XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 23 febbraio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2010

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nelle consultazioni elettorali del 28 e 29 maggio 2006 sono stati rinnovati gli organi elettivi del Comune di Fondi;
a seguito di inchieste giudiziarie sono emersi elementi di infiltrazione di criminalità di tipo mafioso negli organi amministrativi del predetto comune;
è stata quindi attivata la procedura di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 (poi modificato dal comma 30 dell'articolo 2 della legge n. 94 del 2009);
il giorno 8 settembre 2008 il prefetto di Latina ha consegnato al Ministro dell'interno una relazione sulla situazione del predetto comune segnalando le infiltrazioni di tipo mafioso. In particolare, il prefetto ha evidenziato che «sono emerse chiaramente le connessioni fra la famiglia di Tripodo Domenico - boss tra i boss napoletani in contatto coi Casalesi, con la 'ndrangheta, con figure apicali di cosa nostra - e soggetti legati per via parentale anche a figure di vertice del comune di Fondi» ed ha sottolineato «l'inosservanza sistematica della normativa antimafia del comune» e «le gravissime violazioni dell'amministrazione fondana, che, unite all'agevolazione di interessi economici di elementi contigui alla criminalità organizzata o da considerare ad essa affiliati, conferiscono al quadro di insieme una pericolosità tale da dover essere fronteggiata col commissariamento»;
in data 18 settembre 2009, cioè dopo oltre un anno dalla predetta proposta e, quindi, in aperta violazione del termine di «tre mesi» indicato nel comma 4 dell'articolo 143 sopra menzionato, il Ministro dell'interno ha formulato al Presidente del Consiglio dei ministri la proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi ai sensi del comma 4 del menzionato articolo 143. E, nell'ambito della apposita relazione, che risulta pubblicata su vari siti internet ha testualmente evidenziato come «il comune di Fondi ... presenta forme di ingerenza da parte della criminalità organizzata tali da determinare una alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi e amministrativi e da compromettere il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, nonché il funzionamento dei servizi, con grave e perdurante pregiudizio per lo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica» ed ancora che «nell'amministrazione comunale si sono radicate anomalie organizzative e procedurali nonché illegittimità gravissime quanto diffuse, i cui esiti hanno spesso oggettivamente favorito soggetti direttamente o indirettamente collegati alla criminalità organizzata». In sostanza il Ministro dell'interno ha ritenuto di promuovere la predetta procedura evidenziando che la stessa era doverosa al fine di «prevenire effetti più gravi e pregiudizievoli per l'interesse pubblico e a salvaguardia della comunità locale» così da rendere necessario intervenire con un provvedimento mirato a rimuovere i legami tra l'ente locale e la criminalità organizzata;
in data 2 ottobre 2009, all'evidente scopo di evitare l'incombente decreto di scioglimento, complessivi 18 consiglieri comunali si sono dimessi;
in data 5 ottobre 2009 è, pertanto, intervenuta la conseguente nomina del commissario per la provvisoria gestione del comune;
in data 23 ottobre 2009 il Ministro dell'interno ha quindi proposto al Presidente della Repubblica («essendo venuta

meno l'integrità strutturale minima del consiglio comunale compatibile con il mantenimento in vita dell'organo») lo scioglimento del predetto consiglio comunale;
il 30 ottobre 2009 il Presidente della Repubblica ha emanato il relativo decreto (poi pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 9 novembre 2009) di scioglimento del predetto consiglio comunale non ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000 quanto piuttosto, come da richiesto dallo stesso Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del medesimo decreto legislativo sostanzialmente per «cessazione dalla carica per dimissioni... della metà più uno dei membri assegnati»;
peraltro la giustizia amministrativa ha chiarito che è legittimo il provvedimento di scioglimento del consiglio comunale ex articolo 143 testo unico 267 del 2000 anche se qualche giorno prima della sua adozione oltre la metà dei consiglieri ha presentato personalmente e contestualmente le dimissioni dalla carica con atti assunti al protocollo (v. Consiglio di Stato VI Sezione, 13 marzo 2007, n. 1222 a conferma di T.A.R. Campania - Napoli, I Sezione, 24 novembre 2005, n. 19536) e ciò perché, all'evidenza, sarebbe altrimenti possibile aggirare la normativa di cui trattasi da parte dei consiglieri comunali in odore di mafia attraverso delle semplici dimissioni;
per effetto della situazione descritta i consiglieri dimissionari sospettati di intrattenere legami con la criminalità organizzata potrebbero pertanto ripresentarsi alla nuove elezioni previste per il mese di marzo 2010 non essendo operativa nei loro confronti la norma di cui al comma 11 del predetto articolo 143 che stabilisce testualmente «gli amministratori responsabili delle condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente articolo non possono essere candidati alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, che si svolgono nella regione nel cui territorio si trova l'ente interessato dallo scioglimento, limitatamente al primo turno elettorale successivo allo scioglimento stesso»;
il Ministro dell'interno proprio per evitare l'aggiramento della normativa di cui trattasi ed una nuova elezione di un consiglio comunale composto da soggetti aventi legami con la criminalità organizzata aveva, ad avviso degli interpellanti, il dovere giuridico e, prima ancora, morale di mantenere ferma la richiesta di emanazione del decreto di scioglimento del consiglio comunale di Fondi ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 267 del 2000 e non certo di proporre tale scioglimento ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del medesimo decreto legislativo;
il Ministro dell'interno aveva, comunque l'obbligo, non essendosi proceduto allo scioglimento del consiglio comunale di Fondi ai sensi del comma 5 dell'articolo 143, di emanare il decreto di conclusione del procedimento ai sensi del comma 7 del medesimo articolo nel quale doveva dare conto degli esiti dell'attività di accertamento, anche perché un tale decreto avrebbe l'effetto di informare adeguatamente l'opinione pubblica locale e nazionale;
il Ministro dell'interno, poiché dalla menzionata relazione prefettizia sono emersi concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti tra singoli amministratori e la criminalità organizzata di tipo mafioso, aveva il dovere ai sensi del comma 8 di trasmettere la relazione prefettizia all'autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575;
il Ministro dell'interno aveva altresì il dovere, a quanto sembra desumersi dalla lettera del comma 11 dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, di inviare senza ritardo la proposta di scioglimento di cui al più volte menzionato comma 4 al tribunale competente per territorio (Latina), affinché l'autorità giu- diziaria

potesse valutare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa e deliberarne la loro incandidabilità;
non consta che il Ministro dell'interno abbia provveduto ad oggi alle predette doverose incombenze;
la persistenza di condotta omissiva circa l'emanazione nei termini di provvedimenti richiesti espressamente dalla legge in presenza di una situazione definita dal Ministro dell'interno di sicurezza pubblica (oltre che di giustizia) appare, ad avviso degli interroganti estremamente grave -:
perché non sia stato emanato il decreto di conclusione del procedimento relativo alla proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi ai sensi del comma 7 dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 267 del 2000, e quando verrà emesso;
se sia stata trasmessa la relazione prefettizia di cui in premessa all'autorità giudiziaria competente per territorio, ai fini dell'applicazione delle misure di prevenzione previste nei confronti dei soggetti di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575;
se il Ministro dell'interno abbia inviato al tribunale di Latina la originaria proposta di scioglimento del consiglio comunale di Fondi e di cui al più volte menzionato comma 4 dell'articolo 143, affinché la predetta autorità giudiziaria possa valutare la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento agli amministratori indicati nella proposta stessa e deliberarne la loro incandidabilità.
(2-00628)
«Garavini, Porta, Fedi, Bucchino, De Biasi, Gatti, Cuperlo, Pollastrini, Corsini, Arturo Mario Luigi Parisi, Ginoble, Giovanelli, Gnecchi, Laganà Fortugno, Santagata, Brandolini, Farinone, Boffa, Giulietti, Boccuzzi, Sereni, Misiani, Barbi, Berretta, Ferrari, Fiorio, Fiano, Fogliardi, Bordo, Iannuzzi, Andrea Orlando, Graziano, Bossa, Piccolo, Pizzetti, Esposito, Picierno, Miotto, Giorgio Merlo, Agostini, Calgaro, Zaccaria, Misiti, Genovese, Amici».

Interrogazione a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in base alla vigente normativa elettorale dalla data di convocazione dei comizi elettorali e quindi dall'11 febbraio 2010 è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni;
in questi giorni viene consegnato alle famiglie del Veneto, regione dove è candidato a presidente il Ministro Zaia, una rivista intitolata «Il Welfare dell'Italia» organo bimestrale di ANCI Federsanità, che dichiara di essere realizzato con il contributo della Società «Buonitalia»;
la società «Buonitalia» è una società a capitale interamente pubblico, partecipata dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, dall'Ismea, dall'ICE e da Unioncamere, ha come finalità la promozione, valorizzazione ed internazionalizzazione delle produzioni di qualità della filiera agroalimentare;
ANCI Sanità è l'organizzazione che rappresenta le aziende unità sanitarie locali, le aziende ospedaliere, gli istituti di ricerca in campo sanitario, e altri ed ha come finalità quelle di promuovere il collegamento diretto tra sistema sanitario ed Autonomie locali nell'ottica dell'integrazione tra i servizi sanitari e sociosanitari e quelli sociosanitari;

nella rivista in distribuzione al Ministro Zaia oltre alla copertina sono dedicate 8 pagine, nelle quali compare il Ministro in molteplici personificazioni: Zaia risicultore, Zaia tastatore di tartufi, Zaia assaggiatore di formaggio grana, Zaia salumiere, Zaia fruttivendolo;
secondo l'interrogante questo servizio in tutta evidenza non ha alcun rapporto con le finalità di Buonitalia e tanto meno di ANCI Sanità;
il presidente di Federsanità Anci risulta essere il dottor Angelo Lino Del Favero, direttore generale dell'Ulss n. 7 della regione Veneto, situata nella stessa provincia dove risiede il Ministro e che, en passant, direttore responsabile della rivista è stato in passato il dottor Giampiero Beltotto, attuale portavoce del Ministro -:
se non ritenga il Presidente del Consiglio che vi sia una palese violazione di legge nell'utilizzo propagandistico dell'ultimo numero della rivista «Il Welfare dell'Italia» da parte di un Ministro del suo Governo;
quali iniziative intenda assumere nell'ambito dei propri doveri di Presidente del Consiglio;
quali siano i costi sostenuti dalla società a partecipazione interamente pubblica «Buonitalia» per la sponsorizzazione di questa iniziativa;
se non ritenga di acquisire da ANCI Federsanità ai fini di una trasparente informazione all'opinione pubblica le opportune informazioni circa i costi sostenuti per la realizzazione del servizio riguardante il Ministro Zaia ed il numero delle copie aggiuntive rispetto alle ordinarie edizioni che sono state stampate e distribuite.
(4-06253)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:

EVANGELISTI e DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi la Camera ha dato il via libera al decreto-legge relativo agli eventi sismici in Abruzzo, che comprende anche norme sui rifiuti in Campania e la riforma della protezione civile, con l'eliminazione dal testo della norma sulla Protezione Civile Servizi spa, che sarebbe dovuta passare sotto la competenza dell'attuale sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché attuale direttore del Dipartimento della Protezione civile;
nel decreto-legge sono rimaste, invece, la competenza della Protezione civile sul piano carceri, lo sblocco delle assunzioni, sempre per la Protezione civile, e le norme sulla flotta di Canadair;
nei giorni scorsi è stato firmato un protocollo tra il direttore della Protezione civile e il Ministro degli affari esteri per gli interventi umanitari della cooperazione allo sviluppo. Un accordo che consentirà al Capo della Protezione civile di gestire gli interventi della cooperazione internazionale, finora in capo al Ministero degli affari esteri, per i quali nel 2009 sono stati utilizzati circa 350 milioni di euro;
finora questo impegno è stato portato avanti unitamente alle organizzazioni non governative che si occupano di emergenze umanitarie (fra le oltre 250 accreditate), mentre da ora in avanti tutto ciò sarà coordinato dalla Protezione civile;
tra le altre, l'Agenzia italiana per la risposta alle emergenze (AGIRE) che raggruppa alcune tra le più importanti e autorevoli organizzazioni non governative presenti in Italia, a distanza di tre settimane

dall'ultimo terremoto di magnitudo 7.3 della scala Richter che ha colpito il 12 gennaio 2010 l'isola di Haiti, ha raccolto fino ad oggi oltre 11 milioni di euro;
non vi sono attualmente elementi per valutare quale impatto avrà questo accordo nella gestione e nel coordinamento degli interventi umanitari sia per quanto riguarda l'imminente emergenza ad Haiti sia per tutte le altre;
nei siti del Ministero degli affari esteri e del Dipartimento della Protezione civile non c'è traccia degli undici articoli che compongono il protocollo in questione -:
quali chiarimenti il Governo intenda fornire relativamente al citato protocollo, sulla quantificazione dei tempi, dei modi e delle procedure e sulle eventuali relazioni tra la gestione degli interventi di cooperazione internazionale e l'attuale gestione del dipartimento della Protezione civile in relazione agli ulteriori incarichi affidati dal decreto-legge.
(5-02542)

