XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 9 novembre 2009

TESTO AGGIORNATO AL 15 DICEMBRE 2009

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
da parte di migliaia di singoli operatori del settore, delle associazioni di categoria, come la Confederazione nazionale dell'artigianato e della piccola e media impresa (CNA), e delle organizzazioni sindacali Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, si lamenta l'incongruità e l'incoerenza delle nuove prescrizioni relative ai requisiti necessari per la qualifica di restauratore;
per effetto delle nuove norme alcune migliaia di lavoratori verrebbero esclusi dalla possibilità di accesso al titolo, depauperando la forza lavoro, oggi attiva nel settore e cancellando in un colpo solo un'intera generazione di restauratori;
la professione di restauratore costituisce un patrimonio di sapere e di eccellenza inestimabile, garantisce all'Italia uno stabile primato mondiale nell'attività di restauro, conservazione e tutela del patrimonio storico-artistico, non solo nazionale, e rappresenta inoltre uno dei cardini della trasmissione della tradizione e del saper fare tipico degli antichi mestieri;
il decreto del Ministero per i beni e le attività culturali del 30 marzo 2009 n. 53 (regolamento recante la disciplina delle modalità per lo svolgimento della prova di idoneità utile all'acquisizione della qualifica di «restauratore di beni culturali», nonché della qualifica di «collaboratore restauratore di beni culturali», in attuazione dell'articolo 182, comma 1-quinquies, del Codice), i decreti ministeriali 26 maggio 2009 n. 86 e n. 87, e successivamente la circolare del Ministero per i beni e le attività culturali del 12 agosto 2009 n. 35 e il documento del segretariato generale del Ministero per i beni e le attività culturali sempre del 12 agosto 2009, recante «linee guida applicative dell'articolo 182, comma 1, 1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies del Codice dei beni culturali e del paesaggio (disciplina transitoria degli operatori del restauro)», hanno varato norme attuative relative allo status di restauratore e di collaboratore;
a questa materia si applicano anche fonti normative che regolano la materia degli appalti pubblici, tra cui alcune con riferimento specifico al settore dei beni culturali: il decreto del Presidente della Repubblica 25 gennaio 2000, n. 34; il decreto ministeriale 3 agosto 2000, n. 294, come modificato dal decreto ministeriale 24 ottobre 2001, n. 420, da cui discendono le norme rispetto alle qualifiche richieste per l'accesso alla professione di restauratore (ovvero le categorie di opere pubbliche OS2A e OS2B); il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 30; il decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;
il citato documento sulla «Disciplina transitoria degli operatori del restauro» del Ministero per i beni e le attività culturali indica che ad oggi «[...] non esiste ancora nel nostro ordinamento una compiuta disciplina delle relative figure professionali» e che «è generale la convinzione che la capacità professionale dei singoli operatori assuma ruolo strategico insostituibile per assicurare la qualità degli interventi conservativi» perché sino ad ora «il problema di verificare che tale idoneità sussistesse in concreto è stato per lungo tempo risolto all'interno di una prassi che vedeva il ricorso pressoché generalizzato ad affidamenti di carattere fiduciario» che hanno condotto oggi alla esigenza di «verifica su basi oggettive della capacità professionale degli operatori»;
la circolare ministeriale prevede l'attribuzione della qualifica a coloro che hanno conseguito un diploma presso una scuola di restauro riconosciuta. Ad oggi sono solo tre gli istituti riconosciuti in Italia;
tali scuole a livello statale sono l'Opificio delle pietre dure, l'Istituto superiore per la conservazione ed il restauro e

l'Istituto centrale di patologia del libro (oggi inglobato, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 26 novembre 2007, n. 233, nell'Istituto centrale per il restauro e la conservazione del patrimonio archivistico e librario) che si aggiungono a quelle di livello regionale. Queste ultime risultano essere state le più frequentate dai restauratori. Tuttavia, la frequenza di queste scuole ha avuto luogo quando non erano ancora accreditate, con la conseguenza che moltissimi restauratori qualificati sono in possesso di un diploma non coerente con le indicazioni fornite dal Ministero con i provvedimenti emanati a ridosso dell'estate 2009;
la documentazione richiesta dal Ministero per i beni e le attività culturali per l'accesso alla prova di idoneità si riferisce ad un periodo temporale anteriore all'anno 2000, ed è per la maggior parte degli operatori del settore impossibile da reperire;
una diffusa «...negligenza delle stazioni appaltanti (...) nella redazione dei certificati di esecuzione dei lavori (allegato D al decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000)» è stata evidenziata anche nella determinazione dell'Autorità per la vigilanza sui Contratti pubblici di lavori, servizi e forniture del 3 aprile 2002, n. 6;
il certificato è stato introdotto dall'allegato D del decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000 (regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici, ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni). Quindi per i candidati alla prova di idoneità, ai quali è richiesto di avere svolto attività di restauro per almeno quattro anni alla data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 420 del 2001, è sostanzialmente impossibile documentare la propria attività mediante tale certificato,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative di carattere normativo volte a modificare l'articolo 182 del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004, consentendo la possibilità di valutare l'attività svolta alla data attuale e non limitarla al 24 ottobre 2001, data di entrata in vigore del decreto ministeriale n. 420 del 2001;
ad eliminare gli elementi ostativi alla partecipazione alla prova introdotti dal decreto ministeriale n. 53 del 2009 e non previsti dal citato articolo 182 del Codice dei beni culturali e del paesaggio ed in particolare l'assimilazione della responsabilità derivante dal ruolo di direttore di cantiere con la «responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento» (decreto ministeriale 30 marzo 2009, n. 53, articolo 2, comma 3, lettera a), in previsione del fatto che, in ossequio alla circolare del Ministero per i beni e le attività culturali n. 35 del 12 agosto 2009, gli uffici interessati si troveranno a dover verificare «ora per allora» situazioni che si riferiscono a lavori e ruoli svolti prima del 2000;
attenersi all'interpretazione di «responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento» data dalla sentenza del TAR del Lazio n. 1844 del 2004 che chiarisce come la nozione di responsabilità diretta nella gestione tecnica dell'intervento, richiesta per il conseguimento della qualifica di restauratore, non va intesa nel suo stretto significato tecnico-giuridico, giacché è evidente che non può farsi carico chi esegue effettivamente il restauro dei rapporti e delle responsabilità che sono, sul piano giuridico, esclusivamente riconducibili all'impresa assuntrice dei lavori;
ad assumere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate ad includere tra i titoli di studio utili, per la partecipazione all'esame, anche la laurea in conservazione dei beni culturali;
a riconoscere, in via transitoria, il titolo di collaboratore restauratore a tutti coloro che abbiano frequentato corsi professionali istituiti dalle regioni o da istituti privati con riconoscimento regionale (sia biennali che triennali) e ai lavoratori che

dimostrino, con qualsiasi mezzo documentale, di aver lavorato in cantieri di restauro;
a modificare il decreto 30 marzo 2009, n. 53 del Ministero per i beni e le attività culturali, con il quale si individuano gli ambiti di competenza, in base ai quali dovranno essere svolte le prove d'esame, prevedendo una maggiore articolazione degli stessi, allo scopo di evitare che operatori fortemente specializzati in un ambito professionale debbano sostenere le prove stesse su materie ad essi estranee sul piano dell'attività svolta.
(1-00262)
«Realacci, Ghizzoni, Bellanova, Bossa, Braga, Brandolini, Cardinale, Marco Carra, Ceccuzzi, Cenni, De Biasi, De Pasquale, Esposito, Fontanelli, Froner, Gatti, Gnecchi, Laratta, Marchi, Margiotta, Mariani, Mattesini, Melis, Motta, Narducci, Andrea Orlando, Pizzetti, Rampi, Rigoni, Rossa, Rubinato, Antonino Russo, Sarubbi, Schirru, Trappolino, Tullo, Vannucci, Velo, Veltroni, Vico, Sereni, Graziano, Codurelli, Boccuzzi, Colaninno, Picierno».

La Camera,
premesso che:
la tragedia di Messina è solo l'ultimo degli eventi luttuosi che dimostrano le gravi conseguenze di una cattiva gestione del territorio, dell'assenza di un'efficace azione di tutela e delle carenze della politica urbanistica ed edilizia degli ultimi sessant'anni;
di fronte a ciò è indispensabile avviare una nuova politica nazionale per il governo del territorio che individui gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti da utilizzare e le risorse da mobilitare;
in merito ad essa l'uso parsimonioso delle risorse non riproducibili, come il suolo, deve essere il riferimento strategico da adottare per la definizione di tale politica;
la stessa Unione europea, per il tramite dell'Agenzia per l'ambiente, afferma che il consumo di suolo, «land uptake», è una questione rilevante che va affrontata con serietà dalle politiche per il governo dei territorio in quanto a questo fenomeno sono riconducibili una serie di effetti ambientali non trascurabili;
quanto al consumo del suolo «orizzontale» inteso come superficie trasformata e coperta o impermeabilizzata va ricordato che, pur nel permanere di una mancanza di una statistica ufficiale nazionale, nel 1992, Antonio Cederna affermava che «il consumo di suolo è proceduto negli ultimi decenni al ritmo dello 0,6 per cento annuo, 100-150.000 ettari l'anno, 400 ettari al giorno», trend confermato dai dati Eurostat per i quali nel corso degli anni Novanta, le costruzioni hanno continuato a sottrarre all'agricoltura circa 100.000 ettari di campagna l'anno con l'urbanizzazione di un'area più che doppia di suolo rispetto alla Germania (1,2 milioni di ettari) e addirittura 4 volte quella della Francia (0,7 milioni di ettari);
quanto al volume costruito, se dall'unità d'Italia al 1945, cioè, in 84 anni, il numero dei vani è raddoppiato (da 17.621.000 a 34.534.000), a fronte di una crescita della popolazione di circa 20 milioni (da 26.128.000 a 45.222.000), con un deficit di vani che alla fine della seconda guerra mondiale era di circa 10 milioni rispetto agli abitanti, negli ultimi 64 anni l'esplosivo sviluppo edilizio e economico ha travolto l'equilibrio pre-bellico con un aumento della popolazione di 15 milioni (da 45 a 60) a fronte di una crescita dei vani di ben 85 milioni (dai circa 35 milioni suddetti, ai 120 odierni) generando una situazione di sovraurbanizzazione con il doppio dei vani rispetto agli abitanti;
secondo quanto emerso nel corso dell'audizione del direttore dell'Agenzia del territorio presso la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera il 27 ottobre 2009, il patrimonio italiano, censito al 31 dicembre 2008 consta di circa 64 milioni di unità immobiliari,

di cui la metà, vale a dire 32 milioni, di unità abitative, corrispondenti ad una superficie lorda di quasi 3,7 miliardi di metri quadrati. Rispetto alla popolazione residente, il dato fa evincere che in Italia la media di sola superficie abitativa disponibile per ciascuna persona è pari a 62,1 metri quadrati;
i riferimenti statistici più recenti (Cresme/Saie 2008) sottolineano come questa tendenza, negli ultimi anni, abbia conosciuto una ulteriore, violenta accelerazione: dal 2003 ad oggi, infatti, sono state costruite circa 1.600.000 abitazioni (oltre il 10 per cento delle quali abusive) nonostante da vent'anni, la popolazione in Italia non sia cresciuta, ma, al contrario, sia calata sensibilmente e solo negli ultimi anni ha dato segni di ripresa, grazie al contributo degli immigrati, una situazione che ci porta ad essere il primo Paese d'Europa per disponibilità di abitazioni; con circa 26 milioni di abitazioni (di cui il 20 per cento non occupate), corrispondenti a un valore medio di 2 vani a persona;
l'area vesuviana in particolare risulta essere una delle più urbanizzate al mondo con oltre 50mila case abusive alle pendici del vulcano e con più di 100mila domande di condono ancora da esaminare nei 18 comuni intorno alla zona rossa, una situazione che mette a rischio una popolazione di 600mila abitanti trattandosi di un'urbanizzazione che ha interessato le strade, che sono tutte potenziali vie di fuga in caso di eruzione, con il piano di evacuazione previsto dalla Protezione civile, aggiornato pochi mesi fa, che prevede l'allontanamento dei cittadini - da un massimo di sette giorni a un minimo di 72 ore - con l'utilizzo del solo trasporto su gomma, privato e pubblico;
il recente studio del Cresme conferma da un angolo di visuale specifico, ma per molti versi drammatico, la situazione difficile in cui versano l'intero territorio nazionale e quello meridionale, in particolare da un punto di vista sismico ed idrogeologico con, ad esempio, ben 25mila scuole sottoposte a «elevato rischio sismico», mentre 3.458 sono le strutture scolastiche costruite in zone ad alto rischio idrogeologico (alluvioni o frane), strutture in cui vivono oltre quattro milioni e mezzo di persone fra studenti, insegnanti e altri lavoratori;
il libro verde dell'Unione europea, il rapporto McKinsey del 2007 e il rapporto ENEA, per citare solo alcuni documenti in materia, attestano i rilevanti risparmi energetici e i vantaggi occupazionali che da un'operazione di rottamazione edilizia del patrimonio immobiliare esistente potrebbero derivare;
sono dati rispetto ai quali una nuova politica per il governo del territorio deve individuare come prioritarie:
la «rottamazione» degli immobili privi di qualità, non antisismici e ubicati in aree noti idonee;
la messa in sicurezza del territorio e l'implementazione di efficaci forme di monitoraggio e gestione dei rischi che contraddistinguono strutturalmente il nostro Paese;
il rafforzamento delle forme di tutela delle aree e dei beni finalizzate alla conservazione dell'ambiente, dell'ecosistema e delle sue componenti primarie, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico;
l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente;
solo in questa prospettiva, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo i nuovi interventi edilizi ammessi dalla legislazione statale e regionale possono costituire un'opzione percorribile e tale da arricchire e mettere in sicurezza il Paese e i suoi abitanti;
in questo contesto eventuali misure di sostegno all'edilizia devono essere corrette rispetto a quanto stabilito dall'intesa

Stato-Regioni del 1o aprile 2009 e dalle successive norme regionali,

impegna il Governo:

a incentivare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio, favorendo la rottamazione (con eventuale «delocalizzazione») degli edifici pericolosi che sorgono in zone a rischio o privi di qualità e riconoscendo priorità di intervento alle aree ad elevato rischio idrogeologico, a partire dall'area vesuviana e dei Campi Flegrei, come quelle lungo le fasce fluviali, per portare alcuni esempi;
a subordinare ogni incentivo economico e fiscale al miglioramento di almeno due classi di efficienza energetica rispetto all'immobile modificato o rottamato e all'osservanza delle norme antisismiche;
a proteggere l'integrità delle aree agricole stabilendo che gli interventi edilizi su fabbricati rurali siano strettamente funzionali alla conduzione del fondo agricolo e accompagnati da apposite misure di massima tutela del territorio;
a vincolare una quota del gettito aggiuntivo dovuto alla realizzazione degli interventi ammessi dalle norme straordinarie di sostegno all'edilizia (la maggiore quota di imposta comunale sugli immobili, di oneri di urbanizzazione e di imposte erariali) al finanziamento di controprestazioni ecologiche appropriate alle diverse realtà locali sulla base delle esperienze di compensazione ecologica sperimentate in Germania, Olanda e Stati Uniti, nella prospettiva di una revisione in questo senso delle norme in materia di oneri concessori, di standard e più in generale dei rapporti convenzionali tra soggetti pubblici e privati;
a favorire con fermezza il recupero delle aree già urbanizzate ma dismesse o sottoutilizzate, anche favorendo regimi fiscali moderati, contestualmente all'inibizione della trasformazione di aree agricole nel loro stato di fatto;
ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad una revisione dell'ICI e dell'IRPEF al fine di favorire l'uso parsimonioso del suolo, la riqualificazione energetica e la locazione residenziale degli immobili;
a rafforzare la capacita operativa dei soggetti preposti alla pianificazione paesaggistica ed urbanistica alla tutela del patrimonio culturale e naturale e al contrasto degli abusi invece che privilegiare misure straordinarie non coordinate ed estemporanee di sostegno all'edilizia;
ad avviare un'analisi sistematica degli usi del suolo su tutto il territorio nazionale secondo criteri uniformi, affidandone la realizzazione ad una struttura indipendente che sia poi in grado di trasferire i dati raccolti ai soggetti preposti al governo del territorio e di suggerire buone pratiche e politiche di successo applicabili ai diversi contesti territoriali;
ad avviare un'analisi sistematica delle aree dismesse e del patrimonio edilizio (residenziale e non) inutilizzato o sottoutilizzato;
a rafforzare la dotazione strumentale cartografica sugli usi del suolo nelle regioni o di agenzie nazionali e/o a favorire meccanismi che impegnino le regioni stesse a dotarsi di tali cartografie su più soglie temporali, così da poter dare avvio ad un monitoraggio sistematico dell'uso del suolo;
ad affermare e promuovere il principio secondo il quale il suolo è una risorsa ambientale non riproducibile la cui trasformazione produce effetti su ambiente e paesaggio tali da compromettere equilibri e sicurezza, in modo che ogni trasformazione sia in grado di compensare tali compromissioni ambientali e, in ogni caso, prendendo atto che occorre indirizzarsi verso un limite all'urbanizzazione.
(1-00263)
«Zamparutti, Mariani, Beltrandi, Bernardini, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Farina Coscioni, Ginoble, Iannuzzi, Mecacci, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Maurizio Turco, Viola».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
la soppressione del 91o Battaglione «Lucania», con sede in Potenza, è sostanzialmente riconducibile al progressivo ridimensionamento del settore addestrativo dell'Esercito che, con il passaggio da uno strumento militare misto ad uno strumento interamente professionale, è risultato sovradimensionato rispetto alle effettive esigenze di reclutamento dei volontari in ferma prefissata;
nell'ambito di tale razionalizzazione del settore addestrativo, l'Esercito ha mirato a mantenere in vita solo quelle unità addestrative in grado di garantire un migliore rapporto costo-efficacia, in relazione alla necessità sia di ridurre le spese correnti sia di assicurare lo sviluppo di capacità adeguate all'attuale situazione internazionale;
in esito a tale soppressione, la Regione Basilicata rimarrebbe sprovvista di un importante presidio militare, anche in considerazione delle esigenze di protezione civile che si impongono nel territorio lucano, per le sue caratteristiche sismiche ed idrogeologiche;
la comunità lucana vive con grande preoccupazione questa evenienza,

impegna il Governo

a svolgere gli approfondimenti e le verifiche necessarie in ordine alla possibilità di sostituire il sopprimendo 91o Battaglione «Lucania» con altra struttura, del Ministero della difesa o di altra Amministrazione dello Stato, allo scopo di mantenere nella città di Potenza un presidio istituzionale, anche impiegabile per concorrere a fronteggiare eventuali situazioni di pubbliche calamità, e a valutare la possibilità e la fattibilità di un intervento volto a potenziare il Comando militare dell'Esercito sempre con sede in Potenza.
(7-00219)
«Moles, Cicu, Fallica, Mazzoni, Taddei, Lamorte».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore suinicolo versa da tempo in stato di difficoltà. Per affrontare le criticità del comparto il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali è prontamente intervenuto sollecitando e riconoscendo un primo accordo di filiera tra organizzazioni professionali;
ora dopo alcuni mesi di operatività si pone l'esigenza di operarne una verifica, integrandone alcuni aspetti che possono essere resi maggiormente incisivi;
riguardo alla Commissione unica nazionale formalizzata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, considerato che essa è stata il risultato di un accordo tra le organizzazioni dei produttori e quelle dei macellatori che ha espresso l'orientamento del mercato a favore delle commissioni camerali provinciali, si pone la necessità di renderne maggiormente riconoscibile il ruolo istituzionale, soprattutto a causa dell'annoso problema, presente anche nelle commissioni camerali, della carenza di legittimazione attiva dei suoi commissari;
sarebbe infatti di maggiore autorevolezza ed efficacia se a discutere dei prezzi dei suini fossero qualificati gli effettivi proprietari degli animali oggetto della vendita o quantomeno i loro espressi mandatari;
in effetti, allo stato attuale, si ha il paradosso che i commissari concordino il prezzo sia della merce di loro proprietà,

sia di quella degli altri venditori. In tale ambito andrebbe ribadito il principio della legittimazione attiva e del peso decisionale proporzionato alla dimensione dell'offerta effettuata, ciò soprattutto al fine di ristabilire una corretta operatività del mercato;
questo correttivo apparentemente formale in realtà darebbe una maggiore autorevolezza ai commissari rappresentanti l'offerta e conseguentemente una loro maggiore capacità contrattuale;
riguardo al «peso morto», si evidenzia che oggi vige l'orientamento europeo alla quotazione basata sul predetto criterio, segnatamente secondo la griglia EUROP. In tali circostanze, almeno in merito alla quotazione del suino standard o «leggero», sarebbe indispensabile che la valutazione della carcassa non fosse delegata a personale dipendente del compratore; come avviene in tutti gli Stati membri dell'Unione europea, dovrebbe configurarsi un sistema secondo cui colui che effettua la valutazione del bene oggetto della compravendita sia terzo rispetto alla parte compratrice e venditrice proprio per potere garantire una assoluta autonomia di giudizio;
ad ogni modo andrebbero senz'altro escluse tutte quelle eventuali ipotesi volte ad incaricare quali organismi di valutazione quei soggetti privatistici che abbiano come scopi statutari anche quello di garantire la qualità dei suini dei propri associati, ciò per evitare che un operatore possa gestire la valutazione sia della propria merce sia dei prodotti concorrenti;
una differente considerazione si deve rivolgere al settore del suino «pesante» quale razza specifica della tradizione italiana, trattandosi di un animale indispensabile per la prestigiosa produzione dei salumi crudi del nostro Paese (Parma, S. Daniele, e tutta la salumeria tradizionale italiana), prodotti unici al mondo che occorre proteggere anche evitando che siano portati su moduli qualificativi che rischino di confonderne l'identità. Si consideri al riguardo che i parametri usati per valutare un suino «pesante» sono opposti a quelli usati per valutare un suino standard,

impegna il Governo:

ad intraprendere le necessarie iniziative che possano concorrere a risolvere le questioni che gravano sul settore suinicolo nel senso riportato in premessa, allo scopo valutando l'opportunità di provvedere a:
a) integrare la Commissione unica nazionale (CUN) con rappresentanti che abbiano la titolarità diretta o indiretta, attraverso specifico mandato, della merce di cui si discute il prezzo;
b) modificare il regolamento della CUN dando proporzionalità ai rappresentanti a seconda della quantità di merce rappresentata e prevedendo altresì:
1) l'impegno delle ditte rappresentate in commissione all'utilizzo dei prezzi definiti dalla CUN stessa, individuando le relative sanzioni in caso di inosservanza di tale criterio;
2) l'attribuzione in caso del mancato raggiungimento dell'accordo tra le parti, del compito di definire il prezzo ad opportuni meccanismi di quotazione, ivi compresa la costituzione di un collegio arbitrale;
c) disporre il divieto di partecipazione dei commissari ad altri mercati camerali;
d) prevedere che la quotazione del «peso morto» avvenga ad opera di tecnici terzi rispetto alle parti;
e) riservare la quotazione a «peso morto», secondo i parametri europei, al suino standard (leggero) escludendone il suino pesante.
(7-00220) «Rainieri, Negro, Alessandri, Caparini, Fava, Torazzi».

TESTO AGGIORNATO AL 10 NOVEMBRE 2009

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
si registra ormai da anni un forte sconcerto per la detenzione, da oltre undici anni, negli Stati Uniti, dei cinque cubani Gerardo Hernandez, Ramon Labañino, Antonio Guerrero, Fernando Gonzalez e René Gonzalez;
anche alle loro mogli viene tuttora negato il visto per visitarli;
l'analisi dei fatti a loro imputati consente di ritenere assente una base giuridica per le più gravi delle accuse mosse: «cospirazione per commettere omicidio», nei confronti del solo Gerardo Hernandez, e «cospirazione per commettere spionaggio», nei confronti dello stesso e di altri imputati;
quanto alla prima accusa, - «cospirazione per commettere omicidio», nei confronti del solo Gerardo Hernandez -, ad avviso degli interpellanti, non esiste alcun nesso di causalità tra la condotta di Hernandez e la scelta dello Stato cubano, assunta nell'ambito e nell'esecuzione dei propri poteri sovrani, di procedere all'abbattimento di due aerei appartenenti a un'organizzazione di esiliati che sorvolavano, clandestinamente lo spazio aereo cubano;
quanto alla seconda accusa, - «cospirazione per commettere spionaggio», nei confronti dello stesso e di altri imputati - non è concepibile, a giudizio degli interpellanti, un'accusa di spionaggio che prescinda sia dalla natura delle attività svolte dagli agenti, sia dal fatto, elementare, che essi non sono stati trovati in possesso di una sola pagina di materiale classificato;
i cinque si trovavano sul suolo statunitense non per procacciarsi segreti attinenti alla sicurezza nazionale degli Stati Uniti, bensì per raccogliere informazioni atte a prevenire le attività terroristiche che hanno provocato a Cuba, nel corso degli anni, oltre tremila morti, un numero imprecisato di mutilati e danni economici molto ingenti;
le informazioni raccolte sono state lealmente trasmesse dal Governo cubano a quello statunitense e agli organismi addetti alla lotta al terrorismo;
la risposta degli organi di polizia giudiziaria degli Stati Uniti è stata invece l'arresto dei cinque, avvenuto il 12 settembre del 1998, contravvenendo all'obbligo, internazionalmente stabilito, di una leale cooperazione nella lotta al fenomeno terroristico;
è oggettivamente impossibile qualificare il terrorismo «buono» o «cattivo» e stroncare tale fenomeno, grave minaccia alla convivenza civile, costituisce oggi un obbligo per tutti gli Stati e tutti i cittadini del mondo;
il 27 maggio 2005, il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrarie, dopo aver studiato le argomentazioni presentate sia dalle famiglie dei cinque che dal Governo degli Stati Uniti, ha determinato che la privazione della loro libertà, che durava allora ormai da sette anni, era arbitraria e ha esortato il Governo degli Stati Uniti a prendere le misure necessarie per correggere tale arbitrarietà che rappresenta una violazione dell'articolo 14 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, di cui gli Stati Uniti sono firmatari;
questa è stata l'unica occasione, dalla sua creazione, in cui il gruppo di lavoro sulle detenzioni arbitrarie ha denunciato come arbitraria la privazione della libertà in un caso giudicato negli Stati Uniti;

appare altresì inoppugnabile che le relazioni tra Cuba e Stati Uniti, a cinquant'anni dalla rivoluzione cubana, debbano superare la logica della coercizione e orientarsi finalmente al riconoscimento reciproco e al dialogo costruttivo;
la pace ed il dialogo tra i popoli sono il fondamento della politica non solo del Governo statunitense ma comune a tutti gli Stati, in prospettiva della determinazione di una società internazionale -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo italiano, anche in virtù di quanto sancito nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, nei confronti delle autorità del Governo statunitense al fine di ripristinare, anche con provvedimenti di clemenza da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, i diritti dei cinque agenti cubani.
(2-00527)
«Leoluca Orlando, Evangelisti, Brigandì, Di Giuseppe».

Interrogazione a risposta orale:

FARINONE e MOSCA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
Bames srl - Bartolini After Market Electronics Services si occupa principalmente di riparazione, distribuzione ed assistenza post vendita di schede e apparecchiature elettroniche, in conformità ai più alti standard qualitativi e di mercato;
Sem srl - Services for Electronic Manufacturing nasce nel gennaio 2006 con l'obiettivo di sviluppare attività di progettazione e ingegnerizzazione, collaudo, riparazione e sviluppo delle attività di prototipazione e produzioni speciali nel mercato dell'elettronica e di costituire un sicuro e innovativo riferimento per i propri clienti;
la società Sem srl è parte del gruppo Bartolini Progetti SpA e costituisce insieme con la consociata Bartolini Ames srl, ex-Celestica Italia srl e prima ancora ex-IBM Corp., un polo di servizi tecnologici e logistici integrati, unico per completezza dell'offerta;
le due società hanno maestranze e gruppi dirigenti «interscambiabili» e sviluppano sinergie a tutti i livelli operativi, produttivi, tecnici e logistici;
il personale, altamente qualificato e con esperienze pluriennali in aziende leader nel mercato globale, è un elemento di distinzione, capace di individuare e fornire soluzioni complete e di elevato livello;
la Bames-Sem è uno dei gruppi più importanti per la realizzazione del polo tecnologico vimercatese, un distretto hi-tech, capace di valorizzare la vocazione dell'area briantea, caratterizzata da produzioni di alta tecnologia e bacino industriale strategico per l'economia italiana;
nel dicembre 2007 Bames-Sem annunciano uno «studio strategico di fattibilità», finalizzato alla produzione di pannelli fotovoltaici di ultima generazione, a basso costo ed alta tecnologia, le cui linee strategiche, industriali e produttive vengono presentate alle rappresentanze sindacali unitarie (RSU) ed alle organizzazioni sindacali (OO.SS.);
nel dicembre 2008 viene dichiarata conclusa la fase progettuale e si annuncia l'inizio della fase esecutiva, volta a realizzare un impianto industriale avente una capacità a pieno regime di 70 MW per anno e per questo scopo viene costituita la società Solar Thin Film srl;
nel febbraio 2009 alla RSU ed alle OO.SS. viene comunicato che a seguito di problemi finanziari, ovvero difficoltà nel reperimento delle risorse iniziali necessarie, il «progetto fotovoltaico» non sta producendo gli effetti previsti dallo studio;
nella primavera del 2009, nel pieno delle proprie difficoltà finanziarie e di re-industrializzazione, la Bartolini Progetti SpA acquisisce la SCC e la MVS, società italiane della multinazionale SCH Corp., azienda che si occupa di servizi di information

tecnology nel settore bancario e commerciale, composte rispettivamente da 170 e 109 lavoratori;
a distanza di poche settimane dall'acquisizione, per 95 dipendenti della SCC e 55 della MVS, si apre la procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria (CIGS) per un periodo pari a 12 mesi;
il 16 giugno 2009 la direzione aziendale conferma che il progetto fotovoltaico è fortemente ridimensionato, sia nei volumi produttivi che nel tipo di prodotto da realizzare, e annuncia altresì che l'avvio di quello che avrebbe dovuto essere il cuore del rilancio produttivo del sito di Vimercate si avrà solo nel 2010, anziché a partire dalla seconda metà del 2009;
il 22 luglio 2009, la Bames-Sem, durante un incontro sindacale, presso la sede della regione Lombardia, chiede l'innalzamento del numero dei lavoratori da porre in cassa integrazione guadagni straordinaria, da 210 a 390 unità, di cui 320 appartenenti alla Bames e 70 alla Sem;
nel corso dello stesso incontro le OO.SS. e la RSU respingono fermamente questa richiesta aziendale in quanto nei mesi precedenti il numero dei lavoratori contemporaneamente in CIGS è stato molto al di sotto dei 210 richiesti da Bames-Sem e la turnazione, la produzione e la rotazione tra i lavoratori ha evidenziato una serie di disparità, che a quanto consta agli interroganti hanno anche intaccato l'organizzazione, penalizzando le categorie protette, quali i lavoratori disabili e i delegati sindacali;
il 16 ottobre 2009, nonostante un secondo incontro, per poter sostenere il ricorso alla CIGS in deroga per la Bames, presso la sede della regione Lombardia, le parti non trovano un accordo;
il 21 ottobre 2009, la regione annuncia la disponibilità alla concessione della cassa integrazione in deroga per i lavoratori dell'azienda Bames di Vimercate, mentre per Seni continua la CIGS, per cui, previo accordo sindacale, gli ammortizzatori sociali potranno essere rinnovati fino al marzo 2010. In tutta la struttura industriale si prevede di coinvolgere 390 lavoratori sugli attuali 660 complessivamente impiegati;
la Sem, a seguito dell'accordo sindacale del 3 aprile 2007, conclude un contratto, per un periodo di cinque anni, commerciale e di produzione esclusiva di tutti i prodotti Telit, multinazionale israeliana, quotata in borsa a Londra, leader mondiale di moduli elettronici M2M;
nel contratto viene concordato «di assorbire ed impegnare in modo stabile, nelle anzidette produzioni, fino a 350 addetti entro il 2009»;
per una serie di fattori, tra cui la crisi internazionale, che riduce la richiesta di volumi produttivi dei moduli M2M e conseguentemente comporta perdita di competitività e blocco degli investimenti tecnici, le produzioni vengono spostate in Cina;
a giugno 2009, Telit disattende l'impegno a divenire anche «incubatore tecnologico nell'ambito del distretto high-tech di Vimercate», inaugurando, nello stabilimento ex Motorola di Torino, un nuovo polo di ricerca e sviluppo, per un totale circa 106 lavoratori;
a settembre 2009, gli accordi commerciali/industriali tra Bartolini Progetti/Sem e Telit si concludono con una transazione economica tra le parti, per cui le produzioni old e new di Telit a Vimercate diventano marginali, perdendo così un soggetto industriale fondamentale alla reindustrializzazione della Bartolini Progetti SpA;
dal 2006 al 2009, i provvedimenti di concessione di CIGS sono stati 3;
il primo, dal marzo 2006 al marzo 2007, ha coinvolto solo la Bames, per una richiesta pari a 450 lavoratori;
il secondo, dal marzo 2007 al settembre 2008, ha comportato una richiesta per 350 lavoratori, anche questi appartenenti solo alla Bames;

l'ultimo, nel febbraio 2009, ha interessato 210 lavoratori, di cui 160 Bames e 50 Seni, «in rotazione», coinvolgendo, per un periodo di 12 mesi, circa 520 lavoratori/lavoratrici su un totale di 660 «rimasti» in Bames-Sem;
durante il periodo di CIGS sono state avviate alcune nuove produzioni di nicchia, quali Ghostway, Wi-Max, produzioni wireless e Spin;
le finalità delle procedure dichiarate dalla direzione aziendale consistevano nel fatto che, durante il periodo di CIGS, si sarebbe attivata la ricerca di imprenditori italiani e anche internazionali, che avrebbero dovuto re-industrializzare, mantenendo la vocazione hi-tech dell'intero sito produttivo di Vimercate;
le vicende che hanno caratterizzato gli ultimi tre anni vedono l'impegno e la partecipazione attiva delle istituzioni, quali Ministero dello sviluppo economico, Regione Lombardia, provincia di Monza e Brianza e provincia di Milano, comune di Vimercate e delle parti sociali, tra cui Assolombarda, Azienda, OO.SS. FIM-FIOM Brianza e RSU, nella ricerca e nella firma congiunta di numerosi protocolli d'intesa ed accordi aziendali, atti a salvaguardare i livelli occupazionali, ma soprattutto finalizzati alla creazione di un polo/distretto hi-tech, con la «missione» di essere leader nel settore delle tecnologie e delle produzioni informatiche di nuova generazione;
al 30 settembre 2009 i dipendenti sono circa 660, nonostante a gennaio 2006 l'iniziale azienda Celestica contasse 850 dipendenti ed il piano industriale avrebbe dovuto occuparne circa 1.350 nel 2009;
la Borghi Trasporti, già gruppo Bartolini, precedentemente aveva assorbito Logistic Service, ex-Siemens di Cavenago, e, insediandosi a Vimercate, avrebbe dovuto generare sinergie di scala nella gestione integrata dell'after market service, gestione e riparazione apparecchi elettronici postvendita, ma non è stata mai in grado di produrre quanto definito nel piano industriale, comportando la liquidazione di circa 70 lavoratori/lavoratrici, dopo un ennesimo periodo di CIGS -:
se il Governo non ritenga opportuno favorire la realizzazione di nuovi ed attendibili protocolli d'intesa e di piani industriali, in grado di creare la stabilità aziendale e la sostenibilità occupazionale;
se non intenda intervenire con urgenza al fine di evitare che le tante risorse economiche pubbliche già spese non raggiungano l'obiettivo per il quale sono state investite, aggravando in questo modo l'intera economia industriale del Paese;
se non ritenga necessario verificare la vicenda Telit Corp., con particolare riferimento ai contributi economici elargiti alla stessa impresa;
se non ritenga necessario investire fortemente nell'area della Brianza, cuore industriale italiano, al fine di evitare la perdita del patrimonio di skill, di professionalità, di capacità produttiva, di scolarizzazione medio-alta e di impianti tecnologicamente validi, di cui la stessa è dotata;
se non ritenga opportuno verificare periodicamente che le risorse economiche destinate allo sviluppo ed alla re-industrializzazione producano i benefici occupazionali ed industriali per cui sono state stanziate.
(3-00752)

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI e BARBIERI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel marzo del corrente anno il Centro servizi sociali per l'adozione internazionale (CSSAI), ente autorizzato ai sensi della legge n. 184 del 1983 allo svolgimento di pratiche di adozioni internazionali in Romania, con distinte istanze chiedeva alla CAI, Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza

del Consiglio dei ministri, l'autorizzazione ad estendere la sua attività all'Ucraina e alla Federazione russa;
in particolare, in Ucraina erano autorizzati ad operare 19 enti, recentemente ridottisi a 17, poiché l'ente Nova (nel 2007) ha rinunciato all'autorizzazione e l'ente Gioia (nel 2009) ha cessato l'attività per intervenuta revoca delle autorizzazioni;
si è, così, creato un vuoto che non è stato colmato, non consentendo di utilizzare al massimo le opportunità determinatesi per l'Italia di incrementare notevolmente il numero delle adozioni in Ucraina, anche per l'abbandono del Sistema delle quote Paese;
a fronte di circa 1.500 adozioni internazionali programmate dall'Ucraina, questo anno sono state presentate poco più di 800 richieste;
pertanto, pur essendoci per molte altre coppie italiane la possibilità di adottare, molte di esse non riescono a trovare un ente che possa seguirle nel procedimento di adozione in Ucraina;
sarebbe, per questo, quanto mai opportuno che fossero autorizzati ad operare in tale Paese altri enti;
la CAI, preso atto delle istanze predette del CSSAI, con atti del 7 aprile 2009, comunicava l'avvio dei procedimenti amministrativi, incaricava dell'istruttoria il dirigente generale della segreteria tecnica e si assegnava, per la conclusione dell'iter, il termine di giorni 120, prorogabili per ulteriori 30;
detto termine, mai prorogato, è scaduto il 5 agosto 2009, senza che i procedimenti siano stati conclusi con formali deliberazioni;
per quanto riguarda l'istanza di estensione dell'autorizzazione alla Federazione russa, furono chiesti chiarimenti, puntualmente forniti dal CSSAI;
per quanto invece riguarda l'istanza di estensione dell'autorizzazione all'Ucraina, la CAI, con decisione del 10 settembre 2009, pur senza pronunciarsi formalmente, esprimeva l'orientamento al non accoglimento, per i seguenti motivi:
a) non sarebbe soddisfatto il requisito di cui all'articolo 39-ter, comma 1, lettera f) della legge n. 184 del 1983 e di cui all'articolo 19 della delibera della Commissione n. 13 del 2008, in quanto il programma di intervento presentato dall'ente nell'ambito dell'attività di cooperazione sarebbe «di minimo impegno economico e sostanzialmente volto a limitate attività conoscitive quali 1) lo svolgimento principalmente di "verifiche" sulle strutture e dotazioni dell'istituto e 2) la "programmazione" di indagini diagnostiche sui minori colà istituzionalizzati»;
b) tale programma di intervento sarebbe tale da consentire una piena conoscenza da parte dell'ente delle caratteristiche di tutti i minori ospitati nell'istituto, nel quale l'intervento stesso si svolge. Ciò determinerebbe un indiretto aggiramento dei principi e criteri sottesi agli articoli 6 e 12, comma 9, della citata delibera n. 13 del 2008;
c) essendo già autorizzati ad operare in Ucraina 17 enti, tale «forte presenza» renderebbe «del tutto superflua la presenza di altri enti italiani, essendo quelli già autorizzati sufficienti a garantire la realizzazione di adozioni in Ucraina da parte delle coppie italiane» in attesa. Ciò anche in considerazione dell'assenta «costante riduzione in tale Paese del numero di minori indirizzati all'adozione internazionale»;
all'ente veniva assegnato il termine di 30 giorni per eventuali integrazioni e/o osservazioni;
i motivi di perplessità enunciati dalla CAI non appaiono fondati, per i seguenti motivi:
quanto al punto 1): Ai sensi dell'articolo 39-ter, 1o comma, lettera f) della legge n. 184 del 1983, per ottenere l'autorizzazione e per conservarla, gli enti devono «impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia,

preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori»;
l'articolo 19 della delibera n. 13/2008/SG del 28 ottobre 2008 stabilisce che «Nell'istanza di autorizzazione, l'ente specifica e documenta adeguatamente le attività di promozione del diritti dell'infanzia e di attuazione dei principio di sussidiarietà, che si è impegnato a realizzare nel Paese in cui chiede di essere autorizzato ad operare»;
l'ente, con la domanda di autorizzazione in Ucraina, presentò uno specifico progetto di cooperazione denominato «Adottiamo il futuro dei bambini di Boyarka». Tale progetto, che attualmente è in fase di esecuzione, è stato concordato con l'Orfanotrofio Kievo-Sviatoshinskhy di Boyarka nella regione di Kiev e con il dipartimento dell'istruzione del quartiere Kievo-Sviatoshinskhy e tende a migliorare le condizioni di vita, dal punto di vista ambientale e sanitario, dei minori ospiti dell'istituto di Boyarka (Kiev). Esso prevede una prima fase di attività propedeutiche di accertamento e verifica, una fase di programmazione degli interventi atti ad eliminare le carenze riscontrate nella fase di accertamento ed una successiva fase di realizzazione degli interventi concreti. In sostanza, la logica seguita è questa: verifichiamo le necessità e, sulla base di quanto risulterà da tali verifiche, programmiamo e attuiamo gli interventi concreti per eliminare le carenze dimostrate e migliorare le condizioni di vita dei minori ospitati in istituto;
l'impegno economico per questo primo intervento e di euro 11.500 e tale importo non è elevato, in quanto correlato con le attuali possibilità economiche dell'ente, che da alcuni anni non è operativo in Romania, in conseguenza della sospensione in tale Paese delle adozioni internazionali e non ancora autorizzato per l'Ucraina e per la Federazione Russa;
tale impegno andrebbe, peraltro, raffrontato con quello dei 17 enti già operanti in Ucraina e per molti di essi non particolarmente elevato;
il progetto non è, comunque, volto a limitate attività conoscitive, ma si estende ad interventi di risanamento ambientale di servizi igienici, di dormitori, dell'infermeria, atti a migliorare le condizioni di vita dei minori ospiti dell'orfanotrofio;
quanto al punto 2) è evidente che il semplice finanziamento di screening diagnostici non consente la conoscenza delle caratteristiche individuali dei minori;
quanto al punto 3): l'articolo 12, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007 testualmente recita: «Con il provvedimento di autorizzazione la Commissione, tenuto conto delle risorse umane ed organizzative dell'ente: a) indica i Paesi o le aree geografiche in cui l'ente è autorizzato ad operare, anche in considerazione del numero di enti già accreditati e degli accordi bilaterali esistenti»;
il numero degli enti già autorizzati ad operare in un determinato Paese è, pertanto, uno dei criteri dei quali la Commissione deve tenere conto nel valutare la richiesta di autorizzazione;
afferma la Commissione, con riferimento anche alla sua delibera n. 13 del 2008, la necessità di tenere conto del numero degli enti già autorizzati ad operare nel Paese richiesto e al numero complessivo delle adozioni concluse. E, dovrebbe aggiungersi, anche del numero delle coppie in attesa (sempre esorbitante rispetto al numero delle adozioni concluse, tanto che solo un terzo delle coppie italiane dichiarate idonee riesce effettivamente ad adottare) e delle possibilità di incrementare il numero delle adozioni nel Paese per il quale l'autorizzazione è richiesta;
ebbene, come detto, il numero degli enti autorizzati ad operare in Ucraina si è ridotto da 19 a 17, poiché l'ente Nova ha

rinunciato all'autorizzazione e l'ente Gioia ha cessato l'attività per intervenuta revoca delle autorizzazioni;
si è, così, creato un vuoto che non è stato colmato e i 17 enti già operanti in Ucraina non sono sufficienti, tanto che numerosissime coppie disponibili ad adottare in Ucraina non trovano un ente autorizzato disposto ad accoglierle e spesso, dopo il decorso di un anno in inutili ricerche, vedono decadere il decreto di idoneità;
in Ucraina il numero dei minori dai 10 anni in su che non riescono a trovare una famiglia è sempre elevatissimo e le autorità ucraine non fanno che sollecitare il deposito di maggiori domande per tali fasce di età. Il numero delle adozioni in Ucraina da parte di coppie italiane è in crescita: 239 adozioni nel 1o semestre 2008, 284 adozioni nel 1o semestre 2009 (dati ricavati dal «Rapporto sui fascicoli dal 1o gennaio al 30 giugno 2008» e dal «Rapporto sui fascicoli dal 1o gennaio al 30 giugno 2009», pubblicati dalla Commissione);
tale tendenza alla crescita, non ancora sufficiente rispetto alle ampie possibilità di adozione in Ucraina di minori di età superiore ai 9 anni, renderebbe opportuno autorizzare ancora qualche ente. Ad oggi risultano depositati al Dipartimento di Stato per l'adozione e la protezione dei diritti del minore presso il Ministero ucraino della famiglia, della gioventù e dello sport circa 800 fascicoli, rispetto ai 1.500 richiesti dalle autorità ucraine e le numerosissime coppie italiane in attesa e che non riescono a trovare un ente disponibile ad accoglierle, potrebbero giovarsi della presenza in Ucraina di qualche altro ente, oltre ai 17 già operanti, aumentando, così il numero delle adozioni;
le ancora ampie possibilità di depositare fascicoli e di effettuare altre adozioni sono confermate dalla recente decisione delle autorità ucraine - conseguente all'insufficiente numero delle richieste finora registrato - di prolungare il tempo di deposito di nuovi fascicoli anche successivamente al mese di ottobre 2009;
tutto ciò non giustifica il comportamento della CAI, fortemente contrario, per ragioni inspiegabili, all'ingresso di altri enti in Ucraina -:
se il Presidente del Consiglio dei ministri o suo delegato, sia a conoscenza della situazione descritta e quale sia la sua valutazione;
quali opportune iniziative intenda adottare;
se vi siano altri enti che hanno chiesto l'autorizzazione ad operare in Ucraina o nella Federazione Russa;
se gli enti attualmente operanti in Ucraina abbiano presentato nel 2009 progetti di solidarietà e, in caso positivo, di quali importi.
(5-02047)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI e CAPARINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Treno Blu, gestito dall'associazione di volontariato Ferrovia del Basso Sebino», risulta essere l'unica nel nostro Paese ad organizzare regolari servizi ferroviari turistici, su linee dismesse, con la collaborazione di varie imprese ferroviarie;
il Treno Blu propone itinerari immersi nei paesaggi incontaminati, che circondano il Lago d'Iseo, al confine tra le province di Bergamo e Brescia, facendone apprezzare da parte di alcune centinaia di migliaia di turisti le grandi ricchezze ambientali, paesaggistiche ed enogastronomiche del territorio;
dopo 16 anni di successi (solo nell'ultima stagione si sono riscontrate crescite di presenze attorno al 55 per cento sui treni diesel e del 10 per cento sui treni a vapore) è costretto a chiudere;

in un momento così particolare di grave congiuntura economico-occupazionale sono stati molto significativi i benefici del servizio del Treno Blu per tutta l'economia della zona visto che, da uno studio di alcuni anni fa, era risultato un ritorno sul territorio più che doppio, rispetto a quanto speso per la gestione;
dal prossimo anno 2010 la società Trenitalia SpA, proprietaria dei treni storici utilizzati per il servizio, chiederà un aumento del costo contrattuale, nell'ambito di una politica nazionale di revisione e trasparenza, che comunque l'Associazione non potrà mai coprire;
l'Associazione sopporta tutti gli oneri finanziari e gestionali del Treno Blu riuscendo, con i contributi di alcuni enti locali, comunque a garantire sempre un sostanziale pareggio di gestione dell'intera iniziativa -:
se, alla luce di quanto espresso in premessa, considerando anche le difficoltà derivanti dalla crisi economica in corso, non si ritenga opportuno invitare la società Trenitalia SpA a differire per tutto il 2010 l'applicazione dell'annunciato aumento contrattuale, al fine di consentire all'Associazione Ferrovia del Basso Sebino» di poter continuare ad operare il servizio del Treno Blu;
se, in alternativa, non ritengano opportuno assumere iniziative per erogare un contributo straordinario da destinare, tramite gli enti locali interessati, all'associazione «Ferrovia del Basso Sebino» garantendo quindi il servizio svolto dal Treno Blu che, in modo originale e concreto, contribuisce a creare ricchezza nella parte del territorio lombardo che comprende le province di Bergamo e Brescia.
(4-04813)

CIRIELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il controllo e la corretta manutenzione delle strutture pubbliche adibite a scuole ed ospedali è di fondamentale importanza, in quanto trattasi di edifici «strumentali» all'assolvimento di funzioni pubbliche essenziali, come l'istruzione e la sanità, e frequentati abitualmente da giovani e degenti, a cui è necessario garantire standard di sicurezza superiori alla norma;
da notizie provenienti da organi di stampa, rapporti di ricerca e indagini di settore, emerge che in Italia sarebbero circa 21 mila le scuole sottoposte ad elevato «rischio sismico», mentre circa 3500 quelle realizzate in zone ad alto rischio idrogeologico, di cui una altissima percentuale al Sud, dove si riscontrano le maggiori criticità, in particolare in Campania, Calabria e Sicilia;
tra i dati più allarmanti vi sono quelli inerenti lo stato del patrimonio edilizio scolastico ed ospedaliero della provincia di Salerno che, secondo una recente indagine del Cresme per conto di Dexia Crediop, si collocherebbe nella graduatoria nazionale al quarto posto tra le province con il maggior patrimonio scolastico ed ospedaliero a rischio sismico, con oltre 1000 edifici, tra scuole ed ospedali, in condizioni di precaria agibilità;
si tratta di dati piuttosto preoccupanti, inerenti alle condizioni dell'edilizia pubblica sull'intero territorio regionale, come si evince dal fatto che al primo posto della triste classifica è collocata la provincia di Napoli e che in Campania, secondo l'indagine di Legambiente «Ecosistema scuola 2008», degli edifici scolastici attualmente funzionanti, ben il 95 per cento degli stessi necessita di interventi di manutenzione urgenti;
i medesimi dati sarebbero stati diffusi anche dal presidente dell'ANCE di Salerno, Antonio Lombardi, che ha auspicato un rapido intervento da parte delle amministrazioni locali e che ha ricevuto il pieno sostegno da parte dell'amministrazione provinciale di Salerno, al fine di adottare con urgenza un piano di intervento

per l'attivazione delle procedure necessarie alla copertura finanziaria della riqualificazione delle strutture;
tali criticità sarebbero connesse all'elevato rischio sismico ed idrogeologico che da sempre caratterizza il territorio provinciale e che negli ultimi anni, anche a causa del fenomeno della speculazione edilizia, ha assunto caratteri emergenziali e catastrofici, come nel caso degli eventi franosi di Sarno e Nocera Inferiore del 1998 e del 2005;
il territorio della provincia di Salerno, tra le province più estese d'Italia, conta ben 158 comuni, di cui n. 18 dal grado di sismicità elevato e n. 96, tra cui la stessa città capoluogo, dal grado di sismicità medio-alto, secondo i parametri di cui all'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 20 marzo 2003;
è opportuno, quindi, anche in ragione della vastità del territorio e dell'elevato numero di cittadini che usufruiscono delle strutture, preventivare un piano di spesa adeguato per la messa in sicurezza dei plessi scolastici e ospedalieri maggiormente carenti, attraverso una maggiore interazione tra i diversi livelli di governo, che consenta di utilizzare i relativi finanziamenti in modo razionale e in tempi ragionevoli;
tali soluzioni non possono escludere l'apporto dell'ente Regione interessato, atteso che la legge attribuisce alle regioni sia la programmazione degli interventi di manutenzione inerenti all'edilizia scolastica, sia l'organizzazione dei servizi e delle strutture sanitarie;
la Regione Campania ha stanziato, nel corso del 2008, circa 80 milioni di euro da ripartire tra i vari enti locali per la manutenzione, la riqualificazione ed il miglioramento degli edifici scolastici presenti sul territorio regionale;
tali risorse, allo stato, non possono ritenersi sufficienti per il pieno recupero del patrimonio edilizio che, come ha constatato lo stesso assessore regionale alla pubblica istruzione, Corrado Gabriele, necessita ancora di interventi risolutivi per la definitiva messa in sicurezza delle strutture;
la necessità di monitorare lo stato di questi edifici è, quindi, dimostrata non solo dalla fondamentale importanza delle funzioni che in essi vengono assolte, ma anche dall'elevato rischio sismico e idrogeologico che caratterizza ormai da anni il territorio salernitano e che, in assenza di una scrupolosa manutenzione delle strutture, può generare conseguenze catastrofiche ben immaginabili, analogamente a quanto accaduto in occasione del recente sisma in Abruzzo -:
se il Governo sia a conoscenza delle condizioni strutturali dell'edilizia scolastica ed ospedaliera in provincia di Salerno e dell'elevato indice di pericolosità sismica della stessa, così come riportato dalla ricerca Cresme e dai dati diffusi dall'Ance;
se ritenga opportuno, anche al fine di favorire un più rapido adeguamento agli standard europei, procedere, nell'ambito delle proprie competenze, ad una mappatura delle aree e degli edifici pubblici maggiormente a rischio sismico ed idrogeologico sul territorio salernitano, quale strumento di supporto per la definizione delle priorità di intervento;
se ritenga possibile, in relazione all'elevato rischio sismico ed idrogeologico presente in Campania, promuovere, in collaborazione con la regione e gli enti locali interessati, un potenziamento dei controlli in ordine all'agibilità e alla conformità alla normativa vigente delle strutture scolastiche e dei plessi ospedalieri insistenti sul territorio regionale e favorire la riqualificazione degli stessi, anche attraverso lo stanziamento di forme aggiuntive e straordinarie di finanziamento.
(4-04829)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
durante la riunione dell'Ecofin, a Göteborg la Svezia ha proposto di fissare un livello minimo di tassazione sulle emissioni di CO2 da applicare a famiglie, trasporti e piccole imprese, vale a dire per tutti i soggetti esclusi dal sistema Ets di scambi dei certificati di emissioni di CO2, ma comunque responsabili per metà delle emissioni;
l'ammontare ipotizzato per l'accisa sarebbe di 30 euro - 10 euro per le famiglie - per tonnellata di CO2 a partire dal 2013;
modalità e termini della tassazione resterebbero in capo ai singoli Stati;
Danimarca, Svezia e Finlandia sono i Paesi pionieri in Europa della politica per la «tassa sulle emissioni di anidride carboniche» e recentemente anche il Governo francese ha deciso di dotarsene;
la Finlandia è stato il Paese pioniere dell'introduzione di un'accisa ambientale nel 1990, basata all'inizio solo sul carbone ed estesa poi all'insieme delle emissioni di CO2 (20 euro a tonnellata che salgono a 75 nel caso di emissioni da carbone), un dazio ambientale che nel solo 2008 ha reso 3,2 miliardi di euro allo Stato;
l'esperienza svedese, avviata nel 1991 è anch'essa giudicata un caso di successo: calo del 9 per cento delle emissioni in meno di vent'anni, senza frenare la crescita economica (+48 per cento dal 1991 ad oggi), e gettito fiscale aggiuntivo annuo pari a 1,4 miliardi di euro. L'idea a Stoccolma è nata da un principio semplice - chi inquina paga - e prevedeva in origine un'accisa di 27 euro per ogni tonnellata di anidride carbonica emessa nell'aria, bene comune da difendere. Tanto che la Svezia è riuscita ad aumentare progressivamente questa tassa (ora è a 108 euro a tonnellata), diventando un polmone europeo con i minori tassi di emissioni nocive (6,7 tonnellate per abitante contro una media Ue di 9,3);
quanto alla Danimarca, che nel 1992 decise l'introduzione, per i privati di un'imposizione doppia rispetto alle imprese (14,3 dollari per ogni tonnellata di CO2 privata, contro i 7,15 dollari per quella industriale, tassa poi allineata a quella privata tra mille polemiche) e altri incentivi tutt'ora validi, l'attenzione verso il mondo produttivo si è tradotta negli anni attraverso la riduzione dell'imposizione fiscale e bonus per investimenti in infrastrutture a risparmio energetico, una politica che ha ridotto le emissioni del 15 per cento in 18 anni;
quanto all'Italia, le conclusioni del rapporto di Althesys per il Sole 24ore pubblicato il 12 ottobre 2009 dimostrano che se si applicasse la tassa «alla francese» (17 euro per tonnellata di CO2 si otterrebbe un gettito aggiuntivo di 5,6 miliardi; il modello svedese (108 euro per tonnellata) porterebbe a un introito di 35 miliardi, cioè una manovra finanziaria;
le differenze tra i sistemi produttivi e fiscali sono tali e tante che l'implementazione della tassa non potrebbe non includere meccanismi originali per il nostro Paese. Ma la scelta che può - e ad avviso degli interroganti deve essere presa subito - riguarda l'impianto di fondo del nostro sistema fiscale;
in seno all'Unione europea è anche aperto un dibattito sull'eventuale imposizione di una tariffa doganale da applicare agli stessi prodotti sottoposti a «tassa sulle emissioni» che siano però di provenienza extra-UE. In base al regolamento dell'Organizzazione mondiale della sanità tale tassa potrebbe essere accolta dall'Organizzazione mondiale della sanità stessa, in particolare laddove il gettito fosse vincolato al cofinanziamento di investimenti volti alla riduzione del consumo di risorse ambientali nel Paese produttore del bene tassato;

i Radicali da molto tempo hanno individuato nella riforma del sistema pensionistico la prima leva per il risanamento delle finanze pubbliche e la riforma del welfare. La seconda leva da attivare è quella dello spostamento della pressione fiscale dal lavoro e dalla produzione al consumo delle risorse non riproducibili (non solo l'emissione di CO2 dunque, ma anche il consumo selvaggio del «territorio», che in Italia è addirittura incentivato dalla necessità dei comuni di fare cassa con le aree edificabili) con meccanismi che impediscano alla pressione fiscale complessiva di aumentare anche di un solo euro e con parte del ricavato da destinare a meccanismi compensativi per quelle categorie economicamente «deboli» che sarebbero penalizzate dal nuovo sistema;
ad avviso degli interroganti l'adozione di una tassa sulle emissioni di anidride carbonica integrata da disincentivi fiscali sul consumo di territorio, attraverso un percorso vincolante di avvicinamento al modello svedese, consentirebbe all'Italia di orientare gli investimenti per i prossimi decenni e di candidarsi ad essere, anche sul piano tecnologico, tra i Paesi che guidano le politiche globali invece di subirle;
l'Italia dovrebbe inoltre sostenere in sede di Unione europea l'imposizione di una tariffa doganale da applicare agli stessi prodotti sottoposti alla «tassa sulle emissioni» che siano però di provenienza extra-UE, a condizione che il gettito ottenuto non sia penalizzante le produzioni extra-UE, non presenti alcun meccanismo di distorsione protezionistica e sia interamente destinato a investimenti per la riduzione del consumo di risorse ambientali - ed in particolare per la riduzione delle emissioni - nel Paese produttore del bene tassato, dando così un ulteriore contributo al raggiungimento di un accordo vero a Copenaghen -:
quale posizione abbia assunto l'Italia durante l'ultima riunione Ecofin in merito all'iniziativa svedese e quali siano gli intendimenti del Governo in relazione alle proposte descritte in premessa;
con quali proposte, a quaranta giorni dalla Conferenza sul clima di Copenaghen, l'Italia intenda presentarsi per contribuire a ridurre il consumo globale di risorse non riproducibili quali l'aria, l'acqua, il suolo, la biodiversità, le riserve ittiche.
(4-04835)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comune di Cornaredo (provincia di Milano) è una città di oltre 20.000 abitanti e può vantare numerose peculiarità storiche, culturali, artistiche architettoniche e della tradizione lombarda: dalla chiesa abbaziale di San Pietro all'Olmo (che risale a prima dell'anno 1000) a numerose chiese, ville e palazzi;
nel comune di Cornaredo si svolgono numerose manifestazioni aventi temi che coniugano la tradizione alimentare e la riscoperta delle tradizioni contadine, quali ad esempio la Festa delle regioni presso l'Oratorio San Luigi, con stand gastronomici regionali, oppure «Gusto e sincerità», degustazioni con «Gli Amici del cortile», oppure «Alla riscoperta della civiltà contadina» con il gruppo «Arti e Mestieri Villongo» e la partecipazione di figuranti in costume d'epoca e dimostrazioni degli antichi lavori delle cascine e delle corti lombarde di fine '800, oppure ancora «Le Vie del Gusto» con partenza dal capolinea del tram a cavalli e ritorno a piedi con degustazione itinerante di prodotti tipici (polenta, formaggi, salumi, vini e dolci);
numerose altre iniziative di notevole importanza e significativa presenza di pubblico sono organizzate da decine di associazioni ed istituzioni attive nella promozione del territorio, delle tradizioni alimentari e della cucina lombarda;
il comune di Cornaredo vede altresì la presenza di una attiva pro loco, unitamente a quella del polo «la Filanda» o di associazioni, come ad esempio il corpo musicale di San Pietro all'Olmo, che vantano una storia secolare;

l'Expo 2015 si svolgerà a pochi chilometri dal comune di Cornaredo ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione del comune di Cornaredo e la sua tradizione agricola e industriale al centro della pianura padana, unitamente alle peculiarità sopra citate lo rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento dello stesso relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostre tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intende attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Lombardia nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015, con particolare riferimento al Comune di Cornaredo ed al patrimonio artistico, associazionistico e di manifestazioni citato in premessa.
(4-04837)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
i comune di Garbagnate Milanese (provincia di Milano), può vantare numerose peculiarità ambientali, storiche, culturali, artistiche, architettoniche e della tradizione lombarda: dal Parco delle Groane, vero e proprio polmone verde con piste ciclabili e percorsi guidati tra ville fornaci, chiese e sentieri come quello delle sette cascate;
la «vocazione agricola» del comune di Garbagnate rappresenta un patrimonio di storia e tradizioni, da integrare con percorsi evolutivi globali del settore agricolo/alimentare, integrabile con le iniziative previste nell'ambito del Museo dinamico della tradizione agricola e dell'alimentazione;
l'Expo 2015 si svolgerà a pochissimi chilometri dal comune di Garbagnate, collegati ottimamente sia via ferro che via gomma, rendendo di fatto Garbagnate uno snodo di collegamento importante sia dal punto di vista viabilistico sia soprattutto dal punto di vista ferroviario;
la posizione del comune di Garbagnate e la sua tradizione agricola al centro della pianura padana, unitamente alle peculiarità sopra citate lo rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento dello stesso relativamente all'Expo 2015, anche come testimoniato da un recente confronto con i vertici del comune di Milano;
il comune di Garbagnate - per mezzo di interventi di autorevoli esponenti come il sindaco Leonardo Marone e l'assessore Daniele Barletta - si candida ad un ruolo attivo nella gestione dell'Expo e dei numerosi eventi collaterali previsti;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intende attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Lombardia nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015, con particolare riferimento al Comune di Garbagnate Milanese ed al patrimonio artistico, architettonico ed associazionistico citato in premessa.
(4-04839)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comune di Cesano Maderno (provincia di Monza e Brianza), è una città di quasi 40.000 abitanti che può vantare numerose peculiarità storiche, culturali, artistiche architettoniche e della tradizione lombarda: dal seicentesco palazzo Borromeo, al Palazzo Arese Jacini attuale sede dell'amministrazione comunale, dell'Istituto di Storia dell'Arte Lombarda e del World Museum; dal Torrazzo, alle chiese di Santo Stefano, di Santa Maria della Frasca e della Beata Vergine del Transito;
il comune di Cesano Maderno inoltre è inserito nell'oasi naturalistica del Parco delle Groane, ove insiste anche una riserva naturale gestita dalla L.I.P.U;
in Cesano si svolgono - soprattutto nel periodo tra maggio e ottobre - numerosissime manifestazioni, alcune di notevole rilevanza come ad esempio «Foto&Photo», oppure il Mercatino internazionale oppure ancora il «Mercatino dei sapori e delle tradizioni e del Pasquè»;
l'Expo 2015 si svolgerà a pochi chilometri dal comune di Cesano Maderno ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione del comune di Cesano Maderno, le manifestazioni e le peculiarità sopra citate lo rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento dello stesso relativamente all'Expo 2015, anche alla luce della positiva politica condotta dal sindaco Marina Romanò, politica tendente ad aprire al turismo le bellezze della cittadina brianzola;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostre tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intenda attuare ai fini di coinvolgere le manifestazioni citate ed il comune di Cesano Maderno nello svolgimento degli eventi collaterali all'Expo.
(4-04840)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la Franciacorta è una zona collinare situata tra Brescia e l'estremità meridionale del Lago d'Iseo, ed è un'area rinomata sia per la dolcezza del paesaggio, sia per la produzione di vini, con prevalente vocazione spumanticola, con marchio docg di altissima qualità conosciuta in tutto il mondo;
la Franciacorta comprende un territorio che si estende sulla superficie dei seguenti comuni, tutti situati in provincia di Brescia: Adro, Capriolo, Cazzago San Martino, Cellatica, Coccaglio, Cologne, Corte Franca, Erbusco, Gussago, Iseo, Monticelli Brusati, Ome, Paderno Franciacorta, Paratico, Passirano, Provaglio d'Iseo, Rodengo-Saiano, Rovato;
la tradizione vinicola della Franciacorta ha radici antiche e risale addirittura all'epoca preistorica e classica, con citazioni contenute negli scritti di importanti autori come Plinio e Virgilio; dopo secoli di tradizione vinicola, sul finire degli anni Settanta del novecento l'attività subisce un impulso importante con investimenti significativi e la produzione di vini frizzanti che competono con quelli della Champagne francese;
numerose altre iniziative di notevole importanza e significativa presenza di pubblico sono organizzate da decine di associazioni ed istituzioni attive nella promozione del territorio della Franciacorta, delle sue tradizioni alimentari, vinicole e della cucina lombarda;

l'Expo 2015 si svolgerà a pochi chilometri dalla Franciacorta ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione della Franciacorta e la sua tradizione agricola e industriale al centro della pianura padana, unitamente alle peculiarità sopra citate, la rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento della stessa relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intenda attuare al fine di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Franciacorta nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015;
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere al fine di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura eno-gastronomica della Franciacorta.
(4-04844)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'alta Val Trompia a nord di Gardone Val Trompia (Brescia) è stata per anni centro minerario di grande importanza, con miniere di ferro e composti ferrosi attive nel corso di secoli;
alcune miniere che hanno cessato l'attività negli anni '80 sono visitabili da tutti anche grazie all'impegno di ex minatori ed appassionati: attraverso appositi percorsi didattici si possono comprendere gli aspetti industriali e sociali di queste attività;
i percorsi in sottosuolo, l'attraversamento di ponti, pontili, passerelle anche attraverso apposite imbracature costituisce motivo di curiosità e di avventura che attira l'attenzione anche dei più giovani;
in tutta la valle sono visitabili e fruibili anche turisticamente numerose testimonianze della cultura artigianale ed industriale, come ad esempio i magli di Sarezzo o il forno fusorio di Tavernole o le bocche di miniera e le mulattiere disseminate lungo tutta la valle, spesso con scorci panoramici gradevolissimi;
la storia e la tradizione industriale proseguono ancora oggi tanto da rendere numerose realtà imprenditoriali di molti comuni della Val Trompia e delle valli limitrofe famosi nel mondo e strategici per l'economia del nostro paese, come ad esempio il distretto metallurgico e della rubinetteria di Lumezzane;
la comprensione delle difficili condizioni socio-ambientali, economiche ed industriali in cui si sono sviluppate le attività estrattive in argomento consente di conoscere e capire una parte importante della nostra storia e della nostra tradizione, rafforzando l'identità culturale nei più giovani e favorendo lo spirito imprenditoriale ed economicamente propositivo;
l'Expo 2015 si svolgerà a pochi chilometri dalla città e dalla provincia di Brescia e avrà come tema l'alimentazione;
nei comuni della Val Trompia e in quelli limitrofi si organizzano numerose manifestazioni anche eno-gastronomiche che riscuotono un ottimo successo di pubblico, come ad esempio a Polaveno in località Gombio la tradizionale Sagra d'Autunno -:
quali iniziative il Governo intende attuare ai fini di sostenere e promuovere la fruizione delle miniere dimesse dell'alta Val Trompia in provincia di Brescia;

quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intende sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura artigianale e industriale della Val Trompia, sostenendone al contempo le potenzialità turistiche.
(4-04852)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Oltrepo' pavese è una zona pianeggiante situata al centro della pianura padana e rinomata dolcezza del paesaggio, sia per la produzione di vini, con livelli eccellenti nelle produzioni di bonarda, buttafuoco, barbera e il frizzante sangue di giuda, o ancora riesling e ughetta, tutti con marchio Docg di altissima qualità conosciuta in tutto il mondo;
la tradizione vinicola dell'oltrepo' pavese ha radici antiche e si svolge parallela all'antica storia della città di Pavia, un tempo capitale longobarda, sede di un'antica università tuttora molto prestigiosa e ricca di edifici medievali e rinascimentali di straordinario valore;
oltre alla tradizione vinicola, le eccellenze dell'oltrepo' pavese continuano con i salumi - tra cui il Varzi dop - o con prodotti come il lardo, la coppa, il cotechino e lo zampone o altri prodotti derivanti dagli allevamenti di suini oppure da formaggi come il Nisso di Menconico o ancora numerosi altri prodotti tipici locali;
numerose iniziative di notevole importanza e significativa presenza di pubblico sono organizzate da decine di associazioni ed istituzioni attive nella promozione del territorio dell'oltrepo' pavese, e delle sue tradizioni alimentari, vinicole e della cucina lombarda;
l'Expo 2015 si svolgerà a pochi chilometri dalla città e dalla provincia di Pavia ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione del pavese e del suo Oltrepo' e la sua tradizione agricola e industriale al centro della pianura padana, unitamente alle peculiarità sopra citate lo rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento dello stesso relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostre tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intende attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali dell'oltrepo' pavese nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015;
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura eno-gastronomica dell'Oltrepo' pavese.
(4-04853)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
nel periodo 1o maggio-31 ottobre 2015 si terrà a Milano l'Esposizione universale sul tema «Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita» denominata Expo Milano 2015;
la Città di Milano si è attivata ai fini di realizzare un modello di rete territoriale in grado di valorizzare le eccellenze culturali, artistiche, turistiche ed economiche attualmente esistenti nei contesti territoriali interessati, nonché ad attivare una progettazione congiunta di nuovi eventi, da

realizzarsi prioritariamente nel territorio lombardo e/o in diverse aree territoriali delle città coinvolte;
la città di Lecco può vantare numerose peculiarità letterarie, storiche, culturali, artistiche, architettoniche e della tradizione lombarda, con una posizione eccezionale sulla riva del lago ed un patrimonio artistico e architettonico unico al mondo, è in grado di proporre un'offerta completa anche per il turismo internazionale, strategico alla buona riuscita dell'evento;
i comuni di Lecco e Milano hanno sottoscritto un protocollo di intesa finalizzato a collaborare all'organizzazione di Expo Milano 2015, mettendo a disposizione dell'evento le proprie eccellenze culturali, artistiche e turistico-ricettive, stabilendo congiuntamente di attivare con la Città di Milano un «tavolo di coordinamento» finalizzato alla progettazione congiunta di iniziative dedicate alla valorizzazione dei principali eventi culturali, artistici e scientifici offerti dalla Città di Lecco che potranno essere integrati nel circuito degli eventi di approfondimento dei temi prescelti per Expo Milano 2015, coinvolgendo altresì le università di Lecco, le strutture ricettive e turistiche della Città di Lecco e del territorio circostante;
la città di Lecco, grazie anche al raddoppio della linea ferroviaria Lecco-Milano, ha recentemente ampliato in maniera significativa la propria capacità ferroviaria, rafforzando il sistema di trasporto da e verso Milano e - di conseguenza - verso il polo di Rho-Pero dove si svolgerà l'esposizione universale;
la città di Lecco si muove - guidata in tal senso dal sindaco Antonella Faggi e dall'assessore alla promozione del turismo e del commercio Cinzia Bettega - ad un ruolo attivo nella promozione del proprio patrimonio turistico, economico e culturale, aspirando ad un ruolo importante nella realizzazione degli eventi collaterali all'Expo 2015;
una stretta connessione del territorio limitrofo con i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intende attuare ai fini di coinvolgere i comuni e gli enti locali della Lombardia nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015, con particolare riferimento al comune di Lecco ed al patrimonio artistico, letterario, culturale, architettonico ed associazionistico citato in premessa.
(4-04855)

BELLOTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'inno d'Italia è un patrimonio di tutta la Nazione e rappresenta, per la sua storia e per il significato che gli viene attribuito, uno dei tratti distintivi e dei simboli stessi del nostro Paese;
appare per questo fortemente inappropriato svilirlo per fini che nulla hanno a che fare con la celebrazione dell'unità nazionale o di momenti di alto valore patriottico, ma addirittura per pubblicizzare delle calze;
è apparso nei giorni scorsi sugli schermi televisivi italiani e continua ad essere mandato in onda uno spot di Calzedonia che, mutando parzialmente il testo dell'inno nazionale, ne riproduce integralmente la melodia, e che, riportando le parole di un articolo di Repubblica.it del 13 ottobre 2009 accluso in copia fotostatica «si apre con un risveglio sulla campagna romana e finisce con un suggestivo tramonto sui tetti della Capitale. Nel video scorrono le immagini di donne che, avvolte in calze e collant, si abbandonano a momenti di svago e relax.»;

la conclusione del video riporta le parole: «A Italia, Vittoria, Laura e tutte le altre», in cui si sottolinea volutamente un doppio senso utilizzando le stesse parole dell'inno;
l'inno di Mameli appartiene a tutti gli italiani e certamente non può e non deve, ad avviso dell'interrogante, richiamare alla mente, quando se ne sentono le note, una marca di calze;
legare un prodotto all'idea di italianità dello stesso può essere un valore aggiunto, a meno che non si appropri di un simbolo dell'Italia stessa per farlo divenire un marchio di fabbrica -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se ritenga di adottare iniziative di propria competenza per tutelare i simboli della Nazione assicurando che siano utilizzati per scopi coerenti con la finalità di rafforzare il sentimento nazionale.
(4-04857)

PELUFFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
una ventina i lavoratori della Agile, la ex Eutelia, di Pregnana Milanese (Milano) hanno passato la notte all'interno dell'azienda, dando vita dalle 20.30 di ieri a un presidio permanente e di fatto occupando il sito di via Laboratori Olivetti 79 per contestare i licenziamenti e rivendicare soluzioni in grado di garantire attività e livelli occupazionali;
le attività produttive sono dunque state sospese;
la decisione è stata presa dopo che la proprietà ha ufficializzato l'avvio di una procedura di mobilità per 1.192 lavoratori in tutta Italia, di cui 237 su 430 nello stabilimento di Pregnana;
i lavoratori chiedono che vengano loro pagati gli stipendi arretrati (agosto, settembre, ottobre) che l'azienda ritiri i licenziamenti e «auspicano un intervento della Presidenza del Consiglio» come dichiarato a un'agenzia di stampa il funzionario della Fiom Alberto Larghi, che ha spiegato come all'interno dello stabilimento, «i dipendenti si sono organizzati con sacchi a pelo e con viveri»;
oggi i lavoratori decideranno se e come continuare con il presidio ad oltranza e quali, eventuali, altre iniziative intraprendere;
nella seduta del 29 gennaio 2009 il sottosegretario Antonio Buonfiglio rispondeva, all'interrogazione n. 5-00864, che: «Il Ministero dello sviluppo economico ha seguito con grande attenzione le vicende della Società in questione che attualmente sta affrontando un periodo di criticità economica e finanziaria. Nell'ultimo degli incontri tenutosi in data 12 gennaio 2009, la Direzione di "Eutelia" si è riservata, a seguito di sollecitazioni di questo Ministero, di esaminare entro breve tempo la possibilità di evitare il ricorso alla procedura di mobilità per tutti i dipendenti dell'area "Information Technology", stimati, in oltre 1.900 unità.»;
sempre nella risposta all'interrogazione il sottosegretario Buonfiglio affermava: «La Società menzionata, nella stessa sede, si è resa disponibile a presentare entro la prima decade di febbraio, il progetto di utilizzo della Cassa integrazione guadagni straordinaria per cessazione di attività e la ricollocazione di tutto il personale non più utilizzabile nell'ambito del segmento della information technology» -:
quali iniziative urgenti intenda attivare affinché venga garantito il posto di lavoro agli oltre 1900 persone e se non ritenga opportuno convocare immediatamente un tavolo presso la Presidenza del Consiglio con tutti gli attori per trovare una strategia di uscita del problema che sta diventando di difficile gestione;

quali siano le motivazioni che hanno generato il precipitare degli eventi e per le quali l'azienda non ha ottemperato alle richieste del Ministero.
(4-04867)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
il documento n. 24 del Gruppo dei 10, composto da: dott. Achille Albonetti, amb. Piceo Calamia, prof. Carlo Dell'Aringa, prof. Gabriele De Rosa, prof. Luigi Vittorio Ferraris, dott. Gerardo Mombelli, dott. ing. Flavio Mondello, dott. Filippo Maria Pandolci, avv. prof. Virginio Rognoni, dott. Enrico Vinci, intende formulare proposte valide a proiettare nel futuro un'Unione europea più dinamica e forte. L'Unione europea si è realizzata attraverso l'unione libera e volontaria, senza alcun impiego di forza dei Governi dei Paesi membri, i cui obiettivi fondamentali e permanenti sono ripresi nel Trattato costituzionale dell'Unione e sono validissimi ad oggi. Per far sì che l'Unione europea si rafforzi ancora di più è necessario che le sue istituzioni continuino a deliberare applicando concretamente il «metodo comunitario»;
per realizzare questo complesso obiettivo all'interno dell'Unione europea si debbono superare decisamente talune contraddizioni: da una parte, l'inesorabile interdipendenza a livello mondiale di molti fenomeni economici, di sviluppo e di sicurezza e, dall'altra, persistenti convinzioni di autosufficienza o richieste di protezione o chiusura per salvaguardare identità locali, regionali o nazionali. In base a tali considerazioni, il Gruppo dei 10 ha più volte denunciato l'asimmetria nell'Unione europea tra politica monetaria, diventata unica e non influenzata da pressioni governative nazionali, e politiche economiche rimaste di responsabilità nazionale. Ha più volte affermato che occorre una nuova più vigorosa strategia economica dell'Unione;
la politica economica dell'Unione si esprime unicamente attraverso un «coordinamento» comunitario delle politiche nazionali, basato su «indirizzi di massima» decisi in comune dal Consiglio dei ministri dell'economia su indicazione del Consiglio europeo dei Capi di Stato e di Governo e su proposta della Commissione. Il coordinamento non riguarda, tuttavia, le politiche di bilancio dei 27 che rimangono ancorate alle diverse situazioni nazionali, così come ha sollecitato il G8 dell'Aquila. Si tratta comunque di un passo avanti rispetto al passato, quando l'Europa tollerava tra Stati membri dumping monetari che alteravano le condizioni di concorrenza all'interno della Comunità e compromettevano il «mercato comune». La successiva scelta della moneta unica ha invece dimostrato al mondo la forza di una politica monetaria unitaria che sta facendo riconoscere all'euro, durante la profonda crisi in atto, il ruolo di scudo contro quello che sarebbe stato un inevitabile tracollo di singole monete nazionali europee, con gradi implicazioni protezionistiche;
altro elemento di debolezza europea, oltre al già rimarcato squilibrio tra politica monetaria e politiche economiche, è il contrasto tra due diverse tendenze economiche: da una parte coloro che, come in Gran Bretagna, hanno ritenuto di affidarsi all'automatismo regolamentare dei meccanismi del mercato, dall'altra parte coloro che dimostrano diffidenza nei confronti delle capacità autoregolatorie del mercato, che sollecitano nuovi standard per la trasparenza dei mercati ed una revisione del rapporto tra etica ed affari, ma che, in varie circostanze, hanno dato l'impressione di auspicare una non sempre ortodossa applicazione delle regole UE del «mercato interno», creando il rischio di contaminazione da nazionalismo economico;
nella situazione attuale, il ruolo di attore primario dell'Europa nelle sedi internazionali ed il suo effettivo potere di arbitraggio, dipendono non solo dalla volontà e capacità di esprimersi con una sola voce, ma anche dalla determinazione di sviluppare una valida strategia unitaria

centrata sulla stabilizzazione del settore finanziario e su efficaci stimoli alla crescita economica ed all'occupazione. L'Unione europea, in definitiva, deve essere in grado di consolidare l'attuale ancor debole progetto di «unione economica e monetaria». Deve, al suo interno, far proprio l'impegno assunto in campo internazionale insieme alle grandi potenze economiche: collegare autoregolamentazione e disciplina di mercato attraverso regole e stretta sorveglianza che impediscano deviazioni del corretto funzionamento del mercato;
il Gruppo dei 10 ritiene tuttavia che questo equilibrio debba presupporre un diverso calcolo del deficit di bilancio sul prodotto interno lordo (PIL) rispetto a quanto confermato dal Trattato di Lisbona e dal Patto di stabilità e di sviluppo. Tale calcolo potrebbe essere valutato sulla base di ciò che finanzia, e non di soli criteri contabili. Il deficit pubblico, in rapporto al PIL, potrebbe pertanto essere scorporato, anche parzialmente, da taluni elementi strutturali di spesa caratteristici di una politica economica comunitaria tesa ad una maggiore competitività e produttività e comunque dovrebbe esserlo sotto severo controllo;
dopo queste considerazioni, il Gruppo dei 10 sollecita con forza una contemporanea mobilitazione collettiva con assunzione di responsabilità di tutti coloro, pubblici e privati, che sono espressione del capitale umano e che col loro comportamento incidono sullo sviluppo economico e sociale. Si ritiene, quindi, necessario, che i Governi attuino quelle profonde riforme strutturali sollecitate con forza anche dalla Banca centrale europea e dalla Commissione, che prevedono la riforma del mercato del lavoro, attualmente deteriorato, per agevolare un adeguato processo di formazione dei salari e di mobilità del lavoro ai livelli settoriali e regionali, e realizzare un approccio comunitario (coordinamento) dell'occupazione degli immigrati, nonché la ristrutturazione dei mercati dei beni e dei servizi, stimolando la concorrenza -:
se il Governo intenda prendere in debita considerazione, anche con atti formali, quanto sollecitato dal Gruppo dei 10, come descritto in premessa;
quali iniziative il Governo intenda attuare per rispondere alle esigenze espresse dal Gruppo dei 10 in ambito economico.
(4-04875)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la relazione sull'operazione fiumi di Legambiente e del Dipartimento della protezione civile, estrapolata del rapporto «Ecosistema Rischio 2009» relativo alla regione Lombardia, delinea il quadro di un territorio fragile, dove sono oltre 900 i comuni a rischio frane o alluvioni e che puntano il dito contro uno sviluppo urbanistico e un uso del territorio poco rispettosi delle limitazioni che i pericoli connessi all'assetto idrogeologico imporrebbero. Pertanto, nonostante l'88 per cento delle amministrazioni monitorate preveda nei propri piani urbanistici vincoli di edificabilità per le zone a rischio, un abbondante 78 per cento dei comuni presenta costruzioni in queste aree. E le delocalizzazioni procedono a rilento: con riferimento alle abitazioni, solo nel 5 per cento dei casi, infatti, sono state avviate iniziative in tale senso e appena nel 4 per cento dei comuni si è provveduto a delocalizzare strutture industriali;
in Lombardia sono oltre 900 (un numero ben superiore alla metà del totale) i comuni a rischio idrogeologico individuati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dall'Unione delle province italiane nel 2003, di cui 231 a rischio frana, 495 a rischio alluvione e 248 a rischio sia di frane che di alluvioni. Un dato che mette in luce chiaramente la fragilità di un territorio dove bastano ormai semplici temporali, per quanto intensi, a provocare, nel migliore dei casi, allagamenti e disagi per la

popolazione. In Lombardia è ancora necessario fare i conti con un pesante passato, in cui la cattiva gestione del territorio ha amplificato enormemente i pericoli connessi al delicato assetto idrogeologico;
nel 15 per cento dei casi presi in esame sono presenti, in zone esposte a pericolo, strutture sensibili, come scuole e ospedali e strutture ricettive turistiche. Secondo quanto emerso, le amministrazioni comunali possono intervenire per contrastare il rischio idrogeologico essenzialmente in due diversi ambiti: il primo riguarda le attività ordinarie legate alla gestione del territorio (quali la corretta pianificazione, gli interventi di delocalizzazione di abitazioni e altri fabbricati dalle aree pericolose, nonché l'adeguamento alle norme di salvaguardia dettate dai piani di bacino e la manutenzione degli alvei e delle opere idrauliche), il secondo attiene alla redazione dei piani di emergenza (che devono essere aggiornati e portati a conoscenza della popolazione, perché sappia esattamente come comportarsi in tali circostanze), nonché all'organizzazione locale di protezione civile, al fine di garantire soccorsi tempestivi ed efficaci in caso di alluvione o frana;
nel territorio lombardo, Sondrio (con il 99 per cento dei comuni a rischio idrogeologico) e Bergamo (con il 75 per cento) detengono il primato di questa triste classifica. Sempre nella provincia di Bergamo si registra il maggior numero in termini assoluti di comuni a rischio (ben 183). In base alla classificazione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'Unione delle province italiane, sono inoltre considerati pericolosi da un punto di vista idrogeologico tutti i capoluoghi di provincia lombardi;
nel 78 per cento dei comuni intervistati sono presenti abitazioni in aree golenali, in prossimità degli alvei e in aree a rischio frana e nel 22 per cento di essi si riscontra la presenza di interi quartieri costruiti in tali zone. Nel 54 per cento dei comuni, fabbricati industriali sorgono nelle aree a rischio: questo, in caso di alluvione, aggiunge al pericolo cui sono esposte le vite dei dipendenti anche quello di sversamento di prodotti inquinanti nelle acque e nei terreni, Nonostante l'urbanizzazione delle zone esposte a pericolo di frana e di alluvione sia così pesante, nel 38 per cento dei casi non vengono realizzate attività di manutenzione ordinaria dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica. Il 68 per cento dei comuni intervistati ha realizzato opere di messa in sicurezza dei corsi d'acqua e dei versanti, interventi che però non sempre hanno migliorato la situazione in caso di piogge eccezionali;
la situazione è migliore per quanto riguarda le attività di pianificazione d'emergenza, uno strumento fondamentale per la sicurezza delle persone, sia al fine di organizzare tempestivamente evacuazioni preventive in caso di piena, sia per garantire soccorsi immediati ed efficaci alla popolazione. L'87 per cento dei comuni, infatti, si è dotato di un piano da mettere in atto in caso di frana o alluvione, anche so solo nel 52 per cento dei casi è stato aggiornato negli ultimi due anni. L'informazione alla popolazione circa i rischi, i comportamenti individuali e collettivi da adottare in caso di calamità e i contenuti del piano comunale d'emergenza rappresenta una delle attività principali che i comuni dovrebbero svolgere: non farsi prendere dal panico e sapersi comportare in una situazione di pericolo rappresenta già un importante fattore di sicurezza. Eppure in Lombardia i comuni risultano in ritardo in questa fondamentale attività: soltanto il 21 per cento di essi è attivo in questo senso. La situazione è migliore per quel che riguarda la realizzazione di esercitazioni: il 39 per cento delle amministrazioni, infatti, ne ha organizzata almeno una nel proprio territorio durante l'ultimo anno;
complessivamente sono ancora troppe le Amministrazioni comunali della Lombardia che tardano a implementare un'efficace ed adeguata politica di prevenzione, informazione e pianificazione d'emergenza. Soltanto il 34 per cento dei

comuni risulta infatti svolgere un lavoro positivo di mitigazione del rischio idrogeologico. Quasi un comune su quattro non fa praticamente nulla per ridurre i rischi e prevenire i danni conseguenti ad alluvioni e frane -:
se il Governo intenda realizzare una adeguata campagna informativa in tutti i capoluoghi di provincia italiani, volta alla prevenzione dei rischi causati da dissesto idrogeologico;
se il Governo intenda fornire dati dettagliati in merito ai territori italiani più esposti al rischio di dissesto idrogeologico;
quali iniziative il Governo intenda intraprendere, di concerto con la Conferenza permanente Stato-Regioni, per attuare tempestive misure di prevenzione al dissesto idrogeologico, anche alla luce di quanto avvenuto pochi giorni fa nel territorio messinese.
(4-04879)

CALVISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
turisti e residenti di San Teodoro e Budoni, sulla costa nordoccidentale della Sardegna, verso le ore 9 del 15 giugno 2009, temendo di aver avvertito scosse di terremoto, si sono rivolti ai Vigili del fuoco e alla Protezione civile;
in seguito è stato chiesto al Ministro della difesa con un'interrogazione parlamentare (4/03280) se l'evento sopracitato fosse in qualche modo riconducibile all'esercitazione militare «Mare aperto 2009» in corso dal 3 al 22 giugno 2009 nel Tirreno centrale;
nella risposta fornita dal Ministro della difesa si precisa che le operazioni aeree collegate all'esercitazione «Mare aperto 2009» si sono svolte in località distanti almeno 150 chilometri da San Teodoro specificando la natura subsonica degli aeromobili della Marina militare che hanno preso parte all'esercitazione;
la sussistenza del fenomeno, di cui al momento non è riconosciuta la causa, non può essere messa in discussione considerato il numero considerevole di persone, residenti e non residenti in San Teodoro che vi ha assistito e non può rimanere senza una spiegazione ragionevole -:
quali siano le ragioni del fenomeno descritto in premessa e in particolare se alle attività militari del 15 giugno 2009 abbiano preso parte oltre agli aerei in dotazione alla Marina militare italiana, anche velivoli supersonici di altri Paesi.
(4-04885)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Autorità per la sicurezza nucleare francese (ASN), alcuni mesi dopo che le autorità inglesi e finlandesi avevano minacciato di bloccare la realizzazione di reattori Epr nei loro Paesi a causa dei dubbi sul sistema di comando e di controllo della sicurezza, ha rivolto una lettera ad Edf, in cui si sollevano in modo molto serio questioni di sicurezza legate al sistema Epr in corso di realizzazione a Flamanville;
la pubblicazione della dichiarazione dell'Asn e della consulenza tecnica che le è stata presentata dal gruppo permanente di esperti e dall'istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn), è avvenuta al momento della pubblicazione di una dichiarazione congiunta, nella quale le autorità di sicurezza per il nucleare francese Asn, finlandese Stuk e la britannica Hse confermano la loro comune preoccupazione;
le tre autorità ritengono che «il disegno dell'Epr, nel modo in cui esso è stato originariamente proposto dai licenziatari e

dal produttore Areva, non osserva il principio di indipendenza» tra i sistemi di sicurezza e quelli di controllo, che costituisce un principio basilare della sicurezza;
nella sua lettera a Edf, l'Asn conclude che «la complessità dell'architettura proposta da Edf rende difficile che possa adeguatamente dimostrarsi la sua sicurezza» e dichiara che la sua accettabilità è soggetta a modifiche dei disegno e a dimostrazioni complementari. Inoltre, «l'analisi di questi elementi (forniti da Edf) da parte dell'Asn e il suo supporto tecnico costituirà una condizione preliminare ai fini della valutazione circa l'accettabilità della futura richiesta (presentata da Edf) di una licenza per far operare il reattore Epr a Flamanville-3»;
l'inadeguatezza del disegno sarebbe tanto grave da far manifestare all'Asn persino dubbi sulla possibilità di sanarla, in modo da soddisfare i principi standard in materia di sicurezza. Nella lettera a Edf si conclude sostenendo che «data la vastità e la complessità delle spiegazioni che devono ancora essere fornite affinché si possa affermare che si ritengono soddisfatti i principi dal sistema, l'Asn considera che non esiste certezza provata che sulla base dell'attuale architettura sarà realizzato un sistema di sicurezza dimostrativo accettabile». Pertanto, l'Asn chiede a Edf che, mentre si adopera per fornire questa giustificazione, nel contempo «esamini sin d'ora programmi basati su concezioni alternative»;
la società francese si è difesa, sottolineando che le critiche dei tre enti «non mettono in dubbio la sicurezza dell'Epr» e assicurando che il disegno dei sistemi sarà modificato «entro la fine dell'anno» ed Edf ha escluso ritardi;
Areva, però, non è in grado di precisare in quale misura le modifiche, ancora allo studio, potranno incidere sul costo del reattore e alcuni osservatori ritengono che la necessità di tornare al tavolo di disegno possa comportare nuovi ritardi - e maggiori costi - nella realizzazione dell'impianto finlandese di Olkiluoto e di quello francese di Flamanville;
notizie di stampa francesi riferiscono inoltre che lunedì 2 novembre 2009 si è appreso che un reattore nucleare su tre sarebbe attualmente fermo per manutenzione e che almeno cinque sarebbero chiusi per degli incidenti seri;
i reattori Epr in questione sono quelli che nei piani dell'Enel, dovrebbero essere il cuore delle quattro centrali del futuro piano nucleare italiano;
nel mese di febbraio 2009 sono infatti stati siglati accordi per un'alleanza, guidata dalle due controllate di Stato Enel e Edf, per costruire quatto centrali nucleari in Italia, la prima delle quali operativa nel 2020 in virtù di un accordo che riguarda tutti gli aspetti del nucleare, dalla collaborazione in sede europea ai temi della sicurezza, dalla cooperazione tecnologica alla formazione dei tecnici, dallo smantellamento degli impianti alla collaborazione industriale in Paesi terzi -:
se il Governo sia al corrente dei gravi problemi di sicurezza dei reattori Epr oggetto dell'intesa italo-francese;
se non si ritenga di dover immediatamente soprassedere al rientro nel nucleare per meglio valutare programmi basati su concezioni alternative.
(4-04887)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i sindaci di alcuni comuni in provincia di Varese, e precisamente i sindaci di Arcisate, Brusimpiano, Clivio, Cuasso al Monte, Saltrio, hanno scritto al Governo evidenziando preoccupazione in relazione ai rapporti con la Confederazione Elvetica divenuti tesi dopo l'approvazione dello scudo fiscale;
i sindaci citati scrivono - fra l'altro - che «valutato l'effetto che la recente normativa più nota come "Scudo fiscale"

può avere sui lavoratori frontalieri e sui paesi di loro residenza; richiamata l'attenzione sul fatto che i lavoratori italiani, dipendenti di aziende elvetiche e impegnati in Svizzera non possono, per motivi evidentissimi, essere equiparati agli evasori che l'Autorità fiscale italiana persegue, considerato che ogni lavoratore dipendente frontaliero versa regolarmente le imposte, una parte delle quali viene trasferita all'Erario italiano sotto forma dei cosiddetti "ristorni", assunto che gli eventuali depositi presso Istituti di credito elvetici rappresentano la corresponsione mensile dell'attività prestata e non possono in alcun modo essere equiparati a frutto di evasione, elusione fiscale o truffa all'Erario, valutato che il frontalierato rappresenta un'alternativa occupazionale per una consistente parte della forza lavoro italiana residente nei comuni confinari, asserito che il frontalierato ha rappresentato e continua a calmierare la domanda di lavoro in territorio italiano, pesantemente condizionato dalla congiuntura, osservato che la condizione di lavoratore frontaliero storicamente si presta a minori garanzie dei livelli occupazionali anche per la differente normativa del mercato del lavoro presente nella Confederazione elvetica. Tutto ciò premesso, i sottoscritti Sindaci chiedono alle SS.LL. illustrissime:
a) di voler considerare l'opportunità di contemplare con documenti esplicativi una maggiore tutela del lavoratore frontaliere rispetto alla normativa in atto e riconducibile al ed. "Scudo fiscale" affinché il lavoratore frontaliero non si trovi nell'obbligo di dover adempiere a obblighi che risultano invece in capo agli autori di evasione o elusione fiscale;
b) di voler contemplare la possibilità che al lavoratore frontaliero che ritrasferisca in Italia i frutti del proprio legittimo e dichiarato guadagno del proprio lavoro non siano applicate le sanzioni previste invece per chi, evasore o elusore fiscale, ottemperi a tale invito;
c) di voler considerare la grande preoccupazione con la quale, come amministratori, consideriamo una eventuale e sia pure indiretta ritorsione da parte elvetica con il mancato rinnovo dei permessi di lavoro o con il licenziamento di personale frontaliero;
d) di voler valutare l'impatto fortemente negativo che potrebbe avere per le finanze comunali una ritardata o posticipata erogazione dei ristorni, ciò che creerebbe dissesti di bilancio rimarchevoli per comuni nei quali una larga porzione di popolazione attiva lavora come frontaliere;
i sottoscritti Sindaci ritengono oltremodo oltraggioso equiparare il sacrificio e il lavoro di diverse migliaia di nostri connazionali all'opera di coloro che sottraggono all'Erario cifre rilevanti e auspicano che l'Autorità centrale possa e voglia provvedere ad una tutela completa e doverosa del lavoratore frontaliero che rappresenta, per il Fisco Italiano, una fonte di introito sicura e certa»;
la crescente tensione dei rapporti italo-elvetici preoccupa notevolmente gli operatori economici e i lavoratori frontalieri, che temono ripercussioni e danni ai propri rapporti lavorativi ed imprenditoriali -:
quale sia l'orientamento del Governo in merito alle istanze e preoccupazioni avanzate dai sindaci;
se e come il Governo, condividendo l'importanza di un rapporto disteso e cordiale, intenda muoversi ai fini di riportare nella normalità e nel consueto clima di collaborazione le relazioni italo-elvetiche.
(4-04894)

REGUZZONI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nella sola regione Lombardia si producono 18 vini doc e docg e 15 vini igt, prodotti di altissima qualità riconosciuti in tutto il mondo e realizzati grazie ad una cultura che ha radici millenarie;

il lavoro dei viticoltori lombardi non rappresenta solo uno dei più aventi aspetti dell'immagine positiva del Made in Italy nel mondo, ma costituisce soprattutto una fonte economica di importanza straordinaria e centrale nello sviluppo di tutto il Paese;
nel 2015 si svolgerà a Milano l'Esposizione universale ed avrà quale tematica l'alimentazione;
la posizione della Valtellina a pochi chilometri dal sito dell'Expo e la sua tradizione agricola, unitamente alle peculiarità sopra citate la rendono un luogo interessante ai fini del coinvolgimento della stessa relativamente all'Expo 2015;
una stretta connessione tra il territorio lombardo ed i soggetti organizzatori dell'Expo 2015 rappresenta non solo un impegno preciso assunto dal Governo in sede di pianificazione della manifestazione, ma rappresenta soprattutto una straordinaria ed irripetibile opportunità di promozione del nostro territorio, della nostra economia, delle nostra tradizioni e della nostra cultura -:
quali altre iniziative, concomitanti o meno con l'Expo 2015, il Governo intenda sostenere ai fini di valorizzare l'immenso patrimonio di tradizioni e cultura enologica lombarda;
quali iniziative il Governo, eventualmente anche per il tramite della società di gestione dell'evento - SOGE S.p.A. - intenda attuare ai fini di coinvolgere i produttori e le loro locali associazioni di categoria nello svolgimento della manifestazione dell'Expo 2015.
(4-04896)

CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il direttore generale del personale del Ministero della giustizia, dottoressa Carolina Fontecchia e il dottor Settembrino Nebbiolo, capo di gabinetto del Ministro della giustizia, sono stati condannati in primo grado con sentenza n. 2644/05/R del 17 giugno e del 28 novembre 2005 sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Lazio al pagamento rispettivamente di 9.000 e di 36.000 euro per aver pagato una doppia consulenza alla società Lattanzio e Associati Srl con sede in Milano con una spesa di 61.000,00 euro con i fondi destinati alla formazione;
la Corte dei conti II sezione giurisdizionale d'appello del Lazio con sentenza del 15 maggio 2008 e depositata il 26 agosto 2008 ha confermato la sentenza di 1o grado -:
se il personale oggetto dei provvedimenti di cui in premessa possa continuare a ricoprire le rispettive responsabilità;
se siano stati aperti provvedimenti disciplinari nei confronti delle persone di cui in premessa.
(4-04908)

JANNONE. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ultimo rapporto dell'Osservatorio di Bruxelles, ben 13 milioni di cittadini europei hanno fatto uso almeno una volta di cocaina, dei quali 7,5 milioni hanno un'età compresa tra i 15 e i 34 anni. Secondo le stime del Consiglio nazionale delle ricerche l'uso della cocaina nell'ultimo decennio è praticamente raddoppiato, passando dai 400 mila consumatori del 2001 al milione dell'anno 2008. Inoltre viene segnalato che l'Italia si attesta fra i cinque Paesi maggiori fruitori di cocaina in Europa, insieme a Spagna, Gran Bretagna, Danimarca e Irlanda. Nel 2007 sono stati segnalati circa 500 decessi associati al consumo di questo potente stimolante. Accanto alla cocaina aumenta anche il consumo di metamfetamina, che sfrutta la facilità con cui può essere prodotta. Storicamente, l'uso di questa sostanza si concentra nella Repubblica Ceca, anche se la disponibilità sta aumentando in alcune zone dell'Europa del Nord, come Svezia e Norvegia;

in media, in Europa 0,4 per cento della popolazione fa uso della sostanza stupefacente. In Italia l'indice ai attesta allo 0,8 per cento. Le indagini sono state effettuate all'Istituto Mario Negri di Milano, analizzando le acque reflue delle città. Silvio Garattini, responsabile della ricerca, afferma: «Abbiamo calcolato che a Milano si consumano ogni giorno una media di 9,1 dosi di cocaina per mille abitanti, contro le 6,9 di Londra, le 6,1 di Lugano, 7,4 di Latina, 4,7 di Cagliari, 3,2 di Varese, 2,1 di Cuneo. Siamo rimasti davvero sorpresi.». Inoltre, nelle indagini effettuate sulle acque reflue è stato calcolato che ogni giorno a Milano entra un chilo di cocaina, un chilo e mezzo durante il fine settimana;
preoccupa inoltre il fatto che le nuove tipologie di droghe contengano cannabinoidi sintetici, cioè sostanze create in laboratorio che provocano effetti simili a quelli di hashish e marijuana. Sono i prodotti «Spice», venduti su internet e negli smart shop, in relazione ai quali l'Osservatorio europeo delle droghe lancia oggi l'allarme. Fino all'ottobre 2009 sono stati individuati ben nove cannabinoidi sintetici nei prodotti «Spice», tra i quali il JWH-018, una sostanza che, se fumata, produce effetti simili alla cannabis. Tali sostante possono essere acquistate on line, insieme alle party pills contenenti alternative legali alla benzilpiperanzina;
Riccardo de Facci, presidente dell'associazione «Saman, lotta contro l'emarginazione» parla del contrasto dell'uso di cocaina accompagnato a quello di alcol: «Nel nostro addiction center si cura principalmente il consumo di cocaina abbinato all'alcool. E da noi si usa una formula nuova per il recupero. Modulare. Nel senso: si rivolgono a noi professionisti, manager, giovani rampolli di famiglie in vista, consulenti finanziari. Persone, cioè, che non hanno in testa il vecchio metodo di chiudersi per anni dentro una comunità, che arrivano da noi per un primo step di qualche settimana. Anche se più di uno ci ha già chiesto di tornare»;
nonostante i dati preoccupanti, Giovanni Serpelloni, capo del Dipartimento nazionale antidroga, riferisce: «Se scorporiamo i dati e li puntiamo sui 15-16enni, vediamo che per la prima volta in questa fascia il consumo della cocaina in Italia diminuisce. E non è certo una cosa da poco, visto che sono loro, gli adolescenti, a segnalare il trend» -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere al fine di contrastare il commercio di sostanze stupefacenti, quali la cocaina, spesso dominio incontrastato di associazioni criminali e malavitose;
quali iniziative il Governo intenda adottare per contrastare la diffusione e il consumo di sostanze stupefacenti, nell'ottica di una maggiore sensibilizzazione della popolazione italiana nei confronti dei pericoli fisici e psichici derivanti da questa «abitudine».
(4-04932)

RAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
molte famiglie italiane non sono attrezzate per il passaggio dall'analogico al digitale terrestre, in quanto non possiedono un televisore di nuova generazione e non hanno acquistato il necessario decoder;
come rilevato in diversi articoli di stampa e ammesso anche dallo stesso presidente dell'Associazione Dgtvi Andrea Ambrogetti, circa 1,3 milioni di famiglie, ossia 3 milioni di persone, risiedono in zone in cui il segnale terrestre non arriva o arriva «a singhiozzo» o possiedono antenne inadeguate e, pertanto, sono costrette a vedere la televisione esclusivamente attraverso il satellite. A tali utenti, dopo la rottura tra la Rai e Sky, per non subire il criptaggio dei programmi più interessanti, non resta che acquistare il decoder Tivùsat. Tuttavia, ad oggi, il numero di decoder Tivùsat venduti è decisamente inferiore a quello del potenziale bacino d'utenza;

secondo quanto affermato anche dal direttore di Raiuno Mauro Mazza durante l'audizione in Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi del 28 ottobre 2009, tra le 5.000 famiglie italiane che compongono il campione Auditel non sarebbero rappresentate queste situazioni, in quanto tali famiglie sono tutte attrezzate di decoder e strumenti per una visione completa di tutta la programmazione televisiva;
i dati d'ascolto diffusi negli ultimi mesi per le regioni in cui è stato effettuato lo switch off, dunque, non possono che essere falsati, non tenendo conto di tutte le famiglie che non si sono dotate del decoder (tanto per il digitale, quanto per Tivùsat, quanto di quelle che non hanno il decoder Sky) e di tutte quelle situazioni di cattiva ricezione del nuovo segnale, la cui vasta diffusione è testimoniata dalle proteste degli utenti, da inchieste giornalistiche e dalle ammissioni degli stessi tecnici;
a riprova della veridicità di ciò, l'ascolto delle reti generaliste, specialmente Rai, nonostante il quadro di obiettiva difficoltà, non solo non è calato, ma è addirittura cresciuto;
ad avviso dell'interrogante questa situazione corre il rischio di dissimulare i molti problemi creati agli utenti dal passaggio al digitale e di nascondere un calo degli ascolti non rilevato per queste regioni;
già in passato l'ISTAT, che svolge un'attività di consulenza statistica nei confronti dell'Auditel, ha formulato rilievi sull'attendibilità del campione utilizzato -:
se il Governo, tramite l'ISTAT, non ritenga di acquisire elementi con riferimento alla soluzione del campione statistico da parte delle società Auditel anche al fine di valutare la correttezza dei parametri adottati nella delicata fase del switch off.
(4-04933)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO, ANGELI, PICCHI e BERARDI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel 1978 tra Repubblica federale del Brasile e la Repubblica italiana è stata siglata una Convenzione in materia di doppia imposizione al fine di prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito per i cittadini italiani residenti sul territorio brasiliano;
le disposizioni tracciate nell'accordo bilaterale sono state pienamente applicate fino al 1999, attraverso il riconoscimento dell'esclusiva podestà impositiva al Governo brasiliano, in quanto terra di residenza dei connazionali italiani;
a partire dal 2000, sebbene non fossero stati predisposti e siglati ulteriori provvedimenti in materia tra i due Paesi, l'interpretazione dell'articolo 19 della citata convenzione del 1978 ha subito una variazione da parte del nostro Paese che ha affermato che l'applicazione di questa dovrebbe essere prevista esclusivamente per le somme erogate a titolo di solidarietà, mentre per le pensioni di vecchiaia o anzianità dei connazionali avrebbero dovuto essere applicate ulteriori disposizioni del medesimo accordo, prevedendo di fatto la sussistenza di un regime di doppia imposizione tra Brasile e Italia;
la rinnovata interpretazione sembrerebbe mal conciliarsi con i presupposti di rettifica e di intervento messi a punto dai due Governi nel 1978, oltre che identificare una oggettiva condizione di disagio per i nostri connazionali pensionati, rispetto agli stessi connazionali residenti in altri Paesi dell'America latina;
in virtù della sussistente mancanza di certezza interpretativa che si protrae da

oltre 9 anni, si sono moltiplicate le fattispecie di contenzioso tra una parte dei pensionati italiani residenti in Brasile e l'erario italiano, in riferimento alle quali non vi è stata alcuna forma di concreto e risolutivo riscontro da parte della nostra amministrazione -:
quali iniziative si intendano assumere, in accordo con le autorità competenti brasiliane, al fine di intervenire sulle criticità interpretative sollevate nel quadro della Convenzione sulla doppia imposizione del 1978, che stanno alimentando condizioni economiche complesse per molti italiani residenti in Brasile.
(4-04823)

MECACCI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il Movimento Lao per i Diritti Umani (MLDH), presieduto da Vanida Thephsouvanh, ha diffuso il 3 novembre 2009, da Parigi, un comunicato stampa che riferisce di una manifestazione pacifica svoltasi il giorno precedente a Vientiane, capitale della Repubblica democratica popolare del Laos;
più di 300 persone hanno manifestato pacificamente inneggiando al «rispetto dei diritti umani» e, richiedendo «un sistema multipartitico», sono stati fermati ed arrestati dalla polizia segreta a Vientiane;
secondo le informazioni ottenute e diffuse dal MLDH «diverse centinaia di persone» sono state «arrestate simultaneamente in diverse parti del paese», all'alba di lunedì 2 novembre 2009; «più di 100 persone al centro di Pakkading, nella provincia Bolikhamsay, una ventina di persone al centro di Phon Hong, nella Provincia Vientiane, mentre marciavano verso la celebrazione annuale del That Luang (Vientiane), e più di 200 persone nella capitale, prima che potessero riunirsi per una manifestazione pacifica»;
il Movimento Lao per i Diritti Umani, citando informazioni trasmesse all'interno della Repubblica democratica popolare del Laos, ha riferito che l'evento di ieri era stato organizzato per «una reale democrazia, per il rispetto dei diritti umani, per l'annullamento del trattato Speciale di cooperazione Laos-Vietnam nel 1977, per la liberazione dei prigionieri politici e per l'introduzione di un sistema politico multipartitico»;
mentre la maggior parte dei manifestanti fermati ed arrestati sono stati poi rilasciati, alcuni di loro risultano ancora in stato di detenzione; in particolare il MLDH segnala che Mrs Kingkèo (39 anni), Mr Soubinh (35 anni), Mr Souane (50 anni), Mr Sinpasong (43 anni) e Mr Khamsone (36 anni) arrestati a Hong Phon, Mr. Nou (54 anni) arrestato a Pakkading, Miss Somchit (29 anni), Mr Somkhit (28 anni) e Mr Sourigna (26 anni) arrestati a Vientiane, sono tuttora detenuti e si comincia a nutrire forte preoccupazione per il destino di questi manifestanti;
le notizie di queste manifestazioni ed arresti sono state confermate da mezzi di informazione internazionali come Radio Free Asia (http://www.rfa.org/english/news/laos/detain-11032009192837.html?searchterm=None) -:
se il Governo intenda attivarsi nei confronti delle autorità laotiane, e all'interno dell'Unione europea, per chiedere formalmente e pubblicamente la liberazione di coloro che sono stati arrestati per avere manifestato, o cercato di manifestare, pubblicamente il loro pensiero come garantisce la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
quali siano i rapporti bilaterali tra l'Italia e la Repubblica popolare socialista del Laos, considerato che si tratta di un regime retto da un sistema monopartitico dominato dal Partito comunista del Laos.
(4-04883)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta orale:

RUVOLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'INFO/RAC è il centro regionale di attività d'Informazione e comunicazione della convenzione di Barcellona e componente del comitato esecutivo di coordinamento del piano d'azione mediterraneo (MAP) - programma ambiente nazione unite (UNEP). È stato istituito a Palermo nel 1993 dai 21 Governi mediterranei e dalla Commissione europea aderenti alla convezione di Barcellona. Gestito dalla regione siciliana, con il supporto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare italiano;
nel marzo 2007 la Giunta regionale siciliana ha deliberato un co-finanziamento di 800 mila euro per la partecipazione al progetto «Fondo Mondiale per l'ambiente (GEF) Partenariato Strategico per il Grande Ecosistema Marino Mediterraneo», garantendo al Centro regionale di attività d'informazione e comunicazione della Convenzione di Barcellona (INFO/RAC) un finanziamento UNEP di circa 4 milioni di euro;
nell'ambito di questo progetto l'INFO/RAC di Palermo era stato incaricato di ideare e realizzare la strategia di informazione e comunicazione, in quanto con il suo operato ha contribuito all'apporto di notevoli benefici sia a livello locale che nazionale, essendo l'unico Centro del programma ambiente delle nazioni Unite presente in Italia;
a distanza di 3 anni il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha deciso di cambiare radicalmente quanto già stabilito, sostituendo la regione Sicilia nel progetto GEF-LME e dirottando i 4 milioni di euro all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) di Roma, lasciando senza copertura quanto assunto dal centro regionale siciliano;
il trasferimento di tutte le funzioni internazionali, svolte dal centro di Palermo per la convenzione di Barcellona, rischia di vanificare quanto svolto dall'INFO/RAC negli ultimi 17 anni e creare un vulnus alla regione siciliana che sta assistendo all'ennesimo scippo da parte del Governo;
l'ISPRA di Roma ha già ricevuto 5 milioni di euro dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, oltre ai 4 previsti dal GEF, per espletare le summenzionate attività, determinando una duplicazione dei finanziamenti deliberati e delle stesse obbligazioni già assunte dal entro di Palermo, che ne detiene tutti i diritti e le competenze -:
se sia a piena conoscenza della vicenda e dell'ingente nocumento che si sta arrecando alla regione siciliana, e se non ritenga urgente valutare ogni iniziativa in suo potere al fine di bloccare il trasferimento delle funzioni dall'INFO/RAC centro regionale siciliano all'ISPRA di Roma, ripristinando il ruolo dell'ente nell'ambito della Convenzione di Barcellona, nel progetto GEF-LME e nel processo dell'Unione per il Mediterraneo.
(3-00748)

PALOMBA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata presentata da parte della Is Arenas Renewables Energies s.r.l. (sede: Bosa, 08013, via Azuni n. 23) un'istanza (19-21 maggio 2009, prot. ricezione n. 3685) al compartimento marittimo di Oristano relativa ad una concessione demaniale sessantennale per la realizzazione di una centrale eolica off shore composta da 80 torri eoliche alte 130 metri (100 sopra il pelo dell'acqua), 320 MW di potenza massima, area di 21.698.062,00 metri quadrati nel mare territoriale (da 2 a 8 km. dalla costa) del Sinis e 450 metri

quadrati sul demanio marittimo; davanti al litorale di Is Arenas, Su Pallosu, S'Archittu, nei Comuni di San Vero Milis, Narbolìa, Cuglieri (Oristano);
l'istanza è stata formulata ai sensi degli articoli 40, comma 1, della legge n. 146 del 1994 e successive modifiche ed integrazioni e 5-58 del decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 1952 e successive modifiche ed integrazioni, nonché pubblicata con avviso del 9 settembre 2009 ai sensi dell'articolo 18 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 328 del 1952 e s.m.i.);
la realizzazione di una centrale eolica off shore su un ambito marino così vasto (quasi 22 mila ettari) comporterebbe necessariamente l'interdizione di qualsiasi pubblico uso del mare, la pesca, la navigazione da diporto per lungo tempo con pesantissimi effetti negativi per la collettività;
l'energia attualmente prodotta nel territorio regionale supera di gran lunga il fabbisogno della Sardegna contenuto nel PEARS (modificato con deliberazione Giunta regionale n. 66/24 del 27 novembre 2008);
in ogni caso, la realizzazione di centrali eoliche in aree marine è assoggettata al preventivo e vincolante (articolo 29 del decreto legislativo n. 15 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni, legge n. 99 del 2009) procedimento di valutazione di impatto ambientale (articolo 20 decreto legislativo n. 152 del 2006 e successive modifiche ed integrazioni, allegato II, punto 7-bis);
l'intervento è parso mostruoso alle popolazioni ed alle istituzioni del territorio per il suo enorme potere impattante in un luogo di suggestiva bellezza, tale da porre in serio pericolo le attività di carattere turistico del territorio, a tale vocazione altamente destinato -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto esposto;
quali iniziative intendano porre in essere e quali provvedimenti intendano attuare per inibire il rilascio della concessione demaniale de quo per i motivi sopra esposti, in particolare con la considerazione che l'atto concessorio potrebbe esser inefficace in assenza di legittimo provvedimento di positiva compatibilità ambientale conclusivo del procedimento di V.I.A. pur vincolando l'Amministrazione per un termine sessantennale.
(3-00753)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con delibera della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 1862 del 26 ottobre 1998 si provvedeva ad impegnare a favore del comune di Castelvetro Piacentino (in provincia di Piacenza) la somma di 2.900.000 di vecchie lire, assegnata dal Ministero dell'ambiente, per l'attuazione dell'intervento 115 (P.T.T.A. 1994-1996) relativamente a lavori di risanamento bacino idrografico Cavo Fontana (secondo lotto);
il servizio affari generali, giuridici e programmazione finanziaria della regione Emilia-Romagna con nota protocollo generale 2008.167388 dell'8 luglio 2008 rendicontava al Ministero dell'ambiente, della tutela del territorio e del mare la documentazione di spesa, comprensiva di tutti gli atti amministrativi e contabili del collaudo al fine di ottenere il saldo dovuto;
a tutt'oggi il saldo in questione non è stato ancora erogato alla regione Emilia-Romagna e, conseguentemente, la stessa è nell'impossibilità di versare al comune di Castelvetro Piacentino l'importo allo stesso dovuto, con la spiacevole situazione che per detto ultimo ente è imminente la citazione in giudizio da parte dell'azienda

che ha eseguito i lavori e che reclama il pagamento delle rimanenti spettanze (circa 36.000 euro) -:
se e quali urgenti iniziative intenda assumere al fine dell'erogazione alla regione Emilia-Romagna dell'importo alla stessa dovuto in relazione alla vicenda in premessa descritta.
(5-02044)

TOMMASO FOTI.- Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - permesso che:
da parte del gruppo guardie ecologiche volontarie di Legambiente di Parma è stato segnalato alle competenti autorità locali, con nota del 14 luglio 2009, protocollo 151/09, che alla sorgente della fonte dei Filastro (nel comune di Bedonia, in provincia di Parma) sono ubicati un bacino per acquedotto pubblico e altro bacino mai utilizzato (ex progetto Norda) dove l'acqua che fuoriesce potrebbe a breve essere incanalata in due tubi in PVC già posizionati al suolo, dei quali uno della larghezza di 16 pollici;
l'eventuale captazione della detta acqua causerebbe il prosciugamento del ruscello che alimenta il rio di Garibrando che corre, prevalentemente, nel comune di Bardi (sempre in provincia di Parma);
già in passato è stato realizzato nella zona, segnatamente a Rio del Fello, nell'area di Prato delle valli in Liveglia (sempre in comune di Bedonia), un impattante manufatto in cemento per captare un impercettibile filo d'acqua;
l'eventuale realizzazione di un nuovo bacino esterno per il prelievo dell'acqua nell'area prospiciente la detta fonte dei Filastro altro non farebbe che peggiorare, sotto il profilo dell'impatto ambientale, la situazione -:
se intenda assumere dai competenti enti adeguate informazioni in relazione ai fatti suesposti, anche al fine di verificare se l'eventuale realizzazione di ulteriori derivazioni d'acqua nella zona interessata sia compatibile o meno con l'ambiente circostante.
(5-02046)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Val Basento in Basilicata risulta aver ospitato sin dai primi anni sessanta e fino alla fine degli anni settanta industrie che producevano clorosoda, cloruro di vinile, polivinile cloruro (PVC);
successivamente, il sito dell'area industriale delta Val Basento è stato individuato quale sito da bonificare con l'articolo 14 della legge 31 luglio 2002, n. 179. Sei i comuni lucani coinvolti: Ferrandina, Miglionico, Pisticci, Pomarico, Grottole e Salandra;
nel 2003 è stato approvato il piano di caratterizzazione preliminare dell'area in cui è insediata la Mythen Spa, dal quale emerge «un diffuso stato di contaminazione della falda»;
tuttavia, in base a quanto si legge sul sito della Mythen, «nel dicembre del 2002, la società acquisisce il sito industriale di Ferrandina in provincia di Matera. Lo stabilimento è acquisito dal curatore fallimentare della società IRS ed è inattivo da circa 8 anni. Il sito è dotato di tutte le infrastrutture necessarie e di apparecchiature idonee per essere riconvertite alle produzioni che Mythen intende intraprendere ed essere affiancate alle nuove apparecchiature e macchinari. I primi dieci mesi del 2003 sono dedicati alla riattivazione dello stabilimento ed all'ottenimento delle autorizzazioni necessarie all'esercizio. Nel mese di ottobre 2003 viene avviata la produzione di olio di soia epossidato che subito si traduce in un buon ingresso sul mercato»;

lo stabilimento Mythen/Ecoil, nell'ambito dell'attuazione dell'accordo di programma Val Basento e della legge n. 488 del 1992, ha ricevuto un finanziamento per oltre 45 miliardi di vecchie lire per realizzare, nell'area di Pisticci e di Ferrandina, un'attività industriale finalizzata al recupero di oli esausti e di prodotti chimici;
questo nonostante le attività si presentassero (e si presentino) particolarmente inquinanti e in Basilicata esista una normativa che vieta l'importazione e il transito di materiale, quali scorie o altri tipi di rifiuti anche della filiera chimica;
la Mythen risulta collocata in uno scalo ferroviario con una tratta che, partendo dal porto di Taranto, può consentire di far arrivare migliaia di tonnellate di rifiuti liquidi provenienti da tutta Europa presso lo stabilimento;
questo stabilimento è stato inserito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare tra gli stabilimenti suscettibili di causare incidenti rilevanti in base ad un aggiornamento dell'ottobre 2007;
nel novembre del 2008, l'assessore all'ambiente della regione Basilicata, Vincenzo Santochirico, dopo un incontro con il management della Mythen, parla di «criticità che non agevolano la produzione, come ad esempio la mancanza della rete fognante»;
da quanto risulta da una video-inchiesta a cura di Maurizio Bolognetti e pubblicate sul sito Fai Notizia (http://www.fainotizia.it/video/video-inchiesta-sulla-val-basento) risulta inoltre che dall'impianto Mythen parte un tubo che scarica sostanze inquinanti direttamente nel Basento;
come a Tito Scalo, anche a Ferrandina e nell'intera Val Basento la bonifica langue e i piezometri da cui dovrebbe essere prelevata l'acqua per monitorare lo stato di salute della falda sono arrugginiti;
la Metapontum Agrobios (società interamente partecipata dalla regione Basilicata e che ha dato il suo contributo alla caratterizzazione geochimica del sito di interesse nazionale della Val Basento realizzato nel 2006) risulta legata alla Mythen Spa ed esiste un contratto di sperimentazione sempre del 2006;
ad avviso degli interroganti tra la Metapontum Agrobios e la Mythen esiste una situazione di conflitto di interesse;
come ricordato nell'interrogazione 4/04052 nella Val Basento, che è sito di bonifica di interesse nazionale e dove la provincia di Matera, priva di centraline di rilievo della qualità dell'aria, non risulta dotata di un piano di risanamento della qualità dell'aria, è prevista la realizzazione di due grosse centrali a gas di Salandra (400 mw) e di Pisticci (800 mw) ed il progetto Geogastock del megastoccaggio di un miliardo di metri cubi di gas russo da «stipare» nei pozzi esauriti di metano tra Salandra e Ferrandina, progetto quest'ultimo che interesserà aree agricole limitrofe a «siti d'interesse nazionale» e «zone di protezione speciale» della Val Basento, di cui si prevede il cambio di destinazione d'uso, prefigurando di fatto l'ampliamento della limitrofa area industriale, senza che siano state approvate varianti al piano regolatore industriale, permettendo così una deregolamentazione della pianificazione del territorio -:
se i Ministri interrogati siano al corrente dei fatti e dei dati sopra riportati;
per quali ragioni si sia consentito allo stabilimento Mythen di insediarsi proprio all'interno del sito di bonifica di interesse nazionale;
per quali ragioni si siano concessi i finanziamenti ex legge n. 488 del 1992, anziché utilizzarli per altre imprese;
se e quali iniziative intendano assumere per verificare quali materiali vengono trattati presso lo stabilimento Mythen;
quali iniziative intendano adottare in merito all'assenza nell'impianto Mythen di una rete fognaria e di un impianto di depurazione.
(5-02048)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito www.altreconomia.it dal 2003 la Val Basento ha assistito allo smaltimento di circa 351 mila tonnellate annue di rifiuti provenienti da altri stabilimenti meccanici e petrolchimici italiani, tra gli altri, in esercizio a Priolo, Gela, Taranto, Porto Torres, Macerata, Casoria, Modena e San Donato Milanese. I casi che destano maggiore preoccupazione, sono quelli, tra gli altri, della società Semataf, del gruppo Castellano: nei documenti ufficiali si parla di 218 tonnellate di scarti pericolosi (fanghi e rifiuti di perforazione) ricevuti dall'Eni di Potenza e Foggia, mentre alla voce «destinazione» si citano 228 tonnellate spedite alla sede Semataf di Guardia Perticara. Dieci tonnellate in più di rifiuti pericolosi di cui non si conoscerebbe la provenienza. Per quanto riguarda i fanghi di perforazione contenenti cloruri, invece, dall'Eni di Potenza sarebbero partite 1.262 tonnellate e ne sarebbero ufficialmente arrivate 1.101, con un disavanzo di 161 tonnellate. Nei documenti relativi alle attività della società Tecnoparco la situazione non sarebbe migliore: nel 2006, si dichiara di aver ricevuto 43.000 tonnellate di soluzioni acquose di scarto dalla Semataf che, invece, dichiara di averne spedite a Tecnoparco circa 1.100. In dieci anni, il flusso di rifiuti stimato è pari a 3,5 milioni di tonnellate, con l'incremento - più volte riportato dalla stampa locale - di smaltimenti e discariche illegali;
la sede dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente di Matera risulta di proprietà del gruppo Castellano al quale l'Agenzia ambientale, ad avviso degli interroganti, paga un affitto fuori mercato -:
se i Ministri interrogati siano al corrente di questa situazione e se ritengano che in Basilicata vi siano condizioni tali da assicurare la realizzazione di importanti opere quali le due grosse centrali a gas di Salandra (400 mw) e di Pisticci (800 mw) e la realizzazione del progetto Geogastock nel rispetto dell'ambiente e del diritto alla salute dei cittadini.
(5-02049)

