XVI LEGISLATURA

Allegato A

Seduta di martedì 15 giugno 2010

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

COMUNICAZIONI

Missioni valevoli nella seduta del 15 giugno 2010.

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bonaiuti, Boniver, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Carfagna, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Craxi, Crimi, Crosetto, Dal Lago, Delfino, Di Stanislao, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Pianetta, Picchi, Prestigiacomo, Ravetto, Razzi, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vito, Zacchera.

(Alla ripresa pomeridiana della seduta)

Albonetti, Alessandri, Angelino Alfano, Antonione, Berlusconi, Bindi, Bocci, Bonaiuti, Bongiorno, Boniver, Bossi, Brambilla, Brancher, Brugger, Brunetta, Buonfiglio, Buttiglione, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cosentino, Cossiga, Craxi, Crimi, Crosetto, Dal Lago, Delfino, Di Stanislao, Donadi, Dozzo, Gianni Farina, Renato Farina, Fassino, Fitto, Franceschini, Frattini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giancarlo Giorgetti, Giro, La Russa, Leone, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Lupi, Malgieri, Mantovano, Maroni, Martini, Melchiorre, Meloni, Menia, Miccichè, Migliavacca, Migliori, Mura, Nucara, Leoluca Orlando, Pescante, Pianetta, Picchi, Prestigiacomo, Ravetto, Razzi, Reguzzoni, Rigoni, Roccella, Romani, Ronchi, Rotondi, Paolo Russo, Saglia, Sardelli, Stefani, Stucchi, Tabacci, Tremonti, Urso, Valducci, Vegas, Vito, Zacchera.

Annunzio di una proposta di legge.

In data 14 giugno 2010 è stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge d'iniziativa dei deputati:
DAMIANO e VICO: «Agevolazioni per la conversione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato, nonché modifiche all'articolo 61 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, in materia di limiti di applicazione del contratto di lavoro a progetto, e all'articolo 82 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di esclusione del costo del lavoro nell'applicazione del criterio del prezzo più basso» (3542).

Sarà stampata e distribuita.

Adesione di un deputato a una proposta di legge.

La proposta di legge SALTAMARTINI ed altri: «Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, in materia di sostegno alla maternità, di utilizzazione del congedo parentale e di obbligatorietà del congedo di paternità» (3023) è stata successivamente sottoscritta dal deputato De Girolamo.

Assegnazione di progetti di legge a Commissioni in sede referente.

A norma del comma 1 dell'articolo 72 del regolamento, i seguenti progetti di legge sono assegnati, in sede referente, alle sottoindicate Commissioni permanenti:

I Commissione (Affari costituzionali):
CONCIA: «Istituzione della Giornata nazionale contro l'omofobia» (3445) Parere delle Commissioni V, VII e XIV.

VI Commissione (Finanze):
NASTRI: «Modifiche ai commi 1088, 1089 e 1090 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in materia di concessione di un credito d'imposta in favore delle imprese agricole per gli investimenti volti alla promozione dell'acquisto di prodotti agroalimentari nazionali all'estero» (3484) Parere delle Commissioni I, V, X, XIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento) e XIV.

VII Commissione (Cultura):
FAENZI ed altri: «Modifica all'articolo 74 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, in materia di calendario scolastico per lo svolgimento delle attività didattiche nelle scuole di ogni ordine e grado» (1404) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

XII Commissione (Affari sociali):
FUCCI ed altri: «Disposizioni per il riconoscimento dell'endometriosi come malattia che dà diritto all'esenzione dalla partecipazione al costo per le prestazioni di assistenza sanitaria, nonché istituzione del Registro nazionale dell'endometriosi» (3427) Parere delle Commissioni I, V e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

Trasmissione dalla Presidenza del Consiglio dei ministri.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 9 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 52, comma 4, lettera c), della legge 27 dicembre 2002, n. 289, le relazioni, rispettivamente, della regione siciliana (doc. CCI, n. 11), della regione Marche (doc. CCI, n. 12), della regione Lombardia (doc. CCI, n. 13) e della regione Emilia-Romagna (doc. CCI, n. 14) concernenti l'attuazione degli adempimenti previsti dall'accordo del 14 febbraio 2002 tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, in materia di accesso alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche e di indirizzi applicativi sulle liste di attesa, riferite all'anno 2009.

Questi documenti - che saranno stampati - sono trasmessi alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dalla Corte dei Conti.

La Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - con lettera in data 10 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 6, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, la deliberazione n. 12 del 2010, emessa dalla sezione stessa nell'adunanza del 28 maggio 2010, e la relativa relazione concernente l'indagine sulla gestione di incarichi dirigenziali di II fascia ai sensi dell'articolo 19, commi 5-bis e 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, da parte delle amministrazioni dello Stato.

Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro della salute.

Il ministro della salute, con lettera del 4 giugno 2010, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno BERTOLINI ed altri n. 9/3210/7, accolto dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 febbraio 2010, concernente l'esclusione dell'applicazione di sanzioni ai medici che abbiano consentito ai laureati in medicina e chirurgia, in possesso dell'abilitazione professionale, di esercitare l'odontoiatria nei loro ambulatori prima della formale iscrizione all'ordine degli odontoiatri.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla XII Commissione (Affari sociali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro della difesa.

Il ministro della difesa, con lettera del 7 giugno 2010, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data alla mozione FAVA ed altri n. 1/00128, accolta dal Governo ed approvata dall'Assemblea nella seduta del 12 marzo 2009, concernente misure a favore dell'efficienza e della funzionalità delle Forze armate.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla IV Commissione (Difesa) competente per materia.

Trasmissione dal sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettera in data 10 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 8, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e dell'articolo 13, comma 6, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 9 dicembre 2002, il conto finanziario della Presidenza del Consiglio dei ministri per l'anno 2009, approvato in data 9 giugno 2010.

Questa documentazione è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) e alla V Commissione (Bilancio).

Trasmissione dal ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Il ministro del lavoro e delle politiche sociali, con lettera in data 10 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 3, comma 68, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni, la relazione sullo stato della spesa, sull'efficacia nell'allocazione delle risorse e sul grado di efficienza dell'azione amministrativa svolta dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali, relativa all'anno 2009 (doc. CCVIII, n. 21).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla I Commissione (Affari costituzionali), alla V Commissione (Bilancio), alla XI Commissione (Lavoro) e alla XII Commissione (Affari sociali).

Trasmissione dal ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione.

Il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con lettera del 10 giugno 2010, ha trasmesso una nota relativa all'attuazione data all'ordine del giorno Antonino RUSSO ed altri n. 9/3210/64, accolto come raccomandazione dal Governo nella seduta dell'Assemblea del 24 febbraio 2010, concernente l'ulteriore proroga del limite massimo di annualità previsto dall'articolo 6 della legge n. 449 del 1997 e la concessione del congedo straordinario senza assegni anche al pubblico dipendente, vincitore di concorso per ricercatore.
La suddetta nota è a disposizione degli onorevoli deputati presso il Servizio per il Controllo parlamentare ed è trasmessa alla I Commissione (Affari costituzionali) competente per materia.

Trasmissione dal ministro degli affari esteri.

Il ministro degli affari esteri, con lettera in data 11 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, della legge 15 dicembre 1999, n. 482, la relazione, per l'anno 2008, sull'attuazione degli interventi relativi alla promozione dello sviluppo delle lingue e delle culture, indicate all'articolo 2 della citata legge n. 482 del 1999, diffuse all'estero e alla diffusione all'estero della lingua e della cultura italiane (doc. LXXX-bis, n. 2).

Questo documento - che sarà stampato - è trasmesso alla III Commissione (Affari esteri) e alla VII Commissione (Cultura).

Annunzio di risoluzioni del Parlamento europeo.

Il Presidente del Parlamento europeo ha trasmesso il testo di venti risoluzioni, una decisione e una dichiarazione approvate nella sessione dal 5 al 6 maggio 2010, che sono assegnate, a norma dell'articolo 125, comma 1, del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, nonché, per il parere, alla III Commissione (Affari esteri) e alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea), se non già assegnate alle stesse in sede primaria:
risoluzione sulla proposta di regolamento del Consiglio relativo alla cooperazione amministrativa e alla lotta contro la frode in materia d'imposta sul valore aggiunto (rifusione) (doc. XII, n. 451) - alla VI Commissione (Finanze);
risoluzione sulla proposta di direttiva del Consiglio recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione (doc. XII, n. 452) - alla VI Commissione (Finanze);
risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di attrezzature a pressione trasportabili (doc. XII, n. 453) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente i diritti per le misure di sicurezza dell'aviazione (doc. XII, n. 454) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione sulla proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (rifusione) (doc. XII, n. 455) - alla IX Commissione (Trasporti);
risoluzione sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica il regolamento (CE) n. 1083/2006 recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione, per quanto riguarda la semplificazione di taluni requisiti e talune disposizioni relative alla gestione finanziaria (doc. XII, n. 456) - alle Commissioni riunite V (Bilancio) e XIV (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sulle ripercussioni dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona sulle procedure decisionali interistituzionali in corso (doc. XII, n. 457) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione su «Europeana, le prossime tappe» (doc. XII, n. 458) - alla VII Commissione (Cultura);
risoluzione sull'agricoltura dell'Unione e il cambiamento climatico (doc. XII, n. 459) - alla XIII Commissione (Agricoltura);
risoluzione sulla strategia dell'Unione europea per le relazioni con l'America latina (doc. XII, n. 460) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla raccomandazione della Commissione al Consiglio di autorizzare l'apertura dei negoziati in vista di un accordo tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America ai fini della messa a disposizione del dipartimento del tesoro degli Stati Uniti di dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento (doc. XII, n. 461) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sull'avvio dei negoziati per la conclusione di accordi sui dati del codice di prenotazione (PNR) con gli Stati Uniti, l'Australia e il Canada (doc. XII, n. 462) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sul divieto generale di utilizzo delle tecnologie di estrazione mineraria con il cianuro nell'Unione europea (doc. XII, n. 463) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
decisione sulla proposta del Consiglio europeo di non convocare una Convenzione per la revisione dei trattati in materia di misure transitorie riguardanti la composizione del Parlamento europeo (doc. XII, n. 464) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sul progetto di protocollo che modifica il protocollo n. 36 relativo alle misure transitorie riguardanti la composizione del Parlamento europeo fino al termine della legislatura 2009-2014: parere del Parlamento europeo (articolo 48, paragrafo 3, del trattato sull'Unione europea) (doc. XII, n. 465) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sulla situazione nel Kirghizistan (doc. XII, n. 466) - alla III Commissione (Affari esteri);
risoluzione sul regolamento di esenzione per categoria nel settore automobilistico (doc. XII, n. 467) - alla X Commissione (Attività produttive);
risoluzione sull'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione per agevolare la transizione verso un'economia efficiente sotto il profilo energetico e a basse emissioni di carbonio (doc. XII, n. 468) - alle Commissioni riunite VIII (Ambiente) e X (Attività produttive);
risoluzione sul Libro bianco della Commissione dal titolo «L'adattamento ai cambiamenti climatici: verso un quadro d'azione europeo» (doc. XII, n. 469) - alla VIII Commissione (Ambiente);
risoluzione sulla relazione annuale 2008 della Banca europea per gli investimenti (doc. XII, n. 470) - alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
risoluzione sugli eccidi a Jos, Nigeria (doc. XII, n. 471) - alla III Commissione (Affari esteri);
dichiarazione sulla lotta contro il cancro al seno nell'Unione europea (doc. XII, n. 472) - alla XII Commissione (Affari sociali).

Annunzio di progetti di atti dell'Unione europea.

La Commissione europea, in data 14 giugno 2010, ha trasmesso, in attuazione del Protocollo sul ruolo dei Parlamenti allegato al Trattato sull'Unione europea, i seguenti progetti di atti dell'Unione stessa, nonché atti preordinati alla formulazione degli stessi, che sono assegnati, ai sensi dell'articolo 127 del regolamento, alle sottoindicate Commissioni, con il parere, se non già assegnati alla stessa in sede primaria, della XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea):
Allegati alla relazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio - Sesta relazione della Commissione sul funzionamento del sistema di controllo delle risorse proprie tradizionali (2006-2009) (COM(2010)219 definitivo - Allegati), che sono assegnati in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Relazione della Commissione - Relazione annuale 2009 sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali (COM(2010)291 definitivo), che è assegnata in sede primaria alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea);
Relazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sull'applicazione del regolamento (CE) n. 184/2005 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 gennaio 2005, relativo alle statistiche comunitarie inerenti alla bilancia dei pagamenti, agli scambi internazionali di servizi e agli investimenti diretti all'estero (COM(2010)307 definitivo), che è assegnata in sede primaria alle Commissioni riunite V (Bilancio) e X (Attività produttive);
Comunicazioni della Commissione al Consiglio, al Parlamento europeo, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni - Piano d'azione relativo alle applicazioni del sistema globale di radionavigazione via satellite (GNSS) (COM(2010)308 definitivo) e relativo documento di accompagnamento documento di lavoro dei servizi della Commissione - Sintesi della valutazione d'impatto - (SEC(2010)716 definitivo), che sono assegnati in sede primaria alla IX Commissione (Trasporti).

Annunzio di provvedimenti concernenti amministrazioni locali.

Il Ministero dell'interno, con lettere in data 11 giugno 2010, ha dato comunicazione, ai sensi dell'articolo 141, comma 6, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dei decreti del Presidente della Repubblica di scioglimento dei consigli comunali di Chiusi (Siena), Pozzuoli (Napoli), Cineto Romano (Roma), Filacciano (Roma) e San Giovanni Bianco (Bergamo).

Questa documentazione è depositata presso il Servizio per i Testi normativi a disposizione degli onorevoli deputati.

Trasmissione dal consiglio regionale dell'Abruzzo.

Il presidente del consiglio regionale dell'Abruzzo, con lettera in data 8 giugno 2010, ha trasmesso il testo di un voto, approvato dal consiglio regionale stesso nella seduta del 1o giugno 2010, concernente il rafforzamento del ruolo delle assemblee legislative regionali nella partecipazione al processo normativo europeo e nel controllo della sussidiarietà con riguardo ai progetti di legge di modifica delle legge 4 febbraio 2005, n. 11, presentati in Parlamento a seguito dell'entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea.

Questa documentazione è trasmessa alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Trasmissione dal consiglio regionale delle Marche.

Il presidente del consiglio regionale delle Marche, con lettera in data 11 giugno 2010, ha trasmesso il testo di un voto, approvato dal consiglio regionale delle Marche nella seduta dell'8 giugno 2010, concernente il ruolo delle regioni e delle Province autonome in ordine alla partecipazione al processo di formazione degli atti normativi dell'Unione europea e alla applicazione del principio di sussidiarietà enunciato nel Protocollo n. 2 allegato al Trattato sull'Unione europea.

Questa documentazione è trasmessa alla XIV Commissione (Politiche dell'Unione europea).

Comunicazione di nomine ministeriali.

La Presidenza del Consiglio dei ministri, con lettere in data 27 maggio e 10 e 14 giugno 2010, ha trasmesso, ai sensi dell'articolo 19, comma 9, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, le seguenti comunicazioni concernenti il conferimento, ai sensi dei commi 4, 6 e 10 del medesimo articolo 19 nonché dell'articolo 9-bis, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, di incarichi di livello dirigenziale generale, che sono trasmesse alla I Commissione (Affari costituzionali), nonché alle Commissioni sottoindicate:

la comunicazione concernente i seguenti incarichi nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri:
al consigliere Roberto De Marco, l'incarico di coordinatore dell'ufficio III per gli affari generali, il coordinamento e lo sviluppo dei sistemi informativi e di supporto, nell'ambito del dipartimento per il programma di Governo;
al dottor Gerardo Capozza, l'incarico di coordinatore dell'ufficio II per l'informazione, la comunicazione istituzionale e la promozione delle iniziative del Governo, nell'ambito del dipartimento per il programma di Governo;

alla VII Commissione (Cultura) la comunicazione concernente il seguente incarico nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali:
alla dottoressa Caterina Bon Di Valsassina e Madrisio, l'incarico di direttore della direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia;

alla XI Commissione (Lavoro) le comunicazioni concernenti i seguenti incarichi:
al dottor Angelo Raffaele Marmo, l'incarico di direttore della direzione generale della comunicazione, nell'ambito del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
alla dottoressa Elisabetta Moffa, l'incarico di componente, con funzioni di presidente, del collegio dei sindaci dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP);
al dottor Franko Thani, l'incarico di componente effettivo del collegio dei sindaci dell'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell'amministrazione pubblica (INPDAP).

Atti di controllo e di indirizzo.

Gli atti di controllo e di indirizzo presentati sono pubblicati nell'Allegato B al resoconto della seduta odierna.

INTERROGAZIONI

Misure a favore dell'istituto d'arte «Fausto Melotti» di Cantù (Como), anche alla luce della nuova organizzazione del sistema dei licei - 3-00675

A) Interrogazione

NICOLA MOLTENI, RIVOLTA, COMAROLI e TORAZZI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
lo schema di regolamento recante «Revisione dell'assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell'articolo 64, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133», prevede un nuovo sistema dei licei comprendente i licei artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane;
in particolare, il liceo artistico si articolerà negli indirizzi previsti dall'articolo 4, comma 2, del decreto legislativo n. 226 del 2005, concernenti le arti figurative, l'architettura, il design, l'ambiente, l'audiovisivo, i multimedia, la scenografia;
l'istituto d'arte «Fausto Melotti» di Cantù, fondato nel lontano 1882, con decreto del Ministero dell'agricoltura, industria e commercio, dà il suo primo importante apporto a favore della classe operaia e industriale e, negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale, con la piena ripresa economica, la scuola afferma una tendenza artistica prevalente su quella professionale, passando nel 1924 alle dipendenze del Ministero della pubblica istruzione, inquadrata tra le scuole amministrate dalla direzione generale per le antichità e belle arti. In seguito (con decreto del Presidente della Repubblica del 1o agosto 1959 n. 1469), si trasforma in «Istituto statale d'arte», comprendente le sezioni di arte del legno, merletto e ricamo, arredamento e decorazione pittorica e, nel 1970, nel settore dell'istruzione agricola e industriale;
il predetto istituto d'arte di Cantù ha istituito nel 1970 un corso biennale di sperimentazione al quale sono ammessi i giovani forniti di diploma di maestro d'arte, attraverso il quale è possibile accedere a qualsiasi facoltà universitaria, all'accademia delle belle arti ed agli istituti superiori per le industrie artistiche;
nel 1995 è stato attivato il progetto sperimentale Michelangelo, contenente una serie di corsi di specializzazioni anche nel campo del disegno industriale, della moda e del costume;
l'istituto d'arte in questione partecipa dal 1884 a numerose esposizioni nazionali e internazionali di grande rilievo;
il progetto sperimentale, proprio per la natura sperimentale che lo contraddistingue, è destinato ad essere, prima o poi, superato da un nuovo assetto ordinamentale che tenga conto delle risultanze dalla sperimentazione stessa;
l'attuazione della riforma del secondo ciclo del sistema educativo d'istruzione e formazione, prevista a partire dall'anno scolastico 2010-2011, rischia quindi di ledere le peculiarità di altrettante scuole artistiche del territorio (la scuola del mobile di Cantù, l'istituto d'arte di ceramica di Faenza, l'istituto orafo di Valenza Po, l'istituto di liutai di Cremona);
in questi ultimi anni i suddetti istituti e gli enti locali hanno investito moltissime risorse per costruire laboratori artistici di alto livello nelle singole realtà scolastiche, realizzando interessanti reti di collaborazione con il mondo del lavoro più avanzato;
in particolare, l'istituto d'arte di Cantù ha realizzato nel corso degli anni un efficace rapporto di sinergia con il territorio canturino e brianzolo, nonché con le realtà imprenditoriali locali, basate sull'attività del legno-arredo, tali da definire Cantù «la città del mobile»;
il comma 3 dell'articolo 4 del sopra citato decreto legislativo n. 226 del 2005 specifica che gli indirizzi artistici sono caratterizzati dalla presenza dei laboratori, nei quali lo studente sviluppa la propria progettualità;
il percorso del liceo artistico, come recita anche il decreto legislativo n. 226 del 2005, approfondisce la cultura liceale attraverso la componente estetica come principio di comprensione del reale, fornendo allo studente le conoscenze, le competenze, le abilità e le capacità necessarie per conoscere il patrimonio artistico e il suo contesto storico e culturale e per esprimere la propria creatività e progettualità; assicura la conoscenza dei codici della ricerca e della produzione artistica e la padronanza dei linguaggi, delle metodologie e delle tecniche relative;
l'articolo 3, comma 1, del citato schema di regolamento, specifica che «...Per i percorsi liceali, la quota oraria riservata alle singole istituzioni scolastiche, determinata nei limiti del contingente di organico ad esse assegnato e tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie, non può essere superiore al 20 per cento del monte ore complessivo annuale, salvo restando che l'orario previsto dal piano di studio di ciascuna disciplina non può essere ridotto in misura superiore al 30 per cento»;
l'eventuale rigidità delle disposizioni ministeriali rischia di costringere l'istituto d'arte «Fausto Melotti» di Cantù a sopprimere una serie di sperimentazioni, vanificando l'obiettivo di attivare una specializzazione triennale post diploma nel settore della lavorazione del legno e dell'arredo mobiliero;
il progetto sperimentale Michelangelo consente agli studenti che si rivolgono al mondo del lavoro di trovare lavoro in breve tempo, in ruoli coerenti con il profilo professionale -:
se il Ministro interrogato intenda prevedere un'opportuna salvaguardia anche in deroga rispetto alle prossime disposizioni ministeriali degli istituti d'arte di cui in premessa, con particolare attenzione all'istituto d'arte «Fausto Melotti» di Cantù, visto il loro peculiare legame con il territorio, le tradizioni artigianali e l'economia locale;
se intenda prevedere, altresì, nell'ipotesi del citato schema di regolamento del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, una più ampia quota di monte ore rimessa all'autonomia dell'istituto d'arte e delle scuole d'arte del territorio, ivi compreso l'istituto «Fausto Melotti» di Cantù, onde consentire che i relativi piani dell'offerta formativa conservino le migliori esperienze realizzate, mirate ad un approfondimento delle discipline artistico-laboratoriali, conseguendo sul territorio un forte radicamento culturale;
se non ritenga interessante per il territorio l'opportunità di istituire presso la scuola d'arte «Fausto Melotti» di Cantù il citato corso triennale di specializzazione post-diploma, nel settore legno arredo mobiliero. (3-00675)
(24 settembre 2009)