ANTONIONE, ANGELI e OSVALDO NAPOLI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
giunge notizia dal rappresentante sindacale dell'UNSA per il Sudamerica, che tale organizzazione è in procinto di dichiarare lo stato di agitazione, azionando tutti i mezzi di comunicazione e di stampa estera ed italiana «per divulgare come fa politica estera uno dei Paesi del G8» a causa dei tagli ai fondi a disposizione dell'ambasciata italiana a Brasilia;
detti fondi, già esigui, parrebbero essere stati decurtati del 50 per cento, con relativo malfunzionamento dei servizi essenziali della sede dell'ambasciata, già carenti da cinque anni ed ora ridotti al minimo storico;
in particolare, si ravviserebbe non dignitoso che la nostra rappresentanza consolare in Brasile sia senza aria condizionata, senza luci nei corridoi, con scarsa attività di manutenzione e pulizia degli edifici e scarsità di collegamenti telefonici, e di dotazioni telematiche (computer, stampanti e altro);
oltre a ciò, detta situazione di taglio in misura consistente delle dotazioni finanziarie ai nostri consolati all'estero, parrebbe riguardare tutti i consolati italiani e pertanto, non è difficile ipotizzare che tale situazione di degrado che compromette, anche l'immagine dell'Italia all'estero e la fiducia dei connazionali residenti all'estero nelle istituzioni italiane, sia presente in altre realtà territoriali sia in Europa che fuori di essa;
parrebbe in atto addirittura, la chiusura di alcuni consolati, sia in Paesi europei (Francia, Germania, Svizzera e altri), sia in Paesi extraeuropei (Australia, Stati Uniti, Sud Africa e altri);
queste riduzioni e chiusure, con ogni probabilità derivanti da contenimenti di bilancio creano gravi, per non dire irreparabili, conseguenze, oltre che per l'immagine del nostro Paese all'estero, anche per la funzionalità dei consolati che svolgono altresì un servizio al pubblico di natura amministrativa (certificati, rilascio e rinnovo passaporti, pratiche per acquisizione della cittadinanza italiana, sussidi e pensioni), che sarebbe seriamente compromesso dalla riduzione di sedi, di personale e di risorse economiche, con grave danno alla collettività dei connazionali residenti all'estero -:
se il Governo sia a conoscenza della situazione in premessa e per quali motivi e di quanto siano stati ridotti i fondi alle sedi consolari all'estero cosa che comporta effetti dannosi per l'immagine della Nazione, il funzionamento dei consolati, sia internamente che nei servizi al pubblico, e non da ultimo, per i cittadini italiani residenti in Sudamerica ed all'estero in genere, ad avviso degli interroganti sostanzialmente in violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e di buon andamento della pubblica amministrazione.
(5-02543)

Interrogazione a risposta scritta:

QUARTIANI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
risulta da una lettera indirizzata al Ministro degli affari esteri da parte del Commissario alla fiscalità della Commissione europea, Lazlo Kovacs, l'intenzione della stessa Commissione di mettere in mora l'Italia per gli incentivi sul decommissioning nucleare, sul Cip6 e sulla ricerca in materia energetica previsti nelle componenti tariffarie A2, A3, e A5 a carico degli utenti del servizio elettrico;
in particolare, le componenti A2 e A3 sarebbero ravvisate come discriminanti per i produttori esteri, in quanto componenti tariffarie applicate alla distribuzione dell'energia elettrica nazionale e proveniente da altri Stati membri, mentre i gettiti provenienti da questi sovrapprezzi sono impiegati a beneficio dei soli produttori nazionali;
la procedura di infrazione risale già al 1o aprile del 2004;
sul decommissioning nucleare l'infrazione suddetta sarebbe riferita al fatto che Enel e le società collegate prima operanti nel nucleare sarebbero le nuove beneficiarie e che Sogin sarebbe un'azienda che, benché controllata dal Ministero dell'economia e delle finanze, funge unicamente da veicolo di conduzione dell'attività che genera i costi che devono essere coperti dalla componente tariffaria e che dovrebbero essere altrimenti sostenuti dagli stessi produttori; nonché le mansioni dovute all'attività di smantellamento fanno parte dei costi fissi che le stesse società sarebbero tenute a pagare;
sul CIP6 l'infrazione risalirebbe alla ragione che solo gli impianti costruiti sul territorio italiano beneficiano del sostegno tramite la componente A3 della tariffa e che ciò agevolerebbe società quali Edison, Sarlux, Erg, Rosen, Rosignano Energia ed Enel;
sulla ricerca non sarebbe chiaro se i fondi siano accessibili a produttori di altri Stati membri;
solo per la parte riguardante CIP6, si tratta di conseguenze rilevanti per le casse dello Stato e/o dei produttori e degli utenti italiani, pari ad almeno 6 miliardi di euro -:
quali iniziative il Governo intenda intraprendere per rispondere alle osservazioni mosse dalla Commissione europea, al fine di preservare il sistema elettrico italiano da una grave crisi che deriverebbe dall'eventuale procedura di infrazione e messa in mora per gli incentivi sul decommissioning nucleare, sul CIP6 e sulla ricerca contenuti nelle componenti tariffarie di cui in premessa.
(4-06248)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha evidenziato che il progetto di ampliamento e adattamento della zona sciistica di Santa Caterina Valfurva (piste «Bucaneve» e «Edelweiss») e la realizzazione delle correlate infrastrutture, in vista dei campionati mondiali di sci alpino del 2005, nella zona di protezione speciale «Parco nazionale dello Stelvio» ha avuto un impatto negativo nei confronti dell'ambiente e che il progetto è stato adottato senza aver previamente espletato una procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA);
la Commissione ha ulteriormente precisato che, nonostante l'esistenza di motivi imperativi di rilevante interesse

pubblico, la realizzazione di un progetto dannoso per una zona di protezione speciale impone comunque l'adozione di misure di compensazione da parte dello Stato, misure che lo Stato italiano ha omesso di adottare nella realizzazione del progetto in questione. Un ultimo profilo di illegittimità sollevato riguarda il mancato riconoscimento al Parco nazionale dello Stelvio di uno status giuridico che possa garantire la protezione delle specie di uccelli indicate nell'allegato I della direttiva 79/409/CEE;
in data 22 luglio 2005 la Commissione ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia ex articolo 226 trattato istitutivo della Comunità europea ed il 20 settembre 2007 si è avuta la sentenza della Corte (C-304/05);
successivamente, la Commissione, non avendo ritenuto che l'Italia si sia conformata alla stessa, ha avviato una nuova procedura ex articolo 228 del Trattato -:
se e quali iniziative si intendano adottare nell'ambito della procedura di infrazione, di cui in premessa, per ottemperare alle richieste della Commissione e per garantire il rispetto della normativa europea.
(4-06239)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
la Commissione europea ha ritenuto che la Repubblica italiana abbia omesso l'adozione di misure idonee per prevenire l'inquinamento o il deterioramento degli habitat, nonché le perturbazioni dannose agli uccelli, nell'area interessata dal piano di reindustrializzazione, denominato «contratto d'area per lo sviluppo industriale di Manfredonia», area poi designata come zona di protezione speciale (ZPS) «valloni e steppe pedegarganiche»;
la Commissione, infatti ha evidenziato come i progetti previsti nel «contratto d'area» fossero suscettibili di avere un impatto negativo sugli habitat naturali e sulle specie animali della zona di protezione speciale, cosa che effettivamente è accaduta;
non avendo ottenuto informazioni sufficienti, la Commissione ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia ex articolo 226, in data 24 ottobre 2005;
da parte nazionale sono state rese note le iniziative intraprese e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, da ultimo, con nota del 12 luglio 2007, ha illustrato le misure di compensazione adottate e da adottare per sopperire ai danni causati dai progetti del contratto d'area;
a tal fine la regione Puglia e il comune di Manfredonia si sono impegnati in un percorso coerente con la Rete Natura 2000, teso al mantenimento ovvero al ripristino dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie, siglando in data 6 giugno 2006 un'apposita convenzione;
in data 20 settembre 2007 la Corte di giustizia ha emesso la sentenza relativa alla causa C-388/05, in cui ha ritenuto che la Repubblica italiana non ha adottato provvedimenti adeguati per evitare il degrado dei siti in questione venendo meno agli obblighi di cui alle direttive 79/409/CEE e 92/43/CEE;
in data 12 dicembre 2007 il Governo italiano ha comunicato le misure con le quali ritiene di aver ottemperato alla sentenza della Corte, ma la Commissione, ritenendo che l'Italia non abbia ottemperato alla sentenza di condanna, ha avviato un nuovo procedimento ex articolo 228 del Trattato -:
se e quali iniziative siano state successivamente adottate ai fini della soluzione della suddetta procedura di infrazione.
(4-06240)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

DIFESA

Interrogazione a risposta orale:

MOGHERINI REBESANI, MARAN, SERENI, GAROFANI, PISTELLI, RECCHIA, ZAMPA, LAGANÀ FORTUGNO e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
i drammatici effetti del sisma che ha colpito l'isola di Haiti hanno indotto l'intera comunità internazionale a offrire soccorsi d'emergenza e aiuti umanitari, con una grande mobilitazione di mezzi e risorse;
l'Italia ha giustamente ritenuto di offrire il proprio contributo, decidendo un primo invio di aiuti per via aerea, attraverso un C-130 della Protezione civile;
il 15 gennaio 2010, il Ministro interrogato ha escluso, a nome del Governo, l'ipotesi di inviare una nave della Marina italiana ad Haiti, dichiarando: «non riteniamo l'invio di una nave italiana la soluzione più efficace. A nostro avviso il tempo di arrivo di 15-20 giorni è troppo lungo. Quindi è meglio concentrare gli sforzi sui mezzi aerei e più immediati, come già la nostra Protezione civile sta facendo con l'ausilio delle forze armate»;
tuttavia, il 16 gennaio 2010 lo stesso Ministro ha annunciato la decisione di procedere all'invio di una nave della Marina militare italiana ad Haiti;
il 19 gennaio 2010, la portaerei della Marina militare italiana «Cavour» è salpata alla volta di Haiti;
a margine della cerimonia di saluto del contingente di militari in partenza sulla portaerei «Cavour», il Ministro interrogato ha dichiarato: «Circa il 90 per cento della missione della portaerei Cavour ad Haiti sarà finanziato da aziende come Finmeccanica, Fincantieri ed Eni e da altre che collaborano con la Marina militare». Lo stesso Ministro ha precisato che il costo complessivo della missione al momento non è quantificabile perché dipenderà dalla durata. È stato quantificato il costo giornaliero che varia dai 100 ai 200 mila euro secondo che la nave sia ferma, in navigazione e secondo la velocità;
la portaerei «Cavour» ha effettuato uno scalo tecnico a Fortaleza, in Brasile, per imbarcare militari e personale medico brasiliano, anch'essi diretti ad Haiti;
tuttavia, la Marina militare brasiliana ha annunciato che avrebbe anch'essa provveduto ad inviare una sua nave da sbarco in appoggio alle sue truppe sull'isola di Haiti;
in un articolo pubblicato sul settimanale Panorama, si offre un'ulteriore motivazione dell'invio della portaerei «Cavour», nel senso che la «missione costituisce un investimento e non solo una spesa, poiché porterà anche ad un positivo ritorno d'immagine e commerciale per il made in Italy, con possibili ricadute in termini di lavoro e di commesse industriali» -:
quali siano i motivi tecnici che hanno determinato la decisione dell'invio della portaerei «Cavour» e se non vi fossero altri mezzi che avrebbero consentito una gestione più economica e veloce della missione;
quali siano gli obiettivi, le modalità, i tempi e i costi della missione italiana, quanto di questi costi e a che titolo siano imputati al bilancio del Ministero della difesa, in rapporto alle risorse direttamente destinate agli aiuti per la ricostruzione;
quali aiuti, quali mezzi, che tipo di personale militare e civile siano stati trasportati dalla portaerei «Cavour» sull'isola di Haiti;
quali organizzazioni non governative siano state ospitate sulla portaerei «Cavour» e attraverso quali criteri di selezione;

quali siano i costi aggiuntivi rispetto a quelli di ordinario funzionamento derivanti dall'invio della portaerei «Cavour» nelle acque territoriali di Haiti;
quali specifiche motivazioni abbiano indotto il Ministero della difesa a decidere lo scalo intermedio della portaerei «Cavour» nel porto brasiliano di Fortaleza, scelta che ha ulteriormente ritardato l'arrivo degli aiuti italiani ad Haiti e che appare in contraddizione con l'annunciato invio, anche da parte della marina brasiliana, di una loro nave nella regione caraibica.
(3-00935)

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

CHIAPPORI e GIDONI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
lo stabilimento militare propellenti (SMP) di Fontana Liri, nasce circa 110 anni fa, in seguito alle esigenze belliche dell'epoca come produttore di semilavorati esplosivi e non;
negli ultimi 15 anni il citato stabilimento è stato ristrutturato dal punto di vista industriale ed è entrato a far parte - assieme ad altri enti - dell'Agenzia industrie difesa, con lo scopo di portare l'area industriale della difesa a una più moderna fase di produttività ed economica gestione;
nonostante il notevole miglioramento, sia dell'attività produttiva, sia delle entrate, il predetto stabilimento non riesce ad aumentare la propria capacità produttiva e a portare il proprio bilancio in attivo;
il continuo taglio degli stanziamenti dello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa, infatti, ha determinato una proporzionale riduzione dei fondi assegnati allo stabilimento militare propellenti;
il predetto stabilimento, tuttavia, presenta le potenzialità per entrare in un mercato nazionale ed estero che garantirebbe, attraverso la realizzazione di un adeguato livello di investimenti, non solo l'attuale livello di occupati, circa 170 dipendenti, ma anche un incremento occupazionale di cui potrebbe beneficiare la provincia di Frosinone che conta attualmente oltre centomila disoccupati -:
quali iniziative il Governo intenda adottare per realizzare il pieno impiego delle capacità produttive e occupazionali dello stabilimento militare propellenti di Fontana Liri.
(5-02539)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il 2 febbraio 1992, l'ex colonnello dell'Aeronautica militare italiana, Sandro Marcucci rimase vittima di un strano «incidente aereo», mentre era in missione di avvistamento incendi per la regione Toscana;
all'epoca è stata aperta un'inchiesta sull'incidente che, chiusa molto rapidamente, concludeva che le cause dell'accaduto erano da attribuirsi al forte vento e al fatto che il velivolo si trovava, senza poterlo fare, a una quota inferiore ai 500 piedi;
da documentazione fotografica sembra, però, che l'incendio del velivolo pilotato da Marcucci non sia scoppiato al momento dell'impatto a terra, ma quando il velivolo si trovava ancora in volo, tanto che l'albero accanto alla testa di Marcucci, che aveva il corpo completamente carbonizzato, non è stato minimamente toccato dal fuoco, né dal fumo dell'incendio;
per quanto riguarda il vento, sembra, secondo numerose testimonianze che quel giorno nel momento della disgrazia tale vento non ci fosse;
infine, sul fatto che il piper volava sotto i 500 piedi si deve osservare che nella normativa che regola la supervisione aerea e la missione del C130 dotato di sistema Maffs si dice che proprio per la specifica

missione di avvistamento e spegnimento incendi è consentito volare sotto i 500 piedi Vfr (normativa volo a vista);
il C130, i G222, il canadair volano per spegnere gli incendi a 150 piedi di altitudine, infatti, tenuto conto dell'ostacolo più alto a terra;
il velivolo leader e tutti gli aerei ad ala fissa, come il piper che pilotava Marcucci il 2 febbraio 1992, come il C130, i G222, il Canadair, sono tutti autorizzati a volare sotto i 500 piedi Vfr di altitudine, per la specifica missione di avvistamento incendi e supervisione aerea degli stessi;
Sandro Marcucci aveva svolto, insieme a Mario Ciancarella, ex capitano dell'Aeronautica militare italiana, un lavoro di indagine sulla strage di Ustica avvenuta il 27 giugno 1980, e sembra aver trovato, all'epoca, due testimoni, entrambi militari, dei quali si riservava di fare i nomi a tempo debito e che avrebbero affermato davanti al giudice che il Mig libico caduto sulla Sila era partito da Pratica di mare -:
di quali elementi disponga il Governo relativamente a quanto esposto in premessa e quali eventuali iniziative di competenza intenda adottare per fare chiarezza sulla vicenda.
(5-02540)

