XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di martedì 13 luglio 2010

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
la Costituzione italiana, così come le altre costituzioni degli Stati di democrazia liberale, garantisce la libertà di circolazione (si veda l'articolo 16 della Costituzione, secondo cui: «Ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità e di sicurezza. Nessuna restrizione può essere determinata da ragioni politiche. Ogni cittadino è libero di uscire dal territorio della Repubblica e di rientrarvi, salvi gli obblighi di legge»);
l'Unione europea è nata intorno ad alcuni grandi principi ed obiettivi, fra i quali va evidenziato, nell'ottica della costruzione di un mercato concorrenziale delle merci e delle prestazioni lavorative, il principio della libera circolazione di merci e persone nel territorio degli Stati membri. Allo stesso modo, nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, ora incorporata nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, la libertà di circolazione è garantita all'articolo 11-105 (che recita: «Ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri. La libertà di circolazione e soggiorno può essere accordata, conformemente al Trattato che istituisce la Comunità europea, ai cittadini dei Paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio di uno Stato membro»). Da questo principio derivano conseguenze giuridiche da applicarsi al settore dei trasporti e della circolazione, che riguardano il tema del diritto alla mobilità e che pongono conseguentemente in capo allo Stato l'onere di costituire le condizioni di diritto e di fatto ad esso conseguenti;
un sistema di mobilità pubblica efficiente costituisce un obiettivo strategico per la costruzione di politiche volte a promuovere sviluppo sostenibile e migliori condizioni di tutela della salute dei cittadini, nell'ottica e nel rispetto degli accordi del protocollo di Kyoto e del programma di riduzione di gas dannosi dell'Unione europea. Sotto tale profilo appare rilevante constatare che il trasporto su rotaia produce il 92 per cento in meno di anidride carbonica rispetto alle automobili e l'88 per cento in meno rispetto all'aereo;
secondo i dati del Centro studi investimenti sociali (Censis), al mese di marzo 2008, i pendolari in Italia risultano essere più di 13 milioni (pari al 22,2 per cento della popolazione). Un dato cresciuto fra il 2001 e il 2007 del 35,8 per cento, pari ad un incremento di 3,5 milioni di persone. Secondo un'indagine dell'Istituto nazionale di statistica (Istat) il treno viene utilizzato dal 14,8 per cento dei pendolari, ovvero da più di 1,9 milioni di persone, per viaggiare in ambito locale e metropolitano, come unico mezzo di trasporto o in combinazione con altri mezzi. Le difficoltà di tutte le persone che ogni giorno si spostano per raggiungere il posto di lavoro sono diventate insostenibili, poiché si sono avvantaggiati i collegamenti tra i grandi centri urbani, trascurando quelli di cui si servono i pendolari, costretti a viaggiare in treni sempre più lenti, vecchi e sporchi. Peraltro, si sono moltiplicate, negli ultimi anni, le denunce di associazioni di consumatori, comitati di pendolari e singoli utenti sulle pessime condizioni igieniche dei vagoni;
per l'Italia, e in particolare per le regioni del Mezzogiorno, è di fondamentale importanza la modernizzazione della rete ferroviaria, il cui potenziamento ed adeguamento tecnologico rappresentano obiettivi irrinunciabili;
pur tuttavia, l'attuale Governo, dal momento del suo insediamento ad oggi, non ha fatto altro, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, che ridurre progressivamente le risorse destinate al

trasporto ferroviario e, in particolare, al trasporto pubblico locale, con gravi e pesanti ripercussioni nei confronti di tutti i cittadini italiani;
sebbene, infatti, il documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2008-2011, allegato infrastrutture, attribuisse al settore della mobilità un ruolo strategico nella messa a punto di un modello di crescita sostenibile sotto il profilo ambientale, sociale e finanziario, con la legge finanziaria per il 2009 si determinava una riduzione di circa il 32,5 per cento delle risorse previste per le Ferrovie dello Stato, stanziando da 3.500 a 2.363 milioni di euro;
con l'articolo 25 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, è stato istituto un fondo per gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato, con una dotazione pari a 960 milioni di euro per il 2009, ed è stata autorizzata una spesa pari a 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011. Pur tuttavia, tale strategia di potenziamento del trasporto ferroviario, oltre ad essere stata contraddetta da successivi interventi normativi, non è stata in alcun modo capace di contribuire a risolvere in modo efficace le annose problematiche che affliggono il trasporto ferroviario del nostro Paese. Successivamente, infatti, con la legge finanziaria e con quella di bilancio per il 2010, non solo non si è intervenuti a potenziare il sistema ferroviario nel suo complesso, ma sono stati addirittura prosciugati gran parte degli stanziamenti precedentemente previsti per lo sviluppo del trasporto, in particolare del trasporto pubblico locale e della sicurezza;
in particolare, nell'ambito della legge di bilancio 2010, e segnatamente nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, missione n. 13 - diritto alla mobilità, è stato possibile rilevare:
a) la soppressione del capitolo 1351 (fondo per il finanziamento dei servizi pubblici di viaggiatori e merci sulla media e lunga percorrenza), già privo di stanziamenti per il 2009, sul quale l'articolo 2, comma 252, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) aveva stanziato, per il 2008, 104 milioni di euro;
b) la soppressione del capitolo 7120 (fondo per gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato), che recava, nelle previsioni assestate per il 2009, uno stanziamento di 960 milioni di euro, in attuazione dell'articolo 25, comma 1, del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, il quale concedeva un finanziamento per il 2009 al gruppo Ferrovie dello Stato per investimenti;
c) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 1325 (sovvenzioni per l'esercizio di ferrovie), con uno stanziamento di 11,6 milioni di euro, ridotto di 1,2 milioni di euro rispetto all'assestamento 2009;
d) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 7141 (contributi per capitale e interessi per l'ammortamento dei mutui garantiti dallo Stato che le ferrovie in regime di concessione e in gestione commissariale governativa possono contrarre per la realizzazione degli investimenti), con uno stanziamento di 356,3 milioni di euro e una riduzione di 11,4 milioni di euro rispetto all'assestamento 2009;
e) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 7254 (fondo per promuovere lo sviluppo del trasporto pubblico locale), con uno stanziamento di 110 milioni di euro, ridotto di 20 milioni di euro rispetto all'assestamento 2009, ai sensi dell'articolo 1, comma 304, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), la legge finanziaria varata dal precedente Governo Prodi, che aveva istituito il fondo, dotandolo di 113 milioni di euro per il 2008, 130 per il 2009 e 100 per il 2010 e rinviando, per gli anni successivi, alla legge finanziaria;
f) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 7403 (concorso dello

Stato alla spesa per la realizzazione di sistemi di trasporto rapido di massa a guida vincolata e di tranvie veloci nelle aree urbane), con uno stanziamento di 202,9 milioni di euro, ridotto di 56,6 milioni di euro rispetto al dato assestato 2009;
g) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 7404 (contributi per capitale ed interessi per l'ammortamento dei mutui garantiti dallo Stato contratti per la realizzazione di sistemi ferroviari passanti, di collegamenti ferroviari con aree aeroportuali, espositive ed universitarie, di sistemi di trasporto rapido di massa e di programmi urbani integrati), con uno stanziamento di 81,1 milioni di euro, ridotto di 48,3 milioni di euro rispetto al dato assestato 2009;
h) il mancato rifinanziamento del capitolo 7251 (fondo per l'acquisto di veicoli adibiti al miglioramento dei servizi offerti per il trasporto pubblico locale), che prevedeva uno stanziamento di 100 milioni di euro nello stato di previsione assestato per il 2009 ed è poi stato completamente privato di finanziamenti per il 2010, per l'esaurimento degli effetti della norma (articolo 1, comma 1031, della legge n. 269 del 2006, legge finanziaria per il 2007), che ne aveva previsto il finanziamento per il triennio 2007-2009;
i) il mancato rifinanziamento del capitolo 7252 (fondo per il finanziamento di interventi volti ad elevare il livello di sicurezza nei trasporti pubblici locali ed il loro sviluppo), con uno stanziamento di 50 milioni di euro nello stato di previsione assestato per il 2009, che è poi stato completamente privato di finanziamenti per il 2010;
l) riduzioni finanziarie che incidono sul capitolo 1711 (concorso statale nel pagamento degli interessi dei mutui contratti dai comuni impegnati nella ricostruzione dei sistemi ferroviari passanti), che autorizza spese per 3 milioni di euro, con una riduzione di 19,7 rispetto al dato assestato 2009;
la manovra di finanza pubblica di cui al decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, attualmente all'esame del Senato della Repubblica, prevede, inoltre, un taglio di circa 3,5 miliardi di euro per il trasporto pubblico locale in Italia;
le ferrovie regionali e locali servono 5.000 comuni per un totale di 5 miliardi di viaggiatori l'anno e, con 12.000 addetti, vantano 3.651 chilometri di linea e 160 milioni di cittadini trasportati;
il risultato diretto ed indiretto dei provvedimenti normativi promossi dall'attuale Governo si concreta nel depauperamento rilevante di tutti i servizi di trasporto ferroviario, con il contestuale rischio di aumenti rilevanti delle tariffe e di ripercussioni sul fronte occupazionale delle aziende e dei settori indotti, per non parlare di quello relativo all'incidentalità e delle emissioni di anidride carbonica;
appare quanto mai urgente stanziare adeguati finanziamenti per il potenziamento del trasporto ferroviario nel nostro Paese e ciò può avvenire anche attraverso la destinazione delle risorse attualmente previste per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
la Corte dei conti - sezione centrale di controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato - ha approvato nell'adunanza del secondo collegio, in data 15 dicembre 2009, una relazione concernente gli «Esiti dei finanziamenti per il ponte sullo Stretto di Messina». La spesa per il ponte sullo Stretto di Messina, «risultante dall'importo previsto nel progetto preliminare approvato nel 2003 - si legge nella nota della Corte dei conti - ammonterebbe a 4,68 miliardi di euro, ma nell'Allegato Infrastrutture al Dpef 2009/2013, l'importo per il ponte sullo Stretto di Messina, compreso tra gli interventi della Legge obiettivo da cantierare nel prossimo triennio, è indicato in 6,1 miliardi di euro». Lo stesso importo «è indicato nell'Allegato Infrastrutture al Dpef 2010/2013». Al dicembre 2009 - secondo la suprema magistratura contabile - l'onere complessivo dell'investimento è indicato in

euro 6.349.802.000, cui far fronte per la quota di 2,5 miliardi di euro (pari al 40 per cento del costo totale dell'investimento) con risorse pubbliche, in parte proprie della società Stretto di Messina s.p.a. (per 1,2 miliardi di euro), e con contributi in conto impianti assegnati dalla legge n. 102 del 2009 (1,3 miliardi di euro) e, per la parte rimanente del 60 per cento, mediante finanziamenti da reperire sui mercati internazionali,

impegna il Governo:

a porre in essere ogni atto di competenza finalizzato a stanziare adeguati finanziamenti per il potenziamento ed il rilancio del trasporto ferroviario regionale, interregionale e locale su tutto il territorio nazionale, con particolare riguardo alle aree del Mezzogiorno, destinando a tale scopo tutte le risorse stanziate e da stanziare per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina;
ad assumere iniziative volte a ripristinare le risorse stanziate dal precedente Governo Prodi, durante la XV legislatura, a favore del trasporto pubblico locale e di massa;
a reperire adeguate risorse finalizzate all'acquisto di nuovi treni per pendolari, per il servizio pubblico locale, per il rinnovo dei contratti di servizio e per gli investimenti necessari a garantire la sicurezza ed il rinnovamento del parco mezzi ferroviario, nel quadro di un'equilibrata distribuzione tra i vari ambiti territoriali del Paese;
ad accertare, per quanto di competenza, l'effettiva rispondenza del servizio di trasporto ferroviario nelle regioni del Mezzogiorno a quelli che dovrebbero essere gli standard moderni rispondenti a requisiti di sicurezza, efficienza e qualità, garantendo i necessari interventi di infrastrutturazione per il miglioramento della mobilità delle persone e delle merci in tutto il territorio nazionale.
(1-00409)
«Monai, Donadi, Borghesi, Evangelisti».

La Camera,
premesso che:
il trasporto ferroviario è un settore strategico per lo sviluppo e la competitività del nostro Paese, in quanto garantisce gli interscambi tra le merci e tra le persone del continente europeo;
l'assetto societario delle Ferrovie dello Stato, dopo la trasformazione in società per azioni, ha determinato conseguenze positive, ma anche negative nella gestione, soprattutto nei territori deboli del Nord e di tutto il Sud, essendo prevalse, ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, esclusive logiche di mercato rispetto alle strategie contenute nei programmi di Governo:
una tale linea di gestione e l'accentuato deficit infrastrutturale del Sud hanno ritardato la realizzazione di importanti piattaforme logistiche, come quella di Gioia Tauro, contribuendo all'isolamento del più grande porto di transhipment del Mediterraneo;
a partire dal 2011, con l'avvento della liberalizzazione del settore ferroviario, nuovi operatori privati si affacceranno sul mercato ferroviario, il che imporrà profonde modifiche alle strategie attuate finora da Ferrovie dello Stato spa, poiché si passerà dal monopolio di un operatore pubblico alla presenza di più operatori in concorrenza tra loro;
il cambio di modello richiede una più flessibile gestione del sistema ferroviario, che si tradurrà in una divisione netta tra la realizzazione e la gestione delle infrastrutture e dell'armamento, e quella della mobilità, dalla quale ne conseguirà la necessità di un profondo riordino delle società del gruppo, per avere un servizio di trasporto ferroviario, regionale e metropolitano, dotato di mezzi e linee più moderne, anche nelle zone deboli del Paese, come il Sud;
il finanziamento della realizzazione e della manutenzione delle reti ferroviarie non costituisce aiuto di Stato;

le risorse necessarie per i servizi ferroviari di trasporto pubblico sono state previste nel decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, con una posta pari a 480 milioni di euro all'anno fino al 2010;
attualmente sono in esercizio circa mille chilometri di rete ad alta velocità, esclusivamente ubicati nel Centro-Nord, con il Mezzogiorno tagliato completamente fuori da tale offerta;
le nostre infrastrutture ferroviarie, se completate, potranno essere favorite dal trovarsi in diretto rapporto con i tre corridoi principali del traffico ferroviario europeo: corridoio 5 Lisbona-Kiev, corridoio 1 Berlino-Palermo e corridoio 8, che il Governo italiano fa partire da Napoli verso Bari e proseguire nei Paesi balcanici, Grecia compresa;
per rispondere ed inserirsi nel suddetto quadro europeo ed internazionale risulta improcrastinabile predisporre un piano di completamento delle infrastrutture ferroviarie italiane, contenute nel piano nazionale dei trasporti e facenti parte delle rete europea,

impegna il Governo:

ad esaminare la possibilità di:
a) assumere iniziative nei confronti delle società per azioni Rete ferroviaria italiana e Trenitalia affinché la prima, che non deve ubbidire esclusivamente a logiche di mercato, sia integrata strettamente con le politiche ferroviarie del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la seconda possa affrontare il mercato, che si preannuncia molto agguerrito, con maggiore autonomia e, quindi, con ricadute benefiche sulle spese degli utenti;
b) promuovere, per quanto di competenza, l'unificazione di tutte le società di servizi (Italfer, Ferservizi, Fs Logistica, Fs sistemi urbani, Fercredit, Grandi stazioni, Centostazioni) per risparmiare sui costi di produzione e sulle spese generali, in modo da ottenere consistenti riduzioni delle spese di gestione;
c) attuare una precisa perimetrazione dei servizi universali, ai sensi dell'articolo 2, comma 253, della legge 24 dicembre 2007, n. 244;
d) predisporre un piano pluriennale di completamento delle infrastrutture ferroviarie italiane previste nel piano nazionale dei trasporti e facenti parte della rete europea, avviando gli studi di fattibilità, la progettazione e, quindi, la realizzazione dell'alta capacità alta velocità nel Mezzogiorno d'Italia e, in particolare, tra Napoli e Palermo.
(1-00410) «Misiti, Lo Monte, Brugger».

La Camera,
premesso che:
il 24 giugno 2010 l'Italia, insieme ad altri 12 Paesi dell'Unione europea, è stata deferita alla Corte di giustizia delle Comunità europee per non aver pienamente adeguato la normativa nazionale a quanto previsto dal primo pacchetto sulla liberalizzazione sui servizi ferroviari. In una nota della Commissione europea si legge che l'applicazione incompleta delle misure destinate ad aprire il mercato ferroviario ha causato la mancanza di opportunità per gli operatori di offrire servizi in altri Paesi dell'Unione europea, così come ha privato la clientela di una maggiore scelta di servizi in competizione;
secondo l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, il 2009 ha visto un'impressionante progressione di norme volte a frenare il mercato: è stato tolto del tutto l'obbligo di gara per i servizi regionali, adeguando al ribasso la normativa italiana a quella europea (legge n. 99 del 2009, articolo 61); l'articolo 25, comma 2, del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, ha autorizzato la spesa di 480 milioni di euro, per il triennio 2009-2011, per la stipula dei nuovi contratti di servizio

dello Stato e delle regioni a statuto ordinario con Trenitalia; infine l'articolo 7, comma 3-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, ha previsto che i contratti di servizio relativi al trasporto pubblico ferroviario «comunque affidati» abbiano una durata minima non inferiore a sei anni, rinnovabili per altri sei;
se nella fascia alta del mercato dei servizi ferroviari passeggeri di media e lunga percorrenza, l'Italia sarà il primo Paese europeo ad aprire le porte alla concorrenza (la società Ntv - Nuovo trasporto viaggiatori - sarà operativa a partire dal 2011), è nell'ambito dei servizi regionali e del servizio universale, sulle distanze medio-lunghe, che emergono le maggiori criticità;
si registra, infatti, un'area di servizio ferroviario passeggeri a media e lunga percorrenza, che, pur ricevendo sussidi da parte dello Stato, risulta poco trasparente, rispetto alle tipologie di treni e alle obbligazioni a carico di Trenitalia (ad esempio, in termini di frequenze, fermate e tempi di percorrenza dei treni);
è urgente esplicitare chiaramente la distinzione tra il servizio ferroviario universale finanziato da Stato e regioni, che garantisca la mobilità dei passeggeri, e i servizi di mercato remunerativi, aperti alla concorrenza;
in una segnalazione inviata a Governo, Parlamento e regioni, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha ribadito, inoltre, la necessità di utilizzare lo strumento delle gare per l'affidamento del servizio universale, sia per minimizzare i costi per la collettività che per garantire la qualità dell'offerta;
ciò è tanto più necessario tenendo conto della crescente tendenza dei cittadini ad utilizzare il treno per gli spostamenti in ambito locale e per quelli verso i grandi centri abitati. Il fenomeno del pendolarismo è in crescita ed occorre dare adeguate risposte in termini di qualità e disponibilità del servizio;
il trasporto passeggeri, infatti, a fronte di un miglioramento dei servizi confermatisi con il recente rilancio e ammodernamento delle linee ad alta velocità, presenta enormi difficoltà nella gestione dei collegamenti regionali e di interscambio con le linee locali, provocando notevoli disagi a quelle fasce di cittadini più deboli che utilizzano il trasporto ferroviario come strumento essenziale per svolgere le proprie principali attività lavorative e sociali;
se da una parte il 75-85 per cento del prodotto interno lordo dell'Unione europea viene prodotto nelle città, queste sono anche quelle che hanno i maggiori problemi di inquinamento, rumore, congestione e incidenti, a causa del fatto che il 75 per cento degli spostamenti metropolitani sono effettuati in auto. Si è calcolato che nell'Unione europea la congestione del traffico costi circa l'1 per cento del prodotto interno lordo annuo dell'Unione europea, sia per il maggior uso di combustibili che per i danni provocati dall'inquinamento atmosferico ed acustico;
sin dal libro bianco del 2001 sulla «Politica europea dei trasporti fino al 2010: il momento delle scelte» veniva segnalata l'esistenza di alcune difficoltà e precisamente: la crescita disuguale dei vari modi di trasporto (la strada rappresentava già allora il 44 per cento del trasporto di merci contro l'8 per cento della ferrovia ed il 4 per cento delle vie navigabili; il trasporto stradale di passeggeri rappresenta il 79 per cento, quello aereo il 5 per cento e quello ferroviario il 6 per cento); la congestione su alcuni grandi assi stradali e ferroviari, nelle grandi città e in alcuni aeroporti; i problemi ambientali o di salute dei cittadini e l'insicurezza sulle strade;
la Commissione europea, nell'ambito del «pacchetto energia», ha chiesto all'Italia di ridurre le emissioni entro il 2020 del 13 per cento rispetto al 2005 nei settori non rientranti nel sistema di scambio delle quote di emissione, fra cui i trasporti (settori non ets). Tuttavia, una

proiezione dell'associazione «Amici della Terra» evidenzia che, in assenza di misure incisive per la riduzione dell'anidride carbonica dei trasporti, le emissioni su strada cresceranno nel nostro Paese del 14 per cento nel medesimo periodo, con uno sforamento rispetto all'obiettivo di oltre 31 milioni di tonnellate di anidride carbonica;
sempre secondo l'associazione, il trasporto ferroviario consentirebbe, oltre ad evitare costose bollette energetiche di anidride carbonica, di ridurre i costi esterni ambientali e sociali della mobilità. In base ai risultati del V rapporto sulla mobilità, realizzato in collaborazione con Ferrovie dello Stato, già oggi l'attuale traffico del gruppo consente di evitare al sistema Paese circa 1700 milioni di euro sotto forma di danni da congestione stradale, inquinamento, incidenti e rumore. La completa realizzazione del piano di sviluppo delle Ferrovie dello Stato apporterebbe un ulteriore guadagno per la collettività di 362 milioni di euro in termini di costi esterni evitati nei trasporti su strada e aereo, portando il vantaggio sociale complessivo prodotto da Ferrovie dello Stato a superare i due miliardi di euro;
alle medesime conclusioni è giunto un analogo studio commissionato dall'Uic (Unione internazionale delle ferrovie) ad istituti accademici di Berlino e Zurigo, secondo cui il trasporto su ferrovia, alla collettività, costa meno di un quarto di quello su autovettura e la metà di quello su bus, stime ottenute quantificando i costi degli incidenti stradali (spese sanitarie), dell'inquinamento atmosferico, dei cambiamenti climatici derivanti dalle emissioni di gas serra, dei danni da rumore e della congestione (tempo inutilizzato ed uso del territorio);
la dotazione della rete generale di trasporto ferroviario nel Paese registra un netto divario rispetto a quanto presente nella stragrande maggioranza dei Paesi dell'Unione europea, attestandosi all'11o posto nel rapporto tra estensione/dotazione, con 28 chilometri per 100.000 abitanti a fronte di una media europea di 44 chilometri per 100.000 abitanti. Tali valori raggiungono punte ancor più elevate se si considera tutta l'area del Mezzogiorno;
lo sviluppo infrastrutturale e l'offerta dei servizi presentano una netta separazione tra le varie aree del Paese, evidenziando un quadro di grossa disomogeneità tra gli investimenti effettuati nel Nord e nel Sud e dal quale emerge un quadro sconfortante e di profonda arretratezza per il Mezzogiorno;
gli investimenti previsti per il rafforzamento della rete ferroviaria nazionale presentano una mancanza di programmazione di destinazione di fondi al miglioramento delle infrastrutture nel Mezzogiorno, sia per il trasporto passeggeri che per l'intermodalità di scambio relativa al traffico merci, settore che sta scontando più di altri gli effetti della crisi economica in atto, con una perdita netta di circa il 25 per cento nel 2009 del volume di merce trasportata. Nello specifico, la quota della spesa totale in conto capitale destinata al Mezzogiorno per il settore del trasporto ferroviario, infatti, si attesta su una percentuale nettamente inferiore rispetto a quella prefissata dagli obiettivi, con un andamento in continua diminuzione dal 2000 (24,8 per cento) ad oggi (20 per cento circa), che conferma come gli investimenti siano troppo pochi e con un trend decrescente,

impegna il Governo:

a rilanciare il sistema ferroviario italiano, programmando la creazione di uno spazio ferroviario integrato, efficiente, competitivo e sicuro e mettendo a punto una rete apposita per il trasporto di merci;
ad adottare ogni utile iniziativa volta a:
a) migliorare la qualità dei servizi ferroviari;
b) eliminare gli ostacoli alla diffusione del mercato dei servizi ferroviari di merci;

c) dedicare gradualmente al trasporto merci una rete di linee ferroviarie;
d) aprire gradualmente il mercato del trasporto ferroviario di passeggeri;
ad adoperarsi per trasferire il trasporto merci dalla strada verso altri modi più rispettosi dell'ambiente, puntando sull'intermodalità;
a prestare una maggiore attenzione al trasporto pendolare, soprattutto in termini di risorse da destinare a regioni ed enti locali, al fine di migliorare la qualità e la quantità del servizio offerto;
a programmare finanziamenti da destinare prioritariamente agli investimenti nel settore del trasporto locale regionale, sia per garantire il rinnovo delle vetture che il potenziamento del numero dei convogli;
a definire con chiarezza l'area di separazione tra i servizi remunerativi e non, anche al fine di favorire l'individuazione di un corretto e trasparente meccanismo di compartecipazione al finanziamento del servizio universale da parte delle imprese ferroviarie autorizzate a operare nei servizi a più elevata redditività, con un effetto positivo in termini di finanza pubblica;
a sviluppare politiche di sostegno all'incremento dell'infrastrutturazione di rete nell'intero territorio nazionale, in particolare nel Mezzogiorno d'Italia, finalizzate al miglioramento della rete ferroviaria e dell'intermodalità di scambio e all'offerta di un servizio maggiormente qualitativo rispetto agli standard attuali;
a supportare il settore del trasporto cargo con adeguate misure che ne permettano il rilancio;
a potenziare il sistema dei collegamenti regionali con la rete nazionale, aumentando il numero dei convogli giornalieri tra la capitale e i capoluoghi di regione e viceversa.
(1-00411)
«Vietti, Compagnon, Mereu, Enzo Carra, Tassone, Ciccanti, Volontè, Naro, Galletti, Occhiuto, Libè, Rao».

La Camera,
premesso che:
il miglioramento dei servizi di trasporto ferroviario, sia nel settore passeggeri che nel comparto merci, rappresenta uno dei principali obiettivi perseguiti in questa legislatura dalla maggioranza e dal Governo;
la rilevanza di tale obiettivo dipende dall'incidenza dello sviluppo del trasporto ferroviario rispetto alle potenzialità di crescita del Paese e, in particolare, dalla crescente esigenza di orientare la politica dei trasporti ad un progressivo trasferimento sulla infrastruttura ferroviaria di quote del traffico che attualmente transita su strade ed autostrade; ciò in relazione non solo all'opportunità di avviare un concreto decongestionamento della rete viaria, ma altresì alla necessità di adeguare il nostro Paese agli obiettivi di riduzione dei tassi di inquinamento che, soprattutto nelle grandi aree urbane, hanno ormai raggiunto livelli preoccupanti;
in questa prospettiva la realizzazione e l'attivazione della rete ad alta velocità/alta capacità rappresenta un risultato fondamentale per il potenziamento della dotazione infrastrutturale del Paese e il miglioramento del sistema dei trasporti;
al tempo stesso il Governo ha destinato rilevanti risorse per sostenere il mantenimento di adeguati livelli di servizio pubblico del trasporto ferroviario, sia a livello nazionale, sia a livello regionale e locale;
più precisamente, con l'articolo 63, comma 4, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, è stato disposto, nell'ambito degli interventi prioritari, uno stanziamento di 300 milioni di euro in favore del gruppo Ferrovie dello Stato;

successivamente, il comma 1 dell'articolo 25 del decreto-legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, ha istituito, nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, un fondo per gli investimenti del gruppo Ferrovie dello Stato, da destinare anche all'acquisto di nuovo materiale rotabile per il trasporto pubblico regionale e locale;
con il comma 2 del medesimo articolo 25 è stata autorizzata la spesa di 480 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 per assicurare i servizi ferroviari di trasporto pubblico mediante la stipula dei nuovi contratti di servizio dello Stato e delle regioni con Trenitalia spa;
in virtù degli interventi adottati, è stato possibile pervenire alla stipula dei nuovi contratti di servizio con la maggior parte delle regioni; nell'ambito di tali contratti, è stata, altresì, introdotta una metodologia innovativa, che prevede la definizione di un catalogo di servizi predisposti da Trenitalia con i prezzi proposti alle regioni per l'acquisto e adottati sulla base di criteri oggettivi e trasparenti, al fine di perseguire obiettivi di maggiore efficienza e razionalizzazione delle spese; è stata, altresì, prevista, ai sensi dell'articolo 60 della legge n. 99 del 2009, la definizione di meccanismi certi e trasparenti di aggiornamento annuale delle tariffe;
sotto questo profilo, assume, altresì, notevole rilevanza la delibera Cipe del 17 dicembre 2009, con la quale, sulla base dell'indagine conoscitiva predisposta dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi dell'articolo 2, comma 253, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008), è stato individuato il perimetro dei servizi di utilità sociale relativi al trasporto passeggeri sulla media e lunga percorrenza, per i quali non è possibile raggiungere l'equilibrio economico e che dovranno, pertanto, essere mantenuti in esercizio tramite l'affidamento di contratti di servizio pubblico;
è significativo l'impegno che, con il sostegno finanziario ricevuto, è stato indirizzato al rinnovo e al miglioramento del materiale rotabile, mediante l'avvio da parte di Trenitalia di un consistente piano di investimenti, con oltre due miliardi di investimento destinati all'acquisto di 840 nuovi locomotori, carrozze e convogli, e la ristrutturazione di oltre 2.500 carrozze;
per assicurare una programmazione affidabile degli investimenti e del miglioramento del livello dei servizi, sulla base della certezza di risorse finanziarie su un arco temporale sufficientemente lungo, risulta molto importante la previsione contenuta nell'articolo 7, comma 3-ter, del decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2009, con la quale si stabilisce che, al fine di garantire l'efficace pianificazione del servizio, degli investimenti e del personale, i contratti di servizio relativi all'esercizio dei servizi di trasporto pubblico ferroviario comunque affidati hanno durata minima non inferiore a sei anni rinnovabili di altri sei;
di fronte alla liberalizzazione del servizio di trasporto passeggeri, occorre proseguire nell'adeguamento normativo e strutturale al quadro dettato dalla disciplina comunitaria, tenendo conto del fatto che il nostro Paese risulta già attualmente in posizione assai avanzata nel recepimento dei principi di apertura del mercato e di concorrenza, nonché dell'esigenza di evitare che si determinino situazioni di svantaggio per l'operatore nazionale rispetto a quelle dei principali operatori di altri Paesi europei;
in questo senso è rivolto il complesso di misure relative alla disciplina del trasporto ferroviario di passeggeri, inserite nella legge n. 99 del 2009, che definiscono i requisiti, con specifico riferimento ai titoli autorizzatori, impongono limitazioni allo svolgimento dei servizi passeggeri in ambito nazionale, e rivedono il decreto legislativo n. 422 del 1997, relativo all'attribuzione a regioni ed enti locali del servizio di trasporto locale, il decreto legislativo n. 188 del 2003, con cui sono state recepite le direttive comunitarie in materia di trasporto ferroviario, nonché le

norme di attuazione del regolamento (CE) n. 1370/2007 sul trasporto pubblico di passeggeri, in modo da intervenire sulle condizioni e modalità di partecipazione alle gare e di affidamento dei servizi, sull'accesso all'infrastruttura ferroviaria e sui relativi canoni di utilizzo;
contestualmente è necessaria una forte azione di sostegno nei confronti del trasporto ferroviario di merci, attraverso il potenziamento delle infrastrutture intermodali, l'effettiva apertura del mercato, realizzata in modo da garantire condizioni di parità per tutti i soggetti in esso operanti, e una politica di riequilibrio dei contributi e delle agevolazioni rispetto al trasporto delle merci su gomma;
rispetto alla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nei confronti dell'Italia, come nei confronti di altri 12 Paesi dell'Unione europea, relativamente alle modalità di recepimento del cosiddetto «primo pacchetto ferroviario», occorre segnalare che le previsioni contenute nel decreto-legge n. 135 del 2009 hanno rafforzato l'autonomia dell'organismo di regolazione istituito nell'ambito del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sia sul versante delle competenze, con la previsione del potere di irrogare sanzioni pecuniarie di rilevante entità, sia sul versante delle risorse umane, strumentali e finanziarie ad esso assegnate per lo svolgimento dei propri compiti;
all'interno di un mercato liberalizzato, peculiare rilevanza assumono le esigenze di tutela della sicurezza, con riferimento sia al settore del trasporto passeggeri sia a quello del trasporto merci, pur tenendo conto che l'Italia si trova comunque ai vertici europei in relazione agli standard di sicurezza;
al riguardo, occorre richiamare l'impegno del Governo ad assumere iniziative in sede comunitaria per una modifica delle modalità di effettuazione delle verifiche sui treni e sulle carrozze adibite al trasporto di merci pericolose, introducendo il criterio dei chilometri effettivamente percorsi in luogo di quello basato sulla periodicità temporale,

impegna il Governo:

a proseguire la politica finora svolta a sostegno dello sviluppo del settore del trasporto ferroviario e, in particolare:
a) a promuovere la realizzazione delle opere relative all'ampliamento e al potenziamento dell'infrastruttura ferroviaria, con particolare riferimento ai collegamenti compresi all'interno dei grandi assi transeuropei e alle linee che assumono una particolare rilevanza per ampie aree del territorio nazionale;
b) a sostenere il servizio pubblico di trasporto ferroviario nazionale e regionale, con particolare riferimento al trasporto dei pendolari, considerando che tale servizio rappresenta una priorità nell'ambito delle finalità alle quali riservare, compatibilmente con la garanzia degli equilibri finanziari, risorse aggiuntive, e proseguendo una politica di razionalizzazione e trasparenza dei costi che non si traduca in una riduzione quantitativa e qualitativa dei servizi resi;
c) a vigilare e, se necessario, assumere le opportune iniziative per evitare che nell'attuazione del processo di liberalizzazione del trasporto ferroviario di passeggeri si determinino per l'operatore nazionale condizioni ingiustificate di svantaggio rispetto ai principali operatori degli altri Paesi europei e ad adottare, a tal fine, anche nell'ambito dell'Unione europea, ogni iniziativa opportuna per assicurare che l'apertura del mercato del trasporto di passeggeri abbia luogo in condizioni di reciprocità;
d) a favorire la ripresa e lo sviluppo del trasporto ferroviario di merci, attraverso il potenziamento delle infrastrutture intermodali, l'effettiva apertura del mercato, realizzata in modo da garantire condizioni di parità per tutti i soggetti in esso operanti, e una politica di riequilibrio dei contributi e delle agevolazioni rispetto al trasporto delle merci su gomma.
(1-00412)
«Valducci, Montagnoli, Iannaccone, Baldelli, Toto, Barbareschi, Bergamini, Biasotti, Cesaro,

Colucci, Antonino Foti, Garofalo, Grimaldi, Iapicca, Landolfi, Nizzi, Piso, Proietti Cosimi, Simeoni, Taglialatela, Terranova, Testoni, Verdini, Desiderati, Milo».

La Camera,
premesso che:
la politica del trasporto ferroviario deve essere valutata in modo interconnesso e intermodale con le altre tipologie di trasporto nel sistema complessivo delle infrastrutture;
quindi, pur nelle specificità del settore, una politica non coordinata tra tutti i settori del trasporto diviene di fatto inutile;
comunque è necessario valorizzare un settore fondamentale per il Paese come quello ferroviario;
il trasporto ferroviario di merci può vantare il più alto valore in termini di compatibilità ambientale, sia nei confronti del trasporto aereo, sia del trasporto su gomma, rispetto al quale registra un 77 per cento in meno di emissione di gas serra e un 77 per cento in meno di emissione di anidride carbonica; tale dato dovrebbe diventare il primo termine di riferimento di ogni ragionamento in materia di strategia dei trasporti;
la situazione dei trasporti ferroviari nel Mezzogiorno è, di fatto, rimasta, per quel che riguarda la qualità, la medesima di quella esistente al momento dell'unificazione d'Italia, ben 150 anni fa;
la sicurezza delle infrastrutture ferroviarie, già fortemente al centro di discussioni nell'opinione pubblica e del dibattito nelle sedi istituzionali, è divenuta ancor più fondamentale dopo il tremendo disastro avvenuto presso la stazione ferroviaria di Viareggio nel giugno 2009,

impegna il Governo:

ad attuare politiche finalizzate a commisurare gli interventi nel settore del trasporto ferroviario al complesso degli interventi relativi al sistema delle infrastrutture per la mobilità, in modo da attuare un'effettiva interconnessione tra tutti i settori del trasporto in Italia;
a favorire, visti gli indiscutibili benefici a livello ambientale, derivanti dal trasporto su rotaia, rispetto a tutti gli altri settori, l'uso del treno attraverso una concreta politica di sviluppo, miglioramento ed integrazione con gli altri settori delle infrastrutture;
a favorire, per quanto di propria competenza, il trasporto delle merci su rotaia, in modo da ridurre il traffico su gomma, agevolando il riequilibrio della situazione generale dei trasporti, particolarmente pesante su strade e autostrade;
ad adottare misure volte a superare l'inaccettabile gap qualitativo che continua ad affliggere il settore del trasporto ferroviario nel Mezzogiorno, gap che rende estremamente complesso l'uso del treno per coloro che intendono utilizzare questo mezzo per spostarsi nel Meridione;
a proseguire e ad incrementare il lavoro sulla sicurezza nel settore ferroviario, in modo da evitare non solo tragedie quali quella di Viareggio, ma anche i sin troppo frequenti episodi di «malfunzionamento ordinario» che affliggono il nostro sistema ferroviario.
(1-00413)
«Cesario, Tabacci, Mosella, Brugger, Calearo Ciman».

