XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 26 gennaio 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 26 gennaio 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cesa, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta).

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Barbi, Bergamini, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Bongiorno, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Cesa, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fava, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Frattini, Galati, Gelmini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Mazzocchi, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Nirenstein, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Prestigiacomo, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Scajola, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Vitali, Vito, Volontè, Zacchera.

Annunzio di proposte di legge.

In data 25 gennaio 2010 sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge d'iniziativa dei deputati:
RAO: «Modifica all'articolo 30 del decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1958, n. 916, in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati componenti elettivi del Consiglio superiore della magistratura» (3143);
BERSANI ed altri: «Modifica all'articolo 416-bis del codice penale in materia di associazioni di tipo mafioso anche straniere» (3144);
BERSANI ed altri: «Modifiche agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale in materia di riciclaggio e impiego dei proventi di reato da parte dei concorrenti nel medesimo» (3145).

Saranno stampate e distribuite.

Annunzio di un disegno di legge.

In data 26 gennaio 2010 è stato presentato alla Presidenza il seguente disegno di legge:
dal Presidente del Consiglio dei ministri e dai ministri per la semplificazione normativa, per le riforme per il federalismo, dell'interno, dell'economia e delle finanze e per i rapporti con le regioni:
«Conversione in legge del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni» (3146).

Sarà stampato e distribuito.

Adesione di deputati a una proposta di legge.

La proposta di legge REGUZZONI ed altri: «Istituzione di un Fondo per la valorizzazione storica, culturale, turistica e ambientale di Volandia - Museo dell'aeronautica in Vizzola Ticino» (2550) è stata successivamente sottoscritta dai deputati Comaroli, Desiderati, Luciano Dussin, Pastore, Rivolta, Vanalli e Vignali.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
CIMADORO e PIFFARI: «Introduzione del divieto di affissione di pubblicità commerciali e politico-elettorali nei centri storici» (2960) Parere delle Commissioni II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VII, VIII e X.

VII Commissione (Cultura):
ALESSANDRI e REGUZZONI: «Disposizioni per il restauro e la valorizzazione della Rocca di Canossa e per la celebrazione del nono centenario della morte della contessa Matilde di Toscana» (2967) Parere delle Commissioni I, V, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), X e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

X Commissione (Attività produttive):
GOLFO ed altri: «Modifiche all'articolo 10 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, concernenti l'applicazione del principio di pari opportunità nella composizione dei consigli delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura» (2989) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
FUCCI ed altri: «Norme per lo svolgimento di servizi di utilità sociale da parte delle persone anziane» (2753) Parere delle Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria) e XI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, relativamente alle disposizioni in materia previdenziale).

XIII Commissione (Agricoltura):
NASTRI: «Disciplina per la salvaguardia e la valorizzazione dei vitigni autoctoni del territorio nazionale» (2971) Parere delle Commissioni I, V, VII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Cancellazione dall'ordine del giorno di un disegno di legge di conversione.

In data 23 gennaio 2010 il seguente disegno di legge è stato cancellato dall'ordine del giorno, essendo decorsi i termini di conversione del relativo decreto-legge, di cui all'articolo 77 della Costituzione: «Conversione in legge del decreto-legge 23 novembre 2009, n. 168, recante disposizioni urgenti in materia di acconti di imposta, nonché di trasferimenti erariali ai comuni» (2975).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 25 gennaio 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, tre Proposte di decisione del Parlamento europeo e del Consiglio sulla mobilitazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (COM(2010)7 definitivo, COM(2010)8 definitivo e COM(2010)9 definitivo), che sono assegnate, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alla XI Commissione (Lavoro), con il parere della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Il ministro per le politiche europee, con lettera in data 26 gennaio 2010, ha trasmesso, ai sensi degli articoli 3 e 19 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, progetti di atti dell'Unione europea, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi.
Tali atti sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle Commissioni competenti per materia, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI

Iniziative in merito al credito vantato dal comune di Milano in relazione alle spese per la manutenzione del palazzo di giustizia - n. 3-00231

A)

GRIMOLDI e RONDINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la commissione di manutenzione degli uffici giudiziari provvede ai tempestivi interventi sul palazzo di giustizia di Milano per sopperire alle carenze infrastrutturali degli uffici giudiziari e per consentire la realizzazione dei lavori di messa a norma del palazzo di giustizia;
il comune di Milano provvede da tempo alle spese necessarie per i locali ad uso degli uffici giudiziari, per la loro manutenzione e per il funzionamento dei servizi;
in ragione delle spese di manutenzione effettuate, il comune di Milano sembrerebbe aver maturato a partire dal 2005 un credito di circa 40 milioni di euro nei confronti del ministero della giustizia -:
se il Ministro interpellato sia a conoscenza della vicenda segnalata;
se il Ministro interpellato intenda attivarsi affinché si provveda a corrispondere quanto dovuto al comune di Milano. (3-00231)

Elementi in merito all'attentato incendiario contro la sede di CasaPound Bologna del 4 giugno 2009, con particolare riferimento ad un messaggio apparso su un sito internet - n. 3-00765

B)

RAISI. - Ai Ministri della giustizia e dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in data 20 ottobre 2009, alle ore 12, subito dopo lo svolgimento nell'Assemblea della Camera dei deputati dell'interpellanza 2-00401, presentata dall'interrogante, sull'attentato incendiario contro la sede di CasaPound del 4 giugno 2009, sul sito Indymedia Italia al link http://italy.indymedia.org/it/2009/10/80677.shtml è apparso un messaggio a firma Antonio Pusceddu;
il contenuto del suddetto messaggio denuncia, ad avviso dell'interrogante, il chiaro tentativo di taluni componenti dell'area antagonista bolognese di scaricare sugli anarchici insurrezionalisti l'attentato incendiario contro la sede di CasaPound Bologna del 4 giugno 2009 -:
se risultino avviate indagini con riferimento al messaggio di cui in premessa.
(3-00765)

Iniziative volte a consentire agli italiani all'estero e ai loro figli di frequentare corsi di lingua e cultura italiane presso le rappresentanze diplomatiche e consolari, o presso altre strutture idonee - n. 3-00693

C)

BARBIERI. - Ai Ministri degli affari esteri e dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel corso dei dibattiti riguardanti l'immigrazione e l'integrazione, non è stata tenuta nella giusta considerazione quella che è stata l'esperienza dei nostri connazionali, dimenticando forse di essere stato, il nostro, un Paese di emigranti e che i problemi degli immigrati di oggi sono stati i problemi dei nostri connazionali partiti verso Paesi stranieri, ieri;
l'integrazione si realizza innanzitutto attraverso l'apprendimento della lingua e la condivisione della cultura e dei costumi del luogo che ci ospita;
tuttavia è utile la conservazione della propria lingua, ben sapendo che il bilinguismo rappresenta una ricchezza personale e per la società;
molto spesso i figli e ancor più i nipoti dei nostri connazionali emigrati verso Paesi lontani non hanno conservato la lingua paterna e con ciò hanno perso un patrimonio significativo;
sarebbe oltremodo significativo dare a questi nostri connazionali l'opportunità di poter conservare la lingua e la cultura italiane;
la presenza di italiani o di discendenti di italiani bilingue potrebbe costituire anche uno strumento di raccordo e di riferimento per i nostri imprenditori, che spesso hanno lamentato la mancanza di personale con adeguate conoscenze linguistiche e culturali italiane in Paesi stranieri;
tra i molti diritti concessi agli italiani residenti all'estero forse sarebbe opportuno introdurre il «dovere» di frequentare corsi di lingua italiana -:
se non ritengano di adottare incisive iniziative volte a consentire ai nostri connazionali e ai loro figli di frequentare corsi di lingua e cultura italiane presso le nostre rappresentanze diplomatiche e consolari, o presso altre strutture idonee.
(3-00693)

Vicenda del signor Armando Noacco, coinvolto nell'attentato terroristico avvenuto sul treno veloce Nevskij Express, lungo la tratta Mosca-San Pietroburgo - n. 3-00807

D)

