XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 18 maggio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 18 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
le Nazioni Unite hanno stimato, relativamente all'anno 2006, che nel mondo ci siano circa 18 milioni di minori migranti, di cui quasi 6 milioni come rifugiati. All'interno di questo processo migratorio, i minori non accompagnati negli ultimi 10 anni sono notevolmente aumentati: secondo l'United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), nel 2008 sono state presentate oltre 16.300 domande di protezione internazionale da parte di minori stranieri non accompagnati in 68 diversi Paesi, e a circa 6.000 è stato riconosciuto lo status di rifugiato o una forma complementare di protezione;
per «minore straniero non accompagnato», la risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati cittadini di Paesi terzi, intende un minore di diciotto anni di età che si trova fuori dal proprio paese di origine e che entra o soggiorna irregolarmente nel territorio di un Paese terzo, separato da entrambi i genitori o dall'adulto che, per legge o per consuetudine è tenuto alla sua tutela;
il minore non richiedente asilo o protezione umanitaria è un emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque senza essere stato sottratto contro la sua volontà. Si tratta di minorenni quindi che si trovano nella condizione di migranti quasi sempre indotti dalle contingenze di ordine sociali, economico, culturale, e che rappresentano quindi un fenomeno ben diverso da quello della tratta e del traffico di esseri umani per sfruttamento, sia esso sessuale, di lavoro o di altro tipo;
giunto nel nostro Paese, qualora venga individuato o si presenti spontaneamente alle autorità competenti, il minore viene segnalato al Comitato minori stranieri (l'organo competente a vigilare sul soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio nazionale, nonché a coordinare le attività delle

amministrazioni coinvolte) e dotato di un permesso di soggiorno per minore età, come previsto dalla legge, e introdotto nei centri di prima accoglienza per un periodo relativamente breve, fino a un massimo di quaranta giorni, ma che molto spesso si protrae per alcuni mesi. Qui vengono avviati dei percorsi scolastici, di base o di formazione professionale, atti a favorire un inserimento graduale e mirato nella realtà italiana;
anche nel nostro Paese i minori stranieri, e quelli non accompagnati in particolare, costituiscono una realtà sempre più importante, dalle caratteristiche molto variegate e composite. Ciò comporta anche la difficoltà di quantificare con precisione il fenomeno. I dati enucleabili risultano tendenzialmente sottostimati anche perché in essi non sono inclusi i minori neocomunitari, le vittime di tratta, quelli che non sono mai entrati in contatto con il sistema istituzionale di accoglienza, e altri;
per stimare la presenza dei minori stranieri non accompagnati i dati sui residenti e sui soggiornanti presentano quindi dei limiti. Questi, infatti, spesso non riescono a essere identificati ed è frequente che se ne perdano le tracce. E ciò li rende inevitabilmente particolarmente vulnerabili ed esposti al pericolo di entrare in circuiti di tratta e sfruttamento;
sulla base del monitoraggio effettuato dall'Associazione Onlus Save the Children, la quota principale di minori presenti nelle banche dati regionali è quella segnalata da operatori e/o pubblici ufficiali della Sicilia, e rappresenta il 33 per cento del totale. Il resto dei minori inseriti in banca dati è stato segnalato dalle altre regioni: Lombardia (829), Emilia Romagna (561), Lazio (526), Piemonte (496), Marche (363), Puglia (345), Veneto (310), Toscana (310), Friuli Venezia Giulia (262), Trentino Alto Adige (121), Campania (78), Calabria (76), Liguria (51), Abruzzo (35), Sardegna (34), Umbria (17), Basilicata (8), Valle d'Aosta (7), Molise (3);
nel 2008 sulle coste meridionali del nostro Paese ne sono giunti 2.124, e di questi la grande maggioranza dei minori non accompagnati è arrivata negli ultimi due anni a Lampedusa. Una tendenza che risulta in aumento: nel 2007 ne erano infatti arrivati 1.700;
la principale fonte informativa sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio è la banca dati del Comitato per i minori stranieri, in cui vengono puntualmente registrate le segnalazioni effettuate da pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio e da enti che svolgono attività sanitaria o di assistenza. Al 30 settembre 2009 la banca dati conta 6.587 minori non accompagnati;
con specifico riferimento invece ai minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale, i dati parlano di 573 richieste di protezione internazionale nel 2008. Un numero che è andato aumentando negli anni: secondo i dati del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) le richieste di accoglienza sono infatti passate da 102 nel 2004 a 251 nel 2006, a 295 nel 2007;
il 21 aprile 2009, la Commissione parlamentare bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza ha concluso una indagine conoscitiva, avviata nell'ottobre del 2008, sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, approvando all'unanimità una importante risoluzione alla cui elaborazione finale hanno contribuito tutti i gruppi parlamentari. L'obiettivo principale dell'indagine è stato proprio quello di voler approfondire la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta abbandonati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
è evidente infatti come sia estremamente critica la fase del loro primo inserimento nella società civile, che li espone inevitabilmente a gravi rischi di sfruttamento da parte della criminalità, oltre che per la loro stessa incolumità;
va ricordato infatti come una larga parte dei minori che vengono rilasciati dai centri di prima accoglienza per gli immigrati

subiscano un destino incerto, scomparendo in molti casi senza lasciare traccia e sottraendosi così alle strutture di ospitalità previste dal nostro Stato;
il fenomeno per il quale molti minori si allontanano senza lasciare traccia dalle strutture di ospitalità per loro previste impone, di conseguenza l'individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla loro scomparsa e alla tutela dei loro diritti fondamentali;
va sottolineato come una delle ragioni dell'allontanamento di questi giovani dalle comunità che li ospitano è da rinvenirsi anche nella riduzione delle risorse finanziarie assegnate ai comuni e conseguentemente ai relativi centri di prima accoglienza. Va evidenziato infatti che è proprio ai comuni che essi sono affidati con il provvedimento di tutela del magistrato;
si segnala che l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati - e le relative spese - rientra nella responsabilità dei comuni che, a partire dal 1990, hanno acquisito autonomia statutaria (legge n. 142 del 1990). In questo senso il Ministero dell'interno si limita a gestire la prima accoglienza fino alla nomina del tutore, mentre i fondi da assegnare per i progetti di accoglienza dei minori vengono stanziati dalle regioni sulla base delle presenze. Per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali è la legge n. 328 del 2000 a stabilire che siano i comuni a programmare e realizzare i servizi in accordo con i diversi enti interessati;
l'ente locale è quindi il soggetto su cui gravano i costi di queste permanenze. In base ad alcune stime, i comuni spendono complessivamente circa 200 milioni di euro l'anno per la gestione del problema;
è indispensabile che decisioni e politiche di intervento che riguardano i bambini e gli adolescenti debbano essere prese nel rispetto della considerazione preminente del superiore interesse del minore, così come previsto dall'articolo 3 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, a cui l'Italia è vincolata anche nell'esecuzione di accordi bilaterali. Peraltro l'articolo 12 della medesima Convenzione, impone agli Stati, di ascoltare il minore in ogni procedura giudiziaria e amministrativa che lo riguarda. Occorre ricordare, a tal proposito, che l'Italia ha ratificato con la legge n. 176 del 1991 la predetta Convenzione dell'Onu;
qualsivoglia previsione di un rientro del minore straniero nel Paese di origine deve quindi essere valutata sulla base di un'attenta analisi dei fattori di rischio e di accurati accertamenti circa l'identità del minore, la sua rete familiare di riferimento, il suo percorso migratorio e la sicurezza che il minore non cada in circuiti di tratta e sfruttamento;
un minore straniero non accompagnato dovrebbe avere la possibilità di poter restare nel Paese ospite e il permesso di soggiornare temporaneamente nel Paese ospite non dovrebbe essere inteso solo come una procedura amministrativa che può essere interrotta bruscamente quando il minore compie i 18 anni;
peraltro con le modifiche normative intervenute con l'approvazione della legge n. 94 del 2009 (il cosiddetto «pacchetto sicurezza») che - tra l'altro - introduce il reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia, il rilascio di un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato al compimento dei suoi 18 anni, è ora possibile solo a condizione che sussistano contemporaneamente, e non alternativamente (come invece previsto dalla normativa precedentemente in vigore - legge n. 189 del 2002), i seguenti requisiti: un provvedimento di tutela o affidamento, l'ingresso in Italia da almeno 3 anni e la partecipazione a progetti di integrazione per almeno 2 anni;
la normativa recentemente approvata rischia quindi di disincentivare i minori entrati in Italia a seguire un percorso di integrazione sociale, poiché vedrebbero probabilmente preclusa la prospettiva di

ottenere il rilascio del permesso di soggiorno dopo il compimento del diciottesimo anno. Esclusi da percorsi formali di protezione ed inclusione, i minori restano così maggiormente esposti ai rischi di sfruttamento e tratta, ed al coinvolgimento in attività irregolari o illegali,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad assicurare maggiori risorse finanziarie a favore delle regioni sulla base dei dati relativi alle presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza, prevedendo specifiche risorse a favore dei minori stranieri non accompagnati;
ad attuare un più stretto coordinamento tra il livello centrale e i governi locali, e a valorizzare a pieno il potenziale della società civile e dell'associazionismo per l'accoglienza e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
a dare soluzione alle note difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori, la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo;
a mettere in atto un più efficace e costante monitoraggio per valutare gli aspetti quantitativi relativamente alle presenze e agli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, e a verificare gli standard qualitativi dell'accoglienza con particolare riferimento ai minori non accompagnati, approfondendo la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta lasciati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
ad attuare efficaci iniziative, anche normative, al fine di intervenire nella fase estremamente critica del primo inserimento nella società civile dei minori non accompagnati, aiutandoli in una fase che li espone inevitabilmente a gravi rischi per la loro incolumità e di sfruttamento da parte della criminalità, e a favorire la loro integrazione, agevolando a tal fine opportune forme di affido temporaneo.
(1-00367)
«Di Giuseppe, Donadi, Mura, Palagiano, Favia, Borghesi, Evangelisti».

