XVI LEGISLATURA


Resoconto stenografico dell'Assemblea

Seduta n. 365 di mercoledì 4 agosto 2010

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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

La seduta comincia alle 9,35.

EMILIA GRAZIA DE BIASI, Segretario, legge il processo verbale della seduta di ieri.
(È approvato).

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Bongiorno, Brambilla, Brugger, Brunetta, Caparini, Carfagna, Casero, Casini, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Gregorio Fontana, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, Lombardo, Lucà, Martini, Meloni, Menia, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Saglia, Sardelli, Stefani, Urso, Vegas, Vitali e Vito sono in missione a decorrere dalla seduta odierna.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicate nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Informativa urgente del Governo sui recenti scontri armati avvenuti al confine tra Libano e Israele (ore 9,37).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di un'informativa urgente del Governo sui recenti scontri armati avvenuti al confine tra Libano e Israele.
Dopo l'intervento del rappresentante del Governo interverranno i rappresentanti dei gruppi in ordine decrescente, secondo la rispettiva consistenza numerica, per cinque minuti ciascuno. Un tempo aggiuntivo è attribuito al gruppo Misto.

(Intervento del Ministro degli affari esteri)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Signor Presidente, colleghi, non ripercorro i fatti che sono accaduti ieri e che hanno giustificato la richiesta di questa informativa. I fatti sono noti: gli scontri sono avvenuti in un'area di operazioni della missione UNIFIL e, in particolare, nell'area sotto il monitoraggio del contingente indonesiano. Sapete anche, ma è bene ricordarlo, che la missione è attualmente sotto il comando del vice capo missione, il generale italiano Bonfanti, il quale al manifestarsi delle prime azioni belliche, degli scontri si è recato personalmente nella zona; si è recato lì accompagnato da appartenenti al contingente UNIFIL e anche da consiglieri politici per accertare di persona l'accaduto.
Debbo ringraziare pubblicamente il generale Bonfanti per questa ulteriore iniziativa con la quale si è portato personalmente a contattare i rappresentanti delle parti, che in quel momento avevano iniziato e proseguivano gli scontri, per inviare personalmente un messaggio di invito forte a cessare gli scontri e a ritornare alla calma. Pag. 2
Abbiamo visto purtroppo anche la perdita di vite umane da parte libanese e da parte israeliana; comunicati sono seguiti all'esplodere della violenza e degli scontri ed anche al ritorno all'apparente normalità (uso la parola «apparente» perché trattandosi di un teatro di crisi seria e preoccupante tale parola è d'obbligo). Allo stato la situazione è sotto controllo: ieri sera, stanotte, stamani. Ma i messaggi di parte politica sono stati comprensibilmente su fronti e con caratteristiche del tutto opposte: il Presidente della Repubblica libanese, Sleiman, così come il Primo Ministro Hariri e il capo delle Forze armate libanesi hanno parlato di un'aggressione israeliana in violazione della risoluzione ONU; la parte israeliana, con una dichiarazione del Ministero degli esteri, ha parlato di una grave responsabilità del Governo libanese mettendo in guardia dalle conseguenze qualora vi fossero ulteriori violazioni della risoluzione n. 1701 del Consiglio di sicurezza. Evidentemente UNIFIL sta verificando i fatti ma l'azione e l'iniziativa politica della comunità internazionale non si è fatta attendere: un invito esplicito, formale, direi accorato degli Stati Uniti d'America, dell'Unione europea, a cui l'Italia si associa ovviamente pienamente, al ritorno alla calma, alla cessazione di ogni azione militare, alla preservazione di un atteggiamento di moderazione assoluta.
Questo è stato anche il significato della riunione a porte chiuse del Consiglio di sicurezza, che ieri sera ha esaminato l'accaduto e che, questa notte, ha pubblicato, sia pure informalmente, un messaggio di forte inquietudine per la situazione nella regione. Le nostre strutture - ovviamente, l'ambasciata italiana e l'Unità di crisi - hanno avviato un monitoraggio accentuato della situazione.
Vengo, quindi, a qualche breve riflessione sullo scenario che abbiamo davanti. Non crediamo che Israele, e neppure il Libano, abbiano alcun interesse a riaccendere lo scontro nella regione. Ci auguriamo, quindi, che quello che si è verificato ieri sia uno scontro isolato e che entrambe le parti a cui spetta questa responsabilità primaria abbiano l'intenzione di ridimensionarlo, poiché resta, comunque, un fatto grave e molto preoccupante.
È preoccupante, anche perché l'allarme che ha determinato nell'intera comunità internazionale è indicativo di una situazione di forte tensione e di precarietà, che caratterizza l'area dopo quattro anni dall'avvio della missione di pace UNIFIL. Certamente, tanto più è alta la preoccupazione della comunità internazionale perché siamo, auspicabilmente, alla vigilia della ripresa dei negoziati diretti tra palestinesi e israeliani. Infatti, siamo di fronte ad un passaggio cruciale - quello della trasformazione dal negoziato indiretto al negoziato diretto - che è stato da noi seguito ed incoraggiato, anche dall'Italia, in tutte le maniere, e che, certamente, rappresenta un momento chiave che potrebbe segnare un'inversione di rotta positiva per l'intera regione.
Anche il livello del confronto politico interno in Libano si trova in una fase estremamente delicata. Come sapete, sono in corso i lavori del tribunale internazionale per l'assassinio del Presidente Hariri; in questi ultimi anni, l'armamento di hezbollah è cresciuto in qualità e in quantità, così come la sua presenza e la sua assertività sul territorio; si è fatto più forte il senso di accerchiamento dello Stato di Israele; la questione palestinese, soprattutto nella Striscia di Gaza, non indica, per ora, decisivi sviluppi positivi, malgrado i passi che già sono stati compiuti e che, auspicabilmente, nelle prossime settimane, potranno portare visibili miglioramenti; infine, più grave di ogni altra cosa, sull'intera regione aleggiano le ripercussioni per gli sviluppi della proliferazione nucleare iraniana. Tutti questi sono elementi che aggravano il senso di instabilità e di fragilità regionale.
Occorre, quindi, un contributo da parte di tutti. Abbiamo rivolto un appello e lo ripetiamo - sembra opportuno farlo in quest'Aula - non solo, alle due parti coinvolte - quella libanese e quella israeliana - ma anche agli attori regionali che hanno contribuito, e che possono contribuire, Pag. 3a mantenere o a migliorare la situazione nell'area. Mi riferisco, in particolare, al ruolo egiziano, al ruolo saudita e a quello della Turchia, che non può e non deve essere dimenticato o abbandonato a causa delle tensioni esistenti tra Turchia e Israele; inoltre, mi riferisco al ruolo della Siria, con cui l'Italia intrattiene rapporti, come con tutti gli altri Paesi, particolarmente stretti, e che ha voluto testimoniare - con una visita ed un incontro importanti tra il Presidente Assad e il Presidente libanese - un impegno, ci auguriamo positivo, per la stabilizzazione.
Come sapete, abbiamo deciso, con alcuni colleghi europei, di assumere un'iniziativa politica di cui mi sono fatto promotore: una visita nella regione nei primissimi giorni del mese di settembre che, ad oggi, è confermata, e ci porterà anche nella Striscia di Gaza, ma non solo.
Questa sarà l'occasione per una presenza fisicamente e politicamente attiva da parte di alcuni colleghi che, con l'Italia, condividono l'impegno nella regione, per incoraggiare e rafforzare il proposito perseguito con pazienza e con tenacia dall'amministrazione Obama e dal senatore Mitchell di far ripartire il negoziato di pace.
Per quanto riguarda il teatro libanese, specificamente, registro la grande importanza della visita del re dell'Arabia Saudita e, come detto, del Presidente siriano a Beirut. Sono due visite di grande importanza, che non avvengono tutti i giorni - visti anche i rapporti pregressi tra quei Paesi -, e ci auguriamo che questo sia un altro messaggio positivo di stabilizzazione.
Il Libano - come ho già accennato - risente delle dinamiche regionali; da qui ne deriva che l'impegno della comunità internazionale, anzitutto attraverso UNIFIL, è estremamente importante, direi determinante, per contribuire alla stabilizzazione. UNIFIL, infatti, ha un ruolo chiave: aiutare le parti a far progredire la situazione.
Ho condiviso ieri le riflessioni del Ministro La Russa quando diceva che la missione UNIFIL non può e non deve avere un mandato a tempo indeterminato: essa ha il principale compito politico di far evolvere lo status quo, non di mantenerlo. Noi, infatti, non siamo soddisfatti di uno status quo di fragilità e di potenziale crisi, ma vogliamo che questo ruolo e questa stessa situazione evolvano in una stabilizzazione, in una pacificazione e in una riconciliazione, a partire dalla regolazione di alcune dispute su aree di confine.
Molti colleghi, infatti, conosceranno la lunghissima storia di un piccolissimo villaggio che si chiama Ghajar, dalla cui soluzione potrebbe dipendere un segnale estremamente positivo che l'allora comandante UNIFIL, generale Graziano, aveva ripetutamente dato, sia ai libanesi che agli israeliani.
Tuttavia, il primo impegno spetta alle parti perché sono loro che devono dimostrare la loro volontà di pace, che è, in questo momento, ciò che la comunità internazionale chiede.
Noi, infatti, non ci sostituiamo alle parti ma le aiutiamo alla stabilizzazione, e chiediamo, quindi, che questo preoccupante status quo possa evolvere. Credo che questo sia possibile, anche se richiederà grandissimi sforzi da parte di tutti, così come possibile è la pace tra palestinesi e israeliani. Se fossimo scettici e abbandonassimo l'idea di lavorare per la pace avremmo dato partita vinta ai nemici della pace.
Signor Presidente, mi permetto di dire che il tempo corre contro coloro che vogliono la pace, non a favore, ecco perché dobbiamo fare in fretta (Applausi).

(Interventi)

PRESIDENTE. Passiamo agli interventi dei rappresentanti dei gruppi.
Ha chiesto di parlare l'onorevole Boniver. Ne ha facoltà per cinque minuti.

MARGHERITA BONIVER. Signor Presidente, credo che, innanzitutto, valga la pena sottolineare, immediatamente, la fortissima preoccupazione che questi incidenti, apparentemente casuali, hanno provocato, Pag. 4non soltanto per via delle vittime ma, soprattutto, per il luogo dove questi si sono succeduti.
Incidenti per i quali, curiosamente, sembrerebbe esserci qualche linea di continuità con il lancio di missili Grad avvenuto sulle città di Eilat e di Aqaba soltanto pochi giorni prima.
Il Libano di cui abbiamo sentito - e ringrazio il Ministro Frattini per la sua esposizione - è un quadrante centrale per quello che riguarda non soltanto tutta la vicenda mediorientale ma soprattutto per i rapporti con l'Iran. In Libano vi è il paradosso dei paradossi, ovvero una forza, gli hezbollah, che sono politicamente legati al Governo del Libano e, contemporaneamente, mantengono delle milizie che hanno decine di migliaia di missili puntati contro Israele, nel sud del Paese.
L'UNIFIL, in questa circostanza, non è stata in grado di evitare questi incidenti e, quindi, è stata una forza di interposizione che non ha interposto. Anche di questo credo che dobbiamo tener conto, anche se la bontà dell'azione del generale Bonfanti è sotto gli occhi di tutti, così come centrale rimane il ruolo del contingente italiano ancora oggi composto da 1.900 militari che svolgono, credo con la massima professionalità, un compito molto delicato e difficile. Si tratta di una zona che, nonostante la presenza di circa 13 mila militari dell'ONU dal 2006, è ancora evidentemente molto sensibile e certamente lungi dall'essere pacificata.
Pertanto, queste coincidenze non fanno intravedere fattori positivi nell'immediato e credo che questo sia ancora una volta un dato negativo da registrare. Evidentemente, tale situazione continuerà fino a quando non si raggiungerà - e il Ministro Frattini e anche il Ministro La Russa correttamente hanno indicato nei due maggiori attori della zona la responsabilità - un accordo definitivo e la rottura della tregua di ieri fa presagire, appunto, ancora un periodo di lunga turbolenza.
Qual è, a questo punto, l'interesse del nostro Paese? L'interesse dell'Italia è soprattutto quello di sostenere una ricca e importante politica mediorientale e da molti decenni si sottolinea il ruolo italiano nei confronti non solo dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo ma di tutta l'area. La politica del Governo Berlusconi è molto condivisibile, molto chiara e molto diretta. L'Italia è schierata a fianco della grande democrazia israeliana ma, al contempo, intrattiene rapporti con tutti i Paesi, soprattutto quelli moderati, ma non solo, del Medio Oriente, proprio nel tentativo di dare un contributo definitivo, ci si augura, alla soluzione della questione israelo-palestinese.
Anche qui credo che valga la pena, ancora una volta, sottolineare oltretutto la temporalità di questi incidenti che seguono di poco tempo le dichiarazioni molto forti del Premier Netanyahu, il quale ha rilanciato la richiesta di negoziati diretti e franchi con Abu Mazen, ma questa richiesta ancora non ha ottenuto dei risultati positivi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MARGHERITA BONIVER. Ecco perché crediamo che dobbiamo continuare non soltanto nel nostro impegno in UNIFIL ma soprattutto dobbiamo continuare, nel modo più importante possibile, nel nostro contributo per la stabilizzazione e la pacificazione non solo del Libano ma di tutta l'area mediorientale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Fassino. Ne ha facoltà.

PIERO FASSINO. Signor Presidente, signor Ministro, ringrazio nuovamente il Ministro per aver accolto con grande tempestività la nostra richiesta di riferire alle Camere sui recenti sviluppi della vicenda in Libano. Si tratta di un incidente che non solo è grave in sé, come sottolineava già il Ministro, ma che avviene dopo che negli ultimi mesi vi è stata un'intensificazione, continua e costante, di incidenti su quella linea di confine.
Esso è anche rivelatore di una situazione che è rischiosa ed è esposta a nuovi incendi che possono infiammare il Medio Oriente. Pag. 5
Da questo quadro che il Ministro ha descritto, mi pare emergano due considerazioni che voglio aggiungere in questa sede a quelle da lui svolte. La prima è che ha fatto bene il Governo Prodi nel 2006 a sollecitare la comunità internazionale a un intervento di peacekeeping nel Libano e hanno fatto bene i Governi italiani successivi a confermare e onorare questo impegno. Infatti, se non avessimo attivato immediatamente un'iniziativa di interposizione tra libanesi e israeliani, quella guerra, che ci ricordiamo in quelle settimane fu particolarmente cruenta e sanguinosa, avrebbe potuto produrre conseguenze ancora più drammatiche e catastrofiche di quelle che già produsse e avrebbe potuto essere una nuova guerra capace di incendiare non solo quel confine, ma l'intera regione.
Da qui credo si trae la conseguenza, che è coerente con il voto che abbiamo dato sulle missioni internazionali di pace qualche giorno fa, del fatto che il nostro Paese deve essere impegnato insieme alle Nazioni Unite e agli altri Paesi che concorrono alle missioni di pace, a garantire, laddove ci sono dei conflitti e, in primo luogo, in Medio Oriente, quell'azione di peacekeeping (quando necessario di peace enforcing, in ogni caso di contributo alla pace e alla stabilizzazione) che è condizione necessaria, in primo luogo, per evitare che esplodano nuovamente dei conflitti e, in secondo luogo, per creare le condizioni per una soluzione politica negoziale dei conflitti aperti.
La seconda considerazione è che anche le vicende di questi giorni ci dicono che il tempo non lavora per la pace, ma al contrario una pace che viene continuamente evocata, ma che non arriva mai, determina una crescente frustrazione e, anziché avvicinare la pace, la allontana. Per questo credo che non solo dobbiamo non rassegnarci ad un conflitto interminabile, come ha detto il Ministro Frattini, e sono d'accordo, ma dobbiamo intensificare e accelerare ogni iniziativa per rimettere in moto il percorso negoziale di pace in primo luogo tra israeliani e palestinesi.
C'è un impegno molto forte degli Stati Uniti - è già stato ricordato - attraverso l'azione di mediazione del senatore Mitchell, c'è una ripresa di iniziativa del quartetto, c'è un'azione continuativa dell'Unione europea e dei suoi Paesi. Credo che abbiamo bisogno di spingere ancora di più e rafforzare l'iniziativa su questo fronte, in primo luogo cercando di accelerare il passaggio di colloqui indiretti (i proximity talks) tra israeliani e palestinesi a colloqui diretti fra le parti. Per passare a questi colloqui diretti credo che la comunità internazionale abbia bisogno di sollecitare le parti a mettere in campo comportamenti e atteggiamenti che aiutino la ripresa di un percorso negoziale.
Dobbiamo continuare ad insistere nei confronti di Hamas perché cessino gli attacchi missilistici e di razzi contro il territorio israeliano e chiedere a Hamas di liberare il soldato Ghilad Shalit. Dobbiamo chiedere a Israele di prorogare la decisione di congelare nuovi insediamenti (che scadrà a novembre), chiedendo l'estensione di questo congelamento anche a Gerusalemme Est, di arrivare ad una soluzione - come sollecitato dalla comunità internazionale - che consenta un libero accesso a Gaza, naturalmente con tutti i controlli necessari perché questo libero accesso non sia rischioso per la stabilità della regione di Israele.
Inoltre, credo che dobbiamo incoraggiare Israele a continuare nella riduzione dei check point in Cisgiordania che rappresentano un elemento di miglioramento delle condizioni di vivibilità della popolazione per creare un clima di favore a una soluzione negoziale.
In questo quadro dobbiamo sollecitare Abu Mazen e il gruppo dirigente palestinese a liberarsi di diffidenze e paure per accettare negoziati diretti con le autorità israeliane come condizione per una accelerazione di quel percorso negoziale che è essenziale per arrivare alla pace.
Sono questi gli impegni che chiediamo di sostenere al Governo insieme all'Unione europea.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

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PIERO FASSINO. Saluto naturalmente anche io come importante la missione di alcuni ministri degli esteri, tra cui il Ministro Frattini, nella regione all'inizio di settembre e mi auguro che questa missione possa per l'appunto mandare un messaggio forte della volontà della comunità internazionale di concorrere all'accelerazione di un processo di pace, quella pace, l'unica pace possibile, in quella regione che veda riconoscere i diritti di due popoli e due Stati (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, vorrei innanzitutto ringraziare il Ministro per essere intervenuto questa mattina in Aula e per la sua puntuale esposizione dei fatti. Ieri si è registrato il più grave scontro a fuoco tra Libano e Israele dalla fine del conflitto del 2006 con hezbollah: trentadue anni di scontri, guerre e tensioni.
Al di là dell'effettiva responsabilità degli scontri, è estremamente emblematico, signor Ministro, che per l'ennesima volta sia bastato un semplice episodio (si dice la manutenzione lungo la linea di demarcazione) per far scoppiare la violenza nell'area mediorientale. Le autorità israeliane e i leader libanesi non hanno perso tempo per addossarsi reciprocamente la responsabilità di tali violenze e le affermazioni che sono state fatte ieri, secondo cui non si tollereranno più ulteriori aggressioni delle rispettive sovranità, sono purtroppo proclami volti, spero di no ma lo sembrano, ad anticipare un nuovo conflitto.
Se gli israeliani hanno già fatto sapere che il Libano è pienamente responsabile dell'accaduto, protestando formalmente presso l'ONU per la violazione della risoluzione 1701 che pone fine alla guerra del 2006, la Lega Araba ha condannato Israele per gli stessi motivi, parlando di crimine odioso. Nel contempo, i leader di Siria ed Egitto hanno assicurato al Premier Hariri il pieno sostegno e il totale appoggio dei loro Paesi di fronte alle violazioni di Israele che costantemente lavora per destabilizzare la sicurezza e la stabilità del Libano e della regione.
Mi preme ripetere, signor Ministro, come è successo nel recente passato, che il gruppo della Lega Nord Padania è seriamente preoccupato per le gravi posizioni di conflittualità che hanno portato all'aggravamento della già precaria situazione nell'area mediorientale, minando purtroppo ulteriormente la sicurezza nel Mediterraneo. Nel 2006 - voglio ricordarlo a tutti quanti - noi fummo fortemente critici all'invio del contingente militare italiano nel Libano, già per il fatto stesso che la famosa risoluzione ONU 1701 prevedeva il disarmo di Hezbollah, e abbiamo visto che purtroppo questa risoluzione non ha portato a questo anzi - come lei stesso diceva, signor Ministro - Hezbollah si è ulteriormente rafforzato dal punto di vista dell'armamento. È per questo che all'epoca eravamo fortemente perplessi su questa azione.
Tuttavia, conosciamo anche il nostro ruolo strategico nell'area mediorientale che ci assegna delle responsabilità e, quindi, non possiamo nemmeno esimerci dall'intervenire. Il nostro supporto ad Israele non è mai venuto meno, come ha riconosciuto il Capo di Stato maggiore, il generale Ashkenazi, in visita qui a Roma qualche tempo fa, che ha ribadito il suo vivo apprezzamento per l'attività delle Forze armate italiane nei vari scenari di crisi del mondo. Ma se Israele continua a rispondere alle provocazioni con la sola forza militare, rischia di aggravare il suo isolamento nella comunità internazionale, dando ulteriori motivi di biasimo ai suoi detrattori. Quindi, il nostro invito è quello che anche Israele deve comunque cambiare linea da quella che ha così tenuto fino ad ora. Bene hanno fatto il Consiglio di sicurezza dell'ONU e il quartier generale dell'UNIFIL ad invitare entrambe le parti ad agire con la massima moderazione e ad evitare che una scaramuccia di confine possa sfociare in un conflitto esteso. Pag. 7
Signor Ministro, proprio ieri è stato approvato in Senato, in via definitiva, il rifinanziamento delle nostre missioni all'estero. La pericolosità dei teatri di conflitto impone che le missioni umanitarie siano svolte con adeguate possibilità di difesa e protezione, con equipaggiamenti efficienti, regole di ingaggio e direttive chiare. Questo è un elemento sul quale non faremo mai mancare il nostro impegno. Decidendo di inviare i nostri militari all'estero dobbiamo essere certi che essi non siano esposti a rischi inutili o prevedibili, che ogni sforzo sia fatto per assicurare loro un'adeguata protezione.
Termino, signor Ministro. Occorre che comunque il nostro Governo e il Parlamento comincino ad individuare un percorso che ci porti, nei tempi opportuni, al ritiro del nostro contingente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Volontè. Ne ha facoltà.

LUCA VOLONTÈ. Signor Presidente, anch'io voglio ringraziare la prontezza del Ministro Frattini e anche tutti i colleghi che sono intervenuti prima di me - gli onorevoli Boniver, Fassino e Dozzo - perché mi consentono di non approfondire alcuni temi che hanno già trattato e che condivido pienamente.
È possibile che per il taglio del ramo di un albero ci siano cinque morti? Francamente diventa difficile da comprendere per chiunque abbia guardato quelle immagini e sfugge il benché minimo ragionamento, se non si comprende che anche quel ramo poteva impedire dall'altra parte l'identificazione di gruppi terroristici e la pronta difesa da parte di entrambi i paesi. Tuttavia, voglio partire dalla considerazione che ha fatto il Ministro nelle sue conclusioni: questo incidente, che deve rimanere tale e tutti dobbiamo spingere in questa direzione, ci dice però quanto la tensione in Medio Oriente sia a livelli insopportabili e altissimi. Se per un ramo ci sono cinque morti, evidentemente per la violazione di un check point o per lo sconfinamento di un solo militare chissà che cosa potrebbe accadere.
Eccellenza, voglio però porle alcuni interrogativi, il primo dei quali segue il suo ragionamento che auspicava una evoluzione della funzione dell'UNIFIL non solo per far evolvere positivamente la situazione tra le parti. Voglio rivolgerle una domanda che lei forse avrà occasione di porre ai suoi colleghi e forse di introdurre anche una riflessione nella sede delle Nazioni unite. Mi sembra sempre di più, guardando alla situazione tra Israele e Libano e tra Israele e Palestina, ma anche alle altre situazioni di guerra dove ci sono le forze dell'ONU, che alle Nazioni unite ci si concentri molto di più sulle evoluzioni terminologiche riguardanti le forze di peacekeeping che sulle soluzioni politiche, sul significato politico e sulla funzione politica che debbono avere tali forze di interposizione.
Forse è tempo che tale evoluzione non sia solo terminologica, ma che porti in sé anche un significato politico da affidare all'UNIFIL e alle altre forze di interposizione e che ciò possa avvenire pacatamente, ma con determinazione. Questo nel senso anche di una evoluzione - come dicevo riguardo al fenomeno Israele-Libano - tra le parti. Da questo punto di vista abbiamo apprezzato pubblicamente - e non abbiamo timore di farlo anche qui - l'importantissima iniziativa che lei ha preso insieme agli altri ministri europei di una visita sul campo nell'intera regione all'inizio di settembre, affinché ci sia la piena consapevolezza non solo da parte europea, ma anche da parte dei soggetti in campo, che l'attenzione della comunità internazionale non è sulle parole, ma nella concretezza di un'esperienza drammatica vissuta da quelle popolazioni e da quegli Stati.
Mi avvio alla conclusione. In secondo luogo, si è detto da parte di tutti i colleghi che il tempo non lavora per la pace, ma ciò si verifica quando il tempo è perso, «vuoto», quando ci si affida solamente ai grandi proclami, alle grandi parole, ai grandi dibattiti e quel tempo non viene invece usato concretamente con iniziative politiche serie, affinché tale tempo non sia regalato ai conflitti e alla guerra. Pag. 8
Penso che le iniziative politiche internazionali di cui lei è promotore, le iniziative politiche internazionali nell'ambito delle Nazioni Unite, nel quartetto dell'amministrazione Obama, quel poco o tanto che si può fare nei rapporti parlamentari bilaterali e nelle iniziative del Consiglio d'Europa dimostrino che la comunità internazionale è responsabile del tempo che passa, non affida ad un tempo «vuoto» l'evoluzione di un conflitto, perché quando il tempo è «vuoto» l'evoluzione del conflitto è verso il peggio e non evolve, invece, verso il meglio. È il tempo, cioè, della nostra personale e politica responsabilità.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCA VOLONTÈ. Non bisogna dimenticare, però, che vi è una terza osservazione da svolgere avviandomi alla conclusione. Onorevole Frattini, le forze UNIFIL sono state inviate in quel territorio quattro anni non solo per concludere il conflitto, ma per evitare il continuo rifornimento di armamenti da parte di hezbollah. La notizia ufficiale, già emersa in alcuni reportage della collega Fiamma Nirestain, che le forze e gli armamenti di hezbollah sono aumentate in qualità e quantità sono un segnale preoccupante per l'instabilità della regione, ma anche per la responsabilità dell'UNIFIL, che almeno sotto questo aspetto non ha, non è riuscita, e non ha potuto fare quello che gli era stato chiesto dalla comunità internazionale.

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Volontè.

LUCA VOLONTÈ. Concludo, Presidente. Spero che queste tre brevi osservazioni possano in qualche modo arricchire il nostro dibattito e darle qualche spunto di riflessione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Bocchino. Ne ha facoltà.

ITALO BOCCHINO. Signor Presidente, comincio con il ringraziare il Ministro degli affari esteri, Franco Frattini, ed il Governo nel suo complesso, per essere venuto in Parlamento, alla Camera dei deputati, a riferire sugli incidenti che sono avvenuti sul confine libanese. Ovviamente c'è preoccupazione per quello che è accaduto e abbiamo ascoltato con attenzione le parole del Ministro Frattini, perché ci troviamo in un teatro delicatissimo, in un crocevia di problemi mediorientali, in un crocevia delle tensioni che possono essere sopite o aumentare all'interno del mondo arabo.
Ci troviamo al confine con Israele, Stato nei confronti del quale l'Italia e tutta la comunità internazionale, a partire dall'Unione europea, hanno dei forti doveri per quanto riguarda la stabilità, ma soprattutto in Libano c'è una parte politica che dialoga eccessivamente con un Paese come l'Iran, che ha quale suo obiettivo addirittura la distruzione e la cancellazione di Israele. Quindi, se può essere utile derubricare quello che è accaduto ad un incidente per abbassare i toni e riavviare i negoziati, non si può non stare attenti e non sapere che non si è trattato solo ed esclusivamente di un incidente, ma si è trattato dell'esplosione di tensioni che sono sopite e che ci preoccupano.
L'UNIFIL ha un ruolo determinante in quella fase e noi dobbiamo rilanciare il ruolo dell'UNIFIL con i suoi 13 mila uomini, tra cui una parte italiana molto consistente, ma accanto alla presenza militare che è importante, il Governo italiano deve farsi parte attiva per una maggiore presenza strategica della comunità internazionale, affinché i negoziati riprendano con probabilità di successo. Non basta la presenza dei 13 mila uomini, che è indispensabile, a garantire la stabilità, ma serve anche un maggiore impegno della comunità internazionale per favorire i negoziati, per isolare gli estremismi.
In quell'area del Medio Oriente si vive, infatti, una situazione paradossale con un gruppo come hezbollah che, da un lato, è presente al Governo, dall'altro, è uno Stato nello Stato ed ha delle proprie milizie Pag. 9organizzate con un vero esercito che richiedono l'impegno militare in quell'area proprio per frenare la costruzione soprattutto di un arsenale che rischia di essere pericoloso in quella zona. È un confine assai delicato dove si inseriscono anche vecchie, vecchissime dispute su aree di confine che certo non aiutano a rasserenare il clima, ma in un grande scenario ci sono anche piccoli problemi che alimentano la preoccupazione.
L'importante lavorio del Governo libanese di Hariri che, come ha ricordato il Ministro Frattini, ha portato a due visite molto importanti che hanno come obiettivo quello di avviare una serie di dialoghi bilaterali, ma anche rivolti a tutto il Medio Oriente, oltre che al Libano, con la presenza del Presidente siriano e del re saudita, fanno di quell'area una zona dove si può sviluppare una capacità di dialogo che ci aiuti alla stabilizzazione e all'isolamento di quella parte militare o paramilitare che dialoga con l'Iran.
Ecco perché dobbiamo fare di più. L'Italia è in condizione di farlo perché ha una posizione preminente all'interno dell'UNIFIL. L'Italia ha un rapporto privilegiato con Israele, quindi è importante che eserciti questa sua funzione nella comunità internazionale, per fare in modo che quello che è accaduto oggi venga ricondotto all'incidente, accendendo, tuttavia, i riflettori con grande attenzione e tenendo conto della delicatezza del caso Israele e della centralità geopolitica del Libano rispetto alle tensioni che si incrociano in quell'area.
Ringraziamo il Governo, nella persona del Ministro degli esteri, per il lavoro diplomatico che svolge e soprattutto le Forze armate per il ruolo che svolgono con i propri uomini in quel difficile strategico teatro, ma soprattutto chiediamo al Governo, con la sua autorevolezza internazionale, di fare di più, di pressare la comunità internazionale, affinché sia attenta quanto è attento il Governo italiano, per una ripresa positiva dei negoziati (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà. Per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, se non disturbo il collega che vedo lì appoggiato...

PRESIDENTE. È l'onorevole Barbieri, se vedo bene. Onorevole Barbieri, si accomodi in una cabina telefonica...

FABIO EVANGELISTI. Grazie, signor Presidente.
È del tutto evidente che non c'è alcuna responsabilità del Governo italiano nella crisi e negli incidenti di ieri e non ho, neanche, alcuna difficoltà ad apprezzare la tempestività del Ministro degli esteri che si è recato in Aula, a Montecitorio, per informare sui fatti e sulla loro evoluzione. Tuttavia, devo dire - non me ne voglia il Ministro - che la relazione che ha svolto non è delle sue migliori. Sappiamo che può fare di meglio, e questa valutazione viene non dal suo massimo esegeta, comunque voglio esprimere un apprezzamento.
È del tutto evidente che siamo preoccupati per la situazione; tuttavia, restiamo sorpresi quando il Ministro degli esteri addirittura enfatizza un'espressione del suo collega, il Ministro della difesa, il quale ha detto: «bisogna lavorare per fare evolvere lo status quo». Ci mancherebbe altro che noi volessimo mantenere uno status quo di tensione, in Medio Oriente, così come in altre realtà, dove siamo impegnati!
Dice il Ministro degli esteri: «Il Libano risente delle dinamiche regionali». Ciò è del tutto evidente, tuttavia non c'è stata una sola parola del Ministro Frattini sugli episodi che hanno portato ieri al taglio di un albero e alla morte di cinque uomini.
Ha dimenticato di dire che cosa è successo qualche mese fa sulla striscia di Gaza, che cosa è successo qualche settimana fa, quando la flottiglia della pace ha cercato di raggiungere Gaza con gli aiuti umanitari. Ha dimenticato di dire che, alla fine, Israele si è piegato alla richiesta di una commissione internazionale sui fatti Pag. 10che hanno causato le morti a bordo della Mavi Marmara, si è dimenticato anche altri passaggi.
È del tutto evidente che, con questa rappresentazione, si dimostra, ancora una volta, che l'Italia è in affanno sugli scenari internazionali. In un mondo dagli equilibri mutevoli e sempre più multipolare, l'Italia fatica a mantenere una coerente strategia di politica estera, a differenza di quanto è stato fatto quattro anni fa.
Più l'Unione europea si allarga, più dobbiamo preoccuparci di non diventare periferici.
Cerchiamo di tenere fede ai compiti che ci siamo assunti in sede NATO, ma, con un bilancio della Difesa in caduta libera e con la nostra credibilità che è sempre più a rischio, sappiamo che i tagli hanno finito per penalizzare perfino il Ministero degli affari esteri.
Contribuiamo più di altri ad alcune attività dell'ONU, incluse le missioni di pace, ma importanti impegni globali, come l'aiuto allo sviluppo e il contrasto ai cambiamenti climatici, non ci vedono certo all'avanguardia. Abbiamo compiuto un grande sforzo per internazionalizzarci, ma, avendo difficoltà a fare sistema, siamo rimasti al palo in molti mercati emergenti, mentre le nostre quote traballano in quelli più maturi.
Inoltre, nel recente decreto-legge sul finanziamento delle missioni internazionali, rispetto al quale, lo ricordo, l'Italia dei Valori ha voluto dare un segnale forte di discontinuità, votando contro non le missioni internazionali e le missioni di pace, ma contro la permanenza nel teatro afgano (come le recenti cronache e i siti internazionali hanno dimostrato, siamo dentro il pantano di una guerra guerreggiata), è stato un po' troppo affrettatamente ridotto proprio il contingente italiano che partecipa all'UNIFIL.
Lo stesso vale per quello nei Balcani, soprattutto dopo la recente sentenza, ancorché non vincolante, della Corte internazionale di giustizia dell'Aja sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, ho terminato il mio tempo: mi spiace, perché avrei avuto qualche altra considerazione da aggiungere. Quello che è certo è che vi è bisogno di un nuovo protagonismo del nostro Paese nel Mediterraneo, ovviamente nel quadro dell'Unione europea e dei nostri impegni di carattere internazionale, ma con molta maggior nettezza e molta più coerenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Sardelli. Ne ha facoltà, per due minuti.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Presidente, ringrazio il Ministro Frattini per la relazione, però, a nome di Noi Sud, devo segnalare che rischiamo di ripetere un rito: il Medio Oriente è una polveriera, rivolgiamo inviti formali per conto dell'Unione europea, vi sono riunioni a porte chiuse del Consiglio di sicurezza, appelli alle parti; tutto questo è un film già visto, con risultati, purtroppo, non confortanti.
Noi del gruppo Noi Sud sappiamo quanto sia strategico il Mediterraneo anche per lo sviluppo del Mezzogiorno. Quest'ultimo soffre tremendamente, poiché è un territorio di frontiera, un territorio chiuso, di fatto, per il conflitto mediorientale, ad uno sviluppo economico possibile, anche per quanto riguarda le interrelazioni con i Paesi del nord Africa, che sono partner commerciali privilegiati dell'Italia. Chiediamo, quindi, al Governo uno sforzo straordinario.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Abbiamo un contingente di pace tra i più importanti al mondo, un ruolo nel Mediterraneo di amicizia storica con Israele, siamo i partner privilegiati, ma dobbiamo incidere con più forza come Unione europea, poiché il percorso di pace non arriverà mai ad uno sbocco risolutivo finché gli americani, gli Stati Uniti, saranno l'arbitro di questo percorso di pace. Pag. 11
Infatti, questo arbitro, purtroppo, soffre di un pregiudizio di una delle parti: la parte araba vede gli Stati Uniti come un arbitro di parte e non ne riconosce il valore di mediazione. Rivolgo, quindi, un invito al Governo per una maggiore iniziativa dell'Unione europea e dell'Italia nell'area, poiché non è più rinviabile un lavoro di questo tipo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano).

