XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 308 di lunedì 19 aprile 2010

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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

La seduta comincia alle 14.

RENZO LUSETTI, Segretario, legge il processo verbale della seduta del 31 marzo 2010.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Berlusconi, Bonaiuti, Bossi, Brambilla, Bratti, Brunetta, Buonfiglio, Carfagna, Casero, Cicchitto, Colucci, Cosentino, Cossiga, Cota, Craxi, Crimi, Crosetto, Fava, Fitto, Franceschini, Franzoso, Frattini, Gibelli, Alberto Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Mantovano, Maroni, Martini, Mecacci, Meloni, Menia, Miccichè, Migliori, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Rigoni, Romani, Ronchi, Rotondi, Saglia, Stefani, Tremonti, Urso, Vegas, Vito e Volontè sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente cinquantatré, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Discussione del disegno di legge: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (A.C. 2449-C) (ore 14,05).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dalla Camera e modificato dal Senato: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori dell'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2449-C)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Italia dei Valori e Partito Democratico ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea) si intende autorizzata a riferire oralmente.
Il relatore, onorevole Formichella, ha facoltà di svolgere la relazione.

NICOLA FORMICHELLA, Relatore. Signor Presidente, il disegno di legge comunitaria per il 2009 torna all'esame dell'Assemblea in terza lettura. Pag. 2
Anche quest'anno l'iter del provvedimento è stato caratterizzato da numerose difficoltà che ne hanno impedito una celere approvazione. Si può sostenere che anche sulla legge comunitaria si siano manifestate alcune delle patologie verificatesi in passato per la legge finanziaria, vale a dire l'assunzione da parte del provvedimento di una eccessiva eterogeneità e di un carattere omnibus, con l'inserimento di questioni, anche microsettoriali, che poco hanno a che fare con il contenuto proprio del provvedimento.
Allo stesso tempo, la legge comunitaria non ha il pregio della legge finanziaria, cioè la certezza dell'approvazione in tempi definiti. Di questa problematicità assunta dallo strumento legge comunitaria vi è una diffusa consapevolezza da parte della XIV Commissione, sia nei gruppi di maggioranza, sia nei gruppi di opposizione, con una forte sensibilità al tema anche da parte del presidente Pescante.
La Commissione avvierà presto l'esame di quattro proposte di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, che attualmente disciplina la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e l'adeguamento italiano al diritto europeo, presentate da esponenti di gruppi sia di maggioranza, sia di opposizione. A tal fine, l'ufficio di presidenza della XIV Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, terrà mercoledì 21 aprile 2010 una riunione sulle prospettive della riforma della legge n. 11 del 2005.
L'esame in sede referente da parte della XIV Commissione ha comunque consentito di affrontare alcuni nodi problematici contenuti nel testo del provvedimento trasmesso dal Senato. Al riguardo, segnalo subito i due aspetti che più di altri sono stati all'attenzione dell'opinione pubblica, vale a dire le disposizioni in materia di remunerazione degli amministratori delle società quotate (articolo 25) e le disposizioni in materia di caccia (articolo 43).
Con riferimento al primo aspetto, nel corso dell'esame in XIV Commissione, recependo un emendamento della VI Commissione, è stata soppressa la previsione che il trattamento economico onnicomprensivo degli amministratori di banche e di istituti di credito, nonché delle società quotate, non potesse superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento.
Con riferimento al secondo aspetto, la XIV Commissione ha approvato l'emendamento della Commissione XIII, che rappresenta un apprezzabile punto di mediazione tra le diverse posizioni. Infatti, l'articolo 43, come sostituito durante l'esame in sede referente, apporta significative modifiche all'attuale disciplina del prelievo venatorio.
Le principali innovazioni, approvate nel corso dell'esame in Commissione, attengono: ad una serie di misure indicate specificatamente per preservare lo stato di conservazione degli uccelli e del loro habitat; al divieto di caccia durante il periodo di nidificazione, riproduzione e dipendenza; alla facoltà, concessa alle regioni, di posticipare i termini del calendario venatorio per determinate specie, previa obbligatoria acquisizione del parere di validazione delle analisi scientifiche a sostegno delle modifiche da apportare espresso dall'ISPRA, che dovrà essere reso entro trenta giorni; al controllo sull'esercizio da parte delle regioni delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE, con l'inserimento di un termine preciso per l'annullamento da parte del Governo di eventuali provvedimenti illegittimi di deroga e con la previsione dell'obbligo, per le regioni stesse, di rispettare le linee guida emanate con decreto del Presidente della Repubblica, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni; alla previsione della consultazione obbligatoria della Commissione europea nei casi di introduzione dall'estero di specie di uccelli che non vivono naturalmente nel territorio europeo; all'integrazione di divieti diretti non solo ai cacciatori, ma anche ad altri eventuali soggetti che possano mettere in atto comportamenti che disturbino o ledano le specie protette.
Segnalo di seguito gli altri articoli oggetto di modifica introdotti dalla XIV Commissione. Nel corso dell'esame in Commissione si è provveduto a inserire, Pag. 3nell'allegato B, le seguenti direttive: 2008/99/CE, sulla tutela penale dell'ambiente (ma specifici criteri direttivi per il recepimento della direttiva sono già previsti dall'articolo 19); 2010/12/UE, recante modifiche di direttive riguardanti la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati. In proposito, segnalo che la direttiva 2010/12/UE prevede, tra le altre cose, l'assunzione come valore di riferimento per la determinazione dell'accisa sulle sigarette del prezzo medio ponderato, e non, come attualmente previsto, la classe di prezzo più richiesta, disponendo anche il medesimo criterio per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette.
Nell'allegato B sono state, inoltre, soppresse le seguenti direttive: 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, che è già stata recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 48 del 2010; 2009/24/CE, relativa alla tutela dei programmi per elaboratore; 2009/104/CE, relativa ai requisiti minimi per la sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro.
La Commissione ha modificato, quindi, l'articolo 6, prevedendo che il CIACE si riunisca almeno una volta al mese e, in ogni caso, prima di ogni seduta del Consiglio europeo. Inoltre, il Comitato tecnico permanente, istituito per la preparazione delle riunioni del CIACE, sarà integrato con rappresentanti tecnici delle Camere e dovrà riunirsi almeno una volta alla settimana. Viene anche stabilito che il CIACE possa avvalersi di un ulteriore contingente di personale di ottanta unità, consentendo l'assegnazione di dipendenti pubblici in posizione di aspettativa, comando o fuori ruolo e la stipula di contratti a tempo determinato per collaboratori o di collaborazione coordinata e continuativa per esperti e consulenti.
A fronte della spesa autorizzata, pari a 1,1 milioni di euro a decorrere dal 2010, viene prevista la riduzione per l'importo corrispondente del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dal decreto-legge n. 159 del 2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222 del 2007, finalizzato al miglioramento dell'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni ambientali delle autovetture da noleggio da piazza.
All'articolo 13 le modifiche apportate in sede referente hanno disposto - recependo due emendamenti approvati dalla VI Commissione - che nell'attuazione della disciplina comunitaria in materia di credito al consumo il legislatore delegato deve prevedere l'istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al fenomeno dei furti di identità.
Inoltre, si prescrive l'obbligo di motivare l'eventuale diniego di finanziamento da parte dei soggetti abilitati all'esercizio dell'attività di erogazione di credito ai consumatori e di consentire al richiedente la visione e l'estrazione di copia del provvedimento motivato di diniego.
L'articolo 14, parzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissione, interviene sulla normativa statale relativa alle sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari al settore agricolo, con particolare riguardo all'indebito conseguimento di contributi ed erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.
Durante l'esame da parte della Commissione XIV è stato approvato un emendamento il quale, intervenendo su un aspetto oggetto anche di osservazione contenuta nel parere reso dal Comitato per la legislazione, è volto a precisare che le disposizioni sanzionatorie e relative alla restituzione dell'indebito da parte dei percettori di aiuti comunitari nel settore agricolo, attualmente previste dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 898 del 1986, si applicano nell'ambito di applicazione del Fondo europeo agricolo di garanzia.
Nell'ambito di applicazione del Fondo europeo di sviluppo rurale si applicano, invece, le disposizioni sanzionatorie già introdotte nel citato comma 3 dell'articolo 14.
L'articolo 16, modificato durante l'esame in Commissione recependo un Pag. 4emendamento dell'VIII Commissione, detta una serie di principi e criteri direttivi che il Governo deve seguire nella predisposizione dei decreti legislativi di attuazione della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (CO2), che risulta inclusa nell'allegato B della presente legge.
La modifica apportata dalla Commissione prevede che la competenza al rilascio delle autorizzazioni per l'attività di stoccaggio geologico di CO2 venga attribuita al Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, invece che demandarla ad apposito provvedimento emanato di concerto dai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico, avvalendosi del Comitato stesso.
L'articolo 17, il cui testo è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in Commissione, enuncia i principi e i criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi nel recepimento di quattro direttive in materia di energia indicate nell'allegato B (direttive 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale).
Nel corso dell'esame da parte della XIV Commissione sono stati anche inseriti i principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2009/119/CE, già presente nell'allegato B, concernente il mantenimento di un livello minimo di scorte di greggio e di prodotti petroliferi.
Con riferimento alle energie rinnovabili, i nuovi criteri direttivi riguardano in particolare: l'esigenza di garantire - nel definire il Piano di azione nazionale per l'individuazione degli obiettivi di utilizzo delle energie rinnovabili nel 2020 - uno sviluppo equilibrato dei vari settori che concorrono al raggiungimento di tali obiettivi; la promozione dell'integrazione delle fonti rinnovabili nelle reti di trasporto e distribuzione dell'energia; il potenziamento del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili; l'organizzazione di un sistema di verifica della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi; il completamento del sistema statistico in materia energetica.
Oltre all'integrazione dei criteri direttivi, viene inserito il comma 1-bis finalizzato a comprendere l'alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni vinicole nell'ambito della definizione dei bioliquidi recata dalla direttiva e a consentire l'applicazione allo stesso della tariffa di 28 euro cent/kWh prevista dalla legge finanziaria 2008 per biogas e biomasse, da cui risultano attualmente esclusi i biocombustibili liquidi.
Per quanto concerne il mercato interno dell'energia elettrica i nuovi criteri direttivi riguardano: la rimozione di ostacoli al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione dell'energia elettrica; l'adozione di misure per impedire alle imprese di distribuzione di energia elettrica integrate verticalmente di ostacolare la concorrenza; la predisposizione di un piano decennale di sviluppo della rete elettrica da parte dei gestori di sistemi di trasmissione; la previsione di idonee risorse umane e finanziarie per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas; il coordinamento tra l'AEEG e l'Autorità garante della concorrenza in materia di mercato dell'energia elettrica.
Con riferimento al mercato interno del gas naturale, tra i nuovi criteri direttivi introdotti si segnalano: la previsione di misure per la cooperazione bilaterale e regionale tra gli Stati membri; la promozione di una concorrenza effettiva; la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti; la definizione di un'unica controparte indipendente nazionale ai fini dell'accesso ai servizi di trasporto e bilanciamento del gas naturale; la rimozione di ostacoli all'aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas naturale; l'armonizzazione, al termine della durata delle concessioni di distribuzione del gas, fra i meccanismi di valorizzazione delle reti di distribuzione del gas e i criteri per la definizione delle tariffe; la previsione di idonee risorse umane e finanziarie per l'AEEG e la reciproca assistenza tra questa e l'Antitrust. Pag. 5
I principi e i criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2009/119/CE, relativa all'obbligo di mantenimento di un livello minimo di scorte di greggio e di prodotti petroliferi da parte degli Stati membri enunciati nel nuovo comma 3-bis, prevedono: il mantenimento di un livello elevato di sicurezza dell'approvvigionamento; la previsione di una metodologia di calcolo relativa agli obblighi di stoccaggio e valutazione delle scorte di sicurezza; l'istituzione di un organismo centrale di stoccaggio incaricato della detenzione e trasporto delle scorte specifiche in prodotti e responsabile dell'inventario e delle statistiche sulle scorte di sicurezza, in grado di organizzare e prestare un servizio di stoccaggio e trasporto di scorte per i rivenditori ai clienti finali non integrati verticalmente nella filiera del petrolio; la capacità di reazione rapida in caso di difficoltà di approvvigionamento.
Dall'istituzione e dal funzionamento del suddetto organismo non debbono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, come precisa il nuovo comma 3-ter.
L'articolo 20 novella il decreto legislativo n. 117 del 2008, che ha dato attuazione alla direttiva 2006/21/CE, che modificava la direttiva 2004/35/CE relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive attraverso l'introduzione di una nuova e più dettagliata definizione di «rifiuto inerte» rispetto a quella prevista dall'articolo 3 del citato decreto.
Nel corso dell'esame in Commissione è stato modificato l'allegato 1, cui rinvia il comma 2 dell'articolo 20, che contiene i criteri per la caratterizzazione dei rifiuti di estrazione inerti. Oltre ad alcune precisazioni formali inserite nei punti 2 e 3 viene chiarito al punto 1, lettera b), dell'allegato che il valore fissato allo 0,1 per cento per il tenore di zolfo sotto forma di solfuro è da intendersi come un valore massimo ammesso. Viene altresì aggiunto l'arsenico (As) tra le sostanze nocive per l'ambiente o per la salute per le quali è richiesto il rispetto dei valori limite fissati dall'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.

PRESIDENTE. Onorevole Formichella, la prego di concludere.

NICOLA FORMICHELLA, Relatore. Signor Presidente, mi avvio a concludere. Segnalo che l'VIII Commissione ha deliberato di chiedere alla XIV Commissione, che ha accolto la richiesta, di proporre all'Assemblea lo stralcio dell'articolo 21 al fine di consentire un recepimento organico della nuova direttiva sui rifiuti. Le disposizioni recate dall'articolo in esame andrebbero, infatti, ad incidere parzialmente su una materia per la quale è già prevista una delega al Governo per un riordino complessivo della disciplina.
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia relazione.

PRESIDENTE. Onorevole Formichella, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

EUGENIA ROCCELLA, Sottosegretario di Stato per la salute. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Farinone. Ne ha facoltà.

