XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di venerdì 13 novembre 2009

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 13 novembre 2009.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Amici, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bonaiuti, Boniver, Borghesi, Bosi, Bossi, Brambilla, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Caparini, Carfagna, Casero, Cesa, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Renato Farina, Fitto, Frattini, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, Goisis, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Milanato, Moles, Molgora, Nucara, Leoluca Orlando, Prestigiacomo, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Saltamartini, Scajola, Soro, Stefani, Strizzolo, Stucchi, Tremonti, Urso, Vegas, Vito, Volontè.

Annunzio di proposte di legge.

In data 12 novembre 2009 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
PICCHI: «Modifiche alla legge 13 maggio 1978, n. 180, in materia di accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori» (2927);
LUCIANO ROSSI ed altri: «Disciplina della pesca dilettantistica in mare» (2928);
DELLA VEDOVA ed altri: «Norme per la liberalizzazione dell'esercizio delle professioni regolamentate» (2929);
FRONER ed altri: «Modifica all'articolo 1 della legge 14 dicembre 2000, n. 379, concernente il riconoscimento della cittadinanza italiana alle persone nate e già residenti nei territori appartenuti all'Impero austro-ungarico e ai loro discendenti» (2930);
PROPOSTA DI LEGGE COSTITUZIONALE LA LOGGIA: «Modifiche agli articoli 68, 105 e 107 della Costituzione, in materia di garanzie per i membri del Parlamento e per i magistrati» (2931).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di una proposta di legge d'iniziativa regionale.

In data 12 novembre 2009 è stata presentata alla Presidenza, ai sensi dell'articolo 121 della Costituzione, la seguente proposta di legge:
PROPOSTA DI LEGGE D'INIZIATIVA DEL CONSIGLIO REGIONALE DELLA VALLE D'AOSTA: «Disposizioni e misure per lo sviluppo, la tutela e la valorizzazione dei territori di montagna» (2932).

Sarà stampata e distribuita.

Adesione di un deputato a proposte di legge.

Le seguenti proposte di legge sono state successivamente sottoscritte dal deputato Stucchi:
CAPARINI ed altri: «Modifiche alla legge 23 agosto 2004, n. 226, in materia di elevazione del limite di età per il reclutamento dei volontari delle Forze armate in ferma prefissata e di soppressione delle riserve di posti in favore dei medesimi ai fini del reclutamento nelle Forze di polizia e nel Corpo militare della Croce Rossa» (608);
CAPARINI ed altri: «Ratifica ed esecuzione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, fatta a Strasburgo il 5 novembre 1992» (609);
CAPARINI ed altri: «Modifica all'articolo 2 della legge 15 dicembre 1999, n. 482, in materia di tutela delle lingue storiche regionali» (610);
CAPARINI ed altri: «Disposizioni in materia di versamento dei contributi associativi ai sindacati, di liberalizzazione dell'attività di patronato e di assistenza sociale e di libertà di scelta tra le forme pensionistiche complementari» (619);
DOZZO: «Disposizioni per la rintracciabilità dei prezzi all'origine dei prodotti agro-alimentari, per l'accorciamento delle filiere e la valorizzazione dei prodotti locali, nonché modifiche al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, in materia di equa distribuzione del valore dei prodotti all'interno della filiera» (981);
DOZZO: «Istituzione del Comitato permanente per le politiche di gestione delle risorse idriche» (982);
DOZZO e CAPARINI: «Disposizioni per l'adozione di un Piano nazionale per la riduzione dei carichi azotati e per la produzione di energia da attività zootecniche, nonché per lo sviluppo di energia elettrica da fonti rinnovabili» (984);
DOZZO: «Cessazione dell'applicazione dei contratti di soccida nel settore avicolo e introduzione di nuovi modelli contrattuali volti a favorire l'integrazione verticale all'interno delle filiere avicole» (985);
RAINIERI ed altri: «Norme di principio e criteri di applicazione in materia di produzione biologica» (1208);
ALLASIA ed altri: «Disposizioni in materia di indennizzo in favore degli esercenti attività economiche danneggiati dall'esecuzione di lavori di pubblica utilità» (1596);
ALLASIA ed altri: «Disposizioni sulla collaborazione occasionale di congiunti dell'imprenditore all'attività delle imprese artigiane» (1605);
GOISIS ed altri: «Modifiche al testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di adozione e sostituzione dei libri di testo e loro integrazione con libri e materiali informatici interattivi via internet» (1763);
TORAZZI ed altri: «Istituzione di un Fondo di garanzia per i lavoratori impiegati con contratti di lavoro flessibile» (1818);
CAPARINI ed altri: «Legge quadro per lo spettacolo dal vivo» (1935);
GUIDO DUSSIN ed altri: «Norme per lo sviluppo della mobilità ciclistica, per la promozione dell'uso della bicicletta e per la realizzazione di reti di percorsi ciclabili» (2126);
RIVOLTA ed altri: «Nuove norme in materia di Servizio civile nazionale» (2461);
NEGRO ed altri: «Concessione di contributi per il rinnovo delle macchine agricole e operatrici» (2617);
REGUZZONI ed altri: «Norme in materia di istituzione di nuovi giochi e concorsi per il finanziamento della realizzazione delle infrastrutture connesse all'esposizione universale "EXPO Milano 2015"» (2678).

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati,in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
ZINZI: «Modifiche al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e al testo unico di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, concernenti l'introduzione del voto di preferenza per l'elezione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica e il divieto di candidatura in più di una circoscrizione» (1095).

II Commissione (Giustizia):
ZINZI: «Modifica all'articolo 3 della legge 21 gennaio 1994, n. 53, in materia di notificazione di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte degli avvocati» (2591) Parere della I Commissione;
CASSINELLI: «Modifica all'articolo 2751-bis del codice civile in materia di privilegio dei crediti riguardanti la retribuzione delle prestazioni rese dai professionisti in forma associata» (2792) Parere delle Commissioni I e X;
FERRANTI e TENAGLIA: «Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, in materia di revisione del processo a seguito di sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo» (2871) Parere delle Commissioni I, III e V.

VI Commissione (Finanze):
BUCCHINO ed altri: «Modifiche all'articolo 66 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, in materia di riduzione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani in favore dei cittadini italiani residenti all'estero iscritti nell'anagrafe degli italiani residenti all'estero» (2717) Parere delle Commissioni I, III, V, VIII e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

VII Commissione (Cultura):
ZINZI: «Istituzione dell'università degli studi di Caserta mediante la trasformazione della seconda università degli studi di Napoli» (1271) Parere delle Commissioni I e V;
CARLUCCI: «Modifiche al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e altre disposizioni in favore delle fondazioni lirico-sinfoniche» (2736) Parere delle Commissioni I, II, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VIII, XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

X Commissione (Attività produttive):
ZINZI: «Disposizioni in materia di apertura e di gestione di case da gioco» (1099) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), IV, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), XI e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissioni dalla Corte dei conti.

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 11 novembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria della Fondazione «Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani» (ONAOSI), per l'esercizio 2008. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 135).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla XII Commissione (Affari sociali).

La Corte dei conti - sezione del controllo sugli enti - con lettera in data 11 novembre 2009, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 7 della legge 21 marzo 1958, n. 259, la determinazione e la relativa relazione riferita al risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), per l'esercizio 2007. Alla determinazione sono allegati i documenti rimessi dall'ente ai sensi dell'articolo 4, primo comma, della citata legge n. 259 del 1958 (doc. XV, n. 136).
Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla V Commissione (Bilancio) e alla IX Commissione (Trasporti).

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro delta difesa, con lettera del 26 ottobre 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno DI STANISLAO ed altri n. 0/2602/2, accolto dal Governo nella seduta delle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa) del 23 luglio 2009, riguardante iniziative per garantire alti livelli di sicurezza al contingente italiano operante in Afghanistan.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alle Commissioni III (Affari esteri) e IV Commissione (Difesa), competenti per materia.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera del 27 ottobre 2009, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data, per la parte di propria competenza, agli ordini del giorno MOGHERINI REBESANI ed altri n. 0/2602/3, accolto dal Governo nella seduta delle Commissioni riunite III (Affari esteri) e IV (Difesa) del 23 luglio 2009, e DE ANGELIS n. 9/2047-A/8, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 21 gennaio 2009, riguardanti la periodica comunicazione al Parlamento sugli sviluppi della partecipazione italiana alle missioni internazionali.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alle Commissioni III (Affari esteri) e IV (Difesa), competenti per materia.

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

MOZIONI SORO ED ALTRI N. 1-00260, DI PIETRO ED ALTRI N. 1-00230, PEZZOTTA ED ALTRI N. 1-00266 E CICCHITTO, COTA ED ALTRI N. 1-00275 CONCERNENTI INIZIATIVE IN MATERIA DI CONTRASTO DELL'IMMIGRAZIONE CLANDESTINA E PER ASSICURARE IL RISPETTO DELLE NORME COSTITUZIONALI E INTERNAZIONALI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO ALLE OPERAZIONI DI RESPINGIMENTO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
a seguito dell'accordo bilaterale stipulato dal Governo italiano con il Governo della Repubblica libica a Bengasi il 30 agosto del 2008 - legge di autorizzazione alla ratifica 6 febbraio 2009, n. 7 - è stata introdotta, in maniera operativa a partire dal maggio 2009, la nuova politica dei respingimenti in Libia delle persone intercettate nel canale di Sicilia, quali misure volte a contrastare il fenomeno dell'immigrazione clandestina;
nel summenzionato accordo bilaterale del 2008 non è possibile rinvenire alcun riferimento ai respingimenti bensì esclusivamente alle operazioni di pattugliamento congiunto;
allo stesso modo non è rinvenibile alcun riferimento alla possibilità di effettuare dei respingimenti di cittadini di Stati terzi nel protocollo firmato a Tripoli il 29 dicembre del 2007, né nel protocollo operativo che ha dato seguito a tale accordo, né tantomeno all'interno del testo dell'accordo di cooperazione nel campo della lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, ed al traffico degli stupefacenti e sostanze psicotrope, sottoscritto tra i due Paesi a Roma il 13 dicembre del 2000, al quale pure si fa riferimento nei suddetti protocolli firmati a Tripoli;
nel periodo compreso tra il 7 maggio e il 30 agosto 2009 sono state compiute 8 operazioni di respingimento nel corso delle quali 757 persone sono state ricondotte verso la Libia, secondo quanto dichiarato dal sottosegretario all'interno, Alfredo Mantovano, nel corso di un'audizione svoltasi davanti al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione in data 22 settembre 2009;
il primo di tali respingimenti risale al 7 maggio 2009 quando 227 persone, tra cui 3 donne incinte, che viaggiavano su tre barconi nel canale di Sicilia sono state fatte salire su navi militari italiane e sono state riportate in Libia e lì consegnate alle autorità libiche;
il più recente caso di respingimento risale invece al 30 agosto 2009 e ha interessato 75 migranti raccolti in mare da una motovedetta italiana e riaccompagnati nel porto libico di Zawia nei pressi di Tripoli. Tra di essi vi erano 15 donne e 3 minorenni;
secondo quanto si apprende da informazioni giornalistiche e dalle segnalazioni di varie organizzazioni umanitarie internazionali e non governative, in tutti i casi di respingimento che hanno avuto luogo dal maggio 2009 alla data odierna, non vi è stata da parte delle autorità italiane alcuna procedura di identificazione dei migranti né un rilevamento delle loro condizioni di salute né la verifica dei requisiti per la concessione della protezione internazionale;
secondo dati ufficiali, nel 2008 circa il 75 per cento di coloro che hanno raggiunto l'Italia ha inoltrato formale richiesta di protezione internazionale e al 50 per cento di questi è stata concessa tale protezione o per lo meno un permesso di soggiorno per motivi umanitari;
inoltre, a seguito di un respingimento avvenuto il 1o luglio 2009 ad opera della Marina militare italiana, sono state ricondotte in Libia 82 persone tra cui sono stati individuati dai rappresentanti dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) 76 cittadini eritrei, un numero significativo dei quali risultava essere bisognoso di protezione internazionale, secondo quanto riportato nel corso del briefing per la stampa che l'Unhcr ha tenuto a Ginevra il 14 luglio 2009;
tali dati e informazioni rendono molto plausibile l'ipotesi che tra i migranti riportati in Libia dal maggio 2009 alla data odierna, vi fossero anche numerosi individui che avrebbero avuto il diritto di usufruire di protezione internazionale nel nostro Paese e che probabilmente, se questi stessi avessero avuto la possibilità di chiedere asilo, un gran numero di essi avrebbe ottenuto la protezione internazionale nel nostro Paese;
oltre a non aver accertato la sussistenza dei requisiti per l'ottenimento della protezione internazionale le autorità italiane dal maggio 2009 ad oggi hanno respinto i migranti verso un Paese ove i diritti dei rifugiati sanciti dalle norme internazionali non sono riconosciuti, dal momento che la Libia non ha ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati e non ha dato attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione africana del 1969 sui problemi dei rifugiati in Africa;
secondo il rapporto che Human rights watch - nota organizzazione umanitaria non governativa con sede negli Stati Uniti d'America - ha pubblicato il 21 settembre 2009, in Libia non esistono le strutture per la verifica delle richieste d'asilo e i migranti, pur essendo cittadini di Stati terzi, sono imprigionati e sottoposti a trattamenti inumani e degradanti e detenuti presso strutture sovraffollate, in precarie condizioni igieniche e senza alcuna assistenza di tipo legale;
il principio di non respingimento (non-refoulement) è uno dei principi fondamentali del diritto internazionale relativo ai diritti umani e si configura come il divieto per gli Stati di respingere o reindirizzare una persona verso luoghi ove la sua libertà e la sua incolumità personale possano essere messe a repentaglio;
l'articolo 33 della Convenzione relativa allo statuto dei rifugiati del 1951, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 e ratificata dall'Italia con legge 24 luglio 1954, n. 722, stabilisce che: «nessuno Stato contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.»;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, sancisce il diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione;
la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare del 1974 (acronimo inglese Solas) nonché la Convenzione internazionale marittima sulla ricerca e il salvataggio marittimo del 1979 (acronimo inglese Sar) obbligano gli Stati a condurre le persone salvate in mare in un porto sicuro;
è ormai unanimemente ritenuto che il principio di non-refoulement si configuri quale diritto internazionale consuetudinario ovvero appartenga alle norme che vincolano ugualmente tutti gli stati appartenenti alla comunità internazionale;
è inoltre possibile affermare che il principio di non-refoulement abbia assunto natura di carattere cogente (jus cogens) in quanto «norma che sia stata accettata e riconosciuta dalla comunità internazionale degli Stati (...) in quanto norma alla quale non è permessa alcuna deroga e che non può essere modificata che da una nuova norma di diritto internazionale generale avente lo stesso carattere», secondo quanto codificato dall'articolo 53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969;
il summenzionato principio di non-refoulement non si applica solamente quando una persona si trova nel territorio di uno Stato (territorio, acque territoriali e spazio aereo), ma anche quando un individuo è sottoposto alla effettiva giurisdizione di uno Stato, come nel caso di pattugliamenti e respingimenti che avvengono ad opera di appartenenti alle forze armate italiane;
in ogni caso l'articolo 4 del codice della navigazione stabilisce che una nave italiana sia che essa si trovi in acque territoriali, zona contigua, alto mare o mare di altro Stato, è considerata territorio italiano e quindi su di essa si applicano tutte le norme in vigore nella Repubblica italiana;
l'articolo 3 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 1984 vieta di respingere o estradare una persona verso un altro Stato, qualora vi siano serie ragioni di credere che in tale Stato essa rischia di essere sottoposta a tortura o a violazioni sistematiche dei diritti dell'uomo;
analogamente l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu), come interpretato dalla Corte europea di Strasburgo, stabilisce che nessun individuo possa essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti e che non possa essere allontanato verso uno Stato dove rischi di subire un tale trattamento e la giurisprudenza della stessa Corte ha più volte sottolineato che tale divieto si applica anche nel contesto di espulsioni o respingimenti e qualora vi sia un rischio di espulsioni o respingimenti a catena;
l'articolo 4 del protocollo n. 4 aggiuntivo alla già citata Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali vieta le espulsioni collettive dì stranieri e va ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sono da considerarsi espulsioni collettive tutte quelle misure di allontanamento degli stranieri effettuate senza un esame individuale della situazione di ciascuna persona;
l'articolo 13 del regolamento (CE) n. 562/2006 consente agli Stati di respingere gli stranieri che non soddisfino i requisiti per l'ingresso ma prevede anche che tali respingimenti debbano sempre avvenire nel rispetto delle norme relative al diritto d'asilo ed esclusivamente attraverso un provvedimento motivato che indichi le ragioni precise di tale respingimento;
l'articolo 21 della direttiva 2004/83/CE richiede agli Stati membri di rispettare il principio di non-refoulement in conformità dei propri obblighi internazionali;
l'articolo 6, comma 5, della direttiva 2005/85/CE stabilisce che allo straniero venga garantita la possibilità di accedere alla procedura volta all'ottenimento della protezione internazionale;
l'articolo 10 della Costituzione italiana sancisce che l'ordinamento giuridico italiano si conforma a tutte le norme di diritto internazionale generalmente riconosciute (primo comma), che esiste una riserva di legge rinforzata in materia di status giuridico dello straniero (secondo comma), che nel territorio della Repubblica è garantito il diritto d'asilo allo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'esercizio delle libertà democratiche;
l'articolo 10 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, prevede che il respingimento non possa applicarsi nei casi previsti dalle disposizioni vigenti disciplinanti l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato o la concessione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari;
l'articolo 19 del suddetto testo unico prevede che in nessun caso sia ammissibile il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere perseguitato per motivi di sesso, razza, religione, lingua, cittadinanza, orientamento politico, di condizioni personali e sociali ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione;
l'articolo 5, comma 2, della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) stabilisce che vi sia l'obbligo di informazione, in lingua comprensibile alla persona interessata, sui motivi alla base della privazione della libertà;
l'articolo 3 del regolamento di attuazione del testo unico fa obbligo di comunicare allo straniero, mediante consegna a mani proprie, un provvedimento di respingimento scritto e motivato;
alla luce di tutte le precedenti affermazioni, si deduce che non possono essere invocati a fondamento giuridico degli atti di respingimento il fatto che essi vengano attuati in virtù di un accordo bilaterale con la Repubblica libica, dal momento che il principio di non-refoulement, in quanto norma di jus cogens, è del tutto inderogabile e gerarchicamente sovraordinato rispetto a qualsiasi altra fonte giuridica,