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento dell'informativa urgente del Governo.
Poiché il secondo punto all'ordine del giorno è previsto a partire dalle 10,30, sospendo la seduta fino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 10,25, è ripresa alle 10,35.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Proroga del termine assegnato alla Commissione di indagine richiesta dal deputato Amedeo Laboccetta, a norma dell'articolo 58 del Regolamento.

PRESIDENTE. Comunico che il termine per riferire all'Assemblea da parte della Commissione di indagine richiesta dal deputato Amedeo Laboccetta, a norma dell'articolo 58 del Regolamento, è stato prorogato al 15 ottobre 2010.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2262 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo (Approvato dal Senato) (A.C. 3646).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo.
Ricordo che nella seduta del 30 luglio 2010 si è svolta la discussione sulle linee generali e sono state respinte le questioni pregiudiziali Meta ed altri n. 1 e Compagnon ed altri n. 2.

(Esame dell'articolo unico - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo unico del disegno di legge di conversione (Vedi l'allegato A - A.C. 3646), nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3646).
Avverto che le proposte emendative presentate si intendono riferite agli articoli del decreto-legge, nel testo recante le modificazioni apportate dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 3646).
Avverto altresì che le Commissioni I (Affari costituzionali) e V (Bilancio) hanno espresso i prescritti pareri (Vedi l'allegato A - A.C. 3646).
Ricordo che, come risulta dal fascicolo degli emendamenti, il gruppo Partito Democratico ha ritirato tutte le sue proposte emendative, ad eccezione dell'emendamento Meta 1.15.

CARLO MONAI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. A che titolo?

CARLO MONAI. Signor Presidente, le chiedo scusa, intervengo sull'ordine dei lavori: ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti l'onorevole Borghesi e mi pare che vi sia qualcun altro che ha chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti.
Per cui prima di entrare nel merito dell'esame dei singoli emendamenti forse sarebbe opportuno dare sfogo a questo momento del dibattito.

Pag. 12

PRESIDENTE. Onorevole Monai, lei sta parlando della fase relativa agli interventi sul complesso degli emendamenti?

CARLO MONAI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Onorevole Monai, siamo obbligati a farlo.
Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Velo. Ne ha facoltà.

SILVIA VELO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, membri del Governo, come abbiamo già anticipato durante i nostri interventi in discussione sulle linee generali, il gruppo del Partito Democratico voterà contro questo decreto-legge e lo farà, sostanzialmente, perché non ne condivide l'impianto originario, il contenuto iniziale ovvero, in particolare, la parte riguardante la vicenda Tirrenia.
Colgo l'occasione, in questa sede, discutendo sul complesso degli emendamenti, per esprimere nuovamente la criticità e la preoccupazione per la vicenda: una criticità che riguarda gli utenti di un servizio vitale, come è quello del collegamento con le isole, e una preoccupazione per quanto l'azienda rappresenta e per i lavoratori coinvolti. Ad oggi, notizie di stampa ci informano che ci sono ancora ritardi nella firma tra l'aggiudicatario e la società stessa.
La nostra preoccupazione quindi riguarda innanzitutto gli esiti della gara. È una gara che vede sostanzialmente il passaggio da una società pubblica ad una cordata, di fatto, parapubblica perché il socio di maggioranza relativa è la regione Sicilia, e che ha visto ridursi via via gli iniziali sedici offerenti ad un solo offerente - quindi, in pratica, un'aggiudicazione diretta - in una situazione in cui non è presente il piano industriale, non c'è certezza della continuità e, ad oggi, non c'è ancora certezza dell'andamento a buon fine del percorso stesso.
Ma soprattutto - lo dico rapidamente perché lo ha già fatto il collega onorevole Tullo in corso di discussione sulle linee generali - la nostra contrarietà riguarda alcuni elementi, per così dire, di trasparenza dell'operazione.
In particolare, la definizione di un amministratore unico, sollevato da ogni responsabilità giuridica per ogni azione che verrà messa in atto da qui al 30 settembre, facendo ricadere le stesse responsabilità sulla società stessa, ci pare francamente una forzatura eccessiva.
Infatti, su questo punto in particolare abbiamo presentato l'unico nostro emendamento, che oggi andrà in discussione e in votazione: un emendamento soppressivo di questo stesso punto.
Diverso - e su questo mi vorrei soffermare - è il nostro atteggiamento sulla parte introdotta al Senato, che riguarda il tema dell'autotrasporto.
Si tratta di alcune norme che recepiscono parte dell'accordo che il Governo ha sottoscritto con gli autotrasportatori nelle settimane scorse, su cui vorremmo soffermare l'attenzione.
Anche in questo caso esprimiamo forti perplessità sul metodo. È infatti un metodo ormai routinario quello che il Governo ha messo in campo da inizio legislatura, ma riteniamo che in ogni occasione sia utile e doveroso per il Parlamento sottolinearne la forzatura: si parte cioè con un decreto-legge firmato dal Capo dello Stato che presenta un certo tipo di contenuti, ma nell'iter parlamentare questo decreto viene poi gonfiato con contenuti di natura diversa spesso scarsamente attinenti per omogeneità di materia, come in questo caso.
In questo caso, ciò è stato fatto naturalmente sull'onda della necessità e dell'urgenza - lo comprendiamo - ma con una sorta di forzatura nei tempi: al Senato, dalla mattina al pomeriggio in una situazione in cui i colleghi senatori del PD, in particolare quelli della Commissione di merito, la Commissione trasporti, hanno lamentato l'impossibilità di approfondire la questione stessa ed hanno espresso l'esigenza di poter discutere di Tirrenia e di autotrasporto in maniera separata, dando anche la disponibilità ad una rapida conversione del decreto-legge sull'autotrasporto Pag. 13(questa proposta non è stata però accolta e ciò ha condizionato l'atteggiamento generale dello stesso PD).
Nel merito, come dicevo all'inizio, il nostro atteggiamento è diverso, perché si vanno a definire alcuni aggiustamenti al decreto legislativo n. 286 del 2005 che aveva appunto liberalizzato il settore. Riteniamo che l'autotrasporto sia evidentemente caratterizzato da un grande squilibrio di forza contrattuale tra committenza e vettori e pensiamo che la liberalizzazione del 2005 - che, ricordo, era una liberalizzazione regolata - avesse introdotto alcuni principi importanti e regole che definivano, accanto alla libera contrattazione dei prezzi, anche interventi finalizzati alla garanzia di comportamenti corretti.
Ma questa norma non ha funzionato: nei fatti è miseramente fallita ed il settore è sofferente di una diffusa illegalità e di condizioni svantaggiose per gli autotrasportatori. Faccio alcuni esempi di cifre che sono note a chi si occupa del mercato. Si chiede ad un TIR di viaggiare a meno di un euro a chilometro: tra Torino e Alessandria fanno 49 euro, tra Roma e Milano 500 euro!
È evidente che così si opera nel settore sottocosto e in condizioni pericolose per la sicurezza, con il rischio peraltro di illegalità.
Tali condizioni sono state favorite dal modo in cui è stata attuata ed applicata la stessa liberalizzazione, considerata pure l'apertura del mercato verso l'est europeo che ha incrementato una concorrenza a volte sleale.
Ci saremmo aspettati in questa sede, da parte della stessa maggioranza che attuò quella riforma, un pizzico di autocritica in più che non vi è stato e che ci avrebbe invece permesso una discussione più libera ed aperta.
Oggi si va a porre rimedio a ciò che non ha funzionato in questi anni e lo si fa mettendo in campo non tariffe minime come è stato forzatamente sostenuto, bensì meccanismi di verifica sulla congruità delle voci di costo al fine di evitare che le imprese lavorino a prezzi che mettono in discussione la legalità.
Non è questo l'unico settore in cui si fa ciò: se si pensa agli appalti sui lavori pubblici anche in quel settore, che da un certo punto di vista è altrettanto delicato, si prevede la verifica delle offerte anormalmente basse per evitare di scendere al di sotto dei costi minimi di sicurezza.
Per questo noi difendiamo tale accordo, anche se riteniamo (e mi avvio alla conclusione) che quanto messo in campo non sia comunque sufficiente.
Segnaliamo intanto che vi è una parte dell'accordo che esula dalle norme approvate, e su cui metteremo alla prova il Governo rispetto alla sua attuazione in tempi rapidi. Mi riferisco per esempio alla cancellazione dagli albi provinciali delle imprese che non ne hanno diritto, che sono una quantità enorme: in questo settore soffriamo di un eccesso di offerta, di un eccesso di frammentazione, di un numero di vettori troppo alto e di imprese a troppo basso numero di vettori. Non vediamo in questo senso, nel provvedimento in esame, alcuna misura che vada ad intervenire su tali storture, che vada ad intervenire strutturalmente sulle deficienze del settore: misure che concretamente favoriscano la riduzione dell'offerta, una crescita delle dimensioni aziendali che sia effettiva, e non l'aggirare il problema attraverso consorzi che sono poi comunque di fatto gruppi di imprese piccole e piccolissime. Riteniamo quindi questa parte sostanzialmente condivisibile, ma non sufficiente per mettere in campo misure di modernizzazione del settore e del Paese.
L'ultimo argomento, che ho già esposto in Commissione e che tengo a ribadire, è il seguente: mi auguro che almeno in questa sede il Governo, in particolare il sottosegretario Giachino che ha seguito sollecitamente la vicenda, sostenga il provvedimento per quello che è, senza fare riferimento a pericoli, a minacce o a derive che vi sono state nel passato. Un Governo ed un Parlamento devono infatti provvedere a mettere in campo delle iniziative Pag. 14normative quando sono convinti della bontà di esse, e mai dare l'impressione di farlo sotto un ricatto, una pressione di qualsiasi natura: se così fosse, sarebbe bene invece sollevare un argine e ribadire l'autonomia delle istituzioni e del Parlamento. Su ciò, lo ripeto, vi sono state alcune affermazioni di cui capisco anche l'origine e la natura, ma che secondo me andrebbero precisate e corrette in una sede, come quella di oggi, di conversione del decreto-legge stesso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 10,50).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Si riprende la discussione (10,51).

(Ripresa esame articolo unico - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, evito di ritornare su questioni delle quali abbiamo già discusso in sede di questioni pregiudiziali di costituzionalità, e mi soffermo solo su due aspetti.
Sul primo di essi, però, che riguarda Tirrenia, chiederei al Governo di dire qualche cosa, perché il Governo, durante la discussione in Commissione, perlomeno in Commissione bilancio, ha affermato che il 7 agosto sarebbe stato firmato il contratto per il trasferimento di Tirrenia all'unica società rimasta ad aver chiesto di partecipare all'asta per la vendita. Stamattina le agenzie di stampa dicono che questa firma non vi sarà: mi riferisco ad una dichiarazione del segretario regionale della UIL Trasporti Caronia, che tra l'altro commenta questo fatto in modo molto severo e lascia intendere che la mancata sottoscrizione sia dovuta ad una richiesta di garanzia alle banche creditrici per l'accollo di un debito di 520 milioni da parte del compratore quasi privato, e che le garanzie siano fornite su questo debito da parte del venditore pubblico.
Saremmo cioè di fronte ad un ulteriore aggravamento delle garanzie e quindi della posizione già significativa dello Stato, perché - a quanto ci è stato detto in V Commissione (Bilancio) - emergerebbe che in dieci anni lo Stato darebbe contributi per 1,3 miliardi di euro alla nuova società che acquisterà Tirrenia, quindi con un peso rilevante sul bilancio dello Stato. Credo allora che sarebbe utile, secondo me, un chiarimento da parte del Governo in sede di discussione.
Spendo due parole soltanto sul contenuto. Qui c'è un mostro giuridico (è inutile che facciamo finta di niente), un mostro giuridico che prevede un commissario sostanzialmente irresponsabile sia sul piano civile, sia sul piano penale, un commissario che potrà aggravare ad libitum la posizione debitoria, cioè fare ancora più debiti per Tirrenia, garantiti dallo Stato, e - almeno secondo quello che risulta dal fatto che è stata rinviata la firma dell'accordo - senza che ne risponda minimamente anche in caso di un utilizzo grave, sbagliato, contrario alla legge di queste somme. Non vi sarebbe poi alcuna responsabilità penale poiché l'approvazione del decreto recante la manovra economica (avvenuta la scorsa settimana) di fatto elimina o esenta da conseguenze di reati fallimentari questa persona, essendo evidente - credo che nessuno se lo nasconda - che Tirrenia è una società in stato fallimentare. Quindi eventuali pagamenti eseguiti non darebbero luogo a reati di tipo fallimentare, così come vi sarebbe un'esenzione da ogni conseguenza di natura civilistica e di responsabilità. È dunque un mostro sul quale noi esprimiamo le riserve più totali. Pag. 15
Per quanto riguarda la seconda parte del provvedimento, inserita in un decreto che originariamente non la conteneva, anche qui credo che dobbiamo smetterla di realizzare interventi che non affrontano il problema. Dare dei sostegni e in qualche modo assistere l'autotrasporto senza mai affrontarne i veri problemi è un atto di scarsa responsabilità da parte di un pubblico amministratore. Direi di più, che qui si fa peggio, perché questo è un provvedimento totalmente illiberale. Mi chiedo dove mai possa esistere che io stipulo un contratto privato, cioè tra privati, tra imprenditori, e che dopo qualcuno dice: «No, abbiamo scherzato, adesso tu mi dai la differenza tra ciò che abbiamo concordato ed i miei costi.». Ma dove mai accade? Il Governo non si sogni mai di dire che è un Esecutivo liberale. Questo è un Governo che fa dell'illiberalità il suo comportamento, in questo come in molti altri casi, e questo è uno degli esempi massimi. Il sottosegretario ha evocato il Cile. Ma che cosa c'entra? Ma che cosa c'entra? Il Governo italiano ha paura degli autotrasportatori? Se è così, signori, dimettetevi. I problemi vanno affrontati e il vero problema è un altro. Il vero problema è che in questo Paese, a differenza della Germania e dei nostri partner europei, noi abbiamo 160 mila aziende di trasporto, mentre in Germania ce ne sono 40 mila. È questo il vero problema, il vero nodo da affrontare. E in materia di costi vorrei qui ricordare un'indagine che è stata fatta per conto proprio dell'Albo nazionale dei trasportatori dal Centro studi sistemi di trasporto.
Ma, parlando di costi, che cosa significa quando nella legge diciamo che vanno definiti i costi? L'inizio di questo rapporto dice che calcolare i costi dell'autotrasporto merci non è impresa facile a causa dei numerosi fattori che devono essere presi in considerazione e ne cita mille. Ma come si fa a determinare i costi? Dove si vanno a determinare i costi? Infatti il vero problema è che sui costi incidono le spese generali di ogni azienda e, come si insegna a qualunque studente di ragioneria o di istituto tecnico, i costi generali dipendono dalla dimensione del prodotto sul quale si scaricano. Se un'azienda di trasporto è fatta da una sola persona i suoi costi generali si trasferiscono esattamente su quella persona ed è evidente che questo è il vero problema del nostro Paese perché soltanto la crescita dimensionale delle imprese permette di affrontare il problema. E se noi investissimo questi denari, che oggi diamo in assistenza e che fra un anno dovremo ritirare fuori, e fra due anni ancora li concedessimo per costringere queste aziende a fondersi in aziende più grandi, il problema si risolverebbe radicalmente. Infatti qualcuno evoca il problema delle imprese di trasporto dell'est ma non è che le nostre imprese artigiane o anche piccole e medie imprese di produzione sono in crisi perché c'è la concorrenza dei Paesi dell'est. Certo qualcuno ha subìto, qualcuna si è ristrutturata e sa rispondere con i costi ma la ristrutturazione implica una dimensione che è completamente diversa per poter ripartire tutte le spese generali sul lavoro fatto. Questo è il vero tema che invece qui non si vuole affrontare; ad esempio, riguardo alle differenze, perché nel nostro Paese i mezzi di trasporto costano mediamente il 10 o il 20 per cento in più di quanto non costino in Germania? Questo sarà un problema che va affrontato in un'ottica più generale. Dunque ribadisco che è proprio il frazionamento, la segmentazione, è un po' come i piccoli negozi prima della ristrutturazione che c'è stata nel commercio. Il commercio moderno ha imposto alcune leggi dell'economia e queste ultime hanno permesso poi di avere una maggiore produttività di sistema e, quindi, un abbassamento generale dei costi.
Quando si fissano tariffe pubbliche, come avviene di fatto in questo caso, addirittura utilizzabili a posteriori, noi in realtà le andiamo a definire a livello dell'impresa più piccola cioè di quella che deve sopravvivere grazie a quella tariffa. Il risultato è che ci saranno poche imprese efficienti che guadagneranno e faranno tanto profitto e una marea di piccoli imprenditori che sopravviveranno facendo pagare tuttavia questi maggiori costi alla Pag. 16collettività e, in definitiva, al sistema delle imprese. Per tale ragione non è questo il modo di affrontare il problema ed ecco perché noi esprimiamo davvero molte riserve su questo decreto-legge sia nella prima che nella seconda parte (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Burtone. Ne ha facoltà.

GIOVANNI MARIO SALVINO BURTONE. Signor Presidente, mi soffermerò su una questione che ritengo strettamente collegata al decreto-legge: la gara per l'acquisizione della Tirrenia, il passaggio dallo Stato alla Mediterranea Holding, una cordata realizzata da partner privati italiani e stranieri e dalla regione siciliana. Sì, proprio la regione siciliana, la regione che ha più pagato nel tempo la creazione delle partecipate regionali. Basta pensare all'ente minerario siciliano, all'Azasi per ricordare, il salasso di risorse, di fondi che sarebbero stati utili invece per lo sviluppo della comunità siciliana. Invece dispersi in investimenti sbagliati. Nell'ultimo decennio le istituzioni regionali sono state impegnate per la dismissione delle partecipate. Si è avviato un processo di privatizzazione. Non più - si era detto - la regione imprenditrice.
Purtroppo, pur essendo la comunità siciliana in una grave crisi finanziaria, quasi al collasso economico, vi è un ritorno al passato con incognite, incertezze e rischi per le nostre istituzioni e per le casse regionali.
La vicenda appare ancora paradossale, nel momento in cui la regione ha detto di «no» al passaggio gratuito di Siremar Spa, una società di trasporto e di collegamenti da e per la Sicilia. La Sicilia non ha seguito la strada del Lazio, della Campania e della Sardegna che, dopo aver acquisito le società Saremar, Caremar e Toremar, stanno ora avviando gare per la privatizzazione di queste linee.
La Sicilia avrebbe dovuto seguire questo percorso e mantenere la vigilanza ed il controllo, come, tra l'altro, previsto dalla legge regionale 9 agosto 2002, n. 12. La regione siciliana, invece, con il suo presidente ed il Governo regionale, in dispregio alla ragionevolezza, ha avviato questa avventura in compagnia di imprenditori non siciliani.
Vi è stata una presa di posizione molto significativa da parte della Confindustria siciliana, che è impegnata sul terreno della legalità e della lotta alla mafia. Essa ha affermato che l'ingresso della regione nella cordata è un insulto alle imprese siciliane, un insolente attacco al circuito economico dell'isola ed un eclatante controsenso rispetto ai principi sbandierati da Lombardo, che parla tanto della tutela delle autonomie e dello sviluppo della Sicilia, mentre poi, però, conclude accordi con imprenditori oltre lo Stretto.
L'acquisto di Tirrenia Spa comporta un accollo immediato di 670 milioni di euro di debiti e, dopo i primi otto anni, la stima è di svariati miliardi. Si tratta, quindi, di un attacco che, tra l'altro, è in sintonia con la relazione della Corte dei conti. La solita calamità meridionale: privatizzare gli utili, pubblicizzare i debiti.
La questione, però, non ha soltanto rilevanza economica: vi è anche una questione sociale, che attiene al personale. Le forze sindacali sono preoccupate, perché non sono date le garanzie dei livelli occupazionali. Il presidente della regione siciliana sostiene che non vi saranno tagli occupazionali, tuttavia, l'amministratore delegato, il socio greco, afferma, invece, che vi saranno esuberi. È una posizione oscillante, che invece, avrebbe dovuto trovare una chiarezza nel piano industriale, che non è stato presentato.
Avremmo voluto un intervento serio da parte del Governo. Quest'ultimo ha affermato che la gara non è stata un flop, ma non è sufficiente. Il Governo avrebbe dovuto dire con chiarezza quale tipo di valutazione ha fatto sulla gara che è stata portata avanti. Noi, dalla Sicilia, esprimiamo tanta preoccupazione, perché vi sono un ritorno al passato e un salto nel buio, che contestiamo. Anche per queste ragioni, esprimeremo un voto contrario sul provvedimento in oggetto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Pag. 17

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Schirru. Ne ha facoltà.

AMALIA SCHIRRU. Signor Presidente, anch'io intervengo per esprimere perplessità e preoccupazioni con riferimento al provvedimento in oggetto, soprattutto, per quanto riguarda l'andamento della privatizzazione della compagnia pubblica di navigazione e, in particolar modo, dell'acquisto da parte di Mediterranea Holding...

PRESIDENTE. Onorevole Schirru, le chiedo scusa. Colleghi, per cortesia, prendete posto, oppure lasciate libero quantomeno il passaggio. Prego, onorevole Schirru.

AMALIA SCHIRRU. Come dicevo, intervengo per esprimere, anche a nome dei colleghi del Partito Democratico e, in particolar modo, dei colleghi della Sardegna, le nostre perplessità e preoccupazioni circa l'andamento della privatizzazione della compagnia pubblica di navigazione e, in particolar modo, circa il paventato acquisto di tale compagnia da parte di Mediterranea Holding, che fa capo alla regione Sicilia.
Le perplessità riguardano le modalità con cui questa operazione si concilia con le regole comunitarie, che richiedono trasparenza, concorrenzialità e, soprattutto, garanzie per la gestione del servizio.
Noi siamo d'accordo - lo abbiamo auspicato altre volte - sul fatto che il processo di privatizzazione debba andare avanti, ma dobbiamo evitare di introdurre degli elementi di disturbo in un'operazione che appare poco chiara.
Questo perché, intanto, occorre capire quali sono i piani di sviluppo della società vista ancora la disponibilità di finanziamenti pubblici per garantire i servizi, in particolar modo alla nostra isola. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che la Sardegna ha la necessità del trasporto marittimo, soprattutto per le persone e per le merci. Abbiamo bisogno, però, di un servizio di qualità perché abbiamo sofferto tanto, in questi anni, per un servizio pessimo, per i ritardi e le condizioni igieniche dei mezzi, e, soprattutto, per la mancanza di rotte capaci di assicurare il carico e scarico di merci che ha messo in difficoltà tante aziende sarde.
Purtroppo, in questi anni, abbiamo dovuto soffrire in silenzio perché quello era l'unico servizio che, comunque, assicurava il collegamento con il continente. Ecco perché vorremmo che oggi, il Governo, prima di chiedere l'approvazione di questo provvedimento, prendesse la parola per chiarire e soprattutto per dare certezze al futuro di questo processo di privatizzazione del settore nel rispetto delle regole comunitarie.
Si paventa il rischio, infatti, che procedure previste nell'ambito del provvedimento in esame siano tese all'individuazione di soggetti acquirenti della società interessata; vogliamo evitare che si verifichino fenomeni distorsivi e nascosti, già registrati in altre occasioni. In poche parole, non vorrei fossimo di fronte a un nuovo caso Alitalia.
Non ci convince, infatti, che la regione Sicilia si profili come l'azionista di maggioranza, e ci preoccupano i silenzi del Governo e della mia regione, che dovrebbe, se non altro, battersi per assicurare un servizio di qualità. Questo è ciò che vogliamo, e questa la garanzia che richiediamo.
Vi è, poi, un altro problema: mi auguro che il Governo possa vigilare sull'intera vicenda prestando attenzione, in particolar modo, alla salvaguardia dei livelli occupazionali tenuto conto che, nel settore, sono impiegati in prevalenza lavoratori precari che in questi anni hanno dovuto soffrire di mancanza di certezze per quanto riguarda la sicurezza del lavoro, le retribuzioni e gli stessi diritti, sottomettendosi, in particolar modo, a contratti precari.
Mi auguro che questo si tenga in considerazione e venga garantito l'aspetto della continuità territoriale per la nostra isola.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

Pag. 18

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, questo intervento mira a lasciare a verbale alcune osservazioni del gruppo dell'Italia dei Valori. Abbiamo espresso, con molta chiarezza, la nostra contrarietà a questo decreto-legge e ci siamo soffermati con attenzione sulla vicenda che si riferisce al trasporto marittimo e alla Tirrenia. Siamo convinti, inoltre, che la nostra contrarietà sia motivata dalla circostanza che l'operazione codificata da questo decreto-legge non garantisce i livelli occupazionali né è assistita da un normale piano industriale ma è affidata ad una società in cattive condizioni finanziarie che si vuole partecipata dalla regione siciliana. Questo avviene dopo aver rifiutato ben 16 offerte da parte di 16 imprenditori che avevano manifestato interesse. Improvvisamente e stranamente l'offerta si è ridotta soltanto ad una e si procede, quindi, al trasferimento di questo servizio alla Mediterranea Holding.
Questa vicenda è molto grave perché mentre in campo nazionale si chiude la stagione delle partecipazioni statali, invece, si scarica, con una forma di federalismo clientelare, sulle regioni il sistema delle partecipazioni. Assistiamo, quindi, alla presenza di regioni che entrano come imprenditori in settori che dovrebbero appartenere al libero mercato. Tutto questo avviene, in particolare, con riferimento alla regione siciliana.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 11,10)

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, l'importante è che le mie dichiarazioni siano messe a verbale perché poi ne chiederò la trasmissione alla procura della Repubblica e a quella della Corte dei conti. Se poi i colleghi volessero ascoltare...

PRESIDENTE. Prego i colleghi di non distrarre i membri del Governo che dovrebbero ascoltare l'intervento dell'onorevole Leoluca Orlando e di quanti intendono parlare sul complesso degli emendamenti. Insomma, c'è un po' di distrazione. La prego di continuare il suo intervento, onorevole Leoluca Orlando.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, mi permetto di far presente che non continuo fino a quando non vi sono le condizioni per poter parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Leoluca Orlando, la prego di continuare il suo intervento. Mi creda che pretendere il silenzio assoluto in Aula è abbastanza difficile. La invito a continuare.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, continuo il mio intervento ma la prego di tener presente che chiederò che quello che sto dicendo sia trasmesso alla procura della Corte dei conti e alla procura della Repubblica per le conseguenti iniziative. È una richiesta formale che le rivolgo, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, con riferimento a questa vicenda si riapre la stagione delle partecipazioni regionali siciliane nel settore della navigazione. Perché mi riferisco al settore della navigazione? Perché questa società, la Mediterranea Holding, vede la partecipazione della regione siciliana e la stessa regione, lo scorso anno, si è resa protagonista di una partecipazione azionaria in una fantomatica società di navigazione con collegamenti da Termini Imerese a Genova, la T-Link, che è affidata sostanzialmente alle cure di un fondo regionale, il Cape, che è amministrato e gestito da un omonimo e parente di un assessore regionale all'industria in carica.
Questo omonimo e parente dell'assessore regionale all'industria in carica non si è soltanto limitato ovviamente a non ostacolare le attività del parente nei confronti della regione siciliana ma ha dichiarato a Milano Finanza che lui ha fatto con la regione siciliana in Sicilia - dunque con soldi pubblici della regione - tre operazioni Pag. 19andate tutte male (una di queste è la T-Link, nel settore della navigazione) ed ha aggiunto anche: «ma d'altra parte, per la mia società è andata bene, perché ho ricevuto oltre due milioni di euro di compenso professionale per la mia attività».
Stiamo assistendo, dunque, ad un aumento costante del capitale sociale della T-Link a carico della regione siciliana e questo aumento costante ovviamente consente alla società T-Link di svolgere attività di dumping a danno delle altre società che collegano la Sicilia con Genova, senza assumere alcun rischio privato perché questo è interamente coperto dall'aumento periodico di capitale sociale.
Gli ultimi dati parlano di oltre 15 milioni di euro di aumento di capitale sociale nell'arco degli ultimi sei mesi. Credo che tanto basti perché si ponga attenzione su quello che si sta facendo. Infatti, siamo in presenza di un secondo caso Alitalia, di un secondo caso, cioè, nel quale non soltanto si favoriscono imprenditori amici, ma si mette dentro a garanzia un capitale pubblico di una regione.
Tutto questo è stato oggetto di un atto di sindacato ispettivo che abbiamo presentato il 22 dicembre 2009 al Ministro Matteoli, denunciando quanto ho appena finito di elencare e il Ministro Matteoli il 31 marzo ha risposto che, essendo iniziativa della regione Sicilia, non aveva competenza a fornire notizie su quello che era accaduto. In conseguenza di questo, il gruppo dell'Italia dei Valori ha presentato una interrogazione al Parlamento europeo in data 19 settembre 2010, chiedendo l'intervento in una materia che è di palese violazione della concorrenza.
Assisteremo, a seguito di questo decreto-legge, al saccheggio del denaro pubblico da parte di imprenditori amici di qualche assessore o esponente del governo regionale, e quando fra sei mesi chiederemo al Ministro Matteoli - se sarà ancora in carica o comunque a chi sarà il Ministro competente - di avere informazioni, ci verrà risposto «non liquet», perché la materia è di competenza della regione Sicilia.
In questo modo si realizza il vero e proprio federalismo clientelare: sostanzialmente non si risponde a Roma e si tace in periferia (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Onorevole Leoluca Orlando, volevo precisare, circa la sua richiesta, che la Presidenza non invia i verbali ufficialmente a nessuna autorità, però i resoconti sono pubblici e naturalmente quello che lei ha affermato sarà eventualmente oggetto di attenzione.

LEOLUCA ORLANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, intervengo soltanto per prendere atto di quanto da lei comunicato, informandola che provvederò io a trasmettere gli atti alle autorità competenti.

PRESIDENTE. Avverto che prima dell'inizio della seduta è stato ritirato dal presentatore l'articolo aggiuntivo Di Biagio 1-bis.02.
Nessun altro chiedendo di parlare sul complesso degli emendamenti, invito quindi il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

VINCENZO GAROFALO, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, su tutti gli emendamenti presentati.

PRESIDENTE. Il Governo?

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore. Tuttavia vorrei fare una piccola precisazione in ordine ad una richiesta. La norma di cui all'articolo 1-bis, onorevole Velo, è il frutto di un tavolo di concertazione Pag. 20al quale per la prima volta partecipava anche tutto il mondo della committenza.
È una norma importante accolta da una parte importante della committenza come Rete Imprese Italia. È un percorso che con il piano relativo alla logistica ci porterà proprio a superare la logica degli interventi a pioggia. Quindi, ripeto, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo agli identici emendamenti Compagnon 1.13, Monai 1.14 e Meta 1.15. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore ed insistono per la votazione. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bonavitacola. Ne ha facoltà.

FULVIO BONAVITACOLA. Signor Presidente, mi scuserà l'impertinenza, ma per illustrare le ragioni del nostro voto avrei bisogno di dimostrare che lei in questo momento, oltre che presiedere la Camera, è, in senso metaforico, il presidente degli azionisti della compagnia Tirrenia. Ebbene la Tirrenia, come è noto, è una società interamente pubblica con pacchetto azionario nella titolarità di Fintecna. La Fintecna è una società interamente pubblica con pacchetto azionario del Ministero del tesoro (oggi Ministero dell'economia e delle finanze).
Ebbene, il Ministero dell'economia e delle finanze, nonostante alcune sue vocazioni extra-territoriali, fa ancora riferimento all'ordinamento della Repubblica, e quindi essere proprietari di un pacchetto azionario significa rispondere in primo luogo nei confronti dei contribuenti. Pertanto, noi viviamo sostanzialmente questa vicenda come i rappresentanti, a torto o a ragione, dei contribuenti, cioè dei cittadini italiani che sono i veri proprietari di Tirrenia.
Detto questo, è come se nell'assemblea degli azionisti dovessimo decidere di nominare un amministratore il quale non sarà chiamato a rispondere delle proprie azioni perché l'articolo 1, comma 1, lettera b), del quale chiediamo la soppressione, prevede esattamente ciò. Questo amministratore di Tirrenia è un soggetto che non dovrà rispondere in sede civile ed amministrativa perché decidiamo che a rispondere dei suoi atti saremo noi, ossia i contribuenti, cioè lo Stato.
In tema di poteri commissariali è previsto che vi siano determinate ipotesi di regime giuridico extra ordinem, in particolare - lo ricordiamo - in presenza di eventi calamitosi e, in generale, di fronte a gravi situazioni di emergenza nazionale. Ciò che è estraneo al nostro ordinamento giuridico è un regime extra ordinem che viola i principi fondamentali e addirittura la Carta costituzionale. Nessun commissario che ha poteri extra ordinem può derogare ai principi fondativi del nostro Stato di diritto, e uno di questi è il principio di responsabilità.
Non si comprende perché il diritto societario preveda l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori da parte dei soci, perché qualunque amministratore pubblico di questo Paese debba rispondere delle proprie azioni davanti alle magistrature civili, amministrative e soprattutto contabili, e perché, invece, debba sussistere questa sorta di rifugio antiatomico per alcuni grandi commissari ad acta che vivono al di fuori e al di sopra delle regole di diritto e del principio di responsabilità. Si tratta di un modello giuridico assolutamente insopportabile!
In verità, mentre a chiacchiere disegnate uno Stato da riformare in senso federalista (che non c'è!), quello che state facendo è invece affermare lo Stato dei commissari e delle impunità. In particolare, ciò è molto grave nella vicenda che ci occupa, perché stamattina le agenzie di stampa ci dicono che l'aggiudicataria della gara di vendita di Tirrenia non ha firmato il contratto non perché qualcuno dei suoi amministratori sia andato in vacanza, ma perché ha chiesto a Fintecna, cioè il soggetto cedente, delle garanzie sul piano economico-finanziario e sullo stato dei conti della società. È qualcosa di esilarante! Scusate, ma su cosa si è fatta la Pag. 21gara se non si capisce ancora lo stato patrimoniale della società che si sta comprando?
Forse ha ragione chi ha evidenziato qualche stranezza in questa vicenda, con diciotto concorrenti che poi sono rimasti in uno. Il Ministro Matteoli, anche qui in modo molto originale, ha detto che non vi è bisogno di avere una gara con troppi partecipanti, tanto alla fine se la deve aggiudicare uno solo. È un pragmatismo toscano mirabolante che certamente sul piano della trasparenza lascia un po' a desiderare.
Per tale motivo, insistiamo sulla soppressione di questo articolo perché ciò non stravolgerebbe l'impianto del testo, ma anzi il testo ne riceverebbe giovamento in termini di dignità politica e giuridica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signori membri del Governo, la nostra proposta emendativa offre la possibilità, che almeno speriamo l'Assemblea possa condividere, di escludere questa zona d'ombra, questa zona grigia, questa illegalità pervasiva che il Governo, a modo suo, cerca di inculcare in questo provvedimento teso alla privatizzazione del gruppo Tirrenia.
La norma che è stata introdotta nel decreto-legge è una rara avis nell'ordinamento giuridico italiano.
Infatti, confligge con alcuni principi cardine non solo dell'ordinamento civile, non solo dello statuto delle società di capitali, ma anche e addirittura con alcune norme cardine della nostra Costituzione, che stabiliscono, per esempio, il principio di responsabilità dell'impresa, il principio della responsabilità amministrativa dei pubblici dipendenti, il principio della responsabilità civile dei pubblici amministratori e dei pubblici dipendenti.
Questa norma, di fatto, è una sorta di scudo civile, amministrativo, contabile e - cosa nuova - addirittura disciplinare e deontologico rispetto a tutto un parco di professionisti che dovrebbero essere tali, ma che con questa «licenza di uccidere» il mercato possono fare quello che vogliono impunemente. Viene, infatti, data loro la possibilità di essere esclusi da responsabilità civili e amministrative per comportamenti, atti e provvedimenti posti in essere durante questa fase tesa alla privatizzazione. Quindi, si tratta di una sorta di licenza di omettere i controlli e di cambiare i dati di bilancio.
Del resto, come è possibile immaginare che le banche, che hanno già chiesto la revoca dei fidi, possano assecondare le previsioni di legge tese a garantire nuovi finanziamenti (sia pure garantiti dallo Stato, vista la decozione in cui si trovano le due società Tirrenia e Siremar), se non con una qualche domestica gestione dei conti e allegra e spensierata vicenda amministrativa che per un complesso industriale così importante per il Paese viene affidata ad imperscrutabili momenti amministrativi dei quali costoro non potranno rispondere?
Badate bene che questa norma si applica anche al collegio sindacale, che, come mi insegnano i colleghi giuristi presenti in quest'Aula con grande esperienza e capacità, ha proprio per sua definizione l'obbligo giuridico di verificare e di controllare la veridicità e la trasparenza dei conti delle società di capitali. Ebbene, in questo caso anche il collegio sindacale viene esautorato da qualsiasi responsabilità civile e amministrativa in una sorta di completa illegalità sintomatica di questo approccio «berlusconista», che abbiamo ormai sperimentato in tanti provvedimenti a cominciare da Alitalia, ma se vogliamo anche nel legittimo impedimento, nel lodo Alfano, nel lodo Schifani, nella legge Cirielli e quanti volete che ne citi? L'elenco è molto lungo!
Ecco che noi vogliamo che almeno il Parlamento ripristini un principio di legalità minimale che ci metta al passo con l'Europa e non ci faccia cadere in questo oscurantismo dove i cittadini italiani vengono depredati da questa amministrazione. Perché il fatto che poi le conseguenze di questa mala gestio ricadano Pag. 22sulla società fa sì che «paghi Pantalone» e, che coloro che debbono rispondere in realtà non lo debbono fare se non al Governo che li ha nominati (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Compagnon 1.13, Monai 1.14 e Meta 1.15, non accettati dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevole Lanzillotta... Onorevole Vassallo... Onorevole Castellani... Onorevole Morassut... Onorevole Lenzi... Onorevole Bersani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 552
Votanti 551
Astenuti 1
Maggioranza 276
Hanno votato
253
Hanno votato
no 298).

