XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 14 settembre 2009

TESTO AGGIORNATO AL 15 SETTEMBRE 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
nell'ambito del processo di riorganizzazione delle strutture militari sul territorio nazionale il Governo intende dare attuazione alla soppressione del 91o Battaglione «Lucania»;
la città di Potenza verrebbe in questo modo ad essere privata di una struttura importante per la sua storia, la sua fisionomia sociale, la sua economia; ciò desta grande preoccupazione nella comunità lucana, come dimostrano le 18000 firme di cittadini raccolte dai comitati di quartiere di Potenza;
la Regione Basilicata rimarrebbe sprovvista di ogni presidio militare, aggravando con ciò la situazione di tutte le regioni meridionali che sono invece le maggiori contribuenti nel reclutamento dei volontari;
essenziale è la presenza dell'esercito in Basilicata, anche in considerazione delle esigenze di protezione civile che si impongono nel territorio lucano, per le sue caratteristiche sismiche ed idrogeologiche: fondamentale fu ad esempio il lavoro dell'esercito nel post-sisma 1980;
il 5 novembre 2003 il Governo ha accolto, alla Camera, un ordine del giorno a prima firma dei deputati Molinari e Blasi, con il quale si impegnava l'Esecutivo a «scongiurare la soppressione della Caserma del 91o Battaglione Lucania, e ad assicurare il suo funzionamento operativo nel quadro di riorganizzazione complessivo delle strutture militari sul territorio nazionale»;
in sede di approvazione dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, recante riforma strutturale delle forze armate (poi divenuto decreto legislativo 28 novembre 2005, n. 253), la IV Commissione, il 26 luglio 2005, nell'esprimere parere favorevole, aveva specificato, tra le osservazioni, l'esigenza di escludere la soppressione del 91o Battaglione, se non previa istituzione di sede del 232o Reggimento trasmissioni a Potenza;
il comune di Potenza ha individuato nell'ambito del piano comunale di protezione civile un'area di proprietà pubblica destinata a strutture militari per un'estensione di 40.000 metri quadrati,

impegna il Governo

a rivedere con tempestività la decisione di sopprimere il 91o Battaglione Lucania e ad assumere ogni possibile iniziativa tesa a scongiurare l'azzeramento della presenza militare in Basilicata, segnatamente nella città di Potenza, soprattutto in assenza di insediamenti alternativi ed, ancor più grave, senza alcuna previsione di altre realtà militari in sostituzione di quelle in via di soppressione.
(7-00203)
«Villecco Calipari, Margiotta, Luongo, Garofani».

TESTO AGGIORNATO AL 29 OTTOBRE 2009

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, per sapere - premesso che:
a fine giugno il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Carlo Giovanardi ha presentato in Parlamento la «Relazione annuale sullo stato delle tossicodipendenze in Italia - dati relativi all'anno 2008» (d'ora in poi «Relazione»);

la Relazione è una delle migliori prodotte finora, per dovizia, completezza e accuratezza di dati, grafici, analisi e interpretazioni;
a pag. 13 della Relazione (testo cartaceo) si legge: «... Dal 2006 si evidenzia una forte riduzione del numero di soggetti inviati al programma terapeutico e un aumento delle sanzioni applicate. Il fenomeno è sostenuto dalla mancata sospensione delle sanzioni in caso di accettazione del programma (Legge 49/2006) ...»;
a pag. 14 della Relazione si legge: «... Il numero dei controlli per fondato sospetto di guida sotto l'effetto di alcol e/o droghe svolti dalle FF.OO. nel 2008 è ulteriormente cresciuto (+76 per cento) rispetto all'anno precedente, anno in cui gli eventi erano già raddoppiati. Ciò ha portato ad un effetto deterrente cui è corrisposto un forte calo della percentuale di positività per alcol: 15 per cento nel 2006, 6 per cento nel 2007, 4 per cento nel 2008. Similmente, si è abbassata anche la positività per droga: 1,4 per cento nel 2006, 0,6 per cento nel 2007, 0,3 per cento nel 2008 ...»;
a pag. 62 della Relazione si legge: «... A fronte di una diminuzione dell'uso di eroina come sostanza primaria, si osserva un incremento del consumo di cocaina (dall'1,3 per cento a oltre il 15 per cento) che ha superato la cannabis come sostanza prevalente (dal 5 per cento al 9 per cento) ...»;
a pag. 98 della Relazione si legge: «... Nell'anno 2007 il numero degli incidenti nei quali è stata rilevata la presenza di alcool o droga in almeno un conducente/pedone è pari a 6.904, rispettivamente 6.031 ed 873, pari a quasi il 3 per cento degli incidenti totali. Le persone complessivamente decedute 237, 189 per alcool e 48 per droga, pari al 4,62 per cento ed il numero di feriti è di 10.716, 9.292 per alcool e 1.424 per droga, pari al 3,29 per cento ...»;
a pag. 111 e 112 della Relazione si legge: «... Con riferimento alle caratteristiche di questa utenza (Adulti tossicodipendenti ristretti in carcere, ndr) informazioni maggiormente dettagliate sono disponibili solo per una minima parte, circa 3.700 soggetti, per i quali è possibile definire un profilo dal punto di vista demografico ed epidemiologico sull'uso di sostanze e clinico per quanto riguarda la presenza di malattie infettive. Rispetto all'anno precedente il contingente di detenuti consumatori di sostanze per i quali le Autorità Giudiziarie dispongono di informazione dettagliate sullo stato di tossicodipendenza è stato sensibilmente ridotto, oltre la metà, in seguito alla fase transitoria di applicazione del DPCM 19 marzo 2008 concernente il trasferimento di tutte le competenze in tema di medicina penitenziaria dal Ministero della Giustizia alle Regioni, quindi alle aziende sanitarie del S.S.N. ...»;
a pag. 140 della Relazione è riportata la Figura II.1.2, da cui si evince che rispetto ai 4 Obiettivi del Piano Italiano d'Azione sulle Droghe 2008 (PdA) attinenti alle politiche di riduzione del danno (28. Definizione Progetti di riduzione del danno - 26. Definizione e aggiornamento LEA (Livelli Essenziali Assistenza, ndr) - 29. Definizione Linee guida sulla riduzione del danno - 34. Sperimentazione per migliorare il trattamento dipendenze in carcere) la stragrande maggioranza delle amministrazioni regionali e delle province autonome non hanno raggiunto l'obiettivo, nemmeno in parte;
a pag. 144 della Relazione si legge: «... Delle 15 Amministrazioni contattate, 7 (46,7 per cento) hanno rinviato il questionario, perciò le azioni valutate sono 53 sulle 106 totali. Questa percentuale molto alta di mancate risposte è sicuramente un punto critico, perché non permette di effettuare una valutazione «apprezzabile» delle azioni che compongono il PdA ...»;
a pag. 158 della Relazione, nella Tabella II.2.2 (Personale addetto ai Servizi per le tossicodipendenze. Anni 2000-2008), ben 9 Amministrazioni regionali e le 2 Province Autonome non hanno fornito il

dato relativo al personale dei Sert presente nel 2008, rendendo del tutto ipotetico il dato totale e la percentuale relativa al raffronto con i dati del 2000;
a pag. 227 della Relazione si legge: «... Le Regioni che hanno realizzato l'Obiettivo (misure alternative alla detenzione, ndr) conformemente alle indicazioni del Piano sono state il 5,9 per cento, quelle che hanno perseguito l'Obiettivo con Azioni non conformi il 29,4 per cento e le Regioni che sono state inattive il 64,7 per cento ... Sembrano poche le Regioni (almeno 4) che mostrano esperienze all'avanguardia documentate in normative regionali. La legge DPCM 230/99 ha indiscutibilmente introdotto variabili che sfuggono sia al controllo delle Regioni sia a quello del Ministero della Giustizia ... il picco degli eventi fatali (overdose) e quelli criminali causati da tossicodipendenti alla fine della loro detenzione avviene in concomitanza con la fine della permanenza nella struttura e con il ritorno alla vita ordinaria. È in quel momento che il detenuto ha il maggior bisogno di cure che impongono un supporto dei servizi e la presa in carico individualizzata per i rispettivi percorsi di inclusione sociale...»;
a pag. 285 della Relazione si legge: «... È stato realizzato il sito istituzionale del DPA www.politicheantidroga.it, quale fonte istituzionale privilegiata di informazione/formazione sia per esperti del settore sia per la cittadinanza che desidera avere informazioni generali sull'attività del governo in materia di droghe e patologie correlate ...»;
a pag. 304 della Relazione si legge: «... (relazione Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Direzione Generale dei detenuti e del trattamento Ufficio III - Servizio Sanitario): A distanza di nove anni dal passaggio delle competenze al SSN è possibile constatare che l'assenza di linee guida univoche e concordate in materia di gestione della tossicodipendenza in carcere ha determinato la non uniformità di trattamento nei penitenziari italiani tra Regioni e Regioni e, all'interno della stessa Regione, tra ASL e ASL. Inoltre, i vari servizi, a causa delle note limitazioni di bilancio alla sanità pubblica, facendosi carico dell'assistenza alle persone detenute con dipendenza patologica, nella generalità dei casi non hanno registrato incrementi rispetto agli organici già predisposti dall'Amministrazione Penitenziaria prima del 2000. Il combinato di quanto sopra rappresenta un problema sia, sicuramente, per gli utenti - mutati in questi 10 anni sia come tipologia (basti accennare alle diverse nazionalità) che come bisogni socio-assistenziali (forme di abuso complesse, assenza di riferimenti sul territorio, patologie psichiatriche e infettive correlate) - che per l'Amministrazione Penitenziaria in termini di ricaduta sulla sicurezza e l'ordine degli Istituti ...» -:
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 13 della Relazione), se quanto scritto non evidenzi in modo esaustivo che gli effetti delle modifiche introdotte dalle legge 49/06 («Fini-Giovanardi») si pongono palesemente in contrasto con l'asserito intento del governo di privilegiare il recupero dei soggetti segnalati alle Prefetture rispetto alla mera applicazione, delle sanzioni amministrative;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 14 della Relazione), se il Governo intenda convenire con gli interpellanti sul fatto che il fattore decisivo per la diminuzione del numero di guidatori fermati per abuso di alcool e/o stupefacenti sia stato non l'allarmismo veicolato dai media bensì l'aumento esponenziale dei controlli stradali, aumento già iniziato sotto il Governo precedente;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 62 della Relazione ma vedi anche pag. 123 e segg.), se il Governo non rilevi una palese discrepanza fra l'incontestabile aumento del consumo di cocaina nel nostro Paese e le reiterate dichiarazioni del Dr. Antonio Costa (Direttore esecutivo Agenzia ONU per le droghe) sulla diminuzione della produzione, vendita e consumo di cocaina nel mondo;

con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 98 della Relazione), come il Governo giustifichi l'evidente discrasia fra la martellante campagna mediatica tendente ad accreditare la convinzione che una grande percentuale degli incidenti stradali sia dovuta all'abuso di alcool e/o altre droghe e le piccole percentuali realmente rilevate;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pagg. 111 e 112 della Relazione), quale sia il motivo dell'esiguità (poco più di un decimo del totale) del numero dei soggetti adulti tossicodipendenti ristretti in carcere di cui si è in possesso di informazioni dettagliate; quale sia il nesso fra tale esiguità e l'attuazione della riforma della medicina penitenziaria; quale sia lo stato di attuazione di tale riforma; se il Governo non ritenga opportuno, rispetto alla Relazione del prossimo anno, inserire fra gli «indicatori di sintesi» delle schede regionali (pag. 317 e seguenti della Relazione) anche il seguente indicatore: «Percentuale di attuazione della riforma della sanità penitenziaria»;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 140 della Relazione), se il fallimento dell'attuazione degli Obiettivi inerenti la riduzione del danno da parte delle amministrazioni regionali e delle Province autonome non sia dovuto anche alla pervicace non considerazione quando non denigrazione delle politiche di «riduzione del danno» da parte del Governo centrale;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 144 della Relazione), quali siano le 8 Amministrazioni che non hanno rinviato il questionario, venendo meno al principio di leale collaborazione fra Amministrazioni dello Stato; se il Governo intenda, nelle prossime Relazioni, fornire l'elenco analitico delle Amministrazioni inadempienti;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 158 della Relazione), quale sia il motivo per cui non sono stati comunicati dalle Amministrazioni interessate i dati mancanti; se il Governo intenda operare affinché in futuro tali dati siano comunicati in modo completo e corretto;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 227 della Relazione), quali siano le «variabili» introdotte dalla riforma della sanità penitenziaria che sfuggono al controllo sia delle Regioni che del Ministero della giustizia; se quanto giustamente scritto sul picco di rischio che corre il detenuto tossicodipendente al momento della scarcerazione non imponga un maggior impegno di tutte le istituzioni coinvolte nell'incardinare trattamenti metadonici a lungo termine che consentano al detenuto tossicodipendente, a fine pena, di essere preso subito in carico dal Sert di riferimento, attenuando notevolmente il rischio di overdose mortali; se l'aumento dei trattamenti metadonici in carcere, testimoniato dalla tabella III.2.2 di pag. 187 della Relazione, sia un dato reale e assodato (i dati raccolti da Radicali Italiani nel corso delle recenti visite ispettive nelle carceri italiane riportano cifre molto inferiori);
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 285 della Relazione): se il Governo intenda spendere maggiori energie nella cura del sito in oggetto, considerato il fatto che tale sito conteneva sino a un mese fa valutazioni negative sui Sert (poi tolte solamente grazie a segnalazione dell'Associazione ADUC ... pur rimanendo il titolo «Cosa sono, come operano, gli aspetti positivi e negativi dei Servizi Pubblici per le Tossicodipendenze») e che tale sito non contiene ancora oggi l'elenco delle comunità terapeutiche operanti in Italia;
con riferimento a quanto riportato in premessa (pag. 304 della Relazione), quali siano gli intendimenti del Governo, per superare la difformità di trattamento nel campo penitenziario.
(2-00451)
«Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a causa dei tagli attuati dal Governo, il servizio civile in Piemonte perde 700 posti passando da 2 mila a 1.300, con gravi ripercussioni su molte associazioni destinate a rimanere senza volontari;
tra le numerose associazioni che hanno visto i propri progetti bocciati o non finanziati ci sono l'Anpas, la Caritas, la Aism (Associazione italiana sclerosi multipla), la Legacoop, le Figlie di Maria Ausiliatrice. Sono a rischio molti servizi tra cui l'assistenza agli anziani, ai disabili e ai poveri, le biblioteche e il trasporto degenti;
il servizio civile, in generale, rischia di entrare in una crisi irreversibile. In Italia a fronte di 100 mila richieste si è passati da 35 mila posti nel 2008, a 24 mila nel 2009, il numero più basso dal 2003; i progetti finanziati sono diminuiti da 4 mila a 2.700; i soldi stanziati dall'Ufficio nazionale per il servizio civile ammontano a 210 milioni di euro, mentre solo un paio d'anni fa erano oltre 300 milioni;
nel 2010 molti anziani potrebbero essere senza accompagnamento, molti dializzati senza trasporto in ambulanza, molte biblioteche con meno personale, e un gran numero di enti e associazioni di volontariato senza personale volontario, che a basso costo (430 euro al mese per 30 ore a settimana) riusciva ad assicurare centinaia di servizi, soprattutto per le fasce più deboli;
quanto sopra evidenziato si ripercuote soprattutto sui giovani che hanno sempre meno possibilità di impiego e sui cittadini che dal servizio civile possono ricevere un insostituibile sostegno;
la Conferenza nazionale enti per il servizio civile ha chiesto al Governo di stanziare un finanziamento straordinario che permetta l'avvio di atri 10 mila giovani, in modo da pareggiare il numero del 2008 e stabilizzare dal 2010 il numero dei posti disponibili in tutta Italia a quota 40 mila -:
quali interventi urgenti intenda adottare per impedire lo sgretolarsi della rete di solidarietà finora attiva in Piemonte, e in particolar modo a Torino e quali iniziative, anche legislative, siano previste per garantire la sopravvivenza delle strutture di volontariato che rischiavo di rimanere senza risorse e senza personale.
(3-00645)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
varie fonti di stampa internazionali e nazionali hanno riportato la notizia, fornita da testimoni oculari, che nella prima settimana di agosto almeno 20 tra cittadini somali rifugiati in Libia e detenuti presso il centro di detenzione di Ganfuda a Bengasi, sono stati uccisi, e almeno 50 di loro feriti, dalla polizia libica dopo un tentativo di evasione. 5 dei venti rifugiati sarebbero morti sotto gli spari della polizia mentre gli altri 15 a seguito delle violenze inferte loro dagli agenti di polizia che erano armati di manganelli e coltelli;
l'ambasciatore libico di stanza a Mogadiscio, Ciise Rabiic Canshuur ha definito la notizia una «menzogna» e ai giornalisti ha chiesto: «prima di parlare o scrivere dovrebbero confrontarsi con noi»;
il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi ha celebrato il 30 agosto 2009 il primo anniversario della firma del Trattato di Partenariato, Amicizia e Cooperazione tra Italia e Libia;
il Trattato di «Amicizia» con la Libia richiede ad entrambe le parti di rispettare i diritti umani riconosciuti a livello internazionale;

la Libia non ha ratificato la Convenzione ONU sui rifugiati del 1953 che garantisce il diritto di asilo ai rifugiati;
in Somalia è in corso da molti anni una sanguinosa guerra che lo rende uno dei paesi più pericolosi al mondo e dove l'affermarsi al potere di gruppi che negano in modo feroce il rispetto dei diritti umani fondamentali è spesso una realtà quotidiana;
il 12 agosto 2009, l'Italia ha respinto in Libia 80 richiedenti asilo di nazionalità somala;
l'Italia nel corso degli ultimi mesi ha respinto in Libia centinaia di potenziali richiedenti asilo politico e rifugiati che cercavano di arrivare sulle nostre coste su imbarcazioni, senza che vi fosse alcuna verifica della sussistenza dei requisiti che consentono a queste persone di avere - legittimamente ai sensi del nostro ordinamento - lo status di rifugiato nel nostro Paese -:
se sia noto quanti dei migranti provenienti verso il nostro Paese e respinti sulle coste libiche dalla ratifica del Trattato di «amicizia» con la Libia erano di nazionalità somala;
se non ritenga essenziale, anche alla luce e in attesa della verifica dei fatti sopraesposti, garantire che i richiedenti asilo di nazionalità somala non siano più respinti in Libia;
se il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro degli esteri intendano richiedere che il Governo libico ratifichi la Convenzione ONU del 1953 sui Rifugiati, quale condizione essenziale per l'applicazione del Trattato firmato dall'Italia e dalla Libia il 30 agosto 2008 a Bengasi.
(5-01733)

DE MICHELI, MIGLIAVACCA e GHIZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il sistema scolastico della provincia di Piacenza è stato definito dal rapporto regionale «solido e accogliente», capillare e coerente rispetto ai fabbisogni sia sul piano quantitativo che qualitativo;
il regolamento attuativo di cui all'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 25 giugno 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008 comporta tagli agli organici della scuola per il prossimo anno scolastico che prevedono la riduzione in Emilia Romagna di 1.683 docenti e di 711 unità del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, con una ricaduta per il territorio citato di 143 docenti e 37 Ata in meno, rispetto al precedente anno scolastico;
la popolazione scolastica è aumentata rispetto al precedente anno scolastico di 600 unità;
i livelli di scolarizzazione superiore sono alti (la dispersione scolastica nella provincia di Piacenza è stata abbattuta fino allo 0,4 per cento, il quarto miglior risultato in Italia, il migliore di tutta l'Emilia Romagna);
l'integrazione scolastica degli studenti diversamente abili è positiva e altrettanto positivo è stato l'inserimento di numerosi alunni stranieri;
le politiche adottate dalle istituzioni della provincia di Piacenza hanno determinato il raggiungimento, da parte del sistema scolastico, di alti livelli di formazione negli indici dei rapporti alunni/classe, alunni/docenti e dei parametri di dimensionamento delle autonomie scolastiche, realizzando già ogni forma di razionalizzazione possibile;
i tagli, se confermati, comporterebbero una riduzione dell'estensione e della qualità del nostro sistema scolastico territoriale;
ad oggi, non risultano soddisfatte e garantite:
a) scuola dell'infanzia: 11 nuove sezioni e 4 completamenti di sezioni part-time;

b) scuola primaria: il tempo pieno a 40 ore per ben 20 classi iniziali, l'attivazione di ulteriori 6 classi, il fabbisogno di ore di lingua straniera e le risorse per l'organizzazione didattica del tempo pieno;
c) scuola secondaria di primo grado: le risorse per l'organizzazione didattica del tempo prolungato e l'attivazione di ulteriori 5 classi;
d) scuola secondaria di secondo grado: le risorse per garantire il rispetto dei parametri alunni/classe previsti dalla normativa, con particolare riguardo all'inserimento degli alunni diversamente abili, nonché per l'attivazione di ulteriori 3 classi;
e) educazione degli adulti: le richieste di legittima formazione della popolazione adulta del nostro territorio;
f) sostegno didattico: l'ulteriore esigenza di docenti di sostegno in grado di assicurare il successo formativo all'alta percentuale di allievi con bisogni educativi speciali presenti nelle scuole;
g) ulteriore necessità di docenti per favorire la piena integrazione di giovani immigrati che richiedono particolari modalità di gestione della didattica;
h) personale ATA: ulteriori unità di personale per soddisfare le esigenze di apertura, vigilanza e chiusura di tutte le sedi scolastiche, per assicurare il supporto materiale agli alunni diversamente abili, la cura alla persona nella scuola dell'infanzia e nella scuola primaria, per garantire la funzionalità amministrativa delle scuole e quella dei laboratori negli istituti di secondo grado;

è la forte preoccupazione, diffusa tra il personale della scuola ed estesa anche alle famiglie e agli studenti, determinata sia dai tagli degli organici, sia dalla già estrema difficoltà economica in cui versano da tempo le Istituzioni Scolastiche, costrette a rapportarsi, da una parte, con la totale assenza di finanziamenti e, dall'altra, con crediti da tempo vantati nei confronti del Ministero, ma di fatto, da quest'ultimo, mai soddisfatti;
è altrettanto forte la preoccupazione per la riduzione ingiustificata di risorse umane e finanziarie previste per le scuole della provincia di Piacenza; riduzione che secondo l'interrogante, creerà le condizioni e le premesse per dequalificare l'intero sistema scolastico e compromettere la possibilità di garantire una corretta applicazione delle normative sulla sicurezza;
il sistema scolastico non può sopportare i tagli previsti dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge n. 133 del 2008 -:
quali iniziative intenda assumere affinché:
a) siano garantite in sede di organico di fatto le risorse per consentire il corretto e qualificato funzionamento del nostro sistema scolastico;
b) sia consolidata per l'anno scolastico 2009/2010 l'offerta formativa così come strutturata negli anni precedenti;
c) siano assicurate attenzione e risorse per le realtà scolastiche della montagna anche al fine di ridurre la formazione di pluriclassi;
d) siano individuate soluzioni adeguate per il personale Ata la cui drammatica riduzione mette a rischio il regolare funzionamento delle scuole;

se si intenda riservare una speciale attenzione alla formazione degli adulti come strumento indispensabile di qualificazione e riqualificazione dei lavoratori nell'immediato e come investimento per il futuro;
se si intenda trovare soluzioni certe alla condizione di precarietà di una parte importante del personale della scuola, priva di ammortizzatori sociali, che in conseguenza dei tagli sarà espulsa dal mondo del lavoro.
(5-01737)

DE MICHELI e MIGLIAVACCA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per i beni e le attività culturali, ha espresso parere favorevole, tramite decreto di pronuncia di compatibilità ambientale n. DSA-DEC-2009-0000676 del 26 giugno 2009, alla realizzazione del raccordo autostradale SS 10 padana inferiore (il ponte sul Po che collega Castelvetro Piacentino a Cremona);
nel merito il decreto citato non ha recepito il parere della Regione Emilia-Romagna, espresso tramite delibera di Giunta n. 727 del 25 maggio 2009 e che sarebbe stato inviato al Ministero con lettera prot. n. 130837 del 9 giugno 2009, ovvero in tempo utile per essere acquisito nell'ambito del decreto ministeriale di compatibilità ambientale;
il suddetto parere della Regione Emilia-Romagna è favorevole, ma condizionato ad alcune prescrizioni, individuate di concerto con le Amministrazioni locali, ovvero la Provincia di Piacenza e i Comuni interessati di Castelvetro Piacentino e Monticelli d'Ongina; si fa riferimento in particolare alle richieste di realizzare un'opera di minor impatto (anche eventualmente con tratti «trincea»), ottenere migliori collegamenti e con la viabilità locale, incrementare gli interventi di mitigazione e compensazione ambientale;
proprio nell'ottica di riconoscere la validità dell'intervento e nell'interesse per la sua rapida e condivisa realizzazione, si sottolinea l'importanza del percorso che ha coinvolto il territorio e le Amministrazioni locali e dell'apporto da esse fornito -:
se i Ministri siano a conoscenza di ragioni documentate e precise per le quali non è stato acquisito il parere della Regione Emilia-Romagna e se i Ministri intendano, nell'ottica di una preziosa collaborazione coi territori e le Istituzioni locali - come richiesto da lettera formalizzata in data 29 luglio 2009 dall'Assessore regionale all'Ambiente Zanichelli - esprimere la volontà di far rispettare, nelle successive fasi procedurali di approvazione del progetto, le prescrizioni contenute nel parere della Regione Emilia-Romagna.
(5-01745)

GOZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 8, paragrafo 2 della direttiva 2006/115 CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 dicembre 2006, concernente il diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto di autore in materia di proprietà intellettuale, impone agli Stati membri di garantire una remunerazione equa per un fonogramma pubblicato a scopi commerciali utilizzato per una radiodiffusione o per qualsiasi comunicazione al pubblico;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o settembre 1975 instaura tuttavia una presunzione legale secondo la quale, se le parti non riescono a giungere ad un accordo, il compenso è fissato al 2 per cento del fatturato degli utenti, proporzionalmente al tempo dedicato alla musica nel tempo di trasmissione globale. Questa presunzione legale fa sì che gli utenti non sono incoraggiati a negoziare un livello di remunerazione superiore, e quindi il compenso del 2 per cento risulta essere considerato come un massimale legale alla remunerazione dei produttori;
il decreto suddetto priva gli aventi del diritto di una remunerazione equa, e rischia anche di creare una distorsione del mercato interno europeo, visto che tale massimale non esiste negli altri Stati membri -:
quali siano le motivazioni dietro alla suddetta incongruenza rispetto alla direttiva europea 2006/115/CE;

se si ritenga opportuno procedere con misure correttive sul decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1o settembre 1975.
(5-01750)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 1o ottobre 2009 entrerà in vigore il Protocollo n. 14-bis alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;
la Repubblica italiana non l'ha ancora firmato -:
se e quali siano i motivi per i quali l'Italia non ha firmato il Protocollo e se e quando intenda farlo.
(4-03912)

DE MICHELI, MIGLIAVACCA e ZUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Casamercato S.R.L. nasce come punto vendita al dettaglio presso Alseno (Piacenza), nel campo elettrodomestici, mobili, casalinghi ecc.;
successivamente la stessa società apre nuove sedi in varie parti d'Italia (due a Roma, a Cava Manara, a Verona). Queste nuove sedi non danno i risultati sperati e il grande investimento sulla sede di Verona; incide pesantemente sul patrimonio aziendale;
il 29 settembre 2008 si giunge alla messa in liquidazione volontaria di Casamercato S.R.L.;
in relazione al buon risultato economico dei punti vendita di Cava Manara (Pavia) e Alseno (Piacenza) ed al fine di attrarre un eventuale acquirente, Casamercato S.R.L., cede in affitto a Casamercato Holding S.R.L. i sopracitati negozi. La proprietaria di Casamercato Holding S.r.l., creata allo scopo già detto, è Laura Giuliani, figlia del proprietario di Casamercato S.r.l. Lino Giuliani. Il 19 novembre 2008, il Tribunale di Roma ammette Casamercato S.r.l. al concordato preventivo;
due sono le conseguenze per Casamercato S.r.l. e per Casamercato Holding S.r.l.:
il 28 dicembre 2008 Casa mercato S.r.l. firma l'accordo per la messa in CIGS di 237 lavoratori di cui 27 di Alseno (che si occupano dell'amministrazione mentre gli altri 75 confluiscono in Casamercato Holding S.r.l.) per i quali si apre parallelamente la procedura di mobilità al fine di favorire la loro ricollocazione;
Casamercato Holding S.r.l., nel frattempo, non ottiene i risultati sperati; pertanto il 1o aprile 2009 viene trovato un accordo per un contratto di solidarietà al 60 per cento;
il 18 maggio 2009, il Giudice delegato (dottor Miccio) che si occupa del concordato preventivo con Casamercato S.r.l. procede con la nomina di tre nuovi liquidatori: Avv. Prof. Paolo Tartaglia, Avv. Giuseppina Ivone, Dott. Roberto Falcone;
nel frattempo Casamercato Holding S.r.l. si avvale della clausola di recesso del ramo di Azienda e lo comunica ai liquidatori e ai sindacati; i liquidatori, a questo punto, inviano una missiva nella quale dichiarano di accettare la retrocessione dei due rami d'azienda (Alseno e Cava Manara), ma non dei lavoratori, in difformità da quanto disposto dell'articolo 2112 C.C.;
i liquidatori - solo due, dopo le dimissioni dell'avvocato professor Paolo Tartaglia - non hanno accolto l'irrevocabile offerta d'acquisto di Casa Manara e Alseno da parte di Gran Casa che garantiva sia una dignitosa offerta economica al concordato, sia l'assunzione senza soluzione di continuità di almeno 110 lavoratori con il conseguente rischio di chiusura dei punti vendita di Alseno e Cava Manara,

depauperamento delle risorse Aziendali e dispersione delle potenzialità economiche e occupazionali (149 dipendenti) -:
se e quali iniziative il Ministero voglia mettere in atto al fine di garantire il futuro delle aziende in questione e dei lavoratori coinvolti in questa vicenda.
(4-03917)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 22 agosto 2009 la prima firmataria del presente atto ha visitato, insieme al Presidente della Camera Penale di Roma Avv. Giandomenico Caiazza, il Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria (Roma);
al momento della visita, nel centro erano presenti 134 uomini e 130 donne ristretti in settori separati;
ad avviso dell'interrogante, il centro di trattenimento per immigrati (da identificare per essere espulsi) ha l'aspetto di una prigione all'aperto, molto più simile ad uno zoo che ad una struttura chiamata ad accogliere esseri umani;
nonostante l'alta professionalità e dedizione del personale di polizia e dell'ente gestore (Croce Rossa, in regime di proroga della convenzione fino al 31 agosto), la carenza degli organici non premia gli sforzi che pure vengono messi in atto per assicurare una permanenza umanamente dignitosa agli ospiti;
lo stesso medico della Croce Rossa che ci ha accompagnato nella visita ha, con molta onestà, lamentato la carenza di organico e di mezzi messa a disposizione dall'ente gestore;
fra le criticità più importanti riscontrate, si segnala la mancanza di un'autoambulanza (in situazioni di emergenza i trasferimenti in ospedale sono effettuati con delle normali autovetture) e l'indisponibilità estiva dei servizi normalmente offerti dalla ASL di riferimento, la RMD, quali visite specialistiche e analisi;
inoltre, nella sezione maschile da almeno due settimane manca il barbiere e, in tutte le sezioni, il ricambio delle lenzuola usa e getta viene effettuato ogni due settimane anziché ogni tre giorni come elementari norme igieniche raccomanderebbero;
come già rilevato nell'interrogazione presentata dalla prima firmataria del presente atto, l'11 giugno dello scorso anno (dopo una visita effettuata il 2 giugno 2008, interrogazione che, nonostante 5 solleciti, non ha ancora ottenuto risposta) nella struttura di Ponte Galeria, sia nel reparto femminile che in quello maschile, convivono, allocati negli stessi spazi, situazioni personali molto diverse fra loro: immigrati che hanno già espiato le condanne in carcere, altri «colpevoli» di essere stati sorpresi senza il permesso di soggiorno, 22 richiedenti asilo e anche cittadini comunitari;
fra i casi particolari che la prima firmataria del presente atto e l'avv. Gian Domenico Caiazza hanno potuto riscontrare si segnalano: una giovane donna russa ristretta nel centro di Ponte Galeria perché «arrestata» mentre si trovava all'aeroporto di Fiumicino nell'area di transito verso l'aereo che l'avrebbe riportata in patria dalla sua famiglia; una transessuale brasiliana molto sofferente perché, operata in Thailandia, necessita urgentemente di un secondo intervento chirurgico di completamento che né il nostro SSN, né quello del Brasile dove la ragazza sta per essere espulsa, sono in grado di effettuare; una decina di giovani donne cinesi che difficilmente riescono ad interloquire per i loro bisogni elementari con il personale in servizio che ha pochi mediatori culturali presenti nei diversi turni e quelli che ci sono non parlano il cinese, unica lingua conosciuta dalle donne in questione;

secondo le testimonianze raccolte, fra il momento dell'arresto e il colloquio con l'avvocato difensore passano più di 24 ore e, non di rado, alcuni giorni;
i colloqui con gli avvocati sono inoltre resi difficoltosi perché previsti in orari poco consoni all'attività professionale degli stessi, per lo più nel tardo pomeriggio; inoltre, si svolgono in locali che non garantiscono l'assoluta riservatezza del colloquio;
dall'esperienza maturata fino a questo momento, solo nel 50 per cento circa dei casi si riesce ad ottenere l'identificazione delle persone ristrette e, falliti due tentativi con il presunto Paese d'origine, gli immigrati vengono rilasciati nel territorio con l'ordine di abbandonare l'Italia entro 5 giorni;
a giudizio dell'interrogante i servizi offerti alle persone trattenute a Ponte Galeria sono insufficienti, ciò con particolare riferimento al servizio di orientamento e assistenza legale, nonché alla qualità e al numero degli interpreti/mediatori;
su proposta del Governo il Parlamento ha recentemente approvato la legge n. 94 del 2009 contenente «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica» con la quale è stato prolungato il trattenimento degli immigrati irregolari all'interno dei CIE fino ad un massimo di 180 giorni (rispetto ai 60 prima previsti);
il predetto prolungamento del limite della detenzione amministrativa non potrà che peggiorare la situazione, atteso che renderà ancora più esigua la disponibilità dei posti all'interno del Centro, con il conseguente aumento dei costi di mantenimento della struttura e la contemporanea diminuzione sia del livello dei servizi garantiti alle persone ivi trattenute (a partire dall'assistenza sanitaria e psicologica) sia dello standard logistico -:
se il livello dei servizi offerti dall'ente gestore sia adeguato alle esigenze del centro e se l'erogazione degli stessi risulti omogenea a quella degli altri centri di identificazione ed espulsione presenti sul territorio nazionale;
quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano adottare al fine di garantire la qualità e l'efficacia dei servizi prestati all'interno del CIE di Ponte Galeria, ciò con particolare riferimento all'assistenza sanitaria e psicologica, al servizio di orientamento e assistenza legale, nonché alla qualità e al numero degli interpreti/mediatori;
quali provvedimenti il Ministro competente intenda adottare al fine di garantire un adeguato standard logistico all'interno del CIE in questione e, quindi, l'esistenza di adeguati spazi comuni per le attività ricreative e per la fasi di ascolto mirato, nonché un numero di camere e di bagni commisurato alla presenza degli extracomunitari ivi trattenuti;
se non si intenda provvedere urgentemente affinché la struttura di Ponte Galeria sia dotata di un' autoambulanza;
se con riferimento alla lotta alla immigrazione clandestina il Governo non intenda adottare ogni utile provvedimento volto a garantire una diversificazione delle risposte per categoria di persone e, quindi, una maggiore gradualità e proporzionalità delle misure di intervento, con ciò evitando forme di «detenzione amministrativa» per tutte quelle categorie di persone per le quali non c'è esigenza di trattenimento;
se il Governo non ritenga necessaria una ridiscussione radicale sui centri di identificazione ed espulsione, anche alla luce di tutta la inumanità e inadeguatezza che presenta quello di Ponte Galeria e che cosa intenda fare per garantire agli stranieri che vi sono trattenuti le fondamentali tutele e i diritti valevoli per ogni cittadino che risiede sul territorio italiano.
(4-03919)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il blog «Disabili-Oltrelebarriere.net» il 19 luglio ha pubblicato un intervento della signora Silvia Maini, che ha denunciato quanto segue: «Sono una dei tanti disabili in carrozzina che abitano a Roma e che vorrebbero avere le stesse opportunità delle persone normali. Qualsiasi disabile con cui parlate vi potrà raccontare molti aneddoti sulla miopia delle persone che hanno incontrato nella loro vita. Solitamente sono soggetti normali, gestori di piccoli esercizi commerciali, a volte anche personale sanitario ma mai mi era successo con così tante istituzioni messe insieme (Coni, Fin, Comune di Roma, Regione Lazio, Provincia di Roma, Iusm, ecc.). Quest'anno a Roma si svolgeranno i Campionati mondiali di nuoto, una manifestazione importante ed imponente a cui mi sarebbe piaciuto assistere. Mi sono così messa alla ricerca dei biglietti per disabile più accompagno. Con mio immenso stupore non è stato difficile avere informazioni, una signorina al telefono mi ha detto di scrivere una e-mail specificando gli eventi a cui ero interessata e loro mi avrebbero risposto;
in realtà, una risposta non è mai arrivata così, dopo circa cinque giorni, ho richiamato per avere notizie e mi è stato detto che non c'era più posto, ma che comunque mi avrebbero messo in una sorta di lista di attesa. Ho chiesto alla signorina quanti posti fossero riservati ai disabili e lei mi ha risposto: «a seconda delle piscine tra i 10 e i 20». Secondo gli organizzatori sono previste circa 400 mila persone in 17 giorni, e di questi solo 400 saranno disabili (0,01 per cento). Sono rimasta allibita. Basta fare una piccola ricerca su internet per scoprire che solo nella città di Roma i soggetti ritenuti «fragili» sono circa 50 mila e che 10, 20 posti ricoprono meno dello 0,025 per cento dei disabili romani. A pensar male, sembra quasi che si sia organizzato tutto per bene non dimenticandosi nemmeno dei disabili ma garantendogli il minimo indispensabile. Tutte le istituzioni coinvolte probabilmente alla fine riceveranno anche qualche meritato elogio sulla civiltà dimostrata nell'aver destinato addirittura dieci posti per dei disabili. E sicuramente nessuno si metterà a fare i conti con la calcolatrice per dimostrare che in fondo in certe manifestazioni i disabili recitano il ruolo del minimo indispensabile. Qualcuno si sarà detto. «E i disabili? Dove li mettiamo? E no, perché un pochino ce ne vuole sempre!». «Hai ragione, poi danno sempre un'immagine di solidarietà e di organizzazione che non guasta mai. Vabbè, va, limitati all'indispensabile, perché poi questi, se ci va bene, pagano poco e se pagano quel minimo, occupano un sacco di spazio e creano molti problemi. Senti, sono indispensabili, per cui accontentali e dagli un cantuccio ma non esagerare». Sicuramente non è andata così, sicuramente si è cercato di fare il massimo, come sempre. Il massimo per garantire il minimo. Io sono solo una dignitosa rappresentante di quel minimo indispensabile a cui sono orgogliosa di appartenere. Ed è da questa dignitosa rappresentante che arrivano i primi elogi, ancor prima che la manifestazione inizi, per aver dimostrato che lo sport è per tutti e per qualcuno è addirittura garantito, il minimo sì, ma garantito. Era indispensabile farlo»;
quanto sopra riportato, appare gravemente discriminatorio e inaccettabile -:
quali siano gli intendimenti dei ministri;
quali iniziative si intendono adottare o promuovere per impedire il ripetersi di simili episodi.
(4-03925)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il settimanale Famiglia Cristiana ha pubblicato una dettagliata inchiesta del giornalista Alberto Bobbio dal significativo titolo: «Diversamente abili. Figli di un lavoro minore»;
nella citata inchiesta si riferisce che la legge, da almeno dieci anni, impone alle aziende italiane di assumere una «quota» di lavoratori disabili, ma la legge in questione viene sistematicamente e massicciamente disattesa;
la legge prevede che in un'azienda che abbia tra 15 e 35 dipendenti ci sia un disabile, due fino a 50 dipendenti e per le aziende più grandi sia riservato a loro il 7 per cento dei posti di lavoro. Ma questo accade poche volte: «È sufficiente», si legge nell'articolo già citato, «che l'azienda versi un contributo al Fondo regionale per l'occupazione dei disabili per essere esonerata dall'assumerli. Può anche decidere di non rispettarla affatto, la legge, tanto la sanzione è di 51,65 euro al giorno, troppo bassa, al punto da essere conveniente. E spesso si confida su controlli carenti, che permettono di farla franca per anni e anni»;
un sondaggio del sito www.superabile.it, uno dei più cliccati portali italiani sui problemi dell'incontro tra lavoro e disabilità, denuncia come, secondo rilevazioni dell'ISTAT, il tasso di occupazione delle persone con disabilità in Italia è del 19,3 per cento contro il 55,8 per cento di quelle senza disabilità; ma è un dato che risale ad alcuni anni fa, quando la crisi economica non aveva fatto sentire i suoi effetti. Il risultato concreto è che migliaia di posti riservati a lavoratori disabili non sono coperti, e centinaia di migliaia di lavoratori disabili iscritti perennemente alle liste di collocamento speciali;
tutto ciò oggi è tra l'altro favorito dalla crisi che ha investito il paese, e dalla possibilità per le aziende di accedere alla cassa integrazione, alla mobilità, alle procedure di riduzione dell'orario di lavoro che sospendono l'obbligo di assunzione per chi non è abile come gli altri. «L'ultimo premio», si legge su Famiglia Cristiana, «agli imprenditori e l'ultimo danno ai disabili, che si consuma nel silenzio. Aggrava una situazione già precaria, perché quella legge del 1999 non ha mantenuto le sue promesse, tra controlli poco incisivi e tantissime possibilità pratiche di aggirarla. Invece, per la maggior parte dei disabili il lavoro è vita, argine e trincea contro la depressione, e non semplicemente uno stipendio alla fine del mese»;
in buona sostanza, appare fallito l'accompagnamento da parte degli uffici di collocamento e delle reti pubbliche di protezione del lavoro dei disabili nelle aziende e negli enti pubblici. Inoltre poco lavoro è stato affidato alle cooperative sociali che si occupano dell'inserimento occupazionale delle persone disabili;
secondo l'ultima indagine dell'«Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori» solo il 13 per cento dei disabili ha trovato un impiego attraverso gli uffici di collocamento. Da ciò si può amaramente affermare che lo Stato fa poco per i disabili e non aiuta le imprese, soprattutto nei primi tempi di inserimento, con le figure dei tutor previste dalla legge;
non a caso molte associazioni che si occupano di handicap, come l'Anffas, rilevano che senza il sostegno delle cooperative sociali o delle agenzie per il lavoro «i disabili faticano a trovare un'occupazione», nonostante una legge molto avanzata;
una situazione confermata del resto dall'ultima relazione al Parlamento sulla sua applicazione: a dieci anni dalla sua entrata in vigore, gli avviamenti al lavoro nel 2007 sono circa 31 mila a fronte di circa 700 mila persone iscritte al collocamento;

accade inoltre che spesso le assunzioni siano fatte, ma i disabili, come denuncia l'Ufficio per le politiche della disabilità della Cgil (al quale arrivano circa 15 casi al giorno di discriminazione sul posto di lavoro), siano poi lasciati senza far niente, emarginati;
la non soddisfacente applicazione della legge, e la necessità di un suo «tagliando» ed aggiornamento sono riconosciute ed evidenziate anche dal rapporto Il lavoratore disabile: una risorsa per la comunità, una ricerca affidata alla fondazione Laboratorio per le politiche sociali (Labos) e all'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl) dal ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;
come ha opportunamente osservato il consigliere del Cnel Silvano Miniati «è sufficiente che venga rintracciato un disabile finto e tutta l'attenzione si sposta sui falsi invalidi, che esistono ma non rappresentano il problema, perché il problema sono i veri invalidi e il ruolo che devono ricoprire nelle aziende»;
altrettanto opportunamente il direttore della fondazione Labos Claudio Calvaruso ha sottolineato come «l'inserimento lavorativo di un disabile è una questione che riguarda non soltanto le aziende, ma anche l'intera comunità. La legge approvata dieci anni fa è perfetta e validissima per quanto riguarda l'inserimento lavorativo, ma non lo è altrettanto se allarghiamo il campo all'inserimento sociale»;
l'inaccettabile e la grave discriminazione ai danni dei disabili che si vedono negato il lavoro che come sopra ricordato per tantissimi di loro costituisce letteralmente vita, argine e trincea contro la depressione, e non semplicemente uno stipendio alla fine del mese -:
quali provvedimenti e iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare, a fronte della grave situazione sopra descritta;
se in parallelo al giusto impegno per l'individuazione e la denuncia dei cosiddetti «falsi invalidi», non si ritenga di doversi impegnare per l'individuazione e la rimozione di tutte le cause e gli impedimenti al pieno inserimento dei disabili nel mondo del lavoro e di conseguenza nella società;
se al Governo risulti quanto certificato dall'Isfol, cioè che solo il 13 per cento dei disabili ha trovato un impiego attraverso gli uffici del collocamento, e se dunque non ritenga che possa dirsi fallito l'accompagnamento da parte degli uffici di collocamento e delle reti pubbliche di protezione del lavoro dei disabili nelle aziende e negli enti pubblici;
se non si ritenga necessario, doveroso e utile avviare con urgenza un'indagine conoscitiva che accerti l'applicazione della legge che impone l'assunzione dei disabili; se e come essa venga aggirata e quanti effettivamente siano i disabili in attesa nelle liste di collocamento speciale.
(4-03931)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di agenzia del 10 agosto 2009 risulta che interventi del Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente hanno portato:
in Puglia, a Conversano, al sequestro di un cantiere, ubicato su una superficie di 500 metri quadrati, dove erano state realizzate delle opere edili in assenza della prevista autorizzazione, e di un'area, di circa 1.000 metri quadrati, adibita a discarica abusiva di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi costituiti da inerti da demolizione, ingombranti, rifiuti plastico ferrosi e parti elettromeccaniche di veicoli;

in Basilicata, a Pomarico, in provincia di Matera, al sequestro dell'area ex mattatoio, di proprietà del comune, perché vi è stato realizzato un centro di raccolta rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi senza la dovuta autorizzazione;
in Veneto, a Porto Marghera, alla denuncia del legale rappresentante nonché direttore di stabilimento di una società del luogo per aver attivato uno scarico abusivo di acque reflue derivanti dal dilavamento dei piazzali aziendali;
secondo quanto riportato sul profilo Facebook dell'eurodeputato Luigi de Magistris qualche giorno fa le forze dell'ordine «hanno bloccato e sequestrato un camion con un carico di materiale tossico e forse radioattivo destinato ad essere sotterrato nella discarica di Chiaiano»;
la gestione illegale di rifiuti pericolosi sembra diffusa su tutto il territorio nazionale;
una procedura di infrazione è stata notificata dalla Commissione europea all'Italia nel 2003 sulle discariche abusive -:
se il Governo non ritenga che l'evoluzione del telerilevamento sia oggi tale da consentire un puntuale monitoraggio satellitare del territorio nazionale al fine dell'individuazione delle discariche abusive o comunque nocive e se intenda farvi ricorso.
(4-03964)

LENZI, ZAMPA, BELTRANDI e GHIZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Presidente dell'ANPAS (Associazione nazionale per le pubbliche assistenze), Comitato regionale Emilia-Romagna, organizzazione che si avvale ogni anno del prezioso lavoro dei giovani del servizio civile nazionale per lo svolgimento delle proprie attività, ha denunciato la grave situazione che si sta determinando a causa della riduzione delle risorse destinate al servizio civile, in particolare per la propria struttura;
le risorse previste dal bilancio, destinate al finanziamento dei progetti per il servizio civile nazionale, hanno subito, infatti, un forte ridimensionamento negli ultimi anni: dai circa 300 milioni di euro previsti nella finanziaria 2008, che hanno permesso l'impiego di 35.000 volontari, si è passati ai 171 milioni di euro per il 2009 e la previsione di un numero molto inferiore di volontari da avviare, pari a circa 25 mila giovani;
le previsioni di spesa per i prossimi anni prevedono ulteriori, gravi decurtazioni;
a causa dei pesanti tagli per il 2009 sopra citati, è stato rideterminato il criterio di ammissione dei progetti per il servizio civile e in Emilia-Romagna non tutti i progetti sono stati ammessi;
a partire dal 30 settembre 2009, quindi, sui 315 giovani volontari richiesti ne entreranno in servizio solo 95;
la mancanza di giovani volontari renderà praticamente impossibile, per le strutture ANPAS dell'Emilia-Romagna, fare fronte alle crescenti domande legate ai bisogni sociali e socio-sanitari dei cittadini, con un gravissimo disagio che colpirà proprio i soggetti più deboli del nostro territorio -:
se non ritengano necessario rivedere le modalità per l'accesso al finanziamento dei progetti per il servizio civile e prevedere comunque un adeguato incremento delle risorse, al fine di consentire a strutture come l'ANPAS dell'Emilia-Romagna, che svolgono un fondamentale servizio di assistenza alle fasce più deboli della popolazione, di portare avanti il proprio lavoro, dando, oltretutto, ad un sempre maggior numero di ragazzi e ragazze un'importante opportunità di formazione umana e professionale.
(4-03979)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in una comunicazione presentata l'8 settembre, Bruxelles ha annunciato di volere migliorare l'indicatore Pil, includendo anche un indice ambientale che consentirà di valutare il progresso compiuto nei principali settori della politica e della tutela ambientali. L'indice includerà aspetti quali le emissioni di gas serra, il deterioramento del paesaggio naturale, l'inquinamento atmosferico, l'utilizzo dell'acqua e la produzione di rifiuti. Una versione pilota del nuovo indice verde sarà pronto nel 2010;
l'Italia è al dodicesimo posto nell'Unione europea per ricchezza pro capite, ma scende al quindicesimo se, oltre al Pil, si considerano anche altri fattori, come il verde a disposizione di ciascun cittadino e la percezione individuale sul grado di soddisfazione e felicità;
l'esempio italiano, tra gli altri, serve alla Commissione Ue per affermare che il prodotto interno lordo non basta più a misurare il progresso di un mondo in cambiamento, dove l'elemento ecologico conta quasi quanto quello economico, ma non è tenuto in conto dagli indicatori sul benessere e la ricchezza pro capite;
il commissario all'ambiente Stavros Dimas ha portato un esempio: «se in un paese, si tagliano le foreste per vendere legno, quell'anno si registrerà un aumento del Pil, ma l'indicatore non dirà nulla sul danno a lungo termine causato dalla distruzione del verde». Un altro esempio della limitatezza dei Pil nel leggere la società, arriva dalla Louisiana dove, dopo l'uragano Katrina, l'indicatore segnalava una tendenza all'insù perché anziché i lutti e le distruzioni si limitava a calcolare l'impatto degli 80 miliardi di aiuti pubblici per la ricostruzione. «Per far fronte alle sfide del XXI secolo abbiamo bisogno di politiche più integrate e più trasparenti», ha detto Dimas. «E per poter elaborare queste politiche abbiamo bisogno di valutare meglio dove siamo, dove vogliamo andare e come possiamo arrivarci. Per cambiare il mondo, dobbiamo cambiare la nostra maniera di concepirlo e per questo bisogna andare oltre il Pil»;
il Pil - ha spiegato infatti il commissario - non è stato concepito per essere uno strumento di misura del benessere e in quanto tale non tiene conto di talune questioni di importanza vitale per la qualità della nostra vita, quali un ambiente sano, la coesione sociale o la misura della felicità individuale -:
se e quali provvedimenti intendano adottare per tenere conto della inclusione di un indice ambientale nell'indicatore Pil;
se e quali provvedimenti intendano adottare per superare e migliorare la divergenza che esiste tra il Pil del nostro Paese calcolato secondo l'indice di ricchezza pro capite e quello che include anche un dato ambientale.
(4-03999)

MURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 2 agosto 2009 ricorre il ventinovesimo anniversario della strage effettuata alla stazione ferroviaria di Bologna. In quell'occasione, a seguito di un vile quanto crudele attentato, sono morte 85 persone e 200 sono rimaste ferite;
la giustizia italiana, dopo lunghe vicende processuali, ha condannato nel 1995 come autori materiali dell'eccidio i terroristi dei Nar Valerio Fioravanti e Francesca Mambro alla pena dell'ergastolo, e Luigi Ciavardini a trenta anni di reclusione;
attualmente è in corso un'inchiesta bis, aperta dalla Procura della Repubblica di Bologna contro ignoti, per fare piena luce sulle così dette eventuali piste alternative. Nel corso di questa inchiesta è stato ascoltato nei mesi scorsi, in qualità di persona informata sui fatti Ilich Ramirez Sanchez, noto come Carlos lo sciacallo, terrorista attualmente detenuto nel carcere di Poissy;

Sanchez sostiene che non furono i fascisti gli autori dell'attentato del 2 agosto 2009, ma che dietro alla strage ci fu l'opera dei servizi segreti statunitensi e israeliani; Sanchez riferisce che tra la fine degli anni settanta e i primi ottanta il traffico di armi ed esplosivi attraverso l'Italia era gestito esclusivamente dai terroristi palestinesi, con il beneplacito dei servizi segreti italiani. Tra servizi italiani e terroristi palestinesi a detta del Sanchez esisteva un accordo preciso che prevedeva il libero transito in Italia di esplosivo e di armi in cambio dell'assoluta impunità da attentati;
sulla base di questo accordo il Sanchez afferma che un carico così imponente di esplosivo T4, come quello usato nell'attentato di Bologna non sarebbe mai potuto passare inosservato ai terroristi palestinesi, ed è per questo che l'attentato fu compiuto da agenti della Cia e del Mossad al fine di far ricadere la colpa sui palestinesi;
la versione sostenuta da Ilich Ramirez Sanchez in merito all'esistenza di un accordo tra terrorismo palestinese e servizi segreti italiani è molto simile a quella riferita dal Presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga in un'intervista rilasciata al Corriere della Sera dell'8 luglio 2008;
in quell'intervista il Presidente emerito Cossiga riferisce di un accordo, denominato «Lodo Moro» tra terroristi palestinesi e servizi segreti italiani che prevedeva appunto la libertà di far circolare esplosivi e armi sul nostro territorio nazionale in cambio dalla preservazione di attentati. Cossiga riferisce inoltre che dopo essere divenuto Presidente del Consiglio fu informato dai carabinieri che la strage di Bologna sarebbe stata frutto di un'esplosione accidentale di alcune valigie con cui i palestinesi stavano trasportando materiale esplosivo;
la versione dell'esistenza di un patto tra istituzioni italiane e l'organizzazione terroristica palestinese è confermata anche da un'intervista rilasciata al Corriere della Sera il 14 agosto 2008 da Bassam Abu Sharif, leader storico del Fronte di Liberazione popolare palestinese. Abu Sharif dichiara di essere stato uno dei protagonisti diretti delle trattative che portarono al Lodo Moro e conferma dunque l'esistenza e l'attuazione dell'accordo;
ulteriore conferma giunge sempre da una intervista dell'avvocato Giovanni Pellegrino, già presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sul terrorismo in Italia, pubblicata dal corriere della Sera il 15 agosto 2008, nella quale Pellegrino definisce una certezza l'esistenza di un «Lodo Moro»;
qualora fosse davvero esistito un accordo tale tra servizi segreti italiani e terroristi palestinesi, questo avrebbe comportato implicazioni così rilevanti in campo politico e nelle relazioni internazionali da far ritenere molto improbabile che il Governo italiano non ne fosse al corrente, e come le dichiarazioni del Presidente emerito Francesco Cossiga escludono;
un pronunciamento in merito all'esistenza di un accordo tra terrorismo palestinese e servizi segreti italiani da parte del Governo sarebbe fondamentale per fare piena luce su una pagina della storia italiana in particolare per quanto attiene il settore della politica estera, e sarebbe altresì fondamentale per valutare l'attendibilità di quanto affermato dal Sanchez in merito alla strage di Bologna del 2 agosto -:
se sulla base degli atti depositati il Governo sia a conoscenza dell'esistenza di un accordo denominato «Lodo Moro», stipulato tra servizi segreti italiani e organizzazioni terroristiche palestinesi, che prevedeva la possibilità di far transitare armi ed esplosivi nel nostro Paese in cambio dell'immunità da attentati, e se non ne è a conoscenza quali azioni intenda porre in essere per fare piena luce su quanto riportato in premessa;
se esistano documenti o atti relativi alla strage del 2 agosto a Bologna sui quali sia stato apposto il segreto di Stato.
(4-04005)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la manovra anti-crisi (decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 102 del 2009) prevede all'articolo 2 comma 4 che dal 2010 sia assegnato un fondo di 1,8 miliardi di euro al Comitato nazionale permanente per il micro credito (organismo sorto alcuni anni fa e riconosciuto nel 2007 come ente di diritto pubblico che opera presso la Presidenza del Consiglio);
detto fondo dovrebbe «consentire la promozione, la prosecuzione ed il sostegno di programmi di microcredito e microfinanza allo sviluppo economico e sociale del Paese e favorire la lotta alla povertà» -:
in che percentuale le spese di funzionamento del Comitato nazionale permanente per il microcredito incidono sui 1,8 miliardi di euro stanziati dal decreto anti-crisi.
(4-04027)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sul quotidiano Terra dell'8 settembre risulta che si ipotizza un allargamento della zona di sversamento a Chiaiano poiché se si aumenteranno i conferimenti, la discarica così com'è potrebbe chiudere già tra 5-6 mesi;
l'articolo riferisce di un altro rischio, quello per cui nei comuni dove sono raccolti i rifiuti che poi vengono scaricati a Chiaiano non ci sarebbe alcun tipo di raccolta delle apparecchiature elettroniche e delle batterie per cui la discarica di Chiaiano sarebbe di tal quale: uno sversatoio dove l'umido viene mischiato ai rifiuti, anche pericolosi e che produce percolato;
inoltre i teli per l'impermeabilizzazione sarebbero ulteriormente lesionati rispetto al danneggiamento che già avevano prima dell'inizio degli sversamenti;
«La legge prevede la costruzione di pozzi per monitorare la falda. A Chiaiano non li abbiamo visti. Peraltro, nessuno si è premurato di fare dei rilevamenti prima dell'apertura dell'invaso. Così sarà impossibile effettuare un confronto tra il prima e il dopo. L'inquinamento delle falde è un fenomeno molto pericoloso. E subdolo» -:
se sono vere le notizie riportate in premessa;
quali controlli siano previsti sul materiale scaricato in questa discarica e quali forme di informazione alla cittadinanza;
se si sia provveduto a costruire pozzi per monitorare la falda e se si è provveduto a fare dei rilevamenti prima dell'apertura dell'invaso in modo da rendere possibile effettuare un confronto tra il prima e il dopo;
se si sia provveduto ad accertare se sussistono problemi di instabilità geologica.
(4-04030)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il 6 agosto 2009 l'Unità di Comunicazione dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa ha diffuso il seguente comunicato stampa: «È assolutamente inammissibile che uno Stato ignori le misure provvisorie vincolanti richieste dalla Corte europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU). È vergognoso che una democrazia adulta come l'Italia abbia, la scorsa domenica, rinviato Ali Toumi in Tunisia, un

caso in cui esiste un pericolo imminente di danno irreparabile per il richiedente», hanno dichiarato Herta Däubler-Gmelin (Germania, del gruppo socialista) e Christos Pourgourides (Cipro, del gruppo popolare) rispettivamente, presidente della Commissione Affari Legali e Diritti Umani dell'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa (APCE) e relatore sull'esecuzione delle sentenze della Corte di Strasburgo;
«tali disposizioni contravvengono manifestamente alla giurisprudenza chiaramente stabilita dalla Corte di Strasburgo. È la quarta volta dal 2005 che le autorità italiane prendono delle misure in flagrante violazione delle decisioni della Corte», hanno aggiunto. «Tale comportamento intollerabile deve essere condannato dal Consiglio d'Europa, senza ritardo. La nostra Commissione Affari Legali dovrà incaricarsi di questo caso», hanno concluso;
al comunicato sono allegati la Risoluzione 1571 e la Racc. 1809 dell'APCE: dovere degli Stati membri di cooperare con la Corte; la Risoluzione DU(2006)45 del Comitato dei Ministri: obbligo degli Stati di cooperare con la CEDU e l'Estratto del documento CommDU(2009)16: rapporto del Commissario per i diritti umani, del 16 aprile 2009, concernente la sua missione in Italia, paragrafi 94-105 -:
per quali ragioni il Governo abbia inteso prendere delle misure giudicate in flagrante violazione delle decisioni della Corte europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) e se intenda renderle note alla Corte nonché al Comitato dei Ministri e all'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa;
se intenda prendere un impegno pubblico affinché il Governo conformi la sua attività alle decisioni della Corte o se questa iniziativa sia stata assunta col proposito di recedere dal Consiglio d'Europa ai sensi dell'articolo 7 dello Statuto.
(4-04040)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
notizie stampa del 4 settembre 2009 riferiscono che il Prefetto de L'Aquila, Franco Gabriella ha revocato il certificato antimafia alla società «Impresa Di Marco Srl» con sede a Carsoli, impegnata in lavori di scavi e movimentazione terra nel cantiere di Bazzano e Cese di Preturo in cui si stanno realizzando le case antisismiche;
la ditta aveva ottenuto due subappalti rispettivamente di 128 e 500 mila euro;
il Prefetto ha annunciato che lo stesso provvedimento di diniego del certificato antimafia è stato rilasciato ad una seconda società «vicina» agli ambienti della criminalità organizzata Campana, anch'essa impegnata in opere infrastrutturali post-terremoto -:
quali provvedimenti intenda assumere il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'interno per assicurare la massima trasparenza sui nomi delle società appaltatrici e subappaltanti per la ricostruzione in Abruzzo e per gli importi dei relativi lavori;
quali controlli siano previsti e quali siano stati effettuati sulle suddette imprese appaltatrici e subappaltanti;
quali provvedimenti intendano assumere il Presidente del Consiglio e il Ministro dell'interno perché ditte prive del certificato antimafia possano aggiudicarsi opere di appalto e subappalto;
quali provvedimenti intendano adottare per rimediare al fatto che le norme-barriera protettiva finora usata hanno mostrato delle falle e come intende renderle più efficaci e sicure.
(4-04054)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del

mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel novembre 2008 è stato inaugurato l'impianto di compostaggio di Molinara, in provincia di Benevento che avrebbe dovuto lavorare 5.000 tonnellate all'anno di rifiuti organici, oltre a una quota significativa di biomasse vegetali;
l'impianto, realizzato nel 2001, era rimasto inutilizzato in seguito a un sequestro sopravvenuto nel 2006 e superato in virtù di accordi tra Regione Campania, Provincia di Benevento e Struttura del sottosegretario con delega all'emergenza rifiuti;
l'impianto di compostaggio di Molinara, avrebbe potuto prodotto compost di qualità utilizzabile in agricoltura secondo l'Istituto Piante da Legno e Ambiente (IPLA) di Torino, che ha condotto analisi dettagliate sul prodotto della struttura sannita;
secondo le autorità locali molti dei problemi all'origine dell'emergenza derivavano da incompetenza tecnica ed approssimazione gestionale a causa delle quali l'impianto conteneva molte tonnellate di rifiuti organici contaminati da plastica, un fenomeno che avrebbe causato, per anni, il blocco dell'attività del sito per cui sarebbe stato sufficiente trattare quel materiale con un vaglio dai fori adeguatamente ristretti (12 mm contro i 60 mm di diametro dei fori del vaglio precedentemente in uso) per separare la sostanza organica (che le analisi definiscono composta tutti gli effetti) dai residui plastici, risultati CDR (combustibile da rifiuti) ai sensi della vigente normativa;
il 31 agosto 2009 il WWF ha denunciato che l'impianto di compostaggio di Molinara contiene rifiuti comuni in putrefazione insieme a percolato che causa un danno ambientale e non consente produzione di compost nonostante i costi per l'attivazione della raccolta differenziata dell'umido;
per la Provincia di Benevento, l'ex Vice Presidente Carmine Nardone, aveva proposto un sistema di smaltimento basato sulla dissociazione molecolare, una tecnologia innovativa in grado di convertire in gas di sintesi, pulito ed energeticamente molto efficiente, qualsiasi materiale organico, sintetico (per es. rifiuti) o biodegradabile (biomassa) -:
se corrisponde al vero quanto sopra riferito;
se non intendano recuperare le proposte di Carmine Nardone e promuovere metodi di smaltimento basati sulla dissociazione molecolare.
(4-04056)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato dal settimanale L'Espresso del 27 agosto 2009 dal titolo «Campania profondo nero» di Claudio Pappaianni riferisce i risultati finali di un'indagine realizzata dal Commissariato di governo per le bonifiche su un territorio di 22 chilometri quadrati, conosciuta come «laghetti di Castelvolturno», che rientra nel sito di interesse nazionale della costa flegrea e agro-aversana;
si tratta di una cinquantina di specchi d'acqua affiorati dentro alcune cave abusive aperte negli anni '70 e '80, quando nella zona si scavava per estrarre la sabbia usata per la cementificazione della costa che va dal Lago Patria fino a Mondragone;
trattori e ruspe, di aziende spesso legate al clan dei Casalesi, si fermavano solo quando dai buchi affiorava l'acqua delle falde. A quel punto si spostavano di qualche metro e ricominciavano i lavori.

Le cavità sono poi state usate come discariche di auto vecchie, copertoni, scarti di edilizia e rifiuti speciali nocivi;
lo studio sarebbe stato inviato prima dell'inizio dell'estate dalla struttura guidata dal professor Massimo Menegozzo alla presidenza del Consiglio, al Ministero dell'ambiente, al governatore Bassolino, a prefetti, sindaci, assessori e ai responsabili delle Asl e documenterebbe «un rilevante e diffuso inquinamento in tutte le matrici esaminate con alcuni hot spot particolarmente preoccupanti per entità dei fenomeni»;
l'acqua che esce dai rubinetti sarebbe buona, a meno che non ci si allacci ai pozzi abusivi, mentre quella che disseta le bufale di decine di allevamenti e irriga i terreni coltivati a pomodori e ortaggi sarebbe pesantemente compromessa;
l'area esaminata, con circa 2.000 prelievi tra campioni di acqua e terreno, dista in alcuni punti meno di 500 metri dal mare e, in molti casi, accanto a laghetti e campi agricoli contaminati, sorgono decine di abitazioni;
a Cava Baiano, un laghetto non molto distante dall'Holiday Inn Resort, meta preferita dagli appassionati di golf e sede del ritiro del Napoli Calcio sono stati riscontrati livelli di idrocarburi superiori anche 300 volte il limite consentito dalla legge -:
se corrisponda al vero quanto riferito nell'articolo;
dopo aver ricevuto lo studio che sarebbe stato inviato prima dell'inizio dell'estate quali provvedimenti abbiano assunto per accertare come tale situazione si sia potuta verificare e per responsabilità di chi;
quali misure intendano assumere per riparare al danno ambientale e alla salute dei cittadini.
(4-04057)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha ricevuto una lettera che l'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia inviata anche a tutti i parlamentari regionali, ai consiglieri e agli assessori regionali, alle organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil-Ugl, e all'Ordine regionale dei giornalisti;
in detta lettera si porta all'attenzione «il problema del precariato nel mondo dell'informazione», e si evidenza la situazione definita «sempre più preoccupante», di centinaia di giornalisti giovani e meno giovani «che con il loro costante lavoro riempiono le pagine dei nostri quotidiani e forniscono ogni giorno servizi alle televisioni e alle radio private»;
a quanto afferma l'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia, «le retribuzioni che percepiscono per il loro lavoro è spesso indegna di questo nome. La pratica di pagare i collaboratori esterni la miseria di 3, 5 o 10, o al massimo 20 euro lordi ad articolo è non solo diffusa, ma anche considerata "un normale prezzo di mercato" da troppi editori, grandi e piccoli. A tale vergognosa situazione si è poi aggiunta in questi mesi la corsa ai ribasso dei compensi per i collaboratori»;
al riguardo, viene citato ad esempio il caso del quotidiano Il Gazzettino, che avrebbe inviato in questi giorni ai propri collaboratori un contratto definito «sconcertante»; si tratterebbe di una cifra oscillante dai 3 ai 19 euro comprensivi «di ogni spesa eventualmente sostenuta, nonché dell'eventuale diritto di pubblicazione su altre testate del gruppo e/o siti internet, ed al loro delle trattenute secondo legge»; tre euro per articolo entro le mille battute, sei euro se il pezzo rientra nelle duemila battute. E diciannove euro se si va oltre le tremila; ma se il suddetto articolo dovesse «fermarsi» a quota tremila, il compenso sarà di dodici euro lordi»;
l'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia ricorda che un articolo di

circa tremila battute, corredato da un paio di fotografie, può agevolmente arrivare a coprire metà pagina di un quotidiano; che per raccogliere le informazioni il giornalista freelance deve quasi sempre usare i propri mezzi di locomozione e spostamento, ovviamente a spese sue; e per tutto questo, il collaboratore riceverà un compenso di dodici euro lordi, da cui vanno ovviamente detratte le spese, i contributi e le spese;
l'Associazione della Stampa del Friuli Venezia Giulia osserva che non si tratta solo di «una questione sindacale o di tutela della categoria, ma di una vera e propria battaglia di civiltà»;
se sia a conoscenza della vicenda descritta in premessa;
se non si ritenga di dover accertare le dimensioni del fenomeno sopra descritto, se lo «sconcertante» contratto riguarda solo i collaboratori del giornale Il Gazzettino o sia piuttosto pratica diffusa e quali iniziative di competenza si intendano promuovere e adottare in relazione a una questione che riveste non solo il diritto del lavoratore, ma più in generale l'interesse e il diritto all'informazione di tutti i cittadini del Friuli Venezia Giulia.
(4-04062)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
«facebook.com» è il social network più diffuso ed utilizzato nel nostro Paese e nel mondo;
chiunque abbia più di 13 anni può iscriversi a questo social network ed entrare in contatto con i diversi utenti di internet;
il nostro Paese è uno di quelli con il maggiore incremento del numero di utenti negli ultimi anni, e di conseguenza moltissimi cittadini si iscrivono in buona fede, investendo tempo per aumentare i propri contatti;
all'improvviso e senza alcuna motivazione, il social network però può cancellare un utente, e infatti sono molti i cittadini che lamentano la cancellazione del proprio account all'improvviso e senza motivo e senza alcuna spiegazione, denunciando la perdita di contatti e di informazioni;
non è sempre chiaro il motivo di tali cancellazioni, non riconducibili a episodi di razzismo o volgarità, o ad usi commerciali, cause esplicitate da «facebook.com» per la cancellazione dell'account;
per avere informazioni al riguardo, si può mandare una mail al contact center di «facebook.com» chiedendo spiegazioni, anche se moltissimi utenti dichiarano di non aver ricevuto alcuna risposta;
sul sito italiano di facebook, alla sezione «condizioni d'uso», viene riportata l'avvertenza che l'unica versione legalmente vincolante è quella in inglese di questo documento che appare di difficile comprensione per terminologia e sintassi e che comunque esplicita che il proprio account può essere cancellato anche senza alcun motivo;
sembra quindi che ci sia qualcuno che gestisca i vari account e che abbia il potere di oscurarne alcuni a proprio piacimento;
il grande successo della rete internet «www» risiede principalmente nella assoluta libertà che contraddistingue l'accesso alle informazioni e le scelte dei «naviganti» -:
se il Governo sia in possesso di dati relativi a facebook.com, in particolare se sia a conoscenza dei nominativi dei legali rappresentanti di questo social network, dell'ubicazione della sede legale ed operativa e del numero di cittadini italiani iscritti;
se esistono e quali siano le norme che regolano attualmente i social network e che tipo di controlli vengono effettuati per evitare abusi e censure al fine di garantire i diritti degli utenti registrati;

se - pur nel rispetto assoluto della libertà della rete - non sia ipotizzabile l'esistenza - nei comportamenti dei responsabili di «facebook.com» e in eventuali analoghi comportamenti di soggetti della rete - di un atteggiamento potenzialmente lesivo dei diritti dei consumatori, che mai possono immaginare di essere cancellati all'improvviso e senza alcuna motivazione, e pertanto se non intenda assumere iniziative nell'ambito delle proprie competenze.
(4-04080)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel 2015 si svolgerà a Milano l'esposizione universale avente per titolo «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita»;
nella realizzazione del dossier di candidatura, molto spazio era stato riservato a due infrastrutture «minori», ma utili sia dal punto di vista logistico sia dal punto di vista socio-culturale: la via d'acqua e la via di terra. Infatti, per tutti i territori limitrofi al capoluogo lombardo l'Expo 2015 sarà l'occasione per promuovere un approccio di reciproco scambio e cooperazione, in modo da valorizzare tutte le aree urbane e i siti di maggior attrattiva culturale. In quest'ottica, dunque, Milano fungerà da parterre d'eccezione dell'Esposizione, promuovendo se stessa attraverso la creazione di itinerari culturali e di svago. Partendo da dette considerazioni si è arrivati ad identificare l'acqua e la terra come il filo conduttore di due progetti su scala territoriale, due itinerari - ognuno della lunghezza di più di 20 chilometri - che collegheranno Milano e le aree circostanti al sito Expo. I due itinerari erano progettati come aperti al pubblico: appropriati sistemi di illuminazione, opere multimediali e molteplici attività avrebbero animato i percorsi anche nelle ore serali, attraendo sia i milanesi che i visitatori Expo;
in particolare ecco di seguito una sintetica descrizione del progetto delle vie d'acqua, idea che nasce dalla considerazione che tutto ha origine dall'acqua. L'attività umana ha costruito la propria storia grazie alle attività mercantili sull'acqua. L'acqua ha generato scienza, lavoro, è stata via di comunicazione. L'acqua fornisce energia e nutre il pianeta. Di acqua la Lombardia è particolarmente ricca, e Milano ha con l'acqua un legame intenso, letteralmente «viscerale». L'acqua per un lombardo è vita e tradizione: riempie i Navigli, è abbondantissima nel sottosuolo, scorre nei fiumi, ma è anche la pioggia che tanto spesso caratterizza le nostre giornate, è un elemento costante e irrinunciabile della nostra esistenza. All'acqua i lombardi, e i milanesi in particolare, hanno sottratto la terra dove hanno edificato le proprie case e le proprie attività, facendo della Mediolanum paludosa una delle regioni più ricche del pianeta. Milano e l'acqua: una storia che viene da lontano. Anzi, è un destino che incrocia nuovamente la città e la Lombardia. Il simbolo dell'uomo vitruviano, straordinaria icona nel marchio dell'Expo 2015, porta la firma di Leonardo da Vinci la cui impronta resta fondamentale in quelle vie d'acqua, i Navigli, che diventano oggi nuovamente protagonisti del territorio. Già Carlo Cattaneo nelle Notizie naturali e civili su la Lombardia indicava proprio nella poderosa opera di irreggimentazione delle acque uno dei pilastri del successo dell'economia, della scienza e della cultura lombarde. Non a caso dunque l'itinerario lungo le vie d'acqua dell'Expo è un omaggio a questa materia prima, ma anche il suo stretto legame con l'uomo che attorno a lei ha fondato città, ha costruito le fortune dalle campagne, ha ricavato energia per le industrie, ha «nutrito il pianeta». Le vie d'acqua sono uno degli obiettivi primari di Expo: un percorso acquatico di 20 chilometri abbraccerà un'area di 800 ettari tra parchi, zone urbane confinanti con il verde e aree agricole dalla Darsena sino all'area dell'Expo. Occuperà la parte ovest della città e sarà la più grande area verde e d'acqua del mondo, superando persino il parco di St. James a Londra, di 250 ettari, Central Park a New York, di 320 ettari, e

il parco di Berlino, 210 ettari. Sfruttando in parte il corso del fiume Olona e i torrenti locali sarà possibile creare due nuovi Navigli. Dal Naviglio Grande le vie d'acqua toccheranno i quartieri di Baggio e Quinto Romano, il Parco di Trenno, lambiranno in sequenza colture storiche e risaie, il quartiere Figino, per arrivare al polo della Fiera di Rho-Pero. Il progetto risponde a un grande bisogno: consolidare i parchi già esistenti e creare, in un sistema di nuovi raggi verdi, un unico grande parco metropolitano accessibile a tutti e con una distanza massima di 500 metri tra la città e il confine del parco. Il grande piano è costituito da 8 raggi che andranno a inserirsi nei 9 parchi esistenti: sarà un unico grande anello verde. Ed ecco i nuovi raggi, in ordine orario: il raggio verde del Nord, che fa da «cappello» ecologico a Milano; il raggio verso Bicocca Martesana; il raggio dell'est; il raggio verso Santa Giulia; il raggio verso sud (Chiaravalle), il raggio dei Navigli; il raggio verso ovest (Parco delle Cave), infine il raggio della Fiera. Con Expo 2015 tutto questo sarà finalmente possibile. Ma l'importanza dell'acqua e della sua funzione non è solo legata alla mobilità e ai percorsi. La via d'acqua non è solo acqua che scorre. L'itinerario è infatti concepito per costruire un parco didattico sul valore dell'acqua e della nutrizione, tema centrale dell'Expo 2015: dall'acqua intesa come elemento, bene primario, sino al suo ciclo vitale per arrivare alla riscoperta dei cibi, del loro valore nella vita dell'uomo. L'itinerario lungo le vie d'acqua può essere percorso a piedi, in bicicletta e con veicoli a basso consumo energetico e ridotto impatto ambientale, senza contare che le vie d'acqua saranno percorribili in barca dal Naviglio Grande. Accanto all'aspetto della fruibilità del verde si associa però anche la valorizzazione ambientale, la tutela della cosiddetta biodiversità, e la produzione, in piccole quantità, di energia idroelettrica generata dai nuovi corsi d'acqua: un modo per recuperare anche il progetto leonardiano sulle opere idrauliche che caratterizzarono lo studio del genio sul nostro territorio, tanto da impressionare molte delle sue tele con quinte ambientali e sfondi ricchi di corsi e salti d'acqua. Le vie d'acqua saranno navigabili dalla Darsena alla porta dei Navigli e lungo il canale previsto dal progetto, in modo da rendere ben visibile un unico grande parco territoriale tra la città storica e le zone extraurbane. L'acqua scorrerà tra nuovi piccoli canali, darà forma a piccoli laghetti, fontane, sorgenti, campi di riso. Ma le vie d'acqua e il loro parco saranno riconoscibili anche di notte: fontane luminose con bande di luce e acqua saranno proiettate nello spazio, così da marcare la vicinanza tra il verde e i visitatori. Le vie d'acqua dell'Expo hanno l'ambizione di collegare il verde esistente e di farne un unico, grande «polmone verde» unendo i parchi attorno a Milano: una nuova rete per ribilanciare l'area sotto l'aspetto ecologico, ed aumentare il processo di controllo della qualità dell'ambiente. Di certo la combinazione pubblico-privato (per quanto riguarda l'intersecarsi delle aree agricole con quelle verdi), consentirà una rigenerazione anche sotto l'aspetto paesistico del sistema agroambientale. Positivo anche l'impatto per la qualità dell'aria, vista la vicinanza delle zone edificate con un sistema di trasporto e mobilità non inquinante verso le aree urbane. Attualmente i parchi della zona ovest della città sono tra loro separati. Il Bosco in città copre 97 ettari, il parco delle Cave 124, quello di Trenno 58, il Parco dei Fontanili 62. Queste aree verdi a metà tra città e campagna saranno unite nel progetto delle vie d'acqua, collegate in un unico polmone verde attraversato da canali, sorgenti, fiumi per irrigare le campagne. Uno degli aspetti più innovativi che Expo propone per le vie d'acqua si base su una spina dorsale: il canale che serve per regolare il corso del fiume Olona e che diramandosi da Nord a Sud, partendo dalla Darsena in direzione Parco delle Cave, costituisce l'arteria di tutto il progetto. Due le «porte», punti di sosta informativi con attività legate alle manifestazioni dell'Expo, che accoglieranno i visitatori: la Porta di Quinto e la Porta est. Il percorso si snoderà cavalcando le colture storiche dell'agricoltura milanese, il

Parco di Trenno, il Bosco in città, incontrando a sinistra Figino e a destra Trenno con il suo parco e con un'area dedicata alle acque e alla nutrizione. Prima di raggiungere il sito dell'Expo, si incontrerà un'area umida e, per restare nel tema, la Porta delle acque. Sotto l'aspetto tecnico per garantire il flusso delle acque e la pulizia del letto del canale, si è reso necessario progettare le sponde in cemento. Le rive, saranno per questo coperte con specie fonte, intersecate con una fitta rete di altre piccole vie d'acqua interne. La spina dorsale non procederà in linea retta, come nella tradizione del corso dei fiumi maggiori: si insinuerà tra sentieri, case agricole, campi di riso e laghi. Un sentiero educativo porterà il visitatore passo passo verso l'Expo con luoghi che accoglieranno anticipazioni dell'evento sino a un anno prima delle manifestazioni;
oltre alla Via d'acque, per facilitare l'acceso e la fruizione del parco lungo le vie d'acqua erano stati progettati dei «passaggi» quasi obbligati. Ecco i progetti:
a) la porta d'acqua: un luogo dove conoscere l'acqua come risorsa, per apprendere i metodi per dirigerla e prendere visione degli enti e delle associazioni che si occupano della gestione dell'acqua;
b) il centro sulla nutrizione: offrirà l'opportunità ai visitatori di conoscere i metodi di coltivazione innovativi, ecologici, da mettere in atto nel parco dell'acqua. Il centro darà spazio a punti di ristoro con pranzi a base di prodotti agricoli biologici;
c) il centro d'agricoltura tradizionale: porterà sulla scena i prodotti agricoli realizzati in modo specifico in ogni area: prodotti non solo tipici ma unici e irripetibili;
d) la porta est: darà spazio agli eventi «speciali», a show. È la porta d'accesso al percorso delle vie d'acqua per chi arriva dalla Darsena;
e) il chiosco dello sport: situato immediatamente a sud, nei pressi di viale delle Forze Armate, sarà punto d'informazione per le attività da svolgere all'aria aperta nel grande parco territoriale;
f) porticati: laddove il parco si avvicina, le aree urbane e le zone «critiche» miste saranno caratterizzate da veri e propri porticati, zone di transito in cui saranno realizzati anche bar e caffè fruibili sia dai residenti che da chi lavora nella zona;
g) la porta del canale: gli edifici ferroviari in disuso nei pressi del Naviglio Grande potranno essere riconvertiti e diventare ulteriore luogo attrattivo per i visitatori, dando informazioni e illustrazioni sulla storia della città attraverso i suoi canali;
h) la Darsena: è già in fase di rinnovamento con un progetto che ha vinto un concorso internazionale di architettura. La Darsena sarà il terminale urbano per accedere alle vie dell'acqua: da qui sarà possibile viaggiare in barca fino all'intersezione con gli altri canali. Tutto ciò costituirà un recupero e una valorizzazione di Milano come Città d'Acqua, fatta di Navigli e territori bonificati;
riguardo invece alle vie di terra, il progetto prevedeva quanto segue. Accanto alla rinascita e alla valorizzazione dei percorsi acquatici, arterie di un polmone verde che abbraccerà l'area ovest della città, l'Esposizione offre l'opportunità di creare nuove «vene» creative di percorrenza della metropoli. Saranno 22 i chilometri realizzati per consentire ai visitatori, agli amanti di Milano, anche ai molti distratti residenti, di conoscere i siti storici, i luoghi meno conosciuti attraverso percorsi a piedi, in bicicletta, e con mezzi a basso impatto ambientale. Sarà un modo molto ambrosiano di prendere per mano il visitatore, condurlo nelle piccole oasi gastronomiche del territorio, così come in quelle dello shopping, della cultura e dell'arte. Come i quattro punti cardinali, quattro saranno le vie di terra:
a) la Milano creativa: 7 chilometri di arte «al taglio», ovvero la migliore

sartoria del mondo, nel quadrato a sudovest della città. Il meglio della creatività del made in Italy esposta nei luoghi simbolo della genialità dei maestri di moda;
b) la Milano del XIX secolo: 6 chilometri da percorrere in modo circolare all'interno delle piccole circonvallazioni di Milano, costruita come la tela laboriosa e scrupolosa di un ragno. Un viaggio nella Milano del liberty, degli edifici che hanno fatto da ponte con l'architettura contemporanea;
c) la Milano dell'industria: 10 chilometri tra passato e futuro, dalla Bicocca all'ex Pirelli, alla ricerca dei segni dell'archeologia industriale, dei passaggi chiave che hanno fatto da pietra miliare nello sviluppo dell'economia del nord e del Paese: impronte non «fossili» ma vive, radicate all'interno del tessuto urbano e nel contempo segno di una riconversione che ha indicato la strada per dare valore aggiunto alle nuove aree residenziali e a quelle della ricerca tecnologica e universitaria più avanzate;
d) la Milano del futuro: è il presente, è l'Expo 2015. Sarà un percorso di 10 chilometri che condurrà il visitatore dal cuore della città, dalla zona Garibaldi verso nordovest, verso l'area dell'Esposizione attraverso i luoghi simbolo della rinascita architettonica di Milano;
lungo tutte e quattro le proposte di terra, saranno dislocate stazioni per le biciclette in cui noleggiare non solo le classiche due ruote ma anche tandem, roller e skateboard. Per entrare nei percorsi si passerà attraverso una porta d'entrata caratterizzata da realizzazioni artistiche. Milano, città della moda, della scienza e della cultura, vuole lasciare l'impronta nella mente di chi la percorre senza correre, gustandone i dettagli, il carattere, la personalità storica. Punti d'informazione sul come «navigare» nei sentieri metropolitani consentiranno strada facendo, di attingere utili notizie sulla storia degli edifici, e di ricevere suggerimenti sui punti di ristorazione più vicini. Le zone di sosta saranno accoglienti e formate da confortevoli punti di ristoro, la cui offerta sarà caratterizzata dagli eventi dell'Expo. Con temi e sottotemi legati all'Esposizione, le oasi offriranno «cibo da strada» e il cibo delle diverse culture presenti nel corso dell'evento alla nuova fiera. Grattacielo Pirelli, Torre Branca, Monte Stella e tanti altri inusuali punti panoramici saranno a disposizione dei visitatori: luoghi pubblici e privati aperti ai cittadini offriranno una prospettiva nuova della città. Per i più «pigri» o più semplicemente per chi ama le visioni panoramiche pulmini a zero emissione (con l'idrogeno come mezzo di propulsione) porteranno a spasso i visitatori. In più, per loro, postazioni multimediali a bordo consentiranno di entrare nel vivo di quanto gli occhi «apprenderanno» -:
se e come i progetti sopra descritti siano ancora attuali ovvero siano stati sostituiti in tutto o in parte e con quali altri progetti;
come il Governo, anche attraverso il proprio Commissario e la Società di gestione (SOGE), stia operando al fine di realizzare i progetti in premessa.
(4-04089)

GIULIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
RAI e RTI hanno annunciato il lancio della nuova piattaforma TivùSat che trasmetterà i propri programmi dal 31 luglio 2009;
a partire dalla stessa data saranno disponibili nei negozi i decoder e le smart card per accedere alla nuova piattaforma satellitare;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sta valutando la legittimità della costituzione dell'impresa comune ai sensi dell'articolo 43 del decreto legislativo n. 177 del 2005;
risulta che la RAI non abbia rinnovato il proprio contratto con Sky per la

trasmissione dei propri canali sulla piattaforma satellitare Sky, con ciò rinunciando agli introiti derivanti dal contratto con Sky;
il Contratto di servizio della RAI, all'articolo 26 prevede che la RAI rispetti l'obbligo di neutralità tecnologica attraverso «la cessione gratuita, e senza costi aggiuntivi per l'utente, della propria programmazione di servizio pubblico sulle diverse piattaforme distributive»;
l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha il compito di vigilare sulla corretta applicazione della Rai del Contratto di servizio -:
quali siano i costi fino ad ora sostenuti per la realizzazione dell'impresa comune TivùSat, e quali sarebbero i costi di un eventuale ripristino della situazione precedente alla notifica in caso di divieto alla costituzione della impresa comune da parte dell'autorità;
come si intenda ovviare ad un eventuale divieto di procedere all'impresa comune da parte dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, con conseguente nullità degli atti e relativa sanzione;
se risulti al Governo quale sia il ruolo della RAI nella gestione della piattaforma TivùSat e nell'attività di codifica del segnale e chi tra RAI e RTI gestirà il servizio di accesso condizionato nonché a come siano regolati i rapporti tra RAI e RTI nella nuova piattaforma TivùSat relativamente alla conoscibilità dei dati sensibili delle due aziende;
se RTI possa accedere ai dati di natura strategica della RAI come gli abbonati e la struttura di rete e degli impianti, e viceversa;
posto che per accedere alla piattaforma TivùSat sarà necessario l'acquisto da parte degli utenti di un decoder ad hoc e l'installazione di una nuova parabola se il decoder sarà interoperabile con il decoder della piattaforma satellitare Sky;
se non sia opportuno avviare la costruzione di un decoder unico per garantire una reale concorrenza ed interoperabilità tra le piattaforme, così da permettere un notevole risparmio agli utenti;
se sia stato valutato l'impatto ambientale delle nuove parabole che sarà necessario installare per accedere all'offerta TivùSat;
se risultino al Governo iniziative, per ottemperare a quanto indicato all'articolo 26 del contratto di servizio alla luce delle contrattazioni in corso con Sky sulla trasmissione dei canali RAI sulla piattaforma Skt;
se a eseguito del mancato rinnovo del contratto con Sky, registreranno ingenti perdite derivanti dalla mancata sottoscrizione del contratto con Sky e come ed in quali tempi si ritenga di recuperare tali perdite.
(4-04093)

MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 9 luglio 2009 la Rai, durante la trasmissione «Doc 3», ha proiettato un documentario dal titolo «Come un uomo sulla terra» che racconta la storia di uno studente di Giurisprudenza di Addis Abeba, in Etiopia, che a causa della forte repressione politica nel suo paese, decide di emigrare. Nell'inverno 2005 attraversa via terra il deserto tra Sudan e Libia. In Libia, però, si imbatte in una serie di disavventure legate non solo alle violenze dei contrabbandieri che gestiscono il viaggio verso il Mediterraneo, ma anche e soprattutto alle sopraffazioni e alle violenze subite dalla polizia libica, responsabile di arresti e deportazioni che, dopo la visione del documentario, appaiono inconciliabili con le più elementari norme di diritto internazionale a tutela dei diritti dell'uomo. Il profugo etiope, sopravvissuto all'attraversamento della Libia, è riuscito a giungere via mare in Italia, a

Roma, dove ha iniziato a frequentare una scuola di italiano, punto di incontro di molti immigrati africani. Qui ha imparato non solo l'italiano ma anche il linguaggio del video-documentario. Ha quindi deciso di raccogliere le memorie di suoi coetanei sul terribile viaggio attraverso la Libia, e di provare a far conoscere al mondo quanto sta accadendo nel paese del colonnello Gheddafi;
a differenza di molti altri programmi andati in onda sulle reti RAI, non è possibile rivedere questo documentario sul sito istituzionale, e ciò è evidenziato dalla scritta «Video non disponibile», ma è rimasta visibile, anche se molto difficilmente, la seguente didascalia: «La recente polemica sui "respingimenti" ha tralasciato un piccolo particolare: chi sono quegli uomini e quelle donne sui barconi? Quali sono le loro storie? Che cosa hanno passato per arrivare in Italia? Come hanno fatto ad attraversare un deserto? Cosa vuol dire viaggiare a 50 gradi dentro un container pieno zeppo di persone? Come sono gli analoghi dei nostri CPT in Libia? Sono campi di concentramento finanziati anche dall'Italia? Con i nostri soldi, quindi? Attraverso i racconti dei protagonisti scopriamo l'agghiacciante realtà del passaggio nell'inferno libico, fatto di campi di concentramento nel deserto, di stupri e di esseri umani venduti e comprati (uno di loro - Dagmar Yimer - è co-regista con Andrea Segre). Un eccezionale documento che finalmente dà voce a chi non l'ha mai avuta».;
su numerosi siti Internet è possibile rivedere ed ascoltare un trailer del documentario di poco più di cinque minuti, sul totale di cinquantasette circa, contenenti delle dichiarazioni e dei dialoghi tra profughi etiopi, sottotitolate in italiano, del seguente tenore letterale: «Ci sono due tipi di containers, uno piccolo ed uno grande, io li ho presi entrambi. Si dice che li hanno avuti dal governo italiano. Dall'Italia? Si, dal governo italiano. Questi mezzi sono stati regalati dall'Italia alla Libia... così si dice»;
tutto il documentario è basato su immagini e dichiarazione quali quelli sopra riportati da cui emergono fatti la cui gravità è tale da richiedere la verifica dell'autenticità: in modo specifico, le affermazioni riguardanti la fornitura, da parte del nostro Paese, alla Libia, dei containers sopra citati con cui trasportare i catturati nel deserto verso le prigioni interne, aventi solo delle piccolissime prese d'aria: questi, dopo aver subito trattamenti contrari al diritto internazionale come torture fisiche e morali, iniziano un viaggio in cui tali trattamenti proseguono poiché le condizioni ambientali sono così ostili da provocare svenimenti e morti tra i trasportati in questi mezzi. Ciò è dovuto anche al fatto che i tragitti sono particolarmente lunghi a causa di una lunga peregrinazione tra le varie sedi di segregazione in cerca di «posti liberi» ove imprigionarli;
nel documentario si afferma altresì che è avvenuta una fornitura, da parte del nostro governo, di mille sacchi per cadaveri destinati ai catturati che non sopravvivono al trattamento riservatogli;
per quelli che sopravvivono dopo la serie di violenze subite, è in attesa un ulteriore tragitto: essi sarebbero «ceduti» a trafficanti che li trasportano, questa volta con dei pick-up, sempre forniti dal governo italiano, che li riportano al punto di partenza ove, se la propria famiglia non ha a disposizione 400 dollari per il loro riscatto, iniziano nuovamente questa sorta di via crucis, testimoniata da ulteriori brani del documentario disponibile on line: «Devi passare ad Ajdabia, e pagare ancora se vuoi arrivare a Bengazi. Devi farti mandare altri soldi, o usare quelli che hai. Ma io non avevo da pagare... e così siamo state picchiate e abusate... È così per tutte le donne... per arrivare a Bengazi».; un ulteriore brano: «L'autista aveva una pistola ed una sciabola. Siccome eravamo troppo stretti, alcuni di noi salivano sul tetto del pick-up e allora l'autista, guidando, menava fendenti di sciabola alla cieca. Se ci prendeva ci avrebbe feriti, non aveva nessuna pietà»; a cui segue una

denuncia di discriminazione anche religiosa: «Preferivamo morire piuttosto che doverci togliere la croce. Piangevamo, ma se questa era la volontà di Dio noi l'accettavamo... ma la croce non la volevamo togliere. Cristiani siamo e cristiani rimarremo..., e loro ci sbattevano contro il muro. Mentre gli uomini venivano picchiati noi urlavamo. Come puoi stare zitto quando qualcuno viene frustato. Gli uomini venivano colpiti sotto le piante dei piedi e fino a perdere i sensi... così sono stati espulsi»; sempre riferendosi ai containers: «Arrivati a Misratah c'era ad aspettarci un lunghissimo container. Ci hanno messi subito dentro. Non sapevamo neanche cos'era. Mentre eravamo lì sono state portate dalla prigione oltre 100 persone. Erano soltanto habesha? No, anche di Sudan, Somalia e altri paesi. Io dovevo arrivare a Tripoli e invece guarda il viaggio che ho fatto... sono andato indietro, a ritroso»; l'autore stesso commenta le immagini dei container utilizzati per i trasporti, con queste parole: «Anche se uno è normalmente tranquillo, ti fa diventare pazzo. Non puoi ragionare» -:
se i fatti narrati in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative efficaci ed urgenti intendano porre in essere alfine di scongiurare in futuro il ripetersi di simili fatti;
cosa intenda fare il Governo, in ordine al prosieguo dell'attuazione del Trattato di «amicizia, partenariato e cooperazione» tra Italia e Libia, alla luce dei fatti narrati in premessa, e se non ritenga urgente convocare l'ambasciatore libico in Italia per chiedere l'avvio di un'inchiesta internazionale indipendente che verifichi il rispetto dei diritti umani in Libia, con particolare riguardo alla tutela dei diritti dell'uomo contenute nella Carta delle Nazioni Unite e della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo.
(4-04094)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di informazioni «Italia» il 2 settembre 2009, riferiva della grave e commovente denuncia della signora Caterina Calì, di Vibo Valentia;
la signora Calì è madre di Giuseppe e Ivan Tavella, rispettivamente di 37 e 30 anni, entrambi affetti da una grave forma di distrofia muscolare progressiva. Entrambi sono ricoverati nell'istituto «Don Gnocchi» di Parma;
«Nel nostro Paese - racconta la signora Calì - si è discusso molto della libertà di morire per chi si trova in uno stato vegetativo, ma non si garantisce l'esistenza per quanti si ostinano a vivere nonostante la malattia». La signora Calì assiste da anni i suoi due figli. In Calabria non ha trovato una struttura adeguata per le esigenze per i suoi ragazzi, per cui ha dovuto trasferirsi in Emilia. A Parma i due giovani vengono assistiti, «ma il servizio è insufficiente. Nel mese di agosto a causa di carenza di personale, nessuno ha aiutato i miei figli a fare la doccia. Ho dovuto provvedere io personalmente con l'aiuto di una badante. Il problema non riguarda solo me, ma tanti altri ragazzi ricoverati nella struttura. Non è giusto che le cose vadano così. Quindi qualcuno si faccia carico del problema. Sono disposta, lo ripeto, anche ad andare a Roma dal presidente della Repubblica. Chiediamo che siano applicate le leggi in vigore, le quali, se pienamente applicate, ci consentirebbero un'esistenza migliore. Vogliamo solo che le istituzioni applichino le leggi che tutelano le persone che si trovano nella nostra stessa situazione. Ne invochiamo il rispetto a tutti i livelli. Nel Consiglio di amministratore della fondazione don Carlo Gnocchi è presente un rappresentante nominato dalla Presidenza del Consiglio dei ministri;
se non ritenga di doversi attivare anche tramite il citato rappresentate e quali iniziative si intendono adottare - perché i diritti della signora Calì e dei suoi

due figli siano pienamente tutelati e garantiti, come la legge prevede e prescrive;
se sia noto quante cittadine e quanti cittadini italiani si trovano nelle condizioni dei due figli della signora Calì di che tipo di assistenza beneficiano ed in quali regioni sono residenti, e se sia noto quanti sono stati costretti, come i figli della signora Calì, a trasferirsi perché nella loro regione originaria non ci sono strutture di assistenza adeguata.
(4-04096)

ZAZZERA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 2 dicembre 1943 la Luftwaffe bombardò nel porto di Bari 30 navi inglesi e
americane cariche di sostanze tossiche, irritanti e asfissianti, già proibite dalla Convenzione di Ginevra del 1925;
molte delle navi da guerra furono danneggiate e affondate disseminando il carico nel mare, oltre mille persone persero la vita e altrettante rimasero contaminate o ustionate dalle sostanze nocive;
esplose anche la nave John Harvey, stanziata nel porto di Bari, il cui carico era costituito anche da bombe di iprite;
in virtù di un accordo tra il Ministero della marina mercantile e gli alleati, i residui bellici sarebbero stati affondati ad oltre 20 miglia dalla costa, a circa 460 metri di profondità;
dal giorno di quel tragico evento tra i pescatori di Molfetta si sono verificati numerosi casi di intossicazioni, di cui alcuni anche mortali;
dalle indagini (programma di ricerca armi chimiche affondate e benthos - ACAB) espletate qualche anno fa, è stata rilevata la presenza nelle acque del basso adriatico di sostanze rilasciate dagli ordigni bellici particolarmente dannose e rischiose per gli ecosistemi marini e per le attività di pesca;
in particolare, al largo di Molfetta fu accertata la presenza di 11 ordigni all'iprite facenti presumibilmente parte del carico della nave John Harvey, ma oltre a tale sostanza sotto i fondali giacciono lewsite, adamsite, acido cianidrico, fosgene, disfogene, bombe a grappoli del tipo blu 27 e proiettili all'uranio impoverito;
analisi di laboratorio hanno confermato che il pesce dell'Adriatico è gravemente inquinato, per questo le attività di pesca e di commercializzazione sarebbero state conseguentemente ridotte per cautela sanitaria;
l'11 luglio del 1993 il peschereccio «Francesco Padre» rischiò di affondare a causa di un sommergibile degli Stati Uniti d'America a propulsione nucleare che rimorchiò l'imbarcazione per diverse miglia;
come riportato in un articolo su La Stampa del 4 novembre 2008, «Il Governo Usa indennizzò il comandante del Francesco Padre con 9.554 dollari, a condizione di non rivelare nulla. Ai familiari delle vittime il nostro Governo aveva elargito sulla carta (decreto 1105 del 7 dicembre 1994) 50 milioni a famiglia; tuttavia la somma non è stata mai erogata»;
un anno dopo, e precisamente il 4 novembre 1994, si verificò un'ennesima tragedia al largo del Montenegro, quando il «Francesco Padre» affondò con tutto il suo equipaggio formato da pescatori di Molfetta;
la magistratura chiuse il caso a causa del sospetto che l'imbarcazione trasportasse un carico di esplosivo, ma analizzando le immagini registrate da un robot, stanziato a circa 250 metri di profondità, la marineria di Molfetta avanzò l'ipotesi che l'esplosione della nave fosse stata causata da una mina incagliatasi nelle reti del peschereccio;

Francesco Mastropierro, ingegnere navale e componente della commissione d'inchiesta della Direzione per i sinistri marittimi di Bari, non sembra avere dubbi sulle dinamiche dell'evento, dichiarando: «L'affondamento del Francesco Padre è stata una conseguenza diretta della deflagrazione di un ordigno esplosivo che si è venuto a trovare in corrispondenza della rete appena recuperata dal fondo»;
l'ingegnere Vito Alfieri Fontana, consulente del magistrato, concorderebbe precisando: «L'esplosione è avvenuta all'esterno dell'imbarcazione, diffondendosi all'interno dello scafo»;
risulterebbe che nella zona in cui si trovava la Francesco Padre, vi era in corso l'operazione Nato Sharp Guard;
quell'area infatti è uno spazio di rilascio di bombe della Nato dal 1992, e al momento dell'evento si trovavano sul posto diverse unità da guerra, di cui alcune ancora non identificate;
ciononostante risulta che la magistratura non abbia mai esaminato i tracciati radar che controllavano l'Adriatico, che non furono mai chieste le fotografie satellitari o i rapporti delle unità da combattimento al Pentagono e che nessuno mai abbia richiesto copia di registrazioni radio o telefoniche per far luce sulla tragedia;
non furono identificati i testimoni oculari, ovvero i piloti a bordo del P3c Orion, né fu interrogato il comandante della fregata spagnola Baleares;
il caso è stato archiviato dalla Procura della Repubblica di Trani nel 1997;
nel 2002 il direttore marittimo Nicola Armando Romito avrebbe dichiarato che «il giudice delle indagini preliminari ha disposto la confisca e la distruzione dei corpi di reato», senza far pervenire alcuna comunicazione ai familiari dei marinai di Molfetta rimasti uccisi -:
di quali informazioni disponga il Governo in ordine alla vicenda e quali iniziative intenda adottare per fare piena luce sull'accaduto, eventualmente anche intervenendo in sede Nato affinché siano acquisiti ulteriori elementi conoscitivi;
se corrisponda al vero che l'indennizzo di 50 milioni a famiglia da parte del Governo ai familiari delle vittime stabilito nel decreto n. 1105 del 7 dicembre 1994 non sia stato effettivamente corrisposto, e in caso affermativo, quali iniziative si ritenga opportuno adottare;
quali attività di recupero e bonifica nel mare Adriatico da ordigni e materiali bellici il Governo intenda intraprendere, oltre a quelle già effettuate.
(4-04100)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito online CittàOggi Web il 19 agosto 2009, a Magenta lunedì 17 agosto, i carabinieri della stazione di via Novara hanno notato sporgere dal balcone di un'abitazione una pianta alta circa un metro e trenta centimetri. I carabinieri si sono insospettiti e, dopo i regolari controlli, hanno accertato che in realtà trattasi di una pianta stupefacente di marijuana del peso di un chilo e 350 grammi. Il proprietario, C.T. di 24 anni ufficialmente disoccupato che vive all'interno dell'abitazione in questione, è stato arrestato per produzione e traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope;
qualche giorno prima un sequestro analogo è avvenuto a Sedriano ad opera dei carabinieri di Bareggio. I militari hanno arrestato F.D. nato a Caserta nel 1964, ma residente nel corbettese e di professione artigiano. L'uomo è stato trovato in possesso di una pianta di marijuana alta un metro e mezzo coltivata in un vaso di fiori sul terrazzo dell'abitazione;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo

personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alle vicende esposte in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad

accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalla piantina di marijuana sequestrata dai carabinieri della stazione di Magenta a C.T., nonché dalla pianta, sempre di cannabis indica, sequestrata dai carabinieri di Bareggio a F.D.;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della Legge n. 49/2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della Legge 49/2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacente siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04102)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il giorno 12 agosto 2009, dal sito online Alghero Notizie.it, la mattina di sabato 8 agosto, i carabinieri di Alghero avrebbero arrestato Leonardo O., un 64enne incensurato del posto, sorpreso mentre innaffiava nel suo podere quattro piante di cannabis indica alte 250 cm.;
su disposizione del P.M. di turno, dottor Caria, l'arrestato è stato trattenuto nella camera di sicurezza della caserma di via Don Minzioni in attesa della celebrazione del rito direttissimo;
nell'ambito di analoghi accertamenti, i militari della città catalana hanno denunciato in stato di libertà una coppia di commercianti del luogo, un uomo di 42 anni originario di Sassari e una donna di 44 anni di Alghero, poiché, a seguito della perquisizione della loro abitazione, in località Tanca Farrà, venivano trovati in possesso di due piante di cannabis indica dell'altezza di cm 165 piantate in vasi posti su una terrazza interna, poi sottoposte a sequestro;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di

droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione c.d. «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alle vicende esposte in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile sia dalle quattro piantine di marijuana sequestrate dai Carabinieri di Alghero a Leonardo O., sia dalle due piantine di marijuana sequestrate in località Tanca Farrà;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacente siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene

ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04103)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 18 agosto 2009 dal portale di informazione, cronaca, cultura e attualità OmniaPressi.it, lunedì 17 agosto durante l'attività di controllo del territorio disposta dal Comando Provinciale di Messina, i finanzieri avrebbero scoperto in un terreno privato nella frazione di S. Marina 6 piante di marijuana;
nel corso dell'intervento sono stati arrestati in flagranza, e poi associati presso il carcere di Messina Gazzi, i due soggetti presenti sul fondo, D.L.S. e B.A., entrambi residenti a Milazzo, rispettivamente di 32 e 24 anni;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente

personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle sei piante di marijuana sequestrate dai finanzieri del comando provinciale di Messina;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
ed in ogni caso se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04104)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dall'agenzia AGI, il 17 agosto 2009 un uomo di 54 anni, residente a Lanzo Torinese, sarebbe stato arrestato dagli agenti forestali per avere organizzato una coltivazione di canapa indiana in un orto, su un terreno avuto in uso gratuito da una terza persona, risultata estranea alla vicenda;
l'area interessata dalla coltivazione sarebbe situata nelle adiacenze del torrente Uppia, e proprio durante un servizio di polizia fluviale di controllo dei prelievi idrici, gli agenti hanno notato una serra agricola parzialmente dotata di coperture, come teloni e rete antigrandine, per nascondere l'interno della struttura. Incuriositi da questo particolare, gli agenti hanno iniziato una serie di appostamenti e, una volta avvistato l'uomo che provvedeva alla coltivazione dell'orto e alla cura delle piante di canapa indiana, gli agenti della Forestale sono subito intervenuti scoprendo due piante di «Cannabis indica», poste sotto sequestro penale, di altezze variabili da 140 a 160 centimetri, sicché l'uomo è stato arrestato con l'accusa di coltivazione di piante contenenti sostanze stupefacenti;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di

piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio

attivo ricavabile dalle due piante di marijuana sequestrate dagli agenti forestali;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della Legge n. 49/2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della Legge 49/2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04105)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 7 settembre 2009 dal Giornale di Reggio on-line, domenica 6 settembre 2009 un 44enne di Montecchio Emilia, pensionato ed invalido, è stato denunciato in stato di libertà dai carabinieri del posto, in quanto coltivava sei piantine di marijuana sul greto del fiume Enza;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza

stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle sei piante di cannabis indica sequestrate dai Carabinieri di Montecchio Emilia;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante:
1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo;
2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio;
3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore;
4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04106)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 7 settembre 2009 dal giornaledicomo.it, domenica 6 settembre 2009 due giovani di Olgiate Comasco, un 18enne ed un 20enne, sono stati arrestati in flagranza dai carabinieri del posto con l'accusa di coltivazione e produzione di sostanze stupefacenti;

nel caso di specie i due arrestati sono stati sorpresi a coltivare 16 piantine di cannabis indica all'interno di un bosco;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella 1 di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della

condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle sedici piante di cannabis indica sequestrate dai carabinieri di Olgiate Comasco;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante:
1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo;
2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio;
3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore;
4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04107)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sito internet Il Paese Nuovo.it, il 21 agosto 2009, pubblicava la notizia dell'arresto, a Galatina, in provincia di Lecce, di «due giovani coltivatori di marijuana» e della denuncia di un terzo ragazzo minorenne; dei due ragazzi di 18 e 19 anni la citata testata online riportava nomi e cognomi, mentre ometteva le generalità del minorenne; la polizia ha rinvenuto a casa di uno dei giovani «2 piante di marijuana, 0,9 grammi della stessa sostanza - contenuta in un involucro di plastica - due bilancini di precisione ed altro materiale occorrente per il confezionamento della droga destinata alla vendita». «Al termine degli atti di rito, M. e P. sono stati associati alla Casa Circondariale di Lecce, mentre il minore, atteso anche la marginalità della sua partecipazione ai fatti, è stato denunciato a piede libero»;
secondo quanto riportato il 22 agosto 2009 dall'agenzia di stampa adn-kronos i Carabinieri della stazione di Montecompatri hanno fermato un 50enne del luogo in possesso di tre piante di marijuana nel giardino della sua abitazione. L'uomo è stato accompagnato in caserma e trattenuto in attesa del processo per direttissima;
sempre il 22 agosto, La Nazione nell'edizione di Grosseto, riportava la notizia della denuncia nei confronti di un'insegnante di danza, originaria di Milano, per produzione illecita di stupefacenti. A Castel del Piano, in provincia di Grosseto, infatti, i carabinieri e il nucleo operativo della compagnia di Arcidosso hanno trovato, nel giardino di casa della donna, nascoste tra le piantine di pomodori, tre piante di Marijuana alte quasi 2 metri, già pronte per essere estirpate e da essiccare per il successivo consumo. Durante la perquisizione della casa - si legge ancora nella notizia - i militari hanno trovato anche circa 30 grammi di hashish occultati tra gli effetti personali della donna. La donna, una 40enne incensurata, ha dichiarato di assumere abitualmente stupefacenti, assumendosi la proprietà delle piante ritrovate nell'orto;

nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alle vicende esposte in premessa non ritenga di dover

assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle due piante di marijuana sequestrate dai carabinieri di Galatina, quella ricavabile dalle tre piante sequestrate dai carabinieri di Montecompatri, nonché, quella estraibile dalle tre piante sequestrate dai carabinieri di Grosseto;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante:
1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo;
2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio;
3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore;
4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04108)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 19 agosto 2009 dal portale di informazione RadioNews.it, martedì 18 agosto un 32enne di Cuasso al Monte è stato arrestato dai carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Varese, in collaborazione con la stazione di Porto Ceresio, in quanto il predetto deteneva sul balcone di casa sua due grandi piante di altezza pari a 180 cm;
per l'uomo si sono aperte le porte del carcere dei Miogni, dove si trova attualmente recluso per rispondere dell'accusa di coltivazione illecita di sostanza stupefacente;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento

punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle due piante di cannabis indica sequestrate dai Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile di Varese;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante:
1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo;
2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio;
3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore;
4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene

ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04109)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito online PagineAbruzzo.it, il 17 agosto 2009 i militari della Stazione Carabinieri di Atri hanno tratto in arresto il signor Lubrano Lavadera Danilo di anni 29, ragazzo residente in provincia di Napoli, ma da qualche tempo domiciliato nella cittadina abruzzese, con l'accusa di detenzione al fine di spaccio di stupefacenti;
nel caso di specie, i Carabinieri hanno fatto irruzione nell'appartamento del signor Lubrano rinvenendo al suo interno due piante di marijuana alte circa mezzo metro, interrate in altrettanti vasi, poi sottoposti a sequestro. Il giovane, dopo le formalità di rito, è stato immediatamente associato alla Casa Circondariale di Teramo;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica 309/90, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione

sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetto «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle due piantine di marijuana sequestrate dai carabinieri di Atri al signor Lubrano Lavadera Danilo;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della Legge n. 49/2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della Legge 49/2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacente siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04110)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il 9 settembre 2009, dal portale di informazione online Millemedia, martedì 8 settembre gli uomini della Compagnia di Tricarico, nell'effettuare un vasto servizio di controllo del territorio, mirato, soprattutto, alla prevenzione e repressione di ogni reato connesso con lo spaccio e la produzione di droga, hanno denunciato un 35enne del posto perché trovato in possesso di otto piante di marijuana alte circa una trentina di centimetri ciascuna;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e

ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il disegno di legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle otto piantine di marijuana sequestrate dai carabinieri di Tricarico;
se, più in generale, il Ministro della Giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2)

i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04111)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato il giorno 11 agosto 2009 dal sito on-line Maremma News, la mattina di sabato 8 agosto, nell'ambito dei servizi di prevenzione repressione del traffico di sostanze stupefacenti disposti dal Comando Compagnia Carabinieri di Pitigliano, i militari della Stazione di Scansano hanno ai restato B.L. 50enne di Pancone, il quale, in una porzione di boscaglia attigua alla propria abitazione, ove aveva coltivato alcune piante di marijuana;
nel caso di specie l'uomo è stato accompagnato in caserma a Scansano dove è stato dichiarato in arresto per coltivazione di sostanze stupefacenti in violazione all'articolo 73 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, venendo, successivamente associato al carcere di Grosseto. Lo stesso è comparso successivamente davanti al G.I.P. del Tribunale di Grosseto il quale, dopo averlo ascoltato, ha convalidato l'arresto e disposto nei suoi confronti la misura cautelare dell'obbligo di dimora;
il giorno prima, venerdì 7 agosto, i carabinieri della Stazione di Andora, nell'ambito di un servizio coordinato disposto dal comando Legione Carabinieri Liguria, finalizzato tra le altre cose al contrasto dello spaccio e consumo di sostanze stupefacenti, hanno denunciato in stato di libertà alla Procura della Repubblica di Savona due giovani, Samuele C. e Mauro C., responsabili di coltivazione e detenzione di sostanze stupefacenti;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare

il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alle vicende esposte in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare; quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle piante di marijuana sequestrate dai carabinieri di Scansano e di Andora;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04112)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 24 agosto 2009 l'agenzia Omniroma.it pubblicava una notizia dal titolo «Ariccia, marijuana "fai da te": in manette un netturbino». Nel corpo del breve articolo si leggeva che i carabinieri della stazione di Ariccia avevano arrestato un operatore ecologico di Ariccia di 38 anni per traffico illecito di sostanze stupefacenti. «L'uomo - si leggeva nella nota - coltivava nel vasto giardino della sua abitazione due grandi piante di marijuana, già in avanzato stato di infiorescenza, le cui foglie, una volta estirpate, pesavano in totale 4 kg. L'uomo si è giustificato asserendo che le coltivava per uso personale, ma questa non è una circostanza che rileva ai fini penali: anche la semplice coltivazione è perseguita penalmente»;
il 28 agosto 2009 un lancio dell'agenzia di stampa AGI informava che l'ex segretario provinciale della Cisl di Catania, Salvatore Leotta, era stato arrestato dai carabinieri di Acireale dopo il ritrovamento di nove piante di marijuana nella sua abitazione; Leotta è stato accusato di coltivazione di stupefacenti. «Il sindacalista - si leggeva nella nota - era stato candidato del Pd alla presidenza della provincia di Catania alle ultime amministrative ed era stato sconfitto da Giuseppe Castiglione del Pdl, che lo aveva poi nominato responsabile della task force provinciale per l'occupazione, incarico tuttora ricoperto da Leotta»;
sempre il 28 agosto 2009 l'agenzia Omniroma.it pubblicava una notizia dal titolo «Aprilia, nel giardino casa coltivava marijuana: arrestato». Nel corpo del breve articolo si leggeva quanto segue: «Produceva nel giardino di casa la droga che poi piazzava sul mercato, ben 28 chili di marijuana: è accaduto ad Aprilia, dove i carabinieri della locale compagnia dopo una perquisizione domiciliare, hanno tratto in arresto un camionista di 35 anni, G.B., per coltivazione e detenzione illecita di droga. Sotto sequestro tre piante di marijuana alte oltre due metri e del peso di 28 chili. In casa, il 35enne aveva anche 20 semi di canapa indiana. Nel corso della direttissima in tribunale questa mattina il giudice ha convalidato l'arresto e concesso i domiciliari»;
ancora il 28 agosto 2009 l'agenzia ANSA riportava la notizia dal titolo «Due giovani in manette, coltivavano marijuana». Nel lancio di agenzia si leggeva quanto segue: «Avevano realizzato una piccola piantagione di marijuana, ma sono stati scoperti e arrestati. È accaduto a Monreale (Palermo), dove i carabinieri hanno arrestato Antonino Massi, 19 anni e un diciassettenne. Un altro minorenne è stato denunciato a piede libero. I loro movimenti venivano controllati da qualche giorno e ieri sera i militari li hanno bloccati in via Esterna San Nicola, dove si erano recati per accudire alla piantagione, in un terreno nella disponibilità di Massi. Qui, tra viti e fichi d'india sono state trovate 18 piante di cannabis indica, con prodotti e attrezzi necessari alla coltivazione»;
il 29 agosto 2009 l'agenzia Adn-kronos riportava la notizia dal titolo «Torino: coltiva cannabis nel terreno del padre, "così non finanzio la malavita" arrestato dai carabinieri giovane operaio». Nella nota di agenzia si leggeva quanto segue: «"Me la coltivo da solo perché così non devo andare a comprarla altrove e non finanzio la malavita". Questa la giustificazione data da un giovane operaio di 24 anni di Pinerolo (Torino) ai carabinieri che lo hanno arrestato dopo averlo sorpreso a coltivare sul terreno del padre 29 piante, alte quasi 2 metri, di "cannabis indica". I militari della stazione Luserna San Giovanni e del nucleo operativo sono intervenuti dopo alcune segnalazioni della presenza di strane piante in un piccolo campo di una casa in una frazione di Rorà. Al loro arrivo i carabinieri hanno in effetti trovato il giovane che stava curando le sue piante "stupefacenti" sul terreno di proprietà del padre all'oscuro di tutto. Per

il giovane sono scattate le manette mentre la cannabis è stata sequestrata»;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica 309/90, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella 1 di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 309/90 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo unico sugli stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di

cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alle vicende esposte in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle due piante di cannabis indica sequestrate dai carabinieri della stazione di Ariccia; dalle nove piante di marijuana sequestrate all'ex segretario provinciale della Cisl di Catania, Salvatore Leotta; dalle tre piantine di marijuana sequestrate dai carabinieri di Aprilia; dalle 18 piante di cannabis indica sequestrate dai carabinieri di Monreale al signor Antonino Massi; nonché dalle 29 piante di marijuana sequestrate dai carabinieri di Luserna San Giovanni; se, ed in che misura, la coltivazione della sostanza stupefacente sequestrata in tutte le predette circostanze fosse finalizzata allo spaccio;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;
se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04113)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato l'8 settembre 2009 dal portale di informazione il Cittadino, il quotidiano on-line di Monza e Brianza, domenica 5 settembre i carabinieri di Cesano hanno arrestato D.D., 21enne, per coltivazione non autorizzata di sostanza stupefacente;
nel caso di specie il giovane, di fronte ai genitori che stavano litigando violentemente, non appena ha visto il padre prendere in mano un coltello da cucina e ferire la madre all'addome, ha subito chiamato i carabinieri, i quali, una volta intervenuti, hanno perquisito la casa in cerca dell'arma del delitto trovando due piante di marijuana di proprietà del figlio della coppia, il quale è stato quindi subito tratto in arresto per coltivazione di stupefacenti;
nel nostro ordinamento giuridico, nonostante la rilevanza penale del consumo personale di sostanze stupefacenti sia stato abrogato con il referendum del 1993, la condotta di coltivazione non autorizzata di piante da stupefacenti continua a costituire sempre e comunque un illecito penale (previsto dall'articolo 26 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), con esclusione di qualsivoglia spazio per un intervento punitivo solo in via amministrativa ex articolo 75 decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, e ciò pur in presenza di coltivazioni di modestissima dimensione, rispetto alle quali inconcepibile sarebbe una destinazione al mercato del ricavato;
anche dopo l'incisivo intervento di riforma della disciplina sanzionatoria delle sostanze stupefacenti realizzato nel 2006 con il decreto-legge 30 dicembre 2005 n. 272, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2006 n. 49, il legislatore ha finito con l'aderire a quella opinione

giurisprudenziale senz'altro prevalente, fatta propria anche dalla Corte costituzionale (Corte Costituzionale sentenza 24 luglio 1995, n. 360), secondo cui la condotta di coltivazione, in quanto potenzialmente in grado di aumentare il quantitativo di droga circolante, sarebbe intrinsecamente più grave rispetto a quella di mera detenzione, così da meritare un trattamento punitivo diverso e più severo; ne deriva che tale condotta continuerebbe ad essere vietata e sanzionata penalmente anche qualora la finalità dell'agente sia di destinare il prodotto della coltivazione a mero consumo personale;
il divieto generale ed assoluto di coltivare le piante comprese nella tabella I di cui all'articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990 (fra le quali è annoverata la cannabis indica) appare davvero eccessivo, perlomeno rispetto a quelle condotte di coltivazione rudimentale e domestica di poche piantine, destinate cioè a consentire il ricavo di modestissimi quantitativi di principio attivo, giacché in casi del genere il rischio di destinazione a terzi della sostanza stupefacente è pressoché nullo e parimenti nullo è il rischio per la salute individuale del coltivatore-assuntore;
l'interrogante ha recentemente depositato un progetto di legge per modificare innanzitutto gli articoli 26 e 28 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, così da cogliere la reale diversità di situazione che caratterizza la coltivazione in senso tecnico da attività solo naturalisticamente rientranti in tale nozione, rispetto alle quali è preferibile non operi il divieto di coltivazione in assenza di autorizzazione;
l'altra importante modifica della citata proposta di legge consiste nel richiamare espressamente la condotta di coltivazione sia nell'articolo 73 comma 1-bis che nell'articolo 75 del Testo unico citato, in modo da attribuire alla stessa, qualora emerga che il ricavato della coltivazione sia destinato ad un uso esclusivamente personale, una rilevanza meramente amministrativa;
è opinione dell'interrogante che solo estendendo gli effetti del referendum abrogativo del 1993 anche a tutte quelle attività di coltivazione cosiddetta «domestica» delle piante da stupefacenti, è possibile evitare le irragionevoli conseguenze che discendono dall'applicazione della disciplina di rigore attualmente vigente che, da un lato, impone di sanzionare penalmente il modesto coltivatore di qualche piantina di canapa indiana mentre, dall'altro, punisce solo in via amministrativa le condotte di detenzione per uso personale di sostanza stupefacente anche in quantitativi di significativa consistenza;
appare agli interroganti oltremodo penalizzante e discriminatorio il Testo Unico sugli Stupefacenti nella parte in cui prevede la rilevanza sempre e comunque penale della condotta di coltivazione di cannabis, anche a fronte di detenzione di quantitativi minimi di principio attivo -:
se con riferimento alla vicenda esposta in premessa non ritenga di dover assumere ulteriori informazioni dirette ad accertare quale fosse la quantità di principio attivo ricavabile dalle due piante di cannabis indica sequestrate dai carabinieri di Cesano;
se, più in generale, il Ministro della giustizia non ritenga di dover presentare una dettagliata relazione riferita agli arresti e alle denunce per coltivazione illegale di sostanze stupefacenti (hashish e marijuana) avvenuti in seguito alla entrata in vigore della legge n. 49 del 2006 e riportante: 1) i casi in cui la quantità di principio attivo contenuta nelle piante di cannabis sequestrate era superiore a 500 milligrammi ed inferiori ad 1 grammo; 2) i casi in cui la detenzione delle piante di cannabis derivava da attività di coltivazione finalizzata allo spaccio; 3) i casi in cui l'attività di coltivazione della sostanza stupefacente era destinata al consumo meramente personale del coltivatore; 4) se ed in che misura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 49 del 2006, gli arresti e le denunce per coltivazione non autorizzata di sostanze stupefacenti siano aumentati rispetto al passato;

se non reputi di intervenire, attraverso iniziative normative, affinché il consumo personale di marijuana - sebbene ricavata da attività di coltivazione cosiddetta «domestica» - venga depenalizzato e punito solo in via amministrativa.
(4-04114)

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AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

GARAVINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
tra le azioni concorrenti all'integrazione culturale dei popoli europei quella riguardante l'istruzione e la formazione è sicuramente una delle più efficaci e rilevanti, purché inserita in un quadro di confronto plurilinguistico e multiculturale. L'Unione europea ne riconosce, infatti, il ruolo fondamentale per il conseguimento degli obiettivi della Strategia di Lisbona, precisando come temi chiave da affrontare quello di migliorare l'apprendimento delle lingue straniere e quello di rafforzare la cooperazione europea in questo ambito;
in questa prospettiva, il 18 luglio 2002 è stata firmata una convenzione tra il Governo italiano, la Banca centrale europea (BCE) e il Consiglio superiore delle scuole europee, diretta a istituire una sezione italiana nell'ambito della Scuola europea di Francoforte;
nella convenzione è stato previsto un contributo finanziario della Banca centrale europea e del Governo italiano, impegnato a inviare insegnanti italiani presso la scuola, nel caso che la quota di studenti italiani non raggiunga il livello del 50 per cento di alunni di una delle categorie nelle quali l'utenza è articolata;
il 18 luglio 2008, il Governo italiano ha comunicato al Consiglio superiore delle scuole europee la sua intenzione di recedere dal contributo finanziario a partire dall'anno scolastico 2009/2010, pur confermando l'invio di insegnanti a sostegno della sezione italiana;
il concorso finanziario dell'Italia al mantenimento della sezione italiana è dirimente ai fini della sopravvivenza di questo corso di studi, con la conseguenza che lo stesso invio di insegnanti potrebbe rivelarsi superfluo;
dopo i tagli alle borse di studio attribuite al Collegio d'Europa di Bruges, questa decisione rappresenterebbe un ulteriore passo indietro del nostro Paese sul piano delle politiche di integrazione culturale in ambito europeo -:
se non ritenga di disporre la continuità del finanziamento integrativo del Governo italiano a beneficio della sezione di italiano presso la Scuola europea di Francoforte, in modo da scongiurare la deprecata ipotesi di chiusura di tale sezione, già a partire dai prossimi mesi.
(4-03944)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Fernando Nardini detenuto in Thailandia da circa 7 mesi con una condanna in primo grado all'ergastolo, si trova in una precaria situazione fisica come ha verificato il Console Onorario, avvocato Paolo Battaglino;
Fernando Nardini sarebbe stato interrogato in una stazione di polizia in lingua thailandese a lui sconosciuta senza l'assistenza di un interprete né di un legale condannato;
la polizia gli avrebbe fatto firmare dei fogli in lingua locale e tale documentazione sarebbe stata posta a base della condanna di primo grado di Fernando Nardini all'ergastolo come mandante di un omicidio a lui sconosciuto;
anche il processo si sarebbe svolto in lingua thailandese e sempre senza alcun

interprete ufficiale; a Fernando Nardini, che ha i genitori molto anziani (oltre gli 80 anni) non sarebbe consentito fare o ricevere telefonate da casa;
il console onorario, avvocato Paolo Battaglino, ha chiesto la visita da parte di un medico che ha riscontrato uno stato di ipertensione arteriosa con valori di 160/100;
di per sé questi dati non sarebbero allarmanti se non fosse che l'infermiera del carcere cura già Fernando Nardini con lo Hydroclotothiazide da diverso tempo ma senza nessun giovamento -:
se quanto riferito corrisponde al vero;
se sia stata violata la Convenzione sulle relazioni consolari e quali azioni conseguenti intendano assumere nei confronti del Governo tailandese;
quali azioni intendano assumere per assicurare a Ferdinando Nardini la possibilità di fare o ricevere telefonate da casa;
quante visite da parte della rappresentanza italiana sono state fatte a Ferdinando Nardini nel corso della sua detenzione e quali misure intendono assumere a tutela della sua condizione sanitaria.
(4-03997)

GIANNI FARINA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Procura di Zurigo ha aperto questa estate un'azione giudiziaria a carico del signor Antonio Giacchetta, già responsabile del Patronato INCA dell'Ufficio di Zurigo, (una delle organizzazioni di tutela e assistenza ai nostri connazionali in Svizzera, in Europa e nel mondo, la cui opera è universalmente apprezzata e appare oggi eventualmente vittima, unitamente ai connazionali interessati, di un raggiro criminoso da parte di un suo dipendente - decaduto dalle sue funzioni al primo emergere dei fatti - tale da aprire una attenta riflessione sulla catena di controllo interno degli incaricati di operazioni di particolare delicatezza) per verificare la veridicità di sue gravi responsabilità per essersi trattamento indebitamente degli averi di cassa pensione (in Italia equivale al «trattamento di fine rapporto») di numerosi cittadini italiani residenti nella Confederazione elvetica, i quali gli avevano affidato - consapevolmente o non e attraverso procedure alquanto singolari - le loro pratiche pensionistiche;
data l'entità del fenomeno, che secondo una stima non ufficiale pare riguardi un centinaio di casi per una somma complessiva di circa 20 milioni di franchi svizzeri (circa 13 milioni di euro), le operazioni finanziarie condotte dal signor Antonio Giacchetta, richiedevano procedure e modalità appropriate, alcune delle quali presso il Consolato generale d'Italia in Zurigo, per permettere in primo luogo agli enti gestori delle casse pensioni svizzere di ottemperare alle richieste di riscossione del capitale da parte degli assicurati, capitale successivamente versato su conti correnti bancari intestati al signor Antonio Giacchetta, e in secondo luogo, agli istituti bancari di versare dai suddetti conti una rendita mensile ai cittadini e alle cittadine indicati dal signor Giacchetta come titolari di un'inedita rendita pensionistica;
il caso è esploso quando alcuni titolari della rendita di cassa pensione non si sono visti più accreditare sul loro conto corrente bancario l'abituale importo mensile e hanno deciso di denunciare pubblicamente l'accaduto -:
se siano state rilevate irregolarità nel corso degli ultimi 6-7 anni presso l'ufficio del Consolato generale d'Italia in Zurigo, autorizzato a rilasciare atti ufficiali, con timbro del Consolato generale d'Italia in Zurigo e firma del funzionario preposto, nonché ad attestare l'autenticità della firma consensuale del legittimo beneficiario, da esibire agli enti gestori dei fondi di cassa pensione ai fini della restituzione del capitale appartenente al titolare del premio di previdenza sociale;
se, in considerazione dei fatti sopra esposti, sia stata avviata un'indagine ispettiva

presso il Consolato generale d'Italia in Zurigo per verificare eventuali irregolarità compiute nel corso degli ultimi 6-7 anni presso l'Ufficio del Consolato generale d'Italia in Zurigo, autorizzato a rilasciare atti ufficiali, con timbro del Consolato generale d'Italia in Zurigo e firma del funzionario preposto, da esibire agli enti gestori dei fondi di cassa pensione ai fini della restituzione del capitale appartenente al legittimo titolare del premio di previdenza sociale;
se, in presenza di accadimenti di una tale gravità, verificatisi attraverso metodi perlomeno inabituali, (la riscossione del capitale della cassa pensione riguarda, generalmente, ogni singolo beneficiario, e sembra che non tutte le casse abbiano avvalorato l'inedita procedura) le istituzioni italiane, a tutela dei loro cittadini, abbiano intraprese o intendano intraprendere le necessarie iniziative presso le competenti autorità locali per verificare eventuali responsabilità delle stesse casse pensioni nel non aver proceduto ai necessari controlli di fattibilità e regolarità di ogni singola operazione che, da quanto emerge, ha messo a repentaglio i fondi pensione accumulati dai nostri connazionali;
se, data la grave situazione finanziaria di tanti nostri connazionali, determinata dagli accadimenti sopradescritti, il Ministro interrogato non possa prevedere un intervento di sostegno economico nel tempo (un fondo straordinario), sino alla definizione delle responsabilità in sede giudiziaria, a favore dei nostri connazionali colpiti a cui viene a mancare un pilastro fondamentale per la loro esistenza.
(4-04037)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'area della città di Gela da tempo è nota per i mostruosi tassi di malformazioni e di tumori;
recentemente l'Organizzazione mondiale della sanità ha scoperto che nelle vene degli abitanti di Gela scorre anche arsenico. Il biomonitoraggio effettuato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) è durato mesi, e ha dato risultati scioccanti: il sangue del 20 per cento del campione, composto in tutto da 262 persone, è risultato pieno di veleno; oltre all'arsenico ci sono tracce di rame, piombo, cadmio e mercurio;
non si tratta di operai esposti sul lavoro, ma di casalinghe, impiegati, giovani sotto i 44 anni, residenti a Gela, e nelle vicine città di Niscemi e di Butera. Nelle loro urine sono stati trovati livelli di arsenico superiori del 1.600 per cento al tasso-limite. Facendo una proporzione sul totale dei residenti, a rischio avvelenamento potrebbero trovarsi più di 20 mila persone;
«nell'area in studio», si legge nel rapporto pubblicato su «Epidemiologia&Prevenzione», «si osserva una mortalità generale per tutti i tumori significativamente più elevata, sia negli uomini sia nelle donne». Il boom riguarda il cancro alla pleura, ai bronchi e ai polmoni, con eccessi di patologie per lo stomaco, la laringe, il colon e il retto. Un disastro sanitario che è evidente anche nelle tabelle sulle malattie generiche, con troppi ricoveri per malattie psichiatriche e avvelenamenti;
che la situazione a Gela sia drammatica sembra provarlo anche un'altro report firmato dall'Istituto superiore di sanità: tra i lavoratori del petrolchimico, i più a rischio sono quelli che, finito il

turno, tornano a casa in città. I pendolari non residenti hanno tassi di mortalità per cancro polmonare molto più bassi;
per la prima volta gli scienziati hanno in mano un potenziale nesso tra inquinamento del territorio e mortalità in eccesso. Un legame che dovrebbe indurre le istituzioni a intervenire con urgenza, mettendo in campo politiche di prevenzione più efficaci: anche se non sappiamo ancora il tipo di arsenico che circola nel corpo dei gelesi (quello inorganico è cancerogeno, quello organico è tossico, ma assai meno pericoloso), gli scienziati chiedono subito maggiori controlli sugli alimenti, in particolare su verdure, pesci e crostacei;
Fabrizio Bianchi, epidemiologo del Cnr, che ha coordinato la ricerca ha dichiarato: «L'impatto ambientale è indubitabile. In mare, nelle acque, sulla terra ci sono concentrazione di metalli superiori fino a un milione di volte i livelli accettabili. L'arsenico non era già presente in forme naturali, come dice qualcuno, ma è stato immesso dall'uomo. La «pistola fumante»? Diciamo che abbiamo trovato i proiettili, ora dobbiamo capire chi ha sparato» (dichiarazione rilasciata al settimanale L'Espresso il 6 agosto 2009);
attualmente a Gela è attiva la grande raffineria dell'Eni, ma nell'area per decenni hanno fabbricato clorosoda, acido cloridrico e altri prodotti chimici. Le bonifiche già partite sono poche, la stragrande maggioranza dei veleni resta a terra -:
quali urgenti iniziative a tutela della salute degli abitanti di Gela e del patrimonio ambientale i Ministri interrogati intendano adottare, promuovere e sollecitare per quanto di propria competenza;
in particolare, se non si ritenga urgente e necessario operare affinché sia acclarato l'iter delle attività di bonifica, anche sollecitando un celere iter delle conferenze istruttorie, anche perché l'arsenico è un composto che non rimane a lungo nel corpo e le grandi quantità trovate dimostrano che l'esposizione è tutt'ora in corso.
(4-03907)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende di quello che viene descritto come un vero e proprio scempio realizzato in località Cala Luna in Sardegna;
che in particolare, come riferisce la scrittrice Michela Murgia, nel suo blog (www.michelamurgia.com) è stato distrutto lo scoglio fungo al fine di inserire una bitta d'acciaio;
«In un modo o nell'altro, noi a Cala Luna ci dobbiamo far arrivare la gente, perché non è possibile avere una spiaggia così e non usarla al massimo della capienza stipabile. Questo devono aver pensato i vandali che due settimane fa hanno martellato il caratteristico scoglio a fungo della famosa spiaggia sarda per impiantarci una bitta d'acciaio per l'attracco di natanti»; si legge, tra l'altro, nel blog di Michela Murgia, che con amara ironia aggiunge: «Del resto, "occuparsi di ambiente significa impegnarsi per far nascere un modello di coesistenza creativa tra gli esseri umani e la natura". Sono parole di Ugo Cappellacci nel programma con cui è stato eletto alle scorse Regionali sarde, e in quell'ammiccante accenno alla creatività era difficile non vedere legittimata la rabbia di quanti soffrivano le leggi forti che fino a quel momento avevano risparmiato le coste dell'isola dalla speculazione edilizia. La creatività, si sa, risponde solo alle regole che si dà l'artista stesso, e da questo punto di vista i creativi disposti a trovare ispirazione cementizia in Sardegna davvero non si contano. Quasi tutti adesso aspettano fiduciosi le decisioni della Regione in merito per poter tornare a fare affari creativi direttamente sull'orlo di smeraldo del mare sardo, ma tra di loro

"l'artista" di Cala Luna doveva essere il più impaziente, se ha deciso di aggirare i tempi tecnici della burocrazia per creare opere estemporanee. Ha scelto bene la tavolozza: l'orientale Cala Luna è una delle spiagge più famose e ambite di tutto il Mediterraneo, talmente bella da essere voluta dalla Wertmuller per rappresentare l'isola caraibica del set di "Travolti da un insolito destino nell'azzurro mare d'agosto". I sardi certo la frequentavano già, ma grazie a quella e altre vetrine il numero degli appassionati di Cala Luna nel tempo è sempre cresciuto, non solo grazie alla caratteristica acqua trasparente, ma anche al contorno di veri gioielli rupestri come le molte grotte della costa centro-orientale e le rocce cesellate dal vento in forme affascinanti. Tra queste ultime la più nota è proprio lo scoglio deturpato dal martello pneumatico, famoso come "fungo di Cala Luna" per il tronco sottile e la sommità ad ombrello che sembra galleggiare sull'acqua trasparente. Gli ignoti vandali notturni hanno ritenuto di declassarlo da monumento geologico ad aggancio di supporto per il ponte attiguo, probabilmente bisognoso di un rinforzo a causa del continuo flusso di turisti che con frequenza impressionante ci arriva sopra tutti i giorni provenendo dalle vicine Arbatax, Santa Maria Navarrese, Cala Gonone, Orosei e La Caletta. Certo è difficile credere che un vandalo possa fare una operazione così funzionale per pura ispirazione creativa; è più credibile pensare che l'ignoto martellatore si nasconda tra i diversi soggetti interessati turisticamente alla spiaggia, che purtroppo - avendo la sventura di essere contesa da molti anni tra il comune di Baunei e quello di Dorgali - sconta anche così la debolezza permanente propria delle terre di nessuno»;
all'interrogante risulta che il comune di Baunei sia stato l'unico a denunciare alle autorità l'atto vandalico, segnalando l'irrimediabile scempio -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale episodio di vandalismo;
quali iniziative intendano promuovere e sollecitare per verificare quanto avvenuto in località Cala Luna, anche mediante il Comando Carabinieri per la tutela dell'ambiente, per accertare eventuali omissioni delle autorità preposte e per evitare che episodi analoghi possano ripetersi in futuro.
(4-03911)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nelle ultime settimane i livelli di inquinamento registrati sul litorale dell'hinterland napoletano e in particolare nell'area flegrea a nord del capoluogo partenopeo, risultano essere drammaticamente incrementati;
secondo i dati elaborati dal rapporto acque di balneazione 2009, soltanto nella provincia di Napoli i chilometri di costa inquinata ammontano a 30, un dato enormemente superiore alla media di altre città italiane;
i dipendenti di Hydrogest, gestore del depuratore di Cuma, nell'area flegrea, hanno bloccato per due giorni l'impianto per protestare contro il mancato pagamento degli stipendi, sversando come segno di protesta direttamente in mare i liquami provenienti da Napoli e dall'entroterra a Nord, con gravi conseguenze sul livello di inquinamento e soprattutto con grave impatto sul tenore turistico dell'intera zona;
si parla di sversamento in mare non solo di liquami e acque reflue ma anche di materiali organici, probabilmente di origine ospedaliera, che avrebbero condotto alla proliferazione di parassiti e organismi microbiologici;
molti dei parassiti e degli organismi proliferati con il pesante inquinamento marino, sopravvivono in acque stagnanti e putride e sono visibili ad occhio nudo dai cittadini, soprattutto lungo le coste flegree e lungo il litorale casertano;

il deterioramento ambientale avrebbe condotto al sorgere di infezioni che colpiscono soprattutto i bambini, e alcune fonti di informazione locale testimoniano di un incremento delle patologie contratte al mare o sulla spiaggia;
sembra dilagare l'allarmismo tra i cittadini del napoletano e tra i turisti, che sembrerebbe però non essere affrontato adeguatamente dai media, se non da giornali di quartiere o piccole emittenti private, e dalle istituzioni;
l'inquinamento balneare appare un argomento tabù sul quale sarebbe opportuno fare chiarezza, sia sotto il profilo degli effetti sanitari che questa emergenza potrebbe comportare sia informando adeguatamente i bagnanti circa le aree più pericolose o più esposte ai rischi di patologia da inquinamento, onde evitare che si crei un castello di menzogne pericoloso nell'opinione pubblica;
il settore turistico balneare della provincia di Napoli ha subito un brusco freno, e la perdita è quantificabile intorno al 70 per cento rispetto ai dati 2008, un duro colpo ad una regione, ricca di bellezze e patrimoni, in cui il turismo rappresenta una delle più importanti voci di bilancio -:
se i ministri interrogati sono a conoscenza di quanto verificatosi negli ultimi due mesi nella regione Campania sotto il profilo dell'inquinamento delle coste;
se intendono fare chiarezza sui dati relativi alle presunte infezioni e alle malattie contratte dai cittadini che malauguratamente si sono imbattuti nelle acque infette delle coste campane;
se intendano predisporre d'intesa con le amministrazioni competenti adeguati accertamenti e rilievi al fine di verificare la corretta applicazione dei parametri operativi del depuratore di Cuma;
quali iniziative intendano intraprendere al fine di fornire una corretta informazione su quanto sopra descritto e al fine di fornire una dovuta tutela della salute dei cittadini campani e dei tanti turisti che arrivano ogni giorno nella regione.
(4-03946)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo uno studio diretto da Katsuhiko Saido del College di Farmacia dell'università Nihon a Chiba, presentato al 238/imo Meeting and Exposition della American Chemical Society in corso a Washington, emerge che la plastica avvelena gli oceani poiché si «scioglie» nelle acque marine rilasciando composti tossici di ogni tipo, che vengono poi assorbiti dagli organismi oceanici mettendone così a rischio la vita e la capacità riproduttiva;
i ricercatori giapponesi hanno dimostrato che nelle condizioni di temperatura, vento e sole degli oceani, la plastica si degrada e lo fa in fretta, rilasciando sostanze tossiche che vengono facilmente assorbite dai pesci. Un esempio su tutti: il polistirene, materiale termoplastico usato negli imballaggi, inizia a decomporsi già dopo un anno;
una volta decomposta, hanno spiegato gli esperti, la plastica rilascia quindi vari tipi di stireni, composti cancerogeni, e il famigerato bisfenolo A (BPA), sostanza chimica utilizzata nel packaging alimentare (bottiglie, contenitori e rivestimenti interni di lattine) più volte sospettata di avere effetti cancerogeni e sulla fertilità, mettendo in serio pericolo l'ecosistema marino;
contrariamente a quanto ritenuto finora quindi, la plastica che arriva in mare, ad esempio per mano dei vacanzieri che abbandonano sulle spiagge bottiglie e sacchetti, lungi dall'essere indistruttibile, si decompone per esposizione alle intemperie e lo fa velocemente rilasciando numerose sostanze tossiche;

in Italia si consumano due miliardi di sacchetti di plastica al mese, 400 a testa in un anno, un quarto di quelli che si producono in tutta Europa e meno di tre su dieci vengono riciclati -:
come intendano incentivare maggiormente il riciclaggio dei materiali plastici in Italia;
se non ritenga il Ministro dell'ambiente di integrare i contenuti della campagna «Spiaggia Libera» - che verranno ancora trasmessi - con le informazioni sopra riferite relative al rilascio in mare di composti tossici provenienti dalla plastica di ogni tipo, che vengono poi assorbiti dagli organismi marini e quali risultati ha dato finora la campagna «Spiaggia Libera»;
se intendano sostenere l'adozione dei decreti attuativi della Finanziaria 2007, che prevedeva di «giungere dal definitivo divieto, a decorrere dal 1o gennaio 2010, della commercializzazione di sacchi non biodegradabili per l'asporto di merci», rispettando la scadenza suggerita dalla direttiva comunitaria EN 13432.
(4-03952)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il rapporto recentemente pubblicato dal titolo «2050 China Energy and CO2 Emissions Report» prospetta per la Cina, principale produttore mondiale di sostanze clima-alteranti, una decisa svolta nelle politiche energetiche;
il rapporto è frutto di un lavoro collettivo di studiosi che ha visto la partecipazione di grandi esperti dei think-tank statali cinesi, tra i quali membri dell'Energy research institute e dello State council development Research centre;
lo studio rappresenta un segnale importante perché Pechino, anche se recentemente ha assunto una posizione meno intransigente rispetto alla possibilità di contenere le sue emissioni di gas serra, si è sempre dichiarata indisponibile a rispettare precisi target;
secondo la prefazione alla pubblicazione la Cina è diventata nel 2008 il principale emettitore di gas serra scavalcando gli Stati Uniti e deve fronteggiare sfide senza precedenti;
nel Rapporto si legge che con politiche appropriate la crescita delle emissioni dovrebbe rallentare dal 2020, con il picco raggiunto intorno al 2030. Se la Cina dovesse raggiungere questi risultati, il livello di anidride carbonica provocato dai suoi combustibili fossili potrebbe scendere al livello del 2005 o anche a livelli più bassi entro il 2050;
se la Cina condividesse obiettivi precisi (anche se ancora blandi) in materia di ambiente sarebbe un enorme passo avanti nella lotta al riscaldamento globale -:
se siano a conoscenza del contenuto del Rapporto «2050 China Energy and CO2 Emissions Report» e se intendano utilizzare i dati e le posizioni in esso contenuti ed espresse nei confronti della Cina per portarla a condividere obiettivi precisi (anche se ancora blandi) in materia di ambiente soprattutto in vista della conferenza Onu di Copenhagen di dicembre, dove andrà sottoscritto un nuovo patto mondiale per sostituire il protocollo di Kyoto che scadrà alla fine del 2012.
(4-03955)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
un'indagine svolta sulle strutture ricettive e turistiche che aderiscono alla etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo evidenzia che anche gli hotel possono essere ecosostenibili; in particolare la ricerca (condotta su 305 hotel

ecolabel) ha dimostrato una riduzione della produzione di CO2 di ben 21.000 tonnellate, con un concreto miglioramento dell'opinione sull'ospitalità da parte dei clienti, coinvolti nelle azioni per il risparmio di acqua ed energia e nell'utilizzo dei mezzi pubblici e delle biciclette;
in questa iniziativa sono coinvolti 372 alberghi sia annuali che stagionali, distribuiti in 15 regioni, con oltre 50.000 posti letto, che nel 2008 hanno contato circa 5 milioni e 300 mila presenze e che, grazie a piccoli accorgimenti di gestione, hanno ottenuto un miglior posizionamento sul mercato, alleggerito le loro bollette e consentito una minore produzione di anidride carbonica -:
se e come intendano promuovere una maggior sostenibilità ambientale delle strutture ricettive e turistiche.
(4-03958)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dal Rapporto osservasalute ambiente (2008), emerge che vi sono differenze di performance tra regioni nell'affrontare il rischio ambientale;
secondo il Rapporto infatti l'Abruzzo registra troppi rifiuti in discarica e, al 2006, risultava privo di impianti di incenerimento;
la Basilicata vanta il dato migliore sull'inquinamento da benzene, non solo il più basso d'Italia, ma anche quello meglio monitorato;
i cittadini della provincia di Bolzano risultano i più protetti dall'inquinamento da campi elettromagnetici per radiazioni non ionizzanti; è alto però l'inquinamento da benzene;
la Calabria è invece la regione con la più bassa concentrazione di radon nelle abitazioni. Ma per quanto riguarda il monitoraggio della qualità dell'aria, la Calabria ha non pochi problemi: al 2006 aveva solo 3 stazioni di rilevamento della qualità dell'aria e per l'inquinamento da benzene non fornisce dati;
la Campania fa i conti con un quadro legislativo incompleto sul rischio da inquinamento acustico e ha 18 stazioni di rilevamento della qualità dell'aria, numero inadeguato per la sua estensione territoriale;
l'Emilia Romagna ha una produzione pro capite di rifiuti solidi urbani tra le più alte d'Italia. Va meglio nel monitoraggio della qualità dell'aria: la regione ha 47 stazioni di rilevamento;
il Friuli Venezia Giulia è la regione che ha incrementato meno la sua produzione di rifiuti tra 1999-2006: solo il 4,2 per cento in più. Bene anche per la raccolta differenziata: nel 2006 il 33,3 per cento dei rifiuti viene raccolto in questo modo, con un incremento dal 1999 del 17 per cento. Ma per l'esposizione al radon, è una delle peggiori in Italia;
quanto ad esposizione a randon è comunque il Lazio a detenere la «maglia nera»: presenta il valore più elevato, pari a 119 Bq/m3;
la Liguria vanta un buon sistema di erogazione dell'acqua che evita gli sprechi ma è la peggiore al Nord per quanto riguarda la raccolta differenziata;
la Lombardia è la regione che presenta la migliore gestione dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani: ha il primato virtuoso di regione che smaltisce in discarica la percentuale inferiore di rifiuti urbani prodotti (815.869 tonnellate, solo il 17 per cento del totale);
le Marche fanno i conti con uno tra i più elevati livelli di inquinamento da polveri fini;
il Molise ha un dato negativo qualità dell'aria: nel 2006 aveva solo 2 stazioni di rilevamento;

il Piemonte e la Sardegna sono le regioni che hanno incrementato di più il livello di raccolta differenziata;
il Veneto è la prima regione in Italia nel campo della differenziata con ben il 48,7 per cento dei rifiuti solidi urbani viene raccolto in maniera differenziata;
la Sicilia è la regione con il maggiore numero in Italia di stazioni di rilevamento della qualità dell'aria, mentre la Toscana presenta la migliore gestione del rischio da inquinamento acustico;
l'Umbria ha fatto registrare l'incremento maggiore in Italia nella produzione di rifiuti solidi urbani;
la Puglia è, infine, fanalino di coda in Italia per erogazione pro capite di acqua potabile, mentre la Valle d'Aosta è la regione con la maggiore disponibilità -:
se corrisponde al vero quanto riportato nella pubblicazione sopra menzionata;
se non ritengano i Ministri interrogati che sia necessario promuovere politiche ambientali e di tutela della salute pubblica maggiormente coordinate in modo da assicurare maggior uniformità di risultati sul piano nazionale in materia di rischio ambientale e di tutela della salute pubblica.
(4-03959)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa del 20 agosto 2009, anticipando il contenuto di un articolo del settimanale l'Espresso, informano che è stata individuata in Calabria un'area radioattiva, dopo anni di indagini della magistratura, a pochi chilometri dal luogo del naufragio della motonave Rosso, non lontano dal litorale cosentino;
si è scoperto che nella zona è avvenuto lo smaltimento di rifiuti tossici provenienti dalle lavorazioni industriali e sono emerse testimonianze che collegano questi ritrovamenti a traffici, via mare, di scorie pericolose riscontrando nei comuni limitrofi l'aumento dei tumori maligni, con un pericolo a tutt'oggi incombente sulla popolazione;
nella relazione conclusiva dei lavori della Commissione bicamerale sui rifiuti della XV legislatura si legge che, per quanto riguarda la Calabria, sotto il profilo della trasparenza, al momento della presa di possesso delle funzioni commissariali da parte del prefetto Antonio Ruggiero, «l'assenza di registrazioni contabili dotate di requisiti minimi di analiticità», «la mancanza presso gli uffici affidatigli di un archivio, con la conseguenza che la ricerca delle pratiche era per lo più affidata alla memoria dei funzionari» e «il caso di alcune ditte che erano aggiudicatarie di una lunga serie di appalti con affidamento diretto o tramite gare aggiudicate anche sulla base di una sola offerta»;
a giudizio degli interroganti vi è un nesso tra assenza di trasparenza e proliferazione di attività illegali -:
se non intendano attivarsi per accertare come tale situazione si sia potuta verificare, e per responsabilità di chi, compresi gli omessi controlli;
se non intendano introdurre sul piano nazionale strumenti che assicurino massima trasparenza relativamente agli aspetti gestionali dell'intero ciclo dei rifiuti.
(4-03960)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
il rapporto acque di balneazione 2009 pubblicato dal Ministero del lavoro,

della salute e delle politiche sociali, ha fotografato una situazione sostanzialmente positiva e stabile rispetto all'anno precedente, per buona parte degli oltre 7 mila chilometri di coste che circondano l'Italia;
infatti, secondo il rapporto, il 96 per cento dei quasi 5 mila siti balneari italiani ha superato la prova balneabilità imposta dall'Unione europea;
non mancano però le aree in emergenza con la Campania che primeggia per ridotta percentuale di balneabilità, con solo l'80,8 per cento dei siti dove è possibile immergersi senza correre rischi per la salute, seguita dal Veneto, con l'89,8 per cento, dal Lazio (92,8 per cento) e dalla Calabria (93,3 per cento);
a livello provinciale, pagelle con voti insufficienti per Rovigo (24,9 le spiagge off limits), Napoli (19,8 per cento) e Roma (13,6 per cento) con litorale casertano, che registra il 66 per cento di coste inquinate e risulta quindi il «peggiore della classe»;
l'inquinamento delle acque di balneazione - secondo il rapporto - è dovuto in larghissima parte a inquinanti biologici: i coliformi (totali e fecali), gli streptococchi e le salmonelle motivano l'84 per cento delle interdizioni alla balneazione, mentre la restante parte è dovuta a inquinamento chimico e fisico;
quanto al litorale casertano (Il Sole 24 ore dell'11 agosto) sarebbero liquami scaricati in mare, depuratori che non funzionano, opere di collettamento insufficienti, eccessivo sfruttamento del suolo agricolo con relative infiltrazioni nella poco profonda falda freatica di liquami zootecnici e concimi chimici a causare la grave situazione;
in particolare secondo quanto riferito da Alessandro Diana, direttore generale della Provincia di Caserta sarebbe «la gestione dei corsi d'acqua come il Volturno e l'Agnena, molto inquinati dai continui sversamenti delle aziende agricole e zootecniche, ma soprattutto dei Reggi Lagni, un sistema fognario a cielo aperto di epoca borbonica che convoglia molte delle acque nere dell'entroterra verso il mare, responsabile del 70 per cento dell'inquinamento. Nel 1973, dopo l'epidemia di colera che si era abbattuta sulla zona, è stata iniziata la costruzione di una serie di depuratori che tuttavia non hanno mai lavorato a pieno regime»;
queste responsabilità, tuttavia, andrebbero divise anche col sistema produttivo retrostante la costa poiché, secondo Giuseppe Messina di Legambiente Caserta, dietro le spiagge casertane «c'è la Campania felix, un'area dove su un totale di 107 mila ettari di terreno trovano spazio 40 mila aziende agricole e zootecniche che svolgono un'attività intensiva altamente nociva per l'ecosistema che, in presenza di una falda freatica a meno di 40 centimetri dalla superficie del suolo, riceve ogni giorno quantità insopportabili di reflui animali e di anticrittogamici. Inoltre, in questa zona, ogni anno vengono letteralmente appoggiati sul terreno circa 7 milioni di tonnellate di rifiuti provenienti in maggioranza dal nord industrializzato, parte dei quali vengono bruciati nottetempo in 17 siti sparsi nella campagna fra Napoli e Caserta» -:
se corrisponde al vero quanto sopra riferito e quali misure di competenza intendano adottare per migliorare la condizione dei siti balneari che hanno registrato i sopra descritti elementi di criticità a partire dagli inquinanti biologici e dalle spiagge del casertano.
(4-03963)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
martedì 11 luglio 2009, il Consiglio direttivo dell'Ente Parco del Pollino ha deciso di sospendere per quarantacinque giorni il parere favorevole reso in sede di Conferenza dei Servizi il 30 luglio scorso riguardo la riconversione a biomasse della

centrale termoelettrica di Laino Borgo che sarebbe costata 50 milioni di euro ma essendo ferma da 4 anni avrebbe provocato perdite per 12 milioni di euro l'anno;
il Presidente del Parco nazionale del Pollino, Domenico Pappaterra ha segnalato ai Prefetti «che in seguito alla chiusura della Conferenza dei Servizi» riguardante la Centrale del Mercure, conclusasi con i pareri favorevoli resi dalla quasi totalità dei soggetti competenti ad esprimerli, nella Valle del Mercure si è accesa una forte mobilitazione di sindaci, associazioni e movimenti contrari all'attivazione dell'impianto, sfociata in due distinte manifestazioni di protesta svoltesi presso la sede dell'Ente parco del Pollino di Rotonda (Potenza);
le motivazioni sarebbero sia di ordine generale (incompatibilità di una Centrale in un'Area Protetta, i potenziali rischi per la salute dei cittadini, l'acquisizione delle biomasse da parte dell'Enel, la notevole movimentazione di mezzi pesanti lungo le strade locali, eccetera), sia di ordine tecnico relativamente alla legittimità dei pareri resi dai vari soggetti competenti a far data dal 2002;
l'iter autorizzativo della riattivazione in esercizio della Centrale del Mercure - ricorda Pappaterra nella lettera ai Prefetti - si era concluso in data 2 settembre 2002 con l'autorizzazione rilasciata dalla competente amministrazione provinciale di Cosenza; solo successivamente e preliminarmente all'entrata in esercizio, il Ministero dell'ambiente comunicava alla Provincia di Cosenza la necessità di modificare l'autorizzazione già rilasciata per adeguarla alla Direttiva Comunitaria 2006/12/CE. Sulla base di questa richiesta la provincia di Cosenza indiceva nuova conferenza dei servizi conclusasi il 30 luglio 2009 per acquisire nuovamente tutti i pareri. Riguardo alle motivazioni rappresentate dai sindaci e dalle associazioni in ordine alla legittimità degli atti prodotti dai soggetti coinvolti, Pappaterra riferisce che «con riferimento all'Ente Parco è stato contestato, in via principale, che i pareri favorevoli rilasciati il 2002 e il 2009 sono stati resi in violazione dell'articolo 7 delle Misure provvisorie di Salvaguardia allegate al decreto del Presidente della Repubblica 15 novembre 1993 istitutivo dell'Ente Parco Nazionale del Pollino, per una presunta interpretazione errata dello stesso»;
un articolo pubblicato dal Quotidiano della Basilicata dell'8 settembre 2009 dal titolo «La centrale e l'ecobusiness» afferma che «per la ricaduta sul territorio delle emissioni da combustione a lignite prima e oli poi alcuni lavoratori e non solo, hanno sviluppato il cancro ai testicoli»;
la centrale del Mercure attiva per decenni, era inizialmente alimentata a lignite e successivamente con oli combustibili per passare a biomasse per una potenza di 40 Mw;
tale potenza avrebbe bisogno di 500 mila tonnellate l'anno di biomasse che sarebbero recuperabili, tenuto conto dei limiti della capacità produttiva locale, solo da filiera lunga o da Cdr (Combustibile derivato dai rifiuti ndr), che rientra nel concetto di biomassa ma che trasformerebbe la centrale in un enorme inceneritore;
la stessa relazione Rabitti-Casson del 2006 sulla centrale aveva posto l'attenzione sul fatto che in Calabria le centrali a biomassa stanno già riscontrando molte difficoltà a reperire il combustibile e ricorrono a Cdr per funzionare, ingenerando ulteriori problemi di carattere ambientale;
sempre secondo l'articolo l'Enel avrebbe successivamente acconsentito a ridimensionare la potenza in base alle esigenze territoriali, scendendo tra i 10 massimo 15 Mw e a reperire materia a livello territoriale per un raggio non superiore ai 100 km, oltre a creare una commissione aperta ai comitati cittadini per il monitoraggio, e soprattutto, nel momento in cui le biomasse non fossero disponibili a fermare l'impianto per il nuovo accumulo;

successivamente però la Provincia di Cosenza avrebbe sostenuto in sede di conferenze di servizio una riapertura a 40 Mw -:
quali iniziative intendano adottare per verificare le condizioni ambientali e di salute pubblica nella zona interessata alla centrale del Mercure ed in particolare per verificare se vi è una connessione tra la ricaduta sul territorio delle emissioni da combustione a lignite prima e oli poi e i casi di cancro ai testicoli;
quali ragioni, a conoscenza dei Ministri interrogati, abbiano indotto a non realizzare la centrale a una potenza ridotta, nonostante la disponibilità dell'Enel, e perché sia stata ampliata;
se il parere favorevole dell'Ente parco del Pollino alla riapertura della centrale del Mercure sia conforme all'obbligo di tutela delle Zone di Protezione Speciale (ZPS), di interesse comunitario, che si trovano al suo interno e su cui sorge la centrale, condizione che vincola, per legge, qualsiasi intervento alle sole «esigenze connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica, o per esigenze di primaria importanza per l'ambiente, oppure, previo parere della Commissione europea, per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico» (decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003 n. 120 - Gazzetta Ufficiale n. 124 del 30 maggio 2003, articolo 6, comma 10).
(4-04000)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che il 4 settembre una discarica abusiva estesa 5.500 metri quadrati è stata sequestrata da militari della Guardia di Finanza di Taranto che ha denunciato una persona all'Autorità Giudiziaria. Nell'area era stato sversato un ingente quantitativo di rifiuti speciali pericolosi e non (pneumatici fuori uso, oli esausti, materiale edile di risulta);
dall'inizio dell'anno nella sola provincia jonica le Fiamme Gialle hanno sequestrato 22 aree destinate a discariche abusive, oltre 152.000 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi e denunciato all'Autorità Giudiziaria 57 persone; il 5 settembre a Trento i carabinieri del Noe hanno scoperto una discarica abusiva, con materiali definiti pericolosi, in un terreno nella zona di Vignola Falesina di proprietà di un imprenditore edile, già denunciato alla Procura di Trento;
in un'area parzialmente boscata, i rifiuti sono stati trovati al termine di una ricerca accurata che ha interessato tutta la zona. Erano nascosti ad una profondità di due metri;
gli agenti del Noe vi hanno trovati materiali provenienti da demolizioni edili, dall'attività di carrozzeria e di un'autofficina, oltre a residui ferrosi;
preoccupante è apparso ai militari il rinvenimento di fusti contenente materiale oleoso, catramoso, filtri per l'olio e olio motore per autovetture usati, che hanno un grande potenziale inquinante -:
se siano a conoscenza di questi ennesimi ritrovamenti di discariche abusive;
quante siano, dall'inizio dell'anno, le aree destinate a discariche abusive sequestrate e quante le tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi rinvenuti;
quali provvedimenti e misure strutturali intendano assumere per monitorare e rilevare la presenza di discariche abusive sul territorio nazionale;
quali azioni intendano avviare per accertare la situazione ambientale e sanitaria nelle zone indicate a tutela della salute pubblica e dell'ambiente.
(4-04008)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente

e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa del 4 settembre 2009 risulta che a Sapri, nel salernitano, i militari della Capitaneria di porto hanno condotto uno dei più grossi sequestri delle micidiali «spadare»;
sarebbero infatti stati sequestrati circa 40 chilometri delle micidiali reti utilizzate per catturare pesci di grossa taglia ma vietate per il loro effetto devastante sull'ecosistema marino;
si tratta di reti da posta derivanti, quindi non fisse, che vengono calate in mare e lasciate alla deriva, usate per la cattura di grossi pesci pelagici, come diverse specie di tonni, ma soprattutto per il pesce spada, da cui prendono appunto il nome;
le reti sequestrate nel porto di Sapri avrebbero potuto creare un muro lungo quanto il tratto di costa posto tra Salerno ed Agropoli, ovvero circa 20 miglia marine, pari alla distanza che va da Ischia a Punta Campanella;
per portare via le reti è stato necessario l'uso di tre tir -:
quali azioni stia conducendo il Ministero sul piano nazionale per debellare la pesca illegale e le attività esercitate in danno dell'ecosistema marino.
(4-04009)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel verbale della Conferenza dei servizi decisoria del 22 dicembre 2008, tenutasi presso la sede del Ministero dell'ambiente si legge che per il Ministero sarebbe stato attribuito un codice Cer (Codice europeo rifiuti) errato alle acque emunte nell'area Daramic;
inoltre il Ministero afferma che «alla luce della documentazione acquisita, l'impianto trattamento/smaltimento di San Nicola di Melfi non risulta idoneo a ricevere i rifiuti costituiti dalle acque di falda emunte»;
questo significa che solo l'attribuzione di un codice Cer non corrispondente alla natura dei rifiuti ha permesso lo smaltimento presso l'impianto di proprietà del Consorzio Asi;
oggi, dopo l'iniziativa Radicale sulla vicenda del sito di Tito Scalo, è noto a tutti che la presenza di trielina nella falda acquifera di Tito rappresenta solo una piccola percentuale dei veleni presenti nell'area;
il Ministero, però, non si è limitato a sottolineare questo grave fatto, ma ha affermato anche che sulla vicenda «la documentazione inviata non fa riferimento ad un'autorizzazione bensì ad una richiesta di proroga della medesima per un mese, risalente al 2003»;
dunque, quello che emerge è che Consorzio Asi preleva acque emunte dal sito di Tito Scalo (pieno di veleni) e le smaltisce a San Nicola di Melfi in assenza di autorizzazione per quei rifiuti;
inoltre, il Ministero dell'ambiente ha avvertito la necessità di sottolineare che il produttore dei rifiuti non è la Lucana Spurghi Srl, ma il Consorzio Asi, che nel 2005 è diventato stazione appaltante per ciò che concerne la bonifica del sito di interesse nazionale di Tito;
dalla lettura del verbale si apprende inoltre che non essendo presente «il formulario rifiuti relativo allo smaltimento nel mese di maggio 2008 delle acque contaminate provenienti dal pozzo S13» non è possibile stabilire il destino finale delle medesime; a parere degli interroganti, dalla vicenda emergono due questioni di non poco conto: la compatibilità dell'impianto di smaltimento di San Nicola

di Melfi a smaltire le acque alla trielina e l'impossibilità a conoscere il destino finale di veleni estratti nel maggio 2008 -:
quali iniziative i Ministri interrogati abbiano assunto o intendono assumere per verificare la compatibilità dell'impianto di smaltimento di San Nicola di Melfi a smaltire le acque alla trielina e per conoscere il destino finale di veleni estratti nel maggio 2008; quali provvedimenti i Ministri interrogati intendano assumere a tutela dell'ambiente e della salute pubblica nella zona;
se e quali provvedimenti intenda assumere il Ministro dell'ambiente per accertare modalità esecutive di altre opere, come la gestione dei depuratori industriali nella provincia di Potenza, da parte del Consorzio Asi;
se ritenga detto consorzio idoneo a gestire con denaro pubblico la bonifica del sito di Tito Scalo.
(4-04011)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il primo settembre a causa di un incidente accaduto alla centrale elettrica a combustibile dell'isola di Ponza vi è stata una grave perdita di carburante che ha imbrattato completamente la spiaggia di Giancos finendo in mare dove sono state riscontrate dai turisti numerose chiazze di gasolio;
si tratta di un'isola e di una spiaggia tra le più belle del Mediterraneo;
la centrale elettrica della società Sep che fornisce energia per tutta l'isola doveva da anni essere trasferita in una zona più idonea;
già in passato (novembre 2007) la centrale elettrica a gasolio oramai datata e superata ha creato delle preoccupazioni agli abitanti dell'isola;
secondo associazioni ambientaliste, la tecnologia permetterebbe di alimentare l'intera isola di Ponza con impianti da fonti rinnovabili -:
se e quali iniziative intendano adottare per quanto di competenza e di concerto con gli enti interessati, per porre rimedio in modo definitivo all'approvvigionamento energetico dell'isola con soluzioni sostenibili come impianti da fonti rinnovabili, dal fotovoltaico alle maree e moto ondoso, non che biodiesel ricavato da alghe.
(4-04016)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da una ricerca condotta da «Astra Ricerche» per il consorzio «ecoR'it» (uno dei sistemi collettivi creato dalle imprese per affrontare gli obblighi di raccolta differenziata e recupero rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee) domestici e professionali), emerge una difficoltà delle imprese per lo smaltimento dei rifiuti elettrici;
in particolare sarebbe il 35 per cento delle imprese a manifestare difficoltà nella raccolta differenziata delle apparecchiature elettriche ed elettroniche e un quarto non avrebbe ancora definito una soluzione di gestione efficace;
solo il 48 per cento delle imprese e sarebbe consapevole del diritto assicurato dal decreto legislativo n. 151 del 2005 alla restituzione gratuita dei rifiuto tecnologico al produttore nel momento in cui acquista un nuovo prodotto;
ogni impresa italiana dispone mediamente di 40 apparecchi elettrici ed elettronici e li sostituisce ogni 5 o 6 anni -:
come il Ministro intenda colmare le lacune informative che emergono dalla ricerca;

quali provvedimenti intenda adottare per superare gli ostacoli ad un corretto smaltimento da parte delle aziende dei Raee.
(4-04017)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo apparso sul quotidiano Il Sole 24 Ore del 23 agosto risulta che a quattro anni di distanza dall'adozione del decreto n. 151 del 2005 che impone ai commercianti di elettrodomestici e di apparecchi elettrici ed elettronici di ritirare gratuitamente il vecchio prodotto quando vendono il nuovo, non è stato ancora sciolto il nodo dello snellimento degli adempimenti amministrativi;
per vendere uno di questi prodotti è obbligatorio per il venditore farsi carico del prodotto dismesso ma per gestirlo il commerciante deve essere dotato di autorizzazioni al trasporto e allo stoccaggio di rifiuti, emettere un particolare formulario di trasporto, tenere un registro e compilare ogni anno una dichiarazione ambientale;
tuttavia vi sono casi in cui tali adempimenti risultano impossibili come nel caso in cui i negozi siano ubicati in centri commerciali o in centri storici luoghi dove, per le norme generali che disciplinano la localizzazione e la gestione dei luoghi in cui si depositano i rifiuti, detto deposito è interdetto. Situazione della quale si è preso atto sospendendo l'obbligo di ritiro dei rifiuti tecnologici, i cosiddetti Raee, fino all'emanazione di un decreto ministeriale di semplificazione -:
quando e come intendano sciogliere il nodo dello snellimento degli adempimenti amministrativi al fine di consentire una piena applicazione del decreto n. 151 del 2005 sotto il profilo del ritiro del vecchio prodotto al momento della consegna del nuovo da parte dell'esercente/venditore.
(4-04018)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato dal quotidiano Il Gazzettino del 23 agosto, riferisce che tonnellate di pesticidi chimici verrebbero usati nel trevigiano ogni anno su filari di vigneti per debellare le malattie e preservare la produzione o eliminare l'erba in eccesso soprattutto da parte dei maggiori produttori della zona Doc;
nel 2007 nella sola provincia di Treviso sarebbero stati venduti 3.100855 kg di fitofarmaci, un dato che ha rappresentato un incremento del 4 per cento rispetto il 2006;
per l'aumento delle superfici coltivate ed il cattivo andamento meteorologico è prevedibile che i dati del 2008, non ancora disponibili, segneranno un ulteriore incremento;
fra i princìpi attivi, dopo lo zolfo, c'è il «mancozeb»: nella USL 7 ne sarebbero state vendute circa 120 tonnellate; nell'USL 8 circa 29; nell'USL 9, 184;
il 19 gennaio il Parlamento ha però messo al bando questo prodotto assieme ad altri ventun pesticidi perché ritenuto pericoloso per l'uomo danneggiando le ghiandole ormonali;
dai dati Arpav inoltre si rileva che nel 2007, nella provincia di Treviso, sono state impiegate 55 tonnellate di «Glyphosate» e 8 di «Glufosinate ammonium» prodotto anch'esso recentemente messo al bando dalla Commissione europea perché considerato cancerogeno;

far gli insetticidi il più usato è il «chlorphirifos» anch'esso contestato e usato per 3 tonnellate nell'Usl 7, più di mezza tonnellata nell'Usl 8 e quasi 7 tonnellate nell'Usl 9 -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
come intendano monitorare i risvolti negativi di questi prodotti sull'ambiente;
quali provvedimenti intendano adottare per ridurre l'impatto ambientale;
se non ritengano di dover ritirare dal mercato i prodotti più nocivi banditi dall'UE.
(4-04019)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 ore del 31 agosto 2009, risulta che la Direzione generale dell'Ambiente di Bruxelles ha assegnato all'Italia, nell'ambito dei progetti Life+2009 ventidue milioni di euro dalla Commissione Ue per finanziare progetti in campo ambientale;
il Piano prioritario nazionale (NAPs) 2009 elaborato dall'Italia riguarderebbe: l'inserimento delle strategie tematiche sulla protezione e conservazione dell'ambiente marino; sull'inquinamento dell'aria; sul miglioramento della gestione urbana; sull'attuazione delle politiche forestali; su un migliore rendimento ambientale delle PMI;
sarebbero invece state escluse la strategia tematica sulla protezione del suolo oltre che quella del recupero di biodiversità dei suolo;
la legislazione del nostro Paese, rispetto alla protezione del suolo paga un ritardo molto grave rispetto alla legislazione di altri Paesi europei avanzati;
il suolo è una risorsa soggetta a rapido degrado e a processi di formazione estremamente lenti, che deve essere considerata come una risorsa in larga misura non rinnovabile (se non in tempi che superano quelli della vita di un uomo), che nel corso degli ultimi decenni è stato sottoposto ad un crescente numero di pressioni e ad un aumento della intensità dello sfruttamento -:
per quali motivi sia stata esclusa Piano prioritario nazionale (NAPs) 2009 la strategia tematica sulla protezione del suolo.
(4-04021)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo dati resi noti dall'Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa), vi sarebbe stata una riduzione degli abbandoni di cani che supera il 50 per cento rispetto l'anno scorso;
grazie alla nuova normativa che prevede l'obbligo di microchip, sono, inoltre, stati restituiti ai legittimi proprietari 2.304 cani che risultavano essere fuggiti e non abbandonati;
tenendo conto dell'aggregazione dei due dati si arriva a un totale di 8.206 cani passati nei cento canili monitorati da Aidaa, con una diminuzione del 31,7 per cento sul totale dei ritrovamenti rispetto al 2008;
per quanto riguarda il Nord, rispetto al 2008, in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia, si sarebbe registrato una diminuzione degli abbandoni del 20 per cento mentre in Trentino e Valle d'Aosta, secondo i dati diffusi dalle associazioni animaliste, il fenomeno randagismo sarebbe praticamente inesistente; in alcune aree del Paese però, in particolare nel Mezzogiorno, la situazione resta critica: il 74 per cento degli abbandoni, infatti, si concentra in Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna e Calabria;
in queste zone un ruolo determinate è svolto dalla criminalità organizzata -