RUGGHIA, VILLECCO CALIPARI, GAROFANI e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge 23 dicembre 2009, n. 191, articolo 2, commi da 27 a 36 (legge finanziaria per il 2010), sono state introdotte norme per la costituzione e il funzionamento della Difesa Servizi spa;
la norma istitutiva della nuova società prevede, tra l'altro, che entro 45 giorni dalla sua entrata in vigore, il Ministro della difesa, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, provveda all'approvazione dello statuto e alla nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale per il primo periodo di durata in carica;
preso atto positivamente della rinuncia da parte del Governo al progetto di privatizzazione delle attività di Protezione civile, è auspicabile, a giudizio degli interroganti, un profondo ripensamento anche su Difesa spa, al fine di evitare forme di ingiustificata privatizzazione di funzioni e attività essenziali per le nostre Forze armate;
appare particolarmente grave che si attui la cessione a soggetti terzi di funzioni collegate con la difesa, in quanto funzioni così vitali e strategiche per il Paese debbono svolgersi nel suo esclusivo interesse e al di fuori da condizionamenti derivanti da interessi privatistici e di mercato -:
se il Ministro interrogato intenda fornire chiarimenti, prima dell'emanazione del previsto decreto ministeriale, circa i criteri, le competenze e le qualità, in base alle quali si procederà alla nomina dei consiglieri di amministrazione e del collegio sindacale della Difesa Servizi spa e i princìpi in base ai quali verrà disciplinato il funzionamento interno della società.
(5-02541)

Interrogazione a risposta scritta:

HOLZMANN e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
in provincia di Bolzano è stato sottoposto all'interrogante un problema che riguarda gli appartenenti all'Esercito ed all'Arma dei carabinieri i quali, a seguito di separazione giudiziale o di sentenza di divorzio, si trovano in condizione di gravi difficoltà economiche e non possono permettersi neppure un appartamento in affitto;
il costo della vita in provincia di Bolzano è purtroppo nettamente più elevato rispetto alle altre province italiane e diventa impossibile per un sottufficiale o un ufficiale separato, potersi mantenere decorosamente, considerando la cifra mensile che deve versare per il mantenimento del coniuge e degli eventuali figli;

i protocolli d'intesa stipulati con la provincia autonoma di Bolzano prevedono, tra l'altro, la realizzazione di circa 400 alloggi e la ristrutturazione di altri 200, ma, nell'immediato, sarebbe auspicabile una soluzione, magari riservando una palazzina in via Resia a Bolzano, originariamente destinata ai volontari -:
se il Ministro interrogato intenda attivarsi per risolvere il problema specifico di Bolzano secondo la proposta indicata in premessa;
se sia ipotizzabile una futura revisione dei criteri per le assegnazioni di alloggi al personale militare, tenendo in maggior conto le esigenze di ufficiali e sottufficiali separati o divorziati, gravati da assegno di mantenimento.
(4-06245)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

FORCOLIN. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nell'ambito del generale processo di riorganizzazione dell'Agenzia delle entrate, è previsto nella provincia di Venezia l'accentramento del Servizio di accertamento e rimborsi presso l'istituendo Ufficio unico provinciale di Venezia;
l'attuale ufficio locale di San Donà conta su un bacino territoriale composto da circa 150.000 abitanti e da circa 15.000 partite IVA attive e, nel processo di riorganizzazione non perderebbe la sede di dirigenza;
l'attuale Ufficio locale di Portogruaro conta su un bacino territoriale composto da circa 100.000 abitanti e da circa 11.000 partite IVA attive e nel processo di riorganizzazione perderebbe la dirigenza e verrebbe mantenuto il solo reparto servizi;
che i 2 Uffici (San Donà di Piave e Portogruaro) assieme sommano circa un terzo (30 per cento) delle partite IVA attive nella provincia di Venezia;
tale accentramento porrà in essere notevoli difficoltà e dispersione di tempo e di energie, sia per i professionisti, sia per i contribuenti, tenuto conto che entrambe le categorie devono rispettare perentorie scadenze, inviti per chiarimenti, per deposito di documentazione, per contraddittori, procedimenti di accertamento con adesione, e che un singolo procedimento può necessitare di tre o quattro incontri per arrivare a definizione; gli spostamenti sono poi complicati dalla presenza, nella stagione estiva, di migliaia di turisti e dal conseguente aumento spropositato del traffico automobilistico;
per andare incontro alle esigenze dei contribuenti e dei professionisti, e per evitare loro di raggiungere la sola sede di Mestre-Venezia, la società esattrice Equitalia Polis S.p.A. ha istituito un Ufficio locale dell'Agenzia delle entrate a San Donà di Piave, comprendendo la difficoltà di percorrere, in caso di necessità, anche 120 chilometri;
la realtà dei 2 bacini interessati dal processo di riorganizzazione è composta da una grande platea di contribuenti medio-piccoli, che esercitano le più svariate attività e che meritano un attento monitoraggio;
il trasferimento del personale, qualificato e profondo conoscitore della particolare realtà, costituita da centri turistici di fama europea, comporterebbe un diverso e meno proficuo risultato in termini di controllo;
le reali spese che gli uffici dell'Agenzia delle entrate attualmente sopportano (locazioni, energia elettrica, pulizie, arredi, beni strumentali e altro) rimarrebbero inalterate, il che non trova giustificazione in presenza di un impellente contenimento della spesa pubblica;

a parere dell'interrogante, si potrebbe percorrere la strada dell'accentramento a San Donà di Piave, sede di Dirigenza, delle attività di controllo, rimborsi e servizi, lasciando, per favorire i contribuenti ed i professionisti, il reparto «Servizi» anche a Portogruaro -:
se il progetto di accentramento delle attività presso l'istituendo ufficio unico di Venezia realizzerà un effettivo risparmio di costi, tenendo in debita considerazione i forti disagi che si causeranno a contribuenti e professionisti di un bacino territoriale che complessivamente conta circa 250.000 abitanti e 26.000 partite IVA, e se si ritenga percorribile l'ipotesi alternativa di accentrare a San Donà di Piave, sede di dirigenza, le attività di controllo, rimborsi e servizi, lasciando, per favorire i contribuenti ed i professionisti, il reparto «Servizi» anche a Portogruaro.
(5-02537)

FLUVI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 15 dicembre 2009 si sono concluse le operazioni relative al rimpatrio di capitali e patrimoni detenuti illegalmente all'estero, ai sensi dell'articolo 13-bis del decreto-legge 1o luglio 2009 n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto n. 102 e successive modificazioni. Le operazioni di rientro di attività detenute illegalmente all'estero proseguiranno a norma del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194;
con il decreto-legge 103 del 3 agosto 2009, correttivo del decreto-legge anticrisi n. 78 del 2009, si è eliminato «l'obbligo (a carico degli intermediari) di segnalazione di cui all'articolo 41 del decreto legislativo n. 231» in materia di antiriciclaggio;
il Partito Democratico, sin dall'approvazione della norma di cui sopra, avvertì del rischio che attraverso lo «scudo fiscale» potessero essere «ripuliti» denari di dubbia provenienza; non solo, nelle norme approvate c'era il varco per «scudare» gli intermediari finanziari e renderli meno responsabili ai fini degli obblighi di segnalazione per la normativa antiriciclaggio;
è noto come il riciclaggio di attività criminose generi gravi distorsioni nell'economia legale penalizzando gli operatori onesti; minacci l'integrità del sistema economico e finanziario; alteri il regolare funzionamento dei meccanismi concorrenziali: per questi motivi la comunità internazionale è impegnata ad individuare misure sempre più incisive di prevenzione e contrasto. Le Raccomandazione del GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria) e le direttive comunitarie emanate dal 1991 e il 2005 hanno promosso l'armonizzazione delle normative nazionali; nonostante ciò, l'Italia è l'unico Paese, fra quelli che hanno adottano normative per il rimpatrio dei capitali, ad aver garantito il completo anonimato ai soggetti interessati e ad aver eliminato l'obbligo «di segnalazione» di cui all'articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007;
le disposizioni in questione hanno consentito la regolarizzazione di oltre 90 miliardi di euro: considerata la dimensione delle operazione di emersione, si presume che il cosiddetto scudo fiscale abbia dato luogo ad alcuni milioni di transazioni bancarie con la copertura dell'anonimato. Ciò nonostante, il Governatore della Banca d'Italia, intervenendo il 13 febbraio scorso ad un convegno a Napoli, ha affermato che «Finora sono giunte poco più di 50 segnalazioni di possibili reati connessi con operazioni di emersione di disponibilità all'estero. È un numero esiguo, spiegato solo in parte dal fatto che la legge esclude l'obbligo di segnalazione per diverse fattispecie di reati». In effetti, si tratta di poca cosa, soprattutto se confrontato con oltre 21.000 segnalazioni di operazioni sospette pervenute all'ufficio di informazione finanziaria nel corso del 2009 (con un incremento di oltre il 44 per cento sul 2008);

in data 16 febbraio 2010 il Ministero dell'economia e delle finanze ha emanato una circolare avente per oggetto l'operatività connessa con lo «scudo fiscale» ai fini dell'antiriciclaggio: va da sé che le previsioni contenute nella circolare ministeriale produrranno effetti solo per il futuro facendo salve tutte le operazioni di rimpatrio regolarizzate entro quella data;
nella circolare di cui sopra non si fa menzione dell'obbligo di comunicare all'Archivio dei rapporti con operatori finanziari di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973 i dati fiscali relativi ai soggetti che utilizzano la normativa concernente il rimpatrio delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all'estero. Eppure, la Circolare n. 18 del 2007 dell'Agenzia delle entrate diceva che «Tra i rapporti da comunicare (all'Archivio dei rapporti) sono compresi anche quelli rientranti nell'ambito di applicazione del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 350, convertito con legge 23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni, concernente l'emersione di attività detenute illecitamente all'estero: ciò in quanto il regime di riservatezza che contraddistingue tali rapporti non rileva ai fini della comunicazione prevista dall'articolo 7, sesto comma, del decreto n. 605 del 1973, ma può essere eventualmente opposto all'Amministrazione finanziaria all'atto della richiesta di informazioni specifiche circa i contenuti del rapporto;
va considerato che la funzione dell'Archivio dei rapporti con operatori finanziari non è esclusivamente riferita alle indagini di natura tributaria ma anche a quello di supporto alle indagini penali, e quindi è estremamente importante per combattere fenomeni gravi come il riciclaggio, la frode ed il terrorismo -:
se quanto richiamato nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 18 del 2007 non sia applicabile anche alla nuova disciplina relativa all'emersione di attività illegalmente detenute all'estero.
(5-02538)

Interrogazione a risposta scritta:

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto pubblicato da alcuni quotidiani nazionali e locali, il Presidente di Equitalia Nomos, Matilde Carla Panzeri, già funzionario generale della Banca d'Italia, risulterebbe anche a capo della NPL Management, società che ha per oggetto esclusivo acquisto e la cessione dei crediti pro-soluto e pro-solvendo, la concessione dei finanziamenti sotto qualsiasi forma, acquisto sia diretto che indiretto di beni immobili di qualunque genere o destinazione, al fine della loro successiva alienazione anche mediante operazioni finanziaria e/o societarie di ogni tipo, se del caso con l'utilizzo di società veicolo;
le case ipotecate da Equitalia Nomos dal 2006 al 2009, a seguito di mancata contribuzione INPS, per mancato pagamento del canone RAI, per il recupero delle tasse nazionali, dei contributi INAIL, dell'imposta comunale sugli immobili ante 2006 e della Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani ante 2006, ammontano a circa 70 mila unità, solo su Torino e provincia -:
se, ove corrisponda al vero quanto esposto in premessa, non ritenga di verificare se e quanti siano gli immobili acquistati dalla NPL nel periodo in cui la Panzeri rivestiva a carica di presidente delle due società citate, se non rinvenga in tale situazione un conflitto di interessi e quali iniziative in tal caso intenda adottare.
(4-06247)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro delle

infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
con delibera CIPE del 6 marzo 2009 n. 3 sono stati assegnati al Fondo infrastrutture (istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico) 5 miliardi di euro per interventi di competenza del Ministero delle infrastrutture, di cui 200 milioni riservati al finanziamento di interventi di edilizia carceraria;
con la successiva delibera del 31 luglio 2009, il CIPE ha disposto l'assegnazione dell'intera dotazione al Programma straordinario per il finanziamento di istituti penitenziari in corso di costruzione presentato dal Ministero della giustizia;
tale programma include otto opere, attualmente in corso di completamento: in particolare, i nuovi istituti penitenziari di Cagliari, Sassari, Tempio Pausania, Oristano, Forlì, Rovigo, Savona e Reggio Calabria, che aumenteranno la capienza totale a 2095 detenuti;
l'articolo 17-ter del decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 195, che reca le prime misure per l'attuazione del piano straordinario per la realizzazione urgente di istituti penitenziari (cosiddetto «Piano carceri»), ha introdotto norme in deroga per la localizzazione e l'espropriazione delle aree ove realizzare le nuove strutture carcerarie, conferendo pieni poteri al commissario straordinario, in deroga alle ordinarie competenze mediante procedure e gare d'appalto semplificate per la costruzione, entro il 2010, di 47 nuovi padiglioni, sul modello del dopo-terremoto dell'Aquila, per poi realizzare dal 2011 le altre strutture di edilizia straordinaria: braccio operativo per gestire tale emergenza sarà la protezione civile;
risulta agli interpellanti da notizie di stampa che, per quanto riguarda quattro dei nuovi istituti penitenziari degli otto in costruzione, in particolare quelli situati in Sardegna (Cagliari, Sassari, Tempio Pausania e Oristano), le gare per l'affidamento dei lavori siano state secretate;
risulta altresì, sempre da notizie di stampa, che tre appalti per gli istituti penitenziari sardi siano stati aggiudicati nel dicembre 2005 (ministri Castelli e Lunardi) a tre società che si sono aggiudicate anche i lavori per il G8 della Maddalena: Opere Pubbliche spa per Cagliari, Anemone srl per Sassari e Gia.fi costruzioni per Tempio. Le aggiudicazioni sono state effettuate dal Siit (Servizi integrati infrastrutture) del Lazio, di cui risulta aver avuto la responsabilità l'ingegner Angelo Balducci -:
se quanto indicato in premessa risponda al vero;
in particolare, per gli otto istituti penitenziari in costruzione, quale sia la motivazione per cui le procedure siano state secretate;
quale procedura sia stata individuata per l'aggiudicazione, quali siano le imprese aggiudicatarie degli appalti e quali quelle comunque invitate alle gare, sia pure informali;
quale sia l'importo base di gara e l'importo appaltato per ciascuno degli istituti;
a chi sia stato affidato l'incarico di direzione dei lavori e/o di progettista;
in quale data, per ciascuna opera, abbiano avuto inizio i lavori e quale sia il termine previsto dal contratto per la fine dei lavori e quale sia lo stato attuale degli stessi;
di quale importo siano, per ciascuna opera, gli stati di avanzamento dei lavori liquidati e quelli da liquidare;
se siano stati previsti lavori extra-contrattuali o opere in subappalto e, in caso affermativo, quali.
(2-00627)
«Ferranti, Maran, Lenzi, Quartiani, Berretta, Miglioli, Garofani, Zucchi, Nannicini, Schirru, Mastromauro, Bachelet, Capano, Causi, Codurelli, D'Incecco, Fioroni, Rossomando, Tidei, Vassallo,

Boccia, Cavallaro, Ceccuzzi, Cenni, Villecco Calipari, Zaccaria, Ciriello, Colombo, Fontanelli, Lulli, Melis, Minniti, Andrea Orlando, Pedoto, Samperi, Bocci, Duilio, Genovese, Marchioni, Mosca, Narducci, Scarpetti, Vico».

Interrogazione a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nella seduta del 13 gennaio il plenum del Csm ha adottato la risoluzione concernente la revisione dalle circoscrizioni giudiziarie prevedendo la revisione degli 88 Tribunali che hanno meno di 20 giudici e la soppressione delle sedi staccate;
tale risoluzione potrebbe portare alla soppressione del tribunale di Schio con il trasferimento dell'ambito di competenza dello stesso al tribunale di Vicenza o, in ulteriore ipotesi, come ripreso da alcuni articoli usciti sul Giornale di Vicenza in data 30 gennaio 2010 e 2 febbraio 2010, al tribunale di Bassano del Grappa;
il tribunale di Schio serve un bacino di utenza di 225 mila abitanti (37 comuni da Lastebasse a Zugliano; da Trissino a Recoaro, passando per Valdagno, Malo e Thiene) e di oltre 8 mila industrie censite;
l'ambito territoriale di competenza del tribunale di Schio per la sua ampiezza e eterogeneità non risulta trasferibile all'interno della competenza del tribunale di Vicenza (realtà di per se già congestionata ed in carenza di organico). Tema già sollevato dai parlamentari vicentini al Ministro e al CSM;
il tribunale di Schio risulta essere permanentemente sotto organico e che nel detto tribunale risultano presenti solo 3 giudici a fronte di un continuo aumento del contenzioso civile, come risulta dalla relazione del consiglio dell'ordine degli avvocati di Vicenza all'assemblea ordinaria del 28 gennaio 2010, «al 30 settembre 2009 il carico medio di cause civili ordinarie per ciascun magistrato della Sezione distaccata era di 1.300» e che «il ruolo generale del contenzioso civile registra un continuo aumento: 2.921 nel 2007; 3.004 nel 2008 e, sino al 18 dicembre 2009 3.000 cause;
il tribunale di Schio risulta altresì carente di organico per quanto concerne il personale sia della cancelleria civile che penale tanto che le stesse, dal 2007 ad oggi hanno visto dimezzato il personale senza copertura dei posti vacanti per quiescenza e che, come ricorda ancora il consiglio dell'ordine, risulta particolarmente grave anche «la situazione dell'Ufficio notifiche presso la Sezione, in cui persiste l'insufficienza dell'organico in relazione al carico di lavoro e alla estensione del territorio, fattori che incidono in modo determinante sul funzionamento dell'ufficio»;
Vicenza si colloca (insieme a Treviso) all'ultimo posto in assoluto, sul piano nazionale, nel rapporto magistrati/abitanti, mentre nello stesso tempo rappresenta una delle zone più densamente popolate e industrializzate del ricco Nord-Est, e che pertanto è da decenni ingiustamente e secondo l'interrogante assurdamente discriminata nella distribuzione delle risorse statali destinate al pianeta giustizia e all'ordine pubblico;
il tribunale di Schio, atteso il numero di cause seguite e l'ampiezza del proprio ambito di competenza, necessita di una maggior destinazione di risorse al fine di poter offrire ai cittadini di tutto l'Alto Vicentino una giustizia che sia quanto più possibile rapida e certa;
il tribunale di Schio risulta essere l'ultimo presidio giudiziario dell'alto vicentino ed il solo collegamento in questo territorio fra la giustizia e i cittadini;
la soppressione del tribunale di Schio infliggerebbe un'ulteriore ferita al principio di equa distribuzione nel territorio dei presidi giurisdizionali, comportando grossi disagi e disservizi, maggiori costi e perdite di tempo per i cittadini-utenti;

la riconosciuta «montanità» della zona consiglierebbe semmai di potenziare la disponibilità di servizi pubblici, come quello dell'amministrazione della giustizia, sul territorio;
i tribunali rappresentano il più rilevante presidio di legalità sul territorio ed è pertanto necessario che gli stessi siano ubicati in zone tali da renderli il più facilmente possibile raggiungibili da ogni cittadino utente;
in caso di soppressione del tribunale di Schio l'intero territorio dell'Alto Vicentino si troverebbe dunque privato di un servizio fondamentale;
l'atteggiamento di ferma contrarietà a tale ipotesi espresso dal consiglio dell'ordine degli avvocati di Vicenza e l'atteggiamento di molti sindaci dell'area dell'alto vicentino, di colore politico diverso, che si sono già espressi contrari all'ipotesi di soppressione del tribunale di Schio, dovrebbe comportare una forte presa di coscienza della gravità di tale soppressione ove deliberata;
lo stesso presidente dell'ordine degli avvocati di Vicenza Lucio Zarantonello con un intervista rilasciata in data 4 febbraio 2010 al Giornale di Vicenza ha affermato che il progetto di accorpare la sezione distaccata di Schio sotto la competenza del tribunale di Bassano del Grappa è «un progetto da contrastare con fermezza perché non ha alcun significato costringere la gente di Recoaro e Valdagno a sobbarcarsi un viaggio fino a Bassano magari per prendere un certificato giudiziario, tenuto conto della viabilità dell'Alto Vicentino» precisando inoltre che «tenuto conto che il bacino di Schio ha più di 200.000 abitanti mi pare che questa analisi da parte del Csm in materia di geografia giudiziaria sia stata superficiale perché non si può penalizzare un territorio con un progetto che, mi si lasci dire reputo mostruoso» -:
se intenda garantire la presenza del Tribunale di Schio escludendo questo territorio dalla revisione delle circoscrizioni giudiziarie;
se intenda al contrario potenziare l'organico dei tribunali vicentini che da troppo tempo «soffrono» di carenza di personale e di magistrati, tema già sollevato in più occasioni dai diversi rappresentanti politici, di categoria e sindacali del settore o del territorio.
(4-06254)

TESTO AGGIORNATO AL 16 MARZO 2010

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
il Porto di Gioia Tauro sta registrando un preoccupante momento di crisi occupazionale poiché la MCT, dopo anni di successo, avrebbe già chiesto l'applicazione degli ammortizzatori sociali per 400 lavoratori ed avrebbe altresì previsto il licenziamento per il personale con contratto a termine;
ai sopra citati si aggiungeranno i lavoratori delle aziende esterne impiegato nel Porto di Gioia Tauro;
la MCT ha perso lo scorso anno su Gioia Tauro 610 mila teus e tuttavia lo stesso terminalista ha incrementato i flussi di movimentazione a Cagliari con 448 mila teus ed a Tangermed con 578 mila;
appare all'interpellante che la MCT si sia avvalsa dell'alibi della crisi internazionale delle movimentazioni per fare altre scelte e posizionare diversamente il traffico, il che non giustifica sempre secondo l'interpellante le sue richieste di licenziamento dei lavoratori, peraltro, anche alla luce del fatto che il terminal di La Spezia, sempre gestito dal gruppo Contship, gua- dagna

movimentazione feeder a dispetto dell'evidente calo dei traffici nel Mediterraneo;
non v'è dubbio quindi che la richiesta di Cigo da parte della Contship non è assolutamente giustificabile e che, pertanto, ad avviso dell'interpellante, la società terminalista dovrebbe lasciare le aree attrezzate dallo Stato del porto di Gioia Tauro e che, pur con il blocco del mercato, pretenderebbe mantenere in concessione monopolistica per i prossimi trenta anni;
l'interpellante pur prendendo atto dell'intervento del Governo con la possibile diminuzione delle tasse portuali e di ancoraggio, la cui scelta, peraltro, è demandata all'Autorità portuale, ritiene immotivata la proroga della durata in carica del commissario delegato di cui al comma 3, dell'articolo 22-sexies del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 2008, n. 31, fino al 31 dicembre 2010, con un onere di ben 140.000 euro per l'anno 2010 e senza avere definite le prerogative di tale commissario delegato -:
se ritengano doveroso non autorizzare la richiesta di cassa integrazione guadagni ordinaria da parte della Contship, per mantenere i lavoratori ritenuti in esubero del porto di Gioia Tauro negli altri terminal dove la stessa Contship ha aumentato i flussi di lavoro;
se non ritengano di far sì che la Contship restituisca le corrispondenti proporzionali aree attrezzate dallo Stato nel porto di Gioia Tauro al fine di consentire all'Autorità portuale una seria ed equilibrata azione di marketing;
quanti siano i soldi pubblici investiti nel porto di Gioia Tauro dalla sua nascita ad oggi e gli spazi, all'interno dello stesso, utilizzati per la crescita occupazionale;
se non ritengano necessario ed urgente considerare la struttura portuale di Gioia Tauro come priorità nazionale e creare quindi un unico tavolo di concertazione tra Governo nazionale, regioni e organizzazioni sindacali;
se non ritengano, infine, di dover assumere celeri iniziative per la riforma delle normative dei porti nazionali.
(2-00625)«Angela Napoli».

Interrogazione a risposta immediata:

BOFFA, BOCCIA, MARAN, LENZI, MARIO PEPE (PD), IANNUZZI, GINEFRA, BORDO, VICO, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 27 luglio 2006 i ministeri delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni Campania e Puglia, Ferrovie dello Stato e Rete ferroviaria italiana firmavano il protocollo d'intesa per la riqualificazione e il potenziamento della linea ad alta capacità ferroviaria Napoli-Bari;
nell'allegato infrastrutture al documento di programmazione economico-finanziaria del 29 giugno 2007, il Cipe ed il Consiglio dei ministri avevano previsto il finanziamento integrale della progettazione e di alcune tratte già dotate di progettazione, tratte che si aggiungevano a quelle già finanziate con il contratto di programma Rete ferroviaria italiana;
in data 26 giugno 2008, la IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati approvava all'unanimità e faceva propria la proposta di risoluzione presentata dall'onorevole Costantino Boffa per chiedere al Governo di confermare il progetto per la riqualificazione e lo sviluppo della linea ad alta capacità ferroviaria Napoli-Bari nell'allegato infrastrutture al documento di programmazione economico-finanziaria e, dunque, tra le priorità infrastrutturali nazionali. La proposta era stata cofirmata da altri 14 deputati;
in data 1o agosto 2008 veniva firmato l'accordo di programma integrativo tra regione Campania e Governo nazionale, con il quale si decideva di inserire il progetto di riqualificazione e sviluppo