Prendo atto che il deputato Zinzi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Monai 1.16.
Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Monai 1.16 non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, evidentemente i miei appelli ad un'assunzione di responsabilità da parte dei colleghi deputati non è stata sufficientemente ascoltata. Ribadisco allora il concetto su questo emendamento, che non è interamente soppressivo del comma 1, lettera b), ma che si limita a proporre la cassazione di quella previsione che insiste sulla responsabilità civile ed amministrativa per comportamenti, atti e provvedimenti posti in essere dall'amministratore unico, come pure dal collegio sindacale o dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che nella previsione del Governo è garantita da uno scudo per il quale costoro non pagano nulla se sbagliano, ma paga la società, e quindi tutti i cittadini perché è una società pubblica interamente posseduta dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Allora, per esplicitare quello che prevede questa norma, faccio un esempio banale, se volete, ma molto esplicativo, molto comunicativo. Tutti voi avete, forse, un appartamento al mare, oppure la stessa casa dove abitate è amministrata da un amministratore di condominio e penso a quanti cittadini avranno questo problema quotidiano. Ebbene, questa norma stabilisce che l'amministratore di condominio può, ad esempio, dimenticarsi di pagare una fattura, ordinare dei lavori senza la previsione di misure di sicurezza sul lavoro o che non sono stati autorizzati dall'assemblea, può anche insultare un condomino durante l'assemblea di condominio e beneficiare in qualche modo di questa esenzione di responsabilità civile ed amministrativa, perché di fatto coloro che pagheranno il conto saranno i soli condomini. L'amministratore, nonostante faccia il bello e il cattivo tempo, si dimentichi adempimenti fiscali o amministrativi, crei danno al condominio, agisca in maniera improvvida non pagherà nulla, non sarà neppure destituibile, perché addirittura la norma stabilisce che questi comportamenti non avranno alcun rilievo per inficiare la sua professionalità in altre funzioni analoghe.
Ciò che si vuole introdurre è dunque anche una sorta di illegalità deontologica che impedisca ai consigli dell'ordine di sanzionare quei comportamenti che evidenzino carenze di professionalità. Ebbene, la norma in esame stabilisce tutto Pag. 23questo, garantisce questa cintura di sicurezza a danno dei cittadini italiani che pagheranno conti salati a fronte di azioni, possibilmente leali, ma forse anche scriteriate e irresponsabili, come questa disposizione prevede che si possa fare.
Pertanto, chiedo che l'Assemblea metta un freno a questa illegalità strisciante che oggi tocca la Tirrenia, ieri ha riguardato Alitalia, e che forse è un germe abbastanza frequente nei provvedimenti del Governo che in qualche modo noi dobbiamo preoccuparci di immunizzare, perché ne va della salute non solo del Governo, ma della salute pubblica di tutti gli italiani (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monai 1.16, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Della Vedova, Veltroni, Traversa, Boccuzzi... presidente Pecorella ... onorevole Biasotti...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti e votanti 557
Maggioranza 279
Hanno votato
256
Hanno votato
no 301).

Prendo atto che il deputato Barbareschi ha segnalato che non è riuscito a votare.
Passiamo all'emendamento Monai 1.22.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

CARLO MONAI. Signor Presidente - vista la decisione dell'Assemblea di convalidare queste norme illiberali, che minano la salubrità del mercato, di cui tanto il centrodestra si riempie la bocca, proponendosi come un partito che tende al liberismo, al libero mercato, mentre, al contrario, fa provvedimenti assolutamente antagonisti alla trasparenza e alla correttezza delle regole del mercato - ritiro, oltre a quello in esame, anche gli emendamenti a mia firma 1.24 e 1.26, che sono ancora più settoriali rispetto a quelli che avete già bocciato e in questi assorbiti.
Tuttavia dovete assumervi la responsabilità, cari colleghi, di approvare norme gravemente devastanti del sistema ordinamentale civile societario.

PRESIDENTE. Prendo, pertanto, atto che l'onorevole Monai accede all'invito al ritiro degli emendamenti a sua firma 1.22, 1.24 e 1.26.
Passiamo all'emendamento Monai 1.28.
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Barbato.

FRANCESCO BARBATO. «Sed nec populo aut moenibus patriae pepercit. (...) Per sex dies septemque noctes ea clade saevitum est, ad monumentorum bustorumque deversoria plebe compulsa» (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).
Signor Presidente...

PRESIDENTE. Prego onorevole Barbato. Se può tradurre la lettura del brano.

FRANCESCO BARBATO. Ve lo traduco subito. Era Svetonio che, nel De urbe a Nerone incensa declinava sostenendo: «non ebbe riguardo neppure del popolo, né delle mura della patria. (...) Quel flagello incrudelì per sei giorni e sette notti, spingendo la plebe a cercare rifugio nei monumenti e nei sepolcreti».
Ebbene, dopo due millenni, Svetonio probabilmente, vivo oggi, non avrebbe più titolato De urbe a Nerone incensa, ma avrebbe messo un altro titolo: De urbe a «Berluscone» incensa, con una differenza: che almeno Nerone flagellò, perseguitò e bruciò la città per sei giorni e sette notti, invece Berlusconi è da 16 anni che «incendia» Pag. 24questo Paese (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà ).
Anche oggi, con il decreto-legge n. 103 del 2010, Berlusconi inietta un'altra dose di veleno nelle vene dello Stato, proprio oggi, che questo Stato avrebbe bisogno di maggiore moralità, di maggiore responsabilità. Questa è la parola che dovrebbe declinare ogni giorno la politica: «responsabilità», soprattutto nella pubblica amministrazione e nella politica.
Ebbene invece con questo provvedimento, con questo dispositivo cosa ci troviamo?
Ci troviamo che viene, invece, iniettata questa dose di «berlusconismo» per amalgamare un Paese e per prepararlo alla deresponsabilizzazione. Infatti, cosa faranno gli amministratori della società che gestirà la Tirrenia? Non risponderanno dei loro atti, dei loro comportamenti e delle loro decisioni.
Questo è il «berlusconismo»: il continuo avvelenare le istituzioni e lo Stato. Questo è il «berlusconismo»: il continuo minare la moralità, per eliminare la trasparenza. Si fa abortire ancora prima questo processo di moralizzazione di cui oggi hanno tanto bisogno la politica, lo Stato e le istituzioni; insomma, annienta la legalità.
Vedo che in questi giorni si fanno dei programmi con i quali si mette al primo punto dell'ordine del giorno la legalità: quest'ultima è qualcosa che si pratica, che si produce, che si fa con le leggi e vivendola ogni giorno nelle istituzioni, e non seguendo questo percorso di deresponsabilizzazione, che, tra l'altro, è un déjà-vu, perché abbiamo visto che con il provvedimento sull'Alitalia, addirittura, si pensava di eliminare la responsabilità anche per i reati, per gli illeciti penali.
È normale, allora, che oggi vi sia questo tipo di Paese, abituato e avviato alla deresponsabilizzazione, perché con essa si aiutano le cricche, si porta al tavolo delle istituzioni la nuova P3. Ecco perché oggi abbiamo al tavolo con Verdini e Dell'Utri i vari Carboni e i vari Lombardi; ecco perché oggi, nelle istituzioni, non vi è senso dello Stato: perché vi è questo tipo di politica, vi è il «berlusconismo», che prima lo mandiamo a casa, prima lo cacciamo fuori, prima lo mandiamo via dal Governo, meglio facciamo per questo Paese e per gli italiani.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, posso comprendere la vis polemica e le grida e le urla dell'opposizione, ma non riesco a tollerare che in quest'Aula si diano prove di «ignoranza militante». Mi ha ferito l'udito ascoltare il termine, orribile, «Svetonio» in luogo di «Suetonio». Il latino è una cosa seria e non può essere affidato a certe persone, che hanno una cultura meno che elementare!
Nella fonetica latina non esiste la consonante «v»: esiste la «u» e si dice «Suetonio», non «Svetonio». Invece di stare in Parlamento, vai a scuola! Ignorante (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monai 1.28, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cazzola, Castellani, Migliori, Berardi, Strizzolo...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 558
Votanti 519
Astenuti 39
Maggioranza 260
Hanno votato
217
Hanno votato
no 302).

Passiamo all'emendamento Monai 1.30. Pag. 25
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo dunque ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monai 1.30, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Migliori, Della Vedova, Giammanco, Golfo, Iapicca, Abelli, Cesario, Berardi...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 558
Votanti 557
Astenuti 1
Maggioranza 279
Hanno votato
256
Hanno votato
no 301).

Passiamo all'emendamento Monai 1-bis.29.
Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, siamo passati dalla fase del dibattito relativa a Tirrenia alla parte di questo provvedimento introdotta dal Senato, che è una sorta di novella sull'autotrasporto e che introduce il meccanismo dei costi minimi di esercizio, quali componenti del prezzo che l'autotrasportatore può pretendere nei confronti del committente.
Come dicevamo l'altro giorno, in sede di discussione sulle linee generali, il Governo ha fatto bene a costituire un tavolo di lavoro, mettendo di fronte i trasportatori e le organizzazioni della committenza. Forse l'accordo che è stato recepito a quel tavolo, che pure ha visto la Confindustria dissociarsi dalla parte normativa, poteva essere uno spunto di riflessione per un progetto di legge da parte del Governo; abbiamo invece assistito al supino recepimento di queste ipotesi di lavoro concordate tra le parti, con un provvedimento con cui il Governo, di fatto, ha abdicato al suo ruolo di indirizzo politico e in qualche modo costringe anche noi ad abdicarvi qui in Parlamento.
È infatti necessario dare risposte urgenti a questo settore, già interessato da provvedimenti normativi nel 2008, con il decreto-legge n. 112 convertito dalla legge n. 133 del 2008, e che vede oggi il contenuto di un decreto-legge, adottato dal Consiglio dei ministri a luglio e non emanato, perché si è deciso di trasfondere quel dispositivo in un emendamento al decreto-legge riferito alla questione Tirrenia. Anche in questo caso si riscontrano non poche criticità - diciamocelo francamente - nella coerenza normativa e nel rispetto di quei principi non solo costituzionali, ma anche esplicitati dalla legge n. 400 del 1988, che è norma ordinamentale e che vorrebbe evitare una farraginosità nelle leggi di conversione dei decreti-legge, così come anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano ha raccomandato, voce clamante nel deserto, evidentemente con una lettera indirizzata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
Siamo invece qui oggi a doverci interessare in fretta e furia di provvedimenti, che, con tutta franchezza, danno la misura della confusione in cui il Governo si trova: a livello normativo, viene messo in forte discussione il principio della certezza del diritto. Queste disposizioni, cari colleghi, sono qualcosa di esplosivo, faranno trasformare questa norma sull'autotrasporto in un «causificio» dalle conseguenze imperscrutabili e forse anche catastrofiche, perché il principio del codice civile dell'autonomia negoziale delle parti e del rispetto dei patti viene stravolto con meccanismi di imposizione tariffaria, che hanno anche una valenza retroattiva, mettendo quindi a repentaglio la capacità degli imprenditori di prevedere i costi per parametrare i prezzi.
Non si è mai visto - penso - un settore così tutelato rispetto ai costi di produzione, Pag. 26che rappresentano una componente di cui l'imprenditore deve fare tesoro per capacitarsi del prezzo che deve poi offrire sul mercato.
In questo caso, invece, addirittura con una norma retroattiva si stravolge questo principio e le fatture emesse possono essere pretese in aumento con l'applicazione dei minimi tariffari. Si tratta di una norma che presenta molte criticità e che addirittura introduce un principio di sanzione non più civilistica (come quella degli interessi moratori per chi paga in ritardo) ma pubblicistica (decadenza da pubblici appalti, incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, decadenza da benefici fiscali, tributari, previdenziali): si tratta di una miriade di situazioni che non sappiamo bene chi poi accerterà e che comunque mettono a forte rischio e a forte repentaglio, in una condizione di alea strabiliante, la correttezza dei rapporti commerciali in questo settore.
Da qui nasce l'emendamento in esame che chiede semplicemente di contenere almeno la valenza dell'efficacia di tali norme, rinviandola a dopo l'entrata in vigore del disegno di legge di conversione piuttosto che riferendola a quei rapporti che si sono già aperti e magari anche consumati.

PRESIDENTE. Prendo dunque atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monai 1-bis.29, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Cristaldi, De Luca, Martinelli... Il Ministro Brambilla non riesce a votare... Onorevoli Sposetti, Abrignani...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 560
Votanti 329
Astenuti 231
Maggioranza 165
Hanno votato
25
Hanno votato
no 304).

Prendo atto che i deputati Milo e Belcastro hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.
Passiamo all'emendamento Monai 1-bis.47.
Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro formulato dal relatore.

CARLO MONAI. Signor Presidente, sarò telegrafico visto che il tempo è tiranno e i colleghi stanno iniziando a perdere la pur mirabile attenzione che hanno dedicato all'esame dei precedenti emendamenti. In sintesi, questo emendamento propone che il regime di tariffazione obbligatoria con compulsazione dell'autonomia negoziale - che, ricordo, è stato in qualche modo stigmatizzato anche dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato - abbia quanto meno una vigenza transitoria.
Capiamo le esigenze del settore nella concorrenza globale con l'entrata in competizione dei Paesi dell'est europeo, che in qualche modo questo provvedimento mette anche in una condizione di eguaglianza, quanto meno per quanto riguarda il trattamento sanzionatorio con la possibilità del fermo del veicolo e del pagamento immediato delle sanzioni (misure, queste sì, meritevoli). Proponiamo tuttavia che questo trattamento particolare sia quanto meno soggetto ad un termine di scadenza ben definito: proponiamo quindi che si tratti di una norma di emergenza transitoria che veda cessare i suoi effetti al 31 dicembre 2012, auspicando che, entro quella data, venga realizzata una riforma del settore ispirata ai principi di concorrenza, trasparenza, tutela della sicurezza stradale e della sicurezza nei luoghi di lavoro che in questo provvedimento solo in maniera simbolica - forse solo in maniera declamatoria - è stata fatta.
Come ricordava infatti l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Pag. 27queste norme di tutela in realtà non conoscono poi un'effettiva verifica circa il rispetto delle condizioni di lavoro o della sicurezza stradale che vengono imposte agli operatori del settore.
La nostra proposta è pertanto quella di dare un tempo per sistemare il settore dell'autotrasporto e far sì che il Governo attui una riforma organica ispirata ai principi europei del libero mercato, con l'occhio rivolto sempre alla tutela del settore ma anche degli altri competitori presenti nel mercato.

PRESIDENTE. Prendo, dunque, atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.
Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Monai 1-bis.47, non accettato dalla Commissione né dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Moles, Briguglio e Mazzuca...

Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 552
Votanti 332
Astenuti 220
Maggioranza 167
Hanno votato
31
Hanno votato
no 301).

Prendo atto che i deputati De Torre e Zaccaria hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole, che i deputati Zinzi, Di Biagio e Bergamini hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Parisi ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.
Avverto che, consistendo il disegno di legge di un solo articolo, si procederà direttamente alla votazione finale a norma dell'articolo 87, comma 5, del Regolamento.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 3646).
Avverto che è in distribuzione la versione corretta dell'ordine del giorno Marinello n. 9/3646/5.
Qual è il parere del Governo sugli ordini del giorno presentati?

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Signor Presidente, il Governo accetta l'ordine del giorno Montagnoli n. 9/3646/1, purché nel dispositivo la parola «adottare» venga sostituita dalla parola «valutare».
Il Governo accetta gli ordini del giorno Gibiino n. 9/3646/2, Di Biagio n. 9/3646/3, Biasotti n. 9/3646/4, Marinello n. 9/3646/5 nella versione corretta, Vannucci n. 9/3646/6, Enzo Carra n. 9/3646/7 e Mereu n. 9/3646/8.
Il Governo accetta poi l'ordine del giorno Compagnon n. 9/3646/9, con la premessa che il servizio Alitalia sta migliorando notevolmente.

PRESIDENTE. Propone una riformulazione, sottosegretario, o si tratta di una sua considerazione?

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Era una mia considerazione.

PRESIDENTE. Sta bene.

BARTOLOMEO GIACHINO, Sottosegretario di Stato per le infrastrutture e i trasporti. Il Governo accetta l'ordine del giorno Lovelli n. 9/3646/10, purché nel dispositivo la parola «definire» venga sostituita dalla parola «predisporre».
Il Governo accetta l'ordine del giorno Cazzola n. 9/3646/11, purché il dispositivo venga riformulato nel senso di impegnare il Governo a riferire alla Camera entro un anno. Pag. 28
Il Governo accetta l'ordine del giorno Toto n. 9/3646/12, purché, al secondo capoverso del dispositivo, la parola «elaborare» venga sostituita dall'espressione «valutare l'opportunità di elaborare».

PRESIDENTE. Onorevole Montagnoli, accetta la riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/3646/1, accettato dal Governo, purché riformulato?

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Sì, signor Presidente, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Sta bene.
Onorevole Gibiino, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/3646/2, accettato dal Governo?

VINCENZO GIBIINO. Signor Presidente, ringrazio il Governo per aver espresso parere favorevole. In effetti, l'ordine del giorno in esame si inserisce in una delicatissima materia, che è quella della privatizzazione della Tirrenia.
Esprimo perplessità su questa modalità di privatizzazione. Da una parte esce lo Stato, dall'altra entra la regione siciliana. Esprimo perplessità su questa società mista, fortemente partecipata dalla regione siciliana, che non so se rispetti il Trattato dell'Unione europea in materia di aiuti di Stato. Quindi l'impegno del Governo è a vigilare affinché eventuali stanziamenti, che dovessero giungere in questo periodo estivo sotto commissariamento, vadano nella sola direzione della fruibilità e accessibilità del trasporto pubblico e non ad altro (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Onorevole Gibiino, il suo intervento deve considerarsi più un'illustrazione dell'ordine del giorno da lei presentato, ma l'ho lasciata ugualmente parlare.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO. Signor Presidente, chiedo di apporre la mia firma all'ordine del giorno Gibiino n. 9/3646/2.

PRESIDENTE. Sta bene.
Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Gibiino n. 9/3646/2, Di Biagio n. 9/3646/3, Biasotti n. 9/3646/4, Marinello n. 9/3646/5 (versione corretta), Vannucci n. 9/3646/6, Enzo Carra n. 9/3646/7, Mereu n. 9/3646/8 e Compagnon n. 9/3646/9, accettati dal Governo. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lovelli n. 9/3646/10, accettato dal Governo, purché riformulato. Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Cazzola n. 9/3646/11, accettato dal Governo, purché riformulato.

GIULIANO CAZZOLA. Signor Presidente, spero che il Governo abbia accertato la compatibilità di quanto è previsto nel mio ordine del giorno rispetto alle regole dell'Unione europea. Pertanto, accetto la riformulazione e non insisto per la votazione del mio ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Toto n. 9/3646/12, accettato dal Governo, purché riformulato.
È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Monai. Ne ha facoltà.

CARLO MONAI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli membri del Governo, purtroppo condivido la necessità di mettere mano alla società di navigazione Tirrenia, che è un grande gruppo Pag. 29industriale che garantisce da ormai oltre 80 anni la continuità territoriale tra l'Italia e le sue isole, e che è diventata una realtà assolutamente strategica a garanzia non solo delle comunità che gravitano su questi bacini urbani ma anche del turismo relativo a mete così frequentate da frotte di turisti da tutto il mondo, e quindi di fronte alla criticità di questa gestione e alle indicazioni comunitarie tese ad evitare situazioni monopolistiche nel settore dei trasporti marittimi si doveva fare qualcosa e qualcosa è stato fatto. Tuttavia, giudico negativamente il modo con cui il Governo ha agito, perché questa è l'ennesima volta che il Governo si interessa di Tirrenia (l'ha fatto per la verità anche il Governo Prodi in precedenza), ed certo è che nel modo in cui ci si è mossi abbiamo la certezza che si possa in qualche modo gestire un'operazione così delicata con l'opacità e l'aleatorietà dei risultati.
Dico questo proprio perché non c'è stata sensibilità in un momento così delicato per il Paese, in cui le cricche si sovrappongono ai grandi eventi, si sovrappongono alle calamità naturali, gestite con qualche opacità che è stata denunciata dalla magistratura, con scandali che hanno infangato anche il buon nome della Protezione civile piuttosto che di altri importanti settori della vita pubblica.
Ebbene in questo momento in cui tutti dovremmo essere più solerti e attenti a garantire trasparenza di gestione pubblica e responsabilità dei nostri amministratori, l'approccio con cui avete gestito questo affare di Tirrenia ricorda molto un'altra pagina nera della gestione pubblica di questo Governo che è quella riferita ad Alitalia dove, a fronte di una prospettiva industriale tesa a salvare la compagnia di bandiera con le sue prerogative di efficienza e di gestione occupazionale, avete depauperato il patrimonio pubblico addossando ai cittadini italiani e alle casse dello Stato tutti gli oneri e garantendo ad una cordata di imprenditori privati la polpa buona di questa industria. Alitalia oggi continua ad operare ma in essa sono ormai già presenti in maniera non simbolica Air France piuttosto che operatori tedeschi o olandesi che in qualche modo hanno già indebolito il leitmotiv della compagnia di bandiera che così bene ha giustificato il Governo Berlusconi nell'attuare questa deprecabile iniziativa imprenditoriale che ha socializzato i costi e privatizzato gli utili.
Adesso nel provvedimento in esame c'è un po' lo stesso scenario: si garantisce l'impunità degli amministratori pubblici e dei commissari e di tutta la gestione di questa società in vista della privatizzazione e si garantisce questa sorta di scudo amministrativo, contabile, civile ma anche deontologico, chicca del tutto nuova nello scenario berlusconiano a cui eravamo fino ad oggi abituati. Infatti si stabilisce che questi amministratori possono compiere operazioni dissennate che in condizioni normali comporterebbero la revoca della loro iscrizione all'albo, la radiazione, dal momento che si vuole garantire che questi comportamenti non abbiano incidenza nella valutazione della professionalità di queste figure nell'ambito di altri rapporti di lavoro, di altri rapporti di consulenza, di altri mandati professionali. Ebbene a pensare male si fa peccato tuttavia a volte ci si azzecca. In questo caso tali norme, in questo momento storico, sono assolutamente inopportune e la precisazione e la puntualità con cui vengono articolate nella loro previsione è sintomo che qualcosa forse si voglia fare di poco trasparente e di poco corretto. Da qui le nostre forti perplessità, il richiamo che abbiamo tentato di fare sia in Commissione sia in Aula al fatto che queste norme vengano soppresse ripristinando il principio basilare della responsabilità dell'amministrazione, soprattutto quando tale amministrazione coinvolge il pubblico denaro e non beni privati. Ma i nostri appelli sono caduti nel vuoto e, quindi, il nostro dissenso non potrà che manifestarsi e ce ne dispiace perché avremmo voluto anche noi essere protagonisti del salvataggio della Tirrenia e di tante centinaia di lavoratori il cui futuro è incerto e per i quali noi dell'Italia dei Valori siamo molto sensibili e preoccupati. Noi dovremo manifestare il nostro dissenso con un voto finale negativo. Altrettanto Pag. 30dicasi per il settore dell'autotrasporto: settore vitale per il Paese composto da miriadi di operatori, magari molto frammentati, magari molto fragili nella competizione globale, al quale giustamente il Governo e il Parlamento devono prestare attenzione offrendo una sorta di tutela e di sensibile disponibilità al superamento di questa fase di impasse. Tuttavia anche qui ci sono forti criticità che noi abbiamo denunciato per le quali abbiamo chiesto di emendare il contenuto del provvedimento e anche qui, al di là della frettolosità e della commistione di generi così diversi della normativa che andiamo ad approvare, abbiamo dovuto arrenderci di fronte alla protervia di un atteggiamento che vuole tutto subito, anche se fatto male, piuttosto che magari approfondire le questioni e trovare soluzioni confacenti e non così eccentriche rispetto all'ordinamento italiano.
Perché dico questo? Perché norme come quelle che stabiliscono la interferenza di prezzi amministrati peraltro in maniera molto aleatoria perché il meccanismo della determinazione di questi costi minimi di esercizio è affidata ad una sequela di termini di autorità che dovrebbero in qualche modo intervenire: prima di tutto le associazioni di categoria nell'ambito di accordi negoziati. In seconda battuta l'osservatorio, in terzo battuta ancora altro.
Con questa incertezza nell'individuazione dei parametri di riferimento, capite come il mercato possa trovarsi disorientato e diventi una giungla, qualcosa di imperscrutabile, un terreno insidioso, una sabbia mobile, in cui sono messi a repentaglio i principi basilari del libero mercato e della garanzia del credito e dei rapporti commerciali.
In questo caso, tali principi sono messi a repentaglio proprio dall'aleatorietà di molte previsioni. Tra queste, ritengo che una delle più stravaganti sia quella contenuta nell'articolo 83-bis, comma 14 della legge 6 agosto 2008 n. 133, ripreso anche come riferimento per la sanzione prevista per chi non paga la fattura entro i 60 giorni o i 90 giorni previsti, ancorché modificata con l'introduzione dei costi minimi, fatta a seguito di rapporti scritti o di contratti verbali.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

CARLO MONAI. Ebbene, anche in questo caso, sono previste sanzioni assolutamente sproporzionate ed anche di difficile applicazione, come quella concernente l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per l'affidamento di pubblici servizi di trasporto; oppure, quella che sancisce la decadenza da tutti i benefici fiscali, previdenziali e quant'altro, magari, qualora uno non abbia pagato, entro i 90 giorni, una fattura in cui non è esplicitato l'importo. Pertanto, potrebbe anche accadere che, per una fattura di poche centinaia di euro, si apra la voragine dell'incertezza e dell'abominio giuridico di tali previsioni.

PRESIDENTE. Deve concludere.

CARLO MONAI. Per tutti questi motivi, il nostro giudizio è assolutamente critico. Invitiamo il Parlamento e il Governo a legiferare meglio e con più oculatezza su settori così importanti e strategici per il Paese. Pertanto, voteremo contro questo modo di fare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Compagnon. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, esprimo anche da parte nostra tutte le perplessità sul provvedimento in oggetto. Vorrei iniziare proprio toccando uno dei punti più delicati, concernente l'utilizzo inadeguato dello strumento della decretazione d'urgenza. Infatti, invece di essere un'eccezione, in questa legislatura, essa sta diventando una regola, cioè esattamente il contrario di ciò che dovrebbe essere. Questo aspetto già la dice lunga sul fatto che si potrebbero affrontare diversamente i provvedimenti e, quindi, i problemi del Paese: si potrebbero affrontare Pag. 31in maniera più tranquilla, più partecipata e, forse, anche con un rapporto tra maggioranza ed opposizione più produttivo.
Al di là di questo e delle perplessità che abbiamo sulle responsabilità civili ed amministrative in ordine ai comportamenti dei commissari, come anche sulla questione dell'autotrasporto, alcuni aspetti, come sempre, sono sicuramente condivisibili. Mi riferisco agli interventi riguardanti il settore dell'autotrasporto aereo con la disciplina dei tempi di attesa al fine del carico e dello scarico, oppure alla stessa franchigia, o alle disposizioni in materia di azione diretta (quindi, dei ricorsi), o ancora alle norme sugli imballaggi e alle unità di movimentazione. Peraltro, alcuni degli ordini del giorno che sono stati accolti, sui quali tornerò alla fine di questo intervento, dimostrano, forse, almeno da parte del sottosegretario Giachino, un'inversione di tendenza.
Evidentemente, non possiamo non soffermarci sulle perplessità che vi sono con riferimento alla tematica che riguarda l'autotrasporto, con il rischio di una conflittualità rispetto all'Unione europea, già verificato nei confronti di altri Paesi come la Grecia. Tuttavia, allo stesso tempo, dobbiamo renderci conto che questo comparto sconta una concorrenza veramente sleale, soprattutto, quella estera e dei Paesi dell'Est. Pertanto, in questo settore, dal nostro punto di vista, era necessario cercare di incidere diversamente rispetto alle reali esigenze.
Vi è, poi, il problema dell'adozione del decreto-legge che ha visto la cessione e la vendita di Tirrenia e Siremar - che di fatto è già avvenuta - al gruppo holding Mediterranea: vi è indubbiamente qualcosa che non va, al di là delle disponibilità dei soldi e della quantificazione di queste società. Il dubbio maggiore riguarda l'accorpamento della stessa gara di Tirrenia e Siremar.
Infatti, nel 2009, grazie ad un accordo con il Ministero dei trasporti, le regioni Campania, Toscana e Sardegna hanno acquistato a titolo gratuito le compagnie regionali Caremar, Toremar e Saremar proprio per semplificare la procedura di gara; non aderì soltanto la Sicilia, ravvisando lo stato di eccessivo indebitamento della Siremar, che oggi, invece, viene posta in vendita con Tirrenia.
Al di là, poi, della previsione di 8 miliardi di euro per Tirrenia, e di 55 per Siremar nei prossimi anni, le perplessità si manifestano per l'acquisto delle due compagnie da parte della Mediterranea Holding, in quanto azionista di riferimento è proprio la regione Sicilia, la quale non aveva accettato il passaggio a titolo gratuito. Sono perplessità che rimangono forti, ma il punto centrale sul quale cresce la perplessità maggiore - che ci porterà ad un voto contrario su questo provvedimento - è, sicuramente, la questione che riguarda la responsabilità civile ed amministrativa delle persone chiamate a gestire.
Seppure siano condivisibili le norme adottate per consentire la completa dismissione della società - ancorché, è notizia di oggi, non sia stata messa ancora una firma, per cui le perplessità ci sono - rimane difficile comprendere come le responsabilità civile e amministrativa sui comportamenti, sugli atti e i provvedimenti dei nuovi commissari vengano tolte. Su questo noi avevamo anche presentato - come il resto dell'opposizione - una questione pregiudiziale. Infatti, riteniamo che la violazione degli articoli 3, 24, 28 e 97 della Costituzione, sui principi di eguaglianza, sul diritto alla difesa, sulla responsabilità dei dipendenti pubblici e sul buon andamento della pubblica amministrazione, rimangano tuttora validi perché riteniamo, veramente, che ci sia incostituzionalità.
Tuttavia, si continua a fare come si è fatto in passato per Alitalia, e questo diventa un metodo che - per questa maggioranza, ma forse più per il Governo, perché certe volte credo che la stessa maggioranza parlamentare subisca - rappresenti un vizietto costante che parte da Alitalia e va avanti. Mi auguro - anche grazie all'ordine del giorno approvato - che esso venga messo nel cassetto e diventi una cosa del passato, perché sta creando delle sperequazioni veramente incomprensibili. Pag. 32
Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, alla fine, anche se è stato accettato - e di ciò sono contento - l'ordine del giorno Enzo Carra n. 9/3646-A/7, che «impegna il Governo a valutare l'opportunità di non prevedere, nei futuri provvedimenti legislativi che verranno adottati, norme che consentano lo scarico di responsabilità per amministratori unici che subentrano nella gestione di società in dismissione» - e ciò è di buon auspicio -, credo che stiamo per approvare, o meglio, voi state per approvare, un provvedimento che lancia ancora un messaggio sbagliato al Paese, perché dà il senso dell'impunità, mentre vi è il disagio e la rabbia di chi ha subìto la malagestione in determinate società come Alitalia, Cirio, Parmalat.
Penso, infatti, agli azionisti e obbligazionisti di Alitalia, che non solo sono stati messi in difficoltà da chi ha gestito la loro società, ma anche presi in giro da questo Governo, in quanto non è riuscito a mantenere gli impegni presi per restituire, a quegli azionisti, quanto avevano messo in quella società, magari i loro risparmi.
È lo stesso messaggio sbagliato che si dà con l'eccessivo uso dei condoni, che mettono in difficoltà chi è onesto e chi paga regolarmente le tasse. Pertanto, si tratta di segnali fondamentali che un Governo e una maggioranza non possono dare ad un Paese in grandissima difficoltà, al quale vengono chiesti costantemente sacrifici e, soprattutto, alla sua parte più debole, al ceto medio e a tutti quelli che, di fatto, per il precariato e per la mancanza di lavoro, vivono sulla propria pelle, più di altri, le difficoltà economiche globali che, indubbiamente, non sono riconducibili a questo Esecutivo ma che partono da molto lontano.
Pertanto, signor Presidente, con queste semplici considerazioni - ma potremmo parlare molto a lungo - ribadiamo la nostra preoccupazione e la nostra perplessità per l'uso eccessivo della decretazione d'urgenza, per la mancanza di coinvolgimento vero anche delle opposizioni sui problemi reali di questo Paese e soprattutto per la continua azione di metodi e sistemi che mettono al riparo persone che invece dovrebbero, se commettono errori, pagare in prima persona.
Signor Presidente, queste sono le motivazioni per le quali, come ho annunciato prima, il gruppo dell'Unione di Centro esprimerà voto contrario su questo decreto-legge, sperando che l'aspetto positivo che è trapelato alla fine di questo dibattito, con gli ordini del giorno, possa in futuro prevalere e dimostrare che da questo Parlamento si possono fare veramente, senza distinzione, gli interessi di tutto il Paese e soprattutto della parte che più è in difficoltà (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Montagnoli. Ne ha facoltà.