ULTERIORE RIFORMULAZIONE

La Camera,
premesso che:
le Nazioni Unite hanno stimato, relativamente all'anno 2006, che nel mondo ci siano circa 18 milioni di minori migranti, di cui quasi 6 milioni come rifugiati. All'interno di questo processo migratorio, i minori non accompagnati, negli ultimi 10 anni sono notevolmente aumentati: secondo l'United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), nel 2008 sono state presentate oltre 16.300 domande di protezione internazionale da parte di minori stranieri non accompagnati in 68 diversi Paesi, e a circa 6.000 è stato riconosciuto lo status di rifugiato o una forma complementare di protezione;
per «minore straniero non accompagnato», la risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati cittadini di Paesi terzi, intende un minore di diciotto anni di età che si trova fuori dal proprio paese di origine e che entra o soggiorna irregolarmente nel territorio di un Paese terzo, separato da entrambi i genitori o dall'adulto che, per legge o per consuetudine è tenuto alla sua tutela;
il minore non richiedente asilo o protezione umanitaria è un emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque senza essere stato sottratto contro la sua volontà. Si tratta di minorenni quindi che si trovano nella condizione di migranti quasi sempre indotti dalle contingenze di ordine sociali, economico, culturale, e che rappresentano quindi un fenomeno ben diverso da quello della tratta e del traffico di esseri umani per sfruttamento, sia esso sessuale, di lavoro o di altro tipo;
giunto nel nostro Paese, qualora venga individuato o si presenti spontaneamente alle autorità competenti, il minore viene segnalato al Comitato minori stranieri (l'organo competente a vigilare sul soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio nazionale, nonché a coordinare le attività delle amministrazioni coinvolte) e dotato di un permesso di soggiorno per minore età, come previsto dalla legge, e introdotto nei centri di prima accoglienza per un periodo relativamente breve, fino a un massimo di quaranta giorni, ma che molto spesso si protrae per alcuni mesi. Qui vengono avviati dei percorsi scolastici, di base o di formazione professionale, atti a favorire un inserimento graduale e mirato nella realtà italiana;
anche nel nostro Paese i minori stranieri, e quelli non accompagnati in particolare, costituiscono una realtà sempre più importante, dalle caratteristiche molto variegate e composite. Ciò comporta anche la difficoltà di quantificare con precisione il fenomeno. I dati enucleabili risultano tendenzialmente sottostimati anche perché in essi non sono inclusi i minori neocomunitari, le vittime di tratta, quelli che non sono mai entrati in contatto con il sistema istituzionale di accoglienza, e altri;
per stimare la presenza dei minori stranieri non accompagnati i dati sui residenti e sui soggiornanti presentano quindi dei limiti. Questi, infatti, spesso non riescono a essere identificati ed è frequente che se ne perdano le tracce. E ciò li rende inevitabilmente particolarmente vulnerabili ed esposti al pericolo di entrare in circuiti di tratta e sfruttamento;
sulla base del monitoraggio effettuato dall'Associazione Onlus Save the Children, la quota principale di minori presenti nelle banche dati regionali è quella segnalata da operatori e/o pubblici ufficiali della Sicilia, e rappresenta il 33 per cento del totale. Il resto dei minori inseriti in banca dati è stato segnalato dalle altre regioni: Lombardia (829), Emilia Romagna (561), Lazio (526), Piemonte (496), Marche (363), Puglia (345), Veneto (310), Toscana (310), Friuli Venezia Giulia (262), Trentino Alto Adige (121), Campania (78), Calabria (76), Liguria (51), Abruzzo (35), Sardegna (34), Umbria (17), Basilicata (8), Valle d'Aosta (7), Molise (3);
nel 2008 sulle coste meridionali del nostro Paese ne sono giunti 2.124, e di questi la grande maggioranza dei minori non accompagnati è arrivata negli ultimi due anni a Lampedusa. Una tendenza che risulta in aumento: nel 2007 ne erano infatti arrivati 1.700;
la principale fonte informativa sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio è la banca dati del Comitato per i minori stranieri, in cui vengono puntualmente registrate le segnalazioni effettuate da pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio e da enti che svolgono attività sanitaria o di assistenza. Al 30 settembre 2009 la banca dati conta 6.587 minori non accompagnati;
con specifico riferimento invece ai minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale, i dati parlano di 573 richieste di protezione internazionale nel 2008. Un numero che è andato aumentando negli anni: secondo i dati del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) le richieste di accoglienza sono infatti passate da 102 nel 2004 a 251 nel 2006, a 295 nel 2007;
il 21 aprile 2009, la Commissione parlamentare bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza ha concluso una indagine conoscitiva, avviata nell'ottobre del 2008, sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, approvando all'unanimità una importante risoluzione alla cui elaborazione finale hanno contribuito tutti i gruppi parlamentari. L'obiettivo principale dell'indagine è stato proprio quello di voler approfondire la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta abbandonati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
è evidente infatti come sia estremamente critica la fase del loro primo inserimento nella società civile, che li espone inevitabilmente a gravi rischi di sfruttamento da parte della criminalità, oltre che per la loro stessa incolumità;
va ricordato infatti come una larga parte dei minori che vengono rilasciati dai centri di prima accoglienza per gli immigrati subiscano un destino incerto, scomparendo in molti casi senza lasciare traccia e sottraendosi così alle strutture di ospitalità previste dal nostro Stato;
il fenomeno per il quale molti minori si allontanano senza lasciare traccia dalle strutture di ospitalità per loro previste impone, di conseguenza l'individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla loro scomparsa e alla tutela dei loro diritti fondamentali;
va sottolineato come una delle ragioni dell'allontanamento di questi giovani dalle comunità che li ospitano è da rinvenirsi anche nella riduzione delle risorse finanziarie assegnate ai comuni e conseguentemente ai relativi centri di prima accoglienza. Va evidenziato infatti che è proprio ai comuni che essi sono affidati con il provvedimento di tutela del magistrato;
si segnala che l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati - e le relative spese - rientra nella responsabilità dei comuni che, a partire dal 1990, hanno acquisito autonomia statutaria (legge n. 142 del 1990). In questo senso il Ministero dell'interno si limita a gestire la prima accoglienza fino alla nomina del tutore, mentre i fondi da assegnare per i progetti di accoglienza dei minori vengono stanziati dalle regioni sulla base delle presenze. Per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali è la legge n. 328 del 2000 a stabilire che siano i comuni a programmare e realizzare i servizi in accordo con i diversi enti interessati;
l'ente locale è quindi il soggetto su cui gravano i costi di queste permanenze. In base ad alcune stime, i comuni spendono complessivamente circa 200 milioni di euro l'anno per la gestione del problema;
è indispensabile che decisioni e politiche di intervento che riguardano i bambini e gli adolescenti debbano essere prese nel rispetto della considerazione preminente del superiore interesse del minore, così come previsto dall'articolo 3 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, a cui l'Italia è vincolata anche nell'esecuzione di accordi bilaterali. Peraltro l'articolo 12 della medesima Convenzione, impone agli Stati, di ascoltare il minore in ogni procedura giudiziaria e amministrativa che lo riguarda. Occorre ricordare, a tal proposito, che l'Italia ha ratificato con la legge n. 176 del 1991 la predetta Convenzione dell'Onu;
qualsivoglia previsione di un rientro del minore straniero nel Paese di origine deve quindi essere valutata sulla base di un'attenta analisi dei fattori di rischio e di accurati accertamenti circa l'identità del minore, la sua rete familiare di riferimento, il suo percorso migratorio e la sicurezza che il minore non cada in circuiti di tratta e sfruttamento;
un minore straniero non accompagnato dovrebbe avere la possibilità di poter restare nel Paese ospite e il permesso di soggiornare temporaneamente nel Paese ospite non dovrebbe essere inteso solo come una procedura amministrativa che può essere interrotta bruscamente quando il minore compie i 18 anni;
peraltro con le modifiche normative intervenute con l'approvazione della legge n. 94 del 2009 (il cosiddetto «pacchetto sicurezza») che - tra l'altro - introduce il reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia, il rilascio di un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato al compimento dei suoi 18 anni, è ora possibile solo a condizione che sussistano contemporaneamente, e non alternativamente (come invece previsto dalla normativa precedentemente in vigore - legge n. 189 del 2002), i seguenti requisiti: un provvedimento di tutela o affidamento, l'ingresso in Italia da almeno 3 anni e la partecipazione a progetti di integrazione per almeno 2 anni;
la normativa recentemente approvata rischia quindi di disincentivare i minori entrati in Italia a seguire un percorso di integrazione sociale, poiché vedrebbero probabilmente preclusa la prospettiva di ottenere il rilascio del permesso di soggiorno dopo il compimento del diciottesimo anno. Esclusi da percorsi formali di protezione ed inclusione, i minori restano così maggiormente esposti ai rischi di sfruttamento e tratta, ed al coinvolgimento in attività irregolari o illegali,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad assicurare maggiori risorse finanziarie a favore delle regioni sulla base dei dati relativi alle presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza, prevedendo specifiche risorse a favore dei minori stranieri non accompagnati;
ad attuare un più stretto coordinamento tra il livello centrale e i governi locali, e a valorizzare a pieno il potenziale della società civile e dell'associazionismo per l'accoglienza e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
a dare soluzione alle note difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori, la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo;
a mettere in atto un più efficace e costante monitoraggio per valutare gli aspetti quantitativi relativamente alle presenze e agli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, e a verificare gli standard qualitativi dell'accoglienza con particolare riferimento ai minori non accompagnati, approfondendo la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta lasciati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
ad attuare efficaci iniziative, anche normative, al fine di intervenire nella fase estremamente critica del primo inserimento nella società civile dei minori non accompagnati, aiutandoli in una fase che li espone inevitabilmente a gravi rischi per la loro incolumità e di sfruttamento da partedella criminalità, e a favorire la loro integrazione, agevolando a tal fine opportune forme di affido temporaneo;
a considerare la possibilità di assumere le necessarie iniziative per rilasciare il permesso di soggiorno anche ai minori stranieri che abbiano compiuto la maggiore età e che abbiano iniziato un percorso di integrazione sociale nel nostro Paese.
(1-00367)
(Ulteriore nuova formulazione) «Di Giuseppe, Donadi, Mura, Palagiano, Favia, Borghesi, Evangelisti».

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ATTI DI CONTROLLO

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un'intervista di Giovanni De Pasealis, giornalista di Radio Radicale, a Salvatore Tolone, docente di diritto privato all'università Federico II di Napoli, datata 14 maggio 2010, è emerso l'ennesimo caso di malgoverno del territorio nel nostro Paese;
la vicenda, trattata anche dal giornalista Antonello Caporale in un articolo apparso su La Repubblica il 16 marzo 2010, riguarda il legame tra attività di investimento legate alle energie rinnovabili e criminalità organizzata che ha travolto il piccolo comune di Girifalco, in provincia di Catanzaro;
il comune di Girifalco è stato deturpato da un grande parco eolico costituito da 22 mega aerogeneratori eolici di altezza superiore ai 100-120 metri;
a Girifalco si inizia a parlare del parco eolico nel 2005 quando una società di Reggio Emilia, la Brulli Energia, presenta il progetto per la realizzazione di sedici torri della potenza di due megawatt ciascuna;
la Brulli è un'azienda tecnicamente affidabile, solida finanziariamente e con decine di realizzazioni in Italia;
il progetto viene approvato nel 2006 dal consiglio comunale (delibera n. 13 del 24 marzo). Quindi il mese successivo, il 12 aprile, è firmata la convenzione con la società. Le parole utilizzate per illustrare il piano d'opera hanno subito misurato una certa distanza con gli intendimenti reali: infatti nel testo della convenzione il parco eolico, progettato per produrre 32 megawatt di energia, cambia passo e la produzione punta a 44 megawatt. Le sedici torri proposte e approvate divengono dunque ventidue;
il professor Tolone ha estese proprietà e si accorge di un errore che nessuno, né i tecnici della società promotrice né quelli del comune, aveva avuto modo di notare. Come riportato nel citato articolo de La Repubblica «più che errore si potrebbe dire; a voler essere maliziosi, un nitido falso». Le mappe catastali sulle quale sono state individuate le torri risultano alterate nella scala di rappresentazione: 1:2500 invece che 1:2000. Scala più ampia e distanze allungate. Soprattutto, cancellati dal panorama ottanta immobili e ridisegnate le distanze minime necessarie per realizzare quelle torri così alte in modo da rispettare i limiti di legge: non meno di 500 metri devono separare una casa da una torre. Le distanze necessarie risultano inesistenti. «Per errore», ammetteranno al comune;
Tolone, forte della scoperta e prima che scadano i termini per le osservazioni e le deduzioni, invia il 28 aprile del 2007 al settore tutela dell'ambiente della provincia di Catanzaro le sue prove e le sue contestazioni come da ricorso ricevuto e protocollato (prot. n. 31328/07);

poco più di un mese dopo, il 7 giugno 2007, il giovane docente dopo aver presentato un libro a Reggio Calabria si dirige con la sua auto a Lamezia Terme, parcheggiandola proprio di fronte alla caserma dei carabinieri. Si avvia alla stazione ferroviaria e sale sul treno per Napoli. Alle sei del mattino del giorno seguente i carabinieri di Lamezia gli comunicano che l'auto è deflagrata. La bomba, lato autista, è esplosa nella notte. Sembrerebbe un primo avvertimento, Tolone continua la sua battaglia in difesa della legalità in procura, a Catanzaro, il 17 luglio del 2007 denunciando ogni cosa: le mappe alterate e le stranezze evidenti;
la regione Calabria l'8 agosto 2007 (decreto 11928) autorizza il parco eolico visto che ogni cosa è al suo posto e considerato «che non sono pervenute osservazioni da parte dei soggetti interessati». Tutto ciò nonostante le osservazioni del professore pervenute il 28 aprile;
segue una serie di attività che suscitano molti dubbi sul piano della legittimità da parte dell'amministrazione: le ruspe cominciano ad invadergli il terreno in modo abusivo; vengono incanalate le acque in modo che la sua proprietà si allaghi; vengono apposti picchetti annunciando il futuro prossimo. Tolone ogni volta sporge querela ai carabinieri;
nell'aprile 2008, si dirige in procura per capire e domandare che fine abbia fatto il suo esposto ma viene a sapere che la sua denuncia è già stata archiviata. Nonostante un secondo avvertimento (l'incendio del trattore), Tolone si reca nuovamente a Catanzaro e chiede in procura di riavere copia delle sue carte. Quel fascicolo, scomparso per due mesi, torna in vita e, si viene a sapere, non era stato archiviato, bensì affidato a un pubblico ministero della direzione distrettuale antimafia, che dal giugno 2008 al luglio 2009 a quanto consta agli interroganti, non avrebbe mai preso contatto con il professor Tolone;
finora sono state elevate già dodici torri. Il 4 marzo 2010 la torre B1 prende fuoco. Incendio doloso;
le conseguenze disastrose della centrale eolica sono: i danni provocati alla salute e alla qualità della vita dei cittadini (sindrome da rumore), considerato che la distanza minima suggerita tra abitazione e torre sarebbe di almeno 2 chilometri, mentre in questo caso le distanze risultano addirittura inferiori ai 500 metri, limite già di per sé ridotto e stabilito dalla regione Calabria; il devastante impatto ambientale e paesaggistico, lo sfregio a cui si è deciso di condannare quella terra e le conseguenze anche ai settori dell'agricoltura e del turismo; la cancellazione dei gioielli del patrimonio artistico-architettonico calabrese (una chiesa bizantina proprio sotto il mega parco eolico); da ultimo, quella che agli interroganti appare di fatto la reintroduzione della criminalità organizzata nelle piccole realtà democratiche del Mezzogiorno che tentano di scrollarsi di dosso l'influenza della stessa, che ora agisce per mezzo del sopravvento dell'eolico con enormi capitali da investire, spesso di origine ambigua -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti;
se sia vero che le mappe catastali siano alterate;
se sia vero, anche sulla base della documentazione catastale, che le torri siano state realizzate ad una distanza inferiore ai 500 metri dalle abitazioni;
il Ministro della giustizia intenda adottare iniziative di carattere ispettivo in merito all'archiviazione e poi al recupero delle denunce fatte dal professor Tolone ai fini dell'esercizio di tutti i poteri di propria competenza;
quali misure si intendano adottare a tutela della vita e della sicurezza del professor Tolone e in merito ai legami tra criminalità organizzata e business dell'eolico e più in generale delle rinnovabili;
se e quali iniziative di competenza si intendano assumere per ripristinare la situazione gravemente compromessa dai numerosi comportamenti sopra esposti e a

tutela dell'ambiente, della salute e della qualità della vita dei cittadini.
(4-07243)

...