COMPAGNON. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 28 novembre 2009 veniva compiuto un sanguinoso attentato terroristico sul treno veloce Nevskij express lungo la tratta Mosca-San Pietroburgo;
l'esplosione di una bomba di 7 chilogrammi di tritolo posta sul convoglio faceva deragliare il treno, causando 27 morti ed una novantina di feriti, tra i quali l'imprenditore friulano, Armando Noacco;
dopo l'attentato, il signor Noacco veniva trasportato nella clinica ortopedica di San Pietroburgo Dzhanelidze - ove è attualmente ricoverato nel reparto di terapia intensiva - per essere sottoposto ad un delicato intervento chirurgico al femore, complicato da una grave emorragia;
a quanto consta all'interrogante, i familiari del Noacco, che, nel frattempo, lo hanno raggiunto a San Pietroburgo, riscontrano, per un verso, un'assistenza sanitaria inadeguata e, per altro verso, un'incomprensibile leggerezza da parte del personale addetto dell'unità di crisi del ministero degli affari esteri relativamente allo specifico caso, sul quale, tuttavia, è stato aperto un fascicolo;
nonostante la versione ufficiale tenda a ridimensionarne il quadro clinico, il signor Noacco versa in condizioni molto serie, destando la comprensibile preoccupazione dei familiari che raccontano di un comportamento abnorme da parte dei sanitari russi, oltremodo inaccettabile se si considera che è praticato nei confronti di un cittadino straniero rimasto vittima di un attentato terroristico, peraltro il secondo accaduto in tre anni sulla stessa linea ferroviaria -:
se risponda al vero che ai famigliari del signor Noacco venga sistematicamente denegata la visione della cartella clinica del proprio congiunto;
se risponda al vero che gli stessi debbano provvedere direttamente all'alimentazione del paziente;
se risponda al vero che gli stessi debbano acquistare in proprio il materasso ospedaliero;
se, per quanto consti alle autorità diplomatiche, le prime prestazioni ospedaliere e quelle continuative siano conformi a standard accettabili in campo sanitario;
se l'unità di crisi del ministero degli affari esteri sia operativa anche durante i fine settimana;
se il Ministro interrogato non ritenga, comunque, nell'interesse del nostro connazionale provvedere a riportarlo immediatamente in Italia. (3-00807)

DISEGNO DI LEGGE - DELEGHE AL GOVERNO IN MATERIA DI LAVORI USURANTI, DI RIORGANIZZAZIONE DI ENTI, DI CONGEDI, ASPETTATIVE E PERMESSI, DI AMMORTIZZATORI SOCIALI, DI SERVIZI PER L'IMPIEGO, DI INCENTIVI ALL'OCCUPAZIONE, DI APPRENDISTATO, DI OCCUPAZIONE FEMMINILE, NONCHÉ MISURE CONTRO IL LAVORO SOMMERSO E DISPOSIZIONI IN TEMA DI LAVORO PUBBLICO E DI CONTROVERSIE DI LAVORO (APPROVATO DALLA CAMERA E MODIFICATO DAL SENATO) (1441-QUATER-C)

A.C. 1441-quater-C - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

NULLA OSTA

sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1 e sugli emendamenti 4.200, 21.100, 29.200, 45.200, 50.200 e 50.201 della Commissione.

A.C. 1441-quater-C - Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalla Commissione di merito:

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni, volte a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:

all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: comma 3 aggiungere le seguenti:, lettere da a) a f),;

conseguentemente, al medesimo articolo, sostituire il comma 2 con il seguente:
2. I decreti legislativi di cui al comma 1 recano, ai sensi dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, una clausola di salvaguardia, volta a prevedere che, qualora nell'ambito della funzione di accertamento del diritto al beneficio emergano scostamenti tra gli oneri derivanti dalle domande accolte e la copertura finanziaria prevista, trovi applicazione un criterio di priorità, in ragione della maturazione dei requisiti agevolati, e, a parità degli stessi, della data di presentazione della domanda, nella decorrenza dei trattamenti pensionistici;

all'articolo 29, comma 6, sopprimere le parole:, in materia di avanzamento al grado di maggiore,;

sia approvato l'emendamento 29.200 della Commissione;

sopprimere l'articolo 47;

all'articolo 49, comma 1, sostituire le parole: 55 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009 e 2010 con le seguenti: 120 milioni di euro per l'anno 2010;

conseguentemente, al medesimo articolo, al comma 2, sostituire le parole: rispettivamente gli anni 2009 e 2010 con le seguenti: per l'anno 2010;

e con le seguenti osservazioni:
con riferimento all'articolo 29, comma 5, si valuti se la prevista riduzione del numero di anni di permanenza nel grado di capitano per l'avanzamento ed anzianità al grado di maggiore, disposta per i soli ufficiali in servizio permanente effettivo dell'Arma dei carabinieri ma già prevista per gli ufficiali dell'esercito della marina e dell'aeronautica, possa dare luogo a disallineamenti rispetto alla vigente disciplina relativa agli ufficiali del Corpo della guardia di finanza e delle forze di polizia;
con riferimento all'articolo 37, comma. 3, si valuti l'opportunità di introdurre le opportune modifiche alla disciplina della materia, al fine di prevedere che l'incentivo per progettazione di opere pubbliche venga attribuito esclusivamente agli uffici tecnici delle amministrazioni che abbiano effettivamente contribuito alla redazione della progettazione medesima.

Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.1, 1.2, 21.2, 21.4, 22.4, 36.1, 44.1 e 45.1, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sui restanti emendamenti contenuti nel fascicolo n. 1, nonché sugli emendamenti
4.200, 21.200, 23.200, 45.200, 50.200 e 50.201 della Commissione.

A.C. 1441-quater-C - Proposte emendative dichiarate inammissibili

PROPOSTE EMENDATIVE DICHIARATE INAMMISSIBILI NEL CORSO DELLA SEDUTA
(Delega al Governo per la revisione della disciplina in tema di lavori usuranti).

Sopprimere il comma 2.
*1. 1. (vedi 1. 1.) Bobba, Damiano, Bellanova, Berretta, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

Sopprimere il comma 2.
*1. 2. (vedi 1. 2.) Paladini, Porcino, Borghesi.

Al comma 1, sostituire le parole da: l'esclusione fino a: a bordo del con le seguenti: le norme di tutela riguardanti l'esposizione a rischio amianto trovano applicazione con riferimento alle attività effettuate, a bordo ed al servizio del naviglio di Stato, dal personale imbarcato sul.

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:
2. Il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con i Ministri della difesa e dell'economia e delle finanze, è autorizzato ad emanare, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto ministeriale al fine di integrare la disciplina di cui al decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, e al decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, per garantire le condizioni di igiene e sicurezza del lavoro a bordo del naviglio di Stato, tenendo conto della particolarità delle condizioni di impiego e delle esigenze operative.
21. 2. Villecco Calipari, Recchia, Garofani, Rugghia, Mogherini Rebesani.

Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente periodo: In tal caso, il personale esposto all'amianto per impegno professionale sul naviglio di Stato è equiparato ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 563, della legge 23 dicembre 2005, n. 266.
21. 4. Ascierto.

Al comma 1, lettera c), capoverso 01, sopprimere le parole: e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
22. 4. Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

Sopprimere il comma 2.
36. 1. Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

Sopprimere il comma 5.
44. 1. Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

Sopprimere il comma 2.
45. 1. Damiano, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Mattesini, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru.

MOZIONI ZAMPARUTTI ED ALTRI N. 1-00263, PIFFARI ED ALTRI N. 1-00320, LIBÈ ED ALTRI N. 1-00322 E GHIGLIA GUIDO DUSSIN, COMMERCIO, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00323 E ZAMPARUTTI, PIFFARI, LIBÈ, GERMANÀ, GUIDO DUSSIN, COMMERCIO, SARDELLI ED ALTRI N. 1-00324 CONCERNENTI INIZIATIVE PER LA DIFESA DEL SUOLO E DEL PAESAGGIO E PER LA RIQUALIFICAZIONE DEL PATRIMONIO URBANISTICO ED EDILIZIO

