XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 307 di giovedì 15 aprile 2010

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

La seduta comincia alle 9,40.

GIACOMO STUCCHI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Conte, D'Amico, Dozzo, Fallica, Jannone, Lombardo e Vitali sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente settantotto, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,42).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Su un lutto del deputato Marcello De Angelis.

PRESIDENTE. Comunico che il collega Marcello De Angelis è stato colpito da un grave lutto: la perdita del padre.
La Presidenza della Camera ha fatto pervenire al collega le espressioni della più sentita partecipazione al suo dolore, che desidero ora rinnovare anche a nome dell'intera Assemblea.

Approvazione in Commissione.

PRESIDENTE. Comunico che nella seduta di ieri, mercoledì 14 aprile 2010, la XI Commissione (Lavoro) ha approvato, in sede legislativa, la seguente proposta di legge:
STUCCHI: «Modifica dell'articolo 1 della legge 3 dicembre 1962, n. 1712, concernente la composizione dei comitati consultivi provinciali presso l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro» (2587).

Trasferimento a Commissione in sede legislativa della proposta di legge n. 2064.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'assegnazione di proposta di legge a Commissione in sede legislativa.
Propongo alla Camera l'assegnazione in sede legislativa della seguente proposta di legge della quale la VII Commissione (Cultura) Pag. 2ha chiesto il trasferimento in sede legislativa, ai sensi dell'articolo 92, comma 6, del Regolamento:
alla VII Commissione (Cultura):
GRIMOLDI ed altri: «Aumento del contributo dello Stato in favore della Biblioteca italiana per ciechi 'Regina Margherita' di Monza e modifiche all'articolo 3 della legge 20 gennaio 1994, n. 52, concernenti le attività svolte dalla medesima Biblioteca» (2064).

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Discussione della domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici del deputato Bocchino (nella sua qualità di persona offesa nel procedimento penale n. 1039/10 RGNR/I) (Doc. IV, n. 7-A) (ore 9,45).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame del seguente documento: domanda di autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici del deputato Bocchino (nella sua qualità di persona offesa nel procedimento penale n. 1039/10 RGNR/I) (Doc. IV, n. 7-A).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 14 aprile 2010.

(Discussione - Doc. IV, n. 7-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla discussione della relazione della Giunta che propone di concedere l'autorizzazione.
Ha facoltà di parlare il relatore e presidente della Giunta per le autorizzazioni, onorevole Castagnetti.

PIERLUIGI CASTAGNETTI, Relatore. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la Giunta riferisce su una richiesta di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici avanzata dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria e pervenuta alla Presidenza della Camera in data 17 marzo 2010, nell'ambito di un procedimento penale contro ignoti. Il fatto è stato denunciato dal deputato Italo Bocchino in data 1o febbraio 2010. Vocaboli ingiuriosi sono pervenuti via sms sull'utenza cellulare del collega Bocchino il 31 gennaio 2010 alle ore 20,44.
A seguito dell'assegnazione della domanda alla Giunta per le autorizzazioni, l'esame si è svolto e concluso nella seduta del 14 aprile 2010. Il deputato Bocchino è stato regolarmente informato della seduta ai sensi dell'articolo 18 del Regolamento della Camera e invitato a intervenire o a inviare memorie. Egli ha ritenuto di non avvalersi di tali facoltà.
Vale la pena ricordare che nella XIV legislatura, dopo l'entrata in vigore della legge n. 140 del 2003, si sono avuti tre casi di domande autorizzatorie all'acquisizione di tabulati telefonici in indagini svolte in procedimenti in cui deputati erano parti offese (vedi i casi Buontempo, doc. IV, n. 6 e n. 6-A; Diana, doc. IV, n. 10 e n. 10-A e Marinello, doc. IV, n. 17 e n. 17-A). In tutti i casi, su unanime proposta della Giunta, l'autorizzazione è stata concessa. Il materiale relativo a tali precedenti è stato messo a disposizione del collegio.
Nella XV legislatura si sono avuti due casi, uno in cui il deputato interessato era parte offesa e uno in cui era indagato. Nella legislatura in corso, si è avuto - prima dell'attuale - un solo caso, in cui il deputato era indagato.
Durante l'esame nessuno dei componenti la Giunta ha obiettato alla proposta di chi vi parla, presidente e relatore, di concedere l'autorizzazione, anche in virtù dell'evidente interesse del deputato Bocchino a che l'acquisizione sia autorizzata. Conviene allegare alla presente relazione non solo gli atti giudiziari pervenuti ma anche il resoconto della seduta richiamata.
La Giunta, all'unanimità, ha pertanto deliberato di proporre all'Assemblea che l'autorizzazione richiesta sia concessa.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, noi in Giunta abbiamo votato a favore di questa richiesta, e quindi naturalmente anche qui in Aula voteremo a favore della stessa. Tuttavia, non possiamo non approfittare di questa opportunità per rilevare che le autorizzazioni quando servono ad un appartenente di questo ramo del Parlamento vengono concesse, quando, invece, sono contro di lui raramente si concede l'autorizzazione.
Mi chiedo, ad esempio, nel caso in cui l'autorizzazione fosse stata richiesta da un cittadino qualunque che avesse ricevuto lo stesso epiteto che il collega Bocchino ha letto sul suo cellulare attraverso quel messaggio, se questa Camera avrebbe mai concesso l'autorizzazione a procedere, posto che epiteti ben peggiori si sono sentiti in quest'Aula, utilizzati da colleghi contro altri colleghi, e non sono neppure stati censurati.
Mi pongo questo interrogativo anche in considerazione del fatto che, per un caso, nella stessa seduta della Giunta si è anche parlato di autorizzazione all'utilizzazione di intercettazioni di conversazioni del deputato Nicola Cosentino che sono state regolarmente bocciate da parte della Giunta perché in quel caso erano contro il deputato Cosentino.
Allora qui bisogna davvero che ci interroghiamo e che svolgiamo una riflessione perché quando c'è qualcosa che colpisce la casta allora si va a coprire, quando c'è qualcosa che invece viene visto dal cittadino come qualcosa contro qualcuno della casta le autorizzazioni non vengono date.
Mi dite come fa il Paese, come fa la gente comune, come fanno i cittadini a ritrovare credibilità nei confronti di una politica che è pronta sempre a difendere chi fa parte della casta e non invece a colpire quando ci sono chiare documentazioni che dimostrano la colpevolezza di determinati deputati? Ecco, noi facciamo questa riflessione, la lasciamo agli atti, naturalmente confermando che voteremo a favore in questo caso che riguarda il collega Bocchino (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, stupisce davvero l'effervescenza innaturale dell'intervento che mi ha preceduto che confligge con quanto lo stesso collega Palomba, in sede di Giunta, ha riferito con ben diversa pacatezza rendendosi conto del fatto che in questo caso l'intercettazione, o meglio l'acquisizione del tabulato, riguarda un periodo di un'ora, cioè quell'ora che è stata strettamente necessaria per individuare il soggetto responsabile delle gravi minacce a carico di un parlamentare.
Mi stupisce che si utilizzi qualsiasi vagito, anche quello più naturale, più giusto e più delicato per strumentalizzare e portare in Aula, come sempre, una discriminazione inesistente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Quando si fa riferimento a concetti giuridici bisogna avere il pudore di conoscerli, il pudore di esprimerli correttamente e rispettare una Giunta che, sotto l'egida del presidente Castagnetti, ha deliberato all'unanimità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione.
Dovremmo passare ai voti.
Nessuno chiedendo di parlare per dichiarazione di voto e non essendo stata avanzata richiesta di voto nominale mediante procedimento elettronico...

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare.

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PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, chiedo la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Sta bene. Per consentire l'ulteriore decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle 10,05.

La seduta, sospesa alle 9,50, è ripresa alle 10,05.

(Votazione - Doc. IV, n. 7-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta della Giunta di concedere l'autorizzazione a procedere all'acquisizione di tabulati telefonici del deputato Bocchino.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Bianconi, Lisi, Coscia, Mazzuca, Vico, Traversa, Vignali, Barani. L'onorevole Vico ha votato. Onorevoli Moles, Scilipoti, Nizzi, Lanzillotta, Rubinato, Rampi, Sanga, Merloni, Franceschini. Abbiamo votato tutti? Onorevoli Fugatti, Perina, Tabacci. È il primo voto, abbiate pazienza. L'onorevole Colombo ha votato? L'onorevole Vico ha votato? L'onorevole Abrignani?
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:

Presenti e votanti 437
Maggioranza 219
Hanno votato 435
Hanno votato no 2.
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che i deputati Monai, Galletti, Capano, Miotto, Cesa, D'Incecco e Barbareschi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Discussione della proposta di legge: Bruno e Luciano Dussin: Salvaguardia degli effetti prodotti dal decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione, non convertito in legge (A.C. 3394) (ore 10,10).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della proposta di legge di iniziativa dei deputati Bruno e Luciano Dussin: Salvaguardia degli effetti prodotti dal decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione, non convertito in legge.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 14 aprile 2010.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la I Commissione (Affari costituzionali) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Prima di dare la parola al relatore, saluto i componenti dell'Università popolare per la terza età di Lendinara, in provincia di Rovigo (Applausi).
Il relatore, presidente della Commissione affari costituzionali, onorevole Bruno, ha facoltà di svolgere la relazione.