secondo la presidente Ente nazionale protezione animali (Enpa), Carla Rocchi, - che gestisce, spesso in prima persona, mega-canili dove vengono rinchiusi fino a 2 mila cani -:
se e quali dati sono in possesso del Ministro quanto a contenimento del fenomeno dell'abbandono dei cani nella stagione estiva 2009;
quali iniziative intenda assumere per contenere il fenomeno anche nel meridione.
(4-04028)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 31 agosto 2009 il Tg1, nell'edizione delle ore 20, ha aperto con la notizia di una forte contaminazione radioattiva in un'area molto vasta in provincia di Cosenza, tra i comuni di Aiello Calabro e Serra d'Aiello, lungo il greto del fiume Oliva. Dalle mappe pubblicate dai giornali, la contaminazione interessa l'intera provincia di Cosenza e parte di quella di Catanzaro. Nel lungo servizio del Tg1 si parla di aumenti esponenziali di malattie tumorali che stanno investendo le popolazioni locali. Il rischio attuale per gli abitanti è confermato dallo stesso Dipartimento calabrese per la salute che in un documento di oltre 300 pagine segnala «l'esistenza di un pericolo attuale per la popolazione residente nei territori dei comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra d'Aiello, circostante al letto del fiume Oliva a sud della località Foresta (centri di Campora San Giovanni, Coreca e Case sparse, comprese tra il mare e Foresta)». Un allarme, che secondo le affermazioni del dirigente Giacomino Brancati, è «dovuto alla presenza di contaminanti ambientali capaci di indurre patologie tumorali e non», a cui va sommato «un consistente danno ambientale»;
le analisi scientifiche che da tempo stanno interessando quest'area del cosentino sono state richieste dal Procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, per indagare se l'area in esame è stata utilizzata in passato per occultare rifiuti tossici e nucleari. Di questi traffici si sono occupati nel tempo diversi uffici giudiziari (le procure di Reggio Calabria, di Paola, di Catanzaro, di Matera, di Potenza, di Padova, di La Spezia, di Bari, e di Asti) che hanno individuato diversi filoni di indagini tutti riconducibili ad un network criminale dedito professionalmente allo smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi in mare, lungo le coste di paesi Africani (Somalia, Libia eccetera) o nelle montagne dell'Aspromonte e della Lucania;
la notizia del Tg1 segue un'inchiesta de L'Espresso della settimana del 28 agosto 2009 che rende pubblici i risultati delle analisi fatte dall'Arpacal e dal Cnr, su richiesta della procura di Paola, per valutare se quell'area sia stata oggetto di traffici illeciti di rifiuti tossici e nucleari. E i risultati sono stati, purtroppo, molto allarmanti. Dopo un primo monitoraggio nei mesi scorsi che ha permesso di individuare «limitate seppur significative anomalie di radioattività», il 2 marzo 2009 l'Arpacal ha trasmesso alla procura «l'esito delle analisi radiometriche campali» attorno al fiume Oliva. Ed è giunta l'ennesima conferma, supportata dai rilievi in una vecchia cava che «si estende per 200-300 metri dalla provinciale 53, al chilometro sei», di fianco all'Oliva. Il risultato è che ci sono tracce di contaminazione. Non solo: sono stati rivelati «radionuclidi artificiali» che «non dovrebbero normalmente essere presenti nel terreno». L'Arpacal, ha perciò suggerito ai magistrati di svolgere ancora accertamenti, per «escludere un qualsiasi aumento del rischio alla popolazione, soprattutto di inalazione e/o ingestione»;
in un articolo apparso nel quotidiano «La Gazzetta del Sud» del 1o settembre 2009, il procuratore capo di Paola, Bruno Giordano, afferma di aver disposto rilievi satellitari che hanno confermato lo sconcertante esito degli accertamenti: nella zona il livello della radioattività è cinque volte superiore alle fonti naturali. E i satelliti rilevano dall'alto escursioni termiche

che testimoniano della presenza delle sostanza sospette. E poi lo stesso procuratore Giordano che considera «altamente probabile» che i rifiuti radioattivi finiti nella collina cosentina siano da attribuire alla motonave Jolly Rosso. Così come riportano gli organi di stampa, l'area investita dalla forte presenza di radioattività si trova proprio nella collina che sovrasta la spiaggia di Formiche: la stessa dove si arenò la motonave Jolly Rosso;
sulla vicenda la stessa Commissione parlamentare di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse della XIV legislatura presieduta dall'onorevole Paolo Russo, nella relazione finale, ebbe modo di sottolinearne i notevoli dubbi rimasti irrisolti. Detto questo suona quanto mai strana l'archiviazione dell'indagine chiesta e ottenuta nei mesi scorsi dalla procura di Paola, per mano del pubblico ministero Francesco Greco;
Legambiente sin dalla fine degli anni '80 ha prodotto una corposa documentazione in dossier, studi, e rapporti dettagliati che ricostruiscono il legame tra la criminalità organizzata e la pratica dello smaltimento illecito dei rifiuti con il sistema dell'affondamento delle navi. Ed è stato grazie ad un esposto/denuncia di Legambiente su un presunto traffico via mare di rifiuti tossici e nucleari che finivano per essere occultati nei fondali marini, anche grazie agli strani affondamenti di intere carrette, o nelle montagne subito a ridosso delle coste calabresi: un quadro che pare essere confermato dalle ultime indagini;
a queste attività criminali fanno riferimento anche importanti documenti istituzionali, come le relazioni approvate dalle diverse Commissioni parlamentari d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti succedutesi dal 1995 ad oggi e le testimonianze raccolte dalle stesse commissioni. A questo proposito, si ricorda quanto affermato nel 1999 dall'allora Procuratore di Reggio Calabria, Antonio Catanese, secondo il quale, in base agli elementi probatori fino ad allora acquisiti, si poteva affermare che colui che era considerato a capo della rete aveva provveduto ad affondare circa trentadue navi, grazie alla complicità delle cosche reggine;
sempre sul tema in articolo apparso sulla Gazzetta del Sud lo scorso 4 settembre 2009 il sostituto procuratore antimafia Alberto Cisterna, titolare dopo il '96 dell'inchiesta sugli affondamenti sospetti di navi, a proposito della «Rigel», la nave affondata al largo delle coste calabresi il 21 settembre 1987 il cui relitto con il misterioso carico non è mai stato trovato, nonostante gli organizzatori del finto naufragio siano stati condannati, afferma che «oggi probabilmente potrebbero essere compiute ricerche con metodi ancora più moderni ed efficaci. Si potrebbero infatti utilizzare sommergibili in grado di scendere a 1400 metri sotto il livello del mare e adoperare rilevatori di profondità, radar e sonar di ultima generazione. Trovata la Rigel e stabilito con certezza cosa trasportava, avremo in questa indagine un punto fermo. Credo, perciò, che occorra fare di tutto per rimettere in moto la macchina delle ricerche» -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per fare luce sulla vicenda e per verificare se esistano rischi sanitari per le popolazioni ivi residenti e se non ritengano opportuno avviare urgentemente un piano di bonifica;
se non intendano dare seguito alle richieste del «Comitato per la verità sui traffici nazionali e internazionali di rifiuti e materiali radioattivi» che da tempo chiede, oltre al pieno sostegno alla magistratura, un'approfondita campagna di monitoraggio nei siti marini dove si presuma siano avvenuti gli affondamenti delle navi e dei loro carichi tossici.
(4-04036)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'associazione denominata Comitato per la salvaguardia del territorio di Loria ONLUS ha denunciato la pericolosità della

realizzazione di una progetto di una discarica per rifiuti speciali nella località ex cava «Ai Ronchi» in comune di Loria, progetto che ha ottenuto giudizio favorevole di compatibilità ambientale da parte della Giunta regionale del Veneto n. 3304 in data 23 ottobre 2007, ai sensi degli articoli 11 e 23 della legge regionale del Veneto n. 10 del 1999 e parere favorevole n. 166 dalla Commissione regionale VIA in data 12 settembre 2007;
la suddetta denuncia si basa sul fatto che la discarica di Loria si trova:
a) in un'area con grado di vulnerabilità alto nella «Carta della vulnerabilità intrinseca della falda freatica della pianura veneta», nel bacino idrografico n. 003 «Brenta-Bacchiglione»; il corpo idrico più prossimo è il «Musone dei Sassi» incluso tra i corsi d'acqua di rilevante interesse ambientale o potenzialmente influente su corsi d'acqua significativi;
b) nelle aree sensibili di prima individuazione nel piano di tutela delle acque della Regione Veneto (2004);
c) in un sito rispetto al quale i più vicini pozzi acquedottistici sono ubicati: due in comune di Loria a circa 1.800 metri a nord dell'area di progetto alla profondità di circa 140 metri e 190 metri con portate di circa 50 litri/secondo e 30 litri/secondo; due pozzi in comune di Riese (Treviso) a circa 3.500 a est della «ex Cava Ronchi», alla profondità di 140 metri e di 100 metri con portata di circa 45 litri/secondo e 30 litri/secondo;
qualora l'impianto de quo dovesse essere realizzato, si troverebbe a monte piezometrica delle opere di presa di acquedotto che si indicano di seguito unitamente al relativo numero di abitanti serviti dalla rete idrica: acquedotto di Galliera Veneta (Padova) che capta le acque dai «pozzi centrali Galliera Veneta» e serve oltre 100.000 abitanti (fonte del dato: Etra s.p.a., ottobre 2006); acquedotto di Castelfranco Veneto che capta le acque dai «pozzi centrale Castelfranco Veneto» e serve oltre 32.000 abitanti (fonte del dato: Acquedotto di Castelfranco Veneto, ottobre 2006);
le falde di Galliera Veneta sono le più ricche e abbondanti di tutto il comprensorio e i relativi pozzi sono strategicamente fondamentali e indispensabili perché servono a fronteggiare eventuali situazioni di emergenza e di crisi idrica (per siccità, contaminazione ed altro) che dovessero accadere a Castelfranco Veneto;
inoltre, a circa 8 chilometri più a valle, a sud di Cittadella, corre la linea delle risorgive che rappresenta un fenomeno di eccezionale importanza nel contesto idrico di una regione geografica e collega i singoli punti delle sorgenti delle acque sotterranee;
essendo alimentate dalle falde che stanno a monte, un inquinamento delle stesse giungerebbe alle risorgive e sino a mare compromettendo le acque sotterranee anche dei pozzi acquedottistici ed, in ipotesi di eventuale contaminazione proveniente dal sito, sarebbe influenzata anche tutta la fascia della falda idrica che per una decina di chilometri va dal sito stesso sino alla linea delle risorgive;
inoltre, sotto il fondo della progettata discarica esiste una falda freatica;
gli estensori dello studio di impatto ambientale della discarica nel procedimento di valutazione di impatto ambientale, non hanno preso in considerazione che, a poche decine di chilometri di distanza a est, si trova un vasto territorio che dispone di 140 piezometri tutti monitorati la cui serie storica fa comprendere i punti critici idrogeologici che nel passato hanno causato innalzamenti drastici della falda;
l'area del progetto è stata classificata zona sismica di seconda classe, ai sensi della legge n. 64 del 1974, cosicché, nell'eventualità di scossa sismica, a causa del cosiddetto «effetto spugna», il livello normale

delle falde potrebbe aumentare di ulteriori 1-2 metri rispetto al livello normale registrato durante il sisma. Tale fenomeno si è verificato, per esempio, in quasi tutti i pozzi di monitoraggio ufficiale della regione Friuli Venezia Giulia dopo il sisma del maggio 1976 e l'innalzamento si è protratto per mesi prima di scemare progressivamente;
ad avviso degli interroganti la discarica sarebbe ubicata in un'area idrogeologicamente tra le più importanti e più delicate dell'intero territorio italiano -:
se i fatti sopra riferiti corrispondano al vero;
se e quali iniziative intenda assumere, in stretta collaborazione con la regione Veneto anche nell'ambito degli accordi di programma per la tutela del suolo e delle risorse idriche, per evitare i gravi pregiudizi sopra descritti, con specifico riferimento al fenomeno di innalzamento della falda e alla contaminazione permanente della falda medesima e dei pozzi idropotabili pubblici presenti a valle della discarica che potrebbe aver luogo qualora venisse realizzata la citata discarica.
(4-04045)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
il Rapporto di Carovana delle Alpi di Legambiente, campagna realizzata con il contributo del Ministero dell'Ambiente, della tutela del Territorio e del Mare e che si concentra sulla qualità turistica delle località alpine dal particolare punto di osservazione costituito dalla quantità di seconde case, ha raccolto ed interpretato per la prima volta quest'anno i dati disponibili sulle principali località turistiche di 260 comuni dotati di significativa ricettività turistica, sparsi dalla Liguria al Friuli Venezia Giulia;
il quadro nazionale che emerge vede le località più cementificate concentrate nelle regioni del Nord-Ovest: i 25 comuni «top» per quantità di seconde case sono piemontesi (8), lombardi (7), veneti (5), valdostani (3) e trentini (2) con situazioni critiche come quella della località piemontese di Bardonecchia, che nel suo territorio ospita ben 7.892 seconde case, a fronte di 1.429 abitazioni occupate da residenti o di Frabosa Sottana, nel cuneese, località che in passato ha inseguito il sogno di diventare grande polo dello sci e in cui oggi il cemento di ben 6600 case è un peso insopportabile per i 1390 residenti, visto che il rapporto tra seconde case e residenze è pari a 10 a 1;
il rapporto evidenzia però la virtuosità dell'Alto Adige, dove le seconde case sono una presenza assolutamente marginale, con la provincia di Bolzano che costituisce un vero e proprio modello turistico di successo con una dotazione di posti letto superiore a un terzo dell'intera accoglienza turistica alpina, ma distribuita in modo così capillare da portare benefici all'intera comunità, e con una presenza di seconde case ridotta al 20 per cento del patrimonio immobiliare delle 75 località turistiche altoatesine esaminate dal rapporto;
troppe seconde case producono degrado del paesaggio, oneri a carico delle amministrazioni locali, e spesso concorrono al declino delle stazioni turistiche montane, oltre che al generale scadimento delle condizioni di vita di paesi in cui, per gran parte dell'anno, le case chiuse prevalgono su quelle abitate dai residenti -:
se non ritengano i Ministri interrogati, in vista dell'adozione del decreto-legge sul Piano casa, di evitare che i piani, per come attuati da regioni come ad esempio Lombardia, Veneto e Friuli possano determinare una crescita insostenibile delle volumetrie e degli alloggi utilizzati come seconde case, ponendo limiti all'applicazione della logica degli ampliamenti volumetrici e promuovendo il modello Alto Adige al fine di tutelare non

solo l'ambiente, ma anche la qualità turistica del nostro territorio.
(4-04047)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sull'Unione sarda dell'11 agosto 2009 risulta che, secondo una denuncia dei sindacati, vi sono fanghi pericolosi e montagne di plastica e carta in aree industriali che interessano almeno cento ettari sulle sponde del Tirso;
i sindaci dei Comuni interessati di Ottana, Bolotana e Noragugume, (dove sorgono i siti della Sardegna centrale), hanno chiesto alla Regione un intervento di bonifica complessivo sui terreni che rischiano di essere compromessi per sempre;
oltre che a causa dell'Agrival (lavorazione scarti di macellazione), chiusa a giugno 2009 con un'ordinanza del sindaco di Bolotana, l'ambiente sarebbe stato fortemente minato, come rilevato anche dai carabinieri del Nas, da montagne di plastica, bottiglie in particolare, provenienti dalla raccolta differenziata, abbandonate sul terreno dalle attività fallite circa dieci anni fa di Plasteco e Sareco;
materiale altamente combustibile, tanto che qualche mese fa le fiamme, appiccate dolosamente, hanno divorato parte di quelle montagne di plastica, creando in tutto il territorio una nube maleodorante e pericolosa, che ha minacciato la salute soprattutto degli abitanti di Ottana;
è necessario risanare quanto è stato danneggiato da attività che non hanno certamente rispettato l'ambiente e la salute dei cittadini -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte ad accertare, anche mediante il Comando carabinieri per la protezione ambientale, la gravità della situazione sopra denunciata e a garantire, in stretto accordo con gli enti locali interessati, che sia data una rapida soluzione alla questione.
(4-04048)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
da alcune notizie di stampa (Il Venerdì di Repubblica del 31 luglio 2009) si apprende che in una serie di Paesi europei quali la Spagna, la Gran Bretagna e la Francia è indicata su alcune tipologie di alimenti in vendita presso determinate catene di grossa distribuzione l'anidride carbonica generata per produrli e distribuirli;
detta indicazione è effettuata secondo una metodologia basata su uno standard internazionale (il Pas 2050);
in Italia, secondo dati ISPRA, si è registrata una crescita delle emissioni di gas serra passate da 516,85 a 567,92 milioni di tonnellate di CO2 eq nel periodo 1990-2006 con un incremento quindi del 9,9 per cento, mentre secondo il Protocollo di Kyoto l'Italia dovrebbe riportare le proprie emissioni nel periodo 2008-2012 a livelli del 6,5 per cento inferiori rispetto alle emissioni del 1990;
al fine del contenimento delle emissioni di CO2 può essere utile far conoscere al consumatore le quantità di anidride carbonica generata per produrre e distribuire i beni alimentari e non solo -:
se intendano promuovere iniziative finalizzate a rendere conoscibile da parte dei consumatori quantitativi di anidride carbonica generata per produrre e distribuire i generi alimentari e non solo su tutto il territorio nazionale.
(4-04051)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato sulla Gazzetta del Mezzogiorno il 21 agosto emerge che nella Val Basento, che è sito di bonifica di interesse nazionale, è prevista la realizzazione di due grosse centrali a gas di Salandra (400 mw) e di Pisticci (800 mw) ed il progetto Geogastock del megastoccaggio di un miliardo di mc. di gas russo da «stipare» nei pozzi esauriti di metano tra Salandra e Ferrandina;
la Provincia di Matera, priva di alcuna centralina di rilievo della qualità dell'aria, non è dotata di un Piano di risanamento della qualità dell'aria;
la centrale di Salandra, si legge nell'articolo, verrebbe realizzata a circa 200 metri dalla centrale di compressione del gas del megastoccaggio, il che significherebbe mettere una centrale che brucerà gas dove si comprime altro gas in quantitativi enormi;
intorno ai pozzi esauriti, la Geogastock starebbe già provvedendo agli espropri dei suoli, in netto anticipo sui tempi necessari, poiché questo progetto di stoccaggio sarebbe legato all'oleodotto "South Stream", tra la Russia e l'Europa, via Mar Nero, appena sottoscritto nel recente summit ferragostano di Ankara, in Turchia;
inoltre, l'intesa Stato-Regione, recentemente ratificata dalla Regione, prevede l'autorizzazione alla Gas Plus del permesso di ricerca di idrocarburi a Pizzo Sciabolone, in una zona che costeggia tutta l'area destinata al megastoccaggio di gas e delle due centrali;
in Basilicata esistono gravi problemi ambientali come quelli relativi alla bonifica del sito di interesse nazionale di Tito Scalo con l'Agenzia regionale per l'ambiente, istituita con la legge regionale n. 27 del maggio 1997, che opera senza essere «accreditata» -:
secondo gli interrogati, l'adozione da parte della Provincia di Matera di un Piano di risanamento della qualità dell'aria costituisca una conditio sine qua non, per agire in un sito da bonificare;
se sia vero che il progetto Geogastock di stoccaggio sarebbe legato all'oleodotto «South Stream»;
se sia vero che in pochi chilometri quadrati il gas verrà estratto, bruciato e compresso allo stesso tempo;
se, di fronte ai gravi problemi ambientali della Regione Basilicata e all'assenza di strumenti per il monitoraggio ambientale, non ritengano i Ministri interrogati di soprassedere alle summenzionate opere di estrazione, compressione e combustione di gas e di dover invece ripristinare i fondi per la bonifica del sito della Val Basento di interesse nazionale e risolvere i gravi problemi connessi alla bonifica dell'altro sito di interesse nazionale di Tito Scalo.
(4-04052)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano la Repubblica del 7 settembre 2009 viene anticipata una parte del libro di Giuliano Foschini «Quindici passi» su Taranto, città inquinata da cui si apprende che: secondo dati di Legambiente lo stabilimento siderurgico Ilva di Taranto primeggia su tutte le altre aziende italiane per aver emesso in atmosfera 32 tonnellate di Ipa (pari al 95 per cento del totale nazionale delle emissioni industriali censite dall'Ines), 92 grammi di diossine e furani (pari al 92 per cento del totale), 74 tonnellate di piombo (78 per cento), 1,4

tonnellate di mercurio (57 per cento), 231 tonnellate di benzene (42 per cento), 366 kg di cadmio (42 per cento), 4 tonnellate di cromo (31 per cento);
tre classifiche invece riguardano i macroinquinanti le emissioni da primato nazionale dell'Ilva sono le 540 mila tonnellate di monossido di carbonio (pari all'80 per cento del totale nazionale delle emissioni industriali censite dall'Ines), le 43 mila tonnellate di SOx (15 per cento) e le 30 mila tonnellate di Nox (11 per cento);
gli effetti ambientali cominciano negli anni scorsi e continuano ancora oggi ma noi dobbiamo ancora conoscerli. Soltanto nei prossimi anni gli studi epidemiologici potranno dirci esattamente cosa hanno significato per la salute della gente tutte queste emissioni dannose. Oggi i dati ci segnalano la presenza anomala, rispetto al resto della provincia e della regione, di una serie di malattie neoplastiche riconducibili all'inquinamento ambientale -:
se confermino i dati riportati nell'articolo;
quali misure sono state adottate ed intendono adottare per accertare gli effetti ambientali e sulla salute pubblica dell'attività dell'Ilva;
quali misure intendono adottare a tutela dell'ambiente e della salute pubblica nella zona.
(4-04053)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che nel corso di una attività di campionamento da parte dell'Agenzia regionale per la protezione ambientale della Calabria sulla costa ionica del comune di Soverato è stato scoperto uno sversamento di fanghi pericolosi nel torrente Beltrame provenienti da un impianto di depurazione nel comune di Soverato;
le attività di campionamento sulla costa ionica erano iniziate per individuare le cause del colorito marrone assunto dal mare in quel tratto;
le attività di monitoraggio, hanno permesso di individuare i fanghi, quasi certamente «del vicino impianto di depurazione»;
come spiega una nota dell'Arpacal, appostamenti hanno potuto individuare lo sversamento nel fiume;
i tecnici Arpacal hanno segnalato il tutto al Corpo Forestale che in queste ore sta svolgendo le verifiche lungo tutta l'asta fluviale, risalendo il Beltrame;
secondo gli interroganti questo episodio di sversamento illegale di liquami non è un caso isolato ed estemporaneo ma segno di un'illegalità diffusa che necessita di provvedimenti di monitoraggio del fenomeno stesso e di prevenzione dei danni all'ambiente, al paesaggio e alla salute pubblica -:
se siano al corrente di questa situazione;
quali provvedimenti intendano adottare in questo senso.
(4-04055)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'istituto di ricerca sulle acque del Cnr ha trovato nel fiume Po un'elevata concentrazione di composti chimici: tra questi l'acido perfluorottanico (Pfos) e perfluoroarchilsolfonato (Pfos), due sostanze facilmente accumulabili nel sangue sia tramite inalazione sia bevendo acqua potabile contaminata;

secondo un articolo pubblicato dal quotidiano Terra la situazione risulta particolarmente grave in Emilia Romagna, a Pontelagoscuro, in provincia di Ferrara, dove l'acido perfluorottanico è superiore di 200 volte rispetto alla media europea (anche 200 ng/l) ed ancora più drammatica in Piemonte, in due affluenti del grande fiume (Tanaro e Bormida), dove i livelli di acido sono tra 1.200 e 1.500 ng/l. L'inquinamento ha inoltre causato un incremento delle malformazioni tra le varie specie ittiche: molti esemplari presentano organi sessuali sia maschili che femminili;
a preoccupare gli scienziati sarebbero le possibili conseguenze di tale esposizione sull'uomo: dall'acqua potabile contaminata fino al consumo di pesce, compreso quello allevato nella zona dell'Adriatico, influenzata dal delta del Po -:
se corrisponda al vero quanto riferito nelle premesse e quali iniziative intendono intraprendere per accertare la sussistenza di un danno ambientale e per promuovere il ripristino dello status quo ante.
(4-04058)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nell'edizione del 21 luglio 2009 de Il Quotidiano della Basilicata appariva un articolo a firma Maurizio Bolognetti, intitolato «Quattro passi nei veleni», nel quale si dava notizia di una video-inchiesta che documenta la presenza di decine di migliaia di tonnellate di fanghi industriali interrati nell'area ex-liquichimica, rientrante nel perimetro del sito di bonifica di interesse nazionale di Tito Scalo, istituito con decreto ministeriale 8 luglio 2002 (Gazzetta Ufficiale n. 231, 2 ottobre 2002);
nell'edizione del 21 agosto 2009 de Il Quotidiano della Basilicata appariva un articolo a firma Maria Teresa Labanca, dal titolo «Il disegno criminoso sui fanghi», che riportava i contenuti della video-inchiesta e informava i lettori del fatto che la stessa costituiva parte di un esposto presentato presso la procura della Repubblica di Potenza;
nell'edizione del 20 agosto 2009 del tgr Basilicata si dava notizia della consegna della video-inchiesta in oggetto alla procura della Repubblica di Potenza, quale parte integrante di un esposto presentato dal segretario dell'associazione Radicali Lucani, e che dal servizio stesso si apprendeva che dall'inchiesta in oggetto emergerebbero «numerose notizie di reato»;
il settimanale Left nel n. 34 del 28 agosto 2009 pubblicava un servizio a firma Simona Nazzaro dal titolo «I veleni di Tito», nel quale si dava conto della sopra citata video-inchiesta che documenta la presenza di oltre 250.000 tonnellate di fanghi industriali nell'area ex-liquichimica di proprietà del Consorzio Asi di Potenza dal 31 marzo 1989; il video della durata di circa 30 minuti rappresenta un durissimo atto d'accusa nei confronti di tutti gli Enti che avrebbero dovuto intervenire nelle operazioni di bonifica del sito di interesse nazionale di Tito -:
se i Ministri interrogati intendono acquisire e visionare questo video per comprendere lo stato ambientale e sanitario della zona in questione e quali conseguenti provvedimenti adottare a tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
(4-04061)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano Terra il 10 settembre 2009 dal titolo «La caccia al pesce siluro. Un affare internazionale» risulta che le sponde

lungo il corso del fiume Po e dei suoi grandi affluenti sono meta privilegiata di turisti tedeschi, austriaci e ungheresi che, pur con fini diversi, sono nella zona per pescare i siluri, una specie alloctona che insieme ad altri «pesci esteri» ha soppiantato le specie tipiche autoctone;
questa attività avrebbe dato vita a una diffusa illegalità, che alimenta un giro d'affari impressionante;
si legge nell'articolo che «anni fa alcuni tour operator austriaci e tedeschi avrebbero investito in piccoli campeggi sul Po, riservati a clienti reclutati nei loro Paesi (solitamente un "pacchetto" completo è di una settimana) a cui vengono affittate sia le barche che l'attrezzatura per pescare. Oltre al costo del campeggio (20 euro a notte a persona) il ricavo di una barca è di 100 euro al giorno per pescatore (una barca ne ospita due). La stagione di pesca dura da aprile a ottobre. Risalendo il Po abbiamo stimato che vi sono almeno 100 di queste barche e almeno 15 campeggi dotati di tende con tutte le comodità, compresi i frigoriferi»;
«per gestire un campeggio e un pescaturismo, affittando barche, è necessario munirsi di un'autorizzazione/licenza comunale, essere iscritti alla Cciaa, in qualità di attività commerciale, avere le imbarcazioni iscritte al Rudln (registro unità da diporto per locazione e noleggio) detenuto dalle Province e averle assicurate»;
«tutte queste autorizzazioni mancano e verificarlo non è complicato (le barche sono tutte dello stesso modello, colore e motorizzate in modo identico) ma nessuno lo fa»;
«oltre a usare tecniche di pesca e orari vietati, viene aggirata ogni norma di tipo sanitario e ogni possibile autorizzazione e il calo del pescato dopo il loro passaggio tocca anche il 70 per cento»;
«l'organizzazione fa capo a due persone, munite stranamente di un permesso di pesca professionale, che però hanno a libro paga circa 300 connazionali, arruolati in Ungheria. I camion per i Paesi dell'Est, senza alcun controllo sanitario, partono giornalmente»;
«nelle zone dove comandano i tedeschi la cattura del siluro non è a scopo alimentare ma solo un trofeo che una volta fotografato lo si ributta a fiume, cosa vietata dalle normative regionali sulla pesca, oppure venduto agli ungheresi. Il fiume è spartito in zone ben definite e presidiate, tanto che se un malcapitato pescatore teutonico autonomamente decide di gettare un amo nel Po, lungo quelle zone, è sottoposto al pagamento della "tassa" di 100 euro al giorno o, se rifiuta, deve immediatamente andarsene. Non va meglio per i pochi pesca-turismo autorizzati e gestiti da nostri connazionali, che hanno già subito minacce e a cui è stato chiaramente chiesto di chiudere "finché siete in tempo"»;
si sarebbe inoltre verificato un «furto di sabbia e ghiaia che tutte le notti (spesso anche di giorno) viene fatto da cavatori abusivi. Nessuno controlla o informa. Non sarebbe difficile farlo. Basterebbe una motovedetta ogni 100 km di fiume (4 o 5 in tutto) per garantire una verifica puntuale del territorio. Si potrebbe affidare questo compito all'Arni (Agenzia di navigazione interna) che ha uomini e barche ogni 30 km di fiume. Basterebbe dotarli del potere di polizia fluviale -:
se corrisponda al vero quanto riportato in premessa;
quali misure intendano adottare, anche tramite il Corpo forestale dello Stato e in collaborazione con gli enti locali interessati, per accertare eventuali irregolarità e quali conseguenti provvedimenti intendano assumere al riguardo.
(4-04064)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 29 luglio 2009 la Guardia di finanza ha sequestrato il terreno della ex conceria di pelli Fraschini in Comune di

Cittiglio (Varese), emanando in seguito provvedimenti di denuncia degli amministratori e dei liquidatori dell'azienda;
nel corso del 2008 era emersa, a seguito di indagini e di analisi, effettuate da Arpa e Provincia di Varese, una forte contaminazione da cromo dei terreni ed anche delle acque in falda, addebitabile all'impiego del metallo stesso nei processi di lavorazione delle pelli effettuati dalla conceria;
la Guardia di finanza ha accertato altresì - cogliendo alcuni operai sul posto - che alcune sostanze liquide sono state riversate direttamente nel fiume Boesio;
sussistono legittime preoccupazioni circa lo stato della falda acquifera, nonché circa eventuali ulteriori danni alla salute dei cittadini;
purtroppo casi simili accadono spesso quando le aziende attraversano momenti di difficoltà o - come nel caso in esame - sono in fase di liquidazione, mancando in detti frangenti sia le risorse per bonificare le aree, sia le motivazioni etiche sottostanti una normale attività di impresa -:
se il Ministro disponga di ulteriori elementi in relazione a detta vicenda, con particolare riferimento alla salute dei cittadini ed ai danni ambientali;
se non si ravvisi la necessità di intervento diretto, nell'ambito delle proprie competenze, per limitare il danno causato e ripristinare la situazione ambientale;
se e come il Ministro intenda agire - anche attraverso modifiche normative - ai fini di prevenire altre situazioni analoghe.
(4-04082)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il Comune di Varese ha avviato e realizzato in via sperimentale un servizio di noleggio pubblico di biciclette dal 20 giugno 2009 e fino al 15 ottobre 2009 offrendo una valida alternativa all'auto privata a tariffe promozionali. L'offerta prevede infatti nei fine settimana un noleggio gratuito fino a 30 minuti, mentre dai 30 ai 60 minuti la tariffa è di euro 0,15, per la seconda ora il costo è di euro 0,30, mentre per tre ore la tariffa è di euro 0,60. Infine, con soli euro 0,90 si può utilizzare la bici per 3-4 ore;
la promozione si inserisce all'interno del progetto ValnBici, che prevede l'incentivo all'utilizzo della bicicletta accanto allo sviluppo di nuove pratiche di mobilità sostenibile;
l'iniziativa è organizzata dal Comune di Varese in collaborazione con fondazione Cariplo, con l'Azienda sanitaria locale, la Fiab-Ciclocittà e Legambiente;
l'iniziativa si inserisce in un contesto favorevole alla mobilità sostenibile in genere ed all'utilizzo della bicicletta in particolare, essendo la provincia di Varese all'avanguardia nella realizzazione di piste ciclabili e percorsi - turistici, ricreativi o pratici - destinati alla bicicletta -:
se esistano iniziative analoghe sul territorio nazionale;
se e come il Ministro intenda promuovere iniziative simili e/o sostenere un'eventuale seconda edizione della sperimentazione in corso.
(4-04084)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ripetute segnalazioni da parte di cittadini evidenziano la presenza di colonie di zanzare, di topi e finanche di scorpioni lungo il corso del torrente Arno comunemente denominato Arnetta in comune di Gallarate (Varese);
l'amministrazione comunale ha dichiarato che «la manutenzione degli alvei dei torrenti non è compito dei comuni, bensì del Magistrato del Po e che lo stato dell'Arnetta è stato documentato con dovizia

di materiale fotografico dall'Amministrazione gallaratese che ha inviato informazioni dettagliate all'ente competente» e l'Assessorato ai lavori pubblici e l'ufficio tecnico del Comune andando oltre le loro competenze hanno ripulito un ampio tratto delle sponde dello stesso -:
se la situazione descritta in premessa sia reale, e se sussistano pericoli per la salute della popolazione locale;
quali interventi si stiano predisponendo, anche attraverso l'autorità di bacino, al fine di rispondere ai solleciti dell'Amministrazione comunale di Gallarate;
se vi siano altri comuni coinvolti nella situazione di degrado riguardante il torrente Arno in provincia di Varese;
se e quali iniziative i Ministri intendano attuare affinché compiti come la pulizia degli alvei di torrenti di dimensioni non rilevanti possano essere svolti da enti maggiormente legati al territorio, nel rispetto del dettato costituzionale in termini di sussidiarietà.
(4-04090)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dalla stampa nei locali della Soprintendenza al polo museale a Firenze, locali che si affacciano su via della Ninna, si è resa necessaria una tempestiva disinfestazione per quella che è stata definita una massiccia invasione di zecche;
secondo quanto riferito dalla soprintendente al polo, dottoressa Cristina Acidini, «È tutta colpa dei piccioni. Sono loro i responsabili. Basta che si posino su un davanzale quando le finestre sono aperte»;
dicono gli esperti, il minuscolo insetto è un parassita che infesta il corpo dei volatili, un acaro dal corpo molle, attivo solo ed esclusivamente nel periodo estivo, che dopo aver lasciato il suo ospite volatile, fa presto ad entrare in ambienti chiusi, e lì rimane fino a quando non viene scoperto, amando occupare gli spazi dietro i quadri, le crepe dei muri e le intercapedini buie dove si può nascondere durante le ore diurne;
una prima disinfestazione nei locali della Soprintendenza è stata effettuata al primo piano nell'ultima settimana di luglio 2009; e una seconda è già stata deliberata;
non è sorprendente che, nonostante la prima disinfestazione, il fenomeno si sia nuovamente ripetuto a così breve distanza di tempo, data la quantità di volatili presenti in città, e l'unico modo per controllare il problema è quello di prevenirlo attuando una politica di controllo delle nascite dei piccioni;
se le zecche vengono a contatto con la pelle dell'uomo possono provocare fastidiosissime reazioni allergiche, irritazioni cutanee e le ripetute punture possono, nei casi peggiori, portare a shock anafilattici;
si tratta di una questione tutt'altro che banale o circoscritta, dal momento che coinvolge tutti i cittadini;
sono gli stessi volatili a prendere di mira le opere d'arte a cielo aperto sparse nella città di Firenze, e il loro guano corrode, nel vero senso della parola, la superficie della pietra e del marmo di sculture, fontane e palazzi di cui Firenze è ricca -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto rappresentato in premessa;

se non si ritenga, di predisporre politiche di controllo e contenimento delle nascite dei piccioni, responsabili di tanti problemi e danni per la salute della collettività e il patrimonio culturale e ambientale dell'Italia e, in particolare, della città di Firenze.
(4-03905)

DI PIETRO, PIFFARI, CIMADORO e ROTA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 25 agosto 2009 è stata ventilata dal Ministro interrogato e riportata sulla stampa la notizia della rimozione di Luca Rinaldi dall'incarico di Sovrintendente ai beni architettonici e paesaggistici delle province di Mantova, Brescia e Cremona, paventando un trasferimento presso la Sovrintendenza di Trieste;
nei suoi anni di attività Luca Rinaldi si è sempre opposto a progetti di cementificazione selvaggia del territorio, preservando lo stesso anche da possibili speculazioni edilizie;
negli ultimi otto anni, la Sovrintendenza dell'architetto Rinaldi si è infatti distinta per una lunga serie di interventi: centinaia di annullamenti di autorizzazioni paesistiche, vincoli diretti, perseguimento di abusi, e battaglie contro la demolizione di cascine ed edifici storici, contro il dilagare di capannoni; inoltre, il contributo del Soprintendente Rinaldi ha permesso di tutelare il paesaggio mantovano dichiarando l'interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera d), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, del sistema dei laghi di Mantova, del canale Rio, dei ponti dei Mulini e di San Giorgio, e contestuale tutela indiretta ai sensi degli articoli 45, 46 e 47 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, dei terreni in sponda sinistra dei laghi di Mezzo ed Inferiore, nonché la tutela indiretta del complesso di Palazzo Ducale e Castello di San Giorgio;
gli enti e le associazioni (Fai, Italia Nostra, Legambiente) del territorio su cui Luca Rinaldi ha operato hanno riconosciuto il suo valore e il buon lavoro effettuato in questi anni;
la difesa dell'ambiente, la valorizzazione del territorio e le battaglie contro il dilagare di capannoni sono una priorità per Mantova, per le istituzioni e le associazioni, affinché la speculazione non compia ulteriori crimini di carattere ambientale;
ulteriori dubbi in merito nascono dal fatto che il nome designato come sostituto dell'architetto Rinaldi è quello di Andrea Alberti, di Ferrara, a cui è già assegnata la Sovrintendenza di Verona, Vicenza e Rovigo; l'architetto Alberti si troverebbe quindi a dover gestire, oltre a territorio scaligero, anche le tre province lasciate libere da Rinaldi, un'area decisamente troppo ampia e complessa -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno reintegrare nelle sue funzioni il Sovrintendente Luca Rinaldi, in modo da dare l'opportunità allo stesso di proseguire nelle battaglie fin qui iniziate nelle province di Mantova, Brescia e Cremona, per preservare il bene comune e tutelare l'ambiente e suoi beni culturali.
(4-03993)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge 18 novembre 1995, n. 496, modificata con la legge 4 aprile 1997, n. 93, lo Stato italiano ha ratificato la convenzione del 31 gennaio 1993 di Parigi sulla proibizione dello sviluppo, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione; con il decreto del Presidente della Repubblica n. 289 del 16

luglio 1997 si individuava nel Ministero della difesa e per esso nello stabilimento militare materiali difesa (Nbc) di Civitavecchia, l'ente preposto al recupero, immagazzinaggio e distruzione delle armi chimiche obsolete e/o abbandonate già detenute e di quelle rinvenute, secondo le procedure, le modalità e le scadenze previste nelle disposizioni della convenzione;
l'atto interministeriale del Ministero degli affari esteri, n. 751 del 15 giugno 1998 ha ratificato l'accordo di impianto fra l'organizzazione per la proibizione delle armi chimiche e la Repubblica italiana per lo stabilimento (Nbc) di Civitavecchia avente lo scopo di attuare le disposizioni della convenzione in relazione alle attività di verifica ispettiva presso gli impianti di distruzione;
il decreto ministeriale del 26 gennaio 1998 attribuiva alla direzione generale armamenti terrestri del Ministero della difesa i compiti per quanto attiene la demilitarizzazione degli aggressivi chimici e la bonifica del territorio;
la citata convenzione sulla proibizione dello sviluppo, immagazzinaggio ed uso di armi chimiche e sulla loro distruzione, fissa in dieci anni, decorrenti dalla sua entrata in vigore (aprile 1997), il tempo necessario per provvedere alla distruzione delle armi chimiche;
lo stabilimento Nbc ha sempre avuto tra i propri compiti di istituto quello di bonificare siti industriali militari e civili dismessi, depositi munizioni ed aree non demaniali e nel corso delle attività sono stati recuperati ingenti quantitativi di aggressivi chimici (iprite, fenildicioroarsina fosgene, lewisite, adamsite, difeniicioroarsina) e di proiettili di artiglieria a caricamento chimico di vario calibro;
tali materiali vennero accantonati presso il comprensorio militare di Santa Lucia di Civitavecchia, nell'area dell'ex poligono chimico militare, sede dello stabilimento;
a partire dagli anni ottanta, in vista della stipula della convenzione, il Ministero della difesa ha avviato una serie di studi e di sperimentazioni per individuare metodologie e procedimenti che consentissero di distruggere le armi chimiche recuperate, nel rispetto dei vincoli posti dalla convenzione e dalle leggi nazionali in materia di salvaguardia ambientale e di tutela del personale preposto alle lavorazioni;
detta attività si è concretizzata nel corso degli anni nella costituzione di un'area industriale, dislocata all'interno del comprensorio di Santa Lucia comprendente una serie di impianti realizzati ad hoc;
l'interesse del Ministero della difesa e del Ministero degli affari esteri per tale attività hanno consentito di conseguire alcuni prestigiosi risultati, quali:
il completamento della distruzione di 130 tonnellate di iprite entro il marzo 1997 e quindi prima dell'entrata in vigore della convenzione (questo risultato è stato di particolare interesse per le autorità politiche, in quanto ha evitato che l'Italia dovesse dichiarare il possesso di una così consistente quantità di un aggressivo chimico considerato tra i più pericolosi fra quelli esistenti);
l'avvio delle attività di distruzione di adamsite, fosgene e proiettili a caricamento chimico ed il loro svolgimento secondo i programmi fissati in sede internazionale come verificato nel corso di ispezioni annuali disposte dalla organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac), l'organismo internazionale con sede all'Aia che sovrintende alla applicazione delle regole della convenzione;
lo svolgimento presso lo stabilimento Nbc, per conto dell'Opac, di corsi addestrativi finalizzati all'ampliamento dell'organico degli ispettori internazionali;
la partecipazione di personale del comprensorio alla missione Unscom per il controllo della detenzione di armi chimiche in Iraq;

l'interesse manifestato nel corso delle numerose visite effettuate da delegazioni internazionali, Russia e Libia comprese, verso le soluzioni tecniche adottate negli impianti;
tuttavia, a partire dalla seconda metà del 1998, in conseguenza della emanazione del decreto-legge 28 novembre 1997, n. 459 e del decreto ministeriale 20 gennaio 1998, riguardante la riorganizzazione dell'area tecnico-industriale della difesa, lo stabilimento Nbc al pari di altri enti è stato posto tra quelli di minore interesse per l'amministrazione e da quel momento, in vista di una sua dismissione, sta subendo un processo di «anemizzazione» attraverso una drastica riduzione sia delle risorse finanziarie che di quelle relative al personale;
il protrarsi di un tale intendimento da parte delle superiori autorità militari e politiche, avrà conseguenze del tutto negative circa le attività dello stabilimento nel settore specifico della distruzione delle armi chimiche;
tanto più che alla fine del 1999, nell'area di una fabbrica ormai dimessa ma adibita nel passato allo sconfezionamento di ordigni bellici, sita nel comune di Spilimbergo (Pordenone), sono stati rinvenuti e trasportati a Civitavecchia circa 40.000 proiettili a caricamento chimico, per la cui distruzione, nei tempi previsti dalla convenzione, occorrerebbero nuovi e consistenti investimenti finanziari e di personale;
allo stato attuale l'Italia non sarà in grado di assolvere gli impegni assunti, in sede internazionale con la ratifica della convenzione sul bando delle armi chimiche, proprio in un settore per il quale invece si era posta in posizione di avanguardia e il materiale in deposito presso lo stabilimento non sarà smaltito prima del 2047;
si verificherà inoltre la perdita di posti di lavoro in un'area come quella di Civitavecchia, già abbastanza depressa da questo punto di vista;
sarà inoltre praticamente annullata l'esperienza tecnico-scientifica maturata nel settore del trattamento di sostanze chimiche ad alta tossicità che invece potrebbe dar luogo, nel breve/medio termine, ad una riconversione degli impianti esistenti da destinare al trattamento, in ambito locale, di rifiuti industriali particolarmente nocivi -:
quali iniziative voglia intraprendere il Ministro interrogato per consentire che l'Italia termini le attività di distruzione quanto prima possibile posto che il termine prescritto dalla convenzione è scaduto nel 2007;
se risponda al vero che presso il suddetto stabilimento è stata tolta l'assistenza medica sul posto, pur tenendo conto dei gravissimi pericoli cui le maestranze addette possono incorrere manipolando gli aggressivi chimici di guerra;
se risponda al vero che presso il suddetto stabilimento è stata tolta la guardia militare, anche se nell'area sono stivate migliaia di ordigni a caricamento chimico e centinaia di tonnellate di aggressivi chimici;
se venga ancora garantita la necessaria sicurezza della popolazione che risiede nell'area limitrofa allo stabilimento.
(4-03913)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la professione infermieristica e le altre professioni sanitarie non mediche rappresentano un punto di riferimento per qualsiasi politica di sviluppo dei servizi sanitari, compresi quelli nell'ambito delle Forze armate;
la legge 10 agosto 2000, n. 251 «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione ostetrica» ha rappresentato una forte innovazione nella definizione del ruolo

svolto dalle professioni sanitarie, ne ha affermato l'autonomia professionale nello svolgimento delle attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, garantendo il pieno riconoscimento della professione infermieristica sul piano dell'iter formativo, dello status giuridico, dell'autonomia professionale, valorizzando e responsabilizzando le funzioni ed il ruolo dell'infermiere, nell'interesse primario della salvaguardia del diritto di salute del cittadino, anche attraverso l'istituzione dei Servizi e delle Direzioni infermieristiche e tecniche nelle Aziende Sanitarie;
la legge 1o febbraio 2006, n. 43 «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali ha stabilito, oltre all'iscrizione obbligatoria all'albo professionale e all'aggiornamento professionale effettuato in modalità identiche alla classe medica, che per l'esercizio di peculiari funzioni (coordinamento, esperto clinico, coordinamento) sono necessari specifici titoli di studio, rimodulando l'articolazione, il ruolo e la conseguente progressione di carriera;
il Ministero della difesa, nella Direttiva SMD-L-022 riconosce al personale sottufficiale la possibilità di frequentare la laurea specialistica per l'assolvimento di funzioni direttive e di docenza;
presso la Commissione per la Formazione continua, istituita presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, opera personale infermieristico, in quanto prevalente l'interesse didattico formativo multidisciplinare, a differenza del Comitato per la formazione sanitaria del Ministero della Difesa dove, invece, è presente solo personale medico del ruolo dei dirigenti -:
se il Ministro in indirizzo abbia recepito con propri atti regolamentari i contenuti delle leggi citate in premessa;
se il personale medico occupi posizioni organiche riferibili al personale infermieristico con particolare riferimento alla sezione scienze infermieristiche della scuola di sanità e veterinaria;
quali siano attualmente i provvedimenti che il Ministro interrogato abbia disposto per la concessione della licenza per l'aggiornamento professionale, per la rimodulazione della presenza, del ruolo e della progressione di carriera del personale infermieristico e tecnico infermieristico delle Forze armate;
quali siano le motivazioni che non permettono all'interno delle strutture sanitarie militari di poter svolgere le funzioni di coordinamento e di costituire le strutture direttive/dirigenziali previste per il personale infermieristico e tecnico;
quali siano le motivazioni per cui il Ministero della difesa ricorre al convenzionamento di personale esterno per le funzioni di Direttore del corso di laurea infermieri - sede Policlinico militare , sebbene disponga di personale in possesso dei requisiti formativi e professionali per esercitare tale ruolo;
quali siano i motivi per cui non viene garantita la formazione continua ECM nella misura prevista per il personale infermieristico;
quali siano i motivi per cui la progressione di carriera in ambito sanitario avvenga senza tenere conto della formazione/specializzazioni realmente possedute dal personale;
quali siano i motivi che vietano al personale militare infermieristico la possibilità di esercitare la libera professione allo stesso modo di quanto normativamente previsto per il personale medico.
(4-03933)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la nota prot. M-D/GMIL-01/UCGA/1/20103/N del 29 dicembre 2006 il

Ministero della difesa - Direzione generale per il personale militare ha impartito disposizioni in merito alla modalità di accesso agli atti amministrativi di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, stabilendo che il diritto in questione dovrà essere esercitato dal personale militare solo ed unicamente avvalendosi di un permesso per motivi personali e, come tale, assoggettato alla relativa disciplina in materia di recupero per il completamento dell'orario di servizio;
secondo la consolidata giurisprudenza dei Tribunali amministrativi e del Consiglio di Stato il diritto di accesso ai documenti amministrativi, azionabile da chiunque possieda un qualificato interesse per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti, ha in primo luogo una finalità strumentale alla difesa in giudizio della situazione sottostante in quanto, consentendo la conoscenza degli atti sulla cui base l'amministrazione ha formato la propria volontà ed ha assunto la conseguente determinazione, favorisce sia una più approfondita valutazione sull'opportunità di agire in giudizio a tutela della propria posizione sia la possibilità di censurare l'attività amministrativa per profili non direttamente percepibili dal provvedimento finale ed è costante insegnamento che la legittimazione all'accesso vada riconosciuta a chiunque possa dimostrare che il procedimento, o gli atti endoprocedimentali, abbiano spiegato o siano idonei a spiegare effetti diretti o indiretti nei suoi confronti, indipendentemente dalla lesione di una posizione giuridica, stante l'autonomo atteggiarsi del diritto di accesso, inteso come interesse ad un bene della vita autonomo rispetto alla situazione legittimante l'impugnativa;
con la legge n. 15 del 2005 il diritto di accesso assurge, seppure indirettamente, a norma di rango costituzionale e per tale motivo merita la più ampia tutela;
la determinazione emanata dall'amministrazione della difesa, a parere dell'interrogante, lede in maniera irrimediabile gli interessi legittimi ed i diritti soggettivi dei destinatari titolari del diritto di accesso agli atti amministrativi che, per loro natura, attengono indiscutibilmente alla sfera giuridica dello stesso richiedente e, quindi, al suo stato giuridico e di servizio comunque prestato alle dipendenze dell'amministrazione militare, non potendosi in alcun modo, diversamente opinando, fargli assumere le caratteristiche di atti prodotti dal privato -:
se non ritenga di dover intervenire con la massima urgenza per impartire apposite disposizioni affinché la predetta determinazione sia revocata e, nel contempo, siano stabilite regole chiare per l'esercizio dei diritto di accesso dei militari agli atti dell'amministrazione della difesa in modo tale che non vengano lesi i diritti del singolo, ovvero non possa verificarsi l'ipotesi di una responsabilità amministrativa nella lesione o nella limitazione dell'esercizio del diritto di cui sopra conseguentemente all'esecuzione di un ordine giudiziale ovvero dell'accoglimento della domanda del militare da parte dell'amministrazione della difesa.
(4-03962)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comitato paritetico sul fenomeno del mobbing del Ministero della difesa, istituito con decreto ministeriale 18 gennaio 2008, s'è insediato il 15 maggio 2008 presso l'Ufficio di gabinetto del Ministero della difesa ed in data 27 giugno 2008 ha approvato il regolamento sulla propria organizzazione ed attività;
il comitato opera per prevenire, rilevare e contrastare il fenomeno del mobbing, per tutelare la salute, la dignità e la professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori

e per garantire un ambiente di lavoro sicuro, sereno, favorevole alle relazioni interpersonali e fondato su princìpi di solidarietà, trasparenza, cooperazione e rispetto reciproco;
per garantirne la composizione paritetica, il comitato è composto da 18 membri, designati, in pari numero dall'Amministrazione e dalle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro. Per ogni componente effettivo è previsto un componente supplente;
il presidente del comitato è stato nominato dall'Amministrazione, mentre il vicepresidente è stato designato dai componenti di parte sindacale;
del comitato sul fenomeno del mobbing fa parte anche un rappresentante del comitato pari opportunità allo scopo di assicurare il raccordo delle attività dei due organismi;
il comitato rimane in carica per la durata di un quadriennio e, comunque, fino alla costituzione del nuovo -:
quali siano, ad oltre un anno dall'inizio delle sue attività, i risultati conseguiti dal comitato citato in premessa;
se il Ministro della difesa non ritenga opportuno integrare il decreto 18 gennaio 2008 in modo da ricomprendere nelle attività del predetto comitato anche la prevenzione, la rilevazione e il contrasto dei casi di mobbing, per tutelare la salute, la dignità e la professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori che rivestono lo status di militare, al fine di garantire anche ad essi un ambiente di lavoro sicuro, sereno, favorevole alle relazioni interpersonali e fondato su princìpi di solidarietà, trasparenza, cooperazione e rispetto reciproco;
se i Ministri interrogati, non ritengano opportuno integrare la composizione del predetto comitato con i membri designati dalle associazioni che svolgono concretamente azioni di tutela e formazione del personale militare, regolarmente iscritte, ai sensi della legge 7 dicembre 2000, n. 383, nel registro nazionale delle associazioni di promozione sociale del Ministero del lavoro e delle politiche sociali - direzione generale per il volontariato, l'associazionismo e le formazioni sociali.
(4-03971)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1-bis, comma 14, del decreto-legge 28 maggio 2004, n. 136 convertito, con modificazioni, dalla legge 27 luglio 2004, n. 186 prevede il numero delle promozioni al grado di primo maresciallo da conferire a decorrere dall'anno 2004 e fino all'anno 2020 compreso è fissato annualmente con decreto del Ministro della difesa in misura non superiore a un trentesimo della consistenza del personale appartenente ai rispettivi ruoli marescialli determinata per l'anno precedente dal decreto di cui all'articolo 2, comma 3, del decreto legislativo 8 maggio 2001, n. 215 e, per il Corpo delle Capitanerie di Porto, dall'articolo 3, comma 3, lettera b), del predetto decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 e successive modificazioni;
l'articolo 20, comma 1, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 come modificato dal decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82 prescrive che l'avanzamento al grado di primo maresciallo e gradi corrispondenti ha luogo a scelta e per concorso per titoli ed esami;
l'articolo 20, comma 5, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 come modificato dal decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82 dispone che i marescialli capi e gradi corrispondenti giudicati idonei ed iscritti nel quadro di avanzamento sono promossi al grado di primo maresciallo e gradi corrispondenti, nell'ordine della graduatoria di merito;
per gli appartenenti al ruolo marescialli della Marina Militare, l'iscrizione nel quadro di avanzamento non è determinato sulla base del solo punteggio di

merito attribuito dalla commissione di avanzamento, ma ha luogo per specialità (articolo 50 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 914), mentre l'iscrizione degli appartenenti al ruolo marescialli del Corpo delle Capitanerie di Porto, a similitudine dei paritetici marescialli dell'Esercito e dell'Aeronautica, ha avuto luogo a scelta (articolo 20 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196); di fatto, tale modo di operare porta all'esclusione di alcuni scrutinandi aventi un punteggio sensibilmente migliore di altri per il solo fatto di appartenere a differenti specialità;
tale modo di operare se è condivisibile ai fini dell'impiego non lo è ai fini dello stato giuridico, e delle disposizioni contenute nel decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 28 febbraio 2001, n. 82 nella parte in cui dispone che «ai fini dell'impiego e in relazione alle esigenze di servizio, le categorie, le specialità, le qualifiche, le specializzazioni, le abilitazioni e gli incarichi, compresi quelli principali, sono individuati e disciplinati con determinazione del Capo di Stato Maggiore della rispettiva Forza armata»;
tale situazione pone in risalto l'illogicità dell'azione amministrativa adottata che di fatto vanifica lo sforzo del legislatore, nonché delle determinazioni fissate annualmente dal Ministro della difesa -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso la Direzione generale per il personale militare affinché dia chiare disposizioni per uniformare l'iscrizione nel quadro di avanzamento sulla base del solo punteggio di merito attribuito dalla commissione di avanzamento anche per gli appartenenti al ruolo marescialli della Marina Militare, così come accade agli appartenenti al ruolo marescialli del Corpo delle Capitanerie di Porto ed ai paritetici marescialli dell'Esercito e dell'Aeronautica.
(4-03972)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Governo italiano ha assunto impegni di carattere internazionale per la realizzazione a Vicenza di una nuova base militare americana da destinare al raddoppio dell'attuale caserma Ederle, i cui lavori sono già iniziati;
tale nuova base insisterà sull'area di pertinenza dell'aeroporto Dal Molin di Vicenza e si prevede in essa l'insediamento di una brigata aerotrasportata dell'esercito degli Stati Uniti d'America;
il 27o Gruppo genio campale dell'Aeronautica militare, di cui fanno parte anche dipendenti civili dell'amministrazione della Difesa, è attualmente dislocato presso il Distaccamento Aeroportuale aeroporto militare di Vicenza con sede nell'aeroporto Dal Molin -:
se con il completamento delle opere previste per la realizzazione della nuova base americana e quindi la definitiva cessione dell'area su cui insiste l'aeroporto Dal Molin alle Forze armate statunitensi, i reparti dell'Aeronautica militare italiana, citati in premessa, saranno trasferiti altrove, dove e con quali costi.
(4-03973)

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
una nota diffusa in data 4 settembre 2009, dall'agenzia di stampa ANSA (ore 17:21), riporta la notizia secondo la quale vi sarebbe un nuovo caso di possibile contaminazione da uranio impoverito ai danni di un ex militare in Sardegna;
nella nota di agenzia si legge «Il ragazzo, 31 anni, della provincia di Cagliari ha scoperto di avere un linfoma di Hodgkin dopo aver prestato servizio, tra il 1999 e il 2000, nel poligono di Teulada, sempre in Sardegna. Qui è stato impegnato, tra l'altro, a raccogliere bossoli, dopo le esercitazioni, senza nemmeno un guanto e in totale assenza di qualsiasi

altra misura di protezione contro l'uranio impoverito». La Sardegna è la regione italiana a contare il maggior numero di soldati deceduti per presunta contaminazione. Secondo il blog Vittimeuranio.com sarebbero almeno dieci» -:
quanti sono attualmente i casi di militari italiani, deceduti o ancora in vita, suddivisi per Forza armata di appartenenza, che hanno denunciato l'insorgenza di patologie per le quali non è possibile escludere l'esistenza di una connessione con l'uso di munizionamento contenente uranio impoverito o la dipendenza da causa di servizio, o per fatti comunque riconducibili all'attività di servizio prestata alle dipendenze dell'amministrazione militare;
quali i provvedimenti adottati dal Ministro interrogato per il riconoscimento del danno biologico e morale subito dai predetti militari e quali provvedimenti di carattere risarcitorio concessi che sono stati fino ad oggi concessi.
(4-03994)

LULLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal 12 agosto 2009 39 militari dell'esercito italiano sono operativi a Prato con pattuglie composte da due o tre soldati affiancate ciascuna da un carabiniere o da un poliziotto per svolgere servizi di controllo e prevenzione dei reati in città;
le aree interessate dalla presenza dei militari - che sarebbe garantita per un anno - sono il centro storico, la zona compresa fra la stazione e via Firenze, la cosiddetta Chinatown pratese;
i soldati destinati alla città dovevano essere originariamente 51, ma la disponibilità è risultata inferiore di una decina di unità, per tale motivo non coprono l'intero arco delle 24 ore, ma sono operativi, divisi su più turni, dalle 7 di mattina all'1 di notte ed essendo affiancati da personale della questura e dei carabinieri, possono svolgere varie attività tipiche delle forze dell'ordine, dall'attività di identificazione di persone in strada e di mezzi ai controlli alle ispezioni nei capannoni gestiti da stranieri, ma senza averne lo specifico addestramento;
gli organici della polizia e dei carabinieri di Prato sono ridotti all'osso ed è innegabile che per la città sarebbe stato molto più utile rafforzare le forze dell'ordine, almeno per coprire il turn over che solo nell'ultimo anno in questura ha ridotto il personale di 12 unità;
Prato è afflitta da infiltrazioni criminali, dal fenomeno dell'usura e da altri problemi che richiedono personale specializzato quali poliziotti e carabinieri e non soldati che dispongono di ottime professionalità ma ben diverse da quelle richieste alle forze dell'ordine, la scelta di ricorrere all'esercito appare quindi come una mossa di mera propaganda politica -:
quali siano l'effettivo costo economico della permanenza dei 39 militari a Prato e le regole d'ingaggio cui gli stessi debbono sottostare.
(4-04022)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il messaggio prot. n. CL/SCA/RA/1/1350/F4-2 il 16 ottobre 2008 il Comando logistico dell'Aeronautica militare - servizio commissariato e amministrazione dispose la sospensione dell'attribuzione dell'indennità di comando prevista dall'articolo 10, comma 2, della legge 23 marzo 1983, n. 78;
con il messaggio prot. n. CL/SCA/RA/1/1583/F4-2 il successivo 2 dicembre 2008, il medesimo ufficio rettificando quanto disposto in data 16 ottobre 2008, decise, in attesa di chiarimento, di non procedere alla sospensione o al recupero degli emolumenti corrisposti al personale sottufficiale a titolo di indennità di comando;
lo Stato Maggiore della difesa, interpellato in merito alla corretta applicazione

della norma in argomento, ha replicato stabilendo che «non è l'espletamento di funzioni e responsabilità comunque prestate a dare titolo all'indennità di comando, ma lo svolgimento della particolare attività da parte di quel personale che sia appositamente individuato dalle T.O.O.»;
la direzione generale per il personale militare rileva che «gli articoli 6 e 6-bis del decreto legislativo n. 196 del 1995 prevedano per i primi marescialli/luogotenenti l'esercizio di funzioni che implicano maggiori livelli di responsabilità, con la possibilità di sostituire il superiore gerarchico in caso di impedimento o di assenza. L'ipotesi peraltro, non può considerarsi che eccezionale e temporanea, limitata a momentanee carenze tabellari, tenendo conto del fatto che si può ricorrere ad altri istituti quale il conferimento ad altro ufficiale come secondo incarico, il cumulo (avocazione) degli incarichi da parte del superiore gerarchico, nonché la surrogazione del comando ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986»;
risulta agli interroganti che i sottufficiali che, nell'ambito delle forze armate, ricoprono gli incarichi per i quali è stata prevista l'attribuzione dell'indennità citata, secondo le disposizioni emanate dalla prefata direzione generale, con la circolare Prot. n. M_D GMIL_05 IV 15/2/68831 del 13 dicembre 2007, sono stati nominati dai rispettivi comandi con atti formali di attribuzione dell'incarico tabellare e che detti sottufficiali hanno svolto l'incarico di comando in modo prioritario e continuativo per lunghi periodi di tempo, comunque superiori a sei mesi; risulta altresì che nei confronti di tali militari, attualmente, secondo le disposizioni emanate dello Stato Maggiore della difesa, sono in atto azioni volte alla ripetizione delle somme ad essi già corrisposte;
a parere degli interroganti, inoltre, quanto espresso dalla direzione generale per il personale militare tende evidentemente a mantenere l'attribuzione di detto emolumento solamente per gli ufficiali, pur prevedendo che questi, nel cumulo degli incarichi, possono avvalersi della «surrogazione», demandandone l'effettivo svolgimento all'inferiore gerarchico, ai sensi del richiamato articolo 12 del regolamento di disciplina militare che così dispone: «In mancanza di particolari disposizioni, al militare investito di comando o di carica direttiva deceduto, assente o impedito, subentra di iniziativa, fino alla nomina del successore da parte dell'autorità competente, il militare, che ne abbia titolo, in servizio presso lo stesso comando o reparto più elevato in grado, e, a parità di grado, più anziano, tenendosi presente che il militare in servizio permanente ha il dovere di esercitare il comando sui militari pari grado delle altre categorie, prescindendo dalle anzianità»;
il principio della surrogazione, così come interpretato dai vertici militari, riporta alla mente quello introdotto in passato in alcuni eserciti per temperare gli effetti della coscrizione obbligatoria, che consentiva a chi non voleva prestare il servizio militare di poter essere sostituito da un'altra persona, mal si concilia con gli attuali insegnamenti della dottrina e della giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale in tema di responsabilità penale e amministrativa;
secondo gli insegnamenti giurisprudenziali, il personale appartenente al ruolo dei marescialli o dei sergenti, che si trova a dover svolgere, per comando, un incarico per il quale sia previsto, dalle citate tabelle ordinative organiche (T.O.O.), un grado gerarchico più elevato a quello effettivamente rivestito - in mancanza di un responsabile di qualifica adeguata nella dotazione organica -, ha diritto alla percezione del trattamento economico corrispondente al livello delle funzioni effettivamente svolte a decorrere dalla data di rispettiva preposizione all'espletamento dei compiti superiori. A tal proposito l'adunanza plenaria del Consiglio di Stato ha opportunamente evidenziato che «In materia di intervenuto svolgimento di mansioni superiori da parte di un pubblico

dipendente, va confermata la costante giurisprudenza amministrativa secondo cui - per effetto della modifica apportata sul punto dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 387 del 1998 - il diritto del dipendente pubblico, che ne abbia svolto le funzioni, al trattamento economico relativo alla qualifica immediatamente superiore va riconosciuto con carattere di generalità solo a decorrere dalla data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo n. 387 del 1998, detto riconoscimento legislativo palesando un evidente carattere innovativo e non riverberando in alcun modo la propria efficacia su situazioni pregresse». Tali insegnamenti, quindi, inducono a ritenere illegittimo il comportamento dell'amministrazione militare che, da un lato non riconosce il trattamento economico normativamente previsto per lo svolgimento delle cosiddette mansioni superiori e, dall'altro, intende dichiarare, con effetto retroattivo, l'illegittimità dei propri atti relativi all'attribuzioni di incarichi di comando per i quali, si suppone, abbia correttamente adottato tutte le procedure che prevedono prioritariamente di effettuare una ricerca di personale, adeguato all'incarico da attribuire, previsto dalle T.O.O.;
la situazione narrata in premessa, potrebbe dare luogo a innumerevoli contenziosi in sede giurisdizionale amministrativa e contabile, con una prevedibile soccombenza dell'amministrazione della difesa, e, quindi, conseguentemente di un non quantificabile danno erariale -:
se il ministro interrogato, condividendo le azioni poste in essere dallo stato maggiore della difesa, non ritenga opportuno disporre una immediata indagine per accertare le responsabilità amministrative e anche al fine di verificare la sussistenza dei presupposti per la denuncia di un danno erariale, in relazione al conferimento degli incarichi di comando ai sottufficiali delle Forze armate da parte delle autorità preposte, ovvero da parte dei comandanti degli enti/reparti/comandi dell'Esercito, dell'Aeronautica militare e della Marina militare;
se intenda dare puntuale applicazione alle leggi citate in premessa, impedendo in tal modo che la libera interpretazione delle norme citate, poco attenta agli insegnamenti in materia di trattamento economico costantemente offerti dalla giurisprudenza di merito, possa dare luogo a situazioni di illegittimità in contrasto con i principi espressi dalla Costituzione.
(4-04041)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il settimanale L'Espresso nella sua edizione del 3 settembre 2009, n. 35, nel trafiletto «Ufficiali & giornalisti. Nei secoli reporter» riferisce che lo Stato Maggiore dell'Esercito non avrebbe dubbi, e che i giornalisti che «indossano la divisa part time e fanno da portavoce nelle missioni internazionali restano sottoposti alla censura per tutta la vita»;
in particolare si tratterebbe della cosiddetta «riserva qualificata»: redattori, inviati, capiservizio, che «per guadagno o passione prestano brevi periodi come ufficiali. Ma secondo una nuova circolare, quando tornano nelle loro redazioni, devono continuare a chiedere il permesso per qualunque cosa: un articolo, una tesi di laurea, una conferenza, uno scritto epistolare, persino «per messaggistica varia e telefonia cellulare». E non importa l'argomento: è «interesse militare» ogni forma di comunicazione che provenga da un ufficiale. «Insomma», conclude l'Espresso, «in servizio per sempre. Peccato che nessuno li abbia avvertiti al momento dell'arruolamento» -:
se sia vero quanto riportato dall'articolo citato in premessa;
se esista una circolare che ciò dispone e quale sia al dettaglio il contenuto di detta circolare;
quando detta circolare sia stata emanata, e per decisione di chi;

quanti siano i redattori, gli inviati, i capiservizio che hanno prestato brevi periodi come ufficiali negli ultimi cinque anni, e costituiscono la cosiddetta «riserva qualificata»;
a quali testate giornalistiche appartengano, e specificatamente se tra loro vi siano anche redattori, inviati, capiservizio del servizio pubblico radio-televisivo;
se sia vero infine che anche quando i giornalisti in questione hanno l'obbligo di chiedere l'autorizzazione, quando tornano nelle loro redazioni, per qualsivoglia forma di comunicazione, scritta o verbale che sia.
(4-04042)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che il primo caporal maggiore Stefano Porru, in forza al reparto comando della Brigata Sassari, è deceduto nel più totale anonimato e che le cause della sua morte non siano conosciute a causa dello strano silenzio che tuttora continua a circondare la vicenda;
il primo caporal maggiore Porru è stato impiegato, tra le altre, in missione in Kosovo col 152o Reggimento «Sassari», dall'ottobre 2002 al febbraio 2003, dove si è fatto un costante uso dei mezzi VCC-2 e VTC M113 A1;
risulta anche che ben 50 mezzi tipo VCC-2 e VTC M 113 A1, su un totale di 60 di cui dispone la Brigata Sassari, siano stati cautelativamente ricoverati nei depositi e che alcuni elementi delle ottiche dei visori e degli strumenti degli stessi siano stati smontati e sigillati in appositi contenitori schermati, in attesa di essere smaltiti come materiale radioattivo -:
se il primo caporal maggiore Porru sia stato impiegato in operazioni o esercitazioni di addestramento sui veicoli citati in premessa, in quali occasioni e per quanto tempo e con quale incarico;
se il Ministro abbia avviato una inchiesta interna volta a chiarire le cause della morte del primo caporal maggiore Stefano Porru;
quali siano i risultati delle analisi compiute sui predetti mezzi in dotazione all'Esercito Italiano, con particolare riferimento a quelli in dotazione alla Brigata Sassari;
se attualmente tali mezzi sono ancora utilizzati nelle operazioni a cui prende parte il personale militare delle FF.AA.;
se siano state impartite e, nel caso quali sono le disposizioni relative all'uso e alla permanenza a bordo dei mezzi citati in premessa, quali siano le precauzioni adottate per evitare che il personale militare o civile, che vi è impiegato o è addetto alla loro manutenzione, sia esposto alla possibile contaminazione da radiazioni;
se il Ministro non ritenga di dover riferire sugli ulteriori elementi gravi fatti in premessa.
(4-04044)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la presente interrogazione vuole riproporre l'annosa questione, riguardante tre delegati della rappresentanza militare dei carabinieri, il maresciallo Serra e gli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, i quali sono stati sottoposti a procedimento disciplinare di rigore, per avere denunciato, nell'ambito delle prerogative del mandato ricevuto, delle irregolarità e per avere richiesto controlli sulle missioni militari in ambito nazionale e regionale, già presentata al Ministro interrogato dall'onorevole Filippo Ascierto nel corso della seduta della Camera dei deputati n. 225 del 17 ottobre 2007;
tale iniziativa, non e mai giunta a conclusione a causa del ritiro dell'atto di sindacato (4-05277) da parte del suo stesso presentatore;

è stato altresì contestato agli stessi il fatto di avere prodotto, nell'ambito di tale procedura disciplinare, una memoria difensiva tramite legale. Fatto giudicato come interferenza nel rapporto gerarchico militare;
la rappresentanza militare è stata istituita con le «norme di principio sulla disciplina militare» (legge 382/1972) e, nel suo complesso, è un istituto dell'ordinamento militare avente il compito di esprimere pareri, formulare richieste e avanzare proposte. Il Maresciallo Serra e gli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, essendo delegati dell'organismo di rappresentanza, svolgono le proprie funzioni in virtù del mandato ricevuto, che li esime dal seguire l'ordinaria via gerarchica;
la causa sulla quale si fonda il primo dei due procedimenti disciplinari inferto al maresciallo Serra ed agli appuntati scelti Cau e Ranzuglia, verte sui seguenti fatti. Con nota prot.llo 1032 del 3 agosto 2007, si contestava ai tre militari che le indagini da essi svolte «non erano state mai discusse dall'assemblea né deliberate». Con tale comportamento, a parere del loro Comando i tre erano venuti meno ai propri doveri del proprio stato, violando l'articolo 12. n. 2 e allegato c) n. 36 dell'articolo 65 del decreto del Presidente della Repubblica n. 546 del 1986;
l'interrogante si permette di confutare in merito quanto segue: l'articolo 9 del regolamento interno per l'organizzazione ed il funzionamento della Rappresentanza militare (decreto 9 ottobre 1985), prevede, al secondo comma, tra le attribuzioni del presidente, quelle di assicurare il buon andamento dei lavori, facendo osservare il regolamento. Nel verbale n. 59 del 21 maggio 2007 del COBAR, si legge testualmente, in relazione alla nota diretta al Comandante dell'Unità di base, riguardante aspetti organizzativi ed amministrativi della Rappresentanza Militare, che: «il Comitato di presidenza, presa visione dei suddetti documenti, ritiene gli stessi non possano essere oggetto di discussione, bensì di trasmissione»;
seppur il COIR sia organo gerarchicamente superiore al COBAR Lazio, è però quest'ultimo che decide quali e quanti delegati siano inviati presso altri COBAR confluenti;
ciò è quanto stabilisce la Circolare del Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri I reparto - SM - Ufficio Legislazione n. 25/370-10-1975 del 23 giugno 1982, che riassume la direttiva del Ministero della difesa del 12 marzo 1982, sul funzionamento dei consigli di rappresentanza militare. Al paragrafo C, relativo agli incontri tra COIR e delegazioni dei COBAR, si stabilisce che questi sono realizzabili a condizione che (punto 3) la delegazione abbia ricevuto preciso mandato dal consiglio, contenente esaurienti indicazioni in ordine ad i problemi da avanzare, sanzionate in apposita delibera: ciascun delegato, quindi, dovrà fedelmente esprimere la volontà del proprio consiglio;
i militari contestati, dunque, si attenevano al corretto comportamento di leggere e produrre in assemblea il doveroso atto di diffida ed intimazione, e poi, di consegnarlo debitamente al comitato di presidenza. Il comitato di presidenza, a questo punto, in qualità di superiore gerarchico dei delegati, così come si legge nel verbale sopra citato, disponeva la trasmissione diretta dell'atto;
le contestazioni disciplinari mosse ai tre militari sembrano non tenere assolutamente da conto del principio secondo cui «se la violazione è commessa per ordine dell'autorità, della stessa risponde il pubblico ufficiale che ha dato l'ordine». Se pur, dunque, volessimo ipotizzare un comportamento al di fuori delle normali procedure, comportamento che non è avvenuto, non si comprende per quale motivo sarebbero passibili di un procedimento disciplinare i tre delegati che si sono limitati ad attuare il principio testé ricordato, che trova la sua applicazione legislativa nell'articolo 4, comma 2, legge n. 689 del 1981;
la trasmissione dell'atto di diffida prodotto dai tre militari citati è avvenuta

nell'ambito del proprio consiglio di rappresentanza e nel pieno esercizio delle funzioni, e quindi nel rispetto delle gerarchie. L'atto di diffida contestato era teso a formalizzare le eccezioni sollevate informalmente a chi avrebbe dovuto vigilare e scongiurare la commissione delle infrazioni denunciate -:
quali provvedimenti intenda adottare il ministro interrogato per tutelare la libertà dei delegati nell'adempimento delle proprie funzioni in ragione di un mandato ricevuto;
se ritenga opportuno disporre delle indagini interne ovvero ogni altra iniziativa di competenza affinché siano accertate eventuali responsabilità in ordine alla vicenda in premessa.
(4-04077)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con diversi certificati di analisi di chimica, in data 30 novembre 2006 si dichiarava che presso numerose installazioni militari le analisi effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX), autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto, avevano rivelato la presenza di elevate quantità di amianto del tipo crisotilo e crocido lite;
con il Certificato di analisi n. 05/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Lastre ondulate di copertura presenti nell'edificio deposito esplosivi, Tarquinia (Viterbo). Denominazione campione: desp/trq - Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura presenti nell'edificio deposito esplosivi, Tarquinia (Viterbo). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 65 fibre/cmq. Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 06/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. - Campione di: Lastre ondulate di copertura del parcheggio macchine, del deposito esplosivi di Tarquinia (Viterbo). Denominazione campione: despmc/trq - Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura del parcheggio macchine, del deposito esplosivi di Tarquinia (Viterbo). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza

di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 11,5 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 62 fibre/cmq. Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 07/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. - Campione di: Lastre ondulate di copertura dei depositi dimessi di Tarquinia (Viterbo). Denominazione campione: depdsm/trq. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura dei depositi dimessi di Tarquinia (Viterbo) . Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 68 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 08/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. - Campione di: Lastre ondulate di copertura dei depositi a tegole romane di Montepescali, località «Le Vezzegge», (Grosseto). Denominazione campione: dep/mtp. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura dei depositi a tegole romane di Montepescali, località «Le Vezzegge», (Grosseto). Il campione è stato

prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 11,5 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep. Test) 65 fibre/cmq - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 09/07 Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Lastre ondulate di copertura del deposito bossoli vuoti di Montepescali, località «Le Vezzegge», (Grosseto). Denominazione campione: depbv/mtp. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura del deposito bossoli vuoti di Montepescali, località «Le Vezzegge», (Grosseto). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 11 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep. Test) 75 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 10/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Lastre ondulate di copertura del deposito munizioni, dimesso, a tegole romane, in località «La California» di Cecina (Livorno). Denominazione campione:

depmd/ccn. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura del deposito munizioni, dimesso, a tegole romane, in località «La California» di Cecina (Livorno). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 35 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 11/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Controsoffittatura del deposito munizioni, in località «La California» di Cecina (Livorno). Denominazione campione: depm/ccn. Il campione è rappresentativo della controsoffittatura del deposito munizioni, in località «La California» di Cecina (Livorno). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 35 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 12/07 Certificato valido a tutti gli effetti di legge:

articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. - Campione di: Coperture e pareti dei canili siti a Cecina (Livorno). Denominazione campione: copprt/ccn. Il campione è rappresentativo delle coperture e pareti dei canili siti a Cecina (Livorno). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2 ); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 50 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 13/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Coperture e pareti dei canili siti a Tarquinia (Viterbo). Denominazione campione: copprt/trq. Il campione è rappresentativo delle coperture e pareti dei canili siti a Tarquinia (Viterbo). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 55 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 14/07 Certificato valido a tutti gli effetti di legge:

articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Coperture e pareti dei canili siti a Pratola Peligna (Aquila). Denominazione campione: copprt/prpl. Il campione è rappresentativo delle coperture e pareti dei canili siti a Pratola Peligna (Aquila). Il campione è stato prelevato il 29 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 42 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 15/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Coperture e pareti dei canili siti a Rapolano (Siena). Denominazione campione: copprt/rpl. Il campione è rappresentativo delle coperture e pareti dei canili siti a Rapolano (Siena). Il campione è stato prelevato il 28 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 52 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 16/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928.

