XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 13 aprile 2010

TESTO AGGIORNATO AL 20 MAGGIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
da ormai molti anni si è a conoscenza dell'azione repressiva del regime iraniano su artisti e intellettuali dissidenti. La persecuzione dei Mullah ha colpito recentemente anche Jafar Panahi, regista de il Cerchio (con il quale nel 2000 vinse il Leone d'oro a Venezia) e Oro rosso, arrestato a Teheran la sera del 1o marzo 2010. A darne notizia è stato il figlio, Panah Panahi, che ha raccontato al sito dell'opposizione Rahesabz che alcuni agenti in borghese hanno fatto irruzione nell'abitazione del regista, noto sostenitore dell'opposizione al regime, alle 10 di sera. La polizia ha portato via anche 15 ospiti che in quel momento si trovavano in casa del regista, una delle voci più critiche del presidente Mahmud Ahmadinejad;
il grave atto, perpetrato dalle autorità iraniane come monito intimidatorio affinché nessuno documenti la feroce repressione in corso nel Paese, rappresenta l'ennesimo episodio di disprezzo delle Convenzioni internazionali in materia di salvaguardia dei diritti dell'uomo, peraltro sottoscritte anche dall'Iran;
esattamente come accade, nello stesso Paese, relativamente alle esecuzioni: il rapporto 2009 di Iran human rights denuncia il sistema di «esecuzioni arbitrarie effettuate per procurare terrore». Nel 2009 le esecuzioni capitali in Iran sono state 402, il 20 per cento in più rispetto all'anno precedente. Le esecuzioni infatti hanno avuto un picco a ridosso delle elezioni iraniane del giugno 2009 (50 esecuzioni a maggio, 94 a luglio, delle quali 50 nella sola Teheran). Inoltre, nonostante una ordinanza governativa del 31 gennaio 2008 sostanzialmente le vietasse, le impiccagioni in pubblico nel 2009 sono state nove;
l'atteggiamento antidemocratico e repressivo di qualunque forma di espressione contraria al regime pervasivo dei Mullah affonda le proprie radici nel modello del terrore, affinché l'uomo ridotto a pura materia priva di contenuti vi si adatti incondizionatamente;
quando viene repressa la libertà di espressione, quando ci sono uomini che vengono privati della loro libertà individuale semplicemente perché tentano di dar voce a un dissenso con la propria arte, il mondo civile non può restare a guardare. In qualunque posto del mondo venga consumato questo «reato», il silenzio e l'oblio sono la condanna più grande, per chi cade sotto i colpi della repressione,

impegna il Governo

ad assicurare un immediato sostegno e impegno nella richiesta da inoltrare alle autorità iraniane affinché il regista Panahi sia liberato e possa continuare ad esercitare la sua passione e professione, come diritto e dovere inalienabili di qualunque essere umano.
(1-00357)
«Zamparutti, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Argentin, Berretta, Bucchino, Marco Carra, Castagnetti, Cenni, D'Antona, De Camillis, Delfino, Favia, Golfo, Gottardo, Giulietti, Lenzi, Malgieri, Cesare Marini, Migliori, Murer, Rampi, Strizzolo, Trappolino, Vaccaro, Zacchera, Anna Teresa Formisano, Renato Farina, Vernetti, Cirielli, Codurelli, Fontanelli, Graziano, Motta, Zazzera, Barbieri».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
la Peer Review OCSE-DAC del 2004 si concludeva raccomandando all'Italia di fare della coerenza delle politiche di aiuto allo sviluppo un obiettivo esplicito del

Governo. In particolare, si invitava l'Italia ad adottare una dichiarazione pubblica in materia, mobilitando competenze tecniche per individuare e, nel caso, modificare le politiche incoerenti con gli obiettivi di sviluppo;
l'Italia non ha recepito tali raccomandazioni con atti ufficiali del Governo, così come alla dichiarazione congiunta del Consiglio, del Parlamento e della Commissione europei del 20 dicembre 2005 («Consenso europeo sullo sviluppo») e alla dichiarazione ministeriale OCSE sulla Policy Coherence for Development (PCD) del 2008 non sono seguite specifiche iniziative o pronunciamenti formali del Governo italiano, necessari per dare coerente attuazione in sede nazionale a obiettivi e impegni definiti a livello europeo;
secondo l'indice dell'impegno per lo sviluppo (CDI), redatto annualmente dal «Center for Global Development» di Washington per stimare l'impegno nell'attuazione di politiche a beneficio delle Nazioni povere, l'Italia è in diciottesima posizione tra i 22 Paesi più ricchi del mondo;
la Peer Review DAC del 2009 ha concluso che la maggior parte delle raccomandazioni del 2004 non sono state realizzate, a partire dalla mancanza di una dichiarazione interministeriale che assuma come obiettivo esplicito del Governo italiano la coerenza delle politiche per lo sviluppo e dall'assenza di capacità analitiche dedicate all'analisi della coerenza delle politiche per lo sviluppo, necessarie per evidenziare eventuali aree di incoerenza,

impegna il Governo:
a dare attuazione, con atti formali, alle raccomandazioni contenute nella Peer Review OCSE-DAC del 2004 e del 2009, con particolare riferimento a quelle concernenti la coerenza delle politiche di relazioni esterne dell'Italia rispetto al perseguimento degli obiettivi di sviluppo del millennio, che comprenda azioni chiaramente definite in termini di priorità e di tempistica e conferisca precise responsabilità istituzionali;
ad istituire i meccanismi di coordinamento necessari e a chiarire i mandati dei differenti organi nel promuovere e monitorare la coerenza delle politiche italiane.
(7-00310)
«Tempestini, Mogherini Rebesani».

La VIII Commissione,
premesso che:
in data 2 luglio 2009, all'interno degli impianti della ditta Ecorecuperi di Vascigliano di Stroncone in provincia di Terni, si sviluppava un incendio che, nonostante il tempestivo intervento dei vigili del fuoco di Terni e dei nuclei provenienti da Roma e Firenze, si protraeva per diversi giorni. L'incendio esauriva la fase di massima intensità il 7 luglio anche se la ripresa quotidiana di focolai impegnava i vigili del fuoco fino al 31 agosto 2009;
la ditta Ecorecuperi svolgeva attività di trattamento rifiuti su carcasse bonificate di autovetture al fine di recuperare la parte metallica delle stesse. La combustione interessava essenzialmente il «fluff» (materiale plastico derivante dalla frantumazione di autoveicoli bonificati) stoccato all'interno del capannone in attesa di invio a smaltimento;
in data 3 luglio 2009 la ditta Ecorecuperi provvedeva ad effettuare, ai sensi del decreto legislativo n. 152 del 2006, comunicazione di potenziale contaminazione del sito a causa dell'incendio in argomento;
la prefettura di Terni, a seguito della comunicazione di cui sopra, provvedeva, in data 7 luglio, ad inviare al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la comunicazione di cui all'articolo 304, comma 2, del decreto legislativo n. 152 del 2006;
il sindaco di Stroncone, nell'immediato, provvedeva all'adozione di misure di tipo cautelare e precauzionale finalizzate a prevenire danni alla salute pubblica attra

verso una serie di ordinanze che vietavano la commercializzazione e il consumo di prodotti, destinati all'alimentazione umana ed animale, potenzialmente contaminati. Lo stesso sindaco emanava una serie di ordinanze relative al sequestro/dissequestro, presso varie aziende, di animali, prodotti alimentari e fieno risultati contaminati a seguito di analisi;
anche comuni contigui - Terni, Narni e Configni (regione Lazio) - provvedevano ad adottare misure cautelari e precauzionali per la parte del loro territorio interessato dall'evento;
in data 17 novembre 2009, presso la Regione Umbria, si teneva un incontro fra tutte le istituzioni e le autorità al fine di esaminare le problematiche ambientali, sanitarie e produttive del territorio interessato dall'evento;
al termine di tale incontro venivano decise in maniera condivisa le azioni da porre in essere:
a) necessità di effettuare la messa in sicurezza dell'area e la rimessa in pristino dello stato dei luoghi mediante smaltimento dei rifiuti ancora presenti nell'area;
b) eliminazione di alimenti contaminati destinati all'alimentazione animale;
c) eliminazione di alimenti contaminati destinati al consumo umano;
d) predisposizione di relazione dettagliata sulla situazione in essere, sulle azioni realizzate e sulle criticità ambientali determinatesi nel territorio al fine della successiva trasmissione, previo deposito in prefettura ai sensi dell'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
e) costituzione di un gruppo di lavoro, composto dai rappresentanti di tutte le amministrazioni coinvolte, al fine di assicurare il coordinamento delle iniziative e delle azioni da intraprendere;
la ditta Ecorecuperi risulta essere inadempiente sia per quel che concerne la messa in sicurezza dell'area sia per quel che concerne la rimessa in pristino dello stato dei luoghi attraverso l'eliminazione dei rifiuti ancora presenti nel sito, che ARPA Umbria ha comunicato catalogabili nel codice CER 191211*, ovvero configurabili come «rifiuti pericolosi»;
a seguito dei monitoraggi ambientali effettuati dall'azienda regionale per la protezione dell'ambiente (Arpa), l'azienda sanitaria locale n. 4 di Terni, nel periodo compreso tra il 16 luglio ed il 5 novembre 2009, ha prelevato n. 40 campioni di prodotti di origine animale e n. 45 campioni di prodotti di origine vegetale. Tali campioni sono stati analizzati dall'Istituto zooprofilattico sperimentale dell'Abruzzo e del Molise per la determinazione delle diossine e dei PCB diossina-simili;
dei 40 campioni di prodotti di origine animale, 17 sono risultati non conformi rispetto ai limiti fissati dal regolamento (CE) n. 1881 del 2006, mentre 18 dei 45 campioni di origine vegetale sono risultati non conformi rispetto ai limiti fissati dalla direttiva 2006/13/CE. Esaminati i risultati e sulla base delle valutazioni epidemiologiche relative al rischio per la salute umana, la regione Umbria ha subito adottato una serie di misure sanitarie idonee per i prodotti destinati all'alimentazione degli animali e dell'uomo: sequestro e distruzione degli alimenti vegetali sottoposti a fienagione; divieto di consumo e conseguente distruzione per gli alimenti, per uso umano, da produzioni animali (latte, uova e derivati);
inoltre, al fine di valutare l'estensione geografica dell'area interessata dalla contaminazione la regione Umbria ha elaborato, in collaborazione con l'azienda sanitaria locale n. 4 Terni, istituto zooprofilattico sperimentale dell'Umbria e Marche, l'Istituto zooprofilattico sperimentale Abruzzo e Molise e l'Arpa Umbria, un «Piano di monitoraggio per la ricerca di diossine e PCB diossina-simili», nell'area interessata dall'incendio di Vascigliano di Stroncone, per il trimestre novembre 2009-gennaio 2010, tuttora in corso di esecuzione;

il Piano prevede delle attività da svolgere all'interno dell'area dei 3 chilometri dalla sorgente di emissione;
al 12 novembre 2009 sono risultati prelevati:
27 campioni di alimenti di origine vegetale (ortaggi, olive, vini) destinati all'alimentazione umana. Tutti i campioni hanno fornito risultati conformi, dando garanzia della non pericolosità dei prodotti destinati al consumo umano;
20 campioni di alimenti per animali (fieno, erba, farina e mangime) di cui n. 9 campioni sono risultati non conformi. Permangono, pertanto, le misure sanitarie, comprendenti il divieto di pascolo nelle aree interessate dalla contaminazione ed il sequestro e distruzione dei fieni raccolti;
40 campioni di alimenti di origine animale, di cui n. 28 di muscolo, n. 6 di uova, n. 5 di latte e n. 1 di formaggio. Sono risultati non conformi 9 campioni di muscolo (4 di bovino, 5 di ovino), 4 di latte (3 di bovino, 1 di capra) e 4 campioni di uova di gallina prelevati in allevamenti rurali. Pertanto, gli allevamenti bovini, ovini e caprini, nonché gli allevamenti avicoli «rurali» per la produzione di alimenti per autoconsumo, devono essere considerati tutti potenzialmente contaminati;
poiché non si esclude che il fenomeno abbia dimensioni spaziali maggiori, è stato previsto un ampliamento dell'area di campionamento oltre i 3 chilometri (massimo 5 chilometri dalla sorgente di emissione), con l'ulteriore prelievo di campioni di latte e carne in allevamenti ovini, per la ricerca di diossine e PCB diossina-simili;
ad oggi la situazione risulta enormemente aggravata e ulteriori ordinanze del sindaco impongono misure di tutela che prevedono la distruzione di derrate alimentari prodotte in zona, l'abbattimento di capi zootecnici, di volatili da cortile ed il divieto di utilizzare foraggi raccolti sull'area nel periodo foraggero del 2009;
tale situazione di inquinamento ambientale, con i conseguenti riflessi sulla catena alimentare, comporta non solo potenziali rischi per la salute ma anche notevoli disagi nel tessuto socio-economico del territorio, essendo compromesso l'esercizio delle attività produttive agricole e zootecniche, con drammatiche ripercussioni negative in materia occupazionale;
il 22 marzo 2010 si sono svolte davanti la prefettura di Terni manifestazioni di protesta di agricoltori e di comitati di cittadini che chiedevano l'adozione di interventi urgenti per risanare il territorio contaminato, misure di indennizzo per i danni subiti e che ancora subiranno e certezze per il loro futuro;
è necessario adottare tempestivamente misure adeguate di sostegno alle attività produttive presenti nel territorio, nonché iniziative a tutela dei comparti zootecnico ed agroalimentare interessati;
ad oggi sono 83 le aziende agricole e zootecniche coinvolte nelle problematiche ambientali seguite all'incendio. Le stesse aziende hanno subito danni quantificati in circa 1.150.000 euro;
le istituzioni coinvolte, redigendo una tabella trasmessa al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e hanno determinato le principali tipologie di intervento necessario quantificando una prima e sommaria stima dei fabbisogni pari a 7/8 milioni di euro, rispetto ai quali né gli enti locali né la regione Umbria sono in grado in alcun modo di far fronte;
a seguito di incontri specifici tenuti con il comune di Stroncone, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per gli adempimenti di competenza, con nota del 3 febbraio 2010, ha conferito incarico all'ISPRA per la valutazione e l'eventuale quantificazione dei danni subiti dalle matrici ambientali interessate dall'incendio, anche al fine di valutare l'opportunità di promuovere un'azione risarcitoria;

la criticità ambientale dell'evento si configura come «danno ambientale» ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e si ritiene necessario chiedere l'intervento statale (articolo 309 del medesimo decreto legislativo) a tutela dell'ambiente a norma della parte VI del Testo Unico Ambientale. Tale richiesta trova ragione anche nella necessità di individuare le risorse economiche necessarie ad affrontare i principali interventi all'uopo richiesti;
sarebbe opportuno avviare ogni utile iniziativa volta a riconoscere la situazione di «danno ambientale» ai sensi dell'articolo 300 del decreto legislativo n. 152 del 2006,

impegna il Governo:

ad intervenire, ai sensi dell'articolo 309 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al fine di rinvenire le necessarie risorse finanziarie per attivare le procedure relative alla bonifica e al ripristino ambientale dell'area contaminata, previe indagini e campionamenti territoriali, da eseguire da parte del competente dipartimento di difesa del suolo dell'ISPRA, finalizzati a delimitare l'area contaminata e l'entità dell'inquinamento causato dalla ricaduta delle sostanze pericolose nocive (diossina) a seguito del predetto incendio;
a provvedere, preso atto della documentazione prodotta dalle autorità locali, a stanziare congrue risorse per risarcire nell'immediato le attività economiche, in particolare quelle agricole e zootecniche, danneggiate dalla contaminazione seguita all'incendio del 2 luglio 2009.
(7-00309) «Bocci, Mariani».

La X Commissione,
premesso che:
le strategie adottate dall'Unione europea sulla lotta ai cambiamenti climatici e sull'autosufficienza in campo energetico hanno portato all'adozione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2001/77/CE, che promuove l'utilizzo delle fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità;
in Italia, la direttiva n. 2001/77/ CE è stata recepita con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387. L'articolo 7, del citato decreto legislativo, in particolare, è dedicato alla fonte solare il cui sviluppo è legato ad un sistema di incentivazione, il cosiddetto «conto energia», da ultimo disciplinato con il decreto ministeriale 19 febbraio 2007;
il «conto energia» ha consentito alla nascente industria del fotovoltaico di svilupparsi e consolidarsi, permettendo all'Italia di raggiungere le eccellenze di altri Paesi europei e di attestarsi al quarto posto su scala mondiale dopo gli Stati Uniti, la Spagna e la Germania. Ad oggi gli impianti in esercizio che godono del «conto energia» sono 67.317 per una potenza complessiva di 924.605 chilovatt elettrici;
il principio che regge il meccanismo del «conto energia» consiste nell'incentivazione della produzione elettrica e non dell'investimento necessario per ottenerla. Il proprietario dell'impianto fotovoltaico percepisce somme in modo continuativo in proporzione alla produzione per i primi 20 anni di vita dell'impianto. L'obiettivo nazionale di potenza nominale fotovoltaica cumulata da installare è stabilito in 3.000 megavatt elettrici entro il 2019;
le fonti energetiche rinnovabili rappresentano una reale opportunità di sviluppo per le imprese nazionali, offrendo loro uno strumento efficace per affrontare la crisi e per aumentare i livelli di crescita ed di occupazione in un settore strategico e ad alta tecnologia;
l'articolo 7, comma 3, lettera d), del citato decreto legislativo, prevede che con apposito decreto ministeriale si stabiliscano, tra l'altro, le modalità per la determinazione dell'entità dell'incentivazione secondo una specifica tariffa, di importo decrescente e di durata tale da garantire una equa remunerazione dei costi di investimento e di esercizio;

sarebbe opportuno, al riguardo, che le modalità di determinazione dell'entità dell'incentivazione tengano anche conto della diversa insolazione del territorio, così come documentato da alcuni studi effettuati nel settore che in termini di produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici favoriscono il Sud, più soleggiato, rispetto al Nord, fermo restando il costo dell'investimento;
la differente insolazione del territorio si ripercuote, infatti, nel tempo di ritorno del capitale investito; mentre nell'Italia settentrionale i tempi di rientro degli investimenti sono stimabili tra gli undici e i tredici anni, nell'Italia meridionale gli stessi si riducono tra i sette e i nove anni,

impegna il Governo

ad adottare le iniziative necessarie affinché vengano riviste le modalità per la determinazione dell'entità dell'incentivazione, di cui alla lettera d) del comma 2 dell'articolo 7 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, in modo che i parametri di calcolo delle tariffe tengano conto della diversa insolazione del territorio italiano, al fine di favorire gli investimenti nelle zone climatiche fredde.
(7-00308)
«Fava».

TESTO AGGIORNATO AL 15 APRILE 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
a Sant'Onofrio, il piccolo centro (commissariato per `ndrangheta) nel vibonese, domenica 11 aprile 2010 si è svolto il rito pasquale tradizionale dell'«Affruntata». La manifestazione avrebbe dovuto svolgersi la domenica di Pasqua, ma è stata sospesa dal vescovo Luigi Renzo, a causa dei colpi di pistola esplosi davanti all'abitazione del priore della Confraternita;
la secolare rievocazione, che richiama nella piazza di Sant'Onofrio migliaia e migliaia di persone, dove fede e tradizione popolate si mescolano, divenuta una delle manifestazioni più suggestive della Calabria, non si è svolta nel giorno stabilito perché le cosche della mafia l'hanno impedito in quanto escluse dalla manifestazione, così come disposto dal vescovo. Anche quest'anno il vescovo monsignor Luigi Renzo ha impartito direttive ai parroci affinché vigilassero sulle manifestazioni religiose ed impedissero agli uomini riconducibili alla criminalità organizzata di portare le statue dei santi;
nel 2009 il vescovo aveva inviato una direttiva a tutte le parrocchie della diocesi sui comportamenti da tenere in occasione dell'organizzazione di iniziative a carattere religioso. In particolare, a Sant'Onofrio negli anni precedenti esponenti della criminalità organizzata hanno colto l'occasione dell'Affruntata per sfoggiare tutto il loro potenziale e trasmettere alla comunità intera il loro messaggio di forza -:
se il Governo non ritenga urgente e improcrastinabile, anche alla luce dei recenti fatti di Vibo, predisporre misure efficaci atte a contrastare la criminalità organizzata e ad affrontarla senza attendere ulteriori attentati o atti intimidatori prima di intervenire.
(2-00668) «Tassone, Vietti».

Interrogazione a risposta orale:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:

lunedì 12 aprile 2010 il treno regionale R108, partito da Malles alle 8.20 e atteso a Merano alle 9.43, è deragliato, tra Laces e Castelbello, sulla linea della val Venosta che congiunge gli abitati della vallata con Merano, molto utilizzata da studenti e pendolari;
l'incidente è avvenuto alle 9. Poco prima un altro convoglio era passato nello stesso punto senza problemi;
dalle prime notizie risulta che nel deragliamento almeno 11 persone sono morte, ma il numero delle vittime potrebbe essere drammaticamente più alto;
numerosissimi i feriti che sono stati ricoverati in tutti gli ospedali della zona da Silandro a Merano;
l'incidente ferroviario risulta essere il più grave verificatosi in Alto Adige negli ultimi dieci anni ed è stato causato da una frana di cui va accertata la causa;
i vagoni sono finiti fuori dai binari dopo avere sbattuto contro una massa di terra e roccia che si è staccata dalle pendici e una carrozza è rimasta in bilico sul greto dei fiume Adige. Il vagone in testa al convoglio è completamente distrutto, ricoperto dal terriccio e con tutti i finestrini sventrati. La parte frontale è finita contro due pini di alto fusto che hanno impedito che il treno precipitasse nel fiume;
la disgrazia è avvenuta in un punto dove i binari attraversano una stretta gola;
«È stata una questione di pochi minuti - ha detto il direttore della linea ferroviaria, Helmuth Moroder -. Poco dopo, alle 9.03, è passato il treno diretto a valle che è andato a finire contro la frana. Con tutta probabilità a far cadere la frana è stata la rottura di un tubo per l'irrigazione dei campi a monte della massicciata»;
il tratto, a binario unico, è gestito dalla società Infrastrutture Ferroviarie Alto Adige (Südtiroler Bahnanlagen, Sba) e la linea della val Venosta è una delle più moderne dell'Alto Adige, realizzata su un tracciato preesistente, è stata inaugurata nel 2005. Di prima mattina il servizio viene rafforzato, per far fronte alla maggior domanda di trasporto di lavoratori e studenti, mentre nei fine settimana i convogli circolano in gran parte in doppia trazione;
secondo quanto riferiva un articolo di Mario Tozzi su La Stampa del 3 ottobre 2009, in Italia avviene, in media, uno smottamento ogni 45 minuti e periscono, per frana, di media, sette persone al mese e dal 1918 al 2009, si sono riscontrate addirittura oltre 15 mila gravi frane;
il dissesto idrogeologico costituisce a detta di tutti gli esperti un'emergenza nazionale, come tale documentata dalla commissione De Marchi, per la prima volta in modo organico (nel 1966), in otto volumi in cui si suggerivano anche alcuni interventi indispensabili e ritenuti urgenti fino da allora a cui però non si è dato seguito nei corsi dei decenni successivi;
con la mozione 1-00324 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010, il Governo è impegnato anche a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico;
le frane oggi come oggi, a differenza dei terremoti, sono prevedibili;
esiste infine nel nostro Paese una cronica mancanza di tecnici geologi nella pubblica amministrazione e, in particolare, nei settori specifici di competenza, quali quelli preposti alla tutela e pianificazione del territorio -:
quali siano le cause della frana che ha causato la tragedia nel meranese;
a quale punto sia la presentazione e la dotazione delle risorse pluriennali del piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico in Italia;

come si intenda rafforzare la strumentazione necessaria alla previsione delle frane su tutto il territorio nazionale;
come si intendano coinvolgere tecnici geologi in tutti i settori nella pubblica amministrazione attinenti alla tutela o comunque all'uso del territorio.
(3-01007)

