XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 4 agosto 2010

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

ATTI DI INDIRIZZO

Mozioni:

La Camera,
premesso che:
secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sarebbero 140 milioni le donne e bambine che, nel mondo, hanno subito mutilazioni genitali femminili (MGF), ed ogni anno, secondo quanto riferito dal Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), 3 milioni rischiano di subire la pratica;
secondo l'OMS, le MGF sono diffuse in 27 Paesi africani e in alcuni Paesi dell'Asia (India, Indonesia, Malaysia) e del Medio Oriente (Yemen, Kurdistan iracheno, Arabia Saudita);
i flussi migratori hanno «transnazionalizzato» il fenomeno, portandolo in Europa e nel Nord America;
secondo l'Istat, in Italia, ogni anno circa 35.000 donne e bambine emigrate sono vittime di MGF;
qualsiasi forma di MGF costituisce una patente violazione dei diritti fondamentali di donne e bambine, in particolare del diritto all'integrità psico-fisica;
i danni causati da queste pratiche alla salute sessuale e riproduttiva sono accertati e denunciati da numerosi rapporti di agenzie internazionali;
negli ultimi dieci anni la campagna internazionale per la messa al bando delle MGF condotta tra gli altri da «Non c'è Pace Senza Giustizia» ha prodotto risultati notevoli, con l'adozione da parte di 19 Paesi africani di una legge di proibizione della pratica e di piani d'azione volti a far conoscere la legge e ad accrescerne l'efficacia;
nel 2003 gli Stati membri dell'Unione africana si sono dotati di uno strumento sovranazionale di contrasto della pratica attraverso l'adozione del protocollo aggiuntivo alla Carta africana dei diritti dell'uomo e dei popoli, il Protocollo di Maputo, che all'articolo 5 bandisce le MGF come violazione dei diritti fondamentali delle donne, riaffermando in questo modo il loro impegno nella lotta per l'eradicazione delle MGF dal continente africano;
il comitato interafricano contro le pratiche tradizionali nefaste ritiene ormai maturi i tempi affinché la comunità internazionale si esprima inequivocabilmente contro le MGF, poiché questo aiuterebbe tutti quei Paesi che non hanno ancora adottato una legge ad hoc e che, per questa ragione, si trovano ad essere meta privilegiata per quanti vogliono far mutilare le proprie figlie senza rischiare di incorrere in sanzioni penali;
tutti i Governi italiani che si sono avvicendati dal 2003 ad oggi hanno sempre sostenuto politicamente e finanziariamente la campagna internazionale per l'eradicazione delle MGF. In particolare, il Ministro degli affari esteri Franco Frattini ha fatto di questa campagna una priorità del suo dicastero e in questo quadro ha promosso a New York, il 25 settembre 2009, una colazione a livello di Ministri degli esteri ed ambasciatori dei Paesi interessati, proprio per incardinare il processo in seno alle Nazioni Unite,


impegna il Governo


a promuovere e sostenere a livello nazionale e internazionale tutte le iniziative atte a far sì che la 65o Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle mutilazioni genitali femminili.
(1-00426)
«Farina Coscioni, Bernardini, Beltrandi, Maurizio Turco, Mecacci, Zamparutti, Duilio, Murer, Bucchino, Melis, Fadda, Piccolo, Bossa, Sbrollini, Argentin, Lolli».

La Camera,
premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 246, e successive modifiche e integrazioni, detta norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice;
con le norme citate lo Stato ha voluto significare la propria attenzione e costante vicinanza alle vittime del terrorismo e ai loro familiari;
permangono ancora degli ostacoli che non consentono l'integrale riconoscimento dei diritti agli interessati;
il Capo dello Stato, in occasione della celebrazione del giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo, ha rivolto l'invito al Governo a «sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l'insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai familiari delle vittime»;
tra le problematiche che ad oggi incidono sul pieno riconoscimento dei diritti alle vittime del terrorismo vi sono quelle relative alle prestazioni erogate o erogabili dagli enti previdenziali;
il Governo in data 9 giugno 2010 aveva accolto un ordine del giorno su tale questione,


impegna il Governo


ad adottare, tenendo conto delle esigenze di finanza pubblica, iniziative normative, anche di coordinamento e semplificazione degli adempimenti amministrativi, necessarie alla risoluzione delle problematiche che ancora oggi si frappongono al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari, evitando così l'aggravio dei disagi per i soggetti interessati e salvaguardando il ruolo delle istituzioni.
(1-00427)
«Cazzola, Damiano, Delfino, Fedriga, Bernini Bovicelli, Bonino, Di Biagio, Della Vedova, Giammanco, Miglioli, Mazzuca, Franzoso, Vignali, Poli, Vincenzo Antonio Fontana, Barani, Versace, Sammarco, Antonino Foti, Lorenzin, Carlucci».

La Camera,
premesso che:
la legge 3 agosto 2004, n. 206, e successive modifiche e integrazioni, detta norme in favore delle vittime del terrorismo e delle stragi di tale matrice;
permangono ancora degli ostacoli che non consentono l'integrale riconoscimento dei diritti agli interessati;
il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione della celebrazione del giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo, ha rivolto l'invito al Governo a «sciogliere i nodi che rendono ancora incerto e precario l'insieme dei diritti pure riconosciuti per legge a chi è sopravvissuto e ai familiari delle vittime»;
tra le problematiche che ad oggi incidono sul pieno riconoscimento dei diritti alle vittime del terrorismo vi sono quelle relative alle prestazioni erogate o erogabili dagli enti previdenziali,


impegna il Governo


ad adottare tutte le iniziative anche di carattere normativo, che sono necessarie alla risoluzione delle problematiche che ancora oggi si frappongono al pieno riconoscimento dei diritti delle vittime e dei loro familiari, secondo le proposte avanzate al Governo dall'AIVITER (Associazione italiana vittime del terrorismo e dell'eversione contro l'ordinamento costituzionale dello Stato) e dall'Unione familiari vittime per stragi, evitando così l'aggravio dei disagi, anche gravi, per i soggetti interessati e consentendo la piena attuazione dello spirito della legge 3 agosto 2004, n. 206.
(1-00428)
«Lenzi, Rossa, Zampa, Villecco Calipari, Baretta, Benamati, Motta, Libè, Galletti, Mura, Corsini, Santagata, Laganà Fortugno, Brandolini, Farinone, Coscia, Vassallo, Viola, Lo Moro, Zaccaria, De Torre, Maurizio Turco, Ghizzoni, Sani, Gozi, Strizzolo, Siragusa, Schirru, Tempestini, Scarpetti».

La Camera,
premesso che:
il cancro della prostata è uno dei tumori riscontrati con maggiore frequenza nei Paesi occidentali ed è un importante problema sanitario e una delle maggiori cause di morte da tumore nella popolazione maschile;
in Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 45.000 nuovi casi che sono destinati ad aumentare, considerando il progressivo invecchiamento della popolazione. Ogni uomo - infatti - che abbia compiuto i 45 anni viene considerato a rischio, perché il tumore della prostata insorge tipicamente dopo quell'età, mentre è raro tra i giovani, come dimostrato da alcune statistiche: se a 40 anni la probabilità è di 1 caso su 10.000, tra i 60 e gli 80 anni diventa di 1 su 8;
nel nostro Paese il tumore alla prostata uccide ogni anno - 9.000 uomini, l'8 per cento sul totale dei decessi;
la prevalenza del cancro alla prostata fra la popolazione maschile italiana è di 623 soggetti ogni 100.000 persone, per un totale di 174.000 casi nel 2005, con una crescita complessiva in 10 anni del 197 per cento;
si stima che nel 2010 in Italia i casi di cancro alla prostata si attesteranno a 1.000 soggetti ogni 100.000 persone, rappresentando il 30 per cento di tutti i tumori maschili;
gli altri fattori di rischio noti, a parte l'età, sono una dieta ricca di grassi saturi e la presenza in famiglia di altri casi: per quest'ultima categoria il rischio è doppio rispetto alla popolazione generale;
la maggior parte dei tumori della prostata viene scoperto tramite un esame rettale o grazie a un'alterazione dei valori di un antigene direttamente legato alla funzione del tessuto prostatico, il PSA (antigene prostatico specifico);
sebbene negli ultimi quindici anni il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (PSA) abbia aumentato considerevolmente le diagnosi precoci e le possibilità di guarigione, il cancro alla prostata rappresenta ancora oggi la seconda causa di morte da tumore nell'uomo dopo il carcinoma del polmone (26 mila nuove diagnosi contro 45 mila del cancro alla prostata);
le possibilità di guarigione esistono, basta riuscire a giocare d'anticipo, scoprendo per tempo la malattia: questo tumore, infatti, si sviluppa lentamente e può rimanere per anni senza sintomi, salvo poi manifestarsi quando è già a un livello avanzato e l'arma migliore per sconfiggerlo è quella di scoprirlo il prima possibile, con controlli periodici;
secondo le associazioni mediche specialistiche l'arma principale per combattere e sconfiggere questa patologia risiede nella promozione presso la popolazione di stili di vita corretti, in particolare per quanto riguarda l'alimentazione;
la nutrizione svolge un ruolo molto importante nella prevenzione del tumore della prostata: prove scientifiche indicano, infatti, che la nutrizione e l'attività fisica sono due fattori di rischio modificabili più importanti per impedire lo sviluppo, alterare il comportamento del tumore e per arrestarne la progressione: una nutrizione adeguata sostiene il sistema immunitario, depaupera le cellule tumorali e fornisce micro e macroelementi;
i disturbi provocati dalle patologie prostatiche sono diventati in Italia, con il progressivo aumento dell'età media, un problema socialmente sempre più rilevante;
la scienza continua il suo arduo cammino nella ricerca di cure e terapie sempre più efficaci. Nuove conferme arrivano dai polifenoli, sostanze antiossidanti che - stando agli ultimi studi contribuiscono a prevenire il tumore prostatico. La ricerca in merito è stata pubblicata sul «The Faseb Journal» e sostiene che gli antiossidanti presenti nel vino rosso e nel tè riescono a produrre un

effetto combinato tale da distruggere una molecola ben precisa che gioca un ruolo molto importante nello sviluppo del cancro alla prostata: si tratta dell'SphK1/S1P che svolge un ruolo chiave nello sviluppo non solo del tumore prostatico, ma anche di altri tipi di neoplasie come quelle al seno o al colon. Dagli esperimenti in vitro è emerso che inibendo l'SphK1/S1P si verifica un rallentamento nella crescita delle cellule tumorali;
sulla base delle indagini svolte dall'Istituto superiore della sanità e dall'Istituto nazionale per lo studio e la cura dei tumori di Milano, i quali hanno preso in esame i dati dei registri dei tumori (a campione sono stati analizzati i dati di Firenze, Genova, Latina, Modena, Parma, Romagna, Torino, Varese e Ragusa) nel nostro Paese il tasso di sopravvivenza - che per convenzione internazionale è la percentuale di malati vivi a distanza di 5 anni dalla diagnosi - tocca il 47,4 per cento, inferiore rispetto ad altri Paesi europei (Spagna 54,5 per cento, Francia 61,4 per cento, Svizzera 71,4 per cento);
il principio fondamentale per ridurre il pericolo è l'attenzione e la sensibilità alla prevenzione, proprio come per altri tumori ad elevata incidenza, ad esempio, il tumore della mammella. Purtroppo le statistiche dicono che gli uomini sono molto più restii delle donne ad adottare regolarmente misure per la prevenzione e la diagnosi precoce. Secondo uno studio, ad esempio, solo il 22 per cento dei maschi italiani tra i 50 e i 70 anni di età conosce il significato del test del PSA, uno dei principali strumenti diagnostici nella lotta al tumore della prostata;
per capovolgere questa situazione il Ministero della salute ha promosso, in collaborazione con il Ministero delle pari opportunità, una campagna di comunicazione - partita nel maggio 2010 - contro il tumore alla prostata, finalizzata al miglioramento del dato secondo cui la prevenzione - insieme agli screening (prevenzione secondaria) e alle terapie più avanzate - hanno aumentato la sopravvivenza a questo tipo di cancro nell'80 per cento dei casi;
prevenzione e diagnosi precoce rappresentano le due strategie percorribili per ridurre - da una parte - l'esposizione a fattori di rischio noti ed evitabili ed aumentare - dall'altra - l'efficacia delle cure disponibili;
un ruolo fondamentale per il loro successo giocano i registri dei tumori: strutture, sorte in Italia a partire dagli anni '70, le quali hanno il compito di rilevare tutte le nuove diagnosi di tumore che si verificano tra i residenti di una determinata area di riferimento (di solito le province) e di seguirne lo stile di vita, soprattutto grazie alla disponibilità degli indicatori epidemiologici più rappresentativi, come la mortalità, l'incidenza, l'incidenza e la prevalenza;
secondo i dati dell'Associazione italiana dei registri tumori, contenuti nel piano oncologico nazionale 2010-2012 - presentato dal Ministero della salute - la situazione italiana della registrazione dei tumori, con una copertura complessiva del 32 per cento della popolazione, mostra la seguente distribuzione nazionale: Nord 48 per cento Centro 26 per cento e Sud e isole 16 per cento;
questi dati sono strettamente correlati a quelli relativi ai valori di incidenza, che sono più alti al Nord al Centro e più bassi al Sud, e quelli relativi al tasso di sopravvivenza a 5 anni, più bassa al Sud (77,3 per cento) e in aumento nel Centro (91 per cento) e nel Nord del Paese (89 per cento);
il piano oncologico nazionale 2010-2012, presentato dal Ministero della salute, fra i suoi obiettivi per il triennio di riferimento pone dunque l'incremento della copertura da parte dei registri tumori del territorio nazionale dal 32 per cento attuale ad una percentuale pari o maggiore al 50 per cento,


impegna il Governo:


a considerare il cancro alla prostata tra le priorità della sanità pubblica e a

adottare ogni iniziativa idonea a fronteggiare la diffusione dello stesso tra la popolazione;
a promuovere un progetto nazionale per la promozione delle informazioni e la necessaria sensibilizzazione sull'importanza dell'adozione di corretti stili di vita, nonché di una diagnosi precoce, coinvolgendo anche i medici di medicina generale e i servizi territoriali;
a valutare, compatibilmente con il rispetto degli equilibri di finanzia pubblica e di contenimento della spesa sanitaria e nell'ambito delle periodiche revisioni del livelli essenziali di assistenza (LEA), la definizione di percorsi diagnostici articolati per rischio individuale valutato in base ad età, caratteristiche cliniche ed ereditarie e familiari;
a valutare, sotto il profilo costo-benefici e sotto quello della valutazione comparativa delle priorità, l'inserimento di «programmi organizzati di screening» relativi al tumore della prostata nell'elenco dei livelli essenziali di assistenza, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 novembre 2001 - così come già avviene per il tumore alla mammella, alla cervice uterina e al colon retto;
ad adottare, d'intesa con le regioni, le opportune iniziative per la realizzazione di una prestazione diagnostica essenziale finalizzata a diminuire i costi sociali e i rischi di mortalità della malattia;
a promuovere la ricerca in campo oncologico, ed in particolare quella finalizzata alla cura del carcinoma alla prostata, individuando le necessarie risorse economiche.
(1-00429)
«Barani, De Corato, Cazzola, Gava, Abelli, Barbieri, Bellotti, Bernardo, Berruti, Catone, Ceroni, Ciccioli, D'Anna, De Luca, Dell'Elce, Della Vedova, Di Biagio, Di Virgilio, Vincenzo Antonio Fontana, Fucci, Germanà, Gibiino, Girlanda, Mancuso, Mazzuca, Palmieri, Palumbo, Massimo Parisi, Patarino, Pescante, Pizzolante, Porcu, Luciano Rossi, Sammarco, Scalia, Scapagnini, Stagno D'Alcontres, Testoni, Toto, Versace, Vessa, Vignali».

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri, il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nel corso dell'audizione del procuratore della Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta dottor Sergio LARI, compiuta a Palermo in data 20 luglio 2010 dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali è emersa la grave situazione di carenza di organico nella quale si trovano attualmente ad operare i magistrati del distretto nisseno;
risulta, infatti, dai dati pubblicati dal Consiglio superiore della magistratura che gli uffici giudiziari del distretto di Caltanissetta presentano una scopertura media di organico del 32,33 per cento a fronte di una media nazionale del 12,82 per cento e tale dato assume ancora maggiore rilevanza se si evidenzia che detta scopertura negli uffici requirenti è addirittura del 40,48 per cento a fronte di una media nazionale del 15,4 per cento;
in sostanza, nel distretto giudiziario di Caltanissetta manca oltre un magistrato su tre di quelli previsti in organico, al

punto che certamente quella indicata può definirsi come una delle strutture giudiziarie più disagiate d'Italia;
anche se utile, non appare al riguardo sufficiente l'intervento correttivo operato in tempi recenti con il decreto-legge 29 dicembre 2009, n. 193 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 febbraio 2010, n. 24) con il quale - con specifico riferimento a magistrati ordinari in tirocinio di recente nomina ed in deroga alla normativa che prevede l'impossibilità di assegnazione dei magistrati di prima nomina alle procure della Repubblica - si è disposto che con «provvedimento motivato, il Consiglio superiore della magistratura, ove alla data di assegnazione delle sedi ai magistrati nominati con il decreto ministeriale 2 ottobre 2009 sussista una scopertura superiore al 30 per cento dei posti di cui all'articolo 1, comma 4, della legge 4 maggio 1998, n. 133, come da ultimo modificato dal presente decreto, può attribuire esclusivamente ai predetti magistrati... le funzioni requirenti al termine del tirocinio, anche antecedentemente al conseguimento della prima valutazione di professionalità»;
al di là, infatti, dell'assoluta eccezionalità della predetta disposizione di legge - applicabile come è dato rilevare solo ai magistrati nominati con decreto ministeriale 2 ottobre 2009 - i dati numerici ne dimostrano chiaramente l'inefficacia: infatti, per tornare all'esempio della procura delle Repubblica presso il tribunale di Caltanissetta, in relazione ai cinque posti attualmente vacanti solo due di essi sono stati riservati ai predetti magistrati in tirocinio e, tenuto conto del fatto che gli stessi non vi potranno assumere le funzioni prima del 2011, è agevole ritenere che nel frattempo altrettanti magistrati avranno ottenuto il trasferimento da Caltanissetta ad altre sedi giudiziarie;
tutto ciò evidenziato non può non ricordarsi:
a) che gli uffici giudiziari del distretto di Caltanissetta si trovano ad operare in una delle aree a più alta densità criminale non solo del panorama italiano ma certamente anche europeo;
b) che la procura della Repubblica di Caltanissetta si trova attualmente impegnata in delicatissime indagini non solo in relazione all'attualità dell'operato delle più efferate compagini mafiose ma anche nelle altrettanto delicate indagini sulle stragi di mafia che hanno insanguinato il Paese nell'ultimo decennio del secolo scorso;
c) che il Procuratore LARI ha rappresentato che l'attuale situazione di organico del proprio ufficio impedisce di fatto di coltivare tutte le indagini che si renderebbero necessarie;
il non intervenire immediatamente per cercare di sanare la situazione sopra descritta equivarrà quindi, a parere degli interpellanti, non solo a consentire un nuovo rafforzamento della criminalità organizzata di stampo mafioso ma anche ad impedire che sia fatta definitiva luce su una delle pagine più delicate della storia criminale, giudiziaria e politica della nostra Repubblica -:
se il Presidente del Consiglio e il Ministro della giustizia, ciascuno per quanto di rispettiva competenza, non ritengano di attivarsi con la massima urgenza per risolvere le problematiche evidenziate.
(2-00809)
«Garavini, Granata, Torrisi, D'Ippolito Vitale, Veltroni, Andrea Orlando, Tassone, Angela Napoli, Giulietti, Mattesini, Portas, Esposito, Porta, Fedi, Bucchino, Santagata, Laganà Fortugno, Farinone, Brandolini, Mazzarella, Giorgio Merlo, Miotto, Miglioli, La Forgia, Berretta, Arturo Mario Luigi Parisi, Misiani, D'Incecco, Sbrollini, Bossa, Siragusa, Schirru, Antonino Russo, Piccolo, Cardinale, Genovese, Burtone, Marchi, Scilipoti».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, Al Ministro delle riforme per il federalismo, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
la legge n. 42 del 2009 all'articolo 22, dispone:
«(Perequazione infrastrutturale)

1. In sede di prima applicazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con il Ministro delle riforme per il federalismo, il Ministro per la semplificazione normativa, il Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale e gli altri Ministri competenti per materia, predispone una ricognizione degli interventi infrastrutturali, sulla base delle norme vigenti, riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche nonché la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali. La ricognizione è effettuata tenendo conto, in particolare, dei seguenti elementi:
a) estensione delle superfici territoriali;
b) valutazione della rete viaria con particolare riferimento a quella del Mezzogiorno;
c) deficit infrastrutturale e deficit di sviluppo;
d) densità della popolazione e densità delle unità produttive;
e) particolari requisiti delle zone di montagna;
f) carenze della dotazione infrastrutturale esistente in ciascun territorio;
g) specificità insulare con definizione di parametri oggettivi relativi alla misurazione degli effetti conseguenti al divario di sviluppo economico derivante dall'insularità, anche con riguardo all'entità delle risorse per gli interventi speciali di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione.

2. Nella fase transitoria di cui agli articoli 20 e 21, al fine del recupero del deficit infrastrutturale, ivi compreso quello riguardante il trasporto pubblico locale e i collegamenti con le isole, sono individuati, sulla base della ricognizione di cui al comma 1 del presente articolo, interventi finalizzati agli obiettivi di cui all'articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che tengano conto anche della virtuosità degli enti nell'adeguamento al processo di convergenza ai costi o al fabbisogno standard. Gli interventi di cui al presente comma da effettuare nelle aree sottoutilizzate sono individuati nel programma da inserire nel Documento di programmazione economico-finanziaria ai sensi dell'articolo 1, commi 1 e» 1-bis, della legge 21 dicembre 2001, n. 443;
in sede di prima applicazione della legge, il programma delle infrastrutture strategiche (PIS) è stato approvato con la delibera CIPE 21 dicembre 2001, n. 121, e, per gli anni successivi, l'elenco delle opere è stato integrato ed aggiornato per mezzo di un apposito allegato al DPEF;
l'articolo 1, comma 1, della legge n. 443 del 2001 prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con i Ministri competenti e le regioni o province autonome interessate predisponga un programma destinato ad essere inserito, previo parere del CIPE e previa intesa della Conferenza unificata, nel Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), con l'indicazione dei relativi stanziamenti;
il Parlamento si pronuncia sul programma in sede di esame del DPEF;
il successivo comma 1-bis (aggiunto dall'articolo 13, comma 4, della legge n. 166 del 2002 «Disposizioni in materia

di infrastrutture e trasporti») prevede che il programma contenga le seguenti indicazioni:
a) l'elenco delle infrastrutture e degli insediamenti strategici da realizzare;
b) i costi stimati per ciascuno degli interventi;
c) le risorse disponibili e relative fonti di finanziamento;
d) lo stato di realizzazione degli interventi previsti nei programmi precedentemente approvati;
e) il quadro delle risorse finanziarie già destinate e degli ulteriori finanziamenti necessari per il completamento degli interventi;
uno dei più rilevanti limiti competitivi per l'Italia è rappresentato dal divario infrastrutturale con il resto dei Paesi europei;
nella classifica del World economic forum per il 2008-2009, tra 134 ordinamenti, l'Italia è al 54o posto nel comparto delle infrastrutture;
nella qualità infrastrutturale, il nostro Paese scende addirittura al 73o posto, ben lontano sia dalla Germania e dalla Francia (che ricoprono, rispettivamente, il terzo e il quarto posto), che da Paesi quali la Spagna, la Grecia o l'Irlanda;
è rilevabile un progressivo divario tra la situazione italiana e quella degli altri principali Stati comunitari;
la relazione della Banca d'Italia all'assemblea ordinaria dei partecipanti (29 maggio 2009) rilevava che: «Il divario tra la dotazione infrastrutturale dell'Italia e quella media degli altri principali paesi dell'Unione europea è più che triplicato negli ultimi vent'anni»;
l'evidente inadeguatezza della dotazione infrastrutturale incide in modo rilevante sull'efficienza del sistema dei trasporti, proprio quando quest'ultimo, in seguito alla nuova logistica e all'introduzione su vasta scala dell'informatica e della telematica, assume un ruolo decisivo nella competizione tra territori;
nel DPEF 2009-2013 si afferma che la produzione industriale italiana nel 2007 è stata pari a 903,8 miliardi di euro: l'incidenza del trasporto e della logistica su tale valore è pari al 20-22 per centro, cioè pari a 186 miliardi di euro;
alla comparazione tra l'Italia e gli altri Paesi europei, va aggiunta una questione rilevante interna al Paese relativa al divario infrastrutturale tra Nord e Sud e all'interno di queste due aree tra le diverse regioni;
sul piano infrastrutturale in Italia si rilevano due questioni specifiche - valutate di rilevanza nazionale ed evidenziate negli ultimi DPEF - che richiedono di essere considerate all'interno del quadro generale:
a) la «questione settentrionale», con una domanda di accessibilità e di mobilità - per persone e merci - debolmente soddisfatta da un'offerta infrastrutturale con rilevanti deficit qualitativi e quantitativi;
b) la «questione meridionale», evidenziata da un rilevante ritardo infrastrutturale, in una situazione nazionale già di per sé precaria;
gli indicatori di dotazione infrastrutturale elaborati nel 2008 dall'istituto Tagliacarne segnalano il persistere di rilevanti divari regionali e provinciali: le prime province per indice di dotazione stradale sono tutte in Italia settentrionale (Savona, Vercelli, Novara, Alessandria e Imperia). Nella classifica, la prima provincia dell'Italia centrale che compare è Frosinone al 7o posto; mentre del sud Italia è Teramo al 10o;
l'indice di dotazione ferroviario rileva dati analoghi;
un recente studio della Confindustria (check up Mezzogiorno, 2009), registra un divario infrastrutturale del Sud di 25 punti

al di sotto della media nazionale, esattamente come avveniva all'inizio di questo decennio;
in questo quadro d'insieme dei divari infrastrutturali interni ed esterni al nostro Paese si inserisce l'analisi relativa al piano strategico infrastrutturale messo a punto per recuperare tale rilevante divario sia sul piano europeo che interno;
in materia di rilevazione e analisi infrastrutturale si rilevano importanti cambiamenti di impostazione mirati al raggiungimento di più obiettivi:
a) ampliare il campo di osservazione alle infrastrutture cosiddette «sociali»;
b) isolare le componenti di mera dotazione da quelle di «qualificazione» delle risorse presenti;
c) creare un sistema di indicatori e di pesi stabile, che consentirà di ottenere misurazioni comparabili dei fenomeni oggetto di studio;
in questo nuovo contesto d'analisi si inserisce il rapporto del 2 luglio del 2010 predisposto a seguito della deliberazione dell'VIII Commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici del 22 luglio 2009;
nell'analisi che si propone, prescindendo da ulteriori articolazioni e interdipendenze, come per esempio il divario conseguente all'insularità, sono stati presi in esame due parametri oggettivi quali quello territoriale (spesa per chilometri quadrati) e quello demografico (spesa procapite);
con riferimento allo stanziamento per chilometro quadrato il primo parametro preso in esame è quello della superficie territoriale dal quale emerge: il valore medio nazionale del costo dell'intero Programma risulta pari a circa un milione e 190 mila euro per chilometri quadrati;
nove sono le regioni con valori superiori a questa media nazionale: innanzitutto la Liguria, che sfiora i 4 milioni a chilometro quadrato, seguita dalla Calabria, con 3 milioni. Tra il milione e i due milioni si attestano alcune regioni più grandi, nell'ordine la Lombardia, il Veneto, la Sicilia e la Campania. Seguono tra le altre il Molise, il Friuli e il Piemonte. Leggermente al di sotto della media il Lazio. Ultime della graduatoria risultano la Sardegna con 237.000 euro per chilometro quadrato e il Molise con 225.000 euro per chilometro quadrato;
i dati elaborati sull'intero programma infrastrutture strategiche,il cui valore complessivo è attualmente pari a 358 miliardi, in base ad una ripartizione sul parametro territoriale, fanno emergere la seguente graduatoria regionale - monitoraggio aprile 2010 - (euro per chilometro quadrato):
Liguria 3.884.719 euro/chilometro quadrato;
Calabria 3.074.912 euro/chilometro quadrato;
Lombardia 1.646.189 euro/chilometro quadrato;
Veneto 1.625.508 euro/chilometro quadrato;
Sicilia 1.408.644 euro/chilometro quadrato;
Campania 1.379.566 euro/chilometro quadrato;
Molise 1.302.502 euro/chilometro quadrato;
Friuli Venezia Giulia 1.289.567 euro/chilometro quadrato;
Piemonte 1.217.754 euro/chilometro quadrato;
Lazio 1.125.066 euro/chilometro quadrato;
Emilia Romagna 1.069.755 euro/chilometro quadrato;
Umbria 868.401 euro/chilometro quadrato;
Basilicata 837.065 euro/chilometro quadrato;

Abruzzo 767.266 euro/chilometro quadrato;
Toscana 649.124 euro/chilometro quadrato;
Puglia 448.032 euro/chilometro quadrato;
Trentino Alto Adige 446.560 euro/chilometro quadrato;
Valle d'Aosta 290.038 euro/chilometro quadrato;
Sardegna 237.463 euro/chilometro quadrato;
Marche 225.478 euro/chilometro quadrato;
in relazione a questa analisi risulta evidente un gravissimo disequilibrio della pianificazione infrastrutturale tra le singole regioni;
tale squilibrio emerge in tutta la sua gravità nella simulazione predisposta per questo atto parlamentare dalla quale emerge la differenza tra le regioni che hanno avuto un'attribuzione superiore e inferiore, rispetto al dato medio nazionale di 1.188.379 per chilometro quadrato;
i dati seguenti costituiscono la dimostrazione oggettiva dello squilibrio del piano infrastrutturale strategico rispetto ad un equo riparto delle risorse per regione parametrato sullo stanziamento medio nazionale per euro/chilometro quadrato (il segno (+) contrassegna gli stanziamenti non dovuti rispetto alla media nazionale, il segno (-) i mancati stanziamenti conseguenti al mancato rispetto di un parametro unitario nazionale):
Liguria +14.614.162.800;
Calabria +28.450.804.173;
Lombardia +10.924.720.030;
Veneto +8.039.239.439;
Sicilia +5.661.471.295;
Campania +2.598.231.330;
Molise +506.477.874;
Friuli Venezia Giulia +794.932.928;
Piemonte +746.125.000;
Lazio -1.089.490.104;
Emilia Romagna -2.624.318.752;
Umbria -2.705.733.968;
Basilicata -3.511.383.430;
Abruzzo -4.545.914.835;
Toscana -12.397.472.450;
Puglia -14.337.560.002;
Trentino Alto Adige -10.093.931.133;
Valle d'Aosta -2.931.286.683;
Sardegna -22.907.566.440;
Marche -9.334.362.294;
la rappresentazione economica del divario nella pianificazione infrastrutturale del Paese rende il dato macroscopico tale da evidenziare una vera e propria emergenza nazionale sul piano della coesione economica ed infrastrutturale, minando i presupposti fondamentali della stessa Carta costituzionale in termini di coesione nazionale, uguaglianza tra cittadini e libertà;
tale analisi assume una valenza ancor più significativa nel dato relativo al valore pro capite dell'investimento infrastrutturale nel nostro Paese;
con riferimento allo stanziamento procapite - dall'esame dello studio richiamato il valore procapite del costo dell'intero programma infrastrutturale ad oggi stimato è pari a circa 6.000 euro ad abitante se si considera l'intero costo, quindi compresa la quota non ripartibile a livello regionale (14.143 milioni/euro);
il dato procapite fa registrare la Calabria con circa 23.000 euro, il Molise (oltre 18.000 euro ad abitante), la Basilicata (14.000 euro), la Liguria (13.000 euro), il Friuli e l'Umbria (oltre 8.000 euro). Tra le regioni più grandi, ai di sopra della media regionale si collocano la Sicilia con oltre 7.000 euro; il Piemonte, con un importo leggermente inferiore (6.978 euro);

il Veneto (oltre 6.000 euro). L'Emilia Romagna supera i 5.000 euro, la Lombardia registra un valore intorno ai 4.000 euro, come la Toscana, mentre Lazio e Campania si attestano sui 3.000 euro. La Sardegna si attesta sui 3.423 euro procapite;
il divario procapite tra regioni è rappresenta dai seguenti dati (euro per persona):
Piemonte 6.978;
Valle d'Aosta 7.449;
Lombardia 4.032;
Liguria 13.037;
Trentino Alto Adige 5.965;
Veneto 6.119;
Friuli Venezia Giulia 8.231;
Emilia Romagna 5.456;
Toscana 4.025;
Umbria 8.212;
Marche 1.393;
Lazio 3.441;
Abruzzo 6.206;
Molise 18.018;
Campania 3.225;
Puglia 2.127;
Basilicata 14.165;
Calabria 23.085;
Sicilia 7.187;
Sardegna 3.423;
il rilevante squilibrio nei riparto regionale, relativamente alla quota procapite, è ancora più evidente nei dati seguenti che rappresentano il divario tra le regioni nella proiezione sul numero degli abitanti. Con il segno (+) si registra lo stanziamento non dovuto e con il segno (-) quello sottratto in seguito al mancato rispetto di un parametro unitario nazionale:
Piemonte +4.494.626.994;
Valle d'Aosta +188.691.525;
Lombardia -18.822.850.032;
Liguria +11.423.347.672;
Trentino Alto Adige +1.018.657;
Veneto +757.259.940;
Friuli Venezia Giulia +2.790.531.912;
Emilia Romagna -2.203.693.332;
Toscana -7.189.459.102;
Umbria +2.010.211.056;
Marche -7.174.541.038;
Lazio -14.196.189.330;
Abruzzo +322.991.350;
Molise +3.866.862.930;
Campania -22.304.335.194;
Puglia -15.653.816.574;
Basilicata +4.843.518.801;
Calabria +10.111.679.721;
Sicilia +6.161.228.177;
Sardegna -4.246.013.541;
con riferimento ad opere deliberate CIPE procapite - dallo studio citato si rileva che la media nazionale del valore pro-capite della spesa ad oggi prevista per le opere con delibera CIPE è di 2.180 euro;
superano la media l'Umbria, con quasi 7.500 euro ad abitante, la Calabria, con oltre 6.000 euro, il Trentino e la Liguria, con più di 5.000, Veneto e Sicilia, con oltre 3.000 e la Lombardia (2.456). In fondo alla classifica Sardegna (836), Molise (611), Marche (473), Abruzzo (437) e Puglia (216);
con riferimento ad opere deliberate CIPE per chilometro quadrato - i dati analitici sulla quota procapite regionale relativamente agli stanziamenti deliberati dal Cipe fanno emergere un profondo

divario tra regioni, sia del Sud che del Nord come si evince dai dati seguenti:
Umbria 7.476 euro/persona;
Calabria 6.276 euro/persona;
Trentino 5.965 euro/persona;
Liguria 5.298 euro/persona;
Veneto 3.174 euro/persona;
Sicilia 3.010 euro/persona;
Lombardia 2.456 euro/persona;
Basilicata 2.305 euro/persona;
Piemonte 1.913 euro/persona;
Emilia Romagna 1.570 euro/persona;
Lazio 1.548 euro/persona;
Friuli Venezia Giulia 1.371 euro/persona;
Campania 1.142 euro/persona;
Toscana 1.136 euro/persona;
Sardegna 836 euro/persona;
Molise 611 euro/persona;
Marche 473 euro/persona;
Abruzzo 437 euro/persona;
Puglia 216 euro/persona;
la media nazionale dello stanziamento CIPE per chilometro quadrato è di poco meno di 434 mila euro a chilometro quadrato. Superano la media 9 regioni, tra le quali emerge la Liguria, con oltre un milione e mezzo di euro, la Lombardia, con oltre un milione. Intorno agli 800 mila euro troviamo Veneto, Calabria e Umbria. Oltre la media nazionale anche Sicilia, Veneto, Campania e Trentino. In fondo alla classifica, con meno di 60.000 euro a chilometro quadrato Sardegna, Abruzzo, Puglia e Molise;
con riferimento delle opere deliberate CIPE per chilometro quadrato - i dati relativi al parametro territoriale mettono
ancor più in luce una macroscopica differenza tra regioni e fanno emergere una totale assenza di riparto omogeneo degli stanziamenti sul territorio nazionale come emerge dall'elaborazione seguente sullo stanziamento regionale CIPE per chilometro quadrato:
Liguria 1.578.755 euro/chilometro quadrato;
Lombardia 1.002.655 euro/chilometro quadrato;
Veneto 843.211 euro/chilometro quadrato;
Calabria 835.982 euro/chilometro quadrato;
Umbria 790.587 euro/chilometro quadrato;
Sicilia 589.958 euro/chilometro quadrato;
Lazio 506.295 euro/chilometro quadrato;
Campania 488.570 euro/chilometro quadrato;
Trentino 446.560 euro/chilometro quadrato;
Piemonte 333.866 euro/chilometro quadrato;
Emilia Romagna 307.836 euro/chilometro quadrato;
Friuli Venezia Giulia 214.741 euro/chilometro quadrato;
Toscana 183.197 euro/chilometro quadrato;
Basilicata 136.220 euro/chilometro quadrato;
Marche 76.602 euro/chilometro quadrato;
Sardegna 58.020 euro/chilometro quadrato;
Abruzzo 54.083 euro/chilometro quadrato;
Puglia 45.555 euro/chilometro quadrato;