ALESSANDRO MONTAGNOLI. Signor Presidente, signor sottosegretario, con questo decreto-legge andiamo ad approvare e a definire due questioni importanti: la prima riguarda la Tirrenia; la seconda riguarda il mondo dell'autotrasporto. Sicuramente la vicenda di Tirrenia è importante e delicata. È una vicenda su cui anche l'Unione europea ci sta guardando e ci ha fornito dei segnali e indicato delle scadenze.
Oggi si sarebbe dovuto concludere il passaggio alla Mediterranea Holding. È evidente che anche noi nutriamo qualche dubbio. Dovremmo capire perché la regione siciliana, che diventa il primo azionista con il 37 per cento, in momenti difficili per le casse dello Stato possa compiere queste scelte. È evidente che ci aspettiamo si diano innanzitutto i servizi ai cittadini e anche alle nostre isole, in una zona sicuramente che vive in maniera fondamentale il turismo. Dunque, vi è un impegno importante da parte dello Stato, con un miliardo e 300 milioni distribuiti in 8 anni.
Solitamente le privatizzazioni, in una parte del Paese o a livello europeo, vengono compiute affinché lo Stato incassi dei soldi. Purtroppo, la cattiva gestione, in questo caso negli anni, di Tirrenia e, in Pag. 33altri, di Alitalia ha fatto sì che lo Stato abbia messo dei soldi. La volontà e la richiesta della Lega è che la somma sia quella, auspicando di non trovarci, da qui ad 8 anni, a coprire i buchi della cattiva gestione come avviene tuttora nel Meridione. Peraltro, dovevamo dare una risposta e delle garanzie, anche perché vi era la continuità del servizio in un momento in cui il turismo è nella sua massima espansione. Inoltre, vi è una tempistica stabilita fino al 30 settembre. Dunque, poiché le banche non fornivano garanzie è intervenuto lo Stato con coscienza, per dare delle risposte ai cittadini. Oggi è stata anche rinviata la firma per il passaggio delle quote azionarie di Fintecna. Ci auguriamo che questa vicenda venga definita ma su questo anche il Ministro Matteoli è stato chiaro e, dunque, ci auguriamo che la questione venga conclusa velocemente.
L'altro tema importante invece è quello dell'autotrasporto, un tema su cui il Governo si è impegnato fin da subito - e, in particolare, il sottosegretario Giachino - per dare risposte ad un settore fondamentale del nostro Paese. Questo emendamento era previsto nella legge finanziaria e l'avremmo già chiuso. Si tratta di un tema e di un accordo praticamente concluso con tutte le categorie, salvo una. A questo punto dovremmo chiederci di Confindustria, che firma i protocolli con il Ministero dell'interno sulla legalità, sulla trasparenza e sulla correttezza e poi non accetta questo accordo. Tuttavia, esso è stato firmato praticamente da tutte le associazioni di categoria, comprendendo Unatras e tutto il gruppo di Rete Imprese Italia. Si tratta di un tema importante. È facile dire che vogliamo la sicurezza e che dobbiamo evitare gli incidenti. I dati INAIL affermano che nel 2008 i morti nel settore dei trasporti sono stati 335. Questo settore è quello dove nel nostro Paese si verificano più decessi. Sicuramente, il nostro Paese presenta dei limiti dal punto di vista della viabilità.
Sappiamo i limiti delle nostre strade. Sappiamo che l'80 per cento del trasporto avviene su gomma e su questo potremmo aprire - anzi, è importante che il Governo apra - a una riforma del mondo dei trasporti e su questo penso che tutta l'Aula possa trovarsi d'accordo.
Ma dobbiamo dare una risposta a chi tutti i giorni è sulle nostre strade e sta lavorando in difficoltà. Ho sentito delle critiche e sinceramente resto un po' stupito dell'atteggiamento del presidente dell'Antitrust che forse non ha letto bene le norme.
Il testo inserito nel decreto-legge dice che, al fine di garantire la tutela della sicurezza stradale e la regolarità del mercato dell'autotrasporto, l'importo a favore del vettore deve essere tale da consentire almeno la copertura dei costi minimi di esercizio. Vogliamo farli vivere i nostri autotrasportatori, o vogliamo che siano alla mercé della poca committenza che comanda e decide (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)?
Abbiamo tante piccole e medie imprese (tante nel Nord) che stanno combattendo la concorrenza sleale fatta di realtà che vengono da zone del nostro Paese dove hanno benefici economici, ma soprattutto negli ultimi anni devono far fronte ad una concorrenza sleale di autotrasportatori che vengono dall'est e che hanno uno stile di vita, una cultura e un modo di vivere completamente diverso da noi e che hanno anche costi minori del 40 per cento. Sappiamo di imprenditori italiani che sfruttano questi lavoratori stranieri e fanno concorrenza sleale ai nostri autotrasportatori. Su questo si è impegnato il Governo e questo dice il provvedimento in esame. Il Governo dà delle risposte.
L'ultimo sciopero è stato nel 2007 con il Governo Prodi: voi non siete riusciti a dare delle risposte al mondo degli autotrasportatori. Noi, in questi due anni, abbiamo lavorato con provvedimenti finanziari, con provvedimenti legislativi e abbiamo approvato, in maniera unanime, un testo sul codice della strada che dà delle risposte agli autotrasportatori. Vediamo spesso immagini di nostri camionisti che, se vengono fermati all'estero, pagano multe salatissime e in molti casi il camion rimane fermo. Le stesse cose con il nuovo codice succederanno in Italia: Pag. 34parità di condizioni. Ed è importante che questo testo sia stato approvato all'unanimità sia alla Camera (soprattutto alla Camera) e al Senato con l'astensione delle opposizioni.
Ma diamo una risposta anche sulla responsabilità condivisa. Infatti, è evidente che oggi c'è, da una parte, chi ha la forza di dire «o mi fai il trasporto a questo prezzo qui o altrimenti sicuramente ne trovo tanti che me lo fanno ad un prezzo più basso» oppure chi dice «voglio lavorare per la garanzia, per la correttezza, ci sono delle ore da fare, e voglio lavorare con responsabilità».
Su questo abbiamo invitato il Governo, presentando una interrogazione come Lega, a verificare anche i controlli sulle strade. È evidente che ci sono parti e zone del nostro Paese dove i controlli vengono eseguiti e vengono fermati gli autotrasportatori. Dobbiamo assolutamente incrementare le verifiche sugli autotrasportatori esteri, perché sappiamo che si comportano in maniera completamente diversa da quello che è lo stile dei nostri autotrasportatori.
Molte cose sono ancora da fare. Sappiamo (lo abbiamo richiesto) che nell'albo ci sono 163 mila imprese iscritte, di cui solo 50 mila svolgono l'attività. Sappiamo quello che può essere da un lato un limite ma, dall'altro, invece una caratteristica del nostro Paese: l'80 per cento è rappresentato da aziende che hanno uno, due o tre mezzi, ma questo sotto certi aspetti può essere un problema.
Da un lato l'Italia, dall'altro il Nord-est e la Padania hanno rappresentato oggi un mondo che vede tantissime piccole e medie aziende. Nel Veneto il 95 per cento è composto da piccole aziende e le vogliamo tutelare. Questo Governo dà delle risposte in questo senso, per cui sicuramente la Lega appoggia l'iniziativa del Governo. Diamo una risposta e abbiamo anche inserito - il Governo lo ha accolto, seppur con una riformulazione - la questione dei pallet, su cui c'è ed è evidente la malavita, che sta lavorando con business, calcolati solo come IVA, da più di 80 milioni di euro.
Su questo tema chiediamo che il Governo possa velocemente prendere dei provvedimenti perché la categoria va tutelata. Va assolutamente tutelata con i controlli e con le norme del codice della strada.
Va tutelata anche con le tariffe che siano quelle, come si diceva prima, dei costi minimi perché l'autotrasportatore che viene remunerato nella maniera giusta svolge attività in maniera corretta e su questo il Governo sicuramente si sta impegnando. L'alternativa - che non ho sentito da nessuno, neanche dall'Italia dei Valori - è lasciare che in determinate zone del Paese ci siano autotrasportatori che fanno della delinquenza e svolgano in modo sicuramente scorretto la loro attività.
Poniamoci delle domande, visto che, tutto d'un colpo, negli ultimi tempi, nelle zone emiliane (a Bologna, a Modena) dove ci sono i lavori per l'alta velocità, sono arrivate più di 300 aziende da Casal di Principe. Chiediamoci il perché, chiediamoci se controllano ed effettuano l'attività in maniera corretta come fanno le nostre aziende. Su questo anche il Ministero dell'interno, con il Ministro Maroni, ha sottoscritto un protocollo sulla legalità e sulla trasparenza per premiare quelle aziende che si comportano bene.
Questo vuole la Lega: difendere le aziende che lavorano bene e combattere chi fa concorrenza sleale all'interno del nostro Paese e dell'Unione europea. Il Governo deve fare la voce grossa in sede di Unione europea per far sì che le sanzioni siano uguali a livello comunitario. L'Unione europea non può continuamente porci dei vincoli e, allo stesso tempo, non applicare sanzioni uguali per tutti i Paesi.
Pertanto, questo è un voto che la Lega esprime sicuramente con convinzione, nella speranza di definire in maniera corretta Tirrenia e di difendere il mondo dell'autotrasporto, le piccole e medie imprese che tutti i giorni sono sulle strade e che vivono per il nostro Paese, contribuiscono al prodotto interno lordo e fanno bene all'Italia. Per cui, confermo il voto Pag. 35favorevole della Lega Nord su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Meta. Ne ha facoltà.

MICHELE POMPEO META. Signor Presidente, signor sottosegretario, abbiamo affrontato la discussione anche nel dettaglio in Commissione e lei, come i colleghi di tutti i gruppi, e conosce la nostra posizione.
Riteniamo che questo decreto-legge abbia molti limiti e molte criticità e che sia anche un provvedimento sbagliato perché ha messo insieme cose diverse. Vi è questa vicenda dell'autotrasporto che sta molto a cuore a lei e, come sento, anche ai colleghi della Lega, perché evidentemente l'odore della campagna elettorale eccita gli animi. Credo che la vicenda dell'autotrasporto dovesse essere affrontata con un provvedimento autonomo per tentare di arrivare ad una riforma organica.
Avevate tentato di inserire la materia dell'autotrasporto nella manovra. I giusti rilievi della Presidenza della Repubblica vi hanno consigliato di fare marcia indietro, ma invece di praticare la strada di un provvedimento autonomo, avete «appiccicato» questa vicenda delicatissima al decreto-legge in tema di privatizzazione di Tirrenia.
La collega Velo ha spiegato la nostra posizione di merito. Ci sono dei passi in avanti, una sorta di buonsenso soprattutto per conservare la pace sociale, non per affrontare alla radice i problemi che questo settore vive da tanti anni. Anche il tema delle tariffe minime risolve il problema del nostro Paese, ma non quello della concorrenza e soprattutto con quella che viene dai Paesi dell'est e che evidenzia innanzitutto un problema di formazione e di sicurezza, tenendo conto spesso della vetustà dei mezzi e soprattutto anche della formazione dei guidatori.
Vi consigliamo, su questo tema, di tornarci, magari in occasione di quello che lei chiama il piano della logistica. Riaffrontiamo questo problema nel suo insieme e nell'ambito di una riforma che deve tendere a spostare grandi quantità di merci dalla gomma al ferro, perché questo è l'obiettivo strategico che noi dovremmo avere di fronte.
Per quanto riguarda Tirrenia, non si può dire che questa soluzione è giusta perché l'alternativa sarebbe stata portare i libri in tribunale (il fallimento), non avremmo avuto le risorse per saldare i debiti e i lavoratori sarebbero stati messi sul lastrico. Ciò in parte è vero, però tra quella ipotesi e l'altra di mettere in campo una soluzione che fa acqua da tutte le parti (poi lo spiegherò) c'era una terza via che voi non avete voluto praticare e che era rappresentata dall'esigenza di puntare non su una privatizzazione, non dico selvaggia ma sospetta, ma su un processo di liberalizzazione.
Questo voi non lo avete voluto fare e le criticità che evidenziamo in questo provvedimento sono diverse: innanzitutto sul fatto che probabilmente - noi francamente non ce lo auguriamo - l'Europa avanzerà dei rilievi. Infatti, lei, così come quelli che hanno elaborato questo provvedimento, mi dovete spiegare che differenza c'è tra lo Stato ed una regione. Quando si parla di pubblico, si parla di pubblico: se gli aiuti camuffati c'erano e l'Europa ci sollecitava a liberalizzare, evidentemente rimarranno.
Questo è un primo punto. Francamente, anche rispetto all'esperienza Alitalia di cui abbiamo discusso più volte, a me sembra che questo provvedimento dal punto di vista anche dei meccanismi selettivi faccia acqua da tutte le parti: partono in 16 e arriva solo una cordata capitanata da una regione che - vivaddio - purtroppo ha i suoi problemi. È notizia di oggi su tutti i giornali che uno dei soci di questa cordata, il signor Busi, proprietario della Keller, mentre entra nella cordata in oggetto licenzia 202 operai della struttura Keller. Che c'è là dietro? Sappiamo che la regione Sicilia vive grossissimi problemi dal punto di vista della mobilità, dai trasporti marittimi a quelli su terra e su ferro. Il contratto di servizio Pag. 36della regione Sicilia con le Ferrovie Spa nega con evidenza il diritto a centinaia di migliaia di pendolari e di studenti di muoversi con tempi celeri sul territorio regionale.
Per quanto riguarda il trasporto pubblico, nelle città più grandi, da Palermo a Catania, c'è una situazione che noi conosciamo. Ora la regione Sicilia non aveva di meglio da fare che capitanare una cordata per mettere le mani su Tirrenia. Questa questione non ci convince. Ho ascoltato le perplessità di tutti i colleghi deputati siciliani di ogni colore politico e hanno ragione. Non ci convince questa questione perché siamo convinti che da qui ad un anno, massimo due, si fa l'operazione: la regione Sicilia esce fuori e rimarranno i privati, vecchi e nuovi. Quei privati, signor sottosegretario, che a ieri con Iritecna non hanno ancora firmato il rogito, il contratto e la compravendita. Noi stiamo discutendo, ma quella partita non si è chiusa e noi non ne conosciamo le ragioni o meglio le sospettiamo: non si tratta di accollarsi 520 milioni di debiti o i 25 milioni che si danno all'azionista. Il tema vero - lei lo sa - sono i 540 esuberi che non vengono tutelati da nessuno.
Quindi, quello che voi oggi pensate di risolvere fuggendo dalle vostre responsabilità scoppierà domani ed è un film già visto: il film di quelli che alla fine si impossesseranno della polpa e lasceranno ai disperati, ai lavoratori le conseguenze di una storia non certo gratificante. Noi non vogliamo difendere Tirrenia: è una storia che conosciamo, uguale a tante altre storie delle società pubbliche. Andava privatizzata e liberalizzata prima.
Voi avete impedito al governatore Soru che aveva un progetto serio di fare quello che, invece, avete autorizzato per la Sicilia, e va bene; dopo di che sono trascorsi inutilmente due anni da quando l'Europa ci ha sollecitato per l'ultima volta per partorire un provvedimento davvero pieno di lacune.
Noi voteremo contro questo provvedimento per tale ragione, perché è una vicenda all'italiana, una vicenda che, come dire, mostra le crepe, le contraddizioni. Capiamo che volete liberarvi di questa situazione, ma è anche vero, e i colleghi lo devono sapere, che per dieci anni - lo ripeto: per dieci anni - lo Stato continuerà a finanziare Siremar e questa nuova struttura per l'ammontare di un miliardo, senza avere la certezza del servizio universale, della continuità territoriale, e mettendo in apprensione il sistema delle relazioni delle isole grandi e piccole con la terraferma. I turisti ci sono solamente d'estate, d'inverno gli arcipelaghi italiani, da quelli più vicini delle isole ponziane, a quelli di Napoli, alle Tremiti, hanno bisogno di acqua, di energia, di portare via i rifiuti; ebbene, se lo Stato scappa chi garantirà questo servizio? Questo è uno dei temi che voi non avete affrontato.
Il provvedimento in esame è davvero un «papocchio», perché è coerente con la politica che questo Governo sta conducendo che è una politica di latitanza rispetto alle politiche del mare, alle politiche dell'economia marittima. Voi siete sordi e lontani dalle vicende dei porti, delle autostrade del mare, non vi interessa, state dismettendo una flotta importantissima, la cantieristica in Italia è in crisi irreversibile. Avete adottato una serie di provvedimenti negli atti precedenti che gridano vendetta, avete chiuso l'Insean, il Cetena, sopprimete il Cirm, Ipsema e quant'altro...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

MICHELE POMPEO META. Sto concludendo, Presidente, credo di avere a disposizione per lo meno il tempo che hanno avuto i colleghi che mi hanno preceduto. Lei è sempre solerte con me.

PRESIDENTE. Onorevole Meta, è terminato in questo momento.

MICHELE POMPEO META. È una politica fallimentare che non vi porta da nessuna parte. La vicenda di Tirrenia si colloca dentro questo quadro, una fuga dalle responsabilità per favorire cordate che al momento vengono coperte da una regione, ma sono cordate che hanno nome Pag. 37e cognome, alle quali non interessa portare i sardi in Sardegna con il principio della continuità territoriale o garantire il collegamento con le altre isole minori.
Questo provvedimento non ci convince nel merito e nel metodo, e non ci convince perché sono altrettanto certo che fra qualche mese dall'Europa vi arriveranno i rilievi che vi meritate. Vi ringraziamo, ma ci siamo trovati di fronte davvero ad un'occasione sciupata (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Unione di Centro e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Biasotti. Ne ha facoltà.

SANDRO BIASOTTI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho ascoltato con attenzione gli interventi, soprattutto quelli della minoranza, e obiettivamente, come spesso succede, ma in questo caso in modo particolare, mi lasciano perplesso, perché considero non opportune alcune osservazioni, ma soprattutto tante osservazioni non veritiere.
Affronto la prima questione, quella cioè che noi staremmo per votare un disegno di legge di conversione di un decreto-legge che contiene due materie non attinenti. Credo, invece, che le materie trattate siano assolutamente attinenti e consequenziali, nel senso che la Tirrenia nel proprio statuto, nel proprio oggetto sociale prevede due attività: il trasporto passeggeri, ma soprattutto il trasporto merci, e quindi vi è assoluta attinenza con l'autotrasporto che parla appunto di trasporto merci.
Il decreto-legge che voi contestate parla di togliere la responsabilità civile ed amministrativa ad un amministratore nominato da dieci giorni e che durerà in carica fino al 30 settembre: parliamo di due mesi e dieci giorni. Voi potete immaginare che un amministratore sotto la lente di ingrandimento della Consob, dell'opinione pubblica, dei giornali, degli operatori possa permettersi di fare cose non lecite? È questo che voi potete immaginare?
Noi lo abbiamo fatto perché non avremmo trovato amministratori capaci. Noi volevamo amministratori di serie A, per una privatizzazione importante.
Avete additato come pagina nera la privatizzazione di Alitalia. Io, invece, la considero un grande risultato di questo Governo. Ricordo solo - per chi è smemorato, soprattutto tra i banchi del Patito Democratico - che il Governo Prodi, per due anni, ha cercato di privatizzare con delle gare andate deserte. Pertanto, il merito di questo Governo è quello di aver trovato degli imprenditori - magari non del settore - che, tuttavia, hanno avuto il coraggio di portare avanti la privatizzazione con successo. Sono passati due anni, vi sono 20 mila persone occupate ed i servizi, bene o male, vanno avanti.
Anche nel caso di Tirrenia, una società che ha creato grandi passività non solo allo Stato ma ad ogni cittadino, parliamo di privatizzazione. Abbiamo avuto, certamente, tante offerte. Solo una se n'è concretizzata, ma almeno una si è concretizzata.
Avete contestato la presenza maggioritaria della regione Sicilia. Ricordo solo che la regione Sicilia ha il 36 per cento delle quote e solo altri due privati, ossia la flotta Lauro e la TTTlines, hanno rispettivamente il 36 per cento e il 18 per cento, quindi hanno la maggioranza assoluta, tant'è che il presidente è il senatore Lauro e l'amministratore delegato è il dottor Tomasos. Quindi, parliamo di una compagine assolutamente privata, che salverà migliaia di posti di lavoro. Ho sentito e letto in questi giorni dichiarazioni molto ottimistiche: parliamo di duecento esuberi, non di migliaia di esuberi. Quindi, ancora una volta, il Governo ha dato una dimostrazione di attivismo, di attività e soprattutto ha dimostrato di badare al sodo.
La seconda questione è quella dell'autotrasporto. Ma di cosa parliamo, di una casta, di un'associazione di professionisti? Parliamo per il 90 per cento di padroncini, di lavoratori, di una classe di lavoratori che per vent'anni ha visto i Governi che si sono succeduti non mantenere i propri impegni. Si tratta di una classe di lavoratori che deve essere tutelata, che è rappresentata da associazioni di categoria Pag. 38che, certamente, non possono esser accusate di essere di centrodestra. La stragrande maggioranza di queste è orientata, forse, più verso di voi che verso di noi, ma l'impegno di questo Governo è quello di fare delle cose.
Bene ha fatto questo Governo, nella persona del sottosegretario Giachino, ad andare avanti. Avete detto: «siete stati forzati da una minaccia di sciopero». A parte il fatto che lo sciopero è sancito dalla Costituzione, questo è un diritto di sciopero di persone non garantite e se non fanno sciopero è perché sono persone responsabili e forse non si possono permettere uno, due o tre giorni di fermo, pena la sopravvivenza delle proprie aziende.
Ricordo che questo decreto-legge contiene degli impegni che il sottosegretario Giachino non ha preso una settimana fa, ma il 1o settembre 2009. Quindi è andato avanti, passo dopo passo, verso un accordo che, per la prima volta nella storia dei rapporti con l'autotrasporto, ha visto allo stesso tavolo anche le associazioni di categoria.
Cosa succedeva fino a poco tempo fa, cari amici smemorati? Ricordate cosa è successo nel 2007 con il Governo Prodi? Il Governo Prodi non ha ascoltato le associazioni di categoria ed ha assistito ad uno sciopero, che ha dovuto sospendere, dopo giorni di danni a tutta la collettività, facendo tante e tali concessioni, che poi ad esse non ha potuto ottemperare. Quindi, ha fatto bene questo Governo ad andare avanti.
Parliamo di una categoria che è assolutamente necessaria al Paese. Quando i nostri cittadini, le nostre massaie ed i nostri colleghi vanno a comprare vogliono dei prodotti subito, vogliono le merci sugli scaffali. Pertanto, dobbiamo tutelare una categoria che, tutti giorni, è sulle strade.
Abbiamo approvato all'unanimità la modifica del Codice della strada che, certamente, parla di sicurezza. Ho l'impressione che voi questo decreto-legge non lo abbiate letto, quando parlate di tariffe minime. Questo decreto-legge - rispondo a tutti quelli che sono intervenuti, parlando di tariffe minime - parla di costi minimi necessari per la sicurezza del trasporto.
Cosa pensate che accada se non paghiamo almeno i costi minimi ai padroncini? Che rubino la merce? Che non paghino i dipendenti? Che non paghino i contributi? Che non facciano manutenzione? Volete che nelle strade ci siano migliaia e migliaia di autotrasportatori, che non hanno la serenità e la sicurezza?
E poi questo decreto-legge non parla solo di costi minimi, ma di altre due questioni molto importanti: i tempi di carico e scarico, che sono stati valutati in due ore, e, soprattutto, un problema specifico, che è quello dei pallets. Fino a oggi succedeva che un trasportatore portava la merce da Roma a Bologna e poi si ritrovava sul camion i pallets, che avrebbe dovuto restituire gratuitamente; quindi, il Governo è intervenuto anche su argomenti specifici.
Nel preannunziare il voto favorevole del Popolo della Libertà, rivolgo veramente un plauso al Governo, perché ha dimostrato, proprio con quest'ultimo decreto-legge che approviamo, che è un Governo del fare su argomenti come la privatizzazione della Tirrenia; è un Governo del fare nel difendere una categoria debole; è un Governo del fare, perché fa gli interessi del Paese; è un Governo che difende i più deboli.
Quindi, con forza e con determinazione, ringrazio il Governo e preannunzio il voto favorevole del Popolo della Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 3646)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.
Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge di conversione n. 3646, di cui si è testé concluso l'esame. Pag. 39
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Migliori, Costa, Pianetta, Della Vedova, Codurelli, Sardelli, Moffa, Veltroni, Granata, D'Urso, Bocchino, Ciccioli, Berardi, Fassino, Moroni, Calgaro, Rosato, Sereni...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione:
S. 2262 - «Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2010, n. 103, recante disposizioni urgenti per assicurare la regolarità del servizio pubblico di trasporto marittimo» (Approvato dal Senato) (3646):

Presenti 557
Votanti 555
Astenuti 2
Maggioranza 278
Hanno votato 304
Hanno votato no 251
(La Camera approva - Vedi votazionia ).

Prendo atto che la deputata Dal Moro ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

Sull'ordine dei lavori e per la risposta ad uno strumento del sindacato ispettivo (ore 12,55).

MASSIMO DONADI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO DONADI. Signor Presidente, intervengo per riferire una cosa sulla quale chiedo al Ministro Alfano di prestare un attimo di attenzione (lo dico davvero senza il minimo intento polemico).
Volevo portare a sua conoscenza e a conoscenza dell'Assemblea una vicenda: su La Stampa di ieri, a firma Massimo Gramellini, veniva riportata una vicenda che credo meriti davvero un po' di attenzione. Massimo Gramellini lo ha chiamato «il caso Enrichetto»: è la storia di un uomo semplice, di un'anima veramente candida, che qualche mese fa ha avuto una disavventura.
Egli stava girando per le stradine del suo paese in bicicletta e qualcuno ha notato che procedeva un po' a zig zag. Lo hanno fermato, gli hanno fatto il test alcolico e hanno scoperto che aveva, forse, bevuto un po' troppo.
A una persona che non aveva precedenti penali hanno dato due mesi di arresti domiciliari, senza sospensione condizionale della pena.
Al poveretto, un giorno, mentre era a casa a scontare questi due mesi di arresti domiciliari - un «cuore di bambino», lo chiama Gramellini - viene voglia di mangiare una fetta di salame. Enrichetto esce di casa e si va a comprare il salame. La vicina - non è una barzelletta, è una storia vera, che riguarda un uomo vero - sapendo che si trova agli arresti domiciliari, chiama i carabinieri. Lui rientra a casa, tutto contento con il suo salame, e trova i carabinieri che lo prendono, lo portano in carcere e lo denunciano per evasione. Oggi questo Enrichetto si trova in carcere e da alcuni giorni ha smesso di nutrirsi, non perché stia facendo una protesta - non gli passa neanche per la mente - ma perché dice che gli è venuta malinconia e non ha più voglia di vivere.
Domani mattina sarò nel carcere di Asti e andrò a trovare questo poveruomo per cercare di fare il mio dovere di persona, ancor prima che di parlamentare, ma chiedo, al di fuori di ogni discorso di schieramento politico, al Ministro della giustizia di interessarsi al caso, perché credo che una democrazia si misuri dalla sua capacità di essere forte con i forti e comprensiva con gli ultimi, con quelli che non hanno, a volte, nemmeno la capacità di comprendere il senso delle cose. Credo che uno Stato che punisce con il carcere una vicenda come questa di Enrichetto sia uno Stato che rischia di apparire vigliacco agli occhi dei giovani e agli occhi degli ultimi della terra. Pag. 40
Dico ciò assumendomi io per primo, come parte di questo mondo e di queste istituzioni, la responsabilità del caso e quindi, davvero, chiedo al Ministro della giustizia di interessarsi a questa vicenda (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, mi rivolgo all'onorevole Donadi, che ringrazio per l'intervento.
Avevo già letto ieri su La Stampa il caso definito «Enrichetto» e proprio ieri avevo dato mandato ai miei uffici di avviare accertamenti preliminari per valutare se sussistano presupposti che possano consentire un intervento del Ministero della giustizia.
Il tratto di gravità, infatti, sotto il profilo di una parte dell'articolo 27 della Costituzione troppo spesso trascurata - cioè non quella relativa alla funzione rieducativa della pena, ma il fatto che la pena non può essere contraria al senso di umanità - mi era apparso immediatamente visibile e proprio per questo mi ero attivato (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Partito Democratico e Italia dei Valori).

RITA BERNARDINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Ministro Angelino Alfano, la prego di trattenersi ancora un attimo, perché l'onorevole Bernardini credo debba intervenire sullo stesso punto e avrei forse dovuto concederle la parola prima.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, va benissimo che sia intervenuto prima il Ministro della giustizia.
Trovo un poco singolari i due interventi che si sono svolti e comunque mi ispira in queste ore un senso di comunanza per tutti quegli eletti nelle istituzioni che si stanno impegnando in queste ore per il 13, 14 e 15 agosto per andare a visitare tutte le carceri italiane. È una prerogativa che abbiamo come parlamentari e credo che questo sia veramente un anno orribile per le nostre carceri. Se parliamo di illegalità, quando una persona viene tenuta assieme ad altre in condizioni di invivibilità e di mancanza di igiene nella propria cella per ventidue ore al giorno, dobbiamo avere il coraggio di dire che si sta violando non solo la Costituzione e non solo le norme europee: vi è un preciso delitto, previsto dal nostro codice penale, che è quello dei maltrattamenti.
In moltissime carceri, infatti, si vive in condizioni disumane, con i topi e gli scarafaggi. Andate a vedere l'Ucciardone! Ministro Alfano, venga con me a visitare il carcere di Messina, il carcere di Buoncammino oppure di San Sebastiano a Sassari!
Venga con noi e guardi con i suoi occhi se lì non c'è una violazione sistematica dei diritti elementari dell'uomo. Ma, ripeto, in queste ore non ci siamo riusciti. Io, signor Ministro, ho difeso il suo disegno di legge originario che avrebbe consentito di far rientrare in un minimo di legalità le nostre carceri: quel disegno di legge non solo è stato svuotato di ogni contenuto, ma questo Parlamento non è stato nemmeno in grado prima dell'estate di portarlo a casa.
Ritengo che questa sia una vergogna per noi, nel senso che non abbiamo dimostrato tutti insieme di avere responsabilità di fronte alle violazioni dei diritti umani. Comunque mi auguro che in queste giornate del 13, 14, e 15 agosto insieme i deputati, i senatori, i consiglieri regionali riescano a fare dei rapporti precisi su quello che è lo stato delle nostre carceri e a portare una parola di conforto non solo ai detenuti, ma a tutto il personale che è sottoposto a forme di privazione a volte veramente insopportabili. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

GIANNI MANCUSO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Pag. 41

GIANNI MANCUSO. Signor Presidente, intervengo su un argomento diverso. Intendo richiamare alla sua attenzione, perché a sua volta se ne faccia interprete presso il Governo, un'interrogazione a risposta in Commissione presentata in data 12 novembre 2009, la n. 5-02099, che riguarda episodi reiterati di inquinamento nel comune di Cerano in provincia di Novara.
In effetti gli episodi cui mi riferisco nel testo dell'interrogazione sono relativi all'estate del 2009, però essendo questa zona monitorata attraverso delle centraline che misurano la qualità dell'aria si è potuto verificare ancora altre volte che soprattutto il tasso di benzene, ma a volte anche la presenza di polvere nera, incidono sensibilmente sulla qualità dell'aria e quindi della vita delle persone di questa zona e di quest'area.
Nel testo dell'interrogazione sollecito anche il fatto che, stante la vicinanza di un polo industriale che esiste da alcuni decenni, sarebbe anche il caso di effettuare uno studio epidemiologico per valutare i danni eventuali che possono avere una ricaduta sulle popolazioni di quel territorio.

LEOLUCA ORLANDO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, è giunta ieri la notizia della scomparsa di Elvira Sellerio. Credo che sia doveroso rendere il ricordo a un'intellettuale e a un'editrice di rara capacità professionale e di rara capacità nel cogliere i segni, i percorsi, i valori e gli autori che sono sì legati ad una realtà locale, quella siciliana, ma che sanno essere proiettati in una dimensione globale, come è della vera cultura.
Ed è per questo che credo sia doveroso esprimere in quest'Aula la vicinanza ai familiari di Elvira Sellerio ed esprimere anche il dolore per la scomparsa di una grande intellettuale, di una grande donna di cultura che ha saputo coniugare un forte radicamento alla realtà siciliana ad una dimensione europea, come è della vera cultura. Il gruppo parlamentare dell'Italia dei Valori intende esprimere piena solidarietà ai familiari ed il dolore per la sua scomparsa. Grazie (Applausi dei deputati dei gruppi Italia dei Valori e Partito Democratico).

MARCO ZACCHERA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MARCO ZACCHERA. Signor Presidente, anch'io parteciperò all'iniziativa della collega Bernardini, perché trovo molto giusto un momento di riflessione sulla situazione carceraria proprio nell'imminenza o nel pieno delle vacanze.
In secondo luogo, avanzo una proposta precisa alla Presidenza ovvero se, approfittando del fatto che sostanzialmente si sospendono i lavori parlamentari, non sia opportuno procedere ad una sorta di reset di tutte le interrogazioni che giacciono senza risposta, almeno di quelle antecedenti, ad esempio, al 1o giugno.
È veramente inutile, infatti, che noi ogni volta continuiamo a richiamare: secondo me la Presidenza, passati 90 giorni dalla presentazione, dovrebbe automaticamente sollecitare i Ministeri. Anche perché vi sono dei Ministeri che obiettivamente rispondono subito, o quasi subito, ed altri che non rispondono mai: su questi ultimi bisogna intervenire, generalmente parlando, da parte della Presidenza. Glielo lascio come suggerimento, ma la prego di insistere presso la Presidenza della Camera.

PRESIDENTE. Onorevole Zacchera, penso che lei abbia avanzato una proposta giusta. Il Regolamento attualmente non lo consente; tuttavia, penso che gli uffici potrebbero da questo punto di vista venire incontro all'esigenza da lei manifestata.

MASSIMO POLLEDRI. Chiedo di parlare.

Pag. 42

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO POLLEDRI. Signor Presidente, ho apprezzato la lettura, anche tardiva, che l'onorevole Donadi ha portato, e apprezzo la battaglia dell'onorevole Bernardini, che con coerenza è dalla parte degli ultimi, dei poveri, perché stiamo parlando degli ultimi e dei poveri che sono in carcere.
Oggi è merito di un giornale di aver portato alle cronache la vicenda di un povero. L'onorevole Donadi ha posto la questione al Governo, e credo che il Ministro abbia dimostrato sensibilità. Forse, però, dobbiamo ricordare che la medesima questione andava magari rivolta dall'onorevole Donadi, che ha un legame preferenziale con la magistratura, anche ai magistrati. Non ricordo di interventi particolari in passato, quando altre persone, forse meno di moda, si suicidavano in carcere, quando l'attuale leader dell'Italia dei Valori era magistrato: ricordo Cagliari, ricordo Moroni, ricordo altri che non hanno avuto la fortuna di una parola di pietà, o altro. Invito quindi l'Italia dei Valori a rivolgere la stessa richiesta a innumerevoli magistrati con cui ha contatti: ricordo Nicastro in Puglia, ricordo De Magistris, più propensi molte volte ai processi mediatici che all'attenzione. Forse uguale richiesta di attenzione verso tali esigenze andrebbe rivolta non al Ministro, che non può intervenire sulla libertà personale, ma ai magistrati; e su ciò l'Italia dei Valori non dovrebbe usare due pesi e due misure, come fa attualmente (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Sospendo a questo punto la seduta, che riprenderà alle ore 14 con l'esame della mozione concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo.
Ricordo che, secondo quanto stabilito in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, a partire dalle 17 avranno luogo le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto, con ripresa televisiva diretta.
La seduta è sospesa.

