XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 11 marzo 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'8 GIUGNO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
Cuba è una repubblica socialista retta da un sistema di governo autoritario che impedisce la competizione politica democratica tra partiti e candidati plurali;
Cuba ha da febbraio 2009 come capo di stato e di governo il Generale Raul Modesto Castro Ruz, fratello del lider maximo Fidel Castro;
il sistema politico e di Governo attuale a Cuba è la conseguenza della rivoluzione castrista che ha portato alla destituzione di Fulgenzio Batista nel 1959;
ad oggi il Paese mantiene la pena di morte, pur non effettuando esecuzioni dall'aprile 2003;
la libertà di espressione è limitata, con tutti i principali mezzi di comunicazione di massa sotto fermo controllo da parte dello Stato;
il sistema giudiziario e i suoi membri sono eletti dall'Assemblea Nazionale, ossia tribunali e procuratori sono sotto il controllo governativo e, come ha riportato Amnesty International, il sistema giudiziario ha continuato ad essere usato come arma per intimidire i dissidenti politici;
come ha dichiarato Amnesty International, nel rapporto annuale 2009 su Cuba, le restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di riunione sono molto severe e sistematiche. Giornalisti e dissidenti politici sono di continuo oggetto di vessazioni e maltrattamenti da parte di agenti di sicurezza;
in questo contesto di repressione è emerso il caso del dissidente cubano Orlando Zapata Tamayo. Infatti, il 23 febbraio 2010, come hanno riportato le principali testate giornalistiche italiane tra cui il Corriere della Sera, è morto il dissidente cubano Orlando Zapata Tamayo;
Zapata è il primo detenuto politico che muore per sciopero della fame a Cuba dal 1972;
il dissidente cubano, 42 anni, è morto all'ospedale dell'Avana, dove era ricoverato dopo 85 giorni di sciopero della fame, iniziativa non violenta con la quale intendeva denunciare le pessime condizioni detentive in cui si trovava da molti anni;
Zapata era, infatti, stato arrestato nel corso della massiccia repressione del 18 marzo 2003 - nota come Primavera nera - insieme a un gruppo di 75 attivisti democratici, intellettuali e sindacalisti e ad oggi 20 di loro sono stati rilasciati per ragioni di salute, ed era stato condannato a 36 anni di detenzione per diversi reati, fra cui «vilipendio di Fidel Castro»;
il presidente Raùl Castro si è detto dispiaciuto di fronte a tale evento, dichiarando che il decesso è «il risultato dei rapporti con gli Stati Uniti e del loro comportamento», e che «a Cuba non ci sono torturati, non ci sono stati torturati, non c'e stata alcuna esecuzione e queste cose succedono alla base di Guantanamo»;
di opposto tenore sono invece le dichiarazioni sia del Direttorio democratico cubano di Miami, secondo cui Zapata «è stato assassinato dal regime castrista che gli ha negato i diritti più elementari» sia di Oswaldo Paya, leader del Movimento cristiano di liberazione, che ha aggiunto che Zapata è morto per difendere «la libertà, i diritti e la dignità di tutti i cubani»;
come ha inoltre, affermato il portavoce della Commissione cubana per i diritti e la riconciliazione nazionale, sono almeno 126 le persone che sono state fermate a Cuba dopo la morte di Zapata, tra le quali la blogger Yoani Sanchez, famosa per le critiche mosse al governo

cubano, mentre 30 sono le persone arrestate alla vigilia del funerale del dissidente cubano;
il 4 marzo 2010, a Yoani Sanchez è stato negato il permesso di uscire dal paese per andare a un congresso internazionale in Cile. Tale negazione è un'altra arma usata dal Governo nei confronti delle persone che protestano contro il regime;
dalle pagine de La Repubblica, si è avuta anche notizia il 4 marzo 2010, che Guillermo Farinas, 48 anni, giornalista e dissidente cubano ha da circa una settimana, a seguito della morte di Zapata, iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione di 26 detenuti politici in gravi condizioni di salute;
Guillermo Farinas è stato ricoverato lo scorso 3 marzo in gravi condizioni all'ospedale di Santa Clara, dopo aver sofferto uno shock ipoglicemico ed essere rimasto incosciente;
in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais Farinas ha dichiarato: «sono determinato a proseguire nella protesta e pronto ad andare fino al martirio»;
secondo quanto ha riportato Amnesty International, la situazione del rispetto dei diritti umani a Cuba è tale che:
a oggi ci sono 58 prigionieri di coscienza, di cui 55 facenti parte del gruppo dei 75 che insieme a Zapata sono stati arrestati nel 2003, e la maggior parte di loro è stata giudicata colpevole di reati come «aver agito contro l'indipendenza dello Stato», di aver ricevuto fondi e/o materiale dal governo degli Usa, con l'obiettivo di svolgere attività valutate sovversive e dannose; di aver pubblicato articoli o interviste su mezzi d'informazione finanziati dagli Usa, oppure aver avuto contatti con organizzazioni internazionali per i diritti umani, con gruppi e singole persone ritenute ostili al governo dell'Avana;
le accuse mosse agli arrestati, come nel caso di Zapata, concernono reati per i quali il Codice penale cubano prevede pene più severe come la violazione dell'articolo 91 del Codice penale (esso prevede condanne da dieci a venti anni o la pena di morte per chiunque, «nell'interesse di uno Stato straniero, abbia compiuto atti finalizzati alla messa in pericolo dell'indipendenza dello Stato cubano o della sua integrità territoriale»), la legge 88 (essa prevede lunghi periodi di detenzione per chi sia trovato colpevole di sostenere la politica degli Stati Uniti, volta a «scardinare l'ordine interno, destabilizzare il Paese e distruggere lo Stato socialista e l'indipendenza di Cuba»), o entrambi;
lo stesso diritto dei dissidenti ad avere una difesa indipendente è negato dal fatto che gli avvocati sono nominati dal governo cubano e potrebbero quindi esitare a sfidare i procuratori o rigettare le prove prodotte dai servizi d'intelligence dello Stato;
le condizioni di prigionia sono disumane: le celle sono molto piccole (2x1 m), senza bagno né mobilio; sono prive di acqua potabile, spesso infestate da ratti, topi e blatte; i prigionieri non sono autorizzati a uscire, a ricevere visite, a fare esercizio fisico, e in alcuni casi non possono coprirsi con indumenti né avere coperte e lenzuola. Sono riportate, inoltre, notizie di consueti maltrattamenti per opera di guardie carcerarie;
vi sono inoltre casi di detenuti che stanno subendo condizioni detentive analoghe a quelle di Zapata, quali ad esempio:
1) Marcelo Cano Rodriguez, oppositore politico e difensore dei diritti umani. È stato arrestato a Las Tunas il 25 marzo 2003, mentre stava indagando sull'arresto di un altro dissidente, Jorge Luis Garda Paneque. È stato condannato a 18 anni per aver visitato prigionieri e incontrato le loro famiglie per conto della Commissione cubana dei diritti umani e la riconciliazione nazionale e aver tenuto rapporti con l'organizzazione internazionale

Medici senza frontiere. È ora detenuto nel carcere Ariza di Cienfuegos, a 250 chilometri di distanza dal suo domicilio nella capitale L'Avana, cosa che rende difficili le visite dei familiari;
2) Victor Rolando Arroyo Carmona, un bibliotecario indipendente e vicepresidente dell'organizzazione Forum per la riforma. È stato arrestato il 18 marzo 2003 e condannato, neanche tre settimane dopo, a 26 anni di carcere. Secondo il capo d'accusa, aveva costituito una biblioteca contenente oltre 6000 volumi di carattere «reazionario», aveva collaborato con agenzie di stampa non accreditate presso il Governo cubano e aveva vinto il premio «Hellman/Hammet» di Human Rights Watch. Si trova nella prigione Cuba Sì nella provincia di Hoiguìn;
3) Darsi Ferrer, direttore del Centro per la salute e i diritti umani Juan Bruno Zayas, arrestato nel luglio 2009 con la falsa accusa di aver ricevuto beni ottenuti illegalmente, imputazione che normalmente è conciliata con il pagamento di una cauzione, mentre Ferrer è stato sottoposto a processo e si trova in una prigione di massima sicurezza, riservata ai condannati per reati violenti;
Cuba ha solo firmato, ma non ancora ratificato, l'Accordo internazionale sui diritti civili e politici, che garantisce la libertà di espressione, riunione e associazione; non applica i principi delle Nazioni Unite per la tutela di tutte le persone soggette a qualsiasi forma di detenzione o carcerazione, e gli standard internazionali per il trattamento dei prigionieri, la cui applicazione garantirebbe a tutti i detenuti un giusto processo e il diritto di avere un avvocato difensore;
a seguito delle conclusioni del Consiglio del giugno 2008 Cuba e l'Unione europea hanno ufficialmente ripreso il dialogo con l'obiettivo di discutere tutta una serie di potenziali settori di cooperazione tra i quali anche i diritti umani;
dal 2003 fino a tale decisione del 2008 l'Unione europea aveva imposto sanzioni in seguito all'arresto il 18 marzo 2003 di 75 prigionieri di coscienza tra i quali anche Zapata;
le conclusioni del Consiglio del giugno 2009 hanno ribadito la scelta del dialogo con Cuba, decidendo di includere anche la questione dei prigionieri politici e sarà nel giugno 2010 che il Consiglio valuterà il futuro di tale dialogo,

impegna il Governo:

affinché nelle sedi internazionali, a partire dal'Unione europea, in particolare in vista delle decisioni del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2010, assuma una posizione che chieda, in parallelo al dialogo per il rafforzamento delle relazioni economiche e politiche con Cuba, un maggiore rispetto delle norme di diritto internazionale in materia di diritti umani, a partire dalla liberazione dei prigionieri di coscienza attualmente detenuti a Cuba;
in vista del Consiglio Unione europea del giugno 2010, e in assenza di atti concreti di miglioramento della condizione dei detenuti politici cubani, a chiedere che l'Unione europea assuma sanzioni economiche individuali e restrizioni nella concessione dei visti agli esponenti del Governo cubano responsabili di violazioni;
a chiedere al Governo cubano di revocare la legge 88 e normative simili che favoriscono l'arresto di prigionieri di coscienza e restringono illegalmente l'esercizio delle libertà fondamentali;
a chiedere in ogni contatto bilaterale con il Governo cubano la liberazione dei detenuti politici, a partire da quelli in gravi condizioni di salute e che rischiano la vita;
a chiedere che il Governo cubano autorizzi la Croce rossa internazionale a visitare i detenuti a Cuba;

a prevedere che in occasione della Festa della Repubblica italiana, ogni 2 giugno, l'Ambasciata italiana a Cuba inviti alle celebrazioni ufficiali anche gli esponenti della società civile, dei sindacati autonomi e del mondo intellettuale indipendente cubano oltre alle autorità cubane.
(1-00344)
«Mecacci, Zamparutti, Bernardini, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Touadi, Ferrari, Bachelet, Colombo, Sarubbi, Laratta, Baretta, Fiano, Barbi».

NUOVA FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
Cuba è una Repubblica socialista retta da un sistema di governo autoritario, che impedisce la competizione politica democratica tra partiti e candidati plurali;
Cuba ha da febbraio 2009 come Capo di stato e di governo il generale Raul Modesto Castro Ruz, fratello del lider maximo Fidel Castro;
il sistema politico e di Governo attuale a Cuba è la conseguenza della rivoluzione castrista che ha portato alla destituzione di Fulgenzio Batista nel 1959;
ad oggi il Paese mantiene la pena di morte, pur non effettuando esecuzioni dall'aprile 2003;
la libertà di espressione è limitata, con tutti i principali mezzi di comunicazione di massa sotto fermo controllo da parte dello Stato;
il sistema giudiziario e i suoi membri sono eletti dall'Assemblea nazionale, ossia tribunali e procuratori sono sotto il controllo governativo e, come ha riportato Amnesty international, il sistema giudiziario ha continuato ad essere usato come arma per intimidire i dissidenti politici;
come ha dichiarato Amnesty international, nel rapporto annuale 2009 su Cuba, le restrizioni alle libertà di espressione, di associazione e di riunione sono molto severe e sistematiche. Giornalisti e dissidenti politici sono di continuo oggetto di vessazioni e maltrattamenti da parte di agenti di sicurezza;
in questo contesto di repressione è emerso il caso del dissidente cubano Orlando Zapata Tamayo. Infatti, il 23 febbraio 2010, come hanno riportato le principali testate giornalistiche italiane, tra cui Il Corriere della Sera, è morto il dissidente cubano Orlando Zapata Tamayo;
Zapata è il primo detenuto politico che muore per sciopero della fame a Cuba dal 1972;
il dissidente cubano, 42 anni, è morto all'ospedale dell'Avana, dove era ricoverato dopo 85 giorni di sciopero della fame, iniziativa non violenta con la quale intendeva denunciare le pessime condizioni detentive in cui si trovava da molti anni;
Zapata, infatti, era stato arrestato nel corso della massiccia repressione del 18 marzo 2003 - nota come «Primavera nera» - insieme a un gruppo di 75 attivisti democratici, intellettuali e sindacalisti (ad oggi 20 di loro sono stati rilasciati per ragioni di salute) ed era stato condannato a 36 anni di detenzione per diversi reati, fra cui «vilipendio di Fidel Castro»;
il Presidente Raul Castro si è detto dispiaciuto di fronte a tale evento, dichiarando che il decesso è «il risultato dei rapporti con gli Stati Uniti e del loro comportamento» e che «a Cuba non ci sono torturati, non ci sono stati torturati, non c'è stata alcuna esecuzione e queste cose succedono alla base di Guantanamo»;
di opposto tenore sono invece le dichiarazioni sia del Direttorio democratico cubano di Miami, secondo cui Zapata «è stato assassinato dal regime castrista che gli ha negato i diritti più elementari», sia di Oswaldo Paya, leader del Movimento cristiano di liberazione, che ha aggiunto che Zapata è morto per difendere «la libertà, i diritti e la dignità di tutti i cubani»;
come ha, inoltre, affermato il portavoce della Commissione cubana per i diritti e la riconciliazione nazionale, sono almeno 126 le persone che sono state fermate a Cuba dopo la morte di Zapata, tra le quali la blogger Yoani Sanchez, famosa per le critiche mosse al Governo cubano, mentre 30 sono le persone arrestate alla vigilia del funerale del dissidente cubano;
4 marzo 2010 a Yoani Sanchez è stato negato il permesso di uscire dal Paese per andare a un congresso internazionale in Cile. Tale negazione è un'altra arma usata dal Governo nei confronti delle persone che protestano contro il regime;
dalle pagine de la Repubblica si è avuta anche notizia, il 4 marzo 2010, che Guillermo Farinas, 48 anni, giornalista e dissidente cubano ha da circa una settimana, a seguito della morte di Zapata, ha iniziato uno sciopero della fame per chiedere la liberazione di 26 detenuti politici in gravi condizioni di salute;
Guillermo Farinas è stato ricoverato il 3 marzo 2010 in gravi condizioni all'ospedale di Santa Clara, dopo aver sofferto uno shock ipoglicemico ed essere rimasto incosciente;
in un'intervista al quotidiano spagnolo El Pais Farinas ha dichiarato: «sono determinato a proseguire nella protesta e pronto ad andare fino al martirio»;
secondo quanto ha riportato Amnesty international, la situazione del rispetto dei diritti umani a Cuba è tale che:
a) a oggi ci sono 58 prigionieri di coscienza, di cui 55 facenti parte del gruppo dei 75 che insieme a Zapata sono stati arrestati nel 2003, e la maggior parte di loro è stata giudicata colpevole di reati come «aver agito contro l'indipendenza dello Stato», di aver ricevuto fondi e/o materiale dal Governo degli Usa, con l'obiettivo di svolgere attività valutate sovversive e dannose; di aver pubblicato articoli o interviste su mezzi d'informazione finanziati dagli Usa, oppure aver avuto contatti con organizzazioni internazionali per i diritti umani, con gruppi e singole persone ritenute ostili al Governo dell'Avana;
b) le accuse mosse agli arrestati, come nel caso di Zapata, concernono reati per i quali il codice penale cubano prevede pene più severe, come la violazione dell'articolo 91 del codice penale (esso prevede condanne da dieci a venti anni o la pena di morte per chiunque «nell'interesse di uno Stato straniero, abbia compiuto atti finalizzati alla messa in pericolo dell'indipendenza dello Stato cubano o della sua integrità territoriale»), la legge 88 (essa prevede lunghi periodi di detenzione per chi sia trovato colpevole di sostenere la politica degli Stati Uniti, volta a «scardinare l'ordine interno, destabilizzare il Paese e distruggere lo Stato socialista e l'indipendenza di Cuba») o entrambi;
c) lo stesso diritto dei dissidenti ad avere una difesa indipendente è negato dal fatto che gli avvocati sono nominati dal Governo cubano e potrebbero, quindi, esitare a sfidare i procuratori o rigettare le prove prodotte dai servizi d'intelligence dello Stato;
d) le condizioni di prigionia sono disumane: le celle sono molto piccole (un metro per due), senza bagno né mobilio; sono prive di acqua potabile, spesso infestate da ratti, topi e blatte; i prigionieri non sono autorizzati a uscire, a ricevere visite, a fare esercizio fisico e in alcuni casi non possono coprirsi con indumenti, né avere coperte e lenzuola. Sono riportate, inoltre, notizie di consueti maltrattamenti per opera di guardie carcerarie;
vi sono, inoltre, casi di detenuti che stanno subendo condizioni detentive analoghe a quelle di Zapata, quali, ad esempio:
a) Marcelo Cano Rodriguez, oppositore politico e difensore dei diritti umani. È stato arrestato a Las Tunas il 25 marzo 2003, mentre stava indagando sull'arresto di un altro dissidente, Jorge Luis Garda Paneque. È stato condannato a 18 anni per aver visitato prigionieri e incontrato le loro famiglie per conto della Commissione cubana dei diritti umani e la riconciliazione nazionale e aver tenuto rapporti con l'organizzazione internazionale Medici senza frontiere. È ora detenuto nel carcere Ariza di Cienfuegos, a 250 chilometri di distanza dal suo domicilio nella capitale L'Avana, cosa che rende difficili le visite dei familiari;
b) Victor Rolando Arroyo Carmona, un bibliotecario indipendente e vicepresidente dell'organizzazione Forum per la riforma. È stato arrestato il 18 marzo 2003 e condannato, neanche tre settimane dopo, a 26 anni di carcere. Secondo il capo d'accusa, aveva costituito una biblioteca contenente oltre 6000 volumi di carattere «reazionario», aveva collaborato con agenzie di stampa non accreditate presso il Governo cubano e aveva vinto il premio «Hellman/Hammet» di Human rights watch. Si trova nella prigione «Cuba Sì» nella provincia di Holguìn;
c) Darsi Ferrer, direttore del Centro per la salute e i diritti umani Juan Bruno Zayas, arrestato nel luglio 2009 con la falsa accusa di aver ricevuto beni ottenuti illegalmente: imputazione che normalmente è conciliata con il pagamento di una cauzione, mentre Ferrer è stato sottoposto a processo e si trova in una prigione di massima sicurezza, riservata ai condannati per reati violenti;
Cuba ha solo firmato, ma non ancora ratificato, l'accordo internazionale sui diritti civili e politici, che garantisce la libertà di espressione, riunione e associazione; non applica i principi delle Nazioni Unite per la tutela di tutte le persone soggette a qualsiasi forma di detenzione o carcerazione e gli standard internazionali per il trattamento dei prigionieri, la cui applicazione garantirebbe a tutti i detenuti un giusto processo e il diritto ad avere un avvocato difensore;
a seguito delle conclusioni del Consiglio del giugno 2008, Cuba e l'Unione europea hanno ufficialmente ripreso il dialogo con l'obiettivo di discutere tutta una serie di potenziali settori di cooperazione, tra i quali anche i diritti umani;
dal 2003 fino a tale decisione del 2008 l'Unione europea aveva imposto sanzioni in seguito all'arresto il 18 marzo 2003 di 75 prigionieri di coscienza, tra i quali anche Zapata;
le conclusioni del Consiglio del giugno 2009 hanno ribadito la scelta del dialogo con Cuba, decidendo di includere anche la questione dei prigionieri politici e di prevedere «se del caso, le visite ad alto livello comprenderanno incontri con l'opposizione democratica pacifica» e sarà nel giugno 2010 che il Consiglio valuterà il futuro di tale dialogo;
la politica di embargo commerciale nei confronti di Cuba da parte degli Stati Uniti è oggetto di una riflessione e di una revisione da parte dell'amministrazione Obama: tale politica si è rivelata inadeguata rispetto ai suoi obiettivi;
nelle settimane scorse, a seguito dell'iniziativa non violenta in corso di Farinas, vi è stato il primo incontro tra il cardinale Jaime Ortega, arcivescovo dell'Avana, e Raul Castro, nel corso del quale sono state anche discusse le richieste di Farinas di liberazione dei detenuti politici che sono in cattive condizioni di salute;
dopo tale incontro, alcuni detenuti sono stati trasferiti in carceri più vicine alle famiglie e il commento di Farinas e di altri dissidenti cubani è stato di un fatto positivo, ma non ancora sufficiente,