della linea ad alta capacità ferroviaria Napoli-Bari nella cosiddetta «legge obiettivo» quale opera strategica di interesse nazionale;
in data 25 marzo 2009, nel corso di un'audizione del Ministro interrogato, tenutasi dinanzi all'VIII Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici ed alla IX Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati, per relazionare sul programma delle opere pubbliche approvate dal Cipe, il Ministro interrogato ribadiva la priorità dell'opera;
in data 8 ottobre 2009, 30 deputati e senatori campani e pugliesi di maggioranza e di opposizione, in una lettera indirizzata al Presidente dei Consiglio dei ministri ed al Ministro interrogato, chiedevano di inserire nell'ordine del giorno della successiva seduta del Cipe la discussione, l'aggiornamento e l'approvazione del contratto di programma tra Stato e Ferrovie dello Stato. Il suddetto contratto di programma contiene, infatti, il finanziamento del progetto definitivo e del primo lotto del progetto di riqualificazione e sviluppo della linea ad alta capacità ferroviaria Napoli-Bari;
in data 28 ottobre 2009, le competenti Commissioni della Camera dei deputati approvavano all'unanimità una risoluzione che impegnava il Governo a realizzare il completamento delle reti transeuropee che interessano l'Italia meridionale: il perfezionamento fino a Palermo del corridoio 1 Berlino-Palermo ed il corridoio 8 Bari-Varna, ribadendo il riconoscimento di priorità fondamentale alla riqualificazione ed al potenziamento della linea ferroviaria ad alta capacità Napoli-Bari -:
se e quando il Governo intenda sottoporre al Cipe il contratto di programma tra Stato e Ferrovie dello Stato per la discussione, l'aggiornamento e l'approvazione.
(3-00934)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MONTAGNOLI, CARLUCCI, FUCCI e GINEFRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
Barletta (città di circa 100.000 abitanti, capoluogo capofila della provincia di Barletta-Andria-Trani e suo principale nodo ferroviario di riferimento), nell'indice di classificazione delle stazioni stilato dalle Ferrovie dello Stato, occupa il 3o posto nella regione Puglia (dopo Bari e Foggia) servendo un bacino potenziale di utenza di oltre 600.000 abitanti;
il traffico passeggeri ammonta a quasi 3 milioni di passeggeri annui, secondo Rete ferroviaria italiana, grazie soprattutto all'interscambio tra le diverse linee e tra treno e bus. Nonostante ciò, Trenitalia continua a penalizzare questo territorio non facendo fermare 2 coppie di Eurostar fast veloci frecciargento che giornalmente dalla Puglia si dirigono a Roma e viceversa: precisamente, all'andata il treno che parte da Bari alle 7,16 e arriva a Roma alle 11,15 (Eurostar FAST 9350) e quello che parte da Bari alle 17,16 con arrivo nella Capitale alle 21,15 (Eurostar FAST 9356); al ritorno quelli che partono da Roma, il primo alle 14,45 (Eurostar FAST 9355) e il secondo alle 19,45 (Eurostar FAST 9359);
questi treni, con la fermata a Barletta, permetterebbero di coprire la distanza con la Capitale in soli 3 ore e 29 minuti; e invece i passeggeri di questo territorio ogni volta si devono sobbarcare di uno scomodo e fastidioso trasbordo a Foggia creando enormi disagi ed un aumento della tariffa ferroviaria e del tempo impiegato per coprire la tratta, che può arrivare fino alle 2 ore in più;
numerose sono state le proteste dei cittadini a vari livelli nei confronti di Trenitalia; da ricordare sono le 6000 firme raccolte in pochi giorni nel 2009 e consegnate nelle mani del presidente della IX Commissione Trasporti della Camera, ed ai vertici delle Ferrovie dello Stato;

Trenitalia si giustifica ancora oggi asserendo che i treni devono coprire la tratta Bari-Roma necessariamente in meno di 4 ore (in 3 ore e 59 minuti, per la precisione); per cui la fermata a Barletta allungherebbe di 4 minuti la durata del percorso. Però si confermano in ogni caso le fermate a Brindisi e Benevento, che in prima battuta erano state escluse e poi inspiegabilmente recuperate, nonostante abbiano un traffico passeggeri inferiore;
la predisposizione degli orari penalizza un territorio di oltre 600.000 abitanti e crea disagi agli utenti. Non interessa che gli eurostar fast da Bari sino a Roma marcino quasi vuoti;
appare difficile giustificare, la sosta di ben 9 minuti a Foggia invece dei 2 minuti normalmente previsti. Ciò accade perché, evidentemente, si deve consentire ancora oggi a tutti i treni provenienti dal sud della Puglia e diretti a Roma, un'anacronistica inversione di marcia verso Benevento e Caserta su una vecchia linea risalente al 1800, ai tempi dell'Unità d'Italia, e in cui gli stessi moderni eurostar per il momento procedono a una velocità massima ancora di circa 100 chilometri orari;
anche il progetto in itinere di realizzare una linea ad alta capacità (e non ad alta velocità) Bari-Napoli, non prima, però di dieci anni (si parla del 2020), sta riscontrando non pochi problemi dovuti proprio allo snodo ferroviario di Foggia che deve essere comunque necessariamente aggirato creando una bretella di allacciamento: dalla linea Adriatica, all'altezza di Incoronata, a quella per Benevento, all'altezza di Cervaro; costringendo perciò i passeggeri del foggiano ad un contestato trasbordo con navette fino alla stazione di Cervaro, ubicata a circa 10 chilometri dal capoluogo Dauno -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione e intenda intervenire nei confronti dei vertici di Trenitalia al fine di evitare che i cittadini di un'area che racchiude nei suoi confini oltre 600.000 abitanti possa essere penalizzata con la soppressione di convogli alta velocità negli orari utili sia per raggiungere Roma sia nella tratta inversa.
(5-02536)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
i porti italiani, per legge, devono dotarsi di un piano regolatore portuale (PRP), da concordare e armonizzare con il piano regolatore generale (PRG) della città;
secondo quanto riporta il settimanale Left del 18 febbraio 2010, a Catania il piano regolatore generale e il piano regolatore portuale sono obsoleti: il piano regolatore generale risale ancora al 1961, subendo numerose varianti, mentre il piano regolatore portuale è del 1978 e mai entrato in funzione anche perché bloccato nel 1985 dalla legge n. 431 (cosiddetta legge Galasso per la tutela sui beni paesaggistici e ambientali) in quanto non prevedeva la tutela del torrente Acquicella, che sbocca accanto al porto;
in questa situazione nel 2001 è stata indetta una gara per la creazione di un grande porto turistico, con circa 1100 posti barca, ciascuno dei quali da affittarsi in media a 5.000 euro l'anno, e che avrebbe dovuto sorgere proprio sul torrente Acquicella, contrariamente a quanto previsto dalla legge Galasso;
è stata istituita una conferenza di servizi (comune, provincia, autorità portuale ed altri) per procedere con la gara, alla quale sono stati sottoposti i piani di cinque società;
la conferenza di servizi li ha esaminati e bocciati tutti, ma è rimasta aperta per ben 8 anni, essendolo tutt'ora, di fatto in violazione del regolamento (decreto del

Presidente della Repubblica n. 509 del 1997) che disciplina la concessione di beni del demanio marittimo: tale anomalia favorisce, ad avviso degli interroganti, le cinque ditte partecipanti, rimaste le sole in gara per tutti questi anni, ad esclusione di altri possibili concorrenti;
l'autorità portuale proponeva nel 2004 un piano regolatore alla commissione urbanistica del comune, che nel 2007 lo respingeva. Il piano prevedeva l'edificazione sulle banchine portuali di centri commerciali, parcheggi di venti piani e altre amenità per un totale di un milione e centomila metri cubi di cementificazione;
nel 2009 Santo Castiglione, presidente dell'autorità portuale, ha riproposto un piano simile al precedente, che il consiglio comunale non ha ancora discusso;
nel 2007, mentre la gara per il porto turistico è aperta ormai da sei anni, il tribunale amministrativo regionale di Catania ha nominato un commissario ad acta, responsabile per «il procedimento di concessione di beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto». Il commissario è l'ammiraglio Antonio Zanghì, il quale nel 2001 aveva fatto parte della conferenza di servizi per la famosa gara, in qualità di comandante presso la capitaneria di porto;
l'8 maggio 2009 il commissario ha messo un provvedimento dal quale si apprende che: a) nel 2005 diverse società, che avevano partecipato alla gara del 2001 hanno presentato versioni corrette dei loro progetti; b) in questa occasione veniva nuovamente bocciato il progetto di Acqua Marcia, che presentava ricorso al tribunale amministrativo regionale; c) secondo il commissario, l'Acqua Marcia era stata bocciata per errore, in quanto gli allegati al suo progetto del 2005 erano stati oggetto di una svista; d) il progetto Acqua Marcia viene finalmente considerato come il più meritevole;
secondo il settimanale citato inoltre, la nuova diga foranea, prolungamento del molo di levante del porto di Catania iniziata nel 2001 e non ancora ultimata, è stata realizzata senza la procedura di valutazione d'impatto ambientale (V.I.A.). Essa doveva essere utilizzata per l'attracco di navi container e da trasporto, ma la costruzione ha fatto elevare i fondali rendendo il suo scopo iniziale impossibile. In compenso, la nuova diga è posta di fronte all'area dove dovrebbe sorgere il futuro porto turistico: qualcuno già si chiede se la funzione del nuovo molo non sia stata fin dall'inizio quella di proteggere il porto turistico dai marosi. In tal caso, finanziamenti pubblici sarebbero stati utilizzati per favorire opere di privati -:
quali siano state le modalità di assegnazione dei lavori per la creazione del porto turistico di Catania, e in particolare se tale assegnazione sia avvenuta nonostante l'assenza di un piano regolatore e di fatto in violazione della legge n. 431 del 1985 e del regolamento che disciplina la concessione di beni del demanio marittimo (decreto del Presidente della Repubblica n. 509 del 1997);
se corrisponda al vero quanto sopra esposto relativamente alla realizzazione della diga foranea sul molo di levante del porto di Catania avvenuta senza procedura di valutazione di impatto ambientale.
(4-06250)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
è in via di costruzione un porto turistico a Siracusa per la costruzione di 600 posti barca in un'area di 147.000 metri quadrati, dal molo Sant'Antonio fino al mercato ittico;
la città di Siracusa è inserita nella lista del patrimonio mondiale dell'Unesco nella categoria dei beni culturali della World heritage list;

attorno all'area portuale è prevista la realizzazione di strutture legate alle attività funzionali, come circoli nautici, centri per congressi, uffici; ciò ha dato il via alla caccia agli immobili che insistono sull'area interessata dal progetto;
attorno a queste vendite, con il meccanismo dell'asta pubblica, si sta verificando secondo il settimanale Left uno strano meccanismo: le aste, per ben due volte, sono andate deserte, determinando così una riduzione del 15 per cento del valore degli immobili;
oltre al porto turistico, è prevista la realizzazione di altri due porti: uno lo vuole realizzare la SPERO di Alvaro Di Stefano e l'altro la Port Royal s.r.l., che avrebbe scelto come sito dell'opera l'area tra il parcheggio Talete, che il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha dichiarato doversi abbattere, e il porto piccolo -:
se corrisponda al vero quanto sopra esposto relativamente al meccanismo, messo in atto dalle aste, che avrebbe determinato la riduzione del 15 per cento del valore degli immobili di un'area ove sorgono, tra l'altro, edifici di pregio;
entro quali tempi si ritenga che possa essere abbattuto il parcheggio Talete.
(4-06252)

TESTO AGGIORNATO AL 22 FEBBRAIO 2011

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

FEDI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 26 febbraio 2010 di quest'anno la Corte di cassazione ha riconosciuto alle donne italiane coniugate con cittadini stranieri prima dell'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale il diritto di trasmettere la cittadinanza ai propri discendenti;
la Corte di cassazione, con pronuncia n. 4466 del 25 febbraio 2009, ha affermato che, per effetto delle sentenze della Corte costituzionale n. 87 del 1975 e n. 30 del 1983, deve essere riconosciuto lo status di cittadino italiano anche ai figli di donne che hanno perso la cittadinanza, secondo la normativa all'epoca vigente (legge 13 giugno 1912, n. 555), in conseguenza del matrimonio con cittadini stranieri, prima del 1o gennaio 1948;
la sentenza afferma il principio della piena ed effettiva parità di genere tra cittadini, anche in merito alla facoltà di trasmettere la cittadinanza jure sanguinis;
il riacquisto della cittadinanza italiana, previsto nei termini di due anni dal comma 1 dell'articolo 17 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, da ultimo prorogato ai sensi dell'articolo 2, comma 195, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, fino al 31 dicembre 2007, è oggi precluso a tanti nostri connazionali che non poterono avvalersi della norma transitoria per il riacquisto a causa delle legislazioni dei Paesi di residenza;
il Governo si è impegnato ad istituire un tavolo tecnico di concertazione tra Ministero degli affari esteri e Ministero dell'interno per adottare specifiche misure in relazione alla sentenza della Corte di Cassazione -:
se il Ministro non ritenga urgente dare seguito all'impegno assunto in Parlamento nell'individuare un percorso politico e giuridico per dare piena attuazione ai termini fissati dalla sentenza della Corte di cassazione n. 4466 del 25 febbraio 2009;
quali specifiche iniziative il Ministro intenda inoltre adottare per raggiungere l'obiettivo della riapertura dei termini per il riacquisto della cittadinanza italiana.
(4-06243)

DIMA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'ispettore capo della polizia di Stato, Parise Paolo, in servizio presso la polizia di frontiera dell'aeroporto di Orio Al Serio (Bergamo), riveste la carica sindacale di vice segretario provinciale del Sap ed in passato è stato candidato alle elezioni regionali della Lombardia;
secondo quanto previsto dal regolamento di servizio, a seguito della stessa candidatura elettorale, è stato trasferito d'ufficio presso la questura di Brescia per un periodo di tre anni ed alla scadenza dello stesso, su richiesta dell'interessato, stante anche le ottime note informative annuali attinenti al servizio, a seguito di provvedimento autorizzativo del Capo della Polizia, faceva rientro presso l'originario ufficio di polizia di frontiera di Orio Al Serio a decorrere dall'aprile 2009;
questo provvedimento di rientro sembrerebbe non essere stato condiviso dal dirigente dell'ufficio di Orio Al Serio che non avrebbe utilizzato l'ispettore capo Parisi nelle funzioni e nei servizi per i quali ha conseguito numerose specializzazioni;
in un periodo di ferie dello stesso Parisi, all'insaputa di quest'ultimo, il dirigente dell'ufficio avrebbe dato disposizioni dirette al trasferimento del suo ufficio dall'aeroporto alla caserma della polizia di Stato di Orio Al Serio ove non potrebbe svolgere al meglio le proprie funzioni sindacali;
sulla vicenda evidenziata, si è registrata la presa di posizione del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) - Sede provinciale di Bergamo che, con nota protocollo n. 8/2010 del 17 febbraio 2010, indirizzata al dirigente della II Zona della polizia di frontiera per la Lombardia e, per conoscenza, alla segreteria regionale dello stesso sindacato, ha espresso i propri dubbi sulle condotte esposte;
con atto adottato in data 17 luglio 2009, cat. 3.1/2009/1644, il dirigente della II zona polizia di frontiera per la Lombardia - ufficio di polizia di frontiera c/o lo scalo aereo di Orio Al Serio dava all'ispettore capo Parise disposizioni di assegnazione temporanea presso il nuovo ufficio tecnico logistico;
con successivo atto adottato in data 13 febbraio 2010, cat. 3a Div/2010/up/445, lo stesso dirigente comunicava all'interessato il trasloco dell'ufficio tecnico logistico presso la Caserma e non più nell'aeroporto;
secondo l'interessato si configurerebbe un meccanismo vessatorio che produrrebbe danni alla corretta utilizzazione del personale -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda porre in essere per verificare, con certezza, la situazione dei fatti ed il corretto utilizzo del personale di polizia.
(4-06249)

