Camera,
premesso che:
con il termine cinque per mille viene definito il meccanismo in virtù del quale il cittadino contribuente può vincolare il 5 per mille della propria IRPEF al sostegno di enti che svolgono attività socialmente rilevanti;
l'istituto della destinazione di una quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a finalità scelte dai contribuenti rappresenta uno strumento concreto di libertà di scelta per il cittadino e ciò costituisce un elemento essenziale per un autentica sussidiarietà;
la legge del 23 dicembre 2005 n. 266, articolo 1, comma 337, ha introdotto a titolo sperimentale l'istituto giuridico del cinque per mille;
le organizzazioni senza scopi di lucro non distribuiscono utili: in questo momento è di fondamentale importanza la capacità di reinvestire per una costruzione, anziché cercare un facile guadagno. Soprattutto in un periodo di crisi economica, che sempre porta con sé l'emergere di nuove povertà e di marginalità sociali, il cosiddetto «terzo settore» rappresenta un settore decisivo per la tenuta del nostro modello sociale;
sono presenti territorialmente in modo capillare: in un momento in cui l'economia «globale» ha messo in scena tutti i suoi limiti, è di fondamentale importanza valorizzare le realtà presenti attivamente sul territorio;
i risultati della destinazione della quota del 5 per mille dell'IRPEF degli anni passati dimostrano il grande apprezzamento da parte dei cittadini italiani per questo strumento. Ricordato che nel primo anno di adozione dello strumento a livello nazionale, il 2006 sono stati destinati circa 185.000.000 di euro dei 209.351.770 di euro impegnati. L'erogazione del saldo di circa 25.000.000 di euro alle associazioni che nel frattempo abbiano regolarizzato la loro posizione avverrà entro la fine del 2009. Il totale delle scelte per il 2006 è stato di 7.275.401;
nel 2007 il totale dei contribuenti che hanno scelto di devolvere il 5 per mille è stato di 11.940.201, mentre il totale dei fondi attribuibili sarà noto a settembre 2009;
la legge finanziaria del 2009 (22 dicembre 2008, n. 203) ha confermato lo strumento del 5 per mille anche per l'anno fiscale 2008. Con la conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, (legge 27 febbraio 2009, n. 14) è entrato il vigore il calendario fiscale 2009;
secondo la tabella di marcia riferita dal direttore generale del settore volontariato del Ministero del lavoro e della solidarietà sociale, il programma, concordato con l'Agenzia delle entrate, puntava a dare un segnale che avrebbe permesso alle associazioni destinatarie del 5 per mille di vedere a regime questa misura per loro vitale. Secondo il programma la liquidazione dei contributi dell'anno 2006 doveva essere effettuata agli aventi diritto entro luglio 2008; la liquidazione di tutte le quote del 2007 doveva essere effettuata entro l'autunno dello stesso anno e l'inizio della «pratica 2008» doveva avvenire entro la fine dello stesso anno,

impegna il Governo:

ad erogare il saldo dovuto alle associazioni aventi diritto per gli anni 2006 e 2007 entro il mese di ottobre 2009;
a snellire le procedure al fine di pervenire ad una rapida erogazione della quota parte del 5 per mille alle associazioni aventi diritto.
9/2561-A/30. Toccafondi, Lupi, Palmieri, Vignali.

La Camera,
premesso che:
con il termine cinque per mille viene definito il meccanismo in virtù del quale il cittadino contribuente può vincolare il 5 per mille della propria IRPEF al sostegno di enti che svolgono attività socialmente rilevanti;
l'istituto della destinazione di una quota del 5 per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) a finalità scelte dai contribuenti rappresenta uno strumento concreto di libertà di scelta per il cittadino e ciò costituisce un elemento essenziale per un autentica sussidiarietà;
la legge del 23 dicembre 2005 n. 266, articolo 1, comma 337, ha introdotto a titolo sperimentale l'istituto giuridico del cinque per mille;
le organizzazioni senza scopi di lucro non distribuiscono utili: in questo momento è di fondamentale importanza la capacità di reinvestire per una costruzione, anziché cercare un facile guadagno. Soprattutto in un periodo di crisi economica, che sempre porta con sé l'emergere di nuove povertà e di marginalità sociali, il cosiddetto «terzo settore» rappresenta un settore decisivo per la tenuta del nostro modello sociale;
sono presenti territorialmente in modo capillare: in un momento in cui l'economia «globale» ha messo in scena tutti i suoi limiti, è di fondamentale importanza valorizzare le realtà presenti attivamente sul territorio;
i risultati della destinazione della quota del 5 per mille dell'IRPEF degli anni passati dimostrano il grande apprezzamento da parte dei cittadini italiani per questo strumento. Ricordato che nel primo anno di adozione dello strumento a livello nazionale, il 2006 sono stati destinati circa 185.000.000 di euro dei 209.351.770 di euro impegnati. L'erogazione del saldo di circa 25.000.000 di euro alle associazioni che nel frattempo abbiano regolarizzato la loro posizione avverrà entro la fine del 2009. Il totale delle scelte per il 2006 è stato di 7.275.401;
nel 2007 il totale dei contribuenti che hanno scelto di devolvere il 5 per mille è stato di 11.940.201, mentre il totale dei fondi attribuibili sarà noto a settembre 2009;
la legge finanziaria del 2009 (22 dicembre 2008, n. 203) ha confermato lo strumento del 5 per mille anche per l'anno fiscale 2008. Con la conversione in legge del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, (legge 27 febbraio 2009, n. 14) è entrato il vigore il calendario fiscale 2009;
secondo la tabella di marcia riferita dal direttore generale del settore volontariato del Ministero del lavoro e della solidarietà sociale, il programma, concordato con l'Agenzia delle entrate, puntava a dare un segnale che avrebbe permesso alle associazioni destinatarie del 5 per mille di vedere a regime questa misura per loro vitale. Secondo il programma la liquidazione dei contributi dell'anno 2006 doveva essere effettuata agli aventi diritto entro luglio 2008; la liquidazione di tutte le quote del 2007 doveva essere effettuata entro l'autunno dello stesso anno e l'inizio della «pratica 2008» doveva avvenire entro la fine dello stesso anno,

impegna il Governo:

ad erogare il saldo dovuto alle associazioni aventi diritto per gli anni 2006 e 2007 al più presto;
a snellire le procedure al fine di pervenire ad una rapida erogazione della quota parte del 5 per mille alle associazioni aventi diritto.
9/2561-A/30.(Testo modificato nel corso della seduta)Toccafondi, Lupi, Palmieri, Vignali.

La Camera,

impegna il Governo:

a garantire la salvaguardia della mission dello stabilimento Fiat di Termini Imerese, la continuità della produzione di autovetture ed il mantenimento degli attuali livelli occupazionali;
a presentare, nel quadro delle trattative con FIAT, proposte concrete all'azienda automobilistica per impedire che si decreti un declassamento dello stabilimento di Termini Imerese e una riconversione di produzione.
9/2561-A/31. Cardinale, Antonino Russo.

La Camera,
premesso che:
nel corso del Forum della finanza e dell'economia del Mediterraneo, tenutosi nei giorni scorsi a Milano, il Presidente del Consiglio ha proposto di designare Milano come sede del Forum permanente sullo sviluppo dell'area del Mediterraneo;
resta un obiettivo fondamentale per il nostro Paese realizzare gli impegni annunciati nella Dichiarazione di Barcellona del 1995, nella quale si affermava la creazione di un'area di libero scambio nella regione del Mediterraneo;
rafforzare le relazioni tra le due sponde del Mediterraneo rappresenta la miglior forma di politica di sviluppo e di coesione di un'area che è stata e, purtroppo, continua ad essere scenario di fibrillazioni e di preoccupazioni per la sicurezza, la stabilità e la pace;
la Sicilia si trova posta geograficamente nel cuore del bacino mediterraneo ed è stata da sempre un luogo naturale di incontro tra civiltà differenti e di traffici commerciali;
mediante la Sicilia ed il suo territorio già oggi il Paese costituisce un «hub dal Mediterraneo all'Europa» vantando, in concreto, una buona «piattaforma di scambio e transito di energia» legata soprattutto agli olii combustibili, al gas ed alle altre risorse naturali che, prevalentemente, giungono e vengono trasformati o semi-lavorati in Sicilia;
la Sicilia e, in particolare, il suo capoluogo Palermo, rappresenta un ponte tra economie e culture tale da poter divenire la sede naturale di un Forum che possa sviluppare l'Unione mediterranea;

impegna il Governo

ad individuare la città di Palermo come sede del Forum permanente sullo sviluppo dell'area del Mediterraneo.
9/2561-A/32. Antonino Russo, Granata, Fallica.

La Camera,
premesso che:
nel nostro Paese l'occupazione femminile è ferma al 46,3 per cento con un forte ritardo rispetto all'obiettivo del 60 per cento stabilito dalla Strategia di Lisbona, con una frattura tra Nord e Sud, dove l'impiego femminile è al 34 per cento;
in Italia il lavoro di cura, svolto per la famiglia, è ancora per la maggior parte a carico delle donne, ciò accade non solo a causa di fattori culturali che rendono non diffusa e praticata una equa ripartizione dei compiti uomo-donna nella gestione della vita familiare ma anche a causa di un sistema sociale ancora non in grado di aiutare e sostenere le donne lavoratrici;
i maggiori ostacoli all'ingresso, alla permanenza e alla crescita professionale delle donne nel mercato del lavoro sono costituiti dalla scarsa disponibilità di servizi che riducano i problemi di conciliazione fra lavoro e cura della famiglia, dalla poca attenzione delle imprese alla necessità di valorizzare e gestire le differenze di genere e dalle scarse risorse dedicate all'interno del welfare alla maternità, ai servizi per i bambini e al sostegno alle madri sole;
il Governo, nel decreto-legge in esame, ha introdotto l'innalzamento graduale dell'età pensionabile nel pubblico impiego per le lavoratrici con un conseguente risparmio già quantificato dall'INPDAP;
tali risparmi confluiranno nel Fondo strategico per il paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per finanziare interventi dedicati a politiche sociali e familiari, con particolare attenzione alla non autosufficienza,

impegna il Governo

a prevedere che tali risorse contemplino lo sviluppo di una rete dei servizi per l'infanzia e gli anziani favorendo così la conciliazione tra i tempi di vita e i tempi di lavoro delle donne anche attraverso l'implementazione dei sistemi a voucher, garantendo così un impulso alla occupabilità femminile.
9/2561-A/33. Saltamartini, Giammanco, Di Biagio.

La Camera,
premesso che:
vi sono difficoltà sottese al reperimento dei fondi per il finanziamento delle manifestazioni relative ai festeggiamenti per i 150 anni dell'Unità d'Italia;
la Città di Torino, come prima Capitale d'Italia, ha un ruolo di capofila per l'organizzazione degli eventi legati alle celebrazioni;
il budget previsto per le manifestazioni della Città di Torino è di circa 100 milioni di euro, coperti per l'80 per cento coperto da fondi locali (fondazioni bancarie e private, biglietti, affitto spazi),

impegna il Governo

e, segnatamente, il Ministero dell'economia e delle finanze, ad adottare le opportune iniziative, per quanto di competenza, volte ad indire con proprio provvedimento, un'apposita lotteria istantanea i cui utili, fino ad un massimo di 20 milioni di euro, siano direttamente devoluti all'amministrazione della Città di Torino e finalizzati alle celebrazioni dei 150 anni dell'Unità d'Italia.
9/2561-A/34. Ghiglia, Tommaso Foti, Armosino, Stradella, Rosso.

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea, riconoscendo l'importanza delle tecnologie di Carbon Capture and Storage (CCS) nel contribuire a mitigare i cambiamenti climatici, ha recentemente adottato la direttiva n. 31 del 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, recante modifica della direttiva 85/337/CE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1031 del 2006 del Parlamento europeo e del Consiglio;
la lotta ai cambiamenti climatici costituisce obiettivo primario dello Stato e lo sviluppo delle tecnologie CCS potrà avere in un prossimo futuro un ruolo determinante ai fini di una significativa riduzione delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica;
in particolare, le attività relative al sequestro e al confinamento del biossido di carbonio rivestono carattere di preminente interesse industriale strategico, mentre l'esplorazione, intesa come valutazione dei potenziali siti di stoccaggio e la realizzazione delle prove di iniezione, necessarie a caratterizzare i predetti siti, rappresentano attività propedeutica e essenziale ai fini della realizzazione dei progetti di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;
in attesa del formale recepimento della normativa comunitaria nel frattempo intervenuta, appare quanto mai opportuno approntare con urgenza una cornice normativa di riferimento, nel cui ambito possano concretamente realizzarsi le attività necessarie all'esplorazione dei potenziali complessi di stoccaggio geologico di biossido di carbonio,

impegna il Governo

ad adottare, entro il 31 dicembre 2009, ogni misura necessaria a consentire il rilascio, ai soggetti interessati, di un permesso per le attività di esplorazione funzionali alla individuazione di un sito di stoccaggio dell'anidride carbonica in giacimenti o unità geologiche profonde, ivi inclusi gli acquiferi salini.
9/2561-A/35. Tommaso Foti, Ghiglia.

La Camera,
premesso che:
l'Unione europea, riconoscendo l'importanza delle tecnologie di Carbon Capture and Storage (CCS) nel contribuire a mitigare i cambiamenti climatici, ha recentemente adottato la direttiva n. 31 del 2009, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio, recante modifica della direttiva 85/337/CE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1031 del 2006 del Parlamento europeo e del Consiglio;
la lotta ai cambiamenti climatici costituisce obiettivo primario dello Stato e lo sviluppo delle tecnologie CCS potrà avere in un prossimo futuro un ruolo determinante ai fini di una significativa riduzione delle emissioni in atmosfera di anidride carbonica;
in particolare, le attività relative al sequestro e al confinamento del biossido di carbonio rivestono carattere di preminente interesse industriale strategico, mentre l'esplorazione, intesa come valutazione dei potenziali siti di stoccaggio e la realizzazione delle prove di iniezione, necessarie a caratterizzare i predetti siti, rappresentano attività propedeutica e essenziale ai fini della realizzazione dei progetti di stoccaggio geologico di biossido di carbonio;
in attesa del formale recepimento della normativa comunitaria nel frattempo intervenuta, appare quanto mai opportuno approntare con urgenza una cornice normativa di riferimento, nel cui ambito possano concretamente realizzarsi le attività necessarie all'esplorazione dei potenziali complessi di stoccaggio geologico di biossido di carbonio,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, entro il 31 dicembre 2009, ogni misura necessaria a consentire il rilascio, ai soggetti interessati, di un permesso per le attività di esplorazione funzionali alla individuazione di un sito di stoccaggio dell'anidride carbonica in giacimenti o unità geologiche profonde, ivi inclusi gli acquiferi salini.
9/2561-A/35.(Testo modificato nel corso della seduta)Tommaso Foti, Ghiglia.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame intende portare avanti la strategia da tempo intrapresa per restituire un nuovo impulso alla crescita competitiva del Paese;
il sistema produttivo del nostro Paese sta attraversando una profonda crisi, anche a causa della concorrenza sleale proveniente dai Paesi del Sud Est asiatico, ove i metodi di produzione sono difficilmente controllabili e la qualità dei prodotti non è sempre garantita;
importanti settori del sistema economico del Paese, dal comparto tessile, al calzaturiero e alla pelletteria non riescono più a sostenere l'aggressiva concorrenza di questi Paesi, che è ingiustamente favorita da costi di produzione e di manodopera estremamente bassi;
da anni si chiede con forza all'Unione Europea e al Governo italiano di intervenire per salvaguardare la competitività delle aziende italiane attraverso l'adozione di misure che tutelino il mercato del «Made in Italy»;
è indispensabile, infatti, adottare misure di certificazione della qualità dei prodotti, che oltre ad evidenziare il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e la tracciabilità dei prodotti stessi, tutelino i consumatori dall'acquisto di prodotti contraffatti ed estremamente dannosi per la salute umana e l'ambiente;
tali interventi devono poi essere affiancati da un puntuale sistema di controlli sulle merci che dalla Cina entrano nei porti italiani già con etichette «Made in Italy», nonché da un rigido sistema di sanzioni nei confronti dei trasgressori;
in Parlamento sono state presentate diverse proposte di legge che hanno l'obiettivo di introdurre nell'ordinamento un sistema di etichettatura per la valorizzazione dei prodotti tessili e la tutela del «Made in Italy», consentendo così alle imprese di qualificare la propria produzione e ai consumatori di avere maggiori informazioni sulla qualità e la sicurezza dei prodotti acquistati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di perseguire gli obiettivi di cui alle premesse, anche favorendo l'iter di approvazione delle proposte di legge presentate in Parlamento, che intervengono nelle materie sopra indicate.
9/2561-A/36. Reguzzoni, Simonetti.

La Camera,
premesso che:
appare opportuno, ai fini dell'esercizio delle competenze statali in materia di profilassi internazionale, indirizzo, coordinamento, gestione e controllo del settore della sanità pubblica veterinaria, della nutrizione e della sicurezza alimentare, realizzare un autonomo sistema informativo denominato Sistema informativo per la sicurezza alimentare nazionale, con sede operativa in L'Aquila. Tale sistema dovrà essere istituito nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio e senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato;
è necessaria la riorganizzazione dell'Istituto zooprofilattico sperimentale «G. Caporale», per assicurarne la massima efficienza operativa e razionalità gestionale, tenendo conto dei contenuti dell'accordo di programma del 9 luglio 2003, e dell'intesa intercorsa fra il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e le Regioni Abruzzo e Molise per la gestione dello stesso istituto;
tale riorganizzazione è necessaria in quanto l'istituto agisce quale strumento operativo dello stesso Ministero per la realizzazione e la gestione del sistema informativo per la sicurezza alimentare nazionale,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative volte a:
realizzare, senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica, un autonomo sistema informativo denominato Sistema informativo per la sicurezza alimentare nazionale (S.I.S.A.N.) a L'Aquila con le finalità di cui in premessa;
riorganizzare l'Istituto zooprofilattico sperimentale «G. Caporale» affinché possa adeguatamente intervenire operativamente nella realizzazione e nella gestione del sistema informativo per la sicurezza alimentare nazionale.
9/2561-A/37. Castellani, De Angelis.

La Camera,
premesso che:
il problema della disponibilità di abitazioni in locazione ha assunto dimensioni preoccupanti negli ultimi anni e l'innalzamento notevole dei canoni di locazione che ne risulta rende pressoché impossibile alle giovani coppie, alle famiglie monoreddito o comunque meno abbienti accedere a questo mercato;
l'unico mercato delle locazioni immobiliari che si è progressivamente allargato è stato quello delle locazioni «in nero», cioè di quei contratti di locazione non registrati, i cui redditi sono sfuggiti completamente all'erario perché non dichiarati. Questo mercato in nero non ha conosciuto crisi, mentre è entrato in una crisi gravissima il mercato regolare degli affitti, cioè quello che è sottoposto al regime di imposizione fiscale ordinario,

impegna il Governo

a considerare tra le proprie priorità l'introduzione di misure di legge che prevedono che i canoni risultanti da contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione, regolarmente registrati ai sensi della disciplina vigente in materia, siano assoggettati ad imposta sostitutiva con l'aliquota del 20 per cento. Il predetto canone non concorre alla determinazione del reddito complessivo, anche ai fini dell'applicazione delle addizionali all'imposta sul reddito delle persone fisiche di cui al decreto legislativo 28 settembre 1998, n. 360.
9/2561-A/38. Lupi, Tommaso Foti.

La Camera,
premesso che:
il secondo, terzo e quarto periodo del comma 5 dell'articolo 9-bis del decreto-legge in esame introducono disposizioni volte ad anticipare l'attuazione delle misure connesse alla realizzazione di un sistema di federalismo fiscale e allo scopo di assicurare la tutela dei diritti e prestazioni sociali fondamentali su tutto il territorio nazionale (articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione);
a tal fine si prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti la Conferenza Stato-Regioni e acquisito il parere del tavolo di confronto di cui all'articolo 27, comma 7, della legge 5 maggio 2009, n. 42, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sono adottati i criteri per la rideterminazione, a decorrere dall'anno 2009, dell'ammontare dei proventi spettanti a regioni e province autonome ivi compresi quelli afferenti la compartecipazione ai tributi erariali statali, compatibilmente con gli statuti speciali;
tale norma è volta a garantire disponibilità finanziarie complessivamente non inferiori a trecento milioni di euro annui;
la norma prevede altresì l'assegnazione delle predette risorse ad un fondo per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale, da istituire nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze. In sede di Conferenza Stato-Regioni sono stabiliti - entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto di rideterminazione dei proventi - i criteri e le modalità per la distribuzione delle risorse tra le regioni e le province autonome, da effettuarsi con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze;
per quanto la norma contenga un inciso secondo cui la sua applicazione deve essere compatibile con gli statuti speciali, essa appare in conflitto con l'ordinamento provinciale, che si caratterizza per:
a) il titolo VI dello Statuto (Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670, come modificato dalla legge 30 novembre 1989, n. 386) che definisce il quadro della finanza della Regione e delle Province autonome, riconoscendo loro autonomia finanziaria;
b) il decreto legislativo 16 marzo 1.992, n. 268 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige in materia di finanza regionale e provinciale), nonché le altre norme di coordinamento della finanza pubblica contenute nella legge 30 novembre 1989, n. 386 (Norme per il coordinamento della finanza della regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento e di Bolzano con la riforma tributaria);
c) l'articolo 104, comma primo, dello Statuto che richiede necessariamente un preventivo accordo tra il Governo e la Regione o le Province autonome per quanto di rispettiva competenza, per introdurre con legge ordinaria modificazioni al predetto titolo VI dello Statuto;
d) l'articolo 107 dello Statuto che disciplina il procedimento di attuazione statutaria, demandando ad apposite norme, assunte previo parere di Commissioni paritetiche, la regolazione dei rapporti, anche finanziari, con lo Stato. Le norme di attuazione statutaria sono quindi individuate come la sede naturale per la realizzazione del processo di riforma in senso federale dello Stato anche dall'articolo 27 (Coordinamento della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome) della legge 5 maggio 2009, n. 42,

impegna il Governo

ad adottare le necessarie iniziative per ricondurre i rapporti tra lo Stato e le Autonomie speciali al rispetto delle norme suesposte.
9/2561-A/39. Froner, Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 23, comma 20, del decreto-legge in esame, proroga il termine di cui all'articolo 4-bis, comma 18, del decreto-legge n. 97 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 129 del 2008, relativo all'operatività del Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVSU), fino al completamento delle procedure necessarie per rendere effettivamente operativa l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario (ANVUR) e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009, senza che tale proroga comporti oneri per la finanza pubblica;
l'Agenzia nazionale dì valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR), con personalità giuridica di diritto pubblico, è stata istituita dal decreto-legge n. 262 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 2006, al fine di razionalizzare il sistema di valutazione della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, nonché dell'efficienza ed efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
le funzioni principali dell'ANVUR indicate all'articolo 2, comma 138, del decreto-legge n. 262 del 2006 sono:
a) valutazione esterna della qualità delle attività delle università e degli enti di ricerca pubblici e privati destinatari di finanziamenti pubblici, sulla base di un programma annuale approvato dal Ministro dell'università e della ricerca;
b) indirizzo, coordinamento e vigilanza delle attività di valutazione demandate ai nuclei di valutazione interna degli atenei e degli enti di ricerca;
c) valutazione dell'efficienza e dell'efficacia dei programmi statali di finanziamento e di incentivazione delle attività di ricerca e di innovazione;
l'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario, così come concepita dal precedente esecutivo, risulta essere una struttura eccessivamente buro-cratizzata, rigida e inadeguata al perseguimento degli obiettivi di Governo in materia di istruzione e riforma dell'università ispirati ai principi di trasparenza, semplificazione, promozione della meritocrazia e virtuosismo nell'utilizzazione delle risorse finanziarie,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di attuare le più opportune iniziative volte a garantire un riordino della disciplina dell'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario (ANVUR) e la sua effettiva operatività al fine di assicurare al mondo dell'università e della ricerca un maggior virtuosismo nell'utilizzazione delle risorse finanziarie, nonché maggiore trasparenza e professionalità.
9/2561-A/40. Frassinetti.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame esclude le università dal divieto imposto alle pubbliche amministrazioni e agli enti interessati al riordino di procedere a nuove assunzioni di personale, sino al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa assegnati a ciascuna amministrazione;
a fronte del predetto divieto, sono dettate disposizioni di proroga intese a consentire alle amministrazioni pubbliche, ivi comprese le università, che non hanno potuto realizzare, nei tempi previsti dalla normativa vigente, le assunzioni di personale disposte in ragione dei risparmi per cessazioni di personale verificatesi nell'anno precedente, di utilizzare le risorse destinate a nuove assunzioni;
lo svolgimento delle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento di professori e ricercatori universitari ha subito un ritardo a seguito delle rilevanti innovazioni introdotte dal decreto-legge 10 novembre 2008, n. 180, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 gennaio 2009, n. 1, degli adempimenti connessi all'attuazione della nuova disciplina (decreto ministeriale 27 marzo 2009) e per effetto di alcune difficoltà applicative della predetta nuova disciplina, che hanno richiesto l'acquisizione del parere dell'Avvocatura generale dello Stato,

impegna il Governo

a porre in essere ogni intervento atto ad assicurare in tempi brevi l'effettivo svolgimento delle procedure di valutazione comparativa per il reclutamento dei professori universitari di prima e seconda fascia e dei ricercatori universitari, ai sensi dell'articolo 1, commi 4 e 5, del decreto-legge n. 180 del 2008, almeno con riferimento a quelle che non presentano problemi applicativi concernenti la formazione delle commissioni.
9/2561-A/41. Palumbo, Castellani, Mistrello Destro.

La Camera,
premesso che:
il settore dello spettacolo lamenta una cronica carenza di risorse economico-finanziarie che penalizza l'intero comparto e i lavoratori che ne fanno parte;
da vari anni si registra una riduzione del Fus, importante strumento finanziario istituito con la legge 30 aprile 1985, n. 163, che ha reso sempre più difficile la situazione del settore;
a sostegno dello spettacolo è stato istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche, che eroga i contributi e finanzia la produzione di opere filmiche, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28;
è opportuno, specialmente in un Paese come l'Italia che vanta una tradizione culturale di grande importanza, promuovere, tutelare e valorizzare la cultura in tutte le sue molteplici forme, anche nel campo dello spettacolo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a reperire adeguate risorse economico-finanziarie, dell'ordine di 60 milioni di euro per il 2009, da destinare al Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche di cui in premessa, a sostegno delle esigenze specifiche dello spettacolo.
9/2561-A/42. Barbareschi.

La Camera,
premesso che:
il settore dello spettacolo lamenta una cronica carenza di risorse economico-finanziarie che penalizza l'intero comparto e i lavoratori che ne fanno parte;
da vari anni si registra una riduzione del Fus, importante strumento finanziario istituito con la legge 30 aprile 1985, n. 163, che ha reso sempre più difficile la situazione del settore;

a sostegno dello spettacolo è stato istituito, presso il Ministero per i beni e le attività culturali, il Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche, che eroga i contributi e finanzia la produzione di opere filmiche, di cui all'articolo 12 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28;
è opportuno, specialmente in un Paese come l'Italia che vanta una tradizione culturale di grande importanza, promuovere, tutelare e valorizzare la cultura in tutte le sue molteplici forme, anche nel campo dello spettacolo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a reperire adeguate risorse economico-finanziarie, dell'ordine di 60 milioni di euro per il 2009, da destinare al Fondo per la produzione, la distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche di cui in premessa, a sostegno delle esigenze specifiche dello spettacolo.
9/2561-A/42.(Testo modificato nel corso della seduta)Barbareschi.

La Camera,
premesso che:
lo Stato, in attuazione degli articoli 21 e 33 della Costituzione, riconosce il cinema quale fondamentale mezzo di espressione artistica, di formazione culturale e di comunicazione sociale. Le attività cinematografiche sono riconosciute di rilevante interesse generale, anche in considerazione della loro importanza economica ed industriale;
lo Stato incoraggia ed aiuta le iniziative volte a valorizzare e a diffondere il cinema nazionale, tutela la proprietà intellettuale e il diritto d'autore, assicura la conservazione del patrimonio filmico e la sua diffusione e promuove attività di studio e di ricerca nel settore cinematografico;
con l'articolo 12 del decreto legislativo del 22 gennaio 2004, n. 28, recante riforma della disciplina in materia di attività cinematografiche, a norma dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137, viene istituito un Fondo, presso il Ministero dei beni e le attività culturali, per la produzione, distribuzione, l'esercizio e le industrie tecniche. Con decreto ministeriale, sentita la Consulta, sono stabilite annualmente le quote attribuite al Fondo;
il Fondo è destinato, tra l'altro, alla corresponsione di contributi sugli interessi dei mutui ed alla concessione di contributi in conto capitale a favore delle imprese di esercizio e dei proprietari di sale cinematografiche, per la realizzazione di nuove sale o il ripristino di sale inattive;
con il decreto ministeriale 10 giugno 2004 sono disciplinate le modalità di intervento finanziario del Ministero per i beni e le attività culturali per sostenere le finalità di cui all'articolo 12 del citato decreto legislativo n. 28 del 2004;
risulta che per l'anno 2009 il suddetto Fondo non sia stato ancora finanziato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di rifinanziare il Fondo entro un tempestivo lasso di tempo al fine di poter evadere tutte le domande pendenti presso il Ministero dei beni culturali che sono in attesa dei finanziamenti.
9/2561-A/43. Caparini, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
nell'ambito degli interventi occorrenti per fronteggiare la grave crisi economica in atto assumono particolare rilievo le misure in favore dello sviluppo del Mezzogiorno, con riferimento all'ammodernamento infrastrutturale ed al sostegno delle imprese ivi operanti;
il «Fondo aree sottoutilizzate» (FAS), istituito con la legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003) e modificato con la legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), è lo strumento di finanziamento, con risorse aggiuntive nazionali, delle politiche di sviluppo per le aree sottoutilizzate del Paese, con vincolo di destinazione dell'85 per cento di dette risorse per interventi in favore delle aree del Mezzogiorno;
in tali aree queste risorse si aggiungono a quelle ordinarie e a quelle comunitarie e nazionali di cofinanziamento; a tal fine l'articolo 1, comma 863, della finanziaria 2007 ha previsto una dotazione finanziaria del fondo con riferimento al settennio 2007-2013 pari a 64,4 miliardi di euro;
l'articolo 2, comma 537, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) ha rimodulato l'ammontare delle risorse FAS stanziate dalla finanziaria precedente;
la delibera CIPE n. 166 del 21 dicembre 2007 ha ripartito le risorse FAS del periodo di programmazione 2007-2013 per un importo leggermente inferiore (63,3 miliardi), a causa dell'utilizzo di 1,1 miliardi a copertura di tagli disposti dalla legge finanziaria 2007;
tra il 2008 e il 2009 sono state utilizzate risorse rivenienti dai fondi FAS a copertura degli oneri di numerose disposizioni legislative con conseguente decurtazione dell'ammontare delle disponibilità di detti fondi, con significativa modifica di quanto programmato nel Quadro strategico nazionale 2007-2013 e un forte indebolimento delle risorse disponibili per le politiche regionali di sviluppo, con particolare riferimento al Mezzogiorno,

impegna il Governo:

a riferire con apposita relazione al Parlamento, entro il 31 ottobre 2009, sullo stato di utilizzazione dei fondi FAS a decorrere dalla legge istitutiva n. 289 del 2002 (finanziaria 2003), con la quale venga evidenziato, in particolare:
l'andamento di utilizzazione dei fondi FAS, articolato su base annuale;
l'entità delle decurtazioni medio-tempore intervenute per la copertura di oneri derivanti da disposizioni legislative inerenti interventi non riconducibili alle finalità della legge istitutiva dei fondi FAS;
il rapporto quantitativo fra risorse globali dei fondi FAS finora utilizzate ed entità della quota di esse destinata alle aree del Mezzogiorno.
9/2561-A/44. Bonavitacola.

La Camera,
premesso che:
in Basilicata, regione priva di scali aeroportuali, sono in corso lavori di adeguamento della Pista Mattei in territorio di Pisticci (Matera) che dovrebbe divenire lo scalo aeroportuale regionale;
si tratta di un'opera infrastrutturale strategica per il tessuto economico e produttivo dell'intero territorio regionale in particolar modo per il settore turistico vista la prossimità alla costa metapontina, per il settore agricolo considerate le produzioni di qualità e per il settore industriale alla luce della sua ubicazione in Valbasento;
le istituzioni regionali stanno ponendo in essere tutti gli sforzi necessari per far sì che suddetta infrastruttura possa diventare al più presto operativa dopo anni di attesa;
il Governo nazionale afferma di voler potenziare la rete aeroportuale nazionale;
per il Mezzogiorno e per la Basilicata questa infrastruttura consentirebbe di superare un atavico isolamento estremamente penalizzante dal punto di vista economico,

impegna il Governo

a porre in essere tutte le iniziative necessarie a partire dal reperimento delle risorse in ambito Cipe per consentire il completamento definitivo dell'opera.
9/2561-A/45. Burtone.

La Camera,
premesso che:
si è in attesa del varo definitivo del decreto interministeriale del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze per quanto riguarda il riparto alle regioni delle risorse necessarie per il finanziamento degli ammortizzatori sociali;
l'iter (si è in attesa della firma definitiva del ministero del lavoro) risulta abbastanza rallentato considerato che per il momento in molte regioni, ad esempio in Basilicata, i lavoratori in mobilità hanno ricevuto come anticipo solo quattro mesi sui dodici per l'anno 2009 e considerato che si è già a luglio le famiglie di questi lavoratori risultano in gravissima sofferenza;
quanto sta accadendo stride con quanto annunciato sulla copertura garantita ai lavoratori in quanto queste difficoltà pesano e non poco sui lavoratori e sulle loro famiglie;
nel presente decreto addirittura si parla del 2010 quando sarebbe opportuno consentire l'erogazione degli ammortizzatori sociali per i mesi correnti,

impegna il Governo

a consentire entro il 31 luglio all'Inps i pagamenti delle indennità di mobilità per l'anno in corso in maniera da evitare questi accrediti parziali garantendo la sistematicità dell'erogazione mensilmente.
9/2561-A/46. Cuomo.

La Camera,
premesso che:
le zone colpite dal terremoto in Abruzzo sono realtà territoriali, L'Aquila compresa, che nel corso del tempo hanno subito un forte processo di emigrazione;
molti abruzzesi hanno cercato lavoro all'estero senza mai perdere, però, il legame affettivo, culturale ed economico con la terra di origine;
grazie a questi forti legami, migliaia di abruzzesi emigrati hanno conservato e curato gli immobili ereditati dai loro genitori e in molti casi hanno investito i loro risparmi nella costruzione o nell'acquisto di una propria abitazione nei comuni colpiti duramente dal sisma del 6 aprile. Sono gli abruzzesi che durante i periodi di vacanze tornano nei comuni di origine, contribuiscono anche all'economia locale e animano con l'entusiasmo di chi ha ritrovato qualcosa di bello e importante le piazze e le feste di paese;
questi cittadini emigrati, spesso occupati per anni nelle miniere del Belgio, hanno sempre manifestato un grande spirito di solidarietà, in ogni parte del mondo, con raccolta di fondi in favore delle zone terremotate ed invio di materiali di prima necessità agli abruzzesi colpiti dal sisma;
nel comune de L'Aquila gli iscritti all'AIRE costituiscono il 4,9 per cento della popolazione residente e nella provincia de L'Aquila sono 33.375, con rimesse pari a 3.335.000 euro, nel 2007;

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere ai cittadini abruzzesi residenti all'estero e iscritti all'AIRE, che, alla data del 6 aprile 2009, risultavano proprietari di immobili nei comuni individuati dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, la proroga dei termini relativi agli adempimenti ed ai versamenti dell'imposta comunale sugli immobili.
9/2561-A/47. Farinone, D'Incecco, Narducci, Razzi, Di Stanislao, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
Alitalia Trasporti Aerei Italiani è un'azienda fallita lo scorso gennaio con la conseguenza che i suoi titoli sono automaticamente divenuti privi di valore e pertanto meramente simbolici;
il provvedimento in esame interviene sulla disciplina dettata dal decreto legge n. 5 del 2009, consentendo ai titolari di azioni Alitalia di cedere i propri titoli al Ministero dell'economia e delle Finanze, in cambio di titoli di Stato di nuova emissione, senza cedola, con scadenza 31 dicembre 2012;
si stabilisce che il rimborso in favore dei titolari di azioni Alitalia sia pari al prezzo medio di borsa delle azioni nell'ultimo mese di negoziazione, anziché al 50 per cento del suddetto prezzo, come previsto dal citato decreto-legge n. 5 del 2009, e comunque non superiore ad euro 50.000. Questa previsione non rende merito all'affetto e alle motivazioni che hanno spinto molti piccoli risparmiatori ad investire in Alitalia e la misura risulta pertanto ingiusta ed inefficace;
il riferimento al lasso temporale di un mese è insignificante se paragonato alla storia di un'azienda italiana che ha operato per oltre 60 anni. E chi vi ha investito non lo ha fatto solo per un mese, ma lo ha fatto, come tanti dipendenti, perché credeva in un rilancio ed in un futuro nuovamente glorioso per questo marchio italiano che è stato un tratto distintivo del nostro Paese nel mondo e che deve continuare ad esserlo anche attraverso l'osservanza di adeguati principi etici d'impresa. Il ristretto riferimento temporale è ingiusto in quanto condanna i malcapitati ad avere risarcimenti per un valore quasi inesistente e comunque insignificante rispetto a quanto realmente investito;
inoltre, il termine ultimo di presentazione della domanda di ammissione al rimborso è fissato al 31 agosto, vale a dire un periodo di vacanza, con il rischio di rendere impossibile l'accesso, per la quasi totalità degli azionisti aventi diritto, all'esiguo rimborso previsto dal Governo,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
prorogare il termine per la domanda di rimborso sino al 31 ottobre 2009;
definire misure che permettano il rimborso integrale delle azioni Alitalia, vincolando il rimborso al valore medio delle azioni calcolato con riferimento temporale al primo trimestre 2008, senza alcuna riduzione e senza alcun limite per i piccoli azionisti risparmiatori.
9/2561-A/48.(Testo corretto) Narducci.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'ultimo vertice G8 de L'Aquila si è ribadita la necessità di non abbandonare, pur in presenza della crisi economica globale che ha colpito le economie più sviluppate, i paesi in via di sviluppo e quelli più poveri i quali potranno risentire, con contraccolpi tragici in termini socio-economici, dalla riduzione del PIL mondiale;
in questo modo si è dato seguito agli inviti di svariate organizzazioni internazionali che hanno ricordato la necessità di mantenere flussi di aiuto significativi, specie finalizzati al perseguimento degli obiettivi del millennio, ai Paesi meno sviluppati;
in questo contesto l'Italia, anche quale paese detentore della Presidenza del G8, ha dichiarato di mantenere validi gli impegni internazionali assunti, generali e specifici, quanto all'aiuto allo sviluppo, specie nel settore dell'educazione e della sanità;
in particolare il Presidente del Consiglio ha ribadito in conferenza stampa che l'Italia provvederà a versare i 130 milioni di curo dovuti, a titolo di contributo annuale, al Global Fund sulle pandemie, importo al quale avrebbe aggiunto ulteriori 50 milioni di euro per il sostegno di ulteriori iniziative e attività del Fondo;
l'articolo 25 del presente disegno di legge di conversione stanzia 284 milioni di euro finalizzati ad adempiere agli impegni dello Stato italiano derivanti dalla partecipazione a banche e fondi internazionali;
tuttavia dalla relazione tecnica si apprende che tale importo è destinato a coprire, solo per un terzo del dovuto, l'impegno di rifinanziamento dell'Investment Development Agency, peraltro in ritardo rispetto agli obblighi internazionali, mentre nessuna previsione è contenuta circa il versamento del dovuto al Global Fund,

impegna il Governo

a versare quanto prima la quota di 130 milioni di curo, contributo annuale dell'Italia al Fondo Globale per le pandemie.
9/2561-A/49. Maran, Tempestini, Barbi, Mecacci, Narducci.

La Camera,
premesso che:
l'originario articolo 24 del decreto legge numero n. 78 del 1 luglio 2009, ora in via di conversione, che prevedeva l'autorizzazione alla proroga della partecipazione italiana alle missioni internazionali è poi stato soppresso e riproposto in autonomo disegno di legge all'esame delle competenti commissioni;
tuttavia la copertura finanziaria relativa alle spese per la proroga delle missioni, pari a 510 milioni di curo fino al 31 ottobre 2009, è assicurata dall'articolo 16, comma 1 del provvedimento in esame e non dal Fondo ad hoc rifinanziato per 1 miliardo di curo con l'ultima legge finanziaria, ed è quindi basata sulle maggiori entrate e minori spese eventualmente derivanti dall'applicazione del decreto in fase di conversione;
tale forma di copertura non fondata sulle risorse del bilancio ordinario, stanziate in finanziaria, ma sulle risorse future ed eventuali conseguenti ai provvedimenti contenuti nel cosiddetto «decreto anticrisi» non appare appropriata in quanto non in grado di assicurare la stabilità e la certezza delle risorse indispensabili a continuare il delicato e fondamentale impegno delle forze armate e della nostra cooperazione civile in molteplici aree di crisi,

impegna il Governo

a ripristinare in occasione delle future proroghe per la partecipazione alle missioni militari l'ordinaria forma di copertura delle relative spese, rifinanziando il Fondo di cui all'articolo 1, comma 1240, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ovvero attraverso provvedimenti che assicurino la certezza delle risorse necessarie.
9/2561-A/50. Tempestini, Barbi, Mecacci, Narducci, Villecco Calipari, Maran.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 74, del disegno di legge in esame, dispone la prosecuzione del concorso delle Forze Armate nel controllo del territorio per due ulteriori semestri con un incremento di 1.250 unità interamente destinate a compiti di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia;
il concorso delle forze armate nel controllo del territorio era stato introdotto con il decreto legge del 23 maggio 2008, n. 92, «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica»;
permangono perplessità circa l'utilità del ricorso alle Forze armate, non specificatamente addestrate per compiti di polizia e vigilanza del territorio, mentre le Forze di Polizia continuano a denunciare una scarsa dotazione di risorse economiche per un più incisivo svolgimento delle proprie funzioni,

impegna il Governo

a ridurre in futuro il contingente di militari destinato all'operazione «strade sicure» entro il numero previsto dal piano di impiego di cui all'articolo 7-bis, comma 1, ultimo periodo, del decreto legge 23 maggio 2008, n. 92 convertito con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008 n. 125.
9/2561-A/51. Rugghia, Garofani, Recchia, Minniti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 24, comma 74, del disegno di legge in esame, dispone la prosecuzione del concorso delle Forze Armate nel controllo del territorio per due ulteriori semestri con un incremento di 1.250 unità interamente destinate a compiti di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alle Forze di polizia;
il concorso delle forze armate nel controllo del territorio era stato introdotto con il decreto legge del 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica;
permangono perplessità circa l'utilità del ricorso alle Forze armate, non specificatamente addestrate per compiti di polizia e vigilanza del territorio, mentre le Forze di Polizia continuano a denunciare una scarsa dotazione di risorse economiche per un più incisivo svolgimento delle proprie funzioni;

impegna il Governo

a non reiterare nel futuro l'utilizzo delle Forze armate con funzioni di polizia e di vigilanza del territorio, destinando i relativi fondi alle Forze di polizia per l'espletamento dei compiti loro propri.
9/2561-A/52. Minniti, Rugghia, Recchia, Garofani.

La Camera,
tenuto conto che il decreto-legge in esame contiene norme che modificano la disciplina della valutazione delle assenze dal servizio ai fini della distribuzione delle somme dei fondi per la contrattazione integrativa;
la contrattazione integrativa, per sua natura, viene effettuata sulla base dell'annualità solare;
al fine di evitare che la ripartizione dei fondi per il 2009 relativi alla contrattazione integrativa avvenga sulla base di un doppio criterio,

impegna il Governo

ad assumere come criterio unificante, nell'ambito delle risorse già assegnate e senza ulteriori oneri, per la distribuzione dei fondi a disposizione del comparto sicurezza e difesa per la contrattazione integrativa, relativa all'intero anno solare 2009, quello fissato dal decreto-legge in esame.
9/2561-A/53. Amici, Minniti, Recchia, Garofani, Rugghia.

La Camera,
premesso che:
il comma 18 dell'articolo 23 del disegno di legge in esame, relativo al Consiglio della magistratura militare, prevede che i magistrati militari componenti elettivi del Consiglio, siano collocati fuori ruolo per la durata del mandato e che il posto in organico sia reso indisponibile per la medesima durata;
nella nuova situazione in cui il Consiglio è chiamato ad amministrare un minore numero di magistrati e di uffici non appare giustificato l'esonero dei componenti togati dall'attività giudiziaria (diversamente da quanto previsto per gli organi di autogoverno della giustizia amministrativa e contabile);
l'ulteriore previsione relativa al mantenimento del posto libero in organico per tutta la durata del mandato, specie nel caso in cui il componente elettivo abbia funzioni direttive o semidirettive, rischierebbe, inoltre, di compromettere l'efficienza dell'ufficio di appartenenza del magistrato,

impegna il Governo

ad adottare urgentemente le ulteriori disposizioni normative e regolamentari che consentano di superare le criticità citate in premessa ed evitare una riduzione dell'efficienza del sistema giudiziario militare.
9/2561-A/54. Recchia, Villecco Calipari, Beltrandi, Gaglione, Garofani, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Rosato, Rugghia, Sereni, Tocci.

La Camera,
premesso che:
il comma 21 dell'articolo 23, del provvedimento in esame differisce dal 30 giugno al 31 dicembre 2009 il termine oltre il quale i comuni possono comunque adottare la tariffa integrata ambientale (TIA), anche in mancanza dell'emanazione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del regolamento - previsto dall'articolo 238, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006 - volto a disciplinare l'applicazione della TIA stessa;
il precedente termine del 30 giugno 2009 era stato introdotto dall'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge n. 208 del 2008, convertito dalla legge n. 13 del 2009;
ai sensi del testo vigente dell'articolo 1, comma 184, lettera a), della legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007), il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti adottato dai comuni nell'anno 2006 è rimasto invariato per gli anni 2007, 2008 e, sulla base della novella recata dalla lettera a) del comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge n. 208 del 2008, anche per tutto il 2009;
l'ulteriore proroga è stata giudicata necessaria per l'incompiutezza della disciplina normativa, che, a partire dal decreto legislativo n. 22 del 1997, ha introdotto il principio della tariffa sui rifiuti, senza averne però mai sancito l'obbligatorietà;
l'avvio della nuova disciplina è sempre slittato attraverso continue proroghe, fino al varo del cosiddetto Codice dell'ambiente che ha ribadito l'esigenza di passare dalla tassa alla tariffa;
nel susseguirsi delle citate proroghe è stato intanto approvato il Codice ambientale (decreto legislativo n. 152 del 2006) che ha abrogato e sostituito il decreto Ronchi (decreto legislativo n. 22 del 1997);
in particolare, l'articolo 238 del decreto legislativo n. 152 del 2006, da un lato, ha disposto l'abrogazione della «tariffa Ronchi», dall'altro, ha previsto l'istituzione di una nuova tariffa sui rifiuti; l'attuazione concreta della nuova tariffa è stata tuttavia differita fino all'emanazione di un apposito decreto attuativo, a tutt'oggi non ancora emanato;
su questo scenario normativo si è innestata la norma prorogata dal provvedimento in esame; l'articolo 5, comma 2-quater, del decreto-legge, nel testo novellato, consente ai comuni di adottare comunque la tariffa integrata ambientale (TIA), sulla base delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti, anche in mancanza dell'emanazione del regolamento da parte del Ministero dell'ambiente,

impegna il Governo

a varare in tempi rapidi il regolamento previsto dall'articolo 238, comma 6, del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di restituire omogeneità e certezza al quadro giuridico complessivo in materia di reperimento delle risorse per la gestione dei rifiuti e con l'obiettivo di commisurare il costo del servizio alla quantità di rifiuti prodotti, in applicazione del principio comunitario «chi inquina paga», come sancito dall'articolo 174 del Trattato istitutivo della Comunità Europea.
9/2561-A/55. Motta, Bratti, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Viola, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo aggiuntivo 14-bis, introdotto in sede di esame in sede referente, prevede l'attuazione del sistema informatico per il controllo e la tracciabilità dei rifiuti introdotto da una serie di disposizioni legislative, affidando al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare il compito di varare uno o più decreti attuativi delle vigenti disposizioni in materia;
l'articolo definisce, inoltre, i principi e i criteri direttivi cui il decreto o i decreti attuativi dovranno attenersi, tra cui i tempi, le modalità di attivazione e la data di operatività del sistema, informazioni da fornire, modalità di raccolta ed aggiornamento dei dati, modalità di interconnessione ed interoperabilità con altri sistemi informativi e di elaborazione dei dati, modalità con le quali le informazioni contenute nel sistema informatico dovranno essere detenute e fornite alle autorità di controllo che ne facciano richiesta;
l'articolo verte su una materia di stretta competenza ambientale, ma, a causa della procedura seguita per il suo inserimento nel testo del provvedimento in esame, non ne è stato possibile l'esame e la valutazione nella commissione competente e la scelta di porre la questione di fiducia ha strozzato ogni altra possibilità di dibattito sul testo,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a inserire tale disposizione nel codice ambientale, al fine di dare maggiore organicità alle politiche di gestione integrata dei rifiuti.
9/2561-A/56. Bratti, Motta, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Viola, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9-bis del provvedimento in esame prevede che le risorse trasferite dallo Stato al comune di Viareggio al fine di finanziare le opere di ricostruzione connesse al disastro ferroviario del 29 giugno 2009 e le spese effettuate da parte del comune a valere sulle predette risorse siano escluse dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità per l'anno 2009;
il drammatico incidente ferroviario verificatosi a Viareggio il 29 giugno u.s., oltre alla incalcolabile perdita in termini di vite umane, ha provocato un enorme danno alla collettività, il cui costo in termini economici non può che essere sopportato dall'intervento dello Stato;
la norma introdotta con l'articolo 9-bis rappresenta un apprezzabile segnale della volontà di provvedere alla realizzazione di tutti gli interventi di ricostruzione e di messa in sicurezza dell'area colpita, ma è altresì necessario che vengano stanziate risorse certe a tal fine;

impegna il Governo

a garantire l'individuazione e l'immediata disponibilità delle risorse finanziare necessarie per gli interventi di ricostruzione degli immobili e delle infrastrutture devastati dall'esplosione e per riparare ai danni economici subiti dalle famiglie e dalle attività economiche e professionali devastate dall'evento.
9/2561-A/57. Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Poli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9-bis del provvedimento in esame prevede che le risorse trasferite dallo Stato al comune di Viareggio al fine di finanziare le opere di ricostruzione connesse al disastro ferroviario del 29 giugno 2009 e le spese effettuate da parte del comune a valere sulle predette risorse siano escluse dal saldo rilevante ai fini del rispetto del patto di stabilità per l'anno 2009;
il drammatico incidente ferroviario verificatosi a Viareggio il 29 giugno u.s., oltre alla incalcolabile perdita in termini di vite umane, ha provocato un enorme danno alla collettività, il cui costo in termini economici non può che essere sopportato dall'intervento dello Stato;
la norma introdotta con l'articolo 9-bis rappresenta un apprezzabile segnale della volontà di provvedere alla realizzazione di tutti gli interventi di ricostruzione e di messa in sicurezza dell'area colpita, ma è altresì necessario che vengano stanziate risorse certe a tal fine;

impegna il Governo

a garantire l'individuazione delle risorse finanziare necessarie per gli interventi di ricostruzione degli immobili e delle infrastrutture devastati dall'esplosione e per riparare ai danni economici subiti dalle famiglie e dalle attività economiche e professionali devastate dall'evento.
9/2561-A/57.(Testo modificato nel corso della seduta)Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Poli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, così come manifestato dalla stessa relazione illustrativa del provvedimento, è finalizzato a fornire impulsi positivi per fronteggiare l'attuale momento di crisi economica, attraverso l'introduzione di una «detassazione degli utili reinvestiti in determinati beni strumentali riprendendo strutturalmente le agevolazioni disposte dalla legge n. 383 dei 2001 e dalla legge n. 489 del 1994»;
rientrano nell'agevolazione gli investimenti, effettuati nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e il 30 giugno 2010, in macchinari e apparecchiature inclusi nella divisione 28 della tabella Ateco;
tale previsione paradossalmente determina l'esclusione degli investimenti, che pure interessano la molteplicità delle imprese più dinamiche e innovative, volti a conseguire una significativa riduzione del consumo energetico, anche attraverso il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili; quello del risparmio ed efficientamento energetico è la strada da perseguire per raggiungere il corretto equilibrio tra sviluppo economico, innovazione e tutela dell'ambiente, così come confermato dall'avvio di politiche legate alla green economy sia a livello comunitario sia da parte dell'amministrazione statunitense,

impegna il Governo

ad approntare tempestivamente, sin dai prossimi provvedimenti di carattere fiscale, le opportune integrazioni alle disposizioni in oggetto finalizzate a sostenere gli investimenti delle imprese volti a conseguire il risparmio energetico e il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili.
9/2561-A/58. Peluffo, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Lulli, Marchioni, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5, così come manifestato dalla stessa relazione illustrativa del provvedimento, è finalizzato a fornire impulsi positivi per fronteggiare l'attuale momento di crisi economica, attraverso l'introduzione di una «detassazione degli utili reinvestiti in determinati beni strumentali riprendendo strutturalmente le agevolazioni disposte dalla legge n. 383 dei 2001 e dalla legge n. 489 del 1994»;
rientrano nell'agevolazione gli investimenti, effettuati nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore del decreto-legge in esame e il 30 giugno 2010, in macchinari e apparecchiature inclusi nella divisione 28 della tabella Ateco;
tale previsione paradossalmente determina l'esclusione degli investimenti, che pure interessano la molteplicità delle imprese più dinamiche e innovative, volti a conseguire una significativa riduzione del consumo energetico, anche attraverso il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili; quello del risparmio ed efficientamento energetico è la strada da perseguire per raggiungere il corretto equilibrio tra sviluppo economico, innovazione e tutela dell'ambiente, così come confermato dall'avvio di politiche legate alla green economy sia a livello comunitario sia da parte dell'amministrazione statunitense

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di approntare tempestivamente, sin dai prossimi provvedimenti di carattere fiscale, le opportune integrazioni alle disposizioni in oggetto finalizzate a sostenere gli investimenti delle imprese volti a conseguire il risparmio energetico e il ricorso alle fonti energetiche rinnovabili.
9/2561-A/58.(Testo modificato nel corso della seduta)Peluffo, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Lulli, Marchioni, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame appare nella sua limitatezza come un provvedimento tardivo ed insufficiente che va ad aggiungersi a quegli interventi fin qui varati dall'esecutivo, che hanno portato il Paese ad ottenere risultati economici e finanziari deludenti e certamente inferiori rispetto a quelli raggiunti dai grandi Paesi industrializzati;
l'articolo 17 contiene modifiche alla disciplina che sovrintende al funzionamento della Corte dei Conti e è necessario constatare che ancora una volta gli interventi in discussione vengono introdotti in un contesto normativo del tutto avulso rispetto alla materia trattata, in disegni o progetti di legge di contenuto completamente diverso, e di nuovo al di fuori di un disegno normativo organico e sistematico;
per danno erariale perseguibile innanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti si intende l'effettivo depauperamento finanziario o patrimoniale arrecato ad uno degli organi previsti dall'articolo 114 della Costituzione o ad altro organismo di diritto pubblico, illecitamente cagionato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile;
tale disposizione non dice niente di più di ciò che è attualmente previsto quanto al concetto di danno («depauperamento finanziario o patrimoniale ecc.»): è grave, invece, che il danno venga individuato solo nell'illecito extracontrattuale ex articolo 2043 del codice civile, poiché, in questo modo, la norma sembra escludere la responsabilità erariale per tutti coloro che - amministratori, dirigenti e dipendenti - sono legati alla P.A. da un rapporto di natura contrattuale (gli amministratori, da un rapporto di servizio onorario; i dirigenti e i dipendenti, da un rapporto di lavoro subordinato);
il riferimento all'articolo 2043 del codice civile nell'attuale formulazione, infatti, rischia di identificare la responsabilità amministrativo-contabile con la sola responsabilità di tipo extracontrattuale, creando una ingiustificata «zona franca» riferita agli illeciti che possono verificarsi nell'ambito del rapporto di servizio o funzionale con le pubbliche amministrazioni, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione,

impegna il Governo

nell'ambito delle sue proprie prerogative, ad adottare le ulteriori e necessarie iniziative volte a riconsiderare la disciplina relativa alla Corte dei Conti con particolare riferimento ad una corretta definizione del danno erariale.
9/2561-A/59. Ferranti, Melis.