Molise 44.191 euro/chilometro quadrato;
la proiezione delle differenze tra la media nazionale per chilometro quadrato e le risorse finanziarie assegnate dal Cipe alle singole regioni rappresenta un quadro iniquo che si evince dai seguenti dati (in euro):
Liguria +6.202.095.160;
Lombardia +13.558.908.874;
Veneto +7.517.394.814;
Calabria +6.055.398.525;
Umbria +3.011.435.280;
Sicilia +3.996.842.203;
Lazio +1.236.188.304;
Campania +735.395.670;
Trentino +164.685.521;
Piemonte -2.555.011.400;
Emilia Romagna -2.801.236.383;
Friuli Venezia Giulia -1.726.088.896;
Toscana -5.776.467.400;
Basilicata -2.980.878.815;
Marche -3.469.046.370;
Sardegna -9.068.367.330;
Abruzzo -4.106.137.330;
Puglia -7.531.476.132;
Molise -1.732.000.508;
i dati emersi configurano un gravissimo divario di trattamento tra regioni che, anche escludendo opere interregionali o di interesse nazionale, costituiscono un vero e proprio ulteriore limite alla coesione nazionale;
il mancato perseguimento di un riequilibrio infrastrutturale nella pianificazione strategica si aggiunge ad un divario strutturale che diventa ancor più rilevante per regioni come la Sardegna che, oltre ad avere stanziamenti decisamente di gran lunga inferiori a quanto gli spetterebbe in base ai dato medio nazionale sia per quanto riguarda la proiezione sulla superficie territoriale che su quella procapite, deve scontare un divario permanente legato alla condizione insulare -:
se non ritenga di dover intervenire sin dal prossimo allegato al Dpef con un piano di recupero sia del divario infrastrutturale, come previsto dall'articolo 22 della legge n. 42 del 2009, che sul grave squilibrio di stanziamenti registrato ed evidenziato in premessa;
se non ritenga di dover immediatamente predisporre un piano di riequilibrio sin dalla prossima riunione del Cipe, con lo sblocco dei fondi Fas delle singole regioni penalizzate da tale ripartizione e utilizzare i fondi indistinti a disposizione del Governo per iniziare a colmare i mancati stanziamenti sin qui registrati;
se non intenda proporre un criterio parametrato che consenta nel futuro di evitare uno squilibrio economico finanziario di tale rilevanza evitando di mettere in essere atti che violano la coesione nazionale, attentano all'uguaglianza tra cittadini di uno stesso Stato e minano la stessa unità nazionale.
(5-03368)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
la razionalizzazione del sistema universitario è, come noto, obiettivo precipuo del Governo e del complesso delle università italiane;
nell'ambito di questo necessario e urgente processo di verifica e di riflessione sulle strutture di ciascun ateneo e sulle potenzialità che possono offrire, una particolare attenzione merita la situazione delle facoltà di medicina veterinaria;
è noto, infatti, che la loro istituzione, evoluzione ed eventuale arricchimento presuppone e richiede un monitoraggio e una verifica tali da comprovare il rispetto

degli standard di qualità previsti dalla Unione europea che consentano un percorso formativo di qualità e, conseguentemente, ai laureati di svolgere la relativa professione in tutti i Paesi della stessa Unione;
per tale ragione diviene imprescindibile la valutazione da parte dell'European Association of Establishments of Veterinary Education (EAEVE), presa in riferimento anche per la programmazione del prossimo anno accademico;
la facoltà di medicina veterinaria dell'università di Sassari è ancora priva della certificazione di qualità rilasciata dall'European Association of Establishments of Veterinary Education;
l'ateneo di Sassari sta attivamente lavorando per arrivare alla costruzione dell'ospedale veterinario e per innalzare i parametri produttivi in vista della valutazione europea, che si prevede fissata per il 2013 -:
se il Governo, al fine di consentire a tutti gli atenei che necessitano di potenziare l'organizzazione di facoltà con adeguate strutture scientifiche, didattiche e di ricovero affinché possano candidarsi alla valutazione del predetto organismo, non ritenga necessario assumere iniziative volte a far sì che l'approvazione - anche condizionata - possa essere differita oltre il 2013, per scongiurare una possibile chiusura delle facoltà di medicina veterinaria non accreditate, considerando soprattutto il valore che molte di loro rivestono per l'economia delle regioni di appartenenza.
(4-08362)

CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
lunedì 2 Agosto 2010, intorno alle 19, sul basso Canavese, provincia di Torino, si è abbattuta una disastrosa tromba d'aria unita a grandine, che ha provocato danni ingentissimi ad abitazioni e capannoni agricoli ed industriali, ha distrutto intere coltivazioni di mais e di interi vigneti di «Erbaluce», vino doc della zona;
i comuni più colpiti sono: Mazzè, Caluso, Montanaro e la parte nord del comune di Chivasso e più precisamente le frazioni Boschetto e Mandria;
i sindaci dei comuni citati in premessa hanno richiesto il riconoscimento dello «stato di calamità» -:
se si sia già provveduto ad una prima valutazione dei danni provocati;
se sì, a quanto ammontino;
se intenda, il Governo, riconoscere il richiesto «stato di calamità»;
come intenda venire incontro finanziariamente alle popolazioni colpite dalla tromba d'aria e dalla violenta grandinata.
(4-08375)

CAZZOLA e CARLUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 11 giugno 2010 l'interrogante riceveva sulla propria casella di posta elettronica della Camera dei deputati la seguente comunicazione, che gli giungeva da parte di una madre, che si è vista sottrarre la tutela della sua unica figlia minore, in seguito ad una serie di vicende che la stessa narra:
«Mamma e figlia separate dallo Stato: Voglio denunciare pubblicamente una strage sociale che sta accadendo in questo paese: la sottrazione dei figli alle famiglie «istigata» dai Servizi Sociali che inducono il Tribunale dei minori a prendere provvedimenti drastici che decidono il fatale destino delle famiglie. Vi racconto il mio dramma di vita che è simile a tanti altri casi rimasti nell'anonimato.
Sono venuta in Italia nell'anno 1998 per stabilire un rapporto di fatto con un italiano (... omissis ... ). Poco dopo è nata nostra figlia. In seguito lui ha lasciato il nucleo familiare quando mia figlia aveva 2

anni per sottrarsi alle sue responsabilità familiari ed economiche. Dopo questa separazione ho dovuto lottare per i nostri diritti (di madre e di figlia) nei confronti del padre che ha fatto una denuncia accusandomi di «maltrattare» mia figlia. Sebbene non ci fossero delle prove oggettive attendibili, l'assistente sociale (... omissis ... ) e i Servizi Sociali dell'Azienda USL di Ravenna, distretto di Lugo, sono intervenuti nel conflitto di coppia e secondo me, di fatto, hanno complicato ulteriormente il problema. Uno potrebbe persino pensare che siano interessati a gestire le nostre esistenze per garantirsi lo stipendio a fine mese.
Il 6 dicembre 2004 ho portato mia figlia a scuola e non è tornata mai più a casa perché è stata affidata al padre con un decreto urgente e provvisorio dal Tribunale per i Minorenni di Bologna sotto la sorveglianza dei Servizi Sociali di Lugo. La bambina viene educata contro la sua mamma facendo del nostro rapporto un problema costante. Dobbiamo subire violenze psicologiche e anche economiche, dato che si approfitta della nostra condizione di necessità per costringerci ad adeguarsi alle loro imposizioni.
Dal 17 dicembre 2004 ho incontrato mia figlia un ora alla settimana nel consultorio dei Servizi Sociali a Lugo in presenza di una psicologa sociale (... omissis ...). Questa modalità di visita «carceraria» in ambiente anomalo è proseguita fino al 2005. In quell'anno hanno trasferito le competenze al Consorzio dei Servizi Sociali di Ravenna ma hanno mantenuto lo stesso metodo repressivo che è finito il 5 aprile 2007 quando l'assistente sociale (... omissis ...) e la psicologa sociale (... omissis ...) hanno sospeso gli incontri protetti fissando 1 telefonata alla settimana sorvegliata dal padre col vivavoce. Tra il resto, il padre interrompeva spesso il dialogo tra di noi per ostacolare il nostro rapporto e prolungare il disagio soltanto per motivi di possesso, egoismo, intolleranza, discriminazione e razzismo. Mi hanno vietato di parlare lo spagnolo con mia figlia ed ora la bambina si rivolge a me in italiano, mentre prima era bilingue. Inoltre, non posso uscire dall'Italia in vacanze con mia figlia inserita nel CED, mentre il padre è andato ripetute volte con la bambina all'estero senza il mio consenso e senza avere nessuna notizia fino al loro rientro.
Dall'aprile del 2008 non posso parlare più con mia figlia al telefono. Sono 3 anni che ci tengono separate. Ma io ragiono da mamma e la vado comunque a trovare dove abita perché lei sappia che le voglio bene e che penso ai suoi bisogni, portandole libri, giochi, vestiti, merende eccetera. Il tutto accompagnato sempre da una lettera. Ma ogni volta che mi avvicino a lei chiamano le forze dell'ordine o fanno scene di violenza anche con aggressione fisica di fronte alla bambina per intimidirla nei miei confronti.
In 6 anni ho speso i miei soldi consegnando oggetti e altre cose, facendo la «mamma a distanza» senza alcun diritto genitoriale di condividere i miei regali con mia figlia, per mantenere il nostro legame affettivo, ma senza avere la certezza che la bambina abbia ricevuto questi regali o abbia letto le mie lettere. Non mi sono nemmeno state restituite le cose che la bambina non usa più e che appartengono alla nostra vita.
Il padre mi perseguita legalmente rivolgendomi accuse di ogni genere al fine di cancellarmi dalla vita di mia figlia e ottenere i vantaggi della legge, investendo il suo denaro in processi. Purtroppo le mie prove e testimoni non hanno mai avuto nessun cambiamento positivo in tutti questi 8 anni nei tribunali civili e penali. Secondo me, di fatto, le istituzioni pubbliche sono legittimate a commettere «errori» contrari ai diritti umani e dell'infanzia contemplati nelle leggi nazionali e le convenzioni internazionali e distruggono le persone speculando sulla vita degli innocenti.
Ho una condanna di 8 mesi e 3 giorni di reclusione pendente in Cassazione emessa dal Tribunale Penale di Ravenna con sentenza della giudice (D. di Fiore), per essermi recata a vedere mia figlia e portarle regali, disubbidendo al decreto d'allontanamento, e una condanna a 5 mesi di carcere emessa dal Tribunale

Penale di Ravenna con sentenza del giudice onorario (T. Paone), per essere andata a vedere mia figlia a scuola nel 2005 e averle portato un regalino. L'ultima condanna di 10 mesi di carcere dal Tribunale Penale di Ravenna con l'imputazione del giudice (Messini d'Agostini) per essermi avvicinata a mia figlia senza vigilanza nel 2007. I giudici mandano in prigione le mamme povere e senza possibilità di difendersi legalmente per il solo «crimine» di mettere in atto i diritti umani, naturali e costituzionali di una madre e di una figlia.
Stranamente nell'ultimo decreto definitivo (30 giugno 2008), la giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna (D. Magagnoli) ha ripetuto le stesse motivazioni nel corso del contenzioso, prima con un decreto urgente e provvisorio d'allontanamento dalla madre (29 novembre 2004), poi un decreto definitivo d'affidamento al padre (11 agosto 2005). Inoltre la sentenza della Corte d'Appello (15 dicembre 2005) è praticamente una copia identica del decreto della giudice del Tribunale per i Minorenni di Bologna e del precedente decreto urgente e provvisorio che affidava la bimba ai Servizi Sociali (6 ottobre 2003) e ad un altro decreto urgente e provvisorio di vigilanza sulla minore (9 dicembre 2002) che «rilevava l'atteggiamento pregiudizievole» della madre.
Da quando hanno sospeso le visite protette i Servizi Sociali di Ravenna mi hanno contattato un sola volta invitandomi a un colloquio il 27 novembre 2008, al quale ho risposto inviando una lettera protocollata in cui proponevo l'affido condiviso. In seguito ho ricevuto una segnalazione dal SIMAP (Servizio di Igiene Mentale) di Lugo per sottopormi ad un T.S.O. (Trattamento Sanitario Obligatorio) richiesto dall'assistente sociale ... omissis .... Questo è semplicemente un metodo di controllo in cui si somministrano psicofarmaci alle persone sane che disturbano il lavoro degli operatori sociali in modo da eliminare qualsiasi opposizione e nel contempo sostenere l'industria farmaceutica che «uccide» lecitamente delle vite umane, sottostando agli interessi corporativi del sistema assistenziale.
Così «tutelano» i minori giudicando in base alle relazioni dei Servizi Sociali che contengono l'opinione soggettiva dell'assistente sociale, mai verificata da enti esterni, e sulla base di una patologia «inventata» dalla psicologa sociale procurando danni psicologici, morali e materiali a una bambina di 5 anni di età che deve crescere orfana di una madre in vita.
lo e mia figlia non abbiamo né voce né diritti. Viviamo nello stesso mondo senza sapere l'una dell'altra. Per questo motivo abbiamo bisogno di protezione contro questi abusi di potere, revocando il decreto (30 giugno 2008) ed incriminando i giudici, i Servizi Sociali, il padre e la famiglia paterna per i loro delitti con i risarcimenti dei danni, per riavere al più presto mia figlia e stare assieme in pace e con libertà. La verità vive nel cuore di mia figlia...»;
come affermato nella stessa mail di trasmissione della lettera sopra riportata, l'interessata ha inviato copia della stessa al Ministro di Giustizia in data 8 marzo 2010;
la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo, approvata dall'ONU il 20 novembre 1959 sancisce, tra gli altri principi, che «il fanciullo, per lo sviluppo armonioso della sua personalità ha bisogno di amore e di comprensione. Egli deve, per quanto è possibile, crescere sotto le cure e la responsabilità dei genitori e, in ogni caso, in atmosfera d'affetto e di sicurezza materiale e morale. Salvo circostanze eccezionali, il bambino in tenera età non deve essere separato dalla madre. ...»;
oggi la Convenzione sui diritti dell'infanzia, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre del 1989 a New York - entrata in vigore il 2 settembre 1990 - rappresenta lo strumento normativo internazionale più importante e completo in materia di promozione e tutela dei diritti dell'infanzia. Costituisce uno strumento giuridico vincolante

per gli Stati che la ratificano, oltre ad offrire un quadro di riferimento organico nel quale collocare tutti gli sforzi sinora compiuti a difesa dei diritti dei bambini. L'Italia ha ratificato la Convenzione il 27 maggio 1991 con la legge n. 176;
secondo la definizione della Convenzione sui diritti dell'infanzia sono «bambini» gli individui di età inferiore ai 18 anni (articolo 1), il cui interesse deve essere tenuto in primaria considerazione in ogni circostanza (articolo 3);
a giudizio dell'interrogante nella lettera inviata al Ministro di Giustizia, l'interessata espone una serie di fatti che, al di là degli opportuni approfondimenti da effettuarsi nelle sedi competenti, evidenziano la necessità di assicurare - in ogni caso - non solo l'effettivo benessere psichico della minore in questione, e più in generale dei minori che possono trovarsi nelle medesime condizioni di conflittualità tra i genitori, salvaguardandone i diritti primari in ogni circostanza, anche ai sensi della legge n. 176 del 27 maggio 1991, ma anche i diritti naturali dei genitori stessi ove il sentimento di amore che un genitore ha nei confronti del proprio figlio e dunque la necessità naturale di esercitare il proprio ruolo, non può essere incanalata in forme dispositive rigide che rischiano poi di ingenerare stati di disagio nei genitori privati dei figli tanto da condurli a comportamenti eccessivamente difensivi dei propri figli ed al limite delle leggi, come evidenziato nel caso in questione. Nel caso di specie, infatti, la madre della minore ha persino ricevuto una condanna di reclusione per sottrazione di minore alla potestà genitoriale del padre (condanna attenuata e riformata nel grado superiore di giudizio per insussistenza del reato attribuito) ed una serie di provvedimenti di allontanamento dalla figlia o di divieto di contatto al di fuori di quanto stabilito dai servizi sociali, e dovuti al suo atteggiamento e ai comportamenti conseguenti, seppur criticabili e ai limiti delle leggi vigenti in materia, ma umanamente comprensibili rispetto al suo diritto naturale di madre che vuole essere vicino a sua figlia e vederla crescerei -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e prerogative; intenda valutare l'adozione di provvedimenti volti da un lato a recuperare la fiducia di una cittadina straniera nei confronti del sistema giudiziario del nostro Paese e del ruolo primario dei servizi sociali attivi nella tutela dei minori ma, soprattutto, per assicurare con ogni mezzo che gli interessi della minore in questione e più in generale dei minori che possono trovarsi nelle medesime condizioni, siano tenuti in primaria considerazione in ogni circostanza.
(4-08380)

CAMBURSANO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
ogni cittadino/a italiano/a è libero di andare a trascorre le proprie vacanze dove ritiene più opportuno;
anche un/a Ministro della Repubblica italiana è libero di fare altrettanto;
anche la Ministra del turismo è libera di trascorrere le proprie vacanze in Provenza e più precisamente a Menton;
l'interrogante ha trovato intelligente e ben fatto lo spot ufficiale «Magic Italia», con la voce del Presidente del Consiglio dei ministri che invita a non tradire il Belpaese: «Questa è la nostra Italia! Un Paese Unico, fatto di cielo, di sole e di mare, ma anche di storia, di cultura e di arte. È un Paese straordinario che devi ancora scoprire: impegna le tue vacanze per conoscere meglio l'Italia, la tua magica Italia». Alle parole del Presidente faceva eco quelle della Ministra del Turismo: «Mettersi a disposizione del proprio Paese è un atto di grande amore. Facessero tutti così»;
mai come il corrente anno - battendo addirittura in negativo il già disastroso 2009 - l'industria turistica italiana manifesta una profonda crisi: le presenze

turistiche sono in forte calo, il fatturato è ai minimi storici, le compagnie falliscono. Questo sta accadendo dalla Riviera dei Fiori alla Romagna, dalla Valle d'Aosta al Sud;
il presidente di Federalberghi, Bernabò Bocca, ha parlato della nascita di una «nuova malattia del sistema economico italiano», definendola «povertà turistica»: un fenomeno ormai strutturale, alla base di una tempesta perfetta che da due anni unisce diminuzione dei prezzi, vacanze brevi ed economiche, boom delle vendite all'ultimo minuto ed impossibilità da parte degli operatori, di qualsiasi pianificazione;
i dati forniti dalla Ministra («cinque milioni di turisti in più dell'anno scorso») sono stati accolti con disappunto da tutte le categorie interessate;
Federviaggi ha sottolineato che le statistiche sul territorio sono lontane anni luce da quelle del Governo e che i competitor internazionali sono sempre più forti. Federconsumatori, ha chiesto chi ha fornito i dati alla Ministra, in modo da «presentare denuncia per pubblicità ingannevole». Cinzia Renzi, presidente della Fiatvet - Federazione delle Agenzie di Viaggio - ha detto che «se il Governo non si muove, ci metteremo in mobilitazione. I dati forniti dalla Brambilla non rispecchiano la realtà. Rimarranno sulla strada migliaia di impiegati e lavoratori dell'indotto. Noi volevamo fortemente un ministro del Turismo: ma se nel Governo manca la consapevolezza dell'importanza strategica di questa industria, è come se non ci fosse»;
l'ENIT nel 2011 avrà a disposizione solo 26 milioni di euro, peccato però che la gestione dell'organismo costi circa 25 milioni ed i dipendenti sono furiosi anche perché la Ministra ha preferito girare 7 milioni a PromuovItalia (un'agenzia controllata dal suo dipartimento), denaro che servirà a creare una nuova società per il rilancio del «turismo dei congressi», il Convention Bureau Nazionale -:
se non ritenga opportuno sospendere lo spot citato in premessa, viste le scelte personali della Ministra «competente»;
se la campagna tv, chiamata «Italia Much More» per la quale ENIT ha speso una decina di milioni, debba essere considerato un inutile doppione del portale ltalia.it.
(4-08386)

EVANGELISTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel febbraio 2008 Sogei, società affidataria del servizio da parte delle agenzie fiscali, appalta l'help desk telematico dogane entrate e territorio a Omnia network;
Omnia network appalta a sua volta il servizio a Omnia service center, sua controllata, i dipendenti, le linee, l'utilizzo della sede operativa di Via Staderini (Roma) e ogni piattaforma operativa;
nel mese di settembre 2009 pur essendo titolare della commessa Omnia network scorpora OSC che viene assorbita da Alba Rental (presieduta da Alessandro Gili), che a sua volta cambierà denominazione in Voicity srl, società senza sede legale, con la quale Sogei sembrerebbe mantenere rapporti operativi;
per tutto il 2009 permarranno le difficoltà da parte delle società in questione al regolare pagamento delle competenze e dei contributi dei suoi dipendenti. Gli stipendi iniziano a tardare o a non essere pagati affatto, le date slittano, le comunicazioni da parte dell'azienda si rivelano false. Il 28 febbraio 2010, OSC viene coinvolta nell'istanza fallimentare avviata da alcuni suoi fornitori;
nel mese di giugno 2010 i lavoratori scopriranno, a seguito di accessi presso l'Agenzia delle entrate, che Omnia Service Center, Alba Rental e Voicity sono responsabili del mancato pagamento delle spet-tanze previdenziali, della mancata presentazione

dei 770, dei contributi IRPEF relativi a 2008 e 2009 e per il Fondo EST, dell'errata elaborazione dei documenti fiscali (CUD) fino alla mancata emissione delle buste paga per ben due mesi (gennaio e febbraio 2010);
parrebbe inoltre, per quanto risulta all'interrogante, che i gruppi specialistici (GS) non siano mai stati regolati contrattualmente tra Sogei e Omnia network con conseguenze circa la lievitazione dei costi del servizio;
infine, il 13 luglio 2010 British Telecom, carrier telefonico per la sede Omnia di Via Staderini, interrompe il servizio per insolvenza. Nonostante le continue rassicurazioni da parte dell'azienda e del presidio Sogei in sede, le linee continuano a tacere per tutta la fine del mese, nonostante si tratti di un servizio di pubblica utilità, finché in data 23 luglio 2010 Sogei comunica al Ministero dell'economia e delle finanze la rescissione del contratto con Omnia network spa, intendendo assegnare il servizio ad Almaviva;
sono a rischio pertanto circa 150 posti di lavoro dei dipendenti Omnia Network, formati e professionalizzati che da anni forniscono il servizio di help desk per l'Agenzia delle entrate, delle dogane e del territorio;
dal 13 luglio gli enti pubblici che si avvalgono dell'appalto affidato da Sogei non effettuano più alcun servizio all'utenza -:
quali iniziative intendano intraprendere nei confronti della Società Omnia Network per aver interrotto il servizio previsto dal contratto di appalto e per ripristinare l'attività di help desk;
quali garanzie di continuità occupazionale e di salvaguardia della professionalità acquisita intendano adottare nei confronti dei dipendenti Omnia Network coinvolti nello specifico contratto di appalto;
quali iniziative intendano intraprendere nei confronti della società Sogei che non sembra aver effettuato i dovuti controlli sul servizio prestato e sulla attività contributiva, fiscale e contrattuale delle società appaltatrici;
quali iniziative intendano intraprendere per ricondurre tutta la vicenda, nel rispetto dei princìpi di buona amministrazione e di trasparenza, dal momento che le amministrazioni pubbliche competenti e la Sogei non hanno ufficialmente reso note le condizioni del presunto affidamento in urgenza alla società Almaviva;
quali iniziative intendano intraprendere per assicurare la continuità del servizio, al di là del periodo di emergenza, e attraverso quali strumenti di controllo di gestione e di spesa.
(4-08396)

...

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta in Commissione:

BURTONE. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'ottobre 2009 il dottor Giovanni Accroglianò, cittadino italiano residente in Serbia è stato arrestato e condotto nel carcere speciale di Belgrado per il presunto coinvolgimento in un caso di quella che in Italia sarebbe definita «malasanità», ovvero abuso d'ufficio per l'acquisto di arredi ospedalieri;
il processo, che riguarda diversi dirigenti pubblici ed esponenti politici, ha avuto inizio solo il 1o luglio 2010 e Giovanni Accroglianò in quella data, dopo oltre 8 mesi di carcerazione preventiva in condizioni molto difficili durante i quali l'istanza di scarcerazione presentata reiteratamente dall'imputato è stata sempre respinta (adducendo il motivo del pericolo di fuga nonostante egli viva regolarmente in Serbia da molti anni insieme al proprio nucleo familiare costituito dalla moglie, cittadina serba, e da tre figli), ha sostenuto

la propria difesa, ribadendo la propria innocenza ed estraneità ai fatti contestatigli;
il tribunale speciale di Belgrado ha interrotto il dibattimento in data 5 luglio, fissando la ripresa del processo in data 4 ottobre 2010 prorogando fino a tale data la carcerazione preventiva per alcuni imputati tra i quali Accroglianò sui quali pende quella che all'interrogante appare una fumosa accusa di partecipazione ad una presunta associazione criminale di stampo mafioso che, non avallata da prove, sembrerebbe configurarsi come espediente giuridico a fini persecutori;
il protrarsi dello stato di carcerazione preventiva sine die (dato che non vi è alcuna certezza che alla ripresa del dibattimento la situazione possa cambiare né, tantomeno, sulla durata del processo stesso) appare lesivo dei più elementari diritti dell'imputato e si configura come una grave violazione dei diritti umani -:
se siano a conoscenza dei fatti sopra descritti e quali iniziative diplomatiche intendano assumere nei confronti del Governo della Repubblica di Serbia per tutelare la dignità e i diritti del cittadino italiano Giovanni Accroglianò, gravemente lesi da quello che ad avviso dell'interrogante è un abuso dello strumento della carcerazione preventiva da parte del tribunale speciale di Belgrado.
(5-03360)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
il consolato di Stoccarda serve una foltissima comunità di connazionali residenti nel territorio, e negli ultimi tempi numerosi cittadini utenti segnalano disagi che sembrano essere collegati a problemi di personale e carichi di lavoro degli uffici oberati di attività, con conseguenti difficoltà nella gestione delle pratiche e con frequenti complicazioni tecniche nella gestione delle pratiche più semplici;
i cittadini segnalano, inoltre, un calo del livello delle attività della sede e, in pari tempo, un crescente malcontento dei cittadini utenti a causa presumibilmente di una non adeguata organizzazione dei vari servizi offerti alla comunità, che provocherebbe disorientamento dell'utente medio alle prese con i problemi derivanti dal disinteresse della amministrazione verso le esigenze del pubblico;
non si riesce a comprendere per quali motivi sia stato soppresso il centralino, la cui utilità è di tutta evidenza, mentre invece bisogna rivolgersi direttamente all'ufficio competente tra mille difficoltà, e sempre che l'utente riesca ad individuare tale soggetto, sembra comunque impraticabile il dialogo e il reperimento di chiare informazioni senza un adeguato filtro, e non si riesce a capire a quale scopo sia stato creato il cosiddetto sportello accoglienza, che in teoria dovrebbe indirizzare i cittadini agli uffici competenti, ma che in effetti in pratica risulta essere solo un irragionevole dispendio di mezzi e personale oltre che una ulteriore, inutile barriera burocratica per gli utenti;
i cittadini denunciano anche la soppressione dell'ufficio commerciale, sintomatica, a loro avviso, della scarsa attenzione verso settori importanti della società quali quelli imprenditoriali ed artigianali;
non si capisce perché gli uffici competenti per il rilascio del passaporto, a causa delle nuove procedure, debbano essere sovraccarichi di lavoro. In questo campo, si apprende che si è dovuto registrare una sorta di contingentamento, cioè la fissazione di un numero massimo giornaliero oltre il quale l'ufficio non fornisce i passaporti. Infatti, coloro che riescono a superare lo sportello accoglienza, e a fare poi la fila per il passaporto, corrono il rischio di arrivare quando l'ufficio non può più accettare richieste e di dovere, quindi, ritornare, da località di residenza anche assai distanti nel Baden Wurttemberg, successivamente al .Consolato per rifare le stesse file daccapo;

significativo sembra essere l'episodio del 2009 riguardante l'imposizione della tassa di 40 euro a carico degli studenti aspiranti alla partecipazione dei corsi di italiano, e nonostante la compatta ed unanime reazione indignata della comunità, nessuna istituzione sembra essere intervenuta o si sia preoccupata di rassicurare l'opinione pubblica su un tema cruciale quale è l'integrazione culturale nel Baden Wurttemberg;
sia l'Ambasciata che il Ministero che sarebbero stati avvisati ed aggiornati sulla situazione degli uffici del Consolato e, pur tuttavia, ad oggi non hanno fornito nessuna spiegazione a quanto denunciato;
tutto ciò va evidentemente a discapito del pubblico interesse e del legittimo diritto di ognuno di usufruire di servizi amministrativi soddisfacenti, e fa registrare in tal modo un forte senso di irritazione inasprito dalla percezione/sensazione di abbandono di una attività di leale e forte vicinanza alle esigenze della nostra comunità, da cui nasce il disagio di chi deve lottare quotidianamente in un ambiente ostile e caratterizzato da un clima di incertezza tipico di questa fase di difficile crisi economica e che rischia di ledere le garanzie di uno dei servizi più importanti per i nostri connazionali oltre confine -:
quali iniziative intenda urgentemente promuovere il Ministro al fine di verificare se quanto denunciato dai cittadini in riferimento alla gestione, al funzionamento e al comportamento delle autorità consolari di Stoccarda corrisponda al vero e quali eventuali responsabilità ne deriverebbero;
quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire una maggiore efficienza e affidabilità dei servizi prestati dal Consolato di Stoccarda ai numerosi cittadini italiani che risiedono nel territorio e che si sentono abbandonati e fortemente penalizzati in una situazione di grave crisi economica già di per sé problematica e penalizzante.
(4-08370)

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da alcuni decenni - in virtù della Convenzione italo-elvetica sulla pesca - sussiste il commissariato per la tutela e la difesa della pesca sui laghi Maggiore, di Lugano e sul Fiume Tresa ovvero operante sulle acque comuni tra i due Stati;
al commissariato viene concesso un contributo annuo da parte dello Stato fisso da circa vent'anni, contributo già di 50.000.000 lire annue, ora tradotto - senza variazioni - in euro, moneta pur operante ormai da otto anni;
tutti i componenti la commissione e lo stesso commissario svolgono le loro funzioni a titolo del tutto gratuito e con i fondi disponibili si cerca soprattutto di potenziare le operazioni di ripopolamento ittico nelle acque interessate dalla convenzione;
tali immissioni si riducono progressivamente per mancanza di fondi -:
pur nelle attuali difficoltà di bilancio, se non si ritenga opportuno assumere iniziative per un incremento della dotazione annua disponibile per il predetto commissariato.
(4-08383)

GARAVINI, BUCCHINO e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
nel consolato di Stoccarda, il terzo al mondo per numero di cittadini italiani (120.000) e per consistenza organizzativa, da quarant'anni si svolge un'intensa attività di promozione della lingua e della cultura italiane e di sostegno all'integrazione scolastica dei figli dei nostri connazionali nel sistema formativo locale;
con il tempo nella circoscrizione di Stoccarda si è sviluppato un articolato tessuto associativo di tutela della comunità italiana e di servizio, in particolare nel campo culturale e scolastico, che ha prodotto enti di provata efficienza ed esperienza, quali l'ENAIP, l'IAL-CISL e «Progetto

Scuola», ai quali negli ultimi anni sono stati destinati importanti finanziamenti, dopo il parere favorevole espresso dal consolato e le verifiche disposte dalla competente amministrazione;
l'attività di questi enti si e tradotta in un complesso di interventi quanto mai utili per la comunità italiana e per la sua integrazione nella società tedesca, quali i corsi di sostegno per alunni in età scolare, di recupero nelle carceri, il doposcuola per i ragazzi in difficoltà, i corsi per adulti per il completamento dell'obbligo scolastico, i corsi di lingua commerciale con uso di computer, i seminari di formazione per docenti italiani e tedeschi, per i genitori, sul sistema scolastico e sui possibili sbocchi professionali;
di recente il console di Stoccarda ha espresso parere negativo sulla concessione dei finanziamenti agli enti «storici» che hanno assicurato i servizi scolastici e formativi fino al corrente anno scolastico; lo stesso console, invece, ha espresso parere favorevole sui finanziamenti all'ente «Lernerfolg» e all'associazione italo-tedesca DIG, che hanno presentata domanda per la realizzazione di corsi di lingua e cultura italiane e per corsi di sostegno;
sarebbe opportuno peraltro verificare se l'ente ammesso alla procedura di finanziamento, sia in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge essendo, secondo gli interroganti, dubbio che disponga delle strutture operative, e dell'esperienza indispensabile a realizzare un così delicato servizio -:
quali siano le ragioni che hanno indotto il responsabile del consolato di Stoccarda a operare questa repentina ed inaspettata svolta che rischia di determinare un salto traumatico nello svolgimento delle indispensabili attività di promozione della lingua e della cultura italiana nell'ambito della circoscrizione di Stoccarda;
quali iniziative il Governo intenda assicurare, attraverso l'amministrazione del Ministero degli affari esteri per fare in modo che le attività formative rivolte ad una delle più grandi comunità italiane del mondo abbiano un regolare svolgimento fin dall'avvio del prossimo anno scolastico.
(4-08385)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARIANI, BRATTI, REALACCI, BRAGA, IANNUZZI, MARGIOTTA, BOCCI, BENAMATI, MOTTA, MARANTELLI, GINOBLE, MORASSUT, ESPOSITO, VIOLA e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto si apprende dagli organi di informazione, nell'ambito dell'inchiesta sulla ricostruzione post terremoto, che ha portato la procura del L'Aquila a chiedere misure cautelari nei confronti di quattro persone, sarebbe coinvolto anche Sabatino Stornelli, amministratore delegato della Selex Service Management, impresa controllata da Finmeccanica;
nell'ambito delle indagini relative alla possibile costituzione di fondi neri di Finmeccanica, sembrerebbe che proprio la Selex Service Management abbia svolto un ruolo importante, attraverso l'emissione di false fatture;
la società amministrata da Stornelli si è vista assegnare, con affidamento diretto, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la realizzazione del software del sistema di tracciabilità dei rifiuti denominato SISTRI;
un sistema che consentirà agli organi preposti di effettuare controlli maggiormente efficaci in ragione di una conoscenza più profonda, aggiornata e dettagliata delle attività di produzione, trasporto e gestione dei rifiuti e che avrà un

forte impatto sull'insieme delle imprese del nostro Paese, condizione per l'affermarsi di una più rigoroso rispetto della legalità nelle fasi di trattamento dei rifiuti;
data la rilevanza della funzione svolta dal SISTRI e dall'insieme degli interessi che ruoteranno intorno alla sua introduzione, il soggetto incaricato di una funzione di primaria importanza, quale la definizione del software, dovrebbe garantire tutte le condizioni di competenza tecnica e affidabilità imprenditoriale -:
quali siano state le motivazioni che hanno portato ad assegnare, con affidamento diretto, un compito tanto significativo per gli obiettivi del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, anziché seguire le procedure di evidenza pubblica;
quali siano stati i criteri e quali le competenze che hanno fatto ricadere la scelta sulla società Selex;
se non ritenga che, ragioni di opportunità, richiedano un'attenta verifica delle clausole di affidamento, dell'operato dell'impresa aggiudicatrice, nonché di eventuali responsabilità circa le modalità di affidamento adottate.
(5-03364)