AMICI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il lago di Paola è parte di un'area di grande pregio ambientalistico e paesistico compresa nel Parco Nazionale del Circeo ed è pertanto soggetto alle disposizioni della legge 1991, n. 394 («legge quadro sulle aree protette») che sanciscono espressamente l'esclusiva competenza dell'Ente parco a disciplinare le attività esercitabili nelle aree protette, oltre a quella relativa all'emanazione degli strumenti di regolamentazione e pianificazione (il regolamento del parco e il piano del parco);
inoltre sul lago di Paola sussistono una serie di vincoli a livello internazionale: è incluso nell'elenco dei Siti di importanza comunitaria (Direttiva Habitat 92/43/CEE) con decisione della Commissione 2006/613/CE del 14 luglio 2006; è stato designato quale zona di protezione speciale ai sensi della direttiva uccelli 79/409/CEE; è stato dichiarato con decreto ministeriale 16 giugno 1978 zona umida di importanza internazionale ai sensi della Convenzione di Rasmar;
con riferimento al quadro normativo sopracitato la Regione Lazio, con deliberazione del 30 luglio 1999, n. 4484, ha adottato le norme tecniche di attuazione dei Piani territoriali paesistici, ambito n. 13 («Terracina, Ceprano, Fondi»), dove all'articolo 28 vieta espressamente la navigazione a motore del lago di Paola, mentre è consentita la pesca ed altri generi di navigazione;
il decreto del Presidente della Repubblica 4 aprile 2005 «Istituzione dell'Ente Parco del Circeo» non definisce specifiche

misure di salvaguardia ma stabilisce che siano proprio le previsioni del piano territoriale paesistico della regione Lazio ad assumere tale valore fino ad approvazione del regolamento del parco e del piano del parco (articolo 1, comma 5);
il 13 giugno scorso il sindaco del comune di Sabaudia, Maurizio Lucci, con ordinanza sindacale urgente e contingibile (n. 7/2009), emanata ai sensi dell'articolo 54 del T.U.E.L., ripristinava la navigabilità a motore del Lago di Paola;
l'ordinanza veniva annullata dal Prefetto di Latina, dottor Bruno Frattasi, in quanto non era stata rispettata la corretta procedura dell'ordinanza stessa, assunta dal sindaco in qualità di ufficiale di Governo, che deve essere preventivamente comunicata al Prefetto;
il divieto di navigazione a motore veniva in seguito confermato dalla nota del Procuratore della Repubblica di Latina prot. n. 643/09/M del 18 giugno 2009, dalla nota del Ministero ambiente e della tutela del territorio e del mare, Direzione generale per la protezione della natura, prot. DPN-2009-13360 del 22 giugno 2009 e dalla nota della regione Lazio, dipartimento territorio, prot. D2/133855, del 10 luglio 2009;
veniva pertanto a costituirsi presso la prefettura di Latina un tavolo istituzionale per la disamina delle questioni attinenti all'utilizzo del Lago di Paola, riunitosi nelle giornate del 1, 15 e 29 luglio 2009, che prendeva atto e si conformava all'indirizzo espresso dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, direzione generale per la protezione della natura, con la nota del 22 giugno 2009;
la nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha rammentato come sia da ritenere sussistente sotto il profilo ambientale il divieto di navigazione del Lago di Paola in forza del piano territoriale paesistico della regione Lazio strumento destinato alla regolamentazione interinale del sito fino all'approvazione del piano dell'ente parco e del regolamento esecutivo previsti entrambi dalla legge n. 394 del 1991 sulle aree protette;
alla conclusione dei lavori del tavolo istituzionale veniva raggiunta una intesa tra il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la regione Lazio per l'attuazione di un programma integrato di tutela e valorizzazione dell'ambiente nel territorio del parco nazionale del Circeo;
nonostante tali posizioni, il comune di Sabaudia ha fatto ricorso al tribunale superiore delle acque pubbliche contro il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per l'annullamento delle note dell'ente parco del Circeo n. 1527 del 6 maggio 2009 e n. 1631 del 13 maggio 2009, aventi ad oggetto chiarimenti sul divieto di navigazione a motore sul lago di Paola, per veder sancita l'insussistenza di tale divieto e l'incompetenza dell'ente parco a disciplinare le attività esercitabili sul lago di Paola;
con ordinanza del 7 agosto 2009, il tribunale superiore delle acque pubbliche ha accolto, in via cautelare, il ricorso proposto dal comune di Sabaudia, e invitava pertanto l'amministrazione comunale a stabilire entro 90 giorni, con propria delibera, gli obbiettivi da conseguire tramite Regolamento ed a convocare a riguardo l'apposita conferenza dei servizi;
il 19 ottobre il sindaco di Sabaudia ha sottoposta al Consiglio comunale una proposta di deliberazione per la regolamentazione della navigazione del lago di Paola che prevede una serie di casi in cui sarà possibile navigare con motori a combustione interna sul lago, tra cui anche lo sci nautico;
contro l'ordinanza del tribunale delle Acque pubbliche è stato presentato reclamo da parte dell'ente parco e dalla comunione eredi Scalfati, entrambi i respinti con ordinanza del 22 ottobre 2009, sostenendo che: «il divieto di navigazioni all'articolo 28 del Piano territoriale paesistico

numero 13 non risulterebbe confermato nell'articolo 6 della legge regionale n. 24 del 1998, e in ogni caso la libertà di navigazione dei natanti a motore sarebbe destinata a venir meno «con l'adozione di una regolamentazione organica della materia». Il Collegio ha rinviato la trattazione nel merito all'udienza fissata per il 9 dicembre 2009;
la legge regionale n. 24 del 1998 alla quale fa riferimento il tribunale superiore delle acque non considera espressamente il divieto di navigazione a motore nel lago di Paola in quanto lo stesso è contenuto nelle norme tecniche di attuazione del Piano territoriale paesistico ambito n. 13 emanate l'anno dopo, cioè nel 1999. Inoltre, l'articolo 6 della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 non tratta della materia in quanto il riferimento non è corretto, essendo oggetto di tale articolo la protezione delle coste dei laghi, ossia la terraferma costeggiante gli specchi lacustri (e non la superficie acquea degli stessi) -:
se il Ministro dell'interno non ritiene che la anomala situazione in cui versa il Lago di Paola possa essere inquadrata, vista la prossimità dell'area, nelle vicende di abusi e illegalità legati alla presenza delle cosche calabresi e della mafia in zona pontina e se non ritenga che a seguito della situazione di grande pressione mediatica sul possibile sfruttamento dell'area non via sia un rischio reale per le persone che si oppongono a tali progetti speculativi e per la loro incolumità, anche alla luce delle denunce presentate alla Direzione investigativa antimafia;
se il Ministro della giustizia non ritenga opportuno assumere iniziative ispettive in merito alle numerose denunce che da oltre dieci anni sono state inoltrate alla procura di Latina per fermare l'abusivismo all'interno del Parco nazionale del Circeo e sul Lago di Sabaudia, per evidenziare eventuali omissioni o carenze;
quali iniziative, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda mettere in atto per salvaguardare il proprio ruolo nella rappresentanza e difesa del Lago di Paola, quale area protetta ai sensi della legge n. 394 del 1991 e quali progetti intenda mettere in atto per ripristinare le aree devastate dagli abusi, anche al fine di non incorrere nelle procedure di infrazione previste dall'Unione Europea a seguito di un declassamento dell'area;
se, infine, ritenga che il protocollo d'intesa con la regione Lazio sarà sottoscritto in forma definitiva in tempi ragionevoli, in modo da poter costituire una pietra miliare per l'avvio di uno sviluppo ecocompatibile nell'area del lago di Paola, in contrasto con gli interessi poco chiari che si sono manifestati negli ultimi anni.
(5-02064)

Interrogazioni a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la puntata del settimanale Report in onda domenica 11 ottobre 2009 ha riportato all'attenzione un tema noto, quello dell'abusivismo edilizio. In particolare, il caso preso in esame è quello di Afragola, comune in provincia di Napoli, per metà costruito abusivamente. Interi quartieri sorti senza i necessari permessi, nei quali gli abitanti stessi hanno provveduto alla realizzazione di strade, fognature e persino all'installazione di cabine elettriche. Anche dopo l'ultimo condono del 2003 si è continuato a costruire abusivamente, così ora 900 palazzine (per 1500 unità abitative) rischiano l'abbattimento;
da un lato costruire abusivamente appare essere un «fatto culturale»: l'abuso viene giustificato dalla necessità avvertita di dare ala propria famiglia un'abitazione di proprietà; dall'altro, la responsabilità va ricondotta anche alla politica locale che non ha saputo programmare

un adeguamento del piano regolatore (vige infatti ancora quello del 1977);
la presenza di interi quartieri abusivi si scontra, in Italia, con l'esistenza di un cospicuo corpus di norme in ambito edilizio: per realizzare un qualsiasi intervento (anche minimo dentro casa) le regole da rispettare sono molte e difficili da applicare, i tempi per concludere l'iter lunghi ed elevati gli oneri da sostenere (diritti di segreteria, bolli). In Germania, invece, dove le norme sono poche, chiare ed inflessibili, la burocrazia à ridotta, mentre elevati sono i controlli, si registra, da parte delle persone, un sostanziale rispetto delle regole;
affrontare il problema delle costruzioni abusive comporta un enorme sperpero di risorse ed energie: poiché, nei cantieri sequestrati, i sigilli vengono violati ed i lavori proseguono, l'unico rimedio realmente efficace risulta quello del piantonamento, che prevede la costante sorveglianza dei cantieri 24 ore al giorno da parte della polizia giudiziaria. Tuttavia, questa misura non è applicabile, dato che l'elevato numero degli abusi presenti in città (circa un migliaio) richiederebbe il dispiegamento di un ingente quantitativo di personale. Sarebbe, inoltre, nei poteri del comune ordinare, entro 90 giorni dal sequestro, la demolizione a spese dell'abusivo;
tuttavia questo non accade, con la conseguenza che l'immobile diventa di proprietà del comune, che dovrebbe anticipare le spese dell'abbattimento. Mancando però i fondi, per evitare di indebitarsi (e non sapendo inoltre dove collocare le circa 1000 persone che rimarrebbero senza casa), la scelta effettuata sembra essere quella di lasciare le case ai proprietari e farsi pagare l'affitto, anche se, anche in tal senso, finora nulla è stato fatto. Il comune peraltro, una volta divenuto proprietario, dovrebbe sostenere le spese e fare i lavori per ottenere l'abitabilità;
accanto ai problemi di ordine economico, occorre anche sottolineare come l'abusivismo edilizio ponga seri problemi in termini di sicurezza. Le case in questione infatti sono state costruite dagli stessi proprietari in economia, oppure da imprese improvvisate, senza rispettare (in tutto o in parte) le norme in tal senso vigenti. In alcuni casi, inoltre, la polizia giudiziaria avanza addirittura dubbi in merito al cemento utilizzato. È evidente come un tale scenario ponga importanti interrogativi su quanto potrà accadere in questi territori in caso di catastrofi naturali quali si sono recentemente verificate nel nostro Paese (terremoti ed alluvioni) e su chi dovranno ricadere le responsabilità;
come espresso dallo stesso sindaco di Afragola, il problema dell'abusivismo non riguarda soltanto tale comune, ma tutta la provincia di Napoli, la regione Campania e, più in generale, tutto il meridione -:
quali misure i Ministri intendano adottare al fine di garantire la piena salvaguardia di tutto il territorio italiano dal dilagante fenomeno dell'abusivismo edilizio;
se i Ministri intendano velocizzare l'iter di attuazione del cosiddetto piano casa varato con decreto-legge dall'attuale Governo al fine di snellire le procedure burocratiche atte alla costruzione, nonché alla modifica di una casa;
se i Ministri intendano assumere iniziative di carattere normativo a garanzia dei cantieri e per rendere più rigida la disciplina antisismica in ambito edilizio.
(4-04872)

MIGLIORI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
desta preoccupazione la situazione riguardante la qualità delle acque del fiume Sieve, affluente dell'Arno, soprattutto nella parte finale del suo corso;
sono state più volte segnalate all'ARPAT la presenza di liquami, presumibilmente non depurati sul fondo del letto del fiume;

quali iniziative si intendono assumere, stanti le competenze in materia dell'autorità di bacino dell'Arno, per garantire livelli ambientali accettabili all'intero corso del fiume Sieve;
se, in relazione alle reiterate segnalazioni relative al fiume Sieve, non ritenga opportuno disporre un accertamento, a cura del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente, in modo da chiarire le cause e le eventuali responsabilità in relazione alle vicende ricordate in premessa.
(4-04914)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta scritta:

MELANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
La Repubblica del 23 ottobre 2009 riporta la notizia di una trattativa in corso per la vendita tra privati del cosiddetto Archivio Vasari;
dalle fonti giornalistiche si apprenderebbe che acquirente del fondo sarebbe una società con sede nella Repubblica federale tedesca;
il sindaco di Arezzo, onorevole Giuseppe Fanfani, ha reso noto che gli è stata notificata in data 15 ottobre 2009 la comunicazione che, rendendolo edotto, di tale trattativa lo informa della sua facoltà di esercitare diritto di prelazione;
non è nella disponibilità del comune di Arezzo una somma tale (150 milioni di euro) che consenta di esercitare suddetta prelazione;
il «fondo Vasari» rappresenta non solo un bene attinente al patrimonio storico-artistico italiano di inestimabile valore, ma anche uno strumento unico e prezioso per la comprensione di tutto il Rinascimento;
nel 2011 ricorrerà il cinquecentesimo anniversario della nascita di Vasari, anniversario che darà occasione a numerosissime celebrazioni artistiche nazionali e internazionali -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare per evitare che l'«archivio Vasari» venga trasferito nella disponibilità di soggetti non italiani.
(4-04833)

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel territorio del comune di Guidizzolo in provincia di Mantova, in posizione strategica a metà strada fra Mantova e Brescia, è localizzato il bellissimo Oratorio di San Lorenzo, romanico-gotico del XII secolo, che presenta al suo interno un ricco ciclo di affreschi risalenti al 1400, 1500 e 1600. La chiesa fu officiata dai Padri Eremiti di S. Maria di Gonzaga, poi dai monaci Olivetani ed alla fine del 1700 l'Oratorio divenne proprietà dei conti Rizzini che vollero porvi la cripta funeraria di famiglia;
nel 1995 il comune di Guidizzolo acquistò l'oratorio dagli ultimi eredi Rizzini;
l'oratorio grazie ad un attento e meticoloso restauro è oggi restaurato e viene anche utilizzato per concerti di musica e spettacoli di teatro. L'edificio è di matrice romanica con influenze gotiche, la struttura architettonica, che presenta una forma a capanna, è infatti semplice e lineare. All'esterno gli unici elementi decorativi sono il campaniletto pensile e il fregio che orna il sottogronda. L'interno è ad aula unica con tetto a capriate; la zona presbiteriale, di forma rettangolare, è divisa dalla navata con un arco ogivale. Il coro ospita l'altare maggiore, decorato da un paliotto seicentesco; questo raffigura San Lorenzo, protettore della chiesa, rappresentato anche nella statua lignea posta nella nicchia sopra l'altare;

l'oratorio è oggi aperto al pubblico in determinate circostanze concomitanti con eventi, mostre o spettacoli appositamente organizzati;
il comune di Guidizzolo, guidato dal sindaco Graziano Pelizzaro, è attento ed attivo nel senso della riscoperta del patrimonio storico, architettonico ed artistico -:
quali iniziative il Ministero, eventualmente anche per il tramite della sovrintendenza ai beni artistici ed architettonici, intende attuare ai fini di agevolare e sostenere il recupero e la fruizione dello straordinario bene costituito dall'Oratorio di San Lorenzo in comune di Guidizzolo (Mantova).
(4-04838)

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero per i beni e le attività culturali sta molto ben operando nel sostegno alle grandi e piccole realtà architettoniche del Paese, valorizzando le eccellenze di tutto il territorio;
il comune di Adro (Brescia) è una bella località del bresciano di circa 6.000 abitanti, inserita nella splendida cornice della Franciacorta, tra il Lago d'Iseo e il Monte Alto, dalla cui cima si può ammirare uno straordinario panorama;
importantissimo e straordinario è il patrimonio architettonico del paese di Adro, costituito dalla torre e dai ruderi del castello medievale, dal settecentesco palazzo Bargnani-Dandolo, sede del municipio, dall'adiacente chiesa Bargnani, dal santuario della Madonna della Neve, dalla quattrocentesca chiesetta di Santa Maria in Favento con splendidi affreschi cinquecenteschi e seicenteschi, dalla cinquecentesca chiesa di Santa Maria Assunta, dalla settecentesca chiesa parrocchiale;
recentemente il comune di Adro ha acquistato un edificio storico denominato «culumberot», che intende concedere a titolo gratuito al Gruppo alpini di Adro perché possano, con un piccolo investimento iniziale, realizzarvi la loro sede gestendola in futuro senza costi d'affitto e supportando in tal modo un'intensa attività del Gruppo alpini dai molteplici risvolti sociali, turistici ed ambientali;
recentemente il comune di Adro ha acquistato anche il cosiddetto «Tir», edificio usato come poligono di tiro dalla famiglia Maselli Dandolo e precedentemente in uso al demanio, destinato anch'esso a un uso pubblico -:
se il Ministro sia a conoscenza dell'importanza del patrimonio del comune di Adro (Brescia) e quali iniziative il Ministero per i beni e le attività culturali, anche per tramite della locale soprintendenza, abbia attuato finora a sostegno di detto patrimonio;
se e come il Ministro intenda supportare il comune di Adro, sia dal punto di vista economico, sia da quello del sostegno promozionale, tecnico e storico, nello sforzo di mantenere e se possibile ampliare il patrimonio architettonico.
(4-04845)

REGUZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di commemorare e celebrare adeguatamente la memoria di Alda Merini, poetessa milanese di tale levatura culturale da rendere inadeguata ogni parola di apprezzamento.
(4-04849)

BORGHESI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'ultima settimana del mese di ottobre 2009 sono comparsi n. 34 parcheggi giallo-blu (colori riservati alle auto dei residenti) attorno all'Anfiteatro Arena di Verona;
l'assessore all'urbanistica, in accordo con il sindaco, spiega che tali parcheggi sono indispensabili per i cittadini e si

chiede come mai la sovrintendenza abbia bocciato l'iniziativa considerando che nel 2005 non hanno contestato i n. 12 stalli riservati ai consiglieri comunali;
è, secondo l'interrogante, di per sé scandaloso che in una delle piazze italiane più significative a livello culturale si prevedano stalli riservati ai consiglieri comunali;
è discutibile la giustificazione che gli stalli sarebbero indispensabili per i residenti, poiché vi sono in zona adiacente centinaia di stalli gestiti dal Comune e che potrebbero essere utilizzati allo scopo;
appare all'interrogante che l'approccio alla politica culturale da parte di questa amministrazione sia particolarmente criticabile e di modesto livello;
si pensi al riguardo che il sindaco di Verona, Flavio Tosi, in occasione di scavi durante i quali emersero reperti storici di epoca medioevale, ebbe a dichiarare che si trattava di «quattro sassi» -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga di dover intervenire al fine di verificare se siano state rispettate le competenze della Sovraintendenza ai beni artistici considerato il valore storico del luogo e, pertanto, se non ritenga di chiedere l'immediata cancellazione di tutti i 46 parcheggi per un giusto decoro e rispetto ai fini della fruibilità ad opera di rilevante valore culturale.
(4-04860)

MELANDRI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero per i beni e le attività culturali, con decreto n. 4705 del 2009, ha annullato il precedente decreto del 17 gennaio 1986 sulla commode Antoine-Robert Gaudreaus, 1744 con piano in marmo, rivestimento in lacche giapponesi e finiture in bronzo dorato, di proprietà E. J. Safra Philantropic Foundation;
con tale decreto il Direttore generale del Ministero ha rimosso il vincolo di non esportabilità che gravava su detto bene;
per quanto risulta all'interrogante il decreto in questione sarebbe stato emesso in contrasto con il parere reso dall'ufficio legale del Ministero per i beni e le attività culturali che riconosceva la permanenza del vincolo di non esportabilità;
ad avviso dell'interrogante, il patrimonio artistico italiano subirebbe un danno non solo dalla specifica esportazione della commode Antoine-Robert Gaudreaus, 1744 con piano in marmo, rivestimento in lacche giapponesi e finiture in bronzo dorato, di proprietà E. J. Safra Philantropic Foundation, ma anche dalla prassi che a partire da un simile caso potrebbe avviarsi -:
quale sia la strategia del Governo per tutelare il patrimonio artistico presente in Italia e quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per la tutela del bene in questione.
(4-04888)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino nella sua edizione dell'11 ottobre 2009 ha pubblicato un articolo intitolato «Santa Croce al Mercato, cede la cupola restaurata»;
nel citato articolo, la giornalista Rosanna Borzillo racconta che la chiesa di Santa Croce al Mercato «fu costruita nel 1351 per ricordare la decapitazione di Corradino di Svevia. All'interno è conservato il ceppo, datato, con lo stemma dei cuoiai, sul quale il conciatore di pelli Domenico Punzo giustiziò Corradino. Fu proprio la corporazione dei cuoiai a deciderne l'erezione. Nel 1977, la chiesa di proprietà comunale, viene chiusa perché pericolante, le attività spostate alla vicina Sant'Eligio, le opere di Luca Giordano e di

altri artisti trasferite al Museo civico di Castel Nuovo. Da allora Napoli perde il suo gioiello»;
solo nel 2000 iniziano i lavori che, per la cifra stanziata, riescono a coprire il rifacimento della facciata esterna e della cupola. Ma trascorrono ancora due anni. Nel 2002, terminati i lavori esterni l'edificio di culto viene inserito nel bilancio di previsione del comune: ma la cifra per il completamento dei lavori è di 500mila euro, mai stanziati;
nel frattempo Santa Croce al Mercato sta subendo danni anche alla facciata restaurata e alla splendida cupola maiolicata -:
quali iniziative urgenti si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte della grave situazione sopra esposta e denunciata.
(4-04919)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca, gioiello trecentesco nel cuore di Napoli, da ben trent'anni risulta chiusa e inaccessibile;
la chiesa di Sant'Agostino alla Zecca riveste un indubbio patrimonio di carattere culturale: costruita da Carlo I d'Angiò, a ridosso di Forcella, conserva gli affreschi di Giacinto Diano, il pulpito in marmo di Porto Venere e le tombe del musicista settecentesco Niccolò Jommelli e del servo di Dio, Giovan Battista Jossa, usciere del tribunale ai tempi di Murat;
il 23 novembre 2008, il ministro per i beni e le attività culturali in una visita con il cardinale Sepe, stanziò un milione e seicentomila euro per portare avanti i lavori di restauro e restituire la chiesa al territorio;
il finanziamento, a detta del professor Salvatore Castiello, presidente del comitato Sant'Agostino alla Zecca, non copre comunque le spese per il restauro del campanile e delle catacombe, dove c'è la cripta, con le ossa venerate, così come venivano conservate alle Fontanelle -:
se non si ritenga di dover attribuire i fondi necessari, e quali iniziative si intendano sollecitare, promuovere e adottare per il completo restauro della chiesa di Sant'Agostino alla Zecca e così, finalmente, restituire l'edificio al suo territorio.
(4-04920)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione dell'11 ottobre 2009, ha pubblicato un allarmante reportage della giornalista Anna Maria Asprone, dall'emblematico titolo: «Chiese offlimits, la mappa dell'abbandono. Infiltrazioni d'acqua, soffitti crollati, degrado. A Napoli sono 250 i luoghi di culto inaccessibili»;
nella citata inchiesta si riferisce anche di un appello all'Unesco del «comitato portosalvo»: «Portare subito al sicuro le opere di pregio»;
oltre ai soffitti crollati, alle infiltrazioni, alla staticità degli edifici compromessa o modificata abusivamente, si denuncia incuria, degrado, abbandono in cui versano circa 250 chiese a Napoli: «Edifici religiosi sparsi soprattutto nel centro storico, spesso spogliati non solo delle opere d'arte che accoglievano da secoli ma anche del rispetto e della dignità che spetta ai luoghi di culto»;
la drammaticità della situazione è evidenziata, per esempio, dal recente crollo della chiesa di San Carlo alle Mortelle e dalla notizia della «messa in sicurezza» della chiesa di Santa Maria a Piazza in vico Scassacocchi a Forcella da parte del comune che ha diffidato la

Curia, proprietaria della chiesa, per i necessari lavori di consolidamento dopo il cedimento strutturale dell'edificio;
ci sono molte altre chiese a «rischio crollo» nel centro antico, e non si tratta solo di quelle chiuse dal terremoto del 1980 come Santa Maria in Vertecoeli che versa in pessime condizioni. Con i soffitti pericolanti ci sono anche la chiesa di San Biagio dei Caserti o quella di Santa Maria in Cosmedin. Stesso problema anche per la chiesa della SS. Trinità alla Cesarea. Problemi di staticità compromessa e parziale crollo del soffitto anche per la chiesa di Portosalvo mentre sorte ancora più anomala è toccata alla chiesa di Sant'Arcangelo a Baiano a Forcella, dove i volumi interni al corpo della chiesa sono stati modificati da costruzioni abusive che hanno trasformato il luogo di culto in un condominio con tanto di finestre e balconi con i panni stesi al sole;
il comitato Portosalvo, in seguito ad un'accurata ricerca effettuata dal professor Vincenzo Rizzo, storico dell'arte e consulente scientifico, ha redatto anche un elenco (corredato di foto) degli edifici religiosi a rischio o abbandonati in un preoccupante stato di degrado ed incuria: dai cornicioni pericolanti ai fili di panni stesi tra la chiesa e i palazzi di fronte fino ai cumuli di rifiuti e spazzatura accumulati davanti ai cancelli;
delle circa 430 chiese napoletane ben 250 le chiese risulterebbero «non in uso», cioè chiuse perché in grave stato di degrado;
esiste un programma di inventariazione, iniziato nel maggio del 2005, che prevede la schedatura di oltre 50mila opere che costituiscono il patrimonio storico-artistico dell'Arcidiocesi. A tutt'oggi sono stati schedati circa 24mila oggetti che appartenevano a 166 chiese. La catalogazione è affidata ad una società esterna, ed è realizzato con il contributo della Conferenza Episcopale italiana;
secondo il presidente del comitato Portosalvo, professor Antonio Pariante, la difficoltà maggiore per il recupero sta «nell'impossibilità di raccordare tutti gli enti interessati. Abbiamo rivolto più volte negli anni appelli a tutti i proprietari affinché tentassero una collaborazione e un'unità di interventi ma abbiamo anche sollecitato l'Unesco affinché si mettano in salvo, magari in un'unica struttura adeguata, tutte le opere d'arte contenute negli edifici religiosi abbandonati prima di perderle definitivamente» -:
se non ritenga di dover raccogliere l'appello lanciato dal comitato di Portosalvo, e, fatti salvi i legittimi diritti dei proprietari, di adoperarsi con iniziative urgenti perché siano subito portate al sicuro le opere di pregio che si dovessero trovare nelle chiese napoletane abbandonate attualmente al degrado, all'incuria, alle facili mire predatorie di malintenzionati;
quali urgenti iniziative il ministro intenda promuovere, sollecitare e adottare a fronte della grave situazione sopra denunciata.
(4-04924)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

PEZZOTTA. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
stante la precaria situazione logistica della sede del Comitato provinciale di Taranto, la Croce rossa italiana, anche in considerazione della propria natura giuridica, ha fatto richiesta d'uso e/o acquisto alla Marina militare (Comando in capo del Dipartimento militare marittimo dello Jonio e del Canale d'Otranto - Taranto), dell'ex stazione carabinieri per la Marina militare, sito nel comprensorio «Chiapparo» -:
se siano a conoscenza della richiesta del Comitato provinciale della Croce rossa

italiana di Taranto fatta allo Stato Maggiore delle Marina, ora titolare della disponibilità del bene;
se non ritengano, considerata la natura pubblicistica della Croce rossa italiana, la sua ausiliarietà alle Forze armate, la sua natura volontaristica certamente di interesse comunitario e di particolare attenzione al territorio, di agevolare tale richiesta che avrebbe anche il notevole vantaggio di valorizzare un patrimonio comunque pubblico.
(3-00747)

Interrogazione a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il mercato italiano della difesa sarà soggetto a radicali cambiamenti nell'ambito di un processo di trasformazione riguardante l'intero mercato europeo che ha come scopo principale il superamento della frammentazione del mercato europeo della difesa che rappresenta un limite sia per lo sviluppo delle capacità tecnologiche ed industriali europee, sia per la competizione con i grandi gruppi americani sul mercato internazionale;
il 5 dicembre 2007, la Commissione europea ha presentato un «Defence Package» contenente due proposte di direttiva, approvate tra il 2008 e 2009 e la cui pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea è avvenuta lo scorso aprile;
la prima direttiva è relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi nei settori della difesa e della sicurezza. Prevede le autorità appaltanti possano chiedere che i competitori indichino, nell'ambito di una quota fissata, la quota che intendono subappaltare a società esterne, fino al 30 per cento. Spetta alla società proponente dire se rispetta la quota ed in quale parte del programma intende effettuare subappalti. Questa direttiva si applicherà agli appalti che hanno come oggetto la fornitura di equipaggiamenti militari e sarà estesa anche all'acquisto di prodotti «sensibili». Riguarderà anche alcuni acquisti particolarmente sensibili nel settore della sicurezza non militare, in aree come la protezione delle frontiere. Le azioni di polizia e le missioni di gestione della crisi;
la seconda direttiva consente l'eliminazione degli ostacoli relativi ai trasferimenti intracomunitari del materiale. Prevede tre forme di autorizzazione: licenza generale, globale e individuale. La prima consentirà il trasferimento di tutti i prodotti selezionati da ciascun Paese negli altri paesi europei a condizione che siano utilizzati, la seconda permetterà il trasferimento di uno specifico elenco di prodotti tra specifiche società. La terza resterà limitata ad operazioni singole, soprattutto quelle che coinvolgono prodotti «sensibili». Ogni Paese sarà libero di fissare limitazioni alle esportazioni verso paesi non europei, ma delegandone la responsabilità al Paese in cui l'equipaggiamento viene integrato;
le direttive saranno introdotte nelle legislazioni nazionali entro due anni dalla pubblicazione e la seconda sarà applicata entro tre anni;
la direttiva dovrà essere recepita negli ordinamenti nazionali e potrà convivere con norme e procedure degli Stati membri a condizione che non ne contraddicano l'impostazione e i contenuti. Richiederà un forte impegno del Governo e dell'amministrazione: anche noi dovremo «europeizzare» la normativa nazionale;
la frammentazione del mercato europeo non è più compatibile con il mutato scenario europeo e internazionale. La Commissione europea ha dovuto riconoscete che la specificità del mercato della difesa richiedeva regole particolari; i Governi europei, hanno preso atto che le forze armate richiedono equipaggiamenti più avanzati al minor prezzo possibile e, quindi, un'industria più efficiente e competitiva; le imprese europee hanno accettato che è necessario avere un mercato di

riferimento continentale, anche se devono accettare una maggiore competizione sui mercati domestici;
a partire dal 2011 il mercato europeo della difesa cesserà di essere solo un auspicabile obiettivo per cominciare a diventare una realtà concreta -:
come il Governo intenda recepire il Defence Package presentato dalla Commissione europea;
se il Governo intenda assumere le opportune iniziative in relazione al Defence Package, al fine di giungere nei tempi e nei modi consentiti ad adeguare il nostro quadro normativo e a colmare le carenze nel settore difesa, per evitare, come spesso accade, di essere fra gli ultimi a recepire nel nostro ordinamento le decisioni assunte a livello europeo.
(4-04902)

TESTO AGGIORNATO AL 10 NOVEMBRE 2009

...

ECONOMIA E FINANZE

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'economia e delle finanze, il Ministro dell'interno, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
In relazione al recente scandalo a sfondo sessuale che ha coinvolto un esponente politico regionale di primo piano, molte sono le segnalazioni giunte all'interrogante che esprimono sconcerto in relazione all'immagine che viene diffusa (salvo poche eccezioni) dalla stampa e dai media in generale dei transessuali o trans gender (quelli che un tempo si chiamavano «travestiti»), dediti alla prostituzione;
è spesso rappresentata sui media una immagine di queste persone fatta di infanzie disperate, condizioni disagiate dell'immigrazione in una società ingrata e sfruttamento; persino il cliente lautamente pagante, nonché fornitore di droghe e procacciatore di feste è considerato uno sfruttatore;
la retorica è tale che la regione toscana ha predisposto nel 2007 una carta prepagata per transessuali disoccupati e dal 2006 ha deciso di erogare terapie ormonali gratuite, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, ai transessuali, cosa che appare all'interrogante del tutto inaccettabile;
dai pochi servizi non impregnati di retorica emergono, per quel che riguarda i transessuali o transgender dediti alla prostituzione in particolare sudamericani, volumi di affari nell'ordine di almeno 100.000 euro l'anno, appartamentini per single affittati in nero, ampi guardaroba ma soprattutto (qui sta la rilevante differenza con la prostituzione etero e minorile) impossibilità, ma probabilmente anche nessuna intenzione di cambiare vita;
entrambe le generalizzazioni fotografano un aspetto del problema senza inquadrarlo nella sua reale dimensione: esistono situazioni di sfruttamento, ma anche casi di elevatissimo tenore di vita, derivante da attività illecite; la discriminante sta nell'applicazione del principio della responsabilità penale personale e quindi nella valutazione caso per caso degli uffici competenti;
nel tentativo di approfondire il fenomeno l'interpellante ha esaminato la più recente relazione sul fenomeno della prostituzione, risalente al 2007;
sul fenomeno della prostituzione transessuale o transgender sono spese molte poche parole, che riguardano soprattutto l'origine dei soggetti dediti (gruppi centro sud-americani di lingua spagnola o portoghese spesso in conflitto tra loro) e le modalità con cui raggiungono il nostro Paese;
ne emerge un quadro molto approssimativo, dal quale risulta che il 5 per cento delle persone che si prostituiscono sono transessuali e meno dell'1 per cento sono dei travestiti mentre lo sfruttamento da parte di altri soggetti è relativo rispetto ad altre forme di prostituzione;

nessun dato è offerto riguardo al numero dei transessuali che si prostituiscono, il volume di affari che essi generano e la destinazione dei proventi;
la cassazione ha più volte confermato che i proventi di attività illecite sono comunque soggetti a tassazione sul reddito; in una importante sentenza della commissione tributaria della Lombardia del novembre 2007 è stato stabilito che chi esercita la prostituzione debba pagare le tasse, basandosi sul tenore di vita ed individuando anche le modalità di calcolo dei redditi occultati;
un sondaggio di quegli stessi giorni di Sky Tg 24 ha rilevato che l'89 per cento degli italiani era d'accordo con la citata sentenza; d'altro canto ciò era del tutto ovvio, vista l'esplosione delle presunzioni che il fisco adotta per determinare il reddito dei cittadini;
inoltre la legge Merlin, n. 75 del 1958, consente la confisca degli appartamenti in cui si esercita la prostituzione, in quanto misura di sicurezza (articolo 240 del codice penale) richiamato dall'articolo 3 della legge «Merlin» -:
se i ministri interrogati non ritengano opportuno approfondire e quantificare il fenomeno della prostituzione transessuale e transgender in italia, individuando il numero delle persone che vi operano ed il volume d'affari attivato e riferendone al parlamento nella prossima relazione ministeriale sul fenomeno della prostituzione al fine di sottoporre a tassazione i relativi redditi, applicando le metodologie presuntive già individuate, ed in regime di assoluta parità di trattamento, con i cittadini italiani;
se non ritengano opportuno avviare una campagna volta all'individuazione ed espulsione dei cittadini stranieri che, esercitando la prostituzione transessuale e transgender, contemporaneamente spacciano droga al cliente o mantengono contatti tra organizzazioni criminali e i clienti;
se l'articolo 3 della legge Merlin sia tutt'oggi applicabile, quanti siano gli appartamenti dove si esercita la prostituzione transessuale e transgender che siano stati confiscati e se non si ritenga necessario assumere iniziative volte ad intensificare il controllo su tale fenomeno favorendo così un maggior numero di confische.
(2-00528)«Marinello, Romele».

Interrogazione a risposta orale:

VICO, LULLI e MARCO CARRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'interpellanza n. 2-00455, illustrata nella seduta di giovedì 24 settembre 2009, sono state chieste al Governo spiegazioni circa il fatto che, in un momento di grande sofferenza per le casse pubbliche italiane e di assoluta necessità di risorse da destinare a politiche pubbliche in funzione anti-crisi, la società ENI Spa, di cui il Governo è azionista di maggioranza relativa, versa all'erario italiano poco più di 300 milioni di imposte nette annue a fronte di un utile ante-tasse di oltre 7 miliardi di euro, con un'incidenza fiscale inferiore al 5 per cento;
parallelamente, crescono, invece, le imposte che ENI Spa versa all'estero, erogando dividendi alle società controllate aventi sede in Stati e territori a regime fiscale privilegiato; in particolare, le principali aziende che hanno provveduto ad erogare dividendi da controllante ENI Spa sono state la ENI International BV, per euro 3 miliardi e 235 milioni, e la ENI Investments plc, per 917 mila euro. La prima società risulta avere sede ad Amsterdam, la seconda a Londra. Tali società controllano, poi, 48 società residenti o con filiali in Stati o territori a regime fiscale privilegiato, o residenti in Stati o territori elencati nell'articolo 3 del decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 21 novembre 2001;

ne consegue che ENI, pur realizzando cospicui ricavi sul territorio italiano (a valere sulle bollette di famiglie e imprese italiane), si è strutturata, da un punto di vista fiscale e societario, in modo tale da pagare la maggioranza delle imposte relative ai propri ricavi all'estero, per sfruttare regimi fiscali più favorevoli, con ciò sottraendo di fatto all'erario italiano risorse oggi fondamentali per fronteggiare la difficile congiuntura internazionale, la crisi occupazionale e la connessa e crescente domanda di politiche e tutele sociali;
in risposta a quanto appena rilevato, il sottosegretario Giuseppe Vegas, Vice-ministro dell'economia e delle finanze, ha riferito alla Camera in data 24 settembre 2009 che «Il Ministero dell'economia e delle finanze, azionista della società ENI Spa, si limita ad esercitare i diritti dell'azionista, non esercitando attività di direzione e coordinamento (d'altronde, questa è la natura dell'azionista)»;
inoltre, l'articolo 6 dello Statuto di Eni Spa attribuisce al Ministero dell'economia e delle finanze una golden share, ai sensi dell'articolo 2, commi 1 e 3, del decreto legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, come sostituito dall'articolo 4, comma 227, della legge 24 dicembre 2003, n, 350, in virtù della quale nessun azionista diverso dal Ministero (e dalla CDDPP) «può possedere, a qualsiasi titolo, azioni della Società che comportino una partecipazione superiore al 3 per cento del capitale sociale. Il limite massimo di possesso azionario è calcolato anche tenendo conto delle partecipazioni azionarie complessive facenti capo al controllante, persona fisica o giuridica o società; a tutte le controllate dirette o indirette nonché alle controllate da uno stesso soggetto controllante; ai soggetti collegati nonché alle persone fisiche legate da rapporti di parentela o di affinità fino al secondo grado o di coniugio, sempre che si tratti di coniuge non legalmente separato», con ciò garantendo che il controllo della Società resti nelle mani dell'azionista di maggioranza relativa, che è proprio il Ministero dell'economia e delle finanze;
per la stessa finalità, l'articolo 6.2, lettera b), dello Statuto attribuisce al Ministero uno specifico potere speciale, consistente nel diritto di «opporsi alla conclusione di patti parasociali o accordi di cui all'articolo 122 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, nel caso in cui - come statuito dal decreto del Ministro del tesoro in data 16 ottobre 1995 - vi sia rappresentato almeno il 3 per cento del capitale sociale costituito da azioni con diritto di voto nell'assemblea ordinaria»;
l'articolo 17 dello Statuto di Eni Spa - attribuendo la gestione della Società ad un Consiglio di Amministrazione «composto da un numero di membri non inferiore a tre e non superiore a nove», cui l'articolo 23 conferisce «i più ampi poteri per l'amministrazione ordinaria e straordinaria della Società» - prevede che alla elezione degli Amministratori si proceda traendo dalla lista che ottiene la maggioranza dei voti espressi dagli azionisti «i sette decimi degli Amministratori da eleggere», mentre i restanti amministratori vengono scelti dalle altre liste. Coerentemente con ciò, su un totale di nove amministratori - cui lo stesso Statuto conferisce dunque «i più ampi poteri per l'amministrazione ordinaria e straordinaria della Società» - ben sei provengono dalle liste presentate dal Ministero dell'economia e delle finanze, includendo tra questi Presidente ed Amministratore Delegato della Società;
il Ministro dell'economia e delle finanze si è visto recentemente costretto, per recuperare risorse in un momento di grave crisi economica, a varare, all'articolo 1 della legge 3 ottobre 2009, n. 141, di conversione con modificazioni del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, l'ennesima misura di «scudo», volta a indurre il rientro di capitali sottratti al fisco, anche al prezzo di cancellare con un colpo di spugna reati come il falso in bilancio - sancendo secondo gli interroganti l'accettabilità sociale di frodare azionisti e fisco;

contemporaneamente a ciò, lo stesso Ministero assiste passivamente (attraverso l'inazione dei suoi stessi rappresentanti) alle manovre fiscali, quanto meno piuttosto spregiudicate, di un soggetto industriale la cui quota di controllo risiede in mano pubblica e che realizza introiti estremamente sostanziosi a spese dei consumatori italiani -:
se il Ministero dell'economia e delle finanze non intenda porre fine a comportamenti, da parte degli Amministratori dell'Eni che - al di là della correttezza giuridica formale - pongono seri interrogativi in merito all'opportunità che la più grande impresa italiana, a controllo pubblico, applichi sistematicamente pratiche elusive che, al fine di massimizzare i ricavi per gli azionisti (in gran parte stranieri) adottano strategie fiscali che, di fatto, sottraggono ingenti risorse allo Stato che quella stessa società controlla;
di conseguenza, se non ritenga doveroso proporre all'assemblea dei soci (nella quale detiene la maggioranza di controllo) provvedimenti nei confronti degli amministratori che tali pratiche hanno deliberato.
(3-00749)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GALLETTI e MARCHIONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la legge del 3 agosto 2009, n. 117 ha disposto il distacco dei sette Comuni di Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello dalla Regione Marche e la loro aggregazione alla Regione Emilia-Romagna, nell'ambito della Provincia di Rimini;
il 21 settembre 2009 sono stati pubblicati sul sito della Regione Emilia-Romagna i primi dati statistici relativi ai Comuni dell'Alta Valmarecchia annessi all'Emilia-Romagna;
a seguito dell'aggregazione, la popolazione residente nell'intera Regione al 1o gennaio 2009 passa da 4.337.979 a 4.356.180 abitanti, inoltre il numero dei Comuni che fanno parte della Regione Emilia-Romagna è incrementato fino a 348 e la Provincia di Rimini ricomprende ora non più 20, bensì 27 Comuni;
in assenza di una generale disciplina transitoria all'interno della legge n. 117 del 2009, si è resa necessaria la costruzione di un percorso politico-istituzionale in cui molteplici soggetti intervengono per accompagnare l'effettivo passaggio, e il conseguente adeguamento ordinamentale, dei sette Comuni interessati;
tuttavia, al fine di realizzare una compiuta aggregazione, sono molteplici gli atti da porre in essere e, nella maggior parte dei casi, è richiesta la più ampia collaborazione dei livelli istituzionali interessati per mezzo di accordi, intese e atti congiunti;
in particolare non risultano indicate le procedure in materia di bilanci, soprattutto con riferimento al rispetto del patto di stabilità -:
quali provvedimenti, e con quali tempi, intenda adottare per consentire l'adeguamento e il riproporzionamento del patto di stabilità della provincia di Rimini dal momento che spese del personale, investimenti, e altro dei sette comuni distaccati passeranno in carico all'amministrazione provinciale di Rimini per quanto di sua competenza e del patto di stabilità della regione Emilia-Romagna per quanto di sua competenza.
(5-02062)

CALVISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia delle entrate è stata istituita ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di assicurare in materia di entrate tributarie, servizi relativi all'amministrazione, alla riscossione ed al contenzioso dei tributi e delle imposte dirette ed indirette, al fine di assicurare il massimo livello di adempimento

degli obblighi fiscali e di assicurare e sviluppare l'assistenza ai contribuenti ed il miglioramento delle relazioni con questi ultimi, pur perseguendo il fine del contrasto all'evasione ed elusione fiscale;
lo statuto dell'Agenzia delle entrate, all'articolo 4, prevede che l'Agenzia nel perseguimento della propria missione e dei propri scopi, eserciti, tra le varie attribuzioni, l'assistenza ai contribuenti, assicurando l'informazione, semplificando gli adempimenti, riducendo gli oneri e fornendo servizi di consulenza ai contribuenti e agli altri enti interessati dal sistema della fiscalità;
l'articolo 66, comma 3, del decreto legislativo n. 300 del 1999 prevede che l'articolazione degli uffici a livello centrale e periferico è stabilita con disposizione interne che si conformano alle esigenze della conduzione aziendale, favorendo il decentramento delle responsabilità operative, la semplificazione dei rapporti con i cittadini ed il soddisfacimento delle necessità dei contribuenti;
il Regolamento di amministrazione dell'Agenzia delle entrate approvato con delibera del comitato direttivo n. 4 del 30 novembre 2000 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 36 del 13 febbraio 2001 è stato recentemente modificato dalla delibera del comitato di gestione n. 55 del 31 ottobre 2008, agli articoli 5 e 7, prevedendo l'attivazione delle direzioni provinciali destinate a sostituire, assorbendone le competenze, gli attuali uffici locali;
l'articolo 5 del Regolamento - uffici periferici - Ai commi 1 e 2 letteralmente riporta: «Le funzioni operative dell'Agenzia sono svolte, salvo quelle demandate per specifiche esigenze agli Uffici Centrali e Regionali, dai seguenti tipi di Uffici periferici:
a) direzioni Provinciali;
b) centri di assistenza multicanali;
c) centri operativi;
d) centri satellite;
l'organizzazione interna degli uffici periferici si basa sull'integrazione delle attività per processi, sullo sviluppo della polivalenza professionale nell'erogazione dei servizi rivolti alla generalità del contribuenti, sulla valorizzazione delle conoscenze e competenze specialistiche nelle attività più complesse e sulla promozione del lavoro in team;
nello specifico con l'attivazione delle direzioni provinciali, con contestuale soppressione o ridimensionamento degli uffici territoriali con valenza locale, a questi ultimi verranno attribuiti compiti residuali quali il controllo formale delle dichiarazioni, l'emissione di avvisi di accertamento parziali (ex articolo 41-bis, decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973), accertamenti in materia di imposta di registro, successioni e donazioni e tributi collegati e attività di controllo esterno (verifiche brevi) limitatamente al controllo degli obblighi strumentali (emissione di scontrini, compilazione studi di settore, e altro);
presso le direzioni provinciali sarà istituito l'ufficio controlli che avrà il compito di curare tutte le attività di controllo e il relativo contenzioso e, saranno previste tre aree:
a) l'area Gestione risorse (che si occupa delle risorse umane e materiali), b) L'area Governo e analisi (che cura l'analisi del territorio per l'erogazione dei servizi e la pianificazione dei controlli, c) L'area Riscossione (che cura i rapporti con Equitalia s.p.a.);
il «Piano di attivazione delle direzioni provinciali» del 26 gennaio 2009 comunicato dalla direzione centrale del personale prevede nel 2009 l'attivazione di 50 direzioni e nel 2010 l'attivazione delle restanti 53 sedi;
nel piano sopradetto, attraverso delle tabelle, sono riportati gli elenchi delle direzioni provinciali coincidenti con le sedi delle provincie, escluse quelle di derivazione regionale come quella di Olbia-Tempio;

rimanendo in Sardegna, nel 1o semestre 2009 risultano attivate le direzioni di Oristano (con n. 1 ufficio territoriale) e di Nuoro (con n. 2 uffici territoriali) mentre quelle di Sassari e Cagliari, verranno attivate nel 2010;
il piano di attivazione delle direzioni provinciali, predisposto dal direttore dell'Agenzia delle entrate, appare secondo l'interrogante colpevolmente discriminatorio delle realtà provinciali promanate dallo statuto sardo, negando nel contempo la «specialità» della regione Sardegna e, non tenendo nella dovuta considerazione, i pronunciamenti della Corte costituzionale in merito;
per particolari esigenze di razionalità organizzativa connesse ai volumi dei carichi di lavoro sia effettivi che potenziali, derivanti dalla rilevanza dell'area territoriale interessata, può essere per giunta prevista in ambito provinciale l'istituzione di più direzioni provinciali o sub-provinciali (comma 4 articolo 5 regolamento di amm.ne) e altre sedi possono essere previste in aree di rilevante interesse economico;
l'ufficio di Olbia risponde a tale criterio, con un organico di n. 57 unità e una potenzialità territoriale, arricchita dalla specificità economica, in ultimo confermata dalle ultime rilevazioni ISTAT sulla popolazione residente e sul numero delle imprese con la presenza di un quadro macro-economico di attività commerciali, industriali e agricole di 1o livello;
come si desume dalle ultime deliberazioni del direttore dell'Agenzia delle entrate tale eccezione è stata sperimentata con l'attivazione degli uffici di direzione provinciale di Fermo nelle Marche;
la direzione regionale della Sardegna dell'Agenzia delle entrate unitamente alla federazione lavoratori pubblici e funzioni pubbliche (FLP Finanze) auspicano l'istituzione della direzione provinciale di Olbia;
in città sono stati recentemente istituiti, il «Gruppo» della Guardia di Finanza ed il Comando territoriale dell'Arma dei carabinieri -:
quali siano le ragioni, per le quali non sia provveduto all'istituzione della direzione provinciale dell'Agenzia delle entrate di Olbia, con un ufficio territoriale per l'Alta Gallura, a garanzia degli attuali livelli occupazionali, quale riconoscimento del bacino d'utenza del territorio gallurese e per assicurare uno strumento, pienamente integrato con le altre amministrazioni ed enti presenti sul territorio, volto a favorire il progressivo sviluppo di ogni utile sinergia per il contrasto all'evasione fiscale e la maggiore trasparenza dell'attività amministrativa e una migliore comunicazione tra istituzioni e collettività.
(5-02066)

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il periodo di grave crisi che sta attraversando il mondo intero e l'Italia sta causando enormi danni alle imprese e fra queste quelle piccole e medie stanno subendo le maggiori e peggiori conseguenze;
questi soggetti sono stati costretti dalle circostanze eccezionali degli ultimi anni e dopo aver fatto regolare dichiarazione reddituale a non poter onorare i loro debiti di natura tributaria e previdenziale;
non si tratta di evasori della peggiore risma, sono onesti imprenditori e datori di lavoro, soprattutto, che non hanno pagato tasse per le quali hanno fatto regolare dichiarazione;
questi imprenditori, in un momento di forte crisi economica, hanno preferito rimandare di onorare i loro debiti con lo Stato piuttosto che indebitarsi, magari con le banche, ed aggravare in tal modo il loro stato di difficoltà;
la crisi è vera e pesa molto di più sulle spalle delle piccole e medie imprese,

anche se proprio queste imprese sono quelle che producono meno disoccupazione e a giudizio dell'interrogante sono il vero motore dell'economia nazionale;
questi imprenditori non hanno potuto pagare tutte le tasse negli ultimi periodi (moltissimi di loro esercitano da tanti anni e hanno sempre onorato i loro impegni) e forti della loro onestà chiedono di pagare il 100 per cento del dovuto con al massimo l'onere degli interessi legali e con la rateizzazione in base alla somma totale dovuta;
è importante comunque avere la certezza del dovuto perché in molti casi la richiesta di sgravio, nei confronti dell'Agenzia delle entrate, viene esaminata dopo che, avendo fatto code interminabili dietro gli sportelli dei vari uffici e per tanti giorni, si è riusciti a documentare il pagamento;
il particolare momento di crisi esige, da parte del Governo e nei confronti di questa categoria, una maggiore sensibilità verso le istanze che da essa provengono;
così facendo l'erario incasserebbe somme che viceversa non incasserebbe mai e il beneficio per l'economia sarebbe effettivo e immediato e consentirebbe di potere sperare in una ripresa vera -:
quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato affinché si risolvano le problematiche esposte in premessa.
(4-04842)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ortomercato di Milano rappresenta una realtà importante ed unica nel territorio nazionale, fondamentale per l'economia della Padania e del resto del Paese;
la tipologia delle merci trattate e numerosi fatti di cronaca alimentano la preoccupazione circa la sicurezza e la legittimità di alcuni traffici;
gli enti locali, Regione Lombardia in primis, sono impegnati per «riqualificare l'area (...) anche per evitare che venga alimentato un vero e proprio traffico illecito di merce e di lavoro in nero», come ha dichiarato l'assessore regionale Davide Boni -:
come possa essere implementata anche nei confronti dell'ortomercato di Milano la positiva politica di controllo del territorio e repressione dell'illegalità condotta abilmente dal Governo su tutto il territorio nazionale.
(4-04848)

CATANOSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
entro il 17 agosto del 2010 gli autotrasportatori in proprio dovranno iscriversi all'albo degli autotrasportatori;
per potersi iscrivere a detto albo sono richiesti tre requisiti: la capacità professionale, l'onorabilità e la capacità finanziaria;
la capacità professionale la si ottiene con un corso di 150 ore di frequenza, l'onorabilità la si ottiene anche e soprattutto con l'attività precedentemente prestata;
dove il legislatore italiano ha ecceduto rispetto ad analoghi comportamenti comunitari è nella capacità finanziaria;
mentre in altri Paesi della comunità europea, come la Francia, si è chiesta una fideiussione bancaria/assicurativa di 9 mila euro, in Italia si chiede una fideiussione di 50 mila euro e per ottenerla gli istituti di credito chiedono, ovviamente, delle garanzie ed un contributo annuo;
a giudizio dell'interrogante si tratta di un balzello inutile e per molti aspetti vessatorio anche in considerazione del momento non certo brillante della nostra economia e di quella europea;
chiedere una cifra più bassa, come quella richiesta in Francia per esempio,

risulterebbe più corretto ed in linea con il particolare momento storico ed economico -:
quali iniziative intenda adottare il ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-04851)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
quasi 8000 associazioni no-profit sono state escluse dal riparto del cinque per mille per motivazioni di tipo burocratico, che spesso appaiono come fortemente ingiuste;
le associazioni no-profit riceverebbero il contributo sulla base di precise indicazioni dei contribuenti;
le cifre dei contributi in argomento sono spesso modeste;
sulla base delle citate esclusioni si potrebbero aprire contenziosi legali -;
se il Ministro non valuti positivamente l'opportunità di un intervento finalizzato ad acconsentire l'erogazione dei flussi in argomento agli aventi diritto.
(4-04864)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come previsto dall'ultima legge finanziaria 2007 del Governo Prodi su proposta del Ministro delle infrastrutture pro tempore onorevole Antonio Di Pietro, la CAV (Concessioni autostradali venete), società mista costituita al 50 per cento ciascuna dall'Anas e dalla Regione Veneto, ha la gestione diretta del Passante di Mestre;
secondo i patti sociali, gli utili derivanti dai pedaggi del Passante, al netto delle spese sostenute da Anas per realizzarlo a garantirne la manutenzione, andranno reinvestiti in loco per la realizzazione di infrastrutture stradali necessarie al Veneto;
nei primi sei mesi di esercizio, il Passante ha già generato un fatturato di 130 milioni di euro, per un utile atteso di 100 milioni;
esistono iniziative volte a riportare sotto il controllo statale l'infrastruttura. Se così fosse Anas dovrà mettere in gara la gestione dell'infrastruttura. A quel punto torneranno in gioco i «grandi concessionari» per aggiudicarsi una delle autostrade più redditizie d'Italia. Causando gravi danni economici alla regione Veneto;
numerosi sindaci e amministratori veneti hanno espresso contrarietà a tale ipotesi -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e se intendano confermare la scelta di affidare alla CAV la gestione diretta del passante di Mestre.
(4-04882)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'economia sta svolgendo un'attività importante e condivisa nel senso della lotta all'evasione fiscale;
nel corso di alcune audizioni svoltesi presso la Commissione Bilancio del Senato della Repubblica sarebbe emerso che secondo alcuni studi del Sole24Ore, la Lombardia è la regione in cui l'evasione è inferiore (si spendono 105 euro su 100 di reddito dichiarato) ma subisce il maggior numero di ispezioni, il 15 per cento circa. Al contrario invece regioni come la Calabria si spendono quasi 150 euro su 100 dichiarati ma vengono effettuati solo il 3,5 per cento dei controlli -:
se i dati citati in premessa siano veritieri e quali siano i dati completi su tutto il territorio nazionale;
se il Ministro non ritenga che una ripartizione più equa dei controlli su tutto il territorio nazionale, basata anche sulla

incidenza dell'evasione fiscale, porterebbe a un clima di maggior fiducia tra Governo e sistema economico;
quali siano le consistenze del personale della Guardia di finanza realmente in attività nelle varie regioni del Paese.
(4-04895)

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'ultimo periodo il costo della benzina ha subito un vorticoso aumento, fino ad arrivare a superare la quota di 1,33 euro. Alcune compagnie hanno ritoccato il prezzo di 0,5 millesimi, portando il litro di verde a 1,334 euro. Si tratta del valore più alto raggiunto da oltre un anno, quando nella settimana dal 6 al 13 ottobre 2008 aveva raggiunto 1,352 euro al litro, per poi scendere a 1,293 in quella successiva;
secondo le rivelazioni di Staffetta Quotidiana, la maggior parte delle compagnie petrolifere ha aumentato il prezzo della verde con un +0,3 cent, raggiungendo il costo di 1,322 euro al litro. Mercoledì sera l'indice petrolifero Wti ha chiuso alla borsa di New York al di sotto della soglia dei 78 dollari al barile e al minimo dallo scorso 14 ottobre. I future sul greggio con scadenza a dicembre, dopo le operazioni di compensazione, si sono attestati a 77,46 dollari al barile, in calo di 2,09 dollari, il 2,6 per cento rispetto alla chiusura di martedì 27 ottobre;
in base ai rilievi, dai mercati dei prodotti raffinati del Mediterraneo arrivano segnali di allentamento della tensione sui prezzi, sia per la benzina che per il gasolio, ma non mancano le proteste delle associazioni dei consumatori. Come affermano Elio Lannutti, presidente di Adusbef, e Rosario Trafiletti, presidente di Federconsumatori, «l'andamento dei prezzi della benzina ha dell'inverosimile. Infatti tornano ad aumentare, superando quota 1,33 euro al litro, proprio mentre il costo del petrolio sta scendendo. Torniamo a ribadire, quale misura inderogabile, la necessità di una decretazione d'urgenza che elimini ogni possibile impaccio burocratico (fatta eccezione, ovviamente per le questioni relative alla sicurezza degli impianti) che ostacola l'apertura di stazioni di rifornimento per la benzina, presso i punti vendita della grande distribuzione»;
«nonostante l'euro forte sul dollaro e il calo del petrolio i prezzi dei carburanti sono in costante aumento, dichiara Carlo Pileri, presidente dell'Adoc, un danno enorme agli automobilisti che ogni anno spendono oltre 2500 euro solo per i carburanti. È necessario e urgente un taglio di 10 centesimi sia delle tasse che del prezzo del prodotto industriale, per complessivi 20 centesimi, chi possiede un'auto a benzina spenderebbe in media 360 euro in meno l'anno, mentre con un'auto a gasolio si risparmierebbero 180 euro»;
anche se è previsto un rallentamento della corsa nei prossimi giorni, complice una frenata delle quotazioni del greggio che trascinano con sé anche i prezzi internazionali dei carburanti, il Codacons sottolinea che «gli aumenti registrati in queste ore portano un pieno di benzina a costare 4,3 euro in più rispetto ad appena un mese fa, e 4 euro in più per un pieno di gasolio». L'Unione petrolifera, con pronta replica, esprime al necessità di «legare l'andamento dei prezzi dei carburanti a quelli del petrolio greggio e non a quelli internazionali di benzina e gasolio, come si ostinano a fare le associazioni dei consumatori, è sbagliato sotto tutti i punti di vista», sottolinea in una nota l'Unione petrolifera -:
se il Ministro intenda organizzare un tavolo di confronto con le compagnie petrolifere italiane, che possa portare ad un'equa soluzione dei continui rincari del prezzo di benzina e gasolio, soprattutto nei confronti dei consumatori;
quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare per frenare il continuo rincaro dei prezzi di benzina e gasolio ai consumatori, da parte delle compagnie petrolifere.
(4-04911)

JANNONE. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Commissione bilancio della Camera ha esaminato lo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di ripartizione della quota dell'otto per mille dell'Irpef che i cittadini contribuenti hanno deciso di destinare allo Stato. A fronte di una quota Irpef di 130,6 milioni di euro (lo Stato è stato indicato dall'11,18 per cento dei contribuenti), a causa dei tagli decisi dal 2003 in poi, l'ammontare effettivamente disponibile risulta di molto inferiore: 44 milioni di euro. Sono pervenute 974 domande e di queste hanno ricevuto parere favorevole 768. Gli interventi effettivamente finanziati sono in totale 95, di cui: 32 per il territorio in Abruzzo (14,7 milioni), 9 per il sisma dell'Emilia-Romagna (4,1 milioni), 16 per altre calamità naturali (11,2 milioni), 26 per i beni culturali (10,6 milioni), 3 per l'assistenza ai rifugiati (2,6 milioni), 9 per la fame nel mondo (0,8 milioni);
per quanto riguarda le domande provenienti dalla provincia di Bergamo ne sono state presentate 7, di cui 4 hanno ricevuto parere favorevole, 1 respinta perché non pervenuta nei termini e 2 con parere sfavorevole. Nessuna domanda bergamasca dovrebbe ricevere finanziamenti. Senza i tagli, che di anno in anno sono stati introdotti, a partire dal 2003, la ripartizione del fondo dell'otto per mille avrebbe dovuto avere a disposizione oltre 130 milioni di euro, al contrario, esso dispone soltanto di 44 milioni di euro, dei quali 18,8 dovrebbero finanziarie domande provenienti dalle zone terremotate;
lo stanziamento per la copertura di progetti destinati alle aree terremotate è un impegno cui lo Stato deve necessariamente e moralmente attendere. Tuttavia, resta ancora inspiegato il motivo per cui, nonostante l'approvazione di finanziamento di 4 progetti riguardanti la provincia orobica, non sia stata prevista alcuna relativa copertura finanziaria. Tale atteggiamento non va solo a discapito di Bergamo e del suo territorio, ma anche di tutta la regione Lombardia che, nonostante sia la più grande d'Italia, si vede riconosciuti soltanto pochi e residui finanziamenti -:
quali misure il Ministro intenda intraprendere per verificare la regolarità delle procedure di attribuzione dei fondi disponibili grazie al «meccanismo dell'8 per mille».
(4-04930)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
negli ultimi anni il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio si è trovato a giudicare, in molte occasioni, del diritto alla vita;
in particolare, nel 2005, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio ha deciso una questione relativa alla sperimentazione della pillola abortiva RU 486, finendo per legittimare tale sperimentazione;
nel 2007, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio ha esaminato le Linee guida adottate dal Ministro della salute nel 2004, ai sensi dell'articolo 7 della legge sulla procreazione medicalmente assistita n. 40 del 2004, e le ha in alcuni punti annullate. Nello stesso giudizio il Tar Lazio ha, inoltre, chiesto alla Corte costituzionale di dichiarare incostituzionale la legge n. 40 del 2004, in materia di procreazione assistita;
nel 2008, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio è stato chiamato a pronunciarsi in relazione alle nuove linee guida della legge sulla procreazione medicalmente assistita adottate nello stesso anno dal Ministro della salute;

nel 2009, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha deciso una questione concernente l'atto di indirizzo del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali relativo agli Stati vegetativi persistenti e al cosiddetto fine vita;
sempre nel 2009, il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio è stato chiamato a pronunciarsi sulla legittimità dell'esclusione dal finanziamento pubblico della ricerca su cellule staminali embrionali, ricerca lesiva del diritto alla vita;
in tutte le cause innanzi ricordate uno stesso magistrato ha svolto la funzione di giudice relatore o, comunque, di componente del collegio giudicante;
l'affidamento delle cause sul diritto alla vita allo stesso magistrato, in qualità di relatore o comunque di membro del collegio giudicante, potrebbe apparire come un ostacolo a un obiettivo scrutinio delle stesse, tanto più nel momento in cui il suddetto magistrato ha espresso pubblicamente più volte la propria opinione sul diritto alla vita;
in particolare, quanto all'embrione, lo stesso magistrato si è espresso in relazione alla legge n. 40 del 2004 in un incontro da lui stesso organizzato presso la sede del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, il cui resoconto è disponibile su Internet, all'indirizzo http://www.donnemagistrato.it/Home/Dettaglio/Giudice-Donna/Dicembre-2008/bioetica-e-diritto.htm.;
oltretutto a detto incontro ha partecipato, insieme a un ginecologo noto per le sue posizioni contrarie alla legge n. 40 del 2004, l'assistente di studio del giudice costituzionale al quale era stata assegnata l'istruttoria e la relazione sulla questione sottoposta dal Tar Lazio alla Corte costituzionale, poi decisa da quest'ultima nello stesso senso indicato dall'assistente di studio in tale incontro;
quanto al cosiddetto fine vita, lo stesso magistrato del Tar è stato il redattore della recente sentenza n. 8650 del 2009, con la quale il Tar, pur negando la propria competenza in materia, tuttavia si dilunga in una serie di considerazioni sull'interruzione delle cure che, ultronee rispetto alla decisione presa, hanno avuto come effetto quello di influenzare in maniera significativa il dibattito politico -:
se, nel quadro dei poteri di alta sorveglianza sugli uffici e sui magistrati dalla giustizia amministrativa non ritenga di acquisire elementi sulle problematiche esposte;
se non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a definire in maniera più stringente i criteri da seguire in tema di assegnazione di giudizi amministrativi ai magistrati.
(2-00529) «Volontè».