La Camera,
premesso che:
le drammatiche condizioni che si sono verificate nei territori dell'Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile scorso, oltre al pesantissimo tributo di vite umane, stanno registrando un preoccupante logoramento del tessuto sociale ed economico delle aree colpite;
le misure predisposte in materia di sospensione dei tributi e contributi rappresentano una prima indispensabile, ma ancora parziale risposta, soprattutto laddove si consideri l'esiguità del rinvio dei pagamenti e l'estrema limitatezza della rateizzazione;
per di più, permane l'incongruenza che si è venuta a determinare tra le disposizioni contenute nelle relativa ordinanza, ovvero la n. 3780 dove è prevista all'articolo 2 la ripresa degli adempimenti e dei versamenti per alcuni comuni già a partire dal mese di luglio. Tale circostanza sta determinando una situazione d'incertezza che aggrava la condizione economica di detti territori,

impegna il Governo

a porre immediato rimedio alla situazione indicata in premessa, adottando ulteriori iniziative volte ad allineare la scadenza della sospensione in tutti i comuni della provincia dell'Aquila.
9/2561-A/60. Ginoble, D'Incecco, Lolli, Tenaglia, Livia Turco, De Pasquale, Razzi, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
le drammatiche condizioni che si sono verificate nei territori dell'Abruzzo a seguito del sisma del 6 aprile scorso, oltre al pesantissimo tributo di vite umane, stanno registrando un preoccupante logoramento del tessuto sociale ed economico delle aree colpite;
le misure predisposte in materia di sospensione dei tributi e contributi rappresentano una prima indispensabile, ma ancora parziale risposta, soprattutto laddove si consideri l'esiguità del rinvio dei pagamenti e l'estrema limitatezza della rateizzazione;
per di più, permane l'incongruenza che si è venuta a determinare tra le disposizioni contenute nelle relativa ordinanza, ovvero la n. 3780 dove è prevista all'articolo 2 la ripresa degli adempimenti e dei versamenti per alcuni comuni già a partire dal mese di luglio. Tale circostanza sta determinando una situazione d'incertezza che aggrava la condizione economica di detti territori,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di porre immediato rimedio alla situazione indicata in premessa, adottando ulteriori iniziative volte ad allineare la scadenza della sospensione in tutti i comuni della provincia dell'Aquila.
9/2561-A/60.(Testo modificato nel corso della seduta)Ginoble, D'Incecco, Lolli, Tenaglia, Livia Turco, Di Stanislao, Razzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il tragico tributo di vite e di danni materiali che ha colpito le popolazioni abruzzesi investite dal sisma del 6 aprile, merita il massimo degli sforzi della comunità nazionale, in primo luogo dello Stato, per onorare gli impegni assunti per una rapida e integrale ricostruzione del tessuto urbano dei comuni interessati dal terremoto, così come per il sostegno economico del reddito dei cittadini e delle imprese;
il provvedimento in esame, all'articolo 25, commi 2 e 3, in aperta e vistosa difformità con quanto previsto in analoghe calamità, prevede la ripresa del versamento dei tributi e dei contributi a partire dal prossimo gennaio, cui si applicherà una semplice dilazione di ventiquattro mesi;
il contesto economico che caratterizza le aree colpite dal sisma registra ancora una condizione di estrema difficoltà, su cui rischia di abbattersi l'ulteriore aggravio della ripresa degli obblighi fiscali e contributivi, compromettendo gli sforzi del tessuto sociale locale per una ripresa delle attività economiche e dell'occupazione;
la serietà, la dignità e l'impegno dimostrato dalle popolazioni e dalle amministrazioni abruzzesi sia nell'immediatezza della tragedia, sia nel corso delle diverse fasi della ricostruzione e della ripresa delle attività esigono dallo Stato, almeno, sul piano delle misure di sostegno economico, una parità di trattamento con le popolazioni e le amministrazioni di altri territori, analogamente colpiti in passato da calamità naturali,

impegna il Governo

a prevedere, già a partire dai prossimi provvedimenti di carattere finanziario e comunque entro la fine dell'anno, che per quanto concerne gli obblighi di natura fiscale e contributiva, le popolazioni dell'Abruzzo vengano esattamente equiparate, nei tempi, nell'entità e nelle dilazioni a quanto riconosciuto alle popolazioni di Umbria e Marche.
9/2561-A/61. Lolli, D'Incecco, Ginoble, Tenaglia, Livia Turco, Codurelli, Di Stanislao, Di Giuseppe, Razzi, Castellani, Catone, Galletti, Iannaccone, De Angelis, De Pasquale, Dell'Elce, De Camillis.

La Camera,
premesso che:
il tragico tributo di vite e di danni materiali che ha colpito le popolazioni abruzzesi investite dal sisma del 6 aprile, merita il massimo degli sforzi della comunità nazionale, in primo luogo dello Stato, per onorare gli impegni assunti per una rapida e integrale ricostruzione del tessuto urbano dei comuni interessati dal terremoto, così come per il sostegno economico del reddito dei cittadini e delle imprese;
il contesto economico che caratterizza le aree colpite dal sisma registra ancora una condizione di estrema difficoltà, su cui rischia di abbattersi l'ulteriore aggravio della ripresa degli obblighi fiscali e contributivi, compromettendo gli sforzi del tessuto sociale locale per una ripresa delle attività economiche e dell'occupazione;
la serietà, la dignità e l'impegno dimostrato dalle popolazioni e dalle amministrazioni abruzzesi sia nell'immediatezza della tragedia, sia nel corso delle diverse fasi della ricostruzione e della ripresa delle attività esigono dallo Stato, sul piano delle misure di sostegno economico, un consiste e realistico impegno per il sostegno dell'economia locale;
al riguardo, sono state viste con attenzione le misure volte a costituire la zona franca urbana nelle aree colpite dal sisma, ma, al contempo, non si è mancato di osservare come gli stanziamenti al riguardo previsti dal decreto-legge n. 39 del 2009 risultino totalmente insufficienti a dare una concreta e significativa applicazione a tale speciale regime fiscale

impegna il Governo

a prevedere, già a partire dai prossimi provvedimenti di carattere finanziario, un consistente incremento delle risorse volte a finanziare la zona franca urbana nelle aree del cratere sismico del 6 aprile scorso.
9/2561-A/62. Tenaglia, Lolli, D'Incecco, Ginoble, Livia Turco, Codurelli, Di Stanislao, Razzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il tragico tributo di vite e di danni materiali che ha colpito le popolazioni abruzzesi investite dal sisma del 6 aprile, merita il massimo degli sforzi della comunità nazionale, in primo luogo dello Stato, per onorare gli impegni assunti per una rapida e integrale ricostruzione del tessuto urbano dei comuni interessati dal terremoto, così come per il sostegno economico del reddito dei cittadini e delle imprese;
il contesto economico che caratterizza le aree colpite dal sisma registra ancora una condizione di estrema difficoltà, su cui rischia di abbattersi l'ulteriore aggravio della ripresa degli obblighi fiscali e contributivi, compromettendo gli sforzi del tessuto sociale locale per una ripresa delle attività economiche e dell'occupazione;
la serietà, la dignità e l'impegno dimostrato dalle popolazioni e dalle amministrazioni abruzzesi sia nell'immediatezza della tragedia, sia nel corso delle diverse fasi della ricostruzione e della ripresa delle attività esigono dallo Stato, sul piano delle misure di sostegno economico, un consiste e realistico impegno per il sostegno dell'economia locale;
al riguardo, sono state viste con attenzione le misure volte a costituire la zona franca urbana nelle aree colpite dal sisma, ma, al contempo, non si è mancato di osservare come gli stanziamenti al riguardo previsti dal decreto-legge n. 39 del 2009 risultino totalmente insufficienti a dare una concreta e significativa applicazione a tale speciale regime fiscale

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere, già a partire dai prossimi provvedimenti di carattere finanziario, un consistente incremento delle risorse volte a finanziare la zona franca urbana nelle aree del cratere sismico del 6 aprile scorso.
9/2561-A/62.(Testo modificato nel corso della seduta)Tenaglia, Lolli, D'Incecco, Ginoble, Livia Turco, Di Stanislao, Razzi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 2-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha cancellato la commissione di massimo scoperto, consentendo alle banche un corrispettivo per il servizio di messa a disposizione degli affidamenti in conto corrente;
le banche, nell'applicare la norma, hanno introdotto nuove ma non meno onerose voci di costo che prescindono dall'utilizzo dei fidi, depotenziando la portata e lo spirito del decreto;
mai come in questa fase è auspicabile un intervento deciso, volto a garantire la riduzione dei costi sopportati dalle imprese;
il comma 2 dell'articolo 2 del provvedimento in esame legittima il comportamento delle banche, consentendo loro, sia pure nel limite di un tetto, di ottenere una remunerazione ancora troppo elevata rispetto all'impegno che assumono nel rendere disponibile credito a richiesta alle imprese,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a ridurre l'ammontare massimo del corrispettivo omnicomprensivo di cui al comma 2 dell'articolo 2 dallo 0,5 allo 0,2 per cento.
9/2561-A/63. Scarpetti, Froner, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-ter contiene misure volte alla regolarizzazione di colf e badanti straniere presenti irregolarmente nel territorio italiano, a rischio di espulsione a causa dell'introduzione nell'ordinamento del reato di clandestinità;
nel testo, al comma 1, lettera a), il Governo specifica che la sanatoria si riferisce a chi presta «attività di assistenza per sé stesso o per componenti della propria famiglia, ancorché non conviventi, affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza»;
la condizione di «anziano» non sembra essere necessariamente ricompresa nella dicitura «affetti da patologie o handicap che ne limitino l'autosufficienza»;
in Europa una persona su 5 ha più di 60 anni, entro il 2050 il numero delle persone oltre i 65 anni d'età crescerà del 70 per cento, quello delle persone oltre gli 80 del 170 per cento;
attualmente nel Paese oltre 14 milioni di persone superano la soglia dei 60 anni, pari al 24,5 per cento della popolazione: ad aver compiuto 80 anni è il 5 per cento della popolazione, nel 2051 gli over 65 rappresenteranno il 33 per cento dei residenti, al 1o gennaio 2009 gli individui con 65 anni e oltre rappresentano il 20,1 per cento della popolazione;
circa il 56,7 per cento dei collaboratori familiari stranieri assiste anziani o famiglie con anziani a carico;
l'allungamento della speranza di vita e il declino delle nascite hanno alimentato il processo di invecchiamento nel Paese e le badanti straniere hanno rappresentato negli ultimi anni una risposta spontanea, privata, alle esigenze delle famiglie e delle persone: suppliscono, come in una sorta di welfare privato, alle inadempienze della politica e all'indebolimento delle famiglie e delle reti di aiuto familiare,

impegna il Governo

ad adottare, al fine di garantire l'uniforme applicazione su tutto il territorio nazionale delle disposizioni introdotte nel corso dell'esame parlamentare sulla dichiarazione di sussistenza del rapporto di lavoro di persone adibite ad attività di assistenza e di sostegno alle famiglie, norme attuative tali da interpretare la nuova disciplina, in modo da ricomprendere, nelle ipotesi previste alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 1-ter, quelle limitazioni di ordine fisico o psicologico che, ancorché non classificate come specifiche patologie o handicap, sono connesse al processo di invecchiamento della persona.
9/2561-A/64. Duilio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-ter contiene misure volte alla regolarizzazione di colf e badanti straniere presenti irregolarmente nel territorio italiano, spesso in attesa di regolarizzazione perché in possesso dei requisiti, a rischio di espulsione a causa dell'introduzione nell'ordinamento del reato di clandestinità;
in Italia si contano circa 600 mila lavoratori domestici registrati all'Inps, in gran parte donne straniere, e le stime che comprendono le colf e le badanti irregolari arrivano a calcolarne fino al doppio;
all'indomani dell'approvazione definitiva del disegno di legge recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica e, dunque, a ridosso dell'introduzione nell'ordinamento del reato di clandestinità, con tale previsione il Governo sta cercando, in modo decisamente parziale e un po' confuso, di porre rimedio ai danni e ai moltissimi problemi che la sua stessa nuova normativa sta già creando alle famiglie e ai lavoratori stranieri coinvolti;
l'ultimo decreto flussi ne ha previsto l'ingresso per poco più di 100 mila, in aggiunta ai 90 mila del decreto precedente del 2007, quando al Ministero arrivarono 420.366 domande per lo svolgimento di attività domestiche e di cura sul totale di 740.813 istanze presentate: inoltre sono decine di migliaia le famiglie che hanno inoltrato richieste per nulla osta all'ingresso di lavoratore straniero già nel 2007, che in buona parte hanno già in casa la persona, ma ancora non hanno ricevuto risposta;
la sanatoria proposta dal Governo riguarda solo colf e badanti, introducendo una discriminazione nei confronti di tutti gli altri lavoratori,

impegna il Governo

a predisporre meccanismi volti alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri, a prescindere dalle mansioni a cui gli stessi sono adibiti, con particolare riferimento ai lavoratori che abbiano presentato le domande di nulla-osta al lavoro valide ed ammissibili ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 30 ottobre 2007, risultate in esubero rispetto alla quota complessiva di ingressi autorizzata sulla base dell'articolo 1 dello stesso decreto 30 ottobre 2007.
9/2561-A/65. Bressa, Calvisi, Livia Turco, Viola, Amici, Gnecchi, Codurelli, Gatti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1-ter contiene misure volte alla regolarizzazione di colf e badanti straniere presenti irregolarmente nel territorio italiano, spesso in attesa di regolarizzazione perché in possesso dei requisiti, a rischio di espulsione a causa dell'introduzione nell'ordinamento del reato di clandestinità;
in Italia si contano circa 600 mila lavoratori domestici registrati all'Inps, in gran parte donne straniere, e le stime che comprendono le colf e le badanti irregolari arrivano a calcolarne fino al doppio;
all'indomani dell'approvazione definitiva del disegno di legge recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica e, dunque, a ridosso dell'introduzione nell'ordinamento del reato di clandestinità, con tale previsione il Governo sta cercando, in modo decisamente parziale e un po' confuso, di porre rimedio ai danni e ai moltissimi problemi che la sua stessa nuova normativa sta già creando alle famiglie e ai lavoratori stranieri coinvolti;
l'ultimo decreto flussi ne ha previsto l'ingresso per poco più di 100 mila, in aggiunta ai 90 mila del decreto precedente del 2007, quando al Ministero arrivarono 420.366 domande per lo svolgimento di attività domestiche e di cura sul totale di 740.813 istanze presentate: inoltre sono decine di migliaia le famiglie che hanno inoltrato richieste per nulla osta all'ingresso di lavoratore straniero già nel 2007, che in buona parte hanno già in casa la persona, ma ancora non hanno ricevuto risposta;
la sanatoria proposta dal Governo riguarda solo colf e badanti, introducendo una discriminazione nei confronti di tutti gli altri lavoratori

impegna il Governo

a predisporre meccanismi volti alla regolarizzazione dei lavoratori stranieri a prescindere dalle mansioni a cui gli stessi sono adibiti, al fine di evitare ingiuste discriminazioni.
9/2561-A/66. Calvisi, Bressa, Livia Turco, Viola, Amici, Codurelli, Gatti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'approccio complessivo alle politiche dell'immigrazione da parte del Governo e dalla maggioranza parlamentare che lo sostiene è da considerare assolutamente fallimentare, e ha toccato il suo punto più basso nell'introduzione del reato di immigrazione clandestina, che sta provocando una serpeggiante psicosi nei lavoratori irregolari che, tuttavia, lavorano onestamente e sostengono, oltre a moltissime delle nostre famiglie, assistendo e curando le nostre case, i nostri anziani, i nostri bambini, le persone non autosufficienti, e nei datori di lavoro, che corrono il rischio, fondato, di incorrere nel favoreggiamento;
all'indomani dunque dell'approvazione definitiva del disegno di legge recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica e, dunque, a ridosso dell'introduzione nel nostro ordinamento del reato di clandestinità, con tale previsione il Governo sta cercando, in modo decisamente parziale e un po' confuso, di porre rimedio ai danni e ai moltissimi problemi che la sua stessa nuova normativa sta già creando alle famiglie e ai lavoratori stranieri coinvolti;
l'articolo 1-ter contiene misure volte alla regolarizzazione di colf e badanti straniere presenti irregolarmente nel territorio italiano, spesso in attesa di regolarizzazione perché in possesso dei requisiti, a rischio di espulsione a causa dell'introduzione nel nostro ordinamento del reato di clandestinità;
in Italia si contano circa 600 mila lavoratori domestici registrati all'Inps, in gran parte donne straniere, e le stime che comprendono le colf e le badanti irregolari arrivano a calcolarne fino al doppio;
questa regolarizzazione parziale lascia senza soluzione il problema di quei lavoratori stranieri che non possono essere regolarizzati dai propri datori di lavoro perché privi di un valido titolo di soggiorno e perché oggi non adibiti alle mansioni di badante o collaboratore domestico;
a distanza di sette anni dalla entrata in vigore della legge c.d. «Bossi-Fini» si deve registrare come la stessa ha spinto l'immigrazione verso l'irregolarità e verso la clandestinità non rispondendo ai bisogni del mercato e delle famiglie italiane,

impegna il Governo

a riferire al Parlamento, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sui risultati della regolarizzazione di cui all'articolo 1-ter anche al fine di dare la possibilità al Parlamento stesso di pensare ad una riforma organica delle politiche dell'immigrazione a partire dalla modifica della cosiddetta legge «Bossi-Fini».
9/2561-A/67. Viola, Calvisi, Bressa, Livia Turco, Amici, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la revisione degli studi di settore avviene sulla base dei dati comunicati a mezzo dei modelli allegati alla dichiarazione dei redditi, con riferimento al periodo d'imposta più recente;
la revisione in essere, effettuata in base al provvedimento 16 gennaio 2009, viene realizzata sulla base dei dati comunicati con Unico 2008 riferiti al periodo di imposta 2007, e pervenuti telematicamente all'Agenzia delle entrate entro lo scorso 30 settembre 2008;
in base alle disposizioni vigenti, tale revisione deve essere pubblicata entro il prossimo 30 settembre 2009, ma tale tempistica appare molto ristretta - nel 2008 il termine previsto era stato il 31 dicembre - al di là delle problematiche tecniche, il dato più rilevante è il tempo ristretto concesso agli operatori economici dei 69 settori in revisione per poter valutare con la dovuta accuratezza ed approfondimento gli elementi economici presi a base della revisione stessa;
i pareri della Commissione di esperti si basano sulle osservazioni e sugli elementi emersi nelle singole riunioni di settore a cui partecipano gli imprenditori ed i professionisti interessati: già nel 2008, il termine del 31 dicembre è risultato ristretto;
alcune sofferenze emerse in questo periodo di applicazione di alcuni studi di settore revisionati, nascono anche dai ristretti tempi concessi per una più accurata riflessione da parte degli operatori economici;
con l'attuale revisione è partita la sperimentazione per la regionalizzazione, in quanto possibile, degli studi di settore;
anche potendo rispettare il termine del 30 settembre, gli studi dovranno essere integrati per tener conto della crisi che ha colpito il sistema economico nel 2009, integrazione che potrà avvenire solo nel corso dei primi mesi del 2010,

impegna il Governo

a prorogare il termine di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale degli studi di settore per l'anno 2009 al 31 gennaio 2010.
9/2561-A/68. Fiano.

La Camera,
premesso che:
la revisione degli studi di settore avviene sulla base dei dati comunicati a mezzo dei modelli allegati alla dichiarazione dei redditi, con riferimento al periodo d'imposta più recente;
la revisione in essere, effettuata in base al provvedimento 16 gennaio 2009, viene realizzata sulla base dei dati comunicati con Unico 2008 riferiti al periodo di imposta 2007, e pervenuti telematicamente all'Agenzia delle entrate entro lo scorso 30 settembre 2008;
in base alle disposizioni vigenti, tale revisione deve essere pubblicata entro il prossimo 30 settembre 2009, ma tale tempistica appare molto ristretta - nel 2008 il termine previsto era stato il 31 dicembre - al di là delle problematiche tecniche, il dato più rilevante è il tempo ristretto concesso agli operatori economici dei 69 settori in revisione per poter valutare con la dovuta accuratezza ed approfondimento gli elementi economici presi a base della revisione stessa;
i pareri della Commissione di esperti si basano sulle osservazioni e sugli elementi emersi nelle singole riunioni di settore a cui partecipano gli imprenditori ed i professionisti interessati: già nel 2008, il termine del 31 dicembre è risultato ristretto;
alcune sofferenze emerse in questo periodo di applicazione di alcuni studi di settore revisionati, nascono anche dai ristretti tempi concessi per una più accurata riflessione da parte degli operatori economici;
con l'attuale revisione è partita la sperimentazione per la regionalizzazione, in quanto possibile, degli studi di settore;
anche potendo rispettare il termine del 30 settembre, gli studi dovranno essere integrati per tener conto della crisi che ha colpito il sistema economico nel 2009, integrazione che potrà avvenire solo nel corso dei primi mesi del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare il termine di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale degli studi di settore per l'anno 2009 al 31 gennaio 2010.
9/2561-A/68.(Testo modificato nel corso della seduta)Fiano.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica che ha investito il mercato del lavoro a livello internazionale sta facendo sentire, ormai dal mese di settembre dello scorso anno, i suoi pesanti riflessi negativi anche sul tasso di occupazione del Paese;
il ricorso alla cassa integrazione ordinaria nel corso di quest'anno ha raggiunto livelli allarmanti: nel confronto giugno 2008 - giugno 2009 l'incremento percentuale è stato del 419,39 per cento confrontando gli 80 milioni di ore del mese di giugno 2009 con i 15,4 milioni di euro per dello stesso mese del 2008;
nei primi sei mesi di quest'anno la cassa integrazione ordinaria è cresciuta del 502 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008;
tutte le analisi, anche a livello internazionale, hanno confermato che gli ultimi mesi del 2009 e il 2010 saranno gli anni più duri dal punto di vista della recessione economica e degli effetti sul mercato del lavoro. Di qui la necessità di intervenire con tempestività e con decisione anche mediante iniziative di carattere temporaneo che possano fronteggiare la crisi occupazionale almeno fino al termine del 2010;
un allarme è stato lanciato dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ma anche dalle organizzazioni datoriali, secondo le quali sono molte le aziende che, avendo fatto ricorso alla cassa integrazione ordinaria, entro la fine dell'anno termineranno le 52 settimane;
è chiaro che il possibile ricorso, al termine della cassa ordinaria, alla straordinaria, porterà con sé, infine, il problema degli esuberi e, dunque, del ricorso ai licenziamenti,

impegna il Governo

a prevedere, almeno, per gli ultimi mesi dell'anno in corso e per l'anno futuro, un significativo prolungamento del periodo di cassa integrazione ordinaria.
9/2561-A/69. Bellanova, Damiano, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro ha lanciato un allarme: entro la fine dell'anno la disoccupazione potrebbe schizzare al 9 per cento;
il rapporto presentato dal Cnel sottolinea che la recessione colpirà soprattutto le categorie più deboli come le donne e i precari e accentuerà la distanza con gli obiettivi di Lisbona, secondo i quali il Paese, entro il 2010, dovrebbe raggiungere un tasso di occupazione dei lavoratori anziani del 50 per cento, femminile del 50 per cento e globale del 70 per cento; ancora molto, forte, inoltre, è il divario territoriale, dal punto di vista dell'occupazione, tra nord e Sud del Paese;
la perdita dei posti di lavoro, invece, secondo il citato rapporto, oscilla tra le 350 mila e le 540 mila unità, se misurate come forze di lavoro, mentre calcolando le unità lavorative annue, - che corrispondono ad un posto di lavoro annuo, ma che può essere costituito, anche, per esempio, da due part time o da tre contratti da quattro mesi l'uno - il calo potrebbe variare dalle 620 mila alle 820 mila unità;
«Cruciali - continua il rapporto - nel determinare le caratteristiche e l'intensità della ripresa saranno gli ultimi mesi del 2009 ed i primi del 2010. Per questo motivo è importante che vi sia piena consapevolezza del fatto che nei prossimi mesi potrebbero rendersi necessari ulteriori interventi per estendere e rendere più flessibili i sostegni al reddito»;
in questo senso, il rapporto pone l'accento sulla necessità di riformare gli ammortizzatori sociali, che, al momento, non riescono a garantire la copertura totale dei lavoratori delle aziende in crisi;
secondo una denuncia resa nota dalla Fiom del Piemonte, condiviso con accenti diversi anche dalle piccole e medie imprese, sono numerose le aziende che alla fine dell'anno in corso termineranno le 52 settimane di cassa integrazione ordinaria,

impegna il Governo

a prevedere un intervento legislativo sul sistema degli ammortizzatori sociali, al fine di garantire una forma di sostegno al reddito ulteriore rispetto al lasso di tempo previsto e tale da includere anche le categorie che attualmente non godono di alcun sostegno.
9/2561-A/70. Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
sarebbero circa due milioni i lavoratori precari che, come autorevolmente richiamato dal Governatore della Banca d'Italia, rischiano di essere totalmente esclusi da ogni forma di sostegno del reddito in caso di licenziamento;
dalle tabelle elaborate dalla Banca d'Italia su dati Istat emerge che in caso di perdita del lavoro, tra coloro che rimarrebbero senza alcun tipo di sostegno al reddito ci sarebbero 800 mila lavoratori autonomi parasubordinati (diversi dai collaboratori), la grande maggioranza dei quasi 400 mila collaboratori e quasi 700 mila lavoratori a tempo determinato e interinali;
il governatore della Banca d'Italia Draghi, nel corso dell'audizione al Senato sul Dpef, ha rammentato che nel primo trimestre di quest'anno il numero di occupati con contratto a termine di collaborazione o a progetto era inferiore di circa 260 mila unità rispetto a quello dell'anno precedente;
a fronte di tale scenario, le misure varate dal Governo appaiono del tutto inadeguate o poco più che simboliche, quale si sta rivelando il sussidio, pari al 20 per cento dell'ultima retribuzione percepita previsto dall'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, corrisposto ai collaboratori a progetto in caso di disoccupazione. Tale previsione, appare del tutto inadeguata per gli importi riconosciuti e del tutto insoddisfacente per la ristrettezza della platea dei lavoratori interessati, tanto è vero che sinora sono state presentate solo 1.800 domande,

impegna il Governo

a prevedere, l'estensione degli istituti di tutela del reddito previsti dalla normativa vigente, anche a quei lavoratori che attualmente non ne beneficiano, siano essi lavoratori a tempo determinato, a progetto, titolari di partita Iva a basso reddito, attribuendo a tale estensione adeguate risorse finanziarie.
9/2561-A/71. Gatti, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gnecchi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il settore orafo argentiero rappresenta da sempre uno dei comparti manifatturieri trainanti nella produzione del made in Italy e si concentra in alcuni distretti di punta: Arezzo, Vicenza, Valenza Po, Napoli per l'oreficeria e la gioielleria in oro; Padova, Firenze e Palermo per l'argenteria;
il settore nel suo complesso comprende circa 10.600 unità produttive e 60.000 addetti in tutta Italia, con una filiera distributiva di 24.000 punti vendita in Italia, oltre all'indotto composto da sistemi fieristici, assicurazioni, sistemi di sicurezza, trasporto valori, eccetera;
il mercato dei preziosi vive oggi una prolungata fase di crisi: nei mercati internazionali si sono prodotti grandi cambiamenti ed il nostro Paese, che sembrava il leader indiscusso del settore orafo, è stato investito da una grave crisi;
a seguito delle vicende dei mercati internazionali il settore dell'oreficeria, infatti, è stato investito da un significativo calo della produzione e dell'export, con immediate ripercussioni sul mercato del lavoro del settore nel Paese;
è urgente, in questo senso costituire un tavolo tecnico - politico coinvolgendo tutte le parti interessate al fine di salvaguardare e valorizzare la produzione del settore metalli preziosi, rafforzare l'attività di controllo e lotta alle sopraffazioni, definire misure capaci di affrontare l'emergenza relativa alla crisi occupazionale,

impegna il Governo

a farsi promotore, nell'ambito delle proprie competenze, di un confronto urgente tra le parti interessate al fine di contrastare la grave crisi in atto nel settore dei metalli preziosi, salvaguardare il settore produttivo e contrastare in maniera efficace la crisi occupazionale in atto.
9/2561-A/72. Mattesini, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codu- relli, Gatti, Gnecchi, Letta, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
dalle tabelle elaborate dalla Banca d'Italia su dati Istat emerge che in caso di perdita del lavoro tra coloro che rimarrebbero senza alcun tipo di sostegno al reddito ci sarebbero 800 mila lavoratori autonomi parasubordinati (diversi dai collaboratori), la grande maggioranza dei quasi 400 mila collaboratori e quasi 700 mila lavoratori a tempo determinato e interinali;
tale previsione è stata confermata dal Governatore Draghi nel corso di una recente audizione al Senato sul Dpef, nel corso della quale ha rammentato che nel primo trimestre di quest'anno il numero di occupati con contratto a termine di collaborazione o a progetto era inferiore di circa 260 mila unità rispetto a quello dell'anno precedente;
a fronte di tale scenario, le misure varate dal Governo appaiono del tutto inadeguate o poco più che simboliche, quale si sta rivelando il sussidio, pari al 20 per cento dell'ultima retribuzione percepita previsto dall'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, corrisposto ai collaboratori a progetto in caso di disoccupazione;
tale previsione, appare del tutto inadeguata per gli importi riconosciuti e del tutto insoddisfacente per la ristrettezza della platea dei lavoratori interessati, che risultano essere una piccolissima parte dei lavoratori precari, tanto è vero che sino ad ora sono state presentate solo 1.800 domande;
con il provvedimento in discussione il Governo ha previsto la possibilità di utilizzare, in via alternativa, parte dei fondi stanziati dal decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, per i lavoratori a progetto destinandoli al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, sottraendo risorse indirizzate al sostegno al reddito dei lavoratori precari,

impegna il Governo

a prevedere, a fronte della grave crisi economica che negli ultimi mesi dell'anno in corso e nel 2010 interesserà in maniera particolare i lavoratori precari, l'aumento del sussidio loro attualmente destinato dal decreto-legge 29 novembre, n. 185, nonché l'estensione della platea dei lavoratori attualmente beneficiari del sussidio sopra richiamato anche prevedendo un consistente aumento delle risorse allo scopo destinate.
9/2561-A/73. Madia, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Letta, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
è stato definitivamente approvato il disegno di legge in materia di impresa ed energia (A.C. 1441-ter-C);
l'approvazione d un emendamento all'articolo 27 del provvedimento ha modificato in modo significativo la struttura del Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per la gestione di progetto del Protocollo di Kyoto;
con le modifiche introdotte il Comitato ha perso larga parte della propria autonomia e diventerà un soggetto completamente subordinato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, mentre come unica facoltà avrà quella di proporre al Ministero delle iniziative;
secondo il mutato quadro normativo il Comitato nazionale per la gestione della direttiva europea 2003/87/CE avrà sede presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e opererà a supporto della gestione delle attività di progetto del Protocollo di Kyoto, mentre in precedenza gestiva direttamente le attività di progetto del Protocollo di Kyoto; inoltre sarà solo autorità nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, mentre in precedenza era anche punto di contatto per le attività joint implementation e autorità nazionale designata per le attività clean development mechanism (CDM);
la modesta attenzione dimostrata dalla compagine governativa nei confronti del Comitato era già stata posta in evidenza attraverso un'interrogazione con cui si chiedeva al Ministro dell'ambiente di porre in essere quanto di sua competenza per consentire al Comitato di svolgere appieno la sua funzione,

impegna il Governo

ad avviare un ripensamento sulla modifica del quadro normativo riferito al Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE e per la gestione di progetto del Protocollo di Kyoto, il cui sostanziale esautoramento rischia di sancirne l'inefficacia.
9/2561-A/74. Mastromauro, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 6 dell'articolo 23 del provvedimento, novellando l'articolo 159, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del 2004 (Codice del paesaggio), proroga di ulteriori sei mesi - fino al 31 dicembre 2009 - il regime transitorio di autorizzazione paesaggistica, i procedimenti di rilascio dell'autorizzazione in corso non conclusi, il termine assegnato alle regioni per verificare l'adeguatezza delle strutture dei soggetti delegati all'esercizio della funzione autorizzatoria in materia di paesaggio e in tal modo anche il termine, in caso di inadempimento, per la decadenza delle deleghe e il conseguente ritorno delle funzioni in capo alle stesse;
il regime transitorio in materia di autorizzazione paesaggistica si sta protraendo, di proroga in proroga, da diversi anni e ciò provoca una preoccupante situazione di incertezza normativa;
nel dicembre del 2008 la Commissione ambiente della Camera aveva approvato la risoluzione n. 7-00079, con la quale si impegnava il Governo ad adottare le opportune iniziative volte a differire nell'immediato, per un periodo di sei mesi, l'entrata in vigore della nuova disciplina delle autorizzazioni paesaggistiche prevista dall'articolo 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, al fine di consentire agli uffici periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, nonché alle regioni e agli enti locali, di riorganizzare le proprie strutture in modo da assicurare l'efficace attuazione del nuovo regime procedimentale, fatta salva un'ulteriore verifica al termine del periodo di proroga;
la risoluzione nasceva dalla consapevolezza del maggiore impegno a carico degli enti locali derivante dall'applicazione della nuova disciplina e dal quale deriva la necessità di realizzare nuove strutture tecniche;
la nuova disciplina dell'articolo 146 - che risulta molto più articolata rispetto al regime transitorio - riconduce, in buona sostanza, le competenze sull'autorizzazione paesaggistica nell'ambito della Soprintendenza che deve esprimere un parere obbligatorio, preventivo e vincolante su tutte le istruttorie. Il nuovo procedimento prevede, infatti, l'incardinamento della Sovrintendenza all'interno dello stesso procedimento di rilascio dell'autorizzazione, in quanto la regione si può pronunciare solo dopo aver «acquisito il parere vincolante del soprintendente», mentre nel regime transitorio la regione rilascia comunque l'autorizzazione, salvo che non intervenga il successivo annullamento da parte del soprintendente nei termini previsti,

impegna il Governo

ad individuare in tempi rapidi le risorse necessarie per consentire alle regioni e agli enti locali di svolgere il compito ad essi affidato dalla nuova disciplina e per avviare un iter procedurale che dia maggiori garanzie per la tutela del paesaggio.
9/2561-A/75. Braga, Mariani, Realacci, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 reca norme di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato nei casi di urgenza o che richiedano mezzi o poteri straordinari;
la norma prevede inoltre la nomina di uno o più commissari straordinari del Governo a cui affidare la responsabilità della procedura così semplificata e a cui attribuire poteri speciali, analoghi ai poteri connessi allo stato di emergenza di cui alla legge n. 225 del 1992, al fine di poter garantire la realizzazione degli interventi;
lo stesso Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha fortemente criticato l'impianto della norma che viene definita «deleteria per l'ambiente e per la salute dei cittadini», anche perché, in linea teorica, potrebbe essere applicata per semplificare la procedura di realizzazione di una centrale nucleare;
sempre secondo il Ministro dell'ambiente l'articolo 4 «sopprime di fatto il ruolo del Ministero dell'Ambiente nel delicato iter autorizzativo per la realizzazione di centrali di produzione e per le reti di distribuzione di energia, ed esautora ogni ruolo degli enti locali»;
appare pienamente condivisibile la preoccupazione che un eccesso di semplificazione procedurale porti a comprimere in modo inaccettabile le esigenze di tutela ambientale e di salute dei cittadini, che, come ricorda ancora il Ministro dell'ambiente, sono imposti dallo stesso ordinamento comunitario, al quale le nostre leggi si devono conformare,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare le disposizioni di semplificazione introdotte con l'articolo 4 del provvedimento, una norma deleteria per l'ambiente, per la salute dei cittadini, e persino per la stessa semplificazione perché fonte certa di contenzioso amministrativo e comunitario e quindi di blocchi delle procedure.
9/2561-A/76. Margiotta, Mariani, Realacci, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Marantelli, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
sono trascorsi circa due anni dall'approvazione del decreto del Presidente della Repubblica 21 febbraio 2008, n. 64, concernente la struttura ed il funzionamento dell'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca (ANVUR) istituita dal precedente Governo Prodi;
l'università italiana necessità di un sistema indipendente di valutazione della qualità della didattica e della ricerca, per valorizzare l'efficienza organizzativa e l'efficacia progettuale delle comunità scientifiche e anche al fine di erogare finanziamenti con criteri trasparenti e meccanismi di premialità dei risultati conseguiti;
altresì, l'attivazione dell'Anvur risulta necessaria ad inserire a pieno titolo l'Italia nella rete europea delle agenzie nazionali di valutazione;
la proroga al 31 dicembre 2009 delle attività del Comitato Nazionale per la valutazione del sistema universitario (CNVU), presente nel provvedimento in esame, e la previsione dell'avvio dell'ANVUR nel prossimo triennio, così come indicato nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), attualmente in discussione, paiono piuttosto rappresentare l'intenzione del Governo a rallentare l'effettiva operatività dell'Agenzia;
tale intenzione troverebbe conferma nel fatto che, negli ultimi mesi, l'approvazione dello schema di regolamento concernente la struttura e il funzionamento dell'ANVUR è stata più volte posta all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri e puntualmente rinviata,

impegna il Governo

a provvedere con la massima urgenza all'emanazione del regolamento dell'Agenzia nazionale per la valutazione dell'università e della ricerca, già istituita dal precedente Governo Prodi, la cui attivazione è attesa dal mondo universitario da più di dieci anni.
9/2561-A/77. Ghizzoni, Bachelet, Mazzarella, Nicolais, Sarubbi, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
le misure presenti nel provvedimento in esame oltre ad essere largamente insufficienti a dare risposte esaustive alla complessità dei problemi nella provincia de L'Aquila, in seguito al recente tragico terremoto, dimostrano la totale assenza di interventi necessari a garantire la più rapida ripresa delle attività didattiche;
è assolutamente necessaria la ripresa immediata, sistematica e ordinaria delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica nelle zone colpite dagli eventi sismici per restituire fiducia e speranza ai giovani, alle loro famiglie, nonché per consentire la ripresa della continuità della vita quotidiana;

impegna il Governo:

a reperire finanziamenti aggiuntivi necessari a realizzare un piano straordinario di edilizia scolastica e di messa in sicurezza e, al fine di garantire il regolare inizio del prossimo anno scolastico, a individuare strutture temporanee;
ad intraprendere gli sforzi necessari a garantire la ripresa immediata delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica valutando l'opportunità di sospendere nelle province colpite dal terremoto le previste riduzioni di personale avviate dal Governo su tutto il territorio nazionale, di prevedere l'immissione in ruolo di personale docente e personale amministrativo tecnico ausiliare nella disponibilità del turn-over e di riconfermare il personale a tempo determinato anche per il prossimo anno scolastico;
a rendere disponibili quote aggiuntive di permessi sia per il personale in servizio residente nelle zone colpite dal sisma, che per sostenere eventuali iniziative di volontariato finalizzate all'attività di docenza;
a intervenire su alcune procedure amministrative in atto che riguardano il personale della scuola, al fine di snellirne al massimo le modalità e di rendere non perentorie le scadenze per coloro che risiedono e/o prestano attività lavorativa nelle zone coinvolte dal sisma;
a garantire le necessarie forme di flessibilità per i lavoratori attualmente ospitati in strutture lontane dalle sedi di servizio.
9/2561-A/78. Coscia, Lolli, Ghizzoni, Fioroni, De Pasquale, Sarubbi, De Torre, Pes, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, De Biasi, Levi, Picierno, Bachelet, Nicolais, Mazzarella.

La Camera,
premesso che:
le misure presenti nel provvedimento in esame oltre ad essere largamente insufficienti a dare risposte esaustive alla complessità dei problemi nella provincia de L'Aquila, in seguito al recente tragico terremoto, dimostrano la totale assenza di interventi necessari a garantire la più rapida ripresa delle attività didattiche;
è assolutamente necessaria la ripresa immediata, sistematica e ordinaria delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica nelle zone colpite dagli eventi sismici per restituire fiducia e speranza ai giovani, alle loro famiglie, nonché per consentire la ripresa della continuità della vita quotidiana;

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di reperire finanziamenti aggiuntivi necessari a realizzare un piano straordinario di edilizia scolastica e di messa in sicurezza e, al fine di garantire il regolare inizio del prossimo anno scolastico, a individuare strutture temporanee;
ad intraprendere gli sforzi necessari a garantire la ripresa immediata delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica valutando l'opportunità di sospendere nelle province colpite dal terremoto le previste riduzioni di personale avviate dal Governo su tutto il territorio nazionale, di prevedere l'immissione in ruolo di personale docente e personale amministrativo tecnico ausiliare nella disponibilità del turn-over e di riconfermare il personale a tempo determinato anche per il prossimo anno scolastico;
a rendere disponibili quote aggiuntive di permessi sia per il personale in servizio residente nelle zone colpite dal sisma, che per sostenere eventuali iniziative di volontariato finalizzate all'attività di docenza;
a intervenire su alcune procedure amministrative in atto che riguardano il personale della scuola, al fine di snellirne al massimo le modalità e di rendere non perentorie le scadenze per coloro che risiedono e/o prestano attività lavorativa nelle zone coinvolte dal sisma;
a garantire le necessarie forme di flessibilità per i lavoratori attualmente ospitati in strutture lontane dalle sedi di servizio.
9/2561-A/78.(Testo modificato nel corso della seduta)Coscia, Lolli, Ghizzoni, Fioroni, De Pasquale, Sarubbi, De Torre, Pes, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, De Biasi, Levi, Picierno, Bachelet, Nicolais, Mazzarella.

La Camera,
premesso che:
la stabilizzazione e lo stanziamento delle risorse necessarie alla prosecuzione delle attività lavorative per i lavoratori Lsu, Cococo e cooperative ex Lsu, nonché per i lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato, rappresenta una delle tante emergenze del settore della scuola;
tali lavoratori svolgono compiti e funzioni Ata e sono indispensabili per il funzionamento di molti istituti scolastici; la cessazione dei contratti di tali lavoratori comporterebbe un danno serio per le istituzioni scolastiche, che rischierebbero nella maggior parte dei casi la chiusura;

impegna il Governo:

a valutare la necessità di reperire gli stanziamenti, sia per l'anno in corso che per i successivi, per la prosecuzione delle attività lavorative per Lsu, Cococo e cooperative ex Lsu, nonché per i lavoratori degli appalti storici, transitati dagli enti locali allo Stato ai sensi e per gli effetti della legge n. 124 del 1999;
a valutare l'opportunità di prevedere la stabilizzazione di tale personale;
9/2561-A/79. Siragusa, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
preoccupa, in un provvedimento volto a combattere la crisi, l'assenza di interventi a sostegno dell'istruzione, poiché i tagli definiti dall'articolo 64 del della legge n. 133 del 21 agosto, che sommano a 7 miliardi 832 milioni di euro entro il 2012, nonché quelli contenuti nella legge finanziaria 2009, hanno già determinato la drastica riduzione degli organici del personale docente e ATA;
il problema del precariato della scuola, oltre a impedire la continuità didattica, indispensabile nel processo educativo, mortifica il ruolo degli insegnanti poiché impedisce la certezza del lavoro e rappresenta un danno per il futuro professionale di tanti giovani;
considerato che,
il Governo Prodi nel corso della XV legislatura ha approvato, attraverso le due leggi finanziarie, provvedimenti importanti, volti a risolvere il problema della precarietà degli insegnanti. Con la legge n. 296 del 2006 (finanziaria 2007), è stata autorizzata l'immissione in ruolo di 150.000 docenti e di 20 mila unità di personale tecnico ausiliare (Ata) nel triennio 2007, 2008 e 2009; con la successiva legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008), inoltre, si è prevista la stabilizzazione di circa 17 mila insegnanti di sostegno e di ulteriori 10 mila unità di personale tecnico ausiliare nel triennio 2008, 2009 e 2010;
il suddetto piano di assunzioni non risulta essere stato abrogato dall'attuale Governo;

impegna il Governo

a portare a compimento il piano di stabilizzazione, citato in premessa, avviato dal Governo Prodi e, considerata l'attuale e difficile congiuntura economica, ad adottare urgenti iniziative normative finalizzate a prevedere un'indennità di disoccupazione biennale per il personale scolastico che garantisca almeno il 60 per cento della retribuzione.
9/2561-A/80. Fioroni, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la situazione determinatasi nella provincia de L'Aquila in seguito al tragico terremoto del 6 aprile scorso richiede numerosi e diversificati interventi volti a garantire la più rapida ripresa delle attività scolastiche e a consentire, anche attraverso misure di emergenza, che studenti, famiglie e personale scolastico possano riattivare la comunità scolastica ed educativa come simbolo e luogo in cui venga riconquistata una normalità di vita, di relazioni, di impegni scolastici e professionali;
le misure presenti nel provvedimento in esame sono ancora largamente insufficienti a dare risposte esaustive alla complessità dei problemi;
sono assolutamente necessari interventi finalizzati a recuperare, reperire e realizzare strutture idonee a garantire la ripresa delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica, attraverso la verifica dell'agibilità degli edifici scolastici attuando e definendo un piano straordinario di messa in sicurezza, di ristrutturazione e costruzione degli edifici

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a reperire risorse aggiuntive necessarie all'immediata messa in sicurezza degli edifici scolastici nella consapevolezza che la sicurezza degli edifici scolastici è una condizione minima di civiltà ed una priorità a cui non ci si può sottrarre.
9/2561-A/81. De Torre, Lolli, Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, Sarubbi, Pes, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, De Biasi, Levi, Picierno, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la situazione determinatasi nella provincia de L'Aquila in seguito al tragico terremoto del 6 aprile scorso richiede numerosi e diversificati interventi volti a garantire la più rapida ripresa delle attività scolastiche e a consentire, anche attraverso misure di emergenza, che studenti, famiglie e personale scolastico possano riattivare la comunità scolastica ed educativa come simbolo e luogo in cui venga riconquistata una normalità di vita, di relazioni, di impegni scolastici e professionali;
le misure presenti nel provvedimento in esame sono ancora largamente insufficienti a dare risposte esaustive alla complessità dei problemi;
sono assolutamente necessari interventi finalizzati a recuperare, reperire e realizzare strutture idonee a garantire la ripresa delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica, attraverso la verifica dell'agibilità degli edifici scolastici attuando e definendo un piano straordinario di messa in sicurezza, di ristrutturazione e costruzione degli edifici

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a reperire risorse aggiuntive necessarie all'immediata messa in sicurezza degli edifici scolastici nella consapevolezza che la sicurezza degli edifici scolastici è una condizione minima di civiltà ed una priorità a cui non ci si può sottrarre.
9/2561-A/81.(Testo modificato nel corso della seduta)De Torre, Lolli, Coscia, Ghizzoni, De Pasquale, Sarubbi, Pes, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, De Biasi, Levi, Picierno, Bachelet, Nicolais, Mazzarella, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risulta assente la norma che sancisca la validità dell'abilitazione all'insegnamento e il diploma di specializzazione per il sostegno conseguiti dai docenti ammessi con riserva ai corsi speciali indetti con decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005;
la suddetta norma è stata più volte denunciata dai parlamentari del Partito democratico attraverso emendamenti, interrogazioni in Commissione e con diversi ordini del giorno, favorevolmente accolti dal Governo;
così come i docenti ammessi con riserva con il decreto ministeriale n. 85 del 2005, l'abilitazione dei quali è stata ritenuta valida - dopo diversi interventi dei parlamentari del PD - con una norma da poco varata con l'approvazione della legge 27 febbraio 2009, n. 14, questi stessi hanno maturato l'anzianità di servizio di 360 giorni alla data di entrata in vigore del decreto e sono stati ammessi con riserva ai corsi abilitanti istituiti dalle università;
il decreto ministeriale n. 21 ha la stessa stranezza del decreto ministeriale n. 85, perché pone come termine ante quem per la possibilità di presentare la domanda ed accedere ai corsi abilitanti una data ampiamente precedente a quella di pubblicazione;
questa disparità di trattamento, tra due categorie con medesimi presupposti non può essere ulteriormente protratta,

impegna il Governo

a, prevedere attraverso ulteriori iniziative normative, la validità dell'abilitazione all'insegnamento e del diploma di specializzazione per il sostegno dei docenti ammessi con riserva ai corsi speciali indetti con decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005.
9/2561-A/82. De Pasquale, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
nel provvedimento in esame risulta assente la norma che sancisca la validità dell'abilitazione all'insegnamento e il diploma di specializzazione per il sostegno conseguiti dai docenti ammessi con riserva ai corsi speciali indetti con decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005;
la suddetta norma è stata più volte denunciata dai parlamentari del Partito democratico attraverso emendamenti, interrogazioni in Commissione e con diversi ordini del giorno, favorevolmente accolti dal Governo;
così come i docenti ammessi con riserva con il decreto ministeriale n. 85 del 2005, l'abilitazione dei quali è stata ritenuta valida - dopo diversi interventi dei parlamentari del PD - con una norma da poco varata con l'approvazione della legge 27 febbraio 2009, n. 14, questi stessi hanno maturato l'anzianità di servizio di 360 giorni alla data di entrata in vigore del decreto e sono stati ammessi con riserva ai corsi abilitanti istituiti dalle università;
il decreto ministeriale n. 21 ha la stessa stranezza del decreto ministeriale n. 85, perché pone come termine ante quem per la possibilità di presentare la domanda ed accedere ai corsi abilitanti una data ampiamente precedente a quella di pubblicazione;
questa disparità di trattamento, tra due categorie con medesimi presupposti non può essere ulteriormente protratta,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere attraverso ulteriori iniziative normative, la validità dell'abilitazione all'insegnamento e del diploma di specializzazione per il sostegno dei docenti ammessi con riserva ai corsi speciali indetti con decreto ministeriale n. 21 del 9 febbraio 2005.
9/2561-A/82.(Testo modificato nel corso della seduta)De Pasquale, Siragusa.

La Camera,
premesso che:
le misure presenti nel provvedimento in esame volte ad agevolare la ripresa delle attività nella provincia de l'Aquila risultano insufficienti;
preoccupa, altresì, la totale assenza di misure atte a garantire la più rapida ripresa delle attività didattiche;
nella provincia de L'Aquila risultano necessari numerosi e diversificati interventi, anche di natura tecnico-amministrativa, volti a garantire la più rapida ripresa delle attività scolastiche e a consentire, anche attraverso misure di emergenza, che studenti, famiglie e personale scolastico possano riattivare la comunità scolastica ed educativa come simbolo e luogo in cui venga riconquistata una normalità di vita, di relazioni, di impegni scolastici e professionali;
è assolutamente necessaria la ripresa immediata, sistematica e ordinaria delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica nelle zone colpite dagli eventi sismici per restituire fiducia e speranza ai giovani, alle loro famiglie, nonché per consentire la ripresa della continuità della vita quotidiana;
al fine di garantire il diritto allo studio è necessario assicurare l'avvio del prossimo anno scolastico e il suo successivo regolare proseguimento avviando la verifica dell'agibilità degli edifici scolastici attuando e definendo un piano straordinario di messa in sicurezza, di ristrutturazione e costruzione degli edifici, ricorrendo anche all'individuazione di strutture logistiche temporanee di prima emergenza,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di intraprendere gli sforzi necessari a garantire la ripresa immediata delle attività didattiche e delle attività dell'amministrazione scolastica anche sospendendo, nelle province colpite dal terremoto, le previste riduzioni di organico del personale docente e del personale amministrativo tecnico ausiliare (ATA), di sui all'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112.
9/2561-A/83. Pes, Lolli, Coscia, Ghizzoni, Fioroni, De Pasquale, Sarubbi, De Torre, Siragusa, Rossa, Antonino Russo, De Biasi, Levi, Picierno, Bachelet, Nicolais, Mazzarella.

La Camera,
premesso che:
tutti i Governi dei principali paesi europei, nonché l'amministrazione Obama negli USA stanno usando le politiche di bilancio e fiscali in funzione anticiclica. La dimensione e i contenuti degli interventi variano in rapporto alle specificità nazionali e alle diverse condizioni della finanza pubblica. Però tutti, senza eccezione, hanno cambiato la loro politica di bilancio, chiamandola a contribuire a ridurre il costo sociale della recessione e ad accelerare il suo superamento;
in Italia, invece, un'incisiva azione di sostegno e di rilancio dell'economia risulta ancora condizionata dalle scelte di bilancio operate con la manovra triennale dell'estate scorsa (decreto-legge 112 del giugno scorso), quando la crisi non era ancora scoppiata;
servirebbero, invece, politiche autenticamente espansive per sostenere imprese e lavoratori di fronte alla crisi;
l'articolo 3, comma 4-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, amplia la tipologia delle diverse forme di finanziamento che possono essere effettuate nell'ambito della gestione separata della Cassa depositi e prestiti S.p.A, ossia quella alimentata da risparmio postale, specificando le diverse forme che possono assumere le operazioni di finanziamento, tra le quali rientrano quelle a favore delle piccole e medie imprese attraverso l'intermediazione di soggetti autorizzati all'esercizio del credito;
nonostante l'intento espresso dal Ministro dell'economia in carica di provvedere ad una moratoria dei crediti bancari alle imprese, il decreto in esame si limita a prevedere, entro centoventi giorni, la stipula di una convenzione tra il Ministro dell'economia e delle finanze e l'ABI diretta ad attenuare gli oneri finanziari a carico delle piccole e medie imprese in difficoltà finanziaria, anche in relazione ai tempi di pagamento degli importi dovuti tenendo conto delle specifiche caratteristiche dei soggetti coinvolti,

impegna il Governo

a rafforzare le misure destinate a garantire maggiore liquidità alle imprese, a tal fine destinando una quote delle risorse della gestione separata della Cassa depositi e prestiti alla prestazione di garanzie su finanziamenti concessi dalle banche alle PMI ed a favorire le operazioni di consolidamento a medio termine dei debiti a breve.
9/2561-A/84. Fluvi, Baretta, Bersani, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cesario, D'Antoni, De Micheli, Duilio, Fogliardi, Gasbarra, Genovese, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Pizzetti, Rubinato, Sposetti, Strizzolo, Vannucci, Ventura, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 36 della legge n. 31 del 2008 il legislatore ha ritenuto di rendere chiarezza su una facoltà essenziale nell'esercizio dei poteri regolamentari degli enti locali in materia di gestione delle proprie entrate: l'utilizzo dello strumento dell'ingiunzione di pagamento ai fini della riscossione coattiva di quote non pagate;
a norma dell'articolo 52, decreto legislativo n. 446 del 1997, i Comuni e le Province godono di ampi poteri di regolamentazione ed organizzazione della gestione delle entrate non solo tributarie. Diverse norme susseguitesi negli anni hanno poi via via specificato diversi aspetti riguardanti gli strumenti a disposizione per l'accertamento e la riscossione delle entrate locali, anche con riferimento ai soggetti che, a norma degli articoli 52 e 53 del citato decreto legislativo n. 446 del 1997, siano affidatari dei servizi in questione;
talune delle norme via via emanate non considerano, tuttavia, la varietà delle forme di gestione adottabili dagli enti locali (in economia, attraverso consorzi, mediante affidamento a società private o miste iscritte all'Albo ex articolo 53, o interamente possedute e direttamente coordinate, secondo il modello in house, non necessariamente iscritte al predetto Albo);
inoltre, l'abrogazione, intervenuta nel corso del 2007, del comma 6 dell'articolo 52 citato, che menzionava espressamente lo strumento dell'ingiunzione di pagamento - dovuta non a volontà di abolizione dello strumento medesimo, ma ad esigenze di coerenza tecnica e chiarezza normativa - aveva ingenerato la preoccupazione presso gli enti locali e gli operatori del settore di non veder riconosciuta la legittimità di uno strumento ampiamente in uso e, allo stato, unica alternativa alla riscossione coattiva tramite iscrizione a ruolo, forma per legge riservata ai concessionari Equitalia;
l'articolo 36, comma 2, della legge n. 31 del 2008 costituiva pertanto una doverosa conferma dell'articolazione degli strumenti in uso nella riscossione coattiva delle entrate locali, con riferimento espresso a «tutte» le entrate e a tutti i soggetti eventualmente da questi incaricati delle attività di riscossione secondo le previsioni di legge;
l'articolo 15, comma 8-quinquiesdecies, del presente provvedimento consente ai Comuni di stabilire, con le forme previste dalla legge per l'adozione dei propri atti, che il contribuente possa estinguere il debito iscritto a ruolo, ovvero per il quale sia stata emessa ingiunzione di pagamento, derivante da sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, riconoscendo così in modo esplicito e inequivocabile la legittimità della scelta da parte delle amministrazioni locali dello strumento dell'ingiunzione di pagamento quale alternativa dello strumento di iscrizione a ruolo,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche interpretative, al fine di chiarire in modo definitivo che il comma 2 dell'articolo 36 della legge 28 febbraio 2008, n. 31, si interpreta nel senso di confermare la facoltà per gli enti locali di attivare le procedure di riscossione coattiva mediante ingiunzione o mediante iscrizione a ruolo, con riferimento a tutte le entrate di propria competenza.
9/2561-A/85. Causi, Fontanelli, De Micheli, Misiani, Marchi, Vannucci.

