XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 29 aprile 2010

TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
l'Italia vanta da sempre consolidate e amichevoli relazioni con il Giappone;
nel febbraio 2009 si è svolta a Roma la cerimonia per la firma dell'accordo sulla sicurezza sociale tra il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri, onorevole Stefania Craxi, e l'Ambasciatore giapponese in Italia, Ando;
nel luglio 2009 il Parlamento giapponese ha approvato l'accordo in via definitiva, mentre il Parlamento italiano non vi ha ancora provveduto;
secondo l'accordo sulla sicurezza sociale i lavoratori distaccati temporaneamente in un altro Paese per un periodo di tempo massimo di 5 anni non devono versare i contributi pensionistici al sistema di previdenza sociale del Paese di destinazione;
sembrerebbe che le disposizioni necessarie a dare corso all'accordo citato non siano state incluse nella legge finanziaria per il 2010 a causa dei costi troppo elevati che la sua applicazione comporterebbe per il bilancio statale;
il fatto che nel nostro Paese non sia ancora entrato in vigore l'accordo in questione, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, è del tutto innaturale e rischia di compromettere le ottime relazioni economiche e gli scambi interpersona tra Italia e Giappone,

impegna il Governo

ad assumere le iniziative di competenza al fine di assicurare in tempi rapidi l'entrata in vigore dell'accordo, rimuovendo gli eventuali ostacoli di ordine finanziario che sembrerebbero intralciarne l'approvazione.
(1-00360)
«Brigandì, Barbieri, Luciano Rossi, Ceroni, Goisis, Maccanti, Tassone, Nicolais, Rossa, Giulietti, Siragusa, Evangelisti, Galletti, Zazzera, Stucchi».

La Camera,
premesso che:
la Commissione bicamerale per l'infanzia nell'ottobre del 2008 ha dato avvio ad un'indagine conoscitiva per approfondire la condizione dei minori stranieri non accompagnati, ovvero dei minori immigrati nel territorio italiano ed ivi presenti in assenza di familiari e per ricostruire il percorso di questi minori, una volta che abbandonano i centri di prima accoglienza per gli immigrati, dopo essere stati identificati come minori e pertanto esclusi dalla proceduta di espulsione dal territorio italiano. Dall'indagine è emersa una situazione di grave allarme sociale; infatti, una larga parte dei minori che vengono rilasciati dai centri di prima accoglienza affrontano un destino incerto,

allontanandosi in molti casi senza lasciare traccia dalle comunità alloggio che li ospitano ed esponendosi così a pericoli di sfruttamento da parte della criminalità organizzata o a gravi rischi per la loro stessa incolumità. Le ragioni dell'allontanamento di questi minori dalle comunità ospitanti sono principalmente da ricondurre alla soppressione dei fondi dedicati, ai tagli al Fondo sociale, e alla conseguente insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione degli enti locali su cui insistono i centri di prima accoglienza; ai comuni sono infatti nella grande maggioranza dei casi affidati i minori con il provvedimento di tutela del magistrato, che segue alla prima accoglienza finanziata dal Ministero dell'interno;
l'Italia ha ratificato il 27 maggio 1991 con legge n. 176 la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia che all'articolo 1 definisce «bambini» gli individui di età inferiore ai 18 anni;
tale Convenzione rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, tra cui il diritto alla vita (articolo 6), il diritto alla salute e a godere delle prestazioni sanitarie (articolo 24), il diritto ad esprimere la propria opinione (articolo 12) e ad essere informati (articolo 13), il diritto al nome, tramite registrazione anagrafica, nonché alla nazionalità (articolo 17), il diritto all'istruzione (articolo 28 e 29), il diritto al gioco (articolo 31) ed il diritto ad essere tutelati da ogni forma di sfruttamento e di abuso (articolo 34);
alla Convenzione sui diritti dell'infanzia si accompagnano due protocolli opzionali che l'Italia ha ratificato con legge n. 46 del 9 maggio 2002 il Protocollo opzionale concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e il Protocollo opzionale sulla vendita, prostituzione e pornografia dei bambini;
la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli articoli 22, 30, 32, 34, 35, 36, 38 e 39, prevede una tutela particolare a favore di alcuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione della loro maggiore vulnerabilità. Si tratta dei minori in situazione di emergenza, come i minori rifugiati e i minori nei conflitti armati; dei minori in situazione di sfruttamento economico, compreso il lavoro minorile, abuso e sfruttamento sessuale; delle vittime di tratta o di altre forme di sfruttamento; infine dei bambini e adolescenti di minoranze etniche o popolazioni indigene;
la presenza dei minori stranieri non accompagnati in Italia, secondo l'organizzazione non governativa Save the Children è data in crescita, con una concentrazione nelle città con più di 100.000 abitanti, sebbene negli ultimi anni sia emersa una crescente preferenza dei minori per città più piccole (tra i 15.001 e i 100.000 abitanti);
secondo i dati contenuti nel Rapporto ANCI 2009 oggi i minori stranieri provengono soprattutto dall'Afghanistan (+170 per cento in due anni) - e non più dalla Romania in quanto ora fa parte dell'Unione europea -, preferiscono fermarsi nelle città medio piccole, che dal 2006 al 2008 hanno registrato un aumento della loro presenza del 200 per cento e fuggono meno dalle strutture di prima accoglienza rispetto a qualche anno fa (il 40 per cento contro il 62 per cento del 2006). Seguono poi l'Albania, l'Egitto e il Marocco. In aumento anche il numero di minori che arrivano dai Paesi africani instabili o in conflitto (Nigeria, Somalia ed Eritrea), e dunque potenziali richiedenti asilo. E per la prima volta fa capolino il Kosovo (non presente fino a oggi nelle statistiche in quanto Stato autonomo solo dal febbraio 2008);
secondo il comitato per i minori stranieri, al 30 settembre 2009, vi erano in Italia 6.587 minori stranieri non accompagnati, tra questi il 77 per cento è ricompreso nella fascia d'età che va dai 16 ai 17 anni. Il 90 per cento dei minori è di sesso maschile e più della metà ha 17 anni. Il 74 per cento dei minori censiti è alloggiato presso una struttura di prima o

seconda accoglienza, il 16 per cento presso un privato, mentre 70 si trovano in Istituti penali minorili;
il Comitato per i minori stranieri al 15 novembre 2009 diffondeva i seguenti dati relativi al flusso di minori stranieri non accompagnati:
a) 2.503 minori segnalati per la prima volta nell'anno in corso e ancora minorenni, i quali in larga parte presumibilmente subiranno gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
b) 926 minori segnalati nell'anno in corso e già divenuti maggiorenni, molti dei quali hanno già subito o subiranno sicuramente gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
c) 4.559 minori segnalati negli anni precedenti e divenuti maggiorenni nel 2009, i quali potrebbero subire in minima parte gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
questi dati forniscono in parte la misura di quanto potrà incidere l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 22, lettera v), legge n. 94 del 2009 sulle prospettive di vita di migliaia di minori (sulla base della stima più di 3.000). Minori che in relazione alle scelte istituzionali e alla gestione delle politiche migratorie, potrebbero utilmente portare avanti un percorso di crescita ed integrazione nel nostro Paese, o che al contrario potrebbero trovarsi al compimento del diciottesimo anno di età in posizione di clandestinità per l'impossibilità di convertire il proprio permesso di soggiorno. Per il rilascio del permesso di soggiorno, infatti, sono necessarie una seria di condizioni che difficilmente il minore può soddisfare: il minore non accompagnato, infatti, deve essere sottoposto a tutela o affidamento, deve essere inserito da almeno due anni in un progetto di integrazione, avere la disponiblità di un alloggio, deve essere iscritto a un regolare corso di studio o svolgere un'attività lavorativa. Le condizioni devono essere soddisfatte tutte contemporaneamente;
in caso di interpretazioni restrittive della normativa si calcola che, più di 3.000 neomaggiorenni diverranno invisibili per le istituzioni, dunque irregolari e «clandestini» (imputabili del reato di ingresso e soggiorno illegale, assoggettabili a detenzione amministrativa fino a sei mesi e non più regolarizzabili), e saranno esposti ad un altissimo rischio di essere attratti dal mercato del lavoro irregolare o, ancor peggio, in circuiti criminali;
secondo uno studio condotto da Save The Children, si verifica nel nostro Paese una difformità di prassi in merito all'interpretazione degli articoli 10-bis e 32 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e dell'articolo 61-bis del codice penale in riferimento ai minori stranieri non accompagnati. Il reato di ingresso e soggiorno illegale viene contestato ai minori in alcune città ed in altre no, così come l'aggravante dell'irregolarità. Per quanto riguarda la conversione del permesso di soggiorno, alcune questure stanno di fatto applicando un regime transitorio, mentre altre no. In sostanza la condizione giuridica di un minore straniero non accompagnato cambia a seconda della città dove viene accolto;
il fenomeno descritto presenta altresì preoccupanti connessioni con i flussi dell'immigrazione clandestina, gestiti dalla criminalità organizzata, spesso con base al di fuori del territorio italiano, a conferma dell'esistenza di gravi fenomeni di tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento di minori, soprattutto donne;
la gravità sociale dei fenomeni sin qui descritti e l'urgenza di individuare al più presto gli strumenti per una maggiore tutela di questi minori e per l'affermazione dei loro diritti, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse, necessita, da parte del Governo, di porre attenzione ad una politica di accoglienza in sintonia con il 4o rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della convenzione

ONU in Italia, 2007-2008, pubblicato dal gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. In particolare nel citato rapporto si raccomanda, in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione, soprattutto gli articoli 2, 3, 22 e 37, e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, che l'Italia: a) incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri speciali di accoglienza per minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale; b) assicuri che la permanenza in questi centri sia più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità siano garantiti durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza; c) adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati in tutto lo Stato parte; d) assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò è nel superiore interesse del bambino, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo,

impegna il Governo:

a predisporre tutte le misure atte a far sì che la permanenza dei minori nell'ambito delle strutture di accoglienza che li ospitano, dopo il rilascio dai centri di prima accoglienza, non sia in alcun modo condizionata da valutazioni di convenienza economica delle strutture stesse, le quali potrebbero indurre i minori ad allontanarsi, favorendone lo stato di clandestinità;
a coordinare le opportune iniziative per instaurare una rete di comunità alloggio estesa al territorio nazionale, evitando la concentrazione nella Regione Sicilia, attraverso la quale ospitare i minori stranieri non accompagnati all'atto delle dimissioni dai centri di prima accoglienza, per ripartire equamente il carico finanziario di tale ospitalità, valutando se porre a carico dello Stato le spese dell'accoglienza a lungo termine di questi minori;
a verificare se i criteri utilizzati per l'adozione dei provvedimenti di tutela dei minori stranieri non accompagnati siano omogenei su tutto il territorio nazionale;
a prevedere il rilascio del permesso di soggiorno anche per quei minori stranieri che abbiano raggiunto la maggiore età e che abbiano già intrapreso un percorso documentato di integrazione sociale e civile.
(1-00361)
«Zampa, Livia Turco, Lo Moro, De Torre, Cardinale, Zaccaria, Sbrollini, Touadi, Arturo Mario Luigi Parisi, Farinone, Schirru, Recchia, Siragusa, Bossa, Vannucci, Zucchi, Mattesini, Brandolini, Motta, Lenzi».

