XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di mercoledì 23 settembre 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 23 settembre 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, De Angelis, Di Stanislao, Donadi, Renato Farina, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Gidoni, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Pianetta, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Rugghia, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vernetti, Vito.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Balocchi, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, De Angelis, Di Stanislao, Donadi, Renato Farina, Fassino, Fitto, Gregorio Fontana, Frattini, Gelmini, Gibelli, Gidoni, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leo, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Milanato, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Pianetta, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Rugghia, Saglia, Scajola, Soro, Stefani, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vernetti, Vito.

Annunzio di proposte di legge.

In data 22 settembre 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
CASSINELLI: «Modifica all'articolo 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, in materia di appellabilità delle sentenze rese in primo grado nei giudizi di opposizione relativi all'applicazione di sanzioni amministrative» (2704);
MAURIZIO TURCO ed altri: «Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di cittadini italiani in servizio di leva negli anni 1998 e 1999, con particolare riferimento alla morte dei signori Roberto Garro, Giovanni Lombardo, Andrea Cordori, Mirco Bergonzini, Emanuele Scieri» (2705);
TORRISI: «Disposizioni in materia di firma delle persone affette da cecità» (2706);
TORRISI: «Modifiche alla legge 3 maggio 1982, n. 203, in materia di equo canone per i contratti agrari» (2707);
DAMIANO: «Istituzione del Servizio sanitario veterinario convenzionato e norme per favorire la cura di cani e gatti» (2708).

Saranno stampate e distribuite.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge GIULIO MARINI: «Modifica all'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di reclutamento del personale delle pubbliche amministrazioni» (2462) è stata successivamente sottoscritta dal deputato Barbieri.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
BENAMATI ed altri: «Misure di equa riparazione in favore delle vittime delle stragi nazifasciste delle quali è stata rinvenuta documentazione negli archivi della Procura generale militare della Repubblica in Roma e delle vittime di altre stragi simili perpetrate durante la seconda guerra mondiale» (2504) Parere delle Commissioni II, IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale), XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
PISICCHIO ed altri: «Norme sulle incompatibilità parlamentari e modifica all'articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 215, in materia di attribuzione di indennità o compensi ai membri del Governo» (2560) Parere delle Commissioni II, III, V, VI, X, XI, XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
MAURIZIO TURCO ed altri: «Disposizioni per la regolarizzazione dei rapporti di lavoro di stranieri non comunitari richiedenti nulla osta al lavoro a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 ottobre 2007, recante programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari non stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 279 del 30 novembre 2007» (2598) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI e XI;
MAURIZIO TURCO ed altri: «Modifica all'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente l'applicazione delle disposizioni sulla partecipazione al procedimento amministrativo alle amministrazioni ad ordinamento militare» (2621) Parere delle Commissioni IV e XI.

VI Commissione (Finanze):
LETTA ed altri: «Incentivi fiscali per il rientro dei lavoratori in Italia» (2079) Parere delle Commissioni I, II, III, V, VII, X, XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali;
REGUZZONI: «Modifica all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, concernente la detrazione per l'acquisto di biciclette» (2616) Parere delle Commissioni I, V e VIII.

VIII Commissione (Ambiente):
CONSIGLIO NAZIONALE DELL'ECONOMIA E DEL LAVORO: «Istituzione delle Agenzie territoriali per l'abitare sociale» (2676) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), X, XII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e IV (Difesa):
MAURIZIO TURCO ed altri: «Modifica all'articolo 6 della legge 1° aprile 1981, n. 121, concernente la dotazione di personale del Dipartimento della pubblica sicurezza, e delega al Governo in materia di ridefinizione della dipendenza gerarchica e delle funzioni dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza» (2639) Parere delle Commissioni V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e XI.

Trasmissione dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, con lettera in data 23 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 15 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, la relazione previsionale e programmatica per l'anno 2010 (doc. XIII, n. 2).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro dell'economia e delle finanze.

Il ministro dell'economia e delle finanze, con lettera in data 18 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 13, comma 13, della legge 27 luglio 2000, n. 212, la relazione sull'attività svolta dai garanti del contribuente, riferita all'anno 2008 (doc. LII, n. 2).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VI Commissione (Finanze).

Trasmissione dal Ministero degli affari esteri.

Il Ministero degli affari esteri, con lettera in data 22 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 dicembre 1984, n. 839, gli atti internazionali firmati dall'Italia i cui testi sono pervenuti al medesimo Ministero entro il 15 settembre 2009.

Questa documentazione è trasmessa alla III Commissione (Affari esteri).

Annunzio di progetti di atti comunitari e dell'Unione europea.

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 22 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti comunitari e dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).
Nell'ambito dei predetti documenti, il Governo ha richiamato l'attenzione sui seguenti atti e progetti dì atti:
13056/09 - Proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda il trattamento dei servizi assicurativi e finanziari, che è assegnato in sede primaria alla VI Commissione (Finanze);
13357/09 - Relazione della Commissione: Relazione annuale del fondo di coesione (2008) (COM(2009) 465 definitivo), che è assegnato in sede primaria alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare.

Il presidente dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), con lettera in data 21 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 17, comma 5-ter, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, introdotto dall'articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 101, la relazione sull'attività svolta nell'anno 2008 dall'Istituto stesso in materia di interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole (doc. XCII, n. 2).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla VI Commissione (Finanze) e alla XIII Commissione (Agricoltura).

Comunicazione di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 18 e 22 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni, relative al conferimento o alla revoca, ai sensi dei commi 4 e 10 del medesimo articolo 19, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:
la comunicazione concernente il conferimento del seguente incarico nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri:
alla dottoressa Maria Franca De Forgellinis, l'incarico di coordinatore dell'ufficio comunicazione, sistemi informativi regionali, gestione e controllo, nell'ambito del dipartimento per gli affari regionali;
alla II Commissione (Giustizia) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi nell'ambito del Ministero della giustizia:
il conferimento, al dottor Luigi Frunzio, dell'incarico di direttore della direzione generale della giustizia penale, nell'ambito del dipartimento per gli affari di giustizia;
la revoca dell'incarico, conferito al dottor Antonio Laudati, di direttore della direzione generale della giustizia penale, nell'ambito del dipartimento per gli affari di giustizia;
il conferimento, al dottor Alfonso Malato, dell'incarico di direttore della direzione generale delle risorse materiali dei beni e dei servizi, nell'ambito dal dipartimento dell'organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi;
il conferimento, al dottor Piero Martello, dell'incarico di vice capo del dipartimento per gli affari di giustizia;
il conferimento, alla dottoressa Maria Teresa Saragnano, dell'incarico di direttore della direzione generale della giustizia civile, nell'ambito dei dipartimento per gli affari di giustizia.

Richiesta di parere parlamentare su una proposta di nomina.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 23 settembre 2009, ha inviato, ai sensi dell'articolo 1 della legge 24 gennaio 1978, n. 14, la richiesta di parere parlamentare sulla nomina del professor Elio Bava a presidente dell'Istituto nazionale di ricerca metrologica (INRIM) (47).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla VII Commissione (Cultura).

Richiesta di un parere parlamentare su atti del Governo.

Il ministro per i rapporti con il Parlamento, con lettera in data 23 settembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1998, n. 76, la richiesta di parere parlamentare sullo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'IRPEF devoluta alla diretta gestione statale per il 2009 (121).

Tale richiesta è assegnata, ai sensi del comma 4 dell'articolo 143 del regolamento, alla V Commissione (Bilancio), che dovrà esprimere il prescritto parere entro il 13 ottobre 2009.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI GALLETTI ED ALTRI N. 1-00202, BORGHESI ED ALTRI N. 1-00233, VALDUCCI, BITONCI, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00234 E SERENI ED ALTRI N. 1-00236 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA LIBERALIZZAZIONE DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
dalle considerazioni finali rese dal Governatore della Banca d'Italia Draghi, il 29 maggio 2009, emerge un'esortazione al Governo a non compiere ulteriori passi indietro nella direzione di una rinnovata promozione dei processi di liberalizzazione, con specifico riferimento al settore dei servizi pubblici locali, laddove l'assenza di una disciplina e di un regime giuridico applicabili improntati ai canoni della tutela della concorrenza e della salvaguardia dei bisogni degli utenti e, in particolare, il palese conflitto di interessi tra ente affidante e soggetto gestore sono fonte di inefficienze e si traducono in costi più elevati sostenuti dalle famiglie e dalle imprese;
le simulazioni effettuate attraverso l'analisi del modello strutturale dell'economia italiana ed europea dagli uffici della Banca d'Italia evidenziano come una maggiore concorrenza nei settori meno esposti alla competizione economica internazionale - in prevalenza, i servizi - determinerebbe diffusi effetti virtuosi, quali, in particolare, diminuzioni dei prezzi e più elevati livelli di consumi, occupazione, investimenti e produzione;
secondo quanto riportato dalla relazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato del 16 giugno 2009, «I servizi pubblici locali costituiscono da anni una delle ultime roccaforti nelle quali il principio di concorrenza incontra diffuse resistenze e stenta ad affermarsi. Molti ambiti di mercato in tale settore sono caratterizzati dall'esistenza di monopoli naturali. Si tratta di un dato strutturale largamente riconosciuto, a fronte del quale, tuttavia, il ricorso alla concorrenza per il mercato quale meccanismo stimolatore di efficienza ha trovato nell'ordinamento ostacoli quasi insormontabili»;
in aperta contraddizione con le rigorose indicazioni provenienti dall'ordinamento comunitario, dirette a favorire metodi di gestione dei servizi fondati, innanzitutto, sulle regole dell'evidenza pubblica, il ricorso, soprattutto nella prassi, a modalità di affidamento diretto dei servizi o, comunque, a forme di autoproduzione come l'in house providing, ha reso possibile il protrarsi di obiettive situazioni di preclusione ad ogni confronto concorrenziale, con tutto ciò che ne consegue, a detrimento degli utenti, sul piano dell'inefficienza e del progressivo scadimento della qualità e della quantità dei servizi offerti;
con l'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, recante «Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria», convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si è apparentemente tentato di procedere ad un complessivo riordino della materia, mediante l'introduzione di una serie di disposizioni applicabili in via generale a tutti i servizi pubblici locali e prevalenti sulle relative discipline di settore con esse incompatibili;
nella realtà, si è trattato dell'ennesima occasione mancata: il decreto-legge n. 112 del 2008 non obbliga, infatti, l'ente affidante a ricorrere necessariamente all'esperimento delle procedure di gara, limitandosi a richiedere un generico onere motivazionale relativamente alle diverse scelte compiute in ordine alla modalità di affidamento della gestione del servizio: opzione, questa, che non risulta sufficiente a conseguire l'obiettivo annunciato, configurandosi come un argine debolissimo di fronte ad interpretazioni estensive della derogabilità della gara. Questo, invero, per almeno due ragioni: in primo luogo, per il carattere non vincolante dei contenuti del parere prescritto; in secondo luogo, per la scarsa legittimazione della stessa autorità chiamata a valutare aspetti di tipo sociale (ad esempio, occupazionale) oppure ambientale o geomorfologico;
il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato Catricalà è stato ancora più esplicito nell'affermare che «sono troppe le aziende pubbliche che svolgono servizi loro affidati dagli enti territoriali proprietari in palese conflitto di obbligazioni», lasciando intendere, neppure troppo velatamente, che il combinato disposto della proprietà e della gestione sostanzialmente pubblica è - in sé e per sé - fonte di distorsioni e che, pertanto, occorre «restituire al mercato attività così rilevanti per la nostra economia»;
inoltre, a conferma di quanto la presunta riforma sia palesemente fallace e lacunosa, si registra il colpevole ritardo nell'emanazione delle disposizioni regolamentari da parte del Governo, nonostante la scadenza per l'adozione fosse stata fissata in 180 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione e, dunque, al 16 febbraio 2009: un ritardo che non è passato inosservato, al punto che la presidente Marcegaglia ne ha sottolineato la gravità nel corso dell'Assemblea di Confindustria, rilevando il fatto che le società pubbliche che gestiscono i servizi pubblici locali sono gli alfieri «dell'avanzata impressionante del neostatalismo» e che si sta assistendo all'insabbiamento della riforma, nonostante le liberalizzazioni costituiscano uno dei pilastri da cui partire per ritornare a crescere;
sempre il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, poi, intervenendo ad un convegno presso l'Università Luiss, ha rivolto un accorato appello contro il tentativo in atto di portare indietro le lancette dell'orologio: «Non ci sono posizioni ufficiali del Governo né della maggioranza. Le dichiarazioni sono tutte nel senso che bisogna andare avanti nella concorrenza. Ma la verità è che ci sono molti interventi sporadici, ma significativi, che in Parlamento tentano di riportare indietro l'orologio»;
l'articolo 61 del disegno di legge recante «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» (Atto Camera 1441-ter-C), infatti, prevede un ampliamento della possibilità di affidamenti in house, nell'ambito del settore dei trasporti pubblici locali, compiendo un ulteriore passo indietro sul piano della concorrenzialità ed evidenziando una differente impostazione, se non addirittura, a parere dei firmatari del presente atto di indirizzo, una certa ambiguità, della politica delle liberalizzazioni intrapresa dal Governo;
il rapporto Ocse sull'Italia 2009 sottolinea che, nonostante una serie di riforme avviate, l'Italia registra da anni una bassa crescita, dovuta, in parte, ad un eccesso di regolazione, alla scarsa concorrenza in alcuni settori ed all'inefficienza del settore pubblico. Rileva, in particolare, l'Ocse nel citato rapporto che solo affrontando tali nodi strutturali sarà possibile «restaurare la fiducia nell'economia italiana», a partire dal settore dei servizi locali, che rimane «largamente protetto e con eccessi di regole, talvolta anche a livello regionale». L'Ocse sottolinea, altresì, che è fondamentale «mantenere la strada delle liberalizzazioni», rammentando che i settori dove intervenire con urgenza sono quelli dei servizi e delle libere professioni. Nei servizi pubblici locali, soprattutto, l'Ocse ribadisce la necessità di progressi e l'esigenza di una «piena e netta separazione tra gli interessi della proprietà dei servizi e i governi locali»;
l'indice delle liberalizzazioni (ibl) 2009, diffuso dall'Istituto Bruno Leoni, conferma i ritardi dell'Italia sulla strada delle liberalizzazioni e del libero mercato. A livello generale, il valore registrato è risultato uguale a quello degli anni passati, il che, fatalmente, non solo lascia il Paese in mezzo ad un vero e proprio guado, ma conferma anche lo sconcertante disinteresse del Governo e della maggioranza ad esprimere un'azione politica effettivamente riformatrice ed incisiva in un settore così strategico per lo sviluppo del sistema-Paese ed il benessere della comunità;
il mercato elettrico, vantando il grado di liberalizzazione più elevato - già pari al 70 per cento nel 2008 e salito al 77 per cento nel 2009 -, rappresenta un ottimo precedente per proseguire sulla strada delle riforme, grazie ad un percorso virtuoso iniziato con la privatizzazione dell'Enel; secondo l'indice delle liberalizzazioni, inoltre, alcuni miglioramenti si sono verificati nel campo dei servizi idrici, dei servizi finanziari e del mercato del lavoro, ma - per il resto - lo stesso indice registra un sostanziale immobilismo degli altri indicatori, dalla televisione al gas naturale, dalla pubblica amministrazione ai servizi postali, passando per il trasporto ferroviario, le telecomunicazioni, le professioni ed il trasporto aereo (rimanendo, comunque, da valutare gli effetti della «nuova» Alitalia e la «legittimità» del quasi monopolio che si è realizzato sulla tratta Roma-Milano);
nel settore del trasporto ferroviario, per esempio, come rilevato anche da una recente segnalazione dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, convivono paradossalmente assetti concorrenziali aperti al mercato con profili tipici propri di un regime a monopolio di fatto: l'Italia, infatti, ha già attuato la liberalizzazione dal lato tariffario, con largo anticipo rispetto al termine ultimo del 2010 stabilito dall'Unione europea - tanto è vero che Trenitalia ha recentemente effettuato autonomamente aumenti dei prezzi -, ma il servizio continua ad essere attribuito a Trenitalia tramite affidamento diretto a negoziazione;
inoltre, per assicurare i servizi ferroviari di trasporto ordinario e al fine di procedere alla stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle regioni a statuto ordinario con Trenitalia, il cosiddetto «decreto anti-crisi» ha stanziato 480 milioni per gli anni 2010 e 2011: in sostanza, Trenitalia ottiene risorse pubbliche e, al contempo, fornisce servizi a condizioni di mercato, con indiscutibili effetti lesivi per la concorrenza, inducendo, altresì, i passeggeri ad acquistare i servizi a prezzo libero, nonostante si tratti di servizi universali;
a dispetto di quanto evidenziato, però, gli enti locali perseverano nella creazione di nuove aziende che, occupando una moltitudine di persone, distribuendo incarichi a pioggia e gestendo milioni di utenti, contribuiscono alla formazione ed alla consolidazione di vaste aree di clientelismo politico-amministrativo;
secondo uno studio di Confindustria, accrescendo il grado di competizione nei servizi fino al punto di ricondurlo al livello della media dei Paesi dell'area euro, il prodotto interno lordo salirebbe dell'11 per cento, con metà dell'incremento nei primi tre anni;
il fallito tentativo della stagione delle cosiddette «lenzuolate» della XV legislatura è imputabile, in prima battuta, proprio alla mancanza di coraggio nell'abbattimento degli ostacoli regolatori alla concorrenza;
la necessità di contrastare gli effetti perniciosi della drammatica crisi economica in atto - con iniezioni, in dosi massicce, di vitalità economica - rende improcrastinabile la riapertura immediata del «fronte liberalizzazioni»: con l'avvertenza - scontata, ma necessaria - che i processi di privatizzazione e liberalizzazione non si trasformino, come spesso è accaduto in passato, in altrettanti trasferimenti a soggetti privati di rendite monopolistiche di fatto, provvedendo, per questa via, alla separazione netta tra la proprietà pubblica delle reti e la gestione dei servizi da parte di soggetti privati scelti tramite procedure di gara;
in un contesto internazionale segnato in profondità dalla recessione è fondamentale inaugurare quanto prima una nuova e più coraggiosa stagione di liberalizzazioni, così da permettere al sistema Paese di reggere l'urto della durissima competizione economica che si aprirà non appena emergeranno i primi segnali di ripresa a livello globale, di ridurre i costi sostenuti dai cittadini, dalle famiglie e dalle imprese e di fronteggiare i rischi di un crescita incontrollata dell'inflazione,