DE CORATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la polizia locale di Milano è impegnata, insieme alle Forze dell'ordine, a contrastare le occupazioni abusive. Tanto che nel solo 2009 sono stati 1.048 gli interventi e 548 gli alloggi recuperati. E nei casi di stabili in grave degrado, l'Amministrazione è arrivata a sostituirsi alla proprietà per ripristinare la legalità e la messa in sicurezza degli stabili, come in via Clitumno e in piazza Santa Maria del Suffragio;
il centro sociale T28 di via dei Transiti 28, in zona via Padova, occupa abusivamente da decenni alcuni locali in uno stabile privato, tra cui anche un appartamento di proprietà di pensionati, come riporta il Giornale del 22 gennaio 2010. Il 10 febbraio scorso l'ufficiale giudiziario ha rimandato per la quarta volta lo sfratto non avendo avuto a disposizione la forza pubblica;
nello stabile di via Crespi 10, vicino a via dei Transiti, si è rilevata una forte situazione di abusivismo perpetrato da

circa 180-200 extracomunitari, in prevalenza irregolari, come da censimento effettuato dalla polizia locale;
la vicinanza del centro sociale e la presenza nel condominio di un inquilino appartenente all'area antagonista, che si sarebbe attivato per organizzare una sommossa degli abusivi in caso di sgombero, col supporto degli aderenti del vicino centro sociale, pone seri ostacoli alla sicurezza dell'azione delle forze dell'ordine che deve prevenire possibili disordini e incidenti -:
quali iniziative intenda assumere nei confronti di una realtà come quella del centro sociale di cui sopra, se sia a conoscenza del problematico contesto che ad oggi ostacola l'intervento di sgombero degli abusivi dallo stabile di via Crespi 10 e quali provvedimenti intenda adottare merito.
(4-06251)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, per sapere - premesso che:
il Consiglio dei ministri nella seduta del 4 febbraio 2010 ha approvato definitivamente il «Regolamento concernente la revisione dell'assetto ordinamentale organizzativo e didattico dei licei» eliminando totalmente l'insegnamento della Musica dal Liceo di scienze umane (ex Istituto Magistrale) ad indirizzo tradizionale;
tale insegnamento, precedentemente previsto per 33 ore annue in ciascuna delle cinque classi, era stato poi ridotto con un numero di 66 ore annuali di musica solo nel primo biennio con conseguente riduzione di 33 ore, ora scompare completante non prevedendo il nuovo decreto di attuazione l'insegnamento della musica in tali scuole;
a seguito di questi cambiamenti perderanno il loro posto tutti i docenti di educazione musicale (classe di concorso A031) degli ex istituti magistrali, oggi licei di scienze umane, senza che il Governo ed il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, abbiano indicato, come e dove utilizzare tali docenti;
è da considerare che solo minima parte di tali docenti potranno trovare sistemazione nei licei musicali, spesso in altri Comuni e province rispetto alla loro residenza con grave disagio sia economico sia sociale e familiare degli stessi insegnati costretti trasferirsi pur di conservare il loro posto di lavoro;
occorre inoltre aggiungere che l'insegnamento della musica è sempre stato ritenuto opportuno e necessario negli ex istituti magistrali e avrebbe dovuto essere considerato tale anche nel liceo di scienze umane, in considerazione del fatto che la maggior parte degli studenti di questo tipo di liceo avrà come sbocco finale nel mondo del lavoro l'insegnamento nelle scuole d'infanzia e nelle scuole elementari, dove la musica ha una fondamentale importanza sia per favorire l'accoglienza che la socialità dei bambini sia per numerose attività didattiche -:
quali provvedimenti ritenga opportuno assumere al fine di riconsiderare il reinserimento nel piano del liceo di scienze umanistiche delle ore di educazione musicale preesistenti negli ex istituti magistrali o in mancanza di prevedere disposizioni per l'utilizzo in altri istituti dei docenti perdenti posto, in relazione ai loro titoli accademici;
quali siano le ragioni che hanno indotto il Governo ad eliminare totalmente la musica dal piano degli studi del liceo delle scienze umane, in contrasto con la tradizione degli ex istituti magistrali;
come intenda il Ministro interpellato, nel caso in cui non si intenda reintrodurre

l'insegnamento della musica, reintegrare i docenti titolari dell'educazione musicale che così perderanno la cattedra.
(2-00626)
«Tassone, Adornato, Bosi, Capitanio Santolini, Cera, Ciccanti, Ciocchetti, Compagnon, De Poli, Delfino, Dionisi, Drago, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Mannino, Mereu, Mantini, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Pisacane, Poli, Rao, Ria, Romano, Ruggeri, Ruvolo, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».

Interrogazione a risposta scritta:

TORRISI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante esprime un fermo dissenso, e ritiene necessario acquisire notizie e chiarimenti riguardo all'ipotesi prospettata dall'ufficio scolastico regionale e trasmessa dall'ufficio scolastico provinciale in data 18 febbraio 2010 relativa alla mancata concessione all'Istituto magistrale «F. De Sanctis» di Paternò (CT), come richiesto con nota prot. 6466/A21C del 24 novembre 2009, dell'autorizzazione ad attuare il liceo linguistico come previsto dalla riforma dei licei;
tale forte presa di posizione, alla quale si è associato anche il collegio dei docenti dell'Istituto magistrale «F. de Sanctis», nasce dalla necessità di opporsi alla distruzione di una realtà ben funzionante e consolidata, come quella del detto liceo linguistico, che è sempre stato un importante punto di riferimento per l'utenza del territorio. Grazie al personale scolastico l'indirizzo e l'Istituto hanno acquisito negli anni una grande specializzazione, confermata dai brillanti risultati conseguiti dagli alunni nel campo universitario e nel mondo del lavoro;
l'istituto De Sanctis attua, di fatto e con grande successo formativo, la sperimentazione del liceo linguistico Brocca sin dall'anno scolastico 1996/97, in due sezioni di cinque classi ciascuna, con un costante e nutrito numero di iscritti che hanno portato a termine gli studi con successo scolastico, grazie alla stabilità più che decennale del personale docente e all'alta qualità del sistema formativo, come peraltro documentato dai progetti di seguito elencati:
annuale certificazione internazionale attestante il grado di conoscenza delle lingue straniere conseguita dai propri allievi presso enti riconosciuti dal Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca quali il Trinity college of London (inglese), Delf (francese), Dele (spagnolo), Goethe Institut (tedesco);
attuazione di PON e POR per l'approfondimento delle lingue straniere;
scambi di classe con istituti esteri (Collège «Paul Riquet» di Béziers, Francia);
stage linguistici all'estero con cadenza annuale (Londra, Brighton, Windsor, Malta, Nizza, Parigi, Madrid, Barcellona, Tunisi);
corsi di potenziamento linguistico;
corsi estivi di spagnolo, tedesco e arabo;
partecipazione alla rassegna internazionale del teatro francofono (1o Classificato anno scolastico 2001/2002, 2003/2004).
di conseguenza, nella non auspicata ipotesi della mancata attuazione del liceo linguistico presso l'Istituto F. De Sanctis, verrebbero a disperdersi importanti risorse professionali che hanno consolidato nel tempo la propria specializzazione creando, quindi, un danno enorme soprattutto ai giovani del territorio in cui opera detto Istituto, il cui diritto allo studio e alla scelta dell'indirizzo più idoneo alle proprie attitudini potrebbe essere seriamente compromesso;

le sezioni del liceo linguistico sono infatti frequentate da un'utenza di cultura medio-alta residente nel territorio di Patemò e nei comuni circostanti con alunni provenienti da Belpasso, Misterbianco, Santa Maria di Licodia, Ragalna, Biancavilla, Centuripe, Castel di Judica, Motta Sant'Anastasia, Piano Tavola e Adrano, che ha scelto il liceo linguistico, oltre che per la sua qualità, anche per la facilità dei collegamenti con mezzi di trasporto pubblico compatibili con gli orari scolastici non presenti in altri comuni -:
se trovi conferma l'ipotesi segnalata dall'Usr e trasmessa dall'Usp in data 18 febbraio 2010 all'Istituto F. De Sanctis relativa alla mancata autorizzazione ad attuare il liceo linguistico presso il predetto Istituto;
se, in caso affermativo, tenuto conto di quanto sopra esposto, non intenda rivedere l'assegnazione degli indirizzi di studio mantenendo la lunga tradizione del liceo linguistico presso l'Istituto F. De Sanctis di Paternò, al fine di dare una risposta concreta e positiva all'utenza che frequenta il liceo linguistico e valorizzare, nel contempo, la pluriennale esperienza e specializzazione del personale scolastico che ivi opera avvalendosi anche di strutture e sussidi acquisiti dalla scuola nel corso degli anni, quali laboratori, materiali audiovisivi, libri, ed altre attrezzature idonee ad uno studio moderno ed efficace delle lingue straniere.
(4-06244)

TESTO AGGIORNATO AL 24 FEBBRAIO 2010

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta immediata:

BORGHESI, DI GIUSEPPE, ROTA e DI STANISLAO. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il regolamento CE n. 1182/2007 del 26 settembre 2007 del Consiglio (in seguito confluito nel regolamento CE n. 1234/2007 relativo all'organizzazione comune di mercato unica), che reca norme specifiche per il settore ortofrutticolo, ha introdotto un'ampia riforma di tale settore volta a potenziarne la competitività e l'orientamento al mercato;
tra gli obiettivi correlati è stato ritenuto strategico prevedere il finanziamento di un programma continuativo finalizzato a sostenere il consumo di prodotti ortofrutticoli. Questo obiettivo è perseguito con il programma comunitario «Frutta nelle scuole» - di seguito indicato per brevità «Programma» - introdotto dal regolamento CE n. 13/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008, con il quale si ribadisce la necessità di far fronte allo scarso consumo di frutta e verdura da parte dei bambini, aumentando durevolmente la porzione di frutta e verdura nella loro dieta nella fase in cui si formano le loro abitudini alimentari;
il regolamento CE n. 288 del 7 aprile 2009 ha emanato le disposizioni applicative del «Programma». Al fine di attivare le azioni previste per l'anno scolastico 2009-2010, lo stesso regolamento ha consentito agli Stati membri di tracciare per la prima annualità una strategia semplificata da notificare alla Commissione europea entro il 31 maggio 2009;
il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provincie autonome, ha elaborato la strategia nazionale per l'annualità 2009-2010, indicando il bilancio delle risorse destinate al programma, di provenienza comunitaria e nazionale, la sua durata, il gruppo bersaglio, i prodotti ammissibili, le modalità di partecipazione degli attori pertinenti e le specifiche misure di accompagnamento finalizzate ad elevare l'efficacia del programma;
l'organismo pagatore Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) ha emanato il 21 dicembre 2009, in applicazione di quanto stabilito nella strategia nazionale, un bando per l'aggiudicazione delle

attività di distribuzione assistita di prodotti ortofrutticoli nelle scuole. Il bando prevede che vengano presentate delle offerte composte, oltre che da una parte documentale, dalla compilazione di una serie di tabelle predisposte che determinano il valore e la qualità del prodotto ortofrutticolo;
l'articolo 4 del bando stabilisce la ripartizione in 5 lotti con le relative spese ammissibili per la realizzazione delle attività (valore economico dell'offerta):
a) lotto 1: Piemonte - Valle D'Aosta - Lombardia per un valore di euro 5.416.681,73;
b) lotto 2: Bolzano - Trento - Veneto - Friuli Venezia Giulia - Emilia Romagna per un valore di euro 4.362.641,01;
c) lotto 3: Liguria - Toscana - Umbria - Lazio - Sardegna per un valore di euro 4.962.628,13;
d) lotto 4: Abruzzo - Molise - Campania - Marche per un valore di euro 4.510.667,07;
e) lotto 5: Puglia - Basilicata - Sicilia - Calabria per un valore di euro 5.654.400,57;
è stata diffusa la notizia dai competenti uffici del ministero - Saco IV - che Agea ha proceduto all'aggiudicazione delle offerte relative al programma comunitario «Frutta nelle scuole» e che la distribuzione dei prodotti ortofrutticoli inizierà ai primi di marzo del 2010;
si è constatato che sono state ammesse a partecipare alla gara offerte che presentavano un importo estremamente elevato e ben oltre il valore indicato all'articolo 4 del bando di gara, che testualmente fa riferimento alle «spese ammissibili per la realizzazione delle attività» (valore economico dell'offerta) e riporta, quindi, il relativo valore massimo;
dalla lettura della normativa emerge che tale importo si riferisce sia alle spese ammissibili che al valore massimo dell'offerta, tant'è che al successivo articolo 9-2 («Offerta») si specifica che «l'offerta superiore al livello massimo di riferimento sarà considerata pari a tale livello massimo»;
il valore delle offerte, il cui importo risulta estremamente elevato, è determinato esclusivamente dal valore preventivato nella tabella relativa alle misure di accompagnamento. Basti pensare che sul lotto 1 è stato presentato un programma di misure di accompagnamento pari ad un valore di oltre 27 milioni di euro, mentre sul lotto 4, addirittura, di oltre 40 milioni di euro;
le offerte con tali importi prevedono l'acquisto di un numero sproporzionato di totem - sistemi di promozione interattivi multilingua - addirittura superiore al numero delle scuole presenti nell'area territoriale di pertinenza o di svolgere interventi formativi agli insegnati pari ad un numero di utenti che va oltre le 500.000 unità (numero ovviamente non aderente al reale bacino di utenza dell'area regionale di riferimento);
risulterebbe evidente che le offerte presentate prevedono interventi sproporzionati mirati soltanto a far aumentare il valore delle offerte stesse, a scapito della fattibilità di quanto proposto, specie in un lasso di tempo così ridotto (tutto il programma deve essere concluso entro il 30 maggio 2010);
in sede di valutazione delle offerte non si sarebbe tenuto conto della «fattibilità» di quanto proposto da ciascun offerente, con particolare riferimento alle misure di accompagnamento, e ciò sia in relazione alla tempistica, sia all'affidabilità del proponente, sia, infine, all'entità degli importi esposti in offerta;
non si comprenderebbe, infatti, con quali modalità ed in quale momento l'Agea andrà a verificare i requisiti che i richiedenti devono possedere per partecipare al bando, come previsto all'articolo 1 («capacità di fornitura dei prodotti oggetto delle forniture di base», di tutte «le

informazioni preventive sui processi di tracciabilità in essere o programmati» e «comprovate esperienze in attività di informazione e di comunicazione attinenti l'obiettivo del Programma, anche in compartecipazione con altri enti e/o società»);
il ministero deve intervenire urgentemente, con i poteri di vigilanza e controllo, su Agea, al fine di verificare quanto in premessa segnalato -:
se corrisponda al vero quanto descritto dalla presente interrogazione e, in tal caso, quali provvedimenti urgenti intenda assumere il Governo al fine di verificare se effettivamente l'aggiudicazione delle offerte sia stata effettuata in base al valore più alto, senza tener conto della qualità e fattibilità di quanto proposto, e quali strumenti siano stati adottati per la verifica dei requisiti che i richiedenti dovevano possedere per la partecipazione al bando di gara.
(3-00932)

