XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 18 marzo 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzioni in Commissione:

La VI Commissione,
premesso che:
i comuni attendono di poter gestire direttamente le funzioni catastali dal 1998, anno del decreto legislativo n. 112 del 1998 che attribuiva loro tale competenza;
nel 2007, con l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 14 giugno 2007, che individuava risorse e modalità di trasferimento delle funzioni catastali ai comuni, tale processo sembrava giunto a definizione con l'individuazione di un modello di decentramento basato su flessibilità, gradualità e cooperazione tra l'Agenzia del territorio e i comuni;
il percorso si è bruscamente interrotto nel maggio del 2008, con la sentenza del TAR Lazio n. 4259 che - accogliendo un ricorso di Confedilizia presentato a fine 2007 - ha annullato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2007, così bloccando tutto il processo di decentramento catastale;
l'ANCI ha successivamente impugnato la sentenza del TAR Lazio, ricorrendo in appello al Consiglio di Stato il 10 febbraio 2009, il Consiglio di Stato ha annullato la precedente sentenza del TAR Lazio, rinviando il giudizio allo stesso TAR in composizione diversa, il quale il 27 gennaio 2010 ha dato luogo al dibattimento e deve ora pronunciarsi nel merito;
in attesa della nuova pronuncia del TAR, l'attività operativa sul decentramento del catasto è ancora ferma, mentre molte esperienze di sperimentazione del decentramento, che avevano preso avvio già prima dell'emanazione delle norme citate, sono proseguite in diverse parti del Paese, continuando a produrre effetti di snellimento dei servizi catastali e di miglioramento della qualità delle banche dati territoriali e catastali;
l'articolo 1, commi 194-200, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, stabilisce che a decorrere dal 1o novembre 2007 i comuni esercitano direttamente le funzioni catastali ad essi attribuite;
l'articolo 34-quinquies del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 marzo 2006, n. 80, ha istituito il modello unico digitale per l'edilizia (MUDE) al fine di semplificare i procedimenti amministrativi catastali ed edilizi;
la Commissione Paritetica Nazionale (composta da rappresentati di ANCI, Regioni e Agenzia del Territorio) istituita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 6 maggio 2008 recante «Approvazione del Modello Unico Digitale per l'Edilizia» con il compito di redigere la proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo dell'articolo 34-quinquies, sta concludendo i suoi lavori e che in tale sede i rappresentanti dell'ANCI e delle Regioni hanno avanzato una proposta di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri definita secondo le indicazioni del presidente di nomina governativa;
tale proposta configura il MUDE come una scheda anagrafica, univoca e corta, del bene immobiliare e degli interventi che lo modificano, attorno alla quale ruotano processi, adempimenti amministrativi e fornitura di dati da parte di diversi enti pubblici, di cui il comune rimane il responsabile del procedimento per il rilascio/deposito del titolo abilitativo edilizio;
è evidente la necessita di individuare una soluzione politico-amministrativa condivisa, anche in considerazione del fatto che e attualmente in discussione l'assetto istituzionale del Paese con la ridefinizione delle funzioni fondamentali degli enti locali e l'attuazione del federalismo fiscale in tutte le sue forme;

in tale contesto, non è possibile relegare i comuni a semplici soggetti passivi, ma va ripristinato il processo decisionale condiviso che porta alla formazione di tutti i necessari documenti funzionali alla semplificazione ed alla digitalizzazione dei processi catastali ed edilizi,

impegna il Governo:

ad emanare un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri attuativo che preveda un MUDE unitario e modulare coerente con il testo unico dell'edilizia, con il piano di e-government 2009-2012, con la direttiva unione europea 2007/2/CE INSPIRE, con il codice della p.a. digitale, con il repertorio dei dati nazionali CNIPA ed in grado di valorizzare le progettualità definite e finanziate con il programma ELISA (enti locali innovazione di sistema), linea d'azione 3 (catasto e fiscalità locale), tale da essere recepito su tutto il territorio nazionale, favorendo la semplificazione e la digitalizzazione del procedimento edilizio;
ad assumere le iniziative necessarie affinché la funzione di gestione amministrativa del catasto sia inserita tra le funzioni fondamentali dei comuni nell'ottica del rispetto dell'unitarietà del procedimento amministrativo e della cooperazione istituzionale con l'Agenzia del Territorio;
a condividere in sede di Conferenza Stato-città e autonomie locali tutti i provvedimenti statali in materia di procedimento edilizio, catasto, tributi, semplificazione amministrativa e innovazione tecnologica della pubblica amministrazione;
a incentivare gli accordi che i comuni stanno facendo con l'Agenzia delle entrate e con l'Agenzia del territorio per contrastare l'evasione fiscale e per migliorare la conoscenza del patrimonio immobiliare del Paese con particolare riguardo ai tempi di risposta alle istanze rivolte dagli enti locali all'Agenzia del territorio.
(7-00301) «Fluvi».

La VIII Commissione,
premesso che:
tra il 21 e il 26 dicembre 2009 il nord Italia è stato interessato da intense precipitazioni atmosferiche, in particolare in Liguria, Toscana settentrionale e nella parte emiliana dell'Emilia-Romagna con eventi anche di carattere alluvionale che hanno interessato alcuni tra i principali corsi d'acqua come il Magra, il Serchio, il Secchia, il Panaro e il Reno;
si è registrata la rottura degli argini del fiume Serchio a Lucca e nel comune di Vecchiano nella provincia di Pisa che ha provocato ingenti danni ai cittadini, alle imprese ed alle istituzioni e la definizione di un numero altissimo di movimenti franosi che hanno compromesso importanti infrastrutture di collegamento ed anche abitazioni ad evidenziare, se ce ne fosse stato bisogno, che è irrimandabile investire risorse su manutenzione e prevenzione; va segnalato, in tal senso, che i piani di bacino del Serchio e dell'Arno, elaborati dalle specifiche autorità nominate dal Ministero competente, e necessari per prevenire e limitare la possibilità di esondazione, non hanno finora trovato le risorse e l'impegno necessario per essere attuati;
secondo quanto affermato da Claudio Martini, Commissario delegato per il superamento dell'emergenza-alluvione al comitato istituzionale che raggruppa province ed enti locali colpiti in Toscana, il bilancio dei danni causati dall'ondata di maltempo che ha colpito gran parte della Toscana tra Natale e Capodanno scorsi supera 517 milioni di euro;
le spese già sostenute, in somma urgenza, dalle amministrazioni ammontano a 19,6 milioni di euro: si tratta di 169 dei 287 comuni toscani, oltre alle nove province e a numerose comunità montane;
i territori maggiormente colpiti sono nelle province di Lucca, Pisa, Massa-Carrara, Pistoia e Prato;
sempre secondo i dati forniti dal commissario, sono «urgenti e necessari»

ulteriori fondi rispetto ai 12 milioni ora disponibili, ai sensi del piano degli interventi di cui all'articolo 1, comma 3, dell'ordinanza 3850 del Presidente del Consiglio dei ministri del 19 febbraio 2010, e ai circa 60 attesi come quota parte dello stanziamento inserito per Toscana, Liguria e Emilia-Romagna nel cosiddetto «decreto-Abruzzo», e non ancora ripartiti;
il totale annunciato è stato comunque giudicato «assolutamente insufficiente» rispetto alle necessità reali;
peraltro, non è chiaro come e se siano stati spesi i fondi a favore delle imprese, pari a 2 milioni di euro, previsti dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 12 febbraio 2010, n. 3848, per consentire la realizzazione in via d'urgenza di interventi finalizzati all'immediata ripresa delle attività commerciali, produttive, agricole, agroindustriali, zootecniche ed artigianali, gravemente danneggiate dagli eventi alluvionali;
non vi è traccia, nella programmazione ditali interventi, di un coinvolgimento del territorio ed in particolare delle autorità di bacino, che pure, come già detto, hanno investito risorse e competenze nella predisposizione di piani di bacino mai realizzati per la mancanza di risorse, come peraltro emerso nella risposta del 26 gennaio scorso all'interrogazione 5-02368 (Mariani) sul finanziamento dei programmi delle autorità di bacino per la messa in sicurezza del territorio, con particolare riferimento a quelli dell'autorità di bacino del fiume Serchio;
per parte sua, l'Autorità di bacino del fiume Serchio ha già stimato che il fabbisogno necessario per la riduzione del rischio idrogeologico a livelli socialmente accettabili ed al fine di permettere uno sviluppo sostenibile del territorio è di 1.089 milioni di euro, di cui circa la metà dell'importo necessario per la mitigazione del rischio da frana e l'altra metà per la mitigazione del rischio idraulico;
la messa in sicurezza del territorio e gli interventi per la prevenzione dei rischi derivanti da eventi calamitosi devono costituire indubbie priorità nell'ambito dell'azione di Governo;
in merito alla generale situazione di grave e diffuso rischio idrogeologico del Paese, la VIII Commissione della Camera ha più volte messo in evidenza, anche attraverso l'indagine conoscitiva sulle politiche per la difesa del suolo e la risoluzione sul Fondo regionale di Protezione Civile, la necessità di rafforzare la prevenzione o la pianificazione degli interventi per la messa in sicurezza del territorio; in tale ambito, la risoluzione 8-00040 ha impegnato il Governo ad attuare un organico programma di interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio;
dall'analisi degli stanziamenti per la difesa del suolo degli ultimi anni si può evidenziare come i Governi guidati dal Presidente del Consiglio dei ministri Berlusconi hanno sempre operato consistenti tagli ai capitoli di bilancio di riferimento;
l'ultima legge finanziaria approvata nella XV legislatura aveva stanziato 558 milioni per l'esercizio finanziario del 2008 a favore del programma 18.1 (conservazione dell'assetto idrogeologico);
lo stanziamento a favore del programma 18.1 previsto dal disegno di legge finanziaria 2010 è stato notevolmente ridimensionato e la previsione triennale per gli esercizi finanziari 2010, 2011 e 2012 ammonita rispettivamente a 120, 94 e 89 milioni di euro;
l'Autorità di bacino del fiume Serchio ha stimato che il fabbisogno necessario per la riduzione del rischio idrogeologico a livelli socialmente accettabili ed al fine di permettere uno sviluppo sostenibile del territorio è di 1.089 milioni di euro, di cui circa la metà dell'importo necessario per la mitigazione del rischio da frana e l'altra metà per la mitigazione del rischio idraulico;
desta particolare preoccupazione la bozza di accordo di programmazione e di finanziamento di interventi per la mitigazione

del rischio idrogeologico, elaborata dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che sembra finalizzata ad attribuire al Ministero la gestione diretta dei fondi per la realizzazione degli interventi, relegando le singole regioni alla sola individuazione, peraltro in accordo col ministero delle priorità di azione,

impegna il Governo:

ad attivarsi affinché entro il 2010 venga stanziata una quota significativa delle risorse necessarie per gli interventi, pari ad almeno il 50 per cento dei 517 milioni di euro, giudicati necessari per il completamento degli interventi, per dare copertura agli interventi di somma urgenza avviati ma non conclusi, agli interventi urgenti, al contributo previsto per danni ai privati e per i danni alle imprese danni;
a garantire in tempi certi l'individuazione delle risorse necessarie stimate dal commissario Claudio Martini al fine di superare l'emergenza alluvione che ha colpito la regione Toscana;
a rivedere radicalmente, in coerenza con le indicazioni da parte delle regioni, l'accordo di programma, in modo da assicurare alle regioni ed alle autorità di bacino il riconoscimento del proprio ruolo in materia di attuazione delle politiche per la messa in sicurezza del territorio;
a fornire elementi sulle modalità e sui criteri con cui sono stati spesi i fondi a favore delle imprese, pari a 2 milioni di euro, previsti dall'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 12 febbraio 2010, n. 3848, per consentire la realizzazione in via d'urgenza di interventi finalizzati all'immediata ripresa delle attività commerciali, produttive, agricole, agroindustriali, zootecniche ed artigianali, gravemente danneggiate dagli eventi alluvionali;
a attuare provvedimenti per escludere dal vincolo del patto di stabilità gli investimenti dedicati alla messa in sicurezza ed alla prevenzione dei territori colpiti dalla calamità.
(7-00300)
«Mariani, Fontanelli, Realacci, Gatti, Lulli, Scarpetti, Rigoni, Giacomelli, Ventura».

La IX Commissione,
premesso che:
da qualche settimana l'Alitalia, ha deciso di cancellare le agevolazioni tariffarie che la continuità territoriale aerea metteva a disposizione degli emigrati sardi, cioè di quelle persone nate in Sardegna ma residenti fuori dall'isola;
la precedente continuità territoriale aerea era limitata ai sardi, compresi gli emigrati residenti fuori Sardegna. Tuttavia la Commissione europea (CE) vincolò lo Stato italiano alla cancellazione di quelle agevolazioni in quanto «contraria al Trattato europeo perché discriminatoria» (decisione della Commissione europea del 23 aprile 2007). La posizione della CE è definita con estrema chiarezza dalla decisione del 23 aprile 2007 secondo cui si chiarisce che gli oneri di servizio pubblico (OSP) possono essere utilizzati anche nel caso Sardegna a condizione che lo si faccia «nel rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità. Essi devono essere debitamente giustificati», in quanto «sono definiti come un eccezione al principio del regolamento, ai sensi del quale, «lo (gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) permette (permettono) ai vettori aerei comunitari di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della Comunità»;
fu una decisione a cui la regione sarda si oppose risolutamente, con l'aiuto della Federazione dei circoli degli emigrati sardi (FASI). Proprio l'azione dell'allora giunta Soru consentì, nella definizione della nuova continuità territoriale tuttora in vigore, di mantenere le agevolazioni a favore dei nostri emigrati, grazie agli accordi che la Regione mise in piedi con le

singole compagnie aeree. Infatti, come testimoniano le dichiarazioni dell'ex Assessore Regionale ai trasporti, «nonostante la decisione della Commissione Europea sia dell'Aprile del 2007, per tutti gli anni 2007, 2008 e 2009 gli emigrati hanno usufruito delle tariffe agevolate. Non è un caso che a tutt'oggi, Febbraio 2010, la compagnia aerea Meridiana stia applicando le agevolazioni tariffarie per gli emigrati sardi (non solo, ma grazie a un accordo fra Regione, Meridiana e Fasi stipulato negli anni della Giunta Soru, anche le mogli e i figli degli emigrati possono ottenere le tariffe agevolate aeree)»;
quando la Commissione europea impose allo Stato italiano la cancellazione delle tariffe agevolate per gli emigrati, l'ex Governo regionale siglò tali accordi con le compagnie aeree, proprio in virtù dello svantaggio dell'insularità che rende il costo dei trasporti, per e dalla Sardegna, sia per i cittadini che per le merci, sia marittimo che aereo, di gran lunga più caro rispetto a quello della penisola e del resto d'Europa. Ad essere penalizzati non sono solo i sardi, residenti ed emigrati, ma tutti i cittadini europei;
il riconoscimento del principio dell'insularità, da parte del Parlamento italiano nella legge sul federalismo fiscale apre nuove prospettive per il riconoscimento delle misure di perequazione dello svantaggio;
il Parlamento europeo, nella risoluzione del 3 febbraio 2003, libro bianco sulla politica dei trasporti, recita «la necessità imperativa che la politica dei trasporti contribuisca alla coesione economica e sociale, tenendo conto della peculiare natura delle regioni periferiche... insulari»;
si ricorda che, a questo proposito il parere del Comitato economico e sociale europeo che nel documento «Regioni gravate da svantaggi strutturali», enuncia fra i principi: quello di «discriminazione positiva», in base al quale le misure destinate a taluni territori e volte a controbilanciare i vincoli strutturali permanenti non costituiscono vantaggi indebiti bensì elementi che contribuiscono a garantire un'autentica parità. A tale proposito, la discriminazione positiva contrasta con la discriminazione in senso lato che, in base alla definizione data dalla Corte di giustizia «... consiste nel trattare in modo identico Situazioni diverse e in modo diverso situazioni identiche» (Sentenza del Tribunale di primo grado - quarta sezione - del 26 ottobre 1993. Cause riunite T-6/92 e T-52/92). L'articolo 154 del Trattato di Amsterdam, con la dichiarazione n. 30 adesso allegata, recita: «la conferenza riconosce che le regioni insulari soffrono, a motivo della loro insularità, di svantaggio strutturale il cui perdurare ostacola il loro sviluppo economico e sociale»;
è necessario mantenere una continuità territoriale volta a garantire non solo la perequazione degli svantaggi dell'insularità e con essa migliori condizioni di sviluppo per la Sardegna, ma anche una migliore e più moderna «mobilità» per tutti i cittadini europei;

impegna il Governo:

a predisporre le necessarie misure per una nuova continuità territoriale che sia perequativa degli svantaggi strutturali permanenti e dei costi dell'insularità, secondo quanto previsto dalla legge nazionale del 5 maggio 2009 n. 42, in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.
(7-00299)
«Meta, Schirru, Calvisi, Pes, Marrocu, Melis, Fadda, Arturo Mario Luigi Parisi, Cardinale, Velo».

La XIII Commissione,
premesso che:
il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre 2006 relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo, tra le

altre cose, prevede che, a decorrere dal 1o giugno 2010, non sia più consentito, né l'esercizio della pesca a strascico entro le tre miglia dalla costa, né l'impiego di reti a maglia inferiore a quella regolamentare (40 millimetri per la quadrata, 50 per quella a losanga);
il divieto di cui sopra è destinato ad incidere significativamente su alcune particolari realtà di pesca e, in specie, sul piccolo strascico costiero praticato, nell'alto Adriatico, nelle marinerie di Chioggia, Venezia e Ravenna;
secondo stime effettuate da autorevoli centri di ricerca è stato calcolato che la cessazione delle attività di pesca, conseguente al suddetto divieto, produrrebbe un danno diretto, immediato, di 12 milioni di euro che, in larga parte, diverrebbe permanente e tale da determinare un mancato reddito, stimabile in circa 120 milioni di euro nei prossimi venti anni, senza considerare le conseguenze, assai più rilevanti, che si avrebbero sull'indotto, ossia sulle altre componenti il sistema economico sociale di cui fanno parte le imprese di pesca che sarebbero costrette a cessare la loro attività;
attraverso gli strumenti di sostegno alla pesca attualmente disponibili, ferma restando l'emergenza costituita dall'imminente entrata in vigore del divieto di cui sopra, è possibile ricercare le soluzioni necessarie per l'attuazione di un programma integrato in favore delle imprese interessate, fondato su interventi finalizzati al perseguimento di un numero circoscritto di obiettivi mirati, quali il passaggio a sistemi di pesca alternativi, l'ammodernamento e la crescita dimensionale delle imbarcazioni, l'abbandono definitivo,

impegna il Governo:

a predisporre, d'intesa con le regioni e le organizzazioni professionali interessate, un programma coordinato di interventi - statali e regionali - che, a partire dal complesso degli strumenti finanziari disponibili, sia espressamente finalizzato al superamento dei problemi posti dall'entrata in vigore del divieto di cui in premessa;
ad adottare tutte le iniziative necessarie, affinché nelle sedi comunitarie, anche alla luce del programma di cui al punto precedente, sia concessa una deroga all'entrata in vigore del divieto di cui al succitato regolamento (CE) 1967/2006.
(7-00297)
«Callegari, Fogliato, Rainieri, Negro».

La XIII Commissione,
premesso che:
il Regolamento CE n. 1967/2006 relativo all'introduzione di misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo, ha previsto nell'articolo 14 una serie di deroghe transitorie alla dimensione minima delle maglie e alla distanza minima dalla costa per l'uso degli attrezzi da pesca, riconoscendo le peculiarità legate alle particolari caratteristiche geomorfologiche di alcune aree di pesca, come l'Adriatico;
il medesimo Regolamento, nell'articolo 4, comma 1, ha concesso una deroga permanente alle misure introdotte sulle specie e sugli habitat protetti, per l'esercizio di un sistema di pesca artigianale francese (il gangui provenzale), tradizionalmente esercitato anche sulle praterie di posidonie con reti trainate sul fondo paragonabili allo strascico;
la scadenza del regime di deroghe transitorie è prevista per il 31 maggio 2010 e assumerà carattere di vera emergenza socio-economica per il segmento del piccolo strascico costiero nord-adriatico entro le tre miglia, oltre a innescare una grave crisi di redditività per altri segmenti di pesca interessati, tra cui le cosiddette «pesche speciali» del bianchetto, rossetto, cicerello e lattarino presenti lungo quasi tutte le aree costiere nazionali;

i sistemi di pesca interessati dalla scadenza delle deroghe, con tradizioni e mestieri storici, rivestono un ruolo cruciale per la tenuta delle già fragili economie costiere, sostenendo i livelli occupazionali, e come determinante fonte di reddito per le comunità di pesca locali;
il devastante impatto socio-economico atteso per l'area nord-adriatica è stato oggetto di una specifica indagine condotta dall'istituto di ricerche socio-economiche CLES, del professor Paolo Leòn, su commissione della fondazione pesca di Chioggia. È stato stimato che l'interruzione dell'attività della flotta, attualmente composta di oltre 300 imbarcazioni per 900 imbarcati di equipaggio totale direttamente coinvolto, causerà una perdita di filiera potenziale di circa 4.000 posti di lavoro, con dirette ripercussioni sull'elevato indotto rappresentato da cantieristica, produzione attrezzi, servizi, mercati e ristorazione. Il danno economico complessivo è quantificabile in circa 120 milioni di euro di perdita di fatturato su base decennale;
la posizione della Commissione europea è stata finora improntata alla più netta chiusura rispetto a qualsiasi ipotesi di posticipo delle deroghe;
è indispensabile individuare soluzioni che siano in grado di coniugare la salvaguardia dell'ambiente con la tutela del diritto al lavoro in linea con il principio di sostenibilità ambientale ed economica che consenta agli operatori, attraverso tutti i necessari interventi di adeguamento, riconversione, accompagnamento economico e ritiro, di riposizionarsi in modo redditizio nell'ambito del proprio settore di appartenenza;
sono disponibili diverse tipologie e canali di intervento finanziario utili a contenere le ripercussioni sul comparto che rendono, in particolare, ipotizzabile il ricorso sia alle risorse comunitarie del Fondo europeo per la pesca (FEP), e alle risorse nazionali della cassa integrazione in deroga, e alle risorse statali decentrate del Fondo unico regionale agricoltura e pesca, senza escludere eventuali dotazioni di bilancio autonome da parte regionale;
assumono particolare importanza, nell'ambito del FEP, gli interventi volti agli ammodernamenti e misure socio-economiche dell'asse prioritario 1, e gli investimenti per i piani di sviluppo locale dell'asse prioritario 4. Per questi interventi siamo in presenza di significative dotazioni in bilancio per le tre regioni interessate, alle quali vanno aggiunte le risorse previste per il 2009 dal Fondo unico regionale agricoltura e pesca assegnate alla regione Friuli Venezia Giulia, al Veneto e all'Emilia Romagna;
le significative disponibilità dei diversi assi di intervento del FEP, così come di quelle del Fondo unico regionale agricoltura e pesca rendono possibili diversi tipi di interventi che chiamano in campo competenze statali come, ad esempio, l'emanazione di un piano di gestione nazionale specifico che potrebbe prevedere sia l'accesso ad un programma di arresto definitivo, che la sostituzione degli attrezzi in licenza; e azioni di competenza più strettamente regionale, quali: misure per l'ammodernamento delle imbarcazioni, deroghe temporanee nel quadro di stringenti piani di gestione locali, azioni per l'integrazione del reddito, e la diversificazione dell'attività, servizi e formazione;
le ipotesi di lavoro percorribili rendono indispensabile un inedito sforzo di coordinamento e concertazione a livello istituzionale tra Unione europea, Stato e regioni,

impegna il Governo:

ad istituire un tavolo istituzionale di lavoro con le regioni interessate e le associazioni della pesca per definire un piano di riposizionamento della piccola pesca a strascico alfine di evitare che l'imminente scadenza delle deroghe comunitarie si traduca in una drastica e disastrosa espulsione di addetti e per contenere le devastanti ripercussioni socio-economiche che investiranno l'economia ittica nord-adriatica;

ad assumere iniziative in sede comunitaria al fine di ottenere una proroga di alcuni mesi del regime di deroghe transitorie per verificare tutte le strade percorribili utili al superamento di questa vera e propria emergenza, anche alla luce dell'entrata in vigore del trattato di Lisbona.
(7-00298)
«Brandolini, Agostini, Sani, Zucchi, Oliverio, Cenni, Fiano, Marco Carra, Trappolino, Servodio, Di Giuseppe, Mario Pepe (PD), Dal Moro».