ENRICO FARINONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, abbiamo già discusso e approvato qui alla Camera la legge comunitaria per il 2009 qualche mese fa. Eravamo finalmente riusciti a votare la legge nell'anno solare di pertinenza. Perché siamo ancora qua?
Credo che i cittadini che seguono attraverso la televisione e il sito Internet potrebbero legittimamente domandarsi la ragione di questa stranezza: votare nel 2010 - e fra l'altro neanche all'inizio - una legge di adeguamento alle norme comunitarie, che riguarda il 2009, sapendo per di più che il contenzioso con l'Unione europea per la mancata applicazione della Pag. 6legislazione europea è alquanto ricco e, talvolta, estremamente oneroso per le finanze pubbliche.
Vorrei allora cogliere questa occasione per raccontare sommariamente una storia che illustra - ahimè - come molti (troppi) nel Parlamento italiano tuttora considerino l'Unione europea un elemento lontano, inconsistente della politica, senza sapere che non è così e che molto di quanto accade nella legislazione nazionale ha origine ormai a Bruxelles e Strasburgo.
La legge comunitaria annuale ha un rilievo fondamentale ai fini - lo sappiamo tutti - dell'adeguamento dell'ordinamento interno al diritto comunitario. L'articolo 1 della legge n. 11 del 2005, che dettò le procedure discipline relative alla partecipazione dell'Italia al processo di formazione, predisposizione e attuazione della normativa comunitaria, prevede che le disposizioni contenute in quella legge siano tese a garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea sulla base dei principi di sussidiarietà, proporzionalità, efficienza, trasparenza e partecipazione democratica.
In questo contesto, è accaduto che il disegno di legge comunitaria per il 2009 è stato presentato dall'onorevole Ministro Ronchi all'insegna della rapidità temporale, dell'efficienza, della snellezza, del migliore, quindi, e più efficace rispetto delle indicazioni volute dal legislatore con la citata legge n. 11 del 2005. Si trattava di un provvedimento effettivamente conciso, di soli nove articoli, corredati dai tradizionali allegati che elencano le direttive europee da recepire mediante decreti legislativi.
Il dibattito alla Camera l'ha estesa a 25 articoli e già qui si vede lo iato tra l'impostazione voluta dal Governo e quella decisamente meno rigorosa abbracciata dalla maggioranza che lo sostiene.
Si registra anche il tentativo di ampliare l'utilizzo della comunitaria ancora di più, introducendo norme che poco hanno a che vedere con essa, con conseguenti polemiche non solo con l'opposizione, ma anche e soprattutto all'interno della maggioranza medesima. Poi si trova una soluzione e l'Aula licenzia il testo per il Senato.
Probabilmente qualcuno aveva semplicemente deciso di rimandare il confronto, di spostarlo a Palazzo Madama. Lo stesso Governo in quella sede si mostra molto più accomodante: nuovi emendamenti vengono proposti e anche approvati, con il risultato che alla fine gli articoli del disegno di legge divengono 56; erano in origine 9 e sono diventati 56, sette volte tanto. Alcuni nuovi articoli per lo più sono molto contestati, altri sono assolutamente eccentrici rispetto all'oggetto, rispetto cioè alla legge comunitaria.
Ho colto con piacere questo passaggio autocratico fatto dall'onorevole relatore. Si ritorna così, secondo le migliori tradizioni, alla comunitaria omnibus, una specie di opportunità per inserire nella normativa nazionale i temi più vari che traggono spunto da una qualche direttiva europea per poi affrontare questioni molto italiane, molto supportate da questa o da quella lobby nazionale.
Perché si utilizza la comunitaria in questo modo? Perché è molto più comodo cambiare una legge con un comma o con un articolo aggiuntivo piuttosto che con una revisione organica, con un nuovo progetto di legge. In questa azione diciamo così «furbesca», se mi è consentito, si distinguono diversi esponenti della maggioranza e lo stesso Governo non è immune, non sa resistere alla tentazione, tant'è che si sceglie al Senato di intervenire in modo chirurgico e frammentato proprio sulla legge n. 11 del 2005, quella cioè che governa la comunitaria; in presenza per di più di tre proposte di legge presentate qui alla Camera rispetto alle quali vi era, anzi vi è, una seria disponibilità politica in XIV Commissione a lavorare insieme per trovare una sintesi unitaria utile al Paese, utile al nostro Parlamento.
Questo fatto genera un forte disappunto nella XIV Commissione della Camera, a cominciare dal suo presidente, e impone un lavoro emendativo in terza lettura in Commissione che sul punto Pag. 7specifico il gruppo del Partito Democratico ha dovuto svolgere inevitabilmente, ma che francamente non si sarebbe reso necessario se al Senato il Governo fosse riuscito a impedire, rendendosene invece esso medesimo protagonista attivo, la trasformazione della comunitaria in legge omnibus.
Il Ministro Ronchi - che saluto anche se non è qui presente, gli rivolgerà i miei saluti l'onorevole Roccella - gliene va dato atto, riconosce che così non si può andare avanti (lo ha fatto più volte nel dibattito in Commissione) e che bisogna ricondurre la prassi della comunitaria alla sua funzione propria, ma lo fa incalzato dall'allucinante vicenda della caccia (nel cui merito interverranno poi i colleghi Cenni e Zamparutti più avanti nel dibattito in discussione generale) che ha bloccato l'intero provvedimento per settimane e ne ha egemonizzato il rilievo mediatico. Ora speriamo che il dibattito in Aula riesca a modificare il risultato provvisorio cui si è pervenuti in esito ai lavori delle Commissioni XIII e XIV.
Ma la comunitaria è divenuta una legge omnibus non solo a causa del nuovo calendario venatorio previsto dal testo arrivato in Aula. Ministro - mi rivolgo sempre al Ministro confidando che poi il sottosegretario Roccella riferirà queste mie parole al Ministro - lo dica alla sua maggioranza: non si può utilizzare la comunitaria per inserire favori per questa o quella lobby, non si può; lo dica e vigili, perché il comportamento del Senato ha determinato un analogo atteggiamento alla Camera in terza lettura, con un profluvio emendativo a forte impronta del centrodestra e davvero imponente, pur dovendo la Camera ora deliberare sulle sole modifiche apportate dal Senato. E solo un rigido utilizzo delle norme sull'inammissibilità voluto dal presidente Pescante ha impedito una clamorosa e ulteriore crescita quantitativa del disegno di legge.
Che dire: una maggioranza di Governo avrebbe il dovere, io credo, proprio perché è espressione di una maggioranza elettorale e quindi di popolo, non solo di fare l'interesse del Paese sempre e comunque, ma finanche di «piegare», diciamo così, spinte partigiane al superiore interesse collettivo, confidando nell'apprezzamento dei cittadini che sanno giudicare l'operato del politico, se in favore della comunità o della parzialità.
Ora, non v'è dubbio che l'interesse italiano è acquisire sempre maggiore autorevolezza in Europa. Nel suo piccolo, questa vicenda testimonia il contrario: un provincialismo davvero preoccupante.
Allora, signor Ministro, cerchiamo di chiudere l'iter parlamentare della legge comunitaria 2009 stravolgendo il meno possibile il suo senso più profondo e la sua ratio. Convinca la sua maggioranza ad accogliere alcune proposte emendative che noi proponiamo e che hanno esattamente quel fine e poi mettiamoci tutti insieme a lavorare nella Commissione di merito alla riforma della legge n. 11 del 2005, così da adeguarla alla nuova Unione europea uscita dal Trattato di Lisbona, al nuovo e più vitale ruolo dei Parlamenti, così da delineare un nuovo e più congruo disegno in linea con i veri obiettivi della legge comunitaria annuale.
Il Partito Democratico ha dimostrato nei fatti questa disponibilità con un emendamento, accolto positivamente dal relatore, onorevole Formichella, e dallo stesso Governo, sul rafforzamento del ruolo degli organici del CIACE, al fine di potenziare la partecipazione del Governo italiano - questa è la nostra capacità di fare l'interesse nazionale - alla fase di formazione degli atti normativi dell'Unione europea.
Nel corso delle numerose audizioni con il professor Adam, responsabile del CIACE, che, come XIV Commissione, abbiamo tenuto in questi due anni, ci siamo tutti resi conto di quanto rilevante possa essere il lavoro svolto dal Comitato ai fini della riduzione del numero di procedure di infrazione aperte in sede comunitaria, che - mi permetto di ricordare - sono ancora centocinquanta. Il nostro Paese è quello con il più alto numero di infrazioni pendenti e il miglioramento intervenuto negli ultimi tre anni - erano duecentosettantacinque tre anni fa - è dovuto in buona misura proprio al lavoro della struttura di missione costituita in seno al Pag. 8Dipartimento politiche dell'Unione europea, costituita all'inizio della XV legislatura dall'allora Ministro Bonino.
Non comprendiamo invece - onorevole Ministro, la invito a cambiare la sua posizione in Aula domani - perché si voglia lasciare nel testo legislativo finale la modifica introdotta artatamente al Senato attraverso l'articolo 9, che introduce un articolo 4-quater, dopo un precedente 4-ter, nella legge n. 11 del 2005. Qui mi limito a dirlo per una questione di metodo, perché abbiamo detto che la riforma va fatta attraverso un procedimento ordinario specificamente orientato ad essa e non con l'inserimento di articoli mediante l'utilizzo della legge comunitaria.
Signor Presidente, per concludere vorrei dire una parola sul tema che ha catalizzato l'attenzione dei giornali e provocato la forte pressione esercitata dagli operatori del settore: associazioni dei cacciatori e industria delle armi, da una parte, associazioni ambientaliste e animaliste, dall'altra. Meglio di me e più nel dettaglio interverranno le colleghe cui ho fatto cenno prima, ma una parola la voglio dire anch'io, una parola contigua a quelle utilizzate fin qui per perorare, in ultima analisi, una modifica legislativa che ci consenta nel prossimo futuro di esaminare e votare leggi comunitarie realmente attinenti alla loro natura, diversamente da quella oggi al nostro vaglio.
Ci si è fatti scudo di una procedura di infrazione per modificare la legge n. 157 del 1992 sulla caccia, modificando l'arco temporale previsto in Italia per la stagione venatoria, ma in realtà la direttiva europea cui si fa riferimento si limita a chiedere che la caccia non pregiudichi il buono stato di conservazione della specie e delle popolazioni di uccelli e non si eserciti durante il periodo della riproduzione e delle migrazioni prenuziali. Anzi, la previsione di un arco temporale massimo è uno dei modi corretti ed efficaci per il rispetto delle previsioni della direttiva da parte di uno Stato membro.
Perché, allora, si è voluto procedere nel modo che ora verrà esposto nel dettaglio dagli altri colleghi del Partito Democratico, invece di cogliere il senso più profondo della procedura aperta dall'Unione europea, che aveva contestato l'uso eccessivo delle deroghe al calendario nel nostro Paese, dando alla legge comunitaria un ruolo che non ha?
Qui torniamo al punto di partenza, perché tutto si tiene: l'utilizzo omnibus di questa legge è riconosciuto correttamente anche dal relatore nel suo intervento. Pertanto, colleghi della maggioranza e onorevole Ministro - domani glielo dirò direttamente, quando la potrò vedere, mentre ora lo dico al sottosegretario Roccella - ascoltateci: ritirate l'articolo 43 e poi procediamo insieme a riformare la legge comunitaria. Siamo ancora in tempo per fare un buon lavoro per la comunitaria del 2010 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Razzi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RAZZI. Signor Presidente, onorevole rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, il disegno di legge comunitaria 2009 è il primo provvedimento che la Camera discute dopo il 1o dicembre dello scorso anno, data dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona con cui si è messo fine a diversi anni di negoziato sulla riforma delle istituzioni europee.
L'importanza di questo Trattato è di grande rilievo: da una lato, accresce la democraticità e la trasparenza dell'Unione europea attraverso il rafforzamento dei ruoli del Parlamento europeo e dei Parlamenti nazionali, dall'altro, definisce in maniera più precisa la ripartizione delle competenze tra il livello europeo e quello nazionale; da un lato, semplifica i metodi di lavoro e le norme di voto per rendere più efficace l'Unione, dall'altro, accresce la capacità di intervento nei settori considerati di massima priorità; da un lato, rafforza i valori e gli obiettivi sui quali si fonda l'Unione, dall'altro, integra la libertà e i principi sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali, rendendoli giuridicamente vincolanti. È questo sicuramente l'elemento più qualificante di tutto l'impianto Pag. 9del Trattato, perché rafforza i binari dell'Unione dei popoli europei prima, o accanto a quelli dell'integrazione delle politiche economiche
Il Trattato rafforza le quattro libertà fondamentali, nonché la libertà politica, economica e sociale dei cittadini europei, pone l'accento sulla solidarietà tra gli Stati membri nei casi di attacchi terroristici, calamità naturali o provocate dall'uomo, nonché nel settore energetico, rafforza gli strumenti comunitari di politica estera per quanto riguarda sia l'elaborazione, che l'approvazione di nuove politiche.
Infine, per la prima volta, l'Unione acquista la personalità giuridica unica che ne rafforza il potere negoziale, per potenziare ulteriormente la sua azione in ambito internazionale e per renderla un partner più visibile per i Paesi terzi e le organizzazioni internazionali.
In questo mutato quadro, bello e importante, il disegno di legge comunitaria 2009, che giunge all'esame della Camera in terza lettura, si presenta molto modificato rispetto al testo approvato da quest'Aula nel settembre del 2009. Quel testo conteneva 25 articoli che, durante l'iter parlamentare al Senato, sono aumentati a 56. Sono state, inoltre, inserite tre nuove direttive nell'Allegato A e ben 29 nell'Allegato B.
Detto questo, è però necessario fermarsi brevemente a riflettere sul senso della legge comunitaria nell'ambito del quadro mutato dal Trattato di Lisbona, cui si è fatto cenno prima, e sull'impegno che l'Italia può e deve mettere nel partecipare alla vita dell'Unione.
Secondo i dati aggiornati al 18 marzo 2010 dal Ministero per le politiche comunitarie risulta che a carico dell'Italia sono aperte ben 139 procedure di infrazione, 113 delle quali riguardano casi di violazione del diritto comunitario e 26 attengono alla mancata trasposizione di direttive nell'ordinamento italiano. Si tratta di numeri che non fanno onore all'Italia, specie con riferimento al mancato recepimento delle direttive, che rappresentano ben il 20 per cento del totale delle infrazione aperte, che dà la rappresentazione di una scarsa diligenza dell'Italia nel contribuire alla costruzione e alla realizzazione dell'Unione.
Sicuramente l'inserimento al Senato di così tante direttive, da recepire nella legge comunitaria 2009, deve considerarsi un fatto importante a fronte del ritardo storico dell'Italia e delle difficoltà a rispettare i termini fissati per il recepimento delle direttive comunitarie.
Ma sarebbe stato più corretto e saggio che il Governo avesse spinto per l'approvazione definitiva della legge comunitaria 2009 affrettandosi a presentare il disegno di legge comunitaria 2010, che in questo momento probabilmente avrebbe già potuto essere legge o almeno oggetto dell'esame di uno dei due rami del Parlamento.
Invece, la legge comunitaria per il 2010 sta già accumulando ritardo, mentre quella per il 2009 è ancora qui tra le nostre mani. C'è qualcosa nel metodo che non funziona, c'è qualcosa che va modificato nel procedimento.
Anche il relatore in Commissione ha definito grave il ritardo con il quale si esamina il provvedimento relativo al 2009, mentre il presidente Pescante ha riconosciuto che questo ritardo, e conseguentemente la mancata presentazione del disegno di legge comunitaria per il 2010, è anche riconducibile al fatto che il provvedimento, nel corso della navetta tra Camera e Senato, è stato oggetto di modifiche e inserimenti che spesso poco hanno a che vedere con l'adeguamento del nostro ordinamento alle disposizioni dell'Unione europea. Ciò rende il disegno di legge comunitaria simile a uno dei noti decreti-legge denominati milleproroghe, a scapito del suo contenuto proprio.
Si pensi, per esempio, all'articolo sull'attività venatoria, rispetto al quale pochi hanno ricordato che il Parlamento in questa occasione è chiamato a discutere e a recepire una direttiva comunitaria, non una legge di riforma dell'attività venatoria.
Sarebbe, dunque, stato assai più opportuno affrontare il tema in altre sedi. Così si sarebbe anche potuto rispondere puntualmente alle undici contestazioni Pag. 10mosse dalla procedura d'infrazione aperta nei confronti dell'Italia, in ogni caso tenendo presente che le contestazioni mosse al nostro Paese riguardano diversi aspetti, ma non il calendario dell'attività venatoria (che è stato inserito al Senato).
Il relatore del provvedimento in Commissione ha aggiunto che il fatto che il disegno di legge sia divenuto il veicolo per istanze estranee al suo oggetto proprio rende particolarmente urgente procedere alle modifiche della legge n. 11 del 2005, per consentire di rendere più efficace e tempestivo il lavoro parlamentare sulle tematiche europee.
L'opportunità di avviare quanto prima in Commissione l'esame delle diverse proposte di legge di modifica della legge n. 11 del 2005 (legge Buttiglione) è utile anche rispetto all'approfondimento delle questioni istituzionali e regolamentari poste dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rispetto al quale, nonostante i passaggi in Commissione e nella Giunta per il Regolamento, Parlamento e Governo sono in ritardo.
Valga qui un altro richiamo al merito, che non condividiamo, relativo all'inserimento al Senato, nel provvedimento oggetto del nostro esame, di disposizioni di modifica della legge n. 11, sulle quali peraltro il Governo ha espresso parere favorevole, pur nella consapevolezza del percorso avviato sul tema alla Camera. Non è, infatti, la legge comunitaria lo strumento idoneo a modificare la cosiddetta legge Buttiglione, in quanto essa necessita di una riforma complessiva, coerente ed organica, tenendo anche in considerazione il fatto che occorre lavorare d'intesa con il Senato.
Inoltre, gli interventi disorganici come quelli presentati nella legge comunitaria 2009 non sono utili. Tra le questioni che dovranno essere risolte, per esempio, c'è anche l'insufficienza d'informazione che il Governo trasmette al Parlamento sulle procedure di infrazione come previsto, invece, dall'articolo 15 della legge n. 11 del 2005.
Non dovrà essere trascurato un rafforzamento della cooperazione tra il Parlamento italiano e quello europeo, e tra il Parlamento italiano e quelli nazionali degli altri Stati dell'Unione, che si deve raggiungere anche attraverso un rafforzamento degli organi specializzati negli affari dell'Unione.
Prendiamo atto ovviamente che il presidente della Commissione Pescante ha preso l'impegno di mettere all'ordine del giorno della Commissione la proposta di legge avente ad oggetto la revisione della legge n. 11 del 2005, una volta concluso l'esame del disegno di legge comunitaria.
Quello che è necessario, in ogni caso, è una crescita di attenzione e di dedizione da parte del Parlamento ai temi europei e agli adempimenti di sua competenza. Si fa rilevare questa circostanza al fine di richiamare l'attenzione del Parlamento sull'importanza della calendarizzazione tempestiva dei documenti e delle iniziative legislative intraprese nell'Unione, specie in seguito alla mutata rilevanza attribuita ai parlamenti nazionali nel Trattato di Lisbona. Valga un esempio per tutti: in questi mesi si è svolta la consultazione sul futuro della strategia di Lisbona che si chiamerà EU 2020 promossa dalla Commissione europea. La fase di consultazione sulla bozza di strategia dell'Unione europea per il prossimo decennio si è conclusa il 15 gennaio scorso.
Concludo, signor Presidente, ricordando che il Governo italiano ha inviato alla Commissione il proprio parere sul futuro della strategia di Lisbona il 19 gennaio. La Camera, invece, ha approvato il proprio documento di lavoro in data 11 marzo con due mesi di ritardo rispetto alla scadenza quando di fatto non c'era più modo di consentire all'istituzione europea di tenerne conto.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, prima di entrare nel dettaglio dell'articolato di questa legge comunitaria 2009, mi corre l'obbligo in qualche modo di replicare ai rilievi mossi dai due colleghi dell'opposizione che mi hanno preceduto, in Pag. 11particolare il vicepresidente Farinone e il collega Razzi sui tempi delle leggi comunitarie.
Ricordo nella scorsa legislatura che un altro Governo, il Governo Prodi, approvò la sua prima legge comunitaria con circa 19 mesi di ritardo rispetto alla presentazione del testo originario. La seconda comunitaria ebbe un iter altrettanto travagliato. Quindi, se vogliamo essere pratici e concreti, non è un problema legato probabilmente a quelli che sono gli schieramenti politici o alla volontà politica degli Esecutivi in ritardo ma, come è stato più volte evidenziato, il ritardo è dovuto ad un meccanismo farraginoso non tanto della legge n. 11 del 2005 ma del Regolamento della Camera. Certamente la legge n. 11 può essere migliorata come tutte le norme, ma quello che non è previsto nel Regolamento della Camera rallenta di molto l'approvazione della legge sugli obblighi comunitari. Noi da sempre chiediamo una modifica e, a questo punto, ritengo che sia un pensiero condiviso sicuramente da parte dei colleghi della maggioranza ma anche da parte dei colleghi dell'opposizione, una modifica che dia tempi certi, una sessione specifica per la legge comunitaria, altrimenti saremo sempre in ritardo rispetto agli altri Stati membri appartenenti all'Unione. Quindi lontani dalle polemiche, ritengo che vi sia la necessità e la possibilità in questa fase, visto che si parla tanto di riforme, di approvare anche queste piccole riforme che possono in qualche modo metterci in linea con le aspettative sia dell'Unione europea sia degli altri Stati membri.
Entrando nel dettaglio della legge comunitaria, vi sono alcune valutazioni di carattere tecnico-politico, al di là di quelle appena svolte che noi, come Lega, vediamo molto positivamente. Infatti vi è di fatto un primo passo verso un rafforzamento di quelli che sono gli istituti parlamentari nazionali nella fase ascendente. In qualche modo si arriva a compensare quel gap di partecipazione democratica che fino adesso vi è stato.
Vi è un rafforzamento anche nella fase riguardante il contenzioso con gli Stati membri. Come ripeto sono piccoli passi, ma che noi vediamo positivamente, perché tracciano una direzione per una cooperazione vera fra gli Stati membri e le istituzioni europee.
Altra importante innovazione poi, da un punto di vista squisitamente politico, è sicuramente la vigilanza delle Camere sul principio di sussidiarietà: anche questo è un punto su cui la Lega ha sempre tenuto un occhio di riguardo e che vediamo finalmente essere in qualche modo contemplato nel testo del disegno di legge che stiamo esaminando.
Durante questa fase di terza lettura, poi, sono state affrontate problematiche tecniche e politiche più dirimenti, che hanno in qualche modo tenuto banco, al di là della caccia, che sicuramente ha impegnato tanto sia la Commissione nostra (la XIV), sia la Commissione di settore, cioè la Commissione agricoltura. Sono state messe a sistema alcune norme, ad esempio quella del famoso articolo 25 sulle stock options delle società quotate, che richiama una direttiva. Infatti, contrariamente a quello che ho sentito dire dal collega Razzi, noi non abbiamo inserito modifiche normative a caso: vi sono obblighi comunitari e noi a questi in qualche modo stiamo cercando di adempiere. Vi è una direttiva e a questa noi dobbiamo dare una risposta per non aumentare quel numero di infrazioni che comunque sia, collega Razzi, rispetto allo scorso Governo è sceso in maniera drastica.
Certo noi come Lega nello specifico, sull'articolo 25, avremmo preferito che qualche paletto venisse messo. La cancellazione o abrogazione della lettera d) di questo articolo 25 senza una nuova formulazione del testo non ci lascia totalmente soddisfatti, però capiamo che si può affrontare il tema senza bisogno di entrare nello specifico dei principi e criteri direttivi di delega della direttiva richiamata. Tuttavia ci aspettiamo sicuramente che in un prossimo provvedimento di natura fiscale o finanziaria il tema venga riaffrontato e vi sia un punto di sintesi, perlomeno all'interno della maggioranza. Pag. 12
Vi è stato per l'agricoltura un piccolo-grande passo, soprattutto nel settore vitivinicolo: infatti con la crisi, quando i mercati si fermano e vi sono le difficoltà di esportare all'estero per l'euro forte o l'euro più o meno forte, non soffrono soltanto i nostri prodotti, ma anche tutta la fase di produzione e di smaltimento dei sottoprodotti. Questo era un tema da affrontare e lo abbiamo affrontato: negli articoli 20 e 21, laddove si parla di materiali inerti, abbiamo inserito finalmente la prescrizione secondo cui le risultanze delle potature delle viti possono diventare biomassa e quindi in qualche modo entrare in un circolo virtuoso del piano energetico. Piccolo o grande aiuto che sia, però a questo punto gli agricoltori non dovranno più spendere per smaltire, ma addirittura potranno in qualche modo guadagnarci. Sono piccoli aiuti, ma è anche un segnale di attenzione sulle piccole cose: è il modo di far politica della Lega.
Allo stesso modo abbiamo agito poi sull'altro articolo importante, l'articolo 17, quello che ridisegna totalmente la questione delle energie rinnovabili (le cosiddette direttive legate all'energia): anche qui il prodotto (l'alcol etilico) derivante dalla distillazione dei sottoprodotti enologici può entrare a far parte di quel sistema di incentivi (la cosiddetta tariffa onnicomprensiva dello 0,28) per gli impianti sotto al megawatt. Questa è una risposta a nostro avviso straordinaria sotto un certo punto di vista, perché anche qui il settore era pesantemente in crisi e vi era uno stock di prodotti enorme che, anche per un fatto di vigilanza sul consumo degli alcolici all'interno del Paese, non poteva essere immesso sul mercato senza alcun tipo di controllo.
Comunque, si tratta di una risorsa che deriva dalle bioenergie e, quindi, giustamente è stato inserito un correttivo ad una situazione di cui non si era tenuto conto nel passato.
Sempre con riferimento all'articolo 17 del provvedimento in oggetto, concernente le energie, notiamo molto positivamente che sono stati inseriti dei criteri direttivi di buon senso, volti ad agevolare le energie rinnovabili. Pertanto, dove vi è una deregulation, il piano nazionale non è realizzato «a pioggia». Infatti, abbiamo introdotto - ringrazio la X Commissione e il presidente Gibelli per l'ottimo lavoro svolto - il principio del rapporto fra costi e benefici con riferimento all'utilizzo e all'incentivazione delle energie rinnovabili.
Inoltre, abbiamo eliminato tutta una serie di passaggi burocratici per spingere ed agevolare la nascita di un comparto importante per raggiungere l'obiettivo del «20-20-20» entro il 2020. Lo ripeto: anche in questo caso, le questioni andavano considerate con buon senso e con pragmatismo. Fortunatamente, siamo riusciti a fare ciò.
Vi sono, poi, altre questioni più tecniche - che sono state già dibattute in sede di Commissione (sia in quella di settore, che nella nostra) - che tralascio, perché il dibattito è già stato molto specifico e molto compiuto.
In ultimo, vorrei affrontare l'altro tema «caldo» - probabilmente, è il tema più «caldo» - della legge comunitaria: mi riferisco all'articolo 43, che riguarda la caccia. Riteniamo che quanto approvato (in prima battuta, dalla Commissione agricoltura e, in seguito, anche dalla nostra Commissione, non più tardi di qualche giorno fa, durante i lavori preparatori per l'Assemblea) sia una sintesi perfetta - e sottolineo perfetta - tra l'aspettativa da parte dell'Unione europea in termini di rispetto della cosiddetta «direttiva uccelli» e la tutela di un diritto che fa parte della nostra storia. Mi riferisco al diritto delle persone di continuare ad esercitare un'attività venatoria regolamentata, che non distrugga le risorse, ma che venga svolta nel rispetto dei cicli biologici delle specie. In precedenza, ciò non era previsto: noi lo abbiamo introdotto.
Inoltre, abbiamo introdotto - e non era mai stato tenuto in considerazione - l'applicazione dell'articolo 9 della direttiva in oggetto: anche in questo caso, si dà un aiuto forte al comparto agricolo, riconoscendo il concetto dei danni in agricoltura legati alle specie dannose. Pag. 13
Pertanto - a nostro avviso - si tratta di una sintesi perfetta, anche per la condizione ideologica che, purtroppo, si è sviluppata attorno a questo dibattito. L'articolo 43 - lo spiegheremo domani, non solo, in occasione degli interventi sul complesso degli emendamenti, ma anche durante l'esame specifico dell'articolo stesso - non prevede alcun tipo di deregulation, anzi tutela molto di più le specie, soprattutto, quelle più in pericolo. Infatti, il concetto di caccia non è più collocato in un arco temporale rigido, ma, comunque, sempre all'interno di paletti.
A questo proposito, voglio smentire chi ripete, in maniera ideologica, che non vi sono più limiti temporali alla caccia: i limiti sono quelli previsti dalla direttiva comunitaria, anzi, sono un po' più stringenti. Infatti, la direttiva comunitaria prevede un arco temporale che va dalla terza decade di agosto alla terza decade di febbraio. Noi non abbiamo previsto di modificare, ma di posticipare gli attuali termini: pertanto, il periodo relativo ad agosto non è stato toccato. Ciò anche su richiesta del Ministro Brambilla che, giustamente, ha fatto notare come sia difficile armonizzare tale anticipo con una vocazione turistica molto spinta, come quella che ha l'Italia. Tuttavia, il posticipo servirà anche ad evitare - gli ambientalisti prendano atto di ciò, perché siamo dei legislatori e, quando vi sono queste tematiche, cerchiamo di svolgere il nostro ruolo nella maniera più asettica, tecnica e neutra possibile - che si possano cacciare le specie, ad esempio, a settembre, quando sono in fase riproduttiva.
Questo è il dato di fatto. Quanto a tutto il resto, ripeto, si tratta posizioni ideologiche che non fanno bene al dibattito e non servono onestamente a nessuno.
Per rispondere al collega Farinone che non vedo più in Aula, noi siamo assolutamente contrari allo stralcio di questo articolo; noi siamo per chiarire, domani, di fronte a tutti i colleghi (e mi auguro che vi sia una partecipazione piena in quest'Aula su questo dibattito), in maniera neutra e non in maniera ideologica, che non esiste alcuna deregulation, ma esistono termini perentori, all'interno dei quali le regioni possono chiedere un allungamento del calendario venatorio, svolgendo procedure certe con tempi certi (ossia i 30 giorni in cui il parere di validazione delle analisi scientifiche a sostegno delle modifiche da apportare ai calendari venatori dev'essere espresso dall'Ispra). Pertanto, vengono coinvolti tutti gli attori principali: sia chi deve redigere il calendario venatorio, sia chi deve tutelare, in qualche modo, le specie protette.
Signor Presidente, concludo rallegrandomi anche del fatto che due tematiche al contrario molto delicate (ossia quelle previste negli articoli 48 e 51 del testo del Senato, in materia di lavoro nero, immigrazione e sicurezza), essendo molto «pesanti» dal punto di vista del dibattito, siano effettivamente poi state stralciate durante l'esame al Senato e siano state transfuse in due provvedimenti autonomi, poiché si tratta di temi più delicato da sviluppare.
Tuttavia, concludo rispondendo che, invece, lo stralcio dell'articolo 43, richiesto dall'opposizione, non ha un senso logico dal momento che, in questo caso, con questo disegno di legge comunitaria dobbiamo dare risposta ad una procedura di infrazione fatta di undici punti molto pesanti che la Commissione europea ci ha, in qualche modo, fatto rilevare e sui quali rischiamo una condanna altrettanto pesante. Pertanto, di questi undici punti, approvando l'articolo 43 del testo, riusciamo a «stralciarne» sette, da una possibile - anzi plausibile, purtroppo - condanna da parte dell'Europa.
Tuttavia, la legge n. 11 del 2005, che tutti bistrattano, ci chiede proprio questo: cercare di uniformarsi il più possibile all'ordinamento comunitario. Stiamo facendo questo, quindi nessuno venga poi a svolgere esercizi di ipocrisia dicendo che quanto previsto dall'articolo 43 andava inserito nella legge di riforma della legge n. 157 del 1992, che è al Senato: infatti, la tematica generale è la stessa, ma la tempistica richiesta per evitare delle procedure di infrazione non ce lo permette.

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor rappresentante del Governo, ci troviamo oggi ad esaminare con notevole ritardo il disegno di legge comunitaria annuale per il 2009: si tratta di un segnale negativo, non coerente con un corretto utilizzo di questo strumento.
La legge comunitaria annuale dovrebbe, infatti, contenere disposizioni per l'adempimento di obblighi che consentano una trattazione rapida, compatibile con un procedimento speciale che, per sua natura, non consente di approfondire interventi su materie complesse e con un impatto economico e sociale rilevante.
Il testo che ci accingiamo ad approvare è, invece, un testo complesso che consta di 56 articoli, quasi tutti modificati o inseriti al Senato, e che riapre completamente la discussione in quanto la Camera aveva licenziato un testo di 25 articoli. Mentre il Governo, come prevede la legge, avrebbe dovuto presentare il disegno di legge comunitaria per il 2010 entro il mese di gennaio, ci troviamo a discutere quasi «una comunitaria nella comunitaria», con la difficoltà di trattare, in tempi ristretti, un testo in buona parte innovato e per sua natura eterogeneo, con implicazioni in settori diversi sui quali ci riserviamo di intervenire nel corso dell'esame.
Al Senato, infatti, sono stati inseriti diversi articoli aggiuntivi riguardanti, in particolare: l'attuazione delle direttive nel settore energetico ed in quello dei rifiuti; la tutela penale dell'ambiente; la regolamentazione dei sistemi di pagamento; la remunerazione degli amministratori di società quotate; il riassetto della normativa in materia di pesca ed acquacoltura; il mercato interno dei servizi postali; la tutela della fauna selvatica; il riutilizzo dei documenti nel settore pubblico; il riordino dell'amministrazione degli affari esteri.
Occorre sottolineare sin d'ora che alcune disposizioni inserite al Senato, per complessità e delicatezza dei settori in cui intervengono, pongono in maniera più marcata la questione di un corretto utilizzo della legge comunitaria annuale. Per quest'Assemblea si pone la scelta di ritardare ulteriormente l'approvazione del testo - comprese le misure non controverse per le quali non sussistono ragioni per non procedere speditamente all'adempimento degli obblighi comunitari - o trattare in maniera frettolosa questioni sensibili, che non trovano nel procedimento speciale che caratterizza l'esame della legge comunitaria annuale adeguati spazi per un democratico confronto. Un esempio eloquente è dato dall'introduzione dell'articolo 43, che modifica la legge 11 febbraio del 1992, n. 157, recante norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio in attuazione della direttiva 79/409/CE. Si tratta di un intervento molto delicato, relativo alla legge sulla caccia, sul quale esistono delicati aspetti relativi alle esigenze derivanti da un corretto adempimento degli obblighi comunitari e un'adeguata tutela dell'ambiente, nell'ambito del riparto di competenze stabilito a livello nazionale. Al di là delle normative oggi previste nel testo in esame, certamente questa problematica meritava un esame e un approfondimento che tenesse conto di tutte le posizioni articolate in sede istituzionale, regionale e di tutti gli attori del settore.
L'articolo inserito al Senato fu stralciato dal disegno di legge comunitaria 2008 proprio per consentire una discussione separata, dando vita ad un'autonoma proposta (A.C. 2320-ter) di modifiche alla legge n. 157 recante norme per la protezione della fauna selvatica, il cui esame deve ancora iniziare. La materia è, peraltro, in discussione al Senato con diversi disegni di legge confluiti l'11 marzo 2009 in un testo unificato proposto dal relatore all'esame della XIII Commissione permanente.
L'inserimento, nuovamente in comunitaria, appare, quindi, fortemente criticabile ed ha comportato, come è noto, nel corso dell'esame in Commissione un'accesa discussione conclusa con l'approvazione nella XIV Commissione di un nuovo testo. Sul testo, in particolare sulla facoltà Pag. 15concessa alle regioni di posticipare i termini del calendario venatorio per determinate specie, ci riserviamo un approfondimento in sede di discussione. Per la norma che consente alle regioni di allungare il periodo di caccia è prevista, nell'ultimo testo approvato in Commissione, la previa obbligatoria acquisizione del parere di valutazione espresso dall'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale che dovrà essere reso entro trenta giorni dalla richiesta. Data la delicatezza della materia, che desta preoccupazioni larghe e diffuse, occorre assicurare che il parere di validazione sia vincolante.
Per quanto riguarda l'impostazione del disegno di legge e, in particolare, del capo I che reca disposizioni di carattere generale sui procedimenti per l'adempimento degli obblighi comunitari mediante il conferimento di delega al Governo per il recepimento delle direttive riportate negli allegati A e B, sussistono aspetti problematici.
Nel corso dell'esame in prima lettura, abbiamo avanzato alcune critiche per l'uso prevalente della delega legislativa e per le deleghe per l'adozione di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi discendenti da provvedimenti comunitari, aspetti ancora presenti nel testo che conferisce delega per l'attuazione di 62 direttive, di cui 10 nell'allegato A e 52 nell'allegato B. Non è il caso di ritornare su tali aspetti nella speranza che in futuro si possa ridurre quantomeno l'incidenza di questi fattori coerentemente con lo sforzo che si è fatto nell'esame di questo provvedimento per valorizzare il ruolo del Parlamento nella fase ascendente.
In questa direzione, alle disposizioni presenti nel testo licenziato alla Camera in materia di adempimenti degli obblighi comunitari relativi all'attuazione degli atti di indirizzo del Parlamento, alla presentazione della relazione annuale e alle procedure contenziose, si sono aggiunti i cinque articoli approvati nel corso dell'esame al Senato recanti ulteriori modifiche alla legge n. 11 del 2005, la cosiddetta legge Buttiglione in materia di informazione al Parlamento sul processo normativo comunitario e di verifica da parte delle Camere del rispetto del principio di sussidiarietà.
Questa materia merita un'importante riflessione proprio perché il Senato certamente è intervenuto in modo incoerente rispetto al processo di semplificazione, di razionalizzazione e di maggiore efficacia da affidare al Parlamento nel recepimento delle normative comunitarie. Il provvedimento introduce modifiche alle norme generali proprio sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea, intervenendo, in particolare, sugli obblighi informativi ricadenti sul Governo per ampliare quelli già esistenti e per introdurre ulteriori obblighi informativi specificatamente finalizzati a realizzare un più puntuale coinvolgimento del CIACE e a permettere un efficace esame parlamentare nell'ambito delle procedure previste dai trattati dell'Unione europea in merito alla vigilanza delle due Camere, ossia del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, sul rispetto del principio della sussidiarietà da parte dei progetti di atti legislativi dell'Unione europea.
Siamo convinti che gli emendamenti approvati a tal riguardo nella Commissione in questo passaggio possano comunque, in qualche misura, favorire un processo di maggiore incisività ed efficacia nell'esame del recepimento delle normative comunitarie nelle more, come hanno detto anche altri colleghi, di una più puntuale e definitiva attuazione e modifica della legge Buttiglione n. 11 del 2005.
Si tratta comunque, al riguardo, di elementi importanti, non solo per salvaguardare le prerogative del Parlamento, ma anche per assicurare una qualità da parte dell'Italia: da una parte, infatti, si pongono le basi affinché il Parlamento possa svolgere la funzione di controllo cui è chiamato dallo stesso ordinamento comunitario a seguito dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona; dall'altra parte, la maggiore partecipazione in fase ascendente facilita gli adempimenti degli obblighi, rendendo più facile la fase discendente Pag. 16e limitando il contenzioso che può derivare dalla non conformità all'ordinamento comunitario.
Non si può - concludendo, signor Presidente - in questa sede non sottolineare come gli indicatori sull'attuazione del diritto comunitario siano ancora largamente sfavorevoli per il nostro Paese. Ricordiamo l'impegno che lei, nella sua qualità di Ministro delle politiche comunitarie, aveva svolto nella direzione di recuperare questi ritardi che, purtroppo, in una classifica pubblicata dalla Commissione a fine novembre ci vedono ancora al penultimo posto per la percentuale delle direttive attuate (dietro di noi ci sarebbe soltanto la Grecia).
Non vogliamo avanzare una critica, ma credo che il recepimento delle normative comunitarie, proprio per le ragioni che abbiamo esposto rispetto all'esame della legge n. 11 del 2005, debba avvenire in modo corretto e approfondito senza l'inserimento nella normativa comunitaria annuale di questioni che sono, invece, da affrontare con appositi strumenti legislativi, coinvolgendo le competenti Commissioni nell'iter legislativo di questa Camera.
Riteniamo, comunque, di porci in questa apertura di dibattito in un'ottica sempre costruttiva e di confronto per cercare responsabilmente di concludere l'iter di approvazione di un testo che inevitabilmente dovrà tornare al Senato. Come sempre e anche in questa occasione faremo la nostra parte, perché riteniamo che sia questo l'impegno che dobbiamo assumere per ribadire, come gruppo Unione di Centro, la nostra forte vocazione europeista nella volontà di costruire un'Europa più forte, partendo da normative comunitarie che rispondano effettivamente, anche a livello nazionale, alle esigenze della nostra comunità.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Baldelli. Ne ha facoltà.

SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, nel passaggio in terza lettura della legge comunitaria e nel corso della discussione sulle linee generali del suddetto provvedimento in Aula diversi esponenti dei gruppi parlamentari hanno sottolineato alcuni elementi. Uno tra questi è senz'altro il ritardo con il quale si affronta l'approvazione di questa legge comunitaria per il 2009 e il fatto che ci si trovi in terza lettura, che teoricamente dovrebbe costituire un passaggio, se non formale, almeno rapido della legge comunitaria, a fronte della quale il calendario del Presidente parla da sé. Tutto ciò ci pone di fronte ad alcune riflessioni. Ad onore del vero, si tratta di un ritardo che non riguarda soltanto questa legge comunitaria. Il ritardo nell'approvazione della legge comunitaria è storico; si potrebbe quasi definire strutturale: se pensiamo alla legge comunitaria approvata durante il Governo Prodi ricordiamo come l'iter per la sua approvazione durò 18 mesi.
Vi sono, pertanto, delle vere e proprie questioni strutturali ed endemiche che riguardano la legge comunitaria e che si impongono al nostro esame in questa occasione e in questo Parlamento.
In primo luogo, è aumentato il numero degli articoli inseriti nel provvedimento: durante la prima lettura alla Camera gli articoli erano 25, mentre adesso sono 56. Al riguardo, è vero che si evidenzia anche una certa eterogeneità, ma essa è fisiologica; affrontando questa legge comunitaria, ad esempio, ci si trova di fronte a circa ottanta direttive, oltre ad altri obblighi comunitari, ed è quindi evidente che l'eterogeneità di materie abbia una sua fisiologia nel provvedimento.
L'elemento conduttore consiste nel sanare e nel dare attuazione a direttive comunitarie che per loro struttura riguardano varie materie multiformi e differenti tra loro. L'elemento di omogeneità è evidentemente da ricercare nel fatto che tutte le norme devono dare attuazione a direttive e dare seguito alle indicazioni che provengono dall'Unione europea, a volte in seguito ad infrazioni contestate, altre volte, invece, in seguito ad obblighi di cui il legislatore italiano deve farsi carico.
È evidente, però, che anche il numero degli emendamenti presentati in Commissione - circa 170, fortemente ridotto poi Pag. 17in seguito ad un atteggiamento responsabile e rigoroso, se si vuole, della presidenza del presidente Pescante - dà la misura del fatto che questa eterogeneità e questo moltiplicarsi degli articoli non è neanche attribuibile ad una parte politica, né tanto meno interessa il contenzioso su tale argomento. Potremmo dire che questo è uno degli elementi, insieme al ritardo strutturale, che fa parte ormai della procedura di approvazione della legge comunitaria annuale.
Si tratta di una legge comunitaria - lo ripeto - che dà seguito a circa 80 tra infrazioni e obblighi che vengono, in qualche modo, attuati con il disegno di legge comunitaria e dei quali all'esterno è apparsa traccia esclusivamente per quanto attiene all'argomento mediaticamente più rilevante, vale a dire la caccia. Ci tengo a sottolinearlo in questa sede, al netto del dibattito che pure ha visto un tentativo - che ci auguriamo virtuoso - di mediazione sul tema della caccia, e che ha visto protagonista la XIV Commissione ma anche i componenti delle altre Commissioni che, per altri aspetti, si sono occupati della normativa comunitaria. Si tratta di una serie di argomenti importanti, trattati nei 56 articoli del disegno di legge, dei quali l'informazione italiana non sta dando particolare conto attraverso gli organi di stampa perché, ovviamente, risulta più seduttivo l'argomento mediatico della caccia. Anzi, se in questa sede posso formulare un auspicio, è che questo Parlamento e quest'Aula possano affrontare in maniera serena e sobria questo argomento, nel tentativo di uscire da quest'Aula con una mediazione il più possibile gratificante per tutti e che tale mediazione non subisca gli elementi mediatici - che in alcuni casi sono anche esasperati - dell'esterno, ma che ciascuno faccia la propria parte con responsabilità.
È evidente che, a fronte di quanto detto sopra, signor Presidente, si impone una riflessione sulla legge comunitaria in quanto tale. Come ricordava poc'anzi il collega Delfino - ma, in qualche modo, lo hanno affermato anche diversi altri colleghi - credo che giacciano già in XIV Commissione ben quattro proposte di riforma della legge n. 11 del 2005 che ella, signor Presidente, conosce sin troppo bene. Ricordo, inoltre, che anche lo stesso Governo ha preannunziato un'iniziativa al riguardo.
Credo che l'esame di questo disegno di legge comunitaria possa indurre una riflessione ulteriore, tendente ad avviare al più presto, signor Presidente, un processo che vada a rendere efficace - sebbene sia stato in qualche modo toccato anche dall'esame del Senato - un particolare profilo della legge n. 11 del 2005. Anche nella relazione si è parlato della fase ascendente e della fase discendente. Tuttavia, ritengo opportuna una maggiore organicità e una riflessione sulla riforma di questa normativa, in grado di fornire tempi certi e un binario ben preciso a questa legge così importante. Essa è importante, appunto, proprio per la credibilità dell'Italia in Europa, per i tempi celeri dell'approvazione di questa legge che, appunto, confermano questa credibilità nonché per i nuovi obblighi che anche il Trattato di Lisbona impone ai legislatori dei Paesi degli Stati membri. Credo, dunque, che questa riflessione sul rafforzamento, per alcuni aspetti, di un percorso di riforma delle legge n. 11 del 2005 debba, in qualche modo, avere tempi brevi e soprattutto signor Presidente - e con questo auspicio mi avvio a concludere il mio intervento - debba avere la collaborazione di tutte le forze politiche. Si tratta di una convergenza importante, perché la legge comunitaria è patrimonio di tutti, così come la forte e convinta adesione all'Unione europea è e deve essere patrimonio di tutti. In particolare, per quanto riguarda il mio partito e il mio gruppo, condividiamo tale idea, ispirandoci soprattutto a quell'Europa popolare alle cui radici e alla cui tradizione amiamo richiamarci.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Gozi. Ne ha facoltà.

SANDRO GOZI. Signor Presidente, all'onorevole Baldelli che è ancora in Aula dirò che quello al nostro esame è un Pag. 18provvedimento moltiplicato per sette, che disattende completamente la linea che il Governo ci aveva promesso. Ricordo, anzi, che senza alcuna richiesta si era impegnato a tenere quel comportamento nel momento in cui era giunto in Commissione per l'esame del disegno di legge comunitaria del 2009. Quindi, ci sta benissimo il senso di responsabilità rivolto a tutti i gruppi.
Del resto, il nostro gruppo, insieme all'UdC, è stato uno dei primi a presentare proposte di riforma relative alla legge del 2005, però bisognerebbe anche che a quanto si dice seguissero comportamenti coerenti. Il Governo, cioè, dovrebbe dire prima quello che vuole fare, e poi fare quello che dice. Invece, in questo disegno di legge comunitaria il Governo non ci ha detto prima quello che avrebbe voluto fare - forse perché non lo sapeva - e poi non ha fatto quello che ci aveva detto avrebbe fatto, ossia una legge comunitaria molto veloce.
Le conseguenze sono molto gravi e i precedenti storici non ci interessano affatto, dato che poi nella classifica delle infrazioni ricominciamo a scendere e quindi ricominciamo ad avere un trend al quale il centrodestra ci ha abituato, mentre invece avevamo impostato, con l'azione di Prodi e della Bonino, un miglioramento strutturale del modo di adempiere in tempo agli obblighi comunitari.
È evidente, quindi, che voi della maggioranza e del Governo avete snaturato completamente il provvedimento, come è anche evidente - e concordo - la necessità di intervenire per evitare queste distorsioni ed un uso improprio e strumentale della legge comunitaria. Certamente noi del gruppo del Partito Democratico siamo pronti da mesi e chiediamo di avviare in Commissione la discussione per la revisione della legge n. 11 del 2005.
Ogni giorno diamo prova di quel senso di responsabilità e dell'interesse nazionale rispetto agli impegni comunitari e vorremmo, onorevole Baldelli, che anche la maggioranza ed il Governo dessero prova di altrettanta responsabilità. Purtroppo ci sono divergenze fortissime anche tra il lavoro che facciamo in XIV Commissione e quello che fuori dalla stessa e in altre sedi il Governo e la maggioranza fanno. È evidente, lo abbiamo detto più volte, che la legge n. 11 del 2005 va riformata anche alla luce del Trattato di Lisbona.
Alcuni profili di riforma sono anche anticipati in questo provvedimento e perché mai? Per tentare di correggere gli errori che la maggioranza ha fatto in Senato in seconda lettura. Capisco tutto; capisco le urgenze e anche quelle che possono sorgere nel corso del provvedimento, ma che la maggioranza in Senato intervenga in relazione agli aspetti istituzionali e procedimentali della legge n. 11 del 2005, facendo riferimento anche al nuovo Trattato di Lisbona in maniera così impropria e così sbagliata, come la presidente della 14a Commissione del Senato ha voluto fare, mi sembra veramente un grosso passo indietro.
Non si può pensare che il Parlamento limiti le sue prerogative unicamente a una valutazione del principio di sussidiarietà dal punto di vista dell'interesse nazionale. Se ci sono altri aspetti che ci riguardano per quanto riguarda la sussidiarietà e la proporzionalità, e che non riguardano l'interesse nazionale, non dobbiamo parlarne? Perché è questo che dice l'emendamento che in Senato la maggioranza ha voluto approvare e che qui alla Camera, per la necessità di mantenere equilibrio al suo interno, non è stata capace di eliminare.
Questa è la realtà, come del resto lo è il nostro senso di responsabilità. Siamo una forza di opposizione, ma siamo la forza che ha presentato l'emendamento più favorevole al Governo dal punto di vista istituzionale per quanto riguarda il modo di fare politica europea. Infatti, il rafforzamento del CIACE, che l'emendamento che abbiamo presentato consente, è l'esempio di una proposta emendativa fatta nell'interesse del Paese.
Infatti, sappiamo benissimo che quel Comitato, che dovrebbe essere lo strumento operativo di coordinamento della politica europea, può avvalersi del lavoro di venticinque funzionari quando il suo Pag. 19equivalente a Matignon, in Francia, presso il Primo Ministro francese, di funzionari ne ha qualcosa come un numero con uno zero in più: duecentocinquanta. Quindi, vanno benissimo gli inviti della maggioranza al senso di responsabilità dell'opposizione, ma onestamente ritengo non siano proprio necessari, perché con i fatti e con gli emendamenti stiamo dimostrando ogni giorno questo senso di responsabilità.
Purtroppo questo senso di responsabilità non lo dimostra, lo ripeto, la maggioranza. Anche su questo - mentre scende le scale - chiedo all'onorevole Baldelli: la legge comunitaria patrimonio di tutti?
Voi l'avete presa in ostaggio per una questione come la caccia. Voi avete preso in ostaggio un provvedimento, che è di interesse generale, che deve riguardare gli adempimenti dell'Italia su tutta una serie di materie (siamo in terza lettura alla Camera), per una questione specifica: l'articolo 43, concernente l'aspetto su cui vi siete divisi e sul quale continuate ad essere divisi in queste ore. Peraltro, è l'unico aspetto che la Commissione europea non ci contesta e voglio dirlo al collega Pini: la Commissione europea ci fa tanti rilievi, ma non ci dice nulla sul calendario venatorio ed è l'unico punto su cui siete divisi, su cui al Senato avete fatto i pasticci che avete fatto. È l'unico punto sul quale ancora continuiamo a scontrarci.
Il calendario venatorio, in base alla direttiva europea relativa alla caccia, andrebbe modificato solo per motivi oggettivi di necessità e la necessità non è né quella di trovare precari equilibri all'interno della maggioranza, né quella di soddisfare le posizioni più estremiste all'interno di alcuni gruppi di interesse. È altro. La direttiva non è fatta per soddisfare le spinte di questo o quell'altro gruppo. Per questo noi ribadiamo la nostra posizione: è improprio fare un intervento così organico sulla caccia all'interno della legge comunitaria.
Anche su altri aspetti, invece più propriamente legati ai nostri impegni e agli atti - vincolanti o meno - europei, vi invitiamo ad avere un pochino più coraggio. Sulle raccomandazioni della Commissione europea per quanto riguarda le remunerazioni dei manager delle società quotate, è bene utilizzare la legge comunitaria per quello per cui è concepita, cioè stabilire dei principi e dei criteri direttivi chiave.
Per questo voglio richiamare i nostri emendamenti, che mirano ad ancorare i principi generali che si trovano nelle raccomandazioni della Commissione europea a precisi criteri delle remunerazioni, in piena aderenza con la raccomandazione, prevedendo un codice etico delle remunerazioni, ponendo vincoli e limiti, sia per quanto riguarda la componente fissa che quella variabile delle retribuzioni, ancorando le stesse al trattamento di fine rapporto, agli effettivi risultati raggiunti e misurabili su strategie di lungo periodo, anche allo scopo di evitare ingiustificati privilegi e prevenire conflitti di interesse anche mediante la previsione esplicita di un comitato per le remunerazioni ad hoc che vigili periodicamente e riesamini la politica attuata in materia di remunerazioni.
Questi sono gli orientamenti proposti, certamente non imposti, dalla Commissione europea proprio per far fronte ad uno degli aspetti più odiosi che è emerso durante la crisi finanziaria, cioè dei bonus che non sono assolutamente legati ai risultati raggiunti dalle aziende che sfuggono totalmente al controllo degli azionisti. Sarebbe bene su questo, dato che la maggioranza vuole essere così precisa e dettagliata su tanti aspetti non entrare nel dettaglio, ma ribadire dei principi e dei criteri di ordine generale.
Concludo ricordando, invece, un altro aspetto, che è quello del servizio europeo di azione esterna e che in questa legge comunitaria trova giustamente spazio anche la norma che consente al nostro Paese di distaccare i diplomatici verso il servizio europeo per l'azione esterna. È una norma certamente propria, che giudichiamo molto importante nell'interesse dell'Unione europea e del nostro Paese. Vorremmo però cogliere questa occasione per ribadire la posizione che abbiamo potuto esprimere sia al Ministro Frattini sia al Pag. 20Ministro Ronchi, cioè le nostre preoccupazioni per come la costruzione del servizio di azione esterna sta procedendo a Bruxelles. Infatti, ci sembra che il servizio possa dare luogo a delle duplicazioni non necessarie rispetto al lavoro già svolto dalla Commissione europea. Riteniamo che il servizio diplomatico comune dovrebbe essere molto più collegato alla Commissione europea di quanto lo sia ora. Non abbiamo bisogno di aumentare gli organi in sede comunitaria, ma di snellire e ridurre le frammentazioni degli organi preposti all'azione esecutiva.
Questo snellimento e questa semplificazione sono particolarmente importanti in un settore così strategico e così ancora da costruire, come la politica estera e di sicurezza comune, e questo allontanarsi dal metodo comunitario del servizio di azione esterna ci preoccupa. Così come riteniamo insufficiente il ruolo solo consultivo che viene attribuito al Parlamento europeo; certo il Parlamento ha la possibilità, e lo farà, di far sentire la propria voce attraverso il potere di bilancio, dato che comunque il servizio diplomatico dovrà essere sostenuto e finanziato dal bilancio comunitario e sappiamo benissimo quali sono i poteri del Parlamento europeo in materia di bilancio, però riteniamo che se c'è veramente la volontà politica di cominciare a costruire i primi elementi veri di una politica estera comune è impossibile farlo lasciando in una posizione marginale un'istituzione centrale nella vita europea come il Parlamento europeo, anche in politica estera. Dobbiamo quindi evitare di fare dei carrozzoni, diciamo così all'italiana, anziché fare degli organi veri ed efficienti a livello comunitario.
Concludo, Presidente, ribadendo la nostra preoccupazione anche per l'insufficiente presenza, al momento, del personale italiano nelle istituzioni comunitarie, in particolare proprio nel servizio diplomatico comune. Il Ministro Frattini, audito in una seduta comune delle Commissioni della Camera e del Senato, ci ha assicurato tutto l'impegno del Governo volto ad assicurare una rappresentanza adeguata dell'Italia ai vertici della struttura amministrativa del servizio diplomatico comune. Noi riteniamo che al momento ci sia una preponderante, eccessiva e inaccettabile presenza di francesi, inglesi e tedeschi nelle posizioni strategiche in Europa e riteniamo che questo articolo 52 debba consentire anche a questo Parlamento di dare un segnale molto forte al Governo per fare tutto il possibile perché l'Italia abbia il suo giusto riconoscimento come Paese fondatore e come Paese che ha sempre apportato un contributo fondamentale in Europa. Chiediamo un giusto riconoscimento anche in termini di suoi connazionali ai vertici delle istituzioni esistenti e di quelle che si vanno creando, come il servizio diplomatico comune (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Cenni. Ne ha facoltà.

SUSANNA CENNI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, purtroppo, e sottolineo questo termine, svolgerò un intervento che si concentrerà su un solo punto, l'articolo 43 del provvedimento in esame. Come già è stato richiamato dal collega Farinone e adesso dal collega Gozi, questo è uno dei punti che costringe questa Camera ad una terza lettura della legge comunitaria.
Voglio iniziare informando i pochi presenti in Aula che questa mattina a Firenze tre importanti associazioni venatorie della Toscana, Arcicaccia, Federcaccia e Italcaccia, hanno convocato una conferenza stampa e hanno presentato un importante documento che io direi è ispirato al buonsenso venatorio. Questo documento lancia a noi legislatori dei messaggi molto chiari che mi permetto qui di sintetizzare. Si dice: la legge n. 157 del 1992 ha delle fondamenta che rimangono valide per il futuro e la sua rilettura necessita di ampie alleanze e di una ampia condivisione; lo stato della discussione in Parlamento è tutt'altro che incoraggiante ed è stato caratterizzato da annunci roboanti, caratterizzati più dagli opposti estremisti che dai buoni argomenti della scienza e dell'esperienza. È un invito quindi a tutti noi Pag. 21a cambiare rotta, a riaprire tavoli di confronto e a fare un passo indietro ritirando tutti i disegni di legge e le occasioni sporadiche, fra i quali appunto figura l'articolo 43 della legge comunitaria. Sostanzialmente è un invito a deideologizzare lo scontro su questa materia. L'ho voluto richiamare perché questo non è un documento del Partito Democratico, ma credo che sia sufficientemente rappresentativo delle tre principali associazioni del mondo venatorio.
Parto da questi punti perché nelle scorse settimane purtroppo abbiamo assistito a dichiarazioni e abbiamo ascoltato interventi di colleghi che mai prima avevano frequentato la Commissione competente, la Commissione agricoltura, e che invece hanno fattivamente contribuito all'esatto contrario.
Quindi, hanno dato il loro contributo a dare voce agli opposti estremismi. Noi sappiamo che, quando questo accade, ogni tentativo di riportare le discussioni e le decisioni sul merito viene purtroppo annacquato, annientato e reso vano proprio dalle urla di chi pensa - questo purtroppo accade da un po' di tempo a questa parte, non solo su questa materia - che con la forza dei numeri e della presunzione, magari anche con un po' di «machismo» nello stile parlamentare, si possa sempre imporre la propria posizione. Questo è quanto è stato recitato sin dall'inizio di questa legislatura e purtroppo lo si è fatto nel nome di una sorta di rappresentanza a senso unico, che - permettetemi di dirlo con franchezza - ben poco ha a che fare con una corretta gestione dell'attività venatoria, con la pratica di una passione antica e radicata nei nostri territori, a partire dal mio, quello di una regione che vede la più alta concentrazione di cacciatori di tutto il Paese. Forse ha più a che fare con quei gruppi di interessi di cui parlava prima l'onorevole Gozi. Colleghi della maggioranza, voi avete messo in scena una rappresentazione francamente un po' stantia, recuperata nei decenni addietro, rinfrescata alla vigilia delle elezioni regionali, che non ha però il coraggio del confronto e della mediazione, che non ha la capacità di ascolto delle ragioni altrui e che purtroppo molto spesso, troppo spesso, non approfondisce il merito delle questioni. Altrimenti, come si può spiegare che per la terza volta questa Camera si trova ad esaminare lo stesso identico tema, che ha già rimandato al mittente per ben due volte. Lo voglio ricordare brevemente, forse è utile almeno per coloro che magari leggeranno i resoconti parlamentari: l'Europa ci ricorda che in materia di conservazione degli uccelli selvatici la nostra legislazione non recepisce adeguatamente la direttiva n. 74/409/CEE. La nostra violazione riguarda molti punti, fra i quali la materia delle deroghe esercitate dalle regioni, molte regioni, quasi tutte quelle a forte densità venatoria.
Nel 2006 siamo stati deferiti alla Commissione di giustizia per la violazione della direttiva da parte di Sardegna e Veneto, nel 2008 abbiamo ricevuto una lettera di messa in mora complementare per non aver dato esecuzione alla sentenza sulla conservazione degli habitat e così via, per giungere a qualche settimana fa, a nuovi provvedimenti che stanno per essere trasmessi e notificati al nostro Paese. La legge comunitaria per sua natura avrebbe dovuto essere lo strumento per recuperare questa situazione, invece con un paradosso che facciamo finta di non ricordare non solo non abbiamo fatto la nostra parte, ma la aggraviamo intervenendo ulteriormente su un tema che non dovevamo toccare: il calendario venatorio. Credo che questo la dica lunga sulla grave difficoltà che c'è e sul percorso complesso che qualcuno fa fatica ad affrontare nel discutere con trasparenza e con correttezza di questa materia, volendo ancora una volta toccare quel punto, sempre e solo quello: l'articolo 18 della legge n. 157 del 1992, i limiti del calendario venatorio, quella mediazione storica avvenuta in Parlamento diciotto anni fa fra il mondo venatorio, agricolo e ambientalista, i limiti del primo settembre e del 31 gennaio. Questo e non un altro è il merito della discussione che stiamo affrontando e sulla quale non siamo d'accordo. Così come abbiamo fatto da un anno a questa parte, noi siamo qui non Pag. 22soltanto ad opporci a questa posizione un po' furbesca, ma stiamo cercando di farlo con coerenza, sapendo di rappresentare non tanto questa o quella associazione, ma il buonsenso, purtroppo un po' dimenticato da questi luoghi in cui tutti noi lavoriamo. È quel buonsenso che dovrebbe essere al primo posto nell'agire di ognuno di noi. Noi lo facciamo con compattezza - in queste settimane abbiamo letto almeno quattro diverse posizioni nella maggioranza - e soprattutto con trasparenza. Vede, onorevole Pini - anche se è andato via poi mi leggerà -, è vero: noi siamo il legislatore. L'onorevole Pini sa bene che il Partito Democratico ha anche cercato una mediazione. Ha cercato di ragionare fin dove potevamo arrivare a raccogliere anche alcune difficoltà che erano state esplicitate, anche sull'articolo 43 e sul punto più ostico di quella riscrittura, la lettera d).
Allora perché siamo tornati indietro rispetto ai passi in avanti che erano avvenuti in Commissione agricoltura? Perché si è tolto il termine «vincolante» nel parere dell'ISPRA, inserendo un'altra definizione che non ha lo stesso valore? Perché si è accolto soltanto il termine «posticipare», che voglio ricordare è frutto del nostro contributo in quella discussione (originariamente era previsto un altro termine che era «la mera modifica del calendario», quindi riguardava la stessa possibilità di anticipare il calendario), mentre è sparito ogni termine conclusivo di quel calendario? Noi abbiamo espresso la volontà di mediare, ma quella volontà non è stata accolta nella maniera più assoluta. Su questo voglio sottolineare che non ci sono piaciuti alcuni passaggi che hanno caratterizzato la discussione in Commissione.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