GALLETTI, VIETTI, LIBÈ, RUVOLO, DELFINO, CERA, CICCANTI, COMPAGNON, RAO, NARO e VOLONTÈ. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nonostante gli impegni assunti in occasione dell'adozione della riforma del mercato europeo dello zucchero, le aziende italiane (agricole e industriali) produttrici di zucchero hanno preso atto che il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali non intende stanziare gli attesi aiuti nazionali a favore della produzione italiana di barbabietole e di zucchero per gli anni 2009 e 2010;
la mancata erogazione degli aiuti nazionali alla produzione di barbabietole e zucchero, previsti esplicitamente dalla normativa europea (e specificatamente oggetto del compromesso politico raggiunto in sede comunitaria), arreca un danno insostenibile alla produzione nazionale dello zucchero, favorendo i produttori esteri ed incentivandoli ad un'aggressiva politica commerciale, a danno del settore produttivo nazionale e dei prodotti italiani;
si registra, inoltre, l'ingiustificato ritardo nell'adozione del decreto ministeriale attuativo della legge finanziaria 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di tracciabilità e certificati verdi per la produzione di energia da biomasse agricole locali, sebbene tale impegno fosse stato espressamente ed ulteriormente sancito fin dal 9 settembre 2009 in sede di comitato interministeriale, presieduto dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri, dottor Gianni Letta;
infine, in un momento di emergenza sociale nel Paese, appare quanto mai criticabile la decisione del Governo di mettere in discussione la realizzabilità dei progetti di riconversione, che, con investimenti privati per oltre 1.300 milioni di euro, sarebbero in grado di garantire circa 700 nuovi posti di lavoro in Italia, nonostante tali progetti siano stati dichiarati di interesse nazionale da parte del comitato interministeriale, nella medesima seduta sopra citata;
tale situazione determinerà la cessazione delle attività del settore bieticolo-saccarifero italiano, aprendo una gravissima crisi industriale che coinvolgerà oltre 2.000 dipendenti, 4 stabilimenti ed oltre 10.000 aziende agricole -:
se non ritenga in tempi rapidi procedere all'erogazione di quanto negoziato ed assunto come impegno dichiarato in occasione del compromesso per la riforma dell'organizzazione comune di mercato zucchero, al fine di evitare il rapido avvio di una nuova ed irreversibile crisi del settore bieticolo-saccarifero italiano, con conseguenti gravissime ripercussioni sul piano occupazionale e sul tessuto agricolo di vaste aree del nostro Paese.
(3-00933)

Interrogazione a risposta in Commissione:

CENNI, OLIVERIO, ZUCCHI, BRATTI, AGOSTINI, BRANDOLINI, MARIANI,

TRAPPOLINO e MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la sentenza n. 201000183 del 19 gennaio 2010 del Consiglio di Stato ha accolto la richiesta presentata da un imprenditore agricolo sulla coltivazione di mais ogm. La stessa sentenza ha chiarito che tale autorizzazione è di esclusiva competenza dello Stato ed ha demandato al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, di rilasciare tale autorizzazione entro 90 giorni;
tra le motivazioni presenti nella sentenza assume particolare rilievo il fatto che non possa rappresentare un impedimento alla coltivazione di ogm la condotta delle regioni che non hanno ancora predisposto i piani locali di coesistenza fra culture «transgeniche», «biologiche» e «convenzionali» così come predisposto dalla legge 28 gennaio 2005, n. 5 in attuazione della raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003;
in base alla sopraccitata sentenza fra meno di tre mesi in Italia si potrebbe iniziare quindi a coltivare il mais tipologia «Mon 810»: l'unico mais transgenico autorizzato per la coltivazione in Europa; ma risulta altresì dal nostro ordinamento, in virtù del decreto legislativo n. 212 del 24 aprile 2001, che la messa a coltura dei prodotti sementieri sia soggetta ad una specifica autorizzazione attraverso un provvedimento congiunto del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministero della salute, previo parere della commissione per i prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate (articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 212 del 2001);
tale ipotesi non vedrebbe ad oggi la possibilità di applicare alcuna garanzia in relazione alle possibili contaminazioni per le coltivazioni biologiche e convenzionali;
ciò nonostante il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, prevede che vengano garantiti i prodotti sementiferi nazionali tradizionali dal contatto con quelli ogm, affinché questi non arrechino danno biologico all'ambiente circostante, tenuto conto delle peculiarità agro-ecologiche, ambientali e pedoclimatiche;
in questa direzione va ricordato che la stessa Corte costituzionale, con sentenza 8 marzo 2006, n. 116 ha ribadito la competenza regionale a disciplinare, con proprie leggi, i piani di coesistenza;
risulterebbe che le regioni hanno concluso il lavoro di elaborazione delle linee guida;
lo stesso Governo italiano può attivare, la cosiddetta «clausola di salvaguardia» prevista dalla normativa comunitaria, che consente un divieto nazionale temporaneo di coltivazione, anche in relazione al fatto che tutti i tentativi di costringere alcuni di questi Stati membri a revocare i divieti nazionali, fatti fin qui dalla Commissione europea in base ai pareri dell'Efsa, sono stati respinti dalla maggioranza qualificata dei Ventisette nel Consiglio dell'unione europea;
durante l'ultimo Consiglio ambiente dell'Unione europea, il 25 giugno 2009 a Lussemburgo, alcuni Paesi hanno inoltre chiesto alla Commissione di promuovere una modifica della legislazione comunitaria che lasci agli Stati membri la decisione finale se coltivare o no degli ogm sul loro territorio, fatta salva la decisione a livello europeo sull'autorizzazione a commercializzare i prodotti transgenici importati;
lo stesso Presidente della Commissione europea Josè Manuel Barroso ha dichiarato il 15 febbraio 2010 a mezzo stampa che «in un settore come quello degli ogm dovrebbe essere possibile combinare un sistema di autorizzazioni comunitarie a base scientifica con la facoltà per gli Stati membri di decidere liberamente se intendono o meno coltivare specie geneticamente modificate sul loro territorio»;
la posizione risulterebbe condivisa pubblicamente anche dal Ministro interrogato: «penso che la posizione espressa

in materia di Ogm dal Presidente Barroso sia condivisibile - ha dichiarato a mezzo stampa - perché ispirata a un buonsenso e a una prudenza non ideologici. Riconoscere il principio del diritto irrinunciabile per ciascuno Stato di decidere in autonomia, anche sulla base di pareri scientifici, se coltivare o meno gli organismi geneticamente modificati sul proprio territorio mi sembra un orientamento ineccepibile»;
lo stesso Ministro interrogato, negli ultimi giorni ha ribadito in numerose occasioni la sua contrarietà all'utilizzo di colture ogm in Italia: «rispettiamo la sentenza del Consiglio di Stato, ma ricorreremo in tutte le sedi. Faremo opposizione anche perché siamo convinti di rappresentare fino in fondo il volere dei cittadini. E tre cittadini su quattro, in Italia, non vogliono gli ogm. Lavoreremo - ha continuato - per garantire il diritto dei consumatori ad avere cibi "ogm free" e quello degli agricoltori di continuare a produrre agricoltura di qualità. Faremo tutto il possibile nell'ambito di ciò che la legge consente. Non esiste una sola strada, ve n'è più d'una: le proveremo tutte, purché venga rispettata la volontà dei cittadini italiani». «Finché ci sarò io in Italia - ha ribadito successivamente il Ministro interrogato - gli ogm non si coltivano: interverremo con un decreto o con altri strumenti, stiamo valutando. La sentenza non dà il via libera agli ogm, ma dice che bisogna regolamentare la materia: lo faremo nei modi che decideremo» -:
quali iniziative siano ad oggi state intraprese e quali si intendano intraprendere, e in quali tempi, per regolamentare la materia della coltivazione di ogm in Italia a seguito la sentenza n. 201000183 del 19 gennaio 2010 del Consiglio di Stato, nel rispetto della normativa e degli indirizzi comunitari e compatibilmente con le prerogative legislative delle regioni, per salvaguardare e garantire i prodotti sementiferi nazionali tradizionali dal contatto con quelli ogm, evitando che quest'ultimi arrechino danno biologico all'ambiente circostante.
(5-02535)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il quotidiano Il Sole 24 Ore di sabato 20 febbraio 2010, il rapporto sull'efficienza dei processi concessori dell'Osservatorio permanente sulla pubblica amministrazione locale (Oppal) fa emergere un quadro di grande disomogeneità sui tempi relativi al rilascio di concessioni per ristrutturazione o costruzione di una nuova abitazione;
al questionario hanno risposto 58 comuni capoluogo di provincia, rappresentativi del 14 per cento della popolazione italiana (Roma non è tra questi). Tale indagine consente di conoscere modalità e tempi per il rilascio di pratiche urbanistiche (certificato di destinazione, strumenti attuativi, varianti) ed edilizie (permesso di costruire, denuncia di inizio attività, oneri di urbanizzazione, e altro);
nel rapporto si evidenzia che tra le grandi città, ad esempio, i tempi sono completamente diversi: se nel capoluogo lombardo per l'approvazione di una variante urbanistica servono in media 21 mesi, a Firenze e Torino invece ne bastano 12. Ancora più accentuate le differenze per il rilascio di un certificato di destinazione d'uso (documento essenziale per definire le possibilità di intervento sul fabbricato): si passa dai 30 giorni di Rimini o Perugia, fino alle 24 ore a La Spezia;
inoltre, su 58 comuni una decina (tra cui Belluno, Gorizia, Sondrio) non hanno ancora istituito lo sportello unico per l'edilizia per semplificare le relazioni con

i privati, che in tal modo potrebbero interfacciarsi con un unico interlocutore e non con una pluralità di uffici;
il 26 per cento delle amministrazioni gestisce la documentazione urbanistica su rapporto cartaceo; solo il 17 per cento possiede le tavole in versione digitale;
l'articolo evidenzia anche che nella maggior parte dei casi il ritardo è frutto di una erronea redazione delle pratiche da parte degli stessi professionisti (geometri e ingegneri) che non effettuano una sufficiente analisi storica del fabbricato;
l'articolo documenta anche che i ritardi si riversano sui prezzi finali;
ad avviso degli interroganti, grazie all'informatizzazione delle pratiche oggi le regole possono essere più chiare e ci può essere una trasparenza totale della commissione edilizia -:
se e quali iniziative di competenza i Ministri interrogati intendano assumere al fine di uniformare i tempi per il rilascio delle autorizzazioni;
se e come i Ministri interrogati, per quanto di competenza, intendano promuovere l'informatizzazione delle pratiche ed in questo modo una maggior trasparenza e chiarezza delle regole e dell'operato degli enti preposti all'esame delle stesse, onde evitare errori da parte degli stessi professionisti abilitati a redigere le pratiche.
(4-06246)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
negli ultimi anni stiamo assistendo ad una progressiva e continua penetrazione nel mercato dello smaltimento dei rifiuti da parte dei cementifici che si sono trasformati in veri e propri stabilimenti di termodistruzione realizzando da questa pratica quote di utili sempre maggiori;
i rifiuti entrano in un cementificio, come materie prime e/o additivi (terre di fonderia, ceneri da centrali a carbone, polveri da filtri elettrostatici, rifiuti da demolizioni e costruzioni comprese terreni di siti contaminati e altro) o come combustibili (oli usati, pneumatici, coke di petrolio o petcoke, farine animali, combustibile da rifiuto detto CDR);
l'eventuale impiego di rifiuti come combustibile e/o «materia prima» nei cementifici determina una contaminazione da metalli ed altri microinquinanti nel prodotto finale i cui effetti sulla salute andrebbero preventivamente studiati e valutati da esperti indipendenti, con appositi studi;
la stessa AITEC (che dal 1959 è l'associazione di rappresentanza delle aziende italiane produttrici di cemento) ha affermato con assoluta certezza e tranquillità che: «L'utilizzo di combustibili non convenzionali, quali ad esempio alcuni rifiuti organici e inorganici, offre una valida e competitiva alternativa alle fonti energetiche tradizionali nel pieno rispetto degli standard qualitativi del prodotto e della salvaguardia dell'ambiente. La tipicità del processo produttivo del cemento, nonché della sua composizione chimico-mineralogica, rende ideale l'utilizzo di alcuni rifiuti nell'alimentazione dei forni di cottura; rifiuti, quali pneumatici, oli esausti, rifiuti solidi urbani, eccetera, che altrimenti dovrebbero essere inceneriti o portati a discarica. Infatti gran parte delle sostanze liberate dalla combustione di tali rifiuti vengono inglobate nel prodotto stesso, senza produzione di emissioni supplementari»;