La seduta, sospesa alle 13,10 è ripresa alle 14.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

Missioni.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 46, comma 2, del Regolamento, i deputati Albonetti, Angelino Alfano, Bonaiuti, Bongiorno, Brambilla, Brunetta, Caparini, Casero, Cicchitto, Cirielli, Colucci, Cossiga, Crimi, Crosetto, D'Alema, Dal Lago, Donadi, Fitto, Gregorio Fontana, Franceschini, Gelmini, Alberto Giorgetti, Giro, Lo Monte, Lombardo, Lucà, Mantovano, Martini, Meloni, Migliavacca, Mura, Leoluca Orlando, Pecorella, Prestigiacomo, Ravetto, Reguzzoni, Roccella, Sardelli, Stefani, Urso, Vegas, Vitali e Vito sono in missione a decorrere dalla ripresa pomeridiana della seduta.
Pertanto i deputati in missione sono complessivamente sessantacinque, come risulta dall'elenco depositato presso la Presidenza e che sarà pubblicato nell'allegato A al resoconto della seduta odierna.

Sull'ordine dei lavori.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Signor Presidente, Elvira Sellerio era una donna straordinaria: una donna elegante, importante e coraggiosa, perché fondare una casa editrice (da donna), lavorare in questa casa editrice e farla crescere fino a darne la caratteristica di un evento culturale di respiro quantomeno europeo non è cosa comune nella storia del nostro Pag. 43Paese. Elvira Sellerio era una donna siciliana, molto attaccata alla sua terra; faceva parte fino in fondo della sua terra, la Sicilia, una terra raffinata, dalla cultura profonda, dalla capacità di tenere assieme le diverse culture senza i confini tra la cultura scientifica e quella umanistica, una terra che ha prodotto una grande intellettualità di cui Elvira Sellerio è stata l'interprete attraverso la sua attività editoriale. Non soltanto le sue scoperte letterarie sono di straordinaria importanza, e voglio citare quella di Gesualdo Bufalino su tutte, ma quella nettamente più famosa di Camilleri, ma potrei dire Tabucchi, e potrei addirittura riferirmi all'ispiratore e fondatore, con la famiglia, della casa editrice Sellerio, cioè Leonardo Sciascia, tutte persone che sono accomunate, con Elvira Sellerio, da un tratto che oggi si va perdendo, cioè quello della cultura come impegno civile scevro da ogni caratteristica ideologica. Questo credo sia il tratto più bello e più importante di cui non possiamo che essere grati a Elvira Sellerio: una cultura che vive della sua autonomia, dell'autonomia dal potere politico, dal potere istituzionale, dal potere del mercato. Tant'è vero che il pubblico le ha dato ragione, e il pubblico ha letto i libri da lei pubblicati ed intere generazioni sono cresciute di fronte a quell'impegno civile. Una donna straordinaria che noi qui ricordiamo con immenso affetto e gratitudine, che ha saputo anche cimentarsi con problemi istituzionali rilevanti quando ha accettato di fare parte del consiglio d'amministrazione della RAI, in un'epoca che a noi sembra lontanissima ma che tanto lontana non è, ed è stato forse l'ultimo periodo di splendore del servizio pubblico radiotelevisivo. Anche per questo noi le diciamo oggi grazie, con quella gratitudine che si deve avere per quelle donne straordinarie che hanno fatto grande il nostro Paese anche se non sono state sempre sotto i riflettori mediatici, donne che hanno guardato al sodo, che hanno guardato alla sostanza, che hanno saputo costruire. Non posso che associare il ricordo affettuoso e il rimpianto per Elvira Sellerio e per la sua scomparsa (e colgo l'occasione per unirmi, a nome dell'intero gruppo del Partito Democratico, al cordoglio della famiglia e al profondo dolore della famiglia e di tutti gli italiani che hanno a cuore la cultura) a quello per un'altra donna: mi riferisco a Suso Cecchi D'Amico, che non abbiamo ricordato in quest'Aula, ma che mi preme anche oggi ricordare, anch'essa con infinito rimpianto e infinita gratitudine; una delle poche donne che si è cimentata in un'arte relativamente nuova per il suo tempo, il cinema, e che ha portato il buon nome dell'Italia nel mondo.
A queste donne penso che tutta l'Aula debba dire grazie (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole De Biasi, per l'intervento e naturalmente la Presidenza si unisce al ricordo che lei ha così brillantemente tratteggiato.

Discussione della mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416 concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416 concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo (Vedi l'allegato A - Mozioni).
Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi riservati alla discussione è pubblicata in calce al resoconto stenografico della seduta del 2 agosto 2010.

(Discussione sulle linee generali)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali della mozione presentata.
È iscritta a parlare l'onorevole Amici, che illustrerà la mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416, di cui è cofirmataria. Ne ha facoltà.

Pag. 44

SESA AMICI. Signor Presidente, l'atto parlamentare che sottoponiamo alla discussione e al voto di oggi porta la data del 14 luglio. Era la data e il giorno in cui leggevo dalle notizie di stampa una vicenda che man mano ha preso contorni più chiari fino ad arrivare alla questione che noi oggi discutiamo: il sottosegretario Caliendo viene indagato come elemento costitutivo di un'associazione segreta denominata P3. Noi non illustreremo questa mozione sulla base semplicemente di atti giudiziari che devono fare il loro corso e dai quali è bene che noi manteniamo autonomia. Quello che a noi interessa è invece ragionare sul reato per cui si è indagati: l'associazione segreta. Ritengo che sia giusto in quest'Aula ricordare che la definizione puntuale dell'associazione segreta si è avuta solo con l'approvazione della legge n. 17 del 1982 in seguito proprio alle vicende legate all'allora loggia massonica P2 coinvolta in attività diretta a sovvertire l'ordine costituito. Questa associazione è stata sciolta direttamente dalla legge. Qui siamo di fronte ad una grave violazione: quella dell'articolo 18 della Costituzione. Si considerano associazioni segrete quelle che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali ovvero rendendo sconosciuti, in tutto o in parte ed anche reciprocamente, i soci, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali, di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo. È del tutto evidente che siamo di fronte ad una violazione gravissima proprio perché la Costituzione in questo è stata molto chiara. Proprio alla luce di ciò, credo che la richiesta di rassegnare le dimissioni da parte del sottosegretario Caliendo non abbia nulla di strumentale, anzi rappresenterebbe un atto di responsabilità e di rispetto della nostra Costituzione. Sì, della nostra Costituzione, che è una Costituzione repubblicana, il cui carattere distintivo è proprio della concezione repubblicana: mi riferisco alla cittadinanza. Infatti, essere cittadino significa avere doveri, nonché le qualità morali per assolverli degnamente.
Se non bastasse questo, vorrei fare un altro richiamo alla nostra Costituzione repubblicana: l'articolo 54 della Costituzione che ha posto una questione essenziale, quella per cui i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione. Si esprime con chiarezza la concezione repubblicana del servizio pubblico sia nel caso del rappresentante sia nel caso del funzionario come servizio reso ad un'istituzione pubblica e con particolare dignità. Dunque, deve essere svolto con particolare convinzione dell'eccellenza della propria opera. Ma questo sentimento della particolare eccellenza della propria opera e funzione è il punto e il senso dell'onore che la Costituzione proprio perché repubblicana richiede ad un funzionario pubblico. Sono parole e concetti limpidi, chiarissimi. E credo che del resto proprio questo elemento sia l'origine del motivo per il quale abbiamo presentato questa mozione che impegna il Governo ad invitare il sottosegretario Caliendo a rassegnare le dimissioni. Nulla di strumentale, dunque, anzi proprio questo senso della responsabilità.
Del resto, da troppo tempo, abbiamo assistito alla pervasività del sistema politico, ad un uso distorto del potere, piegato agli interessi individuali e, soprattutto, cedevole al malaffare, che ha sostituito la concezione secondo la quale l'esercizio del potere e la funzione del Governo sono volti a migliorare le condizioni di vita dei cittadini. Da troppo tempo, avete sostituito questa concezione con l'uso di un potere fatto proprio per alcuni e per altri.
Nel lontano 1916 - tra il 1916 e 1918 - sulla rivista l'Avanti!, comparirono alcuni articoli di un giovane giornalista, che, leggendoli ora, danno il senso di come a volte, anche se la storia - è vero - non si ripete, torni utile la memoria di ciò che è accaduto. In quegli articoli, vi era una semplice esposizione: L'Italia è il Paese dove si è sempre verificato questo fenomeno curioso: gli uomini politici, arrivando al potere, hanno immediatamente rinnegato le idee ed i programmi propugnati Pag. 45da semplici cittadini (...). Siamo di fronte ad un'Italia dove i partiti di Governo non sono organizzati (...): esistono consorterie, cricche, clientele locali (...) che rispondono del loro operato a forze occulte insindacabili, che tengono poco al prestigio e tengono invece molto ai privilegi parassitari (...). Il giovane giornalista si chiamava Antonio Gramsci.
Quanto mai è lucida quest'analisi alla luce di quanto accade oggi, soprattutto, perché chi risponde a forze occulte compie un danno alla democrazia, all'idea di una democrazia che si allarga, mentre invece, facendo forza solo sull'operato delle forze occulte, quella democrazia si restringe e declina verso uno scenario sempre più imprevedibile.
Ecco perché a noi sembra che questi elementi siano ancora quelli su cui dovremo ragionare. Vi siete presentati in questo modo ed avete avuto l'ambizione - lo ripetete ogni giorno - di essere uomini di Governo, uomini e donne «del fare». Meglio vi si addice, alla luce di quanto sta accadendo, con riferimento a questo senso di irresponsabilità politica e all'uso del potere politico, l'idea di uomini e di donne «dell'affare», in cui diventa sempre più difficile trovare la definizione esatta di cosa sia lecito e cosa sia illecito.
Eppure, siete quella classe dirigente che, di fronte alla crisi drammatica di questo Paese, oggi, chiede uno sforzo straordinario: lo avete approvato, attraverso un voto di fiducia, in una manovra di 24 miliardi di euro. A questo Paese, a cui si chiedono sacrifici, occorrerebbe una classe dirigente all'altezza di poterlo chiedere, fuori da ogni sospetto, limpida nella sua azione di Governo. Ed è per questo, che riteniamo che l'atto di responsabilità che oggi vi chiediamo - e chiediamo a quest'Assemblea di assolvere attraverso un voto libero - possa restituire a questo Paese l'idea che la politica sia qualcosa di positivo.
Non sta a me, né al Partito Democratico mettere all'interno di questa concezione l'elogio della virtù del politico, ma vorremmo essa fosse, almeno, il cimentarsi nella sua realizzazione; essere costruttori ed esempi limpidi dell'esercizio del governo della cosa pubblica. Questa virtù restituirebbe dignità a chi svolge ancora la politica e la sua funzione con disinteresse, con grande impegno, serietà, coerenza e legalità.
Credo che, oggi, il compito di quest'Assemblea sia di ascoltare con grande serenità questa discussione: nessun elemento giustizialista, ma sicuramente un'idea alta che torni a circolare nelle Aule parlamentari per ridare dignità proprio alla politica. Sono troppi anni che assistiamo all'esatto contrario ed è questo l'elemento per il quale, con questo atto, abbiamo voluto dare la possibilità a questa Camera del Parlamento non di interferire con la magistratura, ma di avere uno scatto di orgoglio.
Mi rivolgo a questo Paese, agli italiani onesti, alle giovani generazioni a cui ogni giorno predichiamo merito e responsabilità: ebbene, quel merito e quella responsabilità sono categorie che devono appartenere, in primo luogo, a chi esercita l'azione di Governo. Quando viene meno questo stacco di fiducia, viene meno un'idea positiva della politica, e sopraggiunge, invece, l'idea che sia meglio rifugiarsi nell'astensione: si prefigurano situazioni di declino della democrazia.
Noi a tutto questo vogliamo resistere, perché abbiamo l'ambizione di rappresentare un'altra Italia, fatta di persone oneste, di gente che è disposta a sacrificarsi anche in nome e per conto della politica, solo se dietro questa vi sono una missione ed un ideale condivisi, permeati da grandi valori etici e morali.
Ritorna, dunque, ad essere attuale l'espressione: non c'è politica senza moralità, tanto più se la moralità e l'esercizio della politica è quello di togliere dalla morale proprio quell'idea di moralismo.
Noi vogliamo leggi che non facciano in modo da aggirare la legge stessa, che è, purtroppo, quello che in questi anni la vostra cultura politica ha spesso imposto: le leggi sono di impiccio, ma noi dentro quest'idea non ci siamo. Non vogliamo essere diretti da chi, attraverso associazioni segrete e forze occulte, pensa che il Pag. 46destino dell'Italia e della democrazia debba essere affidato a poteri diversi da quelli realmente democraticamente eletti. È una questione di democrazia, e in nome della democrazia vi chiediamo di votare questa mozione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la forza di un'istituzione si manifesta nella capacità di discernere con obiettività, e non strumentalmente, le situazioni sottoposte al proprio esame, e si misura, anche e proprio, nella difesa dei suoi uomini da aggressioni e interferenze esterne, soprattutto da quelle di altri poteri dello Stato che hanno altri compiti e debbono raggiungere obiettivi ben diversi da quello di minare un assetto costituzionale ben definito.
Giacomo Caliendo è uomo di Governo, è un uomo del Governo della nostra nazione, che dobbiamo difendere perché ci rappresenta tutti finché non concorrano condizioni tali, valutate con prove, nella loro obiettività, e non con chiacchiere di corridoio, o con mere illazioni - men che meno giornalistiche - tali da rendere inopportuna la sua presenza in un consesso così importante.
Orbene, di che cosa lo accusa la mozione di sfiducia che è stata presentata? Semplice, basta leggerla, inizia: «emerge dalle notizie di stampa...»
I media sono levati, ancora una volta, a fonte dell'illecito, o presunto tale: non una sentenza di condanna, non un atto di rinvio a giudizio, non un accertamento giudiziale, non un complesso di prove che siano state accertate da un giudice di questa Repubblica, solo notizie di stampa.
Né basta, lo sappiamo bene, un'informazione di garanzia, e men che meno il titolo di reato, quand'anche si tratti di associazione segreta, per individuare una responsabilità. La responsabilità nel nostro Paese, finché vigono le regole della democrazia e della libertà, si accerta solo con un procedimento giudiziale portato, quanto meno, alla sentenza di primo grado.
E che cosa dicono ancora le indicazioni, di cui alla mozione di sfiducia? Che ci sarebbe stata la partecipazione del senatore Caliendo a riunioni - utilizzando il plurale - con un bancarottiere pregiudicato, sospettato di essere implicato in alcune torbide vicende del dopoguerra.
Ma chi lo dice che ci siano state riunioni? In quale atto giudiziale è utilizzata questa terminologia plurale? Da nessuna parte, in nessun atto, perché non vi è alcuna fonte ufficiale che confermi questa circostanza.
E con chi si sarebbe casualmente incontrato il senatore Caliendo? Non con un condannato, ma con un sospettato, laddove, ancora una volta, si eleva il sospetto - e tutti noi sappiamo quanto ingannatorio e fallace sia il mero sospetto - a fonte di responsabilità, in barba non solo al principio costituzionale della presunzione di innocenza, ma anche alla mera logica del buonsenso.
Così si anticipa, con una operazione che contraddice i più elementari principi del diritto, un giudizio che chissà mai se ci sarà, e che, comunque, sarà a seguito di un'approfondita attività istruttoria, sulla quale nemmeno i media si possono addentrare perché non c'è ancora stata.
Il resto è rappresentato da chiacchiere, come le accuse generalizzate ad un partito. Se ci sono responsabilità individuali paghino i singoli, è giusto, non paghino, nella loro globalità, coloro che, invece, come nel PdL nella sua globalità, operano nell'interesse del Paese.
Anche da noi ci sono uomini seri che lavorano al servizio di questa nazione. Qui vi è un unico e banale elemento probatorio - unico e banale elemento probatorio lo sottolineo - ossia la presenza, peraltro ampiamente motivata da esigenze organizzative di un convegno, per una mezz'ora o poco più o poco meno, ad un incontro conviviale al quale può ben essere stato presente, tra i molti altri, anche un sospettato di reati. Ma basta questo, senza il riscontro di una minima consapevolezza di Pag. 47questa presenza e senza una sicura anticipata conoscenza del commensale, a gettare fango su una persona e su membro di un Governo? Ma a quanti incontri partecipiamo tutti noi senza sapere chi c'è al tavolo, senza avere non dico il certificato penale del commensale ma anche una qualche indicazione sulla sua identità? Suvvia!
In Italia vige la Costituzione, vige la Costituzione con la sua presunzione di innocenza ma impera, prima ancora, una logica di rispetto e di democrazia che non può essere intaccata dalla presunzione di colpevolezza. La stessa giustizia, come ogni manifestazione umana, è esposta all'errore e persino una sentenza di tribunale, che non è la verità assoluta ma solo la verità processuale che deriva da un dibattito, da un dibattimento e da un'istruttoria fatta comunque da uomini fallibili. Figuriamoci cosa si dovrebbe dire del sospetto di una collusione - e sottolineo le parole «il sospetto di una collusione» - che non è provata e nemmeno affermata, ma solo indicata come teoricamente possibile. Su questo punto si vuole fondare la messa in discussione di un uomo incensurato, di un magistrato per decenni e di un membro del Governo. Se passa questo principio passiamo tutti noi, sia come istituzione sia come persone, con il nostro essere uomini delle istituzioni, perché non hanno più nemmeno ragione di esistere le stesse istituzioni che fondano la loro esistenza su regole certe e non sulla mera logica del sospetto.
Ammantare la logica del sospetto e forse anche la logica di un'occasionale convenienza politica - ma dovrei dire partitica - con il cosiddetto rispetto della legalità - e sottolineo che la legalità non è patrimonio di qualcuno e men che meno di chi la sbandiera da ultimo, ma è patrimonio di tutti e di tutta la nazione - e della trasparenza comportamentale significa accreditare la delazione e il nascere di messaggi idonei a generare sospetti, perché solo con questi si raggiungerebbero obiettivi che spazzano i risultati della seria competizione elettorale. No, uno Stato serio, un'istituzione seria non si veste di legalità se alimenta il mero sospetto o la carenza di prove di accusa come ragione utile a screditare gli onesti.
Tutto ciò, sia chiaro, può capitare a chiunque, perché nessuno sarebbe più esente dal soffrire le conseguenze di una logica tanto perversa e non basterebbe la querela proposta a riportare l'ordine ed il rispetto così violati. E tutto questo, senza soffermarsi neanche un istante su una costruzione più da gossip che da procedimento penale, senza verificare se vi sia stata o meno una cosiddetta P3, come la si è chiamata, perché non serve farlo, a prescindere dal fatto che non è stato ad oggi fatto né è stato ad oggi provato. Qui, per quanto concerne il senatore e sottosegretario Caliendo, ci si ferma prima, ci si ferma all'assoluta inesistenza di un qualsivoglia obiettivo comportamento che violi il dovere di rispetto della legalità e della trasparenza. Questi sono anche i nostri ideali, perché legalità e trasparenza non sono gli ideali solo di alcune forze politiche e non delle forze di Governo.
Sfiduciare il sottosegretario Caliendo sulla base di queste premesse significa sfiduciare tutti noi, sfiduciare l'istituzione, sfiduciare il Parlamento e non sfiduciare una singola persona. Sfiduciare su queste premesse il sottosegretario Caliendo significa dare credito e potere, quasi di vita e di morte politica, alla stampa e ai media ma, soprattutto, alla magistratura, che ha sì il dovere sacrosanto di indagare e perseguire, ma non di condannare in anticipo e prima di un giudizio.
Men che meno ha il potere di accreditare con fughe di notizia dirette o indirette, o iniziative similari, facoltà non proprie. Il mandato elettorale è del popolo tutto, non di singoli magistrati o di chi con loro e per loro. Sfiduciare su queste premesse il sottosegretario Caliendo e assecondare la logica del mero sospetto, come ineludibile fonte di prova, significa contraddire i cardini della nostra Costituzione, per i quali siamo qui e per i quali manifestiamo e valorizziamo i nostri ideali.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

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MAURIZIO PANIZ. Per concludere, mi si consenta una sola parola sul tema del giorno: il ruolo e il voto dei colleghi di Futuro e Libertà. Mi rifiuto di pensare che colleghi, mi permetto di dire amici, dei quali conosco bene l'onestà intellettuale e il profondo rispetto per le istituzioni parlamentari, che hanno convintamente sostenuto senza remore o vincoli deputati di questa Camera, di qualsiasi colore e di qualsiasi appartenenza, da inopinate richieste cautelari o da un utilizzo strumentale di intercettazioni, possano ora, per un solo apparentemente mutato quadro politico, rinnegare i loro valori di base, gli stessi ideali di rispetto e di consolidati principi costituzionali per i quali hanno spesso con tutti noi e con efficacia lottato.
Per questo la mozione Franceschini, Donadi ed altri sia respinta con il voto di uomini liberi in uno Stato libero (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Leoluca Orlando. Ne ha facoltà.

LEOLUCA ORLANDO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, siamo chiamati ad esaminare la mozione concernente iniziative volte alla presentazione delle dimissioni da parte del sottosegretario di Stato Giacomo Caliendo. Credo che tutti noi abbiamo vissuto in queste settimane e in questi mesi quello che riteniamo sia stato il configurarsi di un vero e proprio quadro di eversione dell'impianto costituzionale.
Si prova fastidio nei confronti di chi controlla, il che è in aperto contrasto con il principio democratico. Se il Parlamento controlla dà fastidio, se l'opposizione controlla dà fastidio, se la magistratura controlla dà fastidio, se l'Europa controlla dà fastidio, se le Nazioni Unite e gli organismi internazionali controllano danno fastidio.
Noi crediamo che questo non sia il modo per realizzare quello che è l'impianto costituzionale di quella Costituzione formale che vorremmo fosse confermata dalla Costituzione materiale. Assistiamo, invece, ad uno scarto, sempre più evidente, tra la Costituzione che fu scritta sessant'anni fa e quella che si legge e che si applica nella vita di questo Paese.
Gli enunciati di quella Costituzione sono rimasti invariati, immutati, ma viene mutato il modo con il quale vengono interpretati e tutto questo viene fatto con legge ordinaria, talora poi dichiarata incostituzionale, con comportamenti, con messaggi, con un clima di fastidio nei confronti del pluralismo nell'articolazione dei poteri.
In democrazia non esiste il potere: in democrazia esistono più poteri e democrazia è la cifra dell'equilibrio fra i diversi poteri. Perché questa lunga premessa? Perché credo che quello che siamo qui chiamati ad esaminare non sia un procedimento giudiziario penale, anche se non possiamo certamente ignorare che questo esista.
Siamo chiamati anche qui a dare una risposta ad un articolo della Costituzione, l'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, che i nostri costituenti hanno voluto chiudesse la prima parte dei principi fondamentali. L'articolo 54 della Costituzione, mentre al primo comma ricorda che i cittadini sono tenuti a rispettare le leggi e la Costituzione, al secondo comma aggiunge che coloro che ricoprono pubbliche funzioni devono rispettare le leggi, la Costituzione e aggiunge «hanno il dovere di adempierle con disciplina e con onore».
È esattamente questo il tema di questa mozione di sfiducia. La mozione di sfiducia non è un giudizio di merito, ma è un giudizio di opportunità, lo si fa come opportunità di un Governo, lo si fa come congruità di un programma di Governo, lo si fa come opportunità che permanga nel suo incarico di membro del Governo con delega proprio alla giustizia un sottosegretario, un senatore, il quale risulta avere partecipato a riunioni volte ad influenzare gli organi dello Stato.
La magistratura penale accerterà se e quali sono le ipotesi di reato e quali di queste ipotesi di reato sono reato. Pag. 49
Tuttavia, non possiamo vivere in un sistema nel quale la politica delega alla magistratura ogni giudizio, ogni valutazione, la stessa selezione dei gruppi dirigenti di un Paese. Se non vogliamo delegare alla magistratura questo compito, dobbiamo assumere, ai sensi del secondo comma dell'articolo 54 della Costituzione, un sistema di regole etiche di comportamento che sono vincolanti a prescindere dall'esistenza o dall'esito dei procedimenti giudiziari.
È per questo che riteniamo del tutto assolutamente incompatibile con la permanenza nella carica di membro del Governo e con la permanenza nell'incarico di responsabile della giustizia un esponente politico, un senatore, il quale si trova ad essere oggetto di questa analisi e di questa attenzione e che si trova ad essere parte di un progetto che, al di là delle singole responsabilità, mirava oggettivamente - come ancora noi crediamo tenti di mirare - ad incrinare la correttezza costituzionale ed il funzionamento degli organi.
È per tale motivo che noi voteremo convintamente questa mozione di sfiducia che abbiamo presentato insieme con il Partito Democratico, convinti di dare un contributo alla costruzione di quel sistema di regole di cui al secondo comma dell'articolo 54 della Costituzione. Di fronte a questa presa di posizione, non possiamo non censurare coloro i quali si astengono rispetto a questa mozione, perché l'astensione con riferimento ad una valutazione di opportunità di permanenza in carica sostanzialmente rischia di contraddire le ragioni per le quali non si intende votare contro.
Che senso ha astenersi su una valutazione di tipo etico e comportamentale, su una valutazione di opportunità? Chi si astiene sostanzialmente finirebbe col rischiare di apparire come colui che ritiene sia opportuno che rimanga in carica. Infatti, l'effetto dell'astensione è che rimanga in carica un sottosegretario che ha questo quadro di riferimento e che si muove in questo quadro di inattendibilità e non credibilità. Con quale autorevolezza il sottosegretario Caliendo potrà continuare a svolgere le sue funzioni nei confronti del corpo giudiziario quando egli stesso si trova in questa condizione?
Credo che tali ragioni siano sufficienti per esprimere con molta forza la sfiducia, chiedere che il sottosegretario Caliendo rassegni le proprie dimissioni proprio in rispetto a quelle istituzioni che noi vorremmo venissero rispettate e che purtroppo questa maggioranza continuamente calpesta, com'è proprio di un progetto eversivo del nostro sistema (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il sottosegretario alla giustizia Giacomo Caliendo risulta indagato in una fase iniziale del procedimento per il reato di partecipazione ad associazione segreta ai sensi della legge Anselmi del 1982 che disciplina l'attuazione dell'articolo 18 della Costituzione.
A quel che è dato conoscere attraverso riferimenti di stampa non sussistendo atti ufficiali noti, al sottosegretario Caliendo sono contestate le frequentazioni di un sodalizio, in particolare composto da Flavio Carboni, Arcangelo Martino e Pasquale Lombardi, piuttosto attivo nell'ingerire attraverso raccomandazioni e altre forme di pressione allo stato non precisate nei confronti di decisioni di organi di rilievo costituzionale, come nel caso della nomina del giudice Alfonso Marra a presidente della Corte di appello di Milano da parte del Consiglio superiore della magistratura e della decisione relativa al cosiddetto lodo Alfano da parte della stessa Corte costituzionale.
Allo stesso gruppo vengono peraltro contestati, per quanto noto, altri episodi come l'ingerenza tramite il presidente Marra sulla soluzione positiva dell'esclusione della lista Formigoni decisa dalla Corte di appello di Milano e poi smentita dal TAR Lombardia e dal Consiglio di Stato, il tentativo di influire sulla decisione da parte della Suprema Corte di Cassazione riguardante la conferma del provvedimento Pag. 50di custodia cautelare emesso nei confronti dell'allora sottosegretario Cosentino e anche un interessamento attivo nell'affaire dell'eolico in Sardegna, su cui pende specifico procedimento con altri imputati.
I fatti sono rilevanti e le specifiche responsabilità devono essere accertate. Il sottosegretario Caliendo ha avuto una condotta processuale leale.
Ha chiesto di essere interrogato, rendendo poi ampia deposizione ai magistrati inquirenti. Ha precisato di non aver fatto alcuna pressione sulla Corte costituzionale. Non risultano allo stato riscontri diversi.
Ha affermato di aver espresso in più occasioni pubbliche un suo apprezzamento per il giudice Marra come per altri magistrati, ad esempio il dottor Brutti Liberati, oggetto di nomina da parte del CSM. Ha negato qualsiasi coinvolgimento in associazioni segrete vietate dalla legge. Non sussiste ad oggi alcuna richiesta di utilizzo di intercettazioni telefoniche a suo carico pervenuta alla Camera di appartenenza.
Dagli atti processuali conoscibili, dunque, non emergono elementi di colpevolezza di oggettiva consistenza tali comunque da poter fondare, a prescindere dall'ovvio riconoscimento del principio di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, un giudizio compiuto di responsabilità politica per violazione di principi di etica pubblica. Certamente un sottosegretario alla giustizia dovrebbe misurare meglio frequentazioni e telefonate, specie se con soggetti pregiudicati, e spegnere sul nascere trame e tentativi poco chiari.
Il processo, nell'autonomo e indipendente svolgimento garantito dalla magistratura secondo Costituzione, si incaricherà di meglio precisare i fatti e le circostanze utili anche ai diversi fini delle valutazioni politiche. Ciò che resta indistinto e indefinito oggi potrà essere meglio chiarito domani.
Eppure, onorevoli colleghi, è impossibile sottacere una sensazione di insoddisfazione e di confusione in questa vicenda che ha un gusto amaro: è vero che le istituzioni non possono essere piegate e soggiogate ai resoconti mediatici e alle fughe di notizie, ai dossier più o meno falsi, ma è anche vero che questo nostro Paese è attraversato in modo preoccupante da illegalità di varia natura e da cricche affaristiche che condizionano la politica e l'economia in un clima di ben scarsa trasparenza e di debole morale pubblica. Basta ricordare le cifre note: circa 200 miliardi di evasione fiscale, 150 miliardi in mano alle mafie e 50 miliardi i costi calcolati per la corruzione in Italia. Si tratta di cifre che parlano da sole dinnanzi ai sacrifici imposti dalla crisi. Occorre reagire con una speciale vigilanza da parte di tutti a partire dalle istituzioni e dalla politica.
La presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva voluta dai costituenti quale presidio di libertà, sovvertendo la contraria prassi del regime fascista, è un principio indefettibile al quale non intendiamo rinunciare. Ricordiamo ancora le parole di Aldo Moro, Pietro Mancini, Giovanni Leone che, sin dalla seduta del 30 luglio 1946, si batterono per questo principio nella I sottocommissione della Commissione per la Costituzione. Piero Calamandrei nel suo saggio ben noto La Costituzione e le leggi per attuarla criticò aspramente i codici penali invariati dal 1931 sostenendo che in essi sopravvive, in maniera tanto più pericolosa quanto più subdola, il freddo spirito inquisitorio e poliziesco del fascismo, per il quale era capovolto il principio della presunzione di innocenza, che è principio fondamentale della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo - approvata il 10 dicembre 1948 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite - e della Convenzione europea per i diritti umani.
Onorevoli colleghi, indietro non si torna. Noi vogliamo andare avanti: la questione morale esiste e va affrontata con forza e con strumenti civili. Tra le due vie del giustizialismo urlato e del garantismo giustificazionista noi scegliamo la terza: quella dell'impegno per il ritorno all'etica pubblica e alla piena legalità. In sintonia con l'appello del Capo dello Stato invochiamo Pag. 51regole deontologiche più forti per la politica e anche per la magistratura.

PRESIDENTE. Onorevole Mantini, la prego di concludere.

PIERLUIGI MANTINI. Chiediamo al Governo un codice etico che disciplini, assai meglio della legge Frattini del 2004, i conflitti d'interesse anche per quanto riguarda le raccomandazioni e le ingerenze nelle decisioni dei pubblici ufficiali.
Il caso Caliendo non ha vinti né vincitori, non ci sono oggi le condizioni per un voto sicuro del Parlamento e perciò l'Unione di Centro si asterrà. Però, dobbiamo costruire queste condizioni. Ugo Foscolo nell'Epistolario ha scritto che gli uomini hanno due soli freni: il pudore e la forca; noi confidiamo nel primo, e perciò chiediamo al sottosegretario Caliendo e al Presidente del Consiglio di agire secondo coscienza (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario, anticipo sin da subito che il gruppo della Lega Nord non presterà mai il fianco a chi, nascondendosi dietro un ipocrita e subdolo messaggio pseudogiustizialista di richiamo alla legalità e alla questione morale, vuole, in realtà, minare la stabilità e la credibilità politica di un Governo votato dai cittadini, legittimato costantemente dalla volontà popolare, che vede nella Lega Nord di Umberto Bossi il cardine del cambiamento e di quelle riforme - federalismo fiscale in primis - auspicate dai cittadini e necessarie per ridare un futuro e una prospettiva nuova e di rilancio al Paese, al nord in particolare.
Il gruppo della Lega Nord non legittimerà la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo e rinnova, pertanto, al senatore Caliendo, e quindi al Governo, in particolare, la propria fiducia, con la convinzione che l'azione dell'Esecutivo deve continuare per attuare quel processo di cambiamento e di riforme ormai non più rinviabili.
Il Parlamento non è un'aula giudiziaria, non è un'aula di tribunale, i processi si fanno nei palazzi di giustizia, in Parlamento si fanno le leggi per i cittadini. La politica non può e non deve farsi dettare i tempi della propria azione di Governo dalle inchieste giudiziarie.
Ritengo profondamente sbagliato, per la dignità del Parlamento e per il ruolo che il Parlamento riveste, avviare in quest'Aula un dibattito relativamente a fatti che riguardano, anzi riguarderebbero, il sottosegretario Caliendo, nel preciso istante in cui la magistratura sta svolgendo delle indagini ancora nella fase preliminare e gli elementi finora acquisiti risultano alquanto vaghi, sfumati, incerti e sommari.
Oggi qualcuno vorrebbe consumare in quest'Aula un processo preventivo e sommario ai danni di un membro del Governo solo ed esclusivamente per indebolire il Governo stesso, per rallentare il processo di cambiamento avviato faticosamente in questi due anni, per azzoppare la grande riforma federalista voluta dalla Lega Nord nella illusa e vana speranza di creare strane e confuse alchimie e trame di Palazzo per sovvertire il voto popolare.

RENATO CAMBURSANO. Un processo politico, non giudiziario!