Campione di: Lastre ondulate di copertura dei depositi dismessi di Pratola Peligna (Aquila). Denominazione campione: depdsm/prpl. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura dei depositi dismessi di Pratola Peligna (Aquila). Il campione è stato prelevato il 29 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 58 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 17/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Lastre ondulate di copertura dei depositi dimessi di Montepescali (Grosseto). Denominazione campione: depdsm/prpl. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura dei depositi dimessi di Montepescali (Grosseto). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 55 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 dicembre 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;

con il Certificato di analisi n. 18/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Coperture depositi siti a Pratola Peligna (Aquila). Denominazione campione: copdps/prpl. Il campione è rappresentativo delle coperture dei depositi siti a Pratola Peligna (Aquila). Il campione è stato prelevato il 29 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 75 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 19/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Coperture depositi siti a Rapolano (Siena). Denominazione campione: copdps/rpl. Il campione è rappresentativo delle coperture dei depositi siti a Rapolano (Siena). Il campione è stato prelevato il 28 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 14 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 85 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;

con il Certificato di analisi n. 20/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Controsoffitto depositi munizioni siti a Pratola Peligna (Aquila). Denominazione campione: copdps/prpl. Il campione è rappresentativo del controsoffitto dei depositi munizioni siti a Pratola Peligna (Aquila). Il campione è stato prelevato il 29 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 50 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 23/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Lastre ondulate di copertura del deposito bossoli vuoti di Nera Montoro, Comune di Narni, (Terni). Denominazione campione: depbv/nmn. Il campione è rappresentativo delle lastre ondulate di copertura del deposito bossoli vuoti di Nera Montoro, Comune di Narni (Terni). Il campione è stato prelevato il 28 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 35 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di incapsulamento o di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti

pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 28/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Modulo cellette stagne Denominazione campione: mcs/trq. Il campione è rappresentativo dei moduli cellette stagne presenti presso l'impianto CERIMANT di Tarquinia (Viterbo). Il campione è stato prelevato il 27 settembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 16 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 60 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto delle varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 29/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Canna fumaria Tor Sapienza (Roma) Denominazione campione: cfm/trsp. Il campione è rappresentativo della canna fumaria presente presso la Cerimant di Tor Sapienza, Roma (Roma). Il campione è stato prelevato il 30 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, dei tipi crisotilo e crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 12 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 60 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto della varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi

con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 30/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Modulo cellette stagne Denominazione campione: mcs/nmtcr. Il campione è rappresentativo dei moduli cellette stagne presenti presso l'impianto Cerimant di Nera Montoro, Comune di Narni (Terni). Il campione è stato prelevato il 28 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 16 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 65 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto della varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 31/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Modulo cellette stagne Denominazione campione: mcs/prpl. Il campione è rappresentativo dei moduli cellette stagne presenti presso l'impianto Cerimant di Pratola Peligna (Aquila). Il campione è stato prelevato il 29 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - Saggi Risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crocido lite; 4) Quantità totale di amianto: 16 per cento (+/-2); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 63 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto della varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da

costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
con il Certificato di analisi n. 32/07 - Certificato valido a tutti gli effetti di legge: articolo 16 regio decreto n. 842 del 1928. Campione di: Ferodi all'interno del deposito, in località «La California» di Cecina (Livorno). Denominazione campione: frd/ccn. Il campione è rappresentativo dei Ferodi all'interno del deposito, in località «La California» di Cecina (Livorno). Il campione è stato prelevato il 27 novembre 2006 e successivamente consegnato al laboratorio per le analisi chimiche ai fini dell'accertamento della presenza di amianto e delle condizioni di rilascio di fibre libere nell'ambiente. Le analisi sono state effettuate nel laboratorio dello «Studio Altieri», in via Vitelleschi 11 (Roma), laboratorio munito delle specifiche attrezzature (MOCF, RX) e autorizzato dal Ministero della sanità per le analisi sull'amianto. La procedura di preparazione del campione, l'apparecchiatura utilizzata e la lettura in microscopia ottica in contrasto di fase, è stata effettuata secondo quanto riportato nell'Allegato V del decreto legislativo n. 277 del 1991, nell'Allegato II del decreto ministeriale 6 settembre 1994 e nella Direttiva 83/47/CEE. - saggi risultati - 1) Aspetto: Materiale solido, con superfici esterne parzialmente deteriorate; 2) Peso specifico: 1.12 g/cc.; 3) Presenza di amianto: Positiva, del tipo crisotilo; 4) Quantità totale di amianto: 35 per cento (+/-3); 5) Quantità di amianto in fibra libera: <100 mg/Kg; 6) Amianto semilibero sulle superfici (Streep.Test) 24 fibre/cmq. - Giudizio: I risultati delle analisi effettuate hanno evidenziato che il campione contiene amianto della varietà e quantità sopra riportate. Le superfici esterne del campione esaminato sono risultate deteriorate a vario grado. Si consiglia un intervento di rimozione. Gli interventi devono essere eseguiti da personale informato e formato per interventi sull'amianto. In base alla attuale normativa: decreto legislativo n. 22 del 1997 e successivi aggiornamenti, i manufatti possono essere classificati come rifiuti pericolosi con codice CER 17 06 05 (materiali da costruzione contenenti amianto) da smaltire in discarica autorizzata;
risulta all'interrogante che presso gli enti sopra indicati, prestano la loro attività lavorativa numerosi dipendenti civili e militari che continuano ad essere esposti ai rischi derivanti dall'amianto in quanto i manufatti, oggetto delle analisi citate, non sono mai stati bonificati con la rimozione e il conseguente smaltimento dei materiali contaminati, secondo le disposizioni di legge;
alcuni dei siti indicati sorgono nelle immediate vicinanze di centri abitati o comunque di insediamenti di aziende agricole -:
se i materiali indicati nei certificati di analisi siano stati rimossi e in quale data, in caso contrario quali siano i motivi che ne hanno impedito la rimozione e lo smaltimento;
se il ministro interrogato non ritenga opportuno verificare il grado di inquinamento prodotto sulle aree limitrofe ai manufatti/enti interessati dalla accertata contaminazione da amianto e sulle popolazioni e le attività agroalimentari che vi risiedono;
quali siano i provvedimenti adottati nei confronti del personale civile e militare che presta servizio presso i predetti enti.
(4-04078)

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, ZAMPARUTTI e BELTRANDI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la nota prot. n. 5/50944/1.1.5 (08) del 26 novembre 2008 il Ministro della difesa ha inteso subordinare al suo preventivo assenso, ovvero a quello dei competenti organi del suo Ufficio di Gabinetto, l'accesso appartenenti alle Forze armate o «strutture parlamentari»;
la libertà personale è inviolabile ed in essa rientra a pieno titolo il rapporto diretto che devono avere i cittadini italiani,

ancorché militari, con i loro rappresentanti istituzionali o politici e tali vincoli appaiono all'interrogante lesivi della libertà personale dei citati soggetti;
la nota citata, inoltre viola in modo inaccettabile le prerogative di ogni singolo parlamentare sempre ad avviso degli interroganti stabilite dall'articolo 67 della Costituzione;
risulta inoltre all'interrogante che sarebbero allo studio dello stato maggiore della difesa e degli stati maggiori di Forza armata dei provvedimenti volti a disciplinare le attività poste in essere da parte dei delegati dei consigli centrali della Rappresentanza militare, ed in ogni caso dei singoli militari, quali la partecipazione a programmi televisivi e radiofonici, la realizzazione e la gestione di siti internet, la possibilità di rilasciare comunicati stampa e dichiarazioni, la partecipazione a convegni/seminari, la partecipazione ad audizioni/incontri formali o informali a seguito della convocazione da parte di autorità politiche, governative, parlamentari o singoli esponenti politici e organizzazioni sindacali;
a quel che sembra agli interroganti lo Stato Maggiore della Difesa, a tal proposito, avrebbe individuato delle soluzioni palesemente, e fortemente, restrittive delle libertà individuali che devono essere necessariamente riconosciute ai singoli militari in quanto cittadini appartenenti alla Repubblica;
ad avviso degli interroganti, è necessario garantire in ogni modo il libero esercizio dei diritti costituzionali che possono essere interessati dallo svolgimento delle molteplici attività sopra citate, attualmente allo studio dello Stato Maggiore della Difesa, risultando necessaria, a tal proposito, una immediata e non più procrastinabile riformulazione del Regolamento sulla disciplina militare, emanato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 545 del 1986, al fine di adeguarlo alla più recente dottrina e ai consolidati orientamenti giurisprudenziali sul tema, non contenendo, quello vigente, alcuna precisa indicazione dei comportamenti vietati o sanzionabili, lasciando, in tal modo, una ampia ed ingiustificata discrezionalità che, come nel caso della nota in premessa, si pone in aperto contrasto con il dettato costituzionale e le norme di pari rango;
con la nota in premessa, il Capo di Gabinetto, generale C.A. Biagio Abrate, ha ecceduto nell'esercizio delle deleghe conferitegli sulla materia -:
secondo gli interroganti, se il Ministro sia a conoscenza degli intendimenti dello Stato Maggiore della Difesa, se non ritenga opportuno ritirare immediatamente la nota citata in premessa e quali siano le specifiche deleghe attribuite al capo di Gabinetto in materia di rapporti con autorità e organi parlamentari.
(4-04101)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la soluzione individuata per gli stabilimenti di Porto Torres - in virtù della quale ENI spa bloccherà la produzione degli impianti della Polimeri, limitandosi ad attivare un piano di manutenzione straordinaria che andrà avanti fino a settembre con il solo fine di salvaguardare temporaneamente i posti di lavoro e non ricorrere alla cassa integrazione - rappresenta una «soluzione tampone», che nulla garantisce rispetto al futuro;
i comparti della chimica e della petrolchimica, che danno lavoro oggi in Italia a 200 mila addetti, sono investiti da una fase di profonda crisi economica: la produzione industriale dell'ultimo trimestre fa infatti registrare il tracollo della gomma (meno 28,8 per cento), della produzione di base della chimica (meno 20,7 per cento),

del vetro (meno 18,2 per cento), della ceramica (meno 11 per cento); il fatturato cala del 18,1 per cento nella fabbricazione dei prodotti chimici e delle fibre sintetiche, del meno 28,3 per cento nella raffinazione di petrolio, del 26,5 per cento nell'estrazione dei minerali; le esportazioni dei prodotti chimici sono a meno 40,9 per cento;
i settori della chimica e della petrolchimica scontano l'effetto della crisi mondiale prima di altri settori, perché rappresentano l'anello della catena nelle materie prime necessarie alla trasformazione dei prodotti per il comparto manifatturiero e che nel nostro Paese sono pessime le previsioni di crescita della produzione che potrebbe chiudere a meno 4 per cento (secondo queste stime la chimica di base passerebbe da più 3,6 per cento a zero; le plastiche e le resine da più 2,1 per cento a meno 1 per cento; le fibre chimiche a meno 11 per cento; i fertilizzanti a meno 3,5 per cento, le vernici a meno 0,5 per cento);
per altro verso, che il settore della chimica è un settore di fondamentale importanza per l'industria italiana, soprattutto con riguardo ai citati risvolti occupazionali, che si trova oggi in un momento di profonda crisi congiunturale e che proprio in considerazione di ciò il Ministero dello sviluppo economico ha istituito un «Tavolo nazionale per la chimica», al fine di definire azioni che possano rimediare agli effetti della crisi del comparto, sostenendone lo sviluppo e il rilancio industriale;
il Governo, per promuovere la concorrenza nei mercati dell'energia e determinare una conseguente riduzione dei prezzi, è stato costretto ad imporre ad ENI, tramite decreto-legge (decreto-legge n. 78 del 2009), un obbligo di cessione di 5 miliardi di metri cubi di gas nell'anno termico 2009-2010 a prezzi sostanzialmente «amministrati», determinati dal Ministro dello sviluppo economico su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas sulla base dei costi di approvvigionamento effettivamente sostenuti dall'ENI, con particolare riferimento ai prezzi medi dei mercati europei;
tale misura, così configurata, appare peraltro del tutto insufficiente - sia in termini di durata della misura (limitata ad un solo anno termico) sia in termini di quantità di gas da cedere - a rispondere alle necessità dell'industria italiana, che in un momento di così difficile congiuntura internazionale è costretta a subire un prezzo dell'energia ben superiore alla media europea, a fronte del quale l'operatore dominante ENI continua invece a realizzare elevati profitti, mantenendo anche il controllo sulla quasi totalità delle infrastrutture di importazione e trasporto del gas naturale;
in base al bilancio dell'ENI del 2008, si possono apprendere le seguenti informazioni: utile operativo: 1 miliardo e 581 milioni di euro; proventi finanziari: 661.747 mila euro; proventi partecipazione: circa 4 miliardi e 806 mila euro; utile ante-imposte: 7 miliardi di euro; imposte sul reddito: 305 milioni euro. La bassa imposizione fiscale pare essere la conseguenza della tassazione dei dividendi relativi alle società controllate residenti in Stati e territori a regime fiscale privilegiato. In particolare le principali aziende che hanno provveduto ad erogare dividendi da controllante ENI spa sono state la ENI International BV, per euro 3 miliardi e 235 milioni e la ENI Investments plc, per 917 mila euro. La prima società risulta avere sede ad Amsterdam, la seconda a Londra. Tali società controllano, poi, 48 società residenti o con filiali in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, o residenti in Stati o territori elencati nell'articolo 3 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 21 novembre 2001. Risulta dunque evidente che ENI, pur realizzando una parte assai consistente dei propri ricavi sul territorio italiano (a valere cioè sulle bollette di famiglie e imprese italiane, nonché sulla vendita nel nostro paese di prodotti petroliferi), si è strutturata, da un punto di vista fiscale e societario, in modo tale da pagare il grosso delle imposte relative ai

propri ricavi all'estero, probabilmente per sfruttare regimi fiscali più favorevoli (come visto nel 2008, a fronte di un utile ante-tasse di circa 7 miliardi di euro, ha versato all'erario italiano poco più di 300 milioni di imposte nette, con un'incidenza fiscale inferiore al 5 per cento), con ciò sottraendo di fatto all'erario italiano risorse oggi fondamentali per fronteggiare la difficile congiuntura internazionale, la crisi occupazionale e la connessa e crescente domanda di politiche e tutele sociali;
l'azionariato di ENI spa è, ad oggi, così composto: 20,31 per cento Ministero dell'economia e delle finanze; 9,99 per cento Cassa depositi e prestiti; restante azionariato diffuso tra investitori, in gran parte stranieri (in particolare il 12,67 per cento delle azioni è nelle mani di azionisti provenienti da altri paesi UE, 111,01 per cento di azionisti Usa e Canada; il 4,89 per cento da UK e Irlanda; il 4,58 per cento da altre aree del mondo), aventi ciascuno partecipazioni inferiori al 2 per cento;
il Consiglio di amministrazione di ENI spa è composto, complessivamente, da nove amministratori di cui quattro tratti dalla lista presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze (in particolare si tratta dei signori: A. Colombo, P. Marchioni, M. Resca, R. Scibetta) e dunque il Governo è oggi l'azionista di maggioranza relativa della società;
all'alto costo di gas nonché benzina e gasolio per autotrazione (i cui prezzi, al netto delle tasse, si pongono oggi ai primissimi posti in Europa) pagato dai cittadini e dalle imprese italiane - compromettendone la competitività sul panorama internazionale, con gravi ripercussioni, particolarmente avvertite in un momento, come l'attuale, di crisi economica internazionale - fanno fronte ogni anno elevati profitti da parte dell'operatore dominante ENI spa, dovuti in primis ad una posizione di incumbent nel settore del gas e di primo player nel settore combustibili;
tali profitti finiscono da una parte per essere distribuiti come dividendi ad azionisti ed investitori in gran parte internazionali - peraltro a ciò legittimamente interessati - e dall'altra per alimentare le casse pubbliche di paesi dotati di regimi fiscali più favorevoli di quello italiano, sottraendo risorse al nostro bilancio pubblico;
ENI spa è una società che realizza un utile netto annuo che si colloca tra i 7 e 10 miliardi di euro e che tale società è, ad oggi, controllata da un azionista pubblico di maggioranza relativa -:
se non ritenga opportuno, il signor Ministro dell'economia e delle finanze, che il Ministero dell'economia e delle finanze, come azionista di maggioranza relativa di ENI spa, rivaluti il senso della propria partecipazione in tale società, non accontentandosi dei benefìci finanziari connessi alla detenzione di un forte pacchetto azionario, ma intraprenda azioni volte ad un più stringente controllo sulle scelte strategiche di ENI spa, favorendo il rilancio di settori industriali in crisi e vigilando sul fatto che le politiche della società non producano l'effetto paradossale di prelevare di fatto ingenti risorse di famiglie e imprese italiane, già in gravi difficoltà, per poi ridistribuirle tra investitori internazionali, pur legittimamente interessati, e versando le relative imposte a casse pubbliche di paesi dotati di regimi fiscali favorevoli, sottraendole così all'erario italiano, che oggi si trova, come ben sappiamo, in un momento di grande sofferenza e di assoluta necessità di risorse da destinare a politiche pubbliche in funzione anti-crisi.
(2-00455)
«Vico, Lulli, Pes, Calvisi, Fadda, Melis, Strizzolo, Misiani, Murer, Froner, Scarpetti, Capano, Ginefra, Martella, Marchi, Lovelli, Motta, Zucchi, Bratti, Villecco Calipari, Bordo, Gatti, Nannicini, Naccarato, Fluvi, Schirru, Sbrollini, Zunino, Castagnetti, Marco Carra, Burtone, Vannucci, Margiotta, Causi, Boccuzzi, Peluffo, Recchia, Bellanova, Grassi, Servodio, Boccia, Trappolino, Esposito».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, - per sapere - premesso che:
con la circolare n. 7/E del 3 marzo 2009, l'Agenzia delle entrate - Direzione centrale normativa e contenzioso - ha fornito propri chiarimenti sulla natura delle risposte agli interpelli presentati dai contribuenti in ordine alla gestione del contenzioso derivante dall'impugnazione degli stessi;
in particolare, l'Agenzia ritiene che la risposta all'interpello, per tutte le tipologie previste dalla normativa tributaria, non è impugnabile dal contribuente con ricorso alla Commissione tributaria provinciale. Motiva l'Agenzia che le risposte all'interpello si giustificano, essenzialmente, alla luce della loro natura di atti amministrativi non provvedimentali;
secondo l'Agenzia, la risposta all'interpello non ha carattere vincolante nei confronti del richiedente, il quale non è obbligato a conformarsi ad essa. Di conseguenza, la risposta all'interpello manca dei caratteri dell'autoritarietà e dell'esecutorietà, propri dei provvedimenti amministrativi;
il punto, in particolare, riguarda l'interpello cosiddetto «obbligatorio» così come previsto dagli articoli 167 e 168 del T.U.I.R., quest'ultimo oggetto di modifica per effetto dell'articolo 13 del recente decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, laddove il contribuente parrebbe comunque vincolato alla sua presentazione per ottenere, in caso di risposta affermativa da parte dell'Amministrazione finanziaria, la non applicabilità delle norme richiamate. In caso di risposta negativa, l'interpello non può, però, formare oggetto di impugnazione;
tenendo conto di quanto sopra, l'attività svolta dall'Agenzia in risposta agli interpelli non costituisce esercizio di un potere impositivo;
quale sia l'orientamento del Ministro interrogato qualora il contribuente non presenti l'interpello per una delle fattispecie previste dagli articoli 167 e 168 del T.U.I.R.;
se al contribuente sia data eguale possibilità di dimostrare e motivare la sussistenza dei presupposti per la disapplicazione della normativa sulle imprese estere partecipate in sede contenziosa, con ricorso alla Commissione tributaria provinciale territorialmente competente, successivamente all'emanazione di un atto lesivo della sfera giuridica del contribuente come tale quindi impugnabile, ovvero se il Ministro interpellato ritenga che tali prove non siano producibili in contenzioso, con istruzioni all'Agenzia delle entrate di opporsi per non aver il contribuente preventivamente presentato interpello;
se, in definitiva, al contribuente sia garantito il costituzionale diritto alla difesa ed al conseguente contraddittorio in sede contenziosa, ovvero se esso venga meno per vizio procedurale e cioè per non aver presentato l'interpello in una delle fattispecie previste dagli articoli 167 e 168 del T.U.I.R.
(2-00456) «Quartiani».

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
fino al 2006 i tributi delle città di Torino, Aosta, Modena, Mantova, Verona, Vicenza, Trento, Treviso, Belluno, Trieste e Pordenone venivano riscossi dalla società Uniriscossioni del gruppo Unicredit, la cui direzione generale aveva sede in Torino ed impiegava circa mille persone;
a partire dal 1o ottobre il sistema di affidamento in concessione del servizio nazionale della riscossione e le funzioni relative alla riscossione nazionale sono state attribuite all'Agenzia delle entrate, che le esercita mediante la società Equitalia

s.p.a, a totale capitale pubblico (51 per cento Agenzia dell'entrate e 49 per cento Inps);
con il passaggio del servizio dal privato al pubblico, l'attività di Uniriscossioni è stata affidata (personale incluso) ad Equitalia Nomos s.p.a.;
l'affidamento in concessione del servizio di riscossione attraverso Uniriscossioni ha costituito per la Città di Torino un volano di lavoro importante e la conseguente costituzione di Equitalia ha depotenziato la Direzione generale, escludendo in un primo tempo le città di Trento, Trieste e Pordenone e più tardi le città di Modena e Mantova con conseguente riduzioni del personale complessivo, fino ad arrivare alle attuali 300 persone dipendenti della Direzione generale di Torino;
il 24 giugno 2009, è stata costituita Equitalia Progetto Veneto che ingloberà i rami d'azienda veneti oggi gestiti dal Piemonte, per cui verranno sottratte dalla gestione torinese le città di Treviso, Vicenza, Verona e Belluno;
la creazione di Equitalia Progetto Veneto rischia di danneggiare gravemente la sede torinese che andrebbe incontro ad un ulteriore ridimensionamento dell'occupazione e rappresenterebbe l'ennesimo atto volto trasferire in altre regioni, importanti presidi economici, industriali e di servizi come nei casi RAI, Telecom, San Paolo eccetera;
occorre fugare il sospetto che l'operazione risponda alla volontà di privilegiare aree politicamente più affini alla maggioranza di governo, a discapito di altre -:
se non ritenga opportuno mantenere i livelli gestionali di Equitalia Nomos Torino s.p.a. ai valori attuali per scongiurare ulteriori riduzioni di posti di lavoro in un momento di grave difficoltà economica.
(3-00647)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GOZI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 244 del 2007, prevedendo la non detraibilità degli interessi passivi per le società di capitali, aggrava in maniera importante la condizione di molte medio-piccole imprese italiane che devono già far fronte a ingenti difficoltà a causa della crisi economica;
è fondamentale che le aziende italiane siano incoraggiate e supportate durante questo gravoso periodo economico, e non penalizzate con l'imposizione di norme che riducono la loro capacità di reazione alla presente crisi economica. In un momento in cui le imprese registrano cali del fatturato di importanti dimensioni, non consentire la detraibilità degli interessi passivi vuol dire indebolire con una maggiore pressione fiscale le nostre aziende;
la norma presa in considerazione colpisce iniquamente quelle industrie che hanno investito e scommesso sul futuro tramite investimenti a lungo termine. Queste aziende, prive di capacità contributiva, e quindi in perdita perché stanno intraprendendo un progetto di reazione alla crisi economica, sono largamente e ingiustamente penalizzate da una norma che prevede la non detraibilità degli interessi passivi per le società di capitali;
l'articolo 53 della Costituzione dice che «tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.»; così che le aziende non siano punite in un ambiente economico già in crisi e fortemente competitivo;
l'articolo 41 dice che «L'iniziativa economica privata è libera.»; e quindi è importante che il sistema fiscale non dissuada il settore economico a mettersi in gioco e a intraprendere progetti a credito;
la norma sopra citata sembra non tassare un reddito ma un costo aziendale, così da punire settori della nostra economia

che hanno investito e vogliono investire nel futuro per distinguersi e rinnovarsi -:
per quale motivo non sia consentita a un'azienda priva di capacità contributiva la detraibilità degli interessi passivi.
(5-01749)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'elemento fondamentale del trattamento intramurario è sicuramente il lavoro (articolo 15, L. 354/1975) sia perché permette ai detenuti di occupare il tempo in maniera costruttiva, sia perché consente loro di garantirsi un minimo di indipendenza economica. Per gli stranieri questo aspetto diventa ancora più rilevante, anche perché spesso si trovano soli ad affrontare la carcerazione ed in tal senso necessitano di una sia pur limitata occupazione lavorativa capace di potergli fruttare un minimo di reddito, necessario per la loro sussistenza in carcere e per affrontare spese legali e di giustizia;
la normativa vigente detta i criteri per l'ammissione all'attività lavorativa intramuraria stabilendo che occorre assicurare tale possibilità prima ai condannati e agli internati, poi ai ricorrenti ed appellanti ed infine agli imputati sottoposti a custodia cautelare in carcere. In pratica vi è una sorta di graduatoria che tiene conto della posizione giuridica del detenuto nonché del periodo di pena da scontare e considerato che i periodi di attesa sono molto lunghi e che gli stranieri, nella maggior parte dei casi, hanno pene piuttosto brevi, risulta alquanto difficile, già in partenza, assicurare loro un'attività lavorativa;
oltre a questa difficoltà di ordine generale, gli stranieri extracomunitari reclusi in carcere e privi del permesso di soggiorno, per poter lavorare durante il periodo di detenzione, devono superare l'ulteriore ostacolo rappresentato dal mancato possesso del codice fiscale, documento senza il quale non è pensabile svolgere una qualsiasi attività lavorativa, né autonoma, né dipendente e che può essere rilasciato allo straniero extracomunitario solo dietro presentazione di un valido permesso di soggiorno;
attesa la centralità del lavoro rispetto al trattamento intramurario, il Ministero della giustizia - con la circolare emanata in data 12 aprile 1999 n. 547671/10 ad oggetto «Detenuti extracomunitari, avviamento al lavoro e rilascio codice fiscale» - ha stabilito che, a seguito di intese con il Ministero delle finanze, può essere rilasciato il codice fiscale a coloro che non siano in possesso di un valido documento di identità e di un regolare permesso di soggiorno, attraverso la presentazione della richiesta, per conto del detenuto, da parte del direttore dell'istituto di pena. Tale richiesta deve essere accompagnata da una attestazione della direzione del carcere recante i dati anagrafici del detenuto che è stato identificato dall'autorità giudicante;
in pratica la circolare richiamata prevede che in questi casi, ai fini del rilascio del codice fiscale, non occorre né il possesso del permesso di soggiorno, dal momento che lo spazio di detenzione costituisce già di per sé una condizione di soggiorno obbligatorio, né un documento di identità valido, visto che il fatto che lo straniero detenuto sia stato sottoposto a procedimento penale e soggetto a condanna implica, di per sé, il superamento di ogni dubbio circa la sua identità (e quindi la mancanza di valido documento può essere superata tramite, appunto, la presentazione della richiesta di codice fiscale, intestato al detenuto, da parte del direttore del carcere o di un suo delegato);
nonostante la predetta circolare, a seguito dell'entrata in vigore della legge 15

luglio 2009 n. 94 recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica» e della coeva introduzione del reato di immigrazione clandestina (perseguibile d'ufficio), in alcuni istituti di pena non viene più rilasciato - alle persone recluse non in grado di esibire i documenti inerenti al soggiorno ex articolo 6, comma 2, D.lgs n. 286/1998 - il codice fiscale necessario allo svolgimento dell'attività lavorativa intramuraria e/o extramuraria (articolo 21 Legge n. 354/1975); sicché l'unico modo che questa categoria di reclusi ha per poter svolgere una qualche attività lavorativa è quello di ricorrere all'ausilio dei volontari;
le innovazioni al codice penale e al testo unico sull'immigrazione introdotte dalla legge n. 94 del 2007 rischiano pertanto di spogliare della sua identità il clandestino ristretto in carcere: già prima, infatti, era molto difficile per l'extracomunitario non in regola con il permesso di soggiorno poter ottenere qualche documento dall'interno del penitenziario, ora è diventato quasi impossibile;
il preminente valore costituzionale della funzione rieducativa della pena, sotteso alla possibilità riconosciuta ad ogni singolo detenuto di lavorare all'interno o all'esterno del carcere, deve costituire la necessaria chiave di lettura delle modifiche introdotte dalla legge n. 94 del 2009, sicché l'interpretazione costituzionalmente orientata della richiamata normativa consente di affermare che la possibilità di svolgere attività lavorativa negli istituti non può essere, a priori, esclusa nei confronti degli stranieri privi del permesso di soggiorno, ciò perché deve essere senz'altro negata la possibilità di introdurre discriminazioni tra cittadini (e stranieri muniti di permesso di soggiorno) e stranieri in condizione di clandestinità, per la decisiva ragione che le relative disposizioni di legge sono dettate a tutela della dignità della persona umana, in sé considerata e protetta indipendentemente dalla circostanza della liceità o meno della permanenza nel territorio italiano (sotto questo profilo un'eventuale disparità di trattamento normativo risulterebbe indubbiamente contraria ai principi di uguaglianza e al canone della ragionevolezza di cui all'articolo 3 della Costituzione);
il mancato rilascio del codice fiscale, impedendo la possibilità per il detenuto di svolgere attività lavorativa fuori dal carcere, appare totalmente contrastante non solo con gli articoli 3 e 27 della Costituzione, ma anche con quella consolida prassi amministrativa (e giurisprudenziale) tesa a riconoscere anche allo straniero privo del permesso di soggiorno la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione. Ed invero, con circolare del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria del 23 marzo 1993, trasmessa alle questure con circolare del Ministero dell'Interno n. 8 del 2 marzo 1994, è stato precisato che i cittadini stranieri sprovvisti del permesso di soggiorno «sono tassativamente obbligati in forza di una decisione giurisdizionale a permanere sul territorio italiano ed a svolgere attività lavorativa in alternativa alla pena detentiva». Le medesime regole sono state ribadite, anche successivamente all'entrata in vigore del D.lgs n. 286/1998, con circolari del ministero della giustizia del 16 marzo 1999, prot. 547899, e del ministero dell'Interno n. 300 del 2 dicembre 2000: in quest'ultima è dato atto che «riguardo alla posizione di soggiorno dei cittadini stranieri detenuti ammessi alle misure alternative previste dalla legge, quali la possibilità di svolgere attività lavorativa all'esterno del carcere, si rappresenta che la normativa vigente non prevede il rilascio di un permesso di soggiorno ad hoc per detti soggetti. In dette circostanze non si reputa possibile rilasciare un permesso di soggiorno per motivi di giustizia né ad altro titolo, ben potendo l'ordinanza del magistrato di sorveglianza costituire ex se un'autorizzazione a permanere nel territorio nazionale»;
peraltro la possibilità, per gli stranieri privi del permesso di soggiorno, di svolgere attività lavorativa all'esterno del carcere è stata disciplinata dalla circolare n. 27/93 del Ministero del lavoro con la

quale è stato chiarito che è sufficiente un apposito atto di avviamento al lavoro rilasciato dagli uffici provinciali del lavoro, e ciò «prescindendo dalla iscrizione nelle liste di collocamento, dal possesso del permesso di soggiorno e dall'accertamento di indisponibilità»; il predetto atto deve avere «validità limitata al tipo di attività lavorativa e al periodo indicati nel provvedimento giudiziario di ammissione al beneficio di cui trattasi e non costituirà titolo valido per la iscrizione nelle liste di collocamento alla cessazione del rapporto di lavoro per il quale è stato concesso»;
a giudizio dell'interrogante occorre urgentemente rimuovere gli ostacoli di carattere burocratico che - successivamente alla entrata in vigore del reato di immigrazione clandestina e delle modifiche apportate al testo unico sull'immigrazione dalla legge n. 94/2009 - incontrano i detenuti extracomunitari privi del permesso di soggiorno che intendono svolgere un'attività lavorativa, sia dentro che fuori le mura; ciò anche alla luce di quanto recentemente dichiarato dal capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dott. Franco Ionta, il quale alla fiera di Rimini ha definito il lavoro all'interno del carcere «una formidabile opportunità», visto e considerato che «un detenuto che lavora probabilmente non delinque più e che senza il lavoro l'uomo si riduce a bestia» -:
se e quali provvedimenti intendano adottare il Ministro della giustizia e quello dell'economia e delle finanze affinché sia chiarito, anche mediante circolari ministeriali esplicative dirette al personale dell'amministrazione penitenziaria e delle Agenzie delle Entrate regionali, che anche successivamente all'entrata in vigore della Legge n. 94 del 2009 e del reato di immigrazione clandestina, nulla inibisce il rilascio del codice fiscale ai detenuti extracomunitari non in regola con il permesso di soggiorno che intendono svolgere attività lavorativa all'interno o all'esterno del carcere secondo quanto previsto e stabilito dalle norme dell'Ordinamento Penitenziario;
se e quali provvedimenti intendano adottare il Ministero del Lavoro e quello dell'Interno affinché sia chiarito, anche mediante apposita circolare ministeriale esplicativa diretta agli Uffici Provinciali del Lavoro e alle Questure, che anche successivamente alla introduzione del reato di immigrazione clandestina e delle modifiche apportate al Testo Unico sull'Immigrazione dalla legge n. 94 del 2009, nulla osta al persistere dell'applicabilità della apposita procedura di avviamento al lavoro delineata nella circolare n. 27 del 15 marzo 1993.
(4-03920)

MARINELLO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate, con apposito bando pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie - Concorsi ed esami del 15 febbraio 2008, ha indetto un concorso per l'assunzione di nuovi funzionari (Progetto Iride 7), III area funzionale, con un iter concorsuale complesso consistente in due prove scritte seguite da un tirocinio teorico-pratico, retribuito, della durata di sei mesi, a cui seguiva una ulteriore prova d'esame sul corso per stilare la graduatoria finale;
da tale graduatoria, oltre ai vincitori, sono risultati idonei e non vincitori di concorso (per centesimo di punto) oltre 250 concorrenti che sono rimasti in graduatoria come personale già formato dal corso di sei mesi;
a distanza di pochi mesi, precisamente in data 30 dicembre 2008, l'Agenzia delle entrate ha indetto un ulteriore concorso per 825 unità relativamente alla stessa area del precedente concorso e con identiche modalità di svolgimento;
tutto ciò rappresenta un evidente spreco di denaro pubblico, in violazione dell'articolo 97 della Costituzione italiana, che recita: «I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione.

Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge»;
è già accaduto, anche per altri concorsi, che si attingesse, prima di indire un nuovo analogo concorso, dalla graduatoria precedente, soprattutto quando la distanza tra i due bandi concorsuali è molto limitata -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno avviare iniziative atte all'assunzione dei candidati risultati idonei, presenti nelle graduatorie relative al bando di concorso indetto dall'Agenzia delle entrate nel febbraio 2008, prima del termine delle procedure concorsuali già in atto per il concorso bandito nel dicembre 2008.
(4-03986)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un momento di difficoltà evidente, quale quello che imprese, professionisti e famiglie stanno vivendo, in tutti è sentita, la necessità di recuperare le imposte necessarie al funzionamento della macchina statale, e di tutelare e non penalizzare i contribuenti in questa fase di grande difficoltà internazionale, i cui primi cedimenti sono stati provocati da una allegra finanza di altri Paesi, ledendo quello che è il loro patrimonio personale e che tanto incide nella ricchezza nazionale, in particolare l'abitazione di famiglia;
le varie società operanti sul territorio nazionale, delegate alla riscossione dei tributi, si stanno contraddistinguendo per un eccezionale attivismo, volto al recupero di imposte evase o supposte tali, con l'attivazione di procedure esecutive mobiliari o immobiliari;
il concessionario alla riscossione tributi Equitalia Spa sta attivando ovunque fermi amministrativi, iscrivendo ipoteche giudiziali e non accogliendo istanze di rateizzazione per l'incasso di contributi di previdenza a casse private con le quali non sono state firmate le relative convenzioni, in ciò generando una situazione di grave apprensione nei cittadini e determinando altresì un'ingiusta sperequazione e disparità di trattamento tra contribuenti, ed infine non accogliendo nuove istanze nei casi in cui precedenti forme di rateizzo non siano state rispettate. Quest'ultima procedura finisce per penalizzare sia l'Amministrazione finanziaria, che i contribuenti virtuosi, che pur in difficoltà, e non disponendo di beni che possano essere oggetto di procedure esecutive, desiderano mettersi in regola con i pagamenti -:
quali iniziative urgenti si intenda mettere in atto per tutelare le famiglie, le imprese e i professionisti, e se non sia opportuno concedere una moratoria temporanea, all'applicazione degli articoli 50-77 e 86 del decreto del Presidente della Repubblica 602 del 1973 che regolano le azioni esecutive effettuabili per il recupero delle somme comunque a ruolo, disponendo altresì che il Concessionario accolga le istanze di rateizzo anche nei casi in cui non siano state firmate convenzioni con gli enti impositori, che determinano sperequazioni di comportamento a svantaggio di alcune categorie di contribuenti, o nei casi in cui le precedenti istanze siano state disattese;
se non sia opportuno attivare una procedura straordinaria di intervento a sostegno dei contribuenti in momentanea difficoltà e che dovessero farne richiesta, attraverso la costituzione di un fondo creato ad hoc presso la Cassa depositi e prestiti, eventualmente appositamente finanziata, consentendo all'Istituto, ove necessario, di fare ricorso all'ausilio degli strumenti di nuova concezione, definiti «Tremonti bonds» e quindi grazie alla leva finanziaria da questi creata.
(4-03992)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito da Plus24 del 29 agosto, il contributo previsto dal decreto anti crisi a vantaggio di chi ha un mutuo a tasso variabile (il cosiddetto «tetto al 4 per cento») non è stato ancora erogato dalle banche italiane;
nel frattempo l'Euribor è crollato dal 5 per cento a meno dell'1 per cento e in questo modo ha fortemente limitato la portata dell'intervento annunciato con tanta enfasi 9 mesi fa;
per alcuni però, ad esempio per chi ha una rata semestrale e legata ancora ai tassi 2008, quel contributo tanto atteso può essere significativo tenendo conto anche dell'attuale crisi economica;
i ritardi sarebbero in parte dovuti all'interpretazione delle norme varate dal Ministero dell'economia e delle finanze, in parte al tortuoso iter della trasmissione degli elenchi dei beneficiari da parte dell'Agenzia delle entrate;
inoltre chi ha già ricevuto il contributo lamenta la mancanza di indicazioni in merito ai calcoli effettuati per stabilire il conguaglio;
non risulta ufficialmente chiarito se il tetto al 4 per cento è estendibile ai mutui a tasso misto per cui le banche hanno finito per interpretare le norme in modo autonomo con il rischio di soluzioni diverse per situazioni analoghe;
il termine per presentare l'autocertificazione scade il 31 gennaio 2010 -:
quali provvedimenti intenda adottare per consentire a chi può averne ancora interesse di usufruire del contributo;
se il contributo del «tetto al 4 per cento» sia estendibile ai mutui a tasso misto.
(4-04026)

COLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la grave crisi internazionale, che ha colpito tutti i Paesi non risparmiando l'Italia, sebbene sembri mostrare un certo miglioramento non ha consentito, tuttavia, una piena ripresa dell'attività economica. L'ipotesi di un ritorno alla normalità ed ai livelli di reddito del 2007 appare, pertanto, quanto mai complessa ed incerta;
il Governo, in questo grave frangente, ha fatto molto per gestire una situazione estremamente difficile sul piano dei conti pubblici, cercando, al tempo stesso, di dare ossigeno alle imprese intervenendo sia sul sistema creditizio che sulle pubbliche amministrazioni, al fine di accelerare le procedure di pagamento a favore dei propri fornitori;
in particolare, con una serie di misure legislative, è stata data facoltà alle singole amministrazioni di rilasciare un attestato circa il debito contratto con le imprese, al fine di consentire a queste ultime di ottenere anticipazioni bancarie, su provvista della Cassa depositi e prestiti, garantite dalla SACE. Misura per la verità limitata alle sole piccole e medie imprese, ma con una ricaduta non certo positiva per le aziende maggiori, che comunque vantano crediti ingenti al momento lasciati gravare sui non floridi bilanci aziendali;
a questo impegno legislativo ed ai successivi accordi con il sistema bancario - protocollo del 30 giugno 2009 con ABI e SACE - hanno fatto tuttavia seguito procedure operative tutt'altro che soddisfacenti. In particolare la SACE si è dimostrata impreparata nel gestire le funzioni di sua competenza, mentre le pubbliche amministrazioni che «possono», ma non «devono» sono estremamente restie a rilasciare la documentazione richiesta dalle imprese;
per quanto riguarda, invece, l'erogazione del credito alle imprese, anche in questo caso, nonostante le generiche e tranquillizzanti dichiarazioni dell'ABI, si

assiste invece ad un suo forte restringimento. Esso si manifesta con continue richieste di rientro dei fidi accordati, anche quando le condizioni generali delle aziende sono tali da non giustificare alcun timore. Siamo quindi in pieno credit crunch;
motivato dal fatto che le banche per rispettare i ratio, richiesti dalla Banca d'italia, piuttosto che aumentare il loro patrimonio, utilizzando se necessario i bond messi a disposizione dal Tesoro, preferiscono limitare la loro attività ed avere mano libera nell'attività di trading e di semplice intermediazione finanziaria;
entrambi i fenomeni contribuiscono, pertanto, ad amplificare l'impatto della crisi finanziaria sull'economia reale, ritardando il tempo di una possibile ripresa, con gravi ripercussioni sulla dinamica degli investimenti e quindi sull'occupazione -:
cosa il Governo intenda fare affinché:
a) la SACE diventi concretamente operativa e rilasci, in tempi brevi, le garanzie a favore della banche che scontano i crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione;
b) le pubbliche amministrazioni abbiano l'obbligo e non la semplice facoltà di rilasciare la documentazione richiesta dalle aziende per dimostrare l'entità del credito vantato;
c) l'Osservatorio nazionale per il monitoraggio degli interventi anticrisi, istituito il 31 marzo 2009, presieduto su delega del Ministro dal Direttore generale del Tesoro, diventi concretamente operativo per verificare, insieme alle strutture imprenditoriali, il reale andamento del credito, ponendo un argine alle richieste ingiustificate di rientro che stanno colpendo numerose imprese.
(4-04092)

TESTO AGGIORNATO AL 6 MAGGIO 2010

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI e RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'inaugurazione del salone dell'industria tessile, svoltasi a Milano il giorno 8 settembre 2009, il Presidente del Consiglio Berlusconi ha testualmente affermato che:
«So che ci sono fermenti in Procura, a Palermo e a Milano. Si ricominciano a guardare i fatti del 1992, del 1993, del 1994... mi fa male che queste persone, con i soldi di tutti, facciano cose cospirando contro chi lavora per il bene del Paese»-:
se e quali informazioni siano in suo possesso rispetto a presunte «cospirazioni» dei giudici di Palermo e Milano contro il Presidente del Consiglio e se non ritenga di riferire in tempi rapidi al riguardo in sede parlamentare, sia a tutela della figura del Presidente del Consiglio sia delle istituzioni giudiziarie.
(3-00648)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MELIS, FERRANTI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 è stato bandito il concorso pubblico per l'assunzione di 133 vice commissari del Corpo di polizia penitenziaria che, dopo una lunga e rigorosa selezione, è terminato nelle scorse settimane determinando l'idoneità di circa 300 giovani laureati;
il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP), al fine di colmare la carenza di organico in cui versa la maggior parte degli istituti penitenziari italiani, ha provveduto ad ampliare la graduatoria, oltre ai 133 posti previsti, di sole 9 unità;
l'inadeguatezza dell'ampliamento della graduatoria previsto dal DAP risulta evidente se si considerano le gravissime disfunzioni del sistema carcerario italiano, le condizioni di oggettivo pericolo

cui sono sottoposti quotidianamente gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria, il problema del sovraffollamento delle carceri e l'endemica penuria di personale che affligge il sistema penitenziario italiano;
la necessità di un ampliamento ben più consistente dell'organico di polizia penitenziaria appare indispensabile se si considera che, al cospetto di una popolazione carceraria che ha superato le 63.000 unità, il Corpo di polizia penitenziaria deve sopportare una carenza di personale di circa 5.500 unità;
anche il «piano carceri», recentemente predisposto dal Governo, appare a tal riguardo insufficiente poiché, pur prevedendo la costruzione di nuove strutture carcerarie e l'ampliamento di alcune già esistenti, non prevede alcuna assunzione all'interno del Corpo di polizia penitenziaria;
allo scopo di sollecitare l'assunzione di tutti gli idonei presenti nella graduatoria del concorso per vice commissario del Corpo di polizia penitenziaria, è stato costituito il Comitato idonei vice commissari, il quale si richiama ai recenti provvedimenti proposti dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, relativi allo sfruttamento delle graduatorie già esistenti nella pubblica amministrazione -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per supplire all'endemica carenza di organico che il Corpo di polizia penitenziaria è costretto a sopportare, al fine di migliorare le condizioni dei detenuti, del personale e del sistema penitenziario nel suo complesso, e se non ritenga di dover, a tal fine, fare ricorso al personale previsto dalle graduatorie di idonei già esistenti.
(5-01740)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere:
quale sia l'esatta dinamica della morte del signor Fabio T., detenuto nel carcere di Frosinone, originario di Roma, di anni 46, deceduto il 24 agosto 2009;
se il signor Fabio T. era, come risulta da notizie di stampa, tossicodipendente;
per quale reato si trovasse in carcere;
se al momento del decesso fosse in attesa di giudizio o condannato in sede definitiva.
(4-03904)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è incredibile ed inquietante la situazione in cui versa il carcere di Santa Maria Maggiore di Venezia, le cui condizioni sono state efficacemente descritte da «La Nuova di Venezia», nella sua edizione del 17 agosto 2009: «...Nove detenuti stipati in celle da quattro, costretti 20 ore al giorno su letti a castello a quattro piani o accovacciati su brandine «matrimoniali», attaccate l'una all'altra per recuperare ogni centimetro, in una promiscuità intollerabile ... Quella delle brande «matrimoniali» e dei letti a strati è l'ultima frontiera dell'emergenza Santa Maria Maggiore...;
nel carcere di Santa Maria Maggiore la capienza regolamentare è di 152 unità, ma vi risultano stipati oltre trecento detenuti, la metà è tossicodipendente, due su tre sono stranieri, 90 i sieropositivi, il 60 per cento è ancora in attesa di giudizio;
gli agenti di Polizia penitenziaria dovrebbero essere 167, di fatto sono poco più di un centinaio -:
se sia a conoscenza di quanto descritto in premessa e quali iniziative si

intendano promuovere, adottare e sollecitare perché tale incresciosa e incivile situazione sia finalmente superata.
(4-03909)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Emilio Angelini, originario di Ascoli Piceno, è stato rinvenuto morto all'interno di una cella del carcere delle Sughere di Livorno, e, secondo i primi accertamenti si sarebbe tolto la vita impiccandosi;
il signor Angelini da tempo soffriva di crisi depressive e per questo era stato trasferito a Livorno, struttura ritenuta più idonea ad accogliere persone con problemi psicologici;
il carcere di Livorno ospita oltre quattrocento detenuti, a fronte di una capienza di 265 posti; da tempo la direttrice del carcere, dottoressa Anna Carmineo, ha segnalato come il personale penitenziario sia costretto ad operare in condizioni che eufemisticamente definisce «particolarmente difficili» -:
se siano a conoscenza di quanto riportato in premessa e quali urgenti iniziative intendano promuovere e sollecitare a fronte di una così grave situazione;
se non ritenga di dover promuovere una verifica in ordine alla situazione del carcere delle Sughere anche in relazione al suicidio del signor Angelini, ultimo in ordine di tempo di una inquietante sequenza di detenuti suicidi.
(4-03910)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 28 luglio 2009, nel carcere di Rebibbia, il detenuto Marino Vincenzo, persona costretta su una sedia a rotelle a causa di gravi problemi di salute, è stato trovato morto nella sua cella;
secondo quanto riferito da un altro detenuto in una lettera pubblicata su La Repubblica dell'8 luglio 2009, il 28 luglio 2009, alle 7 del mattino, Marino Vincenzo, recluso nel braccio G11, piano terra, sezione B, del carcere romano, ha chiamato l'agente di sezione comunicandogli di avere difficoltà respiratorie, al che quest'ultimo gli avrebbe risposto che alle 8 sarebbe passata l'infermiera per il controllo sanitario e la terapia;
purtroppo Marino Vincenzo non ha fatto in tempo né a vedere l'infermiera né a sottoporsi ad alcun controllo sanitario, essendo deceduto un quarto d'ora prima delle otto;
nel corso degli anni si sono succedute numerose circolari del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria nelle quali la salute, la vita e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone recluse ha ricevuto una specifica attenzione, così come disposto dallo stesso ordinamento penitenziario, ciononostante tutti i rapporti sulla situazione nelle carceri romane (e non solo) continuano a fornire numeri e dati preoccupanti in relazione alla salute ed al benessere dei detenuti;
dopo il passaggio al Servizio sanitario nazionale, avvenuto con il decreto legislativo n. 230 del 1999, di tutte le funzioni sanitarie prima svolte dall'amministrazione penitenziaria, il principale problema per la salute delle persone private della libertà personale continua a derivare dalla assoluta carenza di fondi che, oltre a rendere difficile l'acquisto di molti beni, anche di prima necessità, da destinare alle esigenze dei detenuti, causa carenza di medici e di infermieri e conseguenti livelli di assistenza sanitaria assolutamente insufficienti;
la cronica mancanza di risorse e personale per l'assistenza sanitaria nelle

carceri italiane comporta che in un numero sempre maggiore di casi le richieste dei detenuti relative a maggiore disponibilità di farmaci e personale infermieristico rimangano inevase, dal che, come è facile immaginare, conseguono profonde e negative ripercussioni sui livelli essenziali di assistenza che a tutti i cittadini del territorio nazionale, detenuti compresi, dovrebbero essere garantiti;
il quadro descritto evidenzia le difficoltà delle aziende sanitarie del territorio a dar vita all'organizzazione della medicina penitenziaria, non avendo a disposizione né risorse, né l'attribuzione di competenza necessaria per entrare come soggetti responsabili negli istituti penitenziari;
a giudizio dell'interrogante occorre verificare se il decesso del detenuto Marino Vincenzo si sarebbe potuto evitare nel caso i soccorsi e l'intervento del personale infermieristico specializzato fossero stati tempestivi;
ad avviso degli interroganti, è necessario ribadire il trattamento rieducativo ed il diritto alla salute della popolazione detenuta, assicurando le opportune garanzie di qualità dei trattamenti stessi -:
di quali informazioni dispongano i Ministri interrogati in relazione a quanto esposto in premessa;
quali iniziative il Ministro della giustizia ritenga di dover porre in essere, nell'ambito delle proprie competenze, al fine di chiarire se, con riferimento alla morte del detenuto Marino Vincenzo, non ricorrano responsabilità al piano amministrativo i disciplinare in capo alla direzione del carcere di Rebibbia e agli operatori penitenziari;
se i Ministri interrogati, a fronte di quanto esposto in premessa e nel quadro del trasferimento di funzioni dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, non ritengano di dover dare risposte e mezzi certi per assicurare ai cittadini detenuti l'assistenza sanitaria minima, contribuendo con ciò ad eliminare le situazioni di più evidente criticità che spesso sono la causa dei decessi all'interno degli istituti di pena.
(4-03914)

VACCARO e GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Tribunale di Torre Annunziata fu «aperto», verso la metà degli anni cinquanta, al fine di rispondere a molteplici istanze pervenute da numerose parti. I punti sui quali si chiedeva di porre un efficace rimedio, attraverso la creazione di tale Tribunale, erano principalmente i seguenti: ridurre l'imponente carico di lavoro del Tribunale di Napoli; avvicinare logisticamente la giustizia ai cittadini; aumentare il controllo giudiziario in un'area particolarmente calda ove, tra l'altro, era particolarmente forte l'aspettativa di giustizia; ridurre la centralità del capoluogo partenopeo e, conseguentemente, diminuire il traffico;
nel 1992, dopo non poche difficoltà, veniva approvata la legge istitutiva del Tribunale di Torre Annunziata. Il 18 gennaio 1994, veniva quindi inaugurato il Tribunale di Torre Annunziata. Tale ufficio ha competenza su un territorio vasto e popoloso, incorporando le ex preture mandamentali di Torre del Greco, di Pompei, di Castellammare di Stabia, di Gragnano e di Sorrento (oltre che, naturalmente, che di Torre Annunziata);
ad oggi purtroppo, lo stesso Tribunale di Torre Annunziata, che doveva rappresentare un percorso risolutivo nei gangli della giustizia campana, è diventato sinonimo di problemi, lungaggini e evidente lentezza della macchina giudiziaria;
ormai il Tribunale di Torre Annunziata si trova al collasso per la palese mancanza di personale amministrativo; la situazione è inoltre destinata, a breve, a divenire ancor più drammatica vista la messa in quiescenza di diversi preziosi collaboratori di cui, in precedenza, ci si avvaleva facendo, in tal modo, comunque fronte a costanti lacune organizzative ed economiche;

in passato, poi, al fine di cercare di mettere in moto un processo risolutivo che interessasse tale situazione e mostrare al Governo la criticità del momento in essere nel Tribunale di Torre Annunziata, si sono verificate diverse astensioni dal lavoro, a cui hanno partecipato sia numerosi Avvocati iscritti all'ordine di Torre Annunziata, sia molti gruppi del personale amministrativo dello stesso Tribunale, ormai esausti del protrarsi di una gestione ridotta alla totale insufficienza amministrativo-organizzativa;
è grave che a fronte di numerosi scioperi, estensioni e manifestazioni, il Governo, non abbia provveduto a risolvere una situazione ormai incontrollabile, che rappresenta ed palesa un ritardo giudiziario senza precedenti. Le ricadute di un processo lentissimo gravano sui cittadini, utenti in balia di cause rinviate; inoltre nel caso di una realtà già pesantemente gravata da problemi di illegalità diffusa, tali lungaggini compromettono irrimediabilmente la qualità dei servizi pubblici che lo Stato è chiamato invece a garantire ricordando che una giustizia lenta è sinonimo di una giustizia denegata -:
come sia possibile che un Tribunale di tale importanza strategica per la risoluzione di innumerevoli controversie giudiziarie, versi in una situazione di degrado organizzativo, operativo e funzionale come quella appena descritta, e quali iniziative si intenda assumere perché si ponga adeguatamente rimedio, per tempo, al pensionamento ed alla messa in quiescenza di diversi collaboratori amministrativi.
(4-03921)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo anno almeno 7 volte il Governo ha annunciato che «in uno dei prossimi Consigli dei ministri» sarebbe stato varato il piano per le carceri;
nel frattempo i detenuti sono diventati oltre 63 mila, oltre 20 mila della «capienza regolamentare», 11 mila in più della «capienza tollerabile»; oltre 30 mila sono ancora senza condanna definitiva; ogni mese aumentano di circa 800-1000 unità -:
se si sia in grado di chiarire dove e come si intendano reperire il circa miliardo e 590 milioni necessari per assicurare i circa 17 mila nuovi posti ipotizzati entro il 2012;
se si sia in grado di chiarire dove e come si intendono reperire le risorse e i fondi necessari per poter garantire i circa 5 mila agenti penitenziari necessari per aprire nuovi carceri, considerando che già ora si è sotto organico di circa 4 mila unità.
(4-03922)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 14 agosto 2009 agenzie di stampa riferivano della morte di un detenuto italiano di 28 anni, ristretto nel V raggio del carcere milanese di San Vittore;
il detenuto, in carcere per reati di droga ed era in attesa di essere inserito in un programma di cure di carattere psichico, era stato da poco trasferito dal carcere di Pavia secondo le notizie disponibili si sarebbe impiccato -:
quale sia l'esatta dinamica della morte del detenuto.
(4-03924)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come numerosi giornali ed emittenti televisive hanno riferito, la procura di

Torino ha aperto un fascicolo per omicidio volontario su quello che viene definito un sospetto caso di eutanasia che vedrebbe indagata un'infermiera dell'ospedale Giovanni Bosco di Torino;
il caso in questione sarebbe quello di un uomo ricoverato in coma irreversibile dopo un tentativo di suicidio, e successivamente deceduto in seguito ad un'iniezione di calmante;
gli inquirenti devono accertare se la morte sia stata accidentale, legata cioè a un errore umano o a una complicazione sanitaria non prevedibile, o se al contrario sia stata dettata dalla volontà di porre fine alle sofferenze del paziente -:
dal momento che, al di là dell'episodio in questione su cui evidentemente occorre fare chiarezza, molti sondaggi e inchieste tra il personale medico e sanitario certificano che l'eutanasia «clandestina» negli ospedali e nelle cliniche italiane sia molto più diffusa di quanto si creda, e - in un regime di clandestinità - incontrollato, se non si ritenga di dover assumere le opportune iniziative per accertare le dimensioni del fenomeno.
(4-03928)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 3 agosto 2009 il giornale La Voce di Forlì ha pubblicato la seguente lettera firmata dai detenuti della casa circondariale di Forlì: «Noi, detenuti ci rivolgiamo per l'ennesima volta al giornale perché siamo stanchi, delle condizioni degradanti che stiamo vivendo all'interno dell'istituto, visto anche il problema del sovraffollamento, e la mancanza degli agenti di custodia. Facciamo presente che siamo 240 detenuti (con 83 agenti) anziché 130. Viviamo in stanze da due persone: prima erano per una sola persona essendo di dimensioni ridottissime (3 x 2 metri); calcolando la branda, il tavolo e due armadietti, ci rimane poco più di un metro di spazio. Non ci sopravvivrebbe neanche un cane. Abbiamo dei blindi non a norma, non ci viene mai data la fornitura che ci spetta, il cambio delle lenzuola viene effettuato ogni mese invece di ogni quindici giorni, alle persone con gravi problemi economici l'amministrazione non concede alcun tipo di prodotto per l'igiene personale. L'educatore è come se non esistesse: non si fa vivo nemmeno con i nuovi detenuti per capire la loro personalità. Non veniamo seguiti da nessuno; e non c'è nessuno quando hai bisogno urgente dell'infermiere. Il colloquio con i nostri famigliari lo svolgiamo con persone del piano "protetto" ovvero quelle con reati di pedofilia, violenza sessuale, eccetera. Nessuno ci vede, nessuno ci sente. Con questa lettera vorremmo che qualcuno ci ascoltasse dandoci poi una piccola mano: non per la libertà, ma per farci vivere in modo civile il resto dei giorni che ci restano da scontare» -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri della giustizia e del lavoro, della salute e delle politiche sociali in ordine alla lettera dei detenuti della casa circondariale di Forlì;
quali iniziative si intendono promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto sopra riportato.
(4-03929)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 18 agosto 2009 il quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno ha pubblicato un articolo nel quale si riferisce della denuncia di un detenuto disabile costretto, a suo dire, a «convivere con i vermi»;
la vicenda è quella relativa ad «Antonio, 57 anni, detenuto nel carcere di Bari», vittima di una condizione di disabilità grave «che non gli consente di avere

l'assistenza che gli spetta. Ha così voluto affidare alla Gazzetta un messaggio che non assomiglia alla classica lamentela. Il suo obiettivo era e resta quello di far conoscere una realtà che sfugge agli occhi di tutti e di tentare di fare qualcosa per migliorare non tanto la sua situazione (che da quanto scrive si intuisce essere ormai irreversibile) ma quella di centinaia di detenuti che fino a prova contraria sono esseri umani»;
La Gazzetta del Mezzogiorno pubblica ampi stralci della lettera del signor Antonio, da cui tra l'altro si apprende: «Sono detenuto dal 28 maggio e devo scontare 18 mesi. Essendo disabile al 100 per cento con certificazione delle patologie già comunicate al magistrato, all'istituto e alla direzione sanitaria. Patologie gravi come: ipertensione, bronchite cronica, insufficienza respiratoria grave, scoliosi, cifosi con discopatie multiple. In pratica sono del tutto immobile»;
nonostante il signor Antonio abbia presentato al magistrato istanza per affidamento presso il suo domicilio per curare le patologie, non riesce ad avere nessun tipo di cura adeguata alle sue condizioni, peggiorate dal regime carcerario;
il difensore del signor Antonio «ha già presentato tutta la certificazione da oltre 70 giorni, nessuno sa niente: mi hanno buttato in una cella comune con altri. Siamo otto detenuti senza alcuna assistenza e senza una persona che possa aiutarmi nelle cose più semplici come vestirmi, lavarmi. Devono aiutarmi gli altri detenuti. Sono su un letto di ferro, non riesco a dormire per i forti dolori e avrei bisogno di attrezzature idonee ma nessuno è responsabile, non c'è il dirigente sanitario, non si riesce a parlare con un responsabile, uno scarica sull'altro e io, intanto, sto perdendo la vita»;
il signor Antonio dice di essere ristretto «nella seconda sezione e non si può vivere qui: siamo in 8-9 detenuti in una cella di 15 metri quadri, le celle sono sfornite di accessori per lavarsi e non abbiamo biancheria pulita. La puzza è insopportabile e col caldo che fa si può immaginare come si sta. Non ci sono controlli igienico-sanitari e nelle celle si trovano tanti insetti. Siamo abbandonati da tutti grazie alla politica che non si occupa mai di noi. Nelle celle comuni i detenuti sani vengono messi insieme a detenuti tossicodipendenti infetti e malati con patologie gravi. Persone non autonome che quindi hanno bisogno di assistenza continua, come l'agente assegnato che non esiste per nessuno. Quindi l'assistenza devono farla volontariamente i detenuti della cella, senza alcuna autorizzazione: se dovesse succedere qualcosa di sconveniente, devono sentirsi responsabili nei confronti delle guardie. Fate sapere cosa succede qua dentro, fate sapere che si sta peggio dei cani che almeno sono tutelati dalla legge qui invece i diritti umani e il diritto alla salute viene calpestato ogni giorno» -:
se e come si siano attivati o come si intendano attivare, e quali iniziative di competenza intendano promuovere e sollecitare a fronte di una situazione la cui gravità non ha bisogno di essere sottolineata;
che cosa osta affinché al signor Antonio sia assicurata l'assistenza che costituzionalmente gli deve essere garantita; se non si ritenga di dover accertare se vi siano comportamenti quantomeno dolosi e omissivi da parte di chi questa assistenza ha il dovere di assicurarla, e comunque aveva il compito di segnalarla e denunciarla;
per quale reato il signor Antonio è detenuto.
(4-03932)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come sottolineato dalla Giunta della Camera Penale di Napoli nella seduta del 20 luglio 2009, oggi nella casa circondariale

di Poggioreale si contano poco più di 2600 presenze, a fronte di una capienza «tollerabile» di 1300 detenuti;
stante la situazione, all'interno del carcere napoletano non sono garantite le più elementari norme igieniche e sanitarie, atteso che i detenuti sono costretti a vivere in uno spazio che non corrisponde a quello minimo vitale, con una riduzione della mobilità che è causa di patologie specifiche; a tutto ciò si aggiunge la drammatica situazione che sta vivendo la sanità penitenziaria attualmente al collasso sia per mancanza di risorse sia per il passaggio di competenze alle aziende sanitarie locali, le quali, a loro volta, non sembrano in grado, per carenze e difficoltà pregresse, di affrontare una realtà così complessa;
nel predetto istituto penitenziario, sottoposto recentemente ad interventi urgenti ed improcrastinabili, i detenuti sono costretti a restare in attesa, anche per mesi, in cella, pur se dichiarati temporaneamente incompatibili con il regime carcerario;
tale situazione - contraria ai principi costituzionali ed alle norme del regolamento penitenziario - non solo impedisce il trattamento rieducativo, ma mina l'equilibrio psico-fisico dei detenuti, con incremento, nel 2009, dei suicidi e di gravi malattie;
i rapporti tra detenuti e famiglia, peraltro, sono di fatto annullati risolvendosi in un'ora di colloquio a settimana svolto in condizioni tali da non consentire una reale relazione affettiva, basti pensare al fatto che, per incontrare i propri congiunti, i familiari sono costretti a file interminabili che hanno inizio alle tre del mattino, all'esterno delle mura;
da tempo la Camera Penale di Napoli denuncia, anche con la sua associazione «Il Carcere Possibile Onlus», l'inerzia del Governo in relazione a quelle che ritiene essere palesi violazioni dei diritti umani, anche perché, allo stato attuale, l'Esecutivo non ha inteso adottare provvedimenti capaci di porre fine, o quanto meno limitare, l'aumento di presenze negli istituti di pena, visto e considerato che il «piano straordinario del Governo» per affrontare il sovraffollamento, che prevede la costruzione di nuove strutture e di nuovi padiglioni nelle aree verdi degli istituti già esistenti, manifesta, ancora una volta, la mancanza di una volontà politica di affrontare con serietà i problemi legati alla detenzione, essendo stato già chiarito che non vi sono i fondi per applicare il «piano» e che una parte dovrebbe essere finanziata con i fondi della Cassa delle ammende, la cui finalità è invece investire in progetti educativi;
peraltro già oggi vi sono 5.000 posti disponibili per accogliere detenuti, posti non utilizzati in ragione della mancanza di risorse economiche per il personale e di quanto necessario all'apertura delle strutture;
le statistiche continuano a dimostrare che il detenuto che sconta la pena con una misura alternativa ha un tasso di recidiva bassissimo, mentre chi sconta la pena in carcere torna a delinquere con una percentuale del 70 per cento;
a tal proposito occorre convincere l'opinione pubblica che con le pene alternative si abbattono i costi della detenzione, si riduce la possibilità che il detenuto commetta nuovi reati e si sconfigge il deleterio «ozio del detenuto», che invece potrebbe essere avviato a lavori socialmente utili con diretto vantaggio per l'intera comunità (Alessandro Margara, magistrato di sorveglianza ed alcuni anni fa capo del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria era solito sostenere che senza misure alternative recidiva ed insicurezza aumentano);
la Giunta della Camera Penale di Napoli, nella seduta del 20 luglio 2009 ha deciso di adottare una ferma iniziativa di protesta a causa della gravissima violazione dei diritti umani in cui versa il carcere napoletano di Poggioreale, ciò anche

al fine di sollecitare gli organi competenti ad adottare urgentissimi e non più procrastinabili interventi -:
se il Ministro interrogato sia al corrente delle gravi condizioni in cui versano le persone ristrette nella casa circondariale di Poggioreale, e se non ritenga opportuno disporre un'adeguata ispezione ministeriale anche al fine di acquisire tutte le informazioni idonee a porre in essere adeguate misure per migliorare le condizioni di vita delle persone recluse all'interno del predetto istituto, ciò anche alla luce di quanto articolato e dedotto nel deliberato della Giunta della Camera Penali di Napoli del 20 luglio 2009;
quali misure siano previste nel «piano carceri» formulato dal Ministro interrogato, per sanare la situazione di apparente abbandono in cui versano alcune strutture carcerarie di recente costruzione, garantendo la loro immediata apertura ed impedendo che ulteriore denaro pubblico sia speso inutilmente;
se il Ministro interrogato non intenda destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-03935)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere quale sia l'esatta dinamica della morte del signor Antonio Virelli, di anni 24, originario di Cutro e detenuto in attesa di giudizio presso la casa circondariale di San Pietro, Reggio Calabria.
(4-03936)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano La Repubblica nella sua edizione del 15 agosto 2009 ha pubblicato un articolo del giornalista Davide Carlucci, nel quale tra l'altro si riferisce a proposito della situazione che si è determinata nel carcere milanese di San Vittore, e in particolare che «duecento casi di autolesionismo e un suicidio riferiti nei primi mesi del 2009 "documentano" la sofferenza di chi vive a San Vittore»;
il garante per i diritti dei detenuti della provincia di Milano dottor Giorgio Bertazzini ha riferito che «a San Vittore ci sono celle da cinque metri per due in cui si vive in sei. Significa che ogni detenuto ha a disposizione meno di due metri contro i 7 previsti dalla legge italiana»;
risultano particolarmente drammatiche le condizioni igieniche: al sesto raggio, dicono i rappresentanti del garante, «l'acqua arriva solo alle 23. Quattro docce (al sesto raggio) sono a disposizione di 142 persone. E poi lavandini rotti, poca carta igienica, scarsi anche gli shampoo e i detersivi. I bagni non sono separati, se non con un tramezzo, dagli spazi nei quali i detenuti dormono o cucinano. E mancano le aree di ventilazione» -:
quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare o adottare a fronte di una situazione che appare particolarmente grave e intollerabile.
(4-03937)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della visita ispettiva nel carcere di Udine il 14 agosto è emerso che diversi detenuti extracomunitari si trovano ristretti nell'istituto nonostante vi sia una richiesta di espulsione nei loro confronti;
è il caso a esempio del tunisino Messaoui Annoua a cui sarebbe stata comunicata l'espulsione il 7 luglio scorso o di Absalam Entisha, sempre tunisino, di cui sarebbe stata richiesta l'espulsione nel

marzo 2009, e al quale resterebbe ancora un solo mese di pena da scontare sui 12 a cui era stato condannato;
un altro caso analogo, e relativo a Taha Rashid, è emerso nel corso della visita ispettiva condotta nel carcere di Treviso il 16 agosto;
altri detenuti invece avrebbero chiesto, ai sensi della legge vigente in Italia, il rimpatrio per scontare la pena nel proprio Paese -:
se non ritenga il Ministro, di fronte ai dati di sovraffollamento nelle carceri italiane e di complessiva difficoltà in cui versa l'intera comunità carceraria, di dover operare affinché con tempestività siano fatti rientrare in patria tutti quei detenuti che lo richiedono o sui quali pende già una richiesta e di complessiva difficoltà di espulsione.
(4-03938)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della visita ispettiva condotta nelle carceri di Udine, Tolmezzo e Pordenone il 14 agosto 2009 i detenuti hanno lamentato carenze della sanità penitenziaria;
tutti i direttori degli istituti penitenziari regionali hanno posto questo problema al primo posto delle variegate necessità nella gestione di una casa circondariale;
allo stato attuale non è ancora stato completato l'iter, amministrativo che, in base all'articolo 8 comma 1 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1 aprile 2008 riguardante «Modalità e criteri del trasferimento al servizio Sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavori, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», deve portare alla presa in carico da parte della regione Friuli Venezia Giulia della sanità penitenziaria con la modalità prevista dal rispettivo statuto;
questa situazione causa disagi nell'erogazione delle risorse finanziarie per la copertura dei costi della sanità penitenziaria regionale;
per quanto concerne la regione Friuli Venezia Giulia, ai sensi dell'articolo 656 dello statuto di autonomia, il trasferimento delle funzioni dallo Stato avviene con appositi decreti legislativi sentita una commissione paritetica;
nella risposta orale del 28 luglio 2009 all'interrogazione regionale n. 359 del 23 aprile 2009 si apprende che la possibilità per la regione Friuli Venezia Giulia di avviare l'iter per il trasferimento delle funzioni era condizionata dalla nomina della componente governativa della commissione paritetica intervenuta solo nel marzo 2009 e che al 26 maggio 2009 non erano ancora stati forniti dal Ministero della giustizia tutti gli elementi richiesti dalla regione Friuli Venezia Giulia necessari per la predisposizione dell'intervento normativo in materia di assistenza sanitaria ai detenuti ed agli internati negli istituti penitenziari del Friuli Venezia Giulia;
lo stesso Ministero della giustizia aveva rappresentato la necessità della previsione di apposite risorse nel bilancio del Ministero per l'anno 2009 per le regioni a statuto speciale e le provincie autonome affinché sia assicurata l'erogazione delle prestazioni sanitarie -:
se il Ministero intenda fornire nella riunione paritetica prevista per il mese di settembre tutti i dati e gli elementi richiesti dalla Regione Friuli Venezia Giulia e necessari per il completamento dell'iter normativo in questione;
se siano state reperite le risorse nel bilancio del Ministero della Giustizia per l'anno 2009 per le regioni a statuto speciale e le provincie autonome affinché sia assicurata l'erogazione delle prestazioni sanitarie.
(4-03939)

GARAVINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 2 febbraio 2009 il GICO delle fiamme gialle ha eseguito 35 arresti nell'ambito dell'operazione Nuovo Impero. L'operazione, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Roma, ha sgominato un sodalizio criminale attivo nel Lazio e in Campania dedito al traffico internazionale di droga. L'inchiesta ha portato in carcere tra gli altri un assistente della polizia penitenziaria, in servizio nel carcere di Velletri, che avrebbe favorito il capo del sodalizio nei suoi traffici illeciti;
il gip di Latina nell'ambito dell'inchiesta Forbice aveva emesso, l'8 aprile del 2008, un provvedimento restrittivo a carico di una pericolosa consorteria criminale attiva in Aprilia. Nell'inchiesta veniva arrestato un ulteriore agente della polizia penitenziaria in servizio a Velletri;
nel carcere di Velletri sono reclusi numerosi detenuti appartenenti alla criminalità organizzata come Renzo Danesi (della banda della Magliana), Agazio, Cosimo, Giuseppe Antonio Gallace (della `ndrina Gallace);
il 26 febbraio 2009 Il Messaggero edizione metropolitana riportava la notizia e il commento del direttore del carcere di Velletri che ammetteva l'arresto di un agente e un assistente della polizia penitenziaria dello stesso carcere, ridimensionandone la gravità;
il comprensorio per cui è competente il carcere di Velletri è fortemente infiltrato da organizzazioni criminali e in particolare dalla 'ndrina Gallace come attestano le indagini della magistratura, la relazione sulla `ndrangheta della commissione parlamentare antimafia della XV legislatura, le relazioni conclusive di minoranza e di maggioranza della commissione parlamentare antimafia della XIV legislatura -:
se il ministro sia a conoscenza di tali fatti e se intenda avviare una dettagliata indagine amministrativa per verificare sia il livello di sicurezza del carcere di Velletri con particolare riferimento ai detenuti facenti capo alle organizzazioni criminali reclusi in regime di alta sicurezza, sia il comportamento degli operatori della polizia penitenziaria coinvolti nelle indagini citate;
se il ministro intenda verificare quali iniziative abbia intrapreso l'amministrazione penitenziaria per verificare l'eventuale esistenza di altre complicità in seno agli operatori della polizia penitenziaria in servizio a Velletri.
(4-03945)

GRASSI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 14 agosto scorso il primo firmatario del presente atto, in adesione all'iniziativa «ferragosto in carcere», ha visitato la casa circondariale di Como;
il suddetto istituto, che ha una capienza di 421 detenuti e una capienza tollerabile di 581, ospita attualmente 548 detenuti di cui 53 donne;
la «tollerabilità» determinata dall'amministrazione impone praticamente il dimezzamento degli spazi disponibili: nelle celle da due, infatti, ci sono quattro detenuti;
dei 548 detenuti, 495 sono comuni e 53 in alta sicurezza; 269 hanno una condanna definitiva mentre 269 sono in attesa di giudizio; 120 detenuti - 110 uomini e 10 donne - sono tossicodipendenti; dei detenuti tossicodipendenti, 22 uomini e 3 donne sono in trattamento metadonico; 13 detenuti uomini e 1 donna sono sieropositivi; i detenuti stranieri sono 251;
in tutta la casa circondariale lavorano 62 uomini e 16 donne dipendenti dall'amministrazione penitenziaria; 17 uomini lavorano in carcere per conto di imprese cooperative; 3 detenuti «semiliberi» lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni; a conti fatti, dunque, solo il 18 per cento dei detenuti svolge un'attività

che non li costringa a passare nell'ozio totale la loro giornata in questo modo pregiudicando tanto la rieducazione quanto il futuro reinserimento nella società;
le sezioni detentive hanno ancora docce comuni all'esterno, inadeguate numericamente e carenti dal punto di vista igienico-sanitario;
l'unico psicologo assegnato dal dipartimento, non è in servizio;
il personale di polizia penitenziaria è notevolmente sottodimensionato: mentre la pianta organica prevede 308 unità, le unità assegnate sono solo 253 e quelle distaccate in servizio presso altri istituti sono 27; di fatto, mancano all'appello ben 82 unità con una carenza d'organico pari al 27 per cento;
l'assenza di fondi sui relativi capitoli di bilancio determina l'impossibilità di effettuare interventi di manutenzione ordinaria, ma anche gli interventi straordinari sono pressoché impossibili tanto che la semplice tinteggiatura dei muri e delle celle diviene un serio problema;
non tutte le postazioni di servizio sono fornite di impianti di climatizzazione utili a garantire un adeguato micro clima mentre le previsioni di igiene e sicurezza (ex legge 626) all'interno degli ambienti detentivi e di lavoro non sono garantite;
l'attuazione di un progetto di automazione dei cancelli a Como, così come in tutti gli altri istituti del Paese, consentirebbe senza dubbio di razionalizzare il carico di lavoro del personale, di elevare gli standard di sicurezza del servizio e di recuperare risorse umane;
l'annoso caso della portineria/carraia priva di una postazione di servizio, dove il personale è costretto ad un andirivieni tra le due porte di accesso, distanti 30/40 m circa, per l'intera durata del turno (otto ore) e a respirare i fumi di scarico dei mezzi che transitano all'interno, perché non esiste un adeguato impianto di aspirazione; nonostante il fatto che la programmazione delle spese, ogni anno, inserisca tale intervento tra le priorità di spesa, puntualmente, la previsione rimane tale;
anche nei cortili passeggio e nel campo sportivo non esiste una postazione di servizio al punto che il personale è sottoposto agli agenti atmosferici ed è costretto ad operare senza adeguati strumenti di comunicazione e di lavoro;
la caserma agenti, ha ancora le docce comuni all'esterno delle camere, presenta evidenti carenze dal punto di vista dell'igiene e della salubrità;
da oltre 3 anni l'istituto non ha un direttore titolare e, nel frattempo, si sono avvicendati 4/5 direttori in missione peraltro già titolari in altri penitenziari della Lombardia;
anche il comandante di reparto è provvisorio perché il precedente è stato trasferito in altro istituto;
da mesi le prestazioni di lavoro straordinario vengono retribuite parzialmente per essere accantonate ed erogate successivamente;
sempre da mesi, l'indennità di missione non viene retribuita nonostante la legge preveda che entro trenta giorni dall'espletamento del servizio di missione debba essere corrisposto il saldo delle spese sostenute dal personale per vitto e alloggio e l'indennità di missione -:
quali iniziative i ministri interrogati intendano assumere per riportare nella legalità il carcere di Como sia per quanto riguarda le condizioni di detenzione degli uomini e delle donne ivi ristretti, sia per quel che riguarda le condizioni del personale tutto.
(4-03948)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro per le pari

opportunità, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 13, 14 e 15 agosto 2009 quasi 200 parlamentari e consiglieri regionali si sono recati in 185 istituti penitenziari per verificare le condizioni dei detenuti e di coloro che svolgono all'interno mansioni di Polizia e di assistenza;
in molte carceri vi sono alcuni reparti per detenuti che necessitano di particolare assistenza e protezione, tra gli altri quelli per le persone transessuali;
le persone transessuali per il raggiungimento del loro benessere psico-fisico necessitano di particolari attenzioni e cure sul piano dell'assistenza sanitaria e sociale;
le persone transessuali sono spesso oggetto di scherno da parte della società e hanno bisogno di tutela e protezione specifiche specialmente in una struttura carceraria;
l'identità femminile, ancorché maschile per lo stato civile, si raggiunge con il supporto e l'aiuto di specialisti, per lo più medici, in un contesto sanitario e sociale molto difficile e complesso;
molte persone transessuali si trovano ad operare in un contesto sociale di emarginazione ed esclusione anche familiare che spesso le spinge alla prostituzione e ad atti di illegalità -:
quante siano le persone transessuali detenute nelle carceri italiane; quante straniere e, tra queste, quante extracomunitarie;
in quali carceri vi sono reparti ad hoc per le persone transessuali e quanti ve ne siano in ognuno di questi;
quale tipo di trattamento detentivo viene loro riservato;
quale tipo di trattamento sanitario viene garantito loro riguardo il loro stato psico-fisico;
quali accordi vi sono con le Asl di competenza per garantire un'assistenza adeguata alle loro esigenze;
quali forme di protezione siano garantite alle persone transessuali rispetto al resto della popolazione carceraria all'interno delle carceri;
quale tipo di contatto e di reinserimento sia loro garantito;
se sia noto quale tipo di sostegno e aiuto da parte di associazioni di volontariato venga garantito alle persone transessuali abbandonate dalle loro famiglie.
(4-03954)

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i detenuti ospitati nelle strutture carcerarie del nostro Paese sono ormai oltre 64.000, cifra destinata ad aumentare a circa 70.000 unità entro la fine del 2009;
vi è di fatto un drammatico problema di sovraffollamento, potendo le carceri italiane ospitare un massimo di 43.000 detenuti sulla carta ma di fatto 37.000;
varie Associazioni hanno lanciato l'allarme sulle condizioni delle carceri: dall'Unione camere penali all'Associazione dei dirigenti dell'amministrazione carceraria, dal SAPPE (sindacato della polizia penitenziaria) al Garante dei detenuti della regione Lazio, tutti concordi nell'affermare, tra l'altro, che occorrerebbe applicare adeguatamente la misura della custodia cautelare e che andrebbe riaperto il dibattito sulle pene alternative;
secondo il piano di edilizia carceraria proposto dal Ministero della giustizia, sarebbero previste costruzioni di nuovi istituti di detenzione entro il 2012, per un totale di 73.000 nuovi posti, con una spesa di un miliardo e 500 milioni di euro per 15 nuovi istituti e per l'ampliamento delle carceri esistenti;

risulta che tale progetto non sia però mai stato presentato in Consiglio dei ministri e sembra che sia stato già respinto dal Governo per mancanza di fondi;
vi sono inoltre gravi carenze di organico della polizia penitenziaria, cui mancano almeno 5.500 agenti, del personale amministrativo, degli assistenti sociali e degli educatori delle carceri -:
quali misure straordinarie il Ministro interrogato intenda porre in essere per fare fronte alla grave emergenza del sovraffollamento carcerario, in termini di edilizia, di personale e di modifiche normative, al fine di rispettare gli impegni da lui stesso assunti all'inizio della XVI legislatura su questa materia.
(4-03967)

TIDEI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'Associazione nazionale giudici di pace e l'Unione nazionale giudici di pace dal 13 al 18 luglio 2009 hanno già dato il via a scioperi su tutto il territorio nazionale;
le stesse associazioni minacciano scioperi ad oltranza, della durata di due settimane almeno, per problematiche in continuo aumento e senza risoluzione alcuna relative ad una categoria da troppo tempo in stato di abbandono;
la mancata riforma della giustizia di pace, sulla quale non è stato neanche avviato un confronto con la categoria, nonostante l'impegno assunto, nel settembre 2008, dal Ministro Alfano e dal Sottosegretario Caliendo, impedisce di superare l'attuale situazione di precarietà della categoria, che presuppone necessariamente il riconoscimento della rinnovabilità dei mandati fino a 75 anni e delle tutele previdenziali, retributive e ordinamentali previste dalla Costituzione;
sono gravissime le disfunzioni degli uffici del giudice di pace determinate dalla assoluta insufficienza del personale amministrativo in servizio, carente del 50 per cento rispetto alle necessità, riscontrabile dai dati emessi dalle associazioni del settore;
risulta verificata un'irrazionale distribuzione dei giudici sul territorio, con enormi differenze dei carichi di lavoro da ufficio a ufficio (fino a 500 volte);
a seguito dell'aumento delle competenze civili (raddoppio della competenza generale per valore, aumento delle competenze in materia di sinistri stradali, assegnazione delle cause da ritardato pagamento delle prestazioni previdenziali) e penali (reato di immigrazione clandestina), che comporteranno un carico di lavoro complessivo di circa 2,5 milioni di procedimenti l'anno, si arriverà nei prossimi mesi alla completa paralisi degli uffici ed all'impossibilità dei 2000 giudici che resteranno in servizio, a seguito della scadenza del mandato di 800 giudici, di garantire l'assolvimento dei loro compiti istituzionali, con particolare riferimento alla inesiguibilità delle espulsioni con gravissime ripercussioni sull'ordine pubblico per l'intero Paese e sulla sicurezza dei cittadini -:
se il Ministro intenda intervenire, in maniera risolutiva ed urgente, in ordine a problematiche così gravi e da troppo tempo abbandonate, per assicurare alla categoria le minime garanzie costituzionali e per evitare che tali disagi possano avere ripercussioni a carattere nazionale a discapito di tutti i cittadini.
(4-03968)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
come sottolineato dal Direttivo della Camera Penale di Modena «Carlo Alberto Perraux» nella seduta del 28 luglio 2009, oggi nella casa circondariale di Modena si contano 539 detenuti a fronte di una capienza originariamente prevista di 220 ospiti e ad una capienza massima sostenibile di 440 reclusi;

tale condizione, aggravata peraltro dalla mancata copertura degli organici del personale di polizia penitenziaria, costringe gli ospiti della struttura ad un regime di convivenza in spazi così ristretti da rendere impensabile ogni progetto di rieducazione ed ogni attività di risocializzazione;
la palese sproporzione tra gli educatori assegnati alla struttura - in numero di tre - ed il numero dei detenuti attualmente ospitati, non consente alcuna reale forma di sostegno e di progetto rieducativo;
la convivenza forzata in siffatte condizioni di degrado implica gravissimi rischi per la salute dei detenuti e del personale operante all'interno della struttura;
tale condizione risulta di tutta evidenza incompatibile con il dettato della Carta costituzionale che, all'articolo 27, prevede testualmente che «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»;
peraltro all'interno del predetto istituto di pena si registra un'allarmante sproporzione tra i detenuti in attesa di giudizio, attualmente 354, e i detenuti in espiazione di pena conseguente a condanna irrevocabile, attualmente 185;
nonostante la situazione di sovraffollamento in cui versa la casa circondariale di Modena sia nota da tempo e si sia progressivamente aggravata nel corso degli anni, ancora non risulta adottata alcuna reale misura volta a rimuoverne il grave stato di emergenza; sicché a giudizio dell'interrogante si rende quanto mai necessaria l'adozione di interventi urgenti volti a rimuovere l'attuale situazione di criticità e degrado dovuta al sovraffollamento dell'istituto, quanto meno al fine di ricreare condizioni di convivenza rispettose dei diritti fondamentali, della dignità e della salute delle persone;
inoltre, come evidenziato dalla Camera Penale di Modena, si rende indispensabile rafforzare il ricorso alle misure alternative alla detenzione, in primo luogo attraverso l'affidamento in prova al servizio sociale, anche attraverso lo stanziamento di congrue risorse volte ad incentivare percorsi di trattamento rieducativi e di risocializzazione esterni al carcere, uniche misure rivelatesi efficace strumento idoneo alla effettiva prevenzione del rischio di recidiva;
il Direttivo della Camera Penale di Modena, nella seduta del 28 luglio 2009, nell'esprimere seria preoccupazione per le condizioni di vita in cui versano i detenuti ospitati nella casa circondariale di Modena, si è riservata di adottare forme più incisive di protesta qualora non siano adottate, nel breve periodo, misure adeguate volte a rimuovere le condizioni di degrado e ad assicurare ai detenuti condizioni di vita quantomeno rispettose della dignità umana -:
quali misure urgenti intenda mettere in atto per fronteggiare la grave situazione di sovraffollamento del carcere modenese in modo da garantire ai detenuti adeguate condizioni di vivibilità nel rispetto degli standard di sicurezza, anche al fine di ristabilire un clima più adeguato al non facile processo di rieducazione su cui si basa la legittimità della pena nell'ordinamento costituzionale italiano e, nello specifico, se intenda incrementare adeguatamente il personale di polizia penitenziaria e degli educatori, almeno coprendo i posti attualmente vacanti;
se non intenda destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, in particolar modo attraverso lo stanziamento di congrue risorse volte ad incentivare percorsi di trattamento rieducativi e di risocializzazione esterni al carcere.
(4-03970)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, in materia di competitività, convertito, con

modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, riformula alcune norme processuali in tema di separazione e divorzio e, più specificamente, gli articoli dal 706 al 709 del codice di procedura civile;
con riferimento alla separazione giudiziale, la novella al codice operata dalla citata legge n. 80, ha radicalmente modificato il disposto dell'articolo 707, comma 1, del codice di procedura civile, il quale attualmente risulta formulato nel modo seguente: «i coniugi debbono comparire personalmente davanti al presidente con l'assistenza del difensore», mentre, nel testo previgente, la norma prevedeva la comparizione dei coniugi anche «senza assistenza del difensore»; sicché oggi non è più consentito ai coniugi separandi di stare in giudizio senza l'assistenza di un avvocato nel corso dei procedimenti di separazione giudiziale;
al contrario, con riferimento alla separazione consensuale, l'articolo 711 del codice di procedura civile non risulta essere stato modificato dal citato decreto-legge n. 35 del 2005, sicché lo stesso attualmente continua ancora a prevedere, al comma 1, che «nel caso di separazione consensuale prevista dall'articolo 158 del codice civile, il presidente, su ricorso di entrambi i coniugi, deve sentirli nel giorno da lui stabilito e curare di conciliarli nel modo stabilito dall'articolo 708 del codice di procedura civile», e, al comma 2, che «se la conciliazione non riesce, si dà atto nel processo verbale del consenso dei coniugi alla separazione e delle condizioni riguardanti i coniugi stessi e la prole»;
nei casi previsti dall'articolo 711 del codice di procedura civile, pertanto, si ritiene che il ricorso dei coniugi non debba essere necessariamente sottoscritto da un difensore, né che sia obbligatoria la presenza di quest'ultimo durante l'udienza appositamente fissata dal presidente del tribunale, ciò in considerazione del fatto che la finalità della separazione consensuale (ossia, regolare in maniera concordata e non contenziosa le vicende successive alla frattura del consorzio coniugale) mal si concilierebbe con l'obbligatorietà della difesa tecnica;
in favore della non obbligatorietà, nei casi di separazione consensuale, dell'assistenza del difensore milita anche la circostanza che, in occasione dell'intervento normativo sul giudizio di separazione di cui alla citata legge n. 80 del 2005, il legislatore non ha ritenuto di modificare la norma di cui all'articolo 711 del codice di procedura civile; di tal che, dovendosi supporre, secondo il canone interpretativo del cosiddetto legislatore consapevole, che lo stesso legislatore fosse pienamente avvertito dell'esistenza di una diversità di disciplina relativamente al giudizio di separazione giudiziale e consensuale dei coniugi, il non aver ritenuto di modificare l'articolo 711 del codice di procedura civile (introducendo, appunto, l'obbligatoria presenza ed assistenza legale nel corso del relativo giudizio) deve essere necessariamente interpretato come indice sintomatico della conferma della diversità di regole vigenti per i giudizi di separazione giudiziale, da un lato, e consensuale dall'altro;
nonostante la chiarezza del dato normativo, dopo le modifiche all'istituto giuridico della separazione apportate dalla legge n. 80 del 2005, si è però fatta strada una interpretazione giudiziale difforme in base alla quale, se da un lato in molti tribunali si continua giustamente a consentire ai coniugi, proprio come in passato, di separarsi consensualmente senza l'assistenza di un legale, in altre realtà giudiziarie, al contrario, non si accettano più le iscrizioni a ruolo delle domande di separazione consensuale prive della sottoscrizione di un avvocato, con ciò di fatto ritenendo estensibile la disciplina prevista per la separazione giudiziale anche a quella consensuale, il che conduce all'applicazione di procedure non omogenee sul territorio nazionale, come se l'Italia non fosse più uno Stato o quantomeno uno Stato di diritto;
tale difformità applicativa lede i diritti di chi intende separarsi consensualmente

senza l'assistenza di un avvocato e di fatto crea una ingiustizia e disuguaglianza di trattamento intollerabile;
al disappunto per la non omogeneità delle procedure si associa anche il timore che la presenza obbligatoria dell'avvocato nei giudizi di separazione consensuale possa rispondere a interessi di categoria, piuttosto che a esigenze di giustizia -:
se e quali provvedimenti intenda assumere il Ministro della giustizia affinché sia chiarito, anche mediante circolare ministeriale diretta al personale delle cancellerie, che nulla inibisce di procedere nell'iscrizione a ruolo delle domande di separazione consensuale presentate personalmente dai coniugi senza l'assistenza di un legale.
(4-03976)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale del Comune di Bologna, in seguito alla segnalazione delle Rsu dell'Istituto superiore «J.M. Keynes» di Castel Maggiore (Bologna) e dell'Istituto Comprensivo n. 10 di Bologna, che rispettivamente gestiscono i corsi di scuola superiore ed i corsi di scuola primaria e media presso la Casa Circondariale di Bologna ha evidenziato con preoccupazione, la critica situazione nella quale si trova la scuola all'interno del carcere di Bologna. Negli ultimi anni è in atto una riduzione progressiva del numero degli insegnanti che ha portato ad un peggioramento dell'offerta di istruzione e formazione all'interno del contesto carcerario con relativa compressione del diritto all'istruzione delle persone ristrette;
per quanto attiene alla scuola primaria (ex scuola elementare) gli insegnanti svolgono il ruolo di alfabetizzatori tenendo corsi di lingua italiana per stranieri, la cui percentuale presso il carcere di Bologna è di circa il 70 per cento, una realtà in cui i corsi di alfabetizzazione risultano imprescindibili prima di tutto per una corretta comprensione della realtà circostante da parte delle persone detenute e poi per assicurare attività di rieducazione e dignità di trattamento della persona straniera detenuta. Sino all'anno scolastico 2004/2005 le cattedre attive erano cinque e rientravano nell'organico di diritto stabilito per la provincia di Bologna;
a partire dal 2005/2006 le cattedre sono state tagliate dall'organico di diritto e ogni anno, compatibilmente con le risorse, vengono istituite con la definizione del cosiddetto organico di fatto, la qualcosa si riverbera immediatamente sulla piena fruibilità del diritto all'istruzione da parte delle persone ristrette, potendo non essere concesse, o, comunque, concesse con ritardo, anche comportando l'impossibilità di costituire un gruppo di docenti che abbia i caratteri della stabilità e continuità;
per quanto attiene alla scuola media inferiore si segnala che, nel corso degli ultimi anni, a seguito del progressivo ridimensionamento dell'organico degli insegnanti, si è verificata una grave menomazione dell'offerta formativa, non essendo stato possibile attivare i corsi relativi presso quelle sezioni del carcere in cui si trovano quei detenuti che non si possono incontrare con i cosiddetti detenuti comuni, il che appare fortemente discriminatorio. A ciò si aggiunge che l'intero reparto femminile nell'anno 2008/2009 è rimasto senza corsi di scuola media, carenza che si connota come una vera discriminazione di genere, attesa anche la mancanza di corsi di scuola media superiore;
per quanto riguarda la Scuola media superiore, che garantisce corsi di ragioneria, negli ultimi cinque anni l'organico degli insegnanti ha subito riduzioni importanti, comportando un taglio del 50 per cento delle classi, per cui dalle sei classi dell'anno scolastico 2004/2005 si è passati alle tre del 2008/2009, situazione nella

quale, a fronte di una richiesta di iscrizioni che non ha subito flessioni, si è dovuto provvedere all'istituzione di pluriclassi (accorpamento di corsisti iscritti a diversi anni scolastici nella stessa classe) con evidente svilimento della didattica. A fronte delle succitate criticità l'Ufficio del Garante delle persone private della libertà personale rimarca la precarietà dell'offerta didattico-formativa presso la Casa Circondariale di Bologna, peraltro in un periodo di estrema problematicità causa il progressivo ed inarrestabile aumento della popolazione detenuta e la scarsezza di risorse umane e materiali -:
se non si ritenga di porre in essere ogni più opportuno e tempestivo intervento, assicurando alle persone detenute il diritto alla formazione e all'istruzione, e non una offerta residuale in quanto persone svantaggiate, che al contrario devono essere destinatarie di interventi volti a superare diseguaglianze ed ostacoli, come ricordano gli articoli 2 e 3 della Costituzione.
(4-03978)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
notizie stampa (Ansa - Pavia 7 set. «Carceri: morto detenuto tunisino dopo sciopero fame a Pavia» e Corriere.it) riportano che il giorno 5 settembre 2009 è deceduto un detenuto tunisino recluso nel carcere di Torre del Gallo a Pavia;
l'uomo, 42enne, stava portando avanti uno sciopero della fame da oltre un mese ed è deceduto al policlinico San Matteo di Pavia dove era stato ricoverato per l'aggravarsi delle sue condizioni;
il tunisino aveva deciso di intraprendere lo sciopero della fame per contestare una nuova condanna emessa a suo carico per un'accusa di violenza sessuale;
l'agenzia Ansa e Corriere.it riportano inoltre che il responsabile del carcere ha tentato invano di convincere l'uomo a riprendere ad alimentarsi e che l'uomo aveva deciso di interrompere, oltre a quella di cibo, anche l'assunzione di bevande;
dai dati raccolti in occasione dell'iniziativa «Ferragosto 2009 in carcere» che ha registrato la partecipazione di 165 fra parlamentari e consiglieri regionali, (dati aggiornati al 27 agosto 2009 e forniti dalla direzione stessa dell'istituto), emerge nel carcere di Pavia vi è un esubero di 173 detenuti, un deficit di agenti penitenziari pari a 133 unità e che su un totale di 417 detenuti sono 223 quelli in attesa di giudizio;
dai suddetti dati - sicuramente sottostimati perché un detenuto che muore in ospedale, come nel caso del tunisino, non viene conteggiato fra i decessi di un istituto penitenziario - emerge inoltre che al 27 agosto 2009 erano già 53 i decessi registrati nel 2009 tra i detenuti nelle carceri italiane, dei quali 33 suicidi, e 3974 gli atti di autolesionismo segnalati dall'inizio del 2008 -:
se il ministro sia a conoscenza dell'accaduto riportato dai suddetti organi di stampa e, nel caso, se abbia raccolto ulteriori informazioni, e quali, sulla dinamica della morte del detenuto;
se quest'ultimo abbia ricevuto assistenza, e quale, nel corso del lungo sciopero della fame intrapreso;
se il ricovero in ospedale avrebbe potuto effettuarsi prima che le condizioni del detenuto peggiorassero in modo fatale come è avvenuto;
se il ministro intenda prendere provvedimenti, e quali, per fare chiarezza sulla vicenda che ha coinvolto il 42enne tunisino;
se, infine, il ministro non ritenga urgente, anche partire dalla grande mole di dati a sua disposizione grazie all'iniziativa «Ferragosto 2009 in carcere», avviare un'indagine sui decessi che avvengono tra

i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi.
(4-03989)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
fonti giornalistiche riferiscono che il giorno 8 settembre 2009 il detenuto senegalese di 32 anni, Khole Abib, in attesa di giudizio, è stato trovato morto nella sua cella del carcere «Castrogno» di Teramo;
quanto rinvenuto nella cella: una bomboletta del gas vuota, un sacchetto di plastica e dei biglietti di addio, lascerebbe pensare a un suicidio;
l'uomo, che si proclamava innocente, era stato arrestato il 3 marzo 2009 dai carabinieri di Pescara per violenza sessuale su una diciottenne affetta da ritardo mentale; a maggio scorso era evaso mentre si trovava al pronto soccorso, ma dopo quattro giorni di fuga tra Teramo e Giulianova (Teramo) si era costituito ai carabinieri di Giulianova;
il trentaduenne, sposato e padre di un bambino, aveva un regolare permesso di soggiorno e lavorava come commerciante ambulante;
dai dati raccolti in occasione dell'iniziativa «Ferragosto 2009 in carcere» che ha registrato la partecipazione di 165 fra parlamentari e consiglieri regionali, (dati aggiornati al 27 agosto 2009) emerge che nel carcere «Costrogno» di Teramo vi è un esubero di 163 detenuti e un deficit di 48 agenti penitenziari e che su un totale di 394 detenuti, 189 sono in attesa di giudizio;
dai suddetti dati - sicuramente sottostimati - emerge inoltre che al 27 agosto 2009 erano già 53 i decessi registrati nel 2009 tra i detenuti nelle carceri italiane, dei quali 33 suicidi, e 3.974 gli atti di autolesionismo segnalati dall'inizio del 2008 -:
se il ministro sia a conoscenza dell'accaduto e, nel caso, se dispone di ulteriori informazioni, e quali anche sulla dinamica che ha portato alla morte di Khole Abib;
se il ministro intenda prendere provvedimenti, e quali, per fare chiarezza sulla vicenda che ha coinvolto il 32enne senegalese;
se, infine, alla luce di questo nuovo drammatico episodio che coinvolge un detenuto il ministro non ritenga urgente, anche partire dalla grande mole di dati a sua disposizione grazie all'iniziativa «Ferragosto 2009 in carcere», avviare un'indagine sui decessi che avvengono tra i detenuti delle carceri italiane, inclusi i suicidi, per verificarne le cause reali e scongiurarne di nuovi.
(4-04006)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha recentemente visitato in due occasioni l'istituto penitenziario di Napoli Poggioreale, la prima volta, il 15 agosto, con il leader radicale Marco Pannella, l'onorevole Antonio Palagiano, il professor Aldo Loris Rossi e Antonio Cerrone del Comitato Nazionale di Radicali Italiani; la seconda volta, il 2 settembre, con l'avvocato Giuseppe Rossodivita, segretario del comitato radicale per la giustizia Piero Calamandrei e l'avvocato Barbara Celestini Campanari, membro dello stesso Comitato;
in ambedue le visite è stato presente il direttore dell'istituto, il dottor Cosimo Giordano che obiettivamente ha evidenziato la drammatica situazione di quello che è il carcere più grande d'Europa, con una popolazione di reclusi ben superiore

sia alla capienza regolamentare che è cifrata dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria in 1.400 persone che a quella cosiddetta «tollerabile» fissata a 1.578 detenuti; l'intollerabilità del sovraffollamento è dimostrata dai seguenti dati: 2.266 detenuti presenti il 15 agosto; 2.274 il 2 settembre;
solo per fare un esempio dei livelli di sovraffollamento, al secondo piano del padiglione Milano in celle di circa 20 mq convivono 9 detenuti che non hanno nemmeno la possibilità di chiudere le finestre che sono bloccate dai letti a castello; al terzo piano, invece, abbiamo trovato 12-13 detenuti per cella;
a detta del dottor Cosimo Giordano, con la ripresa delle udienze, la popolazione penitenziaria è destinata ad aumentare ulteriormente, avvicinandosi sempre di più alla catastrofica cifra delle tremila unità;
con i circa 2 mq destinati ad ogni detenuto, a Poggioreale si è evidentemente ben al di sotto degli spazi di vivibilità umana che hanno portato la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo a chiedere all'Italia di risarcire per il danno subito il cittadino della Bosnia-Ergovina Izet Sulejmanovic;
infatti, l'articolo 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo - così come applicato dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che ha più volte ricordato (casi Saadi c. Italia, sentenza del 28 febbraio 2008 e Labita c. Italia, sentenza del 6 aprile 2000) - consacra uno dei valori fondamentali delle società democratiche in quanto proibisce in termini assoluti la tortura e le pene o i trattamenti inumani o degradanti, quali che siano i comportamenti della vittima, imponendo allo Stato di assicurare che tutti i prigionieri siano detenuti in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione del provvedimento non provochino all'interessato uno sconforto e un malessere di intensità tale da eccedere l'inevitabile livello di sofferenza legato alla detenzione e che, tenuto conto delle necessità pratiche della reclusione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in modo adeguato (Kudla c. Polonia, sentenza di Grande Camera del 26 ottobre 2000);
ma nella casa circondariale di Poggioreale, al sovraffollamento, si aggiunge la gravissima carenza del personale, in primo luogo degli agenti di Polizia penitenziaria al cui organico, fissato nel lontano 2000 in 946 unità, mancano ben 256 agenti; quanto agli educatori, questi sono la metà di quelli assegnati, 14 anziché 28; gli psicologi assegnati - tredici - sono tutti in servizio, ma assolutamente insufficienti tanto che per un detenuto costituisce un vero miracolo incontrarne uno una volta all'anno;
le condizioni igienico-sanitarie sono a dir poco disastrose, nonostante la buona volontà del Direttore e del personale tutto: mura fatiscenti e sporche in pressoché tutti i padiglioni; una sola, vecchia, tazza wc per cella, per 10/13 detenuti per di più ubicata nello stesso, ristretto luogo, dove si cucina; inesistenza del bidet; carenza di mobili dove riporre vestiario, alimenti, effetti personali; possibilità di fare la doccia, nelle docce comuni, solo due volte a settimana anche nei mesi estivi di maggiore calura;
con il passaggio della sanità penitenziaria alla Asl, molti detenuti lamentano la grave carenza di assistenza sanitaria e l'accesso ai medicinali;
solo il 7 per cento dei detenuti lavora alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria, nessuno per conto di imprese e cooperative; tutti gli altri detenuti passano 22 ore di ogni giorno nelle celle sopra descritte;
l'interrogante segnala inoltre che a Poggioreale i detenuti in attesa di giudizio sono l'88 per cento, 1.861 su 2.266, i tossicodipendenti sono il 23 per cento (521), i sieropositivi sono 49 mentre i detenuti stranieri sono 218;
a completare il quadro dell'istituto ci sono le drammatiche cifre dei suicidi e

delle morti: mentre secondo i dati forniti dalla Direzione, i suicidi fino alla data del 15 agosto 2009 sono stati in tutto 3, secondo la rivista Ristretti Orizzonti coloro che si sono tolti la vita sono 4, un croato di 37 anni (26 gennaio 2009), un italiano di 37 anni (16 marzo 2009), F.E. italiano di 27 anni (27 marzo 2009), G.I. italiano di 41 anni (1o maggio 2009); quanto ai detenuti deceduti a Poggioreale questi sono stati, fino al 15 agosto, ben 11;
un capitolo a parte merita il modo in cui si svolgono i colloqui nel carcere di Poggioreale: molti dei parenti dei reclusi iniziano a fare la fila per l'agognata ora di incontro dalla sera precedente; ore e ore di fila sotto il sole sia all'esterno delle mura che nel cortile interno dove a centinaia, senza acqua e senza un posto per sedersi, attendono accalcati oltre agli adulti anche bambini piccolissimi e anziani che, superata questa trafila, vengono uno ad uno perquisiti; mentre i congiunti fanno l'interminabile fila, a scaglioni, vengono fatti arrivare nelle vicinanze delle sale colloqui i detenuti che però, prima di accedere, vengono fatti attendere a lungo in piedi, in celle di dimensioni ridottissime dove è difficile persino respirare; nelle sale dei colloqui, persiste il muretto con il vetro divisorio e, il giorno della visita dell'interrogante, cioè il 2 settembre, in quella bolgia infernale di umanità dolente si era guastato l'impianto dell'aria condizionata: una vera e propria umiliazione visto che in quei luoghi era bandita qualsiasi norma riguardante i più elementari diritti umani;
il direttore dell'istituto, dottor Cosimo Giordano, ha riferito all'interrogante che, attraverso un finanziamento del DAP di circa un milione di euro entro un anno saranno ristrutturate e riportate a norma le sale colloqui, istituendo anche un'area verde per l'incontro dei detenuti con i loro parenti bambini; il Direttore ha inoltre informato l'interrogante di uno stanziamento di 150.000 della Regione per costruire un campo sportivo -:
quanti siano stati effettivamente i suicidi nel 2009 nel carcere di Poggioreale;
cosa intenda fare per colmare la carenza di organico del personale: agenti, educatori e psicologi;
cosa intenda fare per affrontare le carenze sanitarie dovute in gran parte al passaggio della medicina penitenziaria ai servizi offerti dal SSN;
in che modo pensa di poter affrontare - nella situazione igienico-sanitaria sopra descritta del carcere di Poggioreale - l'imminente diffondersi dell'influenza A;
quali provvedimenti intenda adottare per riportare nella legalità costituzionale il carcere di Poggioreale;
in particolare, quali provvedimenti immediati intenda mettere in atto per aumentare gli spazi di vivibilità delle celle fino a farli divenire degni di un essere umano; per fare in modo che i detenuti non siano costretti a trascorrere nell'ozio 22 ore della loro giornata e a fare solo due docce a settimana; per stanziare i fondi necessari almeno per la manutenzione ordinaria delle celle, delle docce, dello spazio wc separandolo dal settore dedicato alla preparazione del cibo, dei passeggi e delle caserme degli agenti; per mettere l'aria condizionata nelle sale dei colloqui, nelle anguste sale d'attesa dei detenuti e in quelle dove vengono effettuate le perquisizioni; per togliere immediatamente il muretto e il vetro divisorio; per mettere a disposizione dei familiari, che a centinaia e per ore attendono nel cortile, alcune panchine e acqua potabile soprattutto per i bambini e gli anziani; per accelerare i lavori di ristrutturazione delle sale colloqui con annessa realizzazione dell'area verde per l'incontro dei detenuti con i loro bambini.
(4-04023)