in realtà i cementifici utilizzano rifiuti non solo perché abbiano un potere calorifero maggiore dei combustibili tradizionali, ma per i guadagni connessi allo smaltimento dei rifiuti in quanto tale;
ai sensi della direttiva del Consiglio 75/442/CEE del 15 luglio 1975 gli Stati membri devono adottare le misure necessarie per assicurare che i rifiuti siano recuperati o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio all'ambiente e, in particolare, senza creare rischi alle matrici ambientali, acqua, aria, suolo, alla fauna e alla flora oltre che senza causare inconvenienti da rumori od odori e senza danneggiare il paesaggio e i siti di particolare interesse;
nella realtà, invece, molti dei composti rilasciati dalla combustione di rifiuti sono POP, inquinanti organici persistenti, fra cui le diossine, la cui produzione, uso e rilascio sono stati banditi dalla Convenzione di Stoccolma;
secondo l'EPA, l'Agenzia statunitense per la protezione ambientale, i cementifici USA sono la seconda fonte di emissioni diossine e furani degli USA (dopo gli inceneritori per rifiuti urbani e prima di quelli per rifiuti ospedalieri) grazie alla scelta di utilizzarli per bruciare rifiuti industriali (in particolare solventi e simili);
a conferma di ciò, secondo l'Agenzia ambientale austriaca, a parità di concentrazione di mercurio nei rifiuti, le emissioni in aria della fornace di un cementificio sono state molto più elevate di quelle di un inceneritore dedicato esclusivamente al trattamento di rifiuti (ad ulteriore conferma di questo aspetto l'Arpa ha verificato che ad esempio la Italcementi di Rezzato ha incrementato le emissioni di mercurio dal 2002 al 2003 di oltre 10 chilogrammi);
l'eventuale impiego di rifiuti come combustibile e/o «materia prima» nei cementifici, in ogni caso, dovrebbe comportare la parificazione di questi impianti agli inceneritori, cioè a processi di distruzione termica dei rifiuti: per ragioni di tutela ambientale e della salute, innanzitutto, ma, in una logica di mercato, anche per ragioni di correttezza concorrenziale, i sistemi di abbattimento dei fumi ed i limiti di emissione di questi impianti dovrebbero essere necessariamente allineati a quelli oggi previsti per gli inceneritori -:
se e quali iniziative i Ministri interrogati intendano adottare per avviare un rapido e articolato piano di monitoraggio sulla salute dell'ambiente e dei cittadini circa l'impatto e le ricadute conseguenti all'incenerimento dei rifiuti ad opera di cementifici, rendendo pubblici e conoscibili alla cittadinanza i risultati.
(4-06241)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazioni a risposta immediata:

NUCARA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con legge 5 maggio 2009, n. 42, Reggio Calabria è stata indicata come «città metropolitana». Si è trattato di un riconoscimento importante che trae origine dalla necessità di assicurare al Mezzogiorno un nuovo ruolo negli equilibri economici del Paese. Ruolo che la Calabria ha, almeno in parte, conquistato sul campo, visto il suo consistente, se paragonato al resto del Paese, tasso di sviluppo del reddito pro-capite, nonostante le criticabili condizioni della finanza pubblica regionale;
un simile riconoscimento implica la necessità di dotare la città di servizi adeguati, al fine di consentirle di esercitare le funzioni che il legislatore ha voluto conferirle;
in una direzione opposta si muove, invece, l'azienda Poste italiane, che ha presentato un piano di riorganizzazione dei propri servizi che punta ad escludere la città, quale sede qualificata per la loro

ubicazione. Si tratta, in particolare, della struttura «Programma e controllo di gestione» e della «Competence center», che da Reggio Calabria dovrebbero essere trasferite a Catanzaro, destinata a divenire la sede in cui concentrare tutti i servizi regionali. Non si intende minimamente provocare una guerra tra poveri, ma sarebbe auspicabile un maggiore equilibrio territoriale dei servizi in questione nel rispetto di leggi dello Stato;
tutto ciò, peraltro, contraddice gli accordi siglati con le organizzazioni sindacali, che prevedevano il mantenimento di molte strutture operative a Reggio Calabria e che per il solo «Competence center» avevano comportato investimenti - già realizzati - per una spesa complessiva di circa 300 mila euro. Senza contare, poi, l'esistenza di un personale estremamente qualificato capace di assolvere ai compiti per i quali era stato formato e in grado di rendere immediatamente operative le suddette strutture -:
quali iniziative intenda attivare il Governo nei confronti dei vertici aziendali delle Poste italiane affinché gli accordi sottoscritti siano onorati, evitando, altresì, che le risorse finanziarie impegnate per rendere funzionali le sedi si traducano in una perdita secca, il cui costo finirebbe comunque per gravare sui contribuenti, e in qual modo voglia adoperarsi affinché si giunga ad un incontro con le parti sociali, onde evitare che dall'intera operazione possa derivare un'ulteriore perdita di posti di lavoro in un momento così delicato per la vita economica e sociale dell'intera regione.
(3-00929)

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
molte piccole e medie imprese sono oggi seriamente minacciate dalla sleale concorrenza proveniente dai Paesi del Sud-Est asiatico, dove i metodi di produzione sono difficilmente controllabili dall'Unione europea e la qualità dei prodotti non è sempre garantita;
la forte crisi che attraversa il mercato del made in Italy si ripercuote inevitabilmente sul sistema economico del Paese, facendo emergere, quindi, la necessità di adottare, in ambito comunitario, più stringenti disposizioni per la tutela dei prodotti nazionali ed europei dalla concorrenza sleale praticata da questi Paesi;
in sede europea è stata recentemente adottata una nuova proposta di regolamento europeo, la prima mai approvata risale al 2005, che rende obbligatoria l'etichettatura su dieci grandi aree merceologiche di straordinario e strategico interesse per le produzioni italiane, tra le quali figurano il tessile, l'abbigliamento e la calzatura, insieme a tante altre;
il Governo italiano, anche durante l'esame della proposta di legge Reguzzoni, Versace ed altri n. 2624 e abbinate sulla commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri ha più volte manifestato il suo impegno, in ambito comunitario, a favorire l'adozione di un sistema di etichettatura sui prodotti importati nell'Unione europea e, quindi, realizzati nei Paesi extracomunitari;
recentemente il Governo italiano ha, ad esempio, accolto un ordine del giorno sull'introduzione di dazi antidumping più rigorosi per contrastare l'ingresso nell'Unione europea di tubi senza saldatura

importati dalla Cina, i cui contenuti sono stati poi recepiti in ambito comunitario;
le recenti dichiarazioni alla stampa del Vice Ministro dello sviluppo economico, Adolfo Urso, che ha chiesto all'Unione europea di valutare la proposta di abolizione dei dazi sulle materie afferenti a sette categorie merceologiche, che coinvolgono, in particolare, il tessile e la siderurgia, risultano contraddittorie rispetto alle azioni fino ad oggi intraprese dal Governo e dal Parlamento italiano per la tutela dei prodotti made in Italy;
la sospensione unilaterale delle barriere doganali genererebbe la libera circolazione delle merci nel territorio dell'Unione europea con danni irreparabili al tessuto produttivo del Paese, che non è in grado di sostenere l'aggressiva concorrenza di Paesi terzi, ingiustamente favorita da costi di produzione e di manodopera assolutamente inferiori rispetto ai prezzi medi praticati nei mercati europei -:
se il Ministro interrogato intenda chiarire la posizione del Governo su quanto riportato in premessa, confermando una politica commerciale intesa ad applicare, quando possibile ed opportuno, le misure doganali necessarie ad impedire pratiche di concorrenza sleale.
(3-00930)

DELLA VEDOVA, POLIDORI e BALDELLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le piccole e medie imprese rappresentano oggi una realtà di particolare rilevanza nel panorama economico nazionale, anche in considerazione del significativo contributo da queste fornito allo sviluppo e all'applicazione delle più avanzate tecnologie;
gli effetti della crisi stanno mettendo in grande difficoltà gran parte delle piccole e medie imprese, che svolgono attività di ricerca e di sperimentazione e che costituiscono l'offerta di tecnologia avanzata, essendo considerate importanti infrastrutture di ricerca a servizio del tessuto economico;
queste imprese ad elevatissimo investimento in forza lavoro specializzata e dotate di grandi patrimoni immateriali, costituiti da brevetti, modelli e marchi, devono, inoltre, far fronte alla crescente concorrenza internazionale. Sempre più spesso si segnalano casi di piccole e medie imprese in difficoltà, con il rischio che l'acquisizione delle stesse da parte di imprese estere - e la conseguente migrazione delle eccellenze - sia dovuta non ad una scelta deliberata, ma alle ristrettezze finanziarie;
per fare fronte alla crisi in atto, una delle misure da sostenere è, sicuramente, quella diretta all'incremento delle attività di ricerca e sviluppo tecnologico, prevedendo condizioni privilegiate per il finanziamento pubblico alle azioni messe in atto dalle imprese che si orientano in questa direzione;
è necessario, quindi, mettere in atto interventi finanziari per sostenere l'operatività delle imprese che svolgono ricerca, sperimentazione e sviluppo in nuove tecnologie, per l'immediato ed il medio periodo;
i settori strategici che bisognerebbe incentivare sono, soprattutto: salute e nuove tecnologie per la vita; efficienza energetica, energie rinnovabili e bioenergie; mobilità sostenibile; agro-food e biotecnologie confinate; tecnologie dell'informazione e della comunicazione; nanotecnologie, nanoscienze e nanomedicina; nuove tecnologie per il made in Italy; tecnologie innovative per i beni culturali, nuovi materiali e nuove tecnologie di produzione e per la conservazione del patrimonio -:
se il Ministro interrogato non intenda intervenire con strumenti finanziari volti a favorire il superamento della congiuntura negativa che ha coinvolto le piccole e medie imprese e se al riguardo non intenda attivarsi affinché alle aziende che

operano nel campo della ricerca, dello sviluppo tecnologico e della fornitura di tecnologie innovative siano concesse specifiche linee di credito per fare fronte alla loro mancanza di liquidità.
(3-00931)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
esistono progetti di tre società per la realizzazione di tre parchi eolici off shore nei tratti di mare del Golfo degli Angeli fra Cagliari e Sarroch (due) e del Golfo di Palmas (uno), davanti a S. Antioco che riguarderebbero complessivamente 70 pale eoliche nel Golfo degli Angeli ed altre 30 nel Golfo di Palmas, a circa 5 miglia dalla costa, mentre le concessioni demaniali richieste sarebbero comprese fra 30 e 50 anni;
secondo quanto riferisce l'Unione Sarda del 9 ottobre 2009, i nomi delle società sarebbero top secret (tranne quello della Trevi Energy di Cesena, capitale sociale di un milione di euro);
le tre società avrebbero presentato i progetti al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti per una richiesta di concessione demaniale della durata, a seconda del piano d'investimento, che varia tra i 30 e i 50 anni;
tutte le zone interessate subirebbero pesanti vincoli alla navigazione da diporto ed alla pesca, nonché un forte impatto sul paesaggio, mentre tutti da dimostrare sarebbero i vantaggi delle suddette operazioni;
gli elaborati tecnici descrivono una produzione di energia potenziale che risulterebbe superiore a quella prevista dal piano regionale del 2006. Una media di 99 megawatt potenziali, da produrre per ogni impianto, supererebbe i 300 del cavo che collega l'isola con il resto d'Italia;
questi progetti dunque non rientrerebbero nella pianificazione regionale in materia, il cui fabbisogno energetico non ne sente alcun bisogno e sembrano, a parere degli interroganti, dettati più da esigenze speculative (esempio certificati verdi) che da effettive necessità;
gli uffici dell'organo periferico del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, la capitaneria di porto di Cagliari, non avrebbero né confermato né smentito affermando che «Possiamo parlare di ipotesi di scuola - dicono dall'ufficio - se queste domande fossero state presentate (la prima risale alla metà del 2008, l'ultima all'aprile del 2009 ndr) sarebbero state inoltrate ai nostri uffici per la fase istruttoria: a noi tocca esaminare la fattibilità, tenendo conto della sicurezza della navigazione e della compatibilità con le attività commerciali e mercantili che in quel tratto di mare si svolgono»;
sempre secondo quanto riferito dall'Unione Sarda, i sindaci di Cagliari e Sarroch Emilio Floris e Mauro Cois non sarebbero stati interpellati ma avrebbero espresso una tendenziale contrarietà ai parchi eolici marini perché deturpano l'ambiente e vanno contro lo spirito della legge regionale sull'energia, che prevede che vadano installati nelle zone industriali;
le associazioni ecologiste Gruppo d'Intervento Giuridico e Amici della Terra hanno inoltrato il 9 ottobre 2009 un puntuale atto di opposizione al rilascio delle concessioni demaniali marittime alla capitaneria di porto di Cagliari ed al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
la valutazione ambientale in tali casi può essere considerata secondo un'interpretazione della legislazione vigente (legge n. 99 del 23 luglio 2009) come afferente allo Stato e non alla regione -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;

quali iniziative si intendano adottare a tutela dei beni ambientali e paesaggistici minacciati da tale intervento;
quali misure si intendano adottare per assicurare massima trasparenza all'intera operazione perché chiunque possa comprendere quali siano gli effettivi benefici e vantaggi dell'operazione per l'intera collettività.
(4-06242)

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Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Livia Turco e altri n. 1-00326, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Villecco Calipari, Zampa.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Ghizzoni n. 4-06180 del 18 febbraio 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta orale Occhiuto n. 3-00702 dell'8 ottobre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06247;
interrogazione a risposta scritta Montagnoli n. 4-06210 del 19 febbraio 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-02536.