Iniziative per l'istituzione di un istituto superiore ad indirizzo musicale e coreutico nella provincia di Catania - 3-00982

B) Interrogazione

BURTONE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la riforma della scuola superiore, tra l'altro, prevede l'istituzione di licei musicali e coreutici, indirizzi specialistici che consentono con maggior successo di accedere agli enti accademici della musica e della danza;
la Sicilia è assai carente in questo settore, essendo stati istituiti soltanto due licei, uno a Palermo e l'altro a Modica, chiaramente insufficienti a soddisfare le necessità di allievi giovanissimi di altre province, impossibilitati a vivere fuori casa o a viaggiare quotidianamente;
la provincia di Catania rimane, quindi, totalmente priva di una componente essenziale della cosiddetta «riforma Gelmini» e gli oltre 3000 alunni di ben 45 scuole medie musicali della provincia, che assicurano una buona preparazione di base nella materia, non hanno una reale possibilità di sviluppare le loro potenzialità;
sono presenti prestigiose istituzioni artistiche musicali nella provincia, prima fra tutte il teatro Massimo Bellini che vanta una tradizione ultrasecolare;
nel capoluogo catanese si terrà l'importante Festival Belliniano;
in particolare, per quanto riguarda la coreutica, esistono diversi centri di formazione che, specialmente nei quartieri popolari, costituiscono un valido contrasto alla devianza ed all'emarginazione minorile;
è presente, nella zona di Librino, un istituto di istruzione superiore «Lucia Mangano» che ha, al suo interno, un percorso liceale;
il suddetto istituto è collocato in un'area del quartiere Librino, facilmente raggiungibile sia dalla tangenziale (per chi viene da fuori comune) che dall'interno della città, per cui un aumento di popolazione scolastica non determinerebbe ulteriori congestioni nel traffico cittadino;
nel quartiere di Librino è presente il «Teatro Moncada», struttura teatrale che potrebbe essere opportunamente utilizzata per lo svolgimento di attività didattiche musicali e coreutiche;
i dirigenti scolastici delle scuole Brancati, Dusmet, Fontanarossa, Musco, Pestalozzi e Mangano hanno dichiarato la propria disponibilità a collaborare con le istituzioni nazionali, regionali e locali per la riuscita di un progetto di orientamento liceale di insegnamento della musica -:
quali iniziative urgenti il Ministro interrogato intenda adottare per l'istituzione di un istituto superiore ad indirizzo musicale e coreutico nella provincia di Catania. (3-00982)
(18 marzo 2010)

Iniziative per la messa in sicurezza della strada statale n. 417 Catania-Gela - 3-00722

C) Interrogazione

CARDINALE e BURTONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nelle scorse settimane si è verificato l'ennesimo grave incidente stradale sulla superstrada 417 Catania-Gela, al bivio Castelluccio nel territorio di Mineo, con il coinvolgimento di diverse autovetture e ben nove feriti;
la suddetta strada continua ad essere ad alto rischio, non solo per la presenza di accessi laterali e di curve pericolose ma, soprattutto, per la rilevante frequenza nel traffico quotidiano di auto, camion e autobotti fortemente sproporzionati rispetto alle potenzialità dell'arteria;
a tutt'oggi non si è provveduto al raddoppio delle corsie, ma l'Anas si è limitata a mitigare i rischi con la realizzazione di alcune rotatorie per svincolare alcune strade provinciali consortili che si trovano in quel territorio;
la mancanza di illuminazione delle rotatorie ha determinato, però, nelle ore serali e notturne un aumento dei rischi che mettono in serio pericolo l'incolumità degli automobilisti -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda assumere non solo per risolvere, nell'immediato, il mancato allaccio dell'energia elettrica, ma soprattutto per definire, nel medio-lungo termine, l'annosa questione del raddoppio delle corsie che potrebbe essere utile a superare l'alta pericolosità della frequentata arteria stradale. (3-00722)
(22 ottobre 2009)

Iniziative per migliorare il trasporto ferroviario in Sardegna, con particolare riferimento alla linea Cagliari-Sassari - 3-00880

D) Interrogazione

MEREU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerose le notizie riportate sui disservizi che si registrano sulle linee di trasporto ferroviario regionale nella regione Sardegna, in particolar modo nella direttrice principale che collega il capoluogo con il nord dell'isola;
l'ultimo intoppo in ordine cronologico riguarda l'interruzione, da più di un mese, della linea Cagliari-Sassari a seguito di una frana verificatasi nel comune di Muros con disagi che sono aggravati dalla mancanza di coordinamento con il trasporto locale gommato che genera ulteriori ritardi;
il tutto è legato ad una situazione del trasporto ferrato regionale generale già fortemente penalizzante sia per il trasporto passeggeri che per quello commerciale, conseguenza del mancato potenziamento e ammodernamento dell'intera rete spesso annunciato, ma che ad oggi stenta ad essere portato a compimento, costringendo la Sardegna a dover subire una situazione a dir poco disdicevole e non all'altezza di un Paese come l'Italia;
si riscontrano disservizi sotto tutti i profili, a partire dalle condizioni assolutamente obsolete delle linee, in larga parte oggi ancora non elettrificate, dalla lentezza dei convogli e dai progressivi ritardi e soppressioni di linee per la mancanza di convogli, senza poter tralasciare, inoltre, le problematiche legate alla gestione del personale, in particolare quello del settore commerciale, da molto tempo scioperante per la non condivisione delle linee programmatiche dell'azienda;
secondo alcuni dati diffusi ultimamente nella regione, il tempo di percorrenza per completare i circa 200 chilometri della linea principale che collega Cagliari con il nord è di circa 2 ore e 50 minuti, con l'utilizzo di treni che raggiungono la velocità massima di 130 chilometri orari, a fronte invece di una media nazionale molto più bassa e senza considerare le punte di eccellenza del trasporto di alta velocità che, per esempio, copre la distanza simile tra la capitale e Napoli in appena 1 ora e 10 minuti ad una velocità massima dei convogli di circa 260 chilometri orari;
sono stati annunciati da tempo programmi per il potenziamento di alcuni tratti di rete, l'acquisto di nuove vetture e l'ammodernamento di alcune stazioni, ma ad oggi non si riscontra nessun segnale visibile di un cambio di direzione verso una politica di miglioramento generale del sistema del trasporto ferroviario sardo;
è necessario un urgente e tempestivo intervento risolutore della problematica che sta recando continui disagi a moltissimi cittadini sardi (si calcola che siano circa 15.000 i giornalieri, soprattutto studenti e lavoratori pendolari, che contribuiscono con i pagamenti per le emissioni di biglietteria a rendere un ricavo all'azienda di circa 8 milioni di euro annui), rendendone insostenibile la qualità della loro vita e le attività lavorative e familiari -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per ripristinare, nel più breve tempo possibile, l'utilizzo della tratta ferroviaria Cagliari-Sassari, che sta recando insostenibili disagi ai cittadini che utilizzano l'intera rete di trasporto ferroviario nella regione Sardegna, e se non ritenga opportuno inserire tra le priorità del Governo la predisposizione di un piano di intervento strategico per il settore del trasporto ferroviario sardo che preveda la stima completa degli interventi da effettuare e un impegno di risorse per coprire i relativi costi. (3-00880)
(2 febbraio 2010)

Iniziative per risolvere i disservizi sulla tratta ferroviaria Cagliari-Carbonia - 3-01054

E) Interrogazione

MEREU. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
dopo le segnalazioni e le denunce dei mesi scorsi si registrano nuovamente notizie di disservizi e disagi notevoli sulla linea di trasporto ferroviario regionale sarda, nel tratto che collega Cagliari a Carbonia;
negli ultimi giorni i comitati dei pendolari, fruitori principali del servizio, hanno denunciato ulteriori anomalie nel servizio di distribuzione degli abbonamenti e della biglietteria e mancanza di informazioni sugli orari dei convogli da parte del personale nelle stazioni;
le lunghe attese nelle stazioni e nei convogli continuano da mesi a mettere a dura prova la pazienza dei tanti viaggiatori che, da troppo tempo, stanno subendo l'inefficienza del servizio di trasporto ferroviario;
a pagare le conseguenze di un tale disservizio sono soprattutto i lavoratori e gli studenti pendolari che ogni giorno assistono impotenti alla vergognosa inadeguatezza che ormai caratterizza il nostro trasporto ferroviario;
recentemente la vicenda è stata segnalata con un altro atto di sindacato ispettivo che denunciava la situazione e a cui il Governo ha risposto con l'impegno ad attivarsi al fine del superamento della problematica in questione con la costituzione di un tavolo tecnico, nell'ambito del quale si sarebbero definiti gli opportuni interventi necessari al ripristino della funzionalità della linea, ma allo stato attuale non si riscontra nessun miglioramento in funzione della risoluzione della vicenda;
è necessario un urgente e tempestivo intervento risolutore della problematica che sta recando continui disagi a moltissimi cittadini sardi, rendendo insostenibile la qualità della loro vita e le attività lavorative e familiari -:
quali urgenti iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per risolvere gli ormai insostenibili disagi che ricadono gravemente sui cittadini che utilizzano la rete di trasporto ferroviario regionale sardo sulla tratta Cagliari-Carbonia.
(3-01054)
(5 maggio 2010)

DISEGNO DI LEGGE: S. 2171 - CONVERSIONE IN LEGGE DEL DECRETO-LEGGE 10 MAGGIO 2010, N. 67, RECANTE DISPOSIZIONI URGENTI PER LA SALVAGUARDIA DELLA STABILITÀ FINANZIARIA DELL'AREA EURO. ORDINE DI ESECUZIONE DELL'ACCORDO DENOMINATO «INTERCREDITOR AGREEMENT» E DELL'ACCORDO DENOMINATO «LOAN FACILITY AGREEMENT» STIPULATI IN DATA 8 MAGGIO 2010 (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 3505)

A.C. 3505 - Parere della I Commissione

PARERE DELLA I COMMISSIONE SULLA PROPOSTA EMENDATIVA PRESENTATA

NULLA OSTA

sull'emendamento contenuto nel fascicolo n.1.

A.C. 3505 - Articolo unico

ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE NEL TESTO DELLA COMMISSIONE IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

Art. 1.

1. È convertito in legge il decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro.
2. A decorrere dalla data della loro entrata in vigore, piena ed intera esecuzione è data all'accordo denominato «Intercreditor Agreement» stipulato in data 8 maggio 2010, con il quale gli Stati membri dell'area euro, ad eccezione della Grecia, hanno concordato i reciproci diritti e doveri con riferimento al funzionamento del programma di prestiti bilaterali alla Grecia, e all'accordo denominato «Loan Facility Agreement» stipulato in data 8 maggio 2010, con il quale la Grecia e la Banca di Grecia in qualità di agente della prima, da un lato, e i rimanenti Stati membri dell'area euro e KfW, per conto della Repubblica Federale di Germania, dall'altro, hanno concordato i reciproci diritti e doveri in relazione ai prestiti bilaterali erogabili in favore della Grecia nell'ambito del medesimo programma triennale coordinato dalla Commissione europea.
3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

ARTICOLI DEL DECRETO-LEGGE NEL TESTO DEL GOVERNO

Art. 1.

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano con riferimento al programma triennale di sostegno finanziario mediante prestiti bilaterali alla Grecia, definito ai sensi della dichiarazione dei Capi di Stato e di Governo degli Stati membri dell'Unione europea facenti parte dell'area euro assunta a Bruxelles il 25 marzo 2010 e delle conseguenti decisioni dell'Eurogruppo adottate l'11 aprile e il 2 maggio 2010.

Art. 2.

1. Con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze è disposta per la durata del programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia di cui all'articolo 1 l'erogazione di prestiti in favore della Grecia fino al limite massimo complessivo di euro quattordici miliardi e ottocento milioni a condizioni conformi a quelle definite con le deliberazioni assunte dai Capi di Stato e di Governo dell'area euro e dai rispettivi Ministri delle finanze ai sensi dell'articolo 1.
2. In relazione a ciascuno dei prestiti di cui all'articolo 1, le risorse necessarie per finanziare le relative operazioni di prestito sono reperite mediante le emissioni di titoli di Stato a medio-lungo termine, destinando a tale scopo tutto o parte del netto ricavo delle emissioni stesse. Tali importi non sono computati nel limite massimo di emissione di titoli di Stato stabilito dalla legge di approvazione del bilancio e nel livello massimo del ricorso al mercato stabilito dalla legge finanziaria. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.
3. Qualora non si renda possibile procedere mediante le ordinarie procedure di gestione dei pagamenti all'erogazione dei prestiti nei termini concordati, in conformità alle deliberazioni di cui all'articolo 1, i decreti del Ministro dell'economia e delle finanze che dispongono l'erogazione dei prestiti in favore della Grecia autorizzano il ricorso ad anticipazioni di tesoreria, la cui regolarizzazione, con l'emissione di ordini di pagamento sul pertinente capitolo di spesa, è effettuata entro il termine di novanta giorni dal pagamento.

Art. 3.

1. I rimborsi del capitale derivanti dalle operazioni di prestito di cui all'articolo 2 sono versati ad apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato per essere destinati al Fondo per l'ammortamento dei titoli di Stato. I relativi interessi sono versati ad apposito capitolo dello stato di previsione dell'entrata del bilancio dello Stato, per essere riassegnati ai pertinenti capitoli di bilancio ai fini del pagamento degli interessi passivi sui titoli di Stato.

Art. 4.

1. I decreti di cui all'articolo 2 sono comunicati al Parlamento e alla Corte dei conti entro 15 giorni dall'adozione. Il Ministro dell'economia e delle finanze riferisce al Parlamento in seguito a ciascuna erogazione dei prestiti di cui all'articolo 2.

Art. 5.

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

A.C. 3505 - Proposta emendativa

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO UNICO DEL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE

Sopprimere il comma 2.
Dis. 1. 1. Gozi.

