XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di lunedì 4 gennaio 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

La XI Commissione,
premesso che:
ormai da parecchi mesi il gruppo Delta di proprietà della Cassa di Risparmio di San Marino versa in situazione di difficoltà;
il gruppo è composto da oltre 20 società che occupano complessivamente circa 900 lavoratori e vede l'applicazione prevalente del contratto collettivo di lavoro del credito; a questo personale si aggiungono altri 1500 lavoratori nell'indotto;
attualmente il gruppo come riportato dalla stampa, è al centro di un'indagine penale avviata dalla procura della Repubblica di Forlì e degli accertamenti ispettivi disposti dalla Banca D'Italia, e si trova in amministrazione straordinaria;
tale situazione ha generato uno stato di forte tensione tra i lavoratori, preoccupati per le prospettive e per le possibili conseguenze negative sul piano dell'occupazione. Manifestazioni di protesta si sono pacificamente svolte in diverse città italiane;
di recente, in occasione di un incontro tra i rappresentanti sindacali ed i commissari, è emersa la possibilità di un passaggio delle quote di Delta ad un primario gruppo bancario italiano, il gruppo Intesa;
l'amministratore delegato di Intesa avrebbe dichiarato che il medesimo gruppo non si sarebbe fatto carico delle criticità finanziarie del gruppo Delta in relazione al quale emergerebbe un quadro contabile preoccupante; da notizie di stampa si apprende che Delta dovrebbe costituire una bad company nella quale affluirebbero i 3,4 miliardi di euro di debiti, mentre le banche creditrici dovrebbero concedere una moratoria. In questo quadro è annunciata una drastica riduzione del numero dei dipendenti;
si tratta di una peculiare situazione anche in considerazione del fatto che la proprietà è sita in uno Stato estero non comunitario e che mancano nel settore del credito, sia per agenti che per dipendenti, strumenti universali in materia di ammortizzatori sociali,

impegna il Governo

ad assumere ogni iniziativa utile a salvaguardare i posti di lavoro di cui in premessa.
(7-00247)
«Damiano, Lenzi, Miglioli».

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ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle punizioni o trattamenti inumani o degradanti (Cpt) del Consiglio d'Europa ha inviato il suo rapporto speciale al Governo sui respingimenti per ricevere i relativi commenti;
il Governo ha tempo fino a febbraio 2010 per rispondere;
le raccomandazioni del Comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle punizioni o trattamenti inumani o

degradanti sono vincolanti per gli Stati che hanno ratificato la relativa Convenzione;
l'Italia non ha ancora reso pubblico il rapporto speciale del citato organismo del Consiglio d'Europa;
a parere degli interroganti, la tempestività nella risposta e nella pubblicazione del rapporto è indice inequivocabile di rispetto degli organismi internazionali in materia di diritti umani;
le gravi conseguenze alle quali vengono sottoposti i cittadini extracomunitari destinatari dei provvedimenti di respingimento richiedono trasparenza nelle informazioni -:
se il Governo non ritenga di procedere alla immediata pubblicazione del rapporto speciale sui respingimenti redatto dal comitato europeo per la prevenzione della tortura e delle punizioni o trattamenti inumani o degradanti ed entro quanto tempo intenda inviare al citato organismo del Consiglio d'Europa i propri commenti in merito.
(4-05592)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato da fonti di stampa, negli armadi della Protezione civile di via Ulpiano e di via Vitorchiano a Roma sarebbero custodite previsioni tenute segrete relative a disastri e calamità che investirebbero il nostro Paese in un prossimo futuro; in particolare si tratterebbe delle «proiezioni rischio sismico XXI secolo»; in base a quanto è avvenuto negli ultimi duecento anni, nel citato rapporto si sostiene che nei prossimi novant'anni in Italia bisogna aspettarsi tra i 50mila e i 200mila morti e feriti per terremoti, con danni tra i 100 e i 200 miliardi di euro: una media tra i 500 e i 2000 morti e feriti l'anno e danni (relativi soltanto alle case, esclusi monumenti, edifici pubblici, infrastrutture) di circa uno-due miliardi di euro l'anno -:
se confermino o smentiscano l'esistenza di queste previsioni e delle «proiezioni rischio sismico XXI secolo»;
in caso affermativo, se le cifre citate corrispondano a quelle contenute nelle «proiezioni rischio sismico XXI secolo» elaborate dalla Protezione civile;
se sia vero che queste previsioni sono tenute segrete o quantomeno riservate, e per quale ragione;
quali iniziative e provvedimenti - nell'ambito delle competenze della Presidenza del Consiglio e dei vari Ministeri - si siano adottate o si intendano adottare per scongiurare al massimo gli effetti previsti dalle citate previsioni della Protezione civile.
(4-05597)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il 22 dicembre 2009 sul sito web de L'Espresso vengono riportati i testi di due lettere rispettivamente del professor Boschi e del Sottosegretario Guido Bertolaso aventi come oggetto il terremoto del 6 aprile 2009 nella zona dell'aquilano in Abruzzo;
il 16 settembre 2009 il professor Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) scrive una lettera a Guido Bertolaso, capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, all'onorevole Giuseppe Zamberletti, presidente della Commissione grandi rischi, al professor Franco Barberi, presidente vicario della Commissione grandi rischi e al sottosegretario Gianni Letta. Il professor Boschi fa un suo dettagliato resoconto dei

fatti relativi al terremoto del 6 aprile 2009 a L'Aquila e riguardo alla riunione del 31 marzo 2009 afferma: «... Inizia alle 18.45 circa. La riunione è del tutto irrituale anche per la presenza di numerose persone a me sconosciute. Viene improvvisamente interrotta alle 19.30 da De Bernardinis, senza che sia stata concordata alcuna deliberazione e senza che sia stato stilato il verbale. [...] Per come la penso io la riunione del 31 marzo 2009 effettivamente non c'è stata. [...] Successivamente venni a sapere che la riunione era stata interrotta perché per le 19.30 era già stata prevista una conferenza stampa [...] Il 6 Aprile, dopo il terremoto, la Commissione Grandi Rischi viene riconvocata a L'Aquila. Mauro Dolce mi mostra un testo che riporta in maniera decisamente confusa, imprecisa e incompleta cose dette durante la riunione del 31 marzo 2009.»;
il professor Boschi, tra l'altro, sostiene che nel verbale della riunione del 31 marzo 2009 non è stato dato alcun rilievo all'allegato tecnico presentato da Giulio Selvaggi, direttore del Centro nazionale terremoti dell'INGV, e afferma: «qualcuno corregge questo testo alla meno peggio e Mauro Dolce ce lo fa firmare (contro il muro) nella caotica serata del 6 aprile, a suo dire, per ragioni interne». Boschi ha scritto che sostanzialmente Bertolaso gli avrebbe messo in bocca parole non dette e che «Bertolaso non era presente a L'Aquila e quindi qualcuno ha fatto confusione, o peggio, ha mentito.»;
il Capo del Dipartimento della protezione Civile Guido Bertolaso risponde al professor Boschi con un'altra lettera in cui smentisce ogni accusa a suo carico e a carico della Commissione grandi rischi e ribadisce la veridicità degli atti e l'assoluta correttezza ed efficienza nelle procedure di prevenzione relativamente al terremoto del 6 aprile 2009 -:
se il Governo intenda fare immediata e doverosa chiarezza, soprattutto nei confronti delle popolazioni colpite dal sisma e delle centinaia di vittime innocenti, in relazione al carteggio che all'interrogante appare «inquietante», contenente lo scambio di accuse tra il professor Boschi e il Capo del dipartimento della protezione civile Bertolaso;
se il Governo intenda affrontare e gestire una situazione di tale gravità legata ad un Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri.
(4-05599)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta orale:

MARAN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
gli eventi drammatici che scuotono l'Iran suscitano angoscia e indicano un ulteriore tragico aggravamento di una situazione che, dalle contestate elezioni ad oggi, è divenuta via via più critica;
in particolare, dopo la partecipazione di migliaia di militanti dell'opposizione ai funerali seguiti alla morte dell'ayatollah riformista Montazeri e le nuove proteste avvenute a Teheran e in altre città dell'Iran, le manifestazioni sono state duramente represse dalla polizia e dai pasdaran, specie nella capitale;
mentre i fedelissimi di Khamenei e Ahmadinejad minacciano nuove, indiscriminate violenze verso chi protesta, lo stesso regime ammette la repressione in atto e l'esistenza di diverse vittime, che secondo la televisione iraniana sarebbero già una quindicina;
la repressione e la violenza messe in atto con sempre maggior determinazione dalle autorità iraniane non solo non potranno fermare il movimento civile e di protesta che chiede anche in Iran libertà, democrazia e rispetto dei diritti civili, ma rischiano di far degenerare ulteriormente una situazione da mesi altamente instabile;
desta inoltre preoccupazione l'avvenuto arresto di giornalisti e di alcuni

dirigenti riformisti, collaboratori di Moussavi e dell'ex presidente Khatami, e la mancata consegna ai familiari del corpo di Ali Moussavi, nipote del leader riformista, ucciso il 27 dicembre 2009 -:
anche in considerazione delle intense relazioni che il nostro Paese ha con l'Iran, quali iniziative urgenti il Governo italiano intenda adottare, singolarmente e in sede europea, per intervenire sulle autorità di Teheran al fine di ottenere l'immediato rilascio delle persone arrestate, nonché di far cessare immediatamente ogni atto di repressione contro i manifestanti e l'opposizione, affinché si creino, nel più breve tempo possibile, le condizioni per un confronto politico fondato sulla ragione e non sulla violenza, nonché per il ripristino di uno standard minimo di tutela dei diritti umani fondamentali.
(3-00822)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
come riportato da asianews.it e da diverse testate giornalistiche italiane come Il Corriere della Sera, e denunciato da diversi gruppi a favore dei diritti umani in Cina, tra i quali wemustact.org, il 25 dicembre 2009 Liu Xiaobo, dissidente non violento e «veterano» della protesta di Piazza Tienanmen del 1989, è stato condannato ad anni undici di reclusione per «incitamento alla sovversione». L'accusa è quella di aver pubblicato su dei siti web stranieri alcuni articoli e di essere stato tra i firmatari della Charter 2008, un documento con il quale si chiedeva al Governo di Pechino un maggiore rispetto dei diritti umani in Cina e riforme politiche e sociali, come la distinzione dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario, cambiamenti comunque necessari ad un giudizio indipendente, imparziale e competente nei tribunali cinesi;
diversi giornalisti e diplomatici stranieri non sono stati ammessi all'interno dell'aula del tribunale cinese dove si svolgeva il processo;
il diplomatico americano Gregory May ha denunciato come il procedimento a carico del signor Liu Xiaobo sia stato «al di sotto degli standard internazionalmente riconosciuti dei diritti umani;
Nicholas Becquelin, ricercatore francese per Human Rights Watch ad Hong Kong, ha affermato come la sentenza sia stata «molto, molto severa e riflette un indurimento politico che abbiamo osservato fin dal periodo di preparazione delle Olimpiadi di Pechino 2008»;
il Governo francese ha espresso preoccupazione per la sentenza emessa dalle autorità cinesi -:
quali iniziative abbia assunto il Governo italiano nei confronti del Governo cinese per pervenire alla liberazione immediata di Liu Xiaobo, sulla scia di quanto richiesto dal diplomatico americano Gregory May e del Governo francese, e se non ritenga opportuno convocare l'ambasciatore cinese a Roma per chiedere il rispetto della libertà individuale di Liu Xiaobo.
(5-02303)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 27 dicembre 2009 (domenica), giorno dell'Ashura (la maggiore celebrazione religiosa sciita) ha rappresentato, come hanno testimoniato le principali testate giornalistiche italiane tra le quali il Sole 24 ore uno dei giorni più drammatici e significativi della crisi politica iniziata all'indomani delle elezioni presidenziali in Iran del 12 giugno 2009;
il Paese rompe gli argini e scende in piazza contro il Governo: migliaia di persone scendono in piazza mescolandosi alle processioni religiose;

il regime iraniano decide di reprimere con la violenza gli oppositori, diventando il centro di Teheran un vero e proprio campo di battaglia. Negli scontri tra polizia e manifestanti come ha annunciato la televisione di Stato della Repubblica islamica, che cita il Ministero dell'intelligence iraniano, si registrano almeno 15 morti, tra loro anche il nipote del leader dell'opposizione Mir Hossein Moussavi. Gli arrestati sarebbero oltre 300;
un sito dell'opposizione riferisce di scontri avvenuti anche nelle città di Isfahan, Shiraz e Najafabad. In quest'ultimo centro, luogo natale dell'ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, la tensione è alta fin da domenica scorsa, quando è stata annunciata la morte del leader religioso;
nella notte fra il 27 e il 28 dicembre 2009 è stato anche arrestato l'ex Ministro degli esteri iraniano Ibrahim Yazdi, capo del Movimento di liberazione dell'Iran (Mli, opposizione liberale) come indica il sito internet d'opposizione Rahesabz. Il leader dell'Mli, un movimento di opposizione senza riconoscimento legale ma tollerato da numerosi anni, era stato convocato la settimana scorsa al Ministero dell'intelligence ma aveva disertato questa convocazione, ha precisato il sito;
il 28 dicembre 2009 l'opposizione è di nuovo scesa in piazza, a Teheran: la polizia ha usato i gas lacrimogeni per disperdere i dimostranti. E continuano anche gli arresti eccellenti, tra cui quello del più stretto collaboratore del leader dell'opposizione Mir Hossein Moussavi. Infine, cosa estremamente grave è che da questa mattina a Teheran è stato disattivato il servizio di sms dei telefoni cellulari e, come riferisce il sito Rahesabz, il servizio messenger di Yahoo non è più attivo;
la comunità internazionale in primis gli USA «condannano fermamente» queste violenze, come ha dichiarato in un comunicato Mike Hammer, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale. «La speranza, la storia ed anche gli Stati Uniti, sono dalla parte di quelli che vogliono esprimere in modo pacifico i loro diritti universali»;
la situazione che si sta venendo a creare rischia di provocare una reazione a catena, dato che tra 40 giorni come da tradizione sciita, saranno ricordate le vittime di questa Ashura di sangue -:
quali iniziative intenda adottare il Governo italiano, di concerto con altri Governi democratici, al fine di garantire il rispetto della libertà di comunicazione attraverso Internet e telefoni cellulari in Iran e dall'Iran verso l'esterno, nel rispetto della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;
se il Governo non intenda promuovere l'adozione di sanzioni (quale il divieto di concessione di visti qualora ve ne sia la richiesta) nei confronti dei membri del Governo iraniano e dei responsabili degli apparati di sicurezza che hanno provocato le violenze e le repressioni in corso;
se non ritenga di assumere iniziative anche nelle opportune sedi intervenendo perché possa essere esclusa la possibilità di intrattenere rapporti commerciali con i soggetti responsabili di quanto riportato in premessa.
(5-02304)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nella risposta all'interrogazione 4-03997 sul caso del nostro connazionale Fernando Nardini, si afferma che è stato arrestato il 29 giugno 2007 a Chonburi (Thailandia) con l'accusa di omicidio volontario in concorso con altre persone e possesso illegale di arma da fuoco, mentre risulterebbe che Nardini si sia presentato spontaneamente alla polizia dietro richiesta della moglie, tanto che vi sarebbe stato accompagnato dal figlio;

Nardini si sarebbe trovato, a seguito della visita alla moglie, nella posizione di inquisito senza mai poter avere comunicazioni con l'esterno e con un verbale che sarebbe stato redatto 4 giorni dopo;
nessun interprete si sarebbe mai presentato come tale, poiché Nardini ricorda solo la presenza di una persona che riteneva fosse un agente che gli ha semplicemente chiesto in inglese «Tu c'entri in qualche modo in questo episodio?» a cui Nardini ha risposto con un categorico «No!» a cui ha fatto seguito un diniego della possibilità di telefonare;
quanto all'affermazione che Nardini non si sarebbe mai presentato in ambasciata nel periodo di libertà provvisorio, risulterebbe invece che vi si è recato per la registrazione del certificato di morte del piccolo Lorenzo, e che in quell'occasione avrebbe anche affrontato il suo caso giudiziario;
quanto alle visite mediche, risulterebbe che un cittadino inglese detenuto nello stesso carcere di Nardini riceva regolarmente a cadenza mensile visite mediche, mentre il nostro connazionale ha ricevuto tali visite grazie al fatto che qualcuno ha pagato il medico e grazie all'intervento del console onorario che ne ha fatto richiesta;
inoltre mentre la nostra ambasciata utilizza un metodo per cui chiede l'autorizzazione alla visita, la Gran Bretagna ricorre ad un diverso metodo per cui si limita a comunicare il giorno;
nella risposta all'interrogazione si riconosce che, di fatto, la Thailandia non rispetta i termini delle Convenzioni sulle relazioni consolari -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare sul piano bilaterale per il rispetto da parte della Thailandia della Convenzione sulle relazioni consolari, a partire dal caso Nardini;
per quali motivi la prima visita a Nardini sia stata effettuata a circa 6 mesi di distanza dall'arresto;
quali iniziative si stiano attuando per consentire a Nardini di effettuare o ricevere telefonate dal carcere.
(4-05596)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta orale:

DI VIRGILIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
sono iniziati da parte di Terna spa, i lavori per la realizzazione del nuovo elettrodotto dell'isola d'Elba della lunghezza di 15 chilometri, metà dei quali interrati e metà su tralicci alti fino a 40 metri; l'opera dispone delle necessarie autorizzazioni e la società realizzatrice ha rispettato gli obblighi di legge in materia di pubblicità;
l'opera sta subendo forti contestazioni da parte di comitati civici appositamente costituitisi, per gli aspetti fortemente impattanti sul caratteristico paesaggio dell'isola, che è in parte ricompresa nel Parco nazionale dell'arcipelago toscano; in particolare è prevista una «corona» di tralicci proprio sulle colline che si offrono alla vista entrando nel golfo di Portoferraio;
le linee aree attraverseranno alcune delle strutture turistiche di maggior pregio e l'unico campo da golf dell'isola, producendo un danno rilevante all'economia turistica locale ed al tipico paesaggio dell'Elba;
in considerazione dei possibili danni all'economia locale e dell'osservazione che le aree vicine ai parchi sono comunque definite «contigue» e quindi soggette a talune prescrizioni di tutela -:
se non intendano assumere le iniziative di competenza al fine di ottenere il

completo interramento del nuovo elettrodotto dell'isola d'Elba.
(3-00825)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per saper - premesso che:
secondo il «DerKlimaschutz-Index Ergebnisse 2010 di Germanwatch» (l'indice sul clima 2010) l'Italia è ferma al quarantaquattresimo posto nella classifica generale;
la ricerca valuta le performance sul clima dei 57 Paesi che, insieme, sono responsabili di oltre il 90 per cento delle emissioni del pianeta;
in particolare, il climate change performance index prende in considerazione il livello delle emissioni di anidride carbonica di ogni Paese, i trend delle emissioni nei principali settori (energia, trasporti, residenziale, industrie) e le politiche attuate per la lotta al mutamento climatico. In testa alla classifica ci sono Brasile, Svezia, Gran Bretagna e Germania. Agli ultimi posti Kazakistan, Canada e Arabia Saudita. Il primo posto a sorpresa del Brasile dipende dagli sforzi compiuti dal governo Lula per ridurre la deforestazione. La Gran Bretagna ha invece approvato una buona legge sulle politiche climatiche. Svezia e Germania confermano i loro ottimi livelli;
secondo l'index, sviluppato annualmente dall'associazione tedesca in collaborazione con la rete delle associazioni ambientaliste di Climate Action Network Europe, il nostro Paese è addirittura al terz'ultimo posto in classifica per quanto riguarda le politiche per la lotta ai cambiamenti climatici dietro di noi solo Canada ed Arabia Saudita -:
se sia al corrente del citato rapporto;
se non ritenga urgente intervenire, e come, nei settori dei trasporti, dell'energia e dell'edilizia, che più contribuiscono alle nostre emissioni di gas serra, per ridurre le emissioni di CO2 e recuperare quindi i ritardi che il nostro sistema Paese registra in questo ambito.
(4-05583)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
esiste una forte disomogeneità di norme regionali per l'attribuzione delle classi di efficienza dei consumi;
un identico immobile, in una zona climatica uguale, può essere posto in una classe D in Friuli, in classe C in Lombardia, in classe F in Liguria e così via;
quattro regioni (Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna e Liguria) e una provincia autonoma (quella di Bolzano) hanno criteri a sé rispetto a quelli nazionali e altre dovrebbero aggiungersi alla lista;
ma non è solo la classificazione a differire: in Lombardia e Alto Adige cambiano anche i criteri di calcolo del fabbisogno energetico di un edificio cioè quanto consuma all'anno, un dato che dovrebbe essere «scientifico» e valido per tutti gli immobili italiani;
difformità esisterebbero anche all'interno della stessa regione, come in Lombardia dove un recente decreto consente ai costruttori edili di utilizzare tanto i «vecchi» metodi, quanto quelli «nuovi» nel caso in cui il permesso a costruire risalga a mesi o anni addietro;
le differenza su beni identici fanno perdere significato all'operazione -:
quali iniziative di competenza intendano adottare per assicurare una standardizzazione sul piano nazionale delle valutazioni di cui in premessa secondo criteri

di scientificità sia per il calcolo del fabbisogno energetico degli edifici che per l'attribuzione di classi di efficienza.
(4-05588)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese si producono ogni anno più di 130 milioni di tonnellate di rifiuti di cui oltre il 30 per cento costituiti da rifiuti solidi urbani;
particolarmente problematica continua ad essere la raccolta nei centri abitati;
esistono soluzioni (come da esempio Automatic Waste System) di impianti sviluppati per la raccolta dei rifiuti solidi urbani che utilizzano una serie di condotti sotterranei per la raccolta e il trasporto automatizzato dei rifiuti;
il funzionamento prevede il deposito dei sacchetti in una delle stazioni di caricamento stradale dove li si lasciano cadere lungo una rete di tubazioni fino ad arrivare alla centrale di raccolta;
il sistema garantisce la raccolta differenziata separando i rifiuti ed è implementabile non solo nei quartieri residenziali ma anche nei centri storici, nei palazzi, nelle stazioni e negli aeroporti;
al momento i sistemi installati in tutto il mondo sono 600 e hanno permesso di produrre 700 tonnellate di CO2 in meno in un anno;
la città di Parigi, nel nuovo quartiere di Clichy-Batignolles, metterà in funzione dal 2013 un sistema di raccolta sotterranea analogo a quello già installato a Barcellona, Siviglia e Stoccolma;
tali sistemi di raccolta assicurerebbero: una riduzione dell'inquinamento ambientale, igienico e acustico prodotto dalla quotidiana invasione dei veicoli addetti alla raccolta; un contenimento del degrado paesaggistico e del deterioramento della proprietà privata generati dalla presenza di bidoni, cassonetti o sacchetti di rifiuti nelle case e sui marciapiedi delle nostre città; un contenimento del costante aumento dei costi di raccolta legati al sempre maggior numero di mezzi e addetti per eseguire la raccolta differenziata di una quantità di rifiuti in continuo aumento; un minor aggravio per il cittadino sempre più sofferente ai disagi che la raccolta tradizionale dei rifiuti comporta -:
se non ritenga di promuovere il sistema di raccolta di cui in premessa, non solo efficiente ma sostenibile dal punto di vista ambientale.
(4-05589)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo una stima della Cia - Confederazione italiana agricoltori, nella notte dell'ultimo dell'anno 2009 i consumi di spumante e prosecco «saliranno dello 0,5 per cento rispetto all'anno scorso, sfiorando quota 60 milioni di litri»;
detto in altri termini, sono pronte ad essere aperte «circa 80 milioni di bottiglie, tra spumanti, prosecchi e champagne»;
l'associazione spiega inoltre che i tappi di sughero utilizzati per le bottiglie, pur non potendo essere riutilizzati per il medesimo scopo, possono essere riciclati e trovare nuovi impieghi, per cui, «con un minimo di accortezza circa 3 tonnellate di sughero, invece di diventare indecorosi tappeti di immondizia stradale» possono essere reinseriti nei cicli produttivi senza gravare sul patrimonio ambientale»;
in alcune realtà del Paese, ricorda la Cia, «sono attivi raccoglitori specifici per il sughero e comunque è importante differenziare i tappi dall'altra spazzatura -:
se e come il Ministro intenda operare, in questo fine anno 2009 e nei

prossimi, per non disperdere i tappi nell'ambiente e conservarli per il riciclo.
(4-05590)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
alcuni quotidiani hanno dato notizia che il Ministro interrogato vorrebbe inserire, in un prossimo decreto ministeriale sugli enti lirici, norme per la modifica delle procedure di nomina dei vertici degli enti culturali;
detto intervento normativo, contenuto in un provvedimento con tutt'altre finalità, comporterebbe l'annullamento dell'attuale consiglio d'amministrazione della Biennale di Venezia, nonostante i risultati raggiunti e il ricostruito clima unitario che ha registrato un consenso ampio e trasversale -:
se il Ministro interrogato confermi le notizie citate ovvero si tratti soltanto di voci infondate.
(3-00824)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
sul sito di un delegato del Cocer dell'Arma dei carabinieri si legge «Grazie all'intervento del Segretario del CO.CE.R. Carabinieri Gianni Pitzianti, che durante un pranzo con il Ministro della difesa Ignazio La Russa, lo aveva sollecitato ad intervenire nei riguardi del Ministro Brunetta, in data 22 dicembre 2009 vi sarà una convocazione al Ministero della funzione pubblica per riattivare le procedure per il rinnovo del contratto economico 2008-2009. Scarse le probabilità che si possa definire il tutto in tempi brevi, anche perché non tutte le parti sociali sono d'accordo che si possa concludere in tempi brevi un contratto dalle caratteristiche scadenti, con pochi soldi sul tavolo delle trattative. Vi farò sapere non appena la Delegazione dei COCER CC concluderà la riunione»;
con una nota del 21 dicembre 2009 tutte le organizzazioni sindacali del comparto sicurezza, polizia di Stato (escluso il Consap), polizia penitenziaria e del Corpo forestale, unitamente ai Cocer dell'Aeronautica e del Corpo della Guardia di finanza hanno comunicato al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione la loro indisponibilità a partecipare alla riunione convocata per il successivo giorno 22 in merito al biennio economico 2008-2009;
una nota di agenzia del 22 dicembre 2009 (Il Velino delle ore 19.00) ha riportato la notizia secondo cui in una nota del Dipartimento della funzione pubblica si sarebbe affermato che «... Le trattative si fanno partecipando ai tavoli e gli uffici del Dipartimento hanno il dovere di trattare con quelli che rispondono legittimamente alle convocazioni. Le trattative proseguiranno secondo il calendario concordato con i rappresentanti Cocer e sindacali al fine di arrivare quanto prima - conclude la nota - alla definizione dell'accordo»;
risulta agli interroganti che alla riunione svoltasi il 22 dicembre 2009, presso il Dipartimento della funzione pubblica abbiano preso parte, oltre ai rappresentanti sindacali del Consap, anche i delegati del Cocer dell'Esercito e dell'Arma dei carabinieri, questi ultimi senza aver preventivamente consultato gli organismi intermedi e di base come prevedono le normative di settore;

ad eccezione del Consap che nella propria autonomia ha legittimamente esercitato il mandato conferitogli dai propri iscritti, appare evidente che, nell'assoluta mancanza di dialogo con i consigli intermedi e di base, i delegati del Cocer presenti alla riunione abbiano potuto esprimere solo ed unicamente le proprie singole opinioni personali -:
se corrisponda al vero quanto pubblicato sul sito web del delegato del Cocer dei carabinieri e, in caso affermativo se il Ministro della difesa non ritenga di dover intervenire per riaffermare con decisione l'indirizzo politico-amministrativo del proprio dicastero, mantenendo autonomia ed indipendenza rispetto alle sollecitazioni del Cocer dell'Arma dei carabinieri;
se corrisponda al vero quanto affermato nella nota dell'agenzia di stampa di cui in premessa e, in caso affermativo, se il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione non ritenga più opportuno rivedere la propria indisponibilità al dialogo con le indispensabili parti sociali, al fine di evitare il concretizzarsi di un'azione unilaterale senza precedenti che finirebbe, ad avviso degli interroganti, con il compromettere in modo irreparabile i superiori interessi dello Stato e dei cittadini.
(4-05600)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

DI PIETRO e PALOMBA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il contenzioso a carico dell'INPS costituisce il 25 per cento di quello complessivo nazionale e conta circa 300.000 nuove cause ogni anno di cui circa 150.000 riguardano l'invalidità civile (le giacenti sono circa 750.000);
la situazione è aggravata dalla forte disomogeneità tra carichi di lavoro e avvocati disponibili nelle aree territoriali, considerando che la maggior parte dei contenziosi si concentrano in tre regioni (la Puglia, la Campania e il Lazio);
nell'intento di risolvere la situazione, l'INPS ha ritenuto di:
non bandire alcun concorso per avvocati dal 2000;
utilizzare le varie autorizzazioni in deroga al blocco delle assunzioni per assumere altre qualifiche di personale (per lo più dirigenti);
ridurre progressivamente l'organico dell'avvocatura interna (da 445 a 405 nel 2005 e poi da 405 a 335 nel 2008);
non adottare i più opportuni provvedimenti amministrativi per far fronte alla inefficienza dell'azione amministrativa, soprattutto nelle tre regioni nelle quali si concentrano la maggior parte dei contenziosi;
destrutturare l'avvocatura interna;
procedere ad una progressiva esternalizzazione degli affari legali, o attraverso forme di domiciliazione, il cui costo annuo sarebbe per il 2009 di 9 milioni di euro più IVA e Cpa e per il 2010 di 15 milioni di euro, sempre più Iva e Cpa, oppure mediante affidamento diretto, con un eventuale deresponsabilizzazione;
per realizzare tale piano di riforma dell'Avvocatura, l'INPS ha emanato la determina commissariale n. 4 del 19 gennaio 2009 intitolata: «Linee di intervento finalizzate al contenimento ed al ridimensionamento del contenzioso giudiziario e amministrativo dell'area legale»;
in data 20 febbraio 2009, infine, il direttore generale dell'INPS ha emanato la circolare n. 25, applicativa della determina commissariale INPS n. 4/2009;

la determina 4/2009 non introduce strumenti né persegue fini realmente deflattivi del contenzioso dell'INPS, si limita a spostare l'accento solo sulla fase patologica giudiziale, che si vorrebbe risolvere mettendo mano alla ristrutturazione territoriale dell'avvocatura dell'ente, senza nessun accenno alle responsabilità ed alle cause del problema che si dice di voler risolvere;
lo scopo intrinseco della determina commissariale INPS n. 4/2009 sembra consistere soprattutto nella destrutturazione della articolazione territoriale dell'avvocatura INPS e nella consequenziale esternalizzazione del servizio legale dell'ente previdenziale;
la paventata esternalizzazione si manifesta, secondo gli interroganti, come una contraddizione in termini, in quanto diventa una concausa di ciò che, in teoria, vorrebbe contrastare e, lungi dal porre freno e rimedio al contenzioso dell'INPS ed ai suoi elevatissimi costi sociali, induce unicamente nuovi oneri economici e gestionali a carico della pubblica amministrazione;
la determina commissariale INPS n. 4/2009 non soltanto non identifica le linee di intervento da adottare al fine di arginare il contenzioso nelle sedi critiche (che da sole rappresentano il 70 per cento del problema), ma si prefigge di disarticolare la struttura istituzionale dell'avvocatura dell'INPS destrutturando persino le avvocature periferiche dell'INPS operanti in zone del Paese mai sofferenti o critiche provocando, in tal modo, criticità laddove non si sono mai registrate e, viceversa, ignorandole dove invece sono sempre esistite;
la prefigurata esternalizzazione della difesa legale dell'istituto previdenziale a favore di studi convenzionati del libero foro comporterebbe un impegno di spesa di 9 milioni di euro, per la sola azione di domiciliazione e tali somme potrebbero bastare ad assumere 150 avvocati a regime, se si considera che il decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 2003, relativo all'ultima assunzione, quantificava in 8.252.984 euro il costo a regime per l'assunzione di 92 avvocati;
si può affermare che la programmata soppressione delle avvocature territoriali del centro-nord costituisce una misura di dubbia razionalità, in quanto comporta l'eliminazione di un forte presidio di legalità;
occorre sottolineare come l'avvocato-dipendente dell'ente previdenziale, che opera sul territorio ed ha contatto immediato con esso, rappresenta invece il primo analista delle ragioni della crisi del contenzioso istituzionale e, nel contesto di un'avvocatura istituzionale rafforzata attraverso nuovi reclutamenti da effettuarsi tramite concorso pubblico e previo ricorso alle sinergie nell'ottica di un'avvocatura unica degli enti previdenziali, deve essere chiamato a nuove responsabilità costituendo l'«analista istituzionale» del contenzioso: se questa procedura fosse stata avviata per tempo, ciò avrebbe portato ad un più trasparente rapporto con i soggetti coinvolti a diversi livelli nel contenzioso dell'INPS;
in conclusione, ad avviso degli interroganti, la determina commissariale INPS n. 4 del 19 gennaio 2009 (e la relativa circolare applicativa n. 25 del 20 febbraio 2009) non scaturisce da una corretta analisi delle ragioni della crisi, per poter arrivare ad individuare gli strumenti adatti con cui intervenire, e le misure introdotte non sembrano porsi come rimedio al problema evidenziato, consistente nell'inflazione giudiziale concentrata principalmente in Campania, Puglia e Lazio, ma ne aggravano gli effetti -:
se il Ministro, alla luce delle considerazioni esposte in premessa, non ritenga di valutare l'opportunità di adottare iniziative tese ad una revisione di quanto disposto nella determina dell'INPS 4/2009 e della relativa circolare applicativa n. 25/2009.
(3-00823)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia del territorio, ha realizzato un'indagine sui fabbricati non dichiarati, investigando a partire dal 2007 con l'obiettivo di far venire a galla tutti gli edifici che non erano inseriti nelle liste del catasto;
per realizzare l'indagine l'Agenzia si è avvalsa dell'aiuto dell'Agea (l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura) con la tecnica dell'aerofotogrammetria, ovvero la sovrapposizione di foto scattate dall'alto con le mappe catastali;
la verifica è stata condotta in 24 province distribuite in tutta Italia e pari al 25 per cento della penisola;
nei tre anni di ricerche sono emerse 2.076.250 «particelle» con fabbricati «fuori mappa» con un potenziale fiscale di oltre un miliardo di euro;
è risultato che in prevalenza gli immobili urbani «fantasma», oggi accatastati, sono abitazioni (33 per cento), seguiti da magazzini (28 per cento), garage (23 per cento), fabbricati in corso di costruzione (6 per cento) e capannoni industriali o agricoli (10 per cento);
grazie all'accertamento sono stati già recuperati 192 milioni di euro di rendite catastali: 145 milioni derivano dagli accatastamenti di 262 mila immobili urbani e altri 47 milioni da adempimenti spontanei di oltre 147 mila fabbricati;
secondo il direttore, Gabriella Alemanno, gli adempimenti spontanei finora hanno interessato però «gli immobili più poveri (rendita catastale media per unità pari a 318 euro), mentre continuano a essere nascosti al catasto i beni immobili di un certo valore (rendita catastale media per unità pari a 553 euro)»;
molti di questi edifici sono abusivi e con l'emersione devono essere demoliti -:
con quali iniziative si intenda verificare su tutto il territorio nazionale l'entità di questo fenomeno;
in che modo si intenda verificare il ripristino della legalità rispetto agli edifici che risultano abusivi secondo le norme urbanistiche e sono quindi da demolire;
se non ritengano di rivedere la politica intrapresa di semplificazione in materia edilizia, onde evitare di incoraggiare comportamenti come quelli sopra descritti;
se non si ritenga utile al fine di contrastare il suddetto fenomeno l'istituzione di un osservatorio nazionale sul consumo di suolo.
(4-05582)

...

GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'ex boss della Sacra Corona Unita Vincenzo Stranieri, oggi 49enne, aveva 24 anni quando fu arrestato nel 1984 e, da allora, non è più uscito dal carcere dove sta espiando - secondo il provvedimento di cumulo pene emesso l'11 aprile del 2007 dalla procura generale della Repubblica di Taranto - la pena complessiva di anni 29, mesi 4 e giorni 3 di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, sequestro di persona a scopo di estorsione, estorsione ed altro (non sta scontando ergastoli, quindi, né ha condanne per omicidio);
già affiliato alla camorra di Raffaele Cutolo e passato alla Sacra Corona Unita di Pino Rogoli quando era già in carcere, Stranieri ha ancora un sospeso con la

giustizia che riguarda il processo nato dall'inchiesta cosiddetta «Corvo» dove è imputato a piede libero per un contrabbando di tabacchi lavorati esteri (niente a che fare con l'associazione mafiosa), contrabbando al quale secondo l'accusa avrebbe partecipato da dentro il carcere ristretto in regime di 41-bis;
Vincenzo Stranieri, attualmente detenuto nel supercarcere di L'Aquila, è sottoposto ai regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario ininterrottamente da 17 anni, cioè dal momento della sua istituzione avvenuta nell'agosto del 1992;
il 3 dicembre 2009, con decreto del Ministro della giustizia, a Stranieri è stata notificata l'ennesima proroga del regime di carcere duro, motivata con una formula che negli anni si è ripetuta sempre la stessa: «non risulta sia venuta meno la sua capacità di mantenere contatti con esponenti tuttora liberi dell'organizzazione criminale di appartenenza»;
oltre alle note informative e alle segnalazioni degli organi investigativi e giudiziari che di decreto in decreto si ripetono nell'ultimo provvedimento applicativo del 41-bis compare una «novità» segnalata dalla direzione distrettuale antimafia (DDA) di Lecce che secondo il Ministro Guardasigilli sarebbe indicativa tra le altre della capacità di Vincenzo Stranieri di mantenere i rapporti con la criminalità organizzata;
nella suddetta nota, la DDA di Lecce si esprime testualmente come segue: «Da segnalare infine il tentativo di intervista a Stranieri da parte di un giornalista di quotidiano a tiratura nazionale che potrebbe veicolare notizie, informazioni e messaggi che il detenuto ben potrebbe articolare proprio in risposta allo schema di domande predisposto dal giornalista ed inviatogli per lettera, non consegnatagli a seguito di provvedimento di non inoltro da parte del Magistrato di sorveglianza di Milano in data 13 ottobre 2008 (nonostante l'interessamento di "persone sempre più influenti" che il giornalista avrebbe interessato per incontrare Stranieri, evidentemente con scarso successo!). Secondo tale schema, Stranieri avrebbe dovuto, tra l'altro, indicare "con quale degli imputati dei primi processi a Lecce e Brindisi mantenesse rapporti epistolari", se "avesse letto il libro di Antonio Perrone" (esponente fin dal primo momento della S.C.U. della zona a Nord di Lecce, avente influenza nella città di Trepuzzi, condannato all'ergastolo per omicidio, oltre che per il delitto di cui all'articolo 416-bis c.p., e autore di un libro sulla vita della S.C.U. e sulle modalità della sua partecipazione ad essa), se abbia letto "quello di Salvatore Mantovano" ed il giornalista aggiunge se abbia saputo che l'autore è stato ucciso (ma sbaglia il cognome perché la persona in questione si chiama Padovano, detto Nino Bomba, esponente "storico" e di primo piano della criminalità mafiosa salentina, affiliato alla Sacra Corona Unita e "responsabile" del territorio di Gallipoli, autore di un libro sulla condizione carceraria, ucciso il 6 settembre 2008 su mandato del fratello Rosario per conflitti all'interno della famiglia "naturale" e di quella "mafiosa" di appartenenza di entrambi). E infine il giornalista chiede a Stranieri "quali personaggi pubblici o politici o cosiddetti vip (ammesso che Manduria ne abbia mai avuti) ricordi dopo tanti anni di assenza da Manduria". Si ritiene, pertanto, che nei confronti Stranieri Vincenzo debba essere mantenuto il regime di sospensione delle regole del trattamento penitenziario di cui all'articolo 41-bis...»;
un giornalista in questa vicenda esiste effettivamente e agli interroganti risulta essere Nazareno Dinoi, corrispondente da Lecce e Taranto del Corriere del Mezzogiorno (inserto pugliese del Corriere della Sera) e coautore con Vincenzo Stranieri del libro di prossima pubblicazione «Dentro una vita», con prefazione del segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D'Elia, nel quale l'ex boss di Manduria racconta la sua storia da delinquente e, poi, di detenuto da 17 anni al carcere duro;

agli interroganti risulta altresì che Nazareno Dinoi, nella primavera del 2008, in previsione della scrittura del libro, avrebbe avanzato al Ministero della giustizia formale richiesta di incontrare in carcere Vincenzo Stranieri e, ricevutane risposta negativa, avrebbe deciso di procedere per via epistolare, sempre qualificandosi ed esplicitando le finalità del carteggio -:
se il giornalista di cui si riferisce nella nota della DDA di Lecce corrisponda al nome di Nazareno Dinoi e se corrisponda al vero che il giornalista abbia avanzato al Ministero della giustizia richiesta di incontrare in carcere Vincenzo Stranieri e, in seguito, deciso di intrattenere con lui un rapporto epistolare finalizzato alla scrittura di un libro sulla storia dell'ex boss di Manduria;
in tal caso, se non intenda accuratamente verificare che i «dati» e i «fatti» indicativi dell'attualità dei collegamenti di Stranieri con la criminalità organizzata segnalati dalla DDA di Lecce siano tali da giustificare la permanenza ancora, dopo 17 anni, del detenuto in regime di carcere duro.
(3-00826)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel comunicato stampa del 22 dicembre 2009 gli assistenti sociali dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni del Ministero della giustizia di Milano, via Spagliardi 1, hanno segnalato agli organi di stampa le precarie e gravi condizioni di lavoro nelle quali sono costretti ormai da mesi ad operare con accresciuto disagio dovuto all'aggravarsi della situazione atmosferica;
il disagio è dovuto al fatto che gli uffici siti in via Spagliardi 1, nell'edificio ove sono ubicati anche la sezione femminile dell'istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria (attualmente è presente una bimba di 5 mesi), il centro di prima accoglienza (maschile e femminile), nonché lo stesso centro di giustizia minorile, sono privi dell'impianto di riscaldamento;
fino a questo momento il guasto, già segnalato da anni, ha consentito un riscaldamento parziale, ma dalla stagione invernale attuale si è verificato un totale blocco dell'impianto con gravissimo degrado degli ambienti predisposti, come detto, sia alla detenzione dei ragazzi, che al lavoro dei dipendenti e all'accesso dei pubblico;
le soluzioni provvisorie finora adottate, parziali ed insufficienti, non sono risultate idonee a far fronte alla insalubre situazione. Nel comunicato, pertanto, gli, assistenti sociali dell'ufficio di servizio sociale per i minorenni chiedono se la dirigenza del centro della giustizia minorile abbia provveduto tempestivamente a ricercare le soluzioni adeguate ad affrontare la ormai degenerata situazione più volte denunciata;
sulla vicenda è stato anche avanzato un esposto all'azienda sanitaria locale competente per territorio -:
se sia a conoscenza della situazione esposta in premessa;
quali iniziative urgenti intenda promuovere, sollecitare e/o adottare al fine di rimuovere la situazione di gravissimo degrado in cui attualmente versano gli ambienti ubicati all'interno dell'istituto penale per i minorenni Cesare Beccaria, del centro di prima accoglienza (maschile e femminile), nonché dello stesso centro di giustizia minorile, a partire dalla messa a regime di un valido ed efficace impianto di riscaldamento.
(4-05593)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la mattina del 23 dicembre 2009, Ciro Giovanni Spirito, detenuto di 38 anni, è

stato trovato impiccato nella sua cella della casa di reclusione di Rebibbia;
Spirito aveva fatto parte del clan Mazzarella e da qualche anno collaborava con la giustizia. Nel 2007 suo nipote Giosuè era stato ucciso, forse per una «vendetta trasversale»;
il detenuto era recluso all'interno di una cella singola, non condivisa con altri carcerati, in un settore del carcere che ospita i collaboratori di giustizia;
è il settantunesimo detenuto che si toglie la vita dall'inizio del 2009. Si tratta del numero più alto di suicidi in carcere mai registrato in Italia. Ciro Giovanni Spirito è il settimo detenuto che muore suicida nel carcere di Rebibbia nel corso degli ultimi 24 mesi;
negli ultimi 10 anni nelle carceri italiane sono morte 1.562 persone, di queste 560 si sono suicidate. Per la maggior parte si trattava di persone giovani, molte di loro con problemi di salute fisica e psichica, spesso tossicodipendenti;
il fenomeno dei suicidi nelle carceri è dunque in notevole crescita, complice il grado di disperazione e di annientamento della persona umana, al quale neanche i numerosi sforzi compiuti ogni giorno dagli operatori carcerari riescono a porre un freno;
i morti di carcere sarebbero molti meno se negli istituti di pena non fossero rinchiuse decine di migliaia di persone che, ben lontane dall'essere «criminali professionali», provengono piuttosto da realtà di emarginazione sociale, da storie decennali di tossicodipendenza, spesso affette da malattie mentali e fisiche gravi, spesso poverissime;
negli anni '60 i suicidi in carcere erano 3 volte meno frequenti di oggi, i tentativi di suicidio addirittura 15 volte meno frequenti;
ad oggi il 30 per cento dei detenuti reclusi negli istituti di pena è tossicodipendente, il 10 per cento ha una malattia mentale, il 5 per cento è sieropositivo, il 60 per cento ha una qualche forma di epatite;
le misure alternative alla detenzione vengono concesse con il contagocce: prima dell'indulto del 2006 c'erano 60.000 detenuti e 50.000 condannati in misura alternativa; oggi ci sono 66.000 detenuti e soltanto 12.000 persone in misura alternativa;
più della metà dei detenuti sono in attesa di giudizio, mentre 30.500 stanno scontando una condanna: di questi quasi 10.000 hanno un residuo pena inferiore a 1 anno e altri 10.000 compreso tra 1 e 3 anni -:
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere romano di Rebibbia siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto;
se non si intendano adottare o implementare le opportune misure di supporto psicologico ai detenuti al fine di ridurre sensibilmente gli episodi di suicidio;
se il Ministro interrogato intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-05595)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, un detenuto sessantenne di origine vicentina, recluso nella casa circondariale di Vicenza per reati contro i minori, si è tolto la vita martedì 22 dicembre 2009 impiccandosi con il lenzuolo in dotazione. A nulla sono valsi i

tentativi di rianimazione posti in essere dal personale di polizia penitenziaria e dei sanitari del 118 accorsi sul posto;
l'episodio è stato riferito dal segretario della UIL PA Penitenziari, Eugenio Sarno, il quale non ha mancato di sottolineare come quello di Vicenza sia il 70o suicidio verificatosi all'interno degli istituti di pena dall'inizio dell'anno 2009. A tal proposito Eugenio Sarno ha dichiarato quanto segue: «Continua la strage nell'indifferenza e nel silenzio. Nemmeno questa incredibile pila di cadaveri sembra scuotere l'Amministrazione penitenziaria e il Ministero della giustizia. Si perpetua una intollerabile indifferenza verso il dramma penitenziario, che investe e seppellisce che nelle galere sconta il supplizio di Stato e la tortura di un lavoro difficile, duro, sottovalutato ed ignorato. Rivolgo un appello al Capo dello Stato perché autorevolmente richiami ognuno alle proprie responsabilità. Quelle del Ministro Alfano, per dire, sono quelle di rispondere in chiave politica a questa emergenza, fornendo risposte e attivando politiche deflazionatorie dell'incredibile sovrappopolamento. Quelle del DAP, Ionta in testa, sono quelle di gestire le criticità e di assicurare una presenza (che non si vede). Una amministrazione efficiente sarebbe in grado quanto meno di guidare, orientare, sostenere, comunicare, ascoltare il personale. Purtroppo tutto ciò risponde solo ai nostri pii desideri, mentre la macabra conta dei cadaveri continua»; rispetto al 2008, nel corso del 2009 il numero dei suicidi è aumentato di circa il 36 per cento;
sempre secondo quanto contenuto nel dossier «Morire di Carcere» curato da Ristretti Orizzonti, in dieci anni più 1.500 detenuti hanno perso la vita all'interno delle carceri: in pratica muoiono 150 detenuti all'anno; un terzo per suicidio e gli altri due terzi per «cause naturali» non meglio specificate;
a tal proposito il presidente della conferenza regionale volontariato e giustizia, Maurizio Mazzi, ha ribadito che, annualmente, in carcere si registra un tasso di suicidi pari a circa il 14 per cento, a fronte dello 0,7 per cento registrato all'esterno, suicidi che peraltro crescono in parallelo al sovraffollamento, e quindi al peggiorare delle condizioni di vita;
a giudizio degli interroganti una politica di fermezza verso il crimine non esclude certo la realizzazione di un sistema carcerario che, dovendo essere costituzionalmente finalizzato al recupero ed al reinserimento del detenuto, deve poter offrire una condizione minimale di vivibilità, soprattutto nei confronti di quei gruppi vulnerabili ai rischio-suicidio come le persone sottoposte a isolamento o comunque a forme di inasprimento del regime detentivo;
il grave problema delle morti e dei suicidi all'interno delle strutture penitenziarie deve essere tenuto in alta considerazione da parte del Ministero della giustizia, atteso che la vita, la salute e, più in generale, il benessere fisico e psichico delle persone che si trovano in stato di privazione della libertà personale sono elementi che meritano una specifica attenzione ed un costante impegno giusto quanto disposto dallo stesso ordinamento penitenziario -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti del detenuto morto suicida nel carcere vicentino siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza e cura da parte dell'Amministrazione dell'istituto;
se non ritenga che l'alto tasso di suicidi in carcere dipenda dalle condizioni di sovraffollamento degli istituti di pena e dalle aspettative frustrate di migliori condizioni di vita al loro interno, soprattutto per quanto riguarda le persone sottoposte al regime di isolamento o comunque ad altre forme di inasprimento del regime detentivo;

quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre l'alto tasso dei decessi per suicidio in carcere.
(4-05601)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 19 dicembre 2009 la prima firmataria del presente atto, accompagnata da Renata Vuksani e Norberto Costa, ha visitato la casa circondariale Due Palazzi di Padova;
la struttura penitenziaria si presenta all'esterno come un edificio piuttosto fatiscente. Nato come carcere femminile, nel corso del tempo ha subito numerose trasformazioni per essere adibito dapprima a caserma militare, poi a casa circondariale maschile;
i detenuti tuttora presenti sono più di 250, a fronte di una capienza massima di 94 posti. La casa circondariale Due Palazzi di Padova è occupata da detenuti che si fermano da 2-3 giorni fino ad un massimo di 1 anno. Appena si conclude il primo grado di giudizio, i detenuti sono trasferiti in altre strutture di reclusione;
l'istituto di pena è composto da tre piani: a) piano rialzato: 1 corridoio composto da infermeria e ufficio matricola; un corridoio composto da una sala attività fornita di panca piana per pesi, cyclette, biliardino e tavolo da ping-pong; 7 celle, formate in maggior parte da detenuti lavoranti che svolgono mansioni in lavanderia, o come porta vitto, scopini, spesini e addetti M.O.F. (Manutenzione ordinaria del fabbricato). Le celle sono di misura da 4x4 metri a 5x5 metri con 8, 90 anche 10 detenuti per cella, con letti a castello fino a tre piani e 1 o 2 materassi a terra. La nazionalità dei detenuti è mista; b) primo piano (sezione 1): due corridoi formati da 7 celle ciascuno (di cui una completamente distrutta durante la contestazione di giovedì 17 dicembre 2009) con celle da 3x3 metri con 3 detenuti, da 4x4 con 8-9 detenuti presenti. La maggior parte dei detenuti è di nazionalità tunisina o marocchina, ma sono presenti anche detenuti di altre nazionalità. La sala attività è in comune con entrate indipendenti dai due diversi corridoi; c) secondo piano (sezione 2): due corridoi formati da 7 celle ciascuno di forma e dimensioni simili al primo piano;
ogni cella è fornita di: un bagno con lavandino, bidet e doccia; angolo cottura con lavandino, scola piatti e fornelletto a gas; due finestroni in cella e una finestra in bagno; televisione; un pensile-porta oggetti per ogni detenuto; tavolo e sgabelli, che per problemi di spazio non sempre corrispondono al numero di detenuti presenti in cella;
nelle celle i letti arrivano fino a tre piani, durante il giorno, i detenuti che dormono per terra alzano il materasso e lo appoggiano contro il muro. Alcuni di questi usano come cuscino un pezzo di gommapiuma. I problemi di spazio si ripercuotono in tutta la giornata, in quanto le persone devono letteralmente fare a turno anche per muoversi in cella, mentre di notte i detenuti in branda non si possono neanche alzare per andare al bagno perché calpesterebbero chi dorme per terra. La pulizia delle celle è gestita dai detenuti che si organizzano in turni di pulizia. Le celle si presentano piuttosto pulite, il personale sanitario può comunque isolare le celle nel caso in cui si presentino condizioni di scarsa igiene che possono compromettere la salute delle persone. I detenuti comunque non hanno segnalato la presenza di scarafaggi o topi. I blindi si chiudono dalle 8 alle 20, mentre i cancelli sono aperti solo dagli agenti. Alcuni detenuti gestiscono il pranzo autonomamente, comunque il carrello vivande passa intorno alle ore 12 e, nonostante alcuni detenuti dicano scherzosamente che usano il vitto dell'amministrazione per dare da mangiare ai gatti, si segnala che il carrello esce dalle sezioni quasi vuoto e non ci sono lamentele riguardanti il cibo. Nella sezione lavoranti (piano rialzato), i compagni di cella ne aspettano il ritorno

per mangiare insieme (per ricreare un ambiente che si possa definire familiare). In una cella i detenuti hanno costruito artigianalmente un piccolo albero di Natale usando un manico di scopa, carte di giornali e carte dorate del caffè e delle arance per gli ornamenti;
riguardo al riscaldamento ci sono pareri contrastanti: la direttrice, dottoressa Antonella Reale, afferma che le caldaie sono accese per 10 ore al giorno, mentre i detenuti sostengono che il periodo in funzione si limita a 4 ore al giorno, divise in 2 ore al mattino e 2 alla sera. L'acqua calda si divide in due turni per sezione: 2 ore e mezza al mattino e 2 alla sera, durante i quali ogni cella organizza autonomamente i turni per fare la doccia e per lavare i piatti;
come già detto, ogni sezione è fornita di una sala attività. I turni per accedervi sono divisi per braccio e ciascun braccio ha diritto ad un'ora e mezza circa al giorno. Il campo sportivo è utilizzabile 6 volte al mese. I passeggi sono disponibili per 4 ore al giorno. Sono in costruzione altre tre nuove strutture: uno spazio per i passeggi e due nuovi campi, uno da calcio e uno da pallavolo. Secondo la direttrice, questi edifici dovrebbero essere pronti per l'arrivo dell'estate; nel carcere è presente anche una chiesa diretta da un cappellano esterno, padre Eraclio Contu, per i detenuti di religione cattolica, mentre i detenuti di religione islamica pregano autonomamente in cella sulle coperte stese per terra. L'Imam è uno dei detenuti, perché l'Imam esterno evita di avere contatti con l'ambiente carcerario;
nella casa circondariale sono presenti due educatori: uno a tempo pieno e uno part-time. Sono presenti anche uno psicologo che lavora presso il servizio «Nuovi Giunti», attivo per 2 ore e mezza per 6 giorni a settimana, che fornisce informazioni utili ai detenuti incarcerati per la prima volta. È attiva anche un'associazione di volontariato che procura vestiti, biancheria, ciabatte, sapone a chi non può usufruire dell'aiuto dei familiari. È presente in struttura anche uno psichiatra per 20 ore al mese, precedentemente era presente anche un dentista ma per l'attuale mancanza di fondi, il servizio è stato sospeso;
l'istituto di pena patavino è sprovvisto del mediatore culturale, il che rappresenta una grave carenza soprattutto se si considera che la popolazione di detenuti è per il 90 per cento composta da stranieri, mescolati in 20-25 etnie diverse. All'interno dell'istituto i detenuti stranieri che non conoscono la lingua italiana possono comunque frequentare un corso di alfabetizzazione;
alcuni insegnanti esterni offrono inoltre la possibilità di acquisire il diploma di scuola media; gli unici lavori svolti dai detenuti sono inerenti all'amministrazione interna. Sono disponibili 30 posti di lavoro a rotazione (spesini, scopini, mof e porta vitto) e stabili (lavanderia e cucina). I turni di lavoro vanno da 1 a 2 ore al giorno. Non sono presenti collaborazioni con cooperative esterne. Si sta avviando solo in questi giorni un progetto con la cooperativa «Altracittà» per stabilire all'interno della struttura un laboratorio di cornici artigianali all'interno del quale i detenuti potranno avere la possibilità di svolgere un lavoro stipendiato. Non vi sono altre cooperative del posto che hanno stabilito relazioni con la casa circondariale;
gli agenti di polizia penitenziaria che esercitano nella struttura sono 110, ma gli agenti stessi affermano che sarebbero necessari almeno altri 40 dipendenti. Infatti il turno dovrebbe essere di 6 ore, ma ogni dipendente lavora almeno 8 ore. Questo turno, dicono gli agenti, è ormai diventato ordinario, in quanto il sovraffollamento ha tolto ogni carattere di straordinarietà al turno di 8 ore. In guardiola per ogni sezione è presente un solo agente, mentre il regolamento ne impone almeno 2. Ogni dipendente deve inoltre lavorare anche all'ufficio matricola, e gli agenti stessi denunciano una insufficienza di personale in quanto ogni agente in servizio deve gestire le richieste di 250 detenuti. Per le

traduzioni dei detenuti alla questura o al tribunale o agli altri carceri sono necessari almeno 3 agenti da togliere al servizio in struttura. Anche le ferie, denunciano gli agenti stessi, non sono rispettate. Un agente racconta inoltre di un collega che dopo 18 anni di servizio, in una confidenza gli ha comunicato le decisione di andare a vivere in Germania perché «anche la fabbrica è meglio che stare qui dentro»;
nel corso della visita tutti i detenuti hanno denunciato le pessime condizioni di detenzione alle quali sono quotidianamente sottoposti. Ed invero una struttura che di per sé non presenterebbe particolari disfunzioni o malfunzionamenti di servizio, viene costretta dall'elevato tasso di sovraffollamento in una situazione che agli interroganti appare palesemente contrastante con le norme vigenti. Ogni problema, di ordine quotidiano come il riscaldamento e i materassi per terra, fino alle problematiche più generali come l'uso, ad avviso degli interroganti, sconsiderato della custodia cautelare, all'interno delle celle si amplifica enormemente creando un generale senso di frustrazione e mancanza di speranza per un futuro reinserimento. La direttrice stessa è obbligata ad accogliere tutti i nuovi giunti e ad avere la responsabilità dell'incolumità di ognuno. Anche la lungaggine propria dei processi italiani influenza la gestione di una struttura che in principio doveva essere solo un luogo di passaggio, di transizione, ma che diventa vero e proprio luogo di residenza per periodi che arrivano fino a un anno e mezzo. Nel corso di questo lungo periodo, persone in attesa di giudizio sono costrette ad attendere la sentenza in condizioni pressoché invivibili; la stessa assistenza sanitaria per i malati è carente in quanto tutte le visite specialistiche sono fatte all'esterno; un detenuto diabetico di 60 anni, ad esempio, non riesce a dormire nella brandina inferiore perché gli manca l'aria, ma allo stesso tempo non è in grado di arrampicarsi sulle brandine superiori che per lui rappresentano un ulteriore pericolo;
tutti i detenuti, dal primo all'ultimo, si sono completamente dissociati dall'atto di violenza e vandalismo compiuto nella cella al primo piano nel corso della protesta messa in atto dai reclusi giovedì 17 dicembre 2009. Ancora non è stato stabilito se i detenuti colpevoli di questo atto di vandalismo fossero ubriachi o meno, ma tutti sono d'accordo sul fatto che gli agenti si sono comportati in modo corretto ed estremamente professionale. Le condizioni in cui si presenta la cella dove è andata in scena la protesta violenta sono molto più che sgradevoli: muri letteralmente rotti oltre i mattoni, vetri in frantumi, sanitari divelti, tubature scardinate che hanno causato l'allagamento di tutta la sezione e di parte dell'ufficio matricola. A parte questo singolo episodio, la protesta dei detenuti va avanti in modo assolutamente non violento mediante la battitura della sbarre con pentole e altri oggetti;
a giudizio degli interroganti il sovraffollamento, la mancanza di speranza e l'amnesia dimostrata dagli ambienti politici nei confronti delle problematiche dei detenuti, la mancanza di misure alternative e l'incomprensibile accanimento nei confronti dei reati che non costituiscono particolare grado di pericolosità, sono il solo ed unico fattore scatenante di queste proteste. In sostanza i detenuti stessi non accusano tanto la struttura in sé e chi vi lavora dentro, quanto più l'intero sistema giustizia che non riesce a gestire più il problema che il sistema stesso ha causato -:
quali dati aggiornati siano a disposizione del Governo in relazione alla situazione riscontrata presso la casa circondariale Due Palazzi di Padova, con particolare riguardo al numero di detenuti effettivamente presenti nella struttura e al tasso di sovraffollamento in essa riscontrato;
quali urgenti iniziative intenda assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori della casa circondariale patavina; in particolare, entro quali tempi preveda che l'istituto possa

rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
quali iniziative di competenza intenda assumere per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
quali iniziative siano state assunte o programmate e quali misure si vogliano attuare per porre rimedio alle carenze del personale civile (educatori, psicologi e assistenti sociali) e della polizia penitenziaria assegnati presso il carcere Due Palazzi;
se ed in che modo si intendono potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione.
(4-05602)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto segnalato anche dall'Associazione Antigone, il muro di cinta della casa circondariale di Mantova sarebbe ricoperto di pannelli in eternit e l'Asl competente ne avrebbe ingiunto la rimozione -:
se sia vero che il muro di cinta del carcere di Mantova è ricoperto di pannelli in eternit, di cui la locale Asl ne ha ingiunto la rimozione;
quando questa rimozione avrà luogo;
se anche in altri istituti penitenziari vi siano pannelli in eternit;
se non si ritenga di dover effettuare una mappatura per accertare se detti pannelli si trovino nelle stesse condizioni di quelli del carcere di Mantova.
(4-05605)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il giorno 25 dicembre 2009 la prima firmataria del presente atto, assieme a Marco Pannella, presidente del Senato del Partito Radicale Nonviolento, Transnazionale e Transpartito, al deputato dell'Italia dei Valori, Di Stanislao, nonché ai militanti radicali, avvocato Alessandro Gerardi, Orazio Papili e Renato Ciminà, ha visitato il carcere Castrogno di Teramo;
la visita ispettiva - cominciata alle ore 9,30 del mattino e protrattasi ininterrottamente fino alle 20,30 - è stata guidata dall'ispettore Alfonso Brillante, attesa l'assenza del direttore dell'istituto di pena abruzzese e del comandante della polizia penitenziaria, il quale peraltro risulta essere stato assegnato da poco al carcere di Castrogno in sostituzione del dott. Giuseppe Luzi, rimosso dall'incarico per avere invitato un suo sottoposto, nel corso di una registrazione poi pubblicata su tutti i principali quotidiani, a non massacrare il detenuto in sezione, ma al piano di sotto, ossia al riparo da occhi indiscreti;
nell'istituto di pena di Castrogno risultano recluse circa 411 persone a fronte di una capienza regolamentare di 231 posti; tra le persone attualmente recluse, circa il 30 per cento è rappresentato da stranieri, più della metà sono in attesa di

giudizio, mentre i tossicodipendenti sono circa quaranta, di cui cinque o sei sieropositivi;
gli agenti di polizia penitenziaria sono sotto-organico e in sofferenza: quelli in servizio infatti sono 155, mentre il decreto ministeriale del 2001 ne prevede minimo 203, anche se oggi, a distanza di quasi dieci anni, attesa la crescita della popolazione detenuta, ne servirebbero molti di più;
gli educatori sono solamente 2, di cui uno a tempo parziale, rispetto ad una pianta organica di 6 unità; nonostante vi sia un'alta incidenza di detenuti portatori di problemi psicologici e/o psichiatrici, all'interno del carcere di Castrogno vi è un solo psichiatra operativo per nemmeno 40 ore mensili; tutto ciò fa sì che molti detenuti chiedano un colloquio senza mai ottenerlo, sentendosi per questo abbandonati. Peraltro la mancanza degli educatori preclude per molti detenuti la possibilità di ottenere ciò che spetta loro di diritto ossia un tempestivo accesso alle misure alternative alla detenzione;
le celle sono malmesse, talmente fredde e umide che all'interno di esse molto spesso i detenuti indossano cappotti, giubbotti e cappelli; diversi di loro hanno mostrato materassi di gommapiuma bagnati che non vengono cambiati da anni; quando piove le celle diventano ancora più umide e fredde, con le finestre malridotte che non riescono ad evitare del tutto il passaggio dell'aria; il riscaldamento funziona poco e male e, in genere, la notte rimane spento;
i detenuti non possono fare la doccia tutti i giorni ma solo tre volte alla settimana. Nei bagni delle celle scorre solo acqua fredda, la carta igienica non viene fornita da circa tre mesi, così come i prodotti per la pulizia e l'igiene degli ambienti (stracci, detersivi e altro); persino gli spazzolini da denti e il dentifricio forniti dall'istituto risultano spesso non a norma e scaduti, al punto che alcuni detenuti, dopo averne fatto uso, sono stati colpiti da allergie alla bocca, il cibo è di pessima qualità e quasi sempre lo stesso, visto e considerato che molto spesso nel corso della settimana viene preparato riso; da qualche settimana ai detenuti non viene più fornito neanche il vino;
all'interno del carcere le attività trattamentali finalizzate alla risocializzazione della popolazione detenuta sono praticamente inesistenti, basti pensare al fatto che pochissimi detenuti risultano ammessi al lavoro esterno per mancanza di fondi; gli educatori in servizio, come sopra ricordato, sono appena due a fronte di una pianta organica che ne prevede sei; vi è un solo psichiatra che presta servizio per appena 40 ore mensili; per i detenuti tossicodipendenti non c'è il S.E.R.T. interno e nemmeno l'infettivologa, sicché gli stessi come unica terapia vengono sottoposti a trattamento metadonico; per i reclusi di nazionalità straniera non è attivo alcun presidio di mediazione culturale; i detenuti possono frequentare solo corsi di scuola elementare (né scuole medie, né superiori, né corsi universitari) ed i corsi di formazione professionale continuano a rimanere un miraggio;
gli spazi per la socialità (salette ricreative) sono strette e anguste, all'interno delle stesse campeggia solo un biliardino o, come nella terza sezione, un tavolo da ping-pong; la palestra è piccola e contiene solo quattro detenuti per volta e gli stessi vi possono accedere solo per un'ora nel corso dell'intera settimana; la cappella per le funzioni religiose è spesso fuori uso perché vi piove dentro, peraltro il cappellano vi si reca assai di rado per celebrare messa (all'incirca una volta alla settimana, in genere il mercoledì quando i detenuti stanno a colloquio con i familiari); come riferito da pressoché tutti i detenuti, la sala colloqui è piccola ed in pessime condizioni e presenta ancora il muretto-divisorio che non consente adeguati contatti umani tra detenuti e familiari, questi ultimi sono spesso costretti a fare lunghe code di attesa prima di poter incontrare i detenuti, dopodiché vengono ammassati