NICOLA MOLTENI. La Lega, sia ben chiaro, non permetterà nulla di tutto ciò. Per noi la volontà popolare è sacra, la volontà del popolo espressa in cabina elettorale va rispettata, altrimenti l'unica alternativa possibile è il voto, il voto anticipato, ridando ai cittadini la libera scelta in merito a chi farsi governare, e non certamente inchinarsi ad indecenti accordi trasformisti degni della peggiore politica della Prima Repubblica (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
Governi tecnici, Governi di responsabilità nazionale, Governi di transizione: sono tutte declinazioni di una medesima precisa Pag. 52volontà politica che vorrebbe fermare il cambiamento, stoppare l'unica grande riforma in grado di rilanciare il Paese, ossia il federalismo fiscale.
È per questo che ritengo doveroso rivolgere al sottosegretario Caliendo, all'ex magistrato Caliendo, all'uomo Caliendo, la stima e l'apprezzamento mio personale e del gruppo della Lega Nord per l'atteggiamento serio, rispettoso degli organi inquirenti e del ruolo istituzionale che ricopre con estrema responsabilità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
La vaghezza degli elementi accusatori mossi al senatore Caliendo, la fumosità degli indizi riscontrati ci inducono a riporre nel sottosegretario Caliendo la nostra fiducia, invitandolo a continuare nel lavoro sino ad oggi esercitato con impegno, tanto nell'Aula parlamentare quanto in Commissione giustizia. Il processo riformatore del sistema giudiziario civile e penale, avviato tra mille difficoltà e mille ostruzionismi dal Ministro Alfano, deve continuare con il sostegno leale e costruttivo della Lega Nord e con l'apporto prezioso del sottosegretario Caliendo.
Non accettiamo, noi della Lega Nord, qui in quest' Aula, lezioni di legalità da chicchessia. Non le accettiamo dall'opposizione e nemmeno da arcipelaghi minoritari e proiettati al trasformismo della maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Non le accettiamo da chi si professa maggioranza in quest'Aula e concorda la linea da tenere su questa mozione con parti dell'opposizione.
Per la Lega Nord il principio di legalità, imprescindibile e indispensabile in una democrazia moderna, civile e avanzata come la nostra, deve necessariamente accompagnarsi e coniugarsi con il principio del garantismo e della necessaria garanzia dei diritti dei cittadini.
La Lega Nord, sin dalla sua fondazione, ha ritenuto la questione della legalità, in tutte le sue varie sfaccettature, un elemento prioritario della sua azione politica e oggi - mentre alcuni parlamentari dell'opposizione e purtroppo anche di maggioranza si riempiono, insistentemente, la bocca invocando la questione morale ed il principio di legalità - vorrei ricordare che abbiamo un Ministro, il Ministro Maroni, che ha fatto della salvaguardia del tema della legalità e della lotta all'illegalità diffusa un modus operandi vincente, un'azione concreta del proprio agire politico.
È, infatti, sotto gli occhi di tutti quanto il Ministro Maroni - unitamente al Ministro Alfano - in soli due anni ha fatto e sta facendo in tema di lotta all'immigrazione clandestina, in tema di contrasto alla criminalità organizzata e alle mafie presenti nel nostro Paese, in tema di contrasto alla microcriminalità diffusa nei nostri territori. I numeri ed i risultati ottenuti dal Ministro Maroni confermano come la legalità si possa e si debba perseguire con i fatti, con le azioni concrete e non semplicemente sventolando inutili e demagogici slogan propagandistici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
È innegabile, inoltre, che la mozione Caliendo si colloca in un momento e in un contesto politico particolare.
La Lega è in questo Governo con alto senso di responsabilità, sostiene lealmente il Governo Berlusconi, in quanto vede in questo Esecutivo l'unico strumento utile per raggiungere il federalismo fiscale.
Abbiamo votato la legge delega sul federalismo fiscale, stiamo realizzando con rapidità e determinazione i decreti attuativi, stiamo cambiando il Paese in senso federale. Ognuno si deve prendere le proprie responsabilità davanti ai cittadini elettori.
Siamo sicuri di avere intrapreso il percorso giusto, vogliamo concluderlo positivamente, chi si opporrà ne dovrà rispondere al popolo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, giustizialismo e garantismo sono due parole che da quasi un ventennio, da Pag. 53Mani Pulite in poi, si sono imposte al centro del dibattito politico, dello scontro politico, della polemica giornalistica, riaprendo antiche ferite e divisioni che si credevano ormai superate dalla caduta del muro di Berlino.
Tuttavia, oggi, la mozione che impegna il Governo ad invitare il sottosegretario Giacomo Caliendo a rassegnare le dimissioni da sottosegretario di Stato per la giustizia non è e non può essere intesa come una conseguenza dello scontro tra garantisti e giustizialisti, ma è puramente e semplicemente un fatto politico. Si badi bene: non un fatto politico legato all'attuazione di un punto del programma di Governo, ma un fatto politico che ci deve interrogare sull'essenza stessa della politica; direi di più: sulla decenza della politica.
Oggi non dobbiamo discutere del rapporto tra giustizia e legalità. Se ogni teorica giuridica generale deve rispondere a quella sostanziale, oggi, più banalmente, ma più concretamente, dobbiamo discutere se il senatore Giacomo Caliendo, sottosegretario di Stato per la giustizia, iscritto nel registro degli indagati della procura di Roma per violazione della cosiddetta legge Anselmi sulle società segrete, debba rimanere al suo posto o debba rassegnare le dimissioni.
Com'è evidente è una questione politica, dichiaratamente politica.
Il senatore Caliendo è innocente fino a prova contraria ed ha il diritto intangibile, costituzionalmente garantito, di difendersi. Tuttavia, il reato per il quale è indagato è un reato particolare, previsto dall'articolo 1 della legge n. 17 del 1982, la cosiddetta legge Anselmi, che vieta le associazioni segrete.
L'articolo 1 stabilisce che devono considerarsi segrete, e quindi vietate ai sensi dell'articolo 18 della Costituzione, le associazioni che, anche all'interno di associazioni palesi, occultando la loro esistenza ovvero tenendo segrete congiuntamente finalità e attività sociali, svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali o di amministrazioni pubbliche, anche ad ordinamento autonomo. Ripeto: svolgono attività diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni degli organi costituzionali. Forse, è il più politico tra i reati, al punto che le associazioni che svolgono tale attività sono vietate in quanto tali, a prescindere dal perseguimento di fini penalmente illeciti.
Noi qui oggi stiamo discutendo di fatti politici, non di fatti penali.
Il secondo comma dell'articolo 18 della Costituzione, come si desume anche dalla lettura della discussione durante i lavori dell'Assemblea costituente, nasce proprio dall'intento di preservare le regole democratiche nell'attività politica ed è questa la logica di rispetto della democrazia cui il Parlamento deve richiamarsi oggi.
D'altra parte, da un'interpretazione sistematica della Costituzione si deduce che l'obiettivo perseguito dal costituente sia stato proprio quello di evitare che associazioni di questo tipo potessero alterare il corretto funzionamento delle istituzioni politiche, amministrative e giurisdizionali.
Qui veniamo al dunque: si tratta di capire se il senatore Caliendo - che, non dobbiamo dimenticare, è socio fondatore e per due anni è stato presidente del centro studi «Diritti e libertà», oggi oggetto di indagine da parte della procura di Roma, la quale contesta che, all'interno di una struttura palese e lecita, si fosse occultata un'associazione diretta ad interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche e, sempre stando alle contestazioni della procura di Roma, in base alle intercettazioni telefoniche riferite a soli sei mesi di indagine, questa associazione diventa lo strumento di tre persone indagate, tutte in carcere per corruzione e violazione della legge Anselmi, per interferire sull'esercizio delle funzioni di organi costituzionali e di amministrazioni pubbliche - possa essere stato inconsapevole di questa presunta deviazione.
Non sta a noi fornire una risposta, perché non rileva in questa sede la sua posizione nelle indagini. Il codice penale non c'entra, onorevole Molteni.
Compete però a noi, al Parlamento, valutare se sia normale che egli possa Pag. 54mantenere il proprio incarico nell'Esecutivo, occupandosi non di beni culturali o di commercio con l'estero, ma di giustizia. Un esempio per tutti: il sottosegretario Caliendo ha seguito per il Governo il disegno di legge sulle intercettazioni. Un intercettato eccellente ha il mandato del Governo per gestire una legge che potrebbe far cadere i presupposti dell'indagine che lo riguarda.
Mi pare che la confusione dei ruoli sia evidente e consiglierebbe, anche nell'interesse della sua personale difesa, un'interruzione di questo intreccio di posizioni; intreccio ambiguo, perverso e grottesco.
Siamo al grottesco! Dürrenmatt dice che il grottesco è il volto di un mondo senza volto, la forma di un'assenza di forma. È la rappresentazione materiale del vostro deficit democratico. Per noi non vi sono dubbi: le dimissioni sono l'unico atto che consente di restituire chiarezza politica ad una situazione altrimenti inestricabile.
Quello che chiediamo è un atto politico, non un'anticipazione di giudizio; quello che chiediamo è scritto nel secondo comma dell'articolo 18 della Costituzione: preservare le regole democratiche nell'attività politica.
Lo dicevo all'inizio: questa non è una discussione tra giustizialisti e garantisti, su cosa sia giustizia e sul suo valore, anche perché sono consapevole che, dietro l'appello ai valori più elevati ed universali, è facile che si celi la più spietata lotta per il potere, il più materiale degli interessi.
Ma voglio dire una cosa, per capire cosa vi sia sotto questo confronto parlamentare, tornando alle origini della nostra civiltà. I greci, così gelosi della loro indipendenza, sono sempre stati fieri di proclamare la propria obbedienza alle leggi.
In realtà, non cercavano affatto di definire i propri diritti e le proprie libertà rispetto alla città di cui facevano parte e con cui si identificavano; volevano solamente che la città stessa fosse retta da una propria regola e non da un uomo. La legge era così il supporto e il garante della loro vita politica in ogni aspetto.
La legge è lo strumento per opporsi all'arbitrio, la legge come limite all'arbitrio. La cultura del limite, questa testata d'angolo della cultura democratica contemporanea, che torna ancora una volta come misura della vostra concezione democratica.
Quando il Presidente del Consiglio e il Ministro della giustizia invitano il sottosegretario a restare al suo posto, come molti altri colleghi oggi hanno fatto, non compiono un atto di solidarietà umana, ma marcano una visione politica tanto chiara quanto distorta. L'uomo e la politica sono la garanzia per le leggi, non le leggi una garanzia per l'uomo e la politica. Una visione assolutista che non contempla la regola, perché è il potere esercitato da un uomo che determina la regola.
Non è la prima volta - e temo non sarà l'ultima - che ci dobbiamo confrontare con questa teoria della politica, ma è proprio questa la ragione della presentazione della nostra mozione: costringere il Parlamento ad un'assunzione di responsabilità politica, non rispetto ad un atto di Governo, e nemmeno rispetto ad un atto penale, ma rispetto al valore fondante la nostra democrazia, sancito dalla nostra Costituzione, e cioè preservare le regole democratiche nell'attività politica.
Questo si addice a uomini liberi in uno Stato libero, il resto è propaganda (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, l'onorevole Paniz ha già illustrato alcuni aspetti della questione; io mi servirò di alcuni atti processuali per il mio intervento e dico già che, in particolare, mi servirò dell'ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Roma e delle intercettazioni che ivi sono contenute.
Devo un ringraziamento in particolare agli onorevoli Costantino Boffa e Gioacchino Alfano, che mi hanno fatto da consulenti, perché le intercettazioni sono trascritte in italiano e anche, in parte, in Pag. 55napoletano, per cui mi scuso con i colleghi napoletani per la mia pronuncia che sicuramente non sarà all'altezza del loro compito.
Dico questo perché negli interventi che mi hanno preceduto, in relazione al capo di imputazione, sono stati ricordati alcuni di questi atteggiamenti di interferenza con i poteri relativi all'esercizio espletato dagli organi costituzionali. Mi permetto, quindi, di iniziare con il richiamare in particolare una prima intercettazione, relativa al 6 ottobre, giorno in cui la Corte costituzionale si pronunciò sul lodo Alfano, e che vede i protagonisti dei tentativi cosiddetti di interferenza parlare tra di loro.
Il 6 ottobre, giorno per il quale era originariamente prevista la decisione della Consulta, Martino e Lombardi discutono tra loro ripetutamente in attesa della decisione. Quest'ultima, di segno contrario alle aspettative, interviene il giorno successivo e suscita la reazione delusa dei sodali, puntualmente registrata nel corso dei colloqui telefonici.
Lombardi: «Eh, che figura di merda... che...(inc.) la Corte Costituziona... noi non cumandamm' manc o' cazz'... (inc.)... noi non cumandamm nient' cò 'sti qua... cò 'sti quindici rincoglioniti». Martino: «che c'azzecca Pasqua', nui c'hamma rat' pure i nommi mman' a chill, non contiamo un cazzo». Lombardi: «ma fa... ma se chist'erano sett', so stat' sempre sett' ehh Arm... eh... Arca'. L'ottav'nun l'hamm' maje truvat, che cazz' t'aggia dice'. Ehhh (...) L'ottavo, hai vist'? Erano i dubbi erano cinc... quattro, cinc, ehh noi tenevamo cinc certi e ce ne volevano tre, ne tenevamo due, ce ne è mancato uno, che amma fa». Carboni: «ho fatto male come... ti dico sempre a dare quel biglietto perché io poi glielo ho dato no? Quello che mi hai dato tu». Martino: «ehh... lo so lo so ma bisogna vedere come è andata a finire con il bilanciamento.» Carboni: «ehh è un errore è nove a sei e noi lì abbiamo scritto diversamente eehh ma pazienza. Vabbè in ogni modo la». Martino: «ma com'era il bilanciamento... il bilanciamento com'era». Carboni: «(inc.) nove contro no... nove contro». Martino: «nove a sei?». Carboni: «nove a sei! Invece lì noi abbiamo dato otto fatti sicuri e quelli (inc.) (...) dico chi ti ha dato quel biglietto eh diciamo... era male informato». Martino: «Noo, poi ti devo commentare poi da vicino i passaggi che sono stati fatti da altri, che poi alla fine non tornano (...) venerdì dobbiamo fare un approfondimento su (inc.) (...) sarò noo... sarò duro e molto chiaro!». Carboni: «sìì, ma dobbiamo essere chiari, sì vabbè ne parliamo (...) e anche molto duri ne parliamo venerdì».
Che cosa è successo? Che i grandi cospiratori avevano dato un biglietto relativo alla sicurezza di aver lavorato per ottenere otto giudici che avrebbero votato in un modo e naturalmente la loro grande attività si è infranta perché devono registrare di aver fatto una sciocchezza dando quel biglietto, perché in realtà non contavano niente.
Il secondo tentativo, molto interessante, viene fatto sul ricorso relativo all'esclusione della lista in Lombardia. La sera del 3 marzo, dopo il rigetto del ricorso, Marra telefona a Lombardi e gli comunica l'esito negativo: «Pasqualì hai saputo va bè, poi ne parlammo a voce di questo (...) Poi parlammo a voce, quando ci vediamo venerdì, va bo'?». Seguono i commenti negativi di Lombardi e Martino, con quest'ultimo che manifesta tutto il suo disappunto per l'accaduto e il primo che cerca di giustificarsi facendo valere l'impegno profuso. Martino: «Comunque diciamo che la figura di merda l'amme fatta nuje cu chille d'a Corte d'Appello (...)» Lombardi: «Quindi siamo stati onesti ci sia... siamo usci... ci siamo prodigati e quindi non s'a ponna piglià cu' nuje». Martino: «Lo so lo so molto bene che è successo! Lascia perde! Allora leva sto convegno da mezzo non si fa più! Toglilo! (...) Levalo! Togli tutto! (...) Ehh, ti devi levare di mezzo! Non ci serve (...) Pasquà non mi interessano sta gente a me! (...) Tutta gente inaffidabile come Fofò (...) Fofò... Pasquale... Nicola... noi non contiamo un cazzo! E mi hai fatto dire un sacco di bugie a questo e... Poi me lo vedo io Fofò Fofò Fofò... è uno stronzo!». Pag. 56
Ho preso due esempi, signor Presidente, per passare poi alle questioni che mi interessano più da vicino perché, vede, in questa discussione l'aspetto relativo al principio che si tratta di una questione politica è l'alibi per evitare di guardare in faccia la realtà. E siccome sul piano personale conta anche il rispetto della propria coscienza, è ovvio che spostare tutto sul piano politico giustifica l'atteggiamento che si deve assumere in questi casi.
Veniamo allora all'associazione e alla questione che interessa il sottosegretario di Stato, il senatore Caliendo. Una delle attribuzioni che viene svolta - come ha ricordato il mio amico Paniz - in relazione alla mozione di sfiducia è proprio il fatto di frequentare un pluripregiudicato. Giustamente Paniz dice: diteci quando e in che occasioni questo può essere accaduto.
Ma siccome vi è un'incongruenza logica vorrei evidenziarla, perché nello stesso provvedimento il magistrato scrive: «Va poi considerato come sia spesso tenuta occulta la presenza di Carboni, il quale, probabilmente anche a causa dei suoi gravi precedenti penali, non compare, generalmente, nei contatti con esponenti della magistratura, con alcuni politici e in occasione dei convegni, a dispetto del ruolo rilevante svolto nell'organizzare e nel finanziare quello tenutosi in Santa Margherita di Pula».
Ora la questione è molto divertente, perché questa associazione è così segreta (per cui non dovrebbe essere conosciuta), ma guarda caso l'unico che viene indagato, conoscendo che esiste un'associazione segreta, perché questo è il presupposto, è il sottosegretario Caliendo! E perché il sottosegretario Caliendo viene coinvolto in questa vicenda? Perché viene organizzata, signor Presidente, una cena il 23 settembre 2009. Parlano sempre gli atti, perché la ricostruzione di come viene organizzata questa cena e delle fasi successive è importante per la coscienza, non quella politica, almeno a mio giudizio.
Il giorno 23 settembre 2009 si svolgeva presso l'abitazione romana del parlamentare Denis Verdini, situata nel palazzo Pecci Blunt in piazza dell'Ara Coeli, una riunione alla quale sono invitati, come emerge dalle intercettazioni telefoniche, Flavio Carboni, Arcangelo Martino, Pasquale Lombardi, il senatore Marcello Dell'Utri, l'onorevole Giacomo Caliendo, i magistrati Antonio Martone e Arcibaldo Miller. I preparativi di tale incontro sono ricostruiti attraverso le conversazioni intrattenute nei giorni 22 e 23 settembre, dalle quali tra l'altro emerge che fu Lombardi a curare i contatti con Caliendo e con i due magistrati.
Lombardi è l'uomo con cui il sottosegretario Caliendo è in rapporti perché fin dagli anni Ottanta hanno organizzato e si conoscono insieme nei convegni. «Nel 1999 costituimmo con altre persone - sono le parole di Caliendo - il centro studi per l'integrazione europea "Diritti e libertà" del quale fu nominato presidente Adalberto Margadonna. Tale centro studi, costituitosi come associazione, di fatto non si è mai riunito in questa veste, ma si limitava all'organizzazione di convegni sui temi giuridici di alto livello per i temi proposti e per la qualità dei relatori. I miei rapporti con Lombardi in relazione alle attività del centro consistevano soltanto in contatti finalizzati alla scelta dei temi e dei relatori.
Dopo la morte di Margadonna, io fui nominato presidente del Centro studi, carica che conservai sino all'anno 2008, quando mi candidai al Senato. A seguito della mia candidatura, ritenni infatti doveroso dimettermi da ogni carica per non creare confusione fra il mio ruolo politico e le attività svolte da organismi di altra natura».
Signor Presidente, Lombardi quindi, amico degli anni Ottanta e anche partecipante all'organizzazione dei convegni di questo Centro studi, quindi sostanzialmente segretario che si occupava dei rapporti (credo sia un geometra-giudice tributario, per essere chiari) di tale organismo di alto livello, organizza questa cena e chiama, naturalmente, tra gli altri Caliendo di cui è amico.
Quali siano stati gli argomenti trattati - attingo sempre da quel provvedimento - può ricavarsi solo in parte da una conversazione Pag. 57fra Lombardi e l'onorevole Caliendo. Infatti, una volta terminata la riunione, parlando al telefono con quest'ultimo, il quale aveva dovuto allontanarsi in anticipo, Lombardi così si esprime: «(..) E poi stasera chiamo Antonio, perché abbiamo fatto un discorso anche per quanto riguarda la Corte costituzionale (...) Amm'fa' nu poc' na conta a vedé quanti sonn' i nostri e quanti son' i loro, per cui se potimm' correre ai ripari, mettere delle bucature, siamo disponibili a fare tutto (...) e poi giustamente abbiamo fissato che ogni giorno... ogni settimana bisogna che ci incontriamo per discutere tra di noi e vedere quale... ando sta o' buono e ando sta o' malamente (...)».
Ciò dimostra, signor Presidente, quanto ho illustrato; e questo passaggio viene tra l'altro ripercorso anche in relazione al provvedimento del tribunale del riesame in cui testualmente, dopo avere indicato i partecipanti alla riunione, il tribunale scrive: «Le successive intercettazioni evidenziano che l'onorevole Caliendo, allontanatosi prima degli altri, non ha partecipato alle discussioni sulla prossima decisione della Consulta, tanto da venirne informato successivamente dal Lombardi».
Ma c'è di più, signor Presidente, perché - continua sempre il provvedimento di cui mi sto avvalendo - vi è un passaggio interessante, che si ricava sempre dalla sua lettura. «La riunione del 23 settembre, e il progetto legato all'imminente giudizio alla Corte costituzionale, sono l'oggetto di una successiva conversazione telefonica fra Martino e Carboni. Infatti, alle ore 13,07 del 24 settembre, Martino chiama Carboni e gli dice che, quando lo incontrerà, gli spiegherà alcune cose: «e poi, sulla riunione di ieri [quella famosa cui si fa cenno] - (...) poi quando ti vedo ti spiego». Carboni risponde: «Ma dovevano... dovevano dirmi alcuni se numericamente possiamo aggiungere qualche nome». Martino, dopo averlo rassicurato che «stiamo vedendo», gli chiede di parlare solo con lui dell'operazione, evitando di interloquire con Lombardi, il quale parla troppo. Martino: «Però io ti do un consiglio, che tu devi ascoltare. Pasqualino è lui che ha chiamato te su questo? (...) e allora tu devi chiamare me, poi ti spiego il perché. Capito? (...) allora i numeri te li do io se devi chiamare chiami me. Se ti chiama lui dici scusami il tempo, ho parlato già con Arcangelo (...) io però t'ho dato un consiglio non parlare con lui, parla con me e basta (...) lui è fatto così e deve stare al suo posto, poi ti spiego (...) lui parla troppo e fa le cose pure che a noi non ci interessano nemmeno».
Analoghi rilievi critici sul comportamento di Lombardi si colgono da una successiva conversazione tra gli stessi Carboni e Martino, nel corso della quale, dopo alcuni commenti sulla loquacità e poca prudenza di «Pasqualino», Carboni, con evidente riferimento a quanto avvenuto in occasione della riunione del 23 settembre [la famosa cena], osserva che «Lombardi non può sempre associare persone che io non preannuncio!» e aggiunge: «Dobbiamo essere tre! Non possiamo dire ma sì, andiamo anche in quattro cinque (inc) uguale! Non è uguale! (...) Anche se si tratta di persone di primissimo piano (...) ecco non è quello il punto! Se tu dici tre perché sai siamo... siamo solo noi tre! Poi ne vengono quattro cinque sei sette».
Ciò a dimostrazione, sostanzialmente, di quanto il sottosegretario Caliendo ha dichiarato: a quella cena fu invitato, ci rimase pochissimo, e poi se ne andò, tanto che Lombardi lo raggiunse telefonicamente per spiegargli di cosa si era discusso nel corso di quella riunione.
Non ci sono, colleghi del Partito Democratico, colleghi dell'opposizione, telefonate tra Carboni e il sottosegretario Caliendo; non ci sono incontri conviviali tra Carboni e il sottosegretario Caliendo; non ci sono riunioni tra Carboni e il sottosegretario Caliendo; non ci sono elementi dell'aspetto che voi avete inserito per mescolare le carte in tavola: voi avete utilizzato il fatto che uno vada a cena in un'occasione come questa - e non parli nemmeno con Carboni - e il fatto che sia stato condannato da un giudice e da un tribunale di questa Repubblica per adombrare il sospetto - questo sì che a voi Pag. 58serve politicamente - che Caliendo sia aduso frequentare questa gente, quindi colpirlo politicamente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!
Ma non vi rendete conto che così facendo voi colpite il Parlamento, perché sono curioso di vedere come andrà a finire questa inchiesta fantomatica, sulla quale qualche dubbio - lo ripeto - ce l'ho. Altro che non interferenza con la magistratura! Quando si iscrive a notizia di reato il sottosegretario Caliendo senza elementi probatori, chiedo di avere il diritto di parlare e se del caso di interferire con scelte e pronunce che ritengo del tutto scorrette, volte a colpire politicamente una persona che nulla ha a che fare con queste situazioni, che possono tranquillamente quindi essere lasciate laddove sono e al vaglio della magistratura. Ma sul fatto che sul piano politico si venga a dire che si deve discutere di questo perché questo è l'argomento sottoposto alla nostra attenzione dico di no: prima dell'argomento politico viene la questione di coscienza e io voglio vedere tutti coloro che si sentiranno di colpire Caliendo, perché non ci sono elementi che possano sostenere la loro tesi, ma soltanto perché è una questione politica.
Ogni tanto penso che anche fare i conti con la coscienza sia comunque un aspetto politico importante. È questo che disvela l'etica delle persone che sono chiamate a pronunciarsi nei confronti del destino di un uomo, fosse anche di carattere politico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi...

PRESIDENTE. Colleghi, chiedo scusa. Prego, onorevole Orlando.

ANDREA ORLANDO. Non stiamo facendo il processo al sottosegretario Caliendo. Stiamo valutando l'opportunità che il sottosegretario Caliendo resti al suo posto. Abbiamo posto questa questione in una fase non sospetta...

PRESIDENTE. Colleghi, chiedo scusa, non è consentibile. O uscite fuori, o lasciate parlare il collega.

ROBERTO GIACHETTI. È comprensibile, Presidente, sono nervosi.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Andrea Orlando.

ANDREA ORLANDO. Abbiamo posto una questione del tutto di principio, legata anche alla situazione del sottosegretario Cosentino, e che non era in alcun modo legata - come ha spiegato il collega Bressa - all'evoluzione delle vicende giudiziarie che riguardavano entrambi i sottosegretari.
Nel caso del senatore Caliendo, poi, le vicende sulle quali si discute sono parzialmente ammesse dallo stesso interessato, cioè l'esistenza di una rete di relazioni con la quale il sottosegretario ha interloquito, se non è stato parte integrante, che ha avuto un passaggio fondamentale, non l'unico, nella famosa o, meglio, famigerata cena. È per questo che abbiamo trovato assolutamente singolare, tanto più perché proveniente da un Governo che in più occasioni ha lamentato un ruolo improprio ed invadente della magistratura, la risposta resa in quest'Aula dal Ministro Vito per conto dell'Esecutivo ad un question time promosso dal nostro gruppo.
La sostanza della risposta è stata questa: poiché non vi sono atti della magistratura che non li riguardano, i due esponenti del Governo restano al loro posto. Sappiamo come è andata a finire per il sottosegretario Cosentino ed oggi potremmo richiamare il fatto che la situazione processuale del sottosegretario Caliendo è mutata. Lo potremmo fare, ma sarebbe sbagliato, perché credo si debba ancora una volta sottolineare come in quella paradossale risposta del Ministro Vito e anche come in molte delle argomentazioni svolte qui oggi vi sia un'involontaria Pag. 59delega alla magistratura ad affrontare un nodo che ha natura politica. È forse questa attitudine che caratterizza la difficoltà della maggioranza ad affrontare, individuando il concetto di responsabilità politica, tutte le questioni che attengono all'etica pubblica e alle vicende che sono emerse in questi mesi. Si tratta di un'incapacità di definire in modo corretto questo concetto come metro per misurare comportamenti individuali e collettivi a prescindere dalla loro rilevanza penale.
Ho trovato spesso - collega Contento - stucchevole anche la retorica attorno alla formula secondo la quale la moglie di Cesare dovrebbe essere al di sopra di ogni sospetto, anche perché abbiamo scoperto chi è Cesare e non si capisce perché si dovrebbe chiedere un comportamento particolarmente elevato alla poverina.
Ma il punto fondamentale è che, certo, nessuno può porsi al di sopra di ogni sospetto, tanto più in una società nella quale la possibilità che ci sia una distorsione mediatica è evidente, anche in questa discussione si dovrebbe provare a costruire in modo condiviso e convincente un metro in grado di valutare la congruità delle condotte in riferimento proprio agli uffici svolti.
Il dottor Caliendo può e deve frequentare chi meglio crede e con chi meglio crede organizzare i convegni che preferisce, ma il sottosegretario Caliendo non può far sedere un'istituzione che rappresenta pro tempore allo stesso tavolo con Flavio Carboni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico) per di più coinvolgendo o lasciando che siano coinvolte figure importantissime del Ministero della giustizia e dell'ordine giudiziario, a prescindere da ciò che a quel tavolo è stato discusso o si doveva discutere.
Non rassicura poi l'argomento che è stato utilizzato dal sottosegretario Caliendo, secondo il quale quell'incontro e quelle frequentazioni furono indotti da una pressione voluta dal coordinatore del suo partito: tale argomento fa riecheggiare singolarmente un'idea della supremazia delle forze politiche rispetto alle istituzioni tipica di una stagione che vi eravate candidati a superare e che tuttavia, a differenza di questa, vedeva a favore delle forze politiche una legittimazione ben diversa.
Deciderà la magistratura se ci sia stata o meno una loggia P3, se questa organizzazione abbia violato la «legge Anselmi», quali responsabilità penali emergeranno e investiranno i sodali che hanno promosso l'organizzazione e i loro variegati interlocutori. Ciò che oggi è chiaro e conclamato è l'esistenza di un gruppo di persone, tra le quali alcuni pregiudicati, che in modo sistematico costruiscono e cercano di costruire relazioni e contatti allo scopo dichiarato di orientare decisioni di organi costituzionali e politici.
Questo gruppo trova udienza nei vertici del PdL, in esponenti del Governo e della magistratura. La prima domanda alla quale dovreste dare una risposta convincente è perché questo gruppo ritenesse di poter avere successo nei propri disegni, quali affidamenti abbia trovato in questi mesi, chi ne abbia assecondato l'azione; non è sufficiente la risposta basata sulla constatazione a posteriori che molti di questi obiettivi non sono andati a buon fine.
Dipingere insomma questo gruppo come ha fatto il collega Contento, come la banda dei soliti ignoti, enfatizzare l'inettitudine dei protagonisti di questa squallida vicenda, così l'ha definita il Capo dello Stato, finisce inevitabilmente e nella migliore delle ipotesi per coprire di ridicolo le istituzioni. Due presidenti di regione, due sottosegretari e il coordinatore nazionale del principale partito italiano che si mettono a disposizione, interloquiscono, ospitano, finanziano, si avvalgono dei servizi, accettano indicazioni e suggerimenti, in definitiva legittimano un gruppo - dite voi - di millantatori, certamente capeggiati da un uomo condannato per bancarotta, ma anche coinvolto nelle principali oscure vicende di questo dopoguerra e sicuramente persona che ha dimostrato processualmente contatti con la criminalità organizzata.
Tutto questo insieme di vicende sta ad indicare un grado di permeabilità delle Pag. 60istituzioni e della politica che non può che preoccupare. Insomma, se le porte si aprono a queste «macchiette» che lei ci ha descritto, collega Contento, se si aprono quando a bussare sono degli «sfigati», come li ha definiti il Presidente del Consiglio, che cosa succede? Che cosa è accaduto? Che cosa sta accadendo quando le pressioni sono esercitate da poteri assai più strutturati, legali o illegali che siano, poteri che, sappiamo, hanno condizionato e condizionano la storia della nostra Repubblica?
Non so quale sarà l'esito politico e istituzionale di questo passaggio. È probabile che contribuisca a determinare un processo di logoramento e di rottura, che è già in atto nella maggioranza e credo che l'episodio di prima ne sia la piena dimostrazione. È una maggioranza che ha vinto le elezioni poco più di due anni fa, ma credo che la crisi istituzionale in atto, la crisi parlamentare sostanzialmente in atto vada legata a questa vicenda, che proprio da questo punto di vista riveste un valore emblematico, perché indica una porzione del vostro fallimento. In modo diverso ma convincente all'indomani della crisi della prima Repubblica, le forze che fanno parte dell'attuale maggioranza chiesero un consenso per cambiare le istituzioni e l'Italia. Questo consenso vi è stato accordato più volte. Si poteva intuire che quella novità da voi promossa fosse già dall'inizio ipotecata da vizi e condizionamenti del passato.
Ma si poteva anche sperare - e molti italiani lo hanno fatto - che la spinta genuina ed il consenso che la società vi aveva accordato potesse fare evolvere il quadro verso una stagione, comunque, nuova.
Alla luce dello spaccato che emerge dalle gesta dei Lombardi, dei Martino, dei Carboni, dei Balducci e degli Anemone, cosa resta di quella promessa di novità? Cosa resta di quella promessa di repulisti generale con la quale la Lega ha conquistato importanti aree del Paese? Resta una distanza ancora più grande tra le istituzioni e il Paese.
Avete utilizzato e scavalcato le inadeguatezze della nostra cosa pubblica, ma non avete fatto un passo avanti per risolverle, anzi; oggi, il divario che separa la società dalle istituzioni è ancora più grande. Quando parlate di consenso, date anche un occhio alle recenti elezioni regionali, in cui l'attuale maggioranza ha messo insieme soltanto un quarto dei consensi degli italiani (di esse, sicuramente, noi non possiamo compiacerci, visto che abbiamo avuto anche meno consensi).
Colleghi della Lega, siete preoccupati che la Prima Repubblica si manifesti nuovamente attraverso governi tecnici che, peraltro, sono stati realizzati anche nella Seconda Repubblica, e anche con il consenso della Lega stessa. Mi preoccuperei, piuttosto, se gli Anemone di oggi non assomiglino, singolarmente, ai Mario Chiesa di ieri, se le mele marce di oggi non assomiglino ai mariuoli dell'epoca.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ANDREA ORLANDO. Lo dico, perché immaginiamo già quali saranno i passaggi delle prossime settimane: un capo, che chiederà più potere e più consenso per uscire dalle sue difficoltà. La radice della vostra incapacità di ricostruire un profilo autonomo di responsabilità politica risiede proprio in questo, tutta ricondotta al leader, al capo che, avendo consenso, esige incondizionatamente fedeltà. E rispetto a questo criterio, tutti gli altri criteri di valutazione scompaiono: capacità, rigore morale, cultura di Governo.
Il mondo è diviso, e si dividerà, ancora di più, nelle prossime ore, tra infedeli da punire e fedeli ai quali tutto è perdonato. Di fronte a questa centralità della fedeltà incondizionata al capo, scompare la fedeltà che ci dovrebbe legare tutti: quella all'articolo 54 della Costituzione, in base al quale i cittadini a cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempiervi con disciplina ed onore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

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PRESIDENTE. Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali della mozione.

(Intervento e parere del Governo)

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il Ministro della giustizia, onorevole Angelino Alfano, che esprimerà altresì il parere sulla mozione all'ordine del giorno.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, onorevoli colleghi, esprimo, innanzitutto, il parere contrario del Governo sulla mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416. Esprimo un convinto parere contrario, perché riteniamo che il sottosegretario Caliendo debba continuare a svolgere il lavoro che, con proficuo impegno, ha svolto fino ad oggi. Ciò, perché consideriamo il sottosegretario Caliendo un uomo del Governo che mai si è sottratto ai doveri del proprio ufficio e che mai ha agito contrariamente ad essi.
Consideriamo, infatti che, in questa vicenda, tutto è noto e tutto è stato pubblicato sui giornali, mentre ciò che non è noto, ciò che non è chiaro, è esattamente ciò che, in violazione dei doveri del proprio ufficio, in violazione della legge e in violazione di codici, anche rigorosi, di natura etica, il sottosegretario Caliendo avrebbe fatto.
Sono il Ministro della giustizia e non posso occuparmi del merito di questa indagine, tuttavia, ho ascoltato con attenzione quanto ha detto l'onorevole Contento poc'anzi. Credo che, con efficacia, l'onorevole Contento abbia voluto affermare che non c'è niente, che non c'è niente, che non c'è niente, e che, financo la «P3», sia probabilmente frutto di una costruzione di taluni pubblici ministeri e di una certa sinistra, che accusa in base a quella costruzione (Commenti dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Ecco perché, onorevole Andrea Orlando, ho ascoltato con attenzione il suo intervento e le dico questo: non si può trarre spunto da un'indagine per presentare una mozione di sfiducia e, quando ci si rende conto che tale mozione di sfiducia agganciata a quell'indagine diventa troppo debole, eccepire l'argomento dell'«a prescindere». No.
Voi avete presentato questa mozione di sfiducia perché c'era questa indagine, e se oggi dite che volete la sfiducia a prescindere è perché vi rendete conto che la mozione di sfiducia che avete presentato è stata strumentale e debole (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà), altrimenti insistereste sull'indagine.
Mi permetto di fare anche un'altra considerazione: oggi, in quest'Aula, la discussione che ci vede impegnati non riguarda solamente il destino di un uomo che fa parte del Governo, di un sottosegretario di Stato, no, investe qualcosa di più grande: il rapporto che deve esistere fra le istituzioni liberamente elette, sorrette dalla sovranità popolare, e l'azione libera, autonoma ed indipendente di altri ordini dello Stato. Attiene all'autonomia e alla sovranità, sì della magistratura, all'autonomia e all'indipendenza, sì della magistratura, ma attiene all'autonomia e all'indipendenza di un Parlamento libero e sovrano e di un sottosegretario che sta al Governo e che non ha il diritto di essere condannato in ragione di un'indagine dalla quale voi vorreste prescindere.
Non ha la possibilità di essere giudicato da una mozione che vorrebbe farlo decadere, perché? Per un qualche cosa che viene considerato, da tanti, una fumisteria.
La considerazione che nasce come conseguenza è che il principio di legalità deve trovare un suo pieno coniugio con un altro principio, che è quello di non colpevolezza.
Inoltre, vi è un punto di equilibrio difficile da ricercare, ma che il Parlamento deve cercare: tra l'idea che un cittadino è presunto innocente e l'idea che le istituzioni, il loro decoro e la loro dignità vanno comunque salvaguardate. Questo punto di Pag. 62equilibrio non si trova una volta per tutte, ma si trova caso per caso, e in questo specifico caso, probabilmente, state sbagliando, perché state mettendo il Parlamento, e un membro del Governo, sotto accusa perché iscritto nel registro degli indagati, senza considerare la vicenda di merito che vi porterebbe alla direzione opposta, e cioè a rivendicare una sovranità del Parlamento e un'autonomia della politica.
Ecco perché credo che questo voto sia importante, sia per chi - state attenti - proclama ideali riformatori sia per chi richiama, spesso, il diritto alle garanzie. È un voto importante perché la mozione e il voto resteranno nel curriculum: ciascuno si troverà, prima o poi, a fare i conti, nel prosieguo della propria esperienza nelle pubbliche istituzioni, con la mozione oggi presentata e con il voto che sarà espresso.