Risoluzioni in Commissione:

La IX Commissione,
premesso che:
in data 16 aprile 2010 l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha proposto una ripartizione delle prime posizioni della sintonia automatica digitale;
alle prime posizioni della sintonia automatica hanno diritto anche le emittenti

regionali in base alle norme e alle intese sottoscritte al momento dello switch off deciso in ogni ambito regionale;
senza questo strategico posizionamento commerciale le emittenti locali rischiano l'inevitabile chiusura;
il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44, «Attuazione della direttiva 2007/65/CE relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti l'esercizio delle attività televisive» pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 29 marzo 2010, n. 73 dispone all'articolo 5, comma 2: «Fermo il diritto di ciascun utente di riordinare i canali offerti sulla televisione digitale nonché la possibilità per gli operatori di offerta televisiva a pagamento di introdurre ulteriori e aggiuntivi servizi di guida ai programmi e di ordinamento canali, l'Autorità, al fine di assicurare condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie, adotta un apposito piano di numerazione automatica dei canali della televisione digitale terrestre, in chiaro e a pagamento, e stabilisce con proprio regolamento le modalità di attribuzione dei numeri ai fornitori di servizi di media audiovisivi autorizzati alla diffusione di contenuti audiovisivi in tecnica digitale terrestre, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi in ordine di priorità:
a) garanzia della semplicità d'uso del sistema di ordinamento automatico dei canali;
b) rispetto delle abitudini e preferenze degli utenti, con particolare riferimento ai canali generalisti nazionali e alle emittenti locali;
c) suddivisione delle numerazioni dei canali a diffusione nazionale, sulla base del criterio della programmazione prevalente, in relazione ai seguenti generi di programmazione tematici: semigeneralisti, bambini e ragazzi, informazione, cultura, sport, musica, televendite;
nel primo arco di numeri si dovranno prevedere adeguati spazi nella numerazione che valorizzino la programmazione delle emittenti locali di qualità e quella legata al territorio. Nello stesso arco di numeri non dovranno essere irradiati programmi rivolti a un pubblico di soli adulti. Al fine di garantire il più ampio pluralismo in condizioni di parità tra i soggetti operanti nel mercato, dovrà essere riservata per ciascun genere una serie di numeri a disposizione per soggetti nuovi entranti;
d) individuazione di numerazioni specifiche per i servizi di media audiovisivi a pagamento;
e) definizione delle condizioni di utilizzo della numerazione, prevedendo la possibilità, sulla base di accordi, di scambi della numerazione all'interno di uno stesso genere, previa comunicazione alle autorità amministrative competenti;
f) revisione del piano di numerazione in base allo sviluppo del mercato, sentiti i soggetti interessati.
3. Il Ministero, nell'ambito del titolo abilitativo rilasciato per l'esercizio della radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre, attribuisce a ciascun canale la numerazione spettante sulla base del piano di numerazione e della regolamentazione adottata dall'Autorità ai sensi del comma 2 e stabilisce le condizioni di utilizzo del numero assegnato. L'attribuzione dei numeri ai soggetti già abilitati all'esercizio della radiodiffusione televisiva in tecnica digitale terrestre è effettuata con separato provvedimento integrativo dell'autorizzazione.»;
il decreto-legge 23 gennaio 2001, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 2001, n. 66 e successive modificazioni, reca «Disposizioni urgenti per lo sviluppo equilibrato dell'emittenza televisiva e per evitare la costituzione o il mantenimento di posizioni dominanti nel settore radiotelevisivo»;
il decreto legislativo 1o agosto 2003 n. 259, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale

della Repubblica italiana n. 215 del 15 settembre 2003, reca «Codice delle comunicazioni elettroniche»;
il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 208 del 7 settembre 2005 - Supplemento Ordinario, reca il «Testo unico della radiotelevisione»;
la delibera n. 435/01/CONS, dell'Autorità garante delle comunicazioni (AGCOM) del 15 novembre 2001, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 6 dicembre 2001, n. 284, supplemento ordinario n. 259, e successive modificazioni e integrazioni, approva il regolamento relativo alla radiodiffusione terrestre in «tecnica digitale»;
la delibera AGCOM n. 253/04/CONS del 3 agosto 2004, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 197 del 23 agosto 2004, dispone «Norme a garanzia dell'accesso dei fornitori di contenuti di particolare valore alle reti per la televisione digitale terrestre»;
la delibera AGCOM n. 136/05/CONS, del 2 marzo 2005, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 marzo 2005, supplemento ordinario n. 35, dispone «Interventi a tutela del pluralismo ai sensi della legge 3 maggio 2004, n 112»;
la delibera AGCOM n. 163/06/CONS, del 22 marzo 2006, approva un programma di interventi volto a favorire l'utilizzazione razionale delle frequenze destinate ai servizi radiotelevisivi nella prospettiva della conversione alla «tecnica digitale»;
nella fase di avvio delle procedure di switch off è stato sollecitato un provvedimento dell'Autorità relativo alla numerazione da applicare all'ordinamento automatico dei programmi offerti su tecnologia digitale terrestre di cui all'articolo 29-bis, comma 10;
gli operatori hanno dichiarato reiteratamente il proprio favore alla definizione da parte dell'Autorità di appositi criteri per l'assegnazione dei canali nella sintonizzazione automatica del telecomando, poiché tale fattore rappresentava un importante elemento di certezza nella fase di transizione del mercato;
le indicazioni contenute nei provvedimenti dell'Autorità prevedono che gli operatori, in merito all'ordinamento automatico dei canali offerti su piattaforma digitale terrestre, satellitare e via cavo, nel determinare la numerazione da applicare all'ordinamento automatico dei canali tengano conto delle abitudini degli utenti finali, dei criteri di semplicità d'uso e dell'applicazione di condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie;
i rilievi e le osservazioni formulate nell'ambito della consultazione dei soggetti interessati, relativamente ai limiti esposti sulla sintonizzazione automatica, le conseguenti modifiche ed integrazioni allo schema di provvedimento adottato il 23 novembre 2006 di cui alla delibera n. 663/06/CONS, hanno reso indispensabile una riformulazione di alcune disposizioni per assicurare maggior certezza rispondendo ai problemi emersi in sede applicativa;
l'Autorità ha di fatto disposto che i piani di guida elettronica ai programmi, anche costituiti da semplici piani automatici di ordinamento dei canali della televisione digitale terrestre, satellitare o via cavo, fermo restando il diritto di ciascun utente a riordinare a piacimento i programmi offerti secondo quanto previsto dalla delibera n. 216/00/CONS, devono tener conto «delle esigenze di semplicità di uso dell'apparato di ricezione e delle abitudini e delle preferenze dei telespettatori, ed applicano condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie nei confronti di tutti i fornitori di contenuti»;
l'Autorità ha ribadito che non devono essere praticate discriminazioni nei confronti dei fornitori di contenuti indipendenti e dei fornitori di contenuti a livello locale;
l'Autorità si è impegnata a garantire il rispetto di tali condizioni ai sensi

dell'articolo 42, comma 5, del codice delle comunicazioni elettroniche, anche intervenendo, ove giustificato, di propria iniziativa;
il Comitato Radio TV Locali (CRTL) ha avanzato una proposta in merito alla questione dell'ordinamento automatico dei programmi (logical channel number - LCN) nella piattaforma televisiva digitale terrestre;
la proposta prevede:
«1. Riprodurre nel primo blocco di numeri (1-99) della piattaforma digitale l'ordinamento già presente nell'ambiente analogico, riproducendo, il più fedelmente possibile, la posizione sul telecomando dei vari canali ricevuti in tecnica analogica, ponendo quindi nei primi numeri i canali nazionali e nei successivi i canali delle tv locali nell'ordine della popolazione servita con le frequenze analogiche utilizzate. L'ordinamento deve comunque, rispettare criteri equi, trasparenti e non discriminatori (tale non è certamente il criterio di cui si discute e che fa riferimento alle graduatorie Corecom per l'erogazione di contributi pubblici alle emittenti, graduatorie formate secondo criteri che non hanno alcun nesso con il grado di affezione dell'utenza all'emittente)»;
la Sardegna, prima regione a sperimentare l'attivazione del digitale terrestre ha pesantemente pagato l'aggravio della fase di avvio e della sua gestione e in tutte le regioni italiane si verifica un crollo degli ascolti che rischia di provocare un danno economico insopportabile per le televisioni regionali;
nella fase sperimentale era stato definito un automatico riposizionamento delle reti affidando alle televisioni regionali una collocazione nella sintonia automatica subito dopo le principali sette reti nazionali;
tale posizionamento automatico che rappresentava non solo il rispetto di posizioni di mercato conquistate con anni di attività informativa e di autonome produzioni televisive ma soprattutto una garanzia di tutela della specialità culturale, identitaria, delle regioni come il caso della Sardegna;
l'informazione regionale garantita dalle tv locali ha sempre rappresentato un fattore di democrazia rilevante nel panorama informativo;
da mesi l'attivazione di una sintonia automatica non regionale ha duramente penalizzato e colpito le emittenti televisive regionali con un danno economico rilevante e soprattutto con una ricaduta inaccettabile sul piano democratico, inteso come il venir meno per i sardi del diritto all'informazione regionale e alla produzione culturale proposta dalle emittenti locali;
in gran parte delle regioni italiane si stanno moltiplicando le denunce degli utenti e degli operatori delle tv locali che rischiano di subire un contraccolpo devastante se non si interverrà con un urgenza per ripristinare le condizioni di partenza che prevedevano appunto la tutela del posizionamento delle tv locali,

impegna il Governo:

ad intervenire con tutti gli strumenti a disposizione per valutare il quadro delle conseguenze di tale situazione al fine di individuare con somma urgenza le soluzioni necessarie;
a valutare, per quanto di competenza, l'opportunità che l'articolazione del digitale terrestre sul territorio nazionale abbia come fondamento quello di un'adeguata attribuzione alle televisioni regionali delle posizioni di sintonia di più agevole e primaria selezione, comprese nelle prime nove posizioni, individuando procedure e soluzioni idonee a rendere tale processo immediatamente applicabile;
a promuovere urgenti iniziative utili ad assicurare il rispetto delle intese intercorse

che avevano garantito il rispetto e la salvaguardia dell'emittenza locale e delle stesse sentenze civili intervenute.
(7-00366)
«Biasotti, Pili, Meta, Gentiloni Silveri, Montagnoli, Nizzi, Iannarilli, Vella, Vincenzo Antonio Fontana, Germanà, Ghiglia, Murgia, Paniz, Minardo, Armosino, Stradella, Bonciani, Fadda, Calvisi, Tommaso Foti, Tortoli, Desiderati, Pes, Marrocu, Melis, Garofalo, Palmieri, Compagnon, Carlucci».

L'XI Commissione,
premesso che:
nell'estate del 2008 il tribunale di Latina ha condannato a complessivi 21 anni di reclusione nove ex dirigenti della Goodyear italiana nel processo per le morti, causate dall'esposizione all'amianto, nello stabilimento di Cisterna di Latina, che produceva pneumatici e ha definitivamente chiuso nel 2000;
dopo la sentenza, gli eredi delle vittime restano ancora in attesa del risarcimento: allo stato, infatti, ammontano a circa tre milioni di euro i risarcimenti provvisori a carico dell'azienda, che tuttavia non vuole riconoscere tali diritti ai soggetti danneggiati;
l'azienda si rifiuta, ad avviso del sottoscrittore del presente atto di indirizzo, incredibilmente di procedere all'erogazione del risarcimento, nonostante i reiterati ordini dei giudici di versare immediatamente le somme indicate;
è peraltro in corso, in questi giorni, un'ipotesi di mutamento degli assetti societari della Goodyear, che ha indotto i familiari delle vittime e i soggetti interessati a temere che, dietro tale operazione, possa addirittura nascondersi uno strumento giuridico finalizzati a non liquidare i risarcimenti;
i familiari delle vittime hanno tutte le ragioni e devono essere risarciti, come il tribunale ha stabilito;
il ruolo delle istituzioni è quello di intervenire prontamente di fronte a queste situazioni, soprattutto quando riguardano processi di lavoro svolti da grandi multinazionali sul territorio italiano;
tali sviluppi hanno ingenerato una situazione di grave incertezza, con effetti sociali devastanti, amplificati dal risalto che 7 sugli organi di stampa locali - stanno avendo le notizie relative alla situazione in atto, che rischia di creare un precedente pericoloso in materia di tutela della sicurezza dei lavoratori e di risarcimenti per le vittime dell'esposizione all'amianto,

impegna il Governo:

ad attivare con sollecitudine un tavolo interministeriale, nel quale coinvolgere eventualmente anche i dicasteri del lavoro e delle politiche sociali, dello sviluppo economico e della giustizia, per coordinare ogni possibile azione di competenza, diretta a promuovere una positiva soluzione della vicenda di cui in premessa;
a valutare, nel frattempo, l'opportunità di adottare eventuali iniziative, anche di carattere d'urgenza, finalizzate a non pregiudicare i diritti legittimamente rivendicati dai familiari delle vittime dell'esposizione all'amianto nello stabilimento Goodyear di Cisterna di Latina.
(7-00364) «Moffa».

La XII Commissione,
premesso che:
con la sentenza 1o aprile 2009, n. 151, la Corte costituzionale ha caducato il divieto di cui al comma 2 dell'articolo 14 della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita) - secondo cui era esclusa ogni possibilità di creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario

ad un unico e contemporaneo impianto, e comunque superiore a tre - evidenziando che «la giurisprudenza costituzionale ha ripetutamente posto l'accento sui limiti che alla discrezionalità legislativa pongono le acquisizioni scientifiche e sperimentali, che sono in continua evoluzione e sulle quali si fonda l'arte medica»;
le raggiunte conclusioni circa l'incostituzionalità così dichiarata - per contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, riguardato sotto il duplice profilo del principio di ragionevolezza e di quello di uguaglianza, in quanto il legislatore riserva il medesimo trattamento a situazioni dissimili, nonché con l'articolo 32 della Costituzione, per il pregiudizio alla salute della donna - introducono «una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell'articolo 14, quale logica conseguenza della caducazione, nei limiti indicati, del comma 2», che determina la necessità del ricorso alla tecnica di congelamento con riguardo agli embrioni prodotti, ma non impiantati per scelta medica. In tal senso si è espressa con ordinanza 8 marzo 2010, n. 97, la medesima Corte costituzionale, la quale non è mai stata chiamata a pronunciarsi sull'ammissibilità dell'indagine clinica diagnostica sull'embrione (indagine espressamente prevista all'articolo 13, comma 2, su richiesta della coppia, come confermato dalle sentenze 22 settembre 2007 del tribunale di Cagliari e 17 dicembre 2007 del tribunale di Firenze);
in tema di rapporto tra principio di uguaglianza e procreazione medicalmente assistita si apre ora un nuovo fronte, a seguito della pronuncia che in data 1o aprile 2010 la Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso - in accoglimento dei ricorsi S. H. ed altri contro l'Austria - per la violazione degli articoli 8 e 14 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU) a carico dello Stato austriaco, in ragione della discriminazione tra coppie operata da norme di legge che proibiscono il ricorso alla donazione di gameti per la fertilizzazione in vitro;
la Conferenza convocata ad Interlaken dalla presidenza del Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa, ha approvato, con la dichiarazione finale del 19 febbraio 2010, un piano d'azione che tra l'altro richiede agli Stati parte di impegnarsi a: «tener conto degli sviluppi della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, segnatamente allo scopo di considerare le conseguenze che si impongono a seguito di una sentenza che accerti una violazione convenzionale da parte di un diverso Stato parte, allorché il loro ordinamento giuridico sollevi il medesimo problema di principio» (§ B, n. 4, lettera c);
in sede di Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa il 10 e 24 marzo 2010 vi è stata piena adesione - anche del Governo italiano - al piano d'azione di Interlaken, tanto da costituire un apposito gruppo di lavoro intergovernativo per monitorarne il seguito;
l'articolo 4 della legge n. 40 del 2004 vieta il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, con ciò prestandosi al medesimo problema di principio per il quale la Corte di Strasburgo ha riconosciuto l'inadempimento convenzionale austriaco;
la Corte costituzionale, con le sentenze n. 348 e n. 349 del 2007, ha rilevato che l'articolo 117, primo comma, della Costituzione, ed in particolare l'espressione «obblighi internazionali» in esso contenuta, si riferisce alle norme internazionali convenzionali anche diverse da quelle comprese nella precisione degli articoli 10 e 11 della Costituzione;
la conseguenza è che il contrasto di una norma nazionale con una norma convenzionale, in particolare della CEDU, si traduce in una violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione. La Corte costituzionale ha, inoltre, precisato nelle predette pronunce che al giudice nazionale, in quanto giudice comune della Convenzione, spetta il compito di applicare le relative norme, nell'interpretazione offertane dalla Corte di Strasburgo, alla

quale questa competenza è stata espressamente attribuita dagli Stati contraenti;
nel caso in cui si profili un contrasto tra una norma interna e una norma della Convenzione europea, il giudice nazionale comune deve, pertanto, procedere ad una interpretazione della prima conforme a quella convenzionale, fino a dove ciò sia consentito dal testo delle disposizioni a confronto e avvalendosi di tutti i normali strumenti di ermeneutica giuridica. Solo quando ritiene che non sia possibile comporre il contrasto in via interpretativa, il giudice comune deve sollevare la questione di costituzionalità, con riferimento al parametro dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, ovvero anche dell'articolo 10, primo comma, Costituzione, ove si tratti di una norma convenzionale ricognitiva di una norma del diritto internazionale generalmente riconosciuta. La clausola del necessario rispetto dei vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, dettata dall'articolo 117, primo comma, della Costituzione, attraverso un meccanismo di rinvio mobile del diritto interno alle norme internazionali pattizie di volta in volta rilevanti, impone infatti il controllo di costituzionalità, qualora il giudice comune ritenga lo strumento dell'interpretazione insufficiente ad eliminare il contrasto;
sollevata la questione di legittimità costituzionale, spetta alla Corte costituzionale il compito anzitutto di verificare che il contrasto sussista e che sia effettivamente insanabile attraverso un'interpretazione plausibile, anche sistematica, della norma interna rispetto alla norma convenzionale, nella lettura datane dalla Corte di Strasburgo. La Corte dovrà anche, ovviamente, verificare che il contrasto sia determinato da un tasso di tutela della norma nazionale inferiore a quello garantito dalla norma CEDU, dal momento che la diversa ipotesi è considerata espressamente compatibile dalla stessa Convenzione europea all'articolo 53. In caso di contrasto, dovrà essere dichiarata l'illegittimità costituzionale della disposizione interna per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione alla invocata norma della CEDU;
l'ordinamento giuridico italiano, sul punto del divieto di fecondazione eterologa, versa nella situazione delineata dalla Corte costituzionale quando affermò che «è precluso di sindacare l'interpretazione della Convenzione europea fornita dalla Corte di Strasburgo, cui tale funzione è stata attribuita dal nostro Paese senza apporre riserve» e che «l'apprezzamento della giurisprudenza europea consolidatasi sulla norma conferente va operato in modo da rispettare la sostanza di quella giurisprudenza, secondo un criterio già adottato dal giudice comune e dalla Corte europea» (Corte costituzionale, sentenza n. 311 del 2009),

impegna il Governo:

a fronte del prevedibile afflusso di questioni di legittimità costituzionale dopo la citata sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, a non dar corso ad alcun intervento della Presidenza del consiglio a difesa dell'articolo 4, comma 3, della legge n. 40 del 2004 dinanzi alla Corte costituzionale, onorando l'impegno assunto a Strasburgo dallo Stato italiano il 10 e 24 marzo 2010 in ordine al piano d'azione di Interlaken.
(7-00367)
«Farina Coscioni, Beltrandi, Bernardini, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore agricolo italiano è frutto dell'insieme delle peculiarità e delle difficoltà specifiche vissute dai singoli territori;
in tale prospettiva il Mezzogiorno ed territori montani particolarmente svantaggiati rivestono un'importanza cruciale per il settore primario e pertanto è necessario valutare con attenzione le misure utili a sostenere e rilanciare il comparto agricolo mediante un sostegno alle categorie produttive interessate;

il 31 luglio 2010 scadono le proroghe delle agevolazioni contributive per le aziende agricole collocate nelle zone svantaggiate;
a partire dal 1o agosto molte aziende agricole collocate in territori difficili in cui la meccanizzazione è assolutamente problematica e la dimensione aziendale non consente di reggere una competitività oramai del tutto basata sul ribasso spietato del prezzo rischiano di chiudere;
in questi territori e in quelle aziende si produce un'eccellenza agroalimentare che è il fiore all'occhiello del made in Italy che garantisce un contributo di primo piano all'economia italiana;
è fondamentale sostenere le categorie produttive del settore agricolo prorogando le agevolazioni contributive, per i datori di lavoro agricoli in zone svantaggiate o particolarmente svantaggiate, nella misura più favorevole disposta dall'articolo 1, comma 2, del decreto-legge 10 gennaio 2006, n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge n. 81 del 2006;
in particolare il decreto-legge 2/2006 ha stabilito che:
nei territori montani particolarmente svantaggiati (ossia situati ad una altitudine di almeno 700 metri), lo sgravio contributivo, rispetto a quanto normalmente dovuto sul territorio nazionale, spetta nella misura del 75 per cento dei contributi a carico del datore di lavoro (pertanto la quota da versare sarà del 25 per cento, quindi più bassa rispetto alla quota del 30 per cento attualmente dovuta);
nelle zone agricole svantaggiate, comprese le aree dell'obiettivo 1 del Regolamento (CE) n. 1260/1999, recante «Disposizioni generali sui Fondi strutturali», nonché i territori dei comuni delle regioni Abruzzo, Molise e Basilicata, lo sgravio contributivo compete nella misura del 68 per cento (pertanto la quota da versare sarà del 32 per cento, notevolmente più bassa rispetto al 60 per cento attualmente previsto);
alla luce della riforma della politica agricola comunitaria tale intervento non si configura come di natura assistenziale bensì ha una valenza strutturale per tali imprese e per il settore intero;
ad oggi la proroga per gli sgravi contributivi non c'è, e questo silenzio è molto preoccupante perché gli sgravi contributivi assumono un particolare valore in quanto intervengono nelle aree più deboli, nelle zone montane, nel Mezzogiorno, laddove la crisi sta producendo gli effetti più gravi, laddove è più difficile fare impresa, ma anche laddove si producono molte eccellenze del sistema agroalimentare del nostro Paese e dove si svolge anche un'importante funzione di presidio del territorio;
come dichiarato il 4 luglio 2010 dal Ministro Galan, in un articolo del Corriere della Sera, il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali chiede al Ministro dell'economia e delle finanze di intervenire su tre questioni una delle quali è appunto la proroga delle agevolazioni contributive fino al 31 dicembre 2010 a sostegno delle zone svantaggiate,

impegna il Governo:

considerato che le misure di cui in premessa in favore delle aziende agricole situate in zone svantaggiate e di montagna assumono una funzione cruciale per la competitività dell'intero comparto agricolo, ad adottare ogni iniziativa idonea a sostenere e rilanciare il settore, con ciò assicurando la piena salvaguardia del sistema delle agevolazioni finora in vigore.
(7-00365)
«Oliverio, Zucchi, Agostini, Brandolini, Marco Carra, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino, Siragusa».

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, per sapere - premesso che:
grande preoccupazione desta il piano industriale dell'azienda Telecom Italia che appare incentrato solo sulla riduzione dell'occupazione e degli investimenti, privo di qualsiasi prospettiva industriale, e che evidenzia il disinteresse per un rilancio non più rimandabile di un settore strategico per il Paese condannando l'industria delle telecomunicazioni italiana ad un ruolo sempre più marginale;
la Telecom possiede e gestisce la rete di telecomunicazioni italiana, un'infrastruttura di fondamentale importanza per l'Italia la cui innovazione e modernizzazione rappresenta una condizione essenziale per la crescita e per la competitività del sistema Paese;
il piano industriale dell'azienda prevede una contrazione del perimetro operativo di Telecom, nel periodo 2010-2012, attraverso il licenziamento di 6.800 unità di lavoratori e ulteriori esternalizzazioni di attività, in particolare di customer care e informatica, di delocalizzazioni e di appalti di assurance e delivery;
il piano industriale prospettato dall'azienda non appare orientato ad una logica di sviluppo né sul mercato domestico né sulle attività internazionali con un preoccupante calo di redditività che porta l'azienda ad una crisi di sistema;
risulta che gli unici elementi certi forniti da Telecom sul piano industriale siano la conferma della distribuzione dei dividendi, l'abbassamento nei prossimi tre anni di 5 miliardi di debito e 6822 tagli dei posti di lavoro in una azienda che negli ultimi due anni ha già perso 6700 dipendenti pur in presenza di rilevanti utili che, da ultimo, sono stati pari ad oltre 1,5 miliardi di euro;
le vicende di Telecom Italia sono molto preoccupanti con un management che, irragionevolmente, non sembra più in grado di creare ricchezza e valore aggiunto e riconsegna al Paese un'azienda in progressivo deperimento, sottoposta a continue ristrutturazioni e riduzioni di personale, con uno stock di debito che tuttavia non si riduce ed è stabilmente fermo ai 34 miliardi di euro;
negli ultimi dieci anni la Telecom, infatti, ha già pesantemente ristretto il proprio perimetro operativo attraverso la vendita di partecipazioni, la vendita di immobili, la riduzione di personale, la riduzione degli investimenti e nonostante questo l'esposizione debitoria dell'azienda non è mai rientrata, mentre gli utili conseguiti dall'azienda hanno consentito ugualmente la distribuzione dei dividendi;
la politica industriale attuata fino ad ora ha notevolmente ridimensionato il valore di Telecom Italia e la criticità della situazione debitoria ha condizionato pesantemente gli investimenti sulla rete che, in assenza di interventi, è in progressivo degrado con effetti negativi sia sull'occupazione sia sullo sviluppo del settore delle telecomunicazioni;
la Telecom da leader mondiale nelle telecomunicazioni, sia in termini di presenza internazionale sia come livello tecnologico, è diventata più piccola e più marginale nel contesto internazionale, anche per il condizionamento dell'azionista di maggioranza di TELCO (Telefonica) che ha gli stessi interessi nelle realtà dove storicamente ha operato Telecom Italia;
è urgente predisporre un piano industriale strategico che consenta alla Telecom

di tornare leader mondiale nelle telecomunicazioni attraverso investimenti tecnologici e sul capitale umano -:
se il Governo non ritenga urgente predisporre un Piano strategico nazionale per il rilancio dell'industria e delle infrastrutture di telecomunicazioni;
se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza affinché Telecom Italia, maggiore operatore di telefonia fissa e mobile e concessionario di licenza pubblica, possa e debba contribuire al rilancio del settore delle telecomunicazioni in un'ottica di sviluppo competitivo di tutto il sistema Paese;
se il Governo non intenda adottare ogni iniziativa di competenza affinché Telecom Italia reinvesta una parte significativa degli utili nelle nuove infrastrutture di rete (NGN) con il conseguente superamento del digital divide;
se il Governo non ritenga di intervenire attivando urgentemente un tavolo tecnico permanente per indurre Telecom al ritiro dei licenziamenti predisponendo un nuovo piano industriale di sviluppo e di nuove prospettive occupazionali.
(2-00789)
«Boccia, Baldelli, Galletti, Cambursano, Calgaro, Esposito, Cazzola, De Girolamo, Zazzera, Occhiuto, Montagnoli, Lussana, Quartiani, Moffa, Oliverio, Santelli, Cirielli, Scilipoti, Vignali, Portas, Favia, Gioacchino Alfano, Cuomo, Razzi, Di Stanislao, Gianni Farina, Palagiano, Migliavacca, Gaglione, Recchia, Cenni, De Pasquale, Paniz».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
la base militare della Marina statunitense situata a Sigonella, in provincia di Catania, si appresta a ridurre, entro il 2010, personale civile americano e italiano impiegato nella base per un processo di riduzione del personale elegantemente definito «adeguamento dell'organico»;
gli esuberi, secondo la US Navy riguarderebbero «personale non più necessario come supporto alle attività di comando» e i posti di lavoro a rischio, tra il personale italiano, sarebbero 62;
la notizia degli imminenti licenziamenti è stata comunicata alle parti sindacali, che hanno indetto per il 23 giugno 2010 una mobilitazione di tutte le basi NATO italiane, nel corso di un incontro durante il quale si stava discutendo in ordine al rinnovo del contratto di lavoro scaduto nel 2008;
la US Navy sottolinea che «l'adeguamento dell'organico, verrà effettuato facendo ricorso a diverse strategie, tra cui la possibilità di pensionamento per coloro che abbiano raggiunto i requisiti; la ricollocazione del personale in altri posti di lavoro vacanti laddove le loro competenze lo consentano; in caso di approvazione, incentivi per la risoluzione volontaria del rapporto di lavoro e, ove possibile, la riqualificazione professionale»;
il 18 febbraio 2010 è stato approvato dall'Assemblea regionale siciliana un ordine del giorno che impegna il Governo ad attivare tutte le misure necessarie presso la Conferenza Stato-regioni al fine di tutelare i lavoratori in esubero della base di Sigonella. In tal senso, il presidente della regione ha ribadito il suo impegno affinché la Conferenza Stato-regioni accetti la proposta;
il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione si è impegnato affermando che i lavoratori civili della base militare di Sigonella avranno accesso a tutte le misure di sostegno al reddito previste dalla legislazione in materia di ammortizzatori sociali in deroga, per la concessione delle quali il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha proceduto,

il 4 maggio 2010, alla firma di un apposito accordo con le organizzazioni sindacali;
è opportuno ricordare che il Parlamento, a seguito della sottoscrizione dei patti di intesa tra Governo italiano e Governo statunitense relativo alle infrastrutture in uso alle forze militari USA, ha approvato la legge 9 marzo 1971, n 98, e successive modificazioni ed integrazioni, la quale prevede che: «I cittadini italiani che prestavano la loro opera nel territorio nazionale alle dipendenze di organismi militari della Comunità atlantica, o di quelli dei singoli Stati esteri che ne fanno parte, che siano stati licenziati in conseguenza di provvedimenti di ristrutturazione degli organismi medesimi, se in possesso dei prescritti requisiti, in relazione al titolo di studio posseduto e alla diversa natura delle mansioni prevalentemente svolte, devono essere assunti a tempo indeterminato, nella amministrazioni dello Stato»;
successivamente la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), articolo 2, commi 100 e 101, ha esteso i benefici della legge n. 98 del 1971, consentendo a chi avesse maturato un anno di servizio al 31 dicembre 2006 di accedere, in soprannumero e sovra organico, all'interno della pubblica amministrazione, secondo uno speciale procedimento di accesso al pubblico impiego;
con l'articolo 68, comma 6, lettera c), del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, si è provveduto in sede di riduzione degli organismi collegiali e di duplicazioni di strutture, alla soppressione della commissione per l'inquadramento del personale già dipendente da organismi militari operanti nel territorio nazionale nell'ambito della Comunità atlantica di cui all'articolo 2, comma 2, della citata legge 9 marzo 1971, n. 98 e al passaggio di consegne al dipartimento della funzione pubblica;
in data 15 gennaio 2009 è stato emanato dal Presidente del Consiglio dei ministri uno specifico decreto (individuazione dei criteri e delle procedure per l'assunzione di personale civile di basi militari soppresse) che trasferisce le competenze al dipartimento della funzione pubblica e definisce le procedure per l'inquadramento e la ricognizione dei posti nonché i criteri e le procedure per l'assunzione del personale;
si evidenzia inoltre che i lavoratori italiani delle basi USA in Sicilia, pur trovandosi al pari di altri lavoratori nelle condizioni previste dalla legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni, rischiano di non potere trovare collocazione presso tutti i rami dell'amministrazione statale in quanto nella regione siciliana sono pochissimi gli uffici periferici che rappresentano l'amministrazione statale, essendo molte competenze attribuite per statuto alla regione -:
quali iniziative si intendano porre in essere al fine di tutelare i 62 lavoratori della base militare di Sigonella, assicurando l'estensione a tutti loro dei benefici della legge n. 98 del 1971 e successive modificazioni ed integrazioni e garantendo la ricollocazione, nel loro territorio, nell'ambito dell'amministrazione pubblica.
(2-00790)
«Commercio, Latteri, Lombardo, Lo Monte, Misiti, Brugger».

Interrogazione a risposta orale:

CAPITANIO SANTOLINI, ADORNATO e BOBBA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee. - Per sapere - premesso che:
l'Italia ha sottoscritto nel maggio 2003, ma non ancora ratificato, la Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 «sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori»;

si tratta di una convenzione che «aggiorna» quella dell'Aja del 5 ottobre 1961, oggi vigente in Italia: oggetto della convenzione sono tutti i provvedimenti di protezione del minore e dei suoi beni, ad eccezione dell'adozione (già regolamentata a livello internazionale dalla Convenzione dell'Aja del 1993), degli obblighi alimentari (già regolamentati dalla Convenzione dell'Aja del 1973), la sottrazione dei minori (già regolamentata da una convenzione del 1980) e di alcuni provvedimenti elencati nell'articolo 4 (ad esempio materia delle successioni, previdenza sociale, decisioni sul diritto di asilo e in materia di immigrazione). In definitiva, rientrano espressamente nel campo di applicazione della Convenzione i provvedimenti che regolano i rapporti fra genitori e figli e quelli che dispongono sulla protezione dei minori (l'elenco delle materie è contenuto nell'articolo 3 della Convenzione stessa: attribuzione, esercizio e revoca - totale o parziale - della responsabilità genitoriale, nonché sua delega; diritto di affidamento; tutela, curatela e istituti analoghi; designazione e funzioni di ogni persona o ente incaricato di occuparsi del minore o dei suoi beni; collocamento in famiglia di accoglienza o istituto anche attraverso la Kafala o istituto analogo; supervisione delle cure fornite al minore da chi vi è tenuto; amministrazione, conservazione o disposizione dei beni del minore);
la Convenzione si applica in tutte le situazioni con elementi di «internazionalità» e ha i seguenti obiettivi specifici:
a) determinare quale Stato è competente ad adottare le misure volte alla protezione della persona o dei beni del minore;
b) determinare la competenza delle autorità del Paese in cui il minore si trova fisicamente per l'adozione di tutti provvedimenti d'urgenza;
c) determinare la legge applicabile dalle autorità competenti;
d) determinare in particolare qual è la legge applicabile alla «responsabilità genitoriale»;
e) garantire il riconoscimento e l'esecuzione delle misure di protezione del minore in tutti gli Stati contraenti;
f) stabilire una cooperazione fra gli Stati coinvolti nell'emanazione e nel riconoscimento dei provvedimenti su minori;
in sintesi, la principale novità rispetto alla Convenzione del 1961 consiste nella creazione di un'autorità centrale e nell'istituzione di una procedura di «consultazione» fra le autorità dei due Paesi di residenza attuale e di residenza «futura» del minore (articolo 33), ciò che garantirà alle decisioni in materia minorile un riconoscimento il più possibile «uniforme» nei vari Stati con il superamento del limite territoriale dello Stato in cui il provvedimento è stato emesso;
la ratifica della Convenzione in esame è obbligatoria per lo Stato italiano in seguito alla decisione del Consiglio Europeo del 5 giugno 2008 (2008/431 /CE) con cui l'Italia, fra altri Stati, è stata «autorizzata» alla ratifica stessa entro il 5 giugno 2010. Il termine è spirato senza nulla di fatto;
l'Italia ha ratificato la maggioranza degli strumenti internazionali volti alla protezione dell'infanzia e dei suoi diritti, fra cui merita particolare menzione la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza (New York 1989) nel cui articolo 5 si legge che «in tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l'interesse superiore del minore deve essere una considerazione preminente»;
l'Italia è parte dell'Unione europea che ha interesse alla ratifica in quanto si tratta di una Convenzione di natura «mista», che per alcuni aspetti ricade sotto la competenza dei singoli Stati membri (così la legge applicabile alla custodia e alle altre misure di protezione dell'infanzia) mentre per altri ricade nella competenza esterna esclusiva dell'Unione europea nell'ambito

dell'obiettivo della creazione di uno spazio giuridico comune all'interno dell'Unione (così la giurisdizione, il riconoscimento e l'esecuzione dei provvedimenti tra i vari Stati dell'Unione europea);
nel Trattato di Lisbona, in vigore dal 1o dicembre 2009, l'Unione europea ha inserito per prima volta i diritti dei minori tra gli obiettivi comuni: nell'articolo 3 si legge che l'«Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»;
i diritti dei minori, e in particolare, il principio del suo superiore interesse è contenuto anche nell'articolo 24, comma 2, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che con l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha assunto un valore che può essere definito «costituzionale»;
nella Costituzione della Repubblica italiana agli articoli 10 e 117 si fa espresso riferimento, tra l'altro, agli obblighi assunti dallo Stato italiano con la stipulazione di Convenzioni internazionali;
questa Convenzione, allo stato degli atti, è stata già ratificata da alcuni Paesi dell'Unione europea, e, mentre le istituzioni dei Paesi «storici» dell'Unione (come la Spagna e il Regno Unito) hanno già approvato una legge di autorizzazione della ratifica, l'Italia, manca ancora all'appuntamento, nonostante - tra l'altro - la comunicazione in merito della Commissione europea del 24 giugno 2010 e le raccomandazioni ricevute in occasione dell'incontro tecnico tenutosi a Bruxelles lo scorso 5 luglio 2010;
l'importanza di questa Convenzione era stata richiamata dalle 86 associazioni italiane attive per la difesa dei diritti dell'infanzia riunite nel «Gruppo CRC» nel «II rapporto supplementare alle Nazioni Unite sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza in Italia», pubblicato a novembre 2009 e diffuso in occasione della Conferenza nazionale sull'infanzia e l'adolescenza tenutasi a Napoli;
la decisione del Consiglio dell'Unione europea è vincolante e la Commissione europea, in applicazione dei poteri riconosciuti dall'articolo 221 CE (articolo TFEU), ha il potere di valutare l'inerzia da parte degli Stati membri oppure la mancanza di volontà di procedere alla ratifica, al fine di attivare la procedura prevista nell'articolo 258 TFEU (trattato di Lisbona) contro la violazione dei trattati: esiste quindi il rischio che la Commissione europea attivi questa procedura contro l'Italia per la violazione dei trattati, procedura che prevede una fase giudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell'Unione europea e che potrebbe anche comportare una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del diritto comunitario;
considerato quanto precede, il nostro Paese deve approvare al più presto la ratifica della Convenzione e approvare altresì le norme necessarie all'attivazione delle procedure in essa previste, inclusa la nomina dell'autorità centrale, competente ai sensi della Convenzione stessa, strumento principe di diritto internazionale per la protezione dei diritti dell'infanzia a livello europeo e internazionale -:
quando il Governo italiano intenda presentare al Parlamento un proprio disegno di legge di ratifica della Convenzione dell'Aja del 19 ottobre 1996 che regolamenta a livello internazionale la competenza e il riconoscimento rispetto ai provvedimenti di tutela e protezione dei minori, considerato che il Consiglio dell'Unione europea e la Commissione europea hanno sollecitato la ratifica perché materia di competenza parzialmente comunitaria, e se esistano motivi che ostano alla sua ratifica in tempi celeri.
(3-01172)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GIOVANELLI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
notizie di stampa informano che cinque figli di altrettanti giudici e funzionari della Corte dei conti del Lazio sarebbero stati assunti con contratti a termine alla Protezione civile;
gli stessi il 21 luglio 2010 prenderanno parte alla selezione riservata al personale interno per essere assunti in organico dalla stessa Protezione civile;
alla stessa selezione parteciperanno «mogli, figli e parenti» di Sottosegretari di Stato, generali, dirigenti e funzionari dello Stato;
tutto ciò premesso, se risultasse vero, produrrebbe ulteriore discredito all'istituzione della Protezione civile, avvalorando e rafforzando, ad avviso dell'interrogante, lo stato di dubbia trasparenza che sempre più diffusamente la coinvolge -:
se non intenda intervenire anche in regime di autotutela al fine di bloccare la selezione già programmata per il 21 luglio 2010.
(5-03218)

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Congregazione dei P.P. Rogazionisti-Istituto Antoniano maschile» inserita nell'«Elenco degli interventi ammessi al finanziamento Triennio 2010-2012» per un importo di 682.000 euro per la realizzazione del progetto «Istituto Antoniano di Messina (Restauro facciate)» -:
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerata l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio dei «Padri Rogazionisti».
(4-07986)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi è la «Fondazione CRT» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 9 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 6.700.000 euro per la realizzazione del progetto «Città e Cattedrali» -:
in che consista il progetto «Città e Cattedrali» ovvero a quali iniziative concrete sono destinati i 6.700.000 euro per la realizzazione del progetto;
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti ed eventualmente se e quali non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici;
se nella concessione del contributo sia stata presa in considerazione l'effettiva necessità del medesimo, anche considerate l'entità delle risorse e la consistenza del patrimonio della «Fondazione CRT».
(4-07987)

COSENZA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri. - Per sapere - premesso che:
in data 15 marzo 2010 il sito internet del dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato la seguente notizia: «Così come la Danimarca e la Norvegia hanno proibito l'utilizzo degli energy drink, il Dipartimento Politiche Antidroga si chiede se non sia il caso di valutare anche in Italia l'attuazione di una linea più incisiva che miri a controllare meglio un fenomeno che sta dilagando soprattutto tra i giovani. Le bevande energetiche infatti hanno, in molti casi, un contenuto di caffeina molto maggiore rispetto alle normali bevande e ingredienti con effetti potenzialmente interagenti, quali taurina ed altri aminoacidi, dosi massicce di vitamine ed estratti vegetali non ben definiti. La caffeina è un eccitante che ad alte dosi possiede la proprietà di interagire fortemente con i neurotrasmettitori chimici del sistema nervoso centrale, alterando in senso positivo o negativo lo stato di vigilanza. Quello che preoccupa è l'abuso crescente tra i giovani di queste bevande che arrivano ad ingurgitare anche tra gli 8 e 15 drink in una serata, immettendo nel fisico una quantità di caffeina che può arrivare fino a 1500 mg e che se unita contemporaneamente ad alcol, anfetamina, cocaina o cannabis può dare luogo ad un "mix

esplosivo" estremamente dannoso per la salute potendo provocare la comparsa di crisi cardiache (aritmie maligne sopraventricolari) e crisi epilettiche. È importante che i giovani conoscano gli effetti negativi di queste bevande e per questo continueremo a sensibilizzare non solo i giovani, ma anche le famiglie nella giusta direzione contro il fenomeno dell'alcol associato a questi drink, per il quale l'attenzione del Dipartimento deve restare altissima»;
il tema individuato dal dipartimento è di grande importanza e attualità perché attiene direttamente al tema degli stili di vita sani e alla sana alimentazione dei giovani -:
quali siano stati gli esiti delle valutazioni avviate in materia e quali iniziative siano state intraprese, o si intendano intraprendere, per sensibilizzare i giovani a un consapevole e attento consumo delle bevande in questione.
(4-07990)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel mese di febbraio 2004, con atto del Ministro per i beni e le attività culturali, è stata costituita Arcus, società per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo spa, ai sensi della legge 16 ottobre 2003, n. 291. Il capitale sociale è interamente sottoscritto dal Ministero dell'economia e delle finanze, mentre l'operatività aziendale deriva dai programmi di indirizzo che sono oggetto dei decreti annuali adottati dal Ministro per i beni e le attività culturali - che esercita altresì i diritti dell'azionista - di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Arcus può altresì sviluppare iniziative autonome;
relativamente ai progetti, ai contraenti e agli importi necessari per realizzarli nel periodo 2004-2012 sul sito della società vi è un aggiornamento datato «maggio 2010» dal quale si evince che tra i contraenti/destinatari di fondi dell'Arcus spa vi sono l'«Auditorium Conciliazione» e la società «I Borghi srl» per interventi relativi all'Auditorium Conciliazione e precisamente:
a) «I Borghi srl» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi Anno 2005» per un importo di 100.000 euro per la realizzazione del progetto «Progetto »Spettacolo dal vivo ed attività culturali in Italia e all'estero» E) Teatro, musica ed animazione-Auditorium Conciliazione di Roma»;
b) «I Borghi srl» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi Anno 2006» per un importo di 600.000 euro per la realizzazione del progetto «Auditorium Conciliazione di Roma-progetti di restauro e manutenzione»;
c) «I Borghi srl» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I.. 16 marzo 2007» per un importo di 180.000 euro per la realizzazione del progetto «Progetti e attività di spettacolo e di comunicazione: 5. Progetto Auditorium Conciliazione»;
d) «Auditorium Conciliazione» inserita nell'«Aggiornamento Piano Interventi D.I. 09 aprile 2008 (Progetti deliberati e contrattualizzati)» per un importo di 400.000 euro per la realizzazione del progetto «Strutture tecniche di supporto e innovazione tecnologica»;

l'«Auditorium Conciliazione» è di proprietà dell'amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica (APSA) che tra i propri consultori ha il dottor Raffaele Foglia che, salvo omonimie, è anche consigliere di cassazione, addetto alla Corte costituzionale;
la società «I Borghi srl» è stata costituita il 25 giugno 2004, al 23 aprile 2009 risultavano soci i signori Cesa Lorenzo, Rusconi Isabella, Alescio Fabio, Carducci Artenisio Francesco (presidente

del consiglio di amministrazione, cittadino americano e, salvo omonimie, Gentiluomo di Sua Santità), Sigebi srl (costituita il 23 ottobre 2006 dal socio unico Innocenti Gian Marco) -:
in cosa consistano nel dettaglio i quattro progetti;
in quali date e da quale soggetto i quattro progetti siano stati presentati, protocollati, approvati;
in quali date gli importi stanziati siano stati versati;
se relativamente al progetto di cui alla lettera d) il contraente sia effettivamente l'«Auditorium Conciliazione» come indicato;
se ed eventualmente quali siano gli edifici di proprietà dello Stato gestiti dal «fondo edifici di culto» del Ministero dell'interno che abbisognano di interventi, se il Ministero abbia presentato dei progetti e quali eventualmente non siano stati approvati;
se risulti al Governo a che punto siano i lavori ovvero quali siano le società che devono realizzare il progetto descritto, come siano state selezionate e con quali procedure; chi abbia controllato la congruità delle offerte e la rispondenza degli eventuali lavori eseguiti;
se prima di finanziare il progetto descritto sia stato appurato se detto progetto abbia ricevuto altri finanziamenti a qualsiasi titolo erogati da soggetti pubblici.
(4-07994)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa del 10 luglio 2010 risulta che un'ordinanza di protezione civile firmata dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi relativa alle frane che hanno interessato la Sicilia orientale ha destinato quasi trecento milioni per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e per le opere di consolidamento nei comuni della zona più colpiti dalle frane dello scorso inverno;
i contenuti dell'ordinanza, che ha avuto il supporto e la piena condivisione del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare Stefania Prestigiacomo e del governatore siciliano Raffaele Lombardo, sono stati illustrati ai sindaci dei comuni siciliani interessati dai fenomeni nel corso di una riunione presieduta dal capo della Protezione civile Guido Bertolaso e alla quale ha partecipato anche il prefetto di Messina;
ad inizio anno il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare aveva annunciato 1,5 miliardi di euro per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico;
la mozione 1-00324 approvata dalla Camera dei deputati all'unanimità il 26 gennaio 2010 impegna il Governo a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico -:
se la somma annunciata di 1,5 miliardi di euro sia mai stata iscritta in capitoli di bilancio del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
se, come ed in base a quali criteri si sia proceduto o si stia procedendo alla definizione del piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico e quando si intenda presentarlo alla Camera.
(4-07997)