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO, LOVELLI e MARCO CARRA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
chiunque conosca il problema della sinistrosità stradale, potrà confermare che tra i principali fattori di rischio legati allo stato del conducente, l'alcool e le sostanze stupefacenti rappresentino la prima causa di incidenti con morti e feriti gravi, tanto che secondo alcune recenti statistiche, quasi il 50 per cento degli incidenti mortali sarebbe conseguenza dell'assunzione di queste sostanze;
opportunamente, anche se con ritardo, il nostro Paese ha adottato misure sempre più severe in materia di assunzione di alcool e sostanze stupefacenti per i conducenti dei veicoli stradali, sulla falsa riga di quanto già adottato negli altri Paesi europei, al fine di limitare al minimo i rischi stradali derivanti da comportamenti irresponsabili;
su tale fronte è indispensabile affiancare le norme sanzionatorie con adeguate forme di comunicazione che illustrino i rischi derivanti da detti comportamenti, rivolti in particolar modo ai giovani, al fine di diffondere e affermare una cultura della sicurezza e della prevenzione della sinistrosità stradale e per la tutela della vita umana e dell'incolumità di tutti gli utenti della strada;
secondo quanto riportato dalle agenzie di stampa, l'attuale Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali, nel corso di una visita alla fiera Vinitaly, avrebbe affermato, con espressioni scurrili, tutta la sua contrarietà all'ipotesi di portare a zero il tasso alcolemico ammesso per la guida e avrebbe aggiunto «Siamo stufi di sentirci dire che bere due bicchieri a pasto e poi mettersi al volante significa essere degli ubriaconi. La legge nazionale prevede un limite di 0,5 milligrammi di alcol in un litro di sangue, il che significa due bicchieri di vino. E io invito a bere due bicchieri di vino e a stare tranquilli. E già che ci siamo, invito a bere anche una buona grappa: noi in Italia ne beviamo sempre meno, mentre dal resto del mondo ce ne chiedono sempre di più»;
come si può leggere dall'illustrazione delle tabelle alcool da esporre nei locali pubblici, dell'osservatorio fumo, alcool e droga dell'Istituto superiore di sanità «... anche un'alcolemia considerata bassa (da 0,1 a 0,3 grammi per litro) può avere, in particolare per alcuni soggetti, effetti concreti sulla guida, si parte dal tasso alcolemico pari a zero, l'unico che può essere considerato veramente sicuro per la guida» -:
se le affermazioni riportate in premessa corrispondano a quanto dichiarato dal Ministro per le politiche agricole alimentari e forestali e, qualora confermate, se non si ritenga di dover prontamente chiarire la posizione politica del Governo sul punto e se il Presidente del Consiglio dei ministri intenda stigmatizzare la pericolosità del messaggio rivolto un esponente del Governo nei confronti di milioni di cittadini e utenti della strada, e in particolar modo dei giovani che, al contrario, vanno educati al rispetto della sicurezza e dell'incolumità propria e degli altri;
quali iniziative intendano adottare al fine di incrementare una corretta e diffusa comunicazione in materia di sicurezza sulla strada e di assunzione di quelle sostanze che possono pregiudicare le capacità psico-fisiche dei guidatori, mirandole soprattutto alle giovani generazioni degli utenti stradali.
(5-02743)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
una frana, dovuta alle piogge intense, ha bloccato, dal 10 marzo 2010, i collegamenti ferroviari fra la Puglia e la capitale, interrompendo, a Montaguto, nel subappennino, la circolazione dei treni sulla Benevento-Foggia. Il movimento franoso si verificò, in particolare, tra le stazioni irpine di Savignano-Greci e Montaguto-Panni;
il fronte della frana è lungo 3,5 chilometri e ha causato inoltre gravi disagi alle popolazioni dei comuni interessati e ha anche reso più difficoltosi i collegamenti della strada statale 90;
il commissario delegato per l'emergenza in Campania, Mario De Biase, ha ripetutamente dichiarato che per ripristinare la ferrovia serve un mese e che gli bastano i poteri ordinari di cui già dispone purché si agisca in un quadro di regole certe e soprattutto con una disponibilità di cassa sufficiente per le cose che sono da fare, a partire dalla messa in sicurezza della montagna e dall'asciugatura dei laghetti collinari che sono affiorati;
la Confconsumatori Puglia ha spedito una diffida preventiva alle amministrazioni pubbliche e ai concessionari, prodromica all'avvio del procedimento di class action pubblica, azione finalizzata a sollecitare condotte efficienti da parte delle pubbliche amministrazioni interessate e dei concessionari RFI spa ed Anas per ottenere: a) la messa in sicurezza delle zone a rischio; b) il ripristino dei collegamenti ferroviari Lecce-Roma, applicando nelle more agevolazioni tariffarie agli utenti di tale linea; c) il ripristino della viabilità della strada statale 90 della Puglia; secondo notizie stampa sono stati promessi 38 milioni di euro di fondi Fas, sui quali dovrà intervenire il Cipe;
intanto, per garantire la mobilità, le Ferrovie dello Stato hanno attivato servizi sostitutivi con autobus tra Benevento e Foggia, con un aumento dei tempi di viaggio compresi tra i 60 e i 90 minuti. I treni in servizio notturno sono sostituiti con autobus tra Roma e Bari e viceversa. Per i clienti che rinunciano al viaggio è previsto il rimborso integrale del biglietto;
tale situazione comporta per Trenitalia, un danno economico quantificabile in oltre 620mila euro a settimana per i diminuiti introiti procurati dall'interruzione e i maggiori costi prodotti dalla straordinaria gestione del personale e dei mezzi, dall'utilizzo dei servizi sostitutivi, dall'assistenza e dall'attivazione del numero verde;
la sospensione del traffico ferroviario tra Benevento e Foggia è conseguenza di un provvedimento cautelativo chiesto dalla prefettura di Avellino per il progressivo avvicinamento di un imponente movimento franoso ai binari della linea Foggia-Napoli. La frana rappresenta uno degli aspetti maggiormente negativi causati dal dissesto idrogeologico che da circa 4 anni interessa il territorio montuoso, non di pertinenza di Ferrovie dello Stato, che sovrasta la strada statale 90 e la vicina sede ferroviaria;
già nella primavera del 2006, per fronteggiare l'avanzamento della imponente massa di terra, fango, pietre e detriti che dalla montagna scivolava lentamente verso valle, Rete ferroviaria italiana realizzò opere di contenimento poi consegnate al genio civile di Ariano Irpino. Ciò consentì all'ANAS la successiva costruzione di una variante stradale provvisoria per l'utilizzo della strada statale 90 -:
quali decisioni il Governo abbia assunto in relazione alla messa in sicurezza delle zone a rischio, al ripristino dei collegamenti ferroviari Lecce-Roma ed al ripristino della viabilità della strada statale 90 della Puglia;

quali siano i tempi entro i quali si intendono completare le opere sopracitate, con quali costi e quali decisioni il CIPE abbia adottato in proposito;
per quali ragioni, nonostante le opere di contenimento per fronteggiare l'avanzamento della massa di terra, fango, pietre e detriti che dalla montagna scivolava lentamente verso valle, opere poi consegnate al genio civile di Ariano Irpino, si sia verificata la frana del 10 marzo 2010 e se e quali azioni siano state avviate nei confronti dei soggetti coinvolti nella realizzazione dei menzionati lavori.
(4-06756)

GENTILONI SILVERI, META e LOVELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 31 marzo 2010 è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 75 il decreto del Ministro dello sviluppo economico 30 marzo 2010 che sospende, a far data dal 1o aprile 2010, le agevolazioni postali per spedizione di quotidiani, periodici, libri e pubblicazioni no-profit; sospensione che sarebbe dovuta al venir meno del Fondo presso gli appositi capitoli di bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri:
in pari data, le Poste italiane spa hanno diramato ed applicato agli editori le nuove griglie tariffarie per la spedizione di quotidiani, periodici, pubblicazioni informative no-profit, promozioni no-profit, equiparando tutte le suddette tariffe alla tariffa-base (euro 0,2830 fino a 200 grammi di peso ed oltre per pesi ulteriori);
le agevolazioni postali sono previste da decenni da leggi che ne fissano i criteri di applicazione e demandano ai decreti ministeriali esclusivamente la misura delle tariffe e delle conseguenti agevolazioni; i decreti assolvono dunque alla funzione di mera esecuzione, in concreto, della volontà espressa dal Parlamento di sostenere, in funzione di tutela del pluralismo informativo, l'editoria periodica e quotidiana;
disporre con decreto la sospensione delle agevolazioni significa nei fatti annettere alla sfera di competenza ministeriale una materia che ricade sotto la competenza del Parlamento, peraltro col gravissimo risultato di porre fine - allo stato delle cose - a questa fondamentale forma di sostegno pubblico all'editoria;
l'articolo 3, comma 1, della legge 46 del 2004 prevede che il rimborso a Poste italiane per le agevolazioni postali viene effettuato «nei limiti dei fondi stanziati sugli appositi capitoli del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei ministri»;
la suddetta norma, quindi, prevede che siano i «rimborsi» a Poste italiane a dipendere dall'ammontare dello stanziamento e non le tariffe agevolate;
Poste italiane, nella determinazione delle nuove tariffe postali non agevolate, non ha tenuto conto della norma del comma 27 dell'articolo 2 della legge 28 dicembre 1995, n. 549, che prescrive che per le pubblicazioni no-profit «si applica una tariffa pari al 25 per cento» di quella prevista per gli iscritti al ROC;
in relazione alla repentina entrata in vigore del decreto ministeriale citato e delle nuove griglie tariffarie predisposte da Poste Italiane, gli editori di quotidiani e periodici hanno, da un giorno all'altro, subìto un aumento tariffario di spedizione pari al 130 per cento;
in relazione alle nuove griglie tariffarie di Poste italiane, gli editori di pubblicazioni informative e promozionali no-profit hanno subìto un aumento tariffario di spedizione del 500 per cento;
in relazione all'accorpamento in un'unica tariffa di peso (0-20 chilogrammi) della tariffa «pacco contenente libri», gli editori hanno subìto un aumento da 1,50 euro a 7 euro a pacco editoriale -:
se la Presidenza del Consiglio e i Ministeri competenti siano consapevoli del gravissimo vulnus al principio costituzionale dell'articolo 21 che il decreto 30

marzo 2010, per i contenuti, le modalità ed i tempi che lo hanno caratterizzato, è suscettibile di determinare in danno dell'intero comparto editoriale italiano;
se la Presidenza del Consiglio e i Ministeri competenti abbiano valutato le gravi ricadute economiche e occupazionali del decreto sul comparto dell'editoria a stampa, già sconvolta da una fortissima crisi caratterizzata da un notevole calo di fatturati e volumi;
se la Presidenza del Consiglio e i Ministeri competenti siano edotti della circostanza che in questo preciso momento, migliaia di editori di piccole e grandi riviste periodiche della più diversa specie, centinaia di piccole e grandi testate di informazione, centinaia di riviste di associazioni no profit versano in una drammatica situazione che richiede una scelta tra la sospensione delle pubblicazioni, ovvero l'assunzione dei nuovi gravosissimi oneri necessari per mantenere gli impegni assunti con i propri abbonati;
come il Governo intenda agire per porre rimedio alla situazione determinata dall'oggi al domani da un decreto ministeriale ad avviso dagli interroganti sbagliato nei contenuti, e inadeguato nei tempi e nei modi di adozione, nonché per salvaguardare una indispensabile forma di sostegno indiretto all'editoria, soprattutto per i piccoli e medi editori che nella spedizione in abbonamento postale trovano l'unica e insostituibile forma di diffusione al pubblico delle proprie testate.
(4-06761)

LIVIA TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nella sanità del Lazio è saltata la stabilizzazione dei 2.000 precari ed è a rischio il loro stesso posto di lavoro;
a vietare i nuovi concorsi concordati tra giunta, Cgil, Cisl, Uil, Ugl e sindacati dei medici è stato il commissario ad acta straordinario del Governo Elio Guzzanti, affermando che: «La regolarizzazione del personale attualmente a tempo determinato non è percorribile - il superamento del precariato sulla base dei protocolli sottoscritti potrà essere attuato solo quando saranno portati a compimento gli interventi di accorpamento per realizzare la nuova rete ospedaliera»;
in altre parole, poiché il Lazio non ha attuato il piano di rientro sanitario, non può procedere all'assunzione dei precari;
questo provvedimento oltre ad avere ricadute economiche pesanti sui cittadini del Lazio, mette a rischio la qualità del servizio e penalizza la professionalità dei lavoratori del settore visto anche il fatto il personale esternalizzato costa di più di quello stabilizzato -:
quali iniziative il Governo intenda assumere affinché non sia messa a rischio la qualità del servizio sanitario nella regione Lazio e nel contempo per dare risposte positive aitanti lavoratori che da anni sono impiegati nella sanità laziale.
(4-06763)

NACCARATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge n. 112 del 2008, ha previsto l'istituzione di un regime agevolato per incentivare gli investimenti in reti a banda larga utilizzando il suolo pubblico. In particolare, il citato decreto-legge ha previsto l'utilizzo gratuito, per un congruo periodo di tempo, del suolo pubblico nelle aree sottoutilizzate per la posa di cavi e infrastrutture a banda larga;
inoltre, l'articolo 99, comma 5, del decreto legislativo n. 259 del 1o agosto 2003 («Codice delle comunicazioni elettroniche») prevede che: «[...] sono in ogni caso libere le attività di cui all'articolo 105, nonché l'installazione, per proprio uso esclusivo, di reti di comunicazione elettronica per collegamenti nel proprio fondo o in più fondi dello stesso proprietario, possessore

o detentore purché contigui, ovvero nell'ambito dello stesso edificio per collegare una parte di proprietà del privato con altra comune, purché non connessi alle reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico. Parti dello stesso fondo o più fondi dello stesso proprietario, possessore o detentore si considerano contigui anche se separati, purché collegati da opere permanenti di uso esclusivo del proprietario, che consentano il passaggio pedonale o di mezzi [...]»;
la maggior parte dei comuni che hanno deciso di posare autonomamente lungo le strade comunali alcuni anelli di fibra ottica allo scopo di connettere le proprie sedi attraverso una rete strettamente privata e ad uso esclusivo dell'amministrazione locale ha sempre interpretato il citato articolo 99, comma 5, del decreto legislativo n. 259 del 2003 in modo estensivo, non ritenendo di dover denunciare la propria infrastruttura in fibra ottica al Ministero e di pagare il relativo «contributo» previsto dalla norma;
in diversi casi, le amministrazioni locali hanno ricevuto, a seguito di ispezioni della polizia di Stato-reparto di Polizia delle Telecomunicazioni, dei verbali di contestazione per la violazione dell'articolo 102, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 259 del 2003, in base al quale «Chiunque installa od esercisce una rete di comunicazione elettronica ad uso privato, senza aver conseguito l'autorizzazione generale, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 3.000 euro»;
queste contestazioni rischiano di mettere in seria difficoltà i funzionari comunali competenti, sottoponendoli a gravose sanzioni amministrative e rischia di provocare la cessazione della posa dei cavi di fibra ottica da parte delle amministrazioni pubbliche, in particolare delle scuole e dei comuni;
queste contestazioni, inoltre, rischiano di ostacolare la diffusione delle infrastrutture della banda larga in Italia -:
se il ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
quali misure si intenda porre in essere per applicare le norme previste dall'articolo 99, comma 5, del decreto legislativo n. 259 del 2003 (codice delle comunicazioni elettroniche) in modo da sostenere e valorizzare le decisioni già assunte da numerosi enti locali;
quali azioni intenda intraprendere per istituire, ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008, un regime agevolato per incentivare gli investimenti in reti a banda larga utilizzando il suolo pubblico;
cosa si intenda fare per sostenere adeguatamente gli enti locali impegnati nella realizzazione di investimenti nelle reti a banda larga.
(4-06765)

PILI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con le regioni, al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 14 dello Statuto speciale per la Sardegna legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58 dispone:
1) la regione, nell'ambito del suo territorio, succede nei beni e diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare e in quelli demaniali, escluso il demanio marittimo;
2) i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale ed a monopoli fiscali restano allo Stato, finché duri tale condizione. I beni immobili situati nella regione, che non sono di proprietà di alcuno, spettano al patrimonio della regione;
la Corte costituzionale con sentenza n. 383 del 1991, in merito al ricorso proposto da altra regione a statuto speciale, la regione Valle d'Aosta, aveva sostenuto l'automatico passaggio dei beni alla stessa regione anche in virtù del seguente esplicito riferimento alla regione Sardegna: «Del resto l'articolo 14 dello statuto speciale per la Sardegna (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3)

mentre stabilisce, al primo comma, che la regione, nell'ambito del suo territorio, succede allo Stato nei beni demaniali e, al secondo comma, che restano allo Stato i beni e diritti connessi a servizi di competenza statale, da rilievo alla sopravvenienza, in quanto prevede che la detta causa di esclusione possa cessare, con l'effetto in tal caso che la successione si realizza, in un momento posteriore all'entrata in vigore dello statuto»;
la Corte costituzionale nella stessa sentenza, per il bene militare le cui funzioni di difesa erano venute meno proprio dall'intenzione dello Stato di vendere il compendio, disponeva: «Va dunque dichiarato che non spetta allo Stato porre in vendita a privati, con l'impugnato avviso d'asta, l'immobile in questione, appartenendo questo al demanio della regione Valle d'Aosta»;
le disposizioni contenute nei primi due commi dell'articolo 14 dello statuto della regione Sardegna di rango costituzionale dispongono che la regione succeda, nell'ambito del suo territorio, nei beni e nei diritti patrimoniali dello Stato di natura immobiliare, regola generale esplicitata nel primo comma;
il secondo comma del citato articolo 14 introduce un'eccezione: la successione non avviene e i beni restano di proprietà dello Stato quando sono utilizzati (connessi) per servizi di pertinenza statale;
l'eccezione, però, ha un limite ben preciso: l'utilizzazione deve essere attuale, di guisa che se tale utilizzo viene a cessare cade il presupposto della medesima eccezione ed i beni non più utilizzati ricadono nella regola generale e seguono la sorte degli altri beni statali e, cioè, la loro proprietà è trasferita «ope legis» alla regione;
la chiara e univoca statuizione dell'articolo 14, secondo cui «i diritti patrimoniali connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato "finché duri tale condizione"» non può dare luogo a dubbi interpretativi;
la congiunzione temporale «finché» attribuisce, infatti, un sicuro valore dinamico allo norma. Nel senso che transitano nel patrimonio regionale non solo i beni che, alla data di entrata in vigore dello statuto speciale, non erano più connessi a servizi statali, ma anche quelli la cui connessione sia venuta meno successivamente;
l'applicazione di tale disposto si rileva nella nota n. 2/20680/10-1-20-20/89 dell'aprile 1989, quando l'allora Ministro della difesa, Zanone, comunicava al presidente della regione di aver impartito disposizioni agli organi tecnici della difesa, per l'avvio della procedura prevista per la cessione all'Amministrazione finanziaria dei beni demaniali non più necessari alle Forze armate;
il significato proprio dato dal legislatore alla norma porta sicuramente a dare rilievo alla sopravvenienza e, cioè, al sopravvenuto venir meno della connessione del bene con il servizio statale;
tale sopravvenienza rappresenta il limite all'eccezione di cui al secondo comma dell'articolo 14 e fa, quindi, rivivere la regola generale della successione della regione Sardegna nella proprietà dei beni dello Stato;
la cessazione della connessione dei beni immobili ai fini statali, come dispone la richiamata sentenza della Corte costituzionale, si è verificata proprio nel momento in cui l'amministrazione dello Stato ha posto in vendita o attivato forme di concessione e comodato a soggetti privati o pubblici del bene stesso;
con riferimento alla regione Sardegna non esiste nessuna disposizione normativa che possa configurarsi come ostativa al trasferimento dei beni statali alla regione stessa, quando la «dismissione» avvenga in data successiva all'entrata in vigore dello statuto sardo;
il Consiglio di Stato in sede consultiva con il parere della terza sezione del 12 febbraio 1985, n. 158, ha espresso formale

parere su richiesta del Ministero della difesa proprio sull'applicazione dello statuto sardo;
l'organo consultivo in quel parere, - in estrema sintesi - si è pronunziato nel senso che l'articolo 14, secondo comma, dello statuto sardo stabilisce che i beni immobili connessi a servizi di competenza statale restano allo Stato soltanto finché duri tale condizione, riconoscendo, così, allo Stato la funzione di uso e non anche di disposizione degli immobili stessi;
con una nota stampa del Ministero della difesa il sottosegretario delegato relativamente all'utilizzo delle strutture costiere dei fari dislocati nel territorio della regione Sardegna il 7 aprile 2010 ha dichiarato: «i Fari (riferito a quelli sardi) ormai funzionano automaticamente e non hanno più bisogno di personale che li attivi o li mantenga, favorendo l'utilizzo delle suddette strutture al fine di promuovere attività turistico ricettive che oltre a favorire l'economia dei comuni interessati giovano al dicastero che con le relative entrate può migliorare e ristrutturare altri siti di interesse in Sardegna. Per realizzare tale progetto - spiega il sottosegretario alla difesa - i Comuni sono indispensabili perché devono individuare una destinazione d'uso delle strutture pertinenti i fari e sembrano ben disposti a procedere in tale direzione ricavando un vantaggio che, consentendo alla difesa di continuare l'utilizzo dell'installazione, dia però l'opportunità di valorizzarne una parte»;
con tale dichiarazione sono state di fatto preannunciate azioni lesive delle prerogative disciplinate dallo statuto speciale della regione Sardegna;
in particolar modo sono cinque i punti delle dichiarazioni rese attraverso la nota del Ministero della difesa che ad avviso dell'interrogante rischiano di porsi in contrasto con le norme di rango costituzionale che disciplinano l'automatica cessione del patrimonio dello Stato alla regione una volta accertata la cessazione della preminente funzione statale:
1) «i fari ormai funzionano automaticamente e non hanno più bisogno di personale che li attivi o li mantenga»
2)«favorendo l'utilizzo delle suddette strutture al fine di promuovere attività turistico ricettive»;
3) «oltre a favorire l'economia dei comuni interessati giovano al dicastero che con le relative entrate»;
4) «può migliorare e ristrutturare altri siti di interesse in Sardegna»;
5) «i comuni sono indispensabili perché devono individuare una destinazione d'uso delle strutture pertinenti i fari»;
con l'affermazione «i Fari ormai funzionano automaticamente e non hanno più bisogno di personale che li attivi o li mantenga...» si dichiara esplicitamente che il Ministero della difesa non svolge più nessuna funzione di gestione della struttura e che la funzione di difesa è di fatto cessata;
con l'affermazione «... favorendo l'utilizzo delle suddette strutture al fine di promuovere attività turistico ricettive...» si dichiara ancora più esplicitamente la cessazione dell'attività di difesa e, soprattutto, si avanza un'ipotesi di nuovo utilizzo che invade palesemente, la sfera di competenza costituzionalmente riconosciuta della regione Sardegna;
con l'affermazione «oltre a favorire l'economia dei comuni interessati giovano al dicastero che con le relative entrate...» si afferma sostanzialmente che tali siti sarebbero funzionali non alla difesa ma a generare entrate a favore del ministero costituendo di fatto un presupposto del tutto illegittimo e infondato dell'utilizzo dei beni non più funzionali allo Stato ricadenti nel territorio della regione Sardegna;

con l'affermazione «può migliorare e ristrutturare altri siti di interesse in Sardegna» si manifesta la volontà di persistere nella gestione del patrimonio di fatto della regione Sardegna per perseguire scopi diversi da quelli della difesa;
con l'affermazione «i comuni sono indispensabili perché devono individuare una destinazione d'uso delle strutture pertinenti i fari», si conferma la modifica della destinazione d'uso e quindi la cessazione evidente e dichiarata della funzione della difesa e dall'altra si individua un interlocutore, il comune, in contrasto con il dettato statutario che individua la regione come unico soggetto destinatario di questo patrimonio che potrà, a sua volta e con autonoma decisione, decidere di trasferirlo ai comuni o ad altri soggetti pubblici o privati;
la regione Sardegna ha dichiarato, per quanto riguarda il faro di Punta Scorno, nel comune di Portotorres, di essere la legittima proprietaria sin dal 1994 quando l'Agenzia del demanio l'avrebbe trasferito alla regione che lo ha iscritto nel conto patrimoniale con il numero identificativo 2133;
il Ministero con ulteriore nota ha dichiarato di essere proprietaria dell'immobile ribadendo che se non fosse intervenuto un accordo lo avrebbe tenuto nel proprio conto patrimoniale -:
se non ritenga di dover formalmente dichiarare l'effettiva proprietà di quel bene e qualora fosse ancora iscritto nei beni dello Stato provvedere, anche alla luce delle dichiarazioni sopra riportate, all'immediato trasferimento del bene alta regione;
se non ritenga necessario, con urgenza, comunicare l'elenco di tutti quei beni immobili la cui funzione della difesa è cessata, ricadenti nel territorio della regione autonoma della Sardegna e non ancora iscritti negli elenchi delle cessioni;
se non ritenga opportuno, insieme ai casi già noti, quello del faro di Punta Scorno e di Capo Mannu in Sardegna, dove per esplicita comunicazione ai sindaci dei rispettivi comuni è stata di fatto dichiarata dal Ministero la cessata funzione della difesa per quei beni immobili, fornire un puntuale elenco di tutti quei beni ricadenti nel territorio della Sardegna non ancora transitati dal patrimonio dello Stato a quello della regione nonostante la cessata funzione originaria, oggetto di iniziative analoghe a quelle intraprese per i predetti casi;
se non ritenga opportuno comunicare formalmente a tutti gli enti locali interessati che il Ministero della difesa è incompetente a gestire la riconversione delle predette strutture e che la richiesta di parere formulata dal Ministero medesimo ai comuni è formalmente annullata per incompetenza del Ministero stesso;
se non ritenga necessario avviare un'urgente e puntuale ricognizione dei beni ancora in capo alla Difesa, e che non hanno più alcuna funzione connessa con quelle originarie, per procedere ad una rapida cessione degli stessi alla regione autonoma della Sardegna in base ai dettati dello Statuto autonomo della Sardegna, articolo 14, che si rammenta essere legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 3 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 9 marzo 1948, n. 58;
se il Ministro dell'economia e delle finanze non ritenga di dover procedere con propria comunicazione a tutti i soggetti in particolar modo all'Agenzia del demanio, che dispongono del patrimonio statale a rammentare la piena vigenza dell'articolo 14 dello statuto della regione autonoma della Sardegna:
se il Governo sia a conoscenza della realizzazione di una struttura alberghiera nel faro Capo spartivento nel comune di Domus De Maria località Chia;
se la disponibilità di quella struttura sia in capo allo Stato e se eventualmente con quali atti sia stato assegnato;
se lo Stato ha percepito introiti a qualsiasi titolo per quella struttura;

se non intenda procedere eventualmente all'assegnazione degli stessi alla regione Sardegna e a regolarizzare la stessa proprietà del bene ai sensi dell'articolo 14 dello statuto della regione Sardegna.
(4-06771)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i radicali salernitani, riuniti attorno all'associazione radicale «Maurizio Provenza», si sono rivolti con una lettera al direttore dell'ASL «S. Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona», dottor Attilio Bianchi, per avere chiarimenti sulla questione dell'apertura, all'interno dell'azienda ospedaliera, di un reparto riservato ai detenuti, in primo luogo ai detenuti della casa circondariale di Fuomi;
nella lettera, gli esponenti radicali salernitani spiegano le ragioni dell'urgenza dell'apertura del reparto dovute alle precarie condizioni di salute di molti detenuti di Fuomi che vivono in uno stato di sovraffollamento ai limiti del collasso per di più aggravato da una insostenibile carenza di personale;
i radicali parlano di una vera e propria emergenza sanitaria che mette in serio pericolo la salute se non addirittura la vita dei detenuti che, per la situazione di sovraffollamento e di carenza di personale sopra richiamata, sono costretti a stare in cella per più di 22 ore al giorno in uno stato di prostrazione indegno di un Paese civile;
l'apertura del reparto ospedaliero per detenuti non solo permetterebbe di garantire maggiormente la salute dei detenuti, ma consentirebbe altresì alla Direzione dell'istituto di poter meglio gestire lo scarso personale che - nei casi frequenti di visite ospedaliere o di ricoveri - è costretto ad allontanarsi per accompagnare i detenuti e, in caso di loro ricovero, a piantonarli per giorni;
le forze sindacali che rappresentano gli agenti penitenziari (la UIL in particolare) e lo stesso personale infermieristico dell'ASL, in questione hanno ripetutamente chiesto al direttore dottor Bianchi l'apertura del reparto, ma tutte le rassicurazioni ricevute nel tempo dallo stesso, si sono rivelato infondate; eppure gli spazi fisici per il reparto ci sono (pare che gli agenti penitenziari di Fuomi abbiano già le chiavi), così come il personale infermieristico per il presidio sanitario;
recentissimamente, all'interno del carcere di Fuomi, si è verificato l'ennesimo tentativo di suicidio fortunatamente senza esito drammatico mentre nel corso del 2009 si sono suicidati due detenuti, Andrei Zgonnikov e Marco Toriello -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se ritengano di dover intervenire per quanto di competenza affinché il reparto penitenziario ospedaliero della città di Salerno sia aperto e disponibile nel più breve tempo possibile.
(4-06772)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 26 marzo 2010 la Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge della regione Puglia n. 31 del 2008 in materia di energie rinnovabili;
si tratta della legge che aveva innalzato le soglie massime di potenza per la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili a 1000 kilowatt,