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

RAINIERI e NEGRO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008, si è provveduto all'istituzione dell'attestazione di pubblica benemerenza del Dipartimento della protezione civile;
tale decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ha abrogato e sostituito il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2004, avente analoghe finalità;
ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008, l'attestazione di pubblica benemerenza, è concessa per le seguenti circostanze di merito:
a) alla memoria;
b) a titolo individuale, conferibile anche ai cittadini stranieri, ai civili, ai militari e ai volontari che abbiano operato in zone interessate da eventi calamitosi o da grandi eventi individuati ai sensi dell'articolo 2 del presente decreto o che siano stati comunque coinvolti, a qualsiasi titolo, nella gestione degli eventi, nonché ai singoli cittadini che, in collaborazione con le istituzioni, e previa segnalazione delle stesse, abbiano contribuito ad alleviare i disagi e le sofferenze delle popolazioni colpite o interessate da eventi di protezione civile;
c) a titolo collettivo, alle amministrazioni, centrali e periferiche, agli enti pubblici e privati, ai corpi e alle organizzazioni, nonché alle componenti ed alle articolazioni delle predette strutture, esclusivamente se in possesso di codice fiscale, coinvolti nelle attività di soccorso, assistenza o solidarietà a seguito degli eventi individuati secondo una determinata procedura;
il decreto in questione prevede altresì che le attestazioni al merito siano concesse con apposito provvedimento del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile, in seguito a valutazione di una specifica Commissione permanente;
gli eventi per i quali può essere concessa l'attestazione di pubblica benemerenza sono individuati con provvedimenti del Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile;
l'attestazione di pubblica benemerenza del Dipartimento della protezione civile si suddivide in classi di eccellenza e gradi di decorazioni al merito. Il relativo attestato è costituito da un diploma e dalle insegne;
le attestazioni sono concesse dal Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, su proposta del Capo del Dipartimento della protezione civile il quale provvede anche al rilascio dei diplomi ed alla consegna degli stessi, i cui oneri sono posti a carico di specifici fondi messi a disposizione del Dipartimento di protezione civile, ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri;

il predetto articolo 9 stabilisce che gli oneri derivanti dall'acquisto delle insegne, dal funzionamento della Commissione permanente, dall'acquisto e dalla spedizione dei diplomi, gravano sulla pertinente unità previsionale di base del centro di responsabilità n. 13 «Protezione Civile» del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, mentre gli oneri derivanti dall'acquisto delle insegne sono a carico dei rispettivi beneficiari ad eccezione delle insegne per determinati soggetti descritti all'articolo 6, comma 5, dello stesso decreto del Presidente del Consiglio dei ministri i cui oneri sono posti a carico dei fondi assegnati al predetto centro di responsabilità;
la previsione che stabilisce che gli oneri derivanti dall'acquisto delle insegne siano a carico dei beneficiari appare, a parere degli interroganti, del tutto singolare e non condivisibile. A riguardo si deve evidenziare che il precedente decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2004 non prevedeva alcun onere a carico dei beneficiari dei diplomi e delle insegne riconosciuti dal Dipartimento della protezione civile;
questa previsione di porre a carico dei beneficiari degli attestati gli oneri relativi agli acquisti delle insegne ha generato incredulità e forte disappunto in parte dell'opinione pubblica, soprattutto quando di ciò si è venuto a sapere in occasione di programmi televisivi satirici come Striscia la notizia e di articoli di stampa che hanno evidenziato come nei giorni scorsi a molti vigili del fuoco, in tutta Italia, siano giunte singolari comunicazioni da parte della Protezione civile: esse avvisavano della concessione di benemerenze, medaglie ed insegne per la partecipazione a missioni e l'impegno nelle diverse e difficili calamità;
le cronache hanno quasi tutte commentato in questo modo la vicenda: «... Ma, e qui viene il bello, i simboli di queste benemerenze i Vigili del Fuoco se li devono comprare! Sembra uno scherzo ma non lo è: la denuncia viene dal Conapo, il sindacato autonomo dei Vigili del Fuoco»;
per ragioni di senso di riconoscenza, di stima e di considerazione verso le persone che vengono individuate come beneficiari dell'attestazione di pubblica benemerenza, andrebbe urgentemente soppressa la disposizione che pone a loro carico le spese per l'acquisto dei loro attestati -:
se non intenda procedere ad una urgente modifica del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008, nel senso di sopprimere il relativo articolo 9, allo scopo ponendo ad esclusivo carico del centro di responsabilità n. 13 «Protezione Civile» del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri, tutti gli oneri relativi alla concessioni delle attestazioni di pubblica benemerenza.
(3-00981)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è il paese dell'architettura «fantasma, assente, mai nata», che non ha mai visto la luce pur essendo stata pianificata con concorsi statali regolarmente eseguiti e vinti, in molti casi, da architetti di fama internazionale;
edifici pubblici progettati ex novo dopo un regolare concorso non sono mai stati realizzati;
stessa sorte è toccata ai nuovi complessi sociali, come scuole, ospedali, musei, centri culturali, rimasti lettera morta a dispetto di pianificazioni promosse da concorsi statali;
da un'inchiesta del «giornale dell'architettura» viene alla ribalta un'indagine che evidenzia come, negli ultimi anni, molti progetti (tra i quali figurano anche quelli di architetti di fama - come Mario Botta, Massimiliano Fuksas, Arata Isozaki) sono stati accantonati per i motivi più svariati (cambiamenti politici, ricorsi, improvvisa

mancanza di fondi, variazioni di procedura), senza essere sostituiti da opere dello stesso livello;
l'inchiesta - condotta dal redattore capo dei giornale - ha analizzato i concorsi dal 1999 al 2009 in quasi tutte le regioni italiane, per un totale di 1987 gare d'appalto, di cui 768 concorsi di progettazione (opere eseguibili subito dopo la gara d'appalto) e 1219 concorsi di idee;
circa il 60 per cento di questi progetti non sono mai stati portati a termine per indecisioni amministrative, mancanza di coperture finanziarie o, più frequentemente, per «ribaltoni» politici -:
l'interrogante reputa che sia un'offesa alla cultura architettonica italiana, fatta anche di sprechi di risorse e di talenti -:
come il Governo intenda porre rimedio allo scandaloso risultato di politiche urbanistiche approssimative.
(4-06591)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il comma 1, lettera e) dell'articolo 10- sexies del decreto-legge 13 dicembre 2009, n. 194, convertito con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25 pubblicato sul Supplemento ordinario n. 39 alla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 27 febbraio 2010, ha soppresso le provvidenze editoria di cui all'articolo 11 della legge n. 67/87; all'articolo 8 della legge n. 250/90 e all'articolo 23 della legge n. 223/90, che venivano annualmente riconosciute dalla Presidenza del Consiglio dei ministri a favore delle imprese radiofoniche e televisive locali;
tali provvidenze hanno contribuito, negli anni, all'affermazione del ruolo dell'emittenza locale nell'informazione sul territorio e allo sviluppo dell'occupazione nel comparto;
tale occupazione ha permesso anche la stipula, nell'ottobre 2000, tra l'associazione di categoria delle emittenti locali Aeranti-Corallo e la FNSI, sindacato dei giornalisti, del contratto collettivo nazionale di lavoro, rinnovato da ultimo nel gennaio 2010, con il quale vengono disciplinati i rapporti di lavoro giornalistico nelle imprese radiofoniche e televisive locali;
la soppressione delle provvidenze editoria interviene in un contesto di forte difficoltà economica per le emittenti locali, derivante dalla crisi del mercato pubblicitario e dall'esigenza di realizzare importanti investimenti per la transizione alle trasmissioni in tecnica digitale;
tale soppressione e intervenuta, peraltro, in modo retroattivo, a decorrere dal 1o gennaio 2009, con la conseguenza che le emittenti locali avevano svolto l'attività informativa nel corso dell'anno 2009, confidando nel riconoscimento delle provvidenze;
pertanto sono a rischio di chiusura le emittenti di Verbania e della provincia di Verbano-Cusio-Ossola;
il Senato della Repubblica nella seduta in data 25 febbraio 2010 ha approvato l'ordine del giorno n. g10-sexies.100 che impegna il Governo, tra l'altro «a prevedere, anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, l'inclusione delle imprese di radiodiffusione sonora e televisiva di carattere locale fra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive»;
sussiste infine anche un ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria relative agli anni 2007 e 2008 -:
come il Governo intenda operare anche al fine di garantire il pluralismo dell'informazione, per l'inclusione delle imprese di radio diffusione sonora e televisiva di carattere locale tra i soggetti beneficiari dei contributi all'editoria per l'annualità 2009 e per le annualità successive dando così attuazione al citato ordine del giorno;

come la Presidenza del Consiglio dei ministri intenda operare per recuperare il ritardo nell'emanazione dei decreti di riconoscimento delle provvidenze editoria per le imprese radiofoniche e televisive locali, relative agli anni 2007 e 2008.
(4-06597)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

RICARDO ANTONIO MERLO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la sovranità delle isole Malvinas-Falkland, George del Sud e Sandwich del Sud - e della delimitazione della sua area marittima - è oggetto dal 1833 di un conflitto tra la Repubblica Argentina e il Regno Unito;
dopo la guerra delle Malvinas del 1982 e il successivo rilancio delle relazioni diplomatiche, attraverso le dichiarazioni congiunte di Madrid del 1989 e del 1990, in successive dichiarazioni congiunte e scambi di note, i due Stati hanno ratificato diversi accordi provvisori, riguardanti questioni pratiche relative all'Atlantico Sud, sotto la formula della salvaguardia della sovranità. Tali accordi sono di carattere provvisorio e sono orientati a generare le condizioni per la ripresa delle negoziazioni relative alla sovranità;
la Destre Petroleum, compagnia di petrolio di origine britannica, negli ultimi mesi ha cominciato a realizzare, con l'avallo del Governo inglese, delle esplorazioni con lo scopo, probabilmente, di effettuare estrazioni nella piattaforma marittima delle isole Malvinas;
il Governo argentino ha richiamato l'attenzione del suo pari inglese riguardo questa situazione, affinché si sospendano immediatamente tutte queste attività in un territorio tuttora oggetto di disputa;
il 16 febbraio 2010, il Governo argentino, attraverso un decreto dell'Esecutivo, ha stabilito l'obbligo di richiedere un permesso speciale dell'autorità argentina competente per tutte le navi in transito per i porti argentini dirette alle isole Malvinas;
la Repubblica Argentina rifiuta e protesta contro gli atti unilaterali inglesi concernenti la zona di disputa, i quali ignorerebbero gli accordi provvisori stipulati in osservanza della formula della salvaguardia della sovranità;
tali atti sarebbero contrari a quanto stabilito dalla Risoluzione 31/49 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, che obbliga le Parti ad astenersi dall'introduzione di modifiche unilaterali relative a questa situazione;
il Gruppo Rio, recentemente riunito in Messico il 22-23 Febbraio, ha manifestato il suo disappunto innanzi all'atto unilaterale portato avanti dal Regno Unito e ha sollecitato le Parti affinché stabiliscano negoziazioni con l'obiettivo di risolvere tale conflitto;
nella questione delle isole Malvinas, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha ripreso la dottrina di applicazione del principio di integrità territoriale, facendo riferimento agli interessi e non ai desideri della popolazione delle isole - nella sua Risoluzione 2065 (XX) del 1965, rettificata successivamente da altre risoluzioni nel 1973 (3160, XXVIII), nel 1976 (31/49), nel 1982 (37/9), nel 1983 (38/12), nel 1984 (39/6), nel 1985 (40/21), nel 1986 (41/40), nel 1987 (42/19) e nel 1988 (43/25). Tutte dichiarano l'esistenza di un conflitto di sovranità e ribadiscono l'invito presente nella risoluzione 2065 (XX) alle Parti (l'Argentina e il Regno Unito) «a proseguire senza ritardo le negoziazioni raccomandate dal Comitato Speciale incaricato di esaminare la situazione rispetto all'applicazione della Dichiarazione concernente la concessione di indipendenza ai paesi e alle popolazioni coloniali, al fine di trovare una soluzione pacifica al problema, tenendo opportunamente conto delle disposizioni

e degli obiettivi della Carta delle Nazioni Unite e della Risoluzione 1514 (XV), così come gli interessi della popolazione delle isole Malvinas»;
è da considerare la situazione attuale di tensione tra entrambi i paesi, Gran Bretagna e Argentina, entrambi amici dell'Italia e legati ad essa in forma diretta attraverso relazioni commerciali e politiche;
va tenuto conto, altresì, delle particolari relazioni di fratellanza che legano l'Italia alla Repubblica Argentina, dove ridiede una collettività di 593 mila connazionali;
l'Italia potrebbe svolgere efficacemente il ruolo di mediatore nella questione del conflitto in oggetto -:
quale sia, in particolare, la posizione del Governo di fronte a questo atto unilaterale del Regno Unito nelle isole Malvinas, George del Sud e Sandwich del Sud, e in generale, la sua posizione di fronte al comportamento britannico;
se, e quali azioni, il Ministro destinatario, ritenga opportuno intraprendere per richiamare l'attenzione del nostro partner europeo, la Gran Bretagna, relativamente alla questione in oggetto affinché si giunga ad una soluzione pacifica della controversia o per favorire la mediazione del conflitto tra Regno Unito e Repubblica Argentina in conformità a quanto previsto all'articolo 33 della Carta delle Nazioni Unite.
(4-06582)

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la risoluzione n. 1887, adottata lo scorso settembre dal Consiglio di sicurezza dell'Onu, prefigura un mondo senza armi atomiche, esortando i Paesi del mondo a rafforzare il Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp). Il documento di cinque pagine preparato dagli Stati Uniti e negoziato al Palazzo di Vetro «chiede a tutti gli Stati che non fanno parte del Tnp di entrare nel trattato come Stati non nucleari, in modo da raggiungere l'universalità in una data prossima»;
avrà luogo il prossimo maggio a New York la conferenza di riesame del trattato di non proliferazione (Tnp);
il primo pilastro del Tnp è il disarmo nucleare: si tratta di un trattato discriminatorio, alcuni Paesi, i cinque che avevano effettuato un test nucleare prima del 1o gennaio 1967 e che sono anche i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell'Onu, sono autorizzati a possedere le armi nucleari, mentre ciò è interdetto agli altri paesi aderenti al trattato, che sono perciò definiti «paesi non nucleari» nel trattato stesso. Nello spirito del Tnp questa discriminazione è provvisoria. I paesi nucleari sono infatti tenuti a procedere speditamente e in buona fede alle trattative per l'eliminazione delle loro armi nucleari;
il secondo pilastro è la non-proliferazione: a nessun Paese membro del trattato è consentito trasferire o ricevere armi o esplosivi nucleari o parti di essi. Nessun Paese nucleare può fornire assistenza per la costruzione di esplosivi nucleari a Paesi non nucleari, ne affidare il controllo diretto o indiretto di armi nucleari a paesi non nucleari. Inoltre tutti i Paesi non nucleari devono concordare con l'agenzia internazionale dell'energia atomica di Vienna le procedure di controllo delle proprie attività nucleari pacifiche;
infine il terzo pilastro del Tnp riguarda il diritto inalienabile dei paesi membri del trattato a sviluppare energia nucleare per scopi pacifici e a ricevere l'assistenza relativa;
secondo gli analisti esistono attualmente circa 200 armi nucleari tattiche americane in Europa. Francia e Regno Unito hanno il loro autonomo deterrente nucleare. Le armi nucleari americane sono stazionate in cinque paesi Nato: Belgio, Germania, Italia (che a quanto pare ne avrebbe un numero cospicuo nelle due basi di Aviano e Ghedi Torre), Olanda e Turchia;

in questo scenario il Governo di coalizione tedesca ha elaborato la proposta di rimuovere le armi atomiche attualmente esistenti in Germania. Ad assumere la leadership per l'eliminazione delle armi nucleari in Europa sono poi stati i paesi del Benelux, primo fra tutti il Belgio, sostenuti dalla Norvegia, che tuttavia non ospita armi nucleari sul suo territorio. Anche l'Olanda ha avviato un dibattito in merito;
in Italia, il governo non ha ancora preso alcuna posizione, neppure in vista della conferenza di riesame del Tnp;
l'unico Paese ad aver assunto la stessa posizione dell'Italia fino ad ora è la Turchia, che in quanto vicina dell'Iran, ha interessi strategici diversi da quelli dell'Italia;
la Corte internazionale di giustizia, nel parere del 1996 sulle armi nucleari, ha affermato che il loro uso è contrario al diritto internazionale umanitario. L'Italia ha ratificato tutti i più importanti strumenti di diritto umanitario, ma, avendo sul proprio suolo armi nucleari, è stata costretta a effettuare una dichiarazione secondo cui il protocollo addizionale alle Convenzioni di Ginevra non si applica alle armi nucleari. La dichiarazione dovrebbe essere revocata: si darebbe così anche un contributo alla prossima Conferenza di riesame del Tnp;
inoltre c'è l'obbligo di uno stato non nucleare, membro del Tnp, di non possedere o ricevere armi nucleari. Per aggirare l'ostacolo è stato escogitato il sistema per cui l'ordigno nucleare può essere impiegato dallo Stato nucleare, purché non vi sia l'opposizione dello Stato non nucleare sul cui territorio le armi sono stanziate rischiando di andare contro lo scopo e l'oggetto del Tnp;
tra l'altro, l'attuale posizione dell'Italia non è in sintonia con alcuni recenti atti della politica estera italiana, come il Trattato italo-libico del 2008, che all'articolo 21 impegna i due paesi a fare del Mediterraneo una regione priva di armi di distruzione di massa;
è evidente che le armi nucleari tattiche che stazionano sul territorio italiano sono inutili e l'Italia dovrebbe unirsi alla Germania e agli altri Paesi continentali che ne chiedono una rimozione, tranne che non voglia invece chiederne un ammodernamento -:
se il Governo non intenda chiarire l'attuale posizione in merito alle armi nucleari presenti sul territorio italiano;
se il Governo non intenda avviare un confronto ed un dibattito al fine di portare un contributo concreto e significativo alla prossima conferenza di riesame del trattato di non proliferazione.
(4-06583)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interpellanze:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il Ministro della salute, per sapere - premesso che:
cresce la protesta dei residenti di Villa Santa Lucia, in provincia di Frosinone, da quando è trapelata la notizia della possibile realizzazione in quell'area di un impianto per lo smaltimento e per il trattamento delle lastre di amianto;
si tratta di un impianto che prevede il trattamento in forni, per la vetrificazione delle fibre attraverso il fenomeno della ceramizzazione, di lastre d'amianto fino ad un massimo di 60 mila tonnellate all'anno;
l'area del Cassinate è già ampiamente fornita di strutture ad alto rischio ambientale come la discarica di Cerreto, l'impianto di smaltimento rifiuti di Colfelice ed il termovalorizzatore di San Vittore;
l'installazione di un impianto per lo smaltimento dell'amianto a Villa Santa

Lucia, potrebbe penalizzare ulteriormente l'ambiente e la salute dei cittadini residenti;
la regione Lazio ha dato il parere in relazione all'impatto ambientale dell'impatto, ma con alcune prescrizioni riguardanti il ciclo di produzione in uscita, inoltre mancano altri requisiti importanti, come la valutazione della prevenzione incendi;
l'area nella quale dovrebbe essere realizzato l'impianto si caratterizza per la presenza di importanti corsi d'acqua, nell'ambito del bacino idrografico del Liri-Garigliano; proprio in relazione a tale aspetto logistico, sussistono le maggiori preoccupazioni per il concreto rischio di una pericolosa contaminazione delle falde acquifere che avrebbe pesanti ripercussioni sulla salute dei cittadini e sull'integrità dell'ambiente e delle risorse idriche -:
se, ognuno per quanto di propria competenza, siano a conoscenza del progetto presentato dalla società e se siano state valutate le effettive conseguenze, prima ancora che l'impianto entri in funzione, per la salute dei cittadini che non si sentono adeguatamente rassicurati sulle possibili conseguenze connesse all'attività dell'impianto.
(2-00654)
«Anna Teresa Formisano, Ciocchetti, Dionisi».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
i princìpi contenuti nella Convenzione europea del paesaggio (Firenze, 2000), mirano ad uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente, sottolineando come il paesaggio svolga importanti funzioni di interesse generale, sul piano culturale, ecologico, ambientale e sociale ed economico. Lo stesso, inoltre, se salvaguardato, gestito e pianificato in modo adeguato, può contribuire alla creazione di posti di lavoro;
una macchia nera ha infestato il Po per cinque giorni, da martedì 23 febbraio 2010, a causa del petrolio fuoriuscito da un'ex raffineria in seguito a un sabotaggio; detta macchia è partita dal fiume Lambro, dai depositi della Lombarda Petroli di Villasanta, vicino a Monza; la polizia non ha dubbi sul carattere doloso della fuoriuscita da tre serbatoi, controversa, invece, l'identificazione delle reali quantità di greggio riversato nelle acque: 2500 metri cubi, secondo l'azienda, 15 mila a detta della prime valutazioni dei tecnici, fra i 5 e i 7 mila quella realisticamente ipotizzabile. Abbastanza, comunque, da provocare un disastro ecologico;
la macchia nera ha oltrepassato la barriera di galleggianti costruita nel territorio di Sant'Angelo Lodigiano. Il lavoro di Vigili del fuoco, pompieri, protezione civile e Arpa ha arrestato a fatica e per fortuità l'avanzare del liquame verso la foce del Po: una parte degli idrocarburi è rimasta bloccata soltanto alla diga di San Zenone al Lambro, uno sbarramento risalente agli anni trenta per far confluire le acque del fiume che attraversa la Brianza nella centrale idroelettrica dell'Enel Green Power;
è attualmente attivo un tavolo di coordinamento tra i vari enti interessati alla salute del Po, e già sono in corso analisi chimico-fisiche delle acque e la realizzazione di tre sbarramenti in provincia di Piacenza per contenere e recuperare il liquame inquinante; la regione Lombardia ha annunciato l'intenzione di chiedere lo stato di calamità, il Presidente della regione ha affermato che la regione Lombardia ha chiesto lo stato di emergenza per l'inquinamento del Lambro;
gli inquirenti hanno ribadito l'origine dolosa dell'incidente e il Ministro dell'ambiente ha diramato una nota per affermare che lo stesso Ministero si costituirà parte civile contro i responsabili dell'atto criminale (una volta e se individuati); il WWF ha a sua volta annunciato che si

costituirà parte civile perché colpita duramente l'oasi di Montorfano, sottolineando come pesci, anatre selvatiche e aironi siano stati i primi ad essere danneggiati e segnalando il crescente numero di esemplari animali ripescati morti e di quelli portati al centro di recupero animali selvatici wwf di Vanzago perché interamente coperti da gasolio. Legambiente ha parlato di «emergenza ambientale nazionale», invocando un coordinamento degli interventi delle regioni Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna;
è ipotizzabile che non sarà sufficiente bonificare le chiazze di idrocarburi per rimediare a questo disastro ambientale e, a detta degli «esperti», si dovrà ricreare un vero e proprio habitat naturale per tutti i 130 chilometri del Lambro, indispensabile sia per questo fiume già di per sé altamente inquinato, sia per la salute del Po e delle attività ad esso collegate; per l'associazione Marevivo, inoltre, il passaggio dei liquami inquinanti dal Po all'Adriatico causerà danni seri all'ecosistema marino, mettendo a repentaglio circa 10 mila specie marine tra fauna e vegetali;
in passato, fino agli anni settanta del secolo scorso, quando è stata introdotta la prima legislazione ambientale sull'«acqua» (la legge Merli), era consuetudine scaricare direttamente nei fiumi più prossimi (e in altri corpi idrici minori) le acque nere ed i reflui industriali (in realtà a tutt'oggi la città di Milano continua a versare direttamente su affluenti del Po le acque della propria rete fognaria); negli anni sessanta, con l'introduzione della chimica e l'espansione e sviluppo degli idrocarburi, la situazione dei fiumi e della acque è diventata quella di vere e proprie fognature, che dovevano (e tuttora devono) essere in grado, da sole (spesso, come a volte accade adesso, senza depuratori) farsi carico di «tentare» di mantenere un minimo di ecosistema vitale nella fauna (i pesci, gli uccelli, i microrganismi) e nella flora (le piante, i fiori e altro);
in questo contesto di fiumi (il Lambro e il Po) inquinati, qualcuno ha pensato bene di «approfittarne»: quattro giorni dopo lo sversamento del gasolio, il 27 di febbraio 2010, nuove sostanze tossiche inquinanti sono state versate nel fiume Lambro (è stata avvistata una grande macchia all'altezza di Carate Brianza, il sospetto è che si tratti di materiale di scarico da tintoria versato da un'azienda tessile della zona);
il Governo in data 2 febbraio 2010 ha approvato una norma che prevede appena una multa per chi sversa sostanze inquinanti nei fiumi, licenziando così una modifica al codice ambientale (la legge delega voluta dal precedente governo Berlusconi, la 152 del 2006) che indebolisce le sanzioni. Tale norma prevede infatti che può essere perseguito penalmente solo chi scarica inquinanti ad altissima tossicità, come mercurio, cadmio e gli stessi idrocarburi «oltre i valori limite» consentiti dalla legge, gli altri - quelli sotto i valori limite dei veleni - se la cavano con una multa che va da 3.000 a 30.000 euro, così come quelli che scaricano sostanze meno tossiche anche se inquinanti; pochi giorni fa la maggioranza ha approvato una legge che depenalizza ulteriormente i reati di contaminazione delle acque, rendendo più facile la vita all'industria inquinante e più difficile la vita a chi deve contrastarla;
si ha la sensazione che quella attuale sia una fase di diffusa depenalizzazione dei reati ambientali. La conservazione, la qualità dell'ambiente e il suo ripristino non pare vengano considerate priorità ineludibili, anche alla luce del degrado cui è sottoposto l'ecosistema; occorrerebbe comprendere maggiormente l'importanza ed il valore dei tesori naturali della nostra bella Italia e preservare questo inestimabile e delicatissimo patrimonio naturalistico, fondamentale anche per la tutela di un'importante risorsa da cui anche l'uomo dipende: l'acqua;
il delta del Po fa parte di quel complesso sistema dei parchi che comprende aree protette, nazionali e regionali, marine e terrestri, che non hanno eguali nel mondo per ricchezza di ambienti,

specie, storia e cultura. Il Po, il fiume più lungo d'Italia, con i suoi 650 chilometri attraversa la pianura Padana fino all'Adriatico, dove sfocia a delta, dando vita ad una delle più vaste zone umide europee e del Mediterraneo; proteso nel mare come un triangolo con l'asse sul ramo centrale del Po di Venezia, esattamente sul 45o parallelo che è lo stesso di Torino e con i lati a nord lungo l'Adige e a sud lungo il Po di Goro, il delta del Po è la porzione di territorio più giovane d'Italia: i delta del Po Veneto si estende per 786 chilometri quadrati, di cui oltre 160 sono valli e lagune; i comuni interessati, tutti in provincia di Rovigo. Sono Adria, Ariano nel Polesine, Corbola, Loreo, Papozze, Porto Tolle, Porto Viro, Rosolina, Taglio di Po sono oltre 73 mila gli abitanti dell'intera area del delta;
con la legge regionale 8 settembre 1997, n. 36 (BUR n. 74/1997) è stato istituito il parco delta Po al fine di tutelare, recuperare, valorizzare e conservare i caratteri naturalistici, storici e culturali del territorio del delta del Po (120 chilometri quadrati), nonché per assicurare adeguata promozione e tutela della attività economiche tipiche dell'area e concorrere al miglioramento della qualità della vita delle comunità locali;
all'articolo 2 - Finalità delle Norme per l'Istituzione del Parco Regionale del delta del Po, la regione Veneto riconosce e promuove:
a) i valori naturali, ambientali, storici e culturali presenti nell'area del delta del Po rodigino quali risorse atte a supportare lo sviluppo economico, sociale e culturale delle Comunità locali insistenti in tali territori;
b) la incentivazione e la tutela delle attività economiche, ricreative, sociali e culturali delle comunità locali insistenti nei territori del delta del Po rodigino, quale condizione essenziale e irrinunciabile per la stessa tutela e valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, storiche e culturali caratterizzanti l'area del delta del Po rodigino.