Interrogazioni a risposta orale:

GUZZANTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
a quanto riportato dagli organi d'informazione, il trentunenne Stefano Cucchi veniva arrestato la notte del 16 ottobre 2009 dai carabinieri, perché trovato in possesso di 20 grammi di droga;
la mattina seguente si svolgeva l'udienza per direttissima e al giovane non venivano concessi gli arresti domiciliari;
il giorno successivo Cucchi lasciava il carcere di Regina Coeli e veniva ricoverato presso l'apposito reparto per detenuti dell'ospedale Pertini di Roma, per «dolori alla schiena»;
i genitori, pur richiedendolo, non venivano autorizzati a visitare il figlio, né veniva loro consentito di parlare con un medico;
nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2009 Cucchi moriva mentre si trovava ancora ricoverato;
ai genitori non veniva consentito di assistere all'autopsia, né di nominare un perito di parte;

quando poi all'obitorio, al momento del riconoscimento, rivedevano finalmente il figlio,trovavano un cadavere devastato da lesioni, probabili cause del decesso, di cui allo stato non si conosce la causa;
ai consulenti di parte veniva negata la facoltà di fotografare il volto del morto -:
quali urgenti iniziative i Ministri interrogati intendano assumere, per quanto di competenza, per stabilire se quanto sopra riportato corrisponda a verità e per fare piena luce sulla tragica fine di Stefano Cucchi.
(3-00745)

RAISI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con delibera n. 17 del 16 febbraio 2006 la Giunta Comunale di Castel Maggiore esprimeva la necessità di conferire l'incarico di «Responsabile Staff del Sindaco» al signor L.B. e successivamente il Sindaco Marco Monesi provvedeva a conferire formalmente l'incarico come da delibera con decorrenza dal 1o marzo 2006;
in data 29 marzo 2006, in seno alla seduta del Consiglio Comunale chiamata a ratificare la suddetta delibera della Giunta, Giovanni Leporati in qualità di capogruppo del gruppo consiliare di opposizione chiedeva chiarimenti sul perché non fosse stato allegato agli atti della seduta il curriculum vitae del signor L.B., ed il sindaco rispondeva dichiarando che chiunque avesse voluto prendere visione di tale documento avrebbe potuto farlo mediante accesso formale agli atti;
successivamente alla riunione del Consiglio Comunale, il consigliere Leporati rilasciava la seguente dichiarazione - contenente una chiara critica politica ma senza alcun contenuto diffamatorio - al quotidiano Il Resto del Carlino (edizione del 31 marzo 2006): «Non è stato presentato il curriculum professionale di L.B. ... e neppure un progetto di incarico con gli obiettivi da raggiungere. Non si comprende poi il motivo per cui è stato nominato un esterno, quando un anno fa chi ricopriva il posto era un dipendente. Forse il Sindaco non ritiene che vi siano nel Comune persone in grado di svolgere questo lavoro. Ma c'è di più: si è occultato tutto il possibile in termini di informazioni specifiche su L.B. e su quello che saranno i suoi compiti. È una mera scelta clientelare. In barba alla crisi che attanaglia i comuni, la Giunta sperpera i soldi dei cittadini per pagare un burocrate che è destinato a svolgere attività politica per i DS, a mio avviso 26 mila euro sono troppi»;
il Tribunale di Bologna, investito della questione circa una presunta offensività delle dichiarazioni espresse dal consigliere comunale di minoranza nei confronti del sindaco Monesi ne ha riconosciuta la natura diffamatoria ed ha perciò condannato il consigliere Leporati;
invero, mette conto sottolineare come l'orientamento unanime della Cassazione è nel senso di ritenere che sia configurabile l'esimente della critica politica (quindi non punibile il reato neanche in sede civile) a condizione che ricorrano le seguenti caratteristiche della condotta dell'imputato:
l'offesa si realizzi in un contesto di rapporti politici;
l'offesa si verifichi nell'ambito di un contegno avente finalità politica;
sussista un interesse pubblico alla conoscenza dei fatti oggetto delle dichiarazioni;
i fatti descritti rappresentino la verità oggettiva;
le espressioni usate non siano volgari né gratuitamente offensive;
le stesse espressioni non costituiscano aggressione della sfera strettamente personale e privata dell'offeso;
nel caso del consigliere Leporati ricorrono senza dubbio le predette condizioni, e ciò è stato in parte riconosciuto anche dal giudice. Allo stesso modo non si fa però cenno all'eventuale incontinenza

delle espressioni utilizzate (cioè alla loro oggettiva volgarità e/o gratuita offensività);
la condanna del Leporati è dunque basata su due assunti fondamentali:
1) il Leporati avrebbe riferito fatti non veri;
2) il Leporati avrebbe offeso il Monesi sul piano personale;
in particolare il giudice afferma la falsità dell'informazione data dal Leporati in merito al presunto «occultamento» del curriculum vitae del signor L.B. ad opera del sindaco, basando la propria convinzione sull'affermazione dello stesso Leporati che avrebbe definito il signor L.B. come «una vecchia conoscenza» nonché sulla circostanza che il sindaco non avrebbe mai negato l'accesso agli atti del procedimento amministrativo di nomina;
con sentenza n. 4362/2009 pronunciata nella causa civile iscritta al n. RG 13881/2006 il Tribunale di Bologna, Terza Sezione Civile dichiarava «che l'intervista rilasciata da Leporati Gianni al Resto del Carlino del 31 marzo 2006 è lesiva della reputazione di Monesi Marco» e per l'effetto condannava il convenuto Giovanni Leporati «al risarcimento del danno, che liquida in euro 4.000,00, nonché alla rifusione delle spese del presente giudizio...» ordinando altresì «che, a spese del convenuto, la presente sentenza sia pubblicata per una volta e per estratto sul foglio domenicale di Castel Maggiore dello stesso quotidiano»;
osservando con obiettività la vicenda, infatti, si può evincere che proprio la mancata allegazione del curriculum agli atti della seduta è ciò che il consigliere Leporati ha inteso denunciare e questo rappresenta l'esercizio legittimo del diritto di critica ad opera del capogruppo di opposizione. In buona sostanza il convenuto non ha inteso portare a conoscenza della collettività l'esistenza di un vizio formale dell'iter amministrativo, dal momento che nella fattispecie non si rinvengono vizi e che comunque in quel caso sarebbe stato opportuno presentare anche un ricorso al TAR competente; egli ha invece voluto rendere pubblica una certa mancanza di trasparenza e di correttezza nei rapporti tra maggioranza e opposizione certamente imputabili al sindaco. Ciò che il Leporati voleva significare è che, nel contesto di una seduta consiliare intesa a ratificare la nomina del signor L.B., sarebbe stato opportuno e corretto allegare i relativi atti del procedimento si da mettere tutti i consiglieri nella condizione di poter votare con piena cognizione, ma ciò non è stato fatto;
il giudicante afferma il valore diffamatorio in particolare di due espressioni pronunciate dal Leporati e cioè: «sperpera i soldi dei cittadini per pagare un burocrate che è destinato a svolgere attività per i DS» e «è una mera scelta clientelare» e come, mentre da un lato definisce non solo offensiva ma anche «incauta» l'accusa di sperpero del denaro pubblico, perché il consigliere Leporati non avrebbe dimostrato che all'interno dell'organigramma comunale sarebbe stato possibile trovare una personalità idonea a svolgere il ruolo affidato al signor L.B., dall'altro afferma che per comune esperienza «le amministrazioni pubbliche sono in larga parte gestite da uomini provenienti da apparati di partito» precisando come «questo non implica né che l'azione amministrativa sia distratta a fini privati e neppure che il programma di un partito non coincida con l'interesse pubblico»;
pur nel pieno rispetto dell'autonomia della magistratura, la sentenza - pericolosa da un punto di vista politico morale - ad avviso dell'interrogante avalla da una parte tutte le più nefaste prassi in uso nelle pubbliche amministrazioni, quali il clientelismo e le lottizzazioni, dall'altra un pericoloso limite alla critica politica, che - di fatto - determina una sorta di spada di damocle su ogni consigliere legittimamente eletto (ma anche ad un semplice cittadino) ogni qualvolta abbia a criticare - seppur aspramente - un amministratore pubblico circa la sua politica amministrativa e/o sul suo operato e sugli atti che compie;

infatti, ciò che appare evidente è ancora una volta la denuncia del Leporati circa una situazione di poca trasparenza e di scarsa serenità nelle scelte del sindaco, influenzato forse da considerazioni politiche certo non poteva essere compito del Leporati indicare chi, all'interno dell'organigramma comunale, avrebbe potuto assumere il ruolo riservato al signor L.B., ma bene ha fatto il consigliere di opposizione a ricordare ai cittadini che tale eventualità non era stata neanche presa in considerazione;
le espressioni usate sono forti e di un certo impatto, ma soltanto a leggere qualsiasi quotidiano se ne rinvengono tutti i giorni di ben peggiori nel contesto dei rapporti politici. In questo caso poi la verità o meno delle affermazioni del consigliere Leporati non ha valore giuridico, in quanto quest'ultimo ha inteso criticare in termini politici l'azione del sindaco fornendo ai cittadini la sua visione. Innegabile è l'interesse pubblico a conoscere il pensiero dell'opposizione sull'azione amministrativa del sindaco, tanto più in un comune dove la maggioranza governa con percentuali di consenso altissime;
afferma poi il giudicante che l'articolo di giornale contenente le dichiarazioni del Leporati «letto nella sua interezza, consente al lettore di comprendere anche le ragioni del sindaco», salvo però far discendere da tale giusta considerazione la sola conseguenza del «ridimensionamento delle pretese risarcitorie dell'attore»;
siamo dinanzi ad un articolo di giornale nel cui corpo è riportata la valutazione critica dell'opposizione sull'azione amministrativa del sindaco e la risposta di quest'ultimo a ribadire la legittimità del proprio operato. Certo, alcuni toni potranno essere stati aspri, ma non più del lecito e non diversamente da quanto l'agone politico ci propone. D'altra parte al pubblico dei lettori interessa conoscere l'opinione di tutte le parti politiche per poi orientarsi verso l'una o l'altra, e l'elettore medio è certamente in grado di capire che le affermazioni di un politico sono spesso da prendere non alla lettera ma per ciò che sottendono. Quanto al contesto, si noti che il comune di Castel Maggiore è un ente a larghissima maggioranza di centro sinistra e che già è piuttosto difficile per un esponente dell'opposizione avere spazio per esternare le proprie opinioni al pubblico, senza il bisogno che una semplice disputa politica venga tradotta in condanna in sede giudiziaria -:
se sia al corrente della situazione sopra descritta, e se non ritenga sia necessario dirimere - tramite una migliore indicazione normativa - quale sia il limite alla critica politica, affinché sia data la possibilità ai semplici cittadini, come ai tanti consiglieri di quartiere, comunali e provinciali di poter legittimamente svolgere il proprio compito istituzionale e/o di partecipazione alla res publica, financo con duri attacchi di critica politica, ma sempre nel rispetto dei limiti all'offesa e al decoro, considerando che diversamente sarà dato alla magistratura di stabilire chi e come si può criticare l'operato di un amministratore della res publica, anche in casi nei quali sia dubbia la presenza di offese e/o ingiurie alle persone e al loro decoro di persona e di amministratore.
(3-00754)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ALLASIA e MACCANTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
il signor M.A., collaboratore amministrativo, area II, già collaboratore B1, presso il comune di Torino, ha presentato in data 30 aprile 2009 richiesta di distacco presso la casa circondariale «Lo Russo e Cutugno» di Torino;
il trasferimento di sede di lavoro è stato per l'interessato, affetto da grossi problemi psicofisici ma con una gran voglia

di rendersi utile alla società, una vera e propria delusione: nessun incarico gli è stato affidato, non ha un luogo dove sedersi né una scrivania cui appoggiarsi, una matita o penna per scrivere;
è indubbio che a minorazione fisica, psichica e/o sensoriale non corrisponde sempre e comunque una riduzione delle capacità lavorative, tant'è che il legislatore ha inserito nel nostro ordinamento il concetto di «collocamento mirato», ovvero una «serie di strumenti tecnici e di supporto che permettono di valutare adeguatamente le persone con disabilità nelle loro capacità lavorative e di inserirle nel posto di lavoro adatto, attraverso analisi dei posti di lavoro, forme di sostegno, azioni positive e soluzione di problemi connessi con gli ambienti, gli strumenti e le relazioni interpersonali sui luoghi quotidiani di lavoro e di relazione» (articolo 2 della legge n. 68 del 1999) -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare affinché la dignità personale del signor M.A. non sia ulteriormente offesa e possano essere valorizzate le sue competenze professionali, capacità e abilità psico-fisiche.
(5-02065)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'ufficio di sorveglianza dell'Aquila, con ordinanza n. 193/08, ha stabilito che il detenuto Avignone Guarino, nato a Cittanova (Reggio Calabria) il 4 gennaio 1965, persona attualmente ristretta presso la casa di reclusione di Sulmona, possa acquistare e utilizzare un personal computer portatile purché privo di qualsiasi apparato per la comunicazione di dati con l'esterno, atteso che sul punto lo stesso pubblico ministero aveva espresso parere favorevole;
la direzione della casa di reclusione di Sulmona, pur non avendo impugnato la citata ordinanza, non ha inteso dare completa esecuzione al predetto provvedimento giudiziario e, in data 27 settembre 2008, a seguito di formale richiesta di acquisto di un personal computer portatile avanzata tramite domandina (mod. 393 A.P.) il 16 maggio 2008 dal detenuto Avignone, ha disposto nei termini che seguono: «Con riferimento alle decisioni del signor Magistrato di Sorveglianza di cui al provvedimento nr. 2144/07 del 17 aprile 2008 ed alle richieste formulate a codesta A.D., anche oralmente, si rappresenta che, allo stato, per le esigenze di studio dei detenuti iscritti a corsi universitari, si è ritenuto potenziare la locale biblioteca (articolo 21 decreto del Presidente della Repubblica 230/00 - articolo 19 legge n. 354 del 1975 - articolo 10 Reg. Interno C.R. Sulmona) con la predisposizione, in apposita sala comune, di un personal computer per la lettura o la visione di libri e riviste in formato CD o DVD forniti dalla stessa Biblioteca e/o acquistati dagli studenti per le proprie esigenze di studio»;
la soluzione adottata dalla direzione della casa di reclusione di Sulmona contravviene platealmente alle disposizioni impartite dal magistrato di sorveglianza con l'ordinanza n. 193/08 e non consente la prosecuzione trattamentale invocata dal detenuto, se è vero, come è vero, che: a) con la sua decisione l'Amministrazione penitenziaria non mette a disposizione del signor Avignone un computer, come stabilito dal giudice dell'esecuzione, ma qualcosa di molto più simile ad un semplice lettore video; b) la preclusione di utilizzare una stampante non permette al detenuto di recuperare gli elaborati di studio o i frutti di una qualche sua ricerca; c) il divieto dell'utilizzo del masterizzatore fa sì che tutti i dati di interesse personale rimangano nel pieno possesso dell'Amministrazione penitenziaria e/o che vadano persi in caso di trasferimento; d) costringere il detenuto a condividere un computer con altri quattro utenti non ha nulla a che vedere con il trattamento «individualizzato», il che non consente al signor Avignone, anche per via di tutte le altre

limitazioni imposte, di avviare un serio programma di studio;
il direttore della casa di reclusione di Sulmona è pervenuto alla predetta decisione senza tenere conto, oltre alla citata ordinanza del magistrato di sorveglianza, anche il parere del gruppo di osservazione e trattamento il quale, nel caso di specie, precisamente nel marzo 2007, era pervenuto a delle conclusioni diametralmente opposte a quelle poi prese dall'Amministrazione penitenziaria;
quanto deciso dal direttore dell'istituto di pena di Sulmona non può trovare fondamento e/o giustificazione nemmeno nelle richiamate esigenze di sicurezza legate «al contesto penitenziario in cui il detenuto è attualmente ristretto» poiché la circolare amministrativa emanata dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria il 15 giugno 2001, che regolamenta l'uso ed il possesso del computer da parte dei detenuti, stabilisce che le disposizioni in essa contenute si applicano «ai detenuti ristretti in sezioni ordinarie, di alta sicurezza ed EIV». Peraltro, lo stesso Avignone Guerino da tempo non è più sottoposto al regime detentivo di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354, sicché allo stato, anche sotto questo profilo, impedirgli di utilizzare il personal computer non trova alcuna spiegazione plausibile;
in un primo momento la direzione dell'istituto di Sulmona ha attestato che «non è possibile nella fattispecie autorizzare l'uso del computer, a causa dei potenziali rischi per la sicurezza derivanti dall'utilizzo della macchina senza la continua vigilanza da parte del personale, vigilanza che non è possibile predisporre in modo continuativo» (provvedimento n. 1475/07 SIUS - ufficio di sorveglianza dell'Aquila); dopodiché, a fronte della manifesta incongruenza di siffatta motivazione, la direzione si è accorta che «la relazione tecnica agli atti non esclude ogni pericolo di collegamento con l'esterno ed in questo senso deve intendersi corretta la motivazione al rigetto precedentemente assunta» (decisione del direttore del 4 settembre 2007); da ultimo il diniego è stato motivato sulla base del fatto che «vi sono esigenze di sicurezza in relazione al contesto penitenziario; che non esiste un diritto del detenuto ad usare un computer e che l'utilizzo richiede comunque l'autorizzazione del direttore, il quale può e non deve autorizzare ed il problema era riferibile a quel computer (quello già posseduto) e non ad uno qualsiasi»;
la decisione presa dal direttore del carcere di Sulmona è stata nuovamente impugnata dal signor Avignone Guerino avanti il magistrato di sorveglianza dell'Aquila, al quale il detenuto ha chiesto di disporre la riassunzione della causa di cui al reclamo del 13 settembre 2007 con ogni consequenziale statuizione e di pronunciarsi in merito all'uso della stampante e del masterizzatore, nonché di dichiarare comunque illegittima la decisione del direttore del 27 settembre 2008 in quanto incongrua rispetto alle disposizioni di cui all'ordinanza n. 193/08 -:
se quanto esposto in premessa corrisponde al vero;
per quali motivi il direttore del carcere di Sulmona non abbia dato completa ed integrale applicazione a quanto statuito dal magistrato di sorveglianza dell'Aquila nell'ordinanza n. 193/08, ritenendo tamquam non esset un provvedimento giudiziale;
quali iniziative intenda intraprendere per garantire le esigenze di studio del signor Guerino Avignone, essendo quella dello studio la principale attività trattamentale del detenuto in questione.
(4-04814)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sabato 31 ottobre 2009, nel carcere di Rebibbia femminile, si è impiccata nella cella di isolamento in cui era detenuta Diana Blefari Melazzi, di anni 42;

Diana Blefari doveva scontare l'ergastolo per l'omicidio del professor Marco Biagi; la predetta condanna era stata confermata dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione il 27 ottobre 2009;
dopo che la terrorista aggredì, nel maggio del 2008, un agente di polizia penitenziaria, il giudice dell'udienza preliminare del tribunale di Roma, dottor Pierfrancesco De Angelis, nell'aprile 2009, dispose una perizia psichiatrica per verificare la capacità di stare in giudizio e quella di intendere e di volere della Blefari. Secondo gli avvocati Caterina Calia e Valerio Spinarelli, difensori della detenuta, le condizioni psicologiche in cui versava la loro assistita dopo la condanna all'ergastolo si erano fatte particolarmente critiche;
secondo i difensori, la Blefari soffriva di una grave patologia psichica al punto che loro stessi avevano più volte sollecitato il riconoscimento di tale situazione. Al Corriere della Sera, l'avvocato Caterina Calia ha dichiarato quanto segue: «Siamo sotto choc, abbiamo fatto tante battaglie, abbiamo cercato in tutti i modi di far riconoscere il profondo disagio di Diana Blefari Melazzi. Ora è troppo tardi»;
secondo i dati forniti dal Centro studi di Ristretti Orizzonti, da gennaio a fine ottobre 2009 negli istituti di pena italiani sono morti 146 detenuti, tra questi 59 si sono tolti la vita; in pratica in appena 10 mesi è stato superato il numero dei suicidi dell'intero anno 2008, registrando quindi un aumento del 30 per cento;
sempre secondo quanto contenuto nel dossier «Morire di Carcere» curato da Ristretti Orizzonti, in dieci anni 1.500 detenuti hanno perso la vita all'interno delle carceri: in pratica muoiono 150 detenuti all'anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per «cause naturali» non meglio specificate;
in pratica il tasso dei suicidi all'interno degli istituti di pena registrato negli ultimi mesi è 25 volte superiore a quello che si registra nella popolazione italiana;
i dirigenti del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria hanno deciso di creare, nel corso dell'anno 2000, una unità di monitoraggio per l'esame analitico dei singoli casi di suicidio, al fine di comprenderne - ed auspicabilmente rimuoverne - le cause;
a giudizio dell'interrogante una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo;
il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario;
nel carcere di Rebibbia femminile, secondo i dati forniti all'interrogante dalla direttrice Lucia Zainaghi in occasione della visita del 1o novembre 2009, delle 164 agenti previste in organico solo 120 costituiscono la forza operante, mentre quelle effettivamente in servizio sono solo 101;
sempre secondo quanto riferito dalla direttrice all'interrogante, nell'istituto ci sono altri casi di sofferenza psichiatrica che richiederebbero l'assunzione in carico da parte di altre strutture in grado di curarle e di poter vigilare sulla loro incolumità;
persone così gravemente sofferenti dal punto di vista psichico non dovrebbero necessariamente scontare la pena all'interno

di istituti non attrezzati per la cura di simili patologie -:
se intenda verificare, per quanto di competenza, il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti di Diana Blefari Melazzi siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto;
quali siano i risultati acquisiti in passato dal monitoraggio avviato sui casi di suicidio in carcere dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo;
in che modo intenda affrontare la gravissima carenza dell'organico della polizia penitenziaria nel carcere femminile di Rebibbia;
quali misure intenda mettere in atto per arrestare questo drammatico flusso di morte che si manifesta dentro le carceri italiane con l'alto numero dei suicidi.
(4-04815)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la sera del 30 ottobre 2009 due detenuti ristretti presso la casa circondariale di Vigevano (uno di origine nord africana, l'altro di origine italiana) hanno dato vita ad un tentativo di evasione attraverso il sequestro dell'agente di sorveglianza in sezione. Tentativo fallito per l'immediata reazione del personale in servizio che ha impedito ai due detenuti di portare a termine il disegno criminale;
i particolari dell'accaduto sono stati riferiti dal segretario generale della UIL PA Penitenziari, Eugenio Sarno, nel comunicato del 31 ottobre 2009: «I due detenuti hanno approfittato dell'apertura delle celle per il ritiro dei rifiuti per aggredire e sequestrare l'agente in servizio in sezione. Dopo avergli puntato alla gola un punteruolo rudimentale hanno cercato di guadagnare l'uscita con l'ostaggio. La reazione dell'agente in servizio nella sezione attigua, accortosi di quanto stava succedendo, è stata immediata ed efficace. Con coraggio ha affrontato i due riuscendo a strappare dalle loro mani le chiavi e gettarle lontano. Dalla successiva colluttazione ha riportato una contusione, con sospetta frattura, ad un braccio. Altri due agenti, tra i rinforzi accorsi, hanno riportato lievi ferite. Ai colleghi di Vigevano giunga il nostro plauso, il nostro ringraziamento, la nostra solidarietà e la nostra gratitudine»;
nella casa circondariale di Vigevano sono reclusi 400 detenuti, moltissimi ad alta sicurezza, eppure al momento della tentata evasione il personale in servizio assommava a sole 18 unità (nel turno notturno non superano la decina) comprese le tre unità di sorveglianza automontata, le portinerie e i responsabili dei servizi. In pratica un solo agente sorveglia circa 100 detenuti;
la mancanza di personale e quella che agli interroganti appare come una cattiva organizzazione da parte del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria sta creando notevoli disagi al Corpo della polizia penitenziaria;
la tentata evasione non può non evidenziare diversi punti critici nella gestione dell'istituto di pena in questione che mettono a rischio il controllo dei detenuti e la sicurezza dello stesso personale che presta servizio al suo interno, sia esso civile o appartenente alla polizia penitenziaria;
a giudizio dell'interrogante tutto ciò rende impellente l'avvio di un serio esame sulla situazione in cui attualmente versa la casa circondariale di Vigevano, con particolare riferimento alla lamentata inidoneità dell'organico degli agenti di polizia

penitenziaria e alle eventuali carenze strutturali dell'impianto di sicurezza -:
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e se intenda aprire una rigorosa inchiesta sulle circostanze illustrate in premessa;
se non si reputi opportuno intervenire in modo deciso per sopperire alla carenza dell'organico del personale di polizia penitenziaria assegnato presso la casa circondariale di Vigevano.
(4-04816)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Provincia di Varese del 23 ottobre 2009 è apparso l'articolo di Lidia Romeo intitolato: «Varese: da tre anni senza manutenzione il carcere cade a pezzi»;
l'articolo dà conto delle condizioni in cui versa il carcere dei Miogni, la cui struttura sta cadendo a pezzi (il muro di contenimento che divide i detenuti dagli uffici amministrativi è tutto transennato) senza che l'Amministrazione penitenziaria abbia speso un solo euro negli ultimi anni per la sua manutenzione;
il direttore dell'istituto di pena varesino ha dichiarato: «Investire qui sembra inutile dato che il nuovo carcere è annunciato come imminente. Peccato però che ad oggi non abbiamo ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale neppure su quale sarà l'area destinata alla sua realizzazione. Tanto meno si è parlato di tempi»;
lo stesso provveditore agli istituti di pena lombardi, dott. Luigi Pagano, ha riconosciuto che il carcere dei Miogni sia uno dei peggiori della Lombardia ed ha individuato nel sovraffollamento e nella carenza strutturale i principali fattori scatenanti di disagi e proteste dietro le sbarre;
nel carcere varesino la popolazione carceraria conta a 132 unità a fronte di una capienza regolamentare di 44 e «tollerabile» di 99; sicché in una cella di 12 metri quadrati vivono per almeno 16 ore al giorno tre o quattro persone, cui spettano due metri quadrati ciascuno;
le celle sono dei corridoi di sei metri per due, con due letti a castello che lasciano al singolo detenuto a mala pena lo spazio per passare rasente al muro, il tutto è completato da un letto a destra e uno a sinistra con un tavolino in fondo che non ha delle sedie ma solo quattro sgabelli dove si fanno pranzo, cena e colazione;
il cortile dove si svolge l'ora d'aria è rappresentato da un piazzale di solo cemento, grosso come un campo da basket con un piccolo porticato, senza un albero e senza orizzonte;
le condizioni strutturali del carcere varesino rendono particolarmente difficili sia le condizioni di vita dei detenuti che quelle di lavoro del personale;
le predette difficoltà vengono solo parzialmente alleviate dal lavoro di organizzazione da parte della direzione, della polizia penitenziaria e del personale addetto al trattamento, che cercano in ogni modo di ovviare ai limiti derivanti da una struttura inadeguata alle esigenze di un carcere moderno, rispondente alle condizioni di espiazione della pena richiesta dalla Costituzione repubblicana;
il piano per l'edilizia penitenziaria ha già previsto la nuova costruzione del carcere circoscrizionale di Varese; ciononostante non è stato ancora individuato e proposto un sito per la costruzione del nuovo istituto di pena, né risultano essere state reperite le risorse per il finanziamento dell'opera -:
a che punto sia l'iter per la costruzione del nuovo carcere circoscrizionale di Varese, in particolare l'individuazione delle fonti di finanziamento;

quando si ritenga possano avere inizio i lavori per la realizzazione del nuovo carcere ed in quanto tempo se ne stimi la durata;
se il ministro interrogato non ritenga di dover accelerare l'iter della pratica in questione, affinché si possa chiudere il più rapidamente possibile l'attuale carcere dei Miogni, ponendo fine alle difficili condizioni di vita dei carcerati e di lavoro del personale della polizia penitenziaria e degli altri operatori;
in ogni caso, quali interventi si intendano mettere in atto per rendere - dal punto di vista igienico e ambientale - accettabile l'attuale struttura carceraria veronese, nella quale i detenuti scontano di fatto una doppia pena e le stesse condizioni di lavoro degli agenti di polizia penitenziarie e del personale amministrativo risultano essere alquanto difficili.
(4-04817)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano La Nuova Sardegna del 24 ottobre 2009, la «vertenza Sardegna» inaugurata oltre un anno fa dai sindacati di polizia penitenziaria per denunciare l'invivibilità delle carceri isolane e la cronica mancanza di organico sarebbe tutt'altro che risolta;
a tal proposito il segretario regionale della Federazione sindacati autonomi/Coordinamento nazionale della polizia penitenziaria, dottor Bruno Melis, ha dichiarato quanto segue: «In Sardegna lavorano circa 1.300 agenti che devono far fronte a 2.600 detenuti; ma per garantire livelli standard di sicurezza l'organico deve essere incrementato di almeno 700 unità. Da oltre un anno parliamo di vertenza Sardegna, ma ancora non abbiamo ricevuto risposta né dal provveditore regionale, Francesco Massidda, né dai vertici del Ministero della giustizia. Per questo chiediamo al consiglio regionale di intervenire con forza al nostro fianco e siamo pronti a ritornare in piazza fino a quando i nostri interlocutori non ci daranno risposte chiare sui problemi del settore»;
per i sindacati di polizia penitenziaria la situazione di emergenza che da diverso tempo sta caratterizzando il sistema penitenziario sardo non è più sostenibile e, anzi, va ogni giorno aggravandosi anche a causa dell'assenza del provveditore regionale del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, dottor Francesco Massidda, che non ha ancora convocato i sindacati e non si premura di rispondere alle istanze dei lavoratori;
il responsabile regionale della Federazione nazionale dell'Unione generale del lavoro della polizia penitenziaria, Alessandro Cara, ha dichiarato al quotidiano sardo che «le aggressioni agli agenti da parte dei reclusi sono continue e spesso sono dovute all'invivibilità delle carceri, stipate all'inverosimile». Inoltre, per lo stesso Alessandro Cara il confronto con i rappresentanti dell'amministrazione penitenziaria deve tener conto anche di altri aspetti «come la mancata applicazione delle direttive sui lavori straordinari e la distribuzione del personale nelle varie sedi carcerarie dell'isola, ora inadeguata»;
i sindacati della polizia penitenziaria sardi si dicono contrari anche all'apertura di nuovi bracci nelle strutture di Is Arenas, Nuoro-Mamone e Oristano, così come ventilato nelle settimane precedenti dalla Amministrazione penitenziaria regionale;
la carenza di organico della polizia penitenziaria che pesa sugli istituti di pena sardi è dovuta in parte anche ai distacchi del personale in servizi o uffici dipartimentali che in molti casi non dovrebbero esserci -:
se quanto denunciato dai rappresentanti sardi del sindacato della polizia penitenziaria in occasione della cosiddetta iniziativa «Vertenza Sardegna» trovi effettivamente riscontro nella realtà dei fatti;

se non ritenga di promuovere un'urgente visita ispettiva presso gli uffici del provveditorato regionale dell'Amministrazione penitenziaria sarda al fine di accertare se le denunce sindacali abbiano fondamento;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si intendano attuare per disporre l'implemento dell'organico di unità di polizia penitenziaria assegnato presso le carceri sarde;
se il Ministro intenda attivarsi affinché sia disposto il rientro immediato in sede di tutte le unità di polizia penitenziaria distaccate presso altri istituti o sedi dell'Amministrazione penitenziaria che non siano determinate da gravi motivi di famiglia, secondo quanto prevede il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 1999.
(4-04818)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le sette carceri dislocate sul territorio ligure soffrono di una forte carenza di organico nei reparti di polizia penitenziaria ed in quelli del personale amministrativo;
nel comunicato stampa del 26 ottobre 2009 il segretario regionale aggiunto e commissario straordinario ligure del Sappe, Roberto Martinelli, ha dichiarato: «Abbiamo ritenuto doveroso interessare nuovamente il Ministro Alfano e tutti i parlamentari eletti in Regione per denunciare una situazione ogni giorno sempre più allarmante, che ricade in primis sulle condizioni lavorative delle donne e degli uomini della Polizia penitenziaria, e che non può restare in assenza di provvedimenti concreti. La grave e critica situazione della Liguria emerge chiaramente esaminando le presenze degli organici del Corpo di Polizia e dei detenuti nelle sette Case Circondariali della Regione»;
in Liguria, a fronte di una capienza regolamentare di 1.140 posti, ci sono più di 1.650 detenuti; gli agenti penitenziari in servizio sono poco più di 850 invece dei necessari 1.264 previsti (a Chiavari mancano 17 unità di polizia penitenziaria, a Genova Marassi 165, a Pontedecimo 59, a Imperia 22, a La Spezia 54, a Sanremo 77 e a Savona 13), mentre per quanto concerne il personale dirigenziale e tecnico amministrativo la situazione è ancora più allarmante se è vero, come è vero, che complessivamente in Liguria mancano 3 dirigenti, 23 educatori, 21 assistenti sociali, 68 collaboratori nonché 80 tra collaboratori d'area direttiva, tecnici, impiegati e informatici;
dei più di 400 agenti penitenziari mancanti, molti risultano essere distaccati in servizi o uffici dipartimentali dove tra l'altro hanno ben tremila unità presenti, che in molti casi non dovrebbero esserci, visto che ricoprono ulteriori vacanze organiche di altre professionalità in ambito ministeriale;
questa situazione di grave e prolungato disagio si riflette non solo sugli uomini della polizia penitenziaria ma più in generale sulla sicurezza interna degli istituti di pena liguri;
in queste condizioni disagiate il personale di polizia penitenziaria svolge quotidianamente il proprio lavoro, con profondo senso del dovere e spirito di abnegazione, affrontando turni lavorativi di 8 ore nonostante il contratto collettivo nazionale ne preveda 6 -:
se quanto sostenuto dal commissario straordinario ligure del Sappe, signor Roberto Martinelli, nella lettera di sollecito indirizzata al Ministro interrogato e a tutti i parlamentari liguri il 26 ottobre 2009, trovi effettivamente riscontro nella realtà dei fatti;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si intendano attuare per disporre l'implemento dell'organico di unità di polizia penitenziaria

nonché del personale dirigenziale e tecnico amministrativo assegnato presso le carceri liguri;
se il Ministro intenda attivarsi affinché sia disposto il rientro immediato in sede di tutte le unità di polizia penitenziaria distaccate presso altri istituti o sedi dell'Amministrazione penitenziaria che non siano determinate da gravi motivi di famiglia, secondo quanto prevede il decreto del Presidente della Repubblica n. 254 del 1999.
(4-04819)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 29 ottobre 2009 il quotidiano La Città di Teramo e Provincia esce con la notizia in prima pagina dal titolo «Il detenuto si massacra quando sta da solo non davanti agli altri»;
il sottotitolo precisa: La Città è entrata in possesso dell'incredibile registrazione audio di un dialogo tra agenti del Carcere; parlano di un detenuto «massacrato» e di un «negro che ha visto tutto» e dicono «Abbiamo rischiato la rivolta»;
a pagina 4, La Città pubblica un articolo a firma di Paola Peluso dal quale è possibile trarre quanto segue:
il carcere in questione è quello di Castrogno a Teramo;
la registrazione di cui si parla in prima pagina è giunta al quotidiano in un plico contenente un CD Rom e una lettera indirizzata al direttore;
nella lettera, non firmata e forse volutamente sgrammaticata, ma sedicente voce dei detenuti del carcere, si legge: «Qui qualsiasi cosa succede è colpa nostra ma questa volta non finirà così, e da troppo che sopportiamo, qui quelli maltrattati siamo noi ed anche in questa occasione abbiamo subito un pestaggio da parte di una guardia». E ancora: «Il fatto e che noi siamo detenuti e non siamo mai creduti invece la guardia è la legge e credono di poter fare tutto quello che vogliono. Ci sono state volte che alcuni di noi hanno aggredito loro ma non sempre è così»;
quanto alla registrazione, la giornalista scrive: «La voce è nitida». Quanto la collera che ritma la conversazione tra due persone, una delle quali sicuramente titolato a rimproverare l'interlocutore per aver disatteso un incarico. «Abbiamo rischiato una rivolta eccezionale, una rivolta...», si sente ripetere al primo. I tentativi del secondo di fornire una giustificazione dicendosi ignaro dell'accaduto. E ancora, il primo continua: «Ma perché, scusa, non lo sai che ha menato al detenuto in sezione?». E l'altro: «Io non c'ero, non so nulla». Il tono di voce cresce: «Ma se lo sanno tutti?» Pochissimi secondi e poi: «In sezione un detenuto non si massacra, si massacra sotto». Lapidario. Sotto. Non in sezione. Un detenuto non si massacra. Anzi si, si può massacrare ma non in pubblico. «Abbiamo rischiato una rivolta perché il negro ha visto tutto...», conclude lasciando aperte decine di interrogativi. Specie se si riesce ad avere la conferma, come ottenuto da La Città attraverso due fonti attendibili vicinissime alla vita del carcere, che la voce registrata sul CD Rom apparterrebbe al Comandante di reparto degli agenti di Polizia penitenziaria di Castrogno, Giovanni Luzi. L'interlocutore? Un sovrintendente che il giorno della presunta aggressione «al contrario», da agente a detenuto, sarebbe stato di turno come capo-posto ossia come coordinatore delle quattro sezioni in cui sono ospitati i circa 400 detenuti»;
in conclusione dell'articolo, la giornalista giunge alla plausibile considerazione che la lettera che accompagnava il CD Rom, non sia stata scritta da un detenuto, ma forse da un agente, visto che per un carcerato sarebbe stato difficile far uscire dall'istituto un plico contenete un CD Rom, tanto più se indirizzato al direttore di un giornale;
l'articolo 13, quarto comma, della Costituzione stabilisce che è punita ogni

violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà, mentre l'articolo 27 sancisce che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa;
se ritenga di dover accertare se corrispondano al vero le documentate e a quanto pare verificate notizie riportate dal quotidiano La Città di Teramo e provincia;
se ritenga di promuovere un'indagine nel carcere di Castrogno di Teramo per verificare non solo le responsabilità del pestaggio di cui si parla nella conversazione registrata nel CD Rom, ma anche se la brutalità dei maltrattamenti e delle percosse sia prassi usata dalla Polizia penitenziaria nell'istituto.
(4-04821)

TOUADI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 28 ottobre 2009 tutti i media nazionali hanno riportato la notizia della morte di Stefano Cucchi, trentunenne romano arrestato nella notte del 16 ottobre 2009, e deceduto in circostanze non chiare nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 2009;
i genitori del giovane hanno riferito che il ragazzo al momento dell'arresto da parte dei carabinieri si trovava in buone condizioni e non aveva alcun segno sul viso;
i carabinieri che lo hanno arrestato hanno riferito al quotidiano La Repubblica che hanno avuto in consegna il ragazzo per poco tempo e poi hanno aggiunto che: «Lo abbiamo portato in caserma in una camera di sicurezza, alle 5 del mattino abbiamo chiamato il 118 perché stava male, ma non ha voluto essere curato, si è svegliato alle 9,20 e lo abbiamo accompagnato per il rito direttissimo e consegnato alla polizia penitenziaria»;
il padre, il giorno dopo l'arresto, nell'udienza per direttissima, notò che vi erano delle tumefazioni sul volto e sugli occhi del figlio e successivamente il giovane è stato portato dal carcere all'ospedale Pertini, sembrerebbe per «dolori alla schiena»;
i genitori nel frattempo avevano richiesto l'autorizzazione per poter incontrare il figlio, ma tale autorizzazione al colloquio è stata concessa solo nella giornata del 23 ottobre 2009, quando ormai il ragazzo era già deceduto;
i genitori hanno avuto modo di rivedere il figlio solo per il riconoscimento all'obitorio e in tale occasione hanno rilevato che il volto del ragazzo era devastato;
inoltre ai consulenti di parte è stata negata la possibilità di fotografare il viso di Stefano Cucchi;
a giudizio dell'interrogante si rende quanto mai necessario chiarire nel più breve tempo possibile la reale dinamica dei fatti -:
se corrisponda al vero la dinamica dei fatti così come emerge dalle poche notizie ufficialmente in possesso dei genitori di Stefano Cucchi e se, in tal caso, il Ministro non intenda raccogliere ulteriori informazioni presso l'amministrazione penitenziaria.
(4-04825)

BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di stampa ANSA del giorno 29 ottobre 2009 riporta la notizia del suicidio di Francesco Gozzi, di anni 52, presunto affiliato alla `ndrangheta in quanto esponente della cosca Latella di Reggio Calabria;
il detenuto, ristretto nel carcere di Parma, stava scontando la pena dell'ergastolo ed era sottoposto al cosiddetto «carcere

duro» di cui all'articolo 41-bis della legge n. 354 del 1975 recante norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà;
Francesco Gozzi si sarebbe impiccato utilizzando alcuni fogli di giornale intrecciati in modo da formare una corda;
stando a quanto riportato dai mezzi di comunicazione, il detenuto era psicologicamente provato dal regime carcerario cui era sottoposto, tanto è vero che già in precedenza aveva attuato altri due tentativi di suicidio;
nelle settimane precedenti al suicidio, i difensori del signor Gozzi, gli avvocati Carmelo Malara e Lorenzo Gatto, avevano chiesto il trasferimento del loro assistito in un centro clinico specializzato, ma non avevano ottenuto risposta alcuna;
con riferimento al suicidio del signor Gozzi la procura della Repubblica di Bologna ha avviato un'inchiesta ipotizzando il reato di istigazione al suicidio;
già nel recente passato il Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d'Europa si è dedicato all'osservazione delle condizioni in cui versano i detenuti sottoposti al regime previsto dall'articolo 41-bis rilevando nei loro rapporti che «non vi è alcun dubbio che un sistema simile è di natura tale da provocare degli effetti dannosi che possono provocare l'alterazione delle facoltà sociali e mentali, spesso irreversibilmente», con ciò raccomandando l'adozione di misure urgenti e che, in generale, l'intero sistema sia oggetto di un riesame poiché poco chiaro appare «il rapporto tra l'obiettivo dichiarato di esso - impedire la costituzione e/o il consolidamento dei legami tra un detenuto e il suo gruppo di appartenenza - e certe restrizioni imposte, come la sospensione totale della partecipazione alle attività culturali, ricreative, sportive, la sospensione del lavoro, le limitazioni ai colloqui familiari e all'ora d'aria». I rapporti sul cosiddetto 41-bis del Comitato per la prevenzione della tortura rilevano che si può legittimamente dubitare che «un obiettivo non dichiarato del sistema sia quello di agire come un mezzo di pressione psicologica al fine di provocare la dissociazione o la collaborazione» del detenuto con l'autorità giudiziaria, al punto che a riguardo il Comitato sottolinea il principio generale secondo il quale la detenzione rappresenta una sanzione e che essa deve limitarsi alla privazione della libertà;
secondo i dati forniti dal Centro studi di Ristretti Orizzonti, da gennaio a fine ottobre 2009, negli istituti di pena italiani sono morti 146 detenuti, tra questi 59 si sono tolti la vita; in pratica in appena 10 mesi è stato superato il numero dei suicidi dell'intero anno 2008, registrando quindi un aumento del 30 per cento;
sempre secondo quanto contenuto nel dossier «Morire di Carcere» curato da Ristretti Orizzonti, in dieci anni 1.500 detenuti hanno perso la vita all'interno delle carceri: in pratica muoiono 150 detenuti all'anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per «cause naturali» non meglio specificate;
le presenze dei detenuti all'interno degli istituti di pena italiani ha oltrepassato quota 65mila: il 48,8 per cento dei detenuti si trova dietro le sbarre in custodia cautelare mentre, tra i condannati, circa 9mila persone devono scontare pene inferiori ad un anno; a ciò occorre aggiungere che metà dei carcerati è affetto da epatite, il 30 per cento è tossicodipendente, il 10 per cento malato di mente e il 5 per cento ha l'Hiv;
una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte al cosiddetto 41-bis;
il direttore generale del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria

(D.A.P.), dottor Sebastiano Ardita, ha indirizzato, in data 18 dicembre 2008, una circolare a tutti i provveditori regionali dell'Amministrazione penitenziaria avente ad oggetto «prevenzione dei suicidi e tutela della vita e della salute delle persone detenute e/o internate», sollecitando tutti gli operatori ad un maggiore impegno teso a scongiurare situazioni di criticità;
il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se con riferimento al suicidio avvenuto nel carcere di Parma sia stata aperta un'inchiesta amministrativa e quali ne siano eventualmente gli esiti;
se risulti siano state presentate istanze volte al trasferimento del detenuto e, in tal caso, se sia noto per quali motivi il detenuto Francesco Gozzi, persona in stato di forte sofferenza psicologica al punto da avere tentato già due volte di togliersi la vita, non sia stato trasferito presso un centro clinico specializzato come richiesto dai suoi avvocati difensori;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime carcerario di cui all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario;
quali iniziative intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei suicidi in carcere;
quali misure il Governo intenda adottare per evitare che le forme di applicazione delle modalità di detenzione previste in base all'articolo 41-bis della legge sull'ordinamento penitenziario siano finalizzate a scopi di pressione psicologica e accanimento in contrasto con i diritti fondamentali dell'individuo e con le finalità proprie dell'istituto giuridico in questione.
(4-04828)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 29 settembre 2008, la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo ha interpellato il Presidente del Consiglio dei ministri e i Ministri della giustizia, dell'interno e della difesa per sapere se erano in grado di fare chiarezza, tra l'altro, su due fatti inquietanti emersi a distanza di molti anni dall'omicidio di Walter Tobagi avvenuto il 28 maggio 1980 a Milano: primo, il contenuto di «informative» secondo le quali si sarebbe saputo in anticipo di mesi i nomi dei terroristi che stavano progettando l'attentato al giornalista del Corriere della Sera e che poi effettivamente l'uccisero; secondo, il contenuto del documento presentato dal generale Bozzo davanti al tribunale di Monza nella udienza del 16 aprile 2008 secondo il quale gli sarebbero state date dai suoi superiori indicazioni per fornire, se interrogato dalla magistratura, la versione «concordata» sulle indagini relativa al caso Tobagi;
dopo oltre un anno e nonostante numerosi solleciti, a quella interpellanza e alle gravi questioni poste, dai Ministri interrogati non ancora è giunta risposta;
nel frattempo ulteriori inquietanti interrogativi sono stati sollevati alla vigilia del trentesimo anniversario della morte di Tobagi dalla stessa figlia Benedetta, prima in una sua testimonianza pubblicata sul periodico del carcere Due Palazzi di Padova «Ristretti Orizzonti» e ora nelle

pagine del suo libro di imminente pubblicazione, testimonianza e libro di cui ha scritto anche Franco Corleone in un articolo pubblicato sul Manifesto del 31 ottobre 2009;
nella testimonianza pubblicata su «Ristretti Orizzonti» in un numero speciale dedicato alle vittime (n. 4, luglio-agosto 2009), Benedetta Tobagi racconta dell'omicidio del padre descrivendo, da un lato, la vicenda di Marco Barbone e Mario Marano, due dei militanti della banda responsabile dell'omicidio che grazie alla collaborazione con i magistrati si salvarono dal carcere, e, dall'altro, quella dell'esecutore materiale del delitto insieme a Barbone, Manfredi De Stefano, morto il 6 aprile del 1984 in un ospedale di Udine dove era stato ricoverato d'urgenza «per un aneurisma» occorsogli nel carcere della città;
così scrive Benedetta Tobagi sulla sorte di De Stefano: «Risultava morto in carcere per un aneurisma nel 1984, invece poco tempo fa ho scoperto, da un giudice istruttore che me lo ha detto con una freddezza impressionante, "no, noi avevamo cambiato la scheda, si è impiccato, me lo ricordo benissimo". Ora - continua Benedetta Tobagi - questa notizia mi ha sconvolto, mi ha sconvolto sapere che c'era un dato, scusate l'ingenuità, di questa gravità, alterato con dei documenti pubblici, e poi soprattutto pensare che dall'omicidio di mio padre era venuto fuori un suicidio non mi ha dato nessun tipo di sollievo, e non perché sono buona, ma perché crea un'ulteriore distruzione di senso, ancora più male»;
nel libro autobiografico di Benedetta Tobagi che sta uscendo in libreria in questi giorni, la storia vi risulta confermata e viene anche fatto il nome del magistrato autore della rivelazione, così che - scrive Corleone nel citato articolo sul Manifesto - a pagina 281 si può leggere: «Manfredi De Stefano risulta morto in carcere nel 1984 per un aneurisma. Mi chiedo se non l'abbiano ammazzato di botte. La verità è quasi più terribile: "Si è impiccato - rivela Caimmi (giudice istruttore dell'epoca del processo Tobagi, ndr) - Me lo ricordo, era fragile, instabile: Aveva certe mani lunghe, nervose, da pianista"» -:
se dagli atti depositati presso il Ministero risulti che Manfredi De Stefano, l'assassino di Walter Tobagi, come racconta la figlia Benedetta, si sarebbe suicidato nel carcere di Udine il 6 aprile del 1984 invece di morire per un malore improvviso, come si è finora creduto;
se risulti dagli atti depositati se su quella morte fu disposta e da chi un'autopsia, da chi fu eseguita e che esito ebbe;
nel caso in cui sia stato davvero nascosto il suicidio, cosa intenda fare di fronte all'evidente comportamento deviato delle istituzioni e nei confronti degli artefici di una tale messa in scena, che inevitabilmente farebbe aumentare i già tanti e inquietanti interrogativi attorno all'omicidio di Walter Tobagi.
(4-04834)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 2 novembre 2009 l'interrogante ha visitato il carcere Castrogno di Teramo per molte ore (a partire dalle 11.45) accompagnata dai radicali della città, Renato Ciminà e Orazio Papili;
alla visita era presente anche il segretario nazionale della Uil penitenziari, Eugenio Sarno;
la visita ispettiva è stata guidata dal facente funzioni direttive, dottor Stefano Liberatore che è impegnato anche a coadiuvare il lavoro del direttore del carcere di Sulmona; il direttore titolare, infatti, è da molti mesi assente dal servizio;
l'istituto mostra questa situazione:
i detenuti presenti sono 400, a fronte di una capienza regolamentare di 231 posti;

gli agenti effettivamente in servizio sono 155, a fronte di un organico di 203 unità;
gli educatori sono solamente 2, di cui uno a tempo parziale, rispetto ad una pianta organica di 6 unità;
a detta del medico di turno nell'infermeria del carcere, oltre il 50 per cento dei reclusi è malato e numerosi sono coloro che presentano patologie psichiatriche del tutto incompatibili con il regime di detenzione; l'assistenza psicologica e psichiatrica è pressoché nulla;
le celle sono malmesse, talmente fredde e umide che i detenuti indossano cappotti, giubbotti e cappelli; in diversi hanno mostrato i materassi di gommapiuma bagnati; il riscaldamento non funziona; i detenuti non possono fare la doccia tutti i giorni ma solo tre volte alla settimana;
i detenuti maschi, in totale 363, passano tutto il tempo nelle celle sovraffollate, tranne le canoniche «ore d'aria»; solo una piccola minoranza lavora e poche unità accedono ai corsi scolastici che peraltro si fermano alle medie;
i detenuti definitivi vivono insieme a coloro che sono in attesa di giudizio condividendone la stessa sorte di totale mancanza di qualsiasi forma di rieducazione per il futuro reinserimento sociale;
a causa degli sfollamenti dalle carceri più grandi, a Castrogno sono detenute molte persone che provengono da centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza; ciò, oltre a rendere oltremodo difficoltosi i colloqui con i familiari, costringe il già ridotto organico degli agenti a numerosissime traduzioni per accompagnare i detenuti nei luoghi ove si svolgono i processi: nei primi dieci mesi dell'anno sono state già effettuate ben 1.200 traduzioni con grave dispendio di risorse umane e finanziarie;
nel carcere di Castrogno non esiste un'area verde per i colloqui dei detenuti con i loro figli minori; i colloqui tutti si svolgono in luoghi ristretti e affollatissimi, in molti casi ancora con il proibito muretto divisorio;
persino il conforto religioso per i detenuti credenti cattolici è negato: diversi detenuti si sono lamentati di aver avanzato da mesi la «domandina» per assistere almeno alla messa domenicale nella cappella dell'istituto, ma nessuno ha risposto loro perché, da mesi, manca il cappellano del carcere;
nel reparto femminile, dove sono ristrette 37 donne, anche due bambini vivono dietro le sbarre con le loro madri;
il comandante, Giuseppe Luzi - protagonista di un'inchiesta della Procura e di un'indagine interna dell'Amministrazione per la registrazione in cui rivela un pestaggio di un detenuto avvenuto in Sezione - avrebbe dichiarato, secondo notizie riportate dalla stampa locale, di volersi assentare dal suo incarico per malattia -:
se sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
in quali tempi intenda dotare l'istituto di un direttore titolare;
in quali tempi verranno ripristinate le piante organiche della polizia penitenziaria e degli educatori;
cosa intenda fare per risolvere il problema della vacatio delle funzioni svolte dal comandante degli agenti di polizia penitenziaria;
cosa intenda fare per garantire il diritto alla salute dei detenuti;
in quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
in particolare, cosa intenda fare per scongiurare atti di autolesionismo e suicidi dei detenuti che - a detta del medico in servizio la mattina del 2 novembre - sono affetti da patologie psichiatriche tali da essere incompatibili con lo stato di detenzione;

cosa intenda fare per riconoscere ai detenuti il diritto a professare la religione in cui credono;
in quali tempi l'istituto rientrerà nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
cosa intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
in quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, all'accesso quotidiano alle docce;
cosa intenda fare, in definitiva, per ripristinare nel carcere Castrogno di Teramo, una situazione conforme alle normative vigenti.
(4-04862)

JANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 15 ottobre 2009 è stato arrestato a Roma Stefano Cucchi, geometra 31enne, sorpreso con venti grammi di hashish e due di cocaina. Il giovane è morto poche ore dopo in circostanze ancora da chiarire. Il decesso sarebbe avvenuto a causa dei traumi e delle lesioni riscontrate sul suo corpo, forse dovute a un pestaggio. Il responsabile dell'assistenza nel reparto di detenzione dell'ospedale Sandro Pertini, dove è stato accertato il decesso del ragazzo ha affermato che il paziente «rifiutava cibo e acqua» e che i medici non lo hanno forzato a bere e mangiare: «Se il paziente dice no, i dottori non possono imporsi». A riferire del colloquio con il medico della struttura romana sono stati i consiglieri regionali Anna Pizzo e Ivano Peduzzi e l'ex-parlamentare Giovanni Russo Spena, che hanno visto la cella dove Cucchi ha trascorso le ultime ore. Per chiarire la natura delle lesioni riscontrate durante l'autopsia, i pubblici ministeri hanno incaricato tre medici legali di svolgere le necessarie verifiche. Se i risultati non saranno esaustivi potrebbe essere necessario riesumare la salma;
nello stesso periodo, una seconda notizia sconcertante ha sollevato clamore all'interno della struttura detentiva di Teramo. Si tratta di una registrazione audio in cui il Comandante della guardia penitenziaria avrebbe preso atto e attestato un trattamento alquanto violento ai danni di un detenuto. Le frasi dell'audio, registrate all'interno di un ufficio nel Settore del personale del carcere di Castrogno a Teramo, costituirebbero la testimonianza di un pestaggio in piena regola;
a fronte delle suddette notizie, il Sappe, sindacato autonomo della polizia penitenziaria, ha lanciato un appello volto ad identificare e punire gli eventuali responsabili, ma a non strumentalizzare l'intero corpo che, come afferma il segretario Donato Capece, è un'«istituzione sana, con un'onorabilità da difendere da inaccettabili strumentalizzazioni». Per Eugenio Sarno, segretario generale Uil penitenziari, anch'egli nel capoluogo abruzzese, «il penitenziario di Teramo è connotato dalle caratteristiche negative del sistema carcerario italiano, sistema che trasforma la pena in supplizio e il lavoro in tortura, e non certo per colpa del personale»;
la vicenda di Stefano Cucchi ha fatto affiorare diversi casi analoghi di morti in carcere, di cui non si è ancora avuta alcuna spiegazione. La madre di Marcello Lonzi, 29 anni, deceduto nel penitenziario delle Sughere nel 2003, ha scritto al Ministro della giustizia una lettera in cui lo invita a guardare le foto del cadavere di suo figlio e a darle quelle risposte che attende da sei anni. La donna è convinta che il giovane non morì per cause naturali, come stabilito da una prima indagine della procura di Livorno, ma in seguito a un pestaggio avvenuto in cella. La procura ha aperto una nuova indagine nella quale risultano indagati un detenuto e tre agenti della polizia penitenziaria con l'accusa di omicidio colposo;
caso analogo è quello di Aldo Branzino, falegname di 44 anni morto il 14

ottobre 2007 in circostanze ancora sconosciute. Nei due giorni prima del decesso, Aldo e la compagna Roberta, residente a Capanne, in provincia di Perugia, vengono arrestati e portati presso la vicina struttura penitenziaria perché, in seguito a una perquisizione, vengono trovate nella loro tenuta alcune piante di marijuana. La mattina del 14 ottobre Roberta viene scarcerata e solo in quel momento apprende della morte del marito. Ad oggi sono sconosciute le cause del decesso; tuttavia è certo che al momento dell'ingresso in carcere il certificato medico dimostra che entrambi godevano di perfette condizioni di salute. Il medico legale nominato dalla famiglia, dopo aver assistito alla prima autopsia, ha dichiarato che il corpo dell'uomo presentava lesioni al fegato, alla milza, al cervello e due costole rotte -:
quali iniziative di competenza il Ministro intenda assumere al fine di contribuire a fare piena luce sui casi di decesso non giustificati all'interno di strutture detentive, come avvenuto per Stefano Cucchi;
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di garantire una maggiore sicurezza, sia per i detenuti che per le guardie carcerarie, all'interno delle strutture penitenziarie italiane.
(4-04880)

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il Direttore della Cancelleria della Corte d'Appello di Milano segnala l'esigenza di provvedere alla parziale modifica dell'articolo 14-bis del decreto-legge n. 248 del 2007 «Dirigenti dell'Amministrazione Giudiziaria» che testualmente recita:
1. I dirigenti risultati idonei nel concorso a 23 posti di dirigente nel ruolo del personale dirigenziale dell'amministrazione giudiziaria, indetto con provvedimento del Direttore generale 13 giugno 1997 e assunti in via provvisoria in esecuzione di ordinanze del giudice del lavoro, che alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto abbiano già sottoscritto i relativi contratti, previa rinuncia espressa ad ogni contenzioso giudiziario, sono inquadrati in via definitiva nel ruolo dirigenziale del Ministero della giustizia, a valere sul fondo di cui all'articolo 1, comma 257, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni»;
la formulazione secondo l'interrogante appare infatti non appropriata per tre motivi, due formali ed uno sostanziale:
a) il primo motivo riguarda il linguaggio, perché prima si è candidati, poi idonei e successivamente dirigenti;
b) il secondo motivo riguarda il termine «ordinanze» che è restrittivo perché trascura coloro che sono stati inquadrati nella carriera dirigenziale in forza di sentenza e/o procedura conciliativa;
c) il terzo motivo, quello vero, è che la norma - come formulata - ha ingiustamente penalizzato quegli idonei (16 su 125) che a parità di condizioni e di situazione si sono visti respingere il ricorso dal giudice del lavoro;
sarebbe opportuno invece che tutti gli idonei (e non solo coloro che hanno vinto la causa di lavoro) possano finalmente accedere alla carriera dirigenziale;
premesso tutto ciò l'interrogante chiede di sapere -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritenga di dover promuovere un'iniziativa normativa evitando così di creare un'odiosa discriminazione tra lavoratori tutti meritevoli dello stesso trattamento.
(4-04881)

LABOCCETTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il dottor Gioacchino Genchi, già commissario della Polizia di Stato ha svolto numerosi incarichi di consulenza e peritali in materia di intercettazioni telefoniche che lo hanno fatto balzare agli onori delle cronache;

egualmente hanno avuto rilievo mediatico le aperture di procedimenti penali a carico del medesimo consulente per presunte violazioni di legge nell'adempimento degli incarichi;
in particolare l'operato del Genchi è stato reso di pubblico dominio quando sono stati pubblicati con vasta eco gli atti sino a quel momento ostensibili adottati dalle Procure della Repubblica di Salerno e Catanzaro con i rispettivi provvedimenti di sequestro e contro sequestro di fascicoli giudiziari, nonché delle perquisizioni personali operate a carico di magistrati calabresi -:
se è a conoscenza del conferimento in favore del dottor Gioacchino Genchi di incarichi di consulenza da parte delle Procure della Repubblica di Catanzaro e di Crotone, nonostante la sottoposizione del Genchi a procedimenti penali relativi ad abusi connessi all'espletamento di pregressi incarichi consulenziali.
(4-04892)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano Le Cronache di Napoli del 3 novembre 2009, agli inizi di ottobre 2009 il 25enne Ciro Triunfo, detenuto nel carcere di Poggioreale, è deceduto dopo essere stato trasferito presso l'ospedale Cardarelli;
Ciro Triunfo era ristretto presso la camera di sicurezza dell'istituto di pena napoletano in quanto il mattino seguente avrebbe dovuto partecipare al processo che lo riguardava;
appena trasferito nella camera di sicurezza di Poggioreale il giovane detenuto ha accusato un malore talmente forte che gli agenti della polizia penitenziaria hanno ritenuto opportuno disporne l'immediato trasferimento presso l'ospedale Cardarelli;
i medici, ad una prima indagine, hanno deciso che non era il caso di ricoverarlo, sicché il detenuto è stato nuovamente trasferito nel carcere napoletano dove ha trascorso la notte tra atroci dolori, come raccontato dal suo compagno di cella nell'articolo sopra citato;
il mattino dopo Ciro Triunfo è stato trovato in fin di vita all'interno della camera di sicurezza; trasportato d'urgenza nuovamente all'ospedale Cardarelli vi è giunto cadavere;
sull'episodio la procura di Napoli ha aperto un'inchiesta;
dall'inizio di gennaio al 31 ottobre sono 146 i detenuti che hanno perso la vita nelle carceri italiane, sei in più del totale registrato alla fine dello scorso anno;
secondo i dati forniti dal centro studi di Ristretti Orizzonti, da gennaio agli inizi di novembre 2009 negli istituti di pena italiani si sono verificati 62 suicidi; in pratica in appena 10 mesi è stato, superato il numero dei suicidi dell'intero anno 2008, registrando quindi un aumento del 30 per cento;
sempre secondo quanto contenuto nel dossier «Morire di Carcere» curato da Ristretti Orizzonti, in dieci anni 1.500 detenuti hanno perso la vita all'interno delle carceri: in pratica dietro le sbarre muoiono 150 detenuti all'anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per «cause naturali» non meglio specificate;
secondo quanto dichiarato nell'articolo sopra richiamato da Francesco Morelli, curatore del dossier «Morire di Carcere» per il centro studi di Ristretti Orizzonti, «la morte di Stefano Cucchi e l'ondata di indignazione al riguardo, soprattutto dopo la pubblicazione della sconvolgente immagine del suo corpo martoriato, sono un fortissimo e drammatico

richiamo alla realtà. Quando il sistema penitenziario italiano viene definito "fuori legge", "illegale", "incivile" dallo stesso Ministro della giustizia, vuol dire che la sofferenza di chi sta in carcere supera il livello ritenuto ammissibile, che la pena diventa supplizio. Soffrono in primo luogo i detenuti, ma soffre anche la polizia penitenziaria, che nell'ultimo mese ha pagato con tre suicidi lo stress di un lavoro sempre poco riconosciuto. E dove gli agenti stanno male, devono fare turni di 12 ore, e via dicendo, non ci sarà un bel clima neanche per i detenuti»;
a giudizio dell'interrogante una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità;
va evidenziato che il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso Ordinamento Penitenziario -:
se intendano, negli ambiti di rispettiva competenza, verificare il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti del detenuto Ciro Triunfo siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza e di cura previste e necessarie e quindi se non vi siano state responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto e/o da parte dei medici dell'ospedale Cardarelli;
quali misure si intendano mettere in atto per arrestare il drammatico flusso di morte che si sta manifestando dentro le carceri italiane dall'inizio dell'anno.
(4-04898)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal quotidiano online Arena.it, venerdì 30 ottobre 2009, Domenico Improta, di anni 29, si è suicidato nell'infermeria del carcere di Verona dov'era detenuto dal marzo 2007;
Improta aveva effettuato una rapina da 110mila euro il 7 ottobre 2006 presso l'ufficio postale di Bardolino, dopodiché, a metà marzo 2007, era stato arrestato dai carabinieri di Peschiera e condannato, insieme ad altri 4 complici, a 5 anni di carcere all'esito di rito abbreviato celebrato innanzi al Giudice dell'udienza preliminare, dottor Giorgio Piziali;
il detenuto si trovava ricoverato, sotto stretta sorveglianza, nell'infermeria del carcere di Montorio in quanto aveva già tentato il suicidio in passato;
proprio a scopo precauzionale, a Improta non era data nemmeno la possibilità di poter utilizzare le lenzuola, ciononostante il detenuto ha comunque trovato il modo di uccidersi impiccandosi con una maglietta;
sulla vicenda il cappellano del carcere di Montorio, Fra Beppe Prioli, ha dichiarato quanto segue: «Ogni suicidio di un detenuto è una sconfitta non solo per noi cappellani e per noi volontari, ma per la società tutta. Così tanti suicidi impongono una urgentissima riflessione: forse una parola, un ascolto o un contatto in più avrebbero potuto salvare la vita di Domenico Improta»;
Improta è il 62o detenuto che si è tolto la vita dall'inizio dell'anno; in pratica negli istituti di pena italiani in appena 10 mesi è stato superato il numero dei suicidi dell'intero anno 2008, con un aumento stimato del 30 per cento;
sempre secondo quanto contenuto nel dossier «Morire di Carcere» curato da ristretti orizzonti, in dieci anni 1.500 detenuti hanno perso la vita all'interno delle

carceri: in pratica muoiono 150 detenuti all'anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per «cause naturali» non meglio specificate;
a tal proposito il presidente della Conferenza regionale volontariato e giustizia, Maurizio Mazzi, ha ribadito che in carcere ci sono venti volte più suicidi che all'esterno, suicidi che crescono in parallelo al sovraffollamento, e quindi al peggiorare delle condizioni di vita;
i dirigenti del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria hanno deciso di creare, nel corso dell'anno 2000, una unità di monitoraggio per l'esame analitico dei singoli casi di suicidio, al fine di comprenderne - ed auspicabilmente rimuoverne - le cause;
a giudizio degli interroganti una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili al rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo;
evidenziato che il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda verificare il modo in cui si sono svolti i fatti per appurare se nei confronti di Domenico Improta siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'amministrazione dell'istituto;
quali siano i risultati acquisiti in passato dal monitoraggio avviato sui casi di suicidio in carcere dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-04899)

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la signora Carla Venturelli sta cercando da 7 anni di conoscere se sua madre abbia perso la vita durante un intervento chirurgico solo per la pinzatura della coronaria o anche per una trasfusione sbagliata durante la medesima operazione avvenuta presso uno dei più noti ospedali di Alessandria, la casa di cura «Città di Alessandria»;
dopo tre anni non si conosce se il procedimento sia stato riaperto o meno, e così come i medici hanno volutamente tenuto all'oscuro i familiari di fatti gravissimi, anche il magistrato della Procura di Alessandria, non ha ritenuto di dover mai convocare né loro né i testimoni durante il procedimento, nemmeno dopo l'archiviazione, quando si sono opposti avendo loro rinvenuto un documento con il numero di sacca sbagliato -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;

se non ritenga di dover intervenire al fine di fare chiarezza sui fatti avvenuti mediante un'apposita iniziativa ispettiva ove sussistano i presupposti di legge.
(4-04900)

BOSI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
presso il tribunale di Genova si tiene un processo a carico di 31 imputati tra i quali il giudice Sebastiano Puliga che, all'epoca dei fatti, era giudice della sezione fallimentare del tribunale civile di Firenze;
proprio per il coinvolgimento nell'inchiesta, risalente al 2002, del suddetto magistrato il procedimento penale venne trasferito a Genova;
le accuse, di natura penale, sono particolarmente gravi, in quanto riguardano l'illegittimo vantaggio patrimoniale che sarebbe derivato all'imputato dalla sua attività d'ufficio nella gestione delle curatele fallimentari in concorso con altri liberi professionisti;
i fatti, sui quali si celebra il processo, hanno avuto un grande impatto sociale ed economico, oltre che mediatico, per aver portato alla luce un vero e proprio sistema mediante il quale si lucrava sul trasferimento di beni derivanti da procedimenti fallimentari, con ciò arrecando ingenti danni alla massa dei creditori ed agli stessi falliti;
dopo sette anni dai fatti di cui trattasi e a circa due anni dall'inizio del processo, si apprende, dalla stampa, che ben due dei tre membri del collegio giudicante (il presidente Massimo Todella ed il giudice a latere Maria Giacalone) sarebbero incompatibili a proseguire nella loro funzione, in quanto intervenuti, come G.I.P., negli atti relativi alle indagini preliminari;
in conseguenza di ciò il processo sarebbe destinato ad interrompersi per essere nuovamente celebrato da diverso collegio giudicante, con ciò paventandosi concretamente il rischio della prescrizione dei reati -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se non ritenga di assumere iniziative di carattere ispettivo ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza.
(4-04907)

OLIVERIO e RENATO FARINA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 aprile 2009, n. 38, prevede l'esclusione degli arresti domiciliari per chi è imputato in attesa di giudizio per delitti connessi a violenze sessuali (sex offenders);
il carcerato don Ruggero Conti sarebbe stato detenuto all'ospedale Pertini nel reparto carcerario in condizione detentiva paradossalmente peggiorativa rispetto al carcere di Regina Coeli;
don Ruggero Conti versa in cattive condizioni di salute, in quanto è affetto da una grave patologia cardiovascolare aggravata e condizionata da fattore stressogeno determinato dalla restrizione in carcere come attestato anche da perizie disposte dal Tribunale di Roma;
il 19 agosto la direzione di Regina Coeli inviava una relazione sanitaria evidenziando il peggioramento delle condizioni e l'incompatibilità delle stesse con il regime carcerario; in data 22 don Ruggero Conti veniva trasferito al Santo Spirito da dove veniva inviato il 25 successivo al Sandro Pertini;
il 27 agosto il Pertini inviava una relazione dove rimarcava la non idoneità della struttura alle cure di cui don Ruggero Conti necessitava e, in modo particolare,

essendo la patologia di cui il sacerdote è affetto, di natura psicologica si ricordava, che nulla poteva essere effettuato in quel contesto ospedaliero;
il 28 agosto il Tribunale disponeva con ordinanza che il DAP e il carcere di Regina Coeli si attivassero alla ricerca di una struttura ospedaliera idonea;
la situazione del religioso ha coinvolto la difesa, il Tribunale e la direzione del carcere in una serie di atti dai quali emerge chiaramente la necessità di un trattamento in una struttura sanitaria idonea anche in regime di arresti domiciliari;
al Ministero della giustizia è stata inoltre inviata in data 3 settembre 2009 una lettera dal deputato Renato Farina del gruppo parlamentare del PDL nella quale si lamenta che detta struttura carceraria ospedaliera è totalmente inidonea a qualsiasi regime minimamente umanitario;
nella citata lettera la struttura del Pertini viene indicata «peggiore del peggiore carcere. Tutto è stato disegnato e regolamentato non in vista della cura dei pazienti, ma esclusivamente per la sicurezza.» L'on. Farina ha denunciato altresì che «in queste celle sono ristretti detenuti per i quali i medici hanno stabilito l'incompatibilità con la situazione carceraria per finire in una galera al quadrato, senza neanche quel minimo di respiro e di movimento che persino la prigione più dura consente.»;
appare necessaria un'iniziativa che consenta di costruire centri attrezzati per quei detenuti per i quali si richieda una specifica assistenza medica e per i quali non sia stata disposta la detenzione domiciliare -:
quali iniziative siano state assunte, ferme restando le prerogative della magistratura al fine di dare seguito alla lettera spedita dal parlamentare Renato Farina nonché a tutela del religioso, posta la gravità della situazione di salute del medesimo e le oggettive condizioni di insostenibilità della detenzione.
(4-04912)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano La Provincia Pavese del 3 novembre 2009 è apparso un articolo intitolato «Vigevano: due detenuti sequestrano agente e tentano di evadere»;
secondo quanto riportato dal quotidiano lombardo, il 2 novembre 2009 due persone detenute nella terza sezione del carcere dei Piccolini hanno sequestrato un agente di polizia penitenziaria puntandogli alla gola un punteruolo rudimentale. I due reclusi, un cittadino di origini marocchine e un italiano, avrebbero approfittato dell'apertura delle celle per il ritiro dei rifiuti per aggredire e sequestrare l'agente in servizio cercando poi di fuggire con l'ostaggio;
a far saltare il piano sarebbe stato l'agente in servizio nella sezione vicina, il quale, corso subito in aiuto del collega, ha affrontato i due sequestratori riuscendo a strappare dalle loro mani le chiavi gettandole lontano;
con l'arrivo degli altri colleghi i detenuti sono stati immobilizzati e ricondotti nelle celle. Nella colluttazione un agente ha riportato una ferita al volto e altri due contusioni sulle braccia;
il direttore della casa circondariale di Vigevano ha elogiato le guardie penitenziarie intervenute ed ha ammesso che questo è il secondo tentativo di evasione verificatosi nel corso dell'anno, il precedente si è verificato a febbraio e anche in quella circostanza furono i baschi blu ad evitare il peggio;
nel carcere dei Piccolini vi sono 420 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 360 posti;
il segretario generale della Uil Pubblica Amministrazione penitenziari, Eugenio Sarno ha dichiarato quanto segue: «Denunciamo da anni una cronica carenza di organico, che espone gli agenti di polizia penitenziaria anche a notevoli rischi

personali. A Vigevano dove vi sono molti detenuti reclusi in regime di Alta Sicurezza al momento della tentata evasione il personale in servizio ammontava ad appena 18 unità (nel turno notturno non superano la decina) comprese le tre unità di sorveglianza automontata, le portinerie e i responsabili dei servizi. Insomma un solo agente sorveglia circa 100 detenuti. Abbiamo cercato di sensibilizzare il Ministro, il Governo e il Parlamento sulle condizioni degli operatori penitenziari, purtroppo senza successo»;
già prima dei due tentativi di evasione avvenuti negli ultimi mesi, i sindacati del Corpo della polizia penitenziaria avevano segnalato all'amministrazione penitenziaria alcune problemi legati alla sicurezza evidenziando diversi punti critici che mettevano a rischio il controllo dei detenuti, soprattutto durante le attività ricreative -:
quale sia l'esatta dinamica di questo episodio e se intenda aprire una rigorosa inchiesta sulla tentata evasione dalla casa circondariale di Vigevano;
se non si reputi opportuno intervenire urgentemente al fine di potenziare il sistema di sicurezza dell'istituto;
se non ritenga indispensabile che si consideri la possibilità di un impegno del Governo rivolto ad un prossimo aumento di organico del corpo di polizia penitenziaria, attraverso l'adozione di un piano di assunzioni straordinarie che in maniera celere consenta di sopperire alle carenze esistenti e restituisca serenità e soprattutto sicurezza lavorativa agli operatori del corpo.
(4-04916)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Trentino del 23 ottobre 2009 è apparso un articolo ad oggetto le carenze nell'assistenza sanitaria ai detenuti;
l'articolo in questione dà conto della denuncia del consigliere provinciale del Trentino, Bruno Dorigatti, il quale ha chiesto di conoscere a che punto sia l'organizzazione del nuovo servizio in carico alla ASL di assistenza sanitaria nelle carceri conseguente alla promulgazione, avvenuta il 1o aprile 2009, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; decreto che ha stabilito le modalità e i criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie nonché delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria;
secondo quanto dichiarato dal consigliere Dorigatti «l'organizzazione del servizio all'interno del carcere di Trento è ancora in alto mare tanto che l'assistenza notturna e nei giorni festivi è ancora affidata ai medici di continuità assistenziale, le cosiddette guardie mediche. Si tratta di una situazione evidentemente insostenibile. L'assistenza sanitaria in carcere ha delle particolarità e richiede una professionalità specifica per gli aspetti tipici legati all'ambiente in cui si opera, alle patologie ad esso legate e alla situazione del paziente;
a giudizio dell'interrogante quanto avviene nel carcere di Trento evidenzia come le leggi, laddove stabiliscono che i carcerati debbano avere gli stessi diritti alle cure di chi è libero, siano scritte bene, ma poi poco si fa per garantire tutto questo. In linea di principio, ad esempio, il decreto che ha previsto il trasferimento delle competenze dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale in materia di sanità, prevede una migliore assistenza sanitaria ai carcerati, ma con le stesse identiche risorse di prima. È stato detto che le Asl dovranno prendere in carico questi pazienti attingendo risorse umane e strutture dal Dipartimento di giustizia. Inoltre è stato previsto che, fino a nuove disposizioni, i contratti all'epoca sottoscritti con l'amministrazione carceraria debbano essere rispettati dalla ASL;
la conseguenza di tutto ciò è che attualmente in molti istituti di pena i

detenuti sono «pazienti di serie B» in quanto non avrebbero gli stessi diritti all'assistenza sanitaria di tutti gli altri cittadini, diritti che sono loro garantiti dalle norme -:
se quanto riportato in premessa corrisponda a verità e quali urgenti iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte della gravissima situazione che si è determinata nel carcere di Trento, anche nel quadro del concreto trasferimento di funzioni dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale in materia di sanità penitenziaria.
(4-04917)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal Giornale di Siracusa in data 26 ottobre 2009, nella Casa circondariale di Augusta si sarebbe verificata l'ennesima aggressione ai danni degli agenti di polizia penitenziaria da parte di alcuni detenuti;
nel corso dell'aggressione più recente, avvenuta a meno di due mesi dall'ultima, l'agente addetto al controllo alla sezione di un blocco detentivo, durante l'espletamento del proprio lavoro veniva aggredito con schiaffi da un detenuto straniero, sol perché lo aveva invitato a far rientro in cella e a non continuare a rivolgere richieste inopportune e fuori luogo per il regolamento penitenziario; soccorso tempestivamente dai colleghi, l'agente ha evitato ulteriori danni fisici;
a proposito di questo ultimo episodio di aggressione il vice-segretario nazionale dell'Ugl-Fnpp, dottor Bongiovanni, ha dichiarato quanto segue: «È davvero imbarazzante ed incredibile notare il silenzio dell'Amministrazione e il silenzio dello Stato dinanzi ai fatti gravissimi che si stanno susseguendo giorno dopo giorno nelle carceri d'Italia ed a farne le spese, ancora una volta, è solo la polizia penitenziaria. Noi non vorremmo crederci, ma stando agli ultimi eventi si percepisce sempre più forte la debolezza dell'Amministrazione Centrale, la quale non sembra riuscire a gestire come si conviene quei problemi principali che poi portano alle conseguenze peggiori tipo suicidi, aggressioni, autolesionismi, proteste e quant'altro»;
secondo gli esponenti sindacali del corpo della polizia penitenziaria, questi episodi di aggressione evidenziano come l'amministrazione carceraria sia incapace ad affrontare adeguatamente il problema del sovraffollamento delle carceri nonché il gravissimo problema della carenza di organico della polizia penitenziaria con ripercussioni negative anche sui livelli minimi di sicurezza;
più volte le organizzazioni sindacali dei baschi blu si sono rivolte all'Amministrazione penitenziaria chiedendo di convocare urgentemente una riunione volta a discutere la possibilità di una nuova organizzazione del lavoro, in modo da analizzare e concordare le giuste contromisure, ognuno assumendosi le proprie responsabilità, per evitare in futuro altri episodi di questo genere -:
se quanto denunciato dal rappresentante della Ugl-Fnpp trovi effettivamente riscontro nella realtà dei fatti;
se non ritenga di dover implementare senza indugio, tenendo anche conto delle caratteristiche della Casa circondariale di Augusta, il numero degli agenti di custodia, colmando la carenza di organico e consentendo agli agenti di svolgere il proprio lavoro con turni normali e comunque non massacranti;
se non ritenga di dover verificare le condizioni operative degli agenti di custodia assegnati presso il predetto istituto di pena per garantire loro la massima sicurezza nell'espletamento delle loro mansioni quotidiane.
(4-04918)

AMICI, CONTE e FERRANTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
lo stato in cui versa il sistema giudiziario di Latina è, come è ormai purtroppo

noto e come è stato d'altronde riconosciuto a livello nazionale, prossima al collasso;
come si sa e come viene denunciato, anche dagli stessi interroganti, ormai da anni, il Tribunale di Latina sconta una gravissima carenza di organico e di mezzi che rende pressoché impossibile per la struttura fronteggiare la imponente mole di procedimenti pendenti;
i magistrati appartenenti alle due sezioni civili hanno mediamente in carico dai 3500 ai 4000 procedimenti;
la sezione lavoro, con un organico che conta quattro giudici, deve far fronte a circa 10.000 procedimenti ad oggi pendenti, destinati ad aumentare vertiginosamente considerato che negli ultimi tre trimestri vi è stato un aumento delle vertenze del 30 per cento rispetto allo stesso periodo del 2008, mentre, nel settore penale, l'ufficio G.I.P/G.U.P., che opera con soli cinque magistrati, ha attualmente un carico di oltre ventimila fascicoli, ai quali vanno a sommarsi quelli che quotidianamente invia la procura con le richieste di arresti, di intercettazioni e di rinvii a giudizio; la sezione fallimenti, cui sono applicati 2 magistrati, ha in carico circa 1.800 procedimenti pendenti (anche in questo caso si registra un aumento delle istanze nell'ultimo anno);
le archiviazioni da disporre all'ufficio G.I.P. allo stato sono circa 30.000, con una situazione ferma più o meno al 2004, anno durante il quale sono stati tolti i giudici onorari dalle sezioni stralcio;
rispetto a tutti gli altri distretti giudiziari del Lazio, il tribunale di Latina attribuisce a ciascun giudice quasi il doppio delle cause, in un territorio, quello pontino che, non va dimenticato, è pesantemente attaccato e infiltrato, a tutti i livelli, dalla criminalità organizzata;
le cause trattate dunque, sono spesso estremamente delicate e complesse, e meriterebbero un diverso approfondimento, legato a tempi diversi e più appropriati;
il quadro non migliora per quanto riguarda il personale amministrativo del tribunale di Latina, attualmente composto da 127 persone, compresi gli ufficiali giudiziari, un numero assolutamente irrisorio rispetto alle esigenze reali, che sono costrette ad affrontare un carico di lavoro enorme che va dal semplice contatto con il pubblico, fino all'assistenza diretta ai magistrati, passando per una miriade di funzioni ed adempimenti quotidiani. Peraltro l'imminente collocamento in pensione di parte del personale è destinato, in mancanza di nuove nomine, ad aggravare una situazione già tragica, dato che si è già al di sotto della pianta organica che prevedeva a fine anni '70 almeno 160 persone;
inoltre il flusso dei nuovi procedimenti da incardinare è in continua crescita, per cui risulta del tutto impossibile qualsiasi «recupero» (per ogni sentenza non entrano meno di altri nuovi 3 giudizi);
il presidente del tribunale di Latina, Guido Cerasoli, riferisce di un fabbisogno di organico che si sostanzia in almeno 72 unità a fronte dei 42 previsti da un organico risalente ad oltre 25 anni fa;
attualmente, rispetto alla vecchia pianta organica (del tutto insufficiente), ci sono solo 34 Magistrati, di cui almeno 3 sono già destinati ad altri uffici giudiziari;
le sentenze e la risoluzione delle controversie sono talmente rallentate da creare seri problemi, oltre che al diritto alla giustizia dei cittadini, al tessuto produttivo del territorio, in termini di perdita di competitività: si rischia la paralisi, così come denunciano anche il consiglio dell'ordine degli avvocati, la camera di commercio, le associazioni di categoria, poiché i tempi infiniti scoraggiano gli investimenti sia da parte di importanti clienti istituzionali che da parte delle piccole e medie imprese;
le stesse organizzazioni di categoria dei magistrati, hanno ripetutamente segnalato la gravità della situazione, lanciando un grido d'allarme al CSM per la situazione di emergenza che, se non sanata in

tempi stretti e con l'immediata integrazione di nuovi giudici e personale amministrativo, rischia di paralizzare ogni attività -:
se il Ministro non ritenga di dover intervenire con urgenza al fine di assumere le necessarie iniziative di competenza per integrare la gravissima carenza di organico che affligge il tribunale di Latina, quali misure intenda adottare atte a fronteggiare e risolvere l'emergenza giustizia nel territorio pontino, e se non ritenga di dover immediatamente approntare un piano di informatizzazione degli uffici, al fine di rispondere, finalmente, alle esigenze di giustizia dei cittadini.
(4-04923)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il presidente del consiglio provinciale di Trapani, Peppe Poma, ha inviato tre note al Ministro della giustizia - la prima datata 22 aprile, la seconda 30 luglio e la terza 22 ottobre 2009 - nelle quali vengono raccolte le insistenti e motivate richieste emerse al quarto congresso provinciale della UIL Pa Penitenziari;
in particolare viene chiesto al Governo di dare adeguata e risolutiva risposta alla gravissima problematica del sovraffollamento delle carceri trapanesi - a cominciare da quello di San Giuliano - a cui si somma la contemporanea assoluta carenza di personale: a giudizio dei sindacati del corpo della polizia penitenziaria, una vera e propria miscela esplosiva che oggettivamente, da un momento all'altro, potrebbe sfociare in conseguenze a dir poco disastrose, anche relativamente alla garanzia della sicurezza;
nelle note indirizzate al Ministro della giustizia viene evidenziato l'episodio di violenta contestazione verificatosi nello scorso mese di marzo durante il quale un agente di custodia del carcere di San Giuliano è rimasto ferito proprio perché il sovraffollamento delle celle ed il mancato rispetto delle minime necessità dell'organico del personale dipendente hanno da tempo superato ampiamente i limiti imposti dalla umana dignità e dal rispetto delle garanzie di sicurezza;
secondo quanto certificato nel corso del congresso della Uilpa-Penitenziari, fra Trapani, Favignana, Castelvetrano e Marsala, sono attualmente detenute 309 persone in più rispetto alla ricettività massima a fronte della mancanza di almeno 100 agenti nel previsto organico; in particolare: nel carcere del capoluogo sono ristrette 500 persone; 150 a Favignana, 107 a Castelvetrano e 45 a Marsala, mentre, per quanto concerne il personale dipendente, è emerso che sono urgentemente necessarie 60 unità a Trapani, 20 a Favignana, 10 a Marsala e 10 a Castelvetrano;
il coordinatore provinciale, il segretario generale della provincia di Trapani e quello regionale per la Sicilia della Uil-Pa-Penitenziari, pur prendendo positivamente atto della conferma della prevista costruzione di un nuovo padiglione nel carcere di San Giuliano a Trapani, lamentano il fatto che nel predetto istituto di pena non è stato ancora programmato l'invio di nuovo personale -:
se quanto denunciato dai rappresentanti della Uil Pa-Penitenziari in occasione del quarto congresso provinciale svoltosi a Trapani trovi effettivamente riscontro nella realtà dei fatti;
se non ritenga necessario adottare urgentemente ogni provvedimento idoneo a rimuovere le rilevate disfunzioni e carenze presenti negli istituti di pena in questione prodotte dal pesante sovraffollamento, per garantire alle detenute e ai detenuti della provincia di Trapani, nonché al personale operante all'interno delle strutture stesse, le adeguate misure igienico-sanitarie e il rispetto degli standard di sicurezza, anche al fine di ristabilire un clima più adeguato al non facile processo di rieducazione e risocializzazione che fonda la legittimità della pena nel nostro ordinamento costituzionale;

se non ritenga indispensabile che si consideri la possibilità di un impegno del Governo rivolto ad un prossimo aumento di organico del Corpo di polizia penitenziaria assegnato presso le carceri della provincia di Trapani, attraverso l'adozione di un piano di assunzioni straordinarie che in maniera celere consenta di sopperire alle carenze esistenti e restituisca serenità lavorativa agli operatori del corpo.
(4-04926)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un lancio dell'agenzia Adnkronos del 7 novembre 2009, sotto il titolo: «Firenze: detenuta in coma dopo overdose di eroina, viene salvata», dà notizia di quanto avvenuto martedì notte nel carcere di massima sicurezza fiorentino di Sollicciano;
nel caso di specie una detenuta è stata trovata in fin di vita nella sua cella a causa di un'overdose di eroina. Le agenti di polizia penitenziaria sono corse dopo che la compagna di cella della vittima, una 39enne, ha chiesto aiuto;
all'arrivo delle agenti di custodia, la detenuta stava agonizzando nel suo letto ed era in crisi respiratoria, dando segni di miosi e spasmi, sintomi da overdose da eroina;
la 39enne è stata portata d'urgenza all'ospedale di Torregalli, dove i medici le hanno somministrato il Narcan, l'antidoto all'avvelenamento da oppiacei, che blocca gli effetti dell'eroina. Poi le hanno dato ossigeno e lei ha iniziato a risvegliarsi. Una volta fuori pericolo è rimasta un giorno in osservazione ed è stata dimessa dopo due giorni;
durante la perquisizione della sua cella effettuata dagli agenti penitenziari la compagna, avendo paura di essere coinvolta, ha spiegato come era entrata la droga: le era stata consegnata poco prima, ai colloqui del pomeriggio. All'interno della loro stanza sono state trovate anche due siringhe;
il 27 per cento degli oltre 65mila detenuti attualmente presenti negli istituti di pena è tossicodipendente, e i servizi di assistenza ai tossicodipendenti presenti nelle carceri italiane sono troppo spesso mal funzionanti per carenza di personale e di fondi, e nel medesimo stato versa più in generale tutta la sanità penitenziaria;
a Sollicciano si è sfiorata l'ennesima morte tragica all'interno di un carcere italiano, ad ulteriore conferma dell'esistenza di una vera e propria emergenza carceraria -:
come sia possibile che l'eroina entri e circoli con tale facilità all'interno del carcere nonostante i controlli;
se, con riferimento all'episodio descritto in premessa, intenda avviare un'indagine amministrativa interna al fine di verificare l'esistenza di eventuali omissioni o responsabilità dell'amministrazione penitenziaria;
quali provvedimenti il Ministro interrogato intenda assumere al fine di garantire alla detenuta trovata in coma a causa di una overdose di eroina una adeguata assistenza sanitaria;
quanti siano i detenuti morti in carcere per overdose dall'inizio dell'anno.
(4-04927)

JANNONE. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
suicidi, evasioni, autolesionismo e atti di insubordinazione sono fenomeno in preoccupante aumento nelle carceri minorili italiane, favoriti dalla cronica carenza negli organici della polizia penitenziaria e degli operatori. Nel luglio 2009 un ragazzo si è suicidato nel carcere di Bari, un mese dopo altre due persone hanno tentato di fare lo stesso a Milano e a Firenze. In primavera le carceri di Bologna, Firenze e

Potenza avevano registrato sette evasioni alle quali si sommano i quattro fuggiti il 26 ottobre 2009 dall'istituto di Aiola nel beneventano, azione imitata qualche giorno dopo da altre tre persone che hanno tentato di scappare dal carcere Beccaria di Milano;
in valore assoluto i dati relativi ai minorenni detenuti non sono paragonabili a quelli degli adulti: a fronte di circa 64.595 adulti detenuti nelle 217 carceri italiane, nei 18 istituti penali per i minorenni risultano all'incirca 489 detenuti, di cui solo 147 condannati a pene definitive. Tale divario viene compensato dal numero dei minori seguiti dai servizi sociali, circa 17.814, dei quali 2.188 ragazzi ospitati in comunità (struttura chiusa e protetta), oltre a coloro più o meno assistiti dai servizi locali tra mille difficoltà di bilancio. Questi dati confermano come, nella giustizia minorile italiana, il principio costituzionale della riabilitazione e del reinserimento nella società di chi sbaglia è una chimera meno irraggiungibile rispetto alla giustizia per gli adulti. Di conseguenza gli 813 agenti di polizia penitenziaria (sui mille circa previsti dalla pianta organica), i 422 assistenti sociali, i 349 educatori e i 63 operatori di vigilanza partecipano costantemente a corsi di formazione organizzati dal Ministero della giustizia per dotarli degli strumenti necessari ad affrontare le problematiche minorili;
il nostro sistema giudiziale afferente ai minori è studiato e copiato in molti altri Paesi e ha ottenuto nel 2008 un importante riconoscimento dall'Onu. Una recente ricerca nel carcere minorile Beccaria di Milano ha dimostrato che è la presenza e la vicinanza psicologica degli operatori ad evitare gravi atti di sofferenza, quali suicidio e autolesionismo. Tuttavia, benché il suicidio sia una forma di autolesionismo pressoché sconosciuta, altre manifestazioni più lievi sono molto frequenti. Lo studio ha rilevato che nel 79,4 per cento dei casi, i ragazzi si fanno male da soli se sono in gruppo e quasi sempre durante il fine settimana, quando cioè vogliono manifestare ai compagni il loro disagio. Solo il 6,7 per cento dei casi di autolesioni avviene durante le attività scolastiche e formative, quando l'attenzione degli operatori è elevata;
Bruno Brattoli, magistrato da un anno a capo del Dipartimento della giustizia minorile del Ministero, afferma che «è difficile dare una spiegazione della genesi di questi episodi. Vanno esaminati caso per caso, ma è vero che l'amministrazione soffre di una generale carenza di organici». Si dice sicuro che «tutti gli operatori e i dirigenti si adoperano per far sì che i ragazzi siano osservati con attenzione e professionalità durante la loro permanenza». «Le carenze negli organici - aggiunge Brattoli - si ripercuotono su tutto l'iter trattamentale con disfunzioni e anomalie. Se non riusciamo ad avere un numero sufficiente di agenti, quelli che ci sono devono fare turni più gravosi e questo ha una diretta influenza sulla qualità del servizio. È un dato oggettivo e grave che crea malcontento nel personale che negli istituti per minorenni ha compiti delicati e gravosi»;
Don Gino Rigodi, cappellano del Beccaria dal 1972 ed educatore, afferma che «il numero degli educatori è insufficiente. Basta che uno si ammali perché i ragazzi si sentano abbandonati, compresi quelli che sembrano forti, che hanno commesso i reati più gravi, ma che in fondo hanno tutti una bassissima stima di se stessi», Laura Laera presidente dell'Associazione dei magistrati minorili (Aimmf) propone uno slogan: «Meno carcere, più comunità, più progetti educativi dentro e fuori i luoghi di detenzione». I dati stessi dimostrano come il trattamento esterno dia i suoi frutti. A Milano su 1.634 ragazzi in carico al servizio minori del comune dal 1992 al 2007, l'indice di chi è tornato a delinquere è sceso dal 21,54 per cento 3,24 per cento -:
se il Ministro intenda aumentare gli organici di coloro che prestano servizio di ordine, di rieducazione e di sostegno psicologico presso le strutture carcerarie minorili italiane;

quali misure il Ministro intenda adottare per attuare in tutte le strutture carcerarie minorili italiane, sull'esempio di ciò che accade a Bollate, dei percorsi rieducativi e di reinserimento nella società, che possano preservare i ragazzi, una volta usciti dal carcere, da contatti con ambienti criminali o malavitosi.
(4-04931)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 20 ottobre 2009, il presidente del tribunale di Sulmona ha emesso un provvedimento interno (prot. interno n. 87) nel quale, rilevato che la grave carenza di organico di magistrati subita dall'ufficio abruzzese nel corso degli anni e le situazioni di incompatibilità hanno comportato un consistente numero di procedimenti arretrati, ha disposto la «rottamazione» dei processi di cui si intravede la prescrizione a due anni dalla data fissata dall'ultima udienza, così di fatto autorizzandone la chiamata al 2011 per dichiararne la prescrizione;
in particolare, a pagina 3 del richiamato provvedimento, il Presidente del tribunale di Sulmona scrive quanto segue: b) la durata irragionevole del processo determinata dalla sopra descritta situazione di emergenza (creata anche dai nulla osta al trasferimento da Sulmona di ben due magistrati nel giro di un mese, rilasciati dallo stesso presidente) induce gli imputati ad attendere la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione (come di fatto avviene per il 50 per cento dei processi monocratici, tra il primo ed il secondo grado di giudizio) con pesanti costi economici e dispersione di risorse umane; c) per interrompere questo circolo vizioso, fatto di sistematiche impugnazioni funzionale alla estinzione del reato, e nel contempo incentivare il ricorso ai riti alternativi, è necessario che siano celebrati processi che abbiano ad oggetto reati commessi in tempi non remoti o reati che, per il titolo o l'insita carica di offensività, devono essere definiti con priorità rispetto ad altri processi che producono solo costi di gestione e maggiori spese per lo Stato, specie in caso di ammissione al gratuito patrocinio (di regola coltivato in tutti i gradi di giudizio e per processi inutili) saranno individuati i processi che devono essere trattati con priorità (...); d) parimenti va attribuito il codice tre, indistintamente a tutti i processi relativi a reati il cui termine massimo di prescrizione maturi entro due anni sia per i reati di competenza collegiale che monocratica. Unica eccezione potrà essere fatta per i processi con parte civile costituita stante l'evidente interesse a definire il primo grado di giudizio»;
il direttivo della Camera penale «Serafini Speranza» di Sulmona ha deciso di riunirsi riservandosi di esprimere le proprie valutazioni in merito al predetto provvedimento;
la giunta dell'Unione delle Camere penali/italiane, con una motivata delibera datata 3 novembre 2009, ha fortemente stigmatizzato la circolare interna adottata dal presidente del tribunale di Sulmona, tenuto conto che, tra l'altro, «spetta in via esclusiva al legislatore individuare eventuali criteri di priorità nella trattazione dei processi, sì da garantire il contemperamento delle esigenze di efficacia della risposta giudiziaria con il diritto dell'imputato ad un processo equo e dunque anche di ragionevole durata; ogni opzione relativa all'opportunità del processo operata dal giudice viola palesemente i principi di uguaglianza e di legalità della funzione giudiziaria»;
nel citato deliberato l'UCPI ha espressamente chiesto alle istituzioni di assumere responsabilmente le determinazioni che solo ad esse competono circa la revoca del citato provvedimento del 20 ottobre (prot. interno n. 87);
a giudizio degli interroganti è da condividere quanto evidenziato dalle Camere penali italiane, ossia che non è tollerabile che il giudice possa sottrarre

arbitrariamente all'inderogabilità del giudizio, al di fuori delle regole fissate dal legislatore, fatti in ordine ai quali la pubblica accusa abbia esercitato l'azione penale: attraverso simili decisioni il giudice viene infatti ad assumere un inammissibile ruolo politico di scelta tra fatti tutti egualmente ritenuti meritevoli di sanzione penale, arbitrariamente privilegiandone alcuni a discapito di altri -:
se sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e se intenda assumere iniziative di carattere ispettivo ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di sua competenza;
se intenda assumere iniziative di carattere normativo volte ad evitare che si determini ciò che ad avviso dell'interrogante costituisce una illegittima «rottamazione» di tutti i processi relativi a reati il cui termine massimo di prescrizione maturi entro due anni, il tutto in evidente contrasto con quanto stabilito dall'articolo 132-bis delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.
(4-04934)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
in data 13 maggio 2009 il primo firmatario del presente atto presentava un'interrogazione al Ministro interpellato su «problematiche inerenti alla convenzione stipulata dall'ENAC con la SOGEAAL spa relativa all'ampliamento della aerostazione, della centrale tecnologica, della viabilità e del parcheggio auto dell'aeroporto di Alghero-Fertilia» (n. 3-00520);
in tale interrogazione, relativamente al lungo contenzioso apertosi sulla vicenda, si metteva in rilievo come nel 2008 una commissione interna dell'ENAC ad hoc istituita dall'ente avesse concluso i suoi lavori riconoscendo l'esistenza di una concessione dell'ENAC in favore di SOGEAAL sin dal 1995 e avesse altresì invitato l'ente a provvedere alla disposizione di uno specifico atto in tal senso, così da consentire a SOGEAAL di difendersi nella causa civile intentatale da AIR ONE (sub concessionaria di SOGEAAL) davanti al tribunale di Chieti;
richiesto di sollecitare ENAC ad adempiere ai suoi obblighi, il Governo, nella persona del sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti onorevole Mario Mantovani, rispondeva, nella seduta del 27 ottobre 2009, pronunciando testualmente le seguenti parole (a pagina 8 del resoconto): «Per pervenire alla risoluzione della problematica riscontrata, l'Enac ha disposto, con nota in data 21 ottobre 2009, inviata alla direzione aeroportuale di Alghero, l'adozione del provvedimento definitivo che formalizza la consegna alla Sogeaal dell'aerostazione dalla data della sua attivazione, comprendendo anche le aree sub-concesse dal gestore ad Air One»;
l'interrogante, nel prendere atto della risposta, si dichiarava soddisfatto, pur lamentando il lungo periodo di tempo intercorso e l'inspiegabile, lunga resistenza di ENAC a ottemperare a quanto formalmente richiestole dalla sua stessa commissione interna;
tuttavia, l'affermazione del sottosegretario consegnata agli atti della Camera, alla verifica pratica, è risultata e risulta non trovare riscontro nei fatti, non avendo ENAC a tutt'oggi disposto alcunché, come si evince anche dal fatto che le notizie apparse sulla stampa locale non sono state smentite (ad esempio, «La Nuova Sardegna» del 1o novembre 2009) -:
quali spiegazioni il Ministro possa fornire circa quella che appare ed è di fatto una informazione priva di fondamento e se il Ministro intenda fornire ulteriori e più precisi elementi di risposta al quesito posto con l'interrogazione n. 3-00520.
(2-00531) «Melis, Soro».

Interpellanze:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
il sistema di trasporto locale su ferro registra da tempo in Lombardia, e particolarmente nel Sud Milano, lungo la tratta Milano-Melegnano-Lodi-Piacenza notevoli disagi, che si sono andati aggravando nei mesi determinando gravi disservizi, ritardi e pessime condizioni del servizio reso per i pendolari;
dopo l'entrata in vigore dei nuovi orari del servizio ferroviario si sono egualmente registrati pesanti ritardi e annullamenti di intere corse;
le stazioni presentano degrado, incuria ed assenza di servizi minimi a disposizione dei passeggeri;
nelle medesime stazioni le biglietterie sono ridotte di numero e non funzionano, costringendo i pendolari a provvedere altrove al rinnovo degli abbonamenti e al loro acquisto con evidenti disagi ulteriori, dati dalle distanze dai luoghi in cui il servizio abbonamenti viene espletato, disagi accompagnati da rilevanti costi in tempo e risorse impiegati negli spostamenti;
le condizioni del trasporto pubblico ferroviario sulla tratta Milano-Piacenza sono state descritte più volte dalla stampa locale e definite «giornate infernali» con titoli riguardanti le ore perdute dai pendolari nelle stazioni in attesa dei treni, nonché i disservizi dovuti al pessimo stato della manutenzione e della pulizia delle carrozze, al super affollamento dei treni, alle condizioni igieniche precarie, dovendo peraltro gli utenti servirsi di materiale rotabile obsolescente;
su tratte e percorsi equivalenti a 20 minuti i ritardi accumulati rappresentano da mesi spesso il doppio del tempo di percorrenza previsto (40 minuti in media), trasformandosi così in gravi diseconomie per le persone che usufruiscono del servizio ferroviario e per le imprese e gli enti dai quali dipendono (decine di migliaia di ore totalizzate sistematicamente perse per ritardi sul lavoro o a scuola e per mancati appuntamenti di lavoro);
l'offerta del servizio sulla tratta descritta non risponde ai minimi requisiti richiesti dal contratto di servizio in essere;
poiché una quota del servizio ferroviario regionale è in capo allo Stato, anche posto che la regione Lombardia non possa solo rinviare allo Stato medesimo responsabilità che sono sue proprie, è tuttavia al Ministero vigilante che competono responsabilità in via diretta e indiretta, dato il controllo che lo Stato esercita sulle società di riferimento alle quali è affidata la gestione del servizio;
a breve la tratta Melegnano-Milano sarà parte del servizio metropolitano afferente al passante ferroviario, conseguentemente determinandosi, se non rimossi tali disservizi, una ricaduta negativa sull'insieme del sistema ferroviario locale milanese e sud milanese -:
se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere per ripristinare la regolarità del funzionamento del servizio ferroviario sulla tratta Piacenza-Lodi-Melegnano-Milano, ponendo fine alle provate e documentate, inaccettabili ed intollerabili attuali condizioni nelle quali il servizio viene esercitato.
(2-00525) «Quartiani».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende che è intenzione della società Trenitalia, sopprimere due treni Eurostar che effettuano servizi di collegamento tra il comune di Fidenza (Parma) e la città di Roma;
i due Eurostar che la società Trenitalia intende sopprimere sono il n. 9459 che parte da Fidenza alle ore 8.46 e il n. 9460 che parte da Roma alle ore 15.43;

tale scelta sarebbe dovuta all'avvento della nuova linea Alta Velocità, che escluderebbe però il comune di Fidenza dalle fermate intermedie;
il comune di Fidenza conta oltre venticinquemila abitanti e rappresenta da un punto di vista geografico un importante centro di collegamento con la località termale di Salsomaggiore, con la città di Parma e con le principali aree di interesse storico e artistico della regione;
eliminare un collegamento ferroviario diretto tra la città di Fidenza e la città di Roma penalizzerebbe l'intero comprensorio, costringendo migliaia di cittadini a trasferimenti intermedi ingiustificati, arrecando un danno all'economia turistica della zona, che sarebbe privata di un servizio utilizzato ogni giorno da migliaia di persone -:
se non si intenda invitare la società Trenitalia, a riconsiderare l'opportunità di privare il comune di Fidenza del collegamento diretto con città di Roma, recependo le istanze di una comunità che rischia di subire un grave disagio, oltre che un grave danno economico e d'immagine.
(2-00526) «Barbaro».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come segnalato in una recente interrogazione rivolta al sindaco di Pontenure (in provincia di Piacenza) dai consiglieri comunali Maria Grazia Tassi e Paolo Bottazzi, l'apertura al traffico della strada di collegamento al polo logistico (la cosiddetta «tangenziale») non ha prodotto gli effetti auspicati;
appare indispensabile, quanto meno per ragioni di sicurezza e di compatibilità ambientale, alleviare il disagio dei residenti delle vie Emilia Parmense Ovest, Ferrari e Roma - ubicate nel detto comune - atteso che il volume di traffico e la congestione negli orari di punta non sono mutati e la citata strada alternativa «tangenziale» non sta visibilmente producendo i risultati attesi;
la soluzione più logica consisterebbe nel passaggio in gestione al comune dell'attuale tratto di strada statale della via Emilia Parmense che attraversa l'abitato di Pontenure e nel trasferimento in gestione ad Anas della cosiddetta «tangenziale» più sopra richiamata -:
se risultino al riguardo in corso trattative tra il comune di Pontenure e l'Anas, quale ne sia eventualmente lo stato e, in ogni caso, se Anas sarebbe disponibile, e a quali condizioni, a dare corso ai passaggi di gestione delle strade nel senso più sopra indicato.
(5-02045)

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIOLI e SANTAGATA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
come noto per sovraordinati principi comunitari le procedure volte alla realizzazione di opere pubbliche sono tutte governate da criteri di trasparenza, par condicio ed evidenza pubblica;
uno dei sistemi di realizzazione delle opere pubbliche è quello meglio noto come project financing con individuazione del soggetto promotore;
anche la individuazione del cosiddetto «promotore» deve avvenire sulla base di procedure di evidenza pubblica idonee a garantire la par condicio tra tutte le imprese aspiranti;
in coerenza con quanto sopra e da quanto appreso da notizie apparse sulla stampa locale il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, nella sua ultima visita in Emilia, ha annunciato la prossima procedura di evidenza pubblica per la selezione dei soggetti interessati a promuovere la concessione di realizzazione e gestione

del raccordo autostradale Campogalliano-Sassuolo di collegamento tra la A22 e la strada statale 467 Pedemontana;
però da quanto appreso, e secondo gli interroganti in aperta violazione dei richiamati principi, ANAS avrebbe invece intenzione di omettere il dovuto avviso o bando di gara, attribuendo il ruolo di promotore ad una impresa individuata in via diretta;
l'infrastruttura di cui si discute rientra tra le infrastrutture strategiche, il che ulteriormente rafforza l'esigenza che le varie fasi di individuazione dei soggetti privati interessati a concorrere alla sua realizzazione avvenga in regime di par condicio ed evidenza pubblica come del resto imposto dal codice dei contratti pubblici;
il rispetto delle regole di concorrenza e di evidenza pubblica non è rinunciabile né negoziabile, riferendosi ad interessi diffusi e collettivi di cui nemmeno la stazione appaltante può disporre;
pertanto nemmeno contenziosi relativi ad atti precedentemente assunti possono essere allegati da ANAS come ragione pretesamente giustificativa di quello che ad avviso degli interroganti è un inammissibile vantaggio che vorrebbe attribuirsi ad una ditta, beneficiandola di un affidamento diretto del ruolo di promotore in violazione delle richiamate inderogabili regole di concorrenza;
peraltro l'evidenza pubblica e la concorrenza sono funzionali ad ottenere in ogni fase della procedure le migliori condizioni per il pubblico interesse;
da quanto appreso l'Avvocatura generale dello Stato pur a conoscenza del citato intendimento di ANAS che agli interroganti appare non conforme alla normativa vigente non avrebbe ancora ad oggi segnalato tale gravissimo rischio di violazione di principi comunitari e nazionali che peraltro contrasterebbe con quanto indicato dal Ministro nella richiamata visita in Emilia;
peraltro la consumazione delle violazioni che verrebbero integrate dalla individuazione senza gara del soggetto promotore potrebbe esporre anche il Governo al rischio di sanzioni comunitarie;
il Ministero interrogato esercita attività di indirizzo, nomina e controllo sull'attività e sul management di ANAS mentre la Presidenza del Consiglio, sull'Avvocatura generale dello Stato -:
quali iniziative intenda adottare al fine di scongiurare le violazioni citate in premessa.
(4-04827)

FUGATTI e REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si apprende dell'ennesimo disservizio ferroviario nella provincia di Trento sulla linea che da Ala va a Trento;
i pendolari hanno manifestato tutto il loro disappunto ieri mattina quando il treno regionale da Ala a Trento delle 7.37 è stato soppresso;
l'evento ha creato nuovamente disagi ai pendolari che lo utilizzano per raggiungere Rovereto e Trento;
l'episodio purtroppo non è isolato: un analogo episodio era già accaduto pochi giorni fa, ma, a differenza del passato, ieri i viaggiatori che attendevano il convoglio a Mori non sono stati nemmeno avvisati ufficialmente dalle Ferrovie dello Stato;
è opportuno che gli organi competenti si attivino per fare in modo che tali soppressioni di convogli non abbiano più a verificarsi, in quanto i disagi per gli utenti (per lo più studenti e lavoratori) sono elevati -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza della situazione e se intenda assumere iniziative nei confronti di Trenitalia al fine di assicurare il rispetto degli accordi sottoscritti, alla luce dei disagi quotidiani che smentiscono i dati forniti dall'azienda, al fine di eliminare i disagi per

i pendolari che quotidianamente sono costretti ad utilizzare il treno per raggiungere il posto di lavoro o per gli studenti che devono raggiungere le sedi scolastiche.
(4-04843)

REGUZZONI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in una precedente interrogazione (4/04247) l'interrogante scriveva - tra l'altro - che «in data venerdì 7 agosto 2009, in pieno esodo estivo e nel periodo più importante per il turismo che viaggia da e verso il nostro Paese, la società che gestisce gli Aeroporti di Roma ha annunciato che un "guasto al sistema di check-in" ha causato numerosi ritardi nei voli e disagi per i passeggeri» e chiedeva di sapere «quale sia la portata effettiva dei ritardi e dei disagi» e «quali azioni il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere per porre fine ai disagi» nonché «quali azioni il Ministro abbia intrapreso o intenda intraprendere per verificare le cause dei disservizi» e «per evitare che il sovra-affollamento dell'aeroporto di Fiumicino continui a creare danni al Paese»;
a detta interrogazione il Ministro interrogato rispondeva - tra l'altro - «che in relazione alle problematiche dei servizi della Compagnia aerea italiana (Cai) si porta a conoscenza che dall'inizio di maggio l'Ente nazionale per l'aviazione civile (Enac) ha instaurato un tavolo tecnico di monitoraggio della puntualità e regolarità dei voli di Alitalia-AirOne che si riunisce settimanalmente per esaminare i dati su ritardi, cancellazioni, inconvenienti tecnici che procurano disagi ai passeggeri». Ed inoltre: «in occasione del periodo estivo 2009 lo scorso giugno è stato istituito il Comitato di monitoraggio sui disservizi relativi alla puntualità dei voli, alla loro regolarità e all'attività di assistenza a terra (restituzione bagagli)» ed infine che «Successivamente, in data 16 settembre si sono tenute presso l'Enac una serie di riunioni tecniche ed istituzionali in merito ai disservizi verificatisi quest'estate nell'Aeroporto di Roma Fiumicino ed alle misure e strategie da adottare per risolvere le criticità registrate.
All'esito di questi incontri i vertici dell'Enac hanno indicato la data dell'8 dicembre 2009 come il termine entro cui sarà valutata l'efficacia delle azioni poste in essere dagli operatori aeroportuali, con l'intento di riconsiderare gli interventi per minimizzare i disservizi durante il periodo natalizio» -:
quale sia l'esito del monitoraggio finora condotto;
se in previsione del periodo natalizio e approssimandosi la data dell'8 dicembre 2009 citata nella risposta del Ministro vi siano elementi di novità organizzative - e quali - atti a prevenire i numerosi disagi occorsi ai passeggeri nel periodo estivo.
(4-04846)

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi mesi si è registrato un numero considerevole di deragliamenti. Tuttavia in Italia circola una quantità minore di treni merci rispetto agli altri Paesi europei. Le linee non sono state rinnovate, ma con la liberalizzazione possono circolare anche vagoni e carrelli che provengono da altri Paesi. Secondo l'Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, Trenitalia, deve essere in grado di garantire che ogni singolo vagone che circola sulla rete italiana sia sicuro e in regola con i controlli;
il 17 settembre 2009 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti propone a Ferrovie di dotare i vagoni che trasportano merci pericolose di un sistema antisvio in grado di fermare il treno se una ruota perde il contatto con la rotaia. Questa proposta è stata effettuata a seguito dell'incidente occorso a Viareggio. Quella notte la cisterna viaggiava a 90 chilometri mentre la direttiva di Ferrovie dello Stato del 3 settembre 2009 afferma che non si possono più superare i 50 chilometri orari. E ad agosto, in alcune tratte del paese, la velocità dei convogli che trasportano merci

pericolose è stata ridotta da 100 a 60 chilometri orari;
in merito al suddetto incidente, alle accuse rivolte da RFI, la GATX replica con un comunicato del 3 luglio 2009 sostenendo di aver effettuato le verifiche, in particolare, l'asse in questione, prodotto nel 1974 nell'ex Germania Est, sarebbe stato revisionato nel novembre 2008 all'officina Jungenthal di Hannover, che lo avrebbe sottoposto anche agli ultrasuoni. Tuttavia, se il controllo fosse Stato eseguito effettivamente nel novembre 2009 con gli ultrasuoni, la cricca si sarebbe vista. La prova degli ultrasuoni viene fatta soprattutto in Italia ed è molto efficace. Trenitalia nel contratto di noleggio con altre aziende ferroviarie europee avrebbe dovuto avere, contrattualmente, tutta una serie di accordi e di assicurazioni affinché questa attività manutentiva fosse svolta correttamente;
il 28 maggio 2009, l'EBA l'ente di vigilanza sul sistema ferroviario in Germania, trasmette in tutta Europa una nota nella quale si afferma che le procedure di verifica sugli assi di tipo 088 e 188 non sono affidabili per carichi superiori alle 20 tonnellate per asse. I quotidiani tedeschi titolano: «a causa della ruggine carri merci a rischio deragliamento e parlano di almeno 600 mila assi di questo tipo in circolazione in Europa. Tale problematica è acuita, almeno in Italia, anche dalla mancanza di finanziamenti. Negli ultimi 8 anni i finanziamenti al trasporto su rotaia sono stati del 14 per cento, rispetto al 70 per cento per strade e autostrade. I trasporti su camion sono avvantaggiati anche con rimborsi ed esoneri fiscali, contributi all'acquisto dei camion, riduzioni delle accise e dei pedaggi autostradali;
purtroppo la maggior parte degli spostamenti delle merci si effettua tramite camion perché non esistono adeguate infrastrutture ferroviarie preposte a tal compito. Al porto di Genova, ad esempio, i binari non riescono a contenere un treno intero, così i container vengono scaricati dalla nave e caricati su vagoni singoli, forniti dalla società interna di manovra ferroviaria che ricompone il treno su questi altri binari per uscire dal porto, oltre il cancello. Una volta uscito dalla concessione deve effettuare una manovra per poi rientrare nella rete principale. A questo punto si aspetta il locomotore delle Ferrovie, però in certe circostanze si deve aspettare anche qualche giorno per riuscire a riempire quel treno, quindi il terminal rischia di diventare una zona di stoccaggio di merci e non di transito. E quindi uno che ha bisogno di avere la merce a Milano in 5 ore prende il camion, perché le ferrovie non funzionano;
da Genova oltre l'80 per cento delle merci parte in camion. Per uscire via ferroviaria ci vorrebbe il terzo valico di Giovi che serve a passare l'Appennino migliorando il collegamento con Milano, Fa parte del corridoio 24, che dovrebbe unire il porto di Genova a quello di Rotterdam, i Governi e le imprese olandesi, francesi e svizzeri stanno facendo un grande lavoro, manca solo il tratto italiano;
in 17 anni sono stati raddoppiati 39 chilometri su 103, senza seguire una pianificazione coordinata della progettazione e dei lavori, quindi interventi sparsi che per loro natura drenano risorse e che alla fine causano buchi finanziari e strade che continuano ad essere intasate di camion. In questi anni la mancanza oggettiva di risorse pubbliche, ha condotto ad avere un cumulo di debiti impropri -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere al fine di migliorare le condizioni della rete ferroviaria italiana nonché per migliorare i controlli dei convogli e quali misure siano allo studio per monitorare ed orientare gli investimenti relativi alle infrastrutture progettate.
(4-04878)

PISTELLI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la capacità di muoversi di ciascun individuo è sempre collegata al concetto di

autonomia e ciò dipende non solo dalla capacità fisica di spostarsi, ma dalla capacità di orientamento nello spazio circostante nonché dalla percezione degli ostacoli e dei pericoli posti intorno;
nel corso degli anni le disposizioni di legge e i regolamenti delle amministrazioni locali hanno dimostrato una sempre maggiore attenzione verso i cittadini con impedimenti fisici;
nel decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 24 luglio 1996 sono state già stabilite le norme per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici e nel comma 4 dell'articolo 6 è specificato che gli impianti semaforici di nuova installazione o di sostituzione, devono essere dotati di avvisatori acustici che segnalano il tempo di via libera anche a non vedenti e, ove necessario, di comandi manuali accessibili per consentire tempi sufficienti per l'attraversamento da parte di persone che si muovono lentamente;
una particolare attenzione va posta ai disabili visivi per la specificità dell'handicap che presuppone la messa in atto di una serie di interventi idonei per garantire il diritto alla mobilità a partire dai luoghi dove abitano, lavorano, vivono;
gli stessi elementi della segnaletica stradale fissa e mobile costituiscono un pericolo per il disabile ipovedente che non riesce a distinguerle a causa del colore grigio del palo di sostegno uniforme al colore dei marciapiedi;
i mezzi pubblici non espongono le indicazioni delle linee in maniera sufficientemente grande e illuminata;
il suolo pubblico è spesso un percorso ad ostacoli dove anche dei lavori temporanei non segnalati possono costituire una fonte di rischio per l'incolumità personale -:
quali iniziative di competenza il Governo intenda intraprendere per garantire il diritto alla mobilità, anche attraverso le amministrazioni locali, dei cittadini ipovedenti o con ridotta capacità fisica ovvero garantendo la possibilità per tutti di spostarsi nel territorio nazionale con pari opportunità.
(4-04901)

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
sabato 24 ottobre 2009 ad Amantea rappresentanti dell'associazione ambientalista «FareAmbiente» della Calabria erano stati invitati a partecipare alla trasmissione di Rai 3 «Ambiente Italia»;
il coordinatore regionale della Calabria di Fare Ambiente, dott. Antonio Iaconetti, accompagnato da una folta delegazione di aderenti locali all'associazione, avrebbe dovuto intervenire nella trasmissione, ma è stato aggredito, insieme ai suoi accompagnatori con calci e spintoni al grido di «fascisti»;
secondo gli aggressori i rappresentanti dell'associazione «Fare Ambiente» della Calabria non dovevano partecipare alla trasmissione in quanto non degni di rappresentare nessuno;
gli aggressori hanno proseguito con fare minaccioso, brandendo le aste di bandiere e striscioni, ed anche grazie a fischi, trambusto e musica ad altissimo volume hanno impedito che si svolgesse l'intervista da parte del conduttore televisivo;
Fare Ambiente, movimento ecologista europeo, è legalmente riconosciuto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con apposito decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
gli interpellanti, nel condannare e stigmatizzare fermamente l'aggressione subita dagli aderenti all'associazione FareAmbiente

della Calabria, ritengono che sia un diritto sociale, civile e costituzionale, da parte della citata associazione, di partecipare a iniziative di informazione nonché di esprimere le proprie proposte nell'ambito di un confronto democratico -:
se sia a conoscenza dei fatti citati in premessa;
se siano stati individuati i responsabili dell'aggressione subita dagli aderenti dell'associazione «Fare Ambiente» della Calabria;
quali iniziative intenda intraprendere affinché aggressioni come quelle accadute ai danni degli esponenti di Fare Ambiente della Calabria non si verifichino più, al fine di consentire a tutti i soggetti interessati il diritto all'informazione e la partecipazione a momenti di confronto democratico, come diritto costituzionalmente sancito.
(2-00530)
«Iannaccone, Lo Monte, Commercio, Belcastro, Latteri, Lombardo, Milo, Sardelli, Brugger».