A.C. 3505 - Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro,
premesso che:
in seguito alle crisi finanziarie del 2007-2008, di quella attuale e delle crisi del Sud-Est asiatico, dell'America latina e della Russia, è diventato sempre più necessario regolamentare i mercati finanziari controllando fenomeni negativi dovuti alla sempre maggiore internazionalizzazione dei mercati finanziari, come le transazioni finanziarie a breve o brevissimo termine, ma anche attuando modalità alternative per affrontare su scala globale problemi quali la povertà e il degrado ambientale;
nei tre decenni scorsi abbiamo assistito a un progressivo allontanamento dell'economia finanziaria da quella reale, un «divorzio» che ha trasformato profondamente la struttura dell'economia mondiale;
nella maggior parte dei paesi occidentali negli anni '80, ogni controllo sui capitali è stato progressivamente ridotto, come ogni controllo e limitazione alle attività delle banche commerciali e di investimento. Quest'ondata di liberalizzazione ha fatto sì che nel decennio successivo molti paesi in via di sviluppo abbandonassero a loro volta i controlli sui movimenti di capitali;
nel corso degli ultimi anni, in molti paesi, si sono moltiplicate le iniziative anche parlamentari tese a formulare proposte per porre un freno alla speculazione finanziaria internazionale e per prevenire i rischi di destabilizzazione delle valute e delle economie e società nazionali;
tra le proposte più note figura quella avanzata da James Tobin, premio Nobel per l'economia nel 1981. La sua proposta è diventata un po' l'emblema della volontà di riconquistare alla democrazia gli spazi ad essa confiscati dall'espandersi del dominio della sfera finanziaria su scala planetaria, e della volontà di operare una ridistribuzione della ricchezza tra il Nord ed il Sud del mondo, fornendo importanti risorse per finanziare la cooperazione allo sviluppo e la lotta alla povertà;
a partire da quel contributo si è sviluppato un ampio dibattito a livello scientifico internazionale che ha approfondito la concreta praticabilità della Tobin-tax;
certo la Tobin-tax non esaurisce di per sé il dibattito sulla regolazione dell'economia su scala globale, sulla mondializzazione e sulle relazioni Nord-Sud. Ma può costituire un passo in avanti verso la costruzione di un'economia mondiale nella quale la crescita sia messa al servizio di uno sviluppo cooperativo e della riduzione delle ineguaglianze;
più in generale, essa solleva il tema di una nuova architettura finanziaria, economica e sociale internazionale;
oggi, con la mondializzazione, con la crisi dello Stato nazionale (terreno fondamentale e soggetto attivo del Welfare), con lo sviluppo impetuoso dei flussi finanziari, di beni, di servizi e di popolazione, esiste un serio rischio (peraltro già in atto) di ritorno ad un capitalismo senza regole;
dopo lo sganciamento, avvenuto nel 1971, del valore del dollaro USA da quello dell'oro e la liberalizzazione del mercato delle valute, il volume delle transazioni monetarie si è moltiplicato per 100. Il volume delle transazioni sul mercato delle valute è passato da una media di 200 miliardi di dollari al giorno ad una di circa 3.000 miliardi di dollari al giorno (il doppio del nostro Pil nazionale annuale, tanto per avere un'idea della dimensione in gioco);
attualmente, più del 95 per cento delle transazioni finanziarie non hanno nessun legame con lo scambio di merci, di servizi o con investimenti, e sono puramente speculative. Più del 40 per cento di queste transazioni corrispondono a delle operazioni di acquisto e di rivendita che si esauriscono in un periodo inferiore ai 3 giorni, e l'80 per cento del volume globale delle transazioni corrispondono a delle operazioni che si svolgono in meno di una settimana;
l'informatica e le telecomunicazioni hanno dato un impulso fortissimo ad una tendenza che solo 20 anni fa rappresentava un fenomeno marginale. Gli operatori speculano su delle variazioni anche minime dei tassi e dei corsi di cambio tra le valute, anticipandole o provocandole;
le risorse valutarie che le banche centrali possono movimentare equivalgono appena al volume delle transazioni quotidiane sul mercato mondiale. In virtù del loro carattere imprevedibile, questi movimenti di capitali possono in poche ore provocare il crollo di una moneta, la crisi dell'economia di un intero paese e fare sprofondare tutta la sua popolazione nella recessione. Non si tratta di un pericolo astratto: basta avere a mente la crisi messicana del 1995, la crisi del Sud-Est asiatico nel 1997, la crisi russa del 1998, la crisi brasiliana del 1999; e se non vogliamo andare a vedere solo in casa degli altri, basta ricordare il ruolo del Fondo Quorum di Georges Soros nella crisi del Sistema monetario europeo (SME) nel 1993;
dopo la crisi asiatica si era sviluppato un dibattito sulla necessità di una profonda riforma del sistema finanziario e sulla necessità di «una nuova architettura finanziaria internazionale». Sono passati 13 anni, ma niente è cambiato. Il sistema finanziario internazionale è sempre lo stesso, vulnerabile ed esposto oggi come allora agli effetti dei suoi propri eccessi;
la stragrande maggioranza delle transazioni sulle valute (l'82 per cento) viene effettuata su 8 piazze finanziarie, il 96 per cento delle transazioni su 16 piazze: in pratica l'Europa, gli Usa, il Giappone, Hong Kong, Singapore e poco più. Circa il 50 per cento degli scambi avviene all'interno dell'Unione europea e circa l'80 per cento su piazze situate nei paesi del G7 o nell'Unione europea. Questi dati delimitano il terreno d'azione per fare adottare l'imposta Tobin su scala internazionale;
per formulare la sua proposta, James Tobin ha ripreso un'intuizione del 1936 di Keynes, il quale esaminando le cause della crisi del 1929 già all'epoca, proponeva di tassare sia pure in misura ridotta tutte le transazioni finanziarie;
la maggior parte delle speculazioni sul mercato delle valute consiste nel giocare d'anticipo su variazioni anche minime dei tassi e dei cambi delle monete; questa pratica può consentire grossi guadagni a causa delle somme rilevanti impiegate e si possono così determinare reazioni a catena di dimensioni gigantesche;
la proposta della tassa Tobin consiste in un'imposta con un'aliquota molto bassa che non coinvolge gli scambi di beni e servizi e gli investimenti, ma che colpisce le transazioni speculative che operano molteplici andirivieni, operando come un freno per tali pratiche. James Tobin paragonava questa imposta ad «granello di sabbia negli ingranaggi della finanza internazionale»;
se l'aliquota fosse dello 0,1 per cento della Tobin-tax, valutando per un determinato giorno una variazione dello 0,2 per cento del cambio tra due monete, l'operazione di acquisto e di rivendita su 1 miliardo di dollari può fruttare 2 milioni di dollari: l'esatto ammontare dell'imposta. Per l'operatore l'operazione perde il suo interesse ed egli non interverrà sul mercato che per variazioni prevedibilmente superiori allo 0,2 per cento;
gli economisti sostengono che in realtà il potere di dissuasione sarebbe più significativo, perché il differenziale da prendere in considerazione deve fare riferimento al tasso di profitto di un investimento «senza rischio», ad esempio, in titoli del tesoro del paese della moneta di partenza. Si calcola che il potere di dissuasione reale dell'imposta sarebbe superiore per una data operazione al doppio del valore dell'aliquota. L'operazione speculativa, infatti, è «interessante» per gli operatori se il guadagno atteso ha un tasso superiore alla somma della percentuale di profitto dovuto ad un investimento «sicuro» nel paese della moneta di origine al quale va aggiunto il doppio dell'aliquota della Tobin-tax;
per questo gli economisti che sostengono il valore dell'introduzione di questa imposta propongono un'aliquota molto bassa pari allo 0,05 per cento;
gli effetti positivi della Tobin-tax sarebbero tre: una certa stabilizzazione dei flussi finanziari; una maggiore autonomia degli Stati e delle banche centrali nella gestione della propria politica monetaria; la creazione di un gettito importante;
l'obiezione più comune all'introduzione della Tobin-tax è quella che paventa il dirottamento dei flussi finanziari verso i paesi che non applicano tale tassa o verso centri off-shore, cioè verso paesi a regimi fiscalmente privilegiati ossia verso i cosiddetti «paradisi fiscali»;
c'è da considerare che misure simili alla tassa Tobin sono state introdotte negli ultimi anni, in paesi quali il Cile e la Malesia, per scoraggiare i flussi di capitali a breve termine, ad esempio, imponendo una cauzione calcolata come quota percentuale del capitale investito in relazione alla durata dell'impiego, con ricadute positive sulla stabilità monetaria e sugli investimenti;
occorre ricordare anche come diversi ed importanti mercati finanziari applicano già oggi delle imposte sulle transazioni del mercato azionario come a Singapore (0,2 per cento), a Hong Kong (0,4 per cento), negli USA (0,0034 per cento) ed in Francia (dallo 0,6 allo 0,3 per cento a seconda dell'ammontare e della tipologia della transazione);
inoltre, i motivi per cui si utilizzano le grandi piazze finanziarie sono molteplici ed importanti: quali la sicurezza e la struttura evoluta del mercato stesso; caratteristiche che fanno sì che i centri off-shore non possono facilmente sostituire Londra o Wall Street. Peraltro una misura dissuasiva può essere quella di tassare con un'aliquota alta tutte le uscite di capitali da un centro off-shore verso una grande piazza finanziaria;
queste misure aiuterebbero anche l'azione dei governi nel quadro della lotta internazionale al riciclaggio del denaro sporco;
un movimento a favore della Tobin-tax si è sviluppato da diversi anni in diversi paesi. Fuori dall'Unione europea l'iniziativa più importante è rappresentata dall'approvazione da parte del Parlamento canadese, nel marzo 1999, con una maggioranza dei due terzi, di una mozione a favore dell'introduzione di questa imposta. Altre iniziative hanno interessato i Parlamenti del Brasile e perfino il Congresso degli Stati uniti;
il governo finlandese si è pronunciato a favore dell'imposta. Dibattiti importanti si sono svolti nella Camera dei comuni; esistono intergruppi parlamentari e sono state presentate mozioni in tal senso in vari Parlamenti europei (Francia, Belgio, Italia, eccetera);
una nuova opinione pubblica mondiale chiede una gestione diversa della mondializzazione dell'economia, che costruisca una nuova solidarietà internazionale sui terreni della lotta alla povertà e per lo sviluppo umanamente sostenibile;
ultimamente si sono pronunciati a favore di un'imposta sulle transazioni finanziarie sia l'ex-premier britannico Brown che l'attuale primo ministro tedesco Merkel;
l'introduzione di una imposta sulle transazioni valutarie potrebbe, oltre che diminuire il carico fiscale sui fattori produttivi nazionali (ed europei), fornire risorse per affrontare su scala internazionale problemi che diventano sempre più globali quali la difesa dell'ambiente, la povertà, la cooperazione allo sviluppo, la sicurezza,

impegna il Governo:

a prendere un'iniziativa volta all'introduzione, su scala europea ed internazionale, di un'imposta sulle transazioni finanziarie ed in particolare su quelle a breve o brevissima scadenza, coinvolgendo la stessa Unione europea a partire dal Consiglio europeo, adottando così un'iniziativa utile affinché la Ume provveda ad utilizzare il gettito di tale imposta per progetti europei di grandi infrastrutture, di ricerca, di conversione ecologica del sistema produttivo e per finanziare, con una significativa percentuale del gettito di tale tassazione, la cooperazione allo sviluppo e gli obiettivi del millennio che vede proprio il nostro Paese in grave ritardo rispetto alle scadenze prefissate;
a far sì che questa imposta sia accompagnata da misure di trasparenza e dissuasione contro la criminalità finanziaria, e di contrasto dell'utilizzo a fini elusivi degli Stati o territori con regimi fiscali privilegiati, i cosidetti «paradisi fiscali», a partire da quelli situati in Europa.
9/3505/1.Evangelisti, Di Stanislao, Borghesi, Cambursano, Messina, Barbato.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro,
premesso che:
è stato sufficiente che il mercoledì 28 aprile scorso l'agenzia Standard & Poor's declassasse il debito pubblico spagnolo per fare cadere le quotazioni dell'euro, precipitando i mercati nella sfiducia;
il ministro degli affari esteri, Franco Frattini, ha sostenuto che l'allarme lanciato da Moody's per le banche italiane è «uno dei casi di scuola di attacco speculativo: si diffondono notizie non vere e si provoca una reazione da parte di potenziali speculatori. Immediatamente dopo, un'altra agenzia di rating dice il contrario», riferendosi all'agenzia Fitch;
un allarme che ha chiamato in causa anche il nostro Paese, ma che altre agenzie di rating comunque hanno ridimensionato e sul quale la stessa Moody's ha, dopo appena 24 ore, corretto il tiro;
il rapporto di Moody's che sui rischi per il sistema bancario europeo ha innescato quindi una vera e propria bufera e il «tonfo» delle borse europee, in particolare di quella italiana, è la dimostrazione di come i giudizi delle agenzie di rating rappresentino un fattore che può esacerbare gli animi;
nel maggio 2009 la minaccia che l'agenzia Standard & Poor's tolga una «A» alla Gran Bretagna ha fatto precipitare del 3 per cento in poche ore la Borsa di Londra;
è inaccettabile che il destino dell'Europa dipenda dal giudizio di un'agenzia di rating;
un declassamento quasi automaticamente fa salire i rendimenti necessari per collocare buoni del Tesoro sul mercato;
le agenzie di rating sono società private a scopo di lucro nate con compiti limitati negli Usa negli anni 30, e che, via via, man mano che si sono sviluppati i mercati finanziari globali, hanno assunto un ruolo sempre maggiore e determinante;
le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody's, Standard & Poor's e Fitch;
il rating, che valuta l'entità del rischio di credito, si divide in due principali categorie: il rischio commerciale ed il rischio paese, ma non misura altri tipi di rischi, quali il rischio di tasso o di cambio, eccetera;
molte categorie di investitori devono per legge comprare solo titoli che abbiano un rating, inclusi i titoli del debito pubblico;
in questo modo le agenzie di rating sono diventate la massima autorità nel giudicare perfino gli Stati sovrani misurando la fiducia che si può avere nella loro capacità di ripagare i debiti;
l'indagine avviata dal Senato degli Stati uniti sulle agenzie di rating sta svelando un panorama di incompetenza, collusione, conflitti di interesse;
le agenzie in questione hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi nelle più grandi corporation internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell'attuale crisi finanziaria sistemica globale;
le suddette tre agenzie americane di rating sono una struttura organizzata delle principali banche internazionali che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e di tutti i settori dell'economia sia privata che pubblica;
le tre agenzie in questione non solo non sono qualificate nella pretesa di valutare la solidità economica e finanziaria degli stati e delle imprese, ma sono parte integrante del problema che sta portando il mondo economico verso la crisi sistemica con conseguenze devastanti per l'intera vita economica, sociale e politica del pianeta;
sono emersi anche casi di vera e propria corruzione come nel caso della bancarotta di Lehman dove è risultato che le agenzie di rating davano voti alti a titoli tossici anche se dietro le obbligazioni in questione c'erano crediti irrecuperabili legati ai cosiddetti mutui subprime;
il 93 per cento dei titoli che nel 2006 ebbero il rating della tripla A sono stati in seguito declassati al rango di titoli-spazzatura;
un monitoraggio effettuato dall'Associazione difesa consumatori ed utenti bancari, finanziari ed assicurativi (Adusbef) su oltre 1.000 «report» (consigli per gli acquisti o per le vendite su titoli e/o azioni) emessi a pagamento (quindi con un potenziale conflitto di interessi, a volte anche quando non è stato richiesto) dalle maggiori agenzie di rating, anche di origine bancaria, ha provato che tali rapporti sono risultati errati nel 91 per cento dei casi, efficaci nel 9 per cento;
non è forse un caso che le agenzie di rating abbiano margini altissimi di utile: la sola Moody's denunciava un margine del 37 per cento;
non ritiene sufficiente - anche se costituisce un qualche passo in avanti - la proposta di affidare alla Commissione nazionale per le società e la borsa i poteri di vigilanza e di indagine sulle agenzie di rating in attuazione degli articoli 22,23,24 e 25 del regolamento CE n. 1060 del 2009,

impegna il Governo:

ad intraprendere ogni iniziativa necessaria ad avviare, anche su scala internazionale, una riforma finanziaria che regoli un sistema profondamente corrotto, anche rendendo più facile intentare causa contro le agenzie di rating che agiscono in modo scorretto;
a valutare la possibilità di promuovere un'azione risarcitoria nei confronti della società di rating Moody's riguardo all'esposizione dello Stato italiano ed a eventuali perdite subite dal nostro Paese;
a farsi promotore, in ambito europeo, di una proposta volta all'istituzione di un'agenzia di rating europea che, nel rispetto delle regole imposte dall'Unione europea, tratti in modo trasparente le metodologie di valutazione, rivolgendo altresì l'attività di tale organismo nella valutazione dei debiti sovrani.
9/3505/2.Cambursano, Messina, Barbato, Borghesi.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge di conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro,
premesso che:
nella contingenza in cui si trova oggi l'Europa, con fini anti-speculatori, la Germania ha proibito le vendite allo scoperto sui titoli di Stato dell'area euro; in particolare, tale disposizione è destinata a durare sino a tutto il marzo 2011 vietando parzialmente le vendite di titoli allo scoperto o presi in prestito del debito pubblico degli Stati dell'Eurozona e di certificati di assicurazione riguardanti la loro insolvenza, nonché le azioni delle dieci maggiori società tedesche quotate in Borsa;
la predetta disposizione si applica solo in Germania e, quindi, chi volesse speculare al ribasso su questi titoli potrebbe farlo mediante soggetti finanziari ubicati in altri Stati dell'Eurozona;
se tutti gli Stati dell'Eurozona adottassero una misura analoga, nessuno potrebbe sfuggire a questa regolamentazione, ciò in quanto un operatore che risiede fuori dall'Eurozona per operare su titoli che sono emessi in essa ha bisogno di un operatore della stessa per poterli tradurre in propria valuta;
quella tedesca è una misura opinabile ma è la diretta conseguenza della riluttanza di una parte dei grandi paesi a mettere ordine nel mercato finanziario, riluttanza irresponsabile di cui pagano i conti i cittadini europei;
in Italia, la Consob, ha provveduto, sin dal 2008, ad adottare misure volte a vietare le vendite allo scoperto di titoli, al fine di assicurare l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e l'integrità dei mercati;
la Consob, con le delibere n. 16622, n. 16645, n. 16652, n. 16670, n. 16765, n. 16781, n, 16813 e n. 16904, rispettivamente del 22 settembre 2008, del 1o ottobre 2008, del 10 ottobre 2008, del 29 ottobre 2008, del 30 dicembre 2008, del 29 gennaio 2009, del 26 febbraio 2009 e del 27 maggio 2009, la Consob, per garantire la trasparenza, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, ha adottato misure restrittive in materia di vendite allo scoperto di azioni;
in particolare, con la delibera n. 16971 del 28 luglio 2009, la Consob ha limitato il divieto di vendite allo scoperto alle azioni di società oggetto di aumenti di capitale quotate nei mercati regolamentati italiani e ivi negoziate;
l'articolo 74, commi 1 e 3, del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998, assegna alla Consob il compito di vigilare sui mercati regolamentati al fine di assicurare la trasparenza, l'ordinato svolgimento delle negoziazioni e la tutela degli investitori, adottando, in caso di necessità e urgenza e per le finalità indicate, i provvedimenti necessari;
l'articolo 21, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998, richiede ai soggetti abilitati, nella prestazione dei servizi e delle attività di investimento e accessorie, di comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l'interesse dei clienti e per l'integrità dei mercati,

impegna il Governo

ad adottare ogni iniziativa utile affinché venga adottato in sede europea o per lo meno di Eurogruppo un provvedimento analogo a quello adottato dalla Germania, al fine di prorogare il divieto di vendite allo scoperto di titoli, così come già stabilito dalle delibere citate.
9/3505/3.Messina, Barbato, Borghesi, Cambursano.

La Camera,
in sede di esame del disegno di legge dì conversione in legge del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro,
premesso che:
il decreto-legge in esame rappresenta la partecipazione italiana all'impegno europeo di erogare prestiti bilaterali alla Grecia, al fine di garantire la stabilità finanziaria della zona curo nel suo complesso. Il decreto autorizza il Governo a varare un programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia attraverso l'erogazione di prestiti fino ad un massimo di 14,8 miliardi di euro, così come deciso a livello europeo;
dopo mesi di discussioni, la Grecia ha raggiunto un accordo con il Fondo monetario internazionale, la Commissione dell'Unione Europea e i paesi dell'Unione monetaria europea (Ume): si tratta del primo piano di salvataggio di un paese dell'area euro con un ammontare notevole dei fondi messi a disposizione;
per la prima volta l'Unione monetaria si è dotata, anche se tardivamente, di un meccanismo di stabilizzazione finanziaria che ha la garanzia degli stati membri con il supporto della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale;
è probabile che la crisi economica iniziata nel 2008 non finisca prima del 2011;
nel 2009 la Fed e altre banche centrali hanno attuato delle politiche monetarie espansive che hanno inondato i mercati finanziari di moneta. La Fed ha immesso liquidità in grande quantità sia finanziando le banche a costo zero, sia acquistando titoli pubblici e privati. Lo ha fatto subito dopo lo scoppio della bolla immobiliare per impedire un tracollo del sistema bancario e ha continuato a farlo nel 2009 per incoraggiare la ripresa. Ma ciò che ha soprattutto incoraggiato, è stata la speculazione. Agli speculatori è convenuto indebitarsi in dollari, investito poi in azioni, obbligazioni, derivati, materie prime, petrolio, oro. In tal modo si è formata una nuova bolla speculativa che ha coinvolto tutti i mercati finanziari;
dal gennaio 2009 al gennaio 2010 l'indice Msci delle borse mondiali è passato da un valore di circa 700 a uno di 1195, il prezzo dell'oro a Londra è salito da circa 800 a 1.050 dollari. L'economia reale ha invece stentato a riprendersi nei paesi più sviluppati, specialmente in Europa dove le politiche di stimolo fiscale sono state piuttosto timide;
gli speculatori hanno cominciato così a giocare al ribasso, cioè a scommettere proprio sull'esplosione della bolla. E di conseguenza questa è scoppiata;
non c'è da sorprendersi se l'innesco viene trovato nei cosiddetti PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna), gli anelli deboli dell'Eurozona. Infatti, nessun paese dell'Eurozona può stimolare la propria economia con la politica fiscale se il Pil della Germania non cresce perché il Governo tedesco non ha adottato adeguate politiche espansive. La conseguenza è stata una profonda crisi della produzione industriale (nel 2009 la decrescita del Pil è stata del 6,3 per cento, contro il - 2,7 per cento negli USA) e quindi un balzo in avanti del rapporto debito/Pil nei paesi con debito pubblico più elevato;
i mercati finanziari hanno cominciato ad attaccare i titoli di stato dei paesi più deboli, ma una volta innescata, l'esplosione della bolla si è trasmessa rapidamente. A questo punto gli speculatori scommetteranno sull'approfondimento della crisi industriale. Attaccheranno i titoli bancari nelle borse, poi, prevedendo una restrizione del credito bancario alle imprese industriali, attaccheranno i titoli di queste. Le imprese saranno costrette a ridurre gli investimenti, non solo per mancanza di credito, ma anche perché l'aumento della disoccupazione e le restrizioni fiscali attuate dai governi europei per contrastare la crescita dei debiti pubblici freneranno ulteriormente i consumi;
chi pagherà di più saranno i lavoratori europei, perché in Europa la crisi produttiva si approfondirà più che negli USA e la disoccupazione alimenterà ulteriormente. Ma la crisi europea è la variabile fuori controllo che può fare deragliare anche la ripresa statunitense. Perché più si propaga la sfiducia, più rischia di lambire anche il debito più grande del pianeta, quello USA;
entra nel vivo il confronto sul rafforzamento del controllo dell'Unione europea sui conti pubblici nazionali per evitare il naufragio del colossale piano da 750 miliardi di euro per sostenere i paesi dell'area euro in difficoltà. A tal fine devono essere attuati controlli preventivi sulle politiche di bilancio degli Stati, una stretta alle sanzioni e una serie di verifiche sul debito;
la soglia del 60 per cento nel rapporto debito/Pil diventerà vincolante e i paesi in difetto dovranno attuare un iter accelerato di rientro;
la necessità di agire rapidamente e con determinazione è evidente soprattutto perché il nostro Paese dovrà affrontare prove difficili per risanare la finanza pubblica, rientrare dal debito e rilanciare l'economia;
una delle lezioni della crisi è che occorre rivedere il concetto del Patto di stabilità e crescita e rafforzare il governo economico dell'Unione;
ma non basterà riformare il Patto. Dopo anni d'inerzia e falso europeismo, bisogna ripensare l'Europa dei sedici: rendersi conto che l'euro rappresenta una garanzia importante ma non sufficiente. Occorre intensificare i controlli sulle finanze interne dei singoli Stati, rafforzare il coordinamento tra le varie economie dell'Eurozona, introdurre politiche, procedure, liberalizzazioni e strumenti di welfare comuni. Il nuovo Patto di stabilità richiederà non solo saldi pubblici coerenti, ma anche interventi volti a migliorare la bilancia dei pagamenti e l'export;
non ci può essere un'unione monetaria senza una reale unione economica. Non si tratta di chiedere un governo unico dell'economia né uno stato federale, ma deve esserci una vera governance economica, la sorveglianza del Patto di stabilità deve essere rafforzata, il mercato interno va approfondito e l'armonizzazione va estesa anche a parametri macroeconomici come appunto la crescita, l'inflazione, l'occupazione e la competitività;
bisogna mettere mano ad un più incisivo coordinamento delle politiche economiche dei paesi dell'Europa comunitaria: le singole politiche nazionali devono mettere al centro dei loro programmi l'innovazione, la ricerca e le politiche del lavoro per aumentare la competitività dell'intero sistema europeo e farne così a un tempo un mercato unico ma anche un'area con un tasso di crescita significativo. Sarà questo anche il modo per far avanzare sempre di più l'unità politica dell'Europa battendo tentazioni dei singoli paesi di farsi concorrenza. Oggi il fondo di 750 miliardi è solo una rete di protezione finanziaria ma sarà la convergenza delle politiche economiche ad evitare crisi contagiose del tipo di quella greca;
accanto al coordinamento delle politiche economiche si devono fare concreti passi in avanti anche su una nuova disciplina dei mercati finanziari. Permangono a livello europeo i nodi strutturali dell'integrazione fiscale, della disciplina finanziaria e della stabilità valutaria: tutti aspetti che mettono in luce l'anomalia di un'Europa che continua a poggiare su pilastri istituzionali squilibrati;
resta l'anomalia di una moneta senza Stato, di un euro orfano di un governo. Questa crisi deve servire a rafforzare le istituzioni dell'Europa e ad aiutare i suoi cittadini a capire che l'unione monetaria è anche un'integrazione politica che deve rafforzare i propri meccanismi per prendere decisioni più rapide. Bisogna uscire dalla crisi con un sistema istituzionale rafforzato. Perciò è necessario rafforzare i meccanismi di controllo, non solo per quanto riguarda le finanze pubbliche ma anche sulla competitività;
il rischio sovrano, l'attenzione cioè con cui i mercati guardano al finanziamento dei debiti pubblici, rimarrà per anni. Dopo Grecia, Spagna e Portogallo, anche l'Italia, la Germania e la Francia stanno intervenendo sui conti pubblici. Per l'Italia in particolare si tratta di un ritorno, dopo due anni di finanza pubblica neutrale, alle misure correttive, con un impatto sul Pil tra l'1,5 per cento e il 2 per cento. Per ridurre il debito pubblico con una crescita economica vicina allo zero è necessario che il bilancio primario sia attivo (le entrate pubbliche superino le spese, al netto della spesa per interessi) e sia a un livello più alto dei tassi d'interesse reali. L'Italia deve intervenire drasticamente sul fronte della riduzione delle spese pubbliche improduttive: deve intervenire su tutto ciò che frena la crescita dell'occupazione e degli investimenti e sulla qualità del management e della tecnologia,