2. Al fine di assicurare la necessaria tutela e valorizzazione delle risorse naturali, ambientali, storiche e culturali, caratterizzanti l'area del delta del Po rodigino, di assicurare adeguata promozione e tutela delle attività economiche, ricreative, sociali e culturali tipiche dell'area e di concorrere al miglioramento della qualità della vita delle comunità locali, la regione del Veneto con la presente legge intende perseguire i seguenti obiettivi:
a) recepire, adottare, attuare e promuovere l'attuazione da parte degli enti locali, nei territori del delta del Po rodigino, conterminati e interessati dal Piano di Area del delta del Po, approvato con provvedimento del Consiglio regionale n. 1000 in data 5 ottobre 1994, di azioni e linee di gestione del territorio e delle zone umide, nel rispetto degli accordi e delle convenzioni internazionali inerenti la gestione delle zone umide, con particolare riferimento all'azione di collaborazione concertata a lungo termine predisposta dall'Unione europea, mediante l'adesione diretta della Regione del Veneto al programma comunitario per le zone umide del Mediterraneo denominato MedWet;
b) assicurare la tutela, il mantenimento, il restauro, la valorizzazione e l'ottimale e razionale utilizzo e fruizione dell'ambiente naturale e antropizzato, storico, architettonico, paesaggistico e archeologico, e delle sue risorse;
c) assicurare la fruizione del territorio a fini ricreativi, scientifici, culturali e didattici;
d) promuovere, anche mediante la predisposizione di adeguati sostegni tecnico-finanziari, le attività di conservazione, manutenzione, valorizzazione, ottimale gestione, fruizione e ripristino anche funzionale degli elementi naturali e storici caratterizzanti l'area;
e) promuovere, anche mediante la predisposizione di adeguati sostegni tecnico-finanziari, le attività economiche, ricreative, sociali e culturali, turistiche e di

servizio tipiche dell'area e di possibile sviluppo futuro, nel rispetto delle finalità della presente legge;
f) assicurare la promozione dello sviluppo del sistema economico e insediativo, in armonia con le finalità della presente legge, attivando e promuovendo iniziative promozionali e di ricerca e sperimentazione scientifica e tecnologica, atte a valorizzare le produzioni ed i servizi tipici dell'area;
g) promuovere le funzioni di servizio per il tempo libero e di organizzazione dei flussi turistici nelle zone del delta del Po;
h) promuovere e valorizzare l'immagine del delta del Po rodigino anche con l'uso di mezzi multimediali;
i) tutelare il suolo e il sottosuolo, la flora, la fauna, l'acqua e l'aria;
l) assicurare la protezione del territorio ai fini della sicurezza idraulica, in armonia con le finalità della presente legge, promuovendo a tutti i livelli la difesa e ricostituzione degli equilibri idraulici e idrogeologici;
m) promuovere la difesa, ricostituzione, valorizzazione della flora e degli equilibri fitocenotici del soprassuolo vegetazionale;
n) promuovere la difesa, ricostituzione, valorizzazione dei valori faunistici e degli equilibri zoocenotici;
o) garantire e promuovere la valorizzazione, l'incremento e l'utilizzo razionale delle risorse naturali, storiche, culturali, paesaggistiche ed economiche, al fine di garantire e promuovere lo sviluppo economico, sociale e culturale delle popolazioni del delta del Po rodigino e di assicurare loro una migliore qualità della vita.

3. Per i fini di cui ai comma 2, la presente legge promuove la predisposizione e l'adozione di un Piano economico-sociale, a carattere pluriennale, denominato Piano di tutela e sviluppo delle Comunità del delta del Po rodigino, mirante alla promozione economica e sociale delle Comunità del delta del Po attraverso il sostegno delle attività tipiche e alla piena valorizzazione delle potenzialità economiche del territorio ai fini dello sviluppo dell'occupazione;
lo sversamento avvenuto la notte tra il 22 e il 23 febbraio scorso è stato palesemente sottovalutato nessuna importante mobilitazione nelle prime 48 ore vi è stata da parte della regione Lombardia, della protezione civile. La primavera è alle porte ed in tale periodo è maggiore l'attività riproduttiva delle specie viventi. Inquinamenti di questo genere impattano enormemente sugli stadi giovanili degli organismi, sulle uova, sulle larve di pesci, molluschi e crostacei, gli adulti hanno la capacità di spostarsi mentre gli stadi giovanili di molti organismi non hanno le stesse capacità di difesa;
appare oltremodo paradossale come a distanza di diversi giorni dall'incidente ancora non si conoscano né le dimensioni della macchia e neanche i suoi componenti specifici: si parla di greggio, gasolio, idrocarburi, con la differenza che il gasolio tende a diluirsi nell'acqua e viene quindi assorbito dagli organismi filtratori mentre l'impatto del greggio è visivamente maggiore ma a livello di ecosistemi e di funzionalità del fiume è meno dannoso;
infine, il Po non è solo il più grande ecosistema acquatico italiano, ma anche un fornitore di servizi: Ferrara, ad esempio, basa la sua intera economia sulla vicinanza del fiume: ne trae l'acqua per l'approvvigionamento idrico della popolazione, per l'irrigazione dei campi, eccetera; un tale disastro, avrebbe potuto determinare una reale catastrofe per l'economia della zona e per quella tutta la pianura padana -:
se il Ministro competente non ritenga urgente ed inderogabile, alla luce di quanto riportato in premessa, assumere iniziative normative per modificare le disposizioni della legge delega 152 del 2006 e la recente norma del 2 febbraio 2010;
quali iniziative urgenti intenda adottare per il recupero e la salvaguardia delle

zone del delta del Po interessate dal disastro ecologico di cui in premessa, per ripristinare l'habitat idoneo alle popolazioni ivi residenti, alla flora ed alla fauna, e quali per incentivare uno sviluppo sostenibile fondato su un rapporto equilibrato tra i bisogni sociali, l'attività economica e l'ambiente di questo territorio;
quali misure ad ampio raggio ed a lungo termine intenda porre in essere al fine di evitare che tali incidenti possano verificarsi in futuro.
(2-00655)
«Calearo Ciman, Esposito, Cesare Marini, Mastromauro, Marchignoli, Scarpetti, Merloni, Pisicchio».

Interrogazioni a risposta scritta:

BRIGUGLIO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di Monforte San Giorgio (Messina), nella qualità di legale rappresentante dell'ente, con riferimento al procedimento concernente l'«Iniziativa Sealine Tirrenica» ed alla nota COS/TECLEG/42111 del 4 dicembre 2009 della Snam Rete Gas Spa, acquisita agli atti del comune in data 15 dicembre 2009 con prot. n. 11014, concernente le integrazioni allo studio d'impatto ambientale, prodotte in esito ai chiarimenti ed integrazioni richieste dalla commissione tecnica ministeriale di verifica dell'impatto ambientale VIA-VAS, vista la relazione tecnica istruttoria del capo settore tecnico manutentivo recante prot. n. 1154 dell'8 febbraio 2010, ha formulato le proprie osservazioni;
in particolare, la Snam Rete Gas Spa, con nota del 26 giugno 2008, ai fini dell'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica», ha trasmesso, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - direzione generale per la salvaguardia ambientale - ed al Ministero per i beni e le attività culturali - direzione generale per la qualità e tutela del paesaggio, l'architettura e l'arte contemporanee - ai sensi dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, l'istanza e l'afferente documentazione, che risulta acquisita dal predetto Ministero in data 1o luglio 2008;
copia della suddetta istanza e correlata documentazione e studio di impatto ambientale (SIA), sono stati altresì depositati presso diversi enti, interessati a vario titolo dal procedimento, nonché anche presso il comune, ove risulta acquisita in data 26 giugno 2008 con prot. n. 5247;
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - direzione generale per la salvaguardia ambientale - divisione III - con nota prot. n. DSA-2008 - 0019490 del 14 luglio 2008, acquisita agli atti del comune Monforte San Giorgio in data 18 luglio 2008 con prot. n. 6414, in relazione alla citata istanza di pronuncia di compatibilità ambientale del progetto in questione, ha comunicato l'esito positivo delle verifiche tecnico-amministrative per la procedibilità dell'istanza;
con deliberazione consiliare n. 24 del 21 agosto 2008, sono state condivise dal consiglio comunale di Monforte San Giorgio le eccezioni ed i rilievi allo studio d'impatto ambientale prospettati nella relazione del responsabile del settore tecnico manutentivo recante prot. n. 6829 del 14 agosto 2008, ed è stato stabilito di dare mandato al sindaco di formalizzare in tal senso la presentazione di opportune osservazioni presso le competenti autorità;
con nota del comune prot. n. 6959 del 22 agosto 2008, in relazione al procedimento di valutazione dell'impatto ambientale ex decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica» proposto dalla Snam Rete Gas Spa, sono state formulate presso le competenti autorità, eccezioni in ordine alle verifiche tecnico-amministrative

per la procedibilità dell'istanza, nonché, osservazioni in relazione all'avviso pubblico ed istanza per l'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del progetto in argomento;
con nota COS/TECLEG/42052 del 19 maggio 2009 della Snam Rete Gas Spa, in riferimento all'opera in questione, e specificatamente alla parte dell'infrastruttura interessante la regione Sicilia, sono state trasmesse agli enti interessati a vario titolo dal procedimento, nonché anche presso il comune di Monforte San Giorgio, ove risultano acquisite in data 19 maggio 2009 con prot. n. 4659, integrazioni volontarie allo studio di impatto ambientale, per ottimizzazioni progettuali della «Centrale di compressione e terminale di Monforte San Giorgio»;
con deliberazione consiliare n. 15 del 15 luglio 2009, sono state condivise dal consiglio comunale le eccezioni ed i rilievi allo studio d'impatto ambientale prospettati nella relazione del responsabile del settore tecnico manutentivo recante prot. n. 6366 del 10 luglio 2009, ed è stato stabilito di dare mandato al sindaco di formalizzare in tal senso la presentazione di opportune osservazioni presso le competenti autorità;
con nota del comune prot. n. 6525 del 17 luglio 2009, in relazione al procedimento di valutazione dell'impatto ambientale ex decreto legislativo n. 152 del 2006 come modificato dal decreto legislativo n. 4 del 2008, integrazioni volontarie allo studio di impatto ambientale, per ottimizzazioni progettuali della «Centrale di compressione e terminale di Monforte San Giorgio» del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica» proposto dalla Snam Rete Gas Spa, sono state formulate presso le competenti autorità, osservazioni in relazione all'avviso pubblico ed istanza per l'ottenimento della pronuncia di compatibilità ambientale del citato progetto;
con nota del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - direzione generale per la salvaguardia ambientale recante prot. DSA-2009 - 0026241 del 5 ottobre 2009, acquisita agli atti di questo comune in data 7 ottobre 2009 con prot. n. 8856, in relazione al procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) per la pronuncia di compatibilità ambientale del menzionato progetto, sono state richieste alla società proponente Snam rete Gas Spa, chiarimenti ed integrazioni alla documentazione di valutazione di impatto ambientale già prodotta, in conformità all'istruttoria tecnica effettuata dalla commissione tecnica ministeriale di verifica dell'impatto ambientale - VIA-VAS, formalizzate con nota prot. CTVA-2009 - 0003536 del 25 settembre 2009, compiegata alla su richiamata nota ministeriale prot. DSA-2009 - 0026241 del 5 ottobre 2009;
la Snam rete Gas Spa, con nota COS/TECLEG/42111 del 4 dicembre 2009, ha riscontrato la su indicata richiesta di chiarimenti ed integrazioni alla documentazione di VIA, inoltrando l'afferente documentazione al Ministero competente, depositandola anche presso il comune di Monforte San Giorgio ove risulta acquisita in data 15 dicembre 2009 con prot. n. 11014;
l'afferente avviso pubblico risulta pubblicato sul quotidiano Gazzetta del Sud edizione del 18 dicembre 2009, ed ai sensi dell'articolo 24 del decreto legislativo n. 4 del 2008, chiunque abbia interesse può presentare, in forma scritta, nel termine di sessanta giorni dalla data della pubblicazione precitata del 18 dicembre 2009, eventuali istanze, osservazioni o pareri, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministero per i beni e le attività culturali e alla regione siciliana - assessorato territorio ed ambiente - servizio II VIA;
con espresso riferimento alle integrazioni e chiarimenti richiesti dalla commissione tecnica ministeriale con nota prot. CTVA-2009 - 0003536 del 25 settembre 2009, ed in particolare a quelle

che interessano il territorio comunale, è stato osservato:
riguardo al quesito 1), si richiama il «parere motivato sulla non conformità urbanistica dell'opera reso da quest'ente, ai sensi dell'articolo 52-quinquies del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, come modificato ed integrato dal decreto legislativo 27 dicembre 2004, n. 330, al Ministero dello sviluppo economico - dipartimento per l'energia - direzione generale per la sicurezza dell'approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, nell'ambito del procedimento per il conseguimento dell'autorizzazione alla costruzione ed esercizio del Metanodotto «Iniziativa Sealine Tirrenica» da parte della SNAM Rete Gas Spa, giusta deliberazione consiliare n. 33 del 21 dicembre 2009;
in ordine al quesito 2), si evidenzia che con D.D.G. n. 8470 del 4 dicembre 2009 del dipartimento regionale dei beni culturali e ambientali, della educazione permanente e dell'architettura e dell'arte contemporanea, è stata disposta l'adozione, ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, del Piano Paesaggistico dell'Ambito 9 - Area della catena settentrionale (Monti Peloritani) della provincia di Messina, in cui ricade il territorio del comune, e che pertanto, ai sensi del comma 9 dell'articolo 143 del citato decreto legislativo n. 42 del 2004, a far data dall'adozione del piano paesaggistico non sono consentiti interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela previste nel piano stesso. A tal riguardo, non sembra che le integrazioni prodotte dalla società proponente, abbiano preso in considerazione ed esame il piano paesaggistico adottato in data successiva alla presentazione dello studio di impatto ambientale, al fine di fornire il richiesto aggiornamento del quadro di riferimento programmatico, tant'è che il riferimento normativo richiamato dalla proponente è quello delle linee guida del piano paesistico regionale di cui al D.A. n. 6080 del 21 maggio 1999;
riguardo al grado di coerenza dell'opera con il piano energetico ambientale regionale (P.E.A.R.S.), approvato con delibera di giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009 ed afferente emanazione di cui al decreto presidenziale 9 marzo 2009 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della regione Sicilia n. 13 del 27 marzo 2009, si rinvia a quanto i competenti organismi regionali vorranno autonomamente rilevare e valutare al fine di esprimere il proprio valido avviso;
in relazione alla richiesta documentazione del piano dell'area di sviluppo industriale e dell'area del sito di interesse nazionale, sono state prodotte dal proponente cartografie integrative ed aggiornamenti di riferimento;
tuttavia, sulla coerenza dell'opera con il quadro programmatico, si evidenzia ancora una volta come si evinca dalla stessa documentazione aggiuntiva prodotta dalla Snam il contrasto con la tipologia di insediamenti industriali previsti dallo strumento urbanistico dell'ASI, che era stato già evidenziato nelle precedenti osservazioni e di cui oggi, il proponente dimostra di avere preso atto;
a tal proposito, vale la pena sottolineare come la prevista centrale di compressione di Monforte Marina e condotte di approdo in Sicilia e terminale di partenza ricadenti nell'area di sviluppo industriale, come conferma la stessa società proponente nelle integrazioni allo studio di impatto ambientale, presenti aspetti di criticità urbanistica da superare: «...le attività oggetto del presente studio risultano in generale compatibili e congruenti con il vigente regime vincolistico, così come di seguito evidenziato, salvo alcuni aspetti per i quali occorre richiedere specifiche autorizzazioni, quali ad esempio la variazione di destinazione d'uso urbanistica del piano ASI, e la Autorizzazione paesaggistica ai sensi del decreto legislativo 42 del 22 aprile 2004», (cfr. volume 3 - pagina 25 - allegato 1 - quadro programmatico - coerenza del progetto con gli strumenti di programmazione e pianificazione), ed ancora: «... Ai fini dell'ottenimento delle autorizzazioni necessarie

alla realizzazione della centrale in progetto, sarà, pertanto, necessario richiedere una variante al PRG Consortile ASI, da effettuarsi a cura del Consorzio stesso. Tale variante è comunque subordinata alla preventiva autorizzazione dell'Assessorato regionale per il territorio e l'ambiente. Le eventuali proposte di variante saranno successivamente sottoposte al parere della Provincia regionale competente per territorio» (cfr. volume 3 - pagina 30 - allegato 1 - quadro programmatico). In tal senso però non viene prodotto o fatto cenno ad alcun accordo od intesa preventiva avuta con il consorzio area di sviluppo industriale di Messina che, rinunciando alle vigenti previsioni del proprio piano regolatore generale dovrebbe assecondare l'iniziativa e la realizzazione della centrale di Monforte Marina mediante apposita variante urbanistica, che comunque, è subordinata alla preventiva autorizzazione dell'assessorato regionale per il territorio e l'ambiente, e che deve essere dettata, ai sensi della legge regionale n. 1 del 1984 da «sopravvenute motivate ragioni tecniche e/o economiche che richiedano la modifica del piano»;
in ordine poi all'assegnazione dell'area alla società proponente da parte dell'area di sviluppo industriale, si rileva che la stessa è disciplinata dal regolamento per l'insediamento delle attività nell'ambito delle aree di competenza del consorzio ASI di Messina, mentre l'individuazione e la scelta di specifiche localizzazioni nell'ambito degli agglomerati previsti dal piano regolatore generale consortile, previa redazione di apposita graduatoria da predisporsi ai sensi dell'articolo 23 della legge regionale n. 1/1984, compete in via esclusiva al Consorzio. Pertanto, allo stato odierno, non esiste alcuna certezza in merito alla concreta possibilità che detto procedimento da attivare, possa concludersi favorevolmente per la Snam, atteso inoltre che le determinazioni dell'ASI sono assunte sulla base degli elementi previsti nel regolamento, quali ad esempio: a) indicazioni e prescrizioni del piano regolatore generale consortile; b) dimensioni e natura delle iniziative e loro incidenza sia sulle situazioni insediative esistenti sia sulle possibilità insediative future;
inoltre, andrebbe verificata la programmazione già effettuata dal consorzio ASI della provincia di Messina, riguardo alla realizzazione della rete di distribuzione del gas metano nell'ambito dell'agglomerato industriale di Milazzo. Tale intervento che interessa anche il territorio di questo comune, è teso a costituire una rete distributiva completamente autonoma dalle reti comunali, per la fornitura capillare del gas agli edifici industriali. In sostanza tale programmazione è volta alla realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria a servizio dell'area industriale, nel contesto del FESR 2007/2013 - obiettivo 2.1.3., e si presenta certamente ben diversa dalla realizzazione del progetto denominato «Iniziativa Sealine Tirrenica», che come più volte evidenziato appare in contrasto con la particolare tipologia di insediamenti industriali previsti dallo strumento urbanistico consortile vigente;
il proponente nelle integrazioni prodotte a riscontro del quesito 5), chiarisce che: «Ad oggi non sono stati stipulati accordi con gli enti locali interessati dal tracciato. I contatti con gli enti locali e territoriali hanno portato alla modifica del tracciato del metanodotto Policastro Bussentino-Montesano sulla Marcellata, il cui Studio di Impatto ambientale è stato consegnato a tutti gli enti interessati il 27 novembre 2009»;
infatti, si ricorda che il comune, per le motivazioni meglio esposte nelle determinazioni assunte che di seguito si richiamano: delibere consiliari nn. 23/2007, 42/2007, 46/2007, 24/2008, 15/2009 e 33/2009, nota sindacale prot. n. 834 del 31 gennaio 2008, sottoscritta anche dai sindaci del comprensorio, ha sempre espresso la propria contrarietà all'iniziativa in questione, sia per l'entità dell'intervento che comporterebbe un notevole consumo del territorio, sia per il contrasto con la programmazione degli strumenti urbanistici generali,

territoriali e di settore degli enti interessati al governo del territorio in cui ricade l'area d'intervento, ed inoltre, perché compromette lo sviluppo economico-sociale connesso a scelte attuabili e sostenibili, per implementare l'occupazione e spoglierebbe il comune stesso dell'autonomia di programmazione volta al migliore conseguimento del pubblico interesse;
l'amministrazione comunale ha il diritto-dovere di programmare lo sviluppo del proprio territorio, coerentemente con le reali vocazioni e tenendo conto delle esigenze sociali, ambientali e territoriali attuali, che sono quelle di una società moderna, post-agricola e non industriale come quella fin oggi subita;
indiscutibilmente, tanto lo studio d'impatto ambientale quanto le integrazioni in esame, appaiono astruse dal contesto economico-sociale su cui l'opera incide, in sostanziale difformità dai princìpi costituzionali su cui si fonda l'autonomia degli enti locali;
detta contrarietà all'intervento è stata in ogni circostanza ribadita dal comune che, per ultimo, ha invitato le competenti autorità regionali, ad esprimere la propria contrarietà alla definizione dell'intesa Stato-regioni interessate per il rilascio dell'autorizzazione alla costruzione e all'esercizio del Metanodotto «Iniziativa Sealine Tirrenica», richiedendone il coinvolgimento nelle eventuali proposte alternative che, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e leale collaborazione, potrebbero essere avanzate dalla regione dissenziente;
sono stati posti dalla commissione ministeriale una serie di quesiti riguardanti la necessità di integrazioni e chiarimenti sui requisiti tecnici ed operativi di progettazione, costruzione, ed esercizio delle opere e degli impianti, nonché di analisi concernenti i pericoli di incidenti rilevanti in fase di esercizio;
tuttavia, per le opportune valutazioni da parte della Commissione Via, il comune evidenzia che la Snam, considerata la complessità del progetto, indica che per la realizzazione delle opere a mare si avvarrà: «...di un contratto di tipo Engineering Procurement Installation and Construction (EPIC), la cui assegnazione è programmata a valle dell'ottenimento dei permessi principali. La fase di installazione richiede una revisione dell'ingegneria dipendente dall'appaltatore EPIC prescelto, dal suo Know How e dai mezzi di costruzione e di posa che saranno utilizzati. Conseguentemente la risposta ai quesiti relativi alla fase di costruzione del gasdotto sottomarino è formulata con soluzioni che potranno essere confermate e definite solo ad appaltatore EPIC assegnato»;
ci si interroga se tale prospettiva possa garantire la conformità del progetto ai nulla-osta e pareri preventivi;
si evidenzia inoltre che riguardo alla richiesta d'analisi e valutazioni alternative di sistema effettivamente fattibili oltre a quelle già indicate nel sistema di impatto ambientale, approfondendo anche l'alternativa 0, il proponente ha confermato quanto riportato nello studio d'impatto ambientale iniziale;
in merito ai siti alternativi per l'ubicazione della centrale di compressione del gas di Monforte Marina, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla provincia regionale di Messina, è stata eseguita dal proponente un'analisi di fattibilità che ha riguardato sette aree, oltre un nuovo studio su un sito ubicato in prossimità della foce della Fiumara Niceto, sulla piana in sinistra idrografica;
i risultati degli studi condotti sulle 7 aree, prospettati sulla scorta dei considerati vari vincoli e della metodologia tecnica di progetto, nonché di quelli correlati agli strumenti di tutela ambientale e di pianificazione territoriale, sostanzialmente, escludono la fattibilità tecnica delle soluzioni alternative a quella di Monforte Marina, eccezione fatta per il sito 5 nel comune di San Pier Niceto, sul quale vengono espresse tuttavia pesanti riserve sulla fattibilità tecnica a causa della presenza di numerose abitazioni e costruzioni

rurali che dovrebbero essere acquisite e demolite, e concludono infine, che il sito di Monforte Marina rappresenta la sola soluzione idonea;
il nuovo studio condotto dal proponente sul sito ubicato in prossimità della foce della Fiumara Niceto, sulla piana in sinistra idrografica, in località Marina San Biagio ricadente nel comune di San Pier Niceto, all'interno dell'area industriale, in zona «a prevalente funzione produttiva», ha portato al risultato di valutazione «tecnicamente fattibile» dal punto di vista geomorfologico, idraulico e di collegamento con i Ga.Me. A, B e C;
tuttavia, il proponente, conclude che nonostante tutti gli elementi positivi, la soluzione è ritenuta decisamente non fattibile non solo a causa della presenza di alcune costruzioni (un capannone industriale, un capannone in costruzione, 3 abitazioni e un rudere) ma anche a fronte della lottizzazione dell'area di sviluppo industriale il cui iter di approvazione risulta concluso. Tale circostanza di criticità, sempre ad avviso del proponente, rende l'area decisamente non idonea per la costruzione della centrale in detto sito alternativo di San Pier Marina;
senza volere entrare nel dettaglio e nel merito delle superiori valutazioni effettuate dal proponente, vale la pena riproporre però, le analoghe criticità segnalate dal comune per il sito di Monforte Marina che hanno formato a suo tempo oggetto delle osservazioni formulate, poiché, in sintesi:
risultava omessa la considerazione nel sistema di impatto ambientale dell'esistente struttura sportiva polifunzionale di proprietà comunale che occupa un'area di circa metri quadrati 9.800, ed i correlati aspetti legati alla rilevanza sociale che il predetto impianto sportivo rappresenta per la frazione Marina e per l'intera comunità, non affrontando la problematica connessa all'inserimento dell'opera nel contesto territoriale e nel tessuto sociale locale, essendo la predetta struttura sportiva l'unico impianto della frazione Marina che costituisce centro di aggregazione sociale e di prevenzione di devianze criminali soprattutto minorili;
risultava evidente l'incoerenza ed il contrasto con gli strumenti di pianificazione locale vigenti, in particolar modo con le previsioni del piano regolatore generale consortile dell'area di sviluppo industriale di Messina;
risultava eccessiva la dimensione del progetto ed il conseguente consumo del territorio comunale in relazione all'impatto socio-economico negativo dell'iniziativa;
l'area geografica interessata dall'intervento risultava particolarmente sensibile dal punto di vista ambientale;

ciò nonostante, si osserva, come tali circostanze di criticità, non hanno indotto il proponente alle medesime conclusioni e a ritenere l'area decisamente non idonea;
infine, si evidenzia che il proponente, non ha considerato ed espresso valutazioni su un sito alternativo su cui potrebbe essere realizzata l'opera della centrale, formalmente segnalata dal comune in località Piano di Comi, frazione Orto Liuzzo del comune di Messina - area pianeggiante ubicata a circa 12 chilometri dal comune di Messina, tra i torrenti Marmora e Tarantonio, a circa 300 metri dalla costa tirrenica, in prossimità del metanodotto GA.ME. A e B, che non presenta rischi geologici, caratterizzata da un bassissimo grado di antropizzazione, con ampi spazi liberi idonei a consentire il passaggio di una eventuale condotta sottomarina verso la Calabria, evitando il promontorio di Capo Milazzo, estesa circa ettari 40, totalmente libera e non interessata verso nord da attraversamenti autostradali, ferroviari o da ponti;
nei riscontri contenuti nelle integrazioni prodotte ai quesiti posti in relazione alla proposta di realizzazione della Centrale di Monforte Marina su rilevato, al fine di garantire la completa sicurezza della stessa in caso di esondazione della