equivalenti ad un 1 megawatt, permettendo di costruire, senza alcuna garanzia di sicurezza per i cittadini ed il territorio, veri e propri impianti industriali per mezzo di una semplice autocertificazione, mentre le soglie stabilite dal decreto-legge n. 387 del 2003 (tabella A allegata alla norma) prevedono, ad esempio, 60 kW per l'eolico, 20 kW per il fotovoltaico e 200 kW per la biomassa;
a contribuire alla deregolamentazione per la realizzazione in Puglia in generale e nel Salento in particolare di produzioni industriali di energie rinnovabili di alto impatto ambientale vi è anche il PEAR, il piano energetico regionale;
inoltre nessuna valutazione di impatto ambientale integrata è mai stata effettuata dalla regione nonostante la presenza di progetti per numerosissimi impianti nel raggio di pochi chilometri nel territorio salentino, in questo modo impedendo di poter portare alla luce gli alti ed evidenti fattori di rischio per la salute e l'incolumità delle persone;
diversi grossi impianti eolici e fotovoltaici sono stati svincolati, dalla regione, dalla necessaria e precauzionale procedura di Via;
un caso emblematico della gravità delle conseguenze prodotte da tale assetto normativo è stato il progetto per la realizzazione di un parco eolico, con mega-torri eoliche dell'altezza di 125 metri ciascuna tra i comuni di Minervino, Giuggianello e Palmariggi, in provincia di Lecce, di grande importanza dal punto di vista archeologico, antropologico e mitologico nell'immediato entroterra di Otranto e che interessa la collina del Salento («Serra» localmente detta);
centinaia di persone e movimenti ambientalisti si stanno mobilitando per cercare di salvare il territorio salentino da un fenomeno che si configura come un'aggressione e una devastazione inaudite e senza precedenti perché volto ad incentivare la produzione di energie rinnovabili da fonte eolica e solare, privilegiando le produzioni industriali di alto impatto ambientale, rispetto a quelle di basso o nullo impatto, legate all'ubicazione dei pannelli solari sui tetti degli edifici moderni, superfici biologicamente morte (tetti, tettoie, di edifici civili, privati o pubblici, di caserme, di capannoni industriali e altro);
in una delle zone paesaggistiche più preziose del nostro Paese, come il Salento, vi è il rischio che si realizzino centinaia di grossi impianti con torri eoliche di 125 metri, 150 metri e addirittura 180 metri, visibili nel raggio di decine di chilometri con la trasformazione di migliaia di ettari di terra (campi agricoli, pascoli, uliveti, frutteti e vigneti che vengono estirpati) in distese sconfinate di pannelli fotovoltaici, provocando la desertificazione artificiale dei suoli, danni al microclima e alla biodiversità a causa dell'uso di diserbanti per cancellare la vita sotto i pannelli, con il rischio di inquinare le acqua di falda, unica fonte di approvvigionamento idrico per l'acquedotto pugliese in un Salento carsico e di provocare danni alla tradizione dei prodotti silvo-agro-pastorali della Puglia;
senza contare l'inquinamento elettromagnetico additivo che questi impianti portano con il complesso di cavidotti, elettrodotti e cabine di trasformazione fonti di elettrosmog, o il rischio fortissimo legato alla rottura di frammenti delle pale degli aerogeneratori, che possono giungere anche a distanze di un chilometro, in un Salento densamente popolato;
lo stesso soprintendente capo per la Puglia ai beni culturali, architetto Ruggero Martines ha affermato, di fronte a questa situazione, la necessità di tutelare prioritariamente un bene collettivo, il paesaggio, che non è rinnovabile, mentre il professor Giorgio Assennato, direttore generale di ARPA Puglia, in una recente lettera rivolta alla regione Puglia ha parlato di una situazione di grave rischio di disastro ambientale, di stato di calamità artificiale e anche di rischio per la salute delle persone;
notevoli sono poi le preoccupazioni degli agronomi, per il depauperamento dei

terreni agricoli, e dei tantissimi operatori nel settore turistico ed agrituristico del Salento, che hanno investito anche nel recupero delle antiche masserie, trasformate in strutture ricettive rispettose della tradizione e degli stili architettonici ed estetici tipici locali;
notevoli sono anche i danni per i volatili tant'è che la procura di Bari ha aperto un'inchiesta per valutare le responsabilità legate alle autorizzazioni regionali concesse ad alcuni impianti di mega eolico in prossimità di aree protette (caso dell'Alta Murgia), a seguito dell'entrata in esercizio dei quali, il Corpo forestale dello Stato ha sporto denuncia dopo aver notato la scomparsa di diverse specie di rapaci prima presenti nei luoghi. La collocazione di tali torri eoliche, in un territorio di notevole interesse per le rotte migratorie internazionali ed importantissimo crocevia tra Europa, Nord Africa e Oriente Euro-Asiatico, riconosciuto dalla Convenzione internazionale di Ramsar, sottoscritta dall'Italia nel 1971, introduce un danno per l'avifauna non solo a livello locale ma con effetti internazionali;
il Tribunale amministrativo regionale di Bari ha definito quanto sta avvenendo in Puglia semplicemente una «corsa all'oro» delle energie rinnovabili: oro costituito dai lauti incentivi pubblici concessi per queste energie e che va posto in relazione con le infiltrazioni di organizzazioni malavitose, come dimostrano diverse inchieste della magistratura, soprattutto in Sicilia ma anche nel Salento, dove emergerebbe il rischio che le autorizzazioni alla costruzione di questi impianti siano utilizzate per il riciclaggio di denaro sporco: meraviglia, infatti, il basso capitale sociale di poche migliaia di euro di molte aziende richiedenti le autorizzazioni;
le amministrazioni comunali sono incentivate dalle ditte, attraverso il sistema delle royalties o elargizioni di denaro o di altri benefit, a permettere insediamenti sul territorio ponendo in essere così comportamenti, ad avviso degli interroganti, volti a sacrificare beni pubblici di valore inestimabile tutelati dalla Costituzione, quali la salute, i beni culturali, il paesaggio, la qualità della vita, in cambio di ritorni economici;
tant'è che non si registra un tempestivo intervento delle amministrazioni locali nell'annullare progetti legati alla legge n. 31 del 2008 dichiarata ormai incostituzionale;
irrisori, data l'alta automazione degli impianti, paiono inoltre essere i vantaggi in termini di posti di lavoro a regime per i locali;
a giudizio degli interroganti, il caso della Puglia, ed in particolare del Salento, è divenuto una sorta di laboratorio sperimentale per il resto d'Italia quanto a effetti negativi di una politica di deregolamentazione e di sovra-incentivazione di energie rinnovabili, quali in particolare eolico e fotovoltaico, a danno della tutela del suolo e del paesaggio e questo nonostante il Salento abbia condotto negli ultimi anni un processo di crescita culturale e di grande riscoperta delle sue ricchezze storico-culturali e paesaggistiche, anche in chiave di aumento del turismo, processo che oggi non merita di essere abbandonato ma semmai valorizzato e sostenuto ulteriormente;
la mozione 1-00324 approvata all'unanimità dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010 ha stabilito che la difesa del territorio rappresenta un interesse prioritario della collettività da tutelare e ha pertanto impegnato il Governo a promuovere iniziative normative di competenza che introducano norme a favore della difesa del suolo e delle aree agricole -:
se non ritengano opportuno alla luce di quanto esposto, in ottemperanza anche agli impegni assunti con la mozione 1-00324, attribuire massima priorità alla tutela del paesaggio, del suolo e delle aree agricole in vista dell'adozione delle nuove «linee guida nazionali per le fonti rinnovabili» escludendo, per quanto riguarda l'eolico, l'ubicazione di grandi torri eoliche in aree di alto rilievo paesaggistico e,

quanto al fotovoltaico, a favorirne prioritariamente l'installazione su tetti e tettoie di edifici moderni civili e pubblici, capannoni industriali, aree già cementificate, case di privati, tettoie di parcheggi d'auto, margini stradali o di linee ferroviarie, favorendo la microgenerazione diffusa a quella industriale (senza dimenticare le necessarie accortezze o divieti su edifici e zone di interesse storico-culturale).
(4-06774)

MARIO PEPE (PdL), CESARO, SOGLIA e STASI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
con l'interrogazione urgente al Presidente del consiglio regionale del Lazio, n. 1792 del 12 maggio 2009, il consigliere regionale Tommaso Luzzi, fra l'altro, denunciava che il Policlinico Umberto I eroga annualmente 130.000 euro, più premi di produttività, al dirigente sanitario, dottor Giuseppe Graziano, in organico presso l'ospedale di Bracciano (Roma) e con distaccamento annuale presso il Policlinico Umberto I di Roma;
presso il Policlinico Umberto I di Roma vi è già in organico un direttore sanitario di ruolo nella persona del dottor Francesco Vaia;
il direttore generale del Policlinico Umberto I, dottor Ubaldo Montaguti, con proprio atto affidava al dottor Giuseppe Graziano l'incarico di direttore sanitario di presidio (ovvero di direttore di dipartimento medico di presidio ospedaliero) presso il Policlinico Umberto I, in modo che, ad avviso degli interroganti, desta perplessità sul piano della conformità alla normativa vigente, che prevede per tale incarico la selezione concorsuale, in assenza di un qualsivoglia atto organizzativo aziendale motivato ed approvato dalla regione e soprattutto, in mancanza della disponibilità del posto, in quanto già occupato dal legittimo titolare;
con gli atti n. 3310 del 29 gennaio 2008 e n. 4156 del 6 febbraio 2009, il direttore generale del Policlinico Umberto I, dottor Ubaldo Montaguti, ha richiesto al presidente della regione Lazio, in qualità di «Commissario ad acta per la realizzazione degli obiettivi di risanamento finanziario previsti dal piano di rientro dei disavanzi regionali nel settore sanitario», l'autorizzazione all'avvio di una procedura selettiva per il conferimento dell'incarico di direttore dell'U.O.C. direzione medica del presidio ospedaliero, ossia proprio la posizione apicale già ricoperta dal legittimo titolare dottor Francesco Vaia, ed oltretutto motivata dalle necessità dell'emergenza ospedaliera che sarebbe assolutamente non corrispondente alle mansioni del ruolo che si intende ricoprire;
con l'atto dell'avvocato Luca Pardo del foro di Roma, legale del dottor Francesco Vaia, la regione Lazio e l'azienda Policlinico Umberto I sono state diffidate ad astenersi dal porre in essere qualsivoglia attività volta ad autorizzare la richiesta procedura selettiva e a non dare ulteriore corso ad attività, quali quelle poste in essere dall'azienda Policlinico Umberto I, estranee a qualsivoglia logica di ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse nonché di contenimento di spesa, e fonti di pregiudizio erariale, in quanto:
a) il presupposto dell'indizione della procedura selettiva è la vacanza del ruolo e della funzione di direttore dell'U.O.C. direttore medico di presidio. Il posto, al contrario, non è vacante e l'azienda policlinico dispone nei ruoli del proprio organico del dottor Francesco Vaia, dirigente medico, direttore di presidio idoneo a ricoprire proprio tale funzione apicale. Pertanto, la scelta di indire un concorso per coprire una posizione già presente in organico è di per se stessa irragionevole e contraria ai principi di efficienza e buona amministrazione, nonché sintomo di assenza di adeguata istruttoria;
b) con riferimento al presupposto dell'urgenza e del contenimento della spesa, si deve rilevare che lo svolgimento della procedura selettiva viola il «piano di

rientro» per la sottoscrizione degli accordi fra Stato e regione ai sensi dell'articolo 1, comma 180, della legge n. 311 del 2004, adottato con deliberazione di giunta regionale n. 66 del 12 febbraio 2007. Infatti, all'esito del concorso l'azienda si troverà sostanzialmente a corrispondere, per la medesima funzione apicale, una duplice retribuzione, con evidente e grave danno erariale;
con diffida in data 4 agosto 2009, già inviata per conoscenza anche alla Corte dei conti, il dottor Francesco Vaia, per il tramite del suo legale, aveva già diffidato l'azienda Policlinico Umberto I, nella persona del direttore generale, ad astenersi dal procedere ulteriormente all'assegnazione di incarico dirigenziale di direttore di U.O.C. direzione medica di presidio ospedaliero, nonché il commissario ad acta a svolgere tutti gli accertamenti del caso riguardanti lo status giuridico del dottor Francesco Vaia, al fine di non dare ulteriore corso ad attività, quali quelle poste in essere dall'azienda Policlinico Umberto I, estranee a qualsivoglia logica di ottimizzazione e razionalizzazione delle risorse nonché di contenimento di spesa;
con ricorso al tribunale amministrativo regionale del Lazio (R.G. 9855/2009) notificato in data 14 novembre 2009, il dottor Francesco Vaia ha impugnato, chiedendone l'annullamento:
a) la delibera del direttore generale dell'azienda Policlinico Umberto I n. 699 del 30 luglio 2009 avente ad oggetto «l'indizione avviso pubblico per il conferimento di un incarico quinquennale di direttore della UOC Direzione medica di presidio ospedaliero»;
b) il decreto del presidente della regione Lazio n. U0036 del 17 giugno 2009;
c) le note protocollo n. 3310 del 29 gennaio 2008 e n. 4156 del 6 febbraio 2009;
la citata diffida del dottor Francesco Vaia veniva indirizzata anche alla competente procura regionale della Corte dei conti in quanto, ai sensi dell'articolo 17, comma 30-ter, del decreto-legge n. 78 del 2009, come corretto dal decreto-legge n. 103 del 2009 convertito dalla legge n. 141 del 2009, la notizia di una attività amministrativa dell'azienda Policlinico Umberto I e del commissario ad acta alla sanità della regione Lazio diretta a ricoprire con un concorso pubblico un posto di dirigente apicale di cui è già titolare il dottor Francesco Vaia (che percepisce il relativo trattamento economico), concretizza notizia specifica e concreta di danno erariale oggetto dell'azione spettante alla suddetta procura -:
quali iniziative intendano assumere, per quanto di competenza, ai fini della revoca dei provvedimenti citati che appaiono in contrasto con gli obiettivi di risanamento previsti dal piano di rientro e che competono al ruolo del commissario ad acta, anche per evitare possibili danni erariali alla pubblica amministrazione.
(4-06776)

TESTO AGGIORNATO AL 15 APRILE 2010

...

AFFARI ESTERI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
sabato 10 aprile 2010 sono stati arrestati dal governo afghano tre operatori umanitari che lavorano al servizio dell'organizzazione Emergency nella provincia dell'Helmand, con l'accusa di aver organizzato un complotto per l'uccisione del governatore della provincia Gulabuddin Mangal;
dalle agenzie di stampa successive all'accaduto, è emerso come i tre italiani sarebbero sospettati altresì di aver ucciso nel 2007 l'interprete del giornalista Daniele Mastrogiacomo, all'epoca rapito dai talebani assieme al giornalista italiano;

l'organizzazione umanitaria di Emergency opera da sempre come organizzazione indipendente in aree di crisi, prestando la sua opera umanitaria e curando nei propri ospedali chiunque ne abbia bisogno, a prescindere dal ruolo che svolge nelle aree di conflitto;
questo tipo di intervento umanitario inevitabilmente espone Emergency a critiche che spesso, anche in passato, hanno dato luogo a frizioni con il Governo afgano;
pur apparendo il caso fin qui piuttosto nebuloso, le dichiarazioni rilasciate dal Ministro della difesa circa la possibilità di infiltrazioni nell'organizzazione di Emergency, rischiano - in un momento così delicato - di prestarsi a strumentalizzazioni, utili forse a conseguire vantaggi politici di parte, ma che potrebbero ancora una volta contribuire a deteriorare pesantemente l'immagine internazionale dell'Italia;
peraltro, a distanza di poche ore, il Ministro interrogato ha contraddetto il suo collega, definendo false le insinuazioni del Times e considerandolo un caso di cattiva informazione;
le contraddittorie dichiarazioni di esponenti del Governo, unite alla debolezza con cui il Governo nel suo complesso ha, ad avviso degli interpellanti, gestito l'intera vicenda, nonché alla presunta inconsapevolezza dell'imminente azione di polizia afgana, indeboliscono ulteriormente l'immagine e il prestigio del nostro Paese;
occorrerebbe da parte di tutti, e in primo luogo da parte del Governo, maggior senso di responsabilità al fine di non rendere ancora più difficile il necessario confronto sulle strategie messe in atto e su quelle da adottare per corrispondere alla gravità della situazione in Afghanistan -:
se il Governo non intenda esercitare una maggiore pressione diplomatica sul Governo afgano, al fine di garantire che si giunga, nel più breve tempo possibile, ad un chiarimento della dinamica e delle pesanti accuse avanzate ai tre operatori di Emergency arrestati, e per assicurare loro in ogni caso le garanzie e i diritti previsti dalle Convenzioni internazionali per le persone in stato di fermo;
se il Governo sia stato preventivamente informato dalle autorità locali o da appartenenti alle Forze multinazionali presenti in Afghanistan di quanto era in procinto di avvenire nei confronti di alcuni connazionali;
quali siano le motivazioni per cui il nostro Governo non ha ritenuto necessario di dover assumere una tempestiva iniziativa diplomatica nei confronti del Governo afgano al fine di chiedere l'immediato rilascio delle persone arrestate;
se non ritenga che possa sussistere una qualche correlazione tra le dichiarazioni recentemente rilasciate da Gino Strada circa la mancata considerazione delle proposte di apertura «di un corridoio umanitario per l'evacuazione dei feriti» da parte delle Forze Isaf - oggetto peraltro di un'interpellanza parlamentare discussa alla Camera il giorno precedente all'arresto dei tre operatori umanitari - e i fatti riportati.
(2-00670)
«Tempestini, Rugghia, Ventura, Villecco Calipari, Maran, Amici, Mogherini Rebesani, Barbi, Corsini, Narducci, Rubinato, Colombo, D'Antona».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, per sapere - premesso che:
venerdì 9 aprile 2010, Elham Mahdi al Assi, una bimba yemenita, data in sposa all'età di dodici anni, e morta ad Hajjah, città a nord di Sana'a, dopo cinque giorni di matrimonio con un uomo di venti anni;
secondo quanto riporta uno dei principali giornali lo Yemen Observer, la bambina è morta per lesioni gravissime all'apparato genitale, dovute alla violenza sessuale subita dal marito, che hanno portato ad emorragie fatali;

in Yemen non esiste un'età minima per il matrimonio e la violenza sessuale compiuta dal marito non è considerata reato;
secondo uno studio del 2008 a cura del centro studi e ricerche sullo sviluppo di genere dell'università di Sana'a, il 52,1 per cento delle ragazze sono al di sotto dei 18 anni al momento del matrimonio, contro il 6,7 per cento dei ragazzi;
una proposta di legge in un primo momento approvata dal Parlamento yemenita ha stabilito in 17 anni l'età minima per il matrimonio delle ragazze e in 18 quella per i ragazzi;
a seguito però dell'opposizione da parte di parlamentari dell'ala conservatrice, la proposta di legge è stata rinviata al comitato parlamentare per la Sharia, che ha raccomandato di non fissare alcuna età minima per il matrimonio;
autorità clericali hanno pronunciato al riguardo una fatwa nel mese di marzo 2010 e hanno vietato la fissazione dell'età minima per il matrimonio affermando che è contrario alla Sharia. Conseguentemente, gli attivisti che si battono per la fissazione per legge di un'età minima per il matrimonio sono divenuti bersaglio di crescenti selvaggi attacchi nei mesi scorsi, tacciati di infedeli e laicisti per la loro opposizione al matrimonio di minorenni e ad altre pratiche che non solo sono contrarie ai diritti umani ma che mettono a rischio la vita di donne e ragazze -:
quali iniziative urgenti intenda intraprendere nelle opportune sedi perché il Governo yemenita rispetti gli impegni assunti in sede internazionale a tutela dei diritti umani, dell'uguaglianza di genere e della promozione delle condizioni di vita delle donne e delle ragazze, secondo quanto stabilito dall'accordo di cooperazione del 1998 tra l'Unione europea e la Repubblica dello Yemen, in particolare all'articolo 12;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere nei confronti delle autorità yemenite affinché sia assicurata la promozione e la protezione dei diritti umani delle donne e delle ragazze in particolare per quanto riguarda la fissazione di un'età minima per il matrimonio, conformemente ai principi del diritto internazionale in tema di diritti umani, e perché sia considerato reato la violenza sessuale del marito nei confronti della moglie;
quali azioni intenda intraprendere perché cessi la persecuzione degli avvocati e più in generale degli attivisti per il rispetto dei diritti umani.
(2-00673)
«Zamparutti, Bernardini, Mecacci, Beltrandi, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Guzzanti, D'Antona, Fiano, Misiti, Boccia, Burtone, Barba, Ferrari, Consolo, Sbai, Cesare Marini, Vannucci, Zucchi, Gava, Guido Dussin, Mistrello Destro, Goisis, Pianetta, Lussana, Munerato, Carlucci, Vernetti, Lehner, Lorenzin, Di Giuseppe, Razzi, Iannaccone, Belcastro, Mondello, Compagnon, Nirenstein, Santelli, Della Vedova, Rubinato».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NIRENSTEIN. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
l'Iran ha presentato la propria candidatura per ottenere un seggio triennale presso il Consiglio per i diritti umani dell'Onu a Ginevra;
è imminente l'elezione dei nuovi membri, prevista per il 13 maggio;
il Consiglio per i Diritti Umani viene sovente orientato nelle sue scelte da maggioranze automatiche troppo spesso determinate da convinzioni antioccidentali;
il Ministro degli esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha preannunciato la contrarietà del suo Paese all'ingresso dell'Iran presso tale organismo e ha chiesto ai

colleghi europei di mobilitarsi contro la candidatura iraniana, che risulta ogni giorno più forte -:
se e come l'Italia, seguendo la propria tradizione di difesa dei valori della libertà e tenendo conto delle continue violazioni di diritti umani perpetrate dall'Iran in particolare nei confronti di oppositori politici, omosessuali e donne, intenda opporsi a questa eventualità.
(5-02731)

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo fonti di stampa, nella giornata di venerdì 9 aprile 2010 l'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti, con riferimento al Trattato di amicizia e cooperazione tra l'Italia e la Libia ha dichiarato, «Nessuno può essere trasferito, espulso o estradato verso uno Stato dove esiste il serio pericolo che la persona sarà condannata a morte, torturata o sottoposta ad altre forme di punizione o trattamento degradante o disumano»;
tali affermazioni fanno riferimento a un rapporto redatto dall'organizzazione non governativa Human Rights Watch che nel settembre 2009 ha denunciato l'intercettazione da parte delle guardie costiere italiane di migranti africani richiedenti asilo nel Mediterraneo che vengono respinti con la forza in Libia, sulla base di un trattato «stipulato dall'Italia senza valutare le possibilità che vi fossero tra loro rifugiati o persone in qualche modo vulnerabili»;
monsignor Marchetto ha anche evidenziato che in Libia «esistono centri di detenzione e di rimpatrio dove le condizioni variano da accettabili a disumane e degradanti» ed ha anche poi rilevato una tendenza, tra i Paesi europei, «di delocalizzare i controlli delle frontiere, incoraggiando i loro partner delle coste meridionale del Mare nostro, Mare dei diritti, ad effettuare controlli più rigidi sui migranti. (...) le intercettazioni e i decentramenti operati dalle "autorità" europee in molti casi rende impossibile a migliaia di persone di raggiungere la costa nord del Mediterraneo, o persino di lasciare il loro Paese di origine o di transito»;
tale pratica contrasta con il diritto a emigrare è inclusa nella Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, e con il principio del non respingimento (non refoulement) sancito dal diritto internazionale convenzionale e della Convenzione ONU sui rifugiati;
secondo monsignor Marchetto molti Paesi europei riconoscono come rifugiati persone che sono arrivate nel loro territorio per via non marittima, ma provenienti dagli stessi Paesi da cui giungono i migranti intercettati e respinti nel mare nostro, nel mare dei diritti;
l'arcivescovo Marchetto ha poi confermato la sua posizione «di condanna a chi non osserva il principio di non refoulement, che sta alla base del trattamento da farsi a quanti fuggono da persecuzione» -:
quali siano gli intendimenti del Governo dello Stato italiano, e in particolare del Ministero degli affari esteri, rispetto alla posizione espressa da un esponente del Governo dello Stato Città del Vaticano competente per le questioni migratorie, che sono radicalmente critiche nei confronti del trattato stipulato dall'Italia con la Libia, e che non sono state pronunciate in questi termini da nessun altro Stato;
se non intenda rivedere, alla luce di tali critiche, nonché di quelle di altre istituzioni europee e internazionali, a partire dall'Alto commissario ONU sui rifugiati, le politiche di respingimento in mare dei migranti verso la Libia.
(5-02734)

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo dal sito www.greenreport.it del 9 aprile 2010, il Comitato Amici delle Dune di Lacona, nato per acquisire e destinare all'uso pubblico e ad una corretta fruizione ambientale le dune di Lacona, nel comune di Capoliveri, sull'Isola d'Elba, che rappresentano l'ultimo sistema dunale dell'intero Arcipelago Toscano, lancia un nuovo allarme sulla necessità di intervenire con urgenza per evitare che il tratto centrale, il più prezioso ma anche quello probabilmente dove è in atto il degrado più accelerato, sia nuovamente venduto dagli attuali proprietari ad altri privati;
nonostante il Comitato avesse avviato un'iniziativa di raccolta fondi per acquisire le particelle già in vendita e possibilmente anche gli immobili oggetti della stessa vendita, l'attuale proprietà di quell'area delle dune, dopo una lunga trattativa con il Comitato che aveva dimostrato la massima disponibilità ed avviato contatti con istituzioni, associazioni, nonostante iniziative pubbliche molto partecipate all'Elba che chiedevano il recupero ambientale delle Dune ed un loro ritorno alla proprietà pubblica, ha recentemente comunicato di avere un misterioso «compratore» che comprerebbe in blocco le dune e gli immobili costruiti negli anni scorsi;
gli attuali proprietari hanno quindi deciso di non ritenere necessario attendere la raccolta fondi che il Comitato era pronto ad avviare né l'esito delle iniziative per ottenere finanziamenti europei e regionali che erano stati avviati;
tutto questo nonostante le iniziative per la difesa e la valorizzazione delle dune di Lacona avessero ottenuto non solo il sostegno dell'opinione pubblica elbana ma anche l'interesse del mondo scientifico, concretizzatosi nell'invito a diversi convegni per illustrare le iniziative e l'unicità ambientale e paesaggistica dell'area;
il presidente del comitato, Francesco Mezzatesta ha spiegato: «L'area è infatti inserita nel Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano e zonata come Zona B nel piano del parco recentemente approvato. Il consiglio regionale della Toscana nel dicembre 2009 ha approvato all'unanimità una mozione che raccomanda alla giunta regionale "Di valutare l'opportunità di prevedere misure di protezione e di salvaguardia del sistema dunale di Lacona, raro esempio di ambiente naturale residuale" e il dibattito in aula ha evidenziato la necessità di inserire, per la presenza di habitat prioritari e di specie a rischio di estinzione, le dune di Lacona tra le Zone di protezione speciale (direttiva Uccelli) e Siti di interesse comunitario (direttiva Habitat) per il loro grande valore ambientale. La stessa Ispra ha inserito le Dune di Lacona tra gli habitat costieri a rischio e di maggiore importanza naturalistica. Nel 2010, anno mondiale della biodiversità che culminerà con la conferenza internazionale di Nagoya alla cui preparazione il nostro Paese sta dando un forte contributo, e proprio mentre l'Unione Europea individua le dune costiere come uno degli habitat più importanti sia dal punto di vista della biodiversità che per la mitigazione degli impatti del cambiamento climatico che per la difesa delle coste, sarebbe impensabile che il cuore delle Dune di Lacona, la spiaggia più nota dell'Elba e certamente quella più frequentata dai turisti internazionali, fosse svenduta ad un privato che le acquisirebbe con il probabile intento di realizzare un'operazione immobiliare» -:
se e quali iniziative - anche comuni con il Parco Nazionale dell'arcipelago toscano, il comune di Capoliveri, la regione Toscana e la provincia di Livorno

- il Ministro intenda avviare, nell'ambito delle sue competenze, per evitare che le dune di Lacona subiscano un'ulteriore vendita e privatizzazione, considerato l'esempio della villa romana di Giannutri dove un intervento della regione e poi quello del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare impedirono, attraverso il diritto di prelazione previsto dalla legge n. 394 del 1991 nei parchi nazionali, la cessione dell'area archeologica ai privati.
(4-06762)

TESTO AGGIORNATO AL 19 APRILE 2010

...