La Camera,
premesso che:
con il provvedimento in esame, ancora una volta il Governo presta scarsa attenzione strategica al Mezzogiorno;
il provvedimento in discussione ignora le aree deboli del Sud, dove i lavoratori sono meno tutelati e gli imprenditori più esposti;
questo costituisce un gravissimo problema, tanto da far lanciare un allarme anche da parte del Governatore della Banca d'Italia, che ha sottolineato come, durante la crisi, le imprese siano più facilmente aggredibili da parte della criminalità organizzata attraverso l'esercizio dell'usura nelle sue diverse configurazioni e come fra gli ostacoli che in vaste aree del paese frenano il tasso di crescita vi siano organizzazioni criminali aggressive, pervasive, opprimenti;
ancora una volta nulla è stato previsto per ripristinare l'automatismo sul credito di imposta, lasciando, così il Mezzogiorno senza strumenti di fiscalità di sviluppo;
sarebbe necessario, invece, offrire maggiori opportunità agli imprenditori meridionali disposti ad investire, così da non scoraggiare chi si è mosso in questa direzione;
l'articolo 5 del decreto reca agevolazioni fiscali in favore dei titolari di redditi d'impresa che effettuano investimenti, disponendo l'esclusione, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, del 50 per cento del valore degli investimenti in una determinata categoria di nuovi macchinari e nuove apparecchiature;
è evidente che, per essere efficace nel Mezzogiorno, la misura avrebbe richiesto un incremento della percentuale di esclusione per le imprese situate nelle aree dell'obiettivo Convergenza,

impegna il Governo

a provvedere, già a partire dai prossimi provvedimenti legislativi, a differenziare la percentuale di esclusione, ai fini della determinazione del reddito d'impresa, del costo sostenuto per l'acquisto delle tipologie di investimenti indicati, incrementandola almeno fino all'80 per cento per le imprese nelle aree individuate nell'ambito dell'obiettivo convergenza di cui al regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell'11 luglio 2006.
9/2561-A/86. D'Antoni, Ventura, Cesare Marini, Causi, Fluvi, Baretta, Bersani, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Carella, Ceccuzzi, Cesario, De Micheli, Duilio, Fogliardi, Gasbarra, Genovese, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Pizzetti, Rubinato, Sposetti, Strizzolo, Vannucci, Mannino, Commercio.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del decreto all'esame reca misure per la riduzione del costo dell'energia per imprese e famiglie, prevedendo che, per promuovere l'efficienza e la concorrenza nei mercati dell'energia, con decreto del Ministro dello sviluppo economico siano adottate specifiche misure per vincolare ciascuna azienda fornitrice di gas che abbia un peso assai rilevante sul mercato nazionale, ad offrire in vendita un determinato volume di gas tramite procedure concorrenziali alle condizioni e modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG);
il comma 3, in particolare, prevede l'adozione di apposite misure da parte dell'AEEG, per consentire un'efficiente gestione dei volumi di gas ceduto attraverso le suddette procedure concorrenziali;
tali misure consistono nell'introduzione nelle tariffe di trasporto del gas di misure di degressività che considerino la struttura dei costi del servizio in ragione del coefficiente di utilizzo, nell'adeguamento delle norme sul bilanciamento del gas e nella promozione dell'offerta dei servizi di punta per il sistema del gas e della fruizione dei servizi di stoccaggio ai clienti finali industriali e termoelettrici;
tuttavia, va sottolineato che il problema dello stoccaggio non è relativo solo ai servizi di punta, ma alla gestione complessiva dello stoccaggio;
lo sviluppo delle infrastrutture di stoccaggio è condizione necessaria per la sicurezza del sistema energetico del Paese. L'apertura alla concorrenza del settore del gas, e in particolare dell'attività di vendita di gas naturale, ha messo in evidenza il ruolo che ciascun segmento della filiera svolge per l'attività dei soggetti che operano tra loro in concorrenza e in particolare per i nuovi entranti;
in questo quadro lo stoccaggio di gas naturale appare costituire una risorsa cruciale per il funzionamento del sistema e per lo sviluppo di un contesto effettivamente concorrenziale,

impegna il Governo

a prevedere, già nei prossimi provvedimenti utili, misure finalizzate allo sfruttamento ottimale e allo sviluppo delle infrastrutture di stoccaggio di gas naturale, anche con riferimento all'incremento dell'offerta dei servizi di punta e al superamento degli ostacoli all'ingresso di nuove imprese nei mercati.
9/2561-A/87. Federico Testa, Lulli, Vico, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Zunino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3, ai commi da 1 a 4, reca misure per la riduzione del costo dell'energia per imprese e famiglie, per promuovere l'efficienza e la concorrenza nei mercati dell'energia;
al fine di stimolare la concorrenza in tale mercato si prevede la possibilità che 5 miliardi di standard di gas naturale vengano venduti al pubblico mediante procedure concorrenziali;
l'eventuale differenza positiva tra il prezzo base corrisposto al produttore ed il prezzo realizzato nel corso dell'asta, sarà destinato a favore dei clienti industriali finali;
in particolare, la lettera a) del comma 3, stabilisce che tali misure consistono nell'introduzione nelle tariffe di trasporto del gas di misure di degressività che considerino la struttura dei costi del servizio in ragione del coefficiente di utilizzo a decorrere dal primo periodo di regolazione tariffaria del trasporto del gas, successivo all'entrata in vigore del decreto-legge in esame;
con riferimento alle misure di degressività esse trasferiscono il risparmio di costo a vantaggio dei grandi utilizzatori sfavorendo le piccole imprese e le famiglie,

impegna il Governo

a rendere effettivo l'obiettivo della misura contenuto nel titolo dell'articolo in oggetto con la riduzione del costo dell'energia per imprese e famiglie, innalzando il quantitativo di gas che l'operatore dominante sarà obbligato a cedere sul mercato di scambio ed estendendo la platea dei possibili beneficiari della differenza positiva tra il prezzo di vendita corrisposto dagli acquirenti e quello da riconoscere al soggetto cedente non soltanto ai clienti finali industriali che, sulla base del profilo medio di consumo degli ultimi 3 anni, evidenzino un elevato coefficiente di utilizzo dei prelievi del gas, ma più in generale all'industria manifatturiera, all'artigianato e al settore terziario.
9/2561-A/88. Fadda, Lulli, Vico, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino.

La Camera,
premesso che:
la disciplina delle compensazioni fiscali contenuta nell'articolo 10 è condivisibile nel merito in quanto risponde all'esigenza di contrastare eventuali abusi in materia di compensazioni fiscali ma appare dubbia nella formulazione;
la crescita abnorme delle compensazioni IVA può effettivamente rappresentare una spia dell'evasione, ma la norma inserita nel decreto non risolve il problema in quanto prevede che i crediti IVA di importo superiore a 10 mila euro non possano essere compensati prima del giorno 16 del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o istanza da cui il credito emerge;
in particolare tale compensazione non potrà essere richiesta senza aver ottenuto il visto di conformità della contabilità da parte dei soggetti abilitati (commercialisti e consulenti del lavoro);
il periodo previsto per il controllo sostanziale è di circa 45 giorni, evidentemente troppo breve per consentire all'amministrazione finanziaria alcun filtro di una qualche pregnanza, seppure a campione, sulle centinaia di migliaia di dichiarazioni coinvolte;
la norma, quindi, lungi dal porre rimedio all'evasione, avrà l'effetto di rafforzare il ruolo dei consulenti creando nuovi oneri per i contribuenti onesti, che si vedranno gravati da un ulteriore costo di adempimento e consentirà comunque agli evasori di continuare tranquillamente a fruire delle compensazioni, considerato che il «controllo» che i consulenti saranno tenuti a svolgere ha carattere meramente formale, senza alcuna indagine sull'effettività dei presupposti per la compensazione;
le procedure appaiono troppo complesse soprattutto per le piccole e piccolissime imprese, è stato di recente presentato un rapporto secondo il quale nelle imprese piccole e piccolissime quest'anno gli adempimenti porteranno via in media il 6,9 per cento del fatturato, con un aumento di oltre un punto e mezzo rispetto al 2008, che significa un aumento del 25 per cento in 12 mesi,

impegna il Governo

a valutare attentamente gli effetti applicativi della norma in oggetto, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte ad adeguarsi a quanto accade nel resto d'Europa, dove le compensazioni IVA sono consentite all'interno della stessa imposta, differenziando i contribuenti in ragione della loro affidabilità, e tenendo conto del loro comportamento precedente, soprattutto quando si tratti di piccole imprese che aderiscono agli studi di settore.
9/2561-A/89. Vico, Lulli, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
al comma 1 dell'articolo 22, il provvedimento fissa tempi stretti per il «nuovo Patto della Salute», da farsi con intesa tra Stato e Regioni entro il 15 ottobre 2009, rinviando il termine previsto al 31 ottobre 2008 dalla manovra finanziaria dell'anno scorso (legge 133 del 6 agosto 2008);
qualora l'intesa non dovesse essere raggiunta e, quindi «saltasse» il nuovo Patto per la Salute, il Governo potrà comunque agire, fissando standard per ridurre posti letto ordinari a favore di day hospital e ambulatori e predisponendo riduzioni di personale (legge 133/2008);
tale possibilità di procedere unilateralmente da parte del Governo ad adottare tutte le misure che ritiene necessarie per tener sotto controllo la spesa sanitaria qualora non si addivenisse alla stipula del nuovo patto per la salute mette in grave difficoltà le regioni che da tempo chiedono un confronto serio con risorse;
le regioni denunciano uno sottostima del Fondo sanitario nazionale pari a 7 miliardi di euro per gli anni 2010 e 2011, nonché la mancata approvazione fino ad oggi del nuovo decreto contenete la revisione dei Livelli essenziali d'assistenza, l'aggiornamento delle malattie rare esenti dal ticket, il nuovo nomenclatore tariffario, onde poter aiutare tutte quelle famiglie che, specialmente in una situazione di crisi economica, come quella attuale, si trovano ogni giorno sempre più in difficoltà,

impegna il Governo

ad individuare tutte le risorse finanziarie necessarie affinché nei tempi stabiliti si possa addivenire alla stipula del nuovo Patto per la salute, nonché alla stesura del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenete la revisione dei Livelli essenziali d'assistenza, l'aggiornamento delle malattie rare esenti dal ticket, il nuovo nomenclatore tariffario.
9/2561-A/90. Calgaro, Livia Turco, Argentin, Lenzi, Grassi, Pedoto, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
al comma 1 dell'articolo 22, il provvedimento fissa tempi stretti per il «nuovo Patto della Salute», da farsi con intesa tra Stato e Regioni entro il 15 ottobre 2009, rinviando il termine previsto al 31 ottobre 2008 dalla manovra finanziaria dell'anno scorso (legge 133 del 6 agosto 2008);
qualora l'intesa non dovesse essere raggiunta e, quindi «saltasse» il nuovo Patto per la Salute, il Governo potrà comunque agire, fissando standard per ridurre posti letto ordinari a favore di day hospital e ambulatori e predisponendo riduzioni di personale (legge 133/2008);
tale possibilità di procedere unilateralmente da parte del Governo ad adottare tutte le misure che ritiene necessarie per tener sotto controllo la spesa sanitaria qualora non si addivenisse alla stipula del nuovo patto per la salute mette in grave difficoltà le regioni che da tempo chiedono un confronto serio con risorse;
le regioni denunciano uno sottostima del Fondo sanitario nazionale pari a 7 miliardi di euro per gli anni 2010 e 2011, nonché la mancata approvazione fino ad oggi del nuovo decreto contenete la revisione dei Livelli essenziali d'assistenza, l'aggiornamento delle malattie rare esenti dal ticket, il nuovo nomenclatore tariffario, onde poter aiutare tutte quelle famiglie che, specialmente in una situazione di crisi economica, come quella attuale, si trovano ogni giorno sempre più in difficoltà,

impegna il Governo

a stendere un nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri contenete la revisione dei Livelli essenziali d'assistenza, l'aggiornamento delle malattie rare esenti dal ticket, il nuovo nomenclatore tariffario.
9/2561-A/90.(Testo modificato nel corso della seduta)Calgaro, Livia Turco, Argentin, Lenzi, Grassi, Pedoto, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la crisi economica che stiamo attraversando è vissuta con particolare difficoltà dalle famiglie dove è a rischio il reddito per la perdita del posto di lavoro ovvero dove la nascita di nuovi figli o la presenza di persone disabili o non autosufficienti riveste delle implicanze economiche sempre più difficili da fronteggiare;
vi è a livello centrale un progressivo impoverimento delle politiche del welfare, come dimostra lo svuotamento del Fondo per le politiche sociali e del Fondo per la non autosufficienza, in relazione al quale, dal 2010, invece che prevedere un incremento, viene totalmente azzerato;
i vincoli di spesa all'interno del patto di stabilità creano profonda sofferenza nella rete di strutture e di servizi sociali che le regioni e gli enti locali, nella piena attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale, realizzano su tutto il territorio regionale e locale, nonostante le diminuzione dei trasferimenti economici da parte dello Stato;
con l'attuale vincolo di spesa le Regioni ed enti locali non possono spendere più di quanto speso l'anno precedente, maggiorato del 2,5 per cento determinando quindi un congelamento degli stanziamenti che equivale ad un arretramento nei servizi allorché non si rispettano i trend di aumento della spesa correlati all'andamento dell'inflazione;
anche la Commissione politiche sociali delle Conferenza delle Regioni ha sempre espresso preoccupazione, in maniera unanime, per la situazione di difficoltà che attualmente le regioni stanno vivendo e il coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni ha affermato che il Patto di stabilità «pone vincoli rigidi alle spese per le politiche sociali», chiedendo di fatto una deroga per poter disancorare dal patto almeno i servizi sociali essenziali per i cittadini;
se non si trovano soluzioni adeguate le regioni e gli enti locali saranno costretti ad adottare scelte drastiche come quelle, ad esempio, di finanziare un anno le politiche per la non autosufficienza e l'anno successivo i servizi per la prima infanzia,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure necessarie, affinché, sempre in un ottica di contenimento della spesa pubblica, le spese sociali o almeno quelle che possono definirsi essenziali, come quelle relative alle politiche giovanili, ai servizi domiciliari, al disagio familiare possano essere escluse dai vincoli del patto di stabilità così come avviene per le spese sanitarie;
ad adottare ulteriori iniziative volte a reperire le risorse finanziarie necessarie affinché, anche per l'anno 2010, il Fondo sulla non autosufficienza sia adeguatamente finanziato e le famiglie non si trovino da sole ad affrontare un problema così grande.
9/2561-A/91. Sbrollini, Livia Turco, Argentin, Lenzi, Grassi, Pedoto, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Calgaro, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
in Italia sono 2.615.000 le persone non autosufficienti secondo gli ultimi dati resi disponibili dell'Istat. Si tratta di donne e uomini che riferiscono una totale mancanza di autonomia per almeno una delle funzioni che permettono di condurre una vita quotidiana normale. Perché, se si considerano anche le persone che hanno bisogno di aiuto, anche in parte, per svolgere attività essenziali come alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi o vestirsi il numero sale di molto fino a quasi sette milioni, circa il 13 per cento dell'intera popolazione;
a fronte di questo incremento della popolazione non autosufficiente, vi è a livello nazionale un generale e progressivo impoverimento delle politiche del welfare, come dimostrano i mancati finanziamenti per il Fondo per le politiche sociali e del Fondo sulla non autosufficienza, in relazione al quale, a partire dal 2010, non è previsto alcun finanziamento;
con il taglio del Fondo nazionale per la non autosufficienza oltre a mettere a dura prova il sistema dei servizi delle Regioni, si otterrebbe solamente di far lievitare in poco tempo la spesa sanitaria che in questi anni si è cercato di mettere sotto controllo e di non riuscire più a dare risposte alle famiglie e ai malati che volessero restare a casa loro, a salvaguardia anche della loro dignità e restante autonomia;
in termini puramente economici, la domiciliarità rispetto all'istituzionalizzazione dei non autosufficienti nelle strutture, rappresenta una spesa molto inferiore per le casse pubbliche;
tutte le regioni sostengono con forza la necessità di un maggiore investimento sui servizi domiciliari a tutela della non autosufficienza per potenziare le risposte alle persone non autosufficienti, che sono sempre di più e già ora rappresentano un'emergenza quotidiana per il sistema sociale e sanitario nazionale ma ancora «nascosta» per il bilancio statale;
in tutto questo va valorizzata la centralità della famiglia che già ora svolge un effetto moltiplicatore di benefici sociali e di risparmio economico per le casse pubbliche;
la necessità, invece, di individuare a livello nazionale risorse certe per assicurare i servizi per il sostegno delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie, è tanto più importante per colmare il divario che si sta registrando nel Paese tra Regioni che hanno già provveduto a mettere in campo significative risorse a favore della non autosufficienza e Regioni che invece, per molteplici motivi, sono in grave ritardo nella predisposizione di progetti e finanziamenti per questa rilevante area del disagio sociale, con drammatici effetti per le stesse persone non autosufficienti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a reperire per i prossimi anni risorse finanziarie adeguate al Fondo sulla non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, affinché le regioni e, di conseguenza, anche gli enti locali possano predisporre ed erogare adeguati servizi di sostegno e presa in carico della persone non autosufficienti.
9/2561-A/92. Argentin, Livia Turco, Lenzi, Grassi, Pedoto, Calgaro, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
in Italia sono 2.615.000 le persone non autosufficienti secondo gli ultimi dati resi disponibili dell'Istat. Si tratta di donne e uomini che riferiscono una totale mancanza di autonomia per almeno una delle funzioni che permettono di condurre una vita quotidiana normale. Perché, se si considerano anche le persone che hanno bisogno di aiuto, anche in parte, per svolgere attività essenziali come alzarsi da un letto o da una sedia, lavarsi o vestirsi il numero sale di molto fino a quasi sette milioni, circa il 13 per cento dell'intera popolazione;
a fronte di questo incremento della popolazione non autosufficiente, vi è a livello nazionale un generale e progressivo impoverimento delle politiche del welfare, come dimostrano i mancati finanziamenti per il Fondo per le politiche sociali e del Fondo sulla non autosufficienza, in relazione al quale, a partire dal 2010, non è previsto alcun finanziamento;
con il taglio del Fondo nazionale per la non autosufficienza oltre a mettere a dura prova il sistema dei servizi delle Regioni, si otterrebbe solamente di far lievitare in poco tempo la spesa sanitaria che in questi anni si è cercato di mettere sotto controllo e di non riuscire più a dare risposte alle famiglie e ai malati che volessero restare a casa loro, a salvaguardia anche della loro dignità e restante autonomia;
in termini puramente economici, la domiciliarità rispetto all'istituzionalizzazione dei non autosufficienti nelle strutture, rappresenta una spesa molto inferiore per le casse pubbliche;
tutte le regioni sostengono con forza la necessità di un maggiore investimento sui servizi domiciliari a tutela della non autosufficienza per potenziare le risposte alle persone non autosufficienti, che sono sempre di più e già ora rappresentano un'emergenza quotidiana per il sistema sociale e sanitario nazionale ma ancora «nascosta» per il bilancio statale;
in tutto questo va valorizzata la centralità della famiglia che già ora svolge un effetto moltiplicatore di benefici sociali e di risparmio economico per le casse pubbliche;
la necessità, invece, di individuare a livello nazionale risorse certe per assicurare i servizi per il sostegno delle persone non autosufficienti e delle loro famiglie, è tanto più importante per colmare il divario che si sta registrando nel Paese tra Regioni che hanno già provveduto a mettere in campo significative risorse a favore della non autosufficienza e Regioni che invece, per molteplici motivi, sono in grave ritardo nella predisposizione di progetti e finanziamenti per questa rilevante area del disagio sociale, con drammatici effetti per le stesse persone non autosufficienti,

impegna il Governo

ad adeguare congruamente il Fondo sulla non autosufficienza di cui all'articolo 1, comma 1264 della legge 27 dicembre 2006 n. 296, affinché le regioni e, di conseguenza, anche gli enti locali possano predisporre ed erogare adeguati servizi di sostegno e presa in carico della persone non autosufficienti.
9/2561-A/92.(Testo modificato nel corso della seduta)Argentin, Livia Turco, Lenzi, Grassi, Pedoto, Calgaro, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
gli interventi a sostegno delle famiglie adottati nell'ultimo anno sono stati di carattere principalmente monetario, attraverso le leggi n. 133/08 e n. 2/09;
è mancata una politica organica e compiuta di sostegno alla famiglia, specialmente per quelle famiglie con redditi bassi o numerose;
nonostante le innumerevoli pagine scritte, i libri bianchi, i convegni e le dichiarazioni d'impegno, nulla è stato fatto per favorire una maggiore conciliazione tra lavoro e famiglia;
addirittura sono state varate politiche, poi in parte rientrate, che hanno reso più difficile la partecipazione al mercato del lavoro delle donne, come ad esempio, i tagli all'organico del corpo docente e la detassazione degli straordinari;
ciò ha comportato che il tasso di partecipazione femminile non sia aumentato neanche di un punto percentuale, lasciando l'Italia in fondo alle classifiche rispetto al resto dei paesi europei;
la maggior parte dei paesi vicini all'Italia, incluse Germania e Spagna, hanno attuato interessanti politiche della famiglia;
non averlo fatto anche nel nostro Paese, mantenendo bassa la partecipazione delle donne al mercato del lavoro, comporta maggiori rischi occupazionali e di povertà per le famiglie, specie in una situazione di crisi come quella attuale,

impegna il Governo:

ad adottare una reale e concreta politica di sostegno alla famiglia specialmente per le famiglie a reddito basso o numerose o dove sia presente una persona disabile, non solo incentrata su interventi monetari, ma anche attraverso l'incremento del fondo per le politiche sociali, l'adozione di misure che favoriscano la creazione di servizi integrati a sostegno della donna, dei giovani, degli anziani e dei bambini e, in generale, di tutta quella fascia della popolazione che, per qualsiasi motivo, si possa trovare difficoltà ad integrarsi nel tessuto sociale;
ad adottare misure normative ed economiche capaci di assicurare l'incremento dell'occupazione femminile e una maggiore conciliazione tra i tempi di lavoro e i tempi della famiglia, finanziando anche in modo adeguato il fondo decennale per gli asili, garantendo, così, un aiuto concreto e un supporto adeguato all'infanzia e a quelle famiglie, specialmente giovani coppie che, per gli alti costi, non possono permettersi di iscrivere un figlio in delle strutture private, costringendo così, di fatto, la donna ad uscire dal mondo del lavoro.
9/2561-A/93. Lenzi, Grassi, Pedoto, Livia Turco, Calgaro, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Sbrollini, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
i dati confermano che nel nostro Paese il peso dell'assistenza alla popolazione che invecchia ricade quasi del tutto sulla famiglia ed in particolare sulle figlie adulte;
più che altrove le famiglie italiane sono sole, sono meno aiutate dalle politiche sociali, e quindi, più sovraccariche di responsabilità nei confronti dei propri membri più deboli, e spesso, sono anche maggiormente indotte a fare un passo indietro rispetto a importanti scelte di vita;
è, del resto, un dato di fatto ampiamente riconosciuto che siamo uno dei Paesi avanzati con sistema di welfare più obsoleto, meno in grado cioè di proteggere dai rischi e di promuovere scelte virtuose nella popolazione;
non a caso ci troviamo con occupazione giovanile tra le più basse e una delle peggiori combinazioni nell'area OCSE tra fecondità e partecipazione femminile al mercato del lavoro;
la persistente denatalità dell'ultimo quarto di secolo ci ha fatti diventare uno dei Paesi al mondo con maggior invecchiamento. Siamo però anche meno attrezzati a rispondere alle sfide che tale processo pone, proprio per la fragilità del nostro sistema di welfare e la bassa occupazione di giovani e donne;
ciò significa che le famiglie italiane, già tradizionalmente sole, si trovano con un crescente aumento della domanda di cura e assistenza dei propri membri anziani non autosufficienti. E che la spesa per protezione sociale, già ora molto squilibrata, è destinata a essere ancor più sbilanciata verso pensioni e sanità;
è ampiamente riconosciuto che una delle risposte principali all'invecchiamento della popolazione passa attraverso l'aumento dell'occupazione femminile, indispensabile per rendere più sostenibile il sistema delle finanze pubbliche da un lato, e più solido il benessere economico delle famiglie, dall'altro,

impegna il Governo

a mettere in campo quelle riforme strutturali al sistema di welfare, anche attraverso risorse economiche adeguate, affinché i trasferimenti economici dallo Stato alle regioni ed agli enti locali possano consentire l'erogazione di beni e servizi al cittadino utente, permettendo così al Paese di continuare a crescere e ai singoli di vivere meglio, rendendo meno complicato fornire risposte che le famiglie tentano, con grande difficoltà, di darsi da sole.
9/2561-A/94. Grassi, Pedoto, Livia Turco, Calgaro, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame istituisce a partire dal 2010 un Fondo «centrale» di 800 milioni per interventi sanitari;
per alimentare il fondo, viene ridotto di pari importo il finanziamento per il servizio sanitario da ripartire tra le Regioni;
la cifra proviene dai risparmi sulla spesa farmaceutica, ottenuti grazie alle misure sui farmaci equivalenti, misura introdotta, del resto, in via sperimentale già nel decreto legge 28 aprile 2009 n. 39 «Decreto Abruzzo»;
con tale normativa il tetto di spesa sulla farmaceutica territoriale viene ridotto al 13,3 per cento, mentre in precedenza era fissato al 14 per cento, con un risparmio atteso di almeno 800 milioni;
è sorprendente e assai discutibile, anche sotto il profilo della legittimità, tanto più in epoca di federalismo, che venga ridotto il finanziamento da ripartire tra le Regioni, per creare invece un fondo centralizzato,

impegna il Governo

ad utilizzare la cifra risparmiata, essendo una «virtuosa» riconversione della spesa sanitaria in un ambito strettamente sanitario, e a far sì che il minor trasferimento dallo stato alle regioni non si traduca, ancora una volta, in un aggravio di compartecipazione alla spesa sanitaria da parte dei cittadini utenti.
9/2561-A/95. Pedoto, Livia Turco, Calgaro, Murer, Bucchino, D'Incecco, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di mandare in pensione con atto unilaterale, dietro preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto i quaranta anni di contribuzione, compresi quelli figurativi, derivati ad esempio dal riscatto del periodo di leva o degli studi universitari, con esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa, comporta per il servizio sanitario nazionale un danno notevole, rappresentando i medici ed i veterinari dipendenti la categoria maggiormente colpita dal provvedimento per avere a proprie spese riscattato gli anni di laurea e di specializzazione;
tale norma produce nei prossimi anni la fuoriuscita obbligata dal Servizio sanitario nazionale di dirigenti a soli 58-60 anni di età, peraltro in netta controtendenza con le politiche previdenziali perseguite in Europa e nel nostro paese;
con tale norma viene colpito il corpo intermedio del Servizio sanitario nazionale che consente il pieno funzionamento della medicina pubblica e su cui poggia la garanzia della tutela della salute dei cittadini, di fatto vengono pensionati migliaia di professionisti che operano ogni giorno in tutti i livelli del Servizio sanitario nazionale;
con tale disposizione i medici ospedalieri, ma non quelli universitari, si troverebbero esposti, ai cambi di maggioranza politica e ad ogni possibile pressione da parte dei direttori generali, con grave limitazione della propria autonomia professionale,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative, nonché interpretative, al fine di specificare che il pensionamento con atto unilaterale dell'amministrazione dopo 40 anni di contribuzione figurativa non riguardi tutta la categoria dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale e che, comunque, la riduzione del personale, ove questa avvenga, sia condizionata a piani di ristrutturazione e sia effettuata nell'oggettivo ed effettivo interesse dell'amministrazione pubblica.
9/2561-A/96. Livia Turco, Calgaro, Murer, Bucchino D'Incecco, Pedoto, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di mandare in pensione con atto unilaterale, dietro preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto i quaranta anni di contribuzione, compresi quelli figurativi, derivati ad esempio dal riscatto del periodo di leva o degli studi universitari, con esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa, comporta per il servizio sanitario nazionale un danno notevole, rappresentando i medici ed i veterinari dipendenti la categoria maggiormente colpita dal provvedimento per avere a proprie spese riscattato gli anni di laurea e di specializzazione;
tale norma produce nei prossimi anni la fuoriuscita obbligata dal Servizio sanitario nazionale di dirigenti a soli 58-60 anni di età, peraltro in netta controtendenza con le politiche previdenziali perseguite in Europa e nel nostro paese;
con tale norma viene colpito il corpo intermedio del Servizio sanitario nazionale che consente il pieno funzionamento della medicina pubblica e su cui poggia la garanzia della tutela della salute dei cittadini, di fatto vengono pensionati migliaia di professionisti che operano ogni giorno in tutti i livelli del Servizio sanitario nazionale;
con tale disposizione i medici ospedalieri, ma non quelli universitari, si troverebbero esposti, ai cambi di maggioranza politica e ad ogni possibile pressione da parte dei direttori generali, con grave limitazione della propria autonomia professionale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative, nonché interpretative, al fine di specificare che il pensionamento con atto unilaterale dell'amministrazione dopo 40 anni di contribuzione figurativa non riguardi tutta la categoria dei dirigenti medici, veterinari e sanitari del Servizio sanitario nazionale e che, comunque, la riduzione del personale, ove questa avvenga, sia condizionata a piani di ristrutturazione e sia effettuata nell'oggettivo ed effettivo interesse dell'amministrazione pubblica.
9/2561-A/96.(Testo modificato nel corso della seduta)Livia Turco, Calgaro, Murer, Bucchino D'Incecco, Pedoto, Miotto, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il passaggio dalle ASL all'Inps di tutta la procedura per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, giustificandolo con la necessità, da una parte, di accelerare le procedure per il riconoscimento della disabilità, e dall'altra per prevenire con più incisività le possibili frodi;
già il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 80 prevedeva un ingente Piano straordinario di verifica delle invalidità civili, le cui posizioni potenzialmente da verificare erano state stimate - seguendo i criteri espressi dalla citata norma e dal decreto ministeriale 29 gennaio 2009, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 marzo 2009 («Attuazione di un piano straordinario di verifica delle invalidità civili»), nonché dalla circolare dell'Inps n. 26 del 23 del 26 febbraio 2009 - in 400.000;
in molte parti d'Italia, nonostante il decreto ministeriale del 2 agosto 2007 prevedesse l'esclusione dal piano di verifica di coloro che fossero affetti da tipologie di malattie a carattere ingravescente, l'Inps, ha poi convocando anche soggetti esenti;
il provvedimento in esame così come il decreto-legge n. 112 del 2008 affida all'Inps un ruolo fondamentale e decisivo nella gestione delle invalidità civili e nel contrasto alle frodi,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure necessarie affinché il passaggio di funzioni dalle commissione ASL all'Inps circa il riconoscimento delle invalidità non leda i diritti delle persone disabili e non aggravi, pur nella necessità dell'amministrazione di prevedere un maggiore controllo per prevenire eventuali frodi, il già lento iter burocratico per il riconoscimento delle stesse;
a emanare disposizioni e direttive esplicative chiare volte a evitare che l'Inps chiami a verifica del persistente stato di invalidità coloro che siano affetti da malattie a carattere ingravescente.
9/2561-A/97. Schirru, Murer, Bucchino, D'Incecco, Pedoto, Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame prevede il passaggio dalle ASL all'Inps di tutta la procedura per l'accertamento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, giustificandolo con la necessità, da una parte, di accelerare le procedure per il riconoscimento della disabilità, e dall'altra per prevenire con più incisività le possibili frodi;
già il decreto-legge n. 112 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 80 prevedeva un ingente Piano straordinario di verifica delle invalidità civili, le cui posizioni potenzialmente da verificare erano state stimate - seguendo i criteri espressi dalla citata norma e dal decreto ministeriale 29 gennaio 2009, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 marzo 2009 («Attuazione di un piano straordinario di verifica delle invalidità civili»), nonché dalla circolare dell'Inps n. 26 del 23 del 26 febbraio 2009 - in 400.000;
in molte parti d'Italia, nonostante il decreto ministeriale del 2 agosto 2007 prevedesse l'esclusione dal piano di verifica di coloro che fossero affetti da tipologie di malattie a carattere ingravescente, l'Inps, ha poi convocando anche soggetti esenti;
il provvedimento in esame così come il decreto-legge n. 112 del 2008 affida all'Inps un ruolo fondamentale e decisivo nella gestione delle invalidità civili e nel contrasto alle frodi,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure necessarie affinché il passaggio di funzioni dalle commissione ASL all'Inps circa il riconoscimento delle invalidità tuteli i diritti delle persone effettivamente disabili e non aggravi, pur nella necessità dell'amministrazione di prevedere un maggiore controllo per prevenire eventuali frodi, il già lento iter burocratico per il riconoscimento delle stesse;
a valutare l'opportunità di emanare disposizioni e direttive esplicative chiare volte a evitare che l'Inps chiami a verifica del persistente stato di invalidità coloro che siano affetti da malattie a carattere ingravescente.
9/2561-A/97.(Testo modificato nel corso della seduta)Schirru, Murer, Bucchino, D'Incecco, Pedoto, Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini.

La Camera,
premesso che:
l'ultimo rapporto della Caritas sull'immigrazione stima che il numero complessivo di stranieri regolari (comunitari e non) residenti in Italia all'inizio del 2008 si aggiri intorno ai 3.800.000/4.000.000, con un aumento di mezzo milione rispetto al dato dell'anno precedente. Questi stranieri producono il 9 per cento del PIL italiano, acquistano abitazioni, pagano le tasse e versano regolarmente i contributi all'Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS);
l'articolo 9 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, consente il rilascio di una Carta di soggiorno allo straniero regolarmente soggiornante nel territorio dello Stato da almeno cinque anni, titolare di un permesso di soggiorno per un motivo che consente un numero indeterminato di rinnovi, il quale dimostri di avere un reddito sufficiente per il sostentamento proprio e dei familiari;
la Carta di soggiorno consente allo straniero una serie di opportunità: esso può fare ingresso nel territorio dello Stato in esenzione di visto; può svolgere nel territorio dello Stato ogni attività lecita; accede ai servizi ed alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione, salvo che sia diversamente disposto;
lo straniero titolare di Carta di soggiorno può richiedere al questore il rilascio della stessa carta per il coniuge e per i figli minori conviventi, in modo da dare stabilità e diritti all'intero suo nucleo familiare;
tale diritto per i figli dello straniero con Carta di soggiorno decade con il compimento del diciottesimo anno di età per cui il figlio dello straniero, vissuto e cresciuto in Italia, con la maggiore età, pur convivendo ancora con il nucleo familiare, si ritrova in una condizione di improvvisa instabilità, dovendo di nuovo ricorrere ad un permesso di soggiorno provvisorio e solo nel caso studi o abbia un lavoro regolare,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie per affrontare la situazione dei figli maggiorenni degli stranieri con Carta di soggiorno inseriti nel nucleo familiare originario, adottando ulteriori iniziative al fine di procedere ad una revisione del Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e, in particolare, consentendo l'estensione della validità della Carta di soggiorno anche ai figli maggiorenni ancora a carico del nucleo familiare originario.
9/2561-A/98. Bossa.

La Camera,
premesso che:
la crisi in atto e le sue conseguenze in termini di tenuta occupazionale dei mercati rendono indispensabile un approfondimento sulla condizione giuridica dei lavoratori extracomunitari, cercando di evidenziare quei tratti distintivi della normativa attualmente in vigore che incidono profondamente sulla possibilità di queste persone di riuscire a rimanere all'interno di un contesto di inclusione giuridica e sociale;
il provvedimento in esame contiene un percorso di regolarizzazione delle figure professionali di colf e badanti che molto hanno a che vedere con la presenza degli stranieri in Italia e che, però, non rappresentano l'unico volto del rapporto tra quella immigrazione che punta all'inclusione e i vari aspetti del mondo del lavoro in Italia;
la perdita del posto di lavoro da parte dell'immigrato extracomunitario contiene in primo luogo il rischio di far precipitare alcune decine di migliaia di lavoratori in un'inappellabile condizione di clandestinità, non consentendo loro il rinnovo del permesso di soggiorno qualora non riescano a trovare un'occupazione entro i sei mesi dalla perdita del precedente posto di lavoro,

impegna il Governo

in una fase di recessione economica come è quelle attuale, a individuare tutte le misure necessarie, siano esse economiche che normative, compresa quella di estendere la durata della validità del permesso di soggiorno per chi ha perso un lavoro regolare dagli attuali sei mesi a un periodo maggiore, onde consentire a queste persone di trovare un'occupazione alternativa regolare e valida, scongiurando così il rischio che gli immigrati regolari possano precipitare in una condizione di clandestinità e quindi di grave pregiudizio per loro, per le loro famiglie e per la collettività in cui risiedono.
9/2561-A/99. Murer, Bucchino, D'Incecco, Pedoto, Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Bossa, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
sono circa 4 milioni gli stranieri presenti regolarmente in Italia con carte e permessi di soggiorno, contratti di lavoro e inserimenti lavorativi;
coloro che usufruiscono del permesso di soggiorno sono chiamati al rinnovo periodico di quest'ultimo documento, sostenendo così la necessità di sottoporsi ad una trafila burocratica spesso estenuante;
molte associazioni di tutela dei diritti degli stranieri regolarmente soggiornanti lamentano una mancanza di coordinamento tra i vari uffici che gestiscono il rinnovo dei permessi di soggiorno, in modo particolare le Questure e le Asl, con le prime che non rinnovano il permesso senza il rinnovo della tessera sanitaria e le seconde che non rinnovano le tessere sanitarie senza il nuovo permesso, creando così situazioni confuse nelle quali lo straniero, inevitabilmente, rischia di perdersi,

impegna il Governo

ad adottare tutte le misure necessarie affinché si crei un maggiore coordinamento delle varie strutture burocratiche chiamate al rinnovo dei documenti di soggiorno per gli stranieri, in modo da assicurare maggiore snellezza e chiarezza nelle procedure.
9/2561-A/100. Bucchino, D'Incecco, Pedoto, Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Bossa, Murer, Mosella, Burtone, Argentin, Grassi, Sbrollini, Codurelli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame istituisce a partire dal 2010 un Fondo «centrale» di 800 milioni per interventi sanitari;
si rende sempre più necessario investire e potenziare le unità di terapia intensiva neonatale (TIN), anche attraverso l'incentivazione all'acquisto di nuove metodiche analitiche, basate sulla spettrometria di «Massa Tandem», per effettuare screening neonatali allargati, per patologie metaboliche ereditarie, onde poter individuare in tempo malattie che se non riconosciute nei primi anni o addirittura nei primi mesi di vita, provocano spesso gravi handicap fisici e mentali e nella maggior parte dei casi una morte precoce;
attraverso attività di screening effettuate al momento della nascita, è possibile identificare talune malattie prima che queste si manifestino clinicamente così da limitare danni irreparabili;
in Italia, attualmente, l'articolo 6 della legge quadro 5 febbraio 1992, n. 104, prevede lo screening neonatale solo per tre malattie, ovvero ipotiroidismo congenito, fibrosi cistica e fenilchetonuria,

impegna il Governo:

ad adottare tutti i provvedimenti necessari affinché la prevenzione delle malattie metaboliche ereditarie sia inserita nei nuovi livelli essenziali d'assistenza attraverso accertamenti diagnostici obbligatori da effettuare su tutti i neonati, nati a seguito di parti effettuati nelle strutture ospedaliere o a seguito di parti effettuati a domicilio, in modo da consentire un tempestivo trattamento delle patologie;
a destinare parte delle risorse individuate nel fondo per interventi relativi al settore sanitario al potenziamento e alla creazione di unità di terapia intensiva neonatale (TIN).
9/2561-A/101. Binetti, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di mandare in pensione con atto unilaterale, dietro preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto i quaranta anni di contribuzione, compresi quelli figurativi, derivati ad esempio dal riscatto del periodo di leva o degli studi universitari, con esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa, comporta per il servizio sanitario nazionale un danno notevole, rappresentando i medici ed i veterinari dipendenti la categoria maggiormente colpita dal provvedimento per avere a proprie spese riscattato gli anni di laurea e di specializzazione;
tale disposizione contrasta con la direttiva europea che ci impone un innalzamento dell'età pensionabile nonché con la politica previdenziale dello stesso governo atta ad aumentare l'età pensionabile;
tale disposizione crea una disparità di trattamento all'interno della dirigenza pubblica ed in particolare tra la dirigenza che opera all'interno del servizio sanitario nazionale, poiché solo i dirigenti medici responsabili di struttura complessa sono esclusi da dover lasciare il proprio impiego dopo 40 anni di contribuzione figurativa, mentre gli altri dirigenti che operano nel servizio sanitario nazionale come i biologi, i chimici, i veterinari si vedono costretti a lasciare il proprio impiego dopo tale data;
oltretutto, nel settore sanitario, tale normativa discrimina i medici ospedalieri da quelli universitari, i dirigenti di struttura semplice da quelli di struttura complessa,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, sia di natura normativa che interpretativa, che tengano della peculiarità della dirigenza che opera all'interno del Servizio sanitario nazionale, escludendo dalla possibilità di pensionamento con atto unilaterale della pubblica amministrazione dopo 40 anni di contribuzione figurativa, non solo i dirigenti medici responsabili di struttura complessa, ma anche gli altri dirigenti responsabili di struttura complessa o semplice come i biologi, i veterinari, i chimici, nonché tutti i dirigenti delle varie figure professionali sanitarie.
9/2561-A/102. Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Pedoto, D'Incecco, Bossa, Murer, Mosella, Burtone, Bucchino, Argentin, Grassi, Sbrollini, Gnecchi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di mandare in pensione con atto unilaterale, dietro preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto i quaranta anni di contribuzione, compresi quelli figurativi, derivati ad esempio dal riscatto del periodo di leva o degli studi universitari, con esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa, comporta per il servizio sanitario nazionale un danno notevole, rappresentando i medici ed i veterinari dipendenti la categoria maggiormente colpita dal provvedimento per avere a proprie spese riscattato gli anni di laurea e di specializzazione;
tale disposizione contrasta con la direttiva europea che ci impone un innalzamento dell'età pensionabile nonché con la politica previdenziale dello stesso governo atta ad aumentare l'età pensionabile;
tale disposizione crea una disparità di trattamento all'interno della dirigenza pubblica ed in particolare tra la dirigenza che opera all'interno del servizio sanitario nazionale, poiché solo i dirigenti medici responsabili di struttura complessa sono esclusi da dover lasciare il proprio impiego dopo 40 anni di contribuzione figurativa, mentre gli altri dirigenti che operano nel servizio sanitario nazionale come i biologi, i chimici, i veterinari si vedono costretti a lasciare il proprio impiego dopo tale data;
oltretutto, nel settore sanitario, tale normativa discrimina i medici ospedalieri da quelli universitari, i dirigenti di struttura semplice da quelli di struttura complessa,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative, sia di natura normativa che interpretativa, che tengano della peculiarità della dirigenza che opera all'interno del Servizio sanitario nazionale, escludendo dalla possibilità di pensionamento con atto unilaterale della pubblica amministrazione dopo 40 anni di contribuzione figurativa, non solo i dirigenti medici responsabili di struttura complessa, ma anche gli altri dirigenti responsabili di struttura complessa o semplice come i biologi, i veterinari, i chimici, nonché tutti i dirigenti delle varie figure professionali sanitarie.
9/2561-A/102.(Testo modificato nel corso della seduta)Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Pedoto, D'Incecco, Bossa, Murer, Mosella, Burtone, Bucchino, Argentin, Grassi, Sbrollini, Gnecchi, Codurelli, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
l'erogazione ai lavoratori degli ammortizzatori sociali (CIG straordinaria, indennità di mobilità e disoccupazione ordinaria, CIG in deroga e pagamenti diretti) da parte dell'INPS richiede attualmente alcuni mesi ed in questo periodo i lavoratori vengono a trovarsi nella condizione di non percepire alcun reddito; in alcuni territori questo periodo varia da 4 a 6 mesi;
le crisi aziendali, i fallimenti e le richieste di amministrazione straordinaria si susseguono nei territori a un ritmo preoccupante, migliaia di famiglie sono rimaste senza alcun sostentamento, con mutui e prestiti da pagare e figli da mantenere;
con l'aumentare dell'utilizzo della Cassa integrazione straordinaria, aumentano le aziende che non riescono più a far fronte agli anticipi, di conseguenza le indennità vengono erogate direttamente dall'Inps, ma le procedure autorizzative rischiano di svilupparsi in lunghi mesi;
la situazione è ancora più complessa per le molte società in procedura concorsuale, dove gli organi della procedura sono sotto il controllo dei Tribunali che mostrano generalmente un atteggiamento di maggiore prudenza per quanto riguarda eventuali anticipi della Cassa;
ciò vale anche per le banche che hanno siglato nei mesi scorsi il patto di anticipo ai lavoratori del trattamento di Cassa, occorre invece che la liquidazione dell'anticipo scatti immediatamente al fine di aiutare concretamente i lavoratori;
resta dunque pieno d'incognite il futuro di molte aziende e di migliaia di lavoratori che vedono come sempre più probabile il licenziamento e che chiedono, con i sindacati, di utilizzare tutti gli strumenti possibili per scongiurare questa drammatica ipotesi;
questa drammatica percezione del proprio futuro rende ancora più gravosa da un punto di vista economico, sociale e psicologico la situazione dei lavoratori interessati dalle crisi aziendali anche perché la ricollocazione in altre attività lavorative è impraticabile;
molte sono ormai le situazioni ai limiti della disperazione fra i lavoratori e le loro famiglie che rimangono per mesi senza alcuna entrata o con entrate ridotte «all'osso» e si trovano a dover fare i conti con un futuro dai contorni sempre più incerti;
molti comuni e molte province si sono accordati con l'INPS, sottoscrivendo protocolli d'intesa per l'anticipo del trattamento di Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria e delle altre forme di ammortizzatori sociali ai lavoratori dipendenti delle aziende in crisi;
anche per quanto riguarda la cassa integrazione in deroga le cose non vanno meglio: sono migliaia le domande in attesa del decreto di autorizzazione che deve essere emesso dalle regioni e che è la premessa indispensabile per procedere al pagamento;
le difficoltà congiunturali si stanno aggravando, le aziende risentono sempre più di debolezze finanziarie e carenze di liquidità ed è necessaria un'assunzione di responsabilità da parte di tutti,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
abbreviare il tempo di attesa per l'utilizzo della cassa integrazione e degli ammortizzatori sociali, onde evitare che i lavoratori implicati nelle crisi rimangano completamente senza reddito per molti mesi;
allentare il vincolo del patto di stabilità per quei comuni e per quelle province che anticipano l'erogazione degli ammortizzatori sociali, come strumento per sostenere i lavoratori nell'ambito delle politiche che gli Enti Locali attuano per fronteggiare le situazioni di crisi aziendali e in favore dell'occupazione, in attesa che l'INPS riduca a non più di 45 giorni il tempo massimo di erogazione;
favorire un maggiore impegno del sistema bancario, sia nell'accelerare le intese finalizzate all'erogazione degli anticipi di Cassa, sia nel sospendere le rate dei mutui e dei prestiti bancari dei lavoratori in cassa integrazione;
sostenere gli enti locali, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali nella ricerca di possibili sbocchi per le aziende in crisi, concordando programmi di valorizzazione delle aree industriali più profondamente provate da una situazione di difficoltà economica e sociale.
9/2561-A/103. Sanga, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame è l'ennesimo provvedimento anticrisi all'interno del quale non ci si occupa del comparto del turismo;
il turismo, a livello mondiale, è considerato uno dei pochi settori in continua evoluzione che possono aiutare le economie locali a ridurre gli effetti più devastanti della crisi a partire dalla perdita di posti di lavoro;
secondo i dati del World Travel and Tourism Council, il contributo del turismo al prodotto interno lordo europeo è pari al 10,2 per cento, gli occupati della sola industria turistica in Europa ammontano a 8.709.000, compreso l'indotto si arriva al 10,8 per cento dell'occupazione totale;
l'Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT) ha inviato un messaggio ai leader mondiale riuniti nel G20 di Londra del 2 aprile 2009 per sottolineare la capacità del turismo di sostenere azioni tese al rilancio dell'economia nel breve termine;
l'OMT nel suo messaggio ricorda che molti stati del G20 hanno già incluso il turismo nei propri programmi di stimolo economico, incoraggiando soprattutto il turismo domestico per restaurare la fiducia dei consumatori: il turismo è considerato un veicolo primario di creazione d'impiego e di rigenerazione economica e il principale motore del passaggio a un'economia verde;
in Italia il turismo contribuisce al PIL per circa l'11 per cento, secondo l'Osservatorio Nazionale del Turismo in Italia 1 impresa su 10 è legata al turismo, 390.000 in forma primaria e 174.000 in forma secondaria (il totale del comparto è pari a 565.000 imprese), gli addetti sono 3 milioni tra diretti e indiretti;
dalle indicazioni sullo stato del turismo italiano emerge un vero e proprio bollettino di guerra, perdite generalizzate, alcune molto dolorose come quelle che riguardano l'occupazione:
meno 4 miliardi del fatturato turistico, meno 40.000 posti di lavoro, chiusura delle linee di credito alle piccole realtà imprenditoriali che toccherebbe il 95 per cento delle imprese turistiche italiane secondo dati divulgati dal Ministro del turismo;
meno 927 milioni il fatturato di alberghi e hotel, meno 5,6 per cento le partenze degli italiani, meno 6,7 per cento camere vendute secondo l'indagine ISNART-Unioncamere;
nel 2009 meno 3,7 miliardi di fatturato dei pubblici esercizi, meno 20 mila esercizi pubblici, meno 100 mila posti di lavoro secondo un'indagine della FIPE;
i pernottamenti negli alberghi nel primo semestre del 2009 hanno subito un calo del 6,7 per cento e la durata complessiva delle vacanze estive 2009 registra un crollo impressionante rispetto al 2008, attestandosi sulle 10 notti fuori casa rispetto alle 12 notti dell'anno scorso, con la concentrazione della vacanza in un unico periodo e una fortissima propensione sul mese di agosto, - 18 per cento la spesa stimata per le vacanze estive, secondo Federalberghi;
il presidente del Consiglio ha di recente indicato al nuovo Ministro del turismo l'obiettivo di raddoppiare il PIL del settore in 4 anni, con la conseguenza che nel 2013 il turismo dovrebbe generare un PIL pari al 22 per cento, tutto ciò senza risorse, visto che il Governo ha tagliato una parte dei 220 milioni di euro stanziati dalla finanziaria 2007 per il turismo;
in tale contesto, nel quale sarebbe indispensabile un'iniezione di risorse finalizzate allo sviluppo di pacchetti turistici ad alta competitività, al sostegno del settore alberghiero per favorirne un ammodernamento diffuso, ad una drastica diminuzione e armonizzazione dell'aliquota IVA delle imprese turistiche, a un blocco degli aumenti dei canoni del demanio marittimo, il turismo rimane, nonostante il nuovo Ministero, un settore orfano di politiche pubbliche e di risorse all'altezza della situazione;
attualmente gli interventi di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità sono previsti solo per i dipendenti delle agenzie di viaggio e turismo, compresi gli operatori turistici con più di 50 dipendenti,

impegna il Governo:

a predisporre, d'intesa con le regioni, la convocazione degli stati generali del turismo annunciati ormai da un anno e più volte rinviati al fine di delineare, in tale sede, un piano strategico di sviluppo che preveda l'impiego di ingenti risorse finalizzate a:
estendere la concessione dei trattamenti di cassa integrazione guadagni straordinaria e di mobilità alle imprese turistiche con meno di 50 dipendenti;
ridurre e armonizzare le aliquote IVA dell'intera filiera turistica;
incentivare il turismo sociale e delle famiglie a basso reddito con la creazione di pacchetti turistici tutto compreso;
riformare la disciplina delle concessioni e dei canoni demaniali ad uso turistico ricreativo, dando alle imprese balneari certezze sulla durata delle concessioni;
incentivare l'innovazione e la crescita dimensionale della grande platea degli alberghi di piccole e medie dimensioni, anche favorendo l'acquisto degli immobili ad uso turistico-ricettivo da parte dei gestori;
aumentare le risorse destinate ai buoni vacanza e il contributo statale di cui possono usufruire gli aventi diritto;
favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici interni, attraverso un'intesa con le associazioni imprenditoriali per favorire lo sviluppo del turismo nella bassa stagione;
introdurre il conto satellite al fine di avere precise informazioni sull'andamento del turismo nazionale.
9/2561-A/104. Marchioni.

La Camera,
premesso che:
il sostegno alla partecipazione al lavoro delle donne è presupposto fondamentale per la crescita civile e democratica del Paese, nonché strumento essenziale per la crescita e la competitività del nostro sistema produttivo;
c'è infatti un nesso strettissimo tra parità lavorativa, presenza delle donne nei processi decisionali e nella sfera pubblica e sviluppo dell'economia, della qualità del lavoro, delle relazioni familiari: più donne occupate e partecipi alla vita economica del Paese significa più democrazia, più sviluppo, più nascite, famiglie più dinamiche e sicure economicamente, meno bambini in condizioni di povertà;
uno degli obiettivi più qualificanti della Strategia di Lisbona è quello relativo all'occupazione femminile, che dovrebbe raggiungere il 60 per cento entro il 2010. L'Italia, il cui tasso di occupazione femminile si attesta al 46,3 per cento, rispetto alla media dell'Unione del 57,4 (dati 2006), si trova largamente al di sotto non solo dell'obiettivo finale, ma anche dell'obiettivo intermedio - già mancato - che fissava al 57 per cento il tasso minimo di occupazione femminile per il 2005, con ciò collocandoci agli ultimi posti in Europa e in posizione molto arretrata anche su scala mondiale. Inoltre nella classifica del gender gap nel 2007 siamo passati dal 45o al 77o posto e secondo il recente rapporto del World Economic Forum, siamo arrivati addirittura all'ottantaquattresimo;
il nostro paese è inadempiente:
nell'attuazione della direttiva 2006/54/CE che prevede l'armonizzazione dell'ordinamento nazionale in materia di: promozione e formazione professionale, accesso al lavoro, remunerazione, regimi di sicurezza sociale, rappresentanza in tutte le sue forme, attraverso un piano articolato composto da azioni positive volte alla effettiva realizzazione della parità;
nell'attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2006/54/CE, che prevede il contrasto del fenomeno delle «dimissioni in bianco» ed il ripristino delle disposizioni normative in materia di modalità per la risoluzione del contratto di lavoro per dimissioni volontarie della lavoratrice;
innalzare il tasso di occupazione femminile significa elevare il potenziale di crescita e garantire una più equa ripartizione delle risorse pubbliche, anche in funzione della sostenibilità futura dei sistemi previdenziale e di protezione sociale;
oggi, in Italia, il principale servizio di cura all'infanzia è costituito dai nonni. Secondo le rilevazioni ISTAT, sei bambini su dieci tra 0 e 3 anni di età sono affidati ai nonni quando la madre lavora e solo due su dieci frequentano un asilo nido pubblico o privato. Dato medio, che registra una forte differenziazione territoriale, nascondendo la drammatica condizione dei servizi per l'infanzia nel Mezzogiorno. 1 bambini che frequentano un nido pubblico sono, infatti, solo il 6 per cento nel Mezzogiorno, a fronte del 15 per cento al Nord e del 13 per cento al Centro;
il Consiglio europeo di Lisbona del 2000, per quanto riguarda il potenziamento dei servizi all'infanzia, ha fissato il raggiungimento di una copertura del servizio di asili nido su tutto il territorio nazionale per almeno il 33 per cento entro il 2010 dei bambini tra 0 e 3 anni;
nel corso della discussione in Commissione per la conversione del presente decreto legge, il Governo ha presentato un emendamento, divenuto l' articolo 22-ter del testo, che ha introdotto l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne nel settore pubblico a 65 anni, una decisione grave: mai una riforma di tale importanza era stata introdotta tramite emendamento del Governo ad un decreto-legge, e, per di più, impedendo il confronto in Parlamento, tramite il voto di fiducia;
la sentenza della Corte di Giustizia Europea, alla quale comunque dobbiamo ottemperare, è stata utilizzata in maniera strumentale per introdurre un sistema rigido per le lavoratrici, in luogo di una flessibilità che tenga conto anche delle loro condizioni reali, del tempo di lavoro che hanno alle spalle, del lavoro che stanno svolgendo e delle condizioni in cui è svolto, delle scelte di vita e delle condizioni di reddito. La previsione di cui all'articolo 22-ter non può tradursi in un peggioramento della condizione di vita delle donne, laddove tali misure non siano accompagnate dal sostegno all'accesso al mercato del lavoro, a pari condizione di salario e carriera nonché a misure volte a favorire la conciliazione tra i tempi di cura e tempi di lavoro;
l'Europa chiede parità di trattamenti retributivi, l'eliminazione delle discriminazioni, il divieto del lavoro notturno per le donne in gravidanza e con figli piccoli, obbliga a percorsi di conciliazione per le donne e per gli uomini; nonostante ciò l'esecutivo ha scelto di ottemperare esclusivamente alla sentenza riguardante la pensione delle donne nel pubblico impiego, in assenza di alcuna forma di contrattazione con le parti sociali;
la Corte ci contesta, in particolare, la funzione suppletiva, o compensativa che in Italia, di fatto, svolge la differenza di età pensionabile tra uomini e donne. È un «risarcimento» che non è considerato idoneo e sufficiente né a garantire un'effettiva parificazione tra uomini e donne, né ad assicurare il rispetto delle norme europee che mirano a garantire generali e concrete condizioni di vera pari opportunità;
per realizzare quella parità effettiva di condizioni lavorative tra uomini e donne di cui all'articolo 141, comma 4, la Corte autorizza gli stati membri a mantenere o adottare misure che prevedano vantaggi specifici, diretti a evitare o compensare svantaggi nelle carriere professionali, al fine di assicurare una piena uguaglianza tra uomini e donne. Da questo è chiaro come la differenza tra uomini e donne in età pensionabile non svolga una funzione suppletiva o compensativa minima sufficiente, e che, in base ai trattati Comunitari e secondo l'interpretazione della Corte, al fine di creare un'effettiva parità vada introdotto un sistema sociale e di welfare che fornisca quei servizi minimi che mancano in Italia e la cui mancanza va a netto svantaggio delle lavoratrici;
il comma 2 dell'articolo in questione prevede che a partire dal 2015 il Governo, tramite decreto ministeriale adegui i requisiti di età anagrafica per l'accesso al sistema pensionistico all'incremento della speranza di vita accertato dall'Istat e validato dall'Euro ancora una volta senza alcun confronto con le parti sociali e con scarso coinvolgimento del Parlamento;
sono urgenti disposizioni specifiche al fine di migliorare la condizione di vita delle donne, con particolare riguardo al sostegno all'accesso al mercato del lavoro, a pari condizione di salario e carriera nonché a misure volte a favorire la conciliazione tra i tempi di cura e tempi di lavoro, anche tramite l'introduzione dei congedi parentali con forme di obbligatorietà per gli uomini;
occorre ripristinare il periodo flessibile di pensionamento, per le lavoratrici e per i lavoratori, già previsto dalla legge n. 335 del 1995, consentendo che ciascuna e ciascuno possa scegliere, tenendo conto dello stato di salute, del lavoro svolto, della situazione personale e familiare, della situazione contributiva e dell'innalzamento della aspettativa di vita;
occorre garantire l'accesso al lavoro delle donne fino al raggiungimento su tutto il territorio nazionale degli obiettivi definiti dalla Strategia di Lisbona per il 2010 e la continuità di reddito ed il reimpiego delle donne in condizione di disoccupazione e a rischio di espulsione dal mercato del lavoro;
occorre prevedere azioni finalizzate a superare gli svantaggi ai quali sono esposte le carriere delle lavoratrici;
occorre dare attuazione, anche in funzione dell'organizzazione dell'offerta formativa nella scuola per l'infanzia e nella scuola primaria e secondaria di primo grado, attraverso lo stanziamento di risorse straordinarie, ad un piano straordinario di servizi per la conciliazione, come primo passo per il superamento dello squilibrio di genere;
occorre promuovere e sostenere in via legislativa ed economica la condivisione dei carichi di cura tra uomini e donne;
occorre prevedere l'ampliamento degli interventi a sostegno della maternità, anche a prescindere dalla condizione lavorativa della donna, proporzionalmente al numero di eventi di maternità;
occorre promuovere i congedi dal lavoro per gli impegni di cura dei figli e i congedi per la cura di altri congiunti, così come definiti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104 e dalla legge 8 marzo 2000, n. 53,

impegna il Governo

ad aprire un confronto nel Parlamento ed, in particolare, nelle Commissioni di merito sul tema della riforma del sistema pensionistico e di un nuovo welfare inclusivo - che non può essere affrontata con la «scorciatoia» degli emendamenti - che recuperi pienamente il principio della flessibilità volontaria in uscita dal mercato del lavoro per uomini e donne, già contenuta nella riforma Dini del 1995, al fine del rispetto sostanziale della parità tra donne e uomini.
9/2561-A/105. Codurelli, Gnecchi, Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Cenni, De Biase, Gatti, Froner, Lenzi, Letta, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Pollastrini, Rampi, Santagata, Schirru, Zampa, Concia, Servodio, Murer, Ghizzoni, De Pasquale, Coscia, Saperi, Pedoto, Miotto.