impegna il Governo

a reintrodurre il tema della liberalizzazione dei servizi pubblici locali tra le priorità dell'agenda politica, adottando iniziative per procedere, settore per settore, ad una sollecita e sistematica azione di rimozione degli ostacoli e dei freni che si frappongono al libero dispiegarsi della concorrenza tra gli operatori del mercato ed affrancando utenti e consumatori dall'insostenibile aggravio di costi sostenuti a causa di un sistema, espressione di una cultura politico-amministrativa conservatrice, che tende inequivocabilmente a preservare le rendite monopolistiche acquisite nel tempo.
(1-00202)
«Galletti, Vietti, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Naro, Rao, Occhiuto, Libè, Delfino».
(1° luglio 2009)

La Camera,
premesso che:
negli ultimi dieci anni, non v'è stata maggioranza che non si sia cimentata nella materia della liberalizzazione dei servizi pubblici locali, poi puntualmente lasciata cadere in questo o quel ramo del Parlamento;
dal 2008 si è ravvisata la volontà del Governo di procedere ad una riforma dei servizi pubblici locali, espressasi, tuttavia, non in un provvedimento organico e compiuto, ma in una serie di interventi inseriti qua e là nei più disparati provvedimenti, tutti accomunati dalla forma, il decreto-legge, strumento che appare come il meno idoneo e che non appare giovare ad una disamina e ad un confronto approfonditi, che necessariamente devono accompagnare un processo di riforma complesso ed articolato;
con l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, il Governo aveva aperto la strada della riforma dei servizi pubblici locali, formulando alcuni principi generali e facendo rinvio, per la normativa di dettaglio e per la regolazione di diversi nodi cruciali, all'emanazione di uno o più regolamenti successivi di attuazione;
pur potendo comprendere le ragioni di un intervento graduale in una materia così variegata e complessa, anche alla luce delle precedenti e vane esperienze normative, si è sottoposta una normativa così delicata a rischio di contenzioso e di incertezza, con riguardo alla sopravvivenza o meno delle norme, non contenendo, l'articolo 23-bis, esplicite abrogazioni, ma semplicemente l'applicabilità delle nuove norme verso «tutti i servizi pubblici locali» e la loro prevalenza sulle parti della vecchia normativa con esse incompatibili, in particolare quella dettata dall'articolo 113 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000;
in attesa di veder chiarito il quadro normativo con i regolamenti attuativi dell'articolo 23-bis, il cui termine risulta scaduto, è giunta pochi giorni fa la notizia, avallata al momento dal solo comunicato stampa del Consiglio dei ministri del 9 settembre 2009, dell'inserimento, nel decreto-legge finalizzato al rapido assolvimento di obblighi nei confronti dell'Unione europea e ad ovviare a procedure di infrazione di un articolo che modificherebbe nuovamente e radicalmente l'impianto dei servizi pubblici locali, come delineato dal citato articolo 23-bis nelle parti riguardanti gli affidamenti;
ancora, nel decreto-legge n. 39 del 2009, che recava «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 ed ulteriori interventi urgenti di protezione civile», con l'articolo 9-bis, in nome della riforma del sistema di regolazione dei servizi idrici su scala nazionale, sono stati soppressi il Comitato di vigilanza sui servizi idrici (Coviri) e l'Osservatorio sui servizi idrici, sostituiti da una commissione che dovrebbe ereditarne le funzioni, ma in assenza di una struttura tecnica di supporto, quale era l'Osservatorio;
successivamente, con l'articolo 19 del recente decreto-legge n. 78 del 2009, cosiddetto «anticrisi», si è provveduto ad estendere alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara gli stessi divieti e le stesse limitazioni alle assunzioni di personale che gravano sugli enti pubblici di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;
il citato articolo 19 ha anche rinviato ad un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanarsi entro il settembre 2009, le modalità e la modulistica per l'assoggettamento delle stesse società al patto di stabilità interno;
un intervento verso la modernizzazione del settore dei servizi risulta essenziale per la società, soprattutto ove si tratti di servizi pubblici locali, stante la ricaduta diretta verso lo sviluppo urbano, il governo del territorio, i cittadini e le imprese: riprendere e portare a termine una riforma dei servizi pubblici locali deve significare offrire una spinta alla competitività e all'efficienza del settore e un'occasione di stimolo alla crescita economica, aumentare il rispetto verso i diritti dei cittadini e ridurre i costi sostenuti da essi e dalle imprese;
le scelte da compiere in tema di servizi pubblici locali sono determinanti anche ai fini della volontà di procedere verso una maggiore trasparenza nei rapporti tra politica ed economia, oltre che di riduzione dell'incidenza della politica nella gestione delle imprese e nelle economie locali: il settore pubblico ha l'opportunità di scegliere ed offrire un quadro di regole stabili, di indirizzi certi, di definire gli standard di livello nazionale, di controllare con rigore, per il tramite di autorità indipendenti, gli assetti e gli aspetti del mercato; di procedere, dunque, verso quella liberalizzazione dei servizi che significa, nel suo obiettivo primario, promuovere l'efficienza ed una reale concorrenza che spezzi i regni di monopoli ed oligopoli, rispetto alla quale, al momento, l'Italia è fanalino di coda nelle classifiche stilate dalla gran parte degli organismi statistici internazionali;
dall'insieme delle disposizioni già introdotte o in via di introduzione, emerge la prospettiva della possibile privatizzazione e liberalizzazione tout court di tutti i servizi pubblici, compreso il bene acqua ed il servizio idrico: l'acqua è un bene non sostituibile, è un diritto, non è possibile identificare il bene acqua alla stregua di una merce, non è concepibile individuarne un proprietario, a tal proposito essendo perfino l'attore pubblico, lo Stato, garante dell'interesse generale riguardo a quel bene indisponibile ed inalienabile;
entro il 2011, se saranno confermate anche le ultime ventilate modifiche in materia di servizi pubblici, si rischia di veder privatizzata la nostra acqua potabile, di dover consegnare i rubinetti delle nostre case ai disegni delle multinazionali, di esporre ciò che tiene in vita gli esseri umani ed il pianeta stesso ai capricci del mercato e alle problematiche dei bilanci;
è stata presentata alla Camera dei deputati una proposta di legge di iniziativa popolare per la gestione pubblica e partecipata dell'acqua e la ripubblicizzazione del servizio idrico, che il Parlamento dovrebbe esaminare ed approvare con urgenza per salvare il bene acqua, anche attraverso la previsione di aziende pubbliche speciali a totale capitale pubblico;
infine, il Paese si trova a fronteggiare una riforma che intende imprimere una fortissima spinta verso la liberalizzazione e consente la totale privatizzazione di tutti i servizi pubblici, compreso quello idrico, con una debolissima quanto incongruente strategia in ordine alla regolazione economica del settore dei servizi pubblici: un quadro regolatorio che dovrebbe essere, invece, determinante in ogni processo di liberalizzazione e, quale è nei Paesi più avanzati, sempre più orientato verso l'istituzione di poteri terzi rispetto alla dinamica tra enti concedenti e gestori del servizio pubblico,

impegna il Governo:

a portare a compimento il processo di riforma e liberalizzazione dei servizi pubblici locali, considerando che il dispiegarsi della libera concorrenza deve esserne l'obiettivo primario;
a procedere con provvedimenti unitari, compiuti ed organici che ne agevolino il confronto e la discussione;
ad escludere il bene acqua ed il servizio idrico dalla normativa adottata per i servizi pubblici locali di rilevanza economica e a sottrarli dalle logiche del profitto, dichiarando la non rilevanza economica del servizio idrico;
ad adottare iniziative per prevedere, infine, adeguati strumenti di regolazione economica del mercato dei servizi pubblici locali.
(1-00233)
«Borghesi, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Cambursano, Favia, Pisicchio, Piffari».
(21 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
la disciplina dei servizi pubblici è figlia della difficoltà del Parlamento di elaborare una strategia complessiva e non a caso il primo disegno di legge di riforma organico del settore risale al disegno di legge poi sfociato nella legge n. 265 del 1999, che disciplinava anche il settore dei servizi pubblici locali, ma che fu stralciato all'atto della sua approvazione da parte del Parlamento;
non a caso la proposta di riforma del settore, proposta nella XV legislatura, si è arenata anche a causa della cessazione anticipata della legislatura, ma non solo;
gli unici interventi nel settore sono stati introdotti mediante decreto-legge ovvero mediante legge finanziaria, a testimonianza della difficoltà del Parlamento ad affrontare una riforma complessiva del sistema;
una delle cause principali per cui non si è riusciti a predisporre per tempo regole che disciplinassero il settore e ne indirizzassero il percorso è stato certamente il ritardo nell'affrontarne la riforma (anche in considerazione delle stesse dinamiche di mercato e della capacità di iniziativa degli enti locali);
questa è pertanto una responsabilità della classe politica in complesso, senza che una parte o l'altra oggi possa ergersi a giudice o a paladino delle liberalizzazioni, senza poter essere esente da censure come dimostrano i fatti;
anche nella XV legislatura l'attuale opposizione aveva proposto una riforma del settore, che poi non ha avuto seguito, a dimostrazione di come non sia facile trovare un «partito unico» dei liberalizzatori;
nonostante questa difficoltà, questo Governo, coraggiosamente, con l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 ha iniziato un percorso per dare una disciplina alla materia;
l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 pone un primo criterio all'insegna della trasparenza e dell'efficienza in adesione ai principi comunitari, privilegiando il sistema della gara e qualificando come eccezionale l'in house, assoggettandolo al vaglio dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
la scelta fatta dal Governo prima e dal Parlamento poi ha inteso porre un freno alla realizzazione di società in house, che nei fatti si risolvessero in una forma di gestione indiretta da parte dell'ente locale, senza il rispetto del patto di stabilità e delle altre regole pubblicistiche che ne devono animare l'operato;
mediante la disciplina dell'in house, dettata dall'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, sono state poste regole nuove rispetto alle precedenti formule sinora maturate nella giurisprudenza, facendo riferimento ad una valutazione economica, sociale, ambientale e morfologica che non permetta un utile ricorso al mercato;
l'affidamento in house viene ora vagliato, in base all'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il cui parere si pone non solo come un elemento di chiarezza ed autorevolezza, ma anche come filtro preventivo per iniziative non conformi al diritto comunitario, conferendo certezza ai rapporti tra pubblica amministrazione ed imprese e prevenendo contenziosi;
la legittimazione del nuovo in house risulterà, pertanto, come la combinazione di una valutazione «sociale» dell'ente locale, secondo i nuovi parametri del comma 3 dell'articolo 23-bis, ed una economica e giuridica dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato;
l'articolo 23-bis si pone l'obiettivo, anche nella formulazione di recente approvata dal Governo e che sarà esaminata dal Parlamento nei prossimi giorni, di creare un nuovo sistema di gestione del settore dei servizi pubblici, prevedendo, in primo luogo, la cessazione di tutte quelle gestioni non conformi - come, ad esempio, quelle non attribuite mediante gara - al 31 dicembre 2010;
questa cessazione generalizzata consentirà di far emergere e dare nuova linfa ad un settore sinora caratterizzato dalle difficoltà;
la nuova articolazione delle scadenze del periodo transitorio, dalle anticipazioni di stampa di questi giorni, offre comunque un quadro certo per gli operatori, prevedendo, tra l'altro, che il 31 dicembre 2011 sia la data finale per le società miste attualmente in essere in cui il socio privato non sia stato scelto con una gara che abbia ad oggetto, oltre che la qualità di socio, anche la gestione del servizio, così come prevede il testo del nuovo articolo 23-bis;
nella stessa nuova formulazione dell'articolo 23-bis, approvato dal Governo, la data del 31 dicembre 2011 è individuata anche come data limite per la cessazione delle gestione in house, di cui al previgente sistema dell'articolo 113 del decreto legislativo n. 267 del 2000, creando così una linea di demarcazione certa tra il vecchio ed il nuovo sistema, con la conseguenza che anche quelle gestioni in house che non rispondessero ai nuovi criteri non potranno essere rinnovate, con ciò determinando un'ampia apertura al mercato ed un ulteriore incremento della concorrenza mediante le gare o la partecipazione dei privati alle società miste;
il nuovo articolo 23-bis realizza anche una liberalizzazione vera nel momento in cui prevede che il privato che partecipa alla società mista debba possedere una quota del 40 per cento e detta consistenza rappresenta una garanzia vera per l'ingresso di nuovi capitali, dando maggiore spinta al mercato in questo momento di difficoltà economica;
le modifiche di recente introdotte dal Governo consentono, pertanto, di potere affermare che il criterio prioritario è quello della gara e che accanto a questo si prevede una società mista con un privato titolare del 40 per cento, che sia anche socio operativo, in modo quindi di dare il vero senso a queste realtà privatistiche, che non si risolvano solo in forme di collaborazioni tra amministrazione pubbliche con privati titolari di ruoli di secondo piano e che non entrano nella gestione;
analoga spinta di apertura al mercato è prevista per le società a partecipazione pubblica già quotate in borsa alla data del 1o ottobre 2003, che siano titolari di affidamenti diretti assentiti a quella data, nonché alle società controllate, che potranno continuare sino alla scadenza prevista nel contratto di servizio, a condizione che la partecipazione pubblica si riduca anche progressivamente, attraverso procedure ad evidenza pubblica ovvero forme di collocamento privato presso investitori qualificati e operatori industriali, ad una quota, non superiore al 30 per cento, entro il 31 dicembre 2012; questo darà nuove occasioni di investimento per il mercato, incentivando anche per questa via la ripresa economica;
è comunque necessario che l'esame parlamentare costituisca la sede per un ulteriore approfondimento da parte delle forze parlamentari che lo riterranno, che porti ad una maggiore apertura al mercato e alla difesa delle imprese nazionali,