impegna il Governo:

affinché nelle sedi internazionali, a partire dall'Unione europea, in particolare in vista delle decisioni del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2010, assuma una posizione che chieda, in parallelo al dialogo per il rafforzamento delle relazioni economiche e politiche con Cuba, un maggiore rispetto delle norme di diritto internazionale in materia di diritti umani, a partire dalla liberazione dei prigionieri di coscienza attualmente detenuti a Cuba, e che preveda contatti diretti delle autorità politiche dei Paesi europei con l'opposizione democratica pacifica;
in vista del Consiglio dell'Unione europea del giugno 2010 e in assenza di ulteriori atti concreti di miglioramento della condizione dei detenuti politici cubani, a partire dalla liberazione dei detenuti affetti da malattie, a chiedere che l'Unione europea assuma sanzioni economiche individuali e restrizioni nella concessione dei visti agli esponenti del Governo cubano responsabili di violazioni;
a chiedere che l'Unione europea si consulti con l'amministrazione americana per arrivare alla rimozione dell'embargo commerciale nei confronti di Cuba da parte degli Stati Uniti, sulla base del dibattito che finalmente si è aperto negli Usa su questa misura;
a chiedere al Governo cubano di revocare la legge 88 e normative simili che favoriscono l'arresto di prigionieri di coscienza e restringono illegalmente l'esercizio delle libertà fondamentali;
a chiedere in ogni contatto bilaterale dei Paesi membri dell'Unione europea con il Governo cubano la liberazione dei detenuti politici, a partire da quelli in gravi condizioni di salute e che rischiano la vita;
a chiedere che il Governo cubano autorizzi la Croce rossa internazionale a visitare i detenuti a Cuba;
a prevedere che in occasione della Festa della Repubblica italiana, ogni 2 giugno, l'ambasciata italiana a Cuba inviti alle celebrazioni ufficiali, oltre alle autorità cubane, anche gli esponenti della società civile, dei sindacati autonomi e del mondo intellettuale indipendente cubano.
(1-00344) (Nuova formulazione). «Mecacci, Zamparutti, Bernardini, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Touadi, Ferrari, Bachelet, Colombo, Sarubbi, Laratta, Baretta, Fiano, Barbi».

Risoluzioni in Commissione:

La V Commissione,
premesso che:
la legge finanziaria (legge n. 191 del 2009) la legge di bilancio (legge n. 192 del 2009), per il 2010, entrate in vigore, rispettivamente, il 1o ed il 14 gennaio 2010, ed il decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, si occupano di comunità montane;
in particolare, il comma 187 dell'articolo 2 della legge n. 191 del 2009, prevede la cessazione del concorso ordinario dello Stato al finanziamento delle comunità montane senza tuttavia definire in modo univoco le voci di finanziamento destinate a cessare, tanto che si rende necessario un intervento interpretativo urgente che risolva le incertezze, consentendo agli enti di poter predisporre il bilancio previsionale per il 2010;
le comunità montane ricevono trasferimenti erariali da parte dello Stato, sulla base di quanto dispone il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sotto forma di: contributi ordinari, contributi consolidati, fondo sviluppo investimenti;
la disposizione che prevede il taglio al finanziamento delle comunità montane previsto dall'articolo 34 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve essere interpretata in modo coerente e sistematico con le altre norme contenute nella stessa legge n. 191 del 2009 e nel decreto-legge n. 2 del 2010, che prevedono nuovi specifici titoli di finanziamento per le comunità montane, che evidentemente si intendeva eliminare;
il taglio dei finanziamenti deve essere ricondotto esclusivamente alle componenti del fondo ordinario di cui all'articolo 34 del decreto legislativo n. 504 del 1992, espressamente citato dalla norma, e quindi al contributo ordinario e al contributo consolidato disciplinati alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 34, con esclusione invece del fondo «sviluppo investimenti» che trova disciplina e finanziamento in norme diverse (articolo 28, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504), anche per non pregiudicare il pagamento delle rate di mutuo in essere;
secondo una interpretazione coerente e sistematica del quadro normativo, la cessazione dal finanziamento del contributo ordinario non si estende alle nuove ulteriori risorse stanziate dalla stessa legge finanziaria, all'articolo 2, comma 23, e dal decreto-legge n. 2 del 2010, all'articolo 4, comma 2, né agli «altri contributi» previsti per finanziare gli oneri contrattuali pregressi 2004-2005 e non riconducibili al contributo ordinario «base»;
l'inciso con cui si chiude il primo periodo dell'articolo 2, comma 187, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, per cui lo Stato cesserebbe di concorrere al finanziamento previsto anche «dalle altre disposizioni di legge relative alle comunità montane» ha l'evidente scopo di favorire una interpretazione estensiva del taglio che si pone in contraddizione con quanto sopra evidenziato, e che è comunque suscettibile di determinare una grave incertezza circa l'esatta estensione dei finanziamenti statali che verrebbero a mancare a partire dal corrente anno;
i nuovi tagli dei trasferimenti alle comunità montane vengono ad assommarsi

a quelli già operati con la legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007) e dal decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, che già avevano comportato gravissimi problemi alle comunità montane, la maggioranza delle quali subendo ulteriori tagli si troverà nella oggettiva impossibilità di chiudere i propri bilanci;
a tali tagli viene ad aggiungersi il mancato finanziamento, per l'anno 2010, del fondo nazionale per la montagna, che rappresenta una fondamentale risorsa per lo sviluppo dei territori montani;
le comunità montane vennero istituite negli anni settanta dalla legge dello Stato come enti sovracomunali obbligatori, che in quanto tali iniziarono ad operare dotandosi del personale necessario allo svolgimento delle funzioni assegnate, ed essendo enti che vivono quasi esclusivamente di finanza derivata, con l'azzeramento dei fondi statali esse non potranno - e in alcuni casi già non possono per i rilevantissimi tagli già intervenuti - assicurare il pagamento degli stipendi al personale e sostenere le spese vive di funzionamento;
attualmente, sono oltre 5.000 in Italia i dipendenti delle comunità montane e la delicata situazione di tale personale alla luce dell'azzeramento dei fondi statali è già stata posta, all'attenzione delle organizzazioni sindacali sia a livello statale che a livello regionale;
una parte consistente del personale delle comunità montane è stato, oltretutto, assunto sulla base di leggi statali speciali di sostegno all'occupazione (legge n. 285 del 1977 e legge n. 730 del 1986), normative in base alle quali lo Stato si fece carico del relativo onere finanziario sine die mediante attribuzione del contributo consolidato; tale personale è tutt'ora in servizio presso le medesime comunità;
lo Stato deve farsi carico di tutte le misure necessarie al fine di tutelare il personale attualmente in servizio presso le comunità montane o di attuare le misure idonee a garantire un diverso impiego dello stesso personale;
risulta indispensabile un chiarimento interpretativo univoco da parte del Governo circa l'esatta estensione dei tagli decisi, necessario peraltro anche per definire le nuove entrate su cui potranno contare i comuni di cui al secondo e terzo periodo dell'articolo 2, comma 187, della legge n. 191 del 2009, che saranno destinatari del 30 per cento delle risorse tagliate alle comunità montane;
nel caso in cui, a fronte dei nuovi tagli, le comunità montane non riescano a predisporre i propri bilanci, si renderà necessario, ai sensi, da ultimo, dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 2 del 2010, decorso il termine di legge (quest'anno il 30 aprile), che - ove le comunità montane non vi provvedano direttamente a norma dei propri statuti - i prefetti territorialmente competenti nominino un commissario per la predisposizione dello schema e per l'approvazione del bilancio;
alle comunità montante non è applicabile la disciplina del dissesto finanziario di cui all'articolo 244 del decreto legislativo n. 267 del 2000, anche se tali enti presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di squilibrio, per cui ad essi non è applicabile la procedura di risanamento fissata dal medesimo testo unico degli enti locali, anche se essi potranno considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie ai sensi dell'articolo 242 del testo unico medesimo;
deve essere affrontata la questione sostanziale del pagamento dei debiti iscritti a bilancio, primo tra tutti quello del pagamento degli stipendi del personale dipendente, considerato che né le comunità montane né i comuni ad esse aderenti possono farsi carico autonomamente di tali costi in un sistema di finanza derivata, che peraltro opera ancora anche per le regioni;

neppure le regioni sono tenute a farsi carico di tali costi, ed anch'esse risentono nella promozione delle loro politiche di ausilio dei vincoli della finanza pubblica e della mancata attuazione del federalismo fiscale;
pur rientrando la disciplina delle comunità montante nelle materie di competenza legislativa regionale residuale, l'eventuale soppressione di tali enti, istituiti dalla legge statale ed oggi riordinati dalle regioni in attuazione di una legge, anch'essa statale (legge n. 244 del 2007), deve necessariamente essere concordata tra i livelli di governo interessati, sia con riferimento alle modalità che con riguardo alle ricadute finanziarie ed alla garanzia dei diritti dei lavoratori e dei cittadini, che devono essere necessariamente presidiate dal sistema istituzionale nel suo complesso,

impegna il Governo

nell'approssimarsi dei decreti delegati attuativi della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale, e in relazione all'iter di approvazione della Carta delle autonomie locali, a convocare con urgenza un incontro istituzionale fra Governo, regioni ed enti locali per chiarire la portata applicativa delle norme richiamate, per la tutela dei dipendenti, per il rispetto degli impegni finanziari pregressi, per concertare la fase di transizione ed i carichi finanziari fra i soggetti interessati e per concordare una politica unitaria di Stato, regioni ed enti locali a favore della montagna e dei territori montani.
(7-00287)
«Vannucci, Baretta, Marchi, Cenni, Quartiani, Ciccanti».

La VIII Commissione,
premesso che:
il corridoio Tirreno-Brennero (TI.BRE.) rappresenta un'infrastruttura importantissima per il collegamento, la distribuzione delle merci e la mobilità delle persone, anche ai fini della connessione del sistema portuale italiano dell'alto Tirreno con i mercati del Nord Europa;
il 18 aprile 2003 è stata sottoscritta un'intesa generale quadro tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Dipartimento per gli affari regionali e la regione Toscana, nella quale è stabilito, tra l'altro, che il potenziamento del corridoio Tirreno-Brennero riveste carattere strategico sia a livello nazionale che regionale;
il 19 dicembre 2003 è stata sottoscritta l'Intesa generale quadro tra la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Dipartimento per gli affari regionali e la regione Emilia-Romagna, nella quale si individuano come segmenti TI-BRE l'asse ferroviario Brennero-Verona-Parma-La Spezia e la tratta Parma-Suzzara-Poggiorusco-Ferrara;
Verona costituisce un punto nodale per la logistica ed il trasporto delle merci da e per l'Europa centrale, così come riconosciuto dalla programmazione dell'Unione europea poi riportata nel piano della logistica nazionale, poiché incrocio dei due progetti prioritari n.1 e n. 6, per la costituzione dei corridoi infrastrutturali n. 1 e n. 5 inseriti nelle Trans European Networks - TEN;
nel 1o programma delle infrastrutture pubbliche e private e degli insediamenti produttivi che assumono carattere strategico e di preminente interesse nazionale per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese, approvato dal Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) il 21 dicembre 2001, figura, tra gli altri, il potenziamento del corridoio ferroviario Tirreno-Brennero;
la delibera del CIPE n. 94 del 20 dicembre 2004 ha approvato il progetto preliminare del «raccordo autostradale

della CISA A15 - autostrada del Brennero A22 Fontevivo (PR) - Nogarole Rocca (VR)», per un limite di spesa dell'intervento di 1.832.718.915,05 euro;
la delibera del CIPE n. 10 del 6 marzo 2009 ha preso atto della ricognizione sullo stato del programma delle infrastrutture strategiche effettuato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti; tale programma include l'asse autostradale DISA tra le opere della legge obiettivo inserite in convenzioni autostradali;
il 22 gennaio 2010 è stato sottoscritto un protocollo d'intesa per la realizzazione di opere infrastrutturali funzionali al completamento del corridoio multimodale Tirreno-Brennero tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni, le province, i comuni, gli enti pubblici e gli organismi interessati alla realizzazione delle opere;
tale protocollo d'intesa riafferma con forza la validità strategica dell'opera e la sua rilevanza nazionale, in grado di favorire lo sviluppo di un sistema integrato di logistica e trasporti, con indubbi benefici sul piano economico e ambientale;
il 22 gennaio 2010 è stato approvato dal CIPE il progetto definitivo del primo lotto funzionale «Fontevivo-Terre Verdine» del prolungamento per Mantova (Nogarole Rocca) dell'autostrada della CISA; il costo del lotto è pari a 513 milioni di euro ed è a carico dei privati;
tale approvazione ha dato concreto avvio alla realizzazione di un'importante infrastruttura che si inserisce nell'asse plurimodale tirrenico comprendente il raddoppio della Pontremolese ferroviaria, il Tibre, e la Livorno - Civitavecchia, completando, in tal modo il sistema complessivo dei trasporti oggi costituito dal corridoio centrale appenninico e da quello adriatico;
il progetto definitivo approvato riguarda un tronco autostradale di circa 12 chilometri su un totale della lunghezza complessiva dell'autostrada pari a circa 82 chilometri;
le istituzioni locali e la regione Lombardia hanno fortemente invocato la realizzazione contestuale dell'intera infrastruttura, o almeno delle opere connesse, quali il completamento della circonvallazione o gronda di Casalmaggiore (dalla Sabbionetana all'Asolana e fino a San Giovanni in Croce), la circonvallazione di Calvatone, la tangenziale di Goito ed il tratto in comune con l'autostrada regionale Cremona-Mantova;
in ogni caso, è necessario poter garantire un pacchetto di misure compensative che renda accettabile il forte impatto determinato dall'attraversamento di un così imponente collegamento, già individuato negli interventi previsti a Villa Medici del Vascello di San Giovanni in Croce e per la visibilità della filiera agro-alimentare dell'area casalasco-viadanese;
il consiglio d'amministrazione della società Autocisa del 20 febbraio 2010, nell'apprezzare l'impegno profuso dai Ministri delle infrastrutture e dei trasporti degli ultimi Governi per superare i rilievi dell'Unione europea, ha deciso di partecipare ad un tavolo di confronto tecnico con la regione e le istituzioni lombarde e di dar vita ad un tavolo politico con le stesse per definire le questioni aperte,

impegna il Governo

a promuovere e convocare urgentemente un tavolo di concertazione tra la società Autocisa, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni, gli enti locali e gli organismi coinvolti alla realizzazione dell'opera, ai fini del sollecito finanziamento e della contestuale realizzazione dell'intera infrastruttura denominata TIBRE, e,

in subordine, ad assicurare anticipazione, sin dal primo tratto di realizzazione dell'autostrada, delle opere di compensazione originariamente previste dagli accordi di programma stipulati con gli enti locali.
(7-00286)
«Togni, Fava, Rainieri, Torazzi, Comaroli, Montagnoli, Bragantini, Negro».