ULTERIORE FORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
la Commissione bicamerale per l'infanzia nell'ottobre del 2008 ha dato avvio ad un'indagine conoscitiva per approfondire la condizione dei minori stranieri non accompagnati, ovvero dei minori immigrati nel territorio italiano ed ivi presenti in assenza di familiari e per ricostruire il percorso di questi minori, una volta che abbandonano i centri di prima accoglienza per gli immigrati, dopo essere stati identificati come minori e pertanto esclusi dalla proceduta di espulsione dal territorio italiano. Dall'indagine è emersa una situazione di grave allarme sociale; infatti, una larga parte dei minori che vengono rilasciati dai centri di prima accoglienza affrontano un destino incerto, allontanandosi in molti casi senza lasciare traccia dalle comunità alloggio che li ospitano ed esponendosi così a pericoli di sfruttamento da parte della criminalità organizzata o a gravi rischi per la loro stessa incolumità. Le ragioni dell'allontanamento di questi minori dalle comunità ospitanti sono principalmente da ricondurre alla soppressione dei fondi dedicati, ai tagli al Fondo sociale, e alla conseguente insufficienza delle risorse finanziarie a disposizione degli enti locali su cui insistono i centri di prima accoglienza; ai comuni sono infatti nella grande maggioranza dei casi affidati i minori con il provvedimento di tutela del magistrato, che segue alla prima accoglienza finanziata dal Ministero dell'interno;
l'Italia ha ratificato il 27 maggio 1991 con legge n. 176 la Convenzione Onu sui diritti dell'infanzia che all'articolo 1 definisce «bambini» gli individui di età inferiore ai 18 anni;
tale Convenzione rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia, tra cui il diritto alla vita (articolo 6), il diritto alla salute e a godere delle prestazioni sanitarie (articolo 24), il diritto ad esprimere la propria opinione (articolo 12) e ad essere informati (articolo 13), il diritto al nome, tramite registrazione anagrafica, nonché alla nazionalità (articolo 17), il diritto all'istruzione (articolo 28 e 29), il diritto al gioco (articolo 31) ed il diritto ad essere tutelati da ogni forma di sfruttamento e di abuso (articolo 34);
alla Convenzione sui diritti dell'infanzia si accompagnano due protocolli opzionali che l'Italia ha ratificato con legge n. 46 del 9 maggio 2002 il Protocollo opzionale concernente il coinvolgimento dei bambini nei conflitti armati e il Protocollo opzionale sulla vendita, prostituzione e pornografia dei bambini;
la Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, negli articoli 22, 30, 32, 34, 35, 36, 38 e 39, prevede una tutela particolare a favore di alcuni gruppi di bambini e adolescenti in considerazione della loro maggiore vulnerabilità. Si tratta dei minori in situazione di emergenza, come i minori rifugiati e i minori nei conflitti armati; dei minori in situazione di sfruttamento economico, compreso il lavoro minorile, abuso e sfruttamento sessuale; delle vittime di tratta o di altre forme di sfruttamento; infine dei bambini e adolescenti di minoranze etniche o popolazioni indigene;
la presenza dei minori stranieri non accompagnati in Italia, secondo l'organizzazione non governativa Save the Children è data in crescita, con una concentrazione nelle città con più di 100.000 abitanti, sebbene negli ultimi anni sia emersa una crescente preferenza dei minori per città più piccole (tra i 15.001 e i 100.000 abitanti);
secondo i dati contenuti nel Rapporto ANCI 2009 oggi i minori stranieri provengono soprattutto dall'Afghanistan (+170 per cento in due anni) - e non più dalla Romania in quanto ora fa parte dell'Unione europea -, preferiscono fermarsi nelle città medio piccole, che dal 2006 al 2008 hanno registrato un aumento della loro presenza del 200 per cento e fuggono meno dalle strutture di prima accoglienza rispetto a qualche anno fa (il 40 per cento contro il 62 per cento del 2006). Seguono poi l'Albania, l'Egitto e il Marocco. In aumento anche il numero di minori che arrivano dai Paesi africani instabili o in conflitto (Nigeria, Somalia ed Eritrea), e dunque potenziali richiedenti asilo. E per la prima volta fa capolino il Kosovo (non presente fino a oggi nelle statistiche in quanto Stato autonomo solo dal febbraio 2008);
secondo il comitato per i minori stranieri, al 30 settembre 2009, vi erano in Italia 6.587 minori stranieri non accompagnati, tra questi il 77 per cento è ricompreso nella fascia d'età che va dai 16 ai 17 anni. Il 90 per cento dei minori è di sesso maschile e più della metà ha 17 anni. Il 74 per cento dei minori censiti è alloggiato presso una struttura di prima o seconda accoglienza, il 16 per cento presso un privato, mentre 70 si trovano in Istituti penali minorili;
il Comitato per i minori stranieri al 15 novembre 2009 diffondeva i seguenti dati relativi al flusso di minori stranieri non accompagnati:
a) 2.503 minori segnalati per la prima volta nell'anno in corso e ancora minorenni, i quali in larga parte presumibilmente subiranno gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
b) 926 minori segnalati nell'anno in corso e già divenuti maggiorenni, molti dei quali hanno già subìto o subiranno sicuramente gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
c) 4.559 minori segnalati negli anni precedenti e divenuti maggiorenni nel 2009, i quali potrebbero subire in minima parte gli effetti negativi della legge n. 94 del 2009 in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età;
questi dati forniscono in parte la misura di quanto potrà incidere l'entrata in vigore dell'articolo 1, comma 22, lettera v), legge n. 94 del 2009 sulle prospettive di vita di migliaia di minori (sulla base della stima più di 3.000). Minori che in relazione alle scelte istituzionali e alla gestione delle politiche migratorie, potrebbero utilmente portare avanti un percorso di crescita ed integrazione nel nostro Paese, o che al contrario potrebbero trovarsi al compimento del diciottesimo anno di età in posizione di clandestinità per l'impossibilità di convertire il proprio permesso di soggiorno. Per il rilascio del permesso di soggiorno, infatti, sono necessarie una seria di condizioni che difficilmente il minore può soddisfare: il minore non accompagnato, infatti, deve essere sottoposto a tutela o affidamento, deve essere inserito da almeno due anni in un progetto di integrazione, avere la disponibilità di un alloggio, deve essere iscritto a un regolare corso di studio o svolgere un'attività lavorativa. Le condizioni devono essere soddisfatte tutte contemporaneamente;
in caso di interpretazioni restrittive della normativa si calcola che, più di 3.000 neomaggiorenni diverranno invisibili per le istituzioni, dunque irregolari e «clandestini» (imputabili del reato di ingresso e soggiorno illegale, assoggettabili a detenzione amministrativa fino a sei mesi e non più regolarizzabili), e saranno esposti ad un altissimo rischio di essere attratti dal mercato del lavoro irregolare o, ancor peggio, in circuiti criminali;
secondo uno studio condotto da Save The Children, si verifica nel nostro Paese una difformità di prassi in merito all'interpretazione degli articoli 10-bis e 32 del decreto legislativo n. 286 del 1998 e dell'articolo 61-bis del codice penale in riferimento ai minori stranieri non accompagnati. Il reato di ingresso e soggiorno illegale viene contestato ai minori in alcune città ed in altre no. Per quanto riguarda la conversione del permesso di soggiorno, alcune questure stanno di fatto applicando un regime transitorio, mentre altre no. In sostanza la condizione giuridica di un minore straniero non accompagnato cambia a seconda della città dove viene accolto;
il fenomeno descritto presenta altresì preoccupanti connessioni con i flussi dell'immigrazione clandestina, gestiti dalla criminalità organizzata, spesso con base al di fuori del territorio italiano, a conferma dell'esistenza di gravi fenomeni di tratta di esseri umani, finalizzata allo sfruttamento di minori, soprattutto donne;
la gravità sociale dei fenomeni sin qui descritti e l'urgenza di individuare al più presto gli strumenti per una maggiore tutela di questi minori e per l'affermazione dei loro diritti, accertando tutte le eventuali responsabilità connesse, necessita, da parte del Governo, di porre attenzione ad una politica di accoglienza in sintonia con il 4o rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della convenzione ONU in Italia, 2007-2008, pubblicato dal gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. In particolare nel citato rapporto si raccomanda, in accordo con i principi e le disposizioni della Convenzione, soprattutto gli articoli 2, 3, 22 e 37, e con il rispetto dei bambini, richiedenti o meno asilo, che l'Italia: a) incrementi gli sforzi per creare sufficienti centri speciali di accoglienza per minori non accompagnati, con particolare attenzione per quelli che sono stati vittime di traffico e/o sfruttamento sessuale; b) assicuri che la permanenza in questi centri sia più breve possibile e che l'accesso all'istruzione e alla sanità siano garantiti durante e dopo la permanenza nei centri di accoglienza; c) adotti, il prima possibile, una procedura armonizzata nell'interesse superiore del bambino per trattare con minori non accompagnati in tutto lo Stato parte; d) assicuri che sia previsto il rimpatrio assistito quando ciò è nel superiore interesse del bambino, e che sia garantita a questi stessi bambini l'assistenza per tutto il periodo successivo,

impegna il Governo:

a predisporre tutte le misure atte a far sì che la permanenza dei minori nell'ambito delle strutture di accoglienza che li ospitano, dopo il rilascio dai centri di prima accoglienza, non sia in alcun modo condizionata da valutazioni di convenienza economica delle strutture stesse, le quali potrebbero indurre i minori ad allontanarsi, favorendone lo stato di clandestinità;
a coordinare le opportune iniziative per instaurare una rete di comunità alloggio estesa al territorio nazionale, evitando la concentrazione nella Regione Sicilia, attraverso la quale ospitare i minori stranieri non accompagnati all'atto delle dimissioni dai centri di prima accoglienza, per ripartire equamente il carico finanziario di tale ospitalità, valutando se porre a carico dello Stato le spese dell'accoglienza a lungo termine di questi minori;
a verificare se i criteri utilizzati per l'adozione dei provvedimenti di tutela dei minori stranieri non accompagnati siano omogenei su tutto il territorio nazionale;
ad adoperarsi, nell'ambito delle proprie competenze, affinché ogni intervento, anche normativo, che influisca sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, risulti in armonia con i principi della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza nonché con la normativa dell'Unione europea e con le indicazioni del Consiglio d'Europa in materia;
ad adoperarsi per rendere effettivo l'esercizio del diritto d'asilo dei minori stranieri non accompagnati;
a garantire ai minori stranieri non accompagnati uno status giuridico in grado di poterli maggiormente tutelare;
a prevedere il rilascio del permesso di soggiorno anche per quei minori stranieri che abbiano raggiunto la maggiore età e che abbiano già intrapreso un percorso documentato di integrazione sociale e civile.
(1-00361)
(Ulteriore nuova formulazione) «Zampa, Livia Turco, Lo Moro, De Torre, Cardinale, Zaccaria, Sbrollini, Touadi, Arturo Mario Luigi Parisi, Farinone, Schirru, Recchia, Siragusa, Bossa, Vannucci, Zucchi, Mattesini, Brandolini, Motta, Lenzi».

Risoluzioni in Commissione:

La IV Commissione,
premesso che:
nella data del 25 aprile si festeggia nel nostro Paese la Liberazione dell'Italia dall'occupazione delle truppe naziste dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, che sancì la fine della fase belligerante da parte della nostra Nazione;
in occasione del 65o anniversario il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato nel discorso tenuto al Teatro La Scala di Milano che: «... con la Resistenza, di fronte alla brutalità offensiva e feroce dell'occupazione nazista, rinacque proprio l'amore, il senso della patria, il più antico e genuino sentimento nazionale...»;
in quei mesi d'occupazione, fermo restando il ruolo determinante degli Alleati nella sconfitta del nazifascismo e la liberazione dell'Italia, possono essere elencati molteplici esempi circa il concorso di militari italiani ai moti di liberazione da parte dei contingenti militari regolari, dei nostri soldati di stanza a Cefalonia delle migliaia di ufficiali e soldati che si unirono alle formazioni partigiane e al Corpo italiano di liberazione;
il riconoscimento e il profondo rispetto verso coloro che, in una fase storica come quella vissuta nei 20 mesi di occupazione, attraverso l'impegno e il loro sacrificio nelle formazioni partigiane posero, con il loro esempio, a basi portanti della futura Repubblica italiana la libertà, il senso di scoperta dell'appartenenza ad una nazione, la lotta per l'indipendenza del Paese, la solidarietà e l'eguaglianza tra le genti, devono sempre più diventare sentimento unanimemente condiviso,

impegna il Governo

a dare risalto al contributo fornito dalle Forze armate italiane alla Resistenza e alla lotta di Liberazione concordando con l'Associazione nazionale partigiani d'Italia iniziative da inserire nelle celebrazioni del 150o anniversario della Unità d'Italia da svolgere con la partecipazione delle istituzioni locali e le popolazioni nei luoghi che videro protagonisti della lotta di Liberazione anche reparti delle nostre Forze armate.
(7-00321)
«Rugghia, Garofani, Villecco Calipari, Letta, Giacomelli, Fioroni, La Forgia, Laganà Fortugno, Migliavacca, Mogherini Rebesani, Recchia, Rosato, Sereni, Tocci, Vico».

La IV Commissione,
premesso che:
una frana, dovuta alle piogge intense, ha bloccato, dal 10 marzo 2010, i collegamenti ferroviari fra la Puglia e la capitale, interrompendo, a Montaguto, nel subappennino, la circolazione dei treni sulla Benevento-Foggia. Il movimento franoso si verificò, in particolare, tra le stazioni irpine di Savignano-Greci e Montaguto-Panni;
il fronte della frana è lungo 3,5 chilometri e ha causato inoltre gravi disagi alle popolazioni dei comuni interessati e reso più difficoltosi i collegamenti della strada statale 90;
il commissario delegato per l'emergenza in Campania, Mario De Biase, ha incessantemente dichiarato che per riattivare la ferrovia serve poco più di un mese e che sono sufficienti i poteri ordinari di cui già dispone, purché si agisca in un quadro di regole certe e soprattutto con risorse economiche sufficienti per le cose che sono da fare, a partire dalla messa in sicurezza della montagna e all'asciugatura dei laghetti collinari che sono affiorati;
intanto, per assicurare la mobilità, le Ferrovie dello Stato hanno messo in azione servizi sostitutivi con autobus tra Benevento e Foggia, con un aumento dei tempi di viaggio compresi tra i 60 e i 90 minuti. I treni in servizio notturno sono rimpiazzati con autobus tra Roma e Bari e viceversa. Per i clienti che rinunciano al viaggio è previsto il rimborso integrale del biglietto;
tale situazione ha comportato per Trenitalia un danno economico quantificabile in circa 2,5 milioni di euro considerato che essa ha perso oltre 23 mila viaggiatori in un mese su questa tratta ferroviaria e che ha dovuto sostenere i maggiori costi prodotti dalla straordinaria gestione del personale e dei mezzi;
già nella primavera del 2006, per fronteggiare l'avanzamento della imponente massa di terra, fango, pietre e detriti che dalla montagna scivolava lentamente verso valle, Rete ferroviaria italiana realizzò opere di contenimento poi assegnate al genio civile di Ariano Irpino. Ciò consentì all'ANAS la successiva costruzione di una variante stradale provvisoria per l'utilizzo della strada statale 90;
al momento permane una situazione di grave disagio, mentre è assolutamente necessario intervenire per restituire a quel territorio e alle popolazioni condizioni di normale vivibilità,

impegna il Governo

a mettere a disposizione delle autorità competenti, con ogni passibile urgenza, gruppi del Genio campale e del Genio militare che sono in grado di intervenire in situazioni d'emergenza come quella descritta in premessa.
(7-00323)
«Rugghia, Vico, Garofani, Ginefra, Laganà Fortugno, Bellanova, Villecco Calipari, Servodio, Grassi».

La XIII Commissione,
premesso che:
da notizie riportate da organi di stampa (Agrapress, ore 17.39 del 26 aprile 2010 e Messaggero Veneto, pagina 8 del 27 aprile 2010) si è appreso che le associazioni «Agricoltori federati» e «Movimento libertario» hanno annunciato che giovedì 30 aprile 2010 procederanno alla semina di mais geneticamente modificato, su terreni in provincia di Pordenone;
già nell'agosto 2006 era stata inoltrata al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una richiesta di autorizzazione alla messa in coltura di mais geneticamente modificato;
il 18 aprile 2007 il suddetto Ministero, con una specifica nota, aveva precisato che «non è possibile procedere all'istruttoria della richiesta di autorizzazione, nelle more dell'adozione, da parte

delle Regioni, delle norme idonee a garantire la coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e transgeniche»;
a seguito di specifico ricorso, la sezione sesta del Consiglio di Stato con sentenza 19 gennaio 2010 n. 183 ha riformato una precedente sentenza del TAR del Lazio (7 aprile 2008, n. 2893) ed ha dichiarato l'obbligo del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali di provvedere sulla citata richiesta di autorizzazione;
al fine di dare esecuzione alla sentenza di cui sopra è stata sentita la regione Friuli Venezia Giulia che, con nota 15 marzo 2010, n. 18586, ha evidenziato una serie di elementi peculiari della realtà agricola regionale che, nel loro insieme, renderebbero estremamente problematica l'attivazione della coesistenza, a causa della complessità delle misure di precauzione che sarebbe necessario adottare a livello, sia aziendale, sia territoriale;
sempre al fine di dare attuazione alla succitata sentenza del Consiglio di Stato, il Ministero delle politiche agricole ha altresì provveduto ad acquisire il parere della commissione per i prodotti sementieri geneticamente modificati, di cui all'articolo 1, comma 3 del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212 che, sulla base delle considerazioni formulate dalla regione Friuli Venezia Giulia e delle disposizioni di cui all'articolo 1, comma 2 del medesimo decreto legislativo n. 212 del 2001, ha espresso parere negativo rispetto alla richiesta di messa in coltura di mais geneticamente modificato di cui sopra;
al termine dei passaggi sopra evidenziati il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, con decreto emanato di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e della salute ha respinto l'istanza di coltivazione di mais geneticamente modificato,

impegna il Governo:

ad adottare tutte le misure necessarie per impedire che le associazioni richiamate in premessa possano dare seguito a quanto annunciato;
a valutare l'opportunità di costituirsi parte civile, qualora, a seguito, del verificarsi degli eventi annunciati, i responsabili siano chiamati a risponderne in giudizio.
(7-00322)
«Cenni, Zucchi, Oliverio, Fiorio, Brandolini».