SUSANNA CENNI. Lo voglio ricordare perché spesso il merito, il confronto e la costruzione sono momenti che richiedono impegno e approfondimento. Abbiamo riconosciuto al relatore in Commissione un ruolo che però è stato disatteso, sono parole dell'onorevole Gottardo che ha espresso un intento molto chiaro. Diceva il relatore: quanto è avvenuto al Senato non rispetta le richieste che ci giungono dall'Europa, lavorerò per quelle risposte e per un testo largamente condiviso, altrimenti chiederò io lo stralcio; tutto questo non è avvenuto. Vi chiediamo, visto che vi è ancora un po' di tempo, di rifletterci, di utilizzare bene questo tempo, di modificare quell'articolo 43 che credo oggi rappresenti sostanzialmente un grande pasticcio. Un grande pasticcio per tante ragioni: perché l'ISPRA non viene investita delle piene competenze che dovrebbe avere; perché avete tolto il termine «vincolante»; perché quegli osservatori regionali che voi richiamate ad oggi non esistono; perché quell'ipotesi di calendario così concepita produrrà una valanga di ricorsi e getterà le regioni, il mondo venatorio, il mondo ambientalista ed agricolo, a constatare che i calendari venatori verranno decisi dalle sentenze dei vari tribunali (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Zamparutti. Ne ha facoltà.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Signor Presidente, anche io interverrò sull'articolo 43, perché penso (mi richiamo anche alle parole pronunciate dal collega Baldelli allorché ha sottolineato la volontà di adesione all'Unione europea) che la vicenda che ha connotato la formulazione di questo articolo esprima anche il senso dell'adesione che si può avere nei confronti dell'Unione europea, di un tipo o di un altro, sottolineando che per me aderire all'Unione europea significa, innanzitutto, rispettarne la legalità. Non è certo questo il senso che la maggioranza - mi pare di tutta evidenza - intende garantire ai principi di adesione all'Unione europea, vista la formulazione finale a cui si è giunti relativamente a questo articolo che tratta della caccia. Si è deciso di introdurre, non richiesti dall'Unione europea, dei meccanismi che sostanzialmente cancellano i termini venatori attraverso quell'escamotagePag. 23che attribuisce alla regioni il potere di posticiparli, senza fissare alcun limite temporale, inaugurando sostanzialmente, in questo senso, una autostrada per l'apertura di ulteriori nuove infrazioni. Tutto ciò lo aveva spiegato bene la collega Cenni nella ricostruzione di quello che è stato il confronto in Commissione agricoltura, con alcuni impegni assunti dal presidente della commissione che poi sono stati assolutamente disattesi.
Sono stati disattesi perché siamo di fronte a questa formulazione finale del secondo comma dell'articolo 43 (appunto quello che crea questi problemi), e perché siamo ormai di fronte alla politica del raggiro, alla politica dell'abuso, con il ricorso a strumenti legislativi impropri per non affrontare a viso aperto e in maniera istituzionalmente corretta l'eventuale riforma della legge sulla caccia con quello spirito - che auspicava la collega Cenni - di confronto, di ascolto rispetto alle posizioni che varie associazioni esprimono o vogliono esprimere. Lascia davvero interdetti il fatto che un Governo illiberale come questo sia liberale esclusivamente sulla caccia, e che un Governo proibizionista sia sulla caccia di segno antiproibizionista. Lo dico perché ho incontrato un collega, sostenitore di questa impostazione che ci viene proposta, per chiedergli come mai e quali motivazioni possano animare un simile modo di ragionare e di procedere, e mi ha detto: sai, nel meridione vi sono molti ragazzini, anche molti minorenni, che vanno a caccia con i nonni e portano i fucili, e mica si può lasciare una situazione del genere, bisogna legalizzarla. Lo ripeto, si tratta della politica dell'abuso, del raggiro, della non serietà, della politica di chi non vuole soprattutto ascoltare l'opinione pubblica. Infatti, per quanto riguarda l'opinione pubblica in occasione dei referendum che come Radicali proponemmo - certamente molto tempo fa - noi abbiamo visto come le percentuali dei votanti fossero ampiamente contrarie alla caccia. Lo dimostrano anche i recentissimi sondaggi che sono stati commissionati da associazioni ambientaliste. Certo, mi lascia stupita l'aver assistito a certe reazioni in Commissione agricoltura durante il dibattito, quando ho ricordato la percentuale che indica una netta contrarietà dei cittadini - intorno all'80 per cento - al tipo di modifiche che s'intendono introdurre in questa materia, ampliando appunto la possibilità di cacciare, e c'è anche chi si è inalberato di fronte al fatto che in politica i sondaggi venissero posti all'attenzione di chi su quella materia deve decidere. Io invece li voglio ricordare, perché questo sondaggio dell'Ipsos del mese di marzo - quindi, molto recente - ci informa del fatto che il 79 per cento dei cittadini italiani considera la caccia una crudeltà da vietare o da regolamentare più rigidamente. Ci informa altresì del fatto che l'80 per cento la vorrebbe vietare nei terreni privati senza l'autorizzazione del proprietario, e che il 71 per cento degli italiani chiede di limitare la stagione venatoria ai soli mesi di ottobre, novembre e dicembre (qui invece si decide di posticiparla senza alcun limite), e del fatto che l'81 per cento degli italiani si oppone all'ipotesi di allungamento della stagione di caccia, ad esempio nei mesi di febbraio e di marzo. Ecco, questi sono dati importanti che dovremo tenere presenti, come anche le posizioni - che la collega Cenni ricordava - di associazioni anche venatorie, e dovremmo tenere presenti anche i manifestanti, che voglio ricordare e anche salutare, che da questa mattina sono all'esterno di questa Camera per chiedere di non commettere questo vero e proprio scempio, che - a differenza dell'ascolto dell'opinione pubblica - è invece espressione di settarismo, e il settarismo è una brutta malattia perché diffonde il virus dell'intolleranza. Lasciamo pure perdere la Lega, ma io - con questo concludo - mi chiedo se davvero questo partito dell'amore vuole, nell'anno della biodiversità (perché il 2010 è l'anno della biodiversità), ampliare la possibilità di cacciare - è quanto si sta realizzando - facendo in questo modo fare un passo indietro di trenta anni al nostro Paese. Pag. 24
Davvero mi auguro che sia presente in alcune componenti della maggioranza una ragionevolezza che ci consenta di non arretrare su questo e soprattutto di mantenere quel senso di legalità il quale richiede che in una legge comunitaria si conoscano le questioni problematiche ma non si introducano occasioni per creare ulteriori infrazioni comunitarie come, invece, si sta facendo in questo modo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2449-C)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Formichella.

NICOLA FORMICHELLA, Relatore. Signor Presidente, intervengo soltanto per fare una brevissima replica di qualche secondo. Nella nostra Commissione abbiamo dimostrato - si può leggere dagli atti - che la dialettica tra i vari gruppi serve a migliorare i testi e lo abbiamo fatto con grande senso di responsabilità: lei, signor Presidente lo sa come lo sa il collega Gozi.
Tuttavia riguardo allo scenario generale della legge comunitaria vorrei citare soltanto tre dati che, a mio avviso, sono importanti per sgombrare qualsiasi equivoco rispetto a quanto appariva dall'intervento del collega Gozi. Vi sono tre numeri e tre dati particolari: nel 2008, quando siamo arrivati al Governo, erano in atto 180 procedure di infrazione e adesso ce ne sono 150. Grazie a questa legge comunitaria recepiamo circa 80 obblighi comunitari e sicuramente con questa legge comunitaria arriveremo a scendere di altre 30-40 procedure di infrazione. Comunque le 150 procedure di infrazione che abbiamo ad oggi rispetto alle 180 di inizio legislatura sono il miglior risultato dal 2000. Credo che i numeri non possano essere contestati e ritengo che dire la realtà dei fatti serva per fare maggiore chiarezza e descrivere quanto accade con maggiore verità.

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo rinuncia alla replica.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Discussione del testo unificato delle proposte di legge: Damiano ed altri; Miglioli ed altri; Miglioli ed altri; Bellanova ed altri; Letta ed altri; Donadi ed altri: Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori. (A.C. 2100-2157-2158-2452-2890-3102-A) (ore 15,56).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato delle proposte di legge di legge d'iniziativa dei deputati Damiano ed altri; Miglioli ed altri; Miglioli ed altri; Bellanova ed altri; Letta ed altri; Donadi ed altri: Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al vigente calendario dei lavori d'Assemblea (vedi calendario).

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2100-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.
Avverto, altresì, che la XI Commissione (Lavoro) si intende autorizzata a riferire oralmente. Pag. 25
Il relatore, onorevole Cazzola, ha facoltà di svolgere la relazione.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, la XI Commissione dopo un lungo, articolato e faticoso iter parlamentare riferisce favorevolmente all'Assemblea sul testo unificato delle proposte di legge 2100 ed abbinate recante misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.
Si tratta - giova dirlo in premessa - di un testo unificato sul piano formale di sei proposte di legge d'iniziativa dell'opposizione il cui inserimento nel calendario dei lavori dell'Assemblea peraltro è stato richiesto proprio da alcuni gruppi di minoranza che, tuttavia, contiene soltanto una limitata parte di quanto originariamente previsto dalla Commissione al termine dei lavori del comitato ristretto istituito per l'istruttoria legislativa, aderendo alla richiesta posta all'inizio della discussione di concentrare il lavoro su talune priorità.
Nella scorsa settimana infatti, a seguito dell'approvazione del parere da parte della V Commissione sulla base di una relazione tecnica del Governo, è stato richiesto all'XI Commissione di sopprimere, ai sensi dell'articolo 81, comma 4, della Costituzione, due articoli - l'articolo 1 e l'articolo 3 - e di rimodificare l'articolo 2 del testo risultante dall'esame degli emendamenti. I due articoli soppressi costituivano parte del provvedimento stesso e sul piano politico - è onesto riconoscerlo - rivestivano molta importanza per le forze politiche proponenti i progetti di legge esaminati in sede referente dall'XI Commissione. Con il primo di questi articoli si dava facoltà all'INPS di erogare, a seguito di un accordo tra le parti e di un decreto ministeriale, ai lavoratori dipendenti di imprese inadempienti perché in situazioni di particolare difficoltà economica e finanziaria, parte delle somme corrispondenti ai crediti di lavoro non erogati dall'impresa per la quale essi svolgono la propria attività lavorativa, ciò avvalendosi del Fondo di garanzia per il trattamento di fine rapporto istituito dall'articolo 2, comma 2, della legge n. 297 del 1982 e nei limiti delle disponibilità complessive del Fondo medesimo.
È opportuno aggiungere, signor Presidente, qualche spiegazione sulla ratio di una norma siffatta: già in forza della disciplina vigente, il Fondo citato interviene a liquidare non solo il TFR ai dipendenti di aziende insolventi, nel caso in cui non sia possibile ottenerne l'erogazione tramite le procedure concorsuali, ma provvede anche alla liquidazione di alcune mensilità arretrate di stipendio. La norma approntata nell'XI Commissione prevedeva che l'INPS potesse intervenire tramite il Fondo e subentrando nel credito relativo anche nel caso di aziende inadempienti nel regolare pagamento delle retribuzioni ai propri dipendenti. Ovviamente, l'operatività della norma era subordinata alla verifica di alcune condizioni: la disponibilità di risorse nel Fondo, la realizzazione di un accordo tra le parti in sede di Governo, l'emanazione di un decreto da parte del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.
Con il secondo degli articoli soppressi si stabiliva che, limitatamente al biennio 2010-2011 e in attesa di una complessiva riforma del sistema degli ammortizzatori sociali, il trattamento di cassa integrazione guadagni ordinaria potesse estendersi, per un periodo massimo complessivo di 78 settimane, in luogo dell'attuale limite massimo complessivo di 56 settimane. Come detto la V Commissione, dopo l'acquisizione della relazione tecnica, ha chiesto la soppressione di questi due articoli e la modifica di un altro articolo, cosa che dolorosamente si è deciso di fare, sia pure a maggioranza, dando seguito ad una prescrizione richiesta ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Al riguardo peraltro vorrei precisare che come relatore avevo sin dall'inizio necessariamente vincolato la possibilità di procedere con gli interventi illustrati solo alla luce della loro compatibilità finanziaria, che fin dall'inizio era apparsa piuttosto Pag. 26complessa. Peraltro vorrei chiarire che non si è trattato, da parte della maggioranza, di alcun passo indietro sotto questo profilo, bensì soltanto di adeguarsi e dare seguito a quanto richiesto dai competenti organi preposti al controllo della stabilità della finanza pubblica.
Certo nessuno intende negare l'evidenza, dal momento che il dibattito intercorso in proposito sul provvedimento in esame è stato aperto e reso pubblico. Tuttavia, se vogliamo dar prova di altrettanta onestà intellettuale, al pari di quella che ci porta a riconoscere gli effetti politici della mutilazione del testo votato in sede referente, dobbiamo sottolineare due aspetti: nell'esprimere parere contrario limitatamente all'articolo 3, relativo all'estensione della cassa integrazione guadagni ordinaria, il Governo ha portato alcuni argomenti di merito con i quali occorre confrontarsi, perché riguardano, fra gli altri, i destinatari di questo tipo di ammortizzatori sociali, si tratti di grandi o di piccole imprese, le prime con possibilità di ricorrere alla cassa integrazione ordinaria, le seconde solo alla cassa integrazione in deroga. In sostanza, il Governo ha espresso la preoccupazione, condivisa anche da talune forze sociali, che a fronte dell'invarianza dei finanziamenti a disposizione l'incremento del periodo di intervento della cassa integrazione guadagni ordinaria finisse per sottrarre risorse alla cassa integrazione in deroga, ciò in un contesto in cui, in via amministrativa, è stato risolto con l'INPS il problema del passaggio senza soluzione di continuità fra la cassa integrazione guadagni ordinaria, una volta esaurita, a quella straordinaria.
Va da sé, che nessuna maggioranza potrebbe ignorare le condizioni del proprio Governo, tuttavia, su di un punto, bisogna essere chiari: ci siamo fermati in una fase precedente rispetto a quella in cui entrano in campo le questioni di merito.
Nel nostro caso, sono state decisive, prima ancora che le argomentazioni di merito, sicuramente, quelle pregiudiziali di natura finanziaria. Pertanto, a conclusione della vicenda, si è proceduto a modificare, con emendamenti conformi, il testo approvato in sede referente. Lo abbiamo fatto in base alla regola che ci è data alla Camera, attribuendo alla Commissione bilancio il ruolo che ad essa è riconosciuto, a garanzia della correttezza del lavoro di noi tutti, quando delibera ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Per non parlare, poi, della funzione istituzionale svolta dalla Ragioneria generale dello Stato, la cui «bollinatura» di un provvedimento è essenziale per la sua promulgazione e la cui indipendenza di giudizio non può, certo, essere messa in discussione.
Consentitemi, quindi, di illustrare, a questo punto, la parte del provvedimento di cui la Commissione chiede l'approvazione da parte dell'Assemblea. Innanzitutto, l'articolo 1 (mi riferisco al nuovo articolo 1, da non confondere con l'articolo 1 del vecchio testo, ora soppresso), che prevede, al primo comma, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali svolga un monitoraggio in ordine all'attuazione delle disposizioni di cui al comma 2 dell'articolo 19 del decreto-legge n. 185 del 2008.
Tale comma prevede, in via sperimentale, l'introduzione di una nuova forma di ammortizzatore sociale per i collaboratori coordinati e continuativi nei casi di fine lavoro, consistente nell'erogazione, in un'unica soluzione, di una somma pari al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente e, comunque, non superiore a 4 mila euro. All'esito di tale monitoraggio, il Ministro può, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, procedere alla revisione dei requisiti di accesso a tale trattamento e all'eventuale nuovo calcolo, ovviamente in integrazione, delle prestazioni già erogate agli aventi diritto.
Il comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in oggetto prevede - si tratta di una lunga battaglia trasversale condotta dalla Commissione lavoro nel corso dei due anni della legislatura - l'applicazione dell'articolo 2116 del codice civile ai collaboratori iscritti, in via esclusiva, alla Pag. 27gestione separata presso l'INPS relativa ai lavoratori autonomi, a condizione che questi si trovino in regime di monocommittenza e non siano titolari dell'obbligo di versare i contributi.
Ricordo che il predetto articolo 2116 del codice civile, ove ritenuto non applicabile ai lavoratori parasubordinati, prevede che le prestazioni di previdenza ed assistenza siano dovute ai lavoratori, anche quando il datore di lavoro non abbia versato regolarmente i contributi dovuti (in diritto previdenziale, si parla di «principio dell'automaticità delle prestazioni»). L'articolo in oggetto prevede inoltre che qualora, a causa del mancato versamento dei contributi a suo carico, le prestazioni non siano erogate in tutto o in parte, il predetto datore di lavoro sia, comunque, responsabile dei danni per il lavoratore.
All'onere derivante dal richiamato comma 2 dell'articolo 1 del provvedimento in discussione - la questione della copertura finanziaria aveva impedito, fino ad ora, di risolvere il problema - si provvede ai sensi del comma 3 dell'articolo stesso, mediante l'incremento dallo 0,22 allo 0,25 per cento dell'aliquota aggiuntiva prevista a carico degli iscritti nella gestione separata dei lavoratori parasubordinati presso l'INPS, introdotto, a suo tempo, per finanziare l'estensione delle prestazioni per la maternità alle lavoratrici. La copertura è stata ritenuta congrua per il prossimo triennio, anche se è stata chiesta una relazione tecnica traguardata a dieci anni, come previsto per le norme in materia di previdenza.
L'articolo 2 del provvedimento in discussione, a sua volta, prevede, al comma 1, che, fino alla data del 31 maggio 2010, gli elenchi nominativi annuali dei lavoratori dell'agricoltura, nonché gli elenchi nominativi trimestrali dei predetti lavoratori, funzionali all'accreditamento dei relativi contributi previdenziali valevoli per l'anno 2009, siano notificati alle scadenze secondo le modalità stabilite dalla normativa vigente in materia: pubblicazione mediante affissione per quindici giorni all'albo pretorio del comune di residenza del lavoratore.
I commi da 2 a 4 innovano tale sistema, prevedendo che a partire dalle giornate di occupazione relative all'anno 2010, per gli operai agricoli a tempo determinato, i compartecipanti familiari e i piccoli coloni, l'elenco nominativo annuale sia notificato ai lavoratori interessati dall'INPS in via telematica sul proprio sito Internet entro il mese di marzo dell'anno successivo, e che a decorrere dal 1o giugno 2010 gli elenchi nominativi trimestrali siano soppressi. Inoltre, si stabilisce che l'INPS notifichi in via telematica ai lavoratori interessati le variazioni all'elenco nominativo annuale, qualora siano state riconosciute nuove giornate lavorative o ne siano state disconosciute alcune. Si tratta di una norma che tende a combattere l'evasione contributiva in agricoltura.
Infine, l'articolo 3 prevede, al comma 1, che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, con proprio decreto da emanare di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, istituisca presso l'INPS il Fondo di solidarietà per il sostegno del reddito, dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese assicuratrici. Il Fondo, che è previsto dal contratto collettivo per il settore assicurativo sottoscritto il 9 ottobre 2009, è alimentato esclusivamente dai contributi versati dalle imprese del settore assicurativo.
Ai sensi del comma 2, il predetto decreto ministeriale disciplina la modalità di versamento dei contributi e il funzionamento del Fondo, nonché l'individuazione degli organi di amministrazione in conformità con quanto previsto dal contratto collettivo.
Il comma 3 precisa che l'istituzione e l'operatività del Fondo non comportano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
Ecco, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, onorevoli colleghi, questa è la parte del testo che permane per l'esame in Assemblea. Si tratta, comunque, di materie che meritano una soluzione.
In conclusione, anche se sono molte le considerazioni che si potrebbero svolgere Pag. 28in sede politica e che saranno, credo, presenti nel dibattito di quest'Aula, il relatore ritiene comunque utile condurre a conclusione il provvedimento, svolgendone l'esame fino in fondo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Prendo atto che il rappresentante del Governo si riserva di intervenire in sede di replica.
È iscritto a parlare l'onorevole Damiano. Ne ha facoltà.

CESARE DAMIANO. Signor Presidente, vorrei far notare che forse questo, dall'inizio dell'anno, è il primo dibattito che si apre su argomenti che interessano realmente il Paese: il tema degli ammortizzatori sociali e delle tutele. Vorrei, altresì, far notare che questo dibattito si compie grazie alla scelta del Partito Democratico di utilizzare la quota di spettanza alle opposizioni per un dibattito parlamentare su argomenti da esse scelti. Questo ci deve far pensare: molte volte, infatti, siamo impegnati a discutere di altro, di cose che non hanno a che vedere con l'interesse della collettività.
Ad ogni modo, l'importanza dell'argomento, purtroppo, è oscurata da una situazione che si è definita, a nostro avviso, in modo estremamente negativo, nel senso che - come ha ricordato in modo analitico l'onorevole Giuliano Cazzola - abbiamo avuto una grossa, lunga e attenta discussione nella Commissione lavoro, per arrivare alla definizione di una proposta di legge per la prima volta frutto di un accordo, di una convergenza unitaria tra Partito Democratico, Lega e Popolo della Libertà.
Purtroppo, abbiamo dovuto scontare una situazione che va politicamente affrontata, ossia il veto da parte del Governo, da parte del Ministro Sacconi, a procedere: un «no» nei fatti ad una norma lavorata ed elaborata dal Parlamento. Ciò mette ulteriormente in luce un atteggiamento - mi si passi il termine un po' forte (io non uso mai termini particolarmente forti nelle discussioni) - di disprezzo da parte del Governo non solo verso una legge parlamentare, ma verso il nostro lavoro.
Ci troviamo in una situazione nella quale la maggioranza è costretta dal Ministro Sacconi a fare marcia indietro dopo la sottoscrizione di questo accordo che, vorrei ricordare, è stato approvato da tutte le Commissioni parlamentari e bloccato, come al solito, alla Commissione bilancio.
Questo accordo, che oggi si usa definire con un neologismo bipartisan, è frutto di un iter complicato, come ricordavo, che parte da cinque proposte di legge presentate dal Partito Democratico (a partire dalla n. 2100 da me presentata) che hanno, di fatto, costituito un corpo unico sui temi delle tutele e degli ammortizzatori sociali. Naturalmente questa lunga discussione non è stata ideologica da parte di nessuno. Voglio sottolineare lo sforzo compiuto da tutti e voglio dare atto al presidente Moffa di aver condotto saggiamente questa discussione e ai rappresentanti della maggioranza di essere entrati nel merito, a partire dal relatore. Tuttavia, proprio questo sforzo mette in luce la contraddizione rilevante tra una ricerca parlamentare di una convergenza su un tema socialmente rilevante e, invece, il niet e l'impossibilità di procedere a causa di una valutazione prettamente politica da parte del Governo e del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
In questa discussione partita da cinque proposte di legge noi ci siamo concentrati su tre punti principali che vado a citare. Non voglio sicuramente dimenticare le questioni qui richiamate relative all'accreditamento dei contributi previdenziali per quanto riguarda il lavoro agricolo, né le questioni relative alle imprese assicuratrici. Tuttavia, la nostra attenzione fondamentale - ovvero il punto dal quale è scaturito questo dibattito, perché quegli altri articoli sono stati aggiunti successivamente - si era concentrata su questi tre argomenti.
Il primo è il prolungamento della cassa integrazione ordinaria. Noi avevamo proposto di passare dagli attuali dodici mesi a ventiquattro mesi nell'utilizzo di questo strumento e, tra di noi, abbiamo trovato Pag. 29un compromesso a diciotto mesi. Sottolineo che questa norma sull'allungamento della cassa integrazione ordinaria era, del resto, richiesta a gran voce dalle parti sociali. Voglio sottolineare questo aspetto che, a volte, viene smentito dal Ministro del lavoro, il quale non dice una cosa giusta. Le parti sociali, la Confindustria, la CGIL, la CISL e la UIL, unitariamente, hanno sempre sollecitato, in una situazione di crisi, la possibilità di avere uno strumento più lungo e maggiormente a disposizione, come la cassa integrazione ordinaria. Ciò per il semplice fatto che, come sappiamo, è lo strumento che meglio mette in evidenza e mantiene il legame tra il lavoratore e l'impresa anche nel momento della crisi. È lo strumento che mette in evidenza la reversibilità del processo di allontanamento del lavoratore dal luogo di lavoro e il rientro nella produzione nel momento in cui la crisi termina.
Questa richiesta aveva un fondamento e noi abbiamo anche proposto di agire in un primo tempo - adesso abbiamo trovato nuove modalità di copertura nei nostri emendamenti - nell'ambito dell'attivo di bilancio della cassa integrazione. Questo, come sappiamo, è molto rilevante e anche esso soggiace a quella norma, voluta un tempo dal Ministro Tremonti, che sottrae tutte queste eccedenze al ritorno, alla destinazione, ai legittimi proprietari. Queste norme, infatti, derivano dai contributi delle imprese, dei lavoratori sotto forma di tutela e diventano risorse in più sottratte per saldare i debiti del bilancio. Si è fatta anche una polemica, in quanto si è detto che in questo modo noi vorremmo agevolare le grandi imprese a discapito delle piccole. Ciò non è vero, infatti noi non vogliamo togliere ai piccoli per dare ai grandi perché, come tutti sanno, le aziende al di sotto dei 15 dipendenti hanno solo la cassa integrazione ordinaria, oltre alla possibilità di utilizzare quella in deroga e prolungarla offre una maggiore certezza proprio a questa dimensione di impresa.
In secondo luogo, vorrei anche ricordare che c'è una grande contraddizione. Il Governo, infatti, ha distribuito ammortizzatori sociali attraverso le deroghe, sottraendo delle risorse alle regioni (il Fondo sociale europeo) e alle dotazioni infrastrutturali (penso al Fondo per le aree sottoutilizzate). Il Governo ha cambiato delle leggi per via amministrativa e si rifiuta, invece, di varare nuove normative che definiscono strutturalmente l'utilizzo di questi strumenti estremamente preziosi in un momento di crisi.
Certamente tali strumenti da soli non risolvono la situazione perché dobbiamo porci un'altra domanda: come si esce da questa crisi? Non certo prolungando all'infinito gli ammortizzatori sociali, ma proponendo un'adeguata politica di sviluppo.
Oltre a questo primo aspetto che per noi rappresentava un fatto estremamente importante, frutto anche di una precisa proposta di legge dell'onorevole Bellanova, che chiedeva appunto il raddoppio da dodici a ventiquattro mesi di questo strumento ordinario di cassa integrazione, anche il secondo punto è stato negato, cancellato. Mi riferisco al pagamento delle mensilità a quei lavoratori rimasti almeno da quattro mesi senza stipendio, che sono dipendenti di imprese in crisi le quali non hanno chiesto la cassa integrazione, dunque non sono cassaintegrati, dipendenti di imprese che non hanno licenziato o messo in mobilità, quindi non sono disoccupati, sono in una situazione incerta, in una terra di nessuno.
Noi avevamo previsto una norma che valeva per una serie di situazioni - penso al caso più noto che è quello dell'azienda Eutelia, ma la norma non riguarda in via esclusiva tale azienda - che con tutte le cautele del caso non distribuisse a pioggia le misure di sostegno; si basava sul Fondo, già esistente, di garanzia presso l'INPS cui accedono i lavoratori delle imprese in stato di fallimento e avevamo anche detto che ciò doveva avvenire nei limiti delle disponibilità esistenti sulla base di questo Fondo. Allora, la domanda è: rigettando queste norme, con degli artifici di bilancio, come pensiamo di dare una risposta nella situazione di crisi a questi lavoratori? Pag. 30
Il terzo punto, diciamo, è sopravvissuto ed è il frutto di una nostra richiesta: dare ai lavoratori a progetto licenziati una migliore copertura. Sappiamo che il Governo è arrivato al 30 per cento, con un nuovo emendamento chiediamo una copertura già nel 2010 che arrivi al 60 per cento, ad un'estensione della platea. Il punto è rimasto, e questo è sicuramente il frutto anche di una nostra lunga battaglia, però dobbiamo onestamente riconoscere che il senso di questa proposta di legge stava nella contemporanea esistenza di tre punti essenziali. Non si può non vedere che l'azione del Governo nel momento in cui ha privato di sostanza fondamentale questa proposta di legge in qualche modo ha minato nel profondo il lavoro unitario che avevamo compiuto umiliando anche la nostra iniziativa.
Questa situazione impone chiaramente una domanda: possiamo obbedire alla regola semplicemente del bilancio, una regola di blocco del bilancio che pervade tutte le norme? Noi sicuramente vogliamo stare attenti ai saldi di bilancio, ma vogliamo discutere delle destinazioni delle risorse, perché - è il quesito che mi pongo - va bene utilizzare enormi risorse per togliere l'ICI sulla prima casa ai più ricchi, e non, invece, destinare quelle risorse o una quota di esse per gli ammortizzatori sociali o per la tutela dei più deboli? Così come, per quanto riguarda le coperture, noi abbiamo avanzato una proposta in tal senso pensando a quei fondi che sono stati destinati in un periodo di crisi, e che corrono il rischio, ancora una volta, di non essere spesi e di essere sequestrati nuovamente da Tremonti. Penso agli 800 milioni destinati all'incremento del salario di produttività in una situazione nella quale oggi difficilmente possiamo immaginare che si facciano accordi di produttività, quando il tema fondamentale delle imprese è costituito dalla cassa integrazione e dagli esuberi dei licenziamenti e può essere sbloccato per la copertura di queste norme che sono state cancellate, accanto alla previsione di un contributo di solidarietà che dia anche il segno di un'equità nel Paese e che con coraggio dica che per due anni, per i redditi oltre i 200 mila euro all'anno, si può avere un modesto prelievo che contribuisca a queste coperture.
Noi continueremo la nostra battaglia di contenuti, la nostra battaglia di denuncia, e per essa ovviamente lanceremo una sfida anche a quest'Aula: noi ripresenteremo i contenuti dell'accordo con la Lega e con il Popolo della Libertà; sarete voi a dirci di «no», dovrete spiegare al Paese la distanza tra le parole che molte volte vengono dette a tutela del lavoro e i fatti. Dovrete spiegare come possa accadere che una proposta parlamentare possa essere affossata da un «no» di un Ministro.
Non vi bastano le fiducie con le quali il Parlamento viene ancora una volta deprivato del suo potere e delle sue prerogative? Bisogna anche, nei pochi casi nei quali abbiamo la possibilità di avere una convergenza di opinioni, essere deprivati della possibilità di presentare queste proposte?
Capisco, il Ministro Sacconi vuole che non si disturbi «il manovratore», perché deve fare le sue esclusive riforme. Non importa, mi riferisco a lui, se di mezzo va l'interesse dei lavoratori, l'importante è mettere il proprio marchio di fabbrica. Credo che questo non rappresenti un buon servizio al Paese; per questo continueremo questa battaglia, perché vogliamo difendere le prerogative del Parlamento, ma soprattutto vogliamo difendere gli interessi dei lavoratori.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Porcino. Ne ha facoltà.