La Camera,
premesso che:
interi distretti industriali e moltissime imprese sono messi a rischio da situazioni di crisi economico-finanziarie ed è oggi in discussione la conservazione dei patrimoni aziendali, dei sistemi produttivi locali e di migliaia di posti di lavoro;
nel 2009 il numero di persone occupate secondo l'Isae, dovrebbe flettere dell'1,3 per cento, circa 300.000 posti di lavoro in meno; l'Istituto ipotizza per quest'anno un tasso di disoccupazione al 7,9 per cento e al 9,3 per cento nel 2010 (dal 6,7 per cento del 2008);
in molti casi alla perdita di posti di lavoro si accompagna la liquidazione, la vendita o la chiusura di imprese che compongono il tessuto produttivo vitale di molti territori, senza alcuna prospettiva che esse siano sostituite da nuove imprese o da altre produzioni;
il processo di devoluzione dei poteri dello Stato alle Regioni comporta che siano queste ultime a dover intervenire nelle economie locali al fine di scongiurare la chiusura di un numero consistente di aziende e la perdita di posti di lavoro;
tali iniziative debbono essere realizzate dalle Regioni anche in deroga ai vincoli previsti dalle normative vigenti e nei limiti delle proprie risorse, costituendo strumenti finanziari o società finalizzate a realizzare interventi diretti nell'economia e nel salvataggio delle aziende in crisi,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte ad introdurre disposizioni dirette a prevedere la possibilità per le Regioni di costituire strumenti finanziari, ovvero società, finalizzate a realizzare in via temporanea:
a) operazioni di partecipazione al capitale di rischio;
b) rilevazione di aziende o di rami di esse;
c) tutte le operazioni finanziarie a valere sul patrimonio aziendale, anche nella forma di acquisto e contestuale locazione finanziaria dei macchinari, consentite dalle normative vigenti.
9/2561-A/106. Lulli, Vico, Benamati, Calearo Ciman, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Zunino, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
la possibilità per le pubbliche amministrazioni di mandare in pensione con atto unilaterale, dietro preavviso di sei mesi, i dipendenti che abbiano raggiunto i quaranta anni di contribuzione, compresi quelli figurativi, derivati ad esempio dal riscatto del periodo di leva o degli studi universitari, con esclusione dei magistrati, dei professori universitari e dei dirigenti medici responsabili di struttura complessa, comporta per il servizio sanitario nazionale un danno notevole, rappresentando i medici ed i veterinari dipendenti la categoria maggiormente colpita dal provvedimento per avere a proprie spese riscattato gli anni di laurea e di specializzazione;
con il pensionamento obbligatorio di chi ha 40 anni di contribuzione si penalizzano, paradossalmente, proprio coloro che si sono laureati rispettando i tempi dei rispettivi corsi di studio universitario riscattandone poi la laurea;
con tale normativa si mandano in pensione persone di 59-60 anni di età, in netta contraddizione con la direttiva europea che ci impone un innalzamento dell'età pensionabile e si dà il «colpo di grazia» alla sanità pubblica, poiché il blocco del turn over in molte regioni non permette la riassunzione del personale;
nel settore sanitario tale normativa discrimina i medici ospedalieri, soggetti a tale norma, dagli universitari, che ne risulterebbero esentati, determinando così una posizione di privilegio negli ospedali clinicizzati, dove coesiste personale ospedaliero ed universitario, il quale, pur avendo gli stessi ruoli e gli stessi compiti, avrebbe una vita professionale maggiore di circa 10 anni,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative affinché il personale medico e sanitario venga escluso dalla normativa in questione e non si abbia quella che viene definita la «rottamazione» dei medici i quali, ancora giovani ed efficienti, migreranno verso le cliniche private procurando così, in termini d'efficienza, un danno al servizio sanitario pubblico.
9/2561-A/107. D'Incecco, Pedoto, Miotto, Livia Turco, Calgaro, Binetti, Bossa, Murer, Mosella, Burtone, Bucchino, Argentin, Grassi, Sbrollini, Gnecchi.

La Camera,
premesso che:
nel decreto in esame, nel corso dell'esame in Commissione, è stata inserita una norma, poi confermata dal maxiemendamento del Governo al disegno di legge di conversione, riguardante il pensionamento obbligatorio a 40 anni, per i dipendenti pubblici, compresi i dirigenti, calcolati su base contributiva, e non effettiva, annullando una decisione parlamentare di pochi mesi fa introdotta con la legge n. 15 del 2009 che ha limitato la facoltà delle Amministrazioni di risolvere il rapporto di lavoro ai soli dipendenti con 40 anni di servizio effettivo, non conteggiando a tal fine i periodi di contribuzione riscattati;
tale norma ha effetti che verranno meglio esplicati di seguito;
con l'ipotesi dei 40 anni contributivi, per parecchi soggetti, comprese le donne impiegate nel pubblico impiego, scatta l'obbligo di pensione ancor prima del compimento dei 65 anni di età (a soli 58-60 anni di età) in netta controtendenza con le politiche previdenziali perseguite nel nostro Paese. Lo stesso decreto prevede l'innalzamento a 65 anni l'età pensionabile delle donne, gradatamente e per corrispondere agli omologhi parametri comunitari; evidentemente una contradictio in terminis;
il contraccolpo operativo e funzionale sarebbe evidente specie in alcune categorie del pubblico impiego che già da un ventennio circa subisce il depauperamento continuo di organici, laddove sarebbe invece necessario assicurare, almeno un parziale turnover;
il sistema previdenziale (INPDAP-INPS) subirebbe un inevitabile tracollo nel dover assicurare il trattamento pensionistico ad una eventuale moltitudine di «nuovi» pensionati senza un prevedibile scaglionamento temporale, di solito prevedibile attraverso la prassi delle cosiddette «finestre» di uscita;
le Amministrazioni avranno la discrezionalità nel decidere se privarsi o meno di personale, tenuto conto di eventuali risparmi di spesa corrente, con il pericolo che una manovra, eventualmente clientelare o vessatoria, fatta all'interno delle amministrazioni pubbliche potrebbe portare alla volontà decisionale di allontanare comunque alcuni soggetti, a prescindere dalle esperienze professionali conclamate, anche in virtù della predetta anzianità di servizio;
il collocamento a riposo forzato non tiene conto dell'elemento di volontarietà che si sostanza anche nell'aver scelto a suo tempo di riscattare o meno, a proprie spese, alcuni periodi ai soli fini contributivo-pensionistici e che in questa particolare fattispecie rischia di acquisire connotazioni quasi «punitive» per i laureati, quali medicina e ingegneria, che assommano riscatti, incluse le specializzazioni, da 6 a 11 anni, depauperando così miseramente le amministrazioni delle loro professionalità: medici e ingegneri andrebbero in pensione molto prima e al meglio delle loro conoscenze e professionalità, di certo utili alle amministrazioni, proprio in questo particolare momento di crisi, in cui le istituzioni hanno più bisogno di tecnica e professionalità. Tutto ciò andrà a discapito della professionalità, con conseguente disparità di trattamento con i non professionisti, quindi fra i soggetti lavoratori del pubblico impiego appartenenti a medesime qualifiche e funzioni. Ad avviso dei presentatori, si rammenta che chi non è laureato è avvantaggiato, chi non si è specializzato è avvantaggiato, e, visto che entra nel conto anche il servizio militare, chi non ha servito la Patria è avvantaggiato;
la norma salvaguarda alcune figure professionali (Primari ospedalieri, Magistrati Professori universitari) di fatto mantenendo su piani differenti le professionalità,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la norma introdotta al fine di evitare le disparità segnalate e gli aggravi dei costi del sistema pensionistico nazionale.
9/2561-A/108. Barani, Di Virgilio, Palumbo, Bocciardo, Fucci, Castellani, De Nichilo Rizzoli, Girlanda, De Luca, Patarino, Mussolini, Mancuso, Ciccioli, Laganà, Gatti, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
nel decreto in esame, nel corso dell'esame in Commissione, è stata inserita una norma, poi confermata dal maxiemendamento del Governo al disegno di legge di conversione, riguardante il pensionamento obbligatorio a 40 anni, per i dipendenti pubblici, compresi i dirigenti, calcolati su base contributiva, e non effettiva, annullando una decisione parlamentare di pochi mesi fa introdotta con la legge n. 15 del 2009 che ha limitato la facoltà delle Amministrazioni di risolvere il rapporto di lavoro ai soli dipendenti con 40 anni di servizio effettivo, non conteggiando a tal fine i periodi di contribuzione riscattati;
tale norma ha effetti che verranno meglio esplicati di seguito;
con l'ipotesi dei 40 anni contributivi, per parecchi soggetti, comprese le donne impiegate nel pubblico impiego, scatta l'obbligo di pensione ancor prima del compimento dei 65 anni di età (a soli 58-60 anni di età) in netta controtendenza con le politiche previdenziali perseguite nel nostro Paese. Lo stesso decreto prevede l'innalzamento a 65 anni l'età pensionabile delle donne, gradatamente e per corrispondere agli omologhi parametri comunitari; evidentemente una contradictio in terminis;
il contraccolpo operativo e funzionale sarebbe evidente specie in alcune categorie del pubblico impiego che già da un ventennio circa subisce il depauperamento continuo di organici, laddove sarebbe invece necessario assicurare, almeno un parziale turnover;
il sistema previdenziale (INPDAP-INPS) subirebbe un inevitabile tracollo nel dover assicurare il trattamento pensionistico ad una eventuale moltitudine di «nuovi» pensionati senza un prevedibile scaglionamento temporale, di solito prevedibile attraverso la prassi delle cosiddette «finestre» di uscita;
le Amministrazioni avranno la discrezionalità nel decidere se privarsi o meno di personale, tenuto conto di eventuali risparmi di spesa corrente, con il pericolo che una manovra, eventualmente clientelare o vessatoria, fatta all'interno delle amministrazioni pubbliche potrebbe portare alla volontà decisionale di allontanare comunque alcuni soggetti, a prescindere dalle esperienze professionali conclamate, anche in virtù della predetta anzianità di servizio;
il collocamento a riposo forzato non tiene conto dell'elemento di volontarietà che si sostanza anche nell'aver scelto a suo tempo di riscattare o meno, a proprie spese, alcuni periodi ai soli fini contributivo-pensionistici e che in questa particolare fattispecie rischia di acquisire connotazioni quasi «punitive» per i laureati, quali medicina e ingegneria, che assommano riscatti, incluse le specializzazioni, da 6 a 11 anni, depauperando così miseramente le amministrazioni delle loro professionalità: medici e ingegneri andrebbero in pensione molto prima e al meglio delle loro conoscenze e professionalità, di certo utili alle amministrazioni, proprio in questo particolare momento di crisi, in cui le istituzioni hanno più bisogno di tecnica e professionalità. Tutto ciò andrà a discapito della professionalità, con conseguente disparità di trattamento con i non professionisti, quindi fra i soggetti lavoratori del pubblico impiego appartenenti a medesime qualifiche e funzioni. Ad avviso dei presentatori, si rammenta che chi non è laureato è avvantaggiato, chi non si è specializzato è avvantaggiato, e, visto che entra nel conto anche il servizio militare, chi non ha servito la Patria è avvantaggiato;
la norma salvaguarda alcune figure professionali (Primari ospedalieri, Magistrati Professori universitari) di fatto mantenendo su piani differenti le professionalità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la norma introdotta al fine di evitare le disparità segnalate e gli aggravi dei costi del sistema pensionistico nazionale.
9/2561-A/108.(Testo modificato nel corso della seduta)Barani, Di Virgilio, Palumbo, Bocciardo, Fucci, Castellani, De Nichilo Rizzoli, Girlanda, De Luca, Patarino, Mussolini, Mancuso, Ciccioli, Laganà, Gatti.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9-bis, introdotto in sede di conversione del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini, durante l'esame presso le Commissioni riunite V e VI, reca alcune integrazioni alla disciplina vigente del patto di stabilità interno per gli enti locali per l'anno 2009, il cui impianto generale è definito dall'articolo 77-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (legge n. 133 del 2008), al fine di escludere dai vincoli del Patto i pagamenti per spese in conto capitale effettuati nel corso dell'anno 2009 dagli enti locali virtuosi;
la seconda parte del comma 5 reca disposizioni, non riconducibili alla disciplina del Patto di stabilità, che prevedono la costituzione di un fondo per le attività di carattere sociale di pertinenza regionale della consistenza minima di 300 milioni di curo annui da istituire nell'ambito del Ministero dell'economia e delle finanze, alimentato dai risparmi conseguenti alla rideterminazione dell'ammontare dei proventi spettanti a Regioni e Province autonome, compresi quelli derivanti dalle compartecipazioni ai tributi erariali;

la norma prevede che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza Stato-Regioni e il tavolo di confronto tra il Governo e ciascuna regione a statuto speciale, previsto dalla legge n. 42 del 2009 per l'attuazione del federalismo fiscale, sono adottati i criteri per la rideterminazione a decorrere dal 2009 dell'ammontare dei proventi spettanti alle regioni e alle province autonome in misura tale da garantire disponibilità finanziarie per almeno 300 milioni annui;
le risorse in tal modo recuperate saranno poi ripartite tra le regioni secondo i criteri stabiliti in sede di Conferenza Stato-Regioni entro trenta giorni dall'emanazione del decreto di cui sopra, con cui vengono definiti i criteri della rideterminazione delle risorse;
si ricorda che il sistema di finanziamento delle regioni a statuto speciale, in particolare la misura delle aliquote dei tributi e delle compartecipazioni spettanti a ciascuna di esse, è dettato da norme di attuazione dello statuto speciale, o comunque da norme legislative cosi dette «rinforzate» da un accordo con la regione o provincia autonoma interessata;
tali disposizioni lasciano aperte varie questioni sui profili di costituzionalità con riguardo alle competenze delle regioni e in particolare delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che hanno disciplinato la materia con norme di attuazione dei rispettivi statuti di autonomia, che sono norme di rango costituzionale alle quali non è possibile derogare con legge ordinaria,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare al più presto la disposizione citata in premessa nel senso che le disposizioni introdotte al secondo periodo del comma 5 non possano applicarsi alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, perché in contrasto con i rispettivi statuti di autonomia che, come noto, sono norme di rango costituzionale.
9/2561-A/109. Nicco, Zeller.

La Camera,
premesso che:
gli Ordini e Collegi professionali e le relative Federazioni nazionali sono enti di riferimento di categorie professionali istituiti per legge al fine di disciplinare l'attività svolta dagli appartenenti a tali categorie;
la conduzione dell'attività degli Ordini non ha ricadute sulla finanza pubblica dal momento che i rispettivi bilanci vengono alimentati esclusivamente dalle quote di iscrizione versate dai professionisti;
tali organismi, pur avendo un'indubbia natura pubblicistica non sono riconducibili al novero delle pubbliche amministrazioni operanti nell'ambito del sistema di finanza pubblica e questo ha valenza anche per la gestione del personale,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative volte ad escludere dal campo di applicazione del decreto legislativo recante «Attuazione della legge 4 marzo 2009 n.15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza nelle amministrazioni pubbliche» la gestione degli Ordini e dei Collegi professionali e delle relative Federazioni nazionali e di escludere quindi limitazioni alle assunzioni di personale da parte dei sopracitati organismi.
9/2561-A/110. Marinello.

La Camera,
premesso che:
la categoria dei pubblici esercizi che si trovano su terreno demaniale marittimo in virtù di titolo di concessione rilasciata dall'Agenzia del Demanio è oggetto dal 2007 di una grave pressione dovuta a richieste di pagamento di canoni crescenti ed esorbitanti a cui ben pochi riescono a fare fronte;
il rinnovo del titolo concessorio è legato al versamento del canone ordinato e, di conseguenza, i comuni sono costretti a rifiutare le richieste di rinnovo della concessione demaniale a fronte del mancato versamento del canone;
tale situazione, che ha penalizzato fortemente i proprietari degli esercizi, deriva dalla modifica apportata dalla legge finanziaria 2007 all'articolo 3 della legge n. 494 del 1993 relativo al calcolo dei canoni per le concessioni demaniali marittime: l'introduzione del parametro dell'OMI (Osservatorio Mobiliare Italiano), da applicare alle pertinenze demaniali marittime, in caso di concessioni per esercizi commerciali, ha contribuito in modo decisivo all'aumento spropositato dei canoni;
tale criterio di calcolo è stato utilizzato nel determinare i canoni delle strutture turistico ricreative, ovvero stabilimenti balneari e ristoranti, per i quali invece andrebbe calcolato in misura meno onerosa,

impegna il Governo

ad adottare, anche in altro provvedimento, nel quadro più generale delle misure anticrisi a sostegno dell'economia del Paese, interventi anche di carattere normativo diretti ad evitare appesantimenti insostenibili dei canoni di concessione per le attività di ristorazione che ricadono in aree demaniali marittime.
9/2561-A/111. Carlucci.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge un fondamentale servizio di intervento per la sicurezza della popolazione e nell'intero territorio italiano, come è stato ancora una volta dimostrato dall'azione preziosa e meritoria svolta dai Vigili del fuoco in soccorso delle popolazioni colpite dal recente terremoto verificatosi in Abruzzo;
nonostante il ruolo insostituibile svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si registra all'interno di esso una grave carenza di risorse economiche e di personale, a causa della quale si ricorre molto spesso all'ausilio di precari e volontari, anziché attingere dalle graduatorie di concorsi già regolarmente espletati,

impegna il Governo

a prorogare fino al 31 dicembre 2009 la validità della graduatoria del concorso pubblico a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 24 del 27 marzo 1998, e la graduatoria del concorso per titoli a 173 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 892 del 20 novembre 2001.
9/2561-A/112. Fallica, Terranova, Cicu.

La Camera,
premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco svolge un fondamentale servizio di intervento per la sicurezza della popolazione e nell'intero territorio italiano, come è stato ancora una volta dimostrato dall'azione preziosa e meritoria svolta dai Vigili del fuoco in soccorso delle popolazioni colpite dal recente terremoto verificatosi in Abruzzo;
nonostante il ruolo insostituibile svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si registra all'interno di esso una grave carenza di risorse economiche e di personale, a causa della quale si ricorre molto spesso all'ausilio di precari e volontari, anziché attingere dalle graduatorie di concorsi già regolarmente espletati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prorogare fino al 31 dicembre 2009 la validità della graduatoria del concorso pubblico a 184 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 6 marzo 1998, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - 4a serie speciale - n. 24 del 27 marzo 1998, e la graduatoria del concorso per titoli a 173 posti di vigile del fuoco, indetto con decreto direttoriale in data 5 novembre 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 892 del 20 novembre 2001.
9/2561-A/112.(Testo modificato nel corso della seduta)Fallica, Terranova, Cicu.

La Camera,
premesso che:
quello svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresenta un servizio essenziale di pubblica utilità, finalizzato a garantire la sicurezza della popolazione 24 ore su 24;
nonostante il prezioso lavoro svolto dai vigili del fuoco, come nel caso recente legato all'emergenza sismica che ha colpito l'Abruzzo nell'aprile scorso, si assiste ad una cronica carenza di risorse economiche e di personale che penalizza fortemente l'intero Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco;
sarebbe opportuno prevedere, come già avviene in modo strutturale per le Forze Armate, alcune defiscalizzazioni, tra cui in particolare quella relativa alle accise sul carburante per autotrazione,

impegna il Governo

ad adottare gli opportuni provvedimenti, anche di carattere normativo, finalizzati alla defiscalizzazione delle accise sul carburante per autotrazione, utilizzato per le attività istituzionali dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, al fine di accrescere le risorse economiche a disposizione del Corpo medesimo.
9/2561-A/113. Terranova, Fallica.

La Camera,
premesso che:
quello svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco rappresenta un servizio essenziale di pubblica utilità, finalizzato a garantire la sicurezza della popolazione 24 ore su 24;
nonostante il prezioso lavoro svolto dai vigili del fuoco, come nel caso recente legato all'emergenza sismica che ha colpito l'Abruzzo nell'aprile scorso, si assiste ad una cronica carenza di risorse economiche e di personale che penalizza fortemente l'intero Corpo Nazionale dei Vigili del fuoco;
sarebbe opportuno prevedere, come già avviene in modo strutturale per le Forze Armate, alcune defiscalizzazioni, tra cui in particolare quella relativa alle accise sul carburante per autotrazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare gli opportuni provvedimenti, anche di carattere normativo, finalizzati alla defiscalizzazione delle accise sul carburante per autotrazione, utilizzato per le attività istituzionali dal Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, al fine di accrescere le risorse economiche a disposizione del Corpo medesimo.
9/2561-A/113.(Testo modificato nel corso della seduta)Terranova, Fallica.

La Camera,
premesso che:
l'Agenzia delle entrate, con apposito bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 15 febbraio 2008, ha indetto un concorso per l'assunzione di nuovi funzionari (Progetto Iride 7), III area funzionale, con un iter concorsuale complesso comprensivo di due prove scritte ed un tirocinio teorico-pratico di sei mesi retribuito;
dalla graduatoria finale, oltre ai vincitori, sono risultati idonei e non vincitori di concorso oltre 250 concorrenti;
il 30 dicembre 2008 l'Agenzia delle entrate ha indetto un ulteriore concorso per 825 unità con le stesse tipologie e per la stessa area del precedente concorso;
tutto ciò rappresenta un evidente spreco di denaro pubblico, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione, che recita: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge»,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di avviare iniziative finalizzate ad assumere i candidati idonei presenti nelle graduatorie relative al bando del febbraio 2008, prima del termine delle procedure concorsuali già in atto per il concorso bandito nel dicembre 2008;
a valutare l'opportunità di intervenire sull'iter attivato dall'Agenzia delle entrate al fine di evitare che vengano elusi i principi di economicità, efficienza, efficacia, buon andamento, equità e trasparenza, a cui deve uniformarsi l'amministrazione pubblica nell'esercizio della propria attività.
9/2561-A/114. Romele.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame reca interventi per fronteggiare e superare la crisi economica in atto, con particolare attenzione alle categorie più deboli del sistema sociale le quali sono più esposte alle ricadute negative della recessione;
i cittadini diversamente abili sono fra queste categorie e, dunque, è necessario porre attenzione per un rafforzamento delle tutele che li riguardano anche attraverso la redazione di norme chiare, la cui applicazione non possa dare adito a dubbi interpretativi;
la normativa vigente relativa all'assegno mensile in favore degli invalidi civili reca a questo proposito una evidente incongruenza, dal momento che ai sensi dell'articolo 14-septies, del decreto-legge 30 dicembre 1979, n. 663, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1 della legge 29 febbraio 1980, n. 33, è previsto che ai fini della corresponsione di tale provvidenza si debba calcolare il reddito personale solo per gli invalidi parziali (con invalidità dal 74 al 99 per cento) e per i minorenni non deambulanti, mentre per gli invalidi totali (con invalidità del 100 per cento) sembrerebbe doversi applicare il criterio del reddito coniugale per cui si considerano i redditi dell'invalido cumulati con quelli del coniuge;
la paradossale ed inspiegabile discriminazione attuata nei confronti di chi si trova in condizioni di maggiore gravità ha richiamato l'attenzione sulla citata disposizione fin dalla sua prima applicazione e a tale proposito il Ministero dell'interno, all'epoca competente per il riconoscimento del diritto a pensione degli invalidi civili, precisò (con circolare 19 marzo 1981) che il criterio del reddito personale andava applicato anche per gli invalidi totali;
tale impostazione è stata ribadita dall'INPS, succeduto al Ministero dell'interno nella specifica funzione, nel messaggio n. 9879 del 17 aprile 2007 mentre il criterio in parola era già stato affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 88 del 1992 richiamata dal citato messaggio,

impegna il Governo

a porre in essere le opportune iniziative finalizzate a formalizzare dal punto di vista legislativo l'estensione anche agli invalidi civili totali del criterio del reddito personale ai fini della corresponsione della pensione di inabilità, garantendo anche a questi soggetti la concreta fruizione del principio di uguaglianza costituzionalmente garantito.
9/2561-A/115. Porcu.

La Camera,
premesso che:
è di particolare importanza lo strumento della detassazione degli investimenti produttivi come mezzo per favorire la riqualificazione del nostro sistema produttivo e quindi il miglioramento della sua competitività nel mercato globale;
in tale contesto non appare utile limitare i benefici ai soli investimenti in macchinari ed apparecchiature compresi nella divisione 28 della tabella ATECO di cui al provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate del 16 novembre 2007, ma è opportuno estendere tali incentivi anche agli investimenti in software, cioè in un settore altamente innovativo,

impegna il Governo

a provvedere, anche in altro provvedimento, ad estendere la detassazione anche agli investimenti in software.
9/2561-A/116. De Camillis, D'Ippolito, Divella.

La Camera,
premesso che:
il patrimonio di edilizia residenziale pubblica è utilizzato da persone particolarmente fragili sotto il profilo sociale ed economico e pertanto l'esigenza di intervenire prioritariamente su tale patrimonio risponde non solo agli obiettivi generali di contenimento dei consumi e di rilancio dell'economia, ma anche e soprattutto ad esigenze di carattere sociale, per prevenire le conseguenze dei costi energetici (la cosiddetta «fuel poverty», che è all'ordine del giorno degli organismi internazionali);
in assenza di finanziamenti specifici o di incentivi è però evidente che gli enti gestori non sono in condizione di intervenire sul proprio patrimonio, in quanto, contrariamente al privato proprietario, non hanno nessuna possibilità di recuperare l'investimento, né attraverso un aumento dell'affitto (vietato dalle leggi regionali che regolano il settore), né attraverso il risparmio conseguito dagli utenti: il rischio è quindi di non poter intervenire proprio là dove il bisogno è più forte;
il piano anticrisi per il rilancio dell'economia del paese deve affrontare prioritariamente i problemi strutturali del nostro sistema, che attengono principalmente a due temi:
da une parte la necessità di riconversione del sistema produttivo, per renderlo competitivo a livello europeo e mondiale, dando maggiore impulso ai settori che possono contribuire alla lotta al cambiamento climatico ed al conseguimento degli obiettivi ambientali europei;
dall'altra l'aiuto alle famiglie per aumentarne la capacità di spesa e ridurre la crescita dell'esclusione sociale dei soggetti più deboli;
in particolare è possibile intervenire sul settore edilizio con una norma, sostanzialmente di carattere interpretativo, che conferisca certezza della possibilità di estendere la deduzione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione finalizzata al risparmio energetico, negata dall'interpretazione dell'Agenzia delle entrate in merito (risoluzione n. 340/E del 1o agosto 2008), laddove sembra considerare non ammissibili alla detrazione le spese affrontate da soggetti pubblici quali gli ex Iacp, da una parte, e dall'altra dichiara non ammissibili alle agevolazioni le spese sostenute da proprietari di alloggi in affitto;
tale interpretazione è palesemente contraddittoria con gli obiettivi del provvedimento, di incentivare gli interventi da parte di chi non avesse la possibilità di investire ingenti risorse: in questo caso, infatti, il proprietario che riqualifica la sua casa già recupera l'investimento sui risparmi conseguiti, mentre il proprietario di un alloggio affittato non ha alcuna possibilità di recuperarlo se non attraverso quegli incentivi che l'Agenzia delle entrate ha negato con la predetta risoluzione;
con l'applicazione al patrimonio di alloggi sociali pubblici (circa 750.000 alloggi di proprietà degli ex IACP, aziende pubbliche soggette ad imposizione IRES e IRAP), sarebbe possibile attivare entro il 31 dicembre 2011 un piano di interventi di riqualificazione energetica di base (sostituzione caldaie, inserimento di valvole termostatiche, trasformazione di impianti singoli in collettivi, sostituzione di serramenti) per 500 mila alloggi con un importo stimato pari a circa 2 miliardi di euro. Un piano nazionale imponente, che porterebbe a risparmi dal 30 al 40 per cento sui consumi e sulle emissioni di CO2;
tale piano potrebbe essere totalmente autofinanziato, senza necessità di ricorso a finanziamenti pubblici, con interventi di finanza innovativa quali il meccanismo del finanziamento tramite terzi effettuato dalle ESCO;
le condizioni necessarie per tale programma, che unito al Piano casa consentirebbe un effettivo rilancio del settore edilizio e dell'indotto collegato (produttori di caldaie, produttori di infissi ecc.) sono:
la possibilità di intervenire scaricando una parte dei costi dell'intervento sull'utente finale (che vedrebbe comunque ridotta la sua bolletta energetica fin dal primo momento);
la possibilità di recuperare, se del caso, anche in un periodo di 10 anni, pari al tempo di ammortamento dell'intervento a valere sui risparmi attesi, il 55 per cento dell'investimento effettuato da parte del proprietario o gestore;
il provvedimento avrebbe un peso limitato sul bilancio statale, se si valuta che l'attivazione del piano (che senza tale supporto non ha alcuna possibilità di essere implementato, a causa della carenza di risorse del sistema dell'edilizia pubblica) porterebbe ad un flusso positivo per l'erario in termini di IVA e di imposte dirette pagate dalle imprese costruttrici, pari in totale a 500 milioni di euro;
occorre pertanto rendere esplicita l'estensione della detrazione del 55 per cento al recupero energetico del patrimonio residenziale sociale in affitto (ovvero l'individuazione di formule di incentivo che consentano un'entrata equivalente);
occorre inoltre assicurare l'applicazione alle famiglie meno abbienti, cui va garantita parità di trattamento, anche dell'agevolazione di cui l'articolo 1, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, prevede una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, di una quota delle spese sostenute sino ad un importo massimo delle stesse di lire 150 milioni ed effettivamente rimaste a carico, per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione,

impegna il Governo

ad introdurre le opportune misure interpretative affinché le detrazioni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e all'articolo 1, commi da 344 a 350 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applichino anche alle spese sostenute, a decorrere dal 1o gennaio 2009, per i medesimi interventi effettuati sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze, di proprietà dagli istituti autonomi case popolari comunque denominati, regolarmente assegnati, concessi in locazione a titolo di abitazione principale, sia ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, se le spese sono sostenute dal locatario, sia fini dell'imposta sul reddito delle società, se le spese sono sostenute dagli istituti autonomi case popolari comunque denominati.
9/2561-A/117. Gibiino.

La Camera,
premesso che:
il patrimonio di edilizia residenziale pubblica è utilizzato da persone particolarmente fragili sotto il profilo sociale ed economico e pertanto l'esigenza di intervenire prioritariamente su tale patrimonio risponde non solo agli obiettivi generali di contenimento dei consumi e di rilancio dell'economia, ma anche e soprattutto ad esigenze di carattere sociale, per prevenire le conseguenze dei costi energetici (la cosiddetta «fuel poverty», che è all'ordine del giorno degli organismi internazionali);
in assenza di finanziamenti specifici o di incentivi è però evidente che gli enti gestori non sono in condizione di intervenire sul proprio patrimonio, in quanto, contrariamente al privato proprietario, non hanno nessuna possibilità di recuperare l'investimento, né attraverso un aumento dell'affitto (vietato dalle leggi regionali che regolano il settore), né attraverso il risparmio conseguito dagli utenti: il rischio è quindi di non poter intervenire proprio là dove il bisogno è più forte;
il piano anticrisi per il rilancio dell'economia del paese deve affrontare prioritariamente i problemi strutturali del nostro sistema, che attengono principalmente a due temi:
da une parte la necessità di riconversione del sistema produttivo, per renderlo competitivo a livello europeo e mondiale, dando maggiore impulso ai settori che possono contribuire alla lotta al cambiamento climatico ed al conseguimento degli obiettivi ambientali europei;
dall'altra l'aiuto alle famiglie per aumentarne la capacità di spesa e ridurre la crescita dell'esclusione sociale dei soggetti più deboli;
in particolare è possibile intervenire sul settore edilizio con una norma, sostanzialmente di carattere interpretativo, che conferisca certezza della possibilità di estendere la deduzione del 55 per cento per gli interventi di riqualificazione finalizzata al risparmio energetico, negata dall'interpretazione dell'Agenzia delle entrate in merito (risoluzione n. 340/E del 1o agosto 2008), laddove sembra considerare non ammissibili alla detrazione le spese affrontate da soggetti pubblici quali gli ex Iacp, da una parte, e dall'altra dichiara non ammissibili alle agevolazioni le spese sostenute da proprietari di alloggi in affitto;
tale interpretazione è palesemente contraddittoria con gli obiettivi del provvedimento, di incentivare gli interventi da parte di chi non avesse la possibilità di investire ingenti risorse: in questo caso, infatti, il proprietario che riqualifica la sua casa già recupera l'investimento sui risparmi conseguiti, mentre il proprietario di un alloggio affittato non ha alcuna possibilità di recuperarlo se non attraverso quegli incentivi che l'Agenzia delle entrate ha negato con la predetta risoluzione;
con l'applicazione al patrimonio di alloggi sociali pubblici (circa 750.000 alloggi di proprietà degli ex IACP, aziende pubbliche soggette ad imposizione IRES e IRAP), sarebbe possibile attivare entro il 31 dicembre 2011 un piano di interventi di riqualificazione energetica di base (sostituzione caldaie, inserimento di valvole termostatiche, trasformazione di impianti singoli in collettivi, sostituzione di serramenti) per 500 mila alloggi con un importo stimato pari a circa 2 miliardi di euro. Un piano nazionale imponente, che porterebbe a risparmi dal 30 al 40 per cento sui consumi e sulle emissioni di CO2;
tale piano potrebbe essere totalmente autofinanziato, senza necessità di ricorso a finanziamenti pubblici, con interventi di finanza innovativa quali il meccanismo del finanziamento tramite terzi effettuato dalle ESCO;
le condizioni necessarie per tale programma, che unito al Piano casa consentirebbe un effettivo rilancio del settore edilizio e dell'indotto collegato (produttori di caldaie, produttori di infissi ecc.) sono:
la possibilità di intervenire scaricando una parte dei costi dell'intervento sull'utente finale (che vedrebbe comunque ridotta la sua bolletta energetica fin dal primo momento);
la possibilità di recuperare, se del caso, anche in un periodo di 10 anni, pari al tempo di ammortamento dell'intervento a valere sui risparmi attesi, il 55 per cento dell'investimento effettuato da parte del proprietario o gestore;
il provvedimento avrebbe un peso limitato sul bilancio statale, se si valuta che l'attivazione del piano (che senza tale supporto non ha alcuna possibilità di essere implementato, a causa della carenza di risorse del sistema dell'edilizia pubblica) porterebbe ad un flusso positivo per l'erario in termini di IVA e di imposte dirette pagate dalle imprese costruttrici, pari in totale a 500 milioni di euro;
occorre pertanto rendere esplicita l'estensione della detrazione del 55 per cento al recupero energetico del patrimonio residenziale sociale in affitto (ovvero l'individuazione di formule di incentivo che consentano un'entrata equivalente);
occorre inoltre assicurare l'applicazione alle famiglie meno abbienti, cui va garantita parità di trattamento, anche dell'agevolazione di cui l'articolo 1, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 che, ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, prevede una detrazione dall'imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, di una quota delle spese sostenute sino ad un importo massimo delle stesse di lire 150 milioni ed effettivamente rimaste a carico, per la realizzazione degli interventi di ristrutturazione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di introdurre le opportune misure interpretative affinché le detrazioni di cui all'articolo 1, comma 1, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e all'articolo 1, commi da 344 a 350 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, si applichino anche alle spese sostenute, a decorrere dal 1o gennaio 2009, per i medesimi interventi effettuati sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica e sulle loro pertinenze, di proprietà dagli istituti autonomi case popolari comunque denominati, regolarmente assegnati, concessi in locazione a titolo di abitazione principale, sia ai fini dell'imposta sul reddito delle persone fisiche, se le spese sono sostenute dal locatario, sia fini dell'imposta sul reddito delle società, se le spese sono sostenute dagli istituti autonomi case popolari comunque denominati.
9/2561-A/117.(Testo modificato nel corso della seduta)Gibiino.

La Camera,
premesso che:
resta impregiudicato un complessivo giudizio negativo sul cosiddetto scudo fiscale;
secondo l'articolo 13-bis, comma 2, lettera a), la base imponibile ai fini dell'applicazione dell'imposta di cui al comma 1 è rappresentata dal rendimento presunto determinato in ragione del 2 per cento annuo per un periodo di cinque anni. In sostanza, quindi, l'imposta sembrerebbe doversi determinare per un imponibile corrispondente al 10 per cento del valore delle attività che si intende regolarizzare, su cui applicare una aliquota sintetica fissata in misura pari al 50 per cento, comprensiva di sanzioni ed interessi;
di conseguenza, la norma sembrerebbe prevedere una aliquota del 5 per cento sul capitale esportato, tuttavia la formulazione sembrerebbe prestarsi a diverse interpretazioni, tali da rendere possibile la determinazione di un imponibile sulla base di un arco temporale inferiore e, pertanto, a ridurre l'imposta dovuta;
il comma 8 dispone che le entrate derivanti dalla disciplina in esame dovranno affluire ad un'apposita contabilità speciale per essere destinate all'attuazione della manovra di bilancio per l'anno 2010 e seguenti;
l'articolo 14, comma 4, del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 convertito, con modificazioni, dalla legge, n. 77 del 2009, prevede che le maggiori entrate derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, anche internazionale, derivanti da futuri provvedimenti legislativi, accertate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, affluiscano ad un apposito Fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, destinato all'attuazione delle misure di cui al decreto medesimo e alla solidarietà,

impegna il Governo:

a precisare che i parametri indicati (due per cento e cinque anni) debbono intendersi come presunzione assoluta e ad escludere, pertanto, la possibilità per il contribuente di determinare l'imponibile sulla base di un arco temporale o di un rendimento effettivo inferiore a quello previsto per legge;
ad adottare ulteriori iniziative normative volte a destinare le entrate derivanti dalla disciplina in esame al finanziamento della ricostruzione e al sostegno del tessuto economico e sociale delle aree colpite dal sisma del 6 aprile 2009, in coerenza con quanto stabilito dal decreto n. 39 del 2009.
9/2561-A/118. Baretta, Lolli, Tenaglia, D'Incecco, Ginoble, Livia Turco, Fluvi, Bersani Boccia, Calvisi, Capodicasa, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cesario, D'Antoni, De Michelis, Duilio, Fogliardi, Gasbarra, Genovese, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Pizzetti, Rubinato, Sposetti, Strizzolo, Vannucci, Ventura, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
circa il 43 per cento degli investimenti pubblici è stato realizzato dai comuni, che a tal fine hanno impegnato oltre un quarto delle loro risorse disponibili;
le opere realizzate dai comuni riguardano prioritariamente interventi nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
i comuni chiudono il 2008 con un sostanziale equilibrio di bilancio, e per il 2009 vedono assegnarsi un obiettivo di miglioramento di ben un 1 miliardo e 340 milioni di euro, che stante il blocco delle entrate e la riduzione dei trasferimenti si traduce nella riduzione del 9 per cento della spesa totale; a seguito dell'abolizione dell'ICI prima casa le risorse mancanti nelle casse dei comuni sono pari a 800 milioni di euro e i trasferimenti erariali, per il 2009, risultano ridotti di 451 milioni di euro, pari al 5,4 per cento del contributo ordinario;
molti comuni hanno già dichiarato di non poter rispettare gli obiettivi posti dal patto di stabilità interno in quanto ciò comporterebbe la violazione di obblighi contrattuali con imprese e fornitori ed aggraverebbe in modo preoccupante la situazione economica locale;
i comuni potrebbero contribuire a sostenere l'economia in un momento di forte crisi come l'attuale, contribuendo al sostegno dei lavori pubblici di piccola e media entità, con effetti anticiclici sull'economia locale e nazionale, con effetti positivi sull'occupazione delle imprese più deboli;
le regole del patto di stabilità interno bloccano nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti;
l'articolo 9-bis del provvedimento in esame reca integrazioni alla disciplina vigente del Patto di stabilità interno per gli enti locali per l'anno 2009, al fine di escludere dai vincoli del Patto i pagamenti per spese in conto capitale effettuati nel corso dell'anno 2009 dagli enti locali virtuosi;
la misura dei pagamenti consentiti in deroga è limitata ad un importo complessivo pari a 2,25 miliardi di euro, corrispondente al 4 per cento dell'ammontare complessivo dei residui passivi in conto capitale delle province e dei comuni con più di 5.000 abitanti, quali risultanti dai rendiconti degli enti relativi all'esercizio finanziario 2007,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a raddoppiare l'importo complessivo relativo alla misura dei pagamenti consentiti in deroga dall'articolo 9-bis e ad assicurare il superamento delle sanzioni previste per il mancato rispetto del patto di stabilità interno già dall'anno 2009.
9/2561-A/119. Fontanelli, Baretta, Fluvi, Bersani, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Carella, Causi, Ceccuzzi, Cesario, D'Antoni, De Micheli, Duilio, Fogliardi, Gasbarra, Genovese, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Pizzetti, Rubinato, Sposetti, Strizzolo, Vannucci, Ventura, Braga, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 32 dell'articolo 17 del provvedimento in esame autorizza le regioni Lazio, Campania, Molise e Sicilia, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati al fine esclusivo della salvaguardia del beneficio e della sostenibilità delle rispettive posizioni finanziarie;
le suddette regioni, in particolare, sono autorizzate, in presenza di eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, a ristrutturare le operazioni derivate in essere, fino a che non sarà emanato il regolamento previsto dall'articolo 62, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, con cui, nell'ambito del contenimento dell'uso degli strumenti derivati e dell'indebitamento delle regioni e degli enti locali, il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Banca d'Italia e la CONSOB, dovrà individuare la tipologia dei contratti relativi agli strumenti finanziari derivati che gli enti possono concludere, indicando le componenti derivate, implicite o esplicite, che gli stessi enti hanno facoltà di prevedere nei contratti di finanziamento,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative volte ad autorizzare anche le altre regioni e gli enti locali ad effettuare le medesime operazioni di cui al comma 32 dell'articolo 17, ove sussistano eccezionali condizioni economiche e dei mercati finanziari, previa autorizzazione e sotto la vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze.
9/2561-A/120. Touadi, Causi, Fontanelli, Baretta, Fluvi, Bersani, Boccia, Calvisi, Capodicasa, Carella, Ceccuzzi, Cesario, D'Antoni, De Micheli, Duilio, Fogliardi, Gasbarra, Genovese, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Cesare Marini, Misiani, Nannicini, Andrea Orlando, Pizzetti, Rubinato, Sposetti, Strizzolo, Vannucci, Ventura.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 2, come modificato in sede referente dalle Commissioni V e VI, prevedeva che, a decorrere dal 1o gennaio 2010, la data di valuta e di disponibilità per il beneficiario per i bonifici, gli assegni circolari e quelli bancari non potesse mai superare, rispettivamente, uno, uno e tre giorni successivi alla data del versamento;
la finalità di tale previsione consisteva nell'adeguamento alle disposizioni contenute nella direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno;
tale direttiva stabilisce all'articolo 73 che, per migliorare l'efficienza dei pagamenti in tutta la comunità:
a) gli Stati membri provvedano affinché la data valuta dell'accredito sul conto di pagamento del beneficiario non sia successiva alla giornata operativa in cui l'importo dell'operazione di pagamento è accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento del beneficiario;
b) il prestatore di servizi di pagamento del beneficiario assicuri che l'importo dell'operazione di pagamento sia a disposizione del beneficiario non appena tale importo è accreditato sul proprio conto,

impegna il Governo

a recepire tempestivamente nel nostro ordinamento il contenuto della direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento nel mercato interno.
9/2561-A/121. Ceccuzzi, Fluvi, Carella, Causi, Cesario, D'Antoni, De Micheli, Fogliardi, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchi, Marchignoli, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame reca nuove norme in materia di disciplina della commissione di massimo scoperto;
l'articolo 2-bis del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, ha previsto la nullità delle clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido;
è stata altresì prevista la nullità delle clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente;
il medesimo comma dispone che la sanzione della nullità non operi in caso di predeterminazione per iscritto, con patto non rinnovabile tacitamente, di alcuni elementi contrattuali, ovvero il compenso per la messa a disposizione delle somme unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate; la predeterminazione di tali elementi deve essere effettuata in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente;
il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge in esame, al fine di accelerare e rendere effettivi i benefici derivanti dal divieto della commissione di massimo scoperto, aggiunge all'articolo 2-bis del decreto-legge n. 185 del 2008 la previsione che l'ammontare del corrispettivo omnicomprensivo per il servizio di messa a disposizione delle somme non possa comunque superare lo 0,5 per cento, calcolato trimestralmente, dell'importo dell'affidamento;
il susseguirsi di tali interventi normativi ha determinato incertezze e applicazioni distorsive a danno dei clienti,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a rivedere tale disciplina stabilendo la nullità di tutte le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto.
9/2561-A/122. Fogliardi, Ceccuzzi, Fluvi, Carella, Causi, Cesario, D'Antoni, De Micheli, Gasbarra, Graziano, Losacco, Marchignoli, Pizzetti, Sposetti, Strizzolo, De Pasquale.

La Camera,
premesso che:
i comuni rappresentano la principale stazione appaltante del Paese, realizzando il 43 per cento degli investimenti pubblici, soprattutto nel campo dell'edilizia pubblica, dell'edilizia scolastica, della viabilità e delle infrastrutture ambientali;
le regole del patto di stabilità interno bloccano nelle casse comunali almeno 12 miliardi di euro di residui passivi, immediatamente spendibili per investimenti;
l'articolo 9-bis del provvedimento consente ai comuni con più di 5.000 abitanti, di escludere dal saldo rilevante ai fini dei rispetto del Patto di stabilità relativo all'anno 2009, i pagamenti in conto capitale effettuati entro il 31 dicembre 2009 per un importo non superiore al 4 per cento dell'ammontare dei residui passivi in conto capitale risultanti dal rendiconto dell'esercizio 2007, a condizione che abbiano rispettato il Patto di stabilità interno relativo al 2008 o che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 77-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008;
la misura rappresenta un passo avanti nei confronti dei comuni italiani ma è insufficiente per consentire agli stessi di adottare misure di sostegno alle imprese e all'economia delle comunità locali ed interventi nei confronti delle famiglie e dei lavoratori con maggiori difficoltà ad affrontare la crisi economica,

impegna il Governo

a prevedere l'estensione della norma citata anche ai successivi esercizi e valutare l'opportunità di aumentare l'attuale importo percentuale svincolabile dell'ammontare dei residui passivi in conto capitale, consentendo ai comuni la possibilità di utilizzare con una maggiore elasticità le risorse che risultassero disponibili per il rilancio gli investimenti pubblici negli enti locali, utili ai fini di una ripresa dell'economia del Paese.
9/2561-A/123. Vietti, Galletti, Ciccanti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge in esame dispone una detassazione per gli acquisti di nuovi macchinari purché compresi nella divisione 28 della tabella Ateco 2007. L'incentivo è fissato al 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari effettuati tra il 1o luglio 2009 ed il 30 giugno 2010;
la misura appare troppo restrittiva per poter fungere da volano ad una ripresa degli investimenti e dovrebbe estendersi ad altre tipologie di investimenti, soprattutto quelli ad alto contenuto di innovazione tecnologica digitale, automazione informatica, nonché quelli relativi agli automezzi;
l'arco di tempo concesso per effettuare questi investimenti è inferiore alle altre edizioni della «Tremonti» (24 mesi per la «Tremonti» e 18 mesi per la «Tremonti bis»): poiché si tratta di acquisizioni di beni mobili si deve considerare l'effettività dell'investimento al momento della consegna o della spedizione. I beni dovranno essere, quindi, ordinati, prodotti e consegnati alle imprese entro il 30 giugno 2010, ma se questo è possibile per beni semplici, per quelli a più complessa progettazione e produzione sorgono delle difficoltà, anche perché la legge sarà approvata a fine luglio e le aziende potranno fare i loro piani solo a partire da settembre;
altri ritardi potrebbero derivare dal fatto che le aziende produttrici rischiano di avere un surplus di ordini che non potrebbero essere evasi in tempo,

impegna il Governo

a valutare la portata e gli effetti della misura indicata e l'opportunità di introdurre iniziative successive che intervengano per eliminare le criticità citate in premessa.
9/2561-A/124. Volontè, Galletti, Ciccanti, Occhiuto, Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge in esame dispone una detassazione per gli acquisti di nuovi macchinari purché compresi nella divisione 28 della tabella Ateco 2007. L'incentivo è fissato al 50 per cento del valore degli investimenti in nuovi macchinari effettuati tra il 1o luglio 2009 ed il 30 giugno 2010;
la misura appare troppo restrittiva per poter fungere da volano ad una ripresa degli investimenti e dovrebbe estendersi ad altre tipologie di investimenti, soprattutto quelli ad alto contenuto di innovazione tecnologica digitale, automazione informatica, nonché quelli relativi agli automezzi;
l'arco di tempo concesso per effettuare questi investimenti è inferiore alle altre edizioni della «Tremonti» (24 mesi per la «Tremonti» e 18 mesi per la «Tremonti bis»): poiché si tratta di acquisizioni di beni mobili si deve considerare l'effettività dell'investimento al momento della consegna o della spedizione. I beni dovranno essere, quindi, ordinati, prodotti e consegnati alle imprese entro il 30 giugno 2010, ma se questo è possibile per beni semplici, per quelli a più complessa progettazione e produzione sorgono delle difficoltà, anche perché la legge sarà approvata a fine luglio e le aziende potranno fare i loro piani solo a partire da settembre;
altri ritardi potrebbero derivare dal fatto che le aziende produttrici rischiano di avere un surplus di ordini che non potrebbero essere evasi in tempo,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di considerare la portata e gli effetti della misura indicata e l'opportunità di introdurre iniziative successive che intervengano per eliminare le criticità citate in premessa.
9/2561-A/124.(Testo modificato nel corso della seduta)Volontè, Galletti, Ciccanti, Occhiuto, Anna Teresa Formisano.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 20 detta disposizioni in tema di contrasto alle frodi in materia di invalidità civile, prevedendo un potenziamento delle funzioni dell'INPS in tutte la fasi del procedimento di riconoscimento dell'invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità e di concessione dei conseguenti benefici nonché un maggiore coinvolgimento dell'Istituto nei procedimenti giurisdizionali;
a decorrere dal 1o gennaio 2010 è prevista l'integrazione con un medico dell'INPS della composizione delle commissioni mediche delle ASL competenti agli accertamenti sanitari sulle invalidità e sull'handicap e in ogni caso l'accertamento definitivo è effettuato dall'INPS;
all'INPS viene anche attribuita la competenza ad accertare la permanenza dei requisiti sanitari nei confronti dei titolari di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, disponendosi, nel caso di accertata insussistenza degli stessi, l'immediata sospensione cautelativa del pagamento dei benefici economici, seguita dalla revoca degli stessi (articolo 5, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica n. 698 del 1994),

impegna il Governo:

al fine di contribuire ad una più efficace razionalizzazione e semplificazione delle procedure di accertamento sanitario di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, a valutare l'opportunità di sopprimere le funzioni di verifica preventiva delle commissioni mediche periferiche per le pensioni di guerra e d'invalidità civile, ora trasferite all'INPS, dal momento che l'articolo 20 già prevede l'integrazione delle commissioni mediche delle aziende sanitarie locali con un medico del medesimo Istituto quale componente effettivo, circostanza che rende di fatto superfluo un ulteriore controllo documentale su una pratica già approvata con il contributo di un rappresentante dell'ente controllore;
sempre nell'ottica di favorire al massimo lo snellimento delle procedure di verifica della permanenza del requisiti medico-legali che hanno dato luogo al riconoscimento di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità, a valutare la possibilità di prevedere l'esenzione da tale tipologia di visite, già prevista dal decreto ministeriale 2 agosto 2007, per coloro che siano portatori di menomazioni o patologie stabilizzate o ingravescenti, evitando di richiedere agli stessi l'esibizione della documentazione sanitaria che sia già in possesso di qualsiasi amministrazione pubblica ed evitando che soggetti che versano in condizioni di salute assai precarie siano sottoposti a defatiganti procedimenti di controllo.
9/2561-A/125. Romano, Anna Teresa Formisano, Delfino, Poli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 7, dispone che le amministrazioni e gli enti pubblici non possano procedere a nuove assunzioni di personale a tempo determinato e indeterminato, comprese quelle autorizzate e quelle previste da disposizioni di carattere speciale;
tale divieto è valido dalla data di entrata in vigore del decreto-legge in esame fino al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa assegnati a ciascuna amministrazione;
tra le categorie escluse dal divieto di procedere a nuove assunzioni vi sono il personale diplomatico, delle amministrazioni preposte al controllo delle frontiere, i corpi di polizia, delle forze armate, dei Vigili del fuoco, le università, gli enti di ricerca, l'Agenzia italiana del farmaco, il personale di magistratura e del comparto scuola, nei limiti consentiti dalla normativa vigente,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere l'esclusione del divieto di procedere a nuove assunzioni anche ai soggetti disabili di cui all'articolo 1 della legge 12 marzo 1999, n. 68, allo scopo di evitare che provvedimenti di contenimento o razionalizzazione della spesa pubblica, per quanto giustificati, vadano a ledere gli interessi di categorie che si trovano in condizioni di particolare disagio sociale proprio nel delicatissimo settore dell'inserimento nella vita lavorativa, di valore primario sia per loro stessi che per le loro famiglie.
9/2561-A/126. Anna Teresa Formisano, Romano, Delfino, Poli.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 1 del provvedimento in esame, ai comma 7 e 8, contiene nuove disposizioni per incentivare la possibilità, per i lavoratori che sono destinatari di trattamento di sostegno al reddito, di cassa integrazione e di mobilità, di avviare un'attività imprenditoriale autonoma anche associandosi in cooperativa;
il lavoratore, successivamente all'ammissione al beneficio e prima dell'erogazione del medesimo, deve dimettersi dall'impresa di appartenenza;
le somme corrisposte sono cumulabili con il beneficio di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49;
tale previsione di cumulabilità risulta, allo stato, inapplicabile, in quanto le società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49, sono prive delle risorse finanziarie necessarie;
le suddette risorse, per un importo pari a 41 milioni di euro, sono state impegnate a favore delle società finanziarie dal Ministero dello sviluppo economico con decreto del 20 dicembre 2005, ma non erogate nei termini utili e, pertanto, risultano perenti agli effetti amministrativi;
lo stesso Ministero dello sviluppo economico, con nota del 1o luglio 2008, ha chiesto al Ministero dell'economia e delle finanze la riassegnazione di tale somma sul capitolo n. 7342/81, e, con nota del 10 marzo 2009, ha reiterato detta richiesta di riassegnazione, segnalando, nel contempo «l'estrema urgenza di provvedere, in modo da consentire nel corrente esercizio finanziario l'erogazione degli importi»;
fra alcuni dei lavoratori appartenenti ad aziende in crisi, spesso dotati di buona professionalità e di capacità organizzativa e imprenditoriale, con l'entrata in vigore del provvedimento in esame, si creerebbe una legittima aspettativa circa la possibilità di avviare un'attività imprenditoriale autonoma mediante la loro associazione in cooperativa;
la cumulabilità del capitale proprio con quello delle finanziarie e la possibilità di accesso ai finanziamenti previsti dalla legge n. 49 del 1985 rappresentano un fattore fondamentale per il successo dell'iniziativa, stanti le difficoltà storiche per le cooperative di disporre di una sufficiente capacità patrimoniale e di accedere al credito bancario, difficoltà che l'attuale crisi economica generale aggrava in misura consistente,

impegna il Governo

nell'ambito delle disposizioni attuative di cui al comma 8-bis dell'articolo 1 del provvedimento in esame, a provvedere alla tempestiva riassegnazione ed erogazione delle somme perenti già impegnate a favore delle società finanziarie preposte alla gestione degli interventi di cui all'articolo 17 della legge 27 febbraio 1985, n. 49.
9/2561-A/127. Ruggeri, Delfino, Poli, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la revisione degli studi di settore avviene sulla base dei dati comunicati a mezzo dei modelli allegati alla dichiarazione dei redditi, la revisione in essere, viene realizzata sulla base dei dati comunicati con Unico 2008 e pervenuti telematicamente all'Agenzia delle entrate lo scorso 30 settembre 2008;
in base alle disposizioni vigenti, tale revisione deve essere pubblicata entro il prossimo 30 settembre 2009;
detta tempistica appare molto ristretta (nel 2008 il termine previsto era stato il 31 dicembre) e al di là delle problematiche tecniche, il dato più rilevante è il tempo ristretto concesso agli operatori economici dei 69 settori in revisione di poter valutare con la dovuta accuratezza ed approfondimento gli elementi economici presi a base per la revisione stessa;
i pareri della Commissione esperti si basano sulle osservazioni e sugli elementi emersi nelle singole riunioni di settore a cui partecipano gli imprenditori ed i professionisti interessati. Già nel 2008, il termine del 31 dicembre è risultato ristretto e alcune sofferenze emerse in questo periodo di applicazione di alcuni studi di settore revisionati, nascono anche dai ristretti tempi concessi per una più accurata riflessione da parte degli operatori economici;
per l'anno di imposta 2008 un contribuente su tre rischia di non essere congruo e non adeguato con gli studi di settore;
l'ufficio studi della Cgia di Mestre stima che oltre il 33 per cento dei contribuenti non rispetta quanto richiesto dall'amministrazione finanziaria in termini di ricavi e conseguentemente di tasse da versare all'erario;
molti operatori hanno subito delle ripercussioni durissime nell'ultimo periodo e, nonostante le modifiche, gli accorgimenti e i correttivi anti-crisi introdotti negli ultimi mesi dall'amministrazione finanziaria, gli studi di settore risultano essere uno strumento non in grado di fotografare con obiettività la situazione economica che grava sul Paese;
la conseguenza di ciò e che a molti lavoratori autonomi si chiede di pagare di più rispetto all'anno scorso su incassi presunti che non corrispondono alla realtà e la causa di ciò è l'adozione di uno strumento finanziario troppo rigido e per molti versi inadeguato,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di adottare una congrua proroga del termine di pubblicazione, considerato che gli studi dovranno essere integrati per tener conto della crisi che ha colpito il sistema economico nel 2009 e che l'integrazione potrà avvenire solo nel corso dei primi mesi dei 2010;
a considerare se non ravvisi la necessità di ridimensionare gli studi di settore a favore di altri meccanismi di accertamento, fra i quali il redditometro.
9/2561-A/128. Poli, Ruggeri, Galletti, Ciccanti.