La XIII Commissione,
premesso che:
con il regolamento (CE) n. 318/2006 del Consiglio, del 20 febbraio 2006, è stata varata la riforma dell'organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero;
nell'ambito della suddetta decisione si determinò un compromesso tra le parti in causa che consentiva l'erogazione di aiuti nazionali al settore per cinque campagne di commercializzazione (ovvero fino alla campagna 2010/2011), allo scopo di attenuare gli effetti conseguenti alla riforma; in particolare, il comma 2 dell'articolo 36 del citato regolamento consentiva tale forma di sostegno agli Stati membri che avrebbero ridotto la loro quota di zucchero di oltre il 50 per cento;
in Italia, la riforma ha avuto come conseguenza la riduzione della quota di produzione del 67 per cento, con la chiusura di 15 zuccherifici su 19;
in attuazione di quanto consentito dall'Unione europea, nel nostro Paese gli aiuti nazionali sono stati erogati fino al terzo anno del quinquennio previsto dalla normativa comunitaria, cioè fino all'anno 2008, mentre inspiegabilmente nelle leggi finanziarie per il 2009 e per il 2010 non è stata inserita nessuna previsione di spesa finalizzata all'attuazione degli impegni sottoscritti con le parti interessate e la Commissione europea;
attualmente si corre il rischio di una cessazione delle attività del settore,

aprendo una ennesima grave crisi industriale che coinvolgerebbe oltre 2000 dipendenti, 4 stabilimenti industriali ed oltre 10.000 imprese agricole;
l'Italia è un Paese forte consumatore di zucchero, con parte consistente del consumo finalizzato ai processi industriali del settore alimentare, in particolare del dolciario e delle bevande; il mercato italiano è pertanto oggetto di attenzione da parte dei suoi competitori (francesi e tedeschi);
la competizione internazionale deve essere affrontata stimolando l'ammodernamento tecnologico e l'abbattimento dei costi lungo tutta la filiera del saccarifero e, infatti, gli aiuti nazionali erano e sono finalizzati proprio a sostenere tali investimenti e non alla mera assistenza al settore;
il venire meno del sostegno finanziario statale, in contrasto con le legittime aspettative degli operatori, rischia perciò di aprire l'appetibile mercato italiano ai competitori europei, segnando una disfatta produttiva e industriale per il nostro Paese;
a rischio è la continuità produttiva del settore, che si aggiungerebbe alla complessa vicenda connessa alla chiusura tra il 2006 e il 2007 dei 15 stabilimenti sopra citati, per i quali sono stati raggiunti, in sede di tavolo interministeriale, accordi di filiera per la loro riconversione;
la fondatezza delle preoccupazioni sopra illustrate è stata riconosciuta dal Governo, e in particolare dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Luca Zaia, e dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Gianni Letta, che in più occasioni si sono impegnati ad individuare le risorse da destinare al rifinanziamento del fondo di settore;

impegna il Governo

ad adottare tutte le iniziative necessarie per consentire il rifinanziamento per 86 milioni di euro della dotazione del Fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera al fine di fronteggiare le esigenze relative alle campagne 2009 e 2010.
(7-00324)
«Zucchi, De Camillis, Di Giuseppe, Fogliato, Ruvolo, Agostini, Beccalossi, Bellotti, Biava, Brandolini, Callegari, Marco Carra, Catanoso, Cenni, Cuomo, Dal Moro, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Fiorio, Gottardo, Marrocu, Nastri, Negro, Nola, Oliverio, Mario Pepe (PD), Rainieri, Rota, Sani, Servodio, Trappolino».

TESTO AGGIORNATO AL 1o GIUGNO 2010

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

LIBÈ - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
il capo della protezione civile Guido Bertolaso nel corso di un incontro con la stampa estera per una analisi della situazione sui vulcani italiani e sui rischi connessi alle potenziali eruzioni, ha evidenziato che «Il vulcano che potenzialmente ha il colpo in canna peggiore di tutti è l'isola di Ischia, dove l'ultima eruzione si è registrata nel 1.300, ma il monte Epomeo è cresciuto in altezza di 300 metri. Si sta caricando la camera magmatica che potrebbe in un futuro lontano provocare un'eruzione». Bertolaso ha però chiarito che «non vi sono al momento ragioni per temere che si risvegli, ma ciò può sempre avvenire e dunque va costantemente monitorato»;

occorre considerare che l'ultima eruzione sull'isola è stata di tipo effusivo e non esplosivo ed è avvenuta nel 1.302. Il direttore dell'osservatorio vesuviano che monitora l'area vulcanica dell'isola, Marcello Martini, al momento riscontra che «non ci sono elementi per essere preoccupati per una nuova eruzione» del vulcano è convinto anche che «È un'isola vulcanica e per questo è oggetto di studi e monitoraggi continui. È difficile interpretare però questo "colpo in canna": se si intende l'attività sismica dell'isola può essere, ma sull'attività vulcanica non ci sono elementi per sostenerlo»;
il professor Sandro De Vita, vulcanologo e primo ricercatore presso l'osservatorio vesuviano ha dichiarato che «l'Epomeo non è un vulcano, ma è un campo vulcanico prodotto dalla deformazione all'interno della caldera che si è sollevata e ha raggiunto i 780 metri sul livello del mare, ma non vi è assolutamente alcun motivo di temere un'eruzione»;
tali esternazioni del Sottosegretario Guido Bertolaso hanno scosso le popolazioni locali dell'isola di Ischia e rischiano; di avere forti ripercussioni sui flussi turistici -:
se non si ritenga opportuno pubblicare gli studi e le ricerche scientifiche sulle quali si è basato il merito di rischio di eruzione vulcanico della protezione civile e quali interventi intende intraprendere la Protezione civile al fine di non diffondere il panico tra i residenti ed i turisti dell'isola campana.
(3-01044)

Interrogazioni a risposta scritta:

PELUFFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 3 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito nella legge 26 luglio 2005 n. 152, autorizza il capo del Dipartimento della protezione civile, a ricoprire i posti di seconda fascia del ruolo speciale dirigenziale di cui all'articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, fino al limite di dodici unità, secondo le procedure:
a) nella misura del quaranta per cento tramite concorso pubblico;
b) nella misura del quaranta per cento tramite concorso riservato, per titoli ed esame-colloquio, al personale di ruolo della pubblica amministrazione in servizio, alla data di entrata in vigore del presente decreto, presso il dipartimento della protezione civile, munito di diploma di laurea rilasciato da università statali, dotato di cinque anni di servizio, o, se in possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di almeno tre anni di servizio. I predetti periodi di servizio, di cui almeno ventiquattro mesi di comprovata, continuativa e specifica esperienza nell'ambito professionale di protezione civile, prestata con vincolo di subordinazione, nelle amministrazioni pubbliche di protezione civile deputate istituzionalmente ed ordinariamente ad esercitare le predette competenze, documentata mediante la produzione di certificati attestanti il possesso della qualificata esperienza nel predetto ambito professionale, devono essere stati prestati in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea;
c) nella misura del venti per cento, in considerazione della specificità del personale dirigenziale di cui all'articolo 9-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, nonché avuto riguardo alla peculiarità dei compiti e delle funzioni del Dipartimento della protezione civile, mediante corso-concorso selettivo di formazione, della durata di nove mesi, riservato al personale in servizio presso il Dipartimento della protezione civile, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 28 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o di diversi o ulteriori requisiti

culturali o professionali, ivi compreso il possesso di abilitazioni professionali, ovvero di pregresse esperienze di studio o di lavoro nel peculiare settore della protezione civile;
nonostante tale disposizione legislativa, e benché ci fossero i tempi per espletare le procedure concorsuali, visto anche che dal 2005 pochi sono stati gli eventi calamitosi di tipo C, i concorsi non sono stati mai banditi, ma, al contrario, tra il 2007 e il 2010 il dipartimento, sulla base di motivazioni che all'interrogante non appaiono chiare di «urgenza e necessità volte ad assicurare la piena operatività del Servizio nazionale di protezione civile nel fronteggiare le molteplici situazioni emergenziali in atto sul territorio nazionale» tramite il ricorso all'ordinanza di Protezione civile ha acquisito sei dirigenti di seconda fascia e due direttori generali e ha nominato altri sei ex articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001;
l'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, non abroga le disposizioni dell'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2005, convertito dalla legge 26 luglio 2005 n. 152;
non sono noti i criteri con i quali sono state selezionate le professionalità per l'acquisizione, tramite ordinanza, dei sei dirigenti di seconda fascia, dei due direttori generali e per la nomina degli altri sei ex articolo 19 del decreto legislativo n. 165 del 2001 -:
se risponda al vero che alcuni dei soggetti beneficiari dell'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 195, convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, non possiedono i prerequisiti di anzianità per poter partecipare ad un pubblico concorso per la carriera dirigenziale;
se intenda comunque estendere anche a coloro che sono sprovvisti dei necessari prerequisiti le procedure speciali di accesso alla carriera dirigenziale;
quali siano le professionalità dei soggetti beneficiari del citato articolo 14, e se ai tempi dell'emanazione delle ordinanze di nomina a dirigenti, erano presenti al dipartimento professionalità uguali o superiori che potessero essere inserite nell'organico richiesto e previsto;
quali iniziative intenda intraprendere affinché vengano avviate le procedure concorsuali in base all'articolo 3 del decreto-legge n. 90 del 2005 convertito in legge 26 luglio 2005 n. 152, contestuali o alternative alle modalità selettive dell'articolo 14 del decreto-legge 30 dicembre 2009 n. 195 convertito in legge n. 26 del 26 febbraio 2010.
(4-07015)

PAOLO RUSSO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il 16 aprile 2010 l'operazione denominata «acque chiare», frutto delle indagini predisposte dalle procure di Nola e Santa Maria Capua Vetere ed eseguite dai nucleo di polizia tributaria del Corpo della guardia di finanza di Caserta ha svelato le drammatiche condizioni di inquinamento ambientale in cui versano il litorale casertano e quello napoletano. L'inchiesta ha inoltre messo a nudo le carenze, ma soprattutto le illegalità, che caratterizzavano il settore della depurazione in Campania;
l'imponenza dell'operazione ed il numero dei destinatari di provvedimenti restrittivi rendono bene l'idea delle proporzioni del fenomeno illecito: 26 ordinanze di custodia cautelare e 29 misure reali;
impressionante l'elenco di reati contestati: disastro ambientale, avvelenamento di acque, truffa aggravata, danneggiamento di acque ed edifici pubblici, gestione illecita di rifiuti, immissione di rifiuti in acque superficiali ed abbandono su suolo, interruzione di pubblico servizio, distruzione e deturpamento, scempio paesaggistico ambientale, omissione di atti d'ufficio, falsità in atti commessa anche da pubblici ufficiali;

nelle maglie della giustizia sono finite, infatti, anche le società che gestiscono quattro depuratori nelle province di Napoli e Caserta oltre che dirigenti della regione Campania e docenti universitari che fanno parte della commissione regionale di esperti gestione impianti di depurazione;
si tratta di una vicenda che ha generato un diffuso allarme sociale ed ha alimentato la preoccupazione degli operatori del settore turistico, in ansia per la negativa ricaduta economica in vista dell'arrivo della stagione estiva -:
se non ritenga necessario ed urgente dichiarare lo stato di emergenza nel settore della depurazione della regione Campania, ai sensi della legge n. 225 del 1992, ed affidare gli impianti in questione alla Protezione civile che provvederà alla loro messa a norma.
(4-07018)

RIVOLTA, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 16 dicembre 2009, in sede di discussione della legge finanziaria, fu accolto dal Governo l'ordine del giorno 9/2936-A/239 che impegnava il Governo a «garantire che per l'anno 2010 la ripartizione del Fondo Nazionale per il Servizio Civile sia tale per cui almeno il 50 per cento del Fondo sia destinato al contingente di volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale e di provincia autonoma, e quindi agli enti iscritti agli Albi Regionali e di Provincia Autonoma»;
nonostante ciò, il documento di programmazione finanziaria per l'anno 2010 dell'Ufficio nazionale per il servizio civile propone, alla descrizione della voce 62 recante «servizio civile volontario in Italia: spettanze ai volontari» di effettuare il riparto in modo tale che «il 55 per cento del contingente riguarderà volontari da assegnare a progetti approvati in ambito nazionale agli Enti iscritti all'Albo nazionale, che si traduce in un contingente pari a 9.990 unità». Invece, «il 45 per cento del contingente riguarderà volontari da assegnate a progetti approvati in ambito regionale, agli Enti iscritti agli Albi regionali [,..] che si traduce in un contingente pari a 8.100 unità». Pertanto per l'anno 2010 la parte del Fondo Nazionale per il Servizio Civile da destinare ai progetti degli enti nazionali aumenta del 1 per cento rispetto al 2009, ed è superiore al 5 per cento rispetto a quanto richiesto nell'odg sopra ricordato;
il numero di progetti presentati dagli enti di servizio civile iscritti agli albi regionali è aumentato percentualmente sul totale, passando dal 57,72 per cento del 2009 al 61,50 per cento del 2010;
anche il numero di volontari richiesti dagli enti regionali è aumentato percentualmente sul totale nei due anni, passando dal 42,84 per cento del 2009 al 46,49 per cento del 2010;
si ricorda inoltre che oltre il 96 per cento degli enti di servizio civile (pari a circa 3500 realtà) è iscritto agli albi regionali, contro circa il 4,5 per cento degli enti iscritti all'albo nazionale (circa 140 realtà). Il numero delle sedi di attuazione di progetto risulta equamente diviso tra enti regionali ed enti nazionali;
i numeri sopra ricordati comprovano una realtà in cui gli enti iscritti agli albi regionali hanno un sempre maggior peso nello scenario del servizio civile. Ciò rende quindi ancora meno comprensibile sia la scelta di aumentare la percentuale di risorse da destinare all'albo nazionale, sia il mancato rispetto di quanto indicato come impegno del Governo nell'ordine del giorno 9/2936-A/239 -:
quali azioni intenda intraprendere per garantire che almeno il 50 per cento del Fondo nazionale per il servizio civile sia destinato al contingente di volontari da assegnare a progetti approvati in ambito regionale e di provincia autonoma, e quindi agli enti iscritti agli Albi regionali e di provincia autonoma, così come indicato nell'ordine del giorno 9/2936-A/239.
(4-07019)