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la tragedia di Messina è solo l'ultimo degli eventi luttuosi che dimostrano le gravi conseguenze di una cattiva gestione del territorio, dell'assenza di un'efficace azione di tutela e delle carenze della politica urbanistica ed edilizia degli ultimi sessant'anni;
di fronte a ciò è indispensabile avviare una nuova politica nazionale per il governo del territorio che individui gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti da utilizzare e le risorse da mobilitare;
in merito ad essa l'uso parsimonioso delle risorse non riproducibili, come il suolo, deve essere il riferimento strategico da adottare per la definizione di tale politica;
la stessa Unione europea, per il tramite dell'Agenzia per l'ambiente, afferma che il consumo di suolo, land uptake, è una questione rilevante che va affrontata con serietà dalle politiche per il governo del territorio, in quanto a questo fenomeno sono riconducibili una serie di effetti ambientali non trascurabili;
quanto al consumo del suolo «orizzontale» inteso come superficie trasformata e coperta o impermeabilizzata va ricordato che, pur nel permanere di una mancanza di una statistica ufficiale nazionale, nel 1992 Antonio Cederna affermava che «il consumo di suolo è proceduto negli ultimi decenni al ritmo dello 0,6 per cento annuo, 100-150.000 ettari l'anno, 400 ettari al giorno», trend confermato dai dati Eurostat per i quali, nel corso degli anni '90, le costruzioni hanno continuato a sottrarre all'agricoltura circa 100.000 ettari di campagna l'anno con l'urbanizzazione di un'area più che doppia di suolo rispetto alla Germania (1,2 milioni di ettari) e addirittura 4 volte quella della Francia (0,7 milioni di ettari);
quanto al volume costruito, se dall'unità d'Italia al 1945, cioè, in 84 anni, il numero dei vani è raddoppiato (da 17.621.000 a 34.534.000), a fronte di una crescita della popolazione di circa 20 milioni (da 26.128.000 a 45.222.000), con un deficit di vani che alla fine della seconda guerra mondiale era di circa 10 milioni rispetto agli abitanti, negli ultimi 64 anni l'esplosivo sviluppo edilizio e economico ha travolto l'equilibrio pre-bellico, con un aumento della popolazione di 15 milioni (da 45 a 60) a fronte di una crescita dei vani di ben 85 milioni (dai circa 35 milioni suddetti, ai 120 odierni), generando una situazione di sovraurbanizzazione con il doppio dei vani rispetto agli abitanti;
secondo quanto emerso nel corso dell'audizione del direttore dell'agenzia del territorio presso la Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il 27 ottobre 2009, il patrimonio italiano censito al 31 dicembre 2008 consta di circa 64 milioni di unità immobiliari, di cui la metà, vale a dire 32 milioni, di unità abitative, corrispondenti ad una superficie lorda di quasi 3,7 miliardi di metri quadrati. Rispetto alla popolazione residente, il dato fa evincere che in Italia la media di sola superficie abitativa disponibile per ciascuna persona è pari a 62,1 metri quadrati;
i riferimenti statistici più recenti (Cresme/Saie 2008) sottolineano come questa tendenza, negli ultimi anni, abbia conosciuto un'ulteriore, violenta accelerazione: dal 2003 ad oggi, infatti, sono state costruite circa 1.600.000 abitazioni (oltre il 10 per cento delle quali abusive), nonostante da vent'anni la popolazione in Italia non sia cresciuta, ma, al contrario, sia calata sensibilmente e solo negli ultimi anni ha dato segni di ripresa, grazie al contributo degli immigrati, una situazione che ci porta ad essere il primo Paese d'Europa per disponibilità di abitazioni; con circa 26 milioni di abitazioni (di cui il 20 per cento non occupate), corrispondenti a un valore medio di 2 vani a persona;
l'area vesuviana, in particolare, risulta essere una delle più urbanizzate al mondo con oltre 50 mila case abusive alle pendici del vulcano e con più di 100 mila domande di condono ancora da esaminare nei 18 comuni intorno alla zona rossa, una situazione che mette a rischio una popolazione di 600 mila abitanti, trattandosi di un'urbanizzazione che ha interessato le strade, che sono tutte potenziali vie di fuga in caso di eruzione, con il piano di evacuazione previsto dalla protezione civile, aggiornato pochi mesi fa, che prevede l'allontanamento dei cittadini - da un massimo di sette giorni a un minimo di 72 ore - con l'utilizzo del solo trasporto su gomma, privato e pubblico;
il recente studio del Cresme conferma da un angolo di visuale specifico, ma per molti versi drammatico, la situazione difficile in cui versano l'intero territorio nazionale e quello meridionale, in particolare da un punto di vista sismico ed idrogeologico con, ad esempio, ben 25 mila scuole sottoposte a «elevato rischio sismico», mentre 3.458 sono le strutture scolastiche costruite in zone ad alto rischio idrogeologico (alluvioni o frane), strutture in cui vivono oltre quattro milioni e mezzo di persone fra studenti, insegnanti e altri lavoratori;
il libro verde dell'Unione europea, il rapporto McKinsey del 2007 e il rapporto Enea, per citare solo alcuni documenti in materia, attestano i rilevanti risparmi energetici e i vantaggi occupazionali che da un'operazione di rottamazione edilizia del patrimonio immobiliare esistente potrebbero derivare;
sono dati rispetto ai quali una nuova politica per il governo del territorio deve individuare come prioritarie:
a) la «rottamazione» degli immobili privi di qualità, non antisismici e ubicati in aree noti idonee;
b) la messa in sicurezza del territorio e l'implementazione di efficaci forme di monitoraggio e gestione dei rischi che contraddistinguono strutturalmente il nostro Paese;
c) il rafforzamento delle forme di tutela delle aree e dei beni finalizzate alla conservazione dell'ambiente, dell'ecosistema e delle sue componenti primarie, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico;
d) l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente;
solo in questa prospettiva, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, i nuovi interventi edilizi ammessi dalla legislazione statale e regionale possono costituire un'opzione percorribile e tale da arricchire e mettere in sicurezza il Paese e i suoi abitanti;
in questo contesto eventuali misure di sostegno all'edilizia devono essere corrette rispetto a quanto stabilito dall'intesa Stato-regioni del 1o aprile 2009 e dalle successive norme regionali,

impegna il Governo:

a incentivare il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio, favorendo la rottamazione (con eventuale «delocalizzazione») degli edifici pericolosi che sorgono in zone a rischio o privi di qualità e riconoscendo priorità di intervento alle aree ad elevato rischio idrogeologico, a partire dall'area vesuviana e dei Campi Flegrei, come quelle lungo le fasce fluviali, per portare alcuni esempi;
a subordinare ogni incentivo economico e fiscale al miglioramento di almeno due classi di efficienza energetica rispetto all'immobile modificato o rottamato e all'osservanza delle norme antisismiche;
a proteggere l'integrità delle aree agricole, stabilendo che gli interventi edilizi su fabbricati rurali siano strettamente funzionali alla conduzione del fondo agricolo e accompagnati da apposite misure di massima tutela del territorio;
a vincolare una quota del gettito aggiuntivo dovuto alla realizzazione degli interventi ammessi dalle norme straordinarie di sostegno all'edilizia (la maggiore quota di imposta comunale sugli immobili, di oneri di urbanizzazione e di imposte erariali) al finanziamento di controprestazioni ecologiche appropriate alle diverse realtà locali sulla base delle esperienze di compensazione ecologica sperimentate in Germania, Olanda e Stati Uniti, nella prospettiva di una revisione in questo senso delle norme in materia di oneri concessori, di standard e, più in generale, dei rapporti convenzionali tra soggetti pubblici e privati;
a favorire con fermezza il recupero delle aree già urbanizzate ma dismesse o sottoutilizzate, anche favorendo regimi fiscali moderati, contestualmente all'inibizione della trasformazione di aree agricole nel loro stato di fatto;
ad assumere iniziative di carattere normativo volte ad una revisione dell'ici e dell'irpef, al fine di favorire l'uso parsimonioso del suolo, la riqualificazione energetica e la locazione residenziale degli immobili;
a rafforzare la capacita operativa dei soggetti preposti alla pianificazione paesaggistica ed urbanistica alla tutela del patrimonio culturale e naturale e al contrasto degli abusi, invece che privilegiare misure straordinarie non coordinate ed estemporanee di sostegno all'edilizia;
ad avviare un'analisi sistematica degli usi del suolo su tutto il territorio nazionale secondo criteri uniformi, affidandone la realizzazione ad una struttura indipendente che sia poi in grado di trasferire i dati raccolti ai soggetti preposti al governo del territorio e di suggerire buone pratiche e politiche di successo applicabili ai diversi contesti territoriali;
ad avviare un'analisi sistematica delle aree dismesse e del patrimonio edilizio (residenziale e non) inutilizzato o sottoutilizzato;
a rafforzare la dotazione strumentale cartografica sugli usi del suolo nelle regioni o di agenzie nazionali e/o a favorire meccanismi che impegnino le regioni stesse a dotarsi di tali cartografie su più soglie temporali, così da poter dare avvio ad un monitoraggio sistematico dell'uso del suolo;
ad affermare e promuovere il principio secondo il quale il suolo è una risorsa ambientale non riproducibile, la cui trasformazione produce effetti su ambiente e paesaggio tali da compromettere equilibri e sicurezza, in modo che ogni trasformazione sia in grado di compensare tali compromissioni ambientali e, in ogni caso, prendendo atto che occorre indirizzarsi verso un limite all'urbanizzazione.
(1-00263)
«Zamparutti, Mariani, Beltrandi, Bernardini, Bocci, Braga, Bratti, Esposito, Farina Coscioni, Ginoble, Iannuzzi, Mecacci, Marantelli, Margiotta, Martella, Mastromauro, Morassut, Motta, Realacci, Maurizio Turco, Viola».