impegna il Governo:

ad assicurare che le attività di contrasto dell'immigrazione clandestina siano conformi alle norme internazionali consuetudinarie e pattizie, alle norme comunitarie e alle disposizioni costituzionali e ordinarie del nostro Paese;
a rivedere, anche alla luce delle dichiarazioni rilasciate in data 21 settembre 2009 a Bruxelles dal vice presidente della Commissione europea con delega all'immigrazione, Jacques Barrot, e dall'Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati, Antonio Guterres, le politiche di gestione dei flussi migratori nel canale di Sicilia nonché l'implementazione pratica dell'accordo con la Libia, chiarendo la sostanziale differenza tra il pattugliamento del tratto di mare tra Italia e Libia e un comportamento attivo quale quello del respingimento dei migranti intercettati;
ad assicurare procedure d'asilo eque e complete, compreso il diritto di eccepire il timore di trattamento contrario all'articolo 3 della Cedu per ciascuna persona sotto il controllo delle autorità italiane, compresi coloro che vengono intercettati in mare nonché il rispetto della inviolabilità della libertà personale così come stabilito dall'articolo 13 della Costituzione italiana.
(1-00260) «Soro, Zaccaria, Sereni, Bressa, Castagnetti, Livia Turco, Amici, Bachelet, Boccuzzi, Boffa, Brandolini, Marco Carra, Causi, Cavallaro, Cenni, Corsini, D'Antona, De Biasi, De Pasquale, Duilio, Esposito, Farinone, Fedi, Ferranti, Fontanelli, Froner, Ghizzoni, Gnecchi, Graziano, Lucà, Lulli, Marchi, Marchioni, Mazzarella, Melis, Mogherini Rebesani, Motta, Murer, Pistelli, Quartiani, Rampi, Realacci, Rigoni, Samperi, Siragusa, Tullo, Maurizio Turco, Vannucci, Vassallo, Velo, Vernetti, Vico, Villecco Calipari, Viola, Zampa, Lo Moro, Touadi, Narducci, Andrea Orlando, Tidei».

La Camera,
premesso che:
secondo dati diffusi da Fortress Europe, osservatorio sulle vittime dell'emigrazione e rassegna stampa che dal 1988 fa memoria delle vittime delle frontiere europee, dall'inizio del mese di maggio 2009 i respingimenti di cui si ha notizia sono stati circa 1.216 (i dati sono riscontrabili sul sito http://fortresseurope.blogspot.com);
è il 7 maggio 2009 quando le autorità italiane danno inizio ai primi respingimenti: 238 rifugiati e migranti, tra i quali anche 41 donne, di cui 3 in stato di gravidanza, soccorsi in acque internazionali dalla Guardia costiera e dalla Guardia di finanza italiane, vengono ricondotti in Libia; molti di questi migranti arrivati a bordo dei barconi non potevano essere respinti perché provenivano da aree dove sono in atto guerre e persecuzioni, come ad esempio la Somalia, uno dei cinque Paesi meno sviluppati del mondo, nella cui capitale si stanno da tempo intensificando i combattimenti tra estremisti islamici di al-Shabab e le forze del Gun, la coalizione di unità nazionale. Solo nella regione di Mogadiscio si registrano dal 7 maggio a oggi più di 100 morti e 46.000 profughi;
altri episodi di respingimenti collettivi in Libia (Paese che, va ricordato, non ha aderito alla Convenzione di Ginevra del 1951 e che quindi non dispone ancora di un sistema di protezione e non risulta ancora in grado di fornire alcuna garanzia che le persone, anche quelle bisognose di protezione internazionale, non vengano rimpatriate nei loro Paesi di origine) si sono succeduti in questi ultimi mesi senza che siano state accertate né l'identità né la nazionalità dei rifugiati, azione fondamentale per stabilire se potevano ottenere lo status di rifugiato politico o di richiedente asilo;
tali decisioni urtano palesemente contro l'articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea che recita: «Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.» e le disposizioni della Convenzione di Ginevra che impongono il «non refoulement» degli aventi diritto all'asilo politico, che in pratica sono quasi il 30 per cento dei migranti che partono dalla Libia;
risulta che tutti questi rifugiati e migranti provengono anche da vari Paesi dell'Africa sub-sahariana, ma nessuno dal Maghreb: la maggioranza dalla Nigeria, che nel 2008 ha rappresentato il gruppo più numeroso di richiedenti asilo in Italia; altri dalla Costa d'Avorio, dal Ghana e dal Mali;
risulta inoltre che tutti i naufraghi, a tutt'oggi, vengono trattenuti nel centro di Duisha, vicino Tripoli, che però non prevede la presenza di donne, per le quali è previsto il trasferimento al centro di Zawia, a 40 chilometri dalla capitale;
la portavoce della sezione italiana dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l'Unhcr, Laura Boldrini, ha ricordato che il principio di non respingimento vale anche in acque internazionali e non conosce limitazione geografica, ed è contenuto anche nella normativa europea e nell'ordinamento giuridico italiano;
tra i respinti in Libia il 7 maggio 2009 vi sono 24 persone, per la maggior parte somali ed eritrei, che hanno richiesto allo studio Lana Lagostena Bassi di Roma, di presentare ricorso contro il Governo italiano presso la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo;
il 15 maggio 2009, il rappresentante in Italia dell'Unhcr, Laurens Jolles, ha incontrato il Ministro dell'interno italiano per discutere delle implicazioni derivanti dalla politica dei respingimenti di migranti e richiedenti asilo verso la Libia attuata recentemente dal nostro Governo con la richiesta di riammettere queste persone sul territorio italiano sottolineando che «dal punto di vista del diritto internazionale, l'Italia è responsabile per le conseguenze del respingimento»; il Ministro dell'interno ha poi confermato la propria intenzione di mantenere questa linea affermando: «Andiamo avanti con i respingimenti, del problema si faccia carico l'Unione europea»;
l'Unhcr ha inoltre sottolineato che «il 75 per cento circa dei 36.000 migranti sbarcati sulle coste italiane nel 2008 - due su tre - ha presentato domanda d'asilo, sul posto o successivamente, mentre il tasso di riconoscimento di una qualche forma di protezione (status di rifugiato o protezione sussidiaria/umanitaria) delle persone arrivate via mare è stato di circa il 50 per cento. Nel 2008, la maggior parte delle persone arrivate via mare che ha ottenuto protezione internazionale proviene da Somalia, Eritrea, Iraq, Afghanistan e Costa d'Avorio»;
l'Unione forense per la tutela dei diritti dell'uomo ha ricordato che basterebbe organizzare le navi italiane per poter accogliere le domande d'asilo, nel solco della proposta del Cir per una legge organica sul diritto di asilo e la protezione sussidiaria avanzata nel 2006;
l'ultimo respingimento deciso dal Governo italiano nei confronti di un gruppo di migranti somali, intercettati alla fine d'agosto, su un gommone al largo delle coste siciliane, si è lasciato alle spalle una scia di polemiche e proteste, a cominciare da una lettera inviata dalla Commissione dell'Unione europea tanto all'Italia quanto a Malta, con la quale si chiedono «chiarimenti» sulla vicenda che ha visto coinvolti i due Paesi;
l'articolo 4 del IV protocollo della «Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali», vieta espressamente le espulsioni collettive;
i respingimenti, ancorché occorsi in acque internazionali, riguardano migranti fatti salire a bordo di unità marittime italiane, che in base all'articolo 4 del codice di navigazione sono sotto la giurisdizione dello Stato italiano e quindi sotto il testo unico sull'immigrazione (all'articolo 10, comma 4) come modificato dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, che vieta il respingimento in frontiera «nei casi previsti dalle disposizioni vigenti che disciplinano l'asilo politico, il riconoscimento dello status di rifugiato ovvero l'adozione di misure di protezione temporanea per motivi umanitari»;
l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, ha in questi giorni denunciato le politiche nei confronti degli immigrati, adottate anche dall'Italia, «abbandonati e respinti senza verificare in modo adeguato se stanno fuggendo da persecuzioni, in violazione del diritto internazionale»,

impegna il Governo:

ad attuare una rigorosa politica di contrasto all'immigrazione clandestina colpendo soprattutto le organizzazioni criminali che gestiscono questa inaccettabile tratta di esseri umani;
a non proseguire la pratica dei respingimenti indiscriminati e collettivi degli emigranti più volte compiuti dalla Guardia di finanza che si è trovata a soccorrere in mare, e successivamente trasferire in Libia, oltre un migliaio di extracomunitari negli ultimi mesi;
a rispettare le normative internazionali relative al diritto di quanti si trovano nella condizione di chiedere asilo politico perché provenienti da Paesi in guerra, come è stato abbondantemente accertato per quanti fuggono soprattutto dalla guerra civile in Somalia.
(1-00230) «Di Pietro, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Barbato, Cambursano, Cimadoro, Di Giuseppe, Di Stanislao, Favia, Aniello Formisano, Messina, Misiti, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Pisicchio, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