Fiumara di Niceto, appare fra l'altro che lo stesso rilevato di centrale può essere considerato migliorativo in quanto costituirebbe, innalzando la quota del terreno, protezione ai fabbricati retrostanti;
a tal proposito, si ritiene che andrebbe anche studiato, nella circostanza di esondazione della Fiumara, se la presenza del vasto rilevato su cui dovrebbe sorgere la centrale possa costituire invece ostacolo e deviazione delle acque uscite dall'alveo, provocando l'interessamento e l'inondazione dell'abitato della frazione Marina che è situato nelle immediate vicinanze, così come andrebbe più approfonditamente valutato il rischio connesso al danneggiamento delle tubazioni, degli apparati di monitoraggio e controllo della centrale con conseguente possibile scenario di fuoriuscita del gas, oltre che per l'eventuale esondazione della fiumara anche a seguito del potenziale verificarsi di un maremoto, essendo il territorio comunale considerato ad alto rischio;
si insiste sugli scenari dei rischi indotti dalla compresenza nell'area geografica di altri impianti a rischio di incidente rilevante che rappresentano di per sé una dichiarazione di criticità ambientale e si rende alquanto complicata ogni operazione di ampliamento delle iniziative industriali già operanti e/o allocazione di nuovi impianti, soprattutto con riferimento ad iniziative che per la loro stessa natura sono portatrici di maggior rischio ambientale e che dovrebbero aprioristicamente escludere la fattibilità dell'opera in questione;
si ribadisce la limitata capacità di carico dell'ambiente naturale, con particolare attenzione alla zona costiera ed all'area contigua all'iniziativa, perimetrata quale sito di interesse nazionale (SIN) denominata «area industriale di Milazzo» compresa tra i comuni di Monforte San Giorgio e Milazzo che già risulta ambientalmente inquinata, giusto decreto 11 agosto 2006 del Ministero dell'ambiente (G.U.R.I. n. 256 del 3 novembre 2006), da sottoporre ad interventi di caratterizzazione, di messa in sicurezza, di emergenza, bonifica, ripristino ambientale ed attività di monitoraggio. Oltre che della zona agricola che risulta interessata da produzioni di particolare qualità e tipicità (articolo 21 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228);
si richiama la criticità rilevante rispetto alla ricchezza relativa, della qualità e capacità di rigenerazione delle risorse naturali della zona;
si confermano tutti i timori correlati a tutte le fasi d'esecuzione delle opere, attraverso il dispiego dei mezzi d'opera, per un periodo di quasi tre anni che inevitabilmente, comporteranno pesanti interferenze e ripercussioni a carico del territorio e delle infrastrutture viarie esistenti, provocando notevole impatto alla circolazione e consistenti disagi e difficoltà a carico della predetta viabilità ed all'intera zona interessata;
infine, considerato il contesto socio-economico di questo territorio comunale e comprensoriale ove viene prevista la centrale di compressione del gas, tenuto conto del rapporto d'incidenza occupazionale connessa all'iniziativa ed il consumo del territorio che si prevede, si rinnova la valutazione negativa già espressa;
si sottolinea ancora una volta, che occorre esperire, in continuo contraddittorio, ogni ulteriore utile approfondimento tecnico-scientifico, allo scopo di trovare una localizzazione alternativa al sito di Monforte Marina, così come peraltro condiviso dalle autorità regionali unitamente ai sindaci e ai rappresentanti del comitato spontaneo «Uniti contro la Snam», in quanto, l'intero comprensorio, dove vivono circa 65.000 abitanti, ha fermamente già espresso la propria contrarietà alla localizzazione della centrale di Monforte Marina ritenendola assolutamente incompatibile con il territorio -:
se intendano, in merito alle integrazioni al sistema impatto ambientale proposte dalla Snam Rete Gas Spa, nell'ambito del procedimento per la pronuncia di

compatibilità ambientale dell'Iniziativa Sealine Tirrenica, relativamente alle integrazioni volontarie al sistema impatto ambientale per ottimizzazioni progettuali della «Centrale di compressione e terminale di Monforte San Giorgio», prendere in considerazione le osservazioni formulate dal comune di Monforte San Giorgio.
(4-06575)

SCILIPOTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la questione del trattamento dei rifiuti nei cementifici rappresenta una problematica assai rilevante con gravi ripercussioni sulle popolazioni;
ad esempio desta allarme, inquietudine e gravi preoccupazioni nella pedemontana pordenonese la richiesta formalizzata dalla Cementizillo S.p.a. di essere esentata dalla procedura di valutazione d'impatto ambientale (VIA) in relazione al progetto di co-incenerire combustibile derivato da rifiuto, anche se con etichetta di qualità (CDR-Q);
le valutazioni che stanno alla base della richiesta avanzata da un'azienda privata che, fra l'altro, è presente a Fanna (Pordenone) da oltre 35 anni, con uno stabilimento che per dimensioni è tra i più grandi del Nord Italia, a giustificazione di un regime di autorizzazione semplificato (AIA), contrastano profondamente con le preoccupazioni espresse dalle amministrazioni comunali del territorio che hanno chiesto ufficialmente attraverso specifiche deliberazioni dei consigli comunali di sottopone il progetto in questione alla procedura di VIA;
che tale realtà specifica rappresenti semplicemente un piccolo quadro della politica imperante in tema di strategie di smaltimento dei rifiuti si evince chiaramente dal piano di gestione Rifiuti della regione Friuli - Venezia Giulia che a quel che pare all'interrogante punta unicamente sull'incenerimento;
tale scelta si traduce paradossalmente nel riconoscimento ad un'azienda privata dell'esenzione dalla procedura di VIA e nel rigetto delle richieste formalizzate all'unanimità da diversi consigli comunali in virtù del principio di precauzione;
a tal proposito, è difficile conciliare la sentenza della Corte di giustizia delle comunità europee del 22 dicembre 2008 che ribadisce l'inequivocabilità della classificazione del CDR-Q come rifiuto («il CDRQ e la sua combustione presentano rischi e pericoli specifici per la salute umana e l'ambiente, che costituiscono una delle caratteristiche dei residui di consumo e non dei combustibili fossili»), con la posizione della regione Friuli Venezia Giulia che ha ritenuto che l'incenerimento di 90 t/die di rifiuti speciali in una cementeria che attualmente brucia 270 t/die di pet Coke, non abbia un impatto significativo sull'ambiente e che le relative variazioni di combustione non ne costituiscano una modifica sostanziale (motivazioni per assoggettare a VIA un progetto);
senza considerare che i limiti stabiliti sull'inquinamento per i cementifici in regime di co-combustione sono significativamente meno severi di quelli per gli inceneritori; in realtà il CDR-Q non è una fonte rinnovabile e come tale andrebbe sottoposto alla normativa sui rifiuti, non a quella sui combustibili;
è ormai chiaro che la strategia per lo smaltimento dei rifiuti che ci si trova ad affrontare nel territorio di Fanna (Pordenone) e dintorni, in relazione al progetto presentato dalla Cementizillo S.p.a., relativo alla co-combustione di CDR-Q nei propri forni, conferma, a livello nazionale, quello che è il nuovo indirizzo per lo smaltimento dei rifiuti verso il loro incenerimento, anche con l'impiego dei cementifici e delle alte temperature presenti nei loro forni per eliminare il problema;
in realtà incenerire non significa far sparire, bensì semplicemente (anzi pericolosamente) trasformare, attraverso la combustione,

il materiale introdotto nei forni in emissioni fortemente inquinanti e ceneri -:
se e quali iniziative il Ministro intenda assumere per favorire a livello nazionale soluzioni diverse dall'incenerimento dei rifiuti con particolare riferimento alle attività dei cementifici.
(4-06576)

TOCCAFONDI e CARLUCCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società Publiambiente spa, a partecipazione pubblica, gestisce la raccolta e lo smaltimento rifiuti di alcuni comuni della provincia di Firenze e del pistoiese;
il comportamento dell'ente gestore sembra disattendere le modifiche apportate al decreto legislativo n. 152 del 2006 «testo unico ambientale» per effetto del decreto legislativo n. 4 del 2008 (cosiddetto correttivo ambientale) che così recita nella parte in cui innova l'articolo 195, comma 2, lettera f), del Testo unico ambientale: Non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo steso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture commerciali di vendita»;
l'articolo medesimo rinvia ad un decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro dello sviluppo economico da adottare entro 90 giorni;
non essendo stato emanato il citato decreto, nell'area servita dalla società Publiambiente spa sembra prevalere un'interpretazione della norma che permette di poter conferire al servizio pubblico locale anche i rifiuti speciali di siti produttivi;
l'ARPAT, azienda regionale per la protezione ambientale della Toscana, non sembra dello stesso avviso, dato che da alcuni controlli in aziende del territorio ha comminato sanzioni pecuniarie in quanto i rifiuti non dovevano essere gestiti dal servizio pubblico locale, ma attraverso il formulano rifiuti e il registro di carico/scarico, così come previsto per i rifiuti speciali;
in molti comuni del circondario empolese Valdelsa i consigli comunali stanno approvando i nuovi regolamenti per l'applicazione della tariffa rifiuti a cittadini e imprese e questi nuovi regolamenti non tengono conto della novità introdotta dall'articolo 195 del testo unico ambientale;
così facendo alcune tipologie di rifiuti speciali, secondo le novità normative, in realtà sono assimilati ai rifiuti urbani e su questi esiste il diritto di esigere la TIA nonché i contributi CONAI per i rifiuti di imballaggio, che così rientrano anche nel rendiconto del «recuperato» utile per raggiungere le quote fissate per legge;
l'atteggiamento sopra riportato di alcuni comuni potrebbe risultare in contrasto con la normativa corrente in materia di rifiuti anche in ragione della scarsa chiarezza della vigente disciplina -:
se non ritenga di assumere iniziative, anche di carattere normativo volta a chiarire gli effetti e la portata applicativa delle disposizioni, di cui all'articolo 195, comma 2, lettera e), del testo unico ambientale.
(4-06590)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie stampa, nel trevigiano l'Ente Parco dell'area adibita a parco naturale, sulle sponde del fiume Sile, ha intenzione di costruire centri dirigenziali, parcheggi e villini di lusso;
il Sile è un fiume storico per il Veneto e fiume di risorgiva più lungo d'Italia: nasce sul confine tra il trevigiano

e il padovano, tra Casacorba di Vedelago (Treviso) e Torreselle di Piombino Dese (Padova);
nel 1991 la regione Veneto istituì sulle sue sponde un parco regionale di 4 mila e 152 ettari. Lo scopo, dichiarato nella legge istitutiva, era quello di «proteggere, salvaguardare, valorizzare, mantenere e tutelare il suolo e il sottosuolo, la flora, la fauna del Sile»;
a tal proposito ogni cinque anni regione e provincie nominano un presidente, un consiglio, un comitato esecutivo, varie commissioni, revisori dei conti e altri;
l'Ente Parco, invece di tutelare e preservare l'area, per «valorizzare l'ambiente» di sua competenza avvia «progetti di recupero» che altro non sono che piani di edificazione veri e propri. Un esempio è il progetto di «recupero» degli ex-mulini Mandelli che prevede la realizzazione di nuovi edifici residenziali (condomini e villette) nell'area verde che si estende alla spalle degli ex-mulini e che verrebbe ridotta a giardino più o meno privato per i nuovi residenti;
l'associazione «Un'altra Treviso» ha raccolto circa un migliaio di firme per chiedere all'Ente Parco di fermare questo scempio ambientale. «Siamo indignati nel constatare che ad avviare l'iter per la cementificazione delle rive del Sile non siano state le richieste dei costruttori ma lo stesso Ente Parco attraverso lo strumento della variante al piano ambientale che a tutto dovrebbe servire meno che a portare a nuove edificazioni lungo le sponde del fiume»;
nella faccenda non mancano nemmeno aspetti curiosi: doppi incarichi, conflitti di interesse e delibere a Ferragosto;
quattro anni fa, quando i proprietari dei Mulini tentarono un'altra strada per il «progetto di recupero» nella richiesta avanzata dall'Ente Parco alla regione si scriveva che il percorso tecnico-amministrativo era stato «individuato di concerto con il comune di Treviso». Tuttavia, l'assessore all'urbanistica Sergio Marton e il presidente della commissione urbanistica Sandro Zampese hanno sostenuto che il comune non sapeva nulla del progetto. Eppure, in quella vicenda, il comune di Treviso dimostrò zelo e solerzia degni di miglior causa: la richiesta da parte dell'Ente Parco, infatti, venne protocollata in municipio il 10 agosto 2006 e dopo soli pochi giorni (il 17 agosto) venne inoltrata alla regione -:
di quali elementi disponga in merito alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche in considerazione della presenza, in prossimità dell'area del parco naturale del fiume Sile, di siti di interesse comunitario e di zone di protezione speciale.
(4-06596)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO, D'ALEMA e MADIA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'Italia, Paese d'arte e di cultura, ha vissuto in particolar modo negli anni pre e post conflitto bellico una costante e riprovevole depredazione dei suo beni: dipinti, sculture, pezzi cospicui del nostro patrimonio archeologico e iconografico, sono stati spesso portati fuori dai confini e poi piazzati sul mercato «nero» della bellezza;
questo «scempio» sistematico ha riguardato anche molti ritrovamenti archeologici della Puglia e di Taranto in particolare. Il più eclatante riguarda la Dea in Trono o Persefone attualmente esposta al Museo Pergamon di Berlino con in calce la dicitura «Da Taranto; acquistata nel 1915 sul mercato d'arte di Parigi». Nulla di più «criptico» se si considera, invece, che la storia della Persefone incrocia misteriosi traffici effettuati con la complicità di mercanti

senza scrupoli, «tombaroli» e ricettatori che attraverso il «furto» della Persefone Gaia sono riusciti contemporaneamente a far danaro e di fatto ad impoverire la città di un pezzo di inestimabile valore artistico, storico, culturale e di indubbia attrattiva turistica;
la Persefone è infatti una statua che ha «Vissuto» a Taranto nel quarto secolo avanti Cristo (460 a.C.), poi è stata trafugata, venduta, sezionata, ricomposta ed è finita, neI 1915, a Berlino, in Germania;
della vicenda se ne interessò anche l'ex Ministro per i beni e le attività culturali, Rutelli che appurò che la statua, acquisita legittimamente dalla Germania, non rientrava nei novero di quel patrimonio «depredato» sul nostro territorio e perciò restituibile sine die;
la regione Puglia si fece promotrice alla fine del 2008 di una richiesta di «prestito», sufficientemente lungo da poter allestire una grande mostra nel museo di Taranto e probabilmente per consentire ai nostri restauratori di esaminare le condizioni del manufatto in marmo, che oltretutto attualmente non versa in eccelse condizioni -:
quali iniziative intenda assumere per la restituzione, anche se solo per contingentati periodi di tempo, di un patrimonio che appartiene alla città di Taranto e al patrimonio della Nazione, anche alla luce del «ritrovato» Museo nazionale archeologico della Magna Grecia di Taranto che degnamente potrebbe ospitare l'antica statua di marmo della Persefone e saggiarne le condizioni di salute;
se intenda avviare ulteriori contatti con le autorità tedesche e il Museo di Stato Pergamon di Berlino per definire le pratiche possibili per ristabilire un livello minimo di collaborazione e la verità storica e culturale attorno ad uno dei manufatti più importanti della tradizione Magno Greca italiana e del Sud Italia in particolare;
se ritenga di poter convocare al più presto un incontro istituzionale tra tutte le autorità coinvolte nella vicenda, considerando anche la presenza dei responsabili della Soprintendenza ai beni archeologici della Puglia, del Museo Marta di Taranto, della regione Puglia, del comune e della provincia di Taranto.
(5-02683)

Interrogazione a risposta scritta:

SIRAGUSA, DAMIANO e STRIZZOLO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'iscrizione dell'arcipelago delle Eolie nella World Heritage List risale all'anno 2000;
sin da quel momento, l'Unesco si era espressa in maniera inequivocabile in merito al destino delle cave di pietra pomice di Lipari, prevedendone la graduale dismissione come necessaria condizione per il mantenimento dell'arcipelago nella Heritage List;
a fronte di una tale condizione, nel 2006 l'allora Governo Prodi avviava una trattativa con le amministrazioni locali, la municipalità di Lipari e gli assessorati competenti della regione siciliana, con l'obiettivo di poter ottemperare alla richiesta dell'organizzazione internazionale e nel tentativo di tutelare, al contempo, il futuro professionale di circa quaranta lavoratori delle cave di pomice e delle rispettive famiglie. Una misura che sembrò da subito necessaria per salvaguardare i livelli occupazionali già precari nell'isola, caratterizzati peraltro da uno scarso reimpiego, vista la stagionalità tipica della primaria occupazione, rappresentata dal turismo e dal suo indotto;
le cave di pomice sono state ufficialmente chiuse nel novembre 2007 con il conseguente licenziamento di tutte le maestranze impiegate;

nel rapporto della Missione Unesco presieduta dal professor Lawrence Hamilton, che nel marzo 2007 visitò Lipari, si legge al punto «3.2 La disoccupazione dovuta alla fine dell'attività mineraria nell'area di Lipari. Circa 40 persone sono impiegate, fra part-time e tempo pieno, alla miniera Pumex di Lipari, e sono preoccupate a causa della perdita di occupazione dovuta alla chiusura delle miniere. Siamo stati informati che nel corso degli anni diversi lavoratori delle miniere hanno sofferto di problemi di salute per aver lavorato a contatto con la pomice. La principale preoccupazione dei minatori è la mancanza di una chiara e immediata alternativa occupazionale. Le questioni legate al ricollocamento e alla relativa formazione professionale sono in discussione sia sul piano locale che a livello di autorità regionali. Un progetto di restoring dell'area mineraria potrebbe generare concreta occupazione di breve periodo. L'insediamento di una Riserva ben gestita potrebbe offrire un'occupazione più stabile. Vi sono crescenti opportunità nel campo dell'ecoturismo, che richiederebbero la creazione e il mantenimento di appositi sentieri, così come di guide della Riserva opportunamente addestrate. Una riabilitazione (riqualificazione/trasformazione) dell'area e la creazione di un geo-parco potrebbero stimolare un turismo svincolato da logiche stagionali, e dotare le comunità locali di concrete possibilità di impiego a lungo termine. La missione raccomanda che le autorità di Lipari implementino al più presto un vasto programma di ricollocamento e formazione professionale»;
nel punto di cui sopra, si fa preciso riferimento alla creazione di un geo-parco in grado di dare risposte occupazionali di lungo periodo;
le stesse argomentazioni venivano ribadite anche nel documento WHC-07/31. COM/7B.Add in occasione della 31a sessione della Commissione Unesco tenutasi in Nuova Zelanda dal 23 giugno 2007 al 2 luglio 2007;
la necessità di riqualificare il personale interessato è stata più volte ribadita anche attraverso precise deliberazioni della Giunta regionale siciliana, su precisa sollecitazione del Governo;
in molteplici passaggi, a partire proprio dal novembre 2007, tali lavoratori sono stati assunti con collaborazioni occasionali, a tempo determinato e in qualità di lavoratori socialmente utili (LSU), in carico a numerose amministrazioni regionali e comunali;
in data 23 gennaio 2009, con nota protocollo DPN-2009-0001309, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare trasmetteva a tutti gli enti interessati la relazione sull'attuazione delle condizioni poste dall'Unesco, per il mantenimento del sito isole Eolie nella lista del patrimonio mondiale dell'umanità;
in tale documento veniva evidenziato come a partire dal 1o febbraio 2009, avendo già ottemperato al primo punto, la chiusura delle cave di pomice, le Autorità avrebbero dovuto affrontare i restanti otto punti espressi nella decisione «31-COM-7B-24» dove, tra l'altro, alla lettera «f» si parla di un programma di riassunzione e/o riqualificazione dei lavoratori interessati «Istituire un progetto scientifico di rinnovamento e valorizzazione della vegetazione locale, ed un solido e innovativo piano di conversione dell'infrastruttura mineraria per rispondere a bisogni culturali e di eco-turismo, in congiunzione con un programma di re-impiego e/o training professionale dei minatori ammalati»;
ad oggi poco o nulla è stato fatto per la piena reintegrazione lavorativa in attività professionalmente qualificanti degli ex lavoratori della pomice, che da qualche giorno hanno avviato uno sciopero della fame;
i lavoratori denunciano «che il comune e la regione restano immobili - l'Unesco non vigila e 39 lavoratori, con le loro famiglie, muoiono di fame»;
la reintegrazione dei rimane tuttora una condizione necessaria per la piena vigenza della tutela dell'Unesco sull'arcipelago delle Eolie;

il mancato adempimento di tale obbligo rischia di attivare, a norma di statuto, una procedura di istruttoria interna per la cancellazione del sito dalla World Heritage List -:
con quali tempi, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ritiene saranno definite le procedure per l'attivazione del geo-parco, in ottemperanza alle indicazioni contenute nei documenti dell'Unesco citati in premessa, e quindi reimpiegando i lavoratori ex Pumex, opportunamente riqualificati;
se i Ministri intendano, con la massima urgenza, promuovere una piena riqualificazione professionale per gli ex lavoratori delle cave di pomice.
(4-06587)

...