MASSIMO VANNUCCI. È una minaccia?

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Potremmo fare anche riferimento al passato, ma non lo facciamo. Potremmo fare riferimento ai tanti casi in cui uomini delle istituzioni sono stati iscritti nel registro degli indagati e la loro dimissione non è stata richiesta, ma non lo facciamo.
Non lo facciamo perché vogliamo riandare a un principio di fondo. Questo Parlamento, infatti, oggi non vota solo sul sottosegretario Caliendo, ma su un principio: il principio di non colpevolezza, la possibilità di individuare un punto di equilibrio tra il principio di non colpevolezza e il grande principio di legalità, il cui contenuto specifico non lo fa il contenuto di un'inchiesta, ma la Costituzione repubblicana laddove è scolpito il principio della presunzione di non colpevolezza e la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
Questa è la legalità, e con questa idea di legalità si può e si deve sposare il principio di non colpevolezza, e la scelta di merito di questo Parlamento.

FABIO EVANGELISTI. Scajola, Brancher, Cosentino!

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Rispetto a tutto questo, oggi, ciascuno scriverà, con il proprio voto, una pagina della propria esperienza pubblica nelle istituzioni, affermando che un uomo che fa parte di un Governo deve dimettersi perché è stato iscritto nel registro degli indagati, non girateci attorno.

FRANCESCO BARBATO. Non è così!

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Non potete dire che questo si svolge a prescindere, perché un nesso di causalità logico e di ordine logico banale porta a dire che se non ci fosse stata l'inchiesta non ci sarebbe stata la mozione, e siccome la mozione c'è perché c'è stata l'inchiesta voi non potete sottrarvi a questo punto, che è cruciale.
Voi state affermando in quest'Aula - e vi tornerà indietro prima o poi con il tempo - che chi è iscritto nel registro degli indagati deve dimettersi. Noi affermiamo una tesi opposta, ossia che tutti i cittadini italiani, anche coloro i quali sono membri del Governo, sono presunti innocenti. Tuttavia, se il loro comportamento crea disdoro alle istituzioni questi devono andare a casa, anche se non sono condannati, ma nel caso concreto, come ha ben detto l'onorevole Contento, così non è.
Ecco perché stiamo difendendo il sottosegretario Caliendo, perché crediamo anche nel principio delle garanzie, ossia nel garantismo, e crediamo, altresì, che questo garantismo non si applica sempre e comunque, perché non riteniamo che il garantismo equivalga a impunità. Il rispetto delle garanzie e dell'ideale garantista va sempre coniugato con una valutazione concreta del caso per caso che consenta di non rovinare quell'alto e nobile ideale sull'altare di posizioni indifendibili. Ecco perché stiamo difendendo Caliendo.
Pertanto, la conclusione è che difendiamo Caliendo, con lui difendendo un principio che è quello di non colpevolezza, con lui difendendo un valore che è quello della legalità scritta nella Costituzione, consapevoli che oggi alcuni tra i colleghi - Pag. 63e molti lo faranno per disciplina di partito - non voteranno secondo la propria coscienza, ma piegheranno ad un'utilità parlamentare di un giorno e ad un tatticismo parlamentare di un giorno un alto e nobile principio (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Noi, invece, sosteniamo che con questi principi si fanno i conti tutti i giorni e che su questi principi non ci si può misurare in modo intermittente, un giorno sì e un giorno no, e che dobbiamo tenere fede a questi principi, su cui non ci si può astenere. Ci si astiene sulle leggi e sui provvedimenti, ma non sui principi. Difendendo questi principi, difendiamo la legalità repubblicana e la nostra Costituzione (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, non utilizzerò ovviamente i pochi secondi che ho per un richiamo al Regolamento per replicare al Ministro, il quale ovviamente si assume la responsabilità di quello che ha detto.
Tuttavia, anche per fare un formale errata corrige, vorrei dire che le parole del Ministro in questo senso sono semplicemente false, perché la mozione che abbiamo all'ordine del giorno essendo stata presentata il 14 luglio, signor Ministro, dimostra che è proprio a prescindere, perché parla del sottosegretario Caliendo che «al momento non risulta indagato».
Pertanto, quando è stata presentata...

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, non avrei dovuto concederle la parola. Siamo in sede di replica. Questo è quanto. Adesso non è possibile riaprire una discussione.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, stavo solo facendo una correzione rispetto alla mozione. Signor Presidente, mi consente di concludere il mio intervento?

PRESIDENTE. Non avrei nemmeno dovuto consentirle di parlare.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, stavo parlando della mozione il cui testo, che è del 14 luglio, andrebbe anche corretto. Ricordo che la mozione è stata presentata a prescindere, perché in quel momento il sottosegretario Caliendo non era indagato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sta bene.
Essendo stato stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che le dichiarazioni di voto abbiano luogo a partire dalle ore 17, con ripresa televisiva diretta, sospendo la seduta sino a tale ora.

La seduta, sospesa alle 15,35, è ripresa alle 17.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

PRESIDENTE. Ricordo che prima della sospensione della seduta il Governo, intervenendo in sede di replica, ha espresso parere contrario sulla mozione.

(Dichiarazioni di voto)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto, per le quali ricordo che è stata disposta la ripresa televisiva diretta.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole La Malfa. Ne ha facoltà, per due minuti. Prego i colleghi di prendere posto, grazie.

GIORGIO LA MALFA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel merito della mozione che richiede le dimissioni del sottosegretario Caliendo, i repubblicani ritengono che non vi siano oggi elementi obbiettivi che portino a richiedere tali Pag. 64dimissioni. Come ha detto, a nostro avviso giustamente, l'onorevole Cicchitto ieri, è in corso un'indagine della magistratura. Sarebbe del tutto ingiustificato che il Parlamento anticipasse il giudizio rispetto agli esiti di quella indagine. Ma naturalmente, esattamente per le stesse ragioni, non siamo neppure nelle condizioni di dare una fiducia mentre è appunto in corso un'indagine giudiziaria.
Quanto alla situazione politica in cui questo dibattito si inserisce, i repubblicani osservano che si stanno determinando delle novità molto rilevanti. Esse indicano la possibilità che emerga nel Paese una posizione che faccia uscire l'Italia dai limiti angusti di una contrapposizione frontale esasperata. Tale contrapposizione ha impedito e impedisce sostanzialmente la ricerca delle strade che possono condurre il nostro Paese fuori da una grave e perdurante crisi, specialmente economica, ma anche sociale e istituzionale che oggi colpisce i giovani, le zone più deboli dell'Italia e le famiglie.
A queste posizioni il Partito Repubblicano italiano guarda con attenzione oggi e nella prospettiva delle nostre imminenti assise di partito. In questo senso e con queste motivazioni il collega Nucara ed io annunziamo che non prenderemo parte al voto sulla mozione Caliendo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani, Regionalisti, Popolari).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Monte. Ne ha facoltà, per tre minuti.

CARMELO LO MONTE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il Movimento per le Autonomie ha sempre adottato una linea di lealtà e di contemporanea autonomia di giudizio rispetto ai comportamenti dell'Esecutivo. In alcuni casi in questi due anni abbiamo anche disertato il voto di fiducia, ad esempio quando si sono determinati spostamenti consistenti di risorse destinate al Sud per finanziare spese correnti nel resto del Paese.
Non abbiamo quindi assunto, come Movimento per le Autonomie, una posizione diversa negli ultimi giorni. La nostra stella polare è lo sviluppo del Sud e su questo non intendiamo recedere di un solo centimetro. A questo proposito, vorremmo capire se qualcuno sta veramente pensando ad un federalismo contro il Sud, anziché ad un federalismo solidale.
Come si fa a garantire entrate ai comuni attraverso la cedolare secca sugli affitti? Non è a tutti evidente che al Sud il patrimonio immobiliare è prevalentemente sfitto, a differenza di quello del Nord, che è avvantaggiato anche dall'emigrazione interna dal Mezzogiorno e che quindi questa entrata al Nord sarà reale e al Sud soltanto immaginaria?
E come si fa a dire che al Sud non vi è capacità di spesa, quando ANAS e Ferrovie, partecipate dal Tesoro e fondamentali per gli investimenti in infrastrutture, non spendono una sola lira nel Mezzogiorno? Vi è la necessità che sulle varie questioni si apra un confronto vero che coinvolga l'intera maggioranza, senza che qualcuno pensi di decidere da solo.
Rispetto al tema posto dalla mozione, nel confermare il nostro garantismo, ci schieriamo contro ogni giustizialismo che riteniamo sia nemico della democrazia e teniamo conto peraltro che, allo stato, la magistratura non ha emesso alcun provvedimento. La nostra astensione è principalmente legata ad un giudizio politico, ad una richiesta di opportunità e di sensibilità politica che prima di tutto va fatta a chi ricopre ruoli di primaria responsabilità, specie nel settore della giustizia.
Signor Presidente, colleghi, noi siamo nella maggioranza di Governo e però pretendiamo lealtà e provvedimenti favorevoli al sud. Non daremo pretesti a chi richiede di poter risolvere ogni problema con l'autorità, ma vorremmo ricordare...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CARMELO LO MONTE. Finisco, signor Presidente. Vorremmo ricordare che una politica che vuole risolvere i problemi del Paese richiede tolleranza, pacatezza, confronto, sacrificio e soprattutto pazienza e capacità di mediazione e che avendo fastidio Pag. 65di tutto ciò si rischia di avere fastidio per la democrazia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, Noi Sud voterà contro la mozione di sfiducia al sottosegretario Caliendo perché siamo convinti della sua assoluta estraneità ai fatti che gli vengono contestati e siamo certi che un servitore dello Stato come Caliendo non è mai venuto meno ai suoi doveri di lealtà e di fedeltà alle istituzioni.
È evidente che la mozione di sfiducia punta a colpire non una persona, ma mira a mettere in discussione il diritto della maggioranza che ha vinto le elezioni a governare. Spero che ne siano consapevoli anche i colleghi di Futuro e Libertà e dell'MpA che hanno preannunciato l'astensione. Ci troviamo di fronte all'ennesimo tentativo di un'opposizione allo sbando, alla ricerca disperata di alleanze improponibili, di far cadere il Governo e la maggioranza strumentalizzando ambigue e politicizzate azioni giudiziarie. Derubare gli italiani del loro voto, capovolgere il verdetto popolare non con un'incalzante azione di opposizione, ma attraverso iniziative giudiziarie che se non fossero infondate e inverosimili avrebbero tutte le caratteristiche di azioni eversive e miopi e non consentiranno alla sinistra di costruire un'alternativa credibile.
Il Partito Democratico in questi giorni ha mutato pelle, ha rinunciato al bipolarismo e al principio sacro in una democrazia matura che è quello dell'alternanza ed è alla ricerca di equilibri nuovi, certamente non più avanzati, per superare l'attuale fase. L'ex missino Fini, l'uomo nero, l'ex «signor no» che affossò il tentativo Maccanico ora è un possibile alleato per la sinistra.
Alcuni più di altri parlano di moralità e di legalità. Conosciamo bene questi finti moralizzatori, ma in politica cosa c'è di più immorale del tradimento del mandato ricevuto dai propri elettori o di dire una cosa e farne un'altra? Abbiamo atteso solo pochi giorni e rispetto alle dichiarazioni solenni, rese in quest'Aula e in conferenza stampa, di lealtà alla maggioranza e al Governo Berlusconi il neogruppo, nato da una scissione del Popolo della Libertà, prima ha messo in discussione il programma di Governo con la proposta di un patto di fine legislatura che assomiglia sempre di più ad un ipocrito imbroglio, ma non solo, poi annuncia di astenersi su un provvedimento così delicato come la mozione di sfiducia al senatore Caliendo. Ma quale difesa della legalità è l'astensione su una mozione ridicola che accusa il sottosegretario non indagato, così come è scritto anche nella mozione, di aver partecipato ad una cena? (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Onorevole Donadi, non ci risulta che lei ha presentato una mozione di sfiducia al presidente del suo partito, l'onorevole Di Pietro, per aver partecipato ad una cena con un boss mafioso di uno Stato straniero che è stato ucciso (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Il gruppo di Futuro e Libertà non solo ha annunciato l'astensione, ma ha cercato un raccordo con le opposizioni cosiddette «centriste» per fare le prove di un inesistente terzo polo, frutto della fantasia di salotti chic e degli interessi di poteri forti.
Noi Sud chiede al Governo, che ha ben operato e che ha impedito che la tempesta della crisi finanziaria mettesse in ginocchio l'Italia, di continuare con determinazione ad attuare il suo programma, quello presentato agli elettori e non quello inventato da improvvisati azzeccagarbugli.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Iannaccone...

ARTURO IANNACCONE. Federalismo e impegno per il sud debbono essere le nostre stelle polari (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Noi Sud/Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano, Popolo Pag. 66della Libertà e Lega Nord Padania - Congratulazioni)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà per cinque minuti.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il sottosegretario Caliendo potrà invocare, al pari di ogni cittadino di questa Repubblica, il diritto di esigere ogni garanzia personale fino a quando non vi sarà nei suoi confronti azione giudiziaria, avviso di garanzia o una sentenza passata in giudicato che lo condanni. Vi sarà in quest'Aula e anche fuori chi sosterrà, invece, la tesi che impone alla moglie di Cesare di mantenere una reputazione salva da ogni sospetto. È proprio quella reputazione, messa a dura prova dallo stillicidio dei ministri e dei sottosegretari inciampati nelle questioni giudiziarie, che oggi sta solcando una divaricazione tra Governo e popolo minando alla base il rapporto tra cittadini e politica.
È davvero curioso, onorevoli colleghi, onorevoli rappresentanti del Governo, il fatto che, dopo avere fino allo sfinimento celebrato il mantra del bipolarismo salvifico, si scopre che la struttura etica di questa nostra stagione è così fragile. Forse è un problema di scuola, di cultura, di incapacità di interpretazione della rappresentanza democratica avendo, grazie a certe leggi elettorali, delegato tutto - rappresentanza compresa - ai capi carismatici.
Quindi, questo dibattito e questo voto oggi assumono per noi di Alleanza per l'Italia una valenza ben più alta della conta di chi è a favore e chi no. Certamente sarebbe stato assai più elegante se il sottosegretario Caliendo avesse compiuto scelte personali diverse da quelle che ha dichiarato in questa circostanza, togliendo la ragione di questo dibattito. Ma la mozione di sfiducia, presentata e discussa in un pomeriggio d'estate con esiti scontati, appare un gesto che punta più alla rassicurazione di alcuni segmenti elettorali antagonisti piuttosto che una scelta politica destinata ad incidere nelle dinamiche del Governo.
Quindi, la scelta di astensione che noi compiamo può avere un senso. Può significare il rifiuto del diktat, della catalogazione, della conta brutale che ha rappresentato e che ancora rappresenta la cifra di questo nostro bipolarismo arcaico e ideologico, questo schema che mette in campo gli istinti primordiali della politica in un racconto strampalato di antagonismi senza fine, in cui l'unico assente risulta essere il cittadino con i suoi bisogni.
Noi di Alleanza per l'Italia ci asterremo conferendo a questo gesto un valore politico che non significa una «tartufesca» equidistanza, che sarebbe poi tra giustizialisti e giustificazionisti, ma l'assunzione di una responsabilità verso le istituzioni. Sia chiaro: i deputati che si asterranno non cambieranno il loro atteggiamento nei confronti degli elettori e del Governo. Noi siamo all'opposizione e continueremo ad esserlo, così come Futuro e Libertà è nella maggioranza e continuerà ad esserlo. Ma è indubbio che da oggi qualcosa comincia a cambiare in questo Parlamento.
La riappropriazione consapevole e coordinata da parte di molti deputati della propria autonomia di giudizio, l'apertura di una nuova stagione politica. Qualcosa da oggi cambierà e sarebbe stolto far finta di niente (Applausi dei deputati dei gruppi Misto-Alleanza per l'Italia e Unione di Centro).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà, per dieci minuti.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, le ragioni per cui l'Italia dei Valori ha presentato questa mozione di sfiducia sono due. Primo: l'inopportunità, per la credibilità delle istituzioni, che Giacomo Caliendo continui a fare il sottosegretario alla giustizia; secondo: la dannosità, per il bene del Paese, che Berlusconi e il suo Governo rimangano ancora in carica anche solo per un minuto.
Signor Ministro della giustizia, lei oggi nella sua replica ci ha detto che non è Pag. 67giusto che il sottosegretario Caliendo lasci il Ministero in quanto è semplicemente inquisito, ma noi non gli abbiamo chiesto per questa ragione di dimettersi, tanto è vero che nella mozione di sfiducia si dice esattamente che non era ancora stato messo sotto indagine. Le ragioni per cui noi chiediamo che Caliendo vada a casa sono specifiche, sono cinque, sono grosse come una casa e sono politiche, a prescindere dal risultato dell'inchiesta della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Le ragioni, che vado ad esporre, sono documentali. Primo: le pressioni sulla Corte costituzionale attraverso canali paralleli per non far dichiarare incostituzionale il lodo Alfano, cioè il suo lodo, signor Ministro, quello che lei ha fatto fare per permettere al suo datore di lavoro di scampare dalle inchieste e di fare l'impunito (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)! Il lodo Alfano richiederebbe, per una ragione di onestà intellettuale, che anche lei andasse a casa, signor Ministro, oltre che il sottosegretario (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Secondo: le pressioni per la nomina del giudice Marra alla presidenza della Corte di appello di Milano. È inammissibile che un magistrato, ancorché fuori ruolo, sottosegretario alla giustizia, e quindi alle sue dirette dipendenze, signor Ministro, intervenga per condizionare le nomine di un'alta carica alla Corte d'appello di Milano.
Terzo: le successive pressioni sullo stesso Marra affinché la Corte d'appello di Milano riammettesse la lista Formigoni alle ultime elezioni regionali. L'interferenza è gravissima perché è un'interferenza tra giustizia, magistratura e una coalizione politica che si voleva far riammettere, pure se non lo meritava.
Quarto: le pressioni per mandare gli ispettori del Ministero della giustizia in quella sezione dei giudici della Corte d'appello di Milano rei di aver bocciato la lista Formigoni.
Quinto: le pressioni per allungare l'età della magistratura da settantacinque a settantotto anni per permettere al presidente della Corte di Cassazione, Vincenzo Carbone, anche lui invischiato nelle vicende della P2, di rimanere in carica nonostante avesse raggiunto i limiti di età per la pensione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Questi sono fatti politici, non ci interessa sapere se sono anche fatti penalmente rilevanti, ma sono fatti di un'interferenza gravissima da parte di un membro del Governo nell'esercizio delle attività istituzionali di altri organi dello Stato. Sono ragioni di merito, lo ripeto, che prescindono dall'iter processuale.
E poi, colleghi, lo sapete chi è Caliendo? Non è nuovo a queste cose. Se oggi stiamo parlando della cosiddetta Loggia P3, vuol dire che prima c'era la Loggia P2 e se andate a rileggere la relazione della Commissione Anselmi sulla Loggia P2 trovate un intero capitolo che riguarda i rapporti tra massoneria deviata e magistratura, un capitolo che inizia così: «Sono presenti negli elenchi della Loggia P2 sedici magistrati in servizio e cinque membri del CSM». Di cosa si dovevano occupare quei magistrati nei rapporti con la Loggia massonica di Licio Gelli? Lo dice esattamente il Piano di rinascita democratica stilato da Licio Gelli.
Lo leggo testualmente: «doveva stabilire un accordo programmatico anche con numerosi esponenti dell'Associazione nazionale magistrati, per avere un prezioso strumento operativo all'interno della magistratura, anche ai fini di rapidi aggiustamenti legislativi». Sapete quali erano gli aggiustamenti legislativi di cui parlava Gelli? Li ripeto, rileggendo il piano di rinascita: separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, pubblici ministeri e CSM sotto il potere esecutivo, discrezionalità dell'azione penale e soprattutto interventi diretti per favorire la nomina, negli incarichi direttivi dei tribunali e delle procure, di persone disposte ad aiutare gli iscritti alla Loggia nel caso di difficoltà giudiziaria. Si tratta esattamente di quello che si è verificato in questo caso, perché le vicende della Loggia P2 sono sovrapponibili alle vicende, agli obiettivi della Loggia P3, del suo Governo e anche Pag. 68del suo mandato, Ministro Alfano (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Le riunioni in casa Verdini per aggiustare il Lodo Alfano, le pressioni in Cassazione per togliere dai guai Cosentino e quelle sul CSM per le nomine di procuratori e presidenti di corti d'appello e tribunali, le intercettazioni in cui Caliendo prende ordini da Lombardi, il capo degli 007 ministeriale Arcibaldo Miller, che spiega come richiedere l'ispezione ministeriale contro i giudici che dovevano occuparsi della lista Formigoni, sovrapponibilità tra la Loggia P2 e la Loggia P3 che, a prescindere dalle inchieste giudiziarie, vedono due persone essere l'anello di congiunzione: Carboni presente allora e presente oggi e - leggo dalla relazione Anselmi - l'allora giovane membro togato del CSM, Giacomo Caliendo che, su mandato di un altro giudice togato Domenico Pone, anch'egli consigliere di Cassazione, iscritto alla P2, su mandato dell'allora vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura Ugo Zilletti, faceva pressione sul procuratore di Milano Mauro Gresti per far riavere il passaporto a Roberto Calvi, a quel vice banchiere di Dio, presidente dell'Ambrosiano, nei guai fino al collo per una sfilza di reati valutari e societari.
Insomma, chi è Caliendo? Caliendo oggi è il sottosegretario alla giustizia, oggi è amico di Lombardi, Martino, Carboni, tanto da partecipare alle loro cene in casa Verdini, oggi, però, è anche una personalità del Governo che, in questi due anni, ha messo la propria firma, la propria voce, a disposizione del Governo per le cosiddette riforme. Quali? Il lodo Alfano, il processo beve, il legittimo impedimento e - da ultimo - le intercettazioni, quelle stesse intercettazioni, delle quali usufruirà lui, con il nuovo provvedimento in via di approvazione. Nonostante sia in grave conflitto di interesse, viene lui a proporre le modifiche sul provvedimento in materia di intercettazioni, che lo riguarda direttamente (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).
Se non è conflitto di interessi questo, qual è il conflitto di interessi?
Cosa c'entra, signor Ministro, dire che è soltanto iscritto nel registro degli indagati? Qui c'è una questione di opportunità, di igiene politica, che dobbiamo affrontare in questo Parlamento.
La Commissione Anselmi si chiudeva allora dicendo che i contatti con la magistratura prescindevano dall'iscrizione o meno alla Loggia, tuttavia approfittiamo dell'occasione per ricordare anche che non chiediamo solo le dimissioni di Caliendo, ma chiediamo anche al Presidente del Consiglio di fare al più presto le valigie e andarsene a casa. Lo chiediamo, anzi lo pretendiamo, in nome degli italiani onesti, che non ne possono più delle sue prevaricazioni e del suo utilizzo spregiudicato delle istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Partito Democratico).
Lei, signor Presidente del Consiglio, sta abusando della pazienza degli italiani. Se ne sta lì, novello Nerone, nella sua terrazza dorata a suonare l'arpa, con le sue ancelle prezzolate, mentre il Paese brucia. Lei, chiuso nel suo bunker dorato è sordo e cieco, come lo sono sempre stati i dittatori ed i satrapi di ogni tempo.
Per tutte queste ragioni, chiediamo al Parlamento un gesto di responsabilità e di dignità: sfiduciare il sottosegretario Caliendo oggi per sfiduciare l'intero Governo Berlusconi domani, anzi al più presto. Assumersi le proprie responsabilità, signori parlamentari, non vuol dire, tuttavia, rifugiarsi nel voto dell'astensione.
Sulla questione morale non ci si può astenere, o si sta da una parte, o si sta dall'altra (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). E chi oggi - dopo aver tanto tuonato contro i soprusi e l'illegalità del Governo Berlusconi ed avere invocato un ritorno alla moralità in questo Parlamento - non si comporta di conseguenza e non vota la sfiducia, mostra solo di essere un pavido, che non vuole tornare alle urne perché ha paura di perdere il proprio posto qui in Parlamento.
Ma anche questo è un modo immorale di fare politica e anche di questo l'Italia dei Valori farà denuncia in tutte le sedi, Pag. 69convinti come siamo che siano ugualmente responsabili sia chi fa la rapina sia chi fa il palo, e in questo Parlamento vi sono tanti «uomini palo» (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, signori del Governo, onorevoli colleghi, il gruppo parlamentare Futuro e Libertà. Per l'Italia è formato da deputati che avrebbero voluto restare nel Popolo della Libertà e lì partecipare ad un vitale confronto di idee e di personalità, che, guardando all'Europa, costruisse il futuro di un grande partito liberale e moderato nell'interesse del Paese.
Ci è stato detto in modo categorico che ciò non era ammissibile, che le nostre proposte e le nostre ragioni, i nostri contenuti e le forme che sceglievamo per esprimerli erano incompatibili con il partito e la sua leadership. Il nuovo partito del centrodestra, a quanto pare, non avrebbe potuto tollerare quella dialettica politica, aspra e competitiva, che caratterizza in tutto l'Occidente avanzato la vita politica interna dei grandi partiti di centrodestra.
Non abbiamo capito, ma ci siamo adeguati; ne abbiamo preso atto, ma non ci siamo rassegnati. Ora la maggioranza parlamentare, alla Camera come al Senato, è composta da tre gruppi, compresi quelli di Futuro e Libertà. Per l'Italia.
Siamo nella maggioranza e sosterremo lealmente l'Esecutivo, lavorando per migliorare e accelerare l'attuazione del programma di Governo. Per il resto, fuori dal perimetro del programma, andremo ad un confronto aperto, senza pregiudizi e ostilità. Nulla di meno, nulla di più!
Veniamo al voto di oggi: siamo garantisti «senza se e senza ma». Lo siamo per le migliaia di persone che stanno in carcere in condizioni incivili, ancora in attesa di un processo; lo siamo per quegli immigrati che vengono respinti come irregolari prima che si verifichi se abbiano o meno i requisiti per ottenere l'asilo politico; lo siamo per quelle decine di migliaia di imputati e vittime di reati che sono condannati dalle inefficienze del sistema giudiziario ad attendere per anni, spesso inutilmente, che la giustizia faccia il suo corso; lo siamo per tutti e lo siamo anche per i politici, che, di fronte ad un'indagine o ad un'imputazione, non sono né più né meno innocenti dei comuni cittadini.
Il perimetro della responsabilità penale non coincide, però, con quello della responsabilità politica. Nessun politico ha il dovere di dimettersi per il solo fatto di essere indagato, ma nessun politico può essere difeso, a prescindere da qualunque altra considerazione, solo perché indagato. L'avviso di garanzia non è una condanna preventiva, ma la presunzione di innocenza non assicura l'impunità politica.
Siamo contro gli opposti estremismi di chi ritiene che un avviso di garanzia debba far scattare la tagliola delle dimissioni e, magari, della decadenza dalle cariche pubbliche, e di chi, al contrario, ritiene che, per valutare la responsabilità di un politico indagato, occorra attendere la pronuncia definitiva dell'autorità giudiziaria. Si tratta di due errori, uguali e contrari, in cui la politica italiana è già caduta in passato e da cui deve guardarsi per il futuro.
Se oggi la cosiddetta questione morale torna in primo piano, non dobbiamo confondere la causa con l'effetto: sono i fatti a creare allarme, non l'allarme a creare i fatti. La crisi economica sta mettendo alla prova la società italiana: la storia ci insegna che è in questi momenti, quando la disoccupazione cresce, tante imprese sono in difficoltà e le famiglie sono costrette a ripensare i propri progetti di vita, che si diffonde la sfiducia nella politica e nelle istituzioni e che novelli agitatori di piazza hanno gioco facile.
Ed è in queste situazioni che la politica ha maggiormente il dovere di dare un'immagine di trasparenza, di correttezza, di legalità nell'esercizio del potere pubblico, di meritocrazia nella selezione della classe dirigente e nella valutazione delle sue responsabilità. È questo un importante Pag. 70capitale sociale fondamentale perché una nazione possa ritrovare la strada della crescita e del benessere.
Senza moralismi dobbiamo dire forte e chiaro che la questione dell'etica pubblica e dell'etica politica ci riguarda tutti, perché su questo tutti insieme verremo giudicati.
Negli ultimi mesi le inchieste giudiziarie - e non solo queste - hanno fatto emergere condotte, di cui è interamente da accertare il rilievo penale, ma di cui sarebbe da incoscienti sottovalutare la portata politica.
È inutile, oltre che dannoso, addebitare la responsabilità a un complotto politico mediatico; altra cosa, che invece va fatta a voce alta, è chiedere che i media raccontino le indagini senza emettere sentenze sommarie in assenza di alcun contraddittorio. In questo clima tornano a soffiare i venti di un giustizialismo aggressivo e di uno pseudogarantismo peloso. Non tutto è uguale, non tutto è ugualmente censurabile, non tutto è ugualmente difendibile, ogni caso fa storia a sé.
Per stare alle vicende, che hanno coinvolto membri dell'Esecutivo, bisogna dire chiaramente che il caso Caliendo è diverso dal caso Brancher, che è diverso dal caso Cosentino, che è diverso dal caso Scajola. Il collega Claudio Scajola si è dimesso da Ministro senza aver neppure ricevuto un avviso di garanzia. Ha sbagliato? No, ha fatto bene. Era opportuno che lo facesse e questo gli va riconosciuto.
Oggi si chiedono le dimissioni del sottosegretario Caliendo. Non voteremo a favore della mozione dell'opposizione. Come dicevamo, non tutte le vicende sono uguali e questa è molto diversa da quelle che l'hanno preceduta. Quanto emerge ed è dato conoscere, al di là - lo ripeto - del rilievo penale, che non spetterebbe a noi giudicare, consente di contestare al senatore Caliendo una grave imprudenza e un'eccessiva confidenza con personaggi che non meritavano né ascolto né credito, non la responsabilità di essere venuto gravemente meno ai suoi doveri.
Non sussistono i presupposti per chiedere le sue dimissioni e in questo concordo con il Ministro Alfano, ma d'altra parte - e lo diciamo sinceramente - non può essere giudicato irrilevante che proprio il sottosegretario al Ministero della giustizia sia sotto inchiesta per avere tentato di influire su procedimenti che interessavano importanti uffici giudiziari. Tocca al Presidente del Consiglio, al Ministro della giustizia, ma innanzi tutto al sottosegretario Caliendo valutare serenamente se una sospensione delle sue deleghe fino al chiarimento definitivo della sua posizione non sarebbe la cosa migliore da fare. Per queste ragione il gruppo di Futuro e Libertà si asterrà.
Da ultimo, signor Presidente, ma non per ultimo, è molto positivo che su questa posizione equilibrata, su di un terreno dove abitualmente prevale un feroce scontro pregiudiziale, vi sia una convergenza tra gruppi di maggioranza e di opposizione, uniti dalla consapevolezza che serve un sussulto di responsabilità istituzionale in una fase tormentata della Repubblica.
Non è un partito nuovo, non è il terzo polo: noi restiamo senza esitazioni nella maggioranza, i cui numeri oggi non cambiano; altri restano all'opposizione. Ma è una novità importante che, al di là dell'azione del Governo su temi che riguardano le istituzioni e il senso di comune appartenenza ad esse, non vi siano più steccati invalicabili. Questo è nell'interesse della Repubblica italiana.
Concludo, signor Presidente, ribadendo il voto di astensione del gruppo Futuro e Libertà. Per l'Italia (Applausi dei deputati dei gruppi Futuro e Libertà. Per l'Italia, Unione di Centro e Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, al contrario dell'onorevole Di Pietro e condividendo, invece, le parole dell'onorevole Della Vedova ritengo importante che si materializzi in queste ore un'area di responsabilità istituzionale e vorrei sul caso specifico fare due riflessioni. Pag. 71
Prima considerazione: il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta il giustizialismo come metodo di lotta politica, il gruppo dell'Unione di Centro rifiuta di minimizzare la questione morale. Lo ha detto questa mattina l'onorevole Mantini: la questione morale esiste e, onorevole Ministro guardasigilli, non basta non commettere reati, la politica prevede ragioni di opportunità, di decoro ed anche di decenza.
Chi rappresenta il Governo del Paese dovrebbe astenersi dal frequentare abitualmente gente discutibile, piccoli o grandi intrallazzatori o pluricondannati bancarottieri. È un problema penalmente irrilevante? Può darsi, certamente dimostra una preoccupante disinvoltura (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
Seconda considerazione: il giustizialismo non ha mai rappresentato un contributo serio a moralizzare il Paese. Come sa bene l'onorevole Di Pietro, i più grandi moralisti di solito hanno una radicata vocazione all'immoralità (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Noi non approviamo la condotta del sottosegretario ma, allo stato, non ravvisiamo un quadro di responsabilità sufficienti ad impegnare il Parlamento nella richiesta di revoca della sua delega.
Lasciamo al Governo, che ne risponde davanti al Paese, la responsabilità di ogni decisione in merito: noi non decapitiamo gli uomini per prendere una manciata di voti elettorali in più (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro).
E dunque, onorevoli colleghi, la nostra astensione è figlia di una decisione seria, ponderata, serena. L'Italia dei Valori - bisogna riconoscerlo - è coerente anche oggi con le vergognose parole che l'onorevole De Magistris ha rivolto ieri al neovicepresidente del CSM, onorevole Vietti, applaudito dall'Aula e figlio di una illuminata convergenza tra togati ed eletti dal Parlamento.
In realtà, c'è chi vuole una guerra permanente tra politici e giudici, c'è chi prospera nella divisione tra giudici e legislatori. Io credo che sia stata importante la convergenza che ha dato vita all'elezione di Vietti e do atto di questo ad un grande partito, come il Partito Democratico, ed anche al Popolo della Libertà: assieme hanno capito che un gesto di distensione era necessario tra potere legislativo ed ordine giudiziario e noi lavoriamo su questa strada.
Onorevole Presidente, il dibattito di oggi ha assunto però un significato più ampio ed uno spessore diverso rispetto al solo tema del caso Caliendo.
Vorrei rassicurare tutti, anche quei Ministri che si scoprono leoni nello scomunicare tutti gli altri mentre fino a ieri sono stati conigli nel difendere le loro amministrazioni dai tagli lineari: tutti tranquilli, colleghi, tutti tranquilli, qui non c'è nostalgia della DC, qui non c'è trasformismo, qui non c'è «grande centro», qui non ci sono manovre di Palazzo.
Apro una parentesi: è singolare che ci venga fatta lezione di trasformismo da chi in privato e in pubblico fino a ieri ha cercato di indurci a compiere atti trasformistici, che noi abbiamo sdegnosamente rifiutato, per aiutare l'attuale maggioranza. Cerchiamo di essere seri (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro)!
L'onorevole Cesa ieri ha definito quest'area (lo ha detto adesso l'onorevole Della Vedova) un'area di responsabilità nazionale. È un'area vasta: è figlia, onorevoli colleghi, della crisi di un bipolarismo che si sta sgretolando; almeno, per come lo abbiamo concepito in Italia, con partiti minoritari che spadroneggiano e dettano legge, come abbiamo visto fin troppo spesso e come fin troppo spesso hanno purtroppo visto anche i ministri del Governo Berlusconi, smentiti dagli atti parlamentari della loro maggioranza.
C'è chi non accetta, davanti ai problemi dell'Italia, di dividersi tra gli adulatori di Berlusconi e i suoi carnefici, salvandosi così la coscienza. Eravamo soli alle elezioni: sì, onorevoli amici del mio gruppo, eravamo soli alle elezioni. Oggi la compagnia è più folta. E mi permetto di fare una valutazione serena al Presidente del Consiglio: egli oggi ha due modi, ha due strade Pag. 72per affrontare la situazione. La prima: affidare la resurrezione alla magia dell'aritmetica parlamentare, magari per rafforzare i 316 voti auspicati nella votazione di oggi. La seconda è affrontare la questione politica, prendere atto che così si può solo tirare a campare, e certo senza alcuno slancio riformatore, ma magari affidandosi a qualche ulteriore spot televisivo. Le nostre carte le abbiamo messe in tavola da tempo, le nostre proposte anche: altro che complotti!
Onorevoli colleghi, si evocano fuori dall'Aula: le elezioni anticipate sono un'eventualità. Non nascondiamoci dietro un dito! Ma se la strada, che per ora si minaccia solo nei corridoi per spaventare qualche sprovveduto, dovesse diventare la via maestra, allora, davanti ad una fuga, ciascuno di noi dovrebbe assumersi le proprie responsabilità; e, colleghi, in quel caso penso che le sorprese sarebbero ben più forti dell'inedita creazione di quest'area di responsabilità nazionale.
In conclusione, Sant'Agostino diceva una cosa molto bella: meglio zoppicare sulla strada giusta che correre sulla strada sbagliata. Noi tutti stiamo correndo sulla strada sbagliata: chi nella maggioranza indugia a non vedere la realtà, chi rappresenta una realtà di comodo, chi crede che con qualche campagna intimidatoria di stampa o con qualche compravendita di parlamentare si possa risollevare una questione che è esclusivamente politica.
Colleghi, pensiamoci sopra con serenità durante le vacanze estive. Speriamo che il riposo serva a tutti, perché credo che la situazione di oggi è figlia in particolare di chi l'ha prodotta e di chi si ostina a non vederla.
Ritengo che bisognerebbe avere, in casi come questi, un po' di umiltà, un po' più di umiltà, perché la situazione del Paese, la situazione internazionale, la crisi delle famiglie italiane non possono essere affrontate facendo finta di non vedere una realtà deteriorata. Oggi tra l'Italia dei Valori e noi vi è un nuovo gruppo, che ha svolto una dichiarazione di voto: non penso sia un fatto casuale, penso che sia un fatto su cui tutti siamo chiamati a meditare, perché può cambiare il corso di questa legislatura. Non credo che dei fatti nuovi, che si producono, si debbano produrre con le metodologie vecchie, o per ricalcare strade vecchie.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

PIER FERDINANDO CASINI. Ho concluso, signor Presidente. Fatti nuovi debbono produrre gli elementi di novità che il Paese chiede, perché l'autoreferenzialità non è mai stata una soluzione (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro e Misto-Alleanza per l'Italia - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Reguzzoni. Ne ha facoltà.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, colleghi deputati, è di tutta evidenza che la mozione che stiamo discutendo è un pretesto per un attacco al Governo. Si tratta di una mozione strumentale per evidenziare un presunto disagio di alcuni deputati della maggioranza. È un'azione contro il Governo e che punta a bloccare l'azione di cambiamento di cui questo Governo è interprete.
Il Governo è impegnato invece nel realizzare il programma, e proprio su questioni di giustizia, di legalità e di moralità, ha ottenuto risultati brillanti. Vedete, colleghi, la giustizia e la legalità non si possono fare solo con le parole, ma si devono fare con i fatti, e questo Governo lo dimostra quotidianamente nella lotta alla mafia e nel sequestro dei beni della criminalità organizzata (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Grazie all'intervento del Ministro Maroni, abbiamo sequestrato beni per 12 miliardi di euro alla criminalità organizzata. Abbiamo arrestato ventisei su trenta dei peggiori latitanti, dei più pericolosi (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà), grazie al lavoro del Ministro dell'interno e del Ministro della giustizia, con il quale collabora Pag. 73il sottosegretario, che sta lavorando nei fatti contro la mafia e l'illegalità.
Ma proprio ieri, anche per il lavoro fatto dal Ministro Maroni e dal Ministro Alfano (dai due Ministeri e dai loro collaboratori), è stato approvato in via definitiva al Senato - lo abbiamo votato tutti - il Piano straordinario per la lotta alla mafia e alla criminalità organizzata (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). Erano dieci anni che aspettavamo questo provvedimento. Ma la legalità si difende anche con norme e pene certe, onorevole Della Vedova, combattendo l'immigrazione clandestina (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia/Partito Liberale Italiano)! Siamo al mese di luglio e abbiamo annullato gli sbarchi di clandestini...