La Camera,
premesso che:
la detassazione dal reddito d'impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in macchinari e apparecchiature prevista dell'articolo 5, comma 1, del decreto-legge in esame esclude dall'applicazione della misura dell'incentivo la gran parte delle imprese agricole che determinano il reddito su base catastale, nonostante tra i destinatari dell'agevolazione siano comprese anche le imprese agricole, stante l'inclusione tra i beni che danno diritto allo «sconto» delle macchine per l'agricoltura e la selvicoltura, richiamate al numero 28.3 dall'apposita tabella Ateco presa a base per l'applicazione della nuova misura;
tale esclusione penalizza fortemente l'intera filiera, ed in particolare i produttori di macchine agricole da sempre alle prese con le difficoltà del settore agricolo, ora ulteriormente colpite dalla crisi che sta interessando l'intera economia nazionale ed internazionale;
per ovviare a tale discriminazione è opportuna una modifica all'attuale testo normativo che, tenuto conto del particolare regime catastale di determinazione del reddito delle imprese agricole, consenta, comunque, di accedere all'incentivo fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative volte a concedere ai soggetti che determinano il reddito ai sensi dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, uno specifico credito d'imposta da utilizzare in compensazione, a norma dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, pari al beneficio fiscale comunque conseguito dalle imprese degli altri settori economici.
9/2561-A/129. Mannino, Ruvolo, Delfino.

La Camera,
premesso che:
il comma 35-sexies dell'articolo 17 autorizza l'assunzione straordinaria dal 31 ottobre 2009 di un contingente di Vigili del fuoco da effettuarsi nell'ambito di specifiche graduatorie e nei limiti delle risorse indicate dal successivo comma 35-septies;
la finalità espressa dalla norma è quella di far fronte alla straordinaria necessità di risorse umane da impiegare in Abruzzo per le esigenze legate all'emergenza sismica e alla successiva fase di ricostruzione, nonché quella di mantenere la piena operatività su tutto il territorio nazionale del sistema del soccorso pubblico e della prevenzione incendi;
è opportuno introdurre una medesima deroga al blocco delle assunzioni di personale di cui all'articolo 17, comma 7, del decreto-legge in esame in favore della Croce Rossa Italiana, al fine di consentire a tale ente il necessario supporto istituzionale e amministrativo alle attività necessarie al superamento dell'emergenza sismica in Abruzzo, nonché agli interventi di soccorso e di emergenza sanitaria e socio-sanitaria sul territorio nazionale;
tale deroga autorizzerebbe la medesima associazione a completare il piano di assunzioni e dei fabbisogni del personale dirigenziale, sanitario e dei passaggi interni tra le aree professionali, avviato nel corso dell'anno 2008, ai sensi e nei limiti di quanto previsto dall'articolo 1, commi 523 e 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di estendere la deroga al blocco delle assunzioni, già prevista per il Corpo dei Vigili del fuoco per fronteggiare l'emergenza terremoto in Abruzzo, anche alla Croce Rossa Italiana, che opera a pieno titolo nella medesima emergenza, consentendo a tale ente di avviare le assunzioni di personale programmate nell'anno 2009, ai sensi dell'articolo 1, commi 523 e 527, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
9/2561-A/130. Delfino, Compagnon, Ciccanti, Anna Teresa Formisano, Bosi.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 22-ter, in attuazione della sentenza della Corte di Giustizia delle comunità europee 13 novembre 2008 nella causa C-46/07, dispone per le lavoratrici il progressivo allineamento del requisito anagrafico fino al raggiungimento dell'età di sessantacinque anni per l'accesso al pensionamento;
dall'applicazione di tale norma deriveranno economie che la norma fa confluire nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale per poi essere destinate ad interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza;
non si ha contezza dei tempi e delle risorse con le quali il Governo intenda procedere all'introduzione del quoziente familiare, considerato e più volte annunciato quale primaria promessa elettorale da onorare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di destinare le economie resesi disponibili dall'applicazione della norma in questione alla progressiva introduzione del quoziente familiare, al fine di avviare finalmente una misura richiesta ed attesa da tempo dalla famiglie italiane.
9/2561-A/131. Ciccanti, Galletti, Occhiuto.

La Camera,
premesso che:
nonostante i drammatici rilievi contenuti nel rapporto 2009 dello Svimez sul Mezzogiorno, la questione meridionale sembra essere uscita dall'agenda del Governo che non ne ha fatto menzione neanche nel DPEF;
il decreto anticrisi avrebbe dovuto quantomeno essere funzionale al sostegno delle aree più deboli del Paese in questa particolare contingenza economica negativa, pur tuttavia nulla è previsto in termini di provvedimenti in favore del Meridione;
un segnale evidente del disagio presente nel Meridione è dato dal fenomeno della migrazione di giovani laureati versi il Nord, acuito dalla crisi e dalle difficoltà delle imprese meridionali, tornato ai livelli di qualche decennio fa: si stima che dal 1997 al 2008 circa 700 mila persone abbiano abbandonato il Mezzogiorno;
le occasioni di impiego dei giovani meridionali rischiano di ridursi ulteriormente a causa delle difficoltà nell'accesso al credito da parte delle imprese, difficoltà aggravate dalla crisi e che, come paventato da Confindustria, potrebbero essere fatali per le imprese meridionali che in un momento così critico potrebbero trovare nell'usura l'unico sbocco per trovare credito;
è superfluo ricordare che il cronico gap infrastrutturale mina alla base le possibilità per le imprese meridionali di competere alla pari con quelle presenti nelle altre aree del Paese e dell'Unione europea;
sembrerebbe quindi passare in secondo piano il rischio cui sono esposte le aree deboli del Meridione, dove si concentrano le famiglie più numerose e più povere del Paese, dove i lavoratori sono meno tutelati e dove gli imprenditori, travolti dalla bufera della recessione produttiva, sono, perciò, più esposti,

impegna il Governo

a prevedere iniziative concrete ed in tempi rapidi volte a riconsiderare la politica dell'esecutivo nei confronti del Meridione, atteso che dalla tutela e quindi dal riavvio di una crescita delle aree meridionali passa il rilancio del Paese, e che solo un approccio che tenga conto degli squilibri territoriali può garantire una ripresa stabile e duratura.
9/2561-A/132. Tassone, Occhiuto, Cera, Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Pisacane, Ruggeri, Ruvolo, Naro, Romano, Drago, Mannino.

La Camera,
premesso che:
nonostante i drammatici rilievi contenuti nel rapporto 2009 dello Svimez sul Mezzogiorno, la questione meridionale sembra essere uscita dall'agenda del Governo che non ne ha fatto menzione neanche nel DPEF;
il decreto anticrisi avrebbe dovuto quantomeno essere funzionale al sostegno delle aree più deboli del Paese in questa particolare contingenza economica negativa, pur tuttavia nulla è previsto in termini di provvedimenti in favore del Meridione;
un segnale evidente del disagio presente nel Meridione è dato dal fenomeno della migrazione di giovani laureati versi il Nord, acuito dalla crisi e dalle difficoltà delle imprese meridionali, tornato ai livelli di qualche decennio fa: si stima che dal 1997 al 2008 circa 700 mila persone abbiano abbandonato il Mezzogiorno;
le occasioni di impiego dei giovani meridionali rischiano di ridursi ulteriormente a causa delle difficoltà nell'accesso al credito da parte delle imprese, difficoltà aggravate dalla crisi e che, come paventato da Confindustria, potrebbero essere fatali per le imprese meridionali che in un momento così critico potrebbero trovare nell'usura l'unico sbocco per trovare credito;
è superfluo ricordare che il cronico gap infrastrutturale mina alla base le possibilità per le imprese meridionali di competere alla pari con quelle presenti nelle altre aree del Paese e dell'Unione europea;
sembrerebbe quindi passare in secondo piano il rischio cui sono esposte le aree deboli del Meridione, dove si concentrano le famiglie più numerose e più povere del Paese, dove i lavoratori sono meno tutelati e dove gli imprenditori, travolti dalla bufera della recessione produttiva, sono, perciò, più esposti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di prevedere iniziative concrete ed in tempi rapidi volte a riconsiderare la politica dell'esecutivo nei confronti del Meridione, atteso che dalla tutela e quindi dal riavvio di una crescita delle aree meridionali passa il rilancio del Paese, e che solo un approccio che tenga conto degli squilibri territoriali può garantire una ripresa stabile e duratura.
9/2561-A/132.(Testo modificato nel corso della seduta)Tassone, Occhiuto, Cera, Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Pisacane, Ruggeri, Ruvolo, Naro, Romano, Drago, Mannino.

La Camera,
premesso che:
l'andamento climatico dei mesi scorsi ha provocato una sovrapposizione dei calendari di maturazione delle principali produzioni frutticole italiane, con consistente forte offerta di prodotto concentrata in un periodo ristretto;
si registra un calo dei consumi di frutta in Italia ed in Europa, peraltro in diminuzione a causa della recessione generale e molte industrie di trasformazione non hanno ancora iniziato a ritirare il prodotto per la produzione di succhi di frutta;
questo insieme di circostanze ha determinato un forte deprezzamento, con prezzi all'origine particolarmente bassi, tali da non assicurare - in assenza di un adeguato recupero - la remunerazione dei costi di produzione;
si rileva una forte preoccupazione per le ripercussioni di questo stato di cose sull'agricoltura, sul lavoro e sui redditi delle imprese agricole, sull'occupazione sull'indotto e sull'economia in generale,

impegna il Governo:

in questo particolare momento, ad affiancare le organizzazioni dei produttori e le regioni nell'avvio di un'efficace ed immediata campagna di promozione dei consumi di frutta estiva, che coinvolga anche la grande distribuzione, valorizzando le caratteristiche nutrizionali e qualitativa delle nostre produzioni e, nel contempo, a proporre all'Unione Europea una modifica dei regolamenti comunitari relativi al settore ortofrutticolo per introdurre, a partire dal prossimo anno, la possibilità di assicurare il reddito delle imprese ortofrutticole utilizzando, a questo scopo, le risorse del fondo per la prevenzione e la gestione delle crisi di mercato;
ad adottare in tempi rapidi iniziative volte a reintegrare la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi di cui all'articolo 15, comma 2 del decreto legislativo n. 102 del 2004 per l'anno 2009;
ad attuare, di concerto con le regioni, efficaci e straordinarie politiche di sostegno e valorizzazione del settore agricolo, utili a contrastare la crisi e a creare le premesse per il rilancio dell'economia nazionale, nella quale l'agricoltura deve mantenere un peso di assoluto rilievo.
9/2561-A/133. Ruvolo, Delfino, Libè, Galletti.

La Camera,
premesso che:
l'andamento climatico dei mesi scorsi ha provocato una sovrapposizione dei calendari di maturazione delle principali produzioni frutticole italiane, con consistente forte offerta di prodotto concentrata in un periodo ristretto;
si registra un calo dei consumi di frutta in Italia ed in Europa, peraltro in diminuzione a causa della recessione generale e molte industrie di trasformazione non hanno ancora iniziato a ritirare il prodotto per la produzione di succhi di frutta;
questo insieme di circostanze ha determinato un forte deprezzamento, con prezzi all'origine particolarmente bassi, tali da non assicurare - in assenza di un adeguato recupero - la remunerazione dei costi di produzione;
si rileva una forte preoccupazione per le ripercussioni di questo stato di cose sull'agricoltura, sul lavoro e sui redditi delle imprese agricole, sull'occupazione sull'indotto e sull'economia in generale,

impegna il Governo:

in questo particolare momento, a valutare l'opportunità di affiancare le organizzazioni dei produttori e le regioni nell'avvio di un'efficace ed immediata campagna di promozione dei consumi di frutta estiva, che coinvolga anche la grande distribuzione, valorizzando le caratteristiche nutrizionali e qualitativa delle nostre produzioni e, nel contempo, a proporre all'Unione Europea una modifica dei regolamenti comunitari relativi al settore ortofrutticolo per introdurre, a partire dal prossimo anno, la possibilità di assicurare il reddito delle imprese ortofrutticole utilizzando, a questo scopo, le risorse del fondo per la prevenzione e la gestione delle crisi di mercato;
ad adottare in tempi rapidi iniziative volte a reintegrare la dotazione del Fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi di cui all'articolo 15, comma 2 del decreto legislativo n. 102 del 2004 per l'anno 2009;
ad attuare, di concerto con le regioni, efficaci e straordinarie politiche di sostegno e valorizzazione del settore agricolo, utili a contrastare la crisi e a creare le premesse per il rilancio dell'economia nazionale, nella quale l'agricoltura deve mantenere un peso di assoluto rilievo.
9/2561-A/133.(Testo modificato nel corso della seduta)Ruvolo, Delfino, Libè, Galletti.

La Camera,
premesso che:
la Finanziaria 2007 ha istituito un credito d'imposta per le attività di ricerca e sviluppo per il periodo 1o gennaio 2007 - 31 dicembre 2009 da concedere a tutte le imprese operanti in tutti i settori di attività escluse le imprese in difficoltà;
la stretta sui bonus agevolativi introdotta dal decreto-legge n. 185 del 2008, ai fini del contenimento della spesa pubblica sui crediti d'imposta, è pesata sul bonus ricerca per oltre un miliardo di euro;
il 6 maggio scorso sono state presentate in via telematica 45 mila domande per usufruire di tale agevolazione ma dopo soli trentacinque secondi i fondi (un miliardo e 627 milioni) risultavano già esauriti;
il 76 per cento dei contribuenti che hanno partecipato alla competizione è stato escluso e non più di 7 mila imprese si sono accaparrate i fondi per sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo dal 2008 al 2011.
delle 45 mila domande, ne sono state scartate circa 15 mila che rappresentavano un duplicato di altri formulari, mentre sarebbero oltre 10 mila le imprese che, sempre alla data del 29 novembre 2008, avevano intrapreso investimenti e che ora si sono viste negare l'agevolazione per carenze di fondi;
si tratta di investimenti già avviati e il cui credito d'imposta negato dalle entrate, con un importo variabile fra il 10 per cento ed il 40 per cento della spesa, vale 700 milioni di euro. A questi, poi, se ne devono aggiungere almeno altri 350, negati alle imprese che hanno avviato investimenti dopo il 29 novembre 2008;
la procedura impiegata dall'Agenzia delle entrate ha vincolato l'accesso al bonus esclusivamente alla rapidità di invio della richiesta non tenendo conto della qualità e della bontà dei progetti presentati;
è opportuno rimarcare l'importanza che riveste la ricerca per lo sviluppo del Paese e per affrontare la crisi;
come segnalato dal Rapporto Svimez 2009 il livello della migrazioni di giovani laureati verso il Nord è tornato ai livelli di qualche decennio fa per il combinato disposto della crisi economica e delle croniche difficoltà delle imprese meridionali ad assorbire il capitale umano proveniente dal loro territorio;
le stime parlano di circa 700 mila persone che hanno abbandonato il Mezzogiorno nel 2008,

impegna il Governo:

a rivedere il sistema di assegnazione del credito d'imposta per la ricerca, svincolando l'ammissione all'agevolazione da procedure basate sulla velocità di invio delle domande e puntando sulla qualità dei progetti;
a reperire nuove risorse finanziarie da destinare a tale agevolazione valutando l'opportunità di prevedere, all'interno delle risorse destinate al credito di imposta, una quota maggioritaria destinata alle imprese del Meridione al fine di sostenerne i programmi e gli investimenti nella ricerca e nell'innovazione presentati dalle imprese quale strumento per favorire l'occupazione e contrastare l'esodo del capitale umano dalle regioni del Sud.
9/2561-A/134. Occhiuto, Tassone, Cera, Nunzio Francesco Testa, Zinzi, Pisacane, Ruggeri, Ruvolo, Naro, Romano, Drago, Mannino.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni si sono ripetuti con frequenza costante una serie di allarmi sanitari di diversa origine e causa, in coincidenza di tali allarmi si è sempre discusso del rischio più o meno realistico di possibile pandemia;
una delle conseguenze principali della globalizzazione è certamente l'aumento esponenziale dei flussi migratori, che spesso contribuiscono ad aumentare il rischio di contagi tra la popolazione;
il diritto alla salute dei cittadini va adeguato costantemente, in particolare rispetto alla necessità di prevenzione; una necessità che si deve confrontare e misurare con i nuovi rischi di una società globale senza frontiere, sottoposta a fenomeni migratori sempre più intensi;
in questo quadro sono soprattutto le fasce più deboli della popolazione ad essere sottoposte al rischio di contagio, le condizioni di miseria e di povertà sono oggi come ieri il presupposto principale per la diffusione di epidemie sanitarie;
la spesa farmaceutica è uno degli aspetti più delicati nella gestione dell'intero comparto sanitario, ma proprio i farmaci sono il principale strumento di prevenzione e di contrasto alle epidemie ed anche alle eventuali pandemie;
nel decreto-legge in esame sono contenute misure specifiche in relazione proprio alla gestione della spesa farmaceutica;
in ognuno dei casi di emergenza sanitaria che abbiamo affrontato negli ultimi anni i governi nazionali hanno risposto in primo luogo singolarmente e solo in secondo ordine attraverso forme di coordinamento organico;
in Italia siamo intervenuti nei casi «dell'aviaria» e della «Sars» con decreti appositi legittimati da necessità e d'urgenza e dotati ognuno della propria copertura economica sufficiente a coprire anche le spese farmaceutiche,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di accantonare in maniera continuativa le risorse economiche necessarie a fronteggiare eventuali emergenze sanitarie e nei casi più gravi eventuali pandemie ed al contempo a farsi portavoce a livello europeo di una politica comune mirante allo stesso obiettivo, affinché questo diventi un approccio condiviso a livello continentale.
9/2561-A/135. Corsaro.

La Camera,
premesso che:
con l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri (OPCM) n. 3780 del 6 giugno 2009 sono stati sospesi, per il periodo 6 aprile-30 novembre 2009, i versamenti fiscali dovuti sia dalle persone fisiche che da altri soggetti, compresi i sostituti d'imposta, aventi domicilio fiscale nei comuni abruzzesi interessati dagli eventi sismici e per il medesimo periodo è stato altresì sospeso, con riguardo ai datori di lavoro ed ai lavoratori autonomi operanti alla data dell'evento sismico nei comuni sopradetti, il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, nonché dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie, compresa la quota a carico dei lavoratori, ad opera della OPCM n. 3754 del 9 aprile 2009;
i commi 2 e 3 dell'articolo 25 del decreto in esame intervengono in materia di recupero dei versamenti fiscali e contributivi sospesi a seguito degli eventi sismici del 6 aprile 2009 nella regione Abruzzo. In particolare, viene disposto che sia i versamenti fiscali che quelli contributivi vengano effettuati a decorrere dal mese di gennaio 2010, mediante 24 rate mensili di pari importo. Gli altri adempimenti tributari, diversi dai versamenti, andranno effettuati entro il mese di marzo 2010;
si segnala che nel caso degli eventi sismici che hanno interessato le regioni Marche ed Umbria del 1997, l'articolo 3 del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, ha consentito di definire la posizione dei soggetti che hanno beneficiato delle sospensioni, mediante la corresponsione del 40 per cento dell'ammontare dovuto (al netto dei versamenti già eseguiti) in 120 rate mensili a decorrere dal mese di giugno 2009;
si evidenzia che l'articolo 6, comma 4-bis, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, ha disposto l'applicazione delle disposizioni recate dal medesimo articolo 3 del decreto-legge n. 162 del 2008 ai territori delle province di Campobasso e Foggia colpiti dagli eventi sismici del 31 ottobre 2002;
l'articolo 6 del decreto-legge 28 aprile 2009 n. 39, prevede alla lettera g) del comma 1, «la rideterminazione della sospensione del versamento dei tributi, dei contributi previdenziali ed assistenziali e premi per l'assicurazione obbligatoria, nonché la ripresa della riscossione dei tributi, dei contributi previdenziali ed assistenziali e premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi, nonché di ogni altro termine sospeso ai sensi del presente articolo, anche in forma rateizzata» al fine di agevolare la ripresa delle attività nelle zone colpite dal sisma del 6 aprile 2009,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di estendere, anche attraverso provvedimenti urgenti, alle popolazioni abruzzesi colpite dagli eventi sismici dello scorso aprile, le medesime disposizioni varate per la definizione delle posizioni fiscali e contributive previste per le popolazioni di Umbria, Marche e delle province di Campobasso e Foggia.
9/2561-A/136. Mantini.

La Camera,
premesso che:
la quantità e la qualità dei servizi alle famiglie, non hanno avuto una evoluzione proporzionale ai cambiamenti socio culturali che si sono determinati nei corso degli ultimi decenni, infatti, se il numero delle donne nel mondo del lavoro è cresciuto, non si può dire che sia diminuito il loro impegno in famiglia: lo Stato italiano da sempre fatica a rispondere adeguatamente e capillarmente su tutto il territorio nazionale alla domanda di servizi di accoglimento per bambini in età prescolare e/o per persone anziane o non autosufficienti, conseguentemente le reti informali di assistenza all'interno delle famiglie italiane si sono storicamente basate sul prezioso supporto delle donne su cui è sempre ricaduta la cura dei figli, della casa, degli anziani o delle persone disabili a carico della famiglia;
secondo i dati forniti da un'indagine ISTAT multiscopo sulle famiglie «Uso del tempo» pubblicata nel 2007, le donne lavoratrici svolgono la stragrande maggioranza del lavoro domestico e di cura necessario per far funzionare una famiglia. In particolare, le donne occupate che vivono in coppia con figli lavorano per il mercato remunerato in media due ore in meno degli uomini in analoga condizione famigliare, ma se al lavoro per il mercato remunerato si somma il lavoro domestico e di cura svolto per la famiglia, il gap si rovescia, infatti, le donne hanno una giornata lavorativa media più lunga di un'ora e quaranta minuti al giorno. Conseguentemente, le donne lavoratrici con carichi famigliari lavorano complessivamente in media molto più degli uomini lavoratori, ma accumulano una ricchezza pensionistica inferiore;
la colpevole carenza di strumenti di sostegno, quando non la loro totale assenza, da parte del nostro welfare, che non ha creato in Italia, come nel resto dell'Europa, una rete di servizi statali che sostenesse con efficienza le donne lavoratrici e quindi le famiglie: asili nido (il numero di posti nido disponibili per i bambini da 0 a 3 anni è dell'11 per cento contro il 50 per cento della Norvegia e il 40 per cento della Francia), congedi parentali (in Italia la durata massima è di 11 mesi al 30 per cento della retribuzione, contro i 36 mesi al 26 per cento della retribuzione della Francia e i 18 mesi all'80 per cento del salario della Svezia), concreti aiuti economici alle famiglie per le coppie con figli (le voci di spesa destinate alla famiglia sono la metà della media europea), orari flessibili e così via;
a seguito della sentenza dell'Alta Corte di Giustizia della comunità Europea dal 2010, per le dipendenti pubbliche italiane l'accesso al pensionamento avverrà attraverso un meccanismo graduale a scalini biennali a partire dal 2010 fino ad arrivare nel 2018 al requisito dei 65 anni,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere per le donne lavoratrici, ai fini previdenziali, la facoltà di detrarre un anno di lavoro per il maggiore impegno a loro richiesto nella duplice gestione della vita lavorativa e della cura della famiglia: riduzione di un anno di lavoro alle lavoratrici donne in quanto prestatrici di cura nella famiglia, compensato con contributi figurativi computati ai fini del calcolo del diritto alla pensione e per il calcolo del relativo importo, in relazione ad ogni figlio avuto e per ogni persona anziana o non autosufficiente a carico del nucleo familiare di cui fanno parte, come riconoscimento del doppio lavoro cui le donne, lavoratrici e madri, sono soggette, sopratutto in carenza di adeguati servizi per la famiglia.
9/2561-A/137. Galletti, Mantini, Delfino, Capitanio Santolini.

La Camera,
premesso che:
la crisi sta attraversando il settore del mobile, in particolare nelle aree del Nord-Est, colpisce silenziosamente una delle aree più laboriose ed efficienti del tessuto delle piccole e medie imprese del Paese; il Sole 24 Ore ha dedicato negli ultimi mesi pagine intere all'esame delle cause e degli effetti di questa congiuntura;
al 30 giugno 2009 la cassa integrazione guadagni artigianato per le province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Vicenza e Verona riguarda ormai oltre 10.000 lavoratori, per la gran parte super specializzati, per quasi 6 milioni di ore lavoro ed un costo stimabile in circa 50 milioni di euro;
le aziende dell'area imputano parte del crollo degli ordinativi ai dazi che le Russia, a tutela della sua stabilità economica, messa in crisi dalla caduta del prezzo dei prodotti energetici, ha posto sull'importazione di beni dalla UE, dazi che gravano per circa il 40 per cento sul prezzo finale del mobile e del manifatturiero italiano in genere; le Organizzazioni imprenditoriali di settore chiedono un intervento diretto delle nostre Autorità nazionali nei confronti del Governo russo;
è assolutamente prioritario impedire la «desertificazione» industriale di una delle aree più produttive del Paese ed evitare la dispersione delle professionalità e delle competenze migliori dell'artigianato italiano,

impegna il Governo:

ad intervenire ai massimi livelli nei confronti del Governo russo, con il quale l'Italia coltiva rapporti di stretta amicizia e collaborazione per l'annullamento o la forte attenuazione dei dazi sul manifatturiero artigianale ed industriale italiano;
a valutare la possibilità di destinare quote delle risorse destinate al commercio estero, al sostegno dell'export del manifatturiero italiano in Russia, valutando anche la possibilità di rifinanziare la legge n. 212 del 1992, legge con la quale sono state a suo tempo avviate numerose e proficue joint ventures nel periodo di transizione verso il libero mercato delle economie dell'Est europeo.
9/2561-A/138. Bernardo, Vannucci.

La Camera,
considerato che:
la crisi sta attraversando il settore del mobile, in particolare nelle aree del Nord-Est, colpisce silenziosamente una delle aree più laboriose ed efficienti del tessuto delle PMI del Paese; il Sole 24 Ore ha dedicato negli ultimi mesi pagine intere all'esame delle cause e degli effetti di questa congiuntura;
al 30 giugno 2009 la CIG artigianato per le province di Belluno, Padova, Rovigo, Treviso, Venezia, Vicenza e Verona riguarda ormai oltre 10.000 lavoratori, per la gran parte super specializzati, per quasi 6 milioni di ore lavoro ed un costo stimabile in circa 50 milioni di euro;
le aziende dell'area imputano parte del crollo degli ordinativi ai dazi che la Russia, a tutela della sua stabilità economica, messa in crisi dalla caduta del prezzo dei prodotti energetici, ha posto sull'importazione di beni dalla UE, dazi che gravano per circa il 40 per cento sul prezzo finale del mobile e del manifatturiero italiano in genere; le Organizzazioni imprenditoriali di settore chiedono un intervento diretto delle nostre Autorità nazionali nei confronti del Governo russo;
è assolutamente prioritario impedire la «desertificazione» industriale di una delle aree più produttive del Paese ed evitare la dispersione delle professionalità e delle competenze migliori dell'artigianato italiano;
è necessario venire incontro alle richieste di varie imprese per fronteggiare la crisi della filiera produttiva relativa alla costruzione dei mezzi di trasporto commerciale,

impegna il Governo

ad intervenire ai massimi livelli nei confronti del Governo russo, con il quale l'Italia coltiva rapporti di stretta amicizia e collaborazione per l'annullamento o la forte attenuazione dei dazi sul manifatturiero artigianale ed industriale italiano;
a valutare la possibilità di destinare quote delle risorse destinate al commercio estero, al sostegno dell'export del manifatturiero italiano in Russia, valutando anche la possibilità di rifinanziare la legge n. 212 del 1992, legge con la quale sono state a suo tempo avviate numerose e proficue joint ventures nel periodo di transizione verso il libero mercato delle economie dell'est europeo;
ad includere nell'ambito della portata dell'articolo 5 del presente decreto anche il codice 25 11 00, attrezzature avicole, nonché ad estendere la portata di tale norma anche i veicoli commerciali leggeri curo 4 ed curo 5 sia i veicoli industriali curo 4 e 5 e i rimorchi e semirimorchi con massa superiore a 10 tonnellate.
9/2561-A/138.(Testo modificato nel corso della seduta)Bernardo.

La Camera,
premesso che:
l'8 maggio scorso il Sottosegretario on. Michela Brambilla è stata nominata Ministro senza portafoglio del «risorto» dicastero del turismo e il decreto di nomina è stato firmato il medesimo giorno dal Presidente della Repubblica;
la ricostituzione del Ministero per il turismo - che, ricordiamo, venne abrogato dai cittadini italiani a seguito del referendum del 1993 - è avvenuta senza alcuna consultazione preventiva con le regioni e, come ha sottolineato il presidente della Conferenza delle Regioni Vasco Errani, «al di fuori dalle pratiche di leale collaborazione che dovrebbero sempre informare i rapporti fra Esecutivo e Regioni»;
il turismo è costituzionalmente materia di competenza esclusiva delle Regioni e proprio per questo le medesime Regioni hanno chiesto chiarezza sulle competenze e un lavoro di piena condivisione delle linee strategiche delle politiche turistiche. Per favorire la competitività dell'industria turistica è infatti fondamentale che, in stretto raccordo con gli enti locali, il Ministero svolga un importante ruolo di coordinamento vero delle politiche turistiche;
la riforma costituzionale del 2001, ha infatti assegnato alle singole regioni funzioni amministrative e legislative e con esse il compito di definire in modo autonomo le politiche del settore turistico, lasciando allo Stato solo funzioni amministrative di indirizzo generale e di coordinamento;
sebbene il trasferimento delle funzioni amministrative inerenti il turismo a livello periferico non sia stato breve, esso rappresenta uno dei settori in cui, proprio a livello locale, si sono prodotti alcuni modelli organizzativi,che hanno prodotto effetti positivi per l'intero settore;
la reintroduzione del Ministero, e quindi la costituzione di un nuovo apparato ministeriale, rischia di non assicurare le necessarie azioni flessibili per superare la crisi del settore, e - in una fase di tagli ai Ministeri esistenti - di moltiplicare con poco profitto le spese a carico dello Stato centrale;
ricordiamo che il settore coinvolge circa 270 mila imprese, e occupa quasi il 15 per cento della forza lavoro, raccogliendo annualmente 140 miliardi di euro di giro d'affari;
il settore turistico è un volano importantissimo per un Paese come il nostro che vanta la più alta concentrazione al mondo di bellezze storiche, artistiche e ambientali. Turismo quindi come settore strategico e come valore aggiunto per la crescita dell'economia e dell'occupazione, «sfruttando» le enormi potenzialità offerte sul versante delle bellezze naturali e artistiche esistenti;
sono peraltro cronaca di questi giorni le notizie su turisti truffati costretti a pagare conti vergognosamente gonfiati, al ristorante come alla fine di una «corsa» in taxi. Un articolo de «La Stampa» del 21 luglio scorso riportava le parole di un manager di un tour operator giapponese a Roma: «riceviamo decine di segnalazioni al mese di turisti giapponesi che dicono di essere stati imbrogliati o derubati»;
quanto suddetto è la dimostrazione che il turismo in Italia non può e non deve continuare a sfruttare unicamente la rendita conseguente alle straordinarie bellezze ambientali e storiche, ma ha bisogno di un intervento capillare e coordinato tra Governo centrale ed enti locali finalizzato al miglioramento e al controllo sul territorio della qualità dei servizi offerti,

impegna il Governo:

a rendere costante il raccordo con le regioni, a cui la nostra Costituzione assegna la competenza esclusiva del turismo, rispetto alle scelte e alle strategie condivise che dovranno essere messe in atto per il rilancio e la promozione dell'offerta turistica nel nostro Paese;
ad aprire un tavolo di confronto e collaborazione istituzionale con tutti gli enti locali interessati, finalizzato ad attuare forme di verifica sul livello e la qualità dei servizi offerti, contrastando e punendo qualunque forma di «sciacallaggio» nei confronti dei turisti attraverso l'applicazione di tariffe e prezzi illegali o inopinatamente «gonfiati», che grande danno arrecano all'industria turistica e alla credibilità del nostro Paese;
ad affrontare - nell'ambito delle proprie prerogative e competenze - e a farsi promotore con le regioni e gli enti locali, di una politica condivisa finalizzata a risolvere uno dei problemi che più disincentivano i turisti e cioè infrastrutture insufficienti e in qualche caso inesistenti e fatiscenti sopratutto nel Mezzogiorno d'Italia e contestualmente realizzare un'efficace politica di lotta all'abusivismo edilizio, soprattutto costiero, che deturpa il nostro territorio e che, in alcune aree del Paese, ha una concentrazione intollerabile e rappresenta una vera e propria offesa al nostro territorio.
9/2561-A/139. Zazzera.

La Camera,
premesso che:
negli ultimi mesi gran parte delle politiche di sviluppo territoriale nel nostro Paese sono state cancellate, il Governo ha operato tagli di grande rilevanza alle risorse disponibili, finanziando tutti i suoi interventi di politica economica attraverso l'utilizzo di disponibilità assegnate agli interventi in conto capitale, principalmente nel Mezzogiorno;
il finanziamento delle misure anti crisi economica in Italia è stato garantito spostando risorse già presenti nel bilancio alle quali era stata data inizialmente una diversa finalità, in particolare ricorrendo a quelle risorse destinate alle aree meridionali attraverso il Fondo aree sottoutilizzate, che sono state spostate su obiettivi oggi considerati prioritari per rilanciare l'economia, dalle grandi opere pubbliche, agli interventi per attutire l'impatto della perdita di posti di lavoro;
a differenza del passato, nel Sud oggi la crisi rischia di attaccare maggiormente, con effetti molto negativi sui consumi, investimenti e occupazione. L'economia meridionale risente particolarmente del fatto di essere stata colta dalla crisi in una fase di particolare fragilità, mentre si stavano avviando processi di aggiustamento sia dal lato delle imprese sia del bilancio pubblico;
il FAS è lo strumento principale per realizzare interventi aggiuntivi nel Mezzogiorno volti a ridurre il gap ancora esistente nelle dotazioni infrastrutturali e nella qualità dei servizi pubblici;
la strategia unitaria nella programmazione degli interventi e la flessibilità nell'allocazione delle risorse, che caratterizzano il FAS, consentono di impostare una politica nazionale regionale coerente con i principi e le regole di quella comunitaria e di conseguire una maggiore capacità di spesa in conto capitale, condizione essenziale per soddisfare anche il principio di addizionalità, scaturente dagli impegni assunti dall'Italia con l'Unione europea;
una cospicua parte dei fondi FAS, nel corso del 2008 e dei primi mesi del 2009, è stata destinata, con leggi e con delibere Cipe, alla copertura finanziaria di altre esigenze della finanza pubblica ritenute prioritarie;
una quota consistente di risorse del FAS è stata concentrata in altri Fondi: il Fondo sociale per l'occupazione e la formazione, che agisce anche come forma di sostegno al reddito, il Fondo infrastrutture, il Fondo per la competitività, poi confluito nel Fondo Strategico a sostegno dell'economia reale presso la Presidenza del Consiglio;
il volume delle risorse del FAS mobilitato prima per il finanziamento d'interventi di carattere emergenziale (emergenza rifiuti, risanamento bilanci Comuni Roma e Catania,ecc..) e, successivamente, per misure anticrisi è ingente: a maggio 2009 risultavano utilizzi del FAS per oltre 18 miliardi di euro a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012;
l'area meridionale si trova pertanto a competere, in termini di capacità di assorbimento, con le aree a più alto tasso di sviluppo del Paese che riescono ad attivare una più efficiente programmazione di spesa e più elevati livelli di progettualità;
emerge con evidenza, una configurazione di «non neutralità» delle crisi che rischia di dare luogo a una tendenza alla redistribuzione delle risorse a favore delle aree più forti che potrebbe perdurare anche oltre la fase congiunturale,

impegna il Governo

a garantire che le risorse disponibili siano riservate essenzialmente alle finalità istituzionali proprie dello stesso Fondo e a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a ripristinare il prima possibile le risorse sottratte al Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).
9/2561-A/140. Messina, Barbato.

La Camera,
premesso che:
dalla lettura della Tabella 3 allegata alla relazione introduttiva del disegno di legge di assestamento si dà conto delle variazioni per atto amministrativo recate dal provvedimento stesso, nel periodo intercorrente tra gennaio e maggio dell'anno in corso; tra queste figurano gli interventi effettuati a valere sui fondi per le aree sottoutilizzate (FAS) per un ammontare di 2 miliardi e 381 milioni, sia in termini di competenza che in termini di cassa;
detta variazione dei fondi FAS dovrebbe corrispondere alle coperture recate dai diversi provvedimenti approvati nel corso dell'esercizio finanziario 2008-2009 a valere sui fondi FAS;
vengono tuttavia completamente ignorati gli effetti che si avranno sulla reale consistenza dei fondi FAS, sia in seguito all'adozione del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e della relativa delibera CIPE del 6 marzo 2009, emanata per la riprogrammazione delle risorse disponibili del FAS, sia del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, relativo agli interventi per il terremoto dell'Abruzzo;
in particolare, l'articolo 18, comma 1, del decreto legge n. 185 del 2008, in considerazione dell'eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, ha demandato al CIPE il compito di assegnare una quota delle risorse nazionali disponibili del FAS:
al Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (articolo 18, comma 1, lettera a);
al Fondo infrastrutture, già istituito presso il Ministero per lo sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 6-quinquies del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 18, comma 1, lettera b-bis);
con delibera del CIPE 6 marzo 2009, è stata pertanto aggiornata la dotazione del FAS, di competenza nazionale e regionale, pari a 45 miliardi di euro, ed è stata ripartita la parte di competenza nazionale del FAS destinando:
4 miliardi di euro al Fondo sociale per l'occupazione;
5 miliardi di euro al Fondo infrastrutture 5 miliardi di euro;
9 miliardi di euro al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
con il decreto-legge n. 39 del 2009, recante interventi per la ricostruzione post terremoto in Abruzzo, si prevede che nell'ambito della dotazione del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), per il periodo di programmazione 2007-2013, siano destinate agli interventi di ricostruzione e alle altre misure di cui al citato decreto legge:
un importo non inferiore a 2.000 milioni e non superiore a 4.000 milioni di euro, a valere sulle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
un importo di 400 milioni a valere sul Fondo infrastrutture;
non risultano con la dovuta trasparenza contabile, dalle variazioni riportate nel disegno di legge di assestamento per l'anno 2009, gli effetti delle disposizioni citate, sui fondi FAS;
nel corso degli ultimi mesi, la programmazione 2007-2013 del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) è stata caratterizzata da una grande incertezza, relativa sia all'entità delle risorse disponibili che alla loro destinazione, che ha di fatto annullato i benefici della programmazione unitaria delle risorse nazionali ed europee prevista nell'ambito del Quadro strategico nazionale (Qsn) 2007-2013 approvato a dicembre 2007;
i continui tagli operati alle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) e la sofferta riprogrammazione delle risorse nazionali del Fondo, avviata con il decreto-legge n. 112 del 2008 e conclusasi solo nel mese di marzo 2009, hanno reso molto incerto il quadro generale di utilizzo delle risorse del FAS, il quale rimane poco chiaro in assenza di una delibera del CIPE di aggiornamento del Qsn 2007-2013. Questa incertezza ha avuto come effetto quello di ritardare l'approvazione dei programmi attuativi di livello nazionale e regionale del FAS nonché di posticipare l'avvio dei programmi operativi (POR e PON) finanziati con i fondi strutturali europei e quindi di ritardare l'avvio delle realizzazioni infrastrutturali previste in questi programmi, che in alcuni casi hanno dovuto subire modifiche,

impegna il Governo:

a fornire un tempestivo chiarimento, sulle variazioni di bilancio necessarie, con particolare riferimento ai fondi FAS, per dare attuazione alle disposizioni recate dai decreti legge n. 185 del 2008 e n. 39 del 2009;
a fornire un quadro aggiornato e dettagliato delle risorse dei fondi FAS per il periodo 2007-2013;
a dare conto, dettagliatamente, della reale consistenza del Fondo sociale per occupazione e formazione, istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, nonché del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in base a quanto stabilito del decreto-legge n. 185 del 2008;
a fornire ai cittadini abruzzesi e all'intero Paese, la dovuta certezza, trasparenza ed evidenza contabile, degli interventi adottati dal Governo per far fronte agli interventi di ricostruzione delle zone terremotate in base a quanto stabilito dall'articolo 14 del decreto-legge n. 39 del 2009, anche al fine di chiarire la reale portata finanziaria di detti interventi che il Governo ha indeterminatamente ricondotto ad una cifra ricompresa tra i 2 e i 4 miliardi a valere sulle risorse assegnate al Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, con conseguente riduzione della dotazione dei fondi FAS.
9/2561-A/141. Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 24, commi 74 e 75, del provvedimento in esame, si autorizza la proroga del piano di impiego delle Forze armate nel controllo del territorio in concorso con le Forze di polizia. Il piano di impiego può essere prorogato per due ulteriori semestri incrementando l'attuale contingente di 3000 militari di ulteriori 1250 unità, interamente destinate a servizi di perlustrazione e pattuglia in concorso e congiuntamente alla Forze di polizia;
il Governo spesso è intervenuto con provvedimenti specifici in alcuni casi particolarmente pubblicizzati proprio sulla questione sicurezza e sono state prese iniziative che hanno suscitato non poche perplessità, anche a livello europeo;
anche il Presidente della Repubblica nell'atto di promulgare la legge sulla sicurezza, ha espresso non poche perplessità e preoccupazioni sull'istituzione di «associazioni tra cittadini per segnalare alle forze di polizia anche locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana ovvero situazioni di disagio», ne ha sollecitato la definizione di limiti e compiti e ed ha espresso anche rilievi sull'uso dello spray al peperoncino a scopo di autodifesa, anche eccependo che l'uso di tale spray da parte dei componenti di tali associazioni confligge con la disposizione che vorrebbe tali associazioni formate da «cittadini non armati»;
resta fondamentale garantire il potere dissuasivo della legge, mantenere la certezza comune secondo cui chi infrange la legge è destinato ad assumersene le responsabilità, per questo è fondamentale investire su quei comparti che garantiscono quotidianamente con il loro lavoro la sicurezza dei nostri concittadini; è necessario investire su quelle professionalità che a rischio spesso della propria incolumità e della propria vita si impegnano a garantire la sicurezza delle nostre città e dei nostri paesi; verso questi uomini e donne abbiamo tutti un debito di riconoscenza morale;
la Polizia di Stato, l'Arma dei carabinieri, la Guardia di finanza, e con loro tutte le forze dell'ordine, sono corpi formati da uomini e donne capaci, impegnati tutti i giorni sul territorio e a loro dobbiamo rispetto, non è accettabile mortificarli, non si può ricorrere a continui richiami retorici, servono interventi seri che dimostrino concretamente l'impegno ed il sostegno delle istituzioni nei loro confronti, servono investimenti concreti, non i richiami all'istituzione di fondi generici;
le misure economiche prese nei confronti delle forze dell'ordine e della sicurezza pubblica dal Governo comportano tagli per i prossimi tre anni per quasi tre miliardi di euro, prevedendo al contempo l'istituzione di fondi di carattere troppo generico;
tale situazione è aggravata dai tagli disposti al personale che si trova ad affrontare nuove e delicatissime funzioni nella gestione dell'ordine pubblico, senza avere né le risorse economiche necessarie a coprire i nuovi e ulteriori compiti loro attribuiti, né le risorse umane atte a garantire un'efficace copertura delle nuove funzioni;
la criminalità organizzata, problema gravissimo del nostro Paese, non si combatte certamente smantellando le forze dell'ordine sul territorio e finanziando le ronde;
da una parte si varano provvedimenti specifici sulla sicurezza, dall'altra contemporaneamente si tagliano i fondi alle forze dell'ordine;
i tagli finora attuati hanno già portato alla diminuzione di 40 mila unità nell'organico complessivo di forze dell'ordine e difesa, ci sono problemi gravi per la manutenzione dei mezzi per l'acquisto della benzina, nonché per l'acquisto delle divise ed anche dei giubbotti antiproiettile;
si evidenzia come le riduzioni paiano aver colpito con particolare gravità anche il settore dei consumi intermedi, entro cui ricadono voci critiche, come quelle della formazione e dell'addestramento del personale militare, nonché la manutenzione dei sistemi d'arma, con effetti a medio e lungo termine sulle capacità e la sicurezza del personale in missione non difficili da immaginare,

impegna il Governo:

ad intervenire in tempi rapidi per delineare interventi concreti ed efficaci a sostegno delle forze dell'ordine delineando un piano organico di misure volte al potenziamento di uomini e strutture, indicando in maniera chiara le risorse economiche da mettere a disposizione delle forze dell'ordine;
ad adottare gli opportuni provvedimenti finalizzati allo stanziamento di maggiori risorse per le forze dell'ordine, con particolare riguardo ai fondi per la manutenzione auto e alle indennità, nonché all'assunzione di ulteriore personale;
a rimodulare anche il settore degli investimenti, garantendo l'obiettivo del mantenimento delle attuali capacità operative, ritenute irrinunciabili per far fronte efficacemente alle crescenti e sempre più diversificate esigenze di presenza internazionale dell'Italia anche in funzione della sicurezza del nostro Paese.
9/2561-A/142. Paladini.

La Camera,
premesso che:
il 1o ottobre scorso il Presidente del Consiglio si era impegnato con le Regioni ad aprire il confronto sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012;
nonostante le sollecitazioni da parte della Conferenza delle Regioni, come ha in più occasioni sottolineato il Presidente della medesima, non c'è stata ancora risposta da parte dell'esecutivo. Contemporaneamente il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il 15 luglio scorso, ribadiva come l'intenzione del Governo fosse quella di andare avanti con un nuovo Patto per la salute, con o senza il placet delle Regioni;
è fondamentale invece che si apra subito il tavolo per discutere nel merito i problemi relativi alle risorse, alle norme e alle regole per il prossimo triennio, al fine di garantire qualità alla sanità pubblica e un'effettiva e sostenibile politica di controllo dei conti;
attualmente il Fondo sanitario per il prossimo triennio è fortemente sottostimato e ciò rischia di compromettere la qualità del servizio sanitario offerto dalle Regioni;
ricordiamo che solo il decreto-legge n. 112 del 2008 aveva disposto un taglio secco di cinque miliardi di euro nel biennio 2010 e 2011 del livello di finanziamento del Sistema sanitario nazionale cui concorre ordinariamente lo Stato, rispetto al finanziamento tendenziale. A ciò aggiungiamo l'ulteriore limatura prodotta dal disegno di legge in esame;
complessivamente la sottostima del Fondo sanitario nazionale previsto per il 2010-2011 è di almeno 7 miliardi di euro;
a ciò aggiungiamo una riduzione delle risorse per l'assistenza e per le politiche sociali attraverso l'azzeramento completo per il 2010 del Fondo per le non autosufficienze e la riduzione del fondo per le politiche sociali,

impegna il Governo:

ad aprire rapidamente il confronto con le regioni sul nuovo Patto per la salute per gli anni 2010-2012;
a trovare in tale ambito delle soluzioni condivise e concordate con gli enti locali che tengano in primario conto - nella consapevolezza della necessità di una riqualificazione della spesa sanitaria - del diritto costituzionale alla salute che deve essere sempre garantito a ciascun cittadino;
ad affrontare le problematiche relative ai livelli essenziali di assistenza (LEA), ai posti-letto ospedalieri e ai criteri di organizzazione del sistema sanitario in ogni regione, compatibilmente con le esigenze di evitare il collasso del servizio sanitario e di garantire qualità e appropriatezza delle prestazioni sanitarie offerte dalle regioni.
9/2561-A/143. Palagiano.

La Camera,
premesso che:
la non autosufficienza è in forte aumento in tutto il Paese e la famiglia rappresenta ancora oggi la principale risorsa a disposizione delle persone disabili e anziane per fronteggiare la propria non autosufficienza;
le famiglie con almeno un disabile grave sono circa un milione e mezzo, pari a quasi il 7 per cento delle famiglie italiane. I costi della cura sono infatti sostenuti principalmente dalle stesse famiglie attraverso il ricorso a familiari oppure a lavoro privato di cura in gran parte sommerso;
le risorse assegnate annualmente al Fondo la non autosufficienza, peraltro del tutto insufficienti e inadeguate, si esauriscono con il 2009. Per il 2010 non è stato infatti previsto, da parte del Governo, alcun finanziamento del medesimo fondo, come ha - tra gli altri - denunciato con forza nei giorni scorsi la stessa Conferenza delle regioni;
ricordiamo che la legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 1264) aveva istituito il Fondo per le non autosufficienze, con una dotazione di 100 milioni di euro per l'anno 2007 e di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Successivamente la legge finanziaria per il 2008 (articolo 2, comma 465), ne ha incrementato lo stanziamento di 100 milioni per l'anno 2008 e 200 per il 2009. Il 2009 è quindi l'ultimo anno in cui risulta rifinanziato (per complessivi 400 milioni) il suddetto Fondo;
sono inoltre del tutto inadeguate e insufficienti le risorse assegnate da questo Governo alle politiche sociali. La principale fonte di finanziamento di detto comparto viene dal Fondo per le politiche sociali, la cui dotazione viene rivista annualmente dalla legge finanziaria;
la legge finanziaria per il 2009, la prima di questa legislatura, stanzia per il Fondo per le politiche sociali 1.311.555.000 di euro per il 2009 e per il 2010 e 2011 rispettivamente 1.029.957.000 e 920.592.000 di euro, con un evidente vistosissima diminuzione, sia rispetto al 2008, che confrontando le risorse stanziate per ciascun anno del triennio 2009-2011. Ricordiamo che l'ultima finanziaria del Governo Prodi assegnava per il 2008 per il medesimo Fondo 1.582.815.000 di euro;
l'assessore alle politiche sociali della Regione Veneto, nonché coordinatore della Commissione politiche sociali della Conferenza delle Regioni, a proposito delle risorse per le politiche sociali, il 2 luglio scorso ha sottolineato come «mentre i finanziamenti complessivi alle regioni nel 2008 erano di oltre 2 miliardi di euro, (...) nel 2010 si passerà a 600 milioni di euro, con una decurtazione di due terzi dei finanziamenti stessi»,

impegna il Governo:

a prevedere fin dalla prossima legge finanziaria - come condizione necessaria per lo sviluppo di un sistema integrato dei servizi socio-sanitari - un incremento sensibile e in linea con le necessità delle risorse destinate alle non autosufficienze;
ad incrementare le risorse del Fondo per le politiche sociali, attualmente del tutto insufficienti e in costante e preoccupante riduzione.
9/2561-A/144. Di Giuseppe.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 22-ter del provvedimento in esame dispone che dal 1o gennaio 2010, le dipendenti delle pubbliche amministrazioni (iscritte alle forme esclusive dell'assicurazione generale obbligatoria), potranno conseguire il trattamento pensionistico secondo le regole previste dai singoli ordinamenti di appartenenza per il pensionamento di vecchiaia ovvero per il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età, al compimento del sessantunesimo anno di età;
ogni due anni tale limite verrà incrementato di un anno fino al raggiungimento del limite di 65 anni (nel 2018);
l'effetto della riforma riguarderà un numero crescente di lavoratrici, in ragione della gradualità dell'intervento e dell'effetto del parallelo aumento dei requisiti necessari per la quiescenza anticipata. Nei primi anni verrà coinvolta la sola coorte delle 60enni con anzianità contributive inferiori a quelle richieste per il pensionamento di anzianità. Gruppo che secondo l'Inpdap è stimabile in circa 3.500 unità nel 2010, 4.700 nel 2011 e 6.000 dal 2013;
a questa si aggiungeranno le coorti delle 62, 63 e 64enni fino ad arrivare nel 2018 a circa 8.500 lavoratrici. Le simulazioni condotte dall'Inpdap indicano che la nuova normativa porterebbe a un minor numero di pensioni nel 2018 pari a 30.041 e a una minore spesa cumulata tra il 2010 e il 2018 di circa 2.429 milioni di euro;
le economie derivanti dall'attuazione dell'incremento dell'età pensionabile delle dipendenti delle pubbliche amministrazioni confluiscono nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza;
a tale fine (in maniera contraddittoria con quanto affermato prima, e dunque è chiaro che non tutte le risorse saranno finalizzate a misure a sostegno delle donne lavoratrici) la dotazione del predetto fondo è incrementata di 120 milioni di euro nell'anno 2010 e 242 milioni di euro a decorrere dall'anno 2011;
non si deve intervenire - stante la rilevanza sociale della materia - sulle pensioni per decreto, ma discutendone con prassi ordinaria in Parlamento, previo accordo con le parti sociali;
l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne deve vedere come beneficiarie proprio le donne, perché può essere accettabile solo a patto di puntare, prima, alla parità tra i generi lungo tutto l'arco della vita lavorativa;
è dunque necessario un welfare moderno, che consenta alle donne di lavorare, fare carriera ed essere madri. È necessario incentivare la crescita dell'occupazione femminile. È necessario operare attivamente per la parità salariale. E tutto questo prima, o al massimo nel mentre, si innalza in modo graduale e facoltativo l'età pensionabile delle lavoratrici del pubblico impiego;
il Governo mira ad eliminare il solo riconoscimento esistente oggi - quello pensionistico - del doppio lavoro che le donne quotidianamente svolgono;
l'innalzamento dell'età pensionabile delle donne del lavoro pubblico rappresenta solo il primo passo del Governo che vuole mettere mano all'intero sistema previdenziale, peggiorando i trattamenti per tutte le lavoratrici ed i lavoratori italiani, a partire dalla revisione dei coefficienti di trasformazione;
questo è quanto chiede la Confindustria, che a più riprese ha sottolineato l'urgenza di applicare anche alle lavoratrici dell'industria l'innalzamento dell'età pensionabile prevista per le dipendenti del lavoro pubblico come primo passo per una riforma al ribasso di tutto il sistema pensionistico;
alla sentenza della Corte di Giustizia si è giunti a causa delle risposte lacunose e omissive che il II e III governo Berlusconi hanno dato ai rilievi avanzati dalla Commissione europea, ma essa non obbliga affatto ad un intervento di tale natura;
emerge con chiarezza la volontà del Governo di scaricare i costi della crisi su lavoratrici e lavoratori, nel mentre si condonano i grandi evasori con le norme sul cosi detto «scudo fiscale»;
in Italia le donne subiscono gravi discriminazioni: nell'accesso al mercato del lavoro, nelle opportunità di carriera, nella crescente disparità salariale, nelle condizioni di lavoro, nel progressivo aggravarsi del lavoro di cura conseguente ai tagli ai servizi sociali;
la possibilità di andare in pensione a 60 anni non è un obbligo, ma una libera scelta che le donne possono compiere, così come, se lo desiderano, già oggi possono continuare a lavorare fino a 65 anni e oltre come i loro colleghi maschi;
è poi assurdo che lo stesso limite di età per andare in pensione valga per l'impiegata ministeriale, e, ad esempio, anche per le infermiere stante la particolare condizione di usura di tale lavoro che prevede movimentazione dei carichi, lavoro notturno, relazione d'aiuto con persone particolarmente critiche; è difficile che il personale infermieristico possa arrivare in salute ai 65 anni, magari con 40 anni di turni notturni,

impegna il Governo:

a prendere, dopo un confronto con tutte le parti sociali, le opportune iniziative anche legislative, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, per:
ritornare ai criteri di flessibilità per la parificazione uomo/donna contenuti nella «legge Dini» ed avviare una discussione approfondita sui coefficienti per i giovani;
sviluppare una vera politica di pari opportunità che investa nei servizi pubblici, che sostenga le donne nel mercato del lavoro, che dia risposte al lavoro di cura, che allevi le donne dal peso di un doppio lavoro obbligato in tutte le fasi della vita;
distinguere tra le lavoratrici e le madri lavoratrici che si prendono cura dei figli oppure le lavoratrici che si curano delle persone non autosufficienti, per le quali tali gravosi compiti si aggiungono agli altri carichi familiari, con una diversa e maggiore valorizzazione contributiva per i periodi di maternità e di congedo parentale;
definire subito i lavori usuranti che diano diritto a donne e uomini ad andare in pensione anticipata rispetto alle condizioni di anzianità attualmente previste.
9/2561-A/145. Mura.