GAETANO PORCINO. Signor Presidente, vorrei iniziare il mio intervento, citando quello che è stato, in sintesi, il messaggio del Presidente della Repubblica a proposito del provvedimento che stiamo discutendo.
Il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere il «collegato lavoro» con riferimento agli articoli 20 e 31 e con un richiamo agli articoli 30, 32 e 50. Il Regolamento prevede che la Camera decida se riesaminare l'intera legge o solo gli Pag. 31articoli oggetto di rinvio. L'ufficio di presidenza della Commissione lavoro, con il parere favorevole dei soli gruppi di maggioranza, ha deciso di limitare l'esame ai soli articoli che formano oggetto del messaggio del Presidente. Sulla scelta se estendere l'esame all'intera legge o meno sarà chiamata a pronunciarsi anche l'Assemblea.
Il testo in esame è un collegato alla manovra finanziaria, pertanto è sottoposto a specifiche regole di emendabilità. Ma vediamo, in sintesi, qual è il messaggio alle Camere del Presidente della Repubblica.
Il Presidente ha richiesto una nuova deliberazione in ordine al collegato lavoro, nato come stralcio di un disegno di legge collegato alla legge finanziaria per il 2009.
Il giudizio del Presidente individua preliminarmente le seguenti problematiche generali: la lunghezza del suo testo; i suoi articoli, che sono passati da nove a cinquanta e i commi, passati da 39 a 140; la marcata eterogeneità del provvedimento; la molta complessità; infine, l'alto numero delle materie oggetto di disciplina. Le predette problematiche incidono negativamente sulla conoscibilità e comprensibilità delle disposizioni e sulla organicità del sistema normativo e, in definitiva, sulla certezza del diritto.
L'esame che adesso arriva in Parlamento...

PRESIDENTE. Onorevole Porcino, devo invitarla a stare all'ordine del giorno. Non è esattamente questo il provvedimento di cui ci stiamo occupando in questo momento.

GAETANO PORCINO. Ci stiamo occupando del collegato lavoro, signor Presidente, o mi sto sbagliando?

PRESIDENTE. No, ci stiamo occupando del provvedimento sugli ammortizzatori sociali.

GAETANO PORCINO. Ci arrivo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Se intende intervenire su questo, prego.

GAETANO PORCINO. È fuori tema, secondo lei, se parlo del messaggio del Presidente della Repubblica al collegato lavoro, che poi va a finire agli ammortizzatori sociali?

PRESIDENTE. No, basta che vada a finirci presto.

GAETANO PORCINO. Se lei vuole limitare il mio intervento o vuole dirmi ciò che devo dire...

PRESIDENTE. No, assolutamente, volevo soltanto farle presente qual è il tema all'ordine del giorno.

GAETANO PORCINO. ...si tratta del collegato alla finanziaria, mi pare.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. No, è un altro provvedimento!

GAETANO PORCINO. Se sono fuori tema me lo dica, signor Presidente, magari sono io che sto sbagliando...

PRESIDENTE. Se arriva rapidamente al provvedimento all'ordine del giorno di oggi questa potrebbe essere una sua introduzione politica, però arrivi rapidamente al tema.

GAETANO PORCINO. Arrivo rapidamente al tema, signor Presidente.
Rinviamo, allora, il preambolo, per così dire, cioè quello che volevo far sentire a coloro che ci stanno ascoltando da casa per fare una sintesi di quanto è successo in quest'ultimo periodo, anche con riferimento al provvedimento che è tornato all'esame del Parlamento con le osservazioni del Presidente della Repubblica, e mi limiterò, come dice lei, a svolgere soltanto un'osservazione circa quello che riguarda il nostro Ministro Sacconi e quello che sta succedendo qui in questi giorni.
Parlerò solo delle conclusioni, così sarò breve. La prima riguarda il Ministro Sacconi, che ha bollato come inutile l'allungamento della cassa integrazione ordinaria da un anno ad un anno e mezzo proposta Pag. 32dalla Commissione lavoro: questo riguarda gli ammortizzatori sociali, signor Presidente, posso continuare?

PRESIDENTE. Continui, onorevole Porcino.

GAETANO PORCINO. Il Ministro l'ha definita una misura che non aumenta la protezione dei lavoratori, perché già oggi il sostegno al reddito può essere corrisposto attraverso la cassa integrazione ordinaria, che ora viene conteggiata per giorni e non per settimane, con un allungamento, di fatto, della sua durata.
Le dichiarazioni del Ministro Sacconi alterano la realtà, volendo far credere che già oggi la cassa integrazione guadagni ordinaria sia stata estesa. Purtroppo, invece, le norme che la regolano non sono state modificate. Quella che è intervenuta è un'interpretazione della legge compiuta dall'INPS che consente di conteggiare le singole giornate di effettiva sospensione del lavoro nel conteggio delle settimane consumate. Ma queste rimangono sempre 13, prorogabili eccezionalmente fino ad un massimo di 52 in due anni.
Con la sua leggerezza il Ministro crede che i lavoratori si pongano l'illusione che il Governo fino ad oggi abbia fatto qualche cosa per aiutare le imprese e i lavoratori per fronteggiare la crisi in atto. Ma non solo: esso ha legiferato contro i diritti e la dignità di tutti i lavoratori, approvando le disposizioni del cosiddetto collegato lavoro che il Presidente della Repubblica ha rinviato alle Camere.
La seconda delle conclusioni che intendo svolgere, signor Presidente, è che il peso sempre più crescente della cassa integrazione in deroga, che tutela aziende e settori non coperti normalmente dalla cassa integrazione guadagni, mostra come giuste misure, che sono nate con la caratteristica della temporaneità e dell'urgenza, hanno finito per stabilizzarsi a causa delle continue proroghe, rimanendo tuttavia precarie, mancando, quindi, un quadro normativo organico relativo agli ammortizzatori sociali.
Questo rende oltremodo urgente l'intervento della riforma organica degli ammortizzatori sociali e una nuova disciplina unica che consenta a tutte le aziende e a tutti i lavoratori - anche i più precari e tra questi anche i cocopro - di averne diritto. Ciò è possibile, per esempio, prevedendo che per tutti i contratti che non garantiscano una stabilità di impiego, i datori di lavoro versino dei contributi maggiori per finanziare il sistema.
Si ricorda, infine, che la ragioneria generale dello Stato ha sostenuto con insistenza che l'estensione della cassa integrazione ordinaria anche in via temporanea introdurrebbe un diritto soggettivo. Va chiarito che ogni pretesa riconosciuta dal diritto, che può essere esercitata da un soggetto, può essere qualificata come diritto soggettivo. Tuttavia, ciò non esclude che essa abbia un carattere limitato nel tempo e una scadenza oltre la quale il diritto non può più essere richiesto. Con l'espressione diritto soggettivo la ragioneria probabilmente intende fare riferimento, in maniera impropria e inesatta, ad una situazione giuridica che attribuisce ad un soggetto una pretesa che questi in futuro potrà sempre vantare nei confronti del soggetto obbligato in maniera assoluta. Ma nell'articolo soppresso di tutto questo non vi è traccia.
Volevo solo ricordare, come diceva l'amico Damiano e come è stato affermato più volte dal nostro partito e dal nostro capogruppo Donadi, che abbiamo fatto una proposta che portava da 52 a 104 settimane la durata della cassa integrazione. Questa non è stata accolta ed è stato concordato, come diceva Damiano, subordinatamente e in via di intesa di portarla a 18 mesi. Adesso neanche questo provvedimento vede corso e sviluppo. Di questo, come di tutte le altre cose, renderete conto poi, con il voto in Assemblea, agli italiani che vi osservano da casa.

PRESIDENTE. Onorevole Porcino, le ho lasciato concludere il suo intervento. Tuttavia, ricordo a me stesso che il provvedimento di cui stiamo discutendo reca come titolo: norme per l'estensione delle misure di sostegno del reddito dei lavoratori esclusi dall'applicazione degli strumenti Pag. 33previsti in materia di ammortizzatori sociali. Lo ripeto: lavoratori esclusi dall'applicazione degli strumenti previsti in materia di ammortizzatori sociali.
È iscritto a parlare l'onorevole Baretta. Ne ha facoltà.

PIER PAOLO BARETTA. Signor Presidente, delle due l'una: o il Parlamento agisce in maniera inconsulta - e sappiamo bene che vi è chi lo crede, ma non è così - o il Governo predica male e razzola peggio. L'aumento a 78 settimane della cassa integrazione guadagni per fronteggiare l'emergenza è stato deciso all'unanimità dal Parlamento, ma il Governo ha ritenuto di respingere il provvedimento e lo cancella. Per giustificare questa incomprensibile posizione, da un lato, si è avvalso di un parere della ragioneria dello Stato che evidenzia dei limiti di copertura del provvedimento e, dall'altro, ha sollevato alcune obiezioni di merito che mi appaiono strumentali.
Per sciogliere questo nodo bisogna rispondere ad alcune domande. La prima: aumentare gli ammortizzatori sociali, in questo particolare momento di difficoltà economiche, è una priorità? Lo è per tutti, Governo, opposizione e parti sociali? La seconda: le valutazioni sull'andamento della crisi sono tali da giustificare qualche ottimismo? La terza: quanto costa, dunque, questo intervento?
La quarta (finalmente): con quali risorse può essere adottato?
La prima domanda prevede una risposta affermativa. Non trovo, infatti, nessuno (ottimista o pessimista) che sostenga che non c'è bisogno di aumentare gli ammortizzatori. Se, dunque, un intervento di questa natura rappresenta una priorità, non andrebbe invertita la logica della discussione? Ovvero, una priorità dovrebbe impegnare il Governo e la maggioranza a trovare le coperture, le risorse necessarie e non a chiudersi con obiezioni burocratiche ed affidare addirittura all'opposizione la risposta al tema finanziario.
In ogni caso, se la minoranza propone delle soluzioni finanziarie che tengono conto, come dirò, anche delle osservazioni del Governo - tutti consideriamo questa una priorità -, non sarebbe ragionevole discutere di queste proposte senza pregiudizi? Questa è la fattispecie nella quale ci troviamo. Il Governo non nega l'importanza del tema, ma si cela dietro il presunto fatto che non ci sono i soldi o che si premiano i garantiti.
Noi i soldi pensiamo di averli trovati, e non mettiamo in alternativa le tutele e i diritti di diversi soggetti esposti alla crisi. Vi chiediamo di considerare seriamente i nostri argomenti e, semmai, di replicare nel merito. Lo abbiamo chiesto anche nei giorni scorsi nella Commissione bilancio ad opera dei colleghi Vannucci, Marchi e Duilio, ma inutilmente.
Ma questo mi porta alla seconda domanda: se la crisi peggiora o meno. L'opinione del Governo, lo sappiamo, non è pessimista. Personalmente, sono più dubbioso e preoccupato. Se ho ragione io la priorità aumenta, se ha ragione il Governo, le obiezioni che fa all'aumento della cassa integrazione dovrebbero limitarsi esclusivamente ad argomenti tecnici.
In questa ottica, il Governo non può che considerare attendibili le stime effettuate dalla Ragioneria che, per dovere istituzionale, tendono addirittura ad essere calcolate per eccesso (vedasi la forzatura interpretativa che considera l'aumento della cassa integrazione alla stregua del diritto soggettivo).
Ecco dunque - mi rivolgo direttamente al relatore - che arriviamo al punto, collega Cazzola. Le stime della Ragioneria dello Stato sono calcolate, per il biennio 2010-2011, in 592,150 milioni di euro (296,070 all'anno). Poiché il 2010 è già avanti, si può legittimamente prevedere che, tra iter parlamentare e circolari applicative, si parta il primo luglio e dunque l'onere per l'anno in corso va dimezzato, sicché parliamo di un po' meno di 150 milioni per quest'anno e di un po' meno di 300 milioni di euro per il prossimo.
Arriviamo, così, alla conclusione del ragionamento. Queste risorse sono reperibili? Sì, e in più modi. Nei nostri emendamenti offriamo una gamma ben più ampia delle necessità. Solo per la contrattazione Pag. 34di secondo livello sono stati stanziati più di 800 milioni di euro. Possiamo, tenendo conto anche che la crisi rende meno diffuso questo strumento, utilizzarne 150 per quest'anno?
Voglio ricordare che sono risorse ad esaurimento, quindi è possibile ridurne la dotazione. Non vale replicare che non si sa quanto ne viene usato, perché ciò varrebbe anche per la cassa. Inoltre, i restanti otto mesi dell'anno consentono la stessa osservazione rovesciata sul risparmio possibile, ciò a maggior ragione vale anche per il 2011, almeno parzialmente.
Ma inoltre, perché non utilizzare anche in minima parte (viste le cifre in questione), alcune delle risorse degli 8 miliardi del fondo costruito dal Governo con i soldi delle regioni e tanto propagandato in questi mesi? Le risorse ci sono. Se qualcuno del Governo e della maggioranza sostiene il contrario, si portino finalmente le cifre sull'utilizzo di questo fondo, rendiconto che sarebbe bene che il Governo presentasse in Parlamento almeno ogni sei mesi.
Inoltre, queste risorse (ovvero quelle del fondo degli 8 miliardi di euro), più quelle individuate con le proposte che abbiamo messo a disposizione nei nostri emendamenti per il provvedimento di oggi, risolvono, se vogliamo adottare quella onestà intellettuale alla quale giustamente ha fatto riferimento l'amico Cazzola poco fa, anche le questioni di merito che il Governo ha posto sul fatto che, se si premia chi ha già, perché non si può anche premiare - e sarebbe ora - chi non ha?
Le risorse disponibili non mettono in contrasto le due esigenze. Insomma, se il provvedimento è una priorità, allora lo si può realizzare. Se, invece, non lo si vuole realizzare non ci si nasconda dietro la Ragioneria, la quale ha detto soltanto quanto costa (non è poi una cifra insostenibile nella crisi) ed ha soltanto aggiunto che non ci sono le risorse, non che non ci sono i soldi. Ha detto che per questo provvedimento non appaiono coperture. Tuttavia, trovare le coperture non spetta alla Ragioneria dello Stato, ma al Governo e alla maggioranza. Comunque noi abbiamo cercato di individuarne alcune e le abbiamo messe a disposizione del dibattito comune.
Ecco, signor Presidente, signor rappresentante del Governo, caro relatore, forse su questo è bene che ci sia un supplemento di discussione, perché sarebbe utile non dividersi davanti al Paese ed ai lavoratori che risentono del peso di questa crisi. Le condizioni ci sono ed è il momento per dare una prova in questa direzione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Delfino. Ne ha facoltà.

TERESIO DELFINO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevole relatore, onorevole rappresentante del Governo, vogliamo dare atto al Partito Democratico di avere sollevato in sede di Commissione un tema sul quale numerosi strumenti parlamentari (mozioni, interrogazioni, diversi atti ispettivi di altra natura) hanno richiamato l'attenzione del Governo sotto il profilo di una iniziativa forte da intraprendere a causa della crisi economica e finanziaria che ha reso la situazione reddituale dei lavoratori dipendenti e di tante famiglie sempre più inadeguata.
Il Governo ha annunciato a più riprese la sua disponibilità su questa materia, assicurando che, con i fondi già accantonati e con le intese raggiunte sul Fondo sociale europeo e sui FAS con le regioni, non vi sarebbero state difficoltà a dare una risposta e una protezione, a non lasciare nessuno indietro in questa situazione economica, tanto meno le persone con maggiori difficoltà. Alla prova dei fatti, credo che dobbiamo constatare con amarezza che non c'è stata una corrispondenza reale degli annunci del Governo, del Ministro Sacconi, del Presidente del Consiglio rispetto al tema, come è stato ricordato dai colleghi intervenuti, ma anche - voglio dirlo - dalla puntuale relazione del relatore e collega onorevole Giuliano Cazzola. Ciò non c'è stato, in particolare davanti alla mediazione, ad una proposta, ad una iniziativa legislativa che, in sede di Pag. 35XI Commissione (Lavoro), si era fatta carico complessivamente di fornire una risposta a tutte le diverse e articolate situazioni presenti di lavoratori che rimanevano privi di copertura e totalmente di reddito. Credo che l'analisi dell'iter del provvedimento testimoni che questa indicazione è reale, che raccoglieva le proposte e le sollecitazioni provenienti dalle organizzazioni sindacali, dal mondo del lavoro e delle piccole imprese, da tutta la realtà economica e di lavoro che si trovava ad affrontare una crisi di grande portata.
Rispetto a questo tema ci sono state cinque proposte di legge esaminate in Commissione che avevano trovato una soluzione, come ha ricordato il collega Damiano, sul prolungamento della cassa integrazione ordinaria da 12 a 18 mesi, rispetto alla proposta iniziale di un raddoppio di 24 mesi; c'era stata un'indicazione per una risposta efficace a quelle situazioni di lavoro in cui, non avendo attivato le imprese la copertura della cassa integrazione, vedevano centinaia, migliaia di lavoratori senza alcuna tutela; c'era stata naturalmente un'indicazione poi per quanto riguardava i collaboratori in regime di monocommittenza. C'era stata quindi una riflessione ampia che voleva cogliere uno spirito largamente condiviso per andare incontro alla richiesta di un sostegno e di un intervento per superare il tempo di una crisi che mordeva sempre di più sul piano del reddito le persone e i lavoratori coinvolti.
Noi avevamo partecipato e condiviso quello che era stato il frutto di un intenso confronto, con un dibattito in sede di Commissione, e dobbiamo rilevare che le indicazioni che abbiamo sentito oggi di una difficoltà opposta per ragioni di copertura finanziaria siano difficoltà che per lungo tempo, se non ricordiamo male, erano state negate dal Governo, che diceva che non c'erano problemi di risorse e che la copertura ci sarebbe stata per il 2010, per il 2011 e ancora più avanti. C'è quindi una contraddizione evidente con un'iniziativa che mirava a mettere sul piano della concretezza una disponibilità complessiva della Commissione lavoro e quindi di tutte le forze politiche presenti per dare una risposta ad esigenze reali e a confrontarsi con queste annunciate disponibilità. Oggi prendiamo atto che così non è, prendiamo atto che si tende a dare un riconoscimento della funzione della Commissione bilancio, della Ragioneria generale dello Stato, ma non c'è nessuno che mette in discussione questi elementi di responsabilità istituzionale e di Governo che competono a diversi organismi e istituzioni. Quello che oggi vediamo è che davanti ad un impegno preciso del Governo e della maggioranza, per andare incontro alle crescenti, prolungate e insostenibili difficoltà di una parte importante del mondo del lavoro, ad un tratto quelle risorse che erano ripetutamente state evocate come disponibilità reali per non lasciare nessuno indietro sono venute meno.
Quindi, ci troviamo oggi davanti ad un testo che ha mutilato in modo grave la materia della discussione e dell'intesa bipartisan che era emersa in Commissione lavoro. Pur con queste considerazioni, noi riteniamo opportuno procedere con l'esame del provvedimento oggi in discussione, ma sottolineiamo in primo luogo proprio questa diversità di incidenza e di capacità di dare una risposta vera alle difficoltà di migliaia e migliaia di lavoratori, che si aspettavano invece una coerente azione legislativa, capace di dare risposte immediate e reali a difficoltà conosciute. Certamente, il tema degli ammortizzatori sociali va adeguato con forza alle nuove situazioni. Sappiamo che siamo su un terreno ricco di complessità, che il finanziamento del sistema degli ammortizzatori sociali è un tema forte e largamente condiviso, anche se vediamo poi in termini pratici la difficoltà del reperimento delle risorse necessarie per far fronte a tutte le realtà e a tutte le difficoltà che conosciamo. Siamo consapevoli però che occorre tutelare - ed era questa anche la ragione unificante - sotto il profilo di non discriminare i lavoratori in situazioni diverse, cioè la situazione di chi si trova sospeso dal lavoro, ma ha la possibilità oggi di usufruire degli ammortizzatori sociali, e la situazione di quelli Pag. 36che invece si trovavano in una realtà aziendale in crisi, ma potevano accedere a questi ammortizzatori sociali. Nel corso di questi due anni di legislatura, come Unione di Centro, noi abbiamo più volte sollecitato il Governo all'estensione di nuovi ammortizzatori sociali a sostegno dei redditi dei lavoratori delle aziende in difficoltà. Noi diciamo che qualche elemento di risposta anche c'è stato, ma riteniamo che quanto è stato fatto anche in questa occasione sia largamente lontano da quella estensione di ammortizzatori sociali ai lavoratori precari e ai collaboratori che oggi ne sono privi.
Il Ministro del lavoro ha annunciato entro la primavera - e la primavera è iniziata - la volontà di introdurre un'indennità di disoccupazione generalizzata e una cassa integrazione gestita dagli enti bilaterali per affrontare le crisi aziendali. Noi siamo sempre attenti a questi annunci perché toccano problemi veri delle persone che hanno una situazione di lavoro di grande precarietà e difficoltà. Noi vorremmo ovviamente capire ed ottenere dal Ministro del lavoro una puntuale indicazione delle sue linee di intervento che portino anche ad una copertura di livelli reddituali che consentano a chi si trova in questa difficoltà di vivere decentemente e dignitosamente.
La riforma degli ammortizzatori sociali, con la crisi economica di questi anni, e con gli strascichi attesi anche per l'anno in corso, è assolutamente urgente. Sentiamo evocare ogni tanto da autorevoli rappresentanti del Governo e dalla maggioranza che ormai siamo oltre la difficoltà. A me pare che, invece, siamo pienamente di fronte a delle difficoltà nel mondo del lavoro, con l'aumento della disoccupazione e con la carenza reddituale. Quindi, siamo coscienti e consapevoli che oggi dobbiamo prendere una decisione ed affrontare, ancora di più di ieri, questo passaggio, dobbiamo riuscire a dare una risposta a tutto quel mondo dell'apprendistato, dove abbiamo avuto una diminuzione del 15,7 per cento, a quel mondo del lavoro a tempo determinato, che ha subito una riduzione del 17 per cento, e anche a quello del tempo indeterminato che è diminuito dato che la disoccupazione è crescente. Allora, se abbiamo questa realtà, credo che dopo quasi due anni di crisi e di difficoltà, oggi il Governo non possa più tardare nel dare una risposta a queste esigenze, a queste necessità. La turbolenza finanziaria ha accresciuto, come tutti sappiamo, l'incertezza sul reddito della famiglia. Sappiamo che vi è sempre di più l'esigenza di trovare una riallocazione diversa di quelle che sono le opportunità che ai lavoratori dovrebbero essere garantite per consentire il recupero dell'occupazione, ma sappiamo altresì che oggi, davanti a queste opportunità che tardano a manifestarsi, dobbiamo essere vicini alle lavoratrici e ai lavoratori che hanno contratti a progetto, a tempo indeterminato, o contratti atipici. Dobbiamo assicurare una forte risposta ai loro bisogni.
Per questi motivi giudichiamo insufficienti e inadeguate le proposte che vengono dal provvedimento in esame. Noi non è che non condividiamo - lo dico al relatore - quelle indicazioni che rispondono a situazioni certamente che meritavano anche una soluzione e una proposta, però riteniamo che davanti ad un tema e ad una situazione di così grande generalità ci doveva essere una risposta più larga come aveva proposto e indicato la Commissione lavoro. Riteniamo, quindi, sia importante approfondire e cogliere questa occasione, non so se con il recupero, come hanno già annunziato i colleghi del PD, delle proposte che erano state vagliate e condivise all'unanimità in Commissione lavoro, ma certamente recependo lo spunto unificante di un approccio condiviso sulle situazioni di disagio profondo che vivono questi grandi e importanti segmenti del lavoro nel nostro Paese. Bisogna cercare di realizzare, almeno sul piano di un impegno forte e di un programma temporalmente anche scandito dall'impegno e della volontà del Governo, quelle tutele reddituali per le persone che oggi non ce la fanno più. Questo, in conclusione, dovrebbe essere lo spirito di un provvedimento che è stato effettivamente Pag. 37«castrato» dal Governo, per ragioni tecniche ed economiche, nella sua impostazione generale.
Quello spirito unitario va ripreso. Noi guardiamo a queste norme specifiche - lo dicevo già prima - con la consueta disponibilità costruttiva, vedendo se in sede di esame degli emendamenti sarà possibile migliorarne la portata. Ma vogliamo cogliere questa occasione per ribadire che occorre affrontare quelle grandi criticità che ci sono nel nostro attuale mercato del lavoro, negli attuali segmenti più deboli di lavoratori occupati, disoccupati e sospesi dalla loro attività, per consentire una transizione fuori dall'attuale situazione di crisi economica che sta veramente rendendo difficile la vita di tanti lavoratori e di tante famiglie. Per questo, ai fini del percorso della riforma indicata, o almeno annunciata dal Ministro Sacconi, noi riteniamo che ci si debba assolutamente muovere in questa direzione, ponendo sul campo tutte le questioni che attengono alla possibilità di sviluppare l'occupazione nel nostro Paese, a partire anche dagli oneri eccessivi che gravano sul rapporto di lavoro e anche sulle imprese. Io ricordo che era stata annunciata, soltanto pochi mesi fa, ad esempio una volontà del Governo di intervenire sulla fiscalità relativamente all'IRAP, ma anche qui si è trattato di un bell'annuncio che poi è scomparso. Noi, dal nostro ruolo di opposizione repubblicana, responsabile, e costruttiva - concludo signor Presidente - vogliamo fare un auspicio: vogliamo sollecitare il Governo a dare corso alle sue indicazioni, più volte rappresentate sia in questa Aula sia nella Commissione lavoro, per arrivare a quella riforma più ampia degli ammortizzatori sociali che abbiamo, in tanti strumenti parlamentari, evidenziato.
Noi ci riserviamo, nel corso dell'esame di questo testo di legge, di valutare il sostegno alle proposte emendative che allargheranno la portata e la capacità di risposta di questo provvedimento, ma esprimiamo anche una forte sollecitazione al Governo a passare dagli annunci ad una risposta vera a quelli che sono i problemi del mondo del lavoro.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti della Scuola primaria Pietro Archimede Lecciso, di Carmiano in provincia di Lecce, e insieme con loro anche gli insegnanti e gli studenti della Scuola elementare Aldo Moro, di Ugento sempre in provincia di Lecce, che stanno assistendo ai lavori dalle tribune (Applausi). Grazie della vostra visita. Oggi voi vedete l'Aula deserta; non pensiate che i deputati non facciano niente. Oggi è una giornata di discussione sulle linee generali e in genere alla discussione sulle linee generali partecipano solo gli esperti del settore di cui si parla. Domani si vota e ci saranno tutti.
È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Di Biagio, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Antonino Foti. Ne ha facoltà.