impegna il Governo:

ad operare, nell'ambito degli interventi da intraprendere a livello europeo, per:
introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie (compravendita di titoli, azioni, obbligazioni, valute, e di ogni altro prodotto finanziario, ...) valida per tutti paesi dell'eurogruppo (da proporre anche al G20 destinando il gettito di tale imposta a progetti europei di grandi infrastrutture, alla ricerca, a progetti di conversione ecologica del sistema produttivo ed alla cooperazione allo sviluppo;
la costituzione di un Agenzia di rating europea;
la ridiscussione dei criteri di cui al Trattato di Maastricht mettendo tra le priorità la questione occupazionale, nonché la funzione della Banca centrale europea che deve essere più orientata allo sviluppo anziché al solo controllo dell'inflazione;
l'armonizzazione fiscale europea ad iniziare dall'Iva;
l'emissione di eurobond per finanziare (unitamente alla Tobin-tax) progetti europei di grandi infrastrutture, della ricerca, di progetti di conversione ecologica del sistema produttivo;
la creazione di un Fondo monetario europeo;
la costituzione di un esercito europeo con la contestuale riduzione delle spese militari nazionali.
9/3505/4.Borghesi, Cambursano, Donadi, Di Pietro, Evangelisti, Leoluca Orlando, Messina, Barbato, Cimadoro, Di Giuseppe, Rota, Di Stanislao, Palomba, Favia, Zazzera, Piffari, Scilipoti, Razzi, Monai, Paladini, Porcino, Palagiano, Mura, Aniello Formisano.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro è stata introdotta una disposizione ai sensi della quale, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, è data piena ed intera esecuzione agli accordi denominati «Intercreditor Agreement» e «Loan Facility Agreement» stipulati in data 8 maggio 2010;
i richiamati accordi rivestono una natura affatto peculiare nell'ambito delle fonti del diritto internazionale, non essendo immediatamente riconducibili né al novero dei trattati internazionali stricto sensu né a quello delle fonti disciplinate dai relativi trattati, rappresentando piuttosto una fonte comunitaria atipica;
i pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, anche alla luce di tali considerazioni, hanno evidenziato l'esigenza di un ulteriore approfondimento in ordine alle richiamate disposizioni del disegno di legge di conversione;
non si è ritenuto, tuttavia, di addivenire ad una modifica del testo del disegno di legge di conversione, in considerazione dell'opportunità di assicurare la conversione del decreto-legge nel quadro dell'attuale situazione economica e finanziaria internazionale e della possibilità di considerare comunque la formula utilizzata idonea ad assicurare l'attuazione degli impegni assunti dall'Italia in sede comunitaria;
l'ordine di esecuzione contenuto nell'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione non può intendersi in senso tecnico, ma rappresenta un mero rinvio ai contenuti degli accordi stipulati in ambito comunitario,

impegna il Governo

ad individuare, per il futuro, procedure che tengano conto della peculiare natura di accordi analoghi a quelli richiamati dal disegno di legge in esame.
9/3505/5.Marinello, Gioacchino Alfano, Borghesi, Cambursano, Bitonci, Ciccanti, Baretta.

La Camera,
premesso che:
nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 maggio 2010, n. 67, recante disposizioni urgenti per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'area euro è stata introdotta una disposizione ai sensi della quale, a decorrere dalla data della loro entrata in vigore, è data piena ed intera esecuzione agli accordi denominati «Intercreditor Agreement» e «Loan Facility Agreement» stipulati in data 8 maggio 2010;
i richiamati accordi rivestono una natura affatto peculiare nell'ambito delle fonti del diritto internazionale, non essendo immediatamente riconducibili né al novero dei trattati internazionali stricto sensu né a quello delle fonti disciplinate dai relativi trattati, rappresentando piuttosto una fonte comunitaria atipica;
i pareri espressi dalle Commissioni in sede consultiva, anche alla luce di tali considerazioni, hanno evidenziato l'esigenza di un ulteriore approfondimento in ordine alle richiamate disposizioni del disegno di legge di conversione;
non si è ritenuto, tuttavia, di addivenire ad una modifica del testo del disegno di legge di conversione, in considerazione dell'opportunità di assicurare la conversione del decreto-legge nel quadro dell'attuale situazione economica e finanziaria internazionale e della possibilità di considerare comunque la formula utilizzata idonea ad assicurare l'attuazione degli impegni assunti dall'Italia in sede comunitaria;
l'ordine di esecuzione contenuto nell'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione non può intendersi in senso tecnico, ma rappresenta un mero rinvio ai contenuti degli accordi stipulati in ambito comunitario,
la disposizione di cui al richiamato comma 2, configurando un ordine di esecuzione, sia pure atipico, di accordi internazionali non appare adeguata alla natura giuridica degli accordi in base all'ordinamento dell'Unione europea;
in ogni caso, la presenza dell'ordine di esecuzione non appare appropriata dovendo gli accordi menzionati dal comma 2 essere qualificati non come accordi internazionali ma, più correttamente, come atti atipici strettamente strumentali al funzionamento dell'Unione economica e monetaria;
tale ultima qualificazione è confermato anche dal fatto che gran parte degli altri Stati contraenti hanno dato attuazione ai medesimi accordi con norme di legge ordinarie senza fare ricorso allo strumento della ratifica;
sia il primo dei due accordi, firmato dai rappresentanti dei Governi dell'eurogruppo, sia il secondo - che ne costituisce un'attuazione ed è sottoscritto in loro nome dalla Commissione europea - danno diretta ed espressa esecuzione a decisioni di natura politica dell'eurogruppo e dei Capi di stato e di Governo dell'area euro;
in particolare, il 2 maggio 2010 gli Stati membri dell'Eurogruppo, hanno all'unanimità concordato di contribuire mediante prestiti bilaterali ad un programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia per un importo massimo complessivo di ottanta miliardi di euro;
dando seguito a tale accordo, con una dichiarazione del 7 maggio 2010 dei Capi di Stato e di Governo della zona euro, ciascuno dei medesimi Stati si è impegnato a partecipare immediatamente al prestito in favore della Grecia in base alla rispettiva quota nel capitale della Banca centrale europea ed ad intraprendere i passi necessari a livello nazionale per essere autorizzato ad erogare il prestito in tempi rapidi;
gli accordi costituiscono dunque un'esplicazione delle competenze dell'Eurogruppo, espressamente riconosciute dal protocollo n. 14, allegato al Trattato di Lisbona;

impegna il Governo

ad individuare, per il futuro, procedure che tengano conto della peculiare natura di accordi analoghi a quelli richiamati dal disegno di legge in esame.
9/3505/5.(Nuova formulazione) Marinello, Gozi, Gioacchino Alfano, Borghesi, Cambursano, Bitonci, Ciccanti, Baretta.

La Camera,
premesso che:
la formulazione letterale dell'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione, inserito nel corso dell'esame al Senato, configura, come conformato anche dalla riformulazione del titolo del provvedimento, un ordine di esecuzione dell'accordo «Intercreditor Agreement», stipulato l'8 maggio 2010, con il quale gli Stati membri dell'area euro hanno concordato i reciproci diritti e doveri con riferimento al funzionamento del programma di prestiti bilaterali alla Grecia, e all'accordo «Loan Facility Agreement», stipulato nella stessa data, con il quale la Grecia e la Banca di Grecia in qualità di agente della prima, da un lato, e i rimanenti Stati membri dell'area euro e KfW, per conto della Repubblica Federale di Germania, dall'altro, hanno concordato i reciproci diritti e doveri in relazione ai prestiti bilaterali erogabili in favore della Grecia nell'ambito del medesimo programma triennale;
la disposizione di cui al richiamato comma 2, configurando un ordine di esecuzione, sia pure atipico, di accordi internazionali non appare adeguata alla natura giuridica degli accordi in base all'ordinamento dell'Unione europea e non risulta conforme né all'ordinamento dell'Unione europea né al dettato costituzionale;
ove gli accordi indicati dal comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge fossero qualificabili quali accordi internazionali essi, ai sensi dell'articolo 80 della Costituzione, essi dovrebbero essere sottoposti a ratifica;
la presenza di un ordine di esecuzione in un disegno di legge di conversione è inoltre in evidente contrasto con l'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione, tra cui figurano anche i disegni di legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali;
in ogni caso, la presenza dell'ordine di esecuzione non appare appropriata dovendo gli accordi menzionati dal comma 2 essere qualificati non come accordi internazionali ma, più correttamente, come atti atipici strettamente strumentali al funzionamento dell'Unione economica e monetaria;
tale ultima qualificazione è confermato anche dal fatto che gran parte degli altri Stati contraenti hanno dato attuazione ai medesimi accordi con norme di legge ordinarie senza fare ricorso allo strumento della ratifica;
sia il primo dei due accordi, firmato dai rappresentanti dei Governi dell'Eurogruppo, sia il secondo - che ne costituisce un'attuazione ed è sottoscritto in loro nome dalla Commissione europea - danno diretta ed espressa esecuzione a decisioni di natura politica dell'Eurogruppo e dei Capi di stato e di Governo dell'area euro;
in particolare, il 2 maggio 2010 gli Stati membri dell'Eurogruppo, hanno all'unanimità concordato di contribuire mediante prestiti bilaterali ad un programma triennale di sostegno finanziario alla Grecia per un importo massimo complessivo di ottanta miliardi di euro;
dando seguito a tale accordo, con una dichiarazione del 7 maggio 2010 dei Capi di Stato e di Governo della zona euro, ciascuno dei medesimi Stati si è impegnato a partecipare immediatamente al prestito in favore della Grecia in base alla rispettiva quota nel capitale della Banca centrale europea ed ad intraprendere i passi necessari a livello nazionale per essere autorizzato ad erogare il prestito in tempi rapidi;
gli accordi costituiscono dunque un'esplicazione delle competenze dell'Eurogruppo, espressamente riconosciute dal protocollo n. 14, allegato al Trattato di Lisbona;
alla luce di queste argomentazioni, la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 del disegno di legge di conversione rivela evidenti e preoccupanti lacune nella conoscenza dell'ordinamento dell'Unione europea da parte dei competenti uffici del Governo, nonché una carenza di coordinamento tra il Ministero degli esteri e le amministrazioni di settore,

impegna il Governo:

ad assicurare che la disposizione di cui all'articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione non sia intesa quale ordine di esecuzione in senso tecnico, ma quale un mero rinvio ai contenuti degli accordi ivi menzionati ai fini della piena attuazione delle disposizioni recate dal decreto-legge in esame;
ad adoperarsi affinché i competenti uffici del Governo, in sede di attuazione di atti anche atipici dell'Unione europea, segnatamente nell'ambito dell'Unione economica e monetaria, dispongano di un'adeguata conoscenza dell'ordinamento dell'Unione europea e dei suoi atti giuridici.
9/3505/6.Gozi.

La Camera,
premesso che:
la crisi che si è abbattuta sulla Grecia, mettendone in ginocchio l'economia, ha costretto i paesi dell'Eurozona, ad assumere con tempestività ed urgenza, nel rispetto degli obblighi comunitari e nello spirito di solidarietà e di responsabilità cui deve conformarsi il loro agire comune, un Piano straordinario di sostegno alla Grecia, necessario non solo per riportare l'economia greca sui giusti binari, ma anche per preservare la stabilità dei paesi dell'Eurozona che rischiano di farsi contagiare dalla crisi greca e per difendere l'unità della moneta unica;
alla luce degli impegni assunti in sede comunitaria, le autorità di governo devono individuare in maniera chiara ed efficace tutte le misure necessarie per garantire il rafforzamento del Patto di stabilità e la vigilanza sui conti pubblici, onde evitare pesanti ricadute sull'economia del nostro Paese, già fortemente debilitata e, soprattutto, delle autonomie locali,

impegna il Governo

ad avviare, nel quadro delle politiche comunitarie, un'intensa attività di collaborazione con il sistema delle autonomie territoriali che, attraverso il coinvolgimento delle istituzioni pubbliche e private, abbia come obiettivo quello di salvaguardare i comuni virtuosi e di consentire loro, nella logica del Patto di stabilità, di rispettare gli impegni assunti, onde realizzare quel complesso di interventi e di opere già programmate nei piani triennali annessi all'approvazione dei bilanci preventivi.
9/3505/7.Mario Pepe (PD).

MOZIONI OLIVERIO ED ALTRI N. 1-00366, DI GIUSEPPE ED ALTRI N. 1-00385, RUVOLO ED ALTRI N. 1-00386, REGUZZONI ED ALTRI N. 1-00387, MOSELLA ED ALTRI N. 1-00388, BECCALOSSI ED ALTRI N. 1-00389 E MISITI ED ALTRI N. 1-00390 CONCERNENTI MISURE DI SOSTEGNO PER I SETTORI AGRICOLO ED AGROALIMENTARE