COMPAGNON. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i recenti tagli alle risorse destinate alla giustizia effettuati dal Governo stanno ingenerando esiziali difficoltà di gestione ed efficienza amministrativa negli istituti penitenziari sull'intero territorio nazionale,

difficoltà che, in taluni casi, raggiungono punte di vera e propria «emergenza umanitaria»;
le condizioni attuali di vita carceraria sono spesso lontane dai normali livelli di civiltà e di rispetto della dignità del detenuto, dal momento che il degrado è pesantemente connesso al sovraffollamento dei nostri istituti di pena (64 mila reclusi: record dal dopoguerra);
nell'ambito della Regione Friuli Venezia-Giulia, dopo una visita fatta lo scorso agosto alla casa circondariale di Udine alla presenza del direttore, dottor Francesco Macrì, l'interrogante ha potuto personalmente verificare la serietà della situazione ove, ad oggi, sono detenute 211 persone (di cui 81 uomini italiani e 130 stranieri), a fronte di una capienza massima di 164 unità;
l'aumento della popolazione carceraria nella casa circondariale di Udine risulta essere inversamente proporzionale alla presenza del personale di polizia penitenziaria, rappresentata da venti unità in meno rispetto a quelle previste (meno 15 per cento) -:
come intenda affrontare e risolvere la cronica situazione degli istituti penitenziari, in termini di sovraffollamento e carenza di personale, tenendo conto, per un verso, del principio di rieducazione e risocializzazione del condannato sancito nella Costituzione e, per altro verso, della necessità di una continua qualificazione e razionalizzare delle funzioni e dell'organico della polizia penitenziaria;
se intenda, altresì, intraprendere un'urgente e approfondita indagine conoscitiva nazionale, volta a raccogliere dati e osservazioni relativi alle carceri italiane in termini di: data di costruzione delle strutture e ultime ristrutturazioni; dimensione, capienza, igiene, illuminazione, decoro e clima delle celle; presenza dei presidi sanitari (infermerie, centri clinici, numero di medici), patologie più frequenti; segnalazioni di eventuali maltrattamenti e violenze, casi di suicidio nel 2009; corretta e compiuta attuazione dei regolamenti penitenziari, della legge sulle detenute madri e della legge sull'aids in carcere; adeguatezza degli spazi, della socialità e dell'attività dei detenuti; presenza media dei detenuti e del personale penitenziario (ivi inclusi educatori, assistenti sociali e psicologi); affidamento al servizio sociale, semilibertà, permessi, frequenza battitura sbarre, e così via.
(4-04032)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Carlo Esposito, bidello artigiano, incensurato, schizofrenico, condannato alla pena di due anni e due mesi per resistenza a pubblico ufficiale e deceduto in carcere;
da notizie di stampa si apprende che la procura di Torino ha aperto un fascicolo, disponendo l'autopsia;
tutto sarebbe iniziato il 24 giugno ad Asti, quando i carabinieri avrebbero notato il signor Esposito fare manovre azzardate con la sua Panda; il signor Esposito non si sarebbe fermato all'alt della pattuglia e sarebbe iniziato così un inseguimento a tutta velocità, tra incidenti evitati per un soffio, per venti chilometri sulla provinciale per Casale. Un comportamento pericoloso, certo. Tuttavia sarebbero bastate le prime parole del fuggitivo per comprendere che il signor Esposito era preda di un grave stato di confusione mentale: «Dovete ringraziarmi - avrebbe dichiarato ai carabinieri - Vi ho salvato la vita perché volevano farvi un attentato»;
in passato il signor Esposito era stato ricoverato più volte nel reparto psichiatrico di Asti e un Tso, anche se tutto ciò non gli aveva impedito di avere un lavoro, degli amici e una vita abbastanza regolare;
il giorno successivo al fermo da parte dei carabinieri, il signor Esposito è condannato

per direttissima a 26 mesi di reclusione senza condizionale, per resistenza a pubblico ufficiale, e questo nonostante il signor Esposito risultasse incensurato e senza che nessuno abbia eccepito il fatto che il condannato era schizofrenico e dunque si poteva invocare, quanto meno il vizio parziale di mente, che prevede una riduzione di pena e gli avrebbe consentito di godere della sospensione condizionale;
il signor Esposito inoltre risultava, oltre che schizofrenico, affetto da diabete, iperteso, obeso, oltre ad aver già avuto delle ischemie; il medico legale ritiene sufficiente trasferirlo in una struttura dove possano controllare l'assunzione dei farmaci, e ai primi di luglio il signor Esposito entra nel reparto psichiatrico delle Vallette; da qui ai primi di agosto invia due lettere alla madre e a un'insegnante della scuola dove lavorava dicendo di essere collassato: «Ho rischiato di morire due volte», scrive;
il 31 agosto il signor Esposito si sente male. Va in infermeria, ma mentre il medico lo visita ha una crisi cardiaca. L'ambulanza arriva subito, ma l'uomo è troppo grave per essere portato in un ospedale: mentre i sanitari cercano di stabilizzarlo, alle 21,30 muore per arresto cardiaco. Viste le sue condizioni di salute, è possibile che la sua morte non sia dovuta a responsabilità di nessuno. È comunque un fatto che il signor Esposito non sarebbe dovuto morire, date le sue condizioni di salute, all'interno di una struttura carceraria -:
se quanto sopra esposto corrisponda a verità;
in caso affermativo come spieghino l'accaduto;
se non ritengano di dover accertare eventuali colpe e responsabilità disciplinari del personale coinvolto.
(4-04067)

MURGIA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
a meno di tredici giorni dal riavvio dei processi e dell'attività giudiziaria, il palazzo di giustizia di Nuoro si presenta ai nastri di partenza con i soliti, drammatici problemi;
a reggere le sorti della Procura, e delle sue centinaia di inchieste complicate, sono rimaste due persone;
anche l'organico dei giudici è ridotto all'osso; lunedì 7 settembre 2009 ne arriveranno solo tre nuovi, un numero molto ridotto rispetto a quelli attesi;
anche la cancelleria civile, a detta degli stessi avvocati, è semiparalizzata, tanto che a luglio 2009 un ufficio ha dovuto chiudere i battenti per carenza di personale;
l'ordine degli avvocati, attraverso il suo presidente, ha annunciato un'assemblea all'inizio di ottobre 2009 per discutere un'eventuale ripresa della protesta (astensione dalle udienze e altre iniziative);
il ministero sta cercando di far quadrare i conti dell'organico, ma è ormai evidente che se nessuno si decide a fare nuove assunzioni, a rafforzare l'organico giudici, e rimpolpare gli uffici, la giustizia nuorese avrà un personale ridotto al lumicino e procederà inevitabilmente al ralenty;
sempre per lo stesso ministero ci sarebbero addirittura ben cinque operatori in sovrannumero;
la situazione più delicata, comunque, rimane quella della Procura, che lo stesso presidente dell'ordine forense definisce «incredibile» in quanto in una terra del malessere, come la Sardegna, la Procura non può rimanere così sguarnita;
è notizia di questi giorni che il pubblico ministero, Daniele Rosa, autore di tante inchieste importanti, andrà via da Nuoro per entrare in forza alla Procura di Lanusei;
il Ministero, anziché sostituirlo, ha introdotto la figura dei «pm a rotazione»; da oggi, e sino a data da destinarsi, si

alterneranno, a turni di 15 giorni ciascuno, quattro giovani pubblici ministeri sino all'altro ieri in forza alla Procura militare di Cagliari;
ad avviso dell'interrogante la figura dei «pm a rotazione» non è il miglior espediente per tamponare la situazione in quanto, come è facile prevedere, i 4 pm «turnisti» non potranno seguire le inchieste, almeno non quelle delicate, ma potranno solo svolgere l'ordinario -:
quali misure intenda adottare il Ministero per porre fine al «vortice turbinoso» delle toghe;
quali azioni intenda intraprendere il Governo per tamponare, in concreto, la paralisi che sta avvinghiando la Procura di Nuoro.
(4-04075)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - AI Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Tribuna di Treviso del 25 agosto 2009, la notte tra sabato 22 e domenica 23 agosto nella Casa Circondariale di Santa Bona di Treviso il Sig. Adriano Zanin moriva a causa di un attacco cardiaco;
il sig. Zanin è giunto in carcere la sera del 18 agosto per scontare una pena definitiva di giorni trenta di reclusione a seguito di una condanna inflittagli due anni prima per violazione del codice della strada (incidente stradale);
già al momento del suo ingresso in carcere il detenuto versava in condizioni di salute alquanto precarie ed era assai debilitato nel fisico a causa di una grave forma di cirrosi epatica di cui soffriva da tempo, ciò nonostante invece di essere sottoposto a una stretta sorveglianza medica, lo stesso veniva condotto in una sezione comune e rinchiuso in una cella grande appena 15 metri quadrati, dotata di un bagno alla turca ed un lavandino, all'interno della quale, in un caldo soffocante, si trovavano stipate già altre cinque persone;
secondo quanto riferito dagli altri detenuti in una lettera indirizzata a La Tribuna di Treviso, non appena accortosi del malore che ha colpito il Sig. Zanin, l'agente penitenziario ha chiamato il medico di turno del carcere che però quella notte non era in servizio; dopodiché ha deciso di chiedere l'intervento del 118 Servizio Urgente ed Emergenze Mediche (S.U.E.M.) il quale per giungere sul posto ha impiegato circa 25-30 minuti; nel frattempo il detenuto spirava all'interno della sua cella senza alcuna assistenza medico-sanitaria;
più in particolare, nella citata lettera i detenuti del carcere di Santa Bona di, Treviso scrivono quanto segue: «[...] Quando è stato il momento di spiegare all'Ispettore di Turno quanto successo, hanno costretto a firmare un rapporto da loro e non veritiero sulla dinamica dei fatti, soprattutto circa il tempo di intervento dei SUEM, dichiarando che erano trascorsi due minuti contro i 25-30, ed in quell'interminabile tempo nessuno, agente o ispettore, è stato con il Zanin magari prestando soccorso o solamente per stargli vicino in rappresentanza dell'istituzione carceraria che lo aveva in custodia! La cosa scandalosa è che non c'era nessuno con la pur minima nozione di primo soccorso o un sanitario di turno, e che poi si cerchi si insabbiare la cosa con verbali precostituiti ci sembra troppo! Noi tutti detenuti siamo indignati per quanto successo al nostro compagno Zanin, non possiamo protestare perché temiamo ritorsioni, ma vogliamo dimostrare che siamo tutti molto vicini alla famiglia del "Bibi" nel suo dolore e la invitiamo ad andare fino in fondo alla faccenda perché le cose che vi verranno raccontate dalla Direzione non sono veritiere, nella realtà è come se l'intero sistema lo avesse lasciato morire [...]»;
viste gravissime condizioni di salute del Sig. Zanin, non si capisce per quale

motivo lo stesso, invece di essere condotto in cella senza alcuna assistenza medicosanitaria, non sia stato sottoposto subito ad una ecografia epatica al momento del suo ingresso in carcere e/o per quale motivo non sia stato richiesto con urgenza il suo immediato ricovero presso la più vicina struttura ospedaliera;
il Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria ha emanato nel corso di questi ultimi anni numerose disposizioni e circolari aventi ad oggetto la tutela della salute delle persone detenute, evidenziando la necessità di interventi tempestivi - sia al momento dell'ingresso in carcere dei detenuti che nel corso della detenzione - volti ad accertare ogni eventuale situazione personale di fragilità fisica della persona detenuta; interventi tempestivi che nel presente caso sono venuti completamente a mancare;
dalle testimonianze degli altri detenuti emergono una serie di circostanze che non possono non sollevare fortissimi dubbi sulle modalità del decesso di Adriano Zanin ed in particolare sulle cause, probabilmente di natura omissiva, che hanno determinato il suo stato di grave sofferenza fisica e la sua successiva morte;
il Sig. Zanin, gravemente malato di cirrosi epatica, si trovava in carcere non solo (e non tanto) perché condannato a trenta giorni di reclusione, ma soprattutto perché, essendo recidivo, non ha potuto usufruire della sospensione della esecuzione della pena ex articolo 656, comma 5, del codice di procedura penale, ciò a seguito dell'inserimento - operato dalla legge n. 251 del 2005, la cosiddetta «ex Cirielli» - di una nuova lettera c) all'articolo 656, comma 9, codice di procedura penale (la pena detentiva non superiore a tre anni non può essere sospesa nei confronti dei condannati ai quali sia stata applicata la recidiva prevista dall'articolo 99, comma 4, del codice penale);
a giudizio dell'interrogante la legge ex Cirielli, laddove introduce forti limitazioni all'applicazione dei vari benefici «extramurari» alle persone recidive, che peraltro costituiscono la maggior parte degli attuali detenuti, sta producendo effetti devastanti in termini di irragionevole, ingiustificato e desocializzante (ex articolo 27, comma 3, della Costituzione) aumento della popolazione carceraria -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se i Ministri interrogati, nell'ambito delle rispettive competenze, non ritengano di dover disporre, con riferimento al decesso del Sig. Zanin, gli opportuni e urgenti approfondimenti al fine di accertare eventuali responsabilità amministrative disciplinari del personale penitenziario in servizio presso il carcere Santa Bona di Treviso;
se il Governo non ritenga necessario un'urgente ripensamento della politica fino ad oggi adottata per combattere il problema legato al sovraffollamento carcerario, in particolare promuovendo una profonda revisione normativa dalla legge n. 251 del 2005 nella parte in cui non consente ai recidivi specifici (o infraquinquennali reiterati) di poter usufruire della sospensione dell'esecuzione della pena ex articolo 656, comma 5, dei codice di procedura penale.
(4-04076)

REGUZZONI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
organi di stampa riferiscono che a Brescello (Reggio Emilia) un imprenditore è stato denunciato poiché impiegava manodopera clandestina, in condizioni igienico sanitarie precarie;
dalle notizie apparse sembra che, per non essere preso di sorpresa da eventuali controlli delle forze dell'ordine, l'uomo aveva sistemato all'esterno delle telecamere;
il reato ipotizzato è quello di occupazione di manodopera clandestina;
nel corso dell'intervento dei militari dell'Arma dei Carabinieri della locale stazione, i circa 20 cinesi impiegati si sono

dati alla fuga e le forze dell'ordine sono riuscite a fermarne solo dieci, di cui sette sono stati denunciati perché clandestini e tre sono stati arrestati perché già raggiunti da provvedimenti di espulsione;
sempre per violazioni in materia di lavoro, al titolare è anche stata elevata una sanzione da 10.000 euro ed è stata sospesa l'attività;
spesso accade che aziende di questo tipo riforniscano commercianti e/o imprese a loro volta abusive o condotte secondo criteri di illegalità -:
se e quali reati siano stati contestati agli interessati, anche alla luce delle recenti normative in ordine al reato di clandestinità;
se e quante espulsioni siano state effettuate;
se risultino adottate misure nei confronti del titolare dell'azienda e se risultino avviate ulteriori indagini.
(4-04079)

TESTO AGGIORNATO AL 27 APRILE 2010

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
alle 23,48 del 29 giugno 2009 nella stazione di Viareggio si è verificato il più grave disastro ferroviario degli ultimi decenni che ha causato la morte di 28 persone e il ferimento di oltre 100, di cui alcune ancora in condizioni gravissime e tuttora in pericolo di vita;
il treno merci 50325, proveniente da Trecate (Varese) e diretto a Gricignano (Caserta), composto da 14 cisterne contenenti GPL (Gas Petrolio Liquefatto), è deragliato nella stazione di Viareggio a causa della rottura di un asse del primo carro-cisterna il quale si è rovesciato sul fianco rilasciando una grande quantità di gas che ha invaso le aree e le abitazioni circostanti;
il GPL, gas ad alto potere infiammabile, espandendosi e incendiandosi ha causato ripetute esplosioni, il crollo delle palazzine adiacenti alla linea ferroviaria e la morte o il ferimento grave di tutte le persone presenti in quel momento nell'area interessata al gigantesco rogo;
oltre al danno irreparabile rappresentato dalla perdita di vite umane e dalle gravissime conseguenze per i feriti sopravvissuti, si pone il pressante problema della ricostruzione delle case demolite e del risarcimento degli altri ingenti danni materiali;
nel rispetto della piena autonomia dell'autorità giudiziaria le cause della tragedia, sulla base delle prime sommarie informazioni trapelate dalle indagini, sarebbero da attribuire alla rottura dell'asse del primo carro, di proprietà della società GATX Rail, che ha determinato prima lo svio dalla rotaia della ruota e del carrello e poi il ribaltamento e la rottura dell'involucro della cisterna, appena al di fuori delle aree adibite ai viaggiatori della stazione di Viareggio;
la ricostruzione della catena di responsabilità del trasporto vede una pluralità di soggetti coinvolti, e in particolare: la raffineria Sarpom, che ha sede a San Martino di Trecate (Novara), la Aversana Petroli, di Casal di Principe (Caserta), rispettivamente mittente e destinataria del carico; Fs logistica, incaricata della spedizione; Rete ferroviaria italiana Spa, gestore dell'infrastruttura, responsabile dell'esercizio ferroviario e dell'ammissione dei convogli sulle rete; Trenitalia Spa, titolare del trasporto, con personale e locomotiva propria (queste ultime tutte società del Gruppo Ferrovie dello Stato Spa); la società GATX Rail proprietaria del carro-cisterna; la società CIMA di Mantova, qualificata da FS-Trenitalia, che ha effettuato, per conto della già menzionata GATX Rail, la manutenzione sui carri utilizzando dei carrelli della predetta società

precedentemente revisionati dall'officina tedesca Junghenthal-Waggon Gmbh di Hannover;
tali complessi intrecci di interessi e legami contrattuali, affitti, leasing, appalti, subappalti, certificazioni, e altro, resi possibili dalle norme varate negli ultimi anni a favore della liberalizzazione del trasporto ferroviario in Europa, hanno reso più complesse le procedure di controllo effettivo e efficace delle reali condizioni di sicurezza del trasporto ferroviario, con particolare riguardo alle merci pericolose, privilegiando i controlli amministrativi su quelli materiali;
pur in un quadro di grande complessità, gli enti preposti alla vigilanza non sembrano aver esercitato tutte le prerogative attribuite loro dalla legge;
nelle settimane immediatamente precedenti alla strage ferroviaria di Viareggio, infatti, si erano verificati alcuni deragliamenti di treni merci del tutto analoghi sempre a causa del cedimento strutturale dei carrelli che contenevano tutti gli elementi di allarme sulla vulnerabilità del sistema e che solo per fortuite circostanze casuali non hanno determinato conseguenze altrettanto tragiche: il 19 maggio 2009 a Sesto Calende, Milano; il 25 maggio 2009 a Borgo S. Dalmazzo, vicino Cuneo; il 6 giugno 2009 a Pisa S. Rossore, a pochi chilometri da Viareggio; il 22 giugno 2009 a Vaiano, vicino Prato;
nonostante questi gravi segnali premonitori non vi è stata alcuna iniziativa da parte dell'apposito Organismo investigativo permanente, posto alle dirette dipendenze del Ministro dei trasporti e delle infrastrutture, di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 10 agosto 2007, n. 162 (Attuazione delle direttive 2004/49/CE e 2004/51/CE relative alla sicurezza e allo sviluppo delle ferrovie comunitarie) e deputato espressamente dalla legge «a svolgere indagini al fine di fornire eventuali raccomandazioni finalizzate al miglioramento della sicurezza ferroviaria e alla prevenzione di incidenti, oltre che sugli incidenti gravi, sugli inconvenienti che, in condizioni diverse, avrebbero potuto determinare incidenti gravi, tra cui guasti tecnici ai sottosistemi di natura strutturale o ai componenti dei sistemi ferroviari»;
anche da parte degli altri soggetti preposti alla vigilanza e al controllo sul trasporto ferroviario, in primo luogo l'Agenzia Nazionale per la Sicurezza Ferroviaria (ANSF), il gestore dell'infrastruttura ferroviaria nazionale RFI spa, e le imprese ferroviarie interessate non vi è stata alcuna efficace analisi e valutazione dei rischi connessi ai cedimenti strutturali dei carrelli né tantomeno iniziative concrete a salvaguardia dell'incolumità della popolazione, dei viaggiatori e degli stessi lavoratori Fs;
da parte di numerosi osservatori specializzati è messa in discussione la reale autonomia dell'Agenzia Nazionale per la Sicurezza ferroviaria in ragione del fatto che tutti i dipendenti, a eccezione del suo direttore ricevono tutt'ora lo stipendio dalla società gestore dell'infrastruttura RFI spa mantenendo, di fatto, un vincolo di subordinazione che pone in discussione la sua totale indipendenza dalle società del Gruppo Fs;
i massimi responsabili del gruppo Fs, in modo del tutto inopportuno e intempestivo, hanno declinato qualsiasi responsabilità prima ancora che le inchieste giungessero a conclusione, nonostante il trasporto fosse affidato a Trenitalia spa e l'accesso alla rete sia gestito da RFI spa -:
quali iniziative di salvaguardia abbia assunto nell'immediatezza dei gravi fatti di Viareggio l'Organismo investigativo permanente alle dirette dipendenze del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e quali i provvedimenti ufficiali adottati a seguito dei quattro episodi sopra richiamati;
quali iniziative si intendano adottare per la ricostruzione delle abitazioni e per garantire il risarcimento degli ingenti danni morali e materiali subiti dai cittadini coinvolti;
quali iniziative abbia assunto il gestore dell'infrastruttura nazionale (RFI

spa) a seguito dei quattro incidenti di cui sopra per garantire controlli sistematici e efficaci a tutti i carri merci, oltre al «controllo straordinario degli assi» disposto con nota n. 3556/09 del 3 luglio 2009, solo per alcuni dei carri che utilizzano sale montate e assi della stessa famiglia di quelli coinvolti nell'incidente;
se sia a conoscenza del contenuto del contratto stipulato con la Gatx Rail di Vienna, precedentemente citata, e quale sia il contenuto dello stesso;
se non ritenga necessario accertare, tramite i citati organismi, sussistano responsabilità oggettive in capo alle società del gruppo Fs riguardo ai mancati controlli e verifiche effettivi sui convogli ammessi a circolare e trainati sulla rete nazionale;
quali iniziative intenda assumere in materia di trasporto di merci pericolose su rotaia affinché non abbiano a ripetersi fatti così gravi;
se non ritenga, nell'ambito della disciplina comunitaria e della clausola di salvaguardia, mantenere e sviluppare più severe regole di circolazione delle merci pericolose per garantire sul territorio nazionale i più alti standard di sicurezza.
(2-00454) «Evangelisti, Donadi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
questa estate è ritornata di scottante attualità la questione della tardata riconsegna e dello smarrimento dei bagagli negli aereoporti;
a tal proposito è intervenuto sia il Commissario europeo ai trasporti, Antonio Tajani, che ha lanciato l'iniziativa di un'autorità nazionale responsabile della perdita e dei danni ai bagagli, sia il Ministro Altero Matteoli, che ha definito "intollerabili" i disservizi nel ritiro bagagli a Fiumicino ed ha convocato un incontro con gli operatori del settore;
la quinta edizione del «Baggage Report» di Sita, la società formata da compagnie aeree di tutto il mondo per fornire servizi di telecomunicazione ed informatica alle compagnie stesse ed agli aeroporti, presentato a marzo del 2009, dimostra che la quantità di bagagli consegnati in ritardo, danneggiati o trafugati in tutto il mondo è diminuito di un quinto, da 42,4 milioni di bagagli nel 2007 ai 32,8 milioni del 2008, anno cui si riferisce il report;
sempre secondo Sita, il numero di bagagli che sono andati definitivamente persi o rubati è calato da 1,28 milioni del 2007 ai 736 mila del 2008. La grande maggioranza dei 32,8 milioni di bagagli «disguidati» sono stati riconsegnati ai loro proprietari entro le successive 48 ore. Solo una piccola parte, lo 0,32 per mille vale a dire 736.000 bagagli sono andati definitivamente persi;
entro la fine del corrente anno sarà possibile ritrovare i bagagli persi in aeroporto attraverso un servizio che verrà fornito da Sita che renderà disponibili per i viaggiatori dei chioschi self-service dotati dell'applicativo World Tracer, il programma che già 440 compagnie aeree hanno adottato per rintracciare e restituire i bagagli «disguidati». Per capire il percorso dei bagagli sarà sufficiente inserire i dati personali e avvicinare allo scanner di lettura l'etichetta del bagaglio rilasciata al momento del check-in. I passeggeri avranno così la possibilità di «tracciare» via web i bagagli, che saranno contrassegnati come missing bag. Il chiosco genererà automaticamente un reclamo contrassegnato da un codice identificativo, evitando di dover affrontare lo code agli sportelli per i reclami. Il passeggero, poi, semplicemente digitando il codice emesso dal chiosco su un sito dedicato o contattando telefonicamente il servizio clienti World Tracer, potrà continuare ad essere informato sulla posizione del proprio bagaglio. Con questo sistema sarà inoltre possibile seguire attraverso il palmare il proprio bagaglio oppure ricevere un sms con gli aggiornamenti;

il giorno 16 settembre 2009, presso la sede centrale dell'ENAC, si svolgeranno separati incontri con gli handler, con le compagnie aeree operanti sull'Aeroporto di Fiumicino, con AdR - Aeroporti di Roma, e con le rispettive rappresentanze istituzionali (tra cui Assohandler, Assaero, Assaeroporti);
la stessa Enac informa in un comunicato che in occasioni di tali incontri presenterà il rapporto su questi ultimi due mesi (da metà luglio a metà settembre) con i dati del monitoraggio quotidiano dei servizi sullo scalo di Fiumicino;
il Codice della Navigazione vigente prevede che gli operatori di servizi di assistenza a terra (Handler) ottengano una certificazione da parte del Direttore ENAC dell'Aeroporto e che siano in grado di assicurare l'ordinato e puntuale svolgimento del servizio;
in caso di costante scostamento dagli standard minimi di prestazione del servizio, il Direttore può, oltre ad irrogare le sanzioni previste, avviare con propria ordinanza un procedimento di ritiro del provvedimento di certificazione a causa del venir meno dei presupposti in base ai quali esso era stato rilasciato;
in passato, anche all'inizio del corrente anno, si sono registrati alcuni furti avvenuti in diversi aeroporti italiani sui bagagli in transito. Tali furti, oggetto di varie inchieste e condanne, hanno influito negativamente sull'immagine dei nostri scali aeroportuali e più complessivamente al settore turistico -:
quali siano le iniziative concrete già adottate e quali quelle che si intendono assumere in futuro per tutelare i diritti dei viaggiatori in relazione al trasporto dei bagagli e per evitare che si verifichino nuovamente analoghi disservizi già a partire dal prossimo picco di traffico previsto per le festività di fine e inizio anno.
(2-00457)«Baldelli, Garofalo, Biasotti».

Interrogazione a risposta orale:

VIETTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerosi gli episodi e le proteste dei cittadini che lamentano le difficoltà, se non l'impossibilità, per le persone con disabilità ad utilizzare il sistema dei trasporti regionali, e minacciano il ricorso a misure e manifestazioni drastiche qualora la situazione non dovesse mutare entro breve tempo;
secondo l'Associazione «Consulta per le persone in difficoltà» di Torino, infatti circa l'80 per cento dei treni regionali, risulterebbe inaccessibile alle persone con disabilità, costrette a subire gravi disagi, anche economici, dovendo rinunciare forzatamente all'utilizzo della carta gialla e pagare, pertanto, tariffe intere per l'assenza di carrozze dotate di un posto per passeggeri disabili;
per ovviare al problema dei maggiori costi sostenuti sarebbe sufficiente nel breve periodo, estendere la validità della carta gialla agli Intercity e agli Eurostar per le tratte a carattere regionale -:
se non ritengano di adottare iniziative affinché le Ferrovie dello Stato avviino un urgente e serio programma di abbattimento delle barriere architettoniche, non solo nelle stazioni, ma anche sui convogli stessi, procedendo alla sostituzione progressiva dei vagoni con gradini alti con vagoni a pianale ribassato, al fine di garantire il diritto alla mobilità per le persone con disabilità motoria e per tutti quelli che non riescono ad utilizzare i vagoni ferroviari attuali.
(3-00646)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Ancona rappresenta uno dei riferimenti logistico-navali più importanti dell'Adriatico;

ogni anno nel porto di Ancona transita un importante numero di passeggeri tale da porlo al centro dello scacchiere Nord-Sud d'Europa e del Mediterraneo orientale anche sul versante turistico;
il ministero interrogato ha provveduto a finanziare il programma innovativo in ambito urbano denominato (PIAU) «Porti e Stazioni», concedendo al comune di Ancona risorse importanti al fine di avviare un'opera di riqualificazione urbana di riorganizzazione dell'area portuale soprattutto in termini di implementazione dell'efficienza dei collegamenti porto-territorio e di valorizzazione del rapporto fisico tra il porto e la città;
malgrado i programmi di riorganizzazione ed il ruolo di riferimento riconosciuto al porto della città marchigiana, continuano a sussistere gravi problemi di carattere organizzativo (la situazione sembra addirittura peggiorata rispetto a qualche anno fa), tale da rendere un vero e proprio calvario il transito nell'area portuale finalizzato all'imbarco, sebbene giustificata da esigenze di sicurezza le cui dinamiche sembrano essere incomprensibili ai più. Tali criticità si aggiungono alla forti difficoltà logistiche ed organizzative che caratterizzano la città di Ancona da anni;
l'area portuale è caratterizzata da una cattiva segnalazione, che per alcuni tratti risulta assente, scarso personale di riferimento in grado di fornire informazioni o dare indicazioni;
per procedere all'imbarco si è costretti ad imboccare un vero e proprio girone infernale, con l'obbligo di dirigersi con l'autovettura al di fuori della struttura di transito, per ottenere il rilascio dei biglietti presso biglietterie distanti chilometri dal luogo dell'imbarco e collocate praticamente al di fuori dell'area portuale. Tale articolata e problematica struttura costringerebbe gli utenti ignari a recarsi presso le strutture portuali molte ore prima del previsto imbarco;
i cittadini ed i turisti italiani e stranieri sconvolti hanno manifestato chiaramente allo scarso personale operativo all'interno dell'area, il proprio disappunto, con inevitabili riflessi di questo generale malcontento sulla credibilità dell'intera struttura portuale e del servizio offerto all'utente;
la città di Ancona, dati i presupposti, rischia di non essere più un riferimento marittimo per il Paese sull'Adriatico -:
se sia a conoscenza della cattiva organizzazione della struttura portuale di Ancona;
se ritenga opportuno procedere con una ispezione che consenta di verificare lo stato attuale della struttura e della sua organizzazione;
quali provvedimenti intenda predisporre al fine di porre rimedio ad una situazione, che rischia realmente di ledere l'immagine del nostro Paese, intaccando uno dei suoi settori più rilevanti in termini di impatto economico, quali il turismo.
(4-03940)

DI BIAGIO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il treno Leonardo express è un servizio ferroviario che collega la stazione di Roma Termini e l'aeroporto di Roma-Fiumicino, e rappresenta il primo biglietto da visita delle città di Roma e del Paese intero ai tanti turisti che quotidianamente giungono nell'aeroporto, segnatamente nel periodo estivo, oltre che uno snodo imprescindibile per i tanti viaggiatori che per lavoro quotidianamente devo raggiungere la struttura aeroportuale;
il sito di Trenitalia, gruppo Ferrovie dello Stato, riguardo al treno Leonardo express parla di «confortevole e affidabile collegamento no-stop tra l'Aeroporto di Fiumicino e il centro di Roma»; oltre che citarne le potenzialità e le caratteristiche parlando di un «servizio di prima classe su treni dotati di aria condizionata, carrozze interamente rinnovate, impianto automatico

di diffusione sonora e ampi spazi per i bagagli, sempre in grado di garantire un elevato livello di comfort e sicurezza»;
in data martedì 21 luglio 2009 l'interrogante ha avuto modo di viaggiare sul servizio ferroviario Leonardo, e la scena che si è ritrovata dinanzi agli occhi è stata raccapricciante, sotto il profilo dell'igiene, della condizione delle carrozze e del tenore del viaggio;
le carrozze presentavano segni vistosi di sporcizia accumulata da giorni, sedili sporchi ed odore nauseabondo;
non vi erano segni di aria condizionata, le temperature erano notevolmente elevate, tali da rendere impossibile il tragitto soprattutto ai bambini piccoli e alle persone anziane;
non sono garantiti gli essenziali livelli di sicurezza, poiché l'accesso al convoglio non è controllato, per cui vi fanno ingresso puntualmente malintenzionati e borseggiatori;
su questo convoglio non ci sono posti disponibili, i passeggeri senza adeguata informazione o indicazioni, utilizzano i sedili come porta-bagagli. Il livello di igiene di questo servizio appare per certi tratti ben peggiore di quanto presente sui treni a percorrenza regionale, i cui standard di viaggio sono stati già oggetto di atti di sindacato ispettivo ed inchieste giornalistiche;
il disagio degli utenti ammassati nelle carrozze di un treno che dovrebbe offrire adeguato comfort, è forte e tangibile, tanto da costringere chi detiene possibilità economiche maggiori a rivolgersi ai servizi di taxi cittadino;
negli ultimi quattro anni il prezzo del biglietto per il Leonardo Express è salito da 9 euro agli attuali 11 euro, per una tratta che supera di poco i 30 chilometri. Un costo che si pone al di sopra della media europea, non compensato assolutamente da adeguati standard di comfort -:
quali provvedimenti o iniziative si intendano predisporre al fine di porre rimedio alla situazione incresciosa che contraddistingue il servizio ferroviario di Trenitalia da Fiumicino e, in particolare, al fine di rivedere i contratti predisposti con le ditte erogatrici dei servizi di pulizia dei vagoni alla luce di quanto descritto.
(4-03947)

REALACCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società Marina di Ponza, con sede a Nettuno, ha richiesto (in Gazzetta Ufficiale parte II n. 18 del 14 febbraio 2009) l'uso di concessione demaniale marittima cinquantennale dello «specchio acqueo di Cala dell'Acqua» sull'isola di Ponza per realizzare e gestire un porto turistico per 500 posti barca nell'ambito del progetto per il recupero ambientale dell'area dell'ex cava di bentonite della SAMIP ed ha proposto al comune di Ponza la stipula di una convenzione urbanistica;
l'area dell'ex miniera di bentonite, in località «La Piana», è l'ultimo ricordo del passato minerario di Ponza, cominciato negli anni '30 e finito all'esaurirsi della materia prima negli anni '70. L'intera struttura, composta da più edifici, è attualmente in uno stato di degrado dovuto all'abbandono, a cui si somma anche la situazione del campo sportivo coperto andato quasi completamente distrutto. Già nel 2002 Legambiente denunciò la presenza di una «palude di olio» di Cala dell'Acqua, dove una marea di gasolio percolava in mare a causa di una perdita provocata nel tentativo di demolire con della dinamite una struttura della ex miniera;
se è certamente fondamentale l'avvio di lavori per la riqualificazione dell'area, per restituirla nuovamente alla fruizione di ponzesi e turisti, desta preoccupazione il fatto che la ricetta sia quella di costruire nella splendida insenatura di Cala dell'Acqua ben 500 nuovi posti barca. Per di più in una zona che le stesse linee guida del

«piano della mobilità della regione Lazio» classificano come «ad elevato rischio» ambientale;
si tratta di un progetto di cementificazione ad opera di privati che stride fortemente con le bellezze naturali e ambientali e con il panorama circostante, fatto delle piccole e colorate case della frazione abitata e delle rocce delle coste che descrivono la cala che ospita l'ex miniera, Cala dell'Acqua;
la stessa società ha chiesto anche la possibilità di realizzare le «parti turistiche delle opere previste nel nuovo piano regolatore portuale adottato dalla Capitaneria di Porto di Gaeta» per l'attuale porto turistico di Ponza. Anche in questo caso desta preoccupazione il fatto che si pensi di salvaguardare il magnifico scenario del vecchio porto e del suo affaccio che rende nota Ponza in tutto il mondo, con un'ulteriore colata di cemento;
nella tappa di Ponza della campagna Goletta Verde 2009 di Legambiente, il 29 luglio 2009, nel dossier «Voler bene a Ponza», fra le varie situazioni di criticità rilevate sull'isola laziale viene segnalata anche la vicenda del progetto del porto turistico di Cala dell'Acqua e dell'ampliamento del porto turistico di Ponza e delle gravi conseguenze che questi progetti avrebbero per l'ambiente dell'isola;
desta anche preoccupazione il fatto che su una delle cale più belle dell'isola di Ponza penda il rischio di privatizzazione di fatto e della sottrazione alla pubblica fruizione;
va fatto presente, inoltre, che uno studio sulla portualità turistica realizzato da UCINA, il settore di Confindustria della nautica e cantieristica, e presentato al Satec 2008, l'assemblea annuale dei soci Ucina, dimostra come in Italia non esista un deficit di porti turistici. Solo riqualificando e rendendo fruibili le strutture già esistenti, mal utilizzate o sotto utilizzate, si potrebbero rendere disponibili 39.500 nuovi posti barca (sui 140.000 esistenti in Italia), senza versare sulle coste un solo metro cubo di nuovo cemento. Analizzando il dato per macro aree si evidenzia come questa operazione riguarda quasi esclusivamente il centro sud, dove ben 34.600 posti barca potrebbero essere recuperati e fruiti -:
se non si intendano verificare le modalità che hanno portato al rilascio delle citate autorizzazioni e avviare le corrette procedure per tutelare il demanio marittimo e valutare l'impatto ambientale;
se intendano attivarsi per mettere in campo un necessario sistema di pianificazione e gestione costiera che individui il punto di equilibrio tra le attività economiche, turistiche e residenziali da un lato e l'ambiente e la libera e corretta fruizione dello stesso dall'altro.
(4-03974)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 31 agosto ed il 1o settembre 2009, la compagnia aerea low cost SkyEurope ha emanato una nota ufficiale con la quale ha dichiarato il proprio fallimento. Fondata nel 2001, con capitale prevalentemente austriaco, la compagnia era in crisi da metà giugno 2009 quando le perdite avevano superato i 59 milioni di euro; per questo sono state sospese tutte le attività. Nella homepage del sito della compagnia si legge: «SkyEurope ha sospeso le sue vendite e le sue operazioni. Coloro che hanno acquistato i propri voli con una carta di credito devono rivolgersi alla banca che ha emesso la carta di credito per ottenere il rimborso per i voli SkyEurope non utilizzati. Nel caso in cui il pagamento è stato effettuato direttamente a SkyEurope con modalità differenti dalla carta di credito (bonifico bancario, contanti) nessun rimborso purtroppo è possibile»;
quanto alla dichiarazione di fallimento, nel comunicato si legge: «SkyEurope informa con grande rammarico - per i suoi passeggeri e i suoi dipendenti in particolare, ma anche per i suoi partner

commerciali - che SkyEurope Airlines A.S. ha sospeso le sue operazioni dopo aver presentato dichiarazione di fallimento. Non si è riusciti a provvedere ai finanziamenti necessari per il funzionamento della compagnia. Tutti i voli della SkyEurope Airlines sono stati sospesi con effetto immediato»;
a causa dell'immediata sospensione di qualsiasi attività, migliaia di passeggeri sono rimasti bloccati negli aeroporti in cui operava la compagnia aerea sopraccitata. Coloro i quali sono rimasti a terra non avranno rimborsi e dovranno addirittura prenotare il viaggio di rientro a proprie spese. Tra questi si trovano anche 130 passeggeri italiani che, dalla capitale slovacca, Bratislava, erano diretti all'aeroporto romano di Fiumicino;
l'ambasciatrice d'Italia a Bratislava, Brunella Borzi Cornacchia, si è recata all'aeroporto per verificare la situazione. Intanto, funzionari della stessa ambasciata, hanno iniziato a fornire assistenza ai connazionali bloccati. Secondo le ipotesi formulate dalla dott.ssa Borzi Cornacchia, i voli potrebbero essere stati cancellati perché la SkyEurope, ormai da tempo sull'orlo del fallimento, non avrebbe i soldi per acquistare il carburante -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze per far sì che SkyEurope risarcisca i passeggeri italiani che non hanno potuto usufruire del servizio, o che ne hanno usufruito soltanto per una tratta, nonostante il pagamento dell'intero ammontare del biglietto;
quali misure siano allo studio finalizzate a monitorare il comparto delle compagnie aeree «low cost» che hanno certamente causato crisi e default degli operatori tradizionali con vantaggi economici per gli utenti agli esordi, ma con gravissimi, reiterati disagi negli ultimi mesi;
quali misure di controllo siano in atto per verificare il rispetto della sicurezza dei voli da parte di operatori in diffusa difficoltà economica, in coerenza con la normativa vigente in materia.
(4-03983)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 10 agosto 2009, circa 500 passeggeri si sono rivolti al Movimento Consumatori di Bergamo, per la tutela dei propri diritti, a seguito della sospensione della licenza di volo decretata dall'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) nei confronti della compagnia low-cost Myair e, di conseguenza, la messa in atto da parte di Sacbo, società che gestisce lo scalo orobico di Orio al Serio, della sospensione delle operazioni di accettazione dei voli per mancati pagamenti di tasse, tariffe e diritti. Come primo atto, il Movimento Consumatori ha inviato alla sede italiana di Myair 500 raccomandate nominali, con la richiesta di rimborso immediato dei biglietti acquistati e non utilizzati a causa delle reiterate inadempienze della compagnia aerea, insieme alla riserva di richiesta di risarcimento danni, per una cifra che ad oggi può variare da un minimo di 250 mila ad un massimo di 350 mila euro;
i problemi della compagnia low-cost diventano insormontabili a fine luglio 2009, periodo in cui si registrano continui ritardi e cancellazioni. Alla base di tutto, una situazione finanziaria difficilissima. Il 21 luglio Sacbo, di concerto con l'Ente nazionale per l'aviazione civile, sospende l'attività del vettore sul proprio spazio «per inadempienze nei pagamenti di tasse, diritti e tariffe». Oltre all'insolvenza economica, Myair manifesta un'incapacità strutturale nella garanzia del servizio offerto a livello nazionale; per questo, il 22 luglio l'Enac emette un decreto d'urgenza con cui revoca alla compagnia la licenza provvisoria di esercizio per il trasporto aereo di passeggeri e merci, che era stata temporaneamente rilasciata il 25 giugno. «Il provvedimento di sospensione - spiega l'Enac in una nota -, adottato anche in base al regolamento della Comunità europea 1008/2008, si è reso necessario tenuto

conto che la licenza provvisoria era stata rilasciata sul presupposto che, in attesa della preannunciata ristrutturazione finanziaria, il vettore fosse in grado di far fronte ai propri impegni attraverso una disponibilità di cassa sufficiente per garantire la gestione dell'operativo programmato»;
a causa dell'inadempienza dei pagamenti di tasse aeroportuali e diritti inevasi da parte di Myair, pari a circa un milione di euro, la Sacbo ha chiesto ed ottenuto nei giorni scorsi, il sequestro conservativo degli aeromobili che più sovente hanno operato su suolo orobico. Sono tre, ad oggi rimasti a Venezia (un aereo con insegna Myair si trova fermo a Bergamo, ma ha proprietà diverse e non è soggetto a questo iter). Con procedura cautelare d'urgenza il Tribunale civile di Bergamo ha disposto il sequestro dei mezzi, in base a una legge specifica del 1976, secondo cui il proprietario dell'aereo risponde in solido con il vettore per i debiti accumulati sui diritti aeroportuali. Pertanto, date le condizioni finanziarie di Myair, sono chiamate in causa le società di leasing;
nel frattempo, il presidente del Movimento Consumatori di Bergamo, Alberto Scanzi, con una tempestiva missiva, ha chiesto il rapido intervento a tutela dei viaggiatori, «mirante a rendere giustizia a tante persone che in perfetta buona fede si sono affidate a una compagnia aerea ufficialmente riconosciuta e controllata da un ente dello Stato italiano». La maggior parte dei viaggiatori chiede semplicemente giustizia: «Molti - rimarca Alberto Scanzi - hanno espresso forti perplessità anche in merito all'operato di Enac, ente pubblico preposto al controllo e alla vigilanza, che da tempo conosceva lo stato di difficoltà in cui versava la compagnia»;
le polemiche, tuttavia, secondo il movimento orobico, devono ora lasciare spazio a risposte concrete: «Ai parlamentari - precisa Scanzi - chiediamo un intervento rapido a tutela dei viaggiatori, mentre al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti chiediamo un impegno preciso per affrontare questa crisi che, per numero di persone coinvolte, assume la caratteristica di una vera emergenza, verificando anche la possibilità di attivare tariffe agevolate sui voli Alitalia (nazionali e internazionali) per i possessori di biglietti aerei della compagnia Myair (o ricevuta di biglietto on line) emessi prima del 23 luglio 2009» -:
se il Ministro interrogato intenda acquisire, anche per il tramite dell'ENAC, ulteriori elementi di informazione sulla situazione economico-finanziaria della compagnia aerea Myair;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per addivenire ad una concreta tutela dei numerosi cittadini italiani e stranieri che, nonostante l'acquisto del biglietto, non hanno potuto usufruire del servizio di trasporto pur garantito dal contratto in essere.
(4-03984)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dal sito www.greenport.it si apprende in un articolo dal titolo «Rifiuti: la scheda di trasporto non è richiesta in base al principio di specialità della disciplina di settore (che salva anche le esclusioni per gli urbani)» che sulla Gazzetta Ufficiale dello scorso 4 luglio è stato pubblicato il decreto ministeriale 30 giugno 2009 che ha introdotto l'obbligo di compilazione della «scheda di trasporto» di cui all'articolo 7-bis decreto legislativo n. 286 del 2005, recante «Disposizione per il riassetto normativo di liberalizzazione regolata dell'esercizio dell'attività di autotrasporto»;
tale obbligo sta creando alcuni problemi di carattere interpretativo soprattutto nel campo del trasporto rifiuti, settore già ampiamente regolato dalla normativa speciale di settore di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 («Codice ambientale»)

e dei decreti ministeriali sopravvissuti all'abrogazione del «Decreto Ronchi» -:
se e quali atti intenda adottare per chiarire l'applicabilità del citato decreto ministeriale 30 giugno 2009 al settore del trasporto rifiuti;
in caso di risposta affermativa, se e quali atti intenda adottare in merito alla valutazione di quali possano essere i documenti sostitutivi della nuova scheda di trasporto nel settore dei rifiuti solidi urbani (Rsu) ad opera del gestore del servizio pubblico.
(4-04010)

REALACCI, CENNI, VICO, BELLANOVA, GINEFRA, SERVODIO e MARGIOTTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 30 marzo 2009 n. 53 (Regolamento recante la disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità utile all'acquisizione della qualifica di «restauratore di beni culturali», nonché della qualifica di «collaboratore restauratore di beni culturali», in attuazione dell'articolo 182, comma 1-quinquies, del Codice); i decreti ministeriali 26 maggio 2009 n. 86 e decreto ministeriale 26 maggio 2009 n. 87, e successivamente la circolare Ministero per i beni culturali del 12 agosto 2009 n. 35, il documento «linee guida applicative del segretariato generale del Ministero per i beni culturali sempre del 12 agosto 2009, che disciplinano l'articolo 182, comma 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies del Codice dei beni culturali e del paesaggio, hanno varato le norme attuative relative alla status di restauratore e di collaboratore;
all'interno di questa complessa situazione normativa si applicano anche le fonti normative che regolamentano la materia di appalti pubblici: decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 (e successive modifiche) nonché il codice degli appalti decreto legislativo n. 163 del 2006 (Titolo IV Capo II che disciplina appalti di lavori pubblici per i beni culturali) ovvero le norme relative al campo del restauro di beni culturali e architettonici (cat. opere pubbliche OS2A e OS2B, rispetto alle qualifiche dei restauratori e OG2, OS25 per altre categorie di beni ancora non disciplinati su questo aspetto) così come inizialmente previsto dal decreto ministeriale n. 294 del 2000 e decreto ministeriale n. 420 del 2001 da cui discendono le norme rispetto alle qualifiche richieste per l'accesso alla professione di restauratore (ovvero le cat. di OOPP OS2A e OS2B);
come riconosce il documento sulla «Disciplina transitoria degli operatori del restauro» del Ministero per i beni e le attività culturali «[...] non esiste ancora nel nostro ordinamento una compiuta disciplina delle relative figure professionali» e che «è generale la convinzione che la capacità professionale dei singoli operatori assuma ruolo strategico insostituibile per assicurare la qualità degli interventi conservativi perché sino ad ora "il problema di verificare che tale idoneità sussistesse in concreto è stato per lungo tempo risolto all'interno di una prassi che vedeva il ricorso pressoché generalizzato ad affidamenti di carattere fiduciario" che hanno condotto oggi alla esigenza di "verifica su basi oggettive della capacità professionale degli operatori"»;
da parte degli operatori del settore, dalle associazioni di categoria, come la CNA e le organizzazioni sindacali Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, si lamenta l'incongruità e l'incoerenza delle prescrizioni relative alla qualifica di restauratore da cui sarebbero escluse molte società e molti lavoratori che, pur avendo nel concreto operato nel campo del restauro, non potrebbero accedere nemmeno alle prove di idoneità. I soci e dipendenti sono parimenti automaticamente esclusi dall'accesso alle prove;
come risulta dall'esame della circolare ministeriale la qualifica spetterebbe in sintesi, a coloro che hanno conseguito un

diploma presso una scuola di restauro riconosciuta, - ad oggi solo tre gli istituti riconosciuti in Italia, oppure a scuole accreditate e.g. corsi con riconoscimento regionale di durata non inferiore a due anni, e svolto successivamente attività di restauro per almeno due anni che crescono fino a diventare otto anni qualora non si sia in possesso dei suddetti titoli di studio (come previsto all'articolo 182, comma 1, lettere a), b), c), del decreto legislativo n. 63 del 2008); vi è poi la modalità di acquisire la qualifica tramite il superamento di un esame di stato abilitante, previsto per tutti coloro che fino ad oggi hanno operato nel settore ma non sono in possesso di tutti requisiti sopra descritti;
analoghe prescrizioni vengono definite anche per la qualifica di collaboratore restauratore;
l'accesso alla prova di idoneità è vincolata alla presentazione di certificazioni ed atti che dovrebbero attestare la professionalità acquisita dai candidati;
la documentazione richiesta dal Ministero per i beni e le attività culturali, riferendosi ad un periodo temporale anteriore all'anno 2000, è per la maggior parte degli operatori del settore impossibile da recuperare;
l'anomalia più vistosa nelle previsioni regolamentari introdotte dall'attuale decreto ministeriale n. 53 del 2009, sta nel vincolare l'accesso alla prova di idoneità alla presentazione del certificato di Regolare esecuzione dell'intervento di restauro (che dovrebbe dimostrare la Responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento) introducendo un elemento ostativo per la partecipazione alla prova;
lo stesso Ministero per i beni e le attività culturali nella circolare n. 35 del 2009 del 12 agosto 2009, «Linee guida applicative dell'articolo 182, commi 1-bis, 1-ter ed 1-quinquies del Codice dei beni culturali e del paesaggio»; afferma che: «In realtà la redazione dei certificati di buon esito (prevista inequivocabilmente per i lavori pubblici a partire dal decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000) può ritenersi consolidata soltanto alla fine degli anni '90; per i lavori precedenti, e comunque in mancanza del certificato, gli Uffici interessati sono tenuti a verificare "ora per allora" la corretta esecuzione degli interventi conservativi»;
una diffusa «...negligenza delle stazioni appaltanti nella redazione dei certificati di esecuzione dei lavori (allegato D al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000) è stata evidenziata anche in un determinazione dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici del 3 aprile 2002, n. 6;
il certificato è stato introdotto dall'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 (Regolamento per l'istituzione di un sistema di qualificazione unico dei soggetti esecutori di lavori pubblici). Quindi per i candidati alla prova di idoneità, ai quali è richiesto di avere svolto attività di Restauro per almeno quattro anni alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 420 del 2001, è sostanzialmente impossibile documentare la propria attività mediante tale certificato;
inoltre, il decreto ministeriale n. 53, fa coincidere la titolarità della Responsabilità Diretta nella Gestione Tecnica dell'intervento, individuata come unica misura di riferimento utile alla certificazione della professionalità, con il ruolo «...almeno di direttore di cantiere», una specificazione aggiuntiva e diversa rispetto ai criteri di ammissione alla prova previste dall'articolo 182 del Codice dei beni culturali;
nello stesso decreto stabilisce le medesime regole anche per quanti svolgono attività complementari all'attività del Restauratore, ovvero per i Collaboratori restauratori, che dovranno essere valutati nella stessa prova di idoneità per un ruolo che non comporta alcuna scelta metodologica nell'intervento conservativo, rischiando di rimanere completamente esclusi dal lavoro fino ad oggi svolto nelle imprese del settore;

da un'indagine sul comparto condotta da Feneal, Filca e Fillea, in tutto il territorio nazionale, alcune migliaia di lavoratori verrebbero esclusi tanto dalla possibilità di accesso alla qualifica di Restauratore, quanto da quella di collaboratori restauratori, depauperando il settore della forza lavoro oggi attiva;
in particolare, da una verifica condotta dalla CNA in Toscana, è emerso che: «molti imprenditori del restauro, pur avendo frequentato scuole di restauro, corrono il rischio di dover dimostrare gli otto anni di lavoro continuativo e certificato con le Soprintendenze precedenti al 2001, data del varo della primo decreto ministeriale in materia»;
questa circostanza impedisce a tutte le imprese ed ai lavoratori che negli ultimi sedici anni operano nel restauro (cioè da 8 anni, o almeno 4 in caso di presenza titoli di studio idonei, prima del 2001 fino ad oggi) di poter accedere a tale qualifica, cancellando in un colpo solo una intera generazione di operatori, non permettendo così l'indispensabile trasmissione del saper fare;
l'applicazione della nuove «Linee guida» mette ad esempio a rischio l'occupazione delle 400 imprese e dei 1.100 restauratori che operano a Firenze e le 100 imprese e 1.300 dipendenti pisani;
ad oggi le Soprintendenze locali, pur dovendo svolgere l'istruttoria, nonostante la carenza di personale ed economica, non hanno ad adottato criteri uniformi per attestare le sussistenza dei requisiti da parte dei soggetti interessati -:
quali provvedimenti urgenti intendano intraprendere i Ministri interrogati al fine di risolvere in maniera non transitoria la questione della qualifica di restauratore e specificatamente come possa essere accertata con equità la professionalità e l'esperienza di affermati operatori del settore dei beni culturali.
(4-04063)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Governo è impegnato in un notevole e condivisibile sforzo teso ad ammodernare la rete ferroviaria nazionale;
detto sforzo è sostenibile, oltre che tramite l'utilizzo di cospicui investimenti pubblici, anche mediante la compartecipazione degli enti gestori della rete attraverso appositi accantonamenti sugli incassi derivanti dalla vendita dei biglietti e degli abbonamenti;
il mancato controllo della convalida dei biglietti da parte dei passeggeri sui convogli comporta - nel lungo periodo - una mancanza cronica di fondi disponibili che viene a gravare necessariamente sulle finanze pubbliche -:
quale sia l'effettivo importo delle multe annualmente erogate sull'intera rete ferroviaria nazionale con particolare riferimento ai dati generali, ai dati suddivisi per regione, ai dati relativi alle linee maggiormente significative;
se vi siano e quali siano dati o stime sull'evasione o sull'elusione della normativa tariffaria;
se vi siano e quali siano i dati sulle multe e sull'evasione riferite ad altri Paesi europei;
quale o quali siano i destinatari di tali importi raccolti e se - allo scopo di incrementare tali cifre - non si ravvisi l'opportunità di predisporre misure alternative in ordine ai controlli sui convogli.
(4-04083)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Governo è impegnato in un notevole e condivisibile sforzo teso ad ammodernare la rete ferroviaria nazionale;

dalla lettura del documento di programmazione economico finanziaria si evince - ad esempio - che solo a valere sui fondi FAS sono previsti finanziamenti di servizi regionali ferroviari per 1.440 milioni di euro, finanziamenti degli obblighi di servizio di media e lunga percorrenza ferroviari per 330 milioni di euro, investimenti nel gruppo ferrovie dello Stato per 960 milioni di euro, il tutto per 2,73 miliardi;
dette cifre si riferiscono solo a quanto previsto nell'ambito dei fondi FAS;
la rete ferroviaria supporta una necessità di mobilità quotidiana di milioni di pendolari, servizio che i vari concessionari statali o regionali effettuano in condizioni spesso inaccettabili per qualità delle carrozze, ritardi, pulizia, quantità dell'offerta di treni e posti a sedere e altro, soprattutto nelle regioni del Nord ed in prossimità delle aree metropolitane in genere;
in Lombardia, ad esempio, si registrano quotidiani disservizi su entrambe le linee esercitate dalle Ferrovie dello Stato e dalle Ferrovie Nord Milano, con conseguenti danni importanti di carattere economico e di efficienza del sistema produttivo -:
quale sia l'effettivo importo delle somme previste nei documenti di bilancio dello Stato annuali e pluriennali e destinate all'ammodernamento, al miglioramento, alla realizzazione di infrastrutture, all'acquisto di materiale rotabile o comunque connesse alla rete ferroviaria nazionale;
quali regioni siano interessate da tali fondi ed in che misura, regione per regione e voce per voce;
quali regioni siano interessate nello specifico dalla ripartizione degli importi citati in premessa e relativi ai soli fondi FAS, ed in che misura, regione per regione e voce per voce;
quali documenti i gruppi destinatari dei finanziamenti hanno prodotto o produrranno in ordine alla necessità, fattibilità ed opportunità degli investimenti previsti e quali atti i destinatari dei finanziamenti sottoscrivono per garantire l'effettiva destinazione;
quali e quanti fondi sono destinati in particolare allo sviluppo e all'ammodernamento del sistema ferroviario lombardo, intendendosi in tal senso ogni importo delle somme previste nei documenti di bilancio - dello Stato e, se vi sono dati disponibili, della Regione Lombardia - annuali e pluriennali e destinate all'ammodernamento, al miglioramento, alla realizzazione di infrastrutture, all'acquisto di materiale rotabile o comunque connesse alla rete ferroviaria lombarda.
(4-04088)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

INTERNO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
l'articolo 10, terzo comma, della Costituzione sancisce il diritto d'asilo nel territorio della Repubblica italiana per lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'esercizio delle libertà democratiche; per costante e coerente dottrina e giurisprudenza, nel nostro ordinamento il diritto di asilo si caratterizza quale diritto costituzionale soggettivo perfetto, con tutto ciò che consegue sul piano della sua immediata esigibilità e tutela giurisdizionale del potenziale beneficiario;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani e l'articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea garantiscono il diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione il principio di diritto consuetudinario internazionale detto del «non respingimento» (non refoulement) esclude il ritorno a situazioni dove la vita o la libertà dell'individuo

siano messe a repentaglio; la direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, sulla qualifica di rifugiato, recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, introduce la definizione di «protezione sussidiaria», quale concetto in grado di realizzare una sostanziale convergenza tra quello costituzionale dell'asilo e la definizione di rifugiato contenuta nella citata Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951;
a seguito dell'accordo bilaterale stipulato dal Governo italiano con il Governo della Repubblica libica (Stato che non ha mai ratificato la Convenzione di Ginevra del 1951) a Bengasi il 30 agosto del 2008 - legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 2009, n. 7 - è stata introdotta, in maniera operativa a partire dal maggio 2009, la nuova politica dei pattugliamenti congiunti e dei respingimenti nel canale di Sicilia, quali misure volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
del resto, non può non ricordarsi come, a seguito di tale decisione e per giustificarne le motivazioni, il Presidente del Consiglio ebbe modo di dichiarare, nel corso di una conferenza stampa e alla presenza del Presidente della commissione europea, José Manuel Barroso, che mandare gli immigrati in Libia è meglio che tenerli in Italia perché i centri di identificazione assomigliano molto ai campi di concentramento»;
secondo quanto riportato dall'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), fino alla data del luglio 2009, il numero di persone respinte dall'Italia verso altri Paesi ammonterebbe ad almeno 900;
mercoledì 1o luglio 2009 la Marina militare italiana ha intercettato a trenta miglia a largo dell'isola di Lampedusa e ha successivamente respinto in Libia 82 persone, imbarcandole su di una motovedetta battente bandiera del Paese nordafricano;
come si apprende da quanto riportato al briefing per la stampa che l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) ha tenuto a Ginevra in data 14 luglio 2009, i rappresentanti UNHCR hanno avuto la possibilità di visitare le 82 persone respinte in Libia in data 1o luglio 2009 e trasportate presso i centri di detenzione libici;
durante tali colloqui è stato possibile individuare tra di essi 76 cittadini eritrei, di cui 9 donne e almeno 6 bambini. I colloqui hanno altresì evidenziato che non risulta che le autorità italiane a bordo della nave abbiano tentato di stabilire la nazionalità delle 82 persone intercettate né tantomeno le motivazioni che le avessero spinte a fuggire dai propri Paesi;
sulla base di quanto rilevato dai rappresentanti UNHCR e dalle informazioni che si evincono dalla stampa e dai rapporti delle organizzazioni che si occupano di diritti umani, relativamente alla situazione in Eritrea è possibile sostenere che un buon numero di tali persone risultassero essere bisognose di protezione internazionale;
stando alle dichiarazioni del Ministro dell'interno e del Ministro della difesa tra le persone respinte non vi erano richiedenti asilo;
durante gli stessi colloqui sono state raccolte testimonianze relative all'uso della forza da parte dei militari italiani durante il trasbordo sulla motovedetta libica. In base a queste testimonianze 6 eritrei avrebbero avuto necessità di cure mediche in seguito ai maltrattamenti;
le stesse persone affermano che i loro effetti personali, fra i quali documenti di vitale importanza, sarebbero stati confiscati dai militari italiani durante le operazioni e non più riconsegnati;
in una dichiarazione del Ministro della difesa riportata dall'ANSA il 14 luglio 2009, viene affermato, riguardo ad alcuni dettagli della confisca di tali effetti personali, che «tutto è stato messo in sacchetti individuali che sono stati consegnati

ai militari della Guardia di Finanza che si trovava a bordo della motovedetta libica»;
le persone ascoltate hanno riferito che avevano trascorso quattro giorni in mare prima di essere intercettati e che al momento dell'intercettamento da parte della Marina militare italiana essi non hanno ricevuto alcun tipo di cibo dai militari italiani e così nel corso dell'intera operazione, della durata complessiva di 12 ore;
a seguito delle rivelazioni raccolte nei centri di detenzione libici, l'UNHCR ha ritenuto di indirizzare una lettera formale al Governo italiano nella quale venivano richiesti chiarimenti sul trattamento riservato alle persone respinte in Libia in violazione della normativa internazionale in materia di richiedenti asilo e rifugiati;
la Commissione europea in data 15 luglio 2009 ha indirizzato una lettera al Governo italiano nella quale, sottolineando l'applicabilità del principio del «non-respingimento» (non-refoulement) anche in alto mare, richiede quali misure siano state previste dalle autorità italiane per garantire il rispetto di tale principio -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione all'esigenza di assicurare il rispetto delle garanzie dovute alle persone richiedenti tutela internazionale;
quale modalità di accertamento ed eventualmente quali iniziative il Ministro della difesa intenda adottare al fine di stabilire delle responsabilità più precise tra i militari italiani che non avrebbero fornito adeguata assistenza umanitaria alle 82 persone intercettate in mare;
per quanto riguarda il sequestro degli oggetti personali, in base a quali presupposti lo stesso sia stato effettuato, se ne sia stato redatto verbale e se, ove previsto, sia intervenuta relativa convalida giurisdizionale;
quali siano state le misure adottate per mettere le persone respinte in grado di formulare un'eventuale richiesta di asilo;
quale posizione intenda prendere il Governo a fronte dei rilievi da parte della Commissione europea sugli obblighi internazionali che vincolano le autorità italiane durante operazioni svolte in alto mare;
ed infine, quali iniziative il Governo intenda assumere, anche alla luce della richiamata legge 6 febbraio 2009, n. 7, al fine di porre rimedio agli effetti pregiudizievoli nei confronti dei cittadini eritrei ingiustamente respinti e privati di un diritto costituzionalmente tutelato.
(2-00450)
«Franceschini, Fassino, Minniti, Zaccaria, Villecco Calipari, Soro, Sereni, Bressa».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PICIERNO e GIULIETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la libertà d'informazione rappresenta un fondamentale aspetto della democrazia, riconosciuto dall'articolo 21 della Costituzione italiana che afferma che la libertà di stampa deve essere pienamente garantita, permettendo ai cittadini di formare la propria opinione sulla piena conoscenza dei fatti;
il rapporto dell'osservatorio internazionale Freedom House, uno degli istituti maggiormente qualificati nella valutazione dello stato delle libertà democratiche in tutto il mondo, nel 2009 ha declassato l'Italia da Paese con informazione giornalistica «libera» a Paese con informazione giornalistica «parzialmente libera», citando fra le cause responsabili del declassamento le minacce dirette a giornalisti oppure ad organi di stampa e informazione;
per le stesse ragioni il rapporto 2009 di Reporters Sans Frontierers sulla libertà di stampa ha classificato l'Italia al 44o posto in una graduatoria di 173 Paesi;

l'Italia è l'unico Paese in Europa nel quale, negli ultimi quaranta anni, siano stati uccisi undici giornalisti, due per terrorismo e nove per mafia;
il fenomeno delle minacce, delle intimidazioni e delle costrizioni ai danni di operatori dell'informazione appare esteso quanto ancora scarsamente conosciuto nelle sue caratteristiche e dimensioni; esso riguarda soprattutto i cronisti impegnati nei territori a forte radicamento mafioso;
la Federazione nazionale stampa italiana, insieme all'Ordine dei giornalisti, ha dato vita all'Osservatorio ossigeno, incaricato di monitorare i dati e fornire informazioni sui casi di cronisti minacciati;
il rapporto ossigeno, presentato il 20 luglio 2009 al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, segnala 200 giornalisti che fra il 2006 e il 2009 hanno ricevuto minacce e intimidazioni per la pubblicazione di notizie sulla mafia, sul terrorismo o su episodi di estremismo politico, una decina dei quali vivono attualmente sotto scorta;
vengono altresì riportati dall'Osservatorio 52 episodi di minacce e intimidazioni pubblicati sui giornali o attraverso attestazioni di solidarietà, 43 dei quali sono individuali e nove riguardano intere redazioni;
fra gli episodi più gravi sono riportati: l'attentato sventato al cronista Lirio Abbate dell'Ansa di Palermo; le minacce in sede processuale allo stesso Abbate, a Rosaria Capacchione e Roberto Saviano; sedici aggressioni fisiche, otto danneggiamenti ad abitazioni o automobili, diciassette minacce telefoniche o con lettere anonime; 15 perquisizioni giudiziarie giudicate particolarmente invasive eseguite in abitazioni o redazioni di cronisti che avevano appena pubblicato notizie di grande rilevanza per l'opinione pubblica;
a questi dati allarmanti occorre aggiungere tutti i casi in cui i giornalisti minacciati non hanno avuto la forza per denunciare la violenza subita -:
quanti sono gli episodi di violenza nei confronti di giornalisti italiani e quali misure siano state adottate per proteggere i soggetti minacciati o ritenuti a rischio;
quali altre iniziative il Ministro intenda adottare al fine di una più ampia conoscenza di un fenomeno dalle gravi conseguenze in termini di riduzione della libertà personale e di limitazione della libertà d'informazione del Paese;
se il Ministro intenda fornire disposizioni per la realizzazione di un'accurata indagine statistica che comprenda: il numero di cronisti minacciati in Italia, le ragioni di tali minacce e gli ambienti criminali che ne sono responsabili; il numero di giornalisti attualmente sottoposti a misure di protezione e la tipologia delle stesse; i casi in cui la protezione sia stata estesa ai familiari e alle redazioni di cui i cronisti minacciati fanno parte.
(5-01734)

PICIERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
un utente di Facebook, Raffaele Lucarelli, ha creato un gruppo intitolato «Giuseppe Setola, per tutti coloro che stanno con la camorra», che ha raccolto 98 sostenitori e che ha visto pubblicati vari commenti, molti dei quali risalenti al mese di Agosto 2009, tesi a sostenere il boss della camorra e le azioni della stessa organizzazione criminale;
Giuseppe Setola, ritenuto responsabile della strage di Castelvolturno, era considerato uno dei più pericolosi killer, latitante fino al momento del suo arresto;
dopo innumerevoli segnalazioni all'amministrazione del Social Network Facebook e alla polizia postale il gruppo è stato rimosso;
a breve distanza è comparso un nuovo gruppo, registrato a nome «i casalesi», che raduna i sostenitori di Giuseppe Setola e che ha raccolto oltre 170 iscritti;
Facebook è un importante social network che raccoglie milioni di utenti

anche in Italia, molti dei quali sono giovani; la libertà di espressione all'interno dei social network non può mai sconfinare nella pubblicazione di contenuti altamente offensivi e di istigazione alla violenza -:
come, e attraverso quali iniziative, il Ministro interrogato intenda agire affinché l'amministrazione di Facebook proceda ad oscurare al più presto la pagina dedicata a Giuseppe Setola richiedendo altresì opportune collaborazioni per identificare i soggetti responsabili.
(5-01735)

PICIERNO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la musica neomelodica ha una forte diffusione in Campania ed ha acquisito popolarità anche nel resto del Mezzogiorno, in particolare presso i giovani che vivono nelle periferie delle grandi città del Sud Italia, attraverso la vendita di dischi, le esibizioni dal vivo, la diffusione di video sul web e sulle reti televisive locali;
da tempo sono noti i rapporti tra esponenti della musica neomelodica e il mondo della criminalità organizzata, in particolare della Camorra, come evidenziato anche da fatti di cronaca: nel 1996, in uno show televisivo Luigi Giuliano, boss di Forcella, viene indicato dal noto cantante Gigi D'Alessio come un ottimo scrittore di testi di canzoni neomelodiche. Il cantante Ciro Ricci, conosciuto come Ciro Rigione, compare nelle intercettazioni telefoniche del 2004 mentre si lamenta con il boss Francesco Mazzarella per il compenso troppo basso ricevuto per un'esibizione a una festa di matrimonio. Nel 2006 Rosario Tessero, in arte Rosario Miraggio, viene arrestato mentre cantava una sua hit negli studi di una TV privata in quanto indiziato per estorsione con modalità camorristiche;
nel dicembre 2006 il Ministro dell'interno Giuliano Amato denuncia come alcune canzoni neomelodiche diventino messaggi culturali volti a mettere in luce positiva la figura del camorrista, suscitando una viva polemica sui giornali e nell'ambiente neomelodico; il cantante Ciro Rigione dichiara di essere una vittima della camorra perché costretto a regalare i suoi dischi ai delinquenti, per poi smentire in un'intervista a Skynews affermando che «il camorrista è uno che ha fatto sempre il bene del quartiere...»;
a destare maggiore preoccupazione è l'utilizzo del web, in particolare You Tube, piattaforma di condivisione di file multimediali, sono canali attraverso cui vengono commentati, condivisi, discussi i testi di canzoni dai titoli evocativi, come «Nu latitante», «O killer», «Stanza 39»; sono reperibili fra i commenti dediche a parenti e amici latitanti o detenuti e messaggi chiaramente rivolti all'attenzione di particolari destinatari;
fra i commenti al video «Nu latitante», aggiunto nel giugno del 2008 e visualizzato oltre 410.000 volte, l'utente «lorenzodux» scrive: «ricordo la mia latitanza, saluti da Taranto», mentre l'utente «Sensoroso» commenta: «io son latitante da 23 mesi sta canzone mi fa compagnia»; «Peppe9494» scrive: «Un appello a totor o saggje da lusyyo e da pep o pazz: torna a situazion è calm», mentre «byloom»: «a pasquariello capo cazz ci vediamo nada vota al surrentiello mergellin a papà...daccuordo? arostaie ora? porta o'panuozzo... me raccuma'»; «GiuliollPocho» invece informa: «anche io sono un latitante»;
fra i commenti a «Stanza 39» caricato nel gennaio 2008 e visto oltre 120.000 volte, «Seleys» scrive: «nn solo ki ha vissuto la prigione può capire queste canzoni... ma anke noi mogli mamme sorelle ke siamo al fianco dei nostri uomini... e non animali come qlk individuo cerca di etikketarli... mi manki cucciolo... ascolto queste canzoni x sentirti più vicino a me...», «Massimo 933» invece: «In fatti per un figlio di papa come te e facile a dirlo, ma per la gente come noi e diverso, perché anche se finiamo in galera abbiamo un onor, entriamo e usciamo a testa alta senza vergogna, criminali sono quello che

violentano alle ragazzine e ammazzano, no chi fa qualche lavoretto extra per portare un pezzo di pana ai propri figli, e poi quanti innocenti stanno in carcere? quasto non te lo domandi... Goman Slato (in arresti domiciliari)»; «Silvio8282», in risposta ad altri commenti: «10 mesi di 41-bis trani a 21 anni. Non parlare a vanvera bamboccione»; «Seleys» con un altro nome, «Jordyemanu», racconta: «come vorrei ke invece d un sogno...fosse la nostra realtà!!! gg qnd m accarezzavi il viso... volevo scavalcare qll bancone e stringerti forte forte a me!!! qnd dovrà venire il nostro giorno..? nn ce la faccio più.. t ri voglio cn me!! dedicata a un detenuto dll sezione settima, piano quarto.. Ucciardone!!!», mentre «Dangernet90»: «Auguri Zio ti hauguro una presta libbertà» e «nolli90»: «auguri di buona pascua a tutti i ragazzi di poggioreale ciao luigi di maria ti aspettiamo by spavuzziello»;
per commentare il video «O killer», caricato nel dicembre 2008 e visto oltre 38.000 volte, «ant6789rik» scrive «graz a tt koloro ke anno kolaborato alla mia carcerazzione un bacio dal vostro ex killer e arricurdatv sembke il lupo perde il pelo ma no il vizzio»;
appare evidente che questi scambi di messaggi, oltre a celare messaggi culturali degenerativi, possono essere strumenti per mettere in contatto persone sotto pseudonimo e fornire informazioni importanti a detenuti e latitanti; l'utilizzo delle tecnologie informatiche può indurre a rapidi cambiamenti nelle abitudini dei soggetti criminosi volti ad aggirare i controlli tradizionali, così come emerge dalle intercettazioni degli uomini della Guardia di finanza di Milano poi riportate dalla stampa: «Di quei due chili ne parliamo poi, su Skype» Al telefono un trafficante di cocaina invita il complice a continuare quella comunicazione usando il software che permette di parlare via Internet o come emerge, ancora, nelle indagini sul clan del quartiere Brancaccio di Palermo -:
come, e attraverso quali iniziative, il Ministro interrogato intenda garantire un adeguato controllo ai fini di indagine all'interno dei canali privilegiati per la condivisione di messaggi, come il sito You Tube, affinché la libera espressione non divenga mezzo per scambiare informazioni tra individui sottoposti a detenzione carceraria, latitanti e altri soggetti che operano a fini criminali;
quali provvedimenti siano stati presi per aggiornare i metodi di indagine in relazione ad altri fenomeni che destano grande preoccupazione, come le comunicazioni tra esponenti della criminalità organizzata attraverso la tecnologia Voip, che non consente di procedere a intercettazioni, né permette di individuare attraverso i tabulati il luogo e l'ora della comunicazione.
(5-01738)

CICCANTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Manuli Rubber SpA di Ascoli Piceno ha messo in mobilità 375 lavoratori, senza alcun preavviso e prima delle ferie estive, al di fuori di ogni prassi conciliativa;
gli stessi lavoratori dal 3 di agosto 2009 presidiano pacificamente i cancelli di ingresso dell'azienda in forma corretta e civile, affinché la proprietà non porti via i macchinari e le attrezzature produttive, stante la dichiarata volontà di chiudere lo stabilimento di Ascoli per soddisfare il mercato mondiale dei tubi idraulici con un altro stabilimento aperto in Cina;
a seguito di segnalazioni all'autorità giudiziaria da parte degli stessi lavoratori e - pare - da parte della prefettura di Roma, la DIGOS della Questura di Ascoli, congiuntamente agli ispettori dell'ufficio del lavoro di Ascoli, hanno compiuto un sopralluogo all'interno dell'azienda dove stazionavano agenti di vigilanza ed hanno scoperto, secondo la stampa locale, le seguenti irregolarità:

a) che le due società romane di servizi di sicurezza, K9 Service e Global Protection Service, alle quali la proprietà Manuli aveva commissionato la sorveglianza interna dello stabilimento, non avevano i requisiti di legge per farlo, quindi sembra che fossero sprovvisti della prescritta autorizzazione prefettizia;
b) che alcuni agenti di vigilanza sono stati trovati in possesso di armi e di coltelli, altri con manganelli fuori ordinanza, spray urticante e cani antisommossa;

i titolari e gli stessi agenti, una volta identificati, sono stati denunciati per violazione del Testo unico sulla pubblica sicurezza e per esercizio abusivo della professione -:
se quanto riportato in premessa, desunto dalle notizie apparse sulla stampa locale, corrisponda ai fatti rilevati dalle forze dell'ordine e dagli ispettori del lavoro che hanno compiuto il sopralluogo e di quali ulteriori informazioni disponga il Governo;
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di evitare che il personale incaricato delle attività di sorveglianza nello stabilimento di Ascoli possa assumere comportamenti ed azioni che sono di competenza esclusiva delle forze dell'ordine.
(5-01741)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'associazione «EveryOne» che da tempo si occupa dei problemi connessi all'immigrazione, ha incontrato un gruppo di migranti che hanno vissuto l'esperienza dell'internamento, raccogliendo testimonianze spaventose per quel che riguarda la violazione dei diritti umani, «Chi non è mai stato in un centro non immagina neppure cosa passino i prigionieri», testimonia un ragazzo eritreo, «non immagina neppure a che punto arrivi il razzismo, proprio qui in Italia, dove noi migranti pensavamo vi fossero democrazia e solidarietà. Niente di tutto questo. Le condizioni igieniche sono terribili e chi non è già malato quando entra in carcere, si ammala ben presto;
sempre quanto riferito da «EveryOne» «il cibo è fetido e spesso contiene vermi e mosche morte. Se però un detenuto protesta, viene legato con manette e nastro adesivo e riempito di botte. Anche le donne vengono punite con percosse e non possono protestare o la dose di violenza viene raddoppiata. Uguale sorte spetta ai malati che chiedono le medicine necessarie a curarsi». Il ragazzo stringe i pugni per non piangere di rabbia e disperazione. «Noi eritrei, noi africani siamo sfortunati, perché a casa non possiamo vivere. Se sapete cosa sono la fame e la sete, non potete immaginare lo stesso cosa significhi fame e sete nel nostro Paese, dove vedete i bambini diventare scheletri e morire, ma non si può fare niente per aiutarli. Potete solo pregare, ma non potete fare niente perché non c'è niente»;
anche quando arrivano aiuti umanitari, secondo «EveryOne», alla gente non arriva niente e nessuno può possedere niente, perché vengono a portartelo via e la vita non vale niente». Un altro giovane eritreo, magrissimo, continua: «Quando non c'è nessuna speranza, allora una persona affronta anche il viaggio più pericoloso e se può porta con sé la sua famiglia, perché restare vuol dire morire. Quando saliamo su un battello sappiamo che le nostre possibilità sono minime. Ci batte il cuore ogni volta che un'onda ci solleva e ci sentiamo sul punto di rovesciarci»;
un rappresentante dell'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, comunicando con gli attivisti «EveryOne», si è così espresso: «è vero, quella del mancato soccorso è una brutta e purtroppo

vecchia storia. Sappiamo bene che è già accaduto e che tutto poi si è risolto nella più totale impunità. Spero che questa volta si indaghi più a fondo e si faccia chiarezza. Altrimenti passerà il principio che il Mediterraneo è una sorta di terra di nessuno, un far west dove non si risponde dei crimini che si commettono -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
se ciò corrisponda al vero quali urgenti iniziative si intendono promuovere, sollecitare e adottare a fronte di una così inquietante situazione;
se non si ritenga di dover accertare responsabilità sul piano amministrativo e disciplinare ed omissioni in relazione a quanto sopra evidenziato.
(4-03903)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Torino, nel mese di novembre 2007, un gruppo di un centinaio di rifugiati politici ha occupato una vecchia caserma dei vigili urbani in via Paganini, angolo via Bologna;
il 13 dicembre 2007 una delegazione dell'UNHCR (Agenzia dell'ONU che si occupa delle condizioni dei/delle rifugiate/i), di Amnesty dell'ASGI, ha fatto visita alla palazzina occupata di via Bologna. In tale visita la rappresentanza dell'UNHCR ha innanzitutto ribadito le responsabilità e i compiti delle amministrazioni locali nell'assistenza ai/alle rifugiate/i e richiedenti asilo e ha affermato che Torino avrebbe già le potenzialità di accogliere e integrare con programmi di sostegno le richieste dei/delle rifugiati/e;
il 20 dicembre 2007 c'è stata un'audizione nel palazzo comunale della IV Commissione sui servizi sociali, che aveva invitato una delegazione dei/delle rifugiate/i e del comitato, che aveva già portato all'attenzione delle istituzioni locali i problemi relativi alla gestione dei rifugiati a Torino;
nella prima metà di ottobre del 2008 un gruppo di rifugiati politici ha occupato l'ex-Clinica San Paolo di Corso Peschiera a Torino, dove si sono stabilite nelle settimane seguenti tra 200 e 300 persone con status di rifugiato o di protezione internazionale, provenienti in massima parte dalla Somalia ma anche da altri stati africani come Eritrea, Etiopia, Sudan e Nigeria;
i presenti nei due stabili occupati sono tutti rifugiati politici o titolari di protezione internazionale, persone cioè che sono passate al vaglio di una delle dieci commissioni territoriali italiane e a cui è stato riconosciuto questo status con relativo permesso di soggiorno, e dunque anche i diritti contemplati dalla legislazione italiana e internazionale;
queste persone sono dovute fuggire dal loro Paese a causa di guerre e persecuzioni, hanno fatto viaggi spesso al limite della sopravvivenza in ostaggio delle diverse mafie che ormai gestiscono le rotte della disperazione per poi confrontarsi con il nostro Paese che a parole garantisce una serie di diritti ma ha un programma nazionale di accoglienza decentrata in grado di rispondere solo ad una parte minoritaria delle richieste effettive; a chi ne resta escluso spesso si offre solo un riparo nei dormitori e il cibo delle mense dei poveri: condizioni che rendono impossibile una reale integrazione sociale e lavorativa per chiunque;
un coordinamento di associazioni, che include trenta associazioni del Piemonte, è nato a novembre 2008 ponendosi il problema di come i rifugiati politici e titolari di protezione internazionale vivessero nei due stabili occupati di Torino e di impostare una proposta dignitosa e condivisa, che potesse condurre ad una reale possibilità di integrazione sociale e lavorativa;
il 10 Novembre 2008 l'europarlamentare Vittorio Agnoletto ottiene dalla commissione

questa risposta alla sua interrogazione scritta relativa ai rifugiati presso lo stabile di Cso Peschiera: «La situazione dei rifugiati che vivono negli stabili dell'ex clinica Borgo San Paolo di Torino descritta dall'onorevole parlamentare sembra sollevare una serie di questioni in merito al rispetto, da parte delle autorità italiane, degli obblighi imposti dalla direttiva sul riconoscimento dello status di rifugiato. La Commissione chiederà dei chiarimenti alle autorità italiane e provvederà successivamente ad informare l'onorevole parlamentare sulle misure che eventualmente deciderà di prendere»;
a dicembre le associazioni del privato sociale hanno scritto alle istituzioni locali offrendo il loro contributo volontario per trovare soluzioni strutturali in risposta ai bisogni dei rifugiati e delle rifugiate; si è così avviato un dialogo che ha prodotto la nascita di un tavolo tecnico formato da Prefettura, Regione Piemonte, Provincia di Torino, Comune di Torino e Associazioni, nell'ambito del quale si è elaborato il progetto «Piemonte: non solo asilo» i cui obiettivi, condivisi e sottoscritti da tutti i partecipanti, sono l'accompagnamento e l'inserimento lavorativo sul territorio della città e della regione Piemonte; il progressivo svuotamento dello stabile di corso Peschiera; l'identificazione e la ristrutturazione di una struttura definitiva a Torino che, anche dopo la fine del progetto, rimanga luogo di accoglienza per richiedenti asilo, rifugiati e titolari di protezione e il rafforzamento e l'allargamento della rete di accoglienza nel territorio della regione Piemonte;
il 28 gennaio 2009 a Torino vi sono stati scontri in piazza tra le forze di Polizia e una manifestazione organizzata da Centri Sociali e gruppi di rifugiati politici che chiedevano migliori condizioni di vita nel nostro paese;
nel mese di luglio 2009 Laura Boldrini, portavoce italiana per i rifugiati presso l'Alto commissariato dell'Onu, ha criticato le condizioni in cui sono costretti a vivere i rifugiati in Cso Peschiera e le modalità ipotizzate per il trasferimento presso la caserma di via Asti;
il Prefetto di Torino, Paolo Padoin, ha deciso ai primi di luglio il trasferimento temporaneo dei rifugiati politici nella Caserma Lamarmora di via Asti per un tempo di sei mesi, con l'obiettivo di liberare dall'occupazione l'ex-clinica San Paolo di corso Peschiera;
il 15 luglio una delegazione radicale, composta dal segretario dell'Associazione radicale Adelaide Aglietta, Igor Boni e da Domenico Massano della giunta di segreteria dell'associazione, ha visitato i locali dei sei piani di corso Peschiera riscontrando condizioni igieniche gravissime e indegne di un paese civile: mancanza di acqua corrente e di scarichi a parte qualche tubo derivato che non consente affatto la possibilità di minime condizioni di igiene personale per le centinaia di presenti, mancanza di corrente elettrica con fili tirati da chissà dove pendenti dai soffitti e sui pavimenti, presenza di numerose bombole di gas senza alcuna sicurezza, presenza di donne e bambini accatastati a dormire su materassi sporchi in 6-8 per stanza;
in particolare durante la visita è stata segnalato il caso di una bambina di due anni, con una diagnosi da parte dei servizi sanitari di deficit psico-motorio, che vive senza alcuna presa in carico riabilitativa e assistenziale in una stanza insieme ad altre 5 persone, trovata a dormire su un materasso per terra, sostenuta solo dall'affetto dei genitori che gli erano accanto;
il 28 luglio 2009, il Sindaco di Torino Sergio Chiamparino ha firmato l'ordinanza di sgombero dei locali abusivamente occupati di corso Peschiera; il documento impone, sulla base dei risultati del censimento e conclusi i lavori di ristrutturazione nella caserma di via Asti, lo sgombero dell'edificio dell'Ex-clinica San Paolo;
finora, all'interno dell'ex-clinica, il censimento ha conteggiato 320 rifugiati politici, ma nella caserma di via Asti c'è posto solo per 180-200 persone e attualmente

non è chiaro chi sarà trasferito e quale sarà la sorte degli oltre cento che saranno messi fuori dai locali di corso Peschiera;
attualmente la data dello sgombero è prevista per la metà di settembre 2009;
i diritti che la legge riconosce ai richiedenti asilo e rifugiati sono imprescindibili e vanno ovviamente e indissolubilmente coniugati con le reali possibilità di accoglienza di ogni ente locale e sostenuti da convenzioni pluriennali promosse da parte del Governo per la prosecuzione dei percorsi intrapresi;
l'articolo 10 della nostra Costituzione stabilisce che «allo straniero al quale sia impedito di esercitare le libertà democratiche» sia concesso «diritto di asilo nel territorio della Repubblica»;
la Convenzione di Ginevra e il Protocollo di New York, sottoscritti dall'Italia, individuano chiaramente i requisiti per essere definiti rifugiati politici e i diritti legati alla condizione di rifugiato -:
se sia a conoscenza della situazione gravissima in atto a Torino;
è, secondo gli interroganti, indegno di un paese civile che persone con status di rifugiato politico e di protezione internazionale siano costrette a vivere nelle condizioni descritte;
se la situazione dei rifugiati politici torinesi di corso Peschiera sia compatibile con la Convenzione di Ginevra e il Protocollo di New York;
quali iniziative di competenza intende assumere per aiutare il Comune ad individuare un luogo definitivo (non temporaneo) di accoglienza per i rifugiati politici, senza creare le premesse per tensioni sociali in città che vedano contrapposte le ovvie richieste di una vita più dignitosa dei rifugiati con le richieste di sicurezza dei cittadini e le reali possibilità delle istituzioni locali di individuare percorsi di integrazione realmente perseguibili;
in che modo intende fare fronte alla vera e propria emergenza umanitaria che si verrebbe a creare se effettivamente oltre 100 persone venissero effettivamente costrette a tornare a vivere per strada senza alcun supporto da parte delle nostre Istituzioni.
(4-03918)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 19 agosto 2009 presso la spiaggia di Marina di Camerota, in Provincia di Salerno, abitualmente frequentata anche da persone gay, alle ore 12.30 circa si è avvicinata al bagnasciuga un'imbarcazione creando disagio tra i turisti e i bagnanti. Alle lamentele degli stessi la famiglia che stava sull'imbarcazione, si è scagliata con insulti e minacce contro le persone gay;
un giovane componente tale famiglia, armato di un coltello, di quelli usati per la pesca subacquea, si è avvicinato con fare minaccioso, insultando le persone gay che contestavano il comportamento sopra descritto;
presso la spiaggia era anche presente il Presidente di I-Ken Onlus, Associazione Lgbt di Napoli che si batte da sempre in difesa dei diritti delle persone lesbiche, gay e transessuali, che ha immediatamente chiamato la Guardia Costiera e subito dopo la Capitaneria di Porto della località;
dopo quasi un'ora è arrivato un cabinato della Guardia Costiera in cerca dell'imbarcazione che nel frattempo era andata via senza che riuscire a individuarla -:
se non ritenga il Governo che tale atto di omofobia avvenuto davanti a centinaia di persone dimostri che l'odio e il disprezzo per le persone gay è continuamente alimentato anche dall'indifferenza totale delle istituzioni locali e nazionali;

se non ritenga il Governo che gli atti di omofobia avvenuti recentemente in Campania, necessitino di un vero e proprio piano d'intervento che comprenda aiuto, sostegno, protezione, informazione ed educazione da promuovere a tutti i livelli sociali e istituzionali verso la comunità lgbt;
per quale motivo le autorità pubbliche, in questo caso la Guardia Costiera, sono intervenute così in ritardo riguardo le prime chiamate d'intervento fatte proprio per scongiurare rischi fisici per le persone frequentatrici della spiaggia.
(4-03949)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
alle 7,20 di martedì 4 agosto 2009 un uomo di cinquantotto anni, Francesco Mastrogiovanni, originario di Castelnuovo Cilento e insegnante elementare, è morto legato al letto del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania per un edema polmonare, dopo essere stato ricoverato il 31 luglio 2009 per un Trattamento Sanitario Obbligatorio (T.S.O.), ordinato dalla Giunta del Comune di Pollica Acciaroli;
secondo i parenti della vittima e alcuni testimoni oculari, la sera del 31 agosto 2009 l'uomo è stato legato al letto ed è rimasto in tali condizioni per quattro giorni. La misura è stata confermata dal medico legale Adamo Maiese, che ha riscontrato segni di lacci su polsi e caviglie della salma durante l'autopsia;
durante l'esame del corpo, disposto dal sostituto procuratore Francesco Rotondo, è stata rilevata in effetti la presenza di profonde lesioni ai polsi e alle caviglie, dovute a uno stato di contenzione prolungato, con l'utilizzo di mezzi fisici. Secondo un articolo apparso sul quotidiano Il Mattino del 13 agosto 2009, «Sul suo corpo sono state riscontrate lesioni su polsi e caviglie, segno dell'utilizzo di legacci abbastanza spessi, plastica rigida o addirittura filo di ferro». Una pratica estremamente invasiva, che però nella cartella clinica di Mastrogiovanni non è mai menzionata né, tanto meno, motivata come prevede la legge;
nella cartella clinica della vittima, secondo il suddetto articolo del 13 agosto 2009 apparso su Il Mattino, «ci sarebbe un "buco" di oltre 10 ore rispetto ai trattamenti a cui il maestro è stato sottoposto prima di morire, ovvero dalle ore 21 del 3 agosto fino alle 7,20 del giorno successivo, quando i medici del reparto ne hanno constatato il decesso». Secondo un articolo dello stesso quotidiano titolato «Mastrogiovanni, in un video i quattro giorni di agonia» risalente al 15 agosto 2009, vi è il sospetto - maturato dal fatto che durante l'esame autoptico lo stomaco di Mastrogiovanni è stato trovato vuoto - che la vittima non sia stata nutrita durante i 4 giorni di contenzione o comunque per un lungo periodo;
il Gruppo EveryOne, organizzazione internazionale per i Diritti Umani, ha denunciato pubblicamente il suo caso in seguito ad alcuni articoli apparsi sulla stampa, esortando la Procura della Repubblica di Vallo della Lucania a «fare chiarezza quanto prima, perseguendo i responsabili, sia sulle cause del fermo coatto di Francesco, sia sull'inumano trattamento subito in ospedale»;
secondo un articolo del quotidiano Liberazione del 13 agosto 2009, titolato «Salerno - Francesco, ucciso dalla psichiatria e dalle forze dell'ordine», che riporta la testimonianza della titolare del campeggio Club Costa Cilento, la mattina del 31 luglio decine di carabinieri e vigili urbani, «alcuni in borghese, altri armati fino ai denti, hanno circondato la casa in cui alloggiava dall'inizio di luglio per le vacanze estive». Nell'articolo si racconta che, spaventato dal dispiegamento di forze, Mastrogiovanni «Scappa dalla finestra e inizia a correre per il villaggio turistico, finendo per gettarsi in acqua. Come non

bastassero carabinieri e vigili urbani «è intervenuta una motovedetta della Guardia Costiera che dall'altoparlante avvertiva i bagnanti: "Caccia all'uomo in corso"» racconta, ancora incredula, Licia. Per oltre tre ore, dalla riva e dall'acqua, le forze dell'ordine cercano di bloccare Francesco che, ormai, è fuori controllo». E ancora: «salì "di sua volontà" sottolinea Licia del campeggio Club Costa Cilento «su un'ambulanza chiamata solo dopo averlo lasciato sdraiato in terra per oltre quaranta minuti una volta uscito dall'acqua». Licia non potrà mai dimenticare la frase che pronunciò Francesco in quel momento: guardandola, le disse: "Se mi portano all'ospedale di Vallo della Lucania, non ne esco vivo". E così è stato»;
il quotidiano Liberazione scrive inoltre: «Oscuri i motivi della decisione: si dice per disturbo della quiete pubblica. Fonti interne alle forze dell'ordine raccontano di un incidente in cui, guidando contromano, alcune sere prima, avrebbe tamponato quattro autovetture parcheggiate, "ma nessun agente, né vigile, ha mai contestato qualche infrazione e nessuno ha sporto denuncia verso l'assicurazione" ci racconta Vincenzo, il cognato di Francesco. Mistero fitto, quindi, sui motivi dell'"assedio", che getta ovviamente nel panico Francesco»;
perché venga attuato un Trattamento Sanitario Obbligatorio, secondo il Gruppo EveryOne, «devono coesistere 2 certificati medici che accertino: 1) che la persona si trova in una situazione tale da necessitare urgenti interventi terapeutici; 2) che la persona rifiuta gli interventi terapeutici proposti; 3) che non è possibile adottare tempestive misure extra-ospedaliere per la persona»;
sempre secondo il Gruppo EveryOne, «Il T.S.O. rappresenta un uso consolidato in molte città italiane e il suo fine coercitivo è dimostrato da molti casi. È emblematico quello di Giuseppe Casu, che il 15 giugno 2006 a Quartu (Cagliari) venne prelevato a forza, ammanettato alla barella e portato via per un ricovero coatto in psichiatria, dove morì una settimana dopo per Tromboembolia venosa. Un altro caso rappresentativo di questa terapia dell'orrore è quello di Siamak Brahmandpour, italiano di origini iraniane, biologo all'ospedale di Campo di Marte di Lucca che, il 24 agosto 2007, è stato coattivamente prelevato dal posto di lavoro da quattro medici accompagnati da tre vigili urbani e trasferito nel reparto psichiatrico dell'ospedale di Pontedera in seguito a un litigio con i colleghi. Il fatto che avesse denunciato ripetutamente episodi di mobbing avvenuti nell'ospedale dove prestava servizio potrebbe aver indotto qualcuno a ritenerlo "pericoloso";
casi di morti in seguito a T.S.O., e di gravi abusi a esso connessi, sono documentati nel sito della succitata organizzazione, www.everyonegroup.com;
l'articolo 32 della Costituzione italiana afferma che «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti al rispetto della persona umana»;
l'articolo 2 della legge n. 833 del 23 dicembre 1978 afferma: «[...] La tutela della salute mentale privilegiando il momento preventivo e inserendo i servizi psichiatrici nei servizi sanitari generali in modo da eliminare ogni forma di discriminazione e di segregazione pur nella specificità delle misure terapeutiche, e da favorire il recupero ed il reinserimento sociale dei disturbati psichici. [...]»;
secondo l'articolo 1 della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti la tortura è «qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata

di aver commesso, di intimidirla o esercitare pressioni su di lei o di intimidire o esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale»;
a giudizio dell'interrogante il trattamento riservato al sig. Mastrogiovanni è altamente lesivo dei suoi diritti e della sua dignità di essere umano -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza del drammatico fatto verificatosi nel reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania;
se i Ministri interrogati intendano attivare, negli ambiti di rispettiva competenza, le opportune iniziative ispettive al fine di accertare le eventuali specifiche responsabilità da parte delle Autorità di Forza Pubblica nonché del reparto psichiatrico dell'ospedale San Luca di Vallo della Lucania nella morte del signor Mastrogiovanni;
se e quali interventi di carattere disciplinare i Ministri interrogati, nei limiti delle proprie competenze, intendano adottare nel momento in cui tali responsabilità siano state individuate;
se siano disponibili dati conservanti gli esiti delle inchieste della magistratura sui decessi analoghi a quelli su menzionati e quali provvedimenti sono stati presi per scongiurarne altri;
se non ritengano i Ministri interrogati che occorra d'urgenza modificare le politiche finora qui intraprese riguardo alle disposizioni di Trattamento Sanitario Obbligatorio, in modo da garantire una maggiore tutela del paziente e dei suoi diritti ai sensi della Costituzione e delle norme di diritto nazionale e internazionale che tutelano la dignità, il diritto alla vita e alla salute di tutti gli individui.
(4-03961)

TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 23 luglio 2009 in un articolo comparso sul noto settimanale L'Espresso il giornalista Tommaso Cerno ha denunciato con foto e testimonianze che in data 30 giugno 2009 ci sia stata una violazione da parte dell'Italia dell'articolo 33, comma 1, della Convenzione di Ginevra avendo negato l'asilo a rifugiati eritrei;
il medesimo articolo precisa che 82 eritrei, fra cui donne e bambini, sono stati riportati in Libia e attualmente sono detenuti presso le carceri attorno a Tripoli;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite in data 14 luglio 2009 ha reso noto che suoi rappresentanti hanno svolto dei colloqui con le 82 persone che erano state intercettate mercoledì 1o luglio dalla Marina Militare italiana a circa 30 miglia da Lampedusa e trasferite poi su una motovedetta libica per essere ricondotte in Libia. Dai medesimi colloqui non risulta che le autorità italiane si siano accertate della nazionalità delle 82 persone né tantomeno abbiano verificato che tra le 82 persone potessero esserci dei potenziali richiedenti asilo politico, stante la situazione drammatica di questo Paese;
sempre l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite riporta che dalle testimonianze raccolte le forze militari italiane hanno usato la forza durante il trasbordo sulla motovedetta libica, inoltre i medesimi trasbordati hanno raccontato che i loro effetti personali, fra i quali i documenti personali, sarebbero stati confiscati dai militari italiani e non più riconsegnati;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite proprio sulla base di queste testimonianze ha inviato una lettera al Governo italiano chiedendo chiarimenti sui fatti sopraindicati;
l'Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'Agenzia Onu per i rifugiati ha più volte sottolineato l'assoluta illegalità della pratica dei respingimenti in

quanto impedisce l'accesso all'asilo e mina il principio internazionale del non respingimento;
l'Italia è firmataria della Convenzione di Ginevra del 1951 che prevede all'articolo 33, comma 1, che: «Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche» -:
se il Governo sia a conoscenza dei fatti riportati in premessa;
qualora il Governo fosse a conoscenza di questa vicenda, come si sia svolta l'esatta dinamica dei fatti e se sia vero che i migranti sono stati trasbordati su navi italiane per il rimpatrio collettivo in Libia;
se il Governo sia stato informato della destinazione ultima dei migranti respinti una volta riportati sul territorio libico;
se il Governo abbia ponderato le conseguenze di questa grave violazione del diritto internazionale e del dovere di protezione umanitario;
quali disposizioni intenda assumere per evitare di porre il nostro Paese fuori dalla legalità internazionale.
(4-03975)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 61, comma 18, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, ha istituito per l'anno 2009 nello stato di previsione del Ministero dell'interno un fondo con una dotazione di 100 milioni di euro per la realizzazione, sulla base di apposite convenzioni tra lo stesso Ministero dell'interno ed i comuni, di iniziative dirette a potenziare la sicurezza urbana e la tutela dell'ordine pubblico;
alla stregua di tale previsione normativa, con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in data 3 febbraio 2009, registrato alla Corte dei conti il 19 febbraio 2009, registro 2 foglio 9, sono state adottate le disposizioni per l'utilizzo del citato fondo con l'individuazione dell'ambito di destinazione degli stanziamenti;
i comuni potranno accedere alle risorse disponibili attraverso la predisposizione di progetti, secondo modalità e tempi determinati, che saranno preventivamente posti all'esame ed al parere del prefetto -:
se Firenze e gli altri comuni della Toscana abbiano avanzato specifiche richieste in merito.
(4-03982)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la polizia stradale di Siena risulta largamente carente nel proprio organico, visto e considerato che l'organico di 44 unità è oggi coperto solo da 27 unità;
tenuto conto del cospicuo aumento dei veicoli in circolazione sulle strade della provincia di Siena, del raddoppio del raccordo Siena-Bettole e dell'imminente ultimazione del lavori di raddoppio anche del raccordo Siena-Grosseto, tale carenza di personale comporta inevitabilmente un aggravamento della già difficile situazione lavorativa di tutto il personale costretto, in più occasioni, a turni contrari all'accordo nazionale quadro -:
quali iniziative urgenti si intendano assumere onde assicurare la necessaria copertura d'organico alla polizia stradale di Siena ed al contempo garantire adeguata sicurezza alla relativa rete stradale.
(4-03991)

CATANOSO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del Comune di Aci Castello, insediatosi da poco tempo, ha richiesto al

locale Comando dei carabinieri, alla Guardia di finanza, alla Protezione civile regionale e al proprio Comando dei vigili urbani, dettagliate relazioni sulle problematiche relative alla viabilità, ai parcheggi e a quant'altro avrebbe potuto interessare l'ordine pubblico e più in genere la sicurezza urbana, soprattutto in vista della stagione balneare in corso;
dalle relazioni ricevute dagli organi di cui sopra e dalle continue segnalazioni e denunce dei cittadini di Aci Castello, emerge una situazione di estrema gravità che ha imposto ed ancora impone il porre in essere di provvedimenti contingibili ed urgenti quanto meno per arginare fenomeni di criminalità organizzata, spaccio di stupefacenti, pericoli per l'incolumità pubblica causata anche da una viabilità carente e dalla mancanza di parcheggi specialmente nella frazione di Acitrezza;
è da sottolineare che il livello di collaborazione tra le istituzioni preposte alla pubblica sicurezza, i cittadini e l'amministrazione comunale è altissimo;
il locale Comando dei vigili urbani, al fine di alleviare le problematiche legate alla viabilità ed ai parcheggi, ha proposto l'utilizzo del parcheggio sito all'interno del Lido dei Ciclopi di Acitrezza nell'orario in cui lo stesso viene chiuso;
questo parcheggio è un bene confiscato alla mafia, assegnato all'Agenzia del demanio e gestito per conto di questa dalla società «Gli Ulivi s.r.l.»;
il sindaco di Aci Castello, su invito della Presidenza del Consiglio dei ministri, ha avanzato una formale richiesta di utilizzo del bene tutt'oggi senza riscontro;
il sindaco ha, quindi, interessato la Prefettura la quale, rendendosi conto delle motivazioni di ordine pubblico, ha organizzato e convocato un tavolo tecnico tra Prefettura, Comune e Agenzia del demanio il 31 luglio 2009; detto incontro non si è tenuto a causa dell'assenza del rappresentante dell'Agenzia a causa di sopravvenuti motivi -:
quali iniziative intendano adottare i Ministri interrogati affinché sia concesso al Comune di Aci Castello l'utilizzo temporaneo del parcheggio annesso al Lido dei Ciclopi con organizzazione e spese a carico dell'amministrazione comunale.
(4-03995)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal sito www.redattoresociale.it si apprende che nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria a Roma si sono verificati negli ultimi giorni atti di autolesionismo e forme di protesta;
ieri (3 settembre 2009) un trattenuto tunisino, dopo due mesi già trascorsi nel Cie e dopo aver ricevuto la notifica della proroga di altri 60 giorni del trattenimento per l'identificazione e espulsione, ha reagito con un gesto di autolesionismo: avrebbe bevuto due bottiglie di shampoo e poi ingoiato una lametta da rasoio;
lo stesso trattenuto tunisino sarebbe stato portato d'urgenza in infermeria per salvarlo e, subito dopo le cure del caso, sarebbe stato malmenato da un agente di polizia e sarebbe ora sotto shock;
il cittadino tunisino risulta essere arrivato al Cie di Ponte Galeria da Venezia, dove ha scontato una pena di sei mesi di carcere per non aver ottemperato all'ordine di allontanamento dal territorio italiano;
due giorni fa, altri due trattenuti si sono tagliati con una lametta di rasoio davanti alle telecamere a circuito chiuso e sono stati medicati in infermeria;
il primo settembre una cinquantina di reclusi del Cie di Ponte Galeria avevano ammucchiato tutti i materassi contro le gabbie in segno di protesta di fronte al tentativo dei crocerossini di sistemare

nelle gabbie, dove già i reclusi dormono per terra, un nuovo arrivato rumeno con la gamba in cancrena;
i trattenuti avrebbero anche avviato uno sciopero della fame e della sete che la prefettura di Roma ha smentito essere in corso -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
cosa intende fare per ricondurre la situazione del Cie di Ponte Galeria al più rigoroso rispetto della dignità umana, dei diritti umani fondamentali e delle regole interne e internazionali di trattamento delle persone private della libertà personale;
cosa intende fare nei confronti di coloro che, preposti al controllo e alla sicurezza delle persone trattenute nei Cie di Ponte Galeria, abbiano eventualmente violato diritti e regole basilari.
(4-04012)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso di una visita ispettiva al CIE di Ponte Galeria effettuata l'8 settembre 2009 dall'interrogante accompagnata da Massimiliano Jervolino, responsabile per i diritti umani della provincia di Roma è emersa la presenza di 272 persone trattenute, 128 donne e 144 uomini, su una capienza di 364 posti di cui 306 effettivi per via della chiusura di alcuni settori;
come già evidenziato nell'interrogazione dell'onorevole Rita Bernardini presentata in seguito alla vista ispettiva del 22 agosto 2009 un aspetto critico è quello relativo all'organico degli operatori della Croce Rossa che sono in tutto solo 45, un numero che consente una copertura di 15 persone nei turni diurni e 6 i quelli notturni mentre per assicurare una copertura adeguata ne servirebbero almeno 10 in più;
nella struttura continuano ad essere presenti un elevato numero di persone che provengono dal carcere che convivono con richiedenti asilo e con persone che non hanno precedenti penali;
il prolungamento dei tempi di reclusione contribuisce certamente a degradare la dignità umana dei trattenuti ma non sembra aver minimamente risolto il problema della identificazione, precondizione all'espulsione, che dipende dalla collaborazione delle rappresentanze dei Paesi di provenienza e che non risulta risolta;
non risulta una collaborazione tra carceri da cui le persone trattenute nel CIE vengono dismesse e CIE soprattutto per quanto riguarda la trasmissione di informazioni di tipo sanitario;
in particolare il trattenuto Salha Ben Mahmoud ha detto di aver svolto, prima di giungere al CIE di Ponte Galeria, presso la casa circondariale di Verona attività di giardiniere per le quali non ha ancora ricevuto alcuna retribuzione;
nella struttura non risulta siano previste attività lavorative o ricreative di alcun tipo -:
quali misure intenda adottare per assicurare al CIE di Ponte Galeria una dotazione di personale adeguata alle necessità della struttura;
quali misure intenda adottare per risolvere la situazione di promiscuità tra persone che provengono dal carcere che convivono con richiedenti asilo e con persone che non hanno precedenti penali;
quali azioni intende adottare nei confronti dei Paesi di origine delle persone trattenute nei CIE perché collaborino nella identificazione dei loro cittadini;
quante sono le persone trattenute nel corso dell'ultimo anno nei CIE (ex CPT), quanti gli identificati e quanti gli espulsi;
se e quali misure intenda assumere il Ministro dell'interno per consentire lo svolgimento di attività lavorative o ricreative all'interno della struttura;

quali misure intenda assumere il Ministro della giustizia per far sì che si instauri una miglior comunicazione tra CIE e carceri di provenienza delle persone trattenute.
(4-04031)

GHIGLIA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lo stato di degrado e di irregolarità dei campi nomadi presenti sul territorio torinese ha assunto condizioni di gravità tale da condurre la magistratura ad avviare un'indagine sull'organizzazione gerarchica e criminosa dei campi torinesi;
il comune di Torino ha da sempre sottostimato la pericolosità della situazione legata alla permanenza sul territorio cittadino di insediamenti di nomadi, all'interno dei quali vige una sorta di extraterritorialità e rispetto ai quali l'amministrazione non ha agito con le dovute misure per garantire la legalità ed il rispetto delle regole;
ad aggravare la situazione si aggiunge il drammatico fenomeno dello sfruttamento minorile e della mancata scolarizzazione dei minori che risiedono abusivamente all'interno dei campi nomadi in condizioni di estremo disadattamento -:
quale sia, secondo i dati ministeriali, il numero di nomadi risiedenti nel territorio torinese e l'andamento del flusso di affluenza nomade nel capoluogo piemontese in relazione all'ultimo biennio.
(4-04033)

REALACCI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 25 giugno 1993, n. 205, inerente alle «Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa» condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazi-fascista e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici religiosi o nazionali. Questa legge punisce altresì l'utilizzo di simbologie legate ai suddetti movimenti politici;
l'articolo 2 della sopraccitata norma stabilisce che «chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi» come sopra definiti «è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila». Inoltre lo stesso articolo vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che «è vietato l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli» di cui sopra. «Il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno»;
a Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini) in occasione di una gara di tiro segno, concomitante con le celebrazioni del 64o anniversario della Liberazione dall'occupazione nazi-fascista in Italia, partecipanti alla festa ed appartenenti all'Unione italiana di tiro a segno (UITS) sono stati fotografati assieme al presidente della UITS Ernfried Obrist, nato a Stoccarda e residente a Caldaro (Bolzano), muniti di armi e uniformi che appartenevano chiaramente alle Waffen «SS», famosi reparti dell'esercito nazista di stanza in Italia come truppe occupanti e protagoniste di atroci violenze verso la popolazione civile italiana;
è dubbia l'ascrizione di questo, quantomeno spiacevole, evento a manifestazione a carattere folkloristico visto lo stridente contrasto con l'alto valore simbolico della giornata del 25 aprile e vista la particolare cura dei fregi di tali divise perfettamente originali e non a carattere di semplice rievocazione della memoria storica;
il presidente nazionale dell'Unione italiana di tiro a segno non ha mostrato alcun segno di imbarazzo, al contrario appare, dalle foto in questione, sorridente e divertito nell'essere circondato da un manipolo di sedicenti «Waffen SS»;

la vicenda è stata peraltro sollevata anche da un articolo apparso il 13 agosto 2009 sul quotidiano l'Unità e dal quotidiano Terra-news con un articolo dal titolo «Quando la caccia fa rima con il razzismo. In Italia è allarme», pubblicato il 3 settembre 2009;
l'Unione italiana di tiro a segno (UITS) è un ente pubblico nazionale posto sotto la vigilanza del Ministero della difesa, ai sensi del regio decreto-legge 16 dicembre 1935, n. 2430, convertito dalla legge 4 giugno 1936, n. 1143, e successive modificazioni, e le attività di tiro a segno della UITS si svolgono presso le sezioni di tiro a segno nazionale (TSN) e sono soggette alla vigilanza degli organi del Ministero dell'interno, a norma della legge 18 aprile 1975, n. 110 e successive modificazioni;
il Ministro della difesa ha ratificato con proprio decreto, in data 15 aprile 2009, il nuovo organo direttivo dell'Unione italiana di tiro a segno (UITS), confermando alla presidenza, per il secondo mandato, l'ingegner Ernfried Obrist, nato a Stoccarda, in Germania, ma residente in Alto Adige, nella cittadina di Caldaro;
un'interrogazione scritta sugli stessi fatti è stata presentata nella XVI legislatura anche dall'onorevole Ghizzoni, (atto n. 4-03324) senza ottenere risposta dai Ministri interrogati -:
se i Ministri interrogati non ritengano necessario effettuare le opportune verifiche per accertare, concordemente alle proprie competenze, l'effettivo significato di questa presunta rievocazione storica, le modalità di svolgimento della manifestazione organizzata il 25 aprile 2009 dalla sezione di tiro a segno di Sant'Arcangelo di Romagna (Rimini) e la correttezza del comportamento del presidente dell'Unione italiana di tiro a segno.
(4-04038)

MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 13 giugno 2009 il segretario generale del sindacato di Polizia Coisp comunicava al sig. Questore di Genova la volontà di effettuare una manifestazione pubblica per la giornata del 20 luglio 2009 dalle ore 08.00 alle ore 24.00 in piazza Alimonda per lo svolgimento di un dibattito intitolato «l'estintore come strumento di pace»;
tale comunicazione veniva effettuata a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno ai fini del preavviso ai sensi e per gli effetti dell'articolo 19 del regio decreto 6 maggio 1940, n 635/Regolamento per l'esecuzione del Testo Unico 18 giugno 1931, n. 773 delle Leggi di Pubblica Sicurezza;
la manifestazione del Coisp veniva vietata con nota n. 1 prot. 3323/2009/Gab del 17 luglio 2009 e notificata in pari data al Segretario Provinciale Aggiunto del Coisp di Genova;
il divieto è stato adottato ai sensi dell'articolo 18, comma 4, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, cioè per ragioni di ordine pubblico;
le ragioni di ordine pubblico sono state motivate in relazione al fatto che era già stata autorizzata la manifestazione preannunciata dal signor Giuliano Giuliani; pertanto, si rilevavano profili di incompatibilità, segnatamente per l'evidente contenuto antagonista, come pure peraltro viene indicato sul modulo prestampato di preavviso all'uopo previsto, datato 23 giugno 2009, come consegnato al segretario provinciale Coisp di Genova;
si registrava inoltre, anche in relazione alle circostanze di tempo e luogo, una contestualità che avrebbe potuto favorire l'insorgenza di disordini, circostanze di tempo e di luogo non variate dal Segretario provinciale del Coisp di Genova, dopo formale invito in tal senso con la predetta nota del 23 giugno 2009;
non è dubbio che la sicurezza pubblica, intesa quale protezione della pacifica convivenza dei consociati da atti di aggressione a persone e beni, rientri nel bene

ordine pubblico; né è dubbio, tuttavia, che il bene ordine pubblico comprenda non solo la sicurezza materiale dei consociati, ma anche il rispetto dei valori democratici posti a presidio della comunità giuridicamente organizzata. Se è vero che spetta al Questore la valutazione dell'adozione del provvedimento più opportuno per la tutela dell'ordine pubblico, valutazione certamente discrezionale e insindacabile, è altresì vero che detta valutazione non può risolversi nella compressione di uno dei due diritti alla soccombenza, poiché l'ordine pubblico protegge i valori democratici per l'intero ed è parziale la soddisfazione assoluta dell'uno con il sacrificio esclusivo dell'altro;
l'assicurazione dell'ordine pubblico è certamente una priorità dell'amministrazione della pubblica sicurezza e le modalità attraverso le quali pervenire a detto risultato sono rimesse alla discrezionalità della medesima amministrazione; tuttavia il bene protetto dall'articolo 18 del Tulps ha una estensione più ampia della mera sottrazione della piazza ai disordini perché, se così non fosse, non si avrebbe una tutela di un ordine pubblico di un regime democratico ma l'imposizione di una pace sociale forzosa effetto dell'acquiescenza alla parte politicamente dominante; è di palmare evidenza l'utilizzo del disposto normativo dell'articolo 18 del Tulps, i cui provvedimenti possono essere adottati a motivazione libera, per i fini di cui all'articolo 17 della Costituzione, cioè quelli di sicurezza, che prevedono una motivazione specifica e comprovata;
dalla dedotta parzialità, che appare evidentemente essere stata adottata per l'assicurazione di una sicurezza non funzionale alle esigenze di ordine pubblico, ma per guadagnare una facile pace sociale con la compressione del legittimo diritto di una delle due parti raggiunta esclusivamente con una evidente disparità di trattamento; nonché dalla incompleta informazione e dalla assenza di ogni altra prescrizione che avrebbe potuto dare una soluzione altra alla vicenda, appare deducibile la volontà di non consentire al Sindacato Coisp la libera manifestazione della propria opinione per le ragioni della parte politicamente più forte registrandosi dunque una chiara parzialità con violazione della legge costituzionale per l'accertamento della quale non è necessario risalire alla volontà della Pubblica Amministrazione, differentemente dall'eccesso di potere dimostrato dal Questore di Genova;
è convinzione dell'interrogante che i diritti costituzionali, di cui devono godere in ugual modo tutti i cittadini, non possono essere assoggettati alle scelte dei titolari delle funzioni pubbliche che, spesso, le esercitano in modo arbitrario o apparentemente condizionato da evidenti pressioni politiche, tanto da far apparire compromessa la dovuta imparzialità e cura dell'interesse pubblico -:
se il Ministro interrogato intenda accertare le ragioni in base alle quali il Questore di Genova abbia assunto i provvedimenti ricordati in premessa, e quali siano gli immediati provvedimenti che intenda adottare per regolamentare le possibili situazioni che, in modo analogo, potrebbero verificarsi nel futuro.
(4-04043)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata di venerdì 7 agosto 2009 i carabinieri di Porto Ceresio (Varese) hanno rinvenuto all'interno di una vecchia casa cantoniera di Porto Ceresio, in via Fratelli Bertolla, il cadavere di Giovanni Battista Pedeferri, anziano ottantacinquenne di Arcisate (Varese) il cui corpo era in avanzato stato di decomposizione, «mummificato» secondo i sanitari della Asl intervenuti sul luogo del ritrovamento;
lo stato di decomposizione molto avanzata testimonia che l'uomo mancava da casa da ormai molti mesi;
l'immobile abbandonato, di proprietà delle Ferrovie dello Stato, era palesemente

incustodito e non pulito da mesi, tanto che si presentava invaso da topi e rifiuti, nonostante la localizzazione attigua alla locale stazione ferroviaria;
il Governo sta molto ben operando per aumentare il presidio del territorio ed eliminare situazioni di incuria e degrado come quella prospiciente la stazione ferroviaria di Porto Ceresio -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda, anche in relazione ad eventuali carenze dei servizi sociali;
quali iniziative si intendano adottare nei confronti delle Ferrovie dello Stato per evitare che si ripresentino situazioni di incuria come quelle descritte sopra;
quali misure si intendano attuare - all'interno dell'ottima politica di presidio del territorio posta in essere - affinché si limiti il più possibile il verificarsi di episodi tristi e deprecabili come quello descritto in premessa.
(4-04091)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
una nota di agenzia (Il Velino - 27 agosto 2009 delle ore 13.19) riportata la notizia secondo cui «Il lavoro quotidiano del Coisp è simile ad un iceberg: il 30 per cento emerge ed è visibile, il resto rimane nascosto sotto il livello del mare». Lo dichiara in una nota la Segreteria nazionale del Coisp (Coordinamento per l'indipendenza sindacale delle forze di polizia). «Il lavoro nascosto - prosegue la nota - è fatto di impegni che vanno presi, ma poi seguiti con coerenza, anche a costo di sacrifici personali enormi in termini di risorse economiche, tempo e capacità. Il Coisp è nato e cresce grazie alla scelta di porsi al di fuori dei modi e costumi del sindacalismo fatto di illusorie raccomandazioni, promesse mai mantenute e slogan buttati a casaccio al ritorno delle ferie o ancor meglio, durante il mese di ottobre. Non è una scelta facile: è una strada in continua salita, la nostra coerenza è parte della nostra indipendenza». «Quando si parla di sanzioni disciplinari - continua il comunicato -, tutte queste "teorie" diventano realtà concrete, fatti che si traducono in tutela professionale dei diritti dei poliziotti. La storia dell'ispettore dell'Aeroporto di Venezia, capoturno sanzionato perché non si era adoperato nell'agevolare con il preimbarco una personalità di Governo la quale quindi aveva perso l'aereo, dovendo imbarcarsi sul volo successivo previsto dopo 3 ore. La scure calata sul capo dell'ispettore (deplorazione poi ridotta in pena pecuniaria) si era abbattuta immediatamente e confermata nonostante le giustificazioni ed i testimoni a discarico. Nemmeno il ricorso al capo della Polizia, presentato dall'ispettore e preparato dall'ufficio disciplina del Coisp, era stato capace di trovare giustizia. Davanti a questo, il Coisp ha sostenuto il ricorso presentato al presidente della Repubblica, il quale, preso atto del provvedimento emesso dal consiglio di Stato il 3 agosto 2009, ha riconosciuto le ragioni del collega ed annullato di conseguenza le sanzioni inflitte, ribaltando così completamente i provvedimenti del dirigente territoriale e del capo della Polizia. Questa è una vittoria formale e sostanziale - conclude la nota - che ristabilisce non solo la giustizia in questo singolo episodio, ma che fa emergere quanto tempo e dedizione ci vogliano per mantenere le promesse e gli impegni che vengono presi con gli iscritti Coisp»; risulta all'interrogante che il Dirigente della IV Zona della Polizia di Frontiera Friuli Venezia Giulia e Veneto, in data 21 marzo 2007, infliggeva all'ispettore capo Bettinelli la sanzione della pena pecuniaria nella misura di un trentesimo di una mensilità dello stipendio. Tale sanzione veniva successivamente confermata dal Capo della Polizia di Stato con il rigetto del ricorso gerarchico avvenuto in data 24 settembre 2007;
il decreto del Presidente della Repubblica del 3 agosto 2009, in conformità al parere pronunciato dal Consiglio di Stato

n. 3074 del 2008, in accoglimento del ricorso proposto dall'ispettore capo Bettinelli, ha annullato la sanzione disciplinare;
numerosi quotidiani con diffusione nazionale e locale hanno dato grande risalto alla questione narrata;
il Dirigente della Polizia di Stato dell'ufficio polizia di frontiera-scali marittimo ed aereo - Venezia - dottor A. Campanale, in una nota del 6 novembre 2006 con Protocollo n. 38/2.8/2006, indirizzata al Direttore della Zona IV della Polizia di Frontiera Friuli Venezia Giulia e Veneto nel relazionare i gravi fatti di cui era stato ritenuto colpevole l'ispettore Valdo Bettinelli, scriveva, tra le altre, «A causa di quest'imprevisto le rimostranze della personalità sono state rappresentate allo scrivente dal signor Prefetto di Venezia dottor Nardone;
il parere espresso dal Consiglio di Stato afferma che «Dall'esame della documentazione, in particolare dal verbale della Commissione consultiva, dal provvedimento sanzionatorio e dal provvedimento del Capo della polizia, si rileva che non è stato accertato che il capo turno abbia passato in consegna al Bettinelli l'incombenza della preaccettazione (emissione della carta d'imbarco) a favore della personalità di governo ma solamente quella di fornire alla stessa le agevolazioni di rito che si esprimono essenzialmente nel fornire assistenza in generale per il transito ai varchi di controllo e per la sicurezza, ma non nell'effettuare il check-in anticipato.»;
è parere dell'interrogante che i superiori gerarchici dell'ispettore Capo Bettinelli abbiano esercitato le loro funzioni abusando della propria posizione gerarchica. Infatti, dalla lettura degli atti del procedimento e dei numerosi articoli di stampa sulla vicenda, sembrerebbe che i funzionari e il capo della Polizia, con i loro atti, si sono dimostrati più propensi a sostenere l'idea che tra i compiti degli enti della Polizia di Stato, in servizio presso gli uffici di frontiera, non vi sia quello di dover garantire la sicurezza ma, invece, vi sia anche quello di dover prioritariamente, all'occorrenza, dedicarsi agli interessi e le incombenze delle autorità di governo -:
alla luce della positiva conclusione della vicenda disciplinare relativa all'ispettore capo Bettinelli, quali siano i provvedimenti che il ministro interrogato vorrà adottare per chiarire in modo inequivocabile quali devono essere i compiti degli agenti in servizio presso gli uffici della Polizia di Frontiera in caso gli venga avanzata la richiesta di assistenza a favore dei membri del Governo o di altre autorità dello Stato;
se non ritenga opportuno formalizzare alla luce della pronuncia ricordato in premessa all'ispettore capo Valdo Bettinelli le dovute scuse per i patimenti e il danno che allo stesso sono stati arrecati dall'ingiusto procedimento disciplinare.
(4-04099)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la notte tra il 4 e il 5 agosto 2009, a Ospedaletto, zona artigianale di Pisa, davanti alla sede operativa del portale www.gay.it, uno dei più importanti network della comunità gay italiana, con una media di 700.000 contatti/mese, ignoti hanno imbrattato con scritte minacciose sui muri, tra le altre, le seguenti scritte: «gli uffici bruceranno e voi morirete tutti oggi» e «fr... a morte»;
presso la redazione di www.gay.it lavorano circa 15 persone, impegnate in un importante lavoro di diffusione di informazioni e di aggregazione per la comunità lgbt italiana;
tra le scadenze diffuse recentemente dal sito gay.it vi è anche quella dell'annuncio delle iniziative che si svolgeranno in occasione del «Mardi gras» che si è svolto a partire dal 7 agosto a Torre del

Lago e ha coinvolto molte migliaia di persone in uno degli eventi più attesi della comunità lgbt italiana -:
quali iniziative abbia il Governo assunto per contrastare i casi di violenza omofobica, in forte aumento in tutta Italia nell'ultimo anno;
in particolare quali interventi siano stati attivati dal Ministro dell'interno per assicurare la massima sicurezza e incolumità operativa alle persone che lavorano presso il portale www.gay.it e in occasione degli eventi promossi per il «Mardi gras» a Torre del Lago a partire dal 7 agosto 2009;
se il Ministro per le pari opportunità alla luce di quanto esposto in premessa non ritenga di intervenire con specifiche campagne di informazione ed educazione volte a contrastare il grave fenomeno dell'omofobia.
(4-04115)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
alla direzione generale dell'ufficio scolastico per il Veneto sono pervenute con riferimento al prossimo anno scolastico 2009/2010 numerose richieste di nuove sezioni per la scuola dell'infanzia da parte di dirigenti scolastici, sindaci e genitori, che tuttavia ad oggi non è stato possibile soddisfare per mancanza di posti disponibili;
il contingente di posti di insegnamento che è stato assegnato ad ogni regione per l'anno scolastico 2009/2010 è decurtato, infatti, rispetto all'organico di diritto dell'anno scolastico 2008/2009 di 42.100 posti in applicazione delle misure di contenimento previste dall'articolo 64 del decreto legge il 12 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni dalla legge n. 133 del 2008;
il contingente assegnato alla regione Veneto in particolare è stato ridotto di oltre 2.000 posti e ciò non permette di soddisfare le numerose richieste di istituzione di nuove sezioni di scuola dell'infanzia, tenuto anche conto del fatto che con molti meno posti a disposizione, rispetto all'anno scolastico precedente, è stato necessario accogliere nelle classi delle scuole di ogni ordine e grado circa 8.000 alunni in più, di cui una buona percentuale stranieri;
è stato pertanto confermato l'organico della scuola dell'infanzia relativo all'anno scolastico 2008/2009, che ammonta a 3.688 posti;
le sezioni richieste e non accolte, con riferimento al prossimo anno scolastico, sono 40, per un numero di bambini in lista di attesa pari a 885, e precisamente:
n. 2 sezioni in provincia di Belluno per n. 50 bambini in lista d'attesa;
n. 3 sezioni in provincia di Padova per n. 34 bambini in lista d'attesa;
n. 9 sezioni in provincia di Treviso per n. 235 bambini in lista d'attesa;
n. 8 sezioni in provincia di Venezia per n. 170 bambini in lista d'attesa;
n. 11 sezioni in provincia di Verona per n. 224 bambini in lista d'attesa;
n. 7 sezioni in provincia di Vicenza per n. 172 bambini in lista d'attesa;
per far fronte alle sezioni richieste e soddisfare bisogni primari delle famiglie, sarebbero necessari 80 posti (due insegnanti per ogni sezione), tenendo conto che la situazione illustrata riguarda:
le realtà locali in cui i comuni hanno ristrutturato gli edifici scolastici proprio per poter accogliere i sempre più numerosi bambini che ogni anno chiedono di frequentare la scuola dell'infanzia;

le realtà locali in cui non esiste il servizio, nemmeno comunale o paritario o la scuola paritaria chiude per mancanza di fondi;
le scuole d'infanzia con sezioni già funzionanti ma che non sono in grado di accogliere altri bambini in quanto già sature;
è doveroso considerare che, mentre nel Centro sud la percentuale di scuole dell'infanzia statali supera il 63 per cento sul totale, in Veneto le scuole dell'infanzia statali costituiscono solo un terzo dell'offerta, trovando la popolazione scolastica dai tre ai sei anni accoglienza per due terzi presso le scuole dell'infanzia paritarie, con i conseguenti maggiori esborsi a carico delle famiglie, oggi ancora più gravosi, sia per effetto dei tagli e dei ritardi nell'erogazione delle risorse da parte dello Stato e della Regione a queste scuole, sia per effetto della crisi recessiva in atto;
va altresì considerato che in Veneto, dove la percentuale di frequenza delle scuole materne paritarie è la più elevata d'Italia, la percentuale di bambini stranieri è del 7,3 per cento, ma nelle zone ad alta intensità industriale, come ad esempio la provincia di Treviso, tale percentuale raggiunge anche il 20-25 per cento, ponendo problemi complessi di integrazione scolastica e sociale, con costi aggiuntivi per le scuole paritarie -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti suesposti e quali urgenti misure intende adottare per porre immediato rimedio a tale situazione e garantire i livelli essenziali delle prestazioni in materia di assistenza e di istruzione alle famiglie del Veneto ed alla popolazione scolastica dai tre ai sei anni per il prossimo anno scolastico 2009/2010.
(2-00453)
«Rubinato, Mogherini Rebesani, Fogliardi, Garofani, Rigoni, Pedoto, Farinone, Viola, Baretta, Pizzetti, Murer, Strizzolo, Braga, Sbrollini, Tempestini, Pistelli, Donadi, Martella, Federico Testa, Miotto, Calearo Ciman, Tenaglia, Borghesi, De Poli, Poli, Rossomando, Giulietti, Scarpetti, Naccarato, Benamati, Calgaro».

Interpellanze:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
già una precedente interrogazione (n. 4-01187) il firmatario del presente atto aveva posto la questione della compatibilità fra il ruolo di dirigente scolastico, per sua natura funzionario dello Stato ai massimi livelli e tenuto ad applicare e fare applicare leggi e regolamenti, e quello di esponente politico;
in un momento delicato per le istituzioni scolastiche come l'attuale la dirigente scolastica Daniela Turci, consigliere comunale PD a Bologna, venendo - secondo l'interpellante - meno a quel naturale riserbo che dovrebbe caratterizzare ogni dirigente dello Stato, che è tenuto nei confronti del medesimo e del Governo legittimamente eletto ad un particolare rapporto di lealtà se non di collaborazione, ha fatto affermazioni lesive della dignità del Ministro e che in ogni caso contrastano con quel minimo di sobrietà istituzionale che dovrebbe appartenere a tutti i dipendenti dello Stato;
l'interpellante ribadisce che non è in questione il diritto di critica di ogni cittadino nei confronti di chiunque nell'ambito della legge, ma il limite oltre il quale viene meno nel cittadino medesimo il rispetto per le istituzioni, per effetto dell'attività di delegittimazione posta in essere nei confronti di chi le rappresenta -:
sulla base della normativa vigente quali interventi intenda porre in essere nei confronti di comportamenti reiterati come quelli assunti dalla dottoressa Turci che, secondo l'interpellante gettano discredito sull'istituzione scolastica e che di fatto politicizzano una funzione come quella di

dirigente scolastico che dovrebbe essere al di sopra delle parti al servizio della società e delle famiglie.
(2-00458) «Garagnani, Carlucci».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
l'interpellante ha già presentato precedenti atti di sindacato ispettivo in merito alla situazione delle scuole di Bologna ed alle polemiche suscitate dalle dichiarazioni contro il Governo di una dirigente scolastica, consigliere comunale del PD al comune di Bologna;
in particolare, si evidenzia il clima di tensione che caratterizza da sempre la scuola bolognese per effetto di quelle che all'interpellante appaiono palesi e continue interferenze degli enti locali egemonizzati dalla sinistra, nonché dei violenti attacchi ai rappresentanti dello Stato, in specie ai massimi responsabili regionali della scuola, da parte di assessori comunali e regionali e dell'atteggiamento del sindaco di Bologna e del segretario del PD locale, che dimostrano che la scuola bolognese non è libera e che i vincoli fra parte della docenza e dirigenza scolastica e la sinistra sono talmente forti che costituiscono una seria minaccia alla libertà dà espressione e di educazione, inducendo genitori e studenti con opinioni politiche diverse (in presenza di casi di esasperata politicizzazione) a temere ripercussioni sul percorso scolastico dei medesimi studenti;
proprio in conseguenza di ciò l'interpellante ha recepito istanze dell'opinione pubblica che rileva violazioni di legge o strumentalizzazioni politiche ed ha avuto conferma da alcuni genitori delle scuole Fortuzzi, nel capoluogo, di un clima di continua contestazione dell'operato del Governo, di indirette e «abili» pressioni sui bambini, di propaganda elettorale in occasione delle elezioni amministrative del giugno 2009, insomma di un clima di condizionamento psicologico su bambini inconsapevoli, con risvolti curiosi se non censurabili come la distribuzione di etichette autoadesive contro il ministro Gelmini;
di tutto ciò, come pure dei nominativi dei genitori, l'interpellante ha trasmesso copia alla direzione regionale e provinciale scolastica per gli eventuali provvedimenti -:
in relazione a quanto esposto in premessa, quali iniziative il Governo intenda assumere, anche al fine di chiarire i limiti entro i quali deve svolgersi l'attività di un docente o di un dirigente la cui opzione politica non può prevalere su quella educativa che costituisce l'essenza dell'attività scolastica.
(2-00459)«Garagnani, Carlucci».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
in vista della prossima apertura dell'anno scolastico si segnalano, come già evidenziato in precedenti atti di sindacato ispettivo sulla situazione della scuola, i fatti particolarmente gravi accaduti a Bologna con ripercussioni evidenti in tutta la regione Emilia-Romagna, che denotano una realtà scolastica scossa e caratterizzata dalle continue interferenze degli enti locali e della sinistra che li governa. Si fanno presente, in particolare, i seguenti aspetti:
ad avviso dell'interpellante, da sempre l'Emilia-Romagna e Bologna costituiscono una «riserva» ove i partiti di sinistra e gli enti locali sostenuti dalla CGIL scuola condizionano politicamente gli indirizzi scolastici, limitando fortemente l'autonomia del corpo docente o almeno di quegli insegnanti che non si riconoscono nella politica scolastica della sinistra e condizionando soprattutto nelle scuole primarie la crescita culturale dei bambini con affermazioni improprie e insinuazioni di carattere politico fin dal tempo dei provvedimenti adottati dal Ministro Moratti, con punte di esasperata politicizzazione

nell'ottobre 2008 nel momento di applicazione dei decreti del Ministro Gelmini e l'introduzione del cosiddetto maestro polivalente;
in tale occasione l'atteggiamento di una parte della dirigenza scolastica è stato caratterizzato, a giudizio dell'interpellante, da una totale mancanza di senso dello Stato e da un sostanziale appoggio ad atti in contrasto con l'ordinamento scolastico, come l'accettazione dell'occupazione abusiva di determinati istituti scolastici o la collaborazione a vere e proprie manifestazioni politiche durante l'orario curriculare, con il coinvolgimento di ignari bambini e di genitori, sulla base di notizie spesso false e tendenziose. Numerosi volantini distribuiti nella scuola sono la dimostrazione di ciò;
non è in questione ovviamente il principio costituzionale di libertà di espressione e di manifestazione delle opinioni politiche, bensì il dovere di un dirigente dello Stato di essere leale con il medesimo e di garantire l'imparzialità della pubblica amministrazione nei confronti di tutti i cittadini. In questo senso, le recenti critiche di una dirigente scolastica di Bologna al Ministro Gelmini e la giusta precisazione del direttore scolastico regionale che un dirigente ha innanzitutto un obbligo di lealtà verso il suo datore di lavoro e di imparzialità verso gli utenti dei servizi scolastici evidenziano l'urgenza di un'iniziativa da parte del Governo finalizzata a separare nettamente ruolo politico e ruolo amministrativo strettamente compenetrato nel caso del dirigente sopra richiamato, che è consigliere comunale e responsabile scuola del PD. In questo senso, occorre assicurare garanzie di obiettività ed imparzialità a famiglie e studenti di fronte ad atteggiamenti politicizzati di chi ha responsabilità precise nei confronti di una comunità scolastica e dovrebbe pertanto apparire oltre che essere super partes;
di fronte agli attacchi rivolti al direttore scolastico regionale da parte del segretario locale del PD, del sindaco, di assessori comunali e regionali, che - secondo l'interpellante - hanno interferito fortemente nell'attività del suddetto responsabile della scuola, si pone il problema della necessaria tutela che lo Stato deve dare ai suoi collaboratori periferici, tutela che non può essere considerata solo un riferimento ad una singola persona ma alla intera collettività. In questo senso si tratta di riaffermare i principi costituzionali di fronte ad attacchi morali inaccettabili come quello posto in essere a Bologna. Per inciso risulta all'interpellante che i genitori di bambini delle scuole primarie temono di esporsi per timore di ritorsioni o comunque di conseguenze sul percorso scolastico dei figli;
proprio perché lo Stato ha il diritto di fare rispettare le leggi liberamente votate dal Parlamento, occorre modificare il sistema sanzionatorio impedendo che le indispensabili garanzie di difesa costituiscano un ostacolo all'applicazione di provvedimenti disciplinari seri ed efficaci atti ad impedire violazioni palesi della normativa in vigore. In questo senso emblematica è la vicenda della scuola Longhena, che ha visto insegnanti, in difformità rispetto a quanto previsto dalla normativa vigente, assegnare un punteggio uguale per tutti gli studenti, ed essere perseguiti con una leggerissima sanzione, stante le procedure bizantine e gli ostacoli di natura burocratica che debbono essere affrontati per far rispettare la legge; tale situazione non può più essere tollerata anche di fronte alle pressioni politiche della giunta comunale di Bologna che, a quanto risulta all'interpellante, per l'ennesima volta ha tentato di condizionare pesantemente l'operato del direttore scolastico provinciale;
il principio della libertà di insegnamento del docente deve essere riconosciuto e confermato attraverso una modifica del concetto di collegialità, che applicato spesso da minoranze faziose e settori di docenti, impedisce al singolo insegnante la necessaria autonomia nella scelta dei libri di testo e di determinate iniziative. Al riguardo, la presenza in alcuni importanti istituti pubblici bolognesi

di minoranze agguerrite ed estremamente politicizzate, che isolano e demonizzano chi dissente, è rivelatrice di un certo clima di mancanza di libertà e di compressione del diritto a manifestare il proprio pensiero, non certo ostacolato apertamente ma attraverso pressioni psicologiche inammissibili in una scuola che si ritenga libera -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito a quanto rappresentato in premessa e quali iniziative intenda intraprendere per garantire nelle scuole, con particolare riferimento alla città e alla provincia di Bologna, il rispetto di quei principi di libertà ed osservanza della legge sovente conculcata da chi ritiene di essere ad essa superiore.
(2-00460) «Garagnani, Carlucci»

Interrogazione a risposta orale:

NUNZIO FRANCESCO TESTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
limitatamente all'anno accademico 2009/2010, sono stati definiti i posti disponibili a livello nazionale per le immatricolazioni, presso ciascun ateneo, al corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria;
dalla tabella in cui vengono elencati i posti disponibili a livello nazionale, si rileva che in Emilia Romagna e in Lombardia sono stati assegnati 67 posti, in Puglia 44, a fronte dei 37 assegnati in Campania dove gli unici corsi di laurea in odontoiatria sono presenti a Napoli all'Università «Federico II» e alla Seconda Università;
il capoluogo campano, pur rispondendo alle richieste del Ministro Gelmini di un'adeguata numerosità di docenti disponibili per struttura, subisce un'evidente disparità che non può essere addotta al numero delle strutture, né ad una scarsa popolosità studentesca entrambe rilevanti in Campania -:
quali siano le motivazioni di una simile disparità di trattamento e se non sia il caso di rimodulare l'assegnazione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea specialistica in odontoiatria e protesi dentaria per la regione Campania, al fine di evitare quella che all'interrogante appare una palese e ingiustificata discriminazione nei confronti delle opportunità formative in campo odontoiatrico per sopraddetta popolazione studentesca.
(3-00643)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAMPA, GHIZZONI, LENZI, MARCHIGNOLI e BENAMATI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
i piccoli comuni di montagna sono realtà culturali e sociali di notevole ricchezza in termini di patrimonio umano, ambientale e tutela del territorio. A causa della grave crisi economica in atto nel Paese, queste rischiano di pagare un prezzo altissimo in termini di continuità di servizi e attività che sono necessari ai fini del mantenimento di un tessuto comunitario coeso;
in particolare, nei piccoli comuni di montagna, è la scuola soprattutto a svolgere molteplici funzioni: dalla formazione dei residenti, all'essere luogo aperto alla cultura per tutta la comunità, fino al mantenimento delle famiglie sul territorio, che altrimenti, sarebbero costrette ad emigrare per cercare altrove i servizi mancanti;
i recenti provvedimenti ministeriali in tema di organici dei docenti rischiano di smantellare le scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, determinando un incolmabile depauperamento del tessuto vitale di questi paesi

spesso molto distanti da centri maggiori e in situazioni orografiche che rendono difficili i trasporti e le comunicazioni;
nello specifico, il sindaco del comune di Tredozio (provincia di Forlì-Cesena) si è rivolto alle autorità competenti per ribadire la necessità dell'assegnazione di una seconda sezione nella scuola dell'infanzia «Giulio Marchi», via Carlo Bandini, 2 (comune di Tredozio), dal momento che, anche a causa dell'andamento positivo delle nascite registrato in questi anni, ad oggi sono 8 i bambini in lista d'attesa, quindi di fatto esclusi se non si interverrà tempestivamente, numero non trascurabile per un piccolo comune ed evento mai registrato prima d'ora;
la scuola primaria «Giulio Marchi» è composta di 5 classi con 5 insegnanti che operano dalle 8 alle 13 tutti i giorni, con due rientri pomeridiani fino alle 16.30, ad eccezione del sabato. Il taglio di una unità docente, da 5 a 4, impedirà i rientri e avrà come conseguenza la nascita di una pluriclasse con tutte le difficoltà del caso;
oltre all'assegnazione di una seconda sezione nella scuola dell'infanzia, viene chiesto dall'Amministrazione locale di Tredozio, il mantenimento del numero dei docenti assegnati alla scuola primaria, nel numero di 5, al fine di non pregiudicare la funzionalità del plesso scolastico e la qualità educativa, così come il monte ore degli insegnanti di sostegno che fino ad oggi è stato garantito grazie anche al contributo del comune -:
se non ritenga di adottare iniziative finalizzate a rivedere, almeno per le zone di montagna, i criteri di costituzione delle sezioni di scuola materna e delle classi di scuola primaria e secondaria di primo grado e di assegnazione degli organici dei docenti, al fine di garantire concretamente ed effettivamente la permanenza dell'istituzione scolastica, assegnando le risorse educative necessarie per garantire le condizioni per le pari opportunità di accesso al sapere.
(5-01731)

Interrogazioni a risposta scritta:

PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 21 luglio 2009 nel sito della facoltà di scienze della formazione dell'Università degli studi di Cagliari è stato pubblicato il bando di selezione per l'ammissione al corso di laurea di scienze e tecniche psicologiche (classe L-24) per l'anno accademico 2009-2010;
all'ultimo comma dell'articolo 3 (domande di ammissione alla selezione) del predetto bando si precisa che «non sono tenuti a sostenere la prova di ammissione gli immatricolati entro l'anno accademico 2007-2008, che abbiano rinnovato l'iscrizione per il 2008/2009 a uno dei corsi di laurea della classe 34 e che intendano effettuare il passaggio al III anno del nuovo ordinamento ex DM 270/04 (Scienze e Tecniche Psicologiche classe L-24). La relativa domanda dovrà pervenire alla segreteria studenti improrogabilmente entro il 25 settembre 2009»;
in data 28 luglio 2009 nello stesso sito internet viene pubblicata una nota della presidenza del Consiglio di Classe di scienze e tecniche psicologiche nella quale si precisa che «il Consiglio di Classe permetterà il passaggio al III anno sino ad esaurimento dei posti disponibili solo agli studenti in possesso di almeno 100 CFU convalidabili nel nuovo ordinamento al termine di scadenza della domanda» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nel rispetto dell'autonomia degli atenei, adottare iniziative finalizzate a rendere automatico il passaggio al nuovo ordinamento per gli studenti immatricolati entro l'anno accademico 2007-2008 e che ne facciano richiesta, così come indicato nel bando di selezione pubblicato il 21 luglio 2009.
(4-03916)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si richiama in premessa la risposta fornita dal Sottosegretario Giuseppe Pizza all'atto 5-01223 sui «Tagli agli organici 2009-2010 nella scuola e richieste delle famiglie, in particolare in Sicilia» presentato dall'interrogante in data 26 marzo 2009;
i dati forniti dal Sottosegretario nella suddetta risposta sembrerebbero non corrispondere a quelli forniti dall'Ufficio scolastico regionale della Sicilia;
la Sicilia è infatti una delle Regioni maggiormente colpite dai tagli alle risorse della scuola disposti dal Governo;
nel dettaglio tra l'organico di diritto 2009/10 e i titolari si registra: un sovrannumero di 387 unità nella scuola primaria; un sovrannumero di 528 unità nella scuola secondaria di primo grado; un sovrannumero di 513 unità nella scuola secondaria di secondo grado;
come previsto dal regolamento sul dimensionamento della rete scolastica e dal contratto sulle utilizzazioni i docenti in esubero vengono utilizzati;
nella propria classe di concorso o in materie affini su posti o spezzoni disponibili nella provincia (nuove classi, esoneri o semiesoneri, comandi, e altro);
in altra classe di concorso anche di diverso ordine di scuola ove sia in possesso di abilitazione o titolo coerente ovvero su sostegno ove in possesso del titolo;
tale utilizzazione può essere chiesta anche in altra provincia nei limiti del soprannumero della provincia di titolarità;
in subordine si possono creare posti a disposizione nei limiti del soprannumero;
a seguito di quanto sopra illustrato, i docenti immessi in ruolo l'anno scorso, non hanno ottenuto la sede definitiva -:
cosa intenda fare per risolvere la situazione dei docenti in sovrannumero senza sede definitiva.
(4-03942)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere:
quali iniziative abbia adottato per garantire a tutti gli studenti che lo decidano di poter usufruire dell'ora alternativa avendo di già garantito tutti coloro che vogliano usufruire dell'ora di religione cattolica;
se tra le ore alternative sia previsto - tra gli altri - l'insegnamento delle tre religioni monoteistiche, ovvero la religione cristiana, la religione ebraica, la religione islamica;
quali altri insegnamenti siano previsti;
se non ritenga di dare disposizioni al fine di garantire che l'insegnamento dell'ora di religione cattolica avvenga o all'inizio o alla fine delle lezioni, disposizione tassative e perentorie per quegli istituti che non sono in grado di garantire l'insegnamento alternativo;
quanti di coloro che sono entrati in ruolo in quanto insegnanti di religione cattolica siano passati all'insegnamento di altra materia.
(4-03977)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
dalle ispezioni effettuate dai carabinieri del NAS nei primi otto mesi dell'anno circa un terzo delle mense scolastiche è risultato sprovvisto dei requisiti richiesti e irregolare;

in particolare si è riscontrato cibo scadente, norme igieniche non rispettate, locali e apparecchiature non a norma;
i 174 controlli, eseguiti tra gennaio e agosto, hanno portato alla chiusura di 15 strutture per motivi di salute pubblica, due mense sono state sequestrate, per un valore complessivo di 2,73 milioni di euro; oltre 3,6 le tonnellate di alimenti posti sotto sequestro, duecento le confezioni incriminate, quattro i campioni prelevati (tra alimenti, medicinali e altro) ancora in corso di analisi e accertamento;
i carabinieri del NAS hanno denunciato 28 persone alle procure della Repubblica e hanno effettuato 44 segnalazioni all'autorità amministrativa;
si tratta di 101 infrazioni complessivamente accertate; in 32 casi quelle penali e in 69 quelle amministrative, sono a carico della stessa struttura; pertanto, da quanto emerge dai dati, circa il 30 per cento delle mense sottoposte a verifica presenta delle irregolarità; ha spiegato il vice-comandante dei Carabinieri per la tutela della salute Antonio Amoroso «c'è un'equidistribuzione dei sequestri sul territorio nazionale, possiamo dire che le irregolarità sono a macchia di leopardo. In buona parte riguardano episodi di frodi, in particolare casi di cibo non adeguato o nocivo, oppure carenze strutturali nelle apparecchiature utilizzate» -:
quali iniziative i ministri intendano promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto sopra enunciato, per rassicurare gli studenti e le loro famiglie circa gli alimenti che vengono utilizzati nelle mense scolastiche;
di quali elementi dispongano i ministri in relazione alla situazione sopra descritta.
(4-04070)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che;
è grave il rischio di blocco delle attività e di chiusura che pende sull'Ebri, l'Istituto di ricerca sul cervello, voluto dal premio Nobel per la Medicina, Rita Levi Montalcini, e nato a Roma nell'aprile del 2005;
tale grave rischio è dovuto a un possibile sfratto nei confronti dell'Ebri stesso, che, sostiene la sua fondatrice, «mette in forse tutto ciò che ho fatto, i risultati scientifici ottenuti e l'impegno del capitale umano eccezionale che lavora in Istituto»;
la sorte della cinquantina tra scienziati e ricercatori dell'European brain research institute è appesa al pronunciamento del giudice, ma con la chiusura delle utenze, l'attività di ricerca sugli enigmi del cervello aveva già subito una battuta di arresto;
le difficoltà dell'Ebri sono cominciate il 2 ottobre 2008, con una lettera della fondazione Santa Lucia che ospita nei sui immobili dell'Istituto: «Per la nostra fondazione senza scopi di lucro è indispensabile ricercare una sostanziale parità tra entrate e uscite. Ma questo equilibrio è compromesso dal corrente sistema di ripartizione delle spese di gestione da noi anticipate e restituite dall'Ebri nella misura del 24 per cento, con notevoli ritardi, più volte segnalati»;
già a giugno risulta che a sei giovani ricercatori dell'Ebri non sono stati corrisposti gli stipendi. Nel mese successivo era stato sospeso l'uso dei telefoni. Gli inadeguati finanziamenti pubblici non sono bastati a coprire i costi delle ricerche né quelle di gestione;
l'Ebri costituisce un'eccellenza per l'esplorazione del cervello: 255 tra medici, biologi, biochimici, neurobiologi, fisici, matematici, immunologi, genetisti, informatici, cognitivisti, e 44 laboratori su uno superficie di 25 mila metri quadrati a Roma, per studiare il funzionamento dell'organo

più complesso e misterioso anche in presenza di patologie come l'Alzheimer, il Parkinson, l'ictus, la sclerosi laterale amiotrofica;
l'ingiunzione di sfratto è stata comunicata il 22 luglio scorso, con la richiesta del rilascio dei locali entro il 30 settembre. Il ricorso è già partito, come riferisce il premio Nobel signora Levi Montalcini, fondato è il timore che si interrompa «l'ultimo capitolo della mia vita che si sta rivelando il più importante dal punto di vista scientifico, con i formidabili risultati attraverso l'impiego del Nerve growth factor (il fattore di crescita delle cellule nervose da lei scoperto, ndr)»;
appare un gravissimo, inaccettabile danno per il paese e il progresso scientifico che un polo di eccellenza come l'Ebri rischi di essere smantellato e comunque paralizzato nella sua importanza azione di ricerca e sperimentazione -:
quali urgenti iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare per scongiurare quanto sopra esposto e paventato;
nel caso lo sfratto non sia rinviabile, se non ritengano di attivarsi perché sia trovata una soddisfacente e urgente soluzione.
(4-04072)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
negli istituti scolastici locali di Bologna e dell'Emilia-Romagna, da sempre ed in particolare in questo momento in cui si dà attuazione ai provvedimenti del Governo e del Ministro Gelmini, la pressione congiunta di esponenti del PD, degli enti locali e di una frangia particolarmente ideologizzata di docenti e dirigenti, sta rendendo invivibile il clima all'interno della scuola, determinando, ad avviso dell'interrogante, tensioni e un'atmosfera di «terrorismo culturale» che non arretra nemmeno di fronte alla reazione di quei docenti e genitori che non si riconoscono nel «verbo» della sinistra;
di recente il caso Turci, già segnalato dall'interrogante in precedenti atti di sindacati ispettivo, e le reazioni che appaiono all'interrogante scomposte e aggressive del sindaco e degli assessori di Bologna nonché del locale responsabile del PD nei confronti dell'atteggiamento corretto ed istituzionale del direttore scolastico regionale sono la spia di un disagio generale che evidenzia la volontà egemonica della sinistra e la sua intenzione di mantenere un controllo ferreo sulla scuola bolognese, ponendosi, secondo l'interrogante, in contrasto con gli elementari diritti garantiti dalla Costituzione e dalle leggi dello Stato -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di assicurare la certezza del diritto nelle scuole bolognesi, attraverso la presenza di ispettori che abbiano il compito di ricondurre a normalità situazioni non più sostenibili;
se il Governo non ritenga opportuno promuovere al più presto uno statuto dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che, fatta salva la libertà di espressione e di libera manifestazione delle proprie idee politiche, eviti alla scuola interferenze politiche che di fatto la espongono a strategie e progetti che le sono completamente estranei.
(4-04095)

TESTO AGGIORNATO AL 28 MARZO 2011

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

PEDOTO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è di questi giorni la triste notizia del papà del piccolo Tommaso che ha donato

un rene al suo bambino e che per sottoporsi all'intervento chirurgico di espianto si è dimesso dal lavoro;
è del 1967 la legge che equipara lo stato giuridico del donatore a quello del paziente e che prevedeva l'emanazione del regolamento di esecuzione entro sei mesi dalla sua entrata in vigore;
in questi quarantadue anni non sono stati fatti passi avanti in tal senso;
la Conferenza Stato Regioni nella seduta dell'8 aprile 2009 ha dato parere favorevole allo schema di decreto ministeriale recante «Regolamento per lo svolgimento delle attività di trapianto di organi da donatore vivente» -:
se il Ministro intenda adottare con la massima sollecitudine il tanto atteso regolamento di esecuzione per evitare che si ripetano queste situazioni che penalizzano ulteriormente coloro che compiono tale eroico gesto, così recuperando il ritardo spaventoso che ha generato sofferenze, danni, spese e difficoltà sul lavoro;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per fare in modo che ai cittadini che hanno subito espianti vengano riconosciuti i diritti pregressi lesi da tali gravi omissioni da parte dello Stato e dei Governi che si sono succeduti.
(5-01742)

LISI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
gli avvocati Maurizio Tafuro ed Ernesto Aprile, dipendenti Inail con, qualifica di avvocato, funzionalmente assegnati all'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce, ma in servizio presso la sede Inail di Taranto, hanno ripetutamente segnalato alla Direzione regionale Inail per la Puglia la precarietà della loro situazione lavorativa a causa dell'enorme carico di lavoro derivante dalla particolare struttura sociale ed industriale dell'area ionica;
nello specifico, i medesimi avevano evidenziato come, sia per l'ordinamento delle strutture centrali e territoriali dell'Inail, sia per il regolamento di organizzazione dello stesso Ente, l'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce dovesse essere considerata come Ufficio unico, avente competenza sulle tre sedi Inail ricadenti nel distretto di Corte di Appello di Lecce (Lecce, Brindisi e Taranto), con consequenziale equa ripartizione dei carichi di lavoro tra tutti gli avvocati Inail operanti nel distretto di Corte di appello di Lecce;
in conseguenza, gli avvocati Aprile e Tafuro avevano investito della predetta questione il Direttore regionale Inail per la Puglia, con richiesta del 2 novembre 2006, rimasta tuttavia senza alcuna risposta;
a seguito del silenzio-rifiuto di cui sopra i medesimi avevano inoltrato ricorso al giudice amministrativo;
il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione di Lecce, con sentenza n. 3827/07 reg. dec., depositata il 13 novembre 2007 e divenuta cosa giudicata, ha sentenziato nei riguardi dell'Inail il potere-dovere di adottare un sistema di organizzazione del lavoro tendente a garantire, con caratteristiche di continuità, una più equa e razionale distribuzione dei carichi di lavoro tra tutti i legali Inail operanti nel distretto di Corte di appello di Lecce;
non avendo l'Inail dato esecuzione alla predetta sentenza, i ricorrenti adivano nuovamente il Tribunale amministrativo regionale Puglia, sezione di Lecce, con giudizio di ottemperanza, il quale, con sentenza n. 2293/08 del 29 luglio 2008, anche questa divenuta cosa giudicata, affermava che, nell'ambito dell'Inail, esistono avvocature regionali o distrettuali e «non inesistenti sedi provinciali»;
non avendo l'Inail dato esatta esecuzione alle precitate sentenze, l'avvocato Tafuro adiva nuovamente il Tribunale amministrativo regionale Puglia, sezione di Lecce, per ottenere l'esatta esecuzione delle summenzionate sentenze. Il medesimo

Tribunale amministrativo regionale con ordinanza resa nel giudizio n. 342/09, depositata il 23 aprile 2009, ordinava all'Inail di fornire allo stesso Tribunale amministrativo regionale il carico di lavoro di ciascun avvocato Inail operante nel distretto di Corte di appello di Lecce, nonché di fornire i provvedimenti organizzativi adottati per attuare le predette sentenze;
il Tribunale amministrativo regionale Lecce, con sentenza n. 1956/09, accoglieva il ricorso dell'avvocato Tafuro, trasmettendo tutti gli atti alla procura della Corte dei conti e dichiarando, tra l'altro, che l'avvocato Tafuro medesimo risulta già incardinato presso l'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce, e ordinava all'Inail di ripartire l'intero carico del lavoro dell'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce tra tutti i legali del distretto. Ad oggi, l'Inail, nonostante formale diffida ad eseguire puntualmente la sentenza non ha adempiuto;
nonostante tale svolgersi dei fatti, a tutt'oggi, si registra dunque la pervicace inottemperanza da parte della direzione regionale Inail per la Puglia ai succitati provvedimenti giudiziari. Tale comportamento dell'Ente ha comportato in tutti i giudizi la condanna alle spese di lite a carico dell'Inail, con conseguente possibile danno erariale, causando altresì il permanere di un'assoluta disorganizzazione dell'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce, in particolare della sede di Taranto -:
se e quali iniziative il Ministro intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze in merito:
a) alla mancata costituzione dell'Avvocatura distrettuale di Lecce quale ufficio unico avente competenza su tutto il territorio del distretto di corte di Appello di Lecce, nonostante le sentenze;
b) alla mancata equa ripartizione dei carichi di lavoro tra gli avvocati Inail operanti nel distretto di Corte di appello di Lecce;
c) al mancato, effettivo incardinamento dell'avvocato Maurizio Tafuro presso l'Avvocatura distrettuale Inail di Lecce, così come statuito chiaramente dalla sentenza n. 1956/09 del Tribunale amministrativo regionale di Lecce;
d) alla decisione dell'Inail di spendere 40.000,00 euro, per la ristrutturazione dei locali dove sono allocati gli avvocati dell'Inail che seguono le cause della sede di Taranto, pur essendo stata, tale sede di avvocatura, dichiarata inesistente dal Tribunale amministrativo regionale Puglia, sezione di Lecce, con la sentenza n. 2293/08, divenuta cosa giudicata.
(5-01743)