ANTONINO FOTI. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, onorevoli colleghi, la crisi finanziaria in atto con le sue gravi conseguenze economiche e produttive ha sollecitato iniziative nazionali e regionali - come sappiamo - sia congiunte che separate sugli ammortizzatori sociali, e ha riportato alla ribalta, anche mediatica, il tema del sostegno al reddito, suscitando un ampio dibattito non solo sulla consistenza dei finanziamenti, ma anche sulla necessità di una riforma, che peraltro è da troppi anni ormai fra le priorità dell'agenda politica dei vari Governi.
Quindi vorrei aprire l'intervento dichiarando sin d'ora che il mio gruppo condivide il contenuto del provvedimento nella formulazione che oggi approda all'esame dell'Aula. Di conseguenza occorre chiarire senza indugi che intendiamo condurre a Pag. 38conclusione il suo esame al fine di approvare una serie di interventi importanti in favore di determinate categorie di lavoratori. Il relatore Cazzola ha già ricordato quanto sia lungo, articolato e faticoso l'iter parlamentare svolto nella nostra Commissione, non soltanto perché abbiamo dovuto esaminare un testo unificato di sei proposte di legge d'iniziativa dell'opposizione, talvolta ammorbidendole e ammorbidendo anche alcune nostre convinzioni in ragione della ricerca di un'intesa politica con la minoranza, ma anche perché ci siamo dovuti confrontare con seri e rigorosi vincoli di bilancio che, alla fine, non ci hanno consentito di portare a compimento tutti gli interventi che ci eravamo prefissati.
Un ragionamento a parte, peraltro, merita la questione del prolungamento della cassa integrazione ordinaria originariamente inserita nel testo unificato e che poi, come sapete, è stata soppressa prima della votazione del mandato al relatore. Al riguardo, sin dall'inizio, avevamo chiarito che questo intervento non rappresentava una misura indispensabile soprattutto di fronte ad eventuali problemi di natura finanziaria. Da un lato, infatti, il Governo aveva già fatto tanto su questo versante estendendo la cassa in deroga e stanziando significative risorse per gli ammortizzatori sociali. Dall'altro lato abbiamo doverosamente preso atto delle indicazioni della Commissione bilancio che ci hanno chiarito come non vi fossero i margini per varare le norme originariamente introdotte e presentate. Senza trascurare inoltre che la XI Commissione sta anche esaminando, ormai da molti mesi, un'importante proposta di legge a mia prima firma che è destinata ad introdurre un innovativo meccanismo di utilizzo delle risorse della cassa integrazione per l'avvio di imprese da parte dei lavoratori che siano interessati a forme di autoimprenditoria.
Per tale ragione, dunque, il testo oggi al nostro esame contiene solo una limitata parte di quanto generalmente previsto dalla Commissione al termine dei lavori del nostro Comitato ristretto. Per dirla con le parole usate a più riprese dal relatore anche nel dibattito in Commissione, su questi interventi sono state decisive prima ancora che le argomentazioni di merito quelle sicuramente pregiudiziali di carattere finanziario.
Ma non credo, cari colleghi dell'opposizione, che anche la parte del provvedimento che è rimasta in piedi sia da buttar via. Anzitutto abbiamo salvato - è proprio il caso di dirlo - un'importantissima misura per quei lavoratori che voi amate definire «precari». Infatti abbiamo assicurato un forte incentivo alla tutela dei collaboratori in regime di monocommittenza. Abbiamo finalmente avuto il via libera anche dalla Ragioneria generale dello Stato per una misura che inseguiamo ormai da tempo in Commissione ossia l'applicazione dell'articolo 2116 del codice civile relativo ai collaboratori iscritti in via esclusiva alla gestione separata INPS.
Oltre a questi interventi ricordo poi che abbiamo sistemato in modo opportuno la questione degli elenchi agricoli dell'INPS. Anzi, al riguardo, mi preme sottolineare e preannuncio la presentazione di un mio emendamento che intende meglio chiarire l'applicazione di questa norma. Inoltre abbiamo accelerato l'operatività dell'istituzione del Fondo di solidarietà per il sostegno al reddito dell'occupazione e della riconversione e riqualificazione professionale del personale dipendente dalle imprese assicuratrici.
Insomma abbiamo fatto tutto quanto era possibile fare partendo da una serie di provvedimenti - torno a sottolinearlo - che provengono tutti dai gruppi dell'opposizione.
Francamente non credo che sia generoso accusarci di qualcosa, se è vero che il testo è arrivato all'esame dell'Aula e se è vero che ne stiamo discutendo adesso senza reticenze e senza paure, nella consapevolezza di quanto sia difficile realizzare interventi seri e mirati in una fase di grave crisi economica come quella che stiamo vivendo.
Dunque signor Presidente, colleghi e Governo, mi sia consentito dire che di fronte a questo scenario la maggioranza Pag. 39non vuole e non deve stare sulla difensiva, ma vuole rivendicare la bontà delle misure sinora introdotte e la validità di quelle in corso di esame, nella certezza che il consenso che registriamo nel Paese continui a confermarci che siamo sulla strada giusta. Solo per citare alcuni interventi prioritari messi in campo dal Governo elenco i seguenti: il finanziamento straordinario della cassa integrazione guadagni; interventi eccezionali per la concessione della cassa in deroga sulla mobilità e sulla disoccupazione speciale; la stipula di uno storico accordo che voi conoscete e che è l'accordo fra Stato e regioni, che prevede un ammontare di ben 8 miliardi di euro proprio per gli ammortizzatori sociali; il rafforzamento dei contratti di solidarietà, la flessibilità e l'indennità di mobilità; l'impegno per talune categorie di lavoratori (i cosiddetti socialmente utili); l'avvio di numerosi ed articolati progetti e programmi di incentivazione, di reinserimento ed inserimento nel mondo del lavoro.
Certo, vi è da migliorare sotto qualche aspetto e vi è da rafforzare il ruolo di autonomia del Parlamento sulle grandi scelte, anche rispetto agli stringenti vincoli che registriamo giornalmente in Commissione (mi riferisco ai vincoli di bilancio), vi è da ragionare su come dare ancora più coraggio ad una politica economica e sociale che vuole stare più vicina ai bisogni della gente, ma resta il fatto che questa maggioranza e questo Governo possono camminare a testa alta davanti ai propri elettori.
Per queste ragioni confermo la disponibilità del mio gruppo a continuare il confronto di merito sul provvedimento in esame, verificando se il lavoro in Assemblea ci possa consentire naturalmente di migliorare ulteriormente il testo (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, la scorsa settimana la Commissione lavoro della Camera ha approvato a maggioranza il testo unificato delle proposte di legge con le misure per il sostegno al reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori. Nel testo che esaminiamo oggi, come è stato riferito anche dall'onorevole Cazzola, permangono articoli sui quali il gruppo del Partito Democratico era concorde: penso agli articoli 4 e 5, che prevedono appunto misure previdenziali per i lavoratori agricoli e il fondo di solidarietà per il personale delle imprese assicuratrici, e all'articolo 2, in merito alle indennità per i lavoratori in monocommittenza che, seppur modificato, resta accettabile.
Tuttavia due articoli fondamentali sono stati invece soppressi: l'articolo 3 (che prevedeva l'allungamento della cassa integrazione ordinaria da un anno ad un anno e mezzo per quei lavoratori dipendenti di aziende che si trovano in quella fase di incertezza tra il fallimento e la delocalizzazione e ancora ritardi nella ristrutturazione) e l'articolo 1 (che invece puntava a tutelare i lavoratori di imprese insolventi come Agile ex Eutelia). Ricordo che il testo presente è stato approvato in conformità al parere della Commissione bilancio, il cui favore era appunto però vincolato alla soppressione di queste due norme che la Ragioneria generale dello Stato ha giudicato prive di copertura. Per questo motivo noi abbiamo votato contro in Commissione.
Solo nella sua formulazione originale, infatti, il testo unico poteva rappresentare una forma valida di sostegno per i soggetti più in difficoltà del sistema economico: i cosiddetti lavoratori flessibili, non coperti da adeguate misure di tutela del reddito, e dipendenti di piccole e medie imprese.
Tali misure, in ogni caso, potevano rappresentare - così come abbiamo specificato - solo l'inizio di un processo di riforma più complessiva, che dovrà riguardare l'assetto totale del sistema degli ammortizzatori sociali, da rivalutare, soprattutto, alla luce di nuovi rapporti con l'Unione europea, nonché di tutte quelle procedure di accesso al credito da parte delle piccole aziende, oggi troppo penalizzate, con l'individuazione anche di nuove Pag. 40forme di copertura finanziaria per le misure che, di volta in volta, avremo adottato.
La nota elaborata dalla Ragioneria generale dello Stato è depositata presso la V Commissione. Essa ha evidenziato problematiche di natura finanziaria, che avrebbero impedito l'applicazione di tutte le misure recate dal provvedimento: di fatto, si è vanificato il lavoro svolto dall'XI Commissione.
Come evidenziato anche dalle mie colleghe in Commissione bilancio, il Governo, già in passato, aveva individuato forme di finanziamento che incidevano, addirittura, sui fondi stanziati per altre finalità. Per il provvedimento in oggetto, nella sua formulazione originale, invece, non si è riusciti a trovare un'idonea copertura, nonostante si trattasse di recuperare risorse già disponibili stanziate per l'attivazione di precise politiche di sostegno al reddito (come è stato ricordato anche in quest'Aula).
È evidente, quindi, che siamo di fronte all'ennesima contraddizione del Governo: oggi, infatti, si dichiara l'indisponibilità di risorse finanziarie che, solo qualche tempo fa, venivano date per esistenti e, soprattutto, in grado di soddisfare in pieno le esigenze delle imprese e dei lavoratori. Di fatto, visto il risultato, affermo che è mancata la reale volontà di agire a supporto delle fasce più deboli.
Mi viene anche da chiedere: che fine faranno le risorse che il Governo ha dichiaratamente messo a disposizione degli ammortizzatori sociali? Tali risorse, infatti, ammontano a circa 8 miliardi di euro, ma ne sono stati spesi appena 2 miliardi. Sorprende e si fa fatica a capire come mai non si riesca a trovare la copertura per un costo di appena 600 milioni di euro. Se i fondi vi sono, spendiamoli, utilizziamo subito tali risorse, soprattutto, per chi ha perso il posto di lavoro e non può usufruire di meccanismi di protezione. La verità è che il Governo - come abbiamo avuto modo di approfondire in questi giorni - intende scaricare il peso della sicurezza sociale, con il grosso delle risorse, sulle regioni e sull'INPS. Ci risulta, infatti che, ad oggi, lo Stato abbia messo a disposizione poco più di 700 milioni di euro.
È, ormai, diventata una consuetudine di questo Governo stringere accordi con le regioni che, tuttavia, non propongono di avviare a risoluzione la riforma degli ammortizzatori sociali. Si limitano semplicemente ad intervenire su vecchi strumenti, aumentando le risorse per la cassa integrazione in deroga, che crea grosse difficoltà agli stessi lavoratori. Vorrei fare solo un esempio. Per l'anno 2009, proprio in virtù di un'intesa bilaterale tra il Ministero del lavoro e delle politiche sociali e la regione Sardegna, sono stati assegnati alla regione, da parte dello Stato, 3 milioni di euro per pagare il sostegno al reddito e la contribuzione figurativa dei lavoratori posti in cassa integrazione in deroga. L'impegno della regione, invece, è stato quantificato in 80 milioni di euro per l'intero pacchetto, utilizzando i fondi POR e le risorse del Fondo sociale europeo destinati all'occupabilità.
È chiaro, quindi, anche sulla base di questo esempio, che il Governo - lo ripeto - vuole scaricare il peso sulle regioni senza utilizzare fondi propri, mentre proclama impegno ed attenzione.
Come dicevo, il testo unificato è stato il frutto di un lavoro condiviso, svolto da tutta la Commissione lavoro, nella prospettiva di dare una risposta immediata alle emergenze economiche in atto, soprattutto per quanto riguarda quelle categorie di lavoratori richiamate, che oggi non sono tutelate dagli attuali strumenti della cassa integrazione guadagni ordinaria o da quella straordinaria.
Quel testo conteneva, a nostro avviso, articoli fondamentali, i quali, guardando all'emergenza di questa fase economica, volevano garantire interventi sociali di sostegno al reddito di lavoratori dipendenti e di piccole aziende in situazioni di particolare difficoltà economica e finanziaria. Proponevamo di corrispondere ai lavoratori una parte dei redditi non erogati da parte delle imprese, pur svolgendo per esse attività lavorativa. Pag. 41
Si trattava, in poche parole, di interventi straordinari da limitare al biennio 2010-2011, in attesa di una complessiva riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Si trattava, insomma, di rispondere alle persone che si trovano impossibilitate ad affrontare oggi la quotidianità della vita, di questi giorni, di queste ore, di questi mesi. Si trattava di rispondere a quelle difficoltà dei lavoratori che, non dimentichiamolo, saranno banali ma sono essenziali, come: il mangiare, il pagamento del mutuo, l'affitto di una casa, la possibilità di mandare i figli a scuola o pagare la retta della mensa dell'asilo. Abbiamo avanzato proposte che servivano a limitare la disperazione delle persone, le quali, se non sostenute, di fronte alle difficoltà economiche e di ricerca di un nuovo lavoro, decidono di porre fine alle proprie sofferenze (si pensi all'aumento dei suicidi di questi giorni).
Questi sono i problemi reali che dovevano trovare una risposta immediata attraverso questo intervento. Se davvero le risorse non ci sono più, se ne individuino immediatamente altre, ricorrendo piuttosto anche ad imposte straordinarie, come proporremo nelle nostre proposte emendative.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, stralciando gran parte del mio intervento, concludo con questo appunto: le nostre proposte sono concrete e sono volte all'universalizzazione dell'indennità di disoccupazione. Saranno presentate, pertanto, proposte emendative che proveranno a correggere il provvedimento in virtù di queste emergenze che ho appena citato e che sono volte a denunciare e a contrastare anche l'inettitudine di questo Governo...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

AMALIA SCHIRRU. ...il quale si impegna solo ed esclusivamente su versanti che nulla hanno a che fare con i problemi reali delle persone (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).
Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna di considerazioni integrative del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
È iscritto a parlare l'onorevole Boccia. Ne ha facoltà.

FRANCESCO BOCCIA. Signor Presidente, il provvedimento che ci saremmo augurati di approvare con la maggioranza era purtroppo un altro. Quel provvedimento, che la maggioranza sta sottoponendo all'Aula durante questa discussione sulle linee generali (e mi spiace perché a farlo è l'onorevole Cazzola, il quale ha certamente tentato in tutti i modi di proporre all'Aula una storia diversa rispetto a quella che va in scena oggi), non c'è più. Quel provvedimento è dimezzato. Quel provvedimento che anche i colleghi della maggioranza intervenuti tentano di difendere, è un provvedimento che, francamente, non risolve i problemi degli italiani che erano stati, in qualche modo, oggetto delle nostre valutazioni.
Stiamo parlando, signor Presidente, di misure straordinarie per il sostegno del reddito e la tutela - ripeto tutela - delle categorie più deboli di lavoratori. Il provvedimento, così com'è, risponde ad alcuni temi, ma non tutela le categorie che anche in questo intervento, così come hanno fatto i miei colleghi in precedenza, metterò in evidenza essere categorie deboli e non tutelate. All'onorevole Cazzola ricordo che, oltre alla Commissione lavoro, altre nove Commissioni avevano licenziato il testo che, purtroppo, oggi non arriva in Aula. Alla Commissione bilancio, della quale faccio parte, è stata chiesta una valutazione surreale su una relazione della Ragioneria generale dello Stato. Quest'ultima, come ha richiamato precedentemente il collega Baretta, svolge il suo lavoro e compie il suo dovere e ci ha ricordato che abbiamo saldi bloccati, ma non vedo dove sia la novità. Infatti, da quando è tornato Tremonti al governo dell'economia del Pag. 42Paese, dal 2008, a chi non rientra nella sua sfera d'azione i saldi sono bloccati. Sono bloccati i saldi del bilancio dello Stato, ma non sono bloccati i saldi dentro le unità e dentro i capitoli del bilancio dello Stato. Tant'è che settimana dopo settimana - e il Governo lo sa - quest'Aula è costretta a sopportare, nonostante le nostre proteste, le modifiche improvvise che decide il Ministro dell'economia e delle finanze. È ovvio che, se alla Ragioneria generale dello Stato si domanda se ci sono risorse aggiuntive, o se un provvedimento che non ha una tassazione aggiuntiva è coperto, la risposta è «no». Lo sanno anche gli italiani che non c'è un euro nelle casse dello Stato, ma c'è un euro dentro una serie di capitoli di bilancio sui quali bisognava assumersi la responsabilità e intervenire: ma questo Governo non lo ha fatto. È la politica che sblocca il bilancio e non può essere la Ragioneria generale dello Stato.
Allora, pongo due domande, onorevole Cazzola e signor sottosegretario. Non sapete dove prendere le risorse? Ci sono due nostri emendamenti, che abbiamo sottoposto all'Aula, sui quali vi chiediamo il parere favorevole, così approveremo tutti insieme, all'unanimità, un provvedimento che non può non essere condiviso. I nostri emendamenti consentono di elevare la cassa integrazione ordinaria finalmente alle 78 settimane, così come voi condividete, esattamente seguendo la logica che ha portato la Commissione lavoro ad approvare all'unanimità quel testo. Chiediamo, inoltre, un contributo di solidarietà ad una parte di italiani, ovvero a quella che guadagna più di 200 mila euro, per il periodo della crisi che va direttamente ai cassintegrati. Stiamo chiedendo a 77 mila persone più fortunate non di svenarsi: chi guadagna 200 mila euro può dare un contributo di 4 mila euro a lavoratori che non arrivano a 800-900 euro al mese. Se qualcuno guadagna 20 milioni di euro l'anno - magari nei dintorni della classe dirigente che caratterizza anche la politica italiana qualcuno c'è - gli verrà chiesto un contributo di 400 mila euro anziché di 4 mila euro. Penso che un contributo di questo tipo, di fronte alla sordità del Governo, era l'unica strada che un'opposizione responsabile aveva per difendere fino in fondo il proprio provvedimento.
Inoltre, accanto a questo emendamento, vi sfidiamo sulle coperture rispetto al fondo che per brevità chiamerò Eutelia e che, in realtà, è un fondo straordinario che deve consentire all'INPS di pagare tutti i dipendenti di quelle imprese che misteriosamente si dissolvono, senza passare attraverso procedure di insolvenza. Nel caso Eutelia si sta consumando una vergogna nazionale. È un'impresa per la quale lavoravano oltre 12 mila dipendenti che non hanno uno straccio di ammortizzatore sociale e che non hanno alcuna copertura. Guarda caso, il Governo riesce a non attivare l'amministrazione straordinaria; guarda caso, i difensori di un'impresa e di imprenditori indifendibili siedono in questo Parlamento; guarda caso, il Governo gira la testa dall'altra parte.
Su questo vi stiamo sfidando, vi stiamo dicendo che non c'è bisogno di prevedere le risorse aggiuntive che erano state già previste nella precedente legge finanziaria sugli straordinari, perché qui, purtroppo, non c'è nessuno che fa gli straordinari (magari i lavoratori italiani facessero straordinari, li cofinanzieremmo anche noi) e invece non agite così.
Da quel capitolo vi chiediamo di ristorare alcune risorse e vi sfidiamo anche su questo, onorevole Cazzola, perché siamo pronti a presentare un emendamento per l'esame dell'Aula, non tassando, come strumentalmente dite voi, CCT, BOT e BTP, quindi non toccando i titoli di Stato. Noi siamo pronti ad aumentare la tassazione per gli speculatori sulle rendite finanziarie, a far diventare questo Paese uguale agli altri Paesi europei e vi invitiamo a farlo per il lavoro, per la tutela dei diritti dei lavoratori. Parlate di riforma fiscale, ma quando la farete? Facciamola legandola a questi temi, siamo ancora in tempo su alcuni aspetti; invece ci sono troppe persone che girano la testa dall'altra parte.
Molti lavoratori, soprattutto quelli che non hanno tutele e che voglio ricordare proprio qui in Aula, signor Presidente, Pag. 43sono esclusi dagli strumenti ordinari, e non sto parlando dei grandi dirigenti, dei dirigenti delle banche, delle multinazionali, ma degli apprendisti, dei lavoratori a domicilio, dei lavoratori somministrati, dei dipendenti di aziende escluse dai trattamenti, come quelli dell'artigianato, delle aziende del commercio al di sotto dei 50 dipendenti e delle aziende industriali al di sotto dei 15 dipendenti. Questi lavoratori non li tutela nessuno e noi possiamo dare una risposta, in una fase di crisi senza precedenti, tassando gli speculatori del nostro Paese, non il risparmio.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO BOCCIA. Concludo, signor Presidente. Dobbiamo tassare gli speculatori, perché se noi facciamo questo, dimostriamo di non ritenere i lavoratori come una merce; se invece non faremo questo, soprattutto quei lavoratori non tutelati passeranno sempre di più, agli occhi dell'opinione pubblica, per essere considerati una merce. La conoscenza del Parlamento dei diritti lesi impone a tutti i gruppi parlamentari la difesa del diritto al lavoro, ciò per rendere gli italiani più liberi e più forti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Santagata. Ne ha facoltà.