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, l'Assemblea è chiamata ad esaminare la proposta di legge n. 3394, da me presentata insieme al collega Luciano Dussin e di cui la I Commissione (Affari costituzionali) ha concluso l'esame nella Pag. 5seduta del 14 aprile, conferendo al relatore il mandato a riferire in senso favorevole.
La proposta di legge è stata presentata a seguito dell'approvazione, nella seduta del 13 aprile 2010, dell'emendamento Bressa Dis. 1.1. Tale emendamento dispone la soppressione dell'articolo unico del disegno di legge di conversione del decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante l'interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e la relativa disciplina di attuazione.
Ricordo che le disposizioni del suddetto decreto-legge hanno trovato applicazione in occasione delle recenti elezioni del 27 e 28 marzo 2010 in diverse regioni quali la Lombardia, la Liguria, il Lazio, il Piemonte, nonché l'Abruzzo e la Calabria per quanto riguarda le elezioni amministrative.
Per tali ragioni e in conformità con quanto avvenuto in precedenti occasioni, a seguito della reiezione del decreto-legge si rende necessaria una disposizione legislativa che, entrando in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, salvaguardi gli atti e i provvedimenti adottati, gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base del citato decreto-legge. Resta chiaramente inteso che la salvaguardia in questione non può che riguardare gli atti e i provvedimenti adottati, gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti nella vigenza del citato decreto-legge, con esclusivo riferimento alle elezioni del 27 e 28 marzo 2010 e ai relativi ballottaggi.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire nel prosieguo del dibattito.
È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, do atto al relatore di aver fornito, come solitamente avviene, un'indicazione estremamente chiara e stringente, a dire il vero molto stringente, visto e considerato che il presidente Bruno avrebbe potuto anche fare riferimento a quello che è stato il dibattito e la discussione sul decreto-legge n. 29 del 2010, poi respinto dall'Assemblea con l'approvazione di un emendamento soppressivo.
Senza dubbio non ci troviamo di fronte ad un fatto tecnico: se fosse semplicemente un fatto tecnico avrei capito anche queste posizioni così stringate e, per alcuni versi, questi ragionamenti molto asciutti, come se ci trovassimo di fronte ad un fatto di pura gestione burocratica o all'evasione di una pratica.
Bisogna piuttosto capire perché si è arrivati a questo provvedimento, quali sono stati i limiti e le difficoltà che hanno visto impegnate per alcuni giorni sia la Commissione affari costituzionali sia, soprattutto, l'Assemblea.
Abbiamo assistito ad una serie di valutazioni estremamente poco chiare anche da parte della maggioranza. Con il provvedimento al nostro esame si tenta di salvaguardare gli effetti prodotti da quel «brutto» decreto-legge, ma una valutazione deve pur essere compiuta da parte della maggioranza: quando ci siamo trovati a discutere di questo argomento e di quel provvedimento avevo infatti sostenuto che la maggioranza non era stata compatta (ne era stato un esempio anche la posizione della Lega Nord, che non si era iscritta a parlare in sede di discussione sulle linee generali del provvedimento).
Tutto questo si è poi evidenziato in quel voto che, come ricordavo, ha bocciato il provvedimento e ha fatto sì che si imponesse un altro percorso da parte di alcuni colleghi della maggioranza, attraverso la presentazione della proposta di legge di cui stiamo discutendo in questo particolare momento. Non voglio ricordare le cose che sono state già ricordate.
Avrei preferito che il Governo, visto e considerato che ha avuto la titolarità del provvedimento precedente (il decreto-legge n. 29), dicesse qualche parola di chiarimento, perché non è possibile che si vada avanti così, senza che vi sia una resipiscenza, senza che vi sia una qualche valutazione, anche autocritica, rispetto alle cose che sono state consumate. Altrimenti sembra veramente che stiamo occupando Pag. 6una parte di questa nostra mattinata di lavori parlamentari semplicemente per mettere lo «spolverino» subito su una cosa che poteva essere evitata, perché se non si evidenzia che questo decreto-legge è andato contro la legge n. 400 del 1988, contro l'articolo 72 della Carta costituzionale, e ha creato un vulnus nei confronti delle istituzioni, consumeremmo il tempo degli interventi senza svolgere una valutazione e - come dicevo poc'anzi - un'autocritica che sono, a mio avviso, essenziali e fondamentali per il rapporto di correttezza non soltanto tra maggioranza e opposizione, ma anche tra Governo e Aula parlamentare, e tra Governo e Paese, visto e considerato che quel decreto-legge ha costituito veramente un precedente gravissimo.
Non credo che si possa accettare il ragionamento svolto ieri in Commissione affari costituzionali dall'onorevole Calderisi, allorché, in materia di legge elettorale, ha fatto riferimento a precedenti come quello del 1995. Ci saranno dei precedenti, ma non vi è un precedente analogo a questo, perché nel 1995 non erano stati indetti i comizi, eravamo ancora nella fase di presentazione delle liste e, perciò, il provvedimento faceva riferimento alla raccolta delle firme. Qui, invece, si è intervenuti sulle particolari vicende che hanno riguardato la presentazione delle liste per il Lazio e la Lombardia.
Detto questo, signor Presidente, non vi è dubbio che oggi ci troviamo con un provvedimento di urgenza decaduto, con un decreto-legge che ha provocato nell'arco di tempo della sua vigenza alcuni effetti che sono stati utilizzati e grazie ai quali alcune liste sono state presentate e hanno avuto il «via» per l'appuntamento elettorale. Allora che cosa si fa? Lo aveva previsto in anticipo l'onorevole Mantini, allorché aveva presentato un emendamento, quasi premonitore di una vicenda che poi si è consumata, con il quale si cercava di salvare gli effetti provocati da questo decreto-legge, emendamento successivamente ritirato dallo stesso onorevole Mantini. Vi è stato anche su questo emendamento una critica feroce da parte di una maggioranza, che poi maggioranza non è stata. Forse nessuno si era accorto che su questo provvedimento una maggioranza non vi è mai stata, che questo provvedimento è stato subito.
Questo decreto-legge, che ancora una volta definisco «brutto», offende le istituzioni, soprattutto il Parlamento e mortifica anche il legislatore nella sua volontà di dare una risposta di chiarezza all'interno del nostro Paese.
Qual è la scelta che dobbiamo fare in questo momento? Se fossimo un'opposizione chiusa, se non avessimo ben saldi, ben chiari, quelli che sono gli interessi complessivi del nostro Paese, voteremmo contro anche questa proposta di legge, invece, ricordiamo che vi è stato un precedente, che vi è stato l'emendamento presentato dall'onorevole Mantini. Capisco anche quali sono le posizioni assunte da parte di alcuni gruppi nella Commissione affari costituzionali, come quelle dell'IdV o della delegazione radicale del PD.
Lo capisco, però dobbiamo fare un ragionamento. Vorrei invitare anche i colleghi di questi gruppi parlamentari che hanno manifestato tutta la loro opposizione parlamentare a ragionare sul fatto che non è possibile far pagare ulteriormente la «bruttura» di quel provvedimento d'urgenza al Paese, mortificando così le nostre istituzioni. Ritengo che questo sia un aspetto su cui dobbiamo impegnarci, e lo dobbiamo fare con grande forza. Non c'è e non sì può trovare una soluzione diversa, perché se noi dicessimo «no» al provvedimento in esame, non approvandolo, faremmo pagare le contraddizioni di questo Governo, alle istituzioni e al Paese. La sacralità delle istituzioni, la chiarezza, e soprattutto la certezza e il rapporto fiduciario tra istituzioni e cittadini devono essere salvaguardati.
C'è - lo dicevo anche ieri in Commissione affari costituzionali - una gerarchia degli interessi. Non c'è da portare avanti un interesse di parte o di fazione. Certamente il decreto-legge n. 29 del 2010 è stato espressione dell'interesse di una fazione, di una parte, un interesse non raccolto dal resto dell'Aula come si è visto. Pag. 7Gli interessi particolari hanno prevalso sugli interessi generali. Noi diciamo di «sì» a questo provvedimento perché vogliamo far prevalere gli interessi generali, l'interesse del Paese e delle istituzioni, seguendo il principio per cui la gerarchia degli interessi va salvaguardata e difesa. Chi viene da una lunga storia e militanza in una cultura democratica e cattolica all'interno di questo Parlamento sa che vi sono innanzitutto le istituzioni e il rispetto del Paese, mentre gli scontri tra le fazioni sono un'altra cosa e non hanno l'eguale dignità, importanza e sacralità.
Ecco perché all'inizio avevo chiesto, signor Presidente, una valutazione diversa, in particolare una relazione meno burocratica, meno scontata, e penso - è la sollecitazione che faccio - che il Governo dovrebbe dire una parola molto più forte, svolgendo un intervento molto più ampio, perché altrimenti non andiamo da nessuna parte.
Noi ascolteremo ovviamente gli interventi sul testo presentato. La dichiarazione di voto a nome del nostro gruppo sarà svolta dal collega Mantini. Ho preannunciato - anche in Commissione - qual è la nostra posizione. Vediamo se riusciremo a far sì che questo nostro momento assembleare di attività ed impegno legislativi non si traduca semplicemente in un fatto scontato.
Abbiamo detto - l'ha ripetuto qualche collega del Partito Democratico - che questa situazione deve essere semplicemente limitata alle elezioni del 28 e 29 marzo. Si chiude la partita, si chiude una pagina brutta, molto brutta, sul piano legislativo e di Governo. Pensiamo che questo non debba costituire alcun precedente, perché si tratterebbe di un precedente gravissimo.
A tal proposito mi ha allarmato moltissimo - ma forse non ho capito bene - l'intervento di colleghi, ieri in Commissione, secondo i quali vi sarebbero indicazioni del decreto-legge n. 29 del 2010 che potrebbero essere utilizzate anche in futuro. Mettetevelo bene in testa: questa è una pagina chiusa, una pagina brutta e oscura della vita di questo Parlamento e di questo Governo. Ecco perché non avrei preteso delle scuse ma dei chiarimenti sì, una relazione meno stantia e burocratica sì. Altrimenti noi ci rifugiamo nei tecnicismi e non individuiamo le responsabilità, che sul piano politico e sul piano morale di quello che è accaduto devono essere ben individuate per avere poi una prospettiva per il futuro, e per evitare ovviamente simili inciampi che certamente non esaltano e non arricchiscono la vita democratica del nostro Paese e non rafforzano le istituzioni.
Proprio per dare dignità alle istituzioni, per dare forza agli interessi del Paese (e dei cittadini interessati) noi diremo di «sì» a questo provvedimento, considerato che il collega Mantini - come ricordavo poc'anzi - aveva già previsto, con la presentazione del suo emendamento, le situazioni che si sono verificate. Le avevamo prefigurate, qualcuno non lo ha fatto, non ci ha pensato. Noi ci avevamo pensato con grande sensibilità, conoscendo la situazione della maggioranza, che sul decreto-legge n. 29 non c'era mai stata e, in particolare, non c'è stata nel momento in cui si è votato.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, ringrazio l'onorevole Tassone dell'attenzione che ha prestato alle posizioni espresse dai deputati radicali della delegazione del Partito Democratico. L'onorevole Tassone ha parlato di interessi complessivi del nostro Paese che inducono, lui e il suo partito, a votare a favore di questa proposta di legge. Ma come si può parlare di interessi complessivi del nostro Paese se siamo qui chiamati a votare contro la stabilità e la certezza del procedimento elettorale che sono oggetto di una raccomandazione fondamentale del Consiglio d'Europa?
Come possiamo parlare di interessi complessivi del nostro Paese quando la stessa Corte europea dei diritti dell'uomo, appena un anno fa, ha condannato un Paese per aver modificato la legislazione Pag. 8elettorale soltanto - udite bene: soltanto - due mesi prima delle elezioni? La Corte europea dei diritti dell'uomo ha sottolineato che curare la certezza del diritto relativo alle elezioni è un dovere dei pubblici poteri. Figurarsi cosa potrà dire la Corte europea sulla situazione italiana, quando riusciremo ad arrivare ad una conclusione dopo i nostri ricorsi e le nostre denunce; una situazione nella quale il Governo interviene con decreto-legge ad operazioni elettorali già iniziate e dove le regioni applicano leggi proprie che avrebbero dovuto avere efficacia solo dalla prossima tornata elettorale. Inoltre, il decreto-legge viene bocciato dalla Camera dei deputati e, in seguito, la maggioranza presenta una proposta di legge per salvaguardare gli effetti del decreto-legge bocciato dalla Camera dei deputati. Ma cosa deve pensare la Corte europea dei diritti dell'uomo quando di fronte a queste violazioni, onorevole Tassone, lei si appella agli interessi complessivi del nostro Paese?
I cittadini italiani nel corso di questa campagna elettorale non sono stati in nessun modo informati delle modalità del procedimento elettorale e nemmeno del loro diritto di sottoscrivere le liste di candidati. Duecentomila persone a cui la legge affida la funzione di autenticare le firme non hanno ricevuto nessuna disposizione per esercitare utilmente il loro potere-dovere di farlo.
E ancora: comuni, province, tribunali e procure non hanno predisposto ed organizzato un servizio pubblico di autenticazione che la legge prevede possa svolgersi anche al di fuori degli uffici. Il 75 per cento dei comuni non si è dotato della posta elettronica certificata, obbligatoria dal 30 giugno 2009, e ciò ha impedito ad alcune liste e solo ad alcune di inviare a costi ridotti e tempestivamente le liste provinciali da far sottoscrivere ai cittadini. È accaduto però che gran parte dei comuni sono stati solerti nel non applicare e nel non rispettare gli obblighi di legge quanto a orario d'apertura degli uffici, semplicità per i cittadini nella sottoscrizione, presenza di avvisi pubblici visibili anche negli uffici chiusi.
La RAI, violando quanto previsto dal regolamento approvato da questo Parlamento nella Commissione parlamentare di vigilanza, non ha trasmesso le informazioni relative alle procedure elettorali e alle modalità per sottoscrivere le liste di candidati.
Abbiamo fatto di tutto per scongiurare la violazione di norme, leggi, regolamenti, finanche della Costituzione. Emma Bonino, durante la campagna di raccolta firme e non a liste depositate, con tre giorni di sciopero della sete, ha cercato di mettere in guardia gli organi istituzionali di questo Paese per le gravi violazioni che già allora si stavano compiendo.
Nelle tredici regioni interessate da questo voto, i cittadini non hanno potuto votare per alcune liste, non solo la nostra, non solo la lista Bonino-Pannella, ma anche le liste del Partito Comunista dei Lavoratori e di Fiamma Tricolore, le liste di Grillo in Umbria, le liste Verdi in molte province; liste alle quali è stata, di fatto, impedita la presentazione a causa delle omissioni di obblighi di legge poste in essere da Ministeri, comuni e RAI-TV. Gli elettori di molte regioni hanno potuto conoscere le liste ed i candidati ufficiali solo sei giorni prima del voto.
Le tribune elettorali ed i messaggi autogestiti, che la RAI era obbligata a trasmettere nelle ultime quattro settimane in prima serata, anche in sostituzione dei talk-show, sono andate in onda, in forma ridottissima e quindi con basse possibilità di ascolto, solo nelle ultime due settimane prima del voto. Vi è stata l'evidenza di liste presentate irregolarmente, in alcuni casi con firme - uso una clausola di stile - probabilmente false; ne dico una, la più evidente; ieri i quotidiani di Mantova riportavano una notizia in prima pagina: venticinque indagati per firme false. Venticinque indagati per firme false nella sola competizione comunale di Mantova!
Ebbene ancora oggi, nonostante il decreto-legge sia stato bocciato da questa Camera, nonostante oggi cerchiate, attraverso questa proposta di legge, di salvaguardare gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base di quel decreto-legge, Pag. 9lo ripeto, bocciato da questa Camera, resta incerto l'esito elettorale a causa di possibili - per quanto ci riguarda certi - interventi dei giudici amministrativi e penali.
Signor Presidente, violazioni a leggi, norme, regolamenti ed alla stessa Costituzione noi, dal nostro punto di vista, le abbiamo ampiamente documentate nel dibattito svoltosi in Commissione. Resta però un punto fisso, che non potete cancellare: non potete cancellare quanto è stato previsto dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, sulla base di raccomandazioni fondamentali del Consiglio d'Europa.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MAURIZIO TURCO. Se devo concludere, chiudo con la nostra dichiarazione di voto. Onorevole Tassone, sostenere - come lei ha fatto - che vi sono interessi complessivi del nostro Paese che ci dovrebbero indurre a votare a favore del provvedimento in esame non lo possiamo accettare. Sostenere che ormai il voto vi è stato, che va rispettata la volontà popolare e che di conseguenza vanno sanati gli effetti del decreto-legge bocciato dal Parlamento a nostro avviso non è la dimostrazione di avere senso dello Stato, se per Stato intendiamo lo Stato di diritto, ma semmai è la dimostrazione di aver perso quel senso dello Stato al quale tutti diciamo di richiamarci (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, siamo qui a discutere nuovamente di questa materia, quando pensavamo che, ragionevolmente, fosse stata archiviata, in modo definitivo, da quest'Assemblea, in seguito all'approvazione dell'emendamento a firma del collega Bressa, volto a sopprimere l'intero provvedimento.
Abbiamo detto, più volte, del nostro stupore, perché il decreto-legge in oggetto non era stato ritirato. È un provvedimento che fa cronaca in sede legislativa. I fatti hanno dimostrato che non vi era alcun bisogno di esso: ad esempio, nel Lazio le elezioni sono state - e si sarebbero - da parte vostra vinte anche se non si fosse fatto ricorso a questo imbroglio (mi sia consentita la parola forte). Invece, si persevera nel portare avanti gli effetti delle illegittimità. Con la proposta di legge in oggetto, gli effetti si limitano alle decorse elezioni regionali, e non anche alle prossime, tuttavia, a nostro avviso, viene pur sempre inferto un vulnus. Ricordo che il decreto-legge del quale si vogliono cristallizzare gli effetti è assolutamente incostituzionale, ma non potrà essere sottoposto al vaglio della Corte costituzionale in quanto non esiste più nel mondo delle leggi.
Del decreto-legge in discussione non sussistevano i requisiti di necessità e di urgenza, di cui all'articolo 77 della Costituzione. Esso era incostituzionale, ai sensi dell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, in quanto violava la cosiddetta riserva d'Assemblea: infatti, in materia elettorale, sulla base della Costituzione, non si può intervenire per decreto-legge, ma solo per legge. Il decreto-legge, inoltre, violava la riserva dei poteri delle regioni, di cui all'articolo 117, quarto comma, e 122 della Costituzione, che prevedono che la normativa elettorale regionale sia di competenza esclusiva delle regioni. Il decreto-legge non prevedeva nemmeno che le disposizioni in esso contenute non si applicassero nelle regioni in cui vi fosse una legge elettorale. Esso, inoltre, violava gli articoli 2, 43, 48, 49 e 51 della Costituzione; non era interpretativo, ma dispositivo, perché non interveniva affatto, per esempio, a sanare contrasti giurisprudenziali, ma introduceva una normativa completamente nuova.
Abbiamo detto più volte che, probabilmente, poteva anche essere fatta qualche modifica alla legge elettorale, ma in un contesto più complessivo e, sicuramente, non nel modo in cui è intervenuto il decreto-legge. Abbiamo detto, più volte - e ci avviciniamo ad intervenire proprio sul Pag. 10corpo del provvedimento in oggetto - che il cosiddetto favor electionis non può violare assolutamente il rispetto delle regole.
Ebbene, vi siete opposti strenuamente, fino all'ultimo, al ritiro auspicato del decreto-legge in questione, finché l'Assemblea non ha fatto giustizia di esso. Ora ci sottoponete una proposta di legge sulla base della quale sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge, prevedendo che restano validi gli atti e i provvedimenti adottati.
Ricordo all'Assemblea che gli atti e i provvedimenti adottati vengono fatti salvi sulla base di norme che prevedono che il rispetto dei termini orari di presentazione delle liste si considera assolto quando, entro gli stessi, i delegati incaricati della presentazione delle liste, muniti della prescritta documentazione, abbiano fatto ingresso nei locali del tribunale. La presenza dei delegati nei locali del tribunale entro il termine di legge può essere provata con ogni mezzo idoneo.
Alcune liste sono state ammesse con questo trucco. Quali sono i locali del tribunale? Chi ha verificato che gli incaricati fossero muniti della prescritta documentazione? E inoltre: le firme sulla base delle quali alcune liste sono state ammesse, sono state considerate valide anche se mancavano o non erano leggibili il timbro dell'autorità autenticante, l'indicazione del luogo di autenticazione e della qualificazione dell'autorità autenticante, come dire che nella compravendita di un appartamento, l'atto pubblico va bene anche se non c'è il timbro del notaio, se non si capisce chi è il notaio o che tipo di autorità abbia l'ufficiale rogante. Stiamo parlando di cose assolutamente assurde.
Ricordo all'Assemblea che, sulla base di questo decreto-legge (e lo dice anche uno dei presentatori del provvedimento, nonché presidente della Commissione affari costituzionali), sono state ammesse liste di tutti i tipi e praticamente in ogni regione dove si è votato: in Lombardia, in Liguria, nel Lazio e in Piemonte, per le regionali, nonché, per le amministrative, in Abruzzo e in Calabria (il servizio studi della Camera lo conferma), nella circoscrizione di Brescia, di Monza e Brianza, nel Lazio, in Liguria.
Non sappiamo e non abbiamo potuto verificare se il voto dato irregolarmente a queste liste, illegittimamente ammesse - lo ripeto, illegittimamente - sulla base di una normativa illegittima e incostituzionale, sia stato determinante ai fini dei risultati globali. Non sappiamo se tra queste liste vi siano stati eletti - forse sì o forse no - ma sicuramente vale il principio contrario, rispetto a quello che viene qui richiamato, ossia la cristallizzazione del voto popolare. Questo è un voto popolare truccato, in cui gli elettori sono stati truffati perché sono state sottoposte loro liste che non dovevano essere ammesse.
Sicuramente, la rappresentanza in alcuni consigli regionali e provinciali è venuta fuori dalle urne in maniera diversa da come, secondo legge, sarebbe dovuta essere. Gli elettori che hanno votato queste liste illegittimamente ammesse, avrebbero potuto non andare a votare e, quindi, avrebbero potuto incrementare il non voto. Ciò avrebbe dato una ripartizione percentuale e, quindi, una determinazione e una attribuzione dei seggi diversa. Gli elettori avrebbero potuto votare per altre liste, determinando così, ancora una volta, una rappresentanza e una attribuzione dei seggi diversa.
Pertanto, così facendo, non si rispetta il voto popolare e si cristallizza una situazione in cui gli elettori sono stati chiamati a votare nell'ambito di una partita truccata, con liste che non dovevano esserci. Quindi, sicuramente è squilibrato il quadro della rappresentanza, come è venuto fuori dalle urne.
Ora, si paventa il ritorno alle urne. È chiaro che, in base all'articolo 77 della Costituzione, gli effetti del decreto-legge non si esplicano, quindi sono nulli ex tunc. È vero che l'articolo 77 dispone che, con legge, si possono regolare - non ratificare, ma regolare - gli effetti del decreto-legge non convertito, come nel nostro caso, tuttavia regolarli, come viene fatto in questo caso, come se il decreto-legge fosse Pag. 11stato legittimo, come se possa regolarmente aver esplicato i suoi effetti, è un non-senso.
Non dico che sia incostituzionale, perché costituzionale è, ma se a monte c'è un provvedimento completamente incostituzionale, come sicuramente questo è, qualcosa di stridente nell'applicazione dell'ultimo comma dell'articolo 77 della Costituzione c'è. Infatti, ratificare una situazione illegittima e incostituzionale stride con il principio di cui all'ultimo comma del citato articolo 77.
Non è un dramma se si va a rivotare e se si richiamano i cittadini alle urne in un contesto di legittimità. È successo per altri versi in passato, per esempio con il Molise. Non c'è assolutamente la certezza che ciò avvenga perché, se non si ratificano con questa proposta di legge gli effetti del decreto-legge non convertito, non è detto che qualche avente diritto vada davanti al TAR né che, ove ciò dovesse accadere, quest'ultimo e il Consiglio di Stato disporrebbero la rinnovazione del voto. Ripeto, tuttavia, che se anche così fosse non succederebbe nulla, perché sarebbe meglio richiamare i cittadini alle urne e farli votare in un contesto di legittimità, piuttosto che cristallizzare una situazione in cui i cittadini sono stati truffati perché sono stati chiamati a votare sulla base di una rappresentazione truccata del gioco delle liste presenti in maniera illegittima.
Questo è il motivo per cui, coerentemente con la posizione che abbiamo tenuto finora, siamo certi che voteremo contro questo provvedimento: è sempre meglio una ripetizione del voto in un contesto di legittimità che la cristallizzazione di un voto illegittimo di una rappresentanza nelle aule dei consigli regionali e dei diversi consigli comunali che non corrisponde alla reale legittimazione, che non corrisponde al vero e che quindi, in fin dei conti, non corrisponde alla reale volontà dell'elettorato (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, colleghi, la relazione del presidente della Commissione affari costituzionali è stata molto sintetica. Ha riportato in maniera fedele i risultati della discussione che c'è stata in Commissione, ma forse in maniera eccessivamente burocratica, nel senso che il dono della sintesi e della chiarezza, che va riconosciuto al presidente Bruno, probabilmente rischia di far apparire quello che stiamo facendo in quest'Aula questa mattina qualcosa di burocratico, di pacifico e quindi di scontato. In realtà, in Commissione c'è stata una discussione ed è corretto e giusto riportarla in Assemblea anche per dare senso a tutto quello che stiamo vivendo. Voglio ricordare, innanzitutto, qual è stato l'atteggiamento del gruppo del Partito Democratico sin dalla seduta del 13 aprile, quella che poi ha causato la presentazione della proposta di legge che oggi è in discussione.
Il 13 aprile l'onorevole Bressa, il rappresentante del gruppo del Partito Democratico, ha chiesto con forza all'Assemblea un voto contrario all'articolo che prevedeva la conversione in legge del decreto-legge n. 29 del 5 marzo 2010, ma ha anche spiegato il senso di questa richiesta, dicendo che per il gruppo del Partito Democratico era importante che non ci fossero precedenti pericolosi e che quello che contava per il Partito Democratico non era soltanto e semplicemente eliminare un provvedimento che abbiamo bocciato sin dall'inizio e che oggi ha bocciato l'Assemblea, ma evitare il rischio di precedenti pericolosi.
In Commissione, il relatore di quel decreto-legge, l'onorevole Calderisi, ha detto, sicuramente allarmando e allertando l'attenzione dei gruppi presenti alla discussione, che quel decreto-legge può essere un punto di partenza. Noi vogliamo dire con forza - questo del resto risulta anche dalla relazione che ha fatto il presidente Bruno - che il decreto-legge n. 29 del 2010, che non esiste più, non può essere un punto di partenza. Non solo non esiste, ma è stato sancito da quest'Assemblea, Assemblea che lo ha bocciato non Pag. 12convertendolo, il principio che quel decreto-legge va negato come punto di partenza.
Vediamo perché non si tratta soltanto, oggi, di ripercorrere il discorso del passato, ma di dare a questa Assemblea la possibilità di entrare nel merito di quel provvedimento per riaffermare non solo la sua sovranità, cosa che ha fatto con il voto del 13 aprile, ma per riaffermare i principi che quest'Assemblea è bene che tesaurizzi e valorizzi per il futuro. Quel decreto-legge era sbagliato, lo ha detto l'Assemblea non convertendolo e oggi lo dobbiamo ribadire. Era sbagliato intervenire con un decreto-legge mentre erano ormai in corso le elezioni, erano e, anzi, si erano addirittura esaurite alcune fasi della procedura elettorale.
Questo era profondamente sbagliato perché oltre tutto si interveniva con un decreto-legge in una materia nella quale la decretazione d'urgenza è inibita, guardate bene, non solo dalla Costituzione, che all'articolo 72, quarto comma, sancisce il principio che per alcune materie - tra cui quella elettorale - va seguito l'iter normale di approvazione delle leggi, ma anche da una legge ordinaria, la n. 400 del 1988, più volte richiamata, che introduce principi generali, che non possiamo, Ministro Vito, rimettere in discussione ogni volta che legiferiamo.
Quest'Assemblea deve imparare per il futuro che ci sono leggi e leggi, che non c'è solo una gerarchia delle fonti, ma anche delle leggi e delle norme. Quindi, quando esiste un principio generale, come per esempio quello che sancisce la inutilizzabilità del decreto-legge per alcune materie, tra cui quella elettorale, richiamata dall'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, l'Assemblea, che normalmente si dice essere sovrana, però, non osservando quel principio non fa una cosa corretta e che può costituire un precedente. Si tratta di un principio sbagliato.
Quindi si è sbagliato intervento con un decreto-legge, anche perché si è intervenuto mentre era in corso la competizione elettorale. Si è sbagliato soprattutto perché si è fatto passare come un provvedimento interpretativo, quello che invece era un decreto-legge che innovava profondamente. Ma che cos'è l'interpretazione? Lo vorrei ricordare qui all'Assemblea perché questo è il luogo dove si formano le leggi e dove questi principi dobbiamo conoscere e rispettare. Un provvedimento legislativo Assemblea ha carattere interpretativo quando tra più possibili opzioni interpretative ne sceglie una. Quindi, andiamo a vedere la legge vigente e verifichiamo se c'è una qualche norma che può essere interpretata nel senso, per esempio, che il luogo della presentazione delle firme non è più la cancelleria di un tribunale, ma il tribunale in senso lato e che, addirittura, la presenza nel tribunale può essere provata con qualsiasi mezzo.
Quindi, anche il cittadino comune che ci ascolta, al quale dobbiamo rendere conto delle leggi che variamo, capisce bene che non stavamo interpretando, ma innovando, anche con un'altra colpa specifica sul piano politico: non innovavamo sulla base di un'esigenza generale avvertita dalla politica, ma per dare risposte concrete ad errori di una parte politica. Il Governo, con un decreto-legge, innovava profondamente la materia, dava una risposta ad errori commessi non da chiunque e dovunque, ma nel Lazio e nella Lombardia nelle modalità di presentazione e di autenticazione delle liste. Anche da questo punto di vista, come si fa a presentare un decreto-legge come interpretativo quando si danno risposte a esigenze concrete nate da errori commessi in concreto in due regioni d'Italia?
Era sbagliato quel provvedimento anche sotto un altro profilo, perché fotografava due situazioni realmente verificatesi - ribadisco, una nel Lazio e una nella Lombardia - e dava una soluzione con un provvedimento statale a due situazioni che non erano neanche confrontabili, perché la legislazione statale non può intervenire in tale materia quando la regione è intervenuta. Noi sappiamo bene che in materia elettorale il Lazio e la Lombardia erano in una situazione completamente diversa, infatti nel Lazio esisteva una legge regionale, mentre in Lombardia non si era legiferato. Pag. 13
Tutto questo discorso per dire che l'Aula, non convertendo il decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, ha bocciato questa procedura e ha detto delle cose molto importanti. Dobbiamo ritenere che abbia detto che vada rispettata la Costituzione, che oggi noi stiamo rispettando; infatti l'articolo 77, terzo comma, dice che le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti, ed è quello che stiamo facendo oggi. Si dice «regolare i rapporti», ma in realtà qui facciamo salvi gli effetti, perché non abbiamo da regolare rapporti: era veramente imprevedibile e non era certo nella mente del legislatore pensare che si potesse provvedere con decreto-legge in una materia elettorale; in realtà, si tratta di salvare gli effetti e non di regolare rapporti di natura economica o di qualsiasi altra natura.
Oggi stiamo applicando la Costituzione, ieri abbiamo sancito la sovranità dell'Aula, che ha bocciato un decreto-legge fortemente voluto dal Governo, che è stato discusso in tutte le piazze e in tutti i luoghi della politica e che è stato bocciato in tante discussioni, ma che è stato anche difeso; noi avevamo invitato il Governo a rinunciare alla conversione, ma si è persa questa occasione. Una volta che l'Aula si è pronunciata negativamente non si può interpretare la sua volontà in maniera diversa dall'unica possibile: una sonora bocciatura, che è una bocciatura innanzitutto politica. Il voto di ieri - e anche la possibilità, che oggi cogliamo, di salvare gli effetti di un decreto-legge improponibile dal quale non si dovrà ripartire - significa anche sancire altri principi: significa salvaguardare la sovranità dell'Aula, salvaguardare il principio della gerarchia delle fonti, salvaguardare il principio del rispetto della Costituzione e dei principi generali, del valore delle leggi, del ruolo del Parlamento...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DORIS LO MORO. Voglio dire in conclusione che è necessario anche salvaguardare il ruolo del Comitato per la legislazione, Ministro Vito. Il Comitato per la legislazione aveva posto una condizione, quindi non solo il gruppo del Partito Democratico o gli appartenenti al gruppo del Partito Democratico nel Comitato per la legislazione; il Comitato nella sua interezza, quindi con una valenza tecnica, aveva posto una condizione e aveva allarmato sulle difficoltà di interpretazione. Questo Comitato deve servire a qualcosa, l'Aula deve capire che deve rispettare anche gli organismi previsti e ai quali bisogna fare riferimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Prendo atto che il relatore rinunzia alla replica.
Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, intervengo per ricordare che le norme contenute nel decreto-legge n. 29 del 2010 hanno offerto la cornice giuridica affinché la magistratura, sia ordinaria che amministrativa, potesse pronunciarsi senza dubbi ed incertezze in una materia tanto delicata e altrettanto sensibile per i diritti dei cittadini chiamati a rinnovare gli organi regionali e locali interessati dall'ultima consultazione amministrativa.
Faccio presente, inoltre, che oltre al Consiglio di Stato e alla Corte costituzionale, in molte regioni, tra cui Abruzzo, Calabria, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte e Veneto, i differenti organi giurisdizionali nell'ambito delle rispettive competenze hanno adottato decisioni in materia facendo puntuale riferimento ai contenuti del provvedimento. Per tale ragione il Governo ritiene importante l'approvazione della proposta di legge di salvaguardia degli effetti prodotti dal decreto-legge n. 29 del 2010.

Pag. 14

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico della proposta di legge e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 3394).

DONATO BRUNO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Favia 1.1.

PRESIDENTE. Il Governo?

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Avverto fin d'ora che, in base al combinato disposto dei commi 2 e 5 dell'articolo 87 del Regolamento, essendo il provvedimento composto da un solo articolo ed essendo stato presentato un solo emendamento, integralmente soppressivo di tale articolo, si procederà direttamente alla votazione finale. Com'è noto, infatti, a norma dell'articolo 87, comma 2, del Regolamento: «Quando è presentato un solo emendamento, e questo è soppressivo, si pone ai voti il mantenimento del testo» e, ai sensi del medesimo articolo 87, comma 5: «Quando un progetto di legge consiste in un solo articolo (...) non si fa luogo alla votazione dell'articolo unico, ma si procede direttamente alla votazione finale (...)».
Dopo l'esame dell'ordine del giorno presentato si passerà pertanto alla votazione finale, previe dichiarazioni di voto.

(Esame di un ordine del giorno - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'unico ordine del giorno presentato (Vedi l'allegato A - A.C. 3394).
L'onorevole Bernardini ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/3394/1.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, come delegazione radicale all'interno del gruppo del Partito Democratico abbiamo presentato un ordine del giorno per impegnare il Governo a riconsiderare tutta la legislazione in materia di presentazione delle liste e di regolamentazione della campagna elettorale, perché riteniamo che ci debbano essere norme certe, che i cittadini debbano poter conoscere agevolmente e alle quali possano attingere per partecipare al procedimento democratico della presentazione delle liste.
Tuttavia, voglio riferire a quest'Aula quanto è accaduto, e non è la prima volta, ossia che gli uffici della Camera hanno ritenuto di dover non ammettere - quindi io mi sono adeguata per poter presentare l'ordine del giorno - tutte le premesse che avevamo presentato, cioè tutte le violazioni che sono state compiute in questa campagna elettorale sostanzialmente per non consentire poi ad alcune liste di potersi presentare in alcune regioni. A me questo dispiace molto perché, in particolare, nelle premesse abbiamo riportato quanto il Consiglio d'Europa ha raccomandato a tutti gli Stati che fanno parte dell'Unione europea, cioè che le leggi elettorali, proprio per dare certezza ai cittadini, non possono essere modificate almeno nell'anno che precede le votazioni.
Partendo da questo assunto, da questa raccomandazione del Consiglio d'Europa, per la quale un Paese come la Bulgaria, che aveva modificato la legge elettorale a qualche mese dal voto, è stato sanzionato, dunque muovendo proprio da questa presa di posizione forte del Consiglio d'Europa, nella premessa avevamo fatto l'elenco delle leggi elettorali che erano state modificate fino ad arrivare al decreto-legge di cui con questo disegno di legge si vogliono salvare gli effetti e che è stato varato addirittura - è la prima volta che ciò accade nella storia repubblicana - a liste depositate per poter salvare non tutte le liste, ma alcune di esse, e sappiamo quali.
Svolgo un'altra considerazione: l'argomentazione che è stata portata in quest'Aula Pag. 15per approvare la proposta di legge in esame e per salvare gli effetti del decreto-legge n. 29 del 2010, è che ormai il procedimento elettorale si è concluso, gli elettori hanno votato e che, quindi, rigettare gli effetti del provvedimento in esame porterebbe gli elettori a tornare ad esprimersi e questo non si può accettare.
Mi permetto, però, di obiettare a questo che, quando si arriva al momento del voto attraverso tutta una serie di violazioni, quando non si rispettano le regole e si dà la possibilità di presentazione con firme false, quando non vengono rispettati i termini che sono scritti, ad esempio, nella legge Mattarella, per cui occorre dare la possibilità ai cittadini che intendano depositare le liste di avere il comune aperto nei venti giorni precedenti per otto ore al giorno, cosa che non si è verificata, occorre avere gli autenticatori disponibili, occorre che la RAI TV informi...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

RITA BERNARDINI. Concludo, signor Presidente. Se noi accettiamo questo, accettiamo che nel nostro Stato non si rispetti la Costituzione e non si rispettino le regole. Questo, per la delegazione radicale, è inaccettabile (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, svolgo solo una precisazione in ordine al suo intervento: lei ha indirizzato lamentele agli uffici della Camera in ordine all'ammissibilità. Lei deve indirizzare le lamentele alla Presidenza, che ha la prerogativa della valutazione dell'ammissibilità, con il supporto tecnico degli uffici. Non si può consentire che si indirizzino lamentele agli uffici della Camera.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo a nome del gruppo Italia dei Valori per sottoscrivere l'ordine del giorno Bernardini n. 9/3394/1.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare, invito il rappresentante del Governo ad esprimere il parere sull'unico ordine del giorno presentato.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno presentato, a condizione che esso sia riformulato sopprimendo il primo capoverso del dispositivo - concernente la garanzia sulla legalità costituzionale, che non è compito diretto del Governo - e modificando il secondo capoverso del dispositivo, aggiungendo, dopo le parole: «a proporre modifiche legislative finalizzate a garantire regolarità e certezza nelle procedure elettorali», le parole: «anche relativamente alla raccolta delle sottoscrizioni previste dalla normativa vigente» fermandosi qui.