DIFESA

Interrogazione a risposta in Commissione:

VICO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con la legge 219 del 21 ottobre 2005 «Nuova disciplina delle attività trasfusionali e della produzione nazionale di emoderivati» lo Stato detta princìpi fondamentali in materia di attività trasfusionali allo scopo di conseguire il raggiungimento dell'autosufficienza regionale e nazionale di sangue, emocomponenti e farmaci emoderivati a tutela della salute dei cittadini; all'articolo 24 si dispone che le Forze armate organizzano autonomamente il servizio trasfusionale in modo da essere in grado di svolgere tutte le competenze previste dalla predetta legge; nel quadro delle iniziative di educazione sanitaria impartite ai militari, l'autorità militare favorisce la cultura della donazione volontaria di sangue, di sangue cordonale e dei loro componenti da parte dei militari presso le strutture trasfusionali militari e civili; il servizio trasfusionale militare coopera con le strutture dei servizio sanitario nazionale, del Ministero dell'interno e del dipartimento della Protezione civile, al fine di assicurare, in relazione alle previsioni delle necessità trasfusionali per le situazioni di emergenza, il mantenimento di adeguate scorte di sangue;
a seguito di precedente interrogazione parlamentare effettuata dal sottoscritto pubblicato in allegato B al resoconto della seduta del 26 gennaio 2009, il servizio trasfusionale militare, dopo anni, è stato finalmente adeguato normativamente alla legge di cui a riferimento e alle disposizioni nazionali ed europee con integrazione/aggiornamento del decreto n. 499 del 18 giugno 1992 effettuato dal Ministro della difesa in data 15 luglio 2009;
che con decreto ministeriale in data 1o febbraio 2010: «Struttura del Segretariato Generale, delle Direzioni Generali e degli Uffici Centrali, in attuazione dell'articolo 1 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica 3 agosto 2009, n. 145 concernente l'organizzazione del Ministero della difesa», il Ministro della difesa provvedeva al capo IX anche al riordino della direzione generale della sanità militare;
al predetto capo IX articolo 32, comma 1, lettera e) si recita: l'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare (UDCSTM) è retto da un ufficiale medico del corpo sanitario di grado non inferiore a tenente colonnello o grado corrispondente delle Forze armate e svolge: «compiti di cui al decreto del Ministro della difesa 18 giugno 1992 e successive modificazioni»;
che il decreto ministeriale del Ministro della difesa del 15 luglio 2009 prevede all'articolo 3 comma 1-bis, che l'attività delle strutture trasfusionali militari è disciplinata da direttive tecniche operative emanate dalla direzione generale della sanità militare, nel rispetto della normativa vigente in ambito nazionale ed europeo per il settore trasfusionale per le esigenze trasfusionali delle Forze armate a supporto delle attività cliniche e chirurgiche

dei nosocomi militari e dei complessi sanitari campali che operano nei teatri operativi;
che il comma 2 del predetto decreto prevede che la direzione generale della sanità militare, avvalendosi dell'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare, esercita (per il Ministero della difesa) nell'ambito del servizio trasfusionale militare, le funzioni ai fini della pianificazione, organizzazione e supporto tecnico-amministrativo, compensazione e coordinamento che la legge 21 ottobre 2005, n. 219, attribuisce nell'ambito del servizio sanitario nazionale, ai Centri di Coordinamento e Compensazione e al Centro Nazionale Sangue;
l'articolo 3 comma 2 lettera e) del predetto decreto prevede che l'ufficio di direzione e coordinamento del servizio trasfusionale militare di DIFESAN è il responsabile del trasferimento delle emazie concentrate e degli emocomponenti, considerate le esigenze trasfusionali delle Forze armate, avvalendosi del Comando Operativo di Vertice Interforze (COI) -:
quali azioni intenda porre in essere il Ministro della difesa affinché vengano superate le palesi discordanze tra compiti, guida, responsabilità dirigenziali, funzioni previste per il servizio trasfusionale militare delle Forze armate da un recente decreto (15 luglio 2009), successivamente rettificato da un ulteriore decreto di riassetto di DIFESAN (articolo 32, comma 1, lettera e), che nel caso in questione esplicitamente fa riferimento e rimanda al primo per le funzioni e le modalità di adempimento, come sopra riportato, posto che tale non corretta procedura, sostanzialmente priva il servizio trasfusionale militare della guida autorevole, effettiva, dirigenziale del capo dell'UDCSTM che si ripercuote negativamente, in modo sostanziale, in una organizzazione militare dove il ruolo gerarchico è fondamentale, sul personale militare/civile dipendente presente nei vari centri trasfusionali, in particolar modo in quello di Taranto, che non riesce più (in un settore così delicato) a percepire l'obiettivo del lavoro, della missione, dell'identificazione del proprio ruolo;
quali iniziative intenda porre in essere il Ministro della difesa affinché tale incongruenza normativa/giuridica/funzionale/istituzionale, possa essere superata ritardo la guida, prevedendo il grado di dirigente/generale, il ruolo, l'autorevolezza dell'UDCSTM, riaprendo gli scenari per realizzare gli obiettivi già programmati e in corso di attuazione (in particolare con la regione Puglia, come espressamente previsto dalla Conferenza Stato Regioni in tale settore), concretizzando le iniziative di cui il servizio trasfusionale militare, le Forze armate, la sanità civile, la regione Puglia si sono fatti promotori per raggiungere in sinergia l'ambito traguardo dell'autosufficienza nazionale di sangue, emocomponenti, organi, tessuti e cellule a tutela della salute dei numerosi cittadini che in silenzio, lottando contro la propria malattia, attendono fiduciosi concrete risposte dalle istituzioni.
(5-02679)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio di base della rappresentanza militare del comando legione carabinieri «Veneto», ha approvato la delibera collegiale n. 335, allegata al verbale 189/X del 2 marzo 2010, avente ad oggetto «Associazione "Podgora" - Notizie apparse sulla stampa e su internet. Richiesta audizione dei delegati Co.Ce.R. Giovanni Mola, Antonio Tarallo e Giuseppe La Fortuna.» con la quale chiede di poter audire presso la propria sede i militari citati in argomento;
il predetto Consiglio nell'atto deliberativo, con dovizia di particolari e citazioni estrapolate dall'interrogazione n. 4-06055 a firma degli interroganti, ha ritenuto «doveroso che si faccia chiarezza sulle

dinamiche che hanno permesso l'assenso all'Associazione carabinieri in servizio «Podgora» in particolare all'attuale sussistenza dei requisiti indicati nello statuto e se la natura dell'attività svolta, con particolare riferimento alla riunione avvenuta nella scuola allievi Carabinieri di Roma, sia stata eventualmente portata a conoscenza del Comando generale dell'Arma e del Ministro della difesa»;
è convinzione degli interroganti che la richiesta di audizione sollecitata dal Co.Ba.R della Legione Carabinieri «Veneto» appaia oltremodo legittima in considerazione del fatto che l'organismo di rappresentanza ha, egli stesso, constatato una evidente contraddizione tra i pareri di contrarietà al «sindacato» espressi dal Co.Ce.R. e i fatti descritti nell'atto di sindacato ispettivo preso in esame con la citata delibera -:
quando e in quali termini si sia svolta l'audizione dei delegati del Co.Ce.R. dei Carabinieri, Giuseppe La Fortuna, Antonio Tarallo e Giovanni Mola;
quali siano i motivi che hanno impedito al comandante generale dell'Arma dei carabinieri di adottare immediati provvedimenti nei confronti dei citati militari, appartenenti ad un organismo posto sotto il suo diretto controllo;
se il ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti narrati e quali immediati provvedimenti intenda adottare per impedire che simili fatti possano ripetersi, e quali gli immediati provvedimenti assunti nei confronti dei militari Giuseppe La Fortuna, Antonio Tarallo e Giovanni Mola, se abbia informato la competente autorità giudiziaria ed eventualmente se siano state avviate indagini.
(4-06581)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi si è evidenziata da parte dello Stato Maggiore dell'esercito la necessità di sviluppare e completare la capacità Humint del battaglione Aquileia con una ricerca «straordinaria di personale» operativo;
con una circolare diramata l'8 marzo 2010, lo stato maggiore dell'Esercito ha avviato la ricerca del personale da integrare nell'unità con base ad Anzio. Si tratterebbe di un'unità specialistica composta da dieci ufficiali (di cui un capo addetto alla logistica e uno alla sezione operazioni e addestramento), 15 sottufficiali (dei quali 5 sergenti addetti alla ricerca informatica) e 20 volontari. Il personale che chiederà di far parte del battaglione Aquileia dovrà essere super specializzato. Tra i requisiti, infatti, a tutti vengono richieste in particolare la conoscenza di una lingua rara come il serbo-croato, l'albanese, il russo, l'arabo, il farsi-persiano, ma anche la frequenza di un corso Humint, anche all'estero. Ma, soprattutto, la capacità di sopravvivenza in ambiente ostile. E infine, i volontari devono dimostrare la capacità di impiegare strumenti informatici;
il tredicesimo battaglione Aquileia non sarà al completo prima del 30 settembre 2010 quando saranno emanati i provvedimenti di impiego. La base operativa sarà ad Anzio, dove sono raggruppate tutte le unità di guerra elettronica appartenenti all'Esercito italiano;
l'intento del Ministro interrogato sarebbe quello di rendere autonomo il reparto informazione e sicurezza dello Stato maggiore difesa per farne la terza agenzia di intelligence, affiancandola all'Agenzia per l'informazione e la sicurezza interna ed a quella per la sicurezza esterna;
attualmente il Ris (reparto informazioni e sicurezza) coopera strettamente con l'Aise. L'articolo 8 della legge 124 del 2007, quella che ha riformato i servizi segreti, stabilisce: «Il Reparto informazioni e sicurezza dello Stato maggiore della difesa (RIS) svolge esclusivamente compiti di carattere tecnico militare e di polizia militare, e in particolare ogni attività informativa utile al fine della tutela dei presidi e delle attività delle Forze

armate all'estero, e non è parte del Sistema di informazione per la sicurezza. Il Ris agisce in stretto collegamento con l'Aise secondo la disciplina regolamentare approvata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri»;
la riforma della legge consentirebbe al Ministero della difesa di dotarsi nei fatti di una propria intelligence libera dai vincoli del rapporto funzionale con l'Aise, ma la creazione di una nuova agenzia di 007, seppure esclusivamente militare, contrasterebbe con lo spirito della legge n. 124 voluta dal Parlamento principalmente per razionalizzare il settore della sicurezza e del controspionaggio. Una legge che ha affidato i compiti a due soli soggetti, l'Aisi e l'Aise, appunto, preposti il primo alla sicurezza interna e l'altro alle ingerenze esterne;
da tempo è bloccato il regolamento attuativo e sono difficili i rapporti fra i militari e l'intelligence che, se il Governo dovesse approvare la «terza» agenzia informativa, perderebbe una fonte di primaria importanza per la sicurezza del Paese e che, fra l'altro, non farebbe più capo direttamente alla Presidenza del Consiglio dei ministri -:
se il Governo non ritenga di dover esporre le sue proposte nelle opportune sedi istituzionali;
se il Governo non ritenga di dover illustrare nelle competenti sedi parlamentari il nuovo regolamento sui rapporti tra il Ris e l'Aise, previsto dalla legge di riforma dei servizi segreti;
se il Governo non intenda chiarire i rapporti tra gli attuali Ris e Aise con la futura terza «agenzia» che si prevede di istituire.
(4-06586)

PISICCHIO. - Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la procura della repubblica di Trani ha da poco riaperto le indagini sull'affondamento del Motopesca «Francesco Padre», inabissatosi a circa 20 miglia dal Montenegro il 4 novembre 1994. Il caso era stato archiviato nel 1997, in quanto le indagini non giunsero ad alcune ipotesi concreta, ma venne in sostanza ipotizzato che la presunta esplosione che causò l'affondamento e la morte dei 5 uomini di equipaggio [tutti pescatori di Molfetta (Bari)], era stata innescata da materiale esplodente che gli stessi trasportavano;
da sempre i familiari delle vittime e l'opinione pubblica hanno rigettato questa ipotesi, che ad oggi non consta aver trovato alcun riscontro oggettivo ed in equivoco. Non a caso la magistratura sta oggi procedendo a nuove indagini con la formulazione della ipotesi di reato di omicidio volontario;
i reperti all'epoca recuperati sono stati distrutti molti anni orsono, e né il relitto, né i resti di 4 dei marinai morti (un corpo venne infatti rinvenuto subito dopo l'evento) sono mai stati recuperati;
pertanto, a quanto reso noto dalla stessa procura, si dovrebbe presto rendere necessario il recupero dei resti del Motopesca «Francesco Padre», onde finalmente procedere ad una analisi oggettiva dei dati che verosimilmente ancora oggi potrebbero essere forniti dall'esame probatorio di detto importante reperto, al fine della definitiva e certa individuazione delle cause dell'affondamento, nonché della individuazione degli eventuali colpevoli;
certamente è importante, oltre alle ragioni di giustizia, l'aspetto afferente la restituzione alle famiglie dei resti che ancora dovessero essere recuperabili, essendo inimmaginabile il dolore che essi ancora oggi possano provare, essendo inaccettabile che lo stato non si sia mai attivato per restituire almeno le spoglie dei propri cari a quattro nostri cittadini;
il relitto in questione dovrebbe trovarsi a circa 294 metri di profondità, e si è appreso che la procura della repubblica di Trani ha già iniziato uno «screening» finalizzato ad acquisire preventivi per le operazioni di recupero del relitto e dei

resti umani. Detta operazione sarebbe, evidentemente, molto onerosa se dovesse ricadere interamente ed esclusivamente sui bilanci della detta procura;
tuttavia, nel caso di un'altra tragica vicenda, quale fu quella del disastro occorso all'ATR 72 Tuninter il 6 agosto del 2005, l'operazione di recupero del relitto - che peraltro si trovava a circa 1 .400 metri di profondità - e delle spoglie di 3 vittime, vennero realizzate con la collaborazione della Marina Militare Italiana, e i fondi necessari vennero stanziati dal Governo. In tal modo si realizzarono contemporaneamente gli obiettivi di ridurre i costi e di rendere più celeri le operazioni di recupero, che infatti vennero realizzate nel giro di pochi giorni -:
avendo riguardo anche ai citati aspetti umanitari collettivi sottostanti la vicenda del «Francesco Padre» - che da sempre ha lasciato sgomenta l'opinione pubblica - quali iniziative di competenza, ove vi fosse una richiesta in tale senso, intendano assumere per rendere possibile, così come avvenne per l'ATR 72, il recupero dei reperti e dei pietosi resti.
(4-06588)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il testo coordinato del decreto legislativo 4 novembre 2009, n. 152, convertito in legge 29 dicembre 2009, n. 197 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 31 dicembre 2009, n. 303. All'articolo 4, comma 1-octies recita quanto segue: «All'articolo 260, primo comma, del codici penale militare di pace, di cui al regio decreto 20 febbraio 1941, n. 303, le parole: "e 112" sono sostituite dalle seguenti: "112, 115, 116, secondo comma, 117, terzo comma, e 167, terzo comma"»;
l'articolo 260 del codice penale militare di pace prevede quali categorie di reati sono puniti a richiesta del Ministro della difesa e che il suddetto comma ne amplia la portata ad ulteriori tre che prevedono rispettivamente il movimento arbitrario di forze militari (articolo 115 del codice penale militare di pace), l'intempestiva od omessa apertura di piego chiuso (articolo 116 del codice penale militare di pace), l'omessa esecuzione di un incarico (articolo 117 del codice penale militare di pace), la distruzione o sabotaggio di opere militari (articolo 167 del codice penale militare di pace);
appreso che un articolo sul sito internet di SKY TG24 riporta che «il Ministro della difesa Ignazio La Russa ha scritto una lettera ai feriti e ai familiari delle vittime della strage di Nassirya. Due pagine che arrivano dopo la legge che di fatto blocca i processi in corso ai comandanti della base italiana in Iraq, attaccata dai terroristi il 12 novembre 2003. Nella lettera, il ministro sostiene di essere estraneo alla legge salva-generali che - dice - è stata voluta dal Parlamento. Dichiara di non aver ancora deciso se bloccare o no i processi: "Non ho fin qui maturato un Orientamento univoco". Chiede ai feriti e ai famigliari delle vittime di scrivere il loro parere a proposito. E si dice pronto ad accettare eventuali richieste di risarcimento, per chiudere la partita: "Mi piacerebbe che fossero avanzate richieste serene e precise", per individuare "il giusto livello di riparazione"»;
appare del tutto fuori luogo l'atteggiamento ad avviso degli interroganti pilatesco del Ministro La Russa, che prima scarica altrove le proprie responsabilità, poi, non soddisfatto, pretende che i familiari delle vittime stabiliscano un prezzo equo per le vite perse dai propri cari, per quelle che egli definisce «richieste serene e precise» al fine di individuare «il giusto livello di riparazione»;
desta non meno preoccupazione il fatto che il Ministro dichiari «Non ho fin qui maturato un orientamento univoco», riguardo il suo nulla osta a procedere nei riguardi degli imputati militari i fatti di Nassirya. Come se il diritto alla verità ed alla giustizia possa essere subordinato ad

una qualunque causale di ordine pratico, politico o di opportunità;
sulla norma in oggetto è stata sollevata una questione di costituzionalità -:
quando il Ministro intenda sciogliere la sua riserva e, visto che egli stesso nella sua missiva, lamenta l'assenza di un regime transitorio per la norma intenda promuovere in sede di Consiglio dei ministri un'iniziativa integrativa o interpretativa, che chiarisca l'inapplicabilità di questa norma ai processi in corso;
se, per quanto riguarda l'assenso ministeriale a procedere per reati come «movimento arbitrario di forze militari» (articolo 115 del codice penale militare di pace) non si siano valutati i risvolti che tale discrezionalità comporta con riferimento a reati connessi con intenti eversivi.
(4-06595)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un investitore Alitalia tramite la sua banca ha aderito all'offerta di scambio promossa dal Ministero dell'economia e delle finanze: le sue obbligazioni Alitalia con titoli di Stato italiani, senza cedola, scadenza 31 dicembre 2012, con valore di scambio pari al 70,97 per cento del valore nominale;
il giorno 18 agosto 2009 la banca (Cariparma di Mantova) ha certificato l'offerta del Ministero dell'economia e delle finanze, che l'interessato ha sottoscritto e firmato;
purtroppo fino ad ora non è giunto nessun riscontro dal Ministero dell'economia e delle finanze al suo documento cartaceo, sottoscritto in banca. A tale proposito, anche la stessa banca, dopo aver sollecitato una risposta in merito al problema, non ha saputo dare seguito, adducendo che anch'essa era priva d'informazioni dallo stesso Ministero;
ora, dopo circa otto mesi dalla sottoscrizione dell'offerta, e non avendo alcuna risposta in merito, l'interessa, chiede di avere notizie di questo lungo silenzio, per lui, assai preoccupante;
tale condotta appare all'interrogante assai grave -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga doveroso fornire agli interessati:
a) tempistica dell'indennizzo;
b) esatte modalità d'indennizzo;
c) termini del decreto attuativo.
(4-06571)

BORGHESI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il sistema bancario è avvantaggiato da numerosi ed ad avviso dell'interrogante ingiustificati privilegi che consentono alle banche di imporre le proprie decisioni verso i clienti;
tra di essi, emergono con tutta la loro negativa pervasività, quelli inerenti l'articolo 50 del decreto legislativo n. 385 del 1993 che rende estremamente semplice e celere il rilascio di decreti ingiuntivi e quelli connessi alla segnalazione alla Centrale Rischi;
infatti, in base alla riferita norma del T.U.B. è sufficiente la mera attestazione di veridicità e liquidità del credito effettuata da un funzionario bancario, affinché il giudice adito conceda decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi;

perciò, qualora i presunti crediti vantati dalle banche, fossero effettivamente non esatti, ad esempio per la mancata scrematura degli interessi anatocistici o fossero addirittura il frutto di interessi d'usura, oppure se fossero fatti lievitare dai prodotti cosiddetti «derivati» o ancora, da investimenti spazzatura, il presunto debitore sarebbe costretto ad incardinare un lunghissimo ordinario processo di cognizione, al fine di far valere le proprie ragioni;
nelle more del procedimento le banche possono agevolmente aggredire e mettere all'asta l'intero patrimonio della vittima;
è necessario ricordare, sul punto, che la provvisoria esecuzione ai decreti ingiuntivi, ex articolo 648 codice di procedura civile, è di fatto ed in diritto inamovibile fino a sentenza di merito, mentre le trascrizioni pregiudizievoli poste sui beni delle Aziende e dei fideiussori, non sono suscettibili di essere cancellate fino a sentenza di merito passata in giudicato. (Per i giudici dei tribunali civili gli estratti conto bancari [molto spesso i soli salda-conto], anche se illegittimi già solo per la presenza degli interessi anatocistici, sono ritenuti titoli validi e credibili, liquidi ed esigibili, quindi, le provvisorie esecuzioni vengono sempre puntualmente assentite);
quanto esposto, consente di comprendere la posizione di ingiustificato vantaggio che si concede alle banche, rispetto all'interlocutore più debole e, già solo per tale ragione, più meritevole di tutele. Oltretutto, la richiamata norma dell'articolo 50 T.U.B. potrebbe generare dubbi sulla legittimità costituzionale. Infatti, è vero che la normativa in questione si ha per salvaguardare le esigenze di stabilità del sistema bancario, ma, come afferma il Minervini, «non appare sufficiente giustificazione della specialità della norma l'asserita maggiore garanzia di una corretta amministrazione contabile, che offrirebbero le banche; questo assunto, se collegato alla soggezione a vigilanza, giustificherebbe se mai la previsione dell'agevolazione a pro di tutte le imprese soggette a pubblico controllo. Allo stato, è una norma di favore» (G. Minervini, dal decreto 481 del 1992 al testo unico in materia bancaria e creditizia, in Giur. Comm., 1993, I, 838), dunque, si potrebbe configurare una violazione dell'articolo 3 della Costituzione in relazione alla disparità tra le banche e le imprese soggette a pubblico controllo -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritenga ristudiare il sistema della segnalazione alle centrali rischi;
se non intenda promuovere la modifica e/o l'interrogazione dell'articolo 50 del testo unico bancario (del decreto legislativo n. 385 del 1993), nel senso di rimuovere la possibilità per le Banche di chiedere il decreto ingiuntivo mediante semplice dichiarazione di un proprio funzionario;
se non ritenga di approntare iniziative, anche normative, d'urgenza, attraverso le quali le banche vengano obbligate ad un pronto rimborso delle somme indebitamente ritenute ed a riconoscere adeguati risarcimenti.
(4-06572)

MAZZARELLA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da settori sindacali è stato posto il problema del servizio della pubblicità immobiliare;
la legge n. 358 del 1991 soppresse le conservatorie dei registri immobiliari ed attribuì il servizio della pubblicità immobiliare agli uffici del territorio (oggi agenzie). Quivi permane tuttavia la figura del conservatore, esclusivo titolare della funzione ipotecaria a mente dell'articolo 2673 del codice civile che ne fissa prerogative e ruolo in via imprescindibili;

la delicata funzione del conservatore postula che il dirigente che vi è preposto sia provvisto di vasta cultura in materia di amministrazione pubblica del diritto privato, come è negli annali di gestione del diritto ipotecario il cui contenzioso (articolo 2674 e 2888 del codice civile) deve essere curato dal conservatore, e non dall'Avvocatura dello Stato, come stabilisce la legge n. 22 del 1983;
oggidì le Agenzie del territorio sono amministrate da dirigenti tecnici (ingegneri) i quali - ipso facto - indossano la veste di «conservatori titolari», nonostante siano digiuni di quella sapienza giuridica richiesta del libro VI del codice civile come delle norme parallele del codice di procedura civile;
tali carenze impongono quindi l'adozione della delega permanente ad ex conservatori e/o a funzionari dotati di adeguata preparazione giuridica, e tuttavia sottordinati ad un dirigente tecnico, non idoneo a svolgere compiti e funzioni di che trattasi;
con decreto direttoriale 8/434 del 5 aprile 1996 il Ministero dell'economia e delle finanze stabilì che dovesse essere conservatore, di diritto, il dirigente dell'ufficio del territorio. Ma a tutt'oggi la titolarità della funzione ipotecaria permane in capo a dirigenti tecnici le cui competenze esulano da quelle richieste dal codice civile -:
se il Ministro interrogato ritenga ancora attuale il decreto 8/434/96 che affida la titolarità delle Agenzie del territorio al conservatore che ne deriva lo jus plenum dal codice civile che è legge generale;
se il Ministro interrogato ritenga di adottare iniziative volte a restituire al conservatore le funzioni come a lui attribuite dal codice civile, di guisa che la gestione della pubblicità immobiliare sia affidata a funzionari muniti di comprovata esperienza professionale.
(4-06584)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
le difficoltà organizzative ed operative della giustizia sono diventate assai gravi per carenza di magistrati e di risorse in ogni città italiana;
nella città di Reggio Emilia, le carenze sono veramente rilevanti - probabilmente più che altrove - per ragioni che non si conoscono. Sono vacanti numerosi posti nell'organico previsto, già sottodimensionato secondo le valutazioni degli operatori rispetto ai problemi di una città che ha registrato negli ultimi tempi uno straordinario incremento della popolazione e conseguentemente della criminalità;
gli avvocati sono costretti a lunghe file per ottenere documenti e, non di rado, a collaborare o sostituirsi al personale amministrativo mancante;
la situazione preoccupa ancor più perché, e questa è la maggiore delle carenze, sono da tempo vacanti il posto di capo della procura della Repubblica e di presidente del tribunale;
di tale situazione si è fatto recentemente portavoce l'avvocato Dino Felisetti (decano degli avvocati, tra i maggiori esperti dei problemi della giustizia essendo stato anche apprezzatissimo parlamentare, presidente della Commissione giustizia della Camera dei deputati, membro del Consiglio superiore della magistratura), ottenendo unanimi adesioni da tutti gli ambienti interessati -:
quali iniziative intenda assumere per fronteggiare la difficile situazione organizzativa del tribunale di Reggio Emilia;

entro quali tempi, nell'ambito di una leale collaborazione con il Consiglio superiore della magistratura, intenda provvedere alla copertura dei posti vacanti nel tribunale di Reggio Emilia.
(2-00656)«Castagnetti, Marchi».