Interrogazione a risposta in Commissione:

TRAPPOLINO e FONTANELLI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
le associazioni combattentistiche radunano tutti coloro che hanno combattuto o sono reduci di guerra o prigionia e sono sottoposte alla vigilanza dei Ministeri della difesa e dell'interno;
lo Stato ha sempre sostenuto le associazioni combattentistiche attraverso il finanziamento di contributi per il sostegno delle attività svolte da tali associazioni;
il finanziamento è sempre avvenuto con cadenza triennale ed ha sempre interessato sia le associazioni sottoposte alla vigilanza del Ministero della difesa sia quelle sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'Interno;
l'ultimo finanziamento di tale natura è stato disposto con gli articoli 1 e 2 della legge 20 febbraio 2006, n. 92, in relazione al triennio 2006-2008;
per il triennio 2009-2011, il Governo non ha disposto il rifinanziamento per le associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno;
infatti, mediante una modifica al decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, all'articolo 14, comma 7-bis, si è provveduto a garantire il finanziamento dei contributi per il triennio 2009-2011 solo alle associazioni vigilate dal Ministero della difesa;
non è stata prevista analoga soluzione per le associazioni combattentistiche che ricadono sotto la vigilanza del Ministero dell'interno creando così una disparità di trattamento ed un grave pregiudizio nella continuità delle azioni di tali associazioni volte alla diffusione della memoria, alla continuazione della ricerca storica e all'assistenza dei soci -:
se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative di carattere normativo volte a garantire il finanziamento dei contributi alle associazioni combattentistiche vigilate dal Ministero dell'interno per il triennio 2009-2011, eliminando una ingiustificata disparità di trattamento tra le associazioni combattentistiche quale si è venuta a creare con il rifinanziamento dei contributi per le sole associazioni vigilate dal Ministero della difesa.
(5-02057)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli scandali e le connesse inchieste che in questi giorni hanno coinvolto la città di Roma evidenziano chiaramente lo stato di illegalità che condiziona alcune

aree della città di Roma e di altre grandi città italiane, che sono identificate dai cittadini come zone «ricettacolo» di pratiche clandestine;
la legge n. 94 del 2009 ha introdotto precise disposizioni in materia di sicurezza pubblica quali il cosiddetto reato di clandestinità, nonché sanzioni penali a chi dà alloggio a uno straniero privo di titolo di soggiorno in un immobile di cui abbia disponibilità, o lo cede allo stesso anche in locazione;
molti dei personaggi nelle citate inchieste, sono cittadini stranieri extracomunitari probabilmente non in possesso dei regolari documenti di soggiorno;
gli appartamenti in cui cittadini clandestini praticano la prostituzione sono affittati illecitamente, in aperta violazione di quanto sancito dalla legge n. 94 del 2009 -:
se si ritenga urgente intervenire, con apposite e concrete misure al ristabilimento della legalità nelle aree urbane coinvolte nei gravi illeciti e violazioni delle disposizioni previste dalla legislazione vigente ed in particolare della legge n. 94 del 2009, al fine di ricreare le condizioni per un clima di fiducia e di vivibilità per i cittadini residenti nelle citate aree -:
quali iniziative si intendano assumere al fine di far luce sull'inadempienza perpetrata nelle suddette circostanze dai responsabili della Sicurezza pubblica, operanti in alcune aree della Capitale, che non hanno provveduto a rilevare gli illeciti commessi dai clandestini coinvolti e da quelli che risiedono nelle aree critiche.
(4-04822)

DI BIAGIO, ANGELI, BERARDI e PICCHI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo i dati raccolti dal Sei Ugl nell'ambito del dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes, i decessi di cittadini stranieri in Italia sono circa 4.000 all'anno;
un numero sempre maggiore di cittadini stranieri desidera che la propria tumulazione avvenga in patria, poiché rappresenta quasi una sorta di ritorno simbolico e spirituale alla propria terra, anche in considerazione delle ritualità religiose che si auspica accompagnino il rito della sepoltura e che spesso sul territorio italiano appaiono complesse a realizzarsi;
l'aspirazione ad una sepoltura in patria si configura come fonte di molteplici complessità organizzative, burocratiche e finanziarie per i cittadini stranieri;
sotto il profilo economico, le famiglie degli stranieri deceduti sono chiamate a sostenere ingenti spese per il trasposto in patria, che variano a seconda di eventuali convenzioni, del chilometraggio nonché del vettore aereo che se ne dovrebbe incaricare;
sotto il profilo burocratico-amministrativo, la procedura di rimpatrio prevede l'impegnativo coinvolgimento della rappresentanza consolare del defunto in Italia, la successiva richiesta da parte di questa al comune italiano di residenza, con tutte le correlate procedure di notifica; qualora non sussista il requisito della residenza si procede con l'identificazione del defunto, il successivo coinvolgimento del Ministero degli affari esteri del Paese di origine, il quale fornisce gli appositi codici per il lasciapassare del feretro. A questa fase se ne aggiunge un'altra in cui dovrebbe essere coinvolta l'agenzia di pompe funebri che dovrà poi mettersi in contatto con la prefettura per legalizzare le firme, al fine di legittimare il trasporto della salma. Una volta arrivata nel Paese di destinazione saranno necessari ulteriori visti e notifiche al fine di procedere alla sepoltura;
sotto il profilo normativo, non esiste un quadro di riferimento chiaro e completo né a livello nazionale né tantomeno internazionale: la questione è stata affrontata dal Parlamento europeo che, con la

risoluzione 2003/2032(INI), ha chiesto alla Commissione di sollecitare un'armonizzazione delle procedure e delle norme applicate al trasporto transfrontaliero delle salme sull'intero territorio dell'Unione;
in assenza di una normativa nazionale in materia, il riferimento è affidato a quanto si dispone a livello regionale: infatti in alcune regioni è prevista, nell'ambito della normativa in materia di immigrazione, una forma di sostegno del trasporto delle salme dei cittadini immigrati -:
se si ritenga opportuno predisporre l'istituzione di uno specifico tavolo nazionale, che coinvolga attivamente i dicasteri dell'interno, del lavoro, della salute e delle politiche sociali e delle infrastrutture e dei trasporti, nonché il coordinamento delle regioni, i rappresentanti dei vettori aerei oltre che referenti del mondo sindacale e dell'associazionismo, al fine di elaborare una strategia congiunta finalizzata alla semplificazione in termini finanziari, normativi e burocratici delle procedure descritte in premessa.
(4-04824)

TOMMASO FOTI e BARBIERI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sabato 31 ottobre 2009 in piazza del Monte a Reggio Emilia un banchetto regolarmente autorizzato ai giovani del Popolo della Libertà veniva devastato da parte di un gruppo di facinorosi;
nella stessa giornata si teneva in centro città un'iniziativa del laboratorio Aq16 e proprio gli esponenti del centro sociale potrebbero essere i responsabili del gesto -:
se e quali servizi erano stati disposti per quel giorno dalle Forze di Polizia per prevenire episodi, poi - come detto - verificatisi, di «delinquenza politica»;
se siano state avviate indagini al riguardo e se siano stati identificati o meno i responsabili del citato atto di violenza.
(4-04830)

BOSI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
malgrado le promesse, i vigili del fuoco, impegnati nell'emergenza del terremoto in Abruzzo, sono ancora alloggiati all'interno delle tende, nonostante le ormai rigide temperature invernali;
a distanza di oltre sei mesi dall'evento sismico, tale situazione non risulta più accettabile da parte del personale, logoro dal servizio quotidiano, aggravato poi dalle continue emergenze in atto;
tale situazione rischia di costituire minaccia alla salute ed al morale di quanti prestano la loro opera di soccorso nei luoghi terremotati;
i vigili del fuoco, inoltre, hanno mediamente una retribuzione inferiore di 300 euro mensili rispetto agli altri corpi dello Stato -:
se non intenda adottare urgenti misure per adeguare le condizioni alloggiative del personale dei vigili del fuoco, impegnati in Abruzzo, tali da garantire una permanenza accettabile, nonostante i rigori dell'inverno.
(4-04831)

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
le norme introdotte dalla legge 15 luglio 2009, n. 94, recante il cosiddetto «pacchetto sicurezza» nell'estate 2009 hanno modificato l'articolo 32 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», introducendo al comma 1-bis, dopo le parole: «ai minori stranieri non accompagnati» le seguenti: «, affidati ai sensi dell'articolo 2 della legge 4 maggio 1983, n. 184, ovvero sottoposti a tutela»;
tale modifica comporta l'aggiunta di una nuova condizione, rispetto a quelle preesistenti, per la concessione di un permesso

di soggiorno a chi raggiunge la maggiore età nel nostro Paese dove è arrivato quando era minorenne;
risultano svariati casi di minorenni che erano presenti in Italia prima dell'entrata in vigore della nuova normativa, che nel frattempo sono divenuti maggiorenni senza aver potuto adeguarsi alla nuova condizione;
in questi casi, le questure stanno decidendo difformemente l'una dall'altra a volte concedendo il permesso di soggiorno, a volte invece negandolo;
nel solo comune di Roma risulterebbero 700 i ragazzi che versano in questa situazione -:
se il Ministro intenda assumere urgenti iniziative, anche di carattere normativo, al fine di sanare questa situazione, esonerando dal rispetto della nuova clausola tutti quei minori che erano in Italia prima dell'entrata in vigore del pacchetto sicurezza.
(4-04836)

BORGHESI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il signor Vittorio Fontanelli è nato a Roma da una famiglia romana da innumerevoli generazioni. È stato tenente pilota nell'Aeronautica militare italiana e Comandante in una delle maggiori compagnie aeree italiane;
a causa del fallimento della sua compagnia dovette cercare lavoro all'estero, in Inghilterra, con la British Airways. Quando fu promosso al grado di Comandante il sindacato piloti britannico si oppose al fatto che un cittadino straniero potesse ricoprire una carica di tale responsabilità nella compagnia (allora) di Stato;
l'interrogante dovette prendere la cittadinanza britannica ed essendo ciò avvenuto prima del 1974 dovette rinunciare alla cittadinanza italiana. Ora a settantatré anni, vorrebbe riottenere la cittadinanza italiana. Sembra discriminatorio il fatto che coloro che hanno ottenuto una cittadinanza straniera dopo il 1974 possano mantenere la doppia cittadinanza;
ora al signor Fontanelli si chiede di stabilire la residenza in Italia per almeno un anno; egli dovrebbe ricominciare con le laboriose pratiche per ottenere la cittadinanza italiana, il passaporto e altro, che alla sua età, a parte la rilevante spesa, procurerà disagi non indifferenti sul piano fisico e mentale;
in questo periodo si sta considerando la riduzione del tempo necessario per ottenere la cittadinanza italiana. Andrebbe pertanto agevolato il percorso degli italiani che hanno perduto la cittadinanza posto che si pensa di dare la cittadinanza anche agli immigrati dopo pochi anni di permanenza in Italia -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati e se non ritengano opportuno promuovere un'idonea iniziativa normativa al fine di dare anche agli italiani con cittadinanza straniera acquisita prima del 1974 la doppia cittadinanza.
(4-04861)

CIOCCHETTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, pur ricevendo encomi e riconoscimenti da tutta la nazione e da tutte le forze politiche, soffre di uno stato di disagio diffuso, in quanto non gode di un trattamento economico e normativo quantomeno equiparabile agli altri Corpi militarmente organizzati;
da tempo i dirigenti e i quadri del «Corpo» chiedono la modifica della disciplina vigente e l'attuazione delle seguenti iniziative:
affermazione dei criteri dell'anzianità di servizio senza demerito quale base per le promozioni del personale dirigente e direttivo, in quanto unico indirizzo oggetto

di valutazione, che potrà essere soltanto integrato (mai prevaricato) da altri criteri discrezionali;
estensione al Corpo nazionale dei vigili del fuoco (e in particolare alla carriera direttiva) della norma già applicata alle Forze armate e alle Forze di polizia, nonché ad alcune carriere civili dei Ministeri dell'interno e della giustizia, che prevede il conseguimento del trattamento stipendiale di: 1o dirigente dopo 13 anni di servizio effettivo; dirigente superiore (o generale di brigata) dopo 23 anni di servizio effettivo; passaggio nella qualifica di dirigente superiore del primo dirigente con anzianità di servizio nel ruolo dirigenziale da almeno 6 anni;
promozione alla qualifica - grado superiore, (come avviene per le Forze armate, di polizia e prefetti) immediatamente prima del pensionamento;
previsione di sbocco professionale dirigenziale per il personale del settore amministrativo e informatico, che allo stato non gode di tale sviluppo di carriera, ciò in contrasto con la tutta la normativa diffusa e vigente;
valorizzazione del personale IAE in possesso di laurea magistrale in architettura o ingegneria, inquadrando tale personale nella qualifica di sostituto direttore antincendi ovvero, qualora in possesso di titolo di studio di cui all'articolo 41, comma 1, lettera d) di cui al decreto legislativo n. 217 del 2005 (articolo 154), nella qualifica di vice direttore. Tale normativa dovrebbe sostituire quella di cui all'articolo 151, comma 1, del decreto legislativo 217 del 2005;
aumento di 1/5 del servizio prestato, per il calcolo ai fini pensionistici, così come avviene in altri Corpi ad ordinamento civile-militare;
acquisizione, ai fini dei trasferimenti e delle missioni, della normativa di cui sono già destinatari altre categorie di Corpi militarmente organizzati -:
se sia allo studio un provvedimento che ponga fine a quello che all'interrogante appare uno stato di palese ingiustizia economica e normativa e altresì se il Ministro intenda dar corso all'istituzione di due nuove direzioni centrali, quella sanitaria e quella ginnico-sportiva, che darebbero più funzionalità ed efficienza al Corpo e colmerebbero una grave lacuna di carattere sanitario e formativo, presente attualmente nel quadro organizzativo del Corpo stesso.
(4-04870)

COMPAGNON. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con proprio decreto dell'11 settembre 2007, il Ministero dell'interno indiceva, per il personale precario della stessa Amministrazione, una procedura concorsuale per titoli ed esami per l'assunzione di 650 unità con contratto a tempo determinato nel profilo professionale di coadiutore amministrativo contabile, area funzionale B, posizione economica B1, da assegnare agli uffici delle questure e allo sportello unico per l'immigrazione presso le prefetture;
il predetto contratto a tempo determinato della durata complessiva di 36 mesi costituiva requisito necessario per la stabilizzazione delle 650 unità di personale precario;
nei primi giorni del gennaio 2008, venivano stipulati dall'Amministrazione dell'interno i contratti di lavoro individuali a tempo determinato di cui alla predetta procedura concorsuale;
il 31 dicembre 2008 il Ministero dell'interno emanava un messaggio urgentissimo prot. n. M/6161/650 COAD, nel quale precisava che il contratto sottoscritto dal personale specificato: «(...) avrà, al momento, durata di ventiquattro mesi non sussistendo la piena copertura finanziaria, relativamente ai previsti trentasei mesi. Si fa presente, comunque, che una volta acquisiti i necessari finanziamenti si procederà alla proroga dei citati contratti per ulteriori 12 mesi»;

le 650 unità di personale precario che da circa due anni presta la propria attività presso gli uffici delle questure e delle prefetture versa nella totale confusione e preoccupazione dal momento che, essendo allo stato loro impedita la possibilità di espletare gli ulteriori 12 mesi, rischia di vedersi preclusa la conseguente stabilizzazione nell'Amministrazione pubblica;
qualora le 650 unità di personale non fossero riconfermate, gli sportelli unici per l'immigrazione presso le prefetture, nonché gli uffici delle questure si troverebbero improvvisamente ad affrontare con un rilevante sotto-organico una funzione assai delicata come l'immigrazione -:
se intenda tempestivamente reperire i necessari finanziamenti per consentire all'Amministrazione di procedere alla proroga dei citati contratti per gli ulteriori 12 mesi, ciò al duplice fine di consentire alle prefetture e alle questure di garantire con continuità l'organizzazione degli stessi uffici nelle delicate attività attinenti l'immigrazione, nonché di permettere alle 650 unità di personale di poter completare i 36 mesi complessivamente previsti per la loro stabilizzazione.
(4-04884)

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa del 18 ottobre 2009, si apprende che tre nordafricani, il tunisino Saidani Slah, sua nipote Rafi Ahlem, tunisina, e il convivente di lei, il marocchino Nabil Abdelaziz, sono stati arrestati a Castel Mella (Brescia), per sequestro di persona, maltrattamenti e minacce ai danni di una donna di ventisette anni originaria della provincia di Lecce, compagna incinta di Saidani Slah;
la donna ed il tunisino si erano conosciuti all'inizio di agosto 2009 e l'uomo l'aveva convinta a seguirlo a Castel Mella nell'abitazione della nipote e del suo convivente, dimostrando, fin dai primi giorni, di essere violento, spesso ubriaco, al punto che la donna aveva deciso di lasciarlo;
nel frattempo, però, alla donna, che era rimasta incinta, veniva picchiata, minacciata di morte e di amputazione degli arti, veniva impedito ogni contatto con l'esterno; la stessa era segregata in una stanza e liberata solamente dopo la nascita del bambino, che i nordafricani volevano per crescerlo da musulmano;
Rafi Ahlem, già agli arresti domiciliari per una vecchia storia di droga, e il suo compagno, sorvegliavano la donna, affinché non lasciasse l'abitazione;
la donna si è salvata grazie ad un sms inviato alla madre, in cui le chiedeva disperatamente aiuto e le indicava l'indirizzo della casa in cui era tenuta prigioniera; poche ore più tardi, veniva liberata con un blitz dei carabinieri;
si tratta di una vicenda molto grave, l'ennesima nel nostro Paese, dove il comportamento violento dell'uomo non può in alcun modo essere giustificato, adducendo la sua diversa cultura, o i diversi valori alla base della sua formazione;
sono sempre più numerosi in Italia i casi di violenza da parte di stranieri, soprattutto di religione islamica, nei confronti delle mogli e dei figli, che non sempre vengono denunciati, ma consumati fra le mura domestiche -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale fatto e quali siano i suoi intendimenti al riguardo;
se sia in grado di fornire dati relativi a vicende gravi come questa, che vedono molte donne costrette a vivere in condizioni di degrado, private dei loro diritti di libertà e sottoposte a gravi violenze;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, un'indagine accurata per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese.
(4-04889)

POMPILI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Sabaudia, nell'area conosciuta come «Giardino Anelli», situata in una zona urbanisticamente delicata del centro

storico, è stato costruito un immobile nel quadro di una polemica sia di natura giudiziaria che urbanistica;
tale polemica ha coinvolto il Comune e la Regione Lazio;
in merito a tale fatto è tuttora in corso un'aspra polemica politica;
va tenuto conto che, al riguardo, sono state presentate numerose interrogazioni da parte di diversi consiglieri comunali, in opposizione all'edificazione dell'immobile suddetto;
in conseguenza delle predette iniziative politiche il consigliere comunale Luigi Iacuzzi è stato citato dai costruttori per danni, sulla base dell'accusa di aver provocato un ritardo all'esercizio dei loro supposti diritti edificatori;
dovrebbe essere superfluo ricordare che il potere ispettivo e di controllo fa parte delle prerogative fondamentali degli eletti a tutti i livelli istituzionali;
ciò pone il problema della responsabilità dei consiglieri comunali i quali nell'esercizio del loro mandato e soprattutto nella loro essenziale funzione di controllo della Giunta comunale, devono essere esenti da risvolti giudiziari, ovviamente nell'ambito di una corretta prassi amministrativa che deve tenere conto della necessità dell'eletto di informare i propri elettori ed in genere l'opinione pubblica di fatti di particolare gravità, nel rispetto comunque delle persone e del loro ruolo, sia di governo sia di opposizione -:
se il Governo, per l'oggettiva situazione della impraticabilità derivante dalla «spada di damocle» pendente su tutti i consiglieri comunali che svolgono il loro doveroso controllo dell'attività della Giunta, intenda assumere i necessari provvedimenti normativi al fine di predisporre un insieme di garanzie sostanziali e procedurali che possano consentire ai consiglieri comunali di svolgere il proprio mandato senza timore di condizionamenti.
(4-04909)

ANTONINO RUSSO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il commissariato di Polizia «Brancaccio», sito nell'omonimo quartiere di Palermo notoriamente ad alto grado di presenza mafiosa, è ubicato in locali poco adeguati in prossimità della zona industriale;
da alcuni mesi risultano completati i lavori di adeguamento della nuova sede destinata ad ospitare il commissariato siti in via Giafar angolo via Solunto, sempre nel quartiere di Brancaccio;
i predetti locali erano adibiti a deposito di materiali edili e sono stati confiscati ai sensi della legislazione antimafia -:
quali motivi ostino alla apertura dei nuovi locali del Commissariato di polizia di Brancaccio e quali siano i tempi previsti per rendere operativo il presidio, atteso dai cittadini come un ulteriore concreto segnale di rafforzamento della presenza dello Stato in quella realtà.
(4-04928)

TESTO AGGIORNATO AL 25 FEBBRAIO 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

MACCANTI e REGUZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
le cronache giornalistiche hanno diffuso notizie su gravissimi episodi di bullismo che alcuni studenti dell'istituto professionale «Albe Steiner» di Torino continuano a perpetrare nei confronti di coetanei e insegnanti;
a distanza di tre anni dal gravissimo episodio del 2006 che aveva visto vittima dei bulli un ragazzo disabile, filmato e messo in onda su «You Tube», l'istituto scolastico in parola ha subito altri inquietanti atti di bullismo, tra cui l'aggressione

di un tredicenne, marchiato a fuoco sul braccio da due compagni di classe, di un anno più grandi;
il bullismo è un fenomeno estremamente variegato e complesso, perpetrato dagli adolescenti anche fuori dell'ambito scolastico, nei confronti dei più deboli o socialmente emarginati;
la valutazione del comportamento, anche ai fini del contrasto di azioni lesive della dignità dei compagni di scuola o dei docenti, ha portato, in alcuni casi, alla bocciatura dello studente;
i comportamenti prevaricatori del bullo producono conseguenze a chi li subisce e, sarebbe opportuno considerare e valutare gli stessi comportamenti dei minori d'età inferiore a 14 anni, sotto il profilo del diritto e del recupero socio-psicologico, poiché come taluni studiosi affermano da molto tempo, la pubertà precoce è una realtà scientifica e l'essere adolescente non è una malattia che possa garantire «la non imputabilità» in caso di reati o il «perdono giudiziario»;
la circostanza che la violazione delle regole, poste a garanzia delle libertà di tutti, dia luogo alle conseguenze sanzionatorie, previste dalla legge, rappresenta un tassello educativo importante per lo sviluppo della personalità, attraverso l'educazione alla legalità;
l'entrata in vigore dello statuto delle studentesse e degli studenti, il decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1998, n. 249, ha consentito di superare un modello sanzionatorio di natura esclusivamente repressiva-punitiva, quale era quello delineato dal previgente regio decreto n. 653 del 1925, introducendo un nuovo sistema ispirato al principio educativo in base al quale il provvedimento disciplinare verso il discente deve prevedere anche comportamenti attivi di natura «riparatoria-risarcitoria»;
in ambito scolastico, infatti, la misura disciplinare, oltre ad un valore sanzionatorio, ha prima di tutto una funzione educativa;
ai sensi dell'articolo 4, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998, i dirigenti e i consigli d'istituto competenti adottano un proprio regolamento disciplinare prevedendo, da un lato, procedure snelle ed efficaci e, dall'altro, una variegata gamma di misure sanzionatorie nel rispetto del principio di proporzionalità tra sanzione irrogabile ed infrazione disciplinare commessa;
il dettato dell'articolo 4, comma 7, del decreto del Presidente della Repubblica n. 249 del 1998 consente «il temporaneo allontanamento dello studente dalla comunità scolastica solo in caso di gravi o reiterate infrazioni disciplinari, per periodi non superiori a quindici giorni», salvo i casi in cui ricorrano due ipotesi eccezionali e tassative di particolare gravità previste dal successivo comma 9, quali la commissione di gravi reati e il pericolo d'incolumità delle persone;
il sopra citato articolo 4, al comma 10, recita: «Nei casi in cui l'autorità giudiziaria, i servizi sociali o la situazione obiettiva rappresentata dalla famiglia o dallo stesso studente sconsiglino il rientro nella comunità scolastica di appartenenza, allo studente è consentito di iscriversi, anche in corso d'anno, ad altra scuola»;
nonostante le lodevoli iniziative del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca in merito all'istituzione di una rete di servizi per il contrasto al bullismo (osservatorio regionale, numero verde, campagna di comunicazione), finalizzate al sostegno alla qualità dell'insegnamento, alla promozione della salute, alla prevenzione del disagio giovanile e al contrasto della violenza, del bullismo e dell'illegalità, il bullismo sta diventando un'emergenza sociale;
alla luce degli studi dello psicologo Goleman, «l'intelligenza emotiva» è la pulsione primaria di ogni formazione e di ogni attività sia individuale sia di gruppo, teoria avvalorata da ulteriori approfondimenti che affermano si tratti «di quella parte della nostra intelligenza che viene meno quando insorgono quegli episodi di

bullismo di cui abbiamo letto nei giorni scorsi, gli stupri, l'anoressia, la bulimia e tutto ciò che sta facendo calare il mondo giovanile in una sorta di angoscia primordiale» -:
se intendano valutare l'opportunità di istituire un comitato permanente formato da sociologi, psicologi, rappresentanti della comunità locale e figure giuridiche, esperti nelle problematiche adolescenziali, in modo tale da attuare un programma di recupero, svolto per determinate ore settimanali, nell'ambito dei lavori socialmente utili, a favore di bambini e adolescenti portatori di handicap;
se, alla luce di quanto espresso in premessa, non ritengano altresì utile assumere iniziative anche di carattere normativo, affinché siano previste «giuste sanzioni» nei confronti dei minorenni sobillatori o che si limitino ad assistere passivamente ad aggressioni, considerandoli responsabili di concorso in bullismo, nonché nei confronti degli adulti troppo indulgenti affinché tali condotte siano considerate assimilabili al favoreggiamento;
se, infine, il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, non ritenga utile sviluppare in collaborazione con le agenzie educative territoriali attività che valorizzino l'insegnamento dell'intelligenza emotiva, che applicato fin dai primi anni dell'apprendimento scolastico, anche attraverso il gioco del teatro, da sempre, arte comunicativa ed educativa, può aiutare i giovani ad avere comportamenti umani positivi come l'autoconsapevolezza, l'autocontrollo e l'empatia.
(3-00746)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'istituto comprensivo «Montagnola-Gramsci» nasce in data 1o settembre 2006 a seguito della delibera regionale n. 21 del 16 gennaio 2006;
il nuovo Istituto è formato dai seguenti plessi, con relativo numero di alunni sotto indicato:
tipologia di scuola: infanzia; nome: Montagnola; numero alunni: 150; tipologia di scuola: Infanzia; nome: Petrarca; numero alunni: 69; tipologia di scuola: Infanzia; nome: Sansovino; numero alunni: 75; tipologia di scuola: Primaria; nome: Montagnola; numero alunni: 368; tipologia di scuola: Primaria; nome: Petrarca; numero alunni: 157; tipologia di scuola: Secondaria di I grado; nome: Gramsci; numero alunni: 270;
dalla comunicazione trasmessa dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca via fax, in data 19 marzo 2007, contenente l'assegnazione delle risorse finanziarie per l'anno 2007, l'istituzione scolastica di cui trattasi apprese con molto stupore che a quota ad alunno utilizzata per la determinazione del funzionamento era stata quantificata in 2,40 euro contro gli 8,00 euro indicati (in media) dal decreto ministeriale 21/07 per gli istituti comprensivi delle medesime dimensioni dell'istituto «Montagnola-Gramsci»;
è pur vero che tutte le comunicazioni ricevute in merito alle assegnazioni ribadiscono che la quota riportata nel decreto ministeriale 21/07 è puramente indicativa o che i parametri reali utilizzati tengono conto della media nazionale e del livello dei finanziamenti assegnati alla singola scuola nell'anno finanziario 2006, nondimeno, non si comprendo su che base, a fronte di un finanziamento per il funzionamento di un istituto comprensivo di nuova istituzione nel quale sono presenti, fra i 1089 alunni, 32 diversamente abili ed il 16,16 per cento di alunni extracomunitari, si possa pensare di provvedere alle necessità di funzionamento amministrativo, nonché didattico, con una cifra assegnata per il 2007 di 3.938,40 euro; lo stesso è successo per il 2008 (4420,80 euro);
tutte le comunicazioni e le spiegazioni pervenute in questi giorni parlano di

successive integrazioni ai finanziamenti assegnati, ma in nessuna di queste si fa menzione del finanziamento per il funzionamento -:
quali siano gli effettivi criteri sulla base dei quali sia stata assegnata per il funzionamento, all'Istituto comprensivo «Montagnola-Gramsci», la quota quantificata in 2,40 euro ad alunno contro gli 8,00 euro indicati (in media) dal decreto ministeriale 21/07 per gli istituti comprensivi delle medesime dimensioni;
se non intenda assumere iniziative per una rideterminazione di tale assegnazione, valutando anche che per il 2009 non è stato assegnato, all'istituto comprensivo «Montagnola-Gramsci», alcuna cifra sul capitolo delle spese di funzionamento, e che la scarsità, l'esiguità e l'incertezza dei finanziamenti riconosciuti e attualmente neppure erogati, porta a dilazionare in tempi di lunghezza insostenibile la liquidazione di qualsivoglia impegno nei confronti dei creditori.
(5-02056)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le competenze amministrative in materia di istruzione sono ripartite tra lo Stato, le regioni e gli enti locali così come previsto dal decreto legislativo n. 112 del 1998 e in relazione a tali attribuzioni, non è stata data attuazione, sino ad oggi, ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di trasferimento delle risorse umane, strumentali ed economiche;
l'attribuzione delle competenze non può prescindere da un condiviso accordo tra tutti soggetti istituzionali coinvolti, secondo il principio della leale collaborazione, espressamente previsto dall'attuale quadro costituzionale;
il consolidamento nei processi operativi del principio di leale collaborazione, configurato in primis dalla giurisprudenza costituzionale, è stato lento ed ha trovato origine nel modello cooperativo del regionalismo italiano;
sin dal 1990, con la sentenza n. 550, la Corte ha riconosciuto la natura costituzionale del principio di leale collaborazione;
con la sentenza n. 214 del 1988 la Corte ancorò il principio all'articolo 97 della Costituzione, rinvenendo esigenze di «uniformità e di coordinamento, in mancanza del quale le finalità di efficienza e di buon andamento della complessiva amministrazione pubblica, proclamate dall'articolo 97 della Costituzione, resterebbero obiettivi lontani e irraggiungibili». Solo con la sentenza n. 19 del 1997 la Corte trovò l'ancoraggio definitivo del principio nell'articolo 5 della Costituzione;
la riforma del titolo V, parte seconda, della Costituzione configura un nuovo modello di Stato, politicamente decentrato, con importanti implicazioni per l'organizzazione del settore pubblico che realizzano un decentramento istituzionale, amministrativo e fiscale; infatti la nuova architettura istituzionale è caratterizzata dalla valorizzazione dei comuni, province e comuni;
il 10 febbraio 2009 si è riattivato tra Stato, regioni, sistema delle autonomie locali ed Uncem il confronto tecnico-politico in Conferenza unificata per la definizione formale degli ambiti e delle connesse azioni di attuazione del titolo V nel settore istruzione;
il 6 agosto 2009 l'accordo quadro, integrato con le osservazioni del Ministero dell'economia e delle finanze e del Ministero per la pubblica amministrazione e innovazione, è stato inviato dalla conferenza unificata al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per la verifica di competenza prima dell'iscrizione all'ordine del giorno della conferenza unificata;
l'accordo «mira alla ricomposizione delle funzioni inerenti l'istruzione e l'istruzione e formazione professionale in un

quadro nel quale i poteri e gli strumenti che spettano a ciascuno dei soggetti si coordinano per realizzare il governo del sistema educativo, attraverso l'implementazione coordinata di azioni e percorsi ed il perseguimento del successo in ciascuno di essi, in vista dell'attuazione della legge 5 maggio 2009, n. 42 che all'articolo 8, comma 2, prevede che «nelle forme in cui le singole regioni daranno seguito all'intesa Stato-regione sull'istruzione, al relativo finanziamento si provvede secondo quanto previsto dal presente articolo per le spese riconducibili al comma 1, lettera a), numero 1»;
l'accordo intende dare la garanzia dell'unitarietà del sistema nazionale di istruzione e formazione, con l'obiettivo prioritario di migliorarne progressivamente la qualità;
gli obiettivi che l'accordo si prefigge sono:
a) individuazione dei tempi e dei modi per il completamento del trasferimento delle funzioni amministrative alle regioni e agli enti locali alla luce dei nuovi criteri costituzionali di riparto della funzione legislativa in materia di istruzione;
b) fissazione dei tempi e delle modalità per il trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali necessarie all'esercizio delle nuove funzioni e del collegamento tra tale trasferimento e la data di inizio dell'esercizio delle nuove funzioni;
c) congruente definizione dei tempi e dei modi di ridefinizione dell'amministrazione scolastica periferica;
d) modulazione del raggiungimento degli obiettivi secondo diverse velocità, dipendenti dallo stadio dell'organizzazione regionale;
e) definizione di condizioni e modalità per l'attuazione della sperimentazione di nuovi modelli organizzativi;
a fronte delle predette questioni, complesse e di non facile soluzione che la riforma costituzionale pone, l'accordo quadro definito e condiviso dai partecipanti al tavolo di lavoro, costituisce una logica, corretta e pregiudiziale premessa alla realizzazione della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale;
l'accordo sta anche a dimostrare l'assertività dei soggetti territoriali verso una regolazione condivisa degli assetti amministrativi del Paese -:
i motivi per cui l'accordo elaborato in Conferenza unificata, avente ad oggetto «Finalità, tempi e modalità di attuazione del titolo V, parte II, della Costituzione, per quanto attiene alla materia istruzione, nonché la sperimentazione di interventi condivisi tra Stato e regioni, province e i comuni per la migliore allocazione delle risorse umane, strumentali ed economiche al fine di elevare la qualità del servizio», non sia stato ad oggi restituito alla Conferenza unificata, né sia stata data alcuna notizia in merito;
se il Ministro non ritenga indispensabile ed urgente giungere in tempi brevi alla definizione dell'accordo al fine di dare, in applicazione del dettato costituzionale, chiara e concreta ripartizione alle competenze delle istituzioni che sul territorio operano in una coordinata, utile azione per il miglior supporto della scuola.
(5-02058)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
subito dopo l'inizio delle lezioni è pervenuta presso l'istituto comprensivo di Vicchio una domanda di iscrizione per trasferimento di un alunno proveniente dalla Scuola Media Statale «Galileo Galilei» di Grammichele (Catania);
l'alunno è certificato per situazione di handicap di ritardo mentale e fisico e, nella scuola di provenienza, era seguito, in deroga ai parametri per la determinazione dell'organico di sostegno, per 18 ore settimanali integrate e dall'assistenza di un

operatore educativo del Comune a copertura totale delle ore di frequenza in considerazione della gravità del caso;
tale situazione è stata immediatamente fatta presente al dirigente dell'Ufficio Scolastico Provinciale di Firenze, il quale ha risposto che al momento non vi erano risorse di organico aggiuntive per far fronte a nuovi inserimenti;
dal 28 settembre 2009 l'alunno di cui trattasi ha iniziato la frequenza e si sono subito manifestati notevoli problemi per l'inserimento nella classe alla quale è stato assegnato, in particolare per la difficoltà di rispettare le basilari regole di comportamento e convivenza con gli altri alunni in quanto la sua disabilità lo porta ad atteggiamenti nei confronti dei compagni che possono pregiudicare anche la loro incolumità fisica;
inoltre il suo scarso autocontrollo lo porta ad allontanarsi dalla classe ed anche ad indirizzarsi verso l'uscita tramite le vie di fuga;
l'handicap fisico non limita la velocità di tali comportamenti, ma anzi può determinare rischio anche per la sua stessa incolumità fisica;
per far fronte a questa situazione il dirigente scolastico ha provveduto momentaneamente ad utilizzare tutte le risorse di personale disponibili (ore a disposizione, riformulazione dell'orario dei docenti di sostegno in organico, eccetera) poiché è evidente che l'alunno deve essere costantemente ed individualmente seguito;
va precisato che la scuola media di Vicchio (9 classi) ha avuto per l'anno scolastico 2009-2010 un organico di sostegno di 27 ore per 3 alunni diversamente abili (di cui 2 particolarmente gravi) e che le ore a disposizione utilizzabili per la sostituzione dei docenti assenti e per l'ora alternativa all'insegnamento di religione cattolica. Sono di poche unità, così come sono pochissime le ore messe a disposizione dai docenti come ore eccedenti il proprio orario di servizio;
per affrontare questa emergenza il dirigente scolastico ha richiesto aiuto al comune di Vicchio che era già stato costretto in precedenza a ridurre il numero di ore per l'assistenza all'handicap per motivi economici;
l'amministrazione comunale è riuscita comunque a reperire, tramite la società della salute del Mugello, delle ulteriori risorse con le quali ha garantito, ma solo fino al 21 dicembre 2009, un operatore per l'assistenza per 13 ore settimanali;
ciononostante, il disagio è ancora notevole e, destinato ad aumentare ed a divenire insostenibile se non vi saranno ulteriori interventi;
tale situazione è contraria a qualsiasi logica di integrazione, prevista dalla normativa, in quanto oltre all'assistenza è necessario prevedere ad un sostegno didattico all'alunno che gli consenta un percorso di istruzione, anche minimo, all'interno della classe;
di fatto, anche ricorrendo all'utilizzo di ore eccedenti o di progetti da finanziare con il fondo di istituto, il dirigente non ha possibilità, con i docenti di sostegno in organico, di far fronte a queste necessità in quanto una insegnante presta servizio per 9 ore presso l'Istituto comprensivo di «Vicchio» e per le restanti ore in un'altra scuola del Mugello (Scarperia) e l'altra insegnante con 18 ore (che risiede a Firenze) ha in orario il sostegno su i due alunni diversamente abili gravi che le lasciano solo alcune ore disponibili;
in conclusione risulta compromessa l'attività didattica in quanto:
l'alunno frequenta per un tempo limitato;
con l'assistenza degli operatori messi a disposizione dal Comune si assiste la persona, ma non si effettua integrazione scolastica;
quando l'alunno è inserito in classe (con o senza l'assistenza dell'operatore) proprio per la mancanza di un adeguato

sostegno all'attività didattica individualizzata, si manifestano situazioni di grave disagio per tutti gli alunni della classe;
questa grave situazione è stata segnalata direttamente al direttore generale dell'Ufficio scolastico regionale contestualmente alla richiesta di un incremento di organico in deroga ai parametri, ma la risposta, avuta indirettamente tramite il dirigente dell'ufficio handicap dell'Ufficio scolastico provinciale di Firenze, è stata quella che le situazioni analoghe a quella della scuola media di Vicchio sono molte e non ci sono risorse disponibili -:
come possa essere garantito il diritto allo studio degli alunni tutti della scuola media di Vicchio considerata la sopra descritta situazione;
cosa accadrà a gennaio quando non sarà più disponibile la risorsa dell'operatore del comune per l'assistenza;
quale effettiva integrazione scolastica sarà stata possibile per l'alunno diversamente abile;
come sarà possibile spiegare alle famiglie degli alunni della classe interessata le continue interruzioni delle lezioni in quanto il docente presente deve costantemente seguire l'alunno disabile anche per prevenire ed impedire situazioni di reale, grave pericolo;
con quali tutele verrà garantito il dirigente come responsabile del servizio scolastico, per non aver reso possibile una reale corretta integrazione scolastica dell'alunno disabile;
come si concili questa situazione con le linee guida del MIUR sull'integrazione dei ragazzi diversamente abili (vedi nota Prot. n. 4274 del 4 agosto 2009);
con quali criteri e a quali regioni siano stati assegnati i 5000 posti in più di insegnanti di sostegno che il Signor Ministro ha affermato, durante l'incontro tenuto in Commissione VII della Camera a metà ottobre, di aver autorizzato sull'organico di diritto;
se i sopramenzionati 5000 posti in più siano realmente aggiuntivi rispetto all'organico di fatto dell'anno precedente, o siano solo stati trasferiti contabilmente dall'organico di fatto a quello di diritto, non dando luogo, in effetti, ad alcun aumento reale in organico rispetto ai precedente anno scolastico 2008/09;
se il Ministro sia a conoscenza che in Toscana nonostante un aumento degli alunni diversamente abili pari a poco meno di 600 unità rispetto al numero presente l'anno precedente, siano stati autorizzati solo tre posti in più sull'organico di fatto degli insegnanti di sostegno, e quali provvedimenti intenda di conseguenza adottare per garantire il conseguimento del diritto all'istruzione e la reale integrazione degli alunni diversamente abili in Toscana.
(5-02059)

DE PASQUALE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con l'accorpamento delle cattedre a 18 ore settimanali, sono scomparse le ore a disposizione con le quali le scuole potevano sopperire, oltre alla sostituzione dei docenti assenti fino a quindici giorni, anche all'incarico ai docenti per l'erogazione dell'attività alternativa all'insegnamento della religione cattolica;
gli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica ed hanno scelto attività alternativa o studio individuale, devono avere, per un'ora settimanale, un docente a loro disposizione, esattamente come lo hanno gli alunni che si avvalgono della religione cattolica;
non avendo ricevuto le scuole, fino ad ora, alcuna disposizione in merito alla copertura di queste ore di attività per gli alunni che non si avvalgono dell'insegnamento della religione cattolica, la questione diventa urgente considerato che l'anno scolastico è ormai iniziato da più di due mesi;
la mancanza in organico di ore da poter destinare alle attività alternative impedisce

l'effettuazione di un servizio obbligatorio e costituzionalmente garantito;
attualmente le istituzioni scolastiche hanno preso in esame le varie possibili strade da percorrere per individuare una risposta alla necessità di garantire ai non avvalentisi dell'insegnamento della religione cattolica il diritto di vedere rispettata la scelta operata dai genitori al momento dell'iscrizione;
la normativa che fu emanata, sulla questione, negli anni Ottanta, in particolare la circolare ministeriale n. 82 del 6 marzo 1989, comma 4, circolare ministeriale n. 302 del 29 ottobre 1986, circolare ministeriale n. 130 del 3 maggio 1986, circolare ministeriale n. 316 del 28 ottobre 1987, prevedeva alcune possibili soluzioni al fine di ottemperare all'obbligo di garantire la fruizione dell'attività alternativa all'insegnamento della religione cattolica:
stipulazione di contratti, con personale interno disponibile, per ore aggiuntive all'orario di cattedra delle 18 ore settimanali;
utilizzazione delle ore eccedenti previste per la sostituzione dei docenti assenti;
stipulazione di contratti con supplenti temporanei fino al termine delle attività didattiche -:
se questa normativa sia tuttora valida e applicabile in relazione alle nuove modalità di determinazione dell'organico del personale docente;
se il Ministro non ritenga urgente e prioritario, data la rilevanza della questione che investe una sfera delicata quale quella relativa alle scelte di carattere religioso e alla corrispondenza al dettato costituzionale, emanare precise e circostanziate indicazioni circa le modalità di erogazione del servizio scolastico agli alunni con scelta di attività alternativa o studio individuale perché non avvalentisi dell'insegnamento della religione cattolica.
(5-02060)

DE PASQUALE e SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
tra i mesi di luglio e di agosto 2009 il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha disposto la riduzione di utilizzazioni per l'anno scolastico 2009/2010 del personale delle associazioni professionali dei docenti più rappresentative del mondo della scuola, ad esempio ha deciso la riduzione di due comandi (su otto) al CIDI, di un comando (su otto) all'Unione cattolica italiana insegnanti medi (UCIIM), di uno (su due) al FNISM e di uno (su due) al Movimento di cooperazione educativa (MCE);
di questi tagli il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca non solo non ha dato alcuna informazione alle suddette associazioni che ne sono venute a conoscenza in via ufficiosa, ma non ha neanche reso noti i criteri in base ai quali è stata disposta la suddetta riduzione, in totale assenza di trasparenza;
da molto tempo le associazioni tentano di far accettare dei criteri oggettivi sui quali operare, che possano motivare l'assegnazione stessa di utilizzazioni, quali ad esempio la trasparenza delle modalità di funzionamento e di gestione dell'associazione, la presenza su più territori regionali di sedi operative, ricaduta sul mondo scolastico delle iniziative formative, le attività rivolte all'aggiornamento e alla formazione dei docenti, nonché la pubblicazione di riviste e libri per la scuola;
detti criteri non sono stati stabiliti o esplicitati e per la concessione degli utilizzi associazioni, enti, cooperative, sono assommati in una unica gara senza alcun criterio di priorità esplicito;
si ricorda che la legislazione vigente (articolo 26, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448) già impone rigidi limiti numerici (100 disponibilità) alla utilizzazione del personale della scuola per compiti di sostegno all'autonomia ed alla professionalità presso enti ed associazioni di insegnanti;

a fronte dell'ampio numero di docenti in servizio e della costante diminuzione delle risorse finanziarie pubbliche destinate alla formazione permanente dei docenti dovrebbe essere salvaguardato e potenziato il ruolo delle associazioni e del personale docente ad esse assegnato, in grado di sostenere e ampliare le occasioni di formazione, di ricerca, di diffusione delle buone pratiche didattiche tra gli operatori della scuola;
al contrario i tagli previsti dal Ministero (che vanno dal 25 per cento al 50 per cento del personale già comandato) compromettono la sopravvivenza stessa di numerose associazioni che non hanno altri fondi se non l'opera volontaria degli associati;
l'impoverimento della capacità di iniziativa delle più importanti associazioni professionali degli insegnanti - caratterizzate storicamente dal pluralismo, presenti anche in territori poveri di risorse culturali, impegnate al recupero della dignità professionale - rappresenta un ulteriore elemento contraddittorio rispetto a quelle dichiarazioni di principio che vorrebbero ripristinare una immagine positiva della funzione docente ed elevare il profilo di un insegnamento di qualità, ma che nei fatti sono puntualmente smentite;
in particolare l'associazione Movimento di cooperazione educativa (MCE) è una associazione nazionale, con vocazione pedagogica ed educativa, senza scopo di lucro, nata nel 1951. È anche un'associazione professionale di insegnanti e dirigenti scolastici riconosciuta dal MIUR come soggetto autorizzato all'aggiornamento del personale della scuola;
il MCE non riceve finanziamenti né contributi dal MIUR. L'unica forma di aiuto che il Ministero dell'istruzione ha dato fino ad ora alla associazione (a partire dagli anni Ottanta) è l'assegnazione (il distacco, comando, o utilizzo) di uno o più insegnanti dalla scuola;
per il MCE, associazione di volontari, presente con più sedi in molte regioni italiane, la risorsa costituita dal personale comandato a tempo pieno è fondamentale per la propria esistenza;
non tutti i tagli sono uguali. Ad esempio per il Movimento di cooperazione educativa, il taglio di un utilizzo su due (il 50 per cento) mette a rischio la possibilità di continuare ad essere una associazione nazionale, di poter coordinare la rete di gruppi cooperativi territoriali e di ricerca educativa-didattica che capillarmente sono diffusi sul territorio nazionale;
inoltre i tagli mettono a rischio la possibilità di continuare e concludere i progetti attivati e per i quali erano stati chiesti i comandi:
a) Cooperazione Educativa, La Rivista pedagogica trimestrale;
b) il Centro di Documentazione della Pedagogia Popolare o l'accesso in rete;
c) il Centro interculturale Arlecchino a Perugia;
d) il progetto Aquilone di scambio formativo e gemellaggio con il Brasile;
e) la produzione editoriale della Biblioteca di lavoro dell'Insegnante;
f) la ricerca-azione sulla Pedagogia dell'Ascolto nella prima infanzia;
g) la scuola estiva di formazione per educatori e insegnanti;
h) la ricerca-azione sulla Pedagogia del Cielo.
nel mese di marzo il MCE ha presentato un Progetto associativo in cui si richiedevano otto assegnazioni;
nell'anno scolastico precedente erano stati autorizzati solo due comandi e l'associazione era certa della loro riconferma;
da notizie pervenute risulterebbe che l'ufficio scolastico provinciale di Venezia nel mese di luglio aveva già provveduto a nominare un incaricato annuale presso l'istituto comprensivo Gramsci di Campalto-Venezia sul posto di materie letterarie

relativo a Domenico Canciani, mentre nel mese di agosto questo posto sarebbe stato riassegnato al titolare, cui era stato soppresso il distacco -:
quali siano le ragioni che hanno ispirato i provvedimento del Ministro interrogato, quali i criteri seguiti per le assegnazioni del personale dirigente e docente e quali le verifiche effettuate per stabilire il possesso dei requisiti di legittimazione degli enti destinatari delle assegnazioni;
se le scelte siano state operate per garantire un risparmio all'amministrazione, ovvero se anche quest'anno il tetto stabilito dalla legge (100 unità per le associazioni) sia stato raggiunto, eguagliato o superato;
nel caso in cui i comandi siano stati numericamente non inferiori allo scorso anno, a quali associazioni siano stati accordati, in base a quali criteri e per quali motivi, oltre che per quali ragioni siano stati ridotti i comandi già autorizzati a numerose associazioni.
(5-02061)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha molto ben operato nel senso della razionalizzazione e della riorganizzazione del sistema universitario, anche chiedendo una riduzione dei settori scientifico-disciplinari;
le indicazioni espresse dal MIUR in relazione alla riduzione dei settori scientifico-disciplinari interessano anche i settori M-EDF/01 e M-EDF/02, introdotti in occasione dell'istituzione delle facoltà e dei corsi di laurea in scienze motorie;
il settore M-EDF/01 - metodi e didattiche delle attività motorie - (riferibile a quello denominato «scienze dell'attività motorie» istituito dal decreto legislativo 8 maggio 1998 n. 178), si occupa dello sviluppo e dell'insegnamento di teorie, tecniche e metodi per l'educazione fisica e motoria generali o rivolte a particolari gruppi o classi di età;
il settore M-EDF/02 - metodi e didattiche delle attività sportive - (riferibile a quello denominato «scienze delle discipline sportive» istituito dal decreto legislativo 8 maggio 1998, n. 178), si occupa dello sviluppo di teorie, tecniche e metodi per l'allenamento e per la pratica delle differenti attività sportive e delle valutazioni dei rendimenti e delle attitudini atletiche;
la recente istituzione delle facoltà di scienze motorie, avvenuta con il decreto legislativo 8 maggio 1978, n. 178 (relativo alla trasformazione degli istituti superiori di educazione fisica e istituzione di facoltà e di corsi di laurea e di diploma in scienze motorie, a norma dell'articolo 17, comma 115, della legge 13 maggio 1997, n. 127) e la conseguente rideterminazione dei settori scientifico disciplinari (con decreto ministeriale 4 ottobre 2000) non hanno permesso, sia per la novità e specificità culturale nel panorama accademico sia per la recente istituzione, di raggiungere - in tale ambito - un numero di professori ordinari superiore a cinquanta, che rappresenta il criterio utilizzato dal CUN sulla base delle indicazioni ministeriali per la «sopravvivenza» dei settori scientifico-disciplinari;
tale criterio utilizzato dal CUN pare all'interrogante non condivisibile e non giustificabile nel caso in argomento;
la conferenza dei presidi delle facoltà di scienze motorie è pertanto preoccupata del rischio che si perda l'identità di tali settori scientifico-disciplinari che - alla luce dell'esperienza maturata in questi anni - potrebbero, in questa circostanza, eventualmente essere rivisti sia per quanto riguarda la declaratoria sia la dizione stessa e ha chiesto con lettera in data 9 settembre 2009 al Ministro il mantenimento dei settori scientifico disciplinari

M-EDF/01 e M-EDF/02 indicando al CUN di procedere in tal senso -:
se il Ministro intenda condividere avallandoli i criteri e i metodi utilizzati dal CUN ai fini della realizzazione delle auspicate riduzioni dei settori scientifico-disciplinari;
se vi siano altri settori interessati dai medesimi criteri e quali;
se il Ministro condivida le preoccupazioni espresse dalla conferenza dei presidi della facoltà di scienze motorie e le ragioni addotte e quali iniziative intenda in tal senso assumere.
(4-04841)

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
alcuni genitori degli alunni appartenenti alle classi prime degli istituti d'istruzione secondaria di primo grado della provincia di Cosenza, hanno espresso il loro dissenso all'inizio dell'anno scolastico, per la soppressione, in quelle classi, del tempo prolungato;
da informazioni assunte presso l'ufficio scolastico provinciale di Cosenza risulta che il tempo prolungato, autorizzato per molte classi prime degli istituti secondari di primo grado del cosentino in organico di diritto in seguito alle iscrizioni degli alunni provenienti dalle scuole primarie, è stato soppresso in tutte le scuole della provincia quando si è provveduto ad adeguare quell'organico alla situazione di fatto;
la mancata concessione del tempo prolungato nelle classi prime in tutti gli istituti secondari di primo grado della provincia, oltre a privare gli studenti del diritto a usufruire di un'offerta formativa più ampia e completa, in un'area territorialmente a rischio di devianze sociali, crea disparità sia fra la provincia in questione e quelle ad essa limitrofe sia rispetto ad altre province d'Italia, che invece usufruiscono di quell'offerta formativa;
la soppressione del tempo pieno nelle classi prime, influisce inoltre sulla possibilità di istituire tale offerta formativa anche negli anni a venire, proibendo di fatto la costituzione di un intero corso di studi a tempo prolungato, condizione indispensabile prevista dalle disposizioni in materia;
il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha più volte assicurato che il tempo prolungato sarebbe stato mantenuto, se non addirittura potenziato -:
quali iniziative nell'immediato e in futuro s'intendano promuovere al fine di garantire il diritto all'istruzione degli studenti degli istituti secondari di primo grado della provincia di Cosenza in un ambiente scolastico che favorisca l'opportunità formativa e didattica del tempo prolungato, secondo quanto stabilito dal regolamento recante le «Norme per la riorganizzazione della rete scolastica e il razionale ed efficace utilizzo delle risorse umane della scuola, emanato ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», che autorizza all'articolo 12, comma 1, la formazione di classi a tempo pieno per un orario settimanale complessivo di insegnamenti ed attività di 36 ore, fino ad arrivare ad un massimo di 40.
(4-04859)

JANNONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Università Parthenope di Napoli qualche settimana fa ha firmato con la Uil segreteria regionale della Campania una convenzione che consentirà agli studenti iscritti al sindacato di vedersi riconoscere fino a 60 crediti per il corso triennale in giurisprudenza. Tale agevolazione equivale, in realtà, ad uno sconto di un anno di studi su tre, facendo apparire la convenzione come uno strumento destinato

unicamente a fare cassa, a conquistare studenti, strappandoli ad altri atenei, sbaragliando così la concorrenza;
da quanto stipulato nell'accordo, il vantaggio sarà ottenuto «in considerazione delle conoscenze e delle abilità che i lavoratori iscritti alla Uil potranno certificare in ragione delle funzioni e delle mansioni a loro attribuite». Nell'articolo 2 della convenzione, viene addirittura affidata, allo stesso sindacato, di concerto con l'università, la facoltà di stabilire i requisiti per avere diritto allo sconto «La Uil segreteria regionale della Campania - recita il testo - si impegna a collaborare con l'Università nell'individuazione dei requisiti nella fase istruttoria delle richieste degli iscritti»;
dal canto loro, gli studenti si dichiarano sconcertati ed indignati. Andrea Volpi dirigente nazionale di Azione Universitaria afferma che «Lo scandalo dei 60 crediti attribuiti agli studenti tesserati Uil evidenzia ancora di più la necessità di una riforma volta ad affermare la qualità e il merito e a mettere fine a sprechi e privilegi»;
il caso dell'Università Parthenope non è isolato. Con la precedente riforma universitaria, che istituì le lauree triennali, venne deciso, in base a quanto stipulato a livello europeo, di riconoscere crediti formativi accumulati con l'esperienza lavorativa. Tale pratica, tuttavia, diede ampio decorso al dilagante fenomeno di concedere la laurea senza il riconoscimento dell'adeguato merito. Benché si sia tentato di porre un freno a tale situazione, episodi di abuso legati alle concessioni di crediti extrauniversitari si sono ripetuti incessantemente. Basti ricordare che, nell'anno 2007, l'Università statale di Messina stipulò una convenzione con la Cisl analoga a quella siglata dall'università napoletana -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro intenda adottare affinché la concessione di crediti extrauniversitari non si trasformi in una occasione per ottenere facili scorciatoie nel compimento del percorso universitario;
quali iniziative il Ministro intenda adottare per far sì che il sistema universitario nazionale si basi soltanto sulla logica della meritocrazia, permettendo così una giusta competizione con le maggiori università internazionali, anche alla luce del fatto che nella sesta edizione della classifica del Times, tra le prime 100 università del mondo non figura nemmeno un ateneo italiano.
(4-04876)

CIOCCHETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la circolare ministeriale n. 38 del 2009 del 2 aprile 2009, è stato stabilito che i posti di sostegno tra organico di diritto e cioè quelli decretati in seguito alla formazione delle classi prime con le iscrizioni raccolte a gennaio e i posti in organico di fatto, ossia quelli risultanti in seguito agli scrutini finali, al momento della costituzione delle classi rimangono pari per il presente anno scolastico a quelli dell'anno precedente 2008/09, che a sua volta era già uguale a quello dell'anno precedente ancora 2007/08;
il decreto-legge n. 112 del 2008, ha inoltre eliminato, per il presente anno scolastico 2009-2010, i posti in deroga ossia le cattedre, da utilizzare per le operazioni di adeguamento dell'organico di diritto alla situazione di fatto, fissandone l'organico complessivo a 94 mila unità;
nella realtà dei fatti il numero degli alunni certificati e cioè dichiarati disabili, è aumentato negli ultimi anni scolastici, producendo un rapporto tra docenti e alunni, nel territorio nazionale, di 1 a 3;
molti sono gli insegnanti, che si sono così trovati a effettuare il sostegno con sei sole ore per singolo alunno anche nei casi gravi o che si sono visti suddividere il monte orario della cattedra, dedicando in

tal modo 18 ore ad un caso difficile e togliendone altre ad alcuni casi comunque delicati -:
quali interventi intenda promuovere al fine adeguare per il prossimo anno scolastico 2010/2011, l'organico degli insegnanti di sostegno alle esigenze reali dei disabili e al loro numero effettivo, permettendo la concessione delle deroghe per i casi di disabilità grave, come posti aggiuntivi rispetto al numero complessivo di insegnanti di sostegno stabilito a livello nazionale.
(4-04890)

CATANOSO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la stagione degli «anni di piombo» rappresenta una pagina dolorosa della storia della Repubblica;
a distanza di tempo la conoscenza di quegli anni, specie presso le giovani generazioni è spesso acquisita tramite testi di carattere divulgativo che non sempre rappresentano un punto di vista accettabile e completo;
molti esponenti delle brigate rosse, alcuni dei quali non dissociati, redigono, talora in forma di romanzo, storie nelle quali un percorso personale, che è stato e non può che essere fermamente condannato, rischia di essere presentato in forme suggestive e senza dubbio non adatte alla didattica;
il sindaco di Aiello Calabro, Iacucci, ha promosso la presentazione ufficiale del libro della ex brigatista Barbara Balzerani, terrorista già processata e condannata a tre ergastoli, nel corso del processo «Moro-ter»;
in tutte le ricostruzioni storiche dell'esperienza politica e militare delle Br, il nome di Barbara Balzerani ricorre frequente soprattutto nell'ultima fase della storia brigatista quando, dopo l'arresto di Mario Moretti, Barbara Balzerani diventa la militante di anzianità maggiore ancora in libertà, assumendo così la guida dell'ultima generazione del partito armato;
la Balzerani tra l'altro partecipa al commando che il 16 marzo 1978 rapisce in via Fani, a Roma, il presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro, partecipa al sequestro Dozier come membro dell'esecutivo Br: è tra quanti, insieme a Savasta, Lo Bianco e Novelli, ne pianificano l'azione e la dirigono;
la presentazione del libro nel comune di Aiello Calabro ha comportato l'immediata meritoria denuncia del sindacato autonomo di Polizia Coisp che riprende una altrettanto giusta denuncia di Lorenzo Conti, figlio di Lando Conti vittima delle brigate rosse;
ciononostante il sindaco Iacucci non solo ha patrocinato la presentazione del libro ma ha addirittura affermato che: «il libro di Barbara Balzerani è uno strumento didattico da consigliare. Se letto con un'adeguata conoscenza della storia degli anni '70. Perché descrive, in modo preciso e articolato, cosa ha determinato il loro comportamento violento, non solo sulla società ma anche sulla propria esistenza, e quindi può rappresentare un efficace deterrente verso quanti animati da voglia di cambiare ciò che non ritengono giusto, rischiano di sconfinare in atteggiamenti violenti»;
l'idea di consigliare addirittura come strumento didattico il testo della citata brigatista appare all'interrogante assolutamente inaccettabile -:
quali iniziative il Ministro intenda promuovere nelle scuole per fornire un'adeguata conoscenza alle nuove generazioni della stagione degli anni di piombo, anche promuovendo incontri con i familiari delle vittime del terrorismo, cosa che appare all'interrogante decisamente preferibile al fine di favorire i giusti sentimenti di orrore e rifiuto nei confronti della cultura della violenza e del terrore.
(4-04891)

MARSILIO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'istituto comprensivo «Don Lorenzo Milani» di Cerveteri (Roma) si articola in sei diverse sedi e, con un'offerta formativa che va dalla scuola dell'infanzia alla scuola secondaria di primo grado, annovera oltre 700 alunni;
l'ampiezza del territorio servito rende questo istituto di notevole importanza almeno dal punto di vista funzionale e il gran numero di discenti amplifica, se possibile, le responsabilità in capo ai docenti e ai dirigenti dello stesso;
in una tale situazione, appaiono particolarmente gravi le tensioni nate all'interno dell'istituto tra dirigenti, corpo docente e famiglie degli alunni, tensioni che hanno portato a segnalazioni alla stampa e agli organi competenti di abusi, minacce e altre irregolarità;
nella maggior parte dei casi, protagonista di tali fatti è il dirigente scolastico, prof. Agresti, che, nella sua qualità di responsabile d'istituto, determina le scelte maggiormente significative per la vita dello stesso;
in particolare, il dirigente scolastico imporrebbe come obbligatorio l'insegnamento della lingua inglese nella scuola dell'infanzia, subordinando l'accettazione delle iscrizioni al versamento di euro 100 come contributo per tale insegnamento, pena il respingimento delle domande d'iscrizione o il depennamento di quanti già iscritti, con conseguente invito a rivolgersi ad altro istituto;
lo stesso dirigente scolastico avrebbe chiesto ed ottenuto dall'ufficio scolastico regionale il finanziamento previsto per l'istituzione, nell'anno scolastico 2008/2009, di una sezione primavera, sebbene con un orario differente e un numero di iscritti inferiore a quello previsto dalla legge, mascherando l'assenza dei requisiti, in occasione di una visita ispettiva degli organi incaricati, sanando poi la situazione, su richiesta del direttore dei servizi generali e amministratori, solo ad anno scolastico abbondantemente iniziato;
il prof. Agresti avrebbe decretato l'esonero totale dall'insegnamento, per tre anni scolastici consecutivi, della propria collaboratrice vicaria, pur in mancanza dei presupposti di legge, con grave danno ad avviso dell'interrogante per gli alunni della classe di scuola primaria assegnatale; al contempo, avrebbe avallato la firma della propria collaboratrice vicaria su documenti di valutazione degli alunni, nonostante la presunta assenza della stessa nelle ore di lezione;
il dirigente scolastico avrebbe utilizzato, nel plesso di Fontana Morella, ai fini dell'apertura di una scuola dell'infanzia e di un micronido privati, un immobile abusivo e privo delle necessarie certificazioni di idoneità, successivamente posto sotto sequestro dalla magistratura;
il prof. Agresti, sempre nella propria veste di responsabile di istituto, limitatamente al plesso di Valcanneto, uno dei sei di cui si compone l'istituto «Don Milani», avrebbe determinato l'accettazione delle iscrizioni a classi della scuola primaria solo a tempo potenziato, quando invece risulterebbero autorizzate anche classi a tempo normale, con evidenti disagi per le famiglie impossibilitate a scegliere la prima opzione;
l'attività del dirigente scolastico si caratterizzerebbe in definitiva per una serie di abusi, sia dal punto di vista amministrativo contabile che nella gestione del personale, così come dimostrerebbero anche diverse segnalazioni agli organi ministeriali competenti o esposti all'autorità giudiziaria;
a parere dell'interrogante un simile stato di cose mina il rapporto tra il dirigente scolastico e gran parte delle altre componenti dell'istituzione scolastica in quanto tale, nello specifico parte del corpo docente, il direttore dei servizi generali e amministrativi, diversi genitori, compromettendo

la serenità dell'ambiente scolastico, con grave pregiudizio per l'apprendimento degli alunni -:
se sia a conoscenza degli episodi citati in premessa e se non ritenga opportuno, nel limite delle proprie competenze, adottare iniziative nei confronti di chi mina alla base il corretto funzionamento dell'istituzione scolastica;
quali urgenti iniziative intenda adottare per ristabilire un clima di legalità e serenità all'interno dell'istituto Don Milani e per garantire il diritto delle famiglie ad un percorso formativo equilibrato, plurale e rispettoso della dignità di docenti e discenti.
(4-04929)

TESTO AGGIORNATO AL 15 LUGLIO 2010

...