L'VIII Commissione,
premesso che:
il 23 febbraio 2010 si è verificato uno sversamento, presumibilmente doloso, nella fognatura comunale di Villasanta (MB) - poi confluito nel fiume Lambro - di idrocarburi (gasolio e olio combustibile) provenienti dalla locale ditta Lombarda Petroli nell'ordine delle 3.000-4.000 tonnellate;
sin dalla scoperta dell'evento, la prefettura di Milano e la Protezione civile della regione Lombardia hanno organizzato interventi finalizzati al contenimento delle sostanze inquinanti e alla loro rimozione dal fiume Lambro;
è stato quindi attivato un coordinamento tra le regioni interessate (tramite anche le rispettive ARPA) per monitorare lo stato di qualità delle acque e per definire una mappatura dei siti e degli habitat interessati dall'inquinamento, mentre il dipartimento di Protezione civile ha provveduto all'attuazione degli interventi urgenti necessari a favorire il ritorno alle normali condizioni di vita delle popolazioni ed alla bonifica delle aree interessate dall'inquinamento;
a seguito della dichiarazione dello Stato di emergenza del Presidente del Consiglio dei ministri del 26 febbraio 2010, sarebbero ora allo studio due possibili ordinanze di protezione civile:
a) la prima per la gestione della conclusione dell'emergenza sotto il coordinamento del Dipartimento di protezione civile;
b) la seconda per gli interventi di bonifica dei siti inquinati, il sostegno alle attività produttive ed il rimborso delle spese sostenute, che prevede l'individuazione di un Commissario delegato;
il Commissario delegato, da individuarsi all'interno degli enti che hanno partecipato ai primi interventi (regioni, autorità di bacino, Agenzia interregionale per il fiume Po - AIPo), dovrebbe provvedere all'adozione delle iniziative citate e all'espletamento di tutte le azioni necessarie al superamento dell'emergenza;
in merito all'individuazione del Commissario delegato e dell'ente attuatore sarebbero state avanzate alcune ipotesi procedurali sia da parte del dipartimento di protezione civile, della regione Lombardia e della regione Veneto (i quali individuerebbero l'AIPo come soggetto attuatore e la relativa nomina di Commissario delegato nella figura del suo direttore), sia da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare (il quale sembrerebbe orientato ad una gestione diretta delle operazioni per il tramite di proprie strutture vigilate ed il coinvolgimento dell'autorità di bacino per il fiume Po - AdBPo);
l'AIPo rappresenta tutte le Regioni attraversate dal fiume Po, ha una struttura di 400 persone, costituite da tecnici per la maggior parte dislocati sul territorio in 12 uffici diversi ed ha per mission l'attuazione di interventi sui corsi d'acqua principali, mentre l'autorità di bacino per il fiume Po è ancora priva di un assetto istituzionale definito ed è costituita da 40 unità di personale, tutte distaccate a Parma. Lo stesso ente non ha mai avuto funzioni operative o gestito appalti di lavori ma si è occupato esclusivamente di piani e programmi. In tal senso, sarebbe auspicabile la trasformazione dell'ente in autorità di distretto idrografico per completare e aggiornare la formulazione dei criteri, degli indirizzi e delle linee di

coordinamento della pianificazione a livello di distretto in materia di rischio idraulico, risorse idriche, ambiente, come richiesto anche dalle regioni in sede di discussione delle modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006;
allo scopo di uniformare la gestione dei fiumi principali, il decreto legislativo n. 152 del 2006 ha operato un riordino dei distretti idrografici, ancora in fase di definizione da parte del Ministero dell'ambiente del territorio e del mare per una più puntuale corrispondenza alle vigenti direttive europee. Allo stato attuale, però, le disposizioni applicabili non conferiscono alla relativa autorità di bacino le necessarie competenze per poter gestire tutte le indispensabili attività da eseguire sul fiume, anche in considerazione del fatto che vi è un eccessivo numero di enti che interferiscono con la gestione della risorsa idrica all'interno del bacino del Po. Peraltro, l'emergenza di questi giorni ha dimostrato come qualsiasi episodio che si verifichi a monte del fiume abbia un impatto su tutto il suo corso, compreso il delta, e che qualsiasi progetto o intervento non può non considerare il Po come un unicum al di là dei confini amministrativi;
al fine risolvere con efficacia i problemi di emergenza e di rientro alle normali condizioni di vita, si potrebbero pertanto valutare due opzioni:
1) l'opportunità della nomina di un commissario individuato dal Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che si avvalesse d'AIPo come soggetto attuatore;
2) in alternativa, andrebbe definito l'assetto istituzionale dell'AdBPo - anche con il coinvolgimento delle regioni interessate - e nel contempo andrebbero adottati Criteri di gestione delle operazioni di bonifica in grado di garantire lo svolgimento delle attività, nel rispetto delle attribuzioni di tutti i soggetti competenti;
in tale ambito, occorrerebbe restituire alle regioni e agli enti locali le spese già sostenute per fare fronte all'emergenza (ad oggi stimate in circa un milione di euro) e provvedere ad un rigoroso monitoraggio dei fenomeni per procedere alla totale bonifica delle aree inquinate,

impegna il Governo:

ad adottare, d'intesa con i comuni danneggiati dagli eventi calamitosi verificatisi a danno dei fiumi Lambro e Po, tutte le misure necessarie ed urgenti per ricondurre nelle normali condizioni di vita i territori interessati;
ad intraprendere iniziative urgenti, anche di natura normativa, volte a ricondurre ad un'unica autorità le competenze e le risorse indispensabili per assicurare una governance efficace e autorevole del bacino del Po, a tal fine, sul piano amministrativo, ad attivare l'autorità distrettuale che, a prescindere dalle situazioni di emergenza, sia effettivamente posta a capo della gestione delle attività e delle politiche di governo del bacino del Po, procedendo alla nomina del relativo segretario distrettuale in accordo con le regioni interessate e sul piano normativo, ad adeguare la legislazione vigente per conferire poteri sostitutivi all'ente, qualora le regioni e gli enti locali non procedano nei tempi prestabiliti all'attuazione degli interventi di propria competenza;
a valutare l'opportunità di reperire le risorse necessarie finalizzate al ripristino dello stato di integrità ambientale dei luoghi danneggiati e al risarcimento di eventuali danni occorsi a terzi, anche provvedendo alla nomina, tramite ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri, di un commissario delegato che provveda all'adozione delle necessarie e urgenti iniziative volte ad eseguire le operazioni dichiarate indifferibili, urgenti e di pubblica utilità, in tal senso avvalendosi di soggetti attuatori che abbiano idonea rappresentatività e competenze territoriali;

ad adottare provvedimenti immediati diretti a rimborsare le regioni e gli enti locali delle spese assunte nell'immediatezza dell'evento;
ad avviare immediatamente le attività di bonifica dei luoghi a partire dalle sponde del tratto piacentino del fiume Po che risultano gravemente danneggiate, sulla base di un programma specifico che comprenda anche l'esecuzione di un accurato monitoraggio delle sostanze che non è stato possibile catturare e che eventualmente si siano depositate sul letto del fiume;
ad eseguire una verifica incisiva dell'applicazione della normativa in materia di vigilanza sulle attività delle industrie ad alto rischio, anche al fine di scongiurare ogni rischio di disattenzioni da parte degli organi di controllo ovvero di comportamenti elusivi da parte delle imprese che potrebbero rappresentare un pericoloso cedimento rispetto a comportamenti illegali come quelli che hanno portato al disastro ambientale che ha colpito il bacino del Po;
a garantire che entro il termine di scadenza della delega per la revisione del decreto legislativo n. 152 del 2006 sia assicurata la riforma della parte terza dello stesso decreto legislativo, relativamente alla materia della difesa del suolo e della tutela delle acque e gestione delle risorse idriche, senza prevedere ulteriori proroghe.
(7-00288)
«Alessandri, Tommaso Foti, Bratti».

La XII Commissione,
premesso che:
con la legge n. 210 del 1992, il Parlamento ha introdotto forme speciali di indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni (articolo 1, comma 1), dei soggetti contagiati da infezione da virus HIV a seguito di somministrazione di sangue ed emoderivati (comma 2) e dei soggetti che abbiano contratto epatiti post-trasfusionali (comma 3);
il beneficio in oggetto è, poi, esteso (comma 4) anche a persone che abbiano contratto malattia per essere venute in contatto con persona vaccinata, al personale sanitario a rischio, che si sia sottoposto a vaccinazioni anche non obbligatorie dalle persone che per motivi di lavoro o per incarico d'ufficio abbia dovuto sottoporsi a vaccinazioni per poter recarsi in uno Stato estero;
un ulteriore ampliamento della sfera degli aventi diritto è stato garantito da alcuni opportuni interventi di manipolazione operati della Corte costituzionale, in particolare con le sentenze 26 febbraio 1998, n. 27 (per le persone sottoposte a vaccinazione antipoliomelitica, fattispecie poi regolata dalla legge n. 362 del 1999), 16 ottobre 2000, n. 423 (per le persone sottoposte a vaccinazione antiepatite B), 20 novembre 2002, n. 476 (per operatori sanitari che abbiano riportato danni permanenti a seguito di contatto con sangue e suoi derivati provenienti da soggetti affetti da epatiti), 6 febbraio 2009, n. 28 (per le persone che abbiano contratto epatite a seguito di somministrazione di derivati del sangue). Si segnala, inoltre, il decreto-legge n. 250 del 2005 che ha previsto speciali forme di assistenza per soggetti affetti da sindrome cosiddetta «talidomide», per l'assunzione dell'omonimo farmaco;
l'indennizzo è liquidato con assegno mensile reversibile (articolo 2), parametrato alle pensioni privilegiate ordinarie di cui alla legge n. 177 del 1976; ovvero, in caso di morte, con un assegno una tantum di 150 milioni di lire, a favore dei familiari;
di recente, con la legge n. 229 del 2005 è stato previsto un ulteriore indennizzo, sempre liquidato mediante assegno mensile vitalizio, di importo, secondo i

casi, pari a quattro, cinque o sei volte le somme già percepite ai sensi della legge n. 210 del 1992; in caso di morte, l'assegno una tantum è di 150.000 euro. Gli importi sono rivalutati in base all'indice Istat. Rimane fermo il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale derivante da fatto illecito»;
la legge stabilisce le condizioni, le procedure e i termini di decadenza per l'ottenimento del beneficio (articolo 3). Le domande devono essere presentate entro il termine perentorio di tre anni dal momento in cui il beneficiario ha avuto conoscenza del danno e devono essere inoltrate alle A.U.S.L. competenti per territorio assieme alla documentazione e comprovante la data della vaccinazione o della trasfusione e dati clinici relativi all'entità delle lesioni derivate;
ogni pratica è vagliata da una Commissione medico ospedaliera (articolo 4) che esprime un giudizio sanitario relativo al nesso causale tra vaccinazione (o emotrasfusione o contatto con persona affetta) e la malattia o la morte nonché un giudizio relativo alla tempestività della domanda rispetto ai termini prescrizionali sopra indicati;
avverso le determinazioni della Commissione medico ospedaliera è ammesso ricorso (articolo 5) al Ministro della salute, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del provvedimento di rigetto. Il ricorso deve essere deciso entro tre mesi dalla presentazione, su parere dell'ufficio medico legale (UML) del Ministero. Contro la decisione ministeriale è ammesso ricorso giurisdizionale ordinario nel termine di un anno;
visto l'elevato contenzioso, il Parlamento ha in più occasioni previsto meccanismi transattivi: la già citata legge n. 229 del 2005 prevedeva che gli interessati che avessero in corso giudizi pendenti, per accedere ai nuovi benefici, dovessero rinunciare con atto formale alla prosecuzione del giudizio. Da ultimo, l'articolo 3 del decreto-legge n. 89 del 2003, convertito dalla legge 141 del 2003 l'articolo 33, comma 2, del decreto-legge n. 159 del 2007, convertito in legge n. 222 del 2007, nonché l'articolo 2, comma 361 ss., della legge n. 244 del 2007, hanno stanziato rispettivamente 198 milioni di euro per il 2005, 150 milioni di euro per il 2007 e 180 milioni di euro a decorrere dal 2008, per la chiusura delle transazioni. Il relativo regolamento di attuazione è stato approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 2009, n. 132;
le funzioni di controllo che la legge riconosce al Ministero rispetto ai giudizi Commissioni medico ospedaliere sono limitate al potere di decisione su ricorso ex articolo 5. Nella prassi, tuttavia, gli uffici centrali intervengono con molta maggiore larghezza, tendenzialmente al fine di contenere la spese per gli indennizzi;
innanzitutto, si segnalano casi in cui il Ministero effettui d'ufficio verifiche ulteriori prima di disporre l'erogazione del beneficio; ovvero casi in cui venga richiesto alle competenti commissioni mediche di rivalutare i giudizi medico legali emessi in precedenza, anche per soggetti che ricevono gli indennizzi di legge da molti anni; ovvero ancora casi di revisione delle pratiche in occasione di particolari vicende, come il raggiungimento della maggiore età da parte del beneficiario;
in secondo luogo, un particolare approccio si è affermato nelle decisioni sui ricorsi ex articolo 5. Occorre considerare come siano frequenti i casi in cui le Commissioni medico ospedaliere, pur riconoscendo l'esistenza del danno da vaccinazione o da emotrasfusione, rigettino tuttavia l'istanza per intempestività: l'erronea valutazione di tale requisito è quindi spesso oggetto di impugnativa. In tali fattispecie, il Ministero non si limita ad accogliere o respingere i gravami in ordine ai motivi proposti dalla parte ricorrente, ed in specie, a rivalutare il solo requisito della tempestività dell'istanza; piuttosto, si procede a riforma nel merito del provvedimento emanato della commissione

medica, nuovamente sindacando - al fine di escluderlo - l'esistenza del nesso causale tra morbo e vaccinazione già accertato in prima istanza;
la questione è stata già oggetto di due distinte interrogazioni parlamentari promosse dall'onorevole Duilio (interrogazione a risposta scritta n. 4-05375, dell'11 dicembre 2009, seduta n. 257; e interrogazione a risposta in Commissione n. 5-01451 del 21 maggio 2009, seduta n. 181). In tali sedi, il Ministro ha ritenuto che «la valutazione medico-legale operata nell'ambito della legge n. 210 del 1992, sia da parte della Commissioni medico ospedaliere che, conseguentemente, dell'Ufficio Medico Legale (UML) di questo Dicastero nel caso di ricorso, non può che avvenire nella considerazione della unicità della vicenda clinica cui fa riferimento ogni istanza di indennizzo (...) appare imprescindibile che in ambito di ricorso ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 210 del 1992, trattandosi di erogazione di indennizzo da parte dello Stato, l'Ufficio Medico Legale, acquisite tutte le informazioni ritenute utili e valutata la vicenda clinica nella sua globalità si esprima, al pari della Commissioni medico ospedaliere, verificando la presenza dei requisiti di legge e con unicità di giudizio;
nonostante la particolare attenzione che il Parlamento e la Corte costituzionale hanno dedicato al tema negli ultimi venti anni, l'attuale quadro normativo evidenzia ancora una serie di criticità e disparità di trattamento che necessitano di appositi correttivi in sede legislativa;
sono almeno quattro i profili di maggiore interesse, messi in luce dalle diverse associazioni interessate al problema, ed in particolare dal CONDAV - Coordinamento nazionale danneggiati da vaccino:
a) la questione dei cosiddetti «fuori termine», di coloro, cioè che pur avendo subito un danno da vaccinazione o emotrasfusione non abbiano presentato tempestivamente domanda in sede amministrativa. Si tratta spesso dei soggetti più deboli, che non si sono attivati per ignoranza dei propri diritti (ignoranza non estranea, peraltro, ad una insufficiente pubblicizzazione dell'avvenuta, a suo tempo, approvazione della legge), per il contesto sociale di provenienza, o per l'oggettiva difficoltà di ricondurre la patologia contratta alla pregressa vaccinazione, magari a distanza di decenni;
b) la piena rivalutazione monetaria dell'intero indennizzo accordato. Attualmente, l'indicizzazione è accordata dalla legge solo per il beneficio aggiuntivo di cui alla legge n. 225 del 2005; per l'indennizzo base ex lege n. 210 del 1992, invece, gli interessati hanno ottenuto la rivalutazione solo a seguito di contenzioso;
c) l'estensione dei benefici ai superstiti, che dovrebbero riguardare non solo i familiari, ma anche quanti avessero prestato assistenza continuativa; ed in generale, una migliore regolamentazione dell'erogazione una tantum in caso di decesso;
d) l'introduzione di disposizioni acceleratorie, relativamente all'erogazione degli indennizzi ex lege n. 229 del 2005 e, in generale, per garantire tempi certi di conclusione delle procedure;
occorre valutare, inoltre, l'opportunità di attuare una più ampia revisione della normativa, anche tramite la predisposizione di un testo unico, che garantisca l'uniformità degli indennizzi tra le varie categorie interessate; estenda i benefici di legge anche a categorie finora escluse vaccinazioni facoltative, danni da trattamenti sanitari inizialmente non noti, e altri); rafforzi le tutele oggi previste (ad esempio, prepensionamento per i genitori di disabili da vaccino; istituzione di categorie protette; istituzione della giornata nazionale in ricordo delle persone decedute o rese disabili a causa delle vaccinazioni, e altri);