PRESIDENTE. Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Bernardini n. 9/3394/1, accettato dal Governo, purché riformulato.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno n. 9/3394/1.

PRESIDENTE. È così esaurito l'esame dell'unico ordine del giorno presentato.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, avendo già detto tutto ciò che dovevo dire nell'intervento effettuato in sede di discussione sulle linee generali, mi rifaccio integralmente ad esso. Mi sia solo consentito ribadire che il nostro voto sarà contrario, perché crediamo che ratificare gli effetti di queste elezioni sulla base di una normativa palesemente illegittima ed incostituzionale significhi rendere un pessimo servizio Pag. 16alla democrazia e alla legalità. Meglio sarebbe affrontare il rischio - si tratta, infatti, solo di un rischio, non di una certezza - di tornare a votare, come tante altre volte si è fatto.
Ricordo all'Assemblea che votare a favore del provvedimento in esame significa cristallizzare una rappresentanza nei consigli regionali e nei consigli comunali sulla base delle scorse elezioni, diversa da quella che sarebbe stata l'effettiva volontà popolare sulla base di una normativa legittima (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il testo della proposta di legge che ci accingiamo a votare riproduce integralmente un nostro emendamento che, senza particolari qualità profetiche, avevamo già anticipato nel testo del disegno di legge di conversione che è stato bocciato in Aula.
Quindi, non possiamo che dirci favorevoli a questa sanatoria degli effetti, considerando che, forse, ex malo bonum, nel senso che in questo modo, dopo il voto dell'Assemblea, il decreto salva-liste non c'è più, non si è consolidato nell'ordinamento il vulnus di quelle norme e si è ridotto anche il rischio, ma solo ridotto, che eventuali declaratorie di incostituzionalità possano travolgere il risultato elettorale.
In sostanza, ci siamo adeguati e conformati al precedente del 1995, allorché fu emanato un decreto ad hoc, che fu, poi, bocciato all'unanimità dall'Assemblea. Ricordo solo le parole sdegnate dell'onorevole Tatarella, che allora disse: non vi è altro Governo al mondo, da Adamo ed Eva ai giorni nostri, che un quarto d'ora prima della scadenza dei termini abbia prodotto un mostro giuridico simile.
Qui, in effetti, il decreto-legge è ancora più grave: è stato fatto dopo la scadenza dei termini. Comunque, in quell'occasione, lo stesso Governo che aveva promosso il decreto-legge, per bocca del sottosegretario Guglielmo Negri, nel rimettersi all'Assemblea, precisò che la decisione parlamentare costituiva un punto fermo per i prossimi Governi e per i prossimi Parlamenti, proprio per evitare disdicevoli interventi a gioco elettorale aperto da parte non del legislatore, ma direttamente del Governo.
Con questa soluzione, che abbiamo per tempo avanzato, si limitano dunque i danni e si fanno salvi doverosamente i risultati del voto; francamente, mi dispiace che il gruppo dell'Italia dei Valori non comprenda questo valore, il valore del voto, e pensi di sostituirsi in questa sede al giudice.
Qui, però, si fermano le note positive, perché le note dolenti non mancano. In fondo, quella che stiamo esaminando e ci accingiamo a votare è una sanatoria di una sanatoria e in materia di procedimento elettorale non si può dire che sia il migliore standard per la democrazia.
L'Unione di Centro ha già espresso la propria netta contrarietà e la propria critica per diverse ragioni al merito di questo decreto-legge, perché non è con tale strumento che si può intervenire in materia elettorale, come è scritto chiaramente nell'articolo 15 della legge n. 400 del 1988 sull'ordinamento del Governo, che esclude il decreto-legge in materia elettorale, perché la competenza in materia di elezioni regionali è delle regioni.
Si tratta di una competenza concorrente: si sarebbe, quindi, potuto intervenire con una norma di principio; in questo caso, invece, si è intervenuti con una norma chiaramente di dettaglio, anche se considerata una norma interpretativa. Ma quanto vi sia di interpretativo in una norma che introduce nuovi termini in materia di presentazione dei manifesti elettorali e, addirittura, nuovi termini in materia di presentazione delle liste, lascio giudicare ad altri.
Vi è poi anche la stessa ratio di sanatoria: si sanano delle irregolarità in due regioni per due liste in modo esplicito, come è stato ben ricordato e come è a tutti noto, nel Lazio e in Lombardia, violando gli articoli 3 e 51 della Costituzione. Pag. 17
Insomma, si potrebbe continuare oltre per ricordare che certi dubbi, purtroppo, permangono e che i profili che non abbiamo condiviso, di dubbia costituzionalità, presenti nel decreto-legge, sono in qualche modo estesi anche alla legge, pur necessaria, di sanatoria degli effetti. In fin dei conti, noi oggi esprimiamo, come Unione di Centro, un voto di responsabilità istituzionale e di responsabilità democratica dinanzi ai pasticci che questa maggioranza ha provocato.
Diciamo però che vorremmo condividere con la maggioranza una visione della democrazia e delle riforme utili al Paese che per ora non vediamo. Le nostre proposte per il Paese sono il lavoro, il fisco, la famiglia, non i «salvaliste» e neppure le «ammuine» sulle riforme, che sono cosa seria. La nostra visione della democrazia, che vorremmo condividere, è piena ed esigente: non è quella dell'uomo solo al comando, non è quella secondo cui chi vince le elezioni comanda tutto, zittisce le autorità di garanzia e l'informazione, e si prende pure le banche. Il contributo dell'UdC alle riforme c'è, ma gli inviti, i generici inviti non possono bastare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, sul provvedimento in sé si è già detto tutto in queste settimane, così come si è detto sul precedente decreto-legge. Può esser una forzatura, ma serve a salvare il diritto di voto dei cittadini di fronte all'incapacità di poche persone che non sanno fare il proprio lavoro; è una forzatura, ma interviene in un campo che è sempre stato di intricata interpretazione, dove la chiarezza e la certezza non trovano certamente casa.
Certo, per noi è facile dire che, come alcuni hanno adempiuto a tutte le incombenze preelettorali, così potevano farlo tutti, e ci saremmo anche risparmiati tutto questo dibattito. Diciamo almeno che è l'occasione per prendere atto della necessità di semplificare tali procedure, non per agevolare il lavoro degli incapaci, ma nell'ottica di una semplificazione burocratica che deve investire tutti gli aspetti della pubblica amministrazione; ed è anche un togliere spazi di manovra ai furbi, che campano sopra le liste «tarocche».
Onore al merito, comunque, per chi è riuscito a cassare il decreto-legge; mea culpa per chi, come noi della maggioranza, non è riuscito a convertirlo in legge. Siamo riusciti a fare una figura barbina, anche se, guardando l'andamento delle votazioni, si ha l'impressione che non tutti stiano remando nella stessa direzione.
La Lega e il PdL hanno vinto più volte le elezioni in questi due anni, perché promettono un cambiamento radicale del sistema Italia. E gli elettori questo cambiamento lo pretendono: non ci sono più alibi o scuse per tirare a campare e per remare in altre direzioni. Comunque, mettiamo una pietra sopra a tutta questa faccenda e ricominciamo daccapo. La Lega Nord voterà a favore della proposta di legge (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, prima di svolgere il mio intervento vorrei chiarire una cosa che ha detto il collega Favia, richiamando l'attenzione dell'Assemblea. Non è vero quello che ha affermato: le elezioni si sono svolte nel rispetto di una legge che in quel momento era perfettamente vigente ed efficace. È del tutto evidente la nostra contrarietà a quella legge, tant'è vero che è l'approvazione di un nostro emendamento che l'ha fatta «saltare»; però non si possono raccontare cose non vere, per la serietà dei nostri lavori.
È proprio per questo che esprimo la nostra soddisfazione per come si conclude questa brutta vicenda politico-parlamentare. Si tratta di una soddisfazione duplice: sul piano politico, per aver vinto una Pag. 18battaglia importante; sul piano parlamentare, per avere evitato il verificarsi di un precedente che sarebbe stato gravissimo: quello di convertire un decreto-legge in materia elettorale a procedura elettorale aperta, un decreto-legge clamorosamente viziato sul piano della costituzionalità. Non a caso, l'altro giorno vi avevamo invitato a votare il nostro emendamento soppressivo dell'articolo unico del disegno di legge di conversione, per evitarvi non tanto e non solo una pessima figura politica, che peraltro non avete evitato (per la vostra irresponsabilità siete riusciti a sublimare in uno dei tonfi parlamentari più clamorosi della storia dell'Aula il vostro atteggiamento), quanto piuttosto per evitare un precedente parlamentare e costituzionale gravissimo.
D'altra parte - e mi permetto di ricordarvelo - non avevate bisogno del salvagente che vi abbiamo lanciato martedì, perché questo Governo e la sua maggioranza hanno al loro interno una persona molto autorevole che la pensa esattamente come noi, e lo ha testimoniato in un recente passato proprio in Aula. Mi riferisco al Ministro Vito.
Ministro Vito, lei si ricorda che cosa ha detto in Aula il 4 aprile 1995 durante la discussione in cui la Camera si occupava dell'unico precedente assimilabile a quanto stiamo discutendo, il decreto-legge di proroga dei termini per la presentazione delle liste nelle elezioni regionali ed amministrative della primavera del 1995?
Lei lo ricorda certamente, io adesso lo ricordo all'Aula perché molti di noi allora non erano presenti. Lei quel 4 aprile del 1995 pronunciava queste parole: «...avendo condiviso la posizione assunta dal mio gruppo di votare contro il riconoscimento dei requisiti di necessità e di urgenza al grave decreto-legge n. 90, ed avendo anche condiviso la decisione presa da tutti i gruppi parlamentari di far assumere un preciso significato a tale voto e cioè che la materia elettorale e in particolare il procedimento elettorale, una volta iniziato, non possono essere disponibili ad un intervento governativo e parlamentare». Parole sante, Ministro Vito, che sono le parole nostre che abbiamo utilizzato durante tutto il dibattito parlamentare (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!
«Si è trattato, dunque - concludeva lei Ministro Vito, e la prego di seguirmi perché questo è il passaggio cruciale - di un voto negativo che è servito anche ad evitare che quel decreto-legge costituisse precedente»: sono gli argomenti che ho usato l'altro giorno quando vi invitavo a votare il nostro emendamento soppressivo.
Che cosa è cambiato da allora? Credo che lei non abbia cambiato opinione, credo che a cambiare sia la qualità delle persone e la qualità della rappresentanza politica che oggi è presente in questo Parlamento; è cambiato il senso di responsabilità istituzionale, la cultura dello Stato, la lealtà costituzionale dei protagonisti del confronto politico odierno.
Quello che è certo è che noi non siamo cambiati: avevamo un profondo senso dello Stato, un profondo rispetto per la volontà popolare, una consapevolezza della responsabilità costituzionale allora, e lo abbiamo anche oggi. Noi scegliamo sempre e comunque la politica, voi siete tentati troppo spesso dalla forza, dalla prova di forza: questa tentazione, questa volta, siamo riusciti a sconfiggerla con il voto dell'altro giorno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)! Ma veniamo al perché oggi votiamo a favore di questa proposta che salva gli effetti prodotti dal decreto-legge non convertito. Ci si può chiedere - e qui mi rivolgo soprattutto a chi, come noi, si è dichiarato contro questo provvedimento, e cioè ai parlamentari del mio gruppo - se vi sia una contraddizione logica tra la volontà di non convertire il decreto-legge (come è accaduto presentando e votando un emendamento soppressivo, come noi abbiamo fatto) e quella di approvare successivamente una legge di sanatoria.
La risposta è semplice e diretta. La diede, sempre in quel giorno importante, il 4 aprile del 1995, in quest'Aula l'allora relatore, il professor Leopoldo Elia, in un discorso che non lascia adito ad equivoci: «non è contraddittorio far salvi gli effetti Pag. 19degli atti al fine di rendere immune da ogni possibile obiezione la validità dell'intero procedimento, in modo che da questo episodio così circoscritto non derivino conseguenze negative per una situazione che è certamente tra le più delicate nella vita del Paese, vale a dire una vicenda elettorale».
Con il provvedimento di oggi entrano in gioco delle questioni rilevantissime sul piano della Costituzione e della democrazia; entrano in gioco l'articolo 1 e l'articolo 48 della Costituzione (il valore del voto, la sovranità appartiene al popolo, il voto è uguale, libero e segreto); entra in gioco un principio fondamentale che è alla base di ogni stato di diritto, il principio di tutela dell'affidamento.
L'articolo 77 della nostra Costituzione prevede la possibilità di fare salvi gli effetti di un decreto-legge che non viene convertito: si tratta di una espressione tipica del principio dello Stato di diritto. Questo articolo 77 è un caposaldo, un fondamento della regola dello Stato di diritto, della convivenza civile nel nostro Paese. Anche se per noi il decreto-legge era incostituzionale, ed anche se poi non convertito, il decreto-legge dopo la sua adozione era una norma valida ed efficace. L'eccezionalità della decadenza ex tunc, se è espressione di una estrema diffidenza della Costituzione rispetto allo strumento del decreto-legge e di una indicazione di prudenza circa il suo stesso utilizzo, è per la stessa Costituzione un'anomalia e pertanto la Costituzione prevede la possibilità per la Camera di regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti-legge non convertiti.
È in gioco un principio fondamentale, quello dell'affidamento, della tutela dell'affidamento, in virtù del quale i cittadini e l'amministrazione hanno applicato norme valide ed efficaci.
Le stesse ragioni che inducono a considerare costituzionalmente scorretto l'uso del decreto-legge in materia elettorale (tanto più a competizione aperta, perché è in gioco il principio fondamentale della sovranità popolare), quelle stesse ragioni che abbiamo usato per far saltare il decreto, sono quelle che ci impongono di evitare un'anomalia ancora più grave: che un voto espresso in base alle norme vigenti possa essere travolto dall'irresponsabilità di chi ha voluto il decreto e non è stato capace di convertirlo. Non può un fatto grave, come ha ricordato adesso il collega della Lega, ma circoscritto, vanificare l'espressione della sovranità popolare. Non votare a favore di questo provvedimento, che salva il voto deliberatamente espresso il 28 e il 29 marzo, significa annullare la certezza del diritto. Senza certezza del diritto non vi è società, non c'è convivenza civile, non c'è democrazia.
Questa vicenda chiarisce anche, credo in modo definitivo, che in materia elettorale il rispetto delle procedure è di per sé un valore e che la contrapposizione tra forma, la procedura stessa, e sostanza, cioè il valore della democrazia inclusivo dell'interesse dei cittadini di poter scegliere tra le opzioni esistenti, non ha alcun senso come voi avete affannosamente cercato di dimostrare. Noi, invece, lo stiamo dimostrando, considerando valida la procedura che pur abbiamo contestato anche di essere viziata da incostituzionalità. Voi con il decreto avete fatto l'esatto contrario di quello stiamo facendo noi, ovvero riconoscere la validità e la forza della legge, sempre e comunque. È una lezione di stile da parte nostra che è figlia del nostro senso dello Stato, della nostra lealtà costituzionale; ma, si capisce, questa è la politica e voi, invece, siete più interessati alla forza. Ma una volta tanto le ragioni della politica hanno prevalso sulla forza dei numeri. È un segnale che ci conforta, è un qualcosa che dovrebbe far riflettere anche voi. Il nostro voto per questo sarà «positivo», consapevolmente e politicamente «positivo» (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, intervengo telegraficamente per annunziare il voto favorevole del gruppo del Pag. 20Popolo della Libertà su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Ciriello. Ne ha facoltà.

PASQUALE CIRIELLO. Signor Presidente, interverrò per un minuto per motivare le ragioni della mia astensione, peraltro già espresse ieri in Commissione. La ragione molto sinteticamente è che questa è una vicenda nata male, proseguita peggio e che rischia di finire peggio ancora.
È nata male per l'ostinazione con cui la maggioranza è stata sorda a tutte le indicazioni, a tutte le obiezioni, che sono state sollevate dalle forze di opposizione, sia di ordine strettamente giuridico, sia legate al comune buon senso. Si è voluto confezionare una disposizione normativa su misura per i singoli casi aperti e lo si è fatto anche in maniera molto maldestra come i fatti hanno dimostrato.
È proseguita peggio perché quando si arriva a «tirare la giacca» al Presidente della Repubblica per ottenere l'emanazione di un decreto-legge, poi non lo si lascia cadere ingloriosamente, come è accaduto in quest'Aula avant'ieri.
Rischia, ahimè, di finire ancora peggio perché - questa è la mia opinione - noi interpretiamo male il terzo comma dell'articolo 77 della Costituzione, che si riferisce con ogni evidenza al caso ordinario di un decreto-legge su cui legittimamente si può avere un'opinione politica diversa e di cui si salvaguardino gli effetti, ove non convertito. Qui il caso è diverso: si tratta di un decreto-legge palesemente incostituzionale e la sanatoria con legge ordinaria di un decreto-legge incostituzionale, a mio modo di vedere, non sta in piedi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Maurizio Turco. Ne ha facoltà.

MAURIZIO TURCO. Signor Presidente, dalla discussione emergerebbe che un decreto-legge anticostituzionale produrrebbe degli effetti «costituzionalissimi», per cui oggi ci troveremmo a sanare il prodotto di effetti giuridici costituzionali. Questo è illogico.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,30)

MAURIZIO TURCO. Non è possibile sostenere oggi da parte di chi ha sostenuto che il decreto-legge era contrario a norme, leggi, regolamenti, alla Costituzione, alla democrazia, allo Stato di diritto, che gli effetti di una simile norma sono rispettosi della volontà popolare. Ma quella volontà popolare è stata condizionata da questo decreto-legge.
Non si tratta di un'opinione, perché l'elenco e le premesse dell'ordine del giorno accettato rappresentavano una lista delle violazioni della legge, della normativa, della Costituzione. Quindi venire a sostenere oggi che c'è una ragione di Stato, una volontà popolare da rispettare, quando sino a pochi minuti fa abbiamo sostenuto che quella volontà popolare era stata subornata attraverso un decreto-legge anticostituzionale, è qualcosa che non comprendiamo!
Quindi, ribadisco il voto dei deputati radicali contrari a questa legge, ma ribadisco anche il fatto che noi continueremo a presentare ricorsi. Noi tenteremo in tutti i modi di adire la Corte europea dei diritti dell'uomo, e vedremo se qualcuno, al di fuori di quest'Aula, può far comprendere cosa vuol dire la formazione della volontà popolare all'interno di un processo democratico (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Barbato. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BARBATO. Signor Presidente, consiglierei di estendere il decreto salva-liste perché insufficiente, e lo trasformerei da decreto salva-liste in decreto Pag. 21salva-eletti. Infatti dovevate darmi ascolto l'8 marzo scorso quando in questo Parlamento ho chiesto perché candidavate in Campania per la regione un certo Alberico Gambino, il sindaco di Pagani (dove ora è in corso un blitz della Guardia di finanza, con decine di provvedimenti giudiziari), perché candidavate Sandra Mastella in capo alla quale c'è un provvedimento cautelare, perché candidavate Roberto Conte arrestato e condannato per camorra.
Allora al PdL in Campania e al sud non serve più e non basta più un decreto salva-liste. Occorre un decreto salva-eletti, perché il PdL in Campania e al sud ha condannati, arrestati e camorristi, questi sono gli eletti del Pdl e del centrodestra nel Mezzogiorno d'Italia (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questo è il PdL al sud: è camorra, è delinquenza; sono delinquenti condannati e arrestati (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Barbato...

FRANCESCO BARBATO. Ecco perché dovete cambiare il provvedimento da decreto salva-liste in decreto salva-eletti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente intervengo solo per dire che ho trovato inappropriate le parole utilizzate dal collega Bressa che nel suo intervento, inizialmente, ha accusato l'onorevole Favia di aver dichiarato cose non vere. Ora o le cose non vere che sono state dichiarate ce le doveva dire (allora forse capivamo che cosa sarebbe stato dichiarato di non vero) oppure, se egli - come io immagino - ritiene non vero tutto ciò che l'onorevole Favia e noi dell'Italia dei Valori consideriamo come posizione politica diversa da quella che egli ha espresso, allora si tratta solo di una questione di stile (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, intervengo davvero brevemente per annunciare il voto di astensione della componente Alleanza per l'Italia del gruppo Misto, non perché, rappresentanti del Governo e onorevoli colleghi, non si colga il dato che emerge dalle argomentazioni che sono state svolte, anche opportunamente, da parte di esponenti dell'opposizione relativo alla volontà di realizzare il salvataggio del salvabile. Tuttavia questo salvataggio opera all'interno di un gesto, quello compiuto con il decreto che opportunamente è stato poi bocciato da questa Assemblea, che evidentemente realizza una posizione contraria ad una pedagogia della politica.
Con questo voto di astensione noi vorremmo compiere un gesto volto a consentire a tutti coloro i quali operano nella politica di recuperare la serietà e la professionalità nelle procedure elettorali.
Dunque il nostro voto di astensione può essere considerato un voto di astensione di carattere pedagogico. Ecco stiamo sviluppando un ruolo pedagogico e, in qualche modo, facciamo riferimento alla grande pedagogia e alla grande maieutica effettuata ed esercitata dalla democrazia operante, dalla democrazia parlamentare ed evocata dai nostri padri della patria.

PRESIDENTE. Saluto a nome mio personale e dell'Assemblea gli studenti e i docenti della scuola media statale «Viale delle acacie» di Napoli; l'Istituto comprensivo statale «Manzi» di Civitavecchia e il liceo classico di Casarano di Lecce che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Duilio. Ne ha facoltà.