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro per i beni e le attività culturali, per sapere - premesso che:
l'Amministrazione comunale di Carrara ha approvato la rimozione temporanea della statua di Giuseppe Mazzini per sostituirla con quella di Bettino Craxi, al fine di consentire allo scultore Cattelan di realizzare un suo progetto artistico;
la Soprintendenza alla tutela dei beni artistici di Lucca, competente anche per la provincia di Massa e Carrara, sarebbe stata richiesta di verificare la fattibilità tecnica della rimozione della statua di Mazzini;
la competenza dell'organo ministeriale di vigilanza non può esaurirsi in un mero accertamento tecnico, ma deve garantire la piena tutela del bene culturale anche in riferimento al suo contesto ed al suo valore simbolico che ne costituiscono parte integrante;
l'iniziativa ha suscitato sdegno e sconcerto nell'opinione pubblica, di cui si è fatta interprete l'Associazione Mazziniana Italiana, denunciando che «i monumenti non sono soprammobili»;
la statua di Mazzini è collocata da oltre un secolo in una delle piazze storiche della città e rappresenta una componente essenziale della sua memoria civica, della sua tradizione politica e della sua identità morale;
la coscienza politica dei cavatori di marmo si è formata storicamente sulla base del pensiero di Giuseppe Mazzini;
le ragioni della libertà della creatività artistica sono strumentalmente richiamate dall'Amministrazione comunale al solo scopo di creare una cassa di risonanza mediatica;
lo scultore Cattelan avrebbe senz'altro a sua disposizione altri luoghi cittadini in cui sperimentare il suo genio artistico senza necessità di ricorrere alla sostituzione di Mazzini con Craxi: così come ha fatto appendendo agli alberi di Milano le raffigurazioni dei bambini impiccati, avrebbe quindi potuto fare a Carrara;
la sostituzione della figura di Mazzini con quella di Craxi adombra un parallelismo storico-politico inaccettabile, che può avere esplicazione nel campo artistico, ma non può coinvolgere uno dei simboli della storia di una città;
tra l'altro, quanto a originalità artistica, una statua di Craxi è già stata realizzata nella vicina Aulla, per volontà dell'allora sindaco, e non ha avuto alcuna valorizzazione se non sul piano delle polemiche scandalistiche;
l'intitolazione di una via a Craxi a Milano è stata recentemente bloccata per la protesta dell'opinione pubblica, a conferma, a parere dell'interpellante, di quale sia il giudizio del Paese sul suo operato;
si può capire il tentativo di un sindaco di estrazione socialista di cercare facile pubblicità riciclando l'immagine del leader politico del suo partito di provenienza, ma non se ne può avallare in nessun caso la scelta;
è altamente riprovevole il tentativo di farsi pubblicità a buon mercato irridendo ad una figura, come quella di Mazzini, così significativa per l'Italia, l'Europa e l'umanità, per di più quando hanno appena preso il via le celebrazioni del centocinquantenario dell'Unità;
è imminente la festa della Repubblica del 2 giugno, che ad avviso dell'interpellante, sarebbe fatalmente offesa ove non si

fosse già posta la parola fine ad un'operazione maldestra e ingiustificabile sotto qualsiasi punto di vista -:
quali siano gli intendimenti della Soprintendenza in ordine a quanto segnalato in premessa, anche ai fini della piena tutela della valenza storico-culturale del monumento.
(2-00719)«Evangelisti».

Interrogazioni a risposta immediata:

BORGHESI e ZAZZERA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il 14 luglio 2009 il prefetto di Roma Pecoraro, su richiesta del Ministro interrogato, ha emanato il provvedimento di estinzione dell'Imaie per «impossibilità a raggiungere lo scopo sociale», basandolo sul fatto che l'Istituto non liquidava i beni degli artisti e che aveva depositato sui propri conti correnti bancari circa cento milioni di euro, che, pur non essendo stati liquidati ai singoli artisti aventi diritto in quanto non individuabili, non erano stati destinati, come previsto dalla legge, ai contributi previsti come sostegno professionale alla categoria, ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 93 del 1992 istitutiva dello stesso Imaie;
da quella data si è aperto un contenzioso legale che vedeva coinvolti, da una parte, gli artisti che chiedevano la sospensione del provvedimento in quanto illegittimo, e, dall'altra, il Ministro interrogato ed il prefetto che ne chiedevano la conferma;
il tribunale amministrativo regionale del Lazio ripetutamente dava ragione agli artisti, ritenendo illegittimo il provvedimento e sospendendolo. Infine, il Consiglio di Stato, su richiesta del Ministro interrogato, attraverso un collegio presieduto dal giudice Varrone, annullava tutte le sentenze del tribunale amministrativo regionale e confermava il provvedimento di estinzione. Immediatamente dopo la sentenza, con singolare efficienza, il presidente del tribunale di Roma provvedeva a nominare tre commissari liquidatori, con il compenso di un milione di euro cadauno, guidati dall'avvocato Galloppi, già presidente del collegio dei revisori dell'Istituto indicato dal Ministro interrogato, creando così un discutibile connubio tra controllori e controllati;
i commissari (Galloppi, Nastasi, Ferrazza), pur consapevoli dell'impossibilità di individuare gli artisti ai quali si riferiscono le risorse finanziarie depositate sui conti correnti dell'Istituto (risalgono a circa 30 anni fa), considerano tali risorse come debiti nei confronti di artisti aventi diritto. In questo modo, possono dichiarare lo stato di insolvenza dell'Imaie e trasformare un istituto finanziariamente in attivo in un istituto fallito;
poiché il 29 aprile 2010 si sarebbe tenuta la prima udienza della causa di merito intentata dagli artisti di fronte al tribunale amministrativo regionale, il 30 aprile 2010 il Ministro interrogato, apparentemente al solo scopo di rendere superfluo l'eventuale giudizio della magistratura, all'interno del decreto-legge n. 64 del 2010 - Disposizioni urgenti in materia di spettacolo e attività culturali - inserisce un articolo, l'articolo 7, che prevede la costituzione del nuovo Imaie;
il provvedimento, ad avviso degli interroganti, lottizza di fatto il nuovo Istituto e, chiarendo la procedura, sblocca le risorse finanziarie degli artisti, ponendole sotto la gestione del Ministero per i beni e le attività culturali attraverso il vincolo dell'approvazione di un regolamento - affidata allo stesso Ministero - in base al quale tali risorse verranno gestite;
nel decreto-legge il problema principale degli artisti, che è quello di ricevere i diritti di propria competenza, non viene affrontato. Il decreto-legge non dà, infatti, nessuna risposta al fatto che molti utilizzatori di opere evadono il diritto e molti lo pagano, ma non comunicano il nome ed il recapito dell'artista al quale spetterebbe il compenso relativo al pagamento dello stesso diritto;

in compenso nel decreto-legge è inserito il seguente comma (articolo 7, comma 3): «Gli adempimenti di cui all'articolo 5, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 93, sono assolti con la pubblicazione nel sito del nuovo Imaie, per millenovantacinque giorni consecutivi, dell'elenco degli aventi diritto, distintamente per ciascun trimestre, con la indicazione, per ciascun avente diritto, del periodo cui si riferisce il compenso e del produttore di fonogrammi che ha versato lo stesso»;
in questo modo si sblocca soltanto il passaggio dei compensi non ritirati dagli artisti al fondo di cui all'articolo 7 della legge n. 93 del 1992, il cui regolamento, come detto, è previsto sempre dallo stesso decreto-legge che sia approvato dal Ministero per i beni e le attività culturali;
in sintesi, il Ministro interrogato non risolve il problema dell'individuazione e, quindi, della liquidazione dei diritti degli artisti, ma parallelamente si garantisce la gestione del fondo dove finiscono i soldi non liquidati agli artisti a causa proprio della loro mancata individuazione -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere al fine di restituire effettivamente agli artisti la gestione delle risorse finanziarie la cui proprietà è da ricondursi, in definitiva, agli artisti stessi.
(3-01070)

REGUZZONI, DAL LAGO, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, COTA, CROSIO, D'AMICO, DESIDERATI, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MONTAGNOLI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RIXI, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Fondo unico per lo spettacolo (Fus) è stato istituito con la legge 30 aprile 1985, n. 163, recante «Nuova disciplina degli interventi dello Stato a favore dello spettacolo», per il sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi ed imprese operanti nei settori delle attività cinematografiche, musicali, di danza, teatrali, circensi e dello spettacolo viaggiante;
la sopra citata legge prevede che la gestione delle risorse avvenga secondo un procedimento di tipo accentrato, in cui il Ministero per i beni e le attività culturali, titolare del Fondo, provvede sia alla fissazione dei criteri di ripartizione all'interno dei distinti settori, sia alla concreta erogazione dei finanziamenti;
l'unitarietà dell'azione statale, obiettivo dichiarato della legge n. 163 del 1985 istitutiva del Fondo unico per lo spettacolo, è messa seriamente in discussione dalla pratica consolidata di differenziare le forme di sostegno finanziario allo spettacolo;
nel contesto attuale, caratterizzato dalla drastica riduzione dei fondi statali per lo spettacolo, le risorse provenienti dal Fondo unico per lo spettacolo rappresentano solo una parte, circa la metà, del finanziamento pubblico generale allo spettacolo dal vivo, che gode di ulteriori forme di sostegno finanziario, provenienti da Stato, da regioni e da enti locali, che assumono un ruolo strategico per il supporto dell'intero settore;
l'attività delle regioni nel settore dello spettacolo, pur in assenza di una legislazione statale di cornice, si è sempre più sviluppata negli anni, prevedendo investimenti sul piano della progettazione, della

promozione, della comunicazione e del sostegno alle diverse iniziative culturali del territorio;
in seguito al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, molte regioni hanno provveduto al riordino della propria legislazione in materia di spettacolo, ispirandosi a principi comuni quali l'affermazione del valore sociale ed economico dell'attività, l'approccio integrato alla materia e il ricorso a modalità di sostegno economico differenziate, tali da prevedere sia contributi finanziari, sia incentivi sul piano economico e fiscale;
con le sentenze n. 255 e n. 256 del 21 luglio 2004 della Corte costituzionale, originate da una questione di legittimità e da un conflitto di attribuzione sollevati dalla regione Toscana, è stato affermato che lo spettacolo, pur non essendo espressamente citato all'interno del nuovo articolo 117 della Costituzione, non è da ricondursi alla competenza residuale delle regioni, bensì rientra a pieno titolo nella «promozione ed organizzazione di attività culturali», indicata nel terzo comma dell'articolo 117 tra le competenze di tipo concorrente;
dai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza dettati dall'articolo 118 della Costituzione e richiamati dalle sentenze della Corte costituzionale, consegue, ad avviso degli interroganti, l'illegittimità delle procedure amministrative di tipo accentrato in materie di competenza concorrente;
la Corte costituzionale, nel richiamare la necessità ineliminabile di una profonda revisione dell'attuale riparto tra Stato, regioni ed enti locali, anche in relazione alle funzioni amministrative di erogazione di finanziamenti pubblici al settore dello spettacolo, ha sottolineato l'importanza dell'elaborazione di procedure «che continuino a svilupparsi a livello nazionale», almeno per i profili per i quali occorra necessariamente una considerazione complessiva a livello nazionale dei fenomeni e delle iniziative, «con l'attribuzione sostanziale di poteri deliberativi alle regioni»;
la Corte costituzionale ha, quindi, considerato possibile l'eventualità che siano le regioni a disciplinare un settore così fortemente caratterizzato da legami con il territorio di riferimento, in relazione al tessuto produttivo e ai potenziali fruitori dell'attività culturale, purché tale disciplina avvenga all'interno di una cornice unitaria statale, garantita dal riconoscimento della riserva allo Stato della disciplina di principio;
secondo la Corte costituzionale, la collocazione dello spettacolo nella sfera delle competenze concorrenti non rappresenta una penalizzazione, ma, al contrario, accresce molto la responsabilità delle regioni, «dato che incide non solo su importanti e differenziati settori produttivi riconducibili alla cosiddetta industria culturale, ma anche su antiche e consolidate istituzioni culturali pubbliche o private operanti nel settore, come gli enti lirici e i teatri., con un forte impatto anche sugli stessi strumenti di elaborazione e di diffusione della cultura»;
appare quanto mai necessario un ripensamento dell'attuale sistema di gestione e di erogazione dei finanziamenti pubblici allo spettacolo, assicurando a questi continuità, tempestività e congruenza, superando il carattere nazionale del Fondo unico per lo spettacolo e restituendo alle regioni la loro fondamentale importanza nel settore -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno intervenire con apposite iniziative normative, al fine di modificare la gestione e la distribuzione accentrata dei finanziamenti pubblici previsti dal Fondo unico per lo spettacolo, ispirandosi ad un modello di gestione imperniato sulle regioni che eviti gli squilibri territoriali nella ripartizione delle risorse e lasci aperta la strada dell'attribuzione diretta alle regioni della gestione del Fondo, rimettendo alla Conferenza Stato-regioni l'individuazione dei parametri idonei a valutare il riparto fra le singole regioni.
(3-01071)