DIFESA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

IV Commissione:

RUGGHIA, VICO, GAROFANI, VILLECCO CALIPARI, LAGANÀ FORTUGNO e RECCHIA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende la situazione di forte disagio che coinvolgerebbe migliaia di marinai di ogni ordine e grado, imbarcati a bordo delle nostre unità navali che hanno svolto attività di servizio prolungata oltre il normale orario di lavoro per l'intero ultimo quadrimestre del 2009 senza ricevere il trattamento economico, corrisposto ordinariamente in queste situazioni, pari a 50 euro giornalieri come «compenso forfettario di impiego»;
sempre secondo la stampa, ad alcuni militari sarebbe stata richiesta la restituzione di compensi, a questo titolo, già percepiti in busta paga nei mesi precedenti;
lo Stato maggiore della Marina fa dipendere il mancato pagamento delle indennità «Cfi» dall'insufficienza dei fondi disponibili anche a causa di spese non previste, quali i soccorsi ai terremotati di Haiti e il prolungarsi dell'impegno anti-pirateria nel golfo di Aden;
il «compenso forfettario di impiego», disciplinato da norme contrattuali per un massimo di 120 giorni all'anno, retribuisce forfettariamente fino a 12 ore lavorative giornaliere svolte in particolari situazioni di impiego;
questa clausola contrattuale intende conciliare le esigenze derivanti dai compiti di istituto delle Forze armate con l'altrettanta inderogabile esigenza di retribuire i prolungamenti d'orario;
una programmazione inadeguata delle attività o delle risorse economiche necessarie a retribuirla finisce per svuotare di contenuti una clausola contrattuale che già ridimensiona la prestazione d'opera individualmente resa a vantaggio dell'efficienza dello strumento militare -:
quali siano le ragioni che hanno determinato la paradossale situazione richiamata in premessa e quali iniziative si intendano assumere per farvi fronte, evidenziando, in particolare, se e in che modo abbia influito su tale situazione l'impiego della portaerei Cavour, attraverso un'ordinanza della protezione civile, nelle operazioni di soccorso ai terremotati di Haiti e se la situazione medesima risulti circoscritta ad una squadra navale o all'intera Marina militare o addirittura estesa ad altre unità delle Forze armate.
(5-02740)

DI STANISLAO e DONADI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
è notizia di questi giorni la svolta storica della sigla in calce all'accordo sulla riduzione degli arsenali nucleari, cosiddetta Start2, da parte del Presidente degli Stati Uniti e quello della Russia, nel corso del recente vertice bilaterale di Praga;
questa firma rappresenta per tutta la comunità internazionale motivo di speranza e soddisfazione per la sensibile riduzione delle testate e la ripresa delle

ispezioni reciproche, che sembra aver definitivamente messo termine alla «guerra fredda»;
pur avendo firmato il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari, il nostro Paese, secondo il dossier US nuclear weapons in Europe (rif. http://www.nukestrat.com/us/afn/nato.htm), ospita circa 100 testate atomiche B-61;
la questione è tra l'altro nota da decenni, ancorché dichiarata top secret; infatti, le bombe servivano ovviamente, secondo la vecchia dottrina nucleare della Nato, per fare fronte alle forze del Patto di Varsavia in caso di invasione, mentre oggi lo scenario internazionale appare completamente modificato;
da un articolo apparso sulla Stampa dell'8 aprile 2010, si apprende che tra l'Italia e gli Stati Uniti esisterebbe un accordo segreto per la difesa nucleare, il quale sarebbe stato rinnovato poi nel 2001 (nome in codice «Stone Axe», nientemeno che «Ascia di guerra»), in base al quale il nostro governo si impegna a dare il proprio assenso nel caso gli americani vogliano fare uso di dette testate -:
di quali informazioni disponga circa la notizia del citato accordo segreto tra Italia e Usa e se esista o meno un piano di evacuazione delle aree a rischio, a tutela della salute pubblica, dell'ambiente e della nostra sicurezza.
(5-02741)

Interrogazione a risposta in Commissione:

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 marzo 1983, n. 78, disciplina le indennità delle Forze armate in relazione al peculiare tipo di rischio, disagio e responsabilità;
l'articolo 6 prevede l'indennità di volo al personale in possesso del brevetto militare di specialista, se facente parte degli equipaggi fissi di volo;
l'articolo 13 prevede l'indennità supplementare per pronto intervento aereo ai destinatari del precedente articolo 6, se impiegati in particolari condizioni operative;
con delle circolari periodiche da ultimo la circolare dello Stato maggiore della Marina prot. n. 6/28020/F4o del 2 aprile 2009, si dispone che «in applicazione dell'articolo 18 della legge 187/1976 sono stati determinati i contingenti massimi del personale destinatario dell'indennità di volo e dell'indennità supplementare di pronto intervento aereo per l'anno corrente»;
con tali circolari il personale è solo formalmente escluso (equipaggi non fissi di volo), ma, sostanzialmente, è impiegato sempre nelle medesime condizioni nell'arco dell'anno, svolgendo la medesima attività di volo e connessa (equipaggi fissi di volo) -:
se il Ministro non ritenga opportuno intervenire presso lo Stato maggiore della Marina affinché fornisca chiare disposizioni, innanzitutto per consentire il pagamento delle due indennità citate in premessa e relativi arretrati a tutti gli equipaggi fissi di volo che svolgono l'attività di volo e connessa in condizioni di rischio, disagio e responsabilità, come dispone il legislatore, ma soprattutto per l'impiego sostanziale del personale non facente parte degli equipaggi fissi di volo.
(5-02726)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il bilancio del Ministero della difesa, uno dei due dicasteri più impegnati sul fronte della globalizzazione insieme a quello degli affari esteri, è in continuo calo;
per la Difesa l'Italia è al di sotto dell'1 per cento del PIL (0,9 per cento, per le spese complessive della funzione difesa, che includono anche quelle presenti nei

bilanci di altri dicasteri), ben al di sotto della media europea (1,42 per cento), delle richieste della Nato (2 per cento) e degli impegni assunti in sede europea;
è un bilancio quasi completamente assorbito dalle spese per il personale, arrivate al 63 per cento grazie ad un aumento dello stanziamento di 750 milioni, a fronte di un decremento degli investimenti (-560 milioni) e delle spese per l'esercizio e la formazione (-440 milioni);
il Paese dispone di Forze armate, ad avviso dell'interrogante, sempre peggio armate e peggio addestrate, anche se impegnate in difficili missioni all'estero;
le mancanze a livello strutturale del sistema italiano si riflettono anche nelle sue politiche di penetrazione commerciale. Le nostre esportazioni strutturalmente sono anche divenute più fragili: si registra una diminuzione della competitività nell'ambito dell'Unione europea (le esportazioni italiane nell'area dell'Unione europea crescono più lentamente, passando da quasi il 64 per cento del totale a circa il 58 per cento), un'analoga tendenza verso gli Usa (dal 9,2 per cento al 6,93 per cento), un aumento ancora troppo modesto nei confronti delle economie emergenti dell'Asia orientale (solo mezzo punto, dal 5,6 per cento al 6,1 per cento e ancora una diminuzione percentuale verso l'America Latina (un altro mezzo punto dal 3,9 per cento al 3,3 per cento);
il sistema produttivo italiano non sembra ancora in grado di accrescere significativamente la sua capacità di penetrazione in direzione delle economie a più alto tasso di crescita;
allo studio è anche una nuova revisione dell'amministrazione della Difesa e, presumibilmente, dello stesso «modello di difesa». Le gravi carenze di bilancio e l'assenza di un chiaro dibattito pubblico sulle opzioni realmente aperte in questa direzione rendono il tutto decisamente più complesso;
manca, tra l'altro, in Italia la volontà o la capacità di affrontare congiuntamente, almeno sul piano dell'analisi, i complessi problemi, tra loro interrelati, del settore della sicurezza e di quello della difesa, e della nuova, essenziale dimensione delle operazioni miste civili-militari, che invece stanno assumendo una rilevanza sempre maggiore a livello comune europeo ed atlantico;
tra l'altro, nella riunione dei Ministri della difesa della NATO del 5 febbraio 2010 a Bruxelles è emersa una situazione finanziaria preoccupante dell'Alleanza per la quale si ipotizza un ulteriore contributo da parte degli Stati membri;
in Italia il Ministro della difesa ha quantificato il contributo in circa 8 milioni di euro;
l'Italia deve prepararsi ad affrontare nuove sfide e nuovi costi. È un processo già iniziato senza essere accompagnato da un vero e ampio dibattito politico interno che coinvolga pienamente il Parlamento e consenta la formazione di uno stabile consenso, premessa necessaria per una mobilitazione delle risorse necessarie -:
se il Governo non ritenga di dover iniziare a valutare e analizzare concretamente quelle che all'interrogante appaiono gravi carenze di bilancio nonché le inevitabili conseguenze attuali e future e di avviare un chiaro e necessario dibatto in merito nelle opportune sedi istituzionali.
(4-06759)

RAISI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la legge 11 dicembre 1962, n. 1746, prevede l'estensione al personale militare, in servizio per conto dell'ONU in zone d'intervento, dei benefici combattentistici;
l'articolo 16, comma 4, del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 1981, n. 432, laddove stabilisce l'attribuzione di aumenti periodici convenzionali per la nascita di figli e «per altre situazioni previste dalle norme vigenti», usa una indicazione talmente ampia da fare

chiaramente intendere che il legislatore si è voluto riferire - senza necessariamente richiedere che si tratti di aumenti periodici biennali (scatti) - a tutte le situazioni in cui la norma contempli miglioramenti retributivi a seguito del verificarsi di situazioni meritevoli, come, appunto, quelle che vedono la partecipazione alle missioni ONU e che comportano il riconoscimento del diritto a percepire i benefici combattentistici (Consiglio di Stato, sezione IV, 13 luglio 2007, n. 5475);
il Consiglio di Stato, con parere n. 742 del 1992 espresso dalla sezione prima-Adunanza generale del 17 maggio 1993, ha ritenuto che «il passaggio dal sistema di progressione per classi e per scatti a quello della retribuzione individuale di anzianità» non comporta affatto «la rinuncia ad utilizzare lo scatto di stipendio come strumento di determinazione dell'incremento retributivo», e «non implica l'impossibilità di continuare ad utilizzarlo come misura del particolare beneficio che il legislatore aveva inteso accordare a determinate categorie di pubblici dipendenti»;
il tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione I-bis nella sentenza 9668/2007 del 24 aprile 2007, ha confermato il suddetto parere;
la semplice modifica della struttura della progressione stipendiale del personale militare, recata dapprima dalla legge 11 luglio 1980, n. 312 (classi e scatti), dopo dalla legge 14 novembre 1987, n. 468, di conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 1987, n. 379 (retribuzione individuale di anzianità/livelli) e verosimilmente adesso dal decreto legislativo 30 maggio 2003, n. 193 (parametri), non può comportare la perdita di benefici che, continuano a essere riconosciuti a favore della dirigenza militare solamente perché per i ruoli non direttivi resta ferma la progressione economica per classi e scatti -:
se non si ritenga opportuno assumere le necessarie iniziative affinché vengano fornite disposizioni chiare al fine di consentire il pagamento del beneficio convenzionale ONU a tutti i militari, a prescindere dal grado gerarchico rivestito.
(4-06767)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
con il foglio n. 229/3-3 di prot. 2009 datato 1o marzo 2010, avente ad oggetto «somministrazione di alimenti e bevande calde e fredde a mezzo di distributori automatici da installare presso le caserme sede di reparti amministrativamente dipendenti. Esercizio Finanziario 2010» il Comando legione Carabinieri Lazio - servizio amministrativo, a firma del generale di divisione Saverio Cotticelli, ha comunicato agli enti territorialmente dipendenti che «in ordine alla problematica di cui all'oggetto, rappresento preliminarmente che il Servizio Amministrativo regionale - a seguito di esperimento di apposita ricerca di mercato - ha affidato il servizio de quo alla Associazione Carabinieri in servizio «Podgora» con sede in Roma, Via Giuseppe Mantellini n. 14 che ha proposto i prezzi in allegato.»;
in risposta all'interrogazione n. 4-05722, con la nota prot. n. 5/N1P/14078/14.1.6 (10) datata 24 marzo 2010 il Ministro interrogato ha affermato « ... Dal momento che ho ritenuto di concedere il previsto assenso ministeriale alla costituzione, sono naturalmente a conoscenza dell'esistenza dell'«Associazione Podgora. I soci fondatori di tale sodalizio, sulla base degli atti in possesso, risultano essere il luogotenente Giovanni Mola, il brigadiere Antonio Tarallo, l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna e l'appuntato Maurizio Lama; non si dispone, invece, del numero complessivo degli associati. Le finalità dell'associazione sono la promozione di iniziative di carattere culturale, il sostegno morale e materiale in favore dei soci e delle loro famiglie, con particolare riguardo al coniuge superstite ed ai congiunti dei carabinieri deceduti, la promozione della cultura dell'igiene alimentare, la

prestazione di opere di volontariato. Riguardo, infine, all'asserita «vendita degli articoli citati, nel riferire a margine che non risulta possibile effettuare una verifica del sito web, essendo lo stesso inaccessibile, non dispongo delle necessarie informazioni per "accertare eventuali responsabilità amministrative", di cui è cenno nell'interrogazione in titolo.»;
il decreto ministeriale 31 dicembre 1998, n. 522 - regolamento recante modalità per la gestione e la rendicontazione delle attività di protezione sociale a favore del personale militare e civile delle Forze armate - all'articolo 7, comma 1 stabilisce che «L'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale è affidato ad organizzazioni costituite ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382, su istanza delle medesime che comprovi il possesso di adeguata idoneità tecnica ed economica per lo svolgimento delle attività stesse.»;
il successivo comma 2 del medesimo articolo recita che «Il comandante dell'ente distaccamento presso cui l'organismo e costituito, accertata la sussistenza dei presupposti di legge, l'opportunità e la convenienza economica, sentito l'organismo di rappresentanza militare o le organizzazioni sindacali corrispondenti, previa autorizzazione dell'alto comando periferico da cui dipende ai sensi dell'articolo 5 del presente decreto, delibera l'affidamento in concessione.»;
i restanti commi del medesimo articolo 7 stabiliscono le modalità e i criteri di affidamento dell'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale;
il successivo articolo 8, comma 1, del medesimo decreto stabilisce che «In assenza di istanze da parte di organizzazioni costituite ai sensi dell'articolo 8 della legge 11 luglio 1978, n. 382, l'esercizio delle attività connesse con gli interventi di protezione sociale può essere affidato ad enti di diritto pubblico o privato con le procedure e nel rispetto delle norme di cui al precedente articolo 7.»;
il recepimento delle norme europee nel campo della tutela della salute dei consumatori, ha introdotto il principio dell'autocontrollo anche nel campo alimentare. L'HACCP è stato introdotto in Europa nel 1993 con la direttiva 43/93/CEE (recepita in Italia con il decreto legislativo n. 155 del 1977), che prevede l'obbligo di applicazione del protocollo HACCP per tutti gli operatori del settore alimentare. Questa normativa è stata sostituita dal Reg. (CE) n. 852 del 2004 entrato in vigore dal 1o gennaio 2006. Con il decreto legislativo n. 193 del 2007 viene definitivamente abrogato il decreto legislativo n. 155 del 1997 e vengono decretate le sanzioni per inadempienza al Reg. (CE) n. 852 del 2004;
il presidente dell'associazione carabinieri in servizio «Podgora», oltre ad essere un delegato del Cocer Sezione Carabinieri, è anche un membro del consiglio comunale di Roma, eletto nelle liste del Popolo delle Libertà (PdL);
agli interroganti appare evidente che il Ministro della difesa con la risposta all'atto di sindacato ispettivo citato sembrerebbe aver erroneamente assunto la riferita inaccessibilità del sito web dell'associazione quale impedimento assoluto ad indagare sulla regolarità sia dell'associazione medesima sia sul comportamento degli uffici dell'amministrazione militare con cui i membri del predetto sodalizio hanno intrattenuto rapporti culminati nell'atto di concessione del servizio di somministrazione di bevande e alimenti a mezzo di distributori automatici -:
quante siano le associazioni analoghe alla Podgora, ovvero enti di diritto pubblico o privato siano stati invitati a presentare offerte per la gestione del servizio citato in premessa e quali criteri di valutazione siano stati utilizzati nella apposita ricerca di mercato esperita dall'Amministrazione militare;
quali siano stati i motivi che hanno determinato la decadenza dei concessionari affidatari del servizio in premessa

fino alla data del 1o marzo 2010 e quale sia stato il bilancio economico dell'esercizio finanziario 2009;
quali siano la solidità economica e le garanzie offerte dall'Associazione all'amministrazione e con quale compagnia di notoria solidità abbia stipulato una polizza assicurativa di adeguato massimale a garanzia della responsabilità civile presso terzi per danni o infortuni che dovessero occorrere a cose o persone che comunque faranno uso dei citati distributori automatici;
quale sia l'importo del deposito cauzionale costituito in favore dell'amministrazione relativamente all'esercizio delle attività in affidamento ed a garanzia dei materiali di proprietà dell'amministrazione;
quali siano le modalità con cui l'Associazione intenderà svolgere il servizio in affidamento, di quanto personale regolarmente assunto disponga per gestire detto servizio, se sia in possesso di tutte le necessarie autorizzazioni sanitarie e se abbia approntato un piano di autocontrollo;
quali siano le motivazioni con cui il comando Generale dell'Arma dei Carabinieri ha autorizzato il comandante della Legione Carabinieri Lazio a deliberare l'affidamento in concessione del servizio in premessa;
se il Ministro intrattenga rapporti di carattere politico con il presidente dell'Associazione Carabinieri in servizio «Podgora», se non ritenga inopportuno che il servizio in questione o altri siano affidati alla gestione di un'associazione il cui presidente è anche esponente politico del partito del quale il ministro medesimo è coordinatore nazionale;
se il ministro intenda accertare se l'appuntato scelto Giuseppe La Fortuna, il brigadiere Antonio Tarallo, il luogotenente Giovanni Mola e l'appuntato Maurizio Lama svolgano le attività connesse all'esercizio dell'associazione o altre attività connesse al disbrigo delle incombenze relative alla stipula di atti o convenzioni in nome e per conto dell'Associazione, ciascuno per le proprie competenze, durante l'attività di servizio.
(4-06775)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

VIETTI, GALLETTI, CICCANTI, OCCHIUTO, COMPAGNON, NARO, VOLONTÈ, ANNA TERESA FORMISANO, RUGGERI, PEZZOTTA, MEREU, LIBÈ e RAO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i debiti della pubblica amministrazione nei primi mesi del 2010 ammonterebbero, secondo una stima di Confindustria, a circa 70 miliardi di euro, una cifra pari a più del doppio di quanto calcolato dal ministero dell'economia e delle finanze, che ha stimato in 30 miliardi di euro i crediti vantati dalle aziende ed in attesa di essere saldati;
l'Italia, inoltre, è il Paese europeo che fa registrare i ritardi maggiori nei pagamenti della pubblica amministrazione e dei privati: per gli enti pubblici il tempo medio dei pagamenti è di 61 giorni in più rispetto alla media europea, mentre le aziende private saldano i fornitori in media con 31 giorni in più rispetto ai concorrenti europei;
in una fase economica in cui i fatturati si sono ridotti e i ricavi pressoché azzerati, l'allungamento dei tempi di pagamento rischia di mettere definitivamente in ginocchio le aziende italiane, soprattutto le piccole e medie imprese, già in sofferenza per la stretta del credito e costrette ad accollarsi ulteriori oneri finanziari ed amministrativi per il recupero dei crediti vantati;
per fare fronte a questa situazione, Francia e Spagna hanno adottato provvedimenti volti ad eliminare i ritardi nelle transazioni commerciali tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione, prevedendo il pagamento a 30 giorni, con la previsione di una penale del 5 per cento in

caso di mancata osservanza del termine, da computare in aggiunta agli interessi di mora;
si tratta di provvedimenti che, di fatto, anticipano la proposta di direttiva 2009 (COM) 126 dell'8 aprile 2009, che modifica la prima direttiva sul ritardo dei pagamenti (direttiva 2000/35/CE), di cui mantiene inalterati gli elementi principali (interessi in caso di ritardo, riserva di proprietà e procedura di recupero dei crediti non contestati), ma con l'inserimento di alcune novità, tra cui l'obbligo del pagamento entro i 30 giorni dalla consegna del bene o dalla fornitura del servizio e la penale del 5 per cento in caso di pagamento oltre il termine previsto;
le misure introdotte dal Governo (intervento della Sace nella prestazione di garanzie finalizzate ad agevolare lo smobilizzo dei crediti vantati dai fornitori di beni e servizi nei confronti della pubblica amministrazione; certificazione dei crediti in termini di certezza, liquidità ed esigibilità; norme volte a garantire un miglioramento della situazione dei ritardi dei pagamenti in favore di imprese private con fondi resi disponibili dall'assestamento del bilancio dello Stato) non hanno risolto il problema dei ritardati pagamenti in misura consistente -:
se non ritenga di adottare iniziative che superino, in attesa del varo della direttiva citata ed in analogia con quanto già attuato da Francia e Spagna, i limiti della legislazione attuale, al fine di tutelare le aziende che, senza un rapido sblocco dei crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione e dei privati, rischiano il fallimento.
(3-01013)

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

BRAGANTINI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
i commi 436 e 437 dell'articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311 consentono all'Agenzia del Demanio di alienare i beni immobili di proprietà dello Stato mediante trattativa privata se di valore unitario o complessivo non superiore a 400.000 euro e mediante asta pubblica ovvero invito pubblico ad offrire se di valore superiore a tale importo;
le regioni e gli enti locali territoriali sul cui territorio insistono gli immobili in vendita hanno il diritto di opzione all'acquisto, da esercitarsi entro il termine di quindici giorni dal ricevimento della determinazione a vendere comunicata dall'Agenzia del demanio prima dell'avvio delle procedure; le stesse regioni ed enti locali territoriali hanno il diritto di prelazione all'acquisto nel caso di vendita con procedure ad offerta libera;
l'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42, stabilisce i principi ed i criteri direttivi dell'attribuzione a titolo non oneroso del patrimonio dello Stato alle regioni ed agli enti locali;
il Governo, nel mese di dicembre dello scorso anno, ha esaminato una bozza di decreto legislativo in attuazione dell'articolo 19 della citata legge n. 42 del 2009;
l'Agenzia del demanio sta tuttora procedendo regolarmente con le procedure di alienazione del patrimonio dello Stato, mediante sia trattativa privata, sia asta pubblica -:
quali siano i beni immobili di proprietà dello Stato per i quali l'Agenzia del demanio ha aperto ad oggi una procedura di alienazione e quale sia la loro ubicazione.
(5-02736)

Interrogazione a risposta in Commissione:

PIFFARI e CIMADORO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il 31 gennaio 2004, l'allora sindaco di Bergamo presentò al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, l'idea

di costruire una nuova accademia della Guardia di finanza nella città di Bergamo;
la prima bozza di accordo di programma fu preparata nell'ottobre 2005 e il progetto fu approvato il 22 dicembre dello stesso anno dal consiglio comunale di Bergamo;
l'accordo di programma fu poi approvato dalla giunta regionale lombarda il 20 giugno 2006 e, di seguito, dalla giunta provinciale;
il complesso, da realizzare in due lotti, avrebbe dovuto svilupparsi su di un area di 180 mila metri quadrati compresa tra la ferrovia per Milano, il margine nordest di Grumello del Piano e l'asse interurbano;
l'apertura del cantiere del primo lotto fu indicata all'inizio del 2009;
da quanto riportato da un articolo del 17 dicembre 2009 sul quotidiano on-line Bergamo Sera, dopo lo slittamento di 48 mesi del progetto, la stessa Guardia di finanza aveva provveduto a comunicare il «definitivo allontanamento della costruzione dell'Accademia»;
ad allontanare la realizzazione del progetto è la mancanza di fondi (250 milioni di euro) che il Governo ha deciso di trasferire e destinare alla ricostruzione in Abruzzo e per la Calabria e la Sicilia;
da quanto appreso nello stesso articolo la decisione di abbandonare il progetto pare sia definitiva -:
se, pur in considerazione del sacrificio imposto dalla tragedia de L'Aquila, il Governo ritenga la costruzione di questa infrastruttura ancora un'opera strategica e quindi non intenda mantenere ferma la destinazione d'uso dell'area oggetto dell'accordo di programma per la costruzione dell'accademia della Guardia di finanza a Bergamo, nel rispetto degli impegni assunti con il comune e gli enti locali e in attesa dei fondi necessari alla realizzazione di questa opera.
(5-02730)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Equitalia è la società per azioni, a totale capitale pubblico, incaricata dell'esercizio dell'attività di riscossione nazionale dei tributi;
il suo fine è quello di contribuire a realizzare una maggiore equità fiscale, dando impulso all'efficacia della riscossione attraverso la riduzione dei costi a carico dello Stato e la semplificazione del rapporto con il contribuente;
nel comune di Zogno (Bergamo) l'agenzia di Equitalia eroga un servizio importante non solo ai cittadini residenti, ma ha un bacino di utenza molto ampio che comprende tutti gli abitanti della Valle Brembana;
come apparso il 2 aprile 2010 sul quotidiano L'Eco di Bergamo, i vertici regionali di Equitalia hanno recentemente deciso di chiudere lo sportello esattoriale ubicato a Zogno (Bergamo), comunicando la decisione, già assunta, al sindaco del comune;
l'amministrazione comunale di Zogno (Bergamo) ha manifestato il proprio dissenso a tale soluzione, tra l'altro adottata senza un confronto preventivo con gli enti locali interessati -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative affinché Equitalia rivaluti la decisione che prevede la chiusura dell'unico sportello esistente nella Valle Brembana, facendo sì che eventuali problematiche siano affrontate con gli enti locali interessati, che dovrebbero essere interpellati come interlocutori privilegiati nell'ottica dell'attuazione di un concreto federalismo.
(4-06748)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un'analisi degli esperti del Sole 24 Ore di mercoledì 7 aprile 2010, emerge che a dieci anni dall'approvazione dello statuto del contribuente, introdotto dalla legge 212 del 2000 per riequilibrare il rapporto tra fisco e cittadini, molte promesse continuano ad essere disattese, nonostante in alcuni casi la sensibilità e l'attenzione dell'amministrazione finanziaria siano cresciute al punto da riconoscere pari dignità alla «controparte»;
uno dei titoli dello statuto riguarda, ad esempio, la tutela patrimoniale del contribuente: i decreti attuativi di questa forma di tutela non sono però stati adottati e molte modifiche non vi fanno cenno (come la proroga dei termini in caso di rapporto penale e le norme restrittive della compensazione del credito Iva);
molte le questioni aperte segnalate nell'articolo: iscrizione di ipoteca sugli immobili anche per importi limitati a debito per il contribuente; assenza di chiarezza e la trasparenza dei testi normativi; numero eccessivo di deroghe esplicite o più di frequente non dichiarate alle regole statutarie; «malcostume» della retroattività delle imposte o dei mutamenti procedurali; uso massiccio delle proroghe dei termini di accertamento; tensioni tra ispettori del fisco e contribuenti per la tendenza dei primi a protrarre le verifiche oltre i 30 giorni stabiliti dallo statuto interpretando a proprio favore il concetto di presenza effettiva in azienda; difficoltà dei cittadini di ottenere il riconoscimento delle «attenuanti» legate all'obiettiva incertezza delle norme ovvero al carattere meramente formale delle violazioni;
altra questione da considerare è il ruolo del garante del contribuente: si tratta di un organo privo di effettivi poteri per incidere realmente nel rapporto tributario e i risultati ottenuti sono del tutto insufficienti, anche perché i contribuenti lo hanno attivato solo in rare occasioni. L'azione dei garanti sul territorio potrebbe avere, invece, un valore importante per l'equilibrio del rapporto tra contribuente e fisco;
l'articolo 13 della legge 212 riserva al garante la salvaguardia dei princìpi generali dello statuto: il garante pertanto rivolge richieste di documenti o chiarimenti agli uffici finanziari, i quali devono rispondere entro 30 giorni; attiva procedure di autotutela qualora ravvisi anomalie comportamentali in atti della pubblica amministrazione a danno del cittadino, rivolgendo raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini di una maggiore tutela del contribuente e di una maggiore organizzazione dei servizi del cittadino. L'ufficio del garante non ha il potere di infliggere sanzioni né di obbligare l'amministrazione a osservare determinati comportamenti;
oggi l'ufficio del garante merita di essere rivisitato per quanto riguarda i poteri sanzionatori o decisori che gli dovrebbero essere legislativamente conferiti perché possa essere identificato dal cittadino come un valido strumento a cui fare ricorso. Anche dal punto di vista organizzativo tuttavia, tale ruolo deve essere rivisto, in quanto appare irragionevole la presenza di un organo collegiale di tre membri sia in regioni ad alta densità come Lombardia, Lazio e Campania, in cui pervengono più di mille richieste annue da parte dei cittadini, sia in regioni con popolazione inferiore come Marche o Valle d'Aosta, dove pervengono appena un centinaio di richieste. Infine, pur essendo un organo collegiale, stupisce il fatto che non sia stata prevista dal legislatore la nomina dei supplenti, così che in caso di impedimento di un componente dell'ufficio questo cessa temporaneamente di funzionare -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle importanti lacune di cui si parla sopra e quali misure intenda adottare per porre rimedio ad una situazione di sproporzione nel rapporto tra fisco e cittadini;

se il Ministro interrogato non ritenga opportuno promuovere l'adeguamento della legge 212 del 2000, dotandola degli strumenti necessari alle mutate esigenze sociali, adottando tutti i decreti attuativi e provvedendo agli aggiornamenti necessari della norma che, nei suoi dieci anni di vigenza, è stata modificata una sola volta, in senso contrario ai princìpi.
(4-06751)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha presentato in questa legislatura due atti di sindacato ispettivo riguardanti la società a capitale misto, a maggioranza pubblica del 51 per cento, denominata A.Ser, affidataria fin dal 1999, per il comune di Aprilia, della riscossione dei tributi e della gestione di altri servizi;
la prima interrogazione, la n. 4-00538, è stata presentata il 3 luglio del 2008 e non ha avuto ancora risposta pur essendo stata sollecitata dall'interrogante ben dieci volte;
la seconda interrogazione, la n. 4-04299, è stata presentata il 23 settembre del 2009 ed ha subito la stessa sorte con quattro solleciti;
nelle more della mancata risposta da parte del Governo, sui mezzi di informazione è scoppiato un vero e proprio scandalo riguardante la società «Tributi Italia» - socio privato della summenzionata A.ser - che dal 1997 in poi è arrivata a riscuotere le tasse di oltre 400 comuni, assumendo via via denominazioni diverse: Publiconsult, San Giorgio spa; fino al 2008 quando la San Giorgio acquisisce Gestor, Rtl e Ipe divenendo Tributi Italia;
dalle notizie riportate sui giornali, ormai da anni, risaltano come problemi principali l'altissimo aggio riscosso da Tributi Italia per i servizi prestati e il mancato versamento nelle casse dei comuni di quanto incassato a seguito dei versamenti dei cittadini di Tosap, Ici, Tarsu, Cosap, multe e altro;
il quotidiano la Repubblica con un inchiesta pubblicata il 9 aprile 2010 nelle pagine 30 e 31 del quotidiano, a firma Roberto Mania e Fabio Tonacci, rivela altri particolari che destano grande preoccupazione nei sindaci dei comuni interessati e nei cittadini che, pur pagando il dovuto, si vedono privati di servizi essenziali non potendo far altro che constatare l'imminente bancarotta delle amministrazioni locali cui appartengono;
dall'inchiesta di La Repubblica emerge: a) il quadro generale attuale della gestione da parte di Tributi Italia della riscossione delle tasse per conto dei comuni; b) il «modello Aprilia»; c) il «sistema Saggese» per spiegare dove finivano i soldi riscossi dai comuni e i probabili legami di potere con amministratori e consiglieri comunali; d) i mancati controlli da parte dello Stato:
a) Oggi centinaia di piccoli Comuni sparsi lungo la Penisola sono sull'orlo della bancarotta o soffrono per il buco nel loro bilancio. Ci sono Pomezia con un ammanco di quasi 22 milioni, Aprilia (20 milioni), Nettuno (3,2 milioni), Augusta (quasi 5 milioni), Bergamo (2,2 milioni), Fasano (quasi 2 milioni) e poi tanti, tanti, altri. I servizi, quelli per cui i cittadini pagano le tasse, spesso sono stati azzerati, sono saltati oltre mille posti di lavoro. Solo qualche decina di dipendenti di «Tributi Italia» è rimasta a sbrigare le pratiche ancora necessarie, i collaboratori e consulenti sono stati licenziati, gli altri dipendenti sono in cassa integrazione. E lì resteranno dopo essere da mesi anche senza stipendio. «Tributi Italia», che raccoglieva le tasse per circa 400 Comuni, sta fallendo o è già tecnicamente fallita. Ha chiesto di poter accedere al concordato preventivo previsto della legge Marzano, la versione italica del Chapter 11 americano. Il governo ha approvato una norma (sta nel decreto incentivi) per salvare la superholding delle tasse. Che adesso è in una

sorta di stand by: prima cancellata per inadempienze dall'albo dei riscossori, quindi in attesa della decisione di merito del Consiglio di Stato, dopo la sospensiva ordinata dal Tar del Lazio. Impervi sentieri giudiziari che difficilmente cambieranno l'epilogo di questo scandalo. Il Tribunale di Roma deciderà prossimamente sull'ammissione della società al concordato preventivo. La Procura di Velletri si sta preparando a chiedere il rinvio a giudizio dei vertici della società con l'accusa di peculato. E le altre tredici inchieste aperte proseguiranno (...).
il sindaco è un socialista, come di quelli che non ce ne sono più. Un socialista. Domenico D'Alessio è prossimo a compiere 62 anni. Figlio di un pastore abruzzese arrivato da queste parti durante una transumanza, è diventato sindaco meno di un anno fa quasi per un moto di rivolta popolare: contro lo scandalo delle tasse sottratte. Si è presentato con quattro liste civiche e ha battuto, umiliandole, la destra e la sinistra. Ma, d'altra parte, il suo voto, dai banchi dell'opposizione, in quella riunione notturna del 19 marzo 1999 del consiglio comunale, fu uno dei due no all'affidamento all'Aser (società mista) del servizio di accertamento e riscossione dei tributi locali. Erano le tre di notte, presenti 14 consiglieri comunali su 30. Fu l'inizio della scalata, perché Aser è una delle controllate di «Tributi Italia» che, nata come Publiconsult nel 1986, si trasforma in San Giorgio nel 2004, e poi va all'assalto delle piccole concorrenti del business delle tasse e compra Gestor, Ausonia, Rtl e Ipe per diventare «Tributi Italia» nel 2008. Il «modulo di gioco» non cambia praticamente mai, compresi, forse, i favolosi soggiorni di amministratori e consiglieri lungo la riviera di Levante in comodissimi yacht, dei quali si favoleggia tra gli apriliani arrabbiati. Società miste - Lo schema adottato ad Aprilia, infatti, si replica dovunque. «Tributi Italia» riesce a prendersi direttamente o attraverso una società mista pubblico privata, di cui possiede il 49 per cento, il servizio della riscossione. Nei consigli di amministrazione, però, la maggioranza va ai privati così da assicurargli il governo della società. Alla quale va un aggio stratosferico, fino al 30 per cento di quanto incassato. Aggio che, in alcuni casi, arriva al 75 per cento sugli accertamenti dell'evasione. Cartelle pazze? Chi può escluderlo. Le gare d'appalto (quando ci sono) sono ritagliate sulle caratteristiche della società mista di turno, Così, per impedire la concorrenza delle banche, all'attività di accertamento e riscossione dei tributi si aggancia quella della manutenzione del verde pubblico. L'agguerrito assessore al Bilancio e alle Finanze di Aprilia, Antonio Chiusolo, subito dopo l'insediamento, ha scoperto, oltre al buco in bilancio, che le due palme impiantare a qualche chilometro dal municipio erano costate agli apriliani cinque milioni di euro, essendosi esaurita lì la cura per il verde offerta dall'Aser. Ma Chiusolo ha scoperto anche altre cose. Per esempio che le fidejussioni a garanzia delle prestazioni di «Tributi Italia» erano state emesse l'una dall'Italica di Cassino, destinata a fallire da lì a poco e con il proprietario indagato per truffa in un'inchiesta calabrese; l'altra da «Fingeneral» per nulla intenzionata a intervenire per via dell'insolvenza di «Tributi Italia» Insomma, polizze carta straccia, E quando Chiusolo si recò a Roma alla «Fingeneral» in Via di Porta Pinciana nei pressi di Via Veneto - dove, tra l'altro, al secondo piano del 146 c'è anche la sede legale di «Tributi Italia» - si trovò davanti tal Fabio Cali, amministratore della finanziaria, arrestato nel 2007 per una truffa da 93 milioni ai danni della Banca di Roma. Fidejussioni inesistenti e revisori dei conti non iscritti all'albo, ma messi addirittura a presiedere l'organo di controllo. Anche questo lo hanno scoperto il sindaco e il suo assessore: «Ortorì Elio, nato a Massa il 23 luglio 1960, non risulta essere mai stato iscritto nel Registro dei Revisori Contabili», ha comunicato ai due amministratori l'ordine nazionale dei commercialisti.
c) Ma dove sono finiti i soldi che hanno provocato una voragine nei conti di così tanti municipi? Chi sa dove sono? Giuseppe Travaglini, quarantacinquenne,

marchigiano, sostituto procuratore della Repubblica a Velletri, ha ricostruito il percorso seguito dalle tasse del vicino comune di Nettuno, delineando così il «sistema Saggese». L'ipotesi è che ci sia un «Conto padre» nel quale arrivano tutte le tasse provenienti dai veri Comuni, Dal «Conto padre»; poi, si dipanerebbero i Conti affluenti, i «conti figli», lasciati costantemente a zero. Da qui i soldi dei cittadini finirebbero nelle tesorerie dei Comuni, in ogni caso con un guadagno derivante dalla maturazione degli interessi bancari. Ma poi c'è il gran miscuglio: le tasse di Alghero che finiscono a Poni, le multe di Nettuno usate per finanziare il verde pubblico di Bari e via dicendo. Spesso - secondo l'ipotesi dei pm - le tasse sono servite a Saggese per ripianare parte dei debiti con le banche, Così sarebbe stata possibile la crescita tumultuosa di «Tributi Italia»: diventare la prima società privata della riscossione con oltre 230 milioni di fatturato nel 2008 e circa 1,8 milioni di utili prima delle imposte. Una crescita anche di potere nel rapporto con i politici locali, i partiti, le consorterie, gli amministratori. Aver in mano i cordoni della borsa, poterli aprire e poterli chiudere, significa avere il potere, o almeno un pezzo del potere. Può significare, per esempio, poter giocare al tavolo delle assunzioni clientelari, anche di parenti di consiglieri comunali, come si dice a Nettuno e pure a Bari. Dunque può significare l'ammissione al banchetto degli scambi territoriali, che è poi la sede autentica dove prende forma il potere o l'intreccio di poteri. Ed è anche in forza di questo protagonismo, decisamente politico, che «Tributi Italia» denuncia di avere un credito nei confronti di tutti i Comuni intorno ai 142 milioni di euro, pur ammettendo di essere in una fase di «tensione finanziaria». Perché il «sistema Saggese» si inceppa per colpa della crisi: manca all'appello l'Ici, aumentano gli evasori e l'accertamento diventa più dispendioso.
d) E il Palazzo? Dove stavano i potenti di Roma mentre le tasse locali se ne andavano in direzioni anomale? Possibile che nessuno se ne sia accorto? Ci sono due deputati del Pd, Ludovico Vico, ex sindacalista della Cgil pugliese, e Rita Bernardini esponente del Partito radicale, che anno presentato più di una interrogazione ma senza mai risposte da parte del governo. Due deputati sommersi dalle richieste di sostegno da parte dei sindaci di tutta Italia, che non hanno esitato a denunciare la «corruttela» del sistema. Probabilmente anche il colpo decisivo per la cancellazione di «Tributi Italia» dall'albo dei riscossori è arrivato dal Parlamento. Lontano dai riflettori, la Commissione Finanze della Camera ha indagato a fondo sul caso «Tributi Italia». Si scoprono tante cose leggendo il resoconto dei lavori nella Commissione, come, d'altra parte, i verbali delle riunioni, tenute al ministero dell'Economia e delle Finanze, della Commissione che gestisce l'albo dei riscossori, Per esempio, si scopre di come sia stato tortuoso il cammino per la cancellazione dall'albo. E si scopre che l'Anci, l'associazione dei Comuni, non è sempre stata presente alle riunioni dell'Anacap (l'associazione di categoria dei riscossori). E perché tra i componenti di quest'ultima, che ha voce in capitolo sulla cancellazione, c'è Pietro Di Benedetto che fa l'avvocato e difende proprio «Tributi Italia»? Quest'ultima, a sua volta, ha speso non meno di 6 milioni di euro per pagare i suoi consulenti legali. Tasse dei cittadini? E poi: controllati che controllano?
quanto al comune di Aprilia, sul quotidiano Latina Oggi del 10 aprile 2010 si apprende la notizia che attualmente i cittadini ricevono bollettini doppi per pagare la Tarsu sia da parte del comune, che dopo le note vicende ha assunto in proprio il compito della riscossione delle tasse, sia da parte dell'Aser;
un'altra sciagura che ha investito la cittadina del Nord pontino, riguarda la pretesa da parte di Tributi Italia di avere dal comune di Aprilia la percentuale del 75 per cento su soldi che non sono stati mai riscossi e per l'Ici sulla prima casa che è stata abolita; così scrive nel n. 184 il settimanale «Il caffè»: «Non è solo il

Comune che chiede i danni ad Aser, perché a sua volta la società dice di avanzare incredibili crediti nei confronti dei Comune di Aprilia. In una lettera pervenuta all'attenzione del Sindaco D'Alessio, Aser ed il socio privato Tributi Italia pretendono un nuovo arbitrato per un totale di 23 milioni di euro. Si tratta sostanzialmente della richiesta di risolvere la questione senza passare per le vie legali: «peccato che le richieste di Tributi Italia siano campate in aria», ha spiegato il Primo Cittadino. Vediamo perché. Aser vuole 23 milioni di euro frutto dell'attività di accertamento dell'evasione fiscale ad Aprilia. In sostanza, i contribuenti apriliani non hanno versato tasse per 32 milioni di euro, ma nonostante queste somme non, siano mai riscosse, Aser pretende la percentuale del 75 per cento prima che quei soldi siano stati effettivamente incassati. D'altronde, lo prevede il contratto di servizio stipulato col Comune. Se consideriamo che, da statistica, solitamente si riesce ad incassare solo un decimo dell'evasione accertata, ne conviene che Aser vuole l'800 per cento di quei soldi. Aser vuole inoltre la percentuale stimata degli incassi dell'ici sulla prima casa. È vero, l'Ici sulla prima casa non esiste più: non importa, l'Aser quei soldi li vuole lo stesso -:
se sia conoscenza dei fatti riportati in premessa e se corrispondano al vero le denunce riportate dalla carta stampata, in particolare da parte dei quotidiani La Repubblica e Latina Oggi e del n. 184 della rivista Il Caffè;
se stiano state fatte e, nel caso, quali siano le risultanze delle ispezioni volte a verificare il rispetto del patto di stabilità da parte delle amministrazioni comunali di Aprilia che si sono succedute nel tempo; se nell'ambito delle ispezioni siano state ravvisate ipotesi di danno erariale e, in caso affermativo, se i relativi referti ispettivi siano stati trasmessi alla procura regionale della Corte dei Conti;
se non si ritenga di assumere iniziative normative volte ad evitare che si ripetano in futuro, nel settore della riscossione dei tributi gli incresciosi accadimenti che hanno gettato sul lastrico centinaia di comuni italiani;
se non si intendano assumere le opportune iniziative affinché Aser, nonostante il contratto sia rescisso da tempo, cessi di inviare illegittimamente cartelle di pagamento ai cittadini;
se ritenga di dover intervenire o meno di fronte alla pretesa di Tributi Italia di riscuotere dal comune di Aprilia l'aggio del 75 per cento per l'evasione accertata ma non ancora incamerata e sull'ici sulla prima casa, non più in vigore;
come mai fra i componenti della commissione incaricata di vigilare nel settore della riscossione dei tributi, istituita presso il Ministero dell'economia e delle finanze, risulti ancora anche l'Anacap, cioè l'associazione di categoria dei riscossori;
se il Governo non ritenga di dover rivedere la decisione, prevista nel cosiddetto decreto-legge incentivi, di salvare la società Tributi Italia.
(4-06770)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il 5 aprile del 2004 fu arrestato per la seconda volta a Madrid Roberto Pannunzi, ritenuto uno dei più importanti mediatori per il traffico di cocaina tra le cosche della 'ndrangheta e i cartelli colombiani;
il primo arresto era avvenuto nel 1994 a Panama. Estradato in Italia, nel 1998 Pannunzi si era dato alla latitanza approfittando della sospensione della pena per 6 mesi concessa dal tribunale di sorveglianza

di Roma per effettuare accertamenti clinici sulle sue condizioni di salute;
secondo quanto riportato dal quotidiano «Il Corriere della Sera» in data 8 aprile 2010, il Pannunzi sarebbe nuovamente latitante almeno dal 3 marzo 2010 data nella quale un controllo nella clinica nella quale era agli arresti domiciliari dal luglio 2009 ha dato esito negativo;
il detenuto era stato ammesso alla sospensione della detenzione in carcere, sostituita dagli arresti domiciliari in ospedale, a seguito di analisi cliniche che ne attestavano uno stato di salute compromesso in maniera tale da non risultare compatibile con le strutture ospedaliere all'interno delle carceri;
pur avendo il tribunale di sorveglianza di Bologna indicato come luogo adatto per gli arresti domiciliari in ospedale il policlinico di Roma Tor Vergata, il tribunale di sorveglianza di Roma ha successivamente concesso gli arresti presso la clinica privata Villa Sandra a Nemi, in provincia di Roma -:
se realmente non esistessero strutture all'interno di nessun carcere italiano adeguate per la cura delle cardiopatie di cui risulta sofferente Roberto Pannunzi;
se il detenuto, prima della concessione degli arresti domiciliari, fosse sottoposto al regime penitenziario del 41-bis o ad altri regimi più attenuati;
per quale motivo, accertata la capacità criminale del soggetto (già condannato in via definitiva per traffico di droga e con altri due processi in corso), le sue relazioni internazionali, il fatto che fosse stato arrestato per due volte in uno stato estero, che già una volta avesse approfittato della sospensione della pena per darsi alla fuga, non si sia proceduto ad una sorveglianza più efficace che non ne permettesse la fuga;
se il detenuto sia stato dimesso dalla clinica o se se ne sia allontanato;
se il personale della clinica privata fosse a conoscenza della pericolosità del detenuto e del suo stato di detenzione; se abbia avvertito della sua assenza le forze di polizia o se, come riportato dagli organi di stampa, questa sia stata rilevata solo da un controllo autonomo da parte delle forze di polizia;
se sia stata disposta un'ispezione ministeriale - ed eventualmente quale esito abbia avuto - con particolare riferimento alla concessione della detenzione domiciliare e al cambio del luogo destinato da un ospedale pubblico ad una clinica privata;
per quale motivo la notizia non sia emersa per quasi un mese e se questo possa aver aiutato la sua latitanza.
(2-00672)
«Garavini, Ferrari, Damiano, Fedi, Bucchino, Gatti, Recchia, Gasbarra, Fiorio, Causi, Mosca, D'Antona, Pistelli, Bossa, Picierno, Mastromauro, Porta, Colombo, Trappolino, Naccarato, Margiotta, Braga, Narducci, Fadda, Bellanova, Servodio, Lulli, Gozi, Misiti, Pisicchio, Melis, Giulietti, Picchi, Di Biagio, Rosato, Martella, Misiani, Piccolo, Strizzolo, Veltroni, Concia, Vico».