PELUFFO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
la recente ordinanza di protezione civile numero 3855 del 5 marzo 2010 assegna al Presidente della regione Sardegna l'organizzazione e gestione del «grande evento» della regata velica Louis Vuitton Cup, sottraendola così dalle attività del dipartimento della protezione civile, e ridando la giusta collocazione ad un evento che per sua natura è difficilmente riconducibile a «grande evento di Protezione Civile», non sussistendo le condizioni emergenziali di urgenza e indifferibilità ne di quelle che mettono a grave rischio l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente;
i «grandi eventi» non essendo calamitosi, possono essere pianificati per tempo e gestiti con gli ordinari strumenti di governo del territorio, ma soprattutto perché è stato dimostrato che, data l'alta frequenza del loro verificarsi negli ultimi anni, essi hanno distolto il dipartimento dalla sua primaria attività, volta alla tutela dei cittadini e del territorio così come dettato dalla legge n. 225 del 1992;
la Corte dei Conti ha considerato dubbia la riconducibilità della «regata velica Louis Vuitton Cup» alla categoria dei grandi eventi rientranti nella competenza del dipartimento della protezione civile, poiché tali eventi, «quand'anche non si sostanzino in calamità o catastrofi, dovrebbero pur sempre riferirsi a situazioni di emergenza che mettano a grave rischio l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente» -:
se corrisponda al vero la formalizzazione di una «Struttura Temporanea di Missione per garantire il necessario supporto amministrativo e tecnico alle attività per consentire la realizzazione del grande evento - Louis Vuitton Series «ex opcm n. 3838/2009», costituita esclusivamente da 12 funzionari del Dipartimento di protezione civile, nominati per supportare i due dirigenti generali del Dipartimento di protezione civile il direttore dell'ufficio previsione, valutazione, prevenzione e mitigazione dei rischi naturali in qualità di soggetto attuatore per il grande evento, ed il dirigente generale responsabile dell'ufficio GER-Grandi eventi, risorse tecnologiche e innovazione;
se non ritenga opportuno, dopo il pronunciamento della Corte dei Conti e l'ordinanza n. 3855, di non procedere con la struttura nazionale;
quali iniziative il Dipartimento di Protezione Civile abbia attivato dal 2001 per le aree sismo genetiche di portanza nazionale come l'Arco Calabro, lo Stretto di Messina, la Sicilia orientale, l'Irpinia o il Trevigiano-Bellunese, e quali per il rischio idrogeologico connesso ai grandi fiumi quali il Po, l'Arno, il Tevere, il Liri Garigliano e Volturno;
quali siano le attività addestrative nazionali svolte ed i in fase di preparazione e quali siano i criteri di scelta del personale nell'ambito di tali attività e quale sia il metodo di lavoro.
(4-07023)

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
dopo il caso della nube vulcanica islandese il capo del Dipartimento di protezione civile ha presentato un piano di monitoraggio di 12 vulcani sommersi in Italia che si trovano tutti nel mar Tirreno;
il monitoraggio avviato con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri prevede la possibilità di utilizzare quattro navi per il controllo delle attività vulcaniche sottomarine;
la durata del monitoraggio è prevista in due o tre anni e la spesa prevista di dieci milioni di euro;
il capo del Dipartimento della protezione civile ha affermato che il rischio maggiore, definendolo il «colpo in canna», è sull'isola di Ischia;

l'ultima eruzione sull'isola di Ischia si è registrata nel 1300, ed anche se non ci sono segnali di risveglio ciò può sempre avvenire;
in diecimila anni il cono vulcanico del monte Epomeo, è cresciuto di 800 metri e questo segnala che nel ventre del citato monte si sta caricando una camera magmatica che potrebbe esplodere;
il vulcano più pericoloso risulta essere il Vesuvio che se dovesse rimettersi in moto, l'ultima eruzione è del 1944, dovrebbero essere evacuate 700.000 persone;
dalla fine della guerra, attorno alla cintura del Vesuvio, si sono sviluppate case ed insediamenti; infatti, sono 18 i comuni compresi nella «fascia rossa» inclusa nei piani di evacuazione;
se il vulcano partenopeo si rimettesse in moto, potrebbero essere circa un milione le persone coinvolte (da Napoli a Salerno a Caserta);
il Vesuvio è, a detta del Sottosegretario Bertolaso, il problema più grande di protezione civile in Italia, l'esplosione di questo oltre alla lava provocherebbe una colonna di fumo e lapilli alta fino a 20 chilometri ed al suolo ricadrebbero due metri di cenere per metro quadrato; il tutto sarebbe preceduto da terremoti con conseguenze paragonabili a quanto avvenuto a l'Aquila;
appare sempre più improrogabile attivare azioni che tendano a prevenire quella che sembra una catastrofe annunciata -:
quali iniziative siano state intraprese al fine di informare la popolazione residente dei rischi derivanti dal possibile risveglio di vulcani in Italia, a partire dal Vesuvio, se siano previste periodiche esercitazioni di evacuazione e se la protezione civile sia in grado di sostenere, come nel caso del Vesuvio, l'eventuale evacuazione di almeno 700.000 persone;
quali iniziative siano state intraprese o siano allo studio, con il necessario coinvolgimento degli enti locali interessati, al fine di evitare l'ulteriore edificazione di case e insediamenti in zone ad alto rischio, in quanto senza questo tipo di azioni, risulterebbero inefficaci i monitoraggi avviati seppur positivi.
(4-07024)

...

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA e MARIANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
durante i giorni scorsi, il dissesto territoriale di Ventotene ha provocato la morte di due ragazze di terza media in gita scolastica sull'isola. Un'ennesima frana mortale che si aggiunge alla lunga serie di disastri causati in Italia da frane e smottamenti;
l'isola di Ventotene è tutelata ai sensi del decreto ministeriale 11 maggio 1999 quale «Riserva naturale statale ed area marina protetta» nonché sottoposta al vincolo paesaggistico ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modificazioni e integrazioni, costituisce per l'Unione europea un'area di particolare interesse ambientale e per questo è definita anche Z.P.S. (Zona a protezione speciale) e S.I.C. (sito di interesse comunitario);
esistono sull'isola diversi vincoli ambientali atti a preservare la bellezza dell'isola e soprattutto a salvaguardare la fragilità ambientale della zona;
negli ultimi anni lo sfruttamento del territorio e la presenza di un turismo lontano dai canoni di ecosostenibilità, unitamente alla particolare natura del territorio (si tratta di un'isola vulcanica le cui coste sono costituite in prevalenza da tufo e piroclastiti molto friabili), hanno generato una situazione generale di dissesto idrogeologico tale da mettere in pericolo la sicurezza delle persone;

è da segnalare il fatto che in alcuni punti, particolarmente soggetti a cedimenti, non sia ancora stato posto nessun tipo di segnaletica che indichi il pericolo, aggravando ulteriormente il rischio d'incolumità delle persone;
attualmente sono in previsione alcune grandi opere a forte impatto ambientale la cui realizzazione non può che peggiorare ulteriormente la situazione ambientale già fortemente compromessa;
l'isola deve affrontare con urgenza tre problemi: il dissesto idrogeologico, il problema idrico e quello delle acque reflue -:
se e quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di realizzare un piano straordinario di interventi strutturali per la messa in sicurezza dell'isola di Ventotene con lo scopo di scongiurare seri pericoli per l'incolumità degli abitanti e preservare il patrimonio naturalistico ed ambientale che risulta essere l'essenza vitale dell'isola.
(5-02830)

Interrogazioni a risposta scritta:

DI STANISLAO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'Italia è un Paese ad elevato rischio di catastrofi idrogeologiche. Le frane, estremamente diffuse sul territorio nazionale, sono le calamità naturali che si ripetono con maggior frequenza e, dopo i terremoti, causano il maggior numero di vittime e di danni;
dal dopoguerra ad oggi si è assistito ad un aumento del rischio da frana a causa della crescente antropizzazione del territorio, con un'espansione del tessuto urbano spesso in aree instabili. Solo in questi ultimi vent'anni si sono verificati eventi geologici-idraulici catastrofici. Tra gli altri in Val Pola (1987), in Piemonte (1994), in Versilia (1996), a Sarno e Quindici (1998), nell'Italia nord occidentale (2000) e nella Val Canale - Friuli Venezia Giulia (2003);
un aspetto decisamente importante e non trascurabile è che la maggior parte delle frane si riattivano nel tempo, soprattutto in concomitanza con le precipitazioni: ad esempio a Giampilieri, prima della tragedia dell'ottobre 2009 c'era stato un evento minore nel 2007, stessa cosa è avvenuto a San Fratello (Messina) e anche la frana di Sarno che causò 160 vittime ha dei precedenti di minore entità;
per questi motivi il censimento delle frane diventa molto importante unito ad un monitoraggio costante ed ad uno studio continuo su tali fenomeni;
il Progetto IFFI (inventario dei fenomeni franosi in Italia), realizzato dall'ISPRA e dalle regioni e province autonome e finanziato nel 1997 dal comitato dei Ministri per la difesa del suolo ex lege n. 183 del 1989, fornisce un quadro dettagliato sulla distribuzione dei fenomeni franosi sul territorio italiano;
dal 1116 al 2006 sono state censite 485mila frane che interessano un'area di 20.721 chilometri quadrati, pari al 6,9 per cento del territorio nazionale. Sono state localizzate, individuate e perimetrate e tenendo conto della vicinanza di un centro abitato e di una rete stradale sono state tracciate le mappe del rischio. In Italia su 8101 comuni quelli a rischio sono 5.708, il 70 per cento, 2940, il 36 per cento, sono i comuni in cui il livello di attenzione è molto elevato. I punti di criticità sono 1806 sulla rete ferroviaria e 706 sulla rete autostradale;
il progetto IFFI ha dato la possibilità di avere un inventario dei fenomeni franosi in Italia completo, attento e studiato nei minimi dettagli e l'attività di comunicazione e diffusione delle informazioni sulle frane alle amministrazioni nazionali e locali, agli enti di ricerca, ai soggetti pubblici e privati di gestione delle reti infrastrutturali, ai tecnici operanti nel settore della difesa del suolo e a tutti i

cittadini diventa uno strumento fondamentale per la mitigazione del rischio da frana in Italia;
il censimento è fermo all'anno 2006, ciò vuol dire che le frane avvenute successivamente a questa data non sono censite in quanto sono stati tolti da parte del Governo i fondi per portare avanti il progetto e aggiornare la mappa del rischio;
la ricerca è uno strumento di assoluta importanza ed efficienza al fine di una corretta prevenzione delle catastrofi naturali -:
se il Governo non intenda esporre le ragioni che lo hanno portato a non finanziare più il progetto IFFI (inventario dei fenomeni franosi in Italia);
se il Governo non ritenga di dover ripristinare i fondi per continuare il censimento delle frane e aggiornare la mappa del rischio.
(4-07011)

SANI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 44 del 28 febbraio 2002, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con il Ministro per i beni e le attività culturali e con la regione Toscana, ha istituito il Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane, in applicazione del comma 14 dell'articolo 114 della legge n. 388 del 23 dicembre 2000;
la stessa legge prevede che il Parco debba essere gestito attraverso un Consorzio;
il Consorzio di gestione è composto da: Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; Ministero per i beni e le attività culturali; regione Toscana; provincia di Grosseto; comunità montana «Colline Metallifere» e dai comuni di Follonica, Gavorrano, Massa Marittima, Monterotondo Marittimo, Montieri, Roccastrada e Scarlino;
il richiamato decreto ministeriale istitutivo indica che, in attesa della costituzione del Consorzio, la gestione del Parco avvenga tramite di un comitato di gestione provvisoria composto da 6 membri (uno per ente e uno in rappresentanza di tutti i comuni);
il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su designazione dei vari enti, ha provveduto alla nomina del Comitato;
tale Comitato, oltre alla gestione del Parco, ha anche funzione di Commissione per definire lo statuto e il regolamento del Parco;
il Comitato è stato in carica 6 mesi, poi prorogato di altri 6 mesi e successivamente prorogato di due anni in due anni fino al 31 marzo 2010;
l'attività del Parco, a partire dal 2001, è stata finanziata per circa 500.000,00 euro all'anno con risorse erogate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
l'attività del Comitato di gestione è stata particolarmente significativa e apprezzata sul territorio interessato, in particolar modo per la approvazione di specifico masterplan del Parco e per la definizione della candidatura per l'inserimento del parco nell'European and Global Geopark Network dell'UNESCO, per il quale sono state effettuate tutte le selezioni ed è previsto, nelle prossime settimane, specifico sopralluogo da parte della competente commissione UNESCO;
con analogo decreto ministeriale, sempre in attuazione del comma 14 dell'articolo 114 della legge n. 388 del 2000, è stato istituito anche il Parco museo delle miniere dell'Amiata, avente identica veste giuridica del Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane;
mentre in passato, i Comitati di gestione provvisoria di entrambi i parchi sono sempre stati prorogati contestualmente, ad oggi si registra la sola proroga

al 31 dicembre 2010 del Comitato di gestione provvisoria del Parco museo dell'Amiata;
la mancata proroga del Comitato di gestione del Parco delle colline metallifere sta impedendo lo svolgimento di qualsiasi attività e rischia di compromettere seriamente l'insieme dei risultati positivi fin qui raggiunti, con particolare riferimento al riconoscimento UNESCO -:
se intenda assumere iniziative urgenti atte a garantire la piena ripresa dell'attività del Parco nazionale tecnologico e archeologico delle colline metallifere grossetane attraverso proroga del Comitato di gestione provvisoria analogamente a quanto già avvenuto per il Parco museo delle miniere dell'Amiata.
(4-07014)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal «Rapporto rifiuti urbani 2009» dell'Ispra (istituto superiore di protezione e ricerca ambientale), la discarica resta la «forma più diffusa di smaltimento di rifiuti urbani», pur registrandosi nel 2008 un calo del 5,5 per cento nella quantità di spazzatura che vi viene smaltita;
nel 2008 sono state inviate in discarica 16 milioni di tonnellate di rifiuti, vale a dire il 45 per cento di quelli complessivamente gestiti. A livello generale l'ispra nel 2008 registra una riduzione del ricorso in discarica del 5,5 per cento rispetto al 2007 (meno 930 mila tonnellate). Se rispetto all'anno precedente di riferimento il sud e il nord hanno visto rispettivamente un meno 9 per cento e un meno 7 per cento del ricorso alla discarica, il centro invece ha aumentato dell'1,5 per cento (più 75 mila tonnellate) la quantità di immondizia conferita in discarica. A trainare la crescita del centro il Lazio, «regione che smaltisce in discarica la quantità maggiore di rifiuti, pari a oltre 2,8 milioni di tonnellate corrispondenti all'86 per cento dei rifiuti prodotti» nell'Italia centrale. Una dimensione del Lazio la offre il comune di Roma, che da solo manda in discarica quasi 1,5 milioni di tonnellate. Forte ricorso alla discarica anche per Molise (90 per cento), Sicilia (89 per cento), e Puglia (80 per cento). La regione più virtuosa in materia di gestione di rifiuti - segnala il «Rapporto rifiuti urbani 2009» dell'ispra - è la Lombardia, che smaltisce in discarica la percentuale inferiore di rifiuti urbani prodotti, pari all'8 per cento del totale e facendo registrare un meno 14 per cento rispetto al 2006. Sul podio, dopo la Lombardia, il Friuli Venezia Giulia (16 per cento di smaltimento in discarica) e il Veneto (22 per cento). Dal rapporto emergono miglioramenti in Sardegna, dove lo smaltimento in discarica passa dal 58 per cento del 2007 al 52 del 2008;
non si registrano però dal 2006 dati relativi ai rifiuti speciali, nonostante sia questo un ambito in cui si registrano numerosi illeciti e ad opera in particolare delle maggiori organizzazioni criminali e mafiose. il 2008 è stato l'anno dei record per le inchieste contro i trafficanti di rifiuti pericolosi: ben 25 indagini, colpendo un fatturato stimato in oltre 7 miliardi di euro. Oltre ai grandi traffici criminali - sottolinea in una nota l'Arpa dell'Emilia Romagna - sono stati accertati 25.776 eco-reati, quasi 71 al giorno, 3 ogni ora. Circa metà di essi sono stati consumati nelle quattro regioni di più estesa e radicata presenza mafiosa (Campania, Calabria, Sicilia e Puglia), mentre il resto è distribuito su tutto il territorio nazionale -:
quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare per raccogliere dati sullo smaltimento di rifiuti speciali;
quali iniziative siano state adottate o si intendano adottare per combattere il fenomeno e tutelare la salute pubblica e l'ambiente.
(4-07016)