La Camera,
premesso che:
l'articolo 19 del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica Italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008 prevede l'intensificazione della collaborazione e la definizione di iniziative volte a prevenire il fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori;
i pattugliamenti misti delle coste rientrano tra tali iniziative;
tuttavia, tra il maggio e l'agosto 2009, le unità militari italiane sono state attivamente coinvolte in procedure di respingimento diretto verso le coste africane di natanti carichi di migranti senza aver proceduto ad alcuna loro identificazione, aver rilevato le loro condizioni di salute o verificato i requisiti per la concessione della protezione internazionale;
l'articolo 33 della Convenzione di Ginevra del 1951 sui rifugiati prevede il divieto di espellere o respingere - in nessun modo - un rifugiato verso le frontiere dei luoghi ove la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a causa della sua razza, religione, nazionalità, appartenenza ad una determinata categoria sociale o convinzioni politiche (cosiddetto principio di «non refoulement»);
l'articolo 3 della Convenzione Onu contro la tortura (Cat) vieta l'espulsione e il respingimento verso un territorio dove la persona potrebbe subire tortura, trattamento inumano o degradante o dove esista il concreto rischio di essere espulso verso un territorio dove ci sia un rischio di subire tale trattamento;
l'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (Cedu) dispone un divieto analogo a quello della Convenzione Onu contro la tortura;
l'articolo 14 della Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 sancisce il diritto di chiedere asilo in caso di persecuzione;
alla Corte per i diritti umani di Strasburgo è stato presentato un ricorso italiano da parte di 24 rifugiati somali ed eritrei respinti dall'Italia il 7 maggio 2009 per la violazione all'articolo 3 della Convenzione europea sui diritti umani ed altri articoli della stessa Convenzione;
l'articolo 4 del Protocollo aggiuntivo n. 4 della Cedu vieta in ogni caso misure di espulsione e di respingimento collettive, ovvero senza provvedimenti individualizzati;
secondo le più recenti interpretazioni la direttiva comunitaria 2003/9/CE che prevede l'obbligo di ammissione alla procedura d'asilo a chi lo richiede, si applica anche quando esiste l'effettivo controllo dell'autorità dello Stato membro sulla persona come, nella fattispecie, il comandante della nave militare;
il Codice frontiere Schengen del novembre 2007 prevede che le operazioni di controllo alle frontiere esterne dell'Unione europea siano fatte nel pieno rispetto degli obblighi derivanti dalla Convenzione di Ginevra sui rifugiati;
durante le citate operazioni di respingimento non risulterebbe esser stato applicato l'articolo 3 del regolamento di attuazione del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394 secondo cui il respingimento deve essere «comunicato allo straniero mediante consegna a mani proprie o notifica del provvedimento scritto e motivato, contenente indicazioni delle eventuali modalità di impugnazione»;
il comma 1 dell'articolo 19 del citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e successive modifiche recita «in nessun caso può disporsi l'espulsione o il respingimento verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione per motivi di razza, sesso, lingua, cittadinanza, religione, opinioni politiche, condizioni personali o sociali, ovvero possa rischiare di essere rinviato verso un altro Stato nel quale non sia protetto dalla persecuzione». Lo stesso articolo, al comma 2, vieta l'espulsione di stranieri minori di anni 18 e di donne in stato di gravidanza o nei 6 mesi successivi alla nascita del figlio. Quest'ultimo divieto con sentenza della Corte di Cassazione del 27 luglio 2000, n. 376 è stato esteso al marito convivente della donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio;
tra gli stranieri respinti risulterebbero anche donne in gravidanza e minori e secondo i rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) tra le persone respinte vi sarebbero state persone che avrebbero avuto il diritto di usufruire di protezione internazionale;
inoltre i migranti sarebbero stati respinti verso un Paese in cui non sono riconosciuti i diritti dei rifugiati, non avendo, la Libia ratificato la Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati, né dato attuazione alla Convenzione dell'Organizzazione dell'Unione africana del 1969 sui problemi dei rifugiati in Africa;
la Commissione europea ha chiesto informazioni all'Italia proprio sui respingimenti collettivi, dopo che le procure di Agrigento e Siracusa hanno aperto indagini penali iscrivendo nel registro degli indagati alti esponenti della Guardia di finanza e dopo che la Corte europea dei diritti dell'uomo ha continuato a ricevere gli esposti di quanti sono stati deportati in Libia;
la presidenza svedese di turno dell'Unione europea è determinata a trovare risposte comuni, e ha assicurato che la «solidarietà» fra gli Stati membri sulle richieste di asilo costituisce una priorità, sulla base del «Patto europeo su immigrazione e asilo» sottoscritto da tutti i Paesi dell'Unione europea nel 2008,

impegna il Governo:

ad una maggiore attenzione e osservanza delle leggi nazionali vigenti e delle normative comunitarie ed internazionali in materia di diritto di asilo e ad evitare il riproporsi in futuro di analoghi episodi di respingimenti collettivi di migranti;
a predisporre sulle unità navali addette al pattugliamento delle coste maggiormente soggette a fenomeni di immigrazione clandestina, l'idonea organizzazione per espletare tutte le procedure atte a consentire l'accoglimento delle domande di asilo;
ad attuare una politica di allontanamento e di rimpatrio efficace, nel rispetto della legalità e della dignità umana;
ad adottare ogni utile iniziativa volta a fornire un maggior sostegno ai Paesi terzi perché potenzino la capacità di sviluppare sistemi propri di asilo e protezione nel rispetto della dignità umana;
a favorire l'approvazione e la realizzazione del programma «Stoccolma» promosso dalla presidenza svedese di turno dell'Unione europea, che ha fatto della cooperazione europea in materia di giustizia, affari interni e immigrazione una delle sue priorità.
(1-00266) «Pezzotta, Vietti, Buttiglione, Volontè, Adornato, Compagnon, Ciccanti, Naro, Rao».

La Camera,
premesso che:
negli ultimi anni si è verificata una rapida trasformazione degli equilibri internazionali che avevano regolato i rapporti fra gli Stati nel '900. La caduta del muro di Berlino, di cui si è festeggiato, con grande enfasi, proprio in questa settimana il ventennale, rappresenta uno spartiacque fondamentale nello sviluppo sociale e politico delle società contemporanee;
per evitare che tale ricorrenza assuma una connotazione quasi esclusivamente formale, bisogna accettare con coraggio e definitivamente le sfide che il nuovo mondo nato da quel crollo ci ha posto. Con la caduta del muro di Berlino sono crollati confini non solo geografici, ma anche politici, sociali ed economici, che limitavano, permettendo di governarlo, il mondo di allora. Basterebbe un rapido sguardo alla cartina geografica, soprattutto europea e, in particolare, dell'area balcanica, per comprendere quanto profondi siano stati i cambiamenti;
oggi esiste una mobilità che per certi versi può definirsi estrema, anche per la velocità con cui si caratterizza, che ci era sconosciuta fino a pochi anni fa. Un elemento che va valutato non solo in chiave economica, ma anche sociale e demografica;
la fase di nuova globalizzazione che si sta vivendo necessita di strumenti di controllo adeguati e di una nuova visione del mondo: una necessità che riguarda, in particolare, l'Europa;
l'affermazione di nuovi protagonisti sulla scena mondiale, realtà geopolitiche di carattere continentale, come l'India o la Cina, caratterizzate da uno sviluppo demografico enorme, da un sistema non sempre particolarmente favorevole al rispetto dei diritti umani., da elementi di crescita socioeconomica estremamente dinamica, ci pongono di fronte a nuove e complesse problematiche anche sul piano delle relazioni internazionali;
nell'ottobre 2008 uno dei principali quotidiani bengalesi ha scritto: «È molto significativo che siano stati spesi migliaia di miliardi di dollari per rimettere in sesto i principali istituti finanziari del mondo, mentre i 12,3 miliardi di dollari previsti dall'Onu per combattere la crisi alimentare ancora non si vedono. L'obiettivo di sradicare la povertà estrema entro la fine del 2015 è sempre meno realistico, non per carenza di risorse, ma perché non c'è un vero interesse per i poveri del mondo»;
la pressione demografica sui confini europei è destinata inevitabilmente ad aumentare, in quanto la globalizzazione ha aperto i mercati ma anche le frontiere, determinando un aumento esponenziale della mobilità di uomini e mezzi e riducendo estremamente le distanze;
l'Europa non può reggere il peso dei popoli migranti, in quanto non è in grado di integrare l'enorme massa di uomini che chiedono di entrare nei suoi confini, né può farlo l'Italia o nessun altro singolo Paese europeo;
non è pensabile riuscire a fronteggiare l'attuale situazione senza una serie di regole chiare che permettano di governare gli ingressi dei migranti in Europa e nel nostro Paese;
è necessario ragionare su come sviluppare una politica comune a livello europeo di fronte all'aumento dei flussi migratori ed è fondamentale focalizzare gli strumenti e le politiche attive più adeguate a gestire la «globalizzazione», affinché la stessa diventi una possibilità di sviluppo e non un processo di ulteriore aumento delle differenze a livello planetario;
a livello europeo, si deve prendere atto che non esiste una lista di «Paesi sicuri»: di quei Paesi, cioè, dai quali si da per certo che non possa provenire un rifugiato;
non si può accettare che richieste di asilo politico diventino lo strumento per ingressi clandestini in Europa, avendo coscienza e conoscenza del fatto che molti immigrati nascondono la propria identità volutamente, con il fine specifico di non farsi riconoscere e con la certezza che i tempi necessari alle autorità per il loro riconoscimento gli permetteranno di far perdere le proprie tracce;
appare necessario che il Governo prosegua nella sua azione di persuasione delle istituzioni europee rispetto all'introduzione del principio del burden sharing, affinché venga declinato con l'individuazione di meccanismi strutturati (non più su base volontaria) per la ridistribuzione degli immigrati intercettati nel corso delle operazioni marittime coordinate da Frontex;
nella stessa ottica è fondamentale il rafforzamento dell'impegno per la piena attuazione del sistema europeo di asilo attraverso la fissazione di status, procedure e livelli di accoglienza unici e, in questa prospettiva, l'attuazione del futuro Ufficio europeo di supporto per l'asilo;
su queste basi dovrebbero essere avviati progetti per il trattamento delle domande di protezione al di fuori del territorio dell'Unione europea, che consentirebbero di istituire canali dedicati all'ingresso dei richiedenti asilo nell'Unione;
il Governo italiano, anche nell'ottica di un concreto e necessario controllo dei flussi migratori, ha raggiunto con la Libia un accordo storico di enorme importanza anche per l'intera Europa;
il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 e ratificato con legge 6 febbraio 2009, n. 7, persegue l'obiettivo strategico per un verso della chiusura definitiva del «capitolo del passato», con la soluzione dei contenziosi bilaterali, e, per altro verso, della costruzione di una nuova fase delle relazioni italo-libiche, basata sul rispetto reciproco, sulla pari dignità e su un rapporto paritario e bilanciato;
nel Trattato si afferma l'impegno a operare per il rafforzamento della pace, della sicurezza e della stabilità, in particolare nella regione del Mediterraneo, e si è ribadita la centralità delle Nazioni Unite nel sistema delle relazioni internazionali, impegnando le parti ad adempiere in buona fede agli obblighi derivanti dai principi e dalle norme del diritto internazionale universalmente riconosciuti, nonché inerenti al rispetto dell'ordinamento internazionale;
in particolare, all'articolo 19 è stata prevista l'intensificazione della collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata, al traffico di stupefacenti e all'immigrazione clandestina, con un richiamo all'accordo firmato a Roma il 13 dicembre 2000 e con un esplicito riferimento alle successive intese tecniche, tra cui, in particolare, per quanto concerne la lotta all'immigrazione clandestina, i protocolli di cooperazione firmati a Tripoli il 29 dicembre 2007. Secondo quanto stabilito, le due parti si impegnano a promuovere la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, da affidare a società italiane in possesso delle competenze tecnologiche necessarie. L'Italia, in particolare, si è impegnata a sostenere il 50 per cento dei costi di realizzazione di tale sistema, mentre per il restante 50 per cento Italia e Libia chiederanno all'Unione europea di farsene carico, tenuto conto delle intese intervenute tra Tripoli e Bruxelles con la firma di un Memorandum of understanding (MoU) nel luglio 2007. Su un piano più generale, le due parti hanno deciso di collaborare alla definizione di iniziative volte a prevenire il fenomeno dell'immigrazione clandestina nei Paesi di origine dei flussi migratori;
l'accordo rappresenta una svolta decisiva nella definizione di un approccio più adeguato e realistico, in un'ottica mediterranea e continentale, alla necessità di un controllo adeguato dei flussi migratori che investono in questi anni l'intero continente europeo;
la Libia non è un Paese di emigrazione, costituisce, però, un territorio di transito per l'immigrazione sub-sahariana, macroregione estremamente povera e, peraltro, vittima di continui conflitti: Sudan, Ciad e Niger sono gli Stati che toccano il fianco sud della Libia. A partire dal 2003 in Sudan si è sviluppata una drammatica crisi umanitaria, che nella regione del Darfur ha finora provocato circa 300.000 morti e più di due milioni tra sfollati e rifugiati. Questa massa migratoria genera ripercussioni anche nel vicino Ciad, costretto ad ospitare numerosi campi profughi. Anche il Niger è territorio di transito di migranti provenienti dalla Nigeria, lo Stato più popoloso dell'Africa e con prospettive di crescita demografica allarmanti. L'immigrazione sub-sahariana include anche flussi originari della regione del Corno d'Africa, dove le prospettive di sviluppo sono indebolite dalla persistente tensione militare sul confine etiopico-eritreo e dall'insoluta crisi somala;
tutte le rotte migratorie convergono verso il lunghissimo confine meridionale della Libia, estremamente permeabile in quanto territorio desertico e carente di adeguate strutture di monitoraggio. La limitatezza dei mezzi è un problema che emerge anche per quanto riguarda i quasi 1800 chilometri di costa mediterranea, per i quali la Libia non dispone di forze navali sufficienti per il pattugliamento;
la Libia è, dunque, ponte di transito per flussi migratori di enorme portata, che inevitabilmente trovano nel Mediterraneo e nell'Italia in particolare l'approdo naturale, e pensare di non governare questa nuova realtà, appellandosi ad una sorta di indistinto diritto alla migrazione, senza regole e controlli, appare oltremodo irrealistico e pericoloso;
anche per questo motivo il Governo italiano ha optato per un'intesa bilaterale con la Libia, procedendo lungo un percorso già avviato dal Governo precedente, in quanto la via dell'accordo bilaterale è coerente con l'interesse dell'Italia ad una compartecipazione costruttiva nella gestione del flusso migratorio;
il Trattato di amicizia ha, inoltre, il pregio di coinvolgere sempre di più la Libia su un percorso virtuoso in tema di diritti umani. Il Paese africano non ha sottoscritto, infatti, la Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati, ma ha firmato e ratificato la Convenzione dell'Unione africana del 1969 relativa a specifici aspetti della problematica dei rifugiati in Africa, che è complementare alla Convenzione di Ginevra e impegna Tripoli a garantire protezione non solo ai perseguitati, ma anche alle vittime di invasioni, guerre civili e altri eventi di ben più ampia portata rispetto addirittura a quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra. Inoltre, attualmente la Presidenza dell'Assemblea generale dell'Onu è ricoperta da un rappresentante della Libia;
fondamentale sarà l'azione dell'Italia in seno alle istituzioni europee. In materia di immigrazione l'Unione europea ha recentemente approvato la direttiva 2008/115, che stabilisce standard e procedure comuni per il rimpatrio degli immigrati irregolari e sponsorizza la cooperazione degli Stati membri con i Paesi di origine e di transito. L'Unione europea si è interessata alla rotta migratoria che attraversa la Libia, con un progetto specifico di monitoraggio della frontiera con il Niger, un progetto rientrante nel programma quadro «Asilo e migrazione»;
nel contempo Frontex, l'agenzia comunitaria per la gestione delle frontiere, è impegnata in attività di formazione della polizia doganale libica e trasferimento di tecnologie, ma occorre che il Governo prosegua nella richiesta di miglioramento dell'Agenzia, quanto a capacità di assistere gli Stati membri più esposti al fenomeno migratorio e di ottenere un maggiore coinvolgimento di tutti i Paesi membri e dei Paesi terzi nelle operazioni congiunte;
l'Unione europea ha le potenzialità per incidere in profondità nei rapporti che intrattiene con i suoi interlocutori sul piano delle relazioni esterne: su queste potenzialità il nostro Paese deve investire la sua azione diplomatica. L'Italia con il Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 diviene portavoce e riferimento di una politica estera di vicinato dell'intera Unione europea, che nei confronti della Libia può dimostrare una grande forza di attrazione;
l'iniziativa di riconsegna degli immigrati irregolari alla Libia è stata effettuata in conformità al vigente quadro normativo interno ed internazionale;
i citati Protocolli aggiuntivi al Trattato di amicizia del 29 dicembre 2007 e l'ulteriore protocollo aggiuntivo del 4 febbraio 2009, sottoscritto dal Ministro dell'interno, prevedono la possibilità di organizzare dispositivi di pattugliamento congiunto in mare, con operazioni di controllo, ricerca e salvataggio in acque territoriali libiche ed in alto mare, da svolgere nel rispetto delle convenzioni internazionali;
la Convenzione per la salvaguardia della vita umana in mare (cosiddetta Convenzione Solas) del 1974, alla quale il nostro Paese ha aderito con legge n. 313 del 1980, invita gli Stati a contrastare le pratiche pericolose associate al trasporto di migranti via mare, impedendo la partenza delle imbarcazioni «a rischio», anche di bandiera estera, dalle proprie coste o dai propri porti;
le operazioni di pattugliamento congiunto attuate sono dirette a rafforzare proprio la responsabilità e la capacity building della Libia, anche sotto questo aspetto, e per questo non costituiscono né ipotesi di respingimento alla frontiera italiana, né ipotesi di mancato soccorso in mare;
la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (cosiddetta Convenzione Unclos o di Montego Bay), ratificata dall'Italia nel 1994, attribuisce all'unità navale di uno Stato, che intercetta una nave priva di nazionalità, il potere di inseguirla, fermarla, abbordarla e condurla entro un porto nazionale, laddove vi sia il sospetto, tra l'altro, di tratta degli schiavi;
il Protocollo addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale del 2000, entrato in vigore in Italia il 1o settembre 2006 e in Libia il 24 ottobre 2004, attribuisce ad unità navali di uno Stato che sospetti che un'imbarcazione priva di nazionalità eserciti traffico illegale di immigrati il potere di chiedere agli altri Stati di aiutarla a porre fine a tale pratica, anche fermando ed abbordando il natante;
la riduzione di oltre il 90 per cento degli sbarchi dall'inizio di maggio 2009 a settembre 2009, con una differenza di circa 17 mila persone in meno sbarcate dalla Libia rispetto allo stesso periodo del 2008, ha dimostrato che la politica delle riconsegne effettuate dal ministero dell'interno funziona;
l'Italia ha il dovere di continuare ad attuare una politica di riconsegna alla Libia, impedendo che il ricorso al diritto di asilo diventi uno strumento per aggirare le norme che regolano l'ingresso in Europa, ma non può farlo da sola: può e deve invece sensibilizzare l'Europa a muoversi in maniera coerente,