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 6 aprile 2010, nel carcere di Porto Azzurro sull'Isola d'Elba si è verificato un episodio di inaccettabile protesta di una quarantina di detenuti, che hanno accerchiato e sequestrato per circa due ore due agenti di polizia penitenziaria;
la tentata rivolta, svoltasi nella sezione tredici del terzo reparto del carcere elbano, si è conclusa fortunatamente senza conseguenze fisiche per i due agenti i quali, proprio grazie alla loro professionalità, sono riusciti a mantenere un clima di calma, ascoltando le motivazioni dei

detenuti e impegnandosi a favorire la soluzione delle condizioni a base della protesta;
le motivazioni di tale deprecabile gesto segnalano, tuttavia, una situazione di estremo disagio della popolazione carceraria di Porto Azzurro per la mancanza dei più elementari condizioni igieniche nella struttura, quali la mancanza di acqua calda, la mancata sostituzione della biancheria o fornitura di prodotti per l'igiene personale;
nonostante gli sforzi dell'associazione di volontariato «Dialogo», la condizione risulta particolarmente disagevole per i molti detenuti che, per mancanza di disponibilità economiche personali o del sostegno dei rispettivi nuclei familiari, si trovano nell'impossibilità di provvedere autonomamente all'acquisto di tali generi;
non appare, in ogni modo, accettabile l'idea che le condizioni minime di dignità della popolazione carceraria debbano dipendere da fattori esterni all'amministrazione, quali le disponibilità economiche dei singoli detenuti o il supporto delle famiglie o delle associazioni del volontariato;
peraltro, una delle poche opportunità di cui ancora possono godere i detenuti del carcere elbano, ovvero la possibilità di avere delle celle singole, a breve dovrebbe essere eliminata se dovesse essere confermata la notizia del trasferimento di oltre trecento detenuti da altri penitenziari;
già ora, il numero del personale di polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Porto Azzurro risulta fortemente sottodimensionato rispetto alle esigenze, con solo 121 agenti per 320 detenuti, quando ne occorrerebbero almeno 209. Tale situazione rischierebbe di diventare ingestibile laddove, come ricordato in precedenza, venisse raddoppiato il numero dei detenuti -:
quale sia la reale condizione dei detenuti del carcere dell'Isola d'Elba e, qualora siano confermate le notizie riportate dagli organi di informazione, quali siano le cause della mancata assicurazione delle elementari condizioni di dignità dei detenuti in tale struttura;
se corrisponda al vero la notizia del raddoppio della popolazione carceraria nel penitenziario di Porto Azzurro ed, eventualmente, come si intenda provvedere per adeguare le dotazioni di personale penitenziario già ora non corrispondenti per i carichi di lavoro.
(5-02727)

Interrogazione a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferiscono le agenzie di stampa riprendendo una nota della Uil penitenziari, nella tarda serata del 7 aprile 2010 si è suicidato, nella propria cella del reparto transito della casa circondariale di Benevento, un detenuto trentanovenne, napoletano, collaboratore di giustizia;
in un lancio dell'agenzia Ansa si legge che l'uomo, in attesa di giudizio dopo essere finito in una retata contro lo spaccio di sostanze stupefacenti, era giunto a Benevento il 12 febbraio 2010. Secondo la ricostruzione fatta dagli investigatori, l'uomo si sarebbe impiccato alla porta del bagno con una calzamaglia di nylon nella propria cella del reparto transito della casa circondariale. A soccorrere per primo e inutilmente il detenuto è stata una guardia carceraria con la quale la stessa vittima poco prima aveva scambiato anche alcune parole;
nel denunciare l'episodio, sia Eugenio Sarno che Donato Capece, segretari rispettivamente della UIL penitenziari e del Sappe, sottolineano il gravissimo sovraffollamento che si registra nelle carceri italiane e la cronica carenza del personale in generale e, in particolare, quella del corpo degli agenti di polizia penitenziaria;

proprio riferendosi agli agenti, Donato Capece ha sottolineato che spesso il personale è lasciato da solo a gestire all'interno delle nostre carceri moltissime situazioni di disagio sociale;
da parte sua, Eugenio Sarno ha dichiarato che «le soluzioni tampone ed estemporanee adottate dal Dap nulla risolvono, se non ad addossare sulle già fragili, spalle della polizia penitenziaria responsabilità e competenze estranee al proprio mandato»;
nel carcere di Benevento, sono presenti 150 detenuti in più della capienza regolamentare;
si tratta della 18a persona che in questi primi mesi dell'anno 2010 si è tolta la vita nelle carceri italiane -:
se risulti come si siano svolti i fatti che hanno portato alla morte del detenuto;
cosa intenda fare per riportare la popolazione detenuta del carcere di Benevento nella norma regolamentare e per adeguare gli organici della polizia penitenziaria alle esigenze trattamentali e di sicurezza dell'istituto;
quali iniziative intenda mettere in atto per prevenire i suicidi che così numerosi si verificano negli istituti penitenziari italiani;
se non ritenga che il combinato disposto del sovraffollamento, della carenza di personale di ogni tipo (agenti, educatori, psicologi, medici, infermieri), dell'insufficiente assistenza sanitaria e della mancanza di mezzi per porre in essere misure trattamentali finalizzate alla rieducazione dei detenuti concorra significativamente a determinare stati di frustrazione tali da indurre i più disagiati a gesti di disperazione del tipo di quello verificatosi nell'istituto di Benevento, e quali iniziative intenda assumere in proposito.
(4-06753)

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARIANI, BRAGA, MARGIOTTA, IANNUZZI, MOTTA, MARANTELLI e BRATTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il piano casa previsto dall'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 avrebbe dovuto incrementare il patrimonio immobiliare ad uso abitativo attraverso offerta di alloggi di edilizia residenziale, da realizzare con il coinvolgimento di capitali pubblici e privati, destinati alle categorie sociali svantaggiate nell'accesso al libero mercato degli alloggi in locazione;
tuttavia il Governo non ha investito nuove risorse in tale programma e a oltre un anno e mezzo dall'approvazione della norma nulla è stato ancora realizzato; inoltre, con la legge finanziaria 2010 la missione 19 (Casa e assetto urbanistico) ha subito una riduzione consistente negli stanziamenti di competenza (-393,7 milioni di euro rispetto al 2009);
nel frattempo, il piano casa adottato dal Governo Prodi, in avanzato stato di attuazione, che con il decreto di riparto del dicembre 2007 aveva assegnato i finanziamenti ai singoli edifici interessati, che avrebbero potuto quindi avviare i lavori di ristrutturazione, è stato revocato per destinare le risorse al nuovo piano casa, producendo di fatto un blocco di tali opere per oltre due anni: solo con il decreto ministeriale del 18 novembre 2009, dopo un lungo braccio di ferro con le regioni, e stato infatti possibile recuperare 200 milioni di euro dalle risorse del 2007 e ripartirle per interventi di competenza degli ex IACP;
altri 150 milioni di euro sarebbero invece destinati alla costituzione di un sistema di fondi immobiliari per alloggi sociali sulla base di linee guida indicate da un gruppo di lavoro costituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;

secondo recenti notizie di stampa il gruppo di lavoro avrebbe finalmente concluso i propri lavori e si appresterebbe a indicare i requisiti che i regolamenti dei fondi devono possedere;
secondo quanto affermato dal Governo in sede di discussione del decreto legge n. 158 del 2008 sul blocco degli sfratti, la cui proroga è scaduta il 31 dicembre 2009, la finalità del provvedimento di sospensione doveva essere quella di ridurre il disagio abitativo per alcune categorie disagiate in attesa della realizzazione degli interventi del citato piano casa introdotto con l'articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008 -:
quali informazioni possa fornire il Ministro sulle proposte del gruppo di lavoro e sulle successive fasi di attuazione del piano casa;
quali misure intenda intraprendere il Ministro per garantire che tali fondi tutelino gli interessi delle categorie svantaggiate come previsto dal citato articolo 11 del decreto-legge n. 112 del 2008;
quali iniziative intenda promuovere il Ministro per realizzare le altre linee di intervento previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 16 luglio 2009, con il quale il Consiglio dei ministri ha approvato il Piano nazionale di edilizia abitativa, ed in particolare: l'incremento del patrimonio di edilizia residenziale pubblica; la promozione finanziaria anche ad iniziativa di privati; le agevolazioni a cooperative edilizie costituite tra i soggetti destinatari degli interventi; i programmi integrati di promozione di edilizia residenziale anche sociale;
quali iniziative urgenti, infine, intenda promuovere il Ministro in materia di sfratti, posto che proroga della sospensione delle procedure esecutive di sfratto è scaduta il 31 dicembre 2010 mentre il piano casa non è ancora entrato nella sua fase esecutiva e non è quindi in grado di dare risposte immediate alle categorie che erano state oggetto del provvedimento di proroga.
(5-02737)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
a seguito di una frana che ha bloccato, dal 10 marzo 2010, i collegamenti ferroviari fra la Puglia e la Capitale, costringendo i treni a fermarsi a Foggia, è stato attivato da dove è attivo un servizio Navetta fino a Benevento;
questo servizio a disposizione dei clienti però esclude di fatto i passeggeri con disabilità grave in quanto i pullman, messi a disposizione dalle Ferrovie dello Stato, non sono accessibili a disabili in carrozzina;
Trenitalia, interpellata dal segretario di Sfida Lecce, Vito Berti, disabile in carrozzina, con un laconico comunicato, ha informato che le Ferrovie dello Stato non possono garantire alcun tipo di assistenza ai disabili gravi e li invita a raggiungere Roma utilizzando la tratta Lecce-Bologna e Bologna-Roma -:
quali iniziative urgenti si intendano adottare per porre termine alla ennesima discriminazione a carico dei cittadini disabili.
(4-06757)

CARDINALE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il nuovo orario di Trenitalia prevede parecchie soppressioni di fermate di treni che, conseguentemente, provocano disagi ai numerosi pendolari delle province siciliane;
si sono registrate innumerevoli proteste di studenti e lavoratori che, a causa delle nuove soppressioni, sono costretti a subire loro malgrado vane attese e viaggi di lunga durata;

le somme che lo Stato versa all'azienda Trenitalia dovrebbero servire non solo per gli investimenti indirizzati al miglioramento delle strutture, ma soprattutto per fornire migliori servizi agli utenti;
l'azienda Trenitalia negli ultimi periodi ha messo in atto una politica, ad avviso dell'interrogante, di disinteresse sempre più rilevante dei servizi prestati in gran parte del territorio siciliano, con la negativa conseguenza dell'abbandono, prima, e della totale chiusura, oggi, di tante stazioni;
gli ultimi provvedimenti di cui sopra hanno determinato uno stato di preoccupazione oltre che di disagio nei cittadini -:
se non ritenga doveroso intervenire presso Trenitalia per assicurare il ripristino delle fermate soppresse a seguito dell'entrata in vigore dell'attuale orario;
se non ritenga altresì doveroso intervenire al fine di scongiurare la chiusura di alcune stazioni indispensabili ai cittadini utenti.
(4-06769)

TESTO AGGIORNATO AL 6 MAGGIO 2010

...

INTERNO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
nel maggio 2009 a Giorgio Valentini, sindaco di Montevarchi (Arezzo), fu inviata presso l'abitazione una prima lettera di minacce, recante una sigla facente riferimento ad un presunto gruppo razzista;
dopo la prima missiva, a partire dai mesi di ottobre-novembre 2009 sono state inviate nuove lettere minatorie sia presso l'abitazione privata del sindaco che presso l'amministrazione comunale di Montevarchi (Arezzo);
a partire dal mese di febbraio 2010 nuove lettere di minaccia sono state inviate presso la redazione di un giornale locale Il Corriere di Arezzo, ad un ritmo sempre più frequente;
le lettere oggi sono n. 18, hanno esteso le minacce non solo al sindaco ma anche alla sua famiglia e di volta in volta sono stare corredate da lame di coltelli, lamette da barba, trincetti;
a seguito del decreto del Presidente della Repubblica relativo al conferimento della medaglia ai sopravvissuti dei campi di concentramento in occasione della giornata della memoria, e delle conseguenti cerimonie di conferimento da parte dei prefetti, il dottor Salvatore Montanaro, prefetto di Arezzo unitamente all'onorevole Giuseppe Fanfani, sindaco di Arezzo, ha ricevuto una lettera minatoria, che conteneva una specifica frase nei confronti del prefetto al quale veniva augurato «un viaggio senza ritorno ad Auschwitz»;
qualche giorno fa è giunta al sindaco di Arezzo onorevole Giuseppe Fanfani una nuova missiva minatoria con la firma: «Arezzo. Primavera nazista» con la quale si avvertiva che «ora Fanfani deve fare i conti con noi: razzismo un fenomeno che penetra ... nella pelle: i pallini di piombo»;
tutte le lettere recano una sigla razzista, con chiari elementi di xenofobia e di antisemitismo;
tale sconcertante vicenda sta producendo nei territori interessati un clima di forte preoccupazione sia per l'incolumità delle persone oggetto di minacce, sia per il clima culturale e politico;
alle persone interessate sono giunte da subito la solidarietà e l'apprezzamento per il lavoro svolto nel favorire, nei territori da essi amministrati, politiche di legalità ed integrazione;
le Forze dell'ordine locali e gli inquirenti tutti hanno seguito sin dall'inizio

queste vicende con rigore e grande professionalità -:
se non ritenga opportuno, vista la gravità dei contenuti delle lettere minatorie nonché il loro intensificarsi, uno specifico interessamento ed intervento del Ministero, al fine di sostenere l'importante lavoro finalizzato all'individuazione dei responsabili di tali sconcertanti atti.
(2-00667)
«Mattesini, Nannicini, Froner, Rampi, Pes, Maran, Tempestini, Pizzetti, Lenzi, Motta, Giovanelli, Mazzarella, D'Antoni, Mosca, Minniti, Laratta, Fiorio, Touadi, Bellanova, Schirru, Capano, Agostini, Marco Carra, Boffa, Farinone, Pollastrini, Cuperlo, Murer, Gatti, Marchi, Gnecchi, Concia, Ginoble, Ginefra, Boccuzzi, Cenni, Mario Pepe (Pd), Servodio, La Forgia, Vico».

Interrogazione a risposta orale:

MELIS, TOUADI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
come riferisce il quotidiano La Repubblica, a Roma, nella zona del XV Municipio (Piana del Sole), il giorno 5 aprile alcuni ragazzi italiani hanno preso di mira un giovane romeno e, con la scusa di non avere ottenuto una sigaretta, lo hanno insultato con espressioni xenofobe («romeno di m*», «tornatene al Paese tuo») e quindi lo hanno violentemente percosso con calci e pugni, costringendolo a rifugiarsi in casa di alcuni connazionali;
due giorni più tardi la casa appena citata è stata fatta oggetto di un lancio di due bottiglie Molotov che hanno prodotto danni;
negli stessi giorni, come riferisce il quotidiano Il Tempo, un ventunenne romeno è finito all'ospedale San Giovanni Evangelista di Tivoli con prognosi di 30 giorni per trauma cranico e fratture, essendo stato aggredito da una spedizione di baby-bulli italiani mentre passeggiava con la moglie e la figlioletta di nove mesi a Piazza della Queva a Tivoli Terme e persino la bambina, per ottenere danaro dal padre, è stata percossa nella carrozzina con schiaffi;
tali episodi si inquadrano in un clima generale di intolleranza verso gli immigrati in genere e verso i romeni in particolare, come dimostrano molti altri casi nell'ultimo periodo;
nei confronti di tali episodi non sembra esservi un'adeguata reazione da parte delle autorità né una condanna sufficiente sui principali media -:
quali misure concrete intenda adottare il Ministro per evitare il ripetersi di simile violenze e scongiurare quelle che potrebbero essere conseguenze anche più drammatiche.
(3-01005)

TESTO AGGIORNATO AL 1o GIUGNO 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in questi giorni alcuni organi di stampa evidenziano il fatto che, mentre le scuole lamentano pesanti difficoltà a far quadrare i bilanci, la politica dei tagli «centrali» non risparmia neppure il diritto allo studio;
il calo dei finanziamenti statali per il 2009 è stato, infatti, del 14 per cento del budget complessivo, costringendo gli enti sul territorio a mettere mani al portafoglio per aumentare i budget destinati ai contributi al merito e al reddito, ai trasporti scolastici, alle mense e ai libri di testo;
ogni anno, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, tramite un piano di riparto, mette a disposizione

delle regioni risorse che le stesse distribuiscono ai comuni per l'assegnazione alle famiglie;
tuttavia, nel 2009 le scuole si sono trovate ad affrontare grandi difficoltà per far fronte agli impegni economici che le hanno messe nella condizione di non riuscire a rispondere al diritto-dovere costituzionalmente garantito di assicurare l'istruzione;
in Calabria, ad esempio, i fondi statali per il diritto allo studio si sono ridotti del 15 per cento, i fondi destinati ai libri di testo sono stati pari a 7,3 milioni di euro, mentre quelli per le borse di studio sono stati pari a 8 milioni, per un totale di 15,3 milioni di euro; nel 2008 i fondi sono stati invece pari a 17,9 milioni di euro -:
se non ritenga opportuno adottare, per l'erogazione dei prossimi finanziamenti, parametri che tengano conto dell'effettiva necessità di ogni scuola, al fine di continuare a garantire a tutti gli studenti il diritto allo studio e all'istruzione.
(3-01006)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TADDEI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito della riforma universitaria e delle numerose modifiche che il sistema accademico ha conosciuto negli ultimi anni, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha stabilito nuovi criteri per l'equipollenza delle lauree e con propri decreti ha indicato l'equiparazione dei diplomi di laurea del cosiddetto vecchio ordinamento con le classi di lauree attuali;
i provvedimenti emanati, però, a giudizio dell'interrogante, lasciano un vuoto normativo per coloro che hanno conseguito le lauree con il vecchio ordinamento ai fini della partecipazione ai concorsi pubblici;
allo stato, stante tale vuoto normativo in termini di equipollenze, è invalsa la richiesta di titoli di studio eccessivamente specialistici, al fine di restringere il numero dei partecipanti, anche per il conseguimento della qualifica di dirigente ingegnere, senza un particolare riferimento agli uffici per i quali il concorso è stato bandito;
pertanto corsi di laurea del vecchio ordinamento, anche se di ampia valenza, non essendo valutati nella loro equipollenza, non sarebbero considerati validi ai fini della partecipazione a pubblici concorsi;
per quanto consta all'interrogante, in particolare, i laureati in ingegneria civile verrebbero esclusi per difetto dei titoli da concorsi per «dirigenti ingegneri» per i quali era richiesta la laurea del vecchio ordinamento in ingegneria per l'ambiente e il territorio o lauree equipollenti;
il Consiglio universitario nazionale in passato ha già espresso, in tal senso, pareri favorevoli;
il decreto interministeriale 9 luglio 2009 equipara:
l'ingegneria civile (tabella XXIX del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1652, come modificata dal decreto ministeriale 22 maggio 1995 pubblicato in G.U. n. 166 del 18 luglio 1995) alla classe 28/S ingegneria civile e alle classi delle lauree magistrali LM-23 ingegneria civile, LM-24 ingegneria dei sistemi edilizi e LM-26 ingegneria della sicurezza;
l'ingegneria per l'ambiente e il territorio (tabella XXIX del regio decreto 30 settembre 1938, n. 1652, come modificata dal decreto ministeriale 22 maggio 1995 pubblicato in G.U. n. 166 del 18 luglio 1995) alla classe 38/S ingegneria per l'ambiente e il territorio e alle classi delle lauree magistrali LM-35 ingegneria per l'ambiente e il territorio e LM-26 ingegneria della sicurezza;
l'ulteriore decreto interministeriale 9 luglio 2009 equipara sulla base della Tabella

Equiparazione L-509 e L-270 le seguenti lauree: 08 ingegneria civile e ambientale e L-7 ingegneria civile e ambientale -:
se risulti al Ministro quanto riportato in premessa;
in caso affermativo, se ritenga necessario intervenire, nei modi e con i mezzi che riterrà più opportuni, al fine di revisionare le disposizioni in materia di equipollenza delle lauree ai soli fini della partecipazione ai pubblici concorsi;
se e quali azioni intenda intraprendere al fine di assicurare a tutti i giovani laureati pari opportunità di accesso ai concorsi pubblici.
(5-02732)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si fa riferimento a quanto accaduto nella scuola elementare di Minerbio ove è stato tolto il crocefisso dalle varie aule con la motivazione che era «vetusto» (così risulta dalla risposta che il sindaco ha dato alla minoranza in consiglio comunale);
a parte l'ambiguità della motivazione medesima che evidenzia, ad avviso dell'interrogante l'imbarazzo dell'autorità scolastica nell'assumere un provvedimento oggettivamente lesivo dei sentimenti di gran parte della popolazione, rimane il fatto che il dirigente scolastico competente, si sarebbe rifiutato di fare affiggere nuovi crocifissi con la motivazione che si è in attesa del giudizio di appello presso la Grand chambre della Corte europea;
l'interrogante, nel sottolineare che i dirigenti scolastici hanno l'obbligo di rispettare la legislazione vigente e le direttive ministeriali che hanno definito il crocefisso «segno distintivo della nostra identità culturale», ha rilevato che questo atteggiamento si situa in un contesto che all'interrogante appare di strumentali polemiche contro il cristianesimo in cui molti enti locali, governati dalla sinistra, e dirigenti scolastici, attuano sistematicamente una politica di progressiva delegittimazione della tradizione cristiana che ha permeato 2000 anni di storia del nostro Paese e dell'Europa intera -:
quali iniziative intenda adottare, traendo spunto da quanto accaduto a Minerbio, al fine di emanare un «codice di comportamento» che vincoli i dirigenti scolastici ad un atteggiamento di naturale riserbo nella loro attività istituzionale che deve essere svolta con assoluta imparzialità.
(5-02735)

GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sui 42 mila punti di erogazione del servizio scolastico sono ben 12 mila le sedi che, in presenza di criticità strutturali, ai sensi dell'apposito decreto interministeriale del 23 settembre 2009 non avrebbero dovuto subire l'aumento del numero di alunni per classe previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 81 del 3 luglio 2009 sulla razionalizzazione della rete scolastica;
il suddetto decreto del Presidente della Repubblica all'articolo 3, comma 2, prevede: «Per il solo anno scolastico 2009-2010 restano confermati i limiti massimi di alunni per classe previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione in data 24 luglio 1998, n. 331, e successive modificazioni, per le istituzioni scolastiche individuate in un apposito piano generale di riqualificazione dell'edilizia scolastica adottato dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze»;
il suddetto decreto interministeriale, con gli allegati elenchi regionali delle scuole interessate alla deroga, sono stati resi noti solo di recente;
in ogni caso il suddetto decreto interministeriale risale al 23 settembre 2009, quando l'anno scolastico era già iniziato

ed erano già state costituite le classi alle quali non si sarebbero dovuti applicare i nuovi criteri di determinazione;
la ritardata firma del decreto e la sua mancata applicazione non hanno consentito che quanto previsto dalla citata norma regolamentare trovasse una qualche applicazione;
non si sono così evitati i gravi disagi che si sono verificati a causa delle classi sovraffollate e si sono fatti correre agli studenti e al personale seri pericoli dovuti alle precarie condizioni di sicurezza che caratterizzavano tali ambienti -:
perché il suddetto decreto interministeriale sia stato emanato ad anno scolastico avviato;
perché il decreto e i relativi elenchi non siano stati resi noti fino ad ora;
come sia potuto accadere che gli uffici scolastici regionali e i corrispettivi assessorati regionali non ne fossero a conoscenza;
perché dopo il piano programmatico e dopo il decreto interministeriale sugli organici dei docenti per l'anno scolastico 2009-10, continui quella che agli interroganti appare una prassi illegittima degli atti amministrativi «fantasma»;
dato che la situazione delle scuole interessate non è sicuramente cambiata dal mese di settembre fino ad oggi, e poiché è stato previsto dal Governo che da quest'anno aumenti il numero massimo degli alunni per classe, se non ritenga indispensabile applicare per il prossimo anno scolastico quanto disatteso nel presente anno.
(5-02742)

Interrogazioni a risposta scritta:

STUCCHI, PIROVANO, CONSIGLIO e VANALLI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come apparso dall'articolo pubblicato il 9 aprile 2010, è stata presentata da Stefano Paleari, rettore dell'ateneo di Bergamo, l'offerta formativa dell'anno accademico 2010/2011;
quest'anno gli iscritti agli open day dell'università sono 1600 (300 in più rispetto all'anno precedente);
l'ateneo orobico punta ad offrire tutti gli strumenti per diventare protagonisti nel mondo del lavoro e nella società, grazie alla collaborazione di tutte le facoltà, per offrire agli studenti e alle famiglie bergamasche un'offerta formativa capace di sviluppare professionalità in grado di guardare con fiducia oltre la crisi;
all'aumento degli studenti è seguito un taglio dei trasferimenti dallo Stato, conseguenti alla «riforma Gelmini», che sono stati quantificati dal rettore Paleari in 15 milioni di euro e che spetterebbero di diritto all'ateneo bergamasco, come sono a disposizione di altre università del Paese con la stessa struttura ed eguale offerta formativa -:
se il Ministro ritenga urgente verificare i motivi che hanno generato un taglio dei trasferimenti verso l'ateneo bergamasco, rispetto ad altre università del Paese, ed assumere iniziative volte ad erogare tempestivamente il contributo spettante allo stesso, al fine di evitare discriminazioni e consentire un adeguato percorso formativo ai giovani orobici.
(4-06754)

GARAGNANI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse in questi giorni sulla stampa (Repubblica - Bologna del 18 settembre 2008) l'interrogante apprenderebbe l'ennesimo episodio di presunto nepotismo presso l'Ateneo Bolognese e concernente l'aggiudicazione (quattro candidati, due ritirati) da parte del figlio del preside della Facoltà di Medicina e chirurgia, di uno dei due posti a disposizione come ricercatore di Ematologia;
per tale fatto il Rettore dell'università bolognese avrebbe annunciato che la questione

finirà sul tavolo del Comitato etico che dovrà fare chiarezza sulle presunte situazioni di nepotismo;
fatto salvo che il grado di parentela con cattedratici non può essere penalizzante per la selezione dei docenti e la conseguente assegnazione di cattedre, a parere dell'interpellante, è doveroso esercitare la massima severità nel premiare chi ha effettivi meriti scientifici;
l'università di Bologna non sarebbe nuova ad episodi di questo genere che l'interpellante ha fatto oggetto di precedenti interpellanze in cui chiedeva una precisa verifica da parte del Governo;
alla luce di questo fatto, ma anche con riferimento alle situazioni di grave sofferenza in cui verserebbero, non solo la Facoltà di Medicina e chirurgia ma anche altre Facoltà del medesimo Ateneo, si confermerebbe la necessità, da tempo auspicata dall'interpellante, di avviare non solo un'indagine conoscitiva sul sistema universitario ma soprattutto un'ispezione ministeriale per accertare la realtà dei fatti per procedere ad una modifica del sistema di selezione del personale docente universitario -:
se il Ministro interpellato non intenda adottare, senza inutili tergiversazioni, iniziative normative volte a modificare dalle fondamenta il sistema di selezione del personale docente.
(4-06758)

ALESSANDRI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
sono giunte all'attenzione dell'interrogante alcune richieste di chiarimento politico su una vicenda di questi giorni in materia di abilitazione in sostegno e di possibili sperequazioni che ciò creerebbe tra insegnanti neoabilitati ed insegnanti precari;
sembrerebbe infatti che in questo periodo determinati insegnanti del sud del Paese stiano conseguendo l'abilitazione in sostegno mentre ai loro colleghi del resto d'Italia, segnatamente del nord, non è stato possibile accedervi in quanto non sarebbe stato emanato il relativo bando;
la questione di cui ci si occupa non può diventare l'ennesimo strumento di strumentalizzazione politica per indicare gli operatori del nord come classisti o peggio ostili all'entrata di nuovi lavoratori nei loro sistemi socio-economici e quindi di egoismo territoriale. Infatti la materia ha una valenza assolutamente estranea a questi atteggiamenti e riguarda più in particolare la necessità di garantire identiche opportunità di esercizio delle proprie professioni in parità di condizioni e tenendo conto che le esigenze di ciascuno non possono prevedere priorità rispetto a svantaggi geografici;
a riguardo si cita il lamento di una cittadina insegnante che allo scopo si è rivolta all'interrogante, facendo rilevare che è una madre di 38 anni, ha terminato l'ultima laurea e relativa abilitazione in musica nel 2007, che è da una vita che studia e lavora contemporaneamente ma purtroppo i suoi sacrifici sembra non abbiano mai a terminare nel campo professionale. L'interessata vorrebbe poter insegnare musica, ma ciò appare un traguardo praticamente impossibile essendo tre anni che segue casi di sostegno anche di ragazzi con handicap molto gravi, ma non le è neppure stato possibile conseguire l'abilitazione in questa materia;
appare necessario intervenire in questa materia e ove le criticità di cui trattasi fossero concretamente presenti, intervenire affinché siano rimosse -:
quali informazioni possa riferire in merito alla questione descritta in premessa ed in caso fosse riscontrata l'effettività di una possibile procedura di vantaggio in favore di determinati operatori in ragione dell'appartenenza o meno ad aree meno sviluppate del Paese, non ritenga di intervenire per mettere nelle stesse condizioni di accesso all'esercizio dell'attività di insegnante di sostegno, soggetti che versano in analoghe situazioni soggettive.
(4-06760)

