XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 29 luglio 2009

TESTO AGGIORNATO AL 14 DICEMBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La XIII Commissione,
premesso che:
la direttiva 91/676/CEE del Consiglio, del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole (cd. direttiva nitrati), di seguito denominata «direttiva», ha introdotto nell'ordinamento comunitario i principi fondamentali che gli Stati membri devono osservare al fine di ridurre l'inquinamento delle acque dai nitrati di origine agricola;
ai sensi degli articoli 3 e 5 della citata direttiva, gli Stati membri devono individuare e periodicamente rivedere le designazioni relative alle zone vulnerabili in base a specifici criteri e tenendo conto dei cambiamenti intervenuti e, conseguentemente, devono fissare specifici programmi d'azione per quanto riguarda le zone vulnerabili designate, volti a ridurre l'inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola o a prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo. Tali programmi tengono conto, in particolare, dei dati scientifici e ambientali delle singole zone e dell'efficacia e dei costi delle misure individuate;
tale direttiva individua gli obiettivi da raggiungere e stabilisce esclusivamente prescrizioni generiche, che lasciano agli Stati membri a facoltà di decidere sulle questioni tecniche;
alcune disposizioni della direttiva sembrano non tenere in sufficiente considerazione le specificità dell'agricoltura mediterranea con particolare riferimento ai limiti imposti per lo spandimento dei nitrati nelle aree vulnerabili;
nell'ambito dell'Unione Europea alcuni Paesi, hanno chiesto ed ottenuto una deroga ai limiti massimi di azoto spandibili per ettaro. In particolare, le deroghe sono state concesse dall'anno 1998 all'anno 2004 e dall'anno 2004 all'anno 2007 alla Danimarca, ai sensi della Decisione 2002/915/CE, della Commissione, del 18 novembre 2002, relativa a una domanda di deroga ai sensi dell'allegato III, punto 2, lettera b) e dell'articolo 9 della direttiva [notificata con il numero C(2002) 464] e della Decisione 2005/294/CE della Commissione, del 5 aprile 2005, relativa a una domanda di deroga ai sensi dell'allegato III, punto 2, lettera b) e dell'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE [notificata con il numero C(2005) 1032]; dall'anno 2004 all'anno 2007, all'Austria, ai sensi della Decisione 2006/189/CE della Commissione, del 28 febbraio 2006, relativa alla concessione di una deroga richiesta dall'Austria [notificata con il numero C(2006) 590]. Anche la Germania ha ottenuto specifiche deroghe; l'Italia è afflitta da analoghe problematiche che hanno spinto i citati Stati a chiedere delle deroghe alla direttiva. In tal senso, ponendo alla Commissione Europea le medesime questioni che hanno consentito a tali Stati l'ottenimento delle previste deroghe, anche il nostro Paese, sotto attenta sorveglianza ed in presenza di programmi mirati e dettagliati, ma limitati nel tempo, potrebbe ottenere gli stessi risultati in relazione a colture ad alto assorbimento di azoto;
la direttiva è stata inizialmente recepita dallo Stato italiano ai sensi del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, successivamente abrogato dall'articolo 175 decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, mentre è stata resa applicabile ai sensi del decreto ministeriale 7 aprile 2006, recante «Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento, di cui all'articolo 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, nonché da altri provvedimenti adottati in materia dalle singole regioni, provocando una situazione non sempre uniforme e congruente sull'intero territorio nazionale;

la nuova disciplina prevede la designazione da parte delle Regioni di zone vulnerabili ai nitrati e l'applicazione in esse di programmi d'azione recanti misure e vincoli all'attività agricola, in particolare all'utilizzazione agronomica delle deiezioni zootecniche, fissando specifici limiti quantitativi ed operativi per lo spandimento di azoto nei campi;
in relazione alla comunicazione di infrazione n. 2006/2163 della Commissione europea le Regioni italiane, ed in particolare quelle del bacino padano, stanno ampliando le zone vulnerabili da nitrati, delimitando in quest'ultimo caso più del 65 per cento della superficie agricola;
la nuova situazione che si sta delineando aggrava notevolmente l'impatto della normativa sull'agricoltura, visto che nelle aree vulnerabili occorre ridurre in tempi eccessivamente ristretti la quantità di azoto organico spandibile per ettaro e per anno;
la gravosità dei limiti imposti alle aziende agricole con il decreto ministeriale 7 aprile 2006, rischia di incidere oltre misura sul sistema produttivo e strutturale delle aziende stesse costrette a drastici adeguamenti e a contrazioni produttive, segnatamente dei capi allevati e di alcune coltivazioni;
onerosi, inoltre, risultano gli investimenti volti al riordino dei processi produttivi e all'utilizzo e trattamento delle deiezioni, anche a fini energetici. In tale ambito, quindi, occorre favorire e sostenere progetti che consentano la realizzazione di impianti per la trasformazione, la depurazione delle deiezioni e dei liquami zootecnici e la riconversione o l'adeguamento delle aziende interessate dalla direttiva;
è oggettivamente reale e preoccupante il pericolo di un forte ridimensionamento delle aziende, specie zootecniche e soprattutto nella pianura padana, con le conseguenti ripercussioni sull'intera filiera, sull'economia nazionale e sull'occupazione, senza trascurare l'impatto su molte produzione «DOP»;
occorrerebbe pertanto riuscire a coniugare meglio gli inderogabili principi della tutela delle aree vulnerabili, con la necessità di mantenere un sistema agricolo efficiente ed aziende capaci di generare reddito. Si dovrebbero approfondire con maggiori dettagli i criteri attuativi delle vigenti norme sulla protezione delle acque dai nitrati, anche verificando se vi siano altre cause, oltre le deiezioni zootecniche, che possono provocare danni alle risorse idriche, in particolare i concimi chimici, ed in tali circostanze mettendo in gioco tutti i fattori che interessano la questione. Dalle verifiche che potrebbero scaturire da uno studio così realizzato si potrebbe procedere ad una revisione nonché ad una semplificazione delle norme di cui trattasi, in particolare delle disposizioni recate dal citato decreto ministeriale 7 aprile 2006, ciò con particolare riferimento alle misure relative ai periodi di spandimento, visto che le stesse non tengono conto, ad esempio, dei mutamenti climatici ed idrogeologici che si stanno verificando nel Nord Italia, ai divieti di spandimento, ai limiti tecnici e temporali imposti per lo stoccaggio, ai limiti relativi alle aziende soggette agli obblighi amministrativi, alle procedure concernenti la comunicazione, il PUA (Piano di Utilizzazione Aziendale) ed il trasporto degli effluenti, alle tipologie di allevamento (a tal proposito, occorrerebbero maggiori semplificazioni in relazione al tipo di effluente prodotto, all'organizzazione dell'allevamento, brado semibrado, eccetera), al permesso di utilizzare i fertilizzanti chimici a supporto dello spandimento degli effluenti zootecnici;
l'articolo 3 del decreto legislativo n. 152 del 2006, stabilisce che entro due anni dalla data di pubblicazione dello stesso decreto, il Governo adotti i necessari provvedimenti per la modifica e l'integrazione dei regolamenti di attuazione ed esecuzione in materia ambientale, tra

cui può essere citato anche l'articolo 112 del medesimo decreto, che concerne l'utilizzazione agronomica;


impegna il Governo:


anche attenendosi ai requisiti previsti dalle Decisioni derogatrici adottate dalla Commissione europea in favore della Danimarca, dell'Austria e della Germania, di cui in premessa, ad avanzare una richiesta di deroga ai sensi dell'allegato III, punto 2, lettera b), e dell'articolo 9 della direttiva 91/676/CEE, con particolare riferimento ai quantitativi di azoto spandibili per ettaro nelle aree vulnerabili da nitrati, in modo da tener conto delle situazioni specifiche italiane, relativamente al clima ed alla tipologia dei terreni;
a presentare alla Commissione europea, congiuntamente alle Regioni interessate, specifiche richieste di deroga al limite di 170 kg di azoto spandibile per ettaro nelle aree vulnerabili, con particolare riferimento alla presenza di colture ad alto assorbimento di azoto;
ad avviare un processo di verifica dei contenuti del decreto ministeriale 7 aprile 2006, al fine di renderlo più facilmente applicabile agli allevamenti, attraverso una semplificazione degli adempimenti dal punto di vista tecnico e amministrativo;
a prevedere, nell'ambito di una possibile modifica del decreto ministeriale 7 aprile 2006, disposizioni minime omogenee per tutto il territorio nazionale, permettendo allo stesso tempo alle amministrazioni regionali di prevedere integrazioni, anche meno restrittive, in relazione alla specificità degli allevamenti presenti sul proprio territorio.
(7-00199) «Marco Carra, Oliverio, Zucchi, Cenni, Brandolini, Dal Moro, Fiorio, Agostini, Mario Pepe (PD), Cuomo, Sani, Trappolino, Pizzetti».

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 16-bis, comma 5 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, prevede che lo Stato ha «diritto di rivalersi sulle regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, gli enti territoriali, gli altri enti pubblici e i soggetti equiparati, che si siano resi responsabili di violazioni delle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950 (...), e dei relativi Protocolli addizionali, degli oneri finanziari sostenuti per dare esecuzione alle sentenze di condanna rese dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nei confronti dello Stato in conseguenza delle suddette violazioni»;
risulta che siano sempre più numerose le pronunce di condanna dello Stato italiano da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo per violazioni della predetta Convenzione, anche con riferimento all'articolo 6, che prevede il diritto ad un equo processo, in tempi ragionevoli e ad opera di un giudice terzo ed imparziale -:
se il Governo si sia mai avvalso del diritto di rivalsa di cui all'articolo 16-bis della legge n. 11 del 2005 nei confronti delle pubbliche amministrazioni responsabili di violazioni della citata Convenzione, in caso affermativo quali siano tali pubbliche

amministrazioni e in base a quali criteri tale diritto venga esercitato.
(4-03804)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
su proposta del Presidente del Consiglio, l'8 maggio 2009 il Presidente della Repubblica ha nominato Ministro senza portafoglio per il turismo l'onorevole Michela Brambilla;
non sono noti i suoi meriti tecnici o scientifici nel settore del turismo; non è nota la sua pregressa competenza in materia;
recenti avvenimenti non depongono a favore di tale competenza: sul quotidiano Repubblica del 21 luglio 2009 è stata riportata la notizia secondo la quale importanti organi di stampa giapponesi riferiscono di un decremento del flusso di turismo nipponico verso l'Italia per le truffe e gli abusi commerciali subiti dai turisti giapponesi;
casi di disguidi, inefficienze e ruberie nelle strutture ricettive italiane sono ormai quotidiane (l'ultimo caso, riportato da tutti i quotidiani, riguarda il costo di 5 euro per una bottiglietta d'acqua a Roma), mentre succede sempre più spesso che i tassisti romani siano colti a non rispettare le norme sui costi del tragitto. A questo proposito, il Messaggero del 16 luglio 2009 ha riportato la notizia che due turiste hanno documentato con un video registrato con il cellulare che il tassista, dopo aver preteso una somma esagerata per il viaggio, si è calato i pantaloni per schernirle. Quella coppia di turiste, al ritorno dalla crociera, ha presentato il filmato alla polizia di frontiera e per il conducente è scattata la denuncia per estorsione, truffa e atti osceni. In più, gli investigatori hanno chiesto al Campidoglio la sospensione della licenza. è la disavventura capitata a due giovani del Kirghizistan residenti in Belgio giunte una settimana fa all'aeroporto «Leonardo da Vinci», dove avevano preso accordi con un tassista, il trentaduenne romano A.T. per farsi accompagnare a Civitavecchia per imbarcarsi su una nave da crociera;
nel decreto-legge n. 78 del 2009 (A.C. 2561) non sono contenute disposizioni di sostegno al settore del turismo;
manca ogni politica integrata per il turismo che renda i trasporti urbani e extraurbani agevoli o che predisponga un ambiente favorevole all'arrivo dei turisti, come per esempio la promozione dell'uso delle lingue straniere - non più solo l'inglese ma anche il russo, il cinese e l'arabo - o convenzioni con i ristoranti volte a prevedere il pasto per bambini a prezzi fissi e ridotti;
simili iniziative amministrative ed economiche risultano essere adottate solo per iniziativa autonoma di talune regioni, mentre non sarebbe conferente l'obiezione che lo Stato non può intervenire in materia giacché si tratta di ambito legislativo regionale. Il turismo, infatti, s'interseca con ambiti che sono rimessi alla legislazione statale come la valorizzazione dei beni culturali, la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e le reti di trasporto;
ad avviso dell'interrogante sembra mancare al Ministro Brambilla ogni sensibilità per il bene supremo di cui l'Italia dispone, vale a dire il patrimonio culturale che nonostante tutto attrae ancora molti turisti, sebbene in calo rispetto ad anni passati;
in quasi tre mesi dal suo insediamento non sono note iniziative volte a fronteggiare la crisi di cui anche questo settore soffre, specie nelle regioni tirreniche e adriatiche a vocazione marina, come la Toscana, la Romagna, le Marche e l'Abruzzo -:
se non ritenga - in attuazione del potere di mantenimento dell'unità dell'indirizzo politico - di richiamare il Ministro Brambilla a una maggiore attenzione verso i temi che le sono stati affidati;

quali iniziative abbia in animo di assumere per contrastare la crisi del settore del turismo in Italia e per rilanciare e sostenere una così importante e fondamentale fonte di attrazione di stranieri.
(4-03805)

BIANCOFIORE e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il deputato austriaco della FPÿ, Martin Graf, terzo Vicepresidente del parlamento austriaco, in un'intervista alla Sonntag Presse si permette di lanciare la provocatoria e dolorosa proposta di autodeterminazione per l'Alto Adige italiano al fine di ricostituire gli antichi confini storici del Tirolo Unito;
egli adduce come motivazione a questa pericolosa proposta, non ben definiti «diritti calpestati delle popolazioni germaniche» e una supposta «arroganza statale italiana dovuta al restauro di monumenti fascisti»;
desta sconcerto e presuppone condanna il paragone fatto dal Vicepresidente Austriaco, tra la dittatura nell'ex Germania dell'Est, DDR, e l'Italia, Repubblica democratica; parole di piombo da parte di chi ricopre un posto istituzionale;
le stesse parole dell'esponente FPÿ sono state duramente condannate dallo stesso mondo di lingua tedesca altoatesino, in particolare dalla segreteria politica del partito di maggioranza assoluta, SVP;
solo alcuni esponenti di lingua tedesca dell'estrema destra altoatesina, raccordati chiaramente con l'esponente austriaco, hanno esultato per le gravissime parole di cui sopra;
esponenti delle istituzioni austriache, hanno prontamente chiesto le dimissioni del Vicepresidente austriaco Martin Graf, sottolineando i buoni rapporti tra Austria e Italia e di proficua collaborazione tra Alto Adige e Tirolo del Nord;
il 2009 è l'anno delle celebrazione hoferiane e dell'unificazione germanica e «parole in libertà» rischiano ad avviso dell'interrogante di sollecitare spinte revansciste mai sopite e strumentalizzate ad arte in prossimità di elezioni, come quelle amministrative che si terranno in primavera in Alto Adige;
senza contare il drammatico fenomeno neonazista che attanaglia la gioventù altoatesina con collegamenti pangermanistici, del quale le istituzioni italiane e austriache si dovrebbero fare carico -:
se il Governo italiano intenda richiedere al Parlamento austriaco le scuse ufficiali per l'atroce accusa da parte di un suo autorevole esponente, che paragona l'Italia alla dittatura ex sovietica nella Germania dell'Est;
se intenda manifestare sorpresa alle istituzioni austriache sottolineando l'indiretta violazione, da parte del Vicepresidente Graf, di quanto stabilito dai trattati di Pace del 1918, che hanno annesso l'Alto Adige all'Italia e la violazione dell'accordo De Gasperi-Gruber;
se ritenga tollerabile quella che appare all'interrogante una rituale intromissione da parte di istituzioni di uno Stato straniero nelle «questioni interne» dello Stato italiano - così come venne definita la questione altoatesina al momento della firma della quietanza liberatoria nel 1992, dalla stessa segreteria generale della Farnesina e, in caso contrario, quali iniziative si intendano assumere;
se nel comportamento di esponenti istituzionali della Repubblica federale Austriaca non si ravvisino violazioni di principi di trattati dell'Unione Europea che si basano sul reciproco rispetto degli Stati nazionali.
(4-03811)

CIMADORO e PIFFARI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia

e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
i recenti provvedimenti di urgenza (il decreto-legge n. 39 del 2009 e il decreto-legge n. 78 del 2009), nati a seguito del terremoto in Abruzzo e per fronteggiare l'immanente crisi economica, ospitano disposizioni in materia ludica;
in particolare, l'articolo 12 del decreto-legge n. 39 del 2009 e l'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2009 risultano, agli interroganti, rafforzare il potere dei concessionari attuali e consolidare anche la loro gestione futura. Infatti, l'articolo 12 del decreto-legge n. 39 del 2009 sembra più accentuare il potere di controllo sul mercato da parte dei concessionari, anche con esonero di responsabilità, che non a disciplinare meglio quello che l'amministrazione statale di competenza dovrebbe fare;
l'attribuzione di maggiori poteri pubblici ai gestori e una maggiore protezione degli stessi nei confronti di forme ludiche a carattere «commerciale» non sembra aver apportato corrette integrazioni alla vigente legge sui concorsi a premi, ai quali molti imprenditori fanno ricorso, specie in periodi di crisi o di calo delle vendite;
nell'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2009, mentre si ribadisce l'esigenza di confermare e consolidare la fiducia prestata da chi intende accettare l'offerta delle lusinghe dei giochi, genericamente inclusa nei requisiti che devono essere posseduti dal futuro concessionario, individuabile sul mercato comunitario secondo criteri di pura economicità, viene richiesto, come requisito preferenziale, il possesso, da parte del concorrente all'«appel d'offre», di una rete esclusiva di almeno 15.000 esercizi di vendita;
lo Stato ha voluto riservare a se stesso le manifestazioni ludiche durante le quali si parla delle lotterie, proprio per garantire a tutti l'affidabilità e l'attendibilità dell'iniziativa, che registra la vendita di centinaia di milioni di biglietti con un conseguente giro d'affari di miliardi di euro -:
cosa intendano fare i ministri interrogati nel programma attuativo che si sono assegnati con l'articolo 12, lettera o) onde ridare la giusta valenza alle iniziative promozionali, distinguendole inequivocabilmente dalle lotterie istantanee;
se intendano assumere iniziative dirette a correggere la determinazione, quanto meno di uno degli elementi di preferibilità di cui all'articolo 21, attribuendo così alla imminente gara quel doveroso carattere di imparzialità concorrenziale che, secondo quanto rilevato dalla sentenza della Corte di giustizia UE del 14 aprile 1994, era venuta meno già alla prima gara del 1992;
in che modo si intenda programmare un efficace permanente monitoraggio dell'attività gestionale dei concessionari e dei rivenditori;
con quali mezzi si intenda informare il pubblico sul modo in cui viene gestita l'offerta di concorsi a premi e lotterie, da chi e in che modo siano stati inseriti i premi promessi e in che misura risultino essere stati corrisposti alla conclusione delle relative singole manifestazioni.
(4-03812)

STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia viaggi Todomondo è un web tour operator italiano, che offre servizi online dal maggio 2005;
tale tour operator, infatti, è in grado di offrire «pacchetti vacanza» a prezzi molto convenienti, grazie a formule che escludono intermediari, utilizzando strumenti di comunicazione diretta, quali e-mail e sms;
molti clienti di Todomondo hanno ricevuto nel corrente mese di luglio 2009

l'annullamento delle prenotazioni e delle partenze programmate, nonostante avessero già saldato l'importo dovuto;
sul sito dell'Agenzia una nota ufficiale riporta che «a seguito dell'azione di responsabilità e della revoca deliberate dall'assemblea del 14 luglio 2009 nei confronti dell'amministratore delegato, la società intende agire a tutela dei suoi clienti e dei propri diritti nelle opportune sedi giudiziarie (...). Nel frattempo, resta confermata la sospensione delle partenze»;
centinaia di cittadini, ignari e inconsapevoli, si trovano oggi in una situazione che rischia di compromettere in modo irrimediabile le proprie sospirate e meritate vacanze; alcuni sono di fatto impossibilitati a pagarsene un'altra;
tali situazioni purtroppo si ripetono spesso, incentivate dalla prassi che prevede il versamento totale delle quote relative al soggiorno prima della partenza, senza che venga rilasciata da parte dell'agenzia o del tour operator alcuna garanzia reale -:
quali iniziative intendano intraprendere al fine di evitare che i disagi rappresentati in premessa possano verificarsi in futuro, estendendo al comparto dei viaggi organizzati, ad esempio, l'obbligo di rilasciare polizze fideiussorie a garanzia delle caparre versate.
(4-03822)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende da notizie di agenzia, la Guardia di finanza ha notificato un provvedimento di sequestro cautelativo dell'intero complesso ospedaliero San Giovanni Di Dio di Agrigento;
sarebbero state riscontrate gravi carenze strutturali degli edifici, tali da esporre a gravissimo rischio sismico l'intero manufatto, che dovrà essere sgomberato in un mese;
il dispositivo è stato emesso dal Giudice per le indagini preliminari, a seguito di un inchiesta della magistratura che già vede coinvolte numerose persone indagate;
il manufatto è relativamente nuovo, essendo stato costruito una decina di anni fa, ed essendo ancora fresco il ricordo di quanto accaduto all'ospedale de L'Aquila -:
se il Governo, nell'ambito delle attività di verifica sull'agibilità delle strutture ospedaliere avviata dal sottosegretario Guido Bortolaso, abbia acquisito dati in ordine alla situazione dell'ospedale di Agrigento «San Giovanni di Dio» e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-03827)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato venerdì 24 luglio 2009 dal quotidiano online di Lecce e del Salento, Lecceprima.it, il signor Antonio Borrello, di anni 52, residente in Morciano di Leuca, sarebbe stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Tricase con l'accusa di detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti per aver coltivato, all'interno della propria abitazione, due piante di marijuana;
il giudice per le indagini preliminari, dottoressa Annalisa De Benedictis, avrebbe convalidato l'arresto, rigettando però la richiesta del pubblico ministero di applicare nei confronti del prevenuto la misura della custodia cautelare in carcere;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire

sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, prevedendo in particolare che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia

destinato ad uso esclusivamente personale sia depenalizzata in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03828)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in data 28 luglio 2009 dall'Agenzia Giornalistica Italia (AGI), martedì 27 luglio 2009 i carabinieri di Ardea avrebbero arrestato un uomo di 34 anni, incensurato, con l'accusa di aver coltivato nel giardino della propria abitazione 13 piante di canapa indiana;
nello stesso giorno, a Guidonia Montecelio, i carabinieri della Stazione di Tivoli Terme hanno arrestato un 38enne del posto che coltivava sul balcone di casa 15 piante di marijuana;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;

è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03829)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato giovedì 23 luglio 2009 dal sito di informazione Millemedia un giovane 21enne di Miglionico (Matera) sarebbe stato denunciato dai carabinieri della Compagnia di Matera con l'accusa di detenzione e coltivazione di sostanze stupefacenti perché sorpreso a detenere, in casa, alcune piante di marijuana;
nel caso di specie i militari dell'Arma, nel corso di una preordinata attività di controllo volta proprio al contrasto dello spaccio e del consumo di stupefacenti, nella tarda serata di mercoledì 22 luglio 2009, al termine di un servizio di appostamento nei pressi dell'abitazione del giovane, sono intervenuti e, una volta entrati in casa, hanno effettuato un'attenta perquisizione durante la quale hanno rinvenuto e sequestrato 2 piante di marijuana dell'altezza di 60 centimetri circa;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità

dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03830)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in data 20 luglio 2009 dal sito di informazione TusciaWeb, gli uomini della compagnia dei carabinieri di Civita Castellana avrebbero arrestato, domenica 19 luglio 2009, una donna 40enne perché trovata in possesso di quattro piante di canapa indiana;
nel caso di specie i carabinieri della stazione di Faleria hanno effettuato una perquisizione domiciliare e all'interno dell'abitazione dell'indagata, in Calcata Vecchia, all'interno di vasi in terracotta hanno accertato che la donna coltivava dello stupefacente; l'indagata è stata dunque arrestata e trattenuta presso le camere di sicurezza della compagnia di Civita Castellana in attesa del processo che si svolgerà con rito direttissimo con l'accusa di coltivazione, produzione e detenzione di sostanza stupefacente;

nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica

fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03831)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato in data 20 luglio 2009 sul sito ViviEnna.it, nella città Armerina, gli uomini del Commissariato di Piazza Armerina, attualmente diretto dal Commissario Capo dottor Gabriele Presti, avrebbero denunciato in stato di libertà due giovani incensurati, I. A., classe '79 e Z. B., classe '81;
all'interno dell'abitazione delle due persone denunciate venivano infatti rinvenuti 3 vasi contenenti piante di marijuana, sicché i due soggetti sono stati denunciati in stato di libertà per il reato di coltivazione e detenzione di sostanza stupefacente;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;

l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03832)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Adnkronos, mercoledì 22 luglio 2009 un uomo di 49 anni sarebbe stato arrestato dai carabinieri della Compagnia di Luino e della Stazione di Laveno Mombello, in provincia di Varese, con l'accusa di aver coltivato nel giardino di casa una decina di piante di marijuana di altezza variabile dai 10 ai 180 centimetri;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata

penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03833)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato martedì 28 luglio 2009 dall'agenzia Il Velino, un 34enne di Roma è stato arrestato dai Carabinieri della Stazione di Roma Eur con l'accusa di aver coltivato, all'interno della propria abitazione, quattro piante di marijuana; mentre sempre nella stessa giornata a Vicovaro (Roma) due persone di 37 e 40 anni sono state arrestate dalle forze dell'ordine in quanto sul loro terrazzo sarebbero state rinvenute 26 piante di canapa indiana;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo

unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006, n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73, comma 1-bis, che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana, mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza -:
se il Governo sia a conoscenza di quante siano, nell'ultimo anno, le persone arrestate per coltivazione di piante stupefacenti, quante di queste coltivazioni siano riconducibili ad attività meramente domestica e quale sia stato l'andamento del fenomeno negli ultimi 5 anni;
se il Governo non ritenga necessario un urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al consumo delle sostanze stupefacenti, in particolare prevedendo che anche l'attività di coltivazione di sostanza stupefacente il cui ricavato sia destinato ad un uso esclusivamente personale venga depenalizzata ed assuma

quindi una rilevanza meramente amministrativa in conformità a quanto previsto dal referendum del 1993.
(4-03834)

ZACCHERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra giovedì 23 e venerdì 24 luglio 2009 e nella successiva giornata del 24 un evento atmosferico di eccezionale intensità ha colpito la zona del Lago Maggiore causando gravi danni a infrastrutture, opere pubbliche, stabili privati nei comuni di Verbania, Baveno, Ghiffa e zone adiacenti e inondando vaste aree del territorio;
va sottolineato che l'arrivo del maltempo era stato opportunamente segnalato dalla Protezione civile che già molte ore prima aveva preannunciato piogge intense che in alcuni punti hanno poi segnato il massimo delle precipitazioni degli ultimi decenni, concentrate spesso in pochissime ore della mattinata del 24 -:
se il Governo non intenda, qualora la Regione Piemonte ne faccia richiesta, dichiarare lo stato di calamità per le aree interessate e segnatamente per quelle amministrazioni pubbliche che hanno avuto maggiori danni documentati e che hanno peraltro avviato con immediatezza ogni iniziativa per il contenimento degli stessi a beni pubblici e privati, in modo da assicurare un indennizzo adeguato ai soggetti danneggiati.
(4-03837)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 4 febbraio del 2009 è entrato in vigore il «Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008»;
i primi sette articoli del Trattato, riguardanti i principi generali, impegnano le due parti, ad adempiere in buona fede agli obblighi derivanti dai princìpi e dalle norme del diritto internazionale universalmente riconosciuti, nonché inerenti al rispetto dell'ordinamento internazionale;
in modo specifico, all'articolo 6 del Trattato, si garantisce il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, conformemente alle rispettive legislazioni e agli obiettivi e princìpi della Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei dritti dell'uomo;
la Libia non ha ratificato la Convenzione ONU di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951 e non ha siglato accordi che prevedano formalmente la presenza dell'UNHCR nel Paese;
durante lo svolgimento del dibattito parlamentare inerente alla ratifica del Trattato in oggetto molti interventi in Aula hanno sottolineato proprio il fatto che la Libia, non avendo ratificato la Convenzione ONU di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951, non fornisse adeguate garanzie di rispetto delle norme del diritto internazionale, rendendo necessario attendere l'adesione della Libia alla Convenzione ONU prima di procedere alla ratifica del Trattato bilaterale, invito rimasto inascoltato;
un passaggio del discorso che il Presidente della Camera, Gianfranco Fini avrebbe voluto svolgere in occasione della visita del leader libico Muammar Gheddafi a Montecitorio lo scorso 12 giugno come è stato diffuso dalle agenzie di stampa ha il seguente tenore: «Auspico che una delegazione di deputati italiani possa recarsi

presto in visita ai campi libici di raccolta degli immigrati per verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo, sanciti dalle Nazioni Unite e dal Trattato di Bengasi, con particolare riguardo ai richiedenti asilo e ai perseguitati politici»;
dopo la visita di Gheddafi in Italia, il presidente della Camera ha dato seguito al suo intento scrivendo una lettera al suo omologo di Tripoli per proporgli di costituire una delegazione mista di deputati italiani e libici che andasse in visita al centro di raccolta profughi in territorio libico con l'obiettivo di verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell' uomo e dei rifugiati-politici;
tale richiesta è scaturita, tra l'altro, dalle denunce effettuate da L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) che ha posto a fondamento delle sue critiche il dato fattuale, ovvero il mancato rispetto dei diritti umani, sempre scaturente dalla mancata adesione della Libia alla Convenzione sui rifugiati del 1951 e dalla assenza di un sistema nazionale d'asilo efficiente, esortando le autorità italiane a riconsiderare la propria decisione di non assicurare alle persone salvate in mare e bisognose di protezione internazionale pieno accesso al territorio e alla procedura di asilo nell'Unione Europea;
in modo specifico, all'inizio di luglio, c'è stata una formale e dura presa di posizione ufficiale dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) consistente nell'invio di una lettera al nostro Governo contenente l'accusa del mancato rispetto dei diritti umani ed una richiesta di chiarimenti, poiché la marina italiana avrebbe respinto un gruppo di migranti con l'uso della forza e senza verificare se ci fossero richiedenti asilo;
alcuni esponenti del governo, quali ad esempio il ministro La Russa ha sostenuto che l'alto commissariato dell'Onu per i rifugiati è «uno degli organismi che non contano un fico secco, finché la stampa non decide che conta», ribadendo successivamente in modo più sobrio che il governo «è compatto nel dire che l'Alto Commissariato Onu sbaglia nel ritenere non adeguato il comportamento dell'Italia e dei marinai italiani nei riaccompagnamenti verso il porto libico», ma ritenendo «non ammissibile la faciloneria con cui questo organismo internazionale accusi i marinai italiani di essere ladri, affamatori e violenti, mentre il loro comportamento è stato assolutamente corretto essendo intervenuti ancora una volta a tutela di questi disperati da quattro giorni in mezzo al mare. Come ministro della Difesa non posso accettare che i militari italiani vengano dipinti come negrieri», opinione confermata nella sostanza ed in modo più succinto anche dal ministro Maroni il quale ha affermato che i respingimenti sono «la linea giusta»;
l'agenzia dell'ONU ha ribadito successivamente il proprio sdegno con comunicazioni ufficiali nelle quali ha spiegato come «L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) in Libia ha svolto dei colloqui con le 82 persone che erano state intercettate mercoledì 1o luglio dalla Marina Militare italiana a circa 30 miglia da Lampedusa e trasferite poi su una motovedetta libica per essere ricondotte in Libia. In base a quanto riportato durante i colloqui, non risulta che le autorità italiane a bordo della nave abbiano cercato di stabilire la nazionalità delle persone coinvolte né tantomeno le motivazioni che le hanno spinte a fuggire dai propri paesi. Una volta in Libia, il gruppo è stato smistato in centri di detenzione dove l'UNHCR ha avuto l'opportunità di svolgere gli incontri. Fra di loro vi sono 76 cittadini eritrei, di cui 9 donne e almeno 6 bambini. Sulla base delle valutazioni dell'UNHCR relative alla situazione in Eritrea e da quanto dichiarato dalle stesse persone, appare chiaro che un numero significativo di esse risulta essere bisognoso di protezione internazionale. Nel corso dei colloqui l'UNHCR ha raccolto testimonianze riguardo l'uso della forza da parte dei militari italiani durante il trasbordo sulla motovedetta libica. In base a queste testimonianze sei eritrei

avrebbero avuto necessità di cure mediche in seguito ai maltrattamenti. Inoltre, gli stessi individui affermano che i loro effetti personali, fra i quali documenti di vitale importanza, sarebbero stati confiscati dai militari italiani durante le operazioni e non più riconsegnati. Le persone ascoltate dall'UNHCR hanno riferito di aver trascorso quattro giorni in mare prima di essere intercettate e di non aver ricevuto cibo dai militari italiani durante l'operazione durata circa 12 ore. In considerazione dalla gravità di quanto riportato, l'UNHCR ha inviato una lettera al governo italiano con la richiesta di chiarimenti sul trattamento riservato alle persone respinte in Libia e richiedendo il rispetto della normativa internazionale. Negli anni passati l'Italia ha salvato migliaia di persone in difficoltà nel Mediterraneo, fornendo assistenza e protezione a chi ne aveva bisogno. Dall'inizio di maggio è stata introdotta la nuova politica dei respingimenti e almeno 900 persone sono state respinte verso altri paesi, principalmente la Libia, nel tentativo di raggiungere l'Italia. L'UNHCR ha espresso forte preoccupazione sull'impatto di questa nuova politica che, in assenza di adeguate garanzie, impedisce l'accesso all'asilo e mina il principio internazionale del non respingimento (non-refoulement)».
nel solo periodo compreso dal 5 maggio al 5 luglio 2009 il numero documentato degli emigranti e dei rifugiati respinti dall'Italia verso la Libia è stato di 1.122 persone;
il pattugliatore italiano Orione, il primo luglio 2009, durante il respingimento, trasportò 6 eritrei a Tripoli; secondo fonti dell'UNHCR all'arrivo, in seguito alle ferite riportate durante uno scontro con i nostri militari durante il trasbordo, furono ricoverati presso una struttura sanitaria locale;
il 21 luglio il Presidente della Camera Fini ha reso noto la risposta negativa della Libia riguardo la necessità di verificare il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e dei rifugiati-politici;
ad avviso del Presidente «La risposta della Libia è stata inadeguata, deludente e politicamente miope: definirla così è un dato di fatto. Nei rapporti tra Paesi è doveroso porre in cima il rispetto dei diritti umani, dei rifugiati e delle convenzioni internazionali». Dopo la visita di Gheddafi a Roma, «avevo prospettato la costituzione di una delegazione mista di parlamentari che potessero recarsi nei centri di raccolta in Libia degli immigrati per verificare sul posto il rispetto dei diritti umani e delle garanzie per chi richiede asilo», ha ricordato il Presidente. Da Tripoli è pervenuto il benestare alla delegazione mista, «ma non per i motivi citati» ha chiarito. La Libia ha spiegato che «nei centri non ci sono rifugiati politici e per quanto riguarda i diritti umani, la Libia ha emesso la grande Carta verde dei diritti umani a loro tutela, quindi si tratta di una questione interna» -:
se non ritengano necessario ed urgente richiedere al Governo libico la ratifica della Convenzione ONU di Ginevra relativa allo status dei rifugiati del 1951;
se non ritengano necessario ed urgente inoltrare al Governo libico la richiesta di far accedere osservatori imparziali ed indipendenti nei campi libici per accertare che i profughi ospitati godano di un effettivo rispetto dei diritti umani;
quale sorte abbiano subito gli oltre mille rifugiati respinti dall'Italia in Libia;
cosa accadde ai rifugiati diretti in Libia sul pattugliatore Italiano Orione;
se non ritengano di sospendere la politica di respingimento dei migranti provenienti verso l'Italia via mare dalla Liba, sino a quando la Libia non abbia ratificato la Convenzione Onu sui rifugiati;
se non intenda sollevare la questione del mancato rispetto da parte della Libia dei Trattato di Amicizia ratificato il 4 febbraio 2009 e che impegna le parti a rispettare i diritti umani.
(5-01715)

CORSINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
a seguito dell'apertura delle frontiere in larga parte dell'Europa, ed anche ad una maggior facilità di circolazione nelle diverse parti del mondo, negli ultimi anni sono in costante aumento i figli di coppie di diversa nazionalità, che pagano un prezzo altissimo, nel momento in cui il rapporto di coppia dei propri genitori entra in una fase fortemente conflittuale;
trattandosi di minori con genitori di diversa nazionalità, è assai frequente infatti il verificarsi della fattispecie della sottrazione internazionale di minori, ossia del fenomeno per cui un minore viene illecitamente condotto all'estero ad opera di uno dei genitori che non esercita l'esclusiva potestà, senza alcuna autorizzazione, oppure che si verifica quando il minore non viene ricondotto nel Paese di residenza abituale a seguito di un soggiorno all'estero;
tra i casi più recentemente avvenuti, va menzionato quello della sottrazione di F. Cavallin, un bimbo di sette anni, di madre indonesiana e padre italiano, che è stato sottratto da quest'ultimo e condotto in Indonesia, nell'isola di Sumatra, luogo di nascita della madre, Damayanty Mardiana, sposata e residente in Italia, e dall'estate del 2008 inserita con il figlio dai servizi sociali presso un centro di accoglienza per donne maltrattate a Montebelluna, con contestuale segnalazione al Tribunale per i minorenni;
mentre era in corso la causa di separazione presso il Tribunale di Treviso (che con ordinanza del 15 settembre 2009 ha disposto l'affido esclusivo del minore alla madre), e in pendenza di una richiesta avanzata dai servizi sociali dell'azienda unità locale socio-sanitaria 8 al Tribunale dei minorenni di Venezia, il bimbo, il 20 marzo 2009, è stato illegalmente sottratto dal padre, Francesco Cavallin, e condotto in Indonesia, dove la coppia aveva vissuto fino al dicembre 2006;
successivamente, con decreto n. 393/09 RR del 26 giugno 2009, il Tribunale per i minorenni di Venezia ha affidato in via temporanea ed urgente il minore alla madre, sospendendo l'esercizio della potestà del padre Francesco Cavallin sul figlio;
l'Indonesia, come la gran parte dei Paesi islamici, non ha sottoscritto la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori; ne consegue che le pronunce dei tribunali italiani non esplicano efficacia immediata in Indonesia né esiste in questo paese un'autorità centrale cui rivolgere le richieste di assistenza riguardanti la sottrazione internazionale di minori, così come previsto dalla Convenzione medesima;
proprio i casi di sottrazione internazionale di minore che riguardano Paesi non aderenti alla Convenzione dell'Aja, come nel caso dell'Indonesia, sono quelli per i quali sussiste una competenza diretta del Ministero degli affari Esteri per il tramite della Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie (DGIT);
la sottrazione di minore costituisce un evento molto traumatico per i bambini che ne sono vittime, che si trovano ad essere improvvisamente privati di una delle figure parentali di riferimento nonché ad essere completamente distaccati dal contesto nel quale erano inseriti e che spesso, rappresenta non solo la loro «residenza abituale» ma anche il loro unico luogo di vita; appare pertanto indispensabile in questi casi agire con la massima urgenza, al fine di contenere il più possibile i danni psicologici, e talvolta anche fisici, che i minori subiscono durante il periodo in cui vengono sottratti -:
se abbia già provveduto, per il tramite della Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie e in raccordo con le rappresentanze diplomatico-consolari, ad individuare tempestivamente le linee di azione più idonee per una soluzione politico-diplomatica del caso, anche al fine di esperire immediate azioni in loco, e quali urgenti iniziative

intenda in ogni caso adottare per facilitare, nel preminente interesse del minore e in accordo con le autorità indonesiane, il rimpatrio in tempi brevi del minore illegalmente sottratto.
(5-01716)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha accolto in data 10 giugno 2008 l'ordine del giorno a firma Cota, Reguzzoni, Dal Lago (ac 9/1094-A-R/2) che recita, tra l'altro:
«il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati; attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
tali accordi, sottoscritti non soltanto secondo puri criteri commerciali, possono essere di due tipi:
open sky: consentono a tutti i vettori delle due parti di collegare qualsiasi punto del proprio territorio con tutti i punti della controparte, in genere senza limitazioni di frequenze (ad esempio Italia/USA e da marzo 2008 UE/USA);
accordi tradizionali: prevedono il numero di vettori designabili da ciascuna parte e abilitati ad operare i collegamenti tra i due Paesi (designazione singola, designazione multipla); prevedono i punti d'accesso di ciascuna parte presso i quali i vettori designati possono atterrare (ogni compagnia è invece generalmente libera di partire da qualsiasi punto all'interno del proprio Paese); prevedono il numero di frequenze operabili tra i due Paesi, i posti offerti e le tariffe;
l'area di Milano e del Nord Italia, ad esempio, subisce al momento forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto; tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali o dalla concreta attuazione data agli stessi, riguardano:
1) l'accesso su Milano dei seguenti vettori: Belavia (Bielorussia), Malaysia Airlines (Malesia), Korean Air/Asiana (Corea del Sud), Biman (Bangladesh), Air Moldova (Moldova), Gulf Air (Bahrain), Air Astana (Kazakistan), Kuwait Airways (Kuwait), China Airlines/Eva Air (Taiwan);
2) l'incremento di frequenze nei seguenti collegamenti: Riyadh/Milano (Saudi Arabia - Arabia Saudita), Amman/Milano (Royal Jordanian - Giordania), Tripoli/Milano (Lybian Arab/Afriqiyah - Libia), Tunisi/Milano (Tunis Air - Tunisia);
3) l'attivazione di nuovi collegamenti da Milano o incremento degli attuali da parte dei seguenti vettori nazionali: Air Italy, Blue Panorama, Eurofly/Meridiana, Livingston, Neos verso i seguenti paesi: Argentina, Brasile, Egitto, Ghana, Giappone, Israele, Nigeria, Russia, Tunisia, Venezuela;
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;

alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto:
nella maggior parte dei casi il numero delle frequenze previste, pur in presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare (ad esempio Egitto e Venezuela);
le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate unicamente a favore di Roma»;
il citato ordine del giorno ha impegnato il Governo «ad adottare ogni possibile iniziativa ed impartire ogni necessaria istruzione affinché si pervenga ad un'urgente revisione/ridefinizione dei vigenti accordi bilaterali in modo da garantire, anche su Malpensa e sugli altri aeroporti, l'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso.»;
la fusione Alitalia - Air-One, con la contestuale privatizzazione della prima, ha creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro Paese con alcuni Paesi terzi;
tra i paesi citati nell'ordine del giorno vi è la Malesia, che non aveva accesso su Milano -:
se siano stati avviati colloqui finalizzati alla ridefinizione degli accordi bilaterali in tema di collegamenti aerei con la Malesia, secondo quanto previsto dall'ordine del giorno Cota, Reguzzoni, Dal Lago sopra citato;
quali siano i contenuti di detti colloqui e i tempi per la loro conclusione.
(4-03803)

BORGHESI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
dopo le recenti elezioni europee il Governo italiano ha deciso di ristrutturare la rete di rappresentanza diplomatica all'estero, con la previsione della chiusura di varie sedi consolari;
una di queste è il Consolato di Manchester, attualmente uno dei 4 uffici consolari in UK (consolati generati a Londra ed Edimburgo, più l'ufficio consolare permanente a Bedford). Con la chiusura verrebbero a mancare non solo i servizi burocratici ai nostri cittadini e ai cittadini britannici di questa parte di Regno Unito, ma anche un importante punto di riferimento culturale;
il Consolato di Manchester serve una collettività di oltre 30.000 italiani;
la Virtual Italian Academy, associazione che riunisce scienziati, ricercatori e professionisti italiani in GB, è solidale con la comunità italiana della circoscrizione di Manchester, che è fortemente contraria alla chiusura dei Consolato, anche perché le sue funzioni sarebbero trasferite ad Edimburgo o Londra. Appoggia quindi la protesta che il COMITES, rappresentante ufficiale della nostra comunità, ha lanciato con una petizione per impedirne la chiusura -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se ritenga di sospendere le procedure di chiusura del Consolato di Manchester vista la forte richiesta da parte dei cittadini;
cosa ritenga di fare in caso di chiusura per assicurare i servizi ai nostri connazionali.
(4-03806)

REGUZZONI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha accolto in data 10 giugno 2008 l'ordine del giorno a firma Cota, Reguzzoni, Dal Lago (A.C. 9/1094-A-R/2) che recita, tra l'altro:
«il traffico aereo di linea fra due Stati è regolamentato da accordi bilaterali, articolati in base a schemi fissi, sottoscritti dai Governi dei due Paesi interessati; attraverso la stipula di un accordo bilaterale viene sancito un regime regolamentare che definisce la quantità di voli offerti, il numero dei soggetti ammessi ad operare e il numero di destinazioni servite tra i due Paesi;
tali accordi, sottoscritti non soltanto secondo puri criteri commerciali, possono essere di due tipi:
open sky: consentono a tutti i vettori delle due parti di collegare qualsiasi punto del proprio territorio con tutti i punti della controparte, in genere senza limitazioni di frequenze (ad esempio Italia/USA e da marzo 2008 UE/USA);
accordi tradizionali: prevedono il numero di vettori designabili da ciascuna parte e abilitati ad operare i collegamenti tra i due Paesi (designazione singola, designazione multipla); prevedono i punti d'accesso di ciascuna parte presso i quali i vettori designati possono atterrare (ogni compagnia è invece generalmente libera di partire da qualsiasi punto all'interno del proprio Paese); prevedono il numero di frequenze operabili tra i due Paesi, i posti offerti e le tariffe;
l'area di Milano e del Nord Italia, ad esempio, subisce al momento forti limitazioni in termini di accessibilità aerea dovute all'attuale configurazione degli accordi bilaterali vigenti che, di fatto, ostacolano o impediscono il concreto sviluppo del trasporto aereo in tale area, attraverso la predeterminazione del vettore designato (monodesignazione), la limitazione delle frequenze e dei punti di accesso;
il riposizionamento su Roma della maggior parte dei servizi extra europei di Alitalia accentua pesantemente queste limitazioni soprattutto, ma non solo, con riferimento all'aeroporto di Malpensa al quale non sono al momento garantite paritarie condizioni di accessibilità con l'altro principale scalo nazionale pur in presenza di richieste di vettori italiani e stranieri intenzionati ad attivare, nel breve-medio termine, nuovi collegamenti e/o ad incrementare il numero delle frequenze su detto aeroporto; tali richieste, il cui accoglimento è ostacolato dai vigenti accordi bilaterali o dalla concreta attuazione data agli stessi, riguardano:
1) l'accesso su Milano dei seguenti vettori: Belavia (Bielorussia), Malaysia Airlines (Malesia), Korean Air/Asiana (Corea del Sud), Biman (Bangladesh), Air Moldova (Moldova), Gulf Air (Bahrain), Air Astana (Kazakistan), Kuwait Airways (Kuwait), China Airlines/Eva Air (Taiwan);
2) l'incremento di frequenze nei seguenti collegamenti: Riyadh/Milano (Saudi Arabia-Arabia Saudita), Amman/Milano (Royal Jordanian-Giordania), Tripoli/Milano (Lybian Arab/Afrigiyah-Libia), Tunisi/Milano (Tunis Air-Tunisia);
3) l'attivazione di nuovi collegamenti da Milano o incremento degli attuali da parte dei seguenti vettori nazionali: Air Italy, Blue Panorama, Eurofly/Meridiana, Livingston, Neos verso i seguenti paesi: Argentina, Brasile, Egitto, Ghana, Giappone, Israele, Nigeria, Russia, Tunisia, Venezuela;
inoltre, con riferimento agli altri aeroporti, risultano inevase numerose e fondate richieste miranti a ristabilire per tutti gli aeroporti del Paese regole di libero mercato e condizioni di parità di accesso;
alla luce del riposizionamento di Alitalia sullo scalo di Roma, i vigenti accordi aeronautici bilaterali determinano su Milano e sugli altri aeroporti notevoli elementi di criticità in quanto:
nella maggior parte dei casi il numero delle frequenze previste, pur in

presenza di pluridesignazione, è interamente, o quasi interamente, operato da Alitalia (ad esempio Argentina, Algeria, Ghana, Brasile);
le previsioni di monodesignazione limitano alla sola Alitalia il diritto di operare (ad esempio Egitto e Venezuela);
le eventuali previsioni di limitazione dei punti di accesso sono state finora attuate unicamente a favore di Roma»;
il citato ordine del giorno ha impegnato il Governo «ad adottare ogni possibile iniziativa ed impartire ogni necessaria istruzione affinché si pervenga ad un'urgente revisione/ridefinizione dei vigenti accordi bilaterali in modo da garantire, anche su Malpensa e sugli altri aeroporti, l'effettiva liberalizzazione dei diritti di traffico con riguardo al numero dei vettori designati, al numero delle frequenze consentite e al numero dei punti di accesso.»;
la fusione Alitalia-Air One con la contestuale privatizzazione della prima, ha creato non solo una situazione di monopolio su alcune rotte, ma anche il pericoloso e non accettabile ruolo di una compagnia privata cui viene affidato in esclusiva il collegamento del nostro paese con alcuni paesi terzi;
tra i paesi citati nell'Ordine del Giorno vi è il Giappone, Paese verso il quale è stato richiesto un incremento del numero di collegamenti aerei;
un nuovo collegamento aereo internazionale da e/o verso il nostro Paese è - tra l'altro - un elemento di positività economica importante nella congiuntura presente, sia per l'occupazione diretta che genera, sia per l'indotto, sia per l'aumento indiretto dell'attività economica;
il Giappone - quale paese del G8 - rappresenta una destinazione importante per l'economia del nostro Paese -:
se siano stati avviati colloqui finalizzati alla ridefinizione degli accordi bilaterali in tema di collegamenti aerei con il Giappone secondo quanto previsto dall'ordine del giorno Cota, Reguzzoni, Dal Lago sopra citato;
quali siano i contenuti di detti colloqui e i tempi per la loro conclusione;
quali siano i contenuti delle potenziali intese e i tempi per la loro concreta attuazione.
(4-03807)

HOLZMANN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si sta registrando viva preoccupazione da parte di molti nostri connazionali all'estero sull'ipotesi di chiusura di molti uffici consolari nel mondo;
il provvedimento, annunciato alle Commissioni esteri di Camera e Senato, porterebbe alla chiusura di diversi uffici, dopo che i precedenti Governi avevano già ridotto la rete di nostre rappresentanze all'estero;
la chiusura di questi uffici, tenuto conto degli ulteriori compiti a loro affidati, ad esempio il supporto fondamentale alle operazioni elettorali, finirebbe per causare disservizi alla comunità italiana ed italianofona nel mondo;
alcune manifestazioni di protesta si sono svolte in varie città della Germania ed altre stanno per essere promosse nel timore di uno smantellamento dei servizi minimi necessari alle comunità all'estero -:
quali siano le sedi consolari che verranno chiuse a breve e medio termine;
quale sia l'impatto che si prevede che avrà il provvedimento citato in premessa sul rapporto del Governo italiano con le comunità nazionali sparse nel mondo;
se sia stata effettuata una valutazione sulle difficoltà che incontreranno i nostri emigrati e le nostre imprese nell'inserirsi

nel contesto economico ed amministrativo dei vari Paesi senza poter contare più sulla rete consolare esistente.
(4-03825)

