XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 16 settembre 2010

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta orale:

TASSONE, NUNZIO FRANCESCO TESTA, ZINZI e COMPAGNON. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, Renato Brunetta, in un intervento svolto a Gubbio ha dichiarato che «Se non avessimo la Calabria, la conurbazione Napoli-Caserta, o meglio se queste zone avessero gli stessi standard del resto del Paese, l'Italia sarebbe il primo Paese in Europa» e ha ribadito l'infelice espressione anche successivamente al Giornale di Vittorio Feltri;
dire che la conurbazione Napoli-Caserta costituisce un cancro per l'Italia è un'offesa, non solo per i meridionali ma per tutti gli italiani e per tutti i Governi che si sono succeduti, dal momento che, si dovrebbe prendere atto delle loro «limitate capacità di buon governo»;
le parole pronunciate da un Ministro che dovrebbe cercare di risolvere i problemi del Sud piuttosto che scagliare sentenze velenose, sono lontane dall'essere costruttive o di una qualunque utilità anche in considerazione di una efficace politica federalista;
l'adozione del federalismo non deve penalizzare dei territori a vantaggio di altri, solo così si potrà aiutare il mezzogiorno e preservare l'unità del Paese e non certo con invettive continue da parte di un Ministro della Repubblica italiana;
se le regioni del nord hanno raggiunto livelli europei ottimali lo devono anche a generazioni di calabresi, uomini e donne, che hanno esportato lì un bagaglio di risorse culturali e professionali. Inoltre, nel corso degli anni ingenti risorse destinate al sud con interventi straordinari sono state utilizzate attraverso sapienti speculazioni dal nord;
la magistratura e le forze di polizia in Calabria hanno condotto diverse operazioni andate a buon fine e che hanno portato alla cattura di pericolosi latitanti, purtroppo la criminalità organizzata sempre più arrogante e dominante in queste aree del mezzogiorno ha portato anche all'uccisione di uomini politici, amministratori locali, sindaci coraggiosi e onesti -:
se non ritengano necessario intervenire con urgenza e con provvedimenti sempre più efficaci a sostegno delle regioni nelle quali i cittadini sono oppressi tra sottosviluppo, illegalità e sindaci coraggiosi e onesti vengono uccisi e condannare con forza e decisione le affermazioni di chi, Ministro della Repubblica dovrebbe contribuire alla realizzazione di ciò e non essere da ostacolo con quelle che gli interroganti ritengono velenose sentenze e inutili invettive.
(3-01232)

Interrogazioni a risposta scritta:

COMMERCIO, LO MONTE, LATTERI, LOMBARDO e MISITI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 12 settembre 2010 al largo di Lampedusa, un motopeschereccio della flotta di Mazara del Vallo, è stato raggiunto da alcuni colpi di mitraglia sparati da una motovedetta libica che gli aveva intimato di fermarsi;
la motovedetta che ha sparato, e a bordo della quale si trovavano alcuni militari italiani, è una delle sei che il nostro Governo ha donato a quello libico, dopo la ratifica del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione allo scopo di contrastare l'immigrazione clandestina e prevenire gli sbarchi sul territorio italiano di migranti e richiedenti asilo;

il Trattato Italia-Libia di amicizia, partenariato e cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto del 2008 prevede una serie di misure per contrastare il fenomeno dell'immigrazione illegale dal momento che le ondate migratorie provenienti dalla Libia sono sempre state imponenti;
in base all'accordo siglato a Tripoli, sei unità navali della Guardia di finanza - tre guardacoste e tre vedette - sono state cedute temporaneamente alla Libia per effettuare «operazioni di controllo, ricerca e salvataggio nei luoghi di partenza e di transito delle imbarcazioni dedite al trasporti di immigrati clandestini, sia in acque territoriali libiche che internazionali». A bordo equipaggi misti con personale libico e personale di polizia italiano, che si occuperà anche di addestramento, formazione, assistenza e manutenzione dei mezzi;
l'accordo prevede anche che l'Italia si impegni a cooperare con l'Unione europea «per la fornitura di un sistema di controllo per le frontiere terrestri e marittime libiche, al fine di fronteggiare l'immigrazione clandestina». La direzione e il coordinamento delle attività addestrative ed operative di pattugliamento marittimo vengono affidati ad un comando operativo interforze che sarà istituito presso una «idonea struttura» individuata dalla Libia. Il responsabile sarà un «qualificato rappresentante» designato dalle autorità libiche, mentre il vice comandante (con un suo staff) verrà nominato dal Governo italiano;
tra i compiti del Comando interforze quello di organizzare l'attività quotidiana di addestramento e pattugliamento; di «impartire le direttive di servizio necessarie in caso di avvistamento e/o fermo di natanti con clandestini a bordo»; di interfacciarsi con le «omologhe strutture italiane», potendo anche richiedere l'intervento o l'ausilio dei mezzi schierati a Lampedusa per le attività anti-immigrazione;
sulla vicenda la procura della Repubblica di Agrigento ha aperto formalmente un'inchiesta disponendo, tra l'altro, accertamenti sui fori di proiettile per verificare se i militari libici abbiano sparato ad altezza d'uomo;
l'Ambasciata italiana a Tripoli è stata attivata dal nostro Ministero degli affari esteri per acquisire, in raccordo con le competenti autorità libiche, dettagliati elementi sulla vicenda e per accertare l'esatta dinamica dei fatti, alla luce dello stretto rapporto di collaborazione tra i due Paesi;
dall'altra parte l'ambasciatore libico in Italia ha annunciato che le «autorità libiche hanno nominato un comitato d'inchiesta sui motivi dell'incidente, un comitato aperto anche agli italiani che vi vorranno partecipare»;
il Ministro dell'interno ha disposto l'apertura di un'inchiesta per accertare se emerga un utilizzo improprio dei mezzi donati dall'Italia, per potenziare il contrasto all'immigrazione clandestina, non coerente con le previsioni del Trattato firmato nel 2007 -:
quale sia stata, sulla base dei primi accertamenti la dinamica dei fatti e se risultino confermate le anticipazioni fatte dalla stampa dalle quali si evidenzierebbe una violazione degli accordi e dei protocolli firmati tra l'Italia e la Libia in materia di pattugliamento marittimo;
quali iniziative il Governo intenda porre in essere al fine di verificare lo stato di attuazione delle intese tecniche che disciplinano il pattugliamento congiunto e che sono parte integrante del trattato firmato dai due Paesi apportandone, nel caso, i necessari correttivi;
quali siano le regole di ingaggio delle forze di polizia italiane operanti negli equipaggi misti e se non si ritenga che siano necessarie modifiche delle stesse;
atteso che la competenza in materia di pesca rientra tra quelle su cui l'Unione europea ha competenza esclusiva, quali iniziative il Governo italiano sta intraprendendo al fine di tutelare la marineria siciliana.
(4-08622)

STRIZZOLO, MARAN e ROSATO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente della Repubblica 12 settembre 2007 il comune di Resia - provincia di Udine - è stato inserito nell'elenco dei territori di insediamento della minoranza slovena, in base alle procedure previste dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482 «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» nonché dalla procedura di cui alla legge 32 febbraio 2001, n. 38 «Norme a tutela della minoranza linguistica slovena nella regione Friuli Venezia Giulia». Di conseguenza, vanno applicate al comune le disposizioni delle due leggi sopracitate, mentre ai cittadini del comune vanno garantiti i diritti individuali in esse previsti. Per adempiere alle disposizioni di legge il comune ha usufruito dei contributi previsti per le singole attività;
dopo l'approvazione della legge regionale 16 novembre 2007, n. 26, «Norme regionali per la tutela della minoranza linguistica slovena», ma in particolare negli ultimi mesi sono in corso nel comune vivaci polemiche rispetto alla presenza della minoranza linguistica slovena e alla specificità linguistica resiana;
tali polemiche hanno assunto toni molto accesi e aggressivi in occasione del rilascio della prima carta d'identità bilingue, richiesta - come previsto dalla legge n. 38 del 2001 - da un cittadino del comune di Resia, che ha subito, in seguito a questa più che legittima richiesta, gravi minacce personali;
l'amministrazione comunale di Resia ha distribuito tra i propri residenti un questionario che conteneva domande riguardanti l'appartenenza etnica, religiosa, linguistica ed altre domande di questo tenore;
attraverso tale questionario, anche se dichiarato anonimo, si può facilmente risalire all'identità del singolo cittadino, visto che si sta parlano di una popolazione limitata (1.285 residenti) e le domande di carattere personale sono molto dettagliate e che, pertanto, si tratta di anonimato fittizio;
i dati rilevati dal questionario (in particolare, la fede religiosa e l'appartenenza etnica) fanno parte dei cosiddetti dati sensibili di cui all'articolo 22 della legge 31 dicembre 1996, n. 675, e riguardano, comunque, la sfera privata di ogni individuo, per cui possono essere raccolti eventualmente solo previa autorizzazione del Garante per la protezione dei dati personali -:
se il Ministro sia stato informato dei fatti rappresentati e del clima di intolleranza che si sta pericolosamente diffondendo nel comune di Resia;
se le manifestazioni di protesta svoltesi davanti al municipio di Resia contro il cittadino che ha richiesto la carta d'identità bilingue abbiano formulato oggetto di comunicazione alla questione;
se e come il Ministro intenda agire per quanto di competenza per fare rispettare le leggi di tutela della minoranza linguistica slovena ed in particolare dei diritti individuali dei cittadini, appartenenti a tale minoranza, ristabilendo nel rispetto delle diverse sensibilità linguistiche e culturali presenti sul territorio un clima di convivenza nello spirito europeo, come recentemente auspicato nell'incontro storico a Trieste dai tre Presidenti di Italia, Slovenia e Croazia.
(4-08629)

...

AFFARI ESTERI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro degli affari esteri, il Ministro dello sviluppo economico, per sapere - premesso che:
la recente vicenda che ha interessato il canale satellitare «Italiani nel Mondo

channel», di cui si è avuta eco anche sui mezzi di informazione quotidiana del nostro Paese, desta particolare preoccupazione dato il contenuto pornografico delle trasmissioni offerte ai connazionali all'estero, una variazione nel classico e previsto palinsesto dell'emittente che secondo alcune affermazioni è da ricondursi ad un attacco di presunti hacker;
l'attacco dell'hacker «televisivo», in genere, è di breve durata e giunse ad interrompere le normali trasmissioni, mentre le affermazioni del direttore editoriale della rete televisiva satellitare «Italiani nel Mondo channel», attestano la chiusura delle trasmissioni dal mese di giugno 2010. Sembra pertanto strano che al momento della prima trasmissione di contenuto pornografico i responsabili dell'emittente non abbiano prontamente provveduto a denunciare l'accaduto al gestore ed alle autorità competenti;
tale mancanza è aggravata dal fatto che le dette trasmissioni sono state più di una, configurando pertanto almeno una omissione nel dovuto esercizio di controllo da parte del responsabile dei contenuti dell'emittente. Le trasmissioni apparse sulla televisione satellitare «Italiani nel mondo channel», canale satellitare 888, risulterebbero avere carattere piuttosto «commerciale» e non di mero intrattenimento socio-culturale;
il danno d'immagine per il nostro Paese, non solo tra le comunità italiane emigrate, è particolarmente grave ed è pertanto necessario fare chiarezza sull'intera vicenda, sia dal punto di vista gestionale che dell'attività redazionale e di vigilanza, essendo stati lesi anche gli obiettivi fissati dall'emittente per l'informazione diretta agli italiani residenti all'estero;
l'Agcom nel 2009 aveva deliberato le deroghe al canale satellitare sugli obblighi di programmazione e di investimenti in opere cinematografiche di espressione originaria italiana in quanto dedicata per oltre il 70 per cento all'attualità e all'approfondimento socio-culturale. L'effettiva attività di informazione e approfondimento socio-culturale e il rispetto dei canoni che presiedono l'attività di tale settore, ed una corretta organizzazione redazionale sono d'altronde le condizioni necessarie affinché una televisione privata ottenga finanziamenti pubblici;
secondo la stessa delibera N. 607/09/CONS dell'Agcom, concernente il rilascio di deroga dagli obblighi di programmazione e investimento, «La società Italiani nel mondo radio e Tv s.r.l, autorizzata alla trasmissione del canale satellitare "Italiani nel mondo", è tenuta a comunicare, entro 30 giorni dal verificarsi della circostanza, qualunque variazione concernente la programmazione o la linea editoriale tematica del suddetto canale, che modifichi quanto dichiarato dalla stessa società in sede di richiesta di deroga o nel corso del conseguente procedimento» -:
quali iniziative siano state assunte per fare chiarezza sulla vicenda e quali iniziative si intendano assumere affinché in futuro non si ripetano tali episodi che ledono fortemente la dignità di un territorio e dei cittadini italiani residenti all'estero posto che il Consiglio generale degli italiani all'estero (CGIE) nella prossima sessione assembleare provvederà ad acquisire tutti gli elementi di conoscenza possibili sul caso;
in questa era di rivoluzione informatica, quali azioni di monitoraggio intendano porre in essere sulle attività editoriali delle emittenti televisive che trasmettono all'estero in lingua italiana affinché vi sia un effettivo rispetto delle disposizioni in materia.
(2-00821)
«Narducci, Vannucci, Strizzolo, Barbi, Touadi, Mattesini, Tempestini, Fassino, Rugghia, Froner, Lulli, Fogliardi, Porta, Bucchino, Zucchi, Zunino, Servodio, Vico, Scarpetti, Lolli, Bossa, Rampi, Fadda, Piccolo, Cardinale, Melis, Bellanova, Benamati, Losacco, Cuomo, Nicolais, Verini, Rossa, Rosato, Lucà, Fontanelli, Marantelli».

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

RAMPI, BOCCUZZI e LOVELLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
presso la raffineria padana Oli Minerali SARPOM di San Martino di Trecate (Novara) in data 31 agosto 2010 è scoppiato un incendio. Analogo incidente, di dimensioni più ampie e pericolose, si è ripetuto in data 11 settembre 2010. L'impianto di distillazione è stato posto sotto sequestro;
l'azienda, progettata nel 1948, è operativa dal 1952. La maggioranza del pacchetto azionario appartiene ad ESSO italiana s.r.l. mentre la quota minoritaria è detenuta da ERG;
la raffineria, inserita nel polo industriale di San Martino di Trecate, è ubicata in prossimità del parco naturale «Valle del Ticino». I centri abitati più vicini sono Trecate, a 6 chilometri, e Cerano a circa 3 chilometri;
la vicinanza dello stabilimento petrolifero ad altri siti di stoccaggio e il transito continuo di mezzi pesanti carichi di gas e combustibile espongono la popolazione a rischi molto elevati;
nelle aree territoriali adiacenti il polo petrolchimico di San Martino di Trecate si rilevano da tempo alte concentrazioni di elementi inquinanti;
la raffineria SARPOM fornisce il carburante per aeromobili al vicino aeroporto di Malpensa e ha capacità produttive di 174 mila barili al giorno;
i lavoratori occupati presso lo stabilimento sono circa 480;
in questa zona, ricca di pozzi petroliferi, nel 1994 si verificò uno dei più gravi disastri ambientali del nord Italia per la rottura di una tubazione del pozzo di trivellazione del «deposito 24» dell'AGIP;
la SARPOM movimenta circa il 20 per cento delle spedizioni di prodotti petroliferi a mezzo ferrovia e proprio dallo stabilimento di San Martino di Trecate partì la cisterna che lo scorso anno provocò il tragico rogo nella stazione di Viareggio -:
se si ritenga di intervenire per quanto di competenza e cosa si intenda fare per garantire la sicurezza dei lavoratori e degli impianti, dei cittadini e dei territori esposti a rischio, la salubrità dell'aria e dell'ambiente nonché la tutela dei livelli occupazionali.
(5-03409)

Interrogazioni a risposta scritta:

MURGIA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere, premesso che:
in data 30 giugno 2008 è stata sottoscritta la convenzione Progemisa-regione autonoma della Sardegna relativa all'affidamento dell'incarico per l'esecuzione del piano di caratterizzazione dell'ex area industriale Seamag s.r.l. di Sant'Antioco (provincia di Carbonia-Iglesias);
per l'anno finanziario 2009 sono stati stanziati, per le bonifiche ambientali, complessivamente 7.500.000,00 di euro, con la legge regionale del 14 maggio 2009, n. 1;
con deliberazione della giunta regionale n. 54/28 del 10 dicembre 2009 sono stati assegnati 2,5 milioni di euro, di cui 150.000,00 per la progettazione ambientale per l'ex area industriale Seamag srl di Sant'Antioco;
in data 23 dicembre 2009 è stato definito l'accordo, mediante convenzione, tra regione autonoma Sardegna - assessorato dell'industria - e IGEA S.p.A. per la progettazione ed esecuzione degli interventi

di messa in sicurezza permanente e/o bonifica dell'ex area industriale Seamag s.r.l.;
è stato firmato l'accordo entro la fine del 2009, pena la revoca dei finanziamenti e la perdita del valore generato da tutti gli studi precedenti;
sembrerebbe che la durata dell'accordo sia di 30 mesi, che il tempo di predisposizione, approvazione e progettazione sia di 6 mesi ed il tempo di realizzazione degli interventi di 24 mesi;
gli interventi da attivare mirerebbero al trattamento, o bonifica, di suoli contaminati da mercurio, piombo, zinco e soprattutto idrocarburi pesanti e leggeri;
per l'attivazione di progetti di messa in sicurezza d'emergenza e/o bonifica è necessario disporre delle autorizzazioni sul PIN (piano di investigazione iniziale) e della successiva elaborazione di analisi di rischio;
la Progemisa (ente regionale in liquidazione, acquisito dall'ARPAS dal febbraio del 2009) sembrerebbe abbia trasmesso il documento finale sul PIN al servizio attività estrattive dell'assessorato all'industria che a sua volta dovrebbe averlo trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per le dovute autorizzazioni;
a tutt'oggi, pare, che il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non abbia ancora comunicato le risoluzioni con le relative autorizzazioni in merito alla caratterizzazione effettuata dalla Progemisa (attualmente assorbita dall'Arpas - ente strumentale dell'assessorato all'ambiente della RAS);
senza le autorizzazioni ministeriali, l'IGEA non può iniziare la progettazione a cui deve seguire l'opera di bonifica dell'ex sito industriale;
sono passati oltre 2 anni da quando è stata sottoscritta la convenzione Progemisa/regione Sardegna;
i tempi si stanno allungando con il rischio che scadano i 30 mesi dalla convenzione assessorato all'industria/IGEA senza che sia ancora stato risolto il problema;
già in passato, con la giunta Soru, non si è riusciti a portare a compimento i bandi pubblici di cessione a causa della mancanza della bonifica ambientale;
la situazione sopra descritta determina un grande nocumento alla fragile economia della provincia del Sulcis-iglesiente in quanto l'ultimazione della bonifica permetterebbe di poter rifare il bando per la cessione dell'area, che prevede nel PUC di Sant'Antioco, la possibilità di costruire un grosso porto turistico con area cantieristica, servizi e residenze turistiche;
questa realizzazione permetterebbe di avviare, in maniera compiuta, l'unica forma di sviluppo sostenibile per il nostro territorio;
l'attività portuale turistica, con la cantieristica ed i servizi a regime, porterebbero centinaia di posti di lavoro fissi e non stagionali;
gli allungamenti dei tempi determinano un danno incalcolabile in termini occupazionali in una zona con un altissimo tasso di disoccupazione -:
se il Ministero interrogato sia a conoscenza della situazione della ex area industriale Seamag s.r.l. di Sant'Antioco;
se il Ministro sia a conoscenza dei motivi per cui, ancora, non siano state rilasciate le autorizzazioni di merito;
quali iniziative urgenti intenda prendere il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per risolvere in maniera organica, e con tempi certi, la situazione descritta in premessa che rischia di compromettere il potenziale sviluppo economico di tutto il Sulcis-iglesiente;
se il Governo non ritenga ipotizzabile prendere in considerazione soluzioni tecniche ed amministrative diverse per determinare

una risoluzione più rapida del problema.
(4-08615)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
i risultati del nuovo atlante delle acque minerali geochemistry of european bottled water, appena pubblicato dall'organizzazione EuroGeoSurveys, che raggruppa 32 servizi geologici del vecchio continente, rivelano che l'acqua che si beve, in particolare quella minerale in bottiglia - nel nostro Paese diffusissima, visto che arriva nel 98 per cento delle famiglie italiane - è ricca di sostanze potenzialmente pericolose per la salute;
se i valori medi di elementi come arsenico, piombo, vanadio e antimonio contenuti nelle bottiglie esaminate nel nostro Paese (in tutto 157) sono abbastanza lontani dai limiti massimi previsti in Europa per le acque potabili in generale, è tuttavia vero che la situazione cambia, e molto, se si guardano i valori massimi di queste e altre sostanze. In una bottiglia italiana sono stati riscontrati, infatti, valori di arsenico pari a 8,91 microgrammi per litro (il limite di allarme per la salute è 10), mentre altre delle nostre acque contengono 4,69 microgrammi di berillio o 48,9 di vanadio (che ha come limite 50);
la situazione più critica è quella del manganese, metallo tossico che, se respirato, può favorire il Parkinson: un'acqua del nostro Paese contiene 292 microgrammi, a fronte di un limite europeo che per l'acqua minerale è di 500, mentre per quella del rubinetto è di appena 50 microgrammi;
la presenza di soglie di attenzione così diverse non può che suscitare qualche sospetto, visto che esistono acque minerali che superano di ben sei volte il limite stabilito per le acque del rubinetto, e non si conosce il motivo per cui le soglie siano così diverse, a livello europeo;
ancora più allarmante il fatto che per alcune sostanze i limiti non esistano proprio: in primo luogo, per l'uranio, che nelle acque censite in Italia ha un valore medio di 1,24 microgrammi (di cui si ha anche una marca che arriva a 31), nonché per lo stronzio, che può essere radioattivo e ha un valore medio di 750 microgrammi per litro, arrivando ad un massimo di 14 mila 100;
non è solo il nostro Paese ad avere una situazione così particolare: in tutta Europa esistono valori sorprendenti, ad esempio un'acqua della Repubblica Ceca contiene 229 microgrammi di uranio, altre hanno 25 mila 500 microgrammi di stronzio, 49 di vanadio o 371 di selenio;
i ricercatori che hanno partecipato al lavoro sull'atlante spiegano che «la qualità delle acque minerali italiane è certamente superiore alla media europea» e che molte delle stranezze nei valori potrebbero essere causate da «discrepanze nelle metodiche analitiche utilizzate a livello europeo e nazionale o a cause naturali, cui non sono generalmente associabili effetti negativi sulla salute». Infatti, il contenuto «totale» di un analita nelle acque «non coincide con quello effettivamente biodisponibile per l'organismo», che potrebbe provocare effetti avversi sulla salute;
gli studi condotti in tal senso a livello nazionale ed europeo finora non avrebbero «evidenziato correlazioni tra tenori naturali elevati di sostanze inorganiche nelle acque ed effetti negativi sulla salute delle popolazioni esposte» e questo varrebbe perfino per l'uranio, sebbene un intervento in materia, magari da parte dell'Unione europea, sarebbe auspicabile;
è uno degli stessi autori del libro, Clemens Reimann del servizio geologico norvegese, ad ammettere che la vera novità emersa dalla ricerca è la scoperta di «un'enorme variabilità (fino a 7 ordini di magnitudine per alcuni elementi, tra cui

l'uranio) in molti elementi contenuti nell'acqua potabile». Una novità che dovrebbe incoraggiare ulteriori studi;
secondo il tossicologo Antonio Marfella, «vanno istituiti organi che vigilino sulle fonti [...] Nell'Europa occidentale, sappiamo di vivere in una società altamente industrializzata. Praticamente ovunque, le falde acquifere sono tutt'altro che perfette. Agricoltura intensiva, pesticidi, il 30 per cento degli scarichi industriali che non si sa dove finiscano: con tali sciagure, è ovvio che una situazione del genere, caratterizzata da alta urbanizzazione e metropoli tentacolari, implica il continuo mancato rispetto delle regole. La cosa preoccupante è il fatto che le acque contengano dei cancerogeni certi. Non mi meraviglia la presenza dell'arsenico, usato da tempo nell'agricoltura: il problema è mantenerlo entro i limiti previsti dalle leggi. Va accertato a tutti i costi il rispetto delle norme di controllo: non si può essere allo stesso tempo controllato e controllore»;
continua Antonio Marfella: «Vanno creati veri organismi di controllo, meglio se terzi. Come succede ad esempio negli Stati Uniti, dove esistono delle vere garanzie di controllo. E assumersi un compito di natura sanitaria e di polizia giudiziaria» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza dello studio di cui in premessa e di quali ulteriori dati dispongano;
se non ritengano opportuno sostenere e promuovere la ricerca in materia, anche in sede europea;
se non ritengano opportuno assumere iniziative, anche normative, per affidare le operazioni di controllo sui valori delle sostanze presenti nelle nostre acque ad organismi specializzati e terzi, al fine di assicurare la trasparenza, la pubblicità, la regolarità e la qualità delle analisi.
(4-08624)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
consta agli interroganti che, presso l'aeroporto militare di Villafranca (VR), il Comandante del 3o stormo con «ordine di operazione» (146/2010) avente la durata di ben 36 giorni, dal 18 agosto al 24 settembre 2010, avrebbe precettato un ingente numero di militari dipendenti per le attività di preparazione e svolgimento degli eventi connessi alla cerimonia di «cambio del Comandante» e contemporaneamente di quelle dedicate alle attività dell'associazione denominata «Circolo del Terzo»;
durante tale «operazione», al personale precettato, consta che si corrisponderà il C.F.I. (compenso forfetario d'impiego), ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 163 del 2002 nella misura di 236 giornate feriali e 86 giornate festive;
il compenso forfetario d'impiego dovrebbe essere corrisposto al personale impegnato in esercitazioni od in operazioni militari, caratterizzate da particolari condizioni di impiego prolungato e continuativo oltre il normale orario di lavoro;
consta sempre agli interroganti che, la sera del 10 settembre, si sarebbe svolto presso il locale circolo ufficiali, un party di saluto per il comandante uscente con numerosi militari dipendenti in alta uniforme e relative consorti;
il «Circolo del Terzo» è un sodalizio costituito fra militari in servizio e in quiescenza che non è annoverato fra le associazioni riportate in allegato alla risposta data all'interrogazione n. 4-05722, ma consta agli interroganti che dall'ordine di operazione possa desumersi che l'amministrazione si fa carico delle necessità e

delle spese per sostenere le attività associative (12a assemblea) mettendo a disposizione uomini e mezzi;
dal sito web del sodalizio (http://www.circolodelterzo.it/) è possibile apprendere il «Circolo ha sede presso alcuni locali individuati presso il 3o Stormo S.O. con sede a Villafranca di Verona» -:
se il Ministro sia a conoscenza di quanto esposto in premessa e per quali motivi, in un periodo di forte crisi economica come quello che sta attraversando il Paese, non sia stata effettuata una più sobria celebrazione del cambio del comandante lo stormo;
quali siano i motivi che hanno consentito di includere le attività del citato sodalizio fra quelle istituzionali;
quanti siano stati i militari impiegati a supporto delle attività in argomento (cambio comando e 12a assemblea Circolo del Terzo), e quali siano i costi complessivi sostenuti dall'amministrazione della difesa, compresi gli oneri per la retribuzione delle ore di lavoro straordinario, del compenso forfetario d'impiego, del vitto e per l'uso di mezzi per i trasferimenti dei convenuti;
se, e a quale titolo e con quali modalità, l'amministrazione militare abbia concesso l'uso di alcuni locali al sodalizio in premessa;
come intenda giustificare l'esistenza in seno alla compagine militare del sodalizio «Circolo del Terzo», atteso che dalla risposta fornita all'interrogazione n. 4-05722 questo non appare essere incluso nell'elenco delle associazioni alle quali è stata concessa la relativa autorizzazione ministeriale.
(4-08625)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta scritta:

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, ha introdotto misure urgenti a sostegno della domanda, l'incremento della produttività del lavoro e del potere di acquisto delle famiglie prevedendo una tassazione agevolata sulle somme corrisposte a titolo di lavoro straordinario, supplementare e premi di produttività;
l'articolo 2, comma 1 ha introdotto un'imposta sostitutiva del 10 per cento per le somme erogate ai dipendenti del settore privato, in relazione sia a prestazioni di lavoro straordinario che ad incrementi di produttività, innovazione ed efficienza organizzativa;
il regime di tassazione agevolata è stato prorogato per gli anni 2009 ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 gennaio 2009, n. 2 e 2010 ai sensi dell'articolo 2, commi 156 e 157, dalla legge 23 dicembre 2009, n. 191, limitatamente agli elementi retributivi premiali (premi di produttività);
le circolari n. 49/E dell'11 luglio 2008 e n. 59/E del 22 ottobre 2008, emanate dall'Agenzia delle entrate e del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, hanno chiarito che rientrano nel regime di tassazione agevolato anche le indennità o maggiorazioni di turno o comunque le maggiorazioni retributive corrisposte per lavoro normalmente prestato in base ad un orario di turni, ed anche le somme erogate a titolo di lavoro notturno rientrano nell'aliquota agevolata del 10 per cento;

talune organizzazioni e rappresentanze sindacali hanno richiesto delucidazioni alle amministrazioni competenti in merito al regime di tassazione agevolata di cui all'articolo 2, comma 1, del suindicato provvedimento;
la risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010, emanata dall'Agenzia delle entrate ha definitivamente chiarito che devono essere assoggettate ad imposta sostitutiva del 10 per cento non soltanto le indennità e le maggiorazioni erogate per prestazione di lavoro notturno, ma anche il compenso ordinario corrisposto per quella stessa prestazione lavorativa, chiarendo anche la retroattività di tale interpretazione per gli anni 2008 e 2009 e nel rispetto dei requisiti e dei limiti previsti dalla normativa e, pertanto, per un importo massimo di 3.000 euro per l'anno 2008 e di 6.000 euro per gli anni 2009 e 2010 in favore di titolari di un reddito di lavoro dipendente che non abbia superato nell'anno precedente un determinato importo (non superiore ad euro 30.000 lordi nel 2007, euro 35.000 lordi nell'anno 2008, euro 35.000 lordi per il 2009);
stando alla citata risoluzione, per le retribuzioni sottoposte per gli anni 2008 e 2009 a tassazione ordinaria, anziché all'imposta sostitutiva del 10 per cento, i lavoratori dipendenti potranno far valere la tassazione più favorevole in sede di dichiarazione dei redditi, presentando dichiarazione integrativa per gli anni passati o avvalendosi dell'istanza di rimborso ai sensi dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973 e il datore di lavoro certificherà l'importo erogato a titolo di incremento della produttività del lavoro sulle quali non ha applicato la tassazione sostitutiva;
l'organizzazione sindacale FILP/Conf. lavoratori, tramite il segretario generale, Giuseppe Giordano, ha chiesto al direttore centrale dell'Agenzia delle entrate di informare in modo semplice, definitivo e con comunicazione ufficiale la direzione centrale di Poste italiane spa su come rendere esecutiva e pratica l'applicazione della risoluzione n. 83/E del 17 agosto 2010 dell'Agenzia delle entrate per i dipendenti di Poste italiane spa, tenuto conto che i suddetti dipendenti rientrano nel regime della tassazione agevolata in quanto pur essendo pubblica la funzione il contratto di lavoro del dipendente è privato -:
quali provvedimenti intenda predisporre al fine di consentire la corretta e definitiva applicazione della normativa indicata in premessa garantendo un sostegno concreto e fattivo ai lavoratori e alle famiglie;
se si ritenga auspicabile assumere le necessari iniziative, anche normative, volte a predisporre - al fine di sanare l'applicazione esecutiva delle leggi e normative sopra descritte per tutti i lavoratori dipendenti del settore privato - un conguaglio fiscale del 2010 nella busta paga del prossimo mese di dicembre, tenuto conto che le normative parlano del solo reddito di lavoro dipendente e il datore di lavoro è a conoscenza del suddetto reddito del proprio dipendente.
(4-08611)

GIOACCHINO ALFANO e CARLUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in sede di applicazione delle sanzioni penali in materia tributaria gli operatori hanno riscontrato la mancanza di coordinamento in ordine ai rapporti tra l'accertamento con adesione previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218 e la confisca per equivalente di cui all'articolo 322-ter c.p., estesa con la legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) anche ai reati tributari di cui agli articoli 2, 3, 4, 5, 8, 10-bis, 10-ter e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n.74;
in particolare nella prassi è stato riscontrato il comportamento di alcune procure che, a fronte della volontà espressa del contribuente di raggiungere un concordato con l'amministrazione finanziaria e quindi di assolvere il proprio debito tributario, non hanno svincolato le

somme di denaro sottoposte al sequestro preventivo finalizzato alla confisca, necessarie al pagamento delle imposte;
la ratio del comma 143 dell'articolo 1 della legge Finanziaria 2008, che estende «in quanto applicabile» il procedimento della confisca ai citati reati tributari, sembra adombrare un'ipotesi contraria a questa interpretazione, e cioè che le disposizioni del sequestro e della confisca siano finalizzate alla «messa in sicurezza» delle somme dovute all'erario, mentre il procedimento penale prosegue con i propri tempi;
qualora tale interpretazione dovesse ritenersi corretta, con la decisione penale non soltanto viene di fatto impedito il ricorso a procedure deflattive sul versante tributario mediante le quali si perviene all'assolvimento del debito tributario, con conseguente pregiudizio sia del contribuente, sia dell'erario, ma si assiste anche ad una duplicazione sanzionatoria nell'ipotesi in cui il debito tributario venga comunque assolto;
sul versante penale si procederebbe al sequestro preventivo (e poi alla confisca) di quelle stesse somme di denaro che, costituendo il profitto del reato (cioè l'imposta evasa), vengono sul versante tributario restituite all'Erario mediante l'accertamento con adesione -:
se non ritenga opportuno assumere le apposite iniziative, anche normative, per la corretta interpretazione del combinato disposto delle norme esposte in premessa, prevedendo, in un quadro che garantisca l'effettivo e completo recupero del dovuto da parte dell'Erario e lasciando impregiudicata l'azione penale, l'annullamento del sequestro e della confisca qualora il contribuente perfezioni l'accertamento con adesione, col versamento di quanto dovuto.
(4-08621)

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GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta scritta:

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nel corso della visita ispettiva di esponenti radicali, il 19 agosto 2010, nel carcere di Lecce, a fronte di capienza regolamentare di 650 posti e una capienza tollerata di 1.100, si è registrata la presenza di 1.471 detenuti (divenuti nel frattempo 1.485, secondo un comunicato stampa della UIL del 27 agosto);
il carcere di Borgo San Nicola ha così raggiunto il record storico per numero di detenuti e risulta essere il secondo per sovraffollamento in Italia;
in quasi tutte le celle, di circa 10 metri quadrati, originariamente previste per ospitare un solo detenuto, sono allocati letti a castello a tre piani, il che non assicura nemmeno i 3 metri quadrati calpestabili a testa, considerato lo spazio minimo al di sotto del quale si configura un trattamento disumano e degradante secondo la Corte europea per i diritti umani;
le celle non sono provviste di doccia, ed essendo le 28 docce in comune a giudizio degli interroganti non del tutto efficienti, con i piatti delle stesse che hanno perso l'impermeabilità e le conseguenti infiltrazioni tra i vari piani finiscono per interessare il box in uso al personale di sorveglianza ai passeggi;
erano evidenti incrostazioni e un'abbondanza di muffe che richiamano la necessità di interventi urgenti, anche sul piano della salubrità;
nel carcere, dotato di un sistema fognario realizzato a suo tempo per un numero nettamente inferiore di detenuti, continuano a verificarsi problemi di scarico che per evitare rotture all'impianto soprattutto d'estate consigliano la sospensione

forzata di fornitura d'acqua per consentire il rinvaso nelle vasche di raccolta;
nei turni notturni salta, per molte ore, l'energia elettrica e i gruppi elettrogeni interni non sono per nulla sufficienti a sostituire la rete pubblica, lasciando il personale e la popolazione detenuta nel totale buio e isolamento;
è stato segnalato inoltre un generalizzato aggravamento delle condizioni strutturali soprattutto per quanto concerne le infiltrazioni di acque piovane; dalle intercapedini di giuntura tra i prefabbricati e dai tetti, infatti, le copiose infiltrazioni interessano anche i punti di derivazione elettrica tanto da rappresentare concreto pericolo di corto circuito o di folgorazioni;
anche la staticità della struttura, con la molto probabile corrosione del ferro dei solai, è tutta da verificare;
nel reparto ove sono allocati i detenuti «collaboratori di giustizia» non sono presenti servizi igienici destinati al personale che è costretto, suo malgrado, a operare in ambienti poco illuminati e per nulla arieggiati;
le terrazze dei vari padiglioni e le reti di protezione dei passeggi si connotano per l'abbondante spazzatura depositatavi, per lo strato di guano rilasciato dalle varie specie di volatili (piccioni e gabbiani) e dalla presenza di carcasse degli stessi uccelli;
su una pianta organica che prevede 763 agenti di polizia penitenziaria, il 19 agosto 2010 erano 723 quelli che risultavano assegnati e 756 gli agenti effettivamente in servizio di cui però 106 erano assenti per malattia (divenuti 140 al 27 agosto secondo la UIL) e 61 avviati alla commissione medica ospedaliera di Taranto per patologie da stress o ansioso-depressive; delle unità restanti circa 200 erano assenti a vario titolo (ferie comprese); 60 erano i pensionamenti non integrati con l'ultimo concorso che si è svolto nel 2003;
questa disastrosa situazione del personale, secondo la UIL, comporta il dover espletare turni di 8, 9 e anche 10 ore al giorno, senza peraltro poter garantire i livelli minimi di sicurezza previsti;
occorre richiamare anche l'esigenza di adeguare i sistemi di sicurezza e di tutela poiché è stato segnalato come il personale operante negli ambienti detentivi non solo non ha a disposizione box idonei, ma è anche sprovvisto dei previsti sistemi di allarme e antiaggressione;
quanto agli educatori, su 14 persone previste dalla pianta organica, il 19 agosto 2010 vi erano 6 educatori assegnati e 8 effettivamente in servizio, mentre risultavano 6 gli psicologi effettivamente in servizio;
nel carcere di Lecce, dove sono ristretti 242 tossicodipendenti, di cui 62 in terapia metadonica e 18 sieropositivi, 350 affetti da epatite C e 140 con patologie di tipo psichiatrico, si è riscontrata una grave carenza di specialisti presenti solo 2 giorni a settimana per 2 o 3 ore il che comporta la necessità di trasferimenti dei detenuti che hanno bisogno di visite specialistiche dal carcere presso le apposite strutture sanitarie con ulteriore sottrazione di agenti di polizia penitenziaria alle esigenze del penitenziario;
i detenuti lavoranti alle dipendenze dell'amministrazione penitenziaria risultavano essere 195, i lavoranti in carcere per conto di imprese e cooperative 20 e i detenuti semiliberi che lavorano alle dipendenze di datori di lavoro esterni solo 16;
si è riscontrata inoltre una forte ritrosia, da parte della procura e della magistratura di sorveglianza leccesi, a concedere le misure alternative al carcere e perfino il beneficio della liberazione anticipata, lo sconto di pena di 45 giorni al semestre che viene normalmente concesso per la buona condotta intramuraria e che a Lecce viene invece riconosciuto solo se nulla osta da parte degli organi di polizia, investigativi e antimafia locali;

in queste condizioni, a giudizio degli interroganti, incivili e illegali della detenzione sotto il profilo amministrativo, della custodia e dell'assistenza sanitaria, da gennaio 2010 si sono verificati due suicidi e ben 11 tentati suicidi sventati in extremis dalla polizia penitenziaria, l'ultimo dei quali nella notte tra il 24 e il 25 agosto 2010, quando un giovane detenuto, a causa delle difficoltà di vedere i suoi due piccoli figli, ha cercato di impiccarsi -:
quali iniziative urgenti intenda assumere rispetto al problema del sovraffollamento del carcere di Lecce per assicurare spazi di detenzione conformi ai criteri minimi fissati dalla Corte europea dei diritti umani e condizioni più civili;
come intenda far fronte all'esiguità dei contingenti di polizia penitenziaria e a un'organizzazione dell'istituto che mostra più di qualche lacuna;
quali misure intenda adottare a fronte di un tasso di assenteismo, anomalo rispetto alla media, che interessa la polizia penitenziaria del carcere di Lecce;
in che tempi e con quali risorse intenda fornire i mezzi per sistemare le aree critiche dell'istituto come descritte in premessa e per adeguare i sistemi di sicurezza e di tutela del personale operante negli ambienti detentivi;
se e come intenda dotare l'istituto di fondi delle mercedi per consentire a un più elevato numero di detenuti almeno la possibilità di lavorare;
quali siano i dati statistici circa l'operatività della magistratura di sorveglianza leccese in materia di applicazione di misure alternative e benefici penitenziari, comparati a quelli di altri tribunali di sorveglianza e in rapporto al numero della popolazione detenuta;
nel caso di evidenti discrepanze statistiche, se e quali iniziative di competenza intenda adottare per incrementare l'operatività della magistratura di sorveglianza leccese;
quali iniziative urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario di Lecce alla piena conformità al dettato costituzionale e normativo.
(4-08616)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

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INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta scritta:

SAMPERI, BURTONE e BERRETTA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
è stata revocata la convenzione tra l'Anas SpA ed il Consorzio autostrade siciliane per la costruzione della Catania-Ragusa;
sono state avviate le procedure per l'avvio della procedura negoziata in project financing per la costruzione e gestione di questa importante arteria autostradale, il cui costo di realizzazione è pari ad 815 milioni di euro;
la sopraindicata arteria autostradale è strategica per i collegamenti con le zone interne della Sicilia, in particolare per il territorio calatino che in questi ultimi anni ha vissuto un profondo processo di sviluppo migliorando le sue produzioni agricole e manifatturiere e incrementando le sue potenzialità turistiche grazie anche all'inserimento di Caltagirone e Militello nel patrimonio mondiale dell'UNESCO, insieme a Catania e Ragusa;
in un contesto di forte competitività e di scarse risorse è necessario sfruttare e dare la massima efficacia alle poche infrastrutture che vengono realizzate -:
se sia stata espletata la concertazione tra lo Stato e la regione Sicilia e se siano stati sentiti gli enti locali interessati al tracciato dell'autostrada;
se, rispetto al tracciato presentato dai progettisti vincitori del concorso, in fase di progettazione esecutiva sia prevista una

variante tale da modificare l'originario «svincolo di Grammichele».
(4-08613)

IAPICCA e BERGAMINI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con delibera 21 dicembre 2001, n. 121 il CIPE, ai sensi dell'articolo 1 della legge n. 443 del 2001 («legge obiettivo»), ha approvato il 1o Programma delle infrastrutture strategiche, che, all'allegato 1, include la voce «Costa romagnola metropolitana» per un importo complessivo di 2,582 milioni di euro e che all'allegato 2, nella parte relativa alla Regione Emilia Romagna, tra le «Metropolitane», include il «Sistema di trasporto a guida vincolata nell'area metropolitana della costa romagnola Ravenna-Rimini-Cattolica»;
con successiva delibera 20 dicembre 2004, n. 86 il Comitato ha approvato il progetto preliminare del «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica - 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», individuando nell'agenzia Tram il soggetto aggiudicatore e fissando il limite di spesa in circa 92 milioni di euro;
con nota 21 marzo 2006, n. 218 - integrata con nota 28 marzo 2006, n. 234 - il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha trasmesso al CIPE la relazione istruttoria sul progetto definitivo del «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica: 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», con la quale viene proposta solo l'approvazione del progetto in questione, mentre non viene riproposta l'assegnazione di un finanziamento, a valere sulle risorse destinate all'attuazione del programma, per l'acquisto del materiale rotabile;
con successiva delibera del 29 marzo 2006, n. 93 il CIPE ha approvato il «Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica: 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Riccione FS», consentendo la realizzazione di tutte le opere, prestazioni e attività previste nel progetto approvato; dei 92 milioni di euro previsti per la realizzazione del progetto, 42,8 sono a valere sulla legge obiettivo, 7,7 a carico della regione, 20 a carico del comune di Rimini, circa 4 a carico del comune di Riccione e circa 7 a carico dell'agenzia Tram, aggiudicatrice del progetto;
l'intervento «Trasporto rapido costiero Rimini Fiera-Cattolica - 1o stralcio funzionale tratta Rimini FS-Rimini Fiera» è stato confermato anche a seguito della rivisitazione del 1o Programma delle infrastrutture strategiche, operata dal CIPE con delibera 6 aprile 2006, n. 130;
con delibere n. 130 del 2006 e n. 137 del 2007 è stato differito il termine per la consegna delle attività e dei lavori dapprima al dicembre 2007 e quindi al marzo 2008;
la delibera del CIPE 6 marzo 2009, recante una ricognizione sullo stato di attuazione del Programma delle infrastrutture, ha evidenziato la mancata attivazione di mutui relativa allo stanziamento di 42,9 milioni di euro destinato alla realizzazione del 1o stralcio funzionale tratta Rimini-Riccione, nell'ambito del progetto del Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica;
nell'audizione del Ministro per le infrastrutture e i trasporti tenutasi il 25 marzo 2009 presso le Commissioni riunite trasporti e ambiente della Camera dei deputati sul programma delle infrastrutture strategiche e sul piano degli interventi nel triennio 2009-2011, il Ministro ha evidenziato che accanto al quadro programmatico, sempre nel 2009, si sarebbero contestualmente attuati una serie di interventi già esaminati ed approvati dal CIPE e supportati finanziariamente tra i quali l'asse Rimini-Riccione;
occorre tener conto dell'intenzione del Governo di prendere in considerazione gli interventi già previsti dai documenti di programmazione economico-finanziaria antecedenti a quello approvato nel 2008, tra cui quello della tranvia Rimini-Riccione, tenendo conto delle conseguenze

positive che l'immediata attivazione del processo di realizzazione delle opere può avere sulla crescita del PIL e sull'occupazione;
il comma 177-bis dell'articolo 4 della legge n. 350 del 2003, introdotto dalla legge n. 296 del 2006, ha integrato la disciplina in materia di contributi pluriennali prevedendo in particolare, che il relativo utilizzo, anche mediante autorizzazione, è disposto con decreto del Ministro competente, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa verifica dell'assenza di effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti dalla legislazione vigente;
il citato comma 177-bis ha disposto, in particolare che, in caso si riscontrino effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, gli stessi possano essere compensati a valere sulle disponibilità del Fondo per la compensazione degli effetti conseguenti all'attualizzazione dei contributi pluriennali;
a seguito delle verifiche effettuate ai sensi del citato comma 177-bis è risultato che l'utilizzo dei contributi pluriennali, mediante operazioni di attualizzazione, determina effetti peggiorativi sul fabbisogno e sull'indebitamento netto rispetto a quelli previsti a legislazione vigente per una serie di interventi, tra cui il 1o stralcio funzionale tratta Rimini-Riccione, nell'ambito del progetto del Trasporto rapido costiero (TRC) Rimini Fiera-Cattolica;
in data 26 gennaio 2010 e in data 3 febbraio 2010 sono stati resi i pareri favorevoli, rispettivamente, dalle Commissioni riunite ambiente e trasporti e dalla Commissione bilancio della Camera sull'atto del Governo n. 179, diretto a consentire l'utilizzo del Fondo per la compensazione degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente, mediante attualizzazione di contributi poliennali per la realizzazione delle infrastrutture nei settori dei trasporti stradali, portuali e ferroviari -:
se e in quale modo il Governo intenda intervenire per rispondere all'esigenza emersa dalle comunità locali e regionali di poter disporre di un servizio di trasporto pubblico non inquinante e sicuro che trasferisca il traffico dalle strada al sistema di trasporto rapido costiero, rispettando il principio della mobilità sostenibile;
se il Ministro non ritenga opportuno mettere in atto tutte le opportune iniziative volte a pervenire ad un rapido sblocco dei fondi destinati alle opere assegnate dal CIPE per la realizzazione delle opere relative al trasporto rapido costiero Rimini-Riccione.
(4-08614)

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ancora una volta la Calabria è vessata da condizioni discriminatorie che aumentano il gap con il Nord, considerato l'unica locomotiva del nostro Paese. È notizia di questi giorni la scelta di Trenitalia che sfavorisce ancora una volta i viaggiatori calabresi e la sua rete di trasporti. Il gruppo Fs sembra perseguire un percorso penalizzante con soppressioni di treni a lunga e media percorrenza, cui vanno ad aggiungersi i due treni ad alta velocità che di primo mattino raggiungevano Roma per poi rientrare nel tardo pomeriggio;
l'interesse per il Sud è sempre stato un elemento fondamentale nelle politiche di tutti i Governi di differente colore politico, un interesse mai compiutamente coltivato. Bisogna però potersi finalmente impegnare in maniera concreta, mostrando quell'elemento di rottura con le legislature passate nella costruzione di reali basi necessarie per lo sviluppo del Mezzogiorno. Decisioni come quella di Trenitalia percorrono, però, una direzione opposta, allontanando la Calabria e in generale il Meridione da ogni possibile forma di affrancamento dalla sua posizione di frontiera penalizzata. È necessario, dunque, accelerare il tanto conclamato

«piano Marshall» per il Sud, partendo proprio dalla consapevolezza di assicurare a tutti i cittadini del Mezzogiorno migliori servizi e in questo caso un modello di infrastrutture sempre orientato alla qualità e alla moltiplicazione dell'offerta -:
se il Ministro interrogato abbia intenzione di intervenire ponendo in essere iniziative che nel breve periodo assicurino servizi adeguati riducendo quello stato di isolamento economico e sociale della Calabria e del Mezzogiorno in generale.
(4-08617)