LATTERI, LO MONTE, COMMERCIO e LOMBARDO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
dai più accreditati studi sui processi demografici ed economici risulta che il Mezzogiorno e, segnatamente, la Sicilia subiscono un continuo depauperamento delle risorse umane più qualificate a causa della migrazione verso il Nord di un crescente numero di laureati;
i gravi tagli al finanziamento del sistema università-ricerca rischiano di interrompere anche il circuito virtuoso della formazione di giovani talenti, impedendo lo sviluppo di nuove linee di ricerca e ogni possibilità di mantenimento della qualità dell'istruzione universitaria;
dalle indicazioni emergenti dalle dichiarazioni di autorevoli componenti del Governo nazionale, dalle concrete decisioni di finanziamento nonché dalle linee guida in materia di valutazione risulta un atteggiamento gravemente pregiudiziale nel confronti delle università siciliane;
ad avviso degli interroganti manca nella politica di Governo qualunque orientamento volto a garantire la sopravvivenza del sistema universitario siciliano, qualunque linea di coerente previsione di sviluppo, qualunque manifestazione di interesse per i problemi specifici di università che hanno contribuito e contribuiscono in modo strategico allo sviluppo generale del Paese;
l'incertezza dell'indirizzo di Governo in tutta la materia universitaria, dalla riforma degli ordinamenti didattici alla riforma dei settori scientifico disciplinari, dall'attivazione dell'Agenzia nazionale per la valutazione del sistema universitario e della ricerca alla definizione di criteri di finanziamento rispettosi dei principi di riequilibrio territoriale, incide pesantemente sulla funzionalità del sistema e pesa ancor più gravemente sugli atenei delle aree svantaggiate -:
quali iniziative concrete intenda assumere il Ministro per garantire i livelli essenziali di esercizio della funzione di ricerca e di sviluppo della funzione didattica;
quali iniziative, in particolare, si intendano assumere sul piano dei sistemi di valutazione, sul piano delle iniziative perequative, sul piano delle iniziative compensative del disagio logistico e dei sistemi di comunicazione, sul piano della corretta distribuzione delle risorse in ragione dell'apporto strategico di ciascun ateneo, per garantire alle università siciliane parità di condizioni operative rispetto agli altri atenei del Paese e per riconoscere l'apporto delle stesse università nella formazione di quadri dirigenti essenziali per l'economia nazionale.
(4-06766)

DE BIASI e FARINONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa la sostituzione di Francesco Saverio Borrelli, da tre anni alla presidenza del conservatorio di Milano con Arnoldo Mosca Mondadori;
detta sostituzione è stata operata dal Ministro interrogato -:
quali siano le ragioni del mancato rinnovo dell'incarico a Francesco Saverio Borrelli e sulla base di quali elementi essa sia avvenuta.
(4-06773)

TESTO AGGIORNATO AL 14 APRILE 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta immediata:

MELCHIORRE, RICARDO ANTONIO MERLO e TANONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'incidente sul lavoro verificatosi a Civitavecchia sabato 3 aprile 2010 presso la centrale elettrica Enel Torrevaldaliga Nord (che ha causato la morte di un operaio ed il ferimento di altri tre) e gli altri incidenti sul

lavoro con esiti mortali, accaduti - con drammatica escalation - nei giorni immediatamente successivi, impongono una doverosa riflessione sul tema della prevenzione degli infortuni sul lavoro e segnatamente sull'applicazione degli strumenti di vigilanza e verifica previsti dalla normativa vigente in tema di sicurezza sul lavoro, ex decreto legislativo n. 81 del 2008, così come integrato e corretto dal decreto legislativo n. 106 del 2009;
in particolare, la vicenda legata all'incidente mortale di Civitavecchia pone degli interrogativi di più generale portata relativi alla gestione dei controlli, soprattutto di carattere preventivo sui luoghi di lavoro;
dal 2007 ad oggi, pur essendosi verificati negli stessi impianti già tre decessi e altri gravi incidenti ed essendo state contestate - come segnalato dalla procura di Civitavecchia - numerose e rilevanti violazioni della normativa antinfortunistica anche nei confronti delle ditte appaltatrici operanti nella centrale, non si è provveduto ad un monitoraggio e ad una più attenta vigilanza, anche di carattere preventivo, su detta unità produttiva, al fine di evitare il verificarsi di così gravi tragedie -:
se e, se del caso, in quale misura tale escalation possa essere ascritta alla mancanza di indirizzo e di valutazione di politiche attive in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nonché all'assenza di coordinamento delle attività di controllo, vigilanza ed ispezione tra i soggetti istituzionali che si ripartiscono, sia a livello centrale che locale, le relative competenze (in primis ispettorati del lavoro e aziende sanitarie locali), e quali iniziative intenda assumere a tale riguardo il Ministro interrogato, con particolare riferimento alle risorse economiche ed umane assegnate agli organismi preposti.
(3-01008)

BALDELLI e MOTTOLA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la spesa per le prestazioni assistenziali per invalidità civile ha fatto registrare negli ultimi cinque anni un incremento di oltre il 25 per cento, come riportato anche da numerosi organi di stampa;
sul piano normativo sono state introdotte per gli anni 2009 e 2010 una serie di misure volte a verificare la permanenza dei requisiti per il riconoscimento delle prestazioni di invalidità civile;
in particolare, a decorrere dal 1o gennaio 2010 l'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, ha introdotto nuove modalità sull'intero procedimento di riconoscimento e concessione dell'invalidità civile, disponendo che le domande devono essere presentate in via telematica all'Inps complete di certificazione medica e attribuendo all'Istituto l'accertamento definitivo per la concessione o meno del sussidio;
sono state assunte numerose iniziative al fine di realizzare azioni di coordinamento ai vari livelli con tutti i soggetti istituzionali coinvolti (aziende sanitarie locali, regioni e comuni) -:
quanti siano i trattamenti di invalidità civile non confermati a seguito delle verifiche straordinarie previste per l'anno 2009 e quali iniziative il Governo intenda assumere per assicurare l'applicazione delle norme introdotte dalle sopra citate disposizioni su tutto il territorio nazionale.
(3-01009)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DAMIANO, VICO, BELLANOVA, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, RUGGHIA, SCHIRRU, D'ANTONI, GINEFRA, GRASSI e CONCIA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 1o aprile Teleperformance ha avviato le procedure di mobilità, quantificando in 847 unità gli esuberi tra le tre sedi (Roma Fiumicino, Taranto);

tale annuncio ha determinato grandissima preoccupazione tra i lavoratori interessati, in particolare nell'area di Taranto che è la più colpita dal provvedimento di mobilità;
i lavoratori interessati sono per lo più giovani, spesso forniti di laurea e diploma, in prevalenza donne;
le difficoltà odierne nascono dal fatto che mentre Teleperformance ed altre aziende hanno proceduto a stabilizzare tutti i collaboratori a progetto, in attuazione della cosiddetta circolare «Damiano» del 2006, successivamente, nel mutato quadro politico, si è nuovamente dato impulso ai contratti di collaborazione, meno onerosi per le aziende, ma meno convenienti per i lavoratori;
in tale contesto, le aziende che hanno proceduto a stabilizzare si trovano in seria difficoltà rispetto alle aziende che fanno ricorso alle collaborazioni a progetto -:
se i Ministri interrogati non intendano avviare con urgenza un tavolo di concertazione con le aziende e le organizzazioni sindacali per scongiurare i provvedimenti di mobilità e per definire con le parti sociali una regolamentazione nuova del mercato che metta le imprese sullo stesso piano ed eviti che i lavoratori debbano perdere il posto di lavoro o subire un drastico ridimensionamento di salari e tutele.
(5-02728)

SPOSETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata del 4 aprile 2010 un grave incidente sul lavoro nella centrale Enel Greenpower di Torre Valdaliga, presso Civitavecchia, ha causato la morte di un operaio e il ferimento di altri tre;
l'incidente, avvenuto nell'area dell'impianto dove viene stoccata l'ammoniaca utilizzata per abbassare le emissioni del monossido di azoto che si sviluppano durante il processo produttivo, ha colpito particolarmente l'opinione pubblica perché è il terzo incidente mortale all'interno della struttura;
l'esigenza della sicurezza sul lavoro, in particolare alla centrale di Torre Valdaliga Nord, era già stata evidenziata dal procuratore della Repubblica di Civitavecchia. Nel gennaio 2010 infatti la procura di Civitavecchia aveva chiesto il sequestro dell'intero impianto, giudicandolo non in linea con le certificazioni Emas. La stessa procura in data odierna ha reso noto che nel 2009, in seguito ai controlli effettuati su 53 ditte appaltatrici che lavorano nel cantiere di Torre Valdaliga Nord, sono state comminate sanzioni per oltre 300 mila euro e denunciati 26 datori di lavoro;
secondo fonti sindacali, la gravità della situazione riguarda la sicurezza all'interno del cantiere e all'interno delle aree gestite da ENEL Produzione, oltre all'inesistente rapporto relativo alla sicurezza intercorrente tra ENEL Cantiere ed ENEL Produzione;
il sindaco di Civitavecchia, con un provvedimento concordato con gli altri enti locali interessati tra cui la provincia di Viterbo e quella di Roma, ha disposto nella giornata di martedì 6 aprile 2010 la chiusura della centrale, al fine di verificare i sistemi di sicurezza, le procedure di funzionamento della centrale e i procedimenti che regolano la filiere degli appalti e del subappalto;
l'incidente di Civitavecchia si inserisce nella drammatica catena di morti e ferimenti sul lavoro che stanno caratterizzando l'Italia. Un fenomeno che appare inarrestabile. Dall'inizio del 2010 hanno finito di vivere lavorando 105 persone -:
quale sia la corretta ricostruzione dei fatti e, ferma restante la competenza della magistratura, quali siano le cause dell'accaduto;
più in generale, quali iniziative si intendano adottare per vigilare sul rispetto della normativa in materia di sicurezza nei

luoghi di lavoro, ed ancora, sulla responsabilità di appaltatori e subappaltatori.
(5-02729)

DAMIANO, BELLANOVA, BERRETTA, BOBBA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MIGLIOLI, MOSCA, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 7 aprile 2010 l'azienda Bialetti alle ore 10,30 ha comunicato ai rappresentanti sindacali in un incontro che è durato 15 minuti la sua decisione inappellabile di chiudere lo storico stabilimento di Omegna ove si producono le caffettiere Moka note in tutto il mondo e, nello stesso incontro, che, nel giro di tre giorni, sarebbero arrivate le lettere di apertura della procedura di mobilità per tutti i dipendenti, in totale 113 (97 operai e 16 impiegati);
durante lo stesso tavolo sindacale del 7 aprile l'azienda ha comunicato la scelta di delocalizzare in Cina, che potrebbe con molta probabilità essere parziale in quanto si dovrebbe far importare dalla Cina il semilavorato da completare nelle ultime fasi di lavorazione da parte di alcuni artigiani e con probabilità da una cooperativa del VCO per spacciarlo come made in Italy;
come risposta immediata le organizzazioni sindacali hanno indetto un'assemblea permanente per tutta la giornata e deciso 20 ore di sciopero da attuarsi nei prossimi giorni con un presidio costante dei lavoratori di fronte alla fabbrica;
sia il presidente della provincia di Verbano Cusio Ossola (Massimo Nobili, PDL), sia il sindaco di Omegna (Antonio Quadretta, giunta di centro destra) concordano con i sindacati che non si accetta la delocalizzazione e non si tratta con un'azienda che non vuole restare sul territorio;
il comunicato diffuso dall'azienda di discutere su ammortizzatori sociali e incentivi vari e ricollocazione di parte del personale sul territorio, non è stato considerato una possibile soluzione praticabile né dalle organizzazioni sindacali né dalle istituzioni;
nel contempo sul versante occupazionale, nel territorio del Verbano Cusio Ossola, si profila un disastro senza precedenti: nel giro di 2-3 mesi si avranno 3-4 aziende con più di 150 dipendenti che probabilmente chiuderanno definitivamente Acetati-Tessenderlo (chimica) Bialetti, Siderscal, Sit Cupro, Minoletti (Meccanica) Perucchini (Fonderia 2o fusione) ed altre;
stante questo scenario, è stato concordato tra i sindacati unitariamente uno sciopero dei metalmeccanici di tutta la provincia, per il 15 aprile 2010, in occasione della convocazione del consiglio comunale aperto che si terrà giovedì 15 aprile alle ore 17,30 i cui componenti partiranno dall'area antistante i cancelli della Bialetti e si recheranno al forum di Omegna ove si svolgerà il consiglio comunale stesso -:
quali iniziative il Governo intenda mettere in atto per scongiurare questa ennesima fuga delle aziende italiane dal nostro territorio mettendo a repentaglio la sicurezza lavorativa di tanti dipendenti, in particolare di un'azienda come la Bialetti che dal 1933 ha rivoluzionato il modo di preparare il caffè in casa e che si è consolidata nel corso del tempo nel mondo, grazie ad una sapiente comunicazione incentrata sull'immagine dell'«omino con i baffi», simbolo ancora oggi di una delle più importanti aziende italiane produttrici di caffettiere.
(5-02739)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i dipendenti degli appalti televisivi, operatori e tecnici, impegnati nella trasmissione «Isola dei famosi» in onda sulla

seconda rete della RAI denunciano incredibili e intollerabili condizioni di lavoro, definite al limite della legalità, cui sarebbero costretti;
in una nota della SLC-CGIL Roma e Lazio si sostiene come «sia incredibile che il servizio pubblico tolleri che si realizzi una delle trasmissioni di punta del suo palinsesto, speculando sul lavoro di tecnici ed operatori»;
secondo quanto riferito in un dettagliato articolo pubblicato dal settimanale l'Espresso che raccoglie accuse e sfoghi dei componenti delle troupe che seguono i «naufraghi» «L'acqua potabile è scarsa, il cibo è razionato, si dorme spesso nelle tende e i sacchi a pelo non bastano per tutti. Meglio non parlare dei bagni, o meglio delle latrine di fortuna: sono solo quattro per 54 persone. La zona è paludosa e non ci sono zanzariere. Gli spostamenti in barca sono pericolosi e spesso si finisce in infermeria per le scosse e le ondate. Ed è così che si deve vivere per quattro mesi, lontano da casa, per 120 euro lordi al giorno»;
i dipendenti degli appalti televisivi hanno tenuto nella giornata dell'8 aprile 2010 una manifestazione davanti alla sede RAI di viale Mazzini a Roma, appunto per denunciare le condizioni di lavoro cui sono costretti -:
quali iniziative si intendano promuovere, adottare e comunque sollecitare per accertare la fondatezza o meno di quanto denunciato dai lavoratori;
in caso le notizie dovessero risultare fondate, quali iniziative di competenza si intendano adottare.
(4-06750)

PALAGIANO e DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come risulta da una lettera pervenuta al primo firmatario del presente atto, una donna residente a Siracusa si è vista negare dall'INPS, in occasione dell'esame delle domande di revisione degli invalidi, la propria pensione di accompagnamento;
la donna, nella sua missiva, sottolinea che il suo non è stato l'unico caso di revoca illegittima dell'assegno di accompagnamento;
la donna, affetta da sclerosi multipla secondariamente progressiva, non è in grado di camminare e usufruisce della carrozzina per i normali spostamenti; per queste ragioni rientra pienamente nelle 12 patologie previste dal decreto del 2 agosto 2007 e per le quali sono escluse visite di controllo sulla permanenza dello stato invalidante;
anche il neurologo che ha in cura la donna e che si è occupato della sua certificazione ha ritenuto ingiustificato tale comportamento dell'INPS di Siracusa;
da una ricerca effettuata on-line risulta che gli uffici dell'INPS di Siracusa hanno spesso avuto problemi di gestione, anche del personale;
più volte i sindacati hanno chiesto l'aumento del personale anche attraverso la mobilità tra enti, il rispetto dei tempi dell'erogazione delle prestazioni, una più efficiente organizzazione dell'istituto, la soluzione del problema riguardante la ricostituzione delle pensioni, la creazione di una task force con Asl e prefettura per affrontare il problema degli arretrati degli invalidi civili, una maggiore sinergia tra gli enti di patronato e l'INPS -:
se non intenda verificare l'episodio sopra descritto, che pare non essere un caso isolato e che rappresenta, ad avviso degli interroganti, una palese violazione di un diritto fondamentale per una persona disabile;
se non intenda verificare il regolare svolgimento del lavoro svolto dall'INPS di Siracusa, a tutela dei lavoratori dell'ente e di tutti i cittadini che ad esso fanno appello.
(4-06752)

DI BIAGIO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
in data 7 aprile 2010 la trasmissione di Italia uno Le Iene ha trasmesso un servizio in cui veniva raccontata la situazione di una lavoratrice della Cgil di Cosenza, Simona Micieli, che ha operato presso la struttura sindacale locale per oltre cinque anni senza godere di un reale contratto;
la lavoratrice venne assunta inizialmente dalla Cgil con un contratto a progetto della durata di un anno, nell'ambito del programma di servizio civile, percependo 433 euro al mese. Una volta conclusasi l'esperienza progettuale, il segretario generale della Cgil di Cosenza le propone di continuare a lavorare per l'organizzazione, senza un contratto, ma percependo un rimborso spese di 250 euro mensili, con la promessa di una stabilizzazione presso la medesima struttura qualora si fossero verificate le condizioni;
la situazione di «provvisorietà» si protrae per cinque anni, durante i quali la giovane è costretta a lavorare in nero, e percependo una cifra realmente irrisoria, senza poter godere di diritti e di garanzie contrattuali, le medesime garanzie che il sindacato nella sua mission originaria sarebbe chiamato a far tutelare e salvaguardare imprescindibilmente ed inderogabilmente;
evidenziata l'eventualità da parte della lavoratrice di ricorrere ad una vertenza di lavoro, la struttura di Cosenza propone alla stessa un contratto part-time di 21 ore settimanali, con la promessa che nell'arco di sei mesi sarebbe stato definito in full time. Malgrado la definizione contrattuale, la lavoratrice è costretta a lavorare per l'intera giornata e per l'intera settimana, bypassando completamente le disposizioni del suo stesso contratto;
dinanzi ad un reiterato disconoscimento dei suoi diritti, la lavoratrice ha preteso che venissero realmente rispettate le disposizioni tracciate nel suo contratto part-time, istanza che ha condotto il segretario generale della Cgil di Cosenza a minacciare il licenziamento della giovane, minacce raccolte e documentate in una registrazione operata dalla lavoratrice nei locali del sindacato;
il dirigente - nella conversazione registrata - si è rivolto alla lavoratrice dicendo che questa avrebbe dovuto solo lavorare e che le condizioni le avrebbe decise l'organizzazione, come per tutti quanti gli altri. Lo stesso evidenziava che la richiesta del rispetto di garanzie contrattuali, quali ferie e rispetto degli orari, non sono pretese tali da farle onore e che la stessa lavoratrice poteva scegliere o meno di attenersi alle regole dell'organizzazione, pena il licenziamento;
le parole riprovevoli pronunciate dal massimo referente locale di uno dei più importanti sindacati italiani rappresentano un colpo duro all'intero impianto normativo dei diritti del lavoratore in Italia e rischiano di gettare fango sul lavoro svolto nel corso dei decenni dalla Cgil e da tutti i sindacati e soprattutto sulla credibilità dello stesso sindacato;
la Cgil è la più antica associazione di rappresentanza sindacale italiana e anche quella maggiormente rappresentativa contando al momento 6 milioni di iscritti tra lavoratori e pensionati. È chiamata a svolgere un imprescindibile ruolo di protezione del lavoro e dei lavoratori attraverso un'opera di rappresentanza e di contrattazione, che appare svilita dall'emergere di gravi inadempienze ed inottemperanze alla normativa in materia di tutela dei lavoratori, all'interno delle sue stesse strutture operative;
lo stesso sindacato ha avviato da tempo una campagna nazionale contro il lavoro nero, irregolare e sommerso invitando a riflettere i lavoratori sul fatto che «il lavoro nero priva milioni di uomini e donne dei loro diritti fondamentali. Rende più insicura e precaria la vita dei lavoratori, italiani e stranieri. È la negazione di ogni idea di sviluppo, di qualità, di democrazia, di uguaglianza reale» -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza di quanto evidenziato in premessa;

se e quali iniziative di competenza ritenga opportuno predisporre al fine di avviare un percorso di monitoraggio circa la regolarità contrattuale dei profili occupazionali operanti presso le strutture sindacali, indipendentemente dalla sigla di queste, garantendo la piena tutela dei diritti e la sicurezza dei lavoratori e consentendo l'emersione del lavoro nero anche in quelle strutture che sono deputate alla salvaguardia ed al rispetto dei lavoratori, anche al fine di salvaguardare l'immagine e la credibilità delle stesse strutture di rappresentanza sindacale italiane.
(4-06755)

...

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta immediata:

COTA, LUCIANO DUSSIN, DAL LAGO, REGUZZONI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOGLIATO, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIBELLI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LUSSANA, MACCANTI, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010), ha provveduto a rifinanziare il fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi;
in particolare l'articolo 2, comma 54, della legge finanziaria per il 2010 ha stanziato 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012;
nella tabella D della legge finanziaria per il 2010, inoltre, sempre allo scopo di rifinanziare il fondo, sono previsti ulteriori 51,9 milioni per il 2010, 16,7 milioni per il 2011 e 16,7 milioni per il 2012, attinti dal fondo di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, nonché un cofinanziamento di 23,3 milioni di euro per il 2010 e di ulteriori 24,3 milioni per il 2011 e per il 2012;
al complesso di risorse così individuate e stanziate a favore del fondo di solidarietà nazionale si aggiungono ulteriori 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto «scudo fiscale», consentendo di utilizzare le disponibilità relative al fondo di solidarietà nazionale per coprire i fabbisogni di spesa degli anni precedenti a quello di competenza;
molte azioni concrete sono state assunte dal Governo Berlusconi e, in particolare, dal Ministro interrogato per risolvere le problematiche del mondo agroalimentare e rilanciarne la competitività anche nel mercato internazionale -:
se gli stanziamenti previsti dalla legge finanziaria per il 2010 per il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi abbiano raggiunto gli scopi prefissati e quali ulteriori iniziative il Ministro interrogato abbia posto in essere al fine di superare la crisi nel settore agricolo ed agroalimentare e rilanciare la competitività del settore.
(3-01010)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta immediata:

PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da più di venti anni la Ru486 è utilizzata da gran parte dei Paesi europei, e non solo;

nel 2003 l'Organizzazione mondiale della sanità dichiarava sicuro il farmaco abortivo, definendone, tra l'altro, le linee guida e nel 2005 lo inseriva nella lista dei farmaci essenziali;
il 29 marzo 2007 l'Agenzia europea del farmaco ha dato il via libera alla Ru486 e il 20 giugno 2007, facendo proprio il parere dell'Agenzia europea del farmaco, la Commissione europea, all'unanimità, ha approvato la Ru486;
il 30 luglio 2009 l'Agenzia italiana per il farmaco ha dato il via libera all'ammissione nel nostro sistema sanitario della pillola abortiva Ru486, da troppo tempo al centro di violente polemiche e scontri ideologici, e già da alcuni mesi il comitato tecnico dell'Agenzia aveva dato il suo parere favorevole al farmaco, fissando anche il prezzo per il servizio al pubblico. Come riportato da una nota della stessa Agenzia, si sottolineava: «la pillola può essere distribuita in Italia in quanto ciò avviene anche in altri Paesi europei e la questione è stata affrontata sia dal Comitato europeo per i medicinali per uso umano (Chmp) sia dalla Commissione europea»;
il 30 settembre 2009, e quindi in maniera definitiva il 19 ottobre 2009, sempre l'Agenzia italiana per il farmaco ha provveduto a ratificare la decisione del 30 luglio 2009, concludendo così l'iter per la commercializzazione del farmaco;
va sottolineato che la suddetta pillola nel nostro Paese viene usata da tempo e, se non fosse stata inserita nel prontuario farmaceutico, alcune regioni avrebbero comunque continuato ad acquistarla all'estero, ognuna però con le sue regole;
la Ru486 non è di per sé un presidio terapeutico positivo o negativo, ma costituisce solamente un'importante e valida alternativa farmacologica all'intervento chirurgico abortivo già presente negli altri Paesi europei e consente alle donne - debitamente informate - di poter scegliere come interrompere la gravidanza;
peraltro, la pillola viene somministrata nel pieno rispetto della legge n. 194 del 1978. Si ricorda in proposito che l'articolo 15 della legge n. 194 del 1978 prevede «l'aggiornamento del personale sanitario (...) sull'uso delle tecniche più moderne, più rispettose dell'integrità fisica e psichica della donna e meno rischiose per l'interruzione della gravidanza»;
la decisione dell'Agenzia italiana per il farmaco di consentire l'ammissione nel nostro sistema sanitario della pillola abortiva è stato preceduto e seguito da quelle che appaiono agli interroganti delle vere e proprie «crociate» per tentare di ostacolarne la commercializzazione;
valgono per tutte le dichiarazioni rilasciate nei primi giorni del mese di aprile 2010 - salvo essere poi rettificate - dai neogovernatori del Piemonte e del Veneto. Il primo dichiarava che le confezioni in arrivo della Ru486 le avrebbe lasciate in magazzino negli scatoloni, il secondo - come riporta l'agenzia stampa Apcom del 1o aprile 2010 - affermava: «per quel che ci riguarda non daremo mai l'autorizzazione per poter trovare questa pillola nei nostri ospedali, e la mia attività amministrativa sarà volta a evitare assolutamente che venga diffusa». A ciò si aggiungono, per completezza, le dichiarazioni di un autorevole esponente del Popolo della libertà: «Anche dal risultato delle regionali arrivano notizie negative per il partito della morte. La pillola abortiva Ru486 non circolerà facilmente. E questa è una buona notizia»;
attualmente la sanità italiana si conferma divisa in due, anche per quanto riguarda la Ru486. Al Centro-Nord è già arrivata o è stata ordinata quasi ovunque, mentre al Sud risulta disponibile solo nelle strutture sanitarie della regione Puglia;
sulle modalità di somministrazione del farmaco il Ministro interrogato è stato chiaro: in attesa delle linee guida per l'utilizzo del farmaco, l'indirizzo è quello del ricovero ospedaliero ordinario. Anche se è evidente che il «ricovero obbligatorio» si scontra con l'articolo 32 della nostra Carta costituzionale, secondo cui «nessuno può essere obbligato a un

determinato trattamento sanitario», e può rischiare di essere maggiormente penalizzante per la donna rispetto al day hospital -:
quali iniziative - nell'ambito delle proprie prerogative - si intendano intraprendere al fine di garantire la somministrazione uniforme sul territorio nazionale della pillola Ru486, verificando e monitorando che il farmaco venga effettivamente distribuito e reso disponibile nelle strutture sanitarie pubbliche del nostro Paese.
(3-01011)