ZAMPARUTTI, CICCIOLI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sull'agenzia Apcom il 28 giugno 2009 risulta che l'esercito iracheno ha preso il controllo del campo di Ahsraf dei Mujaheddin del Popolo iraniano, uno dei gruppi più attivi nell'opposizione all'attuale regime iraniano rifugiato da 22 anni in Iraq;
la notizia l'avrebbe riferita una fonte militare a Baquba, nella provincia di Diyala affermando che: «Dopo il fallimento dei negoziati con i Mujaheddin per entrare pacificamente nel campo di Ashraf, l'esercito iracheno vi è entrato con la forza e controlla ormai totalmente l'interno e le entrate del campo»;
secondo un portavoce dell'esercito iracheno a Diyala che ha richiesto l'anonimato, «due battaglioni di 400 uomini ciascuno, uno proveniente da Diyala e l'altro dalla provincia meridionale di Bassora sono entrati nel campo su ordine del governo del Primo ministro Nouri al Maliki». Questa decisione, ha aggiunto, rientra nel quadro dell'accordo di sicurezza firmato a novembre 2008, fra Washington e Baghdad e che trasferisce l'autorità alle forze irachene;
i Mujaheddin hanno dichiarato in un comunicato che «le forze di polizia irachene hanno lanciato un attacco su Ashraf tirando gas lacrimogeni mentre dei bulldozer demolivano il cancello di ingresso al campo» e che «la Resistenza iraniana considera le forze americane responsabili della protezione degli abitanti di Ashraf e chiede al Segretario generale dell'Onu di intervenire immediatamente per fermare l'attacco delle forze irachene»;
il campo di Ashraf, visitato da esponenti politici di molte nazioni tra le quali anche l'Italia, ospita attualmente 3.500 persone ed attivisti Mujaheddin che vi risiedono dagli anni '80 e che dopo l'arrivo degli americani in Iraq hanno consegnato tutte le armi e con esse ogni operazione di matrice militare è stata abbandonata;
i Mujaheddin conducono un'intensa attività politica e diplomatica di opposizione al regime di Teheran che ottenne dall'Unione europea l'inserimento dell'organizzazione nella lista dei gruppi terroristici dell'Unione europea dalla quale sono stati cancellati all'inizio del 2009 dopo una rigorosa ed esemplare battaglia legale;
per effetto della risoluzione risoluzione parlamentare 8-00019 il Governo italiano è impegnato a tutelare il Campo di Ashraf, ai sensi della convenzione delle Nazioni Unite del '51 sul diritto dei rifugiati e del suo protocollo aggiuntivo del '67, collaborando con l'Alto Commissariato per le Nazioni Unite per i Rifugiati e con le altre Agenzie specializzate delle Nazioni Unite per trovare una soluzione duratura e soddisfacente alla situazione delle persone attualmente ospitate presso il Campo di Ashraf -:
quali iniziative il Governo abbia assunto a tutela dei residenti nel Campo di Ashraf ed in particolare come il Governo abbia dato seguito all'impegno assunto con la risoluzione 8-00019;
se il Governo intenda chiedere chiarimenti, in sede bilaterale al Governo iracheno, sull'occupazione militare del campo dei Mujaheddin del Popolo;
come il Governo intenda assicurare un'effettiva protezione dei residenti di Ashraf nel quadro del diritto internazionale umanitario e in particolare della IV Convenzione di Ginevra e smentire l'ipotesi di una loro espulsione.
(4-03850)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

DE ANGELIS e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per questa stagione estiva il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, in collaborazione con le associazioni WWF, CTS, Legambiente e Marevivo, ha organizzato un interessante progetto denominato «E ... state nei Parchi»;
il progetto pilota consentirà a circa 600 ragazzi fra i 6 e i 14 anni di passare una settimana a contatto con la natura in diversi parchi nazionali ed aree marine protette del nostro Paese, scoprendo le meraviglie del patrimonio naturale italiano e avvicinandosi concretamente alle buone pratiche di rispetto e difesa del territorio e dell'ecosistema, grazie ai progetti di educazione ambientale proposti dagli operatori partner;
il Corpo forestale dello Stato attraverso i suoi uffici territoriali della biodiversità da anni svolge un encomiabile lavoro di divulgazione ed informazione ambientale -:
se il progetto verrà riproposto negli anni a venire;
se il Corpo forestale dello Stato sia stato coinvolto o lo sarà nelle prossime edizioni.
(4-03815)

TESTO AGGIORNATO AL 10 NOVEMBRE 2009

...

BENI E ATTIVITà CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAPARINI, GOISIS, GRIMOLDI, VOLPI, STUCCHI, ALLASIA e REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'esigenza di realizzare un Museo per illustrare il patrimonio archeologico-preistorico e protostorico della Valle Camonica, tutto di proprietà dello Stato, è datata fine anni Ottanta e nasce dalla constatazione che il fenomeno arte rupestre, riconosciuto dall'UNESCO patrimonio mondiale dell'umanità nel 1979, primo sito in Italia, andava contestualizzato e illustrato attraverso la valorizzazione dei contesti e complessi archeologici coevi che in quegli anni si andavano arricchendo e diversificando attraverso scavi di ricerca e di salvataggio, condotti dalla Soprintendenza per i beni archeologici e da università che svolgevano campagne di scavo in concessione da parte del Ministero per i beni e le attività culturali;
con la catalogazione sistematica di tutti i complessi condotta nel 1989 e la conseguente raccolta di tutti i reperti presso i depositi e le sedi della Soprintendenza, risultò evidente la ricchezza e la consistenza del patrimonio pre-protostorico della Vallecamonica che si è ulteriormente arricchito così che ora si dispone di migliaia di reperti archeologici provenienti da abitati, necropoli, santuari, bivacchi e luoghi del lavoro. Tra questi si distinguono per eccezionalità gli oltre cento monumenti istoriati - stele e massi menhir - provenienti dai santuari megalitici del III millennio a.C. presenti e in corso di scavo in valle, un complesso di portata europea e di assoluta novità nel panorama della preistoria alpina. I reperti pre-protostorici sono attualmente conservati nei depositi della Soprintendenza (in Capo di Ponte, a Milano e a Bergamo);
l'urgenza della creazione di un Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica fu prospettata dalla Sovrintendenza fin dal 1989 al Ministero-Div. IV (nota del 27 aprile 1989 n. 3580) e al Gabinetto del Ministro (nota del 3 ottobre 1989 n. 8791). Fu verificata allora l'eventuale disponibilità di edifici demaniali (risposta negativa dall'Intendenza di Finanza con nota del 7 novembre 1989 n. 7333). Si avviò pertanto la ricerca di un edificio adeguato per creare una esposizione permanente, avendo ben chiaro il principio che la sede ideale si collocava in corrispondenza

del principale polo dell'arte rupestre, in Capo di Ponte, per ragioni culturali e per opportunità organizzative (logistiche e di personale addetto), essendo già ubicati in Capo di Ponte il Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, fondato nel 1955 (cui nell'ottobre 2005 si sono aggiunti il Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo e il Parco Archeologico Comunale di Seradina-Bedolina, egualmente inaugurato nell'ottobre 2005). Per parte sua il Ministero, facendo proprio il problema, nel luglio 1989 aveva inviato l'architetto Berucci del centro progetti museali del Ministero per esaminare la possibilità di allocare il museo, con una costruzione ex novo, all'interno del Parco nazionale delle incisioni rupestri in località Naquane, a seguito, anche, della difficoltà di acquistare l'edificio di proprietà sorteni all'interno del Parco, soluzione che pure si era tentata nell'ambito dell'esproprio dei terreni privati del Parco e di un generale progetto di valorizzazione del Parco nel frattempo finanziato dalla legge n. 449 del 1987. Contemporaneamente si continuò nella ricerca di un edificio chiedendo la collaborazione degli enti locali: il comune di Ossimo offrì l'edificio delle ex scuole elementari, che tuttavia sembrò troppo dislocato per varie ragioni, culturali, logistiche, turistiche, pur riconoscendo la sua validità in un futuro come sede complementare per l'esposizione del ricco patrimonio delle stele e dei massi istoriati che numerosi venivano alla luce in quegli anni nel territorio del comune (che in effetti nei successivi anni Novanta ha mostrato di essere il centro di una serie di luoghi di culto e cerimoniali calcolitici di grandissima importanza e rarità). Con nota del 18 ottobre 1990 n. 184/IVD il Ministero non ritenne praticabile la soluzione della scuola di Ossimo, condividendo in toto gli aspetti negativi sottolineati dalla Soprintendenza, e invitò a cercare un'area nelle vicinanze del Parco nazionale oppure a valutare la possibilità di realizzare una costruzione in un'area interna al Parco. Si procedette anche alla ricerca di un edificio presso il Comune di Capo di Ponte e furono esaminati, su indicazione dell'amministrazione locale, che proponeva di assumersi l'onere dell'acquisto, un grande edificio scolastico e due edifici di qualità nel centro storico, di proprietà privata (uno era l'ex pretura) che sembravano disponibili alla vendita. Il 25 giugno 1992, su incarico del Ministero, si svolse un sopralluogo dell'ispettore centrale, dottor C. Laviosa, che esaminò gli edifici nel centro storico di Capo di Ponte e vide pure la scuola di Ossimo a suo tempo proposta da quel Comune; l'ispettore concluse indicando come idoneo un edificio storico di proprietà privata ubicato sulla piazza di Capo di Ponte che il Comune prospettava di acquisire. Con nota del 17 novembre 1992 n. 6292/VI N la Direzione Generale fece sua questa proposta e invitò la Soprintendenza ad iniziare formali trattative con il Comune. Questo, con nota del 2 marzo 1993 n. 939, dichiarò l'intervenuta non disponibilità della proprietà a vendere l'immobile e la propria impossibilità a reperire i fondi necessari per l'acquisto di uno stabile. Proseguirono infruttuosi tentativi fino al gennaio 1996 quando si condusse una verifica sulle strutture industriali dismesse esistenti in valle; l'unica giudicata interessante allo scopo fu individuata a Breno, ma essa parve non idonea in quanto dislocata rispetto al polo dell'arte rupestre, in un centro per altro già molto caratterizzato per la presenza di un importante museo storico artistico che l'Amministrazione comunale voleva preferenzialmente valorizzare. Finalmente nella primavera 1996 il comune di Capo di Ponte suggerì come idoneo per la realizzazione del Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica (da non confondere con il Museo Nazionale della Civitas Camunnorum di Cividate Camuno dedicato al periodo romano) un edificio settecentesco di proprietà della parrocchia, sito nel centro storico, in adiacenza alla chiesa parrocchiale in Via San Martino, denominato Villa Agostani, un tempo sede di un seminario vescovile e da molti anni non utilizzato;
l'edificio a seguito di una convenzione tra la Soprintendenza archeologica e la parrocchia e con l'assenso della Curia di

Brescia, fu ceduto in affitto allo Stato per 20 anni (35.000.000 di lire all'anno) per la realizzazione del Museo nazionale della preistoria della Valle Camonica, con l'onere per lo Stato della ristrutturazione (recepita con nota del Direttore Generale U.C.BAAA e S dell'11 dicembre 1998 n. 7100). La posizione del Museo nel centro storico del paese è centrale rispetto ai parchi di arte rupestre presenti nella zona, che rappresenta il più cospicuo polo d'arte rupestre della Vallecamonica. Infatti, un notevole flusso di visitatori diretti ai parchi archeologici (Parco archeologico nazionale delle incisioni rupestri, parco archeologico nazionale dei massi di Cemmo, Parco archeologico comunale di Seradina-Bedolina, questi ultimi due inaugurati nell'ottobre del 2005) è attratto in tutto l'arco dell'anno nell'area, con ovvio beneficio anche per l'economia locale. Inoltre, la ex villa Agostani, un edificio su tre piani con ampio cortile e vasto giardino, risponde ai requisiti di prestigio richiesti in quanto complesso di antica origine adiacente alla monumentale chiesa parrocchiale di San Martino: si tratta di un lungo corpo di fabbrica che fiancheggia la strada, lungo la quale corre un alto muro di cinta che delimita il cortile, su cui affaccia il fronte principale, porticato, con archi ribassati poggianti su pilastri in pietra. L'edificio è dotato di un cortile cintato verso la strada e di un porticato coperto a piano terra che formano un ideale luogo di raccolta e accoglienza per la visita, anche da parte di comitive. Inoltre, dispone di un ampio spazio a prato sul retro dove si intende, con una copertura con tensostruttura, ampliare lo spazio museale per esporre, in continuità con i locali a piano terra, i numerosissimi massi e stele istoriati del III millennio (oltre 100, di dimensioni variabili da metri 3 a metri 1 circa) che si qualificano come una delle più ricche e straordinarie collezioni europee di questi monumenti, che in Valcamonica sono collegati ad estesi luoghi di culto, alcuni dei quali in corso di scavo. Nel 1997 prese quindi avvio il progetto pluriennale per la realizzazione del Museo, finanziato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e curato dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Lombardia (per la parte architettonica dall'architetto F. Curcio e, per la parte scientifica, dalla dottoressa R. Poggiani Keller ambedue della Soprintendenza);
l'allestimento museale si svilupperà, su una superficie globale di oltre 2000 mq, al piano terra, negli spazi aperti contigui (portico, corte di ingresso e giardino posteriore) e al secondo piano dove si dispone di un unico grande ambiente di grande suggestione. Nel giardino posteriore è prevista una tensostruttura per l'esposizione di parte dei complessi megalitici calcolitici. Ai servizi ed alle attività museali (uffici, sala per mostre temporanee e conferenze, sala multimediale, depositi) sono destinati il primo piano e parte del secondo;
la nuova destinazione, da collegio vescovile a sede del Museo Nazionale della Preistoria della Vallecamonica ha reso necessarie opere di sistematica manutenzione e di adeguamento e adattamento alle funzioni museali cui l'edificio è destinato. Tra 1997 e 2002 sono stati effettuati diversi lavori, per l'adeguamento del fabbricato all'utilizzo espositivo, comprendenti i consolidamenti, il risanamento dall'umidità, la sistemazione del manto di copertura e degli intonaci (parzialmente), la predisposizione del vano ascensore e le nuove tramezzature per creare servizi e depositi per il materiale archeologico. Nel 2005 si è avviata la realizzazione di tutti gli impianti (termo-idraulico, elettrico, emergenza, antincendio, allarme, sorveglianza, ascensore, eccetera). Gli interventi, finanziati sul bilancio ordinario del Ministero, si sono susseguiti non in continuità negli anni 1997-1999, 2002, con ripresa per la conclusione nel triennio 2005-2007, per una cifra complessiva di 793.927,60 euro;
il piano triennale di completamento, ulteriormente slittato di un anno (2006-2008) e articolato in tre lotti omogenei di 400.000 euro l'uno per una cifra complessiva di 1.200.000,00 euro, comprende il

completamento delle finiture ed i serramenti, sia interni che esterni, la sistemazione delle due corti (quella meridionale di accesso e quella settentrionale da utilizzare per fini espositivi), l'allestimento ed anche le necessarie opere per la promozione e la divulgazione dell'iniziativa, da concludersi nell'anno 2008. La conclusione nel 2008, nelle intenzioni, dovrebbe coincidere con il centenario della scoperta dell'arte rupestre (1909) in Valle Camonica che si celebrerà nel 2009. Questa ricorrenza comporterà una serie di celebrazioni cui le Amministrazioni locali, attualmente coinvolte nel piano di gestione del sito UNESCO tengono in modo particolare. La realizzazione del Museo è per altro uno dei punti di forza del piano di gestione UNESCO elaborato nel 2005 e condiviso, con un impegnativo lavoro di concertazione, dagli enti territoriali e locali (provincia di Brescia; comunità montana di Valle Camonica; consorzio dei comuni del bacino imbrifero montano di Valle Camonica (B.I.M.); comuni di Darfo Boario Terme, Capo di Ponte; Sellero; Sonico; consorzio della riserva regionale di Ceto, Cimbergo, e Paspardo) unitamente alla Soprintendenza che lo ha coordinato per incarico del Ministero per i beni e le attività culturali;
il Museo ha subito, a partire dal 2006, un notevole decurtamento dei finanziamenti, nonostante il piano triennale 2006-2008 già approvato per una spesa complessiva di 1.200.000,00 euro equamente ripartita nel triennio 2006-2008. Il lotto di 400.000,00 euro del 2006 è stato ridotto a 150.000,00 euro. Nel 2007, anno in cui doveva iniziare l'allestimento espositivo, la voce museo nazionale della Preistoria per 400.000,00 euro, regolarmente inserita nel piano di programmazione proposto dalla Soprintendenza, è addirittura scomparsa dal piano adottato dal Ministero. Il soprintendente con nota n. 5245 del 13 aprile 2007 ha lamentato il fatto, ma senza esito in quanto il piano approvato e trasmesso dal Ministero in data 20 giugno 2007 non reintegra il lotto dei lavori per il Museo della preistoria che pure è inserito in un piano triennale. Questa situazione rischia di rinviare sine die la conclusione dei lavori per l'allestimento del museo, vanificando i lotti già realizzati a partire dal 1997, in un edificio dato in affitto dalla parrocchia allo Stato per venti anni (1997-2017);
nel 2008 la Fondazione Cariplo nell'ambito del progetto di «Distretti culturali» (Il distretto culturale della Valle Camonica: un laboratorio per l'arte e l'impresa) ha stanziato 700.000 euro che avrebbero permesso, con la rimanente quota parte di 700.000 euro del Ministero per i beni e le attività culturali, di concludere i lavori entro il 2010;
nel novembre 2008 il Ministero ha ridotto lo stanziamento a e 400.000 (conseguentemente anche Fondazione Cariplo) ma, nonostante le autorevoli promesse comunicate dall'allora Direttore regionale del Ministero per i beni e le attività culturali dottor Famiglietti, anche questa cifra non è mai stata erogata;
nel marzo 2009 la Soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, tramite Direzione Regionale del Ministero per i beni e le attività culturali nel maggio 2009 ha presentato ad AR.CU.S spa il progetto di completamento per la cifra di 1.450.000 euro (dei quali 400.000 finanziati dalla Fondazione Cariplo nell'ambito del Progetto di Distretto culturale della Valle Camonica);
nel progetto presentato ad AR.CU.S spa sono state indicate due possibilità: finanziamento totale di 1.450.000 euro (a carico di ARCUS Ministero 1.050.000 euro, quota parte Cariplo 400.000 euro) oppure suddivisione in due lotti, il primo di 800.000 euro (metà MiBAC e metà Cariplo) e il secondo di 650.000 a totale carico del Ministero. Naturalmente la Soprintendenza opta per la prima soluzione che permetterebbe una conclusione dei lavori in due anni e relative economie. In attesa dell'erogazione della finanziamento del Ministero è evidente il rischio di perdere la somma stanziata da Fondazione Cariplo (già ridotta da 700.000 a 400.000) con la

quale la Soprintendenza lombarda ha una lunga consuetudine di collaborazione;
tutto questo a fronte di un bacino di utenza che in Vallecamonica - sito UNESCO - conta almeno 150.000 visitatori all'anno (solo 50.000 sono quelli del vicino Parco nazionale) in un'area che vede raggruppati ben quattro Parchi (Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri, Parco Archeologico Nazionale dei Massi di Cemmo, Parco Archeologico Comunale di Seradina Bedolina a Capo di Ponte e Riserva regionale di Ceto Cimbergo e Paspardo) con relativo indotto;
la Commissione Cultura della Camera ha approvato all'unanimità una risoluzione per la conservazione, la tutela e la valorizzazione del patrimonio artistico culturale di arte rupestre, riconosciuto dall'UNESCO patrimonio mondiale dell'umanità nel 1979 -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di concludere nei tempi previsti i lavori del Museo Nazionale della Preistoria di Vallecamonica.
(5-01708)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
un territorio grande come il Portogallo, un deserto di ubbia e di argilla fine come il gesso, sottile e impalpabile come la linea che in Afghanistan separa la vita dalla morte. Decine di militari hanno pagato con la vita il prezzo della «stabilizzazione» dell'Afghanistan, missione nel nord-ovest di Herat dove l'Italia schiera 3200 uomini ed ha il comando del contingente Isaf-Nato;
per l'alleanza atlantica in Afghanistan ci sono due missioni diverse: quella combattuta da americani e inglesi con la missione Enduring-Freedom e l'altra Nato-Isaf, che vede impegnata l'Italia e Governi che in questa fase devono dire e ripetere (Governo italiano compreso) costantemente a parlamenti e opinione pubblica che lì si costruiscono scuole, ospedali, istituzioni, senza fare parola sulla possibilità di morti in battaglia o di dover affrontare talebani insurgents. Non ammettere che questa sta diventando, proprio in prossimità delle elezioni afghane, anche una missione di combattimento significa restare nell'ambiguità, la stessa peraltro che governa l'Isaf il cui mandato continua ad essere di mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari;
si prende atto della linea strategica che sta adottando la Nato nell'addestrare rapidamente le forze armate locali e appoggiarle nell'iniziativa di prendere il controllo del territorio assumendosi tutti i possibili rischi che queste operazioni comportano;
considerato che le diverse regole di ingaggio costituiscono uno dei motivi di fallimento della ricostruzione perché l'alleanza ha tardato estendere la sua missione nelle province;
l'articolo 11 della Costituzione ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà, degli altri popoli e come prezzo di risoluzione delle controversie internazionali;
appare necessario verificare quali siano gli elementi distintivi delle missioni Enduring-Freedom e Isaf-Nato che vedono protagonisti i nostri militari -:
se la missione italiana corrisponda ancora a quella originaria che opera su tre direttrici: ricostruzione, stabilizzazione e addestramento;
se il Governo intenda verificare, anche sulla base degli ultimi eventi tragici nell'escalation della violenza collegata all'elezione del 20 agosto 2009 in Afghanistan (14 vittime), quale sia l'effettiva linea di demarcazione, e se la mission della nostra presenza sia ancora quella,

originaria voluta dal Parlamento e percepita e condivisa dall'opinione pubblica italiana, ossia un mandato teso al mantenimento della sicurezza nell'interesse della ricostruzione e degli sforzi umanitari.
(5-01707)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 dicembre 1962, n. 1746 prevede l'estensione al personale militare, in servizio per conto dell'ONU in zone d'intervento, dei benefici combattentistici;
l'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 1981, n. 432, laddove stabilisce l'attribuzione di aumenti periodici convenzionali per la nascita di figli e «per altre situazioni previste dalle norme vigenti», usa una dizione talmente ampia da fare chiaramente intendere che il legislatore si è voluto riferire - senza necessariamente richiedere che si tratti di aumenti periodici biennali (scatti) - a tutte quelle situazioni in cui la norma contempli miglioramenti retributivi in conseguenza del verificarsi di situazioni meritevoli, come, per l'appunto, quelle che vedono la partecipazione alle missioni ONU e che comportano il riconoscimento del diritto a percepire i benefici combattentistici (Consiglio di Stato, sezione IV, 13 luglio 2007, n. 5475);
il Consiglio di Stato, con parere n. 742/1992 espresso dalla sezione prima-Adunanza generale del 17 maggio 1993, ha ritenuto che «il passaggio dal sistema di progressione per classi e per scatti a quello della retribuzione individuale di anzianità» non comporta affatto «la rinuncia ad utilizzare lo scatto di stipendio come strumento di determinazione dell'incremento retributivo», e «non implica l'impossibilità di continuare ad utilizzarlo come misura del particolare beneficio che il legislatore aveva inteso accordare a determinate categorie di pubblici dipendenti»;
il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I-bis nella sentenza 9668/2007 del 24 aprile 2007, ha ribadito ancora una a volta il suddetto parere;
la semplice modifica della struttura della progressione stipendiale del personale militare, recata dapprima dalla legge 11 luglio 1980, n. 312 (classi e scatti), dopo dalla legge 14 novembre 1987, n. 468 di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 (retribuzione individuale di anzianità/livelli) e verosimilmente adesso dal decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 (parametri), non può comportare la perdita di benefici che, continuano a essere riconosciuti a favore della dirigenza militare solamente perché per i ruoli non direttivi resta ferma la progressione economica per classi e scatti -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso la Direzione generale per il personale militare affinché siano date chiare disposizioni che consentano il pagamento del beneficio convenzionale ONU a tutti i militari, a prescindere dal grado gerarchico rivestito.
(4-03821)