LINO DUILIO. Signor Presidente, sarò telegrafico. Intervengo soltanto per dire che, per quanto mi riguarda, ritengo che la ratio di questo provvedimento la si ritrovi Pag. 22esclusivamente nel richiamo al cosiddetto principio di realtà. Pertanto, senza fare alcun approfondimento in riferimento alla visione pedagogica della politica di cui parlava l'onorevole Pisicchio e richiamando peraltro quanto diceva l'onorevole Ciriello, differentemente da quanto avrei fatto sul decreto-legge sul quale avrei votato contro, in questo caso mi astengo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signora Presidente, nel mio intervento di ieri ho attinto alle acute osservazioni del collega Bressa per dimostrare o cercare di dimostrare l'incostituzionalità del decreto-legge «salva-liste». Oggi ascolto dallo stesso onorevole Bressa che, invece, è necessario sanare gli effetti prodotti da quel decreto-legge incostituzionale. Mi sembra una contraddizione in termini e, soprattutto, nella sostanza alla quale l'Italia dei Valori non può allinearsi. Pertanto, noi ribadiamo il nostro voto contrario.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, il «compagno di merende» dell'onorevole Barbato, finalmente ex governatore, Antonio Bassolino ha lasciato un miliardo e 200 milioni di voragine togliendo ai sempre più poveri, eliminando il lavoro dalla regione Campania, sforando il patto di stabilità: vergognatevi (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e commenti del deputato Barbato)!

PRESIDENTE. Onorevole Mussolini, la prego.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Scilipoti. Ne ha facoltà. Prego i deputati che intervengono di attenersi al tema.

DOMENICO SCILIPOTI. Signor Presidente, esprimo soltanto una riflessione all'interno di quest'Aula e mi rivolgo principalmente ai colleghi che stanno seduti al centro e al centro-sinistra: si è fatta tanta «caciara», abbiamo fatto una grande battaglia, abbiamo detto che quel decreto-legge «salva-liste» era un decreto-legge che non poteva essere approvato né portato in discussione. Abbiamo denunciato questo argomento fuori e all'interno di quest'Aula. Non riesco a capire come si possa prendere una posizione totalmente contraria a quanto sostenuto sino ad oggi nell'interesse dei cittadini e nell'interesse della collettività.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Argentin. Ne ha facoltà.

ILEANA ARGENTIN. Signor Presidente, intervengo soltanto per un minuto o anche meno, per dire che il mio voto sarà contrario, perché ritengo che la coerenza sia assolutamente un principio che non possa essere cambiato se si perde o si vince l'elezione (Applausi di deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3394)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sulla proposta di legge n. 3394, di cui si è testé concluso l'esame.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Vico, sottosegretario Ravetto, onorevole Giulietti, onorevole Lanzillotta, onorevole Moffa, onorevole Veltroni, onorevole Barbareschi, onorevole Antonino Foti, onorevole Bocchino, onorevole De Luca... I colleghi hanno votato?

Pag. 23

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
«Salvaguardia degli effetti prodotti dal decreto-legge 5 marzo 2010, n. 29, recante interpretazione autentica di disposizioni del procedimento elettorale e relativa disciplina di attuazione, non convertito in legge (3394)»:

Presenti 497
Votanti 456
Astenuti 41
Maggioranza 229
Hanno votato 435
Hanno votato no 21
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che il deputato Favia ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.
Prendo atto che la deputata Centemero ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole.

Sull'ordine dei lavori (ore 11,40).

GIUSEPPE GIULIETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prego i colleghi di uscire dall'aula consentendo all'onorevole Giulietti di fare il suo intervento.

GIUSEPPE GIULIETTI. Signor Presidente, vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario Bonaiuti, che è in aula, per esprimere un ringraziamento, le assicuro non provocatorio, per la lettera che il Presidente del Consiglio ha scritto al Presidente dell'Afghanistan. Signor Presidente, credo che questa vicenda debba essere seguita con grande attenzione e passione. Interpreto questa lettera come una correzione forte, come un tentativo di richiamare l'attenzione nazionale dopo alcune sottovalutazioni gravi ed alcune battute che certamente non hanno fatto onore a questo Paese.
Avanzo una sola richiesta, signor Presidente, a nome almeno di una parte dell'Aula: che il Presidente del Consiglio, oltre alla lettera, chieda al Ministro degli affari esteri di recarsi sul posto, di inviare una rappresentanza del Governo, di non farsi condizionare da giudizi politici. Non è in discussione ciò che dicono Gino Strada o Emergency sulla politica estera: è in discussione il ruolo di tre medici, del volontariato italiano, di cittadini italiani. Possono piacere o no, ma riattaccano le gambe, non tirano bombe e dedicano parte della loro vita, come tanti altri, ad un'attività di solidarietà. A noi non spetta un giudizio di merito, ma un giudizio di sostegno su una vicenda che si sta rivelando una «bufala» politica e mediatica, qualcosa di delicato e di grave che ha già avuto precedenti in quella terra, dove opera anche un contingente italiano. Non vi può essere un cosiddetto Governo amico a giorni alterni. Su una vicenda come questa occorre esercitare una pressione e una vigilanza continua che vadano al di là di ogni logica di schieramento, signor Presidente.
Per questo mi permetto - ringraziando anche il Presidente Leone, che avevo informato di questo mio intervento - di chiedere che sia dato un seguito, che sia informata la Camera delle ulteriori azioni del Governo dopo la lettera del Presidente del Consiglio. Sia dato un segnale, anche perché sabato molti italiani si riuniranno in diverse piazze (a Roma in piazza Navona) non per dare un giudizio politico, ma per dire: «Sì, in questo caso siamo con Emergency»; stiamo con quei volontari e stiamo con chiunque tenterà di liberarli, ma non per riportarli a casa, per riaprire quell'ospedale, perché quell'ospedale ha salvato migliaia di persone che noi non conosciamo, di diversa fede e di diverso orientamento, che hanno diritto a vedere funzionante la struttura. Quindi mi auguro che questa vicenda si concluda nell'unico modo possibile: liberandoli e riaprendo quel presidio (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 24

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione per chi ancora è in Aula e un attimo di silenzio a tutti i colleghi che sono presenti. Mi piaceva ricordare, in questo posto, che è morto pochi istanti fa Raimondo Vianello (Applausi).
Vorrei che fosse ricordato come un pezzo della storia di questo Paese, come un grande attore, un grande intrattenitore, un uomo che ci ha accompagnato - credo, dalla nascita della televisione ad oggi - con grande eleganza e con grande intelligenza, dimostrando che si può anche fare spettacolo senza mai prendere posizioni politiche, ma mantenendo, con eleganza e con grande intelligenza, un atteggiamento neutrale. Mi piace ricordarlo, perché insieme a Tognazzi, egli rappresenta il tipo di spettacolo che ha fatto dell'Italia un Paese più raffinato che, forse, oggi, dovrebbe essere ripreso come modello.
Vorrei che l'ultimo applauso venisse anche da noi. Sono un collega di quel mondo, ma rappresento anche, in parte, le istituzioni e mi piacerebbe che lo ricordassimo insieme (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Barbareschi, credo che l'applauso dell'Assemblea sia la risposta al suo intervento.

GIULIO SANTAGATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, ieri, un Ministro di questo Governo e leader di un partito della maggioranza ha dichiarato: voglio le banche del nord. Già nell'agosto del 2005, in occasione di una vicenda di ben diverso spessore, mi ero schierato contro i rischi di un intreccio tra politica e finanza, contro un'aggressione, di nuovo, della politica alla finanza.
Mi chiedo: in questo silenzio assordante che vi è, in queste ore, all'interno di quest'Aula, dove sono finiti i liberali e coloro che, a parole, dicono di difendere il mercato? Dov'è finita la rappresentanza di quel nord, che è l'area più avanzata del Paese, regione d'Europa e locomotiva dell'economia italiana in questo momento? Ma la mia domanda è: dov'è finito il Ministro dell'economia e delle finanze (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)? Cosa vuole fare per tutelare le aziende quotate che agiscono su un mercato mondiale, oggi, particolarmente sensibile, perché, ancora oggi, siamo nel pieno di crisi finanziarie di assoluto livello?
Credo che dichiarazioni inconsulte come quelle dell'onorevole Bossi non giovino al nostro sistema economico e finanziario (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

FIAMMA NIRENSTEIN. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FIAMMA NIRENSTEIN. Signor Presidente, due giorni or sono, nel giorno della shoah - cioè, il giorno della memoria che si celebra in Israele ogni anno - è stato presentato un rapporto dell'università di Tel Aviv, in cui si è, purtroppo, dimostrato che, in Europa ed anche nel nostro Paese, nell'anno 2009, gli incidenti violenti antisemiti sono triplicati. Questo significa che sono necessari da parte del nostro Parlamento - che, peraltro, come il Presidente sa benissimo, sta compiendo una serie di azioni di ricognizione in questo ambito - un'attenzione ed un'azione particolari.
Vorrei sottolineare che gli incidenti di natura violenta, per esempio, negli Stati Uniti, sono cresciuti del 69 per cento (sono stati 924), mentre il numero degli attacchi violenti è, addirittura, triplicato: in Francia, sono cresciuti del 75 per cento. Notiamo questi aumenti verticali in Austria, in Belgio, in Germania, in Grecia, in Italia, in Olanda, nei Paesi del nord e in Spagna.
Credo, altresì, che da parte nostra sia molto importante evidenziare che esiste Pag. 25una sovrapposizione continua dei temi antisemiti con quelli antisraeliani e che, purtroppo, una serie di episodi di diffamazione nei confronti degli ebrei coincide con episodi di diffamazione anche nei confronti di Israele.
Questa sovrapposizione dev'essere tenuta d'occhio, monitorata, studiata e capita fino in fondo per vedere - se non ci vogliamo accontentare di una giornata della memoria come quella, peraltro importantissima, che si celebra in Italia - dov'è che, invece, l'antisemitismo va veramente tenuto d'occhio.

Svolgimento di interpellanze urgenti (ore 11,50).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti.

(Iniziative in relazione ad alcune lettere minatorie di ispirazione razzista e antisemita inviate al prefetto e al sindaco di Arezzo - n. 2-00667)

PRESIDENTE. L'onorevole Mattesini ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00667, concernente iniziative in relazione ad alcune lettere minatorie di ispirazione razzista e antisemita inviate al prefetto e al sindaco di Arezzo (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

DONELLA MATTESINI. Signor Presidente, il territorio della provincia di Arezzo, già dal maggio dell'anno scorso, è interessato da questo, non so se chiamarlo fenomeno, comunque da questa storia sufficientemente preoccupante, iniziata con l'invio di missive al sindaco di Montevarchi, Giorgio Valentini.
A quest'ultimo è stata inviata, presso la propria abitazione, una prima lettera di minacce, recante una sigla (la stessa che si ritrova in tutte le lettere successive) facente riferimento ad un presunto gruppo razzista.
Questa prima missiva è stata inviata nel mese di maggio 2009, poi vi è stata una pausa estiva, quindi vi è stata una ripresa nei mesi di ottobre-novembre 2009 con l'invio di nuove lettere minatorie, per un totale, ad oggi, di diciotto missive. Esse sono state inviate prima presso l'abitazione del sindaco, successivamente presso la stessa amministrazione comunale e infine presso un giornale locale, Il Corriere di Arezzo. Tra l'altro, molte di queste lettere sono stare corredate da lame di coltelli, vetri, lamette, trincetti, e così via, con minacce estese non soltanto al sindaco Valentini, ma anche alla sua famiglia, moglie e figli compresi. Come dicevo, le missive in tutto sono diciotto e l'ultima risale a qualche settimana fa.
Altre due persone hanno ricevuto missive, sempre siglate dallo stesso gruppo razzista. Il dottor Salvatore Montanaro, prefetto di Arezzo, ha ricevuto una missiva contenente una frase in cui gli veniva augurato «un viaggio senza ritorno ad Auschwitz»; questa lettera è stata inviata al dottor Montanaro successivamente al decreto del Presidente della Repubblica relativo al conferimento della medaglia ai sopravvissuti dei campi di concentramento in occasione della giornata della memoria e delle conseguenti cerimonie di conferimento da parte dei prefetti.
L'ultima missiva minatoria, di qualche giorno fa, è giunta al sindaco di Arezzo, onorevole Giuseppe Fanfani: essa recava la firma «Arezzo. Primavera nazista», con la quale si avvertiva il sindaco, cito testualmente: «ora Fanfani deve fare i conti con noi: razzismo un fenomeno che penetra (...) nella pelle: i pallini di piombo». Tutte queste lettere contengono chiari elementi di xenofobia e di antisemitismo. Tale sconcertante vicenda sta producendo nei territori interessati un clima di forte preoccupazione sia per l'incolumità delle persone oggetto di minacce, sia per il clima culturale e politico che si sta determinando.
Ovviamente, alle persone interessate sono giunte da subito la solidarietà e l'apprezzamento per il lavoro svolto (tra l'altro un lavoro importante) nel favorire, nei territori da essi amministrati, politiche di legalità e integrazione. Le forze dell'ordine Pag. 26locali hanno svolto e stanno svolgendo un egregio lavoro sin dall'inizio di questa sconcertante vicenda, al fine di scoprire il colpevole o i colpevoli.
Ciò premesso, con questa interpellanza urgente chiediamo se il Ministero dell'interno non ritenga opportuno, viste la gravità e la continuità dei contenuti delle lettere minatorie, nonché il loro intensificarsi, uno specifico interessamento ed intervento del Ministero stesso, al fine di sostenere l'importante lavoro svolto anche dalle forze locali e finalizzato all'individuazione dei responsabili di tali sconcertanti atti.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, il Ministero dell'interno segue con particolare attenzione tutti i fenomeni di intolleranza di matrice xenofoba o razzista, svolgendo una costante azione di monitoraggio e di prevenzione ed adottando ogni utile iniziativa di contrasto allorquando se ne verifichino i presupposti.
Per quanto riguarda i casi segnalati dagli onorevoli interpellanti, avvenuti in provincia di Arezzo (in totale 14 lettere dal contenuto variamente minatorio e razzista), il prefetto ha disposto l'immediata attivazione di mirati servizi di protezione delle persone interessate fin dal verificarsi del primo episodio di invio di una lettera minatoria, che risale al 26 maggio 2009. L'attenzione è stata mantenuta alta - sotto ogni profilo - anche riguardo ai successivi episodi, l'ultimo dei quali si è verificato il 2 aprile scorso.
Le missive sono state effettivamente indirizzate prevalentemente a due figure istituzionali quali il sindaco di Montevarchi, il sindaco di Arezzo (oggetto di attenzione di due lettere), e - in una sola occasione - il prefetto di Arezzo. Destinatari di analoghe lettere sono risultati anche una giornalista - autrice di un articolo «di condanna» pubblicato sul quindicinale locale Adrenalina relativamente a scritte antisemite apparse a Montevarchi - e due cittadini abitanti nel Valdarno. I dispositivi di protezione da subito adottati sono stati successivamente confermati, intensificati e rimodulati a seguito delle numerose riunioni tecniche di coordinamento delle Forze di polizia che il prefetto ha voluto dedicare al tema.
Inoltre, poiché a partire dal 23 marzo scorso le missive minatorie sono state dirette non solo a persone, ma anche a testate giornalistiche, il prefetto di Arezzo, dopo aver confermato i dispositivi già in atto, ha dato ulteriore impulso alle attività informative ed investigative già avviate, rafforzando le misure di prevenzione generale a tutela di tutti i possibili obiettivi oggetto delle minacce.
Considerato, altresì, che all'interno di cinque lettere erano contenute lame di taglierino e, in un caso, frammenti di specchio, i destinatari delle missive sono stati appositamente sensibilizzati riguardo alle misure precauzionali da adottare per l'apertura della corrispondenza.
Le indagini sull'intera vicenda segnalata dagli onorevoli interpellanti sono condotte dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Arezzo e formano oggetto di otto procedimenti penali, riuniti per la trattazione, per i reati di minaccia aggravata, diffamazione e propaganda ed istigazione all'odio razziale.
Le attività di indagine - ovviamente ancora caratterizzate da segreto investigativo - in ragione della natura tecnica di alcuni accertamenti sono state affidate alla DIGOS della questura di Arezzo ed al nucleo operativo e radiomobile della compagnia carabinieri di San Giovanni Valdarno.
Il prefetto di Arezzo ha riferito che, dalla mirata attività di indagine sinora svolta, non sono emersi fino ad oggi elementi tali da far ipotizzare la riconducibilità dei deprecabili atti minatori a gruppi organizzati.
L'impegno di tutte le istituzioni interessate - magistratura, autorità di pubblica sicurezza e forze di polizia - sarà Pag. 27costantemente e sinergicamente orientato al massimo sforzo per individuare i responsabili dei deplorevoli episodi.

PRESIDENTE. L'onorevole Nannicini, cofirmatario dell'interpellanza, ha facoltà di replicare.

ROLANDO NANNICINI. Signor Presidente, come ci si può dire insoddisfatti o soddisfatti rispetto alla segnalazione di un fatto di questo genere? Certo, la nostra preoccupazione è forte, perché siamo ad un anno da dal suo inizio e ancora ci viene detto che forse si tratta di gesti singoli e personali.
Non per interferire con l'attività investigativa, ma credo vi sia la necessità di una maggiore forza nelle indagini. Infatti diciotto lettere, alcuni eventi che sono successi nel nostro territorio, ad Arezzo, e particolarmente in Valdarno, non isolati rispetto alle lettere, come quelli di mettere dei manichini con la testa nera impiccati sotto il loggiato del palazzo del municipio di Montevarchi prima delle feste natalizie, danno il senso di un clima che si vuole creare.
Quindi, chiediamo di nuovo al Ministero per l'interno - ringrazio il sottosegretario per le risposte che ci ha voluto dare - di rafforzare l'attenzione in questo senso, perché è passato un anno e non si può continuare a pensare che si tratti solo di un gesto individuale di qualche malato. È un'azione troppo puntuale e troppo continua. Inoltre, c'è troppa conoscenza e ci sono troppi fatti, come l'evento nei confronti del prefetto nella giornata della memoria.
Ci sono conseguenze continue, anche di manifestazioni ed iniziative che le istituzioni repubblicane celebrano per ricordare e per tenere desti i valori nostri, che, con puntualità, determinano le missive.
Signor sottosegretario, chiediamo quindi un'attenzione e una forza maggiori, perché la vicenda non va sottovalutata. Le indagini dovrebbero essere più precise, perché sempre ci viene detto che può essere una sola persona, uno spensierato, una persona che provoca, un malato. Noi siamo preoccupati dal ripetersi di questi eventi (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Misure per contrastare la criminalità organizzata nella provincia di Vibo Valentia - n. 2-00668)