La Camera,
premesso che:
il sistema previdenziale italiano ha sempre previsto un trattamento coerente e legittimamente differente tra uomo e donna; infatti, anche a fronte di un'aspettativa di vita più lunga per la popolazione di sesso femminile, le donne hanno sempre goduto di un'età pensionabile più bassa;
il «Rapporto sulla protezione e l'inclusione sociale» della Commissione dell'Unione europea ha evidenziato come in Italia le condizioni economiche e di vita delle donne siano peggiori rispetto agli uomini. Bisogna attuare politiche che tutelino e aumentino il tasso di occupazione femminile, oltre a riforme favorevoli alla famiglia e a una migliore conciliazione con la vita lavorativa;
il ruolo della donna è sempre più importante per la società contemporanea e la sua attività si è evoluta e modificata nel tempo. Negli ultimi trent'anni le donne hanno conquistato meritevolmente sempre più autonomia e spazi nel mondo del lavoro, hanno una formazione sempre più competitiva e partecipano a pieno diritto allo sviluppo del mercato del lavoro: il loro è un contributo fondamentale e , insieme, una conquista sociale e una dimostrazione della civiltà nel nostro Paese;
senza il contributo lavorativo delle donne molte famiglie italiane, soprattutto nelle grandi città, non potrebbero sostenere il continuo e costante aumento dei costi della vita quotidiana e l'economia di intere famiglie, senza il lavoro delle donne, sarebbe messa decisamente in crisi;
il 25 giugno 2009 è giunta la messa in mora della Commissione Europea in materia di regime previdenziale Inpdap per la mancata equiparazione dell'età pensionabile tra uomini e donne, sancita dalla sentenza del 13 novembre 2008 della Corte di giustizia europea, per la violazione dell'articolo 141 del Trattato dell'Unione europea, che riguarda «la parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore»;
il recente monito dell'Unione europea è un invito di cui si deve tener conto, ma un'eventuale riforma del sistema deve necessariamente considerare l'importantissimo e delicato ruolo sociale della donna madre lavoratrice che cresce, educa e cura i propri figli e il ruolo assistenziale che la donna in prima persona svolge;
l'articolo 22-ter del provvedimento in esame dispone al comma 3 che le economie derivanti dall'attuazione dell'incremento dell'età pensionabile delle dipendenti delle pubbliche amministrazioni confluiscono nel Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale, presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, per interventi dedicati a politiche sociali e familiari con particolare attenzione alla non autosufficienza, anche se non si stabilisce con la necessaria chiarezza che tutti questi risparmi devono essere destinati a politiche a favore delle donne lavoratrici;
le simulazioni condotte dall'Inpdap mostrano che l'introduzione di tale norma porterebbe a un minor numero di pensioni nel 2018 pari a 30.041 milioni di euro e a una minore spesa cumulata tra il 2010 e il 2018 di circa 2.429 milioni di euro;
si evidenzia dall'articolo in esame che i risparmi ottenuti sono viceversa per lo stesso arco temporale pari a 1,9 miliardi e dunque minori di circa 550 milioni;

impegna il Governo:

a destinare tutti i risparmi conseguenti alle disposizioni introdotte dall'articolo 22-ter, comma 1, a misure di sostegno alle donne lavoratrici ed in particolare a:
un rafforzamento degli istituti di garanzia e di sostegno della maternità;
misure a sostegno del reinserimento delle madri nel mondo lavorativo;
alla creazione di una rete estesa di asili nido e a benefici fiscali per le imprese che istituiscono asili nido aziendali.
9/2561-A/146. Donadi.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di assestamento di bilancio per l'anno 2009 evidenzia un peggioramento del saldo netto da finanziare di 36,8 miliardi di euro, attribuibile in gran parte alla rilevante diminuzione delle entrate per oltre 32 miliardi di euro e ad un aumento delle spese finali di 4,5 miliardi di euro;
analizzando il quadro delle entrate finali, la netta variazione negativa che ne emerge riguarda quasi totalmente la diminuzione delle entrate tributarie, nell'ambito delle quali si segnalano modifiche di rilievo sia tra le imposte dirette che tra quelle indirette; da evidenziare in particolare, le variazioni dell'IRE (-10,4 miliardi); dell'IRES (-4,6 miliardi); dell'imposta sostitutiva (-1,2 miliardi); dell'imposta di registro (-1,081 miliardi); dell'IVA (-12,3 miliardi); dell'accisa sui prodotti energetici (-1,764 miliardi).
questo drammatico calo delle entrate sconta l'effetto di trascinamento dell'aumento di evasione già documentato per il 2008 ed è ben poco credibile il tentativo fatto dal Governo nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica (RUEF) non solo di negare questo dato di fatto, ma addirittura di sovvertirlo, sostenendo che: «l'entità della riduzione delle entrate tributarie per l'anno 2009 è la risultante dell'effetto negativo correlato al deterioramento delle condizioni economiche e di quello positivo connesso ai risultati di una più mirata ed efficace attività di accertamento»;
in realtà, se si guarda alle previsioni formulate dal Governo, si capisce come non solo i risultati dell'attività di accertamento, ma anche altre misure tendenti ad aumentare le entrate adottate nel corso del 2008 siano assolutamente sovrastimate, con la conseguenza che le entrate potrebbero ridursi ancor più di quanto previsto dal governo;
a seguito di accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza, così come emerge dalla relazione annuale sull'attività del Corpo, per l'anno 2008, sono stati individuati 6414 contribuenti evasori totali e 8815 casi di dichiarazioni di minore base imponibile delle imposte dovute e 1555 casi di IVA non versata. Relativamente all'anno 2009, la Guardia di finanza ha scoperto e verbalizzato, alla data del 31 maggio 2009, redditi non dichiarati per 13,7 miliardi di euro, IVA non versata per 2,3 miliardi e rilievi Irap per 8,7 miliardi. Si tratta di cifre consistenti, che rappresentano un incremento dell'evasione fiscale di oltre il 10 per cento rispetto al medesimo periodo di riferimento dell'anno precedente, che pure si era chiuso con i risultati più alti degli ultimi decenni;
la Corte dei Conti, nella relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2008, depositata al Senato in data 21 gennaio 2009, ha evidenziato forti perplessità in relazione alle iniziative intraprese dal Governo in materia di semplificazione e lotta all'evasione, in conseguenza delle quali si sono registrati importanti mancati introiti per il bilancio dello Stato.
come segnala il supremo organo di giustizia contabile, i comportamenti fraudolenti da parte degli evasori rischiano di essere incentivati a seguito della decisione del Governo in carica di sopprimere diverse misure di contrasto all'evasione fiscale adottate dal precedente Governo; si tratta in particolare delle seguenti decisioni:
l'abolizione dell'obbligo di indicare negli assegni bancari il codice fiscale di ciascun girante;
l'aumento dell'importo massimo dei trasferimenti in contanti tra soggetti da 5000 euro a 12.500 euro;
l'aumento del limite da 5000 euro a 12.500 euro per l'indicazione della clausola di «non trasferibilità» sugli assegni bancari; l'aumento da 5000 euro a 12500 euro del limite massimo dei depositi e libretti al portatore;
l'abrogazione dell'obbligo per i liberi professionisti e commercianti di tenere un conto corrente bancario o postale, il cosiddetto conto fiscale, sul quale far affluire tutte le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e dal quale sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese;
l'abrogazione dell'obbligo per i professionisti di riscuotere i pagamenti delle loro prestazioni per importi superiori a 100 euro con strumenti di pagamento elettronico o assegni o bonifici e aver abolito l'obbligo di presentazione dell'elenco clienti/fornitori;
l'abrogazione di norme in materia di trasparenza nei subappalti;
secondo la relazione della Corte dei Conti, le cosiddette misure di «semplificazione» hanno inciso non solo sui comportamenti dei contribuenti, ma anche sulla possibilità degli uffici di acquisire i necessari mezzi di prova, con i quali procedere ad una rapida definizione del contenzioso con i contribuenti e al recupero delle somme dovute da questi all'erario;
dal bollettino economico della Banca d'Italia, n. 56, del mese di aprile 2009, risulta che le entrate tributarie di cassa contabilizzate nel bilancio dello Stato e registrate nei primi tre mesi del 2009, sono diminuite del 5,4 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente; in particolare, le imposte dirette sono diminuite nei primi tre mesi del 2009 di 1,8 miliardi di euro (pari ad un decremento del 3,9 per cento rispetto al dato 2008), mentre le imposte indirette sono diminuite di 2,8 miliardi di euro (pari ad una riduzione del 7,2 per cento rispetto al dato 2008), per un ammontare totale di minori entrate tributarie di 4,6 miliardi di euro;
in contrasto con i predetti dati pubblicati dalla Banca d'Italia, la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, ha previsto per l'anno 2009 riduzioni delle entrate tributarie per soli 5 miliardi di euro (da 732 miliardi di euro del 2008 a 727 miliardi di euro nel 2009), con ciò evidenziando la mancanza di una visione reale dell'andamento dell'economia e della finanza pubblica da parte del Governo in carica;
come dimostrato dai recenti eclatanti risultati conseguiti dalla Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate nello svolgimento delle rispettive attività di accertamento e repressione dell'evasione, parte di tali minori entrate sono certamente imputabili ad una forte ripresa dell'evasione e dell'elusione fiscale,
solo da pochi giorni il Governo ha provveduto a presentare al Parlamento la Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, prescritta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che doveva essere presentata entro il 30 settembre 2008;
la relazione al Parlamento sui risultati della lotta all'evasione fiscale, integrata con l'illustrazione delle stime e delle azioni di contrasto, dovrebbe essere presentata unitamente alla Relazione sull'economia e la finanza pubblica, con i risultati finali dell'esercizio finanziario di riferimento.
l'evasione fiscale è «un vero e proprio tesoro» che ove acquisito all'erario risolverebbe non pochi problemi consentendo una sollecita riduzione del debito, una riduzione della pressione fiscale e un incremento delle spese in conto capitale tale da rilanciare l'economia«, queste sono le parole del procuratore generale della Corte dei Conti, il quale ha ricordato però le grandi difficoltà che questo percorso incontra almeno nella tempistica; non sarà dunque possibile secondo la Corte dei Conti impiegare risorse dalla lotta all'evasione per fronteggiare la crisi economica; in particolare, il Ministero dell'economia e della finanze valutava il valore aggiunto dell'economia sommersa nel Paese a quasi il 18 per cento del PIL: in termini di gettito si tratta di almeno sette punti percentuali corrispondenti ad oltre 100 miliardi di euro l'anno,

impegna il Governo:

a presentare con la massima sollecitudine al Parlamento la prossima Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, che in base all'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, deve essere presentata entro il 30 settembre 2009;
ad adottare ogni iniziativa utile a ridurre e contrastare l'evasione fiscale, provvedendo altresì a ripristinare le disposizioni in materia di lotta all'evasione soppresse con i decreti legge n. 112 e 185 del 2008, anche al fine di recuperare risorse ingenti da destinare ad interventi per lo sviluppo economico e sociale;
a provvedere alla pubblicazione, in modo organico, sistematico ed accessibile ai cittadini e alle istituzioni, le statistiche relative alle attività di contrasto all'evasione fiscale condotte dalle Agenzie fiscali e dalla Guardia di finanza, con particolare riferimento alle attività intraprese ai fini di controllo, indagini e verifiche effettuate, nonché ai risultati conseguiti nel recupero delle somme evase, evidenziando così l'efficienza degli assetti gestionali delle Agenzie fiscali e la congruità delle politiche adottate dal Governo in relazione al contrasto all'evasione fiscale;
a potenziare le attività ispettive, di accertamento, di contrasto alle frodi e all'evasione fiscale e tributaria dell'Agenzia delle entrate, anche mediante il potenziamento degli organici, provvedendo all'assunzione di nuovo personale e allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già espletati;
ad adottare ogni iniziativa necessaria a contrastare in maniera ferma e decisa l'evasione fiscale, sia a livello nazionale che internazionale, promuovendo altresì apposite iniziative, in primo luogo a livello europeo, allo scopo di accentuare la lotta ai paradisi fiscali;
ad adottare le opportune iniziative finalizzate a migliorare la normativa vigente in materia di attività bancaria e creditizia, con particolare riferimento alle misure di contrasto e controllo delle operazioni finanziarie illecite, anche di natura internazionale.
9/2561-A/147. Monai.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge di assestamento di bilancio per l'anno 2009 evidenzia un peggioramento del saldo netto da finanziare di 36,8 miliardi di euro, attribuibile in gran parte alla rilevante diminuzione delle entrate per oltre 32 miliardi di euro e ad un aumento delle spese finali di 4,5 miliardi di euro;
analizzando il quadro delle entrate finali, la netta variazione negativa che ne emerge riguarda quasi totalmente la diminuzione delle entrate tributarie, nell'ambito delle quali si segnalano modifiche di rilievo sia tra le imposte dirette che tra quelle indirette; da evidenziare in particolare, le variazioni dell'IRE (-10,4 miliardi); dell'IRES (-4,6 miliardi); dell'imposta sostitutiva (-1,2 miliardi); dell'imposta di registro (-1,081 miliardi); dell'IVA (-12,3 miliardi); dell'accisa sui prodotti energetici (-1,764 miliardi).
questo drammatico calo delle entrate sconta l'effetto di trascinamento dell'aumento di evasione già documentato per il 2008 ed è ben poco credibile il tentativo fatto dal Governo nella Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica (RUEF) non solo di negare questo dato di fatto, ma addirittura di sovvertirlo, sostenendo che: «l'entità della riduzione delle entrate tributarie per l'anno 2009 è la risultante dell'effetto negativo correlato al deterioramento delle condizioni economiche e di quello positivo connesso ai risultati di una più mirata ed efficace attività di accertamento»;
in realtà, se si guarda alle previsioni formulate dal Governo, si capisce come non solo i risultati dell'attività di accertamento, ma anche altre misure tendenti ad aumentare le entrate adottate nel corso del 2008 siano assolutamente sovrastimate, con la conseguenza che le entrate potrebbero ridursi ancor più di quanto previsto dal governo;
a seguito di accertamenti effettuati dalla Guardia di finanza, così come emerge dalla relazione annuale sull'attività del Corpo, per l'anno 2008, sono stati individuati 6414 contribuenti evasori totali e 8815 casi di dichiarazioni di minore base imponibile delle imposte dovute e 1555 casi di IVA non versata. Relativamente all'anno 2009, la Guardia di finanza ha scoperto e verbalizzato, alla data del 31 maggio 2009, redditi non dichiarati per 13,7 miliardi di euro, IVA non versata per 2,3 miliardi e rilievi Irap per 8,7 miliardi. Si tratta di cifre consistenti, che rappresentano un incremento dell'evasione fiscale di oltre il 10 per cento rispetto al medesimo periodo di riferimento dell'anno precedente, che pure si era chiuso con i risultati più alti degli ultimi decenni;
la Corte dei Conti, nella relazione sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre maggio-agosto 2008, depositata al Senato in data 21 gennaio 2009, ha evidenziato forti perplessità in relazione alle iniziative intraprese dal Governo in materia di semplificazione e lotta all'evasione, in conseguenza delle quali si sono registrati importanti mancati introiti per il bilancio dello Stato.
come segnala il supremo organo di giustizia contabile, i comportamenti fraudolenti da parte degli evasori rischiano di essere incentivati a seguito della decisione del Governo in carica di sopprimere diverse misure di contrasto all'evasione fiscale adottate dal precedente Governo; si tratta in particolare delle seguenti decisioni:
l'abolizione dell'obbligo di indicare negli assegni bancari il codice fiscale di ciascun girante;
l'aumento dell'importo massimo dei trasferimenti in contanti tra soggetti da 5000 euro a 12.500 euro;
l'aumento del limite da 5000 euro a 12.500 euro per l'indicazione della clausola di «non trasferibilità» sugli assegni bancari; l'aumento da 5000 euro a 12500 euro del limite massimo dei depositi e libretti al portatore;
l'abrogazione dell'obbligo per i liberi professionisti e commercianti di tenere un conto corrente bancario o postale, il cosiddetto conto fiscale, sul quale far affluire tutte le somme riscosse nell'esercizio dell'attività e dal quale sono effettuati i prelevamenti per il pagamento delle spese;
l'abrogazione dell'obbligo per i professionisti di riscuotere i pagamenti delle loro prestazioni per importi superiori a 100 euro con strumenti di pagamento elettronico o assegni o bonifici e aver abolito l'obbligo di presentazione dell'elenco clienti/fornitori;
l'abrogazione di norme in materia di trasparenza nei subappalti;
secondo la relazione della Corte dei Conti, le cosiddette misure di «semplificazione» hanno inciso non solo sui comportamenti dei contribuenti, ma anche sulla possibilità degli uffici di acquisire i necessari mezzi di prova, con i quali procedere ad una rapida definizione del contenzioso con i contribuenti e al recupero delle somme dovute da questi all'erario;
dal bollettino economico della Banca d'Italia, n. 56, del mese di aprile 2009, risulta che le entrate tributarie di cassa contabilizzate nel bilancio dello Stato e registrate nei primi tre mesi del 2009, sono diminuite del 5,4 per cento rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente; in particolare, le imposte dirette sono diminuite nei primi tre mesi del 2009 di 1,8 miliardi di euro (pari ad un decremento del 3,9 per cento rispetto al dato 2008), mentre le imposte indirette sono diminuite di 2,8 miliardi di euro (pari ad una riduzione del 7,2 per cento rispetto al dato 2008), per un ammontare totale di minori entrate tributarie di 4,6 miliardi di euro;
in contrasto con i predetti dati pubblicati dalla Banca d'Italia, la Relazione unificata sull'economia e la finanza pubblica, ha previsto per l'anno 2009 riduzioni delle entrate tributarie per soli 5 miliardi di euro (da 732 miliardi di euro del 2008 a 727 miliardi di euro nel 2009), con ciò evidenziando la mancanza di una visione reale dell'andamento dell'economia e della finanza pubblica da parte del Governo in carica;
come dimostrato dai recenti eclatanti risultati conseguiti dalla Guardia di finanza e dell'Agenzia delle entrate nello svolgimento delle rispettive attività di accertamento e repressione dell'evasione, parte di tali minori entrate sono certamente imputabili ad una forte ripresa dell'evasione e dell'elusione fiscale,
solo da pochi giorni il Governo ha provveduto a presentare al Parlamento la Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, prescritta dall'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, che doveva essere presentata entro il 30 settembre 2008;
la relazione al Parlamento sui risultati della lotta all'evasione fiscale, integrata con l'illustrazione delle stime e delle azioni di contrasto, dovrebbe essere presentata unitamente alla Relazione sull'economia e la finanza pubblica, con i risultati finali dell'esercizio finanziario di riferimento.
l'evasione fiscale è «un vero e proprio tesoro» che ove acquisito all'erario risolverebbe non pochi problemi consentendo una sollecita riduzione del debito, una riduzione della pressione fiscale e un incremento delle spese in conto capitale tale da rilanciare l'economia«, queste sono le parole del procuratore generale della Corte dei Conti, il quale ha ricordato però le grandi difficoltà che questo percorso incontra almeno nella tempistica; non sarà dunque possibile secondo la Corte dei Conti impiegare risorse dalla lotta all'evasione per fronteggiare la crisi economica; in particolare, il Ministero dell'economia e della finanze valutava il valore aggiunto dell'economia sommersa nel Paese a quasi il 18 per cento del PIL: in termini di gettito si tratta di almeno sette punti percentuali corrispondenti ad oltre 100 miliardi di euro l'anno,

impegna il Governo:

a presentare con la massima sollecitudine al Parlamento la prossima Relazione sui risultati della lotta all'evasione fiscale, che in base all'articolo 1, comma 5, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, deve essere presentata entro il 30 settembre 2009;
ad adottare ogni iniziativa utile a ridurre e contrastare l'evasione fiscale, anche al fine di recuperare risorse ingenti da destinare ad interventi per lo sviluppo economico e sociale;
a provvedere alla pubblicazione, in modo organico, sistematico ed accessibile ai cittadini e alle istituzioni, le statistiche relative alle attività di contrasto all'evasione fiscale condotte dalle Agenzie fiscali e dalla Guardia di finanza, con particolare riferimento alle attività intraprese ai fini di controllo, indagini e verifiche effettuate, nonché ai risultati conseguiti nel recupero delle somme evase, evidenziando così l'efficienza degli assetti gestionali delle Agenzie fiscali e la congruità delle politiche adottate dal Governo in relazione al contrasto all'evasione fiscale;
a potenziare le attività ispettive, di accertamento, di contrasto alle frodi e all'evasione fiscale e tributaria dell'Agenzia delle entrate, anche mediante il potenziamento degli organici, provvedendo all'assunzione di nuovo personale e allo scorrimento delle graduatorie dei concorsi già espletati;
ad adottare ogni iniziativa necessaria a contrastare in maniera ferma e decisa l'evasione fiscale, sia a livello nazionale che internazionale, promuovendo altresì apposite iniziative, in primo luogo a livello europeo, allo scopo di accentuare la lotta ai paradisi fiscali;
ad adottare le opportune iniziative finalizzate a migliorare la normativa vigente in materia di attività bancaria e creditizia, con particolare riferimento alle misure di contrasto e controllo delle operazioni finanziarie illecite, anche di natura internazionale.
9/2561-A/147.(Testo modificato nel corso della seduta)Monai.

La Camera,
premesso che:
diversi importanti istituti di previsione, della Banca d'Italia, della Confindustria, di enti di ricerca indipendenti, indicano un ulteriore aggravamento della crisi in Italia, con una caduta del PIL nel 2009 superiore al 5 per cento e un aumento della disoccupazione sopra il 8 per cento;
oltre 1,2 milioni di lavoratori perderanno il posto di lavoro nel prossimo biennio, con conseguenze sociali devastanti e con un impatto sui consumi che farà da moltiplicatore della crisi;
nelle piccole imprese, che assorbono il 90 per cento dell'occupazione, sono cominciati i licenziamenti e le cessazioni di attività;
nel corso dell'anno 2009 arriveranno a scadenza più di 2 milioni di contratti di lavoro a termine. È facile prevedere che la maggioranza di questi non verrà confermato ed in assenza di ammortizzatori sociali si tradurranno in «licenziamenti di fatto»;
secondo la rilevazione da parte dell'Istat delle forze di lavoro nel Paese nel primo trimestre 2009 il numero delle persone in cerca di occupazione registra il quinto aumento tendenziale consecutivo, portandosi a 1.982.000 unità (+221.000 unità, pari al +12,5 per cento rispetto al primo trimestre 2008);
il tasso di disoccupazione passa dal 7,1 per cento del primo trimestre 2008 all'attuale 7,9 per cento;
gli ultimi dati Istat che rivelano un calo dell'occupazione concentrato, soprattutto, tra i lavoratori con contratto a tempo determinato (154.000), tra i lavoratori con collaborazioni coordinate e continuative (107.000) e tra i lavoratori autonomi (meno 163.000), tipologia, in cui, almeno in parte, si nasconde il lavoro precario;
è evidente che la crisi in atto aumenterà la precarietà del lavoro, rendendo sempre più imminente la necessità di adottare i necessari provvedimenti a favore di questi lavoratori;
i lavoratori «atipici» in tutte le loro articolazioni rappresentano dunque una categoria in costante crescita: il 12 per cento dell'occupazione complessiva e quasi l'80 per cento della nuova occupazione.
il mondo del precariato è una realtà complessa e variegata oltre che in costante crescita: ai lavoratori a tempo determinato si affiancano quelli con contratti di somministrazione, i vecchi interinali e poi i lavoratori parasubordinati con tutta la miriade di differenti tipologie contrattuali;
si evidenzia la condizione di circa due milioni di lavoratori precari che rischiano di essere totalmente esclusi da ogni forma di sostegno del reddito in caso di licenziamento;
niente è stato previsto per quei 400 mila precari, quasi tutti giovani, che non si sono visti rinnovare il contratto dall'inizio della crisi, secondo i dati sin qui disponibili (che si fermano a tre mesi fa).
di questi, nella migliore delle ipotesi, solo uno su tre riceve un sussidio di disoccupazione ordinario per pochi mesi, a fronte di una durata della disoccupazione che nel cinquanta per cento dei casi è superiore ai 12 mesi;
manca qualsiasi misura di sostegno a favore dei lavoratori a tempo determinato o parasubordinati, che non hanno diritto a nessun tipo di ammortizzatore sociale in caso di sospensione o cessazione del lavoro;
la stessa Banca d'Italia stima che si tratti di circa 1.600.000 lavoratori, e ricorda inoltre che, nelle famiglie in cui sono presenti solo lavoratori »atipici«, l'incidenza della povertà è stimata al 47 per cento;
in questo contesto di crisi sono enfatizzate le tradizionali criticità del sistema di ammortizzatori sociali in Italia, a partire dai limiti strutturali di inclusività del sistema (per settore, dimensioni aziendali, tipologie contrattuali).;
i due terzi degli occupati a tempo indeterminato sono impegnati in settori che non rientrano nel sistema cassa integrazione/mobilità, che copre solo i settori industria/indotto/grande distribuzione e solo le aziende medio grandi; il 13 per cento degli occupati ha un lavoro flessibile ed alla scadenza non ne troverà un altro;
le coperture dell'indennità di disoccupazione sono molto inferiori, soprattutto per durata, ai livelli europei; i lavoratori non sono sostenuti da un adeguato funzionamento dei centri per l'impiego, che operano ancora a macchia di leopardo;
sono ancora privi di coperture adeguate i lavoratori precari, che incrementano le liste di disoccupazione e che non raggiungono i requisiti soggettivi previsti per la cassa integrazione;
va tenuto presente che l'indennità di disoccupazione a requisiti ridotti richiede che sia stato versato almeno un contributo settimanale prima dell'ultimo biennio e che, in ogni caso, gli ammortizzatori in deroga richiedono una certa anzianità assicurativa (tre mesi per la cassa integrazione e dodici mesi per l'indennità di mobilità). Anche per gli apprendisti restano problemi aperti, essendo state previste soluzioni che li ammettono agli interventi in deroga, ma non, paradossalmente, a quelli ordinari;
se, inoltre, si considerano gli effetti dell'interruzione del processo di stabilizzazione del personale precario delle pubbliche amministrazioni avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi, appaiono come sempre più fondate le critiche che evidenziano la mancanza di una strategia condivisa di sostegno all'occupazione, tanto per i lavoratori dipendenti a tempo indeterminato che per i lavoratori precari, e di riforma degli ammortizzatori sociali, così come delineato e concordato tra Governo e parti sociali, con il protocollo del 23 luglio 2007;
anche i provvedimenti sul mercato del lavoro, contenuti nel decreto anticrisi (decreto-legge n. 78 del 2009), alla luce della forte crescita della disoccupazione a inizio 2009, risultano del tutto inadeguati;
le misure attivate dal Governo, nel loro complesso, sono state inefficaci a mettere un argine alla crisi in atto. Gli stanziamenti previsti sono totalmente inadeguati a far fronte alla grave crisi economica ed occupazionale;
per di più, con il decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con la legge n. 133 del 2008 e col disegno di legge A.S. 1167 in Senato, è stato prima smantellato e poi abolito il processo di stabilizzazione del personale precario avviato con le due leggi finanziarie del Governo Prodi. Ciò, da solo, determinerà la perdita di lavoro di oltre 160 mila lavoratori precari della pubblica amministrazione e della scuola;
il provvedimento più importante consiste nella possibilità concessa ai la- voratori in Cassa Integrazione di allungare ulteriormente la durata dei trattamenti loro riservati e addirittura rimpinguarli fino al 100 per 100 cento del salario precedente. Questo avverrà frequentando corsi di formazione forniti dalla stessa impresa presso cui operavano. La misura non può certo migliorare le opportunità di impiego di quei lavoratori che sono occupati in quelle tante imprese che non hanno un futuro oltre la crisi;
per i cosiddetti contratti di collaborazione, di cui si stima che ne scadranno tra 300 mila e 400 mila all'anno, non c'è ovviamente alcuna possibilità di accesso alla cassa integrazione in deroga e per essi è stato previsto, nel decreto n. 185 del 2008 del Governo, quello del «sostegno all'economia», un sussidio quasi simbolico e di difficile applicazione, pari al 20 per cento del reddito dell'ultimo anno per il 2009 e del 10 per cento per chi farà la domanda nel 2010;
sono appena 1.800 i precari che hanno chiesto la mini indennità di disoccupazione introdotta dal Governo con la legge n. 2 del 28 gennaio scorso. I sindacati chiedono una riapertura dei termini per le domande almeno fino al 31 ottobre;
il provvedimento stabilisce che, in via sperimentale, è riconosciuta per il solo 2009 una somma una tantum pari al 20 per cento del reddito percepito nel 2008 ai collaboratori coordinati e continuativi (co.co.co.) e ai collaboratori a progetto (co.co.pro.) che abbiano determinati requisiti: operino in regime di monocommittenza (abbiano cioè un solo datore di lavoro); siano iscritti esclusivamente alla gestione previdenziale separata (quella per i parasubordinati) con un numero di mensilità contributive accreditate nel 2008 compreso fra 3 e 10 più almeno altre 3 nel 2009; abbiano un reddito 2008 compreso tra 5 mila e 13.819 euro. L'indennità può quindi oscillare tra mille e 2.763 euro. Per ottenerla, i precari che hanno cessato di lavorare prima del 30 maggio scorso dovevano presentare domanda all'Inps entro il 30 giugno;
per i rapporti di lavoro finiti dopo il 30 maggio l'interessato aveva 30 giorni di tempo dall'evento per presentare la richiesta dell' una tantum;
finora sono arrivate in tutto 1.800 domande, Decisamente poche rispetto a una platea di potenziali interessati quantificata per esempio dall' Adapt (Fondazione Marco Biagi) in 75 mila collaboratori, cioè il 10 per cento del totale;
con il comma 8-ter dell'articolo 1 del provvedimento al nostro esame autorizza il Governo, al fine «di rendere efficiente e flessibile l'utilizzo delle complessive risorse destinate ad interventi relativi agli ammortizzatori sociali per l'anno 2009», ad utilizzare, per finanziare ulteriormente il Fondo per l'occupazione, parte dei 100 milioni già destinati all'attuazione dell'istituto sperimentale di tutela del reddito, una tantum e nella misura del 20 per cento del reddito percepito l'anno precedente, per i collaboratori a progetto;
era meglio - ad avviso dei presentatori - prevedere una revisione delle condizioni per accedere a tale beneficio ed una sua estensione a tutte le forme di lavoro atipico nonché un incremento del beneficio davvero misero,

impegna il Governo:

a procedere alla riforma organica degli ammortizzatori sociali;
a disporre con la massima urgenza, per i prossimi ventiquattro mesi, misure a sostegno del reddito finalizzate a mantenere in attività il maggior numero possibile di lavoratori dipendenti e parasubordinati; in particolare prevedendo, per le aziende che rinunciano al ricorso alla cassa integrazione e riducono l'orario di lavoro a seguito di documentata riduzione degli ordini, l'attivazione di specifici ammortizzatori sociali finalizzati a compensare la riduzione delle retribuzioni erogate ai lavoratori per la diminuita attività lavorativa, garantendo così il mantenimento in attività, per i prossimi ventiquattro mesi dei lavoratori sia dipendenti che parasubordinati;
a prevedere una riforma della cassa integrazione, che oggi ha ancora, pur dopo i provvedimenti «sbandierati» dal Governo, gravi limiti di applicazione, allungandone la durata e portando il valore effettivo dell'indennità all'80 per cento dell'ultima retribuzione, prevedendo in particolare la possibilità di estenderne l'utilizzo per i prossimi ventiquattro mesi a tutti i lavoratori anche parasubordinati rimasti senza lavoro;
a predisporre, per i prossimi ventiquattro mesi, per quei lavoratori, anche parasubordinati, per i quali non sarà possibile il mantenimento in attività né l'utilizzo di ammortizzatori sociali esistenti per un periodo di almeno un anno, uno specifico assegno mensile di disoccupazione;
ad assumere le opportune iniziative al fine di estendere tutte le tipologie di ammortizzatori sociali, attuali e future, a tutti i lavoratori con contratti a tempo determinato o con altre forme di lavoro precario quando siano stati superati i trentasei mesi di lavoro, comunque realizzati, nell'arco degli ultimi cinque anni;
a predisporre specifici controlli degli organi competenti ed il rafforzamento di quelli attuali ai quali debba essere vincolata l'erogazione degli ammortizzatori sociali proposti per il prossimi ventiquattro mesi e a vincolare l'erogazione di tali ammortizzatori esclusivamente per le imprese che assumeranno l'impegno a non diminuire i propri livelli occupazionali per il periodo in cui saranno erogati i contributi ed i sussidi, l'impegno a non esternalizzare la propria produzione all'estero, in particolare la manodopera, oltre una percentuale fisiologica del proprio personale ed infine a condizione che le medesime imprese siano in regola con gli obblighi fiscali.
9/2561-A/148. Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
dopo le proteste pubbliche del Presidente dell'ABI, Corrado Faissola, che aveva definito le modifiche apportate dalle Commissioni V e VI, nel corso dell'esame in sede referente della legge di conversione del decreto legge n. 78 del 2009, all'articolo 2, punitive ed incomprensibili per «la portata, il senso, il fine», ad avviso del presentatore, prontamente malgrado l'impegno preso con i gruppi parlamentari e lo stesso Presidente della Camera di porre la fiducia sul testo uscito dalle Commissioni, il Ministro Tremonti prono al volere delle banche, contro le quali peraltro alza la voce ed il dito accusatorio quasi quotidianamente, ha presentato un testo che ha soppresso le modifiche ai commi 1 e 2, ed i commi 1-bis e 4-ter dell'articolo 2 del provvedimento al nostro esame;
i commi 1 e 1-bis prevedevano che a decorrere dal 1o gennaio 2010, la data di valuta per il beneficiario per tutti i bonifici, gli assegni circolari e quelli bancari non potesse superare, rispettivamente, uno, uno e tre giorni (anche non lavorativi) successivi alla data del versamento (si ritorna dal 1o gennaio 2009 a 4, 4 e 5 giorni lavorativi); per i medesimi titoli, a decorrere dal 1o novembre 2009, la data disponibilità economica non poteva mai superare i quattro,quattro e cinque giorni lavorativi; a decorrere dal 2010, la data di disponibilità economica non poteva mai superare i quattro giorni per tutti i titoli;
inoltre, si prevedeva che il prestatore dei servizi di pagamento dell'ordinante un'operazione di bonifico assicurasse che dal momento della ricezione dell'ordine l'importo dell'operazione venisse accreditato sul conto del prestatore di servizi di pagamento entro la fine della giornata operativa successiva;
le modifiche al comma 2 cancellate prevedevano che nell'ammontare del corrispettivo omnicomprensivo per il servizio di messa a disposizione delle somme pari allo 0,5 per cento, si comprendesse anche quanto richiesto a titolo di corrispettivo per lo sconfinamento oltre l'affidamento richiesto;
il comma 4-ter soppresso stabiliva che le modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali da parte delle banche comunque non potesse avere un innalzamento del tasso di interesse in misura superiore al 5 per cento. La modifica unilaterale delle condizioni contrattuali si intendeva approvata, poi, qualora il cliente non recedesse, senza spese, dal contratto entro centoventi giorni;
si trattava di disposizioni modeste nella loro portata che però sono state giudicate lo stesso eccessive dai poteri forti del credito;
il Ministro Tremonti ha giustificato tali soppressioni dichiarando sbrigativamente in Aula che tali disposizioni erano «in contrasto con gli standard internazionali e le norme europee»; nonostante le Commissioni di merito in sede referente si fossero pronunciate in modo differente;
i lavori delle Commissioni erano peraltro stati bloccati per un paio d'ore su un emendamento presentato dal Gruppo dell'Italia dei Valori che aveva registrato il parere favorevole dei relatori e del Governo, ma evidentemente la strenua contrarietà dell'ABI;
tale emendamento (Borghesi 2. 08) proponeva che per i contratti di credito non regolati in conto corrente l'indicazione nel contratto del saggio di interesse annuo effettivo globale (SIAEG), comprensivo cioè di tutte le spese, le commissioni e gli oneri accessori a carico del cliente in maniera tale da offrire allo stesso l'immediata percezione del costo del finanziamento, offrendogli quindi un ulteriore elemento di scelta fra i diversi intermediari. Si trattava di una norma a garanzia soprattutto dei piccoli imprenditori e dei professionisti che sono meritevoli di una tutela di legge. Il compito di individuare le modalità di calcolo era attribuito al Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio;
per quanto riguardava, invece, i contratti regolati in conto corrente, ovvero che consentono un uso discrezionale delle risorse messe a disposizione, data la pratica impossibilità di definire a priori il SIAEG, si proponeva che nell'estratto conto o nel documento attestante l'utilizzo del fido venisse indicato il tasso passivo effettivo su base annua applicato alla clientela, comprensivo cioè di tutti gli oneri a carico della controparte. Calcolo analogo che doveva essere effettuato anche per il tasso attivo del conto corrente, cioè determinando il tasso attivo effettivo su base annua. Per tali contratti inoltre si proponeva che la capitalizzazione degli interessi avvenisse con riferimento alla medesima scansione temporale, per cui a fronte di una capitalizzazione trimestrale degli interessi passivi come accade attualmente, anche gli interessi attivi dovevano essere capitalizzati trimestralmente. Anche in questo caso il compito di individuare le modalità di calcolo era attribuito al CICR;
rimane dunque inascoltato l'appello del Governatore della Banca d'Italia che ha lanciato l'allarme «usura» indicando nella criminalità organizzata il soggetto più pronto a subentrare alle banche nell'offrire - ovviamente con ben altri tassi e metodi - liquidità alle imprese ed ai professionisti, un allarme comprovato dal sequestro avvenuto in questi giorni del prestigioso Café de Paris di Roma, finito nelle mani della «ndrangheta» per soli 250mila euro,

impegna il Governo:

a prendere le opportune iniziative, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, al fine di:
evitare comportamenti fraudolenti e rendere effettivi i benefici derivanti dal divieto della commissione di massimo scoperto, per rendere nulle tutte le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto e ogni altra clausola avente il medesimo scopo o finalità;
introdurre criteri di massima trasparenza nei rapporti tra istituti di credito e utenti e prevedere un chiaro ed unico indicatore sintetico che riunisca le diverse voci di spesa a carico del cliente.
9/2561-A/149. Borghesi

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del provvedimento in esame, per sostenere, in questo periodo di forte crisi, l'export dei prodotti italiani all'estero, stabilisce l'esclusione dall'imposizione sul reddito di impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in macchinari e apparecchiature compresi nella divisione 28 della tabella Ateco (provvedimento del direttore delle Entrate del 16 novembre 2007), fatti a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 30 giugno 2010;
la norma citata prevede che l'esclusione vale a decorrere dal periodo d'imposta 2010, ossia che l'agevolazione venga fruita esclusivamente in sede di saldo per ognuna delle due annualità interessate (2009 e 2010), senza che essa incida sul calcolo e versamento degli acconti;
il provvedimento specifica con apprezzabile chiarezza quali siano gli investimenti che meritano l'esenzione fiscale; si tratta di un ventaglio ridotto, di fatto riservato alle imprese medie e grandi che dispongono di programmi innovativi sia nel campo dei prodotti sia in quello dei processi di produzione;
c'è tuttavia un problema che riguarda la tempistica: per dar luogo all'investimento degli utili occorre che gli utili vi siano e qui la scrematura sarà purtroppo vistosa in tempi di crisi. Ma poi è necessario che quegli utili siano destinati agli investimenti indicati nel provvedimento. Soltanto l'esame rigoroso dei bilanci aziendali sarà in grado di dimostrare che l'operazione di reinvestimento è stata effettuata, il che significa che la riduzione del carico tributario avrà luogo al più presto nella primavera del 2010 e non nei prossimi cento giorni come richiesto da Confindustria;
in sostanza, si agevolano gli investimenti in pompe, forni, macchine ed utensili ad uso industriale, mentre del tutto assente è qualsiasi investimento in hardware e software o innovazione delle tecnologie digitali per le imprese italiane;
la scelta del Governo di escludere dalla detassazione degli utili delle imprese che reinvestono in macchinari, quelli destinati agli investimenti in tecnologie digitali, appare un'occasione mancata per rilanciare la competitività del Paese». È la critica di Assinform, l'associazione nazionale delle imprese di Information Technology, al decreto legge anticrisi;
«in Italia - ha sottolineato l'Assinform - si continuano a sottovalutare le enormi potenzialità dell'innovazione digitale anche nel contrasto alla crisi. Rispetto agli investimenti tradizionali, quelli nel digitale rendono sette volte di più, vale a dire hanno un effetto moltiplicatore ben più forte e potente. Il decreto anticrisi poteva rappresentare un concreto incentivo per consentire alle nostre PMI di accedere ai vantaggi offerti dalle nuove applicazioni digitali in termini di crescita delle capacità competitive e conquista di nuovi mercati»;
per le imprese il vantaggio da questi provvedimenti è abbastanza discutibile; infatti, il 59 per cento delle imprese per il 2008 dichiara utili negativi, quindi tecnicamente queste imprese sono poco interessate ai provvedimenti,

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a:
estendere le agevolazioni di cui all'articolo 5 citato anche alle divisioni della Tabella ATECO: n. 26 (Fabbricazione di computer e prodotti di elettronica e ottica; apparecchi elettromedicali, apparecchi di misurazione e di orologi), n. 27 (Fabbricazione di apparecchiature elettriche ed apparecchiature per uso domestico non elettriche) e n. 31 (Fabbricazione di mobili);
modificare la cosiddetta «Tremonti-ter», come prevista nella prima attuazione, premiando solo gli investimenti aggiuntivi con l'esclusione di quelli immobiliari (i capannoni) e delle autovetture.
9/2561-A/150. Cimadoro.

La Camera,
premesso che:
il comma 1 dell'articolo 5 del decreto-legge in esame stabilisce la detassazione dal reddito d'impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in macchinari e apparecchiature ma esclude dall'applicazione della misura dell'incentivo la gran parte delle imprese agricole che determinano il reddito su base catastale;
tale esclusione penalizza fortemente l'intera filiera, ed in particolare i produttori di macchine agricole da sempre alle prese con le difficoltà del settore agricolo, ora ulteriormente colpite dalla crisi che sta interessando l'intera economia nazionale ed internazionale;
per ovviare a questa esclusione è necessario intervenire con una modifica dell'attuale testo normativo che, tenuto conto del particolare regime catastale di determinazione del reddito delle imprese agricole, consenta di accedere all'incentivo fiscale,

impegna il Governo

a valutare di adottare le opportune ulteriori iniziative normative al fine di riconoscere un credito d'imposta a favore delle imprese agricole da utilizzare in compensazione, a norma dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, pari al beneficio fiscale comunque conseguito dalle imprese degli altri settori.
9/2561-A/151. Rota.

La Camera,
premesso che:
i comuni da molti mesi, in tutte le sedi politiche ed istituzionali, con senso di responsabilità hanno chiesto al Governo e al Parlamento, avanzando proprie proposte concrete e ragionevoli, di poter concorrere a fornire un contributo per far fronte a questo drammatico contesto economico, finanziario e sociale;
le stime contenute nel nuovo quadro previsionale, delineato nel DPEF 2010-2013, confermano ancor di più l'esigenza di ripensare le misure anti-crisi anche per quanto riguarda il ruolo assegnato ai comuni, anche in considerazione di una situazione economico finanziaria comunale che, come sopra descritto, evidenzia la possibilità di utilizzare e liberare risorse, senza accrescere la quota di indebitamento;
i comuni devono poter adottare misure di sostegno alle imprese e all'economia delle comunità locali ed interventi nei confronti delle famiglie e dei lavoratori in situazioni di maggiore disagio, anche se queste misure dovessero determinare un conseguente sforamento delle regole del Patto di stabilità interno;
molti comuni hanno già dichiarato di non poter rispettare gli obiettivi posti dal Patto di stabilità interno, anche perché ciò comporterebbe la violazione di obblighi contrattuali con imprese e fornitori ed aggraverebbe in modo preoccupante la situazione economica locale,

impegna il Governo

a valutare di adottare le opportune iniziative normative al fine di autorizzare per gli enti locali l'uso del 10 per cento dei residui passivi per interventi selezionati quali opere di viabilità e manutenzione del territorio.
9/2561-A/152. Palomba.

La Camera,
premesso che:
la pubblica amministrazione italiana risulta debitrice nei confronti delle imprese per circa 60 miliardi di euro;
i ritardi medi nei pagamenti superano i 200 giorni, in netta crescita rispetto ai 150 giorni di attesa, in media, stimati alla fine del 2007;
l'articolo 9 del decreto-legge in esame dispone che le pubbliche amministrazioni dovranno adottare entro il 31 dicembre 2009 misure organizzative per garantire il tempestivo pagamento delle somme dovute per somministrazioni, forniture e appalti e dovranno pubblicare le disposizioni adottate sul sito Internet;
tale norma non si applica alle aziende sanitarie, ospedaliere, ospedaliere universitarie, compresi i policlinici universitari, gli IRCCS pubblici, anche trasformati in fondazioni;
si tratta di una norma che non impegna una spesa se non è in linea con lo stanziamento di bilancio;
quindi occorre che tutti i soggetti istituzionalmente competenti agiscano per l'accelerazione dei tempi di pagamento,

impegna il Governo

a valutare di adottare le opportune iniziative normative al fine di prevedere l'intervento della Cassa depositi e prestiti per garantire la liquidità necessaria alle pubbliche amministrazioni al fine di accelerare il pagamento a favore dei fornitori.
9/2561-A/153. Cambursano, Messina.

La Camera,
premesso che:
la statistica ufficiale ha un ruolo determinante, ed è di supporto alla formulazione delle scelte politiche. È la base informativa che consente di giudicare l'operato dei governanti, è risorsa-chiave per i mercati, per l'Accademia, per l'opinione pubblica;
una statistica condizionata dai governi o da interessi particolari rischia di supportare scelte politiche distorte o di fuorviare la valutazione dei governati sui risultati ottenuti da un governo. Ad esempio, rilevazioni troppo benevole sulla criminalità o sull'occupazione lasciano in ombra i difetti dell'azione di governo in materia di ordine pubblico o di welfare;
è certamente importante garantire l'autonomia tecnico-professionale e l'indipendenza della statistica pubblica (degli uffici di statistica e degli statistici pubblici) da qualsiasi condizionamento dei governi, a tutti i livelli e/o da gruppi e strutture di potere;
il finanziamento della statistica italiana è assolutamente insufficiente. Il trasferimento di fondi all'ISTAT da parte dello Stato è molto inferiore al fabbisogno, ampiamente documentato, necessario per rispondere alle esigenze di informazioni statistiche che derivano da adempimenti comunitari, da normative nazionali e dalle richieste degli utenti pubblici e privati;
l'ISTAT utilizza da molti anni i dati amministrativi per produrre indicatori economici e sociali, compiendo un trattamento statistico e metodologico che garantisca che tali dati, nati a scopi gestionali, abbiano i requisiti di qualità richiesti alle statistiche ufficiali;
i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell'economia e delle finanze hanno messo in discussione i dati dell'ISTAT sui disoccupati, sostenendo pubblicamente che l'ISTAT li ricaverebbe da un campione di mille persone, più o meno come quello usato per i sondaggi elettorali;
la garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza passa oggi anche per una netta distinzione tra funzioni di governo, amministrazione e controllo da un lato e funzioni statistiche dall'altro;
si parla spesso di aumentare l'autonomia e l'indipendenza dell'ISTAT e della statistica ufficiale dall'Esecutivo anche in termini finanziari e di regolamentazione;
il decreto-legge in esame, con l'articolo 11, istituisce una ennesima nuova banca dati amministrativa sotto il controllo dei due ministeri che dovrebbe integrare varie fonti (Ministero del lavoro, Ministero dell'economia e delle finanze, INPS e Agenzia delle entrate) per fornire informazioni per l'elaborazione delle politiche economiche e sociali del Governo;
un istituto di statistica più debole, rischia di rappresentare l'inizio del ridimensionamento dell'autonomia dell'Istituto. In passato l'ISTAT, pur avendo subito qualche tentativo di invasione di campo da parte governativa, è riuscito a mantenere di fatto una considerevole indipendenza anche grazie alla professionalità e integrità del suo personale,

impegna il Governo:

al fine di garantire la raccolta, indipendente e non condizionata dal potere politico di dati la cui importanza, specie in un momento di grave crisi economica, è fondamentale:
ad affidare all'ISTAT il coordinamento del sistema pubblico di raccolta dei dati di cui all'articolo 11 del provvedimento in esame, il quale dispone la creazione di una banca dati che deve accentrare i dati raccolti da tutte le amministrazioni e gli enti pubblici al fine di gestirne la pubblicazione,
a rafforzare il riconoscimento legislativo della funzione autonoma ed indipendente della statistica pubblica, anche attraverso investimenti e la stabilizzazione dei lavoratori precari che da anni prestano la loro opera presso l'istituto di statistica.
9/2561-A/154. Scilipoti.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 13-bis si prevede un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero e fatte rimpatriare se detenute fuori del territorio dello Stato nei paesi non appartenenti all'Unione europea o regolarizzate (oppure rimpatriate) se detenute in paesi aderenti all'UE oppure in paesi aderenti allo spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa;
l'imposta si applica su di un rendimento lordo presunto in ragione del 2 per cento l'anno per i cinque anni precedenti il rimpatrio, con un'aliquota complessiva del 50 per cento annuo complessiva di interessi e sanzioni, senza diritto allo scomputo di eventuali ritenute o crediti. In pratica, l'aliquota sarà del 5 per cento;
l'imposta si applica sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute almeno al 31 dicembre 2008 e rimpatriate ovvero regolarizzate a partire dal 15 ottobre 2009 e fino al 15 aprile 2010;
per il rimpatrio (o, nel caso, per la regolarizzazione) si applicano le norme dei precedenti scudi fiscali contenute nei decreti-legge n. 350 del 2001, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 409 del 2001 e n. 12 del 2002, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2002;
si prevede inoltre che «il rimpatrio ovvero la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell'imposta e non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in ogni sede amministrativa o giudiziaria, in via autonoma o addizionale»;
il gettito sarà inserito in una contabilità speciale e potrà essere utilizzato a partire dal 2010. Al nuovo scudo si estendono le garanzie previste per quello del 2001, fra cui la non applicabilità di accertamenti per due anni;
come osservato all'epoca dal Fondo monetario internazionale nel suo rapporto sull'Italia dell'ottobre 2002, al di là dei benefici del breve periodo, lo scudo può alimentare aspettative future di condoni fiscali, così rendendo più appetibile l'evasione, con i conseguenti effetti negativi sul gettito di lungo periodo;
inoltre, il provvedimento di sanatoria non permette di risalire alle fonti del denaro sporco, cogliendo in flagrante i responsabili, e crea al contrario l'aspettativa che sia possibile operare in nero, tanto prima o poi c'è una sanatoria;
l'ammontare della massa finanziaria interessata, se immessa sul mercato italiano, avrebbe potuto sicuramente rappresentare un grosso volano di crescita per l'economia, grazie alla forte spinta agli investimenti derivante dai capitali rimpatriati;
pur senza tener conto dei capitali «regolarizzati» (che non hanno fatto materialmente rientro in Italia), pari a 29,872 miliardi di euro, la massa di quelli «rimpatriati»- pari a 43,228 miliardi di euro - era stata tale da poter innescare comunque un circolo virtuoso senza eguali in Europa. Le aspettative del Ministro dell'economia e delle finanze sono state invece clamorosamente disattese: solo una piccola parte dei capitali - talune stime parlano del 10 per cento - è andata a rinforzare le liquidità aziendali;
la parte più cospicua dei capitali, dopo essere stata «lavata» con il pagamento del conveniente 2,5 per cento del suo valore, ha fatto infatti ritorno alle destinazioni originarie, dove proficuamente continua ad essere detenuta ed impiegata, con buona pace delle sbandierate aspettative di fiducia verso l'azione del Governo e di ritorno alla regolarità fiscale;
non c'è invece sanatoria per i reati tributari del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74 (esclusi quelli di omessa o infedele dichiarazione, di cui agli articoli 4 e 5 dello stesso decreto), e delitti quali l'associazione a delinquere di stampo mafioso, la corruzione, la concussione, l'estorsione, il sequestro di persona a scopo di estorsione, l'usura, il traffico d'armi, la tratta e commercio di schiavi, l'alienazione e acquisto di schiavi, la produzione e il commercio di sostanze stupefacenti, il contrabbando di tabacchi e comunque i delitti puniti con l'ergastolo o con 15 o più anni di reclusione;
il comma 4 dell'articolo in questione prevede che i reati di dichiarazione infedele e di omessa dichiarazione siano sanati senza precisare entro quali limite di reddito evaso;
è previsto anche l'aumento delle sanzioni per l'omessa dichiarazione di detenzione di investimenti e attività all'estero: potrà variare dal 10 al 50 per cento dell'ammontare degli importi non dichiarati, (mentre ora varia dal 5 al 25 per cento) ma viene eliminata la possibilità di confisca di beni di corrispondente valore,

impegna il Governo:

a valutare l'opportunità di prendere le opportune ulteriori iniziative al fine di:
sanare le false o le omesse dichiarazioni solo nei limiti del reddito presunto di cui al comma 2 dell'articolo 13-bis;
escludere dalla disposizione di cui al comma 3 dell'articolo citato i procedimenti giudiziari civili, penali, tributari e amministrativi in corso;
rivedere le disposizioni che garantiscono l'anonimato dei soggetti che usufruiranno della sanatoria di cui all'articolo 13-bis citato chiedendo agli intermediari di comunicare all'amministrazione finanziaria l'ammontare delle attività rimpatriate ovvero regolarizzate, nonché il nominativo del soggetto residente in Italia per conto del quale è stato effettuato il rimpatrio ovvero la regolarizzazione, nonché gli estremi identificativi dei conti di provenienza.
9/2561-A/155. Barbato.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 17, comma 35-bis, del decreto-legge in esame proroga fino al 31 dicembre 2009 il periodo di tirocinio per il personale delle Agenzie fiscali;
le stesse Agenzie fiscali sarebbero però tra quelle amministrazioni che, a norma dell'articolo 17, comma 7, del decreto-legge in esame, sino al conseguimento degli obiettivi di contenimento della spesa assegnati, non possono procedere a nuove assunzioni di personale a tempo determinato e indeterminato;
la situazione del personale delle Agenzie fiscali è assolutamente inadeguata, a partire dai lavoratori dell'Agenzia delle entrate, il cuore dell'amministrazione finanziaria: i funzionari addetti all'attività di controllo sono poco più di 14.000; i trattamenti e gli incentivi di carriera sono inadeguati, il personale è mal distribuito sul territorio, gli strumenti a disposizione sono insufficienti, la preparazione tecnica è insufficiente; la norma suddetta blocca poi di fatto l'assunzione in Dogana degli ultimi idonei, e pone seri problemi per la conversione dei contratti di formazione-lavoro del personale in servizio, annunciata e già calendarizzata dalla stessa Agenzia;
inoltre, il meccanismo alimentante i fondi per la remunerazione della produttività individuale e collettiva dei dipendenti delle Agenzie fiscali, dell'Agenzia del Demanio, dei Monopoli dello Stato e del Dipartimento delle Finanze (legge n. 350 del 2003, articolo 3, comma 165), è di fatto bloccato, in ragione delle disposizioni di cui all'articolo 67, comma 2, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008;
il sistema delle Agenzie fiscali risulta poi essere estremamente complesso ed eterogeneo, ed è frutto di un tessuto normativo che richiederebbe opportuni interventi aventi l'obiettivo sia di rafforzare la governance del sistema sia di rafforzare l'autonomia gestionale delle singole strutture rispetto all'indirizzo politico;
la lotta all'evasione fiscale, vera e propria «piaga» sociale, che comporta una gravissima alterazione del mercato e dell'intero sistema economico e che provoca danni ingenti alle imprese, alle famiglie, e allo Stato, deve partire proprio dai lavoratori delle amministrazioni finanziarie, che rappresentano il motore della macchina fiscale e del contrasto all'elusione;
in Italia, l'altissimo livello di evasione, induce aliquote di tassazione più elevate del necessario, crea distorsioni nella concorrenza e iniquità sociali tra chi paga e chi non paga le imposte, riduce la competitività internazionale del nostro sistema economico e rischia di alimentare altre piaghe come l'illegalità, la corruzione e la criminalità;
la «politica dei condoni», compresa quella delineata dall'articolo 13-bis del decreto in esame, il cosiddetto «scudo fiscale», che introduce una vera e propria sanatoria per chi ha detenuto illegalmente capitali all'estero, oltre ad essere un mezzo eticamente e socialmente discutibile, non «paga» in termini economici e di entrate per lo Stato, e non fa altro che offrire agli evasori continue aspettative future di condoni fiscali, rendendo più appetibile l'evasione,

impegna il Governo

a mettere in atto, ai fini della lotta all'evasione fiscale, una serie di politiche costruttive che escludano totalmente la pratica dei condoni fiscali, e a valorizzare i dipendenti delle amministrazioni finanziarie, anche individuando forme di correlazione tra le maggiori risorse erariali introitate e la remunerazione dei dipendenti preposti, che premi la professionalità e il merito, e offrendo coerenza ed omogeneità all'intera macchina del fisco, al fine di rafforzare l'autonomia gestionale delle strutture rispetto all'indirizzo politico e ottimizzare le specificità professionali degli operatori.
9/2561-A/156. Di Pietro.