ANGELA NAPOLI e CARLUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha presentato diversi atti di sindacato ispettivo, sempre purtroppo inspiegabilmente privi di risposta, con i quali ha inteso denunziare la costante penalizzazione messa in atto da Trenitalia nei confronti della Calabria;
Trenitalia ha continuato a penalizzare i viaggiatori utilizzando verso il Sud carrozze ferroviarie dismesse sulle linee del Centro-Nord, corredate da servizi di toilette impraticabili, tendine dei finestrini consunte, porte «fuori servizio» e mancanza d'igiene;
ha, già dallo scorso anno, attivato la mobilità del personale in esubero dalla divisione cargo alle altre due divisioni del trasporto regionale passeggeri sul territorio nazionale, obbligando di fatto lo stesso personale a transitare verso regioni lontane, risultando le due divisioni della Calabria «non recettive»;
ma, quello che appare maggiormente penalizzante, è la costante soppressione di treni a lunga percorrenza da e per le città del Nord e l'isolamento di Reggio Calabria e della fascia ionica calabrese;
il piano aziendale di Trenitalia giustifica la soppressione dei treni in Calabria sulla base dei «costi eccessivi», elemento, stranamente, non considerato per i collegamenti del Nord Italia;
il CIPE ha varato lo stanziamento, per il triennio 2009-2011, di 330 milioni di euro, l'85 per cento dei quali Trenitalia avrebbe dovuto destinarlo alle aree svantaggiate e, tra queste, alla Calabria;
nel mese di agosto 2010 Trenitalia ha continuato a sopprimere gran parte dei treni in tutta la Calabria, motivando il tutto con la mancanza di materiale rotabile;
nel mese di settembre 2010 Trenitalia ha soppresso, altresì, i due treni ad alta velocità che percorrevano la tratta Lamezia Terme-Roma (andata e ritorno), con la motivazione sempre dei «costi eccessivi», senza, peraltro tener conto che la partenza da Lamezia Terme e non da Reggio Calabria ne impediva l'uso a numerosi viaggiatori;
il tutto continua ad isolare la Calabria e ne preclude anche la possibilità di sviluppo, nel mentre, sempre Trenitalia pensa a raddoppiare i treni ad alta velocità nella tratta Roma-Bolzano -:
quali urgenti iniziative intenda attuare al fine di bloccare quella che all'interrogante appare una perdurante penalizzazione che Trenitalia impone da tempo alla Calabria tutta;
se non ritenga necessario ed urgente avviare un tavolo di trattative tra Governo, regione Calabria, organizzazioni sindacali e Trenitalia al fine di garantire, da parte di quest'ultima , la definizione di un piano aziendale idoneo a tutelare i viaggiatori ed il personale ferroviario dell'intera Calabria.
(4-08620)

INTERNO

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
sono ormai in fase di ultimazione le procedure concernenti il concorso pubblico per esami relativo all'ammissione di 390 borsisti al terzo corso-concorso selettivo di formazione per il conseguimento dell'abilitazione richiesta ai fini dell'iscrizione di 300 segretari comunali nella fascia iniziale dell'albo dei segretari comunali e provinciali (COA III);
per lo svolgimento di tali procedure sono stati spesi alcuni milioni di euro;
l'Agenzia per l'albo dei segretari è stata formalmente commissariata in esito alla soppressione disposta dalla recente normativa;
prima del commissariamento si era diffusa la convinzione che tutti i corsisti avrebbero conseguito l'abilitazione e ciò sulla scorta di un precedente che aveva visto ampliato il numero degli abilitati previsti dal bando e, in tale direzione, risultava assunta la deliberazione per estendere l'iscrizione all'albo a tutti i 370 corsisti di quest'ultimo concorso;
nelle settimane scorse si è fatta strada, tra i partecipanti al concorso, la notizia di una probabile revoca della deliberazione appena ricordata -:
se gli iscritti all'albo in fascia «C» siano di gran lunga inferiori rispetto ai comuni di classe IV;
se risponda al vero che tale differenza sia particolarmente presente in regioni come il Piemonte, la Lombardia e il Friuli Venezia-Giulia;
se non ritenga inopportuna, alla luce dell'investimento finanziario effettuato per l'espletamento delle prove, un'eventuale revoca della deliberazione in questione e quale conseguenza possa determinare nell'organizzazione degli enti locali.
(5-03407)

Interrogazione a risposta scritta:

MARAN. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
dovrebbe essere nota la vocazione culturale europea della città di Gorizia, alla luce degli eventi storici sul recente ingresso di nuovi Stati membri nella Unione europea, tra i quali la Slovenia e, pertanto, la città di Nova Gorica, divisa per oltre 50 anni con la «gemella» Gorizia da un muro lungo il confine territoriale tra i due Stati;
la piazza Transalpina, posta a cavallo tra le due città, è divenuta per Gorizia e Nova Gorica un simbolo di incontro, integrazione e fratellanza tra i popoli per troppo tempo tra di loro divisi. Oggi, dunque, dalla caduta del confine, la piazza è divenuta, appunto, luogo di incontro e non più di divisione;
ecco il principio che ha ispirato una giovane coppia, lei goriziana di nascita e lui britannico, a presentare, a fine luglio 2010, al comune di Gorizia domanda di autorizzazione a celebrare il loro matrimonio in quel luogo simbolo di unione, esperendo tutte le pratiche necessarie alla celebrazione;
con nota del 27 luglio 2010 il dirigente comunale comunicava alla interessata il diniego alla celebrazione del matrimonio al di fuori della casa comunale e degli spazi esterni annessi alla struttura comunale, citando la circolare n. 29 del 7 giugno 2007 del Ministero dell'interno ed il codice civile, il quale sancisce che, al di fuori di tali luoghi, la celebrazione possa avvenire solo per infermità o per altro impedimento di uno degli sposi che non possa recarvisi, giustificato dall'ufficiale dello stato civile;

d'altro canto, il dirigente reggente l'area II dell'ufficio territoriale del Governo - prefettura, nel rispondere riguardo all'interpretazione della norma richiamata, specificava che l'articolo 3, comma 1, del decreto del presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, regolamento per revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile, a norma dell'articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127, prevede che i Comuni possano disporre, anche per singole funzioni, l'istituzione di uno o più separati uffici dello Stato civile. I comuni possono, pertanto, anche deputare una sala esterna alla casa comunale, al fine della celebrazione di matrimoni, purché l'istituzione di tale ufficio separato sia previsto da una delibera della giunta. L'istituzione, sempre nella disponibilità del Comune, dovrà avere un carattere di ragionevole continuità temporale e non potrà avvenire per un singolo matrimonio;
l'eco data dalla stampa locale alla vicenda del diniego dell'amministrazione comunale alla celebrazione del matrimonio presso la piazza della Transalpina, ha suscitato, da un lato, lo sbigottimento della popolazione che, invocando il «buon senso», non ha inteso dove si trovava il grande problema nell'accogliere la richiesta degli sposi e, dall'altro lato, ha fatto sorgere il problema della rigidità della norma o, quanto meno, dell'inerzia dell'amministrazione comunale alla richiesta degli sposi a fronte di una possibilità di interpretazione elastica del precetto normativo che andasse nella direzione di utilizzare anche continuativamente un luogo simbolo di unione -:
quale sia l'orientamento del Ministro e se non ritenga opportuno, per quanto di competenza, fornire un'interpretazione della norma che permetta di utilizzare anche continuativamente un luogo simbolo di integrazione e fratellanza.
(4-08619)

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ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta orale:

MARAN, ROSATO e STRIZZOLO. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
il Governo Prodi aveva pianificato un piano di progressiva stabilizzazione degli insegnanti precari. Nella legge finanziaria del 2007 erano stati fissati alcuni punti fermi per risolvere il problema del precariato storico nella scuola: a) la definizione di un Piano triennale per l'assunzione a tempo indeterminato dei circa 150.000 precari allora collocati nelle graduatorie; b) la trasformazione delle graduatorie provinciali da «permanenti» «ad esaurimento». Con la graduale attuazione del piano di stabilizzazione triennale, infatti, si sarebbero esauriti gli elenchi dei precari «storici» e, in tal modo, avendo congelato le graduatorie e quindi le scelte fatte dagli insegnanti, si era obbligato ciascun docente ad una chiara scelta professionale, offrendo altresì la prospettiva di una scelta di vita stabile e favorendo nel contempo la continuità didattica per gli studenti;
con il Governo Berlusconi è stato bloccato il piano di stabilizzazione degli insegnanti (piano che aveva già permesso l'iscrizione a ruolo di circa 25.000 precari) e si è iniziata la politica di tagli alla scuola con il piano di riordino del Ministro interrogato; la stessa, nel tentativo di porre rimedio al disastro occupazionale che stava iniziando a compiersi con il taglio delle risorse, e che vedrà i suoi effetti dispiegarsi compiutamente dall'anno scolastico 2010-2011 e seguenti, pensò di offrire qualche chance in più ai docenti precari prevedendo, con il decreto ministeriale numero 42 dell'8 aprile 2009, la riapertura delle iscrizioni nelle graduatorie, con la possibilità di iscriversi in ulteriori 3 province, in coda agli aspiranti già inseriti. Secondo recenti sentenze però il sistema delle code non sarebbe legittimo e, come già alcuni ricorrenti avevano ottenuto,

gli USP - uffici scolastici provinciali - sarebbero obbligati ad un inserimento «a pettine» (inserimento secondo il punteggio contemporaneamente su 4 province);
ai sensi dell'articolo 1, comma 4-ter del decreto-legge n. 134 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 167 del 2009 con il biennio scolastico 2011-2012 e 2012-2013 verrà applicato il principio del riconoscimento di ciascun candidato al trasferimento in altra provincia con inserimento cosiddetto «a pettine», ossia secondo il calcolo del punteggio di ciascuno: questa nuova apertura delle graduatorie, abbinata agli effetti del «pettine», porterà all'ennesima ridefinizione delle graduatorie, rimettendo in discussione incarichi, cattedre e scelte di vita effettuate nel 2007 da moltissimi insegnanti precari -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative di competenza volte ad utilizzare, a scorrimento (con immissioni progressive per i ruoli fino ad esaurimento delle stesse) le vigenti graduatorie ad esaurimento, istituite dal Governo Prodi nel 2007 e destinate appunto a scomparire nel 2011 in base all'applicazione del citato decreto-legge;
se non ritenga di vincolare, per gli eventuali insegnanti assunti in ruolo, la loro permanenza nel ruolo di assunzione per almeno 5 anni per garantire la continuità nell'insegnamento e disincentivare comportamenti legati ad una scelta puramente opportunistica;
se non ritenga, inoltre, di avviare un serio confronto (e comunque quali iniziative intende assumere) in relazione alle seguenti tematiche, che risultano essere punti deboli del sistema: modalità di acquisizione di punteggio attraverso la partecipazione ai master on line, attualmente parificati a quelli in presenza; mancata previsione di una procedura di controllo sistematico dei punteggi di iscrizione nelle graduatorie provinciali da parte dell'ufficio scolastico regionale o provinciale competente per garantire un corretto e trasparente confronto tra le carriere scolastiche dei diversi insegnanti iscritti nella stessa graduatoria.
(3-01231)

Interrogazione a risposta scritta:

PES. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
gli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado sono attualmente suddivisi in quattro aree: scientifica (AD01), umanistica (AD02), tecnica (AD03) e psicomotoria (AD04);
gli insegnanti di sostegno seguono il medesimo corso di specializzazione, indipendentemente dalla classe disciplinare da cui provengono;
agli insegnanti di sostegno viene richiesto di affiancare tutti i docenti curricolari e di seguire gli alunni in tutte le materie indipendentemente dalla propria area di appartenenza, in base alle necessità degli alunni;
la suddivisione in aree disciplinari delle attività di sostegno nelle scuole superiori non è stata istituita per legge;
in seguito all'errata interpretazione del comma 5 dell'articolo 13 della legge quadro n. 104 del 1992 («nella scuola secondaria di primo e secondo grado sono garantite attività didattiche di sostegno, con priorità per le iniziative sperimentali di cui al comma 1, lettera e), realizzate con docenti di sostegno specializzati, nelle aree disciplinari individuate sulla base del profilo dinamico-funzionale e del conseguente piano educativo individualizzato») - dove l'espressione «nelle aree disciplinari» era riferito alle «attività didattiche» e non ai «docenti specializzati» - fu emanata l'ordinanza ministeriale n. 78 del 23 marzo 1993 che ha fissato una corrispondenza tra le aree disciplinari e classi di concorso per l'insegnamento di sostegno nella scuola secondaria di II grado;
con tale provvedimento si fa confluire nell'area tecnica AD03 133 tipologie

di classi di concorso (comprendendo insegnanti diplomati tecnico pratici, di formazione prettamente professionale, ad insegnanti di materie giuridiche ed economiche), mentre nell'area scientifica AS01 confluiscono 12 classi di concorso, nell'area umanistica AD02 confluiscono 25 classi di concorso e nell'area psicomotoria AD04 un'unica classe di concorso;
tale suddivisione si presta ad una gestione poco chiara nella designazione delle cattedre di sostegno nelle diverse aree;
tali assegnazioni dovrebbero scaturire dalle indicazioni del gruppo misto, mentre in realtà molti presidi richiedono direttamente agli uffici scolastici provinciali i docenti di sostegno, con criteri non sempre trasparenti e a volte indipendenti dalle reali necessità degli alunni;
in seguito a questo sistema di reclutamento, docenti di sostegno di una determinata area con un punteggio più alto rimangono disoccupati e docenti di altre aree con un punteggio più basso continuano a ricevere incarichi di supplenza annuale dagli uffici scolastici provinciali, penalizzando spesso insegnanti con una maggiore anzianità di servizio;
l'unificazione delle aree darebbe a tutti le stesse possibilità;
rispondendo ad un'interrogazione (5/02694) dell'onorevole Siragusa che esponeva la problematica sopra descritta, il Sottosegretario Viceconte in data 6 luglio 2010 aveva ritenuto meritevole di attenzione la proposta di unificare l'elenco degli insegnanti di sostegno della scuola secondaria di secondo grado, analogamente a quanto già previsto per la scuola secondaria di primo grado, ritenendo altresì opportuno che l'assegnazione dei posti venisse effettuata secondo l'ordine di graduatoria;
il Sottosegretario si mostrava altresì disposto a valutare l'opportunità di modificare il decreto ministeriale n. 132 del 26 aprile 1996, sentite le organizzazioni sindacali -:
se il Ministro interrogato abbia avviato il percorso per la modifica del decreto ministeriale n. 132 del 26 aprile 1996.
(4-08612)

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LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

BUCCHINO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'innalzamento dell'età pensionabile a partire dal 2011 tramite il differimento della decorrenza del trattamento pensionistico introdotto dalla manovra finanziaria, decreto-legge n. 78 del 31 maggio 2010 convertito dalla legge n. 122 del 30 luglio 2010, interesserà anche i pensionandi italiani residenti all'estero futuri titolari di pensione in convenzione internazionale;
con l'abolizione delle finestre attuali e l'introduzione dell'unica finestra mobile, la nuova decorrenza per le pensioni di vecchiaia e di anzianità dei lavoratori dipendenti è fissata 12 mesi dopo il momento in cui si raggiungono i requisiti, mentre quelle dei lavoratori autonomi è fissata 18 mesi dopo il momento della maturazione dei requisiti;
si continuerà invece ad applicare le vecchie finestre nei seguenti casi che purtroppo, ad eccezione del primo, non possono oggettivamente interessare gli italiani all'estero: a) maturazione dei requisiti per la pensione entro il 31 dicembre 2010; b) personale della scuola; c) lavoratori dipendenti con preavviso in corso al 30 giugno 2010; d) lavoratori in mobilità nel limite di 10.000 unità; e) lavoratori titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarietà (esuberi per banche, assicurazioni, e altro);

in pratica l'età pensionabile per la vecchiaia dei lavoratori dipendenti (che rappresentano la quasi totalità dei pensionandi italiani all'estero) sale a 66 anni per gli uomini e 61 per le donne;
il danno provocato dall'introduzione delle nuove decorrenze è duplice per gli italiani residenti all'estero: infatti non solo viene allungata l'età pensionabile ma non sono previste quelle clausole di salvaguardia che si applicano ai lavoratori italiani residenti in Italia (in Italia la maggioranza dei pensionandi i quali restano senza pensione per un anno non resteranno senza lavoro, e quindi senza reddito, perché la legge attualmente prevede che il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore fino al momento in cui si apre la finestra per l'accesso alla pensione);
il lavoratore italiano all'estero, invece, al compimento, per esempio, del sessantacinquesimo anno di età (o sessantesimo per le donne) cesserà probabilmente il lavoro ma non potrà ottenere il pro-rata di pensione italiana se non un anno dopo; si creeranno quindi situazioni in cui i nostri connazionali al compimento dell'età pensionabile cesseranno il lavoro all'estero ma avranno diritto solo al pro-rata erogato dal Paese di residenza e non alla pensione italiana che verrà posticipata di un anno, con tutte le conseguenze economiche ed esistenziali immaginabili, essendo un pro-rata una semplice quota parte di una pensione completa -:
se il Governo, alla luce delle considerazioni su esposte intenda assumere opportune iniziative normative che escludano gli italiani residenti all'estero, futuri titolari di pensione in convenzione, dall'innalzamento dell'età pensionabile tramite il meccanismo delle finestre mobili evitando così che il pensionamento dei nostri connazionali, a causa di un contesto oggettivo che non consente di applicare loro le norme di salvaguardia che si applicano invece ai pensionandi italiani residenti in Italia, si trasformi in una ingiusta duplice penalizzazione.
(4-08610)

QUARTIANI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
lo sviluppo delle infrastrutture di trasmissione dati e in generale di comunicazione assume una fondamentale valenza strategica ai fini della competitività e della crescita economica e culturale del Paese;
negli ultimi anni l'evoluzione dei servizi e dei terminali nelle telecomunicazioni, nell'informatica e nella multimedialità sta facendo lievitare le esigenze di banda e ormai la tradizionale rete in rame non è più in grado di far fronte alle nuove necessità;
il periodo di crisi non permette all'Italia di ritardare gli investimenti e di dilazionare gli impegni per una più corretta regolazione del settore, pena l'arretramento rispetto agli altri Paesi;
in tale ottica assume un ruolo di fondamentale importanza la realizzazione di una nuova rete di accesso in fibra ottica (NGAN) che comporta un impegno notevole anche da un punto di vista economico e finanziario;
la rete in rame italiana, realizzatasi tramite risorse provenienti dai contribuenti, nonostante sia la più corta d'Europa, ha determinato ed ancora oggi determina notevoli profitti per Telecom Italia;
attualmente il costo a chilometri del canone dell'ultimo miglio (ULL) che gli operatori versano a Telecom Italia è superiore (quasi il doppio) rispetto alla media dei principali Paesi europei (Germania, Spagna, Francia, Gran Bretagna);
nel 2009, vista la bassa penetrazione dell'ULL, l'Autorità delle telecomunicazioni spagnola (CMT) ha deciso di diminuirne il prezzo di quasi 2 euro al mese e ultimamente (agosto 2010) l'Autorità belga ha ridotto il prezzo dell'unbundling del 18 per cento;

una recentissima analisi predisposta da una prestigiosa società internazionale esperta in telecomunicazioni, tecnologia e media («Analysis Mason») evidenzia come Telecom Italia sia il terzo operatore al mondo per redditività (EBITDA) dopo China Telecom e Telefonica (del resto in aprile 2010 la stessa Telecom Italia, nel corso di un meeting ufficiale con gli analisti finanziari, ha evidenziato l'alta redditività della rete in rame);
la stessa Telecom, pur avendo un utile con più di 1,5 miliardi di euro di ricavi netti, prima delle vacanze estive aveva preannunciato un piano triennale di circa 7.000 esuberi entro il 2012;
ancora prima Telecom Italia chiedeva all'Agenzia per le garanzie nelle telecomunicazioni l'aumento del canone di affitto dell'ultimo miglio per gli altri operatori, cosa che, ad avviso dell'interrogante, appare incoerente con la necessità di sviluppo e innovazione del settore nonché in contrasto con il completamento del processo di liberalizzazione in Italia;
la ratio del costo dell'ultimo miglio era quella di ammortizzarne i costi cosicché, apparendo l'ammortamento scontato e già realizzato, è di difficile comprensione, ad avviso dell'interrogante, la ragione che ha indotto a decidere di innalzare i prezzi di affitto dell'ultimo miglio medesimo;
in tal modo, Telecom Italia potrebbe trarne profitto senza prevedere nuovi investimenti, continuando a lucrare sulla vecchia rete in rame;
non essendo perciò chiari i presupposti per l'aumento del canone ULL, appare invece evidente che tale aumento rischia di essere interamente ribaltato a carico dei consumatori;
Telecom investe in modo selettivo in Italia con una tecnologia (il G-PON) che non consente l'unbundling della fibra ottica come chiesto dalla Unione europea, ad avviso dell'interrogante a danno dei consumatori italiani, che hanno beneficiato fino ad ora della competizione;
si può stimare che in Italia negli ultimi dieci anni gli altri operatori e gli internet provider abbiano investito circa 14 miliardi di euro e che gli investimenti stranieri siano stati importanti per l'indotto in un momento nel quale molte imprese intendono investire altrove, e così sarà anche per il futuro;
anche per le ragioni sopradescritte a questo settore strategico per il Paese occorre dare certezza delle condizioni di mercato, non modificando, anche retroattivamente, le regole del gioco -:
se il Governo, ferme restando le competenze della regolazione indipendente, intenda dare attuazione a scelte impegnative di politica industriale a beneficio del Paese nel settore dei servizi e dei terminali riguardanti le telecomunicazioni, l'informatica e la multimedialità, a cominciare dagli investimenti a favore dell'estensione della banda e della sua innovazione, in primis della banda larga, anche riducendo il digital divide tra aree diverse del Paese, tra le quali quelle montane;
se siano stati valutati gli effetti negativi sui consumatori, sulla concorrenza e sugli investimenti futuri disponibili a posizionarsi in Italia, conseguenti all'aumento dei costi dei servizi wholesale in rame, peraltro retroattivi, e quali iniziative al riguardo il Governo intenda assumere.
(4-08626)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazione a risposta in Commissione:

RAZZI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
al fine di dare una indicazione ufficiale sulle imprese di ristorazione italiana nel mondo che ne certifichi non solo la qualità del prodotto finito ma che soprattutto garantisca l'uso di prodotti esclusivamente

italiani, sarebbe opportuno istituire una «targa di qualità e provenienza dei prodotti gastronomici italiani» che venga rilasciata dal Ministero interrogato;
meritevoli di tale riconoscimento dovrebbero essere quelle ditte di ristorazione italiane in tutto il mondo dislocate che dimostreranno di usare solo ed esclusivamente materie prime italiane per il loro esercizio;
per quelle realtà di ristorazione già sul mercato ed in esercizio basterà accludere alla domanda le fatturazioni dell'ultimo anno dalle quali evincere l'approvvigionamento da industrie o rivenditori italiani per i loro menù e per quelle di nuovissima apertura sarà necessario attendere, prima di inoltrare la domanda, un anno di attività;
il riconoscimento da parte dello Stato italiano avrà la molteplice funzione di: a) indicatore di qualità per i consumatori stranieri; b) certezza della provenienza delle componenti gastronomiche; c) incentivazione ed incremento alla esportazione dei prodotti italiani all'estero;
per quanti otterranno la targa perché saranno stati riconosciuti meritevoli in quanto in possesso dei requisiti richiesti affinché non venga loro revocata, la domanda dovrebbe essere ripresentata unitamente alle prove di acquisto ogni anno al Ministero per accertare la continuità nel tempo dell'uso esclusivo dei prodotti italiani in ristorazione;
le realtà detentrici della targa in fase contrattuale con le ditte e le industrie italiane di gastronomia, potrebbero godere di sconti agevolati con la mediazione del Ministero sugli acquisti all'estero dei prodotti gastronomici italiani in maniera da incrementare l'interesse alla propaganda della qualità del Made in Italy nel mondo -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno assumere le iniziative, anche normative, di competenza per l'introduzione di una «targa di qualità e provenienza dei prodotti gastronomici italiani» per i ristoratori italiani all'estero, secondo quanto descritto nelle premesse dell'atto.
(5-03408)

Interrogazione a risposta scritta:

CALEARO CIMAN. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
in «Magnifica di Alitalia», era partito nel novembre 2009 il progetto, coordinato da Buonitalia, che portava sui voli intercontinentali i menù regionali italiani e i vini selezionati tra le migliori cantine d'Italia, con l'utilizzo di materiali come le porcellane, le posate e i bicchieri di Ginori, le tovaglie, le coperte e i cuscini firmati da Frette, le trousse di comfort dalla griffe milanese Culti;
il progetto in questione era stato lanciato dall'allora Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia, con uno stanziamento di circa sei milioni di euro;
la critica enogastronomica Faith Willinger aveva celebrato sul mensile americano The Atlantic la cucina di bordo in Magnifica Alitalia, con i nuovi menù regionali affermando «Il segreto di mangiar bene in aereo è volare Alitalia»;
il Ministro interrogato, ha deciso recentemente di sospendere il progetto, affermando che in tempi di austerity non sono permesse le sponsorizzazioni e rivelando «Sei milioni di euro per quel progetto mi sembrano eccessivi. E un fatto etico. Le colazioni a bordo di Alitalia saranno pure straordinarie, i vini anche, ma la domanda è: che c'entro io come ministro dello Stato con tutto questo?»;
in seguito a ciò, Alitalia ha invece affermato di voler portare avanti l'iniziativa «al fine di continuare a far conoscere all'estero le nostre eccellenze»;
la cucina italiana, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo, rappresenta una delle punte di diamante della nostra immagine all'estero. In un periodo di crisi

come questo, il sostegno alle imprese italiane del settore è avvertito come una necessità non procrastinabile, in grado di generare un indotto non indifferente -:
se il Ministro competente non ritenga di valutare l'eventualità di ripristinare il sostegno pubblico ad un progetto che ha il merito di promuovere la cucina italiana, una delle eccellenze del nostro Paese, all'estero consentendo un ritorno sia in termini di immagine che in termini economici per le aziende coinvolte.
(4-08627)

TESTO AGGIORNATO AL 7 FEBBRAIO 2011

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RAPPORTI CON LE REGIONI E PER LA COESIONE TERRITORIALE

Interrogazione a risposta scritta:

GALATI e CARLUCCI. - Al Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. - Per sapere - premesso che:
una situazione altamente sconcertante si sta delineando in Calabria. Molti comuni e imprese calabresi coinvolti e impegnati nella procedura di un bando per il recupero dei centri storici della Calabria, approvato con decreto dirigenziale regionale n. 6642 del 24 aprile 2009 si ritroveranno, con molta probabilità, nel breve periodo, nella sgradita condizione di produrre debiti fuori bilancio o di adire le vie giudiziarie per il rispetto da parte della regione di obblighi derivanti da convenzioni stipulate, spostando quindi sulla regione il peso di un ingiusto debito non garantito da copertura finanziaria. Da un'attenta valutazione del nuovo assessore regionale all'urbanistica è quindi risultato che su 155 milioni di euro di investimento complessivo dei progetti, solo 23 erano infatti garantiti dalle delibere CIPE n. 35/2005 e 3/2006, mentre i rimanenti 122 milioni di euro erano stati individuati a valere sulle risorse del PAR FAS 2007/2013 dalla precedente giunta regionale, risorse che, com'è noto, sono da oltre un anno bloccate dal comitato CIPE in relazione alla nota vicenda dell'approvazione del piano di rientro del deficit sanitario in Calabria;
il nuovo assessore regionale calabrese, dunque, si trova nell'improvvida situazione di colmare un vuoto prodotto da quella che all'interrogante appare un'azzardata e censurabile scelta, operata dalla precedente giunta regionale di procedere alla sottoscrizione di convenzioni per importi non garantiti allo stato da effettive risorse e da connessi impegni di spese;
è quanto mai fondamentale, dare delle risposte positive alla regione Calabria per portare a termine un progetto serio di sviluppo dei suoi centri storici che, oltre alla loro valorizzazione, potrà rappresentare un serio intervento di risanamento di eventuali situazione considerate a rischio idrogeologico e sismico. Il Governo, quindi, non può e non deve perdere questa chiara opportunità di rilancio dell'economia calabrese -:
se il Ministro interrogato, considerato lo stato critico della situazione calabrese, intenda assumere iniziative affinché, attraverso i cosiddetti fondi FAS o eventuali altre fonti finanziare, siano garantiti tutti gli importi necessari a totale copertura del bando di sviluppo e recupero dei centri storici della Calabria.
(4-08618)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta scritta:

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
dal 15 settembre 2010, è in corso un sit-in davanti alla Camera dei deputati a Roma, con la presenza e la partecipazione

di un centinaio di persone vittime di danni gravi provocati da trasfusione con sangue infetto;
si tratta di persone contagiate dai virus Hiv e Hcv, a causa di trasfusioni non sicure e somministrazione di farmaci emoderivati, che chiedono al Governo di risolvere «l'ingiustizia di una transazione»: quella in corso tra il Ministero della salute e circa 6 mila cittadini in causa con lo Stato;
come sostiene il signor Luigi Ambroso, presidente del «Comitato 210/92», «il Parlamento verrà "presidiato" da numerose associazioni e comitati spontanei di protesta aderenti, fino a quando non si risolverà la questione in modo equo per tutti»;
le trattative con il Ministero della salute per i risarcimenti proseguono da anni. «Dopo tre anni e mezzo - sottolinea il signor Ambroso - il 3 agosto il ministero ha reso noto come intende procedere»;
riassume il signor Ambroso, in particolare «appare il requisito del danno minimo e, soprattutto, compare la discriminazione tra categorie: per lo stesso danno fisico il ministero propone ad un emofilico 400 mila euro e ad un emotrasfuso 68 mila euro. Sei volte di meno. Inoltre il dicastero propone di pagare subito chi ha "le carte in regola", mentre chi ha problemi di prescrizione dovrebbe confidare in un decreto legge "salva esclusi" successivo, di cui non esiste nessuna garanzia e nessun impegno scritto»;
le vittime di danni da trasfusione con sangue infetto chiedono in primo luogo parità di risarcimento tra le categorie di danneggiati e si oppongono a quelle che definiscono «discriminazioni tra emofilici e talassemici da un lato, e altre categorie dall'altro»;
come sostengono gli interessati, «non si tratta di togliere ai primi per dare ai secondi, ma di innalzare le offerte per gli emotrasfusi. La copertura finanziaria c'è, basta utilizzare tutte le risorse disponibili che la legge n. 244 del 2007 ha messo a disposizione, per 15 anni anziché per 10. Possibilità assicurata dai massimi dirigenti del ministero, compresi ministro e viceministro, a maggio 2010»;
i danneggiati da sangue infetto chiedono anche di far scomparire la prescrizione: «L'Avvocatura di Stato vorrebbe usare questo sistema disumano. In questo modo il 60 per cento di noi verrebbe escluso dalla transazione. Secondo noi non esistono esclusi. Tutti dobbiamo essere pagati egualmente, senza distinzione di categorie, senza considerare la prescrizione» -:
quali siano le ragioni per cui non si è ancora risolta la transazione in corso tra il Ministero della salute e circa seimila cittadini in causa con lo Stato a causa dei contagi dai virus Hiv e Hcv provocati da trasfusioni non sicure e somministrazione di farmaci emoderivati;
se non si ritenga di accogliere le giuste e legittime richieste avanzate dai comitati e dalle organizzazioni dei contagiati provocati da trasfusioni di sangue infetto e, in caso contrario, per quale motivo non possano essere accolte.
(4-08608)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
l'agenzia ANSA, il giorno 15 settembre 2010 ha diffuso in rete la notizia relativa alla morte del signor Antonio Del Corpo, notizia che, per la sua dinamica, grave quanto assurda, si ritiene utile riprodurre integralmente: «Si sente male di notte, i familiari chiamano ripetutamente il 118, là il telefono squilla a vuoto: lui muore dopo un'ora e mezza. Inutile l'arrivo di un'ambulanza chiamata dalla polizia. È accaduto a Pozzilli, piccolo centro della provincia di Isernia. Vittima un sessantacinquenne che intorno alle 4 aveva avvertito forti dolori al torace. Ma i soccorsi sono arrivati dopo le cinque, quando per l'uomo non c'era più niente da fare. I parenti chiedono ora che si faccia chiarezza.

Secondo i parenti di Antonio Del Corpo, anche alla polizia il 118 non avrebbe risposto al telefono. "Noi abbiamo fatto decine di telefonate, al 118 non ci ha mai risposto nessuno", ha confermato Anna, parente di Antonio Del Corpo, il sessantacinquenne stroncato da un infarto nelle notte dopo aver atteso per oltre un'ora i soccorsi. È lei che ha fatto molte delle chiamate andate a vuoto. I parenti presenteranno denuncia ai carabinieri. L'uomo era andato in pensione da poco. "Erano circa le 4 quando mio cugino ha cominciato a chiamare il 118 senza ricevere risposta - esordisce Anna - Era disperato, piangeva, suo padre stava male, allora ho cominciato a chiamare anche io. Ci sono i tabulati, abbiamo fatto decine di tentativi sia dal fisso sia dal cellulare". Solo dopo molte inutili telefonate, la donna ha deciso di chiamare la polizia. "Il 113 dopo aver raccolto il nostro allarme - racconta ancora - ci ha richiamato dicendo che anche a loro dal 118 non rispondeva nessuno. Solo più tardi i poliziotti sono riusciti a mettersi in contatto con l'ospedale vicino, senza passare per il 118, e a far arrivare un'ambulanza del Pronto Soccorso, Mio cugino, però, ormai erano le 5, era già morto"» -:
di quali elementi disponga il Ministro interrogato in merito all'episodio descritto in premessa e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo, anche al fine di fare piena luce sulla dinamica dei fatti.
(4-08609)

BORGHESI, PALAGIANO e MURA. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
si apprende da notizie di stampa, in particolare da un articolo della Repubblica del 14 settembre 2010, che dieci milioni di uova sono state sequestrate dai carabinieri del Nas di Padova e del reparto analisi per la tutela della salute in una ditta veronese, specializzata nella fornitura di alimenti destinati a industrie dolciarie nazionali;
in particolare, l'articolo sopra citato riferisce che il controllo ha fatto scoprire un magazzino di una ditta veronese in cui le uova venivano stoccate senza rispettare le corrette condizioni igienico-sanitarie, a temperature non idonee, con percolati di uova rotte, il tutto in presenza di insetti, roditori e relativi escrementi;
l'ispezione ha coinvolto anche l'area di sgusciatura e lavorazione dove sono state riscontrate diffuse situazioni igienico-sanitarie non conformi alle normative vigenti;
appare inaccettabile che in una ditta specializzata nella fornitura di alimenti destinate ad industrie dolciarie nazionali ci sia una tale disattenzione nella conservazione degli alimenti stessi -:
con quale frequenza avvengano i controlli e se non ritenga il caso d'intensificarli su tutto il territorio per evitare che venga messa a rischio la salute dei cittadini;
quali iniziative normative il Ministro ritenga di dovere assumere - dato che in Italia, nonostante tutte le precauzioni, i vincoli commerciali, i controlli delle autorità competenti, ci si trova periodicamente ad affrontare un problema che costituisce pericolo per l'ambiente, la salute o la sicurezza alimentare - al fine di renderla più rigorosa la disciplina di tali fenomeni.
(4-08623)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo un lancio dell'agenzia AGENPARL del 10 settembre 2010, c'è dell'arsenico nell'acquedotto «Camuccini» che serve circa 200 famiglie di Formello e Sacrofano, a nord di Roma;
i comuni in questione, a seguito delle ispezioni, hanno emanato due ordinanze tuttora vigenti che dispongono il divieto dell'acqua ad uso potabile dell'acquedotto «Camuccini»;

l'acquedotto risale agli anni '60, con una rete idrica fatta da tubi in amianto e con scadenti condizioni manutentive dei pozzi di captazione dell'acqua. Non solo l'acqua è nociva e quindi non potabile, ma la rete risulta così vetusta che in primavera ed estate l'erogazione è sistematicamente interrotta, con grande disagio delle famiglie;
la vicenda sarebbe ora al vaglio della procura di Tivoli, informata dai carabinieri del Nas con prot. n. 2/618-7 del 14 novembre 2008. Le indagini del Nas e dell'Asl e le analisi dell'Arpa Lazio sono avvenute nell'ottobre 2008;
nella relazione dei Nas sull'ispezione del 10 ottobre 2008 si legge che nell'acquedotto Camuccini, presso il pozzo di captazione di «Borgo Pineto», «vi è un impianto di clorazione che all'atto dell'ispezione risultava non funzionante; detta struttura si presenta obsoleta e fatiscente e sono presenti varchi sugli infissi che consentono l'accesso a piccoli animali, insetti, volatili e roditori»;
inoltre, in riferimento al pozzo di captazione in località «Camuccini» si legge che «La struttura in genere si presenta fatiscente e obsoleta (...) Veniva altresì rilevato che il quadro elettrico dell'impianto non è custodito ed accessibile a chiunque» -:
di quali elementi dispongano in relazione a quanto esposto in premessa e quali siano le attuali condizioni delle acque dell'acquedotto «Camuccini»;
quali azioni siano state avviate per accertare le cause della presenza di arsenico nelle acque dell'acquedotto «Camuccini»;
se e quali lavori siano stati eseguiti in merito ai gravi problemi riferiti dai Nas nella relazione sull'ispezione del 10 ottobre 2008;
quali azioni siano state avviate per monitorare e accertare gli effetti che l'uso potabile dell'acqua contaminata, fino alla sua interdizione, può aver avuto sugli abitanti i comuni di Formello e Sacrofano, quale ne sia stato l'esito e quali i rimedi posti in atto.
(4-08628)

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Ritiro di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato ritirato dal presentatore: interrogazione a risposta scritta Zamparutti n. 4-08495 dell'8 settembre 2010.

INTERROGAZIONI PER LE QUALI È PERVENUTARISPOSTA SCRITTA ALLA PRESIDENZA

ALESSANDRI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
su la Padania del 7 gennaio 2009, è riportato un articolo che ha ad oggetto una polemica riguardante l'imposizione del nome «Jihad» ad un bambino nato a Mirandola la notte di Capodanno da genitori marocchini residenti a Finale Emilia in Provincia di Modena;
il caso è segnalato e sviluppato dal consigliere Emiliano della Lega Nord Emilia, Mauro Manfredini che tra le numerose problematicità che segnala in ordine al mancato buon senso adottato nell'imporre un tale nome al bambino, fa anche notare come in lingua araba il termine «Jihad» ha il significato, ormai fondamentalista, di «Guerra Santa» per derivazione dal Corano;
il consigliere, correttamente, fa osservare che un tale nome, in un paese come l'Italia in cui vige una cultura prettamente cattolica e tesa alla convivenza democratica e solidale, potrebbe arrecare gravi conseguenze al ragazzo al momento della crescita e soprattutto nella sua vita civile, quando cercherà il significato semantico del suo nome e scoprirà che esso evoca un'accezione di violenza, ben indirizzata verso determinate etnie religiose;
sempre il predetto consigliere leghista, ricorrendo ad un efficace paradosso, fa osservare che questa vicenda potrebbe essere paragonata ad un caso in cui ad un bambino nato in Israele da genitori stranieri venisse imposto il nome di Hitler. Certamente una provocazione, ma di sicura pregnanza;
in effetti, il caso merita una speciale attenzione, sia per lo sviluppo equilibrato ed emotivamente appagante del bambino, sia per il recondito significato violento e ad ogni modo scabroso che tale nome ha rispetto alla cultura e all'ambiente integrante che vige in Italia;
a riguardo va segnalato che ai sensi dell'articolo 34 del regolamento per la revisione e la semplificazione dell'ordinamento dello stato civile di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000 n. 396, n. 396, nel nostro ordinamento sono previsti i casi in cui risultano vietate determinate imposizioni di nomi ai figli e tra queste potrebbero essere latamente ricomprese le circostanze di cui trattasi;
in effetti, consapevole delle norme sui limiti all'attribuzione del nome e tenendo conto della tutela dei diritti dei fanciulli, al momento della registrazione del nome, l'ufficiale dello stato civile avrebbe dovuto richiamare l'attenzione dei genitori e nel riscontrare i predetti profili problematici, avrebbe dovuto avvertire il dichiarante e, se questo avesse insistito nella sua determinazione, nel ricevere la dichiarazione e nel formare l'atto di nascita, avrebbe dovuto

dare tale notizia al procuratore della Repubblica ai fini dell'eventuale promovimento di un giudizio di rettificazione;
in presenza di continue circostanze e di fenomeni culturali sempre più disomogenei rispetto alla cultura ed alle tradizioni sociali ma anche religiose italiane, allo scopo messi in atto nell'ambito dell'espandersi della presenza di cittadini stranieri residenti in Italia, apparirebbe opportuno, sia per la tutela dei diritti dei bambini che formeranno le nuove generazioni nate da questi cittadini, sia per una concreta e sana integrazione tra diverse culture, che il Governo approfondisse casi analoghi a quelli trattati dall'esponente leghista Mauro Manfredini e se del caso provvedesse ad emanare confacenti disposizioni alle autorità pubbliche territorialmente competenti, affinché tali fatti non si ripetano o ad ogni modo possano essere correttamente gestiti ed affrontati -:
se in considerazione di quanto esposto in premessa non intenda avviare un esame atto a valutare la portata di fatti riguardanti casi della stessa natura o analoghi e riconducibili alla fattispecie sopra esposta e corrispondentemente provvedere ad emanare i conseguenti indirizzi di corretto comportamento alle istituzioni pubbliche allo scopo competenti, e nello specifico intervenire nella vicenda di cui trattasi.
(4-02004)

Risposta. - La legge 31 maggio 1995, n. 218, recante la riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, all'articolo 24 stabilisce che ai diritti della personalità, tra i quali il diritto al nome e al cognome, si applica la normativa del paese di cui il soggetto è cittadino.
Nell'ipotesi in cui l'atto di nascita del cittadino straniero sia stato formato in Italia, l'ufficiale dello stato civile può provvedere, mediante annotazione, alla correzione del nome e del cognome dell'interessato, ai sensi dell'articolo 98 del decreto del Presidente della Repubblica n. 396 del 2000, sulla base di apposita attestazione rilasciata dall'autorità diplomatica o consolare dello Stato di cui l'interessato è cittadino, dalla quale risulti che l'attribuzione del nome o del cognome non è conforme all'ordinamento giuridico vigente in tale Stato.
Nel caso segnalato dall'interrogante, il consolato del Regno del Marocco di Bologna, al quale era stato segnalato il nuovo nato, ha confermato la regolarità del nome, ciò anche perché sembrerebbe che il nome
jihad ha in realtà un'etimologia diversa da quella di «guerra santa» e viene utilizzato in quest'ultima accezione solo dalle frange islamiche più estremiste. Come peraltro evidenziato anche dalla prefettura di Modena, il nome in questione significa lottatore, uomo forte, coraggioso, difensore dai soprusi, e, pertanto, vuole essere l'auspicio di una persona in possesso di tali prerogative e principi.
Va comunque sottolineato che i genitori del bambino, in regola con il permesso di soggiorno, abitano da circa due anni nel comune di Mirandola, dove il padre lavora e non hanno mai manifestato posizioni riconducibili a radicalismo o fondamentalismo islamico.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ANGELI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
si è creata una situazione di grosso disagio per i beneficiari di pensioni INPS italiane in Argentina;
circa un migliaio di persone, che non hanno presentato in tempo il certificato di esistenza in vita per la riscossione della pensione dall'INPS, hanno ricevuto una comunicazione dell'ICBPI - Istituto di credito banche popolari italiane, al quale l'INPS ha affidato il pagamento delle pensioni all'estero, pensioni che di norma, vengono pagate presso gli sportelli del Banco ITAÙ, che ha un contratto per erogare detto servizio fino al mese di ottobre 2010;

secondo detta comunicazione, essi dovranno riscuotere la pensione di maggio 2010 presso alcuni sportelli della Western Union, la ditta dedicata al servizio dei pagamenti internazionali;
le norme stabiliscono che almeno una volta l'anno i beneficiari della pensione INPS, devono presentare un certificato di esistenza in vita, corredato da documento di identità, per poter riscuotere la pensione, ma di tale norma non ne viene data comunicazione diretta agli interessati, che sovente non ne sono a conoscenza per svariati motivi, ed essi, per motivi di anzianità e di salute spesso non possono recarsi ai patronati;
la Western Union non paga né in euro, come attraverso la riscossione in banca, né in dollari, ma soltanto in pesos, quindi, i beneficiari sono ingiustamente penalizzati anche dal cambio sfavorevole, non solo, spesso il documento dei beneficiari per riscuotere la pensione e l'ordine di pagamento reca dati discordanti, cioè nomi in spagnolo anziché in italiano, oppure il nome della vedova legittimata alla riscossione per la propria parte e, quindi, anche in sede di riscossione alla Western Union, in mancanza di apposite comunicazioni della stessa all'ICBPI, per la risoluzione della questione, i pensionati che non hanno trasmesso il certificato tra marzo 2009 e marzo 2010 hanno problemi per la riscossione della pensione, con gravi disagi economici;
i danni sono ingiustamente patiti da una categoria debole e bisognosa, quindi si rende necessario risolvere prontamente il problema, sia di pagamento, che deve essere effettuato presso la banca come prima, sia di messa a conoscenza degli interessati delle disposizioni per la riscossione, tramite apposita comunicazione dell'INPS presso il domicilio degli stessi, magari indicando di inviare trimestralmente il certificato, per evitare irregolarità nella riscossione, o all'INPS o direttamente all'ICBPI che ha la delega (e la responsabilità) al pagamento delle pensioni agli aventi diritto;
la Commissione sicurezza e tutela sociale del Consiglio generale degli italiani all'estero, si è riunita il 26 aprile 2010 con il direttore delle convenzioni internazionali dell'INPS Salvatore Ponticelli, per avere informazioni circa la licitazione finalizzata al pagamento delle pensioni INPS all'estero;
in tale occasione, non si apprendeva della lettera che, nel frattempo, l'ICBPI aveva inviato ai pensionati, per comunicare che, nelle verifiche dell'esistenza in vita, la rata di pensione di maggio 2010 e probabilmente anche le successive, sarebbero state riscosse presso uno sportello della Western Union;
questo imperdonabile disguido, per cui la banca ITAÙ, che paga le pensioni in Argentina, delegata anche agli obblighi di verifica dell'esistenza in vita dei pensionati che si potevano prevalentemente recare di persona agli sportelli per la riscossione, ovvero tramite un delegato, non ha evidentemente provveduto all'uopo e, per monitorare il corretto e trasparente funzionamento del pagamento delle pensioni, certamente indispensabile per la correttezza dei pagamenti nell'interesse dello Stato e dell'istituto erogatore, nelle more di dette verifiche non provvede al pagamento, fa sì che le negative conseguenze si ripercuotano sugli anziani o sui loro aventi diritto, che devono scontare le inadempienze del sistema, le quali si potrebbero evitare con rapide ed esaurienti comunicazioni, direttamente a casa del pensionato che ora, si trova ad essere «dirottato» dalla ITAÙ alla Western Union;
oltre al problema del cambio sfavorevole, la Western Union ha anche un limite di erogazione giornaliero degli sportelli, superato il quale, il pensionato che è rimasto fuori del tetto massimo, deve recarsi ad un altro sportello o ritornare un altro giorno;
questi inammissibili disagi e penalizzazioni per migliaia di pensionati, spesso indigenti e malati, sono aggravati dal fatto che l'esistenza in vita deve essere provata con certificato spedito alla sede ICBPI di

Roma, poiché la Western Union non attesta le certificazioni, sicché è sempre più oscuro comprendere le ragioni per cui non sia più autorizzata a pagare la banca ITAÙ e si rende necessario che l'INPS faccia chiarezza sulla situazione e su come si intenda risolvere immediatamente il disagio dei pensionati colpiti da questo improvvido provvedimento che li penalizza, privandoli di un diritto assistenziale e di sussistenza sine die;
ciò, anche in vista della prossima scadenza dell'accordo con l'ICBPI, cui l'INPS, come sopra detto, ha affidato il pagamento delle pensioni agli italiani che sono residenti all'estero, i quali sono troppo spesso incolpevoli vittime di disparità e di disagi, in questo caso di privazioni economiche e di affanni nel girare, nel vasto territorio argentino, a caccia di sportelli di un'agenzia cosiddetta «portapacchi» come la Western Union, con presenze più limitate e con attività diverse rispetto alla banca sinora erogatrice che ha presenze territoriali diffuse, più specifiche competenze nelle dovute verifiche e più capienza di erogazioni -:
se non si ritenga urgente ed opportuno stabilire rapidi meccanismi di informazione a domicilio dei pensionati interessati, per compiere le necessarie verifiche di trasparenza nei pagamenti, anche con certificati trimestrali di esistenza in vita e di legittimazione a riscuotere degli aventi diritto e quali iniziative urgenti si intendano adottare, per ripristinare i pagamenti presso gli sportelli bancari e il cambio dell'euro o equivalente in moneta locale, con immediati pagamenti degli arretrati, che i nostri connazionali pensionati, anziani, indigenti e spesso con problemi di salute hanno tutto il diritto di percepire, per l'esercizio dei diritti alla salute, all'esistenza dignitosa, alla parità, dopo una vita di onesto lavoro che ha onorato la patria, diritti tutti costituzionalmente sanciti, con l'obbligo dello Stato di rimuovere gli ostacoli tutti, di ordine sociale ed economico che, limitando, di fatto, la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione all'organizzazione del nostro Paese.
(4-07355)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In Argentina la corresponsione di alcune pensioni presso gli sportelli della Western Union è stata disposta dall'ente pagatore ICBPI (Istituto di Credito Banche Popolari Italiane) per garantire la continuità nell'erogazione delle pensioni e al contempo verificare l'esistenza in vita di quei beneficiari che per qualsiasi motivo non abbiano presentato la relativa certificazione.
L'Istituto di Credito Banche Popolari Italiane, infatti, avverte periodicamente i pensionati della necessità di certificare la propria esistenza in vita. Tuttavia, non tutti comunicano tempestivamente l'avvenuto cambio di residenza al predetto Istituto e quindi, non ricevendo l'avviso, non possono ottemperarvi.
Tenuto conto che in assenza di certificazione di esistenza in vita l'ente pagatore dovrebbe sospendere la corresponsione della pensione, l'Istituto di Credito Banche Popolari Italiane, onde evitare disagi a un elevato numero di pensionati, ha affidato l'erogazione di tali pensioni alla Western Union, che, a differenza della banca incaricata dall'Istituto di Credito Banche Popolari Italiane del pagamento (Banco Itaù) è capillarmente presente sul territorio e paga il rateo solo se l'interessato si presenta personalmente.
In caso di discordanze tra documenti d'identità dei pensionati e ordini di pagamento, l'Istituto di Credito Banche Popolari Italiane, per evitare eccessivi disagi agli interessati, ha chiesto alla Western Union di consultarsi con l'ente stesso per appianare eventuali ostacoli.
Quanto alla riscossione dei prossimi ratei di pensione, l'INPS ha fatto qui sapere che, una volta accertata l'esistenza in vita in occasione della riscossione di maggio presso la Western Union, ciascun pensionato avrà facoltà di scegliere se ripristinare la situazione

precedente (Banco Itaù) oppure continuare ad avvalersi della Western Union.
Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

BARBATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il presidente della regione Campania in data 30 dicembre 2008 ha emanato l'ordinanza n. 1203 «Interporto di Nola. Progetto definitivo del Lotto deposito per manutenzione treni NTV - espropri» pubblicata sul Bollettino ufficiale della regione Campania n. 7 del 2 febbraio 2009;
tale ordinanza concerne l'approvazione del progetto di ampliamento dell'Interporto campano per 1.200.000 metri quadrati, all'interno del quale è previsto un lotto di 140.000 metri quadrati su cui realizzare il «Deposito per manutenzione treni NTV»;
tale atto comporta, in virtù dell'articolo 4 della legge n. 80/84, «la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere da realizzare, nonché l'autorizzazione alla presa di possesso delle aree e l'avvio immediato dei lavori» concernenti il lotto deposito per manutenzione treni NTV;
l'autorizzazione straordinaria della presidenza della Giunta regionale esime la società NTV dalla necessità di avviare le procedure di richiesta di concessione edilizia e dal pagamento degli oneri concessori e di urbanizzazione previsti per legge al comune di Nola;
dalla predetta ordinanza emerge che si attribuisce all'iniziativa industriale «Officine NTV» caratteristiche d'integrazione con l'opera «Interporto di Nola» al fine di assoggettare le prime al regime giuridico del secondo, sebbene la definizione d'interporto faccia esclusivo riferimento a un «complesso polifunzionale per le operazioni di raccolta, stoccaggio, deposito, distribuzione e controllo doganale delle merci» e non comprenda alcun impianto di lavorazione (o ricovero) di materiale rotabile ferroviario;
i poteri straordinari alla presidenza della Giunta regionale possono riguardare esclusivamente le opere inserite tra quelle più viste dal piano triennale di sviluppo della regione Campania previsto dall'articolo 4 della legge n. 80 del 1984, approvato con delibera n. 125 del 25 luglio 1984 e autorizzato dal CIPE, all'interno del quale non è presente alcun riferimento alla realizzazione di «Officine ferroviarie di manutenzione per l'alta velocità» tra i progetti e le opere per la cui realizzazione si adottano procedure straordinarie, comportanti anche deroga alla legislazione vigente;
in alcun modo le predette officine possono considerarsi come strutture accessorie e di servizio alle attività connesse, direttamente o indirettamente, all'Interporto;
i poteri straordinari attribuiti al presidente della regione dalla legge n. 80 del 1984 sono configurabili esclusivamente rispetto a interventi previsti dal suddetto piano triennale di sviluppo, all'interno del quale non è previsto alcun tipo d'intervento industriale della specie di quello in questione;
la società NTV in forza di tale ordinanza ha potuto accelerare la realizzazione delle officine di manutenzione dei treni alta velocità;
la stessa società in forza di tale ordinanza non ha corrisposto gli oneri concessori e di urbanizzazione previsti per legge al comune di Nola;
la stessa società compete con Trenitalia S.p.A. nel mercato di trasporto passeggeri sulle linee alta velocità, e potrebbe ricevere dalla situazione determinatasi in forza dell'ordinanza in questione un ingiustificato vantaggio competitivo -:
se l'ordinanza n. 1203 emanata dalla presidenza della Giunta regionale della Campania si ponga in contrasto con la normativa interna e con gli obblighi scaturenti

dal rapporto concessorio della società NTV con il Ministero interrogato;
se in particolare un tale provvedimento non possa configurare, tra le altre, un ingiusto vantaggio competitivo a favore di una società privata operante in un mercato concorrenziale, poiché esime la società NTV dal pagamento degli oneri concessori e di urbanizzazione.
(4-05580)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il processo di liberalizzazione di cui al decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188, recepimento delle direttive europee in materia ferroviaria, è relativo all'accesso ed all'utilizzo della rete nazionale ferroviaria. Le licenze, quali «autorizzazioni» nell'esercire il servizio ferroviario, verificano la sussistenza dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale che l'impresa deve dimostrare di essere in possesso al fine di poter realizzare il servizio di trasporto ferroviario.
Un servizio ferroviario, per poter essere correttamente realizzato, non si limita al semplice trasporto di persone o cose da una stazione ferroviaria all'altra, ma necessita di una corposa serie di altre attività e servizi, usualmente detti complementari, necessari per la corretta realizzazione del servizio stesso. A titolo di esempio, per un trasporto passeggeri, sono necessarie le attività ed i servizi di pulizia interna ed esterna delle vetture, di carico e scarico dei WC, della sosta notturna, del carico delle vettovaglie ed altro, nonché della manutenzione di primo livello, quella successiva è usualmente svolta in centri specializzati. È evidente che molte di queste attività non possono essere realizzate all'interno delle stazioni ferroviarie, proprio per non occupare indebitamente e per eccessivo tempo i binari di partenza, ma vanno usualmente svolte in opportune aree attrezzate.
Relativamente quindi agli specifici quesiti posti, si segnala che la corresponsione degli oneri concessori non è di competenza del ministero delle infrastrutture e dei trasporti bensì della giunta regionale la quale avrà valutato le relative modalità di erogazione e le eventuali esenzioni a norma di legge.
Non risulta, in prima analisi, che un mancato onere possa operare alcun rilevante vantaggio competitivo per NTV SpA a sfavore della impresa Trenitalia SpA. Si ricorda altresì con quali modalità di «finanziamento» siano state realizzate tutte le aree tecniche e manutentive, al momento in possesso ed in uso di Trenitalia.
Il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ai sensi del predetto decreto legislativo n. 188 del 2003, non rilascia alcuna concessione alle imprese ferroviarie. La licenza è un titolo autorizzatorio, pertanto gli unici obblighi sono: il mantenimento dei requisiti di onorabilità, capacità finanziaria e competenza professionale. Pertanto, la citata ordinanza n. 1203 della giunta regionale della Campania non appare porre alcun elemento di contrasto rispetto agli obblighi di cui al rilascio della licenza di impresa ferroviaria.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BELLANOVA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
numerosi cittadini leccesi residenti in via Taranto lamentano una notevole immissione di rumori provenienti dall'area Scalo Merci di Surbo immediatamente prospiciente alle loro proprietà ed abitazioni;
detti rumori sono provocati dai motori delle locomotive in funzione, dal continuo spostamento dei vagoni che provocano fischi e stridio assordante di freni, dallo schianto di convogli l'uno contro l'altro, da operazioni di carico e scarico di materiale pietroso a mezzo di escavatori con pala meccanica, da operazioni di pulizia e manutenzione dei treni eseguite con attrezzature anche ad aria compressa;
le suddette immissioni rumorose avvengono in ogni ora del giorno e della

notte, ed inoltre il muro di confine che delimita l'area dello scalo merci non è munito di pannelli o apparecchiature insonorizzanti al fine di garantire il contenimento e l'abbattimento delle emissioni sonore;
in data 17 luglio 2006 i cittadini residenti in tale area con raccomandata a.r. segnalavano alla Società Trenitalia con sede a Bari le suddette problematiche ed invitavano la Società a adottare al più presto i dovuti accorgimenti al fine di porre fine al disagio lamentato;
si rileva che la zona in questione è caratterizzata da ville realizzate in campagna, alla periferia di Lecce, con ampi giardini, parchi alberati e boschetti dove trovano rifugio varie specie di avifauna selvatica, anche di tipo protetto, tanto che l'intera zona risulta classificata nel piano urbanistico del Comune di Lecce in B/17, come zona di parchi e ville di particolare interesse ambientale;
le continue immissioni rumorose e l'inquinamento acustico arrecano danno e molestia, non solo alla salute dei cittadini che ivi abitano ma anche alle specie di animali che migrano altrove, date le condizioni, provocando un conseguente depauperamento anche faunistico della zona -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire presso la società Trenitalia Spa, perché con celerità sia attuato quanto stabilito dalla legge n. 447 del 26 ottobre 1995 inerente l'inquinamento acustico e affinché si predispongano, quanto prima, i dovuti provvedimenti ed adempimenti al fine di garantire il contenimento e l'abbattimento delle emissioni sonore provenienti dall'area dello Scalo Merci di Surbo confinante con le abitazioni dei cittadini ivi residenti.
(4-02589)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'articolo 10, comma 5, della legge quadro n. 447 del 1995 sul rumore prevede che le società e gli enti gestori di servizi pubblici di trasporto o delle relative infrastrutture attuino piani di contenimento e di abbattimento del rumore nel caso del superamento dei valori limiti, stabiliti per l'infrastruttura ferroviaria dal decreto del Presidente della Repubblica n. 459 del 1998, secondo le direttive emanate con il decreto 29 novembre 2000 del Ministero dell'ambiente.
In particolare, in base al dispositivo di detto decreto, entro 18 mesi dalla sua entrata in vigore ossia entro il 5 agosto 2002, gli enti gestori erano tenuti ad individuare le aree ove fosse stimato o rilevato il superamento dei limiti previsti e a trasmettere i relativi dati agli enti interessati (ministero dell'ambiente, regioni e comuni). Entro i successivi 18 mesi, e precisamente entro il 5 febbraio 2004, dovevano poi essere predisposti i piani di contenimento ed abbattimento del rumore, da sottoporre all'approvazione degli enti locali competenti. Gli interventi di risanamento previsti dovevano essere realizzati in funzione delle priorità individuate, entro 15 anni dalla data della loro approvazione.
Nei termini assegnati è stata trasmessa da Rete ferroviaria italiana la documentazione relativa alla mappatura acustica e al piano degli interventi di cui, con l'intesa del 1o luglio 2004, la conferenza unificata Stato-regioni ha approvato uno stralcio relativo agli interventi dei primi quattro anni.
Relativamente allo scalo di Surbo, nella fase di mappatura acustica, non sono stati stimati superamenti dei valori limite assoluti di immissione previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 459 del 1998 e, pertanto, il suddetto piano di risanamento non prevede interventi di mitigazione e contenimento del rumore.
Da ultimo, Ferrovie dello Stato fa sapere che, da accertamenti di tipo patrimoniale effettuati sullo scalo Surbo, le officine presenti nell'area rientrano nell'elenco di quelle che, con atto di scissione del 18 maggio 2007, sono state assegnate a Trenitalia Spa mentre le altre aree dell'impianto sono state oggetto di scissione parziale

da RFI a FS logistica SpA con atto del 30 dicembre 2008.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riferito da Salvatore Coricato, segretario generale della funzione pubblica della Cgil di Lecce, ai detenuti del carcere di Borgo San Nicola non sarebbe garantito il diritto all'assistenza sanitaria, sicché, stante l'inadeguatezza delle strutture carcerarie dedicate all'assistenza e la carenza di personale, i detenuti leccesi possono essere curati solo negli ospedali;
più in particolare, nel corso dell'intervista rilasciata al Corriere della Sera del 22 settembre 2009, il predetto sindacalista sostiene che nell'istituto di pena salentino «la messa a norma dei locali adibiti ad attività ambulatoriale e l'incremento delle ore dedicate all'attività specialistica, in particolare di Cardiologia, Dermatologia e Radiologia, sarebbero necessari ed indispensabili per evitare le continue traduzioni di reclusi verso ospedali esterni, contribuendo anche ad alleviare i carichi di lavoro degli agenti utilizzati in questi trasferimenti»;
sempre secondo quanto dichiarato dal funzionario della Cgil, nel carcere di Lecce il personale di supporto e di ausiliariato non esisterebbe affatto, ciò comporta «enormi disagi per quei pochi infermieri e medici assunti a tempo indeterminato che sono costretti a svolgere il loro lavoro in condizioni precarie, avvalendosi sempre e comunque di personale cosiddetto parcellista che viene chiamato e remunerato a ore di lavoro»;
nell'articolo di giornale sopra richiamato, lo stesso direttore sanitario della Asl di Lecce, Franco Sanapo, ammette le lacune sui livelli assistenziali e commenta: «come sempre le leggi sono scritte bene: si è stabilito che i carcerati hanno gli stessi diritti alle cure di chi è libero, ma poi poco si fa per garantire tutto questo. È stato detto che le Asl dovranno prendere in carico questi pazienti attingendo risorse umane e strutture dal Dipartimento di giustizia. Inoltre i contratti all'epoca sottoscritti con l'amministrazione carceraria devono essere rispettati dalle Asl fino a nuove disposizioni. Inoltre si prevede una migliore assistenza sanitaria ai carcerati, ma con le stesse identiche risorse di prima»;
nel carcere di Lecce attualmente sono reclusi 1.280 detenuti, tra cui 300 immigrati e 100 donne, tutto ciò malgrado la capienza massima sia di 650 persone, cioè una media di tre persone per ogni cella ampia circa 7 metri quadrati; gli agenti penitenziari sono 560, ma in alcune sezioni con 60-70 detenuti verrebbe utilizzata una sola guardia, senza considerare che i tagli alle risorse economiche non consentirebbero ai Baschi Azzurri di percepire gli straordinari e avrebbero bloccato la manutenzione dei mezzi;
a giudizio dell'interrogante, nel carcere salentino occorre immediatamente provvedere ad un netto cambio di rotta con l'istituzione al suo interno delle unità operative interdipartimentali per garantire e coordinare l'assistenza tra i dipartimenti di salute mentale, delle dipendenze patologiche, della prevenzione e della medicina di base;
il problema della carente assistenza sanitaria deriva soprattutto dalla assoluta carenza di fondi, che rende difficile l'acquisto di molti beni, anche di prima necessità, da destinare alle esigenze dei detenuti;
dal 1° ottobre 2008 le Regioni hanno assunto la piena competenza sulla gestione della sanità negli istituti penitenziari di tutta Italia (come previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008), di tal che la tutela della

salute dei detenuti è passata dalle mani del Ministero della giustizia al Sistema sanitario nazionale, con grandi aspettative da parte degli operatori del settore;
secondo quanto dichiarato da Bruno Benigni, vicepresidente del Forum nazionale per il diritto alla salute dei detenuti, alla giornalista Ileana Sesana de L'Avvenire, il problema della carenza di fondi starebbe nel fatto che dei 157,8 milioni di euro stanziati per il 2008 le Regioni non hanno ancora visto un centesimo. E non sono arrivati nemmeno i 32 milioni licenziati dal Cipe con una delibera dello scorso 6 marzo, cosicché «le Regioni hanno iniziato le loro attività di assistenza ai detenuti anticipando risorse che non hanno ricevuto. Se non lo avessero fatto sarebbe stato il collasso» -:
se quanto esposto in premessa corrisponda al vero;
se i Ministri interrogati, a fronte di quanto illustrato, non ritengano, per quanto di competenza, di dover dare risposte e mezzi certi per assicurare ai detenuti del carcere di Borgo San Nicola un'assistenza sanitaria adeguata, contribuendo ad eliminare tutte quelle situazioni di disagio che spesso sono la causa dei numerosi «eventi critici» che si registrano all'interno degli istituti di pena;
se ed in che modo intendano intervenire per potenziare un settore così importante quale quello dell'assistenza sanitaria penitenziaria, in modo da garantire qualità ed efficienza nelle cure ai detenuti;
quali iniziative urgenti il Ministro dell'economia e delle finanze intenda adottare affinché i fondi stanziati nel 2008 per l'assistenza sanitaria dei detenuti vengano effettivamente trasferiti alle regioni.
(4-04622)

Risposta. - Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008 ha trasferito al Servizio sanitario nazionale (Ssn) tutte le funzioni sanitarie svolte in precedenza dal ministero della giustizia.
Pertanto, le regioni provvedono all'espletamento delle funzioni trasferite con il citato decreto, attraverso le Aziende sanitarie locali competenti per territorio: con lo stesso provvedimento sono state trasferite anche le risorse finanziarie.
Per quanto attiene all'impegno del miglioramento del Servizio sanitario penitenziario, essendo stata trasferita la competenza al Ssn, questa è affidata alla responsabilità delle regioni che, tuttavia, devono fornire elementi informativi ai ministeri vigilanti, nell'ambito della verifica annuale sugli adempimenti regionali.
Tale attività di verifica/monitoraggio viene svolta dal tavolo per la verifica degli adempimenti e dal comitato per la verifica dell'erogazione dei livelli essenziali di assistenza (Lea), di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005.
I due organismi sono coordinati rispettivamente dal ministero dell'economia e delle finanze e dal ministero della salute.
Il tavolo permanente di cui sopra, insediato il 12 febbraio 2009, ha elaborato un programma completo di interventi e, nello specifico, sono stati già approvati:
un documento per le convenzioni dei locali per le attività sanitarie all'interno delle carceri;
uno schema per le convenzioni medico-legali in favore della polizia penitenziaria;
un accordo sulle forme di collaborazione fra le amministrazioni sanitaria e della giustizia, sia regionale che territoriale;
un documento per la ricognizione e la riorganizzazione delle strutture sanitarie nei vari istituti penitenziari;
un protocollo per definire i flussi informatizzati per la cartella clinica unitaria;
le linee di indirizzo riguardanti la salute dei minori, nell'ambito della giustizia minorile.

Inoltre, sono stati recentemente attivati due gruppi di lavoro: uno per le problematiche

dei detenuti tossicodipendenti ed uno per le problematiche dei suicidi nelle carceri.
È altresì in corso di approvazione un documento per il monitoraggio sistematico sull'organizzazione dei servizi sanitari e del personale dedicato.
Dagli esiti della verifica annuale 2008, da parte del tavolo per la verifica degli adempimenti, più volte citato, risulta che tutte le regioni, ad esclusione della Campania, hanno attivato, come previsto dall'allegato A al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1o aprile 2008, l'osservatorio permanente sulla sanità penitenziaria.
Si fa presente, inoltre, che la commissione paritetica per l'attuazione dello statuto di autonomia della Regione Friuli Venezia Giulia ha definito uno schema di decreto in materia, nella seduta tenutasi in data 6 novembre 2009. Sul testo, trasmesso alle amministrazioni interessate per acquisire il definitivo parere di competenza, sono state formulate alcune osservazioni che la commissione dovrà valutare.
Per quanto riguarda le regioni Valle d'Aosta/Vallè d'Aoste, Trentino Alto Adige e Sardegna, si rende noto che, al fine di giungere a una definizione della questione in tempi brevi, le relative commissioni paritetiche hanno formulato un testo normativo che è stato sottoposto alle amministrazioni competenti per il relativo parere.
Allo stato attuale, la commissione paritetica per l'attuazione dello statuto speciale della regione Siciliana non ha ancora provveduto a formulare uno schema di norma in materia, pur avendo già inserito tale questione tra gli argomenti da trattare.
Si segnala inoltre l'accordo del 20 novembre 2008 in conferenza unificata, tra il ministero della giustizia, il ministero della salute, le regioni e le province Autonome concernente «La definizione delle forme di collaborazione relative alle funzioni della sicurezza ed i principi di collaborazione tra l'ordinamento sanitario e l'ordinamento penitenziario e della giustizia minorile». Nel rispetto del citato accordo ciascun organismo istituzionale, nell'ambito delle proprie competenze e rispettive autonomie, si è impegnato, in base al principio della leale collaborazione interistituzionale, a garantire, tramite interventi, la tutela della salute, il recupero sociale dei detenuti, degli internati adulti e dei minori sottoposti a provvedimenti penali, stabilendo, nell'ambito dello stesso accordo, strumenti di collaborazione con specifico riferimento alla tutela della salute e al monitoraggio e valutazione degli interventi attuativi del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008.
In merito alle risorse finanziarie, preciso che sono state ripartite le somme del 2008 e 2009, rispettivamente 35 milioni di euro per il periodo ottobre/dicembre 2008 (per il trasferimento alla competenza regionale della sanità penitenziaria a far data 1o ottobre 2008) e 135 milioni di euro per l'anno 2009.
Detti riparti sono stati effettuati a favore delle regioni a statuto ordinario, in quanto per le Regioni a statuto speciale necessita attendere l'adozione dei regolamenti di attuazione.
Per maggiore precisione, segnalo che per la ripartizione delle somme per il 2009, è già intervenuta nel mese di maggio 2010 l'approvazione finale da parte del Cipe.
Per quanto riguarda la situazione sanitaria della casa circondariale di Lecce, la locale prefettura, tramite il ministero della giustizia, con nota disponibile presso il servizio Assemblea, ha comunicato che il personale dell'area sanitaria è costituito complessivamente da 2 medici incaricati, 8 medici di guardia e 18 infermieri (7 di ruolo ed 11 parcellisti), mentre al servizio per le tossicodipendenze, non attivo nei giorni festivi, sono adibiti 2 medici e 2 unità paramediche. L'assistenza specialistica viene garantita da 11 specialisti, sebbene in certi casi il monte ore sia inadeguato.
Molti trattamenti sanitari sono eseguibili solo presso strutture sanitarie esterne al penitenziario.
La carenza del personale infermieristico, lo scarso coordinamento tra strutture sanitarie interne ed esterne e la sussistenza di carenza organizzativa, sovente determinano gravi disservizi.

La regione Puglia ha comunicato che, in attuazione di quanto disposto dalla giunta regionale con provvedimento n. 2020 del 27 ottobre 2009, l'Azienda sanitaria locale di Lecce sta predisponendo una propria ipotesi di modello organizzativo aziendale della sanità penitenziaria, in grado di ovviare alle problematiche emergenti.
Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
i radicali salernitani, riuniti attorno all'associazione radicale «Maurizio Provenza», si sono rivolti con una lettera al direttore dell'ASL «S. Giovanni di Dio e Ruggi D'Aragona», dottor Attilio Bianchi, per avere chiarimenti sulla questione dell'apertura, all'interno dell'azienda ospedaliera, di un reparto riservato ai detenuti, in primo luogo ai detenuti della casa circondariale di Fuomi;
nella lettera, gli esponenti radicali salernitani spiegano le ragioni dell'urgenza dell'apertura del reparto dovute alle precarie condizioni di salute di molti detenuti di Fuomi che vivono in uno stato di sovraffollamento ai limiti del collasso per di più aggravato da una insostenibile carenza di personale;
i radicali parlano di una vera e propria emergenza sanitaria che mette in serio pericolo la salute se non addirittura la vita dei detenuti che, per la situazione di sovraffollamento e di carenza di personale sopra richiamata, sono costretti a stare in cella per più di 22 ore al giorno in uno stato di prostrazione indegno di un Paese civile;
l'apertura del reparto ospedaliero per detenuti non solo permetterebbe di garantire maggiormente la salute dei detenuti, ma consentirebbe altresì alla Direzione dell'istituto di poter meglio gestire lo scarso personale che - nei casi frequenti di visite ospedaliere o di ricoveri - è costretto ad allontanarsi per accompagnare i detenuti e, in caso di loro ricovero, a piantonarli per giorni;
le forze sindacali che rappresentano gli agenti penitenziari (la UIL in particolare) e lo stesso personale infermieristico dell'ASL, in questione hanno ripetutamente chiesto al direttore dottor Bianchi l'apertura del reparto, ma tutte le rassicurazioni ricevute nel tempo dallo stesso, si sono rivelato infondate; eppure gli spazi fisici per il reparto ci sono (pare che gli agenti penitenziari di Fuomi abbiano già le chiavi), così come il personale infermieristico per il presidio sanitario;
recentissimamente, all'interno del carcere di Fuomi, si è verificato l'ennesimo tentativo di suicidio fortunatamente senza esito drammatico mentre nel corso del 2009 si sono suicidati due detenuti, Andrei Zgonnikov e Marco Toriello -:
se i ministri interrogati siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se ritengano di dover intervenire per quanto di competenza affinché il reparto penitenziario ospedaliero della città di Salerno sia aperto e disponibile nel più breve tempo possibile.
(4-06772)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Preliminarmente si rende noto che, il tavolo permanente di consultazione, presso la conferenza unificata Stato regioni, a cui compete il monitoraggio delle attività previste dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008, ha elaborato un programma completo di interventi, che contemplano sia un documento programmatico per la ricognizione e la riorganizzazione delle strutture sanitarie nei vari istituti penitenziari sia monitoraggio sistematico relativo all'organizzazione nelle carceri dei servizi sanitari e del personale dedicato.


Inoltre, la prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Salerno per il tramite della Direzione generale dell'Azienda ospedaliera universitaria «OO.RR. San Giovanni di Dio e Ruggì d'Aragona» di Salerno, al riguardo interessata, ha comunicato che presso tale struttura è operativa, dal 26 maggio 2010, la «sezione detenuti», riservata ai detenuti bisognevoli di cure mediche in regime di «ricovero per acuti».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

BERTOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da articoli di stampa del dicembre 2009 si apprende che un marocchino, residente a Prato, si trova sotto processo per maltrattamenti nei confronti della figlia di sedici anni; la ragazza, nata e cresciuta in Italia e oggi maggiorenne, voleva vivere, comportarsi e vestirsi come le sue coetanee, ma il padre, Mohamed, la obbligava ad indossare il velo islamico, le impediva di guardare la televisione e di uscire con le amiche, accusandola di essere una cattiva musulmana; minacciava inoltre di riportarla in Marocco, dove l'avrebbe costretta a sposare un uomo di sessant'anni;
la ragazza, all'inizio del 2008, di fronte all'ennesima sfuriata del padre, che l'aveva picchiata dopo aver visto una sua foto con il viso scoperto e i capelli sciolti, era scappata di casa, rifugiandosi da un'amica; pochi giorni dopo, Mohamed è stato denunciato dal preside del liceo classico frequentato dalla ragazza, Luigi Nespoli;
l'uomo, già nel 2007 aveva presentato un esposto alla magistratura, dopo che la ragazza aveva chiesto di essere temporaneamente esonerata dalle lezioni di educazione fisica per problemi respiratori, dovuti ad un forte colpo al petto infertole dal fratellino; il preside non le aveva creduto e, immaginando che il responsabile della violenza fosse il padre, si era attivato presso la procura, affinché fosse verificata la situazione familiare;
il preside si era infatti reso conto delle violenze, anche psicologiche, a cui la ragazzina era continuamente sottoposta; le era persino stato vietato di partecipare alla gita scolastica;
adesso la ragazza vive in una casa protetta dell'Istituto di Santa Rita, a Prato, può uscire con le amiche, guardare la televisione ed andare, quando lo desidera, a trovare la sua famiglia -:
se il Ministro sia a conoscenza di tale fatto;
se sia in grado di fornire dati relativi a vicende gravi come questa, che vedono molte bambine e ragazze, di diversa cultura e religione, costrette a vivere in condizioni di disagio, private dei loro diritti di libertà e sottoposte a violenze;
se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, una indagine accurata per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese;
quali iniziative intenda intraprendere, sul piano culturale, etico e giuridico, per impedire che si verifichino queste violenze nei confronti di donne e bambine islamiche, frutto di concezioni fondamentaliste del tutto estranee al nostro sistema sociale e normativo.
(4-06043)

Risposta. - La vicenda cui fa riferimento l'interrogante ha avuto origine dalla denuncia sporta dal preside dell'istituto secondario superiore Cicognini-Rodari di Prato alla locale procura della Repubblica all'inizio del 2008.
Il dirigente scolastico aveva appreso da una studentessa di origine marocchina che il padre non le permetteva di uscire di casa, se non per frequentare le lezioni scolastiche, e le imponeva di indossare il velo.
In un'occasione, la minore era stata percossa dal genitore quando questi aveva trovato una fotografia, scattata durante una gita scolastica, che ritraeva la figlia senza velo.


Il preside aggiungeva di aver appreso anche che la ragazza veniva picchiata per non essere una «buona musulmana» e che era stata minacciata di venire ricondotta nel paese di origine per essere promessa in sposa ad una persona molto più anziana di lei. La ragazza aveva confermato i fatti, fornendo dettagli sui maltrattamenti subiti.
Il procedimento penale si è concluso con una pronunzia del tribunale di Prato di responsabilità a carico del padre della minore per i reati previsti dagli articoli 572 (maltrattamenti in famiglia) e 582 (lesioni personali) del codice penale.
Nel novembre del 2008, la ragazza è stata inserita, in regime di pronta e provvisoria accoglienza, presso la fondazione Opera Santa Rita di Prato, in seguito alla fuga dalla casa paterna e al rifiuto di farvi ritorno. Da quando si trova presso la fondazione, ha ripreso a vedere in comunità i familiari alla presenza di un operatore della struttura. Gli incontri non sono avvenuti con regolarità, ma in base alla disponibilità della ragazza.
La giovane, secondo quanto riferito dalla prefettura di Prato, al momento è molto più serena e più disponibile ad effettuare un percorso di graduale riavvicinamento alla famiglia che le consentirebbe oltre che una maggiore serenità interiore anche una maggiore sicurezza. Permane in lei, comunque, la chiara volontà di non fare ritorno a casa e la determinazione di voler vivere la sua vita in base a scelte proprie non legate al contesto di origine da cui appare ormai slegata.
Per quanto riguarda l'aspetto più generale del fenomeno dei maltrattamenti in famiglia, in cui sia gli autori che le vittime sono risultati essere cittadini stranieri, i delitti scoperti nel triennio 2007-2009 risultano rispettivamente essere 1458 per il 2007, 1666 per il 2008 e 1132 per il 2009.
Sul problema del dialogo e dell'integrazione, questo ministero è fortemente impegnato in attività ed iniziative volte a contribuire ad una crescente integrazione degli immigrati che soggiornano legittimamente in Italia.
In tale ottica, si inserisce l'azione di monitoraggio e di impulso Svolta attraverso i Consigli territoriali per l'immigrazione, istituiti presso tutte le Prefetture - Uffici territoriali del Governo che costituiscono sensori privilegiati del fenomeno migratorio, nonché veicoli di collaborazione tra Stato e società civile ai fini della ricomposizione in una visione unitaria del fenomeno. Questi organismi rappresentano un autorevole supporto per lo sviluppo di efficaci sistemi di
governance locale dell'immigrazione e un imprescindibile momento di raccordo dei vari segmenti istituzionali per promuovere e coordinare tutte le iniziative tese a favorire i processi di inclusione degli immigrati nel tessuto sociale ed economico.
Si fa presente che con la legge 15 luglio 2009, n. 94, recante «Disposizioni in materia di sicurezza pubblica», sono state apportate, tra l'altro, alcune modifiche al Testo Unico per l'immigrazione proprio sul tema dell'integrazione sociale e culturale. L'articolo 4-
bis prevede che lo straniero, all'atto della presentazione della domanda di rilascio del permesso di soggiorno, sottoscriva un accordo di integrazione, articolato per crediti con l'impegno a raggiungere specifici obiettivi di integrazione, da individuare esattamente con il regolamento di attuazione previsto dall'articolo 4-bis, in corso di definizione.
In tale ottica si inserisce, inoltre, il piano per l'integrazione nella sicurezza approvato dal Consiglio dei ministri del 10 giugno 2010 su proposta del ministero dell'interno di concerto con i ministeri del lavoro e delle politiche sociali e dell'istruzione, università e ricerca, con il quale si riassume la strategia che il Governo intende perseguire in materia di politiche per l'integrazione, coniugando accoglienza e sicurezza.
Il piano, alla luce del Libro bianco sul futuro del modello sociale promosso dal Governo nell'anno 2009, individua le principali linee d'azione al fine di realizzare un efficace percorso di integrazione.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

BORGHESI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel nostro Paese il riscatto degli anni di laurea non è conveniente in quanto comporta un esborso considerevole a carico dei lavoratori richiedenti senza ricevere in contropartita certezze riguardo il termine effettivo delle prestazioni lavorative, il trattamento pensionistico (e questo potrebbe essere corretto in quanto nemmeno l'INPS oggi è in grado di fare previsioni attendibili relative allo scenario economico-sociale-previdenziale che verosimilmente si potrebbe configurare fra qualche decennio considerando le molteplici variabili in gioco);
la normativa è stata rivista recentemente ma sostanzialmente non è cambiata, nel senso che non garantisce un trattamento equo ai laureati in quanto, se il richiedente si laurea in servizio (come spesso capita a persone appartenenti a famiglie non abbienti) la stima del contributo da pagare diventa esageratamente onerosa raggiungendo per redditi mediobassi per una figura di laureato (circa 20.000 euro annui) cifre pari a 60.000 euro per il riscatto di 4 anni, mentre se il richiedente non ha mai lavorato prima del conseguimento del diploma di laurea (in quanto si suppone appartenga ad una famiglia in grado di finanziare la sua formazione accademica) paga una cifra irrisoria corrispondente al 33 per cento per ogni anno da riscattare, partendo da un reddito annuo minimo presunto pari a 13.919 euro;
in sintesi questa normativa oltre che a danneggiare i laureati in servizio, risulta essere penalizzante anche per le finanze statali: in questo scenario di recessione economica caratterizzato da scarsità di liquidità fiscali, il nostro Governo sottostima un potenziale enorme dato dall'introito che potrebbe incassare nel breve termine grazie ad una riforma della disciplina relativa al riscatto in oggetto;
negli ultimi 2 anni vari uffici INPS preposti al conteggio del contributo per il riscatto laurea hanno confermato che le richieste di conteggio stanno aumentando vertiginosamente anche se pochissimi richiedenti aderiscono ed iniziano a versare i relativi contributi, causa l'ingiustificata esosità degli importi richiesti. Se lo Stato facesse pagare a tutti incondizionatamente lo stesso importo per ogni anno da riscattare (applicando al reddito minimale annuo pari a 13.919 euro il 33 per cento per ogni anno da riscattare per un totale annuo di circa 4.600 euro) otterrebbe in consenso unanime di tutti i laureati (anche di quelli con redditi annui medi-bassi) in quanto l'onere previsto si ridimensionerebbe (a seconda che il periodo da riscattare sia di 4 o 5 anni) rispettivamente a 18.400 euro o a 23.000 euro. Se si ipotizzasse che i laureati siano in un numero pari a 1.000.000 e che ciascuno paghi minimo 4.600 euro all'anno (in rate mensili pari a 383,33 euro) l'entrata fiscale derivante non sarebbe da sottostimare anche perché permetterebbe di reperire maggiori risorse economiche a vantaggio dell'intera collettività;
attualmente in particolare vengono penalizzati gli studenti-lavoratori che in realtà sono più meritevoli degli studenti a tempo pieno visto che devono conciliare esigenze lavorative ed accademiche e spesso familiari; il criterio «meritocratico» - se così si può definire - presente nella normativa in vigore finisce per premiare ed agevolare finanziariamente gli studenti full time (un conto pagare 60.000 euro di contributi per riscattare 4 anni, un conto pagarne 18.373 euro per gli stessi anni da riscattare). 18.373 euro calcolati applicando al reddito minimale annuo pari a 13.919 euro il 33 per cento per ogni anno da riscattare;
l'attuale normativa appare anche contraria al principio delle pari opportunità: per i laureati per i quali si applica la precedente disciplina (ancora applicabile per i riscatti di anni di corso anteriori al 1992) il conteggio viene effettuato con procedimento di calcolo basato sulla riserva matematica, che prevede l'applicazione di coefficienti molto più penalizzanti

per le laureate in quanto basati sul principio che l'aspettativa di vita delle donne è maggiore di circa 7-8 anni rispetto a quella degli uomini;
per ultimo, si può fare l'esempio di una laureata in economia e commercio nel novembre 1997, occupata dal maggio 1996 a tempo indeterminato semplicemente come «ragioniera»; nel periodo compreso dal febbraio 2004 al marzo 2005 si è assentata per maternità 2 volte; dal marzo 2006 è rientrata a tempo parziale (22,5 ore settimanali fino al 30 luglio 2008; 26 ore settimanali dal 1° ottobre 2008 a dicembre 2008 ha presentato all'INPS richiesta di riscatto laurea per 4 anni di studi; a fine maggio il compito predisposto dall'INPS è stato pari a 60.000. Considerando che negli ultimi 3 anni ha guadagnato 18.000 lordi annui, l'onere richiesto e al di fuori di ogni possibilità;
altri esempi: una lavoratrice di sesso femminile di 44 anni, amministratore di un'azienda di famiglia con un reddito lordo annuo di 100 mila euro ha pagato 60 mila euro di contributo per il riscatto di quattro anni universitari svolti in una facoltà di Economia e Commercio anteriormente al 1992;
un lavoratore di 32 anni, quadro di azienda privata con un reddito lordo annuo di 40 mila euro ha ricevuto dall'Inps il calcolo del contributo da versare per il riscatto di cinque anni di corso di laurea in ingegneria meccanica. Il contributo richiesto è stato pari, in questo caso a 45 mila euro;
in sintesi, applicando le nozioni di matematica finanziaria ci si convince che il calcolo del riscatto operato dell'INPS non avvenga in base ad un procedimento matematico corretto; sembra invece che venga forfetizzato un contributo uguale per tutti i richiedenti (variabile da sede a sede INPS) indipendente dal reddito annuo effettivo -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
se ritenga corretti i calcoli rappresentati;
se possa indicare il numero delle richieste di conteggio e quello delle domande effettive;
se non intenda assumere iniziative normative più favorevoli agli interessati e alle casse dello Stato in modo che non ci siano più discriminazioni nei conteggi e parificarli tutti ai laureati che richiedono il riscatto di laurea da disoccupati.
(4-05770)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente l'onere derivante dal riscatto di laurea ai fini pensionistici, si rappresenta quanto segue.
L'onere di riscatto del corso legale di laurea, disciplinato dall'articolo 2 del decreto legislativo n. 184 del 1997, come modificato dalla legge 24 dicembre 2007, n. 247, è determinato secondo le regole proprie del sistema retributivo o contributivo, in base alla collocazione temporale dei periodi oggetto di riscatto.
Si illustrano sinteticamente i relativi criteri:

a) periodi da riscattare che si collocano fino al 31 dicembre 1995.
L'iscritto è potenzialmente destinatario di un trattamento pensionistico calcolato secondo il sistema retributivo o misto ed il relativo onere di riscatto andrà determinato applicando i coefficienti di cui alle tabelle emanate in attuazione dell'articolo 13 della legge 12 agosto 1962, n. 1338. L'importo della somma da versare sarà, pertanto, diverso in rapporto a fattori variabili quali l'età, il periodo da riscattare, il sesso e le retribuzioni percepite negli ultimi anni. In presenza di una anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni al 31 dicembre 1995 (sistema retributivo), il sistema di calcolo sopra descritto si applicherà anche nel caso in cui i periodi da riscattare si collochino successivamente alla predetta data;

b) periodi da riscattare che si collocano dopo il 31 dicembre 1995.


L'iscritto è potenzialmente destinatario di un trattamento pensionistico calcolato secondo il sistema contributivo. L'onere è determinato applicando l'aliquota contributiva in vigore alla data di presentazione della domanda di riscatto, nella misura prevista per il versamento della contribuzione obbligatoria dovuta alla gestione pensionistica dove opera il riscatto stesso. Per il calcolo dell'onere di riscatto, la retribuzione cui va applicata la predetta aliquota contributiva è quella assoggettata a contribuzione nei dodici mesi meno remoti rispetto alla data della domanda ed è rapportata al periodo oggetto di riscatto;

c) soggetti inoccupati.
L'articolo 1, comma 77, della legge n. 247 del 2007 ha esteso la facoltà di riscatto del corso legale di laurea anche ai soggetti non iscritti ad alcuna forma obbligatoria di previdenza che non abbiano iniziato l'attività lavorativa. In tale caso, il contributo è versato all'INPS in apposita evidenza contabile separata e viene rivalutato secondo le regole del sistema contributivo, con riferimento alla data della domanda. Il montante maturato è trasferito, a domanda dell'interessato, presso la gestione previdenziale nella quale sia o sia stato iscritto. Poiché in questi casi l'interessato non ha ancora iniziato l'attività lavorativa e manca quindi il dato della retribuzione assoggettata a contribuzione nei dodici mesi precedenti la domanda, l'onere di riscatto è determinato sul minimale degli artigiani e commercianti dell'anno di presentazione della domanda ed in base all'aliquota contributiva vigente, nel medesimo periodo, nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

Per quanto riguarda le agevolazioni di cui al comma 4-bis dell'articolo 2 del decreto legislativo n. 184 del 1997, introdotto dalla legge n. 247 del 2007, gli oneri relativi alle domande di riscatto presentate dal 1o gennaio 2008, possono essere versati ai regimi previdenziali di appartenenza in unica soluzione ovvero in 120 rate mensili (10 anni) senza l'applicazione di interessi per la rateizzazione.
Inoltre, il contributo da riscatto è fiscalmente deducibile dall'interessato. Nel caso in cui l'interessato non abbia un reddito personale, il contributo potrà essere posto in detrazione, nella misura del 19 per cento dell'importo stesso, dall'imposta dovuta dai soggetti di cui l'interessato risulti fiscalmente a carico.
Il costo per accedere al riscatto varia, pertanto, in funzione del regime previdenziale di appartenenza (retributivo, contributivo o misto), così come il regime di appartenenza può variare sommando i contributi oggetto del riscatto a quelli già presenti. A titolo esemplificativo, può accadere che, nei confronti di un soggetto che abbia meno di 18 anni al 31 dicembre 1995 e che debba riscattare un periodo collocato anteriormente al 10 gennaio 1996 e tale che, sommato a quello esistente, faccia superare il predetto limite dei 18 anni, il calcolo della pensione complessiva andrà fatto non più con il sistema misto ma con quello interamente retributivo. Analoga ipotesi è quella del lavoratore assunto dal 1o gennaio 1996 il quale riscattando un periodo collocato in data anteriore al 31 dicembre 1995 passerà da un sistema di calcolo della pensione di tipo contributivo ad un sistema di calcolo di tipo misto.
Pertanto, i criteri di calcolo attuali dell'onere da versare, tengono conto necessariamente degli effetti che detti riscatti determineranno sul futuro trattamento pensionistico e sul relativo sistema di calcolo.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

BUCCHINO, PORTA, GIANNI FARINA, FEDI, GARAVINI e NARDUCCI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
da tempo è aperta la riflessione sull'inadeguatezza dei criteri adottati per la concessione dei contributi previsti dall'articolo 26 della legge 5 agosto 1981, n. 416, che alla luce della lunga esperienza accumulata non hanno trovato un'applicazione adeguata all'obiettiva diffusione e incidenza delle singole testate;

i limiti e le polemiche finora manifestati rischiano di suscitare ombre e perplessità su un'attività di grande valore per la vita culturale e civile delle nostre comunità e di grande utilità per la proiezione degli interessi italiani all'estero;
il dimezzamento delle risorse destinate a tale tipo di sostegno rende ancora più evidente il disagio per una non corretta applicazione della legge e più acute le reazioni degli operatori del settore che, nonostante le difficoltà, continuano a compiere ogni sforzo per continuare a svolgere il loro servizio;
un recente convegno sull'informazione per gli italiani all'estero, tenutosi a Montreal il 9 aprile 2010 per iniziativa del locale COMITES, ha consentito di definire le questioni aperte sul piano dell'applicazione della legge n. 416 e di sottolineare l'urgenza della revisione in termini selettivi dei criteri di concessione dei contributi, oltre alla necessità di adeguati controlli sulle dichiarazioni fornite dai proprietari richiedenti pubbliche sovvenzioni;
nella riunione del 5 maggio 2010 dello stesso COMITES di Montreal, dalla maggioranza dei componenti l'organismo è stato dato parere non favorevole alla richiesta di contributo presentata dall'editore de Il Cittadino canadese per un'evidente difformità tra la diffusione dichiarata dalla proprietà e quella accertata in loco;
nel corso della riunione, a fronte di una diffusione media dichiarata di circa 22.000 copie per numero, si è accertata una diffusione reale di 7.500 copie risultante da una fattura originale rilasciata dalla tipografia nella quale il giornale si stampa;
dal 2000 al 2007 i contributi assegnati alla testata sono cresciuti da 19.699 euro del primo anno a 115.884 dell'ultimo, per un totale di 474.511 euro, la cifra più alta corrisposta in Canada a periodici in base all'articolo 26 della legge n. 416 -:
quali reali controlli siano stati operati su questa ed altre simili situazioni riguardanti l'editoria degli italiani all'estero;
se il Presidente del Consiglio non intenda adottare al più presto nuovi criteri di distribuzione che privilegino la diffusione effettiva e non le dichiarazioni relative alla tiratura non sempre rispondenti al vero;
quali azioni si intendano adottare, in considerazione dell'insostituibile funzione assicurata dalla stampa italiana all'estero, per recuperare al più presto le risorse a questo scopo destinate, che di recente sono state dimezzate nonostante la già ridotta entità della dotazione complessiva.
(4-07755)

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nel presente atto parlamentare si forniscono i seguenti elementi di informazione.
La stampa periodica italiana all'estero gode delle provvidenze erogate dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per l'informazione e l'editoria (Die), previste dall'articolo 26 della legge n. 416 del 1981 e successive modifiche. Le procedure amministrative in materia sono desunte dal decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1983, n. 48, che all'articolo 1 istituisce un'apposita Commissione con il compito di accertare la sussistenza dei requisiti di ammissione, relativamente ai due ambiti delle testate edite e diffuse all'estero, nonché di quelle edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero.
Le richieste di contributo vengono avanzate dagli editori interessati entro il termine del 31 marzo, ciascun anno relativamente alle pubblicazioni dell'anno precedente. Per quanto riguarda le testate edite all'estero, l'istanza viene presentata all'autorità diplomatico-consolare competente, la quale è tenuta a fornire «indicazioni relative alla tiratura» (ai sensi dell'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 48 del 1983). Si precisa che, a partire dai contributi relativi all'anno 2005, le istruzioni del Dipartimento per l'informazione e l'editoria prevedono che tale indicazione sulla tiratura debba essere completata dalle fatture

emesse dalla tipografia che stampa il periodico, unitamente alla documentazione attestante l'acquisto della carta e delle spedizioni.
Successivamente, le istanze in parola vengono inoltrate alla Direzione generale per gli italiani all'estero, che a sua volta le trasmette all'ufficio competente del Die, ai fini del relativo esame istruttorio, propedeutico alle valutazioni che la Commissione per la stampa italiana all'estero formula nella propria riunione annuale.
La richiesta di contributo presentata per il 2009 dalla pubblicazione settimanale «Il Cittadino canadese» attiva nella circoscrizione consolare di Montreal - come tutte le altre analoghe richieste - è stata trattata secondo la procedura sopra descritta. Pertanto, le osservazioni del locale Comites, come pure tutti gli elementi relativi alla richiesta di tale testata pervenuti dal Consolato generale a Montreal, sono stati trasmessi al competente Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CAPITANIO SANTOLINI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito di una ricerca dell'Invalsi (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione) emerge un forte divario nell'apprendimento tra nord e sud a partire dalle scuole primarie;
la ricerca che ha preso in considerazione quarantaseimila studenti in tutta Italia, e che ha coinvolto mille e sessantanove scuole campione, è basata sugli apprendimenti di italiano e matematica nella seconda e nella quinta classe elementare;
essa ha rivelato che, per quanto riguarda l'italiano, in seconda elementare, i bambini scritti in un istituto del sud hanno dato una percentuale di risposte corrette inferiore del 6 per cento rispetto a quelli che frequentano la stessa classe in un istituto del nord e che questo divario non si interrompe neppure con il prosieguo delle classi, giacché in quinta il divario resta attorno al 2 per cento;
egualmente accade per le materie come la matematica, per le quali, seppure inizialmente nelle seconde classi degli istituiti considerati sia del nord che del sud esiste una sostanziale equivalenza, il sud perde questa parità nella classe quinta dove vi è un 3 per cento in più di risposte corrette per il nord;
questa situazione pone maggiormente in evidenza il divario socio economico tra nord e sud, divario che si ripercuoterà sul futuro degli alunni delle scuole del sud; infatti, un livello più basso di formazione porterà a un percorso professionale frammentario, a bassi salari e alla precarietà, ripetendo un ciclo infinito di mancato sviluppo e di povertà delle regioni meridionali con le conseguenze difficili che si registrano tutt'oggi;
la mancanza di fondi e strutture per le scuole del sud, che consentano di colmare il divario culturale degli alunni con realtà sociali più compromesse, rischia di incidere negativamente sullo sviluppo del nostro Paese -:
quali urgenti iniziative, anche di carattere normativo, intenda adottare per risolvere una situazione che si fa di giorno in giorno sempre più compromessa, per rimuovere quegli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitano di fatto l'eguaglianza dei cittadini, ai fini del pieno sviluppo della persona umana e per consentire anche ai bambini delle regioni del sud di colmare il gap culturale che li divide sempre più da quelli del nord.
(4-07748)

Risposta. - L'interrogante, facendo riferimento alla ricerca effettuata dall'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione - dal quale emerge un divario tra le Regioni del Nord e quelle del Sud nella preparazione degli allievi - chiede iniziative per rimuovere

gli ostacoli di ordine economico e sociale che si frappongono alla eliminazione di tale divario.
Al riguardo occorre tener presente che in situazioni di contesto che vedono le regioni del Mezzogiorno con minori tassi di occupazione, quali prodotto interno lordo inferiore alla media comunitaria, maggior tasso di criminalità organizzata, tasso di istruzione degli adulti inferiore rispetto alle regioni del centro-nord del paese, anche gli indicatori del settore istruzione quali il tasso di abbandono scolastico e il tasso di scolarizzazione superiore rilevano ancora divari. A tali dati di tipo quantitativo si aggiungono oggi alcuni dati di tipo qualitativo inerenti i livelli di apprendimento nelle discipline di base (italiano, matematica, scienze) che emergono dalle prove internazionali e dalle prove messe a punto dal sistema nazionale di valutazione dai quali effettivamente emerge un divario tra sud e nord.
Comunque negli ultimi dieci anni si sono avuti progressi notevoli riguardo ai suddetti dati quantitativi; infatti proprio alle regioni dell'obiettivo convergenza sono state destinate cospicue risorse finanziarie sia comunitarie che nazionali finalizzate al superamento del suddetto divario.
Gli investimenti sono stati avviati già dal 2000 con un finanziamento di 830 milioni di euro completamente utilizzati nelle regioni dell'obiettivo 1. Alcuni risultati del programma operativo nazionale «La scuola per lo sviluppo» 2000-2006 possono far capire l'importanza e la positività di quanto si è fatto e la fiducia che l'Europa accorda al ministero confermando l'assegnazione di fondi. Infatti vi è stato:
un aumento della partecipazione all'istruzione secondaria superiore annullando il divario con il resto del paese;
un avvicinamento fra sud e il resto del paese relativamente alla conclusione del primo ciclo di istruzione, con esame di Stato finale;
un riconoscimento da parte dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dell'efficacia degli investimenti realizzati con i fondi strutturali (OECD
Economic Surveys 2009);
un miglioramento della dotazione tecnologica degli istituti meridionali che ha raggiunto un rapporto fra studenti e computer disponibili per la didattica più favorevole in queste aree che nel resto del paese.
con la programmazione 2007/2013 i programmi operativi nazionali per l'istruzione Fondo sociale europeo «Competenze per lo sviluppo» e Fondo europeo di sviluppo regionale «Ambienti per l'apprendimento», finanziati con i fondi strutturali europei, in linea con le istanze della Commissione europea e del quadro strategico nazionale, si prefiggono di favorire lo sviluppo economico e la coesione sociale del paese, attraverso interventi finalizzati al superamento del disagio socio-culturale che caratterizza le scuole delle regioni del Mezzogiorno appartenenti all'area della convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia).
A tal fine, vengono realizzati interventi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di servizio per l'istruzione, che sono stati definiti a livello nazionale e comunitario nell'ambito del quadro strategico nazionale e che prevedono:
la riduzione della percentuale di giovani (età 18-24 anni) con titolo di studio inferiore al diploma di scuola secondaria di secondo grado e che non partecipa ad altre attività formative, dall'attuale 25,4 per cento al 10 per cento;
la riduzione della percentuale di quindicenni con un livello basso di competenza nell'area della lettura dall'attuale 37,7 per cento al 20 per cento;
la riduzione della percentuale di quindicenni con un livello basso di competenza nell'area della matematica dall'attuale 45,4 per cento al 21 per cento.