all'interno di spazi ridottissimi (manca l'area verde per gli incontri con i bambini);
quasi tutti i detenuti si sono lamentati del fatto che in occasione delle festività natalizie, a causa dell'eccessivo afflusso di parenti, la durata del colloquio tra detenuti e familiari è stata ridotta da due a un'ora; peraltro l'ispettore Brillante ci ha personalmente assicurato che la decisione di ridurre l'orario è stata presa per cause di forza maggiore e che non appena il periodo festivo sarà terminato, il colloquio tra detenuti e familiari tornerà a durare due ore; nel carcere di Castrogno vi è una grande sala dove è ubicato il teatro; spazio che non viene pressoché mai utilizzato stante la mancanza di qualsiasi tipo di attività e/o corso di formazione teatrale;
la mancanza di lavoro, la pressoché totale assenza di corsi di formazione professionale, la presenza di un solo corso di scuola, peraltro elementare, la riduzione degli spazi e dei momenti di socialità e/o di quelli sportivi; le scarse attività ricreative, la soppressione dell'unico corso di informatica presente in istituto, tutto questo costringe i detenuti a trascorrere ben 20 ore della giornata all'interno delle celle, nell'ozio e nell'abbrutimento più assoluto e deleterio;
pressoché tutti i detenuti si sono lamentati del fatto che il nuovo comandante della polizia penitenziaria, dopo la triste vicenda del detenuto Mario Lombardi picchiato in sezione da un agente e la successiva rimozione del precedente comandante, abbia deciso di rendere le regole all'interno dell'istituto ancora più rigide rispetto a quanto già non fosse. Solo per fare qualche esempio: a) la socialità, prima concessa dalle 11 alle 13,30 del mattino, periodo allungabile fino alle 15,30 se il detenuto non voleva andare all'aria, nonché dalle 17 alle 19,15 del pomeriggio, ora viene concessa solo la sera; b) il campo di calcio, che prima i detenuti potevano frequentare due volte a settimana più una volta ogni 15 giorni, oggi viene concesso loro solo una volta ogni 15 giorni, peraltro alternati per ogni singolo lato della sezione, sicché attualmente ogni singolo detenuto si trova a poter giocare a pallone solo una volta al mese rispetto alle cinque/sei concesse prima; c) le docce, che prima i detenuti potevano fare tre volte alla settimana dalle 8,30 alle 11,30, a scelta, dalle 13,30 alle 15,30, attualmente si possono fare (sempre tre volte a settimana) solo dalle 8,30 alle 12;
il fine del reinserimento sociale dei condannati mediante il lavoro è frustrato dalla mancanza del lavoro e dalla indisponibilità di attività qualificata all'interno della predetta struttura penitenziaria, ciò nonostante quanto previsto sia dall'articolo 20 della legge 26 luglio 1975, n. 354 - il quale prevede, tra l'altro, che «il lavoro è obbligatorio per i condannati e per i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro» - sia dal comma 1 dell'articolo 50 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 2000, n. 230 - il quale stabilisce che «i condannati e i sottoposti alle misure di sicurezza della colonia agricola e della casa lavoro, che non siano stati ammessi al regime di semilibertà o al lavoro esterno o non siano stati autorizzati a svolgere attività artigianali, intellettuali o artistiche o lavoro a domicilio, per i quali non sia disponibile un lavoro rispondente ai criteri indicati nel sesto comma dell'articolo 20 della legge, sono tenuti a svolgere un'altra attività lavorativa tra quelle organizzate nell'istituto». Solo alcuni detenuti possono svolgere, per poche ore al mese, attività lavorativa scarsamente qualificata (scopino, vivandiere) alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria; attività peraltro remunerata dai 30 ai 70 euro mensili;
a causa degli sfollamenti dalle carceri più grandi, a Castrogno sono detenute molte persone che provengono da centinaia di chilometri di distanza dal luogo di residenza; ciò, oltre a rendere oltremodo difficoltosi i colloqui con i familiari, costringe il già ridotto organico degli agenti a numerosissime traduzioni per accompagnare

i detenuti nei luoghi ove si svolgono i processi: nei primi dieci mesi dell'anno sono state già effettuate ben 1.200 traduzioni con grave dispendio di risorse umane e finanziarie;
al primo piano si trova la prima sezione, quella dei cosiddetti «protetti», all'interno della quale si trovano reclusi circa 102 detenuti (tra i quali due transessuali) a fronte di una capienza regolamentare di appena 50 posti. Da qualche settimana, a causa dell'eccessivo sovraffollamento, in quattro celle della prima sezione è stata addirittura aggiunta una terza branda. Ciò è dovuto al fatto che a Teramo si trova l'unico penitenziario dove è presente la sezione «protetti», sicché ogni persona accusata o condannata per un certo tipo di reati e/o chi collabora con la giustizia viene trasferito, dall'Amministrazione penitenziaria, dagli altri istituti di pena abruzzesi o del centro Italia direttamente a Castrogno. Al momento della visita ispettiva, nella sezione «protetti» era presente: a) un detenuto affetto da un tumore al polmone, per quanto consta agli interroganti, non seguito adeguatamente da punto di vista sanitario, il quale è in attesa da diverso tempo di essere sottoposto agli accertamenti e alle analisi cliniche in una struttura ospedaliera esterna al carcere; b) un detenuto affetto da un disturbo bipolare della personalità proveniente dal carcere di Sulmona, struttura all'interno della quale aveva cominciato a seguire una terapia sotto la direzione di uno psichiatra e di uno psicologo; terapia che il trasferimento a Castrogno ha interrotto aggravando il suo stato di salute mentale; c) un detenuto che ha tentato già quattro volte di togliersi la vita;
al secondo piano si trova la seconda sezione che contiene il circuito alta sicurezza all'interno del quale sono attualmente reclusi 84 detenuti, la maggioranza dei quali proviene dalla Campania e della Sicilia; tutti accusati o condannati per reati che vanno dall'associazione a delinquere di stampo mafioso (articolo 416-bis) alla spaccio di sostanze stupefacenti (articolo 74 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990). In questa sezione i detenuti si sono lamentati delle poche ore di «socialità» che la direzione concede loro; della scarsa se non del tutto inesistente assistenza sanitaria (le visite sanitarie vengono descritte come poco approfondite anche perché, spesso, nel corso delle stesse, non viene mai controllata la cartella clinica del paziente; visite che si concludono immancabilmente con la prescrizione della solita «pillola»); della mancanza del «piantone» per l'assistenza e la vigilanza delle persone affette da disturbo border-line della personalità; della rigidità della magistratura di sorveglianza di Teramo nel concedere le misure alternative alla detenzione anche nei confronti di persone che hanno un residuo pena molto basso per reati che non destano particolare allarme sociale;
al terzo piano si trova la terza sezione all'interno della quale sono stipati i detenuti cosiddetti «comuni» (attualmente sono 90). In uno dei due rami in cui è suddivisa questa sezione i detenuti lamentano il mancato o cattivo funzionamento di due docce su tre. Quasi tutte le finestre delle celle sono coperte con carta da giornale per evitare l'afflusso continuo di acqua e vento. Anche per chi è recluso nella terza sezione vi è la totale mancanza di ogni tipo di attività trattamentale; gli spazi per lo svolgimento delle attività ricreative sono ridotti al minimo; i materassi sono intrisi di umidità ed in pessimo stato; in genere ogni tipo di suppellettile è vecchia ed in pessimo stato; mancano i prodotti per la pulizia delle celle; ai detenuti è stato tolto il vino e viene fornito cibo di pessima qualità;
al quarto piano si trova la quarta sezione, quella che contiene i detenuti (attualmente sono un'ottantina) affetti da problemi di tossicodipendenza. In questa sezione i detenuti lamentano il fatto di essere curati solo tramite la somministrazione dei farmaci sostitutivi, visto e considerato che quelli del Se.r.t. non vengono mai, oltre ai fatto che l'istituto non offre loro alcun tipo di sostegno e/o assistenza

psichiatrica e/o psicologica. Molti di loro hanno seri problemi ai denti, però non vi è alcun dentista che possa farsene carico o curarli;
nel reparto femminile sono attualmente presenti 31 detenute. Anche in questa zona del carcere è stata riscontrata l'assenza di ogni tipo di attività trattamentale, ricreativa o sportiva. Le celle, umide e fredde, presentano spazi ridotti e bagni privi di acqua calda. Anche qui le docce si possono fare tre volte a settimana, ma solo con acqua fredda per un guasto che, come confermatoci da un agente di polizia penitenziaria, dovrebbe essere in corso di riparazione. Le detenute lamentano la totale assenza dell'assistenza sanitaria. Una di loro, M.M., alla quale è stato asportato lo stomaco per un tumore, riesce a mangiare solo roba liquida che però non riesce ad avere e, pur avendo bisogno di un certo tipo di medicinali, viene curata solo con l'ausilio del maloox. Un'altra, S.S., madre di cinque bambini, dice di essere affetta da cisti alle labbra e alle gambe e di avere per questi motivi più volte richiesto, del tutto inutilmente, di essere sottoposta a delle analisi molto più approfondite, peraltro la stessa detenuta riferisce di essere affetta da una grave forma di infezione ad entrambe le orecchie che richiederebbe un immediato intervento per scongiurare il rischio di sordità, intervento continuamente rimandato;
come sostenuto da Marco Pannella al termine della visita ispettiva, la situazione dell'assistenza sanitaria all'interno l'istituto di pena Teramano «è ai limiti del codice penale»: la legge 26 luglio 1975, n. 354, recante «Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà», all'articolo 1, prevede che «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve assicurare il rispetto della dignità della persona», mentre l'articolo 11 dispone che ogni istituto penitenziario è dotato di servizio medico e di servizio farmaceutico rispondenti alle esigenze profilattiche e di cura della salute dei detenuti e che, ove siano necessari cure o accertamenti diagnostici che non possono essere apprestati nelle infermerie e nei reparti specialistici degli istituti, i detenuti sono trasferiti negli ospedali civici o in altri luoghi esterni di cura»; ciononostante nel carcere di Castrogno il diritto alla salute dei detenuti viene, ad avviso degli interroganti, continuamente calpestato da un sistema strutturalmente inidoneo a garantire standard minimi di assistenza sanitaria. L'esempio della situazione di sfascio in cui versa il presidio sanitario all'interno dell'istituto di pena teramano è rappresentato emblematicamente dalla sorte toccata al detenuto Uzoma Emeka, morto nel carcere di Castrogno a 32 anni per un tumore al cervello. Venti giorni prima di morire il detenuto senegalese aveva cominciato ad avvertire alcuni forti capogiri: perdeva i sensi all'improvviso, sveniva in cella e nelle docce, vomitava, non riusciva ad alzarsi dal letto, non mangiava, deperiva a vista d'occhio. È stato segnalato alla prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo che ogni volta che perdeva i sensi Uzoma veniva condotto in infermeria sulle spalle di altri detenuti, ma il medico di guardia dopo pochi minuti, senza fare né disporre ulteriori accertamenti, lo rimandava in cella prescrivendogli tutt'al più qualche «pillola» per dormire. Anche la notte prima di morire il detenuto senegalese era stato rispedito dall'infermeria nella cella; ma stava talmente male che non riusciva a rimanere steso sul letto e cadeva continuamente a terra. Dopo alcuni tentativi Uzoma è stato lasciato privo di sensi per terra, con un lenzuolo, per l'intera nottata, nonostante avesse vomitato più di una volta. La mattina seguente il detenuto è stato trovato con la bava alla bocca, rigido e privo di coscienza. Solo dopo qualche ora è stata finalmente chiamata l'ambulanza ma ormai i medici non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso; diversi detenuti hanno riferito di essere stati sottoposti a rapporto disciplinare per aver parlato con la prima firmataria del presente atto in occasione della visita

ispettiva del 2 novembre 2009 i cui esiti sono riportati nell'interrogazione a risposta scritta n. 4-04862 -:
quali urgenti iniziative si intendano assumere per garantire normali condizioni di vita ai detenuti ed agli operatori del carcere di Castrogno; in particolare, entro quali tempi si preveda che l'istituto possa rientrare nella dimensione regolamentare dei posti previsti;
se non intendano aprire una indagine amministrativa interna sulla morte del detenuto Uzoma Emeka al fine di appurare, negli ambiti di rispettiva competenza, eventuali responsabilità di omessa cura e assistenza in capo al personale penitenziario e medico-sanitario;
cosa intendano fare, negli ambiti di rispettiva competenza, per garantire il diritto alla salute dei detenuti e, in particolare, entro quali tempi verrà ripristinata un'adeguata assistenza psicologica e psichiatrica;
cosa si intenda fare per garantire ai detenuti l'attività trattamentale, sia essa di studio e/o di formazione e lavoro, atta a preparare il futuro reinserimento sociale previsto dall'articolo 27 della Costituzione;
per quali motivi il nuovo comandante della polizia penitenziaria abbia deciso di sopprimere le ore del mattino destinate alla «socialità» nonché la possibilità per i detenuti di fruire del campo di calcio due volte alla settimana e se da questo punto di vista non ritenga opportuno adottare iniziative urgenti e mirate alfine di ripristinare la situazione precedente;
se non si intendano adottare le opportune iniziative al fine di aumentare l'organico degli agenti penitenziari, degli educatori, degli psicologi e degli assistenti sociali in servizio presso il predetto istituto di pena, in modo da rendere lo stesso adeguato al numero delle persone recluse;
se non si ritenga di dover urgentemente disporre il completo rifacimento della vetusta ed obsoleta sala-colloqui presente nell'istituto di pena in questione in modo da garantire un miglior contatto umano tra detenuti e familiari e, più in generale, entro quali tempi verrà garantito un normale funzionamento dell'istituto quanto alla manutenzione, al riscaldamento, all'accesso quotidiano alle docce;
se ed in che modo si intendano potenziare, all'interno della struttura penitenziaria in questione, le attività di orientamento e formazione al lavoro e di ricerca di posti di lavoro da offrire ai detenuti, in particolar modo per quelli che hanno quasi finito di scontare la pena;
quale sia il carico di lavoro della magistratura di sorveglianza di Teramo e quali siano le ragioni di quella che agli interroganti risulta un'inadeguata e carente risposta alle istanze avanzate alla stessa da parte dei detenuti;
se il Governo non intenda assumere iniziative volte a destinare maggiori fondi e risorse al potenziamento delle misure alternative al carcere, anche attraverso la creazione di percorsi protetti di reinserimento sociale e lavori socialmente utili per tutti i condannati a pene inferiori ai tre anni di reclusione;
se corrisponda al vero che alcuni detenuti siano stati sottoposti a rapporto disciplinare solo per aver parlato con la prima firmataria del presente atto in occasione della visita del 2 novembre 2009 e cosa si intenda fare, in generale, per garantire che le visite di sindacato ispettivo effettuate dai parlamentari nelle carceri per verificare le condizioni di detenzione si svolgano nella massima serenità e collaborazione.
(4-05612)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
Salvatore Cordì, detenuto nel carcere dell'Aquila in regime di 41-bis, ha visto una sua lettera privata indirizzata ad suo amico d'infanzia che si trova nella casa di