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00668 concernente misure per contrastare la criminalità organizzata nella provincia di Vibo Valentia (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MARIO TASSONE. Signor Presidente, con questa mia interpellanza richiamiamo un episodio molto grave che ha destato l'attenzione di tutti gli organi di informazione, quindi vari commenti e valutazioni. Mi riferisco all'atto intimidatorio molto grave posto in atto dalla criminalità organizzata nei confronti del priore della confraternita «Maria Santissima del Rosario» di Sant'Onofrio. La vicenda è nota: una direttiva del vescovo della diocesi di Mileto-Tropea-Nicotera, monsignor Renzo, determinava un cambiamento rispetto all'organizzazione delle feste patronali e di tutte le manifestazioni religiose, in particolar modo ovviamente anche quella pasquale che va sotto il nome della «Affruntata».
Nella direttiva si evidenziava il pericolo di infiltrazione criminale nella gestione e nell'organizzazione anche di queste feste religiose. Evidentemente tutto questo è avvenuto nel passato. In ottemperanza alla direttiva del vescovo di Mileto-Tropea-Nicotera, la confraternita di Sant'Onofrio ha fatto sì che l'organizzazione, ma soprattutto coloro che dovevano portare le statue del Cristo risorto e della Madonna, fossero diversi e dovessero essere scelti all'interno della confraternita stessa. Tutto questo per evitare, come dicevo poc'anzi, delle pericolose infiltrazioni.
Non c'è dubbio che questa esclusione forse ha fatto sentire debole qualcuno. Questo ha fatto capire come sono presenti le organizzazioni criminali anche in ambito Pag. 28parrocchiale e religioso; gente che vuole sembrare molto forte proprio perché gestisce anche i grandi momenti religiosi che si rifanno alla storia e alla tradizione di molti comuni.
Lo scopo dell'interpellanza che abbiamo presentato, signor Presidente e signor rappresentante del Governo, non è soltanto quello di richiamare una vicenda molto nota - i giornali hanno dato molte informazioni e particolari - ma anche per capire che cosa si intende fare nell'azione e nell'attività di prevenzione per evitare che queste situazioni si possano verificare. Dobbiamo certamente dare atto a Monsignor Renzo di aver aperto gli occhi (non so trovare altro termine in questo momento) su vicende e storie che riguardano la Calabria e, quindi, le manifestazioni religiose dove, ripeto ancora una volta, la criminalità organizzata gestisce, porta i santi, ed è impegnata con un attivismo molto forte e pervasivo rispetto anche a questo tipo di realtà.
Pertanto ci sono tutte le feste religiose che bisogna monitorare, perché non c'è dubbio che la vicenda di Sant'Onofrio non è un fatto isolato; la presenza di forze che si richiamano alla 'ndrangheta locale certamente non è un fatto isolato, infatti tutto questo fa pensare che altri comuni della realtà calabrese siano coinvolti e interessati da questi tristi e drammatici fenomeni.
Voglio dire un'altra cosa, signor Presidente. Noi abbiamo avuto tempo fa un atto intimidatorio nei confronti degli uffici giudiziari di Reggio Calabria; ricordo che una bombola ha scardinato il portone della procura presso la corte di appello di Reggio Calabria; poi c'è stata la vicenda di una macchina imbottita di armi e di quant'altro proprio nel momento in cui era presente a Reggio Calabria il Presidente della Repubblica. Di tutto ciò si è fatto un grande clamore presso l'opinione pubblica, ma poi non si è saputo più nulla. Non voglio legare l'atto intimidatorio gravissimo di Reggio Calabria a quello di Sant'Onofrio, altrettanto grave, ma c'è un'unica matrice nei confronti delle istituzioni, anche religiose, nei confronti del priore a Sant'Onofrio e nei confronti dei magistrati a Reggio Calabria. È sempre la criminalità organizzata che per far sentire e imporre la propria presenza fa queste manifestazioni che sono purtroppo il preludio ad altre manifestazioni più cruente e meno dimostrative, ma ovviamente più forti e delittuose. Signor Presidente, questo accostamento non lo avevamo evidenziato nell'interpellanza, per cui mi rendo conto che è un fatto nuovo, ma non c'è dubbio che nella risposta che si accinge a darmi il sottosegretario al Ministero dell'interno si dovrà tener conto di tutto questo.
Ovviamente la manifestazione religiosa si è tenuta la settimana successiva al giorno di Pasqua, con la presenza di tutta la comunità di Sant'Onofrio, erano presenti anche il sottoscritto con molti colleghi parlamentari, il procuratore distrettuale antimafia di Catanzaro, il procuratore della Repubblica di Vibo Valentia, il prefetto di Vibo Valentia, che si è attivato con intelligenza e con grande capacità e soprattutto con grande forza e professionalità. C'erano tutti, ma vorrei capire se c'è un filone all'interno del quale le attività investigative vengono svolte con una certa continuità e soprattutto seguendo un certo percorso. Vorrei capire se il Ministero dell'interno ha rafforzato questa realtà investigativa di Vibo Valentia, una realtà interessata dalla criminalità organizzata: ci sono le famiglie di Limbadi, la famiglia di Sant'Onofrio che sono notissime famiglie di criminali. La risposta non può essere semplicemente una condanna generica che appare sui documenti o sulle manifestazioni che possiamo fare noi altri. Non è questo il tipo di contrasto alle azioni criminose che noi desideriamo. Deve esserci un fatto sostanziale per evitare altri episodi verso i quali nell'immediato c'è l'attenzione dell'opinione pubblica, ma poi quando tutto questo si derubrica passa nel dimenticatoio e non abbiamo più alcuna traccia dei responsabili di questi fatti criminosi.
Il Ministero dell'interno si sta adoperando in questa direzione certamente con la direzione distrettuale antimafia, con i magistrati che anche nel passato hanno Pag. 29svolto un lavoro degno di grande apprezzamento e di attenzione. C'è la volontà politica da parte del Governo di evitare che tanti episodi che si conoscono siano riportati alla ribalta solo quando avvengono queste situazioni particolarmente delittuose?
Così come, con riferimento alla vicenda di Rosarno, nessuno sapeva, per così dire, che lì vivevano degli immigrati in condizioni subumane, e poi quando scoppia il fatto, con grande ipocrisia ci svegliamo e ci comportiamo come Alice nel paese delle meraviglie. Tutto questo non fa che creare una precarietà e soprattutto una debolezza delle istituzioni.
Di fronte alla criminalità organizzata che compie l'attentato, l'atto dimostrativo nei confronti della confraternita e del suo priore, mandando quindi un messaggio molto forte nei confronti dell'eccellentissimo vescovo Renzo, ritengo che occorra dare sempre di più una dimostrazione del fatto che le istituzioni, lo Stato sono più potenti rispetto a queste realtà, a queste frange di disperati che hanno tentato e cercano ancora di vivere opprimendo la gente con la minaccia e con la paura. In questo caso parliamo di manifestazioni religiose, ma in questo tipo di realtà dobbiamo calarci con molta sensibilità per capire qual è il clima, qual è la situazione, quali sono le tensioni, le difficoltà e le incertezze rispetto al futuro, anche economico, di molte zone oppresse dalla criminalità organizzata che gestisce l'economia, che gestisce tutto e, come abbiamo visto, anche le tradizionali feste religiose.
Occorre svolgere una riflessione generale, ma ciò che sottolineo è che il clima deve certamente migliorare: non si può vivere con il sospetto, con la paura, con l'oppressione e la compressione; bisogna restituire tranquillità e soprattutto convivenza e qualità di vita in termini di civiltà e di umanità. Ecco perché lo Stato deve rafforzare sempre di più le proprie forze, non mi riferisco alla quantità delle stesse, ma al fatto che occorre evitare che gli investigatori avviino una pratica, la portino avanti, e poi non si capisca chi sono i responsabili.
Dopo il clamore, lo ripeto per la quarta volta, tutto viene ad essere sospinto nelle nebbie e nell'oblio: credo che questo non sia di aiuto nella lotta alla criminalità organizzata, a chi delinque per professione, per tendenza e per scelta (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli deputati, il mancato svolgimento, nel giorno prestabilito, della tradizionale manifestazione religiosa pasquale denominata «Affruntata» - nella località di Sant'Onofrio, in provincia di Vibo Valentia - non è scaturito da alcuna motivazione riconducibile a ragioni di ordine pubblico, ma da un'autonoma decisione degli organizzatori della medesima.
Questi ultimi, infatti, da quanto riferito dalla compagnia Carabinieri di Vibo Valentia al prefetto di quella provincia, hanno inteso con tale decisione esprimere la propria solidarietà al priore della locale Arciconfraternita del Santissimo Rosario, rimasto vittima di un episodio intimidatorio avvenuto la notte precedente, allorquando erano stati esplosi due colpi di pistola all'indirizzo del cancello carrabile della sua abitazione da parte di persone tuttora ignote.
Tale episodio intimidatorio, sul quale sta indagando l'autorità giudiziaria, è stato denunziato, peraltro, dalla stessa vittima il giorno seguente presso la locale stazione dei Carabinieri, proprio nell'ora in cui avrebbe dovuto avere inizio la manifestazione religiosa, comunicandone, nell'occasione, l'annullamento per quel giorno. Il prefetto di Vibo Valentia, non appena venuto a conoscenza del grave episodio, convocava un'apposita riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia che si svolgeva il successivo martedì 8 aprile, con la partecipazione anche del vescovo della locale diocesi e dei componenti della commissione straordinaria per la gestione del comune di Sant'Onofrio. Pag. 30
Dopo un'attenta disamina dell'accaduto e delle possibili motivazioni ad esso sottese, è stato concordemente deciso che la manifestazione religiosa avrebbe dovuto comunque svolgersi nella prima data utile, non solo per non deludere le aspettative della comunità locale nei confronti di una festa religiosa fortemente radicata nel tessuto sociale, ma anche per evitare che l'eventuale annullamento della stessa fosse letto come una resa all'arroganza delle cosche locali, con conseguente perdita di credibilità dello Stato, della Chiesa e della stessa società civile. La manifestazione, pertanto, si è svolta regolarmente nella mattinata della successiva domenica, con ampia partecipazione popolare e nella più assoluta tranquillità sotto il profilo dell'ordine pubblico.
Il capillare lavoro preventivo svolto in sede di riunione tecnica di coordinamento delle forze di polizia, ed il sinergico impegno di tutte le componenti istituzionali interessate, hanno garantito il fondamentale obiettivo di evitare ogni coinvolgimento, nella cerimonia, di personaggi riconducibili alle consorterie criminali locali.
Inoltre, proprio per dare un forte segnale della vicinanza delle istituzioni alla comunità, alla manifestazione religiosa ha partecipato il prefetto di Vibo Valentia, unitamente al vescovo, ai componenti della commissione straordinaria che gestisce il comune e ai vertici provinciali delle forze di polizia.
Per quanto riguarda lo specifico quesito posto dagli onorevoli interpellanti, non si può, ancora una volta, non evidenziare lo straordinario impegno che questo Governo, fin dal suo insediamento, sta profondendo nella lotta alla criminalità organizzata, anche con riguardo alla Calabria. I risultati ottenuti, mai visti in precedenza, ne sono la prova tangibile.
Da quando è in carica l'attuale Governo, sono stati sciolti quattordici consigli comunali per infiltrazioni o condizionamenti della criminalità organizzata, di cui sei in Calabria. Uno di questi è proprio il comune di Sant'Onofrio. Al 31 marzo scorso sono state portate a termine 502 importanti operazioni di polizia giudiziaria (più 41 per cento rispetto allo stesso periodo del Governo precedente), con l'arresto di 4.993 soggetti (più 39 per cento). Di tali operazioni, 126 hanno riguardato la 'ndrangheta (più 41,5 per cento), con l'arresto di 1.116 affiliati (più 28,5 per cento). Va, inoltre, evidenziato che tra i 347 più pericolosi latitanti complessivamente arrestati (più 77 cento), ben 52 appartengono alla 'ndrangheta (più 100 per cento).
Anche sul versante dell'aggressione ai patrimoni illeciti sono stati conseguiti risultati altrettanto straordinari, con il sequestro di 16.679 beni (più 190 per cento), per un valore di oltre 8 miliardi 200 milioni di euro (più 124 per cento). 3.000 di tali beni appartenevano alla 'ndrangheta (più 109 per cento), per un valore di oltre 1 miliardo 200 milioni di euro (più 129 per cento). Sono stati, inoltre, confiscati 4.407 beni alla criminalità organizzata (più 38 per cento), per un valore di circa 2 miliardi di euro (più 358 per cento). Ottocentocinquantasette appartenevano alla 'ndrangheta (più 429 per cento), per un valore di oltre 380 milioni di euro (più 1.773 per cento).
Per sviluppare una nuova strategia integrata e di ancor più ampio respiro, in continuità con gli straordinari risultati conseguiti e con le iniziative adottate sul piano operativo, il 28 gennaio scorso - proprio a Reggio Calabria - il Consiglio dei ministri ha approvato importantissimi provvedimenti, che costituiranno la base normativa per proseguire, senza tregua, la lotta alla criminalità organizzata.
Il primo di questi provvedimenti è il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, convertito all'unanimità da ciascun ramo del Parlamento con la legge 31 marzo 2010, n. 50, che ha istituito l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, la cui sede è stata stabilita proprio a Reggio Calabria.
Sempre in occasione del Consiglio dei ministri tenutosi a Reggio Calabria il 28 gennaio scorso, il Governo ha approvato un altrettanto importante disegno di legge di straordinaria valenza riformatrice, il Pag. 31piano straordinario contro le mafie, che rappresenta la naturale prosecuzione dell'impegno che il Governo ha assunto nel primo Consiglio dei ministri, svoltosi a Napoli il 21 maggio 2008, con il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, convertito nella legge 24 luglio 2008, n. 125, e con la recente legge 15 luglio 2009, n. 94. Il piano straordinario contro le mafie costituisce, unitamente alla specifica iniziativa sull'Agenzia nazionale, il «pacchetto antimafia» del Governo, che raccoglie anche precise istanze da tempo avanzate dalle forze di polizia e dalla magistratura.
Il Governo, pertanto, intende proseguire con decisione ed in ogni direzione nella lotta contro tutte le mafie, con l'obiettivo irrinunciabile di riaffermare la presenza significativa dello Stato e delle sue istituzioni in regioni, come la Calabria, ove la criminalità organizzata è particolarmente radicata.

PRESIDENTE. L'onorevole Tassone ha facoltà di replicare.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione il sottosegretario per l'interno, il quale ha compiuto una ricognizione delle situazioni e dei fatti accaduti a Sant'Onofrio ed ha riproposto alla nostra attenzione i risultati che sarebbero stati raggiunti - o, meglio, che sono stati raggiunti - nella lotta alla criminalità organizzata nelle aree a rischio e più calde, con particolare riferimento alla Calabria.
Non credo di dovere ulteriormente dare atto alla magistratura e soprattutto alle forze dell'ordine del loro impegno e della loro dedizione. Certamente, la lotta alla criminalità organizzata deve continuare con grande forza e con grande capacità, visto e considerato che, anche dopo i successi raggiunti, non c'è dubbio che vi sono ancora problemi in piedi. Sembra un fenomeno che fa riprodurre queste organizzazioni. Attenzione anche alle vicende della cattura dei latitanti - l'ho detto più volte, signor Presidente e signor sottosegretario - quando si è fatto particolare riferimento, molte volte, a delle catture, perché le stesse organizzazioni criminali hanno fatto catturare quei latitanti, perché li hanno svenduti, tanto per intenderci. È un fenomeno di cui si parla poco: vi sono molti catturati che hanno perso la maggioranza in quei consigli di amministrazione, sono diventati un peso e quindi sono facilmente «prendibili»; ritengo che questo dato e questo fatto vada ovviamente attenzionato.
Anche per l'Agenzia, arriva in ritardo per quanto riguarda i beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Bene l'allocazione a Reggio Calabria, ma arriva in ritardo, perché la Commissione antimafia da tanto tempo aveva chiesto la costituzione dell'Agenzia. È arrivata, ovviamente, per iniziativa del Governo: siamo stati tutti convergenti e abbiamo approvato questo provvedimento, ma non credo che oggi sia tempo di enfatizzare molto un'azione che certamente rientra tra gli atti dovuti nei confronti del popolo e di quelle comunità, ma non soltanto di quelle meridionali. Ritengo che bisogna guardare anche a vicende e storie che interessano tutto il Paese, tutto lo Stivale, tutta l'Italia.
Ormai la criminalità organizzata e le 'ndrine sono presenti e, soprattutto, sono in collegamento e interagiscono con realtà e con territori del nord. Non c'è dubbio che una valutazione seria e forte vada fatta, ma il senso della mia interpellanza, signor Presidente e signor sottosegretario, riguardava questo episodio di Sant'Onofrio, perché è vero che il giorno di Pasqua non si è fatta l'«Affruntata» per un atto di solidarietà alla confraternita e al suo priore e che non è stata evitata e bloccata da parte delle forze dell'ordine, per iniziativa del prefetto. Bene ancora, l'ho detto poc'anzi, l'iniziativa e l'attività da parte dello stesso prefetto, ma non vi è dubbio che qui vi è un fatto nuovo e diverso: la Chiesa calabrese prende sempre più coscienza del fatto di svolgere la sua missione all'interno di un territorio così travagliato e tormentato. È un messaggio di pace, di pacificazione e, soprattutto, di Pag. 32civiltà; questo è il dato che deve essere recuperato con molta forza e, soprattutto, con molta attenzione.
Se dovessi dare un giudizio rispetto alla risposta datami dal sottosegretario di Stato per l'interno, dovrei dire, ovviamente, grazie al sottosegretario stesso per quanto riguarda i dati e gli elementi che ci ha fornito, ma già li conoscevamo per altre vie, anche perché pubblicizzati più volte da parte dello stesso Ministro, nei suoi interventi nell'Aula di Montecitorio o di Palazzo Madama, e perché pervenuti e veicolati attraverso i mass media, ma c'è un aspetto sul quale volevo evidenziare, a mio avviso, alcune insufficienze della risposta del sottosegretario di Stato per l'interno.
Ho fatto riferimento ad episodi molto emblematici, che hanno creato allarme; sono emblematici nella loro drammaticità e nella loro pericolosità per i messaggi che intendono dare: la bomba alla procura presso la corte d'appello di Reggio Calabria, la macchina piena di armi e di esplosivo durante la visita del Presidente della Repubblica.
Sono episodi che fanno intravedere una lotta che continua: l'azione del vescovo rientra anche nell'azione che si sta portando avanti continuamente, sul territorio calabrese e non soltanto sul territorio calabrese. Siamo di fronte ad un messaggio che intendono mandare la criminalità organizzata e le 'ndrine, che sono vive e sono più forti che mai.
Chiedo, dunque, azioni più stringenti rispetto alle investigazioni, rispetto all'individuazione dei responsabili, anche per gli episodi di Reggio Calabria, a cui, lo ripeto ancora una volta, non faccio cenno nell'interpellanza urgente che ho presentato; l'episodio di Sant'Onofrio non credo però che possa essere trascurato, passato sotto silenzio, e quindi consegnato all'oblio e alle nebbie di una memoria che sempre più ha difficoltà a chiarire la realtà ed il presente.
Il dato vero, signor Presidente, signor sottosegretario, è che si tratta di un filone su cui bisogna richiamare l'attenzione ed essere dunque impegnati nell'investigazione: mi riferisco alle feste patronali, alle feste religiose. Il merito della Chiesa calabrese, e in particolar modo di monsignor Renzo, è di avere aperto con molto coraggio, insieme anche alla confraternita, a tutti i cittadini di Sant'Onofrio, tale filone: questo credo non si sia colto nella risposta del sottosegretario per l'interno.
Sappiamo dei soldi sequestrati e confiscati, di tutti i successi, i traguardi e gli obiettivi raggiunti; ma vi è poi questo filone, che è importante e fondamentale, perché si va a recuperare a mio avviso, se lo attenzioniamo non soltanto come forze dell'ordine, ma come Governo e come Paese nel suo complesso, un'esigenza di crescita complessiva e di sensibilizzazione ed umanizzazione di questo territorio.
Sappiamo che la vera lotta alla criminalità organizzata si fa attraverso una capacità nuova sul piano culturale di reagire, una grande mobilitazione, una diffusa presa di conoscenza di quei territori, che certamente non possono essere affidate alle forze di polizia e ai magistrati se non vi è un coinvolgimento ed una chiarezza maggiore.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

MARIO TASSONE. Concludo, signor Presidente: accolgo immediatamente il suo invito, come vede con grande diligenza, e soprattutto con grande apprezzamento per il modo in cui lei gestisce la seduta, visto e considerato che mi ha richiamato con grande gentilezza e con molta moderazione.
Signor Presidente, ritengo che questo sia un aspetto su cui il Governo deve ritornare, anche per capire e per farci comprendere se questo episodio di monsignor Renzo è una testimonianza forte, un messaggio forte raccolto oppure isolato.
Vorrei ricordare, in conclusione, che non vi era soltanto la magistratura a Sant'Onofrio: vi erano molti colleghi parlamentari, molti amministratori, vi era il nuovo presidente eletto della regione, vi erano tante persone. Ritengo che, quando si parla di rappresentanza popolare, non si dovrebbe trascurare tutto ciò. Lo so che Pag. 33c'è un Governo polarizzato verso posizioni monocratiche ed individuali, ma ritengo che la democrazia si faccia in termini di coralità. È un problema di cultura e di sensibilità: o la si ha o non la si ha. Credo che in questo momento dobbiamo riacquistarla per dare una risposta alle difficoltà dei tempi, alle difficoltà in particolar modo della Calabria, di Sant'Onofrio e di Vibo Valentia (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

(Iniziative per il rispetto dei diritti umani nella Repubblica dello Yemen, con particolare riferimento ai diritti delle donne e alla fissazione di un'età minima per il matrimonio - n. 2-00673)

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00673, concernente iniziative per il rispetto dei diritti umani nella Repubblica dello Yemen, con particolare riferimento ai diritti delle donne e alla fissazione di un'età minima per il matrimonio (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, innanzitutto tengo a sottolineare come l'interpellanza urgente in esame sia espressione di un'iniziativa assolutamente trasversale: questo testo è stato sottoscritto da parlamentari davvero di tutti i gruppi politici rappresentati in Aula.
Questo è il segno anche di una reazione a fronte dell'apprendimento di un fatto così grave quale è quello accaduto venerdì scorso nello Yemen, dove una bambina, Elham Mahdi al Assi, era stata data in sposa all'età di dodici anni ed è morta dopo cinque giorni di matrimonio con un uomo di venti anni.
Secondo quanto ha riportato uno dei principali giornali locali, lo Yemen Observer, la bambina è morta per lesioni gravissime all'apparato genitale, dovute alla violenza sessuale subita dal marito, che hanno portato ad emorragie fatali. Questo accade perché nello Yemen non esiste ancora un'età minima fissata dalla legge per il matrimonio e inoltre la violenza sessuale compiuta dal marito nei confronti della moglie non è considerata un reato.
Per renderci conto delle dimensioni e della gravità di questo problema cito quanto riportato in uno studio del 2008 a cura del centro studi e ricerche sullo sviluppo di genere dell'università di Sana'a, in base al quale oltre il 52 per cento delle ragazze sposate sono al di sotto dei diciotto anni al momento del matrimonio, contro il 6,7 per cento dei ragazzi.
Nell'interpellanza si riporta come una proposta di legge per fissare un'età minima nel matrimonio fosse in corso di approvazione da parte del Parlamento yemenita, ma per l'opposizione espressa da parlamentari di area fondamentalista islamica il dibattito parlamentare si è interrotto, l'iter è tornato in una commissione dai connotati religiosi e in tutta risposta le autorità clericali yemenite hanno pronunciato una fatwa nei confronti di chi è impegnato sul fronte della fissazione di un'età minima per il matrimonio, sostenendo che ciò è contrario alla sharia. Questa fatwa ovviamente ha poi colpito anche tutti quegli attivisti per i diritti umani, a partire da chi in questi contesti più subisce gli effetti delle politiche fondamentaliste, vale a dire le donne e i minorenni.
Ho presentato l'interpellanza perché questo è un caso emblematico della necessità di un impegno affinché i diritti umani fondamentali siano affermati (come nel caso dello Yemen) o rafforzati, senza cedimenti a relativismi culturali, religiosi o etnici.
In questo caso si tratta della tutela delle donne e dei minori (e delle minorenni, in particolare), ma lo stesso vale anche per quanto riguarda l'altro terribile fenomeno rappresentato dalle mutilazioni genitali femminili.
Come Partito radicale transnazionale e come associazione Non c'è pace senza giustizia molto abbiamo fatto, anche con il Governo yemenita, nell'ambito di quel progetto di costituzione della Comunità della e delle democrazie per far crescere i Pag. 34principi dello Stato di diritto, ottenendo anche dei successi che però vediamo oggi essere sostanzialmente riassorbiti.
Questo ci porta a rilanciare un fronte di impegno della politica estera del nostro Paese e mi auguro quindi, a tale riguardo, di avere risposte soddisfacenti per cercare di capire cosa si sta facendo in questo ambito, anche per quanto riguarda la ripresa di quel progetto - che ricordavo prima - della Comunità della e delle democrazie, che significa anche impegno per l'affermazione dei principi dello Stato di diritto, che significa fondamentalmente affermazione dei principi di laicità.
Non sono concepibili le risposte che stanno dando i fondamentalisti islamici, che hanno rappresentanze anche in Parlamento nello Yemen, ovvero che, essendo Maometto sposato con una minorenne ed essendo questo scritto nei loro testi sacri, ciò deve valere per tutti. Quello che è scritto nei testi sacri deve valere per chi in quei testi vuole credere e, comunque, nel rispetto di quei principi fondamentali ormai affermati a livello internazionale, e non deve tradursi in leggi che devono valere nel 2010.
Insieme, quindi, a molti altri colleghi chiediamo di sapere quali sono le iniziative urgenti che il Governo ha adottato, o che comunque intende adottare, nei confronti delle autorità yemenite, perché sia assicurata la promozione e la protezione dei diritti umani, a partire dalle donne e dalle ragazze, per capire come si intendano rafforzare anche quegli sforzi volti a far sì che, finalmente, in questo Paese sia approvata una legge che fissi l'età minima per il matrimonio conformemente ai principi del diritto internazionale e sia anche introdotto il reato di violenza sessuale anche per quei casi in cui sia il marito a compierlo nei confronti della moglie.
Noi chiediamo anche di conoscere quali iniziative sono state adottate a questo riguardo nell'ambito di quegli Accordi di cooperazione del 1998 tra l'Unione europea e la Repubblica dello Yemen che, in particolare all'articolo 12, pongono queste questioni come centrali nella cooperazione tra Unione europea e Repubblica dello Yemen.
Concludo, sottolineando, proprio a questo riguardo, come la nostra stessa cooperazione allo sviluppo debba essere riconcepita dando priorità alla tutela dei diritti umani e dei principi dello Stato di diritto, perché questo deve essere il cardine della cooperazione allo sviluppo.
Non ha assolutamente senso costruire una scuola nello Yemen se poi le bambine non possono andarci perché sono date in sposa addirittura a 12 anni o costruire ospedali, se poi in quegli ospedali devono essere ricoverate bambine che hanno subito - ripeto - a 12 anni fatti così gravi che, come nel caso dei Elham Mahdi al Assi, hanno portato addirittura alla morte.

PRESIDENTE. Il Sottosegretario di Stato per l'interno, Michelino Davico, ha facoltà di rispondere.