CIOCCHETTI, ENZO CARRA, DIONISI, CAPITANIO SANTOLINI, RAO, VIETTI, CICCANTI, COMPAGNON, VOLONTÈ e NARO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
ad avviso dell'archeologa Giorgia Leoni, presidente della Confederazione italiana archeologi, il piccolo crollo della malta sulla volta del piano terra del Colosseo, avvenuto domenica 11 maggio 2010, «è stato una cosa da poco, ma è l'ennesimo campanello d'allarme e conferma la necessità, come diciamo da tempo, di studiare per i monumenti antichi di Roma un piano di interventi e di manutenzione continua»;
secondo l'archeologo Andrea Carandini, presidente del Consiglio superiore dei beni culturali, l'archeologia della capitale ha bisogno di certezze: non può continuare a restare in preda a finanziamenti speciali per questo o per quell'evento, intervallati da assenze di fondi e di attenzione troppo prolungate, ricordando che «i primi allarmi per il Colosseo risalgono almeno al 2006»;
anche per il soprintendente archeologico di Roma, Angelo Bottini, il problema sorgerà dopo gli interventi di urgenza (in corso) ed i restauri (che presto partiranno), quando cioè il Ministero dovrà affidare alla soprintendenza di Roma le risorse necessarie ed il personale per la manutenzione;
la lista dei siti che necessitano una manutenzione continua è corposa : 40 mila metri quadrati di gallerie sotto il Palatino, le Mura Aureliane, la Domus Aurea, la Casa di Livia, per citare i più importanti. In tutto si tratta di 71 interventi d'urgenza che si aggiungono al Colosseo e ai Fori imperiali;
in occasione della presentazione del secondo rapporto per gli interventi urgenti nelle aree archeologiche di Roma e Ostia antica, il commissario dell'area archeologica romana, Roberto Cecchi, nonché direttore generale dei Ministero per i beni e le attività culturali, ha ribadito che «occorre lavorare senza fretta ma anche senza sosta, e per questo e' necessario un flusso costante di risorse» -:
se, alla luce di quanto esposto in premessa, non ritenga di prevedere un piano organico di risorse adeguate che consenta un sistema di controllo e manutenzione dei monumenti della capitale continuo e non condizionato da elargizioni eccezionali o occasionali.
(3-01072)

...

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

BARBATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere -premesso che:
gli organi di stampa riportano in questi giorni notizie molto allarmanti, relative al coinvolgimento del generale della Guardia di finanza Francesco Pittorru in indagini giudiziarie in corso relative a fenomeni di corruzione, che sarebbero stati realizzati attraverso l'elargizione in suo favore di ingenti somme di denaro da parte dell'imprenditore Diego Anemone;
tali notizie rischiano di gettare un'ombra sull'immagine del Corpo della Guardia di finanza, la quale svolge una funzione essenziale, soprattutto nell'azione di contrasto dei fenomeni di evasione ed elusione fiscale e di riciclaggio dei capitali di provenienza illecita, nonché, più in generale, a garanzia della legalità sul territorio nazionale;
appare pertanto fondamentale evitare anche solo il rischio che esse possano gettare discredito sul Corpo, i cui componenti si caratterizzano invece, nella stragrande maggioranza, per assoluta onestà e

completa dedizione ai compiti loro affidati, a tutela degli interessi dell'Erario -:
quali iniziative intenda assumere, nell'ambito dei suoi poteri di indirizzo sul Corpo della Guardia di finanza e nell'esercizio del suo ruolo di vertice gerarchico dello stesso, per assicurare la piena trasparenza dell'azione del Corpo, disponendo l'attivazione di meccanismi di monitoraggio sulla situazione patrimoniale degli appartenenti al Corpo stesso.
(5-02907)

BERNARDO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) svolge una fondamentale funzione umanitaria in favore delle popolazioni colpite in tutto il mondo da eventi calamitosi;
per finanziare la propria attività di sostegno umanitario l'UNHCR fa largo ricorso alle donazioni in denaro dei privati, sia persone fisiche sia società;
la disciplina tributaria italiana applicabile a tale tipologie di donazioni è costituita da diverse disposizioni, introdotte successivamente nell'ordinamento nel corso degli ultimi venti anni, ed appare dunque importante chiarire in modo incontrovertibile ai potenziali donatori quale sia il regime fiscale applicabile alle donazioni in favore delle predette popolazioni effettuate mediante il tramite dello stesso UNHCR, così da favorire la meritoria azione di tale organizzazione;
in particolare, le donazioni in denaro effettuate in favore delle popolazioni colpite da eventi di calamità pubblica o da altri eventi straordinari, anche se avvenuti in altri Stati, eseguite per il tramite di soggetti identificati ai sensi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2000, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 155 del 5 luglio 2000 sembrano poter fruire:
se effettuate da persone fisiche non titolari di reddito di impresa, della detraibilità ai fini dell'IRPEF, in misura pari al 19 per cento ed entro il limite di 2.053 euro, ai sensi del combinato disposto dell'articolo 15, comma 1, lettera i-bis), del testo unico delle imposte sui redditi e dell'articolo 138, comma 14, della legge n. 388 del 2000;
se effettuate da enti non commerciali di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 73 del TUIR, della detraibilità ai fini dell'IRES, in misura pari al 19 per cento ed entro il limite di 2.053 euro, ai sensi dell'articolo 100, comma 2, lettera h) del TUIR;
se effettuate da persone fisiche titolari di reddito d'impresa o da società, dell'integrale deduzione dal reddito di impresa, ai sensi dell'articolo 27, comma 1, della legge n. 133 del 1999;
il predetto decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 20 giugno 2000 annovera, tra gli enti per il cui tramite possono essere effettuate le erogazioni liberali in denaro a favore di popolazioni colpite da calamità pubbliche o da altri eventi straordinari, le organizzazioni internazionali di cui l'Italia è membro, tra le quali è ricompreso certamente anche l'UNHCR -:
se ritenga di confermare che alle donazioni in denaro effettuate a favore di popolazioni colpite da calamità pubbliche per il tramite dell'UNHCR si applicano le previsioni in materia di detraibilità e di deducibilità sopra richiamate e, in particolare, che le predette erogazioni, compiute da persone fisiche titolari di reddito d'impresa o da società, sono integralmente deducibili dal reddito di impresa.
(5-02908)

MILO, ZELLER e BRUGGER. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
un agricoltore in regime di esenzione IVA, con un volume d'affari dell'anno

solare precedente inferiore a 2.580 euro, costituito da almeno due terzi dalla cessione di prodotti agricoli, nel 2005 era proprietario di un terreno agricolo con annessa rimessa, anch'essa utilizzata a fini agricoli;
prima del 2005 questi immobili sono stati inseriti nello strumento urbanistico del comune come zona edificabile, precisamente come zona di espansione, e sono poi stati espropriati dal comune stesso ai fini dell'assegnazione a cooperative edilizie e dunque nell'assolvimento di un'attività istituzionale dell'ente;
facendo affidamento sul regime di esenzione dall'IVA, il proprietario del terreno agricolo, a seguito del recepimento dell'indennità di esproprio, non ha emesso fattura e non ha versato l'IVA e ha evidenziato all'ente che non sarebbe stato soggetto all'obbligo dell'emissione della fattura, così anche l'ente non ha emesso fattura e non ha versato l'IVA;
l'Agenzia delle entrate ha svolto i propri controlli e ha invitato sia il comune sia l'agricoltore a fornire chiarimenti: l'agricoltore ha utilizzato l'invito al contraddittorio, senza che fosse avvenuto un accertamento, e ha pagato l'IVA a mezzo di atto di adesione ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 -:
se ritenga che il comune avrebbe già allora dovuto pagare l'IVA e se lo stesso debba ora rimborsare l'IVA pagata dall'agricoltore in seguito all'atto di adesione ai sensi del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 e non in seguito all'accertamento da parte dell'Agenzia delle entrate.
(5-02909)

FLUVI e RUBINATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a decorrere dall'anno d'imposta 2007, e quindi dal 1o gennaio 2008, in base all'articolo 1, comma 143, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, il versamento in acconto ed a saldo dell'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche è effettuato direttamente ai comuni nei quali i contribuenti hanno il domicilio fiscale alla data del 1o gennaio dell'anno cui si riferisce l'addizionale medesima;
per effetto di tale dispositivo previsto dalla legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria 2007) i comuni nel 2008 hanno incassato il 70 per cento dell'addizionale IRPEF 2007 ed il 30 per cento dell'addizionale 2008 riversata sia dai sostituti d'imposta che dai contribuenti per le imposte proprie;
contestualmente, per l'anno 2007, il Ministero dell'interno ha provveduto ad erogare ai comuni due acconti;
il sistema di riversamento delle entrate sulle addizionali precedente a quello in vigore dal 1o gennaio 2008 prevedeva infatti l'erogazione di più acconti, in attesa di conoscere l'ammontare definitivo della base imponibile IRPEF dell'anno di riferimento, su cui veniva calcolato il saldo finale da erogare; l'articolo 1 del decreto legislativo n. 360 del 1998 stabiliva infatti che la ripartizione tra i comuni e le province delle somme versate a titolo di addizionale fosse effettuata dal Ministero dell'interno, entro l'anno successivo a quello in cui è stato effettuato il versamento; il Ministero dell'interno doveva altresì provvedere all'attribuzione definitiva degli importi dovuti sulla base dei dati statistici relativi all'anno precedente, forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno, e ad effettuare gli eventuali conguagli anche sulle somme dovute per l'esercizio in corso;
il 2007 è stato l'anno in cui è stata, di fatto, applicata una disciplina transitoria per la riscossione delle entrate da addizionali comunali, con contestuale applicazione del sistema precedente, basato su trasferimenti, e di quello successivo, con incasso diretto da parte dei comuni;
il Ministero dell'economia e delle finanze ha reso disponibile in apposito sito web, come per le annualità precedenti, la

base imponibile per il calcolo dell'addizionale IRPEF per l'anno 2007, sulla base dell'aliquota deliberata dal comune;
per l'anno 2007, i comuni hanno ricevuto, prima di conoscere la base imponibile dell'anno di riferimento:
la somma del 70 per cento dell'addizionale pervenuta direttamente dai contribuenti tramite i sostituti d'imposta;
i due acconti riversati ai comuni dal Ministero dell'interno;
il saldo finale 2007, erogato il 28 gennaio 2010, è inferiore a quanto calcolato dai comuni applicando l'aliquota deliberata alla base imponibile pubblicata dal Ministero dell'economia e delle finanze, al netto degli acconti e del 70 per cento già ricevuto;
il residuo finale 2007, erogato in data 25 marzo 2010, risulta comunque insufficiente a coprire la parte di addizionale IRPEF mancante -:
quali iniziative intenda assumere per consentire in tempi brevi e definiti, l'erogazione della parte di saldo ancora dovuta, calcolata tenendo conto dell'addizionale IRPEF 2007 di competenza di ciascun comune ricavata dalle basi imponibili 2007 pubblicate dal Ministero dell'economia e delle finanze, e tenendo in debito conto quanto fino ad oggi anticipato fra acconti, il 70 per cento di incassi direttamente realizzati dai comuni ed i saldi (non definitivi) versati ad inizio 2010.
(5-02910)

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
con l'articolo 1, comma 132, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 veniva abolito il pagamento del canone di abbonamento alle radioaudizioni esclusivamente per l'apparecchio televisivo ubicato nel luogo di residenza a favore dei soggetti di età pari o superiore a 75 anni e con un reddito proprio e del coniuge inferiore complessivamente ad euro 516,46 per tredici mensilità purché senza conviventi;
la disposizione pare aver provocato effetti trascurabili soprattutto con riferimento alla limitazione di reddito;
per le persone anziane, la televisione oltre che svolgere un servizio pubblico è occasione di intrattenimento come unico, spesso, mezzo di svago;
da più parti viene auspicata una riformulazione della disposizione allo scopo di ampliare la platea dei beneficiari tra i titolari di redditi di pensione -:
quanti risultano essere i beneficiari della vigente disposizione introdotta dalla finanziaria 2008 e sulla base di quali elementi siano ricavati i relativi dati;
se sia praticabile l'idea di ampliare la platea dei beneficiari, naturalmente con riferimento ai soli titolari di reddito di pensione, aggiornando gli attuali riferimenti reddituali e considerando altresì la convivenza con il coniuge agli stessi fini;
se siano, comunque, allo studio di ipotesi dirette ad ampliare l'attuale categoria dei beneficiari.
(4-07244)

...

GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nei mesi scorsi furono diffuse dagli organi di informazione le varie dichiarazioni che il signor Massimo Ciancimino aveva reso e stava rendendo a numerosi uffici giudiziari;
in particolare il Ciancimino nel corso del dibattimento innanzi il tribunale di

Palermo che giudica il generale dei carabinieri Mario Mori, era sentito come «testimone assistito» ai sensi dell'articolo 197-bis del codice procedura penale, perché imputato in diverso procedimento a suo carico per il delitto di riciclaggio e a quello probatoriamente collegato;
in vero la qualifica riconosciutagli lascia presumere che egli non sia o non sia stato o non sia stato ancora sottoposto ad indagini per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale, nella forma propria o in quella di concorrente esterno in quanto altrimenti egli avrebbe dovuto assumere la veste di imputato in reato collegato o connesso ex articolo 210 del codice procedura penale;
a giudizio degli interpellanti, dalle rivelazioni del signor Massimo Ciancimino emerge un suo diretto coinvolgimento nell'associazione mafiosa Cosa Nostra, all'interno della quale avrebbe svolto il ruolo di tramite tra il suo defunto padre, Vito, ed i vertici della consorteria criminosa e che tale sua condotta integra un'ipotesi di responsabilità in ordine al delitto di cui all'articolo 416-bis del codice penale o quanto meno di concorso esterno nel medesimo reato -:
se al Ministro Guardasigilli risulti che il signor Ciancimino sia stato o meno iscritto nel registro degli indagati per il reato di partecipazione ad associazione mafiosa o quale concorrente esterno alla medesima;
se, in caso di risposta negativa, da provvedimenti giurisdizionali risultino i motivi per i quali le dichiarazioni del signor Ciancimino siano state considerate come rese da un «testimone assistito» ex articolo 197-bis del codice procedura penale e non già come quelle rese da un «indagato» ai sensi dell'articolo 210 dello stesso codice.
(2-00718)
«Laboccetta, Lehner, Ciccioli, Corsini, Beccalossi, Vitali, Pittelli, Belcastro, Milo, Divella, De Angelis, Rampelli, Osvaldo Napoli, Angelucci, Stracquadanio, Lamorte, Barbieri, Malgieri, Mazzocchi, Iannaccone, Frassinetti, Crosio, Vincenzo Antonio Fontana, Scelli, Di Virgilio, Toccafondi, Pisacane, Di Biagio, Tassone, Cicu, Bosi, Biava, Chiappori, Brigandì, Di Caterina, Castellani, Contento, Saltamartini, De Girolamo, Papa, Soglia, Mottola, Torrisi, Porcu, Zinzi, Berruti, Scandroglio, Minasso, Cassinelli, Gottardo, Taddei, Ghiglia, Zorzato, Nastri, Mancuso».

Interrogazione a risposta immediata:

GARAVINI, VILLECCO CALIPARI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, FERRANTI, MINNITI, LO MORO, LAGANÀ FORTUGNO e OLIVERIO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la 'ndrangheta da tempo è ritenuta la forma di criminalità organizzata più pericolosa nel nostro Paese, anche per la sua capacità di radicarsi al di fuori dei territori originari, in Italia e all'estero;
per tale motivo, il contrasto alle organizzazioni mafiose deve svolgersi con un'azione coordinata della magistratura e delle forze di polizia, sostenuta da adeguate risorse finanziarie ed umane;
nel distretto sui cui è competente la direzione distrettuale antimafia di Catanzaro ciò non avviene compiutamente. Presso la procura di Catanzaro, competente su otto distretti giudiziari, alcuni anche molto lontani tra loro, sono scoperti cinque posti di sostituto procuratore su diciotto in organico. Di conseguenza, la direzione distrettuale antimafia è costretta ad operare con soli cinque magistrati in organico, con evidente aggravio di lavoro determinato dalla necessità di assicurare la partecipazione dei pubblici ministeri alle udienze, con tutte le difficoltà derivanti

dal fatto che alcuni dei tribunali presso i quali i magistrati della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro devono essere presenti distano più di 150 chilometri dalla sede del tribunale e, date le condizioni della viabilità in Calabria, ogni presenza in udienza comporta l'impossibilità di essere nella stessa giornata anche in procura. I sette magistrati della procura ordinaria sono gravati ciascuno da un arretrato pari a circa 1.500 fascicoli a carico di persone note. Il numero dei fascicoli a carico di indagati noti, iscritti dalla procura di Catanzaro nel corso di un anno, ammonta a circa 6.000;
l'ufficio dei giudici per le indagini preliminari del tribunale di Catanzaro appare ugualmente sottodimensionato per un ordinario funzionamento della giustizia. Sono attualmente in servizio sette giudici per le indagini preliminari (uno dei quali in procinto di lasciare l'incarico). I tempi medi di pronuncia sulle richieste di misura cautelare avanzate dalla direzione distrettuale antimafia raramente sono inferiori ai sei mesi. Mentre a causa delle carenze di magistrati presso le procure ordinarie del distretto di Catanzaro, non è neppure più possibile, come avvenuto nel passato, utilizzare il sistema delle applicazioni in maniera efficiente;
presso la procura di Vibo Valentia, vi sono attualmente tre magistrati, di cui uno in procinto di essere trasferito, con una scopertura totale dell'organico del tribunale che raggiunge l'83 per cento;
presso la procura di Lamezia Terme, sono in servizio quattro magistrati su sei, mentre presso il tribunale di Lamezia sono in servizio undici magistrati giudicanti, dei quali cinque sono in procinto di essere trasferiti;
il tribunale di Lamezia Terme ha un carico di lavoro per magistrato tra i più alti sul territorio calabrese e italiano: per ogni magistrato della procura sono pendenti oltre 1200 procedimenti;
il tribunale di. Lamezia Terme ha lo stesso numero di magistrati previsto al momento della sua istituzione nel 1968, quando gli abitanti erano molti di meno degli attuali 70 mila della sola città;
presso tutte le procure citate in precedenza vi è una profonda carenza numerica all'interno delle forze di polizia e di risorse umane specializzate nell'investigazione che, malgrado il meritevole impegno del personale occupato nelle indagini, comporta spesso il rallentamento o l'interruzione di attività investigative importanti. Inoltre, malgrado la regione Calabria possa contare su un numero rilevante di personale appartenente al Corpo forestale dello Stato, solo un numero esiguo di addetti è a disposizione delle procure per le indagini sui reati ambientali;
è così anche per il personale civile degli uffici giudiziari. Infatti nel 2008 e nel 2009, nei tribunali di Catanzaro, Reggio Calabria e Lamezia Terme, sono stati utilizzati 60 lavoratori interinali con funzioni di supporto agli uffici giudiziari il cui contratto, scaduto il 31 dicembre 2009, viene rinnovato ogni mese senza individuare prospettive di più lungo periodo -:
se il Governo non ritenga urgente integrare l'organico nei distretti di Catanzaro, Lamezia Terme e Vibo Valentia sia per quanto riguarda il personale amministrativo interinale, che le forze di polizia e la magistratura, facendo ricorso, per questi ultimi, anche a uditori giudiziari i quali, nell'esercizio del tirocinio mirato presso gli stessi uffici della procura di destinazione, possano esercitare funzioni requirenti.
(3-01075)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta in Commissione:

CODURELLI e SCHIRRU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 4 del 2004 (legge Stanca) recante «Disposizioni per favorire l'ac- cesso

dei soggetti disabili agli strumenti informatici» obbliga tutte le aziende pubbliche e quelle private che erogano servizi pubblici di trasporto e telecomunicazione, ad offrire nei loro siti servizi accessibili anche alle persone con disabilità;
secondo alcune associazioni di disabili il sito internet di Trenitalia non ottempera alle disposizioni contenute nella suddetta legge, palesando la sostanziale esclusione della clientela con disabilità dalla possibilità di avvalersi di tutti i servizi previsti da Trenitalia tramite internet;
sembra, infatti, che nel sito di Trenitalia il processo di acquisto del biglietto e di prenotazione del posto, quest'ultima spesso obbligatoria, non offre la possibilità di prenotare i posti dedicati alle persone con disabilità; di conseguenza il disabile può prenotare on line solo un posto comune, che potrà essergli cambiato una volta giunto in stazione, nelle sale dedicate, con il rischio che i posti sul treno riservati alle persone con disabilità, per i quali ha acquistato il biglietto, non siano più disponibili perché occupati da altre persone con disabilità -:
se siano a conoscenza di questo enorme disservizio e cosa intendano fare per garantire non solo il rispetto di una legge dello Stato, ma soprattutto il diritto di un cittadino diversamente abile alla mobilità sui mezzi di trasporto pubblici.
(5-02906)

Interrogazione a risposta scritta:

EVANGELISTI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 30 Gennaio 2007 i funzionari ENAC dell'Aeroporto di «Roma Urbe», ispezionano la struttura di «Aviomar» e della «Atlantic AviatioN Supply», due società che fanno capo all'imprenditore Riccardo Marano, 63 anni, ex pilota di linea;
in seguito a questa ispezione, Silvano Manera, direttore generale dell'ENAC, aprì un'inchiesta interna sull'ufficio ENAC, che stava indagando sull'Aviomar. L'ispezione, iniziata per il sospetto di irregolarità tecniche, riesce solo in parte, vista l'assenza del proprietario, che proprio quel giorno viene convocato nella sede centrale di ENAC, ed il relativo diniego da parte del personale dipendente alla richiesta di esibizione di atti e documenti. Gli stessi funzionari dell'ENAC che avevano parzialmente ispezionato 1'Aviomar, vengono in seguito denunciati da Silvano Manera; tale denuncia sarà poi archiviata dal Tribunale di Roma, nell'aprile 2008;
il giorno 20 gennaio 2008, nel territorio di Bastia Umbra (Perugia), precipita un aeromobile, in volo d'addestramento, di tipo «Cessa 177 B», marche I-LFSA, della società Aviomar in Roma. Nell'incidente periscono il pilota istruttore Antonino Sarica e la sua allieva Noemi Moscetta;
il 26 Gennaio 2008 il pubblico ministero G. Petrazzini di Perugia, da l'incarico al consulente tecnico maggiore Lorenzo Aiello, di esaminare i documenti ed effettuare il sopralluogo nell'hangar, dove sono conservati i resti dell'aeromobile, sito nell'Aeroporto di «Sant'Egidio» di Perugia, al fine di accertare «le cause della caduta dell'aeromobile»;
il 19 Febbraio 2008 vengono solo visionati, ma non acquisiti, i documenti di manutenzione presso l'Aviomar (Roma Urbe);
il 5 Giugno 2008, (stante che l'Aviomar avesse inoltrato la domanda di certificazione come ditta di manutenzione, secondo la normativa europea EASA Part M sub F), ENAC conduce un'ispezione all'officina di manutenzione della scuola Aviomar, anche al fine del rinnovo del «Certificato di idoneità tecnica», (CIT 1078M in scadenza 6 Giugno 2008), rilasciato secondo regolamento nazionale. Vengono scoperte irregolarità tecniche, evidenziate nel «Verbale di Audit di Sistema» del 5 giugno 2008, ed il giorno dopo, 6 giugno 2008, l'ENAC sospende