Interrogazioni a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO, RAO, CIOCCHETTI e DIONISI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la questione penitenziaria, in Italia, è perennemente all'ordine del giorno, con circa 67.000 detenuti (un terzo dei quali stranieri e un quarto tossicodipendente), presenti in strutture carcerarie nate per ospitarne 43.000, controllati da un personale di Polizia penitenziaria sotto organico di oltre 5.000 unità;
la grave carenza di poliziotti non consente agli agenti in servizio di lavorare in maniera produttiva: essi sono infatti sottoposti a condizioni di particolare stress, dovendo svolgere turni massacranti;
secondo quanto riportato da un articolo del Messaggero dell'11 marzo scorso, tra le strutture più penalizzate vi è Frosinone, con 170 agenti, contro i 270 previsti in pianta organica, che devono far fronte a 500 detenuti, la stragrande maggioranza dei quali extracomunitari;
risulta evidente che, a causa dell'insufficienza del personale, ogni volta che c'è un piantonamento o una trasferta (nel caso di detenuti ricoverati in ospedale o chiamati a deporre in tribunale) saltano i turni che possono diventare anche doppi o tripli, considerando il numero di agenti fuori servizio per malattia o altro impedimento;
le previsioni non promettono nulla di buono: è in costruzione, infatti, l'ampliamento della struttura (da 500 si passerebbe a 1.000 detenuti), ma, al momento, il capitolo personale non è stato neppure accennato;
il problema esploderà a breve, dal momento che il nuovo edificio dovrebbe essere ultimato nel 2011;
questo ulteriore notevole dispendio di risorse economiche poteva essere evitato, considerando che Sora, Pontecorvo ed Arce ospitano da tempo carceri mandamentali che non sono mai state aperte -:
se non intenda risolvere concretamente la drammatica situazione in cui versa il sistema carcerario della provincia di Frosinone, consentendo il funzionamento delle suddette strutture, attraverso la loro messa «a norma», nonché adottando urgenti ed incisive misure per riequilibrare gli organici.
(3-00978)

BOSI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 10 febbraio 1986 veniva assassinato dalle Brigate Rosse in Firenze Lando Conti già sindaco della città;
dopo circa due giorni l'assassinio di Lando Conti venne rivendicato, pubblicamente, da Barbara Balzerani durante un processo in corso a Napoli, ove risultava come imputata;
il procuratore aggiunto della Repubblica Francesco Fleury nell'anno 2006 ebbe a dichiarare che «per l'assassinio di Lando Conti mancano all'appello 5-6 forse 7 terroristi due dei quali sono gli esecutori materiali dell'assassinio»;
lo stesso procuratore aggiunto Francesco Fleury, nel corso dell'anno 2009, dichiarò «La Procura di Firenze ha deciso di archiviare il caso di Lando Conti»;
sulla lapide che ricorda il fatto di sangue è scritto «La sera del 10 febbraio 1986 mano terrorista qui barbaramente ha spento la vita di Lando Conti» omettendo qualsiasi riferimento alla matrice politica dell'assassinio;
colpisce negativamente l'opinione pubblica il fatto che dopo anni di indagini e svariati proclami annuncianti l'ormai

prossima soluzione del caso si sia, improvvisamente, scelta la via della archiviazione;
ancor più negativamente l'opinione pubblica viene colpita dal fatto che mentre viene archiviato l'omicidio Conti si riaprono invece, a distanza di decenni, casi di cronaca nera come quello di Simonetta Cesaroni o di Emanuela Orlandi -:
se non intenda adottare, con riferimento alla vicenda descritta in premessa, ogni iniziativa di sua competenza, anche di carattere ispettivo, ed altresì iniziative volte a rettificare la lapide che ricorda, in Firenze, il fatto di sangue esplicitando come le Brigate Rosse siano state l'esecutore materiale dell'omicidio.
(3-00983)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIACHETTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
fonti informali, ma accreditate, da più mesi riferiscono che la III casa circondariale di Roma Rebibbia è destinata alla chiusura o alla ridestinazione;
tale struttura ospita detenuti tossicodipendenti ed è l'unica struttura romana dedicata a questo particolare ramo di detenuti, essendo adeguata - in qualità di istituto di custodia attenuata per tossicodipendenti - anche per l'assistenza sanitaria necessaria;
parte della struttura detentiva non è oggi utilizzata per assenza di interventi manutentivi ordinari, mentre altra parte, destinata ad accogliere lavorazioni svolte dai detenuti, pur a norma e funzionante, è al momento chiusa;
stante la ben nota situazione di sovraffollamento degli istituti penitenziari non si comprendono le motivazioni di una eventuale chiusura di questa casa circondariale, che anzi, potrebbe essere proficuamente utilizzata, con beneficio per la collettività, per tutte le sue potenzialità oggi negate -:
se corrisponda al vero la notizia relativa alla dismissione della III casa circondariale di Roma Rebibbia;
in tal caso quali siano le motivazioni alla base di tale eventuale dismissione e quale la destinazione alternativa ipotizzata.
(4-06566)

LARATTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il sostituto procuratore di Catanzaro, Gerardo Dominijanni è stato costretto ad utilizzare la propria autovettura per i suoi spostamenti, in quanto l'auto di servizio è rimasta senza carburante;
lo ha comunicato lo stesso pubblico ministero in una lettera inviata al procuratore Vincenzo Antonio Lombardo;
il dottor Dominijanni, è stato in servizio alla direzione distrettuale antimafia catanzarese dove si è occupato della criminalità. Il magistrato ha lasciato qualche mese fa l'incarico perché ha avvertito che il problema della sua sicurezza fosse sottovalutato, nonostante un pentito avesse rivelato l'esistenza di un progetto di attentato contro lo stesso magistrato;
il dottor Dominijanni, in una lettera del 2 marzo 2010 al procuratore Lombardo, ricorda una sua precedente lettera con la quale evidenziava «la mancata effettiva attuazione del sistema di protezione disposto dal Comitato provinciale per la sicurezza pubblica di Catanzaro»;
secondo il dottor Dominijanni: «Affermare che la vicenda assume aspetti paradossali non mi appare esagerato. Da un verso, su indicazione delle forze dell'ordine, si richiamano i magistrati all'osservanza delle prescrizioni in materia di sicurezza, dall'altro si assiste contestualmente alla continua, nonostante le segnalazioni, elusione delle misure di tutela. Nel frattempo mi è stato comunicato l'esaurimento del carburante della vettura blindata a me in uso. Da domani, pertanto, utilizzerò la mia vettura privata, come, del

resto, sono stato sempre costretto a fare al di fuori degli orari di ufficio, per tutti i miei spostamenti» -:
se il Governo sia a conoscenza di quanto su esposto;
che cosa intenda fare per assicurare tutela e protezione al dottor Dominijanni che risulta minacciato e quindi a rischio;
se intenda accertare eventuali responsabilità in merito alla mancata attuazione del sistema di protezione disposto per il suddetto magistrato;
come sia potuto accadere che l'auto di servizio del magistrato sia rimasta senza carburante.
(4-06569)

PALADINI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con un comunicato stampa unitario del 15 marzo 2010 le organizzazioni sindacali del Corpo di polizia penitenziaria SAPPE, Osapp, Sinappe, Cgil e Fsa-Cnpp, in rappresentanza del personale in servizio nel carcere di Chiavari, hanno proclamato lo stato di agitazione delle categoria per le gravi criticità operative;
le citate organizzazioni sindacali, dopo aver ripetutamente segnalato all'amministrazione penitenziaria regionale e nazionale, la criticità di organico riguardante la casa circondariale di Chiavari, anche evidenziando le inevitabili ripercussioni sulla garanzia dei diritti soggettivi dei lavoratori e delle conseguenze sul mantenimento dell'ordine e della sicurezza dell'istituto penitenziario;
alla data del 28 febbraio 2010 erano presenti 96 detenuti (il 50 per cento circa stranieri) a fronte di una capienza regolamentare pari a 78 posti letto mentre per quanto concerne gli organici di Polizia penitenziaria le carenze ammontano a 16 unità;
le organizzazioni sindacali della polizia penitenziaria SAPPE, Osapp, Sinappe, Cgil e Fsa Cnpp, a seguito di una assemblea con il personale in servizio nel carcere di Chiavari che si è tenuta il 15 marzo 2010, nel prendere coscienza della grave e cronica carenza di personale che non permette di assolvere le normali attività istituzionali se non con grave nocumento alla sicurezza e dei conseguenti inumani carichi di lavoro di cui lo stesso personale i deve sobbarcare, hanno stabilito che a decorrere dal 16 marzo 2010 attuerà l'astensione dalla consumazione del pasto; la ferrea applicazione delle disposizioni di servizio, senza flessibilità alcuna; la massima applicazione delle norme tecniche operative che permettano di garantire la sicurezza; la più ampia informazione all'opinione pubblica;
l'interessamento delle forze politiche ed istituzionali; sit-in di protesta e qualsiasi forma di protesta consentita -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda assumere rispetto alle citate problematiche e se non ritenga opportuno, necessario ed urgente attivare ogni utile iniziativa finalizzata all'incremento dell'organico del personale di polizia penitenziaria in servizio nella casa circondariale di Chiavari.
(4-06579)

BOBBA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con provvedimento del direttore generale 19 dicembre 2002 è stato bandito il concorso a 25 posti da conservatore degli archivi notarili, poi aumentato a 35 con provvedimento del direttore generale 7 dicembre 2005;
la graduatoria relativa al suddetto concorso è stata pubblicata sul bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 10, del 31 maggio 2007;
nella vigenza del regime di limitazione alle assunzioni nel pubblico impiego, l'Amministrazione degli archivi notarili ha potuto assumere sole cinque unità di personale, giusta autorizzazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007;

con decreto del Presidente della Repubblica 28 agosto 2009 e con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 17 novembre 2009, la stessa Amministrazione è stata autorizzata, rispettivamente ai sensi dell'articolo 1, comma 527, e dell'articolo 1, comma 523, della legge n. 296 del 2006 ad assumere, complessivamente, ulteriori ventinove unità di personale, assunzioni per le quali, peraltro, l'articolo 17, comma 14, del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito dalla legge n. 41 del 2009, fissa anche un termine finale stabilendolo per il 31 dicembre 2010;
detti provvedimenti subordinano la possibilità di procedere alle assunzioni ivi autorizzate all'ottemperanza da parte delle pubbliche amministrazioni autorizzate delle disposizioni previste dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008;
l'Amministrazione degli archivi notarili ha più volte rappresentato, nel corso di questi anni, anche agli stessi vincitori di concorso, il rilievo che le loro assunzioni assumerebbero per il buon andamento degli uffici ex articolo 97, comma 1, della Costituzione e, dunque, per il corretto espletamento dei compiti istituzionali attribuiti dalla legge agli archivi notarili;
da informazioni ripetutamente divulgate ai vincitori del concorso dai competenti uffici del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione e della stessa Amministrazione degli archivi notarili, sembrerebbe che alle assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati non possa ancora darsi corso in quanto, tra l'altro, il Ministero della giustizia, cui l'Amministrazione degli archivi notarili istituzionalmente afferisce, non ha adottato i provvedimenti previsti dall'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008, sebbene l'Amministrazione degli archivi notarili abbia tempestivamente elaborato la proposta relativamente alla rideterminazione della propria pianta organica nel senso richiesto dalla predetta norma di legge;
lo stesso Ministero della giustizia, per quanto di conoscenza dell'interrogante, non avrebbe neppure provveduto, a differenza di altri Ministeri, ad adottare il regolamento previsto dall'articolo 1, comma 404 della legge n. 296 del 2006, da un lato, già espressamente richiamato come condizione preclusiva delle assunzioni autorizzate dal decreto del Presidente della Repubblica 29 novembre 2007, in conformità, del resto, a quanto previsto dallo stesso articolo 1, comma 410, e, dall'altro, dichiarato espressamente equipollente, in relazione a determinati fini previsti dal medesimo articolo 74, comma 4, decreto-legge n. 112 del 2008;
in particolare, per l'adozione del regolamento la legge fissava come termine quello del 30 aprile 2007, ex articolo 1, comma 404, della legge n. 296 del 2006, prevedendo altresì una precisa tempistica infraprocedimentale, di cui all'articolo 1, comma 407;
il Ministero della giustizia non si è nemmeno avvalso, al fine di semplificare la procedura di cui all'articolo 74 del decreto-legge n. 112 del 2008 della facoltà prevista dall'articolo 41 comma 10 decreto-legge n. 207 del 2008 convertito dalla legge 14 del 2009, che consente a ciascun Ministero di decurtare le piante organiche con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri; disposto riproposto in emendamento all'articolo 2 del decreto-legge n. 194 del 2009;
a fronte di ciò, risulta un grave pregiudizio della situazione giuridica soggettiva dei vincitori del concorso, il cui legittimo interesse a stipulare un contratto di lavoro con la pubblica amministrazione presso la quale hanno superato il concorso sarebbe frustrata da inadempimenti amministrativi apparentemente imputabili al Ministero della giustizia, trattandosi per vero di inadempimenti cui la legge stessa riconnette espressamente la misura sanzionatoria del divieto di assumere personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi tipo di contratto, dapprima, con l'articolo 1, comma 410, della legge n. 296 del 2006 e,

più di recente, con l'articolo 74, comma 6, del decreto-legge n. 112 del 2008;
il pregiudizio rappresentato appare oltremodo ingiusto, se si considera sia il notevole tempo trascorso dall'espletamento del concorso, sia il fatto che gli atti di competenza del Ministero della giustizia costituiscono condizioni di efficacia delle autorizzazioni ad assumere disposte nei confronti dell'Amministrazione degli archivi notarili;
la perdurante situazione di inerzia sopra descritta cagiona, d'altro canto, un grave danno agli odierni istanti in relazione a beni della vita connessi anche ad interessi costituzionalmente rilevanti;
il mancato rispetto dei termini di conclusione dei procedimenti amministrativi potrebbe, tra l'altro, dar luogo a conseguenze risarcitorie a carico della pubblica amministrazione, in base all'articolo 2-bis della legge n. 241 del 1990, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi di competenza del Ministero della giustizia, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto ministeriale 20 novembre 1995, n. 540 e successive modificazioni;
quanto in premessa è stato specifico oggetto di istanza al Ministero interrogato, sollevata da alcuni vincitori del concorso, ma alla quale non è stato ancora dato riscontro -:
se non si intenda provvedere tempestivamente in modo da porre in essere tutti quegli atti organizzativi la cui mancanza, allo stato, impedisce di rendere pienamente operative le assunzioni autorizzate con i provvedimenti precedentemente citati.
(4-06585)

REGUZZONI - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la guardia di finanza di Varese ha scoperto in data 16 marzo 2010 l'esistenza di un laboratorio-lager per il confezionamento di biancheria ubicato nella città di Busto Arsizio, trovando 8 lavoratori, tutti cinesi e sprovvisti di regolare permesso di soggiorno e quindi clandestini. L'unica persona in regola era la titolare dell'azienda: una cinese di 40 anni immediatamente denunciata. Sono state inoltre riscontrate condizioni igienico-sanitarie quantomeno precarie;
i fatti di cronaca evidenziano situazioni analoghe in tutto il territorio nazionale;
la piaga del lavoro sommerso preoccupa moltissimo sia perché alimenta il fenomeno dell'immigrazione clandestina, sia perché crea condizioni di concorrenza sleale tra imprese, soprattutto nel campo del tessile, con grave danno al tessuto economico e produttivo;
il Governo ha ben operato ai fini di ripristinare le regole che sovrintendono l'immigrazione e nel campo della lotta al lavoro irregolare -:
di quali elementi disponga in relazione alla vicenda di cui in premessa;
quale sia la dimensione del fenomeno e di quali dati si dispongano, sia a livello regionale lombardo, sia a livello nazionale;
quali siano le azioni che il Governo ha posto in atto o intende attuare ai fini di contrastare il fenomeno.
(4-06589)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta orale:

MISTRELLO DESTRO, GAVA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 194 del 2009, cosiddetto decreto mille proroghe, convertito in legge dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25, ha differito sino al 31 marzo 2010 la sospensione dell'efficacia delle modifiche alla disciplina dei servizi di noleggio

con conducente, recate dall'articolo 29, comma 1-quater del decreto-legge n. 207 del 2008, convertito dalla legge n. 14 del 2009, scatenando la rivolta di tutti gli addetti del settore che, fiduciosi in una abrogazione della predetta disposizione, hanno invece dovuto subire un differimento dell'entrata in vigore;
tali modifiche, introducendo pesanti vincoli e restrizioni alle modalità di esercizio dell'attività, quali limitazioni all'accesso al territorio di comuni diversi rispetto a quello che ha rilasciato l'autorizzazione, ovvero l'obbligo di effettuare le prenotazioni di trasporto e di iniziare e terminare ogni singolo servizio presso la rimessa situata nel comune che ha rilasciato l'autorizzazione, nonché vietando la sosta su suolo pubblico nei comuni ove sia esercitato il servizio taxi, disponendo, invece, l'obbligo di sostare esclusivamente all'interno della rimessa, presentano profili problematici in relazione al rispetto del principi del libero esercizio e tutela della concorrenza, nonché della normativa comunitaria sulla libera circolazione dei mezzi e delle persone;
nel campo del noleggio auto con conducente lavorano imprese in possesso di partita IVA, di dipendenti e di auto di rappresentanza di classe alta, che devono pertanto sostenere forti costi di manutenzione e consumi elevati e, tali disposizioni, che intervengono così dettagliatamente su una materia per la quale, peraltro, è prevista la competenza regionale e degli enti locali, comprimendo le loro possibilità lavorative, avranno l'effetto di ostacolare fortemente lo sviluppo delle stesse, costringendole a ridimensionarsi drasticamente, a licenziare dipendenti o addirittura a chiudere;
è necessario, pertanto, rivedere tutta la normativa in materia, previa convocazione di un tavolo di lavoro tra il Governo, le imprese di noleggio con conducente e i tassisti, pervenendo ad una normativa che rispetti le esigenze e gli interessi delle due categorie, anche alla luce sia del protocollo di intesa sottoscritto il 10 febbraio 2010 tra il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e i rappresentanti della Conferenza delle regioni, dell'UPI, dell'ANCI, e dei rappresentanti di categoria del settore di noleggio di autovetture con conducente e del settore taxi, che prevedeva una ridefinizione della disciplina entro il 31 marzo 2010, sia dell'approvazione dei due ordini del giorno al decreto mille proroghe, a firma Montagnoli e Valducci, che impegnavano l'esecutivo a rivedere le disposizioni in materia della disciplina di servizio di noleggio con conducente -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per creare le condizioni affinché questa categoria di lavoratori possa svolgere la propria attività senza ostacoli incongrui, anche assumendo le necessarie iniziative per pervenire a una revisione della normativa in materia di servizi di noleggio con conducente, introdotta dal predetto articolo 29 comma 1-quater, che superi le gravose restrizioni in esso contenute imposte nello svolgimento di tale attività e, al tempo stesso, impedisca tutte le forme di esercizio abusivo dell'attività medesima;
se non ritenga opportuno, al fine di conseguire i predetti obiettivi, nelle more della ridefinizione della predetta disciplina, valutare l'opportunità di adottare ulteriori iniziative volte a prolungare, oltre il termine del 31 marzo 2010, la sospensione dell'efficacia delle disposizioni di cui all'articolo 29 comma 1-quater del decreto legge n. 207 del 2008.
(3-00980)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il sito web Trenitalia.com limita l'acquisto dei biglietti ferroviari alle sole carte di credito emesse sul territorio nazionale, impedendo ai milioni di turisti che giungono in Italia, di poter usufruire di questo servizio;

appare pertanto illogico e paradossale, che nel secolo in corso, quanto suesposto possa realmente accadere, considerando che tale disservizio, disincentiva l'afflusso dei turisti stranieri nel nostro Paese;
inoltre, l'impossibilità di abilitare le carte di credito emesse all'estero risulta evidentemente anacronistico sotto il profilo dell'innovazione telematica dei prodotti bancari e finanziari, attualmente a disposizione della collettività -:
se non ritenga opportuno, nell'ambito delle sue competenze, assumere iniziative volte a rendere possibile, in tempi rapidi, l'espletamento delle operazioni di pagamento di cui in premessa anche mediante l'utilizzo delle carte di credito emesse sul territorio estero, in modo da consentire ai milioni di turisti stranieri che provengono nel nostro Paese, di usufruire di tale servizio telematico sul sito web Trenitalia.
(5-02676)

CARDINALE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo orario di Trenitalia prevede parecchie soppressioni di fermate di treni che, conseguentemente, provocano disagi ai numerosi pendolari delle province siciliane;
si sono registrate innumerevoli proteste di studenti e lavoratori che, a causa delle nuove soppressioni, sono costretti a subire loro malgrado vane attese e viaggi di lunga durata;
le somme che lo Stato versa all'azienda Trenitalia dovrebbero servire non solo per gli investimenti indirizzati al miglioramento delle strutture, ma soprattutto per fornire migliori servizi agli utenti;
l'azienda Trenitalia negli ultimi periodi ha messo in atto una politica, ad avviso dell'interrogante, di disinteresse sempre più rilevante dei servizi prestati in gran parte del territorio siciliano, con la negativa conseguenza dell'abbandono, prima, e della totale chiusura, oggi, di tante stazioni;
gli ultimi provvedimenti di cui sopra hanno determinato uno stato di preoccupazione oltre che di disagio nei cittadini -:
se non ritenga doveroso intervenire presso Trenitalia per assicurare il ripristino delle fermate soppresse a seguito dell'entrata in vigore dell'attuale orario;
se non ritenga altresì doveroso intervenire al fine di scongiurare la chiusura di alcune stazioni indispensabili ai cittadini utenti.
(5-02678)

BORDO, VICO e GINEFRA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 10 marzo 2010 la strada statale 90 «delle Puglie», arteria di collegamento della Puglia alla Campania, in prossimità del confine tra le province di Foggia e Avellino, in territorio del comune di Panni, è stata parzialmente distrutta da una frana che ha raggiunto e ostruito anche la linea ferroviaria Lecce-Bari-Foggia-Napoli/Roma, tra le stazioni di Panni e Montaguto (AV);
a seguito dell'evento, Trenitalia ha rimosso, a scopo precauzionale, i binari nel tratto maggiormente prossimo allo smottamento e la linea elettrica di alimentazione dei treni e svolge il servizio di collegamento utilizzando autobus sostitutivi per la tratta Foggia-Benevento, cosicché il viaggio da Bari a Roma dura non meno di 5 ore a fronte delle 3 ore e 59 minuti previste dall'orario Eurostar;
lo smottamento di una corsia della strada statale 90, molto utilizzata anche da mezzi pesanti, impone lo scorrimento a senso alternato su un lungo tratto di strada o, in alternativa e per non subire gli effetti delle lunghe code, l'utilizzo della viabilità provinciale e l'attraversamento

dei piccoli centri appenninici della zona, con gravi pregiudizi per la sicurezza e l'ambiente di questi comuni;
a parere degli esperti della protezione civile intervenuti per verificare o stato dei luoghi, si tratta della frana attiva più ampia d'Europa, i cui potenziali effetti negativi sulla circolazione ferroviaria e stradale furono segnalati dalle strutture tecniche di Trenitalia già nel 2006;
a distanza di una settimana dall'evento franoso non si hanno notizie di interventi emergenziali e/o strutturali in atto, né le istituzioni territoriali e la popolazione sono state informate sui tempi di ripristino delle dorsali di collegamento tra le sponde adriatica e tirrenica dell'Italia centro-meridionale;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, le regioni Puglia e Campania e il Gruppo Ferrovie dello Stato sono impegnati nella programmazione della linea ferroviaria ad alta velocità per il collegamento tra Bari e Napoli che interessa anche il tratto travolto dalla frana -:
se e quali iniziative il Governo intenda assumere per:
a) ripristinare con urgenza il collegamento ferroviario nella tratta Panni (FG) - Montaguto (AV) e, nelle more, garantire agevolazioni tariffarie agli utenti della linea ferroviaria Lecce-Napoli/Roma in ragione del disagio sofferto;
b) ripristinare l'integrità della strada statale 90 «delle Puglie»;
c) finanziare e realizzare interventi strutturali per il contenimento della frana e l'attenuazione degli effetti sul territorio.
(5-02681)

MANCUSO e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la Cooperativa edilizia Nuova Polizia (costituita nel 1988 da agenti di e militari) a Novara e Villadossola (VCO) per motivi non imputabili alla medesima non può procedere alla cessione degli alloggi ai soci, con contestuale attivazione del mutuo edilizio individuale, pur essendo la stessa in possesso del nulla osta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
appare increscioso lasciare ben 46 famiglie (due lotti abitati) in una continua situazione drammatica e precaria che da anni non vede alcuno sbocco;
è urgente intervenire con un'azione di raccordo congiunta che consenta finalmente di addivenire all'auspicata risoluzione definitiva della questione in oggetto;
sarebbe applicabile che il comune di Novara procedesse con quanto stabilito e sottoscritto nel lontano dicembre 2007 presso il Ministero delle infrastrutture alla presenza di tutte le parti coinvolte e volendo di conseguenza adempiere ai successivi e necessari atti amministrativi da parte del Comune di Novara;
sarebbe auspicabile che I.N.P.D.A.P. desse riscontro a quanto richiesto e sollecitato da parete della cooperativa nel corso di questi ultimi due anni, circa lo svincolo del secondo lotto (immobili incompleti) dagli altri due, consentendo così ai soci di addivenire alla stipula del rogito definitivo e manlevando questi ultimi dalle problematiche relative al secondo lotto -:
quali interventi di competenza intenda adottare il Governo per superare lo stallo che provoca l'aumento del debito dei soci della cooperativa che non risultano proprietari degli immobili.
(5-02685)

Interrogazioni a risposta scritta:

GIOACCHINO ALFANO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 15 marzo 2010 è stata siglata presso la prefettura di Napoli l'intesa tra l'Anas e la regione Campania per gli interventi sulla strada statale 268 relativi alla rimozione dei rifiuti speciali e solidi urbani;

la rimozione dei rifiuti è operazione essenziale oltre che per far crescere la sicurezza dell'intera zona anche e soprattutto per consentire l'avvio dei lavori per il raddoppio della carreggiata, liberando una via di fuga fondamentale in caso di emergenza connessa ad attività del Vesuvio;
non si comprende il motivo per cui il tratto Angri-Sant'Antonio Abate non sia stato tenuto in considerazione per i lavori, nonostante siano ormai diversi anni che per tale arteria sarebbe necessario un ammodernamento;
il raddoppio completo della statale dovrebbe ottenersi entro il 30 marzo 2013, almeno da quello che viene riportato nel cronoprogramma illustrato nell'incontro in prefettura;
per il progetto del raddoppio della carreggiata della strada statale sono già stati stanziati 53,4 milioni di euro di fondi europei a cui vanno aggiunti altri 132 milioni che la regione aveva già assegnato per altre parti della strada, per un totale di oltre 185 milioni di euro -:
quali iniziative intenda assumere affinché la strada statale 268 venga adeguatamente ammodernata, comprendendo anche il tratto Angri-Sant'Antonio Abate, ampliando, in questo modo, il valore strategico della viabilità dell'intera area vesuviana sempre considerando la rilevantissima funzione che svolge l'arteria sotto il profilo della sicurezza in caso di eruzione del Vesuvio.
(4-06567)