Mozioni

La Camera,
premesso che:
la recessione economica in Italia ha causato una perdita del prodotto interno lordo del 5 per cento e non sembra essersi arrestata, visto che il quarto trimestre del 2009 si è chiuso con un altro segno negativo;
l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, con quattro effetti principali: diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese, peggioramento del margine di filiera, allargamento della forbice tra prezzi al consumo e prezzi agricoli alla produzione e diminuzione dei redditi;
il valore aggiunto del settore è diminuito del 5 per cento, frutto di una contrazione della produzione agricola e di una riduzione dei prezzi all'origine, a fronte di una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi;
il settore del frumento è in forte contrazione, sia sul fronte dei prezzi sia su quello delle produzioni, per effetto dei minori investimenti;
tra le altre produzioni mediterranee, consistenti flessioni dei listini si sono registrate per il vino, la frutta e l'olio, che segna anche un calo accentuato in termini di produzione;
i prezzi agricoli sono diminuiti del 16,3 per cento nel 2008 e del 6,1 per cento nel 2009, con punte del 200 per cento per il grano duro;
la diminuzione dei prezzi agricoli, del fatturato e dei redditi è stata aggravata dallo sgonfiamento della «bolla» agricola del 2008 e la crisi economica ha appesantito la situazione economica delle imprese agricole;
la diminuzione dei prezzi nel 2009 è stata causata anche da fattori strutturali, indipendenti dalla crisi; ad esempio, nel settore vitivinicolo lo squilibrio tra domanda e offerta persiste da anni. A ciò si aggiunge una crescente competizione a livello europeo e mondiale, frutto della liberalizzazione degli scambi e della diminuzione dei costi di trasporto, che hanno avuto un ruolo considerevole nella diminuzione dei prezzi agricoli;
il margine di filiera, cioè della differenza tra i prezzi al consumo e quelli all'azienda, è aumentato del 13,9 per cento per l'insieme dei prodotti agricoli, con punte del 60,1 per cento per cereali e derivati, del 27,2 per cento per frutta ed agrumi e del 25,7 per cento per vini e spumanti, mentre gli aumenti sono generalmente più contenuti per i comparti zootecnici;
il reddito agricolo reale per lavoratore (dati Eurostat) ha subito una notevole diminuzione: nel 2009 si è contratto di oltre un quarto (-25,3 per cento) rispetto al 2008, anno in cui invece era cresciuto, seppur di poco. La contrazione dei redditi in Italia è più del doppio di quella media europea (-12,2 per cento);
la situazione del credito in agricoltura è peggiorata: il tasso di crescita tendenziale del credito nel settore agricolo si è più che dimezzato, passando dal 5,9 per cento del 2007 al 2,7 per cento dei primi nove mesi del 2009;
la crisi ha colpito tutta l'agricoltura, ma, in particolare, i settori cerealicolo, oleicolo, frutticolo, lattiero-caseario, tabacchicolo, bieticolo-saccarifero e della pesca;
la situazione di difficoltà delle imprese è generalizzata in tutta l'Italia, ma colpisce più pesantemente il Sud Italia, dove si concentrano i settori più colpiti dalla diminuzione dei prezzi: grano duro, vino, ortofrutta, olio di oliva;
l'agricoltura italiana necessita di politiche strutturali e di imprese che facciano scelte strategiche e coraggiose, in grado di rilanciare la competitività e la produttività del comparto con scelte imprenditoriali basate su nuove strategie che mettano al centro la ricerca e l'innovazione;
l'agricoltura oggi ha bisogno di un approccio multifunzionale e intersettoriale che tenga conto delle interconnessioni che esistono con la tutela dell'ambiente e la salvaguardia del territorio, con la sicurezza alimentare e la tutela della salute dei cittadini;
il settore agroalimentare del nostro Paese sta sperimentando, in modo sempre più pervasivo, la presenza di fenomeni di illegalità e di criminalità, che alterano la libera e leale competizione tra le imprese del settore e determinano forme di lavoro irregolari, spesso gestite da organizzazioni malavitose; tale situazione, particolarmente grave nelle regioni meridionali, si manifesta con pesanti elementi di condizionamento dell'attività economica, del controllo delle filiere di produzione e di commercializzazione dei prodotti agroalimentari;
è iniziato in sede comunitaria il processo di revisione della politica agricola comune, che avrà delle ripercussioni sul sistema agroalimentare italiano: è necessario che il Parlamento avvii al più presto una comune riflessione, al fine di creare le condizioni per tutelare l'agricoltura italiana, per rilanciare il settore agroalimentare e per accompagnare le imprese in un percorso di innovazione che favorisca il ricambio generazionale e incrementi la redditività delle aziende agricole;
il Governo ha scelto una linea minimalista per intervenire sulla crisi, senza una vera politica anticiclica, lasciando andare naturalmente il corso delle cose, senza correzioni rilevanti dal punto di vista delle tendenze che si stanno manifestando;
secondo i firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo non ha adottato alcun provvedimento per contrastare la crisi del settore agricolo, mancando una strategia di politica agraria e di indirizzi per l'imprenditoria agricola; non solo, il Governo manifesta continue difficoltà a mantenere gli impegni consolidati di finanza pubblica per l'agricoltura, come documentano le incertezze generate sul fondo di solidarietà nazionale, sugli sgravi degli oneri sociali per i territori svantaggiati e di montagna e sugli interventi programmati nel settore bieticolo-saccarifero;
il fondo di solidarietà nazionale è rimasto senza risorse pubbliche per tutto il 2009, con grave incertezza per le imprese agricole; gli stanziamenti triennali previsti dalla legge finanziaria per il 2010, ampiamente propagandati dal Governo, dovranno servire a coprire la totale assenza di risorse del 2009 e saranno, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, del tutto insufficienti a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012; infatti, a fronte di un fabbisogno annuo di circa 230 milioni di euro, lo stanziamento ammonta a 165 milioni di euro per il 2010 e di 131 milioni di euro per il 2011 e il 2012;
nel settore bieticolo-saccarifero non sono stati mantenuti gli impegni del Governo relativamente agli aiuti nazionali al settore derivanti dall'attuazione dell'organizzazione comune di mercato dello zucchero e, ad oggi, al settore mancano 65 milioni di euro per finanziare le ultime due campagne produttive;
l'applicazione nazionale dell'health check della politica agricola comune, in particolare l'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, è stata attuata in totale assenza di un quadro strategico, con dieci tipologie di misure e una distribuzione a pioggia delle risorse; l'articolo 68 andrà ad erogare pagamenti esigui, con grandi difficoltà burocratiche per le imprese, per Agea e gli organismi pagatori; inoltre, il Governo è stato costretto a modificare l'applicazione dell'articolo 68 a febbraio 2010, quando gli agricoltori avevano già operato le scelte colturali, creando ulteriori difficoltà alle imprese agricole;
nel settore lattiero-caseario, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, il Governo si è limitato ad interventi ad personam, con una distribuzione dell'aumento di quote-latte ai produttori «irregolari», anziché alle imprese più virtuose, determinandone la caduta del prezzo; alcuni provvedimenti, in attuazione del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, non hanno trovato concreta applicazione, a cominciare dalla conclusione dell'iter delle istanze di rateizzazione;
nel settore lattiero-caseario il Governo non ha adottato alcuna politica di contrasto alla crisi, ad eccezione della distribuzione a pioggia di 23 milioni di euro messi a disposizione dall'Unione europea, che andrà ad erogare ai produttori di latte un contributo insignificante di 0,002 euro per chilo, a dimostrazione della mancanza di un disegno strategico e dell'incapacità di andare oltre ad una politica, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, appare esclusivamente «populista»;
nel settore suinicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa per fronteggiare la crisi dei prezzi;
nel settore cerealicolo il Governo non ha adottato alcuna iniziativa a fronte del crollo dei prezzi, soprattutto nel grano duro, settore che ha toccato il minimo storico dei prezzi, addirittura al di sotto del prezzo del grano tenero;
nel settore tabacchicolo il Governo non è riuscito ad ottenere dalla Commissione europea quanto aveva promesso in merito alla misura agroambientale, lasciando il settore nella totale incertezza; la campagna 2010 del tabacco si apre con il rischio del totale smantellamento della filiera;
nel settore ortofrutticolo il Governo non è intervento per contrastare la caduta dei prezzi alla produzione: nessun intervento è stato posto in essere per ottenere dalla Commissione europea misure di gestione della crisi di mercato;
nel settore vitivinicolo il Governo mostra, sempre ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, l'assenza di qualsiasi politica strategica di contrasto al calo dei consumi, alle difficoltà nelle esportazioni e allo squilibrio strutturale tra domanda e offerta, ad eccezione della mera applicazione degli strumenti messi a disposizione dell'organizzazione comune di mercato del vino; in molte zone d'Italia le cooperative vitivinicole sono sull'orlo del fallimento e non remunerano le uve conferite dai soci;
negli altri settori il Governo si è limitato ad attuare le decisioni comunitarie, con grande enfasi propagandistica, ma senza una strategia che possa contribuire a contrastare la crisi;
a tutt'oggi manca un disegno organico di rilancio e sviluppo del settore agroindustriale, a differenza degli altri Paesi europei, in particolare la Francia, la Spagna e la Germania, che hanno predisposto una pianificazione strategica nazionale e hanno stanziato ingenti risorse per sostenere il settore agricolo;
il Governo continua ad ignorare il settore agricolo anche nella manovra presentata con il decreto-legge n. 78 del 2010, che non dispone nessuna misura di sviluppo per il comparto, prevedendo solo riduzioni di spesa;
tali carenze sono ancora più pesanti alla luce della grave emergenza che sta vivendo il comparto della pesca, che la normativa europea inchioda al rispetto di nuove e più rigide regole; se tale processo non sarà adeguatamente governato, guidando il settore verso nuove modalità di gestione dell'attività produttiva e definendo un nuovo ruolo delle imprese ittiche nella filiera, i contraccolpi socioeconomici e occupazionali derivanti da tale cambiamento saranno devastanti,

impegna il Governo:

ad adottare, nell'immediato, un pacchetto di politiche di intervento pubbliche per l'agricoltura e l'agroalimentare, finalizzate ad assicurare un nuovo quadro di regole condiviso che consenta a tutti gli agenti della filiera agroindustriale di operare in maniera competitiva, attraverso:
a) il potenziamento dei controlli per il miglioramento del funzionamento dei mercati e una maggiore trasparenza, sanzionando gli abusi di posizione dominante, al fine di evitare posizioni speculative, a partire da un deciso intervento del Governo, come avvenuto in Francia con l'autorevole mediazione del Presidente della Repubblica francese, finalizzato alla definizione di un patto interprofessionale che coinvolga per intero le filiere agroalimentari, al fine di stabilizzare i rapporti dal produttore alla grande distribuzione organizzata, sulla base della proposta approvata dalla Conferenza Stato-regioni per fronteggiare la crisi dei prezzi della frutta fresca;
b) la previsione, con la massima urgenza, di un piano di gestione per il settore della pesca che consenta alle imprese ed agli operatori del comparto di far fronte ai nuovi obblighi comunitari, tutelando allo stesso tempo le specificità e le tradizioni del nostro Paese attraverso investimenti mirati per piani di ristrutturazione, l'ammodernamento delle flotte, l'organizzazione di piani di gestione locale, la diversificazione delle attività e la concessione di ammortizzatori sociali anche agli imbarcati a seguito delle misure relative al fermo pesca;
c) l'adozione di aiuti di Stato, recentemente autorizzati dall'Unione europea, fino a 15.000 euro per impresa agricola, per sostenere le imprese agricole maggiormente colpite dalla crisi economica in agricoltura;
d) iniziative volte alla proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali per le aziende che operano in territori svantaggiati e di montagna e dell'«accisa zero» sul gasolio per tutte le imprese e non solo per le serre, allo scopo di garantire una riduzione dei costi;
e) il credito d'imposta per nuovi investimenti produttivi in agricoltura a tutto il territorio nazionale, con priorità agli investimenti che mirano all'aggregazione ed alla concentrazione dell'offerta ed alla stipula di accordi interprofessionali;
f) l'individuazione immediata delle risorse necessarie alla sopravvivenza dei settori bieticolo-saccarifero e tabacchicolo;
g) una modifica urgente delle misure di gestione e di prevenzione delle crisi nel settore europeo degli ortofrutticoli, al fine di rendere più flessibili gli interventi, anche attraverso un adeguamento dei prezzi di ritiro dei prodotti, senza che ciò comporti un aumento dei costi;
h) un programma speciale per affrontare lo squilibrio di mercato nel settore vitivinicolo, per promuovere il consumo responsabile di vino, per contrastare la crisi delle imprese viticole con aiuti di Stato e per stimolare la riorganizzazione delle imprese cooperative di trasformazione;
i) l'attivazione in Europa del processo negoziale necessario per individuare, così come accaduto per la crisi del settore lattiero nell'autunno 2009 sotto la spinta dei Paesi del Nord Europa, un pacchetto di misure e aiuti a sostegno delle produzioni mediterranee (frumento, olio, ortofrutta) fortemente colpite dalla crisi economica;
l) l'adozione immediata di tutti i provvedimenti attuativi a sostegno dei produttori lattiero-caseari previsti dall'articolo 8-septies (disposizioni finanziarie) del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, ossia:
1) l'istituzione di un apposito conto di tesoreria destinato anche ad interventi nel settore lattiero-caseario, rivolti alle operazioni di ristrutturazione del debito e all'accesso al credito;
2) l'emanazione del decreto del ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali recante criteri e modalità per l'utilizzo delle risorse precedenti;
3) l'emanazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze per l'assegnazione dei 45 milioni di euro a favore dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge n. 119 del 2003;
m) l'adozione di un provvedimento che abbia l'obiettivo di rendere trasparente il mercato dei prodotti suinicoli mediante l'etichettatura all'origine per contrastare la concorrenza sleale che oggi determina una grave crisi del settore;
n) un programma di sostegno al processo di internazionalizzazione delle imprese agroalimentari italiane per migliorare la loro capacità di inserimento nei mercati esteri, attraverso nuove partnership commerciali, nuove relazioni bilaterali, assetti societari volti al radicamento e al controllo del prodotto italiano sui mercati esteri;
o) l'accesso al credito e la ristrutturazione finanziaria delle imprese agricole con la trasformazione del debito con gli istituti bancari dal breve a medio e lungo termine e con agevolazioni sui finanziamenti destinati alla trasformazione di esposizioni debitorie contratte con istituti di credito con l'assistenza del fondo riassicurativo presso l'Ismea, per una seria ed efficace politica del credito, che consenta di utilizzare tale strumento come antidoto contro necessità di tipo congiunturale e per fronteggiare la volatilità dei prezzi;
p) una maggiore efficienza dei sistemi di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
q) opportune iniziative normative per il ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale, al livello di 230 milioni di euro annui, allo stesso livello di quello degli anni 2006-2008;
r) la creazione di un quadro istituzionale che consenta lo sviluppo di un sistema efficiente ed efficace di assicurazione dell'impresa contro i rischi economici e ambientali;
s) una maggiore efficienza e razionalizzazione delle istituzioni della pubblica amministrazione e degli enti collegati al ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, in particolare di Buonitalia per la promozione delle produzioni nazionali nel mondo, del Centro di ricerca agroalimentare (Cra), da lungo tempo in attesa di un effettivo rilancio, e di Agea, per velocizzare e anticipare i pagamenti dei fondi europei (politica agricola comune, programma di sviluppo rurale ed altri), nonché un significativo snellimento degli adempimenti burocratici a carico delle aziende;
t) la realizzazione di una politica nazionale che, nell'ambito del piano nazionale d'azione sulle energie rinnovabili, fornisca regole, condizioni e tempi certi per lo sviluppo delle risorse di biomassa, l'applicazione di dispositivi per la sostenibilità di biocarburanti e delle filiere di biometano, anche nell'ottica di incrementare le fonti di reddito degli agricoltori, facendo sì che l'insieme delle energie alternative realizzabili sul territorio aperto tenga conto della compatibilità e della salvaguardia del sistema agricolo nazionale e che il reddito derivante da tali attività sia inteso prevalentemente ad integrazione e non a sostituzione delle attività agricole.
(1-00366)
(Nuova formulazione) «Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Boccia, Laganà Fortugno».
(12 maggio 2010)

La Camera,
premesso che:
la crisi che ormai da mesi sta gravemente interessando i principali settori dell'agricoltura sta colpendo duramente i nostri agricoltori, senza che all'orizzonte si intravedano vie di uscita. È una situazione che diventa ogni giorno sempre più difficile e complessa e, soprattutto davanti al disinteresse del Governo, che, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, non ha compreso la reale portata dei problemi delle imprese agricole, c'è bisogno di politiche e strategie economiche di ampio respiro che coinvolgono tutto il sistema produttivo del Paese;
in questa fase l'agricoltura è stata pesantemente interessata dalla crisi, il che ha causato tre effetti principali: la diminuzione del fatturato delle imprese, il peggioramento del margine di filiera e della forbice tra prezzo al consumo e prezzo agricolo alla produzione e la diminuzione dei redditi;
le imprese devono fronteggiare una situazione pesantissima: i costi produttivi sono arrivati a livelli insostenibili, gli oneri sociali sono sempre più gravosi, mentre i prezzi sui campi continuano a scendere in maniera preoccupante e gli adempimenti burocratici creano non poche difficoltà. I redditi, nonostante la crescita del 2008, scontano i crolli registrati negli ultimi anni. Le risposte del Governo sono state, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, parziali, riduttive o sbagliate;
la Confederazione italiana agricoltori rileva che il calo complessivo per i prezzi agricoli all'origine, ad aprile 2010, è stato del 4,5 per cento. E questo fa seguito ad una flessione del 9,6 per cento nel mese di marzo 2010 e del 13,4 per cento del 2009. Una caduta libera che, sommata all'aumento dei costi produttivi, contributivi e burocratici, ha determinato un taglio netto (meno 20,6 per cento solo nel 2009) dei redditi degli agricoltori, sempre più in grande affanno;
in Italia l'incremento dei prezzi nel settore agroalimentare è determinato, oltre che da fattori strutturali, quali l'eccessiva lunghezza delle filiere produttive, la scarsa propensione all'associazionismo tra produttori, l'inadeguatezza e arretratezza delle infrastrutture logistiche e di trasporto, la scarsa informazione dei consumatori, anche dalla proliferazione dei comportamenti speculativi;
l'incremento dei prezzi al consumo ha creato una ricchezza che si è dissipata nella filiera produttiva, senza arrivare al primo anello della catena, ovvero al produttore agricolo e zootecnico. Al contempo, a causa dell'aumento dei prezzi di acquisto dei fattori di produzione, sopportato dalle aziende agricole, la redditività delle stesse si è ridotta drasticamente. Gli attori che hanno subito maggiormente gli effetti del rialzo dei prezzi sono stati, quindi, gli estremi della filiera produttiva: il consumatore e il produttore;
bisogna dare un sostegno agli agricoltori e ai destinatari finali dei prodotti, ovvero ai consumatori: i primi devono poter vedere assicurate condizioni necessarie per poter competere sui mercati, a fronte di un adeguato investimento, mentre ai secondi è doveroso garantire il diritto ad una trasparente informazione, unitamente alla corretta formazione del prezzo;
è da sottolineare anche la carenza di efficaci meccanismi di monitoraggio e di controllo dei prezzi dei prodotti agroalimentari, nonché la fragilità dell'apparato ispettivo e sanzionatorio;
la fragilità dell'organizzazione della filiera distributiva e la scarsa propensione all'aggregazione in determinate aree regionali e subregionali meridionali, dove il contesto ambientale è fortemente influenzato dalla criminalità organizzata (ma ormai si registrano infiltrazioni criminali anche in alcuni importanti mercati del Centro-Nord), la quale ha assunto un ruolo centrale nel controllo dei mercati ortofrutticoli e florovivaistici, nella gestione delle fasi di intermediazione logistica e del trasporto, nella proprietà diretta di ipermercati e di diverse attività di ristorazione, con possibilità enormi di incidere sulla fissazione dei prezzi dei prodotti e di promuovere condotte monopolistiche;
oltre a un prezzo equo, la seconda condizione da garantire per il consumatore è un'adeguata informazione, tale da permettergli di compiere scelte consapevoli al momento dell'acquisto. A questo proposito la tracciabilità del prodotto risulta fondamentale nella sua funzione di garante della sicurezza alimentare e della qualificazione del prodotto stesso. Infatti, la possibilità di identificare, documentare e comunicare tutti i percorsi che un prodotto segue, dal primo momento fino all'acquisto da parte del consumatore, può portare alla realizzazione di un chiaro ed inequivocabile elemento identificativo (etichetta), che, oltre ad accompagnare il prodotto di qualità, deve anche saper giustificare le difformità tra i prezzi e lasciare la scelta finale e informata all'utente;
il reddito dei produttori agricoli italiani, secondo i dati 2009 resi noti dall'Eurostat, ha segnato un calo del 20,6 per cento rispetto al 2008. Il quadro risulta ancora più grave se si prende in esame il periodo 2000-2009: in dieci anni nelle campagne è stato bruciato quasi il 36 per cento dei redditi, a fronte di una crescita di oltre il 5 per cento della media europea;
l'attuale situazione economica ha influito negativamente sui redditi degli agricoltori, ma ha costituito un ulteriore ostacolo per i giovani imprenditori agricoli. In Italia il ricambio generazionale in agricoltura permane sempre ai livelli più bassi d'Europa. Il numero dei conduttori agricoli sotto i 40 anni rappresenta il 6,9 per cento, con un costante trend in diminuzione dagli anni 2000. Di contro quelli con età superiore a 65 anni sono oltre il 44 per cento del totale;
occorre, per questo motivo, sviluppare politiche ed interventi che diano impulso all'imprenditoria giovanile, affinché si favorisca sia il ricambio generazionale che la ristrutturazione fondiaria, per costituire nuove imprese agricole di più grandi dimensioni ed indirizzi produttivi, al fine di garantire una soddisfacente sostenibilità economica;
nel nostro Paese sussistono, infatti, molte difficoltà legate all'insediamento giovanile. Tra queste ci sono la scarsa mobilità fondiaria e l'accesso al bene terra, gli alti costi di avviamento, l'incertezza delle prospettive economiche, la scarsità di formazione e di servizi di consulenza adeguati. Ostacoli ai quali si aggiungono gli oneri amministrativi connessi all'esercizio dell'attività agricola, gli elevati prezzi di affitto e di acquisto dei terreni, gli alti costi dei macchinari e, in generale, degli investimenti;
nonostante l'impegno unanime svolto della Commissione agricoltura della Camera dei deputati, per individuare le migliori soluzioni per affrontare la crisi e rafforzare tale settore, c'è sempre stato il problema di coprire le necessarie risorse finanziarie. Si possono elaborare i migliori progetti, ma, se sono insufficienti le risorse, il lavoro diventa inutile e le varie proposte si arrestano;
ogni manovra varata da parte del Governo non ha fatto altro che tagliare risorse vive all'agricoltura. La legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria per il 2010), ha tolto agli agricoltori risorse per oltre un miliardo di euro, tra cui 450 milioni di euro dei fondi per le aree sottoutilizzate, 550 milioni di euro per la cancellazione del «bonus gasolio» e la fine delle agevolazioni contributive a favore degli agricoltori nelle zone montane e svantaggiate a decorrere dal 1o agosto 2010. A questi si aggiungono il crollo dei prezzi sui campi (meno 13,4 per cento nel 2009), gli aumenti dei costi produttivi, contributivi e burocratici (oltre il 10 per cento) e la caduta verticale dei redditi (meno 20,6 per cento). Il quadro - confermato sia dall'Istat che dall'Ismea - è chiaro: il mondo agricolo è in piena emergenza;
con il fondo di solidarietà nazionale, così come sottofinanziato dalla legge finanziaria per il 2010, non si copre neanche il 30 per cento delle necessità;
in particolare, la filiera bieticolo-saccarifera in Italia è interessata da una gravissima crisi, che rischia definitivamente di compromettere il futuro del settore e di provocare il degrado di una consistente superficie di terreno agricolo di pregio e la perdita di posti di lavoro. Malgrado gli impegni assunti dal Governo, nulla è stato fatto in tal senso ed ancora mancano gli 86 milioni di euro che l'Esecutivo si era impegnato a reperire;
nel settore della pesca le limitazioni che l'Unione europea pone a salvaguardia di alcune specie in squilibrio biologico, unitamente ad uno spostamento significativo del mercato verso prodotti ittici semilavorati e sfilettati di importazione, stanno mettendo in crisi un comparto che invece dovrebbe trovarsi nelle migliori condizioni per soddisfare il consumo crescente di prodotti ittici;
come si stanno trovando i fondi per altri settori, anche per l'agricoltura occorre individuare le risorse indispensabili per un settore in tracollo, con la chiusura di migliaia di imprese, soprattutto quelle che operano nelle zone di montagna e nei terrori svantaggiati;
sono necessarie politiche e strategie economiche di ampio respiro, che rimuovano gli eccessi burocratici di cui sono vittime le imprese agricole, che aiutino l'agricoltura italiana a gestire il cambiamento e a cogliere le opportunità offerte dalla politica agricola comune, ancora pochissimo esplorata, e che coinvolgano tutto il sistema produttivo del Paese,