MICHELINO DAVICO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non essendo presente in Aula, leggo la risposta che il Ministro ha voluto fornire a questa interpellanza.
La questione evocata dall'onorevole interrogante, ora tornata prepotentemente di attualità, è stata ampiamente discussa, negli ultimi anni, nel contesto della Convenzione sui diritti dell'infanzia e della Convenzione sui diritti delle donne. Proprio in occasione dell'ultimo esame periodico relativo all'implementazione di quest'ultima Convenzione, nel 2008, il Comitato per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, istituito dal Trattato, ha rilevato che, nonostante le azioni positive intraprese dal Governo yemenita per promuovere i diritti delle donne, permane la preoccupazione per la legislazione che ha legalizzato il matrimonio di bambine sotto i 15 anni di età, con il consenso del loro tutore, che costituisce grave violazione degli obblighi derivanti dalla Convenzione.
Il Comitato ha, dunque, esortato lo Yemen ad adottare urgenti misure legislative volte ad elevare l'età minima del Pag. 35matrimonio per le ragazze, in linea con l'articolo 1 della Convenzione sui diritti dell'infanzia, che definisce fanciullo il minore di anni 18, e la disposizione sul matrimonio minorile di cui all'articolo 16, comma 2, della Convenzione per i diritti delle donne, che precisa che i matrimoni dei bambini non hanno alcun effetto giuridico.
Il Comitato, ha, inoltre esortato lo Stato membro ad imporre l'obbligo di registrare tutti i matrimoni, al fine di controllare la legittimità e il rigido divieto di matrimoni precoci, nonché di perseguire i colpevoli. È stato altresì raccomandato allo Stato parte di sviluppare campagne di sensibilizzazione, con il sostegno delle organizzazioni della società civile e delle autorità religiose, sugli effetti negativi del matrimonio precoce sul benessere, la salute e l'educazione delle ragazze. Anche a seguito delle raccomandazioni ricevute, che sono pienamente condivise dal Governo italiano e dai Governi dei nostri principali partner, lo Yemen ha effettivamente intrapreso un percorso per modificare la legislazione esistente.
Nel 2009 il Parlamento ha approvato una legge che fissava l'età minima per contrarre matrimonio a 17 anni. Tuttavia, la legge è stata bocciata dall'Islamic Sharia Codification Committee (organo preposto a verificare che la legislazione adottata sia conforme ai dettami della sharia) e rinviata al Parlamento. La legge avrebbe dovuto essere nuovamente sottoposta all'esame del Parlamento lo scorso mese di febbraio, ma la sua approvazione è stata rinviata a data da destinarsi. Ciononostante non si può non notare come sia in atto nel Paese un'importante campagna d'opinione condotta su tutti i principali quotidiani per sensibilizzare l'opinione pubblica sulla gravità del fenomeno delle cosiddette spose bambine. Occorre inoltre ricordare, al riguardo, il sostegno delle autorità yemenite alle associazioni e ai movimenti che offrono riparo e assistenza alle minori che abbandono la casa coniugale. Sono sviluppi incoraggianti che il Governo italiano saluta con particolare favore ed incoraggia. Va inoltre tenuto presente che il fenomeno dei matrimoni contratti da minorenni sembra affermarsi maggiormente in contesti di particolare povertà o nei centri rurali, dove il degrado sociale è particolarmente acuto. Anche per questo l'Italia, fortemente impegnata a sostenere lo Yemen nell'affrontare le numerose sfide per la sua stabilità interna, contribuisce a finanziare, sia sul canale multilaterale che sul canale bilaterale, vari progetti per sostenere e aiutare le donne maggiormente in difficoltà.

PRESIDENTE. L'onorevole Zamparutti ha facoltà di replicare.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Davico per essere presente, però sottolineo anche l'assenza di un esponente del Ministero competente, che appunto è il Ministro degli Affari esteri. Da quanto ha avuto modo di riferire il sottosegretario Davico, ho compreso che le iniziative più incisive sono state adottate in sede multilaterale da parte del Comitato per l'eliminazione delle discriminazioni contro le donne, ma non ho sentito dalle sue parole nulla per quanto concerne un'iniziativa in sede bilaterale da parte del nostro Governo nei confronti del Governo yemenita, a seguito di questo fatto così grave. Non è una novità: anche in occasione di altre interpellanze urgenti attinenti ai diritti umani, il Governo italiano, in particolare per quanto riguarda l'applicazione ancora della pena di morte in molti Paesi, ormai si trincera dietro posizioni o assunzioni di iniziative in sede multilaterale, che dichiara di sostenere, di firmare e di salutare, ma in sede bilaterale non fa sentire il suo peso (perché penso non intenda averne su queste questioni).
Mi dichiaro insoddisfatta e mi auguro soltanto che, magari, sia stata l'immediatezza di questo atto di sindacato ispettivo a non aver dato al Governo il tempo sufficiente per agire. Pertanto, spero che si tenga conto anche di questa mia interpellanza che - ripeto - non è un'istanza individuale in quanto credo di parlare anche a nome di quei numerosi parlamentari Pag. 36- uomini e donne - che hanno sottoscritto questo atto.
Quindi mi auguro che nei prossimi giorni vi sia una rimostranza diretta da parte del nostro Governo nei confronti del Governo yemenita, oltre che un'azione tesa a rafforzare ulteriormente il sostegno alle organizzazioni che si battono in questo campo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

(Iniziative in merito alla crisi industriale dello stabilimento Case new holland (Cnh) di Imola e per la salvaguardia dei relativi livelli occupazionali - n. 2-00669)

PRESIDENTE. L'onorevole Marchignoli ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00669 concernente iniziative in merito alla crisi industriale dello stabilimento Case new holland (CNH) di Imola e per la salvaguardia dei relativi livelli occupazionali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, nella primavera dello scorso anno, il 2009, improvvisamente il gruppo FIAT, che è azionista di maggioranza della CNH di Imola, annunciò la chiusura dello stabilimento imolese per cessazione dell'attività produttiva, fatto molto grave e improvviso e, peraltro, reso noto per mezzo di un comunicato stampa. Iniziò da quel momento una forte mobilitazione dei lavoratori (parliamo oggi di 335 persone, allora di 450 persone), una forte mobilitazione con un presidio quotidiano, giorno e notte, con forme di lotta anche molto dure e significative. Ricordo settimane di un lavoratore che si chiama Guido Barbieri, che voglio salutare, che iniziò lo sciopero della fame mettendo gravemente a rischio la propria salute con l'intento di far sì che le istituzioni nazionali si accorgessero di ciò che stava accadendo in quello stabilimento, a quei lavoratori e alla città di Imola.
Vi furono poi iniziative istituzionali degli enti locali e del comune di Imola, della provincia di Bologna e della regione Emilia Romagna con il suo presidente. Questo produsse inizialmente un risultato perché con il forte impegno dei sindacati, dei lavoratori, delle istituzioni locali e della regione fu chiesto ed ottenuto che si aprisse su quella sciagurata scelta della FIAT un tavolo nazionale per cercare soluzioni e intanto per garantire a quei lavoratori di poter continuare a mantenere le proprie famiglie, attraverso l'attivazione degli ammortizzatori sociali.
Quell'iniziativa diede un primo risultato, nel senso che la FIAT rinunciò alla chiusura per cessazione di attività trasformandola in stato di crisi dell'azienda stessa, da un lato aprendo una annunciata e teorica disponibilità a discutere del futuro, dall'altro consentendo l'attivazione degli ammortizzatori sociali. I lavoratori della CNH entrarono in cassa integrazione ordinaria il 31 agosto e poi straordinaria. Quest'ultima cesserà il 30 agosto. E quell'iniziativa produsse un tavolo ministeriale a cui parteciparono i sindacati, il Ministero, l'azienda, le istituzioni, la regione, il comune di Imola.
Il 9 settembre dello scorso anno la CNH al tavolo del Ministero dello sviluppo si impegna a trovare una soluzione per il sito di Imola.
I dipendenti attualmente in forza alla CNH sono 335. Sono stati trasferiti in altri stabilimenti 125 persone. Da gennaio si è lavorato quattro settimane, più due settimane in aprile, più una settimana prevista per maggio. Ottanta lavoratori sono distaccati in altre aziende del gruppo (Lecce, Modena, Bolzano) e per qualcuno vi sarà forse una proposta di assunzione (si parla di trenta persone). A luglio partirà la produzione delle terne (come sapete e come lei sa, signor sottosegretario, la CNH produce macchine per movimento terra) a Lecce, il che significa non produrre più nella città di Imola, mentre ciò era inserito nel testo dell'accordo del 9 settembre. I miniescavatori verranno trasferiti a Torino, come produzione, entro la metà del 2011.
Nell'ultimo incontro al Ministero per lo sviluppo economico del 18 gennaio 2010, è Pag. 37stata istituita una commissione - prevista dall'accordo del 9 settembre 2009 - la quale si è riunita tre volte, ma non risulta sia stata trovata alcuna soluzione e comunque il tavolo politico a cui troppe volte in questi mesi il Governo del Paese si è sottratto non è più stato convocato, anche se era stata ipotizzata la data del 22 febbraio 2010, poi fatta slittare altre due volte e non abbiamo più notizie.
Signor sottosegretario, ho voluto presentare l'interpellanza urgente in esame perché quei lavoratori innanzitutto, la città di Imola, le istituzioni locali si sono mosse e hanno bisogno di una risposta, intanto sul proseguimento della cassa integrazione straordinaria, perché il 31 agosto non è troppo lontano e in assenza di provvedimenti il 1o settembre quei 335 lavoratori saranno licenziati, a reddito zero.
Inoltre, noi riteniamo che sia giunto il momento che il Governo del Paese, nel momento in cui peraltro si appresta - col decreto-legge n. 40, che è già stato incardinato nella Commissione finanze e attività produttive e che verrà esaminato in Aula presumibilmente nella prima settimana di maggio - ad elargire alcuni incentivi anche al settore automobile e alla FIAT, senta il dovere di contrattare, concordare, concertare; nel momento in cui si usano risorse pubbliche verso un settore e in particolare verso un'azienda delle dimensioni e dell'importanza della FIAT, occorre concordare quali nuove politiche industriali riguardano i siti produttivi del nostro Paese.
Infatti non è accettabile che si mettano a disposizione di questa grande impresa risorse di tutti i cittadini, disinteressandosi di come quella grande impresa intenda reinvestire risorse per rilanciare settori produttivi nel nostro Paese, promuovendo sviluppo, industria, lavoro. È un tema strategico, a cui noi pensiamo il Governo non possa sfuggire. Quale politica industriale quindi? Con l'interpellanza urgente in esame noi poniamo anche questo problema, perché riteniamo che dentro a quel quadro possano trovare soluzioni positive situazioni produttive di crisi come quella che riguarda la CNH di Imola.
Quei lavoratori non possono essere presi in giro. Non si può sfuggire: bisogna dare risposte, non solo congiunturali (innanzitutto ammortizzatori sociali), ma strategiche. Lì vi sono professionalità, vi sono tecnologie, vi sono spazi che possono consentire una ripresa dell'attività produttiva.
Bisogna essere disponibili - questo, a mio avviso, deve fare il Governo - a trovare una soluzione. Per Termini Imerese, sento parlare di venti o ventuno soluzioni: va benissimo, penso che una di queste possa essere presa in considerazione per lo stabilimento della CNH di Imola. Parlo in questo modo, perché le soluzioni annunciate sono tantissime, ma mi sembra che si continui nella politica degli annunci e a negare la politica del «fare».
La vicenda in oggetto chiama in causa la capacità del «fare». Pertanto, sollecito questo Governo, che si vanta di essere il Governo del «fare» (ma non è questo il momento per svolgere questa discussione), a battere un colpo e a dare una dimostrazione. Dimostrate che avete capacità di fare: date anche soldi alla FIAT, non abbiamo una pregiudiziale di contrarietà.
Il dovere del Governo del Paese e, quindi, della politica è di concordare le politiche industriali, perché, altrimenti, si produrranno nuove disuguaglianze e nuove povertà e, soprattutto, all'interno di questo quadro, la grave crisi, economica, sociale ed occupazionale che sta attraversando il Paese produrrà risultati ulteriormente devastanti. Per la mia città, credo che ciò sia inaccettabile. Attendo risposte su cosa intenda fare il Governo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali, Pasquale Viespoli, ha facoltà di rispondere.

PASQUALE VIESPOLI, Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali. Signor Presidente, con riferimento all'interpellanza Pag. 38dell'onorevole Marchignoli, passo ad illustrare gli elementi informativi forniti dagli uffici dell'amministrazione che rappresento e dal competente Ministero dello sviluppo economico.
Come noto, negli ultimi anni, l'offerta di auto nel mondo è stata superiore alla capacità di assorbimento del mercato. Di fronte all'evoluzione dei mercati, si assiste, a livello globale, ad un processo di profonda trasformazione del settore, che rende indispensabile anche una ridefinizione delle politiche pubbliche di sostegno.
I rappresentati del gruppo FIAT, nell'ambito di una riunione tenutasi presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, hanno, tra l'altro, anticipato il piano di riorganizzazione produttiva della CNH Spa, azienda del gruppo impegnata nella produzione di macchine movimento terra, con sede ad Imola, puntando su due obiettivi: mantenimento in Italia della presenza di tali attività; disponibilità a definire un piano di gestione delle eccedenze per individuare una ricollocazione dei lavoratori nell'ambito della razionalizzazione delle produzioni.
Successivamente, nell'ambito di un ulteriore incontro con le organizzazioni sindacali, i rappresentanti aziendali hanno precisato che il predetto piano di riorganizzazione avrebbe comportato il trasferimento delle attività svolte presso il sito di Imola verso gli stabilimenti ubicati a Lecce e a San Mauro Torinese.
Come evidenziato anche dall'onorevole interpellante, sulla base dell'accordo stipulato presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in data 9 settembre 2009, è stato, poi, riconosciuto alla CNH, con decreto direttoriale n. 47992 del 12 novembre 2009, il trattamento di CIGS per crisi, per la durata di un anno. L'accordo citato contiene, inoltre, uno specifico richiamo alla costituzione di un gruppo di lavoro presso il Ministero dello sviluppo economico, cui partecipano la regione Emilia-Romagna, la provincia di Bologna, il comune di Imola, la CNH Italia Spa, il Ministero dello sviluppo economico, l'Unione industriali di Bologna e le organizzazioni sindacali, con la finalità di individuare diverse soluzioni industriali per il sito di Imola.
Il predetto gruppo, al fine di agevolare il proprio lavoro, ha costituito un sottogruppo tecnico incaricato della valutazione delle ipotesi di reindustrializzazione del sito produttivo in argomento. Tale sottogruppo ha elaborato un primo documento di analisi nel quale sono state prioritariamente vagliate le proposte dirette alla riconversione dello stabilimento in sito di produzione, ricerca, sviluppo di vetture elettriche e stazioni di rifornimento.
Tale documento verrà sottoposto, nei prossimi giorni, all'attenzione del plenum del tavolo nazionale di crisi, insediato presso il Ministero dello sviluppo economico con le parti sociali e le amministrazioni interessate.
Faccio inoltre presente che, dallo scorso giugno ad oggi, l'azienda, cogliendo tutte le opportunità di ricollocazione dei lavoratori in CIGS che si sono create all'interno del gruppo FIAT, ha rioccupato 109 lavoratori; ulteriori 24, rassegnando le proprie dimissioni dall'azienda, hanno ricercato soluzioni autonome ed esterne al gruppo.
In conclusione, mi sembra opportuno ribadire che il Governo, con il decreto-legge n. 78 del 2009, ha previsto una detassazione del 50 per cento degli utili reinvestiti nell'acquisto di nuovi macchinari, tra cui rientrano anche le macchine agricole e per il movimento terra.
Informo, infine, che le parti sociali, in considerazione della complessità dei problemi da affrontare, hanno richiesto, lo scorso 7 aprile, un incontro presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali; tale incontro sarà convocato ed in quella sede, come già previsto nel ricordato accordo del 9 giugno, potranno essere affrontate le complesse tematiche all'attenzione, con la finalità di individuare ogni possibile soluzione idonea a risolvere le vicende occupazionali.

PRESIDENTE. L'onorevole Marchignoli ha facoltà di replicare.

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MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, non posso dichiarare la mia soddisfazione, perché non mi è stata data una risposta chiara riguardo a quale soluzione industriale si stia pensando e se vi sia.
Se non ho capito male, in una riunione di sottogruppo, si è ipotizzato di individuare un filone di produzione che riguardi le vetture elettriche e le strutture di rifornimento. Lo si faccia. Ma quando? Io mi aspetto, se non altro, delle date. Il 7 aprile è stato chiesto un incontro: bene! Mi si dice: nei prossimi giorni. Io voglio sapere quando. Soprattutto le parti sociali, le istituzioni locali e i lavoratori vogliono sapere quando.
Dunque, venga convocato subito questo incontro e non si vada, per cortesia, a raccontare ciò che già sappiamo - ossia, la crisi del settore, l'impegno dell'azienda a mantenere la produzione di macchine per il movimento terra in Italia, ripeto in Italia, con il superamento di alcune eccedenze - perché il mio dubbio è il seguente: non è che si sono individuate le eccedenze di Imola e quindi si vuole mantenere in Italia questa produzione, tagliando ed individuando a Imola le eccedenze? Così non ci starebbe bene.
Pertanto, unitamente a questo, noi vogliamo che vengano convocati questi incontri, con date certe e immediate, e che in questi incontri si discutano e si individuino le strade industriali per continuare a produrre beni, ricchezza e quindi lavoro, nonché per dare serenità a quei lavoratori ed anche per scongiurare il rischio di un impatto sociale che, fuori da una città e in un territorio forte come quello della città di Imola e dell'Emilia Romagna, avrebbe ricadute molto negative poiché la crisi del nostro Paese ha investito in maniera pesante anche le zone più forti.
Pertanto, signor sottosegretario, la ringrazio per la sua disponibilità: l'ho ascoltata attentamente, ma attendo da lei e dal Governo che vengano convocati tavoli tecnici e che il Governo si assuma impegni vincolanti sul piano politico.

(Problematiche relative alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di protezione civile - n. 2-00647)

PRESIDENTE. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di illustrare la sua interpellanza n. 2-00647, concernente problematiche relative alle ordinanze del Presidente del Consiglio dei ministri in materia di protezione civile (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti).