impegna il Governo:

a proseguire nell'azione di controllo e regolamentazione dei flussi migratori, al fine di contrastare con determinazione ogni forma di immigrazione clandestina, con lo scopo di attuare politiche attive capaci di contemperare i diritti dei popoli migranti con i diritti dei popoli residenti;
a proseguire nella lotta alla criminalità organizzata che regola e gestisce i flussi di immigrati clandestini;
a proseguire nell'azione di difesa e garanzia dei necessari livelli di sicurezza nel nostro Paese, contrastando a questo fine l'immigrazione clandestina e promuovendo l'immigrazione legale;
ad intervenire nei confronti dell'Unione europea affinché si definisca una politica comune di gestione e controllo dei flussi migratori a difesa degli equilibri sociali ed economici delle popolazioni europee ed affinché l'Europa possa diventare la meta di un'immigrazione effettivamente sostenibile, la sola capace di determinare sviluppo e progresso;
a proseguire nell'azione di riconsegna alla Libia degli immigrati irregolari, così come delineatasi in questi ultimi mesi, che ha drasticamente ridotto i rischi di tragedie in mare.
(1-00275) «Cicchitto, Cota, Bocchino, Santelli, Luciano Dussin, Bruno, Dal Lago, Calderisi, Pastore, Bernini Bovicelli, Vanalli, Bertolini, Volpi, Bianconi, Cristaldi, Calabria, De Girolamo, Distaso, La Loggia, Laffranco, Lorenzin, Orsini, Pecorella, Sbai, Stasi, Stracquadanio».

MOZIONI CIOCCHETTI ED ALTRI N. 1-00222 E ZAZZERA ED ALTRI N. 1-00274 CONCERNENTI INIZIATIVE A FAVORE DELLE ASSOCIAZIONI SPORTIVE CHE PROMUOVONO LE FORMAZIONI GIOVANILI E PER LA TUTELA DEI COSIDDETTI VIVAI NAZIONALI

Mozioni

La Camera,
premesso che:
le rappresentative italiane dei principali sport di squadra (calcio, pallacanestro, pallavolo ed altri) stanno inanellando una serie di insuccessi, sonoramente rimarcati dai numerosissimi tifosi che seguono con passione e con sacrifici economici le prestazioni dei nostri atleti;
a fronte di un palmares e di una storia, soprattutto calcistica, che ha vista la nostra nazionale essere punto di riferimento e i nostri giocatori famosi in tutto il mondo, le ultime prestazioni fanno registrare una fase di stallo, evidenziando le difficoltà degli «azzurri» di essere all'altezza della nostra storia;
i deludenti risultati sono ancor più gravi, se paragonati ai risultati e ai rendimenti offerti da nazionali di Paesi meno ricchi o che magari si affacciano timidamente alle prime manifestazioni internazionali in sport meno popolari tra i loro cittadini;
la presenza di titolari provenienti da federazioni straniere nelle squadre di calcio, di basket e di pallavolo è sempre più diffusa fino a raggiungere, in alcuni casi, addirittura la totalità dei giocatori titolari, riducendo, pertanto, le possibilità per gli atleti provenienti dalle formazioni minori di emergere e di imporsi a livello di prima squadra, inoltre la tendenza ad acquistare giocatori in giro per il mondo, fa crescere il disamore per squadre e giocatori;
la regolamentazione sportiva italiana non prevede un obbligo, per le società sportive aderenti alle federazioni, di schierare fra i titolari una maggioranza o una quantità predefinita di giocatori italiani, per effetto della sentenza Bosman e della normativa in materia di libera circolazione dei lavoratori in ambito comunitario;
nel caso del calcio, la sentenza Bosman del 1995 proibì alle leghe calcistiche nazionali degli Stati dell'Unione europea, e anche alla Uefa, di porre un tetto al numero di calciatori stranieri qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione europea, poiché all'epoca, molte leghe ponevano dei limiti al numero dei non-nazionali ai quali era permesso far parte delle squadre;
la tutela della libera circolazione dei lavoratori in Europa, ha involontariamente aperto le porte all'anarchia dei club e, nonostante la proposta del segretario Blatter di obbligare le squadre ad avere almeno sei giocatori del proprio Paese sia stata bocciata dall'Unione europea, la Commissione si sarebbe detta pronta a introdurre un protocollo di modifica della normativa che tuteli la peculiarità dello sport anche perché «i trattati Ue sono stati fatti per l'economia e non per lo sport»;
in occasione del congresso Uefa dell'aprile 2005 a Tallinn, il vice-presidente, Ravn Omdal, in ordine alla limitazione degli stranieri, propose rose di venticinque elementi con almeno otto «home grown players», cioè giocatori che si sono formati nel club o nel Paese di residenza, a prescindere dalla nazionalità;
altre federazioni europee, vedi la Romania, hanno, invece, applicato una regola che obbliga i club di calcio a far giocare almeno 6 atleti romeni;
è giunto il momento, dunque, di rilanciare il made in Italy anche nel settore dello sport, valorizzando quelle società e quelle associazioni sportive, sia professionistiche dilettantistiche, che prestano una particolare attenzione alle formazioni giovanili;
sarebbe opportuno predisporre iniziative volte a valorizzare l'importanza e la specialità della formazione di giocatori indigeni all'interno delle società e delle associazioni sportive,

impegna il Governo:

ad attivarsi presso le istituzioni europee affinché vengano accelerate le procedure per l'adozione di un protocollo che tuteli le peculiarità nello sport, ipotizzato dalle commissioni, anche al fine di tutelare i vivai nazionali;
a prevedere forme di incentivo, anche di tipo fiscale, in favore di quelle società o associazioni sportive che investono nelle formazioni giovanili al fine di tutelare e favorire, in prospettiva, la competitività delle nazionali maggiori dei principali sport di squadra.
(1-00222) «Ciocchetti, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Cera, Volontè, Compagnon, Ciccanti, Galletti, Occhiuto, Libè, De Poli, Rao».