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro per le pari opportunità, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
nel 1925 (durante il periodo fascista) veniva istituita l'Opera nazionale maternità

e infanzia (ONMI), con prevalenti orientamenti di carità, assistenza e di istruzione dei bambini verso il regime. Gli asili nido nascono anche quale supporto alle famiglie per l'incremento delle nascite. Nel 1971 viene approvata la legge 1044 che colloca gli asili nido nell'ambito della sanità dei servizi a domanda individuale, insieme ai servizi funerari, ai parcheggi, ai mattatoi, e altri;
a distanza di anni, in una realtà che cambia costantemente, ricca di nuove opportunità ma anche di crescenti degradi, le bambine e i bambini crescono in situazioni sempre più precarie, in famiglie ansiose, in molti casi impreparate nel delicato compito «educativo» verso i propri figli, afflitte da difficoltà relazionali, economiche, da disoccupazione e, al tempo stesso, da pressanti condizionamenti, superficialità e sistemi consumistici che creano frammentazioni e individualismi che favoriscono i gruppi e le istituzioni forti e ben organizzate, non sicuramente le famiglie;
dalla famiglia i bambini passano all'asilo (dove esistono). Nota è purtroppo l'assenza e la carenza di asili nido in gran parte di comuni, soprattutto nel centro e nel sud del nostro Paese;
nei confronti dei bambini, dalla famiglia all'asilo nido, a gran parte delle scuole dell'infanzia, persistono conoscenze e sistemi di allevamento sostanzialmente datati («la persona oggi non è più quella di ieri»), estese mentalità e pratiche «formative» fuori dal tempo che, al di la di vani auspici e rare realtà, di fatto agiscono dalla prima infanzia, con prevalenti funzioni di «cura» e di «assistenza» che, pur significative, non rispondono ai nuovi bisogni e soprattutto allo sviluppo delle «potenzialità» della persona oggi, a modalità di vita che richiedono aggiornate competenze e abilità, in particolare delle nuove generazioni;
in certi asili privati le famiglie arrivano a pagare rette altissime, e in gran parte di altri casi i genitori devono integrare il nido con la baby sitter, lasciare i propri figli per ore davanti alla TV o in situazioni precarie, che non incentivano sicuramente le nascite dei bambini nel nostro Paese;
nel nostro Paese hanno competenze in materia di asili nido, con iniziative che costituiscono un «campionario» di interventi segmentati e dispersivi, il Ministero della salute, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il dipartimento delle pari opportunità, il dipartimento delle politiche per la famiglia presso la Presidenza del Consiglio: il Ministro delle pari opportunità ha stanziato diversi milioni di euro per gli asili nido di condominio ispirati all'esperienza delle Tagesmutter - mamme di giorno e anche il Ministro per la pubblica amministrazione, con le maggiori entrate ricavate dall'innalzamento dell'età pensionabile delle donne, ha annunciato l'obiettivo di istituire asili nido su un'amministrazione pubblica ogni tre, entro i prossimi dieci anni;
al di là di scoordinati o impropri interventi e spesso di confusioni, che poco hanno a che fare con il primario obiettivo del diritto dei bambini allo sviluppo delle loro «qualità», gli oneri della organizzazione e della gestione degli asili nido (ancora classificati servizi a domanda individuale e non sociali e/o educativi), di fatto pesa soprattutto sulle famiglie e sugli enti locali che sono indotti a stabilire rette di frequenza sempre più costose e, in sempre più casi, ad affidare la gestione di asili e di pseudo iniziative educative dell'infanzia (sezioni primavera, asili nido aziendali, ludoteche e quant'altro), a realtà private, a strutture e gestioni in molti casi improprie e professionalmente impreparate, in relazione alle delicatissime e importantissime competenze, necessarie per un qualificato sviluppo psico/fisico/relazionale delle nuove generazioni, anche in funzione del fatto che saranno le future classi «dirigenti» di domani;
il perdurare di un'infanzia assistita da forme di asilo e, a seguire, da insegnamenti

preformulati, da consuetudini e nozioni uguali per tutti i bambini, da una progressiva «formazione» che, pur significativa in vari aspetti è sostanzialmente «preparatoria» ai successivi ordini scolastici, non contempla e non promuove, sin dall'infanzia, le proprietà della «ricerca», dell'«osservazione», della «creatività» delle idee e del saper fare, hanno prodotto e continuano a produrre «disequilibri», analfabetismi di andata e ritorno, inerzie e rassegnazioni o viceversa quelle «violenze» che colpiscono soprattutto le bambine e i bambini e che i media (con più che discutibili etiche e professionalità) ci rappresentano quotidianamente, insieme a reality, notti bianche e lotterie;
esperienze e accreditate verifiche sostengono che l'auspicato e sempre più necessario sviluppo della persona, delle sue idee ed esperienze, evolvono (o viceversa regrediscono) soprattutto sulla base delle «qualità delle relazioni, in particolare dell'offerta educativa» vissuta nella prima infanzia -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno avviare, in tempi e modalità spedite, appositi approfondimenti e concrete iniziative per lo sviluppo della «qualità dell'offerta educativa», a partire dalla prima infanzia, (nel periodo in cui si definiscono le strutture neuro-anatomiche della persona) e non dopo (quando è difficile e forsanche impossibile modificare, evolvere schemi mentali e mentalità acquisite), raccordabili con le esigenze e le potenzialità dei successivi ordini scolastici;
se e quali iniziative si intendano adottare per l'avvio di chiare e coordinate azioni, soprattutto educative, per scoprire, promuovere, investire sullo sviluppo dei valori e delle «qualità» della persona, a partire dalla sua prima infanzia, che superino gli anacronistici sistemi di assistenza e insegnamento ancora largamente estesi, fondati su conoscenze, concetti, strutture c pratiche di «asilo» datate (nel nome e nei fatti), realizzando effettive istituzioni educative, i «laboratori educativi dell'infanzia», quali prime qualificate sequenze educative di una «innovativa filiera formativa» che, proprio dai primi anni di vita, offrano a tutti i bambini e costruiscano con loro progressivi e lungimiranti processi di qualità del pensare e del fare.
(4-08001)

GALATI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
a quasi 10 anni dalla sua istituzione, il servizio civile volontario attraversa oggi una fase di crisi e di riflessione. Su tale situazione le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani hanno organizzato un seminario per proporre eventuali soluzioni alla crescita del servizio civile. Lo spinto di riflessione mosso dalle Acli necessita ulteriore approfondimento da parte delle istituzioni competenti per una riforma generale del servizio civile nazionale. Le preoccupazioni maggiori emergono dalle possibili ripercussioni dei tagli di spesa che, secondo l'ufficio nazionale del servizio civile, arrecherebbero una riduzione del fondo per il prossimo anno. Per le Acli invece si appalesa il rischio di vedere il servizio civile degradato a ruolo di ammortizzatore sociale o di alternativa al lavoro, perdendo la sua missione educativa e di coesione sociale tra le generazioni, con una critica rivolta soprattutto alla scarsa accessibilità per tutti i giovani d'Italia -:
se si intenda intervenire al fine di garantire alle associazioni e soprattutto a tutti i giovani un regolare accesso ai progetti del Servizio civile nazionale 2010.
(4-08003)

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AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
III Commissione:

NARDUCCI e TEMPESTINI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 10 maggio 2010 il Ministero degli affari esteri ha inviato un messaggio alle

proprie sedi all'estero (ambasciate, consolati e agenzie consolari) riguardante la seconda fase del progetto «Passaporto elettronico». In concreto, con il succitato messaggio, il Ministero ha impartito alla rete una sequenza di istruzioni operative concernenti l'entrata in esercizio (avvenuta il 20 maggio 2010) dei nuovi libretti di passaporto ordinario e temporaneo;
tra le varie direttive contenute nel messaggio, al punto 2 si rendono note le modalità fissate dal Ministero dell'interno per l'accertamento, da parte degli uffici consolari, delle cause ostative al rilascio del passaporto: gli uffici consolari non potranno più accedere al bollettino nazionale delle ricerche ma dovranno acquisire il nulla osta rivolgendosi alla questura territorialmente competente per il comune di iscrizione AIRE anche per i residenti nella propria circoscrizione consolare (registrati, quindi, nelle anagrafi consolari);
giova richiamare, al proposito, che il bollettino nazionale delle ricerche in precedenza veniva fornito sotto forma di CD (nella prospettiva della modernizzazione dovrebbe essere accessibile on-line limitatamente al personale addetto) e di certo non sfuggiranno ai competenti Ministeri le inevitabili conseguenze negative che il cambiamento di prassi comporta;
la richiesta del nulla osta alle questure per il rilascio del passaporto per tutti i cittadini (comprese le seconde / terze / e successive generazioni) significa un aumento del carico di lavoro per gli uffici consolari e un appesantimento delle procedure, come pure l'impossibilità di procedere all'emissione del passaporto all'atto di richiesta da parte del cittadino e l'inattuabilità di una rapida risposta alle emergenze;
mentre si stanno compiendo investimenti cospicui per compensare lo smantellamento degli uffici consolari con un forte incremento dei servizi informatici (il cosiddetto «consolato digitale»), la nuova prassi comporta un esorbitante rallentamento del funzionamento degli uffici stessi e vanifica gli sforzi e gli investimenti di ordine tecnologico già fatti per l'introduzione del passaporto elettronico fase 1 e 2;
inoltre, ne conseguono molteplici disagi per i cittadini, obbligati a presentarsi di persona per la richiesta del passaporto per ben due volte nella sede consolare: la prima volta per «aprire» la pratica, la seconda per l'acquisizione delle impronte. Vi è poi l'impossibilità di ottenere il servizio in tempi ravvicinati e programmati per i movimenti (in mancanza di risposta da parte delle questure bisogna far scadere il termine di 30 giorni), nonché l'aumento dei costi di gestione (fax per la richiesta dei nulla osta, costo telefonico per convocare il cittadino dopo l'arrivo del nulla osta, e altro) -:
se il Ministero degli affari esteri, considerato che il bollettino nazionale delle ricerche è sempre stato utilizzato dagli uffici consolari con la massima riservatezza e che resta immutata la loro competenza al rilascio dei passaporti, intenda compiere ogni possibile sforzo per ripristinare la prassi precedente in linea con le esigenze di efficienza, rapidità e snellezza che continuamente vengono invocate da autorevoli rappresentanti del Governo.
(5-03216)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NARDUCCI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il 17 maggio 2010 l'amministrazione del Ministero degli affari esteri ha emanato due decreti a firma del direttore generale della Promozione e cooperazione culturale riguardanti il personale docente destinato alle istituzioni scolastiche italiane all'estero;
il primo decreto (n. 3429) reca disposizioni per sospendere le procedure di mobilità all'estero del personale docente e ATA in servizio nelle scuole italiane all'estero e nei lettorati di italiano presso le università straniere per il prossimo anno

scolastico, disciplinate annualmente dall'articolo 108 del Contratto collettivo nazionale lavoro scuola;
il secondo decreto (n. 3428) rinvia al 31 agosto 2012 le procedure di selezione linguistica per la destinazione all'estero del personale docente e ATA di ruolo, che avrebbero dovuto svolgersi secondo le vigenti norme (articolo 109 e seguenti del Contratto collettivo nazionale lavoro scuola) entro il 31 agosto 2009;
le decisioni assunte dall'amministrazione del Ministero degli affari esteri, attraverso strumenti di carattere amministrativo, sospendono le vigenti norme del Contratto collettivo nazionale lavoro scuola che disciplinano la mobilità e la destinazione alle scuole italiane all'estero e ai lettorati di italiano presso le università straniere del personale docente e ATA di ruolo e modificano le norme contrattuali che stabiliscono l'aggiornamento triennale delle graduatorie e la contestuale indizione delle selezioni linguistiche del personale da destinare all'estero;
le determinazioni assunte, oltre a rappresentare secondo l'interrogante una palese violazione delle norme contrattuali, implicano il rischio di non garantire il regolare inizio delle lezioni nelle scuole italiane all'estero e nei lettorati di italiano presso le università straniere, con gravissime conseguenze per l'utenza scolastica italiana in tutto il mondo;
giova richiamare, al proposito, che il rinvio delle prove concorsuali per la destinazione all'estero, per oltre 4 anni, ha determinato e determinerà l'esaurimento delle graduatorie delle diverse materie di insegnamento previste per le istituzioni scolastiche italiane nel mondo e nei lettorati di italiano presso le università straniere e l'impossibilità di reperire personale di ruolo in possesso di adeguate caratteristiche professionali e linguistiche da destinare alle suddette istituzioni, che rappresentano un elemento essenziale della promozione e della diffusione della nostra lingua e della nostra cultura nel mondo -:
se il Ministero degli affari esteri intenda compiere ogni possibile passo per ripristinare l'applicazione delle norme contrattuali vigenti, per garantire il regolare inizio delle lezioni nelle scuole italiane all'estero, per avviare l'immediata indizione delle prove di selezione e l'aggiornamento delle graduatorie e per permettere alle scuole italiane all'estero e alle università straniere di poter avvalersi di personale in possesso delle professionalità richieste per la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana nel mondo.
(5-03207)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

OCCHIUTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
si apprende da organi di stampa che la conclusione delle indagini ambientali sul fiume Oliva in particolare nei comuni di Amantea, San Pietro in Amantea e Serra D'Aiello, ordinati dalla procura di Paola, che sta indagando sulle possibili cause dell'aumento delle malattie tumorali nella zona, hanno evidenziato la presenza indebita di numerose migliaia di metri cubi di fanghi industriali altamente inquinanti e pericolosi per la salute dei cittadini residenti nell'area;
la zona è quella circostante il letto del fiume Oliva dove, dalla relazione allegata alla perizia, risultano essere stati ritrovati elementi quali il cesio 137, berillio, cobalto, rame, stagno, mercurio, zinco, antimonio, cadmio e altri radionuclidi di uso medicinale e industriale, fortemente nocivi per la salute di chi è esposto al contatto;
tra la popolazione residente nei comuni adiacenti al corso d'acqua, infatti, negli ultimi anni si è registrata una fortissima

incidenza di patologie maligne che certificano un eccesso statisticamente significativo di mortalità rispetto al restante territorio della provincia di Cosenza e della regione Calabria in generale, che vanno ricondotte, sempre da quanto sottolineato dalla perizia sopra menzionata, alla presenza dei contaminanti radioattivi presenti di cui si sospetta l'origine esogena;
la salute e la vita stessa dei cittadini che abitano in queste zone sotto il pericolo continuo di ammalarsi necessitano di un intervento forte e risolutivo da parte del Governo e delle autorità competenti per attivare in tempi ristrettissimi le opere di bonifica delle aree in questione e con l'impiego di tutti gli strumenti consentiti dalle tecnologie più avanzate per rimuovere tutto ciò che di nocivo sia possibile rinvenire, facendo prevalere la salute pubblica su ogni altra esigenza;
quanto sopra esposto costituisce l'ultimo di una serie di episodi di saccheggio e utilizzo «criminale» del territorio dell'intera regione Calabria come evidenziano gli episodi recentemente venuti alla luce a Crotone o a Reggio Calabria nel Comune di Motta S. Giovanni dove è stato scoperto un pericoloso traffico di rifiuti, per finire con le nota vicenda delle navi dei veleni cariche di rifiuti radioattivi affondate dalla criminalità a largo delle coste tirreniche calabresi;
la Calabria, dagli ultimi indicatori di analisi effettuate dagli istituti di studio sul settore, viene indicata tra le prime regioni nella classifica delle illegalità ambientali del 2009 con ben più di duemila infrazioni commesse e un giro di affari vastissimo legato alla attività criminali che testimonia ancora di più come sia necessario un intervento chiaro e risolutore che preveda la bonifica di tutte le aree interessate al dissesto ambientale e il controllo ancora più capillare del territorio -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda adottare per verificare l'effettivo stato della situazione e della problematica in questione, monitorando la bonifica dell'area interessata e scongiurando così il pericolo per la salute dei cittadini residenti.
(5-03219)

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa risulta che mai come quest'anno le isole dell'Arcipelago Toscano, sotto la tutela del parco naturale e al centro dell'area protetta del santuario dei cetacei, abbiano subito tali e tante aggressioni;
secondo quanto riferito da Corriere.it il 10 luglio 2010, a Pianosa, dove possono sbarcare non più di 250 persone al giorno, da accertamenti preliminari, pare che i vacanzieri arrivati siano così numerosi da far scattare un'inchiesta della Guardia forestale e del parco sul così detto overbooking;
gli accessi sono stati calcolati dai biologi analizzando le risorse dell'isola dove una violazione continua potrebbe danneggiare il già precario ecosistema. Come se non bastasse la scorsa settimana sempre a Pianosa, nella zona numero uno, la più vietata dell'isola perché custodisce un tesoro biologico inestimabile ed è il paradiso di uccelli rari che qui nidificano, è arrivato un megayacht battente bandiera inglese che ha gettato l'ancora incitando i turisti al fare il bagno e a scatenarsi in mille giochi d'acqua finché non è intervenuta la Guardia forestale che ha bloccato il natante e multato l'equipaggio;
sono già decine i casi che si segnalano soprattutto nelle zone off-limits. A rischio, secondo gli ecologisti, c'è anche l'isola di Montecristo, l'isola più proibita dell'Arcipelago, riserva biogenetica dove è proibito non solo sbarcare ma anche fare il bagno nelle vicinanze. Anche qui sono stati visti yacht, soprattutto stranieri, che si avvicinano e gettano l'ancora in zone

proibite. Guardia forestale e capitaneria fanno il possibile, ma con i tagli e la riduzione del personale la sorveglianza diventa sempre più difficile -:
di quali informazioni sia in possesso il Governo in merito alle violazioni riferite in premessa;
quali siano le cause di un simile incremento delle violazioni delle norme a tutela del parco naturale e dell'area protetta del santuario dei cetacei e quali provvedimenti si intendano adottare in proposito.
(4-07999)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
VI Commissione:

FUGATTI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il Ministero dell'economia e delle finanze aveva annunciato di aver affidato a banca Imi Spa, Bnp Paribas, Jp Morgan Securities Ltd, Monte dei Paschi di Siena, Capital Services Banca per le Imprese Spa e Unicredit Bank Ag il mandato per il collocamento sindacato del primo CCT Eu con scadenza 15 dicembre 2015;
il nuovo titolo è a tasso variabile indicizzato all'Euribor a sei mesi; gradualmente, sostituirà gli attuali CCT e avrà una scadenza finale pari a 7 anni; il Ministero ha spiegato che l'indicizzazione della cedola all'Euribor è stata scelta con l'obiettivo di allargare la base degli investitori in strumenti floater e di rafforzare i livelli di efficienza e liquidità del mercato secondario di tali strumenti;
il 25 giugno 2010 si è conclusa la prima emissione, il cui regolamento è stato fissato per il 1o luglio 2010, per un importo complessivo pari a 5 miliardi di euro ed un prezzo di emissione pari a 99,883 euro, corrispondente ad un rendimento pari a 82 punti base sull'Euribor a 6 mesi; i 5 miliardi complessivi si compongono di una tranche di 4 miliardi, emessa contro contante, e di una seconda tranche di 1 miliardo emessa in scambio contro vecchi CCT in circolazione precedentemente annunciati;
il Ministero ha comunicato che, con riferimento alla tranche emessa contro contante, hanno partecipato all'operazione oltre 170 investitori, per una domanda complessiva di quasi 5,6 miliardi di euro; il 49,7 per cento dell'emissione è stato assegnato alle banche, mentre gli asset manager ed i fondi d'investimento si sono aggiudicati circa il 30,5 per cento dell'ammontare complessivo; il 13,3 per cento circa è stato collocato presso investitori con un orizzonte di investimento di lungo periodo (fondi pensione e assicurazioni circa il 10,3 per cento, istituzioni ufficiali il 3 per cento, mentre il 5,1 per cento è andato a società non finanziarie;
dai comunicati stampa emessi dal Ministero si esclude, almeno in una prima fase, il collocamento diretto presso i piccoli risparmiatori, come invece avveniva per i tradizionali CCT -:
se il Governo intenda aprire anche ai piccoli risparmiatori il collocamento dei nuovi CCT EU e quali siano i motivi che hanno portato alla scelta di escluderli in questa prima fase.
(5-03217)

Interrogazione a risposta in Commissione:

NEGRO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il signor E.C. nel 1998 è stato condannato a lire 6.750.000 di pena pecuniaria, per essersi rifiutato, non avendo chiesto ed ottenuto nei tempi previsti l'ammissione al servizio civile, di svolgere il servizio militare;

il signor E.C. ha chiesto ed ottenuto dall'Agenzia delle entrate la massima rateazione del debito;
nel 2003, a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 12 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'amministrazione finanziaria ha proposto al signor E.C. il condono totale, dietro pagamento del 25 per cento della somma iscritta a ruolo;
il signor E.C. ha aderito al condono, effettuando il pagamento previsto;
il 26 ottobre 2009, dopo 6 anni dall'ultima comunicazione formale da parte dell'Amministrazione finanziaria, il signor E.C. ha ricevuto il provvedimento di diniego della definizione dei carichi di ruolo, considerando, quindi, la somma versata nel 2003 a titolo di condono quale acconto dell'importo complessivo iscritto a ruolo; tale provvedimento è motivato, tra l'altro, dalle due ordinanze della Corte costituzionale (n. 433/2004 e n. 305/2005), che hanno dichiarato escluse dall'ambito di applicazione dell'articolo 12 della legge n. 289 del 2002 le pene pecuniarie, le quali non possono essere equiparate alle altre entrate dello Stato e non possono rientrare nel condono previsto;
il 12 novembre 2009, Equitalia ha emesso nei confronti del signor E.C. ulteriore avviso di pagamento, minacciando il fermo amministrativo della moto di sua proprietà;
ad avviso dell'interrogante è vessatoria per il contribuente la tempistica con la quale Agenzia delle entrate ed Equitalia procedono al recupero del credito, dopo che è stata l'Amministrazione finanziaria a proporre al debitore il condono totale, dopo che per sei anni non ci sono state comunicazioni di alcun genere e dopo che sono trascorsi cinque anni dalla prima ordinanza della Corte costituzionale che definiva l'esclusione delle pene pecuniarie dal condono stabilito dall'articolo 12 della legge n. 289 del 2002 -:
quali iniziative di competenza intenda assumere in relazione a quanto esposto in premessa.
(5-03206)

Interrogazione a risposta scritta:

GENTILONI SILVERI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da un articolo pubblicato dal Corriere della Sera nell'edizione del 28 giugno 2010, riguardante le oscure dinamiche che hanno caratterizzato operazioni di fusione e acquisizione di banche italiane nell'ultimo decennio, si apprende che:
la scalata della Banca Popolare di Crema, ad opera della Banca Popolare di Lodi (ora Banca popolare italiana), avvenuta nel 2002, si svolse sotto la regia di Gianpiero Fiorani (allora direttore generale della Banca popolare di Lodi) utilizzando come veicoli la Banca Adamas di Lugano e BPL Suisse, con modalità assai dubbie, sia sotto il profilo della legittimità che della trasparenza;
quella alla Popolare di Crema fu solo la prima delle scalate bancarie organizzate da Gianpiero Fiorani con la Banca popolare di Lodi, cui sarebbero seguite quella alla Banca popolare del Trentino, Efibanca, Cassa di Imola e soprattutto la scalata alla Banca Antonveneta, con mezzi e modalità di cui da tempo si sta occupando la magistratura italiana, per la commissione di numerosi reati di natura finanziaria;
negli anni '90 la Banca popolare di Lodi aveva inglobato la Banca Rasini, piccola banca milanese, che tra i suoi clienti principali annoverava i criminali Pippo Calò, Totò Riina, Bernardo Provengano;
l'ex parlamentare di Forza Italia, Umberto Giovine, nei primi anni del 2000 tentò, ripetutamente, di fare luce sulle oscure vicende che caratterizzavano l'operato della Banca popolare di Lodi, subendo per questo l'esclusione dalle liste elettorali del centro destra ad opera di Aldo Brancher, su richiesta di Gianpiero Fiorani, e patendo per questo la fine della sua carriera politica;

in base al 2o comma dell'articolo 23 del decreto legislativo n. 300 del 1999 il Ministero dell'economia e delle finanze svolge i compiti di vigilanza su enti e attività e le funzioni relative ai rapporti con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge;
le attività della Banca popolare di Lodi guidata da Gianpiero Fiorani risulta aver posto in essere attraverso l'istituto di credito atti contrari alle leggi e che vedono coinvolte anche personalità politiche di primo piano della coalizione di Governo fino a sfiorare lo stesso Presidente del Consiglio dei ministri -:
se sia a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se e quali opportune iniziative anche legislative intenda proporre al Parlamento per assicurare una gestione più oggettiva e trasparente degli istituti bancari.
(4-08007)

TESTO AGGIORNATO AL 26 LUGLIO 2010

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta in Commissione:

NICOLA MOLTENI - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
da tempo la casa circondariale «Bassone» di Como vive una condizione di forte disagio a causa di problemi riguardanti sia l'elevato numero di detenuti, 553 presenti contro una capienza regolamentare di 421 e una massima tollerabile di 581 unità, sia la grave carenza di organico della polizia penitenziaria, stimata in 75 unità rispetto alla pianta organica prevista di 308 agenti, che determina un insopportabile carico di lavoro e responsabilità;
le condizioni di vivibilità problematica della casa circondariale, così come la mancata assegnazione di un numero adeguato di unità di personale per fronteggiare la grave carenza, sono oggetto di preoccupazione a livello istituzionale e sindacale e si collocano ben oltre quanto auspicato dal direttore della casa circondariale, Mariagrazia Bregoli;
a fronte dei rappresentati problemi della struttura carceraria, si aggiunge la necessità del rifacimento dell'impianto idro-termo-sanitario fino ad oggi alimentato a gasolio che, oltre all'inadeguato funzionamento, ha determinato costi di gestione alquanto onerosi, posto che nel 2009 sono stati spesi all'incirca 292 mila euro, mentre nell'anno in corso la predetta spesa solo nel primo trimestre ha raggiunto la somma di oltre 200 mila euro;
sarebbe auspicabile la trasformazione della centrale termica da gasolio a metano con allacciamento alla rete di distribuzione cittadina, considerato che nella città di Como è in funzione il servizio del teleriscaldamento, di cui si avvalgono molte strutture pubbliche;
tale ipotizzata trasformazione si tradurrebbe in un evidente vantaggio economico, in un aumento del rendimento energetico con riduzione dei consumi e garanzia di risparmio, oltre che in una scelta razionale, importante e significativa sotto il profilo dell'inquinamento atmosferico e della sicurezza degli impianti -:
quali iniziative il Ministro intenda assumere, per la parte di propria competenza, al fine di realizzare gli interventi pertinenti.
(5-03209)

Interrogazioni a risposta scritta:

LAGANÀ FORTUGNO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 2 di luglio 2010 alcune agenzie di stampa hanno riportato la notizia che a seguito di una operazione effettuata, all'interno del carcere di Vibo Valentia, dal personale della polizia penitenziaria, coadiuvata dagli uomini in servizio al provveditorato regionale della Calabria, sono stati scoperti due telefoni cellulari ed i relativi dispositivi carica batterie;

se è pur vero che l'istituto carcerario di Vibo è caratterizzato da una presenza di carcerati più che doppia rispetto ai posti previsti e che , invece, gli organici effettivi delle guardie carcerarie, considerando anche gli agenti distaccati presso altre sedi, ammontano all'87 per cento di quelli previsti, non è comunque accettabile che un simile evento si debba verificare senza che siano messi in atto dei seri ed efficaci provvedimenti correttivi. Non bisogna dimenticare, infatti, che per tutelare la collettività, uno degli scopi della reclusione è proprio quello di evitare che coloro che hanno commesso dei crimini possano continuare impunemente a reiterarli. Ne consegue che, per tutti coloro che hanno a cuore il rispetto della legalità e della giustizia, è molto preoccupante il fatto che dei detenuti, che possono anche appartenere ad associazioni criminali organizzate, possano scambiare notizie, informazioni, ovvero fornire disposizioni a familiari e ad altri componenti dell'associazione, al fine di proseguire, senza soluzioni di continuità, lo svolgimento delle attività criminali;
il ritrovamento in questione fa scaturire, peraltro, un altro inquietante interrogativo, in quanto, se si riescono ad introdurre in carcere dei telefoni, potrebbero essere introdotte anche armi ed altro materiale pericoloso;
infine, si deve evidenziare che deve essere posta una particolare attenzione alle condizioni di tutti gli istituti di pena, e ancor di più di quelli laddove vengono custoditi personaggi che per i crimini commessi possono rappresentare maggiori rischi per la comunità, dotandoli del personale e di tutte le altre risorse necessarie -:
se, premessa la gratitudine nei confronti delle forze della polizia penitenziaria per l'impegno quotidiano posto nello svolgimento del loro delicato incarico e, in particolare, quelle di Vibo per il senso di responsabilità e la disponibilità evidenziati operando efficacemente anche in condizioni così difficili, non sia il caso di ripianare prontamente le carenze organiche del carcere in questione e di provvedere a verificare se esistono altre esigenze di mezzi e materiali da soddisfare;
se non ritenga necessario effettuare dei controlli a tappeto e molto accurati soprattutto presso le carceri dove sono detenuti rappresentanti di spicco della criminalità organizzata, reiterandoli nel tempo se pur con tempistiche non predeterminate.
(4-07989)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 6 luglio 2010, secondo quanto riportato da numerosi organi di informazione, diversi imprenditori e funzionari pubblici fra i quali il direttore del carcere di Massa, dottor Salvatore Iodice, sono stati arrestati per reati che vanno dalla corruzione alla turbativa d'asta, dalla truffa aggravata alla concussione, dall'abuso di atti d'ufficio al peculato;
secondo il procuratore Federico Manotti, in cambio dell'assegnazione di lavori da eseguire all'interno dell'istituto penitenziario - per lo più mascherati da somma urgenza per evitare gare di appalto, e che in alcuni casi non sono neppure stati compiuti - gli imprenditori «ringraziavano con mazzette, cene, regali e lavoretti di ristrutturazione nelle case private di chi li aveva facilitati»;
secondo un articolo del Secolo XIX online del 6 luglio, «Le indagini sono partite nella primavera del 2009, da una segnalazione interna al carcere; la prima intercettazione è stata ambientale, ricavata da una conversazione privata nell'ufficio di Iodice; a questa è susseguito un fitto utilizzo di intercettazioni telefoniche; gli inquirenti hanno analizzato le gare di appalto riguardanti il carcere di Massa a partire dal 2005. Nell'ambito dell'inchiesta il direttore del carcere Iodice è accusato anche di truffa e peculato: pare che fosse solito timbrare il cartellino e recarsi invece

in piscina o a compiere altre faccende private; anche l'utilizzo dell'auto blu per viaggi non istituzionali è una delle possibili accuse che gli inquirenti stanno valutando contro Iodice»;
l'esperienza che l'interrogante ha fatto nelle visite di sindacato ispettivo effettuate in questa legislatura nelle carceri italiane, la porta ad affermare che nella quasi totalità degli istituti sono state eseguite o sono in corso opere di riparazione e di ristrutturazione in considerazione della fatiscenza delle strutture -:
quali forme di controllo abbia esercitato il Ministero della giustizia sulle opere oggetto dell'inchiesta e, in generale, sulle riparazioni e ristrutturazioni degli edifici penitenziari;
quali siano le opere in corso di riparazione e di ristrutturazione delle strutture carcerarie italiane, per quali somme e quale sia l'elenco delle imprese coinvolte e per ciascuna di essa quale sia il costo dell'opera finanziata;
quante e quali delle opere in corso di realizzazione, compresi eventuali «ampliamenti», rientrino nel cosiddetto «piano carceri»;
quali garanzie e procedure di trasparenza il Ministro intenda adottare al fine di evitare che con la futura realizzazione del «piano carceri» abbiano a ripetersi vicende analoghe a quelle verificatisi in occasione del cosiddetto scandalo «carceri d'oro».
(4-07995)

NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
un articolo del Giornale (pubblicato il 26 giugno 2010) riferisce in merito ad una sentenza emessa recentemente dalla Corte costituzionale, che consentirebbe ai detenuti comunitari di poter scontare la pena in Italia anche se hanno commesso reato e sono stati condannati nel loro Paese;
per scontare la pena in Italia sarebbe sufficiente la semplice residenza o dimora, onde evitare ogni forma di discriminazione e favorire il reinserimento sociale dei detenuti all'uscita dal carcere;
gli stranieri avrebbero tutto l'interesse a scontare la pena nel nostro Paese, anche perché nel 2009 una sentenza della Corte di Cassazione ha affermato che anche ai comunitari sarebbe applicabile lo sconto di pena di 3 anni concesso dall'indulto del 2006;
la pronuncia della Consulta, che si riferisce al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna dei ricercati tra gli Stati dell'Unione europea, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'articolo 18 della legge n. 69 del 2005, nella parte in cui stabilisce che i magistrati d'appello possano decidere che la pena sia scontata nel nostro Paese solo se la persona ricercata è cittadino italiano;
una volta pubblicata, la sentenza sarà immediatamente esecutiva e produrrà i suoi effetti con riferimento alla cancellazione di questa parte della norma, mentre, qualora i giudici costituzionali avessero dichiarato l'incostituzionalità dell'articolo, sarebbe stato compito del Parlamento stabilire nuove regole;
la pronuncia prende le mosse dalla vicenda di un polacco, condannato nel suo Paese a 3 anni e 6 mesi, ma scomparso dopo pochi mesi di carcere;
emesso nei suoi confronti un mandato d'arresto europeo, l'uomo era stato catturato in Italia e nel 2009 la corte d'appello di Roma ha deciso di consegnarlo alle autorità polacche, affermando che la legge escludeva che uno straniero residente nel nostro Paese potesse espiare qui la pena;
a questo punto c'è stato il ricorso in Cassazione, sulla base di un'interpretazione della legge europea che assimilerebbe l'immigrato dell'Unione europea al cittadino di uno stato membro dell'Unione;
già in passato una serie di sentenze della Corte suprema ha escluso l'applicabilità allo straniero residente in Italia della

norma che prevede, per il destinatario di un mandato d'arresto europeo, la possibilità di scontare la pena nel nostro Paese;
questa volta la Cassazione si è rivolta alla Consulta, sollevando la questione di legittimità costituzionale della norma in questione, ritenuta in contrasto con un atto dell'Unione europea;
viene sottolineato come la Corte di giustizia della Comunità europea abbia già affrontato il tema del rifiuto della consegna di un ricercato nella sentenza Wolzenburg, sostenendo che esso si basa sulla possibilità di favorire il reinserimento sociale del condannato una volta scontata la pena;
paradossalmente, il cittadino polacco nel frattempo ha dichiarato alla corte d'appello di Ancona di non opporsi alla consegna ai giudici del suo Paese, dove vive la sua famiglia, dimostrando così che le sue radici rimangono in patria, preannunciando di voler rinunciare all'eventuale udienza di fronte alla Consulta;
la Corte costituzionale prende atto del fatto che il polacco ha residenza in Italia e stabilisce che non ci può essere discriminazione tra cittadini europei;
ne consegue che anche per i condannati da un altro Paese membro a seguito di reato commesso in patria e non in Italia, i magistrati italiani potranno opporre il rifiuto della consegna legato al mandato d'arresto europeo;
nel nostro Paese sono oltre 67 mila i detenuti, con oltre 24 mila stranieri (un recluso ogni 161 immigrati), circa 21 mila in custodia cautelare (36,4 per cento), 37 mila con condanna definitiva e oltre 1500 detenuti colpiti da HIV, anche se nella realtà questo "numero dovrebbe essere molto più elevato, dato che il test Hiv è facoltativo e almeno due terzi dei detenuti tossicodipendenti rifiutano di sottoporsi all'analisi -:
se il Ministro non ritenga di attivarsi con urgenza, promuovendo una modifica della normativa europea ovvero concludendo accordi in via bilaterale con i singoli Paesi membri dell'Unione europea, nel rispetto del diritto comunitario, per impedire che detenuti stranieri, seppur condannati nel Paese, possano essere ammessi a scontare la pena negli istituti penitenziari italiani, usufruendo oltretutto del condono concesso con la legge n. 241 del 2006, anche quando viene eseguita in Italia una pena inflitta con sentenza di altro Stato dell'Unione europea.
(4-08006)

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazione a risposta immediata:

MISITI e LO MONTE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Anas, con provvedimento dei giorni scorsi, ha revocato la concessione per la gestione delle autostrade siciliane al Cas (Consorzio per le autostrade siciliane), senza alcun accordo con il presidente della regione, il quale, sorpreso dall'atto, lo ha definito «uno scippo»;
il suddetto consorzio gestisce 300,5 chilometri di autostrade dell'isola, concepite, progettate e realizzate secondo parametri ormai in disuso con materiali che, per il passare del tempo e la diminuita «resistenza a fatica», necessitano di grandi investimenti per le manutenzioni straordinarie, che diventano sempre più rifacimenti completi delle strutture con costi di materiali e personale del tutto eccezionali rispetto alle normali autostrade. Tutto ciò implica, inoltre, una manutenzione ordinaria più diffusa e costosa;
il personale dipendente del Cas è costituito da circa 500 addetti e, gestendo una tale infrastruttura con pedaggio, non può essere paragonato al personale dell'Anas, che si occupa di un numero di chilometri molto più alto di strade non

pedaggiate e che, quindi, è soggetto a parametri di gestione incommensurabilmente più modesti;
è noto pure, basta percorrerle, che le strade attualmente gestite dall'Anas in Sicilia non rispettano quasi mai gli standard stradali ed autostradali italiani. Si potrebbero, infatti, enumerare più di mille difetti da attribuire a questa gestione;
è pure evidente che essendo Anas il «concedente» per conto dello Stato e anche il «concessionario», si configuri, secondo gli interroganti, un chiaro conflitto di interessi. Ciò comporterà nel prossimo futuro una divisione nelle competenze tra l'ente concedente, che potrebbe essere interno al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, e il concessionario Anas, che, superato il monopolio, dovrà competere nel libero mercato per la gestione sia delle strade nazionali che delle autostrade;
lo scenario sopra descritto non garantisce che Anas migliori le prestazioni svolte dal Cas, ma una possibile garanzia per i cittadini siciliani potrebbe venire dalla collaborazione più stretta tra Stato e regione. Ciò consentirebbe di migliorare la gestione delle autostrade siciliane, raggiungendo con la minima spesa gli standard di efficienza delle altre autostrade italiane -:
quali siano le iniziative che intenda assumere il Governo per sanare questa inspiegabile frattura tra Anas e regione Sicilia, avvenuta nel momento di maggiore collaborazione che la regione portava avanti per rendere l'Anas Sicilia protagonista delle realizzazioni di infrastrutture stradali con i fondi regionali, e quale sarà, qualora non si ponesse rimedio ad un atto che, ad avviso degli interroganti, è precipitoso, il futuro dei lavoratori, visto che una delle motivazioni addotte nel provvedimento citato in premessa sarebbe proprio l'eccesso di personale.
(3-01177)

Interrogazione a risposta orale:

LUPI, TOCCAFONDI, PALMIERI e VIGNALI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel solo mese di giugno 2010 i ritardi accumulati dai voli in partenza da Milano Linate per Olbia del vettore Meridiana ammontano a 2.430 minuti; se si aggiungono i voli per Cagliari, per i quali il ritardo è di 1.000 minuti, e i voli per Alghero, che registrano ritardi per 320 minuti, la somma complessiva è di 3.750 minuti;
appare all'interrogante estremamente grave il protrarsi di tale situazione, che comporta un'evidente lesione dei diritti del passeggero, al punto che sarebbe opportuno valutare se persistano le condizioni perché tale vettore aereo continui ad operare -:
se il Ministro intenda assumere le iniziative di competenza al fine di verificare, anche per il tramite dell'ENAC, il rispetto dei parametri di qualità dei servizi di trasporto aereo da parte della compagnia Meridiana, valutando la sussistenza dei presupposti per un'eventuale sospensione o revoca della licenza di esercizio del servizio di linea.
(3-01173)

Interrogazione a risposta scritta:

TOCCAFONDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
per quanto si apprende da organi di stampa è stata introdotta una disciplina che prevedrebbe nuovi pedaggi di 1 euro per le auto e di 2 euro per veicoli pesanti pagati dagli automobilisti in 26 caselli italiani in corrispondenza di 22 tratte stradali;
in Toscana, sarebbero 2 i raccordi in cui sarebbe prevista l'entrata in vigore di questo nuovo pedaggio: la Firenze-Siena per il quale sarebbe previsto il pedaggio a chi attraversa il casello Firenze Certosa

dell'A1 e lo svincolo di Valdichiana in direzione Perugia, al casello della A1;
se la modalità di pedaggio della Firenze-Siena fosse quella di aumentare di 1 o 2 euro il pagamento al casello autostradale di Firenze Certosa questo significherebbe far pagare la stessa cifra a coloro che quella strada la percorrono tutta, fino a Siena, e coloro che ne percorrerebbero solo un brevissimo tratto e questo comporterebbe una difformità rispetto alla regola della proporzione che sta alla base dell'istituzione del pedaggio autostradale;
il pagamento si configura come il pagamento di un tributo e non di un corrispettivo per l'uso effettivo di un servizio. Infatti, nel caso della Firenze-Siena il pagamento potrebbe essere dovuto da chiunque esca al casello autostradale di Firenze Certosa, anche se poi non usufruisce della strada gestita da Anas Firenze-Siena, così come chi ne usufruisce per l'intero tratto partendo da Siena e arrivando a Firenze decide di non servirsi dell'autostrada e quindi del casello di Firenze Certosa pur avendo fruito del servizio non versa nulla -:
se per il tratto stradale gestito da Anas Firenze Siena verrà previsto un pedaggio e quale sarà il metodo di pagamento dello stesso;
come si intenda mantenere, nei casi di nuova attivazione di pagamento di un pedaggio, la regola della proporzione del pedaggio autostradale.
(4-07992)

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INTERNO

Interrogazioni a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dal sito web del COISP, si apprende che nella giornata del 22 giugno 2010 «si è suicidato poco fa (con sempre lo stesso sistema) il sovr.te Pivetta Maurizio, 52 anni, in servizio c/o stradale S. Donà di Piave (VE)» -:
quali siano le immediate azioni che il Ministro interrogato intenda adottare per affrontare e risolvere concretamente il drammatico fenomeno dei suicidi degli appartenenti alle forze di polizia.
(4-07983)

BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della difesa - Per sapere - premesso che:
si è svolta a Roma il 7 luglio 2010, la seconda manifestazione in pochi giorni dei cittadini abruzzesi colpiti dal sisma;
sono arrivati a piazza Venezia con circa 45 pullman provenienti dal «cratere» dell'Aquila, la zona più colpita dal terremoto;
volevano protestare davanti al Parlamento perché dal 1o luglio hanno ricominciato a pagare le tasse, ha spiegato il sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente, il quale ha subito capito quanto era tesa la situazione;
due blindati dei carabinieri hanno chiuso ermeticamente l'accesso a via del Corso da piazza Venezia ma un gruppo, un centinaio di persone, ha cercato lo stesso di superare lo sbarramento ed è entrato in contatto con le forze di polizia. Sono seguiti tafferugli e spintoni ma nessuno è riuscito a superare la barriera delle forze di polizia che erano schierate in assetto antisommossa;
a riportare la calma, responsabilmente, ha pensato lo stesso sindaco dell'Aquila Cialente, che è riuscito a convincere i concittadini a fare qualche passo indietro e a tornare a piazza Venezia;
Marco Pannella, presente alla manifestazione, l'ha definita, per sottolinearne l'aspetto politico e al contempo pacifico della stessa, come «una forma di rivolta

ghandiana, nonviolenta, consapevole e nel segno della ragionevolezza costituita dalla conoscenza vera di ciò che sta accadendo all'Aquila e al suo territorio». Felicissimo inoltre «che l'Abruzzo cali a Roma. Ce n'è davvero bisogno». Parole dette da un leader politico che ha fatto della nonviolenza una bussola di azione politica infallibile, che può testimoniare le intenzioni pacifiche dei suoi conterranei;
le forze di polizia, evidentemente, non distinguono, ad avviso degli interroganti, una manifestazione di black block da una manifestazione nonviolenta, che non prevede l'uso della forza per esporre le proprie ragioni;
i cinquemila abruzzesi giunti nella capitale per la ricostruzione della città hanno trovato sul loro cammino le forze dell'ordine in assetto antisommossa, che hanno bloccato i manifestanti prima a piazza Venezia, poi in via del Corso e ancora a piazza Colonna. Tre i manifestanti feriti: due ragazzi sono stati colpiti alla testa in via del Corso, un terzo ragazzo è stato malmenato durante il tentativo di forzare il primo posto di blocco in piazza Venezia. Forzata la «zona rossa» in via del Plebiscito davanti alla residenza del Presidente del Consiglio dei ministri;
un gruppo di manifestanti si è assembrato nei pressi di palazzo Grazioli limitandosi a gridare slogan non offensivi: «L'Aquila, L'Aquila» e «vergogna, vergogna»;
così si è espresso il primo cittadino aquilano commentando l'aggressione subita: «Non ci è bastato il terremoto abbiamo preso anche le botte». Massimo Cialente ha commentato gli scontri di oggi alla manifestazione dei terremotati a Roma. «Sono stato calpestato nei tafferugli a piazza Venezia mentre cercavo di calmare gli animi», ha rassicurato, dopo che si era sparsa la voce che fosse stato colpito da una manganellata. Il sindaco dell'Aquila accusa dolore a una caviglia e dice: «non mi aspettavo il blocco da parte delle Forse dell'ordine, abbiamo fatto sempre manifestazioni pacifiche» -:
se i fatti esposti in premessa corrispondano al vero e, nell'eventualità positiva, quali iniziative urgenti si intendano porre in atto al fine di dare soluzione ai fatti stessi sia per l'immediato che per il futuro, evitando aggressioni violente delle forze dell'ordine ai danni di cittadini pacifici, rei solo di aver espresso il proprio dissenso politico nei confronti dell'Esecutivo in modo pubblico, visibile, conoscibile, quindi pericoloso per l'immagine di un Governo capace, ad avviso degli interroganti, di mostrare la forza fisica ma non quella della ragione.
(4-07993)

TESTO AGGIORNATO AL 27 GENNAIO 2011

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta immediata:

VIETTI, CAPITANIO SANTOLINI, VOLONTÈ, CIOCCHETTI, COMPAGNON, CICCANTI, RAO, GALLETTI, OCCHIUTO, LIBÈ, MEREU, NARO e BINETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nonostante siano passati dieci anni dall'introduzione della legge sull'autonomia scolastica (legge n. 62 del 2000), in Italia il sistema scolastico funziona ancora come un apparato centralistico, determinando il mantenimento del monopolio dello Stato e, soprattutto, l'esclusione delle famiglie dal diritto di scegliere liberamente dove iscrivere i propri figli;
la legge n. 62 del 2000 afferma che le scuole paritarie sono scuole pubbliche, la loro funzione è pubblica come quelle statali e i ragazzi che le frequentano hanno, pertanto, gli stessi diritti e doveri di quelli che frequentano le scuole statali;
con l'espressione parità scolastica non si vuole intaccare il sistema statale dell'istruzione, ma contribuire alla crescita dell'offerta formativa in Italia, che rappresenta un diritto per i nostri giovani e un investimento per il sistema Paese;

tuttavia, molti uffici scolastici regionali lamentano il fatto che i fondi destinati alle scuole paritarie dalla legge finanziaria per il 2010 non sono ancora stati assegnati;
la mancata erogazione dei finanziamenti limita la possibilità di offrire un sistema educativo di qualità;
durante un recente convegno organizzato presso la Camera dei deputati, per fare il punto sull'applicazione della legge n. 62 del 2000, è stato proprio il Ministro interrogato ad affermare che per permettere alle famiglie di scegliere liberamente dove iscrivere i propri figli occorre superare i pregiudizi, anche perché la scuola è pubblica anche quando è paritaria, senza dimenticare che un bambino iscritto alla paritaria costa allo Stato 584 euro annui, mentre un iscritto alla scuola pubblica ne costa 6.116 -:
quali misure intenda adottare per superare la problematica dell'esiguità e della precarietà dei finanziamenti per le scuole paritarie, al fine di garantire a tutti la libertà di accesso all'educazione secondo quanto stabilito dalla Costituzione.
(3-01175)

Interrogazione a risposta in Commissione:

GHIZZONI e DE TORRE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
molte istituzioni scolastiche di secondo grado rivendicano ancora in questi giorni i trasferimenti finanziari in grado di consentire l'attivazione di corsi di recupero destinati agli alunni nei cui confronti sia stato sospeso il giudizio al termine del corrente anno scolastico;
in data 24 giugno 2010, in relazione a tale esigenza, la competente Direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca avrebbe chiarito che:
alle istituzioni scolastiche sono già state assegnate, con nota della suddetta direzione generale per la politica finanziaria e per il bilancio del 14 dicembre 2010 le risorse per il finanziamento degli istituti contrattuali che, per la parte attinente gli insegnanti, «va prioritariamente orientata agli impegni didattici in termini di flessibilità, ore aggiuntive d'insegnamento, di recupero e di potenziamento.» (articolo 88 CCNL 2006-09). A queste risorse, pertanto, la scuola può fare affidamento per lo svolgimento di attività aggiuntiva da parte dei propri docenti interni;
la suddetta direzione generale, d'intesa con la direzione generale per gli ordinamenti scolastici, starebbe provvedendo alla ripartizione di specifiche risorse finanziarie già disponibili per il pagamento del personale esterno che potrebbe essere impegnato nei predetti corsi di recupero;
il ricorso a personale esterno è consentito nell'impossibilità (e non dall'indisponibilità volontaria) di avvalersi del personale interno per lo svolgimento dell'attività didattica in argomento, che è stata programmata dalle scuole;
il Sottosegretario Viceconte rispondendo all'interrogazione 5-03011 ha dichiarato che quest'anno è stata ripartita per le attività di recupero la somma di 50 milioni di euro;
risulterebbe inoltre che nello scorso anno scolastico sono stati impegnati per i corsi di recupero circa 90 milioni, una somma largamente inferiore a quella messa disposizione delle scuole nell'anno scolastico 2007-08 quando lo stanziamento in questione superava i 200 milioni di euro -:
se sussista effettivamente la direttiva emanata dalla competente direzione generale e in base a quali disposizioni di legge o contrattuali siano stati individuati i finanziamenti aggiuntivi al fondo di istituto della scuola come quelli da destinare a docenti esterni alla scuola;

con quale atto amministrativo e in quale data sia stata disposta l'erogazione dei suddetti 50 milioni di euro;
come possa essere giustificato un così grave ritardo che ha gravemente pregiudicato la programmazione degli interventi di recupero.
(5-03212)

Interrogazione a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il problema dei precari nel mondo della scuola è un problema annoso che sembra vivere un'odissea tale da non condurre mai ad una soluzione definitiva;
una recente sentenza del Consiglio di Stato ha peraltro riportato in alto mare la questione;
nel 2007 il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca disponeva la trasformazione delle vecchie «graduatorie permanenti» in «graduatorie ad esaurimento»;
le suddette graduatorie avevano durata biennale e all'atto della loro costituzione si prevedeva che nel 2009 si procedesse al solo aggiornamento del punteggio, senza possibilità di cambiare provincia;
si trattava dunque di un primo passo verso la stabilizzazione del precariato e nessuno ebbe nulla da obiettare;
nel 2009, oltre all'aggiornamento del punteggio, veniva consentito agli aspiranti di scegliere altre tre province nelle quali essere collocati in «coda», per dare maggiori possibilità agli aspiranti senza ledere i diritti acquisiti con le scelte del 2007;
con una serie di ricorsi (patrocinati dall'Anief di Palermo) alcune migliaia di aspiranti chiedevano però l'inserimento non in coda ma «a pettine», cosa, come detto, non prevista in origine, ottenendo ragione dal Tar del Lazio;
il decreto-legge n. 134 del 2009, convertito dalla legge n. 167 del 2009, ribadiva quindi l'esclusiva validità dell'inserimento «in coda», con l'appoggio peraltro di tutte le maggiori organizzazioni sindacali;
il Tar ed il Consiglio di Stato, a seguito dell'approvazione della suddetta normativa, sono costretti ad interrompere il commissariamento ad acta del Ministero finalizzato all'inserimento «a pettine» dei ricorrenti;
il 1o luglio 2010, per quello che appare all'interrogante un cavillo (errore nella trascrizione dell'indirizzo di un atto di notifica), il Consiglio di Stato dispone però l'annullamento dell'interruzione del commissariamento e quindi la prosecuzione della sua opera -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se intenda assumere iniziative normative per assicurare il pieno rispetto della volontà sottesa al decreto-legge n. 134 del 2009 in materia di inserimento nelle graduatorie di cui in premessa, così tutelando tutti quei precari del mondo della scuola che fin dal 2007 hanno rispettato le norme, anche a costo di sacrifici personali, senza cercare cavilli ed escamotage per aggirarle ed ottenere benefici che all'interrogante appaiono indebiti.
(4-08005)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

BALDELLI, CAZZOLA e MOFFA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
per assicurare lo sviluppo economico e sociale è necessario che un Paese si doti di reti di telecomunicazione efficienti e moderne, capaci di sostenere una forte evoluzione tecnologica;

esiste una competizione a livello internazionale tra i vari operatori del settore per promuovere investimenti in questo mercato, con particolare riguardo alla banda larga, sia fissa sia in mobilità, e alle reti di nuova generazione;
in questo settore si registra un ritardo nel nostro Paese, nonostante l'azione di promozione del Governo affinché il mercato si apra a nuovi investimenti e a nuovi operatori, nella convinzione che le telecomunicazioni sono un patrimonio strategico per l'Italia;
l'azienda Telecom ha preso la decisione unilaterale di avviare le procedure per 3.700 esuberi, come prima azione di un piano triennale di mobilità che riguarda 6.800 unità, inviando in maniera irrituale le lettere alle persone interessate da queste azioni senza prima avere esperito un dialogo sociale;
un'azione di questo tipo può danneggiare quel clima di consenso sociale e di dialogo necessari per trovare le soluzioni più adeguate, soprattutto in questa fase economica contraddistinta da una ripresa ancora non pienamente solida e, quindi, fortemente sensibile ad eventi di contrapposizione sociale in ambito aziendale;
tali esuberi avvengono in mancanza di un chiaro piano industriale e, soprattutto, di evidenti piani di investimento, come invece è successo in altri gruppi industriali multinazionali, dove è stata prevista una razionalizzazione di costi a fronte di nuovi investimenti;
l'azienda ha registrato più di 1,5 miliardi di euro di guadagni netti, anche se in un contesto di dinamiche difficili -:
quali iniziative intenda assumere il Governo perché Telecom adotti tutti gli strumenti affinché si possa ricreare un clima di dialogo sociale all'interno dell'azienda, tale da rendere possibile la predisposizione di un piano industriale di investimenti e di sviluppo che consenta di salvaguardare i livelli occupazionali.
(3-01174)

Interrogazione a risposta in Commissione:

DEL TENNO e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 - meglio noto come Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL) emanato in attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 (Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia) - ha riformato, riunito ed armonizzato, abrogandole, le disposizioni dettate da numerose precedenti normative in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro succedutesi nell'arco di quasi sessant'anni, al fine di adeguare il corpus normativo all'evolversi della tecnica e del sistema di organizzazione del lavoro;
il decreto legislativo n. 81 del 2008 si compone di ben 306 articoli;
è stato successivamente integrato dal decreto legislativo n. 106 del 3 agosto 2009, recante «Disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro»;
le norme contenute nel cosiddetto «decreto correttivo», entrate in vigore il 20 agosto 2009, non si limitano ad apportare modesti aggiustamenti al decreto legislativo n. 81 del 2008 ma introducono, per alcuni aspetti, delle vere e proprie innovazioni che consentono di definire il decreto legislativo n. 106 del 2009 più che un semplice decreto correttivo, un nuovo testo unico sulla sicurezza dei luoghi di lavoro;
le recenti e continue modifiche normative rischiano di ridurre la certezza del diritto complicando non poco la posizione degli operatori di settore costretti a barcamenarsi tra disposizioni normative in continua evoluzione;

l'adozione di diverse interpretazioni della medesima normativa, ed in particolare sugli adempimenti obbligatori che le ditte individuali sono tenute a rispettare in cantiere, rischia di generare una situazione di concorrenza sleale;
occorre, pertanto, dissipare alcune perplessità sorte in merito all'applicazione della suddetta disciplina alle ditte individuali -:
se intenda chiarire quali siano gli obblighi e gli adempimenti burocratici che una impresa individuale deve rispettare per entrare in cantiere, in particolare, se sia possibile per le ditte individuali unirsi per la realizzazione di una singola opera al solo fine di abbattere i costi per la sicurezza.
(5-03211)

Interrogazioni a risposta scritta:

SCILIPOTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in data 7 luglio 2009 l'università Cattolica del Sacro Cuore ha redatto, su richiesta dell'azienda, una relazione sulla valutazione del rischio amianto del palazzo Rai, viale Mazzini, n. 14, Roma, attualmente sede legale della società, riportando in particolare l'aggiornamento effettuato nel periodo tra marzo e aprile 2009 sullo stato di conservazione del coibente strutturale. Le conclusioni di tale indagine, sottoscritte da tre medici, risultano assolutamente allarmanti, riportando che «negli ultimi nove anni si è verificato un notevole incremento della velocità di degrado del coibente», che al piano terra è presente «amianto fioccato a vista» in quanto il soffitto «Marotta» non riesce più a isolare la coibentazione del solaio dai locali sottostanti. La relazione conclude che: «non si può escludere il pericolo di un inquinamento da fibre di amianto aerodisperse, in quanto l'isolamento costituito dal pannello di faesite, posto sopra le doghe del controsoffitto, non impedisce più ai frammenti di coibentazione distaccatisi, di raggiungere l'area del locale sottostante. Questa condizione non è consentita dalla normativa vigente»;
in merito al problema amianto viene inviata una lettera sottoscritta da circa 600 lavoratori in data 25 gennaio 2010, in cui si richiedeva al presidente, direttore generale, staff del direttore generale, vice direttore generale per gli Affari immobiliari, gli approvvigionamenti e i servizi di funzionamento, all'organismo di vigilanza sulla Rai e per conoscenza alla ASL Roma E, anche a seguito di quanto era emerso presso la sede Rai di Torino, dove i decessi già registrati, causa amianto, sono al vaglio del procuratore generale dottor Guariniello, di voler portare la questione amianto del palazzo di viale Mazzini, 14 di Roma all'attenzione del consiglio di amministrazione e del direttore generale, invitando formalmente i livelli apicali ad intervenire a tutela della salute dei lavoratori;
nel comunicato aziendale del 3 febbraio 2010, la direzione risorse umane e organizzazione ha voluto precisare che dalle risultanze dei monitoraggi non «è mai emersa alcuna situazione di esposizione a pericolo per i dipendenti e che la Rai controlla e misura costantemente da anni, presso la sede di viale Mazzini la qualità dell'aria, l'eventuale presenza di fibre aerodisperse e lo stato di conservazione dell'amianto con cui sono rivestiti i solai e la tenuta del confinamento». Pertanto, nell'ottica di un progressivo miglioramento dei livelli di sicurezza, la Rai avrebbe avviato un programma di interventi di ristrutturazione del palazzo di viale Mazzini;
considerata l'estrema genericità della risposta dell'azienda RAI un'altra lettera è stata inviata dal responsabile sicurezza lavoratori in data 15 febbraio 2010 alla ASL direzione u.o. complessa servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro di via Fornovo, 12 - Roma e per conoscenza alla Rai all'attenzione del presidente del consiglio di amministrazione,

al presidente del consiglio sindacale e al presidente dell'organismo di vigilanza, in cui si chiedeva espressamente che i lavoratori del palazzo di Viale Mazzini potessero permanere nei locali aziendali soltanto se non fosse esistita alcuna possibilità/probabilità di rischio che l'amianto potesse essere inalato;
nel frattempo si cominciavano ad eseguire lavori di «tamponamento» dei soffitti nelle stanze dal 1o al 7o piano, del tutto episodici, non sistematici, più che altro miranti a tacitare le proteste sempre più emergenti da parte dei lavoratori, attraverso controsoffittature, stesura di silicone sui soffitti, senza alcuna forma di sicurezza per i dipendenti che hanno continuato a lavorare nelle proprie stanze;
nel comunicato aziendale del 22 marzo 2010, la direzione risorse umane e organizzazione stabiliva un piano di lavori ovvero di bonifica per rimozione, solo ed unicamente al piano terreno, e di semplice confinamento attuato tramite i controsoffitti per gli altri piani, che sembrava essere stato valutato idoneo dalla ASL, senza alcuna precisazione tuttavia di un piano di bonifica definitiva del palazzo e di tutela della sicurezza dei lavoratori, ma solo ove ritenuto necessario ed urgente;
in data 5 maggio 2010 veniva inviata una lettera sottoscritta da circa 450 lavoratori a tutte le sigle sindacali, in cui si chiedeva loro di voler sottoporre il problema della bonifica definitiva dell'amianto e della tutela della salute dei lavoratori, al consiglio di amministrazione e al direttore generale, lettera che rimane tuttora in attesa di riscontro -:
se e quali iniziative si intendano attuare per monitorare costantemente la correttezza e l'efficacia degli interventi attualmente in atto, specie in seguito all'accertamento da parte dell'istituto di medicina del lavoro della facoltà di medicina dell'Università cattolica del Sacro Cuore di Roma dell'assoluto stato di degrado dell'amianto presente nel palazzo RAI di viale Mazzini, materiale non solo inquinante, ma soprattutto pericoloso ed estremamente dannoso per la salute dei lavoratori;
se e quali iniziative si intendano adottare per garantire la sicurezza dei lavoratori RAI di viale Mazzini, con riferimento ai pericoli connessi alla presenza accertata di amianto e veleni nel luogo di lavoro;
se e quali reali precauzioni e provvedimenti concreti ed efficaci si intendano prevedere e quali iniziative relative alla necessità di pervenire immediatamente alla bonifica completa dell'area soggetta da anni ad amianto fioccato, inequivocabilmente dannoso per la salute e per l'ambiente affinché avvenga nel pieno rispetto della legalità, alla luce dell'obbligo di osservare un rigoroso rispetto delle norme relative allo smaltimento dei rifiuti, secondo la legislazione vigente, italiana ed europea.
(4-08000)

RAZZI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ritiene opportuno un chiarimento su alcune inesattezze riscontrate nella risposta scritta all'interrogazione n. 4-04188 del 18 maggio 2010, in cui si fa riferimento al fatto che i patronati non possono essere considerati responsabili ex lege n. 231 del 2001 (legge sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche) in quanto il patronato (la cui disciplina si ricava dalla legge n. 152 del 2001) è «un ente che svolge funzioni di rilievo costituzionale»;
per rafforzare questo assunto, il Ministro, nella risposta citata - invoca una propria circolare (n. 24/V/005743 dell'8 aprile 2008), che, a sua volta, rimanda ad una sentenza della Corte costituzionale, la n. 41 dell'anno 2000;
la sentenza della Corte costituzionale è dell'anno 2000, cioè precedente alla legge n. 152 dell'anno 2001, istitutiva dei patronati;

la sentenza quindi non può aver assegnato (ed infatti non assegna) al patronato la funzione di rilievo costituzionale a cui si fa riferimento nella circolare;
la sentenza, inoltre, attiene a tutt'altro tema e questione, interviene su un referendum che mirava (nel 1999) all'abrogazione delle norme disciplinanti i contratti di lavoro a tempo determinato;
la legge n. 152 dell'anno 2001 (legge istitutiva dei patronati), all'articolo 1, qualifica il patronato una «persona giuridica di diritto privato che svolge un servizio di pubblica utilità»;
il legislatore non dice che il patronato svolge funzione di rilievo costituzionale, ma, semplicemente, un servizio di pubblica utilità;
il Ministro pertanto - per il tramite il suo Sottosegretario, sen. Viespoli - equipara funzioni di pubblica utilità a funzioni di rilievo costituzionale: il che non è possibile, essendo i due concetti (e le due funzioni) del tutto divergenti e non collegabili l'un l'altro;
per definizione legislativa, il patronato è persona giuridica di diritto privato e non anche persona giuridica pubblica; non esercita un pubblico servizio (intendendosi per pubblico servizio un'attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma caratterizzata dalla mancanza di poteri tipici di quest'ultima); non esercita un servizio di pubblica necessità (esercitano questa funzione i privati che adempiono ad un servizio dichiarato di pubblica necessità mediante un atto della pubblica amministrazione);
ciò implica la conseguenza - sotto l'aspetto soggettivo - della non qualificabilità come atti amministrativi gli atti compiuti dal patronato;
a supporto del fatto che il patronato non esercita funzioni di rango costituzionale ma è mera persona giuridica di diritto privato, si segnala un'altra sentenza della Corte costituzionale (n. 396 del 7 aprile 1988) con cui, intervenendo addirittura sugli «enti privati aventi scopo di assistenza» e facendo riferimento alla libertà di cui all'articolo 38 della Costituzione, è stato deciso che sia «da escludere che lo scopo assistenzialistico rappresenti un elemento qualificante ai fini del riconoscimento di personalità giuridica pubblica»;
sulla scorta di questa sentenza, la Corte di Cassazione (sezioni unite del 18 ottobre 1990 n. 10.149) ha scritto ad esempio che: «un'associazione di volontariato (come ad esempio AVIS) è da considerare persona giuridica privata e non anche ente pubblico: non rilevando - in difetto di espressa attribuzione di personalità pubblicistica - che l'associazione medesima operi in materie afferenti a tipiche finalità pubbliche»;
dunque non risulta vi sia, nella legge istitutiva dei patronati, espressa attribuzione agli stessi di personalità pubblicistica: risulta, invece, espressa attribuzione - per legge - di personalità privatistica -:
per quali ragioni il Ministro abbia disposto, nel novembre 2009, un'ispezione straordinaria a Zurigo, limitatamente all'anno 2008;
come mai questa ispezione non ordinaria non abbia interessato anche altri anni;
se l'ispettore ministeriale abbia accertato se il «coordinatore nazionale» di Inca per la Svizzera abbia diligentemente e mensilmente svolto le sue ispezioni nella sede di Zurigo;
se il patronato abbia un'assicurazione, per quale motivo, nel caso ci fosse, e perché gli iscritti non possano beneficiarne.
(4-08002)

POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi, si è interrotta, a Milano, la trattativa sul prezzo del latte tra le organizzazioni di categoria (Coldiretti, Confagricoltura, Cia e Copagri) ed Assolatte;
le organizzazioni di categoria hanno cercato responsabilmente di far presente che il prezzo in vigore fino al 30 giugno 2010 (circa 33 centesimi al litro) non teneva conto degli aumenti dei costi di produzione degli allevatori e della grave crisi economica che si è abbattuta principalmente sull'agricoltura;
per le ragioni sopra esposte è auspicabile che i produttori vedano riconosciuti i loro sforzi attraverso l'individuazione di un prezzo del latte congruo alle loro aspettative e che si attesti intorno ai 40 centesimi al litro;
Assolatte ha confermato una posizione rigida, trascurando il nuovo scenario socio-economico che si è determinato in questi ultimi periodi e che ha, come già ricordato, penalizzato i produttori;
se non si dovesse addivenire ad un accordo che tenga conto delle reali esigenze dei produttori, molte stalle si troveranno nelle condizioni di chiudere -:
quali iniziative, per quanto di competenza, intenda assumere per favorire il raggiungimento di un accordo tra le parti tale da non mortificare gli interessi dei produttori e dei consumatori.
(5-03208)

MARCO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministro interrogato, il 30 giugno 2010, nel corso di un'audizione in Commissione agricoltura della Camera dei deputati ha presentato una contro-relazione in merito alla questione concernente le sanzioni per lo splafonamento delle quote latte, fornitagli dai suoi uffici, che ha totalmente smentito le risultanze dell'indagine del nucleo dei carabinieri in forze al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali;
emerge, in seno alla maggioranza, una evidente contrapposizione sul tema in questione che rischia di gettare nel caos l'intero comparti lattiero-caseario -:
se la posizione del Ministro interrogato sia quella di tutto il Governo, attestata da precisa deliberazione, e in questo caso, se si intendano assumere provvedimenti nei confronti di chi ha prodotto la relazione dei carabinieri che, a giudizio del Ministro stesso, sarebbe del tutto infondata.
(5-03215)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GIOVANELLI. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere:
se corrisponda al vero che il signor Enrico Mingardi sia stato nominato vice commissario all'Aran;
se trattasi dello stesso signor Enrico Mingardi già assessore alla mobilità al comune di Venezia nella giunta presieduta dal sindaco Massimo Cacciari, assurto all'onore delle cronache per aver abbandonato detta giunta comunale per sostenere la candidatura a sindaco del ministro interrogato nelle ultime elezioni comunali a Venezia;
se il curriculum professionale e personale del signor Enrico Mingardi evidenzi

le competenze tecniche necessarie per svolgere il delicato compito di vice commissario dell'Aran;
se la nomina del signor Enrico Mingardi sia rispettosa dell'incompatibilità che il decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, «Brunetta», articolo 58, prevede a proposito della nomina all'Aran.
(5-03213)

MARCO CARRA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
in un articolo del 7 luglio 2010, apparso sul quotidiano Libero, si evince che i «Ministri nascondono le loro auto blu» e che il censimento delle auto blu, voluto dal Ministro interrogato, rischia di essere falsato dalle mancate dichiarazioni in materia di diversi Ministeri;
l'articolo denuncia che «tutti i Ministeri, gli organi costituzionali, gli enti locali e gli enti pubblici economici erano stati chiamati a spiegare tutte le auto blu che hanno in pancia spiegandone l'utilizzo. Fino a ieri (cioè 6 luglio) però l'assoluta maggioranza di loro ha bellamente ignorato l'invito»;
risulta incomprensibile la reticenza d'istituzioni che hanno il dovere di essere trasparenti nei confronti dei cittadini;
gli elenchi delle auto blu in dotazione alle diverse istituzioni coinvolte andavano consegnati il 6 luglio 2010 -:
quali siano i Ministeri, gli enti locali e gli enti pubblici economici che non hanno prodotto gli elenchi delle auto blu in loro dotazione;
se intenda prorogare il termine di presentazione degli elenchi delle auto blu.
(5-03214)

TESTO AGGIORNATO AL 14 LUGLIO 2010

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RAPPORTI CON IL PARLAMENTO

Interrogazioni a risposta immediata:

REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BRIGANDÌ, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI e VOLPI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 170, detta i principi per la disciplina, da parte delle regioni, dell'attività di vendita della stampa quotidiana e periodica sul territorio nazionale;
le edicole presenti in Italia sono circa 35 mila, solitamente sono gestite a livello familiare e coinvolgono tra i 50 mila e i 70 mila addetti;
il sistema di vendita si articola, su tutto il territorio nazionale, in punti vendita non esclusivi ed esclusivi, questi ultimi sottoposti ad un accordo nazionale, in vigore dal gennaio 2006;
l'accordo nazionale regola il procedimento di distribuzione e vendita dei prodotti, oltre all'obbligo per i venditori in esclusiva di dover porre in vendita tutta la merce inviata dalle aziende di distribuzione, garantendo così la parità di trattamento tra tutti i prodotti presenti nel punto vendita;
le rivendite hanno un'esposizione finanziaria mutevole a causa dei continui cambiamenti negli equilibri commerciali; per sostenere l'obbligo della parità di trattamento è necessario, dunque, un ritorno economico che possa sopperire ai numerosi invenduti che l'attuale sistema distributivo, anche alla luce della crisi editoriale in atto, genera quotidianamente;

la rete di vendita è in profonda crisi; le edicole, pur svolgendo un'attività imprenditoriale, sono in ogni caso vincolate alle decisioni imposte dalla rete distributiva e, quindi, impossibilitate a compiere scelte finanziarie, nonché prive di autonomia commerciale;
molte aziende, complice la difficile congiuntura economica degli ultimi anni, hanno assistito ad una forte contrazione del fatturato, in parte dovuta alle scelte perseguite dalle aziende fornitrici, che non sempre sembrano corrispondere a chiare logiche di mercato;
tale situazione di criticità sta portando alla chiusura di alcune edicole, con effetti assolutamente negativi sull'occupazione, e sta generando un'inefficienza di sistema a danno dei cittadini, che vengono così privati di un servizio di interesse generale;
una delle ragioni, che sembra essere alla base delle perdite finanziarie subite dalle aziende venditrici, attiene alla mancanza di un'idonea ed inequivocabile tracciabilità fiscale della filiera -:
se si intenda verificare l'esistenza di eventuali anomalie di sistema che ostacolino l'efficiente diffusione della stampa, quotidiana e periodica, sul territorio nazionale a danno dei consumatori finali del servizio, anche favorendo la convocazione di un tavolo di concertazione tra tutti i soggetti che operano nella filiera, che porti ad una rinegoziazione maggiormente condivisa dell'accordo nazionale per gli esercizi esclusivi.
(3-01176)

DONADI, DI PIETRO, EVANGELISTI e BORGHESI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
dagli organi di stampa si è appreso nella giornata di lunedì 12 luglio 2010 che il senatore Marcello Dell'Utri - recentemente condannato in appello a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1992 - ed il Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, nonché coordinatore regionale del Popolo della libertà, onorevole Nicola Cosentino - oggetto nel mese di novembre 2009 di richiesta di autorizzazione per l'esecuzione della custodia cautelare per il reato di concorso esterno in associazione di stampo camorristico, misura confermata dalla Corte di cassazione, respinta dall'Assemblea della Camera dei deputati - sono nuovamente indagati;
il senatore Dell'Utri ed il Sottosegretario Cosentino sono stati iscritti nel registro degli indagati per il reato di associazione per delinquere semplice e violazione degli articoli 1 e 2 della cosiddetta legge Anselmi, che vieta la costituzione delle società segrete, dalla procura della Repubblica di Roma in un'indagine stralcio dell'inchiesta sugli appalti per l'energia eolica in Sardegna ed in altre regioni d'Italia, la medesima che ha già portato in carcere nei giorni scorsi Flavio Carboni, Pasquale Lombardi e Arcangelo Martino e che vede chiamato in causa un coordinatore nazionale del Popolo della libertà, Denis Verdini;
a prescindere dall'eventuale responsabilità penale del Sottosegretario di Stato Cosentino, da accertare nelle sedi opportune, la sua posizione, ad avviso degli interroganti, indebolisce la forza delle istituzioni, in particolare a fronte di indagini per così gravi delitti e a ridosso di altre che hanno già investito la compagine governativa -:
quali provvedimenti intenda adottare al fine di salvaguardare il Paese e le sue istituzioni nel loro prestigio e nella loro dignità.
(3-01178)

FRANCESCHINI, ANDREA ORLANDO, FERRANTI, VENTURA, MARAN, VILLECCO CALIPARI, AMICI, LENZI, BOCCIA, QUARTIANI, GIACHETTI, ROSATO e SAMPERI. - Al Ministro per i rapporti con il Parlamento. - Per sapere - premesso che:
emerge dalle notizie di stampa di questi giorni una vicenda che riguarda l'esistenza di un gruppo di persone, tra le

quali alcuni pregiudicati, che in modo sistematico sembra che costruiscano o cerchino di costruire relazioni e contatti allo scopo dichiarato di orientare decisioni di organi costituzionali e politici;
questo gruppo trova udienza nei vertici del partito del Popolo della libertà, in esponenti del Governo (i Sottosegretari Cosentino e Caliendo) e in alcuni esponenti della magistratura, che rivestono importanti incarichi nella pubblica amministrazione (Antonio Martone e Arcibaldo Miller);
decideranno i giudici competenti sull'eventuale responsabilità penale dei soggetti coinvolti, ma già ora emergono le ragioni politiche per le quali è opportuno che le persone aventi ruoli di responsabilità nel Governo e nell'amministrazione pubblica facciano un passo indietro per restituire credibilità alle istituzioni e per agevolare quanto più possibile le attività di indagine -:
se il Governo intenda impegnarsi ad invitare a rassegnare le dimissioni i Sottosegretari Caliendo e Cosentino, nonché i dottori Martone e Miller dai rispettivi incarichi ricoperti.
(3-01179)

TESTO AGGIORNATO AL 15 FEBBRAIO 2011

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SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
era la primavera del 2009 quando nel Messico sono divampati i primi focolai di un'influenza sconosciuta che non si sapeva come avrebbe potuto svilupparsi e i Paesi occidentali si affrettarono ad assicurarsi scorte di un farmaco che le aziende dovevano ancora produrre;
mentre l'Organizzazione mondiale della sanità faceva scattare il sesto livello di allarme, il più alto, i Governi agirono «al buio»;
solo dopo si è capito che il virus A-H1N1 non era il flagello atteso e che c'era il serio rischio di aver sprecato risorse, tanto più che la popolazione non rispondeva alle campagne di vaccinazioni;
un altro quantitativo di dosi rimaste in magazzino, sta per scadere: altri 30 milioni nella pattumiera, perché alla fine il 43 per cento delle dosi di vaccino non sarà utilizzabile visto che i cittadini francesi, tedeschi, spagnoli e italiani hanno disertato i servizi vaccinali;
è ora di tener conto delle esigenze del bilancio e il Ministero della salute sta raccogliendo le dosi distribuite a suo tempo fra le regioni e non utilizzate. Sono 9 milioni. Ai 12 milioni e 300 mila già consegnate dalle industrie (su un ordinativo di 24 milioni) bisogna sottrarre infatti i 2 milioni e 400 mila cedute ai Paesi del terzo mondo e il milione servito per la profilassi;
si calcola che meno del 10 per cento delle fiale che verranno riunite nel deposito centrale scadranno il 31 luglio. La ricognizione delle asl è ancora in corso;
la stima è che torneranno indietro circa 8 milioni di dosi (1 milione resta nei magazzini periferici);
ogni fialetta è costata poco più di 7 euro e la stima del Ministero è che le dosi in scadenza equivalgano a una spesa di 7 milioni di euro. Un altro 10 per cento supererà la data indicata sulla confezione tra ottobre e novembre 2010. Il resto del quantitativo invece manterrà la validità fino al prossimo marzo almeno-:
quando si intendano rendere noti i dati della ricognizione (in termini di dosi consegnate, distribuite, utilizzate e cedute) che sembrerebbe in corso presso le ASL;
quanti fossero i posti letto all'interno dei presidi ospedalieri individuati ed attivati per fronteggiare l'emergenza, poi non

verificatasi dell'influenza H1N1 e quanti siano attualmente i posti letto ancora assegnati a tale emergenza e quanto sia costato allo Stato e alle regioni dall'inizio dell'emergenza ad oggi mantenere tale situazione;
quali siano i termini del contenuto dell'accordo transattivo con Novartis relativo al pagamento delle dosi ordinate e mai ritirate o prodotte del vaccino contro l'influenza H1N1;
quando il Governo sarà in grado di avere e diffondere i dati del rapporto del gruppo di lavoro istituito dall'Organizzazione mondiale della sanità che ha esaminato, tra l'altro, l'operato e le risposte alle pandemie fornite dai vari Paesi, per capire se i rischi sono stati sottovalutati o se si è generato nuovo allarmismo, nonché l'accesso dei Paesi poveri ai vaccini;
quanto sia costato in tutto, fino ad ora, in termini economici e di personale, far fronte all'emergenza, mai verificatasi, dell'influenza H1N1 e se vi siano stati sprechi di risorse e di personale con relativi danni per l'erario.
(2-00788)
«Pedoto, Ventura, Grassi, Mattesini, Porta, Berretta, Braga, Duilio, Verini, Bellanova, Rigoni, Strizzolo, Rubinato, Laratta, Trappolino, Fioroni, Fontanelli, Fogliardi, Bordo, Froner, Rossomando, Cavallaro, Cenni, Viola, Benamati, Mariani, De Biasi, Motta, Siragusa, Farinone».