impegna il Governo:

ai fini di un rilancio del settore in termini di competitività, ad adottare gli opportuni interventi nel settore agroalimentare, tenendo conto delle seguenti priorità:
a) rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
b) sostenere la filiera agricola e, in particolare, la competitività del settore agroalimentare e della pesca per i prodotti del made in Italy;
c) migliorare la competitività dei sistemi agricoli ed agroindustriali, in un contesto di filiera, attraverso l'introduzione di innovazioni, il rafforzamento delle funzioni commerciali, la gestione integrata in tema di qualità, sicurezza ed ambiente, anche al fine di ridurre il quantitativo di rifiuti da smaltire, il consumo delle risorse naturali e il potenziale inquinante;
d) emanare uno specifico provvedimento volto ad estendere l'obbligo dell'indicazione di origine in etichetta a tutti i prodotti agroalimentari, istituendo un sistema obbligatorio di tracciabilità della filiera, intendendosi per tale l'insieme di atti e di procedure diretto ad assicurare la conoscenza del luogo di origine e di provenienza di un prodotto, nonché a garantire la trasparenza;
e) assumere iniziative necessarie a definire una normativa penale adeguata per colpire i gravi fenomeni di criminalità organizzata che si registrano nel mercato del lavoro agricolo;
f) incentivare e motivare l'ingresso dei giovani nell'imprenditoria del settore e, quindi, favorire un auspicato ricambio generazionale e l'aumento delle dimensioni delle imprese agricole;
g) favorire l'aggregazione tra gli agricoltori come nuovo strumento di sviluppo, al fine di creare migliori condizioni di competitività, attraverso un maggiore e coordinato controllo dell'offerta, sia da un punto di vista logistico che di specializzazione del lavoro;
h) adottare le opportune iniziative normative al fine di stabilizzare le agevolazioni contributive per le imprese agricole operanti in determinate zone svantaggiate e prevedere una loro estensione a tutte le piccole e medie imprese agricole;
i) prestare maggiore attenzione alla dimensione problematica degli infortuni in agricoltura, anche al fine di elevare la sicurezza dei lavoratori e la qualità del lavoro in questo settore;
l) attuare opportune iniziative per il ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale, al fine di dare piena attuazione ai meccanismi di gestione del rischio in agricoltura per far fronte ai sempre più frequenti e devastanti cambiamenti climatici;
m) individuare le risorse necessarie per consentire il rifinanziamento del fondo per la razionalizzazione e la riconversione della produzione bieticolo-saccarifera;
n) sostenere in via prioritaria alcuni settori strategici, soprattutto per lo sviluppo ed il rilancio dell'agricoltura del Mezzogiorno, tra cui i settori ortofrutticolo, vitivinicolo e cerealicolo, con l' obiettivo di sostenere alti standard di prodotto idonei a soddisfare i requisiti del mercato su tutto il territorio;
o) assumere iniziative per avviare un processo negoziale in Europa necessario per individuare misure e aiuti a sostegno delle produzioni mediterranee fortemente colpite dalla crisi economica;
ad adottare iniziative volte a risolvere i problemi del settore della pesca, come la ristrutturazione e il salvataggio delle imprese in crisi, nonché la rimodulazione degli investimenti strutturali del fondo europeo per la pesca, favorendo la possibilità di integrazione del reddito mediante lo sviluppo di attività di itticoltura.
(1-00385)
(Nuova formulazione) «Di Giuseppe, Rota, Borghesi, Donadi, Evangelisti».
(10 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
il settore agroalimentare rappresenta un tessuto produttivo di oltre un milione di imprese, che costituiscono il 16 per cento del totale delle imprese italiane;
vi è un comparto agroalimentare industriale con più di 70 mila imprese, che vale complessivamente oltre 220 miliardi di euro;
nel made in Italy è il secondo comparto, dopo il manifatturiero, in termini di contributo all'economia nazionale, con un'incidenza pari al 15 per cento del prodotto interno lordo;
la crisi economica internazionale ha avuto in Italia pesanti ripercussioni, soprattutto nel settore agricolo, con conseguenze ed effetti pesanti in alcuni settori, quali la diminuzione dei prezzi agricoli e del fatturato delle imprese e la diminuzione dei redditi;
l'economia e le imprese agricole e agroalimentari sono sottoposte, al pari di ciò che sta accadendo al sistema economico nazionale, in modo diretto e indiretto, alle gravissime conseguenze della crisi mondiale economico-finanziaria, i cui segnali sono ben manifesti;
le imprese agricole, costrette sempre più spesso all'indebitamento, stanno incontrando difficoltà crescenti in termini occupazionali e di accesso al credito;
in Italia nel 2009 la diminuzione dei prezzi, della produzione e dei redditi è stata la conseguenza di altri fattori che prescindono dalla crisi: il settore vitivinicolo è caratterizzato ormai da anni da un forte squilibrio tra domanda ed offerta, senza considerare una sempre più forte competizione a livello sia europeo che mondiale dovuta al regime di liberalizzazione degli scambi e della riduzione dei costi di trasporto;
è soprattutto il Sud d'Italia a fare le spese di tale crisi, perché proprio lì si concentrano i settori maggiormente colpiti dalla recessione economica: olio d'oliva, vino, grano e generi ortofrutticoli;
secondo il rapporto del Fondo monetario internazionale, i prezzi delle materie prime alimentari sono destinati a restare sotto pressione e «giocare» adesso con l'inflazione dei prezzi delle materie prime significa innescare una nuova crisi, perché si va a stravolgere il sistema produttivo e la precaria stabilità sociale;
fino ad oggi la politica del Governo di intervento sulla crisi è stata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, insufficiente e senza una strategia mirata al ripristino della competitività del settore agricolo e agroalimentare;
in particolare, gli agricoltori e le loro organizzazioni attendevano dal Governo un pronunciamento chiaro su temi come il rifinanziamento del fondo di solidarietà e le agevolazioni fiscali e previdenziali per le zone svantaggiate e per il settore bieticolo-saccarifero che si trova da tempo in notevole difficoltà,

impegna il Governo:

ad adottare tempestivamente provvedimenti per l'agricoltura e l'agroalimentare, al fine di stabilire un nuovo regime condiviso che permetta a tutta la filiera agroalimentare e agroindustriale di operare di nuovo in maniera competitiva;
ad individuare un disegno di rilancio e di sviluppo del settore in questione come è stato fatto in Paesi quali la Francia, la Spagna e la Germania, che hanno stanziato importanti risorse per il sostegno del settore agricolo, mediante:
a) maggiori controlli per migliorare il funzionamento dei mercati e una maggiore trasparenza;
b) iniziative volte alla proroga degli sgravi contributivi per i territori montani e le aree svantaggiate;
c) il reperimento delle risorse necessarie alla sopravvivenza del settore bieticolo-saccarifero;
d) provvedimenti mirati ad affrontare e contrastare la crisi delle aziende viticole, attraverso politiche di sostegno;
e) una maggiore efficienza dei sistemi di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
f) iniziative finalizzate al ripristino dello stanziamento del fondo di solidarietà nazionale al livello di 250 milioni di euro annui;
g) una maggiore efficienza e velocità relativamente ai pagamenti del programma di sviluppo rurale, i cui ritardi sono dovuti principalmente ad un'eccessiva burocrazia ed a problemi di carattere politico ed amministrativo.
(1-00386)
«Ruvolo, Vietti, Naro, Lusetti, Delfino, Compagnon, Ciccanti, Volontè, Galletti, Libè, Rao, Mereu, Cera».
(10 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
lo stato di difficoltà in cui, da tempo, si trova la nostra agricoltura ha la sua più evidente rappresentazione nella squilibrata distribuzione del valore all'interno delle filiere agroalimentari, che, per ogni euro speso per il consumo di beni alimentari, vede 60 centesimi andare a retribuire la fase della distribuzione, 23 quella dell'industria alimentare e appena 17 la fase agricola;
l'attuale squilibrata distribuzione del valore all'interno delle filiere agroalimentari è, in parte, da considerare la diretta ed inevitabile espressione di processi fisiologici, conseguenti lo sviluppo economico che, nel corso del tempo, hanno determinato una sorta di «terziarizzazione» delle filiere medesime, evidenziando la differente evoluzione dell'organizzazione economica realizzata dalle imprese in esse operanti e, in specie, acuendo il contrasto tra il sostanziale mantenimento del modello produttivo agricolo, fondato su imprese di piccola dimensione a conduzione familiare, e la tendenza alla concentrazione delle componenti industriali e distributive, che, a monte e a valle, hanno stretto l'agricoltura in una morsa di progressivo peggioramento delle ragioni di scambio, che, a sua volta, ha dato luogo ad un crescente squilibrio di forza contrattuale, che è, poi, alla base della sfavorevole distribuzione del valore di cui sopra;
il carattere strutturale degli squilibri all'interno delle filiere agroalimentari è confermato dall'evoluzione di medio/lungo periodo dell'andamento dei redditi agricoli, che, nel periodo compreso tra il 2000 ed il 2009, ha mostrato pesanti segni di cedimento;
il superamento, o almeno l'attenuazione, delle già evidenti, nonché crescenti, difficoltà dell'agricoltura ad ottenere livelli di reddito sufficienti per remunerare adeguatamente la propria fase produttiva è strettamente legato alla possibilità che la stessa agricoltura riesca ad accrescere il proprio peso contrattuale e, quindi, riesca a migliorare la propria organizzazione economica, all'interno delle filiere agroalimentari;
il rafforzamento della componente agricola all'interno delle filiere agroalimentari è da considerare una priorità di politica economica generale, in quanto l'agricoltura è la componente centrale di un sistema socioeconomico complesso, che include l'insieme delle attività economiche, che vanno dalla fornitura dei fattori produttivi agricoli al consumo finale dei prodotti agroalimentari e che vale circa 240 miliardi di euro, pari al 15 per cento del prodotto interno lordo;
l'accordo sull'health check ha costituito l'atto conclusivo del lungo processo di revisione della politica agricola comune, che era stato avviato, nel 1992, con la «riforma Mac Sharry» e che ha condotto ad un nuovo assetto della stessa politica agricola comune, nella quale sono state, di fatto, smantellate tutte le tradizionali misure a sostegno dei mercati ed è stata, per contro, realizzata una nuova articolazione fondata su due sole linee di intervento destinate, rispettivamente, al pagamento di aiuti diretti al reddito degli agricoltori ed alle cosiddette politiche di sviluppo rurale;
nonostante la lunga fase di riforma della politica agricola comune possa ritenersi conclusa, resta, comunque, viva l'attenzione rispetto al ruolo ed al peso che le politiche agricole dovranno avere nel futuro contesto comunitario, tanto è vero che, a livello europeo, è attualmente in corso una consultazione popolare sulla politica agricola comune, i cui risultati saranno utilizzati dalla Commissione europea per mettere a punto un documento di riflessione e di proposte sulla politica agricola comune del futuro, del quale è stata già annunciata la presentazione entro il 2010;
nell'attuale contesto, caratterizzato dalle difficoltà economiche generali, il Governo ha fornito le risposte necessarie, non solo per fare fronte alle emergenze, ma anche per impostare una politica di sviluppo di lungo periodo, realizzando importanti accordi in sede europea ed internazionale (accordo sull'health check, G8 agricolo) e rafforzando e conferendo stabilità ad importanti strumenti di politica agraria nazionale (il potenziamento dei controlli sulla sicurezza alimentare, la stabilizzazione dell'aliquota irap, il rifinanziamento, per tre anni, del fondo di solidarietà nazionale);
nel quadro del nuovo assetto dell'intervento comunitario a sostegno dell'agricoltura, raggiunto con l'health check, nonché nella prospettiva dei futuri adeguamenti che si potranno rendere necessari dopo il 2013, appare necessario rafforzare il già rilevante impegno di questa prima parte di legislatura ed avviare un profondo ripensamento delle politiche agrarie nazionali e regionali, che, ancor più che in passato, dovranno essere particolarmente attente a modulare i loro interventi, in funzione della necessità di cogliere la dimensione territoriale dell'agricoltura e di creare le condizioni necessarie, affinché le diverse forme di agricoltura presenti sul territorio nazionale possano avviare e sostenere processi di sviluppo fondati sulla valorizzazione delle loro risorse endogene e, quindi, in forma coerente, rispetto alle loro esigenze e potenzialità,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative, anche solo di carattere normativo, mirate a favorire il miglioramento dell'organizzazione economica delle imprese agricole all'interno delle filiere agroalimentari e, in specie, ad accrescerne il ruolo ed il peso contrattuale all'interno delle filiere medesime, nonché a ridurre le distanze tra la fase produttiva agricola ed il consumo finale;
ad adottare tutte le iniziative necessarie per valorizzare l'origine agricola dei prodotti agroalimentari e per evidenziare, anche attraverso specifiche campagne di comunicazione, l'importanza del rapporto che lega l'attività agricola al territorio ed alla qualità dei prodotti alimentari;
a rafforzare ulteriormente le politiche di tutela e di controllo della qualità dei prodotti agricoli e di contrasto alla contraffazione ed all'«agropirateria» sui mercati interni ed esteri;
a sostenere l'internazionalizzazione delle imprese, anche attraverso il rafforzamento delle politiche di promozione dei prodotti agroalimentari italiani sui mercati esteri;
a considerare, nell'ambito di ogni provvedimento di politica economica, la componente agricola e rurale, tenendo conto dell'importanza dell'agricoltura nelle dinamiche di sviluppo territoriale e, in specie, del ruolo che la stessa è in grado di svolgere nell'ambito delle politiche energetica (energie da fonti rinnovabili), di rivitalizzazione delle aree interne, montane e svantaggiate in genere, di recupero delle zone periurbane e, più in genere, delle zone colpite da fenomeni di degrado ambientale;
a riferire periodicamente e tempestivamente al Parlamento riguardo alle evoluzioni dell'attuale processo di adeguamento della politica agricola comune ed alle posizioni che si intendono assumere.
(1-00387)
«Reguzzoni, Fogliato, Callegari, Negro, Rainieri, Luciano Dussin, Lussana, Montagnoli, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Bragantini, Brigandì, Buonanno, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Cota, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Fugatti, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».
(10 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
con decisione del Consiglio dell'Unione europea del 20 febbraio 2006, sono stati definiti gli orientamenti strategici comunitari per lo sviluppo rurale, per il periodo 2007-2013, da cui sono emersi alcuni obiettivi principali sui quali vi è stata ampia convergenza: il mercato e le politiche di sviluppo rurale devono tendere ad uno sviluppo sostenibile, mostrando particolare riguardo alla promozione di prodotti sani e di qualità elevata, di metodi produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale, incluse la produzione biologica, le materie prime rinnovabili e la tutela della biodiversità;
da questo punto di vista l'azione della politica agricola comunitaria si concentra su determinati aspetti: competitività, ricerca e innovazione del settore agricolo e forestale; miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale; qualità della vita nelle zone rurali;
queste ultime, infatti, secondo una definizione dell'Ocse, costituiscono il 92 per cento del territorio dell'Unione europea, laddove il 19 per cento della popolazione vive in zone prevalentemente rurali e il 37 per cento in zone significativamente rurali; queste zone producono un valore aggiunto lordo pari al 45 per cento dell'Unione europea e garantiscono il 53 per cento dei posti di lavoro, ma risultano essere in ritardo per quanto riguarda tutta una serie di indicatori socioeconomici, rispetto alle altre zone non rurali; ne consegue che il reddito pro capite è di circa un terzo più basso nelle zone rurali;
inoltre, l'allargamento dell'Unione europea ha, in un certo modo, modificato la situazione dell'agricoltura europea, dal momento che nei vecchi Paesi membri rappresenta il 2 per cento del prodotto interno lordo, nei nuovi Paesi il 3 per cento, con picchi di oltre il 10 per cento in Paesi quali Romania e Bulgaria; anche il livello di occupazione nel settore agricolo segue un andamento simile, per cui nei nuovi Paesi è pari al 12 per cento, al 4 per cento in quelli vecchi e molto più elevato risulta essere in Romania e Bulgaria;
sebbene queste siano le intenzioni dell'Unione europea, ormai da alcuni anni il settore agricolo è al centro di continue difficoltà, rappresentate dapprima, tra la fine del 2006 e l'inizio del 2008, dalla bolla dei prezzi delle materie prime e delle commodity agricole (in particolare cereali) e, successivamente, proprio mentre la bolla si andava sgonfiando e i prezzi agricoli erano in forte discesa, si sono verificati gli effetti della crisi economica, con una contrazione del prodotto interno lordo, che nel 2009 è stata pari al -0,8 per cento a livello mondiale e al -4,8 per cento in Italia; e, benché tutti gli indicatori congiunturali indichino che il punto più basso del ciclo economico è stato toccato nel maggio del 2009, le conseguenze in termini reali sono tuttora evidenti e il peggio in termini occupazionali, con l'ulteriore riduzione dei redditi e dei consumi che ne deriva, si sta manifestando proprio nel corso del 2010;
nel corso della crisi dell'economia mondiale l'attenzione si è concentrata, soprattutto, sui settori dell'industria e dei servizi, sia per l'entità della contrazione della produzione del comparto manifatturiero (con una perdita cumulata del -16,8 per cento nei cinque trimestri della crisi), sia per il peso preponderante dei servizi nell'economia nazionale; invece, scarsa attenzione è stata dedicata all'impatto della crisi economica sul settore agricolo, in considerazione del fatto che l'agricoltura è stata tradizionalmente considerata come un settore anticiclico, ossia un settore che per le sue caratteristiche sarebbe in grado di assorbire e attutire gli shock macroeconomici, sia in un senso che nell'altro, e che, dunque, finirebbe con l'andare in controtendenza rispetto al ciclo economico generale: crescendo di meno quando l'economia tira e soffrendo di meno nelle fasi di recessione;
se è vero che l'agricoltura ha resistito meglio di altri settori, in forza di una maggiore flessibilità nell'utilizzo delle risorse, a partire dal lavoro, ed in virtù di un sistema di solidarietà familiare che ha contribuito a limitare le difficoltà di ricorso al credito, ciò non vale per i prezzi, che mostrano una variabilità molto più accentuata rispetto ad altri settori;
l'impatto della crisi sull'agricoltura è aggravato dal fatto che essa si inserisce in un quadro già difficile caratterizzato da prezzi fortemente calanti e da problemi specifici di alcune filiere (ad esempio, latte e zootecnia); inoltre, gli effetti negativi si fanno sentire maggiormente sulle aziende strutturate di medie e grandi dimensioni, che producono merci indifferenziate (commodity); soprattutto, la crisi mette in evidenza i mali antichi del settore agroalimentare; in particolare la presenza di una struttura di mercato largamente imperfetta lungo tutta la filiera;
nei cinque trimestri di recessione, la perdita cumulata dell'output agricolo è stata del -3 per cento, la perdita in termini di numero di imprese attive del settore agricolo è stata pari al -1,8 per cento; infine, nello stesso periodo, caratterizzato da perdita di occupazione in tutti i settori, si registra che la caduta dell'occupazione agricola rallenta (il tasso medio annuo passa dal -1,3 per cento, nel periodo che va dal primo trimestre 2000 al primo trimestre 2008, al -0,6 per cento del periodo della crisi); viceversa, la perdita di occupazione nell'industria si approfondisce drammaticamente, nonostante l'ampio ricorso agli ammortizzatori sociali (con un tasso medio annuo che passa dallo 0,7 per cento del periodo precedente alla crisi al -2,7 per cento durante i trimestri di recessione), mentre l'occupazione nei servizi diminuisce sensibilmente (dall'1,8 per cento del periodo pre-crisi al -0,6 per cento della crisi), ma con un certo ritardo, grazie alla maggior tenuta del lavoro nei servizi pubblici; la ragione principale di questa tenuta del settore agricolo dell'occupazione risiede nel tessuto di piccole imprese a conduzione familiare, che rende meno facile l'espulsione di manodopera, come sopra accennato;
nei primi sei mesi del 2009 le esportazioni diminuiscono del 24,2 per cento, con un leggero recupero del saldo negativo commerciale; il dato è leggermente migliore per i prodotti dell'agricoltura e dell'industria alimentare; Cina, India e Brasile determinano un aumento della domanda mondiale di beni di consumo, sostituendo, in parte, nel medio periodo la minore domanda dei Paesi sviluppati maggiormente colpiti dalla crisi; questo comporta una diversa composizione della domanda, con un aumento della domanda di beni primari a scapito di prodotti di alta gamma e di lusso; il made in Italy alimentare si colloca a metà strada tra questi estremi e non a caso soffre nei segmenti di qualità, le dop e le igp e nei tradizionali mercati di sbocco;
il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) sta creando forti preoccupazioni tra gli operatori del settore,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative per liberare l'agricoltura italiana, a partire da quella del Mezzogiorno, da ogni influenza mafiosa e malavitosa, anche costituendo un osservatorio permanente formato con risorse tratte dalle forze di polizia, militari e della giustizia, nonché dagli operatori pubblici e privati del mondo agricolo e dalla società civile, promuovendo contestualmente accordi con le regioni e gli enti locali affinché, secondo le loro competenze, siano coinvolti nell'adozione di un pacchetto di misure a sostegno del settore agricolo fortemente colpito dalla crisi economica;
ad intervenire per contrastare le evidenti anomalie presenti sul mercato alimentare che la crisi rischia di amplificare;
ad attuare politiche atte a limitare la forte volatilità dei prezzi provocata dalle speculazioni di mercato e dal calo dei consumi;
a predisporre le premesse indispensabili perché le imprese agricole possano rilanciare la loro attività produttiva e favorire una nuova occupazione, in modo da essere realmente competitive a livello internazionale;
a sostenere il vero made in Italy attraverso la creazione di una vera e propria filiera agricola tutta italiana, con l'obiettivo di combattere le inefficienze e le speculazioni, di assicurare acquisti convenienti alle famiglie e di sostenere il reddito degli agricoltori;
a mettere in pratica tutte le iniziative necessarie a rendere maggiormente efficiente l'attuale sistema di certificazione, etichettatura e controllo della qualità e dell'origine dei prodotti;
ad assumere iniziative finalizzate a prorogare la fiscalizzazione degli oneri sociali per aziende operanti in territori svantaggiati;
ad adottare rapidamente quegli aiuti di Stato autorizzati dall'Unione europea per il sostegno delle imprese agricole in difficoltà a causa della crisi economica;
a convocare una conferenza nazionale dell'agricoltura ispirata al principio della massima partecipazione sociale e politica;
ad intraprendere ulteriori iniziative a sostegno delle categorie penalizzate dall'entrata in vigore del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo).
(1-00388)
«Mosella, Calgaro, Vernetti, Calearo Ciman, Brugger».
(14 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria congiunturale che ha colpito numerosi Paesi, tra cui l'Italia, insieme alla contrazione del sostegno comunitario all'agricoltura ha indubbiamente avuto effetti negativi sul settore primario italiano;
da alcuni anni si assiste ad un calo costante dei redditi agricoli, a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i costi di produzione, dovuto ad una flessione dei prezzi alla produzione del 12 per cento e ad una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2 per cento;
relativamente al credito in agricoltura si è constatato che l'effetto della crisi ha determinato un progressivo incremento del volume degli oneri finanziari per le aziende agricole, a seguito di un innalzamento del costo medio del finanziamento esterno, e che le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti;
nonostante la crisi, l'Italia ha una quota di export agroalimentare a livello mondiale (5 per cento) in linea con quella di importanti Paesi, come Cina, Spagna e Canada, e superiore ad altri Paesi di rilievo, come Argentina e Australia;
nel mercato internazionale il disavanzo strutturale della bilancia commerciale dell'agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni, passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 miliardi di euro del 2009. Tale riduzione è stata raggiunta, soprattutto, grazie ai prodotti del made in Italy, che non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro, ma che, con un livello delle esportazioni che nel 2009 è stato di 15,5 miliardi di euro, nel corso del quinquennio hanno visto crescere il saldo del 54 per cento;
il Governo, consapevole dell'importanza del made in Italy agroalimentare, ha adottato incisive misure in materia di contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici, rafforzando anche i controlli nel settore;
appare ormai improrogabile costruire un dialogo forte e articolato con le regioni, anche al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari, come pure occorre assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale, anche attraverso la riapertura della delega in materia di modernizzazione del settore e di definizione del codice agricolo;
appare necessario «sburocratizzare» il settore agricolo e rafforzare la rete di servizi a favore delle imprese agricole;
il Governo, seppure costretto a causa della crisi economica e finanziaria a veicolare gli interventi normativi secondo logiche di razionalizzazione delle risorse e di riduzione degli sprechi, è intervenuto con forza per contrastare la crisi nel settore agricolo;
con la legge finanziaria per il 2010 sono stati stanziati complessivamente, per il solo triennio 2010-2012, circa 1 miliardo e 115 milioni di euro per le finalità dei settori agricoli ed agroalimentari;
tra gli interventi non bisogna dimenticare la proroga delle agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate (cosiddette ex Scau), che, tuttavia, appare necessario rinnovare quanto prima, essendo prossima la scadenza di tali agevolazioni;
la legge finanziaria per il 2010 ha anche previsto la destinazione da parte del Cipe di 100 milioni di euro per le esigenze del settore agricolo, proprio al fine di prevedere misure anticrisi nel settore agroalimentare italiano;
il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi attuato con la legge finanziaria per il 2010 è risultato sufficiente sia a coprire i fabbisogni del 2009, sia a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012, essendo stati stanziati 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012. A questi si aggiungono in tabella D della legge finanziaria per il 2010 ulteriori 51,9 milioni di euro per il 2010, 16,7 milioni di euro per il 2011 e 16,7 milioni di euro per il 2010, attinti dal fondo di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, oltre a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto scudo fiscale;
nel «decreto-legge milleproroghe» è stato possibile inserire, grazie all'apporto del Governo, il consolidamento delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (appc) per tutto il 2010;
anche nell'ultimo provvedimento di natura economica del Governo, il «decreto-legge incentivi», sono state stanziate risorse a favore dell'agricoltura, in particolare introducendo incentivi per l'acquisto di nuovi macchinari agricoli;
nella legge comunitaria 2009, approvata definitivamente meno di un mese fa, sono contenute numerose norme per rendere l'agricoltura italiana più competitiva, per aumentare il reddito nel settore primario e per rendere la burocrazia meno oppressiva. Tra gli interventi si ricordano: l'articolo 17 della legge, che consente l'assoggettamento alla dichiarazione di inizio attività per gli impianti per la produzione di energia elettrica con capacità di generazione non superiore ad un megawatt elettrico; la revisione degli incentivi per la produzione di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da biomasse e biogas, al fine di promuovere la realizzazione e l'utilizzazione di impianti in asservimento delle attività agricole; la definizione di alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni vinicole quale bioliquido per scopi energetici. Sempre la legge comunitaria 2009 ha introdotto l'esclusione dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 194 del 2008 sui controlli sanitari ufficiali di tutte le attività dell'imprenditore agricolo comprese nell'articolo 2135 del codice civile, incluse quelle connesse. Ciò ha consentito di escludere dal pagamento del ticket per i controlli sanitari la produzione aziendale di vino, formaggi, olio, salumi ed altro da parte degli imprenditori agricoli;
nel settore bieticolo-saccarifero il Governo ha dimostrato attenzione alle necessità del comparto e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dottor Giancarlo Galan, ha confermato l'impegno a stanziare gli aiuti nazionali autorizzati dalle normative comunitarie per i complessivi 86 milioni di euro relativi agli anni 2009 e 2010, trovando la necessaria copertura finanziaria;
nel settore vitivinicolo, il Governo ha adottato il decreto legislativo «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini», volto a mettere ordine in uno dei settori più prestigiosi e importanti dell'agroalimentare italiano ed incardinato sulla tutela e sulla valorizzazione della qualità di un prodotto d'eccellenza del nostro Paese;
il Governo, nella convinzione che la semplificazione e la conoscibilità delle norme costituiscano un importante volano per lo sviluppo, ha adottato lo schema di decreto legislativo di riordino delle normative sull'attività agricola, il cosiddetto codice agricolo, attualmente in attesa del parere della conferenza unificata, volto a semplificare e accorpare il quadro legislativo dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile a tutti una materia per ora dispersa tra il codice civile, le leggi speciali emanate nel corso di quarant'anni e alcuni commi di leggi finanziarie;
sempre nell'ottica di favorire lo sviluppo mediante la semplificazione del quadro normativo, il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha adottato il cosiddetto decreto unico sulla politica agricola comune, che costituisce il risultato della ricognizione e raccolta in un unico testo coordinato dei decreti ministeriali concernenti l'applicazione italiana della riforma di medio termine della politica agricola comune;
nel settore della pesca il Governo sta agendo con grande risolutezza, cercando di contrastare la gravissima crisi che coinvolge il settore, soprattutto dopo la fine del periodo transitorio di oltre 3 anni di alcune disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), che toccano direttamente più del 25 per cento della nostra flotta peschereccia;
con riferimento alla situazione finanziaria del settore della pesca, la legge finanziaria per il 2010 ha prorogato il programma nazionale triennale della pesca ed il decreto-legge n. 162 del 2008 ha stanziato a favore della pesca 30 milioni di euro, volti a contrastare il «caro gasolio» conseguente all'aumento del prezzo del petrolio;
anche per il 2010 verrà pagato il fermo biologico con le risorse della cassa integrazione in deroga;
relativamente al regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha deciso di attivare le richieste di deroghe consentite dal regolamento comunitario e ha costituito una «unità di crisi», dove, grazie alla presenza delle regioni e delle associazioni professionali, saranno anche vagliate le necessarie e possibili iniziative a sostegno delle imprese e del personale imbarcato;
in merito al «piccolo strascico costiero», il Governo si sta, inoltre, adoperando per individuare le misure in grado di limitare al massimo l'impatto sociale ed economico determinato dalle nuove regole comunitarie ed è in corso un'istruttoria per la messa in opera dei provvedimenti previsti dal fondo europeo per la pesca,