STUCCHI. - Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
le capitanerie di porto - Guardia costiera sono uno dei corpi tecnici della Marina Militare - Ministero della Difesa;
sul territorio la capitaneria di porto è l'edificio sede del comandante del porto, istituito presso il Compartimento marittimo, ufficio periferico dell'amministrazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nella provincia marittima;
alla capitanerie è affidata la gestione amministrativa, la sicurezza della navigazione, la salvaguardia della vita umana in

mare ed in genere tutte le attività marittime connesse alla fruizione del mare nella più ampia accezione del termine;
l'odierno Corpo ha funzioni di polizia giudiziaria, per le violazioni previste dal Codice della navigazione e delle altre leggi speciali (pesca, demanio marittimo, diporto nautico, ambiente e altro) ed attraverso l'articolazione operativa di Guardia costiera, opera in mare, nei porti e sulle pertinenze marittime, principalmente per la salvaguardia della vita umana in mare;
risulta all'interrogante che gli uffici della Capitaneria di Porto di La Spezia abbiano emesso ordinanze-ingiunzioni per richiedere ai cittadini il pagamento di sanzioni amministrative, elevate nei mesi scorsi a seguito di violazioni di ordinanze o del codice della navigazione, nonostante gli stessi avessero provveduto per tempo a pagare il dovuto;
il cittadino trasgressore, oltre all'onere del pagamento della sanzione, è altresì gravato dall'obbligo e dall'ulteriore onere pecuniario di «far pervenire l'originale della ricevuta del pagamento effettuato», senza specificare il tipo di strumento postale da utilizzare (posta prioritaria, posta raccomandata, posta celere, posta assicurata), come previsto dalle modalità di estinzione in calce al verbale, che appaiono scritte con un carattere molto piccolo come una sorta di «clausole vessatorie»;
tale fatto, oltre ad evidenziare una gestione approssimativa e poco funzionale degli Uffici in questione, causa da un lato reali disagi ai cittadini interessati dalla «cartella pazza» costringendoli per vedersi riconosciuta la ragione a dover ricorrere obbligatoriamente al giudice di pace, e dall'altro realizza un danno non irrilevante alle casse pubbliche in termini di tempo lavorativo sprecato e di costi sostenuti che, soprattutto in tempi di crisi, andrebbero accuratamente evitati;
infatti l'unica alternativa che viene proposta con la suddetta ordinanza-ingiunzione, qualora il trasgressore sia «in regola», è la possibilità di presentare una proposta di opposizione al giudice di pace di La Spezia entro 30 giorni dalla data di notifica e tale procedura appesantisce fortemente la macchina burocratica, nonché grava sul bilancio dello Stato -:
se i Ministri interrogati intendano verificare i fatti descritti in premessa e sollecitare la capitaneria di porto di La Spezia a controllare in modo più accurato la documentazione in suo possesso riguardante i verbali di accertamento di illeciti amministrativi, nonché i relativi pagamenti delle sanzioni;
quali iniziative i Ministri interrogati intendano intraprendere per evitare di far gravare sul cittadino, che ha provveduto a saldare quanto previsto dalla sanzione, ulteriori somme di denaro per la spedizione di documenti originali, i quali, tra l'altro, qualora dovessero perdersi, farebbero cessare il diritto a dimostrare il pagamento effettuato;
quali iniziative intendano intraprendere per evitare che si continui ad innescare, anche in futuro, un meccanismo improprio, che vede il cittadino obbligato a dover iniziare provvedimenti giudiziari, a dispendio delle proprie tasche e di quelle della pubblica amministrazione, quando sarebbe sufficiente una semplice richiesta di esibizione dei titoli quietanzati.
(4-03843)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta orale:

CECCUZZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
viene edificata, nel 1922 ad Abbadia di Montepulciano (nel comune di Montepulciano, in provincia di Siena), la Casa del Popolo. La realizzazione di tale edificio, iniziata nel mese di gennaio del 1915,

è stata resa possibile grazie al contributo volontario di finanziamenti e manodopera da parte della comunità locale;
la costruzione della Casa del Popolo, considerato all'epoca un piccolo gioiello architettonico e che ha rappresentato in quegli anni un importante punto di riferimento per l'attività politica, sociale e ricreativa locale, è stata rallentata e compromessa da numerosi incidenti causati da militanti fascisti che hanno danneggiato in più occasioni la struttura;
il 4 novembre 1922, pochi giorni dopo la marcia su Roma, il comitato fascista locale prendeva il possesso della Casa del Popolo distruggendo alcune opere e documenti, fra cui la significativa biblioteca popolare presente all'interno dell'edificio;
negli anni successivi, in tutta Italia, le Case del Popolo vennero assegnate al Partito nazionale fascista e trasformate in Case del Fascio o del Littorio. Questi trasferimenti, apparentemente legali, rappresentarono invece veri e propri soprusi. Come nel caso dell'edificio di Abbadia di Montepulciano che, secondo il contratto ufficiale originario, costato pochi anni prima 80 mila lire fu acquistato dai rappresentanti del regime fascista per 30 mila lire, soltanto 10 delle quali ufficialmente versate;
durante gli anni del fascismo tale edificio fu caratterizzato da notevoli interventi e modifiche strutturali;
dal giorno dell'armistizio (8 settembre 1943) alla fine della seconda guerra mondiale l'edificio è stato oggetto di numerosi scontri e danneggiamenti che hanno portato ad un evidente degrado;
il 25 aprile del 1945 la Casa del Fascio viene occupata da militanti locali comunisti e socialisti: ritorna ad essere denominata la Casa dei Popolo dove vengono riorganizzati gli spazi e le attività;
i nuovi «inquilini» sono però di fatto semplici locatari perché il decreto luogotenenziale 27 luglio 1944, n. 159 trasferisce i beni del cessato partito nazionale fascista e delle organizzazioni soppresse dal regio decreto-legge 2 agosto 1943, n. 704, allo Stato;
tale sfratto diviene operativo sulla base di una deliberazione del Governo Scelba del 18 marzo 1954, che stabilisce il recupero allo Stato dei beni di proprietà del partito fascista e di altri beni demaniali in uso a organizzazioni di parte;
lo Stato stabilisce quindi di trasformare tale immobile nella nuova caserma dei carabinieri di Abbadia di Montepulciano. In mancanza di ostacoli giuridici o vincoli architettonici l'assetto interno ed esterno della struttura viene completamente stravolto. Scompaiono l'originario colonnato, la ribalta e il soffitto decorato ed il teatro;
con la crisi economica degli anni '70 del secolo scorso anche la caserma dei carabinieri viene chiusa;
l'ultimo intervento strutturale riguarda, nel 1983, il tetto dell'edificio che non viene però più utilizzato;
nel 1980, l'intendenza di finanza, considerando il vecchio stabile non utilizzabile per le esigenze dei servizi statali, comunica al comune di Montepulciano, all'amministrazione provinciale di Siena e alla regione Toscana, la possibilità di esercitare il diritto di prelazione in ordine alla ex Casa del Fascio di Abbadia di Montepulciano;
sia la provincia che la regione, declinano l'invito, mentre nel febbraio del 1981, il comune di Montepulciano chiede allo Stato la possibilità di acquistare il fabbricato. Il prezzo fu fissato in 113 milioni di lire;
la burocrazia rallenta l'iter e soltanto nel luglio del 1984, il prefetto autorizza il sindaco ad acquistare lo stabile per la somma sopra indicata e pagabile in cinque rate annuali;
quando ormai sembrava tutto pronto per la firma delle carte, la compravendita si arresta; il prezzo, all'improvviso, era

aumentato di molte decine di milioni ed il comune, non potendo far fronte ad una spesa così alta, rinuncia alla trattativa;
in quegli anni ad Abbadia di Montepulciano tutta la popolazione, senza distinzione di orientamento politico e culturale, aveva manifestato con determinazione il proposito di riscattare l'immobile alla proprietà e all'uso della comunità locale non solo mossa dal legame affettivo, del tutto comprensibile date le vicende storiche narrate, quanto per collocarvi, quale sede più idonea e più autorevolmente riconosciuta, tutte le attività istituzionali, sociali, sanitarie e culturali di interesse pubblico della frazione;
in virtù di tali motivazioni che rimangono vive anche a distanza di anni l'amministrazione comunale di Montepulciano ha ribadito la volontà di acquisire tale immobile e che sussistono al riguardo alcune risorse economiche accantonate in bilancio;
tale immobile versa da alcuni decenni in una condizione fatiscente precludendo di fatto, alla comunità territoriale, l'utilizzo di un centro di aggregazione utile per promuovere le attività ricreative, culturali ed istituzionali locali, oltre a rischiare di rappresentare, per la sua vicinanza al centro abitato e se non verranno effettuati adeguati interventi di ripristino, evidenti problemi per la sicurezza e l'ordine pubblico;
recentemente l'esigenza di recuperare l'immobile è tornata ancora con maggiore evidenza all'attenzione della cronaca locale in occasione della pubblicazione del libro «La Casa del Popolo e la Casa del Fascio di Abbadia di Montepulciano» scritto da Alessandro Angiolini ed edito da Polis -:
in quale reale stato di conservazione si trovi l'immobile;
a quale anno risalgano gli ultimi interventi di manutenzione;
se l'attuale stato di inutilizzo non arrechi pregiudizio al valore patrimoniale dell'immobile nonché nocumento di immagine allo Stato ed alla stessa Agenzia del demanio, trattandosi di un bene pubblico che peraltro è stato testimone degli eventi più significativi della storia nazionale della prima metà del secolo scorso;
a quale valore sia iscritto a bilancio;
se si tratti di un bene che possa essere sottoposto ad alienazione ed in questo caso quali siano le procedure più rapide e più appropriate per assicurare il titolo di preferenza alla comunità locale rappresentata dal comune di Montepulciano.
(3-00633)

TAGLIALATELA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il Centro secondario di distribuzione Poste Italiane SpA di Mirabella Eclano (Avellino), fa capo al centro primario di distribuzione, F. De Sanctis, di Avellino, distante soltanto 48 chilometri;
sono 15 i chilometri che separano il Centro secondario di distribuzione di Mirabella Eclano e il Centro primario di distribuzione di Ariano Irpino e il collegamento tra le due località avviene su rete autostradale (casello di Grottaminarda) oltre che su vie provinciali e comunali;
Ariano Irpino è centro ex mandamentale; sul suo territorio hanno sede istituzioni quali: il Ministero della giustizia, il carcere di massima sicurezza, il tribunale; l'ufficio delle entrate; la tenenza della Guardia di finanza; gli enti territoriali Inps e Inpdap; il Ministero dell'interno; il commissariato di P.S., il Ministero della difesa, il Comando Compagnia dei carabinieri, il presidio ospedaliero; il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le istituzioni scolastiche regionali;
con la prossima riforma dei nuovi termini di processo penale sarebbe auspicabile

che gli atti giudiziari passassero attraverso un unico Centro primario di distribuzione;
il tribunale che ha sede ad Ariano ha competenza anche sul territorio di Mirabella Eclano;
Poste italiane rappresenta per i territori montani risposte e servizi essenziali sia alle necessità di una popolazione che ha maggior difficoltà a spostarsi, sia alle imprese che operano in questi territori, come ad esempio la Fiat di Fumeri, produttrice del pullman Iribus, che insiste sul territorio di Ariano Irpino -:
se non si ritenga opportuno adottare iniziative per garantire l'accorpamento funzionale del Centro secondario di distribuzione di Mirabella Eclano al Centro primario di distribuzione di Ariano Irpino, scelta che comporterebbe collegamenti indubbiamenti più celeri tra i due centri viciniori ed un'immediatezza di «problem solving», qualora dovesse verificarsi.
(3-00635)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOVELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la Presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, ha annunciato che da settembre partiranno le gare per la concessione del servizio di trasporto ferroviario regionale per il quale si sarebbe già manifestato l'interesse di operatori nazionali e stranieri;
tale decisione consegue al mancato accordo con Trenitalia che gestisce fino ad oggi il servizio in Regione Piemonte e nelle altre Regioni italiane le cui condizioni contrattuali sono ritenute non convenienti da parte della Regione stessa;
con recenti provvedimenti approvati dal Parlamento si era disposto il rifinanziamento dei contratti di servizio regionali per un importo di 480 milioni di euro (decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009) e si erano autorizzate le Regioni a stipulare contratti di 6 anni prorogabili per altri 6 (decreto-legge n. 5 del 2009 convertito dalla legge 9 aprile 2009, n. 33);
la situazione determinatasi in regione Piemonte consegue al fatto che in sede di trattativa con Trenitalia quest'ultima ha proposto un rinnovo contrattuale cosiddetto «a catalogo» che risulta più oneroso del contratto attualmente in essere e che la Regione stessa ritiene ingiustificato -:
se sia a conoscenza della situazione determinatasi presso la Regione Piemonte in relazione al rinnovo del contratto di servizio ferroviario regionale;
quale sia la situazione attuale in tutte le Regioni italiane e come ritiene che le stesse possano far fronte a contratti della durata di 6 anni rinnovabili a fronte di risorse attualmente stanziate solo fino al 2011;
come ritenga che possa essere valutata la congruità dei nuovi prezzi contrattuali previsti a catalogo da parte di Trenitalia, in mancanza di un effettivo confronto concorrenziale con altre proposte.
(5-01706)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARSILIO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Villaggio Santa Barbara dei Vigili del Fuoco, ubicato in Roma - località Capannelle, è rientrato nel programma di dismissione del patrimonio immobiliare ad uso abitativo previsto dalla legge n. 488 del 23 dicembre 1999;
da allora tutti gli assegnatari degli alloggi presentarono istanza di acquisto delle unità immobiliari condotte in locazione dagli stessi richiedenti e facenti parte del complesso demaniale;

la legge 23 novembre 2001, n. 410, stabilì che le unità immobiliari - definitivamente offerte in opzione entro il 26 settembre 2001 - fossero vendute, anche successivamente al 31 ottobre 2001, per coloro che avevano manifestato la volontà di acquisto entro tale data, al prezzo e alle altre condizioni indicati nell'offerta (articolo 3, comma 20);
l'Agenzia del demanio, invece di provvedere ad attuare la vendita, a partire dall'ottobre del 2005 applicò l'aumento dei canoni ai sensi della legge n. 431 del 1998, allineandoli al libero mercato e triplicandoli, causando un grave danno economico e richiedendo, addirittura, l'aggiornamento di tali canoni con retroattività a decorrere dall'anno 2000;
il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale - ai conduttori che abbiano manifestato la volontà di acquisto entro il 31 ottobre 2001 - è determinato al momento dell'offerta in opzione, ossia sulla base dei valori di mercato del mese di ottobre 2001 (così recita testualmente l'articolo 1, commi 1, 2, 3, della legge 24 aprile 2004, n. 104);
l'Agenzia del demanio, a far data dal mese di luglio 2007, ha iniziato a notificare le proposte di vendita agli assegnatari di tali alloggi stimandoli «a corpo» e non a misura, applicando il prezzo di mercato degli alloggi liberi al momento dell'alienazione e riducendo tale importo di una percentuale pari al 30 per cento senza prendere in considerazione la vendita collettiva;
il complesso Santa Barbara, dipendente come in origine dalle scuole centrali antincendi, ha bisogno di urgenti lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria (impianto di adduzione dell'energia elettrica da cabina autonoma; impianti di sicurezza a norma, impianto idrico, impianto fognario con doppio scarico; rifacimento di tetti, grondaie, manti stradali; chiusura degli accessi; illuminazione stradale; abbattimento pini pericolanti, eccetera);
attualmente gli assegnatari degli alloggi (n. 116) sono vigili del fuoco in pensione, vedove di vigili del fuoco, alcuni dei quali caduti in servizio e quattro unità ancora in servizio operativo;
l'età media degli assegnatari supera i sessantacinque anni di età, raggiungendo in alcuni casi gli ottanta anni di età; molti di essi, pertanto, non potranno accedere ai mutui bancari;
gli assegnatari degli alloggi hanno già subito un notevole danno per aver pagato un canone di locazione triplicato, per tutto il periodo successivo alla emanazione della legge che stabiliva la dismissione di detti alloggi;
il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, dà mandato alle Regioni e agli enti locali di vendere gli immobili di proprietà con la procedura prevista dall'articolo 3-bis del decreto-legge 25 settembre 2001 n. 352, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410 -:
se non ritenga opportuno valutare la possibilità di trasferire al comune di Roma i restanti ex-alloggi di servizio dei vigili del fuoco, costituenti l'80 per cento degli immobili del villaggio Santa Barbara in dismissione ai sensi dell'articolo 4, comma 14, della legge 23 dicembre 1999 n. 488, affinché vengano alienati secondo i criteri e le modalità fissate dalla legge n. 410 del 2001.
(4-03810)

MURA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Equitalia è la società per azioni, a totale capitale pubblico (51 per cento in mano all'Agenzia delle entrate e 49 per cento all'Inps), incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione dei tributi. Il suo fine è quello di contribuire a realizzare una maggiore equità fiscale, dando impulso all'efficacia della riscossione, attraverso la riduzione dei costi affrontati dallo

Stato e l'ottimizzazione del rapporto con il contribuente;
dal 1o ottobre 2006, l'articolo 3 del decreto-legge n. 203 del 30 settembre 2005, convertito con modificazioni nella legge n. 248 del 2 dicembre 2005, ha, infatti, ricondotto l'attività di riscossione sotto l'ombrello pubblico, attribuendo le relative funzioni all'Agenzia delle entrate che le esercita tramite Equitalia (da ottobre 2006 a marzo 2007 il nome era Riscossione spa). In precedenza, il compito era affidato in concessione a circa 40 enti privati;
a oggi, Equitalia è presente sul territorio nazionale, con esclusione della sola regione Sicilia, attraverso 18 società partecipate (nel 2006 erano 38): gli agenti della riscossione;
attraverso l'armonizzazione delle procedure e dei comportamenti operativi, Equitalia si pone gli obiettivi di costruire con l'Agenzia delle entrate un governo unitario dell'azione di accertamento e di riscossione mediante ruolo, che garantisca uniformità di indirizzi, massimizzazione dell'efficacia della riscossione e ottimizzazione del rapporto con il contribuente; armonizzare le procedure e i comportamenti operativi su tutto il territorio nazionale nell'attività di riscossione coattiva; introdurre un approccio al contribuente, basato anche sulla possibilità di utilizzo di più efficaci strumenti di relazione, focalizzato sulla riscossione, orientato all'ascolto dei cittadini e all'efficacia dei risultati;
Equitalia Gerit spa è agente della riscossione per le province di Roma, Frosinone, Grosseto, L'Aquila, Latina, Livorno, Rieti, Siena e Viterbo;
in particolare, le concessioni di Roma, Livorno, Siena, Grosseto e Latina, fino al 30 settembre 2006 gestite in forma diretta dalla Banca Monte dei Paschi di Siena spa, sono state conferite - tramite cessione dello specifico ramo d'azienda della banca avvenuta alla fine del mese di settembre 2006 - alla Equitalia Gerit spa, già concessionaria per la provincia di L'Aquila e, a partire dal 1o ottobre 2006, interamente controllata da Equitalia spa;
nelle province citate Equitalia Gerit spa garantisce pertanto la continuità del servizio precedentemente svolto dalla Banca Monte dei Paschi di Siena spa. Per effetto della successione a titolo universale che consegue alla cessione del ramo d'azienda Equitalia Gerit spa è infatti subentrata in tutti i rapporti giuridici, attività, azioni e procedure poste in essere dal precedente gestore;
in data 20 luglio 2009 il Consiglio del Municipio Roma III in seduta pubblica ha approvato con voto unanime dei consiglieri presenti una mozione nella quale si sostiene esservi tra i cittadini del Municipio III di Roma un diffuso malcontento in ordine alla situazione vessatoria posta in essere dalla Equitalia Gerit spa nell'esercizio delle proprie funzioni di agente della riscossione dei tributi e/o sanzioni pecuniarie iscritte a ruolo;
tale malcontento si sarebbe concretizzato in manifestazioni spontanee di protesta davanti alle sedi di Equitalia Gerit spa, in taluni casi persino con esposti e denunce alla magistratura penale;
nella mozione si afferma inoltre che anche a fronte di provvedimenti giurisdizionali di annullamento e/o di sospensione dell'efficacia degli atti e/o delle cartelle impugnate, Equitalia Gerit spa persiste nel dare corso alle conseguenti azioni esecutive, mostrando noncuranza e spregio verso l'ordine giudiziario, oltre che verso i cittadini interessati; che Equitalia Gerit ha un sistema di lavorazione delle cartelle, rateizzazioni e pagamenti burocraticamente complesso, lungo e di difficile applicazione;
a fronte delle premesse di cui sopra il dispositivo della mozione approvata dal Consiglio del Municipio Roma III impegna il Presidente di detto Municipio a porre in essere tutte le azioni istituzionali di propria competenza al fine di garantire il rispetto della legalità da parte di Equitalia

Gerit spa nello svolgimento del proprio mandato e l'effettiva salvaguardia dei diritti dei cittadini -:
se corrisponda al vero quanto denunciato dalla mozione approvata dal consiglio del Municipio Roma III e se il ministro non intenda porre in essere tutti gli strumenti a sua disposizione per accertare se il servizio svolto da Equitalia Gerit spa sia sempre stato conforme alla normativa vigente senza ledere in alcun modo i diritti dei cittadini.
(4-03836)

TESTO AGGIORNATO AL 19 LUGLIO 2010

...

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:

MELIS e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
attualmente sono detenuti presso le carceri italiane circa 3000 cittadini di nazionalità romena;
molti di essi, come il primo firmatario del presente atto ha potuto appurare di recente in varie visite effettuate presso stabilimenti penitenziari, hanno rinunciato od intendono rinunciare ad un grado di appello, onde rendere definitiva la condanna e presentare istanza per scontare la pena presso il Paese di origine;
ciò, pur rappresentando un'evidente auto-lesione dei diritti della difesa, è motivato dalla comprensibile esigenza di avvicinarsi alle famiglie e poter intrattenere con esse rapporti più frequenti, considerate le difficoltà che si incontrano in molte carceri italiane anche per le semplici telefonate in patria;
nella quasi generalità dei casi si verificano, dopo aver fatto l'istanza prescritta, ritardi burocratici ingiustificati, che spesso ammontano a mesi ed anni di attesa prima che l'amministrazione italiana e quella romena espletino le pratiche;
sarebbe conveniente per l'Italia, anche solo dal punto di vista economico rendere più rapide tali procedure, stante anche il super affollamento delle nostre carceri;
per altro, alle ripetute dichiarazioni di parte governativa circa l'esigenza di una giustizia rapida, in particolare nei confronti degli stranieri, ha corrisposto fino ad oggi una patologica lentezza dei giudizi, con l'effetto di protrarre a lungo la custodia cautelare di detti detenuti nelle carceri italiane, costringendoli per disperazione alla rinuncia del proprio inalienabile diritto di appello;
anche di recente il Ministro Maroni ed in passato il Ministro Frattini hanno dichiarato di voler risolvere il problema attraverso opportune intese con le autorità romene -:
quali azioni il Ministro abbia svolto ed intenda svolgere in futuro per assicurare questo diritto ai detenuti di nazionalità romena, e se non ritenga di doversi attivare per eliminare in modo definitivo e sollecito gli ostacoli burocratici e/o politici che si oppongono a tal fine.
(5-01709)

RAO e VIETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto emerge dal sesto rapporto sulle carceri, presentato il 30 giugno 2009 dall'associazione Antigone che opera per la difesa dei diritti negli istituti di pena in Italia, i detenuti hanno raggiunto quota 63.460, ben 20 mila in più rispetto alla capienza regolamentare e oltre anche la cosiddetta capienza tollerabile, l'indice che individua il limite massimo per la stessa amministrazione penitenziaria;
il 52,2 per cento delle persone oggi detenute nel nostro Paese - sottolinea il rapporto - è sottoposto a custodia cautelare:

si tratta di una delle percentuali più alte d'Europa che fotografa «un'anomalia tutta italiana»;
una situazione questa che definire «allarmante» è quasi riduttivo: sono 11 infatti le regioni italiane «fuori legge» per sovraffollamento;
se il trend dovesse continuare, a fine anno la popolazione carceraria raggiungerebbe quota 70 mila detenuti, fino ad arrivare nel giugno 2012 a 100 mila unità, a fronte di un calo di 5.500 agenti già dal 2001, stando alla denuncia delle organizzazioni sindacali della polizia carceraria;
in una circolare del 6 luglio 2009, avente per oggetto la «tutela della salute e della vita delle persone detenute», il Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria (Dap) ha fortemente raccomandato ai provveditori regionali di offrire ai reclusi più colloqui e maggiori occasioni di intrattenimento, di aumentare le ore d'aria, di tenere aperte le porte delle celle e di non far mancare l'acqua;
di carcere si può anche morire: un terzo dei decessi che si verificano dietro le sbarre sono dovuti a suicidio, come rivelano i dati raccolti dal centro di ricerca «Ristretti orizzonti» del carcere di Padova;
come se non bastasse, da circa un anno i detenuti sono in sostanza privi di assistenza psicologica: le 384 persone che lavorano su tutte le 205 carceri italiane sono in grado di offrire soltanto tre ore di trattamento annuo, compreso il tempo per la lettura dei fascicoli e le riunioni;
infine, e questo costituisce il dato più inquietante, nei sedici asili nido funzionanti negli istituti penitenziari stanno crescendo 70 bambini sotto i tre anni di età, figli di detenute, mentre circa una trentina di donne sta trascorrendo i mesi di gravidanza in cella: una situazione che, come ha dimostrato uno studio condotto nel 2008 nel nido del carcere di Rebibbia, può avere gravi conseguenze sul nascituro;
ciò esprime la contraddizione di una politica forte con i deboli e debole con i forti che introduce nuovi reati e immette nel circuito giudiziario e carcerario un gran numero di nuovi detenuti, specie immigrati;
quanto denunciato costituisce, ad avviso degli interroganti, una palese violazione dei principi della Carta Costituzionale, in particolare dell'articolo 32 che tutela la salute come «fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività» e dell'articolo 27 secondo il quale «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
in una sentenza del 16 luglio 2009, la Corte europea dei diritti umani ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Convenzione (divieto di tortura e delle pene inumane e degradanti), proprio in ragione delle condizioni di sovraffollamento sopra descritte -:
se non ritenga opportuno adottare una politica carceraria tendente a contenere il sovraffollamento, attraverso la riduzione dei tempi di custodia cautelare, la rivalutazione delle misure alternative al carcere e la riduzione delle pene per chi commette fatti di lieve entità, nonché istituire un organo di monitoraggio indipendente che controlli i luoghi di detenzione, in linea con quanto stabilito dal protocollo addizionale alla Convenzione Onu contro la tortura, firmato anche se non ancora ratificato dall'Italia, che ne prevede l'istituzione in tutti gli Stati aderenti entro il termine di un anno dalla ratifica.
(5-01710)

CONTENTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni in materia di sicurezza pubblica appena promulgate hanno, tra l'altro, modificato l'articolo 135 del codice penale, prevedendo il nuovo criterio di

ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive nella misura di 250 euro per un giorno di pena detentiva;
tale criterio rileva, però, anche al fine della sostituzione delle pene detentive brevi prevista dalla legge 24 novembre 1981 n. 689 e, in particolare, è richiamata dall'articolo 53 ove si precisa che «il valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare»;
l'aumento, pari a ben oltre sei volte il valore precedente, potrebbe avere effetti negativi circa l'intento di deflazione che ha animato il legislatore negli ultimi anni oltre a rendere più difficile il compito del giudice nella valutazione della «condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare» nonché a poter riflettere ulteriori effetti sul sistema carcerario in casi, nei quali, almeno astrattamente, meno rilevanti potrebbero risultare le esigenze di privazione della libertà -:
se abbia tenuto in debita considerazione gli effetti di tale modifica normativa e quali eventuali iniziative intenda assumere per monitorarne le conseguenze ovvero limitarle.
(5-01711)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FOLLEGOT. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da tempo è nota la difficile situazione in cui versa il carcere di Pordenone, struttura obsoleta e chiaramente inadeguata allo svolgimento di tale funzione, sia per le gravi condizioni igienico-sanitarie in cui vivono i detenuti ed il personale in servizio, sia per il difficoltoso svolgimento di funzioni da parte di tutti coloro lavorano presso la struttura pordenonese;
il numero dei detenuti normalmente presenti nella casa circondariale risulta ampiamente superiore alla capienza regolamentare e tale disagio si riflette anche sulla possibilità di attuare il recupero sociale dei medesimi;
risulta cronica la carenza di personale penitenziario, inferiore per organico a quanto previsto;
i limiti oggettivi di cui soffre la struttura pordenonese sono noti da tempo, tanto che già in passato era stata prevista la necessità di realizzare una nuova sede carceraria a Pordenone;
nel corso della precedente legislatura tale esigenza è stata inspiegabilmente ignorata dal piano pluriennale di interventi in materia di edilizia penitenziaria, dove i 32 milioni di euro destinati inizialmente alla realizzazione del nuovo carcere di Pordenone furono dirottati verso altre strutture penitenziarie;
con la nuova legislatura sembra finalmente avviata una soluzione positiva per la casa circondariale di Pordenone che, in base al «Piano straordinario carceri 2009», risulta compreso nell'elenco dei 12 istituti penitenziari da costruire ex novo -:
quali risorse saranno allocate per la realizzazione del nuovo istituto penitenziario a Pordenone, quale sito sia stato individuato per l'edificazione e quali saranno i tempi di realizzazione dell'intervento.
(5-01701)

ALESSANDRI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni si è registrato un aumento esponenziale delle intercettazioni disposte nel nostro Paese quale strumento di indagine, dovuto ad un ricorso ad avviso dell'interrogante eccessivo da parte della magistratura italiana, soprattutto se confrontata con le varie autorità giudiziarie straniere;
costituisce un tema scottante quello relativo all'ampiezza ed alla discrezionalità dei poteri della magistratura nel disporre

controlli telefonici, telematici, ambientali previsti dalle norme processuali;
una razionalizzazione ed un riordino dello strumento delle intercettazioni viene previsto dall'atto Senato n. 1611;
appare di effettiva evidenza che si siano verificate nel corso degli ultimi anni violazioni gravi e ripetute delle norme poste a tutela della privacy dei cittadini, se non addirittura intercettazioni irrituali disposte in violazione delle norme vigenti;
i costi delle intercettazioni sono sicuramente molto elevati e in aumento di anno in anno, circostanza che rende necessario limitare il ricorso alle stesse;
risulterebbe che il costo delle intercettazioni telefoniche ed ambientali disposte dalla Procura di Reggio Emilia sia passato dai 608.970,10 euro del 2006 ai 200.126,80 euro nel 2007.
come precisato nella relazione di inaugurazione dell'anno giudiziario 2009, anche nella regione Emilia-Romagna si è registrato un aumento delle intercettazioni disposte nell'anno di riferimento;
il problema dei costi eccessivi per l'amministrazione statale dovuto al ricorso alle intercettazioni è un fenomeno censurabile -:
quale sia il numero e il volume delle ore di intercettazioni telefoniche disposte dalle procure d'Italia, con particolare riferimento alla situazione della regione Emilia-Romagna;
se si conoscano i motivi che hanno determinato l'incremento dei costi per le intercettazioni telefoniche nella regione Emilia-Romagna come in premessa indicato.
(5-01713)

Interrogazioni a risposta scritta:

FOGLIARDI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Casa circondariale di Montorio (Verona), che ho personalmente visitato lunedì 27 luglio 2009, presenta gravi criticità che non la rendono degna di un paese civile;
la struttura è nata per ospitare 442 detenuti (con una tollerabilità di 663) ed un organico di 407 poliziotti. Oggi la situazione è al limite dei collasso con 985 persone incarcerate e solo 306 sorveglianti, dei quali 46 in forza ad altri istituti;
durante l'ora d'aria, un solo agente arriva a dover controllare oltre 300 detenuti;
contravvenendo alla legge, data la carenza d'organico, viene inviato personale maschile nel reparto femminile dei carcere;
i familiari che attendono di visitare i detenuti, spesso con bimbi al seguito, sono costretti a sostare nello spiazzo antistante, sotto il sole d'estate ed al freddo d'inverno;
il carcere è in uno stato di manutenzione pessimo: tinteggiature che non avvengono da più di dieci anni, infiltrazioni d'acqua, cattivi odori, condizioni igienico sanitarie che lasciano generalmente a desiderare, celle da tre metri quadrati che ospitano cinque detenuti;
si stanno ultimando il lavori di un reparto di osservazione ove giungeranno detenuti da tutte le regioni con problemi psicologici;
l'articolo 27 della nostra costituzione recita: le pene non possono consistere in trattamenti «contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione dei condannato» -:
quali provvedimenti intenda prendere il Ministro per adeguare a standard umani e dignitosi la struttura;
se la ritenga idonea ad ospitare un nuovo reparto psichiatrico che vista la cronica carenza di organico rischierebbe di non disporre di personale adeguatamente qualificato a trattare con detenuti con problemi psicologici.
(4-03808)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 24 luglio 2009 l'agenzia di stampa AdN-Kronos diffondeva la seguente notizia, da Nuoro: «Sono stati necessari tre anni e diverse sollecitazioni per superare le difficoltà che impedivano a un detenuto non abbiente ristretto nel carcere di Bad' e Carros di ottenere una protesi dentaria. Una soluzione ormai insperata che gli ha finalmente consentito di ripristinare la masticazione superando così i gravi problemi all'apparato digestivo provocatigli dalla mancanza dei denti». Lo ha comunicato la vittima-protagonista del disservizio in carcere in una lettera a Maria Grazia Caligaris, ex componente della Commissione «Diritti Civili» e Presidente dell'associazione «Socialismo Diritti Riforme»;
Domenico Attorre, 50 anni di Taranto, che sta ultimando di scontare i 16 anni della condanna ha voluto esprimere pubblicamente i ringraziamenti alla professionista che ha eseguito e impiantato la protesi dentaria, rinunciando ad una parte dell'onorario e a chi gli è stato vicino nella lunga azione per il riconoscimento di un diritto;
«la ripresa della masticazione e il funzionamento della protesi - sottolinea Attorre nella lettera - hanno anche consentito un miglioramento delle mie condizioni di salute»;
non appare accettabile che un cittadino italiano, non importa per quale reato condannato, comunque titolare del diritto costituzionale alla salute, abbia dovuto attendere per ben tre anni prima di ottenere una protesi dentaria;
ad avviso degli interroganti, questa vicenda è emblematica e mette in evidenza due aspetti molto importanti nell'attuale grave situazione del mondo delle carceri: il primo è la conferma dell'importanza, nella tutela dei diritti riconosciuti dalla Costituzione, del buon funzionamento della sanità penitenziaria, che in Sardegna sta vivendo una fase delicata di passaggio dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario regionale; il secondo è il ruolo degli organismi di tutela dei diritti dei detenuti, tra i quali quello del Garante: un recente provvedimento del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, in attuazione di una norma di legge che li istituzionalizza, ha burocraticamente limitato, l'indispensabile presenza ed i contatti con i detenuti -:
se quanto riferito dall'agenzia AdN-Kronos sia vero e quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati al riguardo.
(4-03826)

GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, LARATTA, MARCHI, ANDREA ORLANDO e PICCOLO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
solo da poche settimane - a distanza di oltre 18 anni dall'entrata in vigore del decreto-legge 3 maggio 1991 n. 143 - il Ministero della Giustizia, con nota del Capo Dipartimento dell'organizzazione giudiziaria, ha reso nota la disponibilità da parte delle procure della Repubblica dell'accesso all'archivio informatico dei conti e dei rapporti;
detto accesso, in attesa del perfezionamento da oltre due anni della convenzione stipulata tra l'Agenzia delle entrate e il Ministero della giustizia, può al momento avvenire solo per il tramite dei collegamenti telematici a disposizione della Guardia di finanza;
la possibilità per i magistrati inquirenti di individuare la collocazione dei conti e dei depositi bancari lascia ancora del tutto, insoddisfatta l'esigenza di consentire una rapida ed efficiente acquisizione della documentazione bancaria e finanziaria di riferimento (estratti conto,

assegni, bonifici eccetera) nel corso delle indagini patrimoniali penali e di prevenzione;
l'amministrazione dello Stato, e in particolare l'Agenzia delle entrate e i Nuclei di polizia tributaria della Guardia di finanza, dispone già da anni di un sistema informatico di posta elettronica certificata che consente non solo di accedere al detto Archivio unico, ma anche di richiedere e ottenere rapidamente tutta la documentazione necessaria al fine di verificare la movimentazione e la disponibilità dei conti, dei depositi e dei rapporti finanziari;
si è in presenza di uno strumento estremamente efficace per il contrasto all'evasione e all'elusione fiscale che potrebbe tranquillamente essere posta a disposizione dell'Autorità giudiziaria per le finalità di contrasto ai patrimoni illegali;
benché esistano le disposizioni che consentono all'autorità giudiziaria di accedere a tale documentazione sia in sede penale (articolo 255 Codice di procedura penale) che di misure di prevenzione (articolo 2-bis della legge n. 575 del 1965), la facoltà di avvalersi della trasmissione telematica è stata inopinatamente attribuita ai soli soggetti sopra menzionati e per esclusive finalità tributarie e fiscali;
malgrado le insistenti richieste delle Procure maggiormente impegnate nel contrasto alla criminalità economica, il Ministero della giustizia non ha ancora provveduto a raggiungere una rapida intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, titolare delle rete telematica;
la mancanza di tale intesa determina un notevole pregiudizio per le indagini bancarie dovendo gli inquirenti, una volta localizzate le disponibilità attraverso il citato Archivio, procedere alla notifica dei decreti di acquisizione e/o sequestro a mezzo della polizia giudiziaria delegata e, quindi, curare la successiva apprensione dei documenti predisposti dagli istituti bancari o finanziari a mezzo sempre della polizia giudiziaria, laddove lo strumento della posta elettronica certificata eliminerebbe ogni aggravio e costo, anche per il sistema bancario;
la scelta del Governo di consentire il rientro dei capitali e delle disponibilità finanziarie e patrimoniali dai cosiddetti paradisi fiscali (scudo fiscale) impone che si assegnino agli uffici inquirenti mezzi adeguati di accertamento e di tracciamento delle movimentazioni bancarie e finanziarie al fine di individuare le somme che la criminalità organizzata farà rientrare nel circuito dell'economia legale del Paese -:
se il Ministro non intenda provvedere a raggiungere una rapida intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, titolare delle rete telematica, al fine di rendere possibile l'accesso e l'acquisizione della documentazione, mediante modalità telematiche, secondo le modalità previste dall'articolo 32, primo comma, numero 7 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 e dall'articolo 51, secondo comma, numero 7 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 e successive integrazioni e modificazioni.
(4-03835)

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
Maged Al Molky, palestinese già capo del comando che nel 1985 dirottò la Achille Lauro, dal momento del suo rilascio dal carcere di Palermo, è praticamente scomparso e non sono più avute sue notizie (ore 2.45 di domenica 28 giugno 2009);
domenica 28 giugno alle 2.45 di mattina, Maged ha telefonato alla moglie Carla Biano. Era da poco arrivato, accompagnato da due poliziotti italiani, all'aeroporto di Damasco. Nessuno lo stava aspettando ed un poliziotto dell'ufficio aeroportuale gli ha chiesto chi era, perché era stato espulso, eccetera. Gli ha poi detto che avrebbe dovuto aspettare fino alle 8/9

del mattino che sarebbero venuti dei funzionari dell'immigrazione a prelevarlo per vagliare la sua posizione;
Maged ha riferito alla moglie che quella sarebbe stata l'ultima telefonata che poteva fare e che, appena poteva l'avrebbe richiamata. Da quel momento però, non l'ha più sentito ed il suo cellulare da quel momento risulta spento;
Maged ha pagato il suo debito con la giustizia italiana con 23 anni ed 8 mesi di carcere;
voleva rifarsi una vita, stare accanto alla moglie, lavorare. Insomma, tutto quanto può fare una persona «normale»;
voleva reinserirsi nella società;
invece per lui l'incubo è iniziato il 27 aprile quando è stato scarcerato per fine pena (aveva ottenuto gli ultimi 6 mesi di liberazione anticipata per buona condotta). Dal carcere di Palermo, l'Ucciardone, (dove ha passato gli ultimi 2 anni e mezzo) è stato portato alla questura dove gli hanno notificato l'espulsione in quanto clandestino;
egli avrebbe sostenuto che non era clandestino, che era appena uscito dal carcere dopo 23 anni ed 8 mesi, che nel 1985 non c'era la legge sulla clandestinità, che era sposato con una cittadina italiana e che, in sentenza, aveva 3 anni di libertà vigilata da scontare;
è stato portato al centro di identificazione ed espulsione (CIE) di Trapani. Da lì, tramite il suo avvocato, ha fatto ricorso contro l'espulsione (con le motivazioni dette prima) e l'udienza si è tenuta il 16 giugno 2009. Il magistrato si è riservato la decisione entro il 25/26 giugno. Il 28 giugno, alla mezzanotte, sarebbe scaduto il termine per rimanere al CIE. I funzionari del CIE gli avevano detto che, se il magistrato non decideva, avrebbero notificato un foglio di via con il quale sarebbe dovuto uscire dall'Italia entro 5 giorni;
si è attivata la rappresentanza palestinese a Roma offrendogli la possibilità di andare in Algeria. Lui ha escluso questa possibilità perché riteneva che, avendo sposato una cittadina italiana, di poter rimanere e lavorare in Italia;
solo una settimana prima dell'espulsione, Maged ha saputo, tramite funzionari del CIE, che la Siria aveva risposto, ancor una volta, che non era suo cittadino e che non poteva entrare in territorio siriano. Da dieci anni la Siria, a tutte le richieste fatte (anche per avere il nulla osta per il matrimonio) dalle autorità (magistrati, direttore del carcere, assistenti sociali, ministero della giustizia) ha sempre risposto ufficiosamente (perché per scritto non vi è nulla) che non era cittadino siriano;
sembrerebbe dunque che la Siria, nel giro di pochi giorni, abbia cambiato idea;
alle 15 del 27 giugno Maged è stato prelevato e portato all'aeroporto di Palermo e da lì a Fiumicino. Nel frattempo sono stati avvisati i giornalisti che l'hanno contattato per sapere cosa stava succedendo. Una giornalista ha telefonato al ministero, il quale avrebbe risposto che era solo un cambio di CIE e che sarebbe stato portato al CIE di Roma;
alle 19 Maged ha telefonato alla moglie per l'ultima volta da Roma dicendole che da quel momento non poteva più telefonare perché gli portavano via il cellulare;
è partito da Fiumicino alle 22/22.30 accompagnato da due poliziotti italiani. Arrivato a Damasco ha telefonato alla moglie alle 2.45. Da quel momento è sparito;
la signora Carla Biano è molto preoccupata e teme che sia stato incarcerato ed in Siria vige, come è noto, la pena di morte;
l'Italia è promotrice della moratoria sulla pena di morte, eppure ha permesso che uno straniero sposato con una cittadina italiana fosse estradato in un Paese dove le garanzie dei diritti non ci sono e dove vige la pena di morte;

Maged avrebbe riferito alla moglie il sospetto di essere stato usato come merce di scambio -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se il nostro Paese abbia richiesto garanzie sull'incolumità di Maged prima di estradarlo, secondo una procedura nella quale, ad avviso dell'interrogante caratterizzata da molteplici illegittimità;
se non ritengano di dover intraprendere le azioni diplomatiche necessarie per conoscere la sua sorte e tranquillizzare la moglie Carla Biano, cittadina italiana.
(4-03838)

LUCIANO DUSSIN e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
quello che la recente cronaca riporta relativamente a certe decisioni lassiste adottate dal Tribunale di Padova, che sistematicamente riescono a stupire negativamente l'opinione pubblica e non da ultimo gli stessi organi di polizia, richiedono un intervento del Ministero della Giustizia al fine di valutare cosa stia succedendo;
il Gazzettino del 29 luglio 2009 riporta la decisa presa di posizione del sindacato di polizia Coisp riguardante la non convalida dell'arresto decisa nei confronti di un cittadino tunisino, che nel nostro territorio si è distinto per la sua specializzazione nello spaccio di droga e nel far finire in ospedale i nostri agenti di polizia dopo averli pesantemente minacciati;
gli stessi PM ricorreranno contro questo arresto negato dal Tribunale di Padova;
chiare sono state le parole del Coisp: «o i poliziotti hanno commesso un falso ideologico o il giudice è fuorilegge!» -:
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative ispettive a seguito del fatto denunciato pubblicamente dal sindacato di polizia relativamente a quanto riportato in premessa.
(4-03844)

ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso sul quotidiano Il Gazzettino del 28 luglio 2009 a firma Gianluca Amadori emerge che nel carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia vi sarebbe stata una «cella delle punizioni»: stretta, buia, dall'odore nauseabondo, nella quale sarebbero stati rinchiusi alcuni detenuti, tra cui il ventisettenne di nazionalità marocchina che, lo scorso 6 marzo 2009, in quello spazio angusto si tolse la vita;
il ragazzo si è impiccato dopo aver ridotto la coperta in sottili strisce ed in precedenza già una volta aveva tentato di togliersi la vita ed era stato salvato grazie all'intervento delle guardie penitenziarie. Per la morte di quel detenuto sono finiti sotto inchiesta il responsabile delle guardie, nonché l'ispettore in servizio nel settore in cui si trovava il detenuto, in relazione a possibili carenze e omissioni nella sua sorveglianza, mentre la Procura della Repubblica di Venezia ha aperto un'inchiesta per accertare se siano stati commessi illeciti di natura penale nell'utilizzo della cosiddetta «cella delle punizioni» non regolamentare;
l'intera vicenda va inquadrata in una situazione che, all'interno del carcere di Santa Maria Maggiore, è al limite del collasso e della decenza, come denunciato anche recentemente da uno sciopero degli avvocati veneziani;
come riferito dal summenzionato articolo pubblicato da Il Gazzettino, i detenuti sono oltre 300 (di ben 22 etnie differenti), a fronte di una capienza di 160. Il tutto in spazi insufficienti e spesso non adeguati, tanto che alcuni detenuti vengono fatti dormire nelle aree che durante il giorno sono riservate alle attività ricreative;

l'organico della polizia penitenziaria è fortemente carente e mancano una sessantina di agenti nella sezione maschile e una ventina in quella femminile, con immaginabili problemi per l'organizzazione del lavoro e la gestione della sicurezza -:
se il Ministro sia al corrente di quanto sopra riferito;
se e quali azioni abbia avviato in seguito al suicidio del giovane marocchino, lasciato da solo nella cella buia, priva di sorveglianza e in un delicato equilibrio psichico;
quali misure intenda adottare per conoscere quale utilizzo sia stato fatto nel tempo della «cella delle punizioni» e quali iniziative intenda adottare nei confronti delle autorità che ne abbiano fatto un uso non conforme all'ordinamento;
se e quali iniziative urgenti intenda adottare per risolvere il problema del sovraffollamento del carcere di Santa Maria Maggiore e della mancanza delle condizioni di dignità minime di questo luogo di reclusione.
(4-03851)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia ANSA, la notte del 27 luglio 2009, nella casa circondariale di Rovereto (Trento), si è tolto la vita, impiccandosi con le lenzuola, Stefano Frapporti, un artigiano trentino di 50 anni, persona arrestata il giorno prima e ubicata nel reparto osservazione del predetto istituto di pena;
Stefano Frapporti, individuo privo di una mano persa durante un brutto incidente sul lavoro, è stato fermato dai carabinieri mentre andava in bicicletta; sottoposto a perquisizione gli è stato trovato in tasca circa un etto di hashish, quantitativo destinato, secondo quanto riferito sul momento dallo stesso indagato, al consumo personale;
il grave problema dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario;
ed invero la situazione attuale è particolarmente allarmante posto che nel corso di tutto il 2008 si sono registrati 42 suicidi, mentre nei primi sette mesi del 2009 già si sono tolte la vita 39 persone; sicché si teme che entro il dicembre 2009 possa essere raggiunto il picco del 2001 con 69 casi e, quindi, un tasso di suicidio del 124 per 100 mila detenuti (quello relativo alla popolazione italiana è di 8 per 100 mila);
presenze dei detenuti all'interno degli istituti di pena italiani hanno quasi toccato quota 64mila: il 52,2 per cento dei detenuti si trova dietro le sbarre in custodia cautelare, mentre, tra i condannati, circa 9mila persone devono scontare pene inferiori ad un anno; a ciò occorre aggiungere che metà dei carcerati è affetto da epatite, il 30 per cento e tossicodipendente; il 10 per cento malato di mente e il 5 per cento ha l'Hiv; inoltre, il ritmo di crescita della popolazione penitenziaria in tempi recenti si incrementa di 1000 detenuti ogni mese;
una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio suicidario (malati mentali, tossicodipendenti, cittadini extracomunitari, e, in genere, persone provenienti dall'area del disagio sociale);
il direttore generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Sebastiano Ardita, ha indirizzato, in data 18 dicembre 2008, una circolare a tutti i

provveditori regionali dell'amministrazione penitenziaria avente ad oggetto «prevenzione dei suicidi e tutela della vita e della salute delle persone detenute e/o internate», sollecitando tutti gli operatori ad un maggiore impegno teso a scongiurare situazioni di criticità;
il sostanziale fallimento della organizzazione del lavoro per la popolazione detenuta, che genera insopportabili e lunghi periodi di ozio, è quasi certamente una concausa importante nella esplosione di atti anticonservativi -:
se sul suicidio avvenuto nella casa circondariale di Rovereto siano stati effettuato gli opportuni accertamenti e quali ne siano eventualmente gli esiti;
se il Governo non intenda farsi promotore di una completa rivisitazione della legge n. 49 del 2009, detta Fini-Giovanardi, legge che sta avendo un impatto pesantemente negativo sulla situazione penitenziaria e che sta portando rapidamente al riprodursi di quel fenomeno di sovraffollamento che, in modo emergenziale, si è tentato di affrontare in epoca recente;
considerato l'alto tasso di suicidi in carcere, che dipende dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, se il Governo non ritenga di prendere in considerazione eventuali iniziative finalizzate alla promozione di un provvedimento di clemenza;
se il Governo non ritenga che l'avvio di una seria e generalizzata politica di organizzazione del lavoro per la popolazione detenuta sia elemento di rilevante importanza per contenere il triste fenomeno dei suicidi all'interno degli istituti di pena;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei suicidi in carcere.
(4-03852)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta scritta:

NEGRO e MONTAGNOLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il codice della strada rende obbligatoria la revisione periodica dei mezzi pesanti;
gli uffici locali della Motorizzazione civile sono deputati a questa incombenza;
come ben si può immaginare sia la lentezza nel rilascio delle documentazioni sia l'eccessivo ricorso alla burocrazia provocano danni alle imprese che si ritrovano con i mezzi fermi impossibilitati a circolare;
nella provincia di Vicenza, le aziende che hanno mezzi pesanti lamentano una situazione di assoluto disagio dovuto alle procedure messe in atto dai dirigenti dell'ufficio locale della Motorizzazione;
si riscontrano penalizzazioni dovute alla bassa produttività e ostilità dei dirigenti preposti -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e intenda avviare iniziative volte a verificare l'operato dei dirigenti della Motorizzazione della provincia di Vicenza al fine di evitare che imprese ingiustamente penalizzate rischino la chiusura.
(4-03842)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 28 luglio 2009 il Giornale di Sicilia pubblicava un articolo dal titolo «Zen, vandali di nuovo in azione. Devastata la scuola Falcone»;

secondo quanto riportato nell'articolo, l'istituto comprensivo «Giovanni Falcone» di via Trapani Pescia, sito nel quartiere Zen a Palermo, avrebbe subito l'ennesimo raid vandalico;
nello stesso si ipotizza che il raid possa essere un gesto intimidatorio nei confronti di quello che viene percepito come un importante «presidio di legalità»;
dopo l'incendio appiccato il 13 luglio 2009 nelle aule della materna e dell'elementare, il 27 ignoti hanno assaltato e vandalizzato la palestra dell'istituto;
l'istituto, grazie al lavoro prezioso dei docenti, del personale e del dirigente scolastico, è riuscito in questi anni a combattere il fenomeno della dispersione scolastica in un quartiere difficile dove i ragazzi sono spesso vittime di disagio socio-educativo e di fenomeni di devianza minorile;
il dirigente scolastico ha segnalato la necessità che «venga alzato il muro della recinzione e ripristinato l'impianto d'allarme»;
nei giorni scorsi altre scuole hanno subito episodi analoghi: l'Istituto Puglisi a Brancaccio; l'Istituto Sciascia nel quartiere di San Filippo Neri, ex Zen; l'Istituto Guttuso ad Acqua dei Corsari -:
se non ritenga opportuno, anche alla luce di quanto illustrato in premessa, attivare le forze dell'ordine al fine di garantire protezione agli Istituti scolastici.
(4-03819)