La Camera,
premesso che:
se è vero che il consumo del territorio è una delle conseguenze dell'attività umana che riduce, in termini qualitativi e quantitativi, i suoli, le aree libere o naturali e le trasforma, è anche vero che il «benessere» umano può essere garantito solo se il «consumo del suolo» si mantiene entro certi limiti e se consente di mantenere ecosistemi vitali e funzionali per il benessere della popolazione e del pianeta, nella consapevolezza che il territorio è una risorsa limitata e quindi esauribile;
un lavoro analitico avviato recentemente dal Wwf Italia con l'Università dell'Aquila fa emergere dati che devono far riflettere: dal 1956 al 2001 la superficie urbanizzata del nostro Paese è aumentata del 500 per cento e si è valutato che dal 1990 al 2005 siamo stati capaci di trasformare oltre 3,5 milioni di ettari, cioè una superficie grande quasi quanto il Lazio e l'Abruzzo messi insieme. Fra questi ci sono due milioni di fertile terreno agricolo, che oggi è stato coperto da capannoni, case, strade ed altro;
ogni italiano vede oggi attribuirsi una media di 230 metri quadrati di urbanizzazione ed anche se le percentuali cambiano da regione a regione (dai 120 metri quadrati per abitante della Basilicata ai 400 del Friuli Venezia Giulia), l'insieme dà l'immagine di un territorio quasi saturo, disordinato, una sorta di città diffusa;
stando ai dati Istat, nel 2005 si sono stimati in Italia 10,9 milioni di edifici ad uso abitativo e 1,9 milioni di edifici aventi altre funzioni, per un totale di 12,8 milioni di edifici. La suddivisione per unità abitative ha portato a stimare il patrimonio immobiliare in circa 27 milioni di abitazioni;
come riportato dal recente dossier del Wwf sul consumo del suolo in Italia, sempre secondo i dati forniti dall'Istat, il 19,2 per cento risulta realizzato prima del 1919, il 12,3 per cento tra il 1920 ed il 1945, il 50 per cento tra il 1946 e il 1981, l'11,50 per cento tra il 1982 ed il 1991 e il 7 per cento dal 1992 al 2005;
l'Enea ha stimato che i 4/5 del patrimonio edilizio italiano richiede interventi di riqualificazione energetica;
i forti interessi che sottendono spesso al comparto delle costruzioni si sommano agli storici interessi legati ai cambi di destinazione d'uso delle aree agricole e all'edificabilità dei suoli, entrando così troppo spesso in conflitto con una seria e corretta programmazione e gestione del territorio. Purtroppo i piani urbanistico-territoriali hanno frequentemente accompagnato ed assecondato questo orientamento. A ciò vanno aggiunti gli interessi dei grandi costruttori, molto spesso coincidenti con quelli fondiari: i costruttori da tempo comprano le terre su cui edificano e non sempre le comprano con l'edificabilità sancita nei piani regolatori. Poi quelle terre, per molti motivi, diventano edificabili. Il guadagno in questo caso si moltiplica di molto;
ci si trova purtroppo di fronte a un territorio consumato e segnato profondamente, anche «grazie» al contributo nefasto del fenomeno dell'abusivismo, troppo spesso ignorato o tollerato, e anzi alimentato anche da quelli che, a giudizio dei firmatari del presente atto di indirizzo, sono le deprecabili norme di condono edilizio approvate negli anni scorsi;
i condoni edilizi hanno, infatti, contribuito fortemente ad alimentare la convinzione diffusa che sul territorio si possa compiere qualsiasi azione, anche senza avere l'autorizzazione di legge. È, invece, indispensabile sconfiggere questa cultura e riportare la necessaria trasparenza e rigore su tutti gli interventi che trasformano il territorio ed il paesaggio;
la pianificazione urbanistica e l'assetto del territorio sono inevitabilmente strettamente connesse. Il governo del territorio include, infatti, l'urbanistica, l'edilizia, i programmi infrastrutturali, il contrasto al dissesto idrogeologico, la difesa del suolo, la tutela del paesaggio;
gli interventi per la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo vanno, quindi, necessariamente coordinati - se vogliono essere realmente efficaci - con le legge urbanistiche e con i piani regolatori, soprattutto con quelli urbanistici comunali, e non soltanto con i grandi piani territoriali. Spesso, infatti, gli enti locali - per motivazioni politiche, quali, ad esempio, l'approvazione dei piani urbanistici o la destinazione delle aree edificabili - non attuano il principio della prevenzione e, a volte, strutture pubbliche, quali scuole, caserme, ospedali, stazioni, vengono costruite in aree a rischio, quali, per esempio, quelle nelle prossime vicinanze dei fiumi;
a ciò si aggiunge il fatto che gli oneri di urbanizzazione vengono spesso usati per ripianare i bilanci dei comuni e questo spinge i comuni stessi a costruire per «fare cassa», anche a scapito di una corretta gestione del territorio;
è importante, quindi, portare a compimento quanto in materia di difesa del suolo ha previsto prima la legge n. 183 del 1989 e attualmente il codice ambientale del 2006, che ha introdotto l'innovativo istituto dei distretti idrografici, prevedendo la soppressione delle vecchie autorità di bacino e le istituzioni di otto distretti idrografici, con le conseguenti otto autorità di bacino distrettuale a copertura dell'intero territorio nazionale. In realtà, ancora oggi, le autorità di bacino istituite dalla legge n. 183 del 1989 non sono state soppresse;
gli aspetti negativi del consumo di suolo derivante dai processi di urbanizzazione consistono principalmente nella sottrazione di spazi alla natura ed all'agricoltura e nell'aumento dei consumi energetici. Tale fenomeno non è, però, solo legato all'aumento demografico, ma soprattutto al cambiamento di stili di vita e ad uno sviluppo troppo spesso incontrollato del mercato edilizio;
è, quindi, compito specifico dello Stato quello di assumere come principio generale valido quello del risparmio della risorsa territorio, mentre deve spettare alle regioni la specifica competenza di dare concreta attuazione a questo principio, definendone le modalità di applicazione e le procedure;
va ricordato che il «governo del territorio» rientra nella cosiddetta legislazione «concorrente» tra Stato e regioni (articolo 117 della Costituzione). Si tratta, dunque, di una competenza e di una responsabilità condivisa, cosicché entrambi i soggetti «concorrono», ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, per il raggiungimento di una finalità quale la difesa dell'interesse pubblico. E sempre nell'ambito della legislazione concorrente rientrano sia la materia urbanistica (sentenza della Corte costituzionale n. 303 del 2003), che quella edilizia (sentenza della Corte costituzionale n. 362 del 2003), in quanto comunque riconducibili al «governo del territorio»;
proprio in tema di politiche urbanistiche e di governo del territorio, nella XVI legislatura, e precisamente nel marzo 2009, il Governo ha avviato alcune misure per il rilancio del settore edilizio - il cosiddetto «piano casa 2» - che si sarebbe dovuto articolare in tre momenti tra loro collegati: un'intesa in sede di conferenza Stato-regioni, un decreto-legge con l'obiettivo di semplificare alcune procedure di competenza esclusiva dello Stato, al fine di rendere più rapida ed efficace la disciplina dell'attività edilizia, e un disegno di legge delega per un generale riordino della materia urbanistica-edilizia;
l'ordine logico e cronologico doveva essere quello individuato in sede di conferenza Stato-regioni del 31 marzo 2009: prima una sorta di legge quadro statale, quindi a seguire le leggi regionali di natura attuativa. In realtà si è assistito, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, ad un'evidente anomala inversione: il Governo non ha ancora emanato alcun provvedimento in materia e si trova paradossalmente ad attendere che tutte le regioni abbiano fatto la propria legge, per poi promuovere l'adeguamento della normativa nazionale;
il risultato è purtroppo un'assenza di regole chiare e soprattutto uniformi su tutto il territorio nazionale, nonché una procedura che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare di dubbia costituzionalità;
il «cuore» del suddetto «piano casa» sta dimostrando nei fatti la possibilità di costruire in deroga ai piani regolatori, con l'obiettivo principale di rispondere alla necessità di sostenere il settore delle costruzioni e delle imprese colpite dalla crisi;
di fatto si sta, quindi, assistendo a interventi delle singole regioni effettuati con modalità diverse, sulla base delle loro esigenze territoriali e senza alcun coordinamento da parte dello Stato. Una serie di interventi che «gonfiano» le cubature esistenti (20-30 per cento), sopraelevano gli edifici, consentono di demolire e trasferire altrove;
secondo una stima del Cresme (istituto di ricerca economica per l'edilizia) il cosiddetto «piano casa» produrrà nel settore dell'edilizia abitativa investimenti aggiuntivi per 42 miliardi tra il 2009 e il 2012, equivalenti a 106 milioni di metri cubi di nuove stanze, con una crescita complessiva del settore del 27 per cento. Tali misure, tuttavia, si inseriscono all'interno di quadro connotato da un cospicuo abusivismo di circa 30 mila unità abitative all'anno e un incremento, nel 2007, del 33 per cento del cemento illegale nelle aree demaniali e un più 19 cento dei crimini a danno dell'ecosistema marino (stime dell'Associazione azionale costruttori edili);
oggi si registra, invece, un grande bisogno di riqualificare il patrimonio esistente, sia dal punto di vista strutturale che da quello dell'efficienza energetica e della sua ecosostenibilità, nonché di nuove norme che regolamentino le nuove edificazioni e che partano dal presupposto che il territorio è oggettivamente ormai saturo,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, nel rispetto del riparto di competenza costituzionalmente previsto, per la definizione di una normativa rigorosa in materia di pianificazione e di governo del territorio, che contengano principi chiari, irrinunciabili, fortemente omogenei e condivisi, in modo tale da costituire un quadro di riferimento certo e rigoroso per le singole normative regionali e che individui alcuni punti qualificanti per una gestione rispettosa e sostenibile del paesaggio e del territorio, con particolare riferimento ai seguenti profili:
a) riconoscere il territorio come bene comune e risorsa limitata ed esauribile, quale presupposto irrinunciabile per una pianificazione urbanistica sostenibile;
b) perseguire l'obiettivo di limitare il consumo del suolo anche attraverso il contenimento della diffusione urbana;
c) consentire nuovi impieghi di suolo a fini insediativi e infrastrutturali, solo qualora non sussistano alternative per il riuso e la riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti;