alcuni dei correttivi suggeriti sono già contenuti in alcune proposte di legge che giacciono in Parlamento. Il riferimento, in particolare, è all'A.S. 1379, del 12 febbraio 2009, Cursi e altri, recante modifiche agli articoli 1 e 4 della legge 29 ottobre 2005, n. 229, in materia di indennizzo a favore dei soggetti inneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie; all'A.S. 1326 del 21 gennaio 2009, Cursi e altri recante Riconoscimento del 29 ottobre quale «Giornata in ricordo delle persone decedute o rese disabili dai vaccini», nonché agli omologhi A.C. 2785, Codurelli e altri, e A.C. 2786 Codurelli e altri. Si vedano, poi, l'A.C. 1283, Codurelli e altri; l'A.S. 1192 Bianchi; l'A.C. 703, Migliori e altri;
la prassi ministeriale in sede di riforma dei provvedimenti emanati dalle, Commissioni medico ospedaliere sembrerebbe, ad avviso degli interroganti, non conforme a legge;
in materia di ricorsi amministrativi, è ius receptum l'esistenza di precisi limiti ai poteri di riesame della fattispecie in capo all'autorità investita della decisione. Il ricorso, infatti, ha natura giustiziale e partecipa di alcuni caratteri propri dell'attività giurisdizionale: tra questi, la rigorosa corrispondenza tra chiesto e pronunciato e il divieto di reformatio in pejus. L'autorità decidente non può annullare o riformare il provvedimento per motivi differenti da quelli sollevati dal ricorrente; né può annullare o riformare parti del provvedimento non oggetto di impugnazione, esplicita o almeno implicita. La cosiddetta reformatio in pejus è ammissibile solo nei casi di ricorso incidentale, ove, dunque, un altro privato controinteressato impugni a sua volta il provvedimento, per i profili di interesse: evenienza, questa, esclusa in principio nelle fattispecie di cui si discute, per l'assenza di controinteressati in senso tecnico nelle procedure di concessione del beneficio ex lege n. 210 del 1992;
né a differente soluzione può condurre il testo del decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, cosiddetto decreto ricorsi, nella parte in cui prevede che l'autorità «se riconosce infondato il ricorso, lo respinge. Se lo accoglie per incompetenza, annulla l'atto e rimette l'affare all'organo competente. Se lo accoglie per altri motivi di legittimità o per motivi di merito, annulla o riforma l'atto salvo, ove occorra, il rinvio dell'affare all'organo che lo ha emanato». Il potere di riforma nel merito dell'atto, infatti, si lega sempre indissolubilmente all'accoglimento di uno dei motivi di ricorso, prospettati dalla parte privata;
le considerazioni sopra riportate trovano pieno riscontro in dottrina e anche la giurisprudenza del Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi conferma ampiamente la ricostruzione prospettata, come si evince dalle seguenti premesse: Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 23 ottobre 1981, n. 6, in Consiglio di Stato, 1981, I, pagina 993: «C.A. con la istanza alla Commissione ricorsi ... aveva richiesto il riesame del suo fascicolo personale e l'attribuzione del maggior punteggio... La Commissione ricorsi poteva perciò accogliere il tutto o in parte il ricorso, ed aumentare quindi in tutto o in parte il punteggio attribuitogli della Commissione nomine, ovvero poteva respingere il ricorso confermando il punteggio impugnato. Non poteva invece ridurre il punteggio perché tale riduzione non era stata né esplicitamente né implicitamente richiesta, né C.A. aveva interesse a richiederla, per cui, come esattamente ha ritenuto il T.A.R., la decisione della Commissione ricorsi è viziata di ultrapetizione»; Consiglio di Stato, sez. VI, 19 ottobre 1979, n. 708, Consiglio di Stato, 1979, I, pagina 1422: «In sede di ricorso gerarchico, il potere di riesame, da parte dell'Autorità sopraordinaria, dell'atto impugnato tende a fini giustiziali e si muove quindi necessariamente negli angusti limiti segnati dai motivi del ricorso»; Consiglio di Stato, sez. IV, n. 14 del 1990, in Consiglio di Stato I, pagina 18: «La decisione sul ricorso gerarchico

deve realizzazione un accertamento ad effetto limitato, di tipo verticale, conseguente all'esercizio di una funzione giustiziale; pertanto l'Amministrazione pubblica decidente non può né deve rimettere in discussione il rapporto oggetto del provvedimento originario impugnato, rivalutandone complessivamente i presupposti, i contenuti e l'oggetto, ma deve limitarsi a vagliare quel provvedimento alla luce delle censure mosse dal suo destinatario»; Tar Campania, Napoli, sez. 1, 18 giugno 1992, n. 178, in TAR, 1992, I, pagina 3525: «In sede di decisione di ricorso gerarchico, il potere di esame dell'atto impugnato, da parte dell'Autorità sopraordinata, tende a fini giustiziali e pertanto deve rimanere nell'ambito dei confini segnati dai motivi di ricorso, illegittimamente, pertanto, la Commissione nazionale di vigilanza, farmaceutica annulla d'ufficio la decisione della Commissione regionale per ragioni non dedotte dal ricorrente in sede gerarchica»; Tar Trentino Alto Adige, Bolzano, 4 aprile 1995, n. 66, in TAR, 1995, I, pagina 2304: «In sede di decisione di ricorso gerarchico, proprio o improprio, l'Amministrazione decidente, operando nell'ambito di un procedimento giustiziale, si deve muovere nei limiti segnati dai motivi di ricorso, con la conseguenza che nel caso di rigetto del ricorso non può sostituirsi all'organo che ha emanato l'atto sostituendolo o integrandolo, ma deve limitarsi a riconoscere insussistenti i vizi denunciati con il ricorso, confermando sic et simpliciter la validità del provvedimento impugnato»; Consiglio di Stato, sez. VI, 15 aprile 1996, n. 546, in Consiglio di Stato, 1996, pagina 628: «L'Autorità competente a pronunciarsi sul ricorso amministrativo deve limitarsi ad accertare la fondatezza o no dei motivi di ricorso, ma non può introdurre d'ufficio modifiche all'atto innanzi ad essa impugnato»;
la descritta prassi, dunque, appare destituita di fondamento normativo e mossa esclusivamente da considerazioni di ordine finanziario, non pertinenti e non consentite dalla legge. Per l'effetto, si aggrava la posizione del ricorrente in sede di impugnativa giurisdizionale, che si trova costretto a censurare non solo il profilo della tempestività della domanda, ma anche a procedere a complesse dimostrazioni peritali relative all'esistenza del nesso di causalità tra vaccinazione e malattia, pur accertato dalle Commissioni medico ospedaliere;
parimenti, data l'assenza di poteri di sopraordinazione gerarchica tra il Ministero della salute e le A.U.S.L, o le commissioni medico ospedaliere, non può essere riconosciuto al Ministero un potere di revoca o riforma d'ufficio delle decisioni assunte da queste ultime;
appare opportuna, quindi, una complessiva rivisitazione delle prassi in essere,

impegna il Governo

alla luce di quanto sopra esposto ad acquisire, sulla materia oggetto della presente, risoluzione, il parere dei competenti organi di consulenza istituzionale del Governo e, in particolare, del Consiglio di Stato e dell'Avvocatura generale dello Stato.
(7-00289)
«Livia Turco, Duilio, Burtone, Codurelli, Farina Coscioni».

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

GIULIETTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture

e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nel corso degli ultimi anni, si è venuta ad affermare nell'ambito dei vari Governi Berlusconi una chiara politica di decentramento ed esternalizzazione di funzioni e compiti svolti, spesso con elevati livelli di qualità, dall'amministrazione pubblica in favore di società per azioni controllate direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze o da altri Ministeri;
tali società, ormai diffuse in tutti i principali ambiti operativi della pubblica amministrazione, nascono per abbreviare i tempi di attuazione delle iniziative adottate dall'esecutivo, per rendere immediatamente operativi gli interventi nei settori di competenza, e per valorizzare e rendere maggiormente efficienti taluni asset pubblici, ma come spesso si riscontra nei resoconti della Corte dei conti raramente dimostrano la capacità di assolvere al ruolo essenziale prefigurato dal legislatore;
allo stato attuale, la diffusione e l'importanza che vanno assumendo tali società prefigura la creazione nell'ambito settore pubblico di un duplice livello amministrativo: il primo legato all'amministrazione ministeriale, alla quale sono lasciati prevalentemente funzioni di ordinaria amministrazione, l'altro legato alle società controllate dai Ministeri, che nello svolgimento dei propri compiti sfuggono sistematicamente ai controlli di altri livelli istituzionali ed in primis del Parlamento e della Corte dei conti;
solo nel corso degli ultimi due mesi, il Governo ha costituito la società Difesa Spa, con il compito di valorizzare ed utilizzare beni della difesa e da ultimo nel decreto-legge sulla protezione civile è arrivato a proporre la costituzione della Protezione civile Spa, salvo poi non dar seguito alla norma a seguito delle indagini della magistratura che hanno coinvolto e travolto i vertici della protezione civile;
nel settore di competenza del Ministero per i Beni e le attività culturali, il Governo ha costituito sin dal 2004 la società Arcus Spa, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo S.p.A., sul cui operato la Corte dei conti ha espresso più volte le proprie perplessità;
la Arcus Spa, opera sulla base di programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni le attività culturali e con il compito dichiarato di sostenere in modo innovativo progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni e delle attività culturali;
per lo svolgimento delle proprie attività e per il suo funzionamento, la Arcus Spa si avvale di consistenti stanziamenti di risorse pubbliche;
la Arcus spa, è chiamata a sostenere, come si evince dal sito internet della società, in sostituzione dei dipartimenti del Ministero per i beni e le attività culturali, «iniziative di particolare rilievo in ambito culturale, ad aiutarne il completamento progettuale, ad intervenire negli aspetti organizzativi e tecnici, a partecipare, ove opportuno o necessario, al finanziamento del progetto, a monitorarne l'evoluzione e a contribuire ad una conclusione felice dell'iniziativa»;
numerosi referti della sezione controlli enti della Corte dei conti hanno più volte evidenziato come la Arcus Spa a distanza ormai di sei anni dalla nascita e di cinque di operatività, debba ancora dimostrare la capacità di assolvere al ruolo essenziale prefigurato dal legislatore;
secondo la Corte dei conti, la Arcus Spa si è trasformata nel corso del tempo in un mero strumento di promozione di iniziative decise discrezionalmente in sede ministeriale, in gran parte integrative e sostitutive di quelle proprie delle amministrazioni statali - tra l'altro frequentemente già concluse, principalmente nel

settore dello spettacolo - ma in assenza delle garanzie procedimentali per le stesse preordinate;
sempre in relazione alla Arcus Spa, la Corte dei conti rileva come rimanga un obiettivo «non ancora realizzato, quello della istituzione di un compiuto sistema di misurazione delle prestazioni rese e, soprattutto, dell'impatto degli interventi - in termini di aggregazione di risorse e progetti sul territorio e di ricadute, dirette ed indirette, sociali ed economiche - che dimostri l'effettivo valore aggiunto prodotto dalla Società e quindi le ragioni della sua stessa esistenza e della persistente validità dell'azione istituzionale svolta»;
lo stesso Ministro per i beni e le attività culturali, onorevole Bondi, durante l'audizione nella 7a Commissione del Senato del giugno 2008 ha espresso l'idea di fondo di restituire alla Arcus spa la sua missione originaria e primaria, coerente con le indicazioni strategiche del dicastero da egli presieduto ed evitandole interventi a pioggia scollegati da un disegno unitario;
la Arcus Spa, nel periodo 2004-2009 ha finanziato circa 300 interventi, gran parte dei quali di discutibile significatività, per una spesa complessiva di circa 250 milioni di euro;
lo scorso mese di febbraio, il consiglio di amministrazione della Arcus Spa ha approvato il Piano triennale di interventi per il periodo 2010-2012, per mezzo del quale verranno finanziati 208 interventi per un ammontare complessivo di spesa pari a 200 milioni di euro, di cui 119 milioni di euro per il corrente anno, 43 milioni di euro per il 2011 e 37,5 milioni di euro per il 2012;
gran parte dei 208 interventi finanziano iniziative che non rivestono particolare rilievo in ambito culturale e le modalità di suddivisione delle risorse stanziate non sembrano basarsi su criteri ispirati a principi di imparzialità e trasparenza;
solo per fare alcuni esempi, fra gli interventi finanziati dalla Arcus Spa si segnalano i 3 milioni di euro per il Santuario della Madonna di Pompei, 500.000 euro in tre anni per le Clarisse di Santa Rosa, 1,5 milioni di euro per la Fondazione Aquileia, 1,8 milioni di euro per l'Università di Padova e 500.000 euro per la Fondazione Pianura Bresciana promotrice del convegno sulle cinque razze autoctone dei suini, che nel loro insieme non appaiono affatto iniziative di particolare rilievo in ambito culturale coerenti con le dichiarazioni rilasciate dal Ministro Bondi in occasione della richiamata audizione in Senato o comunque rientranti in «progetti importanti e ambiziosi concernenti il mondo dei beni è delle attività culturali»;
nessuno degli atti adottati dalla società Arcus Spa, pur finanziati con risorse pubbliche, è stato finora portato alla conoscenza del Parlamento;
le spese di funzionamento della Arcus Spa, con un Consiglio di Amministrazione composto di sette persone e con soli dieci dipendenti, sono pari a 2 milioni di euro per il solo anno 2010, ai quali si aggiungono 16.000 euro mensili per l'affitto della sede societaria -:
quale sia la posizione del Governo con riferimento ai fatti riportati in premessa ed in particolare ai rilievi espressi a più riprese dalla Corte dei conti sulla società Arcus Spa che appaiono configurare possibili responsabilità contabili a carico degli amministratori e dei dirigenti del Ministero per i beni e le attività culturali coinvolti nell'elaborazione e nell'approvazione dei piani di intervento;
se non ritenga opportuno, in linea con quanto già avvenuto per la Protezione civile spa, adottare apposite iniziative normative per abolire la società Arcus spa e ricondurre le funzioni da essa svolte nell'ambito dei dipartimenti del Ministero per i beni e le attività culturali, riducendo per tale via sprechi di risorse ed oneri aggiuntivi a carico del bilancio pubblico, nonché le conseguenti distorsioni di natura amministrativa;

se intenda rendere noti al Parlamento i criteri adottati dalla Arcus Spa per la selezione degli interventi ai quali sono stati attribuiti finanziamenti nel periodo 2004-2009, nonché i criteri con i quali sono stati individuati gli interventi inseriti nel Piano triennale 2010-2012;
se intenda portare a conoscenza del Parlamento e dei cittadini, anche mediante adeguata pubblicità sul sito internet della società, le spese di funzionamento sostenute dalla Arcus Spa suddivise per ciascun membro del Consiglio di Amministrazione e degli altri organi societari e le spese sostenute nel corso degli ultimi anni per incarichi di consulenza;
se intenda rendere noto l'effettivo valore aggiunto prodotto dalla società nel
settore delle attività culturali che giustifichino la sottrazione delle competenze al ministero per i beni e le attività culturali e le ragioni dell'esistenza e della persistente validità dell'azione istituzionale svolta dalla società Arcus Spa;
se corrisponda al vero che la società Arcus Spa, su indicazione del direttore generale per la valorizzazione del patrimonio culturale del Ministero per i beni e le attività culturali dottor Mario Resca, si appresti ad affidare a soggetti privati, in assenza di procedure di evidenza pubblica, la gestione di «servizi aggiuntivi» all'interno di musei statali, aree archeologiche e di particolare pregio architettonico.
(3-00964)

Interrogazione a risposta in Commissione:

RIVOLTA e NICOLA MOLTENI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'amministrazione comunale di Asso (Como) ha adottato un piano attuativo con contestuale variante al piano regolatore generale, per permettere la costruzione di un supermercato di media distribuzione, a pochi metri dalla famosa cascata della Vallategna, sotto una parete rocciosa verticale definita dallo studio geologico di supporto allo stesso piano regolatore generale vigente come zona a dissesto idrogeologico;
a seguito dell'adozione di tale piano attuativo sono emersi numerosi contrasti da parte dei cittadini, come testimoniano articoli di stampa sui quotidiani e settimanali locali e nazionali, trasmissioni radio locali e nazionali, trasmissioni televisive a livello regionale e ancor più numerosi interventi sul web apparsi su siti diversi;
la cascata della Vallategna è amata e descritta con meraviglia e ammirazione già da Stendhal e, in seguito, da Cesare Cantù e da numerosi altri scrittori e pittori noti e meno noti, e fa parte del patrimonio paesaggistico e culturale della Brianza e dell'intero Paese;
l'altezza del supermercato, prevista in 9,50 metri, creerebbe un impatto visivo permanente e significativo sulla vista della cascata, alterando la prospettiva del paesaggio e deturpando un bene comune di altissimo valore storico e culturale;
da quanto si apprende dai mass media, sembra che non sia stato ottenuto il parere preventivo della Soprintendenza per i beni ambientali ai fini dell'approvazione dell'opera, nonostante la stessa Soprintendenza abbia già richiesto al comune di Asso in due occasioni, di cui la prima nel 2007 e la seconda il 6 marzo 2009, copia dei progetti (che non ha mai ricevuto), diffidando peraltro il comune di Asso dall'intraprendere qualsiasi iniziativa prima di aver considerato l'impatto ambientale della nuova struttura;
inoltre non risulterebbe effettuata una perizia idrogeologica in allegato al progetto, nonostante l'opera ricada nella

delicata zona di confluenza di due corsi d'acqua (il Lambro e il Foce), in presenza di una falda acquifera a meno di 5 metri di profondità e sotto una parete verticale di circa 30 metri di dubbia stabilità geologica, che risulta a rischio nella stessa cartografia comunale;
negli ultimi mesi, in un arco spaziale di solo alcune centinaia di metri dalla zona dell'intervento, sembra si siano già verificati imponenti distacchi rocciosi, uno dei quali ha spazzato via una strada carrozzabile esistente da molti anni (per pura fortuna senza vittime);
la stessa cartografia comunale riporta una serie di vincoli nella zona di intervento ed in particolare un vincolo paesaggistico ai sensi della legge n. 1497, del 1939 e della legge Galasso legge n. 431 del 1985 e s.m.i., con tutela per una fascia di rispetto di 150 metri per ogni sponda per i due corsi d'acqua Lambro e Foce; inoltre, la cascata della Vallategna è identificata come «elemento di interesse ambientale da tutelare e valorizzare» e l'area di intervento risulta tra quelle identificate come «aree sorgenti di biodiversità di primo livello» e come tali suscettibili della massima tutela -:
quali iniziative di competenza si intendano assumere, in considerazione dell'impatto visivo dell'opera di cui in premessa a tutela di un bene paesaggistico e ambientale di grandissimo valore storico e culturale per l'intera Brianza e per la Valassina come è quello della cascata di Vallategna;
quali iniziative i Ministri intendano adottare per scongiurare il possibile pericolo che correrebbero gli utenti di un supermercato sotto un costone roccioso di circa 30 metri, in una zona geologicamente instabile, anche in considerazione dei disastri, ambientali accaduti negli ultimi mesi e della necessità di prevenzione del rischio idrogeologico confermata da tutti nell'ambito dei dibattiti parlamentari.
(5-02647)

Interrogazioni a risposta scritta:

CALVISI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 13 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987; all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze consistevano: nella riduzione tariffaria del 50 per cento dei costi delle utenze telefoniche; nel rimborso del 40 per cento dei costi delle utenze elettriche e dei costi dei collegamenti satellitari; nel rimborso del 60 per cento dei costi dei canoni di abbonamento delle agenzie di informazione radiotelevisiva;
sono quasi 900 le emittenti radio televisive sicuramente colpite dal provvedimento su tutto il territorio nazionale nella sola Sardegna 16 emittenti televisive e oltre 50 emittenti radiofoniche;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale, garantito l'informazione sul territorio e lo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
la crescita dell'occupazione nel settore ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;

la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale; nella regione Sardegna gli effetti negativi del provvedimento sono ancora più evidenti visti gli ingenti investimenti per la trasmissione in tecnica digitale già eseguiti e programmati da molte società editoriali visto che a Sardegna ha sperimentato per prima l'avvio della diffusione della piattaforma digitale consentendo così anche l'estensione sicura e già sperimentato nelle restanti regioni;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n. G10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione per l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per le annualità successive, dando così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06486)

CAPARINI, FAVA, MONTAGNOLI, VANALLI, CHIAPPORI, GRIMOLDI, RAINIERI, GOISIS, CONSIGLIO, ALLASIA, NICOLA MOLTENI, FEDRIGA, BRAGANTINI, CROSIO, COMAROLI, FUGATTI, ALESSANDRI, MACCANTI, SIMONETTI, BITONCI, NEGRO, MUNERATO, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, FOGLIATO, DESIDERATI, PAOLINI, RONDINI, FORCOLIN, GIDONI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 13 dicembre 2009 n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987; all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisivo locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali,

derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n. G10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche alfine di garantire il pluralismo dell'informazione, inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e le annualità successive, dando così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio dei Ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06487)

MARINELLO, PICCHI, GIOACCHINO ALFANO, ROMELE, GIRLANDA, SOGLIA, TORRISI, BERARDI, FUCCI, CONTENTO, MINASSO e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto-legge 13 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67 del 1987; all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990 e all'articolo 23 della legge n. 223 del 1990, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n.G10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale

fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvide editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione per l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi dell'editoria per le annualità successive, avendo così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06488)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma l, lettera e) dell'articolo 10-sexies del decreto legge 13 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010 n. 25 pubblicato sul supplemento ordinario n. 39 della Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010 ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67/87; all'articolo 8 della legge n. 250 del 1990, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti - Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transazione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione è intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
il Senato della Repubblica nella seduta del 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n. G10-sexies 100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008.
come il Governo intenda operare, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive, dando così attuazione al citato ordine del giorno;
come la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06495)

MURA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. -Per sapere - premesso che:
la Croce rossa italiana è una meritoria associazione di volontariato fondata nel 1864 che svolge la sua opera su tutto il territorio nazionale grazie agli oltre duecentomila volontari appartenenti all'organizzazione;
il presidente nazionale della Croce rossa Italiana, come stabilisce l'articolo 20 dello statuto dell'associazione, è una carica elettiva la cui elezione spetta all'assemblea nazionale;
l'ultimo presidente ad essere stato eletto, come previsto dallo statuto è stato Maurizio Barra nel 2005, che è rimasto in carica fino al 30 ottobre 2008, data in cui l'associazione è stata commissariata dal Governo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ha nominato commissario straordinario l'avvocato Francesco Rocca;
nel corso del suo mandato il commissario straordinario ha sciolto tutti gli organismi dell'associazione democraticamente eletti dai volontari, come previsto dallo statuto della Croce rossa;
il mandato del commissario straordinario è scaduto il 10 ottobre 2009 e ad oggi non risulta rinnovato -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per garantire il funzionamento della Croce rossa e per tutelare la democrazia all'interno dell'associazione, considerato che l'attuale statuto prevede che si vada ad elezioni entro ottobre 2010;
se il Governo intenda intraprendere iniziative per la prosecuzione del regime commissariale.
(4-06496)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

BUCCHINO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la regolare presenza in Italia di milioni di lavoratori extracomunitari richiama la responsabilità dello Stato italiano per una tutela adeguata dei loro diritti previdenziali, con i criteri e le modalità con i quali tutela gli italiani residenti nel territorio della Repubblica e i lavoratori italiani emigrati;
i diritti previdenziali dei lavoratori extracomunitari immigrati in Italia oltre che essere adeguatamente tutelati, come già avviene, tramite la paritaria applicazione delle normativa nazionale in materia di sicurezza sociale, devono anche e soprattutto essere garantiti con la stipula di accordi bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di provenienza per consentire ai lavoratori migranti di non perdere la contribuzione già versata in tali Paesi e di mantenere diritti già acquisiti o da acquisire e che a causa dell'emigrazione andrebbero persi;
la stipula di tali accordi bilaterali di sicurezza sociale potrebbe inoltre consentire ai lavoratori immigrati in Italia, che, per varie ragioni, al compimento dell'età pensionabile non siano in grado di perfezionare un diritto autonomo per insufficienza contributiva, di attivare il meccanismo della totalizzazione dei contributi versati nei Paesi contraenti, ai fini del perfezionamento del diritto ad un pro-rata e del proficuo utilizzo di contributi che altrimenti diventerebbero «silenti»;
in virtù di quanto disposto da tutti gli accordi di sicurezza sociale stipulati dall'Italia, la ripartizione dei costi è proporzionale ai contributi versati in ciascun

Paese contraente che se ne assume l'onere in base alla propria legislazione;
nell'area dell'Unione europea la tutela sociale è assicurata da specifici regolamenti comunitari, che includono nel campo di applicazione soggettivo anche soggetti non cittadini che si spostano da un Paese all'altro e ai quali è garantita la copertura socio-previdenziale, mentre sul piano bilaterale l'Italia ha stipulato accordi di sicurezza sociale quasi esclusivamente con i Paesi nei quali sono presenti importanti collettività italiane;
la finalità degli accordi di sicurezza sociale è quella di garantire la parità di trattamento di lavoratori e pensionati dei Paesi contraenti è di assicurare i contributi previdenziali versati nei vari Paesi di emigrazione non vadano perduti, ma possano essere utilizzati per perfezionare il diritto alle varie prestazioni previdenziali e consentire l'esportabilità delle stesse;
l'Unione europea ha più volte concluso solennemente che i Paesi membri devono realizzare la parità di trattamento nel settore sociale tra cittadini comunitari e cittadini di Paesi terzi, concedendo a questi ultimi un insieme di diritti uniformi e analoghi a quelli di cui godono i cittadini dell'Unione;
con la stipula di numerose convenzioni multilaterali e bilaterali di sicurezza sociale lo Stato italiano ha garantito nel tempo un buon livello di tutela previdenziale ai nostri lavoratori emigrati all'estero;
per gli immigrati entrati in Italia dal 1o gennaio 1996 si applica ai fini pensionistici il metodo di calcolo contributivo che collega l'importo della pensione ai contributi effettivamente versati;
lo Stato italiano ha ratificato ad oggi solo due convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con i Paesi di immigrazione, e cioè con Tunisia e Capoverde (sono altresì in vigore accordi con i Paesi della ex-Jugoslavia);
sono stati invece firmati da anni ma non ancora ratificati gli accordi con le Filippine e il Marocco, mentre sono stati avviati ma mai conclusi i negoziati con altri Paesi originari dei principali flussi migratori come l'Egitto -:
quale sia la politica del Governo in relazione alla tutela dei diritti previdenziali dei lavoratori extra-comunitari con regolare permesso o carta di soggiorno e quali siano i motivi per cui gli accordi bilaterali di sicurezza sociale con Paesi di forte immigrazione in Italia non sono attualmente in programmazione e quelli già firmati o in corso di stipula non sono stati ancora approvati;
quali eventuali iniziative si intendano adottare per verificare le reali implicazioni finanziarie che la ratifica di tali accordi comporta, anche alla luce della possibilità di limitare l'esportabilità delle prestazioni legate al reddito e alla residenza, e se non altro per procedere con la ratifica degli accordi già firmati.
(4-06490)

MARINELLO, TRAVERSA, ROMELE, MARSILIO, GIOACCHINO ALFANO e CARLUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la Libia è stata una colonia italiana fin dal 1911 (prima di allora era stata sotto la dominazione turca) e, i cittadini italiani vi godevano di proprietà mobili ed immobili ed esercitavano attività agricole, commerciali e professionali contribuendo allo sviluppo economico libico. Le vicende della seconda guerra mondiale portarono la Libia sotto l'occupazione britannica che si prolungò fino alla risoluzione dell'ONU del 15 dicembre 1950 con la quale la Libia diveniva indipendente. I rapporti fra l'Italia e la neonata monarchia libica furono regolati nell'ottobre 1956 con un trattato bilaterale (Trattato Italo/Libico successivamente ratificato dal Parlamento italiano con legge n. 843 del 1957);

il trattato del 1956 prevedeva un accordo di collaborazione economica e regolava in via definitiva tutte le questioni fra i due Stati derivanti dalla risoluzione dell'O.N.U.: fra l'altro l'Italia trasferiva allo Stato libico tutti i beni demaniali e, a saldo di qualunque pretesa, corrispondeva la somma di 5 milioni di sterline. Lo stesso trattato assicurava la continuità della permanenza della comunità italiana residente nel paese garantendone i diritti previdenziali ed il libero godimento dei beni. In particolare l'articolo 9 stabiliva che: «Il Governo Libico dichiara, anche agli effetti di quanto previsto dall'articolo 6, par. 1 della Risoluzione, in merito al rispetto dei diritti ed interessi dei cittadini italiani in Libia, che nessuna contestazione, anche da parte dei singoli, potrà essere avanzata nei confronti delle proprietà di cittadini italiani in Libia, per fatti del Governo e della cessata Amministrazione italiana della Libia, intervenuti anteriormente alla costituzione dello Stato Libico. Il Governo Libico garantisce pertanto ai cittadini italiani proprietari di beni in Libia, nel rispetto della legge libica, il libero e diretto esercizio dei loro diritti»;
tuttavia, il cambiamento di regime avvenuto in seguito al colpo di Stato del 1o settembre 1969 con l'ascesa al potere del Colonnello Muhammar Gheddafi, portò in pochi mesi all'adozione di misure sempre più restrittive nei confronti della collettività italiana, fino al decreto di confisca del 21 luglio 1970 emanato per «restituire al popolo libico le ricchezze dei suoi figli e dei suoi avi usurpate dagli oppressori»;
gli italiani privati di ogni loro bene, furono sottoposti a gravi vessazioni e costretti a lasciare il Paese entro il 15 ottobre del 1970, in aperta violazione sia del Trattato Italo/Libico del 1956 che delle risoluzioni ONU relative alla proclamazione di indipendenza della Libia, che garantiva i diritti e gli interessi legittimi della comunità italiana residente in loco;
per ragioni di opportunità politica ed economica conseguenti al repentino rincaro del petrolio, il nostro Governo ritenne opportuno accettare il fatto compiuto senza denunciare la violazione del Trattato del 1956. In seguito alle legittime richieste avanzate dai profughi italiani aventi diritto attraverso i propri organismi rappresentativi, il Parlamento italiano approvò una prima legge per un acconto sugli indennizzi per i beni perduti con coefficienti scalari nella misura media del 15 per cento (legge n. 1066 del 1971) «in attesa di accordi internazionali». Successivamente, i rimpatriati dalla Libia hanno beneficiato di leggi d'indennizzo, parziali e senza rivalutazione monetaria, a favore di tutti i proprietari di beni perduti all'estero (legge n. 16 del 1980, n. 135 del 1985 e n. 98 del 1994) che con lentezza sono ancora in via di applicazione; non hanno tuttavia ottenuto nessun provvedimento specifico che, tenendo conto del loro preciso diritto e delle obiettive difficoltà di ottenere da parte libica una documentazione probatoria, risolvesse in modo equo e definitivo il contenzioso in essere. Su un piano concreto gli indennizzi corrisposti negli anni ai profughi dalla Libia ammontano complessivamente a 288 miliardi di lire. Infatti, con la prima legge d'acconto (1066/71) erano stati erogati 32 miliardi e 282 milioni di lire; con le altre leggi, che erano a beneficio dei rimpatriati dalla Libia hanno ricevuto complessivamente 255 miliardi e 165 milioni di lire. Come è evidente, nonostante il coefficiente di rivalutazione previsto dalla legge n. 135 del 1985 per recuperare in parte il tasso d'inflazione, la cifra globale corrisposta ad oggi, a circa trent'anni dalla confisca, non è assolutamente adeguata;
soggetti danneggiati dalla condotta delle autorità libiche lamentano un comportamento non adeguato nella gestione delle pratiche da parte delle autorità italiane competenti;
l'accordo italo-libico siglato nel luglio 1998 dal Ministro Dini e dal suo collega libico Muntasser ha affrontato ogni contenzioso tra i due Paesi ma non ha minimamente esaminato né la questione del risarcimento per i beni confiscati né l'altra

da definire e risolvere, non meno gravosa, delle vendite sottocosto dei beni immobili e commerciali che i nostri concittadini, in prossimità dei decreti di espulsione dal territorio libico, si sono trovati a dover subire, trovandosi in condizioni di stretta necessità;
gli ultimi stanziamenti in favore dei profughi previsti dal recente trattato Italia-Libia, pari a 150 milioni di euro, coprono solo in parte le reali necessità -:
quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato con riferimento ai fatti sopra esposti;
se non ritenga assolutamente indispensabile ed urgente definire in modo definitivo e soddisfacente la questione degli indennizzi dei beni confiscati ai profughi italiani dalla Libia includendo anche le ingenti perdite economiche derivate per i nostri connazionali dalle vendite forzate dei beni italiani avvenute nell'imminenza dei provvedimenti di confisca e di espulsione da parte del Governo Gheddafi;
se non consideri opportuna una riapertura dei termini per la presentazione delle richieste di indennizzo, anche in considerazione della questione delle «cosiddette» vendite forzate.
(4-06493)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
Ital Green Energy s.p.a. sita a Monopoli (Bari), è uno stabilimento di produzione energetica composto da un impianto a biomasse solide (sansa di olive disoleata) e da altri impianti a biomasse liquide (oli vegetali);
lo stabilimento è capace di produrre circa 300 milioni di chilowatt/h annui di energia;
a quanto risulta all'interrogante la struttura è stata autorizzata senza la VIA così come previsto dalla normativa regionale per gli impianti di potenza inferiore a 1 MW;
recenti studi nazionali ed internazionali sull'impatto ambientale e sulla salute dell'uomo, frutto della letteratura scientifica stimolata dal crescente interesse nell'uso di biomasse a scopo energetico, hanno suggerito un approccio precauzionale verso tali impianti, in quanto oltre le emissioni di inquinanti convenzionali come l'ossido di carbonio, polveri totali sospese e ossidi di azoto, il procedimento di combustione di biomasse genera polveri sottili, formaldeide, benzene, idrocarburi policiclici aromatici, e diossine;
da una recente intervista pubblicata sul sito internet www.monopolitube.it risulta che il signor Franco Parpaiola, tecnico meccanico di grandi impianti, in occasione del collaudo della caldaia della centrale di Monopoli, riscontrò un alto grado di incompetenza non solo nel personale Siemens inviato alla centrale dalla Ital Green Energy, ma anche nei dirigenti della società, conseguentemente, a suo avviso, ciò portò «alla costruzione di un impianto menomato e nato male in partenza»;
in particolare, il modo di lavorare - sottolinea Parpaiola nell'intervista - fu «a dir poco pericoloso per il buon funzionamento di tutto il sistema». L'impianto non era dotato di una centralina di prelievo né di analisi dei fumi di scarico, ciononostante fu attivato;
Parpaiola inoltre invita ad indagare sulla provenienza del biocombustibile utilizzato, sulla qualità e sulla sicurezza ambientale umana delle biomasse, ma soprattutto, a controllare la presenza di