impegna il Governo:

ad operare al fine di proseguire ed implementare l'azione di sostegno all'agricoltura italiana attraverso misure volte a sostenere i settori in crisi, anche attraverso azioni di negoziazione a livello comunitario, con particolare riferimento al settore ittico, lattiero-caseario, cerealicolo, oleicolo, frutticolo;
a promuovere il made in Italy all'estero in modo efficace, anche eliminando duplicazioni di funzioni e razionalizzando l'azione delle amministrazioni coinvolte, mediante la soppressione di Buonitalia s.p.a.;
a promuovere e rafforzare l'accesso al credito degli imprenditori agricoli e a valutare l'opportunità di una detassazione parziale dei redditi, consentendo un aumento della competitività del comparto;
ad intraprendere un costruttivo dialogo con le regioni al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari;
a continuare nell'opera di «sburocratizzazione» in favore delle imprese agricole;
a valutare l'opportunità di stabilizzare gli oneri contributivi per le aree montane e svantaggiate almeno per tutto il 2010;
a reperire con immediatezza le risorse finanziarie necessarie per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero;
ad attivare tutte le iniziative ritenute opportune, normative e negoziali, con l'Unione europea, al fine di ridurre al minimo le conseguenze negative sul settore ittico italiano del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) e di prevedere adeguate risorse finanziarie per tutelare i lavoratori e le imprese del settore.
(1-00389)
«Beccalossi, Baldelli, Sardelli, Bellotti, Biava, Catanoso, D'Anna, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Marinello, Nastri, Nola, Romele, Rosso, Taddei, Gaglione».
(14 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
la crisi economica e finanziaria congiunturale che ha colpito numerosi Paesi, tra cui l'Italia, insieme alla contrazione del sostegno comunitario all'agricoltura ha indubbiamente avuto effetti negativi sul settore primario italiano;
da alcuni anni si assiste ad un calo costante dei redditi agricoli, a causa del notevole differenziale di crescita tra i prezzi dei prodotti ed i costi di produzione, dovuto ad una flessione dei prezzi alla produzione del 12 per cento e ad una riduzione meno marcata dei costi dei mezzi produttivi, in calo solo del 2 per cento;
relativamente al credito in agricoltura si è constatato che l'effetto della crisi ha determinato un progressivo incremento del volume degli oneri finanziari per le aziende agricole, a seguito di un innalzamento del costo medio del finanziamento esterno, e che le erogazioni di credito agrario sono diminuite nel 2009 rispetto agli anni precedenti;
nonostante la crisi, l'Italia ha una quota di export agroalimentare a livello mondiale (5 per cento) in linea con quella di importanti Paesi, come Cina, Spagna e Canada, e superiore ad altri Paesi di rilievo, come Argentina e Australia;
nel mercato internazionale il disavanzo strutturale della bilancia commerciale dell'agroalimentare è andato riducendosi nel corso degli ultimi anni, passando dai quasi 8 miliardi del 2004 ai circa 6,5 miliardi di euro del 2009. Tale riduzione è stata raggiunta, soprattutto, grazie ai prodotti del made in Italy, che non solo presentano un saldo positivo pari a quasi 9,5 miliardi di euro, ma che, con un livello delle esportazioni che nel 2009 è stato di 15,5 miliardi di euro, nel corso del quinquennio hanno visto crescere il saldo del 54 per cento;
il Governo, consapevole dell'importanza del made in Italy agroalimentare, ha adottato incisive misure in materia di contrasto alla contraffazione dei prodotti agroalimentari ed ittici, rafforzando anche i controlli nel settore;
appare ormai improrogabile costruire un dialogo forte e articolato con le regioni, anche al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari, come pure occorre assicurare un quadro normativo organico a supporto del sistema imprenditoriale, anche attraverso la riapertura della delega in materia di modernizzazione del settore e di definizione del codice agricolo;
appare necessario «sburocratizzare» il settore agricolo e rafforzare la rete di servizi a favore delle imprese agricole;
il Governo, seppure costretto a causa della crisi economica e finanziaria a veicolare gli interventi normativi secondo logiche di razionalizzazione delle risorse e di riduzione degli sprechi, è intervenuto con forza per contrastare la crisi nel settore agricolo;
con la legge finanziaria per il 2010 sono stati stanziati complessivamente, per il solo triennio 2010-2012, circa 1 miliardo e 115 milioni di euro per le finalità dei settori agricoli ed agroalimentari;
tra gli interventi non bisogna dimenticare la proroga delle agevolazioni contributive per i datori di lavoro agricoli di zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate (cosiddette ex Scau), che, tuttavia, appare necessario rinnovare quanto prima, essendo prossima la scadenza di tali agevolazioni;
la legge finanziaria per il 2010 ha anche previsto la destinazione da parte del Cipe di 100 milioni di euro per le esigenze del settore agricolo, proprio al fine di prevedere misure anticrisi nel settore agroalimentare italiano;
il rifinanziamento del fondo di solidarietà nazionale-incentivi assicurativi attuato con la legge finanziaria per il 2010 è risultato sufficiente sia a coprire i fabbisogni del 2009, sia a soddisfare i fabbisogni del triennio 2010-2012, essendo stati stanziati 120 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012, a cui si aggiungono le risorse comunitarie attivabili nel contesto dell'organizzazione comune di mercato del settore del vino, pari a 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012. A questi si aggiungono in tabella D della legge finanziaria per il 2010 ulteriori 51,9 milioni di euro per il 2010, 16,7 milioni di euro per il 2011 e 16,7 milioni di euro per il 2010, attinti dal fondo di cui all'articolo 5 della legge n. 183 del 1987, oltre a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012 a valere sulle maggiori entrate derivanti dall'applicazione del cosiddetto scudo fiscale;
nel «decreto-legge milleproroghe» è stato possibile inserire, grazie all'apporto del Governo, il consolidamento delle agevolazioni per la piccola proprietà contadina (appc) per tutto il 2010;
anche nell'ultimo provvedimento di natura economica del Governo, il «decreto-legge incentivi», sono state stanziate risorse a favore dell'agricoltura, in particolare introducendo incentivi per l'acquisto di nuovi macchinari agricoli;
nella legge comunitaria 2009, approvata definitivamente meno di un mese fa, sono contenute numerose norme per rendere l'agricoltura italiana più competitiva, per aumentare il reddito nel settore primario e per rendere la burocrazia meno oppressiva. Tra gli interventi si ricordano: l'articolo 17 della legge, che consente l'assoggettamento alla dichiarazione di inizio attività per gli impianti per la produzione di energia elettrica con capacità di generazione non superiore ad un megawatt elettrico; la revisione degli incentivi per la produzione di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da biomasse e biogas, al fine di promuovere la realizzazione e l'utilizzazione di impianti in asservimento delle attività agricole; la definizione di alcol etilico di origine agricola proveniente dalle distillazioni vinicole quale bioliquido per scopi energetici. Sempre la legge comunitaria 2009 ha introdotto l'esclusione dall'ambito di applicazione del decreto legislativo n. 194 del 2008 sui controlli sanitari ufficiali di tutte le attività dell'imprenditore agricolo comprese nell'articolo 2135 del codice civile, incluse quelle connesse. Ciò ha consentito di escludere dal pagamento del ticket per i controlli sanitari la produzione aziendale di vino, formaggi, olio, salumi ed altro da parte degli imprenditori agricoli;
nel settore bieticolo-saccarifero il Governo ha dimostrato attenzione alle necessità del comparto e il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, dottor Giancarlo Galan, ha confermato l'impegno a stanziare gli aiuti nazionali autorizzati dalle normative comunitarie per i complessivi 86 milioni di euro relativi agli anni 2009 e 2010, trovando la necessaria copertura finanziaria;
nel settore vitivinicolo, il Governo ha adottato il decreto legislativo «Tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini», volto a mettere ordine in uno dei settori più prestigiosi e importanti dell'agroalimentare italiano ed incardinato sulla tutela e sulla valorizzazione della qualità di un prodotto d'eccellenza del nostro Paese;
il Governo, nella convinzione che la semplificazione e la conoscibilità delle norme costituiscano un importante volano per lo sviluppo, ha adottato lo schema di decreto legislativo di riordino delle normative sull'attività agricola, il cosiddetto codice agricolo, attualmente in attesa del parere della conferenza unificata, volto a semplificare e accorpare il quadro legislativo dell'agricoltura italiana, rendendo fruibile a tutti una materia per ora dispersa tra il codice civile, le leggi speciali emanate nel corso di quarant'anni e alcuni commi di leggi finanziarie;
sempre nell'ottica di favorire lo sviluppo mediante la semplificazione del quadro normativo, il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha adottato il cosiddetto decreto unico sulla politica agricola comune, che costituisce il risultato della ricognizione e raccolta in un unico testo coordinato dei decreti ministeriali concernenti l'applicazione italiana della riforma di medio termine della politica agricola comune;
nel settore della pesca il Governo sta agendo con grande risolutezza, cercando di contrastare la gravissima crisi che coinvolge il settore, soprattutto dopo la fine del periodo transitorio di oltre 3 anni di alcune disposizioni contenute nel regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), che toccano direttamente più del 25 per cento della nostra flotta peschereccia;
con riferimento alla situazione finanziaria del settore della pesca, la legge finanziaria per il 2010 ha prorogato il programma nazionale triennale della pesca ed il decreto-legge n. 162 del 2008 ha stanziato a favore della pesca 30 milioni di euro, volti a contrastare il «caro gasolio» conseguente all'aumento del prezzo del petrolio;
anche per il 2010 verrà pagato il fermo biologico con le risorse della cassa integrazione in deroga;
relativamente al regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo), il ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali ha deciso di attivare le richieste di deroghe consentite dal regolamento comunitario e ha costituito una «unità di crisi», dove, grazie alla presenza delle regioni e delle associazioni professionali, saranno anche vagliate le necessarie e possibili iniziative a sostegno delle imprese e del personale imbarcato;
in merito al «piccolo strascico costiero», il Governo si sta, inoltre, adoperando per individuare le misure in grado di limitare al massimo l'impatto sociale ed economico determinato dalle nuove regole comunitarie ed è in corso un'istruttoria per la messa in opera dei provvedimenti previsti dal fondo europeo per la pesca,

impegna il Governo:

ad operare al fine di proseguire ed implementare l'azione di sostegno all'agricoltura italiana attraverso misure volte a sostenere i settori in crisi, anche attraverso azioni di negoziazione a livello comunitario, con particolare riferimento al settore ittico, lattiero-caseario, cerealicolo, oleicolo, frutticolo;
a promuovere il made in Italy all'estero in modo efficace, anche eliminando duplicazioni di funzioni e razionalizzando l'azione delle amministrazioni coinvolte, mediante la soppressione di tutti gli enti o società ritenuti inutili;
a promuovere e rafforzare l'accesso al credito degli imprenditori agricoli e a valutare l'opportunità di una detassazione parziale dei redditi, consentendo un aumento della competitività del comparto;
ad intraprendere un costruttivo dialogo con le regioni al fine di rendere coerenti gli interventi previsti nel piano di sviluppo rurale, evitando il disimpegno dei fondi comunitari;
a continuare nell'opera di «sburocratizzazione» in favore delle imprese agricole;
a valutare l'opportunità di stabilizzare gli oneri contributivi per le aree montane e svantaggiate almeno per tutto il 2010;
a reperire con immediatezza le risorse finanziarie necessarie per la ristrutturazione del settore bieticolo-saccarifero;
ad attivare tutte le iniziative ritenute opportune, normative e negoziali, con l'Unione europea, al fine di ridurre al minimo le conseguenze negative sul settore ittico italiano del regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio (cosiddetto regolamento Mediterraneo) e di prevedere adeguate risorse finanziarie per tutelare i lavoratori e le imprese del settore.
(1-00389)
(Nuova formulazione) «Beccalossi, Baldelli, Sardelli, Bellotti, Biava, Catanoso, D'Anna, De Camillis, De Girolamo, Di Caterina, Dima, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Gottardo, Marinello, Nastri, Nola, Romele, Rosso, Taddei, Gaglione».
(14 giugno 2010)