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in molti luoghi pubblici circolano donne completamente coperte con il burqa, che lascia visibili esclusivamente gli occhi e ciò avviene anche in luoghi molto frequentati, come ad esempio a Roma all'inizio della via Cassia, o in comuni più piccoli, come Sassuolo in provincia di Modena;
in base all'ordinamento vigente non è consentito alle persone di circolare con il volto coperto in modo tale da impedirne il riconoscimento;
è evidente che la legge deve essere uguale per tutti i cittadini sia italiani, sia comunitari, sia extracomunitari e, pertanto, appare inaccettabile l'eccessiva tolleranza nei confronti di questi abbigliamenti, che peraltro sono anche fortemente lesivi della dignità della donna -:
per quali ragioni in Italia sia tollerato di fatto l'utilizzo del burqa, anche se impedisce il riconoscimento di chi lo indossa, e se non ritenga necessario assumere iniziative affinché siano date disposizioni più precise su questo tema, solo apparentemente marginale, alle Forze dell'ordine.
(4-03823)

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in molte zone d'Italia la comunità cinese sta acquistando numerose attività commerciali con un piano strategico ben preciso;
l'acquisto di pubblici esercizi, bar e ristoranti, in alcune città ha assunto dimensioni notevoli costituendo circa il 50 per cento delle nuove cessioni di attività;
la proliferazione di pubblici esercizi gestiti dalla comunità cinese, a titolo d'esempio si valuti il caso di Bolzano, avviene in quanto gli acquirenti hanno a loro disposizione ingenti quantità di denaro che spesso viene versato in contanti, determinando anche una vera e propria evasione di IVA; le offerte d'acquisto sono nettamente superiori a quelle di mercato e quindi tali da eliminare ogni possibile concorrenza -:
se il fenomeno della massiccia penetrazione di cinesi nelle attività commerciali, in particolare dei pubblici esercizi, sia all'attenzione dei Ministri interrogati e

se vi siano fenomeni d'altra natura collegati alla strategia aggressiva di acquisizione di attività economiche;
se e quali verifiche siano svolte in ordine alla provenienza delle disponibilità economiche degli operatori cinesi, in considerazione del fatto che la massiccia acquisizione di attività commerciali appare riconducibile ad una strategia coordinata e continuativa.
(4-03824)

FERRARI, CORSINI e BECCALOSSI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il settore della vigilanza privata sta vivendo uno stato di crescente degrado e sistematicamente registra eclatanti anomalie di operatori, che si segnalano per episodi di particolare gravità;
sono stati riscontrati casi di infiltrazioni di elementi ed interessi della criminalità organizzata nelle aziende di vigilanza;
le denunce di molti lavoratori, dei sindacati stessi, testimoniano una realtà diffusa in molte imprese che sfruttando la crisi occupazionale e la carenza di controlli, operano spesso in modo illegale;
la normativa attuale delega alle Prefetture e alle Questure compiti di controllo degli istituti di vigilanza, ma purtroppo continuano a verificarsi vicende, quali quelle di riciclaggio di denaro come nei casi verificatisi nel centro-sud e a San Marino, mancato rispetto dei contratti che dovrebbero garantire la sicurezza dei lavoratori, insieme alle frequenti evasioni per decine di milioni di Euro relativi ai contributi INPS-INAIL e all'Imposta sul valore aggiunto delle imprese;
non vengono rispettate le norme riguardanti il monte ore degli straordinari ed il tetto massimo delle somme da prelevare oltre spesso alla mancata disponibilità di contante custodito nei caveaux degli istituti di vigilanza stessa e si registrano quindi, nella prassi, sistematiche violazioni delle disposizioni del Ministero dell'interno;
non è un caso che si siano moltiplicate negli ultimi tempi gli assalti ai furgoni portavalori, eseguiti anche con modalità spettacolari, mediante l'uso spregiudicato di armi potentissime ed esplosivi;
ciò è ulteriormente aggravato dalle recenti norme tese a limitare l'uso del sistema denominato H.D.S. del quale invece andrebbe rapidamente riconosciuto, come avviene in tutta Europa, l'utilità e la valenza, ripristinando le autorizzazioni già in essere per l'utilizzo del «fuori Provincia» prima del cambiamento regolamentare, del novembre scorso -:
di fronte a questa situazione, tra l'altro aggravata anche dalla pesante situazione economica che espone al rischio di tracollo le aziende più serie, se non ritenga il Ministro che sarebbe utile svolgere i necessari accertamenti relativamente al fenomeno esposto e promuovere gli opportuni interventi anche di ordine normativo da assumere in relazione alle materie oggetto della presente interrogazione.
(4-03841)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 21 del regolamento sull'immigrazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, al comma 7, autorizza all'ingresso nei centri di identificazione ed espulsione (CIE) i familiari delle persone detenute, i ministri di culto, gli avvocati e i rappresentanti delle ambasciate;
i giornalisti italiani non rientrano dunque tra i soggetti abilitati ad entrare nei centri di trattenimento degli immigrati clandestini; lo stesso Ministero dell'interno ha sempre vietato l'ingresso nei CIE agli operatori dell'informazione in nome del diritto alla privacy degli immigrati, ciò

anche quando il Garante replicava che sulla privacy può decidere solo il diretto interessato (l'immigrato) e nessun altro;
nonostante il citato articolo 21, comma 7, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, non contempli i parlamentari tra le figure autorizzate ad entrare negli ex CPT, a questi ultimi, in virtù del loro ruolo, è sempre stato consentito ispezionare i centri, seppure previa comunicazione al Prefetto;
a giudizio dell'interrogante la stessa cosa dovrebbe valere per i giornalisti, atteso che le modalità di trattamento degli immigrati rinchiusi nei CIE sono state spesso al centro di dibattiti accesi e di valutazioni contrastanti per cui assume ancora più importanza l'inchiesta o l'indagine eventualmente svolta dagli operatori dell'informazione in questi luoghi;
il fatto che un giornalista debba «travestirsi» da immigrato o da assistente di un parlamentare per poter svolgere quello che dovrebbe essere un suo elementare diritto-dovere di informazione, rappresenta un arbitrio che, ad avviso degli interroganti, viola la libertà di stampa e che finisce per essere umiliante per chi è costretto a mettere in atto simili accorgimenti;
lo stesso segretario dell'Ordine nazionale dei giornalisti, dott. Vittorio Roidi - raccogliendo la sollecitazione dell'appello «Cpt, l'informazione negata» - ha inviato tempo fa una lettera al Ministro dell'interno chiedendo che questo «ingiustificato divieto» venga immediatamente tolto, poiché non può esistere un luogo pubblico sottratto al controllo degli organi di informazione;
ad avviso dell'interrogante questa scelta costituisce un'ingiustificata limitazione della libertà di stampa e di informazione, e dunque di libertà costituzionali, proprio su un tema che ha implicazioni delicatissime in ordine al rispetto dei diritti umani e civili -:
per quale motivo si neghi all'informazione, e di conseguenza all'opinione pubblica, il diritto di conoscere le effettive condizioni in cui versano i migranti trattenuti nei centri di identificazione ed espulsione;
se, infine, data l'importanza dei principi in questione, non ritenga di dover adottare iniziative per rimuovere tale divieto e stabilire regole certe, trasparenti e democratiche di accesso ai CIE, con ciò consentendo anche agli operatori dell'informazione di svolgere indagini ed inchieste senza impedimenti.
(4-03845)

PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI, NARDUCCI, DE TORRE e FRONER. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la legge 14 dicembre 2000, n. 379, recante «Disposizione per il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'impero austro-ungarico e ai loro discendenti», i cui effetti sono stati prorogati al 2010 con il decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, consente ai nati nei territori dell'ex Impero austro-ungarico di ottenere jure sanguinis il riconoscimento della cittadinanza italiana anche agli emigrati e ai loro discendenti;
questa opportunità risponde a criteri di uguaglianza tra cittadini italiani e all'attesa di centinaia di migliaia di persone che non hanno mai interrotto i loro legami con l'Italia e che hanno, anzi, conservato radici e richiami di origine a distanza di tempo;
le domande avanzate nel periodo di vigore della legge e soprattutto nei primi anni sembra che ammontino a diverse decine di migliaia in tutto il mondo, di cui circa 30.000 nel solo Brasile, dove si concentra il maggior numero di emigrati provenienti dal Trentino; agiscono, per iniziativa del movimento associativo regionale,

otto centri di informazione e di raccolta delle richieste di riconoscimento della cittadinanza;
l'aspetto significativo del flusso di richieste è nell'elevata percentuale di giovani che hanno richiesto la cittadinanza, dal momento che stime attendibili realizzate in alcune circoscrizioni consolari fanno ammontare a circa 1/3 le richieste presentate dai giovani fino ai 25 anni e a poco meno della metà quelle avanzate da persone entro i 40 anni di età, a testimonianza della possibilità di aprire e consolidare quel ponte con le nuove generazioni fortemente auspicato dalla recente Conferenza dei giovani di origine italiana nel mondo;
a tale fervore di richieste si è tuttavia contrapposta una paralizzante lentezza nell'espletamento delle pratiche, al punto che la percentuale di quelle che hanno concluso l'iter amministrativo sarebbe inferiore ad 1/10 del totale -:
se i Ministri interrogati non intendano rendere disponibili i dati delle richieste di riconoscimento della cittadinanza ex lege 14 dicembre 2000 n. 379, distinti per circoscrizione consolare e accompagnati da una ragionevole previsione dei tempi di espletamento delle pratiche sulla base della ordinaria attività della commissione interministeriale che le esamina;
se i Ministri interrogati, nel caso in cui i tempi di previsione risultassero eccessivamente lunghi, non ritengano di prevedere un rafforzamento dell'attività istruttoria di tali pratiche nonché una maggiore frequenza delle riunioni della commissione unitamente ad un eventuale potenziamento del numero dei suoi componenti.
(4-03847)

MINNITI, PICCOLO, GARAVINI, BORDO, BOSSA, BURTONE, GENOVESE, LARATTA, MARCHI e ANDREA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Giugliano (Napoli), terzo comune della Campania per numero di abitanti e quello con il più vasto territorio, dopo il capoluogo, nella provincia di Napoli, registra la presenza di estese sacche di marginalità sociale e di disagio economico ed una consolidata ramificazione della criminalità organizzata;
in quel comune nel 2008 si sono tenute le elezioni amministrative che sono state vinte dal sindaco Giovanni Pianese, con oltre il 60 per cento dei voti;
nell'ambito del suo territorio, in località Taverna del Re, esiste una delle più importanti discariche di rifiuti della regione Campania, oggetto di numerose polemiche e contestazioni;
sullo stesso territorio sono state realizzate ingenti e devastanti speculazioni edilizie con la costruzione di una quantità enorme di edifici abusivi;
in alcune delle liste che hanno appoggiato il sindaco sono risoltati eletti personaggi attivi nel settore delle costruzioni abusive, con una quantità eccezionale di voti di preferenza individuale;
nell'area giuglianese le associazioni camorristiche sono largamente infiltrate ed hanno impiantato e diffuso una vasta rete di interessi illeciti, attuando un'azione penetrante e pervasiva di coinvolgimento collusivo per imbrigliare e condizionare settori e soggetti della vita pubblica e sociale;
il comune è stato teatro anche di numerosi omicidi e/o attività criminali di stampo camorristico, anche da parte di appartenenti al clan dei casalesi;
la magistratura e le forze dell'ordine sono assiduamente impegnate in una meritoria, complessa azione investigativa per snidare e contrastare i sodalizi mafiosi che operano in zona;
nel contesto locale è particolarmente e pericolosamente attivo il clan Mallardo

che da tempo ha assunto una forte predominanza sul territorio, acquisendo un formidabile potere economico e ipotizzando anche di esercitare un condizionamento sul potere politico, attraverso l'inserimento nelle Istituzioni di esponenti collegati direttamente o indirettamente (per rapporti economico-imprenditoriali o, addirittura, familiari) all'organizzazione;
l'attualità di tale gravissimo rischio è attestata da un recente decreto di fermo emesso dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli, per i reati di «estorsione continuata ed aggravata dal metodo mafioso», a carico di soggetti (residenti nel giuglianese) ritenuti affiliati o comunque contigui al clan camorristico dei Mallardo, del quale riferisce un comunicato stampa del 3 aprile 2009 della stessa Procura;
nel predetto comunicato stampa si afferma che «il clan dei Mallardo, egemone in Giugliano e zone limitrofe, legato all'organizzazione criminale denominata Alleanza di Secondigliano e storico alleato del clan dei Casalesi, è certamente una delle realtà camorristiche meglio strutturate ed organizzate dell'intero panorama criminale campano, che da tempo ha avviato un'operazione di infiltrazione nella pubblica amministrazione per convertire il potere intimidatorio ed economico, conseguito illegalmente, in potere politico idoneo a condizionare l'indirizzo sociale ed economico della cittadinanza giuglianese»;
risulta evidente, quindi, la possibilità che la suddetta organizzazione criminale abbia già tentato, a livello locale, di favorire l'ingresso in politica e l'inserimento nel circuito istituzionale di esponenti ad essa riconducibili, intervenendo presumibilmente in occasione dello svolgimento delle ultime elezioni comunali nella città di Giugliano per sostenere e/o agevolare l'elezione di determinati candidati, contigui ad essa o parenti di esponenti malavitosi, attraverso i quali influire illecitamente sul normale esercizio delle attività e delle funzioni amministrative;
peraltro, in occasione delle audizioni tenute dalla Commissione Antimafia presso la Prefettura di Napoli, il Procuratore Capo della Repubblica ha dichiarato alla stampa che sussiste il fondato sospetto di una diffusa collusione dei politici campani con la camorra;
l'infiltrazione della camorra nelle amministrazioni comunali in provincia di Napoli ed il conseguente tentativo di condizionamento delle attività di governo sono stati molto frequenti, come dimostrano i numerosi provvedimenti di scioglimento di consigli comunali adottati negli ultimi anni;
la prevenzione delle infiltrazioni camorristiche negli enti locali deve essere tra gli impegni primari dello Stato al fine di garantire il libero esercizio dei diritti dei cittadini, assicurare la trasparenza e la correttezza di gestione delle amministrazioni pubbliche nell'interesse esclusivo della comunità, impedire l'inquinamento dei rapporti sociali ed economici, ostacolare la corruzione c contrastare l'espansione del fenomeno mafioso nella società -:
se il Ministro non ritenga indispensabile ed urgente disporre l'accesso, con le modalità previste dalla normativa vigente, presso il Comune di Giugliano:
a) per acquisire dati, documenti e notizie, stante la necessità di verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi dell'ente:
b) per effettuare, altresì, un controllo di legalità ed accertare se, nell'ambito dell'apparato politico-amministrativo, emergano clementi su collegamenti, diretti o indiretti, con la criminalità organizzata ovvero sussistano forme di condizionamento degli amministratori che possano compromettere la libera determinazione degli organi elettivi ed il buon andamento dell'amministrazione comunale, nonché il regolare funzionamento dei servizi alla stessa affidati.
(4-03853)

ISTRUZIONE, UNIVERSITà E RICERCA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
alla direzione generale dell'ufficio scolastico per il Veneto sono pervenute con riferimento al prossimo anno scolastico 2009/2010 numerose richieste di nuove sezioni per la scuola dell'infanzia da parte di dirigenti scolastici, sindaci e genitori, che tuttavia ad oggi non è stato possibile soddisfare per mancanza di posti disponibili;
il contingente di posti di insegnamento che è stato assegnato ad ogni regione per l'anno scolastico 2009/2010 è decurtato, infatti, rispetto all'organico di diritto dell'anno scolastico 2008/2009 di 42.100 posti in applicazione delle misure di contenimento previste dall'articolo 64 del decreto legge il 12 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008;
il contingente assegnato alla regione Veneto in particolare è stato ridotto di oltre 2.000 posti e ciò non permette di soddisfare le numerose richieste di istituzione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia, tenuto anche conto del fatto che con molti meno posti a disposizione, rispetto all'anno scolastico precedente, è stato necessario accogliere nelle classi delle scuole di ogni ordine e grado circa 8.000 alunni in più, di cui una buona percentuale stranieri;
è stato pertanto confermato l'organico della scuola dell'infanzia relativo all'anno scolastico 2008/2009, che ammonta a 3.688 posti;
le sezioni richieste e non accolte, con riferimento al prossimo anno scolastico, sono 40, per un numero di bambini in lista di attesa pari a 885, e precisamente:
n. 2 sezioni in provincia di Belluno per n. 50 bambini in lista d'attesa;
n. 3 sezioni in provincia di Padova per n. 34 bambini in lista d'attesa;
n. 9 sezioni in provincia di Treviso per n. 235 bambini in lista d'attesa;
n. 8 sezioni in provincia di Venezia per n. 170 bambini in lista d'attesa;
n. 11 sezioni in provincia di Verona per n. 224 bambini in lista d'attesa;
n. 7 sezioni in provincia di Vicenza per n. 172 bambini in lista d'attesa;
per far fronte alle sezioni richieste e soddisfare bisogni primari delle famiglie, sarebbero necessari 80 posti (due insegnanti per ogni sezione), tenendo conto che la situazione illustrata riguarda:
le realtà locali in cui i comuni hanno ristrutturato gli edifici scolastici proprio per poter accogliere i sempre più numerosi bambini che ogni anno chiedono di frequentare la scuola dell'infanzia;
le realtà locali in cui non esiste il servizio, nemmeno comunale o paritario o la scuola paritaria chiude per mancanza di fondi;
le scuole d'infanzia con sezioni già funzionanti ma che non sono in grado di accogliere altri bambini in quanto già sature;
è doveroso considerare che, mentre nel Centro sud la percentuale di scuole dell'infanzia statali supera il 63 per cento sul totale, in Veneto le scuole dell'infanzia statali costituiscono solo un terzo dell'offerta, trovando la popolazione scolastica dai tre ai sei anni accoglienza per due terzi presso le scuole dell'infanzia paritarie, con i conseguenti maggiori esborsi a carico delle famiglie, oggi ancora più gravosi, sia per effetto dei tagli e dei ritardi nell'erogazione delle risorse da parte dello Stato e della Regione a queste scuole, sia per effetto della crisi recessiva in atto;
va altresì considerato che in Veneto, dove la percentuale di frequenza delle

scuole materne paritarie è la più elevata d'Italia, la percentuale di bambini stranieri è del 7,3 per cento, ma nelle zone ad alta intensità industriale, come ad esempio la provincia di Treviso, tale percentuale raggiunge anche il 20-25 per cento, ponendo problemi complessi di integrazione scolastica e sociale, con costi aggiuntivi per le scuole paritarie -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali urgenti misure intende adottare per porre immediato rimedio a tale situazione e garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di assistenza e di istruzione alle famiglie del Veneto ed alla popolazione scolastica dai tre ai sei anni per il prossimo anno scolastico 2009/2010.
(2-00443) «Rubinato, Fogliardi, Mogherini Rebesani, Donadi, Viola, Baretta, Naccarato, Murer».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI, COSCIA, DE PASQUALE, DE TORRE, SIRAGUSA, PES, LEVI, DE BIASI, BACHELET e NICOLAIS. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le disposizioni attuative dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, dopo le preliminari valutazioni della Corte costituzionale e della Corte dei conti, risultano tuttora al vaglio degli organi della magistratura amministrativa a causa delle numerose contestazioni che riguardano il rispetto dei criteri di delegificazione e delle procedure adottate per realizzarla;
le suddette disposizioni, a partire dai decreti interministeriali sugli organici - ancora non vigenti perché privi di registrazione della Corte dei conti, di firma dei ministri e di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale - stanno provocando una situazione di autentica destrutturazione dell'assesto funzionale delle scuole, di ogni ordine e grado, a causa dei previsti tagli indiscriminati;
tali decurtazioni riguardano, in particolare, per il prossimo anno scolastico 42.102 posti di docente e dirigente scolastico - di cui 13.060 docenti della scuola primaria, 17.450 della secondaria di I grado, 11.347 della secondaria di II grado e 245 dirigenti scolastici - e 15.167 posti di personale ATA, di cui 2.740 assistenti amministrativi, 1.670 assistenti tecnici, 10.434 collaboratori scolastici e 324 DSGA;
tali riduzioni di organico, dopo la pubblicazione dei trasferimenti, mettono in evidenza, in ogni settore e in ogni ordine scolastico, la messa in soprannumero di diverse migliaia di unità di personale già con nomina a tempo indeterminato e la contemporanea riduzione di diverse migliaia di posti di supplenza annuale, con il conseguente licenziamento di quanti per anni hanno svolto tali compiti;
nessun provvedimento è stato finora adottato dal Governo per dare seguito all'immissione in ruolo, prevista dal Governo Prodi nella legge finanziaria 2007, del personale docente precario, presente nelle graduatorie ad esaurimento, e del personale ATA;
come hanno denunciato tutte le organizzazioni sindacali del settore, nessuna concreta iniziativa è stata finora assunta in favore del personale già in servizio negli anni precedenti e che a causa dei tagli non potrà riassumere servizio;
dopo le modifiche preannunciate nel disegno di legge di assestamento del bilancio 2009, ai tagli già operati dal decreto-legge n. 112 del 2008 e dalla finanziaria 2009 si aggiungono irresponsabilmente altri 600 milioni di decurtazione alle risorse per gli incarichi a tempo determinato da corrispondere nei primi quattro mesi del prossimo anno scolastico;
permangono pertanto le gravissime difficoltà nei finanziamenti destinati direttamente al funzionamento amministrativo e didattico delle scuole -:
quanti siano, secondo le fonti ufficiali, i docenti in soprannumero e coloro che, già in servizio negli scorsi anni, non saranno riassunti;

se il Ministro interrogato intenda investire risorse e prevedere iniziative per fronteggiare le conseguenze dell'inevitabile incremento della disoccupazione tra il personale docente e ATA a partire dal prossimo mese di settembre;
come il Ministro interrogato ritenga di affrontare le difficoltà - denunciate da tutte le organizzazioni sindacali e da moltissimi osservatori indipendenti - che investiranno le scuole nelle loro attività didattiche e nel loro funzionamento amministrativo a partire dal prossimo, imminente, anno scolastico quali, ad esempio, i ritardi nelle nomine del personale, l'inconsistenza delle dotazioni finanziarie, l'impossibilità per molti edifici scolastici di ospitare classi il cui numero di alunni è stato incrementato.
(5-01704)

CAZZOLA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la sentenza della Corte Costituzionale n. 236 del 2009 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 434, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2008), nella parte in cui questa viene applicata ai professori universitari per i quali sia stato disposto il collocamento fuori ruolo con formale provvedimento amministrativo e che hanno iniziato il corso del relativo periodo;
tale sentenza - pur presentando una portata in sé limitata in quanto ripristina il «fuori ruolo» solo per i professori che, al momento dell'emanazione della legge 24 dicembre 2007, n. 244, già avevano iniziato il corso del relativo periodo - appare di significativa importanza con riguardo al principio che essa ribadisce in ordine alla peculiarità della posizione dei professori fuori ruolo. La presenza di tale categoria deve essere, infatti, valutata con riferimento ad eventuali «ricadute sulla finanza pubblica», alla «salvaguardia degli equilibri di bilancio o (di) altri aspetti di pubblico interesse» e, in particolare, alla mancata incidenza sulla «esigenza di ricambio generazionale dei docenti universitari». Ciò, fermo restando che l'abolizione dell'«istituto del collocamento fuori ruolo per tutti i professori universitari rientra nella discrezionalità del legislatore»;
si individuano, pertanto, valide motivazioni a sostegno di una volontà politica disposta a vedere favorevolmente la reintroduzione del «fuori ruolo» e la sua estensione a tutti gli appartenenti alla categoria. Un provvedimento del genere garantirebbe effetti meno traumatici, per la finanza pubblica, dell'impatto del pensionamento di un ampio contingente di pubblici dipendenti; ciò tanto più ove si consideri l'ulteriore vantaggio recato alla finanza pubblica dal fatto che la retribuzione prevista per il periodo di «fuori ruolo» è limitata ad un emolumento pari a quello pensionistico e che, per i professori incardinati presso università non statali (circa un migliaio), sono posti interamente a carico di queste ultime gli oneri retributivi per tutta la durata del «fuori ruolo»;
sul punto val la pena ricordare che, con riferimento al triennio 2008-2010, si prevede il pensionamento di circa 6000 professori (in questo numero includendo anche gli «ordinari» che attualmente non fruiscono del «fuori ruolo», ma che potrebbero divenirne beneficiari) -:
se intenda adottare iniziative - e quali - per fare fronte alla situazione venuta a determinarsi.
(5-01712)

Interrogazioni a risposta scritta:

MADIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel 2000, il Consiglio europeo di Lisbona, nel definire gli obiettivi strategici dell'Unione europea fino al 2010, aveva sottolineato la necessità di accrescere la mobilità geografica e migliorare le competenze

linguistiche dei cittadini europei. A Barcellona, nel 2002, il Consiglio europeo aveva sollecitato azioni concrete «... per migliorare la padronanza delle competenze di base, segnatamente mediante l'insegnamento di almeno due lingue straniere sin dall'infanzia», chiedendo inoltre «la fissazione di un indicatore di competenza linguistica». Secondo Jàn Figel commissario europeo per l'istruzione e la formazione, «l'indicatore di competenza linguistica non è destinato a stabilire una classifica tra i vari paesi, ma ad individuare metodi efficaci di apprendimento delle lingue per favorire lo scambio delle buone pratiche tra gli Stati membri». Il Consiglio istruzione del 19 maggio 2006 nelle sue «conclusioni sull'indicatore europeo di competenza linguistica» ha ribadito alla fine dell'identificazione delle buone prassi - obiettivo dell'indicatore di competenza linguistica - sono necessari indicatori e parametri di riferimento da costruire attraverso la raccolta comparata di dati nei Paesi membri. Tale raccolta deve essere effettuata «attraverso test obiettivi di competenza linguistica» soprattutto rivolti agli studenti al termine del ciclo dell'obbligo -:
quale sia lo stato di attuazione, in Italia, della costruzione dell'indicatore di competenza linguistica e se si siano realizzati i test previsti dalle decisioni comunitarie in materia.
(4-03816)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito della Circolare n. 63 del 6 luglio 2009 relativa all'adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto per l'anno scolastico 2009/2010 in Sicilia si registrano ulteriori tagli rispetto alle previsioni di organico di diritto pari a circa 600 unità;
in particolare sui posti di sostegno si registra un ulteriore pesante intervento;
se infatti l'anno scorso il totale dei posti di sostegno era di 12.490 unità, quest'anno è di 11.795;
per quanto sopra, si registra grande preoccupazione per la mancata assistenza scolastica agli alunni disabili della Sicilia;
il numero degli alunni disabili certificati dall'autorità sanitaria, in base ai dati forniti dagli Uffici scolastici provinciali, è di 25.938 unità ed è in netto aumento rispetto agli anni precedenti;
è da precisare che in Sicilia, a partire dall'anno scolastico 2007/2008, tutti gli alunni di nuova iscrizione o che iniziano un nuovo ciclo di studi, sono stati certificati dall'autorità sanitaria, in base ad una precisa direttiva dell'assessorato regionale alla sanità, secondo il codice ICD10 e questo a garanzia della attendibilità delle certificazioni;
variare in misura tanto significativa il rapporto in questione ha effetti drammatici sul livello di integrazione che può essere garantito ai soggetti più deboli -:
se, alla luce di quanto illustrato in premessa, non ritenga opportuno incrementare il numero dei posti di sostegno effettivamente assegnati alla regione Sicilia.
(4-03817)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

VOLONTè. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comitato tecnico dell'Agenzia italiana del farmaco (AlFA), rispondendo ad una richiesta di chiarimenti del Ministro interrogato, ha affermato che la pillola RU486 può essere commercializzata in Italia. La sua distribuzione può essere

impedita solo nel caso fossero pubbliche le nuove evidenze che rilevino pericoli per la salute pubblica;
si ritiene che le donne dovrebbero essere portate a conoscenza dei possibili danni psicologici legati ad un aborto - vista l'ampia documentazione scientifica al riguardo - a maggior ragione nel momento in cui si permettesse loro, a giudizio dell'interrogante con troppa facilità, di scegliere di abortire anche chimicamente. Questo in considerazione anche del fatto che solitamente l'aborto con la pillola Ru486 dura tre giorni, ma può prolungarsi per una settimana e oltre, con i noti effetti collaterali di dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, perdite di sangue abbondanti e prolungate: l'impatto psicologico di tutto questo può essere molto più pesante rispetto a quello legato a una procedura chirurgica, perché è inevitabile che il più delle volte utilizzando la Ru486 si può vedere il sacco gestazionale con l'embrione rifiutato e abortito;
le competenze regionali in materia sanitaria non possono travalicare il campo delle competenze statali in materia di livelli essenziali di assistenza ed, inoltre, nel caso di un aborto chimico, a giudizio dell'interrogante, non verrebbe salvaguardato il medico obiettore di coscienza, a differenza di quello praticato chirurgicamente in base alla legge n. 194 del 1978, in quanto nel momento in cui si inizia e si svolge una procedura aborriva di tipo chimico, la cui durata non è prevedibile, potrebbe essere di turno un medico obiettore;
a quanto consta all'interrogante, la recente letteratura scientifica riferisce di una sopravvalutazione dell'efficacia della procedura di aborto chimico, che sarebbe in realtà più bassa di quanto dichiarato in lavori precedenti (si veda ad esempio A. Hedely et al. «Accounting for time: Insights from a life-table analysis of the afficacy of medical abortion», Am. J. Obst. Gynec, (2004), 191, 1928-33);
la legge n. 194 del 1978 prevede all'articolo 15 che le tecniche da utilizzare siano le più «moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza» e il NEJM nel dicembre 2005 (M.F. Greene, Fatal Infections Associated with mifepristone-induced abortion (2005), 353, 23 17-8) ha pubblicato un editoriale in cui si dichiarava che la mortalità da aborto chimico è dieci volte maggiore di quella da aborto chirurgico;
non esistono sperimentazioni della procedura di aborto chimico su minorenni;
l'utilizzo della pillola aborriva Ru486, secondo quanto consta all'interrogante, ha provocato numerosi casi di morte e, tuttavia, sta diventando sempre più frequente in Italia il suo utilizzo, non perché suggerito dai medici ma, piuttosto, perché promosso dai Consigli regionali;
le aziende ospedaliere, ad avviso dell'interrogante, utilizzano il farmaco secondo criteri «fai da te», non rispettando la legge n. 194 del 1978, la quale impone che l'interruzione della gravidanza avvenga all'interno di strutture sanitarie pubbliche -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di come i tecnici dell'Agenzia italiana del farmaco abbiano valutato la letteratura scientifica citata in premessa;
se il Ministro sia a conoscenza dei motivi per i quali i tecnici dell'Agenzia italiana del farmaco considerino la procedura medica di aborto clinico valida ai sensi della legge n. 194 del 1978;
se al Ministro risulti che l'Aifa abbia previsto un divieto alle minorenni di ricorrere a questa procedura e, in caso contrario, per quale motivo ciò non sia avvenuto, visto che fra i decessi accertati figurano anche minorenni, come nel caso della sedicenne svedese Rebecca Tell Berg, morta nel 2003 per emorragia massiva (secondo M.M. Gary, D.J. Harrison, Analysis of Severe Adverse Events Related to the Use of Mifepristone as an Abortifacient, Ann. Of Pharmacother. (2006), 40, 191-7).
(3-00634)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 17 giugno 2009 il Collegi dei Sindaci dell'INPDAP ha trasmesso agli organi dell'istituto la Relazione di competenza al rendiconto generale dell'esercizio finanziario 2008;
dalla suddetta Relazione emergono le seguenti risultanze complessive meritevoli di evidenza ad avviso del Collegio:
a) risultato di competenza: disavanzo di 5.317 milioni di euro (nel 2007 è stato di 4.944 milioni) che registra un incremento del 7,5 per cento per effetto di entrate accertate, pari a 76.875 milioni di euro e spese impegnate pari a 82.192 milioni di euro;
b) avanzo di amministrazione: 6.354 milioni di euro con riduzione del 45,3 per cento rispetto a quello registrato nel 2007 (11.611 milioni di euro);
c) residui attivi: al termine dell'esercizio 823,7 milioni con riduzione del 12,5 per cento rispetto a quelli dell'esercizio 2007 (941,2 milioni);
d) residui passivi: al termine dell'esercizio 7.112,1 milioni con aumento del 107,7 per cento rispetto a quelli dell'esercizio precedente (3.424,5 milioni nel 2007);
e) giacenza di cassa: al termine dell'esercizio 12.643,1 milioni con decremento del 10,3 per cento rispetto al dato consuntivato nel 2007 (14.094,3 milioni);
f) situazione patrimoniale: consistenza netta finale di 14.440,1 milioni con decremento patrimoniale netto rispetto al 2007 di 4.381,2 milioni;
gli iscritti alle gestioni pensionistiche risultano complessivamente pari a 3.623 mila unità con un incremento sul 2007 di 152 mila unità (+4,2 per cento);
la spesa per trattamenti pensionistici è di 53.221,8 milioni con un incremento di 2.723,1 milioni (+5,4 per cento) sul 2007. Grado di copertura: 0,93 per cento;
la spesa per trattamenti TFS/TFR è pari a 8.108 milioni di euro con un incremento del 13,3 per cento rispetto a quella consuntivata nel 2007 (7.186,5 milioni). Grado di copertura: 0,82 per cento;
i dati suddetti evidenziano una situazione progressivamente critica. Il disavanzo è ancora coperto dall'avanzo di amministrazione, ma già si annunciano condizioni più complesse in mancanza di provvedimenti di carattere strutturale -:
con quali misure il Governo intenda intervenire onde prevenire l'ulteriore logoramento del quadro economico-finanziario dell'INPDAP.
(5-01705)

BINETTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
già nella prima metà del gennaio 2009, la Food And Drug Administration - ente statunitense preposto al controllo della sicurezza dei farmaci - diramava un ennesimo comunicato e una doctor's letter (una comunicazione diretta a tutti i medici) circa i potenziali gravi danni al fegato causati dalla somministrazione ai minori dello psicofarmaco «Strattera», nome commerciale dell'atomoxetina, molecola che è risultata essere gravemente epatotossica, nonché in grado di stimolare idee suicidarie nei minori che la assumono;
questa comunicazione delle istituzioni sanitarie di controllo degli USA è solo l'ultima di una lunga serie e la letteratura scientifica internazionale è concorde circa il pericolo di potenziali effetti avversi - anche gravi - derivanti dall'assunzione di questa molecola da parte di bambini ed adolescenti;
detto psicofarmaco - che non è un farmaco «salvavita» - viene ad oggi utilizzato - a seguito di una procedura europea di mutuo riconoscimento per

l'immissione al commercio - da centinaia di migliaia di bambini in Europa, anche italiani, per la cosiddetta «sindrome ADHD», ovvero i bambini eccessivamente agitati e distratti;
l'esistenza di tale sindrome è peraltro discussa nella comunità scientifica nazionale ed internazionale, la quale - pur riconoscendo com'è ovvio l'esistenza di disturbi del comportamento dei minori - non è affatto concorde circa l'opportunità di somministrare psicofarmaci a bambini e ragazzini in tenera età;
sono giunte allarmanti notizie - riprese dagli organi di stampa - di piccoli pazienti indotti dal consumo di questo farmaco a maturare «idee suicidarie», gli ultimi due in Italia, di 9 e 10 anni, i quali hanno progettato il suicidio mentre erano in cura con atomoxetina, pur non avendo mai presentato turbe autolesionistiche in passato, e quindi presumibilmente in diretta relazione con l'assunzione della molecola;
in data 2 luglio 2009 la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (MHRA) agenzia sanitaria di controllo della Gran Bretagna ha effettuato un'imponente revisione generale dei dati scientifici disponibili ed ha confermato che l'atomoxetina «...anche somministrata a normale dosaggio terapeutico può far insorgere gravi disturbi psichiatrici, quali allucinazioni, pensieri deliranti, sintomi psicotici e maniacali, in bambini che non ne avevano mai sofferto prima, o peggiorarne di esistenti» (fonte: Drug Safety Update - MHRA);
il codice farmaceutico, di cui al decreto legislativo 24 aprile 2006, n. 219 in attuazione della direttiva 2001/83/CE relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano, nonché della direttiva 2003/94/CE, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 21 giugno 2006, n. 142 supplemento ordinario, all'articolo 47 prevede la possibilità per l'Agenzia italiana del Farmaco di richiedere all'Agenzia europea del farmaco (EMEA) una variazione dell'autorizzazione di mutuo riconoscimento, al fine di meglio tutelare la salute pubblica, ed anche sospendere o revoca l'autorizzazione al commercio del farmaco sul territorio nazionale;
è ormai del tutto evidente la potenziale pericolosità per la salute pubblica dei piccoli pazienti italiani connessa direttamente con la somministrazione di detto psicofarmaco;
la sospensione dal commercio non precluderebbe in alcun modo l'accesso alla cura, in quanto sono disponibili in commercio molecole simili all'atomoxetina e prescrivibili per le medesime terapie, ma meno pericolose in termini di effetti collaterali -:
se l'Agenzia italiana del farmaco abbia disposto l'immediata sospensione dell'autorizzazione al commercio dell'atomoxetina su tutto il territorio nazionale;
se sia stata tempestivamente informata l'EMEA - come previsto dal codice del farmaco - di questa determinazione;
se abbia richiesto contestualmente all'EMEA la revoca dell'autorizzazione al commercio rilasciata in sede comunitaria, a miglior tutela anche degli altri minori all'interno della Unione europea.
(5-01714)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nonostante i numerosi interventi da parte di Governi e Parlamenti, sia in ambito comunitario che internazionale, le problematiche relative al rispetto dei diritti umani, della tutela del lavoro, della sicurezza e della concorrenza sono ancora irrisolte in diversi Paesi del mondo;
in particolare, in Cina, secondo la Laogai rezarch foundation, esistono almeno 1.045 campi di rieducazione, i cosiddetti «laogai», in cui sono detenuti fra i 4 e i 6 milioni di individui, tra cui i

dissidenti politici, i sostenitori del sistema democratico, i religiosi e i leader di minoranze etniche, che lavorano fino a 18 ore al giorno, subendo maltrattamenti e torture; lo scopo di questi campi di sfruttamento legalizzato è quello di fornire un'enorme massa di forza lavoro che alimenti le produzioni cinesi a bassissimo costo;
i prodotti cinesi sono spesso citati nelle cronache giornalistiche per la pericolosità e per i danni alla salute; tra questi si citano i cellulari bombe, gli acciai radioattivi, i giocattoli tossici, i farmaci contraffatti, i cibi nocivi e altri;
l'import dalla Cina, oltre a creare problemi alla salute, ha anche messo in crisi la nostra economia, ed in particolare quella delle piccole e medie imprese del nord, che sono state costrette a delocalizzare in quanto non più in grado di affrontare la concorrenza sleale delle imprese cinesi;
i dazi doganali potrebbero essere uno strumento utile, da un lato, per tutelare le imprese ed i lavoratori e, dall'altro, per evitare che vengano immessi nel mercato prodotti contraffatti, di bassissima qualità e nocivi per la salute -:
quali azioni il Governo intenda intraprendere per tutelare le nostre imprese ed i lavoratori dalla concorrenza sleale cinese, per contrastare la crisi economica che sta colpendo il nostro Paese e per arginare la crescente disoccupazione.
(4-03820)

RUBINATO, VIOLA, MIOTTO, SBROLLINI, FEDERICO TESTA, CALEARO CIMAN, TENAGLIA, DAL MORO, GRAZIANO, CUOMO, RIGONI, MATTESINI, ROSSOMANDO, SCARPETTI, MARTELLA, NACCARATO, CALGARO, TEMPESTINI e BENAMATI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nell'anno 2002 l'Istat ha creato una rete di rilevatori per la raccolta dei dati sul mercato del lavoro-rete FOL - assumendo 317 professionisti altamente qualificati, al fine di assicurare la massima attendibilità delle rilevazioni sui dati del mercato del lavoro, in particolare sul numero degli occupati, dei disoccupati e degli inoccupati;
i predetti rilevatori, che sono appunto 317 in tutta Italia, sono stati assunti dall'Istat con contratti di collaborazione coordinata e continuativa che sono stati rinnovati di anno in anno;
dopo anni di proroghe, il 15 luglio 2009, l'Istat ha stipulato con questi 317 lavoratori un contratto cosiddetto «ponte» di collaborazione coordinata e continuativa, che avrà scadenza il 14 ottobre 2009;
i vertici Istat, all'atto del rinnovo, avrebbero assicurato ai predetti lavoratori che nei prossimi mesi si sarebbe trovata una idonea soluzione alla loro situazione di precarietà;
al momento, tuttavia, sembra che la scelta dell'Istituto sia nel senso di esternalizzare la rilevazione FOL ad una ditta privata con riapertura della gara di appalto, in quanto la normativa in vigore non consentirebbe più all'Istituto l'ulteriore proroga dei contratti in essere;
va tuttavia rilevato che la dirigenza dell'Istat ha avuto tre anni, dal 2002 al 2005, per procedere alla stabilizzazione dei 317 rilevatori, misura che sarebbe stata opportuna per non sprecare l'esperienza maturata e le risorse umane acquisite e garantire così continuità ad un servizio oggi svolto ad alto livello;
inoltre va considerato che l'esternalizzazione, potrebbe comportare non solo un aumento dei costi ed una perdita di controllo diretto da parte dell'Istituto sull'intero processo di rilevazione di dati così rilevanti, ma vanificherebbe altresì lo straordinario patrimonio di esperienza acquisito in sei anni di lavoro altamente

qualificato dal gruppo dei professionisti oggi incaricati -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e quali misure intendano adottare a tutela delle legittime aspettative dei 317 rilevatori attualmente incaricati dall'Istat ed altresì a garanzia dell'alto livello di attendibilità e qualità delle rilevazioni riguardanti il mercato del lavoro;
se, in particolare, ritengano che la soluzione che si prospetta, ossia quella dell'esternalizzazione, sia la più adeguata alle condizioni date e se corrisponda ai principi di economicità ed efficienza cui deve ispirarsi l'attività della pubblica amministrazione;
se ritengano che tale soluzione possa in ipotesi continuare a garantire l'effettiva attendibilità delle rilevazioni sul mercato del lavoro, trattandosi di dati di particolare delicatezza in quanto forniscono informazioni sulle dinamiche economico-sociali del nostro Paese, che vengono utilizzate per la determinazione del PIL e sulle quali si basano il Governo e le rappresentanze economiche e sociali per approntare le politiche a sostegno dell'occupazione;
se, infine, ritengano che il ricorso alla procedura dell'appalto in ipotesi prospettato senza l'indizione di un bando europeo nella fattispecie, risponda pienamente ai principi normativi e alle disposizioni che regolano la materia.
(4-03839)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 28 luglio 2008, i militari della Guardia di finanza hanno notificato, per ordine della magistratura un provvedimento di sequestro cautelativo dell'intero complesso ospedaliero San Giovanni di Dio di Agrigento, inaugurato appena cinque anni fa, per gravi carenze strutturali tali da esporre a gravissimo rischio sismico l'intero manufatto;
tale misura è stata disposta a conclusione degli esiti della consulenza tecnica di ufficio eseguita dagli esperti nominati dalla procura competente per territorio, la quale ha evidenziato che il calcestruzzo utilizzato per la costruzione dell'edificio era talmente «depotenziato», ossia con un'alta percentuale di sabbia, tale da rendere l'ospedale inagibile;
la procura stessa ha dato un mese di tempo per sgombrare dalla struttura ospedaliera pazienti e personale sanitario e amministrativo;
è di inaudita gravità che una struttura ospedaliera, inaugurata da appena cinque, debba essere interdetta al pubblico per rischio di crolli e, per tale motivo, è necessario avviare un'azione di monitoraggio degli ospedali collocati in aree classificate a rischio sismico e intervenire al fine di scongiurare il verificarsi di eventuali tragedie -:
se il Governo, nell'ambito delle attività di verifica sull'agibilità delle strutture ospedaliere avviata dal Sottosegretario Guido Bertolaso, abbia acquisito dati in ordine alla situazione dell'ospedale di Agrigento «San Giovanni di Dio» e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo.
(4-03840)

CAPARINI, STUCCHI, GRIMOLDI, VOLPI, FEDRIGA e ALLASIA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 1o luglio nel corso di un intervento una squadra di Vigili del Fuoco Volontari di Bosconero (Torino) è stata coinvolta in un incidente in cui ha perso la vita Massimo La Scala di ventisette anni, padre di due bimbi;
Massimo La Scala appartiene alla componente Volontaria del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco;
l'inquadramento normativo nazionale e l'impostazione adottata dalla quasi la totalità degli Stati Europei e oltre, prevede la parità, quanto ad incarichi da svolgere,

tra le due componenti del Corpo Nazionale, prerogativa che non è riconosciuta ai vigili dei fuoco volontari italiani che non godono dello stesso trattamento previdenziale dei permanenti;
sotto il profilo pensionistico e indennitario la legislazione vigente già prevede in favore del personale volontario del Corpo nazionale del VVFF, in caso di morte e di invalidità da causa di servizio benefici sostanzialmente equiparabili a quelli riconosciuti in analoghe condizioni al personale permanente;
qualora un vigile volontario deceda in circostanze tali da poterlo qualificare vittima del dovere, ai familiari superstiti spetta, alle medesime condizioni dei vigili permanenti, innanzi tutto una speciale elargizione in misura di 200mila euro soggetta a rivalutazione ISTAT sino alla data di corresponsione. In secondo luogo è previsto un assegno vitalizio di 258,00 euro mensili soggetto a perequazione automatica e dovuto a ciascun familiare superstite avente diritto, previo inserimento in una apposita graduatoria nazionale prevista dalla legge. Spetta altresì un ulteriore assegno vitalizio di 1.033 euro, anch'esso soggetto a perequazione automatica, dovuto a ciascun superstite (articolo 2 comma 1005 della legge n. 244/2007);
è inoltre previsto espressamente a favore del personale volontario un premio assicurativo assimilabile all'istituto dell'equo indennizzo spettante al personale permanente;
sussistono, invece, talune differenze per quanto riguarda la tutela previdenziale fra le due componenti - volontaria e permanente - del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, in particolare per quanto concerne la pensione privilegiata, diretta o di reversibilità;
a differenza dei vigili del fuoco permanenti, la cui pensione privilegiata è a carico dell'INPDAP in virtù del rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'Amministrazione, ai vigili volontari viene attualmente erogata una pensione privilegiata da parte dell'INPS (istituto previdenziale cui tale personale è iscritto in ragione della temporaneità del servizio reso) che essendo commisurata ai contributi versati, è di importo sempre minore rispetto a quello dei permanenti;
giova ricordare che il servizio svolto dai vigili del fuoco volontari è remunerato per il tempo in cui il personale svolge gli interventi e che tale forma di compenso è considerato dalla vigente normativa fiscale secondo lavoro con le relative forme di tassazione contemplate dalla legge. La sopra descritta «uguaglianza» di responsabilità di doveri e, soprattutto, di rischi non è riscontrabile per quanto attiene alla tutela dei lavoratori, a maggior ragione per il particolare incarico che espone a costanti rischi della propria e altrui incolumità;
il Vice Presidente dell'Associazione Nazionale dottor Cocchi ha denunciato alle più alte cariche dello Stato «l'assurda condizione in cui i vigili del fuoco volontari si trovano ad operare»;
il Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco volontari o permanenti assicura, con professionalità, abnegazione e sacrificio, la sicurezza dei cittadini e delle comunità;
il personale volontario, che collabora attivamente nell'ambito del Corpo nazionale, è chiamato a svolgere gli stessi interventi dei colleghi permanenti e di conseguenza ad affrontarne gli stessi pericoli;
il personale volontario è incluso come figura parificata al dipendente nel nuovo testo unico sulla sicurezza, il decreto legislativo n. 81 del 2008 e tale disposizione trova conferma anche nello schema di decreto correttivo predisposto dal Governo sul quale le Camere hanno fornito il previsto parere;
coloro che scelgono il volontariato nel Corpo dei vigili del fuoco presso una sede volontaria lo fanno mossi dall'ambizione di garantire l'assistenza alla propria comunità coadiuvando il personale permanente e non per meri motivi economici -:

quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per rimuovere le differenze previdenziali e per proseguire nell'armonizzazione del sistema di tutela previdenziale e assistenziale garantendo la parità di trattamento della componente volontaria e di quella permanente del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-03848)

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PARI OPPORTUNITà

Interrogazione a risposta scritta:

STUCCHI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
come apparso oggi 28 luglio 2009 sul sito web de Il Corriere della Sera, il direttore di un albergo di Madonna di Campiglio (Trento) ha chiesto ad una signora di «nascondersi», mentre nutriva la sua bambina al seno;
la signora in questione, una cardiologa di Bergamo in vacanza con il marito e le figlie, è stata costretta ad allontanarsi dalla sala ristorante per continuare ad allattare la figlia di 5 mesi;
il direttore del «family hotel» a 4 stelle ha giustificato la sua richiesta, adducendo lamentele da parte dei clienti;
la donna era solita allattare la figlia in carnera, prima di scendere al ristorante e in due occasioni soltanto, mentre era già seduta al tavolo, è capitato che dovesse allattare la bimba;
un gesto naturale come quello dell'allattamento - compiuto, tra l'altro, con rispetto e discrezione - non dovrebbe al giorno d'oggi creare turbamenti e riprovazione -:
se non si intenda adottare ogni iniziativa di competenza, anche di carattere normativo, al riguardo, e specificatamente se non si intenda promuovere campagne di sensibilizzazione che consentano di evitare il ripetersi di analoghi spiacevoli fatti.
(4-03846)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BRANDOLINI, AGOSTINI e SANI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 6, comma 1, della bozza del decreto ministeriale sul fermo temporaneo 2009 dell'attività di pesca per le unità abilitate alla pesca a strascico e volante, si prevede: «Per l'interruzione temporanea obbligatoria, prevista dal presente decreto, non è corrisposta alcuna compensazione alle imprese di pesca e ai marittimi imbarcati»;
il Sottosegretario con delega alla pesca ha informato la Commissione consultiva centrale sugli ultimi sviluppi dei contatti con il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali finalizzati ad attivare gli ammortizzatori sociali in deroga per il settore della pesca;
l'obiettivo condiviso dai rappresentanti della categoria è quello di assicurare gli ammortizzatori sociali in deroga a tutto il settore, senza alcuna esclusione, ivi compresi anche i soci lavoratori di cui alla legge n. 250 del 1958;
l'articolo 6, comma 1, del decreto ministeriale 18 luglio 2008, «Fermo di emergenza temporaneo della pesca per l'anno 2008», in ordine alla compensazioni e/o misure sociali prevedere: «a) erogazione diretta del minimo monetario garantito, previsto dal Contratto collettivo nazionale di lavoro vigente, a ciascun marittimo che risulti dal ruolino d'equipaggio

imbarcato alla data di inizio dell'interruzione tecnica; b) oneri previdenziali ed assistenziali, dovuti per i marittimi di cui alla precedente lettera a), da versare ai relativi istituti di previdenza ed assistenza»;
i marittimi imbarcati soci di imprese di pesca in forma di società e responsabilità limitata o società in nome collettivo che sino al 2008 hanno beneficiato delle provvidenze di accompagnamento del fermo pesca, non sembrano beneficiare degli ammortizzatori sociali in deroga -:
quali misure intenda adottare per assicurare ai lavoratori marittimi imbarcati soci di società non cooperative lo stesso trattamento corrisposto per il fermo temporaneo del 2008 ed in quelli precedenti.
(5-01699)