GIULIO SANTAGATA. Signor Presidente, giunti a questo punto del dibattito credo che la posizione del mio gruppo sia chiara. Mi limito, pertanto, a sottolineare un aspetto che ritengo sia importante, che è emerso in questi due mesi in cui abbiamo proficuamente lavorato in Commissione trovando punti di convergenza importanti su temi che credo siano condivisi, tant'è vero che non solo abbiamo votato un testo all'unanimità, ma abbiamo anche raccolto il parere favorevole di tutte le Commissioni, ad esclusione della Commissione bilancio. Il tema è quello del rapporto tra ciò che fa il Parlamento e ciò che fa, e deve fare, il Governo.
Io ho ben chiaro che un tema complicato come quello della riforma degli ammortizzatori sociali non può essere demandato ad un'iniziativa della minoranza, e ho ben chiaro che difficilmente può essere demandato ad un'iniziativa parlamentare. È un tema che richiede probabilmente l'uso della delega, quindi non mi scandalizza che il Ministro Sacconi, che peraltro ha già annunciato più volte di voler intervenire, salvaguardi uno spazio di iniziativa al Governo, ma credo che, in maniera corretta, abbiamo molto ridimensionato la portata delle nostre proposte di legge che tutte insieme, considerate nel loro complesso, rappresentavano nei fatti una proposta di complessiva modifica e riforma degli ammortizzatori. Abbiamo ridotto la nostra proposta ad alcuni interventi di emergenza che devono vedere la luce il più presto possibile, subissati da 57-58 decreti-legge.
Credo che siano questi gli interventi su cui era necessario, al limite, decretare, ma evidentemente il Governo finge di avere la stessa sensibilità - quella che ha la sua maggioranza su questo tema, per la verità - e si rifugia in qualcosa in cui non si può rifugiare. Il Governo non può scaricare sulla Ragioneria generale dello Stato la responsabilità di una decisione che è tutta politica. La Ragioneria generale dello Stato fa il suo mestiere e lo fa bene, ma non può diventare il paladino o l'arma che si brandisce a favore di una soluzione piuttosto che di un'altra.
Avevamo raggiunto un accordo nel merito; potevamo, e io dico dobbiamo e possiamo ancora, raggiungere un accordo sulle coperture. Mi rifiuto di pensare che l'ipotesi del Ministro dell'economia e delle finanze di fare delle finanziarie triennali e di blindare i conti corrisponda ad irrigidire il bilancio al punto che il Parlamento non è in grado di trovare 260 milioni all'anno.
Il Ministro dell'economia e delle finanze ha tutto il mio appoggio quando cerca di mettere al riparo e di blindare i saldi della nostra spesa, ma fra i saldi e le singole voci di spesa e di entrata c'è una bella differenza. Credo che se davvero Pag. 44riteniamo che questo provvedimento intervenga su delle priorità assolute per la vita di tanti cittadini italiani, ci sono mille modi per trovare le coperture nel rispetto dei saldi. Noi ne abbiamo avanzati alcuni, ma se ne possono trovare altri. Sarebbe stato più corretto lasciare al Governo il compito di trovarli, ma il Governo, evidentemente, vuole far sì che su questi temi la minoranza non possa intervenire e il Parlamento - devo dire a questo punto - non possa intervenire. Non le ha cercate, le coperture, e non cercandole ovviamente non le ha trovate.
Noi, nel nostro piccolo, le abbiamo cercate e ne abbiamo trovate alcune che, lo ripeto, proporremo alla maggioranza qui in Aula. Non vanno bene? Sono un problema politico per la maggioranza? Proponetene delle altre, a noi a questo punto interessa - e credo che lo abbiamo dimostrato accantonando tante e tante proposte che pure ci stavano a cuore - raggiungere un risultato spendibile in questa fase acuta di crisi. Questa fase acuta di crisi è adesso, non è il 2011. Non è rinviando di un anno che risolviamo il problema dei lavoratori di Eutelia, che non ci arriveranno al 2011 se non interverremo. Non è lasciando un «buco» nel sistema della cassa integrazione che arriveremo al 2011, ci arriveremo più poveri e con più disoccupati.
Concludo affermando che non accetto che il Governo mi dica di aver risolto tutto per via amministrativa. Già oggi l'INPS è autorizzato a contare in modo diverso le giornate e le settimane di cassa integrazione e conseguentemente il problema non c'è. Allora sì che, a questo punto, devo chiedere come parlamentare al Governo di dimostrare in che modo è stata coperta questa iniziativa di carattere amministrativo, che evidentemente modifica sostanzialmente le risorse a disposizione per la cassa integrazione. Se anche fosse vero che non c'è bisogno della norma - e io non lo ritengo vero dal punto di vista del merito - credo che il Governo dovrebbe apprezzare l'idea di sanare il metodo con una norma legislativa che copre un eventuale intervento per via amministrativa.
Concludo qui. Penso che nel dibattito in Aula potremo di nuovo verificare se ci sia una reale intenzione da parte della maggioranza di intervenire su questi temi o se si sia trattato di una melina sulla pelle dei lavoratori per strappare un'iniziativa del Partito Democratico (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche del relatore e del Governo - A.C. 2100-A ed abbinate)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il relatore, onorevole Cazzola.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Signor Presidente, il Governo svolgerà le sue valutazioni, se lo riterrà opportuno, in sede di esame degli articoli e degli emendamenti relativi. Per quanto mi riguarda, voglio ribadire quanto ho già affermato nella relazione a proposito di questa vicenda. Il Governo ha avanzato delle considerazioni di merito sul punto della cassa integrazione guadagni e si è impegnato, peraltro, anche a sostenere e a corredare di dati in ordine all'uso della cassa integrazione e dei destinatari della cassa integrazione stessa. Condivisibile o non condivisibile la preoccupazione espressa dal Governo è la stessa dell'onorevole Boccia, ossia quella di attingere ad un fondo costituito dagli stanziamenti per la cassa integrazione maggiorati, appunto, dall'apporto anche delle regioni e, sostanzialmente, spostando risorse a favore delle imprese che già dispongono della cassa integrazione ordinaria rispetto alla possibilità di utilizzare la cassa integrazione in deroga, che è diretta proprio a quelle aziende che l'onorevole Boccia ricordava, aziende che hanno circa la metà dei dipendenti di questo Paese e che non sono all'interno del sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria.
Voglio poi anche ricordare all'onorevole Santagata in merito alla decisione di Pag. 45non legiferare che una circolare del Governo e dell'INPS è stata assunta in Commissione proprio per non creare problemi anche in questo caso di copertura finanziaria, rispetto a una soluzione che in via amministrativa funzionava e non accendendo i riflettori, quindi, su una situazione di questo tipo.
In ogni caso, ho la coscienza tranquilla e credo di poter parlare anche a nome del presidente Moffa, perché abbiamo compiuto uno sforzo sincero. Abbiamo cercato di venire incontro alla richiesta responsabile che l'opposizione aveva fatto di individuare alcuni punti prioritari rispetto ai sei provvedimenti che riscrivevano la riforma degli ammortizzatori sociali nel mercato del lavoro. Lo abbiamo fatto anche arrampicandoci sugli specchi. Non è facile, signor Presidente, trovare una soluzione che metta a carico dell'INPS il pagamento di stipendi che aziende non fallite né sottoposte a procedure concorsuali non erogano ai loro dipendenti.
Era molto più facile e molto più politicamente corretto - se si vuole - o riconducibile a ciò che avviene nella maggior parte dei casi dare un mandato contrario al relatore e giungere in Aula con un mandato contrario sull'insieme dei provvedimenti che le opposizioni avevano presentato. Abbiamo cercato in buona fede di trovare delle soluzioni difficili, anteponendo però sempre il problema della copertura, con la difficoltà di trovare una copertura sapendo che i soldi, come sostiene l'onorevole Baretta, sicuramente ci sono ma vanno trovati nella maniera giusta e sulla base anche delle indicazioni di una giurisprudenza consolidata del lavoro di questa Camera, perché il parere della Commissione bilancio è molto preciso e interviene nel cassare due norme con argomentazioni che la stessa Commissione bilancio ha usato anche altre volte in casi simili.
Tra l'altro, non credo che si possa qui rappresentare un disegno tenuto insieme da una soluzione di continuità che mette in linea Ministero del lavoro, Ragioneria generale dello Stato e Commissione bilancio. Se facciamo la «prova finestra» sia al parere della Ragioneria dello Stato sia al parere conclusivo della Commissione bilancio, troviamo che la Commissione bilancio ha espresso una posizione autonoma rispetto alla posizione completamente demolitoria che la Ragioneria dello Stato aveva dato, anche in ordine ai tre articoli che non sono stati cassati.
Pertanto, credo che dobbiamo tenere conto della situazione che si è venuta a determinare, che però rispetta i Regolamenti.
Infatti, leggo il comma 4-bis dell'articolo 86 del Regolamento di questa Camera, che recita in questi termini: «Quando un progetto di legge contenga disposizioni su cui la Commissione bilancio abbia espresso parere contrario o parere favorevole condizionatamente a modificazioni specificamente formulate, e la Commissione che ha svolto l'esame in sede referente non vi si sia adeguata, s'intendono presentate come emendamenti, e sono poste in votazione a norma dell'articolo 87, commi 2 e 3, le corrispondenti proposte di soppressione o di modificazione del testo motivate con esclusivo riferimento all'osservanza dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Non è ammessa la presentazione di subemendamenti né la richiesta di votazione per parti separate».
Quindi, credo che questa norma, che è posta da noi per garantire noi stessi rispetto ai criteri della finanza pubblica, abbia costretto la Commissione lavoro a pronunciarsi come si è pronunciata.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

GIULIANO CAZZOLA, Relatore. Poi, c'è un Comitato dei nove e in quella sede saranno valutati gli emendamenti. Tuttavia, non si fanno colpi di mano su questioni di copertura: se ci sono proposte nuove si torna in Commissione ed essa tornerà a fare la trafila, aggiusterà le norme, cercherà delle compatibilità finanziarie, rifarà tutto il giro delle Commissioni e alla fine vedrà anche quello che la Commissione bilancio dirà su queste proposte (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Pag. 46

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

GIORGIA MELONI, Ministro della gioventù. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire successivamente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, intervengo per un richiamo al Regolamento e, in particolare, sull'articolo 37 dello stesso. Ovviamente già so la risposta che lei mi darà, ma questo non può limitare in una occasione come questa l'espressione di una nostra doglianza. Quest'ultima non ha nulla di personale nei confronti del Ministro della gioventù (che sicuramente ha approfondito questo provvedimento all'ordine del giorno, esattamente come la collega che l'ha preceduta, il sottosegretario alla salute, che ovviamente è molto competente in materia).
Ripeto che non gliene faccio minimamente carico, perché so perfettamente come funzionano le cose nel Governo (non soltanto in questo Governo): si manda un Ministro o un sottosegretario libero per venire a garantire la presenza in Aula in maniera che formalmente il Governo sia presente.
Ovviamente, né il sottosegretario alla salute, né il Ministro Meloni possono intervenire e infatti si riservano di intervenire quando arriveremo al seguito dell'esame del provvedimento e agli emendamenti. Lo dico perché il dibattito di oggi ha dimostrato quanto sia stato comunque importante il lavoro fatto dal presidente della Commissione, dal relatore e dai gruppi per cercare di dare comunque un senso alla nostra vita nel momento in cui si parla di riforme istituzionali, di grandi trasformazioni, ed anche di miglioramento della qualità della produzione politica.
In un'occasione come questa, nella quale comunque l'opposizione si è fatta carico, attraverso una propria proposta di legge, di dare la propria posizione, la propria proposta e la propria indicazione su come risolvere un problema così drammatico nel nostro Paese in questa congiuntura, come quello degli ammortizzatori sociali, credo che lei, io, il Ministro Meloni, il presidente della Commissione, il relatore e anche quei pochi o tanti che ci stanno ascoltando, possano verificare come vi siano alcune riforme, che non sono necessariamente istituzionali o costituzionali, ma richiedono semplicemente un po' di attenzione nei confronti di quello che accade dentro quest'Aula.
Infatti, ci occupiamo di problemi della gente e del Paese e forse un'interlocuzione, anche mantenendo esattamente le stesse posizioni, però magari argomentandole (come hanno fatto il presidente e il relatore, dando anche dignità al lavoro che facciamo), sarebbe molto più utile.
Ovviamente, lo ripeto non ho nulla contro il Ministro - che, anzi, ringrazio per essere presente, dal momento che si è precipitato per venire a chiudere la seduta - né contro il sottosegretario: fanno il loro dovere. Tuttavia, probabilmente sarebbe dovere di un Governo - lo ripeto, senza arrivare alle grandi riforme costituzionali e istituzionali - avere su un argomento come questo, con il travaglio che ha avuto un provvedimento come questo, un sottosegretario, un ministro o comunque una persona che non si occupi di giovani, che pure sono molto interessati a questi problemi, né di salute, ma che più attentamente abbia seguito il provvedimento e che sia in grado di confrontarsi. Sarebbe un auspicio che travalica qualunque maggioranza parlamentare, anche qualificata, in quest'Assemblea. Lo ripeto: è un fatto di buonsenso, anche di buona educazione e purtroppo ancora una volta non vi sono né l'uno, né l'altra.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, l'ho lasciata parlare, ma forse non avrei dovuto: le cose che lei ha detto sono cariche di buonsenso, ma a termini di Regolamento qualunque sottosegretario del Governo - e, a fortiori, qualunque Ministro - è dotato di onniscienza per tutto ciò che riguarda i provvedimenti in Pag. 47discussione nel Parlamento ed è in grado di rappresentare il Governo su qualunque materia.
Comprenderà che questa è una disposizione parlamentare vincolante e, per quanto talvolta possa essere sgradevole, non consiglierei di cambiarla, perché ne nascerebbero problemi probabilmente ancora più gravi di quelli che dobbiamo fronteggiare nel momento presente.
Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

Annunzio della nomina di un Ministro.

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente del Consiglio dei Ministri ha inviato, in data 16 aprile 2010, la seguente lettera: «Onorevole Presidente, informo la S.V. che il Presidente della Repubblica, con proprio decreto in data odierna, adottato su mia proposta, ha accettato le dimissioni rassegnate dal dottor Luca Zaia dalla carica di Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali ed ha nominato Ministro del medesimo dicastero il dott. Giancarlo Galan. Cordialmente, f.to Silvio Berlusconi».
Invio i migliori auguri sia al dottor Zaia che al dottor Galan per i loro nuovi incarichi.

Ordine del giorno della seduta di domani.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della seduta di domani.

Martedì 20 aprile 2010, alle 11:

1. - Svolgimento di interpellanze e interrogazioni.

(ore 15)

2. - Seguito della discussione del disegno di legge:
Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2009 (Approvato dalla Camera e modificato dal Senato) (C. 2449-C).
- Relatore: Formichella.

3. - Deliberazione ai sensi dell'articolo 71, comma 2, del Regolamento in relazione al testo del disegno di legge recante Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica) (C. 1441-quater-D).

4. - Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge:
DAMIANO ed altri; MIGLIOLI ed altri; MIGLIOLI ed altri; BELLANOVA ed altri; LETTA ed altri; DONADI ed altri: Misure straordinarie per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori (C. 2100-2157-2158-2452-2890-3102-A).
- Relatore: Cazzola.

La seduta termina alle 17,50.

TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO NICOLA FORMICHELLA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2449-C

NICOLA FORMICHELLA, Relatore. Il disegno di legge comunitaria per il 2009 torna all'esame dell'Assemblea in terza lettura.
Anche questo anno, l'iter del provvedimento si è caratterizzato per numerose difficoltà che ne hanno impedito una celere approvazione. Si può sostenere che Pag. 48anche sulla legge comunitaria si siano manifestate alcune delle patologie verificatisi in passato per la legge finanziaria, vale a dire l'assunzione da parte del provvedimento di un'eccessiva eterogeneità, di un carattere omnibus con l'inserimento di questioni, anche microsettoriali, che poco hanno a che fare con il contenuto proprio del provvedimento. Allo stesso tempo, la legge comunitaria non ha il «pregio» della legge finanziaria, cioè la certezza dell'approvazione in tempi definiti (per la finanziaria la fine dell'anno come è noto, al fine di evitare l'esercizio provvisorio).
Di questa problematicità assunta dallo strumento «legge comunitaria» vi è una diffusa consapevolezza da parte della XIV Commissione, sia nei gruppi di maggioranza sia nei gruppi di opposizione, con una forte sensibilità al tema anche da parte del presidente Pescante. La Commissione avvierà presto l'esame di quattro proposte di legge di riforma della legge n. 11 del 2005, che attualmente disciplina la partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea e l'adeguamento italiano al diritto europeo, presentate da esponenti di gruppi di maggioranza e di opposizione; a tal fine l'Ufficio di Presidenza della XIV Commissione, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, terrà mercoledì 21 aprile 2010 una riunione sulle prospettive di riforma della legge n. 11 del 2005.
L'esame in sede referente da parte della XIV Commissione ha comunque consentito di affrontare alcuni nodi problematici contenuti nel testo del provvedimento trasmesso dal Senato.
Al riguardo, segnalo subito i due aspetti che più di altri sono stati all'attenzione dell'opinione pubblica, vale a dire le disposizioni in materia di remunerazione degli amministratori delle società quotate (articolo 25) e le disposizioni in materia di caccia (articolo 43).
Con riferimento al primo aspetto, nel corso dell'esame in Commissione XIV è stata soppressa la previsione, recependo un emendamento della VI Commissione, che il trattamento economico omnicomprensivo degli amministratori di banche ed istituti di credito, nonché delle società quotate, non potesse superare il trattamento annuo lordo spettante ai membri del Parlamento.
Con riferimento al secondo aspetto, la XIV Commissione ha approvato l'emendamento della Commissione XIII, che rappresenta un apprezzabile punto di mediazione tra le diverse posizioni.
Infatti, l'articolo 43, come sostituito durante l'esame in sede referente apporta significative modifiche all'attuale disciplina del prelievo venatorio. Le principali innovazioni approvate nel corso dell'esame in Commissione attengono: ad una serie di misure indicate specificamente per preservare lo stato di conservazione degli uccelli e dei loro habitat; al divieto di caccia durante il periodo di nidificazione, riproduzione e dipendenza; alla facoltà concessa alle Regioni di posticipare i termini del calendario venatorio per determinate specie, previa obbligatoria acquisizione del parere di validazione delle analisi scientifiche a sostegno delle modifiche da apportare, espresso dall'Ispra, che dovrà essere reso entro 30 giorni; al controllo sull'esercizio da parte delle regioni delle deroghe previste dalla Direttiva 79/409/CEE, con l'inserimento di un termine preciso per l'annullamento da parte del Governo di eventuali provvedimenti illegittimi di deroga e con la previsione dell'obbligo per le Regioni stesse di rispettare le «linee guida» emanate con decreto del Presidente della Repubblica, d'intesa con la Conferenza Stato-Regioni; alla previsione della consultazione obbligatoria della Commissione Europea nei casi di introduzione dall'estero di specie di uccelli che non vivono naturalmente nel territorio europeo; all'integrazione dei divieti diretti non solo ai cacciatori, ma anche agli altri eventuali soggetti che possano mettere in atto comportamenti che disturbino o ledano le specie protette.
Segnalo ora di seguito gli altri articoli oggetto di modifica introdotti dalla Commissione XIV.
Con riferimento all'articolo, nel corso dell'esame in Commissione si è provveduto ad inserire nell'Allegato B le direttive: Pag. 492008/99/CE, sulla tutela penale dell'ambiente (specifici criteri direttivi per il recepimento della direttiva sono già previsti dall'articolo 19); 2010/12/UE, recante modifiche a direttive riguardanti la struttura e le aliquote delle accise che gravano sui tabacchi lavorati.
In proposito, segnalo che la direttiva 2010/12/CE prevede, tra le altre cose, l'assunzione - come valore di riferimento per la determinazione dell'accisa sulle sigarette - del prezzo medio ponderato e non, come attualmente previsto, della classe di prezzo più richiesta, disponendo anche il medesimo criterio per il tabacco trinciato a taglio fino da usarsi per arrotolare le sigarette (tra le finalità della direttiva vi è quella di allineare i livelli minimi di tassazione per le due tipologie).
Nell'Allegato B sono state, inoltre, soppresse le direttive: 2008/118/CE, relativa al regime generale delle accise, che è già stata recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 48 del 2010; 2009/24/CE, relativa alla tutela dei programmi per elaboratore; 2009/1041/CE, relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori durante il lavoro.
La Commissione ha modificato quindi l'articolo 6, prevedendo che il CIACE si riunisca almeno una volta al mese e, in ogni caso, prima di ogni seduta del Consiglio europeo; inoltre il Comitato Tecnico permanente, istituito per la preparazione delle riunioni del CIACE, sarà integrato con rappresentanti tecnici delle Camere e dovrà riunirsi almeno una volta alla settimana.
Viene anche stabilito che il CIACE possa avvalersi di un ulteriore contingente di personale di ottanta unità, consentendo l'assegnazione di dipendenti pubblici in posizione di aspettativa, comando o fuori ruolo, e la stipula di contratti a tempo determinato per collaboratori, o di collaborazione coordinata e continuativa per esperti e consulenti. A fronte della spesa autorizzata, pari a 1,1 milioni di euro a decorrere dal 2010, viene prevista la riduzione per l'importo corrispondente del fondo, istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dal disegno di legge. n. 159 del 2007 convertito, con modificazioni dalla legge n. 222 del 2007, finalizzato al miglioramento dell'efficienza energetica e alla riduzione delle emissioni ambientali delle autovetture da noleggio da piazza.
All'articolo 13, le modifiche apportate in sede referente hanno disposto, recependo due emendamenti approvati dalla VI Commissione, che, nell'attuazione della disciplina comunitaria in materia di credito al consumo, il legislatore delegato deve prevedere l'istituzione di un sistema pubblico di prevenzione, sul piano amministrativo, delle frodi nel settore del credito al consumo, con specifico riferimento al fenomeno dei furti d'identità. Inoltre, si prescrive l'obbligo di motivare l'eventuale diniego di finanziamento da parte dei soggetti abilitati all'esercizio dell'attività di erogazione di credito ai consumatori e di consentire al richiedente la visione e l'estrazione di copia del provvedimento motivato di diniego.
L'articolo 14, parzialmente modificato nel corso dell'esame in Commissione interviene sulla normativa statale relativa alle sanzioni amministrative e penali in materia di aiuti comunitari nel settore agricolo con particolare riguardo all'indebito conseguimento di contributi ed erogazioni a carico del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Durante l'esame da parte della Commissione XIV, è stato approvato un emendamento il quale, intervenendo su un aspetto oggetto anche di un'osservazione contenuta nel parere reso dal Comitato per la legislazione, è volto a precisare che le disposizioni sanzionatorie e relative alla restituzione dell'indebito da parte dei percettori di aiuti comunitari nel settore agricolo attualmente previste dall'articolo 3, comma 1 della legge n. 898 del 1986 si applicano nell'ambito di applicazione del Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA); nell'ambito di applicazione del Fondo europeo dello sviluppo rurale (FEASR) si applicano invece le disposizioni sanzionatorie già introdotte nel citato articolo 3 Pag. 50dall'articolo 14. L'articolo 16, modificato durante l'esame in Commissione recependo un emendamento dell'VIII Commissione, detta una serie di principi e criteri direttivi che il Governo deve seguire nella predisposizione dei decreti legislativi di attuazione della direttiva 2009/31/CE relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio (CO2), che risulta inclusa nell'allegato B della presente legge. La modifica apportata dalla Commissione prevede che la competenza al rilascio dell'autorizzazione per le attività di stoccaggio geologico di CO2, venga attribuita al Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, invece che demandata ad apposito provvedimento emanato di concerto dai Ministeri dell'ambiente e dello sviluppo economico avvalendosi del Comitato stesso.
L'articolo 17, il cui testo è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame in Commissione, enuncia i principi e criteri direttivi ai quali il Governo dovrà attenersi nel recepimento di quattro direttive in materia di energia indicate nell'allegato B (direttive 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili, 2009/72/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica, 2009/73/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale. Nel corso dell'esame da parte della XIV Commissione sono stati anche inseriti i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2009/119/CE, già presente nell'allegato B, concernente il mantenimento di un livello minimo di scorte di greggio e di prodotti petroliferi).
Con riferimento alle energie rinnovabili i nuovi criteri direttivi riguardano, in particolare: l'esigenza di garantire - nel definire il Piano di azione nazionale per l'individuazione degli obiettivi di utilizzo di energie rinnovabili nel 2020 - uno sviluppo equilibrato dei vari settori che concorrono al raggiungimento di tali obiettivi; la promozione dell'integrazione delle fonti rinnovabili nelle reti di trasporto e distribuzione dell'energia; il potenziamento del sistema di incentivazione delle fonti rinnovabili; l'organizzazione di un sistema di verifica della sostenibilità dei biocarburanti e dei bioliquidi; il completamento del sistema statistico in materia energetica.
Oltre all'integrazione dei criteri direttivi, viene inserito un comma 1-bis finalizzato a ricomprendere l'alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni vinicole nell'ambito della definizione dei bioliquidi recata dalla direttiva, e a consentire l'applicazione allo stesso della tariffa di 28 euro cent/KWh prevista dalla legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007, tabella 3) per biogas e biomasse, da cui risultano attualmente esclusi i biocombustibili liquidi.
Per quanto concerne il mercato interno dell'energia elettrica i nuovi criteri direttivi riguardano: la rimozione degli ostacoli al processo di aggregazione delle piccole imprese di distribuzione dell'energia elettrica; l'adozione dì misure per impedire alle imprese di distribuzione di energia elettrica integrate verticalmente di ostacolare la concorrenza; la predisposizione di un piano decennale di sviluppo della rete elettrica da parte dei gestori dei sistemi di trasmissione; la previsione di idonee risorse umane e finanziarie per l'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG); il coordinamento tra l'AEEG e l'Autorità garante della concorrenza in materia di mercato dell'energia elettrica.
Con riferimento al mercato interno del gas naturale, tra i nuovi criteri direttivi introdotti si segnalano: la previsione di misure per la cooperazione bilaterale e regionale tra gli Stati membri; la promozione di una concorrenza effettiva; la garanzia della sicurezza degli approvvigionamenti; la definizione di un'unica controparte indipendente nazionale ai fini dell'accesso ai servizi di trasporto e bilanciamento del gas naturale; la rimozione degli ostacoli all'aggregazione delle piccole imprese di distribuzione del gas naturale; armonizzazione, al termine della durata delle concessioni di distribuzione del gas, fra i meccanismi di valorizzazione delle reti di distribuzione del gas e i criteri per la definizione delle tariffe; la previsione di Pag. 51idonee risorse umane e finanziarie per l'AEEG e la reciproca assistenza tra questa e l'Antitrust.
I principi e ai criteri direttivi per il recepimento della direttiva 2009/119/CE relativa all'obbligo di mantenimento di un livello minimo di scorte di greggio e di prodotti petroliferi da parte degli Stati membri, enunciati nel nuovo comma 3-bis, prevedono: il mantenimento di un livello elevato di sicurezza nell'approvvigionamento; la previsione di una metodologia di calcolo relativa agli obblighi di stoccaggio e valutazione delle scorte di sicurezza; l'istituzione di un organismo centrale di stoccaggio incaricato della detenzione e trasporto delle scorte specifiche in prodotti e responsabile dell'inventario e delle statistiche sulle scorte di sicurezza, in grado di organizzare e prestare un servizio di stoccaggio e trasporto di scorte per i venditori ai clienti finali non integrati verticalmente nella filiera del petrolio; la capacità di reazione rapida in caso di difficoltà di approvvigionamento.
Dall'istituzione e dal funzionamento del suddetto organismo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, come precisa il nuovo comma 3-ter.
L'articolo 20 novella il decreto legislativo n. 117 del 2008 che ha dato attuazione alla direttiva 2006/21/CE (che modificava la direttiva 2004/35/CE) relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive, attraverso l'introduzione di una nuova e più dettagliata (sulla base dei criteri di caratterizzazione previsti dall'allegato 1 alla presente legge) definizione di «rifiuto inerte» rispetto a quella prevista dall'articolo 3 del citato decreto.
Nel corso dell'esame in Commissione è stato modificato l'Allegato 1 (cui rinvia il comma 2 dell'articolo 20) che contiene i criteri per la caratterizzazione dei rifiuti di estrazione inerti.
Oltre ad alcune precisazioni formali inserite nei punti 2 e 3, viene chiarito - al punto 1, lettera b) dell'Allegato - che il valore fissato allo 0,1 per cento per il tenore di zolfo sotto forma di solfuro è da intendersi come valore massimo ammesso.
Viene altresì aggiunto l'arsenico (As) tra le sostanze nocive per l'ambiente o per la salute per le quali è richiesto il rispetto dei valori limite fissati dall'allegato 5 alla parte IV del decreto legislativo n. 152 del 2006.
Segnalo poi che l'VIII Commissione ha deliberato di richiedere alla XIV Commissione - che ha accolto la richiesta - di proporre all'Assemblea lo stralcio dell'articolo 21, al fine di consentire un recepimento organico della nuova direttiva sui rifiuti (2008/98): le disposizioni recate dall'articolo in esame andrebbero infatti ad incidere parzialmente su una materia per la quale è già prevista (dall'articolo 12 della legge n. 69 del 2009) una delega al Governo per un riordino complessivo della disciplina dei rifiuti, in attuazione della direttiva citata.
In proposito ricordo che l'articolo 21 apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 152 del 2006, cosiddetto Codice ambientale, riguardo alla materia dei rifiuti, innovando la definizione di «sottoprodotto» e introducendo una diversa disciplina per quanto attiene a taluni materiali derivanti dallo svolgimento di attività agricole; modifica inoltre i requisiti delle pietre e dei marmi riutilizzati per operazioni di recupero ambientale ed include i residui di potatura dei vigneti tra le biomasse combustibili.
L'articolo 22, modificato nel corso dell'esame da parte della XIV Commissione, fissa nuovi termini e modalità per le comunicazioni alle quali sono tenuti i produttori di apparecchi di illuminazione con riferimento alla gestione dei rifiuti (comma 1), apporta alcune modifiche al decreto legislativo n. 151 del 2005 sulla gestione dei rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, cosiddetto RAEE (comma 2) e prevede (al comma 3) ulteriori obblighi informativi per i produttori delle citate apparecchiature elettriche ed elettroniche (AEE) relativamente ai quantitativi dei rifiuti raccolti ed esportati.
Nel corso dell'esame in Commissione il comma 1 è stato modificato al fine di differire al 30 giugno 2010 il termine fissato dall'articolo 3, comma 4, del decreto Pag. 52ministeriale 12 maggio 2009 (termine entro il quale i produttori sono tenuti a comunicare al Registro nazionale dei soggetti obbligati al trattamento dei RAEE il numero di apparecchi di illuminazione prodotti negli anni 2007 e 2008). In tal modo viene sostituito il termine, scaduto il 28 febbraio scorso, previsto dal comma 1 dell'articolo 22 del testo approvato dal Senato.
È stato altresì modificato il comma 3 con una disposizione che ripropone, per il 2010, quella già dettata per i precedenti anni dall'articolo 5 del decreto legislativo n. 135 del 2009 (come convertito dalla legge n. 166 del 2009) relativamente all'obbligo, in capo ai produttori di AEE - da espletarsi entro il 30 giugno 2010 e con le modalità previste dall'articolo 3 del decreto ministeriale n. 185 del 2007 - di comunicazione al citato Registro dei dati relativi alle quantità ed alle categorie di AEE immesse sul mercato nel 2009. Obblighi di comunicazione analoghi sono previsti per i sistemi collettivi di gestione dei RAEE e per i produttori singoli che non vi aderiscono, che sono tenuti a comunicare i dati relativi al peso delle apparecchiature elettriche ed elettroniche raccolte attraverso tutti i canali, esportate, reimpiegate, riciclate e recuperate nel 2009.
L'articolo 26, modificato nel corso dell'esame in Commissione, reca disposizioni attuative degli adempimenti e degli obblighi previsti da una serie di regolamenti comunitari in materia di pesca e acquacoltura, con specifico riguardo alla individuazione delle autorità di controllo. L'emendamento approvato nel corso della seconda lettura del provvedimento sopprime per intero il secondo comma, che designava il «Consorzio Anagrafe Animali» (CoAnAn), istituito dai commi 4-bis e 4-ter del decreto legge n. 2 del 2006, quale «autorità competente» per specifici adempimenti comunitari.
L'articolo 29 contiene una delega al Governo per il riassetto della normativa nazionale in materia di pesca e acquacoltura, che dovrà essere realizzato mediante la compilazione di un testo unico normativo diretto alla completa attuazione della normativa comunitaria in materia, nel rispetto dei principi e criteri direttivi stabiliti. Con un emendamento approvato nel corso dell'esame in Commissione, che recepisce un emendamento della XIV Commissione, è stata apportata una modifica ai suddetti principi e criteri sotto lo specifico profilo dell'obiettivo occupazionale, che deve «essere previsto in coerenza» con le risorse personali, strumentali e finanziarie disponibili, nonché «compatibilmente» con le linee generali in materia.
L'articolo 31 reca le norme di adeguamento ai regolamenti (CE) n. 1234 del 2007 e n. 61 del 2008, relativi alla produzione di uova da cova e di pulcini di volatili da cortile, demandando alla successiva approvazione di un decreto ministeriale la definizione delle modalità applicative interne, alla cui entrata in vigore seguirà l'abrogazione della legge n. 356 del 1966 che attualmente disciplina la materia. Nel corso dell'esame in Commissione è stato approvato un emendamento in base al quale i titolari dei centri di incubazione devono comunicare al MIPAAF i propri dati produttivi mensilmente, entro il «quindici» di ogni mese e non, come previsto nel testo approvato dal Senato, entro la «prima decade».
L'articolo 34 attribuisce una delega al Governo per la revisione della normativa del decreto legislativo n. 214 del 2005 di «Attuazione della direttiva 2002/89/CE concernente le misure di protezione contro l'introduzione e la diffusione nella Comunità di organismi nocivi ai vegetali o ai prodotti vegetali». Nel corso dell'esame in Commissione è stato approvato un emendamento della XIII Commissione che modifica i principi e criteri direttivi specificando che il Governo nell'esercizio della delega deve individuare misure efficaci per l'applicazione omogenea dei controlli fitosanitari all'importazione su tali sostanze.
L'articolo 38 reca i principi e criteri direttivi per il recepimento della direttiva n. 2008/6/CE, inserita nell'Allegato B, concernente il mercato interno dei servizi postali. Nel corso dell'esame presso la XIV Pag. 53Commissione è stato inserito un nuovo criterio direttivo secondo il quale la normativa delegata dovrà assicurare che l'autorità nazionale di regolamentazione del settore (Dipartimento delle Comunicazioni presso il Ministero dello sviluppo economico) svolga le funzioni di regolamentazione in regime di autonomia tecnico operativa ed in piena ed effettiva separazione strutturale dalle attività inerenti la proprietà e il controllo dell'operatore al quale è affidato il servizio postale universale (Poste Italiane s.p.a.). È stato inoltre precisato che il legislatore delegato dovrà garantire l'armonizzazione degli aspetti previdenziali e assistenziali dei lavoratori del settore e che la fornitura dei servizi postali non crei situazioni di concorrenza sleale.
L'articolo 40 detta principi e criteri direttivi per l'attuazione della direttiva 2009/12/CE, inserita nell'Allegato B, che stabilisce principi comuni per la riscossione dei diritti aeroportuali. Nel corso dell'esame presso la XIV Commissione è stato approvato un emendamento che, recependo una condizione contenuta nei parere della V Commissione, specifica che ai nuovi compiti che saranno attribuiti all'ENAC in sede di attuazione della direttiva si provvederà nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
L'articolo 41, modificato nel corso dell'esame in Commissione, contiene disposizioni di recepimento delle direttive 2005/62/CE e 2001/83/CE in tema di produzione di emoderivati, per l'adeguamento alla farmacopea europea e l'ubicazione degli stabilimenti per il processo di frazionamento in Paesi dell'Unione europea.
La modifica approvata in Commissione prevede, ai fini della stipula delle convenzioni regionali con le aziende e i centri di produzione di emoderivati, l'ulteriore requisito della lavorazione del plasma in un regime di libero mercato compatibile con l'ordinamento comunitario.
L'articolo 44, modificato nel corso dell'esame in Commissione con l'approvazione di due identici emendamenti del Governo e della VIII Commissione, interviene sulla disciplina della consegna, da parte delle imprese di autoriparazione, dei pezzi usati allo stato di rifiuto derivanti dalle riparazioni dei veicoli ai sensi del decreto legislativo n. 209 del 2003.
La modifica apportata dalla Commissione consiste nella soppressione della parte della disposizione che aveva maggiore carattere innovativo, in quanto introduceva una terza modalità di consegna, alternativa alle due già previste dal citato decreto.
L'articolo 45, modificato nel corso dell'esame da parte della XIV Commissione, apporta numerose modifiche al decreto legislativo. 24 gennaio 2006, n. 36, attuativo della direttiva 2003/98/CE in materia di riutilizzo di documenti nel settore pubblico, necessitate dai rilievi di non corretta trasposizione svolti dalla Commissione europea. Al riguardo, in base ad un emendamento approvato nel corso dell'esame in terza lettura presso la Camera, si prevede che, in caso di riutilizzo di documenti da parte di una pubblica amministrazione anche per fini commerciali che esulano dall'ambito dei suoi compiti di servizio pubblico, all'amministrazione medesima si applichino le tariffe previste per gli altri utilizzatori (lettera g-bis)).
L'articolo 49, modificato nel corso dell'esame in XIV Commissione, individua nel Ministero della salute l'autorità competente per il riconoscimento delle navi officina e delle navi frigorifero ormeggiate nei porti italiani e disciplina i relativi oneri a carico degli operatori.
La modifica della XIV Commissione stabilisce che il previsto decreto del Ministro della salute riguardi le tariffe per tutte le attività richieste dagli operatori navali per le navi officina e le navi frigorifero in acque internazionali.
L'articolo 52, modificato nel corso dell'esame in XIV Commissione, apporta alcune modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 5 giugno 1967, n. 18, recante l'ordinamento dell'Amministrazione degli affari esteri, in connessione con le esigenze derivanti dalla prossima istituzione del Servizio europeo per l'azione esterna. In particolare vengono Pag. 54riformate talune norme riguardanti la formazione e l'aggiornamento professionale dei funzionari diplomatici (articolo 102), la valutazione periodica del personale appartenente ai gradi di consigliere di ambasciata e ministro plenipotenziario (articolo 106-bis), il procedimento di promozione al grado di consigliere di legazione (articolo 107), quello di promozione al grado di consigliere di ambasciata (articolo 108), nonché il procedimento di nomina al grado di ambasciatore (articolo 109-bis) Vengono altresì riformulati alcuni profili della normativa in tema d'impiego di esperti esterni alla Pubblica amministrazione (articolo 168), viene riconosciuta all'Istituto diplomatico la facoltà di attivare corsi di formazione a titolo oneroso, aperti anche a cittadini stranieri ed è rimodulata la tabella 1, allegata al decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, recante la corrispondenza fra i gradi della carriera diplomatica e le funzioni all'estero: tale modifica - come precisato in un emendamento approvato nel corso dell'esame in seconda lettura presso la Camera - non può comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO ALDO DI BIAGIO IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 2100-A ED ABBINATE