La Camera,
premesso che:
studi condotti dall'Uefa mostrano come ormai, da una quindicina d'anni, le competizioni Uefa per squadre di club calcistiche e i campionati nazionali siano caratterizzati da una minore competitività: in molti Paesi, infatti, sono sempre le stesse squadre a lottare per il titolo;
a seguito della sentenza Bosman, emanata dalla Corte di giustizia europea nel 1995, le tendenze ormai sono chiare: rispetto al 1995/1996, il numero di giocatori di una federazione nazionale cresciuto nei vivai della stessa federcalcio è diminuito del 35 per cento; i club più ricchi, quindi, hanno la possibilità di assicurarsi i migliori giocatori e sono meno incentivati ad allenare giocatori in casa e ad offrire loro una possibilità concreta;
la sentenza Bosman, valida tuttora, proibisce, inoltre, all'Uefa e alle leghe calcistiche nazionali degli Stati dell'Unione europea di porre un tetto al numero di calciatori stranieri in prima squadra, qualora ciò discriminasse cittadini dell'Unione europea. All'epoca, molte leghe ponevano, infatti, dei limiti al numero dei non-nazionali che potessero far parte delle squadre;
in Italia nel 1980 (anno della riapertura delle frontiere) poteva essere tesserato massimo uno straniero per squadra. Attualmente, in serie A di calcio, il numero degli stranieri tesserati si aggira intorno a 240, ai quali vanno aggiunti i 60 delle formazioni che partecipano al campionato primavera;
numeri considerevoli che vanno necessariamente collegati alla scarsa fiducia nei vivai. Il sostanzioso utilizzo di calciatori stranieri non è la causa, ma solo la logica conseguenza di questo male. I club italiani, piuttosto che investire su giovani prodotti nostrani, preferiscono prendere all'estero un atleta già formato, meglio ancora se con esperienze internazionali già alle spalle;
tuttavia, norme per promuovere giocatori del vivaio sono in vigore in Uefa Champions league, Coppa Uefa e diversi campionati nazionali in Europa; i club impegnati nei suddetti tornei devono inserire nel loro organico un numero minimo di giocatori cresciuti nelle giovanili;
il Ministro per le politiche europee, Andrea Ronchi, intervenendo nel dibattito sull'identità dello sport italiano, apertosi dopo i risultati ottenuti dalle squadre nazionali ai giochi olimpici di Pechino, ha dichiarato che «lo sport italiano continua a perdere la sua identità. Il numero degli atleti stranieri nei nostri campionati va costantemente aumentando e l'identità delle nostre compagini sportive resta legata quasi esclusivamente al legame storico e affettivo che queste hanno con una città o una tifoseria piuttosto che alla presenza di giocatori simbolo, cresciuti nei vivai. Non si tratta di voler far la guerra allo straniero, né tanto meno si vuol mettere in gioco principi quali l'integrazione o la libera circolazione dei lavoratori, ma lo sport è un settore particolare dove l'identità nazionale deve essere tutelata. E lo stesso Trattato di Lisbona, ratificato dall'Italia, stabilisce la «specifica natura dello sport»;
la tutela dei vivai, la possibilità per i nostri atleti di trovare spazio nei club, la competitività delle nostre nazionali sono temi che stanno a cuore di tutti gli sportivi italiani;
negli ultimi anni lo sport dilettantistico è cresciuto in Italia in maniera consistente: oggi i praticanti sono oltre 11 milioni e gli iscritti alle diverse federazioni oltre 3 milioni e mezzo;
l'11 luglio 2007 è stato presentato dalla Commissione europea il libro bianco sullo sport, prima iniziativa globale nel campo dello sport, che fornisce un orientamento strategico sul ruolo dello sport nell'Unione europea e sulla sua importanza sociale ed economica;
lo sport in tutte le sue forme, praticato a livello agonistico e dilettantistico, rappresenta un importante strumento formativo d'integrazione sociale e di dialogo culturale, nonché uno strumento prezioso per la diffusione di valori fondamentali, quali, l'impegno, lo spirito di squadra, la lealtà e il sacrificio;
il Comitato olimpico nazionale italiano (Coni), ente legislativamente delegato dallo Stato alla promozione ed alla diffusione dello sport italiano, adempie ai suoi compiti istituzionali tramite le federazioni sportive nazionali, gli enti di promozione sportiva e le discipline sportive associate, organismi ai quali sono affiliate oltre 95.000 società e associazioni sportive dilettantistiche e per i quali sono tesserati e praticano assiduamente attività sportiva oltre 30 milioni di soggetti di qualsiasi età;
la realtà dello sport dilettantistico non è, però, affidata soltanto a coloro che praticano attività sportiva: va considerata, infatti, l'elevata platea dei cosiddetti «volontari», di coloro, cioè, che prestano la loro opera di volontariato «sportivo» senza percepire nessuna sorta di remunerazione e che sono, però, necessari, anzi indispensabili alla realizzazione delle attività poste in essere dall'intero movimento dilettantistico;
si tratta di medici, paramedici, fisioterapisti, giudici, cronometristi che, senza il clamore dei grandi eventi, svolgono una primaria funzione educatrice, ancor prima che allo sport, al rispetto dei valori civici e alla libertà dell'aggregazione sociale, favorendo la sana crescita fisica e educativa di migliaia di ragazzi e giovani;
in un desolato panorama in cui ingenti somme di denaro ruotano attorno allo sport dei professionisti, del calcio, della Formula 1 e delle scommesse, non si trovano le risorse per lo sport dilettantistico e giovanile,

impegna il Governo:

a predisporre iniziative volte a valorizzare i vivai nazionali, al fine di motivare i giovani atleti con progetti concreti e salvaguardare così l'identità nazionale dello sport italiano;
ad adottare iniziative volte a prevedere, al fine di favorire l'accesso e la diffusione collettiva della pratica sportiva, forme di agevolazioni fiscali e tributarie a sostegno di tutto lo sport dilettantistico.
(1-00274) «Zazzera, Donadi, Di Stanislao, Piffari».

MOZIONE DONADI ED ALTRI N. 1-00271 CONCERNENTE INIZIATIVE PER IL SOSTEGNO DEI REDDITI DA LAVORO E DA PENSIONE

Mozione

La Camera,
premesso che:
in presenza dell'aggravarsi dei segnali di crisi economica negli ultimi mesi del 2008, il Governo effettuava interventi d'urgenza (i decreti-legge n. 185 del 2008, n. 5 e n. 78 del 2009), che recavano una serie di interventi di sostegno all'economia;
l'azione di sostegno alla domanda è stata indubbiamente limitata dal debito pubblico del passato. Gli interventi attuati finora per attenuare i costi sociali della recessione hanno, soprattutto, utilizzato risorse già stanziate per altri impieghi;
nel 2009 gli interventi «anticrisi» del Governo hanno avuto un impatto praticamente nullo in termini di manovra netta (effetto sull'indebitamento netto) e, pertanto non segnano alcuna inversione di rotta rispetto all'impostazione fortemente restrittiva del decreto-legge n. 112 del 2008;
sotto il profilo quantitativo, secondo l'Ocse, il Governo italiano ha stanziato in funzione «anticrisi» risorse nette pari praticamente a zero nel triennio 2008-2010, contro una media ponderata dei Paesi Ocse pari al 3,9 per cento del prodotto interno lordo (4,2 per cento per i soli Paesi che hanno adottato una politica fiscale espansiva);
nel complesso, le risorse stanziate in funzione «anticrisi» dai decreti-legge citati sono, dunque, pari a 85 milioni nel 2009, 2.102 milioni nel 2010 e 2.469 milioni nel 2011;
in termini di prodotto interno lordo, sono numeri assai limitati: zero nel 2009, -0,14 per cento nel 2010 e 0,15 per cento nel 2011;
Confindustria e Confcommercio sono preoccupate e le organizzazioni sindacali mobilitano i loro iscritti; la disoccupazione aumenta, i livelli di povertà anche, le sperequazioni dei redditi pure e le prospettive sono per ulteriori chiusure di fabbriche e per ulteriore perdita di posti di lavoro;
la crisi pesa ora, soprattutto, sul mondo del lavoro: nel nostro Paese il tasso di disoccupazione da gennaio a settembre 2009 è salito dal 6,8 per cento al 7,4 per cento ed esso continuerà a salire nei prossimi mesi, perché la reazione del mercato del lavoro si muove con ritardo rispetto al ciclo economico;
dall'inizio dell'anno ad ottobre 2009 sono state richieste 716 milioni di ore di cassa integrazione, più che quadruplicate rispetto al 2008. Ad ottobre 2009 il dato di crescita della cassa integrazione rispetto all'anno precedente è del 322 per cento e del 419 per cento per la sola ordinaria. Le domande di disoccupazione supereranno nel 2009 - secondo le previsioni dei sindacati - il numero di un milione per la prima volta in Italia;
la domanda non potrà che restare sotto tono: l'andamento del prodotto interno lordo non basta a definire se la crisi è finita e non può rappresentare una guida per le politiche economiche. Il presidente del Fondo monetario internazionale, Strauss-Kahn, lo ha sottolineato in una sua recente dichiarazione: «Ci sono alcuni dati incoraggianti (...) questo, però, non significa che la crisi è terminata: non sarà finita fino a quando la disoccupazione non inizierà a ridursi e questo potrebbe accadere tra molti mesi. Se vogliamo evitare i rischi di una doppia recessione, è assolutamente troppo presto per ritirare le politiche di stimolo». Politiche, peraltro, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, quasi del tutto assenti per quanto concerne il nostro Paese;
ma la crisi colpisce anche i redditi delle famiglie: secondo l'Istat, fra aprile e giugno 2009, rispetto al trimestre precedente, il reddito lordo è sceso di quasi 11 miliardi di euro. Di conseguenza, i consumi finali sono scesi dello 0,5 per cento: la crisi che colpisce consumi e risparmi continua a manifestare i suoi effetti e rende irrinunciabile una politica che metta al centro la tutela dei redditi più modesti;
questi dati si inseriscono in una tendenza di lungo periodo che penalizza nel nostro Paese i redditi della stragrande maggioranza delle classi medie, lavoratori dipendenti e quanti ad essi assimilabili per condizione di lavoro: la Banca d'Italia ha calcolato che dal 1993 al 2006 la quota di operai in condizioni economiche difficili (reddito inferiore al 60 per cento della media italiana) è aumentata dal 27 al 31 per cento, per impiegati e dirigenti è salita del 2 per cento, mentre per le altre categorie attive diminuisce dal 25 al 14 per cento;
la distribuzione del reddito si muove, dunque, a svantaggio del lavoro dipendente, sia nel mercato del lavoro, sia sul terreno fiscale e della spesa sociale, diventando una delle cause principali della crisi attuale;
dello stesso parere è anche l'International labour organization (Ilo) dell'Onu, che nel suo «Rapporto sul salario mondiale: aggiornamento 2009» sostiene che «il continuo peggioramento dei salari reali nel mondo fa seriamente aumentare le domande sull'effettiva estensione della crescita economica, specie se i Governi interromperanno troppo presto le misure di stimolo. La deflazione salariale, infatti, priva le economie nazionali della necessaria domanda e incide negativamente sulla fiducia»;
infatti, l'attuale recessione dimostra che povertà e diseguaglianze non sono state e non sono né un incidente, né un'appendice dei processi economici in corso, ma un elemento strutturale;
la competizione sui costi per tentare di attrarre o di mantenere una parte della domanda su scala internazionale attualmente depressa è una politica illusoria, poiché le produzioni labour intensive sono ormai trasferite in altre parti del mondo;
in attesa di una politica europea comune di rilancio dell'economia, il sostegno alla domanda deve partire a livello nazionale,

impegna il Governo:

a prevedere tra le priorità su cui concentrare le poche risorse finanziarie disponibili, anche al fine di rilanciare la domanda e dare uno stimolo alla ripresa economica:
a) la riduzione dell'imposta sulle tredicesime per alleggerire il carico irpef sui redditi bassi e medi da lavoro e da pensione;
b) il sostegno dei redditi dei lavoratori, anche per facilitare il mantenimento in azienda di preziose professionalità in attesa del superamento della crisi attuale, con il raddoppio dei tempi della cassa integrazione ordinaria, passando da 52 a 104 settimane almeno per i prossimi due anni.
(1-00271) «Donadi, Di Pietro, Borghesi, Evangelisti, Di Stanislao, Cambursano, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Favia, Aniello Formisano, Messina, Monai, Mura, Leoluca Orlando, Paladini, Palagiano, Palomba, Piffari, Porcino, Razzi, Rota, Scilipoti, Zazzera».