La Camera,
premesso che:
gli effetti della crisi finanziaria in atto, manifestati anche dalla recessione che attanaglia l'economia a livello mondiale, incluso il nostro Paese, interpretano solo in parte l'eccezionale situazione negativa e penalizzante che sta vessando l'agricoltura italiana e, in particolare, quella meridionale;
nonostante i suddetti scenari negativi, nel Mezzogiorno le nuove imprese agricole sono risultate il doppio di quelle industriali, con l'avvio di 3823 attività in campagna rispetto alle 1607 di tipo industriale nel secondo trimestre del 2009, a conferma che l'economia del Sud può ripartire dall'agroalimentare di qualità, che guarda al mercato e risponde alle domande dei consumatori e che, nonostante le difficoltà infrastrutturali, è importante investire in un territorio che è in grado di esprimere primati gastronomici, alimentari ed ambientali;
inoltre, nel Sud si concentrano circa i due terzi delle coltivazioni biologiche nazionali, con quasi la metà delle imprese agricole nazionali. Il 10 per cento del territorio è coperto da parchi e aree protette, un patrimonio che rappresenta una chance formidabile per generare nuovo sviluppo e opportunità occupazionale attraverso la valorizzazione del rapporto con il territorio, in un sistema integrato che coinvolge tutti i settori, dall'agricoltura all'industria, dalla finanza al commercio fino al turismo, in stretta connessione con le risorse storiche, archeologiche, culturali ed ambientali di cui il Sud è ricchissimo;
l'intento dell'Unione europea di sviluppare una politica estera oltre i confini, allargando il suo spazio economico e commerciale, ha posto all'inizio degli anni '90 del secolo scorso, il bacino mediterraneo in una felice congiuntura ed al centro di un nuovo progetto, quello dell'Euromediterraneo, che si presenta, anche grazie al processo di costruzione del partenariato euromediterraneo (pem), avviato nel 1995 con la Conferenza di Barcellona, come una scommessa sul futuro;
in termini previsionali, nel 2020, il «modello agricolo europeo» dovrebbe essere esteso a modello agricolo euromediterraneo, fattore di coesione interterritoriale e intraterritoriale, orientato ad una sostenibilità reale ed atto a creare una solidarietà di fatto;
il carattere multidimensionale dell'agricoltura nel Mezzogiorno e la sua centralità nell'equilibrio delle società delle economie dell'Europa e del bacino mediterraneo pongono le prospettive di sviluppo del binomio Mezzogiorno-agricoltura in una condizione privilegiata;
il sistema agricolo e della pesca, oltre a rappresentare una componente di rilievo del sistema economico del Mezzogiorno (con una incidenza sul prodotto complessivo doppia rispetto alla media del Paese), ha implicazioni che vanno oltre il suo rilievo economico e riguardano importanti legami con gli aspetti occupazionali, con le relazioni sociali, con il territorio e l'ambiente;
accanto ad alcuni sistemi locali di produzione «eccellenti», nei quali si sono potuti instaurare legami di integrazione verticale con la nascita di veri e propri distretti agroalimentari, vi è un ampio segmento in cui il Mezzogiorno costituisce semplice fonte di approvvigionamento per circuiti industriali o commerciali, collocati in altre aree del Paese o all'estero. L'industria alimentare è, infatti, poco sviluppata ed orientata ai modelli di impresa di piccole e medie dimensioni, con ampio rilievo dell'artigianato. Di conseguenza, permangono una scarsa capacità di realizzare in loco le fasi ad elevato valore aggiunto ed una ridotta propensione all'innovazione di prodotto (prodotti a maggiore contenuto di servizio) e basso associazionismo (l'indice intensità cooperativa è poco più della metà del dato nazionale);
la domanda di prodotti di qualità costituisce una grande opportunità strategica per l'agricoltura del Mezzogiorno, con la possibilità di diversificare profondamente le aree di mercato, attenuando, nel medio e lungo termine, la tradizionale competizione con i Paesi terzi mediterranei per l'accesso ai mercati di massa del Nord Europa e consentendo, invece, l'avvio di una proficua politica di cooperazione nel campo dei servizi commerciali, tecnici e ambientali;
accanto a tale componente del sistema agroalimentare, nuova e crescente importanza viene attribuita allo sviluppo dei «sistemi rurali». L'agricoltura e la pesca possono essere, cioè, intese come erogatrici di una pluralità di servizi (salvaguardia idrogeologica del territorio, gestione del paesaggio, mantenimento della biodiversità, tutela dell'ambiente e altro), interagendo ed integrandosi con altre funzioni produttive (turismo, artigianato e altro). La pesca nelle acque mediterranee sconta i ritardi dell'intero territorio nazionale. Il carattere disomogeneo della flotta è testimoniato dalla frammentazione della struttura produttiva, dalle ridotte dimensioni e dall'elevata età media dei battelli. Debole risulta attualmente il ruolo dell'acquacoltura; solo il 10 per cento delle aree produttive nazionali sono, infatti, localizzate nel Mezzogiorno, lasciando, perciò, intravedere, in corrispondenza di adeguate politiche di promozione, ampie possibilità di crescita;
la scelta del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali di destinare per il 2010 le somme ricavate dall'applicazione dell'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009 e relativo ai cosiddetti «sostegni specifici» in agricoltura è risultata, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, fortemente penalizzante per gli agricoltori e gli allevatori meridionali, oltre che lesiva dei loro diritti, ed ha rappresento per l'intero comparto una vera e propria sottrazione di risorse quantificabile in 30-40 milioni di euro. La stessa, nel non prevedere nessun obiettivo strategico nazionale da perseguire e nessun intervento di politiche di valorizzazione della qualità, del miglioramento della commercializzazione e di compensazione effettiva delle situazioni di svantaggio, si è sostanziata esclusivamente in una diversa riallocazione delle risorse, spostandole dal Mezzogiorno a tutto vantaggio del Nord del Paese, ed ha interessato, soprattutto, i comparti della zootecnia (allevamenti bovini e ovicaprini), dell'olivicoltura, del lattiero caseario e della filiera del tabacco, tutti per lo più concentrati nelle regioni del Nord del Paese;
gli agricoltori e gli allevatori del Mezzogiorno hanno finito con il godere di benefici assolutamente marginali delle suddette misure, pur essendo i principali finanziatori del fondo di cui al suddetto articolo 68, il cui valore si aggira intorno ai 420 milioni di euro e che, per oltre il 60 per cento, è alimentato dal prelievo operato sui premi per i seminativi, per l'olivicoltura, per gli ovicaprini e per l'ortofrutta. Inoltre, il 50 per cento del fondo servirebbe a finanziare gli interventi sulle assicurazioni, finora a totale carico del bilancio dello Stato, e solo una minima parte ritornerebbe alle aziende agricole del Meridione, mentre oltre 90 milioni di euro dei 146 previsti per gli interventi «accoppiati» è destinato alle principali produzioni del Nord, quali bovini da carne e bovini da latte, in coerenza con una scelta politica diretta verso interventi che emarginerebbero le regioni del Mezzogiorno, deficitarie proprio in tali produzioni;
per quanto riguarda l'ortofrutticoltura e l'olivicoltura, fortemente rappresentate nel Sud d'Italia, settori che da soli contribuiscono per oltre il 30 per cento all'intero fondo, è stata riservata la molto limitata somma di 6 milioni di euro per un incentivo ai soli oli d'oliva dop e igp, mentre gli interventi previsti per il grano duro sono stati destinati alle misure agroambientali, prevedendo solo un aiuto agli agricoltori che praticano l'avvicendamento triennale finalizzato alla copertura dei costi supplementari ed alla perdita di reddito connessa alla pratica colturale;
con la legge finanziaria per il 2010 non sono state risolte alcune questioni importanti come: la conferma delle agevolazioni per il gasolio agricolo, sia per l'uso in pieno campo che per l'impiego nelle serre e nel florovivaismo; la garanzia di un'adeguata dotazione finanziaria per il piano irriguo nazionale; la concessione degli sgravi contributivi per la formazione della piccola proprietà contadina, estendendo la validità del vigente sistema di trattamento fiscale ai casi di acquisto di terreni; la proroga del regime fondiario gestito di Ismea, in modo da favorire un miglior dimensionamento delle aziende agricole e l'ingresso dei giovani nel settore; l'adozione di un pacchetto di interventi anticrisi, così come è avvenuto in altri Paesi dell'Unione europea, quali la Francia, la Germania e la Spagna;
inoltre, la stessa legge finanziaria per il 2010 ha cancellato le agevolazioni previdenziali per le imprese agricole che operano nelle aree svantaggiate, comportando un onere aggiuntivo per gli agricoltori di circa 200 milioni di euro l'anno ed ha tagliato anche le agevolazioni fiscali sulle accise del gasolio per le coltivazioni sotto serra, per l'acquisto e la rivalutazione dei terreni agricoli, con un onere di oltre 150 milioni l'anno;
la previsione dell'autorizzazione per il 2010 dell'accesso al fondo di garanzia costituito presso il Mediocredito centrale, per un importo di 20 milioni di euro, al fine di rafforzare le attività del fondo di garanzia nazionale e dei confidi agricoli e favorire l'accesso al credito alle aziende agricole, non ha prodotto i risultati sperati;
il settore agroalimentare in Italia è caratterizzato da una sempre maggiore attenzione del mercato a tutti gli aspetti legati alla qualità del prodotto/servizio acquistato. L'evoluzione dei consumatori, anche per effetto della globalizzazione dei mercati, ha portato ad una crescente richiesta di trasparenza, una «sete» di conoscenza delle caratteristiche dei prodotti e dei processi produttivi a garanzia della qualità e genuinità dei prodotti;
un mercato così evoluto richiede, necessariamente, alle aziende di tutte le dimensioni della filiera la capacità di gestire continuamente cambiamenti organizzativi, relativi sia alle aree di produzione e vendita che ai processi di supporto (approvvigionamento, marketing, gestione del personale e altro);
nel settore agroalimentare, che costituisce uno degli assi portanti della produzione italiana, si segnala, in particolare, un'eccessiva frammentazione degli operatori del settore. Nella filiera che parte dal contadino e arriva sulle nostre tavole, infatti, entrano in gioco una o più industrie di trasformazione, la distribuzione all'ingrosso e al dettaglio e, spesso, anche vari intermediari, che si interpongono fra un anello e l'altro. A fronte di oltre un milione di produttori (includendo anche la pesca), si registrano oltre settantamila fabbriche coinvolte a vario titolo, più di duecentomila fra venditori all'ingrosso, supermercati e negozianti al dettaglio, e altre duecentocinquantamila figure che rivendono alimenti sotto altra forma, come bar e ristoranti, il tutto con l'inevitabile risultato conclusivo di un'eccessiva lievitazione del costo dei prodotti e, quindi, del prezzo finale, al fine di garantire a ciascuno un margine di guadagno;
in questo quadro è da registrare una sostanziale difficoltà da parte delle medie e piccole imprese dell'agroalimentare ad attivare le linee di credito in grado di sostenere gli investimenti. È anche per questo motivo che le aziende hanno, di fatto, bloccato l'attuazione dei piani industriali e di investimento, annunciando alle parti sociali di «attendere tempi migliori» per onorare gli impegni condivisi sul futuro dello sviluppo produttivo ed occupazionale dell'agroalimentare;
la dipendenza dalle politiche agricole dell'Unione europea del settore agroalimentare italiano, ove si alternano politiche protezionistiche sia contro che a favore dei prodotti italiani, crea delle difficoltà nelle analisi previsionali per capire la realtà economica in cui le aziende si devono muovere. Favorevoli all'Italia sono stati i riconoscimenti dei dop e igp da parte dell'Unione europea, che hanno portato aiuti alla produzione e sussidi all'esportazione;
nonostante i suddetti problemi e la crisi finanziaria in atto, alcune aziende italiane hanno fatto dei loro marchi un punto di forza dell'export. Il made in Italy di questo settore è richiesto all'estero non tanto per le materie prime, ma soprattutto per le ricette, la cultura, il lavoro degli imprenditori. Dunque, nel comparto export, negli ultimi mesi, il settore italiano agroalimentare ha, invece, registrato un aumento nelle esportazioni dei prodotti: vino (22 per cento dell'aggregato), frutta fresca e agrumi (14 per cento), pasta (12,4 per cento), legumi e ortaggi inscatolati (9,5 per cento), formaggi e latticini (8,7 per cento), prodotti dolciari (8,3 per cento). È andato bene anche per l'export dei prodotti di alta qualità: doc (denominazione di origine controllata), docg (denominazione di origine controllata e garantita), dop (denominazione di origine protetta), igp (indicazione geografica protetta). Questi prodotti hanno un valore aggiunto per la loro qualità e, di conseguenza, hanno un prezzo più alto e nonostante ciò prodotti, come il grana e diversi vini, hanno conseguito nell'export buoni risultati;
il settore agroalimentare, che, come è stato già sottolineato, si caratterizza come uno dei settori di punta dell'economia italiana, secondo solo all'industria metalmeccanica, e che contribuisce ad esportare l'immagine dell'Italia in tutto il mondo, negli ultimi anni è stato tuttavia scosso, oltre che dallo scoppio di diverse e gravi crisi alimentari di carattere internazionale, anche dalla scoperta nel nostro Mezzogiorno di veri e propri ghetti di lavoratori immigrati caratterizzati da pessime condizioni lavorative;
in Italia tutto il settore bieticolo è caratterizzato da una fortissima frammentazione produttiva, che colloca il Paese in una situazione di forte svantaggio strutturale rispetto ai concorrenti nordeuropei. Il numero di aziende bieticole, infatti, si aggira attorno alle 70.000 unità, con una superficie media che si attesta su livelli di gran lunga inferiori alla media dei Paesi dell'Unione europea. La bieticoltura è prevalentemente localizzata nel Nord, ove si concentra circa il 62 per cento della superficie nazionale e il 68 per cento della produzione;
a fronte della suddetta frammentazione, il settore della trasformazione industriale dei prodotti saccariferi ha subito un intenso processo di concentrazione e risulta attualmente caratterizzato dalla presenza di pochissimi grandi gruppi, processo favorito anche da un piano pubblico di risanamento del settore, varato nel 1983 per far fronte a una grave crisi di sovrapproduzione;
tutti i parametri di produttività, riferiti sia alla resa agricola sia alla resa industriale, vedono il nostro Paese largamente al di sotto degli standard di riferimento dei Paesi nordeuropei. Ciononostante, e anzi in alcuni casi proprio in ragione di tali difficoltà strutturali, la regolamentazione comunitaria ha concesso all'Italia un livello di protezione anche superiore rispetto a quello garantito agli altri Paesi;
i precedenti piani varati dai Governi che si sono avvicendati nell'ultimo decennio, che si basavano sul mantenimento della produzione di barbabietole da zucchero nelle tre aree del Paese di maggiore produttività, non sono valsi a scongiurare la forte crisi che sta attraversando il settore;
negli anni si è assistito ad una progressiva burocratizzazione della politica agricola comune, soprattutto con riferimento all'accesso ai contributi agricoli, finendo con il soffocare la vitalità del settore,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte a stanziare urgentemente, alla stregua di altri Paesi europei, come Grecia, Spagna e Francia, risorse finanziarie aggiuntive per sostenere il mancato reddito di quelle aziende agricole e zootecniche che registrano un forte indebitamento ed il rischio di chiusura;
ad adottare iniziative normative che prevedano la proroga per altri tre anni delle agevolazioni contributive per le aziende che assumono manodopera agricola e che operano in aree svantaggiate, come le zone montane e le regioni dell'ex obiettivo 1;
ad adottare un piano urgente di tutela e rilancio delle produzioni mediterranee;
ad aprire un confronto, in sede di rinegoziazione con la Conferenza unificata Stato-regioni e autonomie locali, per una distribuzione territoriale più equa dei finanziamenti previsti dall'articolo 68 del regolamento (CE) n. 73/2009, che, come nello stesso spirito della norma, dovrebbe rappresentare un valido strumento che permetta agli Stati membri di migliorare la qualità e la commercializzazione dei prodotti agricoli;
ad avviare una semplificazione amministrativa finalizzata allo snellimento dei procedimenti per accedere ai contributi agricoli, che, a causa dell'eccessiva burocratizzazione, soffocano le aziende;
ad aprire con urgenza un tavolo di confronto con le associazioni degli agricoltori, al fine di individuare misure condivise per fronteggiare la crisi del settore agricolo e le sue prospettive future, impegnandosi affinché sia modificato il tetto massimo dei regimi de minimis, applicabili alle imprese che operano nel settore della trasformazione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e che, attualmente, prevede un intervento non superiore a 7.500 euro in tre anni, aumentandolo a 50.000 euro, nel triennio, come avviene per gli altri settori produttivi;
ad adottare iniziative normative che prevedano la sospensione/moratoria dei pagamenti contributivi a carico delle aziende, la copertura finanziaria al piano assicurativo nazionale e le facilitazioni nell'accesso al credito, anche al fine di scongiurare lo stato di crisi di tutto il comparto agricolo;
ad attivarsi presso l'organizzazione comune di mercato dello zucchero affinché vengano mantenuti l'attuale regime delle quote e dei prezzi e l'assegnazione di quote di zucchero nazionali in linea con i consumi dei Paesi membri e perché siano confermati gli aiuti nazionali per la bieticoltura meridionale;
ad assumere iniziative finalizzate a prevedere incentivi di carattere fiscale che favoriscano l'aggregazione tra imprese o la costituzione di società ed associazioni fra produttori e manifattori, tali da ridurre i passaggi all'interno della filiera ed abbattere i rispettivi costi, o la realizzazione da parte di imprese più grandi di economie di scala che consentano di competere sui mercati internazionali.
(1-00390)
«Misiti, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Brugger».
(14 giugno 2010)