REALACCI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, prevede l'istituzione dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra);
l'Ispra svolge le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, dell'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (Apat) di cui all'articolo 38 del decreto legislativo n. 300 del 30 luglio 1999 e successive modificazioni, dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (Infs) di cui alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e successive modificazioni, e dell'Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare (Icram) di cui all'articolo 1-bis del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 21 gennaio 1994, n. 61; i suddetti istituti (Apat, Icram, Infs) svolgevano e svolgono compiti di rilevanza nazionale quali:
a) controlli ed ispezioni ambientali; raccolta, elaborazione e divulgazione di dati di pubblico interesse sullo stato dell'ambiente;
b) supporto tecnico al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per la gestione dei procedimenti autorizzatori inerenti Via, Vas, Ippc, Aia, siti contaminati;
c) predisposizione di linee guida tecniche a supporto delle politiche per lo sviluppo sostenibile; espressione, sulle materie di competenza, dei pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle regioni e dalle province, nonché dagli enti locali;
d) diffusione e divulgazione conoscenze in campo ambientale; salvaguardia della biodiversità in ambiente terrestre, marino e costiero e nelle politiche per la pesca e la maricoltura sostenibile; censimento del patrimonio costituito dalla fauna selvatica, studio dello stato, dell'evoluzione e dei rapporti con le altre componenti ambientali;
controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle Regioni e dalle Province;
fornire allo Stato e alle Regioni supporto per l'applicazione delle convenzioni e direttive internazionali aventi come oggetto la conservazione della fauna selvatica e degli habitat; fornire alle Regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali faunistico-venatori;
il significato dell'istituzione dell'ISPRA è stato esplicitato dallo stesso Ministro durante l'audizione alla Commissione VIII ambiente territorio e lavori pubblici della Camera dei deputati il

29 gennaio 2009: «Il rilancio del ruolo dell'Istituto partirà, dalla valorizzazione delle sue molteplici competenze e delle professionalità acquisite, sia sotto il profilo della ricerca sia sotto il profilo operativo. Una volta razionalizzata l'attività dei tre organismi e snellita la struttura di gestione per assicurarne maggiore efficienza per il Ministero dell'ambiente, l'ISPRA non potrà che rappresentare un valore aggiunto in termini di autorevolezza, innovazione, apertura al sistema dello sviluppo ecosostenibile, mettendo a frutto l'elevato livello di qualificazione tecnico-scientifica del personale. L'ISPRA conserverà le funzioni fondamentali dei tre enti disciolti, con un particolare imprinting per la ricerca, che sarà strettamente connessa alle politiche di sviluppo e conservazione dell'ambiente nazionale, anche in relazione alle numerose competenze operative già affidate all'APAT ed alle funzioni essenziali riconnesse all'Istituto nell'ambito del Servizio nazionale di protezione civile»;
a soli 2 anni dalla sua istituzione, ISPRA, in sede di prima variazione di bilancio elaborata dalla struttura commissariale, si troverebbe nella situazione di dover assestare il suo bilancio per la somma di circa 24 milioni di euro;
una tale manovra sulle attività dell'ISPRA avrebbe un grave impatto. Tale taglio produrrà inevitabili conseguenze sulle attività di ricerca che soprattutto in ex ICRAM e ex INFS si basano su convenzioni con fondi esterni regolarmente stanziati in entrata sul bilancio 2010. Peraltro molte di queste convenzioni rispondono a precisi adempimenti di legge affidati ad ISPRA dallo stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e le attività di monitoraggio marino programmate per il periodo estivo sono, già a rischio; a titolo di esempio si cita il monitoraggio marino delle piattaforme offshore per l'estrazione di idrocarburi e quello del terminale GNL di Rovigo, anch'essi previsti dalla legge o del programma di monitoraggio della catture accidentali di cetacei che risponde ad una direttiva europea;
effettuare il taglio di spese a carico di fondi erogati da soggetti esterni e per i quali ISPRA ha assunto precisi impegni contrattuali espone l'Istituto ad inadempienze rispetto ad obbligazioni determinando nell'immediato una richiesta di restituzione, in tutto od in parte, degli anticipi già erogati dai committenti ivi compreso il pagamento delle penali previste nei contratti e una perdita di credibilità per l'acquisizione di attività future;
occorrerebbe considerare misure alternative al suddetto taglio ed in particolare ci si riferisce: - alle azioni compiute nei confronti del MEF per la restituzione dei fondi temporaneamente accantonati ad inizio 2010; alle azioni compiute (oltre alle tre lettere del 2008) nei confronti dello stesso Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare «debitore» ai sensi della legge 93 del 2001 di 8.831.412,87 nei confronti di ISPRA; - al depennamento di residui senza titolo giuridico validi e precedenti al 2010; - alla possibilità di utilizzare i 22.460.666,80 destinati dalla legge 308 del 2005 all'ex ICRAM come copertura all'apertura di un fido bancario al fine di non pagare interessi passivi;
la condanna all'inattività ed all'inadempienza contrattuale oltre ad esporre l'Istituto alla denuncia per danno erariale rischia di portare allo smantellamento definitivo delle professionalità tecnico-scientifiche presenti in istituto ancora in forma di precariato ed economicamente legate ai fondi di progetto esterni con il risultato di disperdere un patrimonio unico nel Paese;
sarebbero gravi le conseguenze sociali e il costo che potranno avere per la collettività i danni causati da un indebolimento così radicale della ricerca pubblica in campo ambientale dopo che il Paese ha già investito milioni di euro per la formazione di queste professionalità e che solo l'anno scorso per 59 giorni ha

portato alla clamorosa protesta dei «Ricercatori sul tetto»;
gli adempimenti previsti dall'approvazione definitiva di variazione costituiscono «di fatto» il fallimento di qualunque operazione di rilancio dell'Istituto troppo enfatizzata dall'attuale Ministro e in realtà denunciano ad avviso dell'interrogante, il disinteresse del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per il destino di un istituto lasciato in balia di se stesso come dimostrano i 2 anni passati per la definizione del regolamento e della nomina dei vertici istituzionali -:
quali iniziative intenda assumere con riferimento alle problematiche rappresentate in premessa.
(5-03367)

Interrogazione a risposta scritta:

MADIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società ADR spa, che gestisce lo scalo aeroportuale di Fiumicino, sta realizzando un progetto di ampliamento della superficie dell'aeroporto. Tale progetto sarebbe in fase avanzata e ADR spa avrebbe già assegnato, a seguito di gara, ad una società britannica la realizzazione del Masterplan presentato il 5 marzo 2010;
in numerosi precedenti di sindacato ispettivo l'interrogante ha evidenziato che la costruzione dell'ampliamento aeroportuale coinvolgerà in maniera massiccia la riserva statale del litorale romano;
da notizie di stampa l'interrogante ha appreso che Legambiente Lazio e il comitato cittadino Fuoripista hanno intrapreso un monitoraggio dell'inquinamento acustico, attualmente ricadente nell'area del comune di Fiumicino;
secondo il quotidiano La Repubblica (cronaca di Roma, 27 luglio 2010) vi sarebbe una quantità insostenibile di rumori nei centri abitati in corrispondenza di atterraggi e decolli: «Decibel alle stelle per i decolli e gli atterraggi allo scalo «Leonardo da Vinci» di Roma Fiumicino. Le popolazioni che vivono nei centri abitati circostanti subiscono un bombardamento acustico ininterrotto che raggiunge livelli preoccupanti. Legambiente Lazio e il Comitato »FuoriPISTA« dalla società «Strategie Ambientali«, hanno monitorato sei siti: la situazione più grave appare quella in viale dei Polpi, nel centro abitato di Focene: qui i fonometri hanno evidenziato un livello medio(Leq) pari a 82,4 decibel dB(A) e un picco di 101,7 decibel dB(A), in corrispondenza di un decollo, ma anche le altre rilevazioni non sono state da meno: dai 91,7 decibel di picco (con livelli equivalenti sino a 75,6 decibel) registrati in via della Trigolana a Maccarese ai 95,4 decibel di picco (84,5 Leq) in via della Muratella-Centro 20. E ancora, dagli 88,0 decibel di picco (69,1 Leq) in prossimità dell'istituto »Leonardo da Vinci« in via di Maccarese ai 95,7 decibel di picco (74,1 Leq) nel sito del campo sportivo Paglialunga (Parco dei Principi, Fregene)»;
secondo le sopradette organizzazioni il progetto di ampliamento dell'aeroporto accrescerebbe in maniera insostenibile la quantità di inquinamento sopportata dai cittadini di Fiumicino -:
se le notizie riportate dalla stampa sugli attuali allarmanti livelli di inquinamento acustico corrispondano alla reale situazione;
se il succitato Masterplan in fase di realizzazione rispetti i requisiti imposti dalle normative sia dal punto di vista dei livelli di inquinamento, sia delle autorizzazioni necessarie per la realizzazione dell'opera.
(4-08361)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GHIZZONI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
la Costituzione italiana prevede, all'articolo 9, comma secondo, che la Repubblica tuteli il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione;
il Ministero, fin dalla sua istituzione nel 1974, ha assunto la finalità di provvedere alla tutela del patrimonio culturale del Paese, come ribadito più di recente dal Codice dei beni culturali e del paesaggio (decreto legislativo n. 42 del 2004 e successive modifiche) che attribuisce al Ministro per i beni e le attività culturali la funzione di tutela del patrimonio culturale (articolo 4) e di vigilanza sui beni culturali (articolo 18);
il decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 «recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica» (convertito con modificazioni dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010) ha confermato (articolo 6, comma 12), la disapplicazione al personale contrattualizzato della pubblica amministrazione del riconoscimento di un'indennità chilometrica per coloro che, svolgendo funzioni ispettive, hanno frequente necessità di recarsi in località comprese nell'ambito della circoscrizione territoriale dell'ufficio di appartenenza, utilizzando il proprio mezzo di trasporto (ex l'articolo 15 della legge n. 836 del 1973);
la suddetta disposizione impedirà ai tecnici l'assolvimento della precipua funzione di tutela e di vigilanza sui lavori e sul patrimonio storico, artistico e paesaggistico, poiché, senza l'utilizzo del mezzo proprio, non sarà loro possibile raggiungere fisicamente i siti da salvaguardare data l'assenza, sul territorio nazionale, di una capillare rete di trasporto pubblico. Tale nefasta eventualità è stata evidenziata, durante l'iter di conversione del citato decreto-legge, dalle precise obiezioni di tecnici ed esperti e sarebbe stata scongiurata se fossero state accolte le proposte emendative appositamente presentate, che sono però state respinte dal Governo e dalla maggioranza;
tale situazione è stata recentemente segnalata al Presidente della Repubblica con una lettera aperta inviata dalla Associazione nazionale dei tecnici per la tutela dei beni culturali e ambientali -:
quali soluzioni intenda assumere il Ministro interrogato affinché i tecnici del Ministero siano in grado di assolvere pienamente al loro compito ispettivo, potendo raggiungere ogni più recondito luogo della Nazione, al fine di esercitare la funzione di tutela e salvaguardia del patrimonio storico, artistico e paesaggistico posta in capo al Ministero per i beni e le attività culturali.
(5-03359)

MARCO CARRA. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il Festivaletteratura di Mantova, da ben 14 anni, sta ottenendo uno straordinario successo di partecipazione di scrittori, studiosi, artisti, musicisti e di cittadini tale da renderlo uno degli eventi culturali più prestigiosi per il nostro Paese;
già nell'interrogazione presentata dal firmatario del presente atto in data 30 luglio 2009, numero 5-01723, si era evidenziato, in grande e dettagliato risalto, l'evento culturale; interrogazione alla quale il Governo ha risposto in VII Commissione in data 9 dicembre 2009;
anche per l'edizione 2010 del Festival, i contributi pubblici sono prevalentemente concessi dalle amministrazioni comunale e provinciale di Mantova, dalla regione Lombardia e dall'Unione europea -:
se, visto il coinvolgimento di tutti i soggetti istituzionali (nazionali ed internazionali) e vista l'importanza dell'evento

culturale, anche il Governo intenda patrocinare il Festivaletteratura di Mantova attraverso il riconoscimento di un contributo economico.
(5-03361)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riporta Terra di martedì 3 agosto 2010, in Calabria, scavando nei pressi della strada statale 18 che corre accanto alla spiaggia e lo svincolo da cui risale l'autostrada verso nord, vicino a Portavecchia di Nocera Terinese, è venuta alla luce una vasta necropoli ellenica, di rilievo mondiale, che dimostra la presenza nelle vicinanze di una città antica: forse Terina o l'omerica Temesa del mitico viaggio di Odisseo;
luoghi di città antichissime, depositari di memorie che vanno dal XIV secolo a.C. fino al caos edilizio e agli scempi urbanistici di oggi. Un patrimonio scoperto per sbaglio sotto il solco di cemento e di asfalto del tracciato della A3, strapazzato periodicamente dalle frane;
non si sarebbe provveduto finora alla tutela e valorizzazione dell'area archeologica di Terina, pertanto, a causa dell'incuria, la necropoli rimane alla mercé di chiunque, con reperti e spoglie incustodite, tombe aperte e tombe ancora chiuse che potrebbero celare patrimoni di valore immenso;
quest'area è uno dei punti più caldi del traffico nord-sud, interessata da uno dei «cantieri permanenti»" aperti nell'infelice tratto calabrese dell'A3. Una delle zone in cui, pare, la parola d'ordine sia mandare avanti i cantieri, nonostante tutto;
eppure, in via ufficiale, in occasione dell'inizio dei lavori di ripristino e ammodernamento di questo tratto dell'autostrada, proprio il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, congiuntamente al Ministero per i beni e le attività culturali, aveva diramato, il 23 gennaio 2003, un'ordinanza che stabiliva i limiti e le modalità di esecuzione dei lavori sull'A3 nei pressi di «un'area oggetto di tutela ai sensi della legge n. 1089 del 1939 ubicata in prossimità di Timpa delle Vigne (Terina) che è ai margini del percorso attuale e di quello in progetto e non sarà interessata, neanche marginalmente, da alcun tipo di intervento» -:
se e quali misure si intendano intraprendere per il rispetto dell'ordinanza del 23 gennaio.2003 a tutela dell'area descritta in premessa e oggetto di protezione ai sensi della legge n. 1089 del 1939 e comunque a tutela del sito archeologico emerso e per l'approfondimento delle ricerche.
(4-08349)

REALACCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
numerosi quotidiani nazionali e locali, diverse agenzie stampa e associazioni ambientaliste, tra cui Legambiente, hanno riportato la notizia che, a Galati, piccola località marina del comune di Brancalone (RC) e sito di nidificazione privilegiato per le tartarughe marine caretta caretta, si sta sviluppando un progetto di edilizia immobiliare-turistica che minaccia l'equilibrio marino e la bellezza della costa jonica reggina;
la costa ionica calabrese, come ha spiegato Legambiente e come dimostrano i dati dell'università della Calabria, è diventata la principale area di nidificazione nazionale della tartaruga marina caretta caretta, ospitando in media oltre il 70 per cento dei nidi registrati annualmente nel Paese;

il Centro di recupero tartarughe, facente capo al progetto «Tartanet», un network guidato dal CTS ambiente che riunisce 31 partner italiani impegnati nello studio e tutela di questa specie, è situato proprio nel comune di Brancaleone, sul versante jonico della costa calabra in provincia di Reggio Calabria. È infatti grande la varietà di habitat di questa zona: dalla costa, caratterizzata da dune fisse e mobili lembi di macchia e adiacente al Parco nazionale d'Aspromonte e del Parco regionale Costa dei Gelsomini;
la spiaggia lunga 50 chilometri e interrotta da piccoli promontori rocciosi crea le condizioni ideali per la deposizione delle tartarughe marine. Qui si trova infatti uno dei siti di nidificazione più regolari e produttivi di caretta caretta: negli anni scorsi dagli 11 nidi scavati nella spiaggia di Brancaleone sono nati circa mille piccoli. Il centro Tartanet di Brancaleone effettua inoltre il monitoraggio dei siti di nidificazione, il recupero e la cura degli esemplari catturati accidentalmente e, con il coinvolgimento dei pescatori, conduce la perimentazione e l'applicazione di sistemi di pesca a basso impatto;
purtroppo questo tratto di costa di prezioso interesse biologico e paesaggistico rischia seriamente di scomparire a causa di un progetto autorizzato nel 2006 dall'amministrazione comunale di Brancaleone, chiamato Jewel of the Sea, e inoltre dalla costruzione di un gruppo di villette a due piani fuori terra, con un muro a una trentina di metri circa dalla battigia. Più a monte, sorgerà poi un villaggio turistico residenziale con campo da golf. Sul sito internet del costruttore alla presentazione del progetto, si legge, inoltre, che la nuova struttura comprenderà un centro commerciale, un albergo, impianti sportivi e piscine. Una cementificazione per un'estensione complessiva di 11,42 ettari;
Goletta Verde, il 19 luglio 2010, ha assegnato il «premio negativo» della «bandiera nera» a chi ha avuto la responsabilità del rischio di compromissione di diverse centinaia di metri quadrati di ecosistema dunale: l'amministratore della RDV srl, l'amministrazione comunale di Brancaleone, il dirigente del settore pianificazione territoriale della provincia di Reggio Calabria e il dirigente della Soprintendenza per i beni «Architettonici e per il paesaggio della Calabria, e come afferma Nunzio Cirino Groccia, della segreteria nazionale di Legambiente: «È davvero inconcepibile che un'area di così alto pregio naturalistico rischi di essere spazzata via da un progetto particolarmente impattante. Come se non bastasse, ci troviamo non solo all'interno del Parco regionale marino Costa dei Gelsomini, ma anche in un'area prossima al sito di interesse comunitario spiaggia di Brancaleone, istituito al precipuo scopo di tutelare la spiaggia e la duna proprio dalle minacce costituite da urbanizzazione e insediamenti balneari. Non è da questa strada che passa lo sviluppo»;
da fonti di stampa emergono dubbi su come la capitaneria di porto e la soprintendenza abbiano voluto deliberare le autorizzazioni di loro competenza ai progetti edilizi di tale impatto posto il divieto di costruire a meno di trecento metri dal mare -:
se non si intenda assumere ogni iniziativa di competenza al fine di evitare che si possa arrecare un pregiudizio di tale entità ad un delicatissimo ecosistema;
se non si ritenga accertare se vi siano elementi di responsabilità in capo alle strutture amministrative che hanno autorizzato il citato progetto.
(4-08367)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel «Museo del Paesaggio» di Verbania Pallanza è conservata e parzialmente sposta al pubblico una ricca collezione di gessi dello scultore Paolo Troubetzkoy, nobile russo che all'inizio del XX secolo si era trasferito in Italia nella zona del Lago Maggiore;

sono note le importanti e positive collaborazioni in atto e in progetto di carattere culturale tra Italia e Russia;
si è appreso che sarebbe in animo di questo Ministero organizzare una mostra di opere di Paolo Troubetzkoy in Russia -:
nel prendere atto positivamente di queste volontà, se non si ritienga di dover assegnare un contributo specifico e speciale all'ente Museo del Paesaggio di Verbania al fine di conservare, predisporre e potenziare il recupero e la conoscenza delle opere di Paolo Troubetzkoy.
(4-08389)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
il colonnello pilota Gianmarco Bellini in forza alla Aeronautica militare italiana prendeva parte alla guerra del golfo nel 1990-91;
come è noto la sera del 17 gennaio 1991 partecipò ad una azione bellica;
operato un attacco fu abbattuto dal nemico e fatto prigioniero per 47 giorni, in cui fu sottoposto a evidenti torture fisiche e psicologiche;
liberato il 3 marzo 1991, fu ricoverato su una nave militare USA come «prigioniero di guerra liberato» e gli venivano diagnosticate due fratture alla colonna vertebrale ed una alla mandibola;
tornato in patria il Presidente della Repubblica volle insignirlo di medaglia d'argento al valor militare;
risulta all'interrogante che vi sarebbe opposizione da parte del Ministero della Difesa nel riconoscimento delle predette ferite come dovute ad azioni di guerra -:
se quanto sopra corrisponda a verità e quali siano le motivazioni di questo intendimento da parte del Ministero;
se sia stato riconosciuto sullo stato di servizio del colonnello Gianmarco Bellini il periodo di guerra cui ha preso parte con l'operazione ONU in Iraq, denominata «LOCUSTA», dal 25 settembre 1990 al 7 marzo 1991 ovvero fino al momento del suo ritorno in patria;
se le ferite riportate in combattimento riconosciute dalla commissione medica militare, siano state messe a matricola e conteggiate come tali ex articolo 93 del regolamento per la disciplina delle uniformi.
(4-08369)

ANDREA ORLANDO. - Al Ministro della difesa, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
la società Whitehead Alenia Sistemi Subacquei spa è una società del gruppo Finmeccanica di primaria importanza a livello mondiale nel settore della costruzione di sistemi di difesa subacquei; conta circa 400 dipendenti nelle sedi di Livorno, Napoli, Genova e La Spezia,
tale società compete sul mercato globale grazie a standard qualitativi elevati, che hanno consentito ai sistemi da essa prodotti di essere utilizzati da numerosissime marine in tutto il mondo ed impiega per lo più ingegneri altamente qualificati;
il consiglio di amministrazione della Wass spa risulta essere stato recentemente rinnovato, con la nomina a consigliere da parte di Finmeccanica di Giacomo Gatti, un consigliere comunale spezzino del Pdl;
le uniche notizie disponibili, e non smentite (Il Secolo xix del 23 luglio 2010 pagina 14), attribuiscono questa nomina all'intenzione del Ministro della difesa di ricompensare Gatti per le quattromila preferenze che questi ha ottenuto alle scorse elezioni per il consiglio regionale della Liguria, nel quale non e stato eletto;

se queste fossero le reali motivazioni della nomina, ciò rappresenterebbe un metodo discutibile di gestione del governo dell'impresa e ad avviso dell'interrogante, le medesime rischierebbe oggettivamente di apparire come una vera e propria operazione politica -:
sulla base di quali presupposti e requisiti sia avvenuta la nomina di Giacomo Gatti a Consigliere di amministrazione della società Wass spa.
(4-08384)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa - Per sapere - premesso che:
l'abbandono del servizio di leva ha portato ad una forte contrazione del numero dei giovani chiamati alle armi e che infatti oggi svolgono questi compiti solo con carattere volontario;
là ove vi erano tradizionali arruolamenti in armi e specialità legate al territorio - come per le truppe alpine - sono state chiuse innumerevoli caserme e cancellate le conseguenti pagine di storia legate ai rapporti tra queste truppe e le rispettive aree di arruolamento;
è opportuna una almeno saltuaria presenza di queste truppe nelle zone alpine -:
se non si ritenga di dover intervenire sui comandi preposti, al fine - soprattutto nel periodo estivo - di fare effettuare campi di addestramento nelle più diverse aree dell'arco alpino per perpetuare almeno per qualche tempo una linea di continuità e di presenza con le popolazioni là residenti.
(4-08388)

RENATO FARINA e CARLUCCI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il tenente colonnello dei carabinieri, Fabio Cagnazzo, comandante del nucleo operativo di Castello di Cisterna, è stato trasferito, a partire dal prossimo settembre, al nucleo operativo di Foggia;
un rapporto della squadra mobile di Napoli avrebbe additato, secondo notizie di stampa, il colonnello Cagnazzo quale fiancheggiatore degli «scissionisti» della camorra, sulla base delle dichiarazioni di un pentito, il quale non avrebbe neppure fatto il nome del colonnello Cagnazzo ma si è limitato a una descrizione sommaria;
non appena si è diffusa la notizia di tale rapporto, il procuratore Giovandomenico Lepore ha precisato che il colonnello Cagnazzo non era iscritto nel registro degli indagati;
in coincidenza con questi avvenimenti il tenente colonnello Fabio Cagnazzo è stato trasferito al nucleo operativo di Foggia;
in precedenza un comunicato congiunto del comando legione carabinieri della Campania e della questura vesuviana, mentre offriva un'immagine rassicurante dei rapporti collaborativi fra l'Arma e la polizia di Stato, non esprimeva alcuna solidarietà al colonnello Cagnazzo, con ciò suggerendo l'ovvia interpretazione che si trattasse di trasferimento punitivo come manifestazione di irreprensibilità dell'Arma, che tiene giustamente a mantenere un'immagine assolutamente nitida;
è invece accaduto l'imprevedibile: 26 su 30 sostituti procuratori hanno firmato il 23 luglio una lettera collettiva, contestante il trasferimento e prodiga di elogi nei confronti dell'ufficiale, descritto come protagonista di numerose importanti operazioni di polizia e della cattura di ben 180 latitanti. Si noti che primo firmatario del documento indirizzato al procuratore risulta essere il dottor Luigi Alberto Cannavale, uno dei titolari delle indagini sulle attività degli scissionisti; mentre tra i quattro pubblici ministeri della direzione distrettuale antimafia che invece non hanno firmato c'è Stefania Castaldi, anche lei impegnata nelle indagini sugli scissionisti;

a quel punto è stata diffusa attraverso le agenzie una precisazione che suona all'interrogante più inquietante del trasferimento punitivo. La decisione di trasferire Cagnazzo è stata motivata infatti come un normale avvicendamento dopo otto anni di permanenza dell'ufficiale a Castello di Cisterna, tenuto anche conto che a giugno 2010, nel corso di un comitato provinciale straordinario per la sicurezza pubblica a Foggia, era stato chiesto al Ministro dell'interno di inviare gli investigatori migliori, al fine di stroncare sul nascere la mafia garganica. Sulla scorta di tale richiesta il comandante generale dell'Arma, Leonardo Gallitelli aveva deciso il trasferimento del tenente colonnello Fabio Cagnazzo a Foggia, un mese prima del rapporto firmato dal capo della mobile napoletana;
la diffusione di tale giustificazione, alla luce delle procedure di trasferimento, del curriculum dell'ufficiale e delle situazioni oggettive concernenti la mafia garganica, assume secondo l'interrogante un significato pretestuoso e lesivo per la dignità dell'Arma;
consta infatti all'interrogante che:
a) tutta la linea di comando sovraordinata all'ufficiale fosse contraria al suo trasferimento e solo il generale Gallitelli si sarebbe imposto per sanzionare il trasferimento;
b) al trasferimento ha dato parere favorevole il Ministro dell'interno;
c) l'annotazione sul libretto personale dell'ufficiale del trasferimento a Foggia equivale a un declassamento che danneggerà comunque la sua carriera;
d) la mafia garganica, quantunque preoccupante, non può essere neppure lontanamente considerata un valido motivo per distogliere il colonnello Cagnazzo da un contesto nel quale ha dato ampia prova di valore, a sentire 26 su 30 sostituti procuratori napoletani; occorre ricordare, inoltre, che l'Arma dispone di centinaia di investigatori in grado di contrastare la nascente mafia garganica senza smantellare le strutture investigative partenopee dedicata alle camorre ben altrimenti agguerrite e affermate;
la lettera collettiva dei sostituti procuratori rappresenta un fatto unico nella storia giudiziaria italiana. Ciò che viene a conferire un peso che sarebbe inconcepibile trascurare, in quanto il giudizio lì espresso è pronunciato e sottoscritto da chi lavora sul campo, a fianco a fianco col colonnello Cagnazzo, e dunque ha il polso della situazione ed è in grado di valutare - come appunto ha fatto - se un rapporto di polizia giudiziaria sia attendibile oppure si presti a un disegno, per ora dai contorni oscuri, certamente tuttavia a danno di un ufficiale valoroso;
appare inoltre singolare che l'Arma dei carabinieri, che poche settimane fa ha fatto giustamente quadrato intorno al condannato in primo grado e valorosissimo generale Giampaolo Ganzer, non trovi altrettanta fermezza per tutelare l'immagine dell'Arma e del valorosissimo e non ancora pregiudicato tenente colonnello Fabio Cagnazzo -:
se i fatti sopra riportati risultino al Governo;
quali provvedimenti abbiano inteso assumere per tutelare la dignità dell'Arma;
quali risposte intendano dare alla lettera collettiva dei sostituti procuratori napoletani, le cui argomentazioni o sono pretestuose e, pertanto meritano l'adozione di iniziative disciplinari, oppure sono fondate e necessitano d'una decisione conseguente, che certo non è quella offerta dal generale Leonardo Gallitelli, secondo una procedura monocratica ovvero per un accordo col ministero dell'interno del quale sfugge all'interrogato la ratio e l'obiettivo finale.
(4-08393)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta in Commissione:

VELO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa degli ultimi giorni che in alcuni comuni della provincia di Livorno e Grosseto, tra cui Follonica, Campiglia Marittima e Gavorrano, i cittadini non ricevono da tempo la corrispondenza;
le proteste da parte dei cittadini non sono mancate e il sindaco del comune di Gavorrano (Grosseto) ha presentato un esposto ai carabinieri denunciando l'interruzione di pubblico servizio;
le Poste si sono giustificate dicendo che il momento è particolare essendo il personale assente dal lavoro per ferie, malattie, permessi e che i sostituti si trovano in difficoltà nelle consegne per la mancata conoscenza del territorio -:
se siano a conoscenza dei fatti su esposti e come intendano intervenire nei confronti di Poste italiane per ottenere chiarimenti circa i disservizi segnalati e quali iniziative si intendano intraprendere al fine di risolvere quanto prima i disagi provocati ai cittadini.
(5-03363)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere, premesso che:
in molti locali pubblici l'orario di accensione delle cosiddette «macchinette» per giochi elettronici non risulta regolato;
la dipendenza da gioco è un fenomeno sociale grave e che impone - a parere dell'interrogante - precisi interventi da parte delle autorità preposte -:
a chi competa la fissazione di orari sull'utilizzo ed accensione delle apparecchiature nei locali e se il ministero abbia svolto azioni tese a far comprendere all'opinione pubblica la necessità di accedere ai giochi d'azzardo in modo più consapevole.
(4-08355)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
si è avuta ampia notizia dalle più diverse fonti di stampa di iniziative giudiziarie ed in particolare di azioni della Guardia di finanza tese a contrastare la diffusione delle cosiddette «macchinette mangiasoldi» ovvero quei giochi elettronici ampiamente diffusi nei bar, ritrovi ed esercizi pubblici che possono essere alterate e sconnesse dalla rete di controllo elettronico cui tutte dovrebbero essere connesse -:
quali iniziative abbia messo in campo il Ministero per un controllo capillare delle predette apparecchiature;
quante si ritengano essere ad oggi queste apparecchiature nel Paese, quante risultino sequestrate e se risulti se le indagini collegate al contrasto di questi fenomeni illeciti abbiano permesso di scoprire pericolose ramificazioni mafiose.
(4-08356)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerose ASL ed enti territoriali hanno sottolineato il problema della dipendenza dei cittadini dal gioco d'azzardo ed avviato percorsi di sensibilizzazione in argomento soprattutto tra i giovani e il recupero dei giocatori;
spesso la dipendenza dai giochi ha conseguenze catastrofiche sui bilanci

famigliari costituendo una vera e propria piaga sociale -:
se non si ritenga opportuno intervenire con pratiche virtuose, al fine di ridurre la dipendenza dei cittadini dai giochi d'azzardo;
in questo caso se non sia opportuno arrivare a riduzioni dei giochi, lotterie, «gratta e vinci» e altro offerti ovunque ed a chiunque, anche alle persone caratterialmente più deboli, fissando regole più stringenti sulla pubblicità e diffusione dei giochi e delle lotterie.
(4-08357)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
sui quotidiani e le diverse altre fonti di stampa sono apparsi numerosi articoli dai quali traspare che in Lombardia verrebbero evasi il 13 per cento dei tributi mentre tale percentuali salirebbe all'85 per cento in Calabria;
non è chiaro peraltro a quali tributi ci si riferisca né come sia possibile dall'esterno ipotizzare tali risultati -:
se il Ministro non ritenga di dover fornire chiarimenti circa la presunta violazione dei tributi a livello di aree regionali e - ove siano confermate queste forti diversità - quali siano i tributi interessati e quali iniziative abbia intrapreso per ridurle;
se si ritenga che il numero delle verifiche effettuate in aree di bassa evasione rispetto ad aree di presunta evasione diffusa sia proporzionalmente congruo e perché non si proceda ad iniziative di carattere straordinario per giungere ad una maggiore uniformità territoriale nel pagamento delle imposte, anche trasferendo contingenti importanti di dipendenti delle Agenzie delle entrate e Guardia di finanza al fine di permettere maggiori e più diffusi ed equi controlli.
(4-08358)

NEGRO, BRAGANTINI, FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
una società a responsabilità limitata, che svolge attività di «Produzione di altre bevande fermentate non distillate», è stata oggetto di verifica fiscale da parte della Guardia di finanza, ai fini dell'IVA, delle imposte sui redditi e degli altri tributi per il periodo 2005-2009;
il controllo ha riguardato, in particolare, le fatture passive registrate relative ai canoni effettivamente corrisposti a seguito della stipula di due contratti di leasing aventi ad oggetto vari macchinari destinati alla produzione; tali macchinari erano stati consegnati, impiegati in prove di produzione e poi messi da parte in attesa di dare effettivo inizio alla produzione;
la Guardia di finanza ha ritenuto che il comportamento dell'azienda in questione, che aveva dedotto i canoni di leasing e detratto la relativa IVA, non fosse corretto, sul presupposto che la deducibilità di costi ed oneri è ammessa solo se gli stessi sono inerenti all'attività da cui derivano i ricavi e che i profitti della società non erano stati realizzati attraverso l'uso di quei determinati beni;
l'Agenzia delle entrate ha, conseguentemente, notificato tre avvisi di accertamento in cui ha recepito i rilievi del processo verbale di accertamento;
ai fini IVA, il requisito dell'inerenza non deve essere considerato strettamente legato ai ricavi prodotti, quanto correlato all'attività di impresa e al potenziale conseguimento degli scopi sociali e, nel caso specifico, è indubbio che i beni non fossero estranei all'attività di impresa, trattandosi di macchinari destinati alla produzione di bevande e concretamente utilizzate in prove di produzione;
ai fini IRES ed IRAP viene mosso il medesimo rilievo, anche se la questione andrebbe posta sotto il profilo della competenza economica; a tal proposito l'articolo