MOZIONI CASINI ED ALTRI N. 1-00264, GHIGLIA, ALESSANDRI, IANNACCONE ED ALTRI N. 1-00270, REALACCI ED ALTRI N. 1-00272 E PIFFARI ED ALTRI N. 1-00273 SUI CAMBIAMENTI CLIMATICI E SULLE CONNESSE POLITICHE PUBBLICHE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
le decisioni sulla strategia europea in merito a energia e ambiente approvate dal Consiglio europeo nel marzo 2007 hanno delineato un quadro di riferimento comune nel settore energetico;
in sede europea appaiono rilevanti anche il pacchetto sul clima e l'energia adottato dal Parlamento europeo il 17 dicembre 2008, nonché la sua posizione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva del Consiglio n. 2003/87/CE al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario di scambio delle quote di emissione dei gas ad effetto serra e sulla proposta di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas ad effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra entro il 2020;
in ambito internazionale si sono tenute la quattordicesima conferenza delle parti (Cop 14) della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc) e la quarta conferenza delle parti agente come riunione delle parti del Protocollo di Kyoto (Cop/Mop 4), a Poznan (Polonia) dal 1o al 12 dicembre 2008;
il documento finale approvato l'11 dicembre 2008 dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati (doc. XVIII, n. 7) in occasione dell'esame delle proposte di direttive sul pacchetto clima impegna il Governo - tra l'altro - "a valorizzare i meccanismi di flessibilità previsti dal pacchetto, (...) tenendo conto delle peculiarità di ciascun Paese, prima fra tutte il mix delle fonti utilizzato da ciascun Stato membro per la propria generazione di energia elettrica nonché il contributo consolidato di fonti di energia rinnovabile (Fer);
con le mozioni 1-00065, (approvata nella seduta del 27 novembre 2008) e 1-00122 (approvata nella seduta del 24 febbraio 2009) la Camera dei deputati ha impegnato il Governo a realizzare una serie di iniziative per favorire uno sviluppo ambientale sostenibile, intervenendo nei settori della mobilità, dell'edilizia, dell'efficienza energetica, delle fonti rinnovabili e delle politiche sostenibili per colmare i ritardi rispetto all'attuazione del Protocollo di Kyoto e per facilitare il raggiungimento di un nuovo accordo globale per una significativa riduzione dei gas ad effetto serra in vista della conferenza Onu sul clima di Copenhagen;
le conclusioni del congresso scientifico internazionale intitolato: «Cambiamenti climatici: rischi, sfide e decisioni a livello mondiale» («Climate change: global risks, challenger and decisions»), svoltosi dal 10 al 12 marzo 2009, organizzato dall'università di Copenhagen in collaborazione con i membri dell'Alleanza internazionale delle università per la ricerca", hanno messo in evidenza l'obiettivo primario di fornire una sintesi delle conoscenze scientifiche, tecnologiche e politiche necessarie per prendere decisioni intelligenti e sostenibili di mitigazione e adattamento per le comunità internazionali, quali risposte ai cambiamenti climatici;
in tale ambito va tenuto altresì conto degli impegni e delle deliberazioni assunte negli ultimi appuntamenti internazionali de L'Aquila e nelle riunioni propedeutiche svoltesi a Siracusa dal 22 al 24 aprile 2009 e dal 3 al 5 aprile 2009 al Forum sulle tecnologie a basso contenuto di carbonio svoltosi a Trieste nonché della comunicazione della Commissione del 28 gennaio 2009 dal titolo «Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenhagen»;
la dichiarazione finale del vertice del G20 di Pittsburgh del 24 e 25 settembre 2009 impegna le 20 maggiori economie mondiali a rimuovere i «sussidi inefficienti di medio termine» per i combustibili fossili, e a promuovere il risparmio energetico, l'efficienza energetica, le fonti di energia alternative e rinnovabili, la crescita sostenibile, la diffusione di tecnologie pulite e capacity building;
le ultime deliberazioni del Consiglio europeo di Bruxelles di fine ottobre 2009 hanno sancito l'impegno dei 27 Paesi dell'Unione europea a finanziare un fondo da negoziare alla conferenza sul clima di Copenhagen per un pacchetto di aiuti internazionali ai Paesi più poveri di 100 miliardi di euro l'anno tra il 2013 e il 2020 per ridurre le emissioni nocive;
nella prossima conferenza che si terrà a Copenhagen dal 7 al 18 dicembre 2009, si dovranno concludere i negoziati su un accordo definitivo ed organico sui cambiamenti climatici coerente con l'obiettivo di limitare gli aumenti della temperatura globale a meno di 2 gradi al di sopra dei livelli preindustriali, considerato dalla maggioranza degli studiosi la soglia per evitare drammatici mutamenti;
l'Unione europea ha cercato di assumere politiche di contrasto al riscaldamento globale e la stessa deve mantenere un ruolo centrale predisponendo un'azione politica univoca, pur non mancando di ascoltare, valutare e tenere conto delle esigenze e peculiarità degli Stati membri;
l'Unione europea ha adottato un pacchetto sul clima e l'energia contenente obiettivi virtuosi e ambiziosi;
la crisi economica subita da tutti gli Stati del mondo ha obbligato gli stessi ad agire con misure politiche ed economiche di contrasto che di fatto hanno condizionato in negativo l'orientamento di risorse e strategie degli Stati verso l'emergenza climatica;
ad oggi molti Paesi europei, e l'Italia in particolare, rimangono altamente dipendenti dalle fonti fossili tradizionali di approvvigionamento;
l'efficienza energetica potrebbe ridurre di oltre un quarto le emissioni di gas serra e la deforestazione potrebbe essere quasi arrestata;
l'ammodernamento e l'interconnessione delle reti di distribuzione energetica risultano essere condizione fondamentale per l'utilizzo razionale delle forniture energetiche;
l'efficienza delle reti idriche costituisce condizione necessaria per garantire, oltre che la tutela di un bene primario, un considerevole risparmio energetico;
pur tenendo conto della apprezzabile e storica consapevolezza dell'emergenza climatica assunta da nazioni come Cina e India durante i recenti vertici de L'Aquila e di Pittsburgh, l'obiettivo di aumentare la temperatura media globale a non più di 2 gradi al di sopra dei livelli pre-industriali può essere raggiunto non solo se i Paesi industrializzati riducono sensibilmente le proprie emissioni, ma anche se al conseguimento di tale obiettivo contribuiscono i Paesi emergenti,

impegna il Governo:

in occasione del vertice di Copenhagen a farsi promotore di iniziative che:
a) prevedano meccanismi che, nel rispetto del cosiddetto «pacchetto clima», tengano conto della crisi economica mondiale aiutando gli Stati membri ad indirizzare sforzi e risorse verso efficaci politiche ambientali ed energetiche di risposta all'emergenza climatica;
b) nell'ambito del quadro comunitario di sostegno 2007-2013, che disciplina l'utilizzo dei fondi strutturali negli Stati membri, consentano una riallocazione delle risorse, che generalmente vanno disperse o utilizzate in maniera indiscriminata e poco efficace, verso politiche di incentivo agli interventi di risparmio energetico e/o alle iniziative che utilizzino fonti rinnovabili, magari promuovendo iniziative pluriregionali in ottica di risparmio energetico;
c) promuovano un miglioramento delle interconnessioni delle reti energetiche europee in modo da permettere l'utilizzo ottimale dell'energia prodotta e/o acquistata;
d) permettano la destinazione di risorse per il rifacimento, l'ammodernamento e nuovi investimenti delle reti infrastrutturali energetiche, che in alcuni casi costituiscono un palese limite allo sviluppo degli impianti energetici alimentati a fonti rinnovabili;
e) permettano la destinazione di risorse per l'ammodernamento ed il miglioramento, in termini di efficienza, delle reti idriche degli Stati membri, in modo tale da ridurre l'enorme spreco che deriva non solo da un utilizzo distorto delle stesse, ma soprattutto dall'obsoleta tenuta infrastrutturale delle reti;
f) sostengano, presso gli Stati membri, anche attraverso incentivi economici, lo sviluppo dell'edilizia eco-sostenibile, nell'ambito di un corretto ed efficace equilibrio di programmi e piani tra gli Stati membri indirizzando la produzione verso tecniche attente all'ambiente ed all'uomo, in quanto unico protagonista del suo avvenire, come la promozione degli edifici carbon neutral;
g) favoriscano lo sviluppo dei trasporti pubblici eco-sostenibili, soprattutto di quelli alimentati a biocarburanti, anche inserendoli in un contesto di piani di viabilità volti a disincentivare il traffico privato a vantaggio di quello pubblico, la ciclabilità, il risparmio energetico nell'illuminazione pubblica e l'estensione delle aree verdi, il recupero e il riutilizzo delle acque meteoriche e grigie;
h) consentano maggiormente la diffusione della cultura ambientale attraverso iniziative di sostegno e formazione sul ciclo dei rifiuti in termini di miglioramento del risparmio, utilizzo ai fini energetici e riutilizzo a fini di riciclo;
i) sviluppino le attività di ricerca in ambito ambientale ed energetico nonché nuove tecnologie come la cattura dell'anidride carbonica o i combustibili ad idrogeno, a costi limitati, che possano affiancare le tecniche già esistenti e/o migliorarle, in termini di efficienza, per il conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra;
l) permettano di diffondere ed incentivare l'utilizzo dei carburanti eco-sostenibili, soprattutto in riferimento al mercato privato, in modo tale da ridurre progressivamente la dipendenza da combustibili fossili tradizionali;
m) supportino la ricerca finalizzata alla riduzione dei costi di realizzazione degli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, sostenendo inoltre finanziariamente la riconversione delle imprese verso il raggiungimento della massa critica necessaria per competere nei mercati domestici e internazionali;
n) consentano lo sviluppo di una proficua collaborazione tecnica, scientifica ed economica verso i Paesi in via di sviluppo volta a diffondere la consapevolezza dell'importanza della riduzione di emissioni di anidride carbonica, nonché ad investire in tecnologie in grado di permettere il risparmio energetico e la riduzione delle emissioni di gas serra in quelle realtà;
o) sviluppino in modo oculato e persistente tutte le fonti energetiche che comportano un basso impatto in termini di emissione di anidride carbonica, sostenendo in particolar modo e senza pregiudizi la strada del nucleare.
(1-00264) «Casini, Libè, Vietti, Dionisi, Mondello, Volontè, Galletti, Compagnon, Ciccanti, Naro, Occhiuto, Rao».

La Camera,
premesso che:
il graduale riscaldamento del clima è innegabile, anche alla luce di recenti eventi naturali, come lo scioglimento dei ghiacciai, il mutamento della fauna e della flora marine, gli eventi meteorologici eccezionali;
le cause del cambiamento climatico sono probabilmente una combinazione di fattori antropici e fattori naturali. La necessità di una politica ambientale più incisiva esiste, non solo a livello nazionale, da diversi anni: in questo quadro non si possono ignorare i molti segnali di attenzione che in tal senso provengono dal Governo italiano;
in questa stessa direzione la scelta di adottare come logo per il summit del G8, svoltosi ad aprile 2009, una tartaruga marina in via di estinzione e di utilizzare nel corso del vertice solo materiali riciclabili e fonti energetiche alternative è stato un ulteriore segnale di attenzione, un piccolo contributo concreto certamente più valido di grandi impegni forse irrealizzabili;
il vertice del G8 ha posto l'attenzione in maniera significativa sulla ricerca di soluzioni e approcci condivisi in merito ai temi della governance mondiale e delle grandi questioni globali. Infatti, il passaggio verso un'economia più sostenibile richiede un impegno finanziario globale e la condivisione delle conoscenze tecnologiche, soprattutto per i Paesi emergenti più vulnerabili agli impatti del cambiamento climatico;
l'attuale crisi economica non deve distogliere l'attenzione dalla lotta ai cambiamenti climatici, ma essere un'occasione per intraprendere la strada di uno sviluppo a lungo termine sostenibile;
in conseguenza dell'approssimarsi di importanti scadenze politiche internazionali, quali il vertice di Copenhagen nel dicembre 2009 e la scadenza del Protocollo di Kyoto nel 2012; gli Stati Uniti d'America nei giorni 27 e 28 aprile 2009 hanno convocato le 16 maggiori potenze internazionali, per facilitare un futuro accordo sulla lotta all'effetto serra;
tale iniziativa americana ha confermato il carattere prioritario dei temi ambientali, nel corso della crisi economica, soprattutto a favore delle fonti rinnovabili di energia e di riduzione delle emissioni, coerentemente con la strategia europea che, per aumentare l'efficienza e la sicurezza energetica del continente, tiene conto contestualmente della necessità della diminuzione delle emissioni che inquinano e promuove l'incentivazione degli investimenti e delle azioni mirate all'incremento del contributo di energia da fonti rinnovabili e al miglioramento dell'efficienza energetica;
la realizzazione di tali obiettivi non può, tuttavia, prescindere da una seria analisi della loro sostenibilità, dal punto di vista economico-finanziario e con riferimento all'impatto sui sistemi produttivi; tale necessità appare tanto più evidente in considerazione della situazione di crisi economica in cui versa l'Europa, in conseguenza del drastico deterioramento degli scenari macroeconomici internazionali, per cui le previsioni relative al prossimo futuro prefigurano una contrazione dei margini di redditività delle imprese europee, già chiamate a far fronte alla sempre più stringente concorrenza di imprese di altre aree geografiche, meno impegnate nel perseguimento degli obiettivi della lotta ai cambiamenti climatici;
occorre adottare strategie di flessibilità che evitino la perdita di competitività per le imprese italiane, con il rischio di indurre le imprese stesse alla delocalizzazione, con conseguente riduzione dell'occupazione. Tali considerazioni valgono, in particolare, per alcuni Stati membri, tra cui l'Italia, alla luce delle particolari caratteristiche del sistema produttivo, per la prevalenza di imprese di piccola e media dimensione, ovvero per l'incidenza nella specializzazione produttiva di comparti quali quello della siderurgia, del vetro, della ceramica o della carta;
attualmente, la crisi finanziaria internazionale sta producendo conseguenze sull'economia reale, con una caduta della domanda globale e conseguenti diminuzioni della produzione industriale, e rischia di bloccare o rinviare alcuni investimenti già programmati a livello comunitario e nazionale per la realizzazione di nuove infrastrutture, ovvero per la ricerca di nuove fonti energetiche o l'installazione di impianti di energia rinnovabile; tuttavia, occorre uno sforzo da parte del Governo per rilanciare lo sviluppo e contestualmente garantire la tutela dell'ambiente, puntando sulla modernizzazione ecologica dell'economia e sul rispetto degli impegni presi a livello comunitario;
l'elaborazione di una strategia per uno sviluppo sostenibile richiede un nuovo tipo di imprenditorialità, che consente di conciliare risultato economico, responsabilità sociale e tutela dell'ambiente, sottolineando il ruolo dell'innovazione anche per la crescita economica e l'occupazione, in conformità con il piano europeo di ripresa dell'economia adottato a livello comunitario;
secondo le conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2008 occorre trovare un punto di equilibrio, conciliando l'esigenza di promuovere i sistemi produttivi in termini compatibili con la tutela dell'ambiente e con la strategia di non imporre agli stessi sistemi produttivi oneri eccessivamente gravosi. Occorre puntare, soprattutto, su misure che sono in grado di assicurare nuove occasioni di investimento e di miglioramento della produttività, favorendo contestualmente il miglioramento dell'efficienza nei consumi energetici e il ricorso a fonti alternative e rinnovabili. Lo stesso piano europeo di ripresa dell'economia si muove in questa direzione e stanzia risorse finanziarie, anche mediante prestiti della Banca europea per gli investimenti (Bei), per investimenti in tecnologie pulite;
bisogna sostenere la realizzazione delle misure per la ripresa dell'economia, anche prevedendo l'attuazione di interventi che siano capaci di rafforzare stabilmente i nostri sistemi produttivi, di incidere sulla ristrutturazione dei settori non più competitivi e di creare le condizioni di una forte ripresa dell'occupazione. Per raggiungere questi obiettivi è necessario sviluppare operazioni dirette alle piccole e medie imprese, al rilancio del settore degli investimenti e dell'edilizia, al miglioramento dell'efficienza energetica e della sostenibilità ambientale dei processi produttivi e allo snellimento e alla semplificazione delle procedure di autorizzazione degli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili;
pertanto, tra gli obiettivi strategici da prendere in considerazione assumono importanza il rilancio degli investimenti in innovazione tecnologica e in tecnologie pulite, la riduzione dei consumi energetici e l'incremento dell'efficienza, incentivando, soprattutto, lo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e automobilistico, che sono tra i più colpiti dalla crisi economica mondiale;
l'investimento in efficienza energetica consente di alleggerire, in tempi relativamente brevi, i costi energetici a carico delle famiglie e delle imprese; la promozione di un maggiore sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili può avere, come ha già in altri Paesi, conseguenze positive sul piano dell'occupazione, dell'innovazione tecnologica, dell'affermazione di nuovi settori industriali al tempo stesso ad alto contenuto di tecnologia e ad elevata intensità di lavoro,