reclusione di Spoleto divenire oggetto di trattenimento da parte della direzione della casa circondariale dell'Aquila;
tale lettera è stata trasmessa al magistrato di sorveglianza che, il 30 novembre 2009, ha notificato a Cordì la considerazione che «nel quarto foglio della citata missiva sono ravvisabili elementi del reato di diffamazione nel contenuto di una fase implicitamente riferita al Presidente del Consiglio dei Ministri», comunicando che pertanto si disponeva il trattenimento e l'invio, a cura della direzione dell'istituto di pena, di copia della stessa alla procura della Repubblica dell'Aquila per le determinazioni di competenza -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito, quali criteri siano utilizzati dalla direzione del carcere in merito al vaglio della corrispondenza dei detenuti e quali iniziative di competenza intenda assumere con riferimento e quanto descritto in premessa.
ad avviso degli interroganti ferme restando l'autonomia della magistratura quand'anche risultasse diffamatoria la frase incriminata, non appare condivisibile il provvedimento del magistrato di sorveglianza che ha disposto l'invio della missiva privata di Cordì alla procura dell'Aquila affinché assuma «le determinazioni di competenza», tenuto conto che la diffamazione è reato perseguibile a querela della parte offesa.
(4-05613)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'ultima ricerca di Euromobility denuncia che il nostro Paese continua ad avere il parco macchine più numeroso dell'Unione europea: 61,32 veicoli ogni cento abitanti contro un valore europeo di 46, mezzi pubblici poco utilizzati, trasporto alternativo scarsamente diffuso (anche se ben funzionante dove presente);
il trend in crescita è costante da tre anni che vede Aosta al primo posto con 207 auto ogni 100 abitanti (dato però falsato dalle immatricolazioni che riguardano gli autisti con conducente) seguita da Latina e Roma, rispettivamente con 72 e 70. Tra le più virtuose compaiono Venezia, Genova e Bolzano. Napoli invece continua a essere la città dove sono più presenti veicoli inquinanti (il 30 per cento delle auto è Euro 0), come anche a Catania e più in generale tutto il meridione. Più «pulite» (con più vetture Euro 4 a disposizione) sono invece Aosta, Brescia e Roma. Crescono un po' ovunque le auto a gas, grazie agli incentivi statali, seppure rappresentino ancora una piccola percentuale del totale dei mezzi in circolazione: la vendita di auto a gpl è cresciuta del 14,77 per cento mentre di quelle a metano del 29,29: una quota sul totale rispettivamente del 3,24 e dell'1,48;
in molte zone l'automobile rimane spesso una scelta obbligata dalla mancanza di alternative valide, come un trasporto pubblico efficiente, che continua invece a essere deficitario e che vede Roma e Milano in testa come miglior offerta (calcolata dalla media dei chilometri fatti dalle vetture per ogni abitante residente) insieme a Venezia, mentre penalizza ancora città del sud come Messina, Siracusa e Latina;
aumenta il grado di consapevolezza ambientale degli italiani, sempre più ecosensibili e disposti a utilizzare mezzi alternativi, prima fra tutti la bicicletta: in Italia sono 23 le città che hanno adottato sistemi di bike sharing elettronico o meccanico. Fra queste Milano è quella che presenta la miglior offerta con 1.500 biciclette e 12.346 utenti (più 20,6 per cento rispetto al 2007); Roma è seconda con 150 bici e 8.700 utenti (quadruplicati rispetto

all'anno scorso); Siracusa terza con 130 veicoli; anche il car sharing, l'auto condivisa, trova sempre più adepti con un aumento delle auto disponibili del 12,9 per cento e degli utenti del 15,14, soprattutto a Milano, città con più auto collettive seguita da Venezia. In controtendenza Rimini dove il servizio è stato sospeso;
la legge finanziaria per il 2010 destina oltre 1 miliardo e 564 milioni circa di euro alle infrastrutture strategiche destinando fondi 15 volte inferiori alla mobilità urbana (solo 120 milioni di euro) -:
se non ritengano, nella seconda fase della manovra finanziaria per il 2010, di adottare iniziative integrative in favore di opere di mobilità urbana e trasporto alternativo a quello su strada;
se e come intendano contenere il numero di macchine circolanti e quali misure intendano adottare per promuovere e diffondere il car sharing.
(4-05584)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 23 gennaio 2010 la prima compagnia aerea low cost in Italia e in Europa, Ryanair, che trasporta oltre 65 milioni di passeggeri l'anno chiuderà temporaneamente le rotte domestiche italiane;
la decisione è stata presa in seguito alle ordinanze dell'Ente Nazionale per l'aviazione civile (ENAC) confermate dalla sentenza del Tar del Lazio il 17 dicembre 2009, che obbligano Ryanair ad accettare forme di identificazione per i passeggeri che viaggiano sulle rotte domestiche della compagnia irlandese, anche se questi documenti di identità sono costituiti da mere licenze di pesca;
tali disposizioni dell'Enac, che risulterebbero essere state adottate unilateralmente senza consultare o discuterne con Ryanair, interferiscono con e minano le procedure stabilite dalla compagnia irlandese che opera ormai con il check-in online al 100 per cento con un sistema per il quale è obbligatorio per la sicurezza di tutti i voli Ryanair, che tutti i passeggeri della compagnia acconsentano al momento della prenotazione, di presentare o il passaporto o la carta di identità al gate d'imbarco prima di salire a bordo del proprio volo;
tali procedure sono state già utilizzate con successo su tutti i voli di Ryanair nell'Unione europea e sui voli domestici di Ryanair in ogni altro paese dell'Unione europea;
secondo Ryanair le ordinanze dell'Enac minacciano addirittura l'arresto del personale dell'handling, se si rifiuta di far viaggiare i passeggeri con forme di identificazione dalla stessa non consentite comprese patenti di guida, badge lavorativi o licenze di pesca italiane;
a giudizio degli interroganti le ordinanze dell'Enac, che non agisce come un regolatore indipendente, avvantaggiano il vettore Alitalia che ha puntato su un modello di business completamente diverso da tutte le grandi compagnie internazionali con una focalizzazione sul mercato domestico e rispetto al quale le compagnie low cost costituiscono un «concorrente» che sottrae sempre maggiori quote di mercato ed impedisce di attuare il piano di rilancio del vettore nazionale;
in questo senso vanno ricordate le misure adottate dall'Enac, quali la chiusura di Ciampino e il piano degli aeroporti, che hanno introdotto maggiori difficoltà per le compagnie low cost, ad entrare nel mercato italiano -:
se il Ministro interrogato non ritenga di assumere, per quanto di competenza, iniziative volte ad assicurare che le ordinanze dell'Enac di cui in premessa siano oggetto di una revisione, anche in considerazione degli effetti delle stesse sulla concorrenza nel settore del trasporto aereo e del conseguente probabile aumento

delle tariffe sulle tratte nazionali a svantaggio degli utenti consumatori.
(4-05609)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, una transessuale brasiliana, Santos Da Costa, nome d'arte Leona, di anni 24, si è impiccata nel centro di identificazione ed espulsione (CIE) di via Corelli (Milano) nel primo pomeriggio del giorno di Natale;
Leona aveva denunciato, alcuni mesi fa, il suo sfruttatore ai poliziotti, facendolo arrestare dagli agenti senza però ottenere alcun permesso di soggiorno per motivi di giustizia, sicché da allora viveva costantemente minacciata dal fratello dello sfruttatore, il quale le aveva promesso la morte non appena la stessa avesse fatto ritorno in Brasile;
secondo quanto riferito da alcune prostitute brasiliane, Leona avrebbe ricevuto l'ultima minaccia di morte sul telefonino il 20 dicembre 2009, proprio pochi istanti dopo essere stata condotta nel CIE di via Corelli;
sembra che la presenza di Leona in Italia non fosse ritenuta strettamente necessaria ai fini dell'indagine, sostenuta da altre numerose prove;
un'altra transessuale brasiliana trattenuta in via Corelli ha dichiarato che «l'idea di tornare in Brasile sconvolgeva Leona. Era giovane, era la prima volta che veniva arrestata. Era terrorizzata dall'idea di venire ammazzata di botte da quello che la sta aspettando in Brasile. Prima di ammazzarsi ha chiesto alle guardie un tranquillante, ma non glielo hanno dato. Alcuni piangono. Sembrano terrorizzati. Dicono tutti di aver visto il corpo di Leona morta impiccata al termosifone della cella, il cappio fatto con un copriletto di cotone. Dicono pure di aver visto le guardie scherzare davanti al suo cadavere, senza alcun rispetto»;
la morte di Leona è il secondo suicidio avvenuto in un centro di identificazione ed espulsione dall'inizio dell'anno 2009 e un'altra morte sospetta è stata registrata nel CIE di Roma;
sulla vicenda è intervenuto anche l'Osservatorio sulle morti in carcere (sostenuto da Radicali Italiani, associazione «Il detenuto ignoto», «Antigone», «A Buon Diritto», «RadioCarcere» e «Ristretti Orizzonti») che lancia l'allarme sui decessi nei CIE, dove, si ribadisce, non si è formalmente detenuti senza però godere delle garanzie vigenti nelle carceri -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
per quali motivi non sia stato concesso a Santos da Costa il permesso di soggiorno per motivi di giustizia;
per quali motivi la transessuale Leona sia stata espulsa dall'Italia nonostante la stessa fosse continuamente minacciata di morte dal fratello del suo sfruttatore che lei stessa aveva denunciato e fatto arrestare;
se intenda avviare una indagine amministrativa interna al fine di appurare se nei confronti della transessuale morta suicida nel CIE di via Corelli siano state messe in atto tutte le misure di sorveglianza previste e necessarie e quindi se non vi siano responsabilità di omessa vigilanza da parte del personale del centro;
quali iniziative, più in generale, il Governo intenda assumere per contenere e ridurre i decessi, i suicidi e gli atti di autolesionismo che annualmente si consumano all'interno dei centri di identificazione ed espulsione.
(4-05591)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la Direzione qualità della vita del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, ha indicato la Basilicata terza a livello di siti potenzialmente inquinati da amianto;
quanto allo smaltimento di amianto in Basilicata, si segnala che la Materit, stabilimento improduttivo dal 1989 al 1994, è stata dal 1994 autorizzata dalla regione a smaltire l'amianto provvisoriamente stoccato nel piazzale della discarica aziendale di seconda categoria tipo b pari a circa 3.000 metri cubi di fanghi secchi e 600 di rottami e sfridi di manufatti in cemento-amianto, senza però portare a compimento la suddetta opera;
a distanza di sei anni infatti, nel luglio del 2000, la Commissione parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse nell'approvare la relazione territoriale sulla Basilicata, descrive i sopralluoghi effettuati ed afferma che in merito all'area in questione «I tecnici dell'Arpab presenti alla visita della Commissione hanno illustrato il programma dei lavori previsti che, nel breve termine, dovranno portare alla bonifica dei canali di raccolta dell'acqua piovana, del piazzale e della vasca dove tuttora sono stoccati i fanghi di lavorazione; sempre nel breve termine è prevista la ripulitura delle superfici interne all'edificio nonché l'incapsulamento di tutti i rifiuti presenti nel sito»;
successivamente però nulla viene fatto e con la delibera regionale n. 1527, si redigono, secondo nuova normativa, regole tecniche e linee guida severe per realizzare operazioni di messa in sicurezza e progetti di bonifica. Gli interventi di messa in sicurezza, è affermato, «non sostituiscono le bonifiche, e la responsabilità della correttezza di tali operazioni di ripristino ambientale resta a carico dei soggetti responsabili dell'inquinamento»;
ad aprile 2005, il Dipartimento ambiente e territorio della regione invia il suo «parere» sugli interventi di messa in sicurezza al comune di Ferrandina e ricorda allo stesso di emettere le ordinanze nei confronti del soggetto inquinatore o dei proprietari;
nel gennaio 2006 il comune chiede all'Agenzia per la protezione ambientale della Basilicata (ARPAB), relativamente ai lavori di caratterizzazione della discarica in cui la Materit, autorizzata dalla regione dodici anni prima, ha seppellito fanghi e sfridi di lavorazione, e probabilmente depositato all'esterno polveri varie, creando colline ora coperte d'erbacce, «l'assenso all'effettuazione [...] dei carotaggi previsti e necessari dei rifiuti presenti». Due mesi dopo l'Arpab risponde. Visto l'esito della caratterizzazione effettuata con indagini geofisiche esprime parere contrario all'esecuzione dei lavori e stigmatizza la decisione del comune di non presentare i risultati anche agli altri partecipanti alla conferenza di servizi;
come ricordato nell'interrogazione n. 4-05454, la conferenza di servizi decisoria del 24 gennaio 2008 ha ribadito, in merito all'area dello stabilimento ex-Materit, la richiesta al comune di Ferrandina di rimozione immediata dell'amianto ancora presente nell'area dello stabilimento e di quello ivi raccolto in numerosi big bags accumulati all'interno dei capannoni;
quanto a risorse stanziate risulta che nel 2004 sono stati destinati 500 mila euro, per interventi di bonifica di particolare urgenza dell'area ex Materit, al comune di Ferrandina;
nel corso dell'ultimo consiglio comunale del 2008 il sindaco di Ferrandina ha fatto presente che vi era stato uno speso di 350 mila euro, e che c'era un residuo di circa 160 mila euro che sarebbe dovuto servire allo smaltimento di 71 big-bags;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nel 2008, segnalava un «significativo» ritardo rispetto agli interventi già finanziati secondo

«progetto esecutivo» del 2006 ricordando, in merito alle spese, d'aver già ricevuto il rendiconto dei pagamenti effettuati per il 2006 e chiedendo quindi «un quadro economico completo conseguente all'affidamento dei lavori di messa in sicurezza e caratterizzazione ai fini delle valutazioni»;
dopo il sollecito del Ministero al comune, indirizzato anche ad altri enti, la struttura del quadro economico cambia. La cifra dei «lavori a corpo» sale da 101.300,36 a circa 243 mila euro -:
se non ritenga il Ministro interrogato che il comportamento tenuto nel corso di oltre un decennio dal comune di Ferrandina in merito alla mancata bonifica da amianto, con i gravi danni alla salute e all'ambiente che comporta, sia tale da richiedere lo scioglimento ed il commissariamento dello stesso.
(4-05598)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
per la bonifica dei siti della Val Basento sono stati stanziati 4,5 milioni di euro di cui il 50 per cento assegnato con decreto ministeriale del 2006 e il rimanente 50 per cento dal programma operativo FESR (Fondo europeo per lo sviluppo regionale) 2007-2013 della regione Basilicata;
tali risorse serviranno alla messa in sicurezza delle acque di falda e dei suoli della Val Basento, alla caratterizzazione delle acque di falda, alla bonifica delle acque superficiali e dei sedimenti del fiume Basento con alcuni degli interventi coordinati direttamente dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Basilicata (ARPAB);
per gli interventi di bonifica da inquinamento, le cifre stanziate dalla regione sono stati negli ultimi anni rispettivamente: 14.801.338,32 di euro nel 2005, 26.527.511,37 di euro nel 2006 e 24.643.715,00 di euro nel 2007;
tali risorse non paiono, a parere degli interroganti, per come sono state utilizzate, aver risolto le criticità in cui versano i siti;
vi sono aspetti, concernenti questioni ambientali in Basilicata, privi, secondo gli interroganti, della necessaria trasparenza come il comportamento dell'Arpab ha fatto emergere e come portato a conoscenza con precedenti interrogazioni;
i poteri dell'Arpab risultano ulteriormente accresciuti dopo l'approvazione del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, del 9 febbraio 2009, n. 609, che, in merito alla realizzazione dello stoccaggio di gas naturale di Grottole-Ferrandina - Stoccaggio «Cugno le Macine» e «Serra Pizzuta», dispone un coinvolgimento dell'ARPA Basilicata nella fase di analisi delle eventuali condizioni di inquinamento dei suoli, soprassedendo, per la fase di valutazione della necessità di procedere alla bonifica dei suoli, all'autorevole giudizio dei componenti della Commissione tecnica per la valutazione di impatto ambientale (CTVIA) -:
quali iniziative di competenza per la trasparenza nella gestione delle risorse finanziarie destinate alla bonifica dei siti di interesse nazionale intendano mettere in atto, a partire dall'utilizzo dei 4,5 milioni di euro di cui sopra, e che riguardino anche l'operato di Arpab.
(4-05585)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Italia Oggi il 16 dicembre 2009 risulta che nei siti internet di molti Ministeri e società pubbliche non c'è traccia delle consulenze;
secondo quanto riferito dalla Consap, concessionaria dei servizi assicurativi pubblici interamente controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, la pubblica amministrazione non è tenuta a pubblicare le consulenze di importo inferiore ai 290 mila euro;
questo è l'effetto di una circolare del Dipartimento della funzione pubblica del 24 gennaio 2008 che, nel quantificare il tetto al trattamento economico dei consulenti, previsto dall'articolo 3, comma 44 della legge finanziaria per il 2008 in riferimento a quello del primo presidente della Corte di Cassazione, in 289.984 euro, ha stabilito che il regime di pubblicità si riferisca solo agli importi superiori al tetto individuato nella medesima legge finanziaria per il 2008;
la manovra finanziaria di cui al decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008 si è occupata dell'argomento ma non ha detto nulla in merito agli obblighi di comunicazione e trasparenza;
così, il sito delle Poste italiane è fermo al 2008, così come risultano vuote le griglie di consulenze previste nei siti del Poligrafico dello Stato, delle Ferrovie dello Stato e di Trenitalia; Alitalia servizi segnala consulenze solo fino a metà giugno 2009; Fintecna, holding di partecipazione del Ministero dell'economia e delle finanze risulta ferma febbraio 2008; Eur spa è ferma al gennaio del 2009, Invitalia (ex Sviluppo Italia) non mette sul sito nessun riferimento;
gli ispettori della Ragioneria generale dello Stato nel corso dei controlli effettuati nel 2008 hanno redatto un lungo elenco di sprechi della spesa pubblica che fa emergere un quadro critico nonostante la crisi economica richieda alle pubbliche amministrazioni una sempre maggior oculatezza della spesa -:
se non ritengano i Ministri interrogati di assumere le iniziative di competenza affinché siano pubblicate tutte le consulenze relative a ministeri e società pubbliche, e non solo quelle che superano i 290 mila euro, e come ed in che tempi intendano provvedervi.
(4-05587)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il cittadino e militante radicale Maurizio Bolognetti rivolgendosi il 21 dicembre 2009 al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed in particolare alla Direzione generale per i servizi interni per cercare di ottenere i verbali delle conferenze di servizio che si sono tenute nel corso degli anni aventi ad oggetto i siti di bonifica della Val Basento e di Tito Scalo ha ricevuto un diniego alla richiesta in quanto per poter accedere agli atti amministrativi è necessario «un interesse concreto, attuale e preciso. Si vada a leggere la norma ...se le piace è bene e se no la faccia modificare»;
la situazione della mancata bonifica dei siti della Val Basento e di Tito Scalo costituiscono un gravissimo danno alla salute e all'ambiente dell'intera regione Basilicata;
i princìpi ispiratori della direttiva 203/4/CE con la quale il Parlamento europeo ed il Consiglio hanno dato attuazione alla Convenzione di Aarhus sono i