combustibili contenenti sostanze nocive come l'amianto, infatti pare che siano stati visti nella notte giungere camion il cui contenuto non farebbe pensare al trasporto di oli vegetali;
all'interrogante inoltre risulta che secondo la documentazione in possesso dell'ARPA Puglia, come da protocollo n. 0004376 del 29 gennaio 2010 «Il sistema di monitoraggio in continuo dell'impianto a biomasse solide della Ital Green Energy rileva i seguenti inquinanti: acido cloridico, monossido di carbonio, ossidi di azoto, ossidi di zolfo, acido fluoridrico, COT e polveri»;
dai prelievi effettuati direttamente dalla società Ital Green Energy e secondo quanto comunicato all'Arpa, nell'aprile-maggio 2009 «emerge una criticità relativa ai valori di monossido di carbonio emessi dall'impianto (...) che sono risultati, in diversi casi, superiori al limite prescritto»;
all'interrogante tuttavia risulta che la società Ital Green Energy abbia monitorato solo l'emissione in atmosfera delle polveri sottili, ma non avrebbe effettuato il controllo dell'emissione di policlorodibenzodiossine e di policlorodibenzofurani, sostanze cancerogene per l'uomo derivanti dal processo di combustione -:
se non si ritenga opportuno chiarire anche per il tramite di un'ispezione del comando carabinieri per la tutela dell'ambiente se sussistano dei rischi alla salute dei cittadini e di chi vi lavora, e se le emissioni della centrale a biomasse Ital Green Energy s.p.a. di Monopoli, considerata l'inadeguatezza strutturale dell'impianto, così come descritto in premessa, possano determinare un'azione inquinante sul territorio e l'ambiente circostante.
(5-02643)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta orale:

GIULIETTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la ALES - Arte Lavoro e Servizi s.p.a. è una società mista costituita nel 1998 per volontà e iniziativa del Ministero per i beni e le attività culturali, unitamente a Italia lavoro s.p.a., con il duplice obiettivo della realizzazione di un inedito multi service, destinato al settore dell'arte e della cultura e della creazione di attività occupazionali;
la costituzione della società era stata autorizzata con l'articolo 20 della legge n. 196 del 1997 (cosiddetto «pacchetto Treu»), che all'uopo aveva stanziato 50 miliardi di lire, di cui 1,5 per la capitalizzazione;
la missione di Ales s.p.a. era quella di assorbire una parte dei circa 1.800 lavoratori addetti ai lavori socialmente utili da anni assegnati al Ministero per i beni e le attività culturali, in cambio di contratti di servizio quinquennali, da stipulare, ai sensi dell'articolo 10 del decreto legislativo n. 468 del 1997, con i singoli centri di spesa del Ministero (istituti periferici, ma anche amministrazione centrale), nei termini previsti da una convenzione fra ministero ed Ales s.p.a. sottoscritta il 5 ottobre 1999 e rinnovata il 24 marzo 2003;
a tutt'oggi Ales fornisce servizi al Ministro per i beni e le attività culturali e ai suoi organi periferici, quali soprintendenze, archivi e biblioteche, operando secondo il principio dell'in house providing;
in seguito alle ultime inchieste giornalistiche - riportate su La Repubblica a firma di Statera del 27 febbraio 2010 e di Lopapa del 28 febbraio 2010 e su L'Espresso a firma di Turano del 4 marzo

2010 - si evincono nuove funzioni attribuite all'Ales s.p.a. Rispetto alla funzione iniziale di perseguire l'obiettivo della progressiva stabilizzazione occupazionale dei lavoratori socialmente utili, dal nuovo statuto si legge che la società «a titolo indicativo e non esaustivo», svolge per il ministero «la gestione di musei, aree archeologiche e monumentali, biblioteche, archivi, la guardiania, le visite guidate, la biglietteria, il bookshop, la gestione dei centri di ristoro, la gestione del marchio e dei diritti d'immagine, il supporto tecnico-operativo per le attività di prestiti. L'esercizio di attività di pubblicità e promozione in tutte le sue forme, anche attraverso l'organizzazione di uffici stampa e piani di comunicazione, di mostre, convegni, fiere promozionali, spettacoli e, in generale, di eventi culturali; l'attività di editoria in generale e in particolare la pubblicazione, produzione e coedizione di libri;
in data 4 marzo 2010, il Ministro interrogato scrive una lettera sul quotidiano La Repubblica nella quale dichiara che da quando è stata creata la direzione generale per la valorizzazione del patrimonio, «Ales è ricaduta sotto l'egida del responsabile di questa Direzione, Mario Resca, il quale ha proposto di potenziarla nella convinzione di utilizzare al meglio risorse interne al Ministero. «Infatti nel regolamento del Ministero, nell'ambito della direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, si legge: «Il Servizio supporta il Direttore generale nella attività inerenti l'esercizio dei diritti dell'azionista, secondo gli indirizzi impartiti dal Ministro, sulla società Ales s.p.a.;
il fondo unico per lo spettacolo è stato di fatto depauperato, le fondazioni lirico sinfoniche si trovano con l'acqua alla gola, centinaia di prestigiose associazioni culturali vengono private del necessario sostegno economico, soprintendenze e biblioteche nazionali hanno gravissimi problemi di organico e sussistono difficoltà persino nel pagamento delle utenze -:
quali siano i costi della società Ales s.p.a. e se il suo funzionamento non comporti una sottrazione di risorse ad un dicastero già penalizzato;
quali siano i motivi che hanno spinto a non utilizzare le risorse interne, bensì ad ampliare le competenze di una che di fatto viene a sostituirsi al personale del Ministero stesso.
(3-00963)

Interrogazione a risposta scritta:

REALACCI e RUBINATO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da numerosi organi di stampa si apprende che è intenzione dell'amministrazione provinciale di Treviso e dei comuni di Preganziol e di Casier di dare seguito all'accordo di programma, sottoscritto in data 8 ottobre 2009, per la riqualificazione dell'area adiacente a Villa Albrizzi-Franchetti, tra i comuni di Preganziol e Casier;
l'accordo, ai sensi dell'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 del Veneto, è stato sottoscritto da regione del Veneto, provincia di Treviso, comuni di Casier e di Preganziol e Fondazione Cassamarca, promotrice e finanziatrice di un vasto progetto di sviluppo dell'area metropolitana dei comuni di Casier e Preganziol, comprendente la villa, il parco «Albrizzi-Franchetti» e le aree ad esso adiacenti;
il sopraccitato accordo contrasta inoltre con una precedente intesa sottoscritta tra il comune di Preganziol e la Fondazione Cassamarca, il 7 gennaio 2002, che privilegiava un utilizzo dell'area per funzioni pubbliche, come un complesso universitario, rispetto a destinazioni industriali o ad edificazioni di tipo commerciale;

Villa Albrizzi-Franchetti è una villa veneta del XVII secolo di notevole pregio, artistico e architettonico situata a San Trovaso nel comune di Preganziol ed è di proprietà della provincia di Treviso: consta di un edificio centrale caratterizzato dalle forme tipiche dei palazzi signorili veneti, due barchesse arretrate rispetto al corpo centrale e un grandioso parco di 11 ettari;
Villa Albrizzi-Franchetti è una villa sottoposta a vincolo conservativo, già ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e risulta censita nell'elenco di salvaguardia dell'istituto regionale Ville Venete;
alla fine del 1700 la nobile dimora diventò un attivo centro di vita culturale grazie a Isabella Teotochi Albrizzi che vi ospitò diversi illustri artisti e letterati, tra i quali lo scultore Antonio Canova, Ippolito Pindemonte e Ugo Foscolo, che proprio qui cominciò a comporre l'opera de I Sepolcri;
il progetto di Fondazione Cassamarca prevede la costruzione di nuovi edifici per un volume di circa 535 mila metri cubi, di cui 300 mila metri cubi destinati ad edilizia privata e commerciale e la restante parte minoritaria dedicata alle attività di ricerca e ai servizi per la nuova sede universitaria;
il piano di intervento interessa l'area dell'ex-industria Secco Sistemi, la villa e l'annesso parco Albrizzi-Franchetti ed è pari a circa 411.000 metri quadrati, inseriti in un'area di alto pregio paesaggistico e agricolo, come l'asse delle ville venete tra Treviso e Venezia e il territorio, per entrambi i comuni coinvolti, compreso nel «Consorzio per la tutela del radicchio rosso di Treviso»;
l'iter seguito dalla provincia di Treviso per dare il via al progetto del «nuovo polo universitario, commerciale e residenziale» dell'area di Villa Albrizzi-Franchetti promosso attualmente da Fondazione Cassamarca, è altresì in contrasto con la recente decisione della Corte costituzionale che, nella sentenza del 16 dicembre 2009, n. 340, dichiarava illegittima la prassi seguita dai comuni di cambiare destinazione d'uso agli edifici cittadini senza passare per la variante urbanistica;
in merito all'«accordo di programma Villa Albrizzi-Franchetti» la regione del Veneto ha espresso in una nota della direzione urbanistica del 15 settembre 2009, prot. n. 503540, il seguente parere: «la Regione osserva che, mentre l'articolo 32 della legge regionale n. 35 del 2001 comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell'opera, nonché l'urgenza dei lavori e la variazione degli strumenti urbanistici, l'Accordo di Programma prevede la sola variazione degli strumenti urbanistici. Sarebbe stato invece auspicabile una maggior definizione progettuale dell'intervento per risolvere la relazione tra i nuovi volumi e il rispetto dei corridoi ecologici, del contesto figurativo di villa e parco storico»;
è in corso una civile protesta promossa da un numeroso comitato di cittadini per ottenere una radicale revisione del progetto volto ad una riqualificazione architettonicamente compatibile e a uniche finalità scientifiche e di pubblica utilità -:
quali iniziative urgenti, per quanto di competenza, intendano intraprendere, i Ministri interrogati, per il tramite degli uffici territoriali competenti, al fine valutare l'impatto paesaggistico e architettonico del sopraccitato progetto di Fondazione Cassamarca in un'area così preziosa dal punto di vista paesaggistico e storico-artistico.
(4-06501)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta orale:

COMPAGNON. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nelle frazioni Scriò, Ruttars, Mernico e Vencò del comune di Dolegna del Collio

insistevano quattro caserme della Guardia di Finanza: nelle prime due, le strutture vennero abbandonate negli anni Novanta, mentre nelle seconde le strutture vennero dismesse, rispettivamente, nel 2000 e nel 2007;
stante l'elenco dei beni immobili, allegato sub A) al decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 237 e alla tabella del successivo decreto legislativo 2 marzo 2007, n. 35 le ex caserme della Guardia di finanza di Vencò sezione urbana A, foglio 10, particella 4309 sub 1/sub 2 e Mernico Sez. urbana B, foglio 7, particella 2225/3, attualmente libere, non rientrano nel novero degli immobili del demanio pubblico dello Stato (ramo difesa) da cedere a titolo gratuito alla regione;
se non si interverrà in tempi solleciti con appropriati interventi manutentivi, tali strutture rischieranno di deteriorarsi;
il territorio del comune di Dolegna costituisce l'estrema propaggine della provincia goriziana con epicentro nel «Collio isontino», punto di connessione tra l'entroterra cividalese e la realtà udinese, da una parte, e la contigua terra slovena d'oltre confine, dall'altra;
la principale fonte di reddito dei 160 nuclei familiari residenti a Dolegna del Collio è rappresentata dall'imprenditoria agricola ed, in particolare, dall'eccellenza vitivinicola, dalla ristorazione e dall'accoglienza ricettivo-turistica;
le ex caserme di Mernico e Vencò, dopo le necessarie opere di recupero e trasformazione, potrebbero essere utilmente riconvertite e valorizzate a vantaggio della collettività della provincia in «sportello polifunzionale», ovvero in palestra, sala convegni, sede di attività commerciali, biblioteca, refettorio, eccetera -:
se ritenga opportuno, sentita la Commissione paritetica prevista dall'articolo 65 dello Statuto speciale della regione Friuli-Venezia Giulia, assumere le necessarie iniziative per integrare l'elenco dei beni immobili di cui all'allegato sub A) al decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 237, aggiungendo le ex Caserme della Guardia di Finanza Vencò e Mernico, site nel comune di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia.
(3-00961)

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in via Fratelli Bandiera n. 32 a Mantova si trova un prestigioso immobile di proprietà dello Stato, utilizzato fino a poco tempo fa (con regolare contratto d'affitto) quale sede della Gazzetta di Mantova;
da quando il palazzo di proprietà dello Stato non è più utilizzato sta andando in progressivo e rapido decadimento strutturale;
è evidente che tutto ciò rappresenta uno sperpero di risorse pubbliche in quanto sarebbe opportuno procedere ad un riutilizzo dell'immobile o alla sua alienazione -:
se il Governo intenda assumere iniziative per la riqualificazione del palazzo di cui in premessa per procedere poi ad un suo riutilizzo (attraverso strutture dello Stato o affittandolo a soggetti terzi) o se, al contrario, intenda alienarlo, vincolando i proventi della vendita in investimenti nel territorio mantovano.
(5-02648)

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il Governo ha ben operato nel fronteggiare l'attuale crisi economica e finanziaria, con particolare attenzione e con positivi risultati riguardo alla stabilità del sistema bancario e creditizio;
l'articolo 117 della Costituzione stabilisce che «sono materia di legislazione concorrente...» «... casse di risparmio,

casse rurali, aziende di credito a carattere regionale, enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale» -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito all'opportunità di adottare iniziative normative volte alla «determinazione dei principi fondamentali», così da consentire alle regioni la potestà legislativa prevista dal citato articolo 117 della Costituzione;
se ed in che modo un'iniziativa legislativa possa inserirsi nel complesso quadro di norme, leggi e regolamenti che disciplinano la materia a livello nazionale, comunitario ed internazionale;
se e come un'iniziativa normativa sulla materia possa favorire gli istituti di credito citati, spesso per dimensioni e vocazione più vicini alle esigenze delle piccole imprese, dei cittadini e dei territori.
(4-06498)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
domenica 7 marzo 2010 è stata promossa l'iniziativa «Un sorriso oltre le sbarre», dall'associazione «Socialismo Diritti Riforme», in collaborazione con l'assessorato delle politiche sociali della provincia di Cagliari, per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla situazione delle donne detenute. L'iniziativa in programma nel carcere di Buoncammino, ha visto un incontro nella sezione femminile dell'istituto con le cittadine private della libertà durante il quale, sono state esaminate le diverse problematiche relative alla permanenza in carcere delle donne;
nonostante la risposta all'interrogazione a risposta in Commissione 5-00837 presentata oltre un anno fa, mercoledì 14 gennaio 2009, seduta n. 114, Buoncammino, resta una struttura con troppi problemi: logistici, organizzativi, umanitari e questo nonostante il notevole impegno della direzione e del personale penitenziario. Il Ministero si è limitato fino ad ora a studiare il problema, senza intervenire concretamente sui reali problemi;
per Cagliari si confermano le criticità ormai note e più volte denunciate: in primis, i dati negativi di carenza del personale che interessano la maggior parte degli istituti sovraffollamento rappresenta certamente un'altra causa del degrado delle condizioni di vita dei detenuti, sia perché riduce gli spazi fisici nelle celle, sia perché riduce la sia pur limitata e controllata libertà di cui in carcere ancora si dovrebbe godere. Situazioni di disagio che aumentano specie per chi non ha possibilità di ricevere aiuti dall'esterno, dai parenti. Infatti, nel colloquio con le detenute si è constatato che molte di loro, soprattutto extracomunitarie nullatenenti e lontane dalla famiglia, non dispongono del necessario per curare adeguatamente l'igiene personale;
e ancora pare agli interpellanti che per il Governo un bambino di 18 mesi in carcere con la madre, non rappresenta un problema, un'emergenza da risolvere. Sulla presenza di giovani donne con figli, il sottosegretario di Stato aveva sottolineato, rispondendo alla citata interrogazione un anno fa, che l'istituto fosse dotato di una sezione dedicata ad ospitare detenute con i propri bambini e che fossero assicurati adeguati standard di assistenza sanitaria essendo centro clinico e risultando attive, in convenzione, numerose specialità, tra cui quella di ginecologia. Tuttavia, la casa circondariale cagliaritana, pur avendo un'apposita sezione-nido, risulta essere inadeguata per la permanenza di bambini piccoli e discutibili, oltre che carenti, risultano le strutture ludicoricreative, tenendo presente che sarebbe da limitare ai sensi della legge Finocchiaro n. 40 del 2001 la permanenza in carcere di madri con bambini, incoraggiando misure

alternative per le madri detenute specie con minori sopra ai tre anni di età -:
se non ritenga opportuno promuovere convenzioni e/o realizzare più strutture di accoglienza per donne e minori dove le donne/madri detenute possano scontare la pena e viver assieme ai figli anziché stare negli istituti penitenziari.
(2-00648)
«Schirru, Veltroni, Mattesini, Zampa, Marco Carra, Calvisi, Lo Moro, Franceschini, Cesare Marini, Fadda, Soro, Sbrollini, Bossa, Naccarato, Marrocu, Servodio, Ferranti, Bellanova, Gnecchi, Farinone, Brandolini, Giovanelli, Palomba, Calgaro, Porta, Margiotta, Concia, Farina Coscioni, Motta, Boccia, Burtone, La Forgia, Bernardini, Mecacci, Giorgio Merlo, Oliverio, Ventura, Andrea Orlando, Pedoto, Beltrandi, Lucà, Marantelli, Sposetti, Maurizio Turco, Zamparutti».