impegna il Governo

a proseguire nel percorso di liberalizzazione già intrapreso con l'articolo 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 e con le modifiche di recente approvate, completandolo con l'adozione del regolamento di attuazione e con quelle misure che il percorso parlamentare suggerirà e ponendo fine così alla situazione di incertezza che ha caratterizzato questi anni.
(1-00234)
«Valducci, Bitonci, Iannaccone, Calderisi, Simonetti, Baldelli».
(21 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
l'assetto dei servizi pubblici locali è da anni al centro della discussione economica e politica del nostro Paese. Ciò è dovuto certamente alla loro rilevanza, ai fini del potere d'acquisto delle famiglie (i costi tariffari di tali servizi, infatti, incidono fra il 10 e il 20 per cento sul reddito disponibile, a seconda dell'ampiezza, della famiglia e della zona geografica di residenza), della qualità della vita dei cittadini e della competitività delle imprese italiane. È indubbio, inoltre, che la necessità di interventi riformatori su questo comparto, che racchiude al suo interno numerosi settori anche fortemente eterogenei fra di loro, abbia assunto un valore simbolico ai fini dell'affermazione di una cultura pro concorrenziale, di apertura del mercato e di trasparenza da parte di gestioni che in ogni caso ricadono sotto la sfera della regolazione pubblica e che assorbono ingenti risorse a carico dei bilanci pubblici, delle famiglie e delle imprese;
non sempre, tuttavia, a tale valore simbolico e politico è corrisposto un approccio coerente. È il caso degli interventi legislativi proposti dal Governo e approvati dal Parlamento nella XVI legislatura, in particolare dell'articolo 23-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133: presentato come un intervento innovativo, evidenzia, invece, tutti i rischi di un'ulteriore chiusura del mercato e di limitazione della concorrenza, con conseguenze negative sulle famiglie, specie sulle fasce sociali più deboli, sui cittadini e sulle imprese, che si troveranno a pagare il conto di questa mancata riforma, la quale, anzi, ha il sapore di una vera e propria controriforma. Analogo giudizio va dato in merito all'articolo 61 della legge 23 luglio 2009, n. 99, in tema di trasporto pubblico locale, che ha segnato un arretramento rispetto alla normativa previgente;
le conseguenze di questa situazione sono gravi per i cittadini e per le imprese, per gli enti locali, per le imprese del settore e, complessivamente, per il sistema economico italiano. I cittadini vedono svanire la speranza di godere di servizi di migliore qualità e con costi più bassi, che consentano di ridurre le tariffe e/o i contributi alle aziende (e, quindi, l'assorbimento di risorse dai bilanci pubblici locali). Gli enti locali non possono usufruire dei vantaggi di un mercato aperto nella scelta del gestore cui affidare il servizio. Le imprese restano chiuse nei loro confini municipalistici, senza possibilità di crescita industriale, e ciò aggrava il problema del «nanismo» della grande industria italiana, poiché è documentato nell'esperienza di tanti altri Paesi che proprio dai processi di aggregazione e crescita industriale e tecnologica collegati ai servizi di interesse economico generale sono scaturiti stimoli forti all'innovazione, alla ricerca, all'adeguato flusso di investimenti in reti e infrastrutture, che hanno importanti effetti esterni positivi sull'ambiente sociale ed economico. Il sistema economico italiano subisce le conseguenze delle irrisolte carenze infrastrutturali, nonché della scarsa qualità e dei prezzi più alti di servizi, che costituiscono importanti input produttivi per le imprese esposte alla concorrenza internazionale;
il dettato costituzionale, che attribuisce allo Stato il compito di promuovere la concorrenza, impone, invece, la costruzione di una cornice coerente, affinché gli enti locali possano dotarsi di forme di gestione dei servizi più vicine ai cittadini e le iniziative imprenditoriali in questo comparto si collochino sulla frontiera dell'innovazione. A tal riguardo appare opportuno favorire un processo di aggregazione e riduzione dell'eccessivo numero di enti di diretta emanazione delle amministrazioni pubbliche, eventualmente prevedendo soglie minime di popolazione, al di sotto delle quali sia necessario ricorrere a forme associate di gestione;
la definizione di un assetto effettivamente concorrenziale del mercato potrebbe, altresì, essere di supporto alle politiche necessarie ad aiutare l'economia del nostro Paese ad uscire dalla situazione di crisi economica: ciò riguarda non solo i servizi pubblici locali, ma anche quelli regolamentati e gestiti a livello nazionale, che non meno dei primi possono contribuire ad una riduzione delle posizioni di rendita e ad un recupero della produttività globale del sistema (si pensi, ad esempio, ai servizi aeroportuali);
il processo di apertura del mercato non può e non deve significare la scomparsa o la messa «fuori gioco» delle imprese pubbliche che erogano servizi pubblici locali, che un ruolo certamente significativo hanno svolto nel garantire negli anni l'effettiva universalità del servizio e l'infrastrutturazione locale del Paese, quanto piuttosto l'affermazione che il patrimonio di competenze e professionalità che esse possiedono va sottoposto alla sfida competitiva; così che istituzioni, cittadini e imprese possano liberamente scegliere l'offerta migliore in termini economici e di qualità del servizio nei settori in cui è possibile la concorrenza «nel» mercato, ovvero che tali imprese pubbliche possano concorrere con altre imprese per l'aggiudicazione temporanea dei servizi nei settori in cui è necessaria la concorrenza «per» il mercato; in questa sfida le imprese pubbliche locali non partono necessariamente svantaggiate, e anzi sono portatrici di importanti vantaggi competitivi, a condizione, tuttavia, di superare alcune pesantezze e inerzie di comportamento e, comunque, introducendo adeguate regole ed ammortizzatori sociali a tutela del lavoro;
particolare attenzione deve essere posta affinché i processi di privatizzazione non conducano al passaggio dal monopolio pubblico a quello privato, sia nel caso di infrastrutture che abbiano le caratteristiche del monopolio naturale, per le quali va garantita una reale gestione terza, sia nel caso di concessioni di servizio, per le quali il confronto competitivo deve sempre prevalere, fatta esclusione per casi eccezionali;
in ogni caso, il collocamento sul mercato di quote azionarie delle imprese pubbliche locali deve avvenire con procedure improntate alla massima trasparenza e imparzialità;
il grado di concorrenza ed i relativi benefici per i consumatori dipendono, altresì, dalla struttura del mercato di approvvigionamento, per cui è essenziale intervenire anche su quei monopoli di fatto che impediscono l'accesso economico alle fonti primarie ed alle infrastrutture essenziali di trasporto;
per affrontare le nuove sfide aperte dalla più elevata maturità dei consumatori, dalla globalizzazione dei mercati upstream e dal progresso delle tecnologie, che rende possibile ridefinire le modalità produttive dei servizi tradizionali, è necessario affrontare questa tematica, affiancando al prevalente approccio giuridico-formale (cosa è servizio pubblico, come lo si definisce e regolamenta in modo trasversale) un approccio di tipo industriale e di mercato, che abbia a riferimento le filiere - tra loro molto diverse - dei singoli servizi, da cui far poi discendere normative settoriali specifiche, che riescano a cogliere le peculiarità dei processi di «produzione ed erogazione», con riferimento sia alla dimensione prettamente industriale, che a quella di «legame» con il territorio;
in sostanza, una vera politica di liberalizzazione dei settori appartenenti al comparto dei servizi pubblici locali non può procedere indipendentemente da una avanzata politica di regolazione degli stessi. I primi importanti passi avanti furono compiuti negli anni '90, e soprattutto nella seconda metà di quel decennio, attraverso una serie di normative innovative e modernizzatrici che hanno coinvolto l'elettricità, il gas, i trasporti, l'acqua, i servizi ambientali. È urgente oggi che il processo di riforma assuma su di sé la priorità di una robusta manutenzione di quegli apparati regolativi, mantenendo naturalmente tutto ciò che ha funzionato e modificando, invece, ciò che, dopo dieci e più anni di esperienza, mostra limiti e inadeguatezze. Assumere tale priorità è essenziale per evitare che il processo di riforma resti ancorato al solo valore simbolico poco sopra segnalato, ma anche per garantire agli amministratori locali, chiamati quotidianamente ad assicurare i servizi essenziali alle popolazioni amministrate, un solido quadro di riferimento e per evitare che la riforma sia frenata da un aumento del già considerevole contenzioso che si è accumulato negli ultimi anni, anche in conseguenza di una ipertrofica ed inefficiente produzione normativa;
le nuove normative, generali e settoriali, dovranno avere per oggetto la specifica definizione del regime proprietario, pubblico piuttosto che privato, delle infrastrutture di rete, delle modalità di aggiudicazione delle concessioni e di aggregazione territoriale della domanda, della durata delle concessioni stesse, dell'introduzione di bandi tipo che possano uniformare i criteri di aggiudicazione, della creazione di strutture che possano essere di supporto alle amministrazioni nella gestione delle procedure e nella determinazione delle tariffe, dei requisiti minimi dei contratti di servizio, dell'affermazione di meccanismi di valutazione terza della qualità del servizio offerto a cittadini ed imprese, di un sistema di governance delle società che faccia prevalere la trasparenza, il merito e la professionalità, separando con nettezza la sfera dell'indirizzo politico da quella della gestione societaria, nonché l'istituzione - laddove non ancora previste - di autorità indipendenti di regolazione anche di tipo federale, in modo da superare tante e diffuse situazioni di conflitto di interesse e di confusione fra ruolo di indirizzo, ruolo regolatorio e ruolo gestionale;
si dovrà, in particolare, porre a carico dei gestori l'obbligo di rendere pubblica e aggiornare periodicamente una carta dei servizi offerti all'utenza, la quale deve contenere tutti gli impegni del gestore nei confronti degli utenti, così come determinati nel contratto di servizio e nello stesso sanzionati in caso di inottemperanza. E si dovranno sperimentare nuove forme di coinvolgimento degli utenti, nonché di loro tutela;
tale approccio consentirà di modellare la regolazione sulle specifiche necessità di ciascun settore, tenendo conto delle problematiche di settori che devono percorrere le strade dell'efficienza e della capacità competitiva, risalendo la filiera fino all'approvvigionamento della materia prima in Paesi lontani (gas ed energia, visto che spesso l'energia elettrica si produce con i cicli combinati alimentati a metano); di settori per i quali, al contrario, accanto a problematiche di gestione industriale, sono presenti e prioritarie anche quelle relative all'uso attento del territorio circostante (rifiuti) e alla valorizzazione e preservazione di una risorsa primaria e fondamentale a forte legame territoriale (l'acqua); e infine di altri settori in cui l'efficienza del servizio dipende da una buona infrastrutturazione di livello locale abbinata ad un'efficiente gestione industriale (trasporto pubblico locale e regionale);
in tal modo sarà possibile affrontare in maniera corretta e trasparente, con scelte politiche chiare, il tema dei costi dei servizi e del loro finanziamento. La storia più recente dice, infatti, che in alcuni casi i servizi energetici hanno finito per sussidiare indirettamente i servizi a minor valore aggiunto, mentre in altri casi l'inefficienza della regolazione ha condotto all'insufficiente copertura dei servizi minimi universali e all'incompleta valutazione dei loro costi;
procedere nella direzione indicata consentirà, quindi, di affermare e dare consapevolezza del valore vero, di lungo periodo, delle risorse in gioco, facilitando un percorso indispensabile quando si affrontano temi che hanno a che fare con i beni comuni e la qualità della vita di una comunità,

impegna il Governo:

ad affrontare in maniera sistematica, approfondita e condivisa il tema di una riforma dei servizi pubblici locali, secondo le linee esposte in premessa, al fine di garantire ai cittadini ed alle imprese l'accesso a servizi di qualità a costi competitivi con quelli di analoghi servizi nei Paesi comunitari;
a dare certezze di lungo periodo agli amministratori pubblici locali e agli operatori economici dei settori interessati, sottraendoli al continuo affastellarsi di normative ambigue e spesso contraddittorie.
(1-00236)
«Sereni, Bressa, Causi, Lanzillotta, Federico Testa, Mariani, Fontanelli, Amici, Baretta, Fluvi, Meta, Lulli, Damiano, Gozi».
(21 settembre 2009)