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

GINEFRA e MOSCA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 24 aprile 2010 hanno avuto luogo le celebrazioni del sessantacinquesimo anniversario della Liberazione, tenutesi al Teatro alla Scala di Milano, alle quali hanno partecipato il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il Presidente della Regione Roberto Formigoni, il Presidente della Provincia Guido Podestà, il sindaco di Milano Letizia Moratti, e il Presidente dell'Anpi milanese Carlo Smuraglia;
un gruppo di dipendenti del Teatro si è riunito in piazza della Scala per esprimere il proprio dissenso al decreto-legge «Riforma degli assetti fondamentali del settore dello spettacolo in particolare lirico-sinfonico», licenziato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 16 aprile 2010, e per chiedere al Presidente Napolitano di non firmarlo;
i manifestanti, che stavano rappresentando in maniera civile le proprie ragioni, avevano intenzione di formulare le proprie istanze direttamente al Presidente, ribadendogli la suddetta richiesta;
per motivi di sicurezza, la piazza antistante il Teatro, era stata evacuata, transennata e presidiata da un nutrito contingente di agenti appartenenti a diversi reparti (carabinieri, poliziotti, vigili urbani);
il gruppo dei manifestanti, è stato avvicinato da alcuni agenti in borghese che avrebbero impedito loro di esporre uno striscione, tentando a detta degli stessi anche di sequestrarlo con la forza;
a quanto raccontato dai manifestanti, dopo vari strattonamenti e spintoni da parte dei sopra citati agenti, è stato finalmente concesso loro di esporre lo striscione all'ingresso della galleria Vittorio Emanuele, ben distante, però, dal teatro;
successivamente, i dipendenti che manifestavano, riposto lo striscione, si sono recati all'ingresso riservato agli artisti, quello che abitualmente utilizzano per recarsi a lavoro; tale accesso è stato loro inizialmente negato, nonostante le maestranze fossero provviste di regolare tesserino identificativo;
stante al resoconto fornito dai manifestanti, le forze dell'ordine in tenuta antisommossa, si sarebbero schierate per impedire loro il transito sotto il colonnato;
tra le maestranze erano presenti artisti del coro, orchestrali, tecnici, personale di sala, sarte e altri, i quali avrebbero assistito a quello che sembra un immotivato pestaggio di un tecnico, colpito alla tempia da parte di uno degli agenti delle forze dell'ordine;
mentre cercavano di fermare l'agente responsabile a loro dire del pestaggio, sarebbe scaturita una nuova colluttazione a seguito della quale anche un altro manifestante sarebbe rimasto ferito;
la lirica è una delle forme d'arte di maggiore prestigio, rappresentativa della nostra identità nazionale e che, sin dalla sua diffusione, ha sempre avuto il compito di diffondere l'arte musicale, la formazione professionale dei quadri artistici e l'educazione musicale della collettività; le fondazioni lirico-sinfoniche non hanno scopo di lucro e, per il perseguimento dei propri fini, provvedono direttamente alla gestione dei teatri loro affidati, conservandone il patrimonio storico-culturale, e realizzano, anche in sedi diverse, nel territorio nazionale o all'estero, spettacoli lirici, di balletto e concerti -:
se il Ministro dell'interno non intenda verificare l'esatta dinamica dei fatti, in merito agli spiacevoli accadimenti di cui sopra;
se il Ministro per i beni e le attività culturali, alla luce delle innumerevoli proteste che in questi ultimi giorni stanno

avvenendo in molte città sedi delle fondazioni lirico-sinfoniche, non ritenga utile riconvocare gli enti coinvolti attraverso le rappresentanze artistiche e sindacali per una più attenta disamina delle criticità da questi evidenziate, anche al fine di prevenire l'annunciato blocco delle stagioni in corso.
(5-02833)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

LO MONTE, COMMERCIO, LATTERI e LOMBARDO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
da notizie apparse sugli organi di stampa sembrerebbe che alcuni beni situati nella Regione Siciliana già appartenenti al demanio militare ed adesso in dismissione siano stati posti in vendita o stiano per essere posti in vendita;
com'è noto, l'articolo 32 dello Statuto della Regione siciliana prevede che i beni del demanio dello Stato sono assegnati alla Regione, eccetto quelli che interessano la difesa dello Stato o servizi di carattere nazionale;
nel libro bianco edito nell'anno 2002 si evidenziava (punto 10.4.1) che l'attività di dismissione aveva già comportato la cessione gratuita dei beni alle Regioni autonome Valle D'Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, ed al successivo punto 10.4.2 che «La Difesa sta predisponendo gli elenchi degli immobili non più necessari alle proprie esigenze che formeranno oggetto di prossimo esame congiunto presso la Presidenza del Consiglio dei ministri»;
da quanto sopra esposto emerge che la vendita di immobili già appartenenti al demanio dello Stato situati nella Regione siciliana violerebbe le prerogative attribuite alla Regione stessa dal proprio Statuto -:
se risponda al vero che sono stati o saranno posti in vendita beni già appartenenti al demanio militare situati nella Regione siciliana;
se sia stato formato l'elenco dei beni situati nella Regione siciliana da dismettere così come stabilito nel suddetto libro bianco;
se siano stati adottati, dopo il sopracitato libro bianco, ulteriori atti o provvedimenti inerenti i beni della Regione siciliana.
(4-07022)

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GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta orale:

TASSONE e OCCHIUTO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tribunale di Crotone soffre in maniera cronica di un sottodimensionamento d'organico tra i magistrati inquirenti: la città è tra le sedi giudiziarie più disagiate in Italia, raggiungendo percentuali che la classificano quint'ultima tra le procure italiane, con una pendenza di diecimila procedimenti;
attualmente, oltre al procuratore capo, Raffaele Mazzotta, primo ad aver lanciato l'allarme, lavorano a numerose ed importanti indagini tre sostituti procuratori che rimarranno negli uffici giudiziari soltanto per qualche mese ancora, nonostante la legge preveda la presenza di sei sostituti procuratori, oltre al procuratore capo;
a fronte della delicata situazione in cui versa il distretto calabrese, il Ministro interrogato ha assicurato per marzo del 2011 la destinazione temporanea alla procura di uditori giudiziari che hanno appena terminato il periodo di tirocinio;
la soluzione adottata risulta inadeguata per un territorio caratterizzato da una devastante presenza della criminalità organizzata, attiva soprattutto nel campo

delle estorsioni e del traffico di droga, ma anche da una illegalità diffusa, considerando le centinaia di truffe ai danni dello Stato, l'abusivismo edilizio e commerciale, la microcriminalità, i reati contro le assicurazioni -:
quali urgenti ed opportune iniziative di lungo periodo intenda adottare, nell'ambito delle proprie competenze al fine di assicurare l'applicazione di un organico stabile che sia in grado di seguire le indagini durante tutto l'iter processuale, prima che i danni diventino incalcolabili e che l'esercizio della giurisdizione non sia più garantito.
(3-01041)

ROMANO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da autorevoli organi di stampa si apprende che gli avvocati di Giarre sono in agitazione a causa di un inspiegabile depotenziamento a livello di organico nel nuovo tribunale che, peraltro, ha sede in una accogliente e funzionale struttura, aperta appena nell'estate 2009, dopo tanti anni di attesa;
alla cronica carenza di personale nelle cancellerie si aggiungono i gravi problemi derivanti dalla mancata sostituzione del secondo magistrato, dopo il trasferimento del dottor Carmelo Mazzeo alla Corte d'appello di Catania;
nonostante l'indefesso impegno del solo magistrato dirigente, dottoressa Maria Pia Urso, il foro di Giarre vive una situazione insostenibile, poiché un solo giudice non può affrontare i notevoli carichi esistenti, soprattutto in considerazione del fatto che già negli anni scorsi Giarre ha subito la riduzione da tre a due magistrati e che in altre sezioni distaccate del tribunale di Catania vi sono addirittura tre giudici togati -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere per far fronte alla situazione rappresentata in premessa in modo da venire incontro alle esigenze primarie degli operatori di diritto e, soprattutto, dei fruitori del servizio «giustizia» nell'ex mandamento di Giarre che, con l'accorpamento della pretura di Linguaglossa, serve oltre 150.000 cittadini.
(3-01042)

NICOLA MOLTENI e RIVOLTA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
si sono svolti nella giornata del 26 marzo 2010 i funerali di Enrico Nobili, l'uomo di 53 anni che mercoledì 21 aprile 2010 ha perso la vita a Brienno, in provincia di Como, a seguito dello scontro tra il suo scooter e un'auto della polizia giudiziaria ticinese su cui viaggiavano un magistrato svizzero e tre ispettori della polizia, presenti nel territorio comasco per collaborare alle indagini sulla morte di Beatrice Sulmoni - la donna svizzera uccisa dal marito e rinvenuta nelle acque del lago di Como;
in base agli accertamenti della polizia stradale risulta che l'incidente mortale sia stato provocato da una manovra azzardata del veicolo di proprietà della polizia cantonale, il cui autista è indagato con l'ipotesi di omicidio colposo;
la vicenda assume rilievo, oltre che per il tragico epilogo, anche per la mancanza di autorizzazione da parte delle autorità italiane alla missione del pubblico ministero luganese, anche se la polizia cantonale e la magistratura ticinese dichiarano di avere debitamente avvisato i carabinieri di Cernobbio della loro presenza e di aver rinunciato all'assistenza di una pattuglia in quanto intendevano svolgere in territorio italiano un semplice sopralluogo e non accertamenti tecnici;
la procura lariana ha chiesto ai carabinieri della compagnia di Como una relazione dettagliata in merito agli asseriti contatti della polizia cantonale ticinese con il comandante di Cernobbio, ritenendo che non si trattasse di un semplice sopralluogo consentito dagli accordi, bensì di un atto di indagine praticabile soltanto tramite richiesta di rogatoria internazionale;

gli accordi bilaterali in materia di cooperazione transfrontaliera tra l'Italia e la confederazione elvetica, escludono, al riguardo, iniziative unilaterali che non siano frutto di un accordo;
secondo la procura lariana, le norme prevedono che ogni tipo di attività di polizia condivisa da una e dall'altra parte del confine si svolga previo consenso dell'autorità competente, cui è domandato anche il compito di organizzarla e pianificarla, affiancando propri agenti a quelli impegnati nelle verifiche;
oltre alle conseguenze dal punto di vista penale legate all'ipotesi di omicidio colposo a carico del poliziotto luganese, le contestazioni alle autorità svizzere sembrerebbero quindi riguardare la violazione degli accordi diplomatici internazionali che regolano le attività di polizia e giustizia tra Stati sovrani -:
quali siano le ulteriori informazioni in possesso dei Ministri interrogati utili per approfondire la conoscenza della vicenda che vede il coinvolgimento delle autorità svizzere e quali siano gli eventuali intendimenti e le ipotizzate iniziative, in atto o in prospettiva, per tale approfondimento di conoscenza, al fine di evitare che episodi di tal natura possano nuovamente verificarsi in futuro rischiando di ledere il principio della leale collaborazione tra i due Stati e di alimentare in concreto tensioni e problemi tra l'Italia e la Confederazione Elvetica.
(3-01043)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRAGA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
già da tempo, la maggior parte degli istituti penitenziari italiani sta vivendo una situazione di emergenza causata da una ormai insostenibile stato di sovraffollamento: secondo gli ultimi dati disponibili, i detenuti totali presenti nelle strutture carcerarie italiane sono circa 66.000, una stima in costante aumento, contro una capienza regolamentare dei 206 istituti di pena di circa 43.087 unità e di una soglia di «tolleranza» massima di circa 64.237 detenuti;
oltre alla drammatica problematicità del sovraffollamento delle carceri italiane, emerge sempre più in maniera critica la condizione di grave insufficienza di organico del personale penitenziario;
in particolare, nella provincia di Como, presso la casa circondariale del Bassone, si riscontra l'esistenza di una grave e preoccupante situazione di sovraffollamento e di mancanza di personale carcerario che rischia di raggiungere livelli al limite della tollerabilità;
nel carcere del Bassone di Como ad oggi si conta la presenza di ben 533 detenuti, contro una capienza regolamentare di 421 persone e di una massima tollerabile fissata a 581: una situazione divenuta ormai insostenibile che rischia di peggiorare ulteriormente tenuto conto del timore che, con la riapertura della quinta sezione, chiusa sino ad ora per ristrutturazione, il numero dei carcerati raggiunga addirittura la quota di 700 unità;
ad una condizione di sovraffollamento abnorme al limite della tollerabilità si accompagna anche la mancata assegnazione di un numero adeguato di unità di personale per fronteggiare l'emergenza carceraria della casa circondariale di Como, una carenza di organico stimata in non meno di 75 unità, a fronte di una pianta organica che invece prevede l'impiego di 308 agenti di polizia;
è di questi giorni, la pubblicazione di un documento di protesta da parte del coordinamento sindacale unitario della polizia penitenziaria (Sappe, Fp Ghil, Fns Cisl, Pa Uil e Osapp) che opera presso il carcere del Bassone di Como, inviato al direttore della casa circondariale lariana, ai vertici dell'amministrazione penitenziaria nazionali e regionali oltreché al prefetto di Como, nel quale si denuncia come l'elevato numero di detenuti ospiti presso la struttura penitenziaria lariana abbia ormai raggiunto livelli di sovraffollamento

abnormi, creando condizioni interne intollerabili sia sotto l'aspetto igienico che operativo;
nel documento di cui sopra il coordinamento sindacale unitario della polizia penitenziaria lariana ha annunciato di voler porre in atto una serie di iniziative di protesta a partire dall'astensione della mensa di servizio per tre giorni, marcando un aumento della tensione sindacale ed entrando così «in uno stato di agitazione dinamico, riservandosi di informare l'Amministrazione sulle forme di lotta e mobilitazione che verranno messe in campo»;
la carenza di organico sottopone gli agenti a turni stressanti con un insopportabile sovraccarico di lavoro e di responsabilità, che inevitabilmente si ripercuote sia sulle condizioni sociali di vivibilità all'interno delle carceri, che su quelle professionali, di intervento e controllo, proprie degli agenti penitenziari -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per coprire le gravi carenze di organico del personale penitenziario in servizio presso la casa circondariale di Como;
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per affrontare e risolvere la condizione di pesante sovraffollamento del carcere di Como.
(5-02828)