impegna il Governo:

nel breve periodo:
a) a definire un quadro di interventi di sensibilizzazione della popolazione sulla natura strategica delle politiche ambientali e sull'essenziale importanza dei comportamenti virtuosi individuali;
b) a definire un quadro di interventi in materia di educazione ambientale che miri alle scuole, anche attraverso il coinvolgimento delle imprese e delle associazioni ambientaliste;
c) ad adottare misure per il sostegno degli investimenti diretti al risparmio energetico, alla ricerca ed allo sviluppo delle tecnologie pulite nel settore delle costruzioni e, in particolare, alla riduzione dei consumi energetici degli edifici privati, nonché degli edifici pubblici e della pubblica illuminazione;
d) ad incentivare la certificazione energetica degli edifici e ad aumentare l'efficienza energetica degli edifici pubblici attraverso interventi di carattere strutturale;
e) ad una semplificazione delle procedure per il rilascio delle autorizzazioni per gli impianti che producono o che utilizzano fonti rinnovabili, nonché per i privati che ricorrono ad interventi strutturali per l'utilizzo di fonti rinnovabili;
f) a favorire la diffusione di veicoli elettrici e ibridi nel trasporto pubblico, soprattutto nei grandi centri urbani, e a promuovere sistemi di mobilità alternativi, come tramvie e piste ciclabili;
g) a realizzare politiche volte alla tutela del suolo dai fenomeni di erosione, perdita di materiale organico, smottamenti e contaminazioni, in modo da prevenire eventi catastrofici;

nel medio periodo:
a) ad adottare opportune iniziative normative al fine di sostenere l'ammodernamento del parco immobiliare residenziale pubblico e privato, secondo criteri di sostenibilità ambientale e di efficienza energetica, nonché di qualità della costruzione, attraverso l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili nell'impiantistica, la domotica e l'interattività domestica, la sicurezza e il risparmio nelle fonti energetiche e nei costi di gestione, proponendo strumenti normativi per rendere obbligatorie le tecniche dell'efficienza energetica ai fini dell'attribuzione di aiuti o agevolazioni statali o regionali e per agevolare, attraverso misure fiscali, interventi di manutenzione straordinaria degli immobili esistenti, finalizzati ad aumentare il rendimento energetico degli edifici e l'utilizzo di fonti rinnovabili;
b) a promuovere interventi normativi al fine di rendere permanenti gli incentivi per la rottamazione delle auto e per l'acquisto di veicoli a basso impatto ambientale;
c) a promuovere lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili per la produzione di energia elettrica, di calore e di carburanti, consolidando meccanismi di incentivazione coerenti con le più avanzate esperienze europee;
d) a sostenere, in un rapporto stretto con le piccole e medie imprese, largamente prevalenti nel sistema produttivo nazionale e, in particolare, nei distretti produttivi, la piccola cogenerazione distribuita, che consente maggiore efficienza e più alti rendimenti energetici, oltre a favorire la competitività delle imprese;

nel lungo periodo:
a) a sostenere, parallelamente con lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, tutte le azioni occorrenti per l'avviamento di programmi coerenti con quelli comunitari in materia di energia nucleare di ultima generazione, nonché per l'incentivazione della ricerca sui reattori di IV generazione e sui reattori a fusione;
b) a incentivare il ricorso ad energie innovative, come l'energia elettrica basata sull'idrogeno, anche finanziando iniziative, di soggetti pubblici o privati, per la costruzione di impianti per la produzione e stoccaggio di idrogeno, ai fini della produzione di energia elettrica su vasta scala;
c) a sostenere la ricerca e la sperimentazione della cattura sicura dell'anidride carbonica, che potrebbe consentire un utilizzo pulito dei combustibili fossili e dell'idrogeno, un vettore potenzialmente in grado di consentire l'accumulo ed il trasporto dell'energia rinnovabile ed un suo successivo uso pulito con impieghi ad elevata efficienza energetica.
(1-00270) «Ghiglia, Alessandri, Iannaccone, Tortoli, Baldelli, Guido Dussin, Lupi, Lanzarin, Aracri, Togni, Bonciani, Cosenza, Di Cagno Abbrescia, Tommaso Foti, Germanà, Gibiino, Iannarilli, Lisi, Pili, Pizzolante, Scalera, Scalia, Stradella, Vella, Vessa».

La Camera,
premesso che:
dal 7 al 18 dicembre 2009 la comunità internazionale si riunisce a Copenhagen, con l'obiettivo di raggiungere un nuovo accordo globale sul clima e di procedere così nel percorso di lotta ai cambiamenti climatici, avviato con il Protocollo di Kyoto;
la sfida posta all'umanità dai mutamenti climatici prodotti dall'uomo ha caratteristiche assolutamente inedite e attraversa l'insieme delle scelte e delle politiche. L'attuazione degli impegni connessi agli accordi internazionali rappresenta una sfida vitale, in cui le istituzioni politiche sono chiamate a dare prova di lungimiranza ed efficacia. Si tratta, al tempo stesso, di sfide che chiamano ad una collaborazione serrata tutte le istituzioni pubbliche ai vari livelli, ma anche le forze economiche, sociali e culturali;
la conferenza sul clima di Copenhagen sarà un appuntamento cruciale per la definizione di nuovi obiettivi per la riduzione dei gas a effetto serra. Nel lungo termine l'unico obiettivo che può garantire una certa sicurezza al pianeta è quello di un taglio dell'80 per cento entro il 2050 dei gas serra. Ma è nel breve periodo che si gioca la battaglia più importante: nel 2020 le emissioni che alterano il clima dovranno essere state già considerevolmente diminuite. È necessario un coinvolgimento globale che veda impegnati in questo processo anche i Paesi emergenti, ma è in ragione della loro maggiore responsabilità storica sull'effetto serra che i Paesi industrializzati sono chiamati ad agire per primi come capifila di un processo virtuoso;
il ruolo svolto in questi anni dall'Europa è stato determinante per porre la questione climatica al centro del dibattito internazionale, assumendo la leadership in questo campo e dando concreta attuazione al preambolo della Costituzione, laddove si parla dell'Europa come «spazio privilegiato della speranza umana»;
nello specifico con l'approvazione nel 2008 del cosiddetto «pacchetto clima» del «20-20-20», l'Unione europea si è impegnata a ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 20 per cento entro il 2020, a soddisfare il 20 per cento del fabbisogno energetico utilizzando energie rinnovabili e migliorare del 20 per cento l'efficienza energetica. Una «rivoluzione energetica» indispensabile nella lotta ai cambiamenti climatici, ma è che anche una grande frontiera di innovazione tecnologica, di competizione economica, di industrializzazione;
questa sfida è stata assunta con convinzione dai principali leader europei, che indipendentemente dallo schieramento politico di appartenenza, si sono posti obiettivi in alcuni casi ancora più avanzati di quelli unilateralmente assunti dall'Unione europea;
con il cambio di amministrazione negli Stati Uniti d'America la battaglia ai mutamenti climatici può contare su un nuovo ed indispensabile protagonista e, anche se il passaggio non sarà né semplice né immediato, la svolta annunciata dal Presidente Obama sui temi ambientali è un decisivo cambio di rotta rispetto all'amministrazione Bush. Basta ricordare l'impegno, più volte ribadito, di affrancare entro dieci anni l'America dal petrolio arabo, lanciando un massiccio piano di investimenti per 150 miliardi di dollari in risparmio energetico e fonti rinnovabili, con la creazione di 5 milioni di posti di lavoro;
la crisi economica e finanziaria che si è abbattuta sul sistema globale richiede un'assunzione forte di responsabilità circa le politiche da mettere in atto per difendere e rilanciare l'economia dei Paesi e, soprattutto, per individuare possibili misure su cui costruire solidi modelli di riferimento di carattere sociale, economico e finanziario, strettamente connessi alla vita reale ed all'ambiente che ci circonda. In questo quadro è forte la convinzione che, per la natura della crisi, il miglior investimento che si può fare per contrastare la recessione e rilanciare lo sviluppo sia puntare sulla modernizzazione ecologica dell'economia;
l'esigenza di contrastare i mutamenti climatici, quindi, non va vista solo come un problema, ma anche come una straordinaria prospettiva di sviluppo e di progresso. Proprio partendo dagli obiettivi e dai vincoli in materia di politiche energetiche e climatiche, è possibile trovare nuovo slancio economico, industriale, tecnologico: nell'incremento di ricerca e sviluppo, nella diffusione di prodotti e di processi produttivi innovativi ed efficienti, nella creazione di nuova occupazione qualificata, in una forte spinta all'esportazione di processi e prodotti eco-efficienti, nella modernizzazione dei sistemi di mobilità e delle tecnologie per l'edilizia;
l'Italia, nonostante i ritardi accumulati sui target fissati dagli accordi internazionali, ha forse più di altri Paesi le caratteristiche per trovare in questa sfida una delle chiavi per uscire dalla crisi e rilanciare economia. Così le politiche per combattere l'aumento dell'effetto possono trasformarsi in un'occasione per rinnovare la nostra società e la nostra economia. Per investire in innovazione, ricerca e conoscenza, utilizzando anche la vitalità del nostro sistema di piccole e medie imprese, favorendo la naturale propensione del nostro Paese ad un'economia che punti più sulla qualità che sulla quantità dei prodotti;
questo processo in Italia è trasversale a vari settori economici: dall'edilizia di qualità, dove il nostro Paese ha già sperimentato misure interessanti, come il credito di imposta del 55 per cento per le ristrutturazioni nel segno dell'efficienza energetica, al settore dei trasporti e della mobilità sostenibile, al riciclo dei rifiuti, che già oggi consente un risparmio pari a 15 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e si stima che per il 2020 potrebbe ulteriormente abbattere del 18 per cento l'obiettivo nazionale di riduzione delle emissioni di anidride carbonica e far scendere i consumi energetici di 5 milioni di euro, pari al 32 per cento dell'obiettivo nazionale di efficienza energetica al 2020,

impegna il Governo:

in occasione della conferenza sul clima di Copenhagen, a porre l'Italia all'avanguardia dello sforzo europeo, assumendo le politiche per combattere i mutamenti climatici come motore di un nuovo ciclo economico, energetico e ambientale virtuoso, capace di coinvolgere tutti i soggetti interessati, imprenditori, cittadini, amministrazioni;
a mettere in atto una strategia coordinata di investimenti pubblici e privati, sostenuta da politiche industriali, agricole e fiscali che orientino le produzioni ed i consumi verso lo sviluppo ecologicamente sostenibile, al fine di rilanciare l'economia, creare nuove imprese e nuovi posti di lavoro.
(1-00272) «Realacci, Mariani, Margiotta, Lulli, Braga, Bocci, Bratti, Esposito, Ginoble, Iannuzzi, Martella, Marantelli, Mastromauro, Morassut, Motta, Viola, Zamparutti, Benamati, Colaninno, Fadda, Froner, Marchioni, Peluffo, Portas, Quartiani, Sanga, Scarpetti, Federico Testa, Vico, Zunino, Franceschini, Gentiloni Silveri, Mosca, Antonino Russo, Rigoni, Verini, Rubinato, Narducci, De Biasi, Piccolo, Gnecchi, Ghizzoni, Paladini, Pes, Brandolini, De Pasquale, Marchi, Cenni, Sarubbi, Concia, Mattesini, Laratta, Mogherini Rebesani, Graziano, Castagnetti».