Il conseguimento di questi target, previsto per il 2013, è ritenuto indispensabile per lo sviluppo e l'innovazione di queste Regioni e per garantire almeno pari standard minimi di qualità del servizio scolastico in tutto il territorio nazionale.
Per le circa 4.000 istituzioni scolastiche delle regioni obiettivo convergenza si tratta di realizzare azioni per un importo complessivo

di euro 1.485.929.492,00 (Fse) per attività di apprendimento degli studenti, interventi di formazione per docenti, personale non docente e adulti, di promuovere interventi per l'ampliamento dell'offerta formativa e azioni di informazione e sensibilizzazione e, nel contempo, per un importo complessivo di euro 495.309.830,00 (Fesr) di realizzare nuovi laboratori ed infrastrutture scolastiche, in un'ottica di sostenibilità ambientale e di innovare le strutture e gli edifici scolastici.
Coerentemente con le linee di sviluppo e innovazione tracciate a livello nazionale, i programmi operativi promuovono una strategia di rafforzamento del sistema scolastico - assegnando finanziamenti aggiuntivi rispetto a quelli ordinari e promuovendo l'attivazione di sinergie locali attraverso l'integrazione fra i diversi soggetti istituzionali - per l'innalzamento dei livelli di apprendimento della popolazione e la riduzione dei tassi di dispersione scolastica.
Risulta, pertanto, evidente la dimensione strategica della nuova programmazione rispetto alle priorità nazionali, in ordine alle quali essa si pone come strumento efficace e significativo per supportare le scuole nella graduale applicazione delle nuove disposizioni per il miglioramento della qualità del sistema scolastico e per l'acquisizione di quelle competenze ritenute indispensabili per i cittadini che dovranno operare in una società sempre più complessa e globalizzata.
La strategia operativa dei programmi istruzione 2007-2013 FSE e FESR è fondata su due impatti prioritari:
1) più elevate e più diffuse competenze e capacità di apprendimento di giovani e adulti/e, da raggiungere in coerenza con la strategia della politica ordinaria per l'istruzione;
2) maggiore attrattività della scuola anche in termini di ambienti ben attrezzati per la didattica, sicuri e accoglienti per contrastare gli abbandoni precoci e attenuare gli effetti di quei fattori interni ed esterni alla scuola, che influiscono su motivazioni, impegno e aspettative dei giovani e delle loro famiglie.
Pertanto, in coerenza con le missioni specifiche dei due fondi europei Fse e Fesr, si intende incidere sulle risorse umane e sugli esiti degli apprendimenti di base; e nel contempo con il programma operativo nazionale «Ambienti per l'apprendimento» (Fesr) si intende influire sulla qualità delle infrastrutture scolastiche e sul loro adeguamento ai fini didattici, per rendere la scuola accessibile, attraente e funzionale all'apprendimento.
È importante sottolineare che tale strategia è stata condivisa con le regioni che, nell'ambito dei loro programmi operativi regionali (Por), concorrono al conseguimento degli stessi obiettivi.
I programmi operativi nazionali dei fondi Fse e Fesr, pur concentrando prioritariamente il
focus sulle competenze degli studenti e dei giovani e sugli interventi necessari ad ottenerne miglioramenti significativi e diffusi ed a rafforzare il ruolo della scuola come fattore di inclusione e aggregazione sul territorio, prevedono anche linee di azione volte ad incidere in maniera indiretta sullo sviluppo delle competenze di base e sulla riduzione del tasso di dispersione scolastica.
Per raggiungere risultati concreti nel breve/medio periodo sono previste azioni dirette, con le quali si tende al miglioramento delle competenze del personale docente, al miglioramento delle competenze di base dei giovani ed alla promozione del successo scolastico, ed azioni indirette, con le quali si tende all'accrescimento dell'uso della società dell'informazione nella scuola, alla formazione lungo tutto l'arco della vita ed al miglioramento delle infrastrutture scolastiche, quali l'incremento di dotazioni tecnologiche e di laboratori che possano favorire l'apprendimento delle competenze chiave, in particolare quelle matematiche, scientifiche e linguistiche.
In considerazione dell'urgenza di intervenire si è dato immediato avvio ai programmi a partire già dal 2007, primo anno di attuazione.
Pertanto al 31 dicembre 2009 sono stati impegnati: euro 732.432.404,10 a valere sul Pon «Competenze per lo Sviluppo» (Fse) ed

euro 159.288.699,33 a valere sul Pon «Ambienti per l'apprendimento» (Fesr).
Le attività finora realizzate toccano vari aspetti del servizio scolastico quali la formazione dei docenti, le attività di apprendimento degli studenti, strumenti e spazi dell'autonomia scolastica per l'ampliamento dell'offerta formativa.
Si ricordano in particolare;
i piani nazionali per la formazione del personale docente
Poseidon, M@t.abel e ForTic, volti a promuovere l'acquisizione di competenze didattico-metodologiche funzionali all'innalzamento dei livelli di apprendimento degli studenti e più in particolare:
il progetto «formazione nazionale educazione linguistica
Poseidon» che intende formare i docenti di italiano, di lingue moderne e di lingue classiche (1.320 docenti partecipanti);
il progetto «formazione nazionale educazione matematica
M@t.abel che prevede l'implementazione di moduli per la formazione dei docenti delle scuole secondarie di I grado e del biennio delle scuole superiori attraverso la costruzione di specifici strumenti pedagogico-didattici (1.766 docenti partecipanti);
il progetto «formazione nazionale educazione tecnologie didattiche Fortic» edizioni 1 e 2) che prevede una formazione
on line finalizzata ai docenti della scuola primaria e secondaria di I e II grado per l'acquisizione di competenze e abilità avanzate per l'utilizzo delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione nella didattica (3.442 docenti partecipanti a Fortic 1; 2.372 docenti partecipanti a Fortic 2);
interventi di informazione e sensibilizzazione sulle prove Ocse-Pisa, finalizzati a sensibilizzare i docenti sulla necessità di garantire un'impostazione metodologico-didattica centrata sull'acquisizione delle competenze chiave da parte degli studenti, in particolare nelle discipline oggetto delle indagini internazionali (partecipazione nel 2008 di circa 14.000 docenti e dirigenti);
il progetto per il supporto all'apprendimento degli studenti «Pon Sos studenti» che vuole offrire alle istituzioni scolastiche e ai docenti impegnati nelle attività di recupero uno strumento in più per la gestione e la conduzione delle attività di rinforzo con il quale, facendo ricorso alle potenzialità delle nuove tecnologie, si propongono inedite opportunità di studio, di esercitazione e di confronto. All'ambiente vengono iscritti gli studenti che sono stati segnalati dai docenti perché hanno contratto debiti formativi (3.274 studenti coinvolti);
il progetto qualità e merito, per il miglioramento del processo di insegnamento/apprendimento nell'area logico-matematica, con piani di potenziamento della didattica che prevedono anche una più mirata misurazione dei risultati conseguiti dagli studenti, in vista delle rilevazioni internazionali (Ocse-Pisa, Tmms). Coinvolge 320 scuole di I grado dell'obiettivo convergenza.

Unitamente ai progetti nazionali, sono previste le azioni a domanda con cui il Ministero, attraverso lo strumento delle circolari attuative, individua e mette a bando azioni che le scuole possono scegliere e richiedere. Tali azioni confluiscono nel piano integrato di interventi con il quale l'istituzione scolastica individua gli obiettivi e le azioni ritenute prioritarie ed integra il piano dell'offerta formativa. Si tratta di un insieme di azioni volte a:
migliorare le competenze del personale della scuola e dei docenti (164.612 partecipanti);
migliorare i livelli di conoscenza e competenza dei giovani (499.000 partecipanti);
promuovere il successo scolastico, le pari opportunità e l'inclusione sociale (239.022 studenti coinvolti e 52.102 genitori partecipanti).

Ciascuna scuola ha potuto beneficiare di un importo annuo da un minimo di 65.000 euro ad un massimo di 95.000 euro per l'attuazione degli interventi diretti soprattutto per gli studenti in maggiore difficoltà

ma anche per promuovere le eccellenze attraverso la realizzazione di percorsi di apprendimento linguistico nei paesi comunitari e per favorire la partecipazione degli studenti alle gare disciplinari.
I programmi operativi per l'istruzione prevedono, come già detto, anche la realizzazione di interventi che possono sostenere indirettamente il raggiungimento degli obiettivi di servizio, poiché incidono su quegli aspetti che influenzano i livelli di apprendimento ed il tasso di scolarizzazione degli studenti.
Tali interventi ricomprendono:
azioni per la diffusione della società dell'informazione (11.442 progetti presentati);
azioni per il miglioramento delle competenze degli adulti (54.900 partecipanti);
azioni valutative sul raggiungimento degli obiettivi di servizio.

In particolare, in merito agli interventi volti alla realizzazione di nuovi laboratori ed infrastrutture, si evidenzia fino ad oggi:
il numero delle dotazioni tecnologiche (51.102 computer e 4.900 lavagne digitali);
la realizzazione di 6.355 laboratori di cui:
2.815 di scienze e matematica, 2.210 multimediali, 555 di lingua, 405 di musica, 298 di settore, 72 per l'istruzione degli adulti.

Insieme alla tipologia di azioni evidenziate, stanno prendendo avvio due sostanziali linee di attività, che seppure indirettamente, possono contribuire al raggiungimento degli obiettivi di servizio e all'innalzamento della qualità complessiva del sistema istruzione.
Si tratta di progetti nazionali sull'apprendimento delle scienze e delle lingue straniere e del miglioramento della sicurezza e della qualità degli edifici scolastici.
Nel primo caso, circa l'apprendimento delle scienze, si tratta di una proposta di formazione nazionale per l'insegnamento e apprendimento delle scienze nel primo ciclo d'istruzione. Nel secondo caso, il miglioramento della sicurezza e della qualità degli edifici scolastici vede uno sforzo concertativo di grande rilievo con il coinvolgimento del Ministero, degli enti locali, delle istituzioni scolastiche.
L'impatto positivo dell'utilizzazione dei fondi strutturali è riscontrabile con i dati Istat ed Eurostat inerenti i più importanti indicatori del sistema scolastico nelle regioni dell'obiettivo 1. Da questi dati emerge che:
il tasso di abbandono alla fine del secondo anno delle secondarie superiori è diminuito dal 5,7 per cento del 1999 al 3,7 per cento del 2006;
il tasso di partecipazione degli adulti all'apprendimento permanente è aumentato dal 4,7 per cento del 2000 al 5,7 per cento del 2008;
il tasso di scolarizzazione superiore è aumentato dal 67 per cento del 2004 al 71,7 per cento del 2008;
il tasso di abbandono prematuro dei giovani è diminuito dal 28,4 per cento del 2004 al 24,4 del 2008;
il tasso di laureati in scienza e tecnologia è aumentato dal 2,7 per cento all'8,2 per cento.

Si aggiunga che è stato del tutto abbattuto il divario nord/sud riguardo al tasso di abbandono della scuola del primo ciclo.
L'apporto della programmazione nazionale dei fondi strutturali europei al miglioramento dei sistema istruzione viene misurato nella programmazione 2007/2013 soprattutto a partire dagli obiettivi di servizio per l'istruzione fissati dal dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione. I tre indicatori fissati guardano al contrasto degli abbandoni precoci (giovani fra i 18 e i 24 anni con certificazione di studi inferiore alla secondaria superiore e non inseriti in alcun percorso di istruzione e di formazione professionale) e ai risultati in lettura funzionale e matematica alle prove Ocse-Pisa. L'abbandono scolastico è sicuramente maggiore al Sud

rispetto al Nord, ma il suo tasso di diminuzione è molto più accentuato nelle Regioni meridionali (2 punti percentuali al centro nord, 4 punti percentuali nelle regioni obiettivo 1). L'Ocse nel suo studio economico Italy economic survey 2009 attribuisce al Pon buona parte delle ragioni della positività di questo trend nel meridione.
Il miglioramento delle competenze degli studenti è comunque il più importante obiettivo di tutto l'impegno di risorse destinate alle scuole dell'obbiettivo convergenza per le quali si presumono significativi progressi nelle prossime prove messe a punto dal sistema nazionale di valutazione e nelle prove internazionali.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

CATANOSO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
il SISTRI (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti) nasce nel 2009 su iniziativa del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare nel più ampio quadro di innovazione e modernizzazione della pubblica amministrazione per permettere l'informatizzazione dell'intera filiera dei rifiuti speciali a livello nazionale e dei rifiuti urbani per la regione Campania;
l'iscrizione obbligatoria al sistema è stata stabilita al 29 aprile del 2010 per le imprese che hanno un numero di dipendenti inferiore alle 50 unità;
per le piccole e medie imprese, soprattutto quelle agricole, la normativa prevede una procedura semplificata dato il carattere speciale del settore;
stante la novità della normativa recentemente approvata, molti produttori non riescono a sciogliere numerosi dubbi di procedura;
sembrerebbe che la scadenza del 29 aprile 2010 possa essere prorogata su iniziativa parlamentare di ben due anni e che nelle more della nuova scadenza non si sappia come regolarsi se con la vecchia normativa o quella attuale che sostituirebbe la precedente -:
come debbano procedere coloro che si sono iscritti in tempo ma che non hanno istruzioni operative sul servizio di smaltimento dei rifiuti stante la mancata sottoscrizione di alcun accordo di programma tra le varie istituzioni locali in merito ai rifiuti speciali, pericolosi e non;
se il modello unico di dichiarazione ambientale, meglio noto come Mud, si possa ancora utilizzare o risulti definitivamente abrogato;
qualora il modello Mud non sia stato abrogato, se l'eventuale tardiva presentazione dello stesso comporti delle sanzioni e di quale entità;
quali provvedimenti intenda adottare il Ministro interrogato per risolvere le problematiche esposte in premessa.
(4-07751)

Risposta. - In risposta all'interrogazione in esame, dove si pongono in risalto alcune problematiche in ordine all'istituzione del Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti), si rappresenta che, al fine di ottemperare a quanto dettato in materia, le istruzioni da seguire da parte degli operatori sono contenute nei tre decreti ministeriali approvati sul nuovo sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti: decreto ministeriale 17 dicembre 2009, decreto ministeriale 15 febbraio 2010 e decreto ministeriale 9 luglio 2010.
È stato attivato anche il portale
www.sistri.it, che contiene tutte le informazioni aggiornate sul Sistri e particolarmente interessante, nell'ottica di rispondere ai vari quesiti posti sulla disciplina relativa al Sistri, è il sito delle Faq, cioè delle risposte a domande frequenti. È prossima, inoltre, la pubblicazione di un apposito manuale operativo, finalizzato proprio a facilitare i compiti a tutti gli operatori.


Non è prevista, invece, alcuna sottoscrizione di accordi di programma tra le varie istituzioni locali in merito ai rifiuti speciali. Tali iniziative sarebbero, comunque, auspicabili per garantire a livello territoriale una più efficace gestione e controllo della produzione, movimentazione e smaltimento finale dei rifiuti speciali, pericolosi e non pericolosi.
Con l'istituzione del Sistri, la documentazione cartacea in materia di comunicazione dei dati sui rifiuti speciali non è più dovuta.
Per l'ultimo modello unico di dichiarazione ambientale presentato, relativo all'anno 2009, continuano a permanere le regole vigenti, anche quelle relative al regime sanzionatorio.
Con l'ultimo decreto ministeriale del 9 luglio 2010, pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 14 luglio 2010, sono stati prorogati i termini per l'avvio sul piano operativo del Sistri al prossimo 1o ottobre. Il provvedimento, accogliendo le richieste formulate anche in diverse interrogazioni parlamentari, contiene misure volte a semplificare gli adempimenti per le piccole imprese (fino a 5 dipendenti) produttrici di modesti quantitativi di rifiuti. Per queste imprese viene, altresì, prevista una netta riduzione del livello dei contributi da versare.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

CIMADORO e PIFFARI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
nei giorni immediatamente successivi all'armistizio di Cassibile (8 settembre 1943) le autorità tedesche catturarono e deportarono nei territori del Terzo Reich circa 800.000 soldati italiani indicati con il nome ufficiale di internati militari italiani (italienische militär-internierten) - IMI;
le autorità del Terzo Reich vedevano nella cattura di centinaia di migliaia di italiani una preziosa risorsa di manodopera sfruttabile a piacere;
gli internati furono infatti impiegati coattamente nei campi e nelle fattorie, nei servizi antincendio delle città bombardate e nell'industria bellica (35,6 per cento), nell'industria pesante (7,1 per cento), nell'industria mineraria (28,5 per cento), nell'edilizia (5,9 per cento), nel settore alimentare (14,3 per cento). Alcuni anche nella produzione di V2, incarico nel quale moltissimi persero la vita in condizioni disumane di lavoro;
le condizioni di lavoro degli IMI erano estremamente disagevoli. L'orario settimanale nell'industria pesante era in media di 57,4 ore, nelle miniere di 52,1 (circa nove ore giornaliere), ma spesso si aggiungevano turni lavorativi domenicali. Il luogo di lavoro poteva distare dal campo di internamento dai due ai sei chilometri, sovente da percorrersi a piedi. A fronte di un intenso impegno lavorativo non corrispondeva un'alimentazione adeguata. Dai racconti dei reduci si apprende che era prassi comune cercare bucce di patate e rape nelle immondizie, o cacciare piccoli animali come topi, rane e lumache per integrare le magre razioni;
gli internati ricevevano un salario spettante ai prigionieri di guerra sottoposti a lavoro coatto secondo le convenzioni internazionali. Il potere d'acquisto era basso e limitato a procurarsi prodotti per l'igiene personale negli spacci interni oppure tabacco da usare come merce di scambio con le guardie;
nell'estate del 1944, Mussolini riuscì ad ottenere da Hitler la conversione degli IMI in «lavoratori civili», mitigandone, almeno sulla carta, le condizioni di vita. Agli ex-IMI tuttavia non fu concesso di rientrare in Italia. La memorialistica dei reduci e le carte dell'ambasciata italiana a Berlino conservate presso la National Archives and Records Administration di College Park (Stati Uniti) dimostrano come stenti, vessazioni e abusi fossero pane

quotidiano anche per i soldati che ottennero lo status di «lavoratore militarizzato»;
sulla Gazzetta di Mantova del 26 giugno 2010 (pagina 3) si legge che i 90 ex Imi italiani sopravvissuti hanno avviato un procedimento civile presso il tribunale di Brescia, al fine di ottenere un risarcimento per le sevizie e lo sfruttamento lavorativo subiti contro la Germania, riconosciuta da tribunali civili e militari, responsabile civile nei confronti di sopravvissuti e familiari delle vittime di stragi naziste;
il Parlamento ha approvato la legge n. 98 del 23 giugno 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 147 del 26 giugno 2010) di conversione del decreto-legge 28 aprile 2010, n. 63, «Disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana e di elezioni degli organismi rappresentativi degli italiani all'estero»;
nel suddetto decreto si legge che: «Fino al 31 dicembre 2011, l'efficacia dei titoli esecutivi nei confronti di uno Stato estero è sospesa di diritto qualora lo Stato estero abbia presentato un ricorso dinanzi alla Corte internazionale di giustizia, diretto all'accertamento della propria immunità dalla giurisdizione italiana, in relazione a controversie oggettivamente connesse a detti titoli esecutivi»;
sempre sulla Gazzetta di Mantova 26 giugno 2010 (pagina 3) si traggono le conseguenze di quel voto: «La legge sospende l'esecutività dei provvedimenti emessi dal giudice nei confronti di quegli Stati che, per contestarli, si sono rivolti alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja. Come ha fatto la Germania per non risarcire le vittime delle stragi naziste» -:
se i Ministri interrogati siano a conoscenza di quanto descritto in premessa e, in tal caso, se intendano intraprendere iniziative atte a sostenere i nostri sfortunati connazionali e rendergli doverosa giustizia.
(4-07887)

Risposta. - In relazione a quanto rappresentato dall'interrogante, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
L'internamento nei campi nazisti di circa 650.000 militari italiani costituì un'autentica catastrofe militare, una dolorosa ferita nella coscienza nazionale ed una pagina di storia che solo in anni recenti è tornata all'attenzione delle forze politiche, della società civile e della storiografia del nostro Paese.
La questione degli ex-internati militari italiani è ben nota al Ministero degli affari esteri, che si impegnò per far includere i medesimi tra i destinatari dei benefici della legge tedesca del 14 luglio 2000, che istitutiva la Fondazione «Memoria, Responsabilità e Futuro» per gli indennizzi a favore dei lavoratori forzati in Germania durante l'ultimo conflitto mondiale. Nel 2001, tuttavia, il Governo tedesco ed il consiglio di detta Fondazione fecero propria la tesi che gli IMI dovevano essere giuridicamente considerati prigionieri di guerra (anche se all'epoca non furono trattati come tali) e ritenuti quindi, in linea generale, esclusi dai benefici. Tale decisione fu subito contestata dal Ministero degli affari esteri e negli anni successivi è stato a più riprese rappresentato alle autorità tedesche il nostro disaccordo e la nostra deplorazione per una decisione profondamente ingiusta.
Ritenendo di avere assolto tutti gli obblighi di riparazione verso le vittime italiane delle persecuzioni naziste, il Governo tedesco ha costantemente ribadito la indisponibilità ad includere gli ex-IMI tra i beneficiari degli indennizzi di suddetta Fondazione e, più in generale, a riaprire verso l'Italia programmi di indennizzi
ad personam. Ferme restando con la parte tedesca le differenze interpretative sulla portata degli accordi post-bellici - differenze a cui è riconducibile anche la interpretazione restrittiva della immunità giurisdizionale dello Stato tedesco adottata in materia dalla Corte di Cassazione - l'azione del Ministero degli affari esteri si è orientata verso la ricerca di una «giustizia storica e di una riparazione morale», ovvero di un'intesa con Berlino su gesti di peso politico e morale, intesi a rafforzare una prospettiva di riconciliazione tra Italia e Germania, segnatamente al livello di società civile, nel segno del

comune impegno, fin dalle sue origini, nel processo di costruzione di un'Unione europea forte e coesa.
In questa direzione, i risultati ottenuti negli ultimi due anni appaiono significativi. In tale cornice si collocano infatti la visita alla risiera di San Sabba - luogo di transito di molti militari e civili che furono deportati in Germania - da parte dell'allora vice-cancelliere e Ministro degli esteri tedesco, Steinmeier, il 18 novembre 2008; l'istituzione di una commissione di storici italiani e tedeschi con il mandato di un approfondimento comune sul passato di guerra italo-tedesco, in particolare sugli internati militari italiani, come contributo alla costruzione di una comune cultura della memoria; l'avvio, presso il centro italo-tedesco di Villa Vigoni, di una piattaforma
internet per lo sviluppo di scambi giovanili tra Italia e Germania indirizzati, in particolare, alla tutela della memoria delle vittime di persecuzioni e stragi naziste; infine, l'impegno della Germania nella ricostruzione della Chiesa di San Pietro Apostolo ad Onna, uno dei paesi abruzzesi distrutti dal terremoto, teatro nel 1944 di una strage di civili da parte di truppe tedesche. I risultati sin qui ottenuti incoraggiano a proseguire su tale strada, ovvero nella ricerca di una tutela della memoria e della giustizia storica che non sia una perpetuazione sotto altre forme dei conflitti del passato.
Quanto all'articolo 1 della legge n. 98 del 23 giugno 2010, contenente «disposizioni urgenti in tema di immunità di Stati esteri dalla giurisdizione italiana», esso si limita a stabilire la sospensione dei titoli esecutivi nei confronti di Stati esteri nel caso in cui sia pendente un ricorso presso la Corte internazionale di giustizia in tema di accertamento dell'immunità giurisdizionale. Ove la stessa Corte ammettesse la sussistenza dell'immunità verrebbero meno i presupposti per la validità dei titoli esecutivi. Appare quindi ragionevole evitare provvedimenti esecutivi che, oltre a pesanti riflessi sul piano delle relazioni internazionali, potrebbero ingenerare sul piano interno aspettative degli attori che sarebbero destinate ad estinguersi in caso di sentenza di un giudice sovranazionale favorevole all'istanza dello Stato estero.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.

CIOCCHETTI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
nel 2004 Italtel ha acquistato un'azienda di 500 dipendenti (One-ans) che opera nel mercato della sicurezza delle reti informatiche rivolto anche alla pubblica amministrazione (350 sono a Castelletto di Settimo Milanese, 150 a Roma). Oggi One-ans è completamente integrata nelle attività Italtel, operando in maniera stabile direttamente dal cliente (Vodafone, Wind, Telecom, banche, pubblica amministrazione). Dalla data dell'acquisizione oltre la metà dei dipendenti di One-ans ha dato le dimissioni dall'azienda;
le sedi commerciali di Italtel sono rispettivamente localizzate a Castelletto di Settimo Milanese (Milano) e Roma, mentre l'insediamento di Carini (Palermo) e parte dell'area di Castelletto costituiscono il cuore della ricerca Italtel. Il gruppo occupa oggi circa 2.100 addetti;
da 10 anni i fatturati di Italtel sono a rischio. Il problema è duplice, il rifinanziamento del debito da parte delle banche e la ricapitalizzazione della società da parte degli azionisti Telecom, Cisco e fondi americani;
sono ormai poche le aziende di Italtel con 1500 dipendenti. Oggi 1400 persone in tutto il gruppo sono in contratto di solidarietà per un anno e mezzo (da luglio 2009 a dicembre 2010, lavorando mezza giornata in meno alla settimana per ridurre gli eccedenti). Questo sta impedendo il licenziamento di un centinaio di lavoratori. Entro la fine del 2010, circa 150 persone usciranno comunque in mobilità;
l'8 gennaio 2010 l'amministratore delegato di Italtel ha annunciato 400 nuovi esuberi (per effetto dei tagli sul fatturato

di decine di milioni di euro da parte di Telecom) che si sommano ai 450 del biennio 2009/2010 e la chiusura di una sede «periferica» -:
quali urgenti iniziative intendano adottare per salvaguardare i livelli occupazionali in un'azienda, quale è l'Italtel, player di primo piano nel mercato delle telecomunicazioni;
quale sia la destinazione dei fondi stanziati per lo sviluppo della banda larga e se non ritengano opportuno destinarli a sostegno delle aziende che si occupano di telecomunicazioni e che rappresentano, come l'Italtel, una risorsa per il Paese.
(4-07873)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, inerente le vicende occupazionali della società Italtel, si forniscono i seguenti elementi di informazione acquisiti presso i competenti uffici di questa amministrazione nonché presso il ministero dello sviluppo economico e la regione Lombardia.
La Italtel spa, con sede legale in Settimo Milanese (Milano), è un'azienda operante nel settore delle telecomunicazioni mediante lo sviluppo e l'integrazione di prodotti e servizi per le reti di nuova generazione, che presenta, allo stato, un organico complessivo pari a 2034 unità.
La società, nei primi mesi del corrente anno, ha registrato un aggravamento della propria situazione aziendale generale in conseguenza del perdurare della crisi globale e della diminuzione delle commesse.
Alla società, in particolare, come peraltro evidenziato nell'atto di sindacato ispettivo, è stato riconosciuto un trattamento di integrazione salariale conseguente alla stipula di un contratto di solidarietà, per un periodo pari 18 mesi, con decorrenza 1o luglio 2009, nei confronti di un numero massimo di 1384 lavoratori impiegati presso le diverse unità produttive dislocate su tutto il territorio nazionale. Occorre, al riguardo, rilevare che il periodo di vigenza del contratto di solidarietà è stato in realtà inferiore rispetto a quanto originariamente autorizzato essendo mutati
medio tempore i presupposti giustificativi.
La società, pertanto, ha provveduto a richiedere l'autorizzazione alla concessione del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, per 12 mesi, con decorrenza 12 aprile 2010, nei confronti di un numero massimo di 400 lavoratori impiegati presso gli stabilimenti di Carini, Roma, Settimo Milanese e Casalnuovo di Napoli; il relativo provvedimento risulta, allo stato, in fase di predisposizione. La situazione sopra rappresentata è comunque all'attenzione dei competenti uffici di questa amministrazione e si manifesta, sin da ora, la più ampia disponibilità a valutare, qualora richiesto, ogni soluzione diretta a tutelare la posizione dei lavoratori coinvolti nella vicenda e delle loro famiglie.
Inoltre il ministero dello sviluppo economico ha comunicato l'intenzione di convocare, entro la fine del corrente mese, un «tavolo di confronto» tra i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori avente ad oggetto l'esame del Piano industriale nonché la definizione di quelle strategie volte a garantire all'azienda di rimanere un
player di riferimento per la fornitura di Customer service e di sistemi integrati.
Quanto alla destinazione dei fondi stanziati per lo sviluppo della cosiddetta banda larga, il medesimo ministero, competente al riguardo, ha comunicato che, tra le iniziative avviate dal Governo nel settore delle telecomunicazioni rientra la predisposizione di un piano nazionale banda larga per azzerare il
digital divide del Paese (cui sono destinati i fondi stanziati con legge n. 69 del 2009 e successive modificazioni) nonché il progetto per l'implementazione di reti di nuova generazione al 50 per cento della popolazione italiana, in linea con l'agenda digitale europea approvata, il 31 maggio 2010, a Bruxelles.
Le predette iniziative, che comporteranno investimenti per circa 1 miliardo di euro l'anno, potranno avere ricadute positive anche sul piano occupazionale; il piano nazionale banda larga, in particolare, dovrebbe consentire di occupare, nei quattro

anni di dispiegamento, circa 50 mila persone attraverso l'apertura di oltre 30 mila cantieri su tutta la penisola.
Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

COMAROLI e GRIMOLDI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
hanno preso insistentemente a circolare voci secondo le quali il Corpo nazionale dei vigili del fuoco assicurerebbe il turn over dei propri organici attingendo alle liste dei vincitori di un futuro concorso per 814 posti;
esiste il sospetto, peraltro, che anche in questo caso non vi sarebbero risorse sufficienti ad assicurare l'effettiva assunzione degli 814 vincitori, alcuni dei quali si aggiungerebbero a quel punto al già significativo numero dei precari da stabilizzare -:
quali siano le ragioni che indurrebbero il Governo a preferire l'effettuazione di un nuovo concorso rispetto alla prosecuzione delle procedure di stabilizzazione già attivate, e comunque a non prendere in considerazione la possibilità di investire in un processo di potenziamento strutturale del Corpo nazionale dei vigili dei fuoco le risorse attualmente destinate alle assunzioni temporanee del personale precario.
(4-07020)

Risposta. - Le procedure concorsuali per l'assunzione di 814 unità nella qualifica di vigile del fuoco si concluderanno entro l'anno 2010. Le prove orali sono già terminate; è in corso la valutazione dei titoli, al termine della quale sarà approvata la graduatoria finale; entro fine ottobre, invece, verranno terminate le visite mediche per l'effettiva individuazione degli 814 assumibili.
Nell'ambito della relativa graduatoria, ferma restando l'emanazione del decreto di autorizzazione, per il quale stanno per essere avviate le relative procedure, l'amministrazione provvederà, nel triennio 2010-2012, all'assunzione di personale nella qualifica di vigile del fuoco che, grazie alle risorse allocate dal Governo per il medesimo triennio in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191), garantirà la copertura del
turn over al 100 per cento.
Tale intervento normativo si inserisce in un percorso avviato sin dall'inizio della legislatura, volto a riaffermare la centralità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel sistema della sicurezza,
lato sensu intesa, del Paese. Percorso che, in ragione delle vigenti disposizioni di legge in materia di assunzioni, consentirà di realizzare, al termine del triennio, un'inversione di tendenza, rispetto al passato, fra personale collocato a riposo e personale da assumere, tale da poter ragionevolmente prevedere una riduzione delle attuali carenze di organico.
Tornando al concorso a 814 vigili del fuoco, si ricorda che una significativa riserva, pari al 25 per cento dei posti, è stabilita in favore del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni e con almeno 120 giorni di servizio.
Tale riserva è prevista dall'attuale sistema ordinamentale introdotto dal decreto legislativo n. 217 del 2005 nei concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica iniziale di vigile del fuoco, cui possono partecipare tutti i cittadini italiani in possesso dei requisiti di legge. Essa rappresenta un riconoscimento dell'importante contributo da sempre offerto dal personale volontario del Corpo nazionale ai fini della salvaguardia di vite umane.
Si tratta di un beneficio distinto dalle procedure di stabilizzazione, riservate, in via esclusiva, al personale volontario del Corpo nazionale, in ragione del percorso avviato in attuazione delle disposizioni contenute nelle manovre di finanza pubblica del 2007 e del 2008 il quale ha consentito all'Amministrazione di attingere, dalla relativa graduatoria (6.080 unità) approvata con decreto ministeriale 28 aprile 2008, una parte del personale volontario del Corpo nazionale in possesso di determinati requisiti

(iscrizione negli appositi elenchi da almeno tre anni e con un minimo di 120 giorni di servizio), nei limiti stabiliti da disposizioni di legge. Sulla base di tali disposizioni, ad oggi, sono stati avviati al corso di formazione per allievi vigili del fuoco 1553 unità, di cui 1135 già in servizio nei comandi provinciali.
Ulteriori 295 unità saranno assunte, dalla graduatoria della stabilizzazione, entro il 2010, a norma dell'articolo 1, comma 346, della legge finanziaria per il 2008, a conclusione del corso di formazione per vigile permanente iniziato il 7 giugno 2010. Per altre 95 unità, da assumere ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, provenienti dalla medesima graduatoria, si è in attesa di ricevere l'apposita autorizzazione dal competente dicastero della funzione pubblica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

CUOMO. - Al Ministro della salute, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ISPESL è in gestione commissariale dall'aprile 2008 per scadenza del mandato del Consiglio di amministrazione;
il decreto del Presidente della Repubblica 303 del 2002 prevede in tali casi la nomina di un commissario straordinario per la durata massima di un anno;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 aprile del 2008, previe intese con il Governo entrante, il Governo uscente abbia nominato, per sei mesi, commissario straordinario il professor Antonio Moccaldi, già Presidente del consiglio di amministrazione uscente, un sub-commissario con delega alla direzione generale nella persona del dottor Umberto Sacerdote, delega che appare insolita in un provvedimento di commissariamento;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 ottobre 2008 il commissariamento è stato prorogato per sei mesi fino al 28 aprile 2009;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'aprile 2009, avente ad oggetto provvedimenti urgenti per la protezione civile è stato ulteriormente prorogato sine die;
dagli atti ufficiali risulta che il consiglio di amministrazione e il comitato scientifico abbiano approvato il piano triennale di ricerca dell'istituto per il triennio 2008-2010, successivamente vistato dai Ministeri vigilanti (salute, economia e finanze e funzione pubblica);
risulta che il suddetto piano è stato avviato dal 2 febbraio 2010 nonostante il lungo tempo trascorso dall'approvazione tanto da avere provocato nel dicembre del 2008 le proteste dei giovani ricercatori, circa 140 unità laureate e specializzate, che da anni consentono lo svolgimento delle attività di ricerca dell'ISPESL;
risultano conclusi da circa un anno concorsi per contratti di ricerca, e non ancora firmati per la pubblicazione delle relative graduatorie, e sono stati banditi, il 2 febbraio 2010 nuovi concorsi anche con le stesse figure professionali dei concorsi già conclusi;
è stato modificato il piano approvato dal C.d.A. e dal comitato scientifico inserendo nei suddetti bandi il 90 per cento dei posti riservati a diplomati amministrativi; peraltro molto strana è tale proporzione, amministrativi/ricercatori in un ente di Ricerca qual è l'Ispesl; il sub commissario ha ritenuto le professionalità individuate dai titolari delle ricerche e approvate dal comitato scientifico non idonee, e nel modificarle ha agito in forme che appaiono di dubbia compatibilità con quanto previsto dalla legge istitutiva dell'Ispesl né dalla gestione commissariale che affida eventualmente al Commissario Straordinario i poteri del Consiglio di Amministrazione;

dai dati pubblicati, a seguito della rilevazione effettuata dal ministro per la pubblica amministrazione e dell'innovazione, risultano in servizio solo 500 unità dei ruoli dell'Ispesl, inferiore al 50 per cento del numero previsto dalla pianta organica;
risulta che nel 2005 l'Ispesl sia stato autorizzato a bandire concorsi per numero 100 posti a tempo indeterminato e che finora non abbia bandito alcun concorso nonostante le carenze di personale più volte denunciate anche dalle organizzazioni sindacali;
risulta che i concorsi a tempo indeterminato per n. 100 posti non sono svolti per l'inspiegabile prolungarsi dei tempi;
parrebbe inoltre che per fare fronte alle carenze di personale, il sub commissario abbia conferito, direttamente e senza alcun avviso e selezione pubblica, circa 600 incarichi di collaborazione coordinata e continuativa a personale amministrativo di vari livelli - commessi, segreteria, autisti - con un aumento, in maniera ad avviso dell'interrogante ingiustificata, del precariato nell'Ispesl e se è vero che il 90 per cento di essi sono assegnati a Roma nonostante le carenze di personale nelle sedi periferiche, soprattutto nel nord Italia;
dallo scorso mese di novembre fino ad oggi, all'Ispesl, pare si continui a sottoscrivere contratti co.co.co. a diplomati, benché le normative vigenti lo vietino;
non sarebbero stati trasmessi al Ministero quindi non sarebbero pubblicati sul sito Ispesl, gli elenchi degli incarichi esterni, l'elenco dei co.co.co e i relativi compensi compresi quelli percepiti dai vertici dell'Ispesl, come richiesto dalla normativa «Brunetta» -:
se sia vero quanto riportato in premessa;
se i contratti co.co.co sottoscritti dall'Ispesl siano stati inviati al collegio dei revisori, e quali decisioni risultino assunte in merito;
quali iniziative o provvedimenti urgenti intendano adottare i ministri per rimuovere tutti i ritardi accumulati nell'attivazione delle graduatorie dei concorsi già espletati e nell'emanazione dei bandi di concorso a tempo indeterminato, determinato e co.co.pro., al fine di evitare ulteriori proteste dei lavoratori precari e offrire loro le garanzie previste dalla normativa vigente;
se intendano promuovere l'adozione dell'esercizio di auto-tutela a seguito di ispezioni per verificare la legittimità degli atti adottati;
se non ritengano assumere provvedimenti disciplinari nel caso di accertate illegittimità;
se non ritengano necessario portare avanti la proposta di accorpamento dell'Ispesl all'Inail, ed in subordine, dopo ormai anni di commissariamento, procedere alla nomina del nuovo presidente, del nuovo C.d.A. e del nuovo direttore generale, che siano in possesso dei requisiti professionali e culturali idonei al fine di rilanciare l'istituto nella trasparenza e nel rispetto delle normative vigenti.
(4-06289)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, prima di entrare nel merito dei quesiti posti, si ritiene utile fornire le seguenti valutazioni di carattere generale.
Gli organi ordinari di amministrazione dell'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (Ispesl), sono giunti a scadenza nel 2008.
Al fine di assicurare la continuità della gestione dell'ente, nelle more dell'insediamento degli organi ordinari di amministrazione, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 aprile 2008 il professor Antonio Moccaldi, già presidente dell'Istituto, ed il dottor Umberto Sacerdote, già direttore generale dell'Istituto stesso, sono stati nominati, rispettivamente, commissario straordinario e subcommissario, ed è stato, inoltre, previsto che essi restassero in carica fino al momento dell'insediamento degli organi di ordinaria amministrazione

e, comunque, per un periodo massimo di sei mesi a decorrere dalla data del provvedimento, con scadenza al 28 ottobre 2008.
È stato, quindi, adottato, in data 27 ottobre 2008, un secondo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che ha prorogato, nel rispetto della vigente normativa posta dall'articolo 13, lettera
q), del decreto legislativo n. 419 del 1999, e dall'articolo 19 del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002, per ulteriori sei mesi le funzioni degli organi straordinari di amministrazione e gestione dell'ente, con scadenza al 18 aprile 2009.
Successivamente, anche al fine di superare il limite improrogabile di 12 mesi previsto dall'articolo 19, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 2002, quale periodo massimo di durata del commissariamento in questione, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 aprile 2009, n. 3758, adottata in attuazione dell'articolo 6, comma 1, lettera
l), del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39, recante «Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici verificatisi nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile», convertito nella legge 24 giugno 2009, n. 77, il periodo di scadenza del commissariamento dell'Ispesl, quale previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 aprile 2008, è stato prorogato, senza termine, fino alla nomina dei nuovi organi dell'Istituto.
Nel merito dei quesiti posti, si osserva quanto segue.
Da una nota della ragioneria generale dello Stato in data 25 maggio 2010, disponibile presso il Servizio Assemblea, emerge che i contratti individuali di collaborazione coordinata e continuativa non vengono inviati all'organo di controllo per l'esame preventivo, ma, unitamente a tutti gli atti di spesa dell'ente, sono oggetto di riscontro a campione secondo criteri predeterminati.
Dalla nota in data 13 aprile 2010 della direzione generale della ricerca scientifica e tecnologica del ministero della salute, competente in materia di vigilanza sull'Ispesl, disponibile presso il Servizio Assemblea, emerge quanto segue.
Relativamente alle proteste per presunta mancata acquisizione di personale a seguito di procedure già concluse, risulta che si è trattato di selezioni attinenti al piano 2005/2007 per il conferimento di 5 incarichi in totale, su tutte le selezioni effettuate, per i quali era richiesto, come requisito di partecipazione, il solo diploma di scuola media superiore. Le suddette procedure si sono poi concluse nel giugno 2009. Il rinvio della conclusione della procedura è riconducibile alla disposizione di cui all'articolo 3, comma 73, della legge n. 244 del 2007, che ha modificato l'articolo 7, comma 6 del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente il divieto di conferire incarichi di collaborazione a personale diplomato. Successivamente, il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, all'articolo 46 ha apportato ulteriori modifiche all'articolo 7, comma 6, sopra citato, nel senso che ha disciplinato una deroga per i diplomati «iscritti in ordini o albi...
omissis..., ferma restando la necessità di accertare la maturata esperienza nel settore».
Tuttavia, solo a seguito dell'entrata in vigore dell'articolo 35 del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito dalla legge n. 14 del 2009, che ha introdotto la possibilità di conferire incarichi a personale, prescindendo dalla laurea nel caso di attività svolta nel campo dell'istruzione o della ricerca, si è dato corso ai lavori delle selezioni, che si sono conclusi nei mesi di giugno e luglio 2009.
Per quanto riguarda gli incarichi di ricerca, questi possono essere banditi solo dopo l'avvio del piano che contiene programmi e linee di ricerca. Pertanto solo in questa fase il
sub commissario ha potuto procedere a bandire le relative selezioni. Per quanto riguarda la professionalità degli incarichi, si osserva che le professionalità dei n. 228 posti messi a bando risultano facilmente riscontrabili nella Gazzetta ufficiale del 2 febbraio 2001 e sul sito dello stesso istituto. Per quanto attiene l'asserita mancata assunzione di personale, già autorizzata con decreto del Presidente del

Consiglio dei ministri del 2005, l'Ispesl fa presente che le assunzioni del personale sono possibili solo dopo che risultano esperite le procedure di mobilità e che, per queste ultime il contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto ricerca impone la definizione di apposite tabelle di equiparazione del personale, previa obbligatoria contrattazione collettiva integrativa con le organizzazioni sindacali, a livello di ciascun ente.
L'Ente ha presentato alle organizzazioni sindacali due ipotesi di tabelle, che però non sono state condivise né siglate da alcune sigle sindacali, pertanto non si è perfezionato l'accordo.
Infine, rispondendo all'ultimo quesito posto dall'interrogante, si segnala, come è noto, che l'articolo 7 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha operato la soppressione dell'Ispesl e l'attribuzione delle relative funzioni all'istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni su lavoro.
Alla luce delle argomentazioni sopra esposte, il ministero della salute ritiene di non dover avviare ulteriori iniziative.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

DI GIUSEPPE e MURA. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'ANPVI Onlus attraverso 60 realtà regionali, provinciali e locali che danno servizio a non meno di 20.000 utenti tra soci e fruitori, così come accertato dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, svolge a loro favore rilevanti attività ed iniziative tra cui:
a) il centro per l'Autonomia e la Mobilità di Campagnano di Roma per il quale l'ANPVI Onlus ha già investito 700.000,00 euro e per finire il quale occorreranno altri 500.000,00 euro;
b) la gestione degli uffici provinciali di segretariato sociale (problemi assistenziali, previdenziali, scolastici, formativi, culturali e di autonomia) a favore dei non vedenti soci e non soci;
c) il centro nazionale di documentazione che gestisce le informazioni e assicura consulenze e consigli utili on line nel campo previdenziale, scolastico e dell'assistenza articolato in cinque centri interregionali;
d) l'elaborazione e la gestione di progetti per i volontari del servizio civile per accompagnatori dei non vendenti a norma dell'articolo 40 della legge n. 289 del 2002;
è stato erogato a favore dell'Unione Italiana Ciechi e ad altri enti che erogano servizi a favore di non vedenti ed ipovedenti un contributo di 2.000.000 di euro assicurando alla stessa ed alle strutture collegate non meno di 12.000.000 di euro;
la Camera dei Deputati, ha approvato alcuni ordini del giorno per l'eliminazione delle riduzioni dei contributi erogati alla stessa UIC per una spesa non inferiore a 4.000.000 di euro;
l'ANPVI Onlus rivendica un diritto ad un trattamento non discriminatorio chiedendo che gli venga concesso un contributo annuo di non meno di 500.000 euro -:
quale iniziativa normativa il Governo intenda adottare al fine di estendere anche alle altre associazioni nazionali, quale l'ANPVI, che si occupano dei non vedenti e degli ipovedenti, i contributi che sono stati previsti per le organizzazioni che si interessano di questo settore di utilità sociale.
(4-02161)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente il contributo annuo in favore di ANPVI Onlus, si rappresenta quanto segue.
Il contributo statale a favore delle associazioni nazionali di promozione sociale è disciplinato, da ultimo, dalla legge n. 438 del 1998 che ha modificato e integrato la legge n. 476 del 1987.


Tale normativa prevede che il contributo predetto sia assegnato:
per il 50 per cento alle cosiddette associazioni storiche - persone giuridiche privatizzate, escluse quelle combattentistiche e patriottiche - tra cui è ripartito in parti uguali;
per il restante 50 per cento alle cosiddette associazioni non storiche, tra cui è ripartito ai sensi dell'articolo 1, comma 3, della legge n. 438 del 1998.