PRESIDENTE. Che succede, onorevoli colleghi? Prego i colleghi di non uscire dall'Aula.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Presidente, non credo che quello che sta succedendo sia collegato alle mie parole...

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Reguzzoni, il tempo non verrà conteggiato.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Signor Presidente, proseguo quando vi sarà la condizione per farlo in modo sereno.

PRESIDENTE. Pregherei i colleghi della parte destra dell'emiciclo di consentire all'onorevole Reguzzoni di continuare il suo intervento. Prego, prosegua.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. La legalità - dicevo - si difende con norme e pene certe, combattendo l'abusivismo, l'immigrazione clandestina, l'abusivismo nei mercati, l'evasione totale. Proprio oggi è stata sgominata - complimenti anche qui vanno ai Ministeri interessati - una vera e propria truffa ai danni dello Stato per 300 milioni di euro che coinvolgeva un'organizzazione criminale costituita da immigrati cinesi.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego, non si possono proseguire i lavori in queste condizioni. Vi ricordo che siamo in diretta televisiva. Prego i colleghi di stare seduti o, se non vogliono ascoltare l'oratore, di uscire ordinatamente dall'Aula.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Colleghi, serve un po' di tranquillità, perché quello che vogliono fare è impedire il prosieguo dell'azione del Governo. Noi andiamo avanti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia/Partito Liberale Italiano)!
La moralità, la lotta all'illegalità, la giustizia, sono questioni che toccano anche i settori economici di questo Paese. Allora questo Governo è impegnato - e lo ha dimostrato anche con l'approvazione dell'ultima finanziaria - ad eliminare alcune piaghe, come l'assistenzialismo che è diffusissimo. Nel 2009, grazie all'azione di questo Governo, per la prima volta sono state tagliate 80 mila false pensioni d'invalidità (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà). La manovra appena approvata vuole eliminare altre 100 mila pensioni d'invalidità false (180 mila situazioni d'illegalità assoluta: la manodopera di una grande metropoli).
Questo è combattere l'illegalità ed è frutto delle azioni di questo Governo, mai fatto prima nella storia della Repubblica (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!
C'è qualcuno che si riempie la bocca di giustizia sociale. Questa è giustizia sociale: essere giusti ed equi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). La piaga è enorme e questo Governo sta combattendo, mettendo mano per la prima volta nella storia di questo Paese a queste situazioni radicate e diffuse. Questo è il Governo dei fatti, non delle parole, ma a chi giova mettere in discussione il Governo Pag. 74dei fatti? Chi vuole fermare quest'azione di cambiamento? Quali sono i poteri oscuri che vogliono fermare il cambiamento e le riforme? A parole si dichiarano per la legalità, ma nei fatti vogliono mantenere la situazione così com'è.
In questi giorni anche altre riforme stanno giungendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. Presidente, è difficile...

PRESIDENTE. Onorevole Reguzzoni, lei ha tutte le ragioni. Pregherei ancora una volta la parte destra dell'emiciclo di consentire all'oratore di parlare. Onorevole Martinelli, si segga... Si segga per favore o esca dall'Aula!

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. In questi giorni anche altre riforme stanno venendo a compimento. Per noi la prima è il federalismo fiscale. Si tratta della riforma più importante e più urgente per tutto il Paese e al contempo di un punto chiaro e preciso e, colleghi, controfirmato da tutti i colleghi di maggioranza (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
La riforma, che è la prima messa in atto dal 1971, ha un percorso preciso che si sta snodando secondo un iter che il Governo sta rispettando in maniera puntuale. Vedo anche il Ministro Calderoli molto attivo in questo argomento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Questo federalismo ha già visto la realizzazione del decreto sul federalismo demaniale, che è una battaglia storica del nostro movimento, ma è una giustizia all'interno del nostro Paese per i nostri comuni e per le nostre regioni.
Il Consiglio dei ministri ha approvato proprio oggi il decreto sul federalismo municipale: ben venga, è la prima riforma del fisco dei comuni che porta 15 miliardi di gettito ai comuni stessi e nelle prossime settimane arriverà il decreto sulle regioni. Per inciso, va detto che questo iter prosegue comunque in Commissione bicamerale e non ha bisogno di passaggi d'Aula. È dunque un processo di riforma storico e noi dobbiamo chiederci chi lo vuole fermare, chi vuole fermare il cambiamento e l'azione del nostro Governo. Chi vuole fermarlo ragiona e agisce secondo logiche di palazzo lontane dai cittadini, contro il volere dei cittadini perché sono solo poteri forti ed oscuri che vogliono fermare questo tipo d'azione. Il Governo è impegnato nella realizzazione del programma che ha avuto il voto degli elettori. Noi tutti della maggioranza, colleghi della maggioranza (Proteste dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...

PRESIDENTE. Pregherei i colleghi della maggioranza di dare retta all'onorevole Reguzzoni, che ha il diritto di svolgere il suo intervento.

MARCO GIOVANNI REGUZZONI. Evidentemente l'azione di disturbo prosegue. Comunque noi andiamo avanti e vogliamo andare avanti tutti insieme sul programma per il quale siamo stati tutti eletti (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano). Unico Governo in Europa, abbiamo ottenuto sempre la vittoria a tutte le elezioni che sono intercorse: siamo gli unici (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano)! Grave sarebbe tradire questo mandato elettorale. È in gioco la democrazia che per la Lega non è una parola vuota. L'unico Governo è quello legittimato dagli elettori, dai cittadini (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano). La verità, onorevole Bersani, è che voi invece avete paura degli elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)!
Volete portare il Paese sull'orlo di un precipizio, con giochi di potere vecchi che sanno di Prima Repubblica. La Lega non vi permetterà questi giochi.
Si sente parlare di Governo tecnico, di Governo istituzionale, di Governo di larghe intese, di Governo di transizione: l'unico Governo legittimo è quello votato dai cittadini Pag. 75(Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano)! Esiste un Governo, esiste un Parlamento votato dagli elettori e legittimato, di volta in volta, per realizzare un programma di cambiamento e di riforme. Noi andiamo avanti: la Lega non ha tradito e non tradirà mai il mandato ricevuto dagli elettori (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano).
Onorevole Franceschini, onorevole Casini, onorevole Della Vedova, il Paese ha problemi seri che devono essere affrontati: non il cosiddetto terzo polo, non la nuova legge elettorale. Il Paese ha bisogno di sburocratizzarsi, ha bisogno di sostenere il lavoro e le imprese, ha bisogno di modernità e ha bisogno di federalismo. Solo l'accordo Bossi-Berlusconi può garantire la riforma del Paese (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà).
Onorevole Bersani, onorevole Casini, credo che dietro queste manovre vi sia la volontà davvero di cambiare, per la prima volta, l'occasione che c'è, cioè quella di fare le riforme e di portare il cambiamento nel Paese. Noi non abbiamo paura del voto, voi forse sì. Noi non siamo figli dei salotti, noi siamo gente che nasce dal prato di Pontida: noi siamo lì (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania e Popolo della Libertà)! La Lega non vi consentirà di ribaltare la volontà popolare con giochi di palazzo. Avanti, Ministro Bossi con il federalismo, avanti Presidente Berlusconi! La Lega voterà contro questa mozione e voterà per il cambiamento e per questo Governo (Applausi dei deputati dei gruppi Lega Nord Padania, Popolo della Libertà e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, abbiamo letto molte spiegazioni sulla nostra scelta di presentare e calendarizzare la mozione concernente il sottosegretario Caliendo. Sono tutte letture di natura tattica, «dietrologica», come mettere in difficoltà la maggioranza...
Noi crediamo che in politica vi sia ancora spazio per battaglie di valori. Noi crediamo che debbano esservi ancora battaglie parlamentari in cui vi sia modo di richiamare i principi di legalità e di trasparenza, per ricordare il ruolo che hanno le classi dirigenti di un Paese, che trasmettono, con i loro comportamenti e le loro parole, al Paese che guidano.
Nessun giustizialismo: la mozione in esame non è animata da questo; anzi, il sottosegretario Caliendo fa bene a difendersi, è un suo diritto. L'accertamento delle responsabilità penali sarà compito della magistratura, e non dal Parlamento. Anzi, è grave che, oggi, il Ministro della giustizia Alfano sia venuto qui ad esprimere un giudizio sulle indagini. Non si è mai visto (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Noi facciamo - lo abbiamo fatto con le mozioni riguardanti Brancher e Cosentino - una battaglia per un Paese normale, per un Paese europeo: la politica non può attendere l'accertamento delle responsabilità penali. È possibile che non si dimetta subito un sottosegretario per la giustizia che ha partecipato ad una riunione per premere sulla Corte costituzionale sulla vicenda del cosiddetto lodo Alfano? È possibile che non si dimetta un sottosegretario per la giustizia indagato per associazione segreta? Leggete l'articolo 1 della legge Anselmi: si tratta di un'associazione in cui i soci svolgono attività dirette ad interferire sull'esercizio delle funzioni degli organi costituzionali o di amministrazioni pubbliche. È esattamente ciò che è successo.
In qualsiasi Paese normale, in un caso così, ci si dimette subito. Siamo faziosi? Siamo giustizialisti? Guardate cosa accade nei Paesi normali, dove vi sono Governi conservatori normali. In Inghilterra: si dimette un Ministro per alcuni rimborsi Pag. 76spese eccessivi. In Francia: si dimette un Ministro perché è accusato di aver fatto pagare l'affitto allo Stato. Negli Stati Uniti: si dimette il Ministro della giustizia accusato di circonvenzione di incapace. In Spagna: si dimette il Ministro, richiesto dai Popolari perché è stato a caccia con il giudice Garzón. In Israele: si dimette il Primo Ministro che dice: sono orgoglioso di un Paese che indaga i suoi Primi Ministri. In Francia: si dimettono due sottosegretari perché hanno comprato con soldi pubblici dei sigari. In Svezia: si dimettono due Ministri accusati di non aver pagato il canone della televisione. Questi sono i Paesi normali, questi sono i Governi conservatori dei Paesi normali (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Voi avete demolito il senso di rigore e il rispetto dell'etica pubblica che un Paese e una classe dirigente devono avere. Questo è il sistema che sta uscendo allo scoperto, non importi quali cognome porti, che siano Brancher, Verdini, Scajola, Caliendo, Bertolaso, Carboni, Anemone, Lombardi, Balducci: ognuno di loro ha il diritto di difendersi.

AMEDEO LABOCCETTA. Cambia Paese!

DARIO FRANCESCHINI. Noi non abbiamo alcun titolo, neanche morale, per condannarli, ma quello che emerge è un sistema malato basato sulla confusione tra politica e affari (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori), basato sul senso di impunità e sul senso di onnipotenza: non esistono reati e non esistono processi per chi ha vinto le elezioni. E se i magistrati insistono: si cambiano le leggi e si cambiano i reati, e non più solo per il Presidente del Consiglio, adesso anche per tutti quelli che stanno vicino al Presidente del Consiglio (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).

CARLO CICCIOLI. Ricordati di Tedesco!

DARIO FRANCESCHINI. Il rispetto delle regole e la legalità non dovrebbero avere nulla a che fare con lo scontro fra destra e sinistra, ma dovrebbero essere un patrimonio comune delle democrazie, questo è quello che ci chiede la gente.
Ministro Bossi, è questo che chiede la gente del nord, quella a cui per anni avete detto che venivate a Roma a combattere contro Roma ladrona, e adesso tacete, anzi, li difendete (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
Cameron, Sarkozy, Angela Merkel, leader conservatori europei che non farebbero mai quello che avete fatto voi allo Stato di diritto. Quei conservatori non si scontrano con i progressisti sulle regole, sui magistrati, sulla Costituzione, ma si scontrano sulla politica, e le regole, i magistrati e le loro Costituzioni le difendono insieme ai loro avversari progressisti. E sanno, quei leader conservatori, che chi vince le elezioni ha l'onore di fare il servitore dello Stato, non il padrone dello Stato (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Questo è il sistema di potere che sta crollando in questi mesi. E mi rivolgo al Presidente Berlusconi, che con il consueto garbo istituzionale, come al solito, segue questo dibattito in televisione, ed entrerà soltanto per ascoltare le parole rassicuranti del suo capogruppo, degli altri non ce la fa (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
Presidente Berlusconi, nel 1994, e per molti anni, sul palco eravate lei, Fini e Casini, si chieda perché su quel palco è rimasto da solo (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Si chieda perché chi ha in mente un centrodestra normale, un centrodestra europeo, a un certo punto, per forza, deve rinunciare a lavorare con lei.
Si chieda, onorevole Berlusconi, che drammatica prova di debolezza, da fine corsa è non rispondere politicamente alle critiche, come fanno i veri leader, ma rispondere soltanto con l'arroganza del padrone che caccia chi disubbidisce, mostrando Pag. 77dei muscoli che non ha più (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico, Italia dei Valori e di deputati del gruppo Unione di Centro).
Il paradosso è che questi argomenti assorbono tutto il nostro tempo. Presidente Berlusconi, trovi un minuto per occuparsi dei problemi di quegli italiani che vi hanno votato, i quali vedono, invece, che la vostra agenda e tutte le vostre energie sono impegnate in altro, sin dall'inizio della legislatura: lodo Alfano, legittimo impedimento, processo breve, intercettazioni, tutte cose che riguardano voi e non il vostro popolo.
Il vostro popolo vi chiede dove sono finite quelle riforme promesse e tragicamente mancate, dove è finita la riforma del fisco con due aliquote, dove è finita la riforma della giustizia, quella degli ammortizzatori sociali, quella delle professioni, quella dell'articolo 41 della Costituzione, quella relativa al taglio dell'IRAP. Sono quei fallimenti che vi portano ad aver paura della gente. Avete paura di andare alla cerimonia del 2 agosto (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Presidente Berlusconi, perché non torna a L'Aquila con quel seguito di telecamere compiacenti? Perché non torna adesso a L'Aquila? (Applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori).
L'astensione del nuovo gruppo Futuro e Libertà. Per L'Italia è un dato politico rilevantissimo. La maggioranza, di cui ha parlato l'onorevole Reguzzoni, uscita dalle elezioni non c'è più. C'è una maggioranza residuale che dovrà conquistarsi la sopravvivenza volta per volta, con le astensioni sui singoli emendamenti. Ne abbiamo avuto prova oggi nella parte nobile con l'intervento dell'onorevole Della Vedova e nella parte meno nobile con quanto avvenuto fuori dall'Aula. È iniziata la seconda parte della legislatura. Sarà tutta diversa. Non sappiamo quanto durerà ma, onorevole Berlusconi, non pensi di spaventare tutti minacciando le elezioni. Ridotti come siete, a brandelli, le perdereste (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Commenti dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Si ricordi, Presidente Berlusconi, che lei può dare le dimissioni. Il Presidente del Consiglio può dare le dimissioni e il giorno in cui lei lo farà sarà il giorno della sua resa e della nostra vittoria. Ma un minuto dopo le sue dimissioni lei uscirà di scena e la parola passerà al Capo dello Stato e al Parlamento (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Noi, che sappiamo che sarebbe folle tornare a votare per la terza volta con questa legge elettorale, questa «porcata» come l'avete chiamata, faremo ogni battaglia (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)...

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi prego!

DARIO FRANCESCHINI. Sono nervosi, signor Presidente, li lasci stare. Faremo ogni battaglia per tornare a votare con una legge diversa perché il nostro obiettivo è riconsegnare l'Italia ad un confronto normale e civile, con due schieramenti che conoscono la durezza dello scontro politico, ma che insieme sanno difendere le regole, il rigore e il rispetto della legge.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DARIO FRANCESCHINI. È una battaglia giusta e noi la faremo fino in fondo (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Partito Democratico e Italia dei Valori - Congratulazioni - Dai banchi dei deputati del gruppo Italia dei Valori si grida: Elezioni, elezioni!).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.
Prego i colleghi della parte sinistra dell'emiciclo di consentire all'onorevole Cicchitto di svolgere il suo intervento.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, oggi in questa seduta della Camera si rinnova una sorta Pag. 78di rito tribale grazie a chi, almeno una volta al mese, ha bisogno di immolare un sacrificio umano a quel valore supremo, il giustizialismo, che ha sostituito il dio che è fallito e tanti altri miti, tutti fortunatamente esauritisi nel 1989 (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Questa deriva viene sollecitata e gestita dal giornale-partito la Repubblica e ha la guida politica di Carlo De Benedetti, che ha un grande potere finanziario e mediatico, un'inesorabile ferocia politica ma che, purtroppo, non ha carisma personale.
In questo forsennato ricorso al giustizialismo, come arma totale di distruzione individuale e collettiva dell'avversario, come strumento essenziale per fare la lotta a Berlusconi, visto che i voti non ci sono, vi è però qualcosa di più profondo.
Esso è il prodotto della crisi non risolta e non superata della sinistra italiana. In un libro scritto da due personalità di sinistra, Fasanella e Pellegrino, dal titolo Il morbo giustizialista si afferma: «Nell'Occidente democratico l'ideologia "legge e ordine" è tipica di forze politiche conservatrici, mentre le forze progressiste di regola sono più attente a contrastare le diseguaglianze sociali e a garantire i diritti individuali di libertà». Da noi avviene l'opposto: l'ideologia «legge e ordine» invece è il tratto fondativo dell'Italia dei Valori, permea fortemente di sé buona parte della sinistra radicale ed è maggioritaria nello stesso Partito Democratico.
Né tutto ciò viene fatto da chi, onorevole Franceschini, è portatore di una superiore moralità. Non vogliamo andare troppo indietro nel tempo, né calcare la mano, ma sono di pochi mesi fa i casi di malaffare riguardanti le giunte di sinistra in Toscana, nel Lazio, in Campania, in Puglia e in Calabria (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano).
D'altra parte i personaggi più significativi facenti parte della cosiddetta cricca sono stati originariamente scoperti e messi in pista da Governi e giunte di centrosinistra (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
In Puglia il senatore Tedesco è stato candidato ed eletto al Senato per assicurargli l'immunità: allora, onorevole Franceschini, se c'è un sistema malato, voi fate parte della malattia (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano).
Oggi la vittima sacrificale deve essere il sottosegretario Caliendo: colpevole di cosa? Colpevole di nulla, di aver fatto un centro studi, di aver fatto alcuni convegni, di aver parlato con molte persone in pubblico, a viso aperto, in ristoranti e alberghi, di essere stato una volta a casa di Verdini, di avere incrociato un paio di volte Carboni, che però non era fonte di crimine e di associazione a delinquere quando incontrava Carlo Caracciolo e faceva affari con lui (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
Siamo arrivati al punto che la Repubblica ha pubblicato persino un falso verbale dell'interrogatorio di Caliendo. In sostanza, quella di Caliendo è una posizione assolutamente limpida e regolare. Quella che è emersa è solo l'esistenza di un normale tessuto sociale fatto di relazioni e di colloqui.
Ma allora attenzione, onorevoli colleghi dell'opposizione, al terreno in cui ci si sta inoltrando. Voi state costruendo una società fondata sul principio che Foucault ha sintetizzato nell'espressione «sorvegliare e punire». Voi state dando il via libera a un invasivo network della sorveglianza in cui c'è il grande fratello delle intercettazioni, un network che paradossalmente aggredisce tutte le libertà: la libertà di parola, di sesso, di attività economiche, di iniziative sociali (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico) prodotte e accentuate proprio dalla faccia liberatoria, libertina, liberale del Sessantotto. Questo è il vostro paradosso.
Orbene, questo network della sorveglianza, della repressione, della violazione Pag. 79sistematica del segreto istruttorio, poi, spia, criminalizza e registra tutte le manifestazioni dell'individualismo tessute in tutti questi anni e le passa surrettiziamente ai media che magari scelgono, fior da fiore, le comunicazioni più imbarazzanti e più morbose.
A quel punto il gioco è fatto: si afferma così il network della sorveglianza e anche - permettetemi l'espressione - dello «sputtanamento» personale (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania), che alimenta a sua volta una comunità di voyeur e di moralisti da quattro soldi.
Al netto delle vite delle famiglie, così devastate, poi viene anche diffusa la sentenza anticipata, il mostro viene sbattuto in prima pagina, distrutto come immagine, nei rapporti familiari e nella rispettabilità. Non parliamo poi dell'eventuale ruolo e prestigio politico. Se questa operazione viene ripetuta per 10, 100, 1.000 casi, essa può addirittura distruggere un'intera forza politica.
Poi certo, dopo vent'anni la sentenza anticipata viene sostituita dalla sentenza giudiziaria e magari la prima viene annullata. Ma chi restituisce a Rino Formica, a Calogero Mannino e a tanti altri gli anni vissuti sotto l'onta e l'angoscia della sentenza mediatica (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano)?
Ecco, il sottosegretario Caliendo è vittima di una procedura di questo tipo, senza nemmeno l'esistenza di materiale particolarmente piccante o penalmente significativo.
Allora, con forza diciamo il nostro «no» a tutto questo e, in primo luogo, a questa mozione. Lo facciamo perché il senatore Caliendo è notoriamente una persona per bene, lo facciamo perché egli non ha commesso nulla di male, lo facciamo perché vogliamo bloccare un infame meccanismo distruttivo e autodistruttivo che ci costringe a celebrare questa sequenza di processi politici invece di discutere dei problemi della società italiana. Onorevole Franceschini, lo facciamo anche per voi, per interrompere la vostra deriva giustizialista e poliziesca, che talora ha fatto vittime anche al vostro interno e ha addirittura sconvolto i vostri stessi equilibri politici.
Più volte il Presidente della Repubblica ha sollecitato la ripresa di un confronto sulle grandi riforme costituzionali. Noi raccogliamo questo appello, ma avanziamo anche un interrogativo: come si può procedere sul terreno delle grandi riforme se ogni giorno la normalità del dibattito politico è interrotta dalla virulenta proclamazione di processi, insieme giudiziari e politici, segnati dal manicheismo e dal settarismo, che hanno come unico scopo la distruzione degli avversari? Oggi, stando a quello che abbiamo sentito poco fa, lo scalpo del sottosegretario Caliendo dovrebbe arricchire la collezione dell'onorevole Di Pietro e dei suoi seguaci del Partito Democratico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).
No, non vi daremo la testa del senatore Caliendo perché egli è innocente e l'innocenza, onorevole Fini, onorevole Casini, senatore Rutelli, va tutelata e difesa al di fuori di ogni calcolo politico, non astenendosi ma battendosi a viso aperto (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)! La vostra astensione, se non ci fosse il «no» del Governo, del PDL e della Lega Nord sarebbe una resa senza condizioni all'aggressione giustizialista (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano).
Si è detto anche che l'astensione è fatta per un sofisticato tatticismo politico ma, onorevole Casini, non si può esercitare il tatticismo politico quando sono in ballo dei valori fondamentali che voi conoscete benissimo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano).
Allora, ci auguriamo non solo di interrompere una spirale, ma di dare un contributo per riaprire il confronto sulle riforme che siamo impegnati a realizzare Pag. 80anche raccogliendo la sollecitazione di molte forze della società civile e del Presidente Napolitano. Lo facciamo come Governo e come maggioranza. Non esistono, onorevole Bersani, le scorciatoie di piccole operazioni di cabotaggio parlamentare che stanno nella vostra speranza di poter far cadere il Governo e di non andare alle elezioni, perché del voto avete una paura folle (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania)!
Quindi, per queste cause generali e per le ragioni specifiche espresse nel dibattito anche dalla sapienza giuridica degli onorevoli Contento e Paniz, alla mozione contro il sottosegretario Caliendo noi diciamo un «no» alto e forte (Prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia - Partito Liberale Italiano - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche delle gruppo Misto, per le quali è stata disposta la ripresa televisiva diretta. Avranno ora luogo dichiarazioni di voto a titolo personale.
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini (All'ingresso in Aula del Presidente del Consiglio Berlusconi prolungati applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Dai banchi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania si grida: Silvio! Silvio! - Dai banchi dei deputati del gruppo Italia dei Valori si grida: Duce! Duce! - Dai banchi dei deputati del gruppo della Lega Nord Padania si grida: Bossi! Bossi!).
Onorevoli colleghi, per cortesia...consentiamo all'onorevole Bernardini di parlare...
Prego onorevole Bernardini, ne ha facoltà, per due minuti.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, per la delegazione radicale la discussione di questa mozione è un'occasione. Noi le consigliamo, signor Presidente del Consiglio, perché così è scritto nel dispositivo della mozione, di invitare - la formula è questa - il senatore Giacomo Caliendo a rassegnare le dimissioni da sottosegretario di Stato per la giustizia. I processi vanno fatti fuori da quest'Aula. Tuttavia, le valutazioni politiche si fanno qui, anche se quest'Aula è spesso il luogo non del dibattito per giungere a decisioni legislative, ma quello delle ratifiche di decisioni prese altrove. Il sottosegretario Caliendo sa quale sia la critica severa che gli abbiamo rivolto per come ha gestito, per conto del Governo, il problema della giustizia.
Presidente Berlusconi, il problema della giustizia è il più importante problema politico che l'Italia si trova ad affrontare, dalla crisi strutturale del problema della giustizia dipende la sofferenza estrema della democrazia del nostro Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, dovrebbe concludere...

RITA BERNARDINI. Dipende la sofferenza dei cittadini italiani sul piano economico, sociale e delle libertà civili. Lei, signor Presidente del Consiglio, ha fatto spesso promesse (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico)...

PRESIDENTE. Onorevole Bernardini, il suo tempo è terminato, la ringrazio...
Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Moroni. Ne ha facoltà.

CHIARA MORONI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la mia è una storia profondamente e autenticamente garantista. Negli anni di Tangentopoli mio padre, raggiunto da due avvisi di garanzia per un finanziamento illecito al Partito Socialista Italiano, ritenne di doversi togliere la vita: gesto estremo per gridare la sua innocenza in un clima da pogrom. Non posso tollerare che la battaglia garantista venga confusa con il giustificazionismo o, peggio ancora, con l'impunità. Non posso tollerare altrettanto nessuna forma di giustizialismo. Pag. 81
Penso che il dibattito sul caso del sottosegretario Caliendo si stia svolgendo su un piano sbagliato. Non è un problema giudiziario, né di scontro tra garantismo e giustizialismo. È un problema di opportunità politica e di compatibilità tra il suo incarico istituzionale e i suoi comportamenti. È un problema di responsabilità e di etica personale e pubblica. Ne deve rispondere all'opinione pubblica prima ancora che all'autorità giudiziaria. La mia è una storia personale, familiare e politica che coincide integralmente con la battaglia garantista e, proprio per questo, credo che niente abbia a che vedere il garantismo con quello di cui stiamo discutendo qui oggi.

PRESIDENTE. Onorevole Moroni, la prego di concludere.

CHIARA MORONI. Lo ripeto: è l'opportunità politica che dovrebbe suggerire un passo indietro per difendersi meglio, pienamente tutelato dalle garanzie democratiche, che non ebbe mio padre nel 1992. Non credo che sia attraverso la mozione parlamentare che bisogna arrivare a questo. Per questo non parteciperò al voto. Credo, invece, che debba essere frutto di etica pubblica diversa da quella che abbiamo oggi (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro, Futuro e Libertà. Per l'Italia, Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

(Votazione)

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.
Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sulla mozione Franceschini, Donadi ed altri n. 1-00416, non accettata dal Governo.
Dichiaro aperta la votazione.
(Segue la votazione).

Onorevoli Martinelli, Traversa, Consiglio...
Dichiaro chiusa la votazione.
Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazionia ).

(Presenti 603
Votanti 528
Astenuti 75
Maggioranza 265
Hanno votato 229
Hanno votato no 299).

(La Camera respinge - Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania - Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro - Vedi votazionia ).

Sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Comunico che, secondo quanto stabilito a seguito della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo del 2 agosto scorso, l'Assemblea sarà convocata mercoledì 8 settembre, alle ore 17, con all'ordine del giorno «Comunicazioni del Presidente» per rendere noto il calendario del mese di settembre definito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo, che si riunirà a tal fine nella mattinata dello stesso giorno.
Le Commissioni riprenderanno i propri lavori nella settimana dal 6 al 10 settembre.

Costituzione dell'ufficio di presidenza di un gruppo parlamentare.

PRESIDENTE. Comunico che, con lettera pervenuta in data odierna, il deputato Italo Bocchino ha reso noto che in pari data il gruppo parlamentare Futuro e Libertà. Per l'Italia ha proceduto all'elezione del suo ufficio di presidenza che risulta così composto: presidente, Italo Bocchino; vicepresidente vicario, Benedetto Della Vedova; vicepresidente, Giorgio Conte.

Pag. 82

Modifica nella composizione della Giunta per le autorizzazioni.

PRESIDENTE. Comunico che ho chiamato a far parte della Giunta per le autorizzazioni il deputato Fulvio Follegot, in sostituzione di Matteo Brigandì, cessato dal mandato parlamentare il 30 luglio 2010.

Annunzio della sostituzione di un membro supplente del Comitato parlamentare per i procedimenti d'accusa.

PRESIDENTE. Comunico che, ai sensi dell'articolo 3, comma 4, del regolamento parlamentare per i procedimenti di accusa, ho inserito nell'elenco di deputati ai fini delle eventuali sostituzioni di cui all'articolo 3, comma 3, del medesimo regolamento il deputato Nicola Molteni in luogo del deputato Fulvio Follegot.

Ordine del giorno della prossima seduta.

PRESIDENTE. Comunico l'ordine del giorno della prossima seduta.

Mercoledì 8 settembre 2010, alle 17:

Comunicazioni del Presidente.

La seduta termina alle 18,30.

VOTAZIONI QUALIFICATE
EFFETTUATE MEDIANTE PROCEDIMENTO ELETTRONICO

INDICE ELENCO N. 1 DI 1 (VOTAZIONI DAL N. 1 AL N. 8)
Votazione O G G E T T O Risultato Esito
Num Tipo Pres Vot Ast Magg Fav Contr Miss
1 Nom. Ddl 3646 - em. 1.13, 1.14, 1.15 552 551 1 276 253 298 27 Resp.
2 Nom. em. 1.16 557 557 279 256 301 25 Resp.
3 Nom. em. 1.28 558 519 39 260 217 302 25 Resp.
4 Nom. em. 1.30 558 557 1 279 256 301 26 Resp.
5 Nom. em. 1-bis.29 560 329 231 165 25 304 22 Resp.
6 Nom. em. 1-bis.47 552 332 220 167 31 301 22 Resp.
7 Nom. Ddl 3646 - voto finale 557 555 2 278 304 251 20 Appr.
8 Nom. Moz.Franceschini,Donadi e a 1-416 603 528 75 265 229 299 7 Resp.

F = Voto favorevole (in votazione palese). - C = Voto contrario (in votazione palese). - V = Partecipazione al voto (in votazione segreta). - A = Astensione. - M= Deputato in missione. - T = Presidente di turno. - P = Partecipazione a votazione in cui è mancato il numero legale. - X = Non in carica.
Le votazioni annullate sono riportate senza alcun simbolo. Ogni singolo elenco contiene fino a 13 votazioni. Agli elenchi è premesso un indice che riporta il numero, il tipo, l'oggetto, il risultato e l'esito di ogni singola votazione.