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
si stima che in Italia siano circa 4,8 milioni le persone che detengono legalmente un'arma;
il possesso di un porto d'armi comporta una grande responsabilità da parte di chi rilascia tale licenza ma anche e soprattutto da parte di chi ne è detentore;
oltre l'80 per cento degli omicidi che avvengono in Italia sono provocati da detentori di regolare porto d'armi e, secondo l'Istat, un'altissima percentuale dei suicidi con armi sono provocati da soggetti che la detengono regolarmente;
i database del Viminale consentono una stima approssimativa sull'esatto numero dei detentori di armi nel nostro Paese, nonché sull'effettivo numero delle stesse;
l'attuale procedura per il rilascio del porto d'armi prevede la produzione di un certificato anamnestico rilasciato dal medico di medicina generale, che deve attestare la mancanza di patologie psichiatriche o neurologiche e la non assunzione di droghe o alcol. A seguito di questa certificazione vi è poi il rilascio del certificato di idoneità psicofisica da parte di un ufficiale sanitario dell'Asl, un ufficiale medico sanitario o un medico della polizia;
tale procedura non prevede le dovute indagini medico-sanitarie dal punto di vista psichiatrico o psicologico;
tale procedura non prende in considerazioni fattori di stress presenti al momento della richiesta, o nei sei anni successivi al rilascio, nella vita del richiedente, quali divorzio, sindromi depressive, perdita del posto di lavoro, fallimenti economici, insorgenze di gravi patologie;
in molti casi di cronaca sono stati i medici di base o i medici legali ad essere accusati di omicidio colposo in sede di giudizio;
la normativa vigente prevede una procedura di revoca del porto d'armi basata su segnalazioni alle Forze dell'ordine di fattori che possono comportare squilibrio e mancanza di lucidità nel possessore del porto d'armi, salvo poi non definire la modalità di tali segnalazioni o normare un percorso di controllo del detentore del porto d'armi -:
se si ritenga necessario introdurre la perizia psicologica obbligatoria nella procedure per il rilascio del porto d'armi, al

fine di dotare i medici di strumenti e analisi scientifiche necessarie per la loro valutazione del soggetto;
se si ritenga necessario introdurre periodiche occasioni di verifica sulle condizioni psico-fisiche dei soggetti detentori del porto d'armi, soprattutto in presenza di fattori di stress conclamati;
se a tal fine si ritenga necessario promuovere una modifica della normativa sulla privacy per poter agire e fare le opportune verifiche in relazione alla presenza di tali fattori di stress;
se si intendano aggiornare e potenziare le attuali modalità di aggiornamento e verifica del numero dei possessori del porto d'armi, nonché del numero e della tipologia delle armi detenute;
se si intendano assumere iniziative per completare e ottimizzare le disposizioni legislative attualmente in vigore in riferimento alle modalità di revoca del porto d'armi.
(4-07012)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VACCARO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il gas naturale - comunemente chiamato «metano» - viene, oggi e sempre più di frequente, adoperato come alternativa ad altri carburanti - benzina, gasolio, gas di petrolio liquido (GPL) - per l'autotrasporto;
il gas metano è sicuramente il carburante economicamente più vantaggioso e permette agli automobilisti che lo utilizzano, a parità di chilometri percorsi, un notevole risparmio in termini di spesa;
il metano, oltre ad essere il combustibile più pulito tra quelli maggiormente diffusi - è infatti completamente privo di benzene, piombo, composti di zolfo e idrocarburi, policiclici aromatici - è uno dei carburanti più sicuri tra quelli esistenti per motori a combustione interna. Questo infatti essendo più leggero dell'aria, evapora immediatamente. Per incendiarsi deve poi raggiungere una temperatura di 650 Co, superiore cioè a quelle della benzina e del gasolio;
i gestori dei distributori solitamente, però, incontrano problemi di tipo burocratico, lunghi tempi per i collaudi e, soprattutto, per ottenere l'allacciamento alla rete distributiva;
su tutto il territorio nazionale si contano poco più di 700 distributori di gas metano: questi sono concentrati soprattutto al Centro e al Nord d'Italia. Al Sud, al contrario, si incontrano pochi distributori autostradali e orari di apertura relativamente ridotti;
considerato che a fronte di molte regioni del Nord, come Lombardia, Piemonte, Friuli, Sicilia ed Emilia Romagna fortemente impegnate, in termini normativi e applicativi, per il completamento e per il rafforzamento della propria rete di distribuzione del metano, le regioni meridionali accusano un notevole ritardo nello sviluppo del medesimo servizio -:
se il Governo, attraverso iniziative normative volte a prevedere incentivi, intenda favorire l'aumento, e in che tempi, su tutto il territorio nazionale, secondo criteri di equa ripartizione Nord-Sud, del servizio di distribuzione al dettaglio di gas metano per autotrasporto, con particolare attenzione al settore autostradale;
se il Governo intenda promuovere un'adeguata campagna informativa, che favorisca e promuova l'utilizzo del gas metano come carburante per autotrazione.
(5-02829)

TERRANOVA, FALLICA e GAROFALO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
già con l'interrogazione in Commissione presentata il 13 gennaio 2010 e svolta il 27 gennaio si richiamava l'attenzione del Governo sulla grave situazione di difficoltà derivante dagli atti amministrativi con cui il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha richiesto alla regione siciliana di utilizzare un sistema di revisione dei veicoli gestito da Poste italiane denominato portale dell'automobilista;
nella citata interrogazione, per un verso, si ricordavano le competenze esclusive della regione siciliana in materia di operazioni tecniche connesse alla revisione periodica dei veicoli circolanti nel proprio territorio, con conseguente incameramento dei diritti e dei tributi ad esse connessi; per altro verso, si evidenziava come la regione siciliana abbia messo in opera, attraverso il proprio istituto cassiere, un sistema di gestione telematico per la riscossione dei diritti e tributi di motorizzazione, abilitato anche al rilascio del tagliando di revisione, e sia pienamente in grado di garantire l'uniformità, rispetto a quanto avviene nel resto dei territorio nazionale, nell'espletamento delle operazioni tecniche relative alla revisione degli autoveicoli;
si segnalava altresì la ripetuta disponibilità della regione siciliana a trasmettere al Ministero i dati relativi alle revisioni effettuate a partire dal 17 agosto 2009, ai fini dall'aggiornamento dell'archivio nazionale dei veicoli; tale disponibilità peraltro non è stata raccolta, dal momento che il Ministero ha continuato a negare l'inserimento nell'archivio nazionale dei veicoli delle revisioni effettuate sul territorio della regione siciliana a partire dal 17 agosto 2009;
in data 8 aprile 2010 è pervenuta al Presidente della regione siciliana una lettera del Ministro interrogato con cui si richiede di adottare, entro il termine di 30 giorni, il sistema di revisione dei veicoli gestito da Poste italiane denominato portale dell'automobilista, prospettando, in caso di mancata ottemperanza, l'attivazione, da parte del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, dei poteri sostitutivi previsti dalle norme di attuazione dello Statuto della regione siciliana in materia di comunicazioni e trasporti;
non si può fare a meno di osservare che la gestione dei portale dell'automobilista affidata direttamente a Poste italiane non sembra in linea con i principi di concorrenza tra tutti gli operatori interessati, ai quali dovrebbe ispirarsi l'assegnazione dell'esercizio dei servizi pubblici;
appare inoltre apertamente in contrasto con la rilevanza strategica che nel programma di Governo assumono le politiche di attuazione del federalismo, l'imposizione di un unico sistema, quando, anche con le modalità attualmente adottate dalla regione siciliana, possono essere pienamente garantiti gli interessi pubblici preminenti di correttezza e uniformità nell'esercizio delle operazioni di revisioni dei veicoli e di puntuale aggiornamento dell'archivio nazionale;
tali perplessità sono rese ancora più forti dalle competenze esclusive che la regione siciliana può vantare sulla materia e che hanno indotto la Regione stessa a sollevare conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale, ancora pendente;
è evidente l'opportunità di attendere la pronuncia della Corte costituzionale prima di imporre decisioni sulla questione;
nel frattempo risulta assolutamente necessario superare i gravi disagi che la situazione creatasi reca ai cittadini siciliani, consentendo l'aggiornamento dell'archivio nazionale dei veicoli con i dati delle revisioni effettuate sul territorio della regione siciliana -:
se il Ministro non ritenga opportuno evitare di assumere decisioni sulla questione indicata in premessa prima della pronuncia della Corte costituzionale sul conflitto di attribuzioni sollevato dalla regione siciliana e nel frattempo non intenda

consentire il regolare aggiornamento dell'archivio nazionale dei veicoli con i dati delle revisioni regolarmente effettuate sul territorio della Regione stessa.
(5-02832)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'ordinanza del tribunale di Caltanissetta, che ha portato all'arresto di 14 persone per i rapporti accertati tra mafia e Calcestruzzi spa, figura un elenco di opere a rischio in Sicilia perché costruite con l'impiego di cemento impoverito. Tra queste: lo svincolo autostradale di Castelbuono, provincia di Palermo, la galleria di Cozzo Minneria, l'ospedale S. Elia a Caltanissetta, e altre;
secondo il vice presidente di Legambiente Sebastiano Venneri «le inchieste in corso nell'ambito dell'operazione denominata "Doppio colpo" e che ha interessato Sicilia, Lombardia, Lazio e Abruzzo stanno dimostrando come la mafia abbia il controllo quasi monopolistico del cemento depotenziato e come il fenomeno interessi l'intero Paese». Continua: «C'è la perizia tecnica sulla linea ferroviaria Lamezia-Catanzaro inaugurata a giugno 2008, c'è la voragine sul tratto appena rifatto della Salerno-Reggio Calabria, ci sono la scuola Euclide di Bova Marina e quella in via Coniugi Crigna a Tropea e, forse, anche la casa dello studente a L'Aquila, il cui crollo durante il terremoto ha posto più di un interrogativo sulla consistenza della struttura. È necessario in tutto il Paese - conclude Venneri - un attento monitoraggio delle opere pubbliche, a partire da ospedali e scuole. Da tempo, abbiamo rivolto questa richiesta al Ministro delle infrastrutture» -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, ove ne sussistano i presupposti, avviare un'ampia indagine per mezzo di un attento monitoraggio che coinvolga innanzitutto ospedali e scuole, al fine di tutelare la salute pubblica.
(4-07009)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito dal giornale Il Fatto Quotidiano, dalla relazione dell'Università Kore di Enna, richiesta da Patrizia Valenti, ex presidente del Consorzio delle autostrade siciliane (Cas), risulta che tra Noto e Rosolini, sulla punta estrema della Sicilia meridionale, il tratto di autostrada sia un disastro: per la massicciata sono stati usati materiali scadenti, tra i peggiori in circolazione, qualificati A6, «terre argillose o argillo limose». Ogni volta che piove l'autostrada si deforma, si aprono centinaia di buche con un danno non riparabile poiché per rendere sicuro quel tratto bisognerebbe rifarlo completamente. I calcoli sono tali per cui servirebbero 200 milioni di euro per dei lavori che ne sono già costati 150;
per questo dossier, Patrizia Valenti, sarebbe stata sfiduciata dal presidente della regione Sicilia ed il Consorzio è stato riconsegnato all'ennesimo commissario, nonostante proprio a causa della sequela di inconcludenti e lunghe gestioni commissariali fosse finito sull'orlo della bancarotta con quasi 300 milioni di euro di perdite;
l'inefficienza di quelle direzioni ha lasciato il segno non solo nei conti, ma anche sullo stato delle autostrade. La Messina-Palermo (182 chilometri), la Messina-Catania (77 chilometri) e la prima parte della Siracusa-Gela comprendente anche il tratto Noto-Rosolini, le arterie su cui in teoria dovrebbero scaricarsi il traffico del futuro Ponte sullo Stretto, sono tra le peggiori d'Italia. Si trovano in uno stato così disastroso che all'inizio del 2008 l'Anas ha negato al Consorzio siciliano il diritto di pretendere l'aumento dei pedaggi

del 2,5 per cento concesso a tutti gli altri concessionari. Due anni dopo le Assicurazioni Generali, preoccupate per il numero di incidenti notevolmente più alto su quei tratti rispetto a qualsiasi altra autostrada d'Italia, hanno addirittura deciso di non rinnovare il contratto con il Consorzio dell'isola;
prima di lasciare il suo ufficio, la presidente delle autostrade ha inviato la relazione dell'Università di Enna ed altri documenti al procuratore regionale della Corte dei conti di Palermo e ai magistrati delle procure di Catania, Messina, Ristretta, Palermo e Siracusa. La procura di quest'ultima città si è già occupata più volte in passato proprio del tronco Noto-Rosolini, ad esempio rinviando a giudizio Nino Bevilacqua, presidente dell'Autorità portuale di Palermo -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
quasi opere stradali, che implicano stanziamenti statali, siano previste per la Sicilia;
quali misure intenda adottare per la trasparente gestione delle risorse pubbliche;
quali provvedimenti abbia adottato o intenda adottare in merito alla grave situazione dei collegamenti autostradali nella regione Sicilia e per evitare che simili conseguenze si ripetano ancora.
(4-07010)

TESTO AGGIORNATO AL 1o GIUGNO 2010

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INTERNO

Interrogazioni a risposta in Commissione:

CODURELLI, SCHIRRU, RAMPI, GNECCHI, MOSCA, CONCIA e POLLASTRINI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
gli ultimi fatti di cronaca hanno messo in evidenza un aumento degli episodi di violenze, abusi e vessazioni nei confronti delle donne;
secondo l'associazione degli avvocati matrimonialisti, l'Italia è prima in Europa per gli omicidi in famiglia (in media uno ogni due giorni) e nei casi di separazione e divorzi. Più precisamente ogni 2 giorni, 2 ore, 20 minuti e 41 secondi si consuma un omicidio in famiglia, che nella maggior parte dei casi vede come vittime le donne;
nel 65 per cento dei casi di omicidio o strage in famiglia si manifestano pericolosi segnali di violenza o minacce, spesso sottovalutati. Un dato allarmante nonostante sia in vigore da oltre un anno la norma legislativa che ha introdotto come reato lo stalking (si riscontrano denunce e reati in aumento) che introduce a tal proposito pene più severe;
ha destato preoccupazione la strage avvenuta nel mantovano, nei giorni scorsi, ad opera di un uomo che ha ucciso l'ex moglie e due vicini di casa. Sembra che l'uomo fosse stato denunciato in precedenza dalla moglie per molestie e che negli ultimi giorni avesse più volte manifestato l'intenzione di usare violenza nei confronti della ex consorte -:
quali siano i dati ufficiali a livello locale e nazionale sulle violenze e i delitti inerenti a questi reati e se non ritenga necessario mettere in campo ogni azione utile, anche attraverso apposite iniziative di comunicazione istituzionale, volte a prevenire tali violenze commesse all'interno della mura domestiche;
se siano stati stanziati i fondi necessari, così come annunciato in più occasioni dal Governo, per attività di prevenzione a livello locale, per attività di formazione rivolte alle Forze dell'ordine preposte e per il potenziamento dei centri antiviolenza che quotidianamente danno sostegno alle tante donne vittime di violenza.
(5-02826)