Il finanziamento delle associazioni storiche - tra cui rientra l'Unione italiana ciechi - interviene in forma automatica, come espressamente previsto dalla norma, quando la ripartizione annuale del fondo per le politiche sociali preveda un apposito finanziamento allo scopo.
Alle associazioni non storiche, tra le quali è ricompresa l'ANPVI, è attribuita la facoltà di presentare un'apposita domanda di contributo secondo le modalità indicate dalla normativa. L'ANPVI avvalendosi di tale possibilità, ha usufruito negli anni 2004, 2005 e 2006 di contributi stanziati ed erogati in base alla legislazione vigente. Il decreto di assegnazione del contributo per il 2008 è stato oggetto di registrazione da parte dell'organo competente. La richiesta di contributo formulata dall'associazione per l'anno 2009 è stata approvata ed è stata, conseguentemente, stanziata la corrispondente somma. Le domande relative al 2010 (il cui termine è scaduto il 31 marzo 2010), sono in corso di esame da parte delle competenti strutture.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

DI GIUSEPPE e ZAZZERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
è stata emanata dall'ufficio scolastico regionale per il Molise la nota n. 3801 del 17 maggio 2010 in base alla quale l'ufficio dichiara di non poter considerare le richieste di attivazione di nuovi corsi di strumento musicale presso gli istituti di istruzione secondaria di primo grado, e di diminuire i corsi già esistenti;
in varie altre regioni del Paese sono state emanate note di contenuto analogo;
esiste una circolare ministeriale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (n. 37 del 13 aprile 2010) recante indicazioni per le dotazioni di organici del personale docente per l'anno scolastico 2010/2011 - trasmissione schema di decreto interministeriale che stabilisce: «nulla è innovato relativamente all'insegnamento dello strumento musicale. Al fine della costituzione delle cattedre e dei posti rimangono, pertanto, confermati i criteri previsti dalla normativa vigente (decreto ministeriale 6 agosto 1999, n. 201). Fermo restando il mantenimento in organico di diritto dei corsi attivati negli anni precedenti, la costituzione di eventuali nuovi corsi deve avvenire in organico di diritto, in quanto i relativi posti debbono rientrare nelle complessive risorse di organico individuate ed assegnate con l'allegato al decreto interministeriale. Nel caso in cui l'insegnamento dello strumento sia stato attivato in scuole in cui funzionino solo corsi a tempo prolungato, le due ore (da 38 a 40 ore) di approfondimento che le scuole possono autonomamente scegliere, vanno destinate, in un corso completo, allo strumento musicale»;
è evidente una incongruenza di normative perché in base a quanto emerge dalla posizione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca i corsi di strumento musicale nelle scuole secondarie di primo grado non dovrebbero subire alcuna riduzione, in base all'applicazione della nota dell'ufficio scolastico regionale del Molise, invece in 17 scuole verranno soppressi corsi di strumento musicale;
in particolare, nell'istituto comprensivo statale di Jelsi (Campobasso) sono state tagliate ben 4 cattedre di strumento

musicale mentre l'orchestra di detta scuola composta di 70 allievi si produce in concerti, saggi e partecipa ad eventi e rassegne musicali e a febbraio scorso 28 allievi della quinta classe delle scuole elementari dei tre plessi di Tufara, Gambatesa e Jelsi hanno sostenuto e superato l'esame di ammissione a conferma di un antico e radicato studio della musica in quelle comunità;
il governo della regione Molise ha avviato politiche scolastiche sull'istruzione musicale volte alla creazione di una rete territoriale della cultura e della musica tra scuole, liceo e conservatorio -:
se il Ministro intenda promuovere il ritiro delle note emanate dagli uffici scolastici regionali aventi contenuto analogo alla nota n. 3801 del 17 maggio 2010 emanata dall'ufficio scolastico regionale per il Molise e, nello specifico, il ritiro della predetta nota, in modo tale da permettere l'attivazione dei corsi di strumento musicale presso gli istituti in cui sono previsti dalla normativa vigente.
(4-07683)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame con la quale l'interrogante richiama la nota n. 3807 del 17 maggio 2010, in base alla quale l'ufficio scolastico regionale per il Molise faceva presente agli istituti secondari di 1o grado di non poter considerare le richieste di attivazione di nuovi corsi di strumento musicale e di diminuire i corsi già esistenti.
Al riguardo l'ufficio sopra citato ha comunicato che nel corso delle operazioni di definizione dell'organico di diritto del personale docente della scuola secondaria di 1o grado è stato possibile confermare tutti i corsi di strumento musicale già funzionanti nel decorso anno scolastico, prevedendo 64 cattedre intere.
In tale contesto, anche l'istituto comprensivo di Jelsi, citato dall'interrogante, è stato pienamente soddisfatto con l'istituzione di quattro cattedre di strumento musicale.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

DI PIETRO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il 1° aprile 2010 la società Italtel ha disdetto unilateralmente l'accordo del 16 giugno 2009 con le organizzazioni sindacali per la parte relativa ai contratti di solidarietà (CDS);
l'accordo sui CDS prevedeva l'utilizzo dei contratti di solidarietà per 1.384 persone dal luglio 2009 fino a dicembre 2010, con il taglio di mezza giornata alla settimana per ridurre il numero degli esuberi. Quest'accordo ha impedito il licenziamento di un centinaio di lavoratori;
l'8 aprile la direzione delle risorse umane della società ha comunicato la cassa integrazione guadagni straordinaria a zero ore per sei mesi a circa 200 persone di tutto il gruppo;
nello stabilimento di Castelletto di Settimo Milanese (Milano) su 106 persone poste in cassa integrazione guadagni straordinaria, 33 sono donne (31 per cento), 11 persone lavorano part-time, 9 sono portatori di handicap. Risulta evidente la discriminazione nei confronti di alcune categorie più deboli;
l'azienda ha comunicato altresì alle organizzazioni sindacali di non poter anticipare il pagamento della cassa integrazione guadagni straordinaria mettendo così in gravi difficoltà non poche famiglie;
le rappresentanze sindacali unitarie aziendali hanno inoltre chiesto alla società di dare l'opportunità alle persone che lavorano part-time di passare eventualmente al tempo pieno posticipando la loro messa in cassa integrazione onde evitare che l'indennità venga ulteriormente decurtata;
le organizzazioni sindacali hanno indetto azioni di protesta e scioperi contro queste decisioni dell'azienda che si inseriscono in un quadro aziendale di difficoltà occupazionali più ampio;

l'8 gennaio 2010 l'amministratore delegato della società aveva annunciato 400 nuovi esuberi per effetto dei tagli al fatturato di decine di milioni di euro da parte di Telecom, esuberi che si sommano ai 450 del biennio 2009-2010;
l'amministratore delegato ha anche affermato in quell'occasione che una sede «periferica», forse - paventano le organizzazioni sindacali - quella di Roma, verrà chiusa;
dei 1.970 dipendenti Italtel presenti in azienda alla fine del 2009 ben 1.050 sono ricercatori. Il personale è suddiviso tra gli stabilimenti di Castelletto di Settimo Milanese (1.430), Carini (Palermo) (225 unità), Spinaceto a Roma (214) e altre sedi estere;
da 10 anni i fatturati della società Italtel sono sostanzialmente fermi e la responsabilità è da fare risalire - a parere degli interroganti - all'assenza di strategia industriale del management aziendale. La società registra difficoltà anche per ottenere il rifinanziamento del debito da parte degli istituti di credito e per la sua ricapitalizzazione da parte degli azionisti Telecom, Cisco e fondi di investimento statunitensi;
Italtel detiene circa il 74 per cento dell'installato della rete fissa Telecom in Italia. Ha realizzato la rete interdistrettuale di Telecom e la rete Fastweb in standard Internet Protocol (IP). Inoltre, Italtel ha sviluppato una tecnologia all'avanguardia, softswitch, per il passaggio rapido dalle reti tradizionali di fonia a quelle nuove IP, che possono veicolare contemporaneamente le telefonate, internet e la televisione;
Italtel, oltre che sul mercato italiano, è presente in Spagna, America latina ed ha clienti importanti quali France Telecom, Cegetel, Belgacom, Cable e Wireless, in Grecia con Tellas e On Telecom, Vodafone Romania, e altri;
la questione centrale per il rilancio di Italtel concerne il completamento su tutto il territorio nazionale della banda larga. Questo rappresenta il nodo per salvare quello che rimane delle telecomunicazioni in Italia e per salvare Italtel che rappresenta un importante patrimonio di professionalità per il nostro Paese;
nel nostro Paese, infatti, un aspetto particolarmente grave e preoccupante riguarda l'assenza di risorse per l'infrastrutturazione in banda larga e la lotta al digital divide, dimostrato dal sostanziale congelamento degli 800 milioni di euro previsti dal decreto-legge n. 78 del 2009 per il finanziamento delle nuove reti tecnologiche. La legge finanziaria per il 2010, peraltro, non ha previsto nulla sul finanziamento della banda larga, quando, per la modernizzazione del nostro Paese, sarebbe invece fondamentale garantire una dotazione adeguata di infrastrutture di comunicazione avanzata su tutto il territorio nazionale;
a livello geografico, l'adozione della connessione a banda larga fa registrare ancora notevoli differenze sia fra regione e regione, sia fra Nord, Centro e Sud, e circa il 12 per cento della popolazione risulta in condizioni di digital divide (ovvero dispone di una velocità di connessione inferiore a 1 mb/s);
la «dote» che il decreto-legge n. 40 del 2010 - il cosiddetto decreto incentivi - mette in campo per lo sviluppo della banda larga è di appena 20 milioni di euro, con un bonus singolo di 50 euro che consentirà di incentivare, secondo le stime dell'Anie, al massimo 400 mila connessioni, ma solo per soggetti che hanno meno di 30 anni di età;
un documento di Confindustria servizi innovativi del 3 maggio 2010, stima in 30 miliardi l'anno il risparmio che si può ipotizzare cumulando tutti i piccoli e grandi vantaggi in termini di minore spesa e di maggiore efficienza di tutto il sistema Italia, dall'amministrazione centrale all'ultima comunità di montagna, una volta

realizzata l'estensione della banda larga a tutto il territorio nazionale -:
quali iniziative intende mettere in essere il Ministro al fine di:
a) ottenere da parte della società Italtel di ridefinire con le organizzazioni sindacali un nuovo accordo che mediante l'utilizzo dei contratti di solidarietà e con l'introduzione di ulteriori e più articolate fasce di riduzione d'orario differenziate e senza escludere la possibilità di un allargamento della platea da coinvolgere, consenta il raggiungimento dell'equilibrio del conto economico, evitando così anche la paventata chiusura di sedi periferiche (Roma o Carini);
b) promuovere la predisposizione di adeguati incentivi e finanziamenti statali per l'estensione della banda larga su tutto il territorio nazionale anche come misura utile alla piena occupazione dei ricercatori e dei dipendenti della società Italtel.
(4-07222)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione in esame, inerente le vicende occupazionali della società Italtel, si forniscono i seguenti elementi di informazione acquisiti presso i competenti uffici di questa amministrazione nonché presso il ministero dello sviluppo economico e la regione Lombardia.
La Italtel spa, con sede legale in Settimo Milanese (Milano), è un'azienda operante nel settore delle telecomunicazioni mediante lo sviluppo e l'integrazione di prodotti e servizi per le reti di nuova generazione, che presenta, allo stato, un organico complessivo pari a 2034 unità.
La società, nei primi mesi del corrente anno, ha registrato un aggravamento della propria situazione aziendale generale in conseguenza del perdurare della crisi globale e della diminuzione delle commesse.
Alla società, in particolare, è stato riconosciuto un trattamento di integrazione salariale conseguente alla stipula di un contratto di solidarietà, per un periodo pari a 18 mesi, con decorrenza 1o luglio 2009, nei confronti di un numero massimo di 1384 lavoratori impiegati presso le diverse unità produttive dislocate su tutto il territorio nazionale. Occorre, al riguardo, rilevare che il periodo di vigenza del contratto di solidarietà è stato in realtà inferiore rispetto a quanto originariamente autorizzato essendo mutati
medio tempore i presupposti giustificativi.
La società, pertanto, ha provveduto a richiedere l'autorizzazione alla concessione del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale, per 12 mesi, con decorrenza 12 aprile 2010, nei confronti di un numero massimo di 400 lavoratori impiegati presso gli stabilimenti di Carini, Roma, Settimo Milanese e Casalnuovo di Napoli; il relativo provvedimento risulta, allo stato, in fase di predisposizione. La situazione sopra rappresentata è comunque all'attenzione dei competenti uffici di questa amministrazione e si manifesta, sin da ora, la più ampia disponibilità a valutare, qualora richiesto, ogni soluzione diretta a tutelare la posizione dei lavoratori coinvolti nella vicenda e delle loro famiglie.
Inoltre il ministero dello sviluppo economico ha comunicato l'intenzione di convocare, entro la fine del corrente mese, un «tavolo di confronto» tra i vertici aziendali e le rappresentanze sindacali dei lavoratori avente ad oggetto l'esame del piano industriale nonché la definizione di quelle strategie volte a garantire all'azienda di rimanere un
player di riferimento per la fornitura di customer service e di sistemi integrati.
Quanto alla destinazione dei fondi stanziati per lo sviluppo della cosiddetta banda larga, il medesimo ministero, competente al riguardo, ha comunicato che, tra le iniziative avviate dal Governo nel settore delle telecomunicazioni rientra la predisposizione di un piano nazionale banda larga per azzerare il
digital divide del paese (cui sono destinati i fondi stanziati con legge n. 69 del 2009 e successive modificazioni) nonché il progetto per l'implementazione di reti di nuova generazione al 50 per cento della popolazione italiana, in linea con l'agenda

digitale europea approvata, il 31 maggio 2010, a Bruxelles.
Le predette iniziative, che comporteranno investimenti per circa 1 miliardo di euro l'anno, potranno avere ricadute positive anche sul piano occupazionale; il piano nazionale banda larga, in particolare, dovrebbe consentire di occupare, nei quattro anni di dispiegamento, circa 50 mila persone attraverso l'apertura di oltre 30 mila cantieri su tutta la penisola.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

DIMA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 21 novembre 2003, il Ministero della giustizia ha indetto un concorso pubblico per la copertura di n. 39 posti nell'area C, posizione economica C1, profilo professionale di psicologo, del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV Serie Speciale, del 16 aprile 2004;
sul Bollettino ufficiale del Ministero della giustizia n. 17 del 15 settembre 2006 è stata pubblicata la graduatoria dei 39 vincitori del concorso;
gli stessi vincitori del suddetto concorso, ad oggi, non sono ancora entrati in servizio e che la scadenza della graduatoria concorsuale è prevista per l'anno 2009;
la legge 23 dicembre 2005, n. 266, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)» aveva confermato, in materia, di assunzioni di personale a tempo indeterminato per le amministrazioni dello Stato, enti pubblici non economici, agenzie ed enti di ricerca, anche per l'anno 2006, la disciplina prevista dall'articolo 1, commi 95, 96 e 97, della legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005);
la legge n. 311 del 2004 (legge finanziaria 2005), nel disporre per gli anni 2005, 2006 e 2007 il blocco delle assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni, aveva previsto la possibilità di deroghe a valere su un apposito fondo costituito dallo stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia;
il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria avrebbe utilizzato i fondi in questione per la riqualificazione di 54 unità di personale interno per l'anno 2006, di 273 unità di personale interno per l'anno 2007, mentre per l'anno 2008 sarebbe prevista l'assunzione di altre figure professionali, senza procedere ancora a quelle riferite al profilo di psicologo;
il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, recante «modalità e criteri per il trasferimento al Servizio sanitario nazionale delle funzioni sanitarie, dei rapporti di lavoro, delle risorse finanziarie e delle attrezzature e dei beni strumentali in materia di sanità penitenziaria», sembrerebbe non chiarire affatto la posizione dei 39 vincitori del concorso area C, posizione economica C1, profilo professionale di psicologo;
l'articolo 3, comma 10, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° aprile 2008 recita testualmente: «Le Aziende sanitarie locali, previo accordo con il Ministero della giustizia e nel rispetto della vigente normativa in materia di contenimento delle spese di personale, possono avvalersi delle graduatorie dei concorsi espletati anteriormente alla data del 15 marzo 2008 per il reclutamento in ruolo di figure professionali oggetto del trasferimento al Servizio sanitario razionale»;
la formulazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° aprile 2008, con riferimento all'articolo 3, comma 10, pregiudicherebbe il futuro professione dei 39 vincitori di concorso che, nel passaggio dalla medicina penitenziaria al Ministero della salute, vedrebbero declassata la certezza di un'assunzione a tempo indeterminato a seguito di espletamento di regolare concorso ad una mera

possibilità di essere chiamati in servizio dalle aziende sanitarie locali;
al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) prestano servizio solo sedici psicologi a fronte di una previsione nella dotazione organica di cinquantacinque unità per lo stesso profilo professionale e altri psicologi collaborano con il DAP in veste di consulenti con contratti a tempo determinato prorogati ogni 12 mesi;
il ruolo degli psicologi è fondamentale al fine di garantire la più efficace e corretta realizzazione del percorso di rieducazione del detenuto nel rispetto del dettato costituzionale -:
quali iniziative il Ministro della giustizia intenda intraprendere per garantire l'assunzione dei vincitori del concorso pubblico per la copertura di 39 posti nell'area C, posizione economica C1, profilo professionale di psicologo del Dipartimento per l'amministrazione penitenziaria, anche in considerazione del fatto che la scadenza della suddetta graduatoria dei vincitori è prevista per l'anno 2009;
quali iniziative il Ministro della giustizia intenda intraprendere per chiarire gli aspetti funzionali ed organizzativi legati alle novità contenute nel decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° aprile 2008, articolo 3, comma 10, relativamente al trasferimento al Ministero della salute dei rapporti di lavoro in materia di sanità penitenziaria.
(4-01041)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, e si osserva quanto segue.
In via preliminare, per il completamento del personale da dedicare alla sanità penitenziaria, si richiama l'attenzione su quanto previsto dall'articolo 3, comma 10, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008: «Le aziende sanitarie locali, previo accordo con il ministero della giustizia e nel rispetto della vigente normativa in materia di assunzioni e dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento delle spese di personale, possono avvalersi delle graduatorie dei concorsi espletati anteriormente alla data del 15 marzo 2008 per il reclutamento in ruolo di figure professionali oggetto del trasferimento al servizio sanitario nazionale».
Di fatto esistono due graduatorie di altrettanti concorsi espletati prima del marzo 2008 dal ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; si tratta di un concorso a 39 posti del profilo psicologo e di un concorso a 90 posti del profilo infermiere.
Per tale specifico aspetto segnalo che con due note, rispettivamente in data 1o aprile 2009 e 24 novembre 2009, ho rappresentato agli assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome l'urgenza che la problematica trovi adeguata ed immediata soluzione a livello regionale.
Si fa presente, comunque, che nel frattempo il ministero della giustizia, affinché non venissero del tutto mortificate le aspettative del personale in questione, ha varato un progetto, denominato «mare aperto», predisposto dalla direzione generale dell'esecuzione penale esterna e recentemente approvato dal consiglio di amministrazione della cassa delle ammende.
Tale progetto, che prevede l'impiego di 60 psicologi negli uffici di esecuzione penale esterna, offre ai 39 vincitori del concorso una corsia preferenziale, in quanto essi saranno i primi ad essere invitati a comunicare la loro disponibilità a stipulare un accordo di consulenza libero-professionale, della durata di un anno, per 64 ore mensili.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, ZAMPARUTTI, BERNARDINI, MECACCI e BELTRANDI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere premesso che:
il quotidiano Il Messaggero nella sua edizione del 2 dicembre 2008, a pagina 10, pubblica un articolo del giornalista Italo Carmignani, da Perugia, intitolato: «Io, dimenticato per un anno tra burocrazia e dolori atroci»;

l'articolo raccoglie la testimonianza-sfogo del signor Emidio Sabucchi che denuncia di essere stato «Dimenticato prima e considerato quasi un peso, un fastidio dopo, quando al telefono chiedevo anche solo la possibilità di capire il perché la mia chiamata non arrivasse mai. Capire perché da quel novembre del 2007 ad oggi nessuno mi abbia detto: signor Emidio siamo pronti per il suo intervento. Capire perché ho dovuto torcermi dai dolori nell'attesa e poi, sopraffatto, affrontare l'ultima possibilità rimasta, la clinica privata»;
la vicenda che ha visto il signor Sabucchi protagonista-vittima ha inizio nel mese di agosto del 2007: «Vado al reparto di Urologia dell'ospedale di Monteluce a Perugia. Scelgo Perugia perché spesso sono stato domiciliato nella cittadina umbra. E l'ho fatto con grande fiducia. In un passato recente ho dovuto subire una prostatectomia totale e quindi mi sono dovuto sottoporre a radioterapia». Un intervento, quello alla prostata che ha provocato al signor Sabucchi postumi molto dolorosi: «A causa di quei postumi mi dovevo sottoporre ad un'uretro-ileo-cutaneostomia perché non riuscivo a sopportare più le sofferenze». Entrato in lista d'attesa, prosegue il racconto del signor Sabucchi «nel successivo mese di settembre vengo sottoposto a degli esami. Pensavo fossero propedeutici all'intervento. Invece mi sbagliavo: in quella occasione lessi sulla mia cartella che sarei stato ricoverato nei primi giorni del novembre del 2007. Con me c'è mia moglie, anche lei vede quella data». Il signor Emidio si prepara all'intervento. «Da quella visita di settembre mi reco più volte presso il reparto di Urologia del nuovo ospedale di Perugia, il Santa Maria della Misericordia che nel frattempo aveva incorporato quello di Monteluce. Dovevo sostituire un catetere sovrapubico di cui sono portatore e, naturalmente, con l'occasione chiedo informazioni circa il ruolo ricovero... Chiedevo di persona, ma le risposte sono state sempre evasive. Nel dicembre 2007, durante un'altra delle visita a Perugia, mi chiesero di ripetere gli esami già effettuati a settembre. Anche allora mi illusi: era arrivato finalmente il mio turno. Invece niente, nulla da fare»;
da quel dicembre del 2007 il signor Emidio non torna più a Perugia nella convinzione di essere prima o poi contattato. «Ho chiamato diversi uffici dell'ospedale perugino, volevo solo capire cosa fosse successo alla mia prenotazione. Soffrivo molto e volevo porre fine a quel dolore. Ma quando chiamavo per sapere, ricevevo prima risposte evasive, poi sempre più seccate. Mi sono anche rivolto al Tribunale per il diritto del Malato per sentirmi rispondere solo questo: lei ha ragione è un perfetto caso di malasanità, deve fare una causa all'ospedale. Ma non volevo e non voglio questo. Volevo solo operarmi». Quindi il finale: «I dolori erano diventati insopportabili e la mia situazione disastrosa. Così mi sono dovuto rivolgere a una struttura privata che non era alla mia portata economica. A tutt'oggi aspetto ancora quella chiamata dall'ospedale di Perugia» -:
quali siano le valutazioni del Ministro in relazione a questo ennesimo caso di malasanità che si ha ragione di credere non sia isolato e se non ritenga di dover adottare urgenti provvedimenti, perché simili incresciose situazioni non abbiano più a ripetersi;
se non intenda promuovere un'ispezione amministrativa - anche ai sensi dell'articolo 1, comma 3, lettera f), del decreto ministeriale 17 giugno 2006 - per accertare le responsabilità per questo stato di cose; e in caso negativo perché non si intende promuoverla.
(4-01917)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Perugia ha precisato che il paziente in questione, già sottoposto a multipli interventi chirurgici e a radioterapia presso strutture private romane, si è recato presso l'azienda ospedaliera di Perugia per vescica retratta e stenosi uretrale nel settembre 2007.


Il paziente risultava portatore di epicistostomia: per tale motivo è stato inserito in lista d'attesa in data 2 ottobre 2007, per essere sottoposto ad intervento chirurgico di cistectomia con derivazione urinaria mediante uretrero-ileo-cutaneostomia sec.
Bricker.
In data 8 ottobre 2007 il paziente ha eseguito, presso l'azienda ospedaliera di Perugia, valutazione anestesiologica preoperatoria.
In considerazione della lunga lista d'attesa, dei numerosi pazienti oncologici, degli interventi urgenti e dell'esiguo numero di sedute operatorie, nonché, aspetto fondamentale, della situazione non urgente e stazionaria del paziente che svuotava la sua vescica dall'epicistostomia, il medesimo è stato contattato per la comunicazione della data dell'intervento chirurgico, da effettuarsi nell'aprile 2009; in tale occasione il paziente ha comunicato alla struttura ospedaliera di essere già stato sottoposto, presso altra sede, all'intervento chirurgico consigliato.
Per tale motivo, in data 1o giugno 2008 il paziente è stato eliminato dalla lista d'attesa.
Si precisa che dall'8 ottobre 2007 al 20 maggio 2008 sono stati eseguiti dalla struttura ospedaliera di Perugia 545 interventi chirurgici, di cui 383 urgenti (neoplasie, calcolosi gravi, idronefrosi, eccetera) e 162 non urgenti; di questi ultimi, 80 pazienti erano già presenti in lista d'attesa prima della data d'inserimento del paziente di cui sopra; 3 pazienti hanno richiesto di effettuare l'intervento in regime di libera professione; 7 risultavano in lista d'attesa dalla stessa data; 38 hanno eseguito interventi ambulatoriali; 27 sono stati operati nel periodo aprile-maggio 2008, periodo in cui, previo contatto telefonico, il paziente aveva riferito di aver già provveduto all'esecuzione dell'intervento chirurgico presso altra sede.
Da quanto sopra descritto, ed in considerazione degli ambiti di competenza delineati dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, non sussistono margini per attivare un'ispezione amministrativa.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, MECACCI, BERNARDINI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i trentanove psicologi carcerari non assunti dal DAP (Dipartimento amministrazione penitenziaria), hanno diffuso una dichiarazione congiunta nella quale si sostiene che in relazione all'emergenza derivante dal sovraffollamento delle carceri e alla luce dei sempre più frequenti eventi tragici che stanno sconvolgendo ogni giorno il mondo penitenziario italiano, con suicidi e aggressioni che riguardano sia i detenuti che i poliziotti penitenziari, è opportuno fornire alcune precisazioni che diano l'esatta contezza della situazione;
la Costituzione Italiana (articolo 27 comma 3: «Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»), le leggi che riguardano l'Ordinamento Penitenziario (in particolare la legge n. 354 del 1975 e successive modifiche) e le cosiddette «misure alternative» si incentrano tutte sul principio della rieducazione e della riabilitazione del detenuto. Il recupero di un detenuto non dovrebbe essere solo un mero proclama legislativo o un'aspirazione teorica, ma un concreto doveroso obiettivo, considerato che la civiltà di un popolo si misura anche dal suo sistema carcerario. Il detenuto recuperato, inoltre, rappresenta una persona in meno che delinque;
i suicidi dei detenuti e quelli dei poliziotti, le aggressioni quotidiane che si registrano tutti i giorni, il sovraffollamento costante sono ormai indice di una situazione esplosiva e malata che solo atteggiamenti miopi non riconosco;
eppure il Ministero della giustizia - Dap - sin dal 2004 aveva avviato un concorso per l'assunzione di 39 psicologi per coprire almeno parzialmente la totale carenza in organico di tali figure professionali

(previste in totale 70) e aveva quindi approvato la graduatoria nel 2006 (B.U. Ministero della giustizia n. 17 del 15 settembre 2006);
da allora, sorprendentemente, l'Amministrazione non ha proceduto ad alcuna assunzione, pur in presenza di tutte le condizioni economiche (disponibilità di risorse per assicurare tali prestazioni essenziali) e giuridiche e pur a fronte dell'aggravarsi della situazione nel sistema penitenziario, preferendo, invece, affidarsi ad un sistema di frammentate collaborazioni precarie e insufficienti;
non si riesce, a questo punto, a capire come sia possibile che autorevoli rappresentanti di Governo e gli stessi Dirigenti dell'Amministrazione continuino a dichiararsi attenti e sensibili a quanto sta accadendo nelle carceri e poi non si attivino concretamente e seriamente ad affrontare tale stato di crisi, opponendosi addirittura, con pretestuose argomentazioni, all'assunzione degli psicologi vincitori di concorso, ledendone in modo così palese i diritti;
il Dap arriva così a sostenere che le prestazioni svolte dagli psicologi sarebbero state trasferite al S.S.N. in base alla recente riforma sulla sanità penitenziaria attuata con Dpcm 1° aprile 2008, quando poi contraddittoriamente afferma che le prestazioni psicologiche trattamentali e dell'osservazione sarebbero rimaste alla sua competenza. Esso non spiega allora il motivo per cui tali prestazioni non possano essere svolte dai vincitori di concorso assunti;
viene il dubbio, allora, che non esista una concreta volontà di affrontare tale problema, anzitutto attraverso un (tra l'altro doveroso) reclutamento del personale psicologo per il quale è stato indetto un apposito concorso;
come è possibile che detenuti e operatori non possano disporre di un aiuto concreto così importante perché si possano realizzare al meglio la rieducazione efficace dei primi e le condizioni di lavoro adeguate per i secondi? A quanti suicidi (12 poliziotti suicidatisi negli ultimi due anni; 46 detenuti nel 2008 e 48 al 31 agosto 2009, secondo i dati consultabili su www.ristretti.it) dovremo ancora assistere prima della nostra immissione in ruolo: possono consulenze di poche ore al mese affrontare situazioni così drammatiche?;
occorrerebbero diversi psicologi a tempo pieno per ogni Istituto Penitenziario e per ogni Uepe esistenti in Italia, ma oggi addirittura non vengono assunti neppure i 39 vincitori del primo e unico concorso a psicologo su scala nazionale, che rappresenterebbero, quanto meno, il primo concreto segnale positivo;
ai detenuti e agli operatori, in particolare ai poliziotti penitenziari, alle loro famiglie vogliamo comunicare che stiamo facendo di tutto per essere assunti, da anni, esercitando un nostro diritto. Noi non ci arrendiamo, comunque: siamo in mobilitazione permanente perché crediamo nell'utilità del nostro lavoro;
manifesteremo ancora nei prossimi giorni a Roma. Non possiamo ancora aiutarvi concretamente, ma siamo con Tutti Voi -:
quali siano gli intendimenti dei Ministri interrogati in ordine a quanto sopra descritto;
quali iniziative si intendano promuovere, adottare e sollecitare a fronte della situazione denunciata dai trentanove psicologi carcerari.
(4-04491)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, e si osserva quanto segue.
In via preliminare, per il completamento del personale da dedicare alla sanità penitenziaria, si richiama l'attenzione su quanto previsto dall'articolo 3, comma 10, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008: «Le Aziende sanitarie locali, previo accordo con il ministero della giustizia e nel rispetto della vigente

normativa in materia di assunzioni e dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento delle spese di personale, possono avvalersi delle graduatorie dei concorsi espletati anteriormente alla data del 15 marzo 2008 per il reclutamento in ruolo di figure professionali oggetto del trasferimento al Servizio sanitario nazionale».
Di fatto esistono due graduatorie di altrettanti concorsi espletati prima del 2008 dal ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; si tratta di un concorso a 39 posti del profilo psicologo e di un concorso a 90 posti del profilo infermiere.
Per tale specifico aspetto segnalo che con due note, rispettivamente in data 1o aprile 2009 e 24 novembre 2009, ho rappresentato agli assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome l'urgenza che la problematica trovi adeguata ed immediata soluzione a livello regionale.
Si fa presente, comunque, che nel frattempo il ministero della giustizia, affinché non venissero del tutto mortificate le aspettative del personale in questione, ha varato un progetto, denominato «mare aperto», predisposto dalla direzione generale dell'esecuzione penale esterna e recentemente approvato dal consiglio di amministrazione della cassa delle ammende.
Tale progetto, che prevede l'impiego di 60 psicologi negli uffici di esecuzione penale esterna, offre ai 39 vincitori del concorso una corsia preferenziale, in quanto essi saranno i primi ad essere invitati a comunicare la loro disponibilità a stipulare un accordo di consulenza libero-professionale, della durata di un anno, per 64 ore mensili.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il dottor Salvatore Usala, dell'AISLA Sardegna, è autore di una lettera aperta a personalità di Governo e istituzioni, compreso il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in cui si ricorda che migliaia di cittadini italiani sono colpiti da una malattia, la sclerosi laterale amiotrofica, «un dramma che investe la famiglia intera, ci sentiamo soli, abbandonati da amministratori e istituzioni»;
«Voi», si legge nella lettera, «ci dite di pazientare ma non capite che nel contempo tanti muoiono perché non vogliono pesare sui loro cari e rifiutano la tracheotomia, altri muoiono perché non hanno un minimo di assistenza, altri perché sono totalmente disinformati e nessuno ha detto loro cosa fare e quando, altri ancora sono ammassati in lager RSA e vivono come animali in gabbia; di queste morti, di questi trattamenti voi siete corresponsabili, non fatte nulla, state silenti sulla riva del fiume indifferenti al passaggio dei cadaveri. Uno strumento legislativo, i LEA e relativo nomenclatore tariffario, giace da un anno e mezzo in conferenza Stato regioni e ancora non c'è traccia di un accordo, siete indifferenti alla morte ed ai drammi, ci si deve vergognare che in uno stato che è la settima potenza mondiale ci siano trattamenti da terzo mondo. Vi ricordiamo che recentemente il famoso caso Eluana ha diviso il Paese ed il governo voleva in pochi giorni legiferare al fine di salvare una vita, noi non entriamo nel merito del dibattito, diciamo semplicemente che le nostre capacità cognitive, i nostri sentimenti, le nostre sensazioni sono intatte, vogliamo una vita decorosa per noi e i nostri cari»;
nella citata lettera, si afferma: «Noi faremo una proposta dettagliata di ciò che vogliamo subito senza se e senza ma, con un provvedimento urgente paragonato ad una calamità naturale perché di questo si tratta. Vi diciamo che in caso di diniego non occuperemo strade e aeroporti perché siamo pochi e gravemente disabili, ma faremo una capillare campagna di sensibilizzazione ed informazione verso i mass media locali e nazionali, stabiliremmo una data precisa e proclameremo lo sciopero della fame ed in seguito anche della sete,

ci vedrete liberamente scegliere di morire e voi sarete i mandanti di un omicidio premeditato, potreste intervenire con alimentazione ed idratazione coatta ma sarete politicamente perdenti. Questa lotta che attueremo non vuole essere una minaccia, è una certezza»;
in particolare si rivendica:
«1) vogliamo un'assistenza media di 12 ore al giorno (può variare da 2 a 24 ore secondo la gravità stabilita dal UVM) con presenza di assistenti famigliari che andranno adeguatamente formati in itinere, il costo reale complessivo si aggira 10,00 euro ad ora onnicomprensivo di contributi, TFR, tredicesima e ferie, corrispondono a 120,00 euro die e 43.800,00 euro annui;
2) ci dovrà essere un presidio continuo delle unità di rianimazione o di comprovata esperienza che dovranno fornire accessi di verifica e controllo proporzionati all'engravescenza della malattia;
3) serve inoltre un medico che abbia un quadro complessivo di noi, che ci segua e che coordini tutti gli interventi, senza lasciare al caso o peggio alla famiglia l'onere di decidere cosa fare;
4) servono inoltre, fisioterapia giornaliera per almeno 5 giorni la settimana, tutti i materiali di consumo e i farmaci del piano terapeutico, tutti i nutrimenti via PEG, il tutto fornito a domicilio. Cambio cannula e PEG, prelievi e visite specialistiche a domicilio;
5) fornitura del comunicatore oculare diretto ed immediato come un normale ausilio;
6) serve anche un controllo in telemedicina per prevenire eventuali complicanze a cui noi malati andiamo inevitabilmente incontro, con grande risparmio del SSN. Servono dei percorsi protetti di ammissione e dimissione dagli ospedali che evitino inutili parcheggi presso reparti inadeguati o addirittura nei reparti di pronto soccorso. Queste sono le priorità che consentono alla famiglia di avere persone qualificate e fisse ed alle amministrazioni di risparmiare sui costi infermieristici che sono tre volte superiori all'assistente. I contributi verranno erogati dai comuni con anticipo e le famiglie forniranno le pezze giustificative delle spese, le pratiche contabili e burocratiche verranno attuate presso i CAF con apposita convenzione» -:
quali siano le iniziative che il Ministro intenda promuovere, sollecitare e adottare in relazione a quanto scritto e denunciato dal dottor Usala e, specificamente, come il Ministero intenda corrispondere in relazione alle rivendicazioni contenute nei cinque punti contenuti nella lettera del dottor Usala.
(4-04922)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BERNARDINI, BELTRANDI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
come riferiscono ampiamente le cronache di giornali ed emittenti radio-televisive il 6 novembre 2009 i signori Salvatore Usala di Monserrato (Cagliari), Giorgio Pinna, di Siliqua (Cagliari) e Mauro Serra di Quartucciu (Cagliari), malati di sclerosi laterale amiotrofica, hanno iniziato uno sciopero della fame per rivendicare un'adeguata assistenza alle loro condizioni;
il signor Usala, aveva preannunciato due giorni fa la protesta ad oltranza con una lettera aperta al viceministro della Salute Ferruccio Fazio, pubblicata sul sito dell'associazione «Viva la vita»;
il signor Usala nella citata lettera aperta, scrive: «Le ho mandato una lettera aperta, un video di denuncia dove annunciavo lo sciopero della fame: ho aspettato una settimana per attendere la risposta della Consulta delle malattie neuromuscolari, ho replicato e le ho trasmesso tutto. Se ha tetto avrà notato l'inconsistenza delle proposte e l'intollerabile lentezza. Sono nove mesi che lavorano e non hanno partorito niente di nuovo, se non vecchie

linee guida in vigore in diverse regioni... Mi permetto di interpretare le esigenze di tutti i malati, familiari, operatori che stanno facendo una guerra impari... Mi permetto di farle notare che quest'anno sono morti tanti malati per abbandono e soprattutto perché, non avendo assistenza, non hanno fatto la tracheotomia. Questi morti sono di gran lunga superiori al bilancio finale dell'influenza suina che tanto spaventa gli italiani e lei in particolare»;
il signor Usala giustamente sottolinea di aver diritto ad una risposta: «Lei ci deve dedicare dieci minuti, faccia studiare i documenti dai suoi tecnici. Io con i miei compagni faremo lo sciopero della fame. Spero che nessuno si faccia male per colpa del suo assordante silenzio»;
la Sardegna è una delle regioni con la più alta incidenza di sclerosi laterale amiotrofica, e che sono oltre un centinaio i pazienti che in quella regione sono affetti di Sla;
al momento non esistono dati completi sulla distribuzione geografica della patologia, ma di sicuro una delle maggiori incidenze rispetto alla popolazione si registra nella provincia del Medio Campidano, con 15 casi su 70 mila abitanti, un dato spropositato se si considera che nella vasta area di Cagliari, su 600 mila residenti i casi di Sla sono circa 20, che nell'ultimo decennio nell'isola l'incidenza della Sla è raddoppiata e ha raggiunto lo 0,68 per centomila abitanti -:
a)come si intenda corrispondere alle legittime e condivisibili affermazioni e rivendicazioni dei signori Usala, Pinna e Serra;
b) se sia a conoscenza di quanto elaborato dalla Consulta delle malattie neuromuscolari, definite non senza fondamento inconsistenti e comunque redatte con incredibile e ingiustificabile lentezza, e quali iniziative si intendano promuovere, adottare, sollecitare a fronte di una simile manifestazione che l'interrogante considera frutto di indifferenza e inefficienza, dal momento che si tratta di vecchie linee guida già in vigore in diverse regioni, e che comunque hanno richiesto ben nove mesi di attività;
c) se sia vero che la regione Sardegna sia una delle regioni con la più alta incidenza di malati di sla;
se sia vero che non esistano dati completi sulla distribuzione geografica della patologia, quali siano le ragioni per cui questo censimento non è ancora stato effettuato, che cosa si attenda per realizzarlo;
quanti siano i malati di Sla che in Sardegna sono deceduti nel 2008 e nel 2009;
d) che tipo di assistenza beneficiasse ogni paziente deceduto in Sardegna nel 2008 e nel 2009;
se sia noto quanti pazienti deceduti in Sardegna nel 2008 e nel 2009 non abbiano effettuato la tracheotomia, se questa fosse stata richiesta, e per quale ragione non sia stata effettuata.
(4-04925)

Risposta. - Preliminarmente, in merito alle richieste riportate nelle interrogazioni in esame, a cui si risponde congiuntamente, stante l'analogia dei contenuti, è opportuno precisare che le stesse sono riferite non solo all'ambito sanitario, ma anche all'ambito sociale di competenza del ministero del lavoro e delle politiche sociali, in particolare per quanto attiene alla messa a disposizione di assistenti familiari, adeguatamente formati per fare fronte ai problemi della vita quotidiana dei pazienti in questione.
Tale attività risulta, infatti, di natura prettamente socio-assistenziale ed è attribuita agli enti locali, che devono farvi fronte anche attraverso le risorse del fondo nazionale per la non-autosufficienza.
Tra le finalità a cui è destinato tale fondo per il 2010, vi è anche la «attivazione o rafforzamento del supporto alla persona non auto sufficiente e alla sua famiglia attraverso l'incremento delle ore di assistenza tutelare e/o l'incremento delle persone

prese in carico sul territorio regionale. Eventuali trasferimenti monetari sono condizionati all'acquisto di servizi di cura e assistenza e in tal senso monitorati».
Per quanto riguarda gli aspetti di competenza di questo ministero della salute, inerenti la definizione dei principi generali e dei livelli essenziali di assistenza, si ricorda che lo schema di provvedimento di revisione dei livelli essenziali di assistenza, attualmente all'esame del ministero dell'economia e delle finanze per il preliminare concerto tecnico, include disposizioni esplicitamente riferite all'assistenza domiciliare e residenziale.
In particolare, per l'ambito domiciliare è prevista l'attivazione di percorsi assistenziali, caratterizzati per la diversa complessità ed intensità degli interventi in relazione al tipo di patologia, alla fase di evoluzione della malattia, alla progressiva perdita di funzioni e di autonomia, all'evenienza di complicanze e al contesto familiare e socio-ambientale; nelle fasi avanzate della malattia, le cure domiciliari integrate a elevata intensità (III livello) «sono costituite da prestazioni professionali di tipo medico, infermieristico e riabilitativo, accertamenti diagnostici, assistenza farmaceutica e fornitura di preparati per nutrizione artificiale a favore di persone con patologie che, presentando elevato livello di complessità, instabilità clinica e sintomi di difficile controllo, richiedono continuità assistenziale ed interventi programmati articolati sui 7 giorni anche per la necessità di fornire supporto alla famiglia e/o al
care-giver. Le cure domiciliari ad elevata intensità sono attivate con le modalità definite dalle Regioni e richiedono la valutazione multidimensionale, la presa in carico della persona e la definizione di un "Progetto di assistenza individuale" (Pai). La responsabilità clinica è affidata al medico di medicina generale, al pediatra di libera scelta o al medico competente per la terapia del dolore e le cure palliative, secondo gli indirizzi regionali».
Per quanto riguarda la richiesta di fornitura del comunicatore oculare, lo stesso schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui livelli essenziali di assistenza, prevede l'erogazione dell'ausilio con «la possibilità di prescrizione di sistema di puntamento con lo sguardo collegato a comunicatore».
I prossimi livelli essenziali di assistenza potranno consentire di dare una risposta alle problematiche sanitarie delle persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, fermo restando che rientra nella competenza delle regioni, una volta completato l'
iter di approvazione del nuovo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, organizzare l'assistenza sanitaria integrata sulla base delle specifiche necessità dei propri assistiti.
Sarà altresì compito delle regioni garantire la possibilità di accesso presso le unità di rianimazione o presso reparti ospedalieri di comprovata esperienza, idonei a rispondere alle necessità insorgenti nelle fasi acute della malattia.
Per gli aspetti relativi alla telemedicina, si informa che il cofinanziamento alle regioni da parte dello Stato per i progetti attuativi del piano sanitario nazionale, previsto per le malattie rare dalla legge n. 269 del 2006 (Legge finanziaria per il 2007) e confermato per gli anni successivi, prevede l'attivazione di formali accordi di cooperazione tra le regioni parti dell'accordo, mediante progetti finalizzati alla realizzazione di attività di consulenza e supporto a distanza, anche con l'utilizzo di nuove tecnologie (telemedicina).
In merito ai quesiti concernenti la regione Sardegna, si forniscono le informazioni acquisite attraverso la prefettura-ufficio territoriale del Governo di Cagliari.
La Sardegna presenta la più alta incidenza di Sla in Italia a fronte di una continua crescita dei dati di incidenza e prevalenza relativa agli ultimi 30 anni.
La regione Sardegna, con decreto assessoriale del 19 marzo 2008, n. 3343/1, ha istituito la commissione regionale Sla, che ha posto le basi istituzionali per l'analisi e la comprensione del fenomeno nell'isola nonché la pianificazione dei necessari provvedimenti di carattere organizzativo ed assistenziale; successivamente, con decreto assessoriale del 20 settembre 2009, n. 42, tale commissione è stata modificata ed integrata, sono state specificate le aree di intervento

ed è stata confermata l'istituzione del registro regionale della patologia.
I lavori della commissione hanno prodotto delle linee d'indirizzo in materia di cura e assistenza alle persone affette da Sla, attualmente sottoposte all'attenzione della giunta regionale della Sardegna per una loro promulgazione; inoltre, si è formulato un protocollo di studio specifico per la valutazione della «incidenza e prevalenza della malattia del motoneurone in Sardegna».
Dall'istituzione della commissione ad oggi si sono parallelamente prodotte delle evidenze sulla dimensione del fenomeno nell'isola: in particolare, uno studio pilota, condotto attraverso l'utilizzo della banca dati delle schede di dimissione ospedaliera (sdo), ha previsto le seguenti fasi:
fase 1: isolamento dalla banca dati sdo di tutti i ricoveri a carico di residenti in Sardegna (ovunque erogati - produzione e mobilità) con codice 335.2x (malattia del motoneurone), (in qualunque posizione - Dgn principale o diagnosi secondarie) e indipendentemente dal motivo del ricovero;
fase 2: verifica dati anagrafici e ricoveri attribuibili al medesimo individuo;
fase 3: definizione identificativo univoco (Cf);
fase 4:
linkage interno (ricoveri - ricoverati);
fase 5:
linkage esterno (verifica stato in vita al 1o novembre 2008 da fonti informative esterne: ufficio regionale delle entrate e Siatel);
fase 6: stime incidenza e prevalenza.

Sono stati isolati 1.116 ricoveri con diagnosi di Motor neurone disease dal 2001 al 2007 a carico di pazienti residenti nella regione, che rappresentano complessivamente lo 0.4 per mille del consumo complessivo regionale di prestazioni erogate in regime ospedaliero: il numero assoluto è andato crescendo nel tempo, con un trend statisticamente significativo (x2 = 19.336, p=0,0036). La ripartizione tra ricoveri per acuti e post-acuti è rimasta sostanzialmente invariata, con una quota di post-acuzie minima per un totale complessivo di 53 ricoveri in sette anni (dimessi da discipline 56 e 75, rispettivamente riabilitazione e neuro-riabilitazione). In media il 12 per cento dei ricoveri con diagnosi di Mnd è avvenuta fuori regione.
In merito ai quesiti posti, poiché la regione Sardegna è quella con la più alta incidenza e prevalenza di malattia tra le varie regioni italiane, sta procedendo ad uno studio di rilevazione dei casi e all'attivazione del registro regionale della Sla, con la finalità di seguire nel tempo l'andamento epidemiologico della malattia.
È in corso, inoltre, un'indagine per valutare l'eventuale esistenza di un «
cluster» di malattia nella provincia del Medio Campidano.
Non sono ancora disponibili i dati sui decessi per Sla nel biennio 2008-2009, in quanto ciò richiede una analisi specifica sui certificati di morte. È però evidente, dall'incremento di prevalenza, che vi è una maggiore sopravvivenza e ciò testimonia un deciso miglioramento dei livelli assistenziali.
Per quanto concerne l'assistenza è evidente una distribuzione a macchia di leopardo, anche in considerazione della situazione ambientale, poiché la Sardegna è una regione prevalentemente montuosa, con centri abitati di piccole dimensioni, spesso raggiungibili con difficoltà. Si sta comunque ovviando al problema con la realizzazione di un piano assistenziale dedicato. È inoltre recente l'attivazione del primo «Sla
team» sardo (Asl di Olbia), con percorsi diagnostici e assistenziali dedicati.
Non è possibile indicare quanti pazienti abbiano richiesto la tracheotomia; la regione precisa, tuttavia, che qualora essa venga richiesta, la relativa procedura verrà senz'altro avviata, essendo infatti perseguibile chi omette questa forma di assistenza: al momento, non risulta nessun procedimento a carico di sanitari per comportamenti omissivi.
Per quanto concerne le informazioni pervenute dalle aziende sanitarie operanti nella provincia di Cagliari, la Asl n. 8 di Cagliari ha comunicato che attualmente

offre assistenza sociosanitaria a circa 14 pazienti Sla nella fase della perdita totale della autosufficienza, di cui 12 in carico alle cure domiciliari integrate e 2 presso residenza sanitaria assistenziale (rsa).
La Asl n. 6 di Sanluri ha comunicato che nel territorio di propria competenza sono assistiti 15 pazienti affetti da Sla, ai quali è stata praticata la tracheotomia e utilizzano, quindi, la ventilazione assistita, 2 dei quali sono inseriti in rsa, in quanto non sussiste supporto familiare tale da consentire la necessaria assistenza a domicilio; gli altri pazienti, compreso un caso di livello assistenziale di non terminalità, sono inseriti nei percorsi dell'assistenza domiciliare integrata (adi).
Si è a conoscenza, inoltre, di 8 casi che ancora non hanno raggiunto la fase ultima della malattia e, a domicilio, ricevono le cure mediche, riabilitative e di assistenza protesica, idonee alla tipologia del quadro clinico.
La Asl n. 7 di Carbonia, competente nel territorio della provincia di Carbonia Iglesias, ha comunicato che le problematiche denunciate dai pazienti affetti da Sla e riportate nell'interrogazione in argomento, non sono mai state trascurate dall'azienda, che ha agito da apri pista nel settore dell'ospedalizzazione domiciliare, divenuta in seguito assistenza domiciliare di «area critica» per assistere persone con gravi patologie soprattutto neuromuscolari.
Precisa, inoltre, che uno dei pazienti indicati in una delle interrogazioni in esame, residente a Siliqua, Comune che precedentemente si trovava nell'ambito della stessa Asl 7, è stato assistito ventiquattro ore al proprio domicilio a partire dal 1996, con un intervento globale e professionalmente adeguato.
Attualmente la stessa
equipe multiprofessionale continua a collaborare all'assistenza del predetto paziente, per effetto di un protocollo di collaborazione con la Asl 8 di Cagliari, dedicato ai pazienti che risiedono in comuni limitrofi fra le 2 province.
Al momento sono assistiti per patologie neurologiche gravi, in cure domiciliari ad alta intensità «area critica dell'adi», 4 pazienti, di cui 3 Sla, nel distretto di Iglesias e 17 pazienti, di cui 6 con Sla, nel distretto di Carbonia.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante ha ricevuto la seguente lettera che si riproduce integralmente (omettendone solo l'identità dello scrivente, per evidenti, opportuni, motivi di riservatezza), perché si desidera che del documento resti traccia nei resoconti parlamentari;
detta lettera costituisce la civilissima e struggente protesta del marito di una paziente di SLA;
e vi si afferma:
«SLA: tre lettere con un significato spaventoso.
SLA: un terremoto emozionale nella vita del malato ed in quella di chi lo ama.
SLA: il mondo intorno continua a correre ma quel corpo smette di seguirlo.
SLA: la sua mente continua a volare ma si ritrova sempre più solo...Incompreso, Abbandonato, Umiliato, Deluso...
Mia moglie G. sono più di otto anni che vive questa terribile malattia che toglie ogni dignità. La nostra famiglia è stata duramente provata dalla prigionia che la SLA ti impone, serve assistenza 24 ore su 24. All'inizio provi a reagire, ce la metti tutta, ti comporti in modo energico, ti fai portavoce di buoni propositi, ti organizzi con dei turni alternati, ti concedi fino a sentirti morire. È difficile stare accanto ad una persona che vede crollare giorno dopo giorno le sue forze, la sua grinta e, soprattutto,

i suoi sogni, È difficile perché tu la ami e sai benissimo che non c'è possibilità di miglioramento e che dietro ogni tuo finto sorriso si nasconde l'impalcatura della pietà e del dolore.
Il suo di dolore, perché la vedi regredire giorno dopo giorno, perché ha bisogno di te in un modo che sai che la umilia ed il tuo di dolore perché vorresti regalargli un po' della tua energia e forse sai, inconsciamente, ma non troppo, che la userebbe per farla finita.
Voglio morire: è questa la frase che mia moglie ha ripetuto più spesso nei primi anni della malattia. Cercava la donna che era stata fino a poco prima, la moglie, la madre, la giovane nonna piena di cose da fare, di cose da dire, di cose ancora da imparare. Che senso ha, mi ripeteva, vivere in questo modo? E quando non potrò più camminare? E parlare? Abbiamo tentato in tutti i modi di dissuaderla da questa idea, forse per un nostro egoismo, per la paura di non averla più con noi. E allora l'abbiamo riempita di promesse su quanto la medicina stesse progredendo, seppur lentamente, su quanta organizzazione ci fosse intorno a questa nuova malattia del secolo, su quanta buona volontà di farla sentire utile ed indispensabile.
E così è stato. Almeno per noi. Ma ci sentiamo soli.
Ora non sono più così stupito nel sentirmi fare quella proposta da mia moglie... lei vuole vivere con me solo dignitosamente l'ultimo periodo della nostra vita insieme ma riteniamo, da quello che succede negli ultimi tempi, che la nostra esistenza sia solo un calvario e se le nostre ragioni non saranno ascoltate noi abbiamo intenzione di rivendicare la scelta di morire. Ora non sto più qui ad elemosinare quello che ci è dovuto: vogliamo un'adeguata assistenza che ci permetta di non essere più vegetali. Uso il plurale perché, ormai, mi sento parte integrante di mia moglie e sua voce reale più che portavoce. Sento il suo grido nella gola, quel grido che non può esprimere ma che io voglio urlare in faccia a tutti coloro che si fanno paladini del diritto di vita, che parlano dall'alto della loro situazione di normalità, quella che ormai per noi è diventata un lusso.
È facile dire quando non conosci sulla pelle un disagio così grande, quando ogni giorno ti regala un sorriso, una nuova giornata o, fosse anche un'arrabbiatura, ... ma almeno ti regala qualcosa da vivere. Quello che chiediamo è semplice, così semplice che mi sembra assurdo anche sottolinearlo, ma lo farò: l'assistenza che abbiamo non è insufficiente in termini di ore ma è carente dal punto di vista della preparazione degli operatori che ci vengono mandati i quali, spesso, non conoscono la malattia e, noi familiari, ci ritroviamo a fargli comprendere che ci vuole molta più sensibilità rispetto a quella che impiegano.
Vorremmo che questi operatori venissero formati non da noi, perché comporta per i familiari uno stress molto forte, ma da persone altamente specializzate della Sanità che possano prepararle psicologicamente all'incontro con assistiti dal corpo infermo ma dalla mente vivace.
Vorrei ricordarvi che, in una malattia che priva di tutta la parte motoria, ma senza alterare le capacità cerebrali, l'energia vitale del paziente viene convogliata al cervello. Si arriva a pensare così tanto quasi da impazzire poiché è l'unica cosa permessa, si osservano anche i più piccoli particolari, le sfumature nelle espressioni, si sviluppa la capacità di comprendere da una semplice piega di un sorriso o da una leggerissima ruga d'espressione, per non parlare poi dell'inclinazione del tono di voce o del leggere in un sospiro di fastidio o di gioia.
Questa mia umile protesta vorrei fosse vista in positivo perché vuole solo cercare di ottimizzare il difficile lavoro che questi assistenti svolgono. A questa considerazione sono arrivato dopo quasi

nove anni di dolorosa esperienza vissuta e per questo vorrei mettere a fuoco alcune problematiche:
1) l'operatore non dovrebbe svolgere altro lavoro prima, -, ospedali, cliniche, altri pazienti -, perché molti di loro arrivano a lavorare anche dodici ore al giorno ed in questo modo sono stanchi e non possono avere la lucidità e la pazienza necessarie per un paziente SLA;
2) sarebbe opportuno che gli operatori ruotassero con più frequenza per non caricarsi di questo forte impatto emotivo giornaliero che potrebbe togliere loro il sorriso e la disponibilità;
3) gli operatori dovrebbero essere preparati ad un atteggiamento remissivo o aggressivo del paziente SLA. Chi, in quelle condizioni, decidendo di vivere e combattere o di lasciarsi andare e deprimersi non ha il diritto di esternare la propria rabbia? Ironicamente ci si sente stressati per piccole problematiche giornaliere, come non passare ad un paziente SLA la sua rabbia verso la vita?
4) sarebbe anche gradita una figura ASL che, nel caso noi parenti ci trovassimo in difficoltà con un operatore dotato di poco tatto, potesse certificare l'idoneità e la capacità soprattutto psicologica del suddetto tramite un controllo campione durante tutto il turno che, peraltro, è ben retribuito.