MOZIONI CASINI ED ALTRI N. 1-00224 E EVANGELISTI ED ALTRI N. 1-00231 CONCERNENTI INIZIATIVE PER IL RISPETTO DEI DIRITTI UMANI E DEL DIRITTO DI DIFESA IN RUSSIA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
nell'ottobre del 2003 fu arrestato e successivamente condannato per frode ed evasione fiscale a nove anni di carcere (ridotti ad otto in appello), da scontare presso una prigione del distretto siberiano di Chita, il noto magnate russo Mikahail Khodorkovsky;
Khodorkovsky e la sua compagnia Yukos, prima dell'arresto, avevano finanziato alcuni partiti liberali russi di opposizione e si apprestavano a concludere accordi commerciali che avrebbero reso possibile l'ingresso di capitali esteri nell'azionariato di Yukos;
nel 2007 sono emerse nuove imputazioni a carico dell'ex proprietario della compagnia petrolifera Yukos e del suo socio Platon Lebedev;
la decisione della procura generale della Federazione russa è apparsa subito quantomeno sospetta, poiché intervenuta quando la legge russa avrebbe permesso a Khodorkovsky la libertà condizionata, avendo scontata la metà della pena;
lo stesso Presidente Obama ha trovato strano che «le nuove accuse a Khodorkovsky, che sembrano la riedizione delle vecchie accuse, debbano emergere proprio ora, dopo anni di prigione e quando per questi due uomini c'è la possibilità di ottenere un'amnistia»;
dal mese di febbraio 2009 Khodorkovsky e Lebedev sono stati trasferiti in una prigione di Mosca per rispondere a nuove accuse di truffa e riciclaggio, che potrebbero condurre ad un'ulteriore condanna di ventidue anni;
in particolare, in questo «secondo processo Yukos», le accuse riguarderebbero il furto di 350 tonnellate di greggio e nel riciclaggio di 28 miliardi di dollari grazie all'utilizzo di compagnie off-shore e della organizzazione non governativa Open Russia, fondata dallo stesso Khodorkovsky;
il nuovo processo si annuncia lungo, anche in considerazione dell'elevato numero di testimoni chiamati in causa dalla difesa e dall'accusa;
la concessione della libertà vigilata a Svetlana Bakhmina, ex legale del gruppo Yukos, già condannata a sei anni e mezzo per malversazione, sembrerebbe far presagire un atteggiamento più morbido delle autorità russe nell'affrontare la battaglia legale;
tuttavia, in un'intervista pubblicata da Il Corriere della Sera il Presidente russo Medvedev ha dichiarato che Khodorkovsky può chiedere di essere graziato dal Presidente, ma deve prima riconoscere la sua colpevolezza: «la nostra procedura è pre- cisa, chi vuole, si rivolge al Presidente, si riconosce colpevole e chiede l'atto di clemenza»;
la vicenda è stata oggetto delle critiche da parte dei leader europei e da parte del Consiglio d'Europa;
il Governo italiano vanta ottime relazioni bilaterali con la Russia ed è attualmente il terzo partner commerciale al mondo di Mosca, dopo Germania e Cina, ed è nota l'amicizia che lega il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi al Primo ministro russo Putin,

impegna il Governo

ad attivare tutti i canali diplomatici disponibili affinché venga garantito il rispetto dei diritti umani e del diritto alla difesa di Khodorkovsky e di Lebedev in particolare e dei cittadini russi in generale.
(1-00224)
«Casini, Cesa, Vietti, Adornato, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Cera, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Mannino, Mantini, Mereu, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi, Bernardini, Gentiloni Silveri, Lusetti, Oliverio, Guzzanti, Enzo Carra, Colucci, Laratta, Tempestini, Pes, Calgaro, Razzi, Barani, Barbieri, Scilipoti, Fucci, Giachetti, Cavallaro, Pistelli, Rubinato, Toto, Grassi, Castagnetti, Zampa, Capodicasa, Boccia, Raisi, Zeller, Vernetti, Zacchera, Torrisi, Bossa, Rosso, Ferrari, Biancofiore, Vaccaro, Mecacci, Strizzolo».
(16 luglio 2009)

La Camera,
premesso che:
nell'ottobre del 2003 fu arrestato e successivamente condannato per frode ed evasione fiscale a nove anni di carcere (ridotti ad otto in appello), da scontare presso una prigione del distretto siberiano di Chita, il noto magnate russo Mikahail Khodorkovsky;
Khodorkovsky e la sua compagnia Yukos, prima dell'arresto, avevano finanziato alcuni partiti liberali russi di opposizione e si apprestavano a concludere accordi commerciali che avrebbero reso possibile l'ingresso di capitali esteri nell'azionariato di Yukos;
nel 2007 sono emerse nuove imputazioni a carico dell'ex proprietario della compagnia petrolifera Yukos e del suo socio Platon Lebedev;
la decisione della procura generale della Federazione russa è apparsa subito quantomeno sospetta, poiché intervenuta quando la legge russa avrebbe permesso a Khodorkovsky la libertà condizionata, avendo scontata la metà della pena;
lo stesso Presidente Obama ha trovato strano che «le nuove accuse a Khodorkovsky, che sembrano la riedizione delle vecchie accuse, debbano emergere proprio ora, dopo anni di prigione e quando per questi due uomini c'è la possibilità di ottenere un'amnistia»;
dal mese di febbraio 2009 Khodorkovsky e Lebedev sono stati trasferiti in una prigione di Mosca per rispondere a nuove accuse di truffa e riciclaggio, che potrebbero condurre ad un'ulteriore condanna di ventidue anni;
in particolare, in questo «secondo processo Yukos», le accuse riguarderebbero il furto di 350 tonnellate di greggio e nel riciclaggio di 28 miliardi di dollari grazie all'utilizzo di compagnie off-shore e della organizzazione non governativa Open Russia, fondata dallo stesso Khodorkovsky;
il nuovo processo si annuncia lungo, anche in considerazione dell'elevato numero di testimoni chiamati in causa dalla difesa e dall'accusa;
la concessione della libertà vigilata a Svetlana Bakhmina, ex legale del gruppo Yukos, già condannata a sei anni e mezzo per malversazione, sembrerebbe far presagire un atteggiamento più morbido delle autorità russe nell'affrontare la battaglia legale;
tuttavia, in un'intervista pubblicata da Il Corriere della Sera il Presidente russo Medvedev ha dichiarato che Khodorkovsky può chiedere di essere graziato dal Presidente, ma deve prima riconoscere la sua colpevolezza: «la nostra procedura è precisa, chi vuole, si rivolge al Presidente, si riconosce colpevole e chiede l'atto di clemenza»;
la vicenda è stata oggetto delle critiche da parte dei leader europei e da parte del Consiglio d'Europa;
il Governo italiano vanta ottime relazioni bilaterali con la Russia ed è attualmente il terzo partner commerciale al mondo di Mosca, dopo Germania e Cina, ed è nota l'amicizia che lega il Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi al Primo ministro russo Putin,

impegna il Governo

a continuare ad utilizzare, insieme con i partner europei, tutti i canali diplomatici disponibili affinché venga garantito il rispetto dei diritti umani e del diritto alla difesa di Khodorkovsky e di Lebedev in particolare e dei cittadini russi in generale.
(1-00224)
(Testo modificato nel corso della seduta) «Casini, Cesa, Vietti, Adornato, Bosi, Buttiglione, Capitanio Santolini, Cera, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Mannino, Mantini, Mereu, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Tabacci, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi, Bernardini, Gentiloni Silveri, Lusetti, Oliverio, Guzzanti, Enzo Carra, Colucci, Laratta, Tempestini, Pes, Calgaro, Razzi, Barani, Barbieri, Scilipoti, Fucci, Giachetti, Cavallaro, Pistelli, Rubinato, Toto, Grassi, Castagnetti, Zampa, Capodicasa, Boccia, Raisi, Zeller, Vernetti, Zacchera, Torrisi, Bossa, Rosso, Ferrari, Biancofiore, Vaccaro, Mecacci, Strizzolo».
(16 luglio 2009)

La Camera,
premesso che:
il nodo della tutela dei diritti umani nella Federazione russa costituisce ancora oggi fonte di preoccupazione da parte degli osservatori e degli analisti occidentali, anche se segnali di miglioramento rispetto al passato sono stati rilevati da più parti;
il tema dei diritti umani è, a partire dal 2005, oggetto di specifiche e semestrali consultazioni (il cui ottavo round si è tenuto il 21 ottobre 2008) tra l'Unione europea e Russia, anche se spesso quest'ultima ha mostrato nel corso delle stesse una propensione al contrattacco ogniqualvolta è stata fatta oggetto di critiche, soprattutto quando il riferimento ha riguardato la libertà di espressione e di riunione, i diritti delle persone appartenenti a minoranze, la lotta al razzismo e alla xenofobia (pregiudizi molto forti sono registrati contro ceceni, caucasici, rom, ebrei, turchi mesketiani, africani e asiatici), i diritti di donne e bambini, l'uso politico della giustizia, restrizioni sull'attività delle organizzazioni non governative, arbitraria rinazionalizzazione di importanti settori dell'economia;
infatti, nel rapporto dell'Unione europea sui diritti umani per il 2008 si può leggere che «sebbene i diritti umani in Russia siano garantiti dalla Costituzione e nonostante la Russia sia parte di molte convenzioni internazionali sulla materia, l'Europa continua a essere seriamente preoccupata circa il deterioramento della situazione, con particolare riguardo agli aspetti dello stato di diritto, la libertà di opinione e di riunione, la libertà di stampa, la situazione delle organizzazioni non governative russe e della società civile, la situazione in Cecenia ed in altre parti dell'area del Caucaso settentrionale»;
per lungo tempo, l'Occidente ha chiuso un occhio sulla selvaggia repressione russa in Cecenia, perché considerata parte integrante della guerra globale al terrorismo islamico. Un po' di riflesso, è stato anche relativamente tollerante nei confronti delle continue violazioni dei diritti umani commesse da Putin, che in certi casi hanno addirittura assunto i connotati di una svolta totalitaria;
la situazione delle organizzazioni non governative rimane critica, anche se il rapporto sottolinea che non ci sono stati finora casi di chiusura di organizzazioni non governative dipendenti dalla nuova normativa entrata in vigore nell'aprile 2006; tuttavia, le disposizioni della legge sulle organizzazioni non governative sono spesso attuate in modi oltremodo complicati e onerosi per tali organizzazioni;
il rapporto fa anche riferimento, con particolare rammarico, alle restrizioni imposte alla libertà di espressione, specialmente in occasione delle elezioni parlamentari e presidenziali, attraverso un uso sproporzionato della forza e arresti arbitrari, come documentato dalle numerose denunce presentate;
forti sono le preoccupazioni, evidenziate non solo all'interno del citato rapporto, ma anche da organismi internazionali, quali Amnesty international e Human right watch, relative al controllo del Governo sulle principali emittenti televisive, che durante la campagna elettorale non ha consentito un equo accesso ai media;
la libertà di stampa e dei giornalisti non gode di miglior sorte: nel 2006 i giornalisti assassinati sono stati ben 5 e tra questi quella Anna Politkovskaja, che ha avuto il coraggio e la determinazione di denunciare più volte le scelte del Cremlino, in particolar modo per il conflitto in Cecenia; ma ben nota era anche la sua attività di paladina dei diritti umani in quella piccola Repubblica che le ha inevitabilmente procurato molti nemici; su questo caso, tra l'altro, l'Unione europea ha chiesto un'approfondita indagine per far piena luce sull'assassinio della giornalista della Novaia Gazeta;
non si può certo dimenticare che il 19 gennaio 2009 un'altra giornalista di questa stessa testata, Anastasia Baburova, e il suo avvocato, che difendeva una ragazza cecena violentata e uccisa da un colonnello russo, sono stati freddati da un sicario nel pieno centro di Mosca;
preoccupazione, non solo in Europa ma anche negli Stati Uniti, ha destato anche la vicenda che ha riguardato, e riguarda tuttora, un noto magnate russo, proprietario della potente compagnia petrolifera Yukos, arrestato nell'ottobre del 2003 per frode, ma naturalmente è noto che le vere ragioni siano da ascrivere al finanziamento che Khodorkovsky aveva elargito ad alcuni partiti liberali russi, all'opposizione, e all'apertura della compagnia a capitali esteri; tra l'altro, quest'ultimo avrebbe già dovuto godere della libertà condizionata, avendo già scontato metà della pena, e invece è stato avviato un nuovo processo, perché sarebbero emerse ulteriori imputazioni, che hanno coinvolto anche il socio Lebedev, decisione che ha destato perplessità nei leader europei e all'interno del Consiglio d'Europa; risulta, come ha fatto sapere il presidente Medvedev, che solo attraverso l'ammissione di colpevolezza e la richiesta di grazia del magnate la questione potrebbe trovare una soluzione positiva;
sono note le ottime relazioni bilaterali che il nostro Paese intrattiene con la Russia, nonché quelle personali tra il no- stro Presidente del Consiglio dei ministri e il Premier Putin,

impegna il Governo:

ad attivarsi per sollecitare un accordo giuridicamente vincolante, basato sull'impegno condiviso nei confronti dei diritti umani, per la libertà dell'informazione, di espressione e di manifestazione del pensiero in un Paese che ancora oggi è fra i protagonisti principali delle vicende politiche e economiche internazionali, così come sollecitato anche nella raccomandazione che il Parlamento europeo ha approvato nell'aprile 2009, con 416 voti a favore, 80 contrari e 147 astensioni;
ad attivare tutti i canali diplomatici perché vengano garantiti un equo processo e il rispetto dei diritti della persona al magnate Khodorkovsky e al socio Lebedev, citati in premessa, ma non solo, anche a tutti gli altri cittadini russi che si trovano in condizioni analoghe.
(1-00231)
«Evangelisti, Donadi, Borghesi, Di Stanislao».
(21 settembre 2009)

MOZIONI GHIZZONI ED ALTRI N. 1-00229, LEOLUCA ORLANDO ED ALTRI N. 1-00232, CENTEMERO, GOISIS ED ALTRI N. 1-00235, CAPITANIO SANTOLINI ED ALTRI N. 1-00237 E LO MONTE ED ALTRI N. 1-00238 CONCERNENTI MISURE A FAVORE DEL PERSONALE PRECARIO DELLA SCUOLA