seguenti: a) necessità di garantire che qualsiasi persona fisica o giuridica abbia il diritto di accedere all'informazione ambientale detenuta dalle autorità pubbliche o per conto di esse, senza dover dichiarare il proprio interesse; b) necessità della messa a disposizione di informazioni da parte delle autorità pubbliche e della diffusione dell'informazione ambientale anche tramite tecnologie di informazioni e comunicazioni; c) necessità di chiarire la portata dell'informazione ambientale comprensiva, in qualsiasi forma, delle notizie sullo stato dell'ambiente, sui fattori, le misure o le attività che incidono o possono incidere sull'ambiente, le analisi costi benefici, l'informazione sullo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale. Sulla base ditali ampi principi ispiratori, le autorità pubbliche, degli Stati membri devono fornire l'informazione ambientale da queste detenuta a chiunque ne faccia richiesta senza indicazione dell'interesse. L'informazione dovrà essere resa entro un mese e, se particolarmente complessa, entro due mesi. Le autorità pubbliche debbono anche assistere l'interessato all'informazione se questi ha formulato una richiesta generica in modo che la possa precisare, raggiungendo effettivamente l'informazione che desidera;
ad avviso degli interroganti la tutela della propria e altrui salute costituisce un interesse tale, anche in virtù del recepimento della direttiva 2003/4/CE, da legittimare i cittadini a conoscere gli atti della pubblica amministrazione che riguardano realtà di gravissimo inquinamento -:
se i Ministri interrogati non ritengano di assumere iniziative affinché gli atti della pubblica amministrazione concernenti situazioni di inquinamento ambientale non solo siano prontamente forniti a chi li richiede, ma trovino anche pubblicità direttamente sui siti delle amministrazioni statali e locali coinvolte.
(4-05607)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal quotidiano Terra emerge che nel nord-est, per 7.000 chilometri di autostrade ci sono 68 consiglieri di amministrazione: una media di 10 chilometri a testa;
nella società che gestisce la Brescia-Padova non ci sono solo 9 consiglieri, ma un collegio sindacale di 7 tra effettivi e supplenti, mentre nella società per azioni Venezia-Padova ci sarebbero 15 persone per gestire 23 chilometri di autostrada;
nella società che gestisce l'Autobrennero ci sarebbe un mega-consiglio d'amministrazione: 24 più il presidente, più i classici 5 sindaci. E questa struttura è considerata ottimale, corretta, rispetto alla precedente, quando non solo i consiglieri erano 29 ma il presidente si era circondato di ben quattro vicepresidenti;
inoltre la società per azioni che gestisce la Brescia-Padova, pur avendo come soci enti pubblici e società a capitale altrettanto pubblico, vanta partecipazioni in società estere residenti in paradisi fiscali -:
ad avviso degli interroganti, non si concilia una situazione come quella della società che gestisce la Brescia-Padova con il principio di trasparenza della gestione di una impresa pubblica -:
se non ritengano i Ministri interrogati che la società di gestione dell'autostrada Brescia-Padova operi in contrasto con la propria natura di concessionario di un servizio pubblico come quello autostradale, che peraltro si svolge unicamente sul territorio nazionale;
se tale fenomeno sia circoscritto solo nel nord est o sia più ampio e diffuso;

se non ritengano di avviare un processo di razionalizzazione nel settore della gestione delle autostrade.
(4-05608)

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RAPPORTI CON LE REGIONI

Interrogazione a risposta in Commissione:

LANZILLOTTA. - Al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
nella XV legislatura al Dipartimento per gli affari regionali erano stati assegnati a carico dei Fondi strutturali europei 2007-2013 35 milioni di euro e tali fondi rappresentavano una quota significativa delle somme destinate al Programma operativo nazionale GAS «Asse capacità istituzionale»;
tale Programma rappresentava un intervento essenziale per sostenere con attività di formazione, di tutoraggio e di partnership, la crescita della cultura amministrativa, delle competenze e dell'aggiornamento delle amministrazioni meridionali destinatarie dei Fondi strutturali, ossia di regioni che con l'attuazione del processo federalista hanno visto crescere drammaticamente le difficoltà di gestire funzioni e attività nuove e particolarmente complesse;
l'attivazione di programmi destinati alla crescita della capacità di governo, di gestione e di amministrazione da parte delle regioni meridionali è indispensabile affinché l'attuazione delle riforme amministrative e del Titolo V della Costituzione non si traduca, come in parte è avvenuto negli ultimi anni, in un peggioramento della qualità dei servizi pubblici e, di conseguenza, in una graduale sostanziale violazione del principio di uguaglianza dei cittadini;
secondo quanto emerso dalle risultanze dell'incontro annuale tra la Commissione europea e l'Autorità di gestione dei programmi operativi FSE svoltasi il 15 dicembre 2009, dei 35 milioni sopracitati sarebbero stati impegnati solo ed esclusivamente 60.000 euro corrispondenti al compenso di due esperti assunti ai tempi del Governo Prodi per la progettazione degli interventi, mentre per il resto, in due anni, non sarebbe stato definito alcun progetto di intervento, non sarebbe stata impegnata alcuna somma e di conseguenza a fine anno si dovrebbero cominciare a restituire le somme spettanti all'Italia, somme che pertanto sarebbero riassegnate ad altri Paesi dell'Unione europea rientranti tra quelli dell'Obiettivo 2 -:
se corrispondano al vero le notizie sulle risultanze dell'incontro tra la Commissione europea e l'autorità di gestione dei programmi operativi FSE di cui in premessa e, in caso affermativo, quali siano i motivi che giustificano quella che appare come una gravissima inadempienza, tanto più grave, ad avviso dell'interrogante, per un Ministro che proviene da una regione meridionale potenziale destinataria dei Fondi e che fa parte di un Governo che dovrebbe avere al centro delle sua azione le iniziative concrete e non puramente propagandistiche per l'equilibrata attuazione del disegno federalista.
(5-02305)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da quanto si legge sul sito del Ministero della salute, già ad ottobre 2008, e successivamente nel corso del 2009, sarebbe ricomparso e si sarebbe poi diffuso il fenomeno della rabbia, che interesserebbe soprattutto animali selvatici come le volpi, ma avrebbe infettato cani e asini di proprietà, al punto da aver spinto le autorità veterinarie nazionali e locali a

metter in atto tutte le misure sanitarie necessarie e imporre una ordinanza ministeriale sull'obbligo alla vaccinazione;
si tratta di una malattia infettiva che colpisce gli animali «a sangue caldo» e può essere trasmessa all'uomo;
il primo focolaio sarebbe apparso nel comune di Resia, in provincia di Udine, a seguito dell'evolversi dell'epidemia che interessa i Paesi dell'est limitrofi (Slovenia e Croazia);
nel corso del 2009 l'epidemia si è diffusa in direzione, sud-ovest, comprendendo le province di Udine, Pordenone e Trieste, fino ai casi più recenti riscontrati nella provincia di Belluno lungo l'arco alpino -:
quali iniziative siano state adottate, e quali misure e provvedimenti si intendano promuovere e sollecitare per contenere detto fenomeno.
(4-05594)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
una bimba di appena cinque mesi, Mariagrazia Lombardo di Gela, è deceduta prima di raggiungere l'ospedale pediatrico «Giovanni Di Cristina» di Palermo, e dopo aver dovuto attendere l'arrivo di un elicottero del 118 dalle 17,55 (ora programmata) del 23 dicembre 2009, alle 20,45 (ora effettiva), ossia per ben tre ore, letteralmente «parcheggiata» in un hangar in attesa;
dalla registrazione delle conversazioni tra i piloti dei due elicotteri, emergerebbe chiaramente che i due operatori hanno a lungo discusso per chiarire di chi fosse la competenza dell'intervento, un'attesa che - evidentemente - è stata fatale per la piccola Mariagrazia;
il trasferimento si sarebbe reso necessario perché, incredibilmente, non sarebbe stato possibile ricoverare la piccola nell'ospedale di Gela;
appare assurdo che in un ospedale non si trovi modo e possibilità di ricoverare una piccola di appena cinque mesi, e non si ravvisi altra alternativa che quella di trasferirla in un altro lontano ospedale -:
se quanto sopra riferito corrisponda a verità;
quali iniziative di competenza si intendano promuovere e adottare in ordine a tale sconcertante episodio.
(4-05603)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella provincia di Nuoro si registra una vera e propria emergenza sanitaria che interessa più comuni della Valle Cedrino;
il problema principale sembra essere collegato alla pessima qualità dei reflui provenienti dagli impianti di depurazione dei comuni a monte dell'invaso di «Pedra e Othoni» che si ripercuote sui processi di potabilizzazione degli impianti di distribuzione dell'acqua;
i riflessi di questo stato ambientale pregiudicano l'utilizzo dell'acqua, in primo luogo quello potabile, ponendo seri problemi per la salute pubblica, nonché per la fruizione naturalistica e la salubrità generate del sistema idrico;
il consiglio provinciale di Nuoro, nella seduta del 19 novembre 2009 ha chiesto alla direzione generale del distretto idrografico e agli assessorati regionali competenti modifiche al sistema acquedottistico regionale -:
quali iniziative di competenza si intendano promuovere, adottare e sollecitare al fine di salvaguardare il fondamentale diritto alla salute delle popolazioni interessate.
(4-05604)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
agenzie di stampa e notiziari radiotelevisivi, sia pubblici che privati, il giorno 28 dicembre 2009 hanno riferito che i carabinieri del Nucleo tutela della salute del Comando di Genova, durante un controllo nel settore delle professioni sanitarie, hanno scoperto che nella Asl 5 di La Spezia erano presenti 49 infermieri che operavano senza il regolare titolo abilitante, e in particolare non risultavano iscritti all'albo del collegio professionali infermieri, requisito essenziale ed indispensabile per poter svolgere l'attività sanitaria, sia come liberi professionisti, sia come dipendenti -:
quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto rappresentato in premessa e se non si ritenga di dover avviare una verifica a campione per accertare se l'episodio scoperto a La Spezia sia, come si auspica, isolato, o al contrario sia un fenomeno di più vaste e finora ignorate dimensioni.
(4-05611)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dalle dichiarazioni del Governo si apprende che le stime dei costi per il rientro nel nucleare sono di 25/30 miliardi di euro per produrre il 25 per cento di elettricità pari a circa il 5 per cento dei consumi finali di energia;
il 22 dicembre 2009 sono stati quantificati i costi relativi alle compensazioni ambientali;
difficilmente investitori privati opteranno per questo settore senza adeguate forme di garanzie pubbliche cioè pagate da tutti i cittadini/consumatori -:
quale tipo di garanzie pubbliche e di che entità il Governo intenda dare agli investitori privati nel nucleare.
(4-05586)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo una ricognizione dei regolamenti edilizi comunali, contenuta nel rapporto Onre 2009, realizzato da Cresme e Legambiente, risulta che sono quasi 600 i comuni italiani (su oltre 8000) che hanno adottato innovazioni normative riguardanti l'energia e la sostenibilità ambientale applicata all'edilizia;
circa un terzo di questi impone di adottare le misure per il risparmio energetico anche in caso di ristrutturazione, e non solo di nuove costruzioni: dai pannelli solari all'isolamento termico, dal recupero delle acque piovane all'utilizzo di materiali riciclabili;
applicare alle nuove costruzioni standard elevati - anche più severi di quelli previsti dal decreto legislativo n. 192 del 2005 e dal decreto del Presidente della Repubblica n. 59 del 2009 sul rendimento energetico in edilizia - non significa necessariamente gravare il costruttore di costi eccessivi;
già nel 2004 un caso di studio presentato dal comune di Carugate (Milano), uno dei precursori assoluti sul fronte della sostenibilità, aveva dimostrato che con un maggior investimento del 3 per cento era possibile ridurre i consumi per il riscaldamento di oltre il 40 per cento;

quando si tratta di intervenire su edifici esistenti, invece, il bilancio economico dell'intervento diventa più difficilmente sostenibile, perché occorre spendere di più per ottenere risultati minori;
non si può però pensare, a giudizio degli interroganti, di migliorare il rendimento energetico del patrimonio edilizio italiano senza disciplinare anche le ristrutturazioni;
infatti nel 2007 (ultimo anno rilevato dall'agenzia del territorio) sono state realizzate circa 730 mila nuove unità immobiliari, a fronte di uno stock complessivo che supera i 60 milioni;
i più attivi sono i comuni del centronord e quasi l'80 per cento dei regolamenti verdi è stato adottato negli ultimi tre anni -:
se e quali iniziative intendano adottare per incoraggiare l'adozione di regolamenti edilizi comunali contenenti innovazioni normative riguardanti l'energia e la sostenibilità ambientale applicata all'edilizia, con particolare riferimento alle aree del centro-sud.
(4-05606)

PILI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
l'alluminio è un materiale cruciale per qualsiasi sistema economico che si prefigga una crescita compatibile con il rispetto dell'ambiente;
il tasso di crescita della domanda di alluminio è attualmente superiore a quello di ogni altro metallo, oltre che del prodotto interno lordo delle diverse economie mondiali;
l'alluminio è una commodity: il prezzo internazionale si forma nelle negoziazioni di borsa al London Metal Exchange e le variazioni locali dei costi di produzione della materia prima non sono trasferibili sul prezzo finale del metallo;
l'andamento di detto prezzo è caratterizzato da una discreta volatilità e, in termini reali, risulta decrescente, con un tasso di riduzione annuo prossimo al 2 per cento, conseguenza anche del miglioramento dell'efficienza dei processi produttivi;
un'industria di trasformazione tecnologicamente all'avanguardia e alla capacità di innovazione e sviluppo delle applicazioni fa dell'Europa il secondo mercato mondiale dell'alluminio, con ulteriori e significativi margini di crescita;
la produzione europea di metallo primario non è stata in alcun modo in grado di contribuire allo sviluppo di detta domanda, ed il tasso di copertura sul mercato attuata con metallo autoprodotto è sceso dal 60 per cento del 1980 al 27 per cento del 2003;
l'import di alluminio primario dai Paesi Extra-UE è costantemente cresciuto oltre al 36.5 per cento del fabbisogno totale di alluminio ed al 56 per cento del fabbisogno di alluminio primario;
il mercato interno europeo è fortemente deficitario di alluminio e il tasso di import, è a livelli mai prima raggiunti;
l'industria europea non è in grado di coprire il deficit di metallo con una crescita delle produzioni primarie da lungo tempo a livelli stazionari;
le produzioni secondarie sono state sviluppate sino al limite massimo della disponibilità di rottame, utilizzando pienamente la generazione interna e trovando difficoltà crescenti al reperimento di rottame dall'esterno;
l'industria dell'alluminio primario è ad alta intensità di capitale con investimenti ad elevata durata di vita economica;
l'industria dell'alluminio primario è, per sua natura, un'industria energy intensive;
l'energia elettrica è la vera materia prima del processo produttivo incidendo per oltre il 30 per cento sui costi operativi;
la disponibilità energetica a prezzi sostenibili è, quindi, il principale fattore di sopravvivenza economica degli impianti