BARBATO, PALAGIANO, RAZZI, SARUBBI, CIRIELLO, PIFFARI e MONAI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con la delibera di G.M. n. 108 del 27 marzo 1986 venne assegnata l'area sulla quale realizzare la Caserma della guardia forestale, individuata nell'ambito riportato in catasto al Foglio 4 p. 1 di metriquadri 782;
in data 29 giugno 2006 il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti richiese al comune di Casamicciola Terme (Ischia) l'approvazione di una variante al piano regolatore per la realizzazione della suddetta caserma, ricadendo la particella prescelta in zona F del piano medesimo, i cui vincoli procedimentali sono ormai decaduti per decorrenza del quinquennio, ed in zona di protezione integrale del piano territoriale paesistico;
il consiglio comunale, nella seduta del 14 settembre 2009 aveva avvertito, con voto unanime, l'esigenza d'individuare altra diversa e più idonea zona;
la variante non risulta ancora redatta né tantomeno approvata dal consiglio comunale, dagli atti non risulta che il Comune di Casamicciola Terme (Ischia) abbia mai provveduto a redigere apposito verbale per la consegna dell'area;
al catasto risulta tuttora di proprietà del comune di Casamicciola Terme (Ischia) e pertanto il provveditorato non ne ha la disponibilità;
i lavori sono iniziati egualmente a seguito di una gara effettuata dal provveditorato alle opere pubbliche della Campania, con affidamento a trattativa privata malgrado l'elevato importo della base d'asta;
le necessarie procedure di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 383 del 1994 (Regolamento recante la disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere d'interesse statale) non sono mai state completate;
non sia stato mai portato a compimento il procedimento semplificato della Conferenza di servizi (fissata per il 23 maggio 2006 senza alcun esito) indispensabile per le opere pubbliche ai sensi dell'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica (la inderogabilità di tale passaggio è ribadita dalla costante

giurisprudenza del Consiglio di Stato che ha chiarito - confronta sent. n. 1002 del 24 febbraio 2000 - che la conferenza di servizi, «convocata ai sensi dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994 n. 383, nel caso in cui - come nella specie - la localizzazione di opere di interesse statale non sia conforme agli strumenti urbanistici vigenti, rappresenta lo strumento per realizzare il giusto contemperamento tra le esigenze di concentrazione delle funzioni in un'unica istanza ed il rispetto delle competenze delle amministrazioni preposte alla cura di un determinato settore, consentendo a contestuale valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti in una determinata operazione amministrativa»);
risulta incontrovertibilmente dimostrato che nel luogo (particella 9 del foglio 4) ove sono iniziati i lavori sotto ogni profilo edilizio, paesistico, sismico ed ambientale non è consentito dagli strumenti urbanistici e di tutela paesaggistica qualsivoglia intervento con realizzazione di opere edilizie, né modifica alcuna dello stato dei luoghi;
il piano territoriale paesistico approvato con decreto ministeriale del 14 dicembre 1995 prevede nella zona il possibile insediamento in località Pietra Vano (particella 1) di opere pubbliche, caserma compresa, e che i lavori sono iniziati in tutt'altra particella (quella n. 9 anziché 1) ben distante dalla prima, contigua alla via pubblica e molto più vicina al litorale balneabile e che non a caso la competente soprintendenza, nell'esercizio dei suoi poteri di controllo e di vigilanza riconosciuti alla stessa dal codice Urbani, con nota del 13 ottobre 2009, aveva comunicato al Provveditore alle opere pubbliche parere contrario e diffida a costruire;
di pari tenore è la nota che la stessa amministrazione ha inviato al provveditorato medesimo il 7 ottobre 2009 con la quale si ribadisce che l'opera in questione è del tutto illegittima;
per tali motivi, anche il parere paesistico della CEI, commissione edilizia integrata, nella seduta del consiglio comunale del 20 settembre 2005 verbale n. 7 ed il successivo decreto autorizzativo ed ogni altro atto connesso e derivato, in disparte i vizi di legittimità da cui sono irrimediabilmente affetti, si palesano del tutto ultronei ed improduttivi di effetti;
il Bosco della Maddalena è stato, peraltro, dichiarato «Parco Urbano» ai sensi della legge regionale e n. 17 del 7 ottobre 2003 con apposita delibera del consiglio comunale di Casamicciola Terme;
la procura della Repubblica di Napoli, motivando genericamente che per le opere pubbliche non è necessario il permesso di costruire, ha disposto il 5 novembre 2009 il dissequestro del cantiere e che con tutta evidenza tale provvedimento, del tutto ininfluente e non vincolante sul piano amministrativo, non sarebbe stato assunto se il magistrato fosse stato a conoscenza di tutti gli elementi di fatto della presente vicenda che evidentemente non sono stati portati al suo giudizio -:
quali iniziative urgenti intendano assumere i Ministri interrogati affinché sia fatta completa luce sulle circostanze evidenziate in premessa e quali interventi si vogliano adottare affinché cessi ogni forma di possibile compromissione di un importante bene pubblico quale il bosco della Maddalena, in un contesto ambientale già devastato da abusi edilizi di ogni genere;
se non si intendano assumere le opportune iniziative, affinché vengano opportunamente perseguiti tutti gli eventuali illeciti e gli sprechi di danaro pubblico eventualmente commessi;
se non si intenda intervenire al fine di individuare - nell'ambito delle proprie prerogative - e, per la scelta del luogo dove costruire la caserma, altra località realmente idonea.
(4-06577)

INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MINNITI, ANDREA ORLANDO, GARAVINI, VELTRONI, BOSSA, BORDO, LAGANÀ FORTUGNO, OLIVERIO, VILLECCO CALIPARI, CESARE MARINI, LO MORO, LARATTA e MARCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la nuova formulazione dell'articolo 143 del Testo unico degli enti locali, comma 1, prevede che possa essere inviata una commissione d'accesso anche ai consigli provinciali per accertare se ricorrano elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare degli amministratori, ovvero su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica;
tra gli atti da valutare rientra certamente la frequentazione di consiglieri e componenti della giunta con pregiudicati per associazione mafiosa e esponenti di vertice di note famiglie mafiose;
per assicurare il buon andamento dell'amministrazione locale e determinante che gli amministratori locali non siano in alcun modo in contatto con esponenti della criminalità organizzata, in modo tale da poter esercitare liberamente il mandato ricevuto al momento delle elezioni;
nel mese di aprile 2008 si è svolta presso un ristorante di Crotone una cena a cui hanno partecipato:
l'ex senatore Nicola Di Girolamo, attualmente inquisito per riciclaggio, scambio elettorale aggravato dal metodo mafioso, falso ed usurpazione di funzione pubblica;
Gennaro Mokbel, attualmente inquisito per riciclaggio e con numerosi precedenti penali; Franco Pugliese, anche lui inquisito nella stessa inchiesta, ritenuto dagli investigatori uno dei capi della cosca Arena di Isola Capo Rizzuto, già sottoposto a misure di prevenzione personale e sequestro dei beni;
Gianluca Bruno, attualmente vice presidente della provincia di Crotone;
Raffaele Martino, attualmente vice presidente del consiglio provinciale di Crotone, eletto il 7 giugno 2009 nella lista PDL ed attualmente candidato alle elezioni regionali calabresi nella lista Scopelliti Presidente;
Maria Antonia Santa Maio, consigliera della provincia di Crotone, eletta il 7 giugno 2009 nella lista PDL;
di questa cena esistono fotografie pubblicate sulla stampa locale e nazionale, recentemente sequestrate dai ROS dei Carabinieri;
le ultime elezioni provinciali sono state vinte dal centrodestra al ballottaggio per 2351 voti di differenza, che i comuni di Isola Capo Rizzuto e Cutro hanno eletto sei consiglieri provinciali su quattordici della maggioranza e che l'incremento maggiore di voti rispetto al primo turno è stato registrato proprio ad Isola Capo Rizzuto;
la giunta provinciale formata subito dopo le elezioni è stata modificata a distanza di circa un mese con la sostituzione del vice presidente, dottor Pietro Durante, con il dottor Gianluca Bruno, ritratto nella succitata fotografia -:
se non ritenga urgente richiedere al prefetto di Crotone di inviare la commissione di accesso, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Testo unico enti locali, presso la provincia di Crotone.
(4-06593)

BOCCHINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dallo scorso settembre 2009, il sindaco di Gricignano di Aversa, Andrea Lettieri, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa nell'ambito di un'inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli;
l'indagine è nata in seguito alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Paolo Di Grazia, capozona del clan dei Casalesi a Carinaro, e Michele Orsi, l'imprenditore dei rifiuti ucciso il 1° giugno del 2008 a Casal di Principe;
Di Grazia avrebbe parlato di «favori» ricevuti da Lettieri in cambio di voti, in occasione di una campagna elettorale, mentre Orsi avrebbe riferito delle vicende legate alla costituzione della Gmc (Gricignano Multiservizi), società a prevalente capitale pubblico, che si occupava della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
le notizie emerse dall'inchiesta fanno riferimento ad assunzioni di favore, finanziamenti in denaro, accordi preelettorali con il capoclan di Carinaro Paolo Di Grazia, per cui - si legge nel decreto di perquisizione locale e personale disposto dalla Dda di Napoli - «a fronte dell'impegno del capoclan a favore del politico e della società Multiservizi - il clan avrebbe fruito di rilevanti futuri vantaggi patrimoniali»;
le dichiarazioni di Paolo Di Grazia sono state corroborate da quelle rese dal fratello Riccardo, anche lui collaboratore di giustizia, il quale ha riferito ai pm delle «assunzioni garantite dal sindaco ai familiari componenti del clan Di Grazia e ad altri capo clan» e «appaiono sostanzialmente sovrapponibili - si legge nel provvedimento - con quanto riferito anche da Michele Orsi, l'imprenditore dei rifiuti ucciso il 1o giugno del 2008 a Casal di Principe, e confermano relazioni «intessute con il sindaco Lettieri»;
nell'ambito della perquisizione domiciliare nei confronti del sindaco, i poliziotti del commissariato di Aversa hanno rinvenuto e sequestrato sette pistole, una baionetta, una carabina semiautomatica marca Adler, sei fucili e delle cartucce, sia pur tutte regolarmente denunciate;
la commissione d'indagine nominata dalla prefettura di Caserta è ad oggi, e per quanto risulta all'interrogante, in regime di proroga;
se il Ministro sia conoscenza dello stato dell'iter avviato dalla prefettura di Caserta per i fatti accaduti nel comune di Gricignano e se non ritenga opportuno, nel caso in cui la procedura non sia ancora conclusa, sollecitarne i tempi, restituendo così ai cittadini di Gricignano la possibilità di vedersi rappresentati da persone degne della propria fiducia e rispondendo così al loro diritto di poter contare su un'azione efficace e penetrante dello Stato per bonificare un'amministrazione coinvolta nel malaffare della criminalità organizzata.
(4-06594)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

BURTONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la riforma della scuola superiore, tra le altre, prevede l'istituzione di licei musicali e coreutici, indirizzi specialistici che consentono con maggior successo di accedere agli enti accademici della musica e della danza;
la Sicilia è assai carente in questo settore, essendo stati istituiti soltanto due licei, uno a Palermo e l'altro a Modica, chiaramente insufficienti a soddisfare le necessità di allievi giovanissimi di altre province, impossibilitati a vivere fuori casa o a viaggiare quotidianamente;

la provincia di Catania rimane, quindi, totalmente priva di una componente essenziale della cosiddetta «riforma Gelmini», e gli oltre 3000 alunni di ben 45 scuole medie musicali della provincia, che assicurano una buona preparazione di base nella materia, non hanno una reale possibilità di sviluppare le loro potenzialità;
sono presenti prestigiose istituzioni artistiche musicali nella provincia, prima fra tutte il teatro Massimo Bellini, che vanta una tradizione ultrasecolare;
nel capoluogo catanese si terrà l'importante Festival Belliniano;
in particolare, per quanto riguarda la coreutica, esistono diversi centri di formazione che, specialmente nei quartieri popolari, costituiscono un valido contrasto alla devianza ed alla emarginazione minorile;
è presente, nella zona di Librino, un istituto di istruzione superiore «Lucia Mangano» che ha, al suo interno, un percorso liceale;
il suddetto istituto è collocato in un'area del quartiere Librino, facilmente raggiungibile sia dalla tangenziale (per chi viene da fuori comune) che dall'interno della città, per cui un aumento di popolazione scolastica non determinerebbe ulteriori congestioni nel traffico cittadino;
nel quartiere di Librino è presente il «Teatro Moncada», struttura teatrale che potrebbe essere opportunamente utilizzata per lo svolgimento di attività didattiche musicali e coreutiche;
i dirigenti scolastici delle scuole Brancati, Dusmet, Fontanarossa, Musco, Pestalozzi e Mangano hanno dichiarato la propria disponibilità a collaborare con le istituzioni nazionali, regionali e locali per la riuscita di un progetto di orientamento liceale di insegnamento della musica -:
quali iniziative urgenti intenda adottare per l'istituzione di un istituto superiore ad indirizzo musicale e coreutico nella provincia di Catania.
(3-00982)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE e GHIZZONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con precedenti numerose interrogazioni ed interpellanze urgenti è già stato in precedenza portato all'attenzione del Ministro la disastrosa condizione economica in cui versano le nostre scuole ed è stato richiesto di conoscere come il Ministro intenda porre rimedio a questa situazione che in molti casi impedisce alle istituzioni scolastiche di assicurare il diritto-dovere all'istruzione costituzionalmente garantito;
a seguito della circolare del 14 dicembre 2010, sono state introdotte numerose modifiche alle modalità di finanziamento delle istituzioni scolastiche e tra il resto, tagli alle risorse per l'effettuazione delle pulizie ai plessi scolastici oltre che alla sorveglianza ed assistenza degli alunni;
occorre poter meglio valutare l'impatto che citate modifiche quantitative e qualitative al sistema di finanziamento delle istituzioni scolastiche potrà apportare al funzionamento ed alla qualità della scuola nel nostro Paese -:
quale sia il totale dei finanziamenti assegnati alle scuole con la mail del 14 dicembre;
a quanto ammontino gli stanziamenti del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca 2010 relativi alle voci di competenza delle scuole per le spese di personale e per il funzionamento (supplenze, esami di stato, legge n. 440 del 1997, mensa scolastica, integrazione disabili, ditte pulizie, formazione, spese per l'abilitazione alla libera professione, ex LSU, corsi di recupero, FIS e MOF);
quale sia il numero delle scuole che usufruiscono delle ditte di appalto per il servizio di pulizia;
quale siano gli esiti dei monitoraggi effettuati dal Ministero dell'istruzione, dell'università

e della ricerca per quel che concerne le indennità di funzioni superiori ed i residui vantati dalle scuole nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e degli USR;
quali siano le voci di spesa finanziate nel 2008 e nel 2009 con particolare riferimento al FIS e alle ore eccedenti (pratica sportiva e sostituzione colleghi assenti).
(5-02680)

CECCUZZI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana tutela e promuove il diritto universale all'istruzione;
le scuole italiane stanno vivendo una situazione finanziaria di assoluta e perdurante gravità, causata soprattutto dalla drastica riduzione di finanziamenti operata dall'attuale Governo nel corso della XVI legislatura;
tale dissesto finanziario è stato aggravato dai recenti provvedimenti presentati dal Governo ed approvati dal Parlamento in materia. In particolare:
dal decreto-legge n. 112 del 2008 che ha reso obbligatorie anche per un solo giorno di assenza la visite fiscali a carico dell'istituto scolastico;
dal decreto ministeriale n. 803 del 3 ottobre 2008, che ha ridotto i finanziamenti previsti per l'organizzazione dei corsi di recupero dei debiti formativi a 58 milioni di euro per l'anno 2009, a fronte dei 288 previsti per l'anno scolastico 2007-2008;
dal decreto-legge n. 112 del 2008, che a fronte di un credito complessivo vantato attualmente dalle scuole di 560 milioni di euro, ha stanziato 200 milioni di euro;
dalla legge finanziaria per il 2009 che ha ridotto di 50 milioni di euro il fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche;
la legge di bilancio per il 2010 ha infatti ridotto ulteriormente gli stanziamenti dei capitoli destinati alle «competenze dovute al personale delle istituzioni scolastiche, con esclusione delle spese per stipendi del personale a tempo indeterminato e determinato» e al «funzionamento delle istituzioni scolastiche». Si tratta di stanziamenti che erano stati precedentemente istituiti con la legge finanziaria per il 2007 del Governo Prodi per sostenere l'autonomia scolastica: tali capitoli, presenti in ciascuno dei programmi riguardanti la scuola dell'infanzia, la scuola primaria, la scuola secondaria di primo e di secondo grado, sono stati tagliati per un totale complessivo di 226.838.243 euro, di cui 97.988.043 euro per il funzionamento e 128.850.200 euro per il personale;
ricorrendo a decreti-legge e voti di fiducia il Governo ha finito per erodere, ad avviso degli interroganti, gli spazi di discussione in Parlamento. Con semplici regolamenti il Governo sta infatti procedendo ad un effettivo ridimensionamento della scuola pubblica del nostro Paese attraverso:
il taglio 8 miliardi di euro di finanziamenti complessivi e di 130.000 posti di lavoro fra insegnanti e personale tecnico amministrativo;
la riduzione degli orari scolastici;
il ridimensionamento dei contenuti e della qualità dei programmi didattici;
va inoltre aggiunto che la situazione finanziaria degli istituti scolastici è acutizzata dal fatto che le scuole vantano, nei confronti del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, crediti per circa un miliardo di euro, crediti che sono stati accumulati anno dopo anno ed il cui anticipo ha permesso fino ad ora il corretto svolgimento delle attività didattiche;
l'inadeguatezza delle risorse trasferite dallo Stato (che - va ricordato - rappresentano la principale fonte di finanziamento delle istituzioni scolastiche) sta quindi impedendo il regolare funzionamento delle attività didattiche. In particolare

l'assunzione ed il conseguente pagamento di stipendi ai docenti supplenti, il pagamento per gli appalti di pulizia e la corretta ed adeguata fornitura di materiale didattico e di consumo;
da quanto emerge dagli organi di stampa e dalle denunce di molti dirigenti didattici in tutta Italia il budget per gli istituti scolastici per le supplenze brevi, elaborato in base ai parametri ministeriali incrementati del 50 per cento (così come previsto dalla circolare ministeriale n. 3338 del 25 novembre 2008 che ha per oggetto il «Programma annuale delle istituzioni scolastiche per l'anno 2009»), è stato di circa 323 milioni di euro per l'anno 2008; una cifra ridotta notevolmente rispetto ai 573 milioni di euro del 2007 e ai circa 900 milioni di euro del 2004. Questa situazione sta causando una gravissima condizione di disagio nel corpo dirigente, docente, tecnico ed amministrativo di tutte le scuole e istituti italiani in quanto l'assegnazione di risorse per impegni non programmabili a priori non può essere soddisfatta con un budget fisso che non tiene in alcun conto il dato storico sul ricorso alle supplenze, né prevede alcuna forma di compensazione nel caso di eventuale superamento del limite massimo (assegnazione base aumentata del 50 per cento);
il Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, con circolare n. 9537 del 14 dicembre 2009 «Programma annuale 2010» inviata alle scuole in data 22 dicembre 2009 (ultimo giorno prima delle vacanze natalizie), ha comunicato la riduzione del 25 per cento per la spesa di appalti per le pulizie e sorveglianza e di tutte le scuole di primo e secondo grado, a partire dal 1o gennaio 2010. Il taglio del 25 per cento riguarda anche appalti in corso ed in scadenza tra giugno e dicembre 2010, contratti regolarmente sottoscritti ed attualmente in pieno vigore. Tale riduzione, oltre a comportare l'immediato licenziamento dei lavoratori delle ditte di appalto, si ripercuoterà inevitabilmente sui livelli di pulizia e di igiene degli istituti scolastici, già in gran parte fatiscenti e bisognosi di interventi di ristrutturazione;
i mezzi di informazione riportano, da molte settimane, come le scuole non abbiano più nemmeno i fondi, non solo per pagare le supplenze, ma per comprare il materiale necessario al corretto svolgimento delle attività didattiche: tra cui addirittura cancelleria, banchi, sedie e strumenti vari. In molti casi queste spese sono state anticipate dagli stessi istituti con i contributi volontari versati dai genitori degli alunni che sarebbero invece dovuti servire a migliorare l'offerta formativa (ad esempio, per finanziare gite, acquistare libri e mezzi informatici e tecnologici);
tra le forme di protesta portate avanti, in questi giorni in tutta Italia, da genitori, docenti e dirigenti scolastici si deve meritoriamente segnalare l'iniziativa promossa dai presidenti di dodici fra consigli di istituto e di circolo didattico di Siena e provincia: si tratta dei rappresentanti dei genitori di alunni che frequentano scuole materne, elementari e medie che hanno inviato una lettera ai Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca e dell'economia e delle finanze nella quale annunciano (come riportano mezzi di informazione) che «metteranno formalmente in mora» il Governo «se non provvederà a erogare i soldi necessari per far funzionare le scuole e che adiranno a vie legali per ottenerli»;
la lettera in questione segnala inoltre testualmente che la mancanza di risorse per il settore scolastico, imputabile allo Stato, rischia di tradursi in «un aggravio di contributi richiesti - in diverse forme - alle famiglie, agli studenti, agli Enti Locali, contravvenendo ai principi costituzionali che pongono l'istruzione come diritto universale e generale, e che non deve essere subordinata alle disponibilità economiche dell'utenza»;
va aggiunto che molti comuni in tutta Italia hanno approvato ordini del giorno per criticare le politiche nazionali per la scuola i cui effetti si stanno inevitabilmente

ripercuotendo sul diritto all'istruzione e sull'efficacia e la qualità del sistema scolastico soprattutto nei piccoli centri;
va inoltre ricordato, in questo contesto, che le scuole private, negli ultimi anni, hanno visto crescere notevolmente i contributi da parte dello Stato che sono passati dai 332 milioni di euro del 2001 agli oltre 561 milioni di euro del 2008. Senza considerare che nel 2009 vi è stato un ulteriore stanziamento di 120 milioni -:
quali iniziative si intendano assumere per assegnare alla scuola italiana le risorse indispensabili per la fruizione del diritto allo studio il cui godimento, sancito dalla Costituzione viene precluso dai tagli, sin qui operati, come denunciato dai docenti, dirigenti, personale tecnico amministrativo, genitori e alunni ed enti locali in tutto il Paese;
quali iniziative si intendano, assumere, in collaborazione con gli enti locali, ed in particolare, con i piccoli comuni, per garantire le pari opportunità di fruizione del diritto allo studio in tutto il territorio nazionale, con particolare riferimento alle aree a bassa concentrazione demografica, montane ed a sviluppo rurale;
se, quando e con quali contenuti i Ministri interrogati abbiano risposto alla lettera inviata dai rappresentanti dei consigli di istituto e di circolo didattico di Siena e provincia.
(5-02682)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
le questioni relative all'equiparazione tra il diploma Isef e la laurea triennale in scienze motorie sono già state oggetto dell'interrogazione n. 5-01259;
la risposta fornita dal Governo in Commissione VII alla camera il 17 giugno 2009, era nel senso che: «Al fine di salvaguardare la posizione dei docenti che hanno superato i concorsi già espletati, sono allo studio iniziative»;
nel 1980 per avere diritto all'iscrizione agli ISEF era necessario affrontare due prove, una scritta e una pratica, essendo l'ingresso al corso di studi a numero chiuso, pur essendo all'epoca poche le Facoltà a numero chiuso;
all'indomani della legge n. 127 del 1997, recante all'articolo 17, comma 115, «trasformazioni degli istituti superiori di educazione fisica», considerati i decreti del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica del 3 novembre 1999, n. 509, del 4 agosto 2000 e del 28 novembre 2000 relativi all'attivazione e alla disciplina dei nuovi corsi di studio in particolare della laurea in scienze motorie, non tutte le università hanno dato seguito a tali indicazioni, creando discriminazioni e sperequazioni -:
quali iniziative abbia adottato al fine di salvaguardare la posizione dei docenti che hanno superato i concorsi già espletati, al fine di riconoscere loro il pieno conseguimento del diritto già maturato;
quali iniziative intenda adottare per i docenti che non hanno potuto, per le motivazioni esposte in premessa, partecipare a corsi di laurea quadriennale, ma che vantano un titolo che alla data del suo conseguimento risultava utile per l'espletamento dei concorsi a impieghi pubblici e statali.
(5-02684)

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
il nuovo lodo del decreto-legge n. 134 del 2009 voluto dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca per legittimare un decreto (decreto ministeriale n. 42 del 2009) di aggiornamento

delle graduatorie che è stato più volte annullato dal giudice amministrativo al punto da costringerlo a «commissariare» il Ministero dell'istruzione, per i giudici viola sei articoli della Costituzione, pone il potere legislativo in contrasto con il potere giudiziario, annulla l'autonomia della magistratura, nega la certezza dei diritto a un equo processo e tradisce la Convenzione europea sui diritti dell'uomo;
secondo il Tar del Lazio (ordinanza 230 del 2010), la disposizione di cui all'articolo 1 comma 4-ter del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 134 (la norma blocca-processi pro inserimento a pettine, patrocinati dall'ANIEF) potrebbe non essere conforme alla Costituzione e, pertanto, deve essere rimessa al giudizio del Giudice delle leggi;
il 7 maggio 2009 l'interrogante ha presentato un'interrogazione parlamentare n. 4-02947 nella quale si faceva riferimento al ricorso presentato dall'ANIEF e accolto dal Tar del Lazio con sentenza n. 10809, alla quale ancora non si è ricevuta risposta -:
cosa intenda fare affinché siano rispettate le sentenze del Tar del Lazio e le ordinanze del Consiglio di Stato.
(4-06570)