FONTANELLI, LIVIA TURCO, GATTI e REALACCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riportato dalla stampa nazionale e locale, in data 19 agosto 2009, presso l'Ospedale di Pisa, l'équipe del Professor Ugo Boggi ha effettuato un trapianto di rene su un bambino di 5 anni, Tommaso R., affetto fin dalla nascita da insufficienza renale cronica;
l'organo trapiantato è stato donato dal padre del bambino, Pier Enrico R., che, per aiutare il figlio, si è dovuto licenziare dal lavoro, perché - ha dichiarato - in Italia non esiste una norma che tuteli la donazione da vivente, cioè che non è riconosciuta l'assenza dal lavoro per malattia a chi doni un organo in favore di un'altra persona;
la vicenda citata ha riportato all'attenzione anche un altro caso di trapianto da vivente, verificatosi sempre a Pisa nel 2003, nel quale una donna, Irene Vella, donò un rene al marito Luigi e dovette lasciare l'impiego perché non poteva assentarsi dal lavoro;
questi casi hanno fatto emergere una grave incongruenza della disciplina in materia di trapianti, in quanto l'articolo 5 della legge 26 giugno 1967, n. 458, «Trapianto

del rene tra persone viventi», prevede: «Per l'intervento chirurgico del prelievo del rene, il donatore è ammesso a godere dei benefici previsti dalle leggi vigenti per i lavoratori autonomi o subordinati in stato di infermità; è altresì assicurato contro i rischi immediati e futuri inerenti all'intervento operatorio e alla menomazione subìta»;
l'articolo 8 della legge citata prevede altresì: «Il Ministro per la sanità, di concerto col Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, emanerà il regolamento di esecuzione della presente legge entro sei mesi dalla sua entrata in vigore»;
ciò nonostante, tale regolamento di esecuzione non è mai stato emanato e, di conseguenza, non esistono tutele per i lavoratori che decidano di donare un rene -:
se e in quali tempi il Governo intenda adottare il regolamento di esecuzione della legge 26 giugno 1967, n. 458, come previsto dall'articolo 8 della medesima legge, al fine di tradurre le disposizioni di cui all'articolo 5 in benefici reali a garanzia del donatore, che compie un gesto di elevato valore morale, oltre che di salvaguardia della salute del singolo e, dunque, della collettività.
(5-01748)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 24 luglio 2009 il quotidiano Il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo del giornalista Roberto Turno, dal significativo titolo: «SSN: cinque miliardi di debiti con i fornitori di tecnologie»;
nel citato articolo si descrive quello che viene definito come «il quadro sempre più a tinte nere dei debiti di Asl e ospedali delle Regioni nei confronti delle aziende di tecnologie biomediche»; che registra ritardi nei pagamenti con punte fino a 668 giorni in Molise e 611 giorni di ritardo in Campania;
l'ultima analisi elaborata da Assobiomedica, per quanto riguarda fatture non pagate, vede in testa, per entità e valore la regione Lazio (912 milioni di euro) seguita dalla regione Campania (733 milioni di euro), e dalla regione Puglia (476 milioni di euro); le tre regioni, da sole, accumulano quasi il 43 per cento dell'intero debito regionale nei confronti delle imprese fornitrici di tecnologie sanitarie;
restano altissimi i tempi di rimborso per onorare le fatture da parte delle aziende sanitarie. Nonostante il trend dei primi mesi del 2009 sia al di sotto dello stesso periodo del 2008, il confronto rispetto a dicembre del 2008 (269 giorni di ritardo nei pagamenti) ha fatto segnare una nuova risalita, confermata anche dai primi dati di giugno (273 giorni medi di attesa da parte delle aziende creditrici);
lo studio di Assobiomedica distingue le regioni in tre macro aree: quelle che prestano attenzione ai tempi di pagamento e altrettanto impegno «perché questi non siano eccessivamente gravosi» per i fornitori; le regioni non abbastanza «impegnate» su entrambi i fronti; infine le regioni in cui la situazione viene definita senza perifrasi «fuori controllo»;
tra le regioni definite «fuori controllo» figurano la Calabria, dove i tempi di rimborso sono continuamente cresciuti dai 300 giorni di ritardo del 2002; la Campania, dove dal 2003 i tempi di rimborso non sono mai scesi sotto i 400 giorni; il Molise, che vanta la maglia nera del peggior pagatore; il Lazio, che tra alti e bassi resta tra le posizioni da maglia nera; la Puglia, dove in tre anni i tempi di pagamento sono raddoppiati da 200 a 403 giorni;
tra le regioni dove la situazione per le aziende creditrici resta assai critica Assobiomedica considera un gruppo di almeno quattro regioni: Emilia Romagna (291 giorni), Piemonte (282), Sardegna (250) e Veneto (240);

tra le regioni che riservano un'attenzione definita «insufficiente» verso i diritti delle aziende fornitrici si annoverano Abruzzo (200 giorni), Sicilia (209), Liguria (191), Toscana (203) e Basilicata (204);
secondo lo studio di Assobiomedica, solamente le regioni Marche e Umbria, con ritardi rispettivamente di 153 e 143 giorni, starebbero invece migliorando le proprie performance di pagamento;
le uniche regioni che secondo Assobiomedica presenterebbero un bilancio confortante di soddisfacente pagamento sono il Trentino, la Valle d'Aosta e il Friuli, con ritardi tra 79 e 100 giorni, che peraltro hanno anche un volume di credito basso in valore assoluto; infine la Lombardia, i cui tempi di pagamento a maggio, si sono attestati a quota 119 giorni (per un valore di 284 milioni);
ad avviso degli interroganti è grave e inquietante la situazione evidenziata e denunciata dallo studio di Assobiomedica e il suo permanere potrebbe indurre le imprese fornitrici di attrezzature e tecnologie sanitarie a sospendere le forniture stesse, con evidente, gravissimo danno per i pazienti -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in ordine a quanto sopra descritto;
se non si ritenga di dover acquisire dati aggiornati, anche mediante un'indagine statistica in ordine ai ritardi evidenziati in premessa;
quali altre iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte di tale gravissima situazione.
(4-03906)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in un'intervista rilasciata al sito Tiscali il professor Silvio Garattini, fondatore dell'istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, nonché membro di importanti organizzazioni internazionali, ha sostenuto che «certamente dietro la vicenda della influenza suina, come precedentemente per quella aviaria, vi sono molti interessi industriali per quanto riguarda sia i farmaci antivirali, sia il vaccino contro la H1N1. Del resto gli effetti ci sono. Di fatto la popolazione ha reagito dapprima acquistando tutte le mascherine disponibili in farmacia, poi facendo incetta di farmaci ed ora attendendo di poter acquistare il vaccino»;
il professor Garattini ha affermato che: «bisogna dire no al pericoloso uso fai da te dei farmaci, perché hanno comunque degli effetti tossici. Va detto che se la patologia non è in atto è inutile assumerli, se il contagio è avvenuto - poi - si tratta di farmaci che non hanno una grandissima efficacia, dal momento che contribuiscono solo a diminuire la durata della malattia stessa di 1-2 giorni»;
lo stesso Garattini ha dichiarato che: "tutti i farmaci danno effetti collaterali. Nel 1976 in USA la vaccinazione di massa contro un virus simile è stata interrotta a causa di danni neurologici. Per ora non sappiamo come sarà tollerato il vaccino perché non è disponibile. È augurabile che non si proceda con troppa fretta, ma con spirito di responsabilità»;
considerando inoltre che i casi di mortalità provocati dalla pandemia A/H1N1, risultano essere di gran lunga inferiori a quelli di una normale influenza stagionale, ad avviso degli interroganti è legittimo e fondato il sospetto che il fenomeno in realtà sia enfatizzato ad arte allo scopo più che di tutelare la salute della popolazione, a pilotare milioni di euro in quelle che sono state definite «le voraci fauci delle multinazionali dei farmaci» -:
se non si ritenga necessaria e comunque urgente un'adeguata campagna informativa circa le dimensioni e la portata del fenomeno, a proposito del quale, nelle settimane passate, si è detto e scritto di tutto e il suo contrario;

per quali ragioni questa campagna di informazione ancora non sia stata avviata;
se non si ritenga di dover promuovere un'azione coordinata da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali al fine di scongiurare affermazioni e iniziative che - fatta salva la buona fede - nei fatti ottengono lo scopo di sconcertare l'opinione pubblica e produrre confusione, come per esempio è accaduto quando si è prospettata inopinatamente la possibilità di una generalizzata chiusura delle scuole;
se si sia in grado di chiarire quanto verrebbe a costare una dose di vaccino e quante dosi ci si accinge ad acquistare e produrre.
(4-03908)

JANNONE e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Bergamo, è stato revocato l'assegno di accompagnamento ad un ragazzo di 26 anni, affetto da sindrome di Down, invalido civile al 100 per cento, a causa della scorretta applicazione del decreto-legge n. 112 del 2008, articolo 80, cosiddetto «decreto Brunetta», che si pone, tra gli altri, l'obiettivo di «scoprire» i falsi invalidi che percepiscono dall'Inps un'indennità di accompagnamento non dovuta, sfruttando denaro pubblico che potrebbe essere dirottato verso autentiche necessità. Dal 2001, il ragazzo lavora in un'azienda tessile, impiegato part-time in qualità di addetto alla lavorazione degli scarti di tessuto, occupazione che facilita l'inserimento in un contesto di socialità. A fine maggio 2009, Mauro viene chiamato a presentarsi agli uffici dell'Inps di Bergamo per sottoporsi «a una verifica straordinaria volta alla ricerca dei cosiddetti falsi invalidi»;
del caso si sta occupando l'associazione nazionale mutilati e invalidi civili di Bergamo (ANMIC) presieduta da Giovanni Manzoni, che ha manifestato la volontà di intentare a giorni al Tribunale ordinario una causa contro l'Inps. Manzoni precisa che nell'esposto verrà criticata l'errata applicazione della normativa «nei confronti di un ragazzo che alla sindrome di Down associa una malformazione cardiaca riscontrata dalla nascita e un ritardo mentale grave la cui indennità di accompagnamento è stata riconosciuta d'ufficio a Roma, sette anni fa, con decreto direttoriale rilasciato dal Ministero delle Finanze»;
l'esito della visita di maggio arriva un mese dopo, a fine giugno, evidenziando la decisione dei medici incaricati della verifica di privare il ragazzo dell'indennità di accompagnamento. Da qui la decisione della famiglia di rivolgersi all'Anmic affinché metta in atto quanto possibile per evitare che si possano ripetere situazioni simili. Dall'analisi della vicenda emerge un'evidente contraddizione. Infatti, pur rilevando che il ragazzo «necessita di supervisione per le attività quotidiane», l'equipe dell'Inps non ha confermato «la sussistenza dei requisiti sanitari per usufruire del beneficio in godimento». In sostanza, siccome il ragazzo è impegnato part-time in una ditta e quindi è fuori «da una permanente inabilità lavorativa», l'indennità gli è stata revocata -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per chiarire se sia stata correttamente verificata la sussistenza dei presupposti per la revoca dell'assegno di invalidità nel caso sopraccitato, anche allo scopo di evitare il ripetersi di situazioni analoghe che certamente arrecano disagio tanto alla persona in difficoltà quanto al nucleo familiare di appartenenza.
(4-03915)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Premesso che:
il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato nella sua edizione del 3 agosto 2009 un articolo del giornalista Claudio Marincola, significativamente intitolato:

«Roma, sala parto: benvenuti al mondo sul lettino ricoperto di buste di plastica»;
che nel citato articolo, si può leggere: «Maria è una bella bimba. Pesa 2,860 kg. È nata nella plastica. Che non è una nuova tecnica, come il parto in acqua del medico russo Igor Tjarkowskij, ma il modo in cui si viene alla luce ormai da qualche tempo in uno dei grandi ospedali di Roma: il Sant'Eugenio. Non siamo all'«inferno» del Policlinico Umberto I dove fino a qualche tempo cicche e siringhe galleggiavano nei corridoi. Questo è un altro scempio. Più discreto e più nascosto. Bisogna salire al secondo piano e passare varie porte chiuse a chiave prima di entrare nel Reparto maternità e da lì in sala parto;
le buste celesti avvolgono i due letti in cui si stendono le partorienti. La plastica è ripiegata fino al telo verde che ricopre il resto del letto. Impossibile evitare il contatto. Sotto il telo si nota un tessuto in similpelle di color nero. È consunto, ha visto soffrire e gioire migliaia di mamme. Ormai è logoro. Agli angoli dove non arriva il telo e dove la plastica si attacca e si deforma, spunta la gomma dell'imbottitura macchiata come un vecchio materasso in più punti;
ogni anno nascono in questa sala e dunque nella plastica 1350 bambini. Medici, ostetriche e infermieri stanchi di coperture posticce sono passati al fai-da-te. Ed ecco che, proprio come in guerra, quando scarseggiano i rifornimenti o come negli slum di Mumbai, il personale ha fatto fronte all'emergenza. Con la plastica;
nella sala parto i letti sono due. Stanno lì dagli anni '80. E si vede. I divaricatori, che in origine erano bianchi, ora sono color giallo-avorio. Osservandoli meglio, sostiene un infermiere, si noterebbe anche la ruggine. Dopo tante battaglie stanno per cedere. Qualche giorno fa uno dei due divaricatori si sganciò proprio nella fase di spinta tra gli sguardi increduli e imbarazzati dei medici;
le buste a prima vista sembrano quelle che si utilizzano per i rifiuti ingombranti. Dal 2010, per una disposizione Ue, non saranno più utilizzabili nei nostri supermercati. Dovranno essere sostituite col cartone;
così si nasce a Roma-Mumbai. Quando tutto è finito, quando tra neonato e mamma non c'è più scambio nutrizionale e il cordone è staccato, basta sparecchiare. Garze, flaconcini, siringhe, placente, materiale organico, tutto nasce e muore nella stessa busta;
la Asl RmC, l'azienda ospedaliera di cui fa parte l'ospedale, una delle più grandi di Roma, e forse anche per questo, attraversata da scandali, disservizi, truffe, inchieste della magistratura ancora in corso. Dopo le vicende di Lady Asl, la signora condannata per aver sottratto alle casse della sanità laziale svariate decine di milioni di euro, i Nas al Sant'Eugenio sono di casa. La Asl RmC è stata commissariata fino a circa due mesi fa, quando il direttore generale Elisabetta Paccapelo si fece dare le chiavi del suo studio dalla guardia giurata e rientrò grazie a una sentenza del Tar;
il Sant'Eugenio è considerato un'eccellenza per il suo Centro grandi ustioni, riaperto di recente. Ma basta girare per scoprire che nell'ospedale di viale dell'Umanesimo si sta diffondendo lo stesso morbo che ha già attaccato il Policlinico. Bilance ricoperte dalla ruggine. Rubinetti ossidati. Lavandini divelti. I medici del reparto maternità si spogliano praticamente in pubblico. Gli armadietti chiusi con i lucchetti sono raggruppati in un piccolo corridoio dinanzi a due ascensori, «Qualche tempo fa stavo cambiandomi, ero in mutande prima di indossare la divisa chirurgica, quando dall'ascensore è sbarcata una partoriente accompagnata dalla suocera. Hanno finto di non vedermi tirando dritto. Due gran signore, ho apprezzato...»;
una volta toccò invece a una dottoressa. «Mi appiattii dietro la porta tagliafuoco - lei racconta - se all'improvviso la gestante e i parenti mi avessero visto si sarebbero spaventati a morte»;

gli spogliatoi, se così si possono chiamare, sono ricavati lungo le uscite di sicurezza. Già, la sicurezza: l'estintore è staccato, dal tubo cola un liquido giallastro. Che accadrebbe nell'ospedale che ospita il centro ustioni più grande della Regione in caso di incendio?
va dato atto però che finora nessun caso di «malasanità» è attribuibile al degrado igienico. Così come va detto che il tasso di mortalità infantile nel nostro Paese nell'ultimo decennio è passato da valori di circa 8 a 4 per mille nati vivi. Tre quarti sono da attribuire ai decessi della prima settimana. Anche se la situazione del Lazio negli ultimi anni ha fatto segnalare una crescita in controtendenza poco rassicurante. Negli ultimi vent'anni il Lazio è passato dal 12o al 6o posto preceduto solo da Calabria, Sicilia, Basilicata, Puglia e Campania;
«La logistica è quella che è - ammette il primario del reparto, il dottor Maurizio Zaza - e del resto si vede. Per gli spogliatoi abbiamo messo a disposizione dei medici anche alcune stanze e se qualcuno preferisce non usarle questo non è colpa nostra. Più in genere il deterioramento - continua Zaza - è legato alla scarsità di fondi. Ma nel nostro caso c'è un progetto già finanziato. Prevede la ristrutturazione del reparto e anche l'acquisto di nuovi letti. I lavori inizieranno ad ottobre; dureranno dai 4 ai 6 mesi; in quel periodo funzioneremo a scartamento ridotto». E la plastica? «I nostri protocolli sono rigidi, usiamo solo buste monouso, quelle autorizzate che servono per isolare il letto prima di appoggiare le parti sterili» -:
quale siano gli elementi a disposizione del Ministro con riferimento a questa o altre situazioni analoghe nelle sanità pubbliche di competenza;
se non ritenga di dover promuovere, sollecitare e comunque adottare tutte le iniziative perché simili, incresciose situazione abbiano fine.
(4-03923)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI e MECACCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia «ANSA» il 19 luglio 2009 riferiva che il signor Giuseppe Trieste, presidente della Fondazione italiana per l'abbattimento delle barriere architettoniche (Fiaba) ha presentato una denuncia contro la compagnia aerea «Easy Jet», perché - come lo stesso interessato ha spiegato «Mi hanno lasciato a terra perché sono disabile... non mi hanno fatto imbarcare sul volo Malpensa-Lamezia Terme»;
il signor Trieste racconta di aver fatto regolarmente la prenotazione «segnalando di essere una persona in carrozzina e nessuno mi ha detto nulla. Poi però, una volta al check in, mi hanno detto che senza accompagnatore la compagnia non accettava persone disabili. Una cosa assurda, sono quarant'anni che volo e non ho mai avuto problemi di nessun tipo»;
il signor Trieste ha provato a chiamare il responsabile dell'Enac di Milano, che avrebbe risposto di non poter fare nulla, dal momento che si trattava di una decisione della compagnia;
in realtà, come fa presente lo stesso Trieste, «esistono norme precise al riguardo: c'è una direttiva europea che obbliga le compagnie ad accogliere qualunque passeggero. Tra l'altro le stesse compagnie, proprio per sostenere i costi delle persone diversamente abili, hanno aumentato di un euro il prezzo del biglietto. Ecco perché, ho presentato una denuncia per mancata assistenza e conseguente violazione delle norme comunitarie oltre che della convenzione internazionale dell'ONU sui diritti delle persone con disabilità»;
secondo il signor Trieste non sarebbe un caso isolato: «I carabinieri ai quali ho presentato denuncia mi hanno detto che altre volte in passato ci sono stati analoghi problemi con la Easy Jet, ma i passeggeri non hanno mai denunciato il fatto»;

gli interroganti reputano comunque che comportamenti come quelli denunciati dal signor Trieste debbano essere sanzionati e puniti -:
quali iniziative si intendono adottare, promuovere e sollecitare nei confronti della compagnia «Easy Jet» in particolare, e quali iniziative si intendono promuovere e adottare in generale per scongiurare che in futuro abbiano a ripetersi odiose discriminazioni come quelle subite dal signor Trieste.
(4-03926)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la signora Flavia Capelletti, presidente dell'Associazione «Il Filo Creativo di Flavia» ha inviato ai parlamentari e a numerose altre personalità la seguente lettera aperta: «Sono una ragazza disabile di 27 anni, affetta da tetraparesi spastica, conseguenza dell'essere nata con il forcipe e la ventosa mentre sarebbe bastato un taglio cesareo. Purtroppo i miei genitori non hanno saputo accettare la mia malattia, conseguenza: a 18 anni ho chiesto ospitalità a uno zio e da 10 anni vivo con lui;
cammino con un deambulatore, sono indipendente, anche se purtroppo non me la sento di fare la patente a causa dei miei riflessi poco coordinati. Il trasporto disabili è molto scarso ovunque e quindi, andare al lavoro è un miraggio. Da quasi due anni ho aperto una ONLUS, «Il Filo Creativo di Flavia», nato con l'obiettivo di comperare un pullmino attrezzato, attraverso la vendita di lavori fatti da me e da altri ragazzi disabili e l'organizzazione di eventi che permetteranno l'integrazione dei disabili con la società. Di questo in fondo si tratta, di considerare il disabile una persona che, «nonostante i suoi problemi mira a una vita il più possibile normale, ha gli stessi desideri di voi che camminate, vuole farsi una famiglia, dei figli e una casa, ma Lei sa bene che, 250 euro al mese non bastano. Si tende infatti a tenere il disabile ai margini della società, dandogli una pensione che non basta nemmeno a non farlo morire di fame, figuriamoci se basta per vivere. Non è mia abitudine fare la vittima, io ho la bocca per chiedere aiuto, il girello, degli amici, un fidanzato grazie a Dio... ma mi sto battendo per chi ha problemi molto più gravi di me, per chi magari è allettato ed ha genitori anziani e stanchi, per chi, magari non è allettato ma non ha la forza di lottare, di chiedere, e nemmeno più di sperare. Da anni faccio volontariato, di gente sofferente ne ho conosciuta tanta, disabile e non, e mi sono sorte alcune domande:
perché nel caso di sbagli da parte degli ospedali, non c'è un'assistenza totale, da parte dello stato? E ci si limita spesso a un'ora di assistenza giornaliera e un'ora la settimana di fisioterapia?
perché non c'è assistenza gratuita, materiale e psicologica ai disabili e alle loro famiglie?
perché non si fanno interventi seri per eliminare le innumerevoli barriere architettoniche esistenti, e i pochi interventi fatti, perché non si fa provare al disabile se le cose vanno bene?
perché non si insiste di più sul telelavoro in modo che i disabili che sono in grado di farlo possano lavorare da casa?
perché non la si smette di lasciare solo tutto nelle mani del volontariato, e non si stipendiano le persone che vorrebbero darci una mano?
perché non la si smette di fare penosi controlli ai disabili gravi e permanenti mentre ci sono milioni di falsi invalidi (che dopo tutto hanno preso la pensione grazie a una commissione di medici compiacente)?
potrei continuare all'infinito con i perché, ma vi chiedo solo di darmi una mano a sviluppare il mio progetto, in

modo che io possa aiutare altri disabili, che stanno come me o peggio di me;
credo non basti solo il mero assistenzialismo, noi vogliamo vivere, vogliamo integrarci con gli altri, perché siamo uguali a loro;
già sono tante le barriere mentali, dateci una mano almeno ad abbattere quelle materiali, perché anche noi siamo una risorsa per il nostro Paese e non un peso -:
quali siano gli intendimenti del Governo in relazione ai quesiti posti dalla signorina Cappelletti e se il ministero non ravvisi l'opportunità di aderire, per quanto è dato in suo potere, alla richiesta di aiuto formulata dalla signora Cappelletti.
(4-03930)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Messaggero ha pubblicato un articolo, intitolato «Pensioni Inpdap, scattano i tagli della operazione Red» firmato da Bruno Benelli, già funzionario dell'INPS ed esperto in materia previdenziale, nel quale si riferisce di riduzioni per i pensionati Inpdap degli «assegni a novembre e dicembre 2008; poi, da marzo 2009, partiranno i recuperi per gli arretrati. L'Inpdap ha concluso "l'operazione Red 2007", vale a dire il ricalcolo delle pensioni in base alle dichiarazioni relative ai redditi del 2006 rilasciate dagli interessati. Alcune prestazioni previdenziali, quali l'assegno al nucleo familiare e le pensioni di reversibilità, infatti, sono soggette a modifica in relazione agli eventuali cambiamenti del reddito o del nucleo familiare. Sulla base delle informazioni reddituali trasmesse dai pensionati per via telematica tramite Caf e altri soggetti abilitati all'operazione, l'istituto ha potuto verificare se l'importo delle pensioni poste in pagamento fosse o meno corretto»;
nel citato articolo, si riferisce anche che «i pensionati che percepiscono gli assegni per il nucleo familiare ricevono dalla mensilità di questo mese di novembre 2008 la pensione ricalcolata in considerazione sia dei redditi del 2006, sia delle nuove disposizioni intervenute in materia nello stesso periodo. Le eventuali somme pagate in più nei mesi precedenti verranno recuperate a decorrere dalla rata di marzo 2009»;
i titolari di pensione di reversibilità «vedranno la loro pensione modificata dalla rata di dicembre 2008, e le somme percepite in più nel periodo dal 1o gennaio 2006 al 30 novembre 2008 saranno recuperate dalla rata di marzo 2009»; inoltre le somme in più percepite dagli interessati «saranno, con trattenute mensili, fino ad un quinto della pensione, per un massimo di 60 rate»;
in parallelo con l'operazione Red è previsto «un altro importante appuntamento per i pensionati che hanno chiesto le detrazioni fiscali per familiari a carico. La legge stabilisce che ogni anno ogni interessato presenti apposita domanda con la quale dichiari di avere diritto alle riduzioni del fisco, indicando i familiari a carico. No domanda, no detrazioni»;
riassume il dottor Benelli: «entro il 28 novembre 2008 «agli interessati l'Inpdap ha inviato il modulo di dichiarazione. Chi non ha restituito il modulo ha poco tempo a disposizione. Entro il 28 di questo mese deve trasmettere le informazioni (anche a mezzo fax o posta: in questi casi va trasmessa anche fotocopia del documento di riconoscimento) agli uffici provinciali Inpdap.
Chi salta l'appuntamento della rata di gennaio 2009 ricordi che costringerà l'Inpdap a revocare le detrazioni a partire dalla rata di gennaio 2009.
Con la successiva rata di febbraio 2009 gli uffici completeranno l'opera recuperando le detrazioni fiscali 2008.
Il pensionato che rilevi inesattezze nei redditi utilizzati per la rideterminazione della pensione e dell'importo da recuperare,

ovvero nel caso in cui vi siano state variazioni del reddito o del nucleo familiare rispetto al 2006, può recarsi, entro 30 giorni dall'avviso inviato dagli uffici, presso l'ufficio relazione con il pubblico della sede Inpdap che gestisce la pensione, per correggere l'errore ed evitare l'avvio del recupero.)»;
a seguito di questo articolo, sono giunte numerose lettere ed e-mail da parte di cittadini interessati; quello che segue ne è un campionario indicativo:
«Anche a me è stata decurtata la pensione di 1.049 ed ancora non so spiegarmi il perché. Dimenticavo la mia pensione è di circa 2.000 euro»;
«Vorrei sapere, quando dovrò ancora aspettare, che mi sia riconosciuto il figlio ancora studente universitario e senza alcun reddito, a carico, dopo aver presentato il modello familiari a carico per l'anno 2008 e successivamente per l'anno 2009, nella sede di Roma1, con l'aggravante a febbraio di un ritiro di 603 euro, senza che io abbia dato la notizia che il figlio non fosse più a mio carico»;
a gennaio mi era stato detto entro aprile tutto sarebbe stato messo a posto, ma io quei soldi continuo a non vederli sul mio statino. Quando dovrò ancora attendere?»;
«Sono un ex appartenente delle forze dell'ordine, avendo subito un incidente in servizio portando un blocco totale del funzionamento della spalla destra, chiedo sapere quanto tempo è per aver la riscossione della propria pensione ordinaria, in quanto è dal mese di dicembre che non percepisce stipendio, cioè nulla, ancora più grave che il ministero dell'interno ancora non ha dato neanche la liquidazione ed ha avuto il coraggio di chiedermi uno stipendio pagato in più. Dato che è il ministero in debito con me mi sapete rispondere in merito? Comunque oggi dico che non è lusinghiero essere italiano»;
«Mio padre si è visto accreditare la pensione Inpdap a metà il mese di febbraio. Come mai non abbiamo ricevuto nessun avviso o il modulo che dicono che avremmo dovuto presentare entro il 28 novembre 2008? Eravamo completamente all'oscuro di queste manovre traditrici sempre a danno dei pensionati poveri!!! A chi dobbiamo rivolgerci ora?»;
«Sono un pensionato Inpdap, ho moglie e due figli, di cui una minorenne ed uno maggiorenne a carico, mi hanno trattenuto 1.600 euro dalla pensione. Ho dovuto portare la copia che il CAF ha inviato all'INPDAP nei termini previsti, come faccio a pagare le varie rate e mantenere la famiglia? Vorrei sapere come posso ricorrere e se questo sopruso per quest'anno sia finito, poi vorrei sapere, perché quando devono dare, li riceviamo con il contagocce e quanto prelevano, tra parentesi senza avvisare, se li prendono tutti? Grazie»;
«Anche mio suocero è stato vittima di una decurtazione della pensione per errori commessi in passato da chi gli ha compilato la dichiarazione dei redditi. Mi chiedo: come mai a pagare deve essere sempre il contribuente e mai chi compila la dichiarazione dei redditi? Se non sbaglio la regola è "chi sbaglia paga"»;
«Mi sapete indicare dove trovo quale è il numero di legge e di che anno è esattamente? Perché anche a mia madre hanno trattenuto metà della pensione, senza un minimo preavviso. Grazie»;
«Ma come si possono controllare i conteggi fatti se non inviano nulla? Mio papà non ha ricevuto nulla!» -:
se quanto pubblicato da Il Messaggero corrisponda al vero;
in caso affermativo, a fronte di questa situazione, che si ha ragione sia più disagevole e di maggiori dimensioni rispetto a quanto sopra riportato fa ritenere, quali iniziative il ministro intenda adottare, promuovere e sollecitare.
(4-03934)

GIULIETTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da diverso tempo il settore editoriale versa in uno stato di crisi economica determinato in parte dall'influenza congiunturale della crisi che investe l'economia globale e in parte derivante da fattori specifici, quali la contrazione delle vendite, la riduzione dei ricavi connessi al mercato pubblicitario e l'aumento generalizzato dei costi di produzione;
la predetta crisi del settore editoriale estende inevitabilmente i propri effetti sul piano occupazionale, che già risente negativamente della contrazione degli organici dovuta a fattori connessi con l'evoluzione e la trasformazione dei processi tecnologici di produzione e diffusione dell'informazione;
per fronteggiare l'andamento involutivo dei livelli occupazionali sono stati recentemente adottati interventi di riforma del sistema degli ammortizzatori sociali in ambito giornalistico, potenziando in particolare lo strumento dei prepensionamenti previsti dell'articolo 37, comma 1, lettera b), della legge 5 agosto 1981 n. 416;
con i provvedimenti normativi di cui al comma 18-ter dell'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2, ed al comma 41-bis dell'articolo 6 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito dalla legge 27 febbraio 2009 n. 14, sono state, infatti, individuate adeguate risorse finanziarie per supportare gli oneri delle procedure di prepensionamento conseguenti dagli stati di crisi delle aziende del settore editoriale;
le misure in tema di prepensionamenti assolvono la finalità di fornire sostegno ai lavoratori delle imprese che versino in situazione di reale difficoltà economica, per le quali i programmi di esubero del personale costituiscano condizione essenziale per la prosecuzione dell'attività dell'impresa stessa, e non devono quindi divenire uno strumento per il miglioramento dell'andamento dei conti di bilancio da realizzare attraverso la riduzione dei costi del personale connessi alla gestione delle ordinarie dinamiche del turn-over e del ricambio generazionale degli organi aziendali;
sembrano emergere dati preoccupanti circa l'elevato numero di giornalisti che, fino ad oggi, risulterebbe coinvolto negli stati di crisi finalizzati al prepensionamento -:
se non si ritenga, di assumere iniziative di controllo e vigilanza ispirate a criteri particolarmente rigorosi, al fine di rendere pienamente efficaci le misure normative introdotte a sostegno dei trattamenti di prepensionamento, per evitare che le imprese interessate, pur in assenza di reali ed effettivi presupposti, chiedano il riconoscimento dello stato di crisi aziendale per fare un uso strumentale e distorto dei prepensionamenti, disperdendo così preziose risorse a danno dei soggetti effettivamente in possesso dei presupposti per beneficiarne e vanificando, di fatto, lo spirito della riforma.
(4-03943)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella giornata del 19 agosto 2009 la Protezione civile ha lanciato l'allerta per Roma, Milano, Bologna, Firenze, Venezia e altri capoluoghi per l'ondata di afa che ha investito l'Italia e che si è protratta per tutto il mese;
con l'emergenza caldo dei mesi estivi deve essere tenuta in considerazione anche quella relativa all'ozono rispetto alla quale Legambiente ha lanciato l'allerta in numerose città tenuto conto che, dal 15

luglio, i capoluoghi di provincia che hanno già superato il limite di legge previsto per la salute sono passati da 15 a 28;
anche nell'estate 2008 l'89 per cento delle stazioni di monitoraggio per l'ozono ha registrato superamenti del livello di riferimento per la protezione della salute umana come risulta dall'annuario dell'ISPRA 2008;
sempre secondo i dati riferiti dall'annuario dell'ISPRA 2008 in Italia il 41 per cento di polveri sottili, il 65 per cento di ossidi di azoto ed il 39 per cento di composti organici non metanici (dati riferiti al 2006) sono dovuti al settore dei trasporti settore la cui modalità prevalente, sia per le merci che per i passeggeri, risulta essere quello su strada;
a parere degli interroganti i provvedimenti più urgenti dovrebbero riguardare quindi la mobilità alternativa e la promozione di mezzi di trasporto a basso impatto ambientale;
il Governo tedesco ha ad esempio presentato un ambizioso piano del Governo affinché entro il 2020 circolino in Germania un milione di auto elettriche -:
se non ritengano i Ministri interrogati di intraprendere urgenti azioni strutturali sulla mobilità, penalizzando anche economicamente il traffico privato e promuovendo modalità sostenibili di trasporto di persone e merci;
se non ritengano di assumere iniziative volte a sostenere maggiormente la mobilità elettrica dal potenziamento di idonee infrastrutture agli incentivi all'acquisto.
(4-03950)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa (Corriere dell'Umbria del 14 agosto 2009) risulta che, a seguito dell'incendio alla Ecorecuperi divampato il 3 giugno 2009, sono state trovate tracce di diossina nel latte proveniente da alcuni allevamenti di Stroncone sembra in percentuali tre volte superiori ai valori soglia fissati dalle norme vigenti;
tale notizia evidenzia una situazione più grave rispetto a quella fornita in precedenza dalle autorità e riportata anche nell'interrogazione a firma degli stessi interrogati n. 4-03482;
il risultato aggiornato è emerso da un esame commissionato dalla ASL4 di Terni a un laboratorio privato specializzato abruzzese;
da quanto riferito sulla stampa umbra si deduce che in questi due mesi, nonostante le gravissime dimensioni che ha assunto l'incendio di Vascigliano, tra l'altro non ancora del tutto domato, le autorità hanno sottovalutato le conseguenze a livello ambientale, sanitario ed economico, limitandosi ad avvisi e ordinanze oscillanti a seconda dei dati man mano raccolti;
con una nota dell'ASL4 di Terni del 13 agosto 2009, è stato richiesto ai sindaci dei Comuni di Stroncone, Terni, Narni nonché al Prefetto di Terni di provvedere a misure cautelative riguardanti tutta la zona compresa nel raggio di tremila metri dall'epicentro dell'incendio relativamente ai comportamenti relativi alla catena alimentare -:
la citata nota invita tutte le imprese agrozootecniche produttrici di alimenti per animali e per l'uomo che utilizzano matrici prodotte in quest'area di provvedere, in attuazione dei Regolamenti CE 178/02, 183/05, 852/04 e 853/04, ognuna per la parte di propria competenza, a tutte le misure opportune a impedire l'emissione nel mercato di prodotti contaminati da diossina nonché il divieto di raccolta e consumo di funghi epigei spontanei;
tale situazione, a giudizio degli interroganti, evidenzia un comportamento

complessivamente privo di trasparenza e di grave inerzia da parte delle autorità competenti -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di quanto sopra riportato e quali provvedimenti il Ministro della salute intenda assumere per la tutela della salute pubblica.
(4-03956)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il fascicolo «Repubblica-Salute» del 16 luglio 2009, a pagina 46, pubblicava l'articolo «Sla, ora si prova il doping al Epo»;
nell'articolo citato, tra l'altro, si riferisce che l'eritropoietina, nome in codice Epo, è un doping frequente nel ciclismo, cosa del resto confermata da numerosissimi articoli di cronaca pubblicati praticamente su tutti i quotidiani, non solo sportivi;
una ricerca italiana permetterebbe ora di ipotizzare il suo uso per curare la sclerosi laterale amiotrofica (Sla);
alcuni risultati incoraggianti in questo senso arrivano dall'istituto neurologico Carlo Besta di Milano, pubblicati su Als - Amyotrophic lateral sclerosis;
l'ipotesi da dimostrare, spiega il dottor Giuseppe Lauria dell'Unità operativa malattie neuromuscolari e neuro immunologia dell'istituto Besta, che ha avuto l'intuizione e guida lo studio preliminare, è che «l'eritropoietina, fattore di crescita utilizzato in medicina per curare l'anemia, possa avere un effetto neuroprotettivo nei malati di Sla»;
le proprietà del farmaco, già osservate dai ricercatori dell'istituto di ricovero e cura a carattere scientifico milanese in modelli animali di malattie neurodegenerative, si potrebbero tradurre in una migliore sopravvivenza e funzione delle cellule neuronali, come già dimostrato nelle neuropatie causate da diabete e da farmaci neurotossici come gli antineoplastici; su questa ipotesi l'Istituto Besta intenderebbe continuare a lavorare;
secondo quanto dichiarato dal dottor Lauria, l'istituto ha già in cantiere uno studio multicentrico che coinvolgerà 150 pazienti;
uno dei problemi da affrontare è quello relativo ai fondi per finanziare le ricerche, che richiedono circa un milione di euro, considerato che l'Istituto può stanziare solo il 60 per cento dei fondi necessari;
come avverte il dottor Lauria preliminarmente si tratta di capire se i risultati ottenuti dallo studio su pochi malati non siano solo frutto di casualità; l'indagine ha coinvolto 23 pazienti, 12 dei quali trattati con eritropoietina in aggiunta al riluzolo (un vecchio farmaco che a tutt'oggi è ancora l'unico che ha dimostrato di rallentare un po' la Sla) e 11 solo con riluzolo;
dopo due anni si è osservato che l'Epo non ha causato effetti collaterali gravi e ha determinato una minore progressione della malattia. Nel gruppo dei malati trattati solo con riluzolo 8 su 11 sono morti o hanno avuto un peggioramento tale da richiedere la tracheotomia. Nel gruppo dei pazienti sottoposti a Epo, invece, questo numero è sceso a 4 su 12 -:
se il Ministro non ritenga di dover assumere iniziative al fine di garantire che all'Istituto Besta sia garantito il 40 per cento dei finanziamenti necessari per poter accertare se i risultati ottenuti dallo studio di un finora ristretto gruppo di malati siano solo il frutto di casualità, o se, al contrario, non si aprano nuovi, incoraggianti prospettive per la cura dei malati affetti da sclerosi laterale amiotrofica;
quali altre iniziative al riguardo si intendano promuovere, adottare e sollecitare al riguardo.
(4-03965)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali è stata istituita la «Consulta delle malattie neuro-muscolari», presieduta dal dottor Melazzini, presidente della Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica (AISLA), e composta da esperti e rappresentanti delle principali associazioni dei malati e dei loro familiari;
la Consulta, tra l'altro, si pone come obiettivo quello di acquisire informazioni sulla qualità dell'assistenza erogata nelle diverse aree del Paese alle persone con malattie neuro-muscolari gravi progressive, di individuare soluzioni idonee per affrontare le criticità di maggior rilievo, e di fornire indicazioni per definire percorsi assistenziali più appropriati -:
a quali risultati sia giunta detta Consulta;
a quali soluzioni idonee per affrontare le cosiddette «criticità di maggior rilievo» detta Consulta sia pervenuta;
a quali indicazioni per definire «percorsi assistenziali più appropriati» detta Consulta sia pervenuta.
(4-03966)

BERTOLINI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è verificato recentemente un caso di donazione di un rene da padre a figlio (di quattro anni e mezzo), miracolosamente messa in atto dal primario di chirurgia generale e trapianti dell'Ospedale Cisanello di Pisa;
il donatore in questione, essendosi dovuto assentare dal lavoro per svolgere la trafila di esami clinici e ricoveri che precedono, accompagnano e seguono la donazione degli organi, si è dovuto licenziare dal posto di lavoro dal momento che in Italia non esiste una tutela effettiva per i donatori lavoratori autonomi o subordinati che siano;
la legge vigente n. 458 del 1967, che prevede all'articolo 5 che il donatore sia ammesso a godere dei benefici previsti dalle leggi vigenti per i lavoratori autonomi o subordinati in stato di infermità e che assicura contro i rischi immediati e futuri inerenti all'intervento operatorio e alla menomazione subita, non è ad oggi esecutiva per mancanza del regolamento attuativo -:
quali urgenti iniziative il Governo intenda adottare per dare attuazione ad una normativa da tempo esistente, ma non ancora esecutiva, che permette ai donatori di organi di godere dei benefici previsti dalle leggi vigenti per i lavoratori autonomi o subordinati in stato di infermità, garantendo la loro posizione lavorativa e prevedendone la possibilità di applicazione anche per il caso citato in premessa e per quelli analoghi.
(4-03980)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
recentemente il TAR del Lazio ha considerato illegittimo il decreto ministeriale 12 marzo 2008 cosiddetto «decreto Damiano» che dava applicazione all'articolo 1, commi da 20 a 22, della legge n. 247 del 2007 riguardante il riconoscimento dei benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto delle aziende interessate;
l'Ansaldo-Breda di Pistoia risulta interessata a tale decisione essendo tra le aziende incluse nei suddetti atti di indirizzo -:
se il Governo intenda adire il Consiglio di Stato per la suindicata sentenza del TAR del Lazio o comunque se non intenda prevedere un ulteriore e definitivo intervento ad hoc per i lavoratori interessati.
(4-03981)

BERTOLINI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 30 luglio 2009 l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA) ha approvato la commercializzazione in Italia della pillola RU486, che induce l'aborto senza bisogno di interventi chirurgici;
le raccomandazioni diffuse dall'Aifa prevedono che la somministrazione della pillola RU486 avvenga nel rigoroso rispetto della legge per l'interruzione volontaria della gravidanza, entro la settima settimana di gestazione e con il ricovero in una struttura sanitaria, così come previsto dall'articolo 8 della legge 194, dal momento dell'assunzione del farmaco sino alla certezza dell'avvenuta interruzione della gravidanza;
ci sono anche due documenti chiarissimi del Consiglio superiore di sanità, uno del marzo 2004 ed un altro del dicembre 2005, che a questo proposito hanno fatto chiarezza, sottolineando come l'aborto farmacologico ha una sicurezza equivalente a quello chirurgico, solo a condizione che sia effettuato all'interno di un ospedale pubblico e che la donna resti ricoverata fino ad interruzione di gravidanza avvenuta;
da un'inchiesta giornalistica del settimanale Tempi, pubblicata il 2 settembre 2009, sulle modalità di somministrazione della pillola abortiva RU486 nelle strutture sanitarie nazionali, emerge in modo inequivocabile in molti casi la violazione delle raccomandazioni dell'Aifa ed il mancato rispetto degli indirizzi della legge 194;
infatti alla giornalista, autrice dell'inchiesta, che si fingeva una donna incinta intenzionata ad abortire, che chiedeva informazioni sulle procedure di somministrazione della pillola RU486, molti ospedali ed aziende ospedaliere rispondevano chiaramente che il ricovero non è previsto;
in particolare da molte strutture sanitarie della Regione Emilia Romagna (Carpi, Modena, Bologna, Ferrara, Ravenna, Scandiano, Guastalla, Lugo) la giornalista è stata «rassicurata» su questo fatto e che l'aborto può «tranquillamente» avvenire a casa;
le procedure adottate dalle aziende ospedaliere interpellate, così come le relative informazioni fornite alle donne che intendono abortire utilizzando la RU486, sembrano banalizzare di fatto l'aborto, riducendolo ad un malessere da curare al proprio domicilio con una pillola;
tali procedure non solo sono contrarie alla legge, ma pongono la donna in una condizione di solitudine psicologica e di isolamento fisico rispetto alla rete di assistenza sanitaria ed ospedaliera necessaria in un momento così drammatico;
quanto sopra esposto è, a parere dell'interrogante, molto grave -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto è emerso dall'inchiesta del settimanale Tempi;
se le procedure di utilizzo della pillola RU486, che escludono il ricovero ospedaliero, adottate dalle aziende sanitarie ed ospedaliere dell'Emilia Romagna interpellate nell'ambito dell'inchiesta giornalistica, siano compatibili e rispettose degli indirizzi forniti dall'Aifa e dei contenuti della legge 194;
se e quali iniziative intenda adottare, affinché venga ripristinato il rispetto della legge 194 del 1978 e delle indicazioni dell'Aifa in tutte le strutture sanitarie del Paese;
se intenda acquisire elementi di informazione sulle modalità di somministrazione della pillola RU486 nelle strutture sanitarie nazionali, con particolare riferimento a quelle dell'Emilia Romagna, e sul rispetto delle procedure raccomandate dall'AIFA.
(4-03985)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il sito on line «Articolo 21» pubblica il seguente articolo, significativamente intitolato «Storie di amianto a Monfalcone» di Elisabetta Regutti, nel quale si può leggere:
«Quella è la nave del nonno. La vedi quella rossa laggiù» sbotta allegramente una giovane mamma. Il piccolo corre verso il finestrino del treno regionale che sta per fermare alla stazione di Monfalcone. Si intravedono i cantieri navali dove a partire dal 1907 hanno lavorato gli operai: centocinquantamila in un secolo. Le navi sono state, e per molti sono ancora, un vero orgoglio, il vanto dell'Italia. Monfalcone in provincia di Gorizia è nata dai cantieri.
Il piccolo non è convinto, non capisce bene cosa intende la madre che nel frattempo ha preso il telefono. Alla risposta dell'interlocutore la donna ripete parlando in dialetto «Diglielo tu che quella rossa è la tua nave».
La scena del treno stride con la storia di vita (o di non vita) di Rita Nardi, vedova di Gualtiero morto alla vigilia di Natale del '98 dopo lunghi mesi da incubo. «Mio marito ha sempre odiato lavorare in cantiere. Ci è entrato che aveva solo 16 anni. Non aveva altra scelta. Era miseria in quegli anni e la sua famiglia aveva bisogno di soldi. Era tubista».
Gualtiero è una delle vittime della strage di amianto di Monfalcone. Novecento morti, che nel 2012 saranno mille e nel 2010 millecento. Le previsioni fino al 2020 sono catastrofiche. «Gualtiero il 9 ottobre 1994 è andato in pensione, aveva 52 anni, da 14 era già in ospedale. Io ho sempre fatto l'infermiera in ospedale. Sentivo che la gente si ammalava, leggevo i giornali ma non ci pensavo. Siamo tutti egoisti fino a quando non capita a noi». Rita racconta la sua storia che accomuna tante persone. Un maxiprocesso che vede alla sbarra 37 imputati tra dirigenti, amministratori dell'ex Italcantieri e responsabili. Per tutti l'accusa è di omicidio colposo in relazione al decesso legato all'esposizione alla «fibra killer». Rita rappresenta anche gli iscritti dell'Aea (associazione dei familiari degli esposti all'amianto) che nel processo si è costituita parte civile insieme a Regione, Fiom, Provincia di Gorizia e Codacons.
«La malattia è stato un calvario devastante. I primi due anni benino ma gli altri due è stato un inferno - dice Rita con la voce rotta dell'emozione. Mio marito era già malato prima di andare in pensione. Si prendeva il venerdì di ferie perché si sentiva troppo stanco. Non capiva il perché. Lo abbiamo capito solo dopo quando finalmente sono riuscita a convincerlo ad andare da un medico». L'amianto è una fibra molto resistente e piccolissima: meno di mezzo millesimo di millimetro di lunghezza. Viene inalato con facilità danneggiando i tessuti, depositandosi nei bronchi e negli alveoli dei polmoni raggiungendo la pleura. Asbestosi e mesotelioma sono le principali malattie provocate da questo materiale presente, è stato stimato, oltre 3 mila prodotti.
«Quando è morto Gualtiero mi sembrava di impazzire. Avevo dei soldi che avevano raccolto i suoi amici e un giorno sono andata all'ospedale di Monfalcone per devolverli in beneficenza ad un'associazione. Solo allora mi sono accorta che c'era la sede dell'Aea (fondata nel 1992 da Duilio Castelli). Pensi io lavoravo al reparto che stava al piano di sopra ma non mi ero mai interessata». Al tempo l'associazione cercava, in qualche modo, di sostenere le famiglie colpite. «Mentre parlavo con il signor Castelli sentivo una rabbia salire - confessa Rita -. Ma come qui ci stanno morendo le persone sotto gli occhi e non facciamo niente?». Ricorda la signora. Da allora è partito tutto. «Roberto Antonaz consigliere regionale di Rifondazione Comunista ci ha messo a disposizione un avvocato; insieme a Vanda Ballanzin il cui marito, compagno di lavoro di Gualtiero, era morto 6 mesi prima abbiamo iniziato questa avventura. Abbiamo presentato le prime tre denunce ma

non bastavano. Dovevamo convincere le persone ad iscriversi all'associazione per poter inoltrare le denunce».
Rita racconta che non era per niente facile convincere le persone. La rassegnazione di un destino che sembrava scritto nella comunità aveva il sopravvento sulla sete di giustizia.
«I più pensavano fosse da pazzi fare causa ad un colosso come la società che dava lavoro a tanta gente. Ma le persone continuavano a morire. Si accettava che morissero. Questo io non riuscivo a capirlo. Sono cose che non puoi accettare».
Nella mentalità della gente quindi ciò che stavano facendo quelle persone era un po' come «Davide contro Golia». Un'impresa impossibile.
«Nella sfortuna della tragedia siamo stati fortunati nell'incontrare tante persone che si sono davvero occupate di questa vicenda».
Rita ricorda Beniamino Deidda allora procuratore generale a capo delle indagini, il senatore Felice Casson, l'anotomo patologo Claudio Bianchi, Massimo Carlotto lo scrittore che ha raccontato in tutta Italia il dramma dell'amianto di Monfalcone. Ma Rita ricorda anche l'incontro avuto con il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
«Noi avevamo bisogno di raccontare cosa stava accadendo. Avevamo inviato al procuratore generale centinaia di cartoline come questa - dice mostrandomi "Amianto mai: l'unica battaglia che si perde è quella che si abbandona -". Quando il Presidente è venuto a Gorizia ci ha ricevuto. Ci ha ascoltato con molta attenzione. Poi prima di salutarci mi ha stretto la mano e mi ha detto che non si sarebbe dimenticato di noi» -:
quali siano gli intendimenti del Ministro in relazione alla vicenda sopra riportata e in particolare per sapere se sia in grado di confermare che l'amianto a Monfalcone ha provocato novecento morti, che nel 2012 saranno un migliaio, e nel 2010 millecento e che le previsioni fino al 2020 sono catastrofiche;
quali iniziative siano state adottate, promosse o comunque sollecitate, e quali iniziative si intendano adottare, promuovere o comunque sollecitare, a fronte di questa gravissima situazione.
(4-03987)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con i livelli di sovraffollamento, per altro tendenti ad aumentare, c'è il rischio concreto che le carceri italiane siano fra i primi luoghi dove il virus A/H1N1 possa attecchire e diffondersi nella sua forma peggiore;
il «pianeta carcere» - 206 istituti con oltre 64 mila persone recluse in tutta Italia, dai minorenni agli over 80, con oltre il 35 per cento di stranieri e il 30 per cento di tossicodipendenti - sembra racchiudere tutte le criticità tali da farlo ritenere una priorità nell'emergenza H1N1;
negli istituti si registra un indice di salute medio-grave (con oltre 6 persone su 10 malate), una diffusione elevata di malattie come tubercolosi, epatiti B e C, diabete e Hiv, problemi cardiocircolatori e polmonari, una frequenza altissima di reclusi con fragilità mentale e un numero di decessi che, solo nei primi sette mesi del 2009, è già a quota 118, fra cui 45 suicidi;
ai detenuti vanno poi aggiunti 34 mila agenti di polizia penitenziaria e centinaia di operatori dell'area educativa (educatori, Uepe, volontari, direttori, ecc). Secondo il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (Dap), nel 2008 il turn-over nelle carceri ha coinvolto più di 90 mila persone. Queste persone sono costrette a vivere 24 ore al giorno in ambienti non salubri, vetusti, in strutture che all'80 per cento non sono a norma, sovraffollate e che per questo non rispondono alle norme per ciò che concerne, ad esempio, i metri quadrati, la luce, la ventilazione e i servizi igienici pro-capite,

con una oggettiva impossibilità di minimizzare i contatti con le persone malate;
opportunamente da giorni si parla di una campagna di vaccinazione che, nei prossimi mesi, che riguarderà alcune categorie a rischio;
un accorato allarme, al riguardo, è stato lanciato pubblicamente, dopo i sopralluoghi effettuati dai suoi collaboratori nelle carceri del Lazio, dal Garante dei diritti dei detenuti dottor Angiolo Marroni, che ricopre anche l'incarico di vice-presidente della Conferenza nazionale dei Garanti dei detenuti -:
se si condivida o meno l'allarme lanciato dal dottor Angiolo Marroni;
quali iniziative si intendano adottare, promuovere, sollecitare in relazione a quanto sopra esposto e denunciato dal dottor Marroni.
(4-03988)

MAURIZIO TURCO, FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in data 27 agosto 2009, attorno alle ore 14, una nube maleodorante ha impregnato l'aria e l'intera zona occupata dalle società sportive di via Riglio a Cremona. Col passare dei minuti l'odore acre è diventato una puzza insopportabile di gas, saturando i prati e le piscine affollate di soci di dette società e causando agli stessi - adulti e bambini - bruciori agli occhi, irritazioni alla gola e senso di nausea. Tale evento ha causato la fuga in massa delle persone in preda al panico;
il giorno successivo l'aria in riva al Po, dove sono allocate le società sportive, si è nuovamente saturata dell'odore acre e nauseabondo degli idrocarburi;
dagli accertamenti effettuati dal nucleo NBCR dei Vigili del Fuoco e dei tecnici dell'ARPA è risultato che la nube maleodorante proveniva dalla vicina TAMOIL Raffineria SpA. Ulteriori verifiche appuravano che la nube maleodorante è stata causata da un serbatoio di gasolio «non a specifica», situato vicino alla recinzione prossima all'argine fluviale maestro immediatamente oltre al quale stanno i centri sportivi;
a seguito di tale grave accadimento, in data 29 agosto il sindaco di Cremona diffida la TAMOIL SpA - nella persona del responsabile della gestione della raffineria e relativi oleodotti - «ad attuare immediatamente le misure di prevenzione e di sicurezza finalizzate ad evitare all'interno e all'esterno della raffineria rilasci di sostanze pericolose o a minimizzare le perdite, mettendo in atto le procedure di intervento contenute nei manuali operativi per la correzione delle anomalie operative»;
con comunicato del 30 agosto, la TAMOIL SpA «dispiaciuta per il temporaneo disagio causato, assicura che si è trattato di un episodio isolato sulle cui cause sono state immediatamente avviate le procedure interne di controllo, nonché la completa messa in sicurezza del serbatoio interessato»;
in data 30 agosto, a seguito degli accertamenti effettuati dai Vigili del Fuoco - nucleo NBCR (la sezione che si occupa della difesa nucleare, biologica, chimica e radiologica), il serbatoio «A5» dal quale è fuoriuscita la nube maleodorante viene posto sotto sequestro con provvedimento della locale Procura della Repubblica. Successivamente, per iniziativa del sostituto procuratore dottoressa Cinzia Piccioni, viene aperto un fascicolo con l'ipotesi di reato «mancata adozione di cautele per prevenire disastri e infortuni (articoli 437 e 449 del codice penale). «Al momento - ha dichiarato alla stampa locale il pm Piccioni - non è ancora stata stabilita la reale causa di questo guasto. Le indagini da questo punto di vista sono ancora aperte»;
analoghi, gravi accadimenti si sono verificati nel corso degli ultimi due anni,

in particolare: il 20 luglio 2007 il sindaco di Cremona emana ordinanze sindacali dirette ai presidenti di alcune società canottieri per l'interdizione dell'uso a scopo umano delle acque prelevate dalla falda superficiale per uso irriguo (ne erano alimentate le piscine natatorie); il 1o giugno 2008 il sindaco di Cremona ordina l'interdizione al pubblico di alcune aree nella canottieri Bissolati per la presenza di gas potenzialmente esplosivi nei pozzetti d'ispezione (trattasi di «gas interstiziali» sviluppatisi nei terreni superficiali a seguito dell'inquinamento della falda); 3 ottobre 2008, a seguito di una detonazione all'interno della raffineria TAMOIL, un operaio risulta ustionato e si verifica uno sversamento di idrocarburi nel Po dallo scarico situato all'altezza della canottieri Flora -:
se i Ministri interrogati ne siano a conoscenza e, nell'eventualità positiva, quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie competenze, intendano promuovere, sollecitare ed adottare perché sia garantita la tutela dell'ambiente e, conseguentemente, la salute dei lavoratori della TAMOIL SpA e dei cittadini di Cremona.
(4-03990)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
è stata inoltrata una grave denuncia da parte della segreteria regionale del sindacato autonomo polizia penitenziaria, a proposito della grave situazione delle carceri pugliesi, che «peggiora di giorno in giorno, a causa del sovraffollamento: scarseggiano finanche le brande, i materassi, le lenzuola; dalla visita dei Parlamentari alle carceri pugliesi si registra un incremento di quasi 100 detenuti...»; si legge nella nota diffusa dal sindacato SAPPE, «sui muri dei penitenziari oltre alla scritta "carcere" dovrebbe essere associato "ospedale", considerato che circa il 40 per cento degli oltre 4.250 detenuti presenti nelle carceri pugliesi (2.000 in più dei posti disponibili) è portatore di patologie dovute alla droga, all'alcol (tossicodipendenti, sieropositivi con problemi psichiatrici, epatici, cardiaci eccetera)»;
con questi numeri più da ospedale che da luogo di detenzione, come può essere possibile, continuare ad essere indifferenti, lasciando ai pochi medici ed infermieri la responsabilità di assicurare una assistenza sanitaria da paese civile? A Lucera, su 248 detenuti di cui 59 tossicodipendenti, zero psicologi e solo 1 educatore! -:
quale sia l'intendimento dei Ministri interpellati in ordine a quanto sopra esposto;
quali iniziative si intendono promuovere, sollecitare e adottare a fronte di questa gravissima situazione.
(4-04001)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ad oltre un anno di distanza dal trasferimento delle competenze sanitarie carcerarie dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, le Regioni sono ancora in attesa del trasferimento dei finanziamenti relativi dal Ministero dell'economia;
il decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri del 1o aprile 2008 prevedeva, oltre al passaggio delle competenze, delle strutture e del personale anche quello dei fondi riservati alla medicina penitenziaria dal Ministero della giustizia a quello del Welfare. Fondi necessari non solo all'acquisto di farmaci e macchinari ma anche al pagamento degli stipendi degli operatori sanitari. Ma dei 157,8 milioni di euro previsti per il 2008, il Cipe, lo scorso 6 marzo, ne ha deliberati solo 32

milioni, relativi al primo trimestre 2008; le Regioni si sono trovate, così, a dover garantire senza fondi i livelli essenziali di assistenza ai detenuti che non erano più i circa 38 mila presenti in carcere nel 2007, ma gli oltre 64 mila attuali. Inoltre i Servizi sanitari regionali hanno dovuto fare i conti con apparecchiature mediche spesso obsolete e fuori norma da sostituire celermente. È il caso, ad esempio, della Regione, Lazio, che pur con un piano di rientro del debito sanitario concordato con il Ministero dell'economia, ha dovuto varare un pacchetto di 2,7 milioni di euro per l'acquisto di strumentazioni mediche per le carceri della Regione;
si tratta di una situazione che riguarda tutte le Regioni a statuto ordinario. In quelle a statuto speciale, invece, la riforma della medicina penitenziaria deve ancora entrare in vigore;
su questa vicenda il vice-presidente della Conferenza Nazionale dei Garanti dei detenuti, dottor Angiolo Marroni ha inviato una lettera al viceministro alla Salute Ferruccio Fazio, dicendosi «molto preoccupato» per le possibili implicazioni a medio termine sul pagamento degli stipendi degli addetti e sull'acquisto dei medicinali necessari alle carceri. Una situazione che crea ancor più inquietudine in vista dell'annunciato arrivo in Italia del virus A/N1H1 visto che, con i livelli di sovraffollamento e la carenza di risorse attuali, c'è il rischio concreto che le carceri italiane siano fra i primi luoghi dove il virus possa attecchire nella sua forma peggiore -:
quando si garantiranno, finalmente, alle Regioni i fondi necessari perché possano garantire i livelli essenziali di assistenza ai detenuti;
se e quale risposta i responsabili del ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche sociali abbiano dato al vice-presidente della Conferenza Nazionale dei Garanti dei detenuti Angiolo Marroni.
(4-04002)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
saranno effettuate analisi sulle urine dei tarantini dirette ad accertare la quantità di arsenico presente, così come annunciato dal sindaco di Taranto Ippazio Stefano attraverso una lettera aperta all'associazione «Peacelink»;
l'associazione «Peacelink» aveva infatti chiesto al sindaco di Taranto di controllare quanto arsenico ci fosse nell'urina degli abitanti del capoluogo ionico, una richiesta nata dalla notizia che a Gela una ricerca curata dal CNR sulle urine di un campione di abitanti aveva dato valori preoccupanti;
l'associazione «Peacelink» aveva reso noto che a Taranto, sulla base di analisi compiute dall'Ilva nel 2007, sono stati calcolati rilasci in acqua di arsenico per un totale di 3.320 chili;
quello dell'arsenico non è l'unico problema che riguarda la salute dei cittadini di Taranto con cui le istituzioni locali hanno a che fare; recentemente, infatti, per evitare di far giungere sulle tavole dei consumatori carne alla diossina, sono stati abbattuti oltre mille capi di bestiame e di altre centinaia è previsto l'abbattimento in un prossimo futuro;
secondo l'associazione «Peacelink» la contaminazione da diossina sarebbe stata riscontrata in numerosi allevamenti di ovini a ridosso dell'area industriale -:
se non si ritenga, per evitare l'aggravarsi della contaminazione del territorio, di esigere da parte dell'Ilva dei piani di controllo continuativo delle emissioni e l'implementazione di un sistema di «filtro antidiossina» simile a quello installato nelle acciaierie di Linz che consente di ridurre del 97 per cento le emissioni di questo inquinante cancerogeno;
se non si intenda richiedere che siano resi pubblici i dati delle ultime rilevazioni

effettuate dopo l'adozione del sistema di assorbimento della diossina mediante l'additivazione di urea;
quali iniziative si intendono promuovere, adottare e sollecitare a fronte della situazione sopra esposta.
(4-04003)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
le agenzie di informazioni «AdN-Kronos» e «Il Velino», il 2 settembre 2009 riferiva di una iniziativa del presidente della Commissione alle politiche sociali del comune di Roma Giordano Tredicine, «Stop all'accattonaggio e stop all'uso delle disabilità fisiche e motorie per chiedere l'elemosina tra le vie della città e nei luoghi pubblici più affollati come stazioni, fermate di autobus, ospedali o centri commerciali»;
il Presidente Tredicine si riferiva in particolare a una penosa vicenda scoperta il giorno prima dai carabinieri della stazione San Pietro di Roma, un ucraino di 42 anni e un armeno di 37 anni, entrambi sordomuti, arrestati con l'accusa di sequestro di persona a scopo di rapina ed estorsione ai danni di tre loro colleghi sempre sordomuti;
si ha ragione di ritenere che questo vero e proprio racket di disperati sia molto più esteso e diffuso di quanto non si creda, e certamente non solo nella città di Roma;
che il Presidente Tredicine ha annunciato una ordinanza o una delibera che «colpisca duramente chi sfrutta le persone con disabilità, come i minori, i disabili, gli infermi e gli anziani, spesso costretti all'accattonaggio da biechi sfruttatori»;
tuttavia non è pensabile e credibile che questo crudele e inaccettabile racket possa essere sconfitto solo con la pur lodevole iniziativa di singoli amministratori -:
quali iniziative il Governo, e specificatamente i ministeri interessati, intendono promuovere, adottare e sollecitare per contrastare l'odioso sfruttamento di minori e disabili.
(4-04004)

POLLEDRI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'assistenza sanitaria ai cittadini comunitari dimoranti in Italia è garantita secondo le modalità in ultimo delineate dalla nota informativa del 3 agosto 2007 del Ministero della salute, e prevede anche il diritto alle prestazioni indifferibili ed urgenti per i cittadini comunitari non assicurati, incluse le prestazioni sanitarie (come integrato dalla nota informativa del 19 febbraio 2008) relative:
alla tutela della salute dei minori, ai sensi della «Convenzione di New York sui diritti del fanciullo» del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con la legge n. 176 del 1991;
alla tutela della maternità e all'interruzione volontaria di gravidanza, a parità di condizione con le donne assistite iscritte al SSN, in applicazione delle leggi n. 405 del 1975 e n. 194 del 1978 e del decreto ministeriale 10 settembre 1998;
ai sensi della vigente normativa nazionale e comunitaria ai cittadini italiani che si recano all'estero sono garantite, a seconda dei casi, alcune prestazioni sanitarie che saranno poi rimborsate al paese erogante dalla ASL di appartenenza nel dettaglio si precisa che:
un'assistenza sanitaria completa viene assicurata dal modello E106 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione) al lavoratore distaccato (ed ai familiari che risiedono con lui) dal modello E121 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione) ai pensionati

che trasferiscono la residenza in un altro Paese e ai propri familiari (residenti nello stesso paese o in uno diverso);
un'assistenza altamente specializzata viene assicurata dal modello E112 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione);
un diritto di accesso diretto alle cure sanitarie che si rendono necessarie «nel territorio di un altro Stato membro, tenuto conto della natura delle prestazioni e della durata prevista della dimora» viene assicurato dalla tessera europea di assicurazione malattia, o dal suo certificato sostitutivo provvisorio, in caso di temporaneo soggiorno per motivi di turismo o per brevi missioni;
un'assistenza limitata alle sole cure urgenti viene assicurata dal modello previsto dalle singole convenzioni in caso di temporaneo soggiorno per motivi diversi dal lavoro;
la circolare del Ministero della sanità pt 1000/II/4652 del 23 dicembre 1996 «Prestazioni in natura in caso di maternità in applicazione dell'articolo n. 22 del Regolamento 1408/71» prevede che il formulario E/112 non possa essere rilasciato in caso di parto programmato in Paese comunitario salvo che il marito della partoriente non vi sia residente;
tale situazione rischia di condizionare negativamente la libera circolazione delle donne italiane che intendano usufruire dell'assistenza sanitaria per parto in un altro Stato membro dell'Unione europea -:
ove quanto sopra descritto corrisponda al vero, come intenda attivarsi, al fine di rivedere e correggere le limitazioni che gravano sui cittadini italiani che per qualsivoglia motivo necessitino di ricevere le cure mediche, con particolare riguardo a quelle riferite al parto, in un altro Paese dell'Unione Europea.
(4-04015)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 20 agosto 2009 sono state scoperte a Fiumefreddo di Sicilia da militari della Guardia di Finanza di Riposto nell'area della ex Keyes Italia Spa circa 100 tonnellate di amianto nell'ambito dell'operazione Fibra2;
l'area, estesa per 50 mila mq., si trova nelle vicinanze della riserva naturalistica Oasi di Fiumefreddo, ed è stata sequestrata. Il sito era stato in parte adibito a parcheggio, con servizi igienici e docce che, secondo quanto accertato, non avevano i prescritti requisiti igienico-sanitari;
l'area era stata in passato affidata ad un curatore fallimentare e la Procura ne aveva disposto la bonifica;
il controllo delle Fiamme Gialle segue di circa otto mesi quello fatto nel gennaio scorso nell'area attigua della «Siace», un'altra cartiera in disuso, il cui terreno fu acquistato tempo addietro dalla Provincia Regionale;
rispondendo ad una precedente interrogazione parlamentare 5-01233 a firma degli interroganti il Ministero per l'ambiente aveva evidenziato come la Direzione Generale Qualità della Vita, pur avendo avviato un dialogo costante con le Regioni e le Province Autonome, aveva potuto acquisire solo i dati relativi all'amianto di 17 di esse e che in particolare non risultava ancora pervenuto alcun elemento relativo alle Regioni Calabria e Sicilia e alla Provincia Autonoma di Trento;
nella medesima risposta si ribadiva che la mappatura e gli interventi urgenti in materia di amianto sono annoverate tra le iniziative funzionali al perseguimento degli obiettivi strategici individuati dal signor Ministro, da finanziare in sede di

ripartizione delle risorse nel prossimo Documento di programmazione economica e finanziaria -:
quali misure sono state adottate per ottenere elementi relativi alla presenza di amianto dalla Regione Sicilia;
quali provvedimenti intenda adottare nei confronti dei responsabili della situazione creatasi nell'area della ex Keyes e della contigua «Siace» e per rimediare ai danni ambientali e alla salute;
come intenda completare la mappatura e gli interventi urgenti in materia di amianto in base alle risorse del Documento di programmazione economica e finanziaria.
(4-04024)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
le statistiche dell'Inail, nonostante parlino di un complessivo calo, nel corso degli ultimi sette anni, del numero di incidenti sul lavoro e delle relative vittime, documentano comunque ben 874.940 infortuni sul lavoro e 1.120 morti nel 2008 (vale a dire 3 decessi al giorno!);
la Settima commissione del CSM, in materia di repressione qualificata e tempestiva dei reati in tema di sicurezza negli ambienti di lavoro ha registrato una disomogeneità organizzativa fra i vari uffici giudiziari e carenze nel programma ministeriale di rilevazione statistica e ha sollecitato l'adozione di adeguate misure organizzative per garantire che il perseguimento di tali violazioni sia tempestiva ed efficace e che siano adeguatamente monitorati i casi di omicidio colposo e lesioni colpose da infortuni sul lavoro in modo da tenerli distinti, nell'ambito delle rilevazioni statistiche, dalle analoghe tipologie di reato che si verificano a causa di incidenti stradali, di colpa medico professionale o di altre evenienze -:
se si sia provveduto e come a rimediare alla disomogeneità organizzativa fra i vari uffici giudiziari e alle carenze nel programma ministeriale di rilevazione statistica;
se siano state adottate misure per garantire che il perseguimento tempestivo ed efficace delle violazioni in materia di infortuni sul lavoro e il monitoraggio di questi casi come distinti, nell'ambito delle rilevazioni statistiche, dalle analoghe tipologie di reato che si verificano a causa di incidenti stradali, di colpa medico professionale o di altre evenienze.
(4-04029)

GHIGLIA e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in Italia si sta pericolosamente diffondendo il fenomeno dei cosiddetti «smart shop», ovvero «negozi furbi», atti a commercializzare sostanze di origine vegetale contenenti vitamine, farmaci, estratti vegetali, efedrina, caffè e altre sostanze, chiamate appunto «smart drugs», i cui effetti lesivi della salute psicofisica da parte di alcuni componenti sono accertati e ai limiti dell'illegalità;
nella stessa Città di Torino, come in altre grandi Città, sono già presenti distributori automatici per la vendita diretta, ed incontrollata, delle sostanze in oggetto;
il consumo delle suddette «Smart Drugs» parrebbe essere in aumento, anche a motivo della facilità d'acquisto, soprattutto tra gli adolescenti che assumerebbero tali sostanze quali coadiuvanti della memoria e della concentrazione oltreché per il miglioramento delle performance in ambito sociale;
la frenetica evoluzione della chimica applicata alla sintesi di nuove sostanze, siano esse di origine vegetale o interamente sintetiche, tesa all'intensificazione delle sensazioni non permette l'aggiornamento

completo delle tabelle ministeriali riferite alle sostanze psicotrope o tossiche -:
se intendano considerare l'ipotesi di assumere le necessarie iniziative normative per apportare una modifica alla legislazione nazionale al fine di concedere agli assessorati alla sanità delle Regioni la possibilità di interdire la vendita di sostanze suscettibili di provocare delle alterazioni fisiche e/o psichiche, in attesa che sulle stesse siano state effettuate le necessarie analisi in modo da stabilirne l'eventuale tossicità.
(4-04034)

MIGLIORI e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Ragusa una ragazza di nome Sara Di Natale è in stato vegetativo persistente dal 7 febbraio 2006;
la custodia e la sussistenza della stessa è affidata ai genitori;
in Sicilia non sono presenti centri riabilitativi che possano assolvere ad una così complessa situazione;
per avere i requisiti di assistenza ai propri figli gravi e godere del prepensionamento devono essere passati 18 anni di assistenza e aver superato 54 anni di età;
queste situazioni, con assistenza presso le famiglie stesse, alleggeriscono il sistema sanitario nazionale dai gradi costi che questa tipologia di indigente impone -:
quali iniziative urgenti si intendano attuare per garantire un servizio uniforme su tutto il territorio nazionale e regionale per questi casi limite, nonché se sia il caso di effettuare un riesame normativo che vada ad agevolare e supportare con procedure di urgenza le famiglie che si trovano in queste gravi condizioni e quali politiche a tal proposito il Governo intende attuare.
(4-04039)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per il turismo, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i dati riferiti nel Rapporto acque di balneazione 2009 pubblicato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, attestano che l'inquinamento delle acque di balneazione è dovuto in larghissima parte a inquinanti biologici: i coliformi (totali e fecali), gli streptococchi e le salmonelle che motivano l'84 per cento delle interdizioni alla balneazione (mentre la restante parte è dovuta a inquinamento chimico e fisico);
anche i dati emersi dalle analisi di Goletta Verde e resi noti il 17 agosto evidenziano, soprattutto sulle foci dei corsi d'acqua, una forte contaminazione da coliformi, streptococchi fecali ed esterichia coli, i fiumi di tutto il Belpaese rappresentando la maggiore fonte di inquinamento per le acque dei nostri mari, una situazione di cui le principali responsabilità vanno attribuite ai comuni che scaricano i propri reflui nei corsi d'acqua senza effettuare un'adeguata depurazione o senza depurare affatto;
l'indagine di Goletta Verde documenta che ben 18 milioni di italiani sono privi degli imputati di depurazione delle acque;
secondo il Rapporto Blue Book 2009 di Utilitatis e Anea, l'85 per cento degli italiani è servito dalla rete di fognatura e solo il 70 per cento da un impianto di depurazione;
questo quadro sarebbe confermato dall'imminente avvio della procedura d'infrazione europea per il mancato trattamento delle acque reflue in ben 525 comuni con oltre 15 mila abitanti;
una simile inadeguatezza del sistema di depurazione, a parere degli interroganti,

è vergognosa per quello che dovrebbe essere un Paese civile e che si propone come meta turistica tra le più prestigiose al mondo;
il 18 agosto notizie d'agenzia riferiscono che addirittura a Capri due uomini, poi arrestati, sono stati sorpresi a sversare in mare in prossimità dell'ingresso alla celebre Grotta Azzurra i liquami provenienti da alcuni pozzi neri di strutture ricettive e abitazioni non collegate alla rete fognaria -:
se il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali intenda approvare, entro la fine dell'anno, il decreto attuativo volto a completare la normativa di recepimento della nuova direttiva sulla balneazione;
se non ritengano i Ministri interrogati di destinare immediatamente adeguate risorse per opere pubbliche quali i sistemi di fognatura e trattamento dei reflui fognari al fine di garantire la salute dei bagnanti e la tutela dell'ambiente.
(4-04049)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
da quanto si apprende da notizie stampa decine di famiglie delle case Armellini di Ostia saranno sfollate perché secondo i vigili del fuoco gli edifici sono a rischio crollo;
il rischio concreto, hanno scritto i vigili del fuoco in un dettagliato rapporto inviato al Campidoglio, è che crollino «i pilastri portanti, con il conseguente collasso di tutto il fabbricato»;
si tratta di un accertamento condotto su tutti gli immobili di proprietà comunale dopo il terremoto che ha distrutto l'Abruzzo;
gli edifici di Ostia che sono stati oggetto di un'ordinanza del sindaco sono stati costruiti negli anni '70 e rientrano quindi in quella tipologia di edifici postbellici (realizzati dal 1945 agli anni 1970), privi di qualità e criteri antisismici, tipologia che comprende ben 47 milioni di vani;
se si considera che il nostro patrimonio edilizio è composto da 120 milioni di vani, oltre un terzo dello stesso sarebbe quindi stato realizzato prima delle leggi antisismiche più severe, con impiantistica obsoleta, usando nel cemento armato, ferro ordinario e senza aderenza migliorata, con scarso rispetto delle regole esecutive, oggi di scarso valore economico -:
se non ritenga il Ministro di dover promuovere sul piano nazionale un monitoraggio di tutti gli edifici, a partire da quelli realizzati dal 1945 agli anni 1970 ed assumere le necessarie iniziative volte ad introdurre il certificato di fabbricato quale documento in cui siano precisati i dati di analisi geotecnica del sottosuolo sui cui insiste l'edificio, la consistenza statica della struttura con dati relativi a idoneità, vulnerabilità, impiantistica e valore culturale dello stesso.
(4-04050)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 10 settembre la Guardia di Finanza di Catania ha individuato e sequestrato un'area, la ex Proter srl dei fratelli Costanzo, usata come discarica a cielo aperto di rifiuti speciali. L'area si trova a Misterbianco, comune a circa dieci chilometri da Catania, si estende per più di 210.000 metri quadrati ed è composta da 65 grossi capannoni, di cui alcuni privi di licenza edilizia e con sistemi di sicurezza non a norma;
le indagini si sono svolte con sopralluoghi e appostamenti sul territorio e sulla vasta area della ex fabbrica dei fratelli

Costanzo, affidata dal Tribunale fallimentare di Catania a tre commissari liquidatori, e hanno permesso di rilevare la presenza di tonnellate di eternit del tipo nocivo per la salute;
oltre all'amianto contenuto nell'eternit, per un'estensione di oltre 40 mila metri quadri, all'interno dell'area sono stati ritrovati fusti di catrame, oli esausti, materiale chimico liquido, materiale ferroso, materiale di risulta dell'edilizia (con la pericolosa presenza di polveri di marmo) e polveri di lana di vetro, per complessive 130 tonnellate. La polvere di marmo e quella di lana di vetro erano contenute in sacchi lacerati e esposti al versamento sul terreno, col vento facilmente trasportabili nel vicino centro abitato e disperse nell'atmosfera dagli agenti atmosferici;
la presenza di manufatti in eternit e di oli esausti abbandonati senza alcuna cautela potrebbe anche aver causato l'infiltrazione di agenti nocivi nel terreno, mentre danni all'ambiente circostante sono stati arrecati dal deterioramento dei vari materiali dovuto alle intemperie e al passare del tempo, agevolati dall'assenza di precauzioni -:
quali provvedimenti intendano assumere a tutela dell'ambiente e della salute pubblica nella zona interessata dalla discarica a cielo aperto;
quali misure intendano adottare per prevenire i danni da amianto e assicurarne un corretto smaltimento su tutto il territorio nazionale.
(4-04060)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono notizie di stampa - la signora R.C. di Realmonte, in provincia di Agrigento, volendo dimagrire si è sottoposta a un intervento di liposuzione presso una struttura privata di Palermo;
la signora, in seguito all'intervento, ha accusato fortissimi malori, e dopo una ventina di giorni è deceduta;
la procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta dopo la denuncia dei familiari ed è stata disposta l'autopsia -:
se disponga di elementi circa le necessarie garanzie e caratteristiche di idoneità per simili interventi della struttura citata in premessa;
quanti altri simili episodi come quello che ha portato al decesso della signora R.C. si siano verificati nel 2008 e nei primi sei mesi del 2009.
(4-04066)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i sottoscrittori del presente atto e come gli interrogati hanno ragione di ritenere, molti altri parlamentari - hanno ricevuto la seguente commovente e significativa lettera-appello del signor Luciano Di Natale, che ad ogni buon conto, di seguito, si riporta integralmente: «Sono Luciano Di Natale, padre di Sara, una ragazza di Ragusa in stato vegetativo persistente dal 7 febbraio del 2006. Io e mia moglie abbiamo il corpo di nostra figlia Sara in custodia e l'accudiamo con grandi sacrifici affrontando mille difficoltà. Mia moglie che nell'accudire nostra figlia, fa un lavoro usurante sia dal punto di vista fisico che morale, non è in grado di tornare al lavoro a settembre e, per questo, mi rivolgo a Lei per informarLa dei fatti, sperando in un suo proficuo interessamento. Sono rimasto molto male quando, consultando in internet i siti dei lavori parlamentari, mi sono accorto che le categorie interessate al prepensionamento devono avere come requisito ben 18 anni di assistenza ai propri figli gravi oltre a 54 anni di età (mia moglie invece, pur avendo 36 anni di contribuzioni assiste Sara solo da tre anni e mezzo). Evidentemente i legislatori pensano a realtà del

Nord d'Italia dove esistono strutture attrezzate in grado di ospitare persone in stato vegetativo e non si pongono (nonostante io abbia scritto a molti di loro) il problema delle famiglie del Sud che si sostituiscono quasi completamente allo Stato. Mi fa piacere per coloro che, andando prima in pensione, potranno dedicare più tempo ai loro figliuoli, ma mi sembrerebbe opportuno pensare anche ai casi ancora più gravi: quelli dei genitori che assistono figli in stato vegetativo o immobilizzati a letto senza possibilità di guarigione. Bisognerebbe considerarli a parte, con procedura d'urgenza perché si tratta di casi limite per cui non si possono richiedere nemmeno pochissimi anni di assistenza continua al figlio in stato vegetativo. Altro che 18 anni! Sa che se di notte mia figlia tossisce e, di conseguenza, la cannula tracheostomica si riempie di catarro o di muco, allora si deve intervenire tempestivamente per non farla soffocare. Io e mia moglie, o una persona di nostra fiducia siamo riusciti a non farla morire così come non l'hanno fatta morire "guardata a vista", minuto per minuto, i medici e gli infermieri dei centri o dei reparti di Rianimazione dove è stata ricoverata quando è stato necessario (vedi per ben due interventi ai polmoni). Coerenza imporrebbe un intervento adeguato per le situazioni delle famiglie che, come la mia, non sentono lo Stato vicino. Bisognerebbe fare un "lodo" per aiutare realmente le famiglie che hanno in tutela il corpo dei loro figli in stato vegetativo e vogliono mantenerlo in vita "dignitosamente". Sarebbe un lodo molto più nobile e lodevole di quello del Ministro siciliano e, credo fermamente, che sarebbe condiviso oltre che dalla gente anche dalla maggioranza e dall'opposizione. Si potrebbe pensare di aumentare il numero di anni di congedo retribuiti previsti dalla legge 104 per gli anni di assistenza a casa ai figli in stato vegetativo oppure attuare subito quella parte del programma elettorale del Premier nel quale si promettevano cinque anni di prepensionamento ai genitori che assistono figli gravissimi.
Facendo un "lodo" simile lo Stato risparmierebbe ingenti quattrini perché la mia famiglia e quelle che si trovano in condizioni simili alla mia (specialmente nel Sud del paese) si troverebbero, nel caso di cedimento fisico (molto probabile, anzi quasi certo per gli acciacchi dovuti all'usura fisica e morale di noi genitori) a dovere affidare il proprio figlio alle cure del Servizio Sanitario. La Regione siciliana, a causa dell'assenza di centri di riabilitazione, ha tenuto una ragazza, in stato vegetativo, ricoverata nella Rianimazione dell'ospedale di Caltanissetta per ben 15 anni. Un posto in Rianimazione costa circa 1.500 euro e se si tiene occupato per ricoveri impropri, oltre al danno all'erario si crea un disservizio pericoloso perché, nel caso di ricoveri urgenti si deve provvedere a rifiutarli per mancanza di posti (nel 2007 in una relazione l'assessore Lagalla comunicava che ben 60 persone in coma, non trovando posto in centri di riabilitazione, si trattenevano nelle rianimazioni siciliane con una spesa incredibile di euro 32.850.000. Io e mia moglie ci sostituiamo quasi interamente al servizio sanitario e nello stesso tempo lo Stato non crea delle norme per consentire a mia moglie, di avere il prepensionamento per assistere sua figlia in quella "clinica privata con un posto letto" quale è diventata la nostra casa. È da due anni che mi dicono di pazientare ma i tempi della politica sono orribilmente diversi da quelli dei malati (una notte di assistenza ad un malato grave o gravissimo dura una eternità e se si tratta di un figlio e una dannazione!) e noi siamo in un vicolo cieco. Potrebbe Lei Onorevole andare simultaneamente a lavorare al servizio del paese e allo stesso tempo assistere a casa suo figlio paralizzato a letto e continuamente a rischio di morire per soffocamento o altro? Potrebbe ricoverarlo in un centro ma solo se abita nel Nord d'Italia oppure pagare 24 ore su 24 un'equipe di infermieri e di medici» -:
se e quali iniziative il ministro intenda assumere a fronte di quanto sopra esposto;

quali iniziative si intendono promuovere e sollecitare perché sia trovata una soddisfacente soluzione a casi come quello del signor Di Natale.
(4-04068)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il procuratore capo della Repubblica di Paola ha pubblicamente manifestato la sua preoccupazione per «i forti sospetti sulla presenza di scorie radioattive nel torrente Oliva e nella zona di Aiello calabro, nel basso Tirreno cosentino»;
per questo motivo ha chiesto aiuto alle istituzioni per procedere alla bonifica del sito: «Al momento non sappiamo quanti elementi tossici ci sono», è la dichiarazione diffusa il 1o settembre dall'agenzia di stampa «AdN-Kronos», «né se sono contenuti in fusti o sono stati sversati nel terreno. Io non posso mandare nessuno a scavare, perché metterei in pericolo la salute degli operai, sarebbe una condanna a morte»;
il dato oggettivo, confermato dalle analisi dell'Arpacal, dal Noe e dai Vigili del fuoco, è che c'è un valore radioattivo da 3 a 6 volte superiore alla norma, e sono stati individuati alcuni radionuclidi di natura artificiale, come il cesio e lo stronzio;
gli elementi sospetti si trovano alla base di una cava che è stata chiusa agli inizi degli anni Novanta; si pensa che proprio da quel momento i rifiuti tossici abbiano fatto ingresso nella zona; alla base del sito sono stati eseguiti altri carotaggi, che hanno rilevato la presenza di altri elementi non radioattivi, ma comunque altamente inquinanti come il mercurio;
negli anni passati c'è stato un aumento statistico di morti per tumori e leucemie, un dato che secondo la procura di Paola è collegabile alla presenza di scorie tossiche nella zona -:
quali iniziative urgenti si intendono adottare, promuovere e sollecitare a fronte della situazione sopra esposta;
in particolare se non si ritenga di dover raccogliere la accorata richiesta di aiuto del procuratore capo della Repubblica di Paola;
l'inerzia delle istituzioni appare agli interroganti intollerabile e pare quasi configurarsi come una sorta di complicità con gli inquinatori;
se sia noto il numero di morti provocati da tumore e leucemie negli ultimi dieci anni, e se effettivamente si riscontri un aumento statistico rispetto alla media;
dal momento che la situazione sembra trascinarsi da quasi vent'anni, come mai tanto tempo sia trascorso senza che si sia fatto nulla.
(4-04069)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
senza dubbio l'onorevole Ministro è a conoscenza dei clima di allarmismo e psicosi che si è determinato nella città di Napoli a proposito del virus H1N1 e del suo possibile contagio tra la popolazione;
il clima di allarmismo e psicosi avrebbe raggiunto il suo acme nel corso della cerimonia funebre del signor Gaetano Doria, il 50 enne morto con l'influenza A, il cui decesso tuttavia è stato provocato solo indirettamente dall'influenza, dal momento che il paziente era un diabetico, affetto da una pregressa grave miocardiopatia e da un'insufficienza renale acuta;
non solo la paura e il timore avrebbero indotto alla diserzione in massa della cerimonia funebre, ma addirittura i quattro impresari delle pompe funebri si sarebbero presentati con indosso una mascherina e i guanti chirurgici;

tutto ciò è da addebitare, evidentemente, a disinformazione e non conoscenza del problema, al punto che lo stesso parroco della chiesa di Sant'Antonio da Padova don Giuseppe Nicodemo ha dichiarato di non aver visto nulla di simile in quarant'anni: «Camorristi, morti ammazzati, dove la chiesa era piena e il funerale assumeva toni discutibili, per teatralità da me fortemente condannati, ma non ho mai visto nulla del genere»;
a fronte di questa situazione di allarme, all'ospedale Cotugno di Napoli sulla ventina circa di persone che si sono presentate al pronto soccorso solo due sono risultate positive ai test, e sul fronte dei ricoverati nessuno presenta situazioni allarmanti e anzi sono in via di miglioramento non essendovi più traccia del virus H1N1 nei loro organismi;
a fronte di queste notizie confortanti, le farmacie della città risultano essere prese d'assalto, e c'è grande richiesta di disinfettanti e mascherine; che nel palazzo dove viveva il signor Doria è stata ordinata la disinfestazione e la madre si sente «un'untrice»: «Sono risultata negativa al test, ma la gente del quartiere mi evita»;
contestualmente si registra un miglioramento anche per il giovane di Parma ricoverato al San Gerardo di Monza per una complicanza polmonare dovuta al virus dell'influenza A. I primi test confermano che il virus H1N1 è scomparso, resta sottoposto a respirazione assistita e a protezione renale N1. Sono tornati a casa uno studente greco di 23 anni ed una bambina di 5 anni. Restano nel reparto infettivi altri quattro pazienti, arrivati nelle ultime 24 ore;
la comunità scientifica ripete da giorni che l'H1N1 non è un killer. Uccide solo in casi rarissimi. «Il suo ruolo - spiega Mauro Moroni, professore di malattie infettive all'Università di Milano - è quello di attaccare le vie respiratorie e indebolirle, creando un'autostrada verso i polmoni per i batteri, loro sì capaci di causare guai peggiori» -:
quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare per tranquillizzare l'opinione pubblica, spesso bombardata da una quantità di notizie tra loro contraddittorie e allarmistiche;
se non ritenga di dover riferire, sulla situazione che si è determinata, e sull'opportunità e urgenza di una adeguata campagna di informazione sulla portata e gli eventuali rischi del virus H1N1.
(4-04071)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i tetti e le coperture dello stabilimento della Barilla di San Nicola di Melfi, in Basilicata, sarebbero costituiti da ondulati in fibrocemento, meglio conosciuti come eternit in evidenti condizioni di friabilità;
esiste un concreto rischio per la salute dei cinquecento lavoratori dello stabilimento e per milioni di ignari consumatori, dal momento che lo stabilimento in questione vanta ben sette linee produttive (fette biscottate, biscotti da colazione, pasticceria, snack, pani morbidi, sfoglie eccetera) per circa 65 mila tonnellate annue;
un dato appare certo: sono parecchie decine gli operai che si sono ammalati di asbestosi e alcuni di loro sono morti a causa del tumore alla pleura provocato dall'amianto;
a detta di molti addetti allo stabilimento, l'amianto è presente in notevoli quantità sotto forma di lastre ingrigite e lesionate dalle intemperie;
nei piazzali dello stabilimento sarebbero anche presenti quattro voluminose cisterne di rifiuti tossico-nocivi e una quantità considerevole di rifiuti solidi pericolosi -:
quali urgenti iniziative si intendano promuovere, sollecitare e adottare per accertare

le reali condizioni in cui versa lo stabilimento della Barilla di San Nicola di Melfi, e in particolare se in ogni caso non si ritenga di dover accertare quanti, tra gli impiegati allo stabilimento della Barilla di Melfi e loro famiglie, si sono ammalati di silicosi, asbestosi, mesotelioma pleurico e dell'intestino carcinoma del polmone, della laringe, dello stomaco, del colon; e quanti impiegati o loro familiari sono deceduti in seguito a queste malattie.
(4-04073)