esistenti, ed è elemento chiave per la localizzazione dei nuovi impianti di produzione primaria (i cosiddetti smelters);
negli ultimi anni la posizione competitiva degli impianti italiani, e quello sardo in particolar modo, anche per le condizioni insulari della Sardegna, si è andata deteriorando significativamente;
alla naturale evoluzione del costo del lavoro, si sono infatti aggiunti due ulteriori elementi negativi:
a) il rafforzamento dell'Euro, particolarmente penalizzante in un business che, come nel caso del Primario Europeo, sostiene i costi pressoché interamente in euro ed ha i ricavi interamente in dollari,
b) l'aumento del costo dell'energia elettrica, indotto non solo da fattori congiunturali attinenti le oscillazioni dei costi delle materie prime energetiche (olio e carbone), ma dalla attuazione delle politiche dell'Unione europea in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia;
il processo di liberalizzazione del mercato dell'energia in Europa è lontano dall'avere realizzato gli obiettivi di ampliamento della base produttiva, di competitività e di riduzione di prezzo attesi;
il mercato al momento non è equilibrato, funziona ancora in un regime di oligopolio, non è affatto trasparente e, conseguentemente, non è competitivo per i clienti energy intensive quali i produttori di alluminio;
la carenza di riserva di generazione elettrica ed i vincoli di varia natura alla trasmissione dell'energia pongono un evidente limite strutturale ad uno sviluppo equilibrato dello stesso;
le attuali regole di funzionamento del mercato, che opera ancora in difetto di reale concorrenza, soprattutto in Sardegna, e di negoziazione dei prezzi, che vedono una posizione di forza preponderante dei fornitori, non sono adeguate per negoziare acquisti di energia a lungo termine;
la formulazione del prezzo di borsa è svincolata dai fondamentali elementi di costo, o è volta a remunerare il costo marginale del produttore meno competitivo;
l'industria dell'Allumino Primario, data l'intensità del consumo energetico, è di gran lunga la più esposta all'imperfetto funzionamento del mercato energetico ed ai conseguenti aumenti dei costi;
nelle condizioni attuali del mercato dell'energia, senza adeguati interventi strategici e contingenti, si prefigura il seguente scenario:
a) sarà impossibile la rinegoziazione dei contratti a condizioni e prezzi internazionalmente competitivi;
b) l'incremento del prezzo dell'energia risulterà incompatibile con la sopravvivenza economica degli impianti che conseguentemente non saranno più in condizioni di operare;
c) la produzione verrà delocalizzata in Paesi che adottano politiche energetiche compatibili con le loro ambizioni di sviluppo industriale;
d) per la natura di «capital intensive» dell'industria del primario la delocalizzazione sarà per lungo tempo irreversibile;
e) il metallo prodotto in tali aree, spesso a condizioni agevolate ed incentivate da risorse pubbliche, sarà importato nei Paesi della Comunità;
f) l'Europa pagherà i costi sociali ed economici connessi con la delocalizzazione;
g) l'Europa perderà la corrispondente occupazione diretta ed indotta;
la competitività europea sarà penalizzata in quanto:
a) l'industria di trasformazione perderà il supporto che deriva dalla disponibilità in loco di metallo primario;

b) l'industria manufatturiera perderà le ricadute tecnologiche apportate dalle attività primarie;
c) il sistema europeo si troverà a dipendere completamente da importazioni extra UE con ricadute negative, nel lungo periodo, anche sui consumatori;
è indispensabile che le attuali distorsioni del mercato dell'energia vengano corrette al fine di ristabilire un bilanciamento tra fornitori e consumatori energy intensive creando un mercato competitivo che renda attraente per i produttori negoziare contratti competitivi a lungo termine con utenti «baseload»;
l'italia, con un consumo di alluminio di oltre 1.600.000 tonnellate all'anno è il secondo Paese consumatore del metallo leggero in Europa, e dispone di una industria di trasformazione (laminazione ed estrusi) ancora importante e relativamente competitiva;
la produzione nazionale di primario è pari a circa 190.000 tonnellate all'anno, e copre quindi solo il 12 per cento del fabbisogno interno, il valore più basso tra i Paesi industrializzati;
la produzione di alluminio secondario, derivante dal riciclo dell'alluminio, assomma a 700.000 tonnellate all'anno, pari al 43 per cento dell'intera domanda;
l'import assomma a circa 764.000 tonnellate all'anno, pari al 47 per cento del fabbisogno;
la produzione di alluminio primario in Italia è effettuata in due stabilimenti, entrambi appartenenti alla multinazionale Alcoa, che li ha acquistati in seguito alla privatizzazione dell'industria nazionale dell'Alluminio:
a) Portovesme, nel Sulcis Iglesiente (Sardegna) con capacità di 150.000 tonnellate all'anno;
b) Fusina, nel Veneto, con capacità di 45.000 tonnellate all'anno;
nel caso italiano, la produzione di alluminio primario risulta particolarmente strategica per le motivazioni seguenti:
a) è integrata all'industria di trasformazione a monte valle della filiera produttiva, e ne costituisce importante salvaguardia;
b) costituisce un indiretto sostegno della industria del secondario, la più evoluta in Europa, che incontra difficoltà crescenti nell'approvvigionamento dell'estero del rottame;
in Sardegna la produzione del primario costituisce l'attività principale del nucleo industriale del Sulcis Iglesiente, e fornisce un contributo insostituibile al tessuto socio-economico della Regione;
il comparto dell'alluminio primario italiano è stato privatizzato nel 1996 con l'acquisizione degli stabilimenti da parte della multinazionale Alcoa, leader mondiale del settore;
condizione essenziale per il perfezionamento di tale privatizzazione fu la fornitura ai suddetti stabilimenti di energia elettrica ad un prezzo allineato a quello medio applicato nel resto dell'Europa per un periodo di almeno dieci anni, ossia sino al 31 dicembre 2005;
alle intese sottoscritte all'atto della privatizzazione si diede attuazione tramite il decreto del 19 dicembre 1995 del ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, in forza del quale i due smelters italiani usufruirono di un regime tariffario speciale restato in vigore sino a tutto il 2005,
l'accordo sul prezzo dell'elettricità fu approvato dalla UE, riconoscendo i termini dell'intesa finalizzata a garantire il prezzo medio dell'energia a livello europeo senza configurare un ricorso ad «aiuti di stato»;
nel definire una durata decennale del provvedimento si era ipotizzato che il mercato dell'elettricità si sarebbe evoluto in maniera da poter offrire, trascorso tale

periodo, prezzi sostenibili da uno smelter in competizione sul mercato mondiale;
oggi si deve, invece, prendere atto del fatto che il lento e difficile processo di liberalizzazione del mercato dell'energia, (liberalizzazione ad oggi solo parziale e in Sardegna assolutamente inesistente) è ancora ben lontano dal realizzare gli effetti di riduzione dei prezzi e aumento dell'offerta giustamente auspicati;
non si intravede alcuna ragionevole possibilità di negoziare in Italia (e, più in genere, all'interno del mercato europeo) una fornitura di energia, sul cosiddetto «libero mercato», in quantitativi ed a prezzi che consentano l'esercizio economicamente sostenibile di uno smelter di alluminio;
le distorsioni al funzionamento del mercato, la sua natura essenzialmente oligopolistica, (e, spesso, di fatto ancora monopolistica, specie per quantitativi di energia particolarmente significativi) i vincoli tecnici alla produzione e distribuzione dell'energia e le inefficienze del sistema determinano una effettiva carenza di offerta, e un conseguente aumento dei costi, non giustificabile in base a quelle che sarebbero le logiche di un mercato effettivamente sviluppato;
in tutti i Paesi della Comunità la produzione di alluminio, sia primario che secondario, come detto, risulta fortemente deficitaria rispetto al fabbisogno interno generando un deficit strutturale, in relazione sia allo sviluppo della domanda, sia per la struttura del costo dei fattori produttivi in Europa, con particolare riferimento alla disponibilità ed al costo dell'energia, fattori a loro volta negativamente influenzati dall'imperfetto e distorto funzionamento del «libero mercato» dell'energia;
il mantenimento in produzione della ridotta capacità di primario in Italia (12 per cento della domanda nel Paese) non può quindi togliere quote di mercato a nessun concorrente europeo, né può ostacolare l'ingresso di nuovi operatori sul mercato;
il mantenimento per la produzione Italiana di alluminio di un prezzo dell'energia equiparato alla media della concorrenza non può influenzare in alcun modo il corso del prezzo del metallo;
il mantenimento di tale prezzo dell'energia non può danneggiare alcun concorrente Europeo sotto il profilo del prezzo praticabile negli scambi intracomunitari;
il mantenimento di condizioni di fornitura dell'energia elettrica a condizioni competitive, apporta dei concreti benefici al mercato ed al sistema socio economico non solo della Sardegna ma dell'intera nazione;
il mantenimento della produzione dell'alluminio primario in Italia riduce il rischio di delocalizzazione delle produzioni (gli annunci i della Hydro in Germania evidenziano quanto questa eventualità sia reale) a vantaggio di produzioni effettuate in paesi dove l'energia è fornita sottocosto, e dove le tutele legali sociali ed ambientali sono a livelli infinitamente più bassi rispetto agli standard comunitari, e tali da consentire spesso l'importazione in dumping all'interno del mercato comunitario di metallo prodotto al di fuori dell'Unione;
il mantenimento della produzione evita la conseguente distruzione e/o depauperamento sia di risorse private (per sostenere i costi di chiusura degli impianti e la loro delocalizzazione) che pubbliche (per, la riconversione del personale, gli ammortizzatori sociali ed il sostegno alle economie dei territori interessati alle chiusure), a danno del mercato europeo ed a vantaggio di produzioni extra-UE;
il mantenimento delle produzioni evita la perdita di competitività del sistema industriale nel suo complesso sul mercato globale, perdita che conseguirebbe inevitabilmente alle ricadute di varia natura connesse con la rinuncia ad una forma di approvvigionamento interna di metallo, con la conseguente totale dipendenza economica da importazioni extra-UE, e con la

crescente carenza di materia prima, sempre più destinata ai consumi interni, che scaturisce dallo sviluppo dei paesi tradizionalmente esportatori (tra cui la Cina, la Russia, ed il Sud-Est asiatico);
il mantenimento di tariffe ad hoc per le produzioni energivore dell'alluminio primario in Italia non può confliggere con quanto previsto dall'articolo 87 del Trattato, in base al quale «sono incompatibili con il mercato comune, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza»;
non si riscontrerebbero, nel caso di specie, né la richiesta «incidenza sugli scambi tra stati membri», né, soprattutto, sarebbe favorita la «falsificazione», o «minaccia di falsificazione», della concorrenza a livello comunitario; al contrario, ci si limiterebbe a consentire la sopravvivenza, sul mercato globale, di un'importante industria europea altrimenti destinata ad un irreversibile declino per la concorrenza attuata da aree del mondo le cui regolamentazioni normative del mercato non sono neppure comparabili con quelle comunitarie;
la fornitura di energia elettrica a prezzi internazionalmente competitivi è assolutamente essenziale per la produzione di alluminio primario;
la legge n. 80 del 2005 finalizzata al mantenimento della competitività del sistema industriale nazionale ha esteso al 2010 il regime energetico speciale per la produzione di alluminio primario allora in vigore ed a suo tempo approvato nel 1996 dalla Commissione EU nel quadro della privatizzazione dell'industria italiana dell'alluminio;
nel luglio 2006, la Commissione europea, ritenendo che il suddetto regime potesse costituire un aiuto di Stato, ha aperto un'indagine conoscitiva conclusasi con una pesante, quanto ingiustificabile, condanna per il governo italiano, e conseguentemente per Alcoa, al pagamento di oltre 300.000.000 di euro;
nel gennaio 2007, la Commissione Europea ha formalmente suggerito al Governo italiano, di adottare un programma biennale di phase out dal regime sostituendolo con uno strumento di mercato (il Virtual Power Plant o VPP);
nel luglio 2008 il Governo italiano, aderendo alla proposta della Commissione EU, ha confermato l'intenzione di darvi corso con apposita legislazione;
alla notizia della possibilità di introduzione del VPP, i produttori di energia elettrica non solo italiani ma anche europei, hanno visto nel VPP una potenziale minaccia al loro attuale potere di controllare il prezzo sul mercato dell'energia e molto verosimilmente hanno esercitato la loro capacità di lobby non solo in Italia ma anche presso la Commissione EU per limitare gli aspetti per loro negativi del VPP;
a conclusione di tutte le interazioni che verosimilmente ne sono conseguite, in data 8 luglio 2009, tre anni dopo l'apertura dell'indagine, il DL «Sviluppo» è stato definitivamente approvato e per quanto concerne Alcoa, stabilisce che:
entro 30 giorni dall'entrata in vigore della legge il Ministero dell'Economia stabilirà le condizioni del VPP;
entro i successivi 90 giorni, e comunque entro Ottobre 2009, cioè subito, la tariffa speciale per l'alluminio verrà a cessare;
la legge n. 99 del 2009 contiene degli ulteriori meccanismi che possono contribuire a ridurre il costo dell'energia per utenti energivori italiani per i quali non risulta ancora verificata la compatibilità;
il mantenimento operativo degli stabilimenti italiani e in particolare quello in Sardegna sono necessarie due condizioni:
a) che i meccanismi suddetti vengano messi realmente in funzione (Autorità,

Ministero, Terna) con le necessarie compatibilità comunitarie riconosciute;
b) che i produttori di energia (ENEL, E.On) stipulino un contratto bilaterale di fornitura ad Alcoa, così come è stato fatto per altre aziende energivore sia in Sardegna che in altre realtà europee;
l'accordo bilaterale tra soggetti produttori di energia elettrica e consumatori energivori risulta essere decisivo per scongiurare il blocco della produzione e per consentire agli impianti sardi di proseguire nel ruolo strategico nell'economia nazionale;
il Governo, soprattutto per quanto riguarda l'Enel ma anche per E.On, ha l'autorevolezza e gli strumenti per impedire l'atteggiamento monopolista da parte dei soggetti produttori e favorire l'accordo bilaterale tra le parti;
Enel Produzione dispone di impianti termici nell'area del Sulcis alimentati a carbone aventi potenza complessiva di 580 MW e di impianti di produzione di energia eolica già in esercizio nella regione Sardegna, e continua a sviluppare a condizioni sempre più favorevoli nuovi progetti nel settore eolico sia in Sardegna così come E.On che avanza richieste analoghe al governo e alla stessa Regione;
l'Enel negli accordi bilaterali che ha sottoscritto risulta essere secondo l'interrogante in molti punti inadempiente e trae vantaggi evidenti anche per le modificate prerogative legislative e di mercato;
il mancato consumo del quantitativo energetico da parte dell'Alcoa che deriverebbe dal paventato blocco della produzione costituirebbe per l'Enel e quindi conseguentemente per lo Stato, in quanto azionista, un danno economico e finanziario di rilevanti proporzioni;
il danno economico e finanziario risulterebbe rilevante sia per la conseguenza diretta sulla quotazione in Borsa della società ma anche sul piano produttivo considerato che la Sardegna non dispone ancora di collegamenti di trasmissione elettrica in grado di esportare un simile quantitativo di energia elettrica generando, quindi, un mancato guadagno ma un pari costo produttivo a meno di drastiche riduzioni delle produzioni elettriche stesse;
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha già positivamente valutato analoghe situazioni ai sensi dell'articolo 22 della legge n. 287 del 1990 -:
se non ritenga il Governo e il Ministro dello Sviluppo economico di porre in essere tutte le autorevoli ed urgenti iniziative necessarie e nel potere dello stesso Ministro al fine di promuovere attraverso accordi bilaterali ad azienda/e energivore, ritenute strategiche per la propria economia nazionale come Alcoa, il riconoscimento di un quantitativo di energia elettrica necessario a tali impianti ad un prezzo medio di vendita pari alla media europea, già praticato per analoghi impianti energivori, come già previsto peraltro in analoghi protocolli d'intesa tra soggetti pubblici, come regione Sardegna ed Enel, secondo modalità concordate, e già attuate, con l'autorità antitrust e con l'Autorità per l'energia elettrica e il gas;
se non ritenga di dover verificare i vantaggi competitivi, economici e di mercato che Enel e E.On hanno ottenuto e si predispongono ad ottenere in tutta Italia, con particolare riferimento alle politiche di incentivazione di energie alternative e il valore stesso, attualizzato, dei certificati verdi afferenti l'energia già prodotta;
se non ritenga indispensabile e prioritario al fine di definire un piano strategico di rilancio dell'industria di alluminio primario in Italia promuovere preventivamente un accordo bilaterale tra le società produttrici in Sardegna di energia elettrica e l'Alcoa al fine di scongiurare la preannunciata e grave chiusura dello stabilimento di Portovesme;
se non ritenga di dover impugnare negli organi comunitari la decisione della Commissione Europea che «condanna» Alcoa al risarcimento di oltre 300.000.000 di euro per aver usufruito di una norma

di «riequilibrio» del costo dell'energia elettrica, e «non di vantaggio», approvata dal Parlamento italiano;
se non ritenga, al fine di rilanciare il comparto produttivo isolano, di dover favorire progetti, già avanzati nel 2003 e 2004 al Ministero dello sviluppo economico, tendenti alla realizzazione di una centrale di autoproduzione energetica legata alla miniera della Carbosulcis e promossa dalle industrie energivore del territorio compresa la stessa Alcoa;
se non ritenga di dover chiedere un rapido e urgente pronunciamento della commissione europea sugli ulteriori strumenti di liberalizzazione del mercato energetico contenuti nella legge n. 99 del 2009.
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