cautelativamente e attiva processo di revoca della licenza di manutentore aeronautico del signor Gerardo Marziello, capo controllo;
nel verbale si riscontrano delle irregolarità tecniche; la mancata revisione dei due unici estintori dell'hangar, scaduta da 16-18 anni, e, sul piazzale, l'indistinto parcheggio di aeromobili senza alcuna distinzione ed evidenza tra quelli efficienti, autorizzati alla «scuola di pilotaggio», ed altri inefficienti;
inoltre, i due ispettori dell'ENAC rilevano che, dal 2 marzo 2008, trentuno manutenzioni su aerei della scuola, sono state eseguite con strumenti non tarati o inesistenti, (come la delicata verifica della compressione cilindri; "Effettuata da personale e con attrezzature non identificabili" ai motori del CESSNA 152 «I-BOYA» e del PIPER PA23 «I-KEIT»). Nel magazzino vengono trovate parti di ricambio scadute e prive di cartellino di efficienza;
risulta agli atti della relazione del consulente tecnico al pubblico ministero che, il 19 Giugno 2008, dopo ben cinque mesi dal momento dell'incidente, vengono sequestrati i libretti dell'a/m, (velivolo, motore ed elica); ciò potrebbe aver consentito la manipolazione degli stessi con scritture postume, persino fuori dagli spazi previsti;
l'8 settembre 2008 gli ispettori ENAC Massimo Montanari e Aldagisa Menolascino in un nuovo verbale chiedono che, ovvero se, nonostante le carenze riscontrate alla scuola Aviomar, sia rinnovata la licenza di scuola FTO (Flying Training Organization). Si noti l'ambivalenza della relazione conclusiva dei due indicati ispettori inviata all'ENAC. Nella documentazione stampata si legge una annotazione manoscritta a penna la preposizione «che» viene corretta in «se» -:
chi e cosa abbia causato il ritardo nel sequestro dei libretti dell'a/m (velivolo, motore e elica), chi ne fosse il custode e a chi sia stato dato il compito di custodire i resti dell'a/m incidentato;
quali siano i motivi che hanno indotto il Direttore Generale dell'ENAC Com.te Silvano Manera, ex collega del proprietario dell'Aviomar, ad intervenire nelle attività degli ispettori che rilevarono gravi inadeguatezze nella struttura tecnico amministrativa della scuola di volo Aviomar in data 30 gennaio 2007;
per quali ragioni le irregolarità tecniche e manutentive emerse a seguito dell'incidente in parola si protraevano, alcune, da molti anni e che hanno sollecitato l'ENAC, prima a rifiutare il rilascio di nuove attestazioni di aeronavigabilità (prot. 4091/00R del 13 maggio 2008), poi alla sospensione dall'incarico del capo controllo dell'Aviomar signor Gerardo Marziello (prot. 4801/00R del 06 giugno 2008) ed infine al non rinnovo del CIT di Manutenzione (prot. 4799/00R del 06 giugno 2008), non sono mai emerse durante precedenti controlli ed attività ispettive dell'Ente presso la società Aviomar;
a fronte di quali correttivi all'organizzazione sia stato possibile permettere la continuazione dell'attività scolastica e manutentiva alle stesse persone e se in seguito all'evento sia stata incrementata l'azione di sorveglianza ENAC;
ricordando lo scandalo che coinvolse l'aviazione commerciale e che riguardò il riciclaggio di parti di ricambio (articoli espresso n. 42 del 23 ottobre 2008) e, stante, l'inequivocabile avaria dell'orizzonte artificiale accertato anche dalla registrazione in voce dei piloti Antonino Sarica e Noemi Moscetta periti nell'incidente del 20 gennaio 2008, come sia possibile che gli strumenti presenti sull'aeromobile precipitato siano privi di documentazioni amministrative e tecniche che assicurerebbero, qualora ci fossero, l'assenza di uso e commercio diparti usate illegali, avariate o non originali;
quali fossero i codici di identificazione degli strumenti giroscopici (orizzonte e direzionale) ed i loro numeri di serie e quando sono stati imbarcati, quando e chi ha abilitato al volo strumentale IFR scuola l'aeromobile incidentato, e

se gli strumenti minimi necessari per tale abilitazione risultino essere quelli originali (montati fin dalla costruzione) e se, nell'arco di 35 anni di vita dell'aeromobile, risulti che siano mai stati revisionati o controllati da un laboratorio per accertare la loro intrinseca efficienza e funzionalità e se tale ipotesi ricorresse, se sia paragonabile tale pratica con quella relativa ad altri strumenti, aeromobili e/o soggetti aeronautici;
considerato che gli ispettori dell'ENAC, oltre che sorvegliare l'organizzazione tecnica e operativa delle imprese aeronautiche firmano annualmente i certificati di aeronavigabilità che attestano le possibilità di impiego in sicurezza degli aeromobili civili italiani, se l'ENAC, soprattutto in occasione di eventi mortali, abbia mai avviato un'inchiesta interna per accertare fatti e circostanze collegate alle attività istituzionali svolta dal proprio personale per conto dell'ENAC e se per tali casi alcuno abbia subito provvedimenti disciplinari, nello specifico caso in parola, quale attività d'indagine tecnica ed ispettiva in proprio o in concerto con l'Agenzia nazionale per la sicurezza del volo abbia espletata l'ENAC per contribuire ad accertare le cause dell'incidente novellato e produrre rimedi e migliorie alla Sicurezza del Volo.
(4-07245)

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INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

AMICI e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
lo scorso 10 maggio personale della direzione investigativa antimafia unitamente a quello della squadra mobile presso la questura di Caserta ha eseguito per conto della direzione distrettuale antimafia di Napoli, nel corso di un'operazione denominata «Sud Pontina», un'ordinanza cautelare nei confronti di 68 persone (delle quali 4 nella città di Fondi), assestando, in tal modo, un duro colpo ad un potente sodalizio criminale - operante nell'Italia centrale e meridionale, ma con ramificazioni anche nel settentrione del Paese - che gestiva e controllava con metodi mafiosi tra l'altro i trasporti nel settore ortofrutticolo;
le indagini della DIA hanno preso il via proprio dal MOF di Fondi, centro agroalimentare all'ingrosso che ospita circa 120 aziende grossiste con punto vendita e la cui collocazione geografica lo rende un'importantissima piattaforma logistica Europea, nonché uno dei maggiori centri di approvvigionamento ortofrutticolo di tutta l'Italia;
in manette sono finiti Giuseppe D'Alterio ed i suoi tre figli (Armando, Luigi e Melissa), tutti operanti nella società «Lazial Frigo S.r.l.», impresa della quale, come soci occulti, facevano parte, anche uomini direttamente riconducibili a Paolo Schiavone (figlio di Francesco Schiavone, attualmente in carcere, cugino del boss della camorra «Sandokan», capo dei Casalesi, arrestato sempre nel corso della stessa operazione, mentre si trovava in crociera, e considerato uno dei massimi vertici del sodalizio criminale) quale è il caso di Costantino Pagano che, per mezzo della società «La Paganese», imponeva, di fatto, regole e tariffe anche nel MOF di Fondi;
si tratta della quinta operazione dell'antimafia in appena due anni nel solo territorio di Fondi;
il Procuratore nazionale antimafia, nel corso della conferenza stampa seguita alla maxi operazione a proposito dell'inquietante realtà che ne emerge, ha parlato di una «rete criminale che questi clan hanno tessuto su gran parte del territorio nazionale che può tranquillamente essere definita federalismo mafioso»;
si è, infatti, in presenza di un giro di affari enorme, quale quello del business del settore ortofrutticolo che si è evoluto, nel tempo, in una specie di holding «multi traffico», e che ha visto simultaneamente

coinvolte camorra, mafia e 'ndrangheta che, pare, si sarebbero spartite la gestione del territorio sotto la direzione dei D'Alterio;
oltre ai sequestri effettuati nel corso dell'operazione, è emerso un giro di affari di centinaia di milioni di euro ripartiti in decine di aziende di trasporti ed ortofrutta, appartamenti, terreni, conti bancari ed in una flotta di automezzi (oltre cento);
le indagini hanno evidenziato una vera e propria «filiera della mafia», nella quale i clan assumevano ogni decisione operando in forme talvolta monopolistiche così da imporre i prezzi di mercato, di fatto sottomettendo i produttori ed i distributori della merce;
la situazione emersa dalle indagini ha portato ad un'alterazione senza precedenti del mercato, con maggiorazioni dei prezzi sull'ortofrutta che, per effetto della irregolarità della filiera, sono arrivati ad incrementi fino al 200 per cento, mettendo da un lato in serie difficoltà economiche i produttori e, dall'altro, alterando pesantemente l'intero mercato a totale discapito dei consumatori finali (oltre che degli operatori onesti);
dal contenuto delle conversazioni intercettate e rese pubbliche è emerso che, nonostante le lamentele dei commercianti circa le strutture di movimentazione e trasporto delle merci, gli stessi dovevano comunque sottostare al «servizio» offerto dai clan senza alcuna possibilità di ribellione;
la «Paganese», inoltre, a seguito di disposizioni date dai «Casalesi» e dai loro uomini, aveva il compito di gestire il trasporto dell'ortofrutta dalla Sicilia per Fondi e da Fondi per il Piemonte: chiunque nel tempo abbia tentato di servirsi di altre aziende o di stipulare autonomi contratti di trasporto sulla tratta Fondi-Piemonte è stato sottoposto a minacce e ad intimidazioni;
risulta inoltre che i mezzi di trasporto nella disponibilità dei malavitosi, oltre ai prodotti ortofrutticoli venivano utilizzati anche per trasportare armi (kalashnikov, lanciarazzi, bombe a mano, pistole) e sostanze stupefacenti;
il potere esercitato dai clan sull'attività del mercato ortofrutticolo di Fondi e, più in generale, sul territorio della provincia di Latina non è, purtroppo, una novità emersa dall'operazione antimafia di cui trattasi: il livello di penetrazione della criminalità organizzata nel territorio, nel suo tessuto produttivo, nonché nella sua struttura amministrativa e nelle stesse istituzioni è di palmare evidenza, e la incresciosa vicenda del mancato scioglimento del comune di Fondi per conclamato condizionamento mafioso ne è stata una manifestazione tra le più lampanti;
il messaggio che lo Stato, con il mancato scioglimento del comune di Fondi, ha purtroppo consegnato alla malavita organizzata non è dei migliori in termini di fermezza e determinazione nella lotta alle cosche -:
quali iniziative il Governo intenda adottare al fine di valorizzare il prezioso lavoro degli inquirenti e delle Forze dell'ordine nel territorio di Latina, anche garantendo sostegno in termini di risorse materiali ed umane, al fine di assicurare che le indagini proseguano in maniera costante ed incisiva, così da giungere, una volta per tutte, a colpire ed a sradicare qualunque possibile legame (a livello di concorso od anche solo di connivenza), tra le strutture amministrative, le istituzioni civili e politiche e la criminalità organizzata operanti sul territorio.
(5-02902)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

NICCO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 18 gennaio 2011 terminerà il periodo biennale di cassa integrazione guadagni

straordinaria autorizzato con decreto ministeriale n. 45182 del 2 marzo 2009, per cinque sedi di Engineering.it (Pont-Saint-Martin, Torino, Assago, Roma, Pozzuoli) e per 236 lavoratori su un totale di 2177 dipendenti occupati nel 2008;
in applicazione dell'accordo sottoscritto il 22 dicembre 2008 a Roma con le organizzazioni sindacali del comparto dei metalmeccanici, risulta a tutt'oggi che 55 lavoratori siano stati collocati in mobilità volontaria ed incentivata, mentre 37 lavoratori siano stati reintegrati in azienda;
permangono nelle cinque sedi 95 lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria, di cui 25 nella sede di Pont-Saint-Martin (Aosta), la cui ricollocazione nel mercato del lavoro è resa estremamente problematica per la crisi che continua a gravare in Valle d'Aosta, come nel restante territorio nazionale, anche in questo specifico settore;
peraltro, il gruppo Engineering, che conta 6000 dipendenti, del quale fa parte anche Engineering.it, ha raggiunto risultati fortemente positivi, pur nella difficile congiuntura economica del 2009, con un utile netto di 34,3 milioni di euro, con un balzo rispetto al 2008 del 131 per cento, al punto che il consiglio di amministrazione ha deliberato la distribuzione di un dividendo di 0,565 euro per ogni azione;
il valore della produzione registra un aumento del 2,9 per cento, pari a 724 milioni di euro, e il risultato operativo migliora a 69,9 milioni di euro rispetto ai 39,8 milioni di euro del 2008;
l'utile di esercizio del 2009 di Engineering.it è stato pari a 10,202 milioni di euro, più del doppio rispetto a quello del 2008 (4,484 milioni di euro);
i dati esposti evidenziano una situazione aziendale più che positiva, tale da richiedere che i responsabili del gruppo Engineering pongano in essere tutte le azioni utili per una ricollocazione in azienda dei lavoratori collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria, ivi compreso l'utilizzo del recente decreto del Ministro interrogato n. 49281 del 18 dicembre 2009, recante «Utilizzo dei lavoratori percettori di sostegno al reddito nei progetti di formazione in azienda», emanato in attuazione del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, che consente l'applicazione dei lavoratori in cassa integrazione guadagni straordinaria presso la propria azienda per processi formativi abbinati all'impiego lavorativo, come proposto dalle organizzazioni sindacali del comparto dei metalmeccanici in un recente confronto svoltosi nella sede romana di Confindustria;
nel corso dell'incontro svoltosi il 13 maggio 2010 presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, i rappresentanti di Engineering.it hanno respinto le richieste avanzate dalle organizzazioni sindacali -:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno intervenire, e secondo quali modalità, in merito alla questione esposta in premessa per consentire il reintegro dei lavoratori nel processo produttivo.
(3-01074)

Interrogazione a risposta scritta:

DONADI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
le esternalizzazioni attuate dalla Telecom Italia spa hanno generato negli ultimi anni, gravi conseguenze sull'apparato industriale e sono sfociate anche in battaglie legali che, per dimensione e per questioni trattate, investono in modo rilevante l'interesse nazionale;
dalle sentenze raccolte, si evince la netta vittoria dei lavoratori, il cui ricorso è stato accolto nell'80 per cento circa dei casi. Molti giudici d'Italia hanno quindi dato ragione ai lavoratori, considerando illegittime la maggior parte delle cessioni

di ramo d'azienda effettuate da Telecom Italia negli ultimi anni, per mancanza dei requisiti di cui all'articolo 2112 del codice civile;
anche a prescindere dalle valutazioni circa l'autonomia funzionale dei rami ceduti, Telecom Italia ha attuato, secondo l'interrogante, una massiccia violazione dei principi stabiliti dalla suddetta norma, dato che quasi tutte le cessioni sono sfociate in procedure di mobilità e in licenziamenti collettivi;
nonostante ciò, Telecom Italia, piuttosto che reinternalizzare i lavoratori ceduti con modalità che sono risultate non conformi alla normativa vigente, ha deciso di esternalizzare altri lavoratori (circa 2000) appartenenti al vastissimo settore dell'information technology. Nello specifico, l'azienda ha ceduto il ramo di attività «IT operations» alla controllata SSC;
nell'ottica del mantenimento dei diritti dei lavoratori in ipotesi di trasferimento ex articolo 2112 del codice civile, tale operazione, oltre a quanto già accennato in relazione alle precedenti cessioni, e contestabile sotto diversi aspetti:
l'azienda dichiara che la cessione è legata ad esigenze di razionalizzazione dei costi, nell'ambito di operazioni di «efficientamento» riguardanti il lavoro;
i lavoratori esternalizzati, continueranno probabilmente ad essere soggetti al potere di direzione e di controllo di Telecom Italia, in quanto la cessione avverrà in favore di una società controllata al 100 per cento dal cessionario e, inoltre, saranno trasferite attività «operative» (soggette all'attività di direzione di Telecom Italia) che, in quanto tali, saranno difficilmente riconducibili ad un ramo funzionalmente autonomo;
la cessione in favore di una società controllata viene spesso utilizzata per aggirare la normativa posta a tutela dei lavoratori, in quanto, nonostante il potere di governo sull'attività esternalizzata resti in mano alla controllante, quest'ultima non è più giuridicamente responsabile dei rapporti di lavoro «ceduti». Inoltre, potrebbe verificarsi quanto già accaduto con i lavoratori di Agile (ex) Eutelia, ossia che la cessione in favore della controllata SSC sia in realtà finalizzata alla cessione di partecipazioni di SSC ad un soggetto economico esterno al gruppo, al di là della tutela ex articolo 2112 del codice civile, compresi gli obblighi di informazione e consultazione sindacale, dato che, almeno secondo l'interpretazione prevalente, il trasferimento di azienda tramite cessione di quote di partecipazione non rientra nel campo di applicazione della suddetta norma;
dall'atto di cessione risultano, inoltre, una serie di elementi che all'interrogante appaiono tipici del fenomeno delle «scatole cinesi» e del conflitto di interessi: il rappresentante del cedente Telecom Italia è contemporaneamente consigliere della cessionaria SSC, nonché responsabile IT Telecom Italia, così come il rappresentante di SSC per l'intero gruppo. I mezzi che dovrebbero caratterizzare l'attività di information technology, riconducibile ad un ramo autonomo, non sono adeguatamente descritti. Le parti si riservano di effettuare una «ricognizione» delle attività e delle passività comprese nel ramo ceduto «non espressamente o completamente descritte», in quanto il cedente ed il cessionario dichiarano che le elencazioni contenute nell'atto, negli allegati e nella relazione di stima hanno «valore puramente indicativo», con la conseguenza che il ramo di azienda individuato nell'atto di cessione non è realmente definito ma sarà frutto di successivi accordi. Ciò significa che le parti hanno ceduto i lavoratori senza nemmeno sapere cosa effettivamente hanno comprato/venduto, e, in questo senso, si tratta, a giudizio dell'interrogante, di una esplicita violazione dell'articolo 2112 del codice civile, sia in termini di mancata individuazione del ramo di attività al momento della cessione (è stato abolito il requisito della preesistenza ma non quello dell'esistenza) sia nel senso di violazione dell'obbligo di informazione sindacale ex articolo 47 della legge n. 428 del 1990;

i sindacati hanno confermato la loro assoluta contrarietà al trasferimento che reputerebbero illegittimo sotto profili formali e sostanziali;
la suddetta cessione è posta in violazione degli impegni assunti da Telecom Italia nel piano industriale 2009-2011 che escludeva la previsione di nuove esternalizzazioni;
la cessione è da considerarsi comunque un depauperamento dell'apparato industriale tanto più quando altri concorrenti di Telecom si stanno attrezzando per offrire al Paese strutture, servizi e qualità. Senza l'IT tutto questo rischia di nuocere alla Telecom -:
se intendano attuare un intervento diretto a verificare lo stato attuale dei disagi occupazionali causati dalle politiche di outsourcing attuate da Telecom Italia negli ultimi anni evidentemente a parere dell'interrogante in violazione della disciplina dettata dall'articolo 2112 del codice civile nonché una mediazione fra le parti (Telecom Italia e lavoratori da essa ceduti) al fine di evitare la cessione dei lavoratori, visti i «fallimenti» dei precedenti trasferimenti;
se intendano predisporre provvedimenti di politica industriale che coinvolgano il ruolo, la funzione e la capacità della Telecom in modo che essa possa rimanere uno dei soggetti più importanti per la modernizzazione del Paese.
(4-07246)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo una stima provvisoria, effettuata dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori, l'eccezionale ondata di maltempo che sta caratterizzando il mese di maggio 2010, con temperature specie al Nord tipicamente invernali, ha provocato danni all'agricoltura italiana, pari a oltre 100 milioni di euro;
risultano infatti pesanti le conseguenze ai danni degli agricoltori, provocate dalle abbondanti piogge, dagli allagamenti, nonché dagli straripamenti dei fiumi e dagli smottamenti dei terreni;
in particolare sono andati persi frutteti, centinaia di coltivazioni di ortaggi a cielo aperto, e diverse sono state le serre e le strutture aziendali distrutte;
la situazione per il mais, nel settentrione d'Italia, è estremamente grave in considerazione del fatto che non è stato possibile seminare a causa delle persistenti condizioni climatiche avverse, mentre in altre zone dove c'è stata la semina occorrerà ripetere l'operazione in quanto l'acqua ha spazzato via i campi;
anche il settore dell'ortofrutta ha subito danni ed effetti pesantissimi, a causa delle violente grandinate;
in alcune zone la produzione di frutta primaverile-estiva (pesche, ciliegie, albicocche, susine) registra un taglio di quasi il 20 per cento; così come per gli ortaggi e le colture di pomodoro, melanzane, insalate, zucchine e peperoni che risultano devastate dal maltempo;
a giudizio della Confederazione i danni si registrano in quasi tutte le regioni italiane, ma in particolare la situazione di maggiore criticità risulta in Lombardia, nel Piemonte e nel Veneto -:
quali iniziative intendano intraprendere al fine di tutelare e sostenere il comparto agricolo italiano pesantemente colpito dall'inconsueta ondata di maltempo, avvenuta nel mese di maggio 2010;
se non ritengano opportuno valutare l'opportunità di avviare le procedure previste per lo stato di emergenza per le calamità naturali, in considerazione del fatto che le avverse condizioni climatiche,

unitamente al periodo economico non favorevole, stanno penalizzando in maniera evidente l'intera agricoltura italiana.
(5-02904)

MURGIA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
è in atto, da parte dell'Associazione italiana allevatori, un progetto per la riorganizzazione del sistema delle associazioni degli allevatori che prevede il passaggio delle competenze attualmente assegnate alle singole associazioni provinciali o interprovinciali allevatori (AIPA/APA) alle associazioni regionali allevatori (ARA) di 1o grado;
in Sardegna operano attualmente quattro associazioni provinciali o interprovinciali allevatori;
le stesse AIPA/APA rappresentano un patrimonio nel settore zootecnico in quanto esse si collocano numericamente tra le prime d'Italia e al sesto posto tra le regioni;
l'Associazione interprovinciale allevatori di Nuoro Ogliastra (AIPA) opera su un territorio estremamente connotato tra i più disagiati ed estesi dell'intera regione Sarda, svolge la sua attività in virtù della conoscenza delle varie realtà ed esigenze territoriali e, grazie al decentramento amministrativo, eroga servizi a costi altamente competitivi rispetto ad altre situazioni regionali e nazionali;
relativamente al settore ovino, la Sardegna occupa una posizione di assoluto rilievo, producendo ed esportando genetica italiana, know how sulla identificazione elettronica e gestione dell'anagrafe ovina e caprina in BDN (banca dati nazionale), passo fondamentale per la tracciabilità degli animali e in futuro di tutte le produzioni;
il finanziamento del sistema degli allevatori è per circa 2/3 di provenienza statale come conseguenza di attività con valenza pubblica;
già da due anni, oltre ai tagli dei finanziamenti a tutto il sistema, vi è stata una ulteriore penalizzazione per la Sardegna, la quale opera soprattutto nel settore ovino, con la riduzione ingiustificata di due giornate lavorative per azienda (da 11 a 9);
il processo di riorganizzazione prevede lo scioglimento delle AIPA/APA e l'incorporazione delle stesse nelle ARA di 1o grado, con il conferimento del patrimonio immobiliare e finanziario, qualora esistente, all'organizzazione regionale, mettendo assieme realtà con situazioni tecnico-economiche-organizzative e patrimoniali diverse;
la riorganizzazione potrebbe mettere a rischio il livello delle prestazioni erogate;
la riorganizzazione inciderà sui livelli occupazionali in una regione che ha tra i più alti tassi di disoccupazione in Italia e in assenza di ammortizzatori sociali per i dipendenti del settore agricolo;
ad avviso dell'interrogante non è corretto indurre alla fusione associazioni con una buona situazione tecnico-economica, finanziaria e patrimoniale con altre in difficoltà economiche, senza patrimonio, che le vedono costrette a non pagare puntualmente le retribuzioni ai loro dipendenti e che, nell'ambito di questa riorganizzazione, siano queste ultime, delegate a dettare ed imporre tempi e modi gestionali; ci si chiede poi quale autorevolezza avranno le rappresentanze locali visto che una debole rappresentanza a livello territoriale porterebbe inesorabilmente all'allontanamento dell'utenza -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei motivi per i quali non si è dato seguito a quanto suggerito dal documento del 2008 e dai precedenti sui «Programmi dei controlli funzionali svolti dalle Associazioni Provinciali Allevatori per ogni specie, razza o tipo genetico», che tra l'altro prevede «accorpamenti gestionali di APA con ridotto numero di capi grossi»;
se il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali continuerà a salvaguardare le specificità dei territori;

se corrispondano al vero le notizie che prevedono ulteriori tagli ai finanziamenti rispetto al 2009, visto che, alla data odierna, non si hanno notizie sull'entità dei finanziamenti e sui tempi di erogazione;
se sia intenzione del Governo impegnarsi per sostenere la selezione genetica in Italia;
se il Ministero sia a conoscenza di quante e quali regioni italiane hanno iniziato e concluso l'iter riorganizzativo in ARA di 1o grado.
(5-02905)

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SALUTE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:

XII Commissione:

LIVIA TURCO e BURTONE. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'importazione e l'esportazione di organi e tessuti è regolamentata dal decreto ministeriale del 2 dicembre 2004 «Modalità per il rilascio delle autorizzazioni all'esportazione o all'importazione di organi e tessuti» che, in particolare, agli articoli 6, 7, 8 e 9 indica le regole e le procedure relative all'importazione e alla distribuzione dei tessuti muscolo-scheletrici in Italia;
il Centro nazionale trapianti ha provveduto ad inviare comunicazioni alle banche del tessuto italiane e a quelle estere autorizzate, nonché agli assessorati regionali alla sanità e ai centri regionali ed interregionali dei trapianti in data 4 dicembre 2008 (protocollo 2850/CNT2008) ed in data 27 febbraio 2009 (protocollo 544/CNT2009), ribadendo che l'importazione e la distribuzione di tessuti di origine umana, e muscolo-scheletrico nella fattispecie, sono consentite solo qualora tali tessuti non risultino disponibili in Italia e unicamente tramite banche dei tessuti italiane regolarmente autorizzate e certificate -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per raggiungere l'autosufficienza nazionale in materia di tessuti muscolo-scheletrici e per garantire il rispetto delle procedure, impedendo il verificarsi di ulteriori importazioni non autorizzate e il conseguente utilizzo, in strutture sanitarie italiane, di tessuti provenienti dall'estero senza preventiva verifica della disponibilità sul territorio nazionale.
(5-02903)

Interrogazione a risposta scritta:

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
ogni anno, secondo i dati dell'Istituto superiore di sanità, in Italia si registrano 900 casi di meningite batterica (causata prevalentemente dal pneumococco, dal meningococco - in particolare B e C - e dal haemophilus influenzae), con una mortalità di circa il 12-14 per cento;
la meningite è una infiammazione di quelle membrane, le meningi, che rivestono il cervello e il midollo spinale. Questa infiammazione può essere di tipo virale, batterica o causata da agenti esterni (funghi, sostanze chimiche e altro);
un terzo dei casi di meningite batterica che ogni anno interessano il nostro Paese è dovuto al meningococco. L'infezione da meningococco può colpire chiunque, ma in particolare i bambini, si trasmette attraverso portatori sani anche con un semplice starnuto ed ha un'evoluzione rapida, con possibile esito fatale già entro 1-2 giorni dal contagio. Chi sopravvive a questo tipo di infezione, spesso, riporta danni neurologici permanenti;
il vaccino è l'unico strumento preventivo per questa grave patologia. In Italia è attualmente disponibile la vaccinazione contro il meningococco di tipo C, ma, nel giro di tre o quattro anni dovrebbe essere commercializzato anche un vaccino