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta il Corriere.it di giovedì 8 luglio 2010, i mozziconi per terra (di gomma o di tabacco) devastano le coste italiane e non solo le coste;
se si prende come esempio Roma, i tre centimetri di ogni mozzicone vanno moltiplicati ogni anno per un miliardo e 700 milioni. A metterli in fila si arriverebbe a 5 miliardi e 100 milioni di centimetri, un bel 51 mila chilometri, più della circonferenza del pianeta Terra;
lo stesso vale per le spiagge, dove il 27 per cento dell'immondizia raccolta tra la sabbia è fatta di mozziconi. Se non vengono raccolti, l'impasto di catrame, nicotina e filtro impiega da uno a cinque anni per degradarsi. La nicotina che resta intrappolata in una cicca vale 4,5 milligrammi. Ciò significa che vengono riversate nell'ambiente 320-350 tonnellate ogni anno. Come ben si sa, la nicotina è un veleno;
inoltre, c'è il polonio 210, un elemento radioattivo ad alto potenziale cancerogeno. Sempre e solo attraverso le cicche, si riversano nell'ambiente quasi 1.900 milioni di bq (becquerel, l'unità di misura della radioattività di una sostanza). Per completare il micidiale cocktail, i mozziconi trascinano a terra anche 1.800 tonnellate tra benzene, acetone, formaldeide, toluene; 22 tonnellate di elementi tossici tra cui ammoniaca e acido cianidrico; 12 mila e passa tonnellate di acetato di cellulosa;
sul piano della prevenzione, tranne qualche sortita privata, finora sono mancate iniziative concrete. Sul piano della repressione alcuni sindaci (tra cui quelli di Trento, Varese, Erba, Parma, Padova) hanno emesso ordinanze antimozziconi con multe sui 300 euro. Nel salernitano il piccolo municipio di Pollica Acciaroli, la «Capri del Cilento», ha adottato la penale fino a mille euro e ha invitato i tabaccai a mettere a disposizione dei fumatori i Pat (pocket ash tray), i posacenere da tasca o da borsa -:
di quali informazioni sia in possesso il Governo rispetto ai dati riferiti in premessa;
quali iniziative si intendano promuovere per ridurre il fenomeno e indurre i

cittadini al rispetto dell'ambiente e a comportamenti responsabili e tutela del paesaggio.
(4-07984)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di giovedì 8 luglio 2010, centinaia di pesci morti si sono arenati sulle sponde e fra i sassi del fiume Lambro, nel parco di Monza, vicino al ponte delle Catene;
il fenomeno è stato osservato nella mattinata da alcuni passanti ed è aumentato con il passar delle ore;
non sono chiare, per ora, le cause di questa improvvisa moria. Il luogo dove sono state scoperte le carcasse dei pesci, che stanno provocando un fastidioso odore dovuto alla putrefazione, è a monte della Lombarda Petroli, la raffineria da dove a fine febbraio vi fu uno sversamento nel Lambro di milioni di litri di petrolio -:
di quali informazioni disponga il Governo in merito alla moria di pesci riscontrata l'8 luglio 2010 nel Lambro;
quali iniziative si intendano promuovere in merito all'accertamento delle cause di questa improvvisa moria e per rimediare alle cause che l'hanno generata;
quali forme di monitoraggio dello stato delle acque siano state messe in atto dopo gli interventi resisi necessari a causa dello sversamento a fine febbraio di milioni di litri di petrolio;
che forma di pubblicità sia stata data agli esiti di questo monitoraggio.
(4-07985)

FUCCI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
alcuni dati presentati da Cittadinanzattiva nel corso di un convegno avvenuto il 7 luglio 2010 presentano una situazione non lusinghiera in merito alla qualità delle cure domiciliari;
in particolare, secondo l'associazione, una quota consistente di disabili, malati cronici e anziani dimessi dagli ospedali - ovvero le categorie più interessate alle cure a domicilio - si direbbe insoddisfatta della qualità delle prestazioni ricevute a causa di problemi di varia natura, dalla burocrazia alla discontinuità dei servizi;
inoltre, con situazioni molto differenziate da regione a regione e con un quadro particolarmente deficitario nel Mezzogiorno, sarebbe addirittura pari al 29 per cento la quota di italiani potenzialmente privi di copertura di assistenza pubblica domiciliare -:
di quali dati disponga il Ministro e se essi collimino con quelli forniti da Cittadinanzattiva e, in caso affermativo, quali iniziative di sua competenza, ferma restando l'autonomia gestionale delle regioni in campo sanitario, sia possibile intraprendere al fine di garantire una migliore qualità delle cure domiciliari e una più efficiente copertura sull'intero territorio nazionale.
(4-07988)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
nel corso dell'ultima settimana a Parma, Milano, Verona, Firenze, Genova, Terni, Lecco ed in Piemonte i livelli di ozono hanno a più riprese superato la cosiddetta soglia «di informazione» e in certi casi hanno raggiunto o superato la soglia «di allarme»;
ricordando come la massiccia ondata di caldo che colpì l'Europa nel 2003, per durata e intensità del tutto eccezionali, causò gravissime conseguenze. In Francia, dove maggiormente la stampa trattò del fenomeno e delle sue conseguenze, vi sarebbe stato un aumento di circa 15.000 decessi dovuti all'inesperienza o all'inadeguatezza

delle risposte date dalle amministrazioni all'ondata di caldo. Quanto all'Italia, l'Istituto nazionale della sanità annunciò 8000 decessi (la metà quasi che in Francia) mentre il Portogallo ne stimò 1.316 e la Svizzera 975 -:
se in questi giorni si sia riscontrato un incremento significativo delle richieste di aiuto al pronto soccorso o presso altre strutture sanitarie ed eventualmente di che entità sia stato questo aumento e quali siano le prime stime dei decessi;
se risulti al Governo che siano al vaglio o si stiano proponendo misure per prepararsi alla gestione di un'eventuale nuova massiccia ondata di caldo quali la chiusura degli uffici municipali e dei servizi non essenziali, il fermo degli impianti industriali più inquinanti, oltre che il blocco o la limitazione del traffico nelle ore più critiche;
se si intenda acquisire dalle regioni e dagli enti locali maggiormente interessati dal fenomeno di questi giorni informazioni sulle misure adottate già quando viene raggiunta la soglia di informazione.
(4-07991)

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'evoluzione tecnologica e scientifica che ha interessato il mondo della sanità italiana ha coinvolto non solo gli infermieri, ma tutti gli operatori che lavorano nel settore sanitario, con il conseguente riordino del sistema nel suo complesso. L'evidente carenza di infermieri ha determinato il ricorso a figure di supporto alle quali delegare gran parte del lavoro di cura «non prettamente infermieristico»;
in questo contesto si inserisce l'operatore socio-sanitario, sinteticamente denominato OSS, che è una figura professionale codificata dall'accordo Stato-regioni del 22 febbraio 2001;
l'OSS sostituisce le precedenti figure professionali che si occupavano di assistenza, sia nell'area sanitaria (OTA) che nell'area sociale (ASA, OSA, ADEST e altre), con una figura più completa, integrando funzioni, compiti e competenze delle due aree, in un unico iter formativo;
il compito è quello di svolgere attività che aiutino le persone a soddisfare i propri bisogni fondamentali, finalizzate al recupero, al mantenimento e allo sviluppo del livello di benessere, promuovendone l'autonomia e l'autodeterminazione;
gli operatori socio-sanitari lavorano sia all'interno di strutture sanitarie (come ospedali, cliniche, asl), che nell'ambito di strutture sociali (centri diurni integrati, case di riposo, assistenza domiciliare, comunità di recupero, case famiglia, comunità alloggio, servizi di integrazione scolastica e altre) e si trovano quindi a lavorare in supporto e collaborazione con professionisti dell'area sociale (assistenti sociali, educatori) e dell'area sanitaria (medici, infermieri, fisioterapisti), a seconda del campo in cui sono chiamati ad intervenire;
il titolo di operatore socio-sanitario viene conseguito in seguito alla frequentazione di un corso di qualifica teorico-pratico, le cui peculiarità e modalità variano da regione a regione. La Conferenza Stato-regioni indica come necessario ed imprescindibile il solo requisito della scuola dell'obbligo;
la formazione degli OSS è attualmente in una fase di disorientamento generale, si parla di una professione nascente, ma in realtà è evidentemente una professione trascurata, senza omogeneità, spinta ad adattarsi alle richieste dell'emergenza infermieristica che ha caratterizzato il Paese negli ultimi anni;
purtroppo, in Italia, per gli OSS si è diffusa una formazione disomogenea, il più delle volte incompleta e non aggiornata allo stato attuale della realtà sanitaria e sociale del nostro Paese. Percorsi di formazione - organizzati a livello regionale, ma anche da organizzazioni private - di 1000-1200 ore al massimo, che hanno spesso il solo obiettivo di fornire agli

iscritti il maggior numero di concetti nel minor tempo possibile, magari senza essere arricchiti da uno stage o da un tirocinio pratico, che invece sono fondamentali;
in alcuni casi sono previsti addirittura di corsi di formazione a distanza;
c'è da sottolineare inoltre che i corsi organizzati da strutture private, a fronte di una spesa onerosa, non sono spesso spendibili al di fuori di queste stesse strutture, risultando, quindi, inutili nell'ambito pubblico;
sarebbe invece opportuno ed importante inserire gli operatori socio-sanitari all'interno di strutture ospedaliere garantendo un'adeguata formazione professionale, in assenza della quale, si potrebbero determinare, ad avviso dell'interrogante, spiacevoli episodi di malasanità - in quanto molto spesso gli operatori sociosanitari sostituiscono gli infermieri professionali in quasi tutte le fasi del loro lavoro;
in Norvegia, ad esempio, la formazione degli OSS viene affidata ai licei ad indirizzo socio-sanitario, con un percorso di studio che ha una durata triennale, al termine del quale l'operatore può proseguire gli studi con un altro anno in uno dei settori che più lo interessano;
in Italia i processi organizzativi e di lavoro all'interno delle strutture sanitarie non hanno subito adeguamenti a fronte dell'introduzione della figura dell'OSS; è stata in alcuni casi semplicemente ricalibrata la divisione del lavoro interno, in relazione alle competenze sanitarie che l'OSS possiede e di cui la vecchia figura non disponeva;
tutte le professioni che operano nell'ambito dell'assistenza dovrebbero essere regolamentate, definite e soprattutto riconosciute giuridicamente -:
se intenda, nell'ambito delle proprie competenze, dare avvio alla predisposizione di un censimento nazionale degli operatori socio-sanitari, per fotografare lo stato attuale di questa professione nel nostro Paese, in quanto, la mancanza di una specifica normativa sulla formazione ha determinato un numero imprecisato di OSS sul territorio nazionale;
se non ritenga importante, in seguito alla predisposizione di tale elenco, avviare un progetto per monitorare e qualificare maggiormente i percorsi di formazione professionale degli operatori socio-sanitari, al fine di rendere omogenea, di concerto con le regioni, a livello nazionale, la formazione di queste importanti figure, fornendo agli operatori tutte le competenze tecniche e relazionali richieste sulla base dei processi di sviluppo e di cambiamento in atto nel settore dell'assistenza sanitaria, anche a livello europeo.
(4-07996)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
Patrizia Gentilini, medico oncologo ed ematologo Isde Italia, l'Associazione medici per l'ambiente, ha lanciato dalle pagine del quotidiano ecologista Terra, un allarme sul fatto che «L'uso di sostanze chimiche in agricoltura è sempre più massiccio e nel nostro paese sono circa 300 quelle di uso abituale. È ormai assodato che molti di questi agenti hanno anche un'azione mutagena e cancerogena. E l'Italia detiene, in Europa, il triste primato della più alta incidenza di cancro nell'infanzia: in media 30 casi in più ogni anno per milione di bambini»;
«Nel nostro paese - continua l'esperto - si registra un incremento annuo dei tumori infantili quasi doppio rispetto alla media europea: 2 per cento contro l'1.1 per cento. Per linfomi e leucemie nell'infanzia l'incremento è rispettivamente del 4.6 per cento e dell'1.6 per cento nei confronti di un aumento in Europa rispettivamente dello 0.9 per cento, e dello 0.6 per cento». Una recente

revisione, «che ha preso in esame 104 studi su fitofarmaci e cancro, selezionandone 83 - scrive Gentilizi - ha mostrato i rischi di tumore. Inoltre, un recentissimo studio condotto in Francia ha evidenziato un rischio elevato anche per il linfoma di Hodgkin, prima raramente emerso». In Italia, al primo posto per uso di fungicidi c'è l'Emilia Romagna, «con 9,9 migliaia di tonnellate; poi il Veneto con 8,5 migliaia e il Piemonte con 7,7. Il quantitativo medio distribuito è di 5,64 chilogrammi per ettaro» -:
se il Ministro sia già a conoscenza degli studi citati in premessa o se intenda acquisirli e se confermi i dati ivi riferiti;
in quale forma si intenda fornire le informazione ai cittadini in modo che possano proteggersi in quei momenti «cruciali» della vita quali la gravidanza, l'allattamento, l'infanzia interessati al fenomeno;
se e come si intenda progressivamente ridurre l'impiego di sostanze chimiche in agricoltura.
(4-07998)

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro della salute, al Ministro per le pari opportunità. - Per sapere - premesso che:
alcuni giorni fa è stata presentata al Ministero della salute la quarta edizione del cosiddetto programma bollini rosa. Si tratta dell'iniziativa con cui l'Osservatorio nazionale sulla salute della donna da quattro anni valuta gli ospedali italiani sulla base dell'attenzione da essi riservata alla salute del sesso femminile. La guida definisce sicuramente una situazione altamente positiva nel suo complesso con un numero crescente di ospedali, che hanno acquisito il bollino rosa con l'offerta di servizi e prestazioni ottimali. Come ha anche dichiarato il Sottosegretario alla salute Francesca Martini, i bollini rosa rappresentano un marchio di eccellenza da considerarsi come punto di partenza per favorire la crescita della prospettiva di genere. Giudizi positivi che si scontrano però con alcune criticità emerse anche nell'edizione del 2010. In effetti ancor oggi è rilevante il divario fra Nord e Sud del Paese dove gli ospedali «in rosa» sono molto meno numerosi: esistono eccellenze notevoli, ma sono punte di diamante isolate. Le regioni del Sud si trovano perciò a dover recuperare una distanza considerevole rispetto al Nord, e purtroppo il federalismo sanitario non fa che accentuare le distanze -:
se si intenda intervenire con politiche atte a garantire parità d'accesso e migliori condizioni di servizio sanitario anche per le donne del Sud.
(4-08004)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

BOSI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il centro siderurgico di Piombino e le sue acciaierie costituiscono un grande patrimonio nazionale a sostegno delle esigenze produttive del Paese;
i suddetti stabilimenti, di proprietà del gruppo Lucchini, che costituiscono altresì una struttura industriale sulla quale si regge l'economia locale di Piombino, della Val di Cornia e dell'Isola d'Elba, versano in condizioni di crisi stante il fatto che l'azionista di maggioranza si è dichiarato non in grado di dare garanzie di mantenimento dell'azienda;
le parti sociali, le istituzioni locali e regionali, le forze politiche e parlamentari hanno più volte interessato il Ministro dello sviluppo economico per la ricerca di soluzioni in grado di salvaguardare la produzione con progetti industriali anche mediante l'intervento di capitali stranieri;

dopo le dimissioni del Ministro Scajola non si sono avute più notizie circa gli interventi del Governo per il salvataggio della siderurgia piombinese -:
quali siano gli esiti delle iniziative intraprese e, comunque, quali iniziative intendano adottare con urgenza per il superamento dello stato di crisi descritto e per scongiurare ricadute gravi per l'economia e l'occupazione.
(3-01171)

Interrogazione a risposta in Commissione:

LOLLI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 27 maggio 2010, in occasione del Coordinamento nazionale dei Co.re.com. (Comitati regionali per le comunicazioni) tenuto all'Aquila è stata approvata all'unanimità la formalizzazione di una richiesta al Ministero dello sviluppo economico di un sostegno economico straordinario all'emittenza locale abruzzese colpita, oltre che dalla crisi, anche degli effetti del sisma del 6 aprile 2009;
la stessa richiesta è stata supportata e condivisa dalle associazioni FRT (Federazione radio televisioni) e Aeranti Corallo (Organizzazione di imprese radiotelevisive locali, satellitari e via internet);
alla richiesta è giunta l'adesione del presidente della regione Abruzzo, Gianni Chiodi, e del presidente del consiglio regionale, Nazario Pagano;
il decreto ministeriale relativo ai contributi televisivi attribuiti a ciascuna regione prevede alcuni parametri che, per quanto riguarda l'Abruzzo, sono in gran parte compromessi per cui, anche lasciando invariati i saldi generali dell'intervento nazionale, potrebbero essere previsti degli investimenti maggiori in Abruzzo in relazione a quanto assegnato negli anni scorsi;
ad oggi il Ministero dello sviluppo economico non ha fornito alcun riscontro alla lettera inviata -:
cosa intenda rispondere il Ministro a tale richiesta e come intenda sostenere l'emittenza locale abruzzese duramente colpita dalla crisi e dal terremoto.
(5-03210)

...

Apposizione di firme a mozioni.

La mozione Caparini e altri n. 1-00397, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

La mozione Franceschini e altri n. 1-00407, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Laganà Fortugno, Quartiani, Rampi.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Alessandri n. 4-01834, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 dicembre 2008, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Polledri n. 4-04762, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 ottobre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Polledri ed altri n. 4-05011, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Polledri ed altri n. 4-05012, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta in Commissione Mancuso e Ghiglia n. 5-02964, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 maggio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Aprea.

L'interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-07686, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro e Fugatti n. 4-07722, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 23 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro e altri n. 4-07747, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Negro e Rivolta n. 4-07772, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 giugno 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Polledri n. 4-07830, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 1o luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta scritta Commercio n. 4-07731 del 23 giugno 2010;
interrogazione a risposta scritta Binetti n. 4-07898 del 6 luglio 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Negro n. 4-06095 del 10 febbraio 2010 in interrogazione a risposta in Commissione n. 5-03206.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
su un articolo riportato su Il Giornale del 9 dicembre 2009, è trattata una annosa vicenda relativa alle macellazioni rituali ed alle scabrose questioni che queste pongono, non solo sotto l'aspetto etico, ma anche sotto i profili sanitari e sociali;
l'articolo critica, a parere dell'interrogante giustamente, il comportamento che determinate amministrazioni locali assumono in favore di tali riti, evidenziando a tal proposito quanto segue «à l'Italia si mostra molto munifica nei confronti delle pretese religiose musulmane. È quanto accaduto pochi giorni fa nella provincia di Bologna, durante la festa di Id al-adha, re giorni durante i quali gli islamici hanno sgozzato e sacrificato ad Allah oltre 1.000 agnelli. È noto che, da decenni, è in corso una feroce polemica, non solo con gli animalisti, ma anche con persone comuni dotate di buon senso, le quali gradirebbero che chi viene ad abitare nella nazione italiana rispettasse le nostre normative»;
in alcune province del Nord, in maniera corretta e sostenibile, gli organismi religiosi islamici annualmente incontrano le amministrazioni e le associazioni interessate per firmare accordi volti a poter consentire lo stordimento degli animali prima del dissanguamento, ricevendone in cambio l'utilizzo di mattatoi, già funzionanti per la macellazione «normale», forniti di assistenza sanitaria e di un particolare permesso concertato con la Ue. Ma tale procedura non è sempre osservata da tutti gli altri enti locali, come di fatti si evince sia accaduto nella provincia di Bologna;
la vicenda segnalata nell'articolo riferisce anche un fatto che se veritiero sarebbe sconcertante, in quanto si dichiara che «à si apprende da due fonti autorevoli che nel bolognese amministratori comunali, provinciali e dirigenti dell'Asl si siano accordati per offrire ai musulmani, non solo mattatoi adeguati, ma con eccesso di zelo e magnanimità, abbiano fatto molto di più. Oltre ai mattatoi, per sgozzare in pace pecore e capre gli amministratori hanno concesso agli islamici di fare scintillare le lame in aree all'aperto che sono state attrezzate per l'occasione. La loro ubicazione non è stata rivelata per ragioni di ordine pubblico, ma si parla anche delle aree da picnic a margine di autostrade e tangenziali. La prima fonte, mai smentita, è un articolo comparso il 25 novembre scorso sulle pagine bolognesi di Repubblica, a firma Antonella Cardone. La seconda fonte è di due giorni fa. Stella Borghi, presidente Enpa e Amici della terra di Reggio Emilia mi fa pervenire

copia di una lettera indirizzata all'assessore bolognese Bissoni in cui chiede risposta scritta alla seguenti domande:
1) se la macellazione in aree pubbliche all'aperto, al di fuori dei mattatoi, trovi riscontro nel dettaglio legislativo attuale;
2) quali garanzie per l'ambiente siano state assicurate, stante la macellazione all'aperto in zone pubbliche, con particolare riferimento allo smaltimento dei rifiuti organici, sangue in primis, con quali autorizzazioni e quali controlli ex ante e ex post macellazione»;
l'estensore dell'articolo va ancora oltre e dichiara di essersi rivolto alla ASL competente per avere delucidazioni sulla materia, così riferendo: «à Devo ammettere che, mosso dalla stessa curiosità della Borghi, ho passato tre giornate al telefono con una dozzina di centralini, uffici, eccetera dell'Asl di Bologna ricavandone, come unica soddisfazione, l'ascolto di una magnifica esecuzione del Lago dei Cigni (direttore Giulini forse?). Nel caso qualcuno volesse godere ascoltando il capolavoro di Ciaikovskij, può partire dallo 051.6079817, deserto ufficio relazioni con i media che vi rimanderà al centralino, che vi inoltrerà all'Ufficio Stampa (dove lascerete un numero che non verrà mai richiamato), il quale vi proporrà in automatica la vera voce vivente di Francesca, la quale desolata vi offrirà di passarvi addirittura il direttore, dottor Francia, dell'Asl alla cui casella potreste lasciare un inutile messaggio, mentre, nel frattempo, vi rispondono dalla portineria (signora decreto-legge) che non c'è più nessuno. Tranquilli, il balletto di Ciaikovskij, una volta alla fine, riprende dall'inizio e lo potete ascoltare per ore e ore, forse anche di notte. Sempre che non siate sfiniti voi»;
il cattivo funzionamento della ASL descritto dal cronista, ove si riscontrasse veritiero, apparirebbe molto grave e sicuramente da censurare;
in materia di protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento l'interrogante, il 9 luglio 2008, ha presentato una specifica proposta di legge con lo scopo di modificare il decreto legislativo 10 settembre 1998, n. 333, recante attuazione della direttiva 93/119/CE relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento. Con il progetto di legge, in particolare, si intende intervenire sulle disposizioni relative alle macellazioni secondo determinati riti religiosi, che vanno solamente ad arrecare ulteriori sofferenze agli animali. In esso si chiede che qualsiasi tipo di macellazione, anche quella eseguita per determinati riti religiosi, sia preceduta da una preventivo stordimento dell'animale, in modo da ridurne la sofferenza;
la macellazione rituale islamica, similmente a quella ebraica, consiste nel far uscire più sangue possibile tagliando di netto la gola dell'animale, ancora in stato di assoluta lucidità, e pronunciando la formula (Bismillàh) che tradotta significa «nel nome di Dio»;
in Italia, le norme in materia di macellazione sono molto chiare e severe, e tengono conto, prima di tutto, della tutela della salute del cittadino, imponendo l'osservanza di tutte le necessarie norme igieniche, e poi anche del rispetto degli animali;
quanto denunciato nell'articolo in oggetto sembrerebbe palesemente contrario alle predette disposizioni nazionali sulla tutela del benessere degli animali, della sicurezza sanitaria e della salute dei cittadini -:
se siano a conoscenza dei fatti descritti in premessa ed in particolare se siano riscontrabili gli episodi accaduti in provincia di Bologna come riportati nell'articolo allo scopo citato;
se esistono indirizzi direttivi omogenei volti a disciplinare le macellazioni rituali ed in tal senso se siano compatibili con la normativa vigente le macellazioni in aree pubbliche all'aperto, al di fuori dei mattatoi e le relative modalità semplificate di smaltimento dei rifiuti organici, come,

allo scopo sembrerebbe essere stato effettuato in provincia di Bologna;
se non ritengano necessario assumere iniziative volte a contrastare il fenomeno delle macellazioni rituali non conformi ai principi di tutela degli animali e della sicurezza sanitaria, se del caso emanando precise disposizioni volte a vietarle.
(4-05367)

Risposta. - Relativamente a quanto descritto nell'interrogazione parlamentare, questo ministero ha chiesto informazioni al servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale (Asl) di Bologna.
Dalla risposta pervenuta risulta che la regione e il servizio veterinario competente già da alcuni anni hanno affrontato la problematica delle macellazioni rituali stante il notevole aumento della popolazione di fede e cultura islamica residente.
Le amministrazioni locali hanno sentito l'esigenza di attivare e di individuare percorsi condivisi per conciliare le normative vigenti in materia igienico-sanitaria e di benessere animale con le pratiche di macellazione rituale. A tal proposito è stato attivato un tavolo di lavoro con la partecipazione anche dei rappresentanti delle comunità religiose, dai cui lavori in data 5 dicembre 2007 è scaturito un documento d'intesa sulla macellazione rituale, approvato dall'ufficio di presidenza della conferenza territoriale sociale e sanitaria di Bologna.
Sulla base di quanto previsto nel citato documento sono state sviluppate, in stretta collaborazione con la comunità islamica della provincia di Bologna, attività di comunicazione e formazione degli addetti alla macellazione.
È stata inoltre garantita la possibilità di macellazioni regolari in occasione della «festa del sacrificio», attraverso la messa a disposizione di un maggior numero di strutture idonee.
Al fine di evitare le macellazioni clandestine, sono state individuate opportune strutture coperte, dotate dei requisiti essenziali per effettuare la macellazione, nelle quali sono assicurate le corrette condizioni igienico-sanitarie.
Queste strutture, sottoposte alla valutazione con esito favorevole da parte del servizio veterinario della Asl, sono state autorizzate alla macellazione rituale islamica a carattere straordinario con apposita ordinanza sindacale e, per tutta la durata delle operazioni, è stata garantita la vigilanza del servizio veterinario stesso.
Per quanto riguarda eventuali indirizzi omogenei volti a disciplinare la macellazione rituale, si precisa che, in base al vigente decreto legislativo 1o settembre 1998, n. 333, attuazione della direttiva 93/119/Ce relativa alla protezione degli animali durante la macellazione o l'abbattimento, è prevista la possibilità di macellare gli animali secondo rito religioso derogando all'obbligo dello stordimento.
Tale deroga, oltre ad essere prevista nella direttiva citata, è contenuta anche nella convenzione di Strasburgo sulla protezione degli animali destinati al macello.
Tuttavia, ai sensi del suddetto decreto legislativo n. 333 del 1998, il rispetto del benessere animale deve essere sempre garantito dal veterinario ufficiale responsabile, anche nel caso di macellazioni rituali.
Al fine di richiamare l'autorità sanitarie competenti al rispetto di tale ultima disposizione, questo ministero, in previsione della festa islamica del sacrificio, ha sollecitato anche nel 2009, come ogni anno, i servizi veterinari a rafforzare l'attività di vigilanza sul rispetto delle disposizioni volte a garantire la tutela degli animali durante la macellazione.
Per quanto riguarda infine eventuali iniziative normative volte a limitare la pratica delle macellazioni rituali, si precisa che in data 18 novembre 2009 è stato pubblicato nella
Gazzetta ufficiale dell'Unione europea il regolamento (Ce) n. 1099 del 2009 del Consiglio del 24 settembre 2009, relativo alla protezione degli animali durante l'abbattimento.
Tale regolamento, che si applicherà a decorrere dal 1o gennaio 2013 ed abrogherà la direttiva 93/119/Ce, è stato oggetto di lunga discussione in sede comunitaria prima della sua approvazione. Nel corso delle discussioni tecniche l'Italia ha posto l'accento sulla problematica delle macellazioni

rituali chiedendo una revisione della deroga, ma tale richiesta non ha avuto accoglimento.
Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

BENAMATI, LENZI, VASSALLO, ZAMPA e BELTRANDI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la Regione Emilia-Romagna, in qualità di coordinatrice della Conferenza delle Regioni, ha tenuto in data 14 gennaio 2009 un incontro con i Ministeri ai fine di arrivare alla definizione di un decreto del Ministero dello sviluppo economico di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per rinnovare e dare finalmente attuazione all'impegno già codificato in equivalente decreto nel 2007 (rimasto inattuato per mancata copertura finanziaria) inerente gli interventi finanziari in ambito fieristico;
il decreto predisposto nel corso della riunione di cui sopra, mira a dare finalmente attuazione al finanziamento di un «Fondo per la mobilità al servizio delle fiere» già previsto dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296, che a sua volta reinquadrava gli stessi interventi pianificati ma mai attuati con leggi 28 dicembre 2001, n. 448, 23 dicembre 2005, n. 266 e legge 27 febbraio 2006, n. 105. In concreto, tale decreto prevede un contributo quindicennale pari a 3 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture per la mobilità al servizio della Fiera del Levante di Bari, della fiera di Verona, della Fiera di Foggia, e della Fiera di Padova; ed un ulteriore intervento sempre per 3 milioni di euro, in favore di Bologna Fiere;
lo stesso prevede altresì una restante previsione finanziaria di 33 milioni di euro per programmi ulteriori di sviluppo di infrastrutture al servizio di sistemi fieristici di rilevanza nazionale;
tuttavia, si è allo stesso tempo appreso che in data 16 dicembre 2008 è stato sottoscritto dal Ministero per le infrastrutture e dei trasporti, un accordo di programma che stabilisce un finanziamento di 3 milioni di euro, ampliabile fino a 22,5 milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture per la mobilità al servizio delle fiere di Verona e Padova;
nel testo del decreto-legge n. 185 del 2008 (Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e imprese), convertito dalla legge 2/2009, è stato introdotto un emendamento all'articolo 18 (comma 4-ter) che prevede il finanziamento di 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009-2010-2011 a favore sempre dei centri fieristici di Verona, Padova, Bari e Foggia;
questo quadro, sia per quanto riguarda l'accordo di programma sia per quanto attiene il decreto-legge n. 185 del 2008 (convertito dalla legge 2/2009), appare oggi incoerente con quanto si prevedeva nella proposta di decreto predisposta dalle Regioni che prevedeva la creazione del «Fondo per la mobilità al servizio delle fiere», ed emerge la sostanziale assenza del polo fieristico bolognese dagli interventi previsti -:
se il Ministro competente intenda intervenire al fine di fare chiarezza in merito alla delicata questione, predisponendo tutti gli atti necessari affinché venga definitivamente emanato il decreto attuativo del «Fondo per la mobilità al servizio delle fiere» già previsto dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296, che a sua volta reinquadrava gli stessi interventi pianificati, ma mai attuati con leggi 28 dicembre 2001, n. 448, 23 dicembre 2005, n. 266 e legge 27 febbraio 2006, n. 105, e sia così ripristinato un quadro lineare, efficace e trasparente degli interventi del Governo in favore del sistema fieristico Italiano.
(4-02337)

Risposta. - Il decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti

11 maggio 2009 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 173 del 28/07/2009) ha dato attuazione a quanto previsto dalla legge n. 105 del 2006 «Interventi dello Stato nel sistema fieristico nazionale», in merito alle modalità di riparto delle risorse del fondo per la mobilità al servizio delle fiere.
Il lungo
iter procedurale di detto decreto è, in parte, attribuibile alla frammentazione che ha caratterizzato gli interventi legislativi in materia. Le risorse del fondo ed i successivi rifinanziamenti, sono stati, infatti, attribuiti sia alla competenza di questa amministrazione che a quella del ministero delle infrastrutture e dei trasporti e, tra l'altro, nel corso degli anni hanno subito diversi tagli.
Gli stanziamenti sono stati ripartiti, quindi, dal citato decreto interministeriale prevedendo all'articolo 1, comma 1, lettera
a) la destinazione a favore della regione Emilia Romagna di tre milioni di euro per la realizzazione di infrastrutture al servizio della fiera di Bologna e, le restanti disponibilità a favore di tutte le regioni interessate, previa presentazione di programmi di intervento da sottoporre alla valutazione di una commissione paritetica. Tale commissione, prevista dall'articolo 1, comma 3, dello stesso decreto interministeriale, è stata incaricata della relativa selezione ai fini del riparto.
Allo stato attuale le risorse disponibili ed in corso di destinazione sono le seguenti:
tre milioni di euro, presenti quali residui di stanziamento nello stato di previsione della spesa di questo ministero, impegnati a favore della regione Emilia Romagna per la realizzazione di infrastrutture al servizio della fiera di Bologna, a seguito della positiva valutazione da parte della citata commissione paritetica, espressa nella seduta del 14 gennaio 2010;
tre milioni di euro, presenti quali residui di stanziamenti iscritti nello stato di previsione del ministero delle infrastrutture e trasporti, la cui disponibilità è stata comunicata - come prescritto dall'articolo 1, comma 2, del citato decreto interministeriale - a regioni e province autonome che, entro il 17 dicembre 2009, termine di scadenza, hanno presentato i propri programmi di intervento. In tal caso, a seguito della valutazione espressa dalla commissione paritetica, con decreto direttoriale del 23 febbraio 2010 è stata approvata la relativa graduatoria e, quindi, si è proceduto a ripartire, ancora in via provvisoria, in attesa della formale accettazione delle regioni beneficiarie, il suddetto importo fra le regioni classificatesi ai primi due posti di graduatoria (Marche e Liguria):
uno stanziamento pari a due milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010, 2011, previsto a favore del fondo dall'articolo 12, comma 4, della legge n. 99 del 23 luglio 2009 recante disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia. La comunicazione delle attuali disponibilità, presenti nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, pari a due milioni di euro in conto residui provenienza anno 2009 e due milioni per l'anno 2010, sarà effettuata non appena formalizzata la ripartizione definitiva delle disponibilità di cui al punto precedente. Ciò al fine di garantire ai programmi già positivamente valutati ed inseriti in graduatoria, ma non finanziati per esaurimento delle risorse disponibili, di poter essere nuovamente presentati.
In riferimento all'attività di promozione e sviluppo del
made in Italy, di cui al decreto ministeriale 7 aprile 2008, n. 83, relativo alla concessione agli enti fieristici di un contributo di dieci milioni di euro per l'acquisizione di beni strumentali ad elevato contenuto tecnologico e l'ammodernamento degli impianti esistenti, si conferma che il Ministero sta studiando la possibilità di proporre una modifica normativa su detta materia, in considerazione dell'impegno a suo tempo preso dal Governo con le regioni e della richiesta da queste ultime recentemente ribadita di ottenere finalmente la possibilità di accesso ai suddetti fondi.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

BIANCOFIORE, BERTOLINI e RUBEN. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro dell'interno, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
Oswald Ellecosta, Vice Sindaco SVP della città di Bolzano a maggioranza italiana, che da sempre si è contraddistinto, a parere degli interroganti, per una particolare acrimonia nei confronti della componente linguistica italiana dell'Alto Adige, ha ora rivolto le proprie attenzioni addirittura nei confronti dei bambini degli asili;
riprendendo proposte già formulate solo qualche mese fa, tese ad ottenere una vera e propria schedatura etnica dei bambini italiani nelle scuole tedesche dell'Alto Adige, egli ha ora ipotizzato che bambini italiani di due anni e mezzo vengano sottoposti a test sulla lingua nel tentativo, come è stato ritenuto, di discriminare la loro iscrizione agli asili di lingua tedesca;
i genitori hanno vive preoccupazioni per dette dichiarazioni e in particolare temono che i test di lingua siano finalizzati alla sopraesposta schedatura etnica, e al dissuaderli dall'iscrivere i figli alle scuole tedesche;
i genitori italiani scelgono di mandare i figli a scuola tedesca o i tedeschi a scuola italiana perché in Alto Adige, nonostante l'inesistenza di un divieto espresso dall'articolo 19 dello Statuto di autonomia, il governo provinciale per paura dell'integrazione impedisce la nascita di sezioni bilingui dall'asilo alle superiore perché ciò consentirebbe l'acquisizione reale e paritetica delle lingue italiana e tedesca, come auspicato appunto dalla stragrande maggioranza dei genitori altoatesini di entrambi i gruppi linguistici;
lo stesso Vice Sindaco Ellecosta mette in pericolo la pacifica convivenza in Alto Adige contestando i monumenti storici del ventennio, attribuendo loro una valenza offensiva e di simbologia di appartenenza dell'Alto Adige all'Italia, che egli rifiuta pur avendo giurato sulla Costituzione italiana, ed ebbe a dire che in Alto Adige era meglio si soffermassero i pakistani (intendendo, con ciò, tutti gli extracomunitari) piuttosto degli italiani -:
se il Governo non ritenga di doversi attivare per impedire che il perpetuarsi di atti che possono essere considerati selezioni, discriminazioni, schedature, differenziazioni etniche, e ciò soprattutto all'indomani della giornata della memoria, che dovrebbe servire da monito a tutti, per esempio trasmettendo gli atti all'UNAR, l'Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla razza o sull'origine etnica, presso il Dipartimento delle pari opportunità;
quali iniziative intendano porre in essere a tutela della pacifica convivenza in Alto Adige e a tutela dell'identità, dell'integrità e dell'onore dell'Italia e della comunità italiana ivi residente.
(4-02268)

Risposta. - Mi riferisco all'interrogazione indicata in esame concernente la presunta «schedatura etnica» perpetrata a carico dei bambini italiani negli asili di lingua tedesca della città di Bolzano.
La questione concernente l'iscrizione di bambini di lingua italiana nelle scuole materne di lingua tedesca - in particolar modo in quelle della città di Bolzano e dei comuni limitrofi della Bassa Atesina -, secondo quanto riferito dal commissariato del Governo per la provincia di Bolzano, viene sollevata periodicamente da alcuni esponenti della Südtiroler Volkspartei, i quali sostengono che il numero troppo elevato di bambini italiani non consentirebbe uno svolgimento compiuto delle attività didattiche.
L'iniziativa del capogruppo della Südtiroler Volkspartei in consiglio comunale, Oswald Ellecosta (ora vicesindaco e assessore comunale alle finanze), di chiedere le liste dei bambini iscritti nelle scuole materne in lingua tedesca della città di Bolzano, che nell'aprile 2008 aveva suscitato accese polemiche e che - mi preme sottolinearlo - non ha avuto seguito, aveva il deprecabile scopo di individuare la percentuale

di bambini di lingua italiana iscritti in tali scuole in modo da fare pressione sulla direzione della Südtiroler Volkspartei, affinché venissero modificate le norme in vigore per rendere difficoltosa l'iscrizione di bambini di lingua italiana nelle scuole materne di lingua tedesca.
A tale proposito, segnalo che le iscrizioni nelle scuole per l'infanzia di lingua tedesca vengono effettuate secondo quanto stabilito dalle vigenti disposizioni in materia che consentono la verifica della cognizione linguistica dei bambini al momento dell'iscrizione.
Secondo quanto disposto dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 301 del 1988 (Norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione Trentino Alto Adige in materia di iscrizione nelle scuole con lingua di insegnamento diversa dalla madre lingua dell'alunno), l'eventuale esclusione deve essere deliberata dal comitato della scuola materna in cui il bambino è iscritto, previa consultazione dei genitori, e può essere effettuata soltanto qualora l'alunno/a di lingua madre diversa non possieda «una adeguata conoscenza della lingua di insegnamento prevista per la scuola di frequenza, tale da consentire loro di seguire utilmente l'insegnamento nella classe di iscrizione».
In tali casi il diritto all'istruzione deve essere comunque garantito attraverso la possibilità di iscrizione in una scuola materna dell'altra lingua di insegnamento, anche al di fuori dei termini ordinari (articolo 1, comma 4, de decreto del Presidente della Repubblica n. 301 del 1988).
Ciò premesso, secondo quanto opportunamente segnalato anche dall'UNAR (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali - dipartimento per le pari opportunità), la verifica della cognizione linguistica dei bambini deve avvenire nel più rigoroso rispetto della normativa citata, tenendo conto che nella scuola materna «l'adeguata conoscenza della lingua» va opportunamente calibrata all'età dei bambini ed alle loro competenze, evidentemente ad un stadio ancora iniziale e velocemente implementabili proprio attraverso una precoce integrazione che consenta di proseguire il percorso formativo nella successiva scuola primaria.

Il Ministro per le pari opportunità: Maria Rosaria Carfagna.

BITONCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sindaco del comune di Padova, Flavio Zanonato, nel corso dell'ultima campagna elettorale, ha più volte affermato, a varie testate giornalistiche locali, che avrebbe dovuto ridurre il numero degli assessori componenti la Giunta Comunale da dodici a dieci unità, in conformità alle modifiche legislative introdotte nel dicembre 2007 all'articolo 47 del Testo unico degli enti locali decreto legislativo n. 267 del 2000 (cfr. intervista pubblicata su Corriere del Veneto del 19 giugno 2009, dove si affermava che: «per legge il numero degli assessori dovrà diminuire da 12 a 10 [à]»);
in particolare, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo articolo 47 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (TUEL) in attesa dell'aggiornamento degli statuti comunali, il numero massimo di assessori, per i comuni con popolazione ricompresa nello scaglione in cui si trova Padova, ovvero, tra 100.001 e 250.000 abitanti, è costituito da 10 unità;
peraltro, durante la scorsa campagna elettorale, il sindaco ha anche affermato che la riduzione da 12 a 10 del numero di assessori, oltre che necessario adempimento di una chiara disposizione di legge, altresì, costituiva una misura opportuna anche ai fini di un più efficace perseguimento del proprio programma elettorale;
la nomina di assessori in numero massimo di dieci, come previsto dalla legge (Testo unico in materia di enti locali), oltre che costituire puntuale applicazione della normativa vigente, consentirebbe al comune di Padova, un considerevole risparmio di spesa pubblica, mentre il mantenimento dell'attuale composizione della

giunta in numero di dodici assessori determina un ingiustificato esborso di denaro pubblico, che potrebbe essere fonte di responsabilità erariale dinnanzi alla Corte dei Conti;
nonostante quanto pubblicamente dichiarato dal Sindaco del Comune di Padova, con decreto n. 17 del 10 luglio 2009, comunicato al consiglio comunale nella seduta del 13 luglio 2009, è stata individuata la composizione della giunta comunale, nominando gli assessori nel numero di 12 unità;
l'avvenuta nomina di 12 assessori, quindi, non appare espressione dei canoni di legittimità, trasparenza, imparzialità ed efficienza che devono sempre caratterizzare l'attività amministrativa, ma sembra all'interrogante essere il risultato di una logica di «moltiplicazione delle poltrone», peraltro, in palese contrasto con quanto affermato dallo stesso sindaco nella scorsa campagna elettorale;
l'articolo 47, primo comma del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), come modificato dall'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007 n. 244, prevede che la giunta comunale sia composta «da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore ad un terzo, arrotondato aritmeticamente, del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tal fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non superiore a dodici»;
il precitato articolo 47 del decreto legislativo n. 267 del 2000, al quinto comma prevede che, sino all'adozione delle norme statutarie di cui al primo comma, le giunte comunali, per i comuni con popolazione ricompresa tra 100.001 e 250.000 abitanti, siano composte da un numero minimo di quattro e un numero massimo di dieci assessori;
l'articolo 44 dello Statuto del Comune di Padova in vigore dall'8 gennaio 2004 dispone, alquanto elasticamente, che il Sindaco possa nominare un numero di assessori «compreso tra un minimo di otto ed un massimo entro i limiti previsti dalla legge nazionale»;
invece, la costante giurisprudenza ritiene che lo Statuto comunale debba necessariamente stabilire il numero esatto degli assessori, non potendo limitarsi a fissarne genericamente il numero massimo, nemmeno per relationem (vedasi T.A.R. Abruzzo Pescara, 9 gennaio 2003, n. 146), ovvero, che non risulti esser consentito che «la formulazione dello statuto rimetta ad organi diversi da quello consiliare - come nel caso in esame, il sindaco - la determinazione, o comunque il concorso nella stessa, del numero degli assessori, pur all'interno di limiti invalicabili fissati per relationem alla legge medesima» (T.A.R. Calabria Catanzaro, II, 2 maggio 2001, n. 676; T.A.R. Campania Napoli I, 29 novembre 2001 n. 5109);
non risulta, altresì, applicabile la tesi di segno opposto, di cui alla circolare del Ministro dell'interno n. 7 del 1999, a causa della «sua difformità rispetto alle indicazioni di legge» (T.A.R. Calabria Catanzaro, II, 2 maggio 2001, n. 676), anche in considerazione dell'anteriorità della stessa al T.U.E.L.;
lo Statuto del Comune di Padova, approvato con Deliberazione di C.C. n. 23 aprile 2000, come modificato dalla Deliberazione di C.C. n. 122 del 24 novembre 2003, ed in vigore dall'8 gennaio 2004, non risulta essere stato aggiornato alle previsioni del nuovo testo dell'articolo 47 decreto legislativo n. 267 del 2000, come modificato dall'articolo 2, legge 24 dicembre 2007 n. 244;
stante l'illegittimità della previsione di un numero non predeterminato nel massimo di assessori, non si configura, di certo, possibile procedere all'adeguamento automatico dello Statuto Comunale di Padova alle previsioni di cui ai primo comma dell'articolo 47 del decreto legislativo n. 267 del 2000;
pertanto, con riferimento al numero massimo di assessori nominabili, devesi

far riferimento all'articolo 47, quinto comma del decreto legislativo n. 267 del 2000, il quale stabilisce espressamente che le giunte comunali dei comuni con popolazione ricompresa tra 100.001 e 250.000 abitanti (ovvero, nel caso del Comune di Padova) siano composte da un numero massimo di dieci assessori -:
se e quali iniziative di competenza, anche di carattere normativo, intenda assumere al fine di chiarire ogni profilo utile in relazione all'attuazione della disciplina in questione.
(4-04780)

Risposta. - Con riferimento alla questione segnalata dall'interrogante, il prefetto di Padova ha riferito che alcuni consiglieri comunali, nel mese di ottobre 2009, hanno impugnato innanzi al tribunale amministrativo regionale del Veneto il decreto del sindaco di Padova di nomina dei componenti della giunta comunale sostenendo l'illegittimità dell'articolo 44 dello statuto comunale, per contrasto con l'articolo 47 del testo unico degli enti locali (come modificato dall'articolo 2, comma 23, della legge n. 244 del 2007 che prevede il «range» massimo all'interno del quale ciascun comune deve indicare il numero di assessori componenti la giunta.
Il comune di Padova ha resistito in giudizio, sostenendo, oltre al difetto di legittimazione dei consiglieri ricorrenti, la legittimità della norma statutaria contro la tesi avversaria che ne pretendeva l'annullamento e la sospensione cautelare.
Dopo l'udienza cautelare del 2 dicembre 2009, nella quale i ricorrenti hanno rinunciato alla richiesta di sospensiva dei provvedimenti impugnati, il consiglio comunale di Padova in data 1o marzo 2010 ha deliberato di modificare il testo dell'articolo 44 dello statuto, al fine di eliminare incertezze interpretative e rendere più comprensibile la portata della previsione statutaria in questione, che ora recita: «La giunta si compone del sindaco che la presiede, e di un numero di assessori fino ad un massimo di 12 (dodici)...».
Il successivo 18 marzo il Tar Veneto, all'udienza fissata per la discussione nel merito, ha preso atto dell'intervenuta modifica statutaria e della conseguente sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, che è stato comunque trattenuto in decisione per una pronunzia sulle spese legali chieste dai ricorrenti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

CAPARINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel giugno 2009 nel comune di Angolo Terme si sono celebrate le consultazioni elettorali per l'elezione del sindaco e del consiglio comunale a cui si presentavano Riccardo Minini a capo della Lista n. 2 «Lega Nord Bossi», Lucio Gagliardi a capo della Lista n. 1 «Cambiamo Insieme» e il signor Bendotti Gianluigi a capo del lista n. 3 «Noi di Angolo»;
lo spoglio al termine della consultazione vedeva: 667 suffragi attribuiti alla lista «Lega Nord Bossi», 666 suffragi attribuiti alla lista «Cambiamo Insieme», 378 suffragi attribuiti alla lista «Noi di Angolo»;
la differenza di un solo voto dava luogo ad un ricorso giudiziario che si concentrava sulla qualificazione di un elettore per il quale era previsto il voto assistito: la problematica consisteva nel fatto che tale elettore dovesse essere qualificato come «non deambulante» ovvero come «impossibilitato ad esercitare il voto in forma autonoma»;
al di là dell'esito giudiziario della controversia, che sarà oggetto di discussione in altra sede va segnalato che la qualificazione dell'elettore come dimostra il caso di specie rischia di essere assai rilevante al fine di verificare la sussistenza o meno dei presupposti per l'esercizio del voto assistito e quindi sarebbe assai opportuno che si proceda a standardizzare formule, che non diano adito ad equivoci e che rischiano di comportare accertamenti

giudiziari anche complessi, che individuino tali elettori e che siano fornite adeguate istruzioni ai presidenti di seggio in tal senso;
si riportano le dichiarazioni rilasciate dal presidente di seggio Roberto Gabossi dalle quali si evince inequivocabilmente che le operazioni di voto si sono svolte correttamente e legittimamente e che erano stati accompagnati al voto assistito i soggetti che avevano i requisiti di legge: «per quanto riguarda la votazione di quattro elettori con accompagnatore si ricorda che le elezioni del 6/7 giugno 2009 nel comune di Angolo Terme comprendevano le elezioni europee, provinciali e comunale, con verbali per ogni consultazione elettorale ma logicamente tutti i certificati andavano allegati al verbale della consultazione europea, così come richiesto e precisato nel paragrafo 4 delle Avvertenze introduttive della pubblicazione n. 4 del 2009 edita dal Ministero dell'Interno Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali Direzione Centrale dei Servizi Elettorali. Inoltre le istruzioni prevedevano che il presidente accettasse di ammettere elettore con accompagnatore nel caso di invalidità così palese da far percepire chiaramente a tutti i membri del seggio elettorale, compresi i rappresentati di lista da non permettere una votazione senza accompagnatore. Dopodiché, secondo le indicazioni, verificata l'invalidità e la necessità per l'elettore invalido di accedere al seggio con l'accompagnatore si sono effettuate tutte le operazioni di routine previste segnando sul verbale delle comunali il tipo di invalidità e l'ente che l'ha dichiarato, oltre che segnare sulla lista elettorale l'accompagnatore»;
tuttavia un meno errore di verbalizzazione del presidente della Sezione 2 ha provocato una controversia che si è peraltro conclusa con una pronuncia che ha valorizzato proprio la dizione letterale con ciò dimostrando, al di là della reale situazione dell'elettore, quanto possa divenire importante un chiarimento della questione -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, nelle istruzioni usualmente pubblicate e diffuse in occasione delle consultazioni elettorali, specificare in maniera ancora più chiara quali formule utilizzare in relazione all'esercizio di voto assistito da parte degli aventi diritto sì da evitare episodi incresciosi quale quello ricordato in premessa.
(4-06871)

Risposta. - In occasione delle elezioni amministrative ed europee dell'anno 2009, la direzione centrale per i servizi elettorali di questo Ministero - all'interno delle istruzioni diramate agli uffici elettorali di sezione per le elezioni comunali e provinciali (pubblicazione n. 14, paragrafo 56, pagina 61) e per l'elezione dei membri del Parlamento europeo, (pubblicazione n. 4, paragrafo n. 57, pagina 55) - ha già espressamente sottolineato la necessità di riportare, sull'apposita colonna del verbale del seggio, il motivo specifico per cui gli elettori sono stati autorizzati a votare con accompagnatore all'interno della cabina.
In ogni caso, al fine di prevenire in futuro eventuali errori e conseguenti contenziosi, sarà cura della predetta direzione centrale, in occasione delle prossime consultazioni elettorali, evidenziare ulteriormente - all'interno sia delle istruzioni per i presidenti di seggio, sia del modello di verbale - la necessità di prendere nota, nel verbale stesso e con la massima precisione, dei motivo specifico per cui l'elettore viene autorizzato a votare mediante accompagnatore.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il Ministero del lavoro, della salute, e delle politiche sociali, senza aggiungere altri dettagli, ha dato notizia del fatto che un caso probabile di variante della malattia

di Creutzfeldt-Jakob, legata al consumo di cibo infetto, è stato diagnosticato ieri in Italia;
è il secondo caso riscontrato nel nostro Paese dopo il primo di diversi anni fa e si ritiene legato ad un'infezione verificatasi prima dell'introduzione del divieto di utilizzo delle farine di carne per l'alimentazione dei bovini (dicembre 2000);
la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob è causata dall'esposizione all'agente dell'encefalopatia spongiforme bovina (Bse) in seguito al consumo di cibo infetto -:
quale sia la reale entità del contagio e quali misure intenda adottare per garantire la sicurezza degli allevamenti nostrani e di conseguenza tutelare la salute dei consumatori italiani.
(4-04710)

Risposta. - La disciplina normativa dell'Unione europea in materia di encefalopatia spongiforme bovina (Bse) è contenuta nel Regolamento (Ce) 999 del 2001, che individua una serie di misure di controllo in tutte le fasi produttive, dall'allevamento (compreso l'utilizzo dei mangimi) fino alla macellazione e al consumo umano dei prodotti di origine animale.
Il regolamento individua 4 «capisaldi» su cui concentrare le misure di controllo:
1) misure di sorveglianza sui bovini;
2) misure di eradicazione negli allevamenti colpiti dalla malattia;
3) misure di controllo sui mangimi;
4) obbligo di eliminazione di materiale specifico a rischio nei macelli.

La sorveglianza condotta al macello o in allevamento viene effettuata attraverso l'utilizzo di appositi test «rapidi» (in grado di dare risposta entro 24-48 ore), effettuati su tutti i capi macellati o morti in allevamento a partire da un determinato limite di età; viene così assicurata l'eliminazione al macello dei bovini affetti da Bse, la distruzione delle carcasse e allo stesso tempo viene effettuato un monitoraggio della malattia.
La sorveglianza attiva ha avuto inizio nel gennaio 2001 e fino al gennaio 2009 è stata effettuata su tutti i bovini sani macellati in età superiore ai due anni e mezzo.
Per i capi che alla visita veterinaria presentavano sintomi generici di malattia, il
test rapido veniva effettuato già a partire dai due anni di età.
Dal gennaio 2009 la Commissione europea ha definito un nuovo regime di sorveglianza (l'età dei bovini da sottoporre a
test è stata elevata a 4 anni), grazie al progressivo miglioramento della situazione epidemiologica della Bse in Italia negli ultimi anni: infatti, dal 2001 ad oggi sono stati effettuati circa 5 milioni di test, interamente finanziati dallo Stato, per un costo stimabile intorno ai 100 milioni di euro.
Il numero di casi di Bse rilevati con l'attività di sorveglianza sono elencati nella tabella di seguito riportata.

Anno Numero casi
2001 48
2002 34
2003 31
2004 7
2005 8
2006 7
2007 2
2008 1
2009 1
Totale 139

I capi ancora oggi individuati dal sistema di sorveglianza fanno parte di quella porzione, ormai residua, di popolazione bovina che è stata esposta nella seconda metà degli anni novanta ai diversi fattori di rischio, tra i quali principalmente l'uso di farine di carne in allevamento,

ossia capi di circa 9-10 anni di età, principalmente nati nel triennio 1996-1998.
È opportuno sottolineare la mancanza di casi di Bse (se si esclude un solo bovino nato nel gennaio del 2001) accertati in animali nati dopo il 2001, ossia dopo l'anno di applicazione delle misure di controllo previste dal regolamento (Ce) n. 999 del 2001.
Tra le misure fondamentali di controllo e prevenzione che hanno impedito la diffusione della malattia, va segnalato il divieto di utilizzo delle farine animali per la preparazione di mangimi destinati a tutti gli animali di allevamento, l'obbligo di rimozione per tutti i bovini macellati di alcuni organi ritenuti a rischio per la trasmissione della Bse (tra questi in particolare il cervello, il midollo spinale e l'intestino) e l'abbattimento obbligatorio di tutti i capi facenti parte dello stesso allevamento di origine del capo colpito.
Il favorevole andamento della situazione, che vede ormai un'incidenza della malattia pari a 0,3 casi per milione di bovini vivi, fornisce una misura dell'attuale rischio Bse, che si può stimare come trascurabile.
Tale evidenza non porterà comunque ad uno smantellamento del sistema di controllo della Bse, ma ad un suo riposizionamento, deciso di comune accordo tra tutti gli Stati membri e assunto in conformità a motivati pareri scientifici espressi dall'
european food safety authority (Agenzia alimentare europea di Parma).
Per quanto riguarda, in particolare, la vigilanza nel settore mangimistico ai fini di garantire il rispetto del divieto di utilizzare farine animali in allevamento, già dal 1994 nel nostro paese, con l'ordinanza ministeriale 28 luglio 1994, sono state adottate «misure di protezione per quanto riguarda l'encefalopatia spongiforme bovina e la somministrazione, con la dieta, di proteine derivate da mammiferi».
Le modalità e le strategie di controllo dei mangimi sono indicate nel «Piano nazionale alimentazione animale (Pnaa)», che contempla un apposito capitolo inerente i controlli ufficiali e la profilassi della Bse in ambito nazionale, nonché le misure da adottare in seguito ad una eventuale positività riscontrata nei mangimi.
Dall'analisi dei dati degli ultimi anni risulta che il riscontro di contaminazioni di mangimi con farine di carni si è attestato su valori molto bassi: infatti a partire dall'anno 2000 e fino al 2008 sono stati eseguiti 39.996 campioni, i cui risultati dimostrano il netto declino dei campioni contaminati, in quanto si è passati da circa 3,8 per cento di campioni di mangimi positivi nel 2001 allo 0,1 per cento nel 2008.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

CICCANTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
i Vigili del Fuoco di Ancona stanno vivendo una drammatica situazione relativa alla ristrutturazione o delocalizzazione della sede centrale;
la struttura principale - ove trovano alloggiamento gli automezzi, i locali mensa, le camerate del personale e le officine - sta cadendo letteralmente a pezzi;
il deterioramento della struttura, ormai obsoleta e non più rispondente alle normative vigenti in materia antisismica, determina sistematicamente la caduta di pezzi di intonaco e di pezzi di copertura delle armature in cemento armato, con un degrado giunto ormai ad una condizione inaccettabile;
questa situazione ha reso necessario rendere inagibile parte del fabbricato adibito alla logistica e parte dei locali adibiti a magazzini ed al rimessaggio automezzi;
tale situazione è stata più volte segnalata agli uffici competenti di codesto ministero tanto che in data 2 ottobre, in occasione della visita del Sottosegretario Nitto Francesco Palma, è stata ribadita la necessità di trovare una veloce situazione a questo annoso e drammatico problema;

nella stessa occasione, anche il Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ingegner Antonio Gambardella ha avuto modo di verificare le oggettive condizioni degli stabili e di tutta l'area, constatando l'intera struttura non più vivibile e, peggio ancora, non più rispondente né alle norme igienico sanitarie né alle attuali norme sulla sicurezza antisismica di edifici strategici dello Stato e che la ristrutturazione avverrebbe attraverso la demolizione e ricostruzioni con costi enormi e con un risultato finale pessimo;
l'attuale area insiste in un contesto urbano già di per sé complicato ed è divenuta negli anni insufficiente ed inadeguata a contenere una struttura operativa come quella dei Vigili del Fuoco che, per la loro peculiarità, operano con mezzi di grandi dimensioni;
le stesse organizzazioni sindacali hanno chiesto un incontro in merito per più approfonditi dettagli, allegando idonea documentazione;
con l'espandersi della città capoluogo di Regione, la struttura si trova ormai rinchiusa nel centro cittadino;
il Consiglio comunale di Ancona in data 10 luglio 2008 ha approvato una mozione con la quale si impegna il Sindaco ad individuare, nel più breve tempo possibile, il sito più idoneo per realizzare la nuova sede del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco ed a richiedere al Prefetto di farsi promotore di tale operazione;
la Conferenza dei Servizi, tenuta il 25 luglio 2008, si è espressa favorevolmente alla delocalizzazione ed il sito sarebbe stato individuato in zona Baraccola, senza però nessun atto formale -:
quali provvedimenti intenda prendere codesto Ministero per risolvere celermente il problema.
(4-02428)

Risposta. - La problematica riguardante la sede del comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona va inquadrata in un contesto più generale, che vede il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile fortemente impegnato in un progetto di rivisitazione, sotto il profilo logistico e strutturale, di tutti comandi dislocati sul territorio nazionale.
Il dipartimento si propone, infatti, di assolvere al meglio la propria missione istituzionale a garanzia dell'incolumità dei cittadini, assicurando, nel contempo, la sicurezza degli stessi operatori del soccorso.
L'attuale sede del comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona, ubicata nel centro cittadino, è localizzata in un complesso di proprietà demaniale, costituito da quattro fabbricati. Uno di questi, di maggiori dimensioni, nonché realizzato di recente secondo moderni sistemi costruttivi (fine anni '90), rispetta i necessari
standard in materia di sicurezza ed accoglie, ad oggi, gli uffici del comando provinciale e della direzione regionale dei vigili del fuoco.
L'attività di rimessaggio dei mezzi ed altra parte delle attività operative svolte dal comando sono state invece dislocate in
containers o in sedi distaccate nell'ambito del territorio provinciale.
Soltanto i due edifici meno recenti del complesso, realizzati alla fine degli anni '50, presentano condizioni di effettivo degrado. Infatti, gli stessi, più volte sottoposti a verifiche tecniche da parte di professionisti esterni incaricati dal dipartimento, sono stati, di recente, dichiarati inagibili e non più rispondenti alla normativa antisismica vigente in relazione alla loro epoca di costruzione.
In tale contesto, certamente di particolare complessità, il dipartimento, dopo aver valutato anche l'eventualità di una ristrutturazione e ricostruzione «in loco» dell'attuale complesso, d'intesa con la direzione regionale ed il comando provinciale dei vigili del fuoco, ha avviato un percorso finalizzato alla individuazione di una sede alternativa, idonea sul piano logistico e operativo. Tale percorso vede anche impegnati, in un'ottica di leale collaborazione, il prefetto di Ancona, altri uffici periferici dello Stato e le stesse autorità locali.
Sono attualmente in corso di definizione specifiche intese con il comune di Ancona per l'assegnazione di un'area da destinare

alla realizzazione della nuova sede del comando provinciale dei vigili del fuoco, individuata in zona stadio del Conero. Si confida di pervenire, in tempi ragionevolmente brevi, ad una soluzione definitiva.
Nelle more dell'individuazione della sede ritenuta più idonea, il dipartimento ha, comunque, adottato ogni misura necessaria a garantire le migliori condizioni di vivibilità e operatività dell'attuale sede della direzione regionale e del comando provinciale dei vigili del fuoco di Ancona.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

DELFINO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
a partire dal 1° dicembre scorso, per effetto del decreto n. 76 del 23 novembre 2009, è stata sospesa l'erogazione, gratuita dei prodotti alimentari aproteici, a carico del servizio sanitario nazionale, per i pazienti affetti da insufficienza renale cronica;
la motivazione alla base della decisione relativa alla sospensione è da ricondurre agli adempimenti previsti dal «piano di rientro» per il debito sanitario e al loro mancato inserimento nei livelli essenziali di assistenza (LEA) attualmente in vigore;
se da un lato questo provvedimento viene considerato come atto dovuto per il rientro dal debito sanitario, dall'altro appare alquanto vessatorio nei confronti di persone malate;
la dieta aproteica è da considerarsi come strumento fondamentale della terapia conservativa, in quanto, parallelamente a trattamenti farmacologici, rallenta la progressione della malattia renale, ritardando il ricorso alla dialisi;
i prodotti aproteici, proprio per la loro specificità, non hanno costi accessibili per tutti, pertanto l'abrogazione della loro erogazione gratuita risulta essere una decisione estremamente grave e azzardata;
la sospensione di un tale servizio appare quanto mai vergognosa, in quanto gli interventi per il risanamento del debito non possono essere pianificati a scapito dei malati;
risulta estremamente necessario che la fornitura gratuita dei prodotti aproteici sia effettivamente inserita nella nuova formulazione dei livelli essenziali di assistenza, al fine di renderla quanto prima operativa;
le soluzioni e le cause dell'attuale situazione economica disastrosa vanno sicuramente ricercate altrove, mediante controlli seri e concreti al fine di annullare completamente ogni sorta di spreco o abuso, fino ad oggi passati in sordina -:
quali urgenti iniziative in suo potere intenda intraprendere al fine di ovviare alla problematica sopraesposta, restituendo ai malati la dovuta dignità.
(4-07123)

Risposta. - Come indicato nell'interrogazione in esame, l'erogazione a titolo gratuito di alimenti aproteici per pazienti con insufficienza renale cronica non rientra attualmente tra i livelli essenziali di assistenza (Lea).
Infatti, il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 novembre 2001, con il quale sono stati definiti i Lea, si è limitato ad effettuare una ricognizione dei servizi e delle prestazioni erogabili dal servizio sanitario nazionale (Ssn), sulla base della normativa vigente alla data della sua approvazione.
Per quanto riguarda gli alimenti aproteici, nessuna norma prevedeva a quella data la loro erogazione gratuita. La disciplina normativa in materia di alimenti destinati ad una alimentazione particolare per le persone affette da talune patologie (decreto ministeriale 1o luglio 1982 «Assistenza

sanitaria integrativa relativa ai prodotti dietetici», modificato con decreto ministeriale 8 giugno 2001 «Assistenza sanitaria integrativa relativa ai prodotti destinati ad un'alimentazione particolare»), prevedeva, infatti, esclusivamente la fornitura di alimenti per persone affette da malattie metaboliche congenite, fibrosi cistica e morbo celiaco, compresa la variante clinica della dermatite erpetiforme, oltre all'erogazione di sostituti del latte materno per i nati da madri sieropositive.
È bene ricordare che, nell'ambito dell'organizzazione attuale del Ssn, sussiste la possibilità, per ciascuna regione e sulla base delle proprie disponibilità finanziarie, di garantire agli assistiti un maggior numero di prestazioni, vale a dire offrire dei Lea ulteriori rispetto a quelli garantiti dalla normativa a livello nazionale.
Dato il crescente interesse nei confronti dei bisogni dei pazienti affetti da patologie renali, la maggior parte delle regioni si è impegnata, con specifici atti, ad effettuare l'erogazione degli alimenti particolari, al fine di consentire la preservazione della funzione renale residua.
Tuttavia, tale possibilità è preclusa per le regioni, come ad esempio il Lazio, che presentano gravi disavanzi e che, per tale motivo, sono sottoposte a piani di rientro dal
deficit finanziario.
Prospettive per il futuro.
È importante segnalare che, nell'ambito della revisione e dell'aggiornamento dei Lea, tramite provvedimento di prossima adozione, il ministero della salute ha apportato una modifica alla disciplina dell'assistenza integrativa: lo schema di provvedimento prevede, infatti, l'erogazione di alimenti aproteici ai malati di insufficienza renale cronica, proprio con l'intento di preservare il più a lungo possibile la funzione renale residua.
Nel momento in cui tale documento sarà definitivamente approvato, vi sarà l'omogeneità di tutela nei confronti dei pazienti residenti nelle diverse regioni.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

DI CATERINA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nei giorni scorsi il signor Vincenzo Cuomo, sindaco uscente della città di Portici, in provincia di Napoli, ha denunciato a mezzo stampa, fra gli altri il quotidiano Repubblica del 3 maggio 2009, l'esistenza di forti pressioni, effettuate da alcuni esponenti di clan camorristici operanti sul territorio, atte a condizionare il libero esercizio del diritto di voto in relazione all'elezioni amministrative che si terranno il prossimo mese di giugno nel comune di Portici -:
se il ministro, alla luce di quanto sopra riportato ed attesa la gravità delle esternazioni rese, intenda assumere iniziative idonee a vigilare sulla vicenda al fine di garantire che le prossime elezioni amministrative al Comune di Portici, si svolgano in un clima di assoluta serenità, fuori da qualsivoglia condizionamento esterno che possa compromettere uno dei fondamentali principi della democrazia e, cioè, il libero esercizio del diritto di voto.
(4-02935)

Risposta. - La situazione della sicurezza pubblica nell'area dei comuni vesuviani è stata oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero dell'interno, anche in relazione agli episodi menzionati nell'atto di sindacato ispettivo.
In particolare, a seguito degli atti intimidatori denunciati dal sindaco Cuomo, sono stati immediatamente intensificati i servizi di prevenzione generale e di controllo del territorio nel comune di Portici, anche mediante l'utilizzo di personale dell'esercito distaccato nella provincia di Napoli nell'ambito dell'«operazione strade sicure».
L'attività di vigilanza svolta nel territorio del comune di Portici ha assicurato il regolare svolgimento delle operazioni elettorali relative alle recenti consultazioni amministrative.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il centro anti-veleni dell'ospedale Cardarelli di Napoli registra una media di circa mille ricoveri l'anno, oltre seimila contatti telefonici, è tra l'altro composto da quattro posti letto di terapia sub-intensiva e dispone di un archivio sugli antidoti efficaci contro le più rare forme di intossicazione la cui eccellenza è riconosciuta a livello internazionale, ed è dotato di una scorta di farmaci anche per respingere eventuali attacchi terroristici chimici e biologici;
nonostante questa «eccellenza» a detta del componente della rappresentanza sindacale unitaria e della CGIL FP Salvatore Siesto, «ci è stata comunicata la prossima chiusura del Centro... C'è un verbale firmato dalla commissione decentrata del Cardarelli, cioè dai vertici della direzione generale e dai componenti della rappresentanza sindacale unitaria che mette nero su bianco la decisione di abbattere i posti letto e di lasciare soltanto una postazione di consulenza telefonica»;
il provvedimento rientrerebbe nel piano di rientro regionale per ripianare i debiti della Sanità;
di strutture simili al centro antiveleni dell'ospedale Cardarelli ne esistono solo otto in Italia, e in particolare il centro in questione risponde agli SOS che arrivano anche dalle altre regioni meridionali, e dalle coste africane, in particolare dalla Tunisia;
appare agli interroganti assurdo e illogico disperdere tutte queste competenze frutto del lavoro e della ricerca di anni -:
quali iniziative di competenza si ritenga di dover adottare, promuovere o comunque sollecitare perché il provvedimento di chiusura sia rivisto e riconsiderato.
(4-05452)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame sulla base degli elementi acquisiti presso la prefettura - ufficio territoriale del governo di Napoli.
Il direttore generale dell'azienda ospedaliera di rilievo nazionale «A. Cardarelli» ha fatto presente che la chiusura del centro antiveleni non rientra più nella programmazione della direzione strategica di quella azienda ospedaliera, in quanto è stato stabilito di mantenere due posti letto presso il dipartimento medico chirurgico di emergenza e accettazione (Dea).
Nell'ambito di un processo di rimodulazione dei servizi, è attiva 24 ore su 24 una consulenza telefonica presso gli altri reparti dell'ospedale, al fine di ridurre il numero degli accessi impropri alle urgenze telefoniche e dei ricoveri non strettamente necessari, alla luce anche del basso tasso di occupazione media dei posti letto presso il centro antiveleni.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da quanto si legge sul sito del Ministero della salute, già ad ottobre 2008, e successivamente nel corso del 2009, sarebbe ricomparso e si sarebbe poi diffuso il fenomeno della rabbia, che interesserebbe soprattutto animali selvatici come le volpi, ma avrebbe infettato cani e asini di proprietà, al punto da aver spinto le autorità veterinarie nazionali e locali a metter in atto tutte le misure sanitarie necessarie e imporre una ordinanza ministeriale sull'obbligo alla vaccinazione;
si tratta di una malattia infettiva che colpisce gli animali «a sangue caldo» e può essere trasmessa all'uomo;
il primo focolaio sarebbe apparso nel comune di Resia, in provincia di Udine, a seguito dell'evolversi dell'epidemia che interessa i Paesi dell'est limitrofi (Slovenia e Croazia);

nel corso del 2009 l'epidemia si è diffusa in direzione, sud-ovest, comprendendo le province di Udine, Pordenone e Trieste, fino ai casi più recenti riscontrati nella provincia di Belluno lungo l'arco alpino -:
quali iniziative siano state adottate, e quali misure e provvedimenti si intendano promuovere e sollecitare per contenere detto fenomeno.
(4-05594)

Risposta. - Nell'ottobre del 2008 a distanza di quasi 13 anni dall'ultimo caso di rabbia in Italia, diagnosticato in una volpe nella provincia di Trieste nel dicembre 1995, la malattia ha fatto la sua ricomparsa in alcuni comuni del nord est della regione Friuli Venezia Giulia, proveniente dai Paesi dell'est contigui (Slovenia e Croazia), come confermato dalle ricerche filogenetiche sul virus isolato.
Nell'autunno del 2009, a fronte delle 3 campagne vaccinali effettuate sulle volpi l'epidemia si è spostata a sud e a ovest, lungo l'arco alpino fino ad interessare anche la provincia di Belluno in Veneto.
Allo stato attuale i casi di rabbia silvestre confermati risultano essere 119, la maggior parte di questi coinvolge animali selvatici, di cui le volpi rappresentano il caso più frequente, mentre i casi evidenziatisi negli animali domestici al momento sono cinque (tre cani, un gatto ed un asino).
Visto il carattere zoonotico dell'epidemia e la sua evoluzione, è stata emanata un'ordinanza ministeriale contingibile e urgente, del 26 novembre 2009 pubblicata nella
Gazzetta ufficiale in data 7 dicembre 2009, recante misure necessarie per favorire il controllo e prevenire la diffusione della rabbia nelle regioni del nord est italiano.
Tale ordinanza, a seguito di tale evoluzione interregionale, ha previsto l'attivazione di un tavolo di coordinamento nell'ambito dell'«unità centrale di crisi per la rabbia» costituito oltre che dallo scrivente Ministero, dai rappresentanti dei servizi veterinari regionali e provinciali delle zone interessate e dai membri di organismi tecnico/scientifici preposti con il fine specifico di perseguire un'azione coordinata ed efficace sui territori interessati o a rischio di diffusione.
Inoltre è stato previsto un piano nazionale triennale di eradicazione, basato sulla creazione di una vasta area di protezione, ottenuta attraverso l'immunizzazione della popolazione volpina contro la rabbia. Tale area calcolata con un raggio di almeno 50 chilometri davanti al fronte di avanzamento dei focolai in conformità con quanto previsto dal
report del «comitato europeo of animal health and animal welfare del 2002», è stata interessata da una campagna di vaccinazione effettuata tramite la diffusione sul terreno di esche vaccinali, soprattutto con mezzi aerei, e in caso di territori altamente urbanizzati con la distribuzione manuale.
Nel mese di gennaio 2010 è stata ultimata la prima fase del piano di vaccinazione di emergenza, con la distribuzione di circa 270.000 esche con una densità di 20/30 esche per chilometro quadrato con una copertura territoriale di almeno 13.000 chilometri quadrati, interessante aree della regione Friuli, del Veneto e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Le ulteriori misure sanitarie introdotte riguardano l'intensificazione del monitoraggio passivo della popolazione selvatica su tutti i territori interessati o a rischio di diffusione al fine di valutare costantemente l'evoluzione epidemiologica della malattia.
L'ordinanza ministeriale succitata, a differenza di quanto previsto nel regolamento di polizia veterinaria n. 320 del 1946, che prevede l'obbligo di vaccinazione contro la rabbia e il divieto di libera circolazione dei cani di proprietà solo nei comuni dichiarati infetti, ha esteso l'obbligo in tutti i territori contigui e a rischio di diffusione della malattia, compresi i cani, i gatti e i furetti a seguito di persone dirette verso tali località.
È stata inoltre prevista la vaccinazione obbligatoria antirabbica degli altri animali domestici sensibili se a rischio di contagio.
La movimentazione degli animali è stata regolamentata sulla base dei rischi epidemiologici così come lo svolgimento dell'attività venatoria con i cani.


Sono state effettuate campagne informative per favorire una corretta attenzione delle persone residenti nelle zone interessate o destinati anche temporaneamente verso tali aree, sia da parte delle autorità locali che dal Ministero della salute, che in particolare ha predisposto sul portale istituzionale un'area dedicata alla rabbia.
Infine si fa presente che il suddetto tavolo di coordinamento ha stabilito di effettuare un'ulteriore campagna di vaccinazione straordinaria per i mesi di marzo-aprile 2010, prima della campagna ordinaria che verrà effettuata presumibilmente nel corso del mese di giugno 2010.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

FORCOLIN e CALLEGARI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la crisi economica e finanziaria sta avendo un effetto dirompente sulla chimica italiana;
l'accordo per il salvataggio ed il rilancio produttivo ed occupazionale della filiera del cloro, che avrebbe dovuto portare all'imminente apertura degli impianti del Petrolchimico di Porto Marghera, sembra ancora lontano;
sulla base di una intesa definita al Ministero dello sviluppo economico tra i commissari della VINYIS ed i rappresentati dell'ENI, infatti, gli impianti sarebbero dovuti entrare in funzione a partire dal giorno 10 novembre 2009. Tuttavia per ragioni attualmente sconosciute questo non è avvenuto;
i lavoratori hanno da tempo organizzato una serie di proteste per manifestare il loro disagio nei confronti di una situazione sempre più difficile ed incerta, sulla quale sta lavorando anche la Commissione attività produttive della Camera;
dall'accordo dipende, infatti, il futuro della chimica italiana ed è impensabile che si possa lasciar fallire un piano di rilancio di un settore così strategico per l'economia del Paese;
oltre alla garanzia del posto di lavoro per i 550 addetti, che salgono a 1.500 con l'indotto, in gioco ci sono anche i precari equilibri economici ed industriali del territorio, dove operano molte piccole e medie imprese che, vivendo della trasformazione dei prodotti, saranno costrette a rivolgersi all'estero per sopravvivere;
è necessario, come sostengono i sindacati dei chimici, porre fine alla gestione commissariale e tornare ad un serio impegno nel settore della chimica, attraverso l'individuazione di misure strutturali che possano garantire al comparto uno sviluppo duraturo;
il perpetuarsi di ulteriori ritardi nell'attuazione dell'accordo rappresenterebbe, quindi, un danno per il Paese, privandolo di un settore che, proprio in questa fase di profonda difficoltà economica, risulta fondamentale per riportare l'apparato industriale su più alti livelli competitivi -:
se il Ministro interrogato voglia far chiarezza sulle ultime vicende descritte in premessa e sulle ragioni che hanno fatto venir meno gli impegni precedentemente assunti dai commissari della VINYIS e dai rappresentati dell'ENI per la riapertura degli impianti di Porto Marghera;
se voglia fornire opportune garanzie in merito alla salvaguardia dell'importante realtà industriale ed occupazionale dell'area di Marghera e più in generale dell'intero comparto.
(4-04992)

Risposta. - Il Ministero dello sviluppo economico ha seguito con grande attenzione la vicenda Vinyls, con l'obiettivo di garantire la continuità del ciclo del cloro nel nostro paese.
Con sentenza del 19 giugno 2009, il tribunale di Venezia ha dichiarato lo stato di insolvenza della società.
Lo scorso mese di gennaio, i commissari giudiziali - nominati per la gestione della fallita società Safin - hanno preannunciato l'interessamento all'acquisto da parte di un'altra impresa, la RAMCO del Qatar.


Il predetto gruppo ha manifestato l'interesse ad acquisire gli
assets di Vinyls, in un'ottica di integrazione della filiera del cloro, da realizzarsi attraverso l'acquisizione anche degli stabilimenti di produzione di proprietà di Eni.
Il 20 gennaio 2010, è stato depositato il documento integrativo al programma di cessione, che quantifica il relativo fabbisogno finanziario (circa 30 milioni di euro), per il quale i commissari hanno richiesto all'Unione europea l'accesso alla garanzia del Ministero dell'economia e delle finanze.
Nelle more della conclusione del procedimento pendente in sede europea, gli stessi commissari sono stati autorizzati, con provvedimento del 18 marzo 2010, a pubblicare sui quotidiani un invito a manifestare interesse all'acquisto e/o all'affitto dei complessi aziendali facenti capo alla società in amministrazione straordinaria.
Con tale invito, non è stata richiesta alcuna indicazione di prezzo, ma sono state fornite le valutazioni patrimoniali dei beni strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa di proprietà della società.
Con decisione del 25 marzo 2010, la Commissione Ue ha concluso l'istruttoria sulla legittimità dell'aiuto concesso alla
Vinyls da parte del Governo italiano.
In data 24 aprile 2010, scaduti i termini per la presentazione delle offerte all'affitto e/o all'acquisto, sono pervenute due manifestazioni di interesse, una da parte di Ramco Trading & Contracting Co, l'altra da parte di terzi ma, comunque, non conforme a quanto richiesto nell'invito.
Il Ministero dello sviluppo economico ha aderito alla sollecitazione di Ramco di farsi parte attiva per giungere ad un chiarimento conclusivo sulla parte di ciclo ancora in capo ad ENI, considerandolo propedeutico alla presentazione di una propria offerta nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria. A tal fine, è stato realizzato un incontro presso il Ministero dello sviluppo economico - il 5 maggio - tra i rappresentanti del gruppo ENI e quelli della società del Qatar.
Nello stesso incontro, è stata data da ENI piena disponibilità ad una transazione coerente con le esigenze della Ramco, ribadita anche in recenti colloqui del Governo con i vertici Eni.
Per quel che riguarda il problema delle materie prime e dei servizi, l'ENI ha confermato quanto già concordato con i commissari della
Vinyls nell'incontro avvenuto presso il Ministero dello sviluppo economico nel novembre 2009 in cui sono state definite le condizioni di approvvigionamento per gli stabilimenti Vinyls.
In merito alla posizione assunta successivamente dalla Ramco, il Ministero ha rilevato una incoerenza fra quanto dalla stessa rappresentato con lettera del 12 maggio 2010, e quanto invece affermato e sottoscritto nel verbale della precitata riunione. Ne è seguita una richiesta di ulteriori chiarimenti circa l'effettiva posizione della società con conseguente attivazione degli opportuni canali diplomatici.
Nonostante gli sforzi diplomatici e le ampie rassicurazioni offerte dal Governo italiano, anche con riferimento al mantenimento dell'approdo alle banchine presso il porto di Venezia per le operazioni di approvvigionamento delle materie prime, la società Ramco con lettera del 25 maggio ha confermato il venir meno del proprio interesse all'acquisizione del ciclo del cloro in Italia.
La scelta di Ramco è motivata dalla difficile congiuntura economica internazionale aggravatasi nelle ultime settimane che ha di fatto impedito il protrarsi del confronto che era stato avviato con Eni e che aveva portato l'azienda del Qatar a dichiararsi interessata.
Al fine di far fronte a questa situazione in questi giorni il Ministero dello sviluppo economico sta concludendo l'istruttoria del programma di cessione presentato dai commissari, in vista di un rapido avvio di un bando di gara internazionale non escludendo la possibilità di un riavvio delle attività.
Si potrà, quindi, procedere celermente all'avvio di una procedura di vendita, nelle forme dell'evidenza pubblica, sulla base dei valori della perizia reddituale, in corso di acquisizione da parte dei commissari.
Il Ministero dello sviluppo economico sta, comunque, operando, insieme a tutte le

parti interessate per individuare ogni soluzione per la salvaguardia dell'occupazione, il rafforzamento e il rinnovamento del settore chimico in Italia, confermando l'impegno per una positiva e rapida soluzione della vicenda.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

ANIELLO FORMISANO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sabato 10 gennaio 2009 sedici consiglieri, sui trenta facenti parte del consiglio comunale di Caivano (Napoli), hanno presentato le proprie dimissioni dalla carica mediante sottoscrizione contestuale di apposito documento in foglio unico, con ciò integrando i presupposti di cui all'articolo 141, comma 1, lettera b), n. 3, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;
la nota avente ad oggetto le dimissioni dalla carica di consigliere comunale, previa rituale autenticazione, è stata consegnata e de iure protocollata nel giorno sopra descritto, presso il Comando di Polizia Municipale locale;
risulta all'interrogante che un senatore del medesimo gruppo dell'interrogante si è personalmente recato, nella veste di semplice accompagnatore dei 16 consiglieri tutti contestualmente presenti, in occasione della consegna delle dimissioni rese dai consiglieri sottoscriventi, circostanza attestata dal pubblico ufficiale che ha protocollato l'atto in questione, il quale ne rilevava la presenza insieme a quella di «diversi consiglieri»;
previa richiesta della Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Napoli al Segretario Generale del Comune di Caivano in merito alle circostanze di presentazione delle dimissioni, in data 15 gennaio 2009 il Comandante della polizia locale dichiarava non esservi stato bisogno di identificare, mediante esibizione di documento d'identità, le persone note al pubblico ufficiale ricevente l'atto, vale a dire tre consiglieri dimissionari e il senatore del medesimo gruppo dell'interrogante che li accompagnava in occasione della consegna. L'ufficiale ha precisato, tuttavia, che altri consiglieri comunali, pur presenti, gli risultavano non quantificabili e non identificabili, elemento del quale non veniva fatta menzione nell'atto del protocollo;
nel prendere atto di tale successiva attestazione, la Prefettura di Napoli considerava non ritualmente presentati gli atti di dimissione per difetto di delega, con atto autentico, concludendo conseguentemente, in data 16 gennaio 2009 per la non sussistenza dei presupposti di legge per l'avvio della procedura di scioglimento del consiglio comunale di Caivano;
le dimissioni sono state rese dal prescritto numero di consiglieri tale da determinare lo scioglimento del consiglio, mediante la redazione e la firma autenticata sotto un unico foglio, attestante la contestualità della manifestazioni di volontà. Le dimissioni in oggetto sono state consegnate all'unico ufficio comunale di Caivano dotato di protocollo aperto nella giornata di sabato 10 gennaio 2009, e quindi regolarmente protocollate e comprovate, nella loro contemporaneità, da un pubblico ufficiale, il quale, come consentito dalla legge nel caso di presentazione personale delle dimissioni, riteneva di non richiedere ai presenti, con ciò intendendosi sia il sopra citato senatore che i consiglieri comunali dimissionari al seguito, l'esibizione di documento per l'identificazione personale, in quanto persone note, circostanza peraltro ribadita dall'ufficiale in questione;
la mancata identificazione, da parte del pubblico ufficiale preposto al protocollo, di ciascuno dei singoli consiglieri comunali al momento della consegna dell'atto di dimissioni presso il Comando di polizia locale, pur espressamente consentita dalla legge nel caso di persone conosciute al pubblico ufficiale, è risultata viziata anche in virtù di una successiva precisazione circa una presunta non quantificabilità e non identificabilità di tutti i

dimissionari, pur dallo stesso qualificati come consiglieri comunali e quindi evidentemente riconosciuti;
le dimissioni rese, pur essendo irrevocabili, non hanno prodotto effetto e la nomina del commissario, atto dovuto per il caso di scioglimento, non è avvenuta a seguito della conclusione, da parte della Prefettura di Napoli, della necessità di delega autenticata, anche al senatore del medesimo gruppo dell'interrogante per la presentazione delle dimissioni non avendo il pubblico ufficiale attestato la contemporaneità dell'atto per tutti i sottoscrittori;
secondo l'interrogante l'eventuale negligenza di un pubblico ufficiale nell'identificazione di tutti i presentatori o sottoscrittori di un atto del quale si chiede ed ottiene la registrazione presso il protocollo e al quale la legge riconnette precisi effetti, non può porre nel nulla un atto di estrema rilevanza quale le dimissioni della maggioranza dei consiglieri comunali -:
se l'accertamento del vizio di forma dell'atto sia da ritenersi definitivo e sia stato effettuato dagli organi preposti al controllo di legittimità e secondo le procedure prescritte dall'ordinamento, e quindi sia tale da produrre l'effetto della nullità insanabile di una manifestazione di volontà resa per iscritto a pubblico ufficiale nell'esercizio delle sue funzioni, superando il principio di conservazione degli atti amministrativi;
per quali motivi, se il vizio di forma è stato determinato o allo stesso ha concorso la trascuratezza di un pubblico ufficiale addetto alla registrazione dell'atto, la conseguente inefficacia dell'atto deve produrre effetti giuridici negativi in capo a soggetti terzi che invece esprimevano con un atto regolare una chiara e precisa volontà amministrativa di procedere allo scioglimento del consiglio comunale, potere conferitogli dalle norme di legge all'uopo previste;
se non ritenga comunque il Ministro interrogato valutare se sussistano i presupposti per attivare le procedure di cui all'articolo 141 del citato decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
(4-02237)