La Camera,
premesso che:
dal 7 al 18 dicembre 2009 si terrà a Copenhagen la quindicesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima (Cop 15), che rappresenta un momento decisivo del negoziato internazionale sul clima e che dovrà sancire definitivamente la volontà internazionale di cooperare per la stabilizzazione della temperatura media globale, mediante la drastica riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
a Copenhagen i circa 200 Stati firmatari dovranno sviluppare ulteriormente la Convenzione dell'Onu sul clima e stipulare un accordo successivo al protocollo di Kyoto, con il quale i Paesi industrializzati e quelli emergenti dovranno impegnarsi a raggiungere determinati obiettivi di riduzione dei gas serra;
il presupposto fondamentale su cui si baserà il nuovo trattato di Copenhagen è l'attuazione dell'articolo 2 della Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Unfccc), che mira alla stabilizzazione della concentrazione di gas ad effetto serra in atmosfera, in modo da ridurre le pericolose interferenze antropogeniche al sistema climatico;
l'attuazione di questo obiettivo dovrà avvenire nel rispetto di tre principi: il principio di precauzione (secondo il quale l'incertezza delle conoscenze scientifiche non può essere usata come scusa per posticipare un intervento, quando esiste comunque il rischio di un danno irreversibile), il principio della responsabilità comune ma differenziata (per il quale tutti i Paesi della terra sono responsabili dei cambiamenti climatici generati dalle attività umane. Tale responsabilità è, però, chiaramente differente fra i vari Paesi a seconda delle condizioni di sviluppo socio-economico ed industriale) e quello di equità (per la suddivisione dei costi e dei benefici delle decisioni adottate per prevenire e per adattarsi ai cambiamenti climatici e per tenere nel debito conto gli effetti delle decisioni sulle future generazioni);
Copenhagen sostituirà il Protocollo di Kyoto (che scade nel 2012), il trattato adottato dalla comunità internazionale nel dicembre 1997 e sottoscritto da oltre 160 Paesi partecipanti nel corso della terza sessione della Conferenza delle parti (Cop) sul clima, istituita nell'ambito della Convenzione quadro sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (Unfccc);
si ricorda che l'oggetto del Protocollo di Kyoto - ancora in vigore - è la riduzione, attraverso un'azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra. Più precisamente si prevede che le parti (i Paesi industrializzati che hanno aderito alla Convenzione quadro) dovranno, individualmente o congiuntamente, assicurare che le emissioni derivanti dalle attività umane globali vengano ridotte di almeno il 5 per cento entro il 2008-2012, rispetto ai livelli del 1990, con impegni di riduzione differenziati da Paese a Paese;
per quanto riguarda l'Italia, la ratifica del Protocollo di Kyoto è avvenuta con la legge 1o giugno 2002, n. 120;
per il nostro Paese i dati della Commissione europea evidenziano che nel 2006 si sarebbe registrato un aumento delle emissioni di circa il 10 per cento e si preventiva, con il ricorso a tutte le misure attualmente disponibili, una riduzione del 5 per cento rispetto al 1990, che sarebbe comunque insufficiente a raggiungere l'obiettivo di Kyoto, che ha assegnato al nostro Paese una riduzione del 6,5 per cento;
i cambiamenti climatici sono forse la più grande minaccia ambientale che l'umanità si trova a dover affrontare;
l'aumento della temperatura terrestre, oggi pari a +0,8oC, è stato causato per la maggior parte dalle emissioni di gas serra dei Paesi industrializzati e la maggior parte della comunità scientifica è molto chiara su cosa occorre fare per evitare impatti climatici catastrofici: le emissioni di anidride carbonica devono essere stabilizzate al più presto, nei prossimi sei anni, per poi essere portate il più possibile vicino allo zero entro il 2050;
si stima che i cambiamenti del clima causeranno l'estinzione del 20-30 per cento delle specie oggi conosciute; la perdita di ghiaccio nell'Artico e nell'Antartico ha superato gli scenari più negativi disegnati dagli scienziati e molti atolli e isole rischiano di sparire, costringendo intere popolazioni a spostarsi. Quando i terreni fertili verranno colpiti da siccità e alluvioni, la sicurezza alimentare di miliardi di persone sarà a rischio;
il «Quarto rapporto di valutazione» della maggiore autorità in fatto di cambiamenti climatici, l'Ipcc - Intergovernmental panel on climate change (istituito dalle Nazioni Unite nel 1988) - diffuso nel 2007, è stato categorico nell'indicare le prove dirette della crescita delle temperature: dall'aumento medio del livello del mare su scala globale, al ritiro dei ghiacciai, dall'estremizzarsi delle precipitazioni in alcune aree, alla desertificazione di altre aree del pianeta. Il Mediterraneo è un'area a rischio desertificazione e così il 30 per cento del territorio italiano;
l'obiettivo di mantenere entro i 2oC l'aumento della temperatura terrestre (rispetto all'era preindustriale) causato dall'effetto serra costituisce ancora oggi il punto di riferimento delle analisi e dei documenti ufficiali che trattano delle conseguenze, dei costi e dei benefici delle politiche di mitigazione dei cambiamenti climatici. Gli scienziati hanno, infatti, indicato proprio nel 2 per cento di aumento la soglia limite da non superare, affinché il fenomeno non diventi irreversibile;
da qui la necessità che i maggiori Paesi emettitori di gas serra raggiungano un accordo globale forte, equo e legalmente vincolante a Copenhagen per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra di almeno il 40 per cento entro il 2020 e contenere entro il 2100 il riscaldamento climatico al di sotto dei due gradi rispetto all'epoca pre-industriale;
le assemblee e le conferenze dell'Onu, i vertici nazionali e regionali, i G8 degli ultimi due anni si sono tutti conclusi con l'impegno a votare un patto globale di mitigazione e adattamento entro il 2009;
per quanto riguarda il nostro continente, il Consiglio europeo nel marzo 2007 ha definito quale obiettivo strategico della politica energetica europea la riduzione almeno del 20 per cento, entro il 2020, delle emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell'Unione europea rispetto ai livelli del 1990 e addirittura del 30 per cento in presenza di analoghi impegni da parte di altri Paesi. Tale obiettivo si è tradotto nell'adozione del cosiddetto «pacchetto energia-clima», in base al quale, oltre all'abbattimento delle emissioni di gas serra fino al 20 per cento rispetto ai livelli del 1990, va aumentata al 20 per cento la percentuale di energia prodotta da fonti rinnovabili entro il 2020 e va migliorata del 20 per cento l'efficienza energetica;
il 28 gennaio 2009 la Commissione europea ha pubblicato la comunicazione «Verso un accordo organico sui cambiamenti climatici a Copenhagen» (COM(2009)39 def.), che costituisce la prima concreta proposta di accordo da parte di un grande blocco nell'ambito del negoziato internazionale post-Kyoto;
successivamente, in data 1o aprile 2009, sempre la Commissione europea ha adottato il libro bianco «L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo» (COM(2009) 147 def.), che illustra gli interventi necessari ad aumentare la resistenza dell'Unione europea nell'adattarsi ai mutamenti del clima;
il 21 ottobre 2009 in Lussemburgo è stato, quindi, approvato dai Ministri dell'ambiente dell'Unione europea il documento sul clima, che contiene il target di riduzione dell'anidride carbonica dell'Unione europea dell'80-95 per cento al 2050 rispetto ai livelli del 1990 ed è la base negoziale per la prossima Conferenza Onu a Copenhagen;
l'Europa conferma positivamente, quindi, la sua leadership in questo ambito. Si è mossa per prima e con più convinzione e ancora adesso è quella ad avere una strategia più chiara e delle proposte concrete;
gli obiettivi europei sono sicuramente importanti, ma è chiaro che sono del tutto insufficienti. Lo sforzo da parte dei Paesi europei e di quelli industrializzati, a cominciare dagli Stati Uniti d'America, dovrà trovare, infatti, corrispondente impegno anche da parte del «Bric», ossia dei quattro «colossi» emergenti: Brasile, Russia, India e Cina. Paesi che hanno responsabilità minime per i guasti del passato, ma che corrono a grandi passi verso un alto indice di industrializzazione, rischiando di causare nel futuro prossimo gli stessi danni all'atmosfera apportati dalle politiche del vecchio G7. Già oggi la Cina è il maggior emettitore di gas serra al mondo e se il 75 per cento delle emissioni è storicamente imputabile ai Paesi sviluppati, lo scenario di «domani» indica che il 90 per cento verrà dai Paesi emergenti;
è necessario, quindi, che l'Europa tutta continui ad avere un ruolo da protagonista per raggiungere gli obiettivi che saranno concordati e si dovrà, conseguentemente, rendere disponibile a prendere impegni vincolanti. Dopo Copenhagen ciascuno degli Stati dovrà «tradurre» la conclusione del negoziato in nuova modalità di comportamento, nazionale e comunitario, e il negoziato climatico globale potrà costringere il nostro Paese e l'Europa a posizioni più coraggiose;
peraltro, le evidenti difficoltà per un successo della Conferenza di Copenhagen risiedono proprio nella complessità delle negoziazioni. Due percorsi paralleli: uno riguarda i Paesi che hanno ratificato il protocollo di Kyoto, l'altro raccoglie tutti gli altri Paesi, tra cui Cina e Usa;
il sostanziale stallo a livello mondiale, che affligge i dibattiti internazionali e le decisioni concrete nella lotta ai cambiamenti climatici, dovrà essere superato con impegni concreti sul taglio delle emissioni nocive e, soprattutto, sul piano finanziario, cogliendo l'opportunità di stimolare la ripresa economica e l'occupazione, anche attraverso scelte energetiche pulite;
sotto quest'ultimo aspetto, un passaggio ineludibile dovrà, perciò, essere quello di una riconversione ecologica dei modelli di produzione per impedire e ridurre i disastri ambientali, sociali e finanziari connessi ai cambiamenti climatici in atto;
la totale incertezza della politica sul «che fare» viene fortunatamente compensata dal dinamismo del mercato globale, dove negli ultimi cinque anni gli investimenti privati nelle fonti rinnovabili e nell'efficienza energetica si sono moltiplicati per dieci;
secondo l'ultimo rapporto di Greenpeace - «Working for the climate: Green job (R)evolution» - il mercato delle energie pulite creerà, infatti, otto milioni di posti di lavoro nel mondo. E 100 mila in Italia;
solo dal 2007 il volume di investimento mondiale nelle fonti di energie rinnovabili è raddoppiato annualmente, passando da 30 a 60 miliardi di euro l'anno. Gli esperti si aspettano che entro il 2020, l'investimento complessivo raggiungerà i 400 miliardi di euro l'anno;
è evidente la funzione anticiclica degli investimenti pubblici nella lotta ai cambiamenti climatici e, in particolare, degli investimenti in tecnologie per la riduzione di emissioni di anidride carbonica e per l'aumento dell'efficienza e dell'indipendenza energetica;
nei Paesi industrializzati si va, quindi, sempre più affermando la convinzione che un «new deal ecologico», per la promozione degli investimenti nel campo dell'efficienza energetica, delle fonti energetiche rinnovabili e della mobilità sostenibile, possa produrre rilevanti vantaggi, sia nell'impegno primario per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra, sia nello sforzo contingente per sostenere i consumi e l'occupazione;
la promozione delle energie rinnovabili - energia eolica, solare (termodinamica e fotovoltaica), idraulica, mareomotrice, geotermica e da biomassa - costituisce da tempo uno degli obiettivi principali della politica, soprattutto dell'Unione europea, nel settore energetico;
l'Agenzia internazionale dell'energia (Iea) ha di recente indicato che fino al 60 per cento la soluzione del problema clima/gas serra al 2020 può venire dall'efficienza energetica, sia negli usi finali che nella generazione elettrica. In questo senso il successo della conferenza dipenderà, inoltre, dall'impegno finanziario che i Paesi industrializzati decideranno di sostenere per facilitare il trasferimento di tecnologie «pulite»;
è evidente che la Conferenza di Copenhagen dovrà segnare un passaggio storico se ci sarà convergenza su misure e regole da adottare, gettando le basi per una nuova economia globale sempre meno dipendente dal carbone e dai combustibili fossili e in grado di sostenere la crescita, favorendo le energie alternative e riducendo drasticamente le emissioni inquinanti,

impegna il Governo:

ad adoperarsi, nell'ambito della quindicesima conferenza delle Nazioni Unite sul clima che si terrà a Copenhagen nel dicembre 2009, al fine di:
a) ottenere un impegno - come premessa ineludibile per il buon esito della conferenza sul clima - che garantisca adeguati investimenti e consistenti risorse finanziarie pluriennali (con impegni differenziati tra i vari Paesi), indispensabili per efficaci politiche globali di riduzione delle emissioni di gas climalteranti;
b) proseguire ed intensificare la politica per il risparmio energetico e l'uso più efficiente dell'energia convenzionale in tutti i settori di applicazione (primo fra tutti, quello dei trasporti dove si compiono i maggiori sprechi);
c) incentivare l'uso diffuso delle nuove fonti energetiche rinnovabili, gli investimenti in tecnologie per la riduzione di emissioni di anidride carbonica e l'aumento dell'indipendenza energetica;
d) prevedere per i Paesi più industrializzati un impegno a ridurre le proprie emissioni di gas serra di almeno il 40 per cento entro il 2020, rispetto ai livelli del 1990;
e) non far rientrare l'energia nucleare tra le opzioni finanziabili per ridurre le emissioni nocive e climalteranti;
f) incrementare le risorse per la cooperazione internazionale allo sviluppo sostenibile;
g) impegnare i Paesi più sviluppati a contribuire sensibilmente al finanziamento - da più parti quantificato in 100 miliardi di dollari all'anno fino al 2020 - dell'indispensabile trasferimento di tecnologie per l'energia pulita e di un adeguato sostegno economico verso le nazioni più povere, che sono, peraltro, anche le prime a sopportare gli attuali e futuri rovesci del clima, favorendo in questo senso l'attuazione delle necessarie misure di adattamento agli inevitabili impatti del cambiamento climatico;
h) favorire iniziative per il contrasto alla deforestazione in atto - e le emissioni ad essa associate - con l'obiettivo di portarla a livelli prossimi allo zero entro il 2020, con particolare riguardo alle foreste tropicali e alle aree maggiormente interessate, quali Amazzonia, Congo e Indonesia;
i) promuovere lo sviluppo di una mobilità sostenibile, favorendo il trasporto pubblico e su rotaia, riducendo contestualmente il trasporto privato su gomma, quale responsabile della maggior parte delle emissioni di anidride carbonica delle aree urbane.
(1-00273) «Piffari, Scilipoti, Donadi, Evangelisti, Borghesi, Di Stanislao».