Vi ricordo che, nonostante quello che si dica nelle statistiche, noi ci ritroviamo a vivere in un quartiere di Roma (Tuscolano) con la più alta densità della malattia. Ce ne sono ben tredici di malati SLA su un abitato di duecentomila persone. Un malato SLA in terapia intensiva in ospedale costa circa millesettecentoquaranta euro al giorno contro i soli duecentoquaranta euro in assistenza a casa.
Quello che noi vi chiediamo di incrementare sono le uniche cose a costo zero: umanità, sensibilità e disponibilità.
Ancora speranzoso (per poco).
Il marito di G., S.R»;
le giuste richieste e rivendicazioni contenute nella lettera sono le stesse richieste e rivendicazioni che da anni l'associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca - di cui l'interrogante è co-presidente - si fa portatore e costituiscono da sempre oggetto di iniziativa politica nelle sedi parlamentari e nel Paese -:
cosa osti all'accoglimento delle giuste e legittime richieste contenute nella lettera del signor S.R.;
se risulti che tipo di assistenza venga fornita alle persone citate nella lettera sopraesposta;
quali iniziative il ministro intenda promuovere e adottare in ordine a tale situazione.
(4-05323)

Risposta. - In riferimento ai quesiti posti nell'interrogazione in esame, a cui si risponde per delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, si forniscono elementi conoscitivi sulle iniziative avviate in ordine alla problematica in questione.
Con decreto ministeriale del 27 febbraio 2009 è stata istituita presso la direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema di questo ministero della salute la consulta delle malattie neuromuscolari, quali la sclerosi laterale amiotrofica, la distrofia muscolare, l'atrofia spinale, la sclerosi multipla in fase avanzata, la
locked-in syndrome, tra le cui diverse finalità vi è quella di promuovere la qualità dell'assistenza nei confronti delle persone affette da malattie neuro-muscolari gravi progressive e la ricerca.
Alla Consulta sono stati assegnati i seguenti compiti: acquisire informazioni sulla qualità dell'assistenza erogata nelle diverse aree del paese alle persone con malattie neuro-muscolari gravi progressive ed individuare soluzioni efficaci per affrontare le criticità di maggior rilievo eventualmente rilevate; fornire indicazioni per lo sviluppo di percorsi assistenziali appropriati ed efficaci; suggerire aree prioritarie per la ricerca di base, la ricerca clinica e lo sviluppo

di sistemi tecnologici di supporto; promuovere l'istituzione di registri per le patologie neuromuscolari gravi progressive.
L'attività svolta dalla Consulta ha trovato la sua attuazione nell'ambito di cinque tavoli di lavoro monotematici, «Diagnosi e certificazione», «Registri», «Ricerca», «Riabilitazione», «Percorso assistenziale ospedale-territorio» ed ha prodotto, dopo oltre un anno di lavoro, una serie di elaborati che rappresentano il frutto delle sinergie di gruppo tra rappresentanti delle associazioni dei pazienti, rappresentanti ministeriali, regionali e tecnici, permettendo di stilare chiare indicazioni per l'attuazione di scelte programmatiche per una concreta attuazione di un percorso di continuità assistenziale, ritenendo proficuo un continuo approfondimento in relazione alla complessità degli aspetti clinico-assistenziali per i pazienti affetti da SLA.
Per quanto riguarda la definizione ed organizzazione dei percorsi assistenziali multidisciplinari dedicati a soggetti con gravi patologie neuromuscolari, si rappresenta che, nell'ambito degli obiettivi di piano sanitario nazionale, ne vengono individuati alcuni considerati strategici e prioritari sui quali, in accordo con le regioni, si converge una quota del fondo sanitario nazionale all'uopo accantonata secondo quanto previsto dalla legge n. 662 del 1996.
La materia dell'assistenza erogata a livello territoriale e domiciliare può rientrare nell'ambito delle linee progettuali «cure primarie» (presenti nell'intero triennio 2007-2008-2009), a cui viene specificatamente destinata una somma vincolata pari al 25 per cento delle risorse totali, e «non autosufficienza», per la necessità di incrementare l'assistenza domiciliare integrata onde assicurare alla persona fragile e non auto sufficiente la permanenza presso il proprio domicilio, con l'applicazione di un progetto di cura e assistenza multi professionale.
In aggiunta a quanto sopra riferito, si comunica che questo Ministero della salute, nell'ambito della linea «non autosufficienza» degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2010, prevede l'inserimento di un vincolo di 20 milioni di euro (la quota vincolata per la regione Lazio è pari a euro 2.102.526) per la presentazione di progetti regionali destinati all'assistenza ai pazienti affetti da malattie neurologiche degenerative ed invalidanti, nell'ambito dei quali le Regioni potrebbero eventualmente utilizzare parte delle risorse statali per la formazione e l'aggiornamento del personale socio-sanitario dedicato alla cura ed all'assistenza di malati di Sla.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il testo del decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dai successivi interventi legislativi, prevede:
all'articolo 1, comma 13: «Il Piano sanitario regionale rappresenta il piano strategico degli interventi per gli obiettivi di salute e il funzionamento dei servizi per soddisfare le esigenze specifiche della popolazione regionale anche in riferimento agli obiettivi del Piano sanitario nazionale.»;
all'articolo 2, comma 2-octies: «Salvo quanto diversamente disposto, quando la regione non adotta i provvedimenti previsti dai commi 2-bis e 2-quinquies, il Ministro della sanità, sentite la regione interessata e l'Agenzia per servizi sanitari regionali, fissa un congruo termine per provvedere; decorso tale termine, il Ministro della sanità, sentito il parere della medesima Agenzia e previa consultazione della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, propone al Consiglio dei Ministri l'intervento sostitutivo, anche sotto forma di nomina di un commissario ad acta. L'intervento adottato dal Governo non preclude l'esercizio delle funzioni regionali per le quali si è provveduto in via sostitutiva

ed è efficace sino a quando i competenti organi regionali abbiano provveduto»;
la legislazione della regione Lombardia in materia sanitaria recepisce ovviamente le precedenti disposizioni nazionali citate ed anche il recente «Testo unico delle leggi regionali in materia di sanità», approvato nella seduta del consiglio regionale del 17 dicembre 2009, all'articolo 3 afferma:

«Art. 3.
(Piano sociosanitario regionale).

1. Il Consiglio regionale, su proposta del Presidente della Giunta regionale, approva, ogni triennio, il piano sociosanitario, quale strumento di programmazione unico e integrato, nel quale sono indicate, in particolare, le attività sanitarie e sociosanitarie da erogare per ognuno dei livelli essenziali di assistenza. Il piano definisce:
a) il quadro previsionale dei bisogni della popolazione lombarda;
b) gli indicatori in base ai quali sono determinati i volumi di attività per ognuno dei livelli essenziali di assistenza;
c) gli indicatori di risultato da impiegare per il controllo e la valutazione dell'efficienza, dell'efficacia e dell'economicità delle prestazioni e dei servizi erogati;
d) i progetti-obiettivo e le azioni programmate da adottare per rispondere a specifiche aree di bisogno e le relative modalità di finanziamento;
e) le linee di indirizzo del sistema regionale integrato di prevenzione secondo criteri di efficacia e appropriatezza.

2. Il piano sociosanitario, ferma restando la valenza triennale, può essere aggiornato annualmente con le medesime procedure di approvazione, nei tempi previsti per l'approvazione del documento di programmazione economico-finanziaria regionale.».
in sintesi il piano sanitario regionale è uno strumento fondamentale e necessario per lo sviluppo di una corretta politica sanitaria a livello regionale, la sua cadenza è triennale, la mancata approvazione è atto di grave carenza che la legge di organizzazione generale in materia di sanità prevede esplicitamente sia sanata mediante la nomina di un Commissario ad acta, dal parte del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro della salute;
a conferma della decisiva importanza di predisposizione e approvazione del piano sanitario a livello regionale, uno dei primi atti del professore Guzzanti, Commissario in materia sanitaria della regione Lazio, è stato quello di deliberare il piano sanitario 2010-2012 (decreto n. 87 del 2009 del 18 dicembre 2009) per quella regione, assumendo per la gran parte quanto già era disponibile e predisposto a partire da marzo 2009 ed integrandolo opportunamente;
la regione Lombardia non ha approvato il piano sanitario regionale 2010-2012 né l'ha predisposto;
la giunta della regione Lombardia, in assenza di piano sanitario regionale procede mediante delibere di giunta e circolari ai principali attori del sistema sanitario, eludendo tutte le fasi di discussione, confronto e dibattito anche in consiglio regionale -:
quali iniziative il ministro interrogato abbia adottato o intenda adottare per far cessare la situazione di non conformità alla normativa vigente del sistema sanitario della Lombardia che non dispone ad oggi del piano sanitario regionale;
se e in quale seduta del Consiglio dei ministri intenda presentare la proposta di nomina di un Commissario ad acta (come la legge prevede) per la sanità della regione Lombardia;
quali altre regioni si trovino in una simile situazione di mancata attuazione delle previsioni di legge, non avendo predisposto ed approvato il relativo piano sanitario regionale, e quali auspicabili decise

iniziative il Ministro interrogato abbia già avviato.
(4-05800)

Risposta. - In riferimento alla richiesta di valutazioni circa l'interrogazione in esame, si fa presente che non si ravvisa la necessità di iniziative specifiche da parte di questo ministero della salute per le motivazioni di seguito indicate.
Le disposizioni dell'articolo 1 del decreto legislativo n. 512 del 1992 sono antecedenti alla riforma apportata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che ha modificato il Titolo V della Costituzione, attribuendo alle regioni competenza esclusiva nell'organizzazione e nella gestione dei servizi sanitari, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza e nel quadro dei principi fondamentali dell'ordinamento. Tale circostanza legittima forti dubbi circa l'attualità della previsione normativa citata nell'interrogazione e, in particolare, della previsione dell'articolo 2, comma 2-
octies, del decreto legislativo n. 502/1992, che fa riferimento all'intervento sostitutivo. È noto, infatti, che il nuovo articolo 120 della Costituzione rende possibile tale intervento solo in casi particolarmente gravi, specificamente determinati. Si fa presente, in secondo luogo, che nel corso degli ultimi anni la produzione normativa di carattere programmarono, dello Stato come delle regioni, si è fortemente diversificata, articolandosi in una serie di atti che, pur non assumendo la qualifica di «Piano sanitario», svolgono la medesima funzione ed acquistano analogo significato (ad esempio, gli Accordi approvati da alcune regioni per il rientro dal disavanzo strutturale, spesso contengono tutti gli elementi qualificanti dei piani sanitari regionali). In particolare, la regione Lombardia approva annualmente una Delibera di Giunta regionale sulle «Regole di gestione del Servizio sanitario regionale», che fissa gli obiettivi da realizzare in coerenza con le risorse disponibili per il periodo.
Considerato quanto sopra, non sembra rientrare nei poteri attualmente attribuiti al ministro della salute l'assunzione di iniziative nei confronti della regione Lombardia, ai fini dell'adozione del piano sanitario regionale.
In situazione analoga si trovano numerose altre regioni (Veneto, Marche, Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia), anche se i piani per il rientro dal disavanzo strutturale adottati da alcune di tali regioni rivestono, come già evidenziato, una funzione programmatoria sostanzialmente sovrapponibile al piano sanitario regionale.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
la procura di Napoli ha aperto un'inchiesta su appalti e forniture ospedaliere; sono state eseguite numerose perquisizioni a funzionari di ospedali e di aziende sanitarie e ad esponenti del mondo imprenditoriale;
secondo l'ipotesi investigativa alcune aziende sarebbero state favorite nella gestione di importanti commesse pubbliche, di forniture medicali o apparecchi usati per impianti di anestesia e in sala di rianimazione. Favori in cambio di regali costosi (computer, cellulari, palmari), di viaggi e assunzioni di parenti;
l'inchiesta al momento riguarda gli ospedali Pellegrini, San Giovanni Bosco, Incurabili, Loreto Crispi, e l'ufficio provveditorato della Asl Napoli uno;
si indaga sugli appalti degli ultimi tre anni (2006-2009);
le accuse ipotizzate sono particolarmente pesanti, associazione per delinquere, turbativa d'asta, corruzione, truffa, e coinvolgono primari, medici di unità operative, caposala, dirigenti di asl, imprenditori e agenti -:
di quali informazioni disponga in relazione a questa sconcertante vicenda;

quali iniziative, per quanto di competenza, si intendano assumere, anche in relazione all'attività della gestione commissariale volta ad assicurare il rientro dai disavanzi sanitari regionali, con particolare riferimento alla verifica degli effetti sul flusso di denaro pubblico destinato alla sanità campana di un fenomeno come quello descritto in premessa diffuso ed esteso nel tempo.
(4-06056)

Risposta. - Nella delibera del Consiglio dei ministri di nomina del Commissario ad acta nella persona del Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, del 24 aprile 2010, si ribadisce: al punto 1 del suo mandato, lettera a), l'impegno per la prosecuzione delle azioni di supporto contabile e gestionale; alla lettera f), il completamento del processo di razionalizzazione della spesa per acquisto di beni e servizi.
Tali obiettivi devono essere ricompresi nei programmi operativi di cui all'articolo 2, comma 88, della legge n. 191 del 2009, tenendo conto delle specifiche prescrizioni ed osservazioni formulate dai Ministeri affiancanti in occasione della preventiva approvazione, nonché in occasione delle riunioni di verifica trimestrale ed annuale, con il comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza ed il tavolo per la verifica degli adempimenti di cui agli articoli 9 e 12 dell'intesa Stato-regioni del 23 marzo 2005, diretti a dare attuazione alle linee di intervento già previste nel piano di rientro e coerenti nella dimensione finanziaria e nella tempistica di attuazione con gli obiettivi finanziari programmati.
Nell'attività di affiancamento e verifica, i ministeri coinvolti, il tavolo ed il comitato terranno in debito conto la vicenda segnalata nell'interrogazione, per la quale sono stati già richiesti chiarimenti alla regione.
Inoltre, per il tramite della prefettura-ufficio territoriale del Governo di Napoli, il comando provinciale della Guardia di finanza, interessato in merito, ha fatto presente che il nucleo di polizia tributaria ha in corso, sulla complessiva vicenda, un'attività di polizia giudiziaria delegata dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Napoli, tuttora coperta da segreto istruttorio.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro per i rapporti con le regioni. - Per sapere - premesso che:
la Corte costituzionale ha recentemente sancito che la pratica del cosiddetto «spoil system» non si applica ai direttori generali delle Asl, la cui rimozione è possibile soltanto dopo una «valutazione oggettiva delle capacità e qualità dimostrate»;
tuttavia, come ha ben documentato la giornalista Manuela Perrone in un articolo pubblicato da Il Sole 24 Ore, «la partita appare tutt'altro che chiusa. La tentazione, per le Giunte fresche di nomina, di mettere le mani sulle aziende sanitarie e ospedaliere, è da sempre fortissima e trasversale»;
per questo motivo le regioni Lazio e Calabria sono già state oggetto di attenzione da parte della Consulta con le sentenze n. 104/2007 e 34/2010, e attualmente, sotto la lente dei giudici costituzionali rischiano presto di finire le regioni Abruzzo e Sardegna;
sia la regione Abruzzo che la regione Sardegna hanno rimosso i manager sanitari nominati dalle Giunte precedenti, ricorrendo allo stesso metodo: la revoca è stata giustificata con la necessità di nominare commissari ad hoc per traghettare le Asl verso nuovi assetti organizzativi;
nell'agosto 2009 il consiglio regionale sardo ha approvato un emendamento a un collegato alla finanziaria regionale (legge n. 3 del 2009) con il quale si obbligava la giunta a commissariare le otto Asl, le due aziende ospedaliero-universitarie di Cagliari e di Sassari e l'azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari, per consentire la realizzazione

della riforma del sistema sanitario regionale avviata con la stessa legge. Il 15 settembre la giunta ha nominato 9 commissari, il 28 settembre altrettanti direttori generali si sono visti revocare il contratto. Otto i ricorsi al Tar di Cagliari contro quello che i legali definiscono «uno spoil system mascherato»;
nel frattempo la «riforma» è partita: a fine dicembre la giunta ha varato il progetto, ora all'esame del consiglio, di accorpare alcune funzioni amministrative delle Asl in un'unica macroarea e di scorporare gli ospedali, istituendo quattro nuove aziende ospedaliere. Il risultato è una moltiplicazione delle «poltrone»: i manager della sanità sarda sono infatti passati a 15;
analoga la situazione per quel che riguarda la regione Abruzzo: a settembre il consiglio regionale ha approvato la legge n. 17 del 2009 che, emendando il vecchio piano sanitario regionale, ha revocato gli incarichi ai direttori generali di quattro delle sei Asl, che sarebbero scaduti tra dicembre 2010 e gennaio 2011, e affidato a due commissari e quattro subcommissari il compito di fondere le quattro aziende in due. Fusione andata in porto a fine anno. Due dei direttori rimossi (dalle Asl Lanciano-Vasto e Avezzano-Sulmona) si sono rivolti al Tar dell'Aquila, censurando la legittimità costituzionale delle norme e sostenendo di aver realizzato gli obiettivi loro assegnati;
nella vicenda abruzzese, in particolare, c'è un'incognita: l'Abruzzo infatti è tra le regioni commissariate per i deficit sanitari; e la Consulta (sentenza n. 2/2010) ha recentemente dichiarato l'incostituzionalità di una norma della regione Lazio, altra regione commissariata, che prevedeva la proroga automatica dei manager fino a giugno 2010. Nel caso di specie la Corte costituzionale ha sostenuto che spetta al commissario proporre o disporre la sostituzione dei direttori generali;
più in generale, a cadenza pressoché quotidiana gli organi di informazione riferiscono che nell'ambito della sanità si consumano una quantità sconcertante di scandali, truffe e pessime gestioni ai danni dei pazienti che spesso ne pagano anche tragicamente le conseguenze, nonché di sprechi di denaro pubblico;
si registra peraltro un tasso di incompetenza che va molto al di là del tollerabile e del consentito, e tale situazione deriva essenzialmente dal fatto che alla guida delle strutture sanitarie non si premia la competenza, ma l'appartenenza a centri di potere e l'adesione a logiche partitocratiche -:
se non ritengano di assumere iniziative normative volte ad impedire lo «spoil system» in relazione alla nomina dei direttori generali delle ASL.
(4-06206)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione parlamentare in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri e si formulano le seguenti considerazioni.
Nel rispetto del meccanismo introdotto già dal decreto legislativo n. 29 del 1993, come sostituito dal decreto legislativo n. 165 del 2001, che prevede la contrattualizzazione ed il rapporto a tempo determinato dei contratti dei dirigenti, in servizio presso la pubblica amministrazione, questo Ministero non ritiene opportuno avviare una norma specificatamente finalizzata ad escludere una sola frangia della dirigenza statale e, nel caso in questione, i direttori generali delle aziende sanitarie locali, dall'ambito di applicazione della legge 15 luglio 2002, n. 145.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
come ha riferito il quotidiano Il Mattino nella sua edizione del 23 febbraio 2010, i genitori della piccola Luigia Lanzano, una bimba di tre anni morta all'ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, durante il loro penoso calvario per

salvare la loro bambina, sono stati tra l'altro apostrofati da un dipendente dell'ospedale, «come i soliti napoletani piagnoni»;
in considerazione dell'eccellenza di cui l'ospedale di Ravenna gode, appare particolarmente grave e inaccettabile l'accaduto, qualora le notizie riportate - sintesi di quanto pubblicato da Il Mattino - risultassero confermate -:
quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, si siano assunte o si intendano assumere e promuovere in relazione all'accaduto, con particolare riferimento all'accertamento della dinamica della morte della minore.
(4-06290)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione parlamentare in esame, si risponde sulla base degli elementi trasmessi dalla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo di Ravenna.
Il direttore generale della locale azienda unità sanitaria locale (AUSL) ha comunicato alla citata Prefettura, in merito alla vicenda segnalata nell'interrogazione parlamentare, le seguenti precisazioni.
Riguardo alla prima parte dell'interrogazione, il direttore generale ha fatto presente che la frase «i soliti napoletani piagnoni» rivolta, secondo il quotidiano
Il Mattino, ai genitori della piccola Luigia Lanzano da un non meglio precisato «dipendente in camice bianco», non ha trovato conferma negli accertamenti compiuti presso i servizi dell'ospedale, né risulta riferita dai familiari della piccola paziente; qualora tale «esecrabile e rivoltante» frase avesse trovato riscontro, avrebbe avuto un doveroso seguito di misure disciplinari.
Nelle intense relazioni intercorse fra parenti, medici e infermieri che hanno assistito la piccola Luigia in ospedale, ad avviso del Direttore Generale della ASL Ravenna, non si trova alcun riferimento alla frase ingiuriosa, né se ne ravvisa traccia nelle dichiarazioni del legale scelto dalla famiglia. In tali dichiarazioni, al contrario, viene sottolineata la grande disponibilità riscontrata nello staff ospedaliero.
Il Direttore Generale ritiene inspiegabile e inaccettabile la versione riportata dal citato quotidiano in quanto contraria a quei principi e a quei valori di umanità e di altruismo che stanno alla base delle azioni delle stragrande maggioranza del personale che opera nell'ospedale di Ravenna.
Proprio in considerazione dell'assenza di riscontri oggettivi alle affermazioni riportate dal quotidiano in questione, è stato dato mandato ad un legale di fiducia per intentare nei confronti del giornale citato un'azione legale improntata a ristabilire la verità dei fatti, ritenuta utile e necessaria a tutte le parti in causa, famiglia e professionisti.
In merito alle circostanze che hanno condotto al decesso della piccola Luigia, lo stesso direttore ha informato di avere avviato, nell'attesa dell'esito delle indagini disposte dalla magistratura, un proprio procedimento di verifica interna, allo scopo di identificare eventuali criticità organizzative e relative ipotesi di miglioramento, secondo le prassi proprie del rischio clinico. Ha inoltre provveduto a raccogliere le deposizioni e le dichiarazioni di tutti i sanitari coinvolti nei processi di diagnosi e cura, sia a livello territoriale che a livello ospedaliero, non escluse quelle dei genitori di Luigia affinché fornissero la loro versione dei fatti. Costoro, però, dopo aver in un primo momento accettato, hanno preferito disattendere al colloquio dichiarando di avere rimesso nelle mani del proprio legale ogni azione a loro tutela.
Dal punto di vista clinico, la ricostruzione operata ha potuto tenere conto solo di quanto riferito dai sanitari coinvolti e risente di questa unilateralità.
La documentazione e i fatti, riscontrati tuttavia sembrano, ad avviso della direzione generale dell'azienda, escludere profili di responsabilità da parte dei professionisti implicati nei percorsi di diagnosi e terapia, così come sembra si possa escludere ogni ipotesi di ritardo diagnostico.
Alla piccola Luigia sono state assicurate cure tempestive ed appropriate, con grande impegno professionale ed umano profuso da parte di tutti gli operatori.


Gli stessi genitori e parenti hanno riferito a più riprese apprezzamento per l'operato dei medici e degli infermieri intervenuti nelle cure.
Alla luce degli elementi informativi sopra resi il ministero della salute ritiene di non dover avviare specifiche iniziative.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dal 9° Rapporto del coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici, di cittadinanzattiva emerge un quadro sconfortante costituito da cicli di riabilitazione interrotti o assicurati a singhiozzo per mancanza di fondi; protesi e ausili spesso obsoleti, ottenuti solo dopo lunghe ed estenuanti attese, mentre strumenti più avanzati giacciono nei depositi delle ASL; carrozzine elettroniche negate ai bambini con distrofia muscolare;
i pazienti denunciano la carenza di strutture di riabilitazione specializzate, e pertanto sono costretti a lunghe attese, o a rivolgersi a centri privati pagando di tasca propria, nelle regioni del meridione per esempio, risultano quasi inesistenti le unità spinali, in cui si assistono persone con lesione al midollo spinale di origine traumatica e non; mentre in altri casi la carenza di équipe plurispecialistiche obbliga i malati a fare la spola da un centro all'altro;
per esempio, nella sola regione Campania nel 2009 sono stati sospesi tutti i cicli di riabilitazione e solo dopo le vibrate e ripetute proteste dei cittadini si è tornati ad assicurare le necessarie prestazioni;
il «nuovo patto per la salute» prevede che le regioni a rischio di sforare il bilancio possano adottare provvedimenti come la riduzione da 60 a 45 giorni, della degenza per la riabilitazione, e dunque se sarà necessario un ciclo di due mesi, il malato dovrà pagare i restanti giorni di tasca propria;
come più volte segnalato e denunciato dalla sottoscritta e dall'Associazione Luca Coscioni di cui la sottoscritta è co-presidente, il nomenclatore - ovvero l'elenco ufficiale di ciò che può essere concesso - risale a oltre dieci anni fa; da allora la tecnologia ha fatto enormi passi in avanti, ma i nuovi ausili non sono ancora garantiti dal servizio sanitario nazionale; per esempio, chi soffre di distrofia muscolare non riesce ad ottenere, se non dopo estenuanti battaglie anche legali, né la carrozzina elettronica né ausili informatici come i puntatori ottici per comandare il computer con lo sguardo; e per i malati di sclerosi laterale amiotrofica non sono previsti i comunicatori vocali; che i pazienti con broncopneumopatia cronica ostruttiva, con apnee nel sonno, non hanno accesso gratuito alla macchina che garantisce un flusso di aria continuo; per chi soffre di infezioni osteoarticolari non sono riconosciuti sedie a rotelle, letti ortopedici, materassi antidecubito; e non viene assicurato neppure un semplice infila calze per chi ha l'artrite reumatoide e ha grandi difficoltà a vestirsi da solo -:
cosa osti all'aggiornamento del nomenclatore, e cosa si intenda fare perché finalmente questa incresciosa situazione sia superata e sanata e, in generale, quali iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, il ministro intenda promuovere, o adottare in ordine a quanto sopra esposto.
(4-06650)

Risposta. - Le principali criticità denunciate nell'interrogazione in esame potranno trovare adeguata soluzione con l'approvazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sui nuovi livelli essenziali di assistenza che, definito e condiviso in sede tecnica, è al momento al vaglio del ministero dell'economia e delle finanze per gli aspetti di natura economico-finanziaria, da valutare in coerenza con i contenuti del nuovo patto per la salute che

rappresenta la cornice delle principali dinamiche del servizio sanitario nazionale nei prossimi anni.
Infatti, il nomenclatore delle protesi, ortesi ed ausili tecnologici, allegato al suddetto schema di decreto, include sia i comunicatori vocali e gli altri ausili informatici con diversi sistemi di comando, sia gli ausili respiratori per le persone affette da bronco pneumopatia cronica ostruttiva con apnee del sonno. Sono confermate, naturalmente, le carrozzine, i letti ortopedici, gli ausili antidecubito, eccetera, a favore di tutte le persone che ne hanno bisogno in ragione della disabilità loro riconosciuta.
Per quanto attiene alla riduzione della durata della degenza ospedaliera per riabilitazione, si fa presente che tale riduzione, peraltro già da tempo adottata in diverse regioni, registra la sempre maggiore diffusione di procedure riabilitative che abbreviano sensibilmente i tempi di recupero dei pazienti, consentendo loro, quando la prosecuzione della terapia risulti necessaria, di accedere a regimi di erogazione delle prestazioni di pari efficacia ma di minore impatto economico, quali il
day hospital o il regime ambulatoriale.
Si osserva, inoltre, che nell'ambito degli obiettivi del piano sanitario nazionale (Psn), da tempo sono presenti alcune linee progettuali, quali cure primarie (triennio 2007-2008-2009), a cui è stata specificatamente destinata, nel corso degli anni, una somma vincolata pari al 25 per cento delle risorse totali; «non autosufficienza», per la necessità di incrementare l'assistenza domiciliare integrata al fine di assicurare alla persona fragile e non autosufficiente la permanenza presso il proprio domicilio, con l'applicazione di un progetto di cura ed assistenza multi professionale; «reti assistenziali» (per l'implementazione della rete unità spinali unipolari (Usu), prevista negli obiettivi di piano per l'anno 2008 e nel cofinanziamento per l'anno 2009 dei progetti attuativi del Psn).
Più in particolare, nell'ambito della linea progettuale cure primarie sono state dedicate apposite risorse vincolate (10 milioni di euro per ciascun anno 2007-2008-2009) al finanziamento dei progetti «Facilitazione della comunicazione nei parenti con gravi patologie neuromotorie» quale risposta al bisogno di coloro che, affetti da malattie degenerative o comunque invalidanti (come la sclerosi laterale amiotrofica, le distrofie muscolari progressive, la sclerosi multipla, l'atrofia muscolare spinale e la
locked-in syndrome), pur mantenendo inalterate le proprie capacità cognitive, perdono progressivamente la facoltà di comunicazione e di relazione.
La copertura di tali bisogni, rappresentando un aspetto essenziale del concetto di presa in carico globale della persona e dei suoi familiari, si fonda su un approccio onnicomprensivo che mira a promuovere la migliore qualità di vita possibile, nell'ambito di un progetto riabilitativo individuale.
Conseguentemente le regioni hanno elaborato progetti tematici per l'accesso al relativo finanziamento, al fine di dotare i pazienti con gravi compromissioni delle capacità comunicative, di relazione interpersonale e di interazione con l'ambiente causate dalle importanti disabilità, degli idonei ausili-sistemi di comunicazione tecnologica.
Inoltre, si comunica che nell'ambito degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2010, si prevede la definizione di una apposita linea progettuale dedicata alla riabilitazione, per l'implementazione di progetti regionali destinati allo sviluppo delle attività di riabilitazione, anche al fine di operare in continuità e superare frammentazioni, duplicazioni, attese e consentire l'utilizzo ottimale delle potenzialità di un determinato ambito territoriale.
Si prevede, altresì, nell'ambito degli obiettivi di carattere prioritario e di rilievo nazionale per l'anno 2010, di vincolare, in accordo con le regioni, una quota pari a 20 milioni di euro da destinare a progetti rivolti a realizzare o potenziare i percorsi assistenziali domiciliari, al fine di una presa in carico globale del paziente e della sua famiglia.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere:
se sia vero che circa otto milioni di vaccini contro l'influenza A giacciono nei container-frigo della Croce rossa italiana a Roma, e sono ormai prossimi alla scadenza: 58 mila dosi, in particolare, scadranno alla fine del mese di luglio 2010; altre scadranno il 31 agosto, il 30 settembre, il 31 di ottobre, e che di conseguenza verranno smaltiti e distrutti;
se sia vero che i vaccini siano costati circa sessanta milioni di euro, 7,7 euro per dose;
se sia vero che i vaccini inutilizzati siano stati restituiti da Asl e aziende ospedaliere cui nei mesi scorsi erano stati consegnati; quanto sia costata questa operazione di consegna e riconsegna, e a carico di chi gravano queste spese;
se sia vero che altri 2,4 milioni di dosi del vaccino siano state consegnate all'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), perché siano destinati ai Paesi in via di sviluppo;
perché siano state consegnate all'OMS solo 2,4 milioni di dosi, e se non si ritenga preferibile consegnare anche le restanti dosi, piuttosto che lasciarle scadere e dunque destinarle alla distruzione;
se le dosi consegnate all'OMS siano state cedute a titolo gratuito, o al contrario siano state pagate, e quanto.
(4-08008)

FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute. - Per sapere:
se sia vero che circa otto milioni di vaccini contro l'influenza A giacciono nei container-frigo della Croce rossa italiana a Roma, e sono ormai prossimi alla scadenza: 58 mila dosi, in particolare, scadranno alla fine del mese di luglio; altre scadranno il 31 agosto, il 30 settembre, il 31 di ottobre, e che di conseguenza verranno smaltiti e distrutti;
se sia vero che i vaccini siano costati circa sessanta milioni di euro, 7,7 euro per dose;
se sia vero che i vaccini inutilizzati siano stati restituiti da asl e aziende ospedaliere cui nei mesi scorsi erano stati consegnati; quanto sia costata questa operazione di consegna e riconsegna, e a carico di chi gravino queste spese;
se sia vero che altri 2,4 milioni di dosi del vaccino siano state consegnate all'Organizzazione mondiale della sanità (Oms), perché «siano destinati ai Paesi in via di sviluppo»;
perché siano state consegnate all'OMS solo 2,4 milioni di dosi, e se non si ritenga preferibile consegnare anche le restanti dosi, piuttosto che lasciarle scadere e dunque destinarle alla distruzione -:
se le dosi consegnate all'OMS siano state cedute a titolo gratuito, o al contrario siano state pagate, e quanto.
(4-08060)

Risposta. - In riferimento alle interrogazioni in esame, a cui si risponde congiuntamente stante l'analogia dei contenuti, si segnala che; alla data del 31 dicembre 2009, risultavano consegnate, alle regioni e province autonome e ad altre amministrazioni, 10.270.496 dosi di vaccino pandemico AH1N1 Focetria.
Si precisa, altresì, che nel maggio 2010, tenuto presente l'impegno assunto dal Governo italiano, nella persona del Presidente del Consiglio, di donare una parte delle dosi acquistate all'organizzazione mondiale della sanità (Oms), per i paesi in via di sviluppo che non avrebbero accesso altrimenti a questo strumento di prevenzione, è stato donato un quantitativo pari al 10 per cento del vaccino pandemico AH1N1 acquistato per la popolazione italiana, vale a dire 2.400.000 dosi.
Sono stati acquisiti in totale circa tredici milioni di vaccini.


Allo stato attuale, sono state somministrate 925.000 dosi di vaccino pandemico AH1N1 Focetria.
Nel luglio 2010 sono stati, ritirati dalle regioni e province autonome 5.151.643 vaccini, altri 2.547.493 devono ancora essere ritirati e una quota di 1.646.360 dosi è rimasta residuata alle regioni.
Le dosi residuate dalla campagna di vaccinazione, acquisito in proposito il parere del Consiglio superiore di sanità, vengono tuttora riprese in consegna dal ministero della salute, con il concorso della Croce rossa italiana per il trasporto e la conservazione, per essere raccolte in siti di stoccaggio strategico.
Le regioni e le altre amministrazioni conservano, comunque, una quota dei vaccini residuati.
La validità del vaccino è di 10 mesi e la data di scadenza è progressiva, in relazione alle diverse date di produzione dei singoli lotti (i primi lotti a scadere sono quelli dell'ottobre 2009).
Per il momento, non c'è intenzione di procedere alla distruzione e smaltimento dei lotti di vaccini scaduti, anche in attesa di possibili decisioni in merito alla eventuale estensione del periodo di validità del prodotto.
Il ministero dell'economia e delle finanze per affrontare l'emergenza della pandemia ha stanziato 220 milioni di euro.
Il costo del vaccino acquistato ammonta a 184.800.000 euro, comprensivi di Iva, per 24 milioni di dosi (euro 7,7 per dose).
In data 17 marzo 2010 è stata emanata l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri con cui il Presidente del Consiglio, considerato - tra l'altro - che le dosi di vaccino sino ad allora consegnate allo Stato costituivano una riserva idonea a fronteggiare eventuali ondate epidemiologiche connesse alla influenza pandemica, acquisita una nota tecnica dell'istituto superiore di sanità, ha disposto la modificazione e revoca parziale della ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 31 luglio 2009, autorizzando conseguentemente la direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della salute a porre in essere gli strumenti di cui all'articolo 21-
quinquies della legge n. 241 del 1990. In attuazione di quanto disposto da tale ordinanza, con nota del 18 marzo 2010, la suddetta direzione ha chiesto alla società Novartis di interrompere le iniziative di programmazione e fabbricazione delle ulteriori dosi di vaccino da consegnare, come da contratto del 21 agosto 2009. Allo stato, è ancora in fase di definizione con la predetta società l'indennizzo previsto dalla norma.
L'Italia sta partecipando a riunioni internazionali finalizzate alla valutazione critica della gestione della pandemia e, appena noti, i risultati saranno resi pubblici.
L'Oms ha dichiarato la fase conclamata della pandemia nel giugno 2009, allorché effettivamente un nuovo
virus influenzale si è diffuso su scala mondiale, con un andamento iniziale dei casi e dei decessi che ha generato allerta. E poiché, rispetto alle pandemie occorse nel secolo scorso (1918, 1957, 1977), nel 2009 si disponeva di capacità tecnica e organizzativa per produrre l'unico presidio effettivamente efficace per ridurre l'impatto in termini di malati e di decessi, un vaccino «su misura» contro il virus pandemico, è apparsa doverosa la scelta di investire nella sua produzione, anche in considerazione del possibile verificarsi di una seconda ondata pandemica che, a tutt'oggi, non può escludersi con assoluta certezza.
Dal 1998, infatti, in occasione di una influenza ad elevata letalità, diffusasi ad Hong Kong, e con il diffondersi, dal 2005, dell'influenza umana da virus AH5N1 (meglio nota come influenza aviaria), anch'essa ad elevata letalità, i paesi sviluppati hanno elaborato piani di preparazione e risposta alla pandemia, più o meno simili, nei quali hanno previsto la programmazione e la realizzazione di una campagna vaccinale. Nel 2009, è stato doveroso, oltre che logico, considerata la disponibilità dei mezzi tecnici, puntare sulla realizzazione ed acquisizione di vaccini pandemici.
Così il vaccino è stato ordinato dai paesi sviluppati appena possibile, in un momento in cui si pensava servissero 2 dosi a persona per un'efficace protezione, e quando i margini di incertezza sull'aggressività del virus erano ancora elevati, ma

non si poteva procrastinare la decisione di acquistarlo, in quanto i tempi di produzione richiedono 5-6 mesi.
Tutto quanto sopra considerato, anche il nostro Paese ha deciso di acquisire un quantitativo di vaccino, in misura «moderata», rispetto a quanto acquistato da altri paesi dell'Europa occidentale, oltreché frutto di più consultazioni tecnico-scientifiche che ne hanno supportato la scelta in un momento di estrema incertezza sul reale impatto dell'evento.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

TOMMASO FOTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
il consiglio comunale di Carpaneto Piacentino, in provincia di Piacenza, con delibera n. 22 del 26 giugno 2006, approvava il piano particolareggiato di iniziativa privata denominato «Borgo San Lazzaro 2», giusta l'istanza presentata il 28 gennaio 2005 da C 2000 srl;
in data 10 luglio 2009, C 2000 srl inoltrava richiesta di variante al detto piano particolareggiato di iniziativa privata, successivamente integrata in data 31 luglio 2009, per modifiche dell'assetto urbanistico del piano precedentemente approvato, oltre che per l'insediamento di una struttura commerciale medio grande alimentare (sino a 1.500 metri quadri), come consentito e previsto dagli articoli 111 e 112 delle norme di attuazione del piano operativo comunale vigente in quel comune;
in data 29 settembre 2009, il responsabile del procedimento (settore urbanistica edilizia e territorio del comune di Carpaneto Piacentino) ha interrotto l'iter amministrativo della pratica, chiedendo a C 2000 srl integrazioni documentali, successivamente depositate dalla detta società in data 27 ottobre 2009;
in data 29 settembre 2009 la giunta comunale del comune di Carpaneto Piacentino approvava la delibera n. 106, avente chiaro indirizzo politico ma consequenziali effetti sotto il profilo amministrativo, volta ad assumere una posizione di consapevole prudenza in ordine ai nuovi insediamenti o ampliamenti aventi ad oggetto «l'apertura di attività commerciali con particolare attenzione alla previsione di nuove medio grandi struttura di vendita alimentare o non alimentare», coltivando l'amministrazione l'obiettivo irrinunciabile della tutela delle attività commerciali già insediate sul territorio;
pur risultando concluso l'iter amministrativo della variante al piano particolareggiato di iniziativa privata evocata, il responsabile del procedimento non ha ancora assunto atti a valenza esterna;
nella predetta delibera 106 della giunta comunale di Carpaneto Piacentino, dichiarata dalla stessa immediatamente esecutiva, si dava atto della «non necessità» di acquisire il parere del responsabile del servizio, in quanto si trattava di «deliberazione ad indirizzo politico»;
per contro, nella parte dispositiva, la delibera citata prevedeva che l'iter procedurale delle pratiche in itinere e di quelle future - interessate dalle osservazioni presentate dall'amministrazione comunale di Carpaneto alla delibera n. 17 del 16 febbraio 2009 del consiglio provinciale di Piacenza con la quale veniva adottato il piano territoriale di coordinamento provinciale - restasse sospesa «nelle more che il Consiglio Provinciale si pronunci nel merito»;
è evidente l'ininfluenza che l'eventuale accoglimento delle osservazioni formulate dalla giunta comunale di Carpaneto Piacentino al piano territoriale di coordinamento provinciale adottato dalla provincia di Piacenza avrebbe sulle pratiche urbanistiche in itinere, soprattutto per quelle conformi alle norme urbanistiche (PSC-POC-RUE) vigenti nel comune in questione;
la citata deliberazione della giunta comunale, quanto meno arbitraria a giudizio

dell'interrogante, lungi dal manifestare unicamente un «indirizzo politico» per contro esplicita amministrativamente i suoi effetti su tutti i cittadini (ivi compresi C 2000 srl), i quali, facendo pieno affidamento sulla normativa urbanistica in vigore nel comune di Carpaneto, hanno l'incomprimibile diritto di vedere, per le pratiche in corso, concluso l'iter nei termini di legge -:
se avverso la delibera della giunta comunale di Carpaneto Piacentino più volte richiamata risultino presentati ricorsi in sede amministrativa o avviate indagini in sede penale e quale ne sia lo stato.
(4-06009)

Risposta. - Dagli accertamenti posti in essere dalla Prefettura di Piacenza è emerso che l'iter amministrativo concernente la variante al Piano Particolareggiato di Iniziativa Privata «Borgo San Lazzaro-2» non si è ancora concluso. La variante, infatti, è stata depositata il 3 dicembre 2009 dal responsabile del servizio urbanistica-edilizia del comune di Carpaneto Piacentino presso la segreteria comunale allo scopo di consentirne la visione e la presentazione di eventuali osservazioni entro il termine fissato di 60 giorni, con scadenza il 31 gennaio 2010.
Ad oggi, il predetto comune non ha ancora deciso in merito alle osservazioni formulate nei termini anzidetti e, inoltre, è in attesa di ricevere dalla provincia il parere di competenza, richiesto in data 28 gennaio 2010, quale atto preliminare indispensabile all'approvazione del piano in argomento, ai sensi dell'articolo 35 della legge della regione Emilia Romagna n. 20 del 2000. Al riguardo, il 1o marzo 2010 la provincia ha inoltrato una richiesta di integrazione di documentazione tecnica, alla quale il comune non ha ancora dato riscontro essendo ancora in attesa di documentazione integrativa da parte del soggetto attuatore della citata variante da sottoporre ad agenzia regionale protezione ambientale e azienda unità sanitaria locale per ottenerne i pareri di competenza.
Una volta esperiti tali adempimenti, la questione sarà sottoposta all'esame del consiglio comunale competente in ordine all'approvazione della variante.
Per quanto riguarda eventuali ricorsi pendenti avverso la delibera della giunta comunale citata dall'interrogante, si comunica che avverso la stessa pende ricorso giurisdizionale presso il tribunale amministrativo regionale Emilia Romagna, sezione di Parma, che non si è ancora pronunciato in merito, mentre non risulta presentata alcuna richiesta di sospensione in via cautelare dell'efficacia della delibera in questione, né sono note indagini eventualmente avviate in sede penale.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

FUCCI, DIVELLA, NICOLUCCI. - Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
risulta agli interroganti, anche a seguito di segnalazioni provenienti dall'Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, che, a causa della perdita del potere d'acquisto connessa al mancato aggiornamento rispetto al costo della vita, i contributi concessi alla citata Onlus siano notevolmente inadeguati in relazione all'esigenza di fruire di una serie di servizi come la produzione di libri e materiali didattici;
risulta altresì che gravi difficoltà in ordine all'effettiva possibilità di stanziare risorse adeguate sarebbero emerse anche in relazione all'utilizzo di volontari del servizio civile nazionale come accompagnatori dei ciechi civili nonché in sede di predisposizione del regolamento di attuazione della legge 22 marzo 2000, n. 69, recante "Interventi finanziari per il potenziamento e la qualificazione dell'offerta di integrazione scolastica degli alunni con handicap -:
quali iniziative, pur in un quadro di forte sofferenza dei conti pubblici che è peggiorato dalla crisi economica globale,

siano concretamente realizzabili per superare la situazione evidenziata in premessa.
(4-03398)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, concernente la concessione di contributi alla Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti, si rappresenta quanto segue.
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali eroga, nei confronti dell'Unione sopra citata, ai sensi della legge n. 438 del 1998, un contributo annuo pari a 516.000 euro.
Nel corso del 2009 è stato riconosciuto nei confronti della medesima Unione, un contributo di euro 530.000 in base al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 18 settembre 2009 (adottato in attuazione dell'articolo 7-
quinquies, comma 1, del decreto-legge n. 5 del 2009). Inoltre l'ulteriore decreto del Presidente del Consiglio del 19 marzo 2010 (emanato ex articolo 2, comma 250, della legge n. 191 del 2009), nel procedere al riparto del fondo di cui al predetto articolo 7-quinquies, destina all'Unione italiana ciechi un contributo di euro 3.191.653 per ciascuno degli anni 2010, 2011 e 2012.
Per quanto riguarda l'esigenza di fruire di materiali didattici, si rileva che con circolare n. 38 del 15 aprile 2010, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca ha assegnato la somma di euro 6.000.000 per il potenziamento dell'offerta formativa e in particolare euro 500.000 per il funzionamento dei centri territoriali di supporto di cui al progetto nuove tecnologie e disabilità. Tali somme hanno, tra l'altro, la finalità di fornire materiali didattici speciali, fra cui rientrano anche quelli per i non vedenti. Inoltre l'azione 6 del progetto citato ha finanziato la realizzazione di
software gratuiti per l'integrazione scolastica degli alunni non vedenti.
Occorre infine segnalare che sono state presentate al Senato alcune iniziative legislative in materia. In particolare risulta assegnato alla Commissione I affari costituzionali, il disegno di legge n. 952 recante «Interventi in favore di disabili gravi tramite il servizio civile volontario», mentre è in corso di esame in Commissione XI lavoro, previdenza sociale, il disegno di legge n. 1235 con il quale si propone un adeguamento delle pensioni spettanti ai ciechi civili assoluti e parziali nonché dell'assegno parziale per i ciechi ventesimisti al fine di equipararli al minimo dei parametri pensionistici dell'INPS.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

GRIMOLDI e DESIDERATI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 1, comma 346, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, risulta disponibile per il 2010 la somma di ventisei milioni di euro, da destinare ad assunzioni di personale nella qualifica di Vigile del fuoco, attraverso le procedure selettive previste dall'articolo 1, commi 519 e 526 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;
la somma in questione potrebbe permettere in tempi brevi di assumere oltre settecento Vigili del fuoco tuttora in attesa di stabilizzazione -:
quali siano le intenzioni del Governo in merito all'impiego delle risorse ricordate in premessa e se, in particolare, si preveda in tempi brevi di utilizzarle per stabilizzare un congruo numero di Vigili del fuoco precari.
(4-04391)

Risposta. - La legge n. 296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto, fra l'altro, la trasformazione in rapporti a tempo indeterminato delle forme di organizzazione precaria del lavoro destinata al personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco che, in ragione della particolare natura del servizio svolto a supporto del personale permanente nella fondamentale missione di salvaguardia delle vite umane, non rientra nella generale categoria dei precari della pubblica amministrazione.