109 del TUIR stabilisce, al comma 2, lettera b), che le spese di acquisizione dei servizi derivanti da contratti di locazione si considerano sostenute alla data di maturazione dei corrispettivi; i beni oggetto della questione erano nel pieno godimento del locatore, per cui non esiste motivo per negare la maturazione dei relativi corrispettivi ed erano già entrati in funzione per l'esecuzione di prove tecniche di produzione; i beni, poi, risentono comunque di un'obsolescenza economica di cui non si può non tenere conto in sedi di ammortamento o di deduzione dei canoni di leasing -:
quale debba essere l'interpretazione dei princìpi di inerenza e competenza economica riguardo alla detraibilità dell'IVA e alla deducibilità dei costi finanziari e alla detraibilità dell'IVA dei canoni di leasing effettivamente corrisposti per alcuni macchinari idonei all'attività specifica dell'azienda, utilizzati in alcune prove di produzione e messi temporaneamente da parte in attesa di dare inizio effettivo alla nuova produzione.
(4-08390)

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GIUSTIZIA

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
in data 6 maggio 2010 (seduta 318) il primo firmatario della presente interpellanza urgente ha illustrato analoga iniziativa di sindacato ispettivo (n. 2-00703) per segnalare le «problematiche inerenti alla liquidazione degli onorari degli avvocati che hanno esercitato il patrocinio a spese dello Stato»;
le attività professionali in questione sono state modificate dall'entrata in vigore (1o luglio 2002) del testo unico, decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, recante disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, che ha sancito l'introduzione del cosiddetto patrocinio a spese dello Stato, estendendone l'applicabilità - in precedenza confinata al processo penale - alle materie civili;
il Sottosegretario di Stato per la giustizia - onorevole Maria Elisabetta Alberti Casellati - ha fornito, in occasione della richiamata interpellanza, una risposta di cui allora l'interpellante prese atto, riservandosi un esame analitico e un confronto anche con i tribunali, in particolare per gli aspetti che di primo acchito presentavano potenziali carenze di informazioni e argomentazioni contraddittorie;
dai dati raccolti dagli interpellanti emerge una situazione che da una parte smentisce, e comunque integra, le informazioni fornite dal Governo e, dall'altra sottolinea l'inadeguatezza della risposta del Ministero in termini di dotazione finanziaria e di adozione di politiche mirate in ambito giudiziario;
i competenti uffici del Ministro, riconosce che non «riesce a stabilire» (a quantificare o a comunicare) il dato, diviso per singola voce, relativo al fabbisogno finanziario, né a differenziare in forma analitica i crediti maturati su base annua dalle amministrazioni territoriali della giustizia, né appare in grado di indicare in forma rigorosa e attendibile l'entità delle risorse necessarie a sanare la condizione debitoria nei confronti degli avvocati che hanno esercitato gratuito patrocinio a spese dello Stato;
i dati riferiti e forniti dal Ministero dell'economia e delle finanze per le spese e gli onorari dei difensori e dei consulenti tecnici (capitolo di spesa n. 1360) fanno capo a risorse «generali», «complessive», non essendo cioè possibile ricavare un dettagliato piano per capitoli di spesa;
similmente, il riferimento ai «60 milioni di euro assegnati con decreto n. 11932» in termini di cassa, per la copertura dei debiti residui relativi al 2009

(riguardanti cioè i debiti del 2008), non consente di rilevare le modalità attraverso cui il Ministero intenda coprire le necessità finanziarie per il 2009, né di valutare l'impatto dello stanziamento in decreto sulla situazione debitoria relativa al gratuito patrocinio per la quale il dipartimento per gli affari di giustizia produce una stima desunta dalla percentuale di risorse erogate sul totale delle spese necessarie;
in particolare, il Sottosegretario Alberti Casellati ha affermato che, «per far fronte a tutte le spese di giustizia dell'anno 2009», il Ministero ha accreditato al tribunale di Bologna «1 milione 380 mila euro, a fronte di esigenze rappresentate, dallo stesso ufficio giudiziario, per circa 1 milione 830 mila euro» e dunque «il 75 per cento di quanto effettivamente richiesto provvedendo, inoltre, all'estinzione del debito maturato nell'anno 2008»;
in realtà, per quanto concerne il tribunale di Bologna, il dirigente responsabile per le spese di giustizia del distretto della corte d'appello di Bologna ha confermato che a fronte di un fabbisogno di 1,8 milioni di euro (i dati in possesso degli interpellanti segnalano una situazione debitoria di circa 500 mila euro nei confronti dell'ufficio del funzionario delegato, e di 1,35 milioni verso l'ufficio ragioneria), è stato trasferito solo un quarto di quanto richiesto, per l'anno 2009;
ne consegue che i dati forniti dal sottosegretario Casellati appaiono agli interpellanti fuorvianti e largamente imprecisi; mentre afferma che è stato erogato il 75 per cento delle risorse richieste dal tribunale di Bologna, la proporzione risulterebbe, secondo fonti del medesimo Tribunale, esattamente inversa posto che nel distretto di Bologna è giunto solo il 25 per cento di quanto richiesto;
stando sempre a quanto riferito dal dirigente per le spese di giustizia del distretto della corte d'appello di Bologna, risulta che il Ministero sia a conoscenza del fatto che il fabbisogno finanziario, nel caso bolognese, è in crescita essendo raddoppiato negli ultimi due anni passando da 2,5 a 5 milioni di euro -:
se il Governo sia o meno a conoscenza della grave situazione illustrata, la quale, ad avviso degli interpellanti, smentisce quanto riferito dal Ministero in precedenza;
se il Ministero sia dunque in grado di fornire analiticamente gli importi a debito effettivi per anno giudiziario dal 2008 ad oggi - sia per il complesso delle spese di giustizia sia, nelle specifico, nei confronti dei difensori che abbiano patrocinato a spese dello Stato - quanto all'aggregato nazionale e con distinto riferimento ai tribunali di Bologna, Cagliari, Firenze, Milano, Napoli, Torino, Catanzaro, Catania, Palermo, Venezia, Treviso, Bari, Roma;
quali azioni intenda intraprendere per assicurare la continuità nell'erogazione di un servizio teso a garantire un diritto costituzionale anche per i cittadini meno abbienti come sancito dagli articoli 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, assicurando una retribuzione degli operatori del settore corrispondente all'importanza sociale del ruolo da essi svolto.
(2-00808)
«Vassallo, Rossomando, Pedoto, Causi, Marco Carra, Rubinato, Capano, Lo Moro, Colaninno, Bordo, Samperi, Tenaglia, Recchia, Bachelet, Martella, Merloni, Ghizzoni, Bratti, Motta, Ferranti, Nicolais, De Torre, Zampa, Morassut, Realacci, Schirru, Gozi, Federico Testa, Viola, Zaccaria, Siragusa, Rosato».

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
l'avvocato Paolo Colosimo è accusato di aver fatto da collegamento con il senatore dimissionario del Pdl Nicola Di Girolamo, anche lui indagato nell'inchiesta, e con la 'ndrangheta per il riciclaggio;

secondo il giudice delle indagini preliminari firmatario dell'ordinanza di custodia cautelare per l'avvocato Colosimo, le indagini hanno portato alla luce una «organizzazione criminale» che realizzava attività economiche fittizie per svariati miliardi di euro al fine di ottenere crediti d'imposta a vantaggio delle due società di Tlc Fastweb e Telecom Italia Sparkle, controllata interamente da Telecom Italia, che negano ogni addebito. I magistrati sostengono che il denaro frutto della frode fiscale veniva poi riciclato in diverse direzioni;
l'avvocato Colosimo deve rispondere di associazione per delinquere transnazionale pluriaggravata, minaccia per impedire l'esercizio del diritto di voto aggravata dal metodo mafioso e scambio elettorale aggravato da metodo mafioso;
l'interpellante dopo essersi recato in visita presso la Casa di reclusione di Milano-Opera venerdì 16 luglio, 2010 ha constatato il precario stato di salute dell'avvocato Colosimo e l'inadeguatezza delle cure prestate allo stesso per la grave patologia che lo colpisce;
la normativa vigente prevede che «il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanità e deve essere assicurare il rispetto della dignità della persona» -:
quali iniziative di competenza intenda intraprendere affinché vengano verificate le condizioni di detenzione dell'avvocato Colosimo, l'adeguatezza delle cure a lui prestate e le condizioni generali di detenzione.
(2-00811) «Barbaro».

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Camera Penale di Bari nel corso della riunione svoltasi il 1o luglio 2010 nell'aula L della sede di via Nazariantz del Tribunale di Bari, ascoltata la relazione del presidente, avvocato Egidio Sarno, dopo ampio dibattito, ha approvato il seguente documento: «rilevato che sono stati segnalati episodi, spesso reiterati, di mancato rispetto degli orari delle udienze, che presso la sezione distaccata di Altamura si concludono addirittura regolarmente nel pomeriggio inoltrato, se non la sera; che sono stati altresì evidenziati gravi episodi di limitazioni del diritto di difesa, avvenuti nel corso del procedimento cosiddetto «farmatruffa», pendente innanzi alla seconda sezione penale del Tribunale di Bari, nel corso del quale, all'udienza del 29 giugno u.s., con ordinanza ex articolo 507 cpp emessa alle ore 12,30, si è disposta una perizia per trascrivere alcune intercettazioni telefoniche, stabilendo l'inizio delle operazioni peritali alle successive ore 14,00 presso lo studio del perito, con l'udienza ancora in corso, e fissando il deposito degli elaborati per sabato 3 luglio e l'esame dei periti per l'udienza di lunedì 5 luglio, in cui è già prevista la discussione del P.M.; il tutto nonostante le rimostranze dei difensori; che è stato anche evidenziato come, sempre nel medesimo procedimento, siano emersi una serie di atteggiamenti che denotano una limitata considerazione del ruolo della difesa. Sintomatico in tal senso l'episodio per cui, nonostante il malore con perdita dei sensi che aveva colpito un difensore mentre era nel corridoio, soccorso addirittura da un medico che in quel momento era sottoposto ad esame testimoniale, il Tribunale abbia ripreso l'udienza senza attendere il rientro dell'avvocato e senza nemmeno nominare un difensore di ufficio; che gli episodi denunciati non risultano in linea con la tradizione di rispetto reciproco e di collaborazione tra magistrati e avvocati che ha sempre caratterizzato il nostro Foro; ribadito che la difesa è diritto costituzionale inviolabile in ogni fase e grado del processo e che tale diritto può essere garantito dall'avvocato difensore innanzi tutto attraverso la possibilità di un'adeguata preparazione della causa; che, pertanto, il continuo protrarsi delle udienze in tardo orario, oltre a violare le disposizioni stabilite dal Presidente del Tribunale

e sottoscritte anche dalla Camera Penale di Bari, dall'Ordine degli Avvocati di Bari e dalla stessa Associazione Nazionale Magistrati, impedisce al difensore proprio quell'attività di studio indispensabile per esercitare, il giorno dopo in altro o nel medesimo processo, il diritto di difesa, oltre che limitarne la propria attività professionale; che presunte esigenze di celerità dei processi, peraltro nel caso denunciato insussistenti in mancanza di imputati detenuti, non possono mai giustificare la compressione dei diritti della difesa, di cui costituiscono un clamoroso esempio la citata fissazione dell'inizio delle operazioni peritali con l'udienza in corso e lo stesso esiguo termine assegnato per l'esame degli elaborati; invita i Dirigenti degli uffici giudiziari a disporre tutte le necessarie ed opportune iniziative di competenza al fine di impedire il ripetersi delle gravi situazioni evidenziate; impegna tutti i colleghi a denunciare, anche con formali dichiarazioni rese a verbale di udienza, le riscontrate violazioni e limitazioni dei diritti della difesa, assumendo tutte le conseguenti iniziative; proclama lo stato di agitazione dei penalisti baresi, riservando ogni ulteriore iniziativa di protesta nel caso in cui tali situazioni dovessero reiterarsi»;
con successiva delibera del giorno 8 luglio 2010 la giunta delle Unioni Camere Penali Italiane ha espresso solidarietà ai colleghi di Bari ed alla Camera Penale di Bari, riservandosi ogni ulteriore intervento, ove necessario, a tutela della stessa -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, con riferimento ad essi, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso gli uffici del tribunale di Bari e, nel caso ne sussistano i presupposti, promuovere le iniziative di competenza.
(4-08342)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il problema del sovraffollamento nelle carceri italiane è ormai giunto ad una situazione di emergenza;
il numero dei detenuti presenti negli istituti di pena è di circa 69.000 (a fronte di un limite regolamentare di 43.201 e una tollerabilità di 63.702);
tra la popolazione carceraria è consistente il numero dei detenuti tossicodipendenti e, di conseguenza, è alto il rischio di trasmissione di malattie virali, ivi compresa l'AIDS; detti detenuti sono responsabili di reati collegati allo stato dì tossicodipendenza, per il quale risulta l'esecuzione del reato;
in Italia operano molte comunità per il recupero dei tossicodipendenti che riescono, spesso con grande difficoltà, a svolgere il proprio lavoro grazie al sostegno del volontariato e ai finanziamenti dei privati;
alcune comunità ospitano tossicodipendenti in regime di privazione della libertà personale, in stato di detenzione o in condizione di espiazione di pene alternative, oltre ad ex detenuti;
lo Stato italiano per ogni detenuto sostiene una spesa media di circa 51.000 euro l'anno (circa 138 euro al giorno);
lo Stato concede alle comunità di recupero che ospitano detenuti tossicodipendenti il pagamento di 34,07 euro al giorno per ciascun detenuto in regime di arresti domiciliari e di 45 euro al giorno per ciascun recluso che abbia avuto una sentenza di condanna;
lo Stato potrebbe avere almeno tre vantaggi affidando alle comunità di recupero i detenuti tossicodipendenti: il risparmio sul costo della detenzione, il recupero del recluso e l'allontanamento dei predetti detenuti tossicodipendenti dalle carceri;
sembrerebbe che il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, istituito presso il Ministero della giustizia, da circa tre anni sia inadempiente nei confronti delle comunità per il recupero dei tossicodipendenti che hanno accolto sia detenuti in condizione di arresti domiciliari che detenuti con sentenza definitiva;

per questo motivo, a quanto risulta dalla prima firmataria del presente atto, molte comunità terapeutiche avrebbero deciso di non accogliere più persone in stato di detenzione;
le comunità di recupero dei tossicodipendenti svolgono un'attività di sostegno valida ai fini sia del recupero che del reinserimento sociale del reo, che potrebbe rappresentare un'alternativa alla detenzione coerente con le finalità indicate dal terzo comma dell'articolo 27 della Costituzione - il quale recita: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato» - e dal primo comma dell'articolo 32 della Costituzione - «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti» -:
se risulti al Ministro interrogato che vi sia un ritardo nei pagamenti alle comunità di recupero;
se corrisponda al vero che tale insolvenza abbia indotto dette comunità a ritirare la propria disponibilità ad ospitare i detenuti tossicodipendenti;
se e in che modo ritenga opportuno intervenire al fine di sanare dette insolvenze e riannodare i fili della collaborazione con le comunità di recupero;
se e quali iniziative ulteriori intenda intraprendere per garantire il rispetto degli articoli 27, terzo comma, e 32, primo comma, della Costituzione.
(4-08345)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la Camera Penale di Ferrara (segretario avvocato Alessandra Palma; presidente avvocato Franco Romani) nel corso dei consiglio direttivo tenutosi il 19 luglio 2010 ha adottato la seguente delibera: «premesso che negli ultimi mesi si è instaurata presso l'ufficio del giudice di pace di Ferrara la prassi di nominare i difensori d'ufficio per persone che siano rimaste prive del difensore di fiducia precedentemente nominato (ad esempio a seguito di rinuncia al mandato) direttamente in udienza (tramite chiamata al call-center e utilizzo della lista dei difensori d'ufficio reperibili), spesso a giorni, o addirittura mesi, di distanza dal momento in cui tale circostanza si è verificata; evidenziato che tale prassi (certamente più rapida e snella per l'ufficio) risulta del tutto incompatibile con i dettami del codice di procedura penale, in quanto dalla lettura in combinato disposto degli artt. 97 c.p.p. e 28 disp.att. c.p.p. emerge che l'autorità giudiziaria deve procedere senza ritardo alla nomina di un difensore d'ufficio, dandone comunicazione tanto a quest'ultimo quanto all'imputato; a) che in tal modo si viola palesemente anche il principio costituzionale del diritto di difesa impedendo all'imputato di poter prendere contatto (prima dell'inizio del processo e, quindi, prima della scadenza di importanti termini processuali) con il difensore d'ufficio nominato; b) che la chiamata con turno di reperibilità deve essere utilizzata solo in caso di effettiva necessità od urgenza ovverosia quando sia prevista la presenza di un difensore e quello precedentemente nominato non sia stato reperito, non sia comparso o abbia abbandonato la difesa e non, invece, quale modalità ordinaria di nomina del difensore d'ufficio; ritenuto di dover stigmatizzare tale prassi in quanto la stessa finirebbe per instaurare un modello organizzativo che, aggirando norme di legge, marginalizza il ruolo de difensore e lede il diritto di difesa; di dover richiedere l'immediato intervento degli organi competenti per ristabilire la corretta applicazione delle norme di legge e la tutela dei diritti difensivi» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, con riferimento ad essi, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso gli uffici del tribunale e del giudice di pace di Ferrara e, nel caso ne sussistano i presupposti, promuovere le iniziative di competenza.
(4-08346)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il giorno 11 giugno 2010, il consiglio dell'ordine degli avvocati di Civitavecchia e quello della Camera penale «A. Bandiera», in riunione congiunta, convocata d'urgenza, e con la partecipazione del rappresentante Organismo unitario dell'avvocatura, ha approvato il seguente documento: «rilevato che l'organizzazione del Tribunale versa in una insostenibile situazione di disagio più volte infruttuosamente rappresentata anche in merito alla inosservanza della corretta disciplina delle udienze e, più generalmente, dei princìpi minimi di rispetto della funzione difensiva; considerato che tale situazione ha raggiunto un triste apice nel comportamento del Collegio Penale all'udienza del 10 giugno 2010 a fronte della rappresentazione del legittimo impedimento di un Collega gravemente ammalato; censurano la assoluta gravità di quanto verificatosi al di là degli aspetti formali di rispetto delle norme e delle regole interne; manifestano la propria solidarietà nei confronti del Collega; deliberano l'astensione dalle udienze penali e civili per il giorno 22 giugno 2010, con contestuale convocazione per le ore 10,00 presso i locali del Consiglio dell'Ordine dell'Assemblea degli Iscritti per la valutazione della situazione e l'assunzione di eventuali ulteriori determinazioni»;
con successiva lettera del 16 giugno 2010, il presidente del tribunale di Civitavecchia, dottor Mario Almerighi, definisce «incomprensibile» la delibera adottata dall'avvocatura in data 11 giugno 2010, le cui motivazioni vengono definite «gravissima accusa» per giunta «formulata inspiegabilmente»;
in data 18 giugno il consiglio dell'Ordine degli avvocati di Civitavecchia replica al presidente del tribunale, dottor Mario Almerighi, confermando le doglianze precedentemente formulate e ribadendo che le stesse miravano ad evidenziare «la mancanza di quei princìpi minimi di rispetto della funzione difensiva (...). D'altra parte l'episodio descritto non è isolato poiché segue altri episodi che hanno provocato forte disagio nell'espletamento della funzione difensiva, dei quali, come Lei stesso riconosce, abbiamo avuto modo di discutere in passato» -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa e se, con riferimento ad essi, il Ministro interrogato intenda attivare i propri poteri ispettivi presso il tribunale di Civitavecchia e, nel caso ne sussistano i presupposti, promuovere le iniziative di competenza.
(4-08347)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 9 della legge 26 luglio 1975, n. 354, dispone che «Ai detenuti ed agli internati è assicurata un'alimentazione sana e sufficiente, adeguata all'età, al sesso, allo stato di salute, al lavoro, alla stagione, al clima»;
conseguentemente, l'amministrazione penitenziaria provvede al sostentamento dei detenuti; molto spesso i ristretti rifiutano il cibo che viene somministrato dall'amministrazione penitenziaria, ricorrendo così all'acquisto di generi alimentari presso le dispense poste all'interno delle strutture penitenziarie;
gli spacci sono gestiti dalla stessa amministrazione carceraria o da imprese esterne, che stabiliscono i prezzi dei beni in vendita in funzione del costo che gli stessi articoli hanno nella città in cui è ubicato l'istituto;
nei grandi centri urbani, in particolare, i costi di riferimento sono relativi ai prezzi dei punti vendita di grande distribuzione situati nelle vicinanze della struttura penitenziaria (come risulta dalla circolare prot. n. 92342/5.5 del 19 novembre 1998 del Ministero di grazia e giustizia -

Dipartimento generale per gli istituti di prevenzione e pena - e successive modifiche ed integrazioni);
i detenuti possono prendere visione dei prodotti in vendita attraverso la consultazione del cosiddetto «modello 72»;
detto modello 72 per ogni tipo di prodotto dovrebbe indicare almeno tre alternative (di prima scelta, medio e di seconda scelta), la marca e il prezzo di vendita;
il modello 72, inoltre, dovrebbe essere aggiornato frequentemente soprattutto per evitare che i prezzi dei prodotti freschi (frutta, verdura, eccetera) vengano stabiliti in funzione dei costi delle primizie che sono superiori;
inoltre, nel corso delle sue numerose visite ispettive presso gli istituti di pena la prima firmataria del presente atto ha ricevuto, e continua a ricevere, numerose segnalazioni di casi in cui i prezzi e la qualità dei prodotti in vendita presso gli spacci degli istituti penitenziari siciliani non corrispondono ai citati parametri -:
se risulti al Ministro interrogato quanto sopra evidenziato e, in caso affermativo, se e quali iniziative intenda intraprendere al fine di garantire un giusto rapporto qualità/prezzo all'interno di tutti gli spacci degli istituti penitenziari.
(4-08348)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i dati relativi alla giustizia civile in Italia evidenziano che sono circa sei milioni i processi pendenti; ad occuparsene sono circa 130.000 magistrati effettivi e 70.000 occasionali, compresi tanto i togati quanto gli onorari, questi ultimi non sempre adeguati al ruolo;
ad oggi, in appello, i rinvii a giudizio arrivano anche sino al 2018;
secondo gli operatori del diritto e gli esperti del settore, per uscire da questa situazione di perenne stato di crisi sarebbero due le soluzioni da adottare congiuntamente ed immediatamente, ovvero l'ampliamento dell'organico dei magistrati ed una radicale semplificazione delle procedure, a partire dalle modalità attraverso le quali rivolgersi al giudice o per le quali evitare l'impugnazione per procedimenti di importa modesto -:
se il Ministro interrogato non intenda verificare quanto esposto in premessa e come intenda risolvere la problematica legata alle lungaggini della giustizia civile, alla semplificazione delle procedure ed alla certezza dei tempi, anche in considerazione dell'attenzione che la Corte europea per i diritti dell'uomo mostra verso il sistema della giustizia italiana.
(4-08350)

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
sono circa 3.000 gli italiani detenuti all'estero; conseguentemente, sono circa 3.000 le famiglie italiane costrette a confrontarsi con legislazioni sconosciute, a dover affrontare ingenti spese legali e di trasferta e a scontrarsi con meccanismi diplomatici spesso incomprensibili;
la procedura di trasferimento dei detenuti all'estero che chiedono di scontare la pena residua nel territorio italiano è regolamentata dalla Convenzione sottoscritta a Strasburgo il 21 marzo 1983, alla quale hanno aderito 63 Paesi;
una delle situazioni peggiori riguarda i nostri connazionali detenuti in India. L'India non solo non ha firmato la Convenzione di Strasburgo ma, di fatto, non ha sottoscritto nessun trattato bilaterale con l'Italia;
è necessario citare qualche dato sulla situazione carceraria in India: 7.468 detenuti sono morti in carcere tra il 2002 ed

il 2007 (quattro al giorno); 1.500 morti ogni anno per le torture subite perpetrate dalle guardie carcerarie, dai militari e da funzionari pubblici; sono inoltre praticate torture diffuse: si tratta di casi documentati di pestaggi, elettroshock, tentativi di annegamento, frustate, e per le donne detenute non mancano gli stupri di gruppo;
l'India, a differenza di altri Stati asiatici, si è rifiutata di invitare l'osservatore speciale dell'ONU sulla tortura;
sono diversi gli italiani reclusi in India verso i quali si ha il dovere di intervenire a garanzia di una giusta detenzione -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto indicato in premessa e come intendano intervenire;
se non ritengano di dovere comunque attivare tutte le procedure utili affinché si possa giungere alla firma di un accordo bilaterale con l'India finalizzato ad una più umana esecuzione della pena ed all'eventuale estradizione in Italia di alcuni nostri connazionali.
(4-08351)

FOGLIATO, CALLEGARI, FOLLEGOT e FEDRIGA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in Italia, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 24 aprile 2001, n. 212, non è consentito procedere alla messa in coltura di sementi transgeniche in assenza delle previste autorizzazioni di legge;
l'articolo 1, comma 5, del suddetto decreto legislativo n. 212 del 2001 dispone che: «Chi mette in coltura prodotti sementieri di varietà geneticamente modificate senza l'autorizzazione di cui al comma 2, è punito con la pena dell'arresto da sei mesi a tre anni o dell'ammenda fino a 100 milioni di lire. La stessa sanzione si applica in caso di revoca o sospensione dell'autorizzazione»;
il 26 aprile 2010 due associazioni «Agricoltori federati» e «Movimento libertario» hanno annunciato che, sebbene in assenza delle prescritte autorizzazioni, avrebbero, comunque, proceduto alle semine di mais transgenico su terreni di loro proprietà, in provincia di Pordenone;
a tale palese violazione di legge sono seguite specifiche denunce all'autorità giudiziaria da parte, sia dell'assessore all'agricoltura della regione Friuli Venezia Giulia, sia della Coldiretti ed uno dei terreni sospetti è stato posto sotto sequestro per ordine del procuratore di Pordenone, che ha, però, fissato un periodo di trenta giorni per le analisi peritali, costituendo, di fatto, le condizioni per consentire la contaminazione dell'ambiente circostante per tramite del polline transgenico giunto, nel frattempo, a maturazione;
da analisi, comunque, effettuate in loco è stata acquisita la certezza che i campi interessati sono costituiti da piante transgeniche e che, con ogni probabilità, altre coltivazioni geneticamente modificate sono state realizzate in aree circostanti;
la mancata azione tempestiva della magistratura e, in specie, la pronta esecuzione degli accertamenti analitici, cui avrebbero dovuto seguire l'immediata distruzione dei campi transgenici ed il rinvio a giudizio dei responsabili ha, di fatto determinato, ad avviso degli interroganti, un consolidamento delle gravi, nonché annunciate e premeditate violazioni delle norme vigenti, realizzate, peraltro con chiare aggravanti, da soggetti di cui è chiara l'identità, in quanto rei confessi;
tale situazione, oltre a recare grave danno alla credibilità dell'agro-alimentare italiano - da sempre impegnato ad affermare la tipicità dei propri prodotti - costituisce un grave vulnus al sistema di regole su cui si fonda la nostra democrazia, in quanto è da considerare inaccettabile che, a fronte di un reato annunciato il 26 aprile 2010, ad oggi, nessun concreto provvedimento sia stato adottato, né per perseguire i responsabili, né per ridurre i

danni derivanti alla collettività dal reato stesso -:
se non si ritenga di disporre un'ispezione ministeriale, finalizzata a verificare la correttezza dell'operato della procura della Repubblica di Pordenone.
(4-08381)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

MESSINA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il porto di Gioia Tauro, nato nella prima metà degli anni '70 in connessione con il progetto della Cassa del Mezzogiorno per la realizzazione del 5o centro siderurgico italiano, si convertì ben presto in un porto polifunzionale con enormi potenzialità per il «transhipment» di container, trasportati sia da grandi navi transoceaniche che da piccole navi per la distribuzione di dettaglio (Feeder) ed, in seguito a tale processo, è stato classificato di rilevanza economica internazionale con la legge 27 febbraio 1998, n. 30, e successive modificazioni ed integrazioni, appartenente alla categoria II classe I ai fini di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 28 gennaio 1994, n. 84;
il vantaggio competitivo di Gioia Tauro rispetto ad altri porti hub nel Mediterraneo è legato alla sua posizione baricentrica nel bacino e alla sua potenzialità di connessione diretta con l'Europa del centro-nord per i traffici provenienti dall'Oriente. Quest'ultima, in particolare, vista come connessione ferroviaria mediante treni-blocco, in alternativa al trasporto marittimo attraverso Gibilterra, l'Atlantico e il Canale della Manica, consentirebbe un risparmio temporale nel trasporto ferroviario attraverso l'Italia che si tradurrebbe in risparmio significativo anche in termini economici per la Nazione e potrebbe generare attività di manipolazione e lavorazioni a valore aggiunto nell'area di Gioia Tauro;
fare di Gioia Tauro un super-hub portuale, una piattaforma intermodale di valenza euro-mediterranea può significare un'opportunità di rilancio competitivo per l'intero Paese oltreché un impulso decisivo per fare uscire una delle regioni a maggiore ritardo di sviluppo d'Europa, come la Calabria, dalle secche di marginalità in cui si trova;
dal piano regolatore portuale in corso di elaborazione da parte dell'Autorità portuale di Gioia Tauro, in merito ai collegamenti ferroviari si evince che: «Le opportunità del porto di Gioia Tauro, in particolare per lo sviluppo della funzione commerciale terminalistica e non, sono in misura significativa legate anche alla disponibilità di un efficiente servizio di trasporto ferroviario, sia per quanto riguarda la fase "portuale" - binari di carico/scarico, di movimentazione e di presa e consegna RFI-porto, sia per quanto riguarda la fase "terrestre" - percorso da e per i terminal di origine e destinazione»;
un disegno di scenario strategico non può prescindere dunque dalla strutturazione di un sistema ferroviario efficiente nell'area portuale e con questo obiettivo si sono mossi con programmi e stanziamenti di fondi i Ministeri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei trasporti, dell'istruzione, dell'università e della ricerca, la regione Calabria, l'Autorità portuale di Gioia Tauro e il Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria (ASIREG) che nel 2006 hanno siglato un accordo quadro (AQ 2006) insieme a RFI per la concessione a RFI stessa delle linee e degli impianti ferroviari a servizio dell'area portuale di Gioia Tauro. La regione Calabria si è impegnata tra l'altro ad investire 13 milioni di euro previsti nell'APQ infrastrutture, ad erogare un corrispettivo annuale per la manutenzione e gestione pari a 608.000 euro ed ad emanare l'atto di concessione entro l'anno;

RFI, di par suo ha assunto l'onere di provvedere all'ammodernamento tecnico degli impianti e del raccordo ferroviario adeguandolo agli standard di sicurezza nazionali e ad una stabile manutenzione;
l'Autorità portuale di Gioia Tauro ha inoltre elaborato un piano regolatore portuale, ormai ad un avanzato stadio di definizione, che prevede fra le componenti di maggior rilievo il potenziamento dell'interporto, con una estensione delle aree per la logistica e l'intermodalità, nonché il riassetto funzionale del sistema ferroviario interno all'ambito portuale, al servizio tanto degli operatori marittimi quanto di altri operatori logistici;
l'ASIREG ha anch'essa elaborato un piano di sviluppo strategico che include significativi interventi per lo sviluppo del settore industriale, prevedendo un nuovo terminal intermodale in adiacenza alla linea ferroviaria nazionale;
a fronte dei suddetti investimenti e progetti per lo sviluppo dei collegamenti ferroviari dell'area, fonti giornalistiche riportano notizie allarmanti sul futuro del porto di Gioia Tauro, atteso che RFI ha annunciato di voler abbandonare lo scalo dell'area portuale a partire dal 1o agosto 2010;
tale decisione comporterebbe, di fatto, la rescissione della convenzione stipulata dalla precedente giunta regionale e gli amministratori delegati di RFI Moretti e Soprano, accordo che ha impegnato la regione Calabria in notevoli investimenti al fine di favorire un servizio di supporto ferroviario al servizio container, con una positiva ricaduta economica sul territorio;
a fronte di un contratto annuale di circa 600.000,00 euro l'anno a favore di RFI per la manutenzione ordinaria della tratta ferroviaria interessata, sembrerebbe che la società delle ferrovie abbia fatto venir meno il proprio impegno, sulla base di una richiesta avanzata dall'Autorità portuale per il pagamento di un canone annuo di circa 170.000,00 euro a titolo di occupazione del suolo interno all'area portuale;
tale notizia, legata a quella del possibile ripristino delle tasse di ancoraggio, provoca preoccupazione sulle prospettive di sviluppo dell'area portuale di Gioia Tauro, tenuto conto che il sistema del trasporto merci rappresenta un elemento di rilancio dell'economia regionale;
la scelta di RFI si caratterizza per tutta la sua gravità, in quanto colpisce in modo irreversibile lo stesso concetto di logistica che, per sua natura, necessita in primo luogo di un affidabile funzionamento delle reti sulle quali vengono veicolate le merci, e il venir meno di tale contributo, con lo sviluppo delle connessioni ferroviarie, rappresenta un duro colpo non solo per le attività in essere, ma anche per le prospettive di sviluppo di tutto il sistema portuale di Gioia Tauro -:
se risponde al vero che la RFI intende abbandonare lo scalo portuale di Gioia Tauro, con la conseguente cessazione della gestione della relativa tratta ferroviaria; se risponda al vero che tale scelta sia da addebitare alla richiesta avanzata dall'Autorità portuale del pagamento di un canone annuo di euro 170.000,00 a titolo di occupazione del suolo interno all'area portuale;
se risponda al vero che il canone di manutenzione annuo di euro 600.000,00 sia regolarmente corrisposto alla RFI;
quali iniziative intenda intraprendere per scongiurare la cessazione del servizio erogato e, in particolare, se non ritenga utile ed opportuno attivarsi con urgenza per promuovere un incontro fra le parti interessate (Ministero, Autorità portuale, organizzazioni sindacali), per individuare una soluzione positiva alla vertenza nell'ottica della realizzazione di un gateway ferroviario, asset strategico per abilitare il nuovo modello logistico a Gioia Tauro.
(4-08364)

MISIANI e SANGA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il treno «Freccia Orobica», in servizio da oltre trenta anni, è utilizzato da migliaia di viaggiatori bergamaschi per raggiungere le località turistiche della riviera romagnola;
gestito dalla società Ferrovie Emilia Romagna (Fer) utilizzando un convoglio elettrico del tipo Vivalto (con carrozze a due piani con aria condizionata), il treno collega Bergamo a Pesaro con 25 fermate intermedie. La corsa di andata parte da Bergamo alle 7,18 per arrivare a Pesaro alle 13,36 mentre quella di ritorno parte da Pesaro alle 15,58 per giungere a Bergamo alle 21,10. Nella stagione estiva 2010 il servizio viene effettuato nel periodo compreso tra il 13 giugno e il 29 agosto;
domenica 13 giugno, primo giorno di servizio, il sovraffollamento del treno - stipato all'inverosimile con persone in piedi (anziani e bambini compresi), bagagli lasciati ovunque, con disagi e potenziali pericoli per la sicurezza - ha costretto i macchinisti ad uno stop di tre ore a Rovato (BS), in attesa della predisposizione di pullman aggiuntivi su cui trasferire almeno una parte dei viaggiatori. Alla stagione di Rovato sono dovuti intervenire i carabinieri, la polizia ferroviaria, la Croce rossa e la protezione civile per dare supporto ai passeggeri. Tra le cause di questi forti disagi, la palese insufficienza del numero di vagoni del convoglio e l'impossibilità di prenotazione dei posti, con il conseguente overbooking (secondo notizie di stampa, oltre 1.100 biglietti venduti a fronte di 680 posti disponibili);
nonostante il potenziamento del servizio, con la previsione di carrozze aggiuntive, i passeggeri della «Freccia Orobica» hanno dovuto sopportare ulteriori disagi. In particolare, domenica 27 giugno 2010 a Ferrara, a causa di un guasto di natura elettrica al materiale, il treno ha dovuto staccare due carrozze ammassando i passeggeri sui due vagoni rimanenti e giungendo a Pesaro con circa un'ora di ritardo; venerdì 2 luglio 2010 il pantografo ha subito un guasto mentre il treno si trovava nelle campagne mantovane, con la conseguenza di una fermata obbligata nella stazione di Poggio Rusco (MN) e un'attesa forzata di quasi due ore per centinaia di passeggeri. Tra i problemi costantemente segnalati dai passeggeri vi sono il malfunzionamento dell'impianto di aria condizionata e le precarie condizioni dei servizi igienici -:
quali iniziative di competenza intenda promuovere per risolvere gli insostenibili disagi che ricadono regolarmente sui cittadini che utilizzano il treno Bergamo-Pesaro («Freccia Orobica»).
(4-08366)

STRIZZOLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comune di Cervignano del Friuli (provincia di Udine) ha da tempo in programma la realizzazione di un nuovo terminal per le autocorriere in una area adiacente alla locale stazione ferroviaria;
per tale progetto vi è già un finanziamento da parte della regione dell'importo di euro 1.200.000 a fronte di un investimento complessivo di euro 1.600.000;
nel corso dell'espletamento di tutte le procedure tecnico-amministrative, è stato avviato un formale contatto con il Gruppo ferrovie dello Stato al fine di ottenere l'autorizzazione all'utilizzo, in locazione, o con cessione di una parte dell'area adiacente a quella individuata per il nuovo terminal delle autocorriere;
nei rapporti tra l'amministrazione del comune di Cervignano del Friuli e il Gruppo ferrovie dello Stato si sono verificati dei ritardi e delle incertezze nelle scelte che stanno pregiudicando i tempi di realizzazione della nuova struttura -:
quali siano le iniziative di competenza che i Ministri interrogati intendano

assumere in relazione all'iter delle scelte operative del Gruppo ferrovie dello Stato al fine di agevolare l'avvio, da parte del comune di Cervignano del Friuli, della realizzazione del nuovo terminal delle autocorriere.
(4-08371)

STRIZZOLO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della legge regionale n. 20 del 1997, articolo 27, l'amministrazione regionale fu autorizzata a concedere alle province finanziamenti destinati alla concessione di contributi in conto capitale a soggetti pubblici e privati per la realizzazione e il completamento di infrastrutture al servizio del trasporto pubblico locale;
il piano regionale del trasporto pubblico locale approvato con delibera della giunta regionale n. 3377 del 20 novembre 1998 individua le autostazioni ed i centri intermodali passeggeri al trasporto pubblico locale fra i quali anche l'autostazione di Codroipo;
dal piano, risulta palese l'intendimento della regione di potenziare, realizzando a Codroipo una nuova autostazione in sostituzione degli spazi di sosta attuali, il servizio pubblico locale intermodale di scambio gomma-rotaia in modo tale che possa essere di riferimento a tutte le comunità locali che gravitano sul centro del medio Friuli;
l'amministrazione regionale con deliberazione n. 2036/2004 ha assegnato all'amministrazione provinciale di Udine i finanziamenti riferiti all'anno 2004 da destinare alla concessione di contributi in conto capitale ai soggetti pubblici e privati per la realizzazione ed il completamento di infrastrutture al servizio del trasporto pubblico locale, ai sensi dell'articolo 27 della legge regionale n. 20 del 1997. Tra i finanziamenti suddetti risulta di spettanza al comune di Codroipo la somma complessiva di euro 572.057,37 per la «realizzazione dell'Autostazione»;
con determina dirigenziale dell'area risorse tecnologiche - servizio trasporti - della provincia di Udine n. 224 del 14 aprile 2008 è stata assegnata e impegnata la somma residua di euro 8.956,38 a titolo di contribuzione per la «realizzazione dell'autostazione delle corriere di Codroipo»;
il contributo provinciale risulta quindi di euro 581.013,75 sulla spesa ammissibile di euro 774.685,00;
l'ultima finanziaria regionale identifica i tempi di attuazione dell'intervento finanziato;
l'amministrazione regionale con nota prot. n. ALPUDC-8584-LPU-ERCM-296 del 30 giugno 2009 ha comunicato all'amministrazione comunale che, con deliberazione della giunta regionale n. 1084/ 2009 è stato predisposto il programma degli interventi previsto dall'articolo 4, comma 55-56, della legge regionale n. 2 del 2000 ed è stato ammesso a contributo l'intervento riguardante «l'ampliamento del parcheggio dell'autostazione ferroviaria» quantificandolo in una spesa ventennale costante di euro 58.800,00 su una spesa complessiva ammessa di euro 800.000,00;
è stato affidato l'incarico per la progettazione generale dell'opera denominata «realizzazione autostazione presso la stazione ferroviaria» con il quale vengono definite compiutamente le opere da realizzare sull'area di cui trattasi;
con nota municipale prot. n. 5678 datata 1o marzo 2010 è stato richiesto all'amministrazione regionale che l'oggetto del contributo da finanziare denominato «ampliamento del parcheggio dell'autostazione ferroviaria» venga sostituito con il più corretto e finalizzato all'obiettivo finale «realizzazione di infrastrutture T.P.L.: realizzazione autostazione di Codroipo ed altre opere connesse - 1o lotto»;
con deliberazione n. 74 dell'11 marzo 2010 è stato approvato il progetto generale di cui al punto precedente 1o e 32o lotto per un importo totale di euro 1.600.000,00;

la spesa totale dell'intervento di cui al progetto generale è finanziata come segue:
a) per la spesa di euro 800.000.00 con mutuo sorretto da contributo regionale pluriennale ventennale di euro 58.800,00 ai sensi della legge regionale n. 2 del 2000 articolo 4, comma 55-56;
b) per euro 581.013,75 finanziati dall'amministrazione provinciale con contributo ai sensi della legge regionale n. 20 del 1997, articolo 27;
c) per la differenza di euro 218.986,25 a carico dell'amministrazione comunale;
l'area su cui dovrebbe sorgere l'autostazione è in parte di proprietà delle Ferrovie dello Stato, con le quali da anni sono in corso trattative per la sua acquisizione;
tale area dovrebbe essere in parte permutata con un'altra area limitrofa che il comune dovrebbe cedere ad Ferrovie dello Stato affinché la stessa società possa utilizzarla come punto di scambio per il trasporto di materiali necessari alle manutenzioni lungo la tratta Pordenone-Udine;
per l'alienazione della propria area e per poter utilizzare quella ceduta dal comune le Ferrovie dello Stato richiedono al comune la realizzazione di alcune opere per l'accesso alla stessa quali una strada di penetrazione ed altre opere minori che facilitino il passaggio e la movimentazione dei mezzi in uso alle stesse Ferrovie dello Stato;
l'acquisto dell'area da parte di Ferrovie dello Stato risulta imprescindibile per la realizzazione dell'intervento in questione;
la procedura per acquisire le proprietà delle Ferrovie dello Stato si è dimostrata assai complicata soprattutto per l'iter procedurale interno all'ente stesso ed alle sue aziende collegate. A suo tempo insieme ad R.F.I., era stata concordata una bozza di accordo di programma fra regione, R.F.I. e comune di Codroipo che permettesse l'affitto delle proprietà in attesa del successivo acquisto. Tale metodo avrebbe dato modo all'amministrazione comunale di procedere con la progettazione e la realizzazione dell'opera preliminarmente alla vendita;
tale strumento però non si è dimostrato perfettamente adatto agli scopi in quanto, non contemplando almeno un diritto di superficie, non forniva delle certezze in merito alla proprietà dell'opera nel caso ipotetico che successivamente alla realizzazione, non si fosse concretizzata per un qualche motivo l'acquisto;
con una nota datata 30 giugno 2009 la Società Ferservizi s.p.a. deputata alla dismissione del patrimonio delle Ferrovie dello Stato, comunicava che il gruppo Ferrovie dello Stato aveva «momentaneamente congelato l'avvio delle procedure di vendita ed ha invitato Ferservizi spa a non procedere, in attesa di nuove direttive, alla stima degli immobili»;
per tale motivo, l'amministrazione comunale si trova, oramai da mesi (con i contributi, di fatto già assegnati), nell'enpasse più totale senza possibilità di via d'uscita se non aspettando le decisioni ed i tempi delle Ferrovie dello Stato;
per poter percorrere tutte le strade possibili ad accelerare il percorso di acquisizione, è stato recentemente inoltrato un quesito alla regione FVG per valutare la possibilità (se esiste) di un possibile esproprio di R.F.I. in quanto le ferrovie, di fatto, sono diventate società per azioni;
oltre alle problematiche sopra esposte, si ha notizia che sono parecchi, sul territorio nazionale, i casi similari che presentano difficoltà di rapporti tra enti locali e il gruppo Ferrovie dello Stato -:
quali iniziative intenda assumere il Ministro interrogato per promuovere una positiva conclusione del piano di intervento della città di Codroipo per la realizzazione della nuova autostazione delle corriere e quali iniziative intenda, altresì, assumere per sbloccare situazioni simili presenti in tante altre realtà locali.
(4-08373)

MESSINA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il consorzio Metromare detto Stretto (Metromare), associazione temporanea di imprese costituita tra Ustica Lines e RFI-Bluvia (che ne detiene il 40 per cento), si è aggiudicata la gara d'appalto per la realizzazione del cosiddetto servizio di «Metropolitana del mare», presentando al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti la migliore offerta tecnica e la migliore offerta economica, per il potenziamento dei collegamenti marittimi passeggeri nello Stretto di Messina attraverso la realizzazione di un nuovo collegamento veloce tra Messina, Reggio Calabria e Villa San Giovanni nonché tra l'aeroporto di Reggio Calabria e il porto di Messina;
a seguito dei risultati della predetta gara d'appalto il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in data 19 dicembre 2008, ha stipulato con Metromare un contratto di servizio di 30 milioni di euro della durata di tre anni;
i suddetti 30 milioni di euro sono stati assegnati dal decreto del Ministro dei trasporti decreto ministeriale 7/T del 15 gennaio 2008, sulla quota complessiva di 40 milioni di euro stanziata per l'anno 2007, di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2007, n. 222, finalizzato ad affrontare la cosiddetta «emergenza Calabria», conseguente ai lavori di ristrutturazione radicale della tratta calabra dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria ed alla conseguente parziale chiusura al traffico della medesima;
il servizio di collegamento veloce avviato finalmente lunedì 28 giugno 2010 dopo trattative e una lunga e travagliata fase preparativa, ha generato un generale malcontento tra gli utenti che hanno complessivamente percepito uno scadimento del servizio, in termini di rapporto qualità-prezzo, rispetto a quanto offerto dai vettori che già gestivano le stesse tratte;
in particolare il piano di trasporto presentato da Metromare è stato fortemente criticato dal comitato pendolari e, come si evince dai numerosi articoli di stampa, anche dagli amministratori di Reggio e Messina che hanno partecipato alle riunioni tecniche, presiedute dal direttore generale del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Enrico Maria Pujia;
Metromare riceve dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ben 10 milioni di euro l'anno, ossia oltre 830 mila euro at mese e oltre 27 mila euro al giorno per garantire il servizio in modo efficiente, più 5 milioni per agevolazioni tariffarie, così come previsto da decreto del Ministero dei Trasporti 7/T del 15 gennaio 2008, ma, a fronte di tali stanziamenti, i cittadini e le amministrazioni interessate non hanno rilevato un miglioramento del servizio ma piuttosto lamentano numerosi disservizi quali: continui ritardi delle corse, con oltre 40 minuti per traversata, contro i 25 previsti; corse per l'aeroporto che non assicurano le coincidenze con i voli, rendendo di fatto il servizio inutile; numero esiguo di corse per il sabato, la domenica e i giorni festivi; non validità dell'abbonamento durante il fine settimana;
l'aspetto che ha però generato maggiori malcontenti è l'aumento considerevole e ingiustificato della tariffe rispetto a quelle dei vettori che gestivano precedentemente le stesse tratte: sulla tratta Reggio Calabria-Messina si è passati da 2,80 a 3,50 euro nella corsa singola e da 4,80 a 7,00 euro nella corsa di andata e ritorno. Di male in peggio sulla Villa San Giovanni-Messina. dove si è infatti passati da 1,50 sulle navi traghetto a 2,50 euro nella corsa singola e da 2,00 a 5,00 euro nella corsa di andata e ritorno;
le nuove tariffe di Metromare non hanno ovviamente tardato a provocare ripercussioni nel mercato del trasporto marittimo locale con adeguamenti al rialzo dei prezzi dei vettori che già assicuravano il servizio a prezzi più bassi e che hanno

innalzato le loro tariffe pedonali al pari di quelle di Metromare;
in merito al dibattito sulle tariffe, il 14 luglio 2010 è intervenuta Metromare che ha dichiarato alla stampa che il consorzio si è sempre rigorosamente attenuto al bando emesso dal Ministero e che le tariffe del servizio, ancorché giudicate esose dagli utenti, sarebbero state addirittura dimezzate per volontà della stessa Metromare rispetto al costo del biglietto proposto per la partecipazione al bando, mentre il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti in sede di risposta all'interrogazione n. 4-01131, in data 5 luglio 2009, sostiene che, se anche le tariffe sono superiori a quelle precedentemente praticate, l'offerta complessiva del consorzio era la migliore e «non poteva essere vanificata», e che, in ogni caso le tariffe applicate dalla società hanno una loro logica in quanto sarebbero tariffe di «mercato» valutate su benchmark nazionali;
tali affermazioni rivelerebbero, a giudizio dello scrivente, se non un vizio di forma del bando stesso, quantomeno una poco attenta considerazione delle offerte pervenute perché se è vero il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non può intervenire direttamente sulla regolazione delle tariffe, è pur vero che la funzione di un bando di concessione è quella di operare una scelta delle offerte in base ad una valutazione complessiva dell'offerta in cui ci sia garanzia che un eventuale taglio di costi non venga operato a scapito di espedienti illeciti, minore qualità, allungamento dei tempi o eccessivo innalzamento delle tariffe; tra l'altro, tariffe regolate su benchmark nazionali, risultano scarsamente applicabili in un'area di fatto conurbata come quella dello Stretto che registra un fenomeno di pendolarismo scolastico e lavorativo che raggiunge una media di quasi 10.000 viaggi di andata e ritorno al giorno e che dunque per le peculiarità geografiche e socioeconomiche è una realtà unica in Italia a cui deve essere garantito il diritto alla mobilità e la continuità territoriale;
secondo il sindacato Or.S.A. (organizzazione sindacati autonomi e di base) sull'appalto al consorzio Metromare graverebbero i costi e le obbligazioni della cosiddetta vertenza dello Stretto, aperta dai lavoratori precari di RFI, socio del consorzio Metromare. In una lettera del 25 luglio 2010, indirizzata alle aziende del consorzio Metromare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, alla procura generale della Repubblica e al prefetto di Messina, Or.S.A. afferma infatti che gli accordi di vertenza avrebbero dato corso non solo ad un abbassamento dei livelli di sicurezza, con la riduzione delle tabelle di armamento, ma soprattutto avrebbero legato l'erogazione del contributo pubblico per appaltare il servizio di collegamento veloce nello Stretto di Messina con l'impegno alla stabilizzazione dei marittimi precari;
nella suddetta lettera si afferma inoltre che siamo in presenza di indizi per sospettare accordi di cartello ai danni degli utenti: «la Vertenza dello Stretto ha già prodotto un alto costo per i cittadini e per i lavoratori con la compressione dei livelli di sicurezza e del costo del lavoro, le aziende hanno ampiamente incassato la parte utile degli accordi senza effettuare assunzioni e potenziamento delle flotte, tutt'altro. Dopo la riduzione delle tabelle d'armamento, inspiegabilmente concesse dal Ministero dei Trasporti a danno dei livelli di sicurezza, si è assistito solo all'aumento esponenziale dei costi dell'attraversamento con un sistema che in città ha prodotto l'allarme di alcuni esponenti del Consiglio Comunale di Messina, relativo a possibili accordi di cartello a danno dell'utenza»;
in sede di audizione in Commissione trasporti alla Camera in data 11 dicembre 2009, Or.Sa ha anche affermato che RFI non sarebbe un partner affidabile in quanto «nel Meridione non è nuova a tattiche utilitaristiche mirate ad incassare solo la parte utile degli accordi» come dimostrerebbe anche la recente soppressione del servizio di metroferrovia, costato soldi pubblici, che doveva essere parte

integrante del collegamento intermodale utile a realizzare un sistema integrato fra ferrovie, trasporto pubblico locale e collegamento marittimo veloce finalizzato anche al rilancio dell'aeroporto di Reggio Calabria, che nei programmi di integrazione delle due comunità dovrebbe tramutarsi in infrastruttura primaria facilmente fruibile anche dai messinesi;
con una risoluzione approvata il 16 dicembre 2009 presso la IX Commissione della Camera il Governo si è impegnato a verificare l'efficienza e a rivedere le modalità del servizio con riferimento al tragitto e alle tariffe per i pendolari, al fine di garantire l'erogazione di un servizio atto al soddisfacimento delle esigenze di mobilità dei cittadini -:
in base agli impegni che il Governo si è assunto con l'approvazione della risoluzione in IX Commissione della Camera, come il Governo stia valutando l'efficienza del servizio, chi è stato incaricato del suddetto compito e quali sono i primi risultati;
se risponda al vero quanto affermato dal sindacato Orsa che sull'appalto al consorzio metromare graverebbero i costi e le obbligazioni della vertenza dello Stretto che avrebbe accordato a RFI, socio del consorzio Metromare, un abbassamento dei livelli di sicurezza con la riduzione delle tabelle di armamento, nonché avrebbe stabilito che l'erogazione del contributo statale per l'istituzione del servizio di collegamento veloce fosse legata alla stabilizzazioni di precari RFI da operare all'interno del consorzio Metromare;
da cosa dipendano i disservizi, come quello del mancato collegamento della tratta per l'aeroporto con i principali voli, derivanti da tale vicenda;
se il Ministro, in considerazione dell'unicità della situazione geografica e socioeconomica dell'area dello Stretto, ritenga sostenibile l'applicazione di tariffe di «mercato» valutate su benchmark nazionali che hanno comportato un innalzamento di tariffe in alcuni casi di più del 50 per cento;
per non dissipare le risorse fino ad oggi impegnate, quali provvedimenti si intendano assumere per rendere effettivamente efficiente il servizio, se necessario anche con una ricognizione della effettiva utilizzazione delle risorse di cui di cui all'articolo 8, comma 4, del decreto-legge 1o ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni, dalla legge 30 novembre 2007, n. 222, definendo una nuova ripartizione delle risorse così come previsto dall'articolo 2 del decreto di ripartizione dei fondi del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti decreto ministeriale 7/T del 15 gennaio 2008;
se e quali provvedimenti il Ministro e il Governo intendano assumere per evitare, in particolare agli utenti pendolari, i disagi dovuti all'aggravio di spesa per l'acquisto dei titoli di viaggio.
(4-08376)

GHIGLIA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i lavori di rifacimento della stazione di Porta Susa sono iniziati e hanno interessato un lungo arco temporale;
da una nota dell'ARPA Piemonte che, a seguito di una serie di indagini ambientali complesse e articolate effettuate presso la stazione interrata Porta Susa, sarebbe stata riscontrata una potenziale situazione di insalubrità;
tale situazione sarebbe ascrivibile ad un difetto di progettazione, poiché non sarebbe stato tenuto nel debito conto il passaggio dei treni diesel che effettuano la tratta Torino-Aosta e che al loro transito rilasciano delle sostanze inquinanti per l'ambiente circostante;
nel tratto di stazione interessato dagli accertamenti dell'ARPA lavorano numerosi addetti -:
chi abbia predisposto il progetto di rifacimento/interramento della stazione Porta Susa e quando ciò sia avvenuto;

se tale progetto sia stato predisposto in sinergia con RFI;
quali siano le ragioni per cui chi ha progettato i lavori non abbia tenuto nel debito conto il transito nella stazione dei treni diesel della tratta Torino-Aosta.
(4-08378)

ZACCHERA e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia di stampa APCOM ha diffuso in data 2 agosto 2010 il seguente comunicato ripreso ampiamente da altri mezzi di comunicazione: «Le aziende italiane lavorano in Venezuela grazie al rapporto personale che c'è tra Berlusconi e il presidente Ugo Chàvez». È quanto ha dettò il Viceministro delle infrastrutture Roberto Castelli parlando dell'export italiano durante una tavola rotonda organizzata nell'ambito di Cortina Incontra. «Chàvez ci fa fare le cose - ha detto Castelli - perché siamo bravissimi e c'è una storia delle imprese italiane in Venezuela, ma anche grazie «al mio amigo Berlusconi», «salutami Berlusconi» e «viva Berlusconi». Le grandi opere infrastrutturali - ha evidenziato - vengono fatte quasi sempre, in Paesi dove non c'è grande democrazia e mercato: decide l'autorità politica, che spesso è dittatoriale, per cui il rapporto personale tra il grande capo di quel paese e il grande capo del nostro paese è fondamentale» -:
se quanto riportato sia confermato dal Viceministro Roberto Castelli;
in questo caso, se - nel dichiarare quanto sopra - abbia tenuto in considerazione i limiti imposti alla democrazia in Venezuela da parte del presidente Chàvez nonché le iniziative adottate dal suo regime contro le imprese italiane di piccole e medie dimensioni o di quegli italo-venezuelani operanti da decenni in quel Paese, molte delle quali sono state nazionalizzate od espropriate;
se l'Italia intenda o meno continuare nel difendere gli investimenti italiani in questo Paese che non sono solo le commesse per grandi infrastrutture ma tutta una rete di imprese che da tanti anni rappresentano la realtà italiana in Venezuela e che in questi ultimi anni sempre più spesso sono «vessate» da una politica «chavista» pesantemente discriminatoria.
(4-08382)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

...

INTERNO

Interpellanze:

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere - premesso che:
l'Anas ha predisposto di concerto con il centro viabilità del Ministero dell'interno un apposito piano di gestione per l'esodo estivo 2010 per l'autostrada A3 redigendo, sulla base dei dati storici di traffico e delle previsioni, il calendario dei giorni critici;
sull'Autostrada Salerno-Reggio Calabria, durante il mese di agosto, saranno presenti complessivamente 6 cantieri inamovibili, con traffico regolato su carreggiata unica;
l'Anas ha potenziato i servizi di assistenza, istituendo sul tratto autostradale diversi presidi di soccorso meccanico, sanitario, vigili del fuoco, volontari della Protezione civile. In particolare il personale impiegato è cosi suddiviso: 330 addetti; 85 mezzi operativi; 20 presidi per gli interventi di assistenza agli utenti;
particolare attenzione è stata riservata al presidio d'emergenza «Acqua della Signora», istituito già tre anni fa su ordinanza della Protezione civile per garantire sicurezza ai veicoli in transito nel tratto di Bagnara Calabra, tratto insidiato in maniera particolare dalla presenza di percorsi alternativi e cantieri;

l'ordinanza prevedeva che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti riservasse e corrispondesse i finanziamenti necessari per compensare gli operatori d'emergenza;
nel tratto in questione è stato garantito, oltre al presidio di polizia stradale, Anas, soccorso sanitario, Protezione civile, guardie ecoZoofile e protezione animale, anche una nutrita presenza di vigili del fuoco della provincia di Reggio Calabria;
dal 1o agosto i vigili del fuoco hanno sospeso il servizio, rivendicando di essere in attesa di essere pagati per le loro prestazioni di carattere straordinario, rese fuori dall'orario di lavoro e non retribuite, dal gennaio 2009;
a tal fine i vigili del fuoco avevano presentato nei giorni precedenti apposita istanza al comando provinciale di Reggio Calabria a causa della mancata corresponsione delle spettanze dovute;
nonostante le proteste e l'incontro con il prefetto di Reggio Calabria Luigi Varratta, la situazione non è cambiata e i vigili del fuoco hanno sospeso il servizio reso per rivendicare i loro diritti;
il presidente della provincia di Reggio Calabria Giuseppe Morabito, nel commentare la vicenda, ha espresso solidarietà al corpo provinciale dei vigili del fuoco, sottolineando il loro ruolo fondamentale per la sicurezza pubblica, e auspicando una immediata soluzione della vicenda al fine di soddisfare le richieste dei vigili e continuare a garantirne il presidio sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria -:
se siano a conoscenza della vicenda e quali azioni intendano intraprendere per soddisfare le richieste dei vigili del fuoco, costretti a lavorare in emergenza senza essere minimamente garantiti di ricevere i giusti compensi per il loro operato;
se non intendano attivarsi con qualsiasi iniziativa in loro potere per garantire il prestigio del corpo dei vigili del fuoco, soprattutto nel merito della vicenda che li vede impegnati a garantire il presidio di un luogo particolarmente critico quale l'autostrada Salerno-Reggio Calabria, il cui tratto pieno di cantieri comporta sia evidenti disagi che rischi di incolumità per gli utenti che percorrono il tratto soprattutto nel periodo estivo.
(2-00807) «Libè, Tassone, Occhiuto».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
si riferimento alla decisione del commissario di Governo di Bologna di autorizzare la prosecuzione dei lavori del progetto Civis a seguito di un incontro cosiddetto chiarificatore con tecnici dagli enti locali e dell'A.T.C.;
nel rilevare che la denuncia argomentata e documentata del professor Enzo Boschi, presidente dell'istituto italiano di vulcanologia sui rischi enormi per il centro medievale di Bologna per effetto del passaggio della metrotramvia ed in genere di automezzi pesanti, ha suscitato preoccupazione e sgomento dell'opinione pubblica ed in settori della comunità scientifica, il sottoscritto auspica una ulteriore pausa di riflessione non ritenendo che, i tecnici locali convocati nella giornata di ieri dal commissario di Governo, per la loro dipendenza dagli enti locali e l'impegno profuso nell'elaborazione del progetto Civis, potrebbero non dare garanzie sufficienti al di là della loro professionalità indiscussa, di indipendenza dal potere politico degli organi locali, che anche in questi giorni sta condizionando pesantemente le istituzioni preposte di fatto difendendo scelte passate delle giunte comunali di sinistra avallate dalla regione e provincia che hanno secondo l'interrogante devastato la città di Bologna;
l'interrogante sottolinea la necessità di effettuare consulenze tecnico-professionali estranee all'ambiente bolognese per evitare oggettivi condizionamenti politici e per stabilire una volta per tutte dati certi e incontrovertibili sulle modalità tecniche

adottate per Civis, sulla salvaguardia del centro storico di Bologna nella compatibilità della infrastruttura con gli obiettivi fissati a suo tempo ed in tal senso sarebbe opportuno che il Governo prenda contatti con il commissario, partendo da una analisi non superficiale ma dettagliata e approfondita dalle riflessioni del professor Boschi;
su questa infrastruttura la magistratura bolognese ha aperto due indagini per effetto di due esposti presentati dall'interrogante e Italia nostra e concernenti gravi anomalie nella progettazione e nell'affidamento dei lavori della medesima -:
quali iniziative il Governo intenda assumere in relazione a quanto indicato in premessa.
(2-00810) «Garagnani, Carlucci».

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, il Ministro della difesa, per sapere - premesso che:
il primo giugno 2010 a San Mauro Castelverde, provincia di Palermo, sono stati tagliati gli alberi e distrutta la vigna di proprietà di Giuseppe Vecchio, capolista della lista civica «Per il futuro di San Mauro» che sosteneva il candidato risultato eletto alla carica di sindaco nelle elezioni amministrative svoltesi lo scorso maggio;
tale episodio, insieme ad altri, altrettanto inquietanti, potrebbe essere riconducibile al clima, di acceso scontro, che si è venuto a determinare nel corso della campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale e per l'elezione del sindaco;
nei giorni successivi, lo stesso Vecchio è stato eletto all'unanimità presidente del consiglio comunale;
la comunità locale e politica si è stretta attorno al presidente del consiglio comunale di San Mauro Castelverde: alla manifestazione di solidarietà, di condanna per l'atto intimidatorio subito, hanno partecipato numerosi amministratori delle Madonie, parlamentari, oltre agli esponenti politici locali sia del centrodestra che del centrosinistra;
un nuovo episodio intimidatorio, ai danni di Giuseppe Vecchio si è poi registrato il 23 luglio con l'incendio appiccato ad un uliveto appartenete alla sua famiglia;
infine, il 29 luglio è stato appiccato un incendio alla campagna Di Angelo Colantoni, fondatore del movimento che ha sostenuto la campagna elettorale del candidato sindaco risultato vincitore, ed in passato consigliere comunale ed assessore;
in quest'ultimo incendio è morto carbonizzato il cane da guardia del Colantoni;
su tali episodi sono state sporte denunce alla stazione dei carabinieri, e più volte si è recato a San Mauro Castelverde il capitano del comando di compagnia dei carabinieri di Cefalù -:
se siano a conoscenza dei fatti sopra esposti;
se non ritengano di provvedere ad un rafforzamento del contingente di forze dell'ordine presenti sul territorio di San Mauro Castelverde, provincia di Palermo, e prevedere un aumento del numero di volanti per il controllo del territorio, con particolare riferimento alla fascia notturna, al fine di scongiurare ulteriori inquietanti episodi, come quelli sopra esposti, che tentano di inquinare la vita politica ed amministrativa del comune succitato.
(2-00813) «Antonino Russo».

Interrogazioni a risposta orale:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della salute, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
a Palazzo San Gervasio, provincia di Potenza, nasce nel 1999 - anno in cui un

gruppo di cittadini decide di costituire volontariamente un «Comitato di accoglienza per i lavoratori extra-comunitari» - un centro per dare una sistemazione dignitosa alle centinaia di lavoratori extra-comunitari che ogni anno affluiscono nel territorio del Comune di Palazzo San Gervasio, prevalentemente per la raccolta di prodotti agricoli;
in occasione di una recente missione di una delegazione del Comitato Parlamentare Schengen, Europol e immigrazione l'interrogante ha acquisito le informazioni che seguono:
il territorio è da tempo immemore vocato alla coltura del pomodoro: l'«oro rosso» di Palazzo San Gervasio e i lavoratori - quasi esclusivamente immigrati extracomunitari - arrivano attirati dalla possibilità di un lavoro nei campi;
prima del 1999 e, quindi, prima della costituzione del comitato cittadino, i lavoratori stanziavano nei pressi della «fontana del fico». Tale alloggiamento non garantiva loro alcun tipo di servizio ed anzi li costringeva a vivere in una situazione di profondo degrado ed abbandono (non molto diversa da quella attuale);
nel 1999, nel territorio di Palazzo San Gervasio, viene confiscata, ad un privato, l'area in C. da Piani. La confisca consente, sulla base delle norme vigenti, di dedicare quell'area proprio alla sistemazione dei lavoratori extra-comunitari;
la destinazione di una apposita area sembra essere la soluzione di tutti i problemi;
nell'area sono presenti una casa ed un capannone. Sin da subito la casa viene utilizzata come presidio per i volontari e, saltuariamente, come infermeria; il capannone invece viene utilizzato parte come dormitorio (senza alcuna branda) e parte come moschea per consentire la preghiera quotidiana;
negli anni, dal 1999 ad oggi, vengono costruiti e (solo apparentemente) ricostruiti di anno in anno, all'interno dell'area, i servizi igienici (6 bagni alla turca e 6 docce con acqua calda disponibile per al massimo 2 ore al giorno), una sorta di box per le cucine; viene approntata una precaria sistemazione logistica dell'area e messo in opera un impianto antincendio;
i servizi sopra menzionati non sono assolutamente in numero adeguato alla popolazione migrante che ogni anno stanzia nell'area; ci sono stati anni come il 2009, infatti, in cui a Palazzo San Gervasio sono arrivati più di 1000 lavoratori e che. comunque, tale numero di servizi non è neppure sufficiente ad assicurare le esigenze di 150 persone;
purtroppo i servizi e le opere murarie necessitano ogni anno di manutenzione (se non di totale rifacimento), un po' per il normale utilizzo e la mancata adeguata attenzione, molto di più per la sciagurata concezione di poter utilizzare gli impianti presenti nell'area come pezzi di ricambio facilmente reperibili;
così sembra di ritornare ogni anno al punto di partenza;
ad oggi, malgrado tutti i fondi stanziati (euro 36.151,98 nel 2000 DGR 2605 del 4 dicembre 2000; euro 82.633,00 nel 2001; euro 46.4881,12 nel 2002 DGR 2318 del 29 ottobre 2001; euro 40.000 nel 2003 DGR 2408 del 15 dicembre 2003; euro 30.000 anno 2004 DGR 3058 del 20 dicembre 2004; euro 10.000 nel 2005 Det. 744 del 1o dicembre 2005; euro 150.000 nel 2006 DGR 1477 del 9 ottobre 2006; euro 150.000 nel 2007 DGR 1139 del 17 agosto 2007; euro 225.000 (150.000 assessorato infrastrutture opere pubbliche e 75.000 DGR 1538 del 31 agosto 2009 nel 2009 per un totale delle risorse finanziarie regionali per le politiche a favore dei migranti assegnate e trasferite al comune di Palazzo San Gervasio dal 2000 al 2009 pari ad euro 770.266,10) per la sistemazione dell'area «accoglienza», la situazione è peggiore di quella del 1999, anno in cui il campo è stato ufficialmente aperto;

i migranti da sempre sono costretti a dormire sui cartoni o in tende monoposto vendute dall'amministrazione comunale nel 2008 ad euro 10,00 cadauno (solo nel 2009 sono arrivati 200 letti); a lavarsi con acqua fredda (quando c'è) anche nei mesi che vanno fino a novembre inoltrato; a vivere in condizioni igienico sanitarie del tutto inesistenti;
la pulizia del campo accoglienza è impossibile poiché l'area non è dotata di pavimentazione e risulta quindi difficile riuscire a pulire il fango in cui questi uomini sono costretti a vivere. Da anni la casa adibita ad infermeria è in gravissimo stato di degrado; il capannone è stato soltanto imbiancato esternamente e tamponato il tetto in alcuni punti; i bagni sono stati semplicemente imbiancati esternamente lasciando le tubature e gli scarichi in stato di otturazione;
nel 2009 in accordo con la protezione civile regionale sono state acquistate strutture e mezzi destinati all'ampliamento della dotazione della Protezione Civile locale e che avrebbero dovuto essere messi a disposizione dei lavoratori stagionali e quindi dell'area (n. 2 tensostrutture; bagni chimici e moduli docce). Strutture che, al contrario, non sono mai arrivate se non un'unica tensostruttura;
visti tutti i fondi stanziati e le condizioni dell'area si dovrebbe probabilmente guardare con attenzione le rendicontazioni, cominciando a far luce sulle effettive modalità di spesa applicate;
la Caritas diocesana di Acerenza ha finanziato il presidio medico quotidiano della CRI all'interno dell'area. Medici ed infermieri prestano servizio a sostegno dei lavoratori stagionali che mostrano situazioni precarie di salute visitando i pazienti, dispensando le cure medicinali e, ove è necessario, trasportandoli nei ricoveri ospedalieri più vicini;
inoltre, dal coordinamento rete della Caritas diocesana di Acerenza. in tutte le parrocchie presenti sul territorio diocesano, parte una raccolta di vestiario e coperte per far fronte alle necessità degli immigrati stanziati nell'area;
preso atto del sovraffollamento del campo accoglienza e quindi del fatto che numerose persone sostano dormendo all'aperto è stato chiesto al vescovo monsignore Ricchiuti, di acquistare sacchi a pelo da distribuire a chi dorme all'aperto sul pavimento;
l'associazione Ruah, inoltre, mette in atto programmi di animazione e integrazione;
con la presenza costante e continuativa all'interno del campo accoglienza, si adempie gratuitamente anche a tutte le procedure per i rinnovi e/o i problemi riguardanti i permessi di soggiorno mantenendo contatti e rapporti con la questura di Potenza. Questo però non basta;
l'area, detta di accoglienza, diviene di anno in anno un piccolo comune a sé stante ed autogestito: si sviluppano così svariate categorie di persone: lavoratori stagionali, caporali extracomunitari che operano in strettissimo contatto con i caporali locali italiani; spacciatori; venditori abusivi di materiale di ogni genere; strozzini (per esempio per chi non ha denaro e necessita di generi alimentari e non, il prezzo di ogni bene si duplica di giorno in giorno sino all'avvenuto pagamento). All'interno dell'area pare trovino libero accesso soggetti che si rivolgono agli spacciatori sopra menzionati; venditori di bestiame e «caporali». I controlli paiono essere assolutamente inadeguati da parte di tutti i soggetti istituzionali ad essi preposti;
nel 2009 vi era un regolamento preciso e dettagliato sottoscritto dall'amministrazione comunale e approvato dalla commissione regionale per l'immigrazione e dal dipartimento salute, sicurezza e solidarietà sociale della Regione Basilicata che prevedeva l'ingresso controllato - sino ad un massimo di 200 persone (tante quanti i letti acquistati) - con un orario di entrata e di uscita; all'interno dell'area il

divieto di allestimento delle cucine e di «negozi» abusivi; il divieto di montaggio di accampamenti di fortuna; il divieto assoluto di ogni sorta di vendita e di speculazione. Regolamento, (questo come quelli di ogni anno) completamente ignorato;
sempre nel 2009 sono stati assunti dall'amministrazione comunale lavoratori interinali con il compito di controllare i permessi di soggiorno; dipendenti questi, assunti senza alcuna competenza o professionalità. (Sono state considerate idonee all'accesso, per esempio, anche tessere delle mense Caritas «puglia» e tesserini di ogni genere). Controlli che, in ogni caso, sono stati effettuati esclusivamente per i primi pochi ingressi;
il servizio infermeria è stato effettuato dai volontari della Croce rossa sotto richiesta dell'arcidiocesi di Acerenza, in quanto l'ASL (attuale ASP) locale ha rifiutato ogni sorta di collaborazione e/o responsabilità;
sempre rispetto all'operato dell'ASP. nel territorio di Palazzo San Gervasio non vengono rilasciati tesserini STP che per legge spettano ad ogni migrante;
le uniche presenze assidue e costanti sulle quali i migranti lavoratori stagionali posso concretamente contare, anche dal punto di vista dell'ascolto, dello svago e del sostegno morale, sono i pochissimi volontari delle varie associazioni. Il ruolo svolto è mirato a molteplici versanti ed aspetti. Dalla distribuzione di beni di prima necessità (per ostacolare la speculazione dei venditori) cibo, vestiario, coperte e materassi all'assistenza medica e legale. Tutte le pratiche per i permessi di soggiorno e quindi i rapporti con le questure vengono svolte con non poche difficoltà (in quanto stagionali la tempistica a disposizione è sempre molto scarsa) esclusivamente da questi ultimi;
nel corso di un incontro della delegazione del Comitato parlamentare Schengen, Europol e Immigrazione con le diverse autorità locali, il sindaco di Palazzo San Gervasio ha rappresentato - nonostante le precarie condizioni igienico-sanitarie e le evidenti carenze che presentano il fabbricato e l'area adibita a centro di accoglienza per una sistemazione dignitosa per gli esseri umani - l'intenzione di autorizzare l'apertura dell'area per accogliere comunque i lavoratori immigrati che operano nella zona -:
quali iniziative di competenza intendano assumere i Ministri interrogati per assicurare un'accoglienza dignitosa ai lavoratori e per effettuare tutti i necessari controlli e verifiche per garantire la sicurezza e il rispetto delle norme igienico-sanitarie, della legislazione in materia di lavoro e previdenza sociale e delle normative di ordine fiscale e tributario.
(3-01208)

GINEFRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella notte del 30 luglio 2010 il Centro di identificazione ed espulsione (C.I.E.) di Bari-Palese è stato teatro di una rivolta che ha visto protagonista un nutrito gruppo di immigrati;
a quanto si è appreso, infatti, circa una trentina di immigrati avrebbe attuato durante la notte una protesta nella struttura, che sarebbe però degenerata provocando la devastazione di tre moduli abitativi e il ferimento di due carabinieri e di due militari del Battaglione San Marco;
alcuni dei rivoltosi si sarebbero armati di spranghe, distruggendo suppellettili varie presenti nel Centro e vetri dei moduli abitativi, e avrebbero aggredito le forze dell'ordine, riparandosi poi sui tetti;
sempredalle notizie apprese risulta inoltre che, approfittando della situazione generata dalla rivolta, sei ospiti del C.I.E. avrebbero abbandonato la struttura, eludendo ogni controllo e riuscendo così a fuggire;
la polizia ha arrestato diciotto cittadini extracomunitari ospiti del Centro, per

reati di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali;
secondo una prima ricostruzione fatta dalla polizia subito dopo essere riuscita a sedare la rivolta, sembrerebbe che i cittadini extracomunitari trattenuti nel Centro, dopo aver sfondato le porte d'ingresso di tre settori destinati a moduli alloggiativi, si sarebbero riversati fuori dell'area e avrebbero distrutto le telecamere del circuito interno di sorveglianza;
sempre secondo la ricostruzione degli eventi, pare che i rivoltosi abbiano distrutto due auto della polizia e dato fuoco ad alcuni materassi;
a quanto si è appreso l'intervento di rinforzo di polizia, carabinieri e guardia di finanza sarebbe riuscito ad evitare una fuga di massa dal Centro, nonostante, come già indicato, sei ospiti magrebini siano comunque riusciti a fuggire scavalcando le cancellate della struttura, alte più di cinque metri;
gli ospiti in stato di rivolta rimasti nel Centro si sarebbero rifugiati sul tetto della struttura e, dalla posizione raggiunta, avrebbero cominciato a lanciare oggetti contundenti, tra i quali pezzi di metalli e bottiglie piene d'acqua;
a quanto si è appreso, inoltre, pare che nei giorni immediatamente precedenti alla rivolta, alcuni degli ospiti del Centro avessero denunciato presunti episodi di violenza nei confronti di alcuni immigrati da parte di coloro che sono tenuti a controllarne la permanenza;
il medico responsabile dell'infermeria del C.I.E. non avrebbe dato riscontro alle suddette denunce;
i militari coinvolti hanno riportato ferite curabili tra i 3 e 15 giorni, mentre secondo le notizie pervenute, per gli ospiti la situazione sarebbe stata più grave: tra i sei immigrati soccorsi, infatti, uno è in prognosi riservata a causa di un trauma cranico, e gli altri hanno riportato fratture e traumi agli arti inferiori giudicati in ospedale guaribili tra i 5 e 35 giorni;
l'interrogante ha potuto verificare, inoltre, che la struttura risulta, ancor più dopo la rivolta, ai limiti dell'agibilità igienico-sanitaria. Inoltre, come già segnalato attualmente il C.I.E. è sprovvisto di un sistema di video sorveglianza e il tutto rende ancora più complessa l'opera dei militari e delle forze dell'ordine impegnate nel Centro, che ad oggi ospita 137 immigrati e il cui controllo viene affidato a venti militari del reggimento «San Marco». A questi si aggiungono, per il controllo notturno, dieci unità dei carabinieri -:
quali iniziative il Ministero intenda assumere affinché venga fatta chiarezza su questo increscioso episodio che ripropone in tutta la sua evidenza l'inadeguatezza della normativa in materia e l'esasperazione che un'attesa di 180 giorni determina nei cittadini trattenuti nei suddetti Centri;
quali risorse il Ministro intenda mettere a disposizione per ristrutturare il Centro di accoglienza barese;
se, nelle more dei lavori di manutenzione straordinaria e della realizzazione del sistema di video sorveglianza, non ritenga opportuno sospendere l'invio di ulteriori immigrati presso il C.I.E. di Bari.
(3-01209)

Interrogazione a risposta in Commissione:

FIANO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'aeroporto Valerio Catullo di Verona è, in ragione dei traffici passeggeri e merci, tra i primi quindici d'Italia;
secondo i dati ufficiali dell'ENAC, Ente nazionale aviazione civile, nel 2009 l'aeroporto Valerio Catullo ha, in particolare, registrato una movimentazione di

oltre tre milioni di passeggeri, attestandosi al quattordicesimo posto fra gli aeroporti italiani;
al fine di incentivare l'adeguamento delle infrastrutture del sistema aeroportuale di cui il predetto aeroporto, con altro presente in regione diversa, fa parte, è stata addirittura approvata una modifica all'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, «Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali» in base al quale l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC) è autorizzato a stipulare contratti di programma «in deroga alla normativa vigente in materia», introducendo sistemi di tariffazione pluriennale che, tenendo conto dei livelli e degli standard europei, siano orientati ai costi delle infrastrutture e dei servizi, a obiettivi di efficienza e a criteri di adeguata remunerazione degli investimenti e dei capitali, con modalità di aggiornamento valide per l'intera durata del rapporto. Tale contratto, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, può consentire sostanziali modifiche tariffarie e lo stesso prolungamento senza gara del contratto di gestione, favorendo, in tal modo, visibilmente, ad avviso dell'interrogante, la società di gestione rispetto alla normativa ordinaria vigente;
secondo quanto annunziato nel corso di una conferenza stampa del 15 giugno 2010 da Fabio Bortolazzi e Massimo Soppani, rispettivamente presidente e direttore generale della società di gestione dell'aeroporto Valerio Catullo, insieme alla responsabile Ryanair per l'Italia Melisa Corrigan, lo scalo ha definitivamente aperto ai vettori a basso costo, stipulando proprio in quei giorni con la nota compagnia irlandese un nuovo accordo che ha già portato nuovi voli a Verona e che prevede addirittura una modifica dello scalo che, in pratica, si sdoppierà con strutture e servizi separati per i voli low- cost;
l'aeroporto di Verona è, inoltre, dotato di un avanzatissimo sistema antinebbia che consente l'operatività dello scalo anche in condizioni di visibilità critiche e grazie a questo sistema, operativo dall'inizio del 2003, l'aeroporto scaligero è abilitato ad operare in categoria IIIB, ovvero fino alla visibilità critica di 75 metri, con ciò diventando, in caso di criticità da nebbia su altri aeroporti del Nord Italia meno attrezzati, meta alternativa dei voli, fatto che provoca, in tali occasioni meteorologiche, il sovraccarico di tutti i servizi connessi con l'accoglienza dei vettori, compresi i servizi di sicurezza aeroportuale;
nel 2009 è stato rinnovato per un periodo di tre anni, dalla società di gestione dei servizi aeroportuali, la s.p.a. «Aeroporto Valerio Catullo di Verona Villafranca», alla società «La Ronda» di Verona, facente parte del «Gruppo FIDELITAS», di cui azionista di maggioranza è la Franco Gnutti Holding s.p.a., l'appalto per i servizi di sicurezza aeroportuale dello scalo «Valerio Catullo»;
la Società di gestione dei servizi aeroportuali sopradetta è partecipata dall'Associazione industriali di Mantova, dal Banco popolare di Verona e Novara, dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Verona, Vicenza, Belluno ed Ancona, dalle camere di commercio, industria ed artigianato di Brescia, di Mantova, di Trento, Vicenza, Verona, dai comuni di Bardolino, Brenzone, Bussolengo, Desenzano sul Garda (farmacia comunale), Garda, Lazise, Limone, Malcesine, Mantova, Nago Torbole, Riva del Garda, Rovigo, Salò, Sommacampagna, Sona, Torri del Benaco, Verona, Villafranca di Verona, della Comunità del Garda, dalla provincie autonome di Bolzano e Trento, dalle provincie di Brescia, Mantova, Rovigo, Verona, Vicenza, nonché dalle Società Promofin srl (emanazione dell'Associazione Industriali di Verona), Veneto sviluppo s.p.a. (posseduto con quota maggioritaria dalla Regione Veneto e da enti privati) e Azienda provinciale trasporti Verona s.p.a. cosicché può affermarsi che, essendo maggioritariamente partecipata da capitali pubblici, essa deve

essere assoggettata al controllo della Corte dei conti;
l'appalto prevede, tra l'altro, che per il servizio debbano essere assunti (articoli 16/A, 16Bb, 16/C, 16/D e 16/E dell'appalto): 1 direttore tecnico, 6 supervisori coordinatori, 28 supervisori operativi, 115 guardie giurate specializzate;
lo stesso appalto prevede altresì che possano essere impiegate, nei periodi di punta e per speciali esigenze aeroportuali, anche ulteriori contingenti di guardie giurate specializzate, senza che la ditta possa nulla opporre alla società di gestione aeroportuale;
presso l'aeroporto, a mente di quanto previsto dal contratto d'appalto, devono essere coperti i seguenti servizi giornalieri 10 archetti per passeggeri in partenza, per 4 unità ad archetto per 2 turni (ciascuno della durata di 8 ore, dalle 06.00 alle 14.00 e dalle 14.00 alle 22.00), per un complessivo di 80 guardie giurate (articolo 16/A dell'appalto); 1 archetto per controllo equipaggi e operatori aeroportuali, per 4 unità per due turni come sopra, pari a 8 guardie giurate; 1 postazione controllo radioscopico dei bagagli da stiva, per 2 unità, per due turni, pari a 4 guardie giurate;
1 postazione controllo radioscopico delle merci, posta e plichi dei corrieri espressi, per 1 unità, per due turni di servizio, pari a 2 guardie giurate; 1 «gruppo» per «ogni altro controllo di sicurezza richiesto espressamente dai vettori aerei, dal gestore e/o da altri operatori come previsto dall'articolo 3 del decreto ministeriale 85/99», (ovvero vigilanza ed ispezione aeromobili, scorta bagagli, merci, catering, reiterazione controlli in sale d'imbarco, e altro) che, in assenza di un'espressa previsione di capitolato, si può quantificare in 4 unità per due turni, pari ad 8 guardie giurate;
per tali servizi è dunque necessario, in un'ottica di corretta gestione aziendale, un numero minimo ed indispensabile di guardie giurate «dedicate» all'aeroporto Valerio Catullo che, anche andando al di sotto della soglia prevista dall'appalto, non potrà mai essere inferiore a 125 unità, e ciò al fine di assicurare le fisiologiche turnazioni per le ferie, le malattie, i riposi, le assenze giustificate e l'addestramento;
per tali servizi di sicurezza la società di gestione aeroportuale percepisce, a carico di ogni passeggero, specifiche tasse per la sicurezza aeroportuale, la cui somma, nei tre anni, supererebbe, peraltro notevolmente, l'importo previsto per l'appalto dei servizi aeroportuali e come detto, tali tasse ai sensi dell'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, sono destinate ad aumentare con nuovi introiti per la società di gestione;
risulterebbe all'interrogante che l'istituto di vigilanza privata «La Ronda» non abbia mai avuto in forza il numero di guardie giurate specializzate previste dall'appalto, nemmeno nei periodi di certificato maggior impegno operativo, con conseguenti richieste di turnazioni e prestazioni di lavoro straordinario ai lavoratori della sicurezza privata che sono state oggetto di numerose proteste ed incontri in prefettura;
nelle sedi istituzionali, ovvero presso la prefettura di Brescia, i titolari della licenza dell'Istituto di vigilanza «La Ronda» avrebbero a più riprese formalmente assicurato, nel corso di incontri tenutisi in prefettura, che le carenze organiche sarebbero state ripianate con assunzioni e conseguente formazione di consistenti, aliquote di personale, per portare la forza disponibile al minimo di 125 unità, senza, tuttavia, che ciò sia mai avvenuto, assistendosi, invece, solo ad un accentuato turn over.
il 2 luglio 2007, quando peraltro ancora non erano entrate in vigore le norme europee che hanno poi aumentato il numero di guardie giurate necessarie per l'effettuazione dei servizi di controllo passeggeri per ogni singolo archetto, sarebbe stato lo stesso rappresentante legale de «La Ronda» a dichiarare che il numero minimo di lavoratori era di 75 unità;

attualmente il numero di guardie giurate impiegate presso l'aeroporto Valerio Catullo sembrerebbe oscillare tra le 68 unità, come comunicato con esposto al prefetto di Verona del 27 febbraio 2010 dal predetto SAVIP, e le 72, come di recente rilevato, riportando peraltro anche numeri relativi a guardie giurate che non esplicano servizi operativi, e peraltro tali numeri appaiono comunque del tutto insufficienti a garantire regolari servizi nel periodo estivo, quando si verifica un maggior transito di passeggeri, ma anche nelle altre stagioni dell'anno, in occasione dei picchi che si registrano nei periodi delle fiere;
altre guardie giurate, benché specializzate nei servizi di sicurezza aeroportuale, sarebbero stabilmente impiegate dall'Istituto di vigilanza «La Ronda» per servizi «ordinari» di vigilanza in provincia di Verona (fiera, sala operativa, e altro);
a fronte di tali scelte imprenditoriali dell'Istituto «La Ronda» nell'allocazione del personale specializzato nella sicurezza aeroportuale, si assisterebbe ad uno sfruttamento intensivo del personale addetto alla sicurezza aeroportuale, con turni straordinari che hanno impegnato guardie giurate su fasce di oltre 12 ore;
impiegare in turni di lavoro anomali le guardie giurate rappresenta un fin troppo evidente fattore di rischio per la sicurezza aeroportuale e dei viaggiatori, in ragione della caduta del livello di attenzione e dell'affievolimento delle energie psicofisiche dei lavoratori;
il rispetto delle norme di appalto è anche finalizzato ad assicurare che l'utente dei servizi aeroportuali, ovvero chi spedisce le merci o i viaggiatori, abbia sempre un servizio qualitativamente all'altezza delle «tasse» che sono corrisposte per la sicurezza aeroportuale;
a norma dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali cui l'Italia aderisce, i servizi di sicurezza aeroportuale, così come espressamente previsto nel contratto di appalto sottoscritto da «La Ronda», devono comunque essere svolti nel rispetto degli standard, nonché in quello di tutte le indicazioni fornite dalla società di gestione, dalla direzione aeroportuale, dalla polizia di frontiera ed, eventualmente, da altre autorità aeroportuali come da disposizioni emanate dal locale comitato di sicurezza aeroportuale;
in particolare, il regolamento (CE) 300/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio e quello (CE) 72/2010 della Commissione europea, prevedendo norme comuni per garantire, in ambito europeo, la sicurezza aeroportuale, stabiliscono anche le modalità comuni e riservate per l'effettuazione delle ispezioni;
i servizi di sicurezza aeroportuali dovrebbero essere soggetti alla vigilanza e a periodiche ispezioni istituzionali da parte di appositi organismi ispettivi incaricati dalle autorità europee, nazionali e locali, ma le ispezioni ai dispositivi di sicurezza dell'aeroporto Valerio Catullo nulla hanno fin ad oggi rilevato;
le attuali modalità di controllo ad avviso dell'interrogante non consentono di verificare adeguatamente se gli standard di sicurezza siano effettivamente rispettati presso il predetto aeroporto ed, in particolare, se la società «La Ronda» adotti effettivamente le cure dovute nella disposizione dei servizi;
l'appaltatore, ovvero l'istituto di vigilanza «La Ronda», prescindendo dai controlli ispettivi, si è comunque impegnato a rispettare qualsiasi disposizione, raccomandazione e/o ulteriori accorgimenti eventualmente risultanti da dette ispezioni ed imposte dagli organi di controllo, al fine di poter sempre garantire il normale svolgimento del traffico aereo;
l'appaltatore, tra l'altro, dovrebbe, quale titolare della licenza e nel rispetto delle leggi italiane in materia di lavoro, pubblicare all'albo i turni di servizio delle guardie giurate;
non è altresì noto quanto sia corrisposto all'istituto di vigilanza privata per i servizi di sicurezza aeroportuali e, in concreto,

quali siano i servizi «minimi» che debbono essere quotidianamente resi per la gestione dell'aeroporto;
risulterebbe che, da parte della questura di Verona, siano stati posti in essere comportamenti che hanno di fatto impedito al SAVIP l'accesso ai servizi dell'Istituto «La Ronda», in quanto organo di vigilanza sull'Istituto in questione;
in conseguenza di tali comportamenti la commissione nazionale sugli accessi amministrativi ha imposto, a norma di quanto previsto dalla legge n. 241 del 1990, al questore di produrre gli atti al SAVIP -:
se si ritenga di dover disporre che le verifiche degli ispettori dell'ENAC presso l'aeroporto Valerio Catullo di Verona siano effettuate con le minime garanzie di riservatezza, al fine di non comprometterne l'incisività;
se, sulla base degli obblighi derivanti dalla concessione e dalle normative europee in materia, siano previsti impieghi minimi di guardie giurate per la sicurezza aeroportuale e quale debba essere questo numero con riferimento alle dimensioni ed ai movimenti di persone e merci dell'aeroporto Valerio Catullo;
quale sia il corrispettivo mensilmente erogato a favore dell'Istituto di Vigilanza «La Ronda», dalla data di rinnovo dell'appalto ad oggi, per i servizi di sicurezza aeroportuale effettuati presso l'aeroporto Valerio Catullo e a quali prestazioni, in via analitica, essi siano riferibili, con particolare riferimento al numero di guardie specializzate richiesto ed a quello effettivamente impiegato;
quali servizi di sicurezza «minimi» debbano essere garantiti al viaggiatore e agli altri utenti del trasporto aereo presso l'aeroporto Valerio Catullo di Verona, sulla base del contratto d'appalto stipulato con l'Istituto di vigilanza privata «La Ronda», atteso che esso sembra atteggiarsi come «contratto a misura»;
se, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 300/2008, i fondi rivenienti dalle tasse per la sicurezza aeroportuale versate dai passeggeri dell'aeroporto Valerio Catullo con ogni biglietto siano stati e siano integralmente spesi per assicurare il potenziamento dei servizi e delle dotazioni per la sicurezza dell'Aeroporto in questione;
se i rappresentanti degli enti pubblici che partecipano alla società di gestione aeroportuale abbiano mai mosso rilievi all'atto dell'approvazione del bilancio e nella determinazione delle politiche di sicurezza dell'aeroporto;
se risulti quali siano i turni di servizio normalmente svolti dalle guardie giurate presso l'aeroporto Valerio Catullo e se risulti che l'istituto di vigilanza privata abbia impiegato le sue guardie giurate in aeroporto con turnazioni non rispettose dei limiti previsti dalle norme vigenti e dagli impegni assunti con l'appaltante;
se sia stato garantito il diritto delle guardie giurate a normali turni di servizio e, con essi quello alla sicurezza dei passeggeri, degli utenti e degli operatori professionali dell'aeroporto in questione;
quali interventi siano stati operati dalla locale prefettura a seguito del dettagliato esposto del SAVIP del 27 febbraio 2010, con il quale si ricostruiscono documentalmente le inadempienze organizzative dell'Istituto di vigilanza «La Ronda», al fine di verificare l'adeguatezza organizzativa dell'istituto «La Ronda» alle esigenze del servizio preso in appalto presso l'aeroporto Valerio Catullo e, soprattutto, di ripianare secondo le consolidate e non rispettate intese l'organico del nucleo di guardie giurate destinate alla sicurezza aeroportuale;
se, a seguito dell'accordo intervenuto con Ryanair, sia previsto un ulteriore impegno di guardie giurate e se, con l'apertura dell'annunciata nuova area, dedicata ai voli low cost, sia previsto un potenziamento dei servizi di sicurezza aeroportuale ed, in caso affermativo, se sia

stato previsto dalla società di gestione dell'aeroporto quale incremento di guardie giurate sarà necessario per assicurare i servizi minimi;
quali provvedimenti siano stati adottati per assicurare che, nel solco degli impegni assunti con la stipula dell'appalto e, ancor prima, con riguardo a quelli che l'Italia ha preso nelle sedi internazionali, sia garantito nell'aeroporto Valerio Catullo di Verona il rispetto degli standard di sicurezza aeroportuale e, nel contempo, un adeguato ed efficace servizio di controllo dei passeggeri che eviti attese non compatibili con un'efficiente gestione dei servizi di sicurezza aeroportuale;
se non si ritenga di dovere disporre un'ispezione ministeriale al fine di verificare le numerose incongruenze di servizio qui esposte.
(5-03362)

Interrogazioni a risposta scritta:

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Torino, nella caserma di via Asti 22, attualmente vivono ancora alcune decine di rifugiati politici, per la maggior parte giunti dalla Somalia;
dall'inizio del trasferimento nella struttura (settembre 2009) era evidente che la sistemazione fosse temporanea e, fin dall'inizio, i Radicali hanno denunciato, con conferenze stampa, comunicati e azioni non violente, l'esigenza imprescindibile di fornire una via d'uscita a questi cittadini che hanno il diritto ad un'accoglienza decente, in quanto detentori dello status di rifugiato o di protezione internazionale;
dopo numerosi rinvii sulla chiusura della caserma pare ora evidente che il 6 agosto 2010 avverrà lo sgombero definitivo, senza che le istituzioni preposte abbiano trovato una sistemazione decorosa per tutti i residenti;
in un'intervista rilasciata a La Repubblica e pubblicata nelle pagine della cronaca di Torino il 31 luglio 2010 il prefetto Paolo Padoin dichiara: «I Profughi credono di avere solo diritti» e «saremo costretti ad usare la forza» se i rifugiati non abbandonano volontariamente la struttura; inoltre alla domanda del giornalista che chiede se non sia dispiaciuto di chiudere la sua esperienza torinese con uno sgombero, il prefetto Padoin risponde: «Arrivati a questo punto no, non mi dispiacerebbe, significa che se lo sono voluti»;
nella stessa intervista si accusano anche le associazioni di volontariato di «fomentare» le proteste dei rifugiati, associazioni che - oltre ad occuparsi della gestione di diverse situazioni di criticità - da anni chiedono un'interlocuzione seria con le istituzioni e denunciano il degrado nel quale vivono molti rifugiati politici;
sulla porta di entrata della caserma è affisso l'avviso della prefettura scritto in arabo che indica nel 6 di agosto 2010 il giorno ultimo per lasciare l'edificio;
negli scorsi mesi, dopo la cessazione di tutte le attività di inserimento a maggio 2010 con la fine della convenzione all'Associazione Dravelli, che ha gestito positivamente per 9 mesi la situazione, organizzando corsi di italiano e altre attività utili all'integrazione dei rifugiati politici, dopo l'intermittente fornitura di cibo di giugno e dopo il ritiro dei televisori e dei frigo, si è assistito ad una graduale diminuzione dei residenti che evidentemente sono stati indirettamente spinti ad abbandonare la caserma;
la circoscrizione 8, all'interno della quale è costruita la caserma, ha aperto la possibilità per i rifugiati di chiedere la residenza negli uffici decentrati dell'anagrafe per accedere alle politiche di welfare cittadino, aprendo un duro contenzioso con l'assessore Ferraris (che ha le deleghe sull'anagrafe) del comune di Torino che ritiene illegittimo tale provvedimento;
ad oggi gli interroganti non sono a conoscenza di percorsi di integrazione per

la quarantina di profughi rimasti all'interno della caserma di via Asti, ai quali si dovrebbe proporre un'alternativa concreta per evitare di sgomberarli e costringerli a dormire all'aperto, senza i minimi strumenti di sussistenza -:
se sia a conoscenza della situazione in atto e se il prefetto Paolo Padoin abbia informato il Ministero in merito allo svolgimento dei fatti;
se condivida le dichiarazioni di parte del prefetto riportate in premessa, quasi che non esistesse da parte del nostro Paese un dovere di accoglienza nei confronti di chi fugge dalla guerra, pur ovviamente nella premessa di dover rispettare le leggi del nostro Paese come ogni cittadino italiano;
se non ritenga di dover intervenire affinché il 6 agosto 2010 non si creino le premesse per momenti di tensione che potrebbero anche essere sfruttati da movimenti antagonisti violenti;
quali iniziative urgenti intenda attuare per fornire in extremis una via di integrazione agli ultimi rifugiati che vivono nella caserma di via Asti;
se non ritenga di doversi adoperare affinché la politica sui rifugiati sia maggiormente rispettosa del diritto e della legalità internazionale, anche per evitare di incorrere in ripetute denunce da parte Nazioni Unite.
(4-08343)

LARATTA, GENTILONI SILVERI, LO MORO, GIULIETTI, OLIVERIO e VILLECCO CALIPARI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono 12 i cronisti minacciati o avvertiti dalla mafia in Calabria nel 2010, 22 nel corso degli ultimi 30 mesi;
l'ultima intimidazione è stata fatta a Lucio Musolino, della redazione reggina di Calabria ORA, al quale sabato scorso è stata recapitata una tanica di benzina con un biglietto: «Questa non è per la tua macchina, ma per te. Smettila di continuare a scrivere di 'ndrangheta, segui Paolo Pollichieni e vattene pure tu» (Pollichieni è il direttore uscente di CalabriaOra);
Lucio Musolino è il cronista di cronaca giudiziaria per Calabria Ora, ed evidentemente ha scritto qualcosa che ha dato fastidio. E così si è arrivata puntuale l'attenzione della malavita, che in Calabria non ama apparire sui giornali. Tanto che non passa settimana senza una minaccia ad uno di loro. Ma Musolino segue la sorte di tutti gli altri cronisti calabresi che hanno il coraggio di scrivere ciò che scoprono e tutto quello che sanno, senza alcuna paura;
poco prima di Musolino, è toccato a Riccardo Giacoia della Rai regione, anche lui avvertito e minacciato. Ma prima ancora era toccato a Saverio Puccio del Quotidiano della Calabria, a Giovanni Verduci, Michele Inserra, Michele Albanese e Giuseppe Baldessarro del Quotidiano della Calabria e ancora a Guido Scarpino e Pietro Comito di Calabria Ora. Minacce anche Leonardo Rizzo e Antonino Monteleone, e infine a Filippo Cutrupi. Tutti cronisti che si occupano di temi delicati, di fatti di malavita, corruzione, di vicende legate alla 'ndrangheta;
è chiaro che la 'ndrangheta non sopporta le troppe attenzioni che le dedica la stampa calabrese e ancora di più non sopporta quei cronisti di periferia che rischiano la vita come se fossero al fronte, come se fossero inviati di guerra -:
se il governo sia a conoscenza di quanto accade ai giornalisti calabresi;
cosa intenda fare a tutela della loro vita;
quali azioni si intendano promuovere per garantire la libera informazione in Calabria.
(4-08360)

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno - Per sapere - premesso che:
l'articolo 7 (come modificato in sede di approvazione al Senato - come maxiemendamento del Governo), commi 31-ter e seguenti, del decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010, ha soppresso l'Agenzia autonoma per la gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali ed ha previsto che il Ministero dell'interno succede a titolo universale alla predetta Agenzia e le risorse strumentali e di personale ivi in servizio, comprensive del fondo di cassa, sono trasferite al Ministero medesimo -:
quali disposizioni si siano o si stiano per emanare e quali direttive verranno impartite in relazione a quanto previsto dalle disposizioni citate;
in particolare, quali saranno le misure adottate per la prosecuzione e stabilizzazione del personale attualmente a tempo determinato della scuola superiore della pubblica amministrazione locale, ente strumentale dell' Ages, in servizio con contratti stipulati il 27 dicembre 2005, a seguito di procedura concorsuale a tempo determinato, posto che tali contratti sono stati prorogati a seguito di accordo sindacale, alla luce della peculiarità di tale personale che opera in Ages-sspal e in quanto rientrante nei soggetti aventi titolo alla stabilizzazione in virtù della legge finanziaria del 2007, fino al 31 dicembre 2012;
come si intenderà risolvere questa tematica nella direzione di una attenta e adeguata valutazione del servizio svolto in questi anni, nonché del mantenimento dei livelli occupazionali attuali negli atti conseguenti all'applicazione delle previsioni contenute nelle norme suddette nonché nei commi 31-ter,31-quater e 31-octies del citato articolo 7;
quali saranno le determinazioni in merito ai concorsi attualmente banditi dagli Enti in questione e alla validità della graduatoria dello stesso, laddove vengano portate a termine le procedure concorsuali prima del subentro del Ministero.
(4-08368)

GHIGLIA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
mercoledì 28 luglio 2010, a Torino presso la sede del Governo regionale piemontese, si è svolto, alla presenza del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, dell'amministratore delegato Marchionne e di altri rappresentanti istituzionali, l'importante tavolo sul futuro di Mirafiori;
tra i manifestanti radunati sotto gli uffici regionali erano presenti esponenti dei centri sociali che inneggiavano al rapimento di dirigenti Fiat e nella stessa giornata sul sito Indymedia.org spiccava la rivendicazione circa i suddetti cori;
i centri sociali Askatasuna e Gabrio, oggetto di svariate inchieste e denunce alla magistratura e alle forze dell'ordine, comparivano già nel dossier stilato, anni fa, dal Ministro dell'interno Pisanu come luogo di reclutamento delle Nuove Brigate rosse, nonché al centro di continuative indagini da parte del reparto Digos della questura di Torino;
gli stabili in cui hanno sede questi centri sociali sono di proprietà dell'amministrazione comunale di Torino, che ha consentito, quando non concesso, a gruppi di autonomi e antagonisti di occupare edifici comunali dai quali organizzano scorribande ed azioni violente nei confronti di Forze dell'ordine ed istituzioni;
come è emerso dai rapporti con la questura da questi luoghi provengono gli incitamenti a compiere atti di violenza privata, devastazione, saccheggio e scenari di guerriglia urbana nei casi di corso Giulio Cesare durante lo sgombero del centro L'Ostile, all'interno dell'ateneo torinese nonché all'esterno del Cie di corso Brunelleschi -:
quali urgenti provvedimenti si intendano porre in essere al fine di contrastare la violenza di tali atti;
se fondati, quali misure preventive ed eventualmente repressive si intendano adottare;

quali misure si intendano assumere al fine di procedere allo sgombero degli edifici suddetti per riportarli nella disponibilità dei cittadini torinesi.
(4-08392)

LABOCCETTA e CARLUCCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sul numero 31 datato 5 agosto 2010 del settimanale L'espresso, uscito in edicola il 30 luglio 2010, è apparso un articolo dal titolo «La mia verità sulla mafia» a firma di Gaspare Spatuzza;
il contenuto, che in calce riporta la dicitura «a cura di Lirio Abbate», è costituito da una serie di articolate risposte alle seguenti domande o spunti:
Il lungo silenzio in carcere che poi è esploso in una voglia di giustizia.
La fede e la Chiesa, in cosa crede?
Perché si finisce per diventare mafiosi.
Che cosa spinge i palermitani a seguire i boss?
Qualcosa può essere cambiata oggi?
I capimafia da Riina a Provenzano sono stati arrestati. Cosa Nostra è al capolinea?
Il primo omicidio.
La ribellione oggi a Palermo contro il pizzo potrebbe essere un passo per liberare la città dalla mafia?
In molte occasioni si è scoperto negli ultimi anni che alcuni collusi con la mafia si sono finti antimafiosi, iscrivendosi a liste contro Cosa Nostra per sfuggire ai sospetti.
Può la mafia farsi antimafia?
Cosa pensa di Falcone e Borsellino?
Cosa bisognerebbe fare per annientare Cosa nostra?
Che cosa dovrebbero fare i palermitani, i siciliani, per sconfiggere la mafia?