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella seconda metà del mese di marzo 2010 la Guardia di finanza di

Bologna, su ordine della Direzione distrettuale antimafia, ha portato a compimento un'operazione che ha consentito l'arresto di 25 presunti camorristi affiliati al «clan dei Casalesi», e sequestrato beni mobili ed immobili per un valore complessivo di circa sei milioni di euro;
tra gli arrestati figurano Alfonso e Giovanni Perrone, residenti a Borgo Franco sul Po (Mantova) e Domenico Esposito, proprietario di alcuni appezzamenti di terreno a Pieve di Coriano (Mantova);
tali accadimenti hanno destato inquietudine ed allarme nella comunità mantovana;
uno studio dell'osservatorio socio-economico del Cnel, pubblicato nel febbraio 2010, rileva l'elevato livello di infiltrazione nell'Italia settentrionale della criminalità organizzata, in particolare del «clan dei Casalesi» -:
se il Governo sia in grado di chiarire se il grave episodio, di cui in premessa, è un fatto isolato o deve essere collocato in un'attività criminale continuativa perpetrata dal «clan dei Casalesi» in provincia di Mantova;
quali iniziative si intendano attivare per contrastare ed arginare tali fenomeni nella provincia di Mantova.
(5-02827)

Interrogazioni a risposta scritta:

BORGHESI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni 8 e 9 aprile 2010 il Presidente della Repubblica ha visitato la città di Verona;
per quel che consta all'interrogante la prefettura di Verona non ha dato ai parlamentari del territorio alcuna comunicazione ufficiale sulla visita né ha comunicato il programma ufficiale della stessa;
sarebbe opportuno che le prefetture, al di là della necessità di assicurare la sicurezza del Presidente della Repubblica, nel caso di visite ufficiali mostrino la dovuta sensibilità istituzionale nei confronti dei parlamentari del territorio interessato -:
se il Ministro non ritenga che la prefettura avrebbe dovuto dare ai parlamentari comunicazione ufficiale della visita del Presidente della Repubblica.
(4-07017)

COMAROLI, GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
hanno preso insistentemente a circolare voci secondo le quali il Corpo nazionale dei vigili del fuoco assicurerebbe il turn over dei propri organici attingendo alle liste dei vincitori di un futuro concorso per 814 posti;
esiste il sospetto, peraltro, che anche in questo caso non vi sarebbero risorse sufficienti ad assicurare l'effettiva assunzione degli 814 vincitori, alcuni dei quali si aggiungerebbero a quel punto al già significativo numero dei precari da stabilizzare -:
quali siano le ragioni che indurrebbero il Governo a preferire l'effettuazione di un nuovo concorso rispetto alla prosecuzione delle procedure di stabilizzazione già attivate, e comunque a non prendere in considerazione la possibilità di investire in un processo di potenziamento strutturale del Corpo nazionale dei vigili dei fuoco le risorse attualmente destinate alle assunzioni temporanee del personale precario.
(4-07020)

PICCOLO, SARUBBI, REALACCI, BOSSA, CUOMO, NICOLAIS, MAZZARELLA, CIRIELLO, BOFFA, VACCARO, GARAVINI, GRAZIANO, IANNUZZI e LOLLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto sindacale n. 95 del 6 novembre 2009, il sindaco del comune di

Somma Vesuviana, in provincia di Napoli, ha «attribuito, fino alla scadenza del mandato elettorale, al dipendente Di Palma Vincenzo - agente della polizia municipale - l'incarico di titolare della posizione organizzativa n. 6 (Area Polizia Municipale), nonché di Responsabile dei seguenti Servizi ad essa attinenti: Interni - Comando, polizia edilizia e antiabusivismo, polizia ambientale ed ecologica, polizia stradale e sicurezza sul territorio, controllo di polizia amministrativa», conferendogli anche il grado di «Maggiore»;
il territorio del predetto comune rientra nell'area vincolata del «Parco Vesuvio» e figura, purtroppo, tra quelli maggiormente colpiti dal gravissimo fenomeno dell'abusivismo edilizio che dovrebbe essere contrastato con un'attività di rigoroso e tempestivo controllo da parte delle competenti autorità locali, a cominciare dalla polizia municipale, investita per legge di specifiche e tassative funzioni al riguardo;
sul quotidiano Il Mattino di Napoli del giorno 30 ottobre 2009, nelle pagine della cronaca della provincia, a firma della corrispondente Daniela Spadaro, è stato pubblicato un articolo nel quale veniva riportata la stupefacente notizia che nel comune di Somma Vesuviana era stato sottoposto a sequestro preventivo, ad opera dei Carabinieri della locale stazione, un manufatto abusivo di proprietà del signor Vincenzo Di Palma, Comandante incaricato della polizia municipale e, come tale, responsabile - tra l'altro - del servizio di «polizia edilizia ed antiabusivismo»;
il tribunale di Nola (Napoli) - con ordinanza dell'ufficio del giudice per le indagini preliminari del 6 ottobre 2009 - ha disposto la convalida del sequestro preventivo dell'immobile summenzionato, nonché dell'autorizzazione n. 8142 del 2003 del comune di Somma Vesuviana e del verbale n. 5o della commissione edilizia dello stesso comune relativo al permesso di costruire in sanatoria n. 43 del 2009;
diversi consiglieri comunali di Somma Vesuviana hanno presentato da tempo un'interrogazione al sindaco in merito alla predetta, anomala vicenda, richiedendo di conoscere se la posizione di un dipendente destinatario di un provvedimento di sequestro giudiziario di un immobile abusivo di sua proprietà fosse compatibile con la delicata funzione di capo della polizia municipale e di responsabile del servizio di antiabusivismo;
appare del tutto evidente che una siffatta condizione confligge fortemente ed irrimediabilmente con elementari canoni di buona amministrazione e di opportunità amministrativa, oltre che con una considerazione attenta e rigorosa delle vigenti normative di legge;
occorrerebbe a parere degli interroganti promuovere o adottare iniziative per rimuovere l'incresciosa ed intollerabile situazione segnalata, al fine di garantire il rispetto scrupoloso delle normative in materia ed impedire, nel contempo, che nell'opinione pubblica si diffonda la pericolosa ed ingiusta sensazione che le istituzioni non svolgano le loro funzioni con assoluta correttezza e massima trasparenza, soprattutto in alcuni delicati settore come quello della tutela ambientale e della repressione del devastante fenomeno dell'abusivismo edilizio -:
se il prefetto di Napoli sia a conoscenza di questa singolare e inquietante vicenda e se e quali iniziative, anche normative, il Ministro interrogato intenda assumere al riguardo.
(4-07021)

DI PIETRO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
risulta all'interrogante che la professionalità e la carriera del vice prefetto dottoressa Maria Rosaria Ingenito siano state lese illegittimamente;
ciò è suffragato anche dalle pronunce del tribunale amministrativo regionale per il Lazio - sentenza n. 1147/1997 e sentenza n. 6190/2002 - che ha accolto le

ragioni dell'Ingenito e annullato, nel 1997, il provvedimento di «messa a disposizione per gravi motivi di incompatibilità» emanato nei suoi confronti «per assoluto difetto di motivazione» e, successivamente, nel 2002, i quaderni di scrutinio e le schede di valutazione dell'operato e dei risultati dell'Ingenito per gli anni dal 1994 al 1996, viziati da carenza istruttoria (sentenza del TAR del Lazio dell'8 luglio 2002 - pag. 18) ed immotivatamente negativi (sentenza del TAR del Lazio dell'8 luglio 2002 - pagg. 16 e 17);
a decorrere dall'anno di assunzione presso il Ministero dell'interno e per i successivi 10 anni l'Ingenito ha sempre ottenuto il giudizio ed il punteggio di ottimo sia nelle valutazioni finali che dei singoli parametri - ne sono prova i quaderni e le valutazioni annuali - fino al 1994, l'anno iniziale del triennio consecutivo in cui le valutazioni ed i punteggi di alcune voci subiscono un forte peggioramento;
risalta, in particolare, il tenore dei giudizi alla voce «stima e prestigio goduti in ufficio o negli ambienti frequentati per ragioni d'ufficio» - per sei anni «massima e incondizionata da parte dei Superiori e dei Collaboratori» - e alla voce «capacità di organizzare, coordinare e dirigere il lavoro di uffici dipendenti» - per sei anni «eccezionale, con altissimo rendimento anche da parte dei collaboratori» - che, invece, a decorrere dal 1994 e per il successivo biennio, identici, rivelano improvvisamente ed in assenza di atti, anche interni, che li giustifichino, «discontinuità del rendimento professionale» e «difficoltà relazionali»;
la procedura di «incompatibilità» avviata dall'allora responsabile del personale prefettizio presso il Dipartimento della pubblica sicurezza ha, ad avviso dell'interrogante, fortemente leso nel tempo l'immagine ed il prestigio di una dirigente che, fino a quel momento, risultava essere brillante e dal percorso di carriera ineccepibile (successivamente quella procedura è stata annullata dal Tar);
risultano all'interrogante i seguenti e non esaustivi provvedimenti emanati dall'amministrazione che hanno interessato la dottoressa Ingenito: nel giugno 1995, le viene notificato il provvedimento di messa a disposizione a firma del Capo della polizia, per incompatibilità ambientale (successivamente annullato dal Tar del Lazio); nell'aprile 1996, è trasferita all'ufficio studi e legislazione della direzione generale per l'amministrazione e per gli affari del personale; nel luglio 1997, è trasferita presso l'ufficio del commissario di Governo per l'immigrazione da Paesi extracomunitari, adibita, per quanto risulta all'interrogante, a mansioni del tutto inadeguate al suo livello, quali la trascrizione di tabulati; nel settembre 1998, a seguito della chiusura del predetto ufficio, è trasferita alla divisione assistenza collettiva; nel novembre 2005 le viene assegnato l'incarico di Vicario presso la prefettura di Latina, dalla quale viene rimossa per «incompatibilità ambientale», dopo aver denunciato con un comunicato sindacale, in qualità di rappresentante dell'UNADIR, pratiche che Ella riteneva prive del rispetto delle regole all'interno della medesima prefettura (risulta, inoltre, all'interrogante che dalla prefettura di Latina, nello stesso periodo, un numero di almeno altri tre dirigenti se ne allontanava); nell'agosto 2006, è trasferita alla prefettura di Roma;
dall'agosto 2008 è Capo dell'Ufficio del Rappresentante dello Stato e della Conferenza Permanente presso la prefettura di Roma; da ultimo, alla dottoressa Ingenito per quanto risulta all'interrogante sono stati assegnati due diversi e contemporanei incarichi, ma in assenza di collaboratori;
risulta all'interrogante, al contempo, che la dottoressa Ingenito avrebbe segnalato all'amministrazione dell'interno di essere stata destinataria di ordini gerarchici protesi a sanare situazioni che destavano forti dubbi sul piano della regolarità di aver subito pesanti azioni discriminatorie nel corso degli anni, recentemente insieme

ad altri colleghi presso la prefettura di Latina ed anche ora presso la prefettura di Roma -:
se il Ministro interrogato non intenda appurare e chiarire i fatti indicati;
se non ritenga di accertare se e come l'amministrazione abbia dato seguito ai provvedimenti dell'organo giurisdizionale;
se non intenda accertare se l'avanzamento della carriera e gli incarichi affidati all'Ingenito possano ritenersi congrui e quali motivazioni abbiano originato il suo declassamento nelle valutazioni e nei quaderni di scrutinio con una ricostruzione parziale della carriera;
se non intenda appurare la veridicità delle azioni di ostracismo nei confronti degli iscritti al sindacato UNADIR;
e sia a conoscenza della segnalazione delle irregolarità degli uffici delle prefetture di Roma e Latina di cui in premessa e se non intenda fare luce sull'intera vicenda.
(4-07026)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

COSCIA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
con la circolare ministeriale n. 37 del 13 aprile 2010, a tutt'oggi ancora non disponibile sul sito internet del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è stato inviato agli uffici periferici dell'Amministrazione scolastica lo schema di decreto interministeriale concernente la determinazione degli organici del personale docente per l'anno scolastico 2010-2011;
sulla base del predetto schema di decreto, non ancora registrato dalla Corte dei conti e non pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale, come già accaduto nello scorso anno scolastico, si stanno definendo oltre 10mila decreti regionali, provinciali e scolastici che sono di fatto privi di valore giuridico, poiché emanati in assenza dell'atto fondamentale che riguarda la definizione stessa dell'organico nazionale;
tale anomala situazione rischia di confermare quanto già avvenuto per la definizione degli organici dell'anno scolastico 2009-2010 per i quali il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha evidenziato, da quasi un anno, la mancata pubblicazione del relativo decreto interministeriale;
la suddetta circolare e il suddetto schema di decreto, per quanto riguarda le scuole secondarie superiori, operano in maniera, ad avviso dell'interrogante, illegittima poiché i relativi regolamenti non hanno ancora completato il loro iter e non risultano quindi ancora entrati in vigore;
gli uffici scolastici provinciali, sulla base dei predetti decreti, hanno comunicato alle scuole le relative dotazioni organiche e per la scuola primaria, facendo riferimento a quanto indicato alla pagina numero 9 della suddetta circolare, hanno iniziato a ridurre l'autorizzazione delle classi a tempo pieno;
l'ufficio scolastico provinciale di Roma, in particolare, con la circolare n. 25 del 20 aprile 2010 ha comunicato ai circoli didattici e agli istituti comprensivi di aver autorizzato, per l'anno scolastico 2010/2011, le istituzioni scolastiche con elevata presenza di classi a tempo pieno ad eliminare una classe a tempo pieno rispetto a quelle autorizzate e previste per l'anno scolastico 2009/2010 -:
se la sopracitata circolare n. 25 del 20 aprile 2010 si ponga in palese contrasto con le ripetute rassicurazioni fornite all'opinione pubblica dal Governo e con gli impegni assunti con il Parlamento, in particolare con l'ordine del giorno n. 9/1634/55, accolto il 9 ottobre 2008, con cui il Governo si è impegnato «a promuovere un piano triennale di sviluppo della scuola a tempo pieno, d'intesa con le Regioni e gli enti locali, assicurando le necessarie risorse

del personale docente e non docente» e quali iniziative intenda assumere al riguardo.
(5-02831)