d) prevedere, sempre nell'ambito delle proprie prerogative, che sul territorio non urbanizzato e agricolo gli strumenti di pianificazione non consentano nuove edificazioni, se non strettamente funzionali all'esercizio delle attività agro-silvo-pastorali;
ad assumere iniziative in relazione al patrimonio esistente per:
a) realizzare - nell'ambito delle proprie prerogative - un'efficace e severa politica di contrasto alle violazioni in materia urbanistica e all'abusivismo edilizio, soprattutto costiero, che deturpa il nostro territorio e che in alcune aree del Paese ha una concentrazione intollerabile e rappresenta una vera e propria offesa al nostro territorio;
b) favorire una politica di «riutilizzazione» dell'attuale patrimonio, attraverso interventi per la sua messa in sicurezza e di adeguamento tecnologico, in coerenza con la necessità ineludibile di favorire un maggiore risparmio energetico;
c) incentivare e promuovere l'efficienza energetica nel settore dell'edilizia, anche attraverso la previsione di un sistema di incentivazione stabile e certo nel medio-lungo periodo, prevedendo a tal fine di portare finalmente a regime le norme attualmente vigenti di agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
d) sottoporre a rigorosa tutela, all'interno di idonei strumenti di pianificazione e nell'ambito delle proprie competenze, i centri e gli insediamenti storici che rappresentano l'identità culturale del nostro Paese;
e) prevedere, in stretto coordinamento con gli enti locali interessati, una mappatura degli insediamenti urbanistici nelle aree a più elevato rischio idrogeologico, favorendone la loro eventuale delocalizzazione e prevedendo contestualmente il divieto di edificabilità, in dette aree, di nuovi insediamenti e infrastrutture;
a dare piena attuazione e a portare a compimento quanto in materia di difesa del suolo ha previsto da ultimo il decreto legislativo n. 152 del 2006, che ha introdotto l'istituto dei distretti idrografici e la soppressione (di fatto non ancora avvenuta) delle vecchie autorità di bacino;
a prevedere il necessario e costante stretto coordinamento tra gli interventi per la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo e quanto previsto dalle leggi urbanistiche e dai piani regolatori degli enti locali.
(1-00320)
«Piffari, Scilipoti, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare;
negli ultimi decenni l'intero patrimonio territoriale nazionale ha subito una progressiva e continua riduzione delle aree libere e naturali a vantaggio di un incremento degli insediamenti urbani e industriali, con incrementi vicini anche al 500 per cento rispetto ai primi anni del dopoguerra;
i riferimenti statistici più recenti dimostrano come tale tendenza abbia conosciuto un'ulteriore accelerazione negli ultimi anni, in particolare nelle aree metropolitane del Sud, e come la crescita della superficie urbanizzata in alcune aree abbia limitato fortemente il mantenimento delle attività agricole primarie e favorito una crescita esponenziale dei consumi energetici;
il dissesto idrogeologico rappresenta per il nostro Paese un problema di notevole rilevanza, le cui conseguenze, in termini di perdita di vite umane e di danni economici sono noti a tutti e di cui la tragedia di Messina rappresenta solo l'ultimo episodio;
il rischio idrogeologico è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell'assetto geomorfologico del territorio: frane, esondazioni e dissesti morfologici di carattere torrentizio, trasporto di massa lungo le conoidi nelle zone montane e collinari, esondazioni e sprofondamenti nelle zone collinari e di pianura;
tale situazione rappresenta l'esito dell'azione dell'uomo e delle continue modifiche apportate al territorio, che hanno, da un lato, incrementato la possibilità del verificarsi di fenomeni calamitosi e, dall'altro, aumentato la presenza di beni e persone nelle zone in cui tali eventi erano maggiormente possibili, manifestandosi in seguito con effetti talvolta catastrofici;
l'Italia, inoltre, è uno dei Paesi a maggior rischio sismico del Mediterraneo, per la frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo territorio e per l'intensità che alcuni di essi hanno raggiunto, determinando un impatto sociale ed economico rilevante;
la sismicità della penisola italiana è legata alla sua particolare posizione geografica, in quanto situata nella zona di convergenza tra la zolla africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive, che causano l'accavallamento dei blocchi di roccia;
i terremoti che hanno colpito la penisola hanno causato danni economici consistenti, valutati per gli ultimi quaranta anni in circa 135 miliardi di euro, impiegati per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul patrimonio storico, artistico, monumentale, per non tacere della perdita di vite umane;
la sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale della penisola - lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello, Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri, Beneventano, Irpinia) - in Calabria e Sicilia ed in alcune aree settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria occidentale;
una recente mappatura effettuata dal Cresme sullo stato degli edifici pubblici nel Paese evidenzia la condizione critica in cui versano più di 20 mila edifici, tra scuole e ospedali, sparsi in tutto il Paese, realizzati in aree dichiarate di estrema pericolosità per esposizione al rischio idrogeologico e sismico;
la riqualificazione energetica del nostro patrimonio abitativo stenta a decollare: a quanto risulta dalle indicazioni di studi effettuati sulla materia, circa il 70 per cento dell'intero patrimonio necessità di interventi di miglioramento ed efficientamento;
il programma nazionale delle bonifiche, varato nel 1998, ha beneficiato di finanziamenti passati da 27 miliardi di vecchie lire a 3 mila miliardi di vecchie lire nel 2000, fino agli attuali 500 milioni di euro, ma poco si conosce circa le modalità con cui vengono gestite queste risorse, ma, soprattutto, sono praticamente invisibili i miglioramenti al territorio che il programma nazionale avrebbe dovuto apportare;
il recente «piano casa» varato dal Governo per il rilancio del settore edilizio trova evidenti difficoltà a decollare e comunque non tiene conto di misure che prevedono un corretto e rispettoso utilizzo del territorio e un sistema di incentivazione per il recupero e la riqualificazione del patrimonio edilizio ed inoltre per la delocalizzazione dalle aeree a forte rischio e per garantire priorità di intervento in queste ultime;
le politiche di attenzione al governo del territorio sono fondamentali e imprescindibili, sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali calamitosi;
sono necessarie azioni in funzione del ripristino delle condizioni di sicurezza del territorio e del miglioramento dell'efficienza del patrimonio abitativo e industriale presente nel Paese, con particolare attenzione da rivolgere agli aspetti che riguardano l'esposizione al rischio idrogeologico e sismico;
le pur ingenti misure finanziarie erogate negli anni per fronteggiare le emergenze legate alla difesa del suolo, in assenza di piani di gestione ben strutturati e organizzati, hanno visto perdere efficacia, mentre, di riverso, risultano essere diminuite le somme da destinare ad interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio e per la messa in sicurezza delle aree a rischio e di politiche di prevenzione;
per l'anno 2009 la protezione civile ha avuto a disposizione circa 1,608 miliardi di euro di risorse assegnate dalla legge finanziaria per il 2009 e dal decreto legge n. 208 del 2008 convertito con modificazioni dalla legge n. 13 del 2009, destinata a coprire i danni prodotti dalle avversità atmosferiche del 2008. Lo stanziamento risulta inferiore del 18,03 per cento rispetto a quello del 2008. Dell'intero importo finanziato nel 2009 circa il 91,16 per cento è destinato ad ovviare alle emergenze del 2008 e degli anni precedenti, mentre rimane ben poco, circa 142 milioni di euro, da destinare ad interventi di previsione e prevenzione delle emergenze future,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'ambito delle proprie competenze e nel rispetto delle competenze attribuite alle regioni ed agli enti locali dalla legislazione vigente, iniziative - anche di natura economica - finalizzate a:
a) predisporre un piano pluriennale delle opere per la messa in sicurezza del territorio nazionale, che preveda una stima completa delle aree dove intervenire, un elenco delle opere e dei relativi costi, l'individuazione degli interventi sulla base di indici tecnici che ne determino le priorità e il coinvolgimento di tutti gli organismi preposti;
b) prevedere un congruo stanziamento per un impegno di spesa annuale per l'ottimizzazione del territorio nazionale;
c) inasprire i controlli sull'effettivo rispetto della normativa sull'edilizia pubblica e privata, al fine di garantire una reale certificazione anti-sismica delle costruzioni, sia a destinazione abitativa, sia a destinazione industriale;
d) valutare l'opportunità di vincolare una quota del gettito fiscale alla costituzione un fondo di garanzia per il lucro cessante delle attività economiche esistenti sul territorio oggetto di evento sismico e/o idrogeologico;
a rafforzare il sistema dei controlli in materia di edificazione in funzione di una maggiore attenzione al rispetto del suolo, garantendo l'applicazione di sanzioni certe per gli attori che non rispettino le normative in materia;
ad assumere iniziative volte a prevedere una progressiva delocalizzazione di tutti gli insediamenti, abitativi e produttivi, dalle aree a forte rischio idrogeologico;
a favorire la riqualificazione energetica del patrimonio abitativo e industriale esistente in funzione di un adeguamento tecnologico che permetta un maggiore risparmio energetico;
a sviluppare un sistema di contrasto efficiente all'abusivismo e all'edificazione selvaggia;
a favorire il recupero delle aree dismesse o sottoutilizzate e ad incrementare le politiche a sostegno del recupero dei siti altamente inquinati.
(1-00322)
«Libè, Vietti, Naro, Dionisi, Mondello, Mereu, Ciccanti, Compagnon, Volontè, Galletti, Occhiuto, Tassone».