È stato quindi avviato un percorso per la stabilizzazione del rapporto di lavoro di una parte dei vigili del fuoco selezionati tra quei soggetti cosiddetti discontinui, che prestano servizio volontario nel corpo nazionale e sono in possesso di specifici requisiti (iscrizione negli appositi elenchi da almeno tre anni e con un minimo di 120 giorni di servizio).
Nell'ambito di tale percorso, l'articolo 1, comma 346, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008) ha stanziato, per il triennio 2008-2010, apposite risorse da destinare ad assunzioni di personale nella qualifica di vigile del fuoco, attraverso le procedure di stabilizzazione del personale volontario del corpo nazionale.
L'amministrazione ha, quindi, provveduto ad assumere nella qualifica di vigile del fuoco il personale discontinuo risultato idoneo a seguito di apposita procedura selettiva, attingendo dalla graduatoria (6.080 unità) approvata con decreto ministeriale 28 aprile 2008, n. 1996, nei limiti stabiliti dalle disposizioni di legge.
In base a tali disposizioni, sono state avviate al corso di formazione per allievi vigili del fuoco n. 1.553 unità, di cui 1.135 già in servizio nei comandi provinciali.
Ulteriori 295 unità saranno assunte, dalla graduatoria della stabilizzazione, entro fine anno, a norma dell'articolo 1, comma 346, della legge finanziaria per il 2008, a conclusione del corso di formazione per vigile permanente iniziato il 7 giugno. Per altre 95 unità, da assumere ai sensi del decreto legge 112 del 2008, convertito dalla legge 133 del 2008, provenienti dalla medesima graduatoria, si è in attesa di ricevere l'apposita autorizzazione dal competente dicastero della funzione pubblica.
Inoltre, nel prossimo triennio, non essendovi, ad oggi, graduatorie di concorso ancora aperte, ulteriori assunzioni nella qualifica di vigile del fuoco potranno avvenire attraverso la graduatoria del concorso pubblico a 814 posti, in via di conclusione, nell'ambito del quale - come detto - è comunque prevista una riserva del 25 per cento, in favore del personale volontario del corpo nazionale dei vigili del fuoco.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

GRIMOLDI e LAURA MOLTENI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nel bando per il concorso da dirigente scolastico, di prossima pubblicazione, sono richiesti, tra i requisiti minimi di partecipazione, «almeno 5 anni di anzianità di servizio dalla effettiva messa in ruolo»;
le statistiche della Fondazione Agnelli (in uso e divulgate dallo stesso Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) evidenziano che l'età media della messa in ruolo (contratto a tempo indeterminato) nella scuola italiana è oggi di 42 anni;
tali statistiche evidenziano inoltre che i docenti neoimmessi possiedono significative skill nell'ICT e nelle lingue straniere e numerosi titoli post lauream (tra cui specializzazioni, dottorati, perfezionamenti, master e altro) al contrario dei colleghi più anziani, con altro tipo di formazione;
in generale, all'insegnante tipo «under 47» (42+5) verrà preclusa a priori per ragioni anagrafiche la possibilità di accedere al concorso per dirigente scolastico, nonostante abbia al suo attivo in media almeno 10 anni di servizio pre-ruolo nella scuola, oltre che i titoli e le competenze sopra esposte;
all'interrogante appare inopportuno che nel sistema dell'istruzione valga un criterio di selezione gerontocratico in luogo di uno meritocratico -:
se non intenda assumere iniziative volte a inserire, tra i criteri, un'anzianità di servizio che tenga conto anche degli anni di insegnamento pre-ruolo, valorizzando

così l'esperienza lavorativa e la formazione personale, a prescindere dall'effettiva messa in ruolo.
(4-06085)

Risposta. - La richiesta rivolta dall'interrogante nella interrogazione in esame, nonostante ogni migliore determinazione, non può essere accolta in via amministrativa.
Infatti l'articolo 1, comma 618, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, elenca tassativamente i princìpi generali ai quali l'amministrazione deve attenersi nella stesura del regolamento che disciplina le nuove modalità per il reclutamento dei dirigenti scolastici. Tra i requisiti esplicitamente indicati dalla suddetta norma vi sono quelli di accesso «...aperto al personale docente ed educativo delle istituzioni scolastiche ed educative statali, in possesso di laurea, che abbia maturato dopo la nomina in ruolo un servizio effettivamente prestato di almeno cinque anni...». Non possono pertanto essere apportate modifiche nel senso auspicato dall'interrogante, al regolamento emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 140 del 2008 in attuazione della suddetta norma.
Si ritiene opportuno far presente anche che i bandi di concorso per il passaggio a qualifiche superiori richiedono, solitamente, tra i requisiti di accesso, un determinato numero di anni di servizio di ruolo mentre il servizio non di ruolo viene, in genere, preso in considerazione tra i titoli di servizio.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

GRIMOLDI, ALLASIA e CAVALLOTTO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i collegamenti fra Milano e Monza, rispettivamente prima e terza città della Lombardia, sono assolutamente carenti ed insufficienti e necessitano di immediate soluzioni;
i lavori di riqualificazione della strada statale 36 «del lago di Como e dello Spluga», nel tratto terminale di collegamento al sistema autostradale di Milano (A52-tangenziale Nord, A4-Torino-Venezia), stanno subendo notevoli ritardi;
in questo tratto l'arteria attraversa il territorio dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo (Milano), interessando aree urbane caratterizzate dalla presenza diffusa di insediamenti residenziali, produttivi e commerciali;
l'adeguamento a strada primaria di questo tronco, di oltre 4 chilometri di sviluppo, nasce dall'esigenza di eliminare le cause di congestione del traffico, di pericolo e di degrado ambientale;
in particolare, nell'ambito della costruzione della galleria artificiale di Monza sono molteplici le difficoltà incontrate nell'avanzamento dei lavori;
nello specifico, il numero dei sottoservizi e delle interferenze, venute alla luce durante gli scavi, è risultato ampiamente superiore a quanto previsto in fase progettuale;
materiali inquinati, talvolta pericolosi (amianto), sono stati rinvenuti in alcune aree del cantiere, con conseguente traslazione delle lavorazioni correlate;
la situazione descritta sta comportando il notevole differimento (anche di 10 mesi), di alcune attività di cantiere, con il conseguente grave disagio che si arreca a milioni di cittadini milanesi, brianzoli e lombardi, nonché ai residenti dei comuni di Monza e Cinisello Balsamo limitrofi all'area di cantiere -:
se il Ministro, essendo a conoscenza delle problematiche che affliggono il sistema della viabilità a nord di Milano, in un area densamente popolata, e della strategica importanza di questa infrastruttura, non intenda assumere iniziative anche in collaborazione con ANAS, affinché i lavori per la realizzazione della galleria di Monza possano procedere in modo spedito e, conseguentemente, per recuperare,

per quanto possibile, i ritardi ad oggi accumulati.
(4-07515)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Nel corso dei lavori di costruzione della connessione tra la strada statale n. 36 «del lago di Como e dello Spluga» ed il sistema autostradale di Milano, sono state incontrate numerose difficoltà.
Le più impegnative riguardano la costruzione della galleria artificiale di Monza, da realizzare sotto al trafficatissimo viale Lombardia.
L'Anas, consapevole dell'importanza di questo nodo viabile, ha garantito di stare adottando tutte le accortezze necessarie a soddisfare le esigenze dei territori interessati dall'intervento e limitare i disagi all'utenza; in particolare, è stato attivato un sito internet consultabile al link
www.statale36.it.
Il numero dei sottoservizi e delle interferenze rinvenuti durante gli scavi è risultato di gran lunga superiore rispetto al numero precedentemente comunicato dai vari enti gestori e riportato negli atti progettuali.
A titolo esemplificativo delle particolari difficoltà incontrate va evidenziata un'importante linea interrata di Telecom Italia Spa, risultata costituita da tubazioni di amianto, la cui rimozione e il relativo smaltimento comportano evidenti difficoltà.
Altri materiali inquinanti di differente tipologia sono stati trovati anche in altre aree del cantiere, con relativa traslazione delle lavorazioni correlate ed il conseguente differimento temporale di alcune attività.
Si fa presente, inoltre, che il nuovo collettore fognario dell'alto Lambro, nel territorio comunale di Monza, è stato ultimato e collaudato e verrà messo in esercizio entro il corrente mese, dopo la sottoscrizione di una specifica convenzione con Alsi Spa, gestore dell'opera.
L'Anas precisa, a tal proposito, che la messa in esercizio del collettore è propedeutica all'avvio delle attività lungo il lato est di viale Lombardia, laddove i lavori devono ancora essere avviati e dove è attualmente in funzione il vecchio condotto fognario da demolire.
In tali aree e lungo tutto il tracciato della galleria artificiale, è stato necessario realizzare ulteriori paratie a sostegno delle carreggiate provvisionali, deviate lungo il sedime della statale n. 36 nonché procedere alla rimozione dei maggiori sottoservizi rinvenuti.
Sia per la galleria di Monza che per tutta l'infrastruttura, è in corso la rimodulazione del cronoprogramma dei lavori finalizzata ad una differente organizzazione del cantiere, alla luce degli imprevedibili rinvenimenti occorsi.
L'Anas fa conoscere che allo stato, e in avanzata fase di redazione una perizia di variante tecnica con aumento di spesa, che comporta anche l'aggiornamento del cronoprogramma dei lavori e dei piani della sicurezza, al fine di superare le criticità e recuperare, per quanto possibile, i ritardi accumulati.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

IANNACCONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Mercogliano (Avellino) ha sede un impianto funicolare di proprietà dell'azienda Autoservizi Irpini (AIR), società della regione Campania;
con nota del 4 maggio 2010, il direttore generale dell'Autoservizi Irpini ha comunicato al comune di Mercogliano (Avellino) che, a partire dal 2007, è stato più volte richiesto l'assegnazione del finanziamento per l'esecuzione dei lavori di manutenzione al suddetto impianto funicolare pari a euro 8.000.000,00;
i lavori di manutenzione si sarebbero dovuti effettuare a venti anni di vita tecnica dell'impianto, ai sensi del decreto ministeriale n. 23 del 1985, e cioè entro il 12 ottobre del 2009;
l'AIR, nell'imminenza di detta scadenza, con istanza n° 12380/09 del 22

settembre 2009 ha richiesto all'ufficio speciale trasporti impianti fissi di Napoli del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (USTIF), direzione generale territoriale per il Centro-Sud, la proroga del termine ultimo per l'effettuazione della revisione generale dell'impianto in questione;
con nota 4927/SF07/06 del 12 ottobre 2009, a seguito di visita straordinaria effettuata in data 9 ottobre 2009, l'USTIF ha concesso la proroga per l'esercizio dell'impianto fino al 12 ottobre 2010;
con nota 1798/SF07/06 del 8 aprile 2010, l'USTIF di Napoli ha comunicato all'AIR s.p.a. che, ai sensi dell'articolo 2 della circolare n. RD3674-08.07.03 del 13 luglio 2009 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 16 luglio 2010 la società AIR dovrà produrre la documentazione di cui al citato articolo 2, ossia gli estremi del finanziamento regionale ed il progetto definitivo delle opere a farsi;
in mancanza della suddetta documentazione si incorrerà nella decadenza del nulla osta per il pubblico servizio, ai sensi dell'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 753 del 1980;
allo stato la regione Campania non ha ancora assegnato alcun finanziamento per la realizzazione dell'intervento;
il mancato finanziamento del progetto di manutenzione comporterebbe un grave danno all'economia mercoglianese ed irpina e all'indotto turistico, un grave calo delle presenze turistiche al Santuario di Montevergine - meta di 400mila turisti l'anno - e un grave pregiudizio all'immagine dell'intera regione Campania;
il mancato funzionamento dell'impianto funicolare, comporterebbe l'aumento dell'inquinamento atmosferico e acustico derivante dal conseguente incremento del traffico automobilistico lungo la strada statale 374 che conduce al Santuario di Montevergine;
con la chiusura dell'impianto funicolare si determinerebbe il venir meno del piano di primo soccorso effettuato dagli organi sanitari, attuato attraverso la funicolare, che in passato ha consentito di salvare vite umane, dato che, a pochi metri della stazione di valle, è presente il pronto soccorso cardiologico presso la clinica Montevergine -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle ragioni che hanno finora impedito alla regione Campania di erogare il finanziamento necessario a effettuare i lavori di manutenzione dell'impianto funicolare sito nel comune di Mercogliano (Avellino) di cui al decreto ministeriale n. 23 del 2 gennaio 1985 relativi alla revisione dell'armamento delle vie di corsa nonché alla sostituzione delle due carrozze, la cui manutenzione straordinaria risulterebbe oltremodo onerosa.
(4-07619)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il decreto ministeriale 2 gennaio 1985 n. 23 «Norme regolamentari in materia di varianti costruttive, di adeguamenti tecnici e di revisioni periodiche per i servizi di pubblico trasporto effettuati con impianti funicolari aerei e terrestri» ha lo scopo, tra l'altro, mediante verifiche a scadenze temporali prefissate, di accertare il permanere delle condizioni di sicurezza richieste dalla normativa tecnica in vigore all'atto della prima apertura degli impianti a fune adibiti al trasporto pubblico.
La funicolare terrestre «Mercogliano - Montevergine», nel comune di Mercogliano (Avellino) aveva come data di scadenza del termine utile per la revisione generale dell'impianto il 12 ottobre 2009.
A seguito dell'istanza, datata 22 settembre 2009, della Società A.I.R. Autoservizi irpini esercente l'impianto funicolare, l'ufficio trasporti ad impianti fissi di Napoli ha concesso, con provvedimento del 12 ottobre 2010, secondo le disposizioni del D.D.G. n. R.D. 3674 del 13 luglio 2009, la proroga del termine ultimo previsto per la revisione generale fino al 12 ottobre 2010, previa visita straordinaria, intesa a verificare l'idoneità al funzionamento in sicurezza dell'impianto, effettuata il 9 ottobre 2009.


Con successiva nota, datata 8 aprile 2010, l'ufficio trasporti ad impianti fissi di Napoli ha comunicato alla società esercente l'impianto funiviario che entro il 16 luglio 2010 doveva essere prodotta la documentazione prevista all'articolo 2 del citato decreto del 13 luglio 2009. Tale documentazione consiste nel progetto definitivo dell'opera e nell'indicazione della relativa copertura finanziaria, specificando le quote di finanziamento pubblico e privato.
A tal proposito, si rammenta che la concessione della proroga, fino a due anni, delle scadenze temporali di cui al paragrafo 3 delle norme regolamentari approvate con il summenzionato decreto ministeriale 2 gennaio 1985, n. 23, scaturisce da una specifica disposizione legislativa, ovvero dall'articolo 31 della legge n. 166 del 2000.
La legge summenzionata prevede che possano beneficiare della proroga in argomento gli impianti funiviari di cui si prevede l'ammodernamento con i benefici dell'articolo 8 della legge n. 140 del 1999 o con altri benefìci pubblici statali, regionali o di enti locali.
Si comunica infine, che il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, che esercita, tra l'altro, la funzione di regolamentazione tecnica e controllo della sicurezza nel settore degli impianti a fune non ha competenza circa l'attribuzione e l'erogazione dei contributi finanziari da parte delle regioni o enti locali.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

JANNONE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la banca dati costituita dall'archivio del pubblico registro automobilistico PRA fornisce all'anagrafe tributaria i dati fiscali relativi alla disponibilità di veicoli a motore in capo all'intestatario. Questi dati vengono utilizzati dall'amministrazione finanziaria, per via informatizzata, per valutare, utilizzando il redditometro, il reddito che, di anno in anno, è ascrivibile all'intestatario del veicolo. L'iscrizione al PRA, tuttavia, non garantisce l'effettiva appartenenza all'intestatario del veicolo iscritto nel registro a suo nome. Infatti può accadere che l'intestatario nel registro sia persona diversa dall'effettivo possessore del bene. Nel nostro ordinamento la proprietà dell'autoveicolo si trasmette per effetto del semplice consenso delle parti, senza che sia necessaria la forma scritta ai sensi dell'articolo 1376 del codice civile, per l'iscrizione nel PRA non è necessario esibire alcun atto d'acquisto ma è sufficiente, ai sensi dell'articolo 13 del regio del regio decreto 29 luglio 1927, una semplice dichiarazione autenticata unilaterale del venditore alla quale rimane estraneo l'acquirente;
da tale sistema deriva una scarsa affidabilità dei dati contenuti nel PRA e, quindi, nell'anagrafe tributaria, dovuta ad intestazioni fittizie. Tale situazione di disordine negli archivi del PRA sembra sia rimasta sostanzialmente immutata in quanto ancor oggi si presenta diffuso il fenomeno di autoveicoli intestati in quantità inverosimili a un singolo prestanome;
un analogo registro che certifica la proprietà di un'auto è tenuto dalla motorizzazione civile (Ministero dei trasporti), dal momento dell'immatricolazione e dell'assegnazione di una targa ad ogni veicolo. Il possessore di un autoveicolo è quindi tenuto a disporre della carta di circolazione, che documenta, tra l'altro, la proprietà del veicolo e viene rilasciata dalla motorizzazione civile, e del certificato di proprietà rilasciato dall'Aci. Nei fatti esiste una duplicazione di strutture e di produzione di atti che rendono più complicate e costose le procedure per l'utente e per i contribuenti;
l'abolizione del PRA è stata oggetto nel 1995 di una proposta di referendum popolare, ma ritenuta inammissibile dalla Corte Costituzionale per «eterogeneità della materia». Inoltre, come rilevato recentemente dall'associazione per i diritti degli utenti e consumatori (Aduc) il decreto legislativo n. 285 del 1992, «Nuovo codice della strada», all'articolo 226, stabilisce

che presso il dipartimento per i trasporti terrestri del Ministero delle infrastrutture e trasporti è istituito l'archivio nazionale dei veicoli (Anv) contenente i dati relativi alle caratteristiche di costruzione e di identificazione, all'emanazione della carta di circolazione e del certificato di proprietà, a tutte le successive vicende tecniche e giuridiche del veicolo, ad ogni eventuale incidente incorso, per ogni veicolo a motore immatricolato. L'Anv può certificare, a richiesta e a spese dell'utente che ne abbia qualificato interesse, i dati di cui è titolare -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare al fine di unificare i due documenti di immatricolazione e di proprietà di un veicolo, documento unico che consentirebbe una semplificazione delle procedure automobilistiche e una riduzione della spesa pubblica relativa alla gestione amministrativa degli uffici preposti.
(4-07543)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione indicata in oggetto, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Per quanto concerne il problema delle intestazioni fittizie degli autoveicoli, è da rilevare che lo stesso è da tempo all'attenzione sia del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti sia del Parlamento. Recentemente, infatti, è intervenuto in materia l'articolo 15, comma 8-
octies, della legge n. 102 del 2009 di conversione del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, recante provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali, che ha attribuito al pubblico registro automobilistico l'obbligo di segnalazione all'agenzia delle entrate, al Corpo della Guardia di Finanza ed alla Regione territorialmente competente delle fattispecie in cui un singolo soggetto risulti proprietario di almeno dieci veicoli.
Inoltre, con l'articolo 12 della legge 29 luglio 2010, n. 120 recante: «Disposizioni in materia di sicurezza stradale», è stata inserita un'espressa previsione che, nell'integrare il disposto del decreto legislativo n. 285 del 1992 (Codice della strada), interviene ulteriormente in materia introducendo nuovi meccanismi di controllo e sanzioni amministrative a carico dei soggetti responsabili di eventuali abusi.
Relativamente alle forme di trasferimento della proprietà degli autoveicoli quali beni mobili registrati, così come disciplinati dal codice civile, la forma scritta e necessaria ai fini della prescritta registrazione a tutela della proprietà ed a garanzia dell'opponibilità dell'acquisto ai terzi.
Ciò premesso, andrebbe valutata, ad avviso di questo ministero, la perdurante opportunità di mantenere in vita il sistema della dichiarazione unilaterale di vendita, sia pure autenticata ai sensi dell'articolo 13 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, che può in effetti prestarsi ad abusi favorendo il fenomeno delle intestazioni fittizie, stante il mancato formale coinvolgimento dell'acquirente.
Maggiori garanzie è senz'altro in grado di assicurare l'atto bilaterale di vendita, sottoscritto sia dal venditore che dall'acquirente, già previsto nel nostro ordinamento e che potrebbe opportunamente rimanere l'unico titolo atto a legittimare le successive trascrizioni nei pubblici registri, a beneficio dei cittadini automobilisti e del sistema tributario.
Quanto alla questione della coesistenza di due banche dati nel settore auto, va evidenziato preliminarmente che le stesse rispondono a finalità pubbliche diverse e non sovrapponibili, l'una, quella del pubblico registro automobilistico, istituto sottoposto alla vigilanza del Ministero della giustizia, è volta a dare tutela e pubblicità legale alle situazioni giuridiche relative agli autoveicoli, intesi come beni patrimoniali; l'altra, quella del ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ha la finalità di garantire l'idoneità tecnica degli stessi veicoli a circolare in condizioni di sicurezza, secondo la normativa e gli standard previsti.
Entrambe poi concorrono all'alimentazione dell'archivio nazionale dei veicoli istituito presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti ai sensi dell'articolo 226 del della strada.
Ciò premesso, vanno considerate anche le rilevanti semplificazioni procedurali già apportate in materia, con risultati estremamente

positivi, dal decreto legislativo n. 358 del 2000 istitutivo dello sportello telematico dell'automobilista ed attuato nel quadro di una collaborazione istituzionale che ha visto interessati l'automobile club d'Italia, quale gestore del PRA, ed il ministero delle infrastrutture e dei trasporti con la fattiva collaborazione, ad oggi, di oltre 5600 studi di consulenza automobilistica aderenti al sistema, che garantiscono la capillarità del servizio sul territorio a beneficio degli automobilisti.
Si ritiene pertanto che, anche alla luce della costante evoluzione tecnologica ed informatica, possano essere valutate ulteriori iniziative di razionalizzazione e semplificazione del sistema oltre che di ottimizzazione nell'utilizzo delle risorse umane e strumentali a vantaggio dell'intera collettività, ferme restando le competenze del Pra presso l'Aci e dell'archivio nazionale dei veicoli.
In questa direzione, è intendimento del ministero delle infrastrutture e dei trasporti attivare un tavolo tecnico di confronto con l'Aci per l'individuazione congiunta delle possibili soluzioni che vadano nel senso di una maggiore efficienza e riprogettazione dei processi operativi, ivi compresa la possibilità di unificare, su un unico supporto cartaceo, i due documenti di immatricolazione e di proprietà del veicolo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

MARCHIONI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
a seguito del passaggio dei comuni della Valmarecchia (Casteldelci, Maiolo, Novafeltria, Pennabilli, San Leo, Sant'Agata Feltria e Talamello) dalla provincia di Pesaro a quella di Rimini, (legge 3 agosto 2009 n. 117), il personale insegnante precario, che finora ha prestato servizio nelle scuole dei sette comuni, inserito nelle graduatorie ad esaurimento della provincia di Pesaro, perde la possibilità di ottenere contratti nelle scuole del territorio, passate nella provincia di Rimini, a favore del personale inserito nelle graduatorie di quest'ultima provincia, che può insegnare nelle suddette scuole;
si segnala che questo personale insegnante precario, era inserito da anni nelle graduatorie della provincia di Pesaro, quindi anche prima del passaggio dei comuni alla provincia di Rimini, nelle operazioni di conferimento dei contratti a tempo indeterminato e dei contratti di durata annuale e sino al termine delle attività didattiche e che alcuni tra gli insegnanti precari sono residenti nei sette comuni, e sono quindi divenuti a tutti gli effetti cittadini della provincia di Rimini;
la percentuale di personale insegnante precario inserito, per portare un esempio concreto, nella scuola «Einaudi» di Novafeltria raggiunge il 60 per cento del personale: gli effetti sull'organico di una impossibilità di riconfermare gli insegnanti porterebbe allo sconvolgimento della continuità didattica dell'assetto attuale;
senza un intervento risolutivo, al momento attuale quindi questi insegnanti hanno perso la possibilità di insegnare nel territorio dei sette comuni passati in provincia di Rimini; e in più, parte di essi, soprattutto quelli di più recente inserimento nella graduatoria di Pesaro, rischiano anche di non stipulare alcun contratto di lavoro col Provveditorato di Pesaro;
non risulta all'interrogante che sia stato attivato localmente alcun provvedimento che si faccia carico di questa particolare e critica situazione; la circolare diffusa l'8 giugno 2010 fa riferimento al mantenimento della situazione attuale, con gli insegnanti che resterebbero nelle graduatorie pesaresi, cosa che lascerebbe aperto e irrisolto il problema finora esposto -:
se non ritenga necessario intervenire sia per salvaguardare il diritto al lavoro di questi precari, che hanno insegnato nelle scuole di ogni ordine e grado nei sette comuni passati in provincia di Rimini, sia per tutelare la

continuità didattica scolastica, valutando con l'apporto degli uffici scolastici provinciali e regionali, di trovare una soluzione transitoria per l'anno scolastico 2010-2011, in attesa dell'aggiornamento delle graduatorie, previsto per l'anno scolastico 2011/2012.
(4-07689)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame con la quale l'interrogante chiede interventi per salvaguardare i docenti precari inseriti nelle graduatorie ad esaurimento della provincia di Pesaro che hanno insegnato nei comuni della Val Marecchia transitati dalla provincia di Pesaro a quella di Rimini per effetto della legge 3 agosto 2009, n. 117.
Al riguardo si fa presente che questo ministero, con nota del 5 luglio 2010, ha disposto affinché per gli istituti scolastici della Val Marecchia le supplenze dalle graduatorie ad esaurimento, annuali e fino al termine delle attività didattiche, possano essere conferite dalla provincia di Pesaro Urbino.
Si ritiene che tale soluzione risolverà le problematiche evidenziate.
L'ufficio scolastico regionale per l'Emilia Romagna ha fornito assicurazioni che avrà cura di coordinare le azioni necessarie per garantire la piena attuazione di tale soluzione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
la situazione della democrazia e del rispetto dei diritti umani in Venezuela è allarmante già da molti anni, in seguito alle azioni repressive e autoritarie del Governo di Hugo Chávez;
nell'ultimo decennio osservatori internazionali dichiarano che il Paese ha incassato dalla vendita del petrolio oltre 900 miliardi di dollari a fronte di una moneta nazionale che ha perduto l'89 per cento del suo valore e un'inflazione annua giunta al 25 per cento (con previsioni di superamento del 30 per cento entro il 2010);
a causa di una delle massime produzioni mondiali d'idrocarburi fossili, con introiti finanziari non paragonabili a qualsiasi altro Paese dell'area sudamericana, si vive giornalmente una situazione nella quale l'energia elettrica è interrotta anche otto ore di seguito senza preavviso, i generi di prima necessità scarseggiano cronicamente e, soprattutto, gli ospedali sono sprovvisti di attrezzature e medicine;
il tasso di criminalità è raddoppiato in pochi anni e, al contempo, è accresciuta l'azione di controllo del regime nei confronti dell'opposizione: sono state chiuse decine di radio locali ritenute scomode e la storica emittente televisiva privata Rctvi;
inoltre è stato istituito un regolamento che impone a tutte le radio del Paese l'interruzione in qualunque momento delle trasmissioni al fine di far ascoltare la voce del Presidente Chávez;
Michael Rowan, analista americano che ha vissuto undici anni a Caracas, ha dichiarato sulla stampa internazionale che «il Venezuela non è una democrazia funzionale: le elezioni non sono più trasparenti e oneste dal 2004» e che «la maggior parte del paese si trova sotto l'influenza del denaro, del potere e del controllo di Chávez, il quale intimidisce gli osservatori indipendenti che contraddicono la sua versione della realtà, oltre che giornalisti, intellettuali e scienziati. In conclusione, Chávez ha creato un vuoto nel quale lui è l'unico che può respirare»;
sono dagli interroganti ritenuti assai pericolosi i rapporti molto stretti che il regime venezuelano ha e continuamente alimenta con paesi come Cuba, Iran, Russia e Siria;
il giudice spagnolo Eloy Velasco dell'Audencia national ha aperto un'inchiesta sui finanziamenti del Governo venezuelano

al terrorismo internazionale, in particolare riferendosi a FARC ed ETA;
l'ambasciatore venezuelano a Teheran, in un'intervista all'agenzia filogovernativa «Fars», ha annunciato che il presidente del Venezuela, Hugo Chávez, si recherà in visita a Teheran a maggio per rafforzare i legami politici ed economici tra Venezuela e Iran dichiarando testualmente: «Auspichiamo che, in occasione della visita del nostro presidente, si stipulino nuovi accordi bilaterali al fine di incrementare i nostri rapporti economici»;
negli ultimi anni il Governo iraniano ha intensificato i rapporti con i Paesi del Sud America, in particolar modo con il Venezuela, che è diventato uno dei suoi principali partner economici tra i paesi dell'area. Caracas è infatti il principale esportatore di carburante verso l'Iran. A settembre il presidente Hugo Chávez ha anche annunciato di voler aumentare l'export di barili di carburante verso Teheran. In prospettiva di possibili nuove sanzioni contro l'Iran, che potrebbero prendere di mira anche la vendita a Teheran di carburante, il governo venezuelano con le importanti riserve di uranio possedute diventerebbe ancor più un alleato strategico per il Governo di Mahmoud Ahmadinejad;
il Venezuela nel recente passato ha minacciato di guerra la Colombia, di invadere l'Honduras e di inviare l'esercito nella Bolivia, con una politica violenta di ingerenza nei confronti di Paesi satelliti nell'America Latina che minaccia il fragile equilibrio dell'intera area;
Enzo Bettiza, in un articolo sulla Stampa del 5 aprile 2010, scriveva opportunamente: «Se Chávez, unico capo di Stato al fianco di Mosca nel 2008 contro la Georgia, sembra aspirare alla successione ideologica ed emblematica di Castro, il suo amico Putin dà in questi giorni l'impressione di ripercorre le orme filo - castriste di Kruscev nel temibile 1962. La frase più sintomatica, che non si ritrova nei documenti ufficiali, l'ha pronunciata Chávez nella conferenza stampa celebrativa dell'incontro: «non faremo la bomba atomica, ma svilupperemo con l'ausilio di Mosca l'energia nucleare per fini pacifici». Parole che paiono tratte dal lessico capovolto del presidente iraniano Ahmadinejad, antiamericano e solidale di Chávez, dove il «non faremo» e i «fini pacifici» significano l'esatto opposto. Così, via Chávez, Putin si congiunge incomprensibilmente, dopo l'attentato di Mosca, perfino ad Ahmadinejad prossimo alla bomba nucleare e non certo ostile ai martiri di matrice islamista»;
ormai da tempo Israele accusa il Venezuela di essere «complice» del regime iraniano, come si apprende dalle pagine del Corriere della Sera del 27 maggio 2009, dove si scriveva: «Con un mini-dossier, Gerusalemme ha rivelato che Venezuela e Bolivia forniscono ai Mullah l'uranio necessario per alimentare il progetto della bomba nucleare. Entrambi i paesi possiedono riserve del materiale, non hanno rapporti con Israele (rottura motivata con la sanguinosa offensiva su Gaza), e sono protagonisti di una lunga marcia di avvicinamento alla Repubblica Islamica, ma soprattutto, fanno da sponda a triangolazioni che possono portare tecnologia a Teheran. In cambio del presunto aiuto sul nucleare, gli iraniani garantiscono l'assistenza militare. Un intreccio di rapporti, aggiungono gli israeliani, che non si limita al terreno tradizionale, infatti da mesi il Venezuela si sarebbe trasformato in una testa di ponte dell'Hezbollah, il movimento libanese filo-iraniano»;
tutte le organizzazioni internazionali che si occupano di diritti umani - Amnesty international, Human rights watch, la Commissione Interamericana dei diritti civili dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), Reporter senza frontiere - hanno denunciato l'aggravarsi della repressione in Venezuela, in particolare denunciando come il Governo venezuelano stia reprimendo sempre più duramente chi dissente da Chávez. A tutto ciò si aggiunge uno spaventoso dilagare degli omicidi, ben 16.000 nel 2009, e in particolare a Caracas ci sono 130 omicidi ogni 100.000 abitanti

mentre nella violenta San Paolo del Brasile sono solo 29!»;
nella recente visita in Venezuela del Ministro degli affari esteri è stata ribadita l'amicizia dell'Italia e la collaborazione in ambito economico, energetico, infrastrutturale e industriale, senza mai aprire il fascicolo dei diritti civili, della democrazia negata, della spirale di violenza che attanaglia il Venezuela e la sua capitale Caracas e senza parlare di libertà di informazione -:
quale sia la posizione del Governo italiano in relazione all'operato del regime venezuelano e alle violazioni della libertà di stampa e informazione, alla riduzione continua degli spazi democratici in quel Paese, all'impennata della violenza e alla repressione sistematica dell'opposizione;
come giudichi i rapporti sempre più stretti che vedono Iran, Siria, Cuba, Russia e Venezuela fare fronte comune contro la comunità internazionale in tema di controlli sulla tecnologia nucleare;
quale sia il giudizio in merito alle ipotesi di coinvolgimento del Venezuela nel finanziamento di organizzazioni terroristiche;
per quale motivo durante la recente visita a Caracas non siano stati sollevati negli incontri bilaterali le questioni spinose dei diritti violati, della repressione e della mancanza delle principali regole democratiche;
se non si ritenga opportuno di proporre, in sede comunitaria, l'apertura di un tavolo di discussione e confronto con gli altri Paesi dell'Unione europea, per elaborare una posizione comune in merito a possibili azioni da porre in essere nei confronti del Governo venezuelano;
come intenda attuare pressioni diplomatiche affinché vi sia un cambio di rotta nella politica repressiva, antidemocratica e pericolosa attualmente espressa dal Presidente Hugo Chávez.
(4-07715)

Risposta. - Per quanto attiene alla situazione politica interna del Venezuela, non si può non tenere in dovuta considerazione che nel paese si sono svolte, durante il mandato del Presidente Chávez, libere elezioni e consultazioni popolari ogni anno il cui regolare svolgimento è stato attestato da osservatori internazionali. Le varie tornate elettorali hanno fornito alla popolazione numerose occasioni per esprimere i propri giudizi sulle politiche e la gestione del Governo, in un contesto interno dove sussiste libertà di associazione, oltre 30 partiti di opposizione, e sono numerosi ed attivi i mezzi di informazione critici verso il Governo bolivariano. Altra importante occasione in tal senso è costituita dalle elezioni legislative del 26 settembre 2010, l'opposizione potrà tornare in Parlamento dopo la decisione di non presentarsi alle precedenti elezioni del dicembre 2005 che determinò una composizione dell'attuale assemblea nazionale per oltre il 90 per cento filogovernativa.
In tale scenario, il rispetto della libertà di stampa e più in generale dei diritti civili, costituisce un valore essenziale e le criticità che si registrano non possono non essere monitorate con grande attenzione. Ed è in tale spirito che il Governo italiano e l'Unione europea continuano a cercare di impegnare costruttivamente il paese sudamericano al fine di favorire l'attuazione di politiche in linea con i princìpi dello Stato di diritto.
È in corso un dialogo franco e critico fra l'Unione europea ed il paese incentrato, oltre che su temi di interesse comune come ad esempio la lotta al narcotraffico, sul rispetto delle libertà fondamentali e dei diritti civili secondo i criteri
standard dell'azione condotta dall'Unione in tutte le aree geografiche. Alla base di tale dialogo vi sono numerosi e costanti contatti, ma la pubblicità degli stessi è attentamente valutata caso per caso a Bruxelles, secondo criteri consolidati. L'Italia partecipa attivamente con un ruolo propositivo al suddetto esercizio, con l'obiettivo di migliorare la qualità del dialogo ed ottenere un maggiore coinvolgimento delle autorità locali.


Per quanto attiene inoltre ai rapporti di Caracas con l'Iran, essi vanno inquadrati nella globalità della politica estera tenendo presente che: la rivoluzione bolivariana del presidente Chávez si basa su un modello di mondo pluripolare libero da poteri predominanti e caratterizzato da una maggiore integrazione sud - sud; i rapporti tra i due paesi sono stati approfonditi a partire dal 2005; a novembre 2009 il Presidente Ahmadinejad, nel corso di un viaggio che ha toccato altri paesi dell'area incluso anche il Brasile, ha compiuto la sua quarta visita ufficiale in Venezuela durante la quale, come già nelle occasioni precedenti, sono stati firmati accordi nei settori elettrico, agro-alimentare, edilizio, industriale, ambientale, economico-commerciale ed energetico.
Secondo fonti qualificate, le relazioni tra Iran e Venezuela - pur se non presentano, nell'attuale fase, rischi immediati per la sicurezza collettiva - necessitano di un costante ed attento monitoraggio. Per altro il Venezuela non è l'unico paese della regione ad aver incrementato i rapporti bilaterali con l'Iran, come confermano le recenti intese sull'uranio iraniano patrocinate dal Brasile assieme alla Turchia.
In conclusione il Venezuela, sebbene il suo stesso Presidente affermi il diritto di ogni paese a portare avanti liberamente programmi nucleari a scopi pacifici, non può essere considerato ad oggi come membro di un fronte comune contro la comunità internazionale per ostacolare i controlli su Teheran. I rapporti inoltre che il Venezuela intrattiene da anni con Cuba sono notoriamente basati su una comunanza politico-ideologica. Occorre tenere presente che l'intero subcontinente latinoamericano è impegnato in misura crescente a favore di Cuba; che nel dicembre 2008 è stata decisa l'ammissione di Cuba al gruppo di Rio; che nel giugno 2009 l'organizzazione degli stati americani ha abolito la decisione con cui nel 1962 aveva sospeso l'Avana, creando le premesse necessarie per una sua eventuale reintegrazione.
La vicinanza tra i due paesi si concretizza in un sistema per il quale Caracas fornisce petrolio a condizioni particolarmente vantaggiose e Cuba ricambia con rinvio di personale specializzato, soprattutto medico.
Per quanto attiene infine il presunto finanziamento di organizzazioni terroristiche da parte delle autorità di Caracas, appare necessario che, proprio in considerazione della delicatezza della loro natura, tali affermazioni non debbano basarsi su meri sospetti ed illazioni ma essere valutate nelle apposite sedi competenti.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Enzo Scotti.

MIGLIORI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con decreto ministeriale n. 5140 del 6 novembre 2008 è stato pubblicato il bando di concorso pubblico, per titoli ed esami, a Vigile del fuoco del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, per un numero di 814 posti;
tale bando, come dallo stesso Ministero asserito in risposta ad una precedente interrogazione a risposta scritta (n. 4-00252), va a soddisfare parte della criticità (che vede 34.710 unità teoriche e un effettivo di 31.500 in servizio), con l'intento di ripianare gli organici del Corpo procedendo ad una progressiva copertura parziale del turn over, anche mediante stabilizzazione del personale volontario in possesso dei requisiti necessari;
esiste già una lista di vigili volontari discontinui che assolvono da anni le necessità di carenza di organico -:
se non si ritenga opportuno dare maggiore spazio, in termini di punteggio o in termini di quota riservata a questa categoria già esistente - che peraltro necessiterebbe di minor impegno economico nonché temporale per la preparazione alla professione - e quindi una stabilizzazione di questa categoria.
(4-01937)

Risposta. - Le procedure concorsuali per l'assunzione di 814 unità nella qualifica di vigile del fuoco si concluderanno entro

l'anno 2010. Le prove orali sono gia terminate; è in corso la valutazione dei titoli, al termine della quale sarà approvata la graduatoria finale; entro fine ottobre, invece, verranno terminate le visite mediche per l'effettiva individuazione degli 814 assumibili.
Nell'ambito della relativa graduatoria, ferma restando l'emanazione del decreto di autorizzazione, per il quale stanno per essere avviate le relative procedure, l'Amministrazione provvederà, nel triennio 2010-2012, all'assunzione di personale nella qualifica di vigile del fuoco che, grazie alle risorse allocate dal Governo per il medesimo triennio in sede di approvazione della legge finanziaria per il 2010 (legge 23 dicembre 2009, n. 191), garantirà la copertura del
turn over al 100 per cento.
Tale intervento normativo si inserisce in un percorso avviato sin dall'inizio della legislatura, volto a riaffermare la centralità del Corpo nazionale dei vigili del fuoco nel sistema della sicurezza,
lato sensu intesa, del Paese. Percorso che, in ragione delle vigenti disposizioni di legge in materia di assunzioni, consentirà di realizzare, al termine del triennio, un'inversione di tendenza, rispetto al passato, fra personale collocato a riposo e personale da assumere, tale da poter ragionevolmente prevedere una riduzione delle attuali carenze di organico.
Tornando al concorso a 814 vigili del fuoco, si ricorda che una significativa riserva, pari 25 per cento dei posti, è stabilita in favore del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, iscritto negli appositi elenchi da almeno tre anni e con almeno 120 giorni di servizio.
Tale riserva è prevista dall'attuale sistema ordinamentale introdotto dal decreto legislativo n. 217 del 2005 nei concorsi pubblici per l'accesso alla qualifica iniziale di vigile del fuoco, cui possono partecipare tutti i cittadini italiani in possesso dei requisiti di legge. Essa rappresenta un riconoscimento dell'importante contributo da sempre offerto dal personale volontario del Corpo nazionale ai fini della salvaguardia di vite umane.
Si tratta di un beneficio distinto dalle procedure di stabilizzazione, riservate, in via esclusiva. al personale volontario del Corpo nazionale, in ragione del percorso avviato in attuazione delle disposizioni contenute nelle manovre di finanza pubblica del 2007 e del 2008 il quale ha consentito all'Amministrazione di attingere dalla relativa graduatoria (6.080 unità) approvata con decreto ministeriale 28 aprile 2008, una parte del personale volontario del Corpo nazionale in possesso di determinati requisiti (iscrizione negli appositi elenchi da almeno tre anni e con un minimo di 120 giorni di servizio), nei limiti stabiliti da disposizioni di legge. Sulla base di tali disposizioni, ad oggi, sono stati avviati al corso di formazione per allievi vigili del fuoco 1.553 unità, di cui 1.135 già in servizio nei comandi provinciali.
Ulteriori 295 unità saranno assunte, dalla graduatoria della stabilizzazione, entro fine anno, a norma dell'articolo 1, comma 346, della legge finanziaria per il 2008, a conclusione del corso di formazione per vigile permanente iniziato il 7 giugno 2010. Per altre 95 unità, da assumere ai sensi del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito dalla legge n. 133 del 2008, provenienti dalla medesima graduatoria, si è in attesa di ricevere l'apposita autorizzazione dal competente dicastero della funzione pubblica.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

MISIANI e SANGA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il comma 23 dell'articolo 77-bis del decreto-legge 112 del 2008 prevede che, qualora venga conseguito l'obiettivo programmatico assegnato al settore degli enti locali, a partire dall'anno 2009, alle province ed ai comuni virtuosi è riconosciuto un premio, che consiste nell'esclusione dal computo del saldo valido per la verifica del rispetto del patto di stabilità, di un importo commisurato alla propria virtuosità.

Sono virtuosi gli enti che hanno rispettato il patto di stabilità interno nel 2008 e che, nel medesimo anno, si posizionano, rispetto agli indicatori di rigidità strutturale ed autonomia finanziaria al di sopra del loro valore medio valutato per classe demografica;
il 22 dicembre 2009 il Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dell'interno ha emanato il relativo decreto interministeriale che individua il premio complessivo (173.511.100 euro) e lo ripartisce tra i comuni virtuosi individuati secondo i criteri di cui sopra. La bozza del decreto ministeriale aveva già avuto l'avallo della Conferenza Stato-Città ed autonomie locali nella riunione del 24 settembre 2009. Il decreto, pubblicato sul sito della Ragioneria generale dello Stato, è in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale;
tra i venti comuni con il «premio» più elevato figurano Palermo (1.562.860 euro) e Catania (983.411 euro). Entrambi questi comuni hanno attraversato nel 2008-2009 gravissime difficoltà finanziarie: Catania è in dissesto, con un debito complessivo stimato nel 2008 intorno ad 1 miliardo di euro; Palermo è gravata dal pesante debito dell'Amia (180 milioni di euro a fine 2008), la società che gestisce il ciclo dei rifiuti. A fronte di ciò, il Governo Berlusconi ha stanziato 140 milioni di euro per Catania (delibera CIPE del 30 settembre 2008) e 150 milioni per Palermo (delibera CIPE del 31 luglio 2009);
l'idea di premiare i comuni virtuosi è sicuramente utile e condivisibile. Ciò che appare però assolutamente discutibile, ad avviso degli interroganti, è il modo con cui sono stati costruiti i criteri e gli indicatori di virtuosità, che hanno portato il Governo a considerare virtuosi comuni in clamoroso ed evidente dissesto finanziario -:
se non si ritenga opportuno revocare il «premio» ai comuni che hanno ricevuto aiuti straordinari dallo Stato;
quali iniziative intendano assumere per modificare i criteri di virtuosità, al fine di evitare di premiare enti locali che con tutta evidenza non sono in condizioni di virtuosità dal punto di vista della gestione finanziaria.
(4-05677)

Risposta. - Il riconoscimento del premio agli enti locali, previsto dall'articolo 77-bis, comma 23 della legge n. 133 del 2008 è avvenuto sulla base di un decreto emanato dal Ministero dell'economia e delle finanze di concerto con il ministero dell'interno, il 22 dicembre 2009, con il quale sono stati fissati i seguenti criteri generali:
il rispetto del patto di stabilità nell'anno 2008;
l'indicatore di autonomia finanziaria, che misura l'incidenza delle entrate proprie dell'ente sul totale delle entrate correnti;
l'indicatore di rigidità strutturale, per calcolare le percentuali di spese per il personale e spese per il rimborso di prestiti sul totale delle entrate correnti.