Risposta. - In merito alla richiesta formulata dall'interrogante, intesa ad ottenere l'adozione di eventuali provvedimenti di rigore nei confronti dell'amministrazione comunale di Caivano (Napoli), si fa presente che il consiglio comunale dell'ente è stato sciolto con decreto del Presidente della Repubblica del 16 giugno 2009, ai sensi dell'articolo 141, comma 1, lettera b) n. 3 del decreto legislativo n. 267 del 2000, con la contestuale nomina di un commissario straordinario per la provvisoria gestione dell'ente.
Nelle recenti consultazioni elettorali del 28 e 29 marzo 2010 sono stati ricostituiti gli organi elettivi dell'ente.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MARAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nell'agosto del 2009 con la legge n. 102 del 2009, articolo 1-ter si decise, a regolarizzazione, come colf e badanti, di clandestini e clandestine che già lavoravano, da almeno tre mesi, presso le famiglie italiane;
venivano escluse dalla regolarizzazione le persone pericolose per la sicurezza dello Stato, sospettate di terrorismo, segnalate da altri stati europei come indesiderabili o condannate per uno dei reati per cui è previsto l'arresto, in caso di flagranza, obbligatorio o facoltativo (articolo 380 e 381 del codice di procedura penale);
da un po' di tempo alcune questure (Trieste, Perugia, Parma per quel che si sa) stanno sostenendo che non sono regolarizzabili gli stranieri che sono stati condannati per il reato di cui all'articolo 14, comma 5-ter (espulsione e respingimento per ingresso illegale, omessa dichiarazione di presenza, omessa richiesta di permesso di soggiorno, permesso revocato o annullato) in quanto punito con la pena della reclusione da 1 a 4 anni, che lo farebbe

rientrare nella previsione dell'articolo 381 del codice di procedura penale;
l'interrogante preliminarmente rileva come sarebbe opportuna un'interpretazione costituzionalmente orientata che escluda come motivo ostativo, in riferimento all'articolo 1-ter legge n. 102 del 2009 e ai richiami agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, le condanne per reati collegati alla clandestinità e cioè le espulsioni all'articolo 14, comma 5-ter (articolo 14 testo unico immigrazione);
si evidenzia la contraddittorietà dell'applicazione di una legge che intende sanare la posizione di clandestini e lo nega perché queste persone sono state riconosciute, con una sentenza di condanna come «clandestine» ossia per quello che sono e per cui si era deciso di intervenire, «sanandole», e per null'altro;
il ragionamento richiama quello del famoso comma 22 per cui «Chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo»;
ciò che allarma è che lo stesso Ministero dell'interno in data 21 settembre 2009 avrebbe, in risposta a un quesito posto da una cittadina, aveva escluso che la condanna per i reati di cui all'articolo 14, comma c/ter del decreto legislativo n. 286 del 1998 fosse motivo ostativo alla regolarizzazione -:
se intenda riconfermare l'interpretazione già espressa con la citata risposta e se, nel caso, intenda diramare alle prefetture e alle questure un'orientamento esplicito in tal senso.
(4-06432)

Risposta. - Con le disposizioni contenute nell'articolo 1-ter del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 - convertito nella legge 3 agosto 2009, n. 102 - il Governo ha voluto consentire l'emersione del lavoro domestico irregolare, nell'ambito di una serie di misure volte, sul piano più generale, a dare sostegno alle famiglie.
La possibilità di dichiarare la sussistenza pregressa di rapporti di lavoro riguardanti l'assistenza a persone affette da patologie o
handicap che ne limitino l'autosufficienza, ovvero il sostegno al bisogno familiare, è stata concessa a tutte le famiglie prescindendo dalla nazionalità del lavoratore.
Il provvedimento, pertanto, ha riguardato sia i lavoratori italiani e comunitari, sia quelli extracomunitari. Per i primi è stato possibile presentare apposita dichiarazione all'INPS, mentre per gli
extracomunitari i datori hanno potuto rivolgere domanda presso gli sportelli unici per l'immigrazione delle prefetture, anche al fine del rilascio del permesso di soggiorno.
La misura legislativa si muove, tra l'altro, in stretta aderenza con gli impegni presi in ambito comunitario con il patto europeo per l'immigrazione e asilo, approvato dal Consiglio europeo nell'ottobre 2008 che, nello specifico. ha vincolato gli Stati membri a non adottare sanatorie generalizzate.
L'iniziativa del Governo, infatti, è stata finalizzata esclusivamente a favorire il sostegno alle famiglie facendo emergere, nel contempo, quelle situazioni di irregolarità nel lavoro domestico.
Anche per questo, il comma 13 dell'articolo 1-
ter del decreto-legge n. 78 del 2009 ha espressamente escluso dalla procedura di emersione gli extracomunitari in precedenza espulsi per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, o per motivi di prevenzione del terrorismo, oppure perché appartenenti alle categorie delle persone ritenute pericolose per la sicurezza pubblica o indiziate di appartenere ad associazioni di tipo mafioso.
Inoltre, sono stati esclusi dalla possibilità di fruire dell'emersione i cittadini
extracomunitari che risultino segnalati ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato, o che risultino condannati - anche non ancora definitivamente e con sentenza di patteggiamento - per uno dei reati previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.
La direttiva in data 17 marzo 2010 - emanata dal capo della polizia proprio con riguardo a tale ultima condizione ostativa -

è stata fondata su una doverosa interpretazione letterale della normativa.
Infatti, rientra chiaramente nel novero dell'articolo 381 del codice di procedura penale («delitto non colposo consumato o tentato per il quale la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni») la prima figura di reato prevista dall'articolo 14, comma 5-
ter, del decreto legislativo n. 287 del 1998, che punisce con la reclusione, da uno a quattro anni, lo straniero che senza giustificato motivo permanga illegalmente nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di allontanarsi entro cinque giorni, «se l'espulsione o il respingimento sono stati disposti per ingresso illegale nel territorio nazionale ai sensi dell'articolo 13, comma 2, lettere a) e c) ovvero per non aver richiesto il permesso di soggiorno o non aver dichiarato la propria presenza nel territorio dello Stato nel termine prescritto in assenza di cause di forza maggiore, ovvero, per essere stato il permesso revocato o annullato».
È invece fuori dall'applicazione dell'articolo 381 la seconda fattispecie di reato - sempre prevista dall'articolo 14, comma 5-
ter del predetto decreto legislativo - che punisce, con la reclusione da sei mesi ad un anno, lo straniero che permanga illegalmente nel territorio dello Stato, in violazione dell'ordine impartito dal Questore di allontanarsi, «se l'espulsione è stata disposta perché il permesso di soggiorno è scaduto da più di 60 giorni e non ne è stato richiesto il rinnovo ovvero se la richiesta del titolo di soggiorno è stata rifiutata ovvero se lo straniero si è trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell'articolo 1, comma 3, della legge 28 maggio 2007, n. 68», riguardante i soggiornanti di breve durata.
Pertanto, solo la condanna per la prima di tali figure delittuose rappresenta motivo di automatica esclusione dalla procedura di emersione e non sussiste alcuna possibilità per una diversa interpretazione della normativa.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MARTELLA, MURER, VIOLA, BARETTA, LULLI e VICO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
dal dicembre del 2008 gli impianti Vinyls di Porto marghera sono fermi e vari incontri, in questi mesi, si sono susseguiti anche presso il Ministero dello sviluppo economico per affrontare le condizioni del loro riavvio;
sono stati nominati dei commissari con lo scopo di evitare il fallimento dell'impresa con le conseguenti ricadute negative per il sistema produttivo dell'area chimica padana e per l'occupazione;
ENI è il fornitore di materie prime e come tale può contribuire a sostenere positivamente la soluzione del problema;
in questi mesi nei vari incontri, anche presso il Ministero, con la presenza dei rappresentanti dei lavoratori, l'interlocuzione con i commissari incaricati, l'interessamento degli enti locali non è stato prodotto alcun accordo scritto e nonostante vari comunicati dello stesso Ministero su presunti accordi risolutivi a non è seguito alcun atto completo per il riavvio degli impianti;
l'ultimo comunicato del ministero dello sviluppo economico di lunedì 9 novembre 2009 fa riferimento ad un accordo al ministero dello sviluppo economico per il riavvio degli impianti Vinyls di Ravenna, Porto Marghera e Porto Torres;
sulla base dell'intesa definita il 9 novembre 2009 al ministero dello sviluppo economico tra i commissari Vinyls e ENI si prevedeva già da martedì 10 novembre 2009 un incontro tra le parti per concordare in modo conclusivo la data e le modalità di avviamento degli impianti;
il comunicato conclude con considerazioni del ministro interrogato «con l'accordo raggiunto oggi ci sono tutte le condizioni per il riavvio degli impianti, nella prospettiva di dare un assetto definitivo al ciclo del cloro»;
nell'incontro dell'11 novembre 2009 a Porto Marghera tra i commissari Vinyls e

i rappresentanti dei lavoratori viene rappresentato che non risulta esserci alcun accordo scritto che garantisca la fornitura di materie prime in grado di permettere il riavvio degli impianti e quindi la prospettiva del ciclo produttivo -:
se esista una intesa formale tra le parti e come verrà resa concreta;
quali iniziative intenda assumere il Ministro per concludere una vicenda che rischia di essere paradossale tra annunci di accordi e loro inesistenza e che ha l'effetto di esasperare i lavoratori e far crescere la tensione sociale.
(4-05007)

Risposta. - Il Ministero dello sviluppo economico ha seguito con grande attenzione la vicenda Vinyls, con l'obiettivo di garantire la continuità del ciclo del cloro nel nostro Paese.
Con sentenza del 19 giugno 2009, il tribunale di Venezia ha dichiarato lo stato di insolvenza della società.
Lo scorso mese di gennaio, i commissari giudiziali - nominati per la gestione della fallita società Safin - hanno preannunciato l'interessamento all'acquisto da parte di un'altra impresa, la Ramco del Qatar.
Il predetto gruppo ha manifestato l'interesse ad acquisire gli
assets di Vinyls, in un'ottica di integrazione della filiera del cloro, da realizzarsi attraverso l'acquisizione anche degli stabilimenti di produzione di proprietà dell'ente nazionale idrocarburi.
Il 20 gennaio scorso, è stato depositato il documento integrativo al programma di cessione, che quantifica il relativo fabbisogno finanziario (circa 30 milioni di euro), per il quale i commissari hanno richiesto all'Unione europea l'accesso alla garanzia del Ministero del tesoro.
Nelle more della conclusione del procedimento pendente in sede europea, gli stessi commissari sono stati autorizzati, con provvedimento del 18 marzo 2010, a pubblicare sui quotidiani un invito a manifestare interesse all'acquisto e/o all'affitto dei complessi aziendali facenti capo alla società in amministrazione straordinaria.
Con tale invito, non è stata richiesta alcuna indicazione di prezzo, ma sono state fornite le valutazioni patrimoniali dei beni strumentali all'esercizio dell'attività d'impresa di proprietà della società.
Con decisione del 25 marzo 2010, la Commissione Ue ha concluso l'istruttoria sulla legittimità dell'aiuto concesso alla
Vinyls da parte dei Governo italiano.
In data 24 aprile 2010, scaduti i termini per la presentazione delle offerte all'affitto e/o all'acquisto, sono pervenute due manifestazioni di interesse, una da parte di Ramco
Trading and Contracting company, l'altra da parte di terzi ma, comunque, non conforme a quanto richiesto nell'invito.
Il Ministero dello sviluppo economico ha aderito alla sollecitazione di Ramco di farsi parte attiva per giungere ad un chiarimento conclusivo sulla parte di ciclo ancora in capo ad Eni considerandolo propedeutico alla presentazione di una propria offerta nell'ambito della procedura di amministrazione straordinaria. A tal fine, è stato realizzato un incontro presso il Mse - il 5 maggio - tra i rappresentanti del gruppo Eni e quelli della società del Qatar.
Nello stesso incontro, è stata data da Eni piena disponibilità ad una transazione coerente con le esigenze della Ramco, ribadita anche in recenti colloqui del Governo con i vertici Eni.
Per quel che riguarda il problema delle materie prime e dei servizi, l'Eni ha confermato quanto già concordato con i commissari della
Vinyls nell'incontro avvenuto presso il Mse nel novembre 2009 in cui sono state definite le condizioni di approvvigionamento per gli stabilimenti Vinyls.
In merito alla posizione assunta successivamente dalla Ramco, il ministero ha rilevato una incoerenza fra quanto dalla stessa rappresentato con lettera del 12 maggio 2010, e quanto invece affermato e sottoscritto nel verbale della precitata riunione. Ne è seguita una richiesta di ulteriori chiarimenti circa l'effettiva posizione della società con conseguente attivazione degli opportuni canali diplomatici.
Nonostante gli sforzi diplomatici e le ampie rassicurazioni offerta dal Governo italiano, anche con riferimento al mantenimento dell'approdo alle banchine presso il porto di Venezia per le operazioni di

approvvigionamento delle materie prime, la società Ramco con lettera del 25 maggio ha confermato il venir meno del proprio interesse all'acquisizione del ciclo del cloro in Italia.
La scelta di Ramco è motivata dalla difficile congiuntura economica internazionale aggravatasi nelle ultime settimane che ha di fatto impedito il protrarsi del confronto che era stato avviato con Eni e che aveva portato l'azienda del Qatar a dichiararsi interessata.
Al fine di far fronte a questa situazione in questi giorni il Ministero dello sviluppo economico sta concludendo l'istruttoria del programma di cessione presentato dai commissari, in vista di un rapido avvio di un bando di gara internazionale non escludendo la possibilità di un riavvio delle attività.
Si potrà, quindi, procedere celermente all'avvio di una procedura di vendita, nelle forme dell'evidenza pubblica, sulla base dei valori della perizia reddituale, in corso di acquisizione da parte dei commissari.
Il Ministero dello sviluppo economico sta, comunque, operando, insieme a tutte le parti interessate per individuare ogni soluzione per la salvaguardia dell'occupazione, il rafforzamento e il rinnovamento del settore chimico in Italia, confermando l'impegno per una positiva e rapida soluzione della vicenda.

Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

MINARDO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno del randagismo nel Sud Italia ed in particolare nella regione Sicilia ha assunto i tratti di una vera e propria emergenza in quanto i cani inselvatichiti vaganti costituiscono un rischio concreto per l'incolumità dei cittadini e per la loro salute;
i tristi episodi verificatisi recentemente nel territorio della provincia di Ragusa ne sono, purtroppo, una drammatica dimostrazione;
l'entità del fenomeno impone la predisposizione pronta e concertata di programmi d'intervento necessari a contenere le dimensioni del degrado legato al randagismo e, dunque, nell'immediato al superamento dell'emergenza;
secondo quanto si apprende da fonti di stampa, il Governo nazionale insieme al Governo regionale si sta occupando della elaborazione di un piano di emergenza per far fronte ai problemi legati al fenomeno del randagismo nella Regione Sicilia;
tuttavia risulta che i Comuni, amministrazioni locali direttamente competenti insieme alle Regioni in materia di randagismo, ed in particolare quelli interessati maggiormente dall'emergenza come i Comuni della Provincia di Ragusa, non siano stati al momento né consultati né in alcun altro modo coinvolti nell'elaborazione del suddetto piano;
a tal riguardo occorre considerare che proprio nel territorio della provincia di Ragusa le amministrazioni locali d'intesa con le associazioni animaliste e gli operatori sanitari stanno valutando da più tempo soluzioni concrete volte al superamento dell'emergenza che però risultano inattuabili per carenza di fondi -:
se risponda al vero la notizia della elaborazione in corso di un piano d'emergenza randagismo da parte del ministro interrogato d'intesa con l'amministrazione regionale siciliana di ed in caso positivo a quale stadio sia la predisposizione del suddetto piano e quali siano le misure in esso contenute;
se non ritenga opportuno coinvolgere tutte le amministrazioni locali nei cui territori di competenza il fenomeno del randagismo si configura come una vera e propria emergenza al fine di approntare soluzioni immediate, efficaci e condivise finalizzate al superamento dei problemi legati al fenomeno del randagismo in Sicilia.
(4-02853)

MINARDO. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nella regione Sicilia, ed in particolare nella provincia di Ragusa, l'emergenza randagismo è un dato di fatto del quale costituiscono drammatica dimostrazione i tragici episodi verificatisi qualche mese fa;
il fenomeno è tale da avere generato una vera e propria psicosi collettiva che rischia di avere dannose ripercussioni, specie in questa stagione estiva, anche per il settore del turismo, strategico per la crescita e lo sviluppo del territorio ibleo;
la constatazione di tale fenomeno impone, in generale, una rivisitazione della disciplina sul randagismo dettata dalla legge quadro 14 agosto 1991, n. 281, rispetto alla quale è stato già avviato in Parlamento l'esame di diverse proposte di modifica, sebbene interrotto nell'attesa della presentazione dell'annunciato disegno di legge d'iniziativa governativa;
ancora, risulta necessaria la predisposizione immediata e concertata di programmi operativi d'intervento indispensabili a contenere le dimensioni del fenomeno in territori interessati dall'emergenza come quello della provincia di Ragusa;
in tale direzione si muovono le positive iniziative promosse dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali con il giusto coinvolgimento degli enti locali, come sollecitato anche nell'interrogazione n. 4-02853, tra le quali la nomina di un'unità operativa col compito di mettere in atto pratiche e definitive soluzioni al problema del randagismo;
tuttavia l'iniziativa in questione necessita di adeguate risorse economiche utili a garantire la concreta ed immediata operatività del progetto -:
se il Ministro interrogato abbia già avviato iniziative volte a definire i finanziamenti indispensabili a garantire l'immediato inizio dei lavori dell'unità operativa nella provincia di Ragusa per la risoluzione del problema randagismo.
(4-03580)

Risposta. - In merito a quanto riportato negli atti parlamentari in esame, si segnala che il Ministero della salute ha tempestivamente provveduto ad attivare diverse iniziative atte ad arginare il deprecabile fenomeno del randagismo, particolarmente critico nelle regioni del sud Italia.
Per quanto riguarda la regione Sicilia, è stato intrapreso un intenso lavoro di collaborazione con le autorità sanitarie regionali ed è stato realizzato un «piano straordinario randagismo» che consiste in una serie di iniziative che spaziano dall'anagrafe canina, con identificazione e registrazione massiva dei cani di proprietà alle sterilizzazioni.
Relativamente allo stanziamento di finanziamenti per far fronte all'emergenza randagismo presentatasi in particolare nella provincia di Ragusa, questo Ministero ha sollecitato l'accettazione da parte dei comuni di Modica, Lentini e Monreale della somma già assegnata, per un importo rispettivamente di 50.000 euro, 70.000 euro e 80.000 euro.
Inoltre, in base a quanto previsto dalla legge n. 281 del 1991 «legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo» alla regione Sicilia, per l'anno 2008, sono stati destinati fondi per un importo pari a circa 350.000 euro.
Intendo sottolineare che questo Ministero effettua il continuo monitoraggio dell'evoluzione delle iniziative intraprese per far fronte al problema randagismo nella provincia di Ragusa.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

MIOTTO, SBROLLINI e NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la funzionalità dello sportello unico per l'immigrazione della prefettura di Vicenza

è messa in discussione da direttive che meritano di essere attentamente verificate;
per ignote ragioni sarebbe in atto un blocco nella trattazione delle pratiche relative ai flussi migratori 2007/2008, dal 24 luglio 2009;
la conseguenza di tali provvedimenti comporta condizioni di criticità che impediscono la concreta possibilità di regolarizzare le situazioni di immigrati che attendono da due anni legittime risposte alle richieste presentate e rischiano di vedere compromessi i loro diritti;
alcuni operatori dello sportello unico per l'immigrazione hanno rappresentato il disagio conseguente ad un'inspiegabile condizione di inoperatività lavorativa, accanto alla carenza di informazioni sul funzionamento dello sportello;
la dotazione tecnica degli uffici è carente, mentre l'organico è prevalentemente costituito da personale precario, peraltro animato da spirito di dedizione e professionalità encomiabili;
in queste settimane un importante sindacato - la CGIL - ha rappresentato queste problematiche ai dirigenti della prefettura di Vicenza, a dimostrazione della valenza sociale che il problema riveste; peraltro a quanto consta agli interroganti un delegato sindacale CGIL dipendente della prefettura, che aveva rappresentato alla sua organizzazione le criticità dello sportello, ha subito un trasferimento di ufficio non motivato, con conseguente demansionamento -:
se il Ministro sia a conoscenza della situazione di blocco nella trattazione dei flussi migratori 2007/2008 presso lo sportello unico per l'immigrazione di Vicenza;
se il Ministro sia a conoscenza delle disfunzioni che caratterizzano l'attività degli uffici dello sportello;
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per evitare ulteriori ritardi che ledono i diritti delle persone immigrate.
(4-05089)

Risposta. - Questo ministero, sin dall'emanazione del cosiddetto «decreto-flussi 2007», ha messo in atto una serie di interventi volti ad agevolare lo svolgimento del procedimento di evasione delle istanze pervenute dai cittadini interessati. L'attività è proseguita negli anni successivi con interventi di miglioramento sia sul piano organizzativo-procedurale che su quello delle dotazioni strumentali. È stata razionalizzata sempre di più l'intera procedura facente capo agli sportelli unici per l'immigrazione operanti presso le prefetture e rafforzata la collaborazione già esistente con le varie associazioni ed organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori.
Inoltre, al fine di accelerare i tempi di conclusione della procedura di emersione del lavoro irregolare varata con la legge n. 102 del 2009 (recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali) sono state adottate misure straordinarie dirette al potenziamento degli sportelli e degli uffici immigrazione delle questure, rese possibili grazie all'introduzione di apposite previsioni normative. In particolare, con le disposizioni contenute nell'articolo 1 dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri in data 27 novembre 2009, n. 3828, recante «Ulteriori disposizioni urgenti di protezione civile per, il contrasto e la gestione dell'afflusso di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea», è stato consentito al Ministero dell'interno e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali di utilizzare, per un periodo non superiore a sei mesi, prestatori di lavoro con contratto a termine, nel limite massimo, rispettivamente, di 650 e 300 unità, da destinare alle sedi coinvolte dalla procedura di emersione. Il personale ha preso servizio a decorrere dal 10 febbraio 2010.
A Vicenza, in considerazione delle particolari esigenze derivanti dal carico di lavoro connesso alle procedure di competenza dello sportello, sono stati assegnati 14 operatori interinali di cui 6 per le esigenze della prefettura, 6 per quelle della questura e 2 per la direzione provinciale del lavoro.


Ai sensi dell'articolo 2 della medesima ordinanza, è stata inoltre prorogata a tutto il 2010 la durata dei contratti a tempo determinato del personale assunto presso gli sportelli unici ai sensi dell'articolo 1, comma 349, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, nonché autorizzato il personale in servizio direttamente coinvolto nelle procedure di regolarizzazione dei cittadini
extracomunitari, sia del Ministero dell'interno (prefetture e questure) che del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, ad effettuare fino a 40 ore mensili di lavoro straordinario oltre il limite previsto dalla normativa vigente.
In relazione all'asserito «trasferimento di ufficio non motivato, con conseguente demansionamento» di un dipendente, delegato sindacale, si precisa che esso è dipeso da un limitato movimento interno di personale disposto per assicurare continuità operativa a due aree della prefettura.
Sull'attività dello sportello unico di Vicenza, si fa presente che l'ufficio ha sempre continuato a svolgere gli adempimenti di competenza per il rilascio dei nulla osta al primo ingresso dei cittadini stranieri, sia per motivi di lavoro che per motivi di ricongiungimento familiare, senza alcuna sospensione dell'attività.
Per quel che riguarda la trattazione delle istanze relative al cosiddetto «decreto-flussi 2008», poiché sono state ammesse le domande risultate in esubero rispetto alle quote disponibili per il decreto-flussi 2007 - purché riguardanti lavoratori appartenenti alle nazionalità riservatarie e lavoratori richiesti per lavoro domestico o assistenza alla persona - il loro esame ha potuto avere inizio solo al termine dell'attribuzione delle quote disponibili in base al decreto 2007, avvenuta nel mese di marzo 2009. Lo sportello unico per l'immigrazione di Vicenza ha, pertanto, iniziato la valutazione delle domande ammissibili a partire dal mese di aprile 2009, rilasciando, al 13 maggio 2010, 915 nulla osta, di cui 690 nel periodo compreso tra il 24 luglio 2009 e la predetta data.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MURA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la SPX è una multinazionale con sede a Pittsburgh (Usa) che conta 24 mila dipendenti in tutto il mondo tra i quali quelli della Tecnotest - Spx Italia;
situata nel comune di Sala Baganza in provincia di Parma la Spx Italia produce apparecchiature diagnostiche per autofficine e conta 152 lavoratori;
secondo i dati resi noti dalla stampa negli ultimi mesi, tra il 2007 e il 2008 l'azienda italiana ha fatturato circa 30 milioni di euro chiudendo al termine del 2008 con un attivo di un milione di euro e un margine lordo del 20 per cento;
le stime per l'anno in corso prevedono che un calo nel fatturato di circa il 15-20 per cento rispetto agli anni precedenti. Nonostante ciò si ritiene che la Spx Italia riuscirà a chiudere in pareggio il 2009;
il 24 luglio 2009 i dirigenti della Spx hanno presentato un piano industriale che prevede la delocalizzazione della produzione in parte in Germania e in parte in Francia e il conseguente avvio della procedura di mobilità per 45 operai, nonostante in Germania il costo del lavoro sia superiore del 35 per cento rispetto a quello in Italia;
dalla fine di luglio i dipendenti della Spx Italia hanno iniziato uno sciopero ad oltranza e allestito un presidio permanente per protestare contro la decisione dei dirigenti che ritengono inopportuna e inspiegabile alla luce delle buone condizioni economiche e finanziarie di cui gode l'azienda;
il 22 settembre 2009 a seguito di un incontro tra i dirigenti d'azienda e i rappresentanti sindacali è stato siglato un accordo che prevede la sospensione provvisoria della messa in mobilità in vista dell'incontro che si terrà il prossimo primo ottobre;
i lavoratori hanno proposto un piano di riorganizzazione aziendale alternativo a

quello presentato dai dirigenti che permetterebbe all'Spx di rimanere sul mercato. I dipendenti e i rappresentanti sindacali hanno chiesto che il loro piano aziendale possa essere il punto di confronto e con l'azienda per affrontare adeguatamente la questione -:
se il Ministro sia a conoscenza della condizione in cui versano le lavoratrici e i lavoratori della Spx Italia di Sala Baganza e quali interventi intenda adottare in merito ad un'azienda che, considerato lo stato di buona salute, rappresenta una realtà che deve essere salvaguardata e incentivata a garantire la produzione e l'occupazione.
(4-04343)

Risposta. - La Spx è una multinazionale americana che opera in tutto il mondo.
Tecnotest Spx Italia s.r.l. è situata nel comune di Sala Baganza in provincia di Parma e produce, come è peraltro noto all'interrogante, apparecchiature diagnostiche per la manutenzione degli impianti di area condizionata per auto e conta circa 140 dipendenti.
Nel luglio 2009 la proprietà anche a seguito di una forte contrazione del mercato di riferimento predispose un piano industriale che prevedeva la delocalizzazione della produzione in parte in Germania e in parte in Francia, il conseguente avvio della procedura di mobilità e annunciò, contestualmente, una riduzione di personale pari a 45 operai.
A seguito di tale decisione i dipendenti della Spx Italia avevano dichiarato lo stato di agitazione per salvare stabilimento e occupazione.
In data 10 dicembre 2009 presso l'unione industriali di Parma le parti coinvolte dalla vertenza si sono incontrate e hanno raggiunto un'intesa.
Sinteticamente, con tale accordo si è stabilito che:
una parte della produzione sarebbe restata all'interno della società;
sarebbe nato un nuovo reparto destinato a implementare le produzioni;
il numero massimo dei lavoratori da collocare in mobilità, con il solo criterio della volontarietà, non avrebbe superato i 48 addetti;
ai lavoratori che avessero comunicato la loro disponibilità al collocamento in mobilità fosse riconosciuto a titolo di incentivo una somma individuale;
qualora Spx trasferisse la sede di Sala Baganza nella individuazione del nuovo sito, previo esame congiunto con le organizzazioni sindacali, verrà tenuta in debita considerazione ogni elemento che possa minimizzare i disagi logistici del personale ivi impiegato;
l'azienda e l'unione industriali di Parma si sarebbero attivate, ove necessario, alla ricollocazione esterna dei lavoratori in altre aziende di settore.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha comunicato che allo stato attuale non risulta pervenuta alcuna domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria relativa alla Spx né è a loro pervenuta alcuna segnalazione per l'esame della situazione occupazionale.
Il Sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico: Stefano Saglia.

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 218 del 31 maggio 1995 recante «Riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato», all'articolo 30, prevede che i rapporti patrimoniali tra coniugi stranieri siano regolati dalla legge nazionale comune se entrambi i coniugi hanno la stessa nazionalità. In caso contrario, in mancanza della medesima cittadinanza, la suddetta legge prevede che tali rapporti siano regolati dalla legge dello Stato nel quale la vita matrimoniale è prevalentemente localizzata;
la legge sopra richiamata, sempre all'articolo 30, prevede la possibilità per i cittadini stranieri coniugati e regolarmente residenti in Italia di stipulare una convenzione

al fine di eleggere la legge italiana quale legge applicabile ai propri rapporti patrimoniali;
tale soluzione risulta particolarmente gradita sia ai cittadini stranieri interessati sia ai cittadini italiani che intrattengono rapporti con essi;
secondo la normativa vigente per rendere opponibile a terzi questa convenzione è necessario darle adeguata pubblicità. In particolare l'articolo 162 del codice civile, applicabile nel caso di elezione della legge italiana da parte degli stranieri residenti, prevede che le convenzioni tra coniugi possano essere opponibili a terzi solo se formalmente trascritte a margine dell'atto di matrimonio;
inoltre, come previsto dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 3 novembre 2000 - regolamento dello stato civile, nel caso in cui il matrimonio sia celebrato all'estero, è necessario trascrivere preventivamente l'atto, legalizzato e tradotto, nell'apposito registro degli atti di stato civile del comune in cui i coniugi stranieri risiedono. Successivamente, come prevede l'articolo 69, comma 1, lettera b), del suddetto decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, la convenzione dovrebbe essere ufficialmente trascritta a margine dell'atto di matrimonio e così resa opponibile nei confronti di terzi;
nella prassi, però, l'annotazione della convenzione a margine dell'atto di matrimonio è negata ai richiedenti sulla base della circolare del Ministero dell'interno n. 2 del 26 marzo 2001, nota come «circolare maicel». Infatti tale circolare, sulla base di un'interpretazione dell'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, contrasta con il contenuto normativo dell'articolo 30 della legge n. 218 del 1995;
tale situazione impedisce di dare adeguata pubblicità e quindi di rendere opponibile di fronte a terzi la convenzione tra coniugi stranieri per la scelta della legge italiana quale legge di regolazione dei loro rapporti economici, tenuto conto che gli ufficiali di stato civile - ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000 - sono tenuti a uniformarsi alle istruzioni impartite dal Ministero;
molti tribunali italiani si sono pronunciati contro la prassi imposta dal Ministero. In particolare la corte d'appello di Venezia, con la sentenza n. 112/2009 V.G. del 23 marzo 2009, ha ordinato ad un ufficiale di stato civile del comune di Padova di procedere all'annotazione a margine dell'atto di matrimonio tra due cittadini rumeni legalmente residenti in Italia, giudicando di fatto illegittima la posizione del Ministero dell'interno;
alla luce della richiamata sentenza della corte d'appello di Venezia, che segue molte altre sentenze dello stesso genere, è necessario provvedere ad una modifica della normativa in vigore, tenuto conto del fatto che le pronunce giudiziarie nell'ordinamento italiano hanno valore solo in relazione ai casi a cui si riferiscono -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra esposti e quali iniziative intenda porre in essere per modificare la normativa ministeriale vigente e consentire adeguata pubblicità alle convenzioni tra coniugi per la scelta della legge italiana, quale legge di regolazione dei loro rapporti economici, così come prevede la legge n. 218 del 1995 al fine di salvaguardare in tal modo i diritti propri degli stranieri residenti in Italia.
(4-06188)

Risposta. - Va premesso che la sentenza della Corte d'appello n. 112/2009 V.G., in data 23 marzo 2009, cui fa riferimento l'interrogante, non attiene alla problematica de qua trattandosi di una vicenda in tema di rilascio di carta di soggiorno.
Ciò detto, si rappresenta che la registrazione degli atti dello stato civile riguarda, come principio, solo gli atti formati in Italia ovvero, se formati all'estero, gli atti relativi ai cittadini italiani.
Ad eccezione della Polonia, non risulta che in altri paesi sia possibile trascrivere gli

atti formati all'estero quando relativi a cittadini stranieri.
L'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, con una disposizione innovativa rispetto a quanto precedentemente previsto, consente la registrazione, su base volontaria, degli atti formati all'estero e relativi a cittadini stranieri, se residenti in Italia, prevedendo al terzo comma il solo rilascio di estratti integrali. La volontarietà della registrazione e la esplicita menzione del solo rilascio di un estratto integrale (mentre per gli altri atti è normalmente previsto il rilascio sia di un estratto per riassunto, sia delle certificazioni), hanno costantemente indotto questa Amministrazione a ritenere che la trascrizione di cui all'articolo 19 abbia un carattere diverso dalla trascrizione di tutti gli altri atti formati all'estero e a ritenere impossibile l'apposizione di annotazioni, dovendosi considerare l'atto estero come un
unicum immodificabile.
In relazione al problema sollevato, relativo alla sola annotazione della convenzione matrimoniale a margine dell'atto di matrimonio, si fa presente che tale annotazione è sicuramente consentita in tutti i casi in cui almeno uno dei coniugi sia italiano ovvero nel caso in cui il matrimonio sia stato celebrato in Italia, in quanto in tali ipotesi la trascrizione avviene secondo le regole ordinarie e non ai sensi del citato articolo 19.
Nel caso in cui nessuno dei due coniugi sia italiano ed il matrimonio sia stato stipulato all'estero (unico caso nel quale si applica l'articolo 19), i rapporti patrimoniali sono normalmente regolati dalla legge straniera, da accertarsi secondo le norme del paese di appartenenza. L'unico caso riguarda, pertanto, i coniugi che, pur stranieri, nel caso in cui siano residenti in Italia stipulino una convenzione patrimoniale chiedendo l'applicazione della legge italiana.
In questa ipotesi, è comunque possibile per i coniugi rendere noto ai terzi tale convenzione provvedendo a fare annotare la medesima sull'atto di matrimonio nel Paese straniero di celebrazione, e richiedendo poi la trascrizione dell'atto, comprensivo di annotazione, ai sensi del citato articolo 19. In pratica, dette convenzioni, formate per atto pubblico, ai sensi degli articoli 162, 163 del codice civile, per essere annotate sull'atto di matrimonio già trascritto in Italia, dovranno previamente essere annotate in quello originale esistente nel paese straniero in cui il matrimonio è stato celebrato e, poi, a richiesta degli interessati, in quello trascritto in Italia.
Fino ad oggi, sulla base della prassi applicativa si è ritenuto che tale «
modus operandi» soddisfi le esigenze dell'utenza senza operare stravolgimenti nell'ambito dell'ordinamento dello stato civile.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

PICCOLO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la stampa locale ha dato conto, con grande rilievo, della denuncia fatta dal Sindaco di Portici, dottor Vincenzo Cuomo, alle competenti autorità in relazione a gravissimi tentativi della criminalità organizzata di inquinare e condizionare lo svolgimento della competizione elettorale in corso per il rinnovo del Consiglio comunale;
è ben noto che il dottor Vincenzo Cuomo, che ha riproposto la sua candidatura a Sindaco della città, in questi anni si è distinto per il suo rigoroso e coraggioso impegno volto a contrastare l'azione dei clan camorristici operanti sul territorio, adottando importanti provvedimenti a tutela della legalità;
numerose sono state le iniziative istituzionali, politiche e sociali che il Sindaco ha assunto e realizzato per scardinare e stroncare il condizionamento ambientale, economico e politico della rete malavitosa) alimentata da esponenti ben conosciuti alle Forze dell'Ordine e alla Magistratura che quotidianamente sono impegnate in una meritevole e tenace attività di contrasto;

in più occasioni il dottor Vincenzo Cuomo, nel decorso quinquennio della sua sindacatura, si è personalmente esposto - come è rilevabile ampiamente dalle cronache della stampa locale e nazionale - nei confronti dei sodalizi criminali, per salvaguardare la comunità locale e le sue istituzioni risulta che taluni esponenti dei predetti clan stiano esercitando forti pressioni, con evidente carattere intimidatorio, nei confronti di cittadini, operatori economici e commercianti per condizionare lo svolgimento democratico della campagna elettorale ed influenzare la libera espressione del voto in vista delle prossime elezioni amministrative di giugno;
lo scopo di questa attività intimidatoria è chiaramente quello di danneggiare il sindaco uscente e la coalizione che lo sostiene, inducendo gli elettori a «non dare il voto» al dottor Cuomo, ritenuto «nemico» della malavita organizzata e, quindi, da non rieleggere;
tali fatti sono da ritenersi di eccezionale gravità e costituiscono motivo di rilevante allarme sociale in quanto tendenti ad inquinare il voto e a favorire l'infiltrazione della camorra nel circuito politico-istituzionale, in un territorio dove la presenza della stessa è già fortemente diffusa ed incide pesantemente nei processi economico-produttivi e nella vita della comunità -:
se il Ministro sia a conoscenza dei gravi fatti denunciati dal Sindaco di Portici e quali iniziative, di conseguenza, abbia assunto per verificare tempestivamente se e quali attività la criminalità organizzata sta tentando di realizzare per condizionare il regolare svolgimento delle prossime elezioni amministrative;
quali azioni urgenti di prevenzione, repressione e contrasto intenda porre in essere per impedire che prosegua questa «occulta» attività di pressione sugli elettori di Portici e per garantire il rispetto della legalità democratica e la massima tutela della sicurezza dei cittadini;
se non ritenga opportuno, in vista della consultazione elettorale, rafforzare la presenza delle Forze dell'Ordine nel Comune di Portici al fine di scoraggiare e/o stroncare qualsiasi disegno criminoso finalizzato a intimidire gli elettori per «orientare» il loro voto;
se, infine, non valuti necessario assicurare, nelle forme che si riterranno congrue, un'adeguata protezione al Sindaco contro il quale, direttamente o indirettamente, sembrano puntate le «attenzioni» della rete camorristica.
(4-03071)

Risposta. - In ordine all'episodio segnalato dall'interrogante, va evidenziato che i servizi di vigilanza svolti dagli operatori di pubblica sicurezza nel territorio del comune di Portici, in occasione delle consultazioni amministrative, hanno assicurato il corretto svolgimento delle operazioni elettorali e che la competizione si è conclusa con la rielezione a sindaco di Vincenzo Cuomo.
Sono in corso accertamenti sulle missive e, con la competente autorità giudiziaria, è in corso un'ampia attività info-investigativa in merito agli esposti che il Cuomo ha presentato sulle asserite pressioni che la criminalità organizzata locale avrebbe esercitato nel corso della campagna elettorale per ostacolare la sua rielezione alla carica di primo cittadino. A seguito dell'attività di indagine svolta dal commissariato di polizia di Stato di Portici-Ercolano, risulta pendente un procedimento penale dinanzi la direzione distrettuale antimafia della procura della repubblica di Napoli.
La protezione degli amministratori locali e delle altre persone esposte a rischio a causa delle funzioni esercitate costituisce una priorità nella pianificazione dei servizi di polizia nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio.
In particolare, sono state attivate idonee misure a protezione del sindaco di Portici e del signor Vigilante, presidente dell'associazione antiracket e antiusura di Portici.
La valutazione dell'esposizione a rischio sarà oggetto di periodica rivisitazione per una verifica di idoneità delle misure finora adottate, finalizzata a rimodulare, se necessario, tali dispositivi in modo più aderente

alle effettive necessità e agli eventuali sviluppi delle indagini.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

PICCOLO e GARAVINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il fenomeno della criminalità organizzata in Campania investe l'intero territorio regionale;
l'azione di contrasto dello Stato è concentrata particolarmente in alcune aree della regione, mentre l'intervento in altre zone, analogamente esposte all'infiltrazione ed al condizionamento della camorra, appare meno incisivo e meno efficace in quanto le risorse impegnate sono sicuramente inferiori;
in questo quadro la zona vesuviana, situata nell'ambito della provincia di Napoli, risulta sostanzialmente priva di una adeguata presenza delle forze dell'ordine, preposte al controllo del territorio e all'attività di prevenzione e repressione del fenomeno criminale;
allo stato opera, con grande dedizione e ammirevole impegno, un solo Commissariato di polizia che, con un organico ridottissimo, deve controllare due città, come Portici ed Ercolano, che hanno una popolazione di quasi 120.000 abitanti e registrano un'elevata densità criminale, mentre la presenza dell'Arma dei carabinieri è ridotta ad un presidio di soli 11 militari;
in questi territori insistono ed agiscono clan di particolare ferocia come i Vollaro, i Birra, gli Ascione e, recentemente, anche i Mazzarella ed i Sarno;
recentemente, nonostante il coraggio e l'impegno delle amministrazioni comunali, vi è stata una recrudescenza degli episodi di violenza ed intimidazione nei confronti degli imprenditori e dei commercianti, culminati nell'incendio, pochi giorni fa, di due negozi dati alle fiamme a Portici, a pochi minuti di distanza l'uno dall'altro;
già con l'interrogazione n. 4-00180 del 20 maggio 2009, che qui si richiama integralmente, veniva descritto e rimarcato il pesante clima di intimidazione nei confronti della coraggiosa ed intransigente azione di contrasto intrapresa e portata avanti con coerente determinazione dall'amministrazione comunale di Portici, guidata dal sindaco Vincenzo Cuomo, più volte fatto oggetto di messaggi intimidatori, di chiaro stampo camorristico, per le sue iniziative a difesa della legalità e della trasparenza amministrativa;
con molteplici e reiterate sollecitazioni le Amministrazioni locali hanno più volte richiesto, senza esito, il potenziamento degli organici delle Forze dell'ordine sul territorio vesuviano;
è imminente ed attuale il rischio di un peggioramento della situazione dell'ordine pubblico e della sicurezza in queste comunità, aggredite da una crescente invadenza dei sodalizi criminali -:
quali concrete ed urgenti iniziative il Ministro ha adottato o intende adottare per il potenziamento strutturale delle Forze dell'ordine nel territorio vesuviano, finalizzato alla prevenzione, al contrasto e alla repressione degli allarmanti fenomeni criminali;
quali esiti hanno dato gli accertamenti richiesti nella predetta interrogazione del 20 maggio 2009 e quali provvedimenti, di conseguenza, sono stati adottati in relazione alle minacce rivolte al sindaco di Portici, Vincenzo Cuomo, tenuto conto della sua forte esposizione nel contrasto ai clan camorristici.
(4-06652)

Risposta. - La situazione della sicurezza pubblica nell'area dei comuni vesuviani è stata oggetto di particolare attenzione da parte del Ministero dell'interno, anche in relazione agli episodi menzionati nell'atto di sindacato ispettivo.