Mozioni

La Camera,
premesso che:
a pochi giorni dall'inizio dell'anno scolastico l'opinione pubblica è fortemente colpita e impressionata dalla gravità degli effetti prodotti dalle cosiddette riforme realizzate con i provvedimenti governativi sulla scuola;
tagliare nel solo anno scolastico 2009/2010 oltre 42 mila posti di personale docente e più di 15 mila posti di personale ata, come anticipo dei complessivi 130 mila che si prevede di eliminare entro il prossimo triennio, significa il licenziamento di oltre 18 mila docenti e di oltre 8 mila tecnici, amministrativi ed ausiliari, che da anni svolgono la propria mansione con incarichi annuali costantemente rinnovati su posti vacanti disponibili non coperti da nomine a tempo indeterminato per una scelta di risparmio da parte dello Stato. Le rassicuranti affermazioni, espresse nei mesi scorsi dal Ministro Gelmini e dal Presidente del Consiglio dei ministri, secondo le quali nessuno sarebbe stato licenziato sono pertanto disattese dai fatti, che coincidono con le previsioni formulate dal Partito democratico e dalle organizzazioni sindacali;
tale massiccio licenziamento - che può essere definito senza tema di essere smentiti «il più grande licenziamento di massa nella storia del nostro Paese» - sta producendo, in occasione delle operazioni di nomina da parte degli uffici scolastici provinciali, drammatiche e diffuse iniziative di protesta;
le recenti 16 mila nomine a tempo indeterminato, 8 mila docenti e 8 mila ata (ben inferiori alla tranche annuale di 50 mila docenti e 10 mila ata del piano triennale di immissione in ruolo previsto dalla legge finanziaria per il 2007 e mai abrogato dal presente Governo), non hanno coperto tutti i posti lasciati liberi dai pensionamenti; inoltre, va ricordato che nell'anno scolastico 2009/2010 vi saranno migliaia di incarichi annuali coperti da lavoratori precari destinati al licenziamento nei prossimi anni per ottemperare al pesantissimo taglio di personale previsto dall'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, (per l'anno scolastico 2010/2011: 25.560 docenti e 15.167 ata; per l'anno scolastico 2011/2012: 19.676 docenti e 14.167 ata). Peraltro, la legge di assestamento del bilancio 2009, approvata nel luglio 2009, ha definito ulteriori massicce decurtazioni alla spesa per gli incarichi a tempo determinato, che diminuisce complessivamente di 577.064.995 euro. Con tale riduzione, che risulta aggiuntiva rispetto a quella di 456 milioni già operata in attuazione dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008, di fatto sarà impossibile garantire, per i primi quattro mesi del nuovo anno scolastico, la regolare retribuzione di quanti comunque riceveranno un incarico annuale;
i precari della scuola, docenti e ata, sono in numero ben maggiore ai 26 mila che non saranno confermati nell'anno scolastico che sta per iniziare: secondo le stime ufficiali del ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca relative all'anno 2008, i docenti con incarico a tempo determinato sono stati ben 131 mila. Questo dato non rappresenta solo l'avvilente incertezza per il futuro professionale dei lavoratori coinvolti, ma denuncia anche la mancata continuità didattica che viene negata a migliaia di studenti;
ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, la citata massiccia riduzione di personale, che anticipa quella prevista per il prossimo biennio, avrà effetti molto gravi sulla quantità dell'offerta e sulla qualità del funzionamento delle scuole di ogni ordine e grado. Ad esempio:
a) non sono state attivate numerose sezioni di scuola per l'infanzia, seppur richieste;
b) nella scuola primaria, in molti casi non si è data risposta alla domanda di tempo pieno, che non può essere confuso con un tempo scuola a 40 ore, poiché diverso è il modello didattico offerto. La riduzione delle compresenze, inoltre, tanto nel tempo pieno quanto nell'organizzazione modulare del team di 3 docenti su due classi, produrrà gravi conseguenze sul piano della continuità didattica e, quindi, della qualità del processo di insegnamento-apprendimento;
c) analoghe conseguenze si avranno nella scuola secondaria di primo grado: la diminuzione delle ore di italiano, di tecnologia e, in molti casi, della seconda lingua comunitaria determina non solo la riduzione del tempo scuola, ma avrà inevitabili ricadute sul piano dello sviluppo delle conoscenze dei nostri ragazzi;
d) si aggrava il problema della gestione degli studenti che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, poiché è in aumento in ogni ordine di scuola la mancata organizzazione - per l'assenza di personale dovuta all'abolizione delle compresenze e alla riconduzione di tutte le cattedre a 18 ore - delle attività didattiche e formative alternative al detto insegnamento;
e) l'incremento del numero di alunne/i per classe, provocato dalla volontà di impedire l'apertura di numerose classi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, avrà conseguenze gravi sulla qualità didattica e sui livelli di apprendimento e produrrà un diffuso mancato rispetto delle norme di sicurezza nelle aule scolastiche;
le situazioni descritte, citate a titolo di esempio, e, più in generale, il taglio draconiano della spesa per l'istruzione - previsto dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e dalla legge finanziaria 2009 - sono foriere di conseguenze facilmente immaginabili sul futuro economico, sociale ed educativo del nostro Paese. Inoltre, contrariamente alle assicurazioni fornite nei mesi scorsi dal Presidente del Consiglio dei ministri e dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la decisione di decurtare pesantemente gli organici della scuola contribuisce ad alimentare la crisi economica che ha colpito il Paese e ad incrementare la già enorme platea di chi ha perso il lavoro di ulteriori 26.000 persone, prevalentemente donne - poiché l'occupazione nella scuola è in maggioranza femminile - e residenti nelle regioni meridionali, dove i tagli si sono abbattuti con maggior pesantezza;
a partire dalla riduzione delle prestazioni delle scuole statali, il Governo pare, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, inconsapevole della gravità dei guasti prodotti dalle misure assunte;
l'emanazione dei regolamenti, recanti le «norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133» e la «revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico della scuola dell'infanzia e del primo ciclo di istruzione ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133» (decreti del Presidente della Repubblica 20 marzo 2009, nn. 81 e 89), non ha contribuito a rendere più chiaro il quadro normativo; i provvedimenti del Governo in materia sono, infatti, oggetto di specifiche contestazioni presso i tribunali amministrativi regionali e hanno determinato anche l'instaurazione di giudizi di legittimità costituzionale; inoltre, si stigmatizza con forza che non sia ancora ufficialmente esistente e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto interministeriale sugli organici, in base al quale sono stati costituiti gli organici delle singole scuole e operate le descritte massicce riduzioni di posti;
la soluzione prospettata con i cosiddetti «contratti di disponibilità» è del tutto insufficiente, poiché se da un lato sostituisce di fatto i limitati ammortizzatori sociali già operanti nel passato anche per il personale scolastico, dall'altro non salvaguarda la risorsa docente e al contrario crea discriminazione tra i precari, dato che la priorità per le supplenze brevi, offerta esclusivamente a coloro che nel 2008 sono stati destinatari di una supplenza annuale, sottrae le uniche opportunità di impiego a quei docenti che da anni lavorano con supplenze di circolo o di istituto;
la scelta del Governo di ricercare accordi con le singole regioni, affinché integrino con risorse proprie quelle già previste per l'indennità di disoccupazione, è un palese tentativo di scaricare sulle regioni il costo sociale dei tagli irresponsabili imposti al sistema scolastico nazionale dall'Esecutivo Berlusconi: tali accordi - che potranno semmai avere carattere aggiuntivo e mai sostitutivo - mancano del necessario riferimento nazionale e, pertanto, presentano impostazioni, procedure e modalità di intervento differenti (con conseguenze negative sulle stesse graduatorie), condizionate dalle risorse messe a disposizione dalle regioni e dalle legittime esigenze territoriali che l'autonomia regionale esprime,

impegna il Governo:

a predisporre un piano straordinario, sostenuto da risorse aggiuntive, finalizzato all'abolizione dei tagli introdotti dall'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e all'immissione in ruolo per docenti e ata, così come previsto dalla legge finanziaria per il 2007;
ad adottare iniziative per attribuire un'indennità di disoccupazione per due anni (pari al 60 per cento della retribuzione nel primo anno e al 50 per cento nel secondo) ai precari, il cui contratto non possa essere assolutamente rinnovato, che hanno lavorato per almeno 180 giorni nell'anno scolastico 2008/2009, e a garantire la maturazione del punteggio di servizio nelle graduatorie ad esaurimento;
a realizzare un incremento degli organici del personale ata, per fare fronte ad una situazione di assoluta emergenza per la mancata apertura di molti plessi e sedi scolastiche e per l'impossibilità in molte istituzioni scolastiche di garantire la normale attività amministrativa e didattica di inizio anno scolastico;
a garantire che gli eventuali accordi regionali per il precariato debbano mantenere criteri d'intervento e di applicazione unitaria e, pertanto, che uno schema di convenzione sia discusso con la massima urgenza al tavolo di confronto della Conferenza Stato-regioni, assicurando che questi accordi prevedano, comunque, interventi e garanzie per tutto il personale precario della scuola, sia docente sia ata;
a prevedere che gli interventi e i progetti per l'utilizzo straordinario e provvisorio del personale che ha perduto l'incarico o la supplenza annuale, rispondano all'esigenza di: innalzare la qualità complessiva dell'offerta formativa; favorire l'innovazione didattica; consentire l'aggiornamento e la formazione degli insegnanti; intervenire sull'allungamento-ripristino del tempo scuola, realizzando un efficace rapporto docenti/alunni (tenendo presente le garanzie per gli alunni diversamente abili) e il connesso incremento del tempo scuola individuale; applicare correttamente l'accordo concordatario di avvalersi o non avvalersi dell'insegnamento della religione cattolica, prevedendo attività didattiche e formative alternative al detto insegnamento; prevenire e contrastare, con interventi specifici, le situazioni di disagio sociale e di abbandono scolastico;
a fare in modo che i «contratti di disponibilità» siano attivati direttamente dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e che gli accordi con la Conferenza Stato-regioni siano volti alla qualificazione dell'offerta formativa territoriale;
ad assegnare un numero certo e stabile di insegnanti e di personale ata (organico funzionale) alle scuole sulla base di criteri oggettivi, in modo da garantire continuità didattica e autonomia, per realizzare un piano dell'offerta formativa (pof) di qualità, nel rispetto delle norme nazionali.
(1-00229)
«Ghizzoni, Franceschini, Soro, Sereni, Bressa, Fioroni, Coscia, Bachelet, De Biasi, De Pasquale, De Torre, Levi, Lolli, Mazzarella, Nicolais, Pes, Picierno, Rossa, Antonino Russo, Sarubbi, Siragusa, Marco Carra, Bellanova, Berretta, Bordo, Bossa, Braga, Bucchino, Cardinale, Ceccuzzi, Cenni, Ciriello, Codurelli, Corsini, D'Antona, Esposito, Farinone, Fedi, Ferranti, Froner, Ginefra, Giovanelli, Gnecchi, Graziano, Laratta, Lenzi, Lovelli, Lucà, Madia, Marchi, Marchionni, Margiotta, Melis, Miglioli, Motta, Murer, Naccarato, Andrea Orlando, Mario Pepe (PD), Piccolo, Quartiani, Rampi, Realacci, Rigoni, Schirru, Servodio, Tidei, Tocci, Velo, Verini, Zampa, Mattesini, Castagnetti, Samperi».
(15 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
a causa dei numerosi tagli operati dai decreti-legge 25 giugno 2008, n. 112, e 1o settembre 2008, n. 137 - rispettivamente, convertiti, con modificazioni, dalle leggi 6 agosto 2008, n. 133, e 30 ottobre 2008, n. 169 - oltre che dalla legge finanziaria per l'anno 2009, il settore dell'istruzione vive uno dei momenti più bui della sua storia, che sta avendo gravissime ripercussioni sull'intero Paese;
in particolare, il decreto interministeriale relativo agli organici dell'anno scolastico 2009/2010, trasmesso con la circolare ministeriale n. 38 del 2 aprile 2009, ha previsto che le riduzioni, stabilite dal decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per l'anno scolastico 2009-2010, porterà ad un ammontare complessivo dei tagli di 42-43 mila unità sul personale docente e di 15 mila unità sul personale ata;
in un momento di grave crisi economica, come quello attuale, che attanaglia il nostro sistema Paese in modo più pesante rispetto ai più importanti Paesi europei, il Governo - invece di far corrispondere investimenti pubblici, al fine di risollevare l'andamento dell'economia e di garantire la continuità del diritto allo studio, oltre che la qualità del sapere - ha operato scelte politiche, peraltro tramite l'uso indiscriminato dei decreti-legge e dei regolamenti, volte a ridurre il costo complessivo del sistema scolastico, senza curarsi degli effetti pratici sul settore e riducendo, di fatto, l'offerta scolastica a tutti i livelli;
mentre la legge finanziaria per l'anno 2007 prevedeva l'assunzione in tre anni di 150.000 docenti e 30.000 assistenti amministrativi tecnici ed ausiliari - nonostante lo slittamento all'anno scolastico 2010/2011 dell'applicazione del regolamento sulle «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola», approvato il 27 febbraio 2009 dal Consiglio dei ministri, nonostante la sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della parte dell'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, riguardante le chiusure e gli accorpamenti delle strutture scolastiche - già da questo anno scolastico, a seguito della circolare ministeriale n. 38 del 2 aprile 2009 del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, si è disatteso l'impegno contenuto nella precedente finanziaria e si sono operate meno del 20 per cento delle assunzioni utili (almeno 100.000) al corretto inizio dei lavori;
risultano, inoltre, ancora irrisolte le rilevanti questioni riguardanti il personale precario che dovrà anche quest'anno fare i conti con l'assenza del regolamento delle supplenze del personale ata, con l'assenza di un concorso per direttore dei servizi generali ed amministrativi e con delle graduatorie ad esaurimento dei docenti sistematicamente oggetto di ricorsi di ogni ordine e grado;
tale situazione ha provocato da parte dei precari diffuse iniziative di protesta, locali e nazionali, alcune anche eclatanti, per attirare l'attenzione dell'opinione pubblica sulla loro situazione disperata; proprio sull'onda di queste proteste è stata convocata per il 3 ottobre 2009 dal coordinamento dei precari della scuola una manifestazione nazionale contro i tagli all'occupazione e la riduzione dell'offerta formativa;
in questi giorni diverse decine di migliaia di insegnanti, molto spesso laureati, specializzati, abilitati e plurititolati, che da anni svolgevano, pur nella precarietà, con dedizione il lavoro della docenza, sono rimasti senza un contratto di lavoro e, quindi, senza la possibilità di poter insegnare e guadagnarsi da vivere;
a causa dei sopra menzionati ed indiscriminati tagli, operati dall'attuale Governo, analogamente a quanto descritto per gli insegnanti, diverse migliaia di assistenti amministrativi, tecnici ed ausiliari (ata) non potranno svolgere il lavoro, che, in molti casi, veniva svolto da anni;
le intenzioni del Governo e del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, avvalorate dai provvedimenti adottati sino ad oggi, oltre a ridurre sensibilmente l'offerta formativa e la qualità della stessa, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo volgono indubbiamente verso un progressivo smantellamento del sapere libero ed aperto a tutti, come sancito dalla Carta costituzionale, al fine di creare un servizio differente, a domanda individuale, che prevede medesimi investimenti per le scuole pubbliche e quelle paritarie;
gli atti normativi e di natura regolamentare sin ora adottati stanno producendo dei cambiamenti nel settore dell'istruzione che non seguono un progetto di innovazione dello stesso, ma rappresentano, di fatto, il mero strumento per far cassa, diminuendo una delle voci della spesa pubblica tra le più importanti per il futuro della stessa popolazione italiana;
in particolare, sono state cancellate le esperienze pedagogiche e didattiche più positive, apprezzate in tutta Europa: i regolamenti approvati disegnano una scuola puramente nozionistica, con classi più affollate, con meno ore frontali e meno ore laboratoriali, annullando progressivamente il valore e la funzione dell'autonomia scolastica;
il 9 settembre 2009, come risulta dalla stampa, oltre che dal sito internet del Governo italiano, il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che dispone che «le supplenze temporanee siano assegnate per l'anno scolastico 2009-2010, con precedenza assoluta, al personale docente ed ata già destinatario di supplenze annuali nel precedente anno scolastico»;
da dichiarazioni rilasciate dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca si apprende che la norma riguardante i precari, contenuta nel sopra citato decreto, potrà interessare al massimo tredicimila lavoratori, contro gli oltre quarantamila, tra docenti e personale ata, che già in questi giorni sono rimasti senza un posto di lavoro;
l'ipotesi prospettata come «contratto di disponibilità» altro non è che una misura di sostegno al reddito, già in parte disponibile, a carico dell'Inps e nota come «disoccupazione ordinaria», che, di norma, viene erogata ai docenti disoccupati per la durata di 8 mesi (o per 12 mesi a chi abbia già superato i 50 anni): a questa dovrebbe aggiungersi il sostegno regionale;
inoltre, il meccanismo previsto dalla norma, che toglie una parte delle supplenze alle graduatorie di istituto per darle a coloro che hanno avuto un incarico annuale l'anno scorso e che quest'anno sono rimasti senza cattedra, inevitabilmente creerà delle anomalie nelle graduatorie e potrebbe rappresentare un detonatore per altre conflittualità,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative per abrogare, sopprimere o comunque ritirare le misure approvate volte a diminuire ulteriormente gli organici e le dotazioni da assegnare alla scuola pubblica;
ad adottare tutte le iniziative necessarie per garantire a tutti i precari del settore, rimasti già dall'anno scolastico in corso senza un posto di lavoro, di poter usufruire degli ammortizzatori sociali che permettano il sostentamento economico;
a garantire l'inizio dell'anno scolastico su tutto il territorio nazionale, mettendo gli uffici scolastici regionali nelle condizioni di poter assicurare a tutti gli studenti ed alle loro famiglie un diritto allo studio che si concretizzi in docenti preparati a svolgere il proprio lavoro senza l'assillo della precarietà assoluta, in classi in cui svolgere le lezioni con non più di trenta alunni, nel cosiddetto tempo pieno che garantisca alle famiglie di poter svolgere tranquillamente il proprio lavoro, in quella qualità dei programmi e della didattica di cui molto poco il Governo si è interessato in quest'ultimo anno;
a prevedere dalla prossima manovra finanziaria la stabilizzazione dei precari della scuola, già prevista dalla legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi;
ad applicare correttamente la disciplina prevista con riferimento al rapporto del numero di alunni per classe e alla dimensione dell'aula, nel rispetto delle norme igieniche e di sicurezza, secondo quanto disposto dal decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81;
a garantire il rispetto del diritto allo studio per gli alunni in situazione di handicap, assicurando loro la possibilità di usufruire del sostegno di insegnanti specializzati per il maggior numero di ore possibile a settimana, al fine di garantire loro una reale ed efficace azione di integrazione.
(1-00232)
«Leoluca Orlando, Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Zazzera, Di Giuseppe».
(21 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
il problema del precariato nella scuola ha origini lontane e le leggi che si sono succedute nel tempo non sono riuscite a risolvere il problema, anzi hanno generato aspettative che il sistema non era in grado di soddisfare e addirittura hanno prodotto un incremento del numero del personale con titolo per l'immissione in ruolo;
in particolare, le cause principali dell'esplosione del precariato sono state l'istituzione delle graduatorie permanenti, la mancanza di programmazione per l'ingresso nelle graduatorie e misure di sanatoria adottate in conseguenza alla considerazione che taluni Governi di centrosinistra avevano della scuola come ammortizzatore sociale;
per quanto riguarda le graduatorie permanenti, il Governo di centrosinistra, con la legge n. 124 del 1999, ha cristallizzato il sistema del doppio canale di reclutamento, nato dieci anni prima, prevedendo la copertura del 50 per cento dei posti disponibili mediante concorso ordinario e per la restante metà attingendo dalle graduatorie permanenti risultanti dalla trasformazione operata dalla suddetta legge delle graduatorie dei precedenti concorsi per soli titoli e delle graduatorie provinciali per il conferimento delle supplenze;
con la legge n. 124 del 1999, è stata creata, in pratica, una pericolosissima connessione tra graduatorie destinate esclusivamente alle immissioni in ruolo, quali erano le graduatorie dei concorsi per soli titoli, con le graduatorie che fino a quell'anno erano state compilate con cadenza generalmente biennale ed erano finalizzate esclusivamente alla copertura delle supplenze. La graduatoria unica istituita ai sensi della legge n. 124 del 1999 ha in pratica allargato a dismisura la platea del personale aspirante alla stabilizzazione mediante nomina in ruolo, dal momento che le precedenti graduatorie dei concorsi per soli titoli (denominate tradizionalmente «doppio canale») prevedevano l'inclusione del solo personale che avesse effettivamente svolto servizio per almeno un biennio e fosse munito ovviamente del prescritto titolo di abilitazione;
sempre con la medesima legge venivano istituite le scuole di specializzazione per l'insegnamento nella scuola secondaria cosiddette «siss», che avrebbero dovuto operare in regime di programmazione del fabbisogno. Le spinte provenienti dalla base per l'allargamento dei posti delle scuole di specializzazione per l'insegnamento nella scuola secondaria ha, di fatto, provocato un notevole superamento del fabbisogno realmente prevedibile in base alle situazioni di contesto, considerando, quindi, non solo le vacanze di posti e/o le presumibili vacanze di posti future, ma anche l'esistenza spesso massiccia di forti contingenti di personale abilitato già esistente;
le politiche decennali basate sul concetto di scuola come ammortizzatore sociale hanno favorito anche l'allargamento a dismisura del numero del personale nominato per supplenze nella scuola non fornito del titolo di abilitazione. Periodicamente dagli anni '70, mossi dalla pressione esercitata dal numero crescente di tale personale non abilitato, i Governi di centrosinistra hanno istituito i cosiddetti «corsi abilitanti speciali», i quali hanno fatto lievitare il numero del personale con aspirazione al posto fisso, fino al paradosso di consentire l'iscrizione con riserva a coloro che erano iscritti al primo anno di percorsi universitari di scienza della formazione;
come risultato delle suddette politiche sulla scuola, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo scellerate, l'attuale Governo all'atto del suo insediamento ha ereditato circa 270.000 precari, inseriti nelle graduatorie ad esaurimento di tutti i gradi di scuola;
come primo intervento, in un'ottica di razionalizzazione dell'intero sistema scuola, l'attuale Governo ha adottato l'articolo 64 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha previsto la predisposizione di un piano per la realizzazione di una serie di interventi finalizzati ad una migliore organizzazione del servizio (di qui la necessità di rivedere i criteri per la formazione delle classi, la ridefinizione dei curricoli di studio, la razionalizzazione e l'accorpamento delle classi di concorso ed altro) e, quindi, a consentire una migliore utilizzazione delle risorse umane e la conseguente riduzione del fabbisogno di personale e della relativa spesa;
il sopra citato articolo 64 consente di recuperare il 30 per cento delle risorse risparmiate per investire sulla qualità della scuola e per cominciare a portare gli stipendi degli insegnanti a un livello consono alla loro professionalità e al loro ruolo;
l'opera di razionalizzazione, introdotta con l'articolo 64, è, peraltro, sostenuta dagli inviti di tutte le organizzazioni internazionali e confermata dal recente rapporto Ocse, che, anzi, per la prima volta, approva le iniziative intraprese dal Governo.
l'articolo 64 ha anche dovuto muovere dai fallimenti delle precedenti azioni di razionalizzazione tentate dal Governo di centrosinistra. In particolare, la norma della legge finanziaria per il 2007 (articolo 1, comma 605), che aveva previsto un taglio di 44.000 posti nella scuola ad invarianza di legislazione vigente, cosa che si dimostrò assolutamente impossibile perché l'azione di contenimento e di razionalizzazione non poteva avere successo se non accompagnata da misure di riforma del sistema, sia in materia di ordinamenti, che di costituzione degli organici;
del resto, le proporzioni dei tagli derivanti dall'articolo 64 sono state, nella concreta applicazione, mitigate dal turn over. Infatti, per il personale docente, tenuto conto dei tagli da effettuare nell'anno scolastico 2009/2010 (42.000) e dei pensionamenti richiesti (32.000) e del soprannumero dei docenti di ruolo derivanti dalla contrazione dei posti (circa 4.000/6.000), si prevede che i docenti cui non verrà conferita una supplenza annuale o fino al 30 giugno per l'anno scolastico 2009/2010 saranno circa 16.000. Per il personale ata i circa 15.000 posti soppressi sono stati in buona parte compensati da circa 8.000 pensionamenti;
poiché si tratta di trend consolidati, è prevedibile che per gli anni successivi il numero dei precari senza contratto a tempo determinato andrà sensibilmente a diminuire, poiché correlato all'entità delle riduzioni dei posti che sono ogni anno in misura inferiore al precedente e al turn over, che si prevede, invece, quanto meno costante rispetto ai valori dell'ultimo anno;
contestualmente, il Governo ha avviato l'iter di definizione del regolamento per la formazione iniziale dei docenti, con l'obiettivo di ridurne la durata, qualificarne il percorso in relazione ad una più forte attività di tirocinio attivo e, soprattutto, contrastare all'origine il fenomeno del precariato attraverso la programmazione dei posti;
da ultimo, per dare una risposta immediata alla situazione attuale, il Governo ha approvato una disposizione normativa, con la quale, tenendo conto del carattere transitorio, limitato all'anno scolastico 2009/2010, delle situazioni di mancata conferma della supplenza annuale, attribuisce al personale docente ed ata la priorità assoluta nel conferimento di tutte le supplenze, allo stato limitata alle sole 20 scuole per le quali era stata presentata domanda;
la predetta disposizione attribuisce, altresì, al predetto personale il punteggio per l'intero anno di servizio nelle graduatorie ad esaurimento, nelle quali risulta inserito, assicurando in tal modo la continuità nella valutazione del servizio;
la suddetta disposizione consente, altresì, a tale personale di poter usufruire per i periodi di inoccupazione dell'indennità di disoccupazione erogata dall'Inps, con una procedura semplificata, che esonera il personale interessato dall'onere di produrre specifica domanda ogni volta che ne ricorrano i presupposti e di dimostrare il diritto alla corresponsione della suddetta indennità;
tali misure adottate dal Governo hanno evitato tensioni sociali legate all'attuale crisi occupazionale, garantendo un clima più sereno nel sistema scolastico;
l'individuazione di una consistenza funzionale degli organici dovrà prevedere nel prossimo futuro una programmazione regionale, basata sull'assunzione di personale docente sui posti effettivamente disponibili, nell'ambito regionale o provinciale,

impegna il Governo:

a completare rapidamente l'iter di adozione del regolamento sulla formazione iniziale dei docenti, al fine di pianificare, attraverso la programmazione, il fabbisogno di docenti e, quindi, di evitare l'insorgere di nuovo precariato;
a rendere immediatamente operative le misure di urgenza adottate per risolvere la situazione transitoria dei precari che per l'anno scolastico 2009/2010 non si vedano rinnovare il contratto annuale o fino al termine delle lezioni;
a definire un piano di immissione in ruolo, che, in relazione al blocco del nuovo precariato, esaurisca progressivamente le graduatorie, anche al fine di avviare un sistema di reclutamento regionale che privilegi il merito e la continuità didattica.
(1-00235)
«Centemero, Goisis, Aprea, Baldelli, Ceccacci Rubino, Granata, Frassinetti, Barbaro, Barbieri, Caldoro, Carlucci, Di Centa, Garagnani, Giammanco, Mazzuca, Massimo Parisi, Perina, Rampelli».
(21 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
le modifiche, gli aggiustamenti e le correzioni operate in continuo dal Governo, senza un disegno strategico di sviluppo del sistema educativo, hanno inciso negativamente sugli apprendimenti degli alunni, hanno disorientato il corpo docente e allarmato le famiglie, che vengono private dei supporti necessari per l'istruzione dei propri figli;
la massiccia ed indiscriminata riduzione del personale reca, a partire dal presente anno scolastico 2009-2010, effetti gravi e destabilizzanti, sia sulla qualità del progetto educativo da assicurare in modo uguale a tutti gli utenti, sia sul funzionamento dell'amministrazione e degli istituti che sono in forte sofferenza a causa della disattivazione di numerose sezioni di scuola per l'infanzia, della scomparsa del tempo pieno, surrogata in alcuni casi dal doposcuola, dell'accorpamento di plessi e classi, abolendo nei piccoli centri il servizio scolastico, della riduzione del monte ore con ricadute deleterie sugli insegnamenti disciplinari, dell'eliminazione del gruppo docente e delle compresenze, penalizzando così gli alunni più deboli;
i tagli del personale docente ed ata nella misura abnorme di circa 130 mila unità previsti per il prossimo triennio, ai sensi del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e della legge di assestamento di bilancio 2009, nonostante le rassicurazioni del Governo, producono delle conseguenze preoccupanti, quali la scopertura di molti posti lasciati liberi a seguito dei pensionamenti, il blocco delle graduatorie permanenti, infoltite di più di 300 mila docenti, e il licenziamento di molti docenti che sino ad oggi hanno usufruito di un contratto annuale;
le nomine a tempo determinato di 8 mila docenti e di 8 mila ata è inferiore al fabbisogno di personale, anche dopo la decurtazione degli organici;
la conferma prefigurata di 26 mila docenti con contratto a tempo determinato è assai inferiore rispetto ai 131 mila che nell'anno decorso hanno sottoscritto lo stesso contratto;
la soluzione prospettata con le cosiddette «graduatorie di disponibilità», con l'offerta di «supplenze brevi» e con l'erogazione di una «indennità di disoccupazione» per coloro che perdono il posto di lavoro è del tutto insufficiente e per alcuni aspetti nociva, in quanto umiliante e discriminante;
la patologia del precariato, oltre agli esiti deleteri sull'organizzazione strutturale e funzionale dell'assetto del sistema educativo, genera un sentimento di sofferenza, di delusione e di rabbia nei docenti, dovuto alla provvisorietà del rapporto di lavoro, all'insicurezza in ordine alla carriera, all'evanescenza della prospettiva di vita;