- attualmente alla seconda fase di sperimentazione anche in sei centri italiani - contro il meningococco di tipo B, i cui ceppi sono molto più resistenti e variabili del batterio di tipo C;
la vaccinazione contro il meningococco C è, nel nostro Paese, non obbligatoria, ma fortemente raccomandata per i soggetti a rischio (diabetici, immunodepressi, affetti da patologie respiratorie croniche);
la diffusione e la possibilità di accesso alla vaccinazione variano da regione a regione, dando vita alla classica distribuzione a «macchia di leopardo» tipica di molti servizi di assistenza sanitaria nel nostro Paese;
in particolare, secondo l'ultimo studio Icona (indagine copertura vaccinale nazionale) diffuso dall'Istituto superiore di sanità nel 2009, la copertura nazionale media per il vaccino pneumococcico è del 55 per cento - variando dal 95,2 per cento dell'Emilia Romagna al 29,8 per cento della Campania - mentre per il meningococco C non si arriva al 37 per cento - oscillando tra l'86 per cento della Valle D'Aosta e il 15,2 per cento dell'Abruzzo;
nel nostro Paese la vaccinazione, oltre a non essere obbligatoria, non è gratuita. L'accesso gratuito all'anti-meningococco C varia da regione a regione. In Lombardia, ad esempio, il vaccino è gratuito per tutti coloro che ne fanno richiesta, mentre in Sicilia o nelle Marche hanno la possibilità di vaccinarsi gratuitamente solo i soggetti a rischio. In alcuni casi - Lazio, Abruzzo, Campania - esiste una parziale copertura del costo del vaccino a carico del servizio sanitario per chi lo richiede;
considerando la sempre più elevata diffusione della malattia, tenendo conto del cambiamento degli stili di vita e della presenza di una grossa fetta di immigrati, che spesso non hanno modo di tutelare i propri figli attraverso la vaccinazione, il piano nazionale vaccini 2008-2010, non ancora emanato, prevedeva l'inserimento del vaccino anti meningite nei livelli essenziali di assistenza, e la vaccinazione gratuita per i bambini dai 12 ai 14 mesi, o in alternativa al dodicesimo anno di età;
bisogna inoltre ricordare che il vaccino attualmente distribuito in Italia contro lo pneumococco non è quello più recente ed aggiornato, che protegge da 13 ceppi virali contro i 7 di quello attuale;
il 28 aprile 2010 presso il Senato della Repubblica, in occasione del convegno «Le nuove sfide della meningite per la salute pubblica: l'impatto del federalismo vaccinale e della globalizzazione», diversi esponenti del mondo parlamentare e medico-scientifico - tra cui diverse società scientifiche e dei pediatri - hanno sottoscritto la «Carta dell'impegno italiano contro la meningite», un documento che sancisce l'impegno corale per la diffusione di un corretto approccio a questa patologia grazie alla promozione di politiche di prevenzione omogenee su tutto il territorio nazionale -:
se intenda assumere iniziative volte a rendere obbligatoria e gratuita per i bambini la vaccinazione contro la meningite batterica e se al più presto abbia intenzione di procedere all'emanazione del piano nazionale vaccini inserendo definitivamente l'anti meningococco nei livelli essenziali di assistenza, garantendo in questo modo una omogeneità nazionale nell'accesso a tale, unico, metodo per prevenire la meningite batterica e tutelando la salute della popolazione italiana o immigrata nel nostro Paese;
se intenda garantire, nel più breve tempo possibile, la sostituzione dell'attuale vaccino anti pneumococco con quello più recente che copre ben 13 ceppi virali;
quali siano i reali e concreti obiettivi scaturiti dalla «Carta dell'impegno italiano contro la meningite» ed in che modo intenda promuovere, anche attraverso questo impegno, politiche di prevenzione uniformi.
(4-07242)

TESTO AGGIORNATO AL 19 MAGGIO 2010

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per sapere - premesso che:
la società San Leon Energy con sede all'estero ed esiguo capitale sociale ha ottenuto il permesso da parte del Ministero dello sviluppo economico di eseguire ricerche di idrocarburi nel mare di Sciacca, Selinunte e Menfi per una superficie di 482 chilometri quadrati in una fascia di mare assai vicina alla costa (da un minimo di 2 chilometri ad un massimo di 12 chilometri di distanza);
l'area marittima è piena di riserve naturali, banchi corallini e zone di pesca, in particolare la zona di mare tra Capo Bianco e Capo 5. Marco rappresenta una delle zone di ripopolamento ittico più importanti del canale di Sicilia che alimenta, tra l'altro, l'attività peschereccia delle marinerie di Sciacca e Mazara del Vallo;
l'area di mare interessata è fortemente vulcanica e sismica (isola Ferdinandea) e le perforazioni potrebbero interferire con fenomeni vulcanici secondari;
lo spazio di mare vicino alle piattaforme sarà interdetto alla navigazione con gravi danni alla pesca, alla balneazione ed alla nautica da diporto;
eventuali piattaforme sarebbero quindi ben visibili dalla costa ed anche dalla zona archeologica di Selinunte;
la costa prospiciente all'area di mare citata è interessata da notevoli attività turistiche con investimenti cospicui privati e pubblici, tra cui il «Golf Resort Verdura» del gruppo Rocco Forte a Sciacca, le strutture alberghiere del gruppo Aeroviaggi e gli investimenti in fieri di Italia Turismo;
nelle zone interessate dalla concessione sono ricomprese Porto Palo di Menfi, che vanta da molti anni la bandiera blu, e altre zone turistiche di grande rilievo come quella di Selinunte, Capo Granitola e Mazara del Vallo, per le quali si prospettano danni ambientali ed economici devastanti -:
come sia stato possibile che il Ministero dello sviluppo economico abbia potuto concedere il permesso per le ricerche di idrocarburi ad una società di limitatissima consistenza economica ed affidabilità;
perché non si sia valutato adeguatamente l'impatto fortemente negativo per le attività economiche della zona in campo turistico e peschereccio;
quali siano i rischi cui un'area di mare ecologicamente assai pregiata verrebbe esposta dal rilascio di questa concessione, e questo anche alla luce dell'immane disastro ecologico che le trivellazioni petrolifere stanno provocando nel golfo del Messico;
se non si ritenga assolutamente urgente ed indispensabile bloccare definitivamente il rilascio del permesso di ricerche di idrocarburi nel mare di Sciacca, Selinunte e Menfi, richiesto dalla società San Leon Energy.
(2-00717)
«Marinello, Cristaldi, Vincenzo Antonio Fontana, Marsilio, Garofalo, Traversa, Antonione, Baldelli, Berruti, Capodicasa».

Interrogazione a risposta scritta:

CONTENTO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
attorno alle ore 18.30 del 10 maggio 2010 lungo via Roveredo, a Pordenone, si è verificato un improvviso quanto violento

sbalzo di tensione elettrica che ha provocato vasti danni e principi di incendio in una ventina di abitazioni;
la lesione patrimoniale subita dalle famiglie interessate appare di rilevante gravità, essendo andati distrutti elettrodomestici, impianti elettrici, mobilio e oggettistica varia;
al momento i tecnici dell'Enel, prontamente intervenuti in loco, non hanno ancora fornito una spiegazione sull'effettiva origine del disguido;
secondo quanto riferito anche sulla stampa da vari residenti, non sarebbe, però, stata la prima volta che all'Enel venivano segnalate repentine variazioni nella tensione della rete elettrica locale;
le persone coinvolte temono ora di doversi sobbarcare gli oneri conseguenti all'episodio di specie, non essendo chiaro a chi andrebbe attribuita la responsabilità dell'accaduto -:
se sia in grado di spiegare a cosa possa essere addebitato l'inconveniente verificatosi nei giorni scorsi in via Roveredo, a Pordenone;
se risultino pregresse segnalazioni all'Enel o ad altro soggetto operante nel settore della distribuzione dell'energia elettrica in merito a forti ed improvvisi sbalzi di tensione nella rete della zona;
a quale soggetto possa essere attribuita, per quanto di competenza, la responsabilità dell'accaduto, avendo cura di specificare se esista una qualche forma di indennizzo e/o di ristoro dei danni a favore degli interessati.
(4-07247)

...

TURISMO

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI e MISTRELLO DESTRO. - Al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
il settore turistico italiano produce il 10 per cento del prodotto interno lordo nazionale;
in Italia, un occupato su venti lavora in questo comparto, valore superiore a quello medio europeo e in costante crescita;
la crisi economica ha colpito anche questo settore ed ha prodotto un calo, seppur contenuto, della domanda e delle presenze (-3,1 per cento);
in questo quadro sarebbe opportuno migliorare i servizi del comparto e agevolare la destagionalizzazione dei flussi, in modo da rendere più appetibile e amplia l'offerta e stimolare la domanda tutto l'anno e non solo in alcuni periodi -:
quali siano gli interventi del Governo in materia di destagionalizzazione dei flussi turistici.
(3-01073)

...

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Siragusa n. 5-02424, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Antonino Russo.

L'interrogazione a risposta in Commissione Nicola Molteni e Rivolta n. 5-02662, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 16 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Fedriga.

L'interrogazione a risposta in Commissione Madia n. 5-02698, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 30 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Gatti.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato dell'interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-07224, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 322 del 17 maggio 2010.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in un articolo pubblicato, l'11 maggio 2010, dal quotidiano La Repubblica nella cronaca di Palermo, si legge che le falde acquifere attorno alla discarica di Bellolampo sono inquinate come emerge dalle prime analisi degli esperti incaricati dai sostituti procuratori Geri Ferrara e Maria Teresa Maligno, che indagano ormai da mesi sulla gestione del sito di smaltimento dei rifiuti alle porte di Palermo;
il dato è preoccupante soprattutto perché quelle falde si trovano attorno ad alcuni pozzi dell'Amap: ecco perché, il 13 maggio, dopo un vertice con i tre consulenti, i pubblici ministeri Ferrara e Maligno hanno dato il via ad altre analisi ancora più approfondite, sulle falde e sui pozzi;
l'Amap continua a fornire dati rassicuranti, come una recente dichiarazione del direttore dell'azienda Guido Catalano che aveva spiegato che l'acqua viene sottoposta ad analisi accurate prima di essere immessa in rete e che pertanto «i cittadini possono stare tranquilli non abbiamo rilevato alcun dato anomalo e nemmeno tendenze sospette»;
l'inchiesta, che era nata solo per accertare le responsabilità attorno a un lago di percolato nella discarica, si è trasformata presto in un maxi fascicolo con un'ipotesi di reato di disastro colposo. Le analisi dell'Arpa hanno appurato che il percolato è tracimato a valle, finendo per inquinare il torrente Celona, le cui acque finiscono poi nel canale Passo di Rigano e quindi nel mare dell'Acquasanta. Sono 13 gli indagati dell'inchiesta, praticamente tutti i vertici dell'Amia dal 2007. Le ultime verifiche della procura stanno mettendo in luce gravi carenze nella struttura della discarica: secondo i magistrati, sarebbero da attribuire a una gestione discutibile da parte dei vertici dell'azienda di igiene ambientale;
le ultime analisi sono state effettuate sulle cosiddette «acque sotterranee»: la presenza di diverse sostanze inquinanti ha subito messo in allarme i consulenti dei magistrati. La discarica è adesso considerata ufficialmente nelle carte della procura un «grosso fattore inquinante». Le nuove verifiche vogliono scoprire fino a che punto i pozzi dell'Amap siano a rischio;
il 10 maggio 2010, i magistrati titolari dell'indagine hanno fatto una riunione anche col procuratore capo Francesco Messineo, che segue da vicino l'evolversi dell'inchiesta. A rischio non sono solo i pozzi dell'Amap, ma anche i tanti pozzi abusivi realizzati nel corso degli anni: non esiste un monitoraggio, i magistrati hanno dunque chiesto ai carabinieri del Noe di fare verifiche approfondite;
nell'indagine è coinvolta l'Arpa, l'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, che ha sviluppato le analisi; la grave situazione ambientale e sanitaria non è nuova, protraendosi da anni con interventi dei carabinieri del Noe, della procura antimafia e della procura di Palermo;
l'emergenza percolato era emersa già nel settembre 2009;
la Presidenza del Consiglio dei ministri ha autorizzato, con ordinanza, fino al 31 maggio 2010 lo smaltimento nella discarica di Bellolampo dei rifiuti urbani stoccati provvisoriamente in esecuzione delle ordinanze urgenti adottate dal Pre- sidente

della provincia, e dal sindaco di Palermo -:
quali azioni siano state messe in atto a seguito dell'ordinanza che ha sancito lo stato di emergenza, per la bonifica della discarica di Bellolampo;
se corrisponda al vero che la gestione della discarica sia ancora dell'Amia, nonostante quanto in premessa evidenziato;
se e quali iniziative si intendano assumere per verificare che nella discarica di Bellolampo non siano stati scaricati illegalmente rifiuti pericolosi;
quali iniziative intendano assumere a tutela della salute e dell'ambiente nella zona in questione e per fare chiarezza sulle cause della cattiva gestione della discarica di Bellolampo. (4-07224)