In particolare, a seguito degli atti intimidatori a danno del sindaco Cuomo, sono stati immediatamente intensificati i servizi di prevenzione generale e di controllo del territorio nel comune di Portici, anche mediante l'utilizzo di personale dell'Esercito distaccato nella provincia di Napoli nell'ambito dell'«operazione strade sicure».
I servizi di vigilanza svolti dagli operatori di pubblica sicurezza nel territorio del comune di Portici, in occasione delle consultazioni amministrative, hanno assicurato il corretto svolgimento delle operazioni elettorali, conclusesi con la rielezione a sindaco di Vincenzo Cuomo.
Sono stati effettuati accertamenti sulle missive minatorie e, con il coordinamento della competente autorità giudiziaria, è stata svolta un'ampia attività info-investigativa in merito agli esposti che il Cuomo ha presentato sulle asserite pressioni che la criminalità organizzata locale avrebbe esercitato nel corso della campagna elettorale per ostacolare la sua rielezione alla carica di primo cittadino. A seguito dell'attività di indagine condotta dal commissariato di polizia di Stato di Portici-Ercolano, è pendente un procedimento penale presso la direzione distrettuale antimafia della procura della Repubblica di Napoli.
Si assicura l'interrogante che la protezione degli amministratori locali e delle altre persone esposte a rischio a causa delle funzioni esercitate costituisce una priorità nella pianificazione dei servizi di polizia nell'ambito dei piani coordinati di controllo del territorio.
In particolare, sono state attivate idonee misure a protezione del sindaco di Portici e di altre personalità a rischio.
La valutazione dell'esposizione a rischio è oggetto di periodica rivisitazione per una verifica di idoneità delle misure adottate, finalizzata a rimodulare, se necessario, tali dispositivi in modo aderente alle effettive necessità e agli eventuali sviluppi delle indagini.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

RONDINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel Comune di Pioltello (Milano) e più precisamente in località Seggiano esiste una palestra in disuso sita tra le vie Canova e San Francesco, locale che periodicamente viene occupato da extracomunitari senza averne alcun titolo;
tempo addietro un gruppo di residenti di religione islamica aveva chiesto al comune di aprire all'interno di quella stessa palestra un centro culturale/moschea;
nonostante il rifiuto dell'Amministrazione comunale per motivi di ordine pubblico, periodicamente la palestra menzionata viene occupata da stranieri che la utilizzano come luogo di culto;
nella serata di venerdì 18 settembre 2009 un gruppo di essi di probabile religione islamica occupava abusivamente la sopraccitata palestra adibendola ad improvvisato luogo di culto;
nonostante la polizia locale abbia fatto sgombrare questi cittadini stranieri, gli stessi sono ritornati nello stabile occupandolo nella serata di sabato 19 settembre 2009 ed adibendolo a luogo di culto per la fine del ramadan; al fatto sono stati testimoni de visu l'interrogante e l'assessore della provincia di Milano Agnelli Luca -:
se il Ministro sia al corrente di questa situazione;
quali iniziative a tutela dell'ordine pubblico intenda adottare il Prefetto di Milano.
(4-04275)

Risposta. - Lo stabile cui fa riferimento l'interrogante nell'atto di sindacato ispettivo in esame non risulta occupato abusivamente, ma ceduto regolarmente in locazione alla associazione culturale della fratellanza organizzazione non lucrativa di utilità sociale (Organizzazione non lucrativa di utilità sociale), fondata da Ahmzaoui Hassan e Almoatassim Larby. Scopo statutario

della associazione è di «conservare e tramandare la tradizione culturale islamica».
In due occasioni il signor Almoatassim, in qualità di legale rappresentante dell'ente culturale, ha avanzato richiesta di parere preventivo per cambio d'uso dei locali da palestra a sede dell'associazione.
In entrambe le circostanze, e precisamente in data 6 novembre 2008 e 4 febbraio 2009, il competente ufficio comunale ha denegato l'autorizzazione ad effettuare le opere edilizie richieste, in quanto qualificabili come «attrezzature destinate ai servizi religiosi», e pertanto disciplinate dagli articoli 70-72 della legge regionale n. 12 del 2005, attraverso l'approvazione di un piano di servizi.
Successivamente in data 26 agosto 2009 la polizia locale del comune di Pioltello ha effettuato un sopralluogo nei locali in questione, identificando le due persone presenti al momento, Jellabi Brahim e Almoatassim Larbi, entrambi di nazionalità marocchina. Dal controllo è emerso che i locali erano stati adibiti ad attività culturali e sociali pubbliche, ivi compresa la preghiera collettiva.
A seguito di tale accertamento, è stato ingiunto il ripristino dello stato di progetto assentito. L'immobile risulta tuttora adibito agli usi consentiti dalle norme vigenti sul territorio.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'allargamento dell'applicazione del Trattato di Schengen prima alla Repubblica dell'Austria e, successivamente, anche alla Repubblica della Slovenia ha determinato lo spostamento alle frontiere orientali di tali Paesi Membri UE i controlli sui passaggi di persone, mezzi di locomozione e di merci che - in precedenza - venivano effettuati sul confine orientale della Repubblica d'Italia;
dopo lo spostamento dei confini Schengen, lo Stato Italiano ha dismesso l'utilizzo di una notevole quantità di fabbricati e di strutture poste a confine con Austria e Slovenia che venivano utilizzate per lo svolgimento dei controlli e per il ricovero di attrezzature di supporto logistico al personale adibito a tale delicata e importante funzione;
risulta all'interrogante che molti di detti fabbricati, privi di qualsiasi tipo di manutenzione - anche minima - siano in una condizione di pesante deterioramento, in particolare quelli posti all'ex valico di Coccau in Comune di Tarvisio (Provincia di Udine) e in alcuni altri punti lungo l'ex barriera confinaria che da Coccau (ex frontiera con l'Austria) scende fino a Trieste (ex frontiera con la Slovenia);
appare, inoltre, in pesante e negativo contrastato con analoghe e corrispondenti strutture presenti sul versante austriaco e sloveno che, invece, risultano essere ben conservate con una manutenzione e una pulizia curate costantemente e ciò non è un buon biglietto da visita per l'immagine dell'Italia in considerazione del notevole afflusso - soprattutto turistico - da questi Paesi verso l'Italia -:
quali iniziative intendano assumere i ministeri preposti per provvedere a tempestivi e adeguati interventi di mantenimento e di cura di dette strutture che sono, comunque, parte del patrimonio dei luoghi in cui sono ubicate e dello Stato;
quali iniziative intendano promuovere i ministeri preposti per definire un progetto di riqualificazione e di riuso - in accordo con le istituzioni locali nel cui territorio insistono - degli immobili sopra richiamati.
(4-03011)

Risposta. - In merito alla definizione - in accordo con le istituzioni locali - di un'eventuale progetto di riqualificazione e di riutilizzo degli immobili dismessi presenti agli ex valichi di frontiera con l'Austria e con la Slovenia, si fa presente che i beni presenti agli ex valichi di frontiera con l'Austria sono demaniali e sono in carico

all'Agenzia del demanio di Udine, mentre quelli posti agli ex valichi di frontiera con la Slovenia sono di proprietà della provincia di Udine.
Quest'ultimo ente ha dichiarato che, da recenti accertamenti, è risultato che i suddetti fabbricati sono in buono stato di manutenzione anche se, al momento, non sono utilizzati.
La stessa amministrazione provinciale ha intenzione di classificare tali immobili come beni patrimoniali disponibili da alienare.
Per i profili di propria competenza, l'Agenzia del demanio, di concerto con le prefetture competenti, a partire dal dicembre 2007 (data di ingresso della Slovenia nell'area Schengen) ha provveduto - al fine di garantire la sicurezza e lo scorrimento fluido del traffico - allo smantellamento di numerose strutture, quali cabine e pensiline, utilizzate dalle amministrazioni preposte per il controllo dei documenti presso i valichi di confine con l'Austria e la Slovenia.
Tali demolizioni sono tuttora in corso nella provincia di Trieste ed ulteriori interventi, programmati in quelle di Gorizia e di Udine, si concluderanno nei prossimi mesi.
La predetta agenzia ha inserito alcune delle citate strutture in piani di valorizzazione e in piani di vendita e, al fine di permettere l'utilizzo sociale di tali siti, ha avviato contatti con vari soggetti
no profit (parrocchie, associazioni di ex combattenti, organizzazioni non lucrativi di utilità sociale).
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

VIOLA, RUBINATO e GIOVANELLI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno, con comunicato del 1° dicembre 2009, avente ad oggetto: «Perdita del gettito I.C.I. sui fabbricati classificati nel gruppo catastale "D" - articolo 64 legge 23 dicembre 2000 n. 388 e comma 7, articolo 2-quater del decreto-legge 7 ottobre 2008 n. 154, introdotto dalla legge di conversione 4 dicembre 2008 n. 189», ha comunicato i dati delle perdite di gettito ICI sui fabbricati di categoria D per gli anni dal 2001 al 2008;
i nuovi dati quindi hanno portato, per molti enti, a una rideterminazione dei contributi con conseguente necessità di procedere a recuperi a valere sui trasferimenti degli anni successivi;
ad avviso degli interroganti il modus operandi del Ministero non corrisponde a un corretto rapporto tra Governo ed autonomie considerato che la nota interpretativa sulle modalità di calcolo della perdita, oltre a non essere supportata dalla norma, è stata diramata pochi giorni prima dalla presentazione della certificazione -:
se ritenga ancora valide le spettanze dei contributi erariali pubblicate sul sito del Ministero dell'interno e, ove esse siano da considerare valide e vincolanti per enti e Governo, se ritenga di intervenire garantendo ai comuni il ristoro delle perdite subite e certificate al Ministero sui fabbricati di categoria «D»;
se ritiene di opporsi al ricorso presentato da più comuni avversi alla lamentata riduzione dei trasferimenti erariali.
(4-06199)

Risposta. - Con riferimento alla problematica segnalata dall'interrogante, si rappresenta che le spettanze relative ai contributi in favore dei comuni interessati di cui all'articolo 4-quater del decreto-legge n. 154 del 2008 convertito con legge n. 189 del 2008, sono state correttamente calcolate, non sussistendo elementi tali da giustificarne una diversa quantificazione.
In merito ai ricorsi presentati da alcuni comuni, si fa presente che il Ministero dell'interno ed il Ministero dell'economia e delle finanze - in ragione della natura tributaria della normativa posta a base delle relative certificazioni - hanno doverosamente provveduto a presentare atti di opposizione.


Si evidenzia al riguardo che di recente il tribunale amministrativo regionale del Lazio in relazione al ricorso presentato dal comune di Napoli, non ha concesso la sospensiva degli effetti dell'impugnato provvedimento.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
molti comuni della regione Basilicata, secondo la legge regionale, hanno stretto convenzioni con strutture private, laddove sprovvisti di canili;
numerosi, fra cui il Comune di Tramutola (Potenza), hanno affidato in custodia al Canile Privato Eco di Potenza cani, entrati in tale struttura sin dal 1996;
nel corso degli anni, però, allo scadere delle convenzioni, i vari Comuni hanno indetto bandi di gara, ponendo a base d'asta importi irrisori, che non possono assolutamente assicurare, le benché minime condizioni di benessere agli animali;
infatti in data 1° gennaio 2006, il Comune di Tramutola, che aveva «messo all'asta» 66 cani ospitati nel Canile Eco di Potenza, provvide al loro trasferimento presso il canile «Cicerale», situato nella regione Campania, che aveva avanzato un'offerta per 1,15 euro per ogni cane;
il Servizio Veterinario ha avallato questa operazione. Dal 1° gennaio 2006 ad oggi sono stati trasferiti al Canile Cicerale (Cilento-Salerno) circa 100 cani, prelevati dal territorio del Comune di Tramutola, oltre ai già citati 66 cani ospitati nel Canile Eco di Potenza;
in data 14 novembre 2008 il Comune di Tramutola ha indetto un nuovo bando per 35 cani;
il canile di Cicerale è da tempo al centro di polemiche e contestazioni a causa dell'alto tasso di mortalità degli animali «ospitati»: solo per quanto riguarda l'anno 2006, pare che siano entrati 2.756 cani, usciti morti 2.611 cani e sono stati affidati 124 cani;
sempre in base alla logica del massimo risparmio, del tutto aliena dalla finalità di benessere degli animali, così come stabilita nello spirito e nella norma della legge n. 281 del 1991 «Norme per la tutela degli animali d'affezione e per la prevenzione del randagismo», la Comunità Montana Alto Agri, con gara da espletare il prossimo 19 dicembre 2008 ha «messo all'asta 420 cani ospitati ormai da dieci anni nel Canile privato della Società Eco e da circa cinque anni nel canile di MP Pippo di Paterno;
entrambi i canili, continuamente sottoposti a soddisfacenti controlli dei Carabinieri-NAS, hanno da sempre assicurato il benessere animale e sono, ovviamente, possesso di tutti i requisiti di legge;
è inaccettabile, e contrario alle finalità della legge n. 281 del 1991 sopra citata, che cani ospitati in canile da anni, amati, curati affettuosamente, recuperati con tanti sacrifici nonostante le quotidiane difficoltà economiche, e che hanno ritrovato il loro equilibrio, debbano essere trattati come dei rifiuti, di cui sbarazzarsi fuori regione, senza alcuna preoccupazione per il loro benessere psico-fisico;
il trasferimento traumatico di questi animali in una struttura tanto contestata come quella del canile Cicerale, di enormi dimensioni, per le conseguenze sugli animali può davvero configurare ipotesi di maltrattamento -:
se il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali non intenda adottare provvedimenti tempestivi, sia per quanto riguarda l'alto tasso di mortalità e le condizioni in cui versano gli animali del canile di Cicerale, sia per evitare il trasferimento forzoso degli animali posti all'asta dagli enti della regione Basilicata.
(4-01815)

Risposta. - Questo ministero ha intrapreso numerose iniziative, che intende ulteriormente

implementare, nei confronti della problematica del randagismo e della precaria situazione dei canili, per i quali in molte regioni italiane esiste una vera e propria emergenza.
In merito al caso specifico di Cicerale (Salerno), dopo una attenta valutazione delle segnalazioni ricevute e a seguito dei sopralluoghi effettuati dai Carabinieri nuclei antisofisticazioni e sanità (NAS), nel mese di dicembre 2008 è stato inviato presso il canile un
team di ispettori del ministero.
A seguito del sopralluogo effettuato, sono state elaborate proposte operative per risolvere i problemi più urgenti ed, in particolare, è stata prospettata la possibilità di istituire presso la regione Campania una «unità di crisi per il randagismo».
Inoltre, nel corso dell'ispezione è stata ribadita con fermezza la responsabilità delle amministrazioni locali convenzionate con il canile.
Tra le iniziative intraprese, si segnala la riunione organizzata dalla Lega nazionale del cane alla quale hanno partecipato tutte le associazioni animaliste, svoltasi il 28 febbraio 2009 presso il comune di Cicerale, durante la quale il vicepresidente della Lega ha illustrato la situazione attuale e la «storia» del canile di Cicerale.
Il rappresentante del Ministero, presente all'incontro, ha ribadito quanto già pubblicamente affermato durante l'ispezione del 3 febbraio presso la struttura, vale a dire la necessità della chiusura del canile e del rapido allontanamento dei cani ospitati, in mancanza delle condizioni di idoneità sia dal punto di vista igienico-sanitario, sia del benessere degli animali.
Di tali cani devono farsi carico i sindaci dei comuni convenzionati, i quali debbono provvedere in tempi rapidi ad individuare i siti ritenuti più idonei.
Poiché non erano presenti alla riunione i rappresentanti della regione Campania, né quelli dell'ASL SA 3, non è stato possibile acquisire maggiori dettagli in merito alle operazioni di «microchippatura» e di registrazione in anagrafe canina, operazioni individuate come priorità ai fini della riconsegna dei cani ai rispettivi comuni di appartenenza.
La regione Campania, sollecitata ad attivare le iniziative di propria competenza, ha convocato diverse riunioni a cui hanno partecipato la provincia, i comuni e il prefetto di Salerno, il quale ha ordinato ai sindaci di ritirare i propri cani dal canile.
A seguito di tale intervento, il sindaco di Cicerale ha emesso un'ordinanza di revoca dell'autorizzazione sanitaria.
In data 11 giugno 2009, il canile «oasi San Leo Ciceralensis» è stato posto sotto sequestro per maltrattamento degli animali: tuttavia, il tribunale del riesame ha dissequestrato la struttura.
A seguito di questo evento, il Ministero sta acquisendo ogni ulteriore segnalazione o denuncia in merito a questa struttura, sulla quale sono tuttora in corso le indagini della competente procura della Repubblica.
Questo Ministero continua altresì a monitorare la situazione in collaborazione con le associazioni di protezione animale, che si stanno adoperando affinché avvenga il completo svuotamento della struttura di Cicerale.
Nel settembre 2009 si è svolta una riunione presso la prefettura di Salerno, a cui ha preso parte anche un rappresentante del Ministero, durante la quale si è cercato di ridefinire un programma di adozione per i cani ancora presenti.
Degli oltre 1.400 cani originariamente ospitati, attualmente ne rimangono circa un centinaio, per i quali, accogliendo la proposta della Lega nazionale per la difesa del cane, si sta organizzando una campagna di adozione supervisionata dal Ministero della salute.
In merito al trasferimento dei cani dai canili del territorio di competenza della comunità montana Altro Agri in provincia di Potenza, si conferma che tale Amministrazione è tuttora intenzionata a procedere.
A tal proposito, nel mese di novembre 2009 questo Ministero ha nuovamente invitato le autorità coinvolte ad un attenta riflessione, ribadendo che le Amministrazioni locali ed il servizio veterinario dell'Asl hanno l'obbligo di tenere in considerazione

le disposizioni vigenti, finalizzate a tutelare la salute e il benessere degli animali e che rimane palese che l'evenienza prospettata ha solamente l'obiettivo di allontanare il problema del randagismo delegandolo ad altri.
Al fine di trovare una adeguata soluzione al problema, sono stati intrapresi contatti con la prefettura di Potenza.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
un articolo pubblicato dal quotidiano Il Gazzettino del 23 agosto, riferisce che tonnellate di pesticidi chimici verrebbero usati nel trevigiano ogni anno su filari di vigneti per debellare le malattie e preservare la produzione o eliminare l'erba in eccesso soprattutto da parte dei maggiori produttori della zona Doc;
nel 2007 nella sola provincia di Treviso sarebbero stati venduti 3.100855 kg di fitofarmaci, un dato che ha rappresentato un incremento del 4 per cento rispetto il 2006;
per l'aumento delle superfici coltivate ed il cattivo andamento meteorologico è prevedibile che i dati del 2008, non ancora disponibili, segneranno un ulteriore incremento;
fra i princìpi attivi, dopo lo zolfo, c'è il «mancozeb»: nella USL 7 ne sarebbero state vendute circa 120 tonnellate; nell'USL 8 circa 29; nell'USL 9, 184;
il 19 gennaio il Parlamento ha però messo al bando questo prodotto assieme ad altri ventun pesticidi perché ritenuto pericoloso per l'uomo danneggiando le ghiandole ormonali;
dai dati Arpav inoltre si rileva che nel 2007, nella provincia di Treviso, sono state impiegate 55 tonnellate di «Glyphosate» e 8 di «Glufosinate ammonium» prodotto anch'esso recentemente messo al bando dalla Commissione europea perché considerato cancerogeno;
far gli insetticidi il più usato è il «chlorphirifos» anch'esso contestato e usato per 3 tonnellate nell'Usl 7, più di mezza tonnellata nell'Usl 8 e quasi 7 tonnellate nell'Usl 9 -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito;
come intendano monitorare i risvolti negativi di questi prodotti sull'ambiente;
quali provvedimenti intendano adottare per ridurre l'impatto ambientale;
se non ritengano di dover ritirare dal mercato i prodotti più nocivi banditi dall'UE.
(4-04019)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, ed avendo acquisito gli elementi tecnici del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali e del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.
1) Le sostanze attive clorpirifos, glifosate, glufosinate di ammonio, mancozeb e zolfo, utilizzate nei prodotti fitosanitari, dopo essere state positivamente valutate a livello comunitario sulla base di
dossier comprendenti diversi aspetti (tra cui quelli tossicologici ed ecotossicologici, l'efficacia, il destino ambientale, le proprietà chimico-fisiche, la classificazione, i residui), vennero incluse nell'allegato I della direttiva 91/414/Cee, recepita nel nostro paese con il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194.
L'autorizzazione da parte del Ministero della salute di ciascun prodotto fitosanitario a livello nazionale viene preceduta da un
iter tecnico-amministrativo che fa riferimento al parere reso dalla commissione consultiva dei prodotti fitosanitari in merito agli aspetti relativi all'efficacia agronomica, alle proprietà chimico-fisiche, alla

tossicologia (mutagenesi, cancerogenesi, e teratogenesi) all'esposizione dell'operatore, alla ecotossicologia, al destino ambientale.
Pertanto, in fase di autorizzazione vengono definite e riportate in etichetta le indicazioni sia delle condizioni di impiego sia dell'impatto che il prodotto fitosanitario può avere sull'ambiente.
Infatti, tali prodotti possono essere autorizzati solo se viene accertato che essi non producono effetti nocivi, in maniera diretta o indiretta, sulla salute dell'uomo, degli animali e delle acque sotterranee.
Ogni anno il Ministero della salute predispone il «piano di controllo commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari» ed il «piano di controllo ufficiale residui», che consentono di rilevare in tutto il territorio nazionale eventuali illeciti nel commercio ed impiego dei prodotti fitosanitari ed inappropriatezze dell'impiego.
A livello europeo, il rischio connesso all'uso di ciascuna sostanza viene rivalutato attraverso un meccanismo di consultazione che coinvolge le autorità nazionali di tutti gli Stati membri: qualora, sulla base di nuove conoscenze o di nuove evidenze scientifiche, emerga un rischio non considerato nella precedente fase di valutazione, la sostanza in questione può essere ritirata dal mercato e con essa tutti i prodotti fitosanitari a base della stessa.
Inoltre, il nuovo regolamento comunitario sui prodotti fitosanitari recentemente approvato (regolamento (CE) n. 1107/2009 del 21 ottobre 2009) introduce ulteriori elementi di cautela nel processo di valutazione del rischio delle sostanze.
È opportuno richiamare, altresì, la nuova direttiva che istituisce un quadro comunitario per l'uso sostenibile dei pesticidi, anch'essa approvata il 21 ottobre 2009 (direttiva 2009/128/CE).
2/3) In merito al controllo e alle iniziative per ridurre l'impatto ambientale, si osserva quanto segue.
Sulla base della direttiva di cui sopra, entro tre anni ciascun stato membro dovrà dotarsi di uno specifico piano d'azione nazionale per ridurre i rischi ambientali e sanitari connessi all'uso dei prodotti fitosanitari.
A tal riguardo, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha provveduto a presentare (22 ottobre 2009), in collaborazione con il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, uno schema di piano nazionale alle parti interessate, per avviare una preliminare consultazione pubblica.
I rappresentanti delle associazioni e delle istituzioni intervenuti alla presentazione dello schema di piano hanno messo in evidenza l'importanza della direttiva per l'agricoltura italiana e l'impegno che l'attuazione delle disposizioni previste comporterà nel prossimo futuro, anche sul piano finanziario, con particolare riguardo ai seguenti temi:
formazione degli utilizzatori di prodotti fitosanitari;
ispezione periodica delle attrezzature utilizzate per la distribuzione dei prodotti;
divieto di irrorazione aerea;
tutela dell'ambiente acquatico e di altre aree di specifico interesse ambientale;
corretta gestione dei prodotti fitosanitari e smaltimento dei loro imballaggi;
adozione generalizzata dei princìpi di difesa fitosanitaria integrata.

Per quanto riguarda l'attività di vigilanza nel settore dei prodotti fitosanitari, anche il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, tramite l'ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari, effettua controlli alla commercializzazione, al fine di verificare la correttezza delle informazioni riportate nei dispositivi di etichettatura, ivi compresa la presenza dell'autorizzazione rilasciata alle ditte produttrici: l'ispettorato esegue, allo stesso tempo, anche il campionamento dei formulari commerciali, effettuando analisi specialistiche sui campioni prelevati per accertare che le caratteristiche qualitative dei princìpi attivi siano rispondenti a quelle riportate nell'etichetta dei formulari commerciali.
Di seguito, si riportano i dati dell'attività svolta dall'ispettorato nei primi otto mesi

del 2009: operatori controllati 196, operatori irregolari, 14 (7,1 per cento), prodotti controllati 500, prodotti irregolari 26; campioni analizzati 103; campioni irregolari 2.
4) Da ultimo, si osserva che, sulla base delle valutazioni tecniche sopra formulate, sul mercato non esistono prodotti nocivi banditi dall'Unione europea.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
secondo dati resi noti dall'Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa), vi sarebbe stata una riduzione degli abbandoni di cani che supera il 50 per cento rispetto l'anno scorso;
grazie alla nuova normativa che prevede l'obbligo di microchip, sono, inoltre, stati restituiti ai legittimi proprietari 2.304 cani che risultavano essere fuggiti e non abbandonati;
tenendo conto dell'aggregazione dei due dati si arriva a un totale di 8.206 cani passati nei cento canili monitorati da Aidaa, con una diminuzione del 31,7 per cento sul totale dei ritrovamenti rispetto al 2008;
per quanto riguarda il Nord, rispetto al 2008, in Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Friuli Venezia Giulia, si sarebbe registrato una diminuzione degli abbandoni del 20 per cento mentre in Trentino e Valle d'Aosta, secondo i dati diffusi dalle associazioni animaliste, il fenomeno randagismo sarebbe praticamente inesistente; in alcune aree del Paese però, in particolare nel Mezzogiorno, la situazione resta critica: il 74 per cento degli abbandoni, infatti, si concentra in Campania, Sicilia, Puglia, Basilicata, Sardegna e Calabria;
in queste zone un ruolo determinate è svolto dalla criminalità organizzata - secondo la presidente Ente nazionale protezione animali (Enpa), Carla Rocchi, - che gestisce, spesso in prima persona, mega-canili dove vengono rinchiusi fino a 2 mila cani -:
se e quali dati sono in possesso del Ministro quanto a contenimento del fenomeno dell'abbandono dei cani nella stagione estiva 2009;
quali iniziative intenda assumere per contenere il fenomeno anche nel meridione.
(4-04028)

Risposta. - Si fa presente preliminarmente che l'obbligo di identificazione dei cani con microchip è stato anticipato dall'accordo Stato-regioni del 6 febbraio 2003 e poi ribadito con l'ordinanza 6 agosto 2008, con la quale è stato anche prevista la contestuale iscrizione all'anagrafe canina.
In merito alla richiesta di dati, il Ministero della salute non è in possesso di quelli numerici riferiti alla stagione estiva 2009 sulla riduzione del fenomeno dell'abbandono.
Tuttavia, è possibile consultare nel sito
web istituzionale del ministero (www.salute.gov.it) i dati ufficiali, aggiornati al 2009, sulla distribuzione del randagismo in tutto il territorio nazionale.
Queste informazioni, che comprendono anche i dati sul numero di cani introdotti nei canili e le relative sterilizzazioni effettuate, sono state fornite dalle regioni, secondo quanto previsto dalla normativa vigente, anche al fine della ripartizione del fondo economico statale specifico per la lotta al randagismo.
Per quanto riguarda gli interventi specifici per il contenimento del fenomeno anche nel meridione, il Ministero della salute ha sollecitato più volte le autorità competenti regionali e in qualche caso direttamente i servizi veterinari del territorio, allo scopo di far rispettare la normativa vigente in materia di tutela del benessere animale.
Alcuni provvedimenti assunti per iniziativa del Ministero della salute sono stati: il

coordinamento del «progetto pilota di lotta al randagismo» della regione Sicilia, l'organizzazione di incontri con la regione Molise per individuare una soluzione ai numerosi problemi di randagismo canino ivi persistenti; l'invito alla regione Puglia a provvedere tempestivamente alla eliminazione della carenza di canili nel proprio territorio; vari interventi rivolti alle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Lazio e Sardegna. In quest'ultima regione è stata anche effettuata una attività di verifica in loco.
Infine, sono state anche condotte ispezioni da parte dei veterinari di questo Ministero nei canili di molti comuni in tutta Italia, insieme al comando Carabinieri per la tutela della salute (Nas), nel corso delle quali sono state evidenziate diverse inadempienze e sono state intimate alle autorità sanitarie locali azioni per adempiere alla normativa vigente, nei casi in cui questa era risultata violata.

Il Sottosegretario di Stato per la salute: Francesca Martini.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
agli interroganti è stato segnalato quanto segue da Oberdan Ciucci e Abdelhafidh Oussaifi, rispettivamente Presidente nazionale e Presidente Frosinone di ANOLF a seguito di una loro visita effettuata il 12 presso il Centro di accoglienza dei richiedenti lo status di rifugiato politico a Trevi nel Lazio, e più precisamente nella località degli Altipiani di Arcinazzo;
il centro ospitava a quella data 74 cittadini di varie nazionalità (somala, egiziana, eritrea) che versano in condizioni di grave disagio, sia logistico che sanitario, a causa di una promiscuità forzata legata alla presenza contemporanea di uomini, donne e nuclei familiari;
non risultano offerte opportunità di lavoro né di svolgimento di corsi di formazione professionale;
i richiedenti asilo lamentano l'assenza di forme di integrazione in una località che, durante i mesi invernali, è abitata da trecento persone che diventano circa venticinquemila nel periodo estivo con l'enorme afflusso di villeggianti motivo di numerosi episodi d'intolleranza durante l'estate tra commercianti, vacanzieri ed ospiti del centro;
quanto agli aspetti sanitari viene lamentata l'assenza del medico nella struttura nonostante la convenzione stipulata dalla cooperativa «Confraternita», gestore del centro con l'ospedale «San Galligano» di Roma, preveda la presenza di un medico per due volte la settimana. È infatti accaduto un episodio increscioso relativamente ad una bambina, figlia di genitori egiziani-cristiani, ammalatasi gravemente. Dopo le sollecitazione di questi ultimi al responsabile del centro la visita medica è stata ottenuta solo dopo una settimana dalla richiesta;
quanto al vitto, è stata riscontra la distribuzione ad ogni pasto dello stesso formato e condimento di pasta, e comunque tutti i prodotti alimentari risultano di qualità scadente; quanto all'alloggio, durante il corrente periodo invernale i riscaldamenti funzionano un'ora la mattina e un'ora la sera ed inoltre, per lunghi periodi, non è possibile utilizzare l'acqua calda, nonostante la presenza di bambini presenti nel centro -:
se i fatti sopra riferiti siano veri nel qual caso se non ritenga di chiudere il suddetto dentro e quali provvedimenti intenda adottare per rimediare alle carenze sopra riferite.
(4-05896)

Risposta. - Il centro di accoglienza richiedenti asilo, ubicato presso l'hotel «Il Caminetto» in località Altipiani di Arcinazzo nel territorio del comune di Trevi nel Lazio, è stato attivato il 1o ottobre 2008, in seguito all'eccezionale afflusso di immigrati nelle coste siciliane.
La gestione del centro avviene mediante un contratto di locazione sottoscritto tra la proprietà dell'albergo e la società cooperativa

a responsabilità limitata «Domus caritatis» facente capo all'Arciconfraternita del Santissimo Sacramento e di San Trifone.
In base alla convenzione sottoscritta nel settembre 2008 con la prefettura di Frosinone, l'Arciconfraternita è tenuta all'erogazione di vari servizi, tra i quali: la vigilanza della struttura nell'arco delle 24 ore, la presenza di personale di gestione, la presenza di personale di sostegno nella mediazione linguistico-culturale, l'assistenza legale e psicologica degli ospiti, il presidio medico, la distribuzione dei pasti, la pulizia delle camere e dei locali comuni, lo smaltimento dei rifiuti.
Le prestazioni erogate sono rimaste sostanzialmente invariata anche nelle successive proroghe di convenzione, l'ultima delle quali è stata stipulata dal dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione di questo Ministero e il sindaco del comune di Trevi nel Lazio.
In ordine, poi, alla visita effettuata il 12 gennaio 2010 da parte del presidente nazionale e dal presidente provinciale di «Anolf», il prefetto di Frosinone ha riferito che i rappresentanti dell'Arciconfraternita hanno fatto presente, alle due persone, l'impossibilità di poter effettuare tale sopralluogo, in quanto l'ente gestore non è autorizzato a consentire il libero accesso al centro, senza la preventiva autorizzazione da parte del Ministero dell'interno e del comune di Trevi nel Lazio.
In quella data il centro ospitava 61 cittadini stranieri richiedenti la protezione internazionale (e non 74), fermo restando che la struttura è idonea ad accogliere 115 persone.
Per quanto riguarda l'asserito disagio logistico e sanitario collegato alla presenza contemporanea di uomini, donne e nuclei familiari, si fa presente che l'assegnazione delle stanze avviene nel rispetto della persona e avendo cura delle differenze di nazionalità, etniche e religiose. La ricettività delle stanze va da un minimo di 2 posti ad un massimo di 4, riferiti a persone adulte.
In ordine all'assenza di opportunità di lavoro o di corsi di formazione professionale, si osserva che i richiedenti la protezione internazionale sono ammessi allo svolgimento dell'attività lavorativa dopo 6 mesi dall'avvenuta formalizzazione della richiesta e a fronte di un permesso di soggiorno temporaneo che la autorizzi. Gli ospiti della struttura beneficiano, comunque, di attività di supporto finalizzate ad un processo di integrazione, nonché di un'attività di sensibilizzazione volta all'inserimento nel tessuto sociale.
Relativamente agli aspetti sanitari, la struttura si avvale di un medico di base, il cui studio è ubicato a 300 metri di distanza. Fino al 31 dicembre 2009 operava un protocollo d'intesa con «l'istituto nazionale per la Promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà» (Inmp-
ex istituto San Gallicano) che, con proprio personale, si occupava sia delle visite di ingresso che dei controlli sanitari periodici. Successivamente a tale data l'Inmp costituisce la struttura specialistica di riferimento per quelle visite e/o consulenze specialistiche che necessitano della conoscenza approfondita di patologie tipiche dei migranti.
Dal 10 gennaio 2010, la competenza sanitaria all'interno del centro è stata affidata ad un medico internista che garantisce una presenza bisettimanale; per quanto riguarda le visite specialistiche quelle che non possono essere svolte presso l'Inmp, vengono effettuate nell'ambito dell'azienda sanitaria locale di Frosinone.
Il medico pediatra assegnato per le visite ai minori ha lo studio nel comune di Fiuggi, che dista circa 9 chilometri dagli altipiani di Arcinazzo.
Sull'episodio relativo ad una bambina egiziana - citato nell'atto di sindacato ispettivo - si evidenzia che il medico di base del centro, dopo la visita, non aveva ritenuto necessario richiedere l'intervento di un'ambulanza per il ricovero in ospedale, disposto, comunque, dopo le pressanti richieste del padre della bambina, che non riteneva sufficienti le assicurazioni fornite dal medico. La bambina, ricoverata presso il reparto di pediatria dell'ospedale San

Benedetto di Alatri, è stata successivamente dimessa per l'assenza di qualsiasi complicanza influenzale.
Relativamente alla fornitura del vitto, il menù prevede la colazione, il pranzo, il tè al pomeriggio e la cena serale.
Nella struttura vengono rispettate le esigenze degli ospiti, in relazione alla nazionalità, alla religione, alle condizioni mediche. In particolare, per quel che riguarda la religione, nella struttura si osserva il rispetto del Ramadan per gli ospiti di religione islamica e della Quaresima per gli ospiti cristiani.
Si aggiunge che nel centro è assicurata la fornitura di acqua calda nell'arco dell'intera giornata, mentre il riscaldamento dei locali è assicurato dalle 11.15 alle 13.30 e dalle 17.00 alle 9.00 del mattino, ossia per la quasi totalità delle ore giornaliere, con una temperatura media giornaliera di almeno 20 gradi centigradi per tutti gli ambienti.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in base ad un rapporto dal titolo «Dalle parole ai fatti», diffuso il 17 marzo 2010 da Amnesty International e dalla Omega Research Foundation che verrà preso in esame il 18 marzo 2010 dal sottocomitato sui diritti umani del Parlamento europeo, risulta che «aziende europee» partecipano «al commercio globale in strumenti di tortura, tra cui congegni fissati alle pareti delle celle per immobilizzare i detenuti, serrapollici in metallo e manette e bracciali che producono scariche elettriche da 50.000 volt»;
il rapporto denuncia che «queste attività sono proseguite nonostante l'introduzione, nel 2006, di una serie di controlli per proibire il commercio internazionale di materiale di polizia e di sicurezza atto a causare maltrattamenti e torture e per regolamentare il commercio di altro materiale ampiamente usato su scala mondiale per torturare»;
la ricerca mostra che tra il 2006 e il 2009, «la Repubblica Ceca ha autorizzato l'esportazione di prodotti quali manette, pistole elettriche e spray chimici, mentre a sua volta la Germania lo ha fatto per ceppi e spray chimici, verso nove paesi dove le forze di polizia e di sicurezza avevano usato quei prodotti per praticare maltrattamenti e torture». «Aziende italiane e spagnole hanno messo in vendita manette o bracciali elettrici da applicare ai detenuti. Una scappatoia legale permette tutto questo, nonostante si tratti di prodotti simili alle "cinture elettriche", la cui esportazione e importazione sono proibite in tutta l'Unione europea»;
inoltre, solo sette dei 27 stati membri dell'Unione europea hanno reso pubbliche le loro autorizzazioni all'esportazione, nonostante tutti siano legalmente obbligati a farlo;
dopo che cinque stati membri (Belgio, Cipro, Finlandia, Italia e Malta) avevano dichiarato di non essere a conoscenza di aziende che commercializzassero materiali inclusi nei controlli, Amnesty International e Omega Research Foundation hanno comunque individuato aziende operanti in tre di questi cinque paesi (Belgio, Finlandia e Italia) in cui prodotti del genere vengono apertamente commercializzati su Internet;
nel codice penale italiano non esiste ancora il reato di tortura, nonostante la sua introduzione sia stata ripetutamente sollecitata sia dal comitato sui diritti umani, istituito dal patto sui diritti civili e politici sia dal comitato istituito dalla stessa convenzione sulla tortura, che nell'esame dei vari rapporti periodici sull'Italia ha sottolineato l'improrogabile necessità di supplire a questa lacuna normativa -:
se e quando intendano adeguare il nostro Paese agli obblighi internazionali

che derivano dalla ratifica della convenzione ONU approvata dall'Assemblea generale dell'ONU il 10 dicembre 1984 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 3 novembre 1988, n. 498, che all'articolo 1 definisce il crimine della tortura e all'articolo 4 prevede che ogni Stato parte vigili affinché tutti gli atti di tortura vengano considerati quali trasgressioni nei confronti del proprio diritto penale;
quando e con quali misure intendano rendere pubbliche le autorizzazioni all'esportazione dei prodotti sopra menzionati;
quali misure intendano adottare affinché i controlli siano davvero effettivi sul commercio di strumenti di sicurezza e di polizia e per assicurarsi che questi prodotti non vadano a finire nella «cassetta degli attrezzi» del torturatore.
(4-06568)

Risposta. - Il commercio di strumenti di sicurezza e di polizia è disciplinato dal regolamento (CE) dei Consiglio n. 1236 adottato il 27 giugno 2005, nel cui preambolo sono evocati i princìpi ispiratori: il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali che costituiscono elemento essenziale nelle relazioni della Comunità con i paesi terzi. Nell'articolo 1 sono stabilite le norme relative agli scambi con i paesi terzi di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte, per la tortura o per altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti e dell'assistenza tecnica connessa.
Tale strumento normativo introduce un regime comunitario di controllo incentrato sul divieto di esportazione e sull'introduzione di apposita autorizzazione all'esportazione. Viene pertanto vietata l'esportazione di merci, indicate nell'annesso II del dispositivo, «praticamente utilizzabili» solo ai predetti fini: forche, ghigliottine, sedie elettriche, cinture a scarica elettrica, eccetera. È tuttavia sottoposta ad autorizzazione (articolo 5, comma 1) l'esportazione di merci, indicate nell'annesso III, che «potrebbero» essere utilizzate agli stessi fini: dispositivi portatili progettati a fini antisommossa o autodifesa, quali scudi a scarica elettrica, fucili con proiettili di gomma, dispositivi di rilascio di sostanze chimiche paralizzanti, eccetera.
Il Regolamento prevede altresì una deroga all'articolo 3, comma 2, al divieto di esportazione di tali beni in considerazione del loro valore storico, purchè «si dimostri che il Paese nel quale le merci sono esportate le utilizzerà per l'esposizione al pubblico in un museo».
La normativa comunitaria è stata integrata, in ambito interno, con il decreto legislativo n. 11 del 12 gennaio 2007, in adempimento a quanto previsto dall'articolo 17 dello stesso regolamento del 2005, che rinvia agli Stati membri la determinazione delle sanzioni applicabili in caso di violazione delle disposizioni comunitarie oltre che per l'adozione di eventuali ulteriori misure. Tale decreto legislativo ha pertanto stabilito sanzioni penali e pecuniarie, ha designato il Ministero dello sviluppo economico quale autorità nazionale incaricata dell'applicazione del regolamento, ed ha attributo ad un apposito comitato consultivo il compito di esprimere pareri obbligatori, ma non vincolanti in relazione al rilascio, diniego, annullamento, revoca, sospensione e modifica delle autorizzazioni previste dal regolamento.
Tale comitato consultivo e stato istituito con decreto legislativo n. 96 del 9 aprile 2003, in attuazione del regolamento (Ce) 1334 del 22 giugno 2000, che istituisce un regime comunitario per il controllo delle esportazioni di prodotti e tecnologie a duplice uso. Esso è composto da rappresentanti dei Ministeri degli affari esteri, dello sviluppo economico, dell'economia e delle finanze, della difesa, dell'interno, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, della salute, nonché dell'agenzia delle dogane. È previsto inoltre un rappresentante del Ministero per i beni e le attività culturali in caso di deliberazioni connesse con l'applicazione del regolamento (CE) n. 1236/2005 sugli strumenti di tortura.
Negli ultimi due anni il comitato, che si riunisce mensilmente, ha esaminato una sola istanza, nel febbraio 2008, volta ad ottenere l'autorizzazione all'esportazione temporanea dei beni che potevano essere

utilizzati per la pena di morte o per la tortura. L'istanza è stata presentata dal «museo società a responsabilità limitata di San Gimignano (Siena)» a favore di «The national museum of crime and punishment» di Washington ed ha previsto una serie di misure cautelative come l'obbligo di allegare alla bolla doganale le fotografie dei beni oggetto dello scambio ed il rispetto della normativa afferente la competenza del Ministero per i beni e le attività culturali.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.