CALVISI e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Inps starebbe in procinto di attuare la riorganizzazione delle sedi territoriali di produzione su tutto il territorio nazionale;
l'Inps, in particolare, per la regione Sardegna, nell'ambito della nuova articolazione, sembrerebbe orientata, come denunciato dai sindaci dei centri interessati, al declassamento di alcune sedi provinciali, quali Olbia-Tempio, Oristano, Nuoro, Medio Campidano, Ogliastra e Carbonia-Iglesias, prevedendo, inoltre, la soppressione di alcune agenzie territoriali, con la conseguente chiusura delle attuali sedi di Gavoi, Giba, Isili, Pirri, La Palma, Senorbì, Siniscola e Thiesi;
la ventilata riorganizzazione dell'Istituto della previdenza sociale su base territoriale influirebbe negativamente sui servizi forniti al cittadino;
l'eventuale adozione del provvedimento in questione andrebbe ad incidere su un bacino di utenza pari a circa un terzo dell'intera popolazione regionale, causando notevoli disagi alle comunità interessate, con particolare riferimento ad anziani, pensionati, disoccupati ed invalidi, nonché agli stessi esponenti datoriali, costretti a continui spostamenti verso i capoluoghi di provincia, difficilmente raggiungibili a causa della realtà orografica regionale, nonché della inefficienza della rete di trasporto pubblica locale;
l'ipotesi di riorganizzazione sembrerebbe riguardare anche la riduzione delle prestazioni nelle aree professionali medico-legali e legali (contenziosi contributivi, invalidità civile e inabilità, indennità di malattia) dell' INPS con ulteriori disagi per gli utenti;
il declassamento e la chiusura delle sedi citate sembrerebbe dettata da esigenze di carattere economico, a scapito delle reali esigenze della popolazione, soprattutto dei territori più periferici della regione -:
se sia vero che l'Inps intende procedere alla riduzione delle direzioni provinciali in Sardegna;
se sia vero che l'Inps, in conseguenza del declassamento e della conseguente minore autonomia amministrativa delle attuali sedi provinciali in Sardegna, non potrà più garantire compiutamente tutti i servizi attualmente erogati al cittadino;
se sia vero che l'Inps intenda procedere alla chiusura delle sedi citate nella regione Sardegna;
quali iniziative intenda adottare al fine di ridurre il disagio della popolazione interessata.
(4-04074)

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come tutte le agenzie di informazione e i quotidiani riferiscono un giovane di 26 anni, il signor Giuseppe Francolino, di Tropea (Vibo Valentia), è morto nell'ospedale di Lamezia Terme dove era stato ricoverato per un'appendicite acuta;
il giovane, secondo quanto si è appreso, era stato ricoverato il 17 agosto 2009 dopo essere stato visitato nel pronto soccorso dell'ospedale di Vibo Valentia e successivamente dimesso. Ricoverato in seguito a Lamezia, gli era stata diagnosticata un'appendicite acuta e operato nei giorni

scorsi. Le sue condizioni, però, si sono aggravate e il signor Francolino è morto;
in considerazione del fatto che numerosi sono, in regione, i decessi «sospetti», dovuti, per utilizzare una definizione giornalistica, a «malasanità» in ospedali e cliniche private: altri cinque episodi tra il 10 e il 27 agosto;
il 10 agosto, nell'ospedale di Cetraro, sul Tirreno Cosentino, è morta una bambina di otto anni, di Belvedere Marittimo. La piccola, ricoverata dopo giorni di persistenti fenomeni di diarrea e vomito curati a casa, ha avuto un improvviso peggioramento che ne ha impedito il trasferimento in eliambulanza nel più attrezzato ospedale di Cosenza, così come era stato deciso dai medici;
il 15 agosto a Villa Elisa di Cinquefrondi, nel Reggino, è morta Chiarina Gambettola, di 44 anni, deceduta dopo avere partorito il quarto figlio;
il 15 agosto, ad Acri, sempre nel Cosentino, un uomo di 50 anni, Antonio Abbruzzese, ricoverato a causa di un forte dolore ad una gamba;
il 24 agosto, nel reparto di rianimazione dell'ospedale di Locri, nel Reggino, è morta Sara Sarti, una bambina di cinque anni. La piccola era stata ricoverata in mattinata dopo che la sera precedente era stata visitata dai medici dell'ospedale e rimandata a casa con il suggerimento di una terapia sintomatica;
il 25 agosto Felice Antonio Caligiuri, di 61 anni, è deceduto nell'ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro. Secondo la denuncia presentata dai familiari alla questura, l'uomo si è presentato al pronto soccorso accusando forti dolori al torace ma è stato classificato come codice bianco ed è deceduto alcune ore dopo -:
quali iniziative il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali intende promuovere, adottare e sollecitare per accertare come la cosa sia dovuta la morte del signor Francolino e gli altri cinque decessi sospetti.
(4-04097)

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'intera città di Mazzarino è mobilitata e in rivolta, per protestare in seguito all'ennesimo episodio di mala sanità, che in questo caso ha provocato la morte di un giovane motociclista, il signor Filippo Li Gambi;
il padre del giovane, il signor Giovanni Li Gambi, ha pubblicamente denunciato: «Non c'erano i dottori per operare mio figlio, mi devono spiegare perché la sala operatoria è stata chiusa» -:
quale sia l'esatta dinamica dei fatti che hanno portato alla prematura scomparsa del signor Filippo Li Gambi;
in particolare se sia vero quanto riferito dal signor Giovanni Li Gambi, e segnatamente che nel complesso ospedaliero di Mazzarino «al momento dell'incidente non c'erano i dottori... la sala operatoria è stata chiusa»;
in caso affermativo perché nel caso del signor Filippo Li Gambi non c'erano i medici e la sala operatoria era chiusa;
quali iniziative si intendono comunque promuovere, adottare e sollecitare a fronte di quanto accaduto.
(4-04098)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRAZIANO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
diversamente da quanto previsto dall'articolo 1 del decreto ministeriale n. 1540 del 22 ottobre 2007, la possibilità di anticipare per il pomodoro da industria - a decorrere dalla campagna 2009/2010

anziché da quella 2010/2011 - la conclusione del periodo transitorio di accoppiamento parziale degli aiuti comunitari, di cui all'articolo 68-ter del Reg. (CE) n. 1782/2003, occorre che si verifichi in maniera graduale e senza penalizzare o mettere in crisi importanti settori della produzione agricola;
per favorire «l'atterraggio morbido» verso il disaccoppiamento totale - così come definito nei documenti della riforma delle organizzazioni comuni di mercato OCM ortofrutta - la fine anticipata del regime transitorio deve avvenire contemporaneamente in tutti gli Stati membri dell'Unione europea caratterizzati dalla forte presenza delle produzioni in parola;
se, come sembra, Paesi come Spagna e Portogallo non procederanno con l'anticipazione del disaccoppiamento, la scelta unilaterale dell'Italia finirà per danneggiare fortemente alcune Regioni italiane e segnatamente quelle del mezzogiorno;
sollecitazioni nel senso indicato sono state espresse dalle organizzazioni dei produttori operanti in particolare nella Regione Campania e in generale dagli attori di filiera, per i quali anticipare l'introduzione del disaccoppiamento totale nel regime del pomodoro da industria metterebbe a rischio l'attività produttiva delle aziende e dei lavoratori impegnati nella produzione e nella trasformazione del pomodoro -:
se il Ministro interrogato, alla luce delle criticità evidenziate, non ritenga di rivedere il suo orientamento.
(5-01732)

GRAZIANO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
all'articolo 71, il Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), a differenza del precedente periodo di programmazione 2000-2006 e dei fondi strutturali (FSE e FESR), non ammette l'ammissibilità a rimborso comunitario delle spese relative all'IVA sostenute dai beneficiari per la realizzazione dei progetti cofinanziati dall'Unione europea;
gli enti locali della Campania sono beneficiari di importanti misure del programma di sviluppo rurale della regione e per accedere alle agevolazioni ivi previste devono sostenere le spese IVA, in quanto soggetti passivi;
per via della non ammissione a contributo delle spese IVA sostenute dagli enti locali, gli stessi hanno manifestato la difficoltà a partecipare ai bandi del programma di sviluppo rurale, non avendo le risorse proprie per far fronte al pagamento dell'IVA, che rappresenta una somma tra il 10 e il 20 per cento degli investimenti, con la conseguenza di una sostanziale riduzione delle domande di partecipazione ai bandi richiamati;
questa problematica costituisce un'importante criticità che pregiudica il ruolo fondamentale dei comuni rurali per lo sviluppo dei territori, attraverso le opportunità offerte dal piano di sviluppo rurale della regione Campania;
ogni ulteriore ritardo può compromettere la realizzazione degli obiettivi economici, sociali e finanziari del Programma di sviluppo rurale della regione, con conseguente rischio che la Commissione europea proceda al primo disimpegno automatico delle risorse comunitarie non utilizzate entro il 31 dicembre 2009;
l'eventuale perdita di una parte dei fondi del programma di sviluppo rurale costituirebbe un grave danno per l'intera regione Campania;
il Consiglio regionale della Campania, nella seduta del 2 luglio 2009, ha approvato un ordine del giorno con il quale ha sollecitato il Governo per la tempestiva adozione dei provvedimenti tesi ad assicurare l'eleggibilità dell'IVA a favore degli enti locali beneficiari degli interventi previsti dal programma;

la difficoltà del recupero delle spese IVA sostenute dai soggetti beneficiari per le opere e le attività finanziarie nell'ambito del FEASR è stata sollevata dalla Commissione Politiche agricole della Conferenza Stato-regioni, nella seduta del 29 gennaio 2009, in quanto problema comune a tutte le regioni -:
quali misure e iniziative i Ministri interrogati ritengano tempestivamente di intraprendere per la risoluzione dell'ingiusta asimmetria, relativa all'impossibilità di sostenere le spese per l'IVA da parte degli enti locali beneficiari delle misure di intervento del programma di sviluppo rurale cofinanziato dal FEASR.
(5-01736)

CAPARINI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
alle ore 21.50 del 7 luglio 2009 si è abbattuto sui comuni di Esine, Boario, Erbanno, Angone e Piamborno un violento nubifragio ed una grandinata che ha messo in ginocchio i coltivatori della zona;
i danni riscontrati sono quantificati nella perdita del quaranta-cinquanta per cento del raccolto come dichiarato dal presidente della Cooperativa Rocche del Vignale sul giornale di Brescia del 9 luglio 2009 -:
quali siano le misure adottate dal Ministro a tutela degli agricoltori colpiti.
(5-01746)

Interrogazioni a risposta scritta:

BARBARO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'UNIRE è l'Ente tecnico preposto all'organizzazione delle corse dei cavalli in Italia, sottoposto al controllo e alla vigilanza del Ministero delle politiche agricole e forestali;
l'UNIRE ha tra i propri fini istituzionali, come risulta dal suo Statuto, il controllo e la sorveglianza tecnica e disciplinare delle corse;
l'UNIRE per effettuare tale suo compito istituzionale si avvale della collaborazione di numerosi collaboratori, che non sono suoi dipendenti né sono previsti dalla sua pianta organica;
detti collaboratori sono inseriti in un apposito elenco, in base ai vigenti regolamenti delle corse al quale possono essere iscritti solo coloro che abbiano comprovata esperienza e specifica professionalità, dopo aver superato un concorso pubblico di qualificazione come ribadito e specificato nella direttiva della funzione pubblica n. 4 del 15 luglio 2004, e, soprattutto, come pubblicamente detto nel corso della trasmissione televisiva Matrix il 10 marzo 2009 dal Ministro Brunetta, dalla Costituzione Italiana, in un settore così peculiare e delicato quale è quello del controllo disciplinare delle corse dei cavalli e che non incorrano nelle cause di incompatibilità previste dal regolamento delle corse e delle leggi vigenti;
detti collaboratori svolgono le proprie prestazioni professionali in regime contrattuale di collaborazione coordinata e continuativa;
il rapporto contrattuale tra gli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse è regolato da contratti individuali stipulati nell'anno 2004, validi fino al 31 dicembre 2004 e in seguito tacitamente rinnovati sino a tutto il 31 dicembre 2008;
consta all'interrogante che la maggior parte degli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse è rappresentata da persone che mai hanno superato i concorsi previsti, che svolgono altri lavori, pensionati, dipendenti di strutture pubbliche, che non hanno i titoli di studio richiesti;
non sono note all'interrogante le modalità di assegnazione delle nomine di funzione, vista la disparità e sperequazione delle stesse;

non è mai stata fatta una verifica delle posizioni del personale impiegato per il controllo delle corse, da parte dei responsabili dell'UNIRE;
alla luce di quanto esposto, risulta improcrastinabile una risoluzione del problema da parte dell'UNIRE -:
quali iniziative intendano assumere urgentemente il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ed il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione per garantire la conservazione del lavoro agli addetti al controllo tecnico e disciplinare delle corse che sono in regola con quanto previsto dalle leggi dello Stato italiano in materia di enti di diritto pubblico.
(4-03941)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 15 agosto 2009 il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, ha dichiarato che «Dalle cime dei monti alle piane costiere, gli uomini e le donne del Corpo forestale dello Stato assicureranno un Ferragosto tranquillo alle famiglie italiane. Per rendere sicure le escursioni degli italiani a Ferragosto - ha spiegato il ministro -, scenderanno in campo 830 pattuglie del Corpo forestale dello Stato, con compiti di pronto intervento, direzione e coordinamento delle azioni di spegnimento degli incendi boschivi, vigilanza di obiettivi sensibili e pubblico soccorso. Più di 2.100 unità della Forestale saranno schierate in tutta Italia per vigilare sul territorio e contrastare gli illeciti a danno dell'ambiente»;
secondo il piano annunciato dal Ministro, per le esigenze di soccorso e per l'attività di antincendio boschivo i Forestali potranno avvalersi di 820 mezzi su strada, divisi tra fuoristrada, autobotti e mezzi speciali. A coordinare le operazioni e gli interventi provvederanno il dipartimento della Protezione Civile su segnalazione delle Centrali operative regionali;
tuttavia, secondo quanto riferito dal quotidiano Il Gazzettino del 17 agosto a quella data sarebbero stati 89 gli incendi boschivi divampati nella giornata di Ferragosto in tutta Italia;
i roghi sono stati quasi tutti concentrati in Campania, (dove il 16 agosto è divampato un vasto incendio nei pressi del Vesuvio a Ercolano) e Calabria;
la Campania e la Calabria sarebbero state le regioni più colpite dalla fiamme rispettivamente con 43 e 24 incendi boschivi. Seguono la Basilicata con 8 roghi, il Lazio con 7, la Liguria con 3 e la Puglia e l'Emilia Romagna rispettivamente con 2 roghi. Le province più colpite dalle fiamme sono Salerno con 18 roghi, Cosenza con 16, Napoli e Avellino con 8 ciascuna e Caserta e Potenza con 5 -:
se siano esatti i dati riferiti dai mezzi di informazione in merito al numero e all'entità degli incendi divampati;
se ritengano adeguato il dispiegamento di forze annunciato a fronte dell'elevato numero di incendi boschivi divampati nella giornata di Ferragosto in tutta Italia ma in particolare nelle regioni e nelle aree che sono state le più colpite dalle fiamme.
(4-03957)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito della politica comune della pesca l'unica specie soggetta a Tac (Total Allowable Catch, cattura globale permesse) nel Mediterraneo è il tonno rosso;
a marzo a Doha, alla riunione della Cites, la convenzione di Washington che

ha già definito una lista di 5 mila specie animali e 28 mila vegetali da tutelare, vietandone l'esportazione, perché stanno sparendo dal pianeta si deciderà se includervi anche questa specie;
la soglia considerata critica è il 20 per cento: quando l'80 per cento della popolazione di una specie è già sparito scatta l'inserimento nella convenzione di Washington. E il tonno rosso, secondo gli ultimi dati, si trova sostanzialmente in questa situazione. La specie è divisa in due popolazioni: quella atlantica negli ultimi 38 anni ha subito una diminuzione dell'82,4 per cento, mentre quella mediterranea tra il 1957 e il 2007 ha avuto un declino del 74,2 per cento;
la proposta di includere questa specie nella convenzione di Washington è stata avanzata dal Principato di Monaco ed è condivisa da molti paesi europei come Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda, Austria, Polonia;
l'8 settembre 2009, la Commissione europea ha ritenuto di poter «provvisoriamente» raccomandare agli Stati membri la proposta del principato di Monaco di considerare il tonno rosso a rischio estinzione e quindi introdurlo nella lista delle specie per le quali è vietata la commercializzazione in base alla Convenzione internazionale sul commercio delle specie in pericolo (Cites). La posizione provvisoria è stata raggiunta dai commissari europei interessati: per l'ambiente Stavros Dimas e per la pesca Joe Borg. Entrambi concordano che l'Esecutivo Ue potrà pronunciarsi in modo definitivo solo sulla base dei più recenti dati scientifici in relazione allo stato degli stock e sulle conclusioni a cui giungerà nella prossima riunione di novembre, la Commissione internazionale per la conservazione dei tonni nell'Atlantico (Iccat);
il Ministro dell'Agricoltura Zaia avrebbe dichiarato che non intende considerare la specie tra quelle a rischio;
secondo Alessandro Gianni, responsabile della campagna mare di Greenpeace «Molti esperti ritengono che, in mancanza di seri provvedimenti, nell'arco di cinque anni si arriverà a quota 90 per cento: avremo fatto fuori nove tonni su dieci. Già oggi il mercato delle esportazioni, monopolizzato dal Giappone che compra tra l'80 e il 90 per cento di quello che viene venduto all'estero, si regge solo con il trucco dell'allevamento. I tonni vengono presi in mare, fatti ingrassare in grandi gabbie e venduti come prodotti di allevamento, al di fuori delle quote stabilite dall'Unione europea. È per questo che gli stock continuano a diminuire: preleviamo più di quello che è consentito, anche perché negli ultimi anni, mentre la pressione della pesca europea diminuiva, aumentava quella della pesca africana» -:
quale posizione intenda assumere in ambito europeo e alla conferenza di Doha sulla tutela di questa specie.
(4-03998)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
dall'indagine campionaria condotta dall'Istat sull'utilizzo dei prodotti fitosanitari nella coltivazione del frumento tenero e duro per l'annata agraria 2007-2008 e riportata dal quotidiano Terra in un articolo dal titolo «Il veleno che minaccia il pranzo» emerge che sono in aumento questi prodotti nella coltivazione del frumento destinato, quello tenero, alla produzione di pasta alimentare, mentre quello duro al pane e alla pasta all'uovo, dunque prodotti molto diffusi e di uso comune;
dallo studio emerge che la tendenza è quella di ricorrere in maniera sistematica ai pesticidi, con la conseguenza di avere un'agricoltura caratterizzata da una componente chimica sempre più invasiva. Nel report, infatti, si legge che «nell'annata agraria 2007-2008 le aziende cerealicole

che hanno effettuato trattamenti di difesa fitosanitaria sono state il 34,6 per cento del totale con riferimento al frumento tenero e il 30,6 per cento nel caso del frumento duro; la superficie media di queste aziende è superiore rispetto a quella delle aziende che non effettuano interventi fitoiatrici»;
l'ultima rilevazione che aveva riguardato le coltivazioni di frumento risale all'annata 2002/2003 e rispetto a questa, «si registra un aumento della media di trattamenti eseguiti da ogni azienda per superficie trattata» e in questi ultimi cinque anni l'Istat rileva «un aumento della quantità utilizzata di principi attivi: per il frumento tenero c'è un aumento totale di 201.800 chilogrammi», mentre per il frumento duro l'incremento, anche se «più contenuto», è comunque pari a 48.200 chilogrammi;
questi trattamenti, rileva l'istituto di statistica, sempre rispetto a cinque anni fa, hanno conosciuto «un forte aumento», essendo passati da 275.600 a 872 mila. Che significa un assai preoccupante +216,4 per cento. In Italia, già nel 1992 l'Istituto superiore di Sanità aveva riconosciuto molti pesticidi come probabile causa dell'aumento di diverse forme di cancro e di alterazioni del sistema endocrino;
a conferma di questo vi è il rapporto di Legambiente «Pesticidi nel piatto», secondo il quale gli studi epidemiologici sui lavoratori esposti a sostanze con attività endocrina (EDCs) hanno accertato i rischi per chi lavora a contatto con queste sostanze (agricoltori). Altri studi evidenziano che molti dei pesticidi oggi in uso in agricoltura hanno effetti neurotossici. In Italia, i residui di pesticidi su prodotti ortofrutticoli sono controllati in base a limiti di legge calcolati sulla pericolosità delle sostanze attive;
questi limiti però sono stabiliti prendendo in considerazione l'organismo di un maschio adulto. È inevitabile perciò porsi il problema dell'adeguamento di questi limiti all'organismo delle donne e dei bambini. A quest'ultimi va prestata particolare attenzione perché studi recenti mettono in evidenza i rischi di disfunzioni dell'apparato riproduttore finora attribuite a fattori di tipo sociale, economico, culturale e sociologico, ma che sembrano invece correlate alla presenza di composti in grado di interferire con la normale regolazione ormonale (tra cui figurano appunto i pesticidi), e che causano perciò problemi al loro sviluppo -:
se siano al corrente di questa grave situazione;
quali iniziative intendano assumere per ridurre l'uso di prodotti fitosanitari in agricoltura;
quali provvedimenti intendono adottare per adeguare i limiti di legge, finora stabiliti prendendo in considerazione l'organismo di un maschio adulto, all'organismo delle donne e dei bambini.
(4-04014)

REGUZZONI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nel 2015 si svolgerà a Milano l'esposizione universale avente per titolo «Nutrire il Pianeta, Energia per la vita»;
centrale nella scelta del tema sono le problematiche legate all'alimentazione, alla nutrizione, all'agricoltura e alla produzione di cibo in genere;
grande spazio verrà occupato dai temi delle tecnologie legate alla produzione agricola, ed in particolare in un mondo nel quale la tecnologia pervade sempre di più ogni settore, anche l'agricoltura - con tutto il suo patrimonio di conoscenze e valori - può beneficiare del contributo dei nuovi strumenti tecnologici. Attraverso di essi è forse possibile coltivare la terra in maniera più produttiva e sana, secondo modalità nuove che vanno incontro alle esigenze sempre maggiori di derrate alimentari sicure e nutrienti, ma anche alla necessità impellente di tutelare e valorizzare la biodiversità, specchio della ricchezza della natura.

Milano e il suo territorio padano interpretano brillantemente questo cambiamento, rappresentando una delle rare aree molto urbanizzate che vivono un equilibrio tra sviluppo e territorio, tra energia umana e fecondità della terra;
non è un caso, dunque, che Milano sia sede di importanti centri accademici e di ricerca connessi al tema agro-alimentare e della biodiversità e sede delle più importanti manifestazioni fieristiche mondiali nel settore dell'agro-food. Sono eventi, questi, in grado di testimoniare un modello di produzione e distribuzione del cibo attento agli equilibri planetari, alla qualità dei prodotti e alla salute e in grado di coniugare tradizioni secolari e tecnologie d'avanguardia;
oggi l'agricoltura biologica costituisce per tutto il Paese una punta di diamante che consente di ottenere prodotti agricoli mediante l'utilizzo di processi e tecniche tesi alla salvaguardia della salute dell'uomo, dell'ambiente e del benessere animale;
gli strumenti - conoscitivi, tecnici, operativi e di ricerca - di cui oggi si dispone possono garantire uno straordinario salto di qualità nei diversi ambiti legati all'alimentazione, ovviamente a condizione che siano utilizzati con giudizio. Scorrendo la moltitudine di innovazioni che ormai da qualche anno sono penetrate nella coscienza e nel linguaggio dell'opinione pubblica mondiale (una per tutti, gli OGM) si ha l'impressione di essere in un momento rivoluzionario, per il settore alimentare e per tutti i comparti a esso collegati. Analogamente a quanto accadde in un certo periodo del Medioevo e durante la «rivoluzione agronomica» del XVIII secolo, oggi le innovazioni scientifiche stanno cambiando l'agricoltura, la preparazione, il commercio, la distribuzione e la vendita del cibo, tanto da arrivare a modificare il modo di fare la spesa e quello di cucinare, in Italia come in Australia. Questa vera e propria «nuova rivoluzione alimentare» potrà portare - proprio grazie alla scienza e alle tecnologie da essa derivate - a grandissime opportunità, soprattutto sul fronte della lotta alla fame, ma anche nell'ambito della sicurezza e della qualità alimentare;
al contempo però l'Expo dovrà garantire anche specifici momenti per sviluppare riflessioni etiche e morali sull'utilizzo di speciali tecniche - ad esempio nel campo della genetica applicata all'agricoltura, e sul recupero delle tradizioni sia nel modo di produrre, sia nei prodotti stessi;
su questi temi occorre confrontare le opinioni e sviluppare una cultura consapevole, in grado di porre il cittadino nella possibilità di capire ed affrontare fenomeni spesso frequenti -:
se e come il Ministero si stia preparando alla realizzazione dell'Expo 2015, con particolare riferimento alle tematiche dell'alimentazione, dell'agricoltura, delle nuove tecnologie applicate alla produzione di cibo, al recupero di tradizioni nelle lavorazioni e negli alimenti, agli aspetti etici di tali tematiche;
con particolare riguardo all'alimentazione - punto centrale dell'Expo - se e come il Ministero intenda impostare la propria presenza, con riferimento ai temi citati;
se e come il Ministero stia collaborando con la società di gestione, il Commissario straordinario, la Regione Lombardia e gli enti locali all'organizzazione dell'evento allo scopo di rendere interessante e maggiormente attrattiva una partecipazione all'Expo stesso.
(4-04086)

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro per i rapporti con il Parlamento, per sapere - premesso che:
l'attuale Partito democratico (che nasce storicamente, da due filoni storico-politici

- quello derivante dal PCI, poi PDS, quindi DS e quello della Sinistra Democristiana - e sul cui passato, in questa sede, non si intende intervenire) da mesi sottopone il Presidente del Consiglio dei ministri ed il Governo ad un attacco mediatico di inaudita violenza in particolare per quanto concerne i valori dell'etica e della condotta morale;
come sua tradizione, anziché confrontarsi sulla politica e sui programmi - due campi in cui si contraddistingue per inconsistenza, confusione ed assenza di idee - non rinuncia ad usare tutti i mezzi a disposizione, discutibili sotto diversi profili, per delegittimare ed attaccare l'avversario;
pur privo, ad avviso degli interpellanti, dei benché minimi requisiti per dare lezioni di etica, di morale e di correttezza, continua imperterrito in questa azione frutto di disperazione sul piano politico e che comporta solamente l'imbarbarimento della vita politica del Paese;
solo per quel che riguarda gli eventi dell'ultimo anno, il PD è stato oggetto delle seguenti inchieste giudiziarie di rilevanza nazionale;
nel luglio 2008, la giunta di centro sinistra della regione Abruzzo viene decapitata a seguito dell'accusa di tangenti in relazione ad appalti nella sanità;
nell'agosto 2008, i vertici della regione Basilicata, parlamentari PD, magistrati e funzionari pubblici sono indagati, nell'ambito dell'inchiesta «Toghe Lucane», con l'accusa di aver condizionato le pubbliche amministrazioni, interferito sull'Ordine giudiziario, sul Consiglio superiore della magistratura e sui ministeri;
nel mese di novembre 2008, a Firenze due componenti della giunta cittadina PD vengono messi sotto inchiesta in relazione alla trasformazione urbanistica di Castello, 168 ettari di proprietà di Fondiaria-Sai, aree già destinate ad alloggi, al centro direzionale della Regione, a uffici della Provincia, a un parco di 80 ettari; alcuni membri della giunta si dimettono;
nel dicembre 2008, il sindaco di Pescara, e segretario regionale del PD, viene arrestato per presunte tangenti nella gestione degli appalti pubblici, in particolare dei servizi cimiteriali; l'amministrazione comunale viene sciolta;
prosegue negli stessi giorni l'inchiesta sulla Global Service relativa a tangenti su appalti che coinvolge amministrazioni locali a guida PD, in particolare il comune di Napoli, e si estenderebbe anche a Lazio e Puglia;
il 20 dicembre 2008, a Napoli, due assessori in carica e quattro ex componenti della giunta comunale sono coinvolti in un'inchiesta della Procura di Napoli per uso improprio delle cosiddette «auto blu»;
sempre a dicembre 2008, viene aperta l'inchiesta per le presunte tangenti versate dalla Total in relazione all'estrazione del petrolio in Basilicata; un deputato lucano del PD si autosospende dal partito in quanto indagato, assieme ad altri esponenti locali del partito; il PRC parla di una «ragnatela di malaffare»;
il 9 gennaio 2009, è rinviato a giudizio un deputato PD con l'accusa di corruzione, nell'ambito dell'inchiesta cosiddetta «Iena due» su mafia, affari e politica;
sempre a gennaio 2009, si ferma per prescrizione l'indagine sulle tangenti al sindaco PD di Ancona in relazione allo sviluppo del porto di Ancona;
ad aprile 2009, viene arrestato un consigliere regionale della Campania, con l'accusa di aver utilizzato una società fittizia per poter ricevere benefici economici dalla Regione;
nello stesso mese, sono iscritti sul registro degli indagati l'assessore PD alle attività produttive della regione Campania, un ex assessore alle attività produttive della Provincia di Caserta, anch'egli esponente del PD ed alcuni stretti collaboratori

del Presidente regionale, per le vicende relative alla realizzazione di una centrale elettrica a biomasse a Pignataro Maggiore (Caserta);
a giugno 2009, la procura di Potenza iscrive nel registro degli indagati il vicepresidente PD della giunta regionale della Basilicata, con l'accusa, assieme ad altri, di truffa e peculato, per aver sottratto sistematicamente risorse pubbliche sfruttando gli incarichi istituzionali;
sempre a giugno 2009, il presidente PD della provincia di Benevento è relegato ai domiciliari, assieme ad altri 14 tra tecnici e professori universitari, in relazione ad un'inchiesta della Procura di Napoli riguardante gli impianti di cdr (combustibile da rifiuti) in Campania; secondo l'accusa i componenti delle commissioni di collaudo hanno certificato impianti non idonei;
nello stesso periodo si allarga a macchia d'olio, ed è ancora in corso, l'inchiesta sulla sanità pugliese;
si citano tutti questi episodi, che andranno approfonditi e sciolti dal giudizio della magistratura, non perché gli interpellanti intendano venir meno alla propria ispirazione garantista ma solo per chiarire, con esempi, che il PD non può esercitare un ruolo moralizzatore;
il complesso delle vicende sopra descritte evidenzia una situazione di sicuro imbarbarimento della vita politica del Paese ascrivibile ai metodi ed ai comportamenti del PD che, perdente sul piano ideologico-politico e ridimensionato su quello elettorale, cerca con ogni mezzo, soprattutto attraverso quelli impropri o, ad avviso degli interpellanti, illeciti, di delegittimare il vertice dell'Esecutivo -:
se il Governo non ritenga opportuno assumere, per quanto di competenza, ogni iniziativa finalizzata a ristabilire un costruttivo ed utile confronto democratico tra le forze politiche oggi gravemente compromesso dall'azione di turbativa sopra ricordata, posta in essere dal PD. Ciò a salvaguardia delle istituzioni, e a garanzia del buon funzionamento dello Stato nonché a tutela del vertice dell'Esecutivo il quale, forte del diretto mandato popolare, sta operando con grande impegno e risultati positivi per affrontare e risolvere i problemi del Paese, pur in presenza di una crisi internazionale di singolare gravità.
(2-00461)
«Stracquadanio, Lehner, Mottola».

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SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro per la semplificazione normativa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il Governo è impegnato in un notevole e condivisibile sforzo teso ad ottimizzare la gestione della cosa pubblica, semplificare la legislazione, migliorare la trasparenza e ridurre gli sprechi;
il Comune di Campione d'Italia (Como) - essendo una enclave in territorio svizzero - gode di alcune forme di privilegi, normativi e fiscali, tali da aver più volte richiamato l'attenzione dell'opinione pubblica per gli eccessi che si configurano;
tra i privilegi si annovera anche il fatto che il Comune di Campione d'Italia riceve annualmente un maxidividendo dalla società di gestione del Casinò che ammonta - per ogni singolo cittadino, giovane o anziano, del comune di Campione - a svariate migliaia di euro;
tra i privilegi si annovera anche il fatto che gli stipendi pubblici e quelli della società che gestisce il Casinò di Campione siano completamente diversi da quelli del resto del Paese e le possibilità di accesso a dette funzioni è regolato da procedure poco chiare e trasparenti;
l'esistenza di una situazione privilegiata è testimoniata e comprovata dal fatto che vi è un notevole interesse da parte di

moltissimi cittadini italiani ad acquisire la residenza in detto Comune, e tale iter burocratico è molto difficile, complicato e poco trasparente;
vi sono molti elementi che portano a ritenere antistorici e ingiusti i privilegi accordati con varie motivazioni e in una diversa situazione storica ed economica; al riguardo, si possono citare, a puro titolo esemplificativo, alcuni fatti che hanno completamente mutato il quadro storico all'interno, ad esempio: i secoli di pace e convivenza serena con la Confederazione elvetica, ed in generale i decenni trascorsi dalla conclusione della ultima guerra mondiale; la situazione dei tasso di cambio franco svizzero-euro, che negli ultimi dieci anni ha visto radicalmente mutare la situazione precedente sfavorevole al nostro Paese; gli ottimi rapporti Italia-Confederazione elvetica in ogni campo, compresa la collaborazione tra la Regione Lombardia, le provincie di confine e lo Stato del Canton Ticino; il livello di reddito, testimoniato anche dal valore di mercato degli immobili residenziali rispetto ai comuni svizzeri vicini, di coloro che vivono a Campione d'Italia -:
quali e quanti siano i benefici di ogni ordine e grado - economico, fiscale, amministrativo, finanziario - attualmente in vigore per i cittadini di Campione d'Italia (Como), e se sia possibile quantificare in termini quantitativi detti benefici, sia globalmente, sia riferiti a ciascun residente nelle varie fasce d'età e nelle professioni più significative;
se vi siano - e quali - situazioni degne di segnalazione per meglio capire la portata del fenomeno;
se il Governo condivida il permanere di tali benefici;
se non ritenga di assumere iniziative al fine di tutelare gli interessi pubblici, la giustizia e l'equità amministrativa, nel senso di eliminare in tutto o in parte la citata situazione di privilegi ingiustificati.
(4-04087)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
sin dai primi anni '70 è presente a Battipaglia (Salerno) l'insediamento industriale Alcatel, che ha fortemente inciso sulla crescita sociale ed economica della piana del Sele e della provincia di Salerno; attualmente lo stabilimento Alcatel Lucent occupa circa 200 lavoratori a tempo indeterminato, altrettanti a tempo determinato ed interinali per le attività di ricerca e sviluppo e di produzione industriale nel settore delle trasmissioni ottiche;
circa 400 dipendenti complessivamente operano in numerose aziende dell'indotto; e dunque più di 1.000 famiglie gravitano intorno a tale realtà produttiva battipagliese, considerando anche l'indotto;
lo stabilimento Alcatel Lucent ha rappresentato un'importante realtà industriale presente al Sud, capace di offrire prodotti innovativi, con personale caratterizzato da elevate conoscenze e competenze professionali;
l'azienda si avvale, infatti, di figure professionali di alta qualificazione, provenienti dalle università campane ed in particolare dall'ateneo salernitano e nella fase attuale, malgrado la grave crisi economica, Alcatel Lucent vanta un portafoglio di prodotti di prim'ordine ed esprime notevole capacità competitiva;
negli ultimi anni la proprietà ha posto in essere una strategia di ristrutturazione aziendale che ha determinato l'esternalizzazione degli stabilimenti di Maddaloni (Caserta), Frosinone, Rieti e Vimercate-Concorezzo (Milano), mentre fino al 2003 il gruppo Alcatel Italia contava

4.100 dipendenti distribuiti nei siti innanzi citati e a Trieste e Battipaglia;
già nell'aprile 2009 le organizzazioni sindacali nazionali sono state informate di un progetto di esternalizzazione o addirittura di chiusura del Centro integrazione e collaudo di Battipaglia;
in questi giorni, inoltre, le organizzazioni sindacali hanno avuto notizia di accordi preliminari di vendita dell'azienda ad una cordata di imprenditori che però non avrebbe dimostrato di essere in grado di sostenere la produttività dell'azienda;
è noto che precedenti tentativi di esternalizzazione operati da Alcatel hanno prodotto, pressoché sistematicamente, esiti nefasti per l'occupazione, spesso culminando nella chiusura dei siti;
in data 7 settembre 2009 si è riunita l'assemblea dei lavoratori di Alcatel Lucent di Battipaglia, alla quale hanno partecipato, le rappresentanze sindacali unitarie e i sindacati Fim, Fiom, Uilm, per chiedere una maggiore tutela dei lavoratori, ed in particolare di quelli interinali, ormai parte integrante del processo produttivo e tecnologico del sito stesso;
sempre in data 7 settembre, cinque lavoratori dell'azienda di Battipaglia sono entrati nello stabilimento e hanno minacciato di darsi fuoco con taniche di benzina e bombole di gas, in segno di protesta contro le decisioni dell'azienda di sospendere le attività manifatturiere;
i sindacati hanno chiesto l'attivazione di un tavolo di confronto con la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;
i lavoratori e i sindacati hanno espresso totale contrarietà a qualsiasi ipotesi di vendita, cessione, esternalizzazione e chiusura del sito produttivo di Battipaglia e di ridimensionamento della ricerca e sviluppo presente nel sito stesso;
nel corso di alcuni incontri del maggio 2009 con rappresentanti del Governo e delle istituzioni locali la rappresentanza sindacale unitaria Alcatel Lucent di Battipaglia ha presentato articolate proposte tese a favorire il mantenimento dell'insediamento in loco, nonché a cogliere nuove opportunità di finanziamenti e di commesse; e ciò a testimonianza di un atteggiamento molto serio e responsabile e di un ruolo costruttivo e propositivo del sindacato e del personale;
la difesa della Alcatel Lucent di Battipaglia è condizione fondamentale per tutelare la realtà industriale più importante della provincia di Salerno e per sviluppare il settore delle telecomunicazioni in Campania, nel Mezzogiorno e nell'intero Paese, dato che gli investimenti sull'information and communication technology e sulla banda larga sono riconosciuti indispensabili per la crescita economica;
è necessario sostenere il progetto di tutela e di rilancio della Alcatel Lucent di Battipaglia con adeguate iniziative di lotta, capaci di coinvolgere il territorio e le istituzioni locali, provinciali, regionali e nazionali -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per sostenere l'Alcatel Lucent di Battipaglia e i suoi lavoratori, per scongiurare l'ipotesi di una cessione e, quindi di una futura chiusura dello stabilimento, che costituirebbe un ulteriore depauperamento del patrimonio occupazionale e professionale oggi presente nel sito;
se il Governo intenda promuovere e sostenere adeguatamente il progetto di rilancio industriale del sito presentato dalle rappresentanze sindacali unitarie;
se il Ministro interpellato non intenda insediare un apposito tavolo interministeriale, con la partecipazione della regione Campania, della provincia di Salerno, del comune di Battipaglia e ovviamente delle rappresentanze sindacali nazionali ed aziendali.
(2-00452)
«Di Pietro, Donadi».

Interrogazione a risposta orale:

RAO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
non tutto il territorio nazionale è coperto dal segnale digitale terrestre e, dunque, circa 3 milioni di persone (1,3 milioni di famiglie comunque tenute al pagamento del canone), per vedere i canali generalisti della Rai sono costretti a ricorrere a loro spese al segnale satellitare;
la Rai, però, essendo il segnale satellitare ricevibile al di là dei confini nazionali, cripta i programmi per cui non detiene i diritti internazionali (soprattutto eventi sportivi, film e telefilm);
tra i contratti in vigore tra la Rai e Sky ce n'era uno relativo al sistema di criptaggio, per cui fino allo scorso luglio la tv pubblica trasmetteva sulla piattaforma di Murdoch senza censure. Oggi però, scaduto questo contratto, l'abbonamento a Sky non è più una soluzione per chi non riceve il segnale terrestre;
la Rai cripta o meno le trasmissioni senza un apparente filo logico e, relativamente alle partite della nazionale di calcio, da viale Mazzini hanno fatto sapere di poter trasmettere in chiaro anche su Sky solo quelle giocate in casa;
nessuna spiegazione, però, sembra poter giustificare il comportamento della Rai se si considera che Sky è una piattaforma italiana il cui segnale non è ricevibile all'estero e, dunque, non crea problemi di diritti internazionali;
quando cripta le partite della nazionale, la Rai perde in termini di share (anche fino a due punti) e, dunque, di introiti pubblicitari;
Tivùsat, ad oggi la sola soluzione per vedere tutti i programmi Rai per chi non riceve il segnale terrestre, è ancora una piattaforma fantasma, che per gli anziani (il 24 per cento dei telespettatori) forse non sarà mai familiare e il cui decoder costa fino a 3 volte quello per il digitale -:
ad avviso dell'interrogante la Rai, criptando molte trasmissioni anche su una piattaforma italiana qual è Sky, stia agendo come una qualsiasi tv commerciale (oltretutto governata male) e non nell'interesse dei telespettatori come dovrebbe fare un servizio pubblico;
peraltro la Rai, proseguendo sulla strada, secondo l'interrogante, illogica del criptaggio nonostante i risultati negativi in termini di share, secondo l'interrogante sta agendo non nel proprio interesse ma in quello di Mediaset, che infatti, cripta poco o nulla;
se non si ritenga che il decoder per Tivùsat dovrebbe essere fornito gratuitamente a quei cittadini che non ricevono il segnale terrestre e sono in regola col pagamento del canone;
se a prescindere da ogni altra considerazione, considerato l'obbligo di must offer in capo al concessionario pubblico, ed il principio di neutralità tecnologica fissati nel controllo di servizio, la situazione rappresentata in premessa sia coerente con il rispetto degli obblighi di servizio pubblico.
(3-00644)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GRASSI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'attuale sistema di distribuzione carburanti sull'intera rete stradale ed autostradale generalmente viene regolato, ai sensi del decreto legislativo n. 32 del 1998 e seguenti, da contratti di cessione gratuita d'uso stipulati fra i proprietari degli impianti, rappresentati in gran parte da compagnie petrolifere, e i gestori, previa clausola di esclusiva di fornitura del prodotto;
di fatto, le compagnie petrolifere fissano in maniera sostanzialmente unilaterale il prezzo di acquisto del carburante da parte del gestore. A quest'ultimo viene riconosciuto un margine da ogni singola

compagnia a livello nazionale, circostanza che determina una forte limitazione del principio di concorrenza;
tale meccanismo appare pregiudicare gli effetti attesi dai provvedimenti di liberalizzazione varati nel corso degli ultimi anni, anche in ottemperanza alle prescrizioni della Unione europea, con conseguente attenuazione della auspicata riduzione dei prezzi finali e, quindi, degli oneri sopportati dagli automobilisti italiani;
per di più, negli ultimi tempi, non mancano iniziative contrattuali volte a rendere ancora più gravose le condizioni finanziarie dei gestori, con clausole che hanno dato adito a contenziosi e primi pronunciamenti giurisdizionali -:
quali siano gli intendimenti del Governo in materia di rapporti contrattuali tra le compagnie petrolifere e i gestori della rete di distribuzione, in particolare con riferimento agli effetti che dette clausole determinano sulla fissazione dei prezzi finali al consumo;
quali iniziative intenda assumere al fine di favorire, nel rispetto dell'autonomia contrattuale delle parti, un sistema più equilibrato di relazioni contrattuali tra le compagnie petrolifere e i gestori della rete distributiva, volto a garantire un'efficiente organizzazione della distribuzione, nell'interesse degli utenti finali, sia in termini di prezzo dei carburanti, sia di qualità del servizio.
(5-01739)

LULLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge 27 dicembre 2006, n. 296 (finanziaria 2007) ha disposto, al comma 936, che una quota parte delle risorse del fondo per le azioni a sostegno del made in Italy (istituito dalla Finanziaria 2004), pari a 3 milioni di euro nel triennio 2007-2009, fosse destinata all'erogazione di contributi per la realizzazione di studi e ricerche diretti alla certificazione di qualità e di salubrità dei prodotti tessili cardati, realizzati con materie prime secondarie, che valorizzano la tipicità delle lavorazioni e le caratteristiche ecologiche dei relativi manufatti;
il citato comma 936 prevedeva che con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro del commercio internazionale, fossero individuate le modalità per accedere ai contributi di cui al precedente periodo;
la tenuta della filiera del cardato, tipologia produttiva di rilievo soprattutto per il distretto di Prato, rischia una crisi irreversibile e deve essere protetta e tutelata, salvaguardando competenze tecniche irriproducibili;
il peso del cardato sul tessile pratese è stimato in 1,5 miliardi di euro per la parte di fatturato collegata alla produzione di articoli tessili cardati realizzati con materiale rigenerato che, per circa il 60 per cento, viene esportato. Il settore, inoltre, conta su 9.000-10.000 addetti che a vario titolo sono impegnati nella produzione -:
a che punto sia l'attuazione della citata norma e quali iniziative intenda assumere il Ministro per accelerare l'iter burocratico che consentirà alle imprese del cardato di accedere ai contributi.
(5-01744)

BOBBA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Phonemedia opera nel settore delle customer operations, fondato nel 2002, nel 2004 entra attivamente nel mercato Latino Americano attraverso l'acquisizione di strutture e personale operativo in Argentina e, dopo una veloce crescita ed espansione, nel 2005, è riconosciuta come leader italiano per quanto riguarda il settore dei contact center, in particolar modo nel settore outbound;
nel 2007 e 2008 lo stesso Phonemedia, grazie ad una serie di acquisizioni di aziende di outsourcing diventa il Gruppo Phonemedia, leader nei servizi call center e di supporto alle più importanti aziende

nello sviluppo e nella gestione dell'intero processo di custumer relationship marketing;
il gruppo attualmente è formato da Raf Spa, Answers Spa, WCCR Srl, Omniacall Spa, PMC Operations Srl, PMC Servizi Finanziari Srl, Multivoice Srl, Multimedia Planet Srl, B2B Srl e Soft4Web Srl;
tutte le aziende del gruppo Phonemedia attraversano una seria crisi finanziaria, che ha portato ad una dilazione del pagamento degli stipendi in due rate e, non di rado, a ripetuti ulteriori ritardi sulle scadenze promesse dall'azienda;
nel corso di diversi incontri avuti in sede aziendale, il management ha presentato un piano di risanamento e rilancio finanziario, basato essenzialmente sull'intervento bancario, che, di fatto, è stato rimandato di mese in mese;
più volte e presso diverse sedi, si sono svolti tavoli di confronto con le autorità locali, quali Provincia e Prefettura, al fine di monitorare la situazione delle singole società, senza nessun esito, in quanto all'impegno formale dell'azienda a risolvere in tempi brevi le difficoltà finanziarie, non è seguita l'ottemperanza delle promesse e il rispetto delle scadenze;
in data 29 luglio 2009, le società Europe SA e AMT Europe SA, detentrici del controllo delle aziende del Gruppo Phonemedia, e la Restform Limited, società a monte della catena di controllo della Omega Spa, hanno stipulato l'accordo con il quale si prevede che quest'ultima ottenga il completo controllo delle prime due, comportando il confluire delle società del Gruppo Phonemedia nel network di imprese della inglese Omega Spa;
in data 3 settembre 2009 le segreterie nazionali SLC-CGIL, FISTel-CISL, UILCOM-UIL hanno inviato una lettera all'attenzione del dottor Giuseppe Castano, presso la Direzione generale per la politica industriale, Dipartimento per la competitività del Ministero dello sviluppo economico, per rappresentargli la situazione e chiedere l'apertura di un tavolo di crisi presso il Ministero, ma non hanno ottenuto risposta;
in tutte le sedi italiane si stanno verificando scioperi e altre forme di agitazione a causa della difficile situazione economica a cui sono costretti i dipendenti, della mancanza di informazioni e della gestione aziendale;
il call center di Trino, in particolare, consta di circa 300 dipendenti, assunti sia a tempo indeterminato, sia determinato e sia con contratti di apprendistato e, nonostante in passato il numero di occupati fosse sensibilmente più elevato di quello attuale, da circa un anno il dato occupazionale risulta stabile;
i ritardi nel pagamento degli stipendi, per i dipendenti piemontesi e non solo, sussistono da lungo tempo e negli ultimi mesi l'azienda aveva proceduto a pagare in due tranche, rispettivamente il 10 e il 20 di ogni mese;
la situazione ulteriormente è peggiorata nell'ultimo periodo, infatti solo nel mese in corso, è stata corrisposta la seconda tranche dello stipendio di luglio;
a partire dai primi mesi del 2008, risulterebbe che i dipendenti di Trino abbiano subito ritardi anche nel versamento dei contributi previdenziali, del trattamento di fine rapporto e dei fondi esterni;
la situazione descritta turba i dipendenti in quanto ad oggi il call center di Trino lavora solamente su commesse Telecom, mentre, fino al 2008, sussisteva una maggiore differenziazione di servizi -:
se il Ministro interrogato non intenda convocare un tavolo di crisi con le aziende rientranti nel Gruppo Phonemedia, ora cedute all'Omega Spa;
se lo stesso Ministro non intenda rassicurare i dipendenti e le loro famiglie, in particolare quelli di Trino, verificando che la cessione li tuteli e garantendo sia i livelli occupazionali, sia la solvibilità della Omega Spa, considerato che, a quanto

consta all'interrogante, non è stato diffuso, né presentato nessun piano industriale a riguardo.
(5-01747)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
il comune di Torricella, in provincia di Taranto, e segnatamente nelle località di Monacizzo e Torre Ovo non risultano servite da ADSL -:
se non ritenga di doversi attivare nell'ambito delle proprie competenze per assicurare questo ormai fondamentale servizio che contribuirebbe a importare contributo per un promettente sviluppo turistico e agroalimentare, con effetti positivi intuibili per le popolazioni della zona, anche assumendo iniziative volte a includere la connessione veloce ADSL tra gli obblighi di servizio pubblico.
(4-03927)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel Sud del Colorado, nella Riserva indiana Ute, è stato realizzato un impianto pilota di coltivazione di alghe fotosintetiche che riduce al contempo le emissioni di gas-serra e consente di produrre biocarburante;
questo impianto pilota è denominato Coyote Gulch ed è relativo ad un progetto cofinanziato dall'Università di Stato del Colorado (Cus) e da una delle più ricche comunità di nativi americani, gli Ute meridionali;
secondo il professore Bryan Willson che insegna ingegneria meccanica presso la Cus e che tre anni fa ha fondato la Solix Biofuels «l'alga è una fonte ideale per produrre biocarburante perché può essere coltivata in climi diversi, usa poca acqua e non toglie terreni all'agricoltura»;
il Coyote Gulch, secondo quanto riferito da un articolo pubblicato da La Repubblica del 18 agosto, sorge proprio accanto a uno degli impianti per il trattamento del gas naturale: le emissioni di diossido di carbonio prodotte dall'industria vengono «riciclate» per nutrire le alghe e l'eccesso di calore viene usato per riscaldare le vasche di coltura di notte e in inverno. Ad accelerare la crescita delle alghe e a diminuire i costi contribuisce poi il fatto che i fotobioreattori sorgano su un altipiano dove il sole splende 300 giorni l'anno e che le alghe vengano coltivate in contenitori di plastica chiusi e allineati verticalmente;
secondo gli esperti, le colture di alghe possono produrre sino a 30mila litri di carburante per ettaro l'anno contro i 220 delle piantagioni di soia e i soli 75 di una piantagione di mais. Produrre sei grammi d'olio di alga costa al momento tra i 10 e i 40 dollari, ma perché diventi commerciabile occorrere ridurre i costi a 1 o 2 dollari. Ed è proprio su questo terreno che si gioca la sfida tra le oltre 200 compagnie che oltre alla Solix stanno cercando la maniera più economica e efficace di estrarre «oro verde» dalle alghe;
lo scorso dicembre anche il governo britannico ha lanciato un progetto simile;
anche i colossi petroliferi stanno scendendo in campo: la Chevron già nel novembre 2007, la ExxonMobil appena un mese fa con 600 milioni di dollari, cinquanta volte il capitale della Solix -:
se sia al corrente di questi progetti e se non ritenga di promuovere anche in Italia progetti pilota di colture di alghe per la produzione di biocarburante e la riduzione della CO2.
(4-03951)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati forniti dall'European Council on Foreign Affairs la diversificazione europea delle forniture di gas ha visto la quota russa scendere drasticamente dall'80 al 40 per cento con una copertura attuale del solo 6,5 per cento dell'energia primaria europea;
sempre secondo lo studio sopra citato, se il mercato europeo gode nel suo complesso di una significativa diversificazione degli approvvigionamenti, la situazione cambia sotto il profilo dei singoli mercati nazionali;
da un lato vi sono paesi che hanno una dipendenza critica per forniture di gas dalla Russia e che sono prevalentemente i nuovi stati membri, tant'è che a pagare il maggior prezzo della crisi russo-ucraina dello scorso inverno sono stati paesi come la Polonia, la Bulgaria, la Slovacchia e l'Ungheria che hanno dovuto dichiarare lo stato di emergenza;
dall'altro vi sono i grandi clienti di Gazprom quali l'Italia e la Germania, che insieme assorbono quasi la metà del consumo europeo di gas russo grazie ad accordi bilaterali stipulati da compagnie che godevano (e continuano a godere) di situazioni pressoché monopolistiche sul piano interno;
come si è visto in occasione delle periodiche crisi a partire da quella russo-ucraina del gennaio 2006 per arrivare ai giorni nostri, la riallocazione delle forniture di gas tra, Paesi membri dell'UE è scarsa ed inadeguata ai bisogni dei consumatori;
quello che è necessario, a parere degli interroganti, è quindi la creazione di un mercato europeo unico e competitivo del gas che consentirebbe un sistema di solidarietà tra consumatori europei e la possibilità per l'Europa di parlare con una voce sola nei confronti della grande Russia;
un comune mercato europeo del gas aiuterebbe quei paesi dell'est Europa, fortemente dipendenti dalla Russia, a far fronte alla loro sindrome da insicurezza anche in assenza di infrastrutture grazie all'accesso a forniture non russe su cui possono contare altri partner europei;
è del tutto fuorviante, a giudizio degli interroganti, indicare il nucleare come alternativa al gas, essendo consapevoli che non può assolutamente essere tale nel breve-medio termine. L'80 per cento delle case italiane è riscaldato a gas così come lo sono 2 ospedali su 3 e un impegno serio a sostegno dell'efficienza energetica nel campo dell'edilizia potrebbe avere ben più immediati e rilevanti effetti;
parimenti è fuorviante parlare di diversificazione degli approvvigionamenti citando il gas libico quando, in questo Paese si parla di progetti di sfruttamento congiunto del gas da parte di ENI in partnership con Gazprom;
da dichiarazioni rese alla stampa dal Ministro interrogato emerge che South Stream è un progetto che riguarda soprattutto l'Eni, coinvolta sia come costruttore che come utilizzatore dell'infrastruttura -:
se sia a conoscenza dei dati forniti dall'European Council on Foreign Affairs sulla diversificazione europea delle forniture di gas;
se non ritenga necessario promuovere una politica che ponga, insieme all'efficienza energetica, come priorità europea la creazione di un mercato integrato dell'energia con l'impegno a rafforzare quel poderoso piano di proposte che la Commissione europea ha presentato per aprire alla concorrenza il mercato interno dell'energia elettrica e del gas e per rafforzare la sicurezza degli approvvigionamenti;

se non ritenga di attuare come prevede la legge voluta nel 2003 dall'allora Ministro delle attività produttive Antonio Marzano la separazione proprietaria di Snam Rete Gas ed ENI, più volte rinviata, in modo da garantire parità di accesso e di condizioni fra tutti gli operatori;
se non ritenga di procedere tempestivamente al completamento dei rigassificatori necessari per ridurre la rigidità dei nostri approvvigionamenti.
(4-03953)

PES. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
Poste italiane S.p.A., come specifica il sito ufficiale, «è un servizio pubblico con un'importante funzione sociale: il servizio universale. Presente in tutte le zone d'Italia, ha attivato una rete di 14.000 uffici postali, oltre 200 centri di smistamento per pacchi e corrispondenza, oltre 46.000 addetti al recapito, oltre 4.800 ATM, circa 49.000 POS, 17 collegamenti aerei quotidiani, oltre 40.000 veicoli. Poste Italiane è presenza indispensabile per i cittadini, per le piccole e medie imprese, per le grandi aziende, per le amministrazioni pubbliche»;
lo Stato, al fine di assicurare la fornitura su tutto il territorio nazionale delle prestazioni versa considerevoli contributi a Poste italiane S.p.A.;
da diverse settimane il servizio di recapito della corrispondenza in diversi comuni della Marmilla (provincia di Oristano) subisce gravi disagi e inefficienze, pregiudicando oltre la comunicazione ordinaria, anche il puntuale pagamento di bollettini e fatture;
i disagi sono riconducibili ad una riorganizzazione del servizio postale che ha accorpato i vari centri di distribuzione e alla mancanza di personale -:
quali urgenti iniziative intenda intraprendere il Governo per porre fine a tale incresciosa situazione di inefficienza determinata da Poste italiane S.p.A.
(4-03969)

TOUADI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministro dello sviluppo economico 23 luglio 2009 in materia di sicurezza degli ascensori si dispone che tutti gli ascensori con più di dieci anni di vita, dovranno essere sottoposti a verifica straordinaria entro cinque anni;
il provvedimento, che è entrato in vigore il 1o settembre 2009, prevede inoltre la realizzazione degli interventi di adeguamento della sicurezza, con scadenze legate alla data di costruzione degli ascensori;
in caso di mancata esecuzione dei predetti interventi di adeguamento, il decreto dispone il fermo dell'ascensore, generando così gravi disagi per la popolazione anziana e per tutti coloro che non sono in grado di deambulare autonomamente;
attualmente gli ascensori sono sottoposti, ogni semestre, ad un controllo di manutenzione e, ogni due anni, ad una verifica strutturale;
da una stima fatta dalle organizzazioni degli ascensoristi, le famiglie italiane sarebbero sottoposte ad un onere, per gli interventi di adeguamento previsti dal decreto in parola, di circa 6 miliardi di euro -:
quali siano i motivi che hanno indotto il Ministro interrogato a sottoporre le famiglie italiane, in un momento di grande crisi, ad un notevole sforzo economico, introducendo peraltro degli obblighi stringenti non previsti da nessuna normativa cogente dell'Unione europea.
(4-03996)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto anticrisi (decreto-legge n. 78 del 2009 convertito dalla legge n. 102 del 2009) all'articolo 17 comma 30

prevede l'estensione dell'obbligo preventivo di legittimità sugli atti e contratti di cui all'articolo 7, comma 6, del TU del pubblico impiego e sugli atti e contratti concernenti studi e consulenze di cui all'articolo 1 della legge n. 266 del 2005;
nel primo caso si tratta di incarichi individuali con contratti di lavoro autonomo di natura occasionale e coordinata e continuativa, di norma ad esperti di particolare e comprovata specializzazione anche universitaria, per far fronte a esigenze non affrontabili con il personale in servizio;
nel secondo caso si tratta di studi e incarichi di consulenza conferiti a soggetti estranei all'amministrazione, per i quali vale un tetto di spesa (il 30 per cento della spesa per il 2004) tranne che per incarichi a università, enti di ricerca ed organismi equiparati;
un articolo pubblicato dal quotidiano Italia Oggi scrive che le nuove disposizioni prevedono che i controlli di legittimità siano di esclusiva competenza della sezione centrale di controllo di legittimità il che significa che tutti gli atti e i contratti devono confluire a Roma alla sezione centrale di controllo;
i provvedimenti sottoposti al controllo preventivo di legittimità acquistano efficacia se il competente ufficio di controllo non ne rimette l'esame alla sezione del controllo nel termine di 30 giorni dal ricevimento, termine che viene interrotto se l'ufficio richiede chiarimenti o elementi integrativi di giudizio. Ma, decorsi i 30 giorni dal ricevimento delle controdeduzioni dell'amministrazione, il provvedimento acquista efficacia se l'ufficio non ne rimette l'esame alla sezione di controllo;
c'è quindi la forte possibilità che, a fronte di una concentrazione di numerosi atti e contratti da controllare, le consulenze superino il controllo per il mero decorso il termine di 30 giorni;
si potrebbe pensare che comunque l'atto che abbia superato il controllo possa essere posto a base di una azione di responsabilità contro chi ha conferito una inutile e costosa consulenza;
tuttavia, in base ad un'altra novità introdotta dalla manovra anti crisi l'articolo 1 della legge sulla Corte dei conti (20 del 2004) esclude la responsabilità per colpa grave quando il fatto dannoso tragga origine dall'emanazione di un atto vistato e registrato in sede di controllo preventivo di legittimità (anche se, grazie ad un'aggiunta del decreto n. 103 del 2009 solo limitatamente ai profili presi in considerazione nell'esercizio del controllo) -:
di fronte ad un assetto normativo che sostanzialmente priva di controllo le consulenze pubbliche e introduce forme di impunità quali provvedimenti intendano adottare per assicurare strutture adeguate alla mole di controlli da effettuare anche attraverso il decentramento degli stessi.
(4-04007)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Il Sole 24 Ore del 2 settembre 2009 dal titolo «L'elettricità più cara d'Europa» è emerso che alle ore 12 della giornata in cui è stato pubblicato l'articolo l'energia elettrica sulla borsa elettrica italiana costava 172,25 euro per mille chilowattora (vale a dire circa il triplo dei prezzi negoziati nel resto d'Europa in quella stessa ora). Tale situazione permane il 3 settembre giorno in cui in Sardegna la corrente elettrica toccherà alle ore 21 i 300 euro per mille chilowattora;
secondo quanto riferito nell'articolo del 2 settembre, tale prezzo elevato sarebbe causato - pur in un momento di domanda bassa dovuto alla crisi e alla solo parziale riapertura delle fabbriche dopo la pausa estiva - da un'offerta ancora più

bassa a causa di diverse centrali elettriche e linee di alta tensione indisponibili per manutenzione;
l'articolo del 2 settembre riferisce che «già la settimana scorsa il rincaro medio era stato del 28 per cento, come rileva il Gestore del mercato elettrico, con 79,7 euro per mille chilowattora tra i 76 dell'alta Italia e i 107 della Sardegna. Anche per la giornata di oggi la Sardegna contribuisce a rendere più frizzanti i prezzi nazionali: la corrente prodotta dalle centrali dell'isola oggi arriva fino a 220 euro»;
diversa la situazione registrata in Europa dove nella stessa giornata la Borsa elettrica olandese Apx registra un picco di 45 euro per mille chilowattora, a Londra si sfiorano 35 euro, in Germania la Borsa elettrica Eex rileva un massimo di 49 euro, in Spagna il listino Omel è arrivato a 46 euro (la media della giornata è di 36,77 euro) e a Parigi le quotazioni massime Powernext arrivano a 49 euro per mille chilowattora;
una stima teorica, per avere un ordine di grandezza delle possibili ricadute sui cittadini di questo sovracosto estivo è tale per cui, secondo l'articolo, se si moltiplicasse per dodici il divario rilevato in luglio tra il prezzo medio italiano e quello europeo (pari a 25,56 euro per mille chilowattora), gli italiani dovrebbero pagare 8 miliardi di euro in più in un anno;
l'articolo riferisce peraltro della graduale entrata in vigore della riforma del mercato elettrico prevista nel decreto-legge n. 185 del 2008 studiata dal Ministero dello sviluppo economico per aumentare la competitività del settore;
l'articolo riferisce anche dell'ottenuto via libera ecologico da parte del Ministero dell'ambiente al progetto di Terna per costruire un elettrodotto tra la Sicilia e la Sardegna, che insieme a quello tra Sicilia e Calabria - in grave ritardo rispetto ai piani di Terna degli anni scorsi - dovrebbe in futuro limitare i prezzi dell'energia nelle isole, oggi caratterizzate da un parco produttivo meno efficiente e più concentrato nelle mani di pochi operatori rispetto a quello continentale;
un recente studio di Ref stima che nel solo 2008 la mancata operatività dell'elettrodotto Sorgente-Rizziconi (che avrebbe già dovuto potenziare l'interconnessione tra Sicilia e Calabria) è costata in termini di welfare netto perduto dalla collettività (maggiori costi medi pagati dai consumatori al netto dei maggiori ricavi medi dei produttori) 36 milioni di euro;
il mercato interno del gas (da cui si produce una quota importante di elettricità e il cui prezzo quindi influenza quello dell'elettricità) è ancora scarsamente competitivo, sia per la presenza di un operatore dominante ancora detentore di una partecipazione di controllo sulla rete dei gasdotti, sia per la mancanza di una borsa all'ingrosso e di un mercato della flessibilità presenti invece nel mercato elettrico -:
a quale stadio siano la realizzazione dei potenziamenti degli elettrodotti di Terna tra la Sicilia e la Sardegna e tra la Sicilia e la Calabria e quali provvedimenti Terna abbia preso affinché la loro realizzazione proceda più speditamente in futuro;
quali sono state le altre cause, ad avviso dei Ministri interrogati, di questa e altre simili recenti impennate del costo dell'energia elettrica;
quali sono stati, ad avviso dei Ministri interrogati, i costi per la collettività del suddetto innalzamento;
quali provvedimenti si intendano assumere per rendere più competitivo il mercato del gas.
(4-04013)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia

e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il modello che deve essere utilizzato dai contribuenti che intendono fruire della detrazione d'imposta del 55 per cento prevede l'obbligo di comunicazione di fine lavori all'ENEA che trasmetterà in via telematica questi dati all'Agenzia delle entrate;
secondo i dati riferiti da Adiconsum che gestisce per l'ENEA il numero verde di informazioni al numero verde delle 6-7 mila telefonate che giungono mediamente in un giorno sono per l'80 per cento di protesta per le procedure ritenute troppo complicate sulle detrazioni del 55 per cento per interventi che migliorano l'efficienza energetica sugli immobili, con attese al call center che arrivano anche a 15-20 minuti;
la situazione rischia di degenerare avvicinandosi alla fine dell'anno quando per la scadenza dell'anno fiscale le telefonate si moltiplicheranno -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
quali provvedimenti intendano adottare per facilitare le procedure e le operazioni di detraibilità del 55 per cento per interventi che migliorano l'efficienza energetica sugli immobili.
(4-04020)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
a cinque anni dall'adozione del decreto legislativo n. 387 del 2003 non sono state adottate le linee guida per l'inserimento degli impianti a energie rinnovabili, soggetti ad autorizzazione unica, in attuazione dell'articolo 12 del citato decreto legislativo;
nelle more dell'adozione delle linee guida si è creata una situazione per cui l'installazione degli impianti a energie rinnovabili in Italia prevede norme e procedure differenti regione per regione;
in base al decreto legislativo le linee guida sono volte, in particolare, ad assicurare un corretto inserimento egli impianti, con specifico riguardo agli impianti eolici, nel paesaggio;
per quanto riguarda l'eolico, è documentato che per la sua realizzazione è necessario un uso di territorio sette volte superiore a quello del fotovoltaico integrato;
nel nostro paese, ad alta intensità abitativa, il territorio è un bene prezioso, sia per la sua relativa scarsità per gli usi primari, agricoli, silvicoli e zootecnici, sia per la conservazione di habitat necessari alla biodiversità -:
quando i Ministri interrogati intendano adottare le linee guida e se intendano tenere conto del costo in termini di territorio insito nell'eolico e quindi limitarlo.
(4-04025)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato dal quotidiano La Repubblica del 20 agosto a firma Luca Lezzi si legge che il ritardo sull'adempimento del protocollo di Kyoto per la prima volta peserà direttamente nelle tasche dei consumatori visto che il Governo è alla disperata ricerca di 555 milioni entro la fine dell'anno;
Italia e l'Unione europea nel 2007 hanno infatti contrattato tetti alle emissioni di anidride carbonica pari a 201,63 milioni di tonnellate l'anno per il quadriennio 2008-12;
le società elettriche hanno denunciato che quote così basse avrebbero bloccato la costruzione di nuove centrali con

il paradosso di non poter rinnovare (e quindi rendere meno inquinante) il nostro sistema elettrico;
nel 2008 il Governo, al fine di superare le difficoltà di cui al precedente paragrafo, si è impegnato a garantire 16,93 milioni di tonnellate ai nuovi entranti vale a dire a quelle centrali che non avevano ancora ottenuto l'autorizzazione ad emettere gas serra e, a tutti i nuovi entranti, le quote di C02 eccedenti questo tetto;
secondo le stime del Comitato di controllo guidato dal Direttore generale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, i nuovi entranti avranno bisogno di crediti per 56 milioni di tonnellate: 37 milioni già nel 2009, cioè ben oltre la riserva accordata;
il Governo deve andare sul mercato dei diritti ad emettere CO2 e comprarli all'asta dalle imprese comunitarie che sono sotto i loro tetti di emissione;
se non lo fa, sempre secondo il Comitato, la sanzione inflitta dall'Europa sarà di 5,6 miliardi nel 2012;
acquistare i diritti di emissione ora costa meno: 555 milioni, ma visto lo stato delle finanze pubbliche ci si orienta per chiedere un anticipo alla Cassa Depositi e Prestiti per far fronte alle scadenze di fine anno;
tale anticipo sarebbe da ripagare con un aumento in bolletta dal 2010;
tale misura inciderebbe, secondo le associazioni di consumatori, per circa 40 euro a famiglia, fra costi diretti e indiretti -:
se corrisponda al vero quanto riportato nell'articolo sopra citato;
quali misure di controllo sulle emissioni il Ministro intenda adottare per evitare il ripetersi di tale situazione l'anno venturo;
se intenda assumere iniziative affinché siano le imprese elettriche e non i consumatori a pagare i costi relativi al mancato rispetto del Protocollo di Kyoto.
(4-04046)

DI PIETRO e LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il settore della cantieristica di costruzione e riparazione navale rappresenta un settore strategico per il nostro Paese, sia nelle navi civili, con particolare riferimento alle costruzioni ad alta tecnologia come i traghetti e le navi da crociera, nonché nelle navi militari;
nei numerosi stabilimenti di Fincantieri s.p.a. operano decine di migliaia di lavoratori diretti e all'indotto, rappresentando nei territori interessati un insostituibile volano di sviluppo e occupazione qualificata;
con Fincantieri dai primi anni 80, il cantiere navale di Palermo, seppure con una drastica ristrutturazione, divenne parte integrante della nuova struttura, dedicato a navi da trasporto di vario tipo, piattaforme off-shore, trasformazioni e riparazioni navali; nel cantiere di Palermo sono state costruite numerose e prestigiose navi, fra le quali la «Duca d'Aosta», la «Principe Umberto», «l'Europa» e decine di mercantili per le compagnie Ferries e Grimaldi;
ad oggi, anche per il cantiere di Palermo la crisi finanziaria ha determinato una diminuzione di ordini di nuove navi e, in qualche caso, la sospensione di commesse già avviate;
in data 11 settembre 2009, dopo aver appreso che l'armatore Micoperi ha annullato una commessa, la riparazione di una nave il cui ingresso al cantiere era previsto per la mattina stessa, nello stabilimento di Palermo è esplosa la rabbia, soprattutto perché l'appalto che è stato ritirato avrebbe consentito di attutire gli effetti della cassa d'integrazione ordinaria;
nell'ultimo anno, già 35 lavoratori dei Cantieri navali di Palermo sono stati infatti messi in cassa integrazione; il rischio è quello di far arrivare alla cassa integrazione 182 lavoratori dello stabilimento entro fine anno; tutto ciò comporterebbe, inoltre, una forte preoccupazione anche

per i 1.500 lavoratori dell'indotto che dipendono per lo più da piccole aziende, e che resterebbero esclusi da qualsiasi forma di protezione sociale;
l'assenza di nuove commesse importanti per l'anno prossimo mette a rischio l'esistenza stessa dello stabilimento cantieristico palermitano e, conseguentemente, la salvaguardia del livello occupazionale dei circa 530 lavoratori Fincantieri, e dei lavoratori dell'intero indotto;
è necessario avviare investimenti che garantiscano l'aumento dell'occupazione all'interno del Cantiere navale di Palermo, soprattutto nel versante delle riparazioni, nonché sbloccare alcune opere infrastrutturali nei bacini della Fincantieri -:
se il Ministro interrogato non intenda convocare un tavolo con gli enti locali e regionali, rappresentanti di Fincantieri e delle organizzazioni sindacali per discutere del rilancio del cantiere navale di Palermo, pensando anche ad un nuovo piano di commesse da distribuire tra i vari cantieri attualmente presenti in Italia, ed eventualmente anche internalizzando alcune attività ora in appalto a ditte esterne;
se, nel caso dovesse permanere lo stato di crisi, il Governo non intenda porre in essere gli strumenti per prolungare la cassa integrazione ordinaria, integrare il reddito dei lavoratori tale da portare l'indennità all'80 per cento dello stipendio netto, nonché prevedere misure di protezione sociale anche per i lavoratori dell'indotto.
(4-04059)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
chiamando il numero verde Enel e chiedendo il costo di trasformazione della potenza del contatore ad uso civile da 4,5 a 6 kw, le impiegate rispondono che il costo potrebbe essere di circa il 10 per cento del costo della bolletta;
tale informazione è falsa, poiché l'incremento del kwh è da 0,16 a 0,29 euro, pertanto quasi del 50 per cento, cui si devono aggiungere i costi fissi di cambio del contatore e probabilmente altre spese non note -:
se tale fatto - verificato peraltro in tempi e circostanze diverse - sia una circostanza temporanea e circoscritta ovvero una precisa indicazione data in malafede dalla società;
quali siano i costi reali per l'utente;
per quale motivo vi sia così marcata differenza di costi per l'attivazione di un modesto incremento di potenza;
per quali motivi in alcune regioni - come ad esempio la Valle d'Aosta - dove operano altri operatori la differenza di costi sia meno marcata;
se e quali iniziative il Ministro intenda attuare per ripristinare la corretta informazione all'utente.
(4-04081)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2007 il gruppo imprenditoriale che fa capo alla famiglia Ghirardi ha rilevato la storica azienda bustese IBICI, attiva da decenni nel settore delle calze da donna e con un passato glorioso che negli anni '80 ha raggiunto la quota di 350 addetti;
dopo aver ridotto l'occupazione dai 60 dipendenti del 2007 a poche decine attuali, la proprietà ha deciso la chiusura dell'ultimo stabilimento attivo in Busto Arsizio (Varese) via Baden Powell, licenziando le maestranze ancora in organico;
l'azienda IBICI negli ultimi anni ha usufruito di contributi a fondo perso per la realizzazione dei propri piani di investimento;
il gruppo imprenditoriale cui fa capo attualmente l'azienda bustese - che nel frattempo ha assunto il nome di INTIMFASHION

- possiede e gestisce altri stabilimenti sia in Italia, sia all'estero, ed in particolare in Bosnia;
i dipendenti hanno intrapreso in questi giorni una giusta protesta anche per tutelare i propri crediti nei confronti dell'azienda che risulta molto in arretrato con il pagamento delle spettanze ai lavoratori -:
se il Governo intenda assumere iniziative a tutela dei molteplici interessi coinvolti, ad iniziare dai lavoratori;
se vi siano e quali siano altri contributi, sgravi fiscali o agevolazioni di altro tipo finalizzati alla creazione di nuova occupazione di cui il gruppo imprenditoriale in parola abbia usufruito, oltre a quelli citati in premessa;
di quali elementi disponga in ordine alle regolarità della destinazione di contributi pubblici e in ordine alle effettive intenzioni della proprietà dell'azienda;
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per scongiurare fenomeni di delocalizzazione aziendale che rischiano di determinare gravi ricadute sul contesto produttivo, economico e occupazionale dei territori interessati e per impedire che le produzioni storiche del nostro Paese vengano effettuate in altri territori o addirittura in altri stati.
(4-04085)

...

TURISMO

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro del turismo, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il settore termale coinvolge 180 comuni, 370 aziende, 16.000 addetti diretti e 60.000 addetti indiretti in 20 regioni;
negli ultimi decenni l'intero settore ha vissuto una crisi anche a causa del cambio filosofico dell'uso delle terme che le vedevano impiegate quasi totalmente con il sistema sanitario per le cure, mentre oggi è un importante volano del settore turistico soprattutto per la riconversione nel settore benessere;
la conferenza dei servizi Stato-Regioni per la ratifica dell'accordo sul rinnovo delle tariffe, che il Servizio Sanitario Nazionale riconosce per le cure termali, non ha ancora trovato una soluzione d'intesa;
l'attuale crisi economica non ha mancato di colpire questo settore che viveva un delicato momento di transizione e di investimenti, vedendo un sostanzioso calo dei fatturati e delle presenze;
sul territorio italiano da millenni le terme hanno radicato una importante funzione sociale, culturale ed artistica oltre che sanitaria -:
se non si ritenga di dover intervenire per rilanciare un settore che ha una così lunga tradizione culturale, affermando definitivamente il settore del relax e rilanciando la cultura delle cure termali, inserendo così anche il concetto di turismo sanitario.
(4-04035)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
a quanto riferiscono notizie di stampa il locale Coast Music di Porto Cervo in Sardegna sarebbe interdetto a minori perché «la politica del locale non ammette bambini»;
la vicenda è emersa in seguito alla denuncia del signor Massimiliano Ossini, in vacanza in Sardegna, con la moglie Laura Gabrielli, e i figli di quattro e cinque anni;
secondo il racconto del signor Ossini, erano circa le diciannove di mercoledì 5 agosto 2009, i locali erano ancora semivuoti

e, dice il signor Ossini: «Mio figlio, il più grande, voleva un'aranciata, quand'ecco che il cameriere li ferma sulla porta, facendosi scudo umano davanti ai tavolini. Quindi con garbata determinazione fa: "Ci spiace ma non potete entrare"»;
racconta il signor Ossini: «Io e mia moglie ci siamo scambiati uno sguardo confuso e io, un po' irritato, ho chiesto il perché. A quel punto lui aggiunge una frase che suona come la spiegazione definitiva "La politica del locale non ammette bambini"»;
non appare «normale» e comunque accettabile che un esercizio aperto al pubblico possa decidere di selezionare i clienti da far entrare o respingere, e comunque non appare chiaro in base a quali criteri tali scelte vengono effettuate -:
se non si ritenga di dover promuovere o comunque sollecitare iniziative al fine di impedire per il futuro altri simili discutibili episodi.
(4-04065)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Casini e altri n. 1-00224, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Biancofiore, Vaccaro.

Pubblicazione di testi riformulati.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Stucchi n. 4-02551, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 146 del 16 marzo 2009.

STUCCHI, CONSIGLIO, PIROVANO e VANALLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'azienda Prealux Srl, di Bergamo produce e commercializza articoli per il settore della segnaletica stradale e per la sicurezza del traffico, ovvero pellicole rifrangenti retroriflettenti, pellicole complementari e pellicole per targhe automobilistiche omologate in tutta Europa;
nel 2002 ha richiesto all'istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. di sottoporre i propri prodotti all'omologazione per la produzione di targhe automobilistiche;
in data 22 febbraio 2007 vengono eseguite le prove tecnologiche sulle pellicole, come previsto dall'articolo 3.2 e secondo le istruzioni riportate nell'articolo 5 del disciplinare tecnico dal decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, Gazzetta Ufficiale n. 303 del 28 dicembre 1992 e successive modifiche con decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1998, n. 335, Gazzetta Ufficiale n. 240 del 14 ottobre 1998, che hanno riportato tutte un «esito positivo»;
in data 26 aprile 2007 la Prealux Srl, riceve dall'istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. il riconoscimento all'idoneità delle pellicole e delle vernici per la fabbricazione delle targhe per gli autoveicoli;
i test industriali, per problemi logistici dell'istituto Poligrafico di Foggia, non sono mai stati realizzati totalmente in presenza dei delegati della ditta ed i vari elementi utilizzati non erano tutti appartenenti alla fornitura della Prealux Srl;
dopo il superamento di tutte le prove così come previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 4 settembre 1998, n. 335, Gazzetta Ufficiale n. 240 del 14 ottobre 1998, è stata richiesta dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A. una fornitura di materiali, tutt'oggi ancora non saldata, di circa 1000 metri quadrati, con relativo clear di protezione ed inchiostro nero; detta fornitura è stata realizzata appositamente in USA per inserire in maniera indelebile il numero che il Poligrafico ha attribuito alla Prealux Srl, D1 D2;

in data 30 ottobre 2008 la Prealux Srl, riceve a mezzo raccomandata dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato S.p.A di Roma una lettera con protocollo n. 0059420 con la quale si comunica che, con riferimento alla precedente fornitura, sono state eseguite le prove di utilizzo, durante le quali sono emersi numerosi inconvenienti, e pertanto l'istituto ha ritenuto che i prodotti forniti non abbiano superato il test;
anche altre aziende che hanno richiesto lo stesso riconoscimento di idoneità, hanno svolto lo stesso percorso sottoponendosi alle medesime verifiche tecniche (con risultati positivi), hanno successivamente ricevuto le identiche risposte di diniego -:
se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda verificare quanto sopra descritto, alfine di chiarire le motivazioni che hanno giustificato la decisione dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato SpA, il quale in un primo momento rilascia l'attestazione di idoneità dei materiali, per poi comunicare a distanza di poco più di un anno che i suddetti materiali non sono più idonei;
se il Ministro per le infrastrutture ed i trasporti ritenga necessito supervisionare o integrare le procedure descritte in premessa con adeguate consulenze tecniche vincolanti, con particolare riferimento a quanto accaduto alla Prealux s.r.l., alfine di garantire una maggiore trasparenza e un più alto standard qualitativo nella scelta dei materiali da utilizzare per la produzione di targhe automobilistiche.
(4-02551)

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Trappolino n. 4-03902, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 212 del 30 luglio 2009.

TRAPPOLINO e ZUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la missione e le finalità di Buonitalia S.p.A., individuate dall'articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, sono:
a) la promozione, valorizzazione e diffusione nel mondo della conoscenza del patrimonio agricolo ed agroalimentare italiano, attraverso la creazione di un sistema che permetta di coordinare le diverse attività promozionali;
b) l'erogazione di servizi alle imprese del settore agroalimentare per favorire l'internazionalizzazione dei prodotti italiani;
c) la tutela delle produzioni italiane attraverso la registrazione e la difesa giuridica internazionale dei marchi associati alle produzioni nazionali di origine;
il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha posto in essere una serie di strumenti di controllo delle attività progettate e realizzate da Buonitalia con l'obiettivo da un lato di controllare in modo preventivo le finalità e i piani dei costi e dall'altro di monitorare i risultati raggiunti, l'effettivo svolgimento delle attività programmate e la congruenza economica con i preventivi di spesa presentati;
in relazione alle iniziative e ai progetti intrapresi da Buonitalia S.p.A. dal 2005 a oggi, il Ministero ha reso disponibili risorse per circa 23 milioni di euro;
i progetti finanziati dalla Presidenza attuale, sono prevalentemente rivolti alla regione Veneto, e le rimanenti risorse sono per la maggior parte impiegate per sponsorizzazioni di attività sportive, non collegate però, secondo l'interrogante, ad un costruttivo sistema di promozione integrata del nostro Paese all'estero;
consta all'interrogante che nessuno dei progetti realizzati dall'attuale presidenza di Buonitalia è stato concertato con le associazioni di categoria, con le centrali di cooperazione nazionali, e soprattutto

non sembra riguardare le produzioni agroalimentari delle regioni italiane, fatta eccezione per la regione Veneto;
l'attuale Presidenza di Buonitalia si è dimostrata più volte ostile alla collaborazione con gli altri soggetti pubblici deputati all'internazionalizzazione e alla promozione all'estero delle produzioni tipiche nazionali, dando piuttosto l'idea di operare in solitaria autonomia -:
se le iniziative e i progetti che a oggi risultano essere stati finanziati per 8 milioni di euro corrispondano ad una strategia di rilancio coerente con le finalità statutarie assegnate alla società Buonitalia;
se, conseguentemente, il Ministero ritenga il piano delle iniziative presentato da Buonitalia in armonia con gli obiettivi, le strategie e gli indirizzi stabiliti per la promozione di tutto il territorio della Repubblica italiana;
se sia opportuno che si utilizzino le risorse di Buonitalia per la sponsorizzazione di squadre sportive operanti in territorio estero;
a quanto ammonti l'indennità della Presidenza, del ruolo di amministratore delegato, dei consiglieri di amministrazione e del collegio sindacale;
quali benefit aziendali siano concessi all'attuale Presidenza;
se ritenga opportuno procedere ad una approfondita verifica generale sull'operato e l'adeguatezza dell'attuale presidenza di Buonitalia, al fine della salvaguardia delle risorse pubbliche, vista l'imminente allocazione dei restanti 44 milioni di euro a valere sulla legge n. 80 del 2005;
se intenda comunicare la documentazione concernente i progetti presentati al Ministero dalla società Buonitalia (già presentati ed approvati e quelli presentati e da approvare); le procedure per l'assegnazione degli incarichi a soggetti terzi, gli incarichi per ogni progetto in corso con i relativi importi; i bilanci presentati, le delibere del consiglio di amministrazione ed i verbali del collegio sindacale/revisori dei conti, e la struttura aziendale attuale.(4-03902)

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Zaccaria n. 4-03727 del 24 luglio 2009;
interpellanza Rubinato n. 2-00443 del 29 luglio 2009;
interpellanza Evangelisti n. 2-00444 del 30 luglio 2009;
interpellanza Vico n. 2-00447 del 30 luglio 2009.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in Commissione Amici e altri n. 5-01720 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della Seduta n. 212 del 30 luglio 2009. Alla pagina n. 7419, prima colonna, dalla riga venticinquesima alla riga ventiseiesima, dopo la parola «patologie» deve leggersi «tumorali» e non «tumurali», come stampato.
Alla pagina n. 7419, prima colonna, alla riga tentatreesima, dopo la parola «per» deve leggersi «queste ultime» e non «quest'ultima» come stampato.
Alla pagina n. 7419, seconda colonna, prima riga deve leggersi «l'articolo 1» e non «l'articolo 11», come stampato.
Alla pagina n. 7419, seconda colonna, dalla riga ventiquattresima alla riga venticinquesima, dopo la parola «associazioni» deve leggersi «dei» e non «i», come stampato.