La Camera,
premesso che:
il dissesto idrogeologico del territorio italiano è un evento naturale sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del Paese, alla fragile e mutevole natura dei suoli che lo compongono ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, presieduta dal professor De Marchi, nella relazione conclusiva del 1970, individuava i gravi problemi idrogeologici dell'Italia, proponendo un piano d'intervento trentennale che prevedeva la spesa di 9.700 miliardi di lire di allora; alla commissione va riconosciuto il merito di aver sviluppato un approccio sistemico ai problemi connessi col governo del territorio, ma anche di aver rivolto l'attenzione all'interazione tra opere umane e ambiente complessivamente inteso; tuttavia, le proposte della commissione De Marchi sono state attuate con grave ritardo, tramite la legge quadro n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, circa 20 anni dopo la loro redazione;
limitandosi al solo rischio idrogeologico negli ultimi 80 anni si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane; secondo il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono a «rischio elevato» l'89 per cento dei comuni umbri, l'87 per cento di quelli lucani, l'86 per cento di quelli molisani, il 71 per cento di quelli liguri e valdostani, il 68 per cento di quelli abruzzesi, il 44 per cento di quelli lombardi. In pratica, oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti; secondo una dettagliata tabella elaborata dal Cineas, il consorzio universitario del Politecnico di Milano, che si occupa della cultura del rischio, nel solo decennio 1994-2004, per tamponare i danni di alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato ha dovuto tirar fuori complessivamente 20.946 milioni di euro. Vale a dire oltre due miliardi l'anno ai quali va aggiunto un altro miliardo e mezzo complessivo per gli interventi minori;
se si aggiungono i costi dei terremoti, secondo i dati diffusi alcuni anni fa dal dipartimento della protezione civile nel periodo 1968-2000, l'intervento statale solo per l'emergenza e la ricostruzione post-terremoto ha superato i 120 miliardi di euro, con una media di 3,8 miliardi all'anno. In Italia il 40 per cento della popolazione vive in aree a rischio sismico, dove il 64 per cento degli edifici non è costruito secondo le norme antisismiche e dove sono morte 120.000 persone nell'ultimo secolo. Milioni di persone sono esposte al rischio vulcanico, che nell'area vesuviana è incerto non nel «se» ma in un «quando» che gli scienziati concordano nel definire prossimo;
complessivamente, a partire dal 1968 l'anno del terremoto del Belice, lo Stato ha speso una somma quantificabile tra i 140 ed i 150 miliardi di euro, una massa di risorse in grado di condizionare gli equilibri dei bilanci pubblici annuali e pluriennali;
si aggiunga che l'Italia è un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, assai superiore alla media dell'Europa a 15, pari a 118 abitanti per chilometro quadrato (la Francia conta 114 abitanti per chilometro quadrato, la Spagna 89), ma con fortissime sperequazioni nella distribuzione territoriale: ai 68 abitanti per chilometro quadrato della Sardegna si contrappongono i 379 abitanti per chilometro quadrato della Lombardia, che da sola registra una volta e mezzo gli abitanti della Finlandia; la Campania arriva a 420 abitanti per chilometro quadrato, ma proprio nella cosiddetta «zona rossa», soggetta a rischio di distruzione pressoché totale in caso di ripresa di attività del Vesuvio, spiccano i comuni con la più alta densità abitativa d'Italia (oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato), caratterizzati da un'espansione edilizia incontrollata, come Portici o S. Giorgio a Cremano;
tutto ciò comporta problemi di ogni genere: dai servizi pubblici costantemente prossimi al collasso al degrado dei suoli e delle falde acquifere, alle difficoltà di attuare politiche sociali, abitative, di sviluppo, migratorie e di integrazione adeguate a causa della mera mancanza di spazio; per quel che riguarda gli ambiti del presente atto di indirizzo, insorgono problemi riguardanti l'insediamento di quote della popolazione in aree a maggior rischio, la competizione su aree disponibili sempre più ridotte tra le varie attività umane (edilizia abitativa, attività produttive, opere pubbliche), che si risolve regolarmente a danno delle aree agricole e delle aree protette, la difficoltà a realizzare le opere infrastrutturali in spazi già occupati; la sindrome di Nimby è figlia non solo dell'egoismo e dell'individualismo, ma anche del fatto che sui suoli nei quali si intende utilmente realizzare un'opera pubblica esiste già un coacervo di interessi economici privati, ampiamente tutelati dall'ordinamento;
è pertanto necessario adottare adeguati provvedimenti che consentano di perseguire il nostro modello di sviluppo economico e sociale, ottimizzando le risorse di spazio disponibili e tenendo conto del fatto che i costi delle emergenze possono essere ridotti solo se si impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione, alla costante manutenzione, all'uso delle migliori tecniche costruttive, all'apposizione di vincoli e limitazioni di uso;
il 12 novembre 2009 il Governo ha presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; l'estensione delle aree a criticità idrogeologica è pari al 9,8 per cento del territorio nazionale, del quale il 6,8 per cento coinvolge direttamente zone con beni esposti, quindi centri urbani, infrastrutture e aree produttive, tutti strettamente connessi con lo sviluppo economico del Paese; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi per il Centro-Nord e 13 miliardi per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano,

impegna il Governo:

a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, secondo le indicazioni già comunicate alle Camere;
ad attuare quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040 presentata alla Camera dei deputati, approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009, in particolare per quel che riguarda la sollecita attuazione della direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e gestione dei rischi di alluvioni;
a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, tramite le quali, nell'assoluto rispetto delle competenze regionali, siano anche:
a) dettate norme quadro sull'utilizzo dei suoli e sulla tutela delle aree di maggior pregio, con particolare riguardo alle aree a vocazione agricola ed alle aree protette;
b) previste misure dissuasive per le costruzioni di scarsa qualità ed in aree a rischio;
c) introdotte disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali e consentano la rapida realizzazione delle opere pubbliche ed infrastrutturali;
a promuovere, nell'ambito della propria competenza, la celere adozione di norme sulla qualità architettonica e sul sistema «casa qualità», valutando anche la possibilità di estendere il concetto di qualità alle tipologie costruttive degli immobili e prevedendo eventualmente incentivazioni fiscali per le opere realizzate secondo i citati criteri.
(1-00323)
«Ghiglia, Guido Dussin, Commercio, Sardelli, Baldelli, Milo, Aracri, Bonciani, Cosenza, Di Cagno Abbrescia, Tommaso Foti, Germanà, Gibiino, Iannarilli, Lanzarin, Lisi, Lupi, Pili, Pizzolante, Scalera, Scalia, Stradella, Togni, Tortoli, Vella, Vessa, Alessandri».

La Camera,
premesso che:
la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare; il suolo è infatti una risorsa ambientale non riproducibile la cui trasformazione produce effetti permanenti su ambiente e paesaggio;
nel nostro Paese, inoltre, il dissesto idrogeologico è un evento naturale sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli che lo compongono ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la tragedia di Messina è solo l'ultimo degli eventi luttuosi che dimostrano le gravi conseguenze che possono derivare da una cattiva gestione del territorio, dall'assenza di un'efficace azione di tutela e dalle carenze della politica urbanistica ed edilizia;
la commissione interministeriale per lo studio della sistemazione idraulica e della difesa del suolo, presieduta dal professor De Marchi, nella relazione conclusiva del 1970, individuava i gravi problemi idrogeologici dell'Italia, proponendo un piano d'intervento trentennale che prevedeva la spesa di 9.700 miliardi di lire di allora; alla commissione va riconosciuto il merito di aver sviluppato un approccio sistemico ai problemi connessi col governo del territorio, ma anche di aver rivolto l'attenzione all'interazione tra opere umane e ambiente complessivamente inteso; tuttavia, le proposte della commissione De Marchi sono state attuate con grave ritardo, tramite la legge quadro n. 183 del 1989 sulla difesa del suolo, circa 20 anni dopo la loro redazione;
limitandosi al solo rischio idrogeologico negli ultimi 80 anni si sono verificati 5.400 alluvioni e 11.000 frane; secondo il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono a «rischio elevato» l'89 per cento dei comuni umbri, l'87 per cento di quelli lucani, l'86 per cento di quelli molisani, il 71 per cento di quelli liguri e valdostani, il 68 per cento di quelli abruzzesi, il 44 per cento di quelli lombardi. In pratica, oltre la metà degli italiani vive in aree soggette ad alluvioni, frane, smottamenti, terremoti, fenomeni vulcanici e persino maremoti; secondo una dettagliata tabella elaborata dal Cineas, il consorzio universitario del Politecnico di Milano, che si occupa della cultura del rischio, nel solo decennio 1994-2004, per tamponare i danni di alluvioni, terremoti e frane più gravi, lo Stato ha dovuto tirar fuori complessivamente 20.946 milioni di euro. Vale a dire oltre due miliardi l'anno ai quali va aggiunto un altro miliardo e mezzo complessivo per gli interventi minori;
se si aggiungono i costi dei terremoti, secondo i dati diffusi alcuni anni fa dal dipartimento della protezione civile nel periodo 1968-2000, l'intervento statale solo per l'emergenza e la ricostruzione post-terremoto ha superato i 120 miliardi di euro, con una media di 3,8 miliardi all'anno. In Italia il 40 per cento della popolazione vive in aree a rischio sismico, dove il 64 per cento degli edifici non è costruito secondo le norme antisismiche e dove sono morte 120.000 persone nell'ultimo secolo. Milioni di persone sono esposte al rischio vulcanico, che nell'area vesuviana è incerto non nel «se» ma in un «quadro» che gli scienziati concordano nel definire prossimo;
complessivamente, a partire dal 1968 l'anno del terremoto del Belice, lo Stato ha speso una somma quantificabile tra i 140 ed i 150 miliardi di euro, una massa di risorse in grado di condizionare gli equilibri dei bilanci pubblici annuali e pluriennali;
si aggiunga che l'Italia è un Paese fortemente antropizzato, con una densità media pari a 189 abitanti per chilometro quadrato, assai superiore alla media dell'Europa a 15, pari a 118 abitanti per chilometro quadrato (la Francia conta 114 abitanti per chilometro quadrato, la Spagna 89), ma con fortissime sperequazioni nella distribuzione territoriale: ai 68 abitanti per chilometro quadrato della Sardegna si contrappongono i 379 abitanti per chilometro quadrato della Lombardia, che da sola registra una volta e mezzo gli abitanti della Finlandia; la Campania arriva a 420 abitanti per chilometro quadrato, ma proprio nella cosiddetta «zona rossa», soggetta a rischio di distruzione pressoché totale in caso di ripresa di attività del Vesuvio, spiccano i comuni con la più alta densità abitativa d'Italia (oltre 12.000 abitanti per chilometro quadrato), caratterizzati da un'espansione edilizia incontrollata, come Portici o San Giorgio a Cremano;
secondo quanto emerso nel corso dell'audizione del direttore dell'Agenzia del territorio presso la Commissione ambiente territorio e lavori pubblici della Camera il 27 ottobre 2009, il patrimonio italiano, censito al 31 dicembre 2008 consta di circa 64 milioni di unità immobiliari, di cui la metà, vale a dire 32 milioni, di unità abitative, corrispondenti ad una superficie lorda di quasi 3,7 miliardi di metri quadrati. Rispetto alla popolazione residente, il dato fa evincere che in Italia la media di sola superficie abitativa disponibile per ciascuna persona è pari a 62,1 metri quadrati;
stando ai dati Istat, nel 2005 si sono stimati in Italia 10,9 milioni di edifici ad uso abitativo e 1,9 milioni di edifici aventi altre funzioni, per un totale di 12,8 milioni di edifici. La suddivisione per unità abitative ha portato a stimare il patrimonio immobiliare in circa 27 milioni di abitazioni; i riferimenti statistici più recenti (Cresme/Saie 2008) sottolineano come questa tendenza, negli ultimi anni, abbia conosciuto un ulteriore, violenta accelerazione: dal 2003 ad oggi, infatti, sono state costruite circa 1.600.000 abitazioni (oltre il 10 per cento delle quali abusive) nonostante da vent'anni la popolazione in Italia non sia cresciuta ma, al contrario, sia calata sensibilmente e solo negli ultimi anni ha dato segni di ripresa, grazie al contributo degli immigrati, una situazione che ci porta ad essere il primo Paese d'Europa per disponibilità di abitazioni, di cui il 20 per cento non occupate;
una recente mappatura effettuata dal Cresme sullo stato degli edifici pubblici nel Paese evidenzia la condizione critica in cui versano più di 20 mila edifici, tra scuole e ospedali, sparsi in tutto il Paese, realizzati in aree dichiarate di estrema pericolosità per esposizione al rischio idrogeologico e sismico, mentre l'Enea ha stimato che i 4/5 del patrimonio edilizio italiano richiede interventi di riqualificazione energetica;
il programma nazionale delle bonifiche, varato nel 1998, ha beneficiato di finanziamenti passati da 27 miliardi di vecchie lire a 3 mila miliardi di vecchie lire nel 2000, fino agli attuali 500 milioni di euro, ma poco si conosce circa le modalità con cui vengono gestite queste risorse;
tutto ciò comporta problemi di ogni genere: dai servizi pubblici costantemente prossimi al collasso, al degrado dei suoli e delle falde acquifere, alle difficoltà di attuare politiche sociali, abitative, di sviluppo, migratorie e di integrazione adeguate a causa della mera mancanza di spazio;
per quel che riguarda gli ambiti del presente atto di indirizzo, insorgono problemi riguardanti l'insediamento di quote della popolazione in aree a maggior rischio, la competizione su aree disponibili sempre più ridotte tra le varie attività umane (edilizia abitativa, attività produttive, opere pubbliche), che si risolve regolarmente a danno delle aree agricole e delle aree protette, la difficoltà a realizzare le opere infrastrutturali in spazi già occupati; la sindrome di Nimby è figlia non solo dell'egoismo e dell'individualismo, ma anche del fatto che sui suoli nei quali si intende utilmente realizzare un'opera pubblica esiste già un coacervo di interessi economici privati, ampiamente tutelati dall'ordinamento;
la pianificazione urbanistica e l'assetto del territorio sono inevitabilmente strettamente connesse: il governo del territorio include, infatti, l'urbanistica, l'edilizia, i programmi infrastrutturali, il contrasto al dissesto idrogeologico, da difesa del suolo, la tutela del paesaggio; gli interventi per la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo vanno, quindi, necessariamente coordinati - se vogliono essere realmente efficaci - con le leggi urbanistiche e con i piani regolatori, soprattutto con quelli urbanistici comunali, e non soltanto con i grandi piani territoriali. Spesso, infatti, gli enti locali - per motivazioni politiche, quali, ad esempio, l'approvazione dei piani urbanistici o la destinazione delle aree edificabili - non attuano il principio della prevenzione e, a volte, strutture pubbliche, quali scuole, caserme, ospedali, stazioni, vengono costruite in aree a rischio, quali, per esempio, quelle nelle prossime vicinanze dei fiumi;
è pertanto indispensabile avviare una nuova politica nazionale per il governo del territorio che individui gli obiettivi da raggiungere, gli strumenti da utilizzare e le risorse da mobilitare, in merito alla quale l'uso parsimonioso delle risorse non riproducibili, come il suolo, deve essere il riferimento strategico da adottare, privilegiando:
la trasformazione delle aree su cui insistono immobili privi di qualità e non antisismici nonché la delocalizzazione degli immobili ubicati in aree a rischio o non idonee;
la messa in sicurezza del territorio e l'implementazione di efficaci forme di monitoraggio e gestione dei rischi che contraddistinguono strutturalmente il nostro Paese;
il rafforzamento delle forme di tutela delle aree e dei beni finalizzate alla conservazione dell'ambiente, dell'ecosistema e delle sue componenti primarie, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico;
l'efficientamento energetico del patrimonio edilizio esistente;
le politiche di attenzione al governo del territorio sono fondamentali e imprescindibili, sia per il corretto ed equilibrato sviluppo ambientale del Paese, che per le conseguenze non trascurabili dovute a eventi ambientali calamitosi; è, inoltre, compito specifico dello Stato quello di assumere come principio generale valido quello del risparmio della risorsa territorio;
occorre - in sostanza - adottare adeguati provvedimenti che consentano di perseguire il nostro modello di sviluppo economico e sociale, ottimizzando le risorse di spazio disponibili e tenendo conto del fatto che i costi delle emergenze possono essere ridotti solo se si impongono scelte specifiche di politica territoriale indirizzate alla prevenzione, alla costante manutenzione, all'uso delle migliori tecniche costruttive, all'apposizione di vincoli e limitazioni di uso;
il 12 novembre 2009 il Governo ha presentato alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati i dati sul rischio idrogeologico attuale, le stime per gli interventi di messa in sicurezza e le procedure, anche straordinarie, per attivare gli interventi, a cominciare da quelle pluriennali previste dal piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; l'estensione delle aree a criticità idrogeologica è pari al 9,8 per cento del territorio nazionale, del quale il 6,8 per cento coinvolge direttamente zone con beni esposti, quindi centri urbani, infrastrutture e aree produttive, tutti strettamente connessi con lo sviluppo economico del Paese; il fabbisogno necessario per la realizzazione di interventi per la sistemazione complessiva della situazione di dissesto su tutto il territorio nazionale è stimato in 44 miliardi di euro, dei quali 27 miliardi per il Centro-Nord e 13 miliardi per il Mezzogiorno, oltre a 4 miliardi per il fabbisogno relativo al recupero e alla tutela del patrimonio costiero italiano,