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, signor rappresentante di Governo, onorevoli colleghi, come ampiamente e proficuamente illustrato dal collega nonché relatore del testo unificato, onorevole Cazzola, ci troviamo dinanzi ad un provvedimento complesso ed articolato recante importanti disposizioni per il sostegno del reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.
Come ricordava Cazzola, questo provvedimento è stato oggetto di un dibattito importante esteso al pubblico ed ai media, ed in ragione di tali aspetti ho ritenuto particolarmente valide le sue precisazioni circa la ratio di quelle modifiche che sono state apportate a seguito della consultiva della Commissione bilancio.
I due articoli soppressi a seguito della relazione tecnica del Governo, contenevano fin dalle prime battute dei profili di dubbia sostenibilità finanziaria, evidenziati a più riprese dallo stesso relatore e compresi dalla maggioranza, che avrebbero dovuto essere sottoposti alla verifica di natura tecnica della V; Commissione e parliamo proprio dell'articolo 1 che riconosceva all'INPS la possibilità di erogare determinate risorse ai lavoratori di imprese inadempienti, verificatesi determinate condizioni, e l'articolo 3 in materia di estensione della Cassa Integrazione ordinaria.
Al di là delle riflessioni critiche che sono sorte e che potrebbero emergere in questa sede circa la ridefinizione del testo approvato - in origine - in sede referente dalla Commissione lavoro, mi associo alla precisazione operata dal relatore secondo cui tra le considerazioni di merito operate dal Governo, meritevoli di attenzione e di riflessione, sono state determinanti quelle di natura finanziaria, vincolanti per la riuscita dell'iter del provvedimento, ed esplicitate proprio dalla V commissione.
Siamo invitati - piuttosto - a concentrare l'attenzione sul testo di cui la Commissione propone l'approvazione, e che rappresenta un provvedimento le cui disposizioni sono particolarmente significative ed inderogabili.
Ricordiamo che siamo chiamati ad analizzare norme che intervengono a tutela di categorie di lavoratori in difficoltà, come i lavoratori con contratto di collaborazione per i quali si gettano le basi per una forma - in via sperimentale - di ammortizzatore sociale nei casi di fine lavoro, o come i lavoratori autonomi in regime di monocommittenza, per i quali si recupera una interpretazione estensiva dell'articolo 2116 del codice civile, gli operai agricoli e il personale dipendente dalle imprese assicuratrici.
Alla luce di tali aspetti, condivido l'invito del relatore, affermando che sarebbe auspicabile approdare ad una soluzione Pag. 55definitiva del provvedimento data l'indiscussa pregnanza degli argomenti in esame.
Invitando a mettere da parte retoriche politiche ed accuse alla maggioranza, rimettendo al centro delle nostre priorità i lavoratori e le politiche a loro sostegno.

CONSIDERAZIONI INTEGRATIVE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO AMALIA SCHIRRU IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL TESTO UNIFICATO DELLE PROPOSTE DI LEGGE N. 2100-A ED ABBINATE

AMALIA SCHIRRU. Onorevoli colleghi, come ha riferito l'onorevole Cazzola la scorsa settimana la Commissione Lavoro della Camera ha approvato a maggioranza il disegno di legge unificato con le misure per il sostegno al reddito e per la tutela di determinate categorie di lavoratori.
Nel testo che esaminiamo oggi permangono articoli sui quali il gruppo Partito Democratico era concorde, e penso agli articoli 4 e 5, misure previdenziali per i lavoratori agricoli e il Fondo di solidarietà per il personale delle imprese assicuratrici; e articoli come il secondo sull'indennità per i lavoratori in monocommittenza che, seppur modificato, resta accettabile.
Due articoli fondamentali sono stati invece soppressi: l'articolo 3, che prevedeva l'allungamento della CIG ordinaria da un anno ad un anno e mezzo (lavoratori dipendenti di aziende in fase di incertezza tra fallimento e delocalizzazione, ristrutturazione), e l'articolo 1 che puntava a tutelare i lavoratori di imprese insolventi, come Agile (ex Eutelia).
Ricordo che il testo presente è stato approvato in conformità al parere della Commissione Bilancio, il cui favore era appunto vincolato alla soppressione di queste norme che la Ragioneria generale dello Stato ha giudicato prive di copertura.
Noi abbiamo votato contro. Solo nella sua formulazione originale infatti, il Testo Unico poteva rappresentare una forma valida di sostegno per i soggetti più in difficoltà del sistema economico, i lavoratori cosiddetti «flessibili» - non coperti da adeguate misure di tutela del reddito - e dipendenti di piccole e medie imprese.
Tali misure, in ogni caso, potevano rappresentare solo l'inizio di un processo di riforma più complessivo che dovrà riguardare l'assetto totale del sistema di competizione sul mercato, da rivalutare alla luce di nuovi rapporti con l'Unione europea, nonché le procedure di accesso al credito da parte delle piccole aziende, oggi troppo penalizzate, e l'individuazione di nuove forme di copertura finanziaria delle misure di volta in volta adottate.
La nota elaborata dalla Ragioneria dello Stato e depositata presso la V Commissione, ha evidenziato problematiche di natura finanziaria, che avrebbero impedito l'applicazione di tutte le misure recate dal provvedimento, vanificando così il lavoro comune svolto dalla XI Commissione.
Come evidenziato dai miei colleghi in Commissione bilancio, il Governo già in passato aveva individuato forme di finanziamento che incidevano addirittura su fondi stanziati per altre finalità. Per questo provvedimento nella sua formulazione originale, invece, non si è riusciti a trovare una idonea copertura finanziaria, nonostante si trattasse di recuperare risorse già disponibili, stanziate per l'attivazione di precise politiche di sostegno al reddito.
È evidente che siamo di fronte all'ennesima contraddizione del Governo: si dichiara oggi l'indisponibilità di risorse finanziarie che solo poco tempo fa venivano date per esistenti e in grado di soddisfare in pieno le esigenze delle imprese e dei lavoratori.
Di fatto, è mancata la reale volontà di agire a supporto delle fasce più deboli. E mi viene da chiedere: che fine faranno e hanno fatto le risorse che il Governo ha dichiaratamente messo a disposizione degli ammortizzatori sociali, circa 8 miliardi di euro, di cui appena due attualmente spesi quando si fa fatica a coprire un costo di appena 600 milioni? Se i fondi ci sono, spendiamoli! Utilizziamo subito quelle risorse per chi ha perso il posto di lavoro e non può usufruire di meccanismi di protezione. Pag. 56
Del resto ricordiamo come gli attuali meccanismi di gestione della finanza pubblica siano illogici: se le risorse inizialmente stanziate non vengono impiegate, esse confluiscono impropriamente nei saldi della contabilità generale del bilancio dello Stato, ostacolando la copertura finanziaria di provvedimenti importanti come quello in esame.
La verità è che il Governo intende scaricare il peso della sicurezza sociale, con il grosso delle risorse, sulle regioni e sull'INPS: ci risulta, infatti, che ad oggi lo Stato ha messo a disposizione poco più di 700 milioni di euro. È ormai consuetudine di questo Governo stringere accordi con le Regioni, che tuttavia non propongono di avviare un'urgente quanto mai necessaria riforma degli ammortizzatori sociali, limitandosi ad intervenire sui vecchi strumenti, aumentando le risorse sulla cassa integrazione in deroga.
A riprova riporto qualche esempio. Per l'anno 2009, in virtù dell'intesa bilaterale con il Ministero del lavoro (del 29 aprile 2009) sono stati assegnati alla regione Sardegna 39 milioni di euro per il pagamento del sostegno al reddito e dell'intera contribuzione figurativa. L'impegno della regione è stato quantificato in 80,6 milioni di euro per l'intero pacchetto, a valere sul Por Fse (Assi Occupabilità e Adattabilità) su ulteriori risorse finanziarie della regione. È chiaro che il Governo preferisce scaricare il peso sulle regioni e sulle casse dell'INPS, senza utilizzare fondi propri, mentre proclama a gran voce sulla stampa impegno e attenzione.
Il testo unificato è stato il frutto di un lavoro condiviso, svolto da tutta la Commissione lavoro, nella prospettiva di dare una risposta immediata all'emergenza economica in atto, soprattutto per quanto riguarda alcune categorie di lavoratori (come i già richiamati dipendenti di Agile - ex Eutelia -, posti in mobilità e privi di stipendio, oppure, più in generale, i collaboratori a progetto), oggi non tutelati dagli attuali strumenti di CIGO e CIGS.
Conteneva articoli fondamentali che, guardando all'emergenza di questa fase economica, volevano garantire interventi sociali al reddito dei lavoratori dipendenti di piccole aziende, alle piccole e medie industrie in situazioni di particolare difficoltà economico-finanziaria, attraverso le somme corrispondenti, in tutto o in parte, ai crediti di lavoro non erogati da parte dell'impresa per la quale essi svolgono la propria attività lavorativa. Si trattava di interventi straordinari da limitare al biennio 2010-2011, in attesa di una complessiva riforma del sistema degli ammortizzatori sociali. Si trattava di rispondere alle persone che si trovano impossibilitate ad affrontare la quotidianità di vita, alle vere difficoltà dei lavoratori, che, non dimentichiamolo, sono banali quanto essenziali: il mangiare, pagare il mutuo o l'affitto di una casa, mandare i propri figli a scuola, pagare la retta di una mensa all'asilo. Abbiamo avanzato proposte che servono a limitare la disperazione delle persone che se non sostenute di fronte alle difficoltà economiche e di ricerca di nuovo lavoro, decidono di mettere fine alle proprie sofferenze (vedi l'aumento dei suicidi di lavoratori e datori di lavoro fortemente indebitati, per mancati pagamenti delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione).
Questi sono i problemi reali che devono trovare una risposta immediata attraverso questo intervento! E se davvero le risorse non ci sono più se ne individuino immediatamente delle altre, ricorrendo, piuttosto, anche ad imposte straordinarie.
Con il testo unificato avevamo lavorato concentrando l'attenzione su alcuni argomenti fondamentali per giungere in tempo ragionevole ad un risultato efficace, nell'attesa di provvedimenti più complessivi. Ma di fronte a tale lavoro unitario del Parlamento, il Governo si mostra ancora una volta insensibile e non ascolta.
Esiste una vera e propria emergenza sociale che indubbiamente si accentuerà nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, poiché sta per esaurirsi anche il periodo della cassa integrazione straordinaria in deroga per migliaia di lavoratori. Il Governo avrebbe dovuto optare rapidamente, senza tentennamenti, per il raddoppio Pag. 57della cassa integrazione e la sua estensione a tutti i rapporti di lavoro esistenti. Cosa si aspetta?
La Fiat Termini lmerese, la vicenda Bialetti, l'Agile (ex Eutelia) devono essere monito. Ricordo per l'ennesima volta in quest'Aula le vertenze della mia terra: penso agli operai Vynils sull'Asinara e in generale al comparto della chimica, all'Alcoa e all'Eurallumina, e tante altre, nuova Scaini, Legler, ex Ineos, Portovesme srl, alla miniera di Furtei, dove si è scaricato sulla regione Sardegna, attraverso la società «in house» lgea Spa, il carico della riqualificazione professionale dei 42 lavoratori dell'ex Sardinia Gold Mining Spa, società per la quale il tribunale di Cagliari aveva dichiarato lo stato di fallimento il 5 marzo 2009.
È ovvio che la giunta regionale stanzi una quota parte del Fondo sociale europeo per supplire alle scarse iniziative del Governo nazionale. Misure che rischiano, se non accompagnate da progetti mirati e strutture di servizio che pensano al reimpiego dei cassaintegrati, di creare un nuovo bacino di poveri per oggi e per un domani da pensionati. Ma si tratta di una risposta disordinata all'aumento della disoccupazione e della povertà, mentre questo Governo continua, imperterrito, a nascondere la crisi e la disgregazione economica e sociale.
Attraverso la mozione del capogruppo Franceschini ed altri n. 1-00125, concernente misure di sostegno al reddito e iniziative per un'organica riforma degli ammortizzatori sociali, abbiamo denunciato come nel nostro Paese si spenda la metà di quello che si spende in altri paesi europei per la protezione dei lavoratori che perdono l'impiego, per il sostegno alla non autosufficienza, per il contrasto della povertà, per le pari opportunità e per il sostegno alle famiglie.
È ormai palese che le misure predisposte dal Governo sono totalmente insufficienti ed inefficaci: i dipendenti delle piccole imprese, i precari privi di tutela, continuano a pagare, per primi, gli effetti nefasti di questo disimpegno. Per la vera ripresa occorrono ben altre misure, servono interventi di spessore nel sistema economico e produttivo nazionale, di sostegno alle piccole imprese.
Torniamo alla realtà con qualche numero: dopo il summit degli industriali a Parma, il Centro studi di Confindustria e la Cgil hanno presentato i dati sulla vitalità dell'industria e sull'occupazione. Secondo le previsioni, nel 2014 il reddito pro capite sarà infatti del 10 per cento in meno rispetto alla media europea. Tendenza destinata a proseguire nei prossimi anni. E la colpa, per viale dell'Astronomia, è nell'immobilismo e nelle mancate riforme che contraddistinguono il Paese.
Nel solo mese di marzo si è avuta una richiesta di CIG di 122 milioni e 599.702 ore, con un aumento sullo stesso mese del 2009 del 106,83 per cento. Dall'inizio dell'anno la CIGO è aumentata del 34 per cento. Quanto alla cassa integrazione straordinaria, è aumentata del +27,79 per cento su febbraio 2010 con il volume di ore più alto, non solo degli ultimi diciotto mesi, ma anche da quando è iniziata la fase di crisi economica. Rispetto a marzo del 2009 il balzo in avanti è consistente: +357,94 per cento per un volume di 182 milioni e 454.021 ore di CIGS.
L'Osservatorio CIG della CGIL ha ricalcolato il dato sulla disoccupazione, che «aumenta ben oltre il tasso ufficiale se si aggiungono i nuovi lavoratori inattivi che rinunciano a chiedere lavoro e la quota di lavoratori equivalenti a zero ore in CIG».
Si evince «un tasso di disoccupazione che va oltre l'11,5 per cento» e si confermano in oltre un milione e cinquecentomila i lavoratori in CIGO e in CIGS.
Alla luce dei dati esposti, questi sono i concetti chiave su cui puntare: il blocco dei licenziamenti, gli ammortizzatori sociali e una chiara politica industriale. Il Partito Democratico chiede con forza a questa maggioranza un confronto serio su una graduale convergenza dei diritti sociali per tutte le tipologie contrattuali, (co.co.co, contratto a progetto, staff leasing, contratti a chiamata, eccetera).
L'attuale sistema degli ammortizzatori sociali rimane concentrato sulla previdenza e il lavoro dipendente delle grandi Pag. 58imprese, privando di adeguata copertura coloro che svolgono attività autonome o hanno contratti atipici. Spesso questi ultimi sono lavoratori giovani e istruiti, moltissime le donne, figure che possono meglio contribuire alla crescita economica del paese. I rischi eccessivi che essi corrono nel corso della propria vita professionale limitano gli investimenti, la formazione professionale e l'innovazione.
Le nostre proposte sono concrete, volte all'universalizzazione dell'indennità di disoccupazione (anche per il lavoro autonomo e professionale), ad una seria riforma delle CIG e delle indennità di mobilità, dopo questa occasione persa. Abbiamo chiesto e continuiamo a rivendicare interventi seri e concreti a favore dei lavoratori e della loro sicurezza e stabilità professionale. Vogliamo affrontare con decisione e serietà, la situazione degli over 45 espulsi dal mercato del lavoro, delle donne e dei più giovani, programmare, con il coinvolgimento delle parti sociali, la ricollocazione dei lavoratori, il mantenimento del posto di lavoro, il sostegno alle imprese.
Per questo, il Partito Democratico ha presentato emendamenti che provano a correggere il provvedimento in virtù delle reali emergenze del Paese. Emendamenti che sono volti a denunciare e contrastare l'inettitudine di un Governo che si impegna esclusivamente su versanti che nulla hanno a che fare con i problemi reali delle persone, per i quali le risorse non si trovano mai.