impegna il Governo:

a rivedere la politica di restrizione della spesa nel settore strategico della scuola (i cui parametri economico-finanziari sono già inferiori rispetto alla media di quelli dell'Ocse e di quelli dei Paesi dell'Unione europea) e a reperire ulteriori risorse aggiuntive da destinare alla formazione dei docenti (iniziale e permanente), all'incremento degli stipendi e al potenziamento dell'attività didattica;
a introdurre significativi correttivi delle norme vigenti relative ai risparmi, alle limitazioni e ai contenimenti, per procedere, poi, alla predisposizione di un piano organico finalizzato all'immissione in ruolo del personale precario (il quale nel passato abbia goduto di un contratto a tempo determinato o che comunque sia inserito nelle graduatorie permanenti a esaurimento), mediante la «ripulitura» ed il «congelamento» delle medesime e uno scaglionamento annuale, volto a coprire il 50 per cento dei posti, che si rendono disponibili;
ad adottare iniziative per attribuire l'indennità di disoccupazione anche ai precari a cui non verrà rinnovato il contratto e che, comunque, hanno insegnato per almeno 180 giorni nell'anno scolastico 2008-2009;
a prevedere un aumento degli organici del personale ata ed il mantenimento, da parte delle regioni, di criteri di intervento e di applicazione unitari e discussi in sede di Conferenza Stato-regioni.
(1-00237)
«Capitanio Santolini, Ciocchetti, Vietti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Volontè».
(21 settembre 2009)

La Camera,
premesso che:
il futuro di una nazione si fonda sull'educazione delle nuove generazioni;
un Paese moderno deve necessariamente investire sul sapere, garantendo ai giovani gli strumenti necessari per potersi formare e per poter essere all'altezza delle sfide di una società sempre più globalizzata e inserita, come quella italiana, in un contesto fortemente europeizzato;
a fronte dell'entrata in vigore della cosiddetta «riforma Gelmini», contenente provvedimenti condivisibili solamente in astratto, si sono registrate delle conseguenze sui livelli occupazionali che hanno ulteriormente aggravato la situazione di sostanziale diseguaglianza che esiste tra la scuola del Sud e la scuola del resto del Paese;
questa diseguaglianza, a dieci anni dall'attribuzione dell'autonomia alle istituzioni scolastiche, sta assumendo caratteristiche sempre più marcate per via di un sistema economico, sociale e culturale caratterizzato dal gap che separa il Nord dal Sud del Paese;
gli indicatori monitorati dall'Unione europea per misurare i progressi nell'aumento dell'istruzione della popolazione vedono l'Italia in una posizione di ritardo: nel 2006 il 20,8 per cento degli studenti era fermo alla licenza media, senza frequentare alcun corso di formazione, contro una media europea del 15,3 per cento. Tra le regioni con le più evidenti difficoltà ci sono la Campania (28,8 per cento), la Sicilia (26 per cento) e la Puglia (23,9 per cento);
i dati ufficiali sulla «qualità dell'istruzione» - indagine Ocse-Pisa - restituiscono uno scenario sicuramente non rassicurante delle competenze e delle capacità acquisite dagli alunni italiani, confermando che i livelli di preparazione mostrano indicative diseguaglianze tra Nord e Sud del Paese;
i dati recentemente diffusi dallo Svimez delineano un Sud in cui i figli dei disoccupati non possono studiare. Per il 66 per cento di loro, diplomarsi e laurearsi sono obiettivi irraggiungibili;
stando allo Svimez soltanto il 34 per cento dei figli di disoccupati riesce a continuare gli studi, con forti dislivelli da regione a regione. In Campania la percentuale scende ben al di sotto del 30 per cento. Soltanto il 19 per cento dei figli continua gli studi oltre le scuole medie quando il capofamiglia disoccupato è egli stesso privo di titolo di studio;
al Sud soltanto i laureati che hanno superato i 30 anni riescono a trovare inserimento lavorativo al pari del Nord, mentre per gli under 30, invece, il tasso di disoccupazione è molto elevato: circa il 20 per cento. Al Nord oltre il 76 per cento dei laureati under 24 è occupato, mentre al Sud la percentuale scende al 43 per cento;
il 66 per cento di chi non lavora e non studia in tutta Italia proviene dal Sud;
la dotazione di edilizia scolastica è nel complesso di basso livello ed è particolarmente preoccupante al Sud, nel quale la spesa complessiva per studente è più bassa di quella media italiana;
gli investimenti degli enti locali, in particolare nell'edilizia per la scuola dell'infanzia, la cui frequenza è uno dei fattori determinanti del successo scolastico futuro, risultano non adeguati alle esigenze, in particolare al Sud del Paese;
nelle regioni meridionali le percentuali di edifici impropriamente adattati a uso scolastico e di scuole con infrastrutture e impianti igienico-sanitari scadenti sono superiori a quelle del Centro-Nord e possono sia influenzare negativamente gli apprendimenti degli studenti, sia segnalare una minore attenzione degli enti locali nei confronti del mondo della scuola;
il precariato nel mondo della scuola nasce da lontano ed è la diretta conseguenza di normative che, nel tempo, hanno prodotto un costante ampliamento delle graduatorie con personale da assumere definitivamente, immettendolo in ruolo nell'organico;
pur consapevole di aver ereditato un sistema educativo negativamente condizionato da politiche fondate sul concetto di scuola come ammortizzatore sociale, il Governo ha il dovere di coniugare l'esigenza di cambiamento, di rigore e di qualità palese nel nostro sistema scolastico con la tutela dei diritti acquisiti dai tanti precari che da anni attendono la regolarizzazione della posizione lavorativa;
la riduzione di 30 mila posti di personale prevista dalla legge finanziaria per il 2007 ha riguardato pressoché esclusivamente le regioni meridionali ed ha inciso negativamente anche sull'integrazione degli alunni disabili e degli alunni immigrati che sono in continuo aumento;
il taglio di oltre 40 mila posti di personale docente e di 15 mila posti di personale ata previsto per l'anno scolastico 2009/2010 si ripercuoterà prevalentemente sul sistema scolastico delle regioni meridionali;
una così pesante riduzione di personale avrà effetti molto gravi sulla qualità del funzionamento delle scuole meridionali, penalizzando ulteriormente gli studenti del Sud e aggravando una situazione già di per sé particolarmente problematica;
il mancato rinnovo dei contratti al personale docente e ata comporta una discontinuità nell'offerta didattica, che si ripercuote sulla qualità dell'insegnamento e sulla formazione dei nostri studenti;
nonostante il Consiglio dei ministri abbia approvato una norma che consente di tutelare gli insegnanti precari, la decisione di diminuire gli organici della scuola alimenta una situazione di crisi economica e finanziaria nella quale già versa il Paese;
essendo la maggior parte dei docenti residente nelle regioni meridionali, è evidente che i tagli si ripercuoteranno in maniera preponderante sulla già fragile economia del Mezzogiorno, provata da mancanza di sviluppo, disoccupazione e emigrazione,

impegna il Governo:

a farsi carico della situazione di evidente diseguaglianza che esiste tra la scuola del Sud e quella del resto del Paese;
a dare attuazione ai provvedimenti adottati dal Consiglio dei ministri per sostenere economicamente i precari che, per l'anno scolastico 2009/2010, non hanno beneficiato del rinnovo contrattuale;
ad adottare ogni necessario provvedimento utile a garantire la tutela dei diritti acquisiti negli anni dal personale ata e dai docenti che vivono il dramma del precariato;
a definire un piano di immissione in ruolo che, alla luce della situazione ereditata dai passati Governi e dei diritti acquisiti, consenta il graduale esaurimento delle graduatorie attualmente attive.
(1-00238)
«Lo Monte, Iannaccone, Latteri, Belcastro, Commercio, Lombardo, Milo, Sardelli, Brugger».
(21 settembre 2009)

DISEGNO DI LEGGE: RATIFICA ED ESECUZIONE DEL PROTOCOLLO V DELLA CONVENZIONE SULLA PROIBIZIONE O LIMITAZIONE DELL'USO DI ALCUNE ARMI CONVENZIONALI CHE POSSONO ESSERE CONSIDERATE DANNOSE O AVENTI EFFETTI INDISCRIMINATI (CONVENTION ON CERTAIN CONVENTIONAL WEAPONS - CCW), FATTA A GINEVRA IL 10 OTTOBRE 1980, RELATIVO AI RESIDUATI BELLICI ESPLOSIVI, FATTO A GINEVRA IL 28 NOVEMBRE 2003, NONCHÉ MODIFICHE ALLA LEGGE 7 MARZO 2001, N. 58, RECANTE ISTITUZIONE DEL FONDO PER LO SMINAMENTO UMANITARIO (A.C. 2675) ED ABBINATA PROPOSTA DI LEGGE: SARUBBI ED ALTRI N. 1076.

A.C. 2675 ed abb. - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

A.C. 2675 ed abb. - Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2675 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 1.
(Autorizzazione alla ratifica).

1. Il Presidente della Repubblica è autorizzato a ratificare il Protocollo V della Convenzione sulla proibizione o limitazione dell'uso di alcune armi convenzionali che possono essere considerate dannose o aventi effetti indiscriminati (Convention on Certain Conventional Weapons - CCW), fatta a Ginevra il 10 ottobre 1980, di seguito denominata «Convenzione CCW», relativo ai residuati bellici esplosivi, fatto a Ginevra il 28 novembre 2003.

A.C. 2675 ed abb. - Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2675 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 2.
(Ordine di esecuzione).

1. Piena ed intera esecuzione è data al Protocollo di cui all'articolo 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in conformità a quanto disposto dai paragrafi 3 e 4 dell'articolo 5 della Convenzione CCW.

A.C. 2675 ed abb. - Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2675 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 3.
(Modiche alla legge 7 marzo 2001, n. 58).

1. All'articolo 1 della legge 7 marzo 2001, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) all'alinea, le parole: «Fondo per lo sminamento umanitario» sono sostituite dalle seguenti: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi» e dopo le parole: «programmi integrati di sminamento umanitario» sono inserite le seguenti: «e di bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
2) alla lettera a), dopo le parole: «presenza delle mine» sono inserite le seguenti: «e di residuati bellici esplosivi»;
3) alla lettera b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o con residuati bellici esplosivi»;
4) alla lettera d) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o di aree con residuati bellici esplosivi»;
5) alla lettera e) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e per la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
6) alla lettera f) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e di bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
b) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
2. All'articolo 2, comma 1, alinea, della legge 7 marzo 2001, n. 58, dopo le parole: «sminamento umanitario» sono inserite le seguenti: «e di bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
3. All'articolo 3, comma 1, lettera c), della legge 7 marzo 2001, n. 58, dopo le parole: «programmi di sminamento umanitario» sono inserite le seguenti: «e di bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
4. Il titolo della legge 7 marzo 2001, n. 58, è sostituito dal seguente: «Istituzione del Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».

A.C. 2675 ed abb. - Articolo 4

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2675 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 4.
(Copertura finanziaria).

1. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, valutato in 15.000 euro annui a decorrere dall'anno 2009, si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 4 giugno 1997, n. 170.
2. Il Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui alla presente legge, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.
3. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

A.C. 2675 ed abb. - Articolo 5

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2675 NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO DEL GOVERNO

Art. 5.
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

A.C. 2675 ed abb. - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del disegno di legge di autorizzazione in esame ridenomina il fondo per lo sminamento umanitario di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58, che assume pertanto la dizione: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
la dotazione del predetto fondo, pari a euro 2 milioni 179 mila per il 2008, è stata azzerata dall'articolo 60, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
l'articolo 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 108, ha rifinanziato il predetto fondo con lo stanziamento di un milione di euro per iniziative di cooperazione in favore di Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan e Somalia,

impegna il Governo

a garantire in ogni esercizio annuale adeguata copertura finanziaria al «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi», anche alla luce dell'ampliamento delle finalità della legge istitutiva.
9/2675/1. Narducci, Sarubbi, Mecacci, Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del disegno di legge di autorizzazione in esame ridenomina il fondo per lo sminamento umanitario di cui alla legge 7 marzo 2001, n. 58, che assume pertanto la dizione: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
la dotazione del predetto fondo, pari a euro 2 milioni 179 mila per il 2008, è stata azzerata dall'articolo 60, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;
l'articolo 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 108, ha rifinanziato il predetto fondo con lo stanziamento di un milione di euro per iniziative di cooperazione in favore di Afghanistan, Iraq, Libano, Pakistan, Sudan e Somalia,

impegna il Governo

ad adoperarsi per assicurare un'adeguata copertura finanziaria al «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
9/2675/1. (Testo modificato nel corso della seduta)Narducci, Sarubbi, Mecacci, Leoluca Orlando.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento in esame ha apportato modifiche alla legge 7 marzo 2001, n. 58, nel senso della sua ridenominazione in: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
l'articolo 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 108, ha stanziato la somma di 1 milione di euro a integrazione delle risorse previste per interventi di sminamento umanitario, atteso che la dotazione del predetto fondo, pari a euro 2 milioni 179 mila per il 2008, è stata azzerata dall'articolo 60, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,

impegna il Governo

a garantire una necessaria continuità nell'assicurare, in ogni esercizio annuale, un'adeguata copertura finanziaria al «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
9/2675/2.Evangelisti, Di Stanislao.