La Camera,
premesso che:
la presenza del precariato nella pubblica amministrazione è di difficile quantificazione a causa del grande numero di enti e tipologie di lavoro presenti. La stima esatta della presenza del personale precario è necessaria non solo ai fini della definizione dei meccanismi di stabilizzazione, ma più in generale per garantire la congruità degli organici e quindi la tenuta dei servizi ai cittadini;
lo strumento più efficace per quantificare il numero dei lavoratori precari, utilizzato anche dal Ministero dell'economia per le previsioni di spesa di finanza pubblica, è il conto annuale della Ragioneria Generale dello Stato, però i dati forniti nel conto annuale sono riferiti all'anno 2007;
il conto annuale censisce al 2007, nell'intera pubblica amministrazione, 234.641 occupati a tempo determinato (tra scuola ed A.F.A.M.), 52.702 occupati a tempo determinato nei Corpi di Polizia e nelle Forze Armate, 116.804 lavoratori con contratti di tipo «flessibile», 36.773 tra interinali e lavoratori socialmente utili, per un totale di 440.920 precari della pubblica amministrazioni, escluse le collaborazioni, che tra monocommittenze e committenze non esclusive toccano le 79.493 unità;
il totale del personale precario nei comparti di riferimento della sola Funzione Pubblica, quindi esclusi gli enti di ricerca, scuola, università ed A.f.a.m., secondo il Conto Annuale ammontano a 201.716 unità (102.388 lavoratori a tempo determinato, 11.321 lavoratori interinali, 4.307 lavoratori in formazione lavoro, 25.164 lavoratori socialmente utili, 58.536 collaborazioni);
per quello che riguarda le stabilizzazioni, sempre riferendosi ai dati del conto annuale, nel 2007 risultano stabilizzati 10.982 lavoratori della Pubblica amministrazione, ed altri 38.956 risultano gli aventi diritto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative normative al fine di stabilizzare i lavoratori precari della pubblica amministrazione.
9/2561-A/157. Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 4 del disegno di legge in esame, riportato nel testo dell'emendamento del Governo Dis.1.1, prevede che, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Governo individui e realizzi con urgenza interventi infrastrutturali relativi alla produzione, trasmissione e distribuzione di energia;
gli interventi da individuare sono quelli per i quali sussistano ragioni di urgenza, e che devono essere quindi effettuati con mezzi e poteri straordinari. A tal fine si prevede la nomina di uno o più Commissari straordinari che saranno incaricati di sovraintendere alla realizzazione delle suddette infrastrutture energetiche;
gli enti locali, se vengono coinvolti dal Governo nella fase della realizzazione delle reti energetiche, vengono invece completamente esclusi nella fase di individuazione degli interventi da realizzare, così come viene escluso qualunque coinvolgimento del ministero dell'Ambiente, tanto da sollevare le forti proteste dello stesso Ministro, che ha dichiarato come la norma contenuta all'articolo 4, sopprime di fatto il ruolo del Ministero dell'Ambiente nel delicato iter autorizzativo per la realizzazione di centrali di produzione e per le reti di distribuzione di energia, ed esautora ogni ruolo degli enti locali. Si tratta, infatti, di un provvedimento di inaudita gravità, inaccettabile per chi, in questa legislatura, ha sbloccato nel rispetto della normativa ambientale, in pochi mesi, centinaia di pratiche Via che paralizzavano la realizzazione di importanti opere per lo sviluppo del paese;
peraltro la prevista nomina dei Commissari straordinari con conseguenti poteri sostanzialmente illimitati che gestiranno tutta la fase di realizzazione delle infrastrutture, consente al governo di «bypassare» procedure, comprimendo l'autonomia regionale, e di poter procedere in deroga alla normativa vigente, con l'obiettivo di risolvere in maniera pseudo-autoritaria il problema della localizzazione degli impianti di energia a cominciare da quella nucleare;

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di prevedere il pieno coinvolgimento del ministero dell'Ambiente in tutte le fasi relative all'individuazione e alla realizzazione degli impianti energetici previste dall'articolo 4 del disegno di legge in esame;
ad adottare le opportune iniziative al fine di garantire che i Commissari straordinari, autorizzati dalla norma a poter procedere in deroga alla normativa vigente, agiscano comunque nel rispetto della normativa comunitaria sull'affidamento di appalti di lavori, servizi e forniture, della normativa in materia di tutela ambientale e paesaggistica, di tutela del patrimonio storico, artistico e monumentale.
9/2561-A/158. Piffari.

La Camera,
premesso che:
il 2 luglio scorso, il Parlamento ha approvato definitivamente il disegno di legge del Governo recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, che configura come reato l'immigrazione clandestina (ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato);
la linea dura e intransigente decisa dal Governo nei confronti degli extracomunitari, ha però dovuto fare i conti con il problema, subito «esploso», delle «colf» e delle badanti, ossia di quelle figure di lavoratori dei quali il nostro paese ormai non può più fare a meno, e che rappresentano oggi, sempre più spesso, l'unica speranza per molte famiglie italiane rispetto alla cura dei bambini e degli anziani autosufficienti e non;
si tratta di oltre 1 milione di persone, soprattutto donne provenienti dai paesi dell'Est (Romania, Ucraina e Moldavia in testa), dalle Filippine e dal Sudamerica, che lavorano nelle case degli italiani per assistere persone anziane o bambini;
di queste circa la metà lavora in nero senza permesso di soggiorno. Solo nel 2008 le domande di regolarizzazione presentate sono state 430 mila;
nella consapevolezza dell'importanza del lavoro in molti casi ormai insostituibile svolto da queste persone, e forse anche sotto la pressione di gran parte dell'opinione, il Governo, con un proprio emendamento approvato al disegno di legge in esame, ha introdotto un articolo con il quale viene prevista la regolarizzazione di cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari, ma unicamente per coloro che svolgono il lavoro di colf o badanti senza essere in regola;
l'individuazione di una o due sole categorie di lavoratori per le quali si applica la suddetta regolarizzazione rischia di introdurre una norma sicuramente discriminatoria e probabilmente incostituzionale;
si ricorda il precedente legislativo della legge 189/02, la cosiddetta «Bossi-Fini», che aveva riguardato la sanatoria per le sole colf e badanti, subito seguita dal decreto legge 195/02 che disponeva e allargava l'estensione della sanatoria agli altri lavoratori extracomunitari;
va inoltre segnalato che l'articolo 1-ter, comma 13, lettera b) del testo del decreto esclude dalla procedura di emersione tutti coloro che sono stati segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, in base ad accordi internazionali. Questa definizione non distingue però tra coloro che sono stati segnalati per ragioni legate al pericolo per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato italiano o di altro Stato membro dell'accordo di Schengen, da color che invece sono stati segnalati per esempio, per semplice soggiorno illegale, e in assenza quindi di qualunque pericolosità;

impegna il Governo:

ad adottare ulteriori iniziative normative volte:
ad estendere anche alle altre categorie di lavoratori irregolari le disposizioni previste dal disegno di legge in esame in materia di procedure di emersione di lavoratori impiegati nel lavoro domestico, o in attività di assistenza per la famiglia;
a prevedere che possano beneficiare della procedura di emersione anche quei cittadini stranieri che risultano segnalati in base ad accordi internazionali ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, se segnalati per fatti di lieve entità e in assenza quindi di pericolosità.
9/2561-A/159. Razzi, Evangelisti.

La Camera,
premesso che:
La class action, nella versione rivista e corretta dal disegno di legge collegato alla finanziaria 2009, avrebbe dovuto debuttare tra pochi giorni ma il decreto-legge in esame ha rinviato la sua entrata in vigore al 1 gennaio 2010;
la class action approvata è stata svuotata di efficacia e di impatto cancellando la sua retroattività;
si tratta, ad avviso del presentatore, di una «presa in giro bella e buona» per i cittadini e di un ulteriore regalo alla lobby di quelle parti più retrograde dell'industria nazionale che, anche in questo periodo di crisi, continuano a rifugiarsi nella protezione del Governo, arroccate nelle loro posizioni di privilegio. Ci troviamo di fronte allo scontro fra chi sta dalla parte dei consumatori (e che chiede di poter disporre di uno strumento che non penalizza ma responsabilizza le imprese) e del diritto e chi vuole che le aziende, anche se commettono illeciti a loro danno, restino protette da un sistema giudiziario che funziona male;
le azioni collettive risarcitorie non sono una minaccia per le imprese, ma uno strumento efficace di controllo diffuso del rispetto delle regole e della responsabilità sociale dell'impresa. Uno strumento che già esiste in Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Lituania, Olanda, Norvegia, Portogallo, Romania, Spagna, Svezia e Regno Unito. Continuano peraltro a livello europeo i lavori che porteranno a una normativa europea sulle class action, anche per questo il terzo e probabilmente non ultimo rinvio della class action all'italiana rischia di far diventare il nostro Paese poco credibile in Europa;
la irretroattività dell'azione collettiva comporta che i consumatori che hanno ricevuto negli ultimi anni le bollette gonfiate di Telecom Italia non potranno usufruire di tale strumento per far valere i propri diritti e nemmeno gli oltre quattromila risparmiatori coinvolti nella vicenda Parmalat e Cirio;

impegna il Governo

a valutare attentamente gli effetti applicativi della disposizione richiamata in premessa, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che l'azione collettiva abbia efficacia retroattiva, affinché tanti risparmiatori possono far valere i loro diritti.
9/2561-A/160. Porcino.

La Camera,
premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (FUS) è stato istituito con l'articolo 1 della legge 30 aprile 1985, n. 163 («Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo») per fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, nonché per la promozione ed il sostegno di manifestazioni e iniziative di carattere e rilevanza nazionale in Italia o all'estero;
ai sensi dell'articolo 15 della legge 163/85, il FUS viene rifinanziato ogni anno con la legge finanziaria e viene ripartito tra i vari settori con un decreto del Ministro per i beni culturali. Per l'anno 2009 il finanziamento stabilito dalla legge 22 dicembre 2008 n. 203 («Legge finanziaria 2009»), tabella C, è di 398.036.000 euro;
la legge finanziaria 2007 del Governo Prodi aveva provveduto a reintegrare il FUS di 50 milioni annui per il triennio 2006-2008, prevedendo una dotazione di 444 milioni per il 2007 e di 544 milioni di euro per il 2008 e il 2009; la legge finanziaria 2009, quindi ha operato un taglio all'incirca di 131 milioni portando i finanziamenti al minimo storico;
il mancato reintegro dei fondi penalizza fortemente l'intera industria culturale e cinematografica nazionale, che rappresenta un settore trainante dell'economia complessiva del Paese e contribuisce con imposte dirette e indirette ad un gettito per l'erario davvero considerevole;
l'inadeguatezza di tali stanziamenti, inoltre potrebbe determinare la chiusura di interi settori di attività che, al contrario, sono da considerare strategici per la ripresa economica del Paese;
il settore dello spettacolo in Italia, conta all'incirca 250.000 lavoratori (artisti, autori, tecnici, truccatori, agenti, amministratori) e una tale scarsità di finanziamenti pubblici mette in serio rischio i livelli occupazionali dell'intero comparto;
di fronte ad una crisi strutturale dell'economia occidentale, mentre negli stati uniti ed nel resto dell'Europa si investe in cultura, in Italia si tagliano i fondi e i finanziamenti e non si introduce alcuna agevolazione fiscale o sul credito come per gli altri settori produttivi;
i consistenti tagli hanno chiamato a raccolta tutto il mondo dello spettacolo con manifestazioni, assemblee, mobilitazioni, scioperi, in modo così massiccio come non si vedeva da anni;
all'articolo 11-quater del provvedimento all'esame, poi recepito nel testo dell'emendamento Dis.1.1 del Governo, si prevede, per l'attuazione della cd «pornotax», che possano essere sottoscritti accordi di collaborazione tra l'Agenzia delle entrate, il Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri, la Direzione generale per il cinema e la Direzione generale per lo spettacolo dal vivo del Ministero per i beni e le attività culturali, il Dipartimento per le comunicazioni del Ministero dello sviluppo economico e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.. Le maggiori entrate derivanti da tali accordi di collaborazione ulteriori rispetto a quelle già previste, accertate con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze, sono riassegnate al Ministero per i beni e le attività culturali per interventi a favore del settore dello spettacolo;
le maggiori entrate derivanti dalla «pornotax» si ridurrebbero a soli 8 milioni di euro, cifra esigua che peraltro non va direttamente a rifinanziare il FUS;

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative, anche normative, volte a reperire risorse necessarie a garantire il ripristino del Fondo unico dello spettacolo e a mettere in atto tutte le iniziative necessarie per affrontare la crisi del settore, che potrebbe procurare effetti devastanti sull'intera economia nazionale.
9/2561-A/161. Giulietti, Zazzera.

La Camera,
premesso che:
i commi 30-bis, 30-ter, 30-quater e 31, 31-bis, 31-ter, 31-quater e 31-quinquies dell'articolo 17 del decreto-legge 1 luglio 2009, n.78, riguardano compiti e funzioni della Corte dei conti;
il comma 30-ter dell'articolo 17 stabilisce il presupposto per l'azione di responsabilità per danno erariale è l'effettivo depauperamento finanziario o patrimoniale arrecato ad uno degli organi previsti dall'articolo 114 della Costituzione (Regioni. Provincie, Comuni e Città metropolitane o ad altro organismo di diritto pubblico), illecitamente cagionato ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile,
il semplice riferimento all'articolo 2043 rischia di identificare la responsabilità amministrativo-contabile con la sola responsabilità extracontrattuale, creando una ingiustificata «zona franca» riferiti agli illeciti che possono verificarsi nell'ambito del rapporto di servizio o funzionale con le pubbliche amministrazioni, in violazione del principio del buon andamento e imparzialità dell'amministrazioni ai sensi dell'articolo 97 della Costituzione;
tra le varie norme approvate si dispone che il Parlamento ha la competenza esclusiva sul controllo della gestione economico-finanziaria della Corte dei Conti. Il Parlamento controlla anno per anno il budget della Corte dei conti, in cui devono essere indicati distintamente i costi di gestione e i programmi di sviluppo. I pareri delle competenti Commissioni parlamentari dovranno poi essere trasmessi al Ministero dell'economia. In sostanza si tratta, ad avviso del presentatore, di un «bavaglio» della politica alla magistratura contabile;

impegna il Governo

a valutare attentamente gli effetti applicativi, anche sotto i profili richiamati in premessa, delle disposizioni richiamate, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare, nel rispetto delle prerogative del Parlamento, la normativa citata, per riaffermare il pieno rispetto dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura contabile.
9/2561-A/162. Pisicchio.

La Camera,
premesso che:
il Governo, in varie occasioni, a partire dall'inizio della legislatura, ha accolto o accolto come raccomandazione numerosi ordini del giorno presentati dai deputati del Movimento per l'Autonomia - Alleati per il Sud, senza poi mantenere alcuno degli impegni presi;
tale comportamento nuoce gravemente al lavoro svolto dai singoli deputati e rischia di rendere inutile le richieste e lo stesso valore di tali atti di indirizzo;
qui di seguito riportiamo solo alcuni degli ordini del giorno accolti e rimasti lettera morta:
1) ordine del giorno 9/1386/251, seduta n. 41 del 23 luglio 2008 che impegnava il Governo: «ad inserire nella legge delega sul federalismo fiscale, una norma che introduca nell'ordinamento la cosiddetta »fiscalità di vantaggio« per le nuove imprese che intendano insediare un intervento nelle regioni Obiettivo 1, come possibile modalità per affrontare le gravi emergenze occupazionali, strutturali, finanziarie e ambientali, che insistono nelle citate regioni»;
2) ordine del giorno 9/1441-BIS-A/16, seduta n. 59, del 2 ottobre 2008, che impegnava il Governo: «a garantire che, in sede di ripartizione della dotazione di cui all'articolo 14, comma 1, del provvedimento in esame, pari a 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse dei Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), l'85 per cento delle risorse dello stesso venga destinato esclusivamente alle regioni del Mezzogiorno»;
3) ordine del giorno 9/1707/8, seduta n. 80 di giovedì 6 novembre 2008, che impegnava il Governo: «in conformità a quanto stabilito dalle sentenze della Corte costituzionale a porre in essere, in tempi rapidi, iniziative legislative atte a riordinare il sistema dell'apertura delle case da gioco in Italia che consentano, al fine di uniformare la presenza dei casinò sul territorio nazionale, di aprirne altre nelle regioni del Mezzogiorno»;
4) ordine del giorno 9/1936/4, seduta n. 10 di mercoledì 17 dicembre 2008, che impegnava il Governo: «a destinare, nei prossimi mesi, in favore delle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e del Centro Nord, rispettivamente nella misura dell'ottantacinque e del quindici per cento, risorse corrispondenti a quelle, relative al Fondo per le aree sottoutilizzate, che nel corso delle XVI legislatura sono state impiegate in maniera difforme rispetto alle finalità previste dalla legge; a garantire, per il futuro, che le risorse del FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate) ancora disponibili siano strettamente riservate alle finalità istituzionali proprie dello stesso fondo o che, in ogni caso, siano impiegate per le aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e del Centro Nord, rispettivamente nella misura dell'ottantacinque e del quindici per cento»;
5) ordine del giorno 9/2187-A/15, seduta n. 159 di lunedì 6 aprile 2009, che impegnava il Governo: «a verificare la possibilità di consentire ai comuni, con popolazione uguale o inferiore ai 15 mila abitanti, di accedere ai finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti al fine di realizzare, sviluppare e produrre direttamente energie derivanti da fonti rinnovabili»;
6) ordine del giorno 9/1713-B/19, seduta n. 108 di venerdì 19 dicembre 2008, che impegnava il Governo: «ad emanare un provvedimento che attivi, per i comuni montani del Mezzogiorno, forme di fiscalità di vantaggio al fine di attivare politiche di sviluppo per attrarre investimenti sostenibili e rilanciare l'economia nelle aree montane consentendo così anche a molti giovani il ritornare e restare a costruire il proprio futuro in quei territori»;
7) ordine del giorno 9/1386/253, seduta n. 41 di mercoledì 23 luglio 2008, che impegnava il Governo: «a garantire, nell'ambito della suddetta riprogrammazione tesa alla realizzazione di interventi strategici, la piena attribuzione delle risorse ai territori destinatari; ad adottare urgentemente e comunque non oltre il 31 dicembre 2008 atti normativi volti a ripristinare le risorse destinate al Mezzogiorno e utilizzate per la copertura finanziaria del decreto legge n. 93 del 2008, in particolare quelle relative alla realizzazione di opere infrastrutturali indispensabili per lo sviluppo della Sicilia e della Calabria; a istituire, con strumenti giuridici idonei, in ragione dell'accentramento della gestione delle risorse sopraindicate ed, in particolare, di quelle liberate o non utilizzate, presso il Governo centrale, una cabina di regia per la gestione coordinata e condivisa delle scelte a valere sui singoli territori»;
8) ordine del giorno 9/1441-BIS-A/17, seduta n. 59 di giovedì 2 ottobre 2008, che impegnava il Governo: «in tutti i provvedimenti di politica economico-finanziaria, a prevedere esplicitamente il rispetto della chiave di riparto della dotazione del Fondo, mantenendo ferma la destinazione territoriale già in essere dell'85 per cento dei fondi FAS ai territori ricadenti nelle aree individuate dall'articolo 5 del Regolamento CE n. 1083 dell'11 luglio 2006 (obiettivo »Convergenza«) e del 15 per cento ai territori del Centro-Nord»;
9) ordine del giorno 9/1972/38, seduta n. 114 del 14 gennaio 2009, che impegnava il Governo: «a valutare l'opportunità di rifinanziare, rendendolo uno strumento serio e radicato, il sistema del credito d'imposta automatico e diretto per le imprese che investono nelle aree dell'ex obiettivo 1 e per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato; a utilizzare le risorse dei fondi strutturali europei per le aree sottoutilizzate prioritariamente per progetti interregionali, con l'intervento sussidiario dello Stato, finalizzati a creare vere e credibili condizioni strutturali di sviluppo non solo economico ma anche sociale nelle regioni dei Mezzogiorno; a valutare l'opportunità di porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'aggregazione tra le imprese operanti nel Mezzogiorno al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale»;
10) ordine del giorno 9/1386/252, seduta n. 41 di mercoledì 23 luglio 2008, che impegnava il Governo: «a prevedere un provvedimento legislativo atto ad autorizzare la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprirne altre nelle maggiori regioni del Sud»;
11) ordine del giorno 9/1972/34, seduta n. 114 di mercoledì 14 gennaio 2009, che così recitava:
«La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'approvazione di un decreto-legge che prevede una serie di disposizioni per il sostegno al lavoro, all'occupazione e all'impresa è necessario approntare una serie di misure per rendere effettivo lo sviluppo delle regioni del Sud;
la situazione socioeconomica che stanno vivendo le zone meridionali del nostro Paese si contraddistingue per l'accentuarsi di una crisi occupazionale sempre crescente che ha interessato e, sta interessando, tutti i settori produttivi compresi quelli del turismo;
tra le iniziative finalizzate allo sviluppo dell'economia e all'aumento dei livelli occupazionali, appare urgente, anche al fine di dare un nuovo impulso al settore turistico, promuovere l'apertura di case da gioco, in particolare nelle zone ove in passato queste erano già presenti;
attualmente solo quattro comuni italiani, tutti situati al Nord del Paese, godono del privilegio derivante dalla presenza sul loro territorio di casinò;
la localizzazione di una casa da gioco nel Comune di Taormina, dove già in passato si trovava un casinò, si trasformerebbe in una fonte di risorse utile ad incrementare gli investimenti e lo sviluppo produttivo del territorio;
in tal senso, nella seduta del 23 luglio 2008, il Governo ha accettato l'ordine del giorno n. 9/1386/252 con il quale si impegnava a prevedere un provvedimento legislativo atto ad autorizzare la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprirne altre nelle regioni del Sud;
appare opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, dare attuazione immediata al suddetto ordine del giorno,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto esposto, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse»;
12) ordine del giorno 9/1713/103, seduta n. 85 di giovedì 13 novembre 2008, che impegnava il Governo: «a non utilizzare in alcun caso le risorse FAS per finalità estranee a quelle previste dalle norme istitutive e dalle successive integrazioni e modifiche»,

impegna il Governo

a mantenere gli impegni presi negli ordini del giorno di cui alle premesse entro tre mesi.
9/2561-A/163. Lo Monte, Commercio, Milo, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
il Governo, in varie occasioni, a partire dall'inizio della legislatura, ha accolto o accolto come raccomandazione numerosi ordini del giorno presentati dai deputati del Movimento per l'Autonomia - Alleati per il Sud, senza poi mantenere alcuno degli impegni presi;
tale comportamento nuoce gravemente al lavoro svolto dai singoli deputati e rischia di rendere inutile le richieste e lo stesso valore di tali atti di indirizzo;
qui di seguito riportiamo solo alcuni degli ordini del giorno accolti e rimasti lettera morta:
1) ordine del giorno 9/1386/251, seduta n. 41 del 23 luglio 2008 che impegnava il Governo: «ad inserire nella legge delega sul federalismo fiscale, una norma che introduca nell'ordinamento la cosiddetta "fiscalità di vantaggio" per le nuove imprese che intendano insediare un intervento nelle regioni Obiettivo 1, come possibile modalità per affrontare le gravi emergenze occupazionali, strutturali, finanziarie e ambientali, che insistono nelle citate regioni»;
2) ordine del giorno 9/1441-BIS-A/16, seduta n. 59, del 2 ottobre 2008, che impegnava il Governo: «a garantire che, in sede di ripartizione della dotazione di cui all'articolo 14, comma 1, del provvedimento in esame, pari a 800 milioni per il periodo 2007-2013, a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), l'85 per cento delle risorse dello stesso venga destinato esclusivamente alle regioni del Mezzogiorno»;
3) ordine del giorno 9/1707/8, seduta n. 80 di giovedì 6 novembre 2008, che impegnava il Governo: «in conformità a quanto stabilito dalle sentenze della Corte costituzionale a porre in essere, in tempi rapidi, iniziative legislative atte a riordinare il sistema dell'apertura delle case da gioco in Italia che consentano, al fine di uniformare la presenza dei casinò sul territorio nazionale, di aprirne altre nelle regioni del Mezzogiorno»;
4) ordine del giorno 9/1936/4, seduta n. 10 di mercoledì 17 dicembre 2008, che impegnava il Governo: «a destinare, nei prossimi mesi, in favore delle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e del Centro Nord, rispettivamente nella misura dell'ottantacinque e del quindici per cento, risorse corrispondenti a quelle, relative al Fondo per le aree sottoutilizzate, che nel corso della XVI legislatura sono state impiegate in maniera difforme rispetto alle finalità previste dalla legge; a garantire, per il futuro, che le risorse del FAS (Fondo per le aree sottoutilizzate) ancora disponibili siano strettamente riservate alle finalità istituzionali proprie dello stesso fondo o che, in ogni caso, siano impiegate per le aree sottoutilizzate del Mezzogiorno e del Centro Nord, rispettivamente nella misura dell'ottantacinque e del quindici per cento»;
5) ordine del giorno 9/2187-A/15, seduta n. 159 di lunedì 6 aprile 2009, che impegnava il Governo: «a verificare la possibilità di consentire ai comuni, con popolazione uguale o inferiore ai 15 mila abitanti, di accedere ai finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti al fine di realizzare, sviluppare e produrre direttamente energie derivanti da fonti rinnovabili»;
6) ordine del giorno 9/1713-B/19, seduta n. 108 di venerdì 19 dicembre 2008, che impegnava il Governo: «ad emanare un provvedimento che attivi, per i comuni montani del Mezzogiorno, forme di fiscalità di vantaggio al fine di attivare politiche di sviluppo per attrarre investimenti sostenibili e rilanciare l'economia nelle aree montane consentendo così anche a molti giovani il ritornare e restare a costruire il proprio futuro in quei territori»;
7) ordine del giorno 9/1386/253, seduta n. 41 di mercoledì 23 luglio 2008, che impegnava il Governo: «a garantire, nell'ambito della suddetta riprogrammazione tesa alla realizzazione di interventi strategici, la piena attribuzione delle risorse ai territori destinatari; ad adottare urgentemente e comunque non oltre il 31 dicembre 2008 atti normativi volti a ripristinare le risorse destinate al Mezzogiorno e utilizzate per la copertura finanziaria del decreto-legge n. 93 del 2008, in particolare quelle relative alla realizzazione di opere infrastrutturali indispensabili per lo sviluppo della Sicilia e della Calabria; a istituire, con strumenti giuridici idonei, in ragione dell'accentramento della gestione delle risorse sopraindicate ed, in particolare, di quelle liberate o non utilizzate, presso il Governo centrale, una cabina di regia per la gestione coordinata e condivisa delle scelte a valere sui singoli territori»;
8) ordine del giorno 9/1441-BIS-A/17, seduta n. 59 di giovedì 2 ottobre 2008, che impegnava il Governo: «in tutti i provvedimenti di politica economico-finanziaria, a prevedere esplicitamente il rispetto della chiave di riparto della dotazione del Fondo, mantenendo ferma la destinazione territoriale già in essere dell'85 per cento dei fondi FAS ai territori ricadenti nelle aree individuate dall'articolo 5 del regolamento CE n. 1083 dell'11 luglio 2006 (obiettivo "Convergenza") e del 15 per cento ai territori del Centro-Nord»;
9) ordine del giorno 9/1972/38, seduta n. 114 del 14 gennaio 2009, che impegnava il Governo: «a valutare l'opportunità di rifinanziare, rendendolo uno strumento serio e radicato, il sistema del credito d'imposta automatico e diretto per le imprese che investono nelle aree dell'ex Obiettivo 1 e per le assunzioni aggiuntive a tempo indeterminato; a utilizzare le risorse dei fondi strutturali europei per le aree sottoutilizzate prioritariamente per progetti interregionali, con l'intervento sussidiario dello Stato, finalizzati a creare vere e credibili condizioni strutturali di sviluppo non solo economico ma anche sociale nelle regioni dei Mezzogiorno; a valutare l'opportunità di porre in essere, per quanto riguarda il Mezzogiorno, valutati i profili di compatibilità con la disciplina dell'Unione europea, la fiscalità di vantaggio per promuovere l'aggregazione tra le imprese operanti nel Mezzogiorno al fine di favorire lo sviluppo del tessuto produttivo meridionale»;
10) ordine del giorno 9/1386/252, seduta n. 41 di mercoledì 23 luglio 2008, che impegnava il Governo: «a prevedere un provvedimento legislativo atto ad autorizzare la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprirne altre nelle maggiori regioni del Sud»;
11) ordine del giorno 9/1972/34, seduta n. 114 di mercoledì 14 gennaio 2009, che così recitava:

La Camera,
premesso che:
nell'ambito dell'approvazione di un decreto-legge che prevede una serie di disposizioni per il sostegno al lavoro, all'occupazione e all'impresa è necessario approntare una serie di misure per rendere effettivo lo sviluppo delle regioni del Sud;
la situazione socioeconomica che stanno vivendo le zone meridionali del nostro Paese si contraddistingue per l'accentuarsi di una crisi occupazionale sempre crescente che ha interessato e, sta interessando, tutti i settori produttivi compresi quelli del turismo;
tra le iniziative finalizzate allo sviluppo dell'economia e all'aumento dei livelli occupazionali, appare urgente, anche al fine di dare un nuovo impulso al settore turistico, promuovere l'apertura di case da gioco, in particolare nelle zone ove in passato queste erano già presenti;
attualmente solo quattro comuni italiani, tutti situati al Nord del Paese, godono del privilegio derivante dalla presenza sul loro territorio di casinò;
la localizzazione di una casa da gioco nel comune di Taormina, dove già in passato si trovava un casinò, si trasformerebbe in una fonte di risorse utile ad incrementare gli investimenti e io sviluppo produttivo del territorio;
in tal senso, nella seduta del 23 luglio 2008, il Governo ha accettato l'ordine del giorno n. 9/1386/252 con il quale si impegnava a prevedere un provvedimento legislativo atto ad autorizzare la riapertura della casa da gioco di Taormina e a valutare l'opportunità di aprirne altre nelle regioni del Sud;
appare opportuno, alla luce delle considerazioni sopra esposte, dare attuazione immediata al suddetto ordine del giorno,

impegna il Governo

a dare seguito a quanto esposto, in particolare, nell'ultimo capoverso delle premesse»;
12) ordine del giorno 9/1713/103, seduta n. 85 di giovedì 13 novembre 2008, che impegnava il Governo: «a non utilizzare in alcun caso le risorse FAS per finalità estranee a quelle previste dalle norme istitutive e dalle successive integrazioni e modifiche»,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, tenuto conto di quanto espresso in premessa, di adottare una politica del Mezzogiorno che tenga conto degli impegni già assunti.
9/2561-A/163.(Nuova formulazione nel testo modificato)Lo Monte, Commercio, Milo, Belcastro, Iannaccone, Latteri, Lombardo, Sardelli.

La Camera,
premesso che:
dall'unità d'Italia al 1945, cioè in 84 anni, il numero dei vani è raddoppiato (da 17.621.000 a 34.534.000), mentre la popolazione è cresciuta di circa 20 milioni (da 26.128.000 a 45.222.000) conservando, tuttavia, un misurato equilibrio con la natura. Pertanto, alla fine della Seconda guerra mondiale si registrava un deficit di circa 10 milioni di vani rispetto agli abitanti. Ma negli ultimi 64 anni l'esplosivo sviluppo edilizio e economico ha travolto l'equilibrio pre-bellico senza realizzarne uno alternativo moderno;
la popolazione è aumentata di 15 milioni (da 45 a 60), ma i vani di ben 85 milioni (dai circa 35 milioni suddetti, ai 120 odierni). Quindi oggi l'Italia è sovraurbanizzata, registrando il doppio dei vani rispetto agli abitanti. Tale esplosione urbana ha richiesto dal 1955 una moltiplicazione delle autostrade per oltre 13 volte (da 479 km a 6.487); mentre i veicoli sono aumentati di circa 134 volte (da 300 mila a quasi 40 milioni); viceversa la rete ferroviaria si è ridotta di circa 7.000 (da 23.062 km a 15.965);
se si analizza tale patrimonio edilizio risulta che i 120 milioni di vani sono distribuiti in due categorie di costruzioni.
a) gli edifici costruiti prima del 1945, che consideriamo «storici» ai fini della tutela, formati da 30 milioni di vani, cioè la quarta parte del totale. Questo patrimonio realizzato in oltre 3.000 anni di storia costituisce l'identità stessa della civiltà italiana ed è da considerare un «bene unico e irriproducibile». Sebbene fragile, è sopravvissuto agli innumerevoli terremoti che si sono succeduti nella storia, per cui può e deve essere salvaguardato integralmente attraverso due tipi di incentivi:
la «fiscalità di vantaggio», o altro tipo di defiscalizzazione, escludendo sopraelevazioni o costruzioni in spazi liberi. Questo non solo per ragioni storico-ambientali e statico-sismiche, ma anche per non aumentare la densità abitativa edilizia; consentendo, peraltro, adeguamenti impiantistici;
la demolizione e delocalizzazione dell'edilizia postbellica che deturpa tali centri storici (accertabile attraverso pareri della soprintendenza) consentendo nella nuova ubicazione un incremento volumetrico che può giungere fino al 50 per cento della cubatura precedente. Questo incentivo alla delocalizzazione sarà esteso anche alle aree paesaggistiche protette e a quelle a elevato rischio vulcanico, sismico e idrogeologico, perché non solo le volumetrie non debbono aumentare ma ridursi in quanto inserite in un ambiente vulnerabile;
b) gli edifici costruiti dal 1945 a oggi composti da circa 90 milioni di vani, che in 64 anni hanno travolto la città «storica» dilagando sul territorio, sono da distinguere a loro volta in due tipologie:
gli edifici realizzati dal 1945 al 1970, in generale non anti-sismici, composti da circa 47 milioni di vani. Essi sono stati realizzati nell'emergenza postbellica, prima delle leggi antisismiche più severe dagli anni 70 in poi, con impiantistica obsoleta, usando nel cemento armato ferro ordinario e senza aderenza migliorata, con scarso rispetto delle regole esecutive, oggi di scarso valore economico. Questi limiti risultano dalle demolizioni di tali edifici dove si riscontra spesso che il ferro nel cemento armato è scomparso lasciando polvere di ruggine, per cui il cemento risulta «disarmato». Tali edifici (esterni ai centri storici), oggi mummificati nei piani regolatori generali, possono essere rottamati e ricostruiti in sito con un incremento di volume fino al 35 per cento allo scopo di essere adeguati alle norme antisismiche e all'impiantistica di sicurezza e alle energie rinnovabili. Questo principio può consentire di mandare al macero tale «spazzatura edilizia» e trasformarla in «architettura di qualità». Esso, esteso a scala urbana, permette la trasformazione delle periferie-dormitorio di edilizia pubblica o privata post-belliche, non antisismiche, prive di qualità, attrezzature, servizi e verde, in unità urbane a funzioni integrate, ad autosufficienza energetica; cioè in eco-cities;
gli edifici realizzati dal 1970 in poi, antisismici, comprendenti circa 43 milioni di vani. Questi edifici vanno evidentemente conservati, ma possono essere adeguati all'impiantistica di sicurezza e all'energia rinnovabile, incrementando la loro volumetria fino al 20 per cento, su parere delle soprintendenze e dopo opportuno check-up sulla loro antisismicità. Va precisato che in questi due casi gli incentivi volumetrici sono consentiti se non ostacolano i diritti di terzi e se non si consumano altre aree verdi, da considerare anche esse «beni unici e irriproducibili»,
il Libro verde dell'UE, il rapporto McKinsey del 2007 e il Rapporto ENEA, per citarne solo alcuni, documentano i rilevanti risparmi energetici e i vantaggi occupazionali che da un'operazione di rottamazione edilizia del patrimonio immobiliare esistente potrebbe derivare,

impegna il Governo

a valutare le misure opportune per rendere operative le tesi sulla rottamazione edilizia citate in premessa nell'ambito delle politiche relative all'edilizia a partire dal piano sulle misure per il rilancio dell'economia attraverso la ripresa delle attività imprenditoriali edili.
9/2561-A/164. Zamparutti, Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco.

La Camera,
premesso che:
nel rispetto dell'articolo 23 della Costituzione si ravvisa la necessità che la materia tributaria sia regolata da norme positive approvate dal Parlamento e che tale materia sia informata ai principi di eguaglianza davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), della capacità contributiva di ciascun soggetto (articolo 53 della Costituzione) e del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione (articolo 97 della Costituzione);
in tema di abuso del diritto vi sono stati dei pronunciamenti vari e diversificati della suprema Corte di Cassazione, proprio per l'attuale inadeguatezza delle normative vigenti in materia di abuso del diritto e di elusione fiscale che hanno determinato una situazione di incertezza applicativa sia per il contribuente che per l'amministrazione finanziaria;
vi è l'esigenza di procedere in tempi rapidi all'approvazione di nuove norme che definiscano meglio in particolare i contenuti dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 per assicurare certezza in tema di contrasto all'abuso del diritto e all'elusione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una tempestiva ed adeguata iniziativa legislativa per colmare il vuoto normativo oggi esistente in materia di abuso del diritto e di contrasto all'elusione fiscale, anche mediante una modifica dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.
9/2561-A/165. Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
nel rispetto dell'articolo 23 della Costituzione si ravvisa la necessità che la materia tributaria sia regolata da norme positive approvate dal Parlamento e che tale materia sia informata ai principi di eguaglianza davanti alla legge (articolo 3 della Costituzione), della capacità contributiva di ciascun soggetto (articolo 53 della Costituzione) e del buon andamento e imparzialità dell'amministrazione (articolo 97 della Costituzione);
in tema di abuso del diritto vi sono stati dei pronunciamenti vari e diversificati della suprema Corte di Cassazione, proprio per l'attuale inadeguatezza delle normative vigenti in materia di abuso del diritto e di elusione fiscale che hanno determinato una situazione di incertezza applicativa sia per il contribuente che per l'amministrazione finanziaria;
vi è l'esigenza di procedere in tempi rapidi all'approvazione di nuove norme che definiscano meglio in particolare i contenuti dell'articolo 37-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 per assicurare certezza in tema di contrasto all'abuso del diritto e all'elusione fiscale,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di una iniziativa legislativa per colmare il vuoto normativo oggi esistente in materia di abuso del diritto e di contrasto all'elusione fiscale.
9/2561-A/165.(Testo modificato nel corso della seduta)Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 1-ter, comma 13, lettera b), del decreto-legge in esame si prevede che non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dallo stesso articolo i lavoratori extracomunitari che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
la formulazione della lettera b) appare quindi escludere dalla procedura di emersione tutti coloro che abbiano subito un provvedimento di espulsione, anche per semplice soggiorno illegale (anche in assenza, quindi, di ragioni legate al pericolo per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato o di altro Stato membro dell'Accordo di Schengen);
una tale interpretazione appare però in contrasto con la formulazione della lettera a) nella quale sono esplicitate le forme più gravi di espulsione,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative al fine di procedere alla cancellazione d'ufficio, per tutti gli stranieri per i quali venga presentata richiesta di regolarizzazione, delle segnalazioni per la non ammissione associate ad espulsione per semplice soggiorno illegale.
9/2561-A/166. Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
all'articolo 1-ter, comma 13, lettera b), del decreto-legge in esame si prevede che non possono essere ammessi alla procedura di emersione prevista dallo stesso articolo i lavoratori extracomunitari che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore per l'Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato;
la formulazione della lettera b) appare quindi escludere dalla procedura di emersione tutti coloro che abbiano subito un provvedimento di espulsione, anche per semplice soggiorno illegale (anche in assenza, quindi, di ragioni legate al pericolo per l'ordine pubblico o per la sicurezza dello Stato o di altro Stato membro dell'Accordo di Schengen);
una tale interpretazione appare però in contrasto con la formulazione della lettera a) nella quale sono esplicitate le forme più gravi di espulsione,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative normative al fine di procedere alla cancellazione d'ufficio, per tutti gli stranieri per i quali venga presentata richiesta di regolarizzazione, delle segnalazioni per la non ammissione associate ad espulsione per semplice soggiorno illegale.
9/2561-A/166.(Testo modificato nel corso della seduta) Zaccaria.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento in esame, al fine di promuovere l'efficienza e la concorrenza dei mercati dell'energia, definisce disposizioni relative ai contratti di fornitura del gas naturale;
il sostegno e la promozione dell'efficienza energetica nei consumi rappresenta un orientamento consolidato e riconosciuto dalla normativa internazionale e dalle direttive comunitarie, in grado di dare una risposta ai principali problemi della politica energetica;
la ridefinizione delle strategie di promozione dell'efficienza energetica rappresenta infatti uno strumento inderogabile per rispettare gli impegni assunti con il protocollo di Kyoto, per incrementare la competitività e l'occupazione e per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di attuare un intervento legislativo che disponga che all'energia elettrica prodotta da un'unità/impianti a fonti rinnovabili e/o da unità di cogenerazione ad alto rendimento consumata da clienti finali collegati alle unità di produzione tramite reti interne di utenza private senza obbligo di connessione ai terzi non si applichino i corrispettivi tariffari di trasmissione e di distribuzione, nonché quelli a copertura degli oneri generali di sistema.
9/2561-A/167. Berardi, Picchi, Di Biagio, Angeli.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame vieta di procedere ad assunzioni nella pubblica amministrazione, con esclusione di alcune deroghe;
il personale dei servizi ispettivi e di vigilanza del Ministero del lavoro e degli enti gestori di previdenza obbligatoria non è compreso tra le deroghe suddette;
tale personale svolge funzioni essenziali di controllo in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori e nella lotta all'evasione contributiva;
la XI Commissione permanente lavoro pubblico e privato, nell'esprimere parere favorevole al provvedimento in esame, ha segnalato l'esigenza di disporre che il divieto di assunzione presso le pubbliche amministrazioni, ivi previsto, non valga per il reclutamento del personale dei servizi ispettivi e di vigilanza del Ministero del lavoro e degli enti di previdenza obbligatoria, attesa anche la particolare rilevanza dei compiti da questi svolti per la tutela dei diritti dei lavoratori e per la loro sicurezza sui luoghi di lavoro,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare, in altro provvedimento di legge, apposite misure di deroga alle disposizioni di cui all'articolo 17, comma 7, del provvedimento in esame, al fine di consentire l'assunzione del personale del Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali e degli enti di previdenza obbligatoria, da impiegarsi nei servizi ispettivi e di vigilanza, le cui procedure concorsuali di reclutamento risultano concluse alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
9/2561-A/168. Ceccacci Rubino, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 13-bis istituisce un'imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato, a condizione che le stesse siano rimpatriate in Italia da Stati non appartenenti all'Unione europea, ovvero regolarizzate o rimpatriate perché detenute in Stati dell'Unione europea e in Stati aderenti allo Spazio economico europeo che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa;
l'imposta si applica su un rendimento lordo presunto in ragione del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti il rimpatrio o la regolarizzazione, senza possibilità di scomputo di eventuali perdite, con un'aliquota sintetica del 50 per cento per anno, comprensiva di interessi e sanzioni, e senza diritto allo scomputo di eventuali ritenute o crediti;
in molti casi potrebbe essere difficile risalire alla data certa di acquisizione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello Stato e fissare la data da cui calcolare il rendimento lordo e l'aliquota sintetica,

impegna il Governo

a considerare, all'interno delle disposizioni di attuazione dell'articolo 13-bis, indipendentemente dalle dichiarazioni dei contribuenti, un periodo di detenzione delle attività finanziarie e patrimoniali pari a cinque anni e, conseguentemente, calcolare il rendimento lordo e l'aliquota sintetica sul medesimo periodo minimo di cinque anni antecedenti il rimpatrio o la regolarizzazione.
9/2561-A/169. Cota, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, ed in particolare il contenuto del titolo I;
valutati positivamente tutti gli interventi anticrisi a favore delle famiglie e delle imprese;
considerato che il comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, siano deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57;
considerata l'importanza di dare slancio alle forme di previdenza integrativa attraverso l'innalzamento di tale soglia di deducibilità,

impegna il Governo

a valutare l'innalzamento del limite di deducibilità dei contributi versati alle forme di previdenza complementari da euro 5.164,57 ad euro 10.000,00.
9/2561-A/170. Montagnoli, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, ed in particolare il contenuto del titolo I;
valutati positivamente tutti gli interventi anticrisi a favore delle famiglie e delle imprese;
considerato che il comma 4 dell'articolo 8 del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, prevede che i contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro o committente, sia volontari sia dovuti in base a contratti o accordi collettivi, anche aziendali, alle forme di previdenza complementare, siano deducibili dal reddito complessivo per un importo non superiore ad euro 5.164,57;
considerata l'importanza di dare slancio alle forme di previdenza integrativa attraverso l'innalzamento di tale soglia di deducibilità,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità dell'innalzamento del limite di deducibilità dei contributi versati alle forme di previdenza complementari da euro 5.164,57 ad euro 10.000,00.
9/2561-A/170.(Testo modificato nel corso della seduta) Montagnoli.

La Camera,
premesso che:
il presente disegno di legge va inserito in un contesto più generale di misure che, a partire dall'anticipazione della manovra finanziaria dell'estate scorsa, sono state via via adottate per affrontare la crisi economica in atto nel Paese;
lo sviluppo delle piccole e medie imprese nazionali risulta oggi più che mai uno degli obiettivi fondamentali da perseguire per restituire un nuovo impulso all'economia reale del Paese;
l'aggressiva concorrenza proveniente dai Paesi del Nord Est asiatico ha spinto le istituzioni comunitarie e nazionali ad adottare opportuni provvedimenti che, se da una parte tutelano la qualità dei prodotti e la salute dei consumatori, dall'altra costringono le imprese a sopportare oneri, in questo momento, eccessivi;
il Parlamento europeo ha adottato in data 24 marzo 2009 il nuovo regolamento che andrà a sostituire la direttiva 76/768/CEE in materia di produzione e commercializzazione di cosmetici;
il citato regolamento intende rafforzare la responsabilità delle imprese produttrici di cosmetici ed i relativi controlli per garantire l'immissione sul mercato dell'Unione europea di prodotti sicuri ed innovativi;
l'applicazione del regolamento dovrà avvenire nei quarantadue mesi successivi alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale; attualmente le aziende non hanno le risorse finanziarie necessarie per adeguarsi, nei tempi stabiliti, alla nuova normativa di settore;
molte piccole e medie imprese, le quali impiegano oltre 45.000 dipendenti, sono oggi in grave difficoltà e rischiano di perdere la capacità competitiva, accumulata negli anni attraverso investimenti in ricerca, formazione e sviluppo, a beneficio della concorrenza,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare opportuni misure legislative, anche sotto forma di incentivi fiscali, affinché le aziende produttrici di cosmetici possano, nell'attuale fase di crisi, provvedere agli interventi di riorganizzazione e ristrutturazione funzionali all'adeguamento alla normativa dell'UE sulla sicurezza dei cosmetici, sulla responsabilità dei produttori e dei relativi controlli.
9/2561-A/171. Laura Molteni, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 5 del decreto-legge in esame introduce in favore di titolari di reddito di impresa un regime di detassazione degli utili reinvestiti in determinati beni strumentali;
il comma 1 del citato articolo dispone la detassazione di un ammontare pari al 50 per cento degli investimenti in macchinari ed apparecchiature inclusi nella divisione 28 della tabella ATECO, fino al 30 giugno 2010;
maggiore rilevanza dovrebbe essere data agli investimenti sostenuti negli anni passati dalle aziende virtuose che hanno promosso innovazione tecnologica nel settore delle telecomunicazioni, mantenendo una forte attenzione alla salvaguardia dell'ambiente e ottenendo le certificazioni ISO 14001 o EMAS,

impegna il Governo

ad adottare opportuni atti di indirizzo affinché in sede di revisione annuale delle tabelle ATECO vengano previste all'interno delle attività, di cui alla divisione 28 della tabella ATECO, le attività attualmente definite dalla tabella 95.12.01.
9/2561-A/172. Rivolta, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame intende portare avanti la strategia da tempo intrapresa dal Governo per affrontare la fase più acuta della crisi economica, che sta oramai paralizzando il sistema produttivo del Paese;
le misure adottate intendono salvaguardare la competitività delle imprese nazionali che operano in settori strategici del Paese, anche attraverso interventi volti al sostegno del reddito e dell'occupazione;
la crisi economica e finanziaria sta avendo, in particolare, un effetto dirompente sul settore della chimica italiana, bene intermedio per eccellenza, che più degli altri conferma le caratteristiche dell'attuale congiuntura che, nonostante alcuni segnali di ripresa, resta preoccupante;
le strategie annunciate dalla società Polimeri Europa, in merito all'imminente chiusura del petrolchimico di Porto Torres, smentite, poi, nei fatti dall'accordo raggiunto con le istruzioni statali e territoriali, non hanno fatto altro che aumentare le tensioni, e danneggiare l'immagine dei nostri territori;
scelte errate, eventualmente adottate dall'azienda, potrebbero pesare negativamente sul futuro dello stabilimento ed in generale sulla competitività della chimica italiana, minacciando i livelli produttivi e occupazionali dell'intero comparto;
il Governo, vuole sollecitare un serio impegno nel settore della chimica, per non perdere il valore strategico di questo importante comparto,

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative di propria competenza presso il consiglio di amministrazione della società partecipata in modo da evitare l'adozione di eventuali piani societari, che comportino la chiusura, anche temporanea, di impianti produttivi e di trasformazione localizzati nel territorio della Repubblica italiana, al fine di salvaguardare gli attuali assets strategici delle aziende nazionali e garantire il mantenimento dei relativi livelli occupazionali.
9/2561-A/173. Polledri, Fava, Vico, Calvisi, Fadda.

La Camera,
premesso che:
il disegno di legge in esame intende portare avanti la strategia da tempo intrapresa dal Governo per affrontare la fase più acuta della crisi economica, che sta oramai paralizzando il sistema produttivo del Paese;
le misure adottate intendono salvaguardare la competitività delle imprese nazionali che operano in settori strategici del Paese, anche attraverso interventi volti al sostegno del reddito e dell'occupazione;
la crisi economica e finanziaria sta avendo, in particolare, un effetto dirompente sul settore della chimica italiana, bene intermedio per eccellenza, che più degli altri conferma le caratteristiche dell'attuale congiuntura che, nonostante alcuni segnali di ripresa, resta preoccupante;
le strategie annunciate dalla società Polimeri Europa, in merito all'imminente chiusura del petrolchimico di Porto Torres, smentite, poi, nei fatti dall'accordo raggiunto con le istruzioni statali e territoriali, non hanno fatto altro che aumentare le tensioni, e danneggiare l'immagine dei nostri territori;
scelte errate, eventualmente adottate dall'azienda, potrebbero pesare negativamente sul futuro dello stabilimento ed in generale sulla competitività della chimica italiana, minacciando i livelli produttivi e occupazionali dell'intero comparto;
il Governo, vuole sollecitare un serio impegno nel settore della chimica, per non perdere il valore strategico di questo importante comparto,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di invitare il consiglio di amministrazione della società partecipata in modo da evitare l'adozione di eventuali piani societari, che comportino la chiusura, anche temporanea, di impianti produttivi e di trasformazione localizzati nel territorio della Repubblica italiana, al fine di salvaguardare gli attuali assets strategici delle aziende nazionali e garantire il mantenimento dei relativi livelli occupazionali.
9/2561-A/173.(Testo modificato nel corso della seduta)Polledri, Fava, Vico, Calvisi, Fadda.

La Camera,
preso atto che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede la detassazione del 50 per cento del valore degli investimenti delle imprese in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature, eseguiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010;
considerati i ragguardevoli risultati a sostegno del comparto industriale ottenuti in passato con analoghi interventi agevolativi che hanno riguardato anche l'edilizia industriale;
tenuto conto che in questa fase di notevole crisi economica mondiale occorrono adeguati provvedimenti di agevolazione a sostegno delle imprese;
ritenuto opportuno privilegiare quei progetti di edilizia industriale che si possano direttamente collegare a concreti piani di sviluppo aziendale;
considerato che tali progetti, strumentali all'attività dell'impresa, necessitano di maggiori volumetrie o nuove aree di insediamento per essere realizzati,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per estendere all'edilizia industriale la detassazione degli utili di impresa reinvestiti, già prevista per i macchinari produttivi.
9/2561-A/174. Togni, Alessandri, Reguzzoni.

La Camera,
preso atto che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede la detassazione del 50 per cento del valore degli investimenti delle imprese in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature, eseguiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010;
considerati i ragguardevoli risultati a sostegno del comparto industriale ottenuti in passato con analoghi interventi agevolativi che hanno riguardato anche l'edilizia industriale;
tenuto conto che in questa fase di notevole crisi economica mondiale occorrono adeguati provvedimenti di agevolazione a sostegno delle imprese;
ritenuto opportuno privilegiare quei progetti di edilizia industriale che si possano direttamente collegare a concreti piani di sviluppo aziendale;
considerato che tali progetti, strumentali all'attività dell'impresa, necessitano di maggiori volumetrie o nuove aree di insediamento per essere realizzati,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le opportune iniziative per estendere all'edilizia industriale la detassazione degli utili di impresa reinvestiti, già prevista per i macchinari produttivi.
9/2561-A/174.(Testo modificato nel corso della seduta)Togni, Alessandri.