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI e CAPODICASA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il «piano casa» è al centro del dibattito e delle iniziative legislative di Stato e Regioni ed all'attenzione delle autonomie locali e dei cittadini;
l'emergenza abitativa rappresenta un reale problema in numerose aree urbane ed il costo dei canoni di locazione è un grave peso per le famiglie a basso reddito;
già la legge 8 febbraio 2001, n. 21, recava misure per ridurre il disagio abitativo ed interventi per aumentare l'offerta di alloggi in locazione, istituendo un programma sperimentale per la riduzione del disagio abitativo;
sulla base di tale programmazione hanno preso avvio in accordo con le regioni ed in cofinanziamento con esse i «Contratti di quartiere I e II»;
l'iter del secondo programma ha avuto numerosi contrasti procedurali sollevati in sede giudiziaria;
il decreto-legge fiscale del novembre 2007 (decreto-legge n. 159 del 2007), all'articolo 21-bis, recava norme interpretative ed azioni di rifinanziamento del programma «Contratti di quartiere II» -:
quale sia lo stato di attuazione dei suddetti programmi «Contratti di quartiere I e II»;
se esistano residui di risorse non impegnate;
se il Governo sia intenzionato ad assumere iniziative volte a rifinanziare lo strumento che permetteva di agire in cofinanziamento con le regioni ricomprendendolo nel più generale «Piano casa» considerato che esiste una precisa istruttoria dei progetti ammissibili.
(5-02644)

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

BOBBA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 12 della Costituzione stabilisce che «La bandiera della Repubblica è il tricolore italiano», richiamando nell'immaginario collettivo il principio costituzionale dell'unità ed indivisibilità della Repubblica, nonché l'identità del popolo italiano;
l'uso della fascia tricolore da parte del soggetto che rappresenta la Comunità locale si caratterizza per il suo valore

altamente simbolico, reso ancor più evidente dalla modifica apportata dall'articolo 4 della legge 15 maggio 1997, n. 127 all'articolo 36, comma 7, della legge 8 giugno 1990, n. 142;
la disciplina dell'uso della fascia tricolore non è dettata compiutamente dalle norme, ma è rinvenibile in talune disposizioni di legge e di carattere amministrativo emanate e riguardanti per lo più aspetti settoriali del problema, legata principalmente alla natura delle funzioni sindacali, di capo dell'amministrazione comunale e di ufficiale di governo;
nell'uso corrente si è affermata la consuetudine che il sindaco indossi la fascia in tutte le occasioni ufficiali;
l'alto ruolo istituzionale svolto dal sindaco impone, pertanto, un uso corretto e conveniente della fascia tricolore nell'avvertita consapevolezza della dignità e del decoro della carica, e tale da non scalfire la realtà dello Stato come elemento di unità giuridica, nel cui ambito ogni cittadino è tenuto a partecipare al mantenimento dei valori che lo caratterizzano e lo fondano;
in particolare la circolare 5/1998 emanata dal Ministro dell'interno Rosa Russo Jervolino, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 270 del 18 novembre 1998, prevede che «Il Sindaco in quanto tale può utilizzare la fascia tricolore, anzi deve utilizzarla, nell'adempimento delle proprie funzioni istituzionali, tutte le volte in cui la propria veste di partecipazione alle manifestazioni pubbliche venga interpretata come appunto espletamento del proprio ruolo ed assuma ufficialità; diversamente, nell'ipotesi di partecipazione a titolo privato, o comunque non ufficiale, si dubita fortemente non solo della opportunità, ma anche della legittimità dell'utilizzo di tale simbolo distintivo»;
detta circolare si armonizza con il dettato costituzionale di cui all'articolo 54, nel quale si prevede il dovere, statuito per gli amministratori pubblici «di adempiere con disciplina e ed onore le funzioni pubbliche ad essi affidate»;
in data 16 febbraio 2010, intorno alle ore 20,30, nella piazza Galileo Ferraris del comune di Livorno Ferraris, ha avuto luogo una peculiare manifestazione pubblica, a cui hanno partecipato, secondo le notizie di stampa, un numero che va da una trentina fino ad un centinaio di persone, per porgere solidarietà al sindaco dello stesso comune, nonché presidente della giunta provinciale di Vercelli, Renzo Masoero, all'epoca agli arresti domiciliari, in quanto accusato di concussione;
tra i manifestanti oltre al vicesindaco di Livorno Ferraris, Marco Michelone, e ad un sacerdote, era presente anche il sindaco del comune di Saluggia, Marco Pasteris, che indossava la fascia tricolore;
perché si abbia una manifestazione pubblica, occorre l'apposita comunicazione alla questura nei tempi di legge che non risulta all'interrogante, che sia stata presentata;
in assenza della necessaria comunicazione è evidente che la manifestazione, risulta essere un mero incontro privato, o un raduno non autorizzato;
anche qualora l'incontro ottemperasse al requisito di pubblicità, il comportamento del sindaco Pasteris, lascia adito a diversi interrogativi sull'opportunità, non solo politica, della partecipazione a tale evento, quale rappresentante degli abitanti di Saluggia;
l'uso improprio della fascia tricolore mina i fondamenti democratici dello Stato italiano e comporta superficialità nell'espletare il ruolo del sindaco, configurando anche un abuso delle proprie peculiari funzioni;
ad oggi Renzo Masoero si è dimesso sia da sindaco che da presidente della provincia e, da notizie di stampa, si apprende

che voglia richiedere il patteggiamento, assumendosi quindi la responsabilità di quanto imputatogli -:
quali iniziative, anche di carattere normativo, il Ministro intenda porre in essere sia relativamente alla vicenda in premessa e sia per evitare comportamenti che appaiono non conformi alla normativa vigente e che ad avviso dell'interrogante non corrispondono alla stessa funzione di sindaco, il quale rappresenta il primo anello democratico, essendo eletto direttamente dalla comunità afferente.
(5-02650)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAZZERA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la cittadina di Stornarella (Foggia) sta vivendo, da mesi, un preoccupante momento, dovuto all'escalation di episodi violenti e criminosi;
nel corso degli ultimi anni la cittadina foggiana era balzata alle cronache per una serie di vicende legate soprattutto al tema dell'immigrazione clandestina e della sicurezza. Recentemente si sono verificati nel paese una serie di eventi delittuosi di rilevante gravità che hanno destabilizzato la popolazione;
nella notte di sabato 6 marzo 2010 un agricoltore ha sparato contro due sconosciuti introdottisi nella sua azienda agricola, ferendone uno a morte;
secondo la ricostruzione dei carabinieri l'uomo avrebbe scaricato alcuni colpi di fucile calibro 12 verso l'auto in fuga guidata da due persone. Almeno sei proiettili avrebbero infranto il lunotto posteriore della vettura, colpendo alla testa il passeggero;
l'imprenditore avrebbe raccontato di aver già subito in passato diversi furti, e per questo, di aver «sparato in aria» non appena accortosi degli uomini che si aggiravano all'interno della sua proprietà;
la vittima di questo tragico episodio è un rumeno di 37 anni, residente a Cerignola. L'agricoltore, di 56 anni, è stato arrestato con l'accusa di omicidio volontario;
il fenomeno dei furti presso rimesse e abitazioni si va intensificando esponenzialmente negli ultimi mesi, anche in pieno giorno, ad opera di bande criminali organizzate, composte sia da cittadini residenti in Italia che dagli stranieri che affollano il territorio;
sempre più frequenti sono gli episodi di minacce e violenze ai fini estorsivi nei confronti degli imprenditori ed esercenti locali, a cui si accompagnano rapine soprattutto nelle abitazioni di anziani e diversamente abili;
nel febbraio 2010 c'è stata la scoperta e il sequestro di un'area di circa 6000 metri quadrati con annessi n. 13 box adibiti ad abitazioni per una ventina di persone di nazionalità rumena e bulgara, prive degli essenziali sistemi igienico-sanitari, senza regolare permesso di soggiorno, e che lavoravano in nero venendo per giunta sottopagati (come ci rivela l'inchiesta «Io schiavo in Puglia» pubblicata su l'Espresso n. 35/2006);
la prostituzione ha raggiunto livelli inimmaginabili, come rivela anche l'operazione denominata «Ebano» del marzo 2008, con la quale venne sgominata un'organizzazione criminale che sfruttava prostitute africane rendendole in schiavitù e sottoponendole oltretutto a riti «voodoo» affinché le vittime non parlassero;
le intollerabili condizioni di vita in cui i migranti sono costretti a vivere, sono causa di un preoccupante allarme sanitario, per il rischio di sviluppo di malattie che sembravano debellate (ivi compreso un caso di tubercolosi);
la cittadina stornarellese è afflitta da un fenomeno, quello dell'immigrazione clandestina, incontrollato e sovradimensionato:

gli stranieri che abitano a Stornarella o nelle campagne, si aggirano sui 3500;
l'immigrazione priva di controllo enfatizza un odio razziale che cresce repentinamente e che è scaturito nelle scorse settimane in un evento rissoso in pieno centro dove un centinaio, tra cittadini stornarellesi e stranieri, davano vita a scene di follia e violenza collettiva;
gli episodi sopra richiamati, letti unitamente a quelli verificatisi negli ultimi mesi nelle principali città della provincia di Foggia, destano non poche preoccupazioni tra la popolazione foggiana segnando l'inizio di una nuova stagione della criminalità e dell'insicurezza;
quanto esposto dimostra che la condizione di irregolarità non induce all'integrazione, ma anzi porta spesso alla violenza;
gli immigrati irregolari in Italia sono oltre settecentomila, ed è un dato che il Governo non può sottovalutare. Ad avviso dell'interrogante la riduzione degli sbarchi via mare, considerato dal Governo come un traguardo, non rappresenta la soluzione alla questione immigrazione;
la politica adottata dal Governo sulla chiusura degli ingressi regolari per lavoro e la legge Bossi-Fini non mirano all'integrazione tra diverse civiltà, ma anzi introducono meccanismi di esclusione sociale;
la breve durata dei permessi di soggiorno, le lungaggini burocratiche per l'ottenimento del rinnovo, la chiamata nominativa o numerica dello straniero sconosciuto residente all'estero ai fini dell'ingresso per lavoro, rendono estremamente difficile l'adattamento di soggetti che versano già in grave stato di bisogno;
ad avviso dell'interrogante, assicurare una dignitosa condizione sociale allo straniero è il primo passo che un Governo deve compiere per garantire la legalità e la sicurezza nel Paese -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa;
quali iniziative si intendano assumere per affrontare il fenomeno dell'immigrazione che assume dimensioni incontrollabili nella zona del Tavoliere, anche al fine di evitare tristi epiloghi come quello recente della cittadina di Rosarno;
se il Governo ritenga opportuno assumere iniziative volte a stanziare fondi straordinari che consentano in realtà come quelle di cui in premessa di far fronte, in maniera adeguata, a tutte le situazioni conseguenti all'incremento esponenziale della popolazione residente;
quali urgenti iniziative si intendano adottare al fine di dare adeguato supporto, anche in termini di organici, alle locali Forze dell'ordine, perché queste possano garantire l'ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini di Stornarella, evitando forme di «giustizia privata», come quelle che si sono ultimamente verificate;
quali iniziative i Ministri interroganti ritengano opportuno adottare per garantire la pacifica convivenza tra gli italiani e gli immigrati, e se intendano chiarire in che modo la politica restrittiva citata in premessa abbia favorito l'obiettivo dell'integrazione.
(4-06485)

REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Governo è attento alle esigenze dei presidi di polizia sul territorio, come dimostrano i numerosi atti adottati anche recentemente;
il Commissariato di Polizia di Busto Arsizio (Varese) occupa locali di proprietà del comune che paiono inadeguati alle esigenze attuali;

il comune di Busto è proprietario di un immobile di notevole pregio - l'ex Calzaturificio Borri - che pare adatto ad un'utilizzo parzialmente riservato al locale Commissariato;
l'immobile in argomento necessita di un oneroso intervento di ristrutturazione -:
se il Ministro dell'interno sia disponibile ad adeguare la disponibilità economica assegnata per il pagamento del canone di affitto del Commissariato di Busto Arsizio, eventualmente annunciando in virtù di una sistemazione più adeguata alle esigenze;
se il Ministro ritenga possibile ipotizzare una nuova localizzazione del Commissariato di Busto Arsizio nell'immobile denominato «ex Calzaturificio Borri».
(4-06494)

BARBARO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si apprende da fonti di stampa e rete internet che Enzo Foschi, candidato al consiglio regionale del Lazio, sta facendo uso per la sua campagna elettorale dell'immagine di un addetto dei vigili del fuoco in divisa, ripreso all'interno di una caserma del corpo, vicino ad automezzi del corpo stesso;
il suddetto vigile del fuoco si presta chiaramente a divulgare un messaggio elettorale nell'esercizio delle sue funzioni, giocando peraltro sulla rapidità del candidato Foschi a rispondere alle chiamate, utilizzando per questo scopo pubblicitario il numero 115 -:
se, come doveroso, si stia predisponendo una verifica amministrativa e quali iniziative si intendano assumere, tramite il comando del Corpo, per mettere fine a questa inopportuna strumentalizzazione del Corpo dei vigili del fuoco.
(4-06500)

TESTO AGGIORNATO AL 17 GIUGNO 2010

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
rispettare l'orario minimo di lavoro è un dovere di tutti dipendenti, compresi quelli che ricoprono una carica dirigenziale. Una regola che vale anche per i primari, cioè dirigenti di struttura complessa del Servizio sanitario nazionale;
il dirigente è infatti chiamato a rispettare l'orario di servizio concordato con l'azienda o, in assenza di un accordo scritto, a timbrare il cartellino di entrata e di uscita dal lavoro;
il dirigente responsabile di direzione di struttura complessa ha come finalità il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dall'azienda e connessi all'incarico affidato. Il suo orario è, pertanto, articolato in modo flessibile ed è demandato ad un accordo tra la direzione generale dell'azienda ed il dirigente interessato il modo in cui deve svolgersi e con quali sistemi la rilevazione della sua presenza in servizio, rilevazione che, non avendo più alcun carattere fiscale, deve, comunque, poter consentire all'azienda l'applicazione degli istituti contrattuali (quali aspettative, malattie, ferie, permessi e altro);
vanno consolidate e rese operative procedure certe perché sia ottempera il principio di uguaglianza sul posto di lavoro, relativamente al rapporto di ogni lavoratore nei confronti dell'ente;
primari e direttori, nonostante diverse sollecitazioni dei media, non solo non timbrano il cartellino, ma riscuotono buoni pasto spesso molto più numerosi di

quelli cui avrebbero diritto in base alle timbrature -:
quali iniziative si ritenga necessario adottare per applicare più efficacemente la normativa esistente e se non ritengano opportuno assumere ulteriori iniziative normative volte a rendere obbligatori, in tutte le strutture, la timbratura del cartellino e il rispetto dell'orario minimo di servizio anche per i primari e i direttori di struttura complessa.
(3-00962)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DAMIANO, NANNICINI, RAMPI, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il comparto delle cooperative di portabagagli operanti in attività e servizi ferroviari versa in una persistente situazione di crisi, in ragione del dilatarsi del processo di dismissione di attività che hanno riguardato funzioni quali il servizio carrellini, il presenziamento dei depositi bagagli, i servizi di pulizia nei compartimenti e nelle stazioni, le attività manutentive, la cura delle sale d'attesa e dei parcheggi e altro ancora;
la situazione di crisi si protrae ormai da tempo, tanto che, nel marzo 2009, fu riconosciuta la concessione di ammortizzatori sociali in deroga riguardanti la cassa integrazione straordinaria e i contratti di solidarietà e successivamente, in data 13 ottobre 2009, è stato sottoscritto in sede ministeriale un accordo con tutte le organizzazioni sindacali convocate e i rappresentanti di Fast Ferrovie e Italia Lavoro, volto a riconoscere l'ulteriore proroga degli strumenti di ammortizzatori sociali in deroga, per 429 lavoratori;
il predetto accordo, tenendo conto delle disposizioni di cui all'articolo 19, comma 9, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, prevede la riduzione del 40 per cento della misura complessiva dei trattamenti e dei relativi oneri finanziari, rispetto a quanto stanziato nel 2008, stimando in 4,2 milioni di euro gli oneri massimi della concessione della proroga;
a tutt'oggi, non è stato emanato il decreto di concessione degli ammortizzatori sociali in deroga per i lavoratori delle cooperative di portabagagli operanti nel settore degli appalti ferroviari, secondo le indicazioni previste dal citato accordo dell'ottobre 2009 -:
quali siano le ragioni della mancata adozione delle misure di ammortizzatori sociali in deroga, così come concordato con le parti sociali già nell'ottobre 2009.
(5-02645)