La Camera,
premesso che:
l'articolo 3 del provvedimento in esame ha apportato modifiche alla legge 7 marzo 2001, n. 58, nel senso della sua ridenominazione in: «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi»;
l'articolo 1, comma 1, della legge 3 agosto 2009, n. 108, ha stanziato la somma di 1 milione di euro a integrazione delle risorse previste per interventi di sminamento umanitario, atteso che la dotazione del predetto fondo, pari a euro 2 milioni 179 mila per il 2008, è stata azzerata dall'articolo 60, comma 3, ultimo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133,

impegna il Governo

ad adoperarsi per assicurare un'adeguata copertura finanziaria al «Fondo per lo sminamento umanitario e la bonifica di aree con residuati bellici esplosivi».
9/2675/2.(Testo modificato nel corso della seduta)Evangelisti, Di Stanislao.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Iniziative per ovviare alle carenze infrastrutturali del Mezzogiorno - n. 3-00667

NUCARA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, nonostante i ripetuti annunci del Governo, continua ad enumerare innumerevoli cantieri aperti che rappresentano un vero e proprio pericolo per i viaggiatori. È diventato oramai un miraggio pensare di raggiungere la Calabria da Roma in sei ore. Soprattutto alcune tratte, quali la sala Consilina-Lagonegro e la Bagnara-Reggio Calabria, rappresentano una vera e propria avventura. Inoltre, la gestione di cantieri è tutta protesa a garantire, ad avviso dell'interrogante, il massimo profitto alle imprese, compensato dal massimo disagio per gli utenti;
lo scalo aeroportuale di Reggio Calabria, unico aeroporto dello Stretto, continua a registrare un andamento negativo, nonostante la domanda di viaggiatori in partenza ed in arrivo sia in continuo aumento. L'aeroporto dello Stretto serve due città metropolitane, Reggio Calabria e Messina, ma ciò pare del tutto ininfluente nelle decisioni del ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
le Ferrovie dello Stato non sono ancora riuscite ad adeguare le proprie strutture di trasporto ad una moderna e civile rete ferroviaria, sia in termini di qualità dei servizi che in termini di tempi di percorrenza. L'alta velocità promessa dal Governo non arriverà mai. Non si riesce ancora a capire a cosa servirà il ponte sullo Stretto se tutto intorno c'è il deserto infrastrutturale; e vale la pena di ricordare che nel centro di Messina 3336 famiglie vivono ancora nelle baracche costruite dopo il terremoto del 1908;
ad avviso dell'interrogante, è palesemente violato l'articolo 16 della Costituzione, che stabilisce che «ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale» -:
quali provvedimenti urgenti intenda assumere il Governo per porre fine a queste carenze, anche attraverso l'utilizzo delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate a disposizione del Cipe e di possibili surroghe sostitutive degli obblighi di enti inadempienti, Anas compresa, per evitare che il divario tra il Nord e il Sud del Paese, in termini di infrastrutture, diventi ancora maggiore. (3-00667)
(22 settembre 2009)

Orientamenti del Governo in merito allo scioglimento del consiglio comunale di Fondi - n. 3-00668

DI PIETRO, DONADI, FAVIA, BORGHESI e EVANGELISTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la delibera in merito allo scioglimento del consiglio comunale di Fondi per infiltrazioni mafiose, indicato come necessario dal prefetto di Latina nella relazione depositata un anno fa, l'8 settembre 2008, - frutto delle indagini effettuate dai Corpi di polizia, carabinieri e guardia di finanza - ritenuto «atto doveroso» dal Ministro interrogato, si sta immotivatamente ed inspiegabilmente trascinando;
secondo notizia di stampa, dalla relazione sopra citata emerge che «il comune di Fondi mantiene comportamenti, che si riflettono nelle scelte politico-amministrative dell'ente, di indubbia gravità, dimostrando un'allarmante insensibilità verso l'esigenza di una corretta e trasparente azione che dissolva il sospetto di porsi al servizio di interessi di tipo criminale, in ciò dimostrandosi oggettivamente collusiva»;
non è dato sapere perché il Ministro interrogato abbia temporeggiato così a lungo, trasmettendo solo nel febbraio 2009, a distanza, dunque, di cinque mesi, la richiesta di scioglimento del comune di Fondi all'attenzione del Consiglio dei ministri;
incomprensibile risulta anche la scelta del rinvio, adottata da subito dal Consiglio dei ministri, reiterata dal mese di febbraio 2009 a tutt'oggi: scelta anomala, che ha reso il mancato scioglimento del comune di Fondi un caso unico nella storia del nostro Paese e lo ha proiettato, infatti, alla ribalta nazionale, presente quasi ogni giorno sui giornali nel corso degli ultimi mesi;
le dichiarazioni di esponenti del Governo, a difesa e giustificazione del continuo rinvio, sono state le più diverse: che nessun amministratore del comune di Fondi fosse indagato, che, a seguito dell'approvazione di nuove norme in materia di scioglimento dei consigli comunali, la questione dovesse essere riconsiderata;
l'atto dello scioglimento è strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, segnale inequivocabile della volontà e dell'attenzione da parte delle istituzioni, preventivo ed autonomo rispetto all'azione penale;
inoltre, nella seduta del 24 luglio 2009, successivamente all'entrata in vigore della legge in materia di sicurezza e delle nuove norme sullo scioglimento dei consigli comunali, il Consiglio dei ministri ha deliberato lo scioglimento dei consigli comunali di Fabrizia (Vibo Valentia) e di Vallelunga Pratameno (Caltanissetta): tali delibere hanno dato seguito immediato alle risultanze delle indagini, durate tre mesi, della commissione prefettizia, che ha accertato «forme di condizionamento da parte della criminalità organizzata»;
nella stessa seduta, il Consiglio dei ministri, da quanto risulta dal comunicato stampa, ha deciso di rinviare la decisione sullo scioglimento del consiglio comunale di Fondi e, al contempo, di far partire una seconda indagine prefettizia, che, secondo notizie della stampa, dovrebbe essere stata depositata alla questura di Latina lunedì 14 settembre 2009;
nel corso dell'ultimo anno nella città di Fondi si sono susseguiti atti di illegalità e di violenza: un atto incendiario, in particolare, risalente al mese di giugno 2009, ha fatto esplodere l'autovettura di un esponente delle forze dell'ordine, oltre ad ondate di arresti per mafia, l'ultima nel mese di luglio 2009, atti che, ad avviso degli interroganti, rendono incomprensibile il procrastinarsi della decisione in merito allo scioglimento del comune, e sollevano interrogativi in merito all'anomalo trattamento riservato al caso e all'indifferenza istituzionale che emerge a parere degli interroganti;
l'ultimo gravissimo atto intimidatorio si è consumato a Fondi nella notte tra il 2 e il 3 settembre 2009, con l'esplosione di un furgone, sotto il quale era stata piazzata una carica esplosiva di «elevato potenziale», come ha dichiarato la questura di Latina -:
quali motivi giustifichino il diverso e, ad avviso degli interroganti, anomalo trattamento riservato, primo caso nella storia d'Italia ed immotivato precedente, allo scioglimento del comune di Fondi.
(3-00668)
(22 settembre 2009)

Dati a disposizione del Ministero dell'interno relativi agli sbarchi di clandestini sulle coste italiane - n. 3-00669

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i flussi migratori verso il nostro Paese sono aumentati in maniera esponenziale nel corso degli ultimi anni, passando dalle 500 mila persone del 1987 alle attuali 3 milioni 500 mila circa, dato in costante aumento;
gli immigrati che giungono clandestinamente sulle nostre coste ammonterebbero a circa trentaseimila unità solo nel 2008, dei quali circa 30 mila sono approdati a Lampedusa (erano 14.855 nel 2005, 18.096 nel 2006, 11.749 nel 2007), mentre nel 2007 erano 20.453. Degli sbarcati sulle coste italiane la maggior parte sono tunisini, seguono i nigeriani, i somali e gli eritrei;
la grave situazione di Lampedusa, principale punto di approdo dei clandestini, ha indotto il Ministro interrogato a promuovere la decisione assunta dal Consiglio dei ministri di attivare un centro di identificazione ed espulsione sull'isola, localizzato in una vecchia base militare, lontano dai centri abitati, con l'evidente finalità di consentire il trattenimento dei clandestini in attesa della loro identificazione e del successivo rimpatrio;
le misure da ultimo citate si inseriscono in una strategia di estremo rigore adottata dall'attuale Governo in materia di immigrazione, che si è articolata in una serie di provvedimenti dei quali si ricordano: il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica; il decreto-legge 2 ottobre 2008, n. 151, recante misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina; il decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 159, sui rifugiati politici; il decreto legislativo 3 ottobre 2008, n. 160, sui ricongiungimenti familiari; la ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la grande Giamahiria araba libica popolare sociale; l'Adesione della Repubblica italiana al Trattato concluso il 27 maggio 2005 tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, il Regno di Spagna, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo, il Regno dei Paesi Bassi e la Repubblica d'Austria, relativo all'approfondimento della cooperazione transfrontaliera, in particolare allo scopo di contrastare il terrorismo, la criminalità transfrontaliera e la migrazione illegale (Trattato di Prum); la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante disposizioni in materia di sicurezza pubblica;
nonostante alcune polemiche, i citati provvedimenti, in particolare gli accordi siglati con la Libia, hanno dispiegato una notevole efficacia, come dimostra il fatto che, a quanto risulta, gli sbarchi sulle coste italiane si sono ridotti drasticamente ed il centro di identificazione di Lampedusa è praticamente vuoto -:
quali siano i dati a disposizione del ministero dell'interno circa l'effettiva diminuzione di arrivi di clandestini sulle coste italiane, dopo l'adozione dei citati provvedimenti. (3-00669)
(22 settembre 2009)

Elementi in possesso del Ministro dell'interno in merito a recenti dichiarazioni del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione circa l'esistenza di manovre eversive in atto - n. 3-00670

BRESSA, SERENI, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, BORDO, D'ANTONA, FERRARI, FONTANELLI, GIOVANELLI, LANZILLOTTA, LO MORO, MINNITI, NACCARATO, PICCOLO, POLLASTRINI, VASSALLO e ZACCARIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione Renato Brunetta, intervenendo ad un convegno il 19 settembre 2009, ha dichiarato: «Le élite stanno preparando un vero e proprio colpo di Stato». «Mentre gestivamo, con tutte le difficoltà del caso, questa crisi, non abbiamo visto l'opposizione - ha detto Brunetta - Abbiamo visto invece un'élite, o una sedicente élite, irresponsabile», impegnata «non tanto a criticare il Governo per quello che faceva e non faceva, ma per buttare giù il Governo». «Sono sempre le solite: quelle della rendita parassitaria, della rendita burocratica, della rendita finanziaria, della rendita editoriale, senza alcuna legittimazione democratica e popolare. Questa sedicente élite - ha aggiunto Brunetta - che ha la puzza sotto il naso, che ci spiega sempre come va il mondo, ha pensato solo a come far cadere il Governo» -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle responsabilità a lui affidate, sia in possesso di elementi in grado di confermare il rischio di un imminente colpo di Stato, così come dichiarato dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, e, in caso affermativo, quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per scongiurare tale pericolo. (3-00670)
(22 settembre 2009)

Iniziative per il rinnovo del mandato dei giudici di pace nominati nel 1995 - n. 3-00671

VIETTI, RAO, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ e MANTINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sono circa 800 i giudici di pace nominati nel 1995 il cui mandato scadrà definitivamente ad aprile 2010;
si tratta di giudici che non hanno raggiunto ancora l'età pensionabile, che hanno smesso di esercitare la professione da anni per dedicarsi solo alla funzione di giudice di pace (e che si troverebbero, pertanto, in forte difficoltà allo scadere dell'ultimo mandato);
nonostante i giudici di pace siano privi di alcune tutele fondamentali (una per tutte quella previdenziale), hanno continuato negli anni a prestare la loro opera in maniera encomiabile;
altri giudici di pace termineranno il loro mandato tra qualche anno senza possibilità di facile ricambio;
si registra un cospicuo aumento dei compiti legislativi assegnati ai giudici di pace, anche a seguito delle modifiche intervenute in tema di leggi sull'immigrazione, e senza il contributo di questi apprezzati professionisti la giustizia italiana si avvierebbe inesorabilmente verso una situazione di ancor maggior inefficienza;
la mancata riforma della magistratura di pace e delle piante organiche ha bloccato le nuove nomine e l'attivazione dei nuovi concorsi, per cui i giudici in servizio non sono sostituibili prima di tre/quattro anni, a causa della complessità delle procedure concorsuali -:
se non ritenga opportuno, alla luce dell'opera meritoria ed insostituibile svolta fino ad oggi dai giudici di pace ed in considerazione dell'aumento dell'attività evasa dagli uffici per effetto delle numerose novità legislative introdotte recentemente dal Governo e dal Parlamento e della necessità di dare ai giudici in servizio una giusta motivazione per assolvere al gravoso impegno, prevedere immediatamente un ulteriore e auspicabilmente definitivo rinnovo quadriennale nei confronti dei giudici di pace in servizio, anche al fine di evitare la perdita di un prezioso bagaglio di esperienza e professionalità ed ulteriori difficoltà per gli uffici giudiziari italiani. (3-00671)
(22 settembre 2009)

Iniziative per razionalizzare i costi di gestione del servizio informatico del Ministero della giustizia e per la diffusione dei progetti di digitalizzazione - n. 3-00672

CONSOLO e BALDELLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni lo stato della giustizia ha registrato continui peggioramenti in termini di efficienza, con notevole allungamento dei tempi dei processi;
in passato per l'informatizzazione della giustizia sono state investite ingentissime risorse finanziarie, che hanno consentito di conseguire risultati al di sotto delle attese, in quanto sono stati varati innumerevoli progetti, spesso di grandi dimensioni, che non hanno trovato avvio adeguato (si pensi al processo telematico, previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123, che a stento ha trovato parziale avvio);
l'Unione europea, l'Ocse e altri organismi internazionali, nonché alcune attente indagini svolte da organismi terzi, hanno evidenziato la necessità urgente di porre mano ad una radicale inversione di tendenza nell'azione del Governo per quanto riguarda la digitalizzazione, che consenta di risparmiare risorse, accelerare i processi e offrire servizi on line ai cittadini ed agli avvocati;
altre amministrazioni hanno avviato efficaci azioni di razionalizzazione dei costi di gestione, liberando importanti risorse finanziarie da impiegare in progetti innovativi;
un'azione isolata da parte del ministero della giustizia non può consentire di ottenere significativi risultati -:
quali siano le azioni poste in essere per razionalizzare i costi di gestione del servizio informatico del ministero della giustizia e quali azioni di semplificazione e standardizzazione tecnologica intenda intraprendere per accelerare la diffusione dei progetti di digitalizzazione e, in primis, del processo telematico. (3-00672)
(22 settembre 2009)