LAVORO, SALUTE E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta orale:

GAROFALO, GERMANÀ e STAGNO D'ALCONTRES. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Sise - Siciliana Servizi Emergenza - società per azioni in house della Croce Rossa (socio unico), gestisce il servizio terra di emergenza-urgenza del 118 in Sicilia tramite convenzione con la Regione;
la Croce Rossa italiana, ai sensi dell'articolo 6 dello statuto della società, esercita nei confronti della Sise «poteri analoghi a quelli esercitati nei confronti delle unità operative dell'ente pubblico;
la Sise conta in totale circa 3300 dipendenti tra autisti-soccorritori ed amministrativi;
complessivamente sono operative oltre 250 ambulanze, distribuite per ragioni di carattere organizzativo-logistico sul territorio siciliano lungo i quattro bacini principali: Palermo, Catania, Messina e Caltanissetta;
in questi giorni sulla stampa locale si legge che c'è l'intenzione di spostare la direzione regionale della Sise, dalla città di Messina, per portarla nei comuni di Palermo e Catania;
spostare, ora, le direzioni vorrebbe dire creare disagi considerevoli anche ai dipendenti e agli operatori messinesi, circa un'ottantina, i quali hanno pianificato il proprio futuro anche in base all'ubicazione del posto di lavoro: matrimoni, acquisti di casa con mutuo, scelte di sedi scolastiche e universitarie per i figli e quant'altro;
si auspica un maggiore rispetto per i cittadini di Messina e della sua provincia, ormai esasperati da un'inaccettabile situazione di squilibrio gestionale che caratterizza le decisioni del Governo Regionale rispetto alle necessità dei messinesi;
se questa decisione diverrà effettiva, ogni lavoratore messinese si vedrà privato del godimento di quello che è un sacrosanto diritto, quello al lavoro, così come sancito dall'articolo 1 della Costituzione -:
quali siano le ragioni della decisione del Presidente della Sise di spostare la direzione regionale della società da Messina presso i summenzionati comuni, anche considerato che la manovra in questione non comporterà diminuzioni di spese da parte della Sise se manterrà in vita tanti posti quanti sono gli attuali dipendenti operanti su Messina;
se si sia tenuto conto che effettuare il trasferimento vorrebbe dire gravare di nuovi costi sul bilancio economico delle famiglie dei dipendenti, vittime di questa decisione, nonché degli effetti della stessa sull'efficacia e l'efficienza del Servizio sanitario nazionale.
(3-00750)

CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nonostante cresca tra la popolazione l'allarme per la diffusione ed l'aggravarsi della pandemia, la distribuzione dei vaccini

antinfluenzali alle regioni sta registrando ritardi, confusione sulle dosi da inviare alle singole regioni, stime approssimative e grossolani errori di calcolo;
alcune regioni lamentano l'invio tardivo rispetto ad altre regioni, mentre altre hanno segnalato un invio sovrabbondante di dosi (Piemonte) rispetto alle necessità;
secondo i dati del ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al 30 ottobre 2009, erano stati distribuiti alle regioni 1 milione 395.815 dosi di vaccino e si stima che entro la fine di novembre 2009 il numero salirà a circa 3,8 milioni;
le dosi previste erano tuttavia pari a 24 milioni, ma la Novartis, che le produce, non ha fornito informazioni rispetto ai tempi di consegna, anche perché il vaccino va somministrato in due dosi;
il rischio è che a causa dei ritardi l'influenza attraversi il Paese senza che la popolazione sia coperta dal vaccino, anche perché il vaccino diventa attivo dopo due settimane dalla somministrazione -:
quali siano i motivi che hanno determinato tali ritardi, errori e disorganizzazione nella fornitura dei vaccini alle regioni e se siano state individuate eventuali responsabilità di tale situazione che rischia di avere conseguenze drammatiche in capo ai soli cittadini.
(3-00751)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

ZAMPARUTTI, BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in Italia vi sono circa 65 mila detenuti;
secondo quanto riferito da Francesco Ceraudo, ex presidente dell'Associazione medici dell'amministrazione penitenziaria italiani (Amapi) e direttore del Dipartimento per la salute in carcere della regione Toscana, all'agenzia Adnkronos-salute del 29 ottobre 2009, si è appena conclusa «la vaccinazione stagionale a cui si è sottoposto il 60 per cento della popolazione carceraria» e «tra il 7 e l'8 novembre arriveranno negli istituti penitenziari le dosi di vaccino contro l'influenza A» che «serviranno a immunizzare circa la metà delle persone in carcere», lo stesso Ceraudo ha sottolineato che ad accettare il vaccino è in genere una percentuale non superiore al 60 per cento;
secondo l'ultimo censimento della Direzione generale per gli italiani all'estero e le politiche migratorie del Ministero degli affari esteri che si occupa degli italiani detenuti all'estero, i nostri connazionali attualmente rinchiusi in prigioni straniere ammontano a circa 3.000 unità;
il numero complessivo degli italiani detenuti nelle carceri europee, in base all'ultima stima effettuata nel 2008 ammonta a 2.253;
il totale degli italiani detenuti nelle carceri delle Americhe ammontano ad un totale di 424, la maggiore concentrazione dei quali è riscontrabile negli Stati Uniti, nelle cui prigioni sono rinchiusi 134 italiani, in Venezuela, che ne conta 48, ed in Brasile, che ne ospita 43;
per ciò che riguarda l'area asiatica e australe, il numero degli italiani detenuti all'estero cala vertiginosamente con un numero complessivo di 51 detenuti per l'intera area -:
quali iniziative stiano adottando per assicurare anche ai cittadini italiani detenuti all'estero il vaccino contro l'influenza A/H1N1, in particolare a partire da quelle aree e da quei Paesi che non prevedono forme di assistenza sanitaria di questo tipo.
(5-02042)

SIRAGUSA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella trattativa per l'acquisto di Alitalia da parte della Compagnia aerea italiana (CAI) il Governo è stato parte attiva,

in particolare riguardo alle richieste sindacali;
il 30 ottobre 2008 si è pervenuti all'accordo sui criteri di assunzione a tempo indeterminato sottoscritto tra CAI, le organizzazione sindacali e le associazioni professionali FILT-CGIL, FIT-CISL, UILTRASPORTI, UGL-TRASPORTI, SDL, ANPAC, UP, ANPAV e AVIA e sottoscritto anche dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri Gianni Letta;
in tale accordo sono stati definiti i criteri per le assunzioni a tempo indeterminato come segue: localizzazione; anzianità contrattuale; carichi familiari;
le assunzioni effettuate da Cai per quanto attiene gli ex dipendenti Alitalia dell'aeroporto di Palermo non corrispondono in più di un caso ai criteri sopraesposti, di cui si è fatto garante il Governo;
a Palermo in taluni casi non sono stati considerati i carichi familiari a parità di anzianità, in altri ancora i criteri non sono stati rispettati complessivamente;
a Palermo sarebbero almeno 9 i lavoratori ingiustamente penalizzati -:
se i Ministri siano ha conoscenza di quelle che ad avviso dell'interrogante costituiscono delle ingiustizie commesse nelle assunzioni da parte di Cai del personale ex Alitalia dell'aeroporto di Palermo;
se non intendano attivarsi al più presto per salvaguardare i diritti delle persone che pur avendo i requisiti previsti dall'accordo Governo-Cai-sindacati sono stati scavalcati da chi non possedeva tali requisiti.
(5-02043)

CODURELLI e GNECCHI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 14 giugno 2004 Livio Bonacina viene eletto sindaco del comune di Galbiate in provincia di Lecco e comunica al proprio datore di lavoro, presso il quale era stato assunto nel corso dell'anno 2000, di voler godere di una aspettativa non retribuita per tutta la durata dell'incarico pubblico e, a decorrere da tale data, gode del versamento della contribuzione previdenziale, assistenziale e assicurativa con oneri a carico del comune come previsto dalle normative vigenti decreto legislativo n. 276 del 2000 e circolare INPS 119 del 22 giugno 2000);
in data 8 giugno 2009 viene rieletto per il secondo mandato di sindaco presso lo stesso comune;
la retribuzione del lavoratore presso l'azienda era inferiore alla indennità per l'espletamento dell'incarico da sindaco;
nel corso dell'anno 2009 la suddetta azienda fallisce ed in data 30 giugno 2009 licenzia il Bonacina;
in data 1o luglio 2009 il lavoratore presenta all'INPS domanda di inserimento nelle liste di mobilità e chiede di poter godere della contribuzione figurativa;
a tutt'oggi la sede provinciale INPS di Lecco non è ancora stata in grado di confermare o negare il diritto all'accredito della contribuzione figurativa;
con messaggio dell'INPS n. 16920 del 28 gennaio 1999 si è previsto che in favore dei lavoratori che rivestono cariche pubbliche elettive o sindacali deve essere riconosciuta la possibilità di cumulare l'indennità di mobilità con l'indennità e/o i gettoni percepiti per l'espletamento degli incarichi in questione nei limiti stabiliti dall'articolo 9, comma 9, della legge n. 223/1991, e cioè «nei limiti necessari per garantire la percezione di un reddito complessivo pari alla retribuzione percepita al momento del collocamento in mobilità. Resta, comunque, fermo il diritto all'accredito della contribuzione figurativa conseguente all'indennità»;
essendo la retribuzione percepibile al momento del collocamento in mobilità inferiore alla indennità percepita per l'incarico da sindaco, il lavoratore non ha diritto né a tutta né a parte dell'indennità

di mobilità. Tuttavia, sarebbe da considerarsi illegittimo un diniego della contribuzione figurativa solo perché con reddito di «provenienza» più basso (non concedere la contribuzione figurativa in caso di indennità da sindaco superiore alla retribuzione di provenienza e viceversa concederla nel caso contrario comporterebbe una discriminazione in capo al sindaco con retribuzione di provenienza più bassa rispetto ad un collega nella stessa situazione ma con retribuzione di provenienza più alta e quindi con diritto all'integrazione della mobilità ed alla conseguente contribuzione figurativa);
del resto se ci si soffermasse sull'interpretazione letterale del messaggio INPS n. 16920 del 28 gennaio 1999, si noterebbe come debba considerarsi «comunque, fermo il diritto all'accredito della contribuzione figurativa conseguente all'indennità» senza però specificare quale indennità (se di mobilità o percepita per l'espletamento degli incarichi elettivi). Si ritiene che tale formulazione non debba essere intesa come una dimenticanza degli estensori ma piuttosto che gli stessi volessero stabilire l'accredito contributivo al sussistere anche della sola indennità per cariche elettive e/o sindacali. Diversamente avrebbero potuto semplicemente aggiungere «di mobilità», aggiunta che invece hanno puntualmente operato solo qualche riga più sopra a proposito dell'indennità ma non dopo a proposito della contribuzione figurativa;
negare la contribuzione figurativa costituirebbe l'introduzione di un ostacolo al fondamentale principio che la Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad espletare il mandato: se il sindaco si dimettesse dalla carica pubblica godrebbe della contribuzione figurativa;
il lavoratore e la sua azienda, nel corso degli anni, hanno versato aliquote contributive composte dallo 0,30 per cento per il diritto ai benefici della cosiddetta mobilità ed all'atto della messa in mobilità pagano il cosiddetto contributo d'ingresso. Da ciò consegue poi il diritto ai benefici della mobilità, ancorché mitigati dai suddetti vincoli di cumulo che però non dovrebbero incidere sulla contribuzione figurativa;
l'istituto della mobilità ha una duplice funzione: garantire un reddito per un determinato periodo ai lavoratori coinvolti e, per lo stesso periodo, garantire una copertura contributiva; non si capisce per quale ragione, in presenza di una garanzia (il reddito), l'INPS non dovrebbe comunque assicurare l'altra (la contribuzione): l'INPS dovrebbe cogliere con favore tali situazioni che comunque corrispondono ad un parziale risparmio per le proprie casse ed evitare, mantenendo una interpretazione difforme, di provocare 2 insperabili conseguenze: indurre l'amministratore locale ad abbandonare l'incarico pur di avere certezza contributiva e violare i principi della Repubblica -:
quali siano le ragioni per cui la sede provinciale INPS di Lecco non abbia ancora concesso o negato il diritto all'accredito della contribuzione figurativa, ponendo il sindaco in una preoccupante situazione di incertezza per il proprio futuro;
laddove emergesse che il titolare di carica di amministratore locale - qualora licenziato nel corso del mandato, o se al momento dell'assunzione della carica non è un lavoratore dipendente o autonomo - non abbia diritto alla contribuzione figurativa ai fini previdenziali e assicurativi, se non ritenga che si determini una situazione di ingiustificata discriminazione che può compromettere la condizione previdenziale di detti amministratori locali;
quali iniziative intenda adottare, anche di carattere normativo, al fine di risolvere la situazione evidenziata in premessa che certamente riguarda una consistente pluralità di casi analoghi.
(5-02050)

CODURELLI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Leuci Spa è un'azienda lombarda specializzata nella produzione e commercializzazione di lampade e di apparecchi di illuminazione di ogni genere;
la normativa europea, per favorire una riduzione delle emissioni di CO2 nell'atmosfera, ha previsto a partire dal 1o gennaio 2011 la messa al bando delle lampade ad incandescenza, in tutti gli stati della Comunità;
l'adeguamento a tale normativa comporterebbe, per l'azienda, l'adozione di politiche improntate all'innovazione tecnologica, se intenzionata a mantenere la produzione, che consentirebbe di continuare a produrre lampade ad incandescenza di qualità e di nicchia per il mercato extraeuropeo e di limitare la commercializzazione, quasi esclusiva, di prodotti d'importazione;
l'innovazione tecnologica e una serie politica di riconversione sia delle strutture esistenti sia del personale oggi a rischio licenziamento, potrebbero rappresentare prospettive di mercato interessanti, visto l'orientamento ormai planetario verso la cosiddetta «green economy» che in Germania ha creato circa 400.000 posti di lavori;
non essendoci stati accenni di investimenti o tentativi di differenziare o sviluppare la produzione industriale, l'8 ottobre 2009 la proprietà dell'azienda ha confermato l'intenzione già annunciata lo scorso 24 settembre 2009, di licenziare 100 degli attuali 130 dipendenti -:
quali azioni intenda intraprendere il Governo per far fronte all'ennesima emorragia di posti di lavoro in Italia, considerando l'alto potenziale occupazionale della green economy, come avviene negli altri Paesi europei;
quali interventi concreti intenda mettere in atto per favorire progetti di riconversione e potenziare l'intero settore, come richiesto da tempo dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali.
(5-02052)

CAZZOLA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la vicenda della vendita degli immobili degli Enti previdenziali pubblici ha avuto inizio con la legge 24 dicembre 1993 n. 537, in cui fu stabilito che gli enti previdenziali pubblici dovessero predisporre programmi di dismissione del patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, «in conformità alla normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica»;
il decreto legislativo del 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, ha previsto, all'articolo 15, comma 2, che con apposita circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale venissero stabiliti i criteri generali per la individuazione degli immobili di pregio al solo fine della definizione o dell'elevamento dei relativi canoni;
con l'adozione del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare, convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 410, gli immobili di pregio, individuati ai sensi del comma 13 dell'articolo 3, sono stati eccettuati, dal comma 8 dello stesso articolo, dalla applicazione della disciplina di favore prevista per la determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, offerte in opzione agli inquilini (conduttori) che acquistano in forma individuale, pari al prezzo di mercato delle medesime unità immobiliari diminuito del 30 per cento;
la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di trattamento

tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tutt'ora in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di pregio li differenzia dagli altri soltanto con riguardo agli specifici criteri da applicare ai fini dell'adeguamento del canone di locazione;
a distanza di tanti anni dall'avvio della dismissione dei patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle cosiddette case di pregio non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai una residuale parte di immobili, ritrasferiti agli enti ex-proprietari in base all'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14;
la legge 27 febbraio 2009, n. 14, all'articolo 43-bis, comma 12, ultimo paragrafo dispone «... Al fine di favorire la tutela del diritto all'abitazione ... ..., i soggetti originariamente proprietari promuovono la definizione del contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive o di bonario componimento che comportino l'immediato conseguimento di un apprezzabile risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato ed al presumibile costo di esso, nonché alla possibilità di effettiva riscossione del credito». Al successivo comma 13 sono individuate le norme per l'individuazione degli immobili di pregio su richiesta degli enti proprietari, facendo salvi i criteri di individuazione dei suddetti immobili previsti dal comma 13, dell'articolo 3, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e disciplinati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 31 luglio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002 -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e in considerazione delle condizioni attuali del mercato immobiliare, intenda valutare l'opportunità - anche in linea con il complessivo disposto dell'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ed in particolare del richiamato ultimo paragrafo del comma 12 del medesimo articolo - di adottare iniziative per la promozione di soluzioni transattive in riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici, anche al fine di sanare una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini essendo controversa la definizione di immobili di pregio ed essendo gli stessi connotati da un maggior grado di vetustà, al punto da rendere assolutamente discutibile e controversa la qualificazione «di pregio» e tenuto anche conto dei negativi riflessi determinati dai contenziosi giudiziari in atto nonché delle reali condizioni di manutenzione degli immobili.
(5-02055)

Interrogazioni a risposta scritta:

SIMONETTI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la protesta dei lavoratori della Raf Phonemedia ha ormai acquisito toni drammatici;
lo sciopero ad oltranza dei dipendenti biellesi di Phonemedia, che dal mese di agosto 2009 sono senza stipendio, sta trainando nella protesta anche le altre sedi del gruppo;
in Italia il gruppo Phonemedia, oggi passato ad Omega SpA, conta 7.000 dipendenti su 12 unità produttive, più una in Argentina; le sedi piemontesi sono ubicate ad Ivrea, Biella, Novara e Trino;
Biella, con i suoi 166 dipendenti, è uno fra i call-center più piccoli, e quindi più esposto ad eventuali rischi di chiusura;
qualora le preannunciate strategie di razionalizzazione del personale dovessero avere riscontro, le stesse rappresenterebbero una minaccia per il territorio biellese,

che perderebbe un'importante opportunità di impiego a favore di altre realtà commerciali;
il gruppo, nonostante la crisi in atto nel Paese, ha mantenuto importanti commesse da parte di diversi colossi aziendali che operano nel campo della telefonia, della comunicazione ed anche in ambienti biomedicali -:
quali iniziative intendano assumere i Ministri interrogati, per porre tempestivamente rimedio alla situazione descritta in premessa, a tutela dei dipendenti del gruppo Phonemedia di Biella.
(4-04826)

BELLOTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'interrogazione 4-03845, presentata nella passata legislatura l'interrogante chiedeva all'allora Ministro del lavoro e della previdenza sociale se intendesse intervenire in favore dei dipendenti dell'Iras di Rovigo, Istituto rodigino di assistenza sociale, che si trovavano in uno stato di agitazione per rivendicare il diritto a godere di ferie pregresse e di vedersi riconosciuto il pagamento di stipendi a loro dovuti che tuttavia non risultava nella possibilità dell'ente liquidare;
al tempo si rilevava come l'elevato turn over di personale a tempo determinato assunto a copertura di posti vacanti, le problematiche del personale infermieristico e degli operatori sociosanitari, la diminuzione del fondo incentivante la produttività passato da 500 euro circa nel 2005 ad personam a 45 euro circa, e l'utilizzo del part-time in modo improprio creavano, con un bilancio in deficit di circa 300 mila euro, una situazione insostenibile che avrebbe potuto avere serie ripercussioni sui diritti dei lavoratori e una possibile situazione critica che si sarebbe potuta ripercuotere sugli anziani ospitati nella struttura assistenziale;
tale situazione, anziché sanarsi, col tempo è divenuta più complessa con decisioni del Consiglio d'amministrazione dell'ente che sembrano poter aggravate le difficoltà dell'ente riscontrate allora con una possibile prossima riapertura dei problemi già segnalati;
l'Iras di Rovigo, struttura che dovrebbe occuparsi di prendersi cura degli anziani del capoluogo veneto, accogliendoli e ospitandoli a prezzi ragionevoli, subisce una gestione che da più parti viene criticata tanto per le proprie spese, quanto per la conseguente impossibilità di mantenere basse le rette, che si ripercuotono sui bilanci familiari;
ad aggravare la situazione vi sarebbe l'impossibilità della politica ad intervenire affinché con il rinnovo del Consiglio di amministrazione possa mettere mano a una rivisione l'attuale gestione dell'ente che, con una politica sui generis in materia di assunzioni, rischia di determinare situazioni potenzialmente problematiche;
infatti, secondo lo statuto dell'ente, si dovrebbe pervenire a un riesame circa la composizione del consiglio di amministrazione, che dovrebbe essere rinnovato dopo 5 anni;
secondo un articolo del quotidiano La Voce di Rovigo del 4 ottobre 2009, tuttavia, i 90 giorni per avviare la procedure «per la sostituzione del Consiglio d'amministrazione [...] sono scaduti» senza che queste risultino avviate, «nonostante la sollecitazione del sindaco Fausto Merchiori»;
il Presidente Pierantonio Moretto, secondo lo stesso articolo «potrebbe restare facendo leva sullo statuto, modificato dall'attuale Cda nel 2007 che ha già allungato di un anno, da quattro a cinque, la durata in carica dei cinque membri, come recita l'articolo 7»;
la ragione per cui si vorrebbe ulteriormente posporre il termine deriva da una particolare interpretazione dello statuto, dato che, secondo La Voce, «l'inghippo, o meglio, il grimaldello per rimanere

in carica» sarebbe «all'articolo 20, relativo alle norme transitorie e finali, ove si legge testualmente che dall'entrata in vigore del presente statuto il consiglio di amministrazione rimane in carica fino al compimento del periodo stabilito dall'articolo 7, comma 2», non considerando la decorrenza dei 5 anni dall'inizio del mandato, ma quella dall'approvazione dello statuto stesso;
si verrebbe pertanto a configurare il caso di un ente che conserva lo stesso consiglio d'amministrazione per più di 7 anni, prolungando di propria iniziativa il periodo di permanenza in carica;
nel contempo l'Iras decide, secondo l'articolo de La Voce, «di gettare ancora benzina sul fuoco, dopo le recenti polemiche legate ai concorsi per le assunzioni degli operatori socio sanitari nonostante le perplessità delle istituzioni, Sindaco, Presidente della Provincia, Prefetto che avevano chiesto il differimento del bando a gennaio per poter garantire la stabilizzazione del maggior numero possibile di precari», imponendo per di più un vincolo particolarmente impegnativo su quella che dovrà essere la prossima gestione;
queste decisioni, prese da un consiglio d'amministrazione che, seguendo il normale iter previsto dallo stesso statuto dovrebbe ritenersi decaduto, potrebbero portare a legittime proteste da parte del personale precario e aggraverebbero la situazione finanziaria dell'ente, che si troverebbe pertanto nella condizione di dover rivedere i servizi forniti con un possibile pregiudizio per gli anziani affidati alle sue cure;
l'impossibilità di imprimere un cambiamento di rotta renderebbe pertanto necessario una valutazione circa le misure che lo Stato, nelle materie di propria competenza, potrebbe adottate per evitate gravi disagi di tipo occupazionale o per garantire la tutela delle prestazioni assistenziali e sanitarie nei riguardi degli anziani ospiti della struttura -:
se sia, a conoscenza dei fatti esposti in premessa e quali misure di competenza si intenda mettere in atto per tutelare i diritti dei lavoratori nell'Iras di Rovigo, diritti che l'interrogante ritiene messi in pericolo dall'indisponibilità del consiglio di Amministrazione dello stesso ente di ritenere chiuso il suo mandato o di imprimere un cambiamento nella gestione delle dinamiche occupazionali e assistenziali dell'ente.
(4-04832)

CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la fondazione Enasarco, come risulta dalla relazione dell'ex commissario Pollastrini, dai bilanci tecnici e dalle lettere di denuncia pervenute ai Gruppi parlamentari da parte di migliaia di agenti di commercio, mostra un grave squilibrio finanziario che la pone in contrasto con i dettami della legge finanziaria per il 2007 ed evidenzia delle gravi distorsioni in ambito gestionale a partire dalla composizione del consiglio di amministrazione per finire ai criteri di assegnazione degli appartamenti, soprattutto di quelli più prestigiosi che anche la trasmissione Ballarò ha denunciato essere locati a prezzi risibili ed in modo che all'interrogante appare clientelare;
a differenza delle altre casse privatizzate, la Fondazione Enasarco negli ultimi anni ha già operato due riforme previdenziali pesantissime per gli agenti e rappresentanti di commercio, nel 1998 e 2004 (maggiori versamenti e minori prestazioni);
nonostante ciò, persistendo un fortissimo squilibrio finanziario, la Fondazione ha avviato un progetto di dismissione dell'intero patrimonio immobiliare (valore a libero circa 6 miliardi euro) prevedendo di investire in borsa o nei fondi immobiliari il ricavato della vendita, compresa una plusvalenza ipotizzata addirittura in un miliardo e mezzo di euro, con l'obiettivo di realizzare un rendimento del 5 per cento contro l'1 per cento scarso garantito dagli immobili;

al riguardo però non è dato conoscere con certezza l'effettivo rendimento del portafoglio mobiliare Enasarco, con particolare riferimento all'investimento di circa un miliardo e mezzo di euro in obbligazioni e bond strutturati di cui 780 milioni di euro nel fondo Anthracite delle Isole Cayman garantiti prima dalla Lehman e poi dalla Credit Suisse;
comunque la Fondazione, non essendo la dismissione degli immobili assolutamente sufficiente a sanare lo squilibrio finanziario per uniformare il bilancio alle previsioni legislative, appare intenzionata a bloccare al 3 per cento il tasso di rivalutazione del montante contributivo dei conti previdenziali degli agenti di commercio e a modificare l'indice di mortalità su parametri molto più sfavorevoli rispetto a quelli applicati dall'Inps per i propri pensionati;
dette misure - per inciso - andrebbero a dimezzare le già modeste pensioni (oggi neanche 400 euro medi mensili per la stragrande maggioranza dei pensionati) e non consentirebbero comunque di raggiungere l'auspicato ed obbligato traguardo della sostenibilità finanziaria trentennale;
ad oggi sono oltre 100.000 i soggetti che, pur avendo versato per più di 5 anni nelle casse dell'ente, ma non avendo raggiunto i requisiti minimi previsti per l'erogazione di una prestazione, cioè 20 anni di versamenti e 65 anni di età anagrafica se uomo o 60 se donna, si vedono negare il diritto alla conseguente prestazione da parte della Fondazione, contrariamente a quanto avviene nell'Inps e in altre casse;
l'Enasarco è l'unica Cassa dove gli amministratori non vengono eletti direttamente dalla base, nonostante la categoria lo abbia richiesto a gran voce a seguito degli spiacevoli fatti messi in luce dalle inchieste giudiziarie ed esposti nella relazione che l'ex commissario Pollastrini ha presentato al Parlamento e agli organi vigilanti al termine del proprio mandato -:
se la questione della previdenza complementare Enasarco - una vera anomalia nel panorama della previdenza integrativa caratterizzata di norma dalla volontarietà e dalla portabilità della contribuzione - sia seguita e monitorata dai Ministri interrogati e come, nel caso, intendano intervenire per garantire la necessaria trasparenza e correttezza dell'attività amministrativa della Fondazione anche nella vendita degli immobili e nella scelta della tipologia degli investimenti mobiliari, visto che molti di essi si sono rivelati ad alto rischio;
se non ritengano, vista la gravità della situazione e la natura obbligatoria dei sistemi pensionistici Enasarco ed Inps, ambedue caratterizzati dall'applicazione del sistema contributivo, procedere all'accorpamento dell'Enasarco all'Inps, con consistenti risparmi di spesa e grossi vantaggi e certezze per gli iscritti, per gli inquilini e per i dipendenti.
(4-04856)

LENZI e MOTTA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Sensibilità Chimica Multipla (MCS) è una patologia che si sviluppa in seguito ad un'esposizione acuta o cronica a sostanze tossiche (profumi, prodotti per l'igiene personale, detersivi, deodoranti ambientali, ammorbidenti, insetticidi, erbicidi, solventi, smog e fumi industriali, sgasamento delle materie plastiche, farmaci, eccetera) che producono una sensibilizzazione a più sostanze chimiche;
all'inizio i sintomi quali rinite, asma, dermatite, mal di testa, irregolarità cardiocircolatoria, disturbi digestivi, stanchezza cronica, dolori articolari e muscolari, disturbi uditivi e della vista, compaiono a seguito della esposizione e scompaiono evitando le stesse. Con il progredire della malattia i sintomi si cronicizzano con uno stato infiammatorio generale che produce un danno organico irreversibile (ictus, infarto, cancro, patologie

autoimmunitarie, Sclerosi Multipla, artrite reumatoide, Parkinson, eccetera);
l'ipotesi più accreditata della causa della MCS è una ridotta capacità di metabolizzazione delle sostanze xenobiotiche a causa di una carenza genetica o della rottura dei meccanismi enzimatici di metabolizzazione a seguito della esposizione tossica;
tra la fine del 2004 e l'inizio del 2005 tre regioni hanno riconosciuto la MCS come patologia rara: Toscana, Emilia Romagna, Abruzzo. Nel 2006 anche la regione Lazio ha compiuto questo riconoscimento, rinnovandolo nell'articolo 50 della legge finanziaria del 2007;
negli ultimi anni diversi malati con MCS di grave entità hanno ottenuto l'invalidità al 100 per cento, il riconoscimento della Legge 104 e, in un caso, anche l'accompagno. Molti altri hanno ottenuto dalla ASL, il rimborso delle cure all'estero per patologia residuale o la fornitura di ausili terapeutici come purificatori dell'aria, mascherine ai carboni, umidificatori dell'ossigeno in vetro dell'AEHF, eccetera;
è evidente che nei casi più gravi è impossibile per il malato utilizzare un normale mezzo di trasporto e mai i mezzi pubblici;
l'articolo 1 della legge 97 del 9 aprile 1986 recante «Disposizioni per l'assoggettamento all'imposta sul valore aggiunto con aliquota ridotta dei veicoli adattati ad invalidi» prevede l'aliquota IVA agevolata al 4 per cento per le cessioni o importazioni di veicoli adattati a soggetti invalidi a causa di ridotte o impedite capacità motorie permanenti;
alcuni malati hanno provveduto a allestire un veicolo speciale con materiali atossici e sistema di purificazione dell'aria, perché le automobili cosiddette «normali», a causa delle plastiche dei tessuti di origine petrolchimica, producono una grande quantità di composti organici volatili nocivi;
la Direzione Regionale del Lazio dell'Agenzia delle Entrate, rispondendo ad interpello in data 6 novembre 2008 n. prot. 954-159388/2008, ha rifiutato il riconoscimento delle agevolazioni, pur in presenza di certificazione Asl sia di invalidità che di parificazione della invalidità da MSC a permanente riduzione di capacità motoria -:
se non si debba intendere per ridotta mobilità l'impossibilità di adoperare mezzi di trasporto pubblici o privati non adeguatamente adattati alla specifica invalidità;
se non si debba intervenire nei confronti dell'Agenzia delle Entrate per una interpretazione più moderna e legata agli effettivi impedimenti alla mobilità.
(4-04858)

MARINELLO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica (SLA), conosciuta anche come «Morbo di Lou Gehrig», «malattia di Charcot» o «malattia dei motoneuroni», è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce, danneggiandoli, i motoneuroni, cioè le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale che permettono i movimenti della muscolatura volontaria;
la SLA è una malattia neurodegenerativa progressiva con un graduale peggioramento fino al coinvolgimento della muscolatura respiratoria e all'exitus;
in Italia, secondo i dati dell'associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica, si manifestano tre nuovi casi di SLA al giorno e si contano circa sei ammalati ogni 100.000 abitanti per un numero complessivo di circa 1.500 nuovi pazienti all'anno con SLA;
l'etiopatogenesi della malattia è ad oggi sconosciuta e non sono note terapie efficaci in grado di rallentarne in maniera significativa la progressione, mentre sono disponibili farmaci per ridurre i sintomi

della SLA ed ausili per migliorare l'autonomia personale, il movimento e la comunicazione ed è possibile intervenire per evitare la denutrizione e per aiutare il paziente a respirare;
la malattia degenerativa ha un forte impatto sulla famiglia del malato di SLA, non solo in termini affettivi, ma anche relazionali ed economici: il paziente affetto da SLA, infatti, ha bisogno di cure e assistenza assidue, in ogni ora del giorno e della notte, le quali sono delegate esclusivamente (o quasi) a coloro con i quali egli vive (genitori, figli, fratelli, coniuge);
i familiari delle persone affette da SLA, dunque, si trovano a vivere una realtà parallela ed incredibilmente dolorosa, quella legata alla presenza in casa di un malato grave, e con un carico di responsabilità enorme sulle spalle dal momento che sono frequenti i casi in cui essi devono prendere in casa decisioni che andrebbero maturate in ospedale e sotto il controllo di personale medico ed infermieristico;
la gravità di questo quadro è accentuata dalla dimensione «territoriale» della situazione appena descritta: secondo una indagine del Gruppo italiano per lo studio delle gravi cerebro lesioni acquisite e riabilitazione (GISCAR), nel nostro Paese i centri per l'assistenza e la riabilitazione delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica sono concentrati nelle aree del centro-nord (11 in Lombardia, 9 in Emilia-Romagna, 5 in Piemonte, 7 in Toscana, 5 in Umbria, 4 in Liguria, 2 nel Lazio, 1 in Abruzzo, 1 in Campania, 0 in Puglia, 1 in Calabria, 2 in Sicilia e 2 in Sardegna) mentre è localizzato in Lombardia il 50 per cento dei posti disponibili nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA);
in alcune realtà del meridione d'Italia, come quella della Sicilia ad esempio, la quantità di tempo che viene riservata all'assistenza domiciliare integrata (ADI) dei malati di SLA non è la stessa di quella che viene fornita alle persone nelle stesse condizioni che vivono a Roma, così come è documentato il divario di assistenza che viene fornita da un centro di riabilitazione di Ferrara, o in Emilia-Romagna, in genere, e quella che forniscono gli ospedali siciliani;
in alcune zone della Sicilia la condizione dei malati di sclerosi laterale amiotrofica e dei loro familiari è particolarmente drammatica; infatti, negli ultimi anni molte famiglie di disabili gravi e gravissimi si sono viste ridurre o addirittura annullare il servizio di assistenza domiciliare integrata il che ha significato negare la fisioterapia a malati che senza questo tipo di trattamenti vanno incontro ad inevitabili anchilosi e a retrazioni tendinee molto dolorose. A ciò si deve aggiungere, altresì, l'assenza nella provincia iblea di un centro di riabilitazione per gravi cerebrolesi e la lontananza da strutture simili, presenti in altre località della Sicilia ma assolutamente sottodimensionate rispetto alle necessità della popolazione;
la mancanza di strutture di supporto adeguate ai bisogni dei malati di SLA e dei loro familiari o l'esistenza di strutture tragicamente insufficienti significa negare ai cittadini di questa parte di Italia tutti i più elementari diritti costituzionalmente garantiti;
la razionalizzazione delle spese sanitarie è una battaglia che le tutte le regioni italiane devono assolutamente vincere, ma essa deve essere condotta con un minimo di intelligenza: infatti, tenere un traumatizzato grave ricoverato nel reparto di rianimazione di un ospedale costa mediamente 1500 euro al giorno mentre l'accoglienza dello stesso in una RSA opportunamente attrezzata o, meglio, in un centro di riabilitazione ha costi decisamente inferiori;
la riduzione dei disavanzi sanitari regionali non può ricadere sulle spalle dei cittadini ed, in particolare di quelli che vivono la dolorosa esperienza dell'assistenza ad un familiare malato grave e non autosufficiente;

è ormai assodato che sono le famiglie in questi casi a supplire alla carenza di assistenza da parte dello Stato e che sarebbe ora che questa «supplenza» ottenesse gli opportuni riconoscimenti, anche dal punto di vista legislativo: a questo proposito un segnale concreto di attenzione verso queste famiglie potrebbe arrivare dall'approvazione in tempi rapidi del progetto di legge, attualmente all'esame in sede referente presso l'XI Commissione Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati, recante disposizioni finalizzate al collocamento anticipato in quiescenza dei lavoratori che assistono familiari gravemente disabili -:
quali tempestive iniziative, anche normative, intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni dalla legislazione vigente, al fine di:
a) assicurare a tutti i cittadini che sono affetti da sclerosi laterale amiotrofica e alle loro famiglie - compresi quelli residenti nel meridione d'Italia, e in Sicilia in particolare - un accesso agevole e il più possibile vicino alla propria residenza alle cure e all'assistenza di cui necessitano, garantendo in tal modo la fruizione anche da parte dei cittadini siciliani dei livelli essenziali di assistenza nonché il rispetto del principio di uguaglianza costituzionalmente sancito;
b) favorire, mettendo a disposizione le adeguate risorse finanziarie, il prepensionamento dei lavoratori che assistono familiari disabili gravi;
c) promuovere l'estensione su tutto il territorio nazionale, e in particolare nel sud dell'Italia, di una rete integrata di servizi per malati gravi e gravissimi, che veda il potenziamento del servizio di Assistenza Domiciliare Integrata ai disabili, la creazione di Speciali Unità di Accoglienza Permanente (SUAP) dedicate a soggetti in stato vegetativo o di minima coscienza e la realizzazione di centri per la riabilitazione dei post comatosi.
(4-04868)

REGUZZONI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è stato presentato un Progetto di legge a prima firma onorevole Maurizio Bernardo (Atto Camera n. 1667) recante «Disposizioni in favore dei soggetti affetti da sensibilità chimica multipla (MCS)» che ha ottenuto ampio consenso e vasta adesione;
nella interessante relazione illustrativa si legge - tra l'altro - che «La sensibilità chimica multipla (MCS) è una sindrome organica complessa che comporta reazioni multiorgano in seguito all'esposizione a sostanze chimiche anche in percentuali minime (subtossiche) normalmente tollerate dalla popolazione generale. I fenomeni di ipersensibilità verso composti sintetici presenti nei prodotti d'uso comune sono studiati sistematicamente a partire dagli anni '50, ma solo nel 1999 i criteri diagnostici della MCS sono stati stilati da un consesso internazionale frutto di un'indagine multidisciplinare, condotta per dieci anni da 89 medici e ricercatori con vasta esperienza sul campo e con punti di vista molto diversi sulla MCS, che ha definito questa patologia come: uno stato cronico, con sintomi che ricorrono in maniera riproducibile in risposta a bassi livelli di esposizione a prodotti chimici multipli e non connessi tra loro, che migliorano o scompaiono quando gli elementi scatenanti sono rimossi e che coinvolge sistemi di organo multipli. Lo stesso consesso ha indicato come la MCS si presenti con vari livelli di gravità: alcuni soffrono solo occasionalmente, con sintomi lievi e con ipersensibilità olfattiva, e altri sono completamente disabili al punto di dover bonificare il proprio ambiente di vita e ridurre la propria vita sociale a incontri solo con persone adeguatamente decontaminate. I sintomi della MCS sono molto vari. I più frequenti sono: riunite, asma, mal di testa, stanchezza cronica, perdita della memoria a breve termine, dolori muscolari e articolari, problemi della pelle, digestivi e disfunzioni sensoriali. Senza l'adozione di adeguati controlli

ambientali e di opportune terapie di riduzione del carico tossico totale del corpo i sintomi tendono a cronicizzarsi e gli organi colpiti aumentano, con un rischio più elevato di sviluppare patologie legate a esposizione tossica (cancro, ischemie, patologie autoimmuni e, in particolare, lupus eritematoso sistemico, e altre). Le sostanze che scatenano le reazioni sono generalmente profumi, deodoranti personali e ambientali, detersivi e ammorbidenti, solventi, prodotti per l'edilizia, gomme e plastiche, conservanti e additivi alimentari, gas di scarico e combustibili, tessuti sintetici, emissioni industriali, pesticidi, insetticidi, erbicidi, mercurio liberato da trattamento non corretto di amalgami dentali, persino farmaci e molte altre. In Italia la MCS è riconosciuta come malattia rara dalle regioni Toscana, Emilia-Romagna, Lazio e Abruzzo ed è citata, come problema emergente, nelle «Linee-guida per la tutela e la promozione della salute negli ambienti confinati», di cui all'accordo 27 settembre 2001 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 276 del 27 novembre 2001. Negli Stati Uniti d'America la MCS è riconosciuta come malattia e invalidità dall'Americans with Disabilities Act (legge sulla disabilità), dal Dipartimento americano per lo sviluppo edilizio e urbanistico, dall'Agenzia per la protezione ambientale (EPA), da agenzie, commissioni, istituti e dipartimenti federali, statali e locali, da sentenze di corti federali e statali. In Canada la MCS è riconosciuta da agenzie federali e provinciali. Da diversi anni alcuni governatori statunitensi proclamano maggio mese per la consapevolezza della MCS (...) Statistiche effettuate negli Stati Uniti d'America indicano, inoltre, che il 15 per cento della popolazione americana soffre di una qualche sensibilità chimica e che l'1,5-3 per cento ha una forma di MCS grave. I malati italiani, che nel 2004 hanno raccolto 20.000 adesioni alla loro petizione per il riconoscimento della MCS, attualmente riscontrano enormi difficoltà nell'accedere ai servizi del Servizio sanitario nazionale sia perché mancano unità ambientali controllate, cioè ambulatori bonificati da contaminazioni chimiche, sia perché il personale sanitario non è preparato a trattare questa nuova malattia. Negli ultimi anni si è verificato un flusso continuo dei malati meno gravi all'estero per curarsi presso centri altamente specializzati, talvolta con il rimborso dell'azienda sanitaria locale competente in base alla legge sulle patologie residuali. In due casi, in provincia di Trapani e di Bari, sono stati chiamati dei medici tedeschi a trattare pazienti non in grado di viaggiare. L'assistenza sanitaria a questi malati non può più essere demandata alla buona volontà delle singole aziende sanitarie locali di informarsi e di capire la specificità di tale patologia, che troppo spesso è erroneamente confusa con un'allergia, anche se vi è una maggiore probabilità di sviluppare la MCS tra i pazienti allergici. Solo negli ultimi mesi la ricerca ha evidenziato l'esistenza di diversi genotipi metabolici, cioè sottopopolazioni capaci di disintossicarsi dalle sostanze chimiche in modo più o meno efficace, scoperta che suggerisce, di per sé, la necessità di un'adeguata attenzione sanitaria verso le fasce più deboli della popolazione.
Nel 2004 due studi (di cui uno dell'università di Toronto, finanziato dal Ministero della salute dell'Ontario e da «Genoma Canada») hanno dimostrato che i malati di MCS appartengono in prevalenza proprio a una categoria debole e che l'eziopatogenesi della MCS è legata a una predisposizione metabolica, attivata da agenti chimici ambientali.
Il fatto che solo nel giugno 2007 sia entrata in vigore la legislazione dell'Unione europea sulla registrazione, valutazione e autorizzazione delle sostanze chimiche (REACH) suggerisce, inoltre, che la MCS possa essere l'effetto di un'errata politica di gestione del rischio e rappresenti, perciò, un monito più generale sugli effetti acuti e cronici dell'esposizione all'inquinamento ambientale e domestico».

molte sostanze che scatenano la reazione allergenica in argomento sono contenute in prodotti tessili destinati all'abbigliamento o all'arredo casa, prodotti che quando sono di importazione non offrono alcuna garanzia circa i metodi di lavoro utilizzati e le sostanze adoperate nelle varie fasi di lavorazione -:
quale sia la reale dimensione della MCS nel nostro Paese;
se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di prevenire e limitare l'uso di sostanze scatenanti la sindrome da «sensibilità chimica multipla»;
se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di aumentare il controllo sui prodotti tessili di importazione anche specificatamente per ridurre i fattori chimici scatenanti la MCS.
(4-04869)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la regione Friuli Venezia-Giulia, dopo la Lombardia e la Toscana, è la terza regione in Italia ad essersi dotata di «un fondo finalizzato al sostegno a domicilio di persone in situazioni di bisogno assistenziale a elevatissima intensità»;
la giunta regionale ha approvato, definitivamente, il 27 agosto 2009 la relativa delibera: un fondo diretto a sostenere concretamente situazioni familiari disagiate con un figlio o un congiunto disabile molto grave che necessiti di un'assistenza integrata, ovvero multiprofessionale (dall'infermiere al fisioterapista) nell'arco delle 24 ore e sia assistito al proprio domicilio;
ci si riferisce, per fare degli esempi, a pazienti affetti da cerebrolesioni gravi di origine traumatica, da tetraplegia o da sclerosi laterale amiotrofica;
il regolamento regionale prevede che le aziende per i servizi sanitari in collaborazione con gli ambiti distrettuali segnalino alla regione entro il 30 marzo di ciascun anno i nominativi delle persone affette dalle patologie individuate nel regolamento stesso;
sono stati anche individuati i criteri di priorità per beneficiare delle risorse previste da questo specifico fondo regionale che si basano su tre fasce d'età (0-25 anni; 25-60 anni; più di 60 anni) nonché quelli relativi all'utilizzo, da parte del paziente interessato, di strumenti e ausili per la ventilazione e la comunicazione;
il regolamento prevede una soglia di ammissibilità Isee del nucleo familiare di 60 mila euro e la misura annua del contributo è stabilita ed aggiornata dalla Giunta all'interno della fascia di 9 mila e 13.800 euro annui, in base alle risorse disponibili;
la regione Friuli Venezia-Giulia, istituendo questo specifico fondo, ha inteso dare una risposta assistenziale domiciliare concreta a tutte quelle famiglie che si trovano nella situazione di bisogni cosiddetti «complessi»;
ad avviso degli interroganti quello della regione Friuli Venezia-Giulia costituisce un esempio concreto di aiuto per famiglie che sono messe a dura prova dal punto di vista affettivo, organizzativo ed economico, e spesso lasciate sole a organizzare l'assistenza ai propri cari;
quanto predisposto dalla regione Friuli Venezia-Giulia potrebbe costituire un esempio anche per altre regioni che finora non hanno ancora predisposto progetti per la realizzazione di «fondi finalizzati al sostegno a domicilio di persone in situazioni di bisogno assistenziale a elevatissima intensità» -:
se non ritenga di assumere ogni possibile iniziativa di competenza al fine di favorire la diffusione di strumenti come quelli già predisposti dalle regioni Lombardia, Toscana e Friuli Venezia-Giulia.
(4-04871)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Sole 24 Ore ha riferito che «le aziende soggette al collocamento obbligatorio possono assumere lavoratori diversamente abili a tempo indeterminato, anche in assenza di convenzione, sempre che l'apposizione del termine sia conforme alle disposizioni del decreto legislativo 368/01. S'è però il rapporto di lavoro ha una durata non superiore a nove mesi, non è utile a coprire le quote di riserva. Con la risposta all'interpello 66/09, il Ministero del lavoro ha così replicato a un quesito posto dal Consiglio nazionale dei consulenti del lavoro. Il parere del Ministero si fonda sull'esame sistematico della disposizione che regolamenta il collocamento obbligatorio (legge 68/99). La norma - argomenta il Ministero - pone in luce l'esigenza di inserire nel mondo del lavoro, il soggetto diversamente abile. Per questo motivo, non deve costituire un impedimento all'assunzione -:
quali iniziative si siano adottate, promosse e sollecita, e quali iniziative si intendano adottare, promuovere e adottare per garantire che siano semplificate e conosciute nel modo più capillare e completo le procedure per l'assunzione dei disabili.
(4-04873)

LO MONTE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si sta perpetrando una situazione di anomalia e di sperequazione sussistente a carico di un congruo numero di ex lavoratori del settore postelegrafonico;
la carenza di tutela riguarda quei lavoratori cessati dal servizio nell'arco di tempo che va dal 1o gennaio 1994 fino al 1o ottobre 1995, a cui, non sono stati estesi i benefici previsti dal contratto collettivo nazionale di lavoro per il settore dei postelegrafonici stipulato il 26 novembre 1994;
l'articolo 65 di tale contratto ha, infatti, disatteso il principio della vigenza contrattuale in base al quale gli aumenti contrattuali corrisposti frazionatamente nell'arco del periodo di vigenza contrattuale devono essere attribuiti sul trattamento di quiescenza anche a coloro che siano cessati dal servizio anteriormente alla data di effettiva corresponsione dei benefici stessi, purché in servizio all'inizio dello stesso periodo di vigenza del contratto stesso;
si tenga presente, peraltro, che tale principio è stato affermato nella sentenza della Corte dei conti del 28 settembre 1994 avente ad oggetto l'interpretazione dell'articolo 43 del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092;
risulta quindi del tutto evidente un inspiegabile trattamento in pejus di questi lavoratori, anche in considerazione del fatto che per il periodo successivo (biennio 1996-1997) il suddetto principio della vigenza contrattuale ha trovato piena applicazione;
la questione nel corso degli anni ha dato luogo a vertenze sul piano giudiziario, sia in sede amministrativa che ordinaria, ma a tutt'oggi non ha ancora trovato adeguata soluzione sul piano legislativo, nonostante sia stata portata, anche all'attenzione del Parlamento -:
se i Ministri interrogati intendano assumere iniziative di carattere normativo tese a procedere al ricalcolo del trattamento pensionistico, ricomprendente sia la buonuscita che la pensione, che tenga conto degli incrementi retributivi concessi successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro e nell'ambito del periodo di vigenza del contratto così da ristabilire indispensabili condizioni di equità nei confronti di questi lavoratori, essendo doveroso riconoscere quanto loro dovuto di diritto.
(4-04886)

FARINA COSCIONI, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Per sapere - premesso che:
Il Giorno edizione di Pavia riporta la denuncia sfogo del presidente dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC) di Pavia Antonio Valdi: «Arrivi, ti sottopongono tre domande e ti sospendono l'erogazione dell'indennità di accompagnamento, senza neanche darti una spiegazione o fornirti un verbale perché tu possa fare ricorso»;
in particolare, il dottor Valdi riferisce di alcuni dei 4mila associati all'ANMIC di Pavia «richiamati dalla commissione per la revisione relativa all'erogazione delle indennità tornare a casa con le pive nel sacco... Coloro che sono stati chiamati per le prime visite si sono ritrovati immediatamente con l'indennità bloccata, Ma quei soldi servono a persone che non sono in grado di compiere gli atti della vita quotidiana. Con quel denaro pagano le badanti che li seguono o la retta della casa di riposo. Alcuni mesi senza percepirli vuol dire andare in difficoltà... Certamente in seguito verrà fornito un verbale della visita, ma tra quanto tempo? I ricorsi possono essere presentati entro certi limiti, saranno rispettati? E poi perché procedere ad una sospensione d'ufficio? In provincia sono 15mila gli invalidi, che sono stati prima valutati da una commissione composta dai medici dell'Azienda sanitaria locale e poi da una dell'INPS incaricata dell'erogazione delle indennità. Rispetto alle altre province lombarde il dato è leggermente superiore, ma nel numero rientrano tutti i tipi di disabilità, fisica e psichica, e i superstiti degli incidenti stradali. Quando si presentano alla revisione non vengono neppure prese in esame le patologie che gli invalidi accusano. I commissari non guardano la documentazione clinica che viene presentata, pongono tre domande a bruciapelo e sospendono l'indennità senza neanche analizzare le motivazioni che hanno portato all'erogazione. Perché non possiamo dimenticarci che altri medici dell'ASL hanno deciso di concederla e io avranno fatto su basi concrete. Sono tutti miracolati i pavesi? Possibile che a cento metri di distanza i medici dell'INPS e della ASL non si parlino?»;
partendo da questo presupposto, il dottor Valdi sottolinea come l'azienda sanitaria si dovrebbe preoccupare per quanto sta accadendo e che i criteri da seguire dovrebbero essere uguali per tutti; rileva come all'invalidità siano legati altri benefìci dei quali fruiscono anche i figli dei disabili, domandandosi che fine faranno; pone l'accento su «persone che fino a qualche tempo fa potevano beneficiare di uno Stato con conquiste che ci portavano ai massimi livelli in Europa e che adesso rischiamo di perdere per un decreto, quello cosiddetto anticrisi firmato dal Ministro Renato Brunetta; lo stesso Valdi si chiede: «la crisi la debbono pagare gli invalidi?»;
ad avviso degli interroganti non è normale e comunque accettabile che, come sostiene il dottor Valdi, «arrivi, ti sottopongono a tre domande e ti sospendono l'erogazione dell'indennità di accompagnamento senza darti una spiegazione o fornirti un verbale perché tu possa presentare un ricorso» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto esposto in premessa, quale sia la procedura seguita per la verifica della sussistenza dei requisiti per l'erogazione dell'indennità di accompagnamento e se tale procedura preveda domande standardizzate da rivolgere ai cittadini interessati;
se siano state definite forme di coordinamento tra le aziende sanitarie locali e l'Inps volte ad assicurare una maggiore efficienza e razionalità delle procedure di concessione, verifica e revoca dei benefici di cui in premessa.
(4-04904)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
a Messina il 2 novembre 2009 si è consumata una incredibile tragedia: Mirko, un bambino romeno di 4 anni, è morto dopo essere stato investito;
quello che lascia sconcertati è la «via crucis» che il piccolo ha dovuto affrontare, visto che ben 3 ospedali hanno rifiutato di ricoverarlo perché non avevano posto. Dall'unità operativa del «Piemonte», dove il bimbo è stato trasportato in un primo momento, fanno sapere che «già da tre giorni avevano il reparto pieno e non potevano ospitare il bambino». Lo stesso ribadiscono dal Policlinico e dal Papardo i medici di rianimazione. Al Policlinico erano occupati tutti e tredici i posti, mentre al Papardo i medici di guardia affermano che «erano occupati tutti gli otto posti della Rianimazione previsti e che lo sono tutt'ora»;
il bimbo in una corsa contro il tempo è trasferito dal Papardo con l'elisoccorso al Cannizzaro di Catania. Ma il piccolo muore prima di arrivare in ospedale -:
di quali ulteriori informazioni disponga il Ministro interrogato in ordine a quanto riportato in premessa e, in particolare, se la razionalizzazione delle spese connessa all'attuazione del piano di rientro dai disavanzi sanitari della regione Sicilia, abbia determinato una contrazione dei posti letto nei reparti di rianimazione delle sopra citate strutture ospedaliere, e quali iniziative di competenza si intendano assumere al riguardo.
(4-04905)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il quotidiano Il Piccolo ha pubblicato un articolo nel quale si riferisce della richiesta avanzata dall'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili (ANMIC) di Gorizia, che interviene sulla delicata questione delle barriere architettoniche in città e delle pessime condizioni di strade e marciapiedi nel centro della città;
già il 15 luglio 2009 i rappresentanti dell'associazione hanno avuto un incontro con il sindaco Romoli, al quale hanno strappato la promessa di intervenire quanto prima, per rendere pienamente accessibile a disabili e anziani il centro di Gorizia;
sostengono i rappresentanti dell'associazione Roberto Trovò ed Eleonora Oddo, «il sindaco ha dimostrato tutto il suo premuroso coinvolgimento personale, ma ora attendiamo di essere nuovamente ascoltati e consultati, perché alle belle parole vogliamo seguano fatti concreti, e non solo dispendio di tempo con promesse che troppe amministrazioni comunali hanno fino ad oggi fatto e mai concretizzato»;
secondo l'ANMIC, le cose funzionano diversamente in realtà differenti da quelle di Gorizia: senza voler guardare alla Slovenia, dove l'attenzione per l'abbattimento delle barriere architettoniche è di gran lunga superiore, il dottor Trovò sostiene che si può fare l'esempio del vicino comune di Mossa, «che dopo un incontro con noi si è subito adoperato per adeguare alcune rampe d'accesso a edifici e marciapiedi con i restanti lavori che abbiamo concordato che verranno effettuati entro l'anno. Noi non vogliamo certo paragonare Mossa con Gorizia, che ha dimensioni e complessità decisamente più importanti, però chiediamo al sindaco Romoli di comunicarci qual è il piano di interventi che il Comune intende svolgere, con la relativa tempistica»;
al di là degli interventi da effettuare nell'immediato, secondo l'ANMIC è necessario organizzarsi in modo da attuare una manutenzione ordinaria su montacarichi, pedane, scivoli, strade, marciapiedi, in modo da non trovarsi poi nella condizione di dover investire cifre imponenti dopo

anni di trascuratezze. «Siamo convinti - afferma l'ANMIC - che lavorando in sinergia, e nell'interesse di tutti i portatori di disabilità si possono raggiungere risultati concreti. Ne è un esempio a Gorizia l'attivazione della linea 1 di trasporto urbano completamente accessibile ai disabili -:
quali iniziative il Governo intenda assumere, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle prerogative delle autonomie locali, per sostenere le buone ragioni espresse dai rappresentanti regionali dell'ANMIC e per garantire un concreto superamento delle barriere architettoniche a Gorizia e nell'interno territorio nazionale.
(4-04906)