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BARBATO, RAZZI, CAMBURSANO, GRAZIANO, LAGANÀ FORTUGNO, MISITI, PALAGIANO e PALADINI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
quando esplode lo scandalo Fastweb-Sparkle, Telecom Italia decide di rimandare di un mese il proprio piano industriale;
in data 4 marzo 2010 dopo appena una settimana dalla precedente comunicazione, dichiara di trasferire, mediante conferimento in natura, il proprio ramo di azienda rappresentato dalla funzione «IT Operation», attiva nell'ambito della direzione Technology & Operations/Information Technology, alla società Shared Service Center (S.S.C.);
la Shared Service Center Srl è nata nel 2003 dall'unione delle strutture IT di Pirelli, Telecom Italia, TIM e Olivetti, specializzandosi nella gestione dei sistemi ERP, SAP in particolare;
la S.S.C. è attualmente una società a responsabilità limitata di circa 600 unità lavorative a livello nazionale che è stata oggetto, nei mesi scorsi, di un lungo braccio di ferro tra azienda e sindacato per la sua vendita;
Telecom Italia, anziché integrare detta società nel gruppo, come da scelte industriali di appena qualche anno fa, decide di gonfiare questo serbatoio di altre 2.200 unità lavorative, dichiarando che in questo modo consentirà ad S.S.C. di fornire servizi informatici all'interno del gruppo;
la stessa Telecom Italia dichiara che sarà compito di S.S.C. avviare tutte le iniziative di razionalizzazione dei propri costi industriali, compreso l'«efficientamento» dell'organico in forza, al fine di conseguire i livelli di competitività necessari;
in questo modo si riaprono scenari incerti per il futuro di migliaia di lavoratori, preludendo ad un'operazione di «societarizzazione» di Telecom Italia, volta esclusivamente a ridurre ulteriormente i livelli occupazionali;
la vicenda accade prima ancora della presentazione del piano industriale che potrebbe contenere ulteriori criticità dal punto di vista organizzativo ed occupazionale;
sarebbe opportuno conoscere le motivazioni per cui la Telecom Italia non

abbia sollevato la questione prima che si arrivasse a scelte così drastiche e radicali -:
se il Governo intenda assumere iniziative volte a monitorare la situazione di cui in premessa a tutela dei livelli occupazionali per evitare che altre migliaia di lavoratori possano trovarsi, dall'oggi al domani, in situazioni precarie o peggio ancora di disoccupazione, come nel caso dell'Eutelia.
(5-02686)

Interrogazione a risposta scritta:

DONADI, PALADINI, PIFFARI e SCILIPOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'Enpaia (ente nazionale di previdenza per gli addetti e per gli impiegati in Agricoltura), già ente di diritto pubblico ai sensi della legge n. 29 del 1962, è stato privatizzato in applicazione delle disposizioni di cui al decreto legislativo del 30 giugno 1994, n. 509;
tale privatizzazione l'ha trasformata in «Fondazione Enpaia», con personalità giuridica di diritto privato con le seguenti caratteristiche:
a) non avere scopo di lucro (articolo 2);
b) l'essere soggetta alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di quello dell'economia e delle finanze e degli altri ministeri rispettivamente competenti (articolo 3, comma 1), nonché della Corte dei conti (articolo 3, comma 5);
sono stati inoltre privatizzati anche altri gestori di forme di previdenza, alcuni dei quali - come l'Enpaia - possessori di patrimoni immobiliari: la Cassa nazionale di previdenza e assistenza geometri, la cassa nazionale del notariato, la cassa di previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali, l'Enasarco, l'Enpam, l'Enpaf, l'Inpgi;
l'Enpaia ed i suddetti enti sembrano agire come un cartello applicando tutti le stesse percentuali di aumento dei canoni di affitto negli immobili di loro proprietà. Detta percentuale oscilla, per i contratti in scadenza nel 2008, tra il 60 e l'80 per cento;
questi aumenti sono stati approvati del comune di Roma e da sigle sindacali che non risultano abbiano proceduto ad alcuna consultazione degli inquilini e che hanno tenuto all'oscuro i soggetti interessati;
detti aumenti incidono in maniera particolarmente gravosa sui rispettivi inquilini, tra i quali rilevante è la percentuale di persone anziane, pensionati, famiglie monoreddito, disabili ed altre categorie disagiate;
nel caso dell'Enpaia si può anche adombrare l'ipotesi che con tali aumenti la dirigenza dell'ente voglia recuperare, a spese dell'inquilinato, le perdite di avventati investimenti passati, in particolare l'acquisto di obbligazioni della Lehman Brothers per un valore complessivo di 45 milioni di euro, per le quali, nel bilancio 2008 dell'ente si sono dovuti iscrivere 36 milioni di perdite -:
se il Ministro non ritenga, anche in considerazione della crisi economica in atto e delle difficoltà di reperire un alloggio a buon mercato nella città di Roma, di dovere prendere le dovute iniziative per fare sì che gli enti citati sospendano gli aumenti dei canoni d'affitto, ricontrattino l'adeguamento dei canoni direttamente con i rappresentanti dei comitati inquilini, tenendo conto anche della situazione delle categorie di inquilini più deboli;
se non ritenga di dovere intervenire per fare sì che la vendita degli immobili di proprietà di questi enti avvenga senza intermediari tenendo conto della percentuale di riduzione per gli alloggi occupati (meno 30 per cento) e delle categorie

catastali, estendendo anche agli inquilini degli enti privatizzati le agevolazioni previste per l'acquisto da parte dei locatori dei beni immobili degli enti pubblici.
(4-06578)

...

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Rosa Grazia Arcifa, funzionaria dell'Agenzia delle entrate, ha denunciato sul suo blog presunti sprechi, inefficienze e ingiustizie del sistema fiscale. Per tali motivi è stata licenziata;
la causa del licenziamento sarebbero le seguenti frasi:
1) sull'Agenzia delle Entrate: «Sappiamo benissimo che la responsabilità dell'inefficienza è da addebitare agli sprechi determinati dal sistema degli appalti e delle esternalizzazioni. Qui potrei fare un elenco dei parenti dei miei colleghi ex tesserati alla P2, che hanno svolto presunti lavori di collaborazione esterna. Colleghi che ora trovo ai massimi vertici dell'Equitalia e della stessa Agenzia delle Entrate» (1o luglio 2009);
2) sul sistema fiscale e sul funzionamento dell'apparato amministrativo: «Le continue riforme in materia fiscale, come per la giustizia, invece di accelerare i tempi e far pagare le tasse ai veri evasori, paradossalmente glieli evitano perché non si possono fare controlli a certi soggetti in quanto appartenenti alla casta parlamentare, mentre si possono fare al venditore ambulante perché magari, mangiando pane e cipolla, è riuscito a farsi un monolocale. E se qualcuno, come noi, onesti servitori dello Stato, formula delle proposte costruttive per modificare lo stato delle cose, viene sospeso dal servizio per reati che non esistono neanche nei manuali processuali dei regimi dittatoriali» (1o luglio 2009);
3) «Non si può difendere l'operato dello Stato in un contenzioso tributario se sappiamo che è errato applicare quel tipo di accertamento ad un determinato soggetto, solo perché l'Agenzia deve raggiungere gli obiettivi» (1o novembre 2009);
4) «Trovo inaccettabile essere sospesa senza aver commesso nessun reato, ma solo perché ho avuto l'ardire di segnalare degli illeciti commessi da altri dipendenti, alcuni dei quali occupano dei posti importanti. Per le mie denunce sono stata oggetto di fatti moralmente aberranti ed eticamente riprovevoli, addirittura delittuosi. Mi auguro che le istituzioni non possono più far finta di non vedere i gravissimi danni che omissioni e favoreggiamenti, dovuti ad interessi privati, condizionamenti politici o quant'altro certamente non lecito hanno prodotto a carico dei contribuenti e del lavoratore del fisco che ha sempre correttamente svolto il proprio dovere» (25 ottobre 2009);
5) «Nel 2002 denunciai degli illeciti amministrativi-contabili, con tanto di prove documentate, che avvenivano nell'Ufficio dove prestavo servizio, nel giro di alcuni mesi venni trasferita per la famosa "incompatibilità ambientale": A proposito, chi fece gli illeciti è stata ora promossa Direttrice di un importante ufficio, nonostante non abbia mai partecipato e tanto meno vinto un concorso dirigenziale. Mentre io continuo a cambiare uffici...» (6 luglio 2009);
6) «Tanto per fare un esempio su come funziona tutta la giustizia in Italia... Aula tributaria: mi è capitato di discutere in giudizio casi identici, ebbene, la stessa sezione della Commissione Tributaria Provinciale o Regionale, ha pronunciato sentenze completamente opposte. Ho anche notato durante la discussione che alcuni giudici tributari non ascoltano e leggono il giornale, anche perché disconoscono proprio

la materia tributaria, però hanno le sentenze pronte». «Durante un'udienza in Commissione Tributaria a Pavia, uno dei giudici mi ha rimproverata dicendo che gli facevo perdere tempo su un ICI, perché la parola di un sindaco, valeva più delle mie argomentazioni di diritto e vidi in bella mostra sul suo tavolo che tutto il mio carteggio era ancora con le graffette. Non era stato neanche aperto. La sentenza: ricorso non accolto, motivazione priva di qualunque riferimento tributario» (6 luglio 2000);
7) sugli accertamenti tributari fondati sugli studi di settore: «A questo punto è doveroso chiedere a chi, ingiustamente, è stato destinatario di "accertamenti pazzi" basati sui famosi studi di settore, considerato il minor coinvolgimento emotivo nel diritto tributario, se è scoppiato a ridere» (15 luglio 2009);
come è evidente e chiaro si tratta di critiche assai generiche che tutti i giornali riportano quotidianamente sulle questioni tributarie e che molti cittadini sostengono nei sondaggi di opinione;
gli stessi giudizi si ritrovano in numerose interrogazioni parlamentari ed in svariati siti web -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se tali dichiarazioni che, secondo l'interrogante, sono solo espressione della libertà di critica sancita dalla Costituzione, abbiano fondato la sanzione del licenziamento della signora Arcifa;
se non ritengano di intervenire affinché si possa ridare il diritto al lavoro a chi per 27 anni non è mai stato oggetto di richiami per il suo operato;
se non ritengano di disporre una ispezione interna sui comportamento del responsabile del licenziamento.
(4-06574)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

SALUTE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VANNUCCI e ZUCCHI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la sclerosi laterale amiotrofica, malattia neurodegenerativa, non vede ancora rimedi per una cura efficace e per frenare la sensibile progressione della malattia;
numerose sono le sperimentazioni in Italia e nel mondo soprattutto riferite al trapianto di cellule staminali. Numerosi sono i cosiddetti «viaggi della speranza»;
l'assistenza agli ammalati presenta profili particolari e complessi che non vedono lo stesso livello di assistenza in tutte le regioni del Paese;
da molti anni in Italia opera un'associazione dei malati denominata AISLA (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), che ha il compito di diffondere la conoscenza di questa malattia, che colpisce mediamente 2/6 persone ogni 100.000 abitanti, e di sensibilizzare l'opinione pubblica e di conseguenza le istituzioni affinché si facciano carico di garantire una vita dignitosa ai malati e di promuovere e sostenere la ricerca scientifica;
il diritto alla salute è uno dei pilastri della Costituzione italiana e della Carta internazionale dei diritti dell'uomo;
la stragrande maggioranza dei malati italiani ha deciso di combattere questa malattia e di vivere con dignità la propria vita fino in fondo, nella speranza che prima possibile sia trovata una cura, ovvero una terapia che possa risolvere la malattia o quantomeno arrestarla;
il presidente di AISLA Onlus, dottor Mario Melazzini, medico oncologo, dirigente presso l'ospedale di Pavia, ha messo a punto un protocollo terapeutico e, dopo avere avuto il via libera dalla stessa direzione dell'ospedale di Pavia, ed anche da una apposita commissione medico legale e dal comitato etico dell'ospedale, e

dopo avere sollevato da qualsiasi responsabilità i vertici sanitari locali, ha sperimentato il protocollo su se stesso, secondo la procedura da lui stesso descritta pubblicamente, nel corso di un'intervista rilasciata ad un giornale locale di Pavia, il 15 dicembre 2009;
la cura sembra aver dato benefici e positivi effetti -:
se il Ministero abbia potuto approfondire la conoscenza della sperimentazione di cui trattasi e se ritenga che il protocollo terapeutico per la sclerosi laterale amiotrofica, messo a punto dal dottor Mario Melazzini, possa essere sottoposto al vaglio dell'Associazione italiana del farmaco (AIFA) e della direzione del Centro trapianti dell'Istituto superiore di sanità (ISS), sotto la supervisione diretta del Ministro interrogato, affinché possa divenire cura per i malati di sclerosi laterale amiotrofica, che ne facciano richiesta.
(5-02677)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
tutti i marittimi che hanno lavorato a bordo delle navi della Marina mercantile italiana ancora oggi, per un solo e assurdo cavillo giuridico, non possono ottenere i benefìci a loro concessi dalla legge; molti di essi sono deceduti e le loro famiglie non riescono a concludere le procedure per ottenere ciò che la legge riconosce a loro;
si ricorda che le navi, una volta, erano interamente coibentate di amianto, e gli equipaggi quotidianamente erano soggetti a una fortissima esposizione a questo agente cancerogeno;
in pratica: sarebbe sufficiente inserire una voce di legge che specifica semplicemente che i marittimi ai fini del riconoscimento dei benefìci relativi all'esposizione all'amianto possono avvalersi dell'estratto matricola della Marina mercantile rilasciato dalle capitanerie di porto;
il problema è molto semplice: i marittimi sono in possesso di un libretto di navigazione e l'estratto matricola della Marina mercantile viene a loro rilasciato direttamente da un organo militare che è la Capitaneria di porto. In pratica: non si riconosce questo documento rilasciato da un organismo dello Stato e si continua a chiedere un curriculum lavorativo con un formato previsto dalla legge (strutturata senza conoscere l'atipicità della gente di mare) e che la maggior parte delle compagnie di navigazione, per ovvi motivi, non vogliono rilasciare;
in ogni caso esiste un estratto matricola della Marina mercantile che è l'unico documento legale, considerando che gli uffici di collocamento della gente di mare sono tenuti da organismi militari -:
se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se non ritengano di dover assumere iniziative normative, al fine di riconoscere ai marittimi i benefìci relativi all'esposizione all'amianto, inserendo una voce nell'attuale legge, specificando che gli stessi possono avvalersi dell'estratto matricola della marina mercantile rilasciato dalle capitanerie di porto.
(4-06573)

MINARDO e CARLUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni ricorre l'anniversario del tragico episodio di aggressione da parte di cani randagi nel comune di Scicli che ha visto come vittima un bambino;
la suddetta ricorrenza e le evoluzioni della vicenda giudiziaria ad essa legate, oggetto di strumentalizzazioni, riaccendono i fari sul fenomeno del randagismo in Sicilia che ha assunto e continua ad assumere i tratti di una vera e propria emergenza;
sebbene siano stati fatti molti proclami per la risoluzione del gravissimo ed

annosa problema, nulla in concreto è stato ancora realizzato da parte dei soggetti istituzionali competenti, così come denunciato anche da numerose associazioni ambientaliste;
si è parlato in più di un occasione dell'avvio di un programma operativo frutto della collaborazione della regione con il Ministero della salute e gli altri enti pubblici locali, con coinvolgimento degli altri operatori del settore all'attuazione di politiche di sterilizzazione, microchippatura e quanto altro indispensabile al fine di garantire sicurezza ai cittadini, non ancora effettuato;
risulta altresì fermo alla seduta del 23 aprile 2009 l'esame presso la commissione affari sociali della Camera delle proposte di legge n. 1172 Santelli e Ceccacci Rubino, 1236 Mancuso ed altri, 1319 Tortoli, 1370 Alessandri e 2359 Anna Teresa Formisano e Drago, che contengono varie modifiche alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo, considerata la necessità di rivedere vari aspetti di tale legge quadro, alle quali è stata abbinata la proposta di legge n. 2405 Minardo «Concessione di un contributo straordinario per l'attuazione di un piano d'emergenza contro il randagismo nella provincia di Ragusa», in attesa della presentazione di un progetto di legge in materia preannunciato dal Governo -:
se il Ministero interrogato abbia intenzione di prevedere un apposito stanziamento per la realizzazione del programma operativo ricordato in premessa;
quali sono i tempi previsti per la presentazione del disegno di legge governativo di modifica alla legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.
(4-06592)

TESTO AGGIORNATO AL 16 FEBBRAIO 2011

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

MISTRELLO DESTRO, GAVA e CARLUCCI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la direttiva 2009/28/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, ha disposto che un maggiore ricorso alle fonti rinnovabili, unitamente ai risparmi energetici, costituisce misura necessaria per ridurre le emissioni di gas e effetto serra e rispettare il protocollo di Kyoto della convenzione quadro delle Nazioni unite sui cambiamenti climatici;
sulla base di tale direttiva, la Commissione europea ha dimostrato la validità dell'obiettivo, avallato dal Consiglio europeo, secondo il quale il 20 per cento della quota complessiva di energia della Comunità, entro il 2020, deve essere garantito dalle fonti rinnovabili;
in tale prospettiva, si è posta la necessità per l'Italia di elaborare politiche strategiche adeguate a perseguire l'obiettivo vincolante prefissato, che non risponde unicamente ad un'esigenza ambientale, ma rappresenta anche un'importante opportunità per il Paese, se si pensa che, oggi, il settore solare fotovoltaico occupa 15.000 addetti che, secondo autorevoli analisti, potrebbero arrivare fino a 200.000 unità in 10 anni, e che ammontano a circa 3 miliardi gli investimenti privati per la realizzazione di impianti che sviluppano una potenza di 900 Megawatt;
pertanto, la produzione di energia da fonti rinnovabili, dipendendo spesso dalle piccole e medie imprese locali o regionali, potrebbe consentire rilevanti opportunità sia in termini di sviluppo tecnologico che di occupazione, sia in termini di vantaggio per gli istituti finanziari che potrebbero erogare finanziamenti in un settore in espansione e al riparo dagli eccessi che hanno scatenato la crisi finanziaria;

il decreto legislativo del 29 dicembre 2003, n. 387, che recepisce la direttiva europea per la promozione delle energie rinnovabili, prevede all'articolo 12, che la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili, nonché le opere connesse e le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli impianti stessi, siano soggetti ad un'autorizzazione unica, rilasciata dalla regione nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell'ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico e che tale procedimento autorizzativo debba necessariamente concludersi nel termine massimo di centottanta giorni;
purtroppo tale termine non viene mai rispettato e i 180 giorni previsti, di fatto, si trasformano in anni e anni di snervante lentezza burocratica con annessi oneri aggiuntivi; inoltre accade che, nonostante la procedura in materia sia dettata dal nostro ordinamento giuridico statuale e come tale dovrebbe essere applicata e rispettata indistintamente da tutte le regioni, la maggior parte di esse, invece, finisce per decidere autonomamente come impostare lo sviluppo delle fonti rinnovabili nei territori di propria competenza;
tra tutte, però, la Puglia, ha saputo cogliere senza esitazioni le enormi potenzialità che tale settore offre e, anziché perdersi in lungaggini burocratiche, ha optato per un procedimento autorizzativo semplificato; infatti in tale regione è stato possibile, previa sottoposizione sia ai doverosi controlli comunali sia ai vincoli previsti dalla normativa vigente, avviare attività e allacciare parchi solari fino a 1 Megawatt in un solo anno, consentendo così, in poco più di due anni, la realizzazione di una mini filiera regionale di 3.000 impianti per 93 Megawatt pari a oltre il 10 per cento della potenza nazionale, che ha fatto affluire investimenti massicci dall'Italia e dall'estero;
tale regione pertanto è la chiara dimostrazione che tale settore delle energie alternative può senza dubbio offrire rilevanti opportunità di crescita sociale, economica e civile del Paese e come tale è necessaria un'azione incisiva da parte del Governo nella creazione di una cultura nazionale dell'energia alternativa, che tra il formalismo e l'efficienza opti per un'effettiva promozione di modelli di sviluppo sostenibile, anche al fine di realizzare gli obiettivi vincolanti fissati a livello comunitario -:
quali misure il Ministro interrogato intenda adottare per far sì che vi sia una effettiva uniformità nazionale nelle procedure in merito alla autorizzazione unica per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, rendendo effettivo e tassativo il termine di 180 giorni previsto dalla legge vigente e se non ritenga opportuno introdurre un meccanismo efficace ed efficiente per il rilascio dei titoli abilitativi in linea con la procedura autorizzativa semplificata già adottata in Puglia;
quali misure intenda adottare per armonizzare il quadro della normativa fiscale del settore affinché si evitino tutte le distorsioni attualmente introdotte da diversi e successivi interventi da parte di enti pubblici diversi che, con obiettivi differenti, si sono via via succeduti nel corso degli ultimi anni.
(3-00979)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in base ad un rapporto dal titolo «Dalle parole ai fatti», diffuso il 17 marzo 2010 da Amnesty International e dalla Omega Research Foundation che verrà preso in esame il 18 marzo 2010 dal sottocomitato sui diritti umani del Parlamento europeo, risulta che «aziende europee» partecipano «al commercio globale in strumenti di tortura, tra cui congegni

fissati alle pareti delle celle per immobilizzare i detenuti, serrapollici in metallo e manette e bracciali che producono scariche elettriche da 50.000 volt»;
il rapporto denuncia che «queste attività sono proseguite nonostante l'introduzione, nel 2006, di una serie di controlli per proibire il commercio internazionale di materiale di polizia e di sicurezza atto a causare maltrattamenti e torture e per regolamentare il commercio di altro materiale ampiamente usato su scala mondiale per torturare»;
la ricerca mostra che tra il 2006 e il 2009, «la Repubblica Ceca ha autorizzato l'esportazione di prodotti quali manette, pistole elettriche e spray chimici, mentre a sua volta la Germania lo ha fatto per ceppi e spray chimici, verso nove paesi dove le forze di polizia e di sicurezza avevano usato quei prodotti per praticare maltrattamenti e torture». «Aziende italiane e spagnole hanno messo in vendita manette o bracciali elettrici da applicare ai detenuti. Una scappatoia legale permette tutto questo, nonostante si tratti di prodotti simili alle "cinture elettriche", la cui esportazione e importazione sono proibite in tutta l'Unione europea»;
inoltre, solo sette dei 27 stati membri dell'Unione europea hanno reso pubbliche le loro autorizzazioni all'esportazione, nonostante tutti siano legalmente obbligati a farlo;
dopo che cinque stati membri (Belgio, Cipro, Finlandia, Italia e Malta) avevano dichiarato di non essere a conoscenza di aziende che commercializzassero materiali inclusi nei controlli, Amnesty International e Omega Research Foundation hanno comunque individuato aziende operanti in tre di questi cinque paesi (Belgio, Finlandia e Italia) in cui prodotti del genere vengono apertamente commercializzati su Internet;
nel codice penale italiano non esiste ancora il reato di tortura, nonostante la sua introduzione sia stata ripetutamente sollecitata sia dal comitato sui diritti umani, istituito dal patto sui diritti civili e politici sia dal comitato istituito dalla stessa convenzione sulla tortura, che nell'esame dei vari rapporti periodici sull'Italia ha sottolineato l'improrogabile necessità di supplire a questa lacuna normativa -:
se e quando intendano adeguare il nostro Paese agli obblighi internazionali che derivano dalla ratifica della convenzione ONU approvata dall'Assemblea generale dell'ONU il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 3 novembre 1988, n. 498, che all'articolo 1 definisce il crimine della tortura e all'articolo 4 prevede che ogni Stato parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale;
quando e con quali misure intendano rendere pubbliche le autorizzazioni all'esportazione dei prodotti sopra menzionati;
quali misure intendano adottare affinché i controlli siano davvero effettivi sul commercio di strumenti di sicurezza e di polizia e per assicurarsi che questi prodotti non vadano a finire nella «cassetta degli attrezzi» del torturatore.
(4-06568)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
esistono ricerche sulla fusione fredda, quale possibilità di ottenere abbondante energia pulita a basso costo;
il fenomeno fisico della fusione fredda, che avviene in celle elettrolitiche adoperando il metodo di Fleischmann e Pons, o varianti come quelle suggerite da Giuliano Preparata e come replicata dal nostro gruppo all'ENEA di Frascati, risulterebbe provato nelle sue linee essenziali mentre non è ancora risolto pienamente il problema della captazione dell'energia

prodotta, che viene emessa in modo molto repentino. In altre parole, a livello scientifico è tutto pronto, manca solo l'ingegnerizzazione del processo;
spetta ora agli ingegneri mettere a punto un metodo per l'utilizzo pratico della fusione fredda;
secondo esperti del settore, avendo a disposizione fondi e personale tecnico adeguato, per arrivare ad utilizzare concretamente energia dalla fusione fredda occorrerebbero al massimo 5-10 anni, certamente un tempo molto ridotto rispetto a quello che occorre per l'Iter (International thermonuclear experimental reactor), progetto di fusione calda per cui è previsto un tempo di realizzazione di 40-50 anni -:
se il Ministro interrogato sia al corrente di quanto sopra esposto;
se risultino risorse e di che entità per la ricerca in questo settore;
se e come intenda sostenere l'ingegnerizzazione del processo.
(4-06580)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Aracri n. 4-06074, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Delfino, Barbieri, Marinello, Sammarco, Cassinelli, Raisi.

L'interrogazione a risposta scritta Sanga e Pizzetti n. 4-06294, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 1° marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Farina Coscioni, Maurizio Turco, Bernardini, Beltrandi, Mecacci, Zamparutti.

L'interrogazione a risposta in Commissione Lovelli e altri n. 5-02617, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Gnecchi, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

L'interrogazione a risposta scritta Leoluca Orlando e Di Stanislao n. 4-06518, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Borghesi.

...

ERRATA CORRIGE

Interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e De Pasquale n. 5-02672 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 300 del 17 marzo 2010. A pagina 11890, prima colonna, dalla riga dodicesima alla riga tredicesima deve leggersi: «programma annuale, ha di fatto preannunciato il mancato rimborso di circa un», e non «programma annuale, ha detto preannunciato il mancato rimborso di circa un», come stampato.