La Camera,
valutati positivamente gli interventi per favorire il rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero;
valutate le pesanti difficoltà che le famiglie e le imprese, soprattutto le piccole e medie, hanno nell'ottenere credito da parte delle banche, in considerazione della pesante fase recessiva in atto;
considerato che da una recente inchiesta condotta da un autorevole quotidiano risulta che il 29 per cento delle imprese ha notato negli ultimi tre mesi una difficoltà maggiore nell'ottenere nuovo credito e il 10 per cento ha avuto richieste da parte della propria banca di rientro degli affidamenti concessi in passato,

impegna il Governo

a farsi promotore di un protocollo d'intenti con l'Associazione bancaria italiana affinché le banche coinvolte nelle operazioni di rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali mantengano costante il livello di affidamenti verso le famiglie e le piccole e medie imprese.
9/2561-A/175. Comaroli, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
con l'articolo 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria 2002), è stata disposta la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola;
la disposizione prevedeva che agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze relative al reddito complessivo delle società e degli enti commerciali di cui all'articolo 81 del testo unico delle imposte sui redditi, per i terreni edificabili e con destinazione agricola posseduti alla data del 1o gennaio 2002 potesse essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data determinato sulla base di una perizia giurata di stima, redatta da soggetti iscritti agli albi degli ingegneri, degli architetti, dei geometri, dei dottori agronomi, degli agrotecnici, dei periti agrari e dei periti industriali edili, a condizione che il predetto valore fosse assoggettato ad una imposta sostitutiva delle imposte sui redditi, pari al 4 per cento del valore determinato a norma di quanto sopra detto;
l'imposta sostitutiva poteva essere rateizzata fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a partire dalla predetta data del 16 dicembre 2002. Sull'importo delle rate successive alla prima erano dovuti gli interessi nella misura dei 3 per cento annuo, da versarsi contestualmente a ciascuna rata;
la rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni di cui trattasi è stata da ultimo riaperta ai sensi dell'articolo 1, comma 91, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008), con effetti fino 30 giugno 2008;
si deve rilevare che i terreni agricoli, che producono una plusvalenza tassabile solo se rivenduti entro cinque anni dall'acquisto, di solito non producono un grosso incremento di valore in un periodo così breve, ma la rivalutazione è conveniente quando il terreno sta per diventare edificabile in base a un piano regolatore adottato ma non approvato, o anche solo in corso di discussione;
lo scopo della norma era anche quello di fornire all'erario dello Stato un gettito anticipato su potenziali plusvalenze che potessero emergere dall'alienazione di terreni, sia edificabili che agricoli;
nell'attuale periodo di crisi finanziaria e di necessità di poter contare su maggiori entrate da parte dello Stato potrebbe essere conveniente disporre una nuova riapertura dei termini per la rivalutazione di terreni e delle partecipazioni, almeno fino alle pertinenti date del 2010,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare le necessarie iniziative tese a prevedere una riapertura dei termini per la rivalutazione di terreni e delle partecipazioni, allo scopo fissando il 2010 quale anno di riferimento cui porre la data di decorrenza delle imposte sostitutive.
9/2561-A/176. Alessandri, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto dell'articolo 6;
valutata positivamente la revisione dei coefficienti di ammortamento, in relazione alla mutata incidenza sui processi produttivi dei beni a più avanzata tecnologia e dei beni che producono risparmio energetico;
considerato che il comma 5 dell'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, consente la deduzione integrale del costo sostenuto per beni inferiori ad euro 516,46 nell'esercizio in cui il costo è stato sostenuto;
considerato che il valore di euro 516,46 è stato fissato parecchi anni fa e risulta oggi esiguo rispetto all'odierno livello di prezzi delle attrezzature e apparecchiature,

impegna il Governo

a prevedere un innalzamento del valore per il quale il costo dei beni strumentali può essere dedotto integralmente nell'esercizio in cui è stato acquistato, adeguandolo al mutato livello dei prezzi, portandolo ad euro 1000.
9/2561-A/177. Forcolin, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto dell'articolo 6;
valutata positivamente la revisione dei coefficienti di ammortamento, in relazione alla mutata incidenza sui processi produttivi dei beni a più avanzata tecnologia e dei beni che producono risparmio energetico;
considerato che il comma 5 dell'articolo 102 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917, consente la deduzione integrale del costo sostenuto per beni inferiori ad euro 516,46 nell'esercizio in cui il costo è stato sostenuto;
considerato che il valore di euro 516,46 è stato fissato parecchi anni fa e risulta oggi esiguo rispetto all'odierno livello di prezzi delle attrezzature e apparecchiature,

impegna il Governo

a valutare la previsione di un innalzamento del valore per il quale il costo dei beni strumentali può essere dedotto integralmente nell'esercizio in cui è stato acquistato, adeguandolo al mutato livello dei prezzi, portandolo ad euro 1000.
9/2561-A/177.(Testo modificato nel corso della seduta)Forcolin, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto del titolo I;
valutati positivamente tutti gli interventi anticrisi a favore delle famiglie e delle imprese;
considerato che gli enti locali detengono partecipazioni in società a capitale pubblico, le quali gestiscono servizi pubblici locali a favore dei cittadini;
considerato che la cessione da parte degli enti locali delle partecipazioni detenute possono generare plusvalenze sulle quali gli enti stessi devono pagare le imposte e che tali imposte possono ricadere indirettamente sui cittadini in termini di aumento del carico tributario o diminuzione del livello di servizi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di non assoggettare a tassazione le plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni detenute dagli enti locali in società a capitale interamente pubblico.
9/2561-A/178. Bragantini, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto del titolo I;
valutati positivamente tutti gli interventi anticrisi a favore delle famiglie e delle imprese;
considerato che gli enti locali detengono partecipazioni in società a capitale pubblico, le quali gestiscono servizi pubblici locali a favore dei cittadini;
considerato che la cessione da parte degli enti locali delle partecipazioni detenute possono generare plusvalenze sulle quali gli enti stessi devono pagare le imposte e che tali imposte possono ricadere indirettamente sui cittadini in termini di aumento del carico tributario o diminuzione del livello di servizi,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di non assoggettare a tassazione le eventuali plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni detenute dagli enti locali in società a capitale interamente pubblico.
9/2561-A/178.(Testo modificato nel corso della seduta)Bragantini, Reguzzoni.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto del titolo I;
valutati positivamente tutti gli interventi anticrisi a favore delle famiglie e delle imprese;
considerato che il settore automobilistico costituisce un comparto industriale di fondamentale importanza per l'economia italiana, direttamente e indirettamente tramite tutto l'indotto generato;
considerato che il Governo Berlusconi è già intervenuto a sostegno del settore, attraverso gli incentivi introdotti con il decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, generando un immediato effetto positivo sulle vendite di autovetture nuove e contribuendo in maniera decisiva allo svecchiamento del parco auto circolante;
il settore necessita di incentivi fiscali stabili nel tempo, che diano certezza agli operatori del settore e che fungano da stimolo sia alle aziende clienti che, con i loro parchi auto, costituiscono una grande fetta del mercato dell'auto, sia ai privati cittadini,

impegna il Governo

a valutare la possibilità di intervenire con un provvedimento a favore del settore automobilistico, aggiornando i limiti di deducibilità consentiti per l'acquisizione e la locazione delle autovetture, degli autocaravan, ma anche dei motocicli e dei ciclomotori, introducendo la possibilità di ricorrere all'ammortamento anticipato nell'esercizio in cui il bene è entrato in funzione e nei due successivi, in ragione del maggior utilizzo del bene stesso, consentendo al cliente «privato» la deduzione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche del 5 per cento delle spese sostenute per l'acquisto di un'autovettura o di un motociclo o di un ciclomotore ad uso privato di nuova immatricolazione, fino ad un massimo di euro duemila.
9/2561-A/179. Allasia, Reguzzoni.

La Camera,
preso atto che l'articolo 5 prevede la detassazione del 50 per cento del valore degli investimenti delle imprese in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature, eseguiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010;
considerati i ragguardevoli risultati a sostegno del comparto industriale ottenuti in passato con analoghi interventi agevolativi che hanno riguardato non solo le aziende industriali, ma anche i professionisti;
tenuto conto che in questa fase di notevole crisi economica mondiale occorrono adeguati provvedimenti di agevolazione a sostegno delle piccole imprese, degli artigiani, dei commercianti e dei professionisti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per estendere ai professionisti la detassazione degli utili di impresa reinvestiti, già prevista per i macchinari produttivi dal decreto-legge in esame.
9/2561-A/180. Bitonci, Reguzzoni.

La Camera,
preso atto che l'articolo 5 prevede la detassazione del 50 per cento del valore degli investimenti delle imprese in nuovi macchinari e in nuove apparecchiature, eseguiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto e fino al 30 giugno 2010;
considerati i ragguardevoli risultati a sostegno del comparto industriale ottenuti in passato con analoghi interventi agevolativi che hanno riguardato non solo i macchinari produttivi industriali, ma anche le attrezzature, le apparecchiature elettroniche e i computer;
tenuto conto che in questa fase di notevole crisi economica mondiale occorrono adeguati provvedimenti di agevolazione a sostegno di tutte le imprese, ma soprattutto delle piccole imprese, degli artigiani, dei commercianti e dei professionisti,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per estendere la detassazione degli utili di impresa reinvestiti, già prevista per i macchinari produttivi dal decreto-legge in esame, anche ai computer e alle apparecchiature elettroniche.
9/2561-A/181. Simonetti, Reguzzoni.

La Camera,
premesso che:
le ultime monografie specializzate hanno evidenziato l'arresto del processo di convergenza delle regioni in ritardo di sviluppo con quelle più avanzate, nonché l'inesattezza del luogo comune di ingenti trasferimenti di capitale finanziario trasferito nel Mezzogiorno e dilapidato dagli amministratori locali;
l'ultima relazione della SVIMEZ ha documentato l'impoverimento delle regioni meridionali, che hanno subito in maniera più grave rispetto alle altre aree la recessione economica;
mentre le regioni dell'obiettivo 1 dell'Unione hanno avuto, nel periodo 1999-2005, tassi di crescita del 3 per cento circa, ben più elevato di quelle della UE pari all'1,9 per cento, il Mezzogiorno ha avuto una crescita del PIL pro-capite di 0,6 per cento, inferiore a quella italiana, pari allo 0,7 per cento;
da questi dati emerge la necessità di promuovere politiche mirate per fronteggiare la condizione di depauperamento di un terzo del territorio nazionale;
la relazione SVIMEZ denuncia una forte contrazione dell'occupazione, aggravatasi negli ultimi mesi, al punto che ogni anno 300 mila persone abbandonano il Sud per realizzare le proprie aspettative di lavoro e di queste 120 mila decidono di non tornare nei luoghi di origine;
migliora la formazione dei giovani e la qualità della scuola, riducendo, in tal modo, il divario con il Centro-Nord su un punto fondamentale per il futuro, rappresentato dai processi formativi;
per via della particolare condizione dei conti dello Stato a causa del crollo delle entrate, i fondi di bilancio del FAS sono stati sono ripetutamente utilizzati per spese ordinarie, continuando la distorsione delle politiche di sviluppo promosse, in base a logiche penalizzanti per le aree che dovrebbero avvantaggiarsi di investimenti aggiuntivi;
l'aggiuntività per le aree a ritardo di sviluppo è solo annunciata come ne è prova la delibera CIPE del 6 marzo 2009, preceduta dall'accordo Governo-Regioni del 12 febbraio 2009, che assegna al Fondo sociale per l'occupazione e la formazione 4 miliardi di euro, imputati al FAS, con una rilevante destinazione al Centro-Nord, pari a 2,950 miliardi, e 1050 miliardi al Mezzogiorno, disattendendo le previsioni di legge che statuiscono che detto fondo debba essere finalizzato per 1'85 per cento alle regioni meridionali e per il 15 per cento al quelle del Centro-Nord;
in una fase di crisi acuta dell'economia nazionale è del tutto giusto chiedere all'intero Paese sacrifici in uno spirito di coesione nazionale, purché ogni decisione non si trasformi in una privazione per la parte debole di investimenti già decisi, come del resto è già avvenuto in occasione dell'abolizione dell'ICI per la prima casa, quando furono sottratti alla Sicilia e alla Calabria finanziamenti per le infrastrutture, nonostante in piccola parte reintegrati in successivi provvedimenti;
si sta diffondendo nel Mezzogiorno un profondo malessere che ha dato origine a un forte senso di sfiducia e alla convinzione, in parte della popolazione, che sia giunto il momento di prendere alcune decisioni, quali la riflessione circa l'opportunità di far nascere un partito del Sud;
indipendentemente dalle convinzioni degli scriventi, la proposta è un campanello di allarme molto serio;
l'elaborazione dei dati economici pubblicati fanno chiarezza della favola di spesa pubblica maggiore nel Mezzogiorno e disvelato una realtà ben diversa, rappresentata:
da una spesa corrente nel Mezzogiorno inferiore di 1,7 per cento rispetto al Centro-Nord;
da spesa in conto capitale inferiore nel 2007 del 2,6 per cento nel Mezzogiorno, includendo anche le risorse aggiuntive e quelle comunitarie, rispetto al resto del Paese;
oltre ai dati nudi ma eloquenti delle cifre e delle percentuali non sono di minore gravità le questioni relative alla sicurezza, al sostegno ai disoccupati ed alle famiglie indigenti, alla carenza di infrastrutture e servizi di competenza dello Stato al fine di completare il quadro descrittivo;
appare non procrastinabile una riflessione seria sulle politiche di sviluppo da parte del Parlamento e del Governo,

impegna il Governo:

ad assumere come prioritaria la questione del Mezzogiorno promuovendo politiche di sviluppo coerenti;
a porre al centro delle scelte di politica economica l'utilizzazione delle risorse esistenti nelle regioni meridionali, come suggerito dal Governatore della Banca d'Italia Draghi nella risoluzione finale del 2007;
a legare la politica di sviluppo dell'economia nazionale alle potenzialità contenute nel Mezzogiorno, come del resto è avvenuto per più decenni ad iniziare dalla Nota Aggiuntiva del Ministro Ugo La Malfa;
a garantire l'aggiuntività della spesa straordinaria, in particolare per le infrastrutture materiali ed immateriali, anche in previsione della nascita di un'area di libero scambio nel Mediterraneo.
9/2561-A/182. Cesare Marini, Minniti, Oliverio, Lo Moro, Laganà Fortugno, Laratta, Villecco Calipari.

La Camera,
premesso che:
ai sensi dell'ordinanza ministeriale 6 maggio 1998, n. 217, e allegata tabella stipendiale numerosi docenti (circa 700) hanno scelto di transitare dall'amministrazione di appartenenza all'INPS;
in via interpretativa della predetta ordinanza ministeriale, l'INPS non ha riconosciuto al personale così transitato il godimento del trattamento stipendiale più favorevole goduto al momento del passaggio alla nuova amministrazione (INPS), ritenendo che l'articolo 6, comma 2, della citata ordinanza ministeriale n. 217/98 vada interpretato nel senso che il miglior trattamento economico di provenienza sia soggetto a riassorbimento;
conseguentemente, coloro che hanno optato per l'INPS percepiscono tuttora, a causa di detto riassorbimento, lo stipendio identico ad 11 anni fa, risalente quindi al 1998, dovuto principalmente alla diversa dinamica salariale tra la pubblica istruzione e l'Inps, ente pubblico non economico; infatti nella scuola, a differenza degli altri enti pubblici, lo stipendio è composto dallo stipendio tabellare e dalla retribuzione individuale di anzianità (R.I.A.);
la R.I.A., sia all'atto di passaggio (1998), sia oggi, sia nel comparto pubblica istruzione, all'epoca ex articolo 63 del CCNL 95-97 ed ex articolo 32 del CCNL Inps del 1995, è elemento fondamentale dello stipendio e come tal non riassorbibile;
gli oltre 700 docenti invece avevano optato per il transito all'INPS nella certezza di vedersi corrisposti gli emolumenti offerti e di non essere soggetti a riassorbimento del trattamento stipendiale più favorevole goduto al momento del passaggio;
detto riassorbimento determina quindi un iniquo azzeramento della carriera nonché la penalizzazione dell'ex docente con maggior anzianità di servizio,
da tale situazione di incertezza è seguito un contenzioso notevole che ha interessato e sta ancora interessando parecchi tribunali e corti di appello del Paese, con esiti spesso contraddittori;
tutto ciò appare del tutto ingiusto e quelle persone si sentono prese in giro: se avessero saputo prima che il transito verso l'INPS avrebbe comportato delle diminuzioni patrimoniali non avrebbero certamente esercitato quell'opzione;
è opportuno evitare quindi che a distanza di oltre dieci anni (quasi 11) il personale docente transitato all'INPS in virtù dell'errata interpretazione di quella disposizione si veda di fatto depauperato di una parte del proprio reddito incolpevolmente - oltre che per mancato rispetto e adempimento da parte dell'Inps dalla proposta di mobilità, accettata dagli interessati,

impegna il Governo

a valutare l'adozione di norme o direttive che garantiscano ai docenti transitati verso l'INPS in virtù dell'ordinanza ministeriale 6 maggio 1998, n. 217 (pubblica istruzione), la corresponsione del miglior trattamento economico goduto al momento del passaggio alla nuova amministrazione, prevedendo altresì anche modalità di restituzione ai docenti transitati del miglior trattamento, medio tempore «riassorbito», entro il termine di dodici mesi.
9/2561-A/183. Biancofiore.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame dispone misure anticrisi, in particolare all'articolo 1 e 5 del provvedimento;
dal dopoguerra ad oggi non si è mai verificato un periodo continuativo di sette anni in cui lo sviluppo del Sud fosse costantemente inferiore a quello del Centro-Nord;
l'economia meridionale somma allo sfavorevole andamento del ciclo debolezze strutturali che si sono aggravate nell'attuale fase congiunturale;
contrariamente a quanto affermato dal Governo nel DPEF, la recessione economica che dalla fine del 2008 ha interessato l'economia nazionale, si sta manifestando con particolare intensità nelle aree deboli del Paese, in particolare nelle regioni del Mezzogiorno, con gravi ricadute in particolare sul mercato del lavoro meridionale, con riduzioni dell'occupazione, incrementi del tasso di disoccupazione e una severa riduzione dei redditi delle famiglie; la riduzione della spesa delle famiglie si manifesta perfino in una sensibile contrazione dei consumi alimentari;
tra gennaio 2008 e gennaio 2009 si sono persi al Sud 114 mila posti di lavoro: molti tra questi lavoratori, precari e a termine, sono privi di ammortizzatori sociali; in un'area dove lavora appena il 44 per cento della popolazione in età di lavoro e le donne che lavorano sono meno di 3 su 10, questo configura una situazione di potenziale emergenza sociale;
la crisi economica e la delegittimazione politica che il Sud sta attraversando limita fortemente le possibilità di costruire il contesto necessario allo sviluppo di un'economia più competitiva nei territori meridionali ma, allo stesso tempo, indebolisce qualsiasi prospettiva di ripresa del sistema nazionale;
la quota del Mezzogiorno sulla spesa in conto capitale del Paese è scesa ulteriormente, negli ultimi anni, dal 41,1 per cento del 2001 al 34,9 per cento del 2008, un valore inferiore al suo peso demografico e ben lontano dall'obiettivo del 40/45 per cento indicato fino all'anno scorso nei documenti governativi;
il Governo, in particolare nell'ultimo periodo, ha del tutto annullato l'aggiuntività delle risorse destinate allo sviluppo del Mezzogiorno, che sono invece state utilizzate per compensare l'insufficiente spesa ordinaria;
il Governo ha disposto che il finanziamento degli interventi anticrisi fosse assicurato principalmente mediante tagli, riprogrammazioni e riallocazioni delle risorse nazionali finalizzate allo sviluppo del Mezzogiorno, presenti nel Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS);
in particolare, sono state disposte «preallocazioni» delle risorse FAS verso specifiche destinazioni che, prima delle deliberazioni CIPE, hanno ridotto in misura considerevole l'entità dei fondi da ripartire per le aree sottoutilizzate ed esteso anche al Centro-Nord la possibilità di finanziamento sistematico su fonti vincolate alle politiche di coesione;
il volume delle risorse FAS mobilitato prima per il finanziamento delle misure anticrisi è ingente: partendo dalle risorse appostate dal bilancio pluriennale 2008-2010 sul Fondo aree sottoutilizzate e di quelle previste per finanziare impegni con un profilo pluriennale di spesa anche per gli anni 2011-2012, a maggio 2009 risultavano utilizzi del FAS per oltre 18 miliardi di euro a valere sulle risorse stanziate per il periodo 2008-2012;
questo ha implicazioni rilevanti non solo sul finanziamento degli interventi nazionali per le aree sottoutilizzate, ma anche sul Quadro strategico nazionale 2007-2013;
la mancanza di convergenza delle regioni in ritardo di sviluppo con quelle più ricche che si verifica in Italia nell'ultimo decennio è in controtendenza con quanto avviene nel resto dell'Europa,

impegna il Governo:

ad una rinnovata azione a sostegno dell'economia meridionale, sia attraverso forme di sostegno diretto sia attraverso misure per migliorare il contesto economico e sociale, sia attraverso politiche anticongiunturali sia mediante politiche strutturali di crescita e coesione, nel campo delle infrastrutture, per l'innovazione e la ricerca e per lo sviluppo dell'industria;
come raccomandato da autorevoli enti di ricerca come la Svimez, a garantire la realizzazione di un serio piano di sviluppo delle reti infrastrutturali, tecnologiche, formative e bancarie; una politica industriale specifica per il Sud; il rafforzamento della qualità del territorio intesa come gestione dell'ambiente e delle risorse naturali, vivibilità delle aree urbane, contrasto alla criminalità; l'avvio delle grandi riforme strutturali, della pubblica amministrazione e del welfare in primo luogo, utili per tutto il Paese e indispensabili per riavviare la crescita del Mezzogiorno.
9/2561-A/184. Oliverio.

La Camera,
premesso che:
gli studi di settore rappresentano un imprescindibile strumento di accertamento basato su un metodo informatizzato a base statistica; sono infatti l'unico strumento efficace per contattare e controllare quasi tutti i contribuenti, imprese e lavoratori autonomi;
dai dati sugli accertamenti emerge infatti che ogni anno solo il 2 per cento dei contribuenti viene sottoposto a verifica diretta mediante visita fiscale, anche per la complessità dei controlli fiscali sulla struttura produttiva del nostro Paese, intessuta di numerosissime piccole e medie imprese;
gli studi di settore svolgono un'importantissima funzione di moral suasion, come parametro di raffronto credibile su cui il contribuente può misurarsi, e sono un efficace stimolo ad adottare volontariamente comportamenti virtuosi;
gli studi di settore, per come è costruito lo strumento statistico, non sono in grado di funzionare correttamente in periodi di crisi come quello che stiamo affrontando, perché - come dichiara la stessa Agenzia delle entrate in più circolari, da ultimo la n. 31/E del 22 maggio 2007 - sono «uno strumento idoneo a rappresentare l'andamento dell'attività in condizioni di normalità»;
il principale elemento di criticità nell'applicazione degli studi di settore riguarda la loro valenza probatoria;
la circolare 23 gennaio 2008, n. 5, ha chiarito che l'accertamento esclusivamente basato sulla mancata congruità agli studi di settore è privo di motivazione e in questo caso l'amministrazione finanziaria deve dimostrare, anche senza le controdeduzioni del contribuente, la fondatezza della pretesa sottostante all'accertamento;
ciò nonostante, se «i motivi generali e particolari» per cui non è stato possibile raggiungere la congruità, dichiarati dal contribuente, non sono considerati sufficienti a giustificare le minori entrate rispetto a quanto previsto dallo studio di settore, al contribuente non resta che pagare le imposte su ricavi che spesso sono solo virtuali, oppure ricorrere al contenzioso tributario, con esito quanto mai incerto; è difficile infatti che il giudice abbia elementi sufficienti per procedere ad un'effettiva e realistica verifica dei ricavi del contribuente; inoltre nel contenzioso il contribuente deve sostenere i costi della difesa e, nelle more del giudizio, l'ufficio può comunque procedere a iscrivere a ruolo la metà delle imposte risultanti dall'accertamento;
coerentemente con quanto disposto nella circolare n. 23 gennaio 2008, n. 5, occorre evitare che lo strumento degli studi di settore si applichi come «automatismo accertativo»;

impegna il Governo:

a prevedere che l'esistenza di attività non dichiarate o l'inesistenza di passività dichiarate sia desumibile sulla base di presunzioni semplici solo se queste siano gravi, precise e concordanti;
a emanare direttive per la formazione degli uffici territoriali dell'Agenzia delle entrate in materia di studi di settore, affinché tali uffici, nel loro concreto operare, tengano conto delle caratteristiche e delle condizioni di esercizio della specifica attività svolta nel territorio in cui ha sede l'attività medesima, anche in considerazione degli effetti della crisi economica e dei mercati;
a prevedere espressamente che, in sede di accertamento, l'Agenzia delle entrate abbia l'onere di motivare e fornire elementi di prova per avvalorare l'attribuzione dei maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione degli studi di settore integrati;
a chiarire che il contribuente ha il dovere di dichiarare il reddito vero, ma non ha alcun obbligo di adeguarsi al livello di congruità indicato nello studio che si applica al suo settore se ritiene che tale livello non rispecchi la sua specifica realtà di impresa;
a prevedere chiare ed uniformi regole per tutti gli uffici della Agenzia delle entrate affinché tengano conto di quanto stabilito nella circolare 23 gennaio 2008, n. 5;
a stabilire che la condizione di non congruità non implica alcun accertamento automatico e che in ogni caso i contribuenti che dichiarano un ammontare di ricavi, compensi o corrispettivi inferiori rispetto a quelli desumibili dagli studi di settore integrati non sono soggetti ad accertamenti automatici e in caso di accertamento spetta all'ufficio accertatore motivare e fornire elementi di prova per gli scostamenti riscontrati;
a ridefinire la valenza probatoria degli scostamenti dalla congruità come mero elemento indiziario che integra la prova dell'evasione insieme ad altri elementi;
ad affinare ulteriormente gli studi di settore per renderli più aderenti possibile alla realtà economica di ciascun territorio;
a mettere a disposizione degli osservatori regionali per gli studi di settore, quale organismo consultivo, analisi più specifiche sui singoli territori anche su base provinciale o di distretto;
a chiarire, con disposizioni di attuazione, che qualora l'Agenzia delle entrate effettui gli accertamenti unicamente sulla base degli studi di settore, non possa iscrivere a ruolo la metà delle imposte in ipotesi dovute, risultanti dall'accertamento, fino all'emanazione del giudizio definitivo della Suprema Corte di Cassazione;
a garantire una partecipazione più efficace delle associazioni di categoria alla prevista integrazione della disciplina degli studi di settore, anche in considerazione della difficile fase congiunturale.
9/2561-A/185. Rubinato, Fogliardi, Strizzolo.

La Camera,
premesso che:
le previsioni dell'articolo 5 del provvedimento in esame, riguardanti la detassazione degli utili reinvestiti in macchinari, sono pressoché inutilizzabili in agricoltura, dalla quasi totalità delle imprese agricole e dalle loro cooperative, in forza per le prime del regime catastale di determinazione del reddito e della legislazione sulla tassazione e dell'impostazione del bilancio a costi e ricavi per le coop mutualistiche;
nelle cooperative agricole non si riscontra l'utile, o esso viene distribuito prima della sua evidenziazione negli schemi di bilancio per essere incorporato nella remunerazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci, e quando ne compare viene tassato in misura del solo 20 per cento: la base imponibile rimane quindi inesistente o limitatissima deprimendo il potenziale intervento di incentivazione fiscale all'investimento,

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative affinché:
per le imprese agricole definite dall'articolo 1, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, gli investimenti previsti dall'articolo 5 del provvedimento in esame possano beneficiare del credito d'imposta previsto dall'articolo 1075 della legge 27 dicembre 2006, entro il limite massimo del 5 per cento del valore della produzione dell'anno 2009;
vengano eliminate alcune limitazioni della norma originaria sul credito d'imposta in agricoltura previsto dall'articolo 1075 della legge 27 dicembre 2006 quali: la detrazione degli ammortamenti e dismissioni, la delimitazione alle sole regioni meridionali, l'approvazione degli investimenti che viene sostituita con la limitazione degli investimenti a quelli di cui alla divisione 28 della tabella ATECO.
9/2561-A/186. Marrocu.

La Camera,
premesso che:
la legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria 2007), al comma 1075 dell'articolo 1, ha stabilito la disciplina in materia di credito d'imposta per gli investimenti degli imprenditori agricoli di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;
il credito di imposta per investimenti delle singole imprese agricole e cooperative introdotto dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296, è stato uno strumento di intervento efficacissimo perché rapido, semplice e innovativo;
lo strumento del credito d'imposta consente di recuperare, attraverso le periodiche dichiarazioni fiscali, parte delle spese per macchinari, impianti per attrezzature produttive, programmi informatici e brevetti;
la definitiva applicazione del credito d'imposta prevista dalla finanziaria del 2007 per gli imprenditori agricoli, ha consentito alle imprese e cooperative del settore di accedere alla misura con modalità specifiche e più vantaggiose, anche in termini d'intensità dell'aiuto;
al momento, tale importante misura è praticamente senza copertura finanziaria ed occorrerebbe, invece, uno stanziamento di risorse almeno triennale, nonché l'introduzione di correttivi nel funzionamento dello stesso strumento in quanto oggi esso è afflitto da una penalizzazione nella definizione dell'ammontare degli aiuti che viene gravato dal conteggio degli ammortamenti che dovrebbe essere eliminato dalla norma;
ai fini di una maggiore incisività, potenza ed efficacia della misura del credito d'imposta per gli imprenditori agricoli è necessario prevederne l'applicazione a tutto il territorio nazionale e non solo alle aree sottoutilizzate;

impegna il Governo:

ad adottare con urgenza gli opportuni provvedimenti:
per l'applicazione del credito di imposta per investimenti delle singole imprese agricole e cooperative introdotto dall'articolo 1, comma 1075, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, a tutto il territorio nazionale;
per l'introduzione di correttivi nel funzionamento del credito di imposta di cui dall'articolo 1, comma 1075, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, al fine di evitare una penalizzazione nella definizione dell'ammontare degli aiuti che viene gravato dal conteggio degli ammortamenti.
9/2561-A/187. Fiorio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ai commi 1088, 1089 e 1090 dell'articolo 1, ha introdotto lo strumento del credito di imposta per l'internazionalizzazione delle imprese agroalimentari;
nell'ambito delle misure per l'integrazione del mercato e la crescita internazionale delle imprese agroalimentari attuate con la legge 27 dicembre 2006, n. 296, l'intervento di maggior rilievo, per portata ed innovazione è stato senza dubbio il credito d'imposta per l'internazionalizzazione;
una misura, quella del credito d'imposta per l'internazionalizzazione, attraverso il cui utilizzo, è possibile escludere dalla base imponibile del reddito d'impresa percentuali via via crescenti (a seconda della forma organizzativa aziendale e/o della tipologia di prodotto) del valore degli investimenti in attività promozionali sui mercati esteri realizzati da imprese agroalimentari;
l'attuale congiuntura economica internazionale, rende necessaria ed urgente una rimodulazione dello strumento d'incentivo di cui ai commi 1088, 1089 e 1090 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007);

impegna il Governo:

ad adottare le opportune iniziative:
per prorogare e rifinanziare il credito d'imposta per l'internazionalizzazione delle imprese agroalimentari per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012;
per rendere lo strumento del credito di imposta per l'internazionalizzazione maggiormente fruibile dalle imprese agroalimentari.
9/2561-A/188. Servodio, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 9, comma 5, della legge 11 marzo 1988, n. 67, ha introdotto riduzioni contributive a favore dei datori di lavoro agricoli operanti nei territori montani e nelle zone agricole svantaggiate;
il successivo comma 6 dello stesso articolo 9 recita: «Per i calcoli delle agevolazioni di cui al comma 5 non si tiene conto delle fiscalizzazioni previste dai commi 5 e 6 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536»;
il comma 6 dell'articolo 1 del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 febbraio 1988, n. 48, estende alla generalità dei datori di lavoro del settore agricolo la fiscalizzazione degli oneri sociali, attraverso una riduzione dei contributi di malattia;
la circolare INPS sancisce la non cumulabilità tra la legge n. 67 del 1988 e il decreto-legge n. 536 del 1997;
nella legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), è stata inserita, attraverso un emendamento sostenuto dalle forze politiche di maggioranza ed opposizione, una disposizione (articolo 2, comma 506) che prevede la restituzione delle somme dovute «nella misura del 100 per cento, senza il pagamento delle eventuali sanzioni, con possibilità di rateizzazione fino a venti rate annuali con versamento degli interessi legali. Per i soggetti opponenti che, in pendenza di giudizio, abbiano già anticipato il pagamento all'INPS dei contributi oggetto di contenzioso, è riconosciuto un credito previdenziale pari al 40 per cento delle somme versate all'INPS maggiorato degli interessi legali maturati dal momento del pagamento all'INPS fino alla data di entrata in vigore della presente legge»;
tale formulazione, il cui sostegno unanime dimostra la ampia e condivisa volontà del Parlamento, rispondeva quindi alla duplice esigenza di recuperare risorse pubbliche e di consentire alle imprese coinvolte nei contenziosi in atto di far fronte agli impegni economici senza enormi difficoltà;
nonostante la volontà del legislatore, l'INPS, attraverso recenti comunicazioni continua ad interpretare diversamente tale disposizione, procedendo al recupero della somme dovute in un'unica soluzione,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative affinché si modifichi l'eccessivo irrigidimento dell'INPS nei confronti degli imprenditori agricoli operanti nei territori montani e nelle zone agricole svantaggiate anche attraverso una norma interpretativa che dia applicazione certa alla norma prevista nella legge finanziaria per il 2008, includendo fra i «contenziosi» non solo i contenziosi per i quali i giudizi di merito siano ancora pendenti, ma anche quelli per i quali le procedure di recupero siano state avviate o siano ancora da avviarsi da parte dell'INPS a seguito di procedimenti iniziati entro il 31 dicembre 2007 e oramai conclusi con sentenze passate in giudicato.
9/2561-A/189. Dal Moro, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
nel mese di marzo 2008 si è concluso l'accordo di ristrutturazione creditizia in agricoltura attraverso un progetto di acquisto dei crediti contributivi INPS delle imprese agricole;
tale accordo ha permesso agli imprenditori agricoli di regolarizzare a condizioni favorevoli la propria posizione previdenziale nei confronti dell'INPS;
l'accordo di ristrutturazione creditizia, con circa 50.000 mila posizioni contributive ristrutturate dall'Inps, ha risolto un problema gravoso per le aziende e i lavoratori del settore agricolo che si trascinava da oltre venti anni;
il settore dell'agricoltura sta attraversando una delle fasi più difficili degli ultimi trent'anni e le imprese del settore sono sottoposte, al pari di ciò che sta accadendo al sistema economico nazionale, in modo diretto e indiretto alle gravissime conseguenze della crisi economico-finanziaria mondiale;

impegna il Governo

ad adottare con urgenza le opportune iniziative per consentire, alle aziende ed i lavoratori del settore agricolo che hanno aderito all'accordo per la ristrutturazione dei debiti contributivi nei confronti dell'INPS e ai fini della determinazione della loro imposta sul reddito delle persone fisiche e relative addizionali ovvero ai fini dell'imposta sul reddito delle società, di far concorrere la parte del debito stralciata alla formazione del reddito per l'intero ammontare nell'esercizio in cui è stata stralciata ovvero, a scelta del contribuente, in quote costanti nell'esercizio successivo e nei successivi, ma non oltre il quarto prevedendo, nel caso di quote costanti in più esercizi, una maggiorazione del 2,5 per cento annuo.
9/2561-A/190. Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la detassazione dal reddito d'impresa del 50 per cento del valore degli investimenti in macchinari e apparecchiature prevista dall'articolo 5 del decreto-legge in esame, recante provvedimenti anticrisi, esclude dall'applicazione della misura la gran parte delle imprese agricole che determinano il reddito su base catastale, nonostante l'inclusione, tra i beni che hanno diritto all'incentivo, delle macchine per l'agricoltura, la silvicoltura e la zootecnia comprese nella tabella ATECO, prevista dalla disposizione del comma 1, per l'individuazione degli investimenti in macchinari;
è necessario rendere fruibile anche all'intero settore agricolo la disposizione prevista dall'articolo 5 del decreto-legge in esame;
le imprese agricole sono assoggettate ad un particolare regime catastale di determinazione del reddito,

impegna il Governo

ad adottare le opportune iniziative per la concessione alle imprese del settore agricolo di un credito d'imposta pari al 15 per cento del valore complessivo degli investimenti effettuati, da utilizzare in compensazione ai sensi dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
9/2561-A/191. Agostini, Oliverio, Zucchi, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
il decreto-legge in esame non contiene misure specifiche per il settore agricolo e della pesca ed esso non garantisce alle imprese e ai lavoratori quell'insieme di interventi necessari per il consolidamento e lo sviluppo del nostro sistema agroalimentare;
vi è la necessità di provvedere tempestivamente al rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale di cui all'articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, che risulta senza copertura finanziaria per il 2009 e per i prossimi anni;
il sopra citato Fondo di solidarietà nazionale è uno strumento di vitale importanza per arginare i rischi che contraddistinguono qualsiasi attività agricola, attraverso il quale i produttori possono stipulare polizze in forma collettiva aderendo ad uno dei consorzi di difesa oppure ad una cooperativa che esercita l'attività di difesa a favore degli associati;
le calamità naturali e gli altri imprevedibili eventi dannosi che si sono verificati negli ultimi mesi hanno determinato inevitabili e pesanti contraccolpi negativi per la capacità produttiva e competitiva delle imprese agroalimentare;
il fenomeno della riduzione della copertura pubblica sui premi assicurativi (la sottoscrizione delle assicurazioni in agricoltura ha subito negli ultimi mesi una battuta d'arresto di oltre il 15 per cento), è venuto purtroppo a coincidere proprio con varie calamità naturali verificatesi specialmente negli ultimi mesi trasversalmente su tutto il territorio nazionale in un contesto in cui gli agricoltori risultavano, in diffusissimi casi, parzialmente o totalmente scoperti dalle polizze assicurative;
le categorie produttive del settore agricolo e le istituzioni erano riuscite a definire una politica di razionalizzazione basata principalmente sull'ammodernamento degli strumenti e delle forme di sostegno per i rischi connessi ad eventi atmosferici e calamitosi già previsti dalla normativa vigente, secondo un processo di sviluppo che ha trovato compiuta sistemazione con il decreto legislativo n. 102 del 2004;
la situazione venutasi a creare, oltre agli immediati e intuibili effetti negativi sui redditi, ha rappresentato un pericoloso rallentamento del processo di diffusione della «cultura del rischio d'impresa» anche tra l'imprenditoria agricola, faticosamente avviato nel 2004 con l'emanazione del decreto legislativo n. 102;
si pone quindi con urgenza la necessità di uno specifico intervento governativo volto a dare certezza riguardo il mantenimento in vita del fondo di solidarietà in ambito nazionale, possibile solo prevedendo una specifica voce nella legge finanziaria annuale dello Stato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di adottare tempestivamente iniziative urgenti volte a prevedere un opportuno e congruo rifinanziamento del Fondo di solidarietà nazionale per il triennio 2009-2011, per dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura e potenziare il ruolo delle polizze assicurative contro i rischi connessi ad eventi atmosferici e calamitosi.
9/2561-A/192. Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008), con i commi 188, 189 e 190 dell'articolo 2, ha autorizzato l'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo dell'impresa s.p.a. (ex Sviluppo Italia), alla rinegoziazione dei mutui accesi entro il 31 dicembre 2004, in base alle disposizioni contenute nella legislazione in materia di autoimprenditorialità;
i riferimenti normativi in base ai quali l'Agenzia è autorizzata a rinegoziare i mutui sono dati: dal decreto-legge n. 786 del 1985, in materia di misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno; dall'articolo 1 del decreto-legge n. 26 del 1995, in materia di imprenditorialità giovanile; dall'articolo 1-bis del decreto-legge n. 148 del 1993, in materia di promozione di nuove imprese giovanili; dall'articolo 3, comma 9, del decreto-legge n. 167 del 1997, in materia di lavori socialmente utili; dall'articolo 51 della legge n. 448 del 1998 a favore delle cooperative sociali; dal Titolo I del decreto legislativo n. 185 del 2000, che detta i principi generali in materia di incentivi in favore dell'autoimprenditorialità;
in particolare, sono previsti mutui agevolati per gli investimenti secondo i limiti fissati dall'Unione europea, concessi entro il limite de minimis, individuato in base alle vigenti disposizioni comunitarie;
è necessario garantire un sostegno all'imprenditoria giovanile in agricoltura e alla necessità di incentivare ulteriormente il ricambio generazionale soprattutto alla luce della fase di crisi economica-finanziaria che sta investendo al pari di altri settori quello agroalimentare;
i tassi di riferimento sono sostanzialmente aumentati ed eventuali aumenti del costo degli interessi a causa dell'allungamento della rinegoziazione dei mutui in oggetto sono previsti a carico dei beneficiari della rinegoziazione e non sono quindi necessarie autorizzazioni di spesa ulteriori rispetto a quanto previsto dalla norma in vigore,

impegna il Governo

ad adottare le opportune ed urgenti iniziative affinché la rinegoziazione dei mutui, secondo le disposizioni già previste dalla norma sopra indicata, faccia riferimento a quelli accesi entro il 31 dicembre 2008.
9/2561-A/193. Cenni, Cuomo, Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
premesso che:
la possibilità di rideterminare i valori di acquisto dei terreni fabbricabili e con destinazione agricola, relativamente a beni immobili estranei all'eventuale esercizio dell'attività di impresa, è stata, da ultimo, prevista dall'articolo 4, comma 9-ter, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129;
i soggetti interessati hanno avuto la possibilità di assumere, ai fini della determinazione delle plusvalenze, per i terreni posseduti alla data del 1o gennaio 2008, il valore fiscale di perizia in luogo del costo o valore di acquisto dei terreni stessi;
per gli stretti termini previsti per le redazioni delle perizie giurate e di stima, nonché per il pagamento della prima o unica rata delle imposte sostitutive non è stato possibile, per molti proprietari fondiari, provvedere agli adempimenti necessari per la rideterminazione del valore dei terreni entro le scadenze definite,

impegna il Governo

a stabilire con urgenza nuove scadenze per la rideterminazione del valore dei terreni posseduti alla data del 1o gennaio 2009, al fine di rendere possibile tale aggiornamento dei valori fondiari entro la fine dell'anno in corso.
9/2561-A/194. Brandolini, Mario Pepe (PD), Oliverio, Zucchi, Agostini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Lusetti, Marrocu, Sani, Servodio, Trappolino.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto dell'articolo 10;
valutati positivamente gli interventi a favore delle imprese, in particolar modo la tematica delle compensazioni fiscali;
gli esportatori abituali, per evitare di essere cronicamente a credito IVA, possono richiedere ai loro fornitori, a mezzo lettera d'intento, la non applicazione dell'IVA sugli acquisti con il vantaggio di non esporsi finanziariamente e con una semplificazione delle operazioni IVA;
nel caso in cui, in sede di accertamento successivo, venga addebitata l'IVA ad un esportatore abituale, è riconosciuta la possibilità di portare in detrazione l'IVA stessa con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto;
gli accertamenti possono essere effettuati anche successivamente al termine fissato, pari a due anni dal momento in cui il diritto alla detrazione è sorto;
le società oggetto di accertamento successivo ai due anni fissati perde il diritto di portare in detrazione l'IVA accertata,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative, anche normative, volte a prevedere un allungamento del termine entro cui portare in detrazione l'IVA addebitata alle società esportatrici abituali in sede di accertamento, dal momento che gli accertamenti possono avvenire anche successivamente ai termini attualmente stabiliti, consentendo la detrazione con la prima dichiarazione utile dopo l'accertamento stesso.
9/2561-A/195. Buonanno, Vanalli.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto del Titolo I;
a seguito della presa di posizione dell'Agenzia del territorio relativamente all'inquadramento catastale degli impianti di risalita (impianti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, come recita il comma 2-bis dell'articolo 113 del testo unico dell'ordinamento degli enti locali), traslato dal gruppo E al D/8 per le finalità ricreative, sportive, turistiche del servizio a prescindere dalla natura trasportistica dello stesso, si sono creati i presupposti per un aggravio fiscale a carico degli impianti in questione chiamati impropriamente al pagamento dell'ICI;
l'impostazione seguita dell'Agenzia del territorio, sulla base della pretesa autonomia dell'ordinamento catastale, ignora del tutto la consolidata qualificazione legislativa, sia statale sia regionale e, oggi, anche comunitaria, dell'attività svolta dagli impianti di risalita come pubblico servizio di trasporto di persone, comprendo un'operazione esorbitante dai confini della norma dettata dall'articolo 2, commi 40 e seguenti, del decreto-legge n. 262 del 2006, che si prefiggeva esclusivamente di avviare un procedimento di riesame catastale per quelle sole unità risultanti oggettivamente e fisicamente caratterizzate da autonomia funzionale e reddituale e non di porre in essere un'indifferenziata procedura che colpisce tutti gli impianti di trasporto a fune senza nemmeno indicare parametri di valutazione (fatturato, costi, passaggi, apertura dell'esercizio, eccetera) e modalità di calcolo (valore commerciale o catastale dell'impianto, valore delle stazioni e fondazioni o anche delle parti meccaniche e di quelle in movimento o che assicurano il movimento, eccetera),

impegna il Governo

a emanare, in un prossimo provvedimento, un'interpretazione autentica sull'inquadramento catastale degli impianti di trasporto a fune nel gruppo E, in coerenza con la disciplina legislativa del settore che li classifica come attività di pubblico servizio per il trasporto di persone.
9/2561-A/196. Stucchi, Caparini.

La Camera,
esaminato il provvedimento in titolo, ed in particolare il contenuto del Titolo I;
a seguito della presa di posizione dell'Agenzia del territorio relativamente all'inquadramento catastale degli impianti di risalita (impianti a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, come recita il comma 2-bis dell'articolo 113 del testo unico dell'ordinamento degli enti locali), traslato dal gruppo E al D/8 per le finalità ricreative, sportive, turistiche del servizio a prescindere dalla natura trasportistica dello stesso, si sono creati i presupposti per un aggravio fiscale a carico degli impianti in questione chiamati impropriamente al pagamento dell'ICI;
l'impostazione seguita dell'Agenzia del territorio, sulla base della pretesa autonomia dell'ordinamento catastale, ignora del tutto la consolidata qualificazione legislativa, sia statale sia regionale e, oggi, anche comunitaria, dell'attività svolta dagli impianti di risalita come pubblico servizio di trasporto di persone, comprendo un'operazione esorbitante dai confini della norma dettata dall'articolo 2, commi 40 e seguenti, del decreto-legge n. 262 del 2006, che si prefiggeva esclusivamente di avviare un procedimento di riesame catastale per quelle sole unità risultanti oggettivamente e fisicamente caratterizzate da autonomia funzionale e reddituale e non di porre in essere un'indifferenziata procedura che colpisce tutti gli impianti di trasporto a fune senza nemmeno indicare parametri di valutazione (fatturato, costi, passaggi, apertura dell'esercizio, eccetera) e modalità di calcolo (valore commerciale o catastale dell'impianto, valore delle stazioni e fondazioni o anche delle parti meccaniche e di quelle in movimento o che assicurano il movimento, eccetera),

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di emanare, in un prossimo provvedimento, un'interpretazione autentica sull'inquadramento catastale degli impianti di trasporto a fune nel gruppo E, in coerenza con la disciplina legislativa del settore che li classifica come attività di pubblico servizio per il trasporto di persone.
9/2561-A/196.(Testo modificato nel corso della seduta)Stucchi, Caparini.

La Camera,
preso atto in termini positivi delle disposizioni di cui all'articolo 17, commi da 10 a 19, del provvedimento in esame, che tendono a risolvere in misura equilibrata il problema dei rapporti di lavoro a tempo determinato presso le pubbliche amministrazioni;
rilevato, peraltro, che - con riferimento ai predetti commi e al comma 7 del citato articolo 17 - appare opportuno assicurare che le politiche di reclutamento del personale pubblico e di contenimento delle spese non pregiudichino, anche per ragioni di legittimo affidamento, l'assunzione di nuovo personale a seguito di procedure concorsuali già definitivamente chiuse;
considerato che, sulla base delle conferme operate dalla recente giurisprudenza Costituzionale (sent. Corte Cost. 103 e 104 del 2007) si conferma che nelle pubbliche amministrazioni si accede per concorso pubblico e, solo eccezionalmente ed entro i limiti previsti dalla legge, è possibile per le medesime pubbliche amministrazioni conferire incarichi dirigenziali all'esterno fiduciariamente,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità di ripristinare, per quanto riguarda il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, i limiti percentuali previsti dall'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in coerenza con i principi costituzionali di accesso per concorso ai pubblici uffici.
9/2561-A/197. Nizzi, Cazzola.

La Camera,
premesso che:
le concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative hanno durata minima di 6 anni, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività;
alla scadenza le stesse si rinnovano automaticamente per altri 6 anni, e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salva la facoltà di revoca prevista dall'articolo 42 del codice della navigazione;
di recente l'Autorità garante per la concorrenza ed il mercato ha segnalato delle distorsioni della concorrenza e del corretto funzionamento del mercato derivanti dalle norme nazionali che, in disarmonia con la normativa comunitaria, prevedono rispettivamente il diritto di insistenza del precedente concessionario in sede di rinnovo delle concessioni rispetto alle nuove istanze e di rinnovo automatico delle concessioni medesime;
ciò ha indotto alcuni comuni ad ipotizzare l'immediata revoca delle concessioni e la loro messa in gara, mentre altri enti locali sembrano non assumere posizione. Da qui lo stato di profonda incertezza e preoccupazione per il comparto balneare nazionale, che può trovarsi nella condizione di non poter realizzare l'ammortamento degli investimenti ed è altresì scoraggiato dal prendere nuove iniziative in assenza di certezze sullo stato delle concessioni. È evidente allora che la situazione descritta rischia di creare una deleteria contrazione dell'economia in un settore così importante per il paese come quello turistico-balneare,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, in coerenza con i provvedimenti a favore delle imprese, di prevedere una proroga della durata delle concessioni in questione così da evitare una possibile disgregazione del comparto turistico-balneare, in attesa di una riorganizzazione del comparto stesso, senza che tale proroga determini un blocco dei relativi canoni e del meccanismo di rivalutazione previsto dalla normativa vigente.
9/2561-A/198. Lorenzin, Vannucci, Fontanelli, Carlucci.

La Camera,
premesso che:
i gruppi del Genio campale svolgono attività di tutto rilievo a sostegno delle esigenze logistiche (piste di atterraggio, accampamenti, infrastrutture di ogni tipo) necessarie a supportare l'attività delle Forze armate in Italia e nelle missioni all'estero;
per svolgere il loro compito si avvalgono di manodopera esterna, qualificata e in possesso dei requisiti di sicurezza, assunta con contratti a tempo determinato;
con la conversione in legge del decreto-legge in esame le norme introdotte in materia di utilizzo di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione rimettono alla discrezionalità del Ministero competente la possibilità di avvalersi di contratti a tempo determinato non più condizionati da un limite temporale di durata rispetto ad un arco di tempo prefissato,

impegna il Governo

nell'ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a prorogare o rinnovare, per una o più volte, il contratto di lavoro a tempo determinato di ciascun lavoratore necessario alle attività dei gruppi del Genio campale ottemperando nel contempo agli adempimenti previsti dalle norme contenute nel decreto-legge in esame.
9/2561-A/199. Villecco Calipari, Vico, Rugghia, Recchia, Garofani, Bosi, Di Stanislao, Schirru.

La Camera,
premesso che:
i gruppi del Genio campale svolgono attività di tutto rilievo a sostegno delle esigenze logistiche (piste di atterraggio, accampamenti, infrastrutture di ogni tipo) necessarie a supportare l'attività delle Forze armate in Italia e nelle missioni all'estero;
per svolgere il loro compito si avvalgono di manodopera esterna, qualificata e in possesso dei requisiti di sicurezza, assunta con contratti a tempo determinato;
con la conversione in legge del decreto-legge in esame le norme introdotte in materia di utilizzo di lavoro flessibile nella pubblica amministrazione rimettono alla discrezionalità del Ministero competente la possibilità di avvalersi di contratti a tempo determinato non più condizionati da un limite temporale di durata rispetto ad un arco di tempo prefissato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, nell'ambito delle risorse già stanziate a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, a prorogare o rinnovare, per una o più volte, il contratto di lavoro a tempo determinato di ciascun lavoratore necessario alle attività dei gruppi del Genio campale ottemperando nel contempo agli adempimenti previsti dalle norme contenute nel decreto-legge in esame.
9/2561-A/199.(Testo modificato nel corso della seduta)Villecco Calipari, Vico, Rugghia, Recchia, Garofani, Bosi.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 4 del disegno di legge in discussione reca norme di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato qualora ricorrano particolari ragioni di urgenza che richiedano mezzi e poteri straordinari, prevedendo che per tali interventi sono nominati uno o più commissari straordinari del Governo, i quali, per determinati compiti, possono, ove necessario, avvalersi di poteri di sostituzione e deroga ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del d.l. n. 185/2008;
tra l'altro, la norma in esame non reca disposizioni di salvaguardia che vincolino i commissari al rispetto della normativa vigente in materia di procedure di valutazione di impatto ambientate, di valutazione ambientale strategica, di autorizzazione ambientale integrata,

impegna il Governo

ad adottare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disposizione citata in premessa affinché si garantisca la salvaguardia della normativa di tutela ambientate vigente, conformemente all'odierno riparto delle competenze fra amministrazioni centrali, anche con riferimento alle procedure di valutazione di impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica, di autorizzazione ambientale integrata.
9/2561-A/200. Granata, Murgia, Fallica, Grimaldi, Terranova, Stagno D'Alcontres, Minardo, Moles, Carlucci, De Angelis.

La Camera,
premesso che,
l'articolo 4 del disegno di legge in discussione reca norme di semplificazione per gli interventi di produzione, trasmissione e distribuzione di energia da realizzare con capitale prevalentemente o interamente privato qualora ricorrano particolari ragioni di urgenza che richiedano mezzi e poteri straordinari, prevedendo che per tali interventi sono nominati uno o più commissari straordinari del Governo, i quali, per determinati compiti, possono, ove necessario, avvalersi di poteri di sostituzione e deroga ai sensi dell'articolo 20, comma 4, del d.l. n. 185/2008;
tra l'altro, la norma in esame non reca disposizioni di salvaguardia che vincolino i commissari al rispetto della normativa vigente in materia di procedure di valutazione di impatto ambientate, di valutazione ambientale strategica, di autorizzazione ambientale integrata,

impegna il Governo

a valutare ulteriori iniziative normative volte a modificare la disposizione citata in premessa affinché si garantisca la salvaguardia della normativa di tutela ambientate vigente, conformemente all'odierno riparto delle competenze fra amministrazioni centrali, anche con riferimento alle procedure di valutazione di impatto ambientale, di valutazione ambientale strategica, di autorizzazione ambientale integrata.
9/2561-A/200.(Testo modificato nel corso della seduta)Granata, Murgia, Fallica, Grimaldi, Terranova, Stagno D'Alcontres, Minardo, Moles, Carlucci, De Angelis, Tremaglia.

La Camera,
premesso che:
il provvedimento in esame esclude dalle procedure di accelerazione del pagamento dei debiti di fornitura gran parte degli enti che fanno capo alla sanità, sui quali però grava una massa di debiti tale da porre in forse l'esistenza delle aziende e delle associazioni di volontariato e no profit che ad essi forniscono servizi;
in particolare la Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, Ente no profit, con sede legale in Bisceglie, è prossima al collasso con consequenziale rischio di chiusura pur in presenza di un contenzioso in base al quale vanta un credito di circa 200 milioni di euro, rapportato ad una situazione debitoria verso l'Erario e l'INPS di quasi pari grandezza;
la Congregazione eroga assistenza in regime di ricovero a pazienti portatori di multi patologie affetti da ritardo mentale medio grave ed attualmente gestisce oltre 2000 posti letto con un impegno - tra personale sanitario e di assistenza - di circa 3000 unità lavorative tanto da essere considerata la più grande azienda privata del Mezzogiorno d'Italia;
a seguito delle disposizioni legislative riguardanti la chiusura dei manicomi, l'Ente ha continuato a farsi carico dei circa 1.000 dipendenti addetti all'assistenza dei pazienti psichiatrici dimessi che secondo le norme della Regione Puglia dovevano transitare nelle strutture pubbliche,
oltre a ciò la Regione Puglia ha bloccato da circa dieci anni le tariffe dei ricoveri pur in presenza di una convenzione che prevede l'aggiornamento annuale in base ad alcuni indici di costo e l'adeguamento agli indici ISTAT;
finora la Congregazione è riuscita ad onorare gli oneri stipendiali e quelli verso i fornitori grazie ad alcune norme dello Stato che hanno sospeso il pagamento delle tasse erariali e dei contributi fino al 31 dicembre 2009,

impegna il Governo:

a valutare la possibilità di differire ulteriormente il pagamento delle imposte e dei contributi in favore della Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza;
a convocare un tavolo tecnico con la presenza dei rappresentanti dell'ente, delle regioni interessate, del dicastero delle finanze, dell'INPS, dell'INAIL, e dei sindacati al fine di affrontare e risolvere le problematiche rappresentate.
9/2561-A/201. Mario Pepe (PDL), Porcu, Antonio Pepe, Cassinelli, Mottola, Laboccetta, Patarino, Torrisi, Lehner, Franzoso.