impegna il Governo:

a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico, secondo le indicazioni già comunicate alle Camere;
ad attuare quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040 presentata alla Camera dei deputati, approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009, in particolare per quel che riguarda la sollecita attuazione della direttiva 2007/60/CE del 23 ottobre 2007, relativa alla valutazione e gestione dei rischi di alluvioni:
a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e della riduzione del rischio idrogeologico, in modo tale da costituire un quadro di riferimento certo per le singole normative regionali e che individui alcuni punti qualificanti per una gestione rispettosa e sostenibile del paesaggio e del territorio, tramite i quali, nell'assoluto rispetto delle competenze regionali:
a) riconoscere il territorio come bene comune e risorsa limitata ed esauribile, quale presupposto irrinunciabile per una pianificazione urbanistica sostenibile;
b) dettare norme quadro sull'utilizzo dei suoli e sulla tutela delle aree di maggior pregio, con particolare riguardo alle aree a vocazione agricola ed alle aree protette;
c) realizzare - nell'ambito delle proprie prerogative - un'efficace e severa politica di contrasto alle violazioni in materia urbanistica e all'abusivismo edilizio, soprattutto costiero, rafforzando il sistema dei controlli in funzione di una maggiore attenzione al rispetto del suolo e garantendo l'applicazione di sanzioni certe per gli attori che non rispettino le normative in materia;
d) favorire la riqualificazione energetica dei patrimonio abitativo e industriale esistente in funzione di un adeguamento tecnologico che permetta un maggiore risparmio energetico anche attraverso la previsione di un sistema di incentivazione stabile e certo nel medio lungo periodo, prevedendo a tal fine di portare a regime le norme attualmente vigenti di agevolazioni fiscali per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici;
e) favorire la messa in sicurezza del patrimonio abitativo e industriale esistente, anche al fine di garantire una reale certificazione anti-sismica delle costruzioni, sia a destinazione abitativa, sia a destinazione industriale;
f) favorire la trasformazione e la riqualificazione delle aree già urbanizzate ma dismesse o sottoutilizzate, con eventuale «delocalizzazione» degli edifici pericolosi che sorgono in zone a rischio e riconoscendo priorità di intervento alle aree ad elevato rischio idrogeologico;
g) introdurre disposizioni che obblighino al coordinamento dei diversi piani territoriali e consentano la rapida realizzazione delle opere pubbliche ed infrastrutturali;
a promuovere, nell'ambito della propria competenza, la celere adozione di norme sulla qualità architettonica e sul sistema «casa qualità», valutando anche la possibilità di estendere il concetto di qualità alle tipologie costruttive degli immobili e prevedendo eventualmente incentivazioni fiscali per le opere realizzate secondo i citati criteri;
a sottoporre a rigorosa tutela, all'interno di idonei strumenti di pianificazione e nell'ambito delle proprie competenze, i centri e gli insediamenti storici che rappresentano l'identità culturale del nostro Paese;
a proteggere l'integrità delle aree agricole stabilendo che gli interventi edilizi su fabbricati rurali siano strettamente funzionali alla conduzione del fondo agricolo e accompagnati da apposite misure di massima tutela del territorio;
a valutare l'opportunità di destinare una quota del gettito aggiuntivo dovuto alla realizzazione degli interventi ammessi dalle norme straordinarie di sostegno all'edilizia (la maggiore quota di imposta comunale sugli immobili, di oneri di urbanizzazione e di imposte erariali) al finanziamento di controprestazioni ecologiche appropriate alle diverse realtà locali sulla base delle esperienze di compensazione ecologica sperimentate in Germania, Olanda e Stati Uniti, nella prospettiva di una revisione in questo senso delle norme in materia di oneri concessori, di standard e più in generale dei rapporti convenzionali tra soggetti pubblici e privati;
ad avviare un'analisi sistematica degli usi del suolo su tutto il territorio nazionale secondo criteri uniformi, al fine di elaborare buone pratiche e politiche di successo applicabili ai diversi contesti territoriali;
a rafforzare la dotazione strumentale cartografica sugli usi del suolo e/o a favorire meccanismi che impegnino le regioni a dotarsi di tali cartografie su più soglie temporali, così da poter dare avvio ad un monitoraggio sistematico dell'uso del suolo;
a prevedere il necessario e costante stretto coordinamento tra gli interventi per la tutela e il risanamento del suolo e del sottosuolo e quanto previsto dalle leggi urbanistiche e dai piani regolatori degli enti locali.
(1-00324)
«Zamparutti, Piffari, Libè, Germanà, Guido Dussin, Commercio, Sardelli, Ghiglia, Braga, Compagnon, Bossa».