JANNONE. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la questione riguardante le cellule staminali è molto complessa, dato che è opinione diffusa che tali entità possano servire per la cura di qualsiasi malattia, mentre nella realtà dei fatti questo non accade. Tuttavia non bisogna negare che in alcuni casi le staminali sono già una realtà; infatti solo in Italia si eseguono più di 4.000 trapianti all'anno di midollo osseo, cioè un trapianto di cellule staminali del sangue, per curare soprattutto i tumori del sangue. Negli ultimi 20 anni le staminali della pelle e dell'occhio hanno curato migliaia di gravi ustionati in tutto il mondo così come centinaia di persone con problemi di vista causati da danni alla cornea;
negli ultimi anni, si sono moltiplicati i dibattiti riguardanti l'uso di staminali adulte od embrionali, anche se, ad oggi, non è possibile ancora affermare con certezza quale sia la tipologia di cellula staminali per eccellenza, cioè adatta alla cura di qualsiasi tipo di malattia. Non si posseggono dati scientifici solidi per sostenere che le cellule embrionali non funzionano, ma d'altro canto, neanche dati che affermino il contrario. Alcune staminali adulte funzionano, anche se il loro funzionamento può essere parziale e/o transiente. Ignota è la via di somministrazione ottimale delle staminali: in malattie ben localizzate si può pensare ad una somministrazione direttamente nel luogo interessato, ma la situazione si complica nei casi di malattie che coinvolgono un organo intero come, per esempio, il cervello;
la domanda sul funzionamento delle staminali una volta iniettate e, soprattutto, sulla loro possibilità di ricostruzione di un intero organo, o parti di esso, è ancora senza risposta chiara ed esauriente. In alcuni casi, queste cellule sembrano addirittura più efficaci nel prevenire il danno, più che nel ripararlo, perché non sono così efficienti nel sostituire cellule danneggiate, come si pensava fino a qualche anno fa. È quindi probabile che in un futuro prossimo si useranno staminali diverse per le diverse malattie, o diversi tipi di staminali per la stessa malattia, scelte per esempio in base alla gravità della malattia da curare;
tutte le variabili sopracitate rendono giustizia della complessità dell'argomento e della necessità di affrontarlo con rigore e trasparenza. Quando si verificano così tante variabili in gioco, mettere a punto una nuova terapia richiede tempo, soprattutto perché occorre necessariamente ridurre i rischi evitando che i malati diventino vittime inconsapevoli di sperimentazioni incontrollate. Il fiorire di «centri specializzati» in tutto il mondo, che propagano terapie a base di staminali e che sono meta di «viaggi della speranza», va in senso contrario a questa esigenza di rigore, trasparenza e controllabilità dei risultati ed allontana la comunità scientifica sempre di più dal traguardo sperato. In questi centri, infatti, non vengono sempre svolti i dovuti controlli di qualità e spesso si volge lo sguardo più verso il profitto che la salute. Un esempio su tutti, balzato alle cronache nelle scorse settimane, è il caso di un ragazzo israeliano affetto da una grave malattia del sistema immunitario che si è sottoposto in Russia, dagli inizi degli anni 2000, a molteplici

trattamenti a base di «presunte» cellule staminali. Tali trattamenti, privi di solide basi scientifiche, non solo non hanno migliorato la malattia di base ma si sono rivelati addirittura disastrosi. Infatti, dopo 4 anni dal primo trapianto, questo sfortunato ragazzo ha sviluppato multipli tumori al cervello ed al midollo spinale originatisi dalle staminali che gli erano state iniettate;
in base a quanto emerso occorre attuare un atteggiamento di cautela ragionata, di precauzione obbligata, che è necessario in questa fase di studio delle potenzialità delle cellule staminali, in un'ottica di pieno rispetto della tutela dei malati. Essa è sancita dalla Costituzione Italiana e non può prescindere da una sperimentazione scientificamente corretta, trasparente, condivisa e controllabile, scevra da logiche di mercato ed interessi economici. In condizioni di disagio sia fisico che psichico il confine tra scienza e coscienza spesso diventa labile ed è per questo che il rigore e la ragione devono avere il sopravvento sull'ideologia estremizzata -:
se siano al vaglio del Ministro studi che attestino l'efficacia di cure alla cui base si trova l'utilizzo di cellule staminali, e che non prescindano da regole bioetiche che dovrebbero accompagnare l'attività di qualsiasi ricercatore o centro di sperimentazione;
quali misure il Ministro intenda adottare per creare un codice etico e di trasparenza da seguire durante la ricerca e la sperimentazione di cure tramite l'uso di cellule staminali.
(4-04910)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - AI Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il signor Renato Ingenito, ricoverato nel reparto di malattie infettive nell'ospedale San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona di Salerno scomparso da settimane, è stato trovato morto; il corpo in avanzato stato di decomposizione era in un cunicolo allagato sottostante un deposito del reparto di medicina nucleare del sopra citato ospedale -:
come sia stato possibile che per tanto tempo il corpo del signor Ingenito sia rimasto abbandonato - al punto che quando è stato trovato, era in avanzato stato di decomposizione - senza che nessuno si sia accorto di quanto accadeva;
quali iniziative si intendano promuovere o adottare per accertare l'accaduto.
(4-04921)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il dottor Salvatore Usala, dell'AISLA Sardegna, è autore di una lettera aperta a personalità di Governo e istituzioni, compreso il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in cui si ricorda che migliaia di cittadini italiani sono colpiti da una malattia, la sclerosi laterale amiotrofica, «un dramma che investe la famiglia intera, ci sentiamo soli, abbandonati da amministratori e istituzioni»;
«Voi», si legge nella lettera, «ci dite di pazientare ma non capite che nel contempo tanti muoiono perché non vogliono pesare sui loro cari e rifiutano la tracheotomia, altri muoiono perché non hanno un minimo di assistenza, altri perché sono totalmente disinformati e nessuno ha detto loro cosa fare e quando, altri ancora sono ammassati in lager RSA e vivono come animali in gabbia; di queste morti, di questi trattamenti voi siete corresponsabili, non fatte nulla, state silenti sulla riva del fiume indifferenti al passaggio dei cadaveri. Uno strumento legislativo, i LEA e relativo nomenclatore tariffario, giace da un anno e mezzo in conferenza Stato regioni e ancora non c'è traccia di un accordo, siete indifferenti alla morte ed ai drammi, ci si deve vergognare che in uno

stato che è la settima potenza mondiale ci siano trattamenti da terzo mondo. Vi ricordiamo che recentemente il famoso caso Eluana ha diviso il Paese ed il governo voleva in pochi giorni legiferare al fine di salvare una vita, noi non entriamo nel merito del dibattito, diciamo semplicemente che le nostre capacità cognitive, i nostri sentimenti, le nostre sensazioni sono intatte, vogliamo una vita decorosa per noi e i nostri cari»;
nella citata lettera, si afferma: «Noi faremo una proposta dettagliata di ciò che vogliamo subito senza se e senza ma, con un provvedimento urgente paragonato ad una calamità naturale perché di questo si tratta. Vi diciamo che in caso di diniego non occuperemo strade e aeroporti perché siamo pochi e gravemente disabili, ma faremo una capillare campagna di sensibilizzazione ed informazione verso i mass media locali e nazionali, stabiliremmo una data precisa e proclameremo lo sciopero della fame ed in seguito anche della sete, ci vedrete liberamente scegliere di morire e voi sarete i mandanti di un omicidio premeditato, potreste intervenire con alimentazione ed idratazione coatta ma sarete politicamente perdenti. Questa lotta che attueremo non vuole essere una minaccia, è una certezza»;
in particolare si rivendica:
«1) vogliamo un'assistenza media di 12 ore al giorno (può variare da 2 a 24 ore secondo la gravità stabilita dal UVM) con presenza di assistenti famigliari che andranno adeguatamente formati in itinere, il costo reale complessivo si aggira 10,00 euro ad ora onnicomprensivo di contributi, TFR, tredicesima e ferie, corrispondono a 120,00 euro die e 43.800,00 euro annui;
2) ci dovrà essere un presidio continuo delle unità di rianimazione o di comprovata esperienza che dovranno fornire accessi di verifica e controllo proporzionati all'engravescenza della malattia;
3) serve inoltre un medico che abbia un quadro complessivo di noi, che ci segua e che coordini tutti gli interventi, senza lasciare al caso o peggio alla famiglia l'onere di decidere cosa fare;
4) servono inoltre, fisioterapia giornaliera per almeno 5 giorni la settimana, tutti i materiali di consumo e i farmaci del piano terapeutico, tutti i nutrimenti via PEG, il tutto fornito a domicilio. Cambio cannula e PEG, prelievi e visite specialistiche a domicilio;
5) fornitura del comunicatore oculare diretto ed immediato come un normale ausilio;
6) serve anche un controllo in telemedicina per prevenire eventuali complicanze a cui noi malati andiamo inevitabilmente incontro, con grande risparmio del SSN. Servono dei percorsi protetti di ammissione e dimissione dagli ospedali che evitino inutili parcheggi presso reparti inadeguati o addirittura nei reparti di pronto soccorso. Queste sono le priorità che consentono alla famiglia di avere persone qualificate e fisse ed alle amministrazioni di risparmiare sui costi infermieristici che sono tre volte superiori all'assistente. I contributi verranno erogati dai comuni con anticipo e le famiglie forniranno le pezze giustificative delle spese, le pratiche contabili e burocratiche verranno attuate presso i CAF con apposita convenzione» -:
quali siano le iniziative che il Ministro intenda promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto scritto e denunciato dal dottor Usala e, specificamente, come il Ministero intenda corrispondere in relazione alle rivendicazioni contenute nei cinque punti contenuti nella lettera del dottor Usala.
(4-04922)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono ampiamente le cronache di giornali ed emittenti radio-televisive

il 6 novembre 2009 i signori Salvatore Usala di Monserrato (Cagliari), Giorgio Pinna, di Siliqua (Cagliari) e Mauro Serra di Quartucciu (Cagliari), malati di sclerosi laterale amiotrofica, hanno iniziato uno sciopero della fame per rivendicare un'adeguata assistenza alle loro condizioni;
il signor Usata, aveva preannunciato due giorni fa la protesta ad oltranza con una lettera aperta al viceministro della Salute Ferruccio Fazio, pubblicata sul sito dell'associazione «Viva la vita»;
il signor Usala nella citata lettera aperta, scrive: «Le ho mandato una lettera aperta, un video di denuncia dove annunciavo lo sciopero della fame: ho aspettato una settimana per attendere la risposta della Consulta delle malattie neuromuscolari, ho replicato e le ho trasmesso tutto. Se ha tetto avrà notato l'inconsistenza delle proposte e l'intollerabile lentezza. Sono nove mesi che lavorano e non hanno partorito niente di nuovo, se non vecchie linee guida in vigore in diverse regioni... Mi permetto di interpretare le esigenze di tutti i malati, familiari, operatori che stanno facendo una guerra impari... Mi permetto di farle notare che quest'anno sono morti tanti malati per abbandono e soprattutto perché, non avendo assistenza, non hanno fatto la tracheotomia. Questi morti sono di gran lunga superiori al bilancio finale dell'influenza suina che tanto spaventa gli italiani e lei in particolare»;
il signor Usata giustamente sottolinea di aver diritto ad una risposta: «Lei ci deve dedicare dieci minuti, faccia studiare i documenti dai suoi tecnici. Io con i miei compagni faremo lo sciopero della fame. Spero che nessuno si faccia male per colpa del suo assordante silenzio»;
la Sardegna è una delle regioni con la più alta incidenza di sclerosi laterale amiotrofica, e che sono oltre un centinaio i pazienti che in quella regione sono affetti di Sla;
al momento non esistono dati completi sulla distribuzione geografica della patologia, ma di sicuro una delle maggiori incidenze rispetto alla popolazione si registra nella provincia del Medio Campidano, con 15 casi su 70mila abitanti, un dato spropositato se si considera che nella vasta area di Cagliari, su 600mila residenti i casi di Sla sono circa 20, che nell'ultimo decennio nell'isola l'incidenza della Sla è raddoppiata e ha raggiunto lo 0,68 per centomila abitanti -:
a)come si intenda corrispondere alle legittime e condivisibili affermazioni e rivendicazioni dei signori Usala, Pinna e Serra;
b) se sia a conoscenza di quanto elaborato dalla Consulta delle malattie neuromuscolari, definite non senza fondamento inconsistenti e comunque redatte con incredibile e ingiustificabile lentezza, e quali iniziative si intendano promuovere, adottare, sollecitare a fronte di una simile manifestazione che l'interrogante considera frutto di indifferenza e inefficienza, dal momento che si tratta di vecchie linee guida già in vigore in diverse regioni, e che comunque hanno richiesto ben nove mesi di attività;
c) se sia vero che la regione Sardegna sia una delle regioni con la più alta incidenza di malati di sla;
se sia vero che non esistano dati completi sulla distribuzione geografica della patologia, quali siano le ragioni per cui questo censimento non è ancora stato effettuato, che cosa si attenda per realizzarlo;
quanti siano i malati di Sla che in Sardegna sono deceduti nel 2008 e nel 2009;
d) che tipo di assistenza beneficiasse ogni paziente deceduto in Sardegna nel 2008 e nel 2009;
se sia noto quanti pazienti deceduti in Sardegna nel 2008 e nel 2009 non abbiano effettuato la tracheotomia, se questa fosse stata richiesta, e per quale ragione non sia stata effettuata.
(4-04925)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

CATANOSO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il 27 dicembre del 2000 veniva indetto un concorso per operatori del Corpo forestale dello Stato;
con decreto del Capo del Corpo, in data 28 novembre 2008, si è deciso di fare scorrere la graduatoria degli idonei per la nomina di altri 188 allievi operatori del Corpo forestale. La validità delle indicate graduatorie è stata prorogata, con l'articolo 4 del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 14 del 2009, fino al 31 dicembre 2009;
alla chiamata dei nominati allievi operatori forestali, per il giorno 15 dicembre 2008, non hanno risposto circa 40 persone. Pertanto, la graduatoria è stata fatta scorrere nuovamente, per coprire i posti vacanti, con convocazione degli ulteriori idonei, per il giorno 22 dicembre 2008. Alle 40 persone che non si sono presentate bisogna aggiungerne altre 22 che non hanno accettato dopo detta convocazione;
a questo punto, l'Amministrazione non ha fatto più scorrere le graduatorie degli idonei, con mancata copertura di tutti i 188 posti. La stessa Amministrazione aveva confermato alle organizzazioni sindacali le modalità di ripartizione nei vari profili professionali, specificando che sarebbe stata fatta scorrere la graduatoria del medesimo profilo, ove si fossero verificate defezioni o rinunce. L'unica eccezione avrebbe riguardato il profilo amministrativo, che non aveva ulteriori idonei, nel qual caso sarebbe stata scorsa la graduatoria del profilo forestale;
la graduatoria degli operatori forestali si è fermata al nominativo n. 121, anche se la stessa, per le mancate risposte alle convocazioni, doveva scorrere, essendo esaurite le graduatorie degli altri profili, sicuramente fino alla conclusione di tutta la graduatoria che prevede 132 idonei;
l'amministrazione ha motivato il mancato scorrimento di tutta la graduatoria degli idonei, nonostante le intervenute defezioni, in questi termini: «... l'Amministrazione intende esaurita la sua esigenza di personale con il procedimento di avvio, indipendentemente dalla decadenza dalla nomina di nuove unità, in quanto la quantificazione degli allievi operatori da avviare al corso era stata modulata prevedendo eventuali fisiologiche defezioni»;
a giudizio dell'interrogante se l'Amministrazione ha chiesto l'autorizzazione ad assumere 188 unità, 188 unità deve assumere a meno che le rinunce non siano tali da esaurire tutte le graduatorie degli idonei senza eccezione alcuna, altrimenti non si giustificherebbe la necessità dell'assunzione in deroga alle vigenti normative di blocco delle assunzioni nel comparto pubblico -:
quali iniziative intenda adottare affinché il personale di cui in premessa venga regolarmente assunto.
(4-04850)

DELLA VEDOVA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il decreto ministeriale 19 gennaio 2005 del Ministero delle politiche agricole e forestali di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare («Prescrizioni per la valutazione del rischio per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, relativamente alle attività di rilascio deliberato nell'ambiente di OGM per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato», pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 29 marzo 2005) definisce le prescrizioni ai fini della valutazione dei rischi per l'agrobiodiversità, i sistemi agrari e la filiera agro-alimentare, connessi con l'emissione deliberata

nell'ambiente di organismi geneticamente modificati per qualsiasi fine diverso dall'immissione sul mercato;
in base al suddetto decreto ministeriale, il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, acquisito il parere favorevole di un Comitato tecnico di coordinamento istituito dal decreto ministeriale stesso e composto da rappresentanti ministeriali e da rappresentanti delle regioni e delle province autonome designati dalla Conferenza Stato-Regioni, definisce con proprio decreto i protocolli tecnici operativi per la gestione del rischio delle singole specie geneticamente modificate;
tali protocolli individuano le caratteristiche della specie considerata, le modalità operative e le misure da adottare all'atto dell'emissione deliberata nell'ambiente;
sulla base del decreto ministeriale 19 gennaio 2005, alcune regioni hanno provveduto ad individuare i siti del proprio territorio utilizzabili per la sperimentazione;
in data 20 novembre 2008 il Comitato tecnico di coordinamento ha espresso parere favorevole allo schema di nove protocolli tecnici operativi relativi ad altrettante colture ogm (actinidia, agrumi, ciliegio dolce, fragola, mais, melanzana, olivo, pomodoro, vite);
pur nelle more dell'emanazione del decreto ministeriale da parte del Ministero delle Politiche agricole e forestali, al fine di accelerare il procedimento autorizzativo, la Regione Lombardia ha ritenuto opportuno sottoporre tali protocolli all'attenzione dei gestori dei siti candidati ad ospitare le sperimentazioni;
il perdurare del vuoto regolatorio rispetto alla coltivazione ed alla sperimentazione di sementi geneticamente modificati inibisce lo sviluppo in Italia di un importante filone di ricerca scientifica, impedendo al nostro Paese di restare al passo con i maggiori competitori internazionali sul fronte dello sviluppo di nuove biotecnologie -:
per quali motivi, a distanza di dodici mesi dal parere favorevole espresso dal Comitato tecnico di coordinamento sui nove protocolli tecnici operativi sopra richiamati, non sia ancora stato emanato il relativo decreto ministeriale.
(4-04893)

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POLITICHE EUROPEE

Interrogazione a risposta scritta:

DI BIAGIO, SALTAMARTINI, ANTONINO FOTI, FALLICA, TOCCAFONDI, GIOACCHINO ALFANO e LO PRESTI. - Al Ministro per le politiche europee, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 3 novembre 2009 al termine di una battaglia giudiziaria durata più di sette anni, la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo ha accolto il ricorso presentato nel 2002 da una donna italiana di origine finlandese residente nel padovano;
la questione era stata sollevata nel 2002 dalla donna che aveva chiesto al preside della scuola media di togliere il crocifisso dalle aule dove studiavano i suoi due figli. La donna nell'esprimere la propria contrarietà all'esposizione del simbolo sacro aveva usato come riferimento una precedente sentenza della Corte di Cassazione. Dinanzi al mancato riscontro da parte dell'Istituto, la donna ha deciso di rivolgersi Tar del Veneto e successivamente dinanzi al mancato riscontro del Ministero dell'istruzione, alla Corte di Strasburgo;
secondo la Corte di Strasburgo «l'esposizione obbligatoria di simboli religiosi, in particolare nelle aule scolastiche» viola «il diritto dei genitori di educare

i propri figli in conformità con le proprie convinzioni e quello dei bambini a credervi o non credervi»;
stando alla pronuncia della Corte ciascun Paese sarebbe tenuto ad osservare la neutralità confessionale nei contesti della pubblica educazione, poiché la presenza dei crocifissi in classe «restringe il diritto dei genitori ad educare i loro figli secondo le loro convinzioni e il diritto degli alunni a credere o non credere, sussistendo una violazione dell'articolo 2 del Protocollo numero 1 (diritto all'educazione) e dell'articolo 9 (libertà di pensiero, coscienza e religione) della Convenzione sui diritti umani;
nel 2006 il Consiglio di Stato ha evidenziato con grande lucidità la valenza non discriminatoria, sotto il profilo religioso, dell'esposizione del crocifisso in classe, in quanto rappresentativo di una funzione simbolica altamente educativa connessa a valori civilmente rilevanti, che affondano nelle nostre radici e costituiscono il fondamento del nostro vivere e della nostra identità;
il crocifisso rappresenta il simbolo indiscusso della cultura e della civiltà europea, collocandosi ben oltre le distinzioni di carattere confessionale, non inquadrandosi come oggetto di culto ma come espressione del percorso storico e politico della regione Europea;
l'intervento dell'Europa su un versante intimamente legato all'identità storica, culturale e spirituale del nostro Paese e del nostro popolo mal concilia con il percorso di crescita e di integrazione che si intende portare avanti nella regione europea basato su scelte condivise e sul riconoscimento delle comuni radici e della comune identità tra popoli cristiani;
l'orientamento tracciato dalla Corte europea rischia di compromettere l'idea di Europa che si è voluto costruire nel nostro Paese, nascondendo sotto un velo di presunta laicità la storia e la cultura di un intero popolo -:
quali iniziative si intenda predisporre al fine di garantire il mantenimento di un simbolo culturale e valoriale come il Crocifisso nell'ambito degli spazi pubblici e quali iniziative si intendano assumere al fine di aprire un confronto con le istituzioni europee finalizzato al chiarimento della posizione italiana a sostegno della piena valorizzazione del suddetto simbolo come espressione dell'identità cristiana dell'Italia e dell'Europa intera.
(4-04863)

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RIFORME PER IL FEDERALISMO

Interrogazione a risposta scritta:

JANNONE. - Al Ministro delle riforme per il federalismo. - Per sapere - premesso che:
l'acceso dibattito sulla mancata attuazione del federalismo fiscale ha portato alla luce le criticità di una situazione di stallo che continua a danneggiare le regioni più dinamiche, dotate di una maggiore capacità fiscale. L'approvazione della legge delega n. 42 del 2009 ha rappresentato un grande passo avanti verso l'attuazione della riforma in senso federale dello Stato, che deve essere promossa con la collaborazione di tutti i soggetti istituzionali, nazionali e regionali. Pertanto diventa urgente l'avvio della Commissione tecnica paritetica per l'attuazione del federalismo fiscale, nella quale i rappresentanti tecnici, per ciascun livello di governo possono condividere le basi informative, finanziarie e tributarie ed esprimersi sul riordino dell'ordinamento finanziario di comuni, province, città metropolitane e regioni e delle relazioni finanziarie intergovernative;
purtroppo l'attuale sistema di solidarietà territoriale non stimola né l'efficienza della pubblica amministrazione né lo sviluppo del sistema economico e la convergenza economica delle regioni del Mezzogiorno. In particolare, la mancanza di un'autonomia tributaria delle amministrazioni

periferiche non favorisce la responsabilizzazione e la completa autonomia dei governi locali nel garantire la copertura della spesa pubblica necessaria all'erogazione dei servizi secondo le proprie competenze;
al contrario, il federalismo ingenera una migliore efficienza amministrativa. Infatti, nei Paesi federali la razionale allocazione della spesa pubblica, spesso produce una riduzione degli oneri superflui e delle inefficienze. Nei Paesi dove la spesa pubblica è maggiormente decentrata le spese di funzionamento degli apparati amministrativi sono mediamente più basse che negli altri Paesi;
per questi motivi, si propongono delle azioni volte ad attuare, il più rapidamente possibile, il sistema federale. Innanzitutto, occorre avviare risparmi di spesa nelle amministrazioni pubbliche in base al livello di efficienza. Negli apparati regionali e centrali che presentano un'elevata concentrazione di personale pubblico, un elevato livello di consumi intermedi e costi elevati di personale occorre introdurre un sistema di turnover per sopperire ai futuri pensionamenti, ma con una spesa in risorse umane meno elevata. I risparmi potrebbero essere destinati a spese «di intervento», come ad esempio la costruzione di infrastrutture e la tutela del territorio;
è inoltre necessario procedere all'assegnazione dei beni demaniali agli enti locali, con il compito della valorizzazione urbanistica e della produzione culturale, ovvero ridefinire i ruoli e le competenze territoriali per quanto riguarda il patrimonio immobiliare pubblico attualmente in capo a soggetti diversi. Altro intervento, motto importante, consta nell'attribuzione alle regioni delle funzioni di raccolta delle entrate erariali di competenza regionale, attraverso la «regionalizzazione» delle Agenzie delle entrate. L'attuazione del federalismo fiscale non può prescindere dal fatto che il controllo delle entrate sia di competenza regionale e non più statale, in modo tale che ogni regione si responsabilizzi maggiormente e attui più efficacemente l'adempimento degli obblighi fiscali sia attraverso l'assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti volti a contrastare l'evasione fiscale. In tale contesto allo Stato resterà il ruolo di monitoraggio e di controllo del buon funzionamento di tutti gli uffici dislocati, affinché garantiscano un determinato standard di efficienza ed efficacia;
è poi opportuno adottare una sussidiarietà «orizzontale» come in Germania, ossia una perequazione attraverso trasferimenti diretti dalle regioni con minori fabbisogni/maggiori capacità fiscali a favore delle regioni con maggiori fabbisogni/minori capacità fiscali, che consentirebbe di rendere espliciti i flussi di risorse interregionali realizzati a livello di istituzioni regionali, garantendo maggior trasparenza, e quindi maggior controllabilità dei flussi finanziari -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare al fine di attuare definitivamente il regime fiscale e governativo, denominato «federalismo fiscale» in tutte le regioni italiane.
(4-04877)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2010

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

FAVA, TORAZZI, REGUZZONI e ALLASIA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il polo ceramistico di Gonzaga è costituito da tre aziende leader, la Biztiles, la Ceramiche Brennero e la Polis, le quali occupano complessivamente trecento dipendenti;
la chiusura dei reparti produttivi della Ceramiche Brennero e di parte della produzione della Polis, a cui ha fatto seguito l'annuncio dell'imminente chiusura

dello stabilimento della Biztiles, rappresentano motivo di grave preoccupazione per i dipendenti;
gli esiti di tali decisioni hanno, infatti, ricadute occupazionali pesanti e coinvolgono circa centoventi addetti, per i quali risulta difficile la riallocazione presso altre aziende del territorio;
da anni, infatti, il comparto industriale della ceramica è in crisi, a causa dell'aggressiva concorrenza proveniente dai mercati asiatici, i cui effetti stanno avendo delle ricadute pesanti sul territorio, lasciandolo senza posti di lavoro;
il ricorso agli ammortizzatori sociali, se pur necessario, non potrebbe risolvere nel medio periodo le problematiche che investono il settore, lasciando incerta qualsiasi ipotesi sul futuro dei dipendenti e delle loro famiglie;
sindacato, azienda e lavoratori stanno lavorando ad un accordo che porti alla concessione in comodato d'uso del sito della Biztiles in favore dei lavoratori e alla conseguente costituzione di una apposita cooperativa di soci;
nonostante la disponibilità da parte dell'azienda e dei lavoratori ad intraprendere il percorso descritto è, tuttavia, necessario, a detta del sindacato, che si verifichino alcune condizioni quali, la possibilità per i soci di utilizzare le agevolazioni previste per il reinserimento dei lavoratori, il riconoscimento dei presupposti per la costituzione di una società cooperativa, l'individuazione di un soggetto terzo per la commercializzazione dei prodotti;
il comparto industriale della ceramica è strategico per lo sviluppo dell'economia del territorio è, quindi, necessario, a giudizio degli interroganti, creare tutte le premesse affinché venga preservata l'esistenza di tale eccellenza produttiva -:
se il Ministro non ritenga opportuno prendere parte alle trattative in corso a garanzia del rispetto degli accordi eventualmente stipulati tra le parti e voglia coordinare tutti gli interventi che si renderanno necessari per il raggiungimento degli stessi.
(5-02051)

FRONER, LULLI, VICO e FEDERICO TESTA. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica non sembra scoraggiare l'imprenditoria femminile che continua a crescere. Gli ultimi dati dell'Unioncamere e dell'Osservatorio di Confartigianato confermano che le imprese rette da donne sono in aumento (nel primo semestre 2009 si registrano circa 20.000 unità in più) e rispondono alla crisi con grande capacità di rinnovarsi;
forte sostegno e impulso allo sviluppo dell'imprenditoria femminile è da attribuirsi certamente alla legge 25 febbraio 1992, n. 215, che ha messo a disposizione delle imprese femminili, dal '92 ad oggi, stanziamenti erogati sotto forma di contributi in conto capitale a fronte di investimenti, operando con un meccanismo «a bando», attraverso il quale il Ministero dello sviluppo economico individua i termini per la presentazione delle domande per il riconoscimento dei contributi;
con i primi cinque bandi del Ministero i fondi complessivamente stanziati sono stati circa 598 milioni di euro, di cui 129,6 per i primi tre bandi, 242,8 per il quarto, 225 per il quinto. Il sesto bando, emanato con decreto ministeriale 5 dicembre 2005, metteva a disposizione risorse statali per 76.145.690 euro, alle quali si aggiungevano 12.389.659,64 euro di risorse regionali. Le domande ammesse cui è stato attribuito un punteggio utile per accedere ai contributi sono state 1.122;
su di esse ha inciso la norma della legge finanziaria 2008 (articolo 3, commi 36-39) che, riducendo da sette a tre anni il termine di perenzione dei residui delle spese in conto capitale, è all'origine del taglio delle risorse da assegnare per l'attuazione della legge sull'imprenditoria

femminile. In particolare sono caduti in perenzione gli impegni finanziari relativi al 6o bando;
la stessa legge finanziaria (comma 39) tuttavia consente al Ministero dell'economia e delle finanze di iscrivere in appositi fondi le risorse riferibili a obbligazioni giuridicamente perfezionate;
il sottosegretario del Ministero dello sviluppo economico, rispondendo il 29 settembre scorso alla interrogazione dell'onorevole Vannucci n. 5-01399, ha assicurato di avere inoltrato al Ministero dell'economia - Ufficio centrale del Bilancio - tutte le richieste di riassegnazione delle somme perenti;
più dei due terzi dei beneficiari, pur avendo ricevuto conferma definitiva del contributo, non hanno però ancora avuto dalle banche concessionarie l'erogazione dei relativi stanziamenti;
la dichiarazione del sottosegretario Saglia secondo la quale le somme non riassegnate saranno «presumibilmente» disponibili con il prossimo esercizio finanziario non ha certamente dissipato la situazione di incertezza in cui vivono le imprese interessate, che, a causa dei mancati pagamenti, potrebbero essere costrette a chiudere (per qualcuna è già avvenuto), con gravi conseguenze sui livelli occupazionali -:
se non ritenga di fondamentale importanza sostenere un settore, quello dell'imprenditoria femminile, che, malgrado la crisi, ha dimostrato fino ad ora una significativa tenuta;
a questo fine se non ritenga doveroso comunicare la data certa entro la quale saranno stanziate le somme necessarie a corrispondere i contributi a tutti i soggetti destinatari delle agevolazioni previste dal sesto bando di cui alla legge n. 215 del 1992.
(5-02053)

LULLI e RIGONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la grave decisione presa dal Governo di spostare, a data da definirsi, la prevista riunione del 30 settembre presso il Ministero dello sviluppo economico, convocata per discutere le prospettive produttive ed occupazionali dei Nuovi cantieri apuania di Marina di Carrara, ha determinato profonda preoccupazione e allarme nelle maestranze, al punto di indire un'assemblea, riconfermando forme di lotta come il blocco del varo dell'ultima nave di Grimaldi, il blocco degli straordinari il blocco della produzione dal 27 settembre;
l'ingiustificato atteggiamento del Governo volto a non proseguire un confronto con il territorio e le organizzazioni sindacali, formalmente motivato da non meglio precisati «sopravvenuti impegni istituzionali», mette in dubbio l'effettiva volontà del Governo di arrivare ad una positiva risoluzione, in riferimento al destino produttivo di una delle più importanti realtà della navalmeccanica del Paese;
per fugare tali preoccupazioni appare necessaria una immediata riconvocazione del tavolo ministeriale specifico sui Nuovi cantieri apuania per affrontare quei nodi che ancora oggi l'indecisione di questo governo non consentono di essere sciolti -:
quali siano le intenzioni del Governo in riferimento al futuro assetto societario di Nuovi cantieri apuania, con particolare riguardo agli indirizzi impartiti al management di Invitalia per acquisire in questa fase nuove commesse che scongiurino il fermo produttivo del cantiere, evitando il ricorso agli ammortizzatori sociali che, in riferimento alla natura industriale della realtà apuana, significherebbero di fatto l'avvio di una lenta ma graduale dismissione del sito produttivo.
(5-02054)

LOVELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Ministro dello sviluppo economico è stato disposto il commissariamento di ENEA e l'ingegner Giovanni Lelli è stato «nominato per un

periodo di dodici mesi commissario dell'Agenzia Nazionale per le Nuove tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo economico sostenibile (Enea) con i poteri già intestati agli organi di amministrazione dell'Ente» e garantendo la continuità dell'attività di valutazione e di programmazione dei progetti in essere;
nel contesto della riorganizzazione degli enti collegati ad Enea e nell'ambito della strategia governativa sul piano energetico nazionale contenuta nella legge 23 luglio 2009, n. 99 (cosiddetta legge «sviluppo»), risulta all'interrogante che il commissario ingegner Giovanni Lelli abbia reso nota l'intenzione di trasferire nel centro Enea di Saluggia (provincia di Vercelli) il personale e le attrezzature della società Fabbricazioni Nucleari (FN SpA), partecipata da Enea al 99 per cento con sede a Bosco Marengo (provincia di Alessandria) in immobili di proprietà di SOGIN, anch'essa partecipata di Enea;
consta altresì all'interrogante che in data 21 ottobre 2009 le rappresentanze sindacali unitarie di FN SpA, accompagnate dai rispettivi rappresentanti provinciali, abbiano tenuto un incontro con il prefetto di Alessandria, dottor Castaldo, per discutere del preannunciato trasferimento ed è attualmente aperto un confronto con tutte le parti interessate a cominciare dal presidente di Fabbricazioni Nucleari, dai commissari di ENEA e SOGIN e dalle istituzione locali;
nella stessa data il presidente di Fabbricazioni Nucleari pare abbia incontrato i dipendenti per comunicare ufficialmente la decisione del trasferimento presso il centro ENEA di Saluggia (Vercelli), individuata come la sede «economicamente più vantaggiosa» e motivata da esigenze di razionalizzazione delle funzioni amministrative anche attraverso l'eliminazione delle duplicazioni organizzative e funzionali tenendo conto del minor fabbisogno di risorse strumentali e logistiche e tenendo conto che tutto il lavoro di ricerca di sedi alternative sul territorio alessandrino che era stato avviato in precedenza non ha dato risultati;
le organizzazioni sindacali lamentano che la direzione aziendale aveva prospettato nei mesi precedenti scenari completamente differenti, promettendo oltretutto aumenti delle commesse, dei lavori e delle partecipazioni a progetti e che ora non viene fornita alcuna garanzia economica e di continuità lavorativa per il futuro anche il più prossimo -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione che si è determinata nel sito FN di Bosco Marengo (Alessandria) e come intenda intervenire per evitare un eventuale depauperamento delle attività aziendali già programmate in quella sede e un ridimensionamento occupazionale cui si aggiunge il disagio dei lavoratori costretti a trasferirsi in un'altra provincia.
(5-02063)

Interrogazioni a risposta scritta:

CICCANTI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la società finlandese Ahlstrom, che gestisce la ex cartiera Mondadori di Ascoli Piceno per la produzione della carta, ha da qualche anno chiuso ogni attività e nello scorso mese di gennaio, dopo un periodo di cassa integrazione, ha messo in mobilità circa 140 lavoratori dipendenti;
alla rilevazione di detta attività si era interessato un «fondo sovrano» cinese (Corfindeco e China Investiment Corporation), che aveva messo a disposizione qualche decina di milioni per compiere l'operazione economica di che trattasi;
per favorire detta trattativa, ovvero per svilupparne altre tendenti alla ripresa di attività dell'ex cartiera, si è stabilito un tavolo interistituzionale con le parti sociali ed istituzionali interessate presso il Ministero per lo Sviluppo Economico, presieduto dal Dr. Giampiero Castano, dirigente dell'Unità per la gestione delle vertenze delle imprese in crisi;
in data 27 febbraio 2009, il predetto dirigente, il Presidente della Provincia ed il Sindaco di Ascoli si sono incontrati per

parlare sullo stato delle trattative per la vendita dell'azienda ed hanno parlato telefonicamente in «viva voce» con il dr. Diego Borello, manager dell'Ahlstrom, per conoscere la disponibilità a vendere;
dei colloqui e delle posizioni espresse dalla ditta venditrice sono stati riportati ampi stralci sulla stampa locale del 28 febbraio 2009, a cominciare da un dettagliato resoconto apparso su Piceno News del 27 febbraio 2009;
tale circostanza - con la quale venivano riportate notizie riservate della trattativa, tali ritenute secondo un consolidato codice etico - ha determinato una vigorosa reazione di Andrea Maurizi, intermediario dell'acquirente cinese interessato, che ha dichiarato sul Resto del Carlino del 3 marzo 2009 (pag. 17): «La Corfindeco Ca-Cic considera chiuse le trattative in corso, che si erano nuovamente riavviate alla fine del gennaio 2009, dopo una forzata interruzione»;
pur comprendendo le esigenze di visibilità mediatica dei due amministratori, l'interrogante non comprende invece la «leggerezza» con cui un dirigente dello Stato si presti, secondo l'interrogante, a dannose strumentalizzazioni politiche, facendo fallire una trattativa di grande rilevanza umana e sociale per le maestranze in mobilità -:
come realmente siano andate le trattative e quali soluzioni riparatrici di tale danno si intenda porre in atto.
(4-04812)

NICOLA MOLTENI, REGUZZONI, RIVOLTA e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il distretto industriale di Como, nonostante il grande ridimensionamento produttivo ed occupazionale subito negli ultimi anni, rappresenta una realtà economica di grande rilevanza strategica per il Paese;
il distretto, interessando un ambito territoriale molto vasto, è stato individuato dalla regione Lombardia con deliberazione della Giunta regionale del 16 marzo 2001, n. 7/3839, ed impiega nel settore manifatturiero oltre 34.241 addetti, con 2.733 unità locali insediate;
la crisi, che trae origine, fin dagli anni novanta, dall'intensificarsi della concorrenza sui mercati internazionali, è oggi fortemente strutturata e sta avendo anche un impatto negativo sull'immagine che il prodotto serico ha in tutto il mondo;
i dati evidenziano che, nei primi otto mesi dell'anno 2009, le ore di cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria sono state circa 12,5 milioni; nel tessile, in particolare, sono circa 221 le aziende coinvolte pesantemente dalla crisi che interessa oltre 8.300 lavoratori;
il Governo ha recentemente approvato alcune misure per sostenere le situazioni di crisi economica all'interno dei distretti industriali, i quali rappresentano un importante bacino di ricchezza e di occupazione per i territori locali;
con decreto ministeriale, non ancora emanato, sono disciplinate, ai sensi dell'articolo 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, le modalità di individuazione, sul territorio nazionale, dei distretti industriali in stato di crisi, nonché di attuazione degli interventi di sostegno agli stessi, sulla base di appositi accordi di programma stipulati tra Stato, regioni e altri enti territoriali interessati;
da notizie di stampa, alcune regioni hanno già aperto un tavolo di confronto con le imprese distrettuali in difficoltà, il quale ha portato in alcuni casi, come per il distretto di Prato, al riconoscimento dello «stato di crisi», necessario per l'accesso ai fondi governativi per la reindustrializzazione -:
se il Ministro interrogato, qualora vi fosse una specifica istanza da parte della regione, voglia prendere in considerazione l'opportunità di convocare un tavolo di confronto finalizzato al riconoscimento

dello «stato di crisi» del distretto di Como, a tutela della realtà produttiva ed occupazionale del distretto stesso;
se intenda dare, quanto prima, attuazione alla disciplina di cui all'articolo 2 della legge 23 luglio 2009, n. 99, permettendo così alle imprese di poter accedere ai finanziamenti speciali per la deindustrializzazione dei distretti industriali in crisi.
(4-04820)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nei primi giorni di novembre 2009 le principali compagnie petrolifere hanno rialzato i prezzi di benzina e gasolio;
tali aumenti paiono ingiustificati sia per le quotazioni del dollaro, sia per i ribassi del costo del greggio a livello mondiale;
la considerazione suesposta è altresì avvalorata dai dati relativi ai margini delle stesse compagnie, che risultano in aumento -:
se e quali iniziative il Governo intenda attuare ai fini di calmierare il costo dei carburanti, impedendo un aggravio dei costi a danno di cittadini ed imprese.
(4-04847)

REGUZZONI. - AI Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la storica fabbrica bustese «Tintoria Luigi Tosi Srl» con sede a Busto Arsizio (Varese) in Via Adua 26 attraversa un momento di innegabile difficoltà;
il 7 ottobre 2009 è scattato uno sciopero ed un'occupazione ad oltranza degli stabilimenti: i 50 operai dipendenti protestavano e chiedevano che l'azienda venisse dichiarata fallita e i libri della società portati in tribunale;
è fatto degno di riflessione che a chiedere il fallimento della società siano stati gli stessi operai, stanchi di assistere da anni allo stillicidio di tentativi di salvataggio ed oramai diffidenti rispetto alle dichiarazioni e reali intenzioni della proprietà;
la società naviga in cattive acque oramai da anni ed adesso pare si ritrovi con i conti bloccati da un'indagine della Guardia di finanza ed Equitalia, che hanno riscontrato debiti verso l'erario e verso l'Inps per oltre dieci milioni di euro;
nonostante, infatti, gli stipendi arrivassero più o meno regolarmente, a parte l'ultima mensilità non ancora ricevuta, stando a quanto pubblicato l'8 ottobre 2009 su organi di informazione locali l'azienda da anni non versa più i contributi Inps, pur facendoli figurare sulle buste paga, risultando oggi inadempiente per tutta una serie di aspetti, da quello previdenziale a quello fiscale;
stando alle notizie di stampa, risulta invero all'interrogante che dal punto di vista produttivo l'azienda non versa in cattive condizioni, anzi ha molte commesse e nel 2008 ha registrato un consuntivo di 22 milioni -:
se non sia possibile - e in che modo - aiutare l'azienda ad uscire dalla difficile situazione finanziaria;
se le notizie di cui in premessa corrispondano al vero e quale sia la reale situazione dell'azienda e degli operai, considerato che l'articolo di stampa parla di 50 operai da un anno in cassa integrazione straordinaria e senza stipendio da un mese;
se il Ministro interrogato non ritenga urgente e opportuno attivarsi per addivenire ad una soluzione della crisi a salvaguardia dei livelli occupazionali.
(4-04854)

REGUZZONI. - Al Ministro per lo sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il commercio tra e per l'India vede una enorme differenza tra import ed

export di prodotti tessili riassumibile come segue:
a) tessuti in cotone=import x 168 milioni di dollari, export per 24 milioni di dollari;
b) altri tessuti non cotone=import x 209 milioni di dollari, export x 46 milioni di dollari;
c) abbigliamento maglieria=import x 247 milioni di dollari, export x 3 milioni di dollari;
d) abbigliamento in lino=import x 178 milioni di dollari, export x 10 milioni di dollari;
e) tessuti x arredo casa=import x 85 milioni di dollari, export x 2 milioni di dollari;
tale situazione pare decisamente non equilibrata -:
se e quali azioni il Governo intenda porre in essere per riequilibrare il disavanzo, eventualmente rilanciando la produzione del made in Italy anche in India.
(4-04865)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sul quotidiano Il Sole 24 Ore, nell'edizione del 3 novembre 2009, l'imprenditore varesino Ezio Colombo, titolare della FICEP di Gazzara Schianno (Varese), azienda leader nella robotica, ha denunciato una situazione di disagio e di inadeguatezza della normativa vigente in termini di incentivi alla ricerca;
il dottor Colombo ha, tra l'altro, dichiarato: «Per quattro secondi abbiamo infatti perso il credito d'imposta su 3,8 milioni di euro, i nostri investimenti in ricerca del 2008. Nel senso che siamo appunto stati esclusi dai sostegni all'innovazione in seguito al famigerato meccanismo del "click day", nato come una semplificazione e, nei fatti, dimostratosi un boomerang per 22.500 aziende»... «È successo questo. Prima della "semplificazione burocratica" le aziende potevano usufruire della legge 46 sull'innovazione che valutava i progetti di ricerca nel merito: ebbene, nel 2002 - continua l'imprenditore - abbiamo fatto domanda per ottenere dei contributi su un programma di ricerca pari a 4,9 milioni di euro. La pratica è andata a buon fine ed è stata approvata. Con un piccolo dettaglio. Che non abbiamo ancora visto neanche un euro» -:
se e come il Governo intenda intervenire per risolvere i disagi e le problematiche evidenziate in premessa.
(4-04866)

JANNONE. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'esperienza degli ultimi anni dimostra in modo inequivocabile come le nostre imprese, e in particolare quelle appartenenti ai distretti industriali e specializzate nelle produzioni del «made in Italy», dopo aver attraversato una fase di incertezza nel periodo 2002-2005 nella quale hanno dovuto subire i contraccolpi delle nuove condizioni competitive e valutarie createsi in seguito sia all'ingresso nello scenario internazionale di due colossi come Cina e India sia all'entrata del nostro Paese nell'Unione monetaria, abbiano saputo poi reagire in maniera decisa imboccando un sentiero di sviluppo caratterizzato da innovazione e internazionalizzazione. La fase di sviluppo del sistema industriale italiano negli anni 2006 e 2007, solo parzialmente intaccata nel 2008 dagli effetti della tremenda crisi finanziaria americana, deve quindi essere vista come l'esito di un processo di profonda trasformazione che si è compiuta negli anni precedenti;
alla base del modello produttivo italiano vi è un sistema manifatturiero forte, radicato sul territorio, composto da una rete di piccole e medie imprese connesse da uno straordinario capitale sociale e da un ricchissimo capitale umano. Si tratta di un sistema costruito a partire da un'imprenditorialità competente e responsabile,

capace di generare una continua innovazione di prodotto e di processo. L'azienda è il modo in cui la persona mette in gioco le sue idee, la sua voglia e capacità di rischiare e di intraprendere e, d'altra parte, il vantaggio competitivo della persona che la guida e che si identifica con essa;
la nostra imprenditorialità si fonda sui valori della responsabilità, dello sviluppo umano, inteso come l'insieme delle caratteristiche personali che si manifestano in abilità e capacità utilizzabili nel processo produttivo, e sul capitale sociale, inteso come l'insieme delle relazioni tra agenti che facilitano l'attività produttiva. L'analisi svolta dal «Rapporto sulla sussidiarietà 2008» muove dalla constatazione di come la sussidiarietà nelle imprese si basi sulla centralità e la crescita della persona e sullo sviluppo di relazioni significative con le altre imprese e con i vari stakeholder aziendali;
lo straordinario cambiamento in atto nei Paesi emergenti sta mutando profondamente la natura delle relazioni economiche tra i Paesi industrializzati e il resto del mondo. La stessa crisi finanziaria che ha colpito in maniera così pesante nel corso del 2008 gli Stati Uniti, e di riflesso l'Europa e l'Asia, mostra inequivocabilmente come i processi di trasformazione dell'economia mondiale, caratterizzati da una marcata accentuazione della sfida competitiva che avviene in mercati sempre più globali, abbiano modificato in modo ormai irreversibile vecchi equilibri e posizioni di rendita che sembravano immutabili. Pertanto, si fa urgente la necessità di trovare nuovi modelli di sviluppo basati sull'economia reale e sulla produzione che, da un lato, sappiano generare una crescita sostenibile necessariamente fondata sulla demografia, e dall'altro riducano gli eccessi consumistici che hanno caratterizzato i Paesi ricchi a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso;
vi sono essenzialmente tre problematiche che le piccole e medie imprese si trovano a dover affrontare, e in tutti e tre i casi si tratta di problemi di scarsità che sono tanto più rilevanti quanto più è ridotta la dimensione dell'impresa. Vi è innanzitutto la scarsità di risorse umane, da intendersi non solo in riferimento al ridotto numero di addetti e alla loro generalmente limitata qualificazione, ma anche per quanto attiene alla difficoltà ad attrarre personale qualificato da inserire in azienda. Vi è poi la ristrettezza di risorse finanziarie, anche qui in riferimento sia alle scarse disponibilità interne per gli investimenti, sia per quanto attiene alla difficoltà a raccogliere capitale esterno, di debito o di rischio. Vi è infine probabilmente la ristrettezza più importante, cioè quella di cultura di impresa, in riferimento sia pure in diversa misura, all'imprenditore, al dirigente e al semplice dipendente;
a fronte di queste tre grandi scarsità che caratterizzano la piccola impresa familiare, il principio di sussidiarietà offre rimedi efficaci e concreti. Per quanto riguarda la limitazione di risorse umane diventa essenziale l'investimento in formazione, che permette di valorizzare le persone e la loro professionalità e di responsabilizzare in particolare le figure dirigenziali, ed è dunque il mezzo essenziale per promuovere la vera sussidiarietà. Per quanto attiene alla scarsità di risorse finanziarie, lo strumento essenziale è quello dell'attività bancaria fortemente radicata sul territorio, è questa del resto la grande lezione del modello cooperativo e popolare dell'attività creditizia che ha sostenuto lo sviluppo italiano degli ultimi cinquant'anni. Per quanto attiene infine alla scarsità di cultura imprenditoriale, lo strumento essenziale della sussidiarietà è rappresentato dall'associazionismo che, nelle sue varie forme e soggetti, rappresenta la strada per consentire alle piccole imprese di esprimere tutte le loro potenzialità -:
quali misure i Ministri intendano intraprendere al fine di portare a compimento quelle riforme indispensabili per far correre il Paese sui binari della sussidiarietà, della responsabilizzazione e della valorizzazione del merito, in modo da migliorare la posizione delle piccole e

medie imprese italiane in ambito sia nazionale che internazionale.
(4-04874)

GALATI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Multivoice Srl, azienda facente parte del Gruppo Phonemedia, ha vinto la gara di appalto per accedere ai finanziamenti regionali Por 2006, ricevendo circa 12 milioni di euro dalla Regione Calabria;
i lavoratori di questa azienda, circa 2000 di cui una buona parte impiegati tra Catanzaro e Vibo Valentia, dal dicembre 2008 vedono ledersi i loro diritti sindacali: condizioni di igiene e abilità sul posto di lavoro, improvvisi e non concordati cambiamenti relativi ai pagamenti;
il disagio dei lavoratori e delle lavoratrici, non cessa. Difatti, nonostante il tavolo ministeriale tenutosi presso il Ministero dello sviluppo economico lo scorso 29 settembre, la situazione non è affatto più chiara;
durante il tavolo del Ministero dello sviluppo economico il dottor Gianettoni ha dichiarato che, in data 27 settembre 2009, il Gruppo Omega ha acquisito, con modalità di trasferimento, l'intero pacchetto azionario di Phonemedia. Inoltre, ha reso noto che sarebbe stata cura del management comunicare l'assetto societario del Gruppo Omega;
l'azienda ha, inoltre, ammesso che il management è consapevole di dover fare fronte anche ai pagamenti relativi all'IVA, all'INPS ed ai contributi sindacali;
i cambiamenti e le strategie aziendali non possono gravare né sull'economia né tantomeno sui diritti sindacali dei lavoratori e delle lavoratrici che si vedono in questa circostanza estraniati dalle decisioni dell'azienda -:
quali iniziative intendano assumere al fine di garantire i livelli occupazionali ed i diritti sindacali dei lavoratori.
(4-04897)

CAVALLARO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
come risulta da alcuni articoli apparsi recentemente su autorevoli testate giornalistiche marchigiane l'azienda Poste Italiane s.p.a., nell'ambito di piano complessivo di organizzazione e razionalizzazione dei servizi offerti territorialmente, avrebbe disposto la chiusura pomeridiana di alcuni uffici postali nelle province di Ancona e Macerata;
tali progettate chiusure che interessano in particolare i comuni di Porto Recanati, Camerino, Matelica, Tolentino e Loreto e che dovrebbero essere esecutive già dalle prime settimane di novembre hanno sollevato accese proteste da parte dei cittadini e delle autorità locali, preoccupate per i disagi alla popolazione che tali scelte aziendali inevitabilmente comportano, soprattutto se si pensa alle lunghe file per accedere agli sportelli, alle difficoltà causate agli anziani o a quanti per motivi di lavoro, di studio o quant'altro non possono accedere a tali servizi esclusivamente di mattina;
oltre ai cittadini residenti gravi sono anche le ripercussioni socio economiche nonché in termini di immagine che la riduzione di tali offerte e servizi avrebbe sui tanti operatori economici e sui turisti che gravitano sui territori marchigiani, capaci di attirare interessi e visitatori non solo per le loro risorse e bellezze, ma anche per la particolare attenzione che, da sempre, le autorità locali hanno riservato allo sviluppo di infrastrutture e servizi adeguati a tali domande;
a ben vedere i comuni interessati sono caratterizzati da una presenza pubblica importante: sede di una nota Università o dell'unico carcere della provincia di macerata come Camerino, centro religioso di importanza notevole, come Loreto, che ogni anno ospita milioni di pellegrini, devoti della città mariana, ma anche sede di numerose attività produttive come Matelica;

a fronte di tale situazione le amministrazioni locali destinatarie del provvedimento hanno richiesto un incontro con l'azienda interessata, esternando le loro preoccupazioni e il loro disappunto per le logiche aziendali applicate ad un servizio pubblico, come quello svolto da Poste italiane s.p.a. e dicendosi pronte ad avvalersi per proprio conto, nonché ad informare adeguatamente la popolazione circa l'opportunità di rivolgersi ad altri soggetti privati, che offrono i medesimi servizi di Poste italiane, nel caso non si trovasse un riscontro positivo alle problematiche sollevate;
non a caso anche il Presidente della giunta regionale delle Marche, Gian Mario Spacca, nei giorni scorsi ha inviato una lettera all'amministratore delegato di Poste Italiane s.p.a., Massimo Sarmi, nella quale, pur definendo del tutto comprensibile e lecita la necessità della medesima azienda di operare delle scelte a volte difficili per ottimizzare le risorse a sua disposizione, ha ritenuto importante sottolineare come, nel caso specifico, l'imminente chiusura pomeridiana di alcuni uffici postali arrecherebbe al territorio e alle comunità locali un danno notevole con effetti deleteri sul piano economico e sociale per l'intera regione -:
se, tenendo conto dei fatti sopra menzionati e al fine di porre urgente rimedio alla lamentata situazione, il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire presso Poste SpA affinché riconsideri le proprie strategie aziendali, che portano alla progressiva chiusura degli uffici postali sopra menzionati e punti invece a migliorare l'offerta ed il servizio al cittadino.
(4-04903)

ARACRI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2006 Telecom Italia ha ceduto la società specializzata TILS ad un raggruppamento di imprese;
gli acquirenti sono stati il gruppo francese Cegos per il 70 per cento e per il 30 per cento la Camporlecchio S.r.l.;
subito dopo la vendita è stato esautorato l'ex Amministratore Delegato e la Cegos spa ha, di fatto, cessato di esistere. La Camporlecchio srl e il nuovo partner Lucciola S.r.l. sono divenuti, con l'acquisizione di un altro 20 per cento, proprietari di un pezzo importante delle capacità formative del Paese;
in soli due anni, una gestione non proprio oculata, ha portato sull'orlo della crisi i lavoratori delle aziende coinvolte;
Telecom ha rifiutato di rinnovare la commessa a TILS abbandonando perciò gli ex dipendenti che 3 anni fa erano stati confortati sulla serietà della vendita;
150 professionisti dipendenti TILS - rovinati da tre anni di vessazioni e gestione poco oculata - sono stati licenziati con evidenti difficoltà di reimpiego;
per deficit di cassa, sono a rischio anche le poche migliaia di euro che spettano ai lavoratori per gli accordi presi in sede sindacale -:
se siano compatibili aiuti e sostegni economici a grandi imprese che dapprima puntano sull'immagine etica aziendale, ma poi secondo l'interrogante effettuiamo scelte che finiscono per penalizzare i propri ex lavoratori e compromettendo risorse e benefici avuti dallo Stato;
quali misure di intervento si intendano adottare al fine di fare piena luce sulla vicenda, che ha prodotto danni assai gravi agli inconsapevoli lavoratori coinvolti;
quali misure di intervento si intendano adottare al fine di non perdere nel nulla le professionalità coinvolte e le risorse finora spese, necessarie ad un settore indispensabile come la formazione in particolare tecnologica.
(4-04913)

MIGLIORI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
desta particolare preoccupazione, anche in Pistoia, la situazione occupazionale dei dipendenti dei call-center del Gruppo Phonemedia che, tra l'altro, da mesi non ricevono neppure lo stipendio;
il 2 novembre 2009 si è svolto presso l'unità di crisi del Ministero dello sviluppo economico un incontro per discutere del relativo piano industriale -:
quali ulteriori e decisive iniziative si intendano assumere in merito.
(4-04915)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Soro e altri n. 1-00260, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Narducci, Andrea Orlando, Tidei, Touadi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Bocci n. 5-00493, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 ottobre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Benamati.

L'interrogazione a risposta in commissione Fava n. 5-01326, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta in commissione Allasia e Maccanti n. 5-01624, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 luglio 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Reguzzoni.

L'interrogazione a risposta scritta Gnecchi n. 4-04513, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Codurelli.

L'interrogazione a risposta in commissione Foti Tommaso n. 5-01961, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 15 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gibelli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della interrogazione a risposta scritta Scilipoti n. 4-04631, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 235 del 20 ottobre 2009.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con circa 260.000 abitanti, la città di Messina è al 13o posto nella classifica delle città più popolate d'Italia;
la provincia di Messina, che sotto il profilo insediativo ha una strutturazione monocentrica, risulta essere al 26o posto tra le province d'Italia grazie all'apporto dei 108 comuni che la compongono;
tale polverizzazione amministrativa trova riscontro anche nella strutturazione geomorfologica, caratterizzata da un territorio tanto allungato da essere bagnato da due mari, così da risultare la seconda provincia d'Italia per lunghezza di coste balneabili con un estensione di 322 chilometri circa per meglio comprendere il dato, si raffronti tale estensione con quella poco superiore dì Sassari (350 chilometri) e quelle nettamente inferiori come Cagliari (circa 270 chilometri), Reggio Calabria (circa 165 chilometri) ed Agrigento (circa 114 chilometri);

la provincia di Messina è punta di diamante del settore turistico siciliano, con oltre quattro milioni di presenze nell'anno 2007, corrispondenti a quasi il 30 per cento del totale di presenze riscontrato nell'intera isola e con un numero rilevato di 1.100.000 turisti circa;
la provincia di Messina nel 2005 occupava la 16a posizione in rapporto al turismo straniero grazie a 1.861.988 presenze, staccando nettamente la provincia di Palermo che la seguiva, in Sicilia, con 1.473.668 presenze;
il fenomeno turistico in Sicilia è di matrice essenzialmente europea, registrando un notevole numero di presenze provenienti in primis dalla Francia, seguita a ruota dalla Germania, dal Regno Unito e dagli Stati Uniti, per un totale del 55 per cento del totale, in relazione alle presenze straniere;
anche in relazione al turismo nazionale, il maggior numero di presenze turistiche è imputabile a visitatori provenienti dal centro nord, in primis dalla Lombardia, tant'è che nel 2007 si accertavano 1.100.000 visitatori provenienti da questa regione, ed a seguire dal Lazio, con 700.000 visitatori, che insieme rappresentano ben il 22 per cento del totale nazionale;
per dare una risposta adeguata alla domanda turistica, in considerazione del contesto di viaggi di media-lunga distanza già evidenziato, risulta di assoluta importanza l'accessibilità per via aerea alla zona di riferimento;
nonostante la dimostrata importanza demografica, geografica, turistica, Messina e la sua provincia non godono ancora di un proprio aeroporto di riferimento;
anche residenti, oltre ai turisti, sono costretti a servirsi di scali siti in province distanti, quali Catania e Palermo, o, addirittura, in altre regioni, come avviene con il cosiddetto Aeroporto dello Stretto sito a Reggio Calabria;
l'aeroporto «Tito Minniti» di Reggio Calabria, co-partecipato dalla provincia Regionale e dal comune di Messina con le simboliche quote dello 0,04 per cento, ha totalmente fallito l'ambizioso obiettivo di servire le due città dello Stretto e relative province, anche a causa delle inefficienza croniche dei collegamenti tra le due sponde, peraltro amplificati a dismisura dagli effetti dello smantellamento del servizio ferroviario e di traghettamento relativo alla stazione di Messina;
al fallimento del progetto contribuiscono anche concause di natura essenzialmente strutturale e costitutiva, di conseguenza poco superabili, quali l'inadeguatezza della struttura reggina a movimentare un certo tipo di traffico commerciale;
la pista dell'Aeroporto di Reggio Calabria è, tra l'altro, totalmente inadeguata sotto il profilo della lunghezza ed è frequentemente interessata da fenomeni di wind shear (turbolenza per vento di traverso) soprattutto per l'immediata vicinanza dei rilievi montani dell'Aspromonte;
dai dati per l'anno 2006, forniti dalla commissione «Bird Strike», si evince che Reggio Calabria e l'aeroporto italiano con il più alto rapporto fra impatti di volatili e numero dei voli e, dunque, con il più elevato livello di rischio incidente;
diretta conseguenza di tutto ciò è il netto aumento dei costi di esercizio relativi ai voli, che rende comprensibile il perdurante e manifesto disinteresse delle maggiori compagnie di volo a servirsi dello scalo;
anche per i motivi sopraelencati, la quasi totalità delle compagnie aeree, sia italiane che straniere, ricorrano al vicino, meglio collegato e più redditizio scalo internazionale di Lamezia Terme (quest'ultimo, in ragione della posizione baricentrica nel contesto territoriale calabrese, in pochi anni è diventato, di fatto, lo scalo di riferimento all'interno della Regione Calabria con correlativa ed oggettiva marginalizzazione dell'aeroporto dello Stretto, ormai declassato a scalo di rango locale);

i dati di traffico elaborati dall'ENAC che danno contezza, per un periodo significativamente lungo, dell'evoluzione del totale commerciale di Lamezia passato da 670.368 pax (1998) a 1.502.040 pax (2008), con un incremento del 124 per cento, diversamente da Reggio Calabria che da 510.060 pax (1998) è passato a 534.893 pax (2008) con un aumento del 4,9 per cento, dimostrano lo scarso sviluppo dello scalo reggino;
anche per il 2009 Reggio non ha trovato spunti di crescita del traffico passeggeri, tanto da subire secondo i rilievi effettuati sin al maggio 2009, una diminuzione del 2,6 per cento totale commerciale passeggeri, con un significativo -9,8 per cento nel solo mese di maggio;
per i motivi sopracitati, è facile constatare che il reale aeroporto di riferimento per l'intera provincia di Messina continua ad essere lo scalo di Catania, con grave disagio per cittadini e turisti;
nonostante l'importanza dello scalo catanese, non esiste una stazione ferroviaria che serva detto aeroporto, nonostante esso rappresenti il sesto scalo italiano per numero di passeggeri, secondo i dati ENAC 2008;
i collegamenti con TPL via autostrada sono insufficienti per numero, per frequenza oraria e per accessibilità territoriale, in quanto finalizzati al mero collegamento dell'aeroporto Catanese con Messina città, lasciando sfornito il resto della provincia che, com'è noto, vanta realtà turistiche di enorme richiamo internazionale, quali le Isole Eolie, i monti Nebrodi o tutti i maggiori centri della provincia;
tra i vari centri della provincia di Messina, molteplici studi di settore commissionati dagli enti locali, hanno individuato in Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo e Torronova o le stesse Isole Eolie, possibili sedi ideali per un aeroporto, soprattutto per voli di breve-medio raggio, realizzati da aerei con potenzialità pari ad una percorrenza massima di 7.000 chilometri di autonomia;
Barcellona Pozzo di Gotto, Milazzo, Torrenova, in eccellente posizione rispetto alle Isole Eolie, godono da sempre di una favorevole posizione baricentrica rispetto ai limiti territoriali della provincia di Messina, distando solo 30 chilometri dalla città capoluogo, con un potenziale bacino di influenza esteso sino al contermine del comprensorio di Cefalù-Pollina;
già il Piano Direttore collegato alla redazione del Piano regionale trasporti, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del 7 febbraio 2003, segnalava nell'elenco degli interventi da valutare nel progetto di sistema aeroportuale siciliano la «realizzazione di un aeroporto nell'area costiera del messinese collegato con l'autostrada Me-Pubblica amministrazione»;
nel successivo «Studio di fattibilità per il riassetto complessivo delle modalità di trasporto (Maggio 2004)», si segnalava l'opportunità di realizzare a Gela e Barcellona-Milazzo, aviosuperfici destinate all'aviazione generale ed eventuali collegamenti a corto raggio, nonché, elipiste ad Agrigento per collegamenti di federaggio (cioè collegamenti che permettono l'imbarco su voli che partono da un altro hub) con Trapani, Palermo, Barcellona-Milazzo e con Catania Fontanarossa;
le sopracitate conclusioni venivano confermate anche dal successivo Piano attuativo del trasporto aereo, pubblicato sulla serie ordinaria n. 2 alla GURS n. 54 del 17 dicembre 2004;
anche uno studio analitico, del febbraio 2007, affidato dalla Regione siciliana alla Pricewaterhouse e Cooper, come contributo regionale alla redazione del quadro strategico nazionale 2007/2013, segnalava l'opportunità di realizzare un aeroporto nella Piana di Milazzo;
il 31 luglio 2007, la Provincia, la Camera Commercio, il Consorzio A.S.I. Messina e gli amministratori dei comuni rappresentativi di oltre l'80 per cento della popolazione provinciale e fra questi Messina, Barcellona, Milazzo, Patti, Lipari,

Giardini Naxos (sei delle sette località sedi di AST) ed ancora Broto, Rometta Villafranca, Venefico, Mistretta hanno sottoscritto un apposito «Accordo di Programma per la costruzione di un aeroporto nella valle del Mela»;
nel giugno 2008, così come previsto dal detto accordo di programma, è stata costituita dalla Camera di commercio e dal consorzio ASI la «Società Aeroporto del Mela s.c.a.r.l.»;
negli ultimi mesi la nuova amministrazione pro tempore della provincia Regionale di Messina ha assunto un atteggiamento di evidente scetticismo verso la realizzazione dell'opera, mettendo in forse le iniziative amministrative già intraprese e le obbligazioni già concordate, condivise e sottoscritte con i soggetti istituzionali locali co-firmatari del precitato accordo di programma;
tale «ripensamento» appare del tutto incomprensibile in presenza delle perduranti ed irrisolte difficoltà oggettive connesse all'operatività stessa dell'aeroporto di Reggio Calabria, separato da Messina e provincia da un braccio di mare navigato da mezzi navali assai vari per stazza, velocità di crociera e tipologia di carico, e quindi del tutto inidoneo ad assicurare collegamenti veloci con congrue condizioni di sicurezza;
il tanto annunciato check-in ed il consequenziale collegamento diretto fra il porto di Messina ed apposito pontile esclusivo, posizionato in prossimità dell'aeroporto di Reggio Calabria, non sono stati ancora attivati per ragioni sconosciute;
anche il previsto collegamento diretto via mare con l'aeroporto dello Stretto è sostanzialmente la pedissequa riproposizione di analogo servizio già attivato nel recente passato e sospeso perché scarsamente remunerativo a fronte della scarsissima utenza di Messina e provincia;
è nota anche la situazione precaria ed insoddisfacente del trasporto merci e passeggeri nello Stretto di Messina, per via dell'ininterrotto, lento, progressivo ed inesorabile processo di dismissione del servizio di traghettamento da parte del vettore statale;
alla luce di quanto esposto, appare di primaria importanza un deciso ed improcrastinabile intervento da parte dello Stato volto a porre rimedio alla cronica inadeguatezza di una rete di servizi ed infrastrutture che manifesta, proprio in riferimento al settore aereo, un'arretratezza di fondo che compromette irrimediabilmente le prospettive di sviluppo economico, turistico e sociale dell'isola ed in particolare della fascia territoriale di Messina e provincia -:
quali siano i dati in possesso del Governo sulla situazione complessiva di trasporti ed infrastrutture, con particolare riferimento al settore aereo, in cui versa Messina e provincia;
se il Governo abbia conoscenza dei forti e perduranti disagi subiti dagli utenti del flusso turistico, nonché dai residenti dell'intera provincia di Messina, costretti a servirsi di aeroporti lontani e mal collegati;
quali siano le misure che si intendono adottare, tenuto conto della vocazione turistica, della densità demografica e del possibile nuovo traffico che potrebbe essere generato dalla crescente ed irreversibile affermazione dello «short break», per assicurare alla provincia di Messina uno scalo aereo idoneo ad accompagnare lo sviluppo economico, turistico e culturale del territorio interessato. (4-04631)

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in Commissione Lenzi e Motta n. 5-00730 del 4

dicembre 2008 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04858;
interrogazione a risposta in Commissione Ciccanti n. 5-01099 del 9 marzo 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-04812;
interrogazione a risposta scritta Palomba n. 4-04387 del 1o ottobre 2009 in interrogazione a risposta orale n. 3-00753;

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ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta scritta Pini e altri n. 4-04808 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 241 del 29 ottobre 2009. Alla pagina n. 8832, seconda colonna, alla riga prima, deve leggersi: «abbia espresso preoccupazione al ri-» e non «avrebbe espresso preoccupazione al ri-», come stampato.