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in Italia si sono verificate negli ultimi anni numerosi emergenze di carattere fitosanitario che hanno interessato tra l'altro importanti colture di pieno campo come mais e pomodoro oltre al verde urbano e forestale causando danni ingenti ai produttori agricoli;
in data 19 febbraio 2009 la Commissione ha comunicato all'Italia l'avvio di una procedura di infrazione «Procedure di infrazione 2008/2030 ex articolo 226 Trattato CE: Direttiva 2000/29/CE relativa alla tutela fitosanitaria - adozione e comunicazione di provvedimenti necessari ad eradicare organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali», che contesta allo Stato italiano l'inadeguata applicazione delle misure dirette a impedire la diffusione di diversi organismi nocivi prescritte dalla normativa europea e l'omessa notifica agli altri Stati membri della presenza o della comparsa di organismi nocivi sul proprio territorio;
inoltre, da quanto segnalato dalla Commissione, si evince che il sistema fitosanitario italiano, così come organizzato, non è del tutto efficace a proteggere il nostro paese e a consentirci di rispettare gli obblighi derivanti dall'adesione alla Comunità -:
quali siano le iniziative poste in essere fino ad ora per adempiere alla contestazione succitata della Commissione;
se non si ritenga utile valutare un riordino generale dei servizi fitosanitari come proposto nel disegno di legge 2558 presentato alla Camera il 30 giugno 2009.
(5-01703)

Interrogazione a risposta scritta:

MARCO CARRA, BRANDOLINI e ENZO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Governo si è impegnato ad avviare un piano di rilancio del settore ippico attraverso la definizione di un apposito piano strategico;
tale obiettivo può essere perseguito solo attraverso una profonda ridefinizione della struttura e della missione dell'Unire;
l'Unire, sulla base della legge n. 184 del 19 novembre 2008, risulta beneficiaria di un contributo di 25 milioni di euro e, sulla base della legge n. 185 del 29 novembre 2008, di un secondo contributo di 150 milioni di euro (da erogarsi nel corso del 2009);
appare confermata la situazione debitoria dell'Unire che, ad oggi, ammonterebbe ad oltre 100 milioni di euro -:
se i contributi siano stati effettivamente erogati ed in quale misura;
quale sia l'esatta situazione debitoria dell'Unire, e quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per risanarla.
(4-03814)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2011

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle dogane, con determinazione prot. 4109/U.R.U del 13 luglio 2001 bandiva procedura selettiva interna e a carattere nazionale, articolata per direzioni regionali, per il passaggio del personale già inquadrato nelle posizioni B1, B2 e B3 (oggi posizione F1, F2 e F3 della II area funzionale) alla superiore area funzionale C, posizione economica C1 (oggi III area F1);
la detta procedura selettiva interna - strutturata secondo la modalità del cosiddetto «corso concorso» - si articolava nelle seguenti fasi fondamentali:
a) presentazione da parte dei candidati delle domande di partecipazione, entro il termine perentorio del 22 ottobre 2001 (articolo 1 del bando);
b) redazione da parte dell'amministrazione di una graduatoria di merito, su base regionale, per titoli ed anzianità, finalizzata all'ammissione dei candidati stessi ai percorsi formativi della procedura selettiva, nonché alla relativa prova orale conclusiva (articolo 3, comma 1 del bando);
c) svolgimento dei percorsi formativi con redazione di una tesina finale e della prova orale (articolo 4 e 5 del bando);
d) redazione di una seconda e definitiva graduatoria, su base regionale, nella quale ciascun candidato già ammesso ai percorsi ed all'esame finale e contraddistinto da un diverso punteggio, pari alla somma dei punti ottenuti in base ai titoli ed anzianità, e dei punti ottenuti all'esito della prova orale conclusiva dei corsi di formazione (articolo 5 del bando);
e) proclamazione dei vincitori alla luce di tale seconda graduatoria e conseguente inquadramento nella posizione economica C1, area C, dei candidati utilmente collocati nelle detta graduatoria definitiva, nei limiti dei posti messi a concorso;
in data 1o agosto 2003, l'Agenzia delle dogane stipulava un accordo sindacale con le maggiori Organizzazioni sindacali volto, tra l'altro, a consentire a tutti i dipendenti appartenenti alla posizione B3 la partecipazione in soprannumero ai percorsi formativi, quali che fossero i titoli e l'anzianità da questi posseduti;
si attuava una sostanziale modifica della disciplina concorsuale: ne scaturiva un imponente contenzioso giurisdizionale amministrativo, incardinato presso i TAR competenti, e in alcuni casi già pervenuti in appello al Consiglio di Stato;
è bene ricordare che proprio in riferimento alla procedura selettiva in questione, il Consiglio di Stato ha pronunciato in data 7 ottobre 2005 con ordinanza 4801/05 l'illegittimità della modifica successiva del bando di concorso e in particolare l'ammissione in soprannumero dei B3;
detto contenzioso è scaturito infatti proprio dalla sottoscrizione del suddetto Accordo, il quale ha apportato sostanziali modifiche alla lex specialis concorsuale nel pieno svolgimento delle prove e, in ogni caso, successivamente al definitivo spirare del termine di presentazione delle domande di partecipazione da parte dei candidati;
il giudice amministrativo censurava quindi l'illegittimità della prassi seguita dall'amministrazione - in contrasto con un pietrificato orientamento del Consiglio di stato volto a salvaguardare la lex specialis concorsuale da ogni modifica apportata in corso di espletamento della procedura (ex multis, Consiglio di Stato, sezione IV, 7 marzo 2005, n. 917; Consiglio di

Stato, sezione IV, ord. 15 aprile 2008, n. 2060; Consiglio di Stato, sezione IV, 30 gennaio 2006, n. 288);
l'Agenzia delle dogane, se da un lato ha ritardato e ritarda ancora la definizione della procedura selettiva indetta con determinazione prot. n. 4109/2001, l'amministrazione medesima ha provveduto medio tempore a bandire e concludere altre procedure interne di riqualificazione, nonché vere e proprie procedure di reclutamento di nuove unità di personale dall'esterno. Si evidenzia che l'Agenzia delle dogane - pur rifiutandosi di portare a termine la procedura di cui al bando prot. n. 4109/2001 - ha dato corso ad una ulteriore e distinta procedura di reclutamento di nuove unità di personale, da destinare, tra l'altro proprio all'Area C (oggi area III), a riprova del notevole sottodimensionamento dell'attuale dotazione di personale dell'Agenzia delle dogane stessa. Ci si riferisce alla intervenuta stabilizzazione del personale titolare di contratti di formazione lavoro (CFL), già risultato idoneo in pregresse procedure selettive, ai sensi dell'articolo 1, comma 346, lettera e), della legge n. 244 del 2007;
ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 487 del 1994, articolo 11, comma 5, i ricorrenti avrebbero dovuto essere convocati per la sottoscrizione dei contratti entro 6 mesi dallo svolgimento dell'ultima prova;
con una serie di atti stragiudiziali indirizzati all'Agenzia delle dogane e per conoscenza al Ministro dell'economia e delle finanze e al Ministro della funzione pubblica, nello specifico all'Ispettorato per la funzione pubblica, diversi vincitori (graduatoria Lazio, Puglia, Sicilia), hanno a più riprese sollecitato l'amministrazione datoriale, affinché procedesse alla definizione della procedura concorsuale e convocasse gli interessati per la sottoscrizione dei contratti con inquadramento nella posizione economica C1 (oggi III area F1). Da ultimo con nota prot. n. 69122/2008, il Direttore dell'Area Centrale personale ed organizzazione, dottor Alessandro Aronica, ribadiva di non essere in grado di procedere alla contrattualizzazione dei candidati vincitori sulla base della graduatoria prot. n. 10119/2008, nell'assunto che «la procedura di cui trattasi è tuttora in itinere»; in particolare, la circostanza che in ordine alla procedura selettiva in questione risultino pendenti taluni ricorsi giurisdizionali, costituirebbe un ostacolo insormontabile alla definitiva chiusura del concorso interno ed alla contrattualizzazione dei vincitori;
le procedure selettive di passaggio all'interno e tra le aree funzionali, bandite dall'Agenzia delle Dogane (determinazioni prot. nn. 4106, 4107, 4108 e 4109 del 13 luglio 2001, così come modificate con provvedimento n. 354 del 25 settembre 2001) rientrano in un più ampio fascio di procedure di riqualificazione «gemelle» indette nel 2001 dall'amministrazione finanziaria (Agenzia delle entrate, agenzia del territorio, Dipartimento delle politiche fiscali del Ministero delle finanze) oltre che naturalmente dalla resistente Agenzia delle dogane. A differenza dell'Agenzia delle dogane tutti i suddetti rami dell'Amministrazione finanziaria risultano comunque avere ad oggi portato a compimento le rispettive procedure di riqualificazione, mediante approvazione delle graduatorie finali e contrattualizzazione dei candidati vincitori;
le suddette procedure sono state finanziate con fondi relativi al bilancio anno 2001 (articolo 7 del bando di concorso «... Alla copertura finanziaria degli oneri inerenti la presente procedura si provvederà con le somme destinate ai corsi di riqualificazione del personale dell'Amministrazione finanziaria, non utilizzate, nonché con i risparmi conseguenti al turnover...») -:
se risulti ragionevole, secondo i dettami della legge, il lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione, 2001, del bando e la pubblicazione della graduatoria dei vincitori del Lazio, 19 marzo 2008, censurata da n. 2 esposti-denuncia presentati da n. 26 vincitori, uno alla Procura della

Repubblica e uno alla Corte dei Conti per danno erariale;
se i Ministri interessati non ritengano di dovere intervenire al fine di sanare una vicenda che configge in maniera stridente con principi e norme costituzionali, oltre che con elementari regole di ragionevolezza amministrativa.
(5-01702)

Interrogazioni a risposta scritta:

MARSILIO e CARLUCCI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle dogane, con determinazione prot. 4109/U.R.U. del 13 luglio 2001 bandiva una procedura selettiva interna a carattere nazionale, articolata per direzioni regionali, per il passaggio del personale già inquadrato nelle posizioni B1, B2 e B3 (oggi posizione F1, F2 e F3 della II area funzionale) alla superiore area funzionale C, posizione economica C1 (oggi III area F1);
in data 1o agosto 2003, l'Agenzia delle dogane stipulava un accordo sindacale con le maggiori organizzazioni sindacali volto, tra l'altro, a consentire a tutti i dipendenti appartenenti alla posizione B3 la partecipazione in soprannumero ai percorsi formativi, quali che fossero i titoli e l'anzianità da questi posseduti;
si attuava una sostanziale modifica della disciplina concorsuale: ne scaturiva un imponente contenzioso giurisdizionale amministrativo, incardinato presso i Tar competenti, e in alcuni casi già pervenuti in appello al Consiglio di Stato;
in riferimento alla procedura selettiva in questione, il Consiglio di Stato ha pronunciato, in data 7 ottobre 2005 con ordinanza n. 4801/05, l'illegittimità della modifica successiva del bando di concorso e, in particolare, l'ammissione in soprannumero dei B3;
va ancora segnalato che se da un lato l'Agenzia delle dogane ha ritardato e ritarda ancora la definizione della procedura selettiva indetta con determinazione prot. n. 4109/2001, l'amministrazione medesima ha provveduto medio tempore a bandire e concludere altre procedure interne di riqualificazione, nonché vere e proprie procedure di reclutamento di nuove unità di personale dall'esterno;
l'Agenzia delle dogane - pur rifiutandosi di portare a termine la procedura di cui al bando prot. n. 4109/2001 - ha dato corso ad una ulteriore e distinta procedura di reclutamento di nuove unità di personale, da destinare, tra l'altro proprio all'Area C (oggi area III), a riprova del notevole sottodimensionamento dell'attuale dotazione di personale dell'Agenzia delle dogane stessa; ci si riferisce alla intervenuta stabilizzazione del personale titolare di contratti di formazione lavoro (CFL), già risultato idoneo in pregresse procedure selettive, ai sensi dell'articolo 1, comma 346, lettera e), della legge n. 244 del 2007;
con una serie di atti stragiudiziali indirizzati all'Agenzia delle dogane - e per conoscenza al Ministro dell'economia e delle finanze e all'Ispettorato per la funzione pubblica - diversi vincitori (graduatoria Lazio, Puglia, Sicilia) hanno a più riprese sollecitato l'amministrazione datoriale affinché procedesse alla definizione della procedura concorsuale e convocasse gli interessati per la sottoscrizione dei contratti con inquadramento nella posizione economica C1 (oggi III area F1);
con nota prot. n. 69122/2008, l'amministrazione ribadiva di non essere in grado di procedere alla contrattualizzazione dei candidati vincitori sulla base della graduatoria prot. n. 10119/2008, nell'assunto che «la procedura di cui trattasi è tuttora in itinere»; in particolare, la circostanza che risultino pendenti taluni ricorsi giurisdizionali costituirebbe un ostacolo insormontabile alla definitiva chiusura del concorso interno ed alla contrattualizzazione dei vincitori;
a differenza dell'Agenzia delle dogane tutti gli altri rami dell'amministrazione

finanziaria risultano comunque avere ad oggi portato a compimento le rispettive procedure di riqualificazione, mediante approvazione delle graduatorie finali e contrattualizzazione dei candidati vincitori -:
se non ritengano opportuno intervenire con urgenza al fine di procedere alla definizione della procedura selettiva interna, bandita dall'Agenzia delle dogane con determinazione prot. 4109/U.R.U. del 13 luglio 2001, nonché alla convocazione degli interessati per la sottoscrizione dei contratti.
(4-03813)

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sussiste un diffuso malcontento tra molti candidati che hanno partecipato al III corso-concorso per l'accesso all'albo dei segretari comunali e provinciali indetto dall'Ages e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 19 del 6 marzo 2007 (390 posti disponibili);
la disorganizzazione si era già evidenziata nella fase preselettiva;
gli orali sono iniziati a luglio 2008 e sono tuttora in corso: 12 mesi per interrogare 624 candidati e senza mai avere un calendario prefissato per gli esami;
tali tempi biblici hanno consentito ai commissari di conseguire rilevanti rimborsi spese (viaggi+soggiorni in albergo) oltre alle indennità per la partecipazione alle sedute;
vista la situazione, numerosi candidati hanno trasmesso per la prima convocazione un certificato di malattia e, sono stati riconvocati dopo due mesi e fino a cinque;
all'inizio del 2008 è stato indetto il IV concorso per 260 posti, quando ancora non si sapeva quanti candidati avrebbero superato la procedura in atto. Non pare all'interrogante necessario impegnare altri 700.000 euro dopo aver già speso 1 milione di euro per la prima procedura -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
alla luce di quanto sopra quali misure intenda adottare in modo di dare la possibilità a questi candidati di partecipare al corso per l'iscrizione all'Albo.
(4-03818)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MOTTA e BRATTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
a norma dell'articolo 25 del disegno di legge recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia», approvato dalla Camera dei Deputati il 1o luglio 2009 e in via definitiva dal Senato il 9 luglio 2009, il Governo è stato delegato ad adottare entro sei mesi dalla data di entrata in, vigore della legge, uno o più decreti legislativi relativi alla disciplina della localizzazione nel territorio italiano di impianti di produzione di energia elettrica nucleare;
tali decreti dovranno essere adottati su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata;
il quotidiano La Stampa, in data 15 luglio 2009, ha riportato che il Governo avrebbe già identificato alcune aree ove realizzare quattro centrali nucleari e che fra le aree interessate da queste localizzazioni figurerebbe anche una zona a nord di Fidenza, in provincia di Parma;

nel medesimo articolo viene riportata una dichiarazione del Ministro Scajola in cui si richiama attenzione del Governo di procedere con le localizzazioni, avvalendosi di «strumenti sostitutivi nell'interesse generale del Paese», anche in caso di disaccordo da parte delle Regioni e degli enti locali;
il Presidente della provincia, gli amministratori locali e alcune associazioni hanno già espresso le proprie perplessità in proposito, lamentando in, particolare l'assenza di coinvolgimento nelle valutazioni del Governo e giudicando inaccettabili le dichiarazioni del Ministro Scajola;
la provincia di Parma e in particolare la zona di Fidenza risulta essere tra le più antropizzate d'Europa ed è riconosciuta a livello mondiale per la qualità delle proprie produzioni agroalimentari e per la ricchezza del proprio patrimonio artistico e culturale -:
se corrispondano al vero le notizie riportate dal quotidiano La Stampa circa la possibile localizzazione in una non meglio precisata zona a nord di Fidenza, in Provincia di Parma, di una centrale nucleare;
se nel piano del Governo, che prevede la realizzazione di quattro centrali nucleari sul territorio nazionale, la provincia di Parma sia interessata quale possibile area di localizzazione;
se il Governo, nel caso la notizia fosse confermata, abbia preventivamente informato i comuni interessati, la provincia di Parma e la regione Emilia-Romagna.
(5-01700)

Interrogazioni a risposta scritta:

MOSCA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Poste Italiane S.p.A. è una società per azioni il cui capitale è interamente pubblico, con il 65 per cento in mano al Ministero dell'economia e delle finanze e il restante 35 per cento alla Cassa Depositi e Prestiti;
la stessa società è posta sotto il controllo e la vigilanza del ministero dello Sviluppo Economico;
alla luce di questa situazione, la società non può agire secondo una pura logica di mercato;
il gruppo Poste Italiane ha chiuso il 2008 con ricavi per 17,85 miliardi di euro, un utile netto di 882,58 milioni e un patrimonio netto di 3,42 miliardi di euro;
Poste Italiane ha annunciato l'intenzione di chiudere l'ufficio di Briosco, nella provincia di Monza e Brianza, che serve anche i cittadini della frazione di Fornaci;
questo comporterebbe un grave disagio per i cittadini anziani, che sarebbero costretti a percorrere tre chilometri per raggiungere l'ufficio più vicino, situato nella frazione di Capriano, peraltro in una strettoia con parcheggi insufficienti. E lo stesso vale per cittadini e imprenditori che necessitano di rivolgersi ai servizi postali per le necessità più svariate -:
quali iniziative intenda adottare per scongiurare la chiusura dell'ufficio citato in premessa alla luce del fatto che quello sportello serve l'intera comunità cittadina e quella della frazione adiacente di Fornaci.
(4-03809)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone, contiene al suo interno il parco naturale, la riserva naturale di Valle Santa Croce e Alta Valle del

Curone, il sito di Interesse comunitario n. IT2030006 denominato Valle Santa Croce e Valle del Curone;
quest'area protetta nasce da un programma trentennale di tutela del territorio da parte delle amministrazioni comunali e dei cittadini del Meratese e consiste in un'area di 2.700 ettari situato a 35 chilometri a nord di Milano e che rappresenta uno dei pochi se non l'ultimo polmone verde della Brianza, oltre che essere anche sede di una agricoltura di qualità e di attività agrituristica che concorre all'economia del meratese e contribuisce al mantenimento del paesaggio agreste;
nella zona vennero compiute negli anni '70 le prime ricerche da parte della Chevron, alle quali seguirono studi dell'ENI e dell'AGIP negli anni '80;
successivamente la società AGIP presentò un progetto per la realizzazione di un pozzo petrolifero nella area della Fornace - sita nel comune di Rovagnate - progetto che non venne autorizzato nel 2001 a causa delle criticità che avrebbe prodotto all'ambiente in cui doveva essere realizzato;
la società «PO VALLEY OPERATION» in joint venture con la società EDISON GAS SPA ha ripresentato un progetto analogo denominato «OSSOLA» che presenta tutte le criticità evidenziate per la procedura AGIP;
la PO VALLEY è una società australiana che sta effettuando ricerche di idrocarburi nella Valle del Po che ha acquistato gli studi dall'ENI e che realizzerà gli studi, richiederà le autorizzazioni e realizzerà il pozzo esplorativo che in caso di esito positivo sarà EDISON GAS a coltivare;
il Ministero dello sviluppo economico, nonostante già nel 2008 gli enti locali avessero espresso parere negativo, ha acconsentito in data 5 maggio 2009 alla PO VALLEY OPERATION: la riperimetrazione della zona interessata dalle perforazioni; la proroga di altri 16 mesi delle operazioni preliminari di studio; la ridenominazione dell'autorizzazione da «OSSOLA» a «BERNAGA»;
la nuova perimetrazione è collocata per più della metà nel territorio del Parco regionale e naturale di Montevecchia e della Valle del Curone;
il territorio coinvolto in questa operazione riguarda gran parte della Brianza poiché un coinvolgimento emissivo-logistico di 10 chilometri di raggio dall'area petrolifera è tale da riguardare tutta la Brianza nord-orientale, vale a dire un territorio di 315 chilometri quadrati e una popolazione ivi residente stimata in circa 215.000 abitanti che ne fa una delle zone più popolate d'Italia con 680 abitanti per chilometro quadrato;
inoltre la non fluida rete stradale di questo ambito di Brianza comporterà fortissimi disagi a seguito delle attività di prospezione e poi a regime d'estrazione;
il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto alla Regione Lombardia l'attivazione della procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA) per la realizzazione di uno o più pozzi esplorativi;
le criticità già sollevate per il progetto AGIP sono tuttora presenti ed amplificate nel progetto «BERNAGA»;
la provincia di Lecco, il parco regionale di Montevecchia e della Valle del Curone e i comuni del territorio hanno già espresso delibere contrarie alla ricerca di idrocarburi nella suddetta area in considerazione del fatto che la realizzazione di attività di estrazione ed idrocarburi, come ampiamente documentato da tecnici ed esperti del settore, causa gravi danni al territorio e alla salute pubblica;
mentre in base alla precedente normativa il permesso di ricerca, il pozzo esplorativo, la coltivazione erano autorizzati a seguito di un procedimento unico, al quale partecipavano le amministrazioni statali, regionali e locali interessate, svolto nel rispetto dei principi di semplificazione e con le modalità di cui alla legge 7 agosto

1990 n. 241, attualmente, in seguito alla legge n. 69 del 2009 il permesso di ricerca è rilasciato a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e regionali interessate, partecipando le amministrazioni locali solo al procedimento relativo all'autorizzazione, previa valutazione di impatto ambientale del pozzo esplorativo e coltivazione;
le emissioni di acido solfidrico sono un effetto naturale di qualsiasi prospezione petrolifera, estrazione, stoccaggio, lavorazione, trasporto, logorio di sigillature imperfette e sono all'origine di piogge acide e sostanze cancerogeniche;
da ricerche effettuate, l'estrazione di petrolio potrebbe comportare l'estrazione di fanghi da smaltire variabili da 1 a 2 barili per barile finale che, se venissero accumulati in sito, coi volumi stimati genererebbero l'esigenza di stoccare un volume pari a 40 milioni di barili in 20 anni; i fanghi (tossici) accumulati sarebbero, dopo 20 anni, un volume in metri cubi di 6,2 milioni;
ad avviso degli interroganti, le emissioni di acido solfidrico vanno evitate in una zona densamente popolata come la Brianza e dove un eventuale incidente avrebbe impatti disastrosi sulla salute, anche in considerazione della rete stradale che non consente rapidi piani di evacuazione -:
se i fatti sopra riportati corrispondano al vero;
se i Ministri interrogati non ritengano, ciascuno per le proprie competenze, che rispetto alle summenzionate aree sottoposte a specifico vincolo paesaggistico ambientale apposto con decreto ministeriale del 1967, debba prevalere un'esigenza di tutela paesaggistica;
come intendano gestire i fanghi che possono derivare e i cui danni potenziali possono essere, oltre che paesaggistici, anche alla salute considerata la loro volatilità nell'aria se lasciati a cielo aperto;
quali siano i lubrificanti che verranno utilizzati per le perforazioni e se non siano tali da avere un alto rischio di inquinamento e di falda;
di quali informazioni i Ministri interrogati siano in possesso sulla possibile entità del giacimento e se sia stato verificato in che percentuale contribuirebbe al fabbisogno del Paese e alla riduzione del prezzo delle materie estratte;
quali siano le modalità con le quali si prevede di risarcire il territorio;
se e quali ritorni occupazionali siano previsti;
se non ritengano di archiviare la richiesta di ricerca di idrocarburi liquidi e gassosi denominate «Ossola» e «Bernaga» nel territorio del suddetto Parco e nelle aree limitrofe con modalità tali da preservare anche in futuro dalla possibilità di concessione di autorizzazioni di analoghe attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi.
(4-03849)

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Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Benamati e altri n. 1-00189, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Mosca, De Pasquale.

Apposizione di una firma ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Ruvolo e altri n. 2-00442, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Capodicasa.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Murer n. 4-03337, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 24 giugno 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Sbrollini.
L'interrogazione a risposta scritta Scilipoti e Leoluca Orlando n. 4-03694, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Pisicchio.

Apposizione di firme ad una interrogazione a risposta immediata e modifica dell'ordine dei firmatari.

L'interrogazione a risposta immediata Minniti ed altri n. 3-00627, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 28 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dagli onorevoli Giachetti e Quartiani. Contestualmente, su richiesta del presentatore, l'ordine delle firme viene così modificato: «Minniti, Soro, Sereni, Bressa, Giachetti, Quartiani, Amici, Zaccaria, Bordo, D'Antona, Ferrari, Fontanelli, Giovanelli, Lanzillotta, Lo Moro, Naccarato, Piccolo, Pollastrini e Vassallo».

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in commissione Tommaso Foti n. 5-01693 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 210 del 28 luglio 2009. Alla pagina n. 7246, prima colonna, alla riga venticinquesima, deve leggersi: «potuto consentire un uso illecito:» e non: «potuto consentire un caso illecito:», come stampato.