il documento si risolve pertanto in una vera e propria intervista dissimulata, peraltro connotata da un tono agiografico che, anche a voler prestare fede all'asserito pentimento del soggetto, appare assolutamente fuori luogo tenuto conto dei gravissimi delitti di cui questi si è macchiato e del contesto criminale al quale appartiene;
sulla base di quanto dichiarato dal Sottosegretario di Stato all'interno onorevole Mantovano, che presiede la commissione centrale per la definizione ed applicazione delle speciali misure di protezione, Gaspare Spatuzza si trova ancora sottoposto al regime di piano provvisorio di protezione, in virtù del meccanismo previsto dalla normativa sui collaboratori di giustizia che prevede che gli effetti dei provvedimenti di modifica o revoca delle misure di protezione, anche provvisorie, siano sospesi in caso di impugnativa al T.A.R. e della prassi della Commissione che, in attesa del decorso dei termini per la presentazione del ricorso (60 giorni), non esegue il provvedimento;
Gaspare Spatuzza, quindi, gode ancora di tutti i benefici previsti in favore dei collaboratori di giustizia ed è, anche, sottoposto ai correlati obblighi, tra i quali rientra il divieto, previsto dall'articolo 12, comma 2, lett. d), del decreto-legge n. 8 del 1991 di «rilasciare a soggetti diversi dalla autorità giudiziaria, dalle forze di polizia e dal proprio difensore dichiarazioni concernenti fatti comunque di interesse per i procedimenti in relazione ai quali hanno prestato o prestano la loro collaborazione ed a non incontrare né a contattare, con qualunque mezzo o tramite, alcuna persona dedita al crimine, né, salvo autorizzazione dell'autorità giudiziaria quando ricorrano gravi esigenze inerenti alla vita familiare, alcuna delle persone che collaborano con la giustizia», in virtù del quale il rilascio di eventuali interviste dovrebbe essere sottoposto alla valutazione preventiva della commissione e dell'autorità giudiziaria che, qualora l'intervista sia stata autorizzata, ne dovrebbe

esaminare il contenuto al fine di verificare che il divieto di legge non sia stato violato;
inoltre, eventuali contatti tra un collaboratore di giustizia e soggetti diversi da quelli indicati dalla legge dovrebbe avvenire sotto il controllo, per ragioni di sicurezza, degli organi di polizia preposti alla tutela della persona protetta -:
se la richiamata intervista sia stata preventivamente autorizzata e valutata;
in caso contrario, se sia stato disposto un accurato e completo accertamento volto ad appurare le circostanze che hanno determinato il rilascio della sopra richiamata intervista;
quali provvedimenti siano stati adottati o si intendano disporre per evitare che in futuro siano possibili contatti diretti tra persone sottoposte a misure speciali di protezione e terze persone non rientranti tra i soggetti previsti dell'articolo 12, comma 2, lettera d), della legge n. 82 del 1991 senza preventiva autorizzazione e senza controllo alcuno.
(4-08395)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta scritta:

STRIZZOLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito degli ultimi provvedimenti in materia di pubblica istruzione vi è stato un pesante taglio di risorse e di organici in tutti i livelli dell'istruzione pubblica del nostro Paese;
in conseguenza di tali interventi normativi e finanziari, è in corso una forte riduzione di personale insegnante e di personale tecnico-amministrativo che rende ancora più difficile il mantenimento di un accettabile livello qualitativo nell'offerta scolastica italiana;
con le ultime assegnazioni di organici di diritto del Ministero nella regione Friuli Venezia Giulia, basate sui parametri previsti dal decreto ministeriale n. 81 del 2009 per la formazione delle classi, si è determinato un notevole decremento delle stesse e le conseguenze derivanti da tali disposizioni riguardano, in particolare, le aree più marginali della montagna;
la contrazione del servizio scolastico nelle zone di montagna, come la Carnia, la Val Canale e Canal del Ferro e le Valli del Natisone in provincia di Udine, la Val d'Arzino, in provincia di Pordenone e il Carso in provincia di Trieste, segna un ulteriore motivo di abbandono di quei territori da parte, soprattutto, dei nuclei famigliari giovani e dei ceti sociali più deboli;
in particolare, dalla comunità di Zuglio (provincia di Udine) si segnala - con specifico ordine del giorno approvato unanimemente in data 23 luglio 2010 dal consiglio comunale - che gli ulteriori tagli al locale plesso scolastico vanno a penalizzare una realtà che presenta una positiva inversione di tendenza nella popolazione scolastica con un aumento delle iscrizioni di alunni pari al 20 per cento per l'anno scolastico 2010-2011 -:
quali iniziative intenda assumere per tutelare il diritto delle comunità di montagna ad avere strutture e organici adeguati per una istruzione diffusa e di qualità.
(4-08372)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

MANNINO e PEZZOTTA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'attuale disciplina del lavoro dipendente in agricoltura consente l'erogazione dell'indennità di disoccupazione e degli assegni familiari ai lavoratori agricoli che abbiano compiuto almeno 180 giornate lavorative nell'anno mentre ai lavoratori

che dovessero avere prestato un numero maggiore di giornate lavorative dette prestazioni sociali vengono negate;
la disciplina vigente, in tal modo, premia coloro che abilmente organizzano i tempi del proprio lavoro distribuendolo tra lavoro legale e lavoro in nero. Si tratta di una vera e propria assurdità che va immediatamente rimossa consentendo che l'indennità di disoccupazione sia proporzionale al numero di giornate lavorative effettivamente prestate -:
quali iniziative normative o provvedimenti, anche di ordine amministrativo con effetto immediato per l'anno in corso intenda adottare per eliminare una simile assurdità che induce i lavoratori agricoli ad utilizzare le opportunità di lavoro entro forme legali, ( cioè in regola con i versamenti contributivi previdenziali e le trattenute fiscali) utilizzando poi le sempre più diffuse opportunità di lavoro in nero.
(3-01210)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

BERNINI BOVICELLI, CAZZOLA e CARLUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il giorno 19 aprile 2010, in occasione della seduta n. 308, l'onorevole Giuliano Cazzola presentava un'interrogazione a risposta in Commissione (5-02768), rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, ove evidenziava talune problematiche applicative e talune incongruenze della disciplina dei cosiddetti «buoni lavoro», voucher, con specifico riguardo al relativo ampliamento dell'ambito applicativo, mediante la previsione di ulteriori attività e nuovi committenti e sotto il profilo soggettivo con riguardo a coloro che possono fruire di tale modalità di pagamento, così come disposto dal decreto-legge n. 5 del 10 febbraio 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 2009, recante «Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi»;
le principali incongruenze della citata disciplina si riscontrano con riferimento alle «manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico», attività che possono essere remunerate tramite voucher in ragione delle modifiche apportate all'articolo 70 del decreto legislativo n. 276 del 2003 dal decreto-legge n. 5 del 2009;
nel richiamare integralmente le sollecitazioni contenute nell'interrogazione già presentata dall'onorevole Giuliano Cazzola, si evidenziano in questa sede alcune altre particolari ed ulteriori problematiche. Si precisa preliminarmente che l'attività degli addetti ai servizi di staffing nelle manifestazioni sportive, fieristiche e culturali vede coinvolti circa 10.000 persone all'anno, di cui ben il 32 per cento sono donne. Il reddito medio percepito all'anno è di circa 900,00 euro lordi a persona, per un'attività che viene svolta in media per circa 98 ore l'anno. A tale tipologia di lavori, fino all'aprile 2009, veniva applicato il contratto di prestazione di lavoro autonomo occasionale, che costituiva l'unica ipotesi di formalizzazione del rapporto nel panorama lavorativo italiano;
tipologia contrattuale che non ha tuttavia mancato di palesare evidenti criticità. Risulta infatti agli interroganti che sono in corso numerose ispezioni da parte di DPL/INPS/INAIL finalizzate a disconoscere il tipo di contratto applicato «Prestazione di lavoro autonomo occasionale» a favore di un non meglio precisato contratto di tipo subordinato, che non avrebbe minimamente riguardo della natura dei servizi svolti, del numero delle giornate di lavoro all'anno, del reddito prodotto e nemmeno della volontà del percipiente, che evidenziano un rapporto che non ha le caratteristiche del rapporto di lavoro subordinato;
anche in ragione delle evidenziate problematiche, dal maggio 2009, grazie alle modifiche apportate dal decreto-legge n. 5 del 2009, convertito con modificazioni

dalla legge n. 33 del 2009, si ricorre al rapporto di lavoro accessorio occasionale, in sostituzione di quello precedentemente applicato alle attività svolte in manifestazioni sportive, turistiche e culturali. A tale riguardo, la circolare INPS 88/08 contempla un vincolo che non è ravvisabile nella disciplina legislativa, vale a dire che le prestazioni occasionali accessorie devono essere svolte solo direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione, senza il ricorso ad intermediari, cosicché, il contratto di lavoro accessorio è escluso nell'ipotesi di prestazioni a favore di terzi, come nel caso dell'appalto o della somministrazione;
il decreto del Ministero degli interni del 24 febbraio 2010, a parziale modifica del decreto ministeriale 8 luglio 2007, cosiddetto «decreto steward», precisa che «le società sportive (...) e le altre società appaltatrici dei servizi possono ricorrere a tutte le forme di lavoro subordinato, compreso il lavoro intermittente, e a prestazioni di lavoro occasionale accessorio di cui al decreto-legislativo 10 settembre 2003, n. 276»;
risulta agli interroganti che fino al mese di novembre 2009, le sedi INPS alle quali veniva avanzata la domanda di voucher, ne garantivano in linea di massima il rilascio. A far data da febbraio 2010, la situazione diviene più mobile e sicuramente più problematica. In particolare, si evidenzia, a mero titolo esemplificativo, che l'INPS di Bologna non rilascia voucher a chi fornisce il servizio «in appalto»; l'INPS di Torino ed Ancona non si pronunciano; mentre l'INPS di Palermo dispone il blocco dell'erogazione dei voucher. Solo a fine aprile la situazione si sblocca, dopo comprensibili e gravi disagi, non solo per gli operatori ma anche per i lavoratori;
a fronte di ulteriori richieste (maggio 2010) viene segnalato dalle diverse sedi INPS che i relativi compensi spettano ai soli addetti che hanno svolto servizi in stadi con capienza superiore ai 7.500 posti, escludendo dunque in maniera assolutamente irragionevole dalla possibilità di richiedere i voucher quegli addetti che svolgono attività in stadi di capienza inferiore e dunque tutte quelle attività sportive diverse dal calcio, che avvengono solitamente in luoghi dalla capienza ridotta, oltre ad altre tipologie di attività, come le manifestazioni fieristiche, pur contemplate nelle previsioni normative. Talune sedi INPS evidenziano inoltre che il pagamento dei voucher debba avvenire prima della prestazione resa dall'addetto;
a giudizio degli interroganti, è di tutta evidenza che le problematiche evidenziate contravvengono in parte con l'impostazione di fondo della disciplina dei voucher, tesa ad introdurre uno strumento flessibile che fosse in grado di garantire una retribuzione ad attività di carattere occasionale. Un intervento di razionalizzazione della materia sarebbe auspicabile, in questo difficile contesto economico, per garantire alle persone impegnate in tali attività quel pur modesto reddito che costituisce comunque elemento di integrazione del reddito principale, costituito solitamente dal sussidio di disoccupazione, da altre piccole occupazioni o dalla pensione, oppure che costituisce l'unico reddito, in ipotesi, per studenti universitari che intendono così mantenersi agli studi. Impedire l'accesso al lavoro accessorio per alcune di tali tipologie di lavoro e comunque la tortuosità della procedura contemplata, oltre alla disomogeneità delle risposte fornite dalle diverse sedi INPS, rischia evidentemente di fare naufragare questa tipologia contrattuale, con conseguente ritorno alle problematiche evidenziate prima dell'introduzione dei voucher. Con tutta evidenza, inoltre, una reale flessibilità di tale strumento contrattuale andrebbe a vantaggio dei meno abbienti, con conseguente reale possibilità di integrare il reddito principale -:
se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e prerogative, intenda adottare - ed in caso contrario perché - i necessari provvedimenti, anche di carattere regolamentare, al fine di chiarire l'applicazione della normativa vigente

in materia di voucher anche con riferimento al panorama normativo esistente al 2009, tenendo conto di quanto evidenziato in premessa e in relazione alle tipologie di contratti applicabili, consentendo inoltre anche in caso di appalto, per le prestazioni accessorie svolte in occasione di manifestazioni sportive «minori», o di manifestazioni fieristiche e culturali, la possibilità di accedere alla regolarizzazione delle relative fattispecie mediante il cosiddetto lavoro accessorio, nel rispetto naturalmente delle diverse altre condizioni contemplate dal dettato normativo, definendo infine una procedura meno tortuosa per il rilascio dei voucher (cartacei e/o informatici), precisando ed omogeneizzando, con nota di indirizzo all'INPS, i limiti temporali della richiesta e del pagamento degli stessi, con la conseguente verifica della possibilità di richiedere i voucher successivamente all'espletamento del servizio, anche in considerazione della possibilità di apportare modifiche al servizio in corso d'opera.
(5-03358)

GATTI, MIGLIOLI, MADIA, GNECCHI, BERRETTA e SANTAGATA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
negli scorsi giorni la CGIL ha comunicato i dati, a sua disposizione, riguardo all'indennità una tantum, introdotta dall'articolo 19, comma 2, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, e modificata dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191 (finanziaria 2010), riservata ai collaboratori coordinati e continuativi;
tale indennità, pari al 30 per cento del reddito percepito l'anno precedente e comunque non superiore ai 4.000 euro, è destinata ai collaboratori coordinati e continuativi, con alcune eccezioni, i quali soddisfino in via congiunta le seguenti condizioni: operino in regime di monocommitenza; abbiano conseguito l'anno precedente un reddito lordo non superiore a 20.000 euro e non inferiore a 5.000 euro; con riguardo all'anno di riferimento sia accreditato, presso la gestione separata dell'INPS di cui all'articolo 2, comma 26, delle legge n. 335 del 1995, un numero di mensilità non inferiore a uno; risultino senza contratto di lavoro da almeno due mesi; risultino accreditate nell'anno precedente almeno tre mensilità presso la predetta gestione separata; le indennità erogate, comunque, non siano state, nelle media, superiori a circa 2000 mila euro;
i dati diramati dalla CGIL indicano in circa 17.800 domande presentate dai cosiddetti co.co.co. per potere godere dell'indennità. Di queste domande ne sarebbero state accolte 3.150, mentre le restanti sarebbero state respinte per la mancanza dei requisiti necessari;
è evidente che se si escludono a priori dal beneficio tutti i collaboratori della pubblica amministrazione e tutti coloro che hanno percepito nell'anno precedente un reddito inferiore a 5.000 euro, ovvero la maggioranza dei contratti, e se si escludono tutti i nuovi assunti del 2010 in possesso dei requisiti, ma che non hanno lavorato almeno 3 mesi l'anno precedente, non possono che essere questi i risultati;
nel 2009 erano state erogate meno di 2000 indennità a fronte di circa 10.000 domande;
nel rendere noti i dati la CGIL ha evidenziato che, pur essendo trascorsi più di sei mesi dall'approvazione della finanziaria per il 2010, non esistono ancora dati ufficiali per il 2009 riguardo all'indennità una tantum riservata ai collaboratori coordinati e continuativi;
se i dati resi noti dalla CGIL rispondessero al vero, risulterebbe la sostanziale inefficacia e limitatezza delle misure adottate con la finanziaria per il 2010;
la Commissione lavoro ha elaborato un testo unificato (AC 2100 e altri), poi modificato, che prevedeva un monitoraggio delle domande e delle indennità erogate, con l'obiettivo di un utilizzo dei fondi residui per aumentare platea dei beneficiari e ammontare dell'indennità -:
quali siano i dati a disposizione del Ministro riguardo al numero di domande

inoltrate, nonché di quelle accolte, nel primo semestre del 2009, dai collaboratori coordinati e continuativi, al fine di usufruire dell'indennità prevista dall'articolo 2, comma 130, della legge 23 dicembre 2009, n. 191;
se esistano residui sulle somme previste per il 2009;
se non ritenga eccessivamente limitativi i criteri necessari per potere usufruire della indennità in questione;
quali iniziative intenda adottare al fine di rendere la norma realmente efficace e capace di raggiungere l'effettiva platea delle migliaia di lavoratori a progetto che, anche a causa della crisi economica in atto, non hanno avuto il rinnovo del contratto di lavoro.
(5-03365)

Interrogazione a risposta scritta:

PORTA, BUCCHINO, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e NARDUCCI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il servizio di pagamento delle pensioni INPS all'estero è stato affidato, dal 1o maggio 2007, tramite apposito bando di gara, all'Istituto centrale delle banche popolari italiane (ICBPI) che provvede alla corresponsione dei ratei di pensione attraverso un istituto di credito del Paese in cui viene erogata la pensione, a sua volta convenzionato con l'ICBPI;
il pagamento può avvenire tramite accredito su conto corrente, in euro o valuta locale, bonifico bancario, a nome del pensionato stesso oppure presso un Istituto di credito, e, solo in alcuni Paesi, anche la riscossione in contanti allo sportello;
nel corso degli anni sono stati riscontrati numerosi problemi, soprattutto in relazione a:
a) informazione e trasparenza su importi in pagamento, sia in euro che in valuta locale, e relativamente ai cambi adottati, dislocazione e orari dei servizi, piano tariffario delle transazioni bancarie, ove in vigore, ed eventuali altri costi a carico del titolare la pensione italiana;
b) informazione e trasparenza sui contenuti delle convenzioni con istituti di credito locali, da parte dell'istituto italiano aggiudicatosi il contratto con l'INPS per il pagamento all'estero, tali da garantire sicurezza e stabilità della banca estera stessa, qualità nell'erogazione dei servizi bancari, sia in termini di sedi, sportelli e formazione linguistico-culturale del personale che in termini di informatizzazione e gestione del servizio sotto il profilo tecnologico;
c) capacità di monitoraggio, controllo e verifica reciproci da parte dell'istituto appaltante, cioè l'INPS, l'istituto che si aggiudica il bando e la banca estera convenzionata, anche con la possibilità di modifiche procedurali e contrattuali in corso d'opera, oltre alla possibilità di rescissione dal contratto;
d) capacità di informare i beneficiari in tempi brevi, gestendo con efficienza e tempestività le campagne di verifica dell'esistenza in vita, i riaccrediti e l'emissione di nuovi pagamenti e garantendo da tutti i Paesi e per tutti i Paesi un servizio di accesso telefonico, fax, postale ed elettronico;
e) capillarità e diffusione sul territorio per consentire ai beneficiari delle prestazioni l'accesso al servizio senza dover affrontare lunghe e costose trasferte;
il 17 luglio 2009, è stato pubblicato dall'INPS un nuovo bando per l'erogazione delle pensioni a residenti all'estero a partire da maggio 2010;
alla prima fase di selezione ha partecipato anche l'Istituto centrale delle banche popolari italiane che è stato invitato, insieme ad altre banche, a partecipare alla seconda fase in cui dovrà essere presentata un'offerta organizzativa, economica e di servizi ai pensionati;

da alcune settimane sono diventate ricorrenti le segnalazioni da parte di pensionati italiani residenti in Argentina, di patronati, di rappresentanze dell'emigrazione e della stampa locale in merito alla confusione e ai disservizi che si stanno manifestando relativamente ai pagamenti da parte dell'INPS delle pensioni italiane in quel Paese:
a) la grave situazione relativa all'erogazione delle pensioni dell'INPS in Argentina si è venuta a creare a causa della parziale modifica delle modalità dei pagamenti; infatti, è stata recentemente affidata alla Western Union l'effettuazione dei pagamenti relativi a coloro ai quali era stata richiesta la certificazione dell'esistenza in vita e che non avevano risposto (circa il 20 per cento dei pensionati);
b) è stato rilevato da più parti che il predetto agente ora incaricato di pagare le prestazioni suddette in Argentina non sarebbe in grado di gestire in maniera adeguata le complesse procedure di pagamento;
c) le carenze e i disservizi segnalati attengono: alla precarietà e disfunzionalità delle filiali messe a disposizione della Western Union che comunque sembrerebbe non essere in grado di coprire adeguatamente il vasto territorio interessato; alla scarsa conoscenza da parte del personale della Western Union del sistema previdenziale italiano e soprattutto delle procedure necessarie per espletare tale incarico; all'utilizzo dei tassi di cambio per il pagamento in valuta locale con conversioni discrezionali euro-dollari-pesos e alla richiesta impropria di commissioni; al rifiuto da parte della Western Union di riconoscere le deleghe rilasciate dagli uffici consolari che riguardano lo stato civile e di pagare la pensione ai delegati di persone anziane, con problemi di salute che non possono deambulare;
è stato inoltre segnalato il fatto che l'INPS spesso si rifiuta di collaborare con consolati e patronati e non apre quei canali di comunicazione per fornire tempestive informazioni e offrire dati statistici e aggiornamenti sui pensionati e sui pagamenti al fine di prevenire ipotetiche azioni dolose -:
se non si ritenga doveroso fornire elementi:
a) sulla situazione aggiornata relativamente al bando 2010 per il pagamento delle pensioni INPS all'estero, all'istituto aggiudicatosi il bando;
b) sulle condizioni contrattuali relativamente ai punti a), b), c), d) ed e) del terzo capoverso della premessa;
se non si ritenga indispensabile garantire anche ai pensionati italiani residenti all'estero condizioni di pagamento della pensione efficienti, improntati alla trasparenza ed alla informazione, gestiti con precisione da istituti di credito italiani ed internazionali che rispondano ad altissimi standard qualitativi;
cosa intenda fare il Ministro interrogato per verificare lo stato del sistema dei pagamenti delle pensioni INPS in Argentina ed eventualmente se intenda assumere le iniziative necessarie per evitare disagi economici e psicologici ai connazionali pensionati che esercitano i loro diritti pensionistici in buona fede.
(4-08374)

TESTO AGGIORNATO ALL'8 FEBBRAIO 2011

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta orale:

SPOSETTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la castanicoltura costituisce una delle principali risorse agricole della provincia di Viterbo, una delle fonti aggiuntive di sostegno al reddito delle popolazioni di diverse comunità locali;
la presenza di un pericolosissimo parassita, denominato cinipide galligeno da castagno, costituisce una vera e propria

minaccia dei castagneti, in quanto vengono attaccati diffusamente da questo insetto;
questa emergenza parassitaria è stata da tempo denunciata dagli enti locali interessati, spinti da moltissimi agricoltori particolarmente preoccupati, e da diverse organizzazioni di categoria i quali chiedono da anni l'intervento immediato delle autorità preposte;
nel corso degli ultimi anni sono stati approvati alcuni provvedimenti legislativi con l'obiettivo di regolare la lotta al cinipide. Tra questi il decreto legislativo 19 agosto 2005 , n. 214 e il decreto ministeriale 30 ottobre 2007;
la regione Lazio con la determinazione n. 1825 del 17 luglio 2009 ha individuato misure d'emergenza provvisorie per impedire la diffusione del cinipide del castagno, istituendo le zone di insediamento nel territorio della regione Lazio;
ad oggi tutte le azioni di lotta intraprese con princìpi attivi si sono rilevate inefficaci mentre la lotta biologica sta dando buoni risultati in Piemonte che per primo ha affrontato il problema e quindi per primo ha iniziato ad intravedere una via di uscita proprio con la lotta biologica;
in seguito alla convenzione firmata dalla provincia di Viterbo, la comunità montana dei Cimini e le università di Viterbo e di Torino, dalla primavera del 2010 nei monti Cimini è iniziata la sperimentazione relativa all'inserimento del torymus sinesi, l'antagonista naturale del cinipide galligeno del castagno;
l'abbandono della coltivazione dei castagneti rischia di produrre gravi conseguenze economiche, ambientali ed idrogeologiche. Occorre pertanto attivare ogni sinergica ed immediata iniziativa per consentire alle comunità locali di affrontare il pericolo della distruzione dei secolari castagneti viterbesi oggi attaccati con virulenza inaudita dal cinipide -:
quali urgenti e immediate azioni intenda adottare il Ministro interrogato relativamente allo studio del parassita del castagno, soprattutto in considerazione della velocità con la quale va diffondendosi la patologia e quali strumenti intenda mettere in campo per salvaguardare tale patrimonio boschivo, che rappresenta una vera garanzia per la tutela del territorio, soprattutto in relazione all' equilibrio idrogeologico;
quale iniziativa intenda adottare il Ministro interrogato per coordinare unitamente alle regioni, ogni utile e immediata iniziativa per fronteggiare l'emergenza parassitaria e scongiurare ulteriori e ben più gravi danni alle colture e, conseguentemente, alle economie locali;
quali iniziative il Ministro interrogato intenda adottare per verificare l'avvenuto danno della produzione di castagne e per individuare ogni utile strumento di sostegno al reddito degli agricoltori colpiti da questa calamità.
(3-01207)

FOLLEGOT e FEDRIGA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia.- Per sapere - premesso che:
da alcuni mesi il Friuli Venezia Giulia è terreno di battaglie ideologiche e legali sulla questione dell'utilizzo di sementi di mais geneticamente modificate;
dopo la vicenda di Fanna (Pordenone), una nuova segnalazione è stata fatta alle istituzioni regionali, relativa alla probabile coltivazione di piantine di mais transgeniche presso un appezzamento di terreno nel comune di Vivaro (Pordenone);
nonostante le istituzioni abbiano immediatamente informato i competenti uffici della prefettura e un'associazione di agricoltori abbia da tempo presentato di un esposto presso la procura della Repubblica, evidenziando l'urgenza della questione, non è ancora stato chiarito se la segnalazione sia fondata o meno, e quali siano i terreni eventualmente interessati da tale tipologia di coltivazioni;

l'urgenza di fare luce sulla vicenda è data non solo dai potenziali risvolti penalmente rilevanti per i suoi responsabili, ma soprattutto dal rischio di «contaminazione» cui sono soggette le limitrofe coltivazioni di mais convenzionali e/o biologiche;
qualora realmente esistessero delle coltivazioni di mais geneticamente modificato, l'imminente fioritura delle piantine finirebbe per «contaminare» le adiacenti coltivazioni con l'inevitabile conseguenza che le stesse dovrebbero essere successivamente distrutte, con evidenti ripercussioni a carico di tutti i coltivatori della zona;
questa vicenda, esula, di fatto, da questioni di carattere ideologico-politico, essendosi il legislatore italiano già espresso, in senso sfavorevole a tale tipologia di coltivazioni ed avendo in tal senso approvato un decreto legislativo, il 212 del 2001, che vieta la coltivazione di organismi geneticamente modificati, salvo preventiva autorizzazione interministeriale rilasciata dai Ministeri delle politiche agricole, alimentari e forestali, della salute e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
condizione indispensabile ai fini del rilascio di detta autorizzazione interministeriale è proprio la dimostrazione, da parte dell'interessato, della sussistenza di condizioni valide a scongiurare il rischio di «contaminazione» delle colture convenzionali e/o biologiche;
le analisi di laboratorio necessarie per individuare la natura geneticamente modificata delle sementi segnalate generalmente non necessitano di tempi molto lunghi e non si comprende pertanto per quale motivo le autorità che stanno investigando sulla vicenda di Vivaro non abbiano ancora presentato gli esiti di tali analisi;
sebbene la vicenda esuli, come già ribadito, da considerazioni ideologiche, non si può perdere l'occasione anche in questo caso per ribadire e condividere le ragioni che hanno indotto il legislatore italiano, ad assumere un atteggiamento di grande cautela nei confronti di tali coltivazioni, riconoscendo che il valore delle colture friulane, così come quelle italiane, non si contraddistingue certamente per la vastità dei suoi terreni e la quantità delle sue produzioni, bensì per la loro peculiare diversità e la elevata qualità, elementi che solo un legislatore disattento ometterebbe di valorizzare; solo una politica cieca si lascerebbe sfuggire la possibilità di sfruttare «biodiversità e qualità», un binomio fatto proprio solo dai frutti di un territorio come il nostro, coltivato da chi ama la sua terra, da chi trova nel suo lavoro forza e orgoglio;
come già riferito sopra, il legislatore italiano, in virtù dell'ampia autonomia riservata dall'Unione europea agli Stati membri sulla questione, ha subordinato l'utilizzo di sementi geneticamente modificate ad apposita autorizzazione interministeriale, prevedendo al contempo una sanzione di carattere penale in caso di violazione di tale divieto e pertanto far luce sulla vicenda descritta significa semplicemente ripristinare l'ordine di legge -:
come intendano attivarsi affinché sia fatta chiarezza sulla vicenda sopraccitata e siano adottate tutte le misure necessarie per scongiurare la «contaminazione» delle limitrofe coltivazioni convenzionali e/o biologiche.
(3-01211)

Interrogazioni a risposta scritta:

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il 30 luglio 2010, la Corte dei conti ha pubblicato la relazione riguardante «Irregolarità

e frodi in materia agricola», riportante gli esiti di attività di controllo relative agli anni 2003-2009 sull'ex FEOGA e sugli attuali Fondo europeo agricolo di garanzia e Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale;
i controlli effettuati hanno evidenziato numerosi profili problematici nelle attività dei suddetti fondi, come dimostrano le numerose irregolarità segnalate, ricollegabili, per quanto riguarda le politiche di sviluppo rurale, ai periodi di programmazione finanziaria 1994-1999 e 2000-2006, nonché, per ciò che concerne i pagamenti della politica agricola comune (PAC), alle campagne agrarie del periodo in esame;
con riferimento ai pagamenti PAC sono state riscontrate irregolarità per circa 145 milioni di euro, riconducibili per il 94 per cento all'attività di AGEA e, per la restante parte, ai nove organismi pagatori regionali che, come noto, eccezion fatta per la Basilicata sono tutti riferibili a regioni del Centro-Nord;
il 46 per cento degli importi di cui sopra è considerato irrecuperabile da AGEA, a causa di intervenuta insolvenza dei soggetti che li hanno indebitamente percepiti (fallimenti, cancellazione delle impresa e altro);
per quanto sopra, si evince che l'elevata incidenza delle irregolarità iscrivibili ad AGEA discende dal fatto che le attività di tale Agenzia si svolgono prevalentemente nelle regioni meridionali (che non hanno organismi pagatori) e nelle quali si concentra la gran parte delle irregolarità accertate;
con riferimento alle politiche di sviluppo rurale sono state riscontrate irregolarità per 133,4 milioni di euro riferibili per 129,6 milioni (97,2 per cento) alle sei regioni del Sud;
le misure di sviluppo rurale rientrano tra le politiche socio-strutturali, per la cui attuazione è necessario il cofinanziamento dello Stato membro;
le regioni meridionali, come evidenziato anche nel recente rapporto sulle attività sostenute nell'ambito dei Programmi di sviluppo rurale al 31 marzo 2010, presentano i più bassi livelli di efficienza della spesa, esponendo l'intero Paese al danno economico conseguente al disimpegno delle risorse da parte dell'Unione europea, a causa del mancato rispetto delle scadenze di pagamento -:
se e quali iniziative si intendono adottare per fare fronte all'inaccettabile situazione di illegalità diffusa che emerge dalla relazione della Corte dei conti citata in premessa e, in specie, se e come si intenda dare seguito alle indicazione recate dalla stessa Corte nella medesima relazione.
(4-08387)

ZACCHERA e CARLUCCI. Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la pesca professionale nei laghi interni costituisce tuttora un'attività di nicchia ma significativamente legata alla storia dei laghi prealpini del nord Italia e vulcanici dell'Italia centrale;
il settore si trova in gravi difficoltà sia per il mancato rinnovo generazionale degli operatori sia perché occorre sottolineare l'importanza di una difesa dei piatti e delle tradizioni gastronomiche tipiche locali senza le quali non vi è adeguata richiesta e valutazione del pescato;
quali iniziative intenda intraprendere il Ministro al fine di incentivare, potenziare e tutelare la pesca professionale sui laghi interni italiani.
(4-08391)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
reiteratamente sulle fonti di stampa si accenna alla presenza in Italia di oltre 600.000 (seicentomila) «auto blu» rispetto a numeri molto minori in uso negli altri Paesi europei o americani;
recentemente è invece apparsa una nuova statistica in cui le «auto blu» effettive sarebbero «solo» 9.000;
entrambe queste indicazioni appaiono francamente poco credibili e giustificate forse dal fatto se si inserisca nel computo veicoli che obbiettivamente nulla hanno a che vedere con il concetto di «auto blu» (ovvero vetture messe a disposizione di eletti e/o cariche pubbliche) quanto forse comprendere ambulanze, mezzi militari, e/o veicoli destinati per compiti di istituto delle forze dell'ordine e altro -:
se non si ritenga necessario fornire alla pubblica opinione obbiettivi termini di valutazione, ovvero pubblicare al più presto un elenco sommario ma più preciso circa il numero delle auto utilizzate dalle istituzioni rispetto a quelle di servizio disponibili e riservate per usi istituzionali o di scorta per specifiche personalità nei Ministeri, enti, principali amministrazioni locali, e altri;
quali iniziative il Ministro intenda porre in essere per ridurre comunque i costi di questo servizio, spesso non indispensabile.
(4-08359)

...

SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie stampa, i Nas di Brescia pedinando i camion diretti nel comprensorio bresciano, avrebbero scoperto un traffico di rifiuti illeciti lungo l'asse Lombardia-Campania;
emergerebbe un sistema orchestrato dagli autotrasportatori della Ve.Ca sud autotrasportatori srl di Maddaloni, in provincia di Caserta, incaricata dall'ex commissario di Governo per l'emergenza rifiuti campana alla mobilitazione delle scorie da incenerimento in base al quale venivano fatti viaggi di andata, già pagati con soldi statali, per il trasporto regolare di rifiuti speciali, provenienti dall'inceneritore A2A spa di Acerra destinati all'impianto di smaltimento e deposito di sostanze pericolose, tossiche e nocive gestito dalla Systema ambiente srl di Brescia (già Ecoservizi spa) e viaggi di ritorno, da nord a sud, con più di 80 quintali di mais con destinazione ultima gli allevamenti della Campania e del meridione rivenduti poi a prezzi concorrenziali. Il tutto all'oscuro della Systema ambiente srl e delle imprese che commercializzavano i mangimi;
una volta scaricati i rifiuti tossici, gli indagati provvedevano alla sostituzione della relativa segnaletica dello spostamento su gommato di merce pericolosa, ad un sommario lavaggio delle cisterne presso un impianto di Lonato e al nuovo carico di farina, mais e mangimi per bestiame da macello e mungitura, pronti a contaminare la catena alimentare;
un rischio, dunque, per l'ambiente e la salute confermato dalle prime analisi

effettuate nelle cisterne utilizzate: indi- scussa la presenza di scorie, ceneri, metalli pesanti e reflui di ogni genere;
nel frattempo, si tenta di individuare le strutture, principalmente campane - tra cui pastifici, caseifici e supermercati - a rischio mais contaminato -:

di quali dati dispongano in ordine a quanto esposto in premessa;
se intendano avviare, per quanto di competenza, un'ampia verifica al fine di tutelare la salute pubblica e l'ambiente e quali iniziative intendano promuovere per evitare il ripetersi di casi analoghi.
(4-08344)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il direttore del supplemento Salute del quotidiano La Repubblica, Guglielmo Pepe, in un editoriale pubblicato il 1o giugno 2010 ha riferito che la spesa ospedaliera per la cura dei tumori polmonari attribuibili al fumo è di 152.264,000 euro, mentre la perdita di produttività per ricoveri è di 844.461.000 euro;
le giornate di degenza per malattie respiratorie e dell'apparato circolatorio sono 954 mila; inoltre il numero dei ricoveri da fumo è il 15 per cento di tutte le cause;
in base ai citati dati, la società italiana di tabacco sostiene che il costo dei danni da sigarette ammonta a oltre sei miliardi di euro l'anno (il 6 per cento circa della spesa sanitaria);
con un aumento di 20 centesimi al pacchetto di sigarette - osserva Pepe - dal momento che si vendono circa 5 miliardi di pacchetti l'anno, «si avrebbe in breve tempo un miliardo di euro in contanti. Soldi che se fossero investiti nella prevenzione e nella cura del fumo, produrrebbero un circolo virtuoso che potrebbe portare ad un risparmio di circa tre miliardi sulla spesa sanitaria» -:
se non ritenga utile e opportuno approfondire il ragionamento della società italiana di tabacco e la proposta del direttore del supplemento Salute di Repubblica, che, per citare la conclusione del suo editoriale, «potrebbe dare una »boccata« di salute alla nostra economia».
(4-08352)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
risulta, secondo informazioni diffuse da numerose pubblicazioni specializzate, che una pianta ornamentale, divenuta piuttosto comune, nelle case e nei giardini degli italiani, si è trasformata in un killer spietato per i cani;
l'allarme, in particolare, viene dal centro anti-veleni del Riguarda Ca' Grande di Milano, che riporta i dati di un lavoro scientifico, e ne ha data comunicazione alla Federazione nazionale degli ordini dei veterinari;
in particolare, la pianta «assassina» sarebbe una palmetta, scientificamente denominata «Cycas» o più comunemente nota come «Sago Palm»;
secondo gli studi al momento disponibili, sembra che la mortale intossicazione riguarderebbe i cani, ma non si esclude che altri animali da compagnia possano aver subito danni, dal momento che la Sago Palm ha una potenzialità tossica definita di prim'ordine diffusa a tutti gli apparati della pianta; al pari di altre palme della famiglia Cycadaceae è potenzialmente mortale per gli animali di affezioni, dal momento che contengono composti tossici (B-metil-L-alanina, BMAA, il glucoside cicasina, e una terza tossina con elevato peso molecolare non ancora identificata), che possono causare vomito, diarrea, depressione del sistema

nervoso centrale, convulsioni e insufficienza epatica; ed è proprio di epatite acuta e altri danni gastroenterici, che muoiono gli animali che la ingeriscono;
gli stessi architetti, vivaisti e veterinari non sono al corrente delle potenzialità tossiche di questa pianta che andrebbe accuratamente evitata nelle abitazioni e nei giardini dove i cani si aggirano ignari del pericolo -:
se non si ritenga di dover promuovere un'adeguata e capillare campagna informativa tra architetti, vivaisti e veterinari, circa le proprietà tossiche e venefiche della Sago Palm, di modo che ne possano preventivamente avvertire gli acquirenti.
(4-08353)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il dottor Gerardo Cannella, direttore del servizio di medicina preventiva dell'azienda ospedaliera Monaldi di Napoli, specialista in malattie respiratorie, fisiologia e medicina del lavoro, ha denunciato che «è allarme per i tumori provocati dall'inquinamento ambientale a Napoli e nei comuni limitrofi. L'incidenza del mesotelioma pleurico, tumore-spia dell'amianto, che può essere provocato solo dal contatto con le polveri di questa sostanza, supera il 50-70 per cento rispetto alla media delle zone limitrofe alle discariche abusive»;
i picchi, sempre a quanto riferisce il dottor Cannella, si registrano nei quartieri di Pianura-Soccavo, Fuorigrotta-Bagnoli, Barra-Ponticelli; e per quanto riguarda l'hinterland, nei comuni di Somma Vesuviana, San Giorgio e Cremano e Portici;
si tratta di dati confermati da autorevoli studi pubblicati nell'ambito di una ricerca dal titolo «Mesotelioma pleurico, una morte prevedibile ed evitabile», curata da quattro dirigenti medici del Monaldi, i professori Cannella, Carlo Crispino, Paolo Delle Donne, Giuseppe Antinolfi; un'indagine scientifica condotta dai servizi di medicina preventiva e anatomia patologica dell'ospedale Monaldi, attraverso il confronto di oltre trecento cartelle cliniche suddivise nei quinquenni 1997-2001 e 2002-2007;
attraverso l'esame di ogni singola diagnosi, è stato possibile chiarire che il rischio di contrarre il mesotelioma pleurico non è lavorativo, ma abitativo, ossia legato al territorio di residenza, questo significa che l'amianto non uccide solo gli operai, dal momento che dalla ricerca «solo» il 15 per cento della diagnosi di mesotelioma è risultata correlata a malattie professionali;
a quasi vent'anni dallo stop alle lavorazioni e all'uso del minerale-killer, il numero degli ammalati cresce, e cambia l'identikit dei pazienti: uno su quattro è donna, l'età media oscilla tra i 58 e i 63 anni, appena il 15 per cento è costituito da fumatori -:
se non si ritenga di dover promuovere, nell'ambito delle proprie prerogative, un'indagine al fine di accertare l'esatta dimensione del fenomeno, e in particolare: l'aumentato rischio di cancro pleurico, correlabile all'inquinamento selvaggio da discariche da rifiuti indifferenziati e tossici;
se non si ritenga di doversi attivare per individuare le cause di quelli che il professor Antonio Mariella, tossicologo dell'ospedale Pascale, definisce «forsennati ritardi e omissioni di un autentico disastro ambientale sinora negato»;
quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intendano promuovere, adottare, in ordine a quanto sopra riferito.
(4-08354)

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il numero del 10 maggio 2010 di medicina interna Archives of International Medicine, ha inaugurato la sezione «Less is More» («Meno è più»), dove il «meno» è meno farmaci e procedure mediche, e il «più» si riferisce alla salute dei singoli e della società in genere;
in particolare, ci si riferisce ai farmaci contro il mal di stomaco di ultima generazione, i cosiddetti «inibitori della pompa protonica»; si commentano i danni da abuso di antiacidi, e si annunciano «processi» simili per altri tipi di farmaci (antidepressivi, antipersensivi, anticolesterolo, e altri), esami diagnostici come la TAC e la mammografia, e interventi chirurgici come l'artroscopia;
tra i farmaci per il controllo dell'acidità gastrica, come asserisce il presidente della società italiana psiconeuroendocrinoimmunologia, dottor Francesco Bottaccioli, «i più usati sono i più costosi, gli inibitori della pompa protonica, che bloccano la produzione di acido cloridrico nello stomaco»;
è stato calcolato che ogni anno in Italia si spende circa un miliardo di euro per questo tipo di farmaci; e altri trecento milioni di euro circa ogni anno vengono spesi per il lansoprazolo, altro inibitore della pompa protonica;
nel 2008, ultimo anno disponibile, le prescrizioni sono aumentare di ben il 22 per cento;
un così largo uso di farmaci si deve al fatto che vengono prescritti non solo per le patologie per cui sono indicati, vale a dire le ulcere, le esofagiti, il reflusso gastroesofageo grave, ma vengono ampiamente prescritti anche per la dispepsia funzionale, cioè il comune mal di stomaco, che secondo le statistiche riguarda un adulto su quattro ed è per lo più di origine alimentare o provocata da stress; un abuso facilitato anche dal fatto che raramente si avvertono gli effetti collaterali da parte di chi li assume;
recenti studi, riportati dall'autorevole rivista scientifica Archives, registrano comunque effetti gravi nel lungo periodo, sotto forma di aumento moderato ma significativo delle fratture ossee in donne in menopausa; aumento del 74 per cento del rischio di infezioni da Closuridium difficile, con insorgenza di una colite pseudo membranosa, accompagnata da diarrea e dolori; aumento delle polmoniti, sia ospedaliere che domestiche; a ciò va aggiunta una possibile riduzione dell'assorbimento della vitamina B12, causata proprio dalla forte riduzione dell'acidità dello stomaco prodotto dai farmaci -:
se non si ritenga necessario ed opportuno avviare una campagna di informazione tra medici e gli stessi pazienti, dal momento che, a fronte degli effetti collaterali, se si soffre di un comune mal di stomaco, è meglio cambiare stile di vita, piuttosto che assumere medicinali.
(4-08363)

FOGLIATO e CALLEGARI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
le aflatossine sono prodotti naturali altamente tossici del metabolismo secondario di due specie di funghi parassiti del genere Aspergillus (A. parasiticus e A. flavus) parassiti che possono svilupparsi su di una grande varietà di derrate alimentari, quali arachidi, frutta a guscio, granoturco, riso, fichi e altra frutta secca, spezie, oli vegetali grezzi e semi di cacao, a seguito di contaminazioni precedenti, o successive alla raccolta;
le aflatossine sono note per le loro proprietà genotossiche e cancerogene e, in ragione di ciò, le norme comunitarie in materia di sicurezza alimentare sono espressamente finalizzate a ridurne la presenza, attraverso la fissazione di livelli massimi non superabili;

nel 2008, il codex alimentarius ha definito nuovi limiti massimi di aflatossine totali nelle mandorle, nelle nocciole e nei pistacchi pronti al consumo, fissandoli a 10 µg/kg, contro i 4 µg/kg che erano previsti dalla normativa comunitaria, all'epoca vigente (regolamento 1881/2006);
a seguito di tale variazione la Commissione europea ha avviato l'iter di modifica delle norme interessate, conclusosi il 26 febbraio 2010, con l'emanazione del regolamento (CE) n. 165/2010 che, tra l'altro, ha disposto l'innalzamento del livello massimo di aflatossine totali nelle nocciole da 4 a 10 µg/kg;
ai fini dell'adozione del nuovo regolamento, la Commissione europea ha incaricato l'EFSA di esprimersi riguardo ai nuovi livelli massimi di aflatossine totali, il quale ha coinvolto il gruppo di esperti scientifici sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM), il cui parere, peraltro riportato nel considerando n. 4 del regolamento; (CE) n. 165/2010, appare agli interroganti non sufficientemente motivato in merito agli effettivi rischi cui sarebbe esposto il consumatore a seguito di detto innalzamento dei limiti;
nel considerando n. 4 sopra richiamato si legge che il gruppo di esperti CONTAM dell'EFSA ha espresso un parere in merito «al potenziale aumento dei rischi per la salute dei consumatori ed ha concluso che l'innalzamento dei tenori massimi di aflatossine totali avrebbe effetti modesti sulle stime di esposizione alimentare, sul rischio di tumori e sui margini di esposizione calcolati; che l'esposizione alle aflatossine da tutte le fonti dovrebbe essere al livello più basso ragionevolmente ottenibile, perché le aflatossine sono genotossiche e cancerogene e che i dati dimostrano che si potrebbe ridurre l'esposizione alimentare totale alle aflatossine se, grazie a una più efficace applicazione delle normative e a una diminuzione dell'esposizione da fonti alimentari diverse da mandorle, nocciole e pistacchi, venisse ridotto il numero di prodotti alimentari altamente contaminati che arrivano sul mercato»;
un parere che appare agli interroganti quanto meno contraddittorio, in quanto, nel momento stesso in cui avalla l'aumento proposto dal CODEX, non esita ad ammettere che l'esposizione alle aflatossine dovrebbe essere la più bassa possibile e che si determinerà, comunque, un aumento del rischio tumorale e che, per ridurre l'esposizione a tale rischio si dovrebbe ridurre il consumo dei prodotti che le contengono;
ai fini del parere di cui sopra, non è considerato il rischio reale, ma quello potenziale e non si fa riferimento neanche a un ipotetico beneficio che potrebbe giustificare l'assunzione del rischio;
per quanto dedotto, l'unica motivazione plausibile per giustificare l'adozione del succitato parere e la conseguente emanazione del regolamento (CE) n. 165/2010, sembra da ricercare nella volontà di favorire l'importazione nell'Unione europea di prodotti provenienti da Paesi terzi, con standard qualitativi e sanitari inferiori rispetto a quelli europei;
la fissazione dei nuovi limiti ha sicuramente favorito e facilitato l'importazione di nocciole dalla Turchia, accrescendo ulteriormente le già gravi difficoltà dei produttori italiani e, in specie, di quelli piemontesi, che, da tempo, pativano la concorrenza, peraltro non sempre leale, dei produttori turchi;
il regolamento (CE) n. 178/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 28 gennaio 2002, agli articoli 53 e 54 prevede per gli Stati membri la possibilità di adottare misure cautelari provvisorie qualora si ritenga che alimenti di origine comunitaria o importati da un Paese terzo possono comportare un grave rischio per la salute umana -:
se non ritenga che gli evidenti e riconosciuti rischi per la salute, peraltro assunti in assenza di un qualsivoglia beneficio in grado di giustificarne l'assunzione, conseguenti all'innalzamento dei limiti massimi di aflatossine nelle nocciole, non costituiscano un valido motivo per

ricorrere all'adozione delle misure cautelari di cui agli articoli 53 e 54 del regolamento (CE) n. 178/2002.
(4-08365)

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
l'ufficio postale di Troina, in provincia di Enna, è quotidianamente frequentato da parecchie centinaia di cittadini, i quali fruiscono dei numerosi servizi erogati dalla società Poste Italiane spa;
Troina è un comune abitato da circa 10.000 abitanti e il centro urbano ha un'estensione considerevole in rapporto alla popolazione effettiva;
nel comune di Troina, oltre alla presenza di centinaia di imprese artigiane ed attività commerciali, opera, da più di mezzo secolo, l'Oasi Maria SS. - Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico - che impiega circa 1.000 dipendenti e offre servizi sanitari di eccellenza all'intero territorio regionale, e non solo, richiamando quotidianamente numerosi utenti esterni;
innumerevoli segnalazioni relative ai gravi disagi e ai disservizi sono state segnalate dagli utenti del locale Ufficio postale, riguardanti sia il recapito della corrispondenza sia i servizi erogati allo sportello, sono state indirizzate agli amministratori comunali e sono oggetto di numerosi articoli, apparsi sulla stampa locale;
la consegna della corrispondenza in alcune zone del centro urbano avviene con enormi ritardi, tali da creare in alcuni casi danni e pregiudizi alle persone che vanamente attendono il recapito di lettere, bollette e atti vari;
le lunghe code registrate presso tale ufficio, si acuiscono particolarmente la prima decade di ogni mese, quando i pensionati affollano gli sportelli, provocando vibranti proteste;
a causa della cronica mancanza di personale gli sportelli operativi sono in numero inferiore a quelli previsti nell'ufficio;
a questi disservizi, già presenti da tempo, nelle ultime settimane si è aggiunto il cattivo funzionamento del nuovo software agli sportelli, applicato in via sperimentale in alcuni uffici postali italiani, che procede con molta lentezza a causa di un insufficiente collegamento per la trasmissione dei dati;
le precedenti richieste per vie formali ed informali di miglioramento dei servizi agli utenti sono state del tutto disattese;
l'attuale livello di erogazione dei servizi ha superato oggettivamente ogni limite di tolleranza e sopportazione, a danno dei cittadini di Troina, i quali hanno diritto, al pari dei cittadini degli altri comuni, di poterne fruire in maniera decorosa ed efficiente -:
se sia a conoscenza di quanto sopra esposto;
se non ritenga opportuno intervenire, presso la società Poste Italiane spa, con la massima sollecitudine ed urgenza per porre rimedio ai gravi disservizi dell'ufficio postale di Troina, provincia di Enna;
quali iniziative intenda assumere nei confronti della società Poste Italiane spa, affinché si impegni a potenziare l'organico presso gli sportelli dell'ufficio postale di Troina, anche al fine di consentire l'apertura pomeridiana dell'ufficio postale e il miglioramento del servizio di recapito e per attenuare gli ulteriori disservizi causati dall'introduzione del nuovo software.
(2-00812) «Berretta».

Interrogazione a risposta in Commissione:

SIRAGUSA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data 29 luglio 2010 la Keller Elettromeccanica s.p.a, industria metalmeccanica di Palermo, ha comunicato con raccomandata ai lavoratori «l'indispensabile ed indifferibile necessità di dover procedere a risolvere, causa cessazione di attività, il rapporto di lavoro con la totalità degli impiegati ed operai attualmente in forza nel sito di Carini (PA). I due siti occupano complessivamente 509 dipendenti, esclusi i dirigenti, così distribuiti: n. 242 operai e 85 impiegati nell'unità produttività di Villacidro (VS) e n. 172 operai e 30 impiegati in quella di Carini (PA). La scelta industriale di cessare l'attività produttiva nello stabilimento di Carini (PA), - si legge nella comunicazione - già anticipata alle istituzioni e alle parti sociali nell'incontro per la presentazione del piano industriale per il quadriennio 2010-2013 avvenuto in data 30 giugno 2010 presso il Ministero dello sviluppo economico, si rende necessaria per forte carenza di carico di lavoro con conseguente improduttività del sito. Alla luce delle motivazioni suesposte, e rilevato che ragioni di ordine tecnico, organizzativo e produttivo non consentono di potere adottare misure idonee a porre rimedio a tale situazione, non sono ipotizzabili misure alternative al ricorso alla mobilità»;
tale provvedimento interessa complessivamente 202 dipendenti;
contestualmente alla messa in mobilità dei lavoratori la società, appartenente al gruppo Busi, è entrata nella Mediterranea holding, società, di cui è maggiore azionista la regione siciliana, che si è aggiudicata la gara per rilevare la società di navigazione Tirrenia;
ci si trova di fronte ad una vera e propria crisi dell'industria in Sicilia: dopo Termini Imerese con la Fiat, Italtel, adesso tocca al polo industriale di Carini;
non si può restare inermi di fronte alla politica industriale di gruppi che, dopo aver fruito di benefici statali, e, sovente, regionali, abbandonano il territorio per trasferire gli impianti altrove;
le conseguenze in termini di occupazione e di sviluppo di un territorio già di per sé depresso sono terribili e richiedono una risposta congiunta del Governo nazionale e di quello locale a tutela dei lavoratori e dell'economia della regione -:
se il Ministro, nell'ambito delle sue competenze, non intenda convocare con urgenza un tavolo di concertazione fra la società, le parti sociali e il governo regionale al fine di trovare una soluzione a tutela della stabilità occupazionale e dello sviluppo del territorio.
(5-03366)

Interrogazioni a risposta scritta:

MIGLIORI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel sobborgo di Fossato, frazione del comune di Cantagallo (PO), è presente un ufficio postale da oltre cinquanta anni;
esso è l'unico della Valle del Limentra Orientale, e a tale struttura fanno riferimento gli abitanti di Torri, Lentula e Acqua nel comune di Sambuca Pistoiese;
in tale zona la cittadinanza, con un'alta incidenza di anziani, non ha sportelli bancari nel raggio di 20 chilometri ed il più vicino ufficio postale dista 25 chilometri, privo, oltre tutto, di collegamenti pubblici con le località stesse;
nella mattinata del 24 luglio 2010, all'ingresso del summenzionato ufficio postale, è stato affisso un cartello che avvertiva la clientela della chiusura dello stesso e della conseguente cessazione di tutti i servizi a partire da lunedì 26 luglio 2010, con trasferimento degli stessi presso l'ufficio postale di Usella;
già negli anni '80 vi fu un precedente tentativo di chiudere l'ufficio, causa inidoneità della struttura, poi superato con

l'offerta, da parte di una associazione di pubblica assistenza, di un'adeguata collocazione nei propri locali ad un costo di affitto simbolico e, successivamente, in poco tempo è stato ridotto il servizio a soli due giorni lavorativi (martedì e giovedì) -:
quali iniziative urgenti si intendano attuare affinché l'ufficio postale di Fossato venga riaperto, continuando così a garantire una presenza pubblica in questa zona, dando ai cittadini, e in particolare alla popolazione anziana, un minimo, seppur indispensabile, servizio in una zona già disagiata.
(4-08377)

REGUZZONI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la legge Reguzzoni-Versace, n. 55 del 2010, sulla commercializzazione dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, interviene nel promuovere e sostenere la produzione manifatturiera italiana attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura dei prodotti, a garanzia della qualità del made in Italy;
l'articolo 4 della citata legge, in particolare, fissa l'entrata in vigore del sistema di etichettatura al 1o ottobre 2010 e la definizione dei decreti attuativi entro quattro mesi dall'entrata in vigore della stessa legge, consentendo le opportune verifiche da parte delle competenti istituzioni europee;
secondo notizie di stampa sembrerebbe che la Commissione europea abbia indirizzato al Governo italiano una lettera, firmata dal direttore generale della direzione impresa, nella quale sono avanzate una serie di perplessità sulla conformità della legge Reguzzoni-Versace alla norme comunitarie;
la lentezza con cui il Governo italiano sta procedendo nel dare attuazione alla legge n. 55 del 2010 e il ritardo con cui ha provveduto a notificare la norma alla Commissione europea rischiano di vanificare gli sforzi compiuti per tutelare gli interessi degli imprenditori onesti e dei consumatori;
le imprese sono in attesa di avere indicazioni su come applicare la legge Reguzzoni-Versace per difendersi dalla concorrenza di chi senza scrupoli immette sul mercato prodotti di qualità estremamente bassa e dannosi per la salute umana, facendoli passare come made in Italy anche se prodotti interamente all'estero;
l'eventuale posticipo dei termini relativi all'entrata in vigore del sistema di etichettatura obbligatoria, disciplinata ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 55 del 2010, come dichiarato alla stampa dal Viceministro al commercio estero, Adolfo Urso, arrecherebbe un serio danno alle imprese italiane, mettendo a rischio la loro stessa sopravvivenza sul mercato -:
se il Ministro intenda rendere note le osservazioni espresse sul provvedimento dalle competenti istituzioni europee, nonché adoperarsi affinché venga data completa ed immediata attuazione alla legge n. 55 del 2010 sulla commercializzazione dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, attraverso l'adozione dei previsti decreti attuativi, allontanando il rischio di un'eventuale modifica dei termini di entrata in vigore della legge stessa.
(4-08379)

MESSINA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il porto di Gioia Tauro, nato nella prima metà degli anni '70 in connessione con il progetto della Cassa del mezzogiorno per la realizzazione del 5o centro siderurgico italiano, si convertì ben presto in un porto polifunzionale con enormi potenzialità per il transhipment di container, trasportati sia da grandi navi transoceaniche che da piccole navi per la distribuzione di dettaglio (Feeder) ed, in seguito a tale processo, è stato classificato di rilevanza economica internazionale con la legge 27 febbraio 1998 n. 30 e successive modificazioni ed integrazioni, appartenente

alla categoria II classe I ai fini di quanto previsto dall'articolo 4 della legge 28 gennaio 1994 n. 84;
il vantaggio competitivo di Gioia Tauro rispetto ad altri porti hub nel Mediterraneo è legato alla sua posizione baricentrica nel bacino e alla sua potenzialità di connessione diretta con l'Europa del Centro-Nord per i traffici provenienti dall'Oriente. Quest'ultima, in particolare, vista come connessione ferroviaria mediante treni-blocco, in alternativa al trasporto marittimo attraverso Gibilterra, l'Atlantico e il Canale della Manica, consentirebbe un risparmio temporale nel trasporto ferroviario attraverso l'Italia che si tradurrebbe in risparmio significativo anche in termini economici per la nazione e potrebbe generare attività di manipolazione e lavorazioni a valore aggiunto nell'area di Gioia Tauro;
fare di Gioia Tauro un super-hub portuale, una piattaforma intermodale di valenza euro-mediterranea può significare un'opportunità di rilancio competitivo per l'intero Paese oltreché un impulso decisivo per fare uscire una delle regioni a maggiore ritardo di sviluppo d'Europa, come la Calabria, dalle secche di marginalità in cui si trova;
un disegno di scenario strategico non può prescindere dunque dalla strutturazione di un sistema ferroviario efficiente nell'area portuale e con questo obiettivo si sono mossi con programmi e stanziamenti di fondi i Ministeri dello sviluppo economico, infrastrutture e trasporti, università e ricerca, la regione Calabria, l'autorità portuale di Gioia Tauro e il consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria (ASIREG) che nel 2006 hanno siglato un Accordo Quadro (AQ 2006) insieme di RFI per la concessione a RFI delle linee e degli impianti ferroviari a servizio dell'area portuale di Gioia Tauro. La regione Calabria si è impegnata tra l'altro ad investire 13 milioni di euro previsti nell'APQ infrastrutture, ad erogare un corrispettivo annuale per la manutenzione e gestione pari a 608,000 euro ed ad emanare Tatto di concessione entro l'anno; RFI, di par suo ha assunto l'onere di provvedere all'ammodernamento tecnico degli impianti e del raccordo ferroviario adeguandolo agli standards di sicurezza nazionali e ad una stabile manutenzione;
l'autorità portuale di Gioia Tauro ha inoltre elaborato un piano regolatore portuale, ormai ad un avanzato stadio di definizione, che prevede fra le componenti di maggior rilievo il potenziamento dell'interporto, con una estensione delle aree per la logistica e l'intermodalità, nonché il riassetto funzionale del sistema ferroviario interno all'ambito portuale, al servizio tanto degli operatori marittimi quanto di altri operatori logistici;
l'ASIREG ha anch'essa elaborato un piano di sviluppo strategico che prevede significativi interventi per lo sviluppo del settore industriale, prevedendo un nuovo terminal intermodale in adiacenza alla linea ferroviaria nazionale;
a fronte della suddetta programmazione e dunque di importanti prospettive di sviluppo di tutto il sistema portuale di Gioia Tauro, fonti giornalistiche riportano notizie allarmanti sul futuro di questa importante infrastruttura, atteso che RFI ha annunciato di voler abbandonare lo scalo dell'area portuale a partire dal 1o agosto prossimo;
tale decisione comporterebbe, di fatto, la rescissione della convenzione stipulata dalla precedente giunta regionale e gli amministratori delegati di RFI Moretti e Soprano, accordo che ha impegnato la regione Calabria in notevoli investimenti al fine di favorire un servizio di supporto ferroviario al servizio containers, con una positiva ricaduta economica sul territorio;
tale notizia, legata a quella del possibile ripristino delle tasse di ancoraggio, provoca preoccupazione sulle prospettive di sviluppo dell'area portuale di Gioia Tauro, tenuto conto che il sistema del trasporto merci rappresenta un elemento di rilancio dell'economia regionale;

alle preoccupazioni per l'abbandono di RFI si aggiungono i ritardi e i silenzi del Ministero dello sviluppo economico che ha la competenza specifica per organizzare la stipula degli accordi di programma quadro «Polo Logistico Intermodale di Gioia Tauro» per l'ammontare di 163,5 milioni di euro coperto con risorse del PON Reti per la Mobilità 2007/2013, del PON Ricerca e Competitività 2007/2013 e del POR Calabria FESR 2007/2013 approvato con delibera n. 168 del 27 febbraio 2010 della giunta regionale della Calabria e frutto di un intenso lavoro partenariale e tecnico in collaborazione con il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e l'Autorità Portuale;
la Commissione Europea con una nota dei 22 dicembre 2009 in merito ai progetti finanziati a titolo FERS aveva stabilito uno scadenzario di procedure che prevedeva la definizione e la stipula degli accordi quadro entro il 10 febbraio 2010;
a riguardo sono trapelate notizie contrastanti secondo le quali la direzione Incentivi dello stesso Ministero non sarebbe disponibile a finanziare nell'ambito del PON ricerca e competitività 2007/2013 gli interventi previsti dall'Accordo di Programma Quadro, notizie poi smentite ma che non cambiano lo stato di fatto: un preoccupante ritardo nelle procedure che rischia di mettere in discussione tutto il lavoro fatto e che sta danneggiando lo sviluppo di un'infrastruttura di estrema importanza per il Paese intero ma soprattutto per la regione Calabria, come ampiamente sottolineato dall'amministrazione regionale nel «Rapporto sullo Stato della Programmazione Regionale Unitaria» -:
se sia vero che la Direzione incentivi del Ministero dello sviluppo economico non metterebbe a disposizione le risorse del PON ricerca e competitività 2007/2013 per il finanziamento delle azioni di propria competenza del polo logistico intermodale di Gioia Tauro, così come concordato con gli altri Ministeri e con la Commissione europea e se sì per quale ragione.
(4-08394)

...

Apposizione di una firma ad un risoluzione.

La risoluzione in Commissione Angeli e altri n. 7-00377, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 21 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Favia.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e Allasia n. 4-05160, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 25 novembre 2009, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-05699, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-05886, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-05887, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 27 gennaio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e Laura Molteni n. 4-06083, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 10 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n. 4-06163, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 17 febbraio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n. 4-06348, pubblicata nell'allegato B

ai resoconti della seduta del 3 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n. 4-06436, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 9 marzo 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi n. 4-06735, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta dell'8 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta scritta Grimoldi e altri n. 4-06990, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 28 aprile 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Stucchi.

L'interrogazione a risposta orale Anna Teresa Formisano n. 3-01205, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 2 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mereu.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni e Tocci n. 5-03355, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Narducci.

L'interrogazione a risposta in Commissione Villecco Calipari e altri n. 5-03357, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 3 agosto 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Rugghia.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Montagnoli n. 1-00419, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 361 del 29 luglio 2010.

La Camera,
premesso che:
il giro d'affari dei giochi in Italia nel 2003 era pari a 15 miliardi di euro, mentre nel 2009 si è attestato intorno ai 55 miliardi di euro e le stime dicono che, nell'anno in corso, supererà i 60 miliardi, corrispondenti a quattro punti percentuali del nostro prodotto interno lordo, con un incremento del 300 per cento in sette anni; la metà del mercato è costituita dalle slot, con 400 mila apparecchi sparsi su tutto il territorio nazionale;
il fenomeno dei giochi non riveste più esclusivamente un valore economico, ma, alla luce anche della straordinaria crisi economico-finanziaria che ha colpito tutte le economie occidentali, assume anche un forte rilievo sociale. Le associazioni a tutela dei consumatori e le associazioni di volontariato hanno rilevato quanto in Italia sia aumentata la dipendenza dal gioco, lecito o clandestino; i dati sul numero dei giocatori, in fortissima ascesa, devono imporre una riflessione sulle responsabilità dello Stato verso le categorie più deboli di popolazione: minorenni, anziani, disoccupati, che, attratti dalle possibili vincite, mettono a rischio con il gioco i loro redditi, arrivando, sempre più spesso, all'indebitamento; altro aspetto sociale di primaria importanza è la lotta al gioco clandestino e alle infiltrazioni della criminalità organizzata, sempre attenta alla gestione degli affari redditizi; il ruolo dello Stato non deve essere quello di censore, ma quello di regolatore, lasciando piena libertà ai cittadini di giocare, garantendo, però, piena legalità rispetto delle regole e tutela dei più deboli;
lo Stato, tramite l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, si è già attivato con importanti azioni a tutela del gioco legale e del cittadino, tanto che l'aumento del volume di giocate è dovuto non solo all'aumento dell'offerta, ma, in larga parte al recupero del sommerso; due sono stati gli obiettivi primari fin qui perseguiti: rendere i giochi sempre più appetibili, in modo da incentivare il passaggio dal gioco clandestino a quello legale e aumentare la remuneratività per gli investitori e gli imprenditori del settore;

altre possono essere le azioni per continuare l'opera già iniziata: innanzitutto il coinvolgimento di tutti gli attori interessati al fine di rafforzare la presenza sul territorio e, quindi, arginare l'invasione della criminalità. La prossima operatività del comitato di vigilanza sui giochi deve aprire la strada al reale coinvolgimento dei comuni, delle associazioni di volontariato e di tutte le forze di polizia;
i comuni possono garantire conoscenza del territorio, vicinanza agli esercizi commerciali, competenze in materia autorizzativa e disponibilità di agenti di polizia locale che già oggi hanno compiti di vigilanza e controllo; ai comuni stessi deve essere garantita anche la compartecipazione alle entrate erariali relative ai giochi: un'adeguata compartecipazione alle maggiori entrate derivanti dalle attività di accertamento e di controllo costituisce un ottimo incentivo per gli enti locali, nell'ottica di una collaborazione stretta tra livelli di governo e, soprattutto, nell'ottica di un proficuo ed effettivo federalismo;
le associazioni di volontariato, nell'ottica della sussidiarietà orizzontale e verticale, possono costituire un'importante risorsa per intervenire sul territorio con azioni di prevenzione e riduzione del danno conseguente alla dipendenza dal gioco; l'attenzione verso i soggetti più deboli deve essere ancora più alta in questa fase di straordinaria crisi economica, nella quale il gioco rischia di essere considerato come via di uscita rispetto alla mancanza di occupazione; polizia dello Stato, carabinieri e Guardia di finanza costituiscono l'ossatura dell'impianto di controllo del territorio e di repressione dei reati, con l'obiettivo primario di sconfiggere la criminalità organizzata;
possono essere programmati nuovi interventi per perfezionare i sistemi di controllo, per garantire ancora maggiore tutela delle fasce più deboli e per arginare il fenomeno dell'evasione fiscale: fondamentale è migliorare il sistema telematico che fa capo all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato al fine di evitare che le slot machine possano sfuggire al controllo del fisco e delle Forze dell'ordine; già nel 2007 una commissione di inchiesta, presieduta durante la XV legislatura dall'allora Sottosegretario all'economia Grandi, aveva rilevato pesanti anomalie nella gestione delle concessioni delle slot machine e la procura della Corte dei conti del Lazio aveva contestato a dieci concessionarie delle slot machine un danno erariale pari a 98 miliardi di euro, conseguente al mancato collegamento delle slot machine alla rete telematica di proprietà dello Stato, gestita da Sogei, e al mancato pagamento dei tributi. Diverse sono le operazioni delle Forze dell'ordine che testimoniano quanto si stiano diffondendo i circoli privati o bische clandestine dove sono presenti macchine da gioco illegali; nel corso di tali operazioni le Forze dell'ordine spesso rinvengono anche tavoli da gioco nelle quali si pratica il cosiddetto poker texano o meglio conosciuto come Texas Hol'dem con poste in denaro rilevanti; spesso tali poste sono fittiziamente mascherate da premi di altro genere;
per limitare il pericoloso aumento del numero dei giocatori minorenni potrebbe essere messo allo studio un sistema d'identificazione del giocatore, simile a quello che si sta sviluppando per evitare l'acquisto delle sigarette: l'utilizzo della carta d'identità elettronica, in modo da escludere automaticamente dal gioco le persone al di sotto dei 18 anni. Insieme a questo tipo d'identificazione, si potrebbe giungere alla fissazione di un numero di giocate massime per ogni giocatore; tale limitazione, assolutamente rispettosa della privacy del giocatore, potrebbe essere, in un secondo momento, differenziata in base al reddito del singolo giocatore, sfruttando l'implementazione della futura «banca dati unica», nella quale potrebbero confluire, per ogni singolo cittadino, tutti i dati reddituali e patrimoniali;
i giocatori on line devono essere ulteriormente tutelati attraverso il rafforzamento dei blocchi verso i siti illegali, che costituiscono forte attrazione per gli scommettitori, ma anche fonte di rischio

estremo sia in caso di perdite, sia in caso di vincite,

impegna il Governo:

a continuare nell'opera di diffusione di una cultura del gioco responsabile, al fine di rendere consapevoli i cittadini dei rischi che il gioco può comportare e delle disastrose conseguenze che la dipendenza dal gioco può produrre tra le fasce più deboli della popolazione;
a proseguire nell'obiettivo di rendere i giochi più attrattivi, in modo da incentivare il passaggio dal gioco clandestino a quello legale, incentivando la vincita sotto forma di rendita e ponendo un tetto massimo alle vincite immediate;
a perseverare nell'azione di controllo capillare sul territorio, attraverso le Forze dell'ordine, al fine di limitare i fenomeni di truffa e di evasione fiscale che ancora si riscontrano;
a coinvolgere i comuni nelle attività di accertamento e di controllo, sfruttando la conoscenza del territorio, le competenze in materia autorizzativa e la disponibilità degli agenti di polizia che già oggi hanno compiti di vigilanza e di controllo;
ad assumere iniziative anche normative volte a garantire ai comuni stessi la compartecipazione alle entrate erariali relative ai giochi, nell'ottica di una collaborazione stretta tra livelli di governo e, soprattutto, nell'ottica di un proficuo ed effettivo federalismo;
a perfezionare i sistemi di controllo sia delle slot machine, sia del gioco on line, al fine di tutelare soprattutto i minorenni, attraverso l'implementazione di sistemi di blocco e di identificazione del giocatore, nel rispetto assoluto della privacy personale.
(1-00419)
«Montagnoli, Bragantini, Fugatti, Reguzzoni, Luciano Dussin, Fogliato, Lussana, Alessandri, Allasia, Bitonci, Bonino, Brigandì, Buonanno, Callegari, Caparini, Cavallotto, Chiappori, Comaroli, Consiglio, Crosio, Dal Lago, D'Amico, Desiderati, Di Vizia, Dozzo, Guido Dussin, Fava, Fedriga, Follegot, Forcolin, Gidoni, Giancarlo Giorgetti, Goisis, Grimoldi, Lanzarin, Maggioni, Molgora, Laura Molteni, Nicola Molteni, Munerato, Negro, Paolini, Pastore, Pini, Pirovano, Polledri, Rainieri, Rivolta, Rondini, Simonetti, Stefani, Stucchi, Togni, Torazzi, Vanalli, Volpi».