Interrogazioni a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in vigore delle nuove norme in materia di richiesta e di rilascio di pensioni di invalidità hanno evidenziato una notevole diminuzione del numero di domande;
l'effettuazione di campagna di controllo ha fatto emergere una illegalità diffusa soprattutto nelle Regioni del Sud;
l'operato di Inps e Governo è molto positivo ad efficace -:
quali siano i dati resi delle pensioni di invalidità nel Paese, nel compresso e suddivisi per regioni e province;
quali siano di dati che emergono a fronte dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni normative;
quali siano i sistemi di controllo e di verifica posti in essere;
se e come il Governo intenda intervenire ai fini di intensificare i controlli, procedere a verifiche eventualmente su tutte le pensioni di invalidità che vengono erogate nelle regioni del

Mezzogiorno, migliorare ulteriormente le normative in vigore.
(4-06491)

COMAROLI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il Fondo nazionale per le politiche sociali, previsto inizialmente dalla legge 449 del 1997 e ridefinito dalla legge 328 del 2000 (legge quadro di riforma dell'assistenza), rappresenta la fonte di finanziamento specifico degli interventi di assistenza alle persone e alle famiglie;
il Fondo sociale va a finanziare un sistema articolato di piani sociali regionali e piani sociali di zona che descrivono, per ciascun territorio, una rete integrata di servizi alla persona rivolti all'inclusione dei soggetti in difficoltà, o comunque all'innalzamento del livello di qualità della vita;
al fondo affluiscono tutti i finanziamenti connessi alle leggi nazionali di settore vigenti, nell'ambito delle politiche sociali, ripartite per le regioni e le province autonome sulla base dei Piani di zona predisposti dagli enti locali;
l'entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001, nell'ambito della modifica del titolo V, parte II della Costituzione, ha determinato lo spostamento ella materia dell'assistenza sociale dall'area della potestà legislativa concorrente Stato-regioni a quella della potestà legislativa esclusiva delle regioni;
le misure di contrasto delle povertà e di sostegno al reddito rientrano a pieno titolo negli interventi inclusi nelle prestazioni essenziali dei servizi sociali, (articolo 22, comma 2, della legge n. 328 del 2000);
gli enti locali sono chiamati ad affrontare specifici interventi di sostegno sociale attraverso il rilascio di appositi sostegni economici a singoli cittadini che fanno esplicita richiesta attraverso le strutture di assistenza sociale. Queste forme di aiuto, molto spesso, non sono sopportate da una procedura ed accertamenti tali da scongiurare indebite percezioni di benefici da parte di soggetti che operano in frode alla legge;
gli interroganti sono venuti a conoscenza di un caso esemplare di cattiva amministrazione delle risorse destinate agli interventi nel settore sociale da parte degli enti locali. Nel comune di Ostiano in provincia di Cremona su segnalazione dei servizi di assistenza sociale è stato rilasciato dall'ASP un contributo economico ad una famiglia per il pagamento delle bollette del gas arretrate. In seguito attraverso alcune verifiche è stato accertato che la stessa famiglia che aveva richiesto il contributo economico per grave sopravvenuta indigenza aveva allo stesso tempo assunto alle proprie dipendenze un assistente familiare. Questo caso è la prova lampante di come troppo spesso le procedure attivate dalle amministrazioni comunali per accertare le reali necessità dei soggetti che richiedono interventi straordinari di assistenza sociale non siano adeguate -:
quali iniziative il Ministro, nell'ambito delle proprie competenze, ritenga possibile adottare per definire al meglio da un lato l'appropriatezza dei livelli essenziali di assistenza e dall'altro lato i principi di economicità nell'uso delle risorse da parte delle amministrazioni comunali.
(4-06492)

TESTO AGGIORNATO AL 17 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

NASTRI e CARLUCCI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il brusone del riso rappresenta una delle più gravi patologie di questo cereale a livello mondiale con conseguenze considerevoli sulla produzione;

in particolare sul territorio vercellese nel 2008, il brusone si era manifestato in tutta la sua gravità con un'incidenza sulla quantità produttiva;
le spighe che si presentavano completamente vuote e in alcuni casi i danni raggiunsero punte del 30-40 per cento, hanno indotto la provincia di Vercelli ad avviare un importante progetto volto a debellare il fenomeno che ha visto coinvolto il consorzio dei comuni per lo sviluppo del vercellese con la collaborazione del dipartimento di ecologia del territorio dell'università di Pavia, che ha già condotto nel passato studi e ricerche sulla diffusione del brusone del riso;
nel 2009 è stata avviata una campagna sperimentale al fine di individuare e risolvere le problematiche tecniche e logistiche per garantire un'azione sistematica ed efficace, che consentirà di effettuare la lotta al brusone a pieno regime a partire dall'estate del 2010 e per i due anni successivi;
il piano, che la provincia di Vercelli intende avviare consiste nell'installazione di capta spore, ovvero apparecchiature in grado di assorbire l'aria e individuare spore responsabili del brusone, con un aggiornamento della situazione due volte alla settimana;
la provincia di Vercelli ha conseguentemente stanziato 39 mila euro per debellare il brusone del riso, la cui patologia che colpisce il cereale, comporta considerevoli cali della produzione -:
se non ritenga opportuno, in considerazione di quanto esposto in premessa, nonché dell'importanza che in termini economici e culturali la coltivazione del riso costituisce per la regione Piemonte, prevedere adeguate risorse finanziare da destinare alla difesa del cereale colpito dal fenomeno esposto in premessa, nonché alla ricerca della diffusione del brusone del riso.
(5-02646)

Interrogazione a risposta scritta:

CIRIELLI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 del decreto legislativo n. 297 del 2004, recante disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli ed alimentari, prevede apposite sanzioni amministrative per tutti coloro i quali utilizzano impropriamente segni distintivi di un prodotto nella presentazione e commercializzazione dello stesso;
tra i prodotti a marchio «DOP» oggetto di maggiori contraffazioni vi è il pomodoro «San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino», che proprio per le sue caratteristiche ben precise, come il colore rosso uniforme, la forma allungata e parallelepipeda e l'assenza di sapori e odori estranei, ha ricevuto nel 1996 il riconoscimento di prodotto a denominazione di origine protetta;
la coltivazione, la produzione e la trasformazione della suddetta varietà di pomodoro è territorialmente circoscritta all'area a nord della provincia di Salerno, denominata appunto «Agro Sarnese-Nocerino», e ad alcune propaggini delle province di Napoli e di Avellino, per un totale di 41 comuni;
alla diffusione, controllo e valorizzazione del marchio è preposto un apposito Consorzio di tutela, incaricato dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali di svolgere funzioni di salvaguardia del prodotto ai sensi dell'articolo 14 della legge 21 dicembre 1999, n. 526;
da notizie pervenute all'interrogante emergerebbe un certo malcontento da parte del Consorzio di tutela del pomodoro San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino, che avrebbe avanzato dubbi di legittimità in ordine all'utilizzazione della dicitura «San Marzano» da parte di

aziende private operanti al di fuori dell'ambito territoriale di riferimento del Consorzio;
attualmente, all'interno della tipologia «San Marzano» (definita tecnicamente «oblungo-perino») confluirebbero diverse varietà di pomodoro italiano come il «Lancelot», «Oskar» e «Parsifal», ma solo una di esse risulta protetta dal marchio DOP a tutela consortile;
del Consorzio di tutela del «San Marzano dell'Agro Sarnese-Nocerino» fanno parte alcune aziende operanti nel territorio interessato, preposte alla trasformazione e commercializzazione dell'unica varietà a marchio DOP prevista dalla legge;
molte altre aziende, stanziate al di fuori dell'area territoriale del Consorzio, producono e commercializzano altre varietà di pomodoro che, pur facendo parte della tipologia «San Marzano», non hanno tuttavia il marchio DOP in quanto diverse dalla varietà prodotta nell'Agro Sarnese-Nocerino;
da quanto risulta all'interrogante, le suddette aziende, nell'immettere sul mercato pomodori pelati recanti genericamente la dicitura «San Marzano», attuerebbero una politica commerciale poco trasparente, con il rischio che si speculi sulla varietà protetta dal marchio DOP e che si induca così in errore il consumatore circa l'effettiva qualità del prodotto;
il secondo comma dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 297 del 2004, sopra citato, prevede esplicitamente sanzioni amministrative per colui che, nella designazione e presentazione del prodotto «usurpa, imita o evoca una denominazione protetta, o il segno distintivo o il marchio»;
più in generale, la legge punisce chi pone in essere «qualsiasi altra prassi o comportamento idoneo ad indurre in errore sulla vera origine dei prodotti» (articolo 2, comma 4, decreto legislativo n. 297 del 2004);
la generica dicitura «San Marzano» potrebbe, quindi, rappresentare una imitazione o comunque una evocazione del prodotto protetto dal marchio DOP, atteso che un confezionamento similare dei pomodori pelati può facilmente indurre in errore il consumatore, non sempre in condizione di distinguere prontamente il prodotto DOP da quello generico;
le disposizioni sanzionatorie in applicazione del regolamento (CEE) n. 2081/92 sono, pertanto, poste dal legislatore nell'esclusivo interesse di offrire una concreta tutela ai prodotti a marchio DOP, la cui fraudolenta evocazione potrebbe condizionare negativamente la produzione in un momento già di forte crisi per l'intera filiera produttiva;
l'interrogante non ignora la posizione assunta in merito dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali che, nel rispondere ad un precedente atto di sindacato ispettivo, ha avuto modo di precisare che la dicitura «San Marzano», essendo una varietà vegetale non solo non può concorrere ad ottenere nessun riconoscimento DOP o IGP, ma può essere utilizzata liberamente nei marchi di aziende private che commercializzano pomodori di tale varietà;
ciò nonostante, anche alla luce di quanto sostenuto dal Consorzio di tutela e delle numerose frodi verificatesi nei mesi scorsi, è evidente che sussista nell'utilizzazione del marchio da parte delle aziende del settore il pericolo che, etichettando il prodotto genericamente come «San Marzano», possano essere conquistate in modo poco trasparente e con finalità speculative, fette di mercato altrimenti precluse;
la suddetta normativa, come è noto, prevede una tutela limitata al solo pomodoro prodotto in quella determinata area territoriale, lasciando invece prive di regolamentazione le altre varietà di «San Marzano» non provenienti dall'Agro Nocerino Sarnese, che si prestano così ad una libera ed incondizionata diffusione sui mercati nazionali ed esteri;

il prodotto in questione è stato fra l'altro già oggetto di numerose contraffazioni, come nel febbraio del 2009 quando la Guardia di finanza sequestrò una illecita esportazione dal porto di Napoli di ben 12000 barattoli di pomodori falsamente etichettati come «San Marzano», ma in realtà di origine pugliese;
è pertanto opportuno rafforzare il riconoscimento delle caratteristiche e delle peculiarità del pomodoro San Marzano prodotto nell'Agro Sarnese-Nocerino, quale prodotto di quel patrimonio agroalimentare italiano oggetto di costante valorizzazione da parte del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali come risorsa italiana da esportare nel mondo -:
quali iniziative il Ministro ritenga possibile adottare al fine di salvaguardare la tipologia varietale del pomodoro «San Marzano», considerando la filiera di produzione nazionale dello stesso e le legittime aspettative delle aziende consorziate e operanti sul territorio interessato dal marchio DOP, e di evitare raggiri e speculazioni commerciali ai danni dei consumatori;
se il Ministro ritenga opportuno assumere iniziative, anche di carattere normativo, finalizzate a chiarire la portata applicativa delle disposizioni vigenti in materia di protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni di origine dei prodotti agricoli e alimentari.
(4-06497)

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SALUTE

Interrogazione a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la fibromialgia è una sindrome caratterizzata da dolore muscolo-scheletrico cronico diffuso associata ad un ampio corteo di sintomi quali astenia di severa entità, rigidità mattutina, disturbi del sonno, parestesie e disestesie, cefalea tensiva, secchezza oculare e orale, sindrome ansioso-depressiva, fenomeno di Raynaud, dismenorrea, sindrome dell'intestino irritabile, cistite interstiziale come evidenziato dai criteri classificativi attualmente in uso (1990, American College of Rheumatology);
l'Organizzazione mondiale della sanità (O.M.S.) ha incluso tale patologia all'interno del codice ICD-10 (classificazione statistica internazionale della malattie e dei correlati problemi di salute) sotto la rubrica M.790 con la denominazione «reumatismo non specificato» entrata in vigore il 1o gennaio 1993;
la fibromialgia è una patologia cronica ed invalidante che impedisce lo svolgimento delle normali attività quotidiane al paziente che ne è affetto;
i pazienti che soffrono di fibromialgia effettuano più visite generiche e specialistiche, ottengono un maggior numero di certificati di malattia e ricorrono più spesso ai servizi di degenza, rappresentando così un notevole onere economico per l'Italia;
circa 14 milioni di persone nell'Unione europea e l'1-3 per cento della popolazione mondiale soffrono di fibromialgia;
la fibromialgia, pur essendo stata riconosciuta come malattia dall'Organizzazione mondiale di sanità già nel 1992, non risulta ancora inserita nel registro ufficiale delle malattie nell'Unione europea, il che esclude i pazienti da una diagnosi formale;
la fibromialgia è riconosciuta come patologia invalidante negli USA e l'FDA ha approvato farmaci per il trattamento di tale patologia. In Italia il non riconoscimento della fibromialgia come malattia

cronica invalidante comporta l'assenza di esenzioni e tutto l'onere economico a carico dei pazienti -:
se il Ministro sia a conoscenza di questa situazione;
se siano state assunte iniziative, e quali, per far sì che pazienti affetti da tale patologia siano tutelati da un punto di vista socio-economico;
quali misure il Ministro intenda porre in essere al fine di promuovere il riconoscimento della fibromialgia come malattia invalidante.
(4-06489)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

FRONER e PEDOTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nell'articolo 8, comma 6, del contratto di servizio Rai - Ministero delle comunicazioni del maggio 2007, è stabilito che «la Rai si impegna a collaborare, con le istituzioni preposte, alla ideazione, realizzazione e diffusione di programmi specifici diretti al contrasto e alla prevenzione della pedofilia»;
la partecipazione di Aldo Busi all'Isola dei famosi, oltre ad aumentare, ad avviso degli interroganti, il tasso di volgarità nei rapporti interpersonali e a creare fin dall'inizio un clima di nervosismo nei confronti degli altri partecipanti al programma e della conduttrice, con la richiesta da parte dello stesso Busi, forte della sua importanza mediatica, di ricevere un trattamento di favore, ha suscitato una generale protesta in tutta l'opinione pubblica, a causa delle dichiarazioni pro pedofilia rese nel 1996 nel corso di una puntata del Maurizio Costanzo Show, durante la quale Busi aveva giudicato la pedofilia un non reato, ma un aiuto che gli adulti danno ai ragazzini nello scoprire la loro naturale sessualità, pronunciando fra l'altro frasi del tipo «che sarà mai se un bambino di cinque anni subisce un atto sessuale.»;
in proposito, il Presidente dell'Osservatorio sui diritti dei minori ha dichiarato che le proteste hanno ragione d'essere, sono condivisibili e la Rai, in quanto servizio pubblico, non può ignorarle; inoltre, se la permanenza di Busi giova all'audience, certamente non favorisce gli sforzi che a livello internazionale si stanno facendo per il riconoscimento della pedofilia quale crimine contro l'umanità debole e indifesa -:
se non ritenga che non sia stato applicato il Contratto di servizio;
se non ritenga che il servizio pubblico debba appoggiare tutte le battaglie che associazioni, forze dell'ordine e genitori stanno facendo contro gli abusi e la pedofilia;
quali iniziative di conseguenza intenda adottare.
(5-02649)

Interrogazione a risposta scritta:

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la società Alitalia è sottoposta a gestione commissariale;
la gestione commissariale ha la disponibilità di materiale storico, velivoli, divise, archivi e altri beni di interesse culturale e di notevole rilevanza per la storia della nostra aviazione, parte introduttiva della storia industriale del nostro Paese;
il commissario si sarebbe dimostrato indifferente dove richieste provenienti dalle istituzioni culturale, a esempio, a

quanto consta all'interrogante, neppure riscontrando il richieste di fondazioni e musei -:
se e come il Governo intenda intervenire ai fini di evitare la perdita o l'abbandono di beni culturali e storici significativi per il nostro Paese.
(4-06499)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Lovelli e altri n. 5-02617, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Marchioni, Froner, Pizzetti, Giulietti, De Biasi, Brandolini, Vico, Fogliardi, Fiano, Bobba, Trappolino, Naccarato, De Micheli.

L'interrogazione a risposta immediata in Commissione Toccafondi n. 5-02631, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Bitonci.

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interpellanza urgente Fava n. 2-00643 del 9 marzo 2010.