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, non sarò molto lungo perché il testo dell'interpellanza urgente è ampio e, credo, motivato.
Ciò ha consentito al Governo di farsi un'idea delle cose che vogliamo conoscere attraverso questo strumento. Devo anche ringraziare il dottor Bertolaso che ha voluto essere presente; abbiamo rinviato per questa ragione di alcune settimane, ma riflettendo ora sul rinvio devo dire che essere sfuggiti all'attualità di un mese, o un mese e mezzo fa, e parlare ora di questo argomento in una situazione più tranquilla e più fredda, aiuta (almeno me) a capire meglio lo stato delle cose.
Devo dire che come Partito Democratico stiamo raccogliendo molti materiali su questo argomento che interessa la Commissione ambiente, per una parte, e la Commissione affari costituzionali per altri profili. Infatti, credo che ci sia proprio bisogno - questo chiediamo al Governo con la nostra interpellanza urgente - di ulteriori elementi e di conoscere meglio una realtà che, per le sue caratteristiche, tende a sfuggire a questo tipo di controllo.
Le considerazioni che faccio sono soltanto queste: il fenomeno delle ordinanze di necessità ed urgenza, riconducibile ad una legge del 1992, la n. 225, nasce per una fisionomia di situazioni molto precise come le catastrofi e le vicende naturali emergenziali per natura. A partire da quella data e da quel tipo di prima tipologia c'è stata una estensione smisurata.
L'estensione smisurata naturalmente di per sé si potrebbe dire che sia logica per il fatto che sono aumentate le catastrofi e Pag. 40le vicende naturali che richiedono questo tipo di intervento, ma il censimento di questo tipo di interventi è di per sé preoccupante. Magari sbagliando, sto monitorando tutti i fenomeni di intervento normativo del Governo o, per così dire, «paralleli».
Con riferimento alle ordinanze ho aggiornato i dati: dalle 602 citate nell'interpellanza, oggi siamo in grado di contarne 647. Nel 2010 ce ne sono 25, che si sommano alle 108 del 2009 e alle 87 del 2008, per cui sono state emanate 191 ordinanze in poco più di due anni di legislatura.
Queste ordinanze sono strumenti di intervento che non sono solo provvedimenti, ma delle vere regole, delle vere norme, ossia provvedimenti normativi che addirittura poi vengono modificati. Il caso dei mondiali di nuoto è noto a tutti: l'ordinanza che aveva governato quel grande evento è stata successivamente modificata perché si è voluta correggere la portata normativa di quegli impianti, limitandoli non solo alla categoria di quelli pubblici, ma anche a quelli di privati. Quello che è successo intorno ai mondiali di nuoto fa parte delle cronache giornalistiche.
Si tratta, dunque, dell'espansione di un fenomeno normativo nuovo - perché devo dire interessa gli ultimi anni - che è assimilabile, per portata e capacità di incidere, ai decreti-legge. Hanno sostanzialmente, però, una caratteristica nuova, cioè sono emanate spesso in deroga a qualsiasi norma precedente - e cosa vuol dire operare in deroga a qualsiasi norma precedente lo capiamo bene - e sono stati ultimamente anche spogliati dei controlli preventivi della Corte dei conti.
Segnalo - certamente, il dottor Bertolaso lo sa - che la Corte dei conti, sezione centrale di controllo e legittimità degli atti del Governo, nell'adunanza del 4 marzo 2010 (non la sto a citare) a un certo punto critica violentemente questa sottrazione dei poteri di controllo, e addirittura adombra che la norma che gli ha sottratto questo controllo possa essere in contrasto con l'articolo 100, secondo comma, della Costituzione. La questione, quindi, mi pare di grande portata.
Tuttavia, voglio dire che quello che conta è che ci troviamo dinanzi ad una quantità enorme di provvedimenti sostanzialmente normativi, in deroga a qualsiasi legge e privi di controllo. Questa è un'arma delicatissima che in alcuni casi appare giustificata e giustificabile, come nel caso classico dei terremoti (nessuno discute di questo), ma che sostanzialmente mette in crisi il principio di legalità.
Riflettiamo su questo dato: queste ordinanze e questo sistema generano una serie di figure che sono i commissari straordinari. Ho fatto fare un'indagine al Servizio studi. Ormai non sappiamo neanche esattamente il numero (che è difficile da calcolare e questa, infatti, è una richiesta che viene fatta nell'interpellanza) e le tipologie dei commissari straordinari: ce ne sono ben 15 tipologie. Devo soltanto, come titoli, citarli: commissario sblocca-cantieri, commissario per le opere strategiche, commissario per le opere industriali, commissario per la protezione civile (che fa certamente la parte principale), commissario per la velocizzazione delle procedure esecutive dei progetti facenti parte del quadro strategico nazionale, commissario per il piano carceri, commissario per le reti di energia, commissario per il rischio idrogeologico, commissario per il coordinamento delle iniziative antiracket, commissario per la gestione del piano di rientro di Roma capitale, commissario per le quote latte, commissario per Gioia Tauro, commissario per la gestione e destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, commissario per l'Expo di Milano, commissario per il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
Questi commissari, che poi talvolta partoriscono dei subcommissari dotati pure essi del potere di emanare le ordinanze del tipo sopra menzionate, non sono neanche nominati, come prevede la legge n. 400 del 1988, con una procedura particolare che ne garantisce la pubblicità e una certa regola. Infatti, con il recente decreto-legge, Pag. 41quello sulle isole minori, mi pare noto come «salva Alcoa» si prevede che, al fine di garantire una più celere definizione del procedimento di nomina, ai predetti commissari non si applicano le previsioni della legge n. 400 del 1988.
Secondo me si può rilevare: una deroga al principio di legalità; una mancanza di controlli (la Corte dei conti è stata esclusa); una mancanza della pubblicità degli atti adottati dai commissari, cioè in alcuni casi è stata addirittura sottratta la possibilità che il Parlamento conosca queste cose. Le domande, quindi, che noi facciamo sono essenziali per fare mente locale e per capire. È inutile che il Governo abbia 63 componenti e si vanti di essere un Esecutivo snello se poi ha un'ottantina di commissari (mi sto riferendo ad una cifra che il Sole 24 Ore ha citato): la somma di 60 e 80 è 140. Però, i commissari sono molto più forti. Scherzando, me lo consenta signor sottosegretario, un giorno dicevo che in questo Governo ci sono il Presente del Consiglio, il Ministro dell'economia e poi c'è lei come tipo di forza e di peso. Lei siede nel banco inferiore, ma in realtà dovrebbe sedere due banchi sopra.
Questo è l'elemento che il Parlamento non può ignorare: quanti siano e quali siano i commissari. Poi chiediamo anche le retribuzioni, ma questo non è così essenziale: se lei le ha, ce le dia, ma insomma non è questo il punto. Chiediamo soprattutto che il Parlamento abbia una relazione periodica da questi commissari che hanno questi poteri così straordinari e che si riconduca al circolo democratico l'esistenza di questi soggetti che, in alcuni casi, sono preziosissimi e indispensabili come abbiamo potuto personalmente apprezzare, ma in altri casi sembra che vivendo nell'ombra abbiano troppi vantaggi e pochi controlli.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, ha facoltà di rispondere.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, ringrazio davvero l'onorevole Zaccaria e gli altri onorevoli che hanno firmato questa interpellanza perché mi danno la possibilità ancora una volta di esporre quanto segue. Mi auguro che questa volta, trattandosi del massimo luogo istituzionale, quantomeno rimanga agli atti ciò che dico e che poi eventualmente sia oggetto anche di un dibattito più articolato e affollato rispetto a quello attuale.
Credo che sia necessario prendere un po' di tempo nella descrizione degli aspetti giuridici e anche dell'iter dello sviluppo della problematica e del sistema della Protezione civile, a partire dalla citata legge 24 febbraio 1992, n. 225. Questa disposizione, oltre ad individuare le fondamentali finalità del servizio nazionale, attribuisce al Presidente del Consiglio la funzione di Protezione civile e per il perseguimento delle finalità di salvaguardia della popolazione, dell'ambiente e dei beni ha istituito un peculiare assetto ordinamentale che, in seguito a delibera del Consiglio dei ministri del provvedimento di dichiarazione dello stato di emergenza o dello stato di grande evento, che costituisce la prima operazione indispensabile, consente allo stesso Presidente di emanare speciali ordinanze derogatorie dell'ordinamento giuridico vigente e di istituire altrettanto eccezionali e peculiari assetti organizzativi anche facenti capo a specifici commissari delegati.
Dalla lettura del combinato disposto degli articoli 1, 2 e 5 della legge citata n. 225, recanti l'istituzione del servizio nazionale di Protezione civile, la tipologia degli interventi e i diversi ambiti di competenza, si evince che il Presidente del Consiglio può individuare un commissario delegato al quale attribuire la titolarità di taluni interventi, effettuando nello stesso momento una ripartizione delle competenze per la risoluzione del contesto di riferimento, che è una ripartizione anche di carattere straordinario. Il Presidente attribuisce - non quindi il capo della Protezione civile - a soggetti appositamente individuati in virtù di un rapporto di natura fiduciaria la soluzione dell'emergenza Pag. 42in tempi predefiniti, nella prospettiva della successione e sostituzione delle competenze in capo agli enti ordinariamente preposti alla cura dei vari interessi.
È in tale contesto che bisogna collocare la lettura della vigente normativa di Protezione civile, la citata legge n. 225 e il decreto-legge n. 343 del 2001 che è stato convertito con la legge n. 401 del 2001, contenenti disposizioni che hanno ridisciplinato le competenze a livello centrale: Presidenza del Consiglio, Ministro dell'interno, Dipartimento e commissioni nazionali.
Non entro nel merito, come ha detto giustamente l'onorevole Zaccaria, di argomenti che alcuni mesi fa sono stati di grande attualità. Mi riferisco in particolare alla tematica che è stata oggetto di una forte polemica politica relativamente all'ipotetica privatizzazione della Protezione civile che si sarebbe voluta fare con il recente decreto-legge che ha di fatto chiuso l'emergenza rifiuti in Campania e ha trasferito le competenze della gestione del post emergenza in Abruzzo. Sul punto mi limito a ricordare che prima del settembre del 2001 quello che si prevedeva era la costituzione di un'Agenzia di Protezione civile, quella sì anticamera di una privatizzazione di tutto il sistema.
Ritornando all'argomento, l'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge n. 225 individua la tipologia degli eventi al verificarsi dei quali, come ho detto, il Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio delibera lo stato di emergenza. L'articolo 5 della legge n. 225, ai commi 1 e 2, fa esplicito riferimento alle calamità naturali, alle catastrofi o ad altri eventi. Per tali fattispecie è possibile, ricorrendone i presupposti, addivenire alla deliberazione di stato di emergenza e alle successive emanazioni delle ordinanze che sono oggetto dell'interpellanza. Il legislatore al successivo comma 3 dell'articolo 5 della legge n. 225, nell'ambito della disciplina di emergenza non prevedendo la necessità del ricorso alla deliberazione dello stato di emergenza e ai conseguenti mezzi e poteri straordinari, come testualmente riferito invece dal comma 2, ha anche determinato che il Presidente del Consiglio possa emanare ordinanze finalizzate ad evitare situazioni di pericolo o maggiori danni a persone e cose, ovvero che possa fare ricorso all'emanazione di ordinanze che non prevedono le deroghe.
Quindi abbiamo due fattispecie di ordinanze: quelle emanate ai sensi dei commi 1 e 2 dell'articolo 5, che presuppongono la dichiarazione dello stato di emergenza e hanno possibilità derogatoria, e quelle relative al comma 3, sempre dello stesso articolo 5, che invece non prevedono alcuna deroga alla normativa vigente. Dunque, fare di tutta l'erba un fascio e dire che tutte le ordinanze hanno possibilità di derogare come vedremo, non a tutte le leggi, non è opportuno perché ciò accade solo per alcune tipologie di ordinanze e credo che questo sia un altro aspetto utile per fare chiarezza.
Le ordinanze, comunque, emanate principalmente per garantire il progressivo rientro in situazioni ordinarie da una pregressa emergenza, hanno la funzione di consentire, senza derogare alla normativa vigente, la conclusione degli interventi affidati al commissario delegato ed il progressivo affiancamento degli enti locali nella riacquisizione delle rispettive competenze. Tali ordinanze, intendo quelle che riguardano il comma 3, quindi quelle non derogatorie, che pure, come dicevo, sono inserite nell'elenco, posseggono una diversa valenza rispetto a quelle più propriamente derogatorie.
Nella riorganizzazione della materia della Protezione civile nell'ambito della cosiddetta riforma Bassanini, avviata con l'emanazione del famoso decreto legislativo n. 112 del 1998, recante il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, potenziato dalla riforma del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001, il legislatore, ripristinando il Dipartimento della protezione civile con l'emanazione del citato decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, ha dettagliatamente delineato il quadro normativo di riferimento del Servizio nazionale di protezione civile. Pag. 43
L'inserimento dell'articolo 5-bis, ad opera della legge n. 401 del 2001, che ha convertito in legge il decreto-legge n. 343, nel ridefinire ed ampliare le competenze del Dipartimento, ha enucleato una volta per tutte il principio già esistente nella normativa vigente, ovverosia che la disciplina afferente agli eventi calamitosi si applica anche ai cosiddetti «grandi eventi» essendo questi ultimi una partizione della categoria residuale degli altri eventi che ho citato prima già previsti nell'articolo 2 della legge n. 225 del 1992.
Vorrei anche rammentare, Presidente, che questo articolo 5-bis è stato introdotto dal Parlamento in sede di conversione del decreto-legge n. 343 del 2001 e non dal Consiglio dei ministri, precisamente dalla Commissione di merito del Senato con l'emendamento 5.0.100 approvato in Assemblea nella seduta n. 51 del 16 ottobre 2001.
La motivazione che ha ispirato il legislatore a determinare tale assimilazione è stata quella di garantire la sicurezza nel senso più ampio del termine in relazione a tutti quegli eventi che possono mettere in crisi il sistema civile. È anche opportuno precisare che dal 2001 l'attribuzione della competenza di Protezione civile è stata esercitata dal Presidente del Consiglio e non è mai stata delegata al Ministro dell'interno, se non in una prima fase per quello che riguardava la tematica della gestione della parte emergenziale.
Non va dimenticato, comunque, che il Dipartimento aveva già svolto questa funzione di gestione di eventuali grandi eventi sin dalla sua istituzione, ovvero dal 1992, acquisendo nel corso del tempo una buona esperienza sia nell'ambito della gestione delle emergenze nazionali ed internazionali, sia nell'ambito dell'attività di previsione e prevenzione. A questo proposito rammento il contributo fornito dal Dipartimento e dalle strutture operative del Servizio nazionale di protezione civile in alcune occasioni, quali il raduno dei Giovani d'Europa alla presenza del Santo Padre, svoltosi a Loreto nel 1996 e altre visite svolte del Santo Padre in situazioni emergenziali o di carattere religioso che hanno riguardato gli anni successivi. Sono agli atti le dichiarazioni del mio predecessore che confermano quello che sto affermando.
Un grande evento, nonostante l'attivazione di un'adeguata pianificazione in grado di assicurare, per quanto possibile, condizioni di adeguata tutela della pubblica e privata incolumità, costituisce comunque una situazione straordinaria, potenzialmente in grado di generare stravolgimenti nel sistema ordinario con la probabilità di accrescere i rischi connessi allo svolgimento della vita di relazione che, in tali occasioni, possono essere solo parzialmente prevedibili e prevenibili.
Da queste considerazioni e in un contesto di continuità logica, come è noto a tutti, è conseguita la scelta legislativa di attribuire al Dipartimento della Protezione civile anche il coordinamento dei grandi eventi.
In sostanza, anche in questo caso l'istituto dell'ordinanza consente il ricorso a procedure più celeri, con maggiore capacità incisiva, indispensabili in questo genere di situazioni, come mi pare si sia visto nelle varie situazioni che abbiamo dovuto affrontare, da ultime i funerali del Papa Giovanni Paolo II e le tante manifestazioni di carattere internazionale che hanno interessato il nostro Paese.
Queste situazioni sono comunque soggette ai controlli previsti dall'ordinamento sulle attività poste in essere in applicazione delle stesse. Del resto, gli interessi in gioco alla presenza di grandi eventi giustificano e legittimano il ricorso all'esercizio di poteri straordinari.
Non è, invece, assolutamente vero che le ordinanze possono derogare indiscriminatamente all'intero ordinamento giuridico. È vero, piuttosto, che deve sempre essere assicurato il rispetto dei principi costituzionali e della normativa di derivazione comunitaria.
Infatti, nell'ottobre del 2004 una direttiva del Presidente del Consiglio impone l'assoluto rispetto della normativa comunitaria per l'aggiudicazione degli appalti pubblici occorrenti alla realizzazione dei grandi eventi. Nel momento in cui fu Pag. 44presentato un ricorso alla Commissione europea con riferimento agli appalti per l'affidamento dei lavori nell'ambito del territorio dell'isola de La Maddalena e per l'organizzazione dei grandi eventi, la Commissione debitamente aprì un procedimento a seguito di questa denuncia e, successivamente, lo concluse, riconoscendo che era stata rispettata la normativa europea.
La deroga, quindi, consiste unicamente nell'accelerazione delle procedure di approvazione degli interventi e di verifica della loro compatibilità ambientale. Si tratta di un modello che fino ad oggi ha consentito di realizzare traguardi molto rilevanti e che è stato in qualche modo imitato in altri settori dell'ordinamento pubblico, per la velocizzazione dell'infrastrutturazione nel nostro Paese. Nel primo documento che chiedo di depositare presso la Presidenza, comunque, sono contenute le dichiarazioni di grande evento che hanno avuto luogo dal 2001 fino ad oggi.
In merito, poi, al problema del meccanismo dei controlli apprestati dall'ordinamento per le ordinanze di protezione civile, nonché al controllo preventivo della Corte dei conti, mi sembra utile evidenziare che, anche alla luce di quanto ho riferito, discende che le ordinanze emanate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge n. 225 del 1992 ed attinenti ad eventi calamitosi, non costituiscono una fattispecie distinta rispetto a quelle che riguardano i grandi eventi, di cui all'articolo 5-bis introdotto dalla legge n. 401 del 2001 che ho citato prima. Secondo, infatti, quanto disposto dalla norma di interpretazione autentica, cui ha anche fatto riferimento il presidente Zaccaria, recata dall'articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, convertito dalla legge n. 123 del 2008, non si applica l'articolo 3 della legge n. 20 del 1994, concernente le disposizioni in materia di controllo preventivo della Corte dei conti. Il visto preventivo di legittimità non appare, del resto, compatibile con i caratteri di urgenza che contraddistinguono gli interventi annoverati nell'ambito della protezione civile.
Inoltre, ricordo che l'articolo 14 menzionato costituisce una norma di pari rango rispetto alla legge n. 20 del 1994, che indica gli atti sottoponibili al controllo preventivo della Corte dei conti. Quest'ultima norma di interpretazione autentica era, del resto, coerente con l'indirizzo interpretativo consolidato dalla competente sezione del controllo della Corte dei conti, che in più occasioni aveva ribadito la non sottoponibilità al controllo degli atti emanati ai sensi dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992. Nella relazione che chiedo di depositare presso la Presidenza sono contenuti anche i riferimenti alle affermazioni che sto facendo.
È anche utile, al riguardo, rammentare la sentenza del Consiglio di Stato n. 2361 del 2000, nella quale, in merito alla natura della deliberazione ai sensi del più volte citato articolo 5, comma 1, della legge n. 225 del 1992, si afferma che tale deliberazione implica l'esercizio di una amplissima potestà discrezionale, che trova un limite nella sussistenza dei presupposti di legge, nella ragionevolezza della deliberazione, oltre che, evidentemente, nell'impossibilità di fronteggiare altrimenti tale situazione. Al riguardo, il Consiglio di Stato osserva che proprio la lettera c) del comma 1 dell'articolo 2 della legge n. 225 del 1992 prevede, come tipologia di eventi ai quali si ricollega la predetta normativa, altri eventi - oltre le calamità naturali e le catastrofi - che, per intensità ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. Il legislatore, pertanto, si è basato su un criterio oggettivo, ossia l'esistenza di una situazione che necessita di interventi straordinari, indipendentemente dalla causa che l'ha determinata.
Per quanto riguarda, poi, l'attività dei commissari delegati, premesso che il comma 4 del sempre citato articolo 5 pone delle indicazioni precise circa il contenuto della delega dell'incarico e i tempi e le modalità del suo esercizio, ricordo che essa è sottoposta ad un attento lavoro di monitoraggio e verifica da parte del Dipartimento della protezione civile, che ha istituito, nel corso del tempo, i comitati di Pag. 45rientro nell'ordinario, che sono previsti da un'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri. Questi comitati esplicano la propria attività consentendo di acquisire un'informazione costante sulle attività compiute dai commissari. Attualmente, a fronte delle emergenze in atto e dei Grandi eventi, sono operativi 23 comitati di rientro nell'ordinario.
Per quanto riguarda la rendicontazione delle spese, l'articolo 5, comma 5-bis, della legge n. 225 del 1992 prevede che i commissari delegati rendicontino, entro il quarantesimo giorno dalla chiusura di ciascun esercizio o al termine della gestione o del loro incarico, le entrate e le spese riguardanti l'intervento per il quale hanno avuto la delega. I rendiconti, corredati dalla documentazione giustificativa, devono essere trasmessi al Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento della ragioneria generale dello Stato, alle ragionerie territoriali e all'Ufficio di bilancio e ragioneria della Presidenza del Consiglio dei ministri.
È anche opportuno precisare che l'attività e la gestione dei commissari delegati, nominati con ordinanze di protezione civile e, nella gran parte dei casi, come vedremo, esterni al Dipartimento della protezione civile, oltre ad essere sottoposta al controllo successivo delle competenti ragionerie territoriali dello Stato, assoggettate sempre al comma 5-bis dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992, sono assoggettate anche a verifiche ispettive, che vengono attivate dal Dipartimento della protezione civile ai sensi e per gli effetti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 gennaio 1993, n. 51.
È per questo che il Dipartimento, per assicurare un rigoroso controllo delle gestioni commissariali attraverso le verifiche ispettive, ha stipulato dal febbraio 2003 un protocollo di intesa, tuttora vigente, con l'Ispettorato generale di finanza del Ministero dell'economia e delle finanze, che esegue le verifiche ispettive sulla base di una programmazione annuale. Le verifiche straordinarie vengono effettuate, pertanto, in modo indipendente e autonomo dagli ispettori di finanza pubblica su richiesta del Dipartimento, grazie al protocollo di intesa che ho citato, e sono mediamente 20-25 verifiche ispettive l'anno nell'ambito degli interventi che rappresentano l'importante attività dei commissari, quelli più significativi.
Non lo ha mai detto nessuno, ma l'ispettore di finanza pubblica Monsurrò fu quello che poté con esattezza verificare lo stato dell'arte dell'attività del commissario di Governo per la gestione dell'emergenza rifiuti; dalla sua relazione vennero fuori tutte quelle indicazioni e fotografie di debiti e di altre attività che erano state portate avanti nel corso degli anni nell'ambito di quella emergenza per la soluzione del problema dei rifiuti in Campania. Per quella relazione il Governo fu costretto allora - non era il Governo di oggi - a nominare un commissario nuovo e ad adottare provvedimenti successivi.
Nel 2009 abbiamo richiesto all'Ispettorato generale di finanza 25 ispezioni, anche relative alla gestione dei grandi eventi. Tra queste ispezioni vi è stata quella all'attività dei Mondiali di nuoto e anche all'attività relativa ai Giochi del Mediterraneo, che sono state attivate in tempi non sospetti, nell'ottobre del 2009, e le risultanze sono state recentemente consegnate agli indirizzi che ho citato prima, oltre che al Dipartimento, che, ovviamente, sta adottando gli opportuni atti e provvedimenti.
Inoltre, segnalo, come dicevo, che i rilievi riscontrati eventualmente dagli ispettori all'esito di queste verifiche ispettive, dove evidenziano irregolarità penali, amministrative e contabili, sono stati trasmessi alla procura della Repubblica e/o alla Corte dei conti, anche ai fini del recupero delle somme indebitamente erogate dai commissari delegati.
Relativamente, poi, alla considerazione formulata circa la mancanza di un idoneo monitoraggio sulle iniziative assunte dai commissari e l'asserita non compatibilità, cui faceva riferimento il presidente Zaccaria, con le previsioni dell'articolo 11 della legge n. 400 del 1988, che andrebbe ad alterare pericolosamente la struttura del Governo prevista dalla Costituzione e dalla stessa legge del 1988, ritengo opportuno Pag. 46specificare che tale legge fa riferimento a una tipologia di commissario definito straordinario che è radicalmente diversa, nominato al fine di realizzare specifici obiettivi o per particolari e temporanee esigenze di coordinamento operativo tra amministrazioni statali. È una figura radicalmente diversa da quella figura di commissario istituito dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, per l'attuazione degli interventi connessi ad eventi calamitosi e ad eventi di diversa natura.
Riguardo alla richiesta di elementi sui commissari delegati in carica e sui loro compensi, come potrete vedere dalle tabelle allegate, alla documentazione attualmente i commissari delegati sono ottantuno: ventisette nominati per fronteggiare emergenze alluvionali ed idrogeologiche, sette per quelle sismiche e vulcaniche, venticinque per quelle cosiddette socio-economico-ambientali, sette per quelle relative a problemi di traffico nelle città più importanti del nostro Paese, due per la sicurezza delle grandi dighe, sei per l'immigrazione, due per la salvaguardia delle aree archeologiche, cinque per grandi eventi. Come ho detto, l'elenco dei nominativi è allegato alla mia relazione.
L'attività prestata nella maggior parte dei casi non viene in alcun modo retribuita. In particolare, non si dà luogo a compensi quando le responsabilità commissariali vengono attribuite a figure istituzionali e di rappresentanza politica. Nei casi in cui le responsabilità commissariali siano attribuite a funzionari pubblici, talvolta in ragione della particolare complessità dell'incarico nonché della distinzione delle funzioni commissariali dal proprio ordinario profilo di competenza, si può dar luogo all'attribuzione di un compenso mediante, comunque, una previsione che è contenuta nelle ordinanze che vengono firmate dal Presidente del Consiglio.
Riguardo poi all'altra questione, dell'asserito incremento del numero delle ordinanze emanate dal 2001 ad oggi, fornisco solo alcuni dati di sintesi, anch'essi allegati alla documentazione che depositerò. Dal 1995 al 2001 incluso sono state adottate 774 ordinanze, con una media di 110 ordinanze all'anno. Dal 2002 al 2008, nonostante siano intervenuti ampliamenti della competenza del Dipartimento per effetto della legge n. 401 del 2001, sono state adottate complessivamente 667 ordinanze, con una media di 83 ordinanze l'anno, ed una riduzione del dato medio che è poco più del 30 per cento. Francamente, quindi, non vedo dove sia questo enorme incremento delle ordinanze nel corso degli ultimi anni, posto che vi è invece un decremento. È ovvio che mi sto pienamente assumendo la responsabilità di quanto dico e dei documenti che consegno. Questi numeri fanno giustizia delle imprecise affermazioni al riguardo riportate da molti quotidiani, evidentemente poco informati e poco interessati ad acquisire elementi che si possono facilmente desumere andando semplicemente a consultare le Gazzette Ufficiali della Repubblica italiana.
Ricordo che nel numero delle ordinanze sopra riportato sono inserite quelle emanate in occasione di grandi emergenze: il sisma che ha colpito Marche ed Umbria nel 1997, il terremoto che ha colpito il Molise e la provincia di Foggia nel 2002, e quello da ultimo verificatosi il 6 aprile dell'anno scorso che ha colpito la regione Abruzzo, nonché le tante emergenze socio-ambientali di cui l'emergenza rifiuti in Campania è solo la punta dell'iceberg. In proposito, rammento che per fronteggiare i gravissimi eventi appena richiamati ed in ragione dell'assoluta urgenza di procedere alla realizzazione di tutte le iniziative, è stato anche adottato con sollecitudine l'impianto normativo che prevede l'emanazione di diversi decreti-legge, che sono stati poi integrati da ordinanze della Presidenza del Consiglio dei ministri.
D'altra parte, sintetizzando l'ultimo punto, mi pare che sia inevitabile prendere atto del fatto che nel corso di questi ultimi due o tre anni non vi è stato praticamente mese durante il quale non sia accaduto qualche fenomeno calamitoso. Si parla del terremoto dell'Abruzzo: si rischia di dimenticare l'incidente ferroviario di Viareggio e la tragedia che ha colpito la provincia di Messina, a Giampilieri in particolare, Pag. 47lo scorso mese di ottobre, per citare solo i tre avvenimenti più drammatici; per non andare a parlare delle altre situazioni meno drammatiche, per le quali però spesso occorre adottare più di un'ordinanza di Protezione civile per rispondere alle richieste e alle esigenze che vengono formulate dalle autorità locali.
Per quello che riguarda la richiesta di trasparenza in merito alla gestione delle risorse e della attività di competenza del Dipartimento, ricordo che tali gestioni sono state in grande prevalenza governate - come dicevo - con ordinanze e quindi atti pubblici accessibili. In occasione di specifici contesti abbiamo adottato anche altre forme di pubblicità, come nei casi dell'intervento nello Sri Lanka e delle attività connesse con il semestre europeo.
Al fine di assicurare la massima trasparenza a tutte le attività di competenza del Dipartimento, il Governo soprattutto non ha esitato ad accogliere l'ordine del giorno G.17.102, firmato dai presidenti dei gruppi parlamentari del Senato riferiti alle medesime forze politiche alle quali appartengono gli onorevoli deputati interpellanti, che prevede la pubblicizzazione, tramite il sito Internet, di ogni informazione utile in proposito. Stiamo - confermo - predisponendo quegli aspetti tecnici che possano garantirci i supporti informatici per provvedere entro breve anche al rispetto di quanto approvato con quell'ordine del giorno.
Riguardo alle periodiche relazioni al Parlamento circa le gestioni commissariali, nel condividere la determinazione a svolgere la funzione anche di controllo, mi preme rammentare che in occasione delle grandi emergenze il Governo ha sempre osservato questo obbligo di invio di relazioni in merito allo svolgimento delle attività dei commissari delegati per il superamento dell'emergenza (non più tardi di alcune settimane fa ho trasmesso ai Presidenti di Camera e Senato il rapporto finale e il consuntivo della gestione emergenziale dei dieci mesi che mi hanno riguardato come commissario per l'emergenza del terremoto dell'Abruzzo).
Delle dichiarazioni di grande evento potrete prendere atto di quante sono state, di quali sono state e di quando sono state adottate dai Governi che si sono succeduti nel corso di questi ultimi anni. Potrete prendere atto di come, a fronte di 81 commissari delegati, la maggioranza dei commissari delegati sono i presidenti delle regioni, gli assessori regionali o funzionari regionali designati appositamente dai presidenti delle regioni. D'altra parte, ai sensi del decreto legislativo n. 112 del 1998, sapete benissimo che non vi è ordinanza di Protezione civile o che riguardi i grandi eventi che non venga adottata d'intesa con la regione o con la provincia autonoma interessata; se non vi fosse l'intesa, con un semplice ricorso al TAR l'ordinanza sarebbe immediatamente bloccata, sospesa o annullata.
Abbiamo poi anche quindici prefetti che sono commissari, cinque sindaci e vi sono poi alcuni funzionari dello Stato di diversi Ministeri che hanno assunto questo ruolo, sempre d'intesa o addirittura su indicazione delle regioni interessate. Viene poi depositato l'elenco del totale delle ordinanze con il numero progressivo dell'ordinanza di riferimento dal 1992 fino al 2010, divise per ordinanze che riguardano le emergenze e ordinanze che riguardano invece la dichiarazione di grande evento. Spero di essere stato esaustivo. Grazie, signor Presidente.