TESTO AGGIORNATO AL 10 GIUGNO 2010

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interpellanza:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, per sapere - premesso che:
il 26 gennaio 2010, ha concluso i propri lavori la «Commissione di indagine amministrativa» istituita con decreto ministeriale 25 giugno 2009 n. 6501, per l'accertamento, ai fini della determinazione del contenuto di materia grassa del latte in base alla normativa, della correttezza del metodo di calcolo adottato dall'Amministrazione con riferimento in particolare ai dati utilizzati;
la predetta Commissione ha presentato altresì una relazione di approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare. In tale relazione si espongono segnalazioni che destano fondate questioni circa l'attendibilità dei dati sulla reale produzione di latte nazionale utilizzati dall'amministrazione competente ai fini del calcolo del prelievo dovuto dai produttori alla Commissione europea;
al riguardo, nella relazione si riporta che «alla luce dei riscontri effettuati, si ritiene doveroso segnalare:
non vi è piena coerenza tra le banche dati ufficiali acquisite né possibilità di completo raffronto dei dati di ciascuna di esse;
la mancanza di un dato identificativo coerente ed univoco per tutte le aziende in produzione, da adottarsi per tutte le banche dati ufficiali del settore, comportando una ulteriore difficoltà nell'incrocio dei dati, favorisce fenomeni fraudolenti o elusivi ed ostacola la possibilità di investigazioni per prevenire e reprimere eventuali comportamenti illeciti;
sono emerse situazioni di anomalia ed incongruenza nei confronti tra le diverse banche dati, tali che avrebbero meritato, e meritano ancora, adeguati approfondimenti;
pur con le difficoltà segnalate, ne discende un quadro di significativa incoerenza dei dati, in particolare con riferimento alla produzione nazionale, sia consegnata che rettificata (TMGP);
raffrontando il numero capi nelle diverse banche dati con la media produttiva provinciale AIA pur aumentata del 10 per cento in via prudenziale, risulta una differenza produttiva media, rispetto alla produzione totale italiana dichiarata in L1, talmente significativa da mettere in discussione lo stesso splafonamento dello Stato italiano e quindi il prelievo supplementare imputato ai produttori a partire dal 1995/1996 fino al 2008/2009»;
anche nella relazione in questione, come pure più volte denunciato in pertinenti atti parlamentari, ad esempio nell'indagine conoscitiva sul regime delle quote latte svolta nel corso della XIII legislatura dalla XIII Commissione agricoltura della Camera dei deputati o più recentemente nell'interrogazione a risposta in Commissione n. 5-00324, presentata giovedì 19 ottobre 2006 nella seduta n. 55 (in cui, in particolare, si legge che nella campagna 2002-2003 ben 616 aziende siano risultate prive di capi ma che comunque abbiano prodotto oltre 55 milioni di quintali di latte), si riscontra che in effetti la reale quantità di latte munto in Italia, contrariamente ai dati comunicati all'Unione europea, sia inferiore al quantitativo nazionale assegnato al nostro Stato dalla Commissione all'Unione europea;
ancora oggi, se si esaminano le anomalie che l'AGEA segnala alle regioni ai fini dei controlli da effettuare presso i produttori, non sembrano scomparsi i casi di produzione di latte effettuate da

aziende che dichiarano di non avere vacche da latte: si tratta delle così dette «stalle fantasma»;
a fine campagna lattiera del 1999/2000, vi fu un precedente in cui l'AIMA (oggi AGEA), comunicò alla Commissione dell'Unione europea dati produttivi di fine periodo ripuliti dalle anomalie e dalle dichiarazioni non compatibili ai sensi delle relative norme sulla gestione delle quote latte, allo scopo inoltrando una dichiarazione consuntiva, provvisoria, in cui risultava che l'Italia aveva prodotto e commercializzato un quantitativo nazionale inferiore alla quota nazionale garantita. In questa circostanza si evidenziò in maniera chiara che andava effettuata una seria verifica su tutto il sistema di contabilizzazione e di controllo dei così detti L1, perché si era convinti che nello Stato italiano si contabilizzasse in carico al sistema lattiero interno, anche latte di provenienza incerta oppure venduto in nero;
a queste conclusioni sembra essere pervenuta anche la predetta Commissione di indagine amministrativa;
appare necessario fare chiarezza sulla presunta inaffidabilità del sistema di rilevamento e di verifica delle produzioni di latte realizzate in Italia, nonché sulla possibile inattendibilità dei dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare da parte dell'AGEA e nelle more che il Governo non esprima una valutazione chiara e giuridicamente efficace in merito a tali dubbi, adottare misure cautelative in favore dei produttori oggetto di imputazione di prelievo, visto che potrebbe verificarsi che effettivamente l'Italia non abbia mai superato il proprio quantitativo nazionale garantito -:
quali siano gli intendimenti del Governo in merito alle segnalazioni effettuate dalla Commissione di indagine amministrativa istituita con decreto ministeriale 25 giugno 2009 n. 6501, nell'ambito della relazione sull'approfondimento sui dati utilizzati per il calcolo del prelievo supplementare, come in tal senso esposto in premessa;
se non ritenga di dover adottare provvedimenti di tutela in favore dei produttori ancora debitori ed a cui è stato imputato il prelievo supplementare nel corso dei vari periodi produttivi, allo scopo procedendo alla sospensione, ed eventualmente all'annullamento, dei pagamenti di cui trattasi.
(2-00693)
«Rainieri, Negro, Fogliato, Callegari, Stucchi».

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia vi sono attualmente 4,8 milioni di persone che detengono legalmente un'arma;
nel nostro Paese vi sono mediamente 350 suicidi procurati con armi legalmente detenute;
medici di base, psichiatri e medici legali delle Asl lamentano mancanza di preparazione, scarso aggiornamento delle procedure e chiedono linee guida più precise per il rilascio delle certificazioni necessarie per ottenere la licenza del porto d'armi;
i medici di base, in particolar modo, evidenziano la carente formazione professionale in merito alle situazioni di rischio, la cui incidenza nella vita professionale è minima, ma che, qualora abbia a presentarsi, determina confusione riguardo alle figure di riferimento e alla prassi in materia;
i medici lamentano l'assenza di controlli incrociati in relazione a pazienti sottoposti a trattamento sanitario obbligatorio che facciano richiesta del porto d'armi, così come il fatto che non vi sia obbligo di segnalazione del medico alla polizia;

gli stessi psicologi evidenziano la carenza di linee guida e la mancanza di una formazione sufficiente, nonché le difficoltà nel gestire l'evoluzione di condizioni predittive di suicidi o omicidi con armi, da parte dei legali detentori delle stesse -:
quali iniziative in ambito formativo e normativo il Ministro intende attuare per recepire le richieste del settore medico-sanitario.
(4-07013)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il papilloma virus umano (HPV), la causa del tumore dell'utero, a quanto riferisce Il Giornale di Sicilia nella sua edizione del 27 aprile 2010 circola largamente in Sicilia e uno studio attuato su circa mille siciliane tra i 18 e i 24 anni ha riscontrato la presenza di infezioni da papilloma virus umano nel 24,1 per cento delle donne esaminate;
la presenza del virus potrebbe essere fortemente ridotta con la vaccinazione e, di conseguenza, potrebbe essere frenato il tasso di infezione e potrebbero essere abbattuti i casi di carcinoma alla cervice uterina: 400-500 casi ogni anno nell'isola, il 40 per cento mortali;
per combattere l'infezione la Regione siciliana offre gratuitamente un vaccino quadrivalente alle adolescenti nel 12 annodi vita, e le ASP, per salvaguardare anche le giovani dai 13 ai 26 anni, dovrebbero garantire il pagamento del vaccino al prezzo di costo: meno di 50 euro a dose (ne occorrono tre, a distanza l'una dall'altra), che, se acquistate in farmacia costerebbero alle famiglie più del triplo del prezzo delle strutture pubbliche;
da un'ampia inchiesta condotta dalla rivista AZ Salute su tutte le nove ASP siciliane, che fa il punto sulla situazione vaccinate anti-HPV, emerge una situazione non certo brillante: la vaccinazione è partita in ritardo per ragioni legate all'espletamento della gara d'appalto del vaccino, e a oggi la media della copertura vaccinate è estremamente bassa, circa il 40 per cento, quando l'obiettivo di copertura dell'accordo Stato-regioni parla del 95 per cento;
a detta degli esperti, con il 40 per cento la circolazione del virus non si ferma;
manca un coordinamento tra le ASP: su nove, sette hanno già offerto il prezzo sociale alle giovani tra i 13 e 126 anni; le ASP di Palermo e Ragusa risultano essere ancora inadempienti;
ogni ASP procede autonomamente: c'è chi ha cominciato a vaccinare le ragazze nate nel 1996, chi quelle nate nel 1998, o a partire da un altro anno ancora -:
appare inaccettabile che le lentezze burocratiche e organizzative di alcune province siciliane ricadano sulla giovane popolazione femminile, che, nell'attesa di essere vaccinata, può essere contagiata col virus HPV -:
se quanto sopra esposto corrisponda al vero e quali iniziative di competenza si intendano adottare al riguardo, al fine di assicurare il pieno raggiungimento degli obiettivi di cui all'intesa conclusa in sede di conferenza Stato-Regioni il dicembre 2007.
(4-07025)

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Apposizione di una firma ad una risoluzione.

La risoluzione in Commissione Vannucci e altri n. 7-00287, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'11 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Ciccanti.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Velo n. 5-02435, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Iannuzzi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Togni e altri n. 5-02514, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 18 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Alessandri.

L'interrogazione a risposta in Commissione Rubinato e Fogliardi n. 5-02799, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 22 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Misiani.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-06941, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 312 del 27 aprile 2010.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta un articolo tratto dal sito www.lavoce.info del 23 aprile 2010, autori Andrea Boitani e Carlo Scarpa, dopo anni di lavoro, il Cipe - decreto del 25 marzo 2010, n. 40 - ha ritirato il finanziamento all'opera di realizzazione della metro di Parma;
sono stati già spesi parecchi milioni di denaro pubblico per progettazione, personale, acquisto o noleggio di macchinari, anticipazioni finanziarie. Altri ancora ne serviranno per l'indennizzo dell'impresa che aveva vinto l'appalto;
nell'articolo si legge che, nel maggio del 2005 il Cipe, su spinta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti pro tempore Lunardi, di origini parmigiane, aveva deliberato un finanziamento di 210 milioni di euro a fondo perduto per la metropolitana di Parma. Il comune si era impegnato per i restanti 96 milioni, necessari secondo dati dei preventivi di allora. La regione aveva dato il proprio assenso e si era quindi costituita la società Metro Parma. Erano stati fatti (e rifatti) i progetti. Si era finanche fatto l'appalto, vinto dall'associazione temporanea di imprese (Ati) Pizzarotti-CoopSette-Ccc;
nel frattempo, si erano manifestate contrarietà al progetto, ritenuto inutile anche perché non avrebbe avuto abbastanza passeggeri per coprire i costi di esercizio, senza contare quelli di costruzione. In una serie di incontri pubblici si era denunciato quello che si profilava come un colossale spreco di denaro pubblico, oltre che una «pillola avvelenata», destinata a gravare sul bilancio comunale per decenni;
inoltre il costo era salito a 318 milioni, cui andavano sommati 15 milioni l'anno per la gestione del metrò, e le risorse statali erano scese a 172 milioni: non veniva cioè finanziato l'acquisto del materiale rotabile (37 milioni) che doveva accollarsi il comune. Il nuovo sindaco ha cercato i finanziamenti aggiuntivi per andare avanti, senza però trovarli. Risultato: non se ne fa nulla;
la società Metro Parma ha operato per alcuni anni per realizzare il progetto. La progettazione è stata rivista diverse volte, per soddisfare i rilievi tecnici avanzati dal Cipe e per risolvere l'interferenza con le Ferrovie dello Stato. In tutto questo, dai bilanci di Metro Parma, che il comune non rendeva pubblici, risultano costi complessivi di circa 12 milioni (costi di progettazione e stipendi di chi ha diretto questa impresa). L'Ati, e in particolare la sua componente più vocale, la Pizzarotti, dichiara che (tra Metro Parma e questa impresa) in realtà i costi già sostenuti

ammonterebbero a circa 26 milioni di euro, tra progettazione, assunzione di personale, acquisto e/o noleggio di macchinari, anticipazioni finanziarie e altro. A questo andrà poi aggiunto l'indennizzo che chi si è aggiudicato l'appalto intende chiedere, e a cui ai sensi di legge ha diritto, anche se in misura da determinare: applicando parametri normali si potrebbe giungere ad altri 30 milioni;
il decreto, al comma 7, sancisce che «l'indennizzo è corrisposto a valere sulla quota parte del finanziamento non ancora erogata». Apparentemente, dunque, con soldi dello Stato; ciò che resta del finanziamento statale, dopo le varie deduzioni per indennizzo, può essere devoluto integralmente, dice il decreto al comma 8, - su richiesta del comune di Parma - ad «altri investimenti pubblici». Dunque rimane garantita addirittura una somma a quella amministrazione e non è dato sapere per quali priorità nazionali, considerato che si tratta di fondi nazionali -:
per quali ragioni e per quali priorità nazionali, sia stata garantita un'ulteriore somma, costituita da fondi nazionali, all'amministrazione comunale di Parma, dopo l'evidente e gravoso utilizzo di denaro pubblico per un'opera incompiuta e pertanto inutile.(4-06941)

Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta in commissione Tommaso Foti n. 5-02630 del 10 marzo 2010.

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ERRATA CORRIGE

Risoluzione in Commissione Negro e altri n. 7-00319 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 313 del 28 aprile 2010. Alla pagina n. 12607, secondo colonna, alla riga trentesima, deve leggersi: «Le Commissioni XI e XIII,» e non «Le Commissioni X e XIII,», come stampato.

Interrogazione a risposta in Commissione Vannucci e Zucchi n. 5-02809 pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta n. 313 del 28 aprile 2010:
alla pagina 12640, seconda colonna, alla riga ventunesima, deve leggersi: «tecnologie per il made in Italy», di cui 104» e non «tecnologie per il made in Italy, di cui 104», come stampato;
alla pagina 12640, seconda colonna, le righe dalla venticinquesima alla trentaduesima si intendono soppresse e sostituite da: «Anci servizi srl ha presentato un interessante progetto "FFW - le radici del futuro" riferito al settore calzaturiero e della sua filiera riguardante l'innovazione tecnologica con ricadute su tutto il settore ed in grado di aumentare le vendite, non ricompreso fra i 104 progetti finanziati -:»;
alla pagina 12641, prima colonna, alla riga sesta, deve leggersi: «primo elenco dei finanziati. (5-02809)», e non «primo elenco dei firmatari. (5-02809)», come stampato.