LIVIA TURCO, ARGENTIN, LENZI, MARAN, BOSSA, BUCCHINO, BURTONE, D'INCECCO, GRASSI, MIOTTO, MURER, PEDOTO, SARUBBI, SBROLLINI, GIACHETTI e QUARTIANI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il commissario per l'emergenza sanità nel Lazio Elio Guzzanti, con il decreto n. 95 del 29 dicembre 2009, ha stabilito che dal 1o aprile 2010 le persone con disabilità in regime residenziale e semiresidenziale sono tenute ad una compartecipazione alla spesa pari al 30 per cento della retta quotidiana - minori compresi - sui trattamenti di riabilitazione e mantenimento a loro indispensabili, dopo le indicazioni giunte al commissario dal tavolo nazionale formato dai ministeri della salute e dell'economia e delle finanze;
per le attività riabilitative in regime residenziale, cioè con il ricovero in strutture sanitarie, il ticket da versare è di 35,64 euro per la riabilitazione, che richiede un impegno definito «elevato», 29,44 euro per le prestazioni ritenute di impegno «medio»; per gli interventi in regime semiresidenziale il ticket sarà di 18,73 euro per un impegno «elevato», di 14,98 euro per un impegno «medio», di 13,11 per un impegno «lieve»;
pesanti critiche sono arrivate dal mondo politico laziale, sia dalla maggioranza che dall'opposizione, chiedendo con insistenza al commissario la revoca del decreto, che impone un ulteriore inaccettabile balzello a famiglie già duramente provate dal carico assistenziale e dai pesanti oneri che la presenza di un disabile comporta;
tale provvedimento, di per sé inaccettabile, perché colpisce tutte le persone disabili, andando di fatto a ledere il loro diritto alla salute sancito dall'articolo 32 della Costituzione, privandoli dell'assistenza necessaria a condurre una vita più dignitosa, è ancora più vergognoso perché, di fatto, per risanare i conti della sanità del Lazio, colpisce pesantemente le categorie più deboli, ossia le famiglie con figli portatori di handicap, che ogni giorno si trovano ad affrontare mille difficoltà, compresi i tagli per gli insegnanti di sostegno;
la risposta fornita dal Ministro interrogato nella seduta di interrogazioni a risposta immediata in Assemblea del 17 marzo 2010 non appare agli interroganti adeguata rispetto ad esigenze di così particolare rilievo;
con questo provvedimento ingiusto, viene eluso il dovere dello Stato di occuparsi dei soggetti che vivono nelle condizioni più svantaggiate -:
se non ritenga opportuno revocare il decreto in questione ed adottare misure alternative per ripianare il deficit della sanità nella regione Lazio che non incidano sui diritti legittimi e primari delle persone disabili, già duramente provate nella loro vita quotidiana.
(3-01012)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BINETTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'attuale condizione dei detenuti presenta segni di visibile sofferenza ampiamente documentati sia da alcune indagini condotte in modo rigoroso, ma anche dall'iniziativa parlamentare che questa

estate, in occasione del 15 agosto, ha coinvolto molti deputati nella visita diretta a tutte le carceri italiane;
il dato più inquietante però resta quello dei suicidi, che in modo singolare, si concentrano in alcune strutture penitenziarie. Si cita ad esempio il carcere di Sulmona, in cui è avvenuto uno degli ultimi casi drammatici. Con la morte di Domenico Cardarelli, internato nel supercarcere di Sulmona e ritrovato pochi giorni fa cadavere nella sua cella, salgono a 54 i detenuti morti dall'inizio dell'anno, i ogni 2 giorni di media. Di questi 17 si sono suicidati, di altri le autopsie hanno evidenziato segni di abbandono terapeutico, oltre a documentate forme di violenza che i detenuti avrebbero subito. Valga per tutti il caso di Stefano Cucchi, rispetto alla morte del quale le indagini sono ancora in corso, ma di cui sembra altrettanto certa la morte per un mix di cause che chiamano in causa non solo il modo in cui è stato trattato dalle forze dell'ordine, ma anche il modo in cui non è stato trattato dal personale medico infermieristico del carcere romano;
nelle carceri si muore così spesso perché come afferma una recente ricerca della Società italiana di medicina e sanità penitenziaria, soltanto il 20 per cento dei detenuti e in buone condizioni di salute. C'è una elevata presenza di tossicodipendenti, che presentano malattie di varia entità e di malati di HIV, che richiederebbero un profilo di cura specifico. D'altra parte la riduzione di personale con competenze specifiche sotto il profilo relazionale, le crescenti difficoltà a creare opportunità di recupero sociale, non possono che accentuare il disagio dei detenuti più fragili sotto il profilo emotivo, aumentando il rischio che si slatentizzino patologie di ordine psichiatrico, soprattutto quelle di carattere depressivo, inducendo il detenuto a scelte irreversibili per la tutela della sua vita. Assistiamo così ad una vera e propria emergenza suicidi nelle carceri italiane. Ogni giorno, nei 206 istituti penitenziari della penisola, si registrano almeno tre tentativi di suicidio da parte dei detenuti. L'anno scorso sono stati 800 e quest'anno, in poco più di tre mesi, già 250. Grazie al lavoro di vigilanza degli agenti di polizia penitenziaria, si riesce a sventare la maggior parte di questi tentativi, ma in alcuni casi non si fa in tempo a intervenire;
d'altra parte sembra che nelle carceri continui a circolare droga e questo non può certamente aiutare i detenuti a fronteggiare la loro situazione. Secondo i primi rilievi effettuati la morte di Domenico Cardarelli potrebbe essere stata causata da un'overdose di sostanze stupefacenti e se è vero che a volte i tossicodipendenti intenzionati a suicidarsi assumano di proposito una dose eccessiva (e letale) di droga, è altrettanto frequente il caso del sovra-dosaggio accidentale, che potrebbe verificarsi più facilmente quando la persona è rimasta in astinenza per un certo periodo di tempo;
non c'è dubbio quindi che l'attuale condizione delle carceri non consenta un'esistenza dignitosa né ai detenuti né agli operatori che lavorano con loro e per loro, per cui a molti di loro il suicidio può sembrare l'unica strada per sfuggire alla sofferenza;
il ministro della giustizia Angelino Alfano ha presentato un piano per affrontare e risolvere i problemi degli istituti di pena nazionali, già approvato dal Consiglio dei ministri. Questo piano prevede risorse per 700 milioni di euro, destinate alla costruzione di 47 nuovi padiglioni detentivi più 17 carceri leggeri. Così come prevede l'implementazione di 2 mila unità dell'organico della polizia penitenziaria. Sono interventi che mirano a decongestionare l'attuale situazione di sovraffollamento e ad aumentare i livelli di sorveglianza, ma non garantiscono alcun intervento specifico per tutelare la salute dei detenuti e per prevenire o per lo meno contenere il rischio suicidi -:
quali iniziative si intenda prendere per rafforzare l'assistenza medico-psichiatrica ai detenuti-malati, sia attraverso un'attenta valutazione previa che consenta

di identificare le persone a rischio, sia per sostenere adeguatamente sotto il profilo psicologico le persone che tentano il suicidio, senza riuscirci la prima volta, ma spesso ben decisi a tentare ancora;
in che modo si intenda intervenire sulla struttura specifica della medicina penitenziaria, che come è noto è in fase di trasformazione sia sotto il profilo organizzativo-gestionale che sotto quello clinico-riabilitativo;
quali iniziative il ministro intenda assumere per garantire al personale impegnato nelle carceri quei livelli di formazione e di aggiornamento specifico che consentano loro di fronteggiare con maggiore competenza le situazioni con cui sono obbligati a confrontarsi giorno per giorno;
in che modo intenda facilitare tutte quelle iniziative volte ad evitare che la droga entri nelle carceri con tanta facilità e sia oggetto di un mercato interno, che appesantisce ulteriormente la condizione dei detenuti dipendenti, per i quali andrebbero predisposte ben altri interventi;
quali interventi concreti il Ministro intenda predisporre per facilitare processi di disintossicazione dei detenuti-pazienti, perché non c'è dubbio che le recidive a cui vanno soggetti sotto il profilo disciplinare vanno inquadrate in una mancata azione di disintossicazione.
(5-02738)

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso di un'ispezione dei carabinieri dei NAS all'ospedale di Chivasso, tra quelle che sono state successivamente definite «carenze gestionali», si sarebbe riscontrato, tra l'altro, che una donna ultraottantenne morta era stata abbandonata su una barella nel corridoio che costeggia il pronto soccorso, in mezzo ai malati che stavano ricevendo il pasto;
i controlli dei carabinieri sarebbero scattati in seguito alle numerose lamentele ricevute negli ultimi mesi; al loro arrivo, i militari si sono trovati di fronte ventuno pazienti dei reparti di medicina e di neurologia «parcheggiati» nei corridoi del pronto soccorso, una «grave anomalia», sotto il profilo delle norme relative alla degenza e all'assistenza dei pazienti;
i carabinieri avrebbero trovato una struttura «congestionata» con situazioni «inaccettabili»: oltre alla totale assenza di privacy per i malati, si è infatti riscontrata la presenza di pazienti, uno accanto all'altro e con differenti patologie, in ambienti non idonei. La sala d'attesa del pronto soccorso, inoltre, sarebbe utilizzata come accesso principale all'ospedale, con pazienti e visitatori mescolati tra le barelle e un via vai anomalo di medici e infermieri -:
di quali elementi disponga in ordine alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative, nell'ambito delle proprie competenze intenda adottare al riguardo.
(4-06749)

LIVIA TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia, secondo i dati forniti dall'Ipasvi (Federazione nazionale collegi infermieri), mancano 40 mila infermieri. Carenza confermata anche dai parametri dell'OCSE, che definiscono il rapporto ottimale tra infermieri e abitanti in 7 ogni 1.000, mentre in Italia il rapporto infermieri-abitanti è di 5,4 ogni 1000, e in Europa è di 8,2;
nonostante la carenza di infermieri, si è registrato negli ultimi 5 anni un aumento del 31,4 per cento nelle immatricolazioni ai corsi di laurea infermieristica anche se i posti messi a disposizione, per tali corsi di laurea a numero chiuso, sono di gran lunga inferiori alle richieste

di iscrizioni ed i 7 mila laureati all'anno non riescono a coprire il turn-over fisiologico tra chi entra nel mondo del lavoro e chi va in pensione, si stima, infatti, che ogni anno vadano in pensione 2.800 infermieri;
si tratta, di un'emergenza comune a tutte le regioni italiane, in particolare è da anni che Ausl d'Imola ha una carenza di organico del personale infermieristico, tecnico, operatori socio-sanitari e altro, lasciando così di fatto al minimo l'assistenza in corsia -:
se - ferme restando le competenze delle regioni - non si ritenga necessario provvedere a questa grave carenza favorendo una politica d'incremento delle assunzioni di personale infermieristico stanziando a livello nazionale risorse finanziarie adeguate;
se non si ritenga opportuno adottare tutte le iniziative normative possibili affinché anche il lavoro medico sanitario, ed in particolare quello infermieristico, possa essere riconosciuto come lavoro usurante.
(4-06764)

TOUADI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - presso che:
in data 12 aprile 2010 il quotidiano La Repubblica riporta la notizia della morte di una bambina nigeriana di 13 mesi avvenuta con molta probabilità per cause imputabili ai sanitari del pronto soccorso dell'ospedale Uboldo di Cernusco sul Naviglio che hanno obiettato motivi di ordine burocratico tali a non consentire l'immediato ricovero della bambina;
stando a quanto raccontano i genitori della bambina e l'avvocato della famiglia, la piccola Rachel Odiase nella notte del 3 marzo 2010, in preda a violenti attacchi di vomito, viene portata al pronto soccorso dell'Uboldo di Cernusco sul Naviglio;
in base al referto rilasciato dal pronto soccorso alle ore 00.45, la bambina si trovava in buone condizioni e si prescriveva l'uso di alcuni medicinali;
i genitori immediatamente hanno acquistato i medicinali prescritti dal pronto soccorso, ma, intorno alle 2 di notte, di fronte all'aggravarsi delle condizioni della piccola Rachel, il padre, Tommy Odiase, nigeriano regolarmente soggiornante in Italia dal 1997, ha nuovamente portato la bambina presso l'ospedale affinché venissero effettuati accertamenti più approfonditi;
Tommy Odiase ha un permesso di soggiorno da rinnovare ogni sei mesi che però scade in caso di disoccupazione; per ottenere la tessera sanitaria per la piccola figlia, tra la documentazione da presentare c'è anche l'ultima busta paga, ma il Signor Odiase era stato licenziato solo sei settimane prima;
di fronte alla richiesta del padre, il personale della struttura ospedaliera risponde che è impossibile procedere ad accertamenti, in quanto la tessera sanitaria della piccola Rachel era scaduta e pertanto non potevano visitarla ancora o ricoverarla;
solo a seguito dell'intervento dei carabinieri giunti sul posto, intorno alle 3 del mattino, la bambina è stata ricoverata presso il reparto di pediatria, ma la bambina verrà visitata solo alle 8 del mattino, senza che nel frattempo le venisse somministrata alcuna cura specifica;
due giorni dopo, il 5 marzo 2010 alle cinque e mezza la bambina muore;
stante la descrizione dei fatti così come riferiti dai giornali, appare censurabile il comportamento dei medici dell'ospedale di Cernusco sul Naviglio -:
di quali elementi disponga il ministro in ordine alla vicenda di cui in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;
se vi sia una direttiva impartita alle strutture sanitarie di non prendere in cura minori provvisoriamente sprovvisti o in attesa di rinnovo della tessera sanitaria.
(4-06768)

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
nella città di Imola è ubicato uno stabilimento della CNH, facente parte del gruppo FIAT, nel quale si producono macchine movimento terra;
lo stabilimento imolese occupa 335 persone in cassa integrazione straordinaria per crisi dal 31 agosto 2009 e, a seguito di un accordo sottoscritto al Ministero dello sviluppo economico, la CNH e la FIAT si sono impegnate, insieme alle istituzioni, a cercare nuove soluzioni industriali per il sito di Imola;
la commissione tecnica costituita presso Ministero dello sviluppo economico allo stato attuale non ha ancora trovato soluzioni utili all'occupazione dei lavoratori -:
quali iniziative intenda intraprendere il Governo al fine di affrontare una situazione gravemente impattante sulle lavoratrici e lavoratori dell'azienda nonché sul tessuto sociale dell'intero territorio imolese e come intenda il Governo attivarsi al fine di scongiurare la chiusura definitiva dello stabilimento produttivo imolese e salvaguardare l'occupazione degli attuali dipendenti.
(2-00669)
«Marchignoli, Marchioni, Motta, Marco Carra, Ghizzoni, Santagata, Oliverio, Corsini, Meta, Bellanova, Gianni Farina, Bratti, Velo, Esposito, Vannucci, Tullo, De Micheli, Fluvi, Pizzetti, Benamati, Miglioli, Cuperlo, Brandolini, Ceccuzzi, Fontanelli, D'Incecco, Vassallo, Zampa, Zaccaria, Pollastrini, Zunino, Bossa, Lenzi, Tocci, Tempestini, Marantelli, Scarpetti, Albonetti, Mariani».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
sono ormai numerosissimi i casi di denuncia effettuati da clienti Telecom Italia riguardo all'abbonamento cosiddetto Alice Pay, un classico esempio ad avviso dell'interrogante di pratica commerciale che desta perplessità sul piano della conformità alla normativa di cui al codice del consumo;
risale al giorno di venerdì 9 aprile 2010 il più recente caso di quello che all'interrogante appare un evidente comportamento omissivo di informazioni verso il consumatore e di azione dilatoria della Telecom Italia, allorquando la segreteria dell'interrogante, affrontando un caso segnalato da un cliente, ha provveduto a chiamare il 187 per chiedere informazioni su voci contenute sulla fattura del predetto cliente, il quale non riusciva a capire come mai dovesse pagare una cifra di parecchie centinaia di euro, pur non avendo effettuato chiamate commisurate, bensì trovando scritto sull'effetto di pagamento specifiche e ripetitive voci recanti contenuti web Telecom Italia;
al 187 non sono riusciti a spiegare come fosse stata generata l'attivazione dell'abbonamento ne sapevano dare informazioni di merito sui contenuti addebitati. Hanno però riferito di procedere a collegarsi al sito di Alice Pay e di inserire i codici di accesso per verificare i servizi incriminati;
d'altro canto, lo stesso cliente ha lamentato di non aver mai provveduto ad attivare alcun abbonamento di tale natura e soprattutto di non sapere quali eventualmente potessero essere i codici da usare per entrare nel predetto sito (password e nome utente);

in effetti questa vicenda è da tempo ben denunciata nelle lettere di molti clienti che si rivolgono a consulenti e ad esperti per capire di cosa si tratti e come sia possibile che si possano verificare tali fenomeni a danno di utenti che inconsapevolmente incappano in addebiti per acquisti mai richiesti e mai autorizzati;
dai siti di denuncia allo scopo presenti sul web, si apprende che Alice Pay sembra configurarsi come un servizio poco trasparente. Esso è un nuovo servizio di Telecom Italia che permette di fare acquisti on-line e far ricadere il costo sulla successiva bolletta telefonica (senza neppure specificare il proprio numero di telefono perché alla Telecom riconoscono automaticamente la linea adsl dalla quale si è connessi);
in pratica (così si apprende dai siti a ciò dedicati), questo servizio che all'interrogante pare presentare modalità poco chiare funziona come i vecchi dialer che giravano ai tempi di internet a 56kbps, dato che si possono arrivare a sottrarre, in media, dai 4 ai 20 euro a servizio attivato, a settimana: ci si potrebbe quindi trovare in bolletta addebiti di decine o addirittura centinaia di euro;
questa pratica consiste nel potersi abbonare ad una serie di servizi con un semplice click, senza una conferma da parte del titolare della linea Telecom. Il servizio si attiva automaticamente e l'unico avviso di Telecom è una mail (quando si ha la fortuna di avere una e-mail alice, altrimenti neppure ciò), in cui avvisa dell'avvenuto acquisto, senza alcun link di conferma;
se per errore si clicca un link, si può rischiare di abbonarsi all'istante ad un servizio di cui magari si voleva solo qualche informazione in più, ma non spendere decine di euro al mese;
è logico ad ogni modo chiedersi considerato che questi servizi sono riservati solo a persone maggiorenni, come fa Telecom ad assicurarsi che colui che ha cliccato abbia più di 18 anni. Un modo potrebbe essere quello della conferma tramite e-mail: una tecnica utilizzata quasi ovunque. E invece no, acquisto immediato e per un mese ed a tempo illimitato;
inoltre non è necessario inserire nemmeno il numero telefonico su cui verrà addebitato il servizio, Telecom tramite l'indirizzo IP riconosce la linea telefonica e addebita;
se un terzo diverso dal titolare della linea usa la linea ADSL del cliente, si rischia di trovarsi bollette del cui contenuto non si è responsabili. Si è soggetti allo stesso rischio se qualche male intenzionato s'introduce nella rete wireless domestica del titolare;
purtroppo però, come ha potuto verificare lo stesso interrogante affrontando direttamente un caso del genere, i clienti di Telecom Italia, non conoscono la nuova iniziativa capace di arrecare danni economici di notevoli entità;
ancora più grave è la condizione di quegli utenti che hanno l'addebito della fattura della Telecom direttamente sul proprio conto corrente bancario, infatti questi utenti si possono trovare nelle condizioni di aver pagato servizi non voluti e richiesti e ad ogni modo, le eventuali verifiche sono spesso tardive in quanto il pagamento è già stato effettuato;
tale pratica di attivazione e di esercizio dell'abbonamento Alice Pay appare all'interrogante del tutto priva di trasparenza e soprattutto contraria al codice del consumo, in particolare lesiva dei diritti degli utenti previsti dal decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206 (codice del consumo), segnatamente dall'articolo 57 sulla fornitura non richiesta che allo scopo recita:
«1. Il consumatore non è tenuto ad alcuna prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta. In ogni caso l'assenza di risposta non implica consenso del consumatore.
2. Salve le sanzioni previste dall'articolo 62, ogni fornitura non richiesta

di cui al presente articolo costituisce pratica commerciale scorretta ai sensi degli articoli 21, 22, 23, 24, 25 e 26» -:
se sia a conoscenza dei casi di cui in premessa concernenti l'attivazione poco trasparente dell'abbonamento Alice Pay da parte di Telecom Italia e quali iniziative di competenza intenda adottare per disciplinare compiutamente, avendo particolare attenzione alla tutela dei consumatori, la materia della conclusione dei contratti per via telematica, sia con riferimento ai servizi di telecomunicazione sia più in generale a tutte le tipologie di contratti stipulabili a distanza.
(2-00671) «Alessandri».

Interrogazione a risposta in Commissione:

CAVALLARO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
a Castelraimondo, nelle Marche, ha sede l'azienda Vitaviva s.r.l., titolare anche del marchio ITEMA il cui insediamento produttivo venne inaugurato sul finire degli anni Ottanta, mentre a partire dal 1991 fu lanciato il marchio Vitaviva e creata la linea di prodotti attualmente in produzione, quali vasche idromassaggio, box multifunzione e vasche cabinate;
nel 2001 la società, già di proprietà del gruppo Ariston di Fabriano e successivamente della Merloni Termosanitari, fu acquistata dalla grande multinazionale tedesca Villeroy & Boch con sede principale in Mettlach, Germania, quotata nel listino azionario tedesco, unitamente al marchio ITEMA;
l'obiettivo dichiarato dalla gruppo industriale tedesco era quello di raggiungere una posizione di leadership nel mercato italiano, in quanto anche la Villeroy & Boch Wellness Italia, oltre che nel settore delle ceramiche e dei prodotti sanitari per bagni, era produttrice di vasche idromassaggio, ad incasso, cabinate, con telaio e sistemi doccia multifunzione, prodotti questi dagli elevatissimi standard in termini di estetica, design, funzionalità, materiali e innovazione tecnologica ed intendeva fare sinergie commerciali con le sue produzioni tradizionali;
sebbene la Villeroy & Boch sia un grande gruppo industriale che nel 2008 ha avuto un fatturato annuo 841 milioni di euro ed ha approssimativamente in tutto il mondo circa 10000 dipendenti ed un totale di 24 impianti di produzione, 20 dei quali si trovano in Europa, tre in Messico e uno in Thailandia, i risultati dell'investimento a Castelraimondo sono stati costantemente deludenti, a causa della mancanza totale di investimenti e di un serio piano industriale, oltre che per motivi collegati alla crisi generale del settore, legato a quello edilizio ed alla situazione economica globale;
dagli originari 120 dipendenti lo stabilimento della Vitaviva s.r.l ad oggi è sceso a sole 44 unità che, pur considerando: la crisi della cartiera Miliani di Fabriano ceduta al gruppo Fedrigoni con la chiusura totale dello stabilimento di Castelraimondo, quella della Antonio Merloni s.p.a., ora in amministrazione straordinaria, che investe anche il territorio maceratese nonché le difficoltà che sul piano occupazionale e d'impresa manifestano anche altre aziende locali, sono comunque un significativo presidio industriale in una realtà complessivamente in difficoltà;
a quanto risulta entro il prossimo 22 aprile la Villeroy & Boch trasferirà le quote sociali o almeno il pacchetto di maggioranza della Vitaviva s.r.l. alla Certina A.G., società finanziaria e non produttiva con sede in Monaco che opera nel settore delle ristrutturazioni e riconversioni industriali;
le rappresentanze sindacali CISL e CGIL, la R.S.U. ed i lavoratori hanno fatto presente alla pubblica opinione che la situazione è preoccupante, in quanto non solo tale passaggio di quote non prevede il trasferimento dei beni immobili dell'azienda, ma non è stato presentato neanche

alcun piano industriale né dalla Villeroy & Boch né dalla nuova proprietà, cosicché vi è il fondato timore che ci possano essere conseguenze dirette e gravi per l'occupazione;
già in precedenza, nel 2004, la Villeroy & Boch era uscita traumaticamente dal settore delle piastrelle, cedendo lo stabilimento «Ceramica Ligure» Srl di Ponzano Magra (La Spezia) e quindi al momento lo stabilimento di Castelraimondo è l'unico presidio in Italia della multinazionale;
il gruppo tedesco ha sempre dichiarato di voler presidiare il mercato italiano anche sotto il profilo commerciale ma a tutt'oggi non ha mai messo in campo strategie industriali e commerciali ed effettuato investimenti adeguati;
i dipendenti dello stabilimento di Castelraimondo, a rischio licenziamento, hanno chiesto l'intervento del prefetto, della regione, della provincia e del comune, consapevoli che la cessione delle quote sociali, in mancanza di un piano industriale riduce enormemente le garanzie per i lavoratori, oltre a determinare un comprensibile stato di preoccupazione fra gli operatori economici della zona, tenuto conto che lo stabilimento rappresenta un'importante realtà produttiva -:
quali misure il Ministro interrogato intenda adottare per risolvere urgentemente la segnalata gravissima situazione e se, stante la natura e consistenza della Villeroy & Boch, che opera prevalentemente all'estero e la crisi generale del settore, non ritenga opportuno estendere alcune delle misure ipotizzate nell'accordo di programma conseguente alla crisi della A. Merloni s.p.a. anche allo stabilimento di Castelraimondo, cercando in primo luogo di dare la garanzia immediata almeno della conservazione, mediante processi di formazione a nuove abilità, dei livelli occupazionali e nello stesso tempo di ottenere, con un adeguato piano industriale, un rilancio, insieme alle iniziative già assunte dalla regione Marche, nel settore della domotica, costruendo così le premesse per un ulteriore sviluppo del sistema industriale delle aree interne e montane delle Marche in cui l'azienda opera.
(5-02733)

...

Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Nizzi e altri n. 7-00226, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Murgia.

Apposizione di firme ad una interpellanza.

L'interpellanza urgente Bobba e altri n. 2-00666, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Lupi, Melis, Froner, Farinone, Narducci, Schirru, Lenzi, Graziano, Delfino, Brandolini, Binetti, Enzo Carra, Velo, Bucchino, Boccuzzi, Ghizzoni, Piccolo.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in commissione Giulietti n. 5-02443, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 4 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Barbareschi.

L'interrogazione a risposta in commissione Scarpetti n. 5-02505, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

L'interrogazione a risposta scritta Naccarato n. 4-06728, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Farinone.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
interrogazione a risposta in commissione Garagnani n. 5-01947 del 14 ottobre 2009 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06758;
interrogazione a risposta in scritta Mariani n. 4-05879 del 27 gennaio 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-02737;
interrogazione a risposta in commissione Cardinale n. 5-02678 del 18 marzo 2010 in interrogazione a risposta scritta n. 4-06769;
interrogazione a risposta scritta Ghizzoni e De Pasquale n. 4-06671 del 31 marzo 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-02742.