PRESIDENTE. Grazie, signor sottosegretario. L'onorevole Zaccaria ha facoltà di replicare.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, le rispondo senza difficoltà che sono parzialmente soddisfatto o - se si vuole vedere la cosa da un altro lato - parzialmente insoddisfatto. Le dico subito il perché, dal momento che naturalmente apprezzo - come d'altra parte ho ricordato all'inizio - il fatto che lei sia venuto a rendere queste comunicazioni e questa risposta ad una interpellanza cui noi attribuiamo una grande importanza ed un grande rilievo. Ho già detto che l'intenzione è quella di utilizzare tutti questi dati Pag. 48nel quadro di una ricognizione approfondita di questo fenomeno, che naturalmente lei ha descritto nella prima parte con una larga quantità di citazioni normative che non ci sfuggivano, ma che lei ovviamente ha fatto bene, dal suo punto di vista, a ribadire.
È chiaro che esistono diversi tipi di ordinanze: vi sono quelle in deroga e quelle che non sono in deroga (e si dice che anche quelle che sono in deroga a tutto devono comunque rispettare i principi costituzionali e le norme comunitarie).
Ma esistono nell'ordinamento molte norme - parlo di quelle in materia ambientale - che naturalmente spesso sono derogate con giustificazioni che non appaiono convincenti e che, comunque, in presenza di questi soli parametri generalissimi (Costituzione e norme comunitarie), rendono molto difficile il controllo successivo dell'autorità giudiziaria. È vero che ciò rimane valido in linea di principio, ma è difficile controllare un atto come le ordinanze, che recentemente hanno assunto sempre meno la caratteristica di atti e sono diventate norme (cito ancora il caso di Roma, dove praticamente l'atto è stato corretto successivamente con una norma retroattiva). Si tratta di atti che sostanzialmente sfuggono al Parlamento.
Sul tema della Corte dei conti diciamo la verità: si può amare o non amare la Corte dei conti, tuttavia nella Costituzione è previsto che essa deve controllare certe attività. Nulla toglie che questa attività non possano essere controllate con maggiore rapidità, quando si è in presenza di situazioni che hanno carattere di urgenza o addirittura di emergenza come è stato dichiarato. Capisco benissimo che non si possano aspettare questi controlli per tre mesi o per un tempo incalcolabile, però, poiché la Corte dice che per far entrare i grandi eventi nella competenza della Protezione civile gli stessi devono appartenere al più ampio genere costituito dalle situazioni di grave pericolo, tuttora, pensando alla Vuitton Cup, mi domando dove sia la situazione di grave pericolo. Ci rendiamo conto dunque che stiamo costruendo un sistema che va su due linee divergenti.
Lei ha ricordato i meccanismi ispettivi interni della Protezione civile e ci ha detto: ove evidenzino irregolarità o addirittura infrazioni penali, vengono comunicati questi risultati alle autorità di competenza. Dottor Bertolaso, le domando: quale soggetto dell'amministrazione può permettersi il lusso di dire «decido io», sia pure con la responsabilità individuale, di cui non ho ragione di dubitare? Quali sono gli atti che vanno sottoposti ad ulteriori accertamenti di soggetti esterni?
Per la verità, credo che in questo modo si configuri una sorta di giustizia domestica, per cui praticamente io giudico se c'è il rilievo penale e, se ritengo ci sia, attivo le responsabilità conseguenti. Ma questo non avviene per tutti gli altri soggetti. Qui si ha realmente la sensazione di quello che noi, con una espressione un po' sintetica, indichiamo come Stato parallelo, ovvero amministrazione parallela.
Lei ci ha fornito alcune notizie (altre certamente sono elencate in quegli allegati): vi sono 81 commissari delegati. Lo so che ci sono i rientri e i comitati che stabiliscono quando si conclude un'operazione. Tutto questo è chiaro, però ripeto: lei ha risposto alla parte relativa ai commissari, alla loro tipologia, alla loro retribuzione (almeno ai criteri che presiedono questa materia), ma la seconda parte della domanda è come il Parlamento conosca tutta questa realtà (salvo il fatto che oggi che lei sia venuto e naturalmente ha fornito ampie risposte). Come viene ricondotta al Parlamento?
Lei afferma che gli atti non li fate voi, ma il Presidente del Consiglio: questo è ineccepibile, ma sappiamo quale peso abbia la proposta. Se lei fa la proposta del commissario, ovvero se propone norme che costituiscono il contenuto delle ordinanze, in un modo o nell'altro, vi è una riconduzione di una funzione pubblica a soggetti che sono al di fuori del meccanismo della responsabilità politica.
Quindi, a me non basta sinceramente che tutti questi fatti siano rintracciabili in allegati della Gazzetta Ufficiale, difficilissimi da recuperare. Questo soddisfa il fatto che ci siano un po' di ordinanze in Pag. 49meno, però io sono sempre abituato a non contare gli atti, ma a pesarli. Voglio capire che tipo di atti sono e vorrei - e credo che il mio gruppo insisterà su questo punto - che tutta questa materia (che per alcune parti ha una giustificazione, ma per le parti aggiunte successivamente non ce l'ha) venga ricondotta a una valutazione parlamentare. Chiederemo dunque delle relazioni periodiche che consentano al Parlamento di conoscere questi fatti in maniera ordinaria.
Queste sono le ragioni per le quali ho dichiarato la mia parziale insoddisfazione, però naturalmente non dimentico di ringraziarla per quello che lei ha fatto venendo qui oggi.

PRESIDENTE. Circa la richiesta avanzata da parte del sottosegretario Bertolaso di depositare un documento, sa bene il sottosegretario che il procedimento relativo allo svolgimento di interpellanze urgenti è caratterizzato da un principio di immediatezza e di oralità, che è funzionale al contraddittorio che deve instaurarsi tra l'interpellante e il Governo. Tuttavia, trattandosi di un mero progetto riassuntivo di dati e di riferimenti normativi ai quali lei ha fatto spesso riferimento durante la sua risposta orale, consento eccezionalmente che sia depositato presso la Presidenza.

(Problematiche inerenti alle tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali - n. 2-00666)

PRESIDENTE. L'onorevole Lovelli ha facoltà di illustrare l'interpellanza Bobba n. 2-00666 concernente problematiche inerenti alle tariffe agevolate per le spedizioni di prodotti editoriali (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), di cui è cofirmatario.

MARIO LOVELLI. Signor Presidente, l'interpellanza che è stata presentata e che è stata sottoscritta da molti parlamentari di vari gruppi (non solo del nostro; il primo firmatario è il collega Bobba e ricordo anche la firma, ad esempio, dell'onorevole Toccafondi) è molto chiara nel suo contenuto, quindi io non starò a dilungarmi nel merito.
Rilevo che si tratta di un decreto interministeriale che è intervenuto in materia di agevolazioni per le spedizioni postali e che rappresenta il terzo attacco che in pochi mesi viene portato al sistema dell'informazione. Ricordiamo brevemente che nei mesi scorsi si è messo in discussione il diritto soggettivo alle provvidenze editoriali e si è intervenuti in materia di emittenza locale e di agevolazioni per i giornali italiani all'estero. Ora si interviene per cancellare, di fatto a partire dal 1o aprile, le spedizioni postali agevolate.
Noi pensiamo che il comportamento del Governo non sia accettabile, perché la mancanza di risorse che viene utilizzata come motivo per intervenire diventa in realtà il paravento di una scelta politica che penalizza l'informazione (e non solo) e favorisce l'affermarsi di un sistema di tipo monopolistico od oligopolistico.
In questo caso, inoltre, il decreto interministeriale è sbagliato per due volte. Infatti interviene modificando con decreto una previsione legislativa che risale al 2004 (quella appunto in materia di tariffe postali agevolate) e che per essere modificata avrebbe dovuto esserlo con lo stesso strumento legislativo.
Inoltre, tale decreto interministeriale finisce per intervenire a pioggia, in diverse direzioni, perché le tariffe postali agevolate riguardano tutto il mondo dell'editoria (giornali, riviste, libri) - si calcolano 8 mila testate complessivamente interessate dal provvedimento -, con particolare riferimento alla stampa locale, alla stampa diocesana e alla stampa che quindi svolge un servizio importante sul territorio. Esso colpisce nello stesso tempo il mondo no profit, il mondo del terzo settore, perché penalizza la possibilità da parte di questo importante settore di fare un'informazione e, di fatto, si risolve in un taglio dei fondi per la ricerca, per progetti di integrazione sociale e per progetti di assistenza umanitaria, fondi che vengono spostati sulla Pag. 50necessità di risorse maggiori per la spedizione agli interessati di documentazione per via postale.
Oltretutto, vorrei rilevare - avremmo tempo di parlarne la prossima settimana in sede di legge comunitaria - che il decreto suddetto finisce per intervenire in maniera distorsiva sul mercato postale. Basti pensare che questo decreto revoca le agevolazioni postali che riguardano settori ben determinati, mentre Poste Italiane ha già convenzioni agevolate migliori, ad esempio con la grande distribuzione organizzata o con la spedizione del periodico di Sky. Abbiamo approvato con la legge n. 99 del 2009 una misura a favore della promozione dell'internazionalizzazione delle imprese, dove abbiamo inserito una norma che stabilisce che, in attesa della liberalizzazione del mercato postale, va comunque applicata la convenzione in essere più favorevole agli utenti. Con il provvedimento in questione siamo in contraddizione e penalizziamo pesantemente il settore.
In sostanza, riteniamo che una cosa siano i fondi che non ci sono a bilancio, ma che comunque, come si dice nel decreto, vanno recuperati nel «bilancio autonomo» della Presidenza del Consiglio dei ministri, un'altra cosa sono le tariffe previste per legge e che, quindi, per legge devono essere modificate.
Pertanto, chiediamo in prima battuta che venga revocato il provvedimento, e in secondo luogo che venga convocato un tavolo politico, cioè un tavolo che investa anche le Commissioni parlamentari competenti. Leggiamo dell'iniziativa presa dal Ministero e da Poste Italiane per un tavolo di discussione sulla materia, ma ci risulta che non stia producendo frutti sufficienti. È necessario dunque un tavolo istituzionale e parlamentare per affrontare la questione.
Bisogna arrivare, in ultima analisi, ad una revisione della normativa che articoli le agevolazioni in base ai beneficiari, perché questo è il punto. Si deve evitare che i settori più deboli vengano penalizzati più pesantemente, come nel caso della piccola editoria locale e del settore no profit.
Quindi, chiediamo al Governo di darci una risposta su questi interrogativi e chiediamo soprattutto di essere rapido, puntuale e non dilatorio rispetto ai provvedimenti da adottare, perché dal 1o aprile c'è un intero mondo che viene pesantemente penalizzato e, se non interveniamo urgentemente, vede messa in discussione la sua attività, sia nel mondo dell'informazione, sia del settore no profit, dell'assistenza e della ricerca, e questo oggi non ce lo possiamo permettere.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Guido Bertolaso, ha facoltà di rispondere.

GUIDO BERTOLASO, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, riferisco ovviamente quanto mi è stato fornito dai competenti uffici.
Faccio presente che il dipartimento per l'informazione e l'editoria presso la Presidenza del Consiglio gestisce il settore editoriale compresi i rapporti con le ONLUS e i relativi fondi corrispondendo alla società Poste italiane il rimborso delle tariffe agevolate.
L'articolo 44, comma 1-bis, del decreto-legge n. 112 del 2008, aggiunto dal decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, stabilisce che, fermi restando gli stanziamenti complessivi che costituiscono il tetto di spesa, l'erogazione di contributi all'editoria è destinata prioritariamente ai contributi diretti e, per le residue disponibilità, alle altre tipologie di agevolazione.
Il citato Dipartimento, nell'ambito delle proprie disponibilità di bilancio, provvede a determinare l'ammontare degli stanziamenti disponibili per i rimborsi.
Il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze e sentita la Presidenza del Consiglio, determina sulla base dei fondi disponibili, gli importi delle tariffe agevolate ed effettua il monitoraggio mensile sull'andamento delle agevolazioni praticate. Pag. 51
La concessionaria del servizio postale universale opera i controlli sulla sussistenza dei requisiti dichiarati dai beneficiari delle agevolazioni. Pertanto, all'atto della spedizione l'editore paga esclusivamente la tariffa agevolata e la differenza rispetto alla normale tariffa viene rimborsata a Poste Italiane Spa dallo Stato.
Le tariffe agevolate sono previste a favore di imprese editrici di quotidiani e periodici (5.100 aziende editrici, 2.900 editori profit e no profit) che non superino il 45 per cento di spazio fisico dedicato alla pubblicità; onlus (di cui 1.400 religiosi e 3.400 laici); associazioni le cui pubblicazioni periodiche abbiano avuto riconosciuto il carattere politico dai gruppi parlamentari di riferimento; ordini professionali; sindacati; associazioni professionali di categoria; associazioni d'arma e combattentistiche.
Nel 2008 le integrazioni a carico dello Stato risultano pari a 273,84 milioni di euro (come risulta dalla tabella A, che depositerò ove la Presidenza lo consenta, nella quale sono riportati i volumi di traffico ed il costo medio a carico dell'editore per prodotto consegnato).
Peraltro, la frammentazione e la vastità della platea degli aventi titolo rappresenta un notevole fattore di criticità per il sistema dei controlli posti in essere da Poste Italiane Spa.
Il Ministero dello sviluppo economico, sin dal 2005, effettua il monitoraggio dell'andamento delle agevolazioni praticate da Poste Italiane Spa, comunicando mensilmente alla Presidenza del Consiglio gli scostamenti tra stanziamenti e compensazioni dovuti a Poste Italiane.
Dal monitoraggio degli ultimi 6 anni (riassunto nella tabella B) risulta che gli stanziamenti non hanno mai coperto le compensazioni dovute e che, al momento, permane la mancata restituzione a Poste Italiane dei fondi 2009, pari a 241 milioni di euro.
Poiché nell'anno 2010 sarebbero state disponibili risorse non superiori a 50 milioni di euro e da un'istruttoria effettuata presso Poste Italiane è emerso che già alla fine di marzo la società ha maturato compensazioni pari alla citata somma stanziata, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'economia e delle finanze sono stati costretti ad emanare in data 30 marzo 2010 il decreto interministeriale che, comunque, fa salva la possibilità di destinare eventuali risorse aggiuntive (individuate dal Ministero dell'economia e delle finanze o dal Dipartimento per l'informazione e l'editoria) alla copertura delle agevolazioni sulle tariffe postali nell'anno in corso.
Tuttavia, tenuto conto del forte impatto economico sul sistema editoriale italiano derivante dalla sospensione di tali agevolazioni, al fine di scongiurare eventuali effetti negativi in termini occupazionali ed aziendali e tutelare il pluralismo dell'informazione, il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato di avere manifestato la propria disponibilità ad individuare una soluzione al problema delle tariffe postali agevolate nel corso dell'incontro tenutosi lo scorso 8 aprile tra il Governo, tutte le associazioni degli editori di quotidiani, periodici e libri, la concessionaria del servizio postale universale, nonché la Federazione nazionale della stampa italiana.
Dall'incontro è scaturita l'urgente necessità di promuovere un accordo quadro fra editori e Poste Italiane Spa al fine di raggiungere tariffe convenienti in linea con la normativa europea e la compatibilità di equilibrio economico e finanziario, prevedendo l'istituzione di più tavoli tecnici di confronto con le parti interessate.

PRESIDENTE. L'onorevole Bobba ha facoltà di replicare.

LUIGI BOBBA. Signor Presidente, ringrazio il sottosegretario Bertolaso, ma mi dichiaro del tutto insoddisfatto della risposta che mi è stata fornita. Ho stima del sottosegretario, ma il fatto stesso che il Governo abbia affidato la risposta ad un suo sottosegretario competente in altra materia rispetto a quella oggetto dell'interpellanza urgente in esame indica forse una non volontà di prendere in considerazione la serietà e l'urgenza del problema che abbiamo di fronte. Pag. 52
È stato ricordato nell'ultima parte dal sottosegretario Bertolaso che questo taglio e questa sospensione improvvisi delle agevolazioni portano ad un immediato aumento di costi, anche a fronte di bilanci e di scelte editoriali che le diverse aziende avevano già fatto nel corso dell'anno.
Occorre ricordare - com'è stato giustamente rilevato - che, finora, il Ministero dell'economia e delle finanze aveva sempre acconsentito al maggior onere che Poste Italiane ha avuto a loro carico nel 2008 e nel 2009, anche in forza della disposizione della legge n. 99 del 2009, che consente di ridurre il contributo che il Ministero rimborsa alle Poste, un contributo inferiore a quello delle tariffe applicate.
Chiediamo l'abrogazione di questo provvedimento: riteniamo, infatti, illegittimo - diversi tra i soggetti interessati stanno procedendo con ricorsi al tribunale amministrativo - che un provvedimento in forma di decreto interministeriale vada sostanzialmente a modificare il contenuto di una legge approvata dal Parlamento. Ciò non è legittimo, né possibile.
Resta, comunque, il fatto che molti di questi piccoli editori rischiano effettivamente la chiusura o, comunque, una forte riduzione di personale, a fronte di un aumento dei costi che, in alcuni casi, può diventare, perfino, pari al 500 per cento.
Inoltre, in questo campo - come ha ricordato il sottosegretario - un numero rilevante di soggetti (circa 5 mila) opera nel campo no profit ed utilizza lo strumento di comunicazione, evidentemente, non per finalità di carattere economico profittevoli, ma unicamente per mantenere il legame con i propri soci o per promuovere campagne di sottoscrizione per attività no profit (come avviene, in particolare, in questo periodo, per la promozione delle sottoscrizioni del 5 per mille da parte dei contribuenti).
Dunque, la risposta non solo è insoddisfacente, ma non ci viene incontro in alcun modo. Anche il tavolo aperto con questi soggetti da Poste Italiane - come ricordava il collega Lovelli - rischia di essere del tutto inutile. È come se Poste Italiane aprisse una trattativa con la pistola sotto il tavolo: la pistola è rappresentata dal fatto che le agevolazioni non vi sono più. Dunque, è evidente che i grandi soggetti, forse, possono difendersi, mentre i piccoli sono totalmente in balia di questa nuova situazione.
Pertanto, ribadiamo la necessità, da un lato, di sospendere immediatamente il provvedimento, in modo che le tariffe rimangano quelle stabilite; dall'altro lato, chiediamo che si definisca un tavolo, tenendo conto della diversità dei soggetti (grandi editori, piccola editoria e no profit). Tutto ciò anche al fine di giungere, attraverso una riforma che ha a che fare con le competenze del Parlamento, ad una legislazione differenziata, che preveda tariffe agevolate (come oggi esistono, per il mondo e i soggetti no profit), ed ad un sistema di credito d'imposta per quei soggetti che svolgono attività di impresa nel campo editoriale, anche in vista della liberalizzazione del sistema delle Poste.
Mancando queste scelte, vi è il rischio che vi sia confusione, soprattutto a causa di questa moltiplicazione dei soggetti, e che, magari, permangano zone d'ombra con realtà che, certamente, non sono meritevoli di avere un particolare sostegno. In particolare, vi è il rischio di dare il colpo di grazia al mondo dell'editoria locale, già così pesantemente colpito da un provvedimento del tutto recente da parte del Governo, riducendo ancora di più il pluralismo dell'informazione nel nostro Paese. Inoltre, se con una mano, attraverso il 5 per mille, si dà qualcosa in sostegno al no profit, con l'altra mano, glielo si toglie con questo provvedimento. Non mi sembra che ciò sia lineare e coerente con l'indirizzo politico del Governo.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda la richiesta del sottosegretario Bertolaso di depositare documentazione anche alla presente interpellanza urgente, ricordo quanto ho già detto in relazione alla precedente interpellanza urgente. La Presidenza lo consente, anche perché il sottosegretario vi ha fatto riferimento durante la sua esposizione orale.

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(Rinvio dell'interpellanza urgente La Malfa n. 2-00662)

PRESIDENTE. Dovremmo ora passare all'interpellanza urgente La Malfa n. 2-00662, riguardante chiarimenti in merito agli indirizzi del Governo relativi alla localizzazione di centrali nucleari in Italia. Avverto che su richiesta del Governo e con il consenso dei presentatori, lo svolgimento dell'interpellanza è rinviato ad altra seduta.
È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze all'ordine del giorno.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Lunedì 19 aprile 2010, alle 14:

1. - Discussione del disegno di legge:
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 2449-C).
- Relatore: Formichella.

2. - Discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DAMIANO ed altri; MIGLIOLI ed altri; MIGLIOLI ed altri; BELLANOVA ed altri; LETTA ed altri; DONADI ed altri: Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori (C. 2100-2157-2158-2452-2890-3102-A).
- Relatore: Cazzola.

La seduta termina alle 14,15.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 2)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Doc. IV, n. 7-A 437 437 219 435 2 58 Appr.
2 Nom. Pdl 3394 - voto finale 497 456 41 229 435 21 50 Appr.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.