Per i due suddetti indicatori sono state individuate delle soglie rispetto alle quali l'Ente può qualificarsi «virtuoso», in relazione alle finalità prese in considerazione dal decreto ministeriale i cui dati di riferimento sono stati acquisiti direttamente dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Proprio in applicazione dei criteri sopra illustrati sono rientrati nell'attribuzione del premio anche i comuni di Catania e di Palermo, che hanno presentato un valore «virtuoso» in relazione all'indicatore della rigidità strutturale.
Tale situazione si è verificata in quanto negli ultimi anni i riflessi contabili della gestione degli enti locali sono divenuti più complessi e pertanto la situazione economica finanziaria degli stessi richiede una valutazione approfondita, con riferimento a più indicatori.
Per tenere conto di vari ed aggiornati aspetti della gestione contabile (i due indicatori economico-strutturali individuati dalla citata norma, infatti, si sono rivelati insufficienti ad indicare se un ente è in dissesto finanziario), con decreto del Ministro dell'interno del 24 settembre 2009,

pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 ottobre 2009 sono stati rivisti gli indici di deficit strutturale previsti dall'articolo 242 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
Il decreto ha previsto l'adozione di un
set di dieci indicatori - otto in più rispetto al precedente meccanismo premiale - ed inoltre ha stabilito che per aversi la condizione affinché un'ente possa essere considerato strutturalmente deficitario, occorre che almeno la metà dei parametri obiettivi individuati presentino valori deficitari.
Questa amministrazione, inoltre, sta acquisendo dagli enti locali maggiori elementi di approfondimento anche in ordine alle attività esercitate in regime di esternalizzazione, per gli effetti che le tali attività possono determinare sul bilancio degli enti stessi.
A tale riguardo, nel certificato di rendiconto di bilancio 2008, di cui all'articolo 161 del citato testo unico, sono stati inclusi alcuni quadri per la raccolta di dati sul generale fenomeno delle esternalizzazioni, tema che è stato esaminato anche dal gruppo di lavoro costituito presso il dipartimento della ragioneria generale dello Stato.
Sono allo studio soluzioni che consentano di individuare migliori criteri selettivi, tali da evitare che in futuro vengano premiati enti locali che obiettivamente non sono in condizione di virtuosità nella gestione finanziaria.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

MONAI. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
cinque sindaci di comuni delle Valli del Natisone, in provincia di Udine (San Pietro al Natisone, San Leonardo, Stregna, Savogna, Drenchia) hanno indirizzato una lettera aperta al Ministro degli affari esteri;
in tale lettera essi lamentano che l'istituto bilingue di San Pietro al Natisone con le sue attività farebbe «concorrenza sleale» alle scuole italiane del territorio, attirando finanziamenti derivanti dalla legge 38 del 2001 di tutela della minoranza slovena;
detti sindaci sostengono che le associazioni slovene e la stessa scuola tendono a far passare per «sloveni» i semplici fruitori dei loro servizi, sovradimensionando la comunità slovena e contribuendo così a falsare il carattere nazionale delle valli del Natisone e del Cividalese;
l'istituto scolastico bilingue di San Pietro ospita 71 allievi nella scuola dell'infanzia impegnando sei insegnati, 113 allievi di scuola primaria con quattordici insegnanti e 36 alunni alla scuola secondaria di primo grado;
la struttura scolastica è stata recentemente danneggiata da cedimenti del fabbricato, dichiarato inagibile, e si sta cercando una sistemazione provvisoria;
i suddetti sindaci richiedono una revisione degli articoli della legge 38 del 2001 riguardanti la tutela della lingua slovena nella provincia di Udine;
l'articolo 12 legge 38 del 2001, al comma 1, recita: «Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine di cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprenderà anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato»;
lo stesso articolo, al comma 5, facendo riferimento al caso in questione, scrive «la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. [...] Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001», pari ad euro 741.632,10;

è opportuno che la scelta della sede provvisoria sia fatta di concerto con le altre istituzioni scolastiche del territorio, ad evitare che altre scuole (come la «Dante Alighieri» di San Pietro al Natisone) possano veder limitate o compromesse le normali attività didattiche per compressione di spazi essenziali, quali classi o altre sale destinate alla didattica o ai laboratori -:
se i Ministri ritengano di garantire il rispetto della legge 38 del 2001 relativa alla tutela della minoranza nazionale e della lingua slovena nella provincia di Udine, costituendo fonte d'arricchimento culturale anche per la maggioranza italiana;
se intendano assumere iniziative di competenza affinché l'individuazione della sede provvisoria della scuola slovena sia operata senza detrimento delle altre scuole pubbliche italiane viciniori e affinché si provveda con speditezza a dotare la scuola slovena di una sede idonea definitiva.
(4-07437)

Risposta. - Nel rispondere alla interrogazione in esame su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri si fa presente che il ministero degli affari esteri ha comunicato di non essere in possesso di specifici elementi di competenza.
Al riguardo il competente direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia nel premettere di non aver notizia riguardo alla lettera che cinque sindaci dei comuni delle Valli del Natisone avrebbero indirizzato al Ministro degli affari esteri, ha precisato che l'istituto comprensivo con insegnamento bilingue sloveno-italiano di San Pietro al Natisone (Udine) dal 1o settembre 2001 è stato riconosciuto come scuola statale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 12, comma 5 della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia il quale prevede che la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'Istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. Alle predette scuole si applicano le disposizioni di legge e regolamentari vigenti per le corrispondenti scuole statali».
Nell'anno scolastico in corso tale istituto è frequentato da n. 221 alunni, distribuiti tra scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di 1o grado.
Il competente direttore ha fatto presente che la suddetta istituzione scolastica non beneficia dei finanziamenti della suddetta legge n. 38 del 2001, in quanto scuola statale a tutti gli effetti. La sua gestione è soggetta alla legislazione scolastica nazionale in base alla quale di anno in anno vengono assegnate le risorse necessarie con riferimento al numero degli alunni iscritti e agli altri parametri previsti dai regolamenti.
Il medesimo direttore regionale, per quanto di sua competenza, ha fornito assicurazioni che continuerà a promuovere l'applicazione integrale della legge n. 38 nella convinzione che ciò non possa recare alcun danno alla popolazione di lingua italiana.
Con questo spirito il direttore regionale si è tempestivamente attivato, in collaborazione con le altre amministrazioni a ciò deputate, per assicurare alla scuola bilingue una sistemazione logistica, dopo il 5 marzo 2010 data in cui l'edificio che ospitava detta scuola è stato oggetto di un'ordinanza di sgombero immediato disposta a seguito di verifica tecnica effettuata dopo una leggera scossa tellurica.
Infatti, subito dopo lo sgombero, tutti i soggetti a ciò preposti, in particolare il comune di San Pietro al Natisone, la regione autonoma Friuli Venezia Giulia nonché l'ufficio scolastico regionale, si sono attivati al fine di trovare una soluzione al problema. Nel corso del tavolo tecnico, convocato dal prefetto di Udine in data 17 maggio 2010 è stato assunto l'impegno, anche grazie ai finanziamenti individuati dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia, del rifacimento e della messa in sicurezza dell'immobile finora in uso della scuola. Tenuto conto tuttavia che per la sistemazione definitiva dell'immobile i tempi non potranno essere brevissimi, si è

trattato anche di condividere la soluzione logistica della fase transitoria, cercando di evitare per quanto possibile disagi all'utenza e di garantire all'azione della scuola il massimo di efficacia didattica.
A tal fine, in data 23 giugno 2010, il prefetto di Udine ha convocato un'ulteriore riunione tecnica, nel corso della quale sono state concordate le modalità per il superamento di tale fase transitoria. La soluzione individuata richiederà - per un tempo limitato - dei piccoli sacrifici a tutti, sia alla scuola bilingue, alla quale per ragioni oggettive non sarà possibile garantire una completa unitarietà logistica, sia alle altre scuole e istituzioni educative gravitanti sul medesimo territorio, alle quali sarà richiesto di contribuire provvisoriamente alla sistemazione degli alunni della scuola bilingue.
Ad avviso del responsabile dell'ufficio scolastico regionale tale soluzione, essendo le due realtà scolastiche, pur distinte per le loro peculiarità linguistiche e culturali, parte di un'unica comunità educativa, può e deve rappresentare un compromesso accettabile da tutti nonché un'occasione per un ulteriore rafforzamento della collaborazione e per un reciproco arricchimento tra le varie comunità linguistiche che compongono il territorio della regione.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

NASTRI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il sequestro da parte della Guardia di finanza di Novara di oltre 330 mila capi di abbigliamento, per un valore complessivo all'ingrosso di oltre 600 mila euro, ripropone nuovamente il fenomeno sempre più esteso dell'invasione di prodotti contraffatti, provenienti soprattutto dai Paesi asiatici, che, connotati da costi di produzione decisamente molto convenienti e realizzati con materiali scadenti o privi dei necessari requisiti di sicurezza, hanno dei prezzi di vendita decisamente più bassi di quelli italiani;
l'indagine della stessa Guardia di finanza ha consentito di individuare una rete di produzione e di scambio di prodotti contraffatti che, a giudizio delle Fiamme gialle, avrebbe interessato diverse regioni del Nord Italia;
la merce, secondo quanto risulta al comando provinciale della Guardia di finanza di Novara, veniva fabbricata in Cina ed era verosimilmente introdotta in Italia da un'azienda lombarda, entrando sul territorio nazionale in Liguria, tramite alcuni container, che venivano smistati a varie imprese in contatto con la grande distribuzione organizzata;
i beni destinati ai centri commerciali del Nord Italia, erano pubblicizzati come «sotto costo» ed avevano un livello di finitura e di qualità che lasciava diversi dubbi agli operatori del settore;
gli investigatori, successivamente all'individuazione di un primo stock di prodotti contraffatti, coordinati anche dalla procura della Repubblica di Novara, hanno anche scoperto un importante polo distributivo, con magazzini e depositi nel Nord Est, a testimonianza della ramificazione molto organizzata su tutto il territorio settentrionale, da parte di strutture che operano senza alcun rispetto delle norme vigenti -:
quali iniziative intendano intraprendere al fine di tutelare e salvaguardare l'attività delle imprese tessili e di abbigliamento italiane, in particolare del Nord, nonché dei lavoratori del settore e del relativo indotto;
se non ritengano opportuno favorire un'intensificazione dei controlli da parte di tutte le forze dell'ordine ed una ancor più incisiva azione sanzionatoria, al fine di indebolire e scoraggiare il fenomeno del commercio illegale di prodotti tessili e di abbigliamento di scarso pregio e contraffatti, che, comunque, inducono in inganno il consumatore e danneggiano grandemente le imprese del nostro Paese.
(4-07846)

Risposta. - Con riferimento all'interrogazione in esame, riguardante le iniziative per la tutela delle imprese tessili e di abbigliamento italiane, si segnala quanto segue.
L'azione del ministero dello sviluppo economico è sempre improntata alla massima e costante vigilanza del mercato, fondata sul coinvolgimento degli interlocutori nazionali ed esteri al fine di rafforzare l'efficacia degli interventi e favorire la massima sensibilizzazione del grande pubblico, al fine di monitorare costantemente il fenomeno della contraffazione, che interessa, in modo particolare, il settore del tessile e abbigliamento.
La «legge sviluppo» (n 99 del 2009), ha introdotto importanti misure per rendere più forte ed efficace l'azione di prevenzione e di contrasto alla contraffazione.
In particolare, è stato previsto un inasprimento delle sanzioni penali in materia di contraffazione di prodotti industriali ed è stata rivista la sanzione amministrativa per chi acquista beni contraffatti. Sono stati, inoltre, attribuiti maggiori poteri alle forze di polizia, attraverso l'estensione delle cosiddette operazioni speciali (operazioni sottocopertura, ritardo d'atti, acquisto simulato), oggi previste per i reati di mafia, nel caso di associazioni per delinquere finalizzate a reati di contraffazione.
Nel caso particolare, segnalato dalla presente interrogazione, è stata condotta, dalla Guardia di finanza, l'operazione denominata
Unter preis che ha portato alla individuazione di una rete di produzione e di distribuzione di prodotti contraffatti, operante in alcune regioni del nord Italia che, servendosi di imprese in contatto con la grande distribuzione, faceva arrivare i prodotti stessi sugli scaffali dei centri commerciali.
Il 27 marzo 2010, presso un ipermercato di Novara, venivano rinvenute alcune polo a manica corta recanti il marchio di una nota casa produttrice di abbigliamento sportivo che non sembravano originali. Le magliette, infatti, erano prive delle etichette rimovibili che solitamente riportano il logo dell'azienda produttrice e le finiture ed il confezionamento apparivano di scarsa qualità.
Dopo la constatazione della evidente contraffazione, venivano sequestrati oltre 336.000 prodotti di abbigliamento, borse ed accessori di varia natura; veniva, inoltre identificato l'importatore della merce, di produzione cinese, in una società con sede a Milano.
Si segnala, comunque, che non sono state rilevate tracce di sostanze nocive sui prodotti sequestrati, e che non risultano rischi per la salute e la sicurezza dei prodotti eventualmente già acquistati. Le indagini per individuare altre eventuali responsabilità sono ancora in corso.
Nella provincia di Novara non sono ancora stati individuati centri di produzione di materiali contraffatti; ciò anche in conseguenza dell'azione preventiva operata dalle forze di polizia. Si è anche appurato che sta diminuendo la vendita dei prodotti contraffatti attraverso il commercio ambulante in forma itinerante, operato prevalentemente da cittadini extracomunitari.
Ovviamente è doveroso, da parte di tutte le istituzioni, combattere questo fenomeno, che porta danni notevoli alle industrie del
made in Italy. Per questo non è più accettabile alcuna forma di tolleranza.
La tutela del
made in Italy è, inoltre, oggetto della legge n. 55 del 2010, la quale, al fine di consentire ai consumatori finali di ricevere un'adeguata informazione sul processo di lavorazione dei prodotti, ha istituito un sistema di etichettatura obbligatoria per i prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri che evidenzia il luogo di origine di ciascuna fase di lavorazione e assicura la tracciabilità dei prodotti stessi.
In particolare, l'etichetta
made in Italy, in base alla nuova legge, è consentita esclusivamente per prodotti finiti per i quali le fasi di lavorazione hanno avuto luogo prevalentemente nel territorio nazionale e, in particolare, se almeno due delle fasi di lavorazione per ciascun settore sono state eseguite nel territorio medesimo e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità.
Si auspica che la citata legge possa essere un ulteriore passo nel processo verso l'adozione, in sede comunitaria, del regolamento sull'etichettatura obbligatoria, proposto nello scorso ottobre dal Governo

italiano, a difesa della proprietà industriale della produzione italiana, spesso contraffatta. Se venisse adottato il suddetto regolamento, l'Unione europea si allineerebbe a Stati Uniti, Canada, Giappone e Cina che già prevedono la marcatura d'origine.
Va anche ricordata l'operatività in dieci paesi esteri dei
desk di assistenza alle imprese per la tutela della Proprietà Intellettuale (Ipr desk), con l'obiettivo di fornire alle imprese italiane, operanti in tali mercati, assistenza e orientamento in materia di proprietà intellettuale.
È stato, inoltre, recentemente definito un protocollo di intesa con il Cattid, il laboratorio di elevate tecnologie dell'università La Sapienza di Roma, per lo sviluppo di specifiche soluzioni innovative volte alla valorizzazione e alla protezione dei diritti di proprietà industriale e del
made in Italy. Il protocollo vuole incentivare la lotta alla contraffazione attraverso l'utilizzo di strumenti ad alto valore tecnologico, per aumentare la sicurezza e la trasparenza della filiera in termini di tracciabilità e rintracciabilità, offrendo un immediato beneficio per il cittadino-consumatore.
Infine, è di prossima sottoscrizione un altro accordo con l'Istituto poligrafico e zecca dello Stato, per verificare lo stato dell'arte in tema di tracciabilità e rintracciabilità dell'origine dei prodotti e realizzare un progetto pilota che offra alle imprese un nuovo strumento di tutela della proprietà industriale e di rafforzamento competitivo.

Il Viceministro dello sviluppo economico: Adolfo Urso.

PALAGIANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
diverse notizie di cronaca apparse sui quotidiani nazionali segnalano il problema dei distributori di sigarette truccati;
dal 1° novembre 2009, sulla base di un decreto dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, i distributori automatici devono subordinare - previo controllo di un documento d'identità - la cessione di sigarette o tabacchi alla preventiva verifica dell'età anagrafica dell'acquirente, che non deve risultare inferiore a 16 anni;
in particolare, per i distributori automatici di sigarette, è previsto l'obbligo di essere dotati di un lettore di carte a banda magnetica che attesti l'identità dell'acquirente (codice fiscale, tessera sanitaria, carta d' identità elettronica);
le notizie di questi ultimi mesi, però, rilevano nel nostro Paese una diffusa manomissione di questi distributori ed in particolare proprio la manomissione del lettore che servirebbe a testare l'età dell'acquirente;
in un servizio trasmesso da «Le Iene» del 14 aprile 2010 l'inviato ha provato a comprare sigarette da alcuni distributori automatici di Roma, Firenze e Pisa inserendo nel lettore di carte la tessera sanitaria di un bambino di 4 anni, la ricevuta di un'autostrada o addirittura niente. In tutti i casi il distributore ha erogato senza problemi le sigarette;
Viterbo una recente operazione della polizia locale ha rilevato ben cinque distributori «fuori legge», che erogavano sigarette senza bisogno dell'introduzione del documento di identità;
stessa cosa è accaduta in Sardegna. A Cagliari, infatti, la Guardia di finanza ha rilevato l'irregolarità di 25 distributori sui 44 controllati e distribuiti nella provincia;
a Brindisi trenta titolari di rivendite di tabacchi sono stati denunciati all'Autorità dei monopoli di Stato dai militari della Guardia di finanza, al termine di accertamenti effettuati su numerosi distributori automatici di sigarette;
è lo stesso tabaccaio infatti che può, autonomamente, manomettere la macchinetta distributrice;
lo scopo è senza dubbio quello di vendere un numero maggiore di prodotti, ma è evidente che si tratta di truffa ai danni dei cittadini e della loro salute;

al Senato, in Commissione sanità, è tuttora in discussione un disegno di legge bipartisan a firma Marino-Tomassini che prevede nuove disposizioni per la tutela della salute e per la prevenzione dei danni derivanti dal consumo dei prodotti del tabacco;
in questo disegno di legge è previsto, tra l'altro, il divieto generalizzato di fumo per chi ha meno di 16 anni e obbligo per i tabaccai di vendere sigarette solo ai maggiorenni, oltre ad altri provvedimenti a tutela della salute, come il divieto tassativo di fumare nelle scuole o l'obbligo di inserire nei pacchetti dei «foglietti illustrativi»;
in Italia fuma il 32 per cento dei maschi adolescenti e il 20,7 per cento delle ragazze, e si registrano ancora 18.000 morti l'anno per patologie riconducibili al fumo -:
se i Ministri interrogati, sulla base di quanto esposto, intendano potenziare, nell'ambito delle proprie competenze, i controlli sui distributori di sigarette presenti nel Paese, assumendo iniziative, anche di carattere normativo, volte a prevedere sanzioni per chi - in piena coscienza - danneggia e mette in pericolo la salute dei cittadini ed in particolare dei minori.
(4-07007)

Risposta. - Il ministero della salute è da anni impegnato in numerose attività sia di informazione e promozione della salute, sia di produzione normativa, anche in attuazione di direttive dell'Unione europea, per contrastare il tabagismo e le gravi patologie ad esso correlate.
In considerazione della crescente preoccupazione per la diffusione del fumo tra i giovani, il Ministero della salute ha promosso, inoltre, nell'ambito del programma «guadagnare salute», una sorveglianza sugli stili di vita degli adolescenti tra gli 11 e i 17 anni che, in collaborazione con l'ufficio regionale europeo dell'organizzazione mondiale della sanità (Oms), raccoglie anche dati sul fumo.
L'Italia, inoltre, ha aderito alla
Global Youth Tobacco Survey, un'indagine internazionale, coordinata dall'Oms e dal Center for Diseases Control (Cdc) di Atlanta (Stati Uniti) in più di 100 Paesi, che sorveglia le abitudini dei giovani di età compresa tra i 13 e i 15 anni nei confronti del fumo. La rilevazione è stata eseguita nella primavera 2010 ed i dati preliminari saranno disponibili all'avvio del prossimo anno scolastico.
Tali indagini consentiranno di conoscere con esattezza l'età di iniziazione al fumo e gli atteggiamenti relativi ad esso dei giovani, permettendo di seguire nel tempo l'andamento del fenomeno.
Per contrastare il fumo tra i giovani, inoltre, il ministero della salute, attraverso il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie, promuove, in collaborazione con le regioni, interventi di prevenzione diffusi nelle scuole, di diverso ordine e grado. Particolare attenzione è riservata ai bambini, attraverso progetti specifici per la scuola materna ed elementare.
Dal 2005, inoltre, su mandato del Ministro della salute, i carabinieri per la salute - Nas effettuano controlli a campione su tutto il territorio nazionale nei luoghi in cui si applica il divieto di fumo.
Ad oggi i Nas hanno compiuto oltre 14.000 controlli in tutta Italia, presso diverse tipologie di locali (stazioni ferroviarie, ospedali, ambulatori, musei e biblioteche, aeroporti, uffici postali, sale scommesse, discoteche, pub e pizzerie) che hanno evidenziato il sostanziale rispetto della norma.
Per quanto attiene alle iniziative relative alla distribuzione automatica di prodotti del tabacco, si fa presente che la competenza relativa alla concessione delle autorizzazioni all'installazione, ai controlli e al funzionamento spetta all'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (Aams) del Ministero dell'economia e delle finanze.
Questo ministero della salute è in costante raccordo con l'Aams per la definizione concordata di interventi negli ambiti di competenza. In particolare, il ministero della salute ha sollecitato negli anni passati i monopoli ad una migliore regolamentazione

di tali distributori, al fine di limitarne la diffusione e soprattutto l'accesso ai minori.
Si è giunti, pertanto, all'attuale regolamentazione che ne consente l'utilizzo previo accertamento, con tessera magnetica, della maggiore età dell'acquirente.
L'Aams, che effettua controlli a campione attraverso la Guardia di finanza sul funzionamento dei distributori, ha espresso la difficoltà ad incrementare il numero di tali controlli. In uno spirito di fattiva collaborazione interistituzionale, è allo studio l'ipotesi di coinvolgere i Nas in tale azione di controllo, finalizzata alla tutela della salute dei minori.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, articolo 24, comma 68, ha previsto che: «Il personale in possesso del diploma di infermiera volontaria della Croce rossa italiana, di cui all'articolo 31 del regio decreto 12 maggio 1942, n. 918 e successive modificazioni, equivalente all'attestato di qualifica di operatore sociosanitario specializzato, esclusivamente nell'ambito dei servizi resi, nell'assolvimento dei compiti propri, per le Forze armate e la Croce rossa italiana, è abilitato a prestare servizio di emergenza e assistenza sanitaria con le funzioni e attività proprie della professione infermieristica»;
detta previsione è stata successivamente soppressa, in sede di conversione, dall'articolo 1 della legge 3 agosto 2009, n. 102, e poi ripresa nell'articolo 3, comma 10, della legge 3 agosto 2009, n. 108;
il legislatore consente, quindi, alle infermiere volontarie, nell'ambito delle Forze armate e della Croce rossa italiana, lo svolgimento di funzioni ed attività proprie della professione infermieristica e considera, di conseguenza, il contenuto professionale del personale in questione;
tale professionalità consentirebbe di rendere equivalente il diploma di infermiera volontaria ai titoli richiesti per l'esercizio della professione infermieristica anche in relazione alla possibile ammissione ai pubblici concorsi -:
se intenda chiarire, nell'ambito delle proprie competenze, se il personale in possesso del diploma di infermiera volontaria della Croce rossa italiana, è abilitato alla partecipazione a concorsi pubblici richiedenti quale titolo di ammissione il conseguimento dell'attestato di operatore socio sanitario specializzato;
se nell'ambito civile le volontarie debbano essere considerate a tutti gli effetti come operatore socio sanitario specializzato.
(4-07613)

Risposta. - Per quanto riguarda l'interrogazione in esame, si fa presente che la disposizione di cui all'articolo 3, comma 10, della legge 3 agosto 2009, n. 108, riguardante le infermiere volontarie della croce rossa italiana, è frutto di una ricognizione comparativa del percorso formativo svolto da queste infermiere volontarie e di quello svolto dagli operatori socio sanitari specializzati (O.s.s.s.).
Detta valutazione ha evidenziato che i due percorsi sono in larga parte sovrapponibili e che, anzi, il programma svolto dalle infermiere volontarie della croce rossa italiana prevede, fra l'altro, lo studio di materie quali anatomia umana, istologia, fisiologia, patologia generale e clinica, ginecologia e ostetricia, farmacologia generale e speciale, primo soccorso, traumatologia, infermieristica clinica in ortopedia e malattie infettive.
Si fa altresì presente che, ai sensi del decreto ministeriale 10 dicembre 2009, «Disciplina del corso di studio delle infermiere volontarie della Croce rossa italiana», il monte orario del citato percorso formativo delle infermiere volontarie è pari a 2000 ore, a fronte delle 1300 dell'O.s.s.s..
Inoltre, si rappresenta che anche prima dell'approvazione dell'articolo 3, comma 10, della legge 3 agosto 2009, n. 108, le infermiere volontarie Croce rossa italiana chiedevano

ed ottenevano l'equipollenza del proprio titolo a quello di O.s.s.s.. Pertanto, la norma di cui trattasi ha inteso formalizzare la questione, semplificandola notevolmente in ragione dell'automatismo che introduce.
Alla luce di quanto sopra, si ritiene che le infermiere volontarie Croce rossa italiana possano partecipare ai concorsi pubblici per O.s.s.s. e che le stesse, in ambito civile, debbano essere considerate come O.s.s.s..

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

RAISI. - Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nelle aziende sanitarie locali i concorsi a «direttore di struttura complessa» sono banditi in riferimento al decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997, che inquadra le discipline in tre aree: area medica, area chirurgica e area della medicina diagnostica e dei servizi. Queste aree sono, dal suddetto decreto del Presidente della Repubblica, intese quali del tutto indipendenti tra loro e tali da non ammettere sovrapposizioni o passaggi dall'una all'altra;
la valutazione dei titoli per l'ammissione ai suddetti concorsi è disciplinata, oltre che dal decreto del Presidente della Repubblica n. 484 del 1997, anche dal decreto ministeriale 30 gennaio 1998, dal decreto ministeriale 5 agosto 1999, dal decreto ministeriale 31 luglio 2002 e dal decreto ministeriale 26 maggio 2004;
la nomina e la composizione della commissione per la selezione dei candidati sono regolamentate dal decreto legislativo n. 502 del 1992, modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999;
l'attribuzione dell'incarico di direttore di struttura complessa è effettuata dal direttore generale secondo quanto disposto dal decreto legislativo n. 502 del 1992, come modificato dal decreto legislativo n. 229 del 1999;
nel dicembre 2008, per la nomina a direttore della chirurgia generale 3 (area chirurgica e disciplina di chirurgia generale) dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, sarebbero stati ammessi al relativo concorso alcuni sanitari che, a termini delle leggi succitate, non risultavano in possesso dei titoli richiesti per l'ammissione al concorso e l'incarico sarebbe stato conferito proprio a uno di questi sanitari, in contrasto con quanto previsto dalla legge e a palese danno dei sanitari che, invece, i titoli li possedevano, come riportato nel ricorso al Tribunale Amministrativo regionale per la Lombardia presentato dal dottor Gianfranco Di Felice;
in occasione della «selezione di incarico quinquennale di direzione di struttura complessa gastroenterologia ed endoscopia digestiva, disciplina gastroenterologia» che si è svolta il 21 dicembre 2004 presso l'Azienda ospedaliera «San Salvatore di Pesaro», uno dei commissari preposti alla selezione non sarebbe stato in possesso dei requisiti di legge richiesti in quanto non competente per area e per disciplina, come contestato dal dottor Giovanni Gentili in un esposto alla procura della Repubblica presso il tribunale di Pesaro;
nei verbali del concorso svoltosi il 17 aprile 2008, presso la AUSL di Cesena per il conferimento di «incarico di direzione di struttura complessa di U.O. gastroenterologia e endoscopia digestiva», la valutazione del dottor Giovanni Gentili risulterebbe formulata su un argomento diverso da quello figurante nella domanda rivoltagli, come contestato nell'esposto da lui presentato alla procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì-Cesena;
se effettivamente sussistano le irregolarità concernenti la nomina a direttore della chirurgia generale 3 dell'Istituto nazionale dei Tumori di Milano di cui in premessa e, in tal caso, quali iniziative di competenza si intendano assumere -:
se risultino avviate indagini con riferimento a quanto riportato in premessa.
(4-05858)

Risposta. - Si risponde alla interrogazione in esame, utilizzando per la prima parte gli elementi degli uffici giudiziari interessati, pervenuti a questo Ministero dal Ministero della giustizia; per la seconda parte gli elementi acquisiti dalla regione Lombardia per il tramite della prefettura - ufficio territoriale di Governo di Milano.
«Secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica presso il tribunale di Pesaro, in data 27 marzo 2009, il PM delegato nell'ambito del procedimento Penale n. 1386 del 2007 contro ignoti, non avendo ravvisato a carico dei componenti (o di taluno dei componenti) della commissione esaminatrice i presupposti della responsabilità in ordine all'ipotizzato reato di abuso di ufficio, ha formulato al GIP richiesta di archiviazione.
A sua volta, il GIP presso il tribunale di Pesaro, esaminata anche l'opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla persona offesa, ha emesso decreto di archiviazione in data 7 dicembre 2009. Quest'ultima A.G. ha, infatti, ritenuto che non potesse ritenersi idonea a promuovere il contraddittorio e a rendere obbligatoria la fissazione dell'udienza camerale, la proposta di temi di indagine o di accertamenti già svolti dal Pm, atteso che, non qualsivoglia indicazione di indagini suppletive rende ammissibile l'opposizione ed obbligatorio il confronto tra le parti, ma soltanto l'indicazione di indagini idonee a porre in discussione i presupposti della richiesta e a determinarne, quindi, il rigetto.
In sostanza, nel caso di specie, il Gip ha valutato che le richieste di prove avanzate dall'opponente non apparissero dirimenti ai fini della configurazione dei reati prospettati, poiché le argomentazioni svolte nell'atto di opposizione si risolvevano in sostanza in una mera rivalutazione critica delle considerazioni e conclusioni a cui era pervenuto il consulente nominato dal Pm ed ha pertanto considerato inammissibile l'opposizione, condividendo le argomentazioni svolte dal Pm nella citata richiesta di archiviazione. In proposito, il Gip ha precisato che - come confermato dalla documentazione prodotta in atti - la nomina a direttore dell'U.O.C. gastroenterologia ed endoscopia digestiva dell'ospedale di Pesaro è un atto del tutto autonomo del direttore generale dell'azienda, su cui non possono incidere i componenti della commissione che indica solo una lista di candidati astrattamente idonei a ricoprire il ruolo richiesto.
Avverso il decreto di archiviazione del Gip il dottor Gentili ha proposto, in data 28 gennaio 2010, ricorso per Cassazione.
Presso la procura della Repubblica di Milano, invece, secondo quanto riferito dal capo dell'ufficio requirente, non risultano pervenute notizie di reato, né tantomeno sono iniziate indagini, riconducibili a quanto rappresentato nell'atto di che trattasi in ordine a presunte irregolarità nella nomina a direttore della chirurgia Generale 3 presso l'istituto nazionale dei tumori di Milano».
La nota del Ministero della giustizia riferita agli uffici giudiziari interessati non fa alcun riferimento all'attività giudiziaria della procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì-Cesena.
La regione Lombardia ha comunicato quanto segue.
«Il bando relativo alla selezione finalizzata alla nomina del direttore della struttura complessa di chirurgia generale 3 - endoscopia diagnostica e chirurgia endoscopica della fondazione IRCSS istituto nazionale dei tumori - approvato con determinazione del direttore generale n. 208 del 13 marzo 2008 (poi rettificata con determinazione del direttore generale n. 515 dell'11 luglio 2008) - elencava, in conformità alla vigente normativa, i seguenti requisiti specifici di partecipazione:
iscrizione all'albo professionale;
anzianità di servizio di sette anni, di cui cinque nella disciplina oggetto di concorso o in disciplina equipollente, specializzazione in chirurgia generale o equipollenti; ovvero anzianità di servizio di dieci anni nella disciplina;

curriculum in cui siano documentate le specifiche attività professionali e l'adeguata

esperienza nonché le attività di studio e direzionali-organizzative;
attestato di formazione manageriale, come previsto dal decreto legislativo 502 del 1992.

Ad esito della procedura di selezione, alla quale hanno preso parte undici candidati, il direttore generale, con determinazione n. 7 del 9 gennaio 2009, ha nominato Direttore della struttura complessa di chirurgia generale 3 il dottor Emanuele Meroni. Quest'ultimo, dall'esame del relativo fascicolo condotto dal direttore delle risorse umane, risulta in possesso di tutti i requisiti previsti dalla legge e dal bando di selezione per la copertura di detto incarico. Dal citato fascicolo si evince infatti:
con riferimento al requisito sopra indicato
sub a), il medico nominato è regolarmente iscritto all'albo dei medici chirurghi di Genova;
con riferimento al requisito di cui al punto
b) si sottolinea che il dottor Meroni aveva svolto, all'atto della selezione, la seguente attività:
a) anni 6, mesi 9 e giorni 26 di servizio presso la stessa fondazione croce rossa italiana istituto nazionale dei tumori all'interno della U.o. diagnostica e chirurgia endoscopica, disciplina equipollente alla Chirurgia Generale ai sensi del decreto ministeriale 30 gennaio 1998;
b) anni 3 e giorni 20 presso l'Irccs Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Genova, in qualità di direttore della struttura complessa di endoscopia interdisciplinare, disciplina, questa, considerata equipollente alla chirurgia generale ai sensi del citato decreto ministeriale 30 gennaio 1998. Tali periodi di attività (senza contare quelli prestati presso l'istituto clinico Humanitas di Ronzano) sono sufficienti ad integrare pienamente il requisito dei sette anni di servizio, peraltro tutti in disciplina equipollente alla chirurgia generale.
con riguardo al punto
c), il curriculum prodotto dal dottor Meroni è stato ritenuto del tutto rispondente alle caratteristiche richieste, anche alla luce dell'esperienza professionale sopra evidenziata;
con riguardo all'attestato di formazione manageriale, questo era già in possesso del candidato prescelto al momento dell'invio della domanda di partecipazione alla selezione, essendo stato conseguito nell'anno 2005 presso l'I.R.E.F. - scuola di direzione in sanità - della regione Lombardia.

Preme altresì evidenziare che la procedura di selezione in argomento è stata oggetto di ricorso, da parte di uno dei medici partecipanti, al tribunale amministrativo regionale per la Lombardia che, con ordinanza n. 529 del 2009, ha respinto la domanda cautelare del ricorrente.
Alla data odierna non risulta che tale decisione sia stata impugnata né che sia stata richiesta fissazione d'udienza per la trattazione del merito, né, ancora, che sia stata avviata qualsivoglia altra iniziativa giudiziaria.
Infine, si fa rilevare che la fondazione Ircss Istituto nazionale dei tumori ha sempre garantito il più ampio accesso agli atti in relazione alla procedura in argomento, ed ha altresì fornito riscontro scritto a doglianze avanzate dai soggetti interessati».

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

RAZZI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
sono sempre più numerose le manifestazioni di protesta da parte delle principali associazioni che tutelano il turismo itinerante e la libera circolazione, la direzione generale della sicurezza stradale del dipartimento per i trasporti, la navigazione e i sistemi informativi e statistici del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - in occasione di risposte ad

interrogazioni parlamentari - ha più di una volta confermato l'esistenza di numerosi provvedimenti illegittimi degli enti proprietari della strada, caratterizzati da irragionevoli limitazioni nella sosta e nella circolazione degli autocaravan. Nonostante il potere di direttiva conferito al Governo dall'articolo 5 del codice della strada, il Ministero risulta talvolta impotente di fronte a tali ripetute violazioni. In particolare, la persistente convinzione da parte degli enti proprietari delle strade - a seguito degli effetti del decentramento amministrativo - di regolamentare la circolazione stradale con disposizioni non conformi al codice della strada; nonché la continua attività omissiva e i ritardi da parte degli enti proprietari delle strade nel trasmettere la documentazione richiesta per l'espletamento della procedura istruttoria volta all'emanazione delle direttive in materia;
da ciò si deduce come gli enti proprietari delle strade abbiano talora anche un'interpretazione distorta dell'articolo 185 del codice della strada, che disciplina la circolazione e la sosta delle autocaravan;
il Ministero, sollecitato con precedenti interrogazioni parlamentari, ha sempre dichiarato di non essere in grado di utilizzare gli strumenti di regolamentazione ad acta della circolazione stradale quali il potere sostitutivo previsto dagli articoli 5 e 45 Codice della strada e 6 del relativo regolamento, nei confronti degli enti proprietari delle strade che non ottemperino alle disposizioni dettate in materia di circolazione stradale dal medesimo Ministero;
invece, con la recente vicenda del comune di Castiglione della Pescaia, giustamente diffidato dal Ministero a rimuovere sbarre altimetriche di notevole pericolosità per gli utenti della strada e per tutti i cittadini (considerato che tali manufatti impediscono l'accesso anche ai mezzi di soccorso), è stato dimostrato come il Ministero, una volta attivata la procedura ai sensi del citato articolo 45, ha ottenuto il risultato concreto dell'effettiva rimozione della segnaletica illegittima;
la presenza di segnaletica illegittima su tutto il territorio nazionale, in alcuni casi assume, come sopra detto, connotati di pericolosità estrema per la circolazione stradale e di conseguenza per gli utenti della strada - per esempio presenza ingiustificata di sbarre altimetriche o di dossi rialzati - da un punto di vista prettamente politico, tale situazione deve responsabilizzare l'ente competente in quanto il Governo ha l'obbligo di dare un segnale forte delle sue prerogative nei confronti degli enti locali che in più di un occasione, a seguito del fenomeno del decentramento, «non riconoscono» lo Stato come custode della normativa di settore - codice della strada - emanando provvedimenti in aperto contrasto con i principi cardine della regolamentazione in materia di circolazione e sicurezza stradale -:
se il Ministero non intenda:
a) adottare tutti gli strumenti giuridici a loro disposizione previsti ex lege, al fine di garantire l'uniformità territoriale nell'applicazione del codice della strada;
b) provvedere, possibilmente in tempi brevi, ad istituire un tavolo di lavoro con la partecipazioni di tutti i soggetti interessati con l'obiettivo di stabilire le condizioni per un esercizio concreto ed effettivo del potere sostitutivo in caso di inottemperanza dell'ente proprietario della strada alle disposizioni impartite dal Ministero se del caso promuovendo l'eventuale modifica dell'articolo 45 codice della strada, oltre ad una presumibile rideterminazione dell'articolo 185 codice della strada;
c) emanare eventuali provvedimenti di natura conoscitiva (direttive, circolari) ad evidenza pubblica tali da ribadire la centralità e la competenza dello Stato in materia di circolazione stradale nei confronti degli enti proprietari delle strade.
(4-06837)

Risposta. - In merito all'interrogazione in esame, si fa presente che il ministero delle infrastrutture e dei trasporti è sempre stato sensibile ed attento alla problematica relativa alla corretta applicazione delle norme inerenti la circolazione e sosta delle autocaravan.
Infatti, nell'anno 2007 il ministero delle infrastrutture e dei trasporti, avendo preso atto di una serie di provvedimenti adottati da enti proprietari di strade e comuni che risultavano penalizzanti per questa categoria di veicoli, aveva ritenuto opportuno emanare, in data 2 aprile 2007, una circolare nella quale, tra l'altro, si è voluto specificamente richiamare gli enti in questione su alcune illegittimità in ordinanze aventi per oggetto la regolamentazione della circolazione stradale delle autocaravan.
La posizione assunta con la circolare sopra citata è tuttora mantenuta da questo ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, infatti, provvede regolarmente a richiamare, quando ne viene a conoscenza, gli enti proprietari della strada rei di apporre segnaletica illegittima di limitazione della circolazione e sosta delle autocaravan quando questa risulta non conforme alla normativa vigente.
È opportuno evidenziare che tale attività provvedimentale viene espletata da questo dicastero in forma esclusivamente epistolare (diffida, richieste di delucidazioni, supplementi di istruttoria, eccetera) e recentemente si è provveduto anche, dove sussistono le condizioni oggettive di pericolo evidente ed immediato, ad espletare la procedura
ex articolo 45 del nuovo codice della strada, che prevede un potere sostitutivo attribuito al Ministero che ha facoltà di esercitarlo qualora l'ente locale persista in una attività omissiva nel rimuovere la segnaletica illegittima. Nel caso richiamato di Castiglione della Pescaia sussistevano gli elementi oggettivi e i presupposti soggettivi per poter adottare la procedura sopra richiamata. E nulla impedisce al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di provvedere analogamente nei confronti di altri enti proprietari di strade, ovviamente dove sussistano le condizioni richieste per poter intervenire.
Per quanto concerne la competenza e la centralità dello Stato in materia di circolazione stradale, si fa presente:
1. che l'articolo 98, lettera
c), del decreto legislativo n. 112 del 1998, stabilisce che «la regolamentazione della circolazione, anche ai sensi dell'articolo 5 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, ai fini della salvaguardia della sicurezza nazionale» è tra le funzioni mantenute allo Stato;
2. che l'articolo 117 della Costituzione ha previsto che lo Stato abbia legislazione esclusiva in materia «ordine pubblico e sicurezza»;
3. che la Corte costituzionale con la sentenza n. 428/2004 ha confermato il principio interpretativo che la materia della sicurezza stradale deve rimanere di competenza esclusiva dello Stato.

Da ultimo, il ministero delle infrastrutture e dei trasporti si rende disponibile ad accogliere ogni iniziativa volta a predisporre un tavolo di lavoro, con la partecipazione di tutti i rappresentanti dei soggetti interessati, al fine di pervenire ad una eventuale modifica normativa che disciplini in modo inequivocabile la circolazione stradale delle autocaravan e che, contestualmente, tenga conto delle reali esigenze degli enti locali.
Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

REGUZZONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nella mattinata di venerdì 7 agosto 2009 i carabinieri di Porto Ceresio (Varese) hanno rinvenuto all'interno di una vecchia casa cantoniera di Porto Ceresio, in via Fratelli Bertolla, il cadavere di Giovanni Battista Pedeferri, anziano ottantacinquenne di Arcisate (Varese) il cui corpo era in avanzato stato di decomposizione,

«mummificato» secondo i sanitari della Asl intervenuti sul luogo del ritrovamento;
lo stato di decomposizione molto avanzata testimonia che l'uomo mancava da casa da ormai molti mesi;
l'immobile abbandonato, di proprietà delle Ferrovie dello Stato, era palesemente incustodito e non pulito da mesi, tanto che si presentava invaso da topi e rifiuti, nonostante la localizzazione attigua alla locale stazione ferroviaria;
il Governo sta molto ben operando per aumentare il presidio del territorio ed eliminare situazioni di incuria e degrado come quella prospiciente la stazione ferroviaria di Porto Ceresio -:
di quali elementi disponga il Governo sulla vicenda, anche in relazione ad eventuali carenze dei servizi sociali;
quali iniziative si intendano adottare nei confronti delle Ferrovie dello Stato per evitare che si ripresentino situazioni di incuria come quelle descritte sopra;
quali misure si intendano attuare - all'interno dell'ottima politica di presidio del territorio posta in essere - affinché si limiti il più possibile il verificarsi di episodi tristi e deprecabili come quello descritto in premessa.
(4-04091)

Risposta. - Al fine di prevenire il problema degli immobili dismessi ed abbandonati in stato di fatiscenza, la prefettura di Varese, sin dal febbraio 2008 e poi successivamente, nel gennaio 2009, ha affrontato la questione, interessando i sindaci dei comuni della provincia e le forze di polizia locali, affinché sollecitassero i proprietari degli immobili dismessi ad adottare misure idonee atte a prevenire l'occupazione abusiva degli stessi.
A tal riguardo la direzione di Rete ferroviaria italiana, a seguito della diffida emessa dal comune di Porto Ceresio per la pronta messa in sicurezza del fabbricato
ex dormitorio, procedeva alla demolizione parziale del manufatto, riducendone l'altezza e realizzando una serie di lavori finalizzati a bonificare lo stabile ed a ripristinare anche la recinzione fatiscente e le chiusure dei varchi esistenti nella zona dello scalo e della stazione.
Si rappresenta, inoltre, che a seguito della chiusura della stazione conseguente all'inizio dei lavori della linea Arcisate-Stabio, su richiesta del comune, sono stati effettuati lavori di recinzione per evitare l'accesso ai binari e per mantenere la continuità del passaggio pedonale che collega la stazione con la passeggiata al lago.
A riprova dell'attenzione con cui il Ministero dell'interno segue il problema segnalato dall'interrogante, si fa presente che il 5 agosto 2008 è stato emanato il decreto attuativo del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92 (con il quale sono stati rafforzati i poteri del sindaci in materia di sicurezza urbana). Il decreto del Ministro dell'interno individua, tra l'altro, l'incuria e l'abbandono di immobili come elemento sintomatico delle situazioni di degrado urbano, che costituiscono una potenziale minaccia per l'ordine pubblico e la sicurezza, tale da legittimare l'intervento del sindaco
ex articolo 54 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

REGUZZONI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
l'entrata in vigore delle nuove norme in materia di richiesta e di rilascio di pensioni di invalidità hanno evidenziato una notevole diminuzione del numero di domande;
l'effettuazione di campagna di controllo ha fatto emergere una illegalità diffusa soprattutto nelle Regioni del Sud;
l'operato di Inps e Governo è molto positivo ad efficace -:
quali siano i dati resi delle pensioni di invalidità nel Paese, nel compresso e suddivisi per regioni e province;

quali siano di dati che emergono a fronte dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni normative;
quali siano i sistemi di controllo e di verifica posti in essere;
se e come il Governo intenda intervenire ai fini di intensificare i controlli, procedere a verifiche eventualmente su tutte le pensioni di invalidità che vengono erogate nelle regioni del Mezzogiorno, migliorare ulteriormente le normative in vigore.
(4-06491)

Risposta. - Con riferimento alla interrogazione parlamentare in esame, concernente la richiesta ed il rilascio di pensioni di invalidità, si rappresenta quanto segue.
L'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78 (convertito con modificazioni nella legge 3 agosto 2009, n. 102), ha introdotto importanti innovazioni nel processo di riconoscimento dei benefici in materia di invalidità civile. L'obiettivo è una generale contrazione dei tempi di definizione del processo di erogazione delle prestazioni.
La nuova procedura mira ad assicurare la completa tracciabilità di ogni nuova domanda di invalidità civile, e a garantire l'accoglimento della domanda entro 120 giorni.
Con circolare n. 131 del 28 dicembre 2009 l'Istituto ha fornito le relative istruzioni operative.
A decorrere dal 1o gennaio 2010 le domande di invalidità civile, vengono quindi presentate all'INPS esclusivamente per via telematica corredate di certificazione medica. A tal fine l'Istituto ha realizzato una capillare campagna di sensibilizzazione per coinvolgere il maggior numero di medici certificatori, promuovendo incontri con tutti i professionisti operanti sul territorio.
Successivamente alla conferma di avvenuta ricezione della domanda, viene proposta l'agenda degli appuntamenti disponibili presso l'azienda sanitaria locale, ove le commissioni mediche, la cui composizione varia in funzione del tipo di prestazione richiesta (invalidità civile, cecità civile, sordità civile, disabilità o handicap), sono integrate dal medico INPS quale componente effettivo.
L'accertamento sanitario può concludersi con un giudizio medico-legale espresso all'unanimità dei componenti della commissione, oppure con un giudizio medico-legale espresso a maggioranza dei componenti. Al riguardo l'INPS opera a stretto contatto con le regioni (in particolare le aziende sanitarie locali, ed i comuni già titolari del potere concessorio) e con le rispettive articolazioni territoriali.
Per quanto riguarda gli accertamenti, già nel corso del 2009 l'Inps ha dato attuazione ad un piano straordinario di 200.000 accertamenti di verifica nei confronti di prestazioni di invalidità civile (articolo 80 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008), elaborando a tal fine (circolare 23 febbraio 2009, n. 26), un campionamento di beneficiari di prestazioni di invalidità civile, basato sull'incidenza territoriale dei destinatari delle prestazioni rispetto alla popolazione residente nelle varie province italiane e sulla dinamica territoriale delle nuove liquidazioni di trattamenti decorrenti dagli anni più recenti.
I controlli non hanno riguardato le prestazioni assistenziali sostitutive riconosciute agli invalidi civili e ai sordi civili ultrasessantacinquenni (ai sensi dell'articolo 19 della legge 30 marzo 1971, n. 118, e dell'articolo 10 della legge 26 maggio 1970, n. 381). I soggetti portatori di menomazioni o patologie stabilizzate che abbiano ottenuto il riconoscimento dell'indennità di accompagnamento o di comunicazione, sono stati, invece, esonerati da ogni visita medica, a condizione che la documentazione agli atti, valutata dalla commissione medica decentrata, abbia confermato l'esclusione dalla visita.
Inoltre in base all'articolo 20 del decreto-legge 1o luglio 2009, n. 78, come modificato dall'articolo 2, comma 159 della legge n. 191 del 2009 - finanziaria per il 2010, l'INPS deve effettuare, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100.000 verifiche

nei confronti dei titolari di benefici economici di invalidità civile. Le modalità di svolgimento delle verifiche per l'anno 2010, sono quindi state stabilite dall'INPS secondo i seguenti campioni di riferimento:
1. indennità di accompagnamento in erogazione da oltre dieci anni alla data del 1o aprile 2007 in soggetti con età inferiore a 67 anni (ad esclusione di tutti quei soggetti le cui condizioni di gravità richiedono il ricovero presso residenze protette);
2. assegno d'invalidità in godimento con data di decorrenza compresa nei 5 anni antecedenti il 1o aprile 2007, erogato nei confronti di soggetti con età compresa fra 45 e 60 anni (le verifiche sono così concentrate in un ambito di età comprendente i lavoratori potenzialmente produttivi (37-52 anni).

La prima attività dell'INPS ha dato esiti significativi, per cui per 175 mila prestazioni verificate si è avuta la non conferma dei requisiti sanitari ovvero per l'11 per cento dei casi si è avuta la non conferma dei requisiti sanitari originali, con percentuali variabili dal 5,81 per cento della Toscana al 19,2 per cento della Campania. Si è prodotta così o la revoca del beneficio o la sua trasformazione in una prestazione economica meno favorevole (i dati dettagliati sono esposti nella tabella fornita dall'INPS) di seguito pubblicata.


Peraltro l'articolo 10 del decreto-legge n. 78 del 2010 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), prevede che per accedere al beneficio economico dell'assegno mensile di invalidità civile, a partire dal 1o giugno 2010 l'attuale limite percentuale del 74 per cento di invalidità sia elevato all'85 per cento. Il programma di verifiche aggiuntive all'attività ordinaria di controllo è ulteriormente potenziato dalla norma che dispone 200.000 verifiche aggiuntive annue per gli anni 2011 e 2012. È stabilita, altresì, l'estensione anche alle prestazioni di invalidità gestite dall'INPS del meccanismo della rettifica (mutuato dal sistema vigente per le prestazioni erogate dall'INAIL), che consentirà di svolgere in maniera più efficace le attività di verifica.
Per quanto riguarda, infine, i dati generali delle pensioni di invalidità in Italia, considerando i trattamenti erogati al 1o gennaio 2009 - secondo le elaborazioni statistiche effettuate dall'INPS e riportate della relazione generale sulla situazione economica del Paese per il 2009, presentata dal Ministero dell'economia e delle finanze al Parlamento, (si vedano le tabelle PS. 19-20, nel volume II, pagine 275 e 276), si evidenzia in rapporto alla popolazione residente un numero relativamente maggiore di prestazioni in tutte le regioni del Sud (in particolare Sardegna, Calabria, Campania, e Abruzzo) rispetto alle regioni del Centro-Nord. Tuttavia tra le regioni del centro, in Umbria si rileva, sempre in rapporto alla popolazione residente, il numero più elevato di prestazioni con 6,52 prestazioni ogni 100 abitanti a fronte di un valore medio nazionale pari a 4,39 e di un valore medio della ripartizione pari a 4,58. Analogamente nelle regioni del Nord, la Liguria presenta un valore pari a 4,83 contro il 3,47 calcolato sulla media delle regioni settentrionali.

Il Sottosegretario di Stato per il lavoro e le politiche sociali: Pasquale Viespoli.

ROSATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
esiste la possibilità di installare, presso gli impianti semaforici posti a regolare le intersezioni stradali maggiormente frequentate, l'intermittenza del segnale verde e/o di contasecondi che preannuncino l'accensione della lanterna rossa;
l'introduzione di tali sistemi in altri Paesi europei ha ridotto significativamente il numero di incidenti, ed è generalmente apprezzata da parte della cittadinanza, specie dai pedoni e dai conducenti di autobus, che vedono notevolmente agevolato lo svolgimento delle loro mansioni, diminuendo le possibilità di infrangere gli articoli 41 e 146 del codice della strada;
la possibilità di introdurre l'intermittenza del verde e i contasecondi è stata fatta presente alle autorità (prefettura, provincia e comune) di Trieste da parte delle rappresentanze sindacali degli autoferrotranvieri, i quali denunciano, illustrando nel dettaglio come e perché, che spesso molti di loro siano quasi costretti ad impegnare gli incroci col semaforo già rosso, a causa della lunghezza dei mezzi (fino a 18 metri) e perché il trasporto di persone sconsiglia il ricorso a frenate troppo brusche;
a seguito di tali infrazioni infatti alcuni conducenti si sono visti sanzionare, oltre che economicamente, anche con la decurtazione di sei punti-patente, compromettendo la possibilità di continuare a svolgere le proprie mansioni lavorative;
per l'introduzione delle succitate modifiche tecniche agli impianti semaforici è necessaria l'omologazione da parte del Ministero -:
se il Ministro interrogato ritenga opportuno assumere iniziative volte a modificare la normativa vigente al fine di introdurre in via sperimentale degli impianti semaforici più sicuri e quindi più funzionali alle esigenze di conducenti e pedoni.
(4-07047)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Le norme relative al funzionamento delle lanterne semaforiche non possono

essere modificate unilateralmente, in quanto esse sono fissate dagli articoli 23 e 24 della convenzione di Vienna e successivi emendamenti.
Ciò premesso, si ricorda che le norme internazionali sottoscritte dall'Italia, e trasposte nell'articolo 41 del nuovo codice della strada (decreto legislativo n. 285 del 1992) nonché negli articoli dal 158 a 169 del connesso regolamento di esecuzione e di attuazione (decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992), non consentono il lampeggio della luce verde né prevedono l'impiego di contasecondi che preannuncino l'accensione della luce rossa.
Al riguardo si osserva che l'adozione di tale ultimo dispositivo, per il traffico veicolare, potrebbe indurre i conducenti a forzare l'andatura, sortendo dunque un effetto deleterio sulla sicurezza della circolazione, senza alcun apprezzabile miglioramento rispetto a quanto oggi avviene durante l'accensione della luce gialla.
Per quanto concerne le osservazioni delle rappresentanze degli autoferrotranvieri, si osserva che, a norma dell'articolo 41, comma 10, del codice, non è sanzionabile l'attraversamento della intersezione intrapreso nella impossibilità di arrestarsi in condizioni di sicurezza all'accensione della luce gialla.
Lo sgombero della intersezione, da parte di veicoli di considerevole lunghezza, potrebbe peraltro essere agevolato procedendo ad una opportuna revisione del ciclo semaforico, calibrando al meglio il tempo di accensione della luce gialla e il tempo di «tutto rosso» previsto dalle norme della buona tecnica al fine di vietare contemporaneamente, a tutte le correnti di traffico, l'impegno della intersezione stessa.
Per quanto riguarda l'impiego dei dispositivi in parola per gli attraversamenti pedonali, l'attuale situazione normativa è la seguente: l'articolo 41, comma 5, lettera
b) del codice consente durante l'accensione del giallo lo sgombero dell'attraversamento a coloro che lo hanno impegnato durante il verde, vietandone l'impegno a coloro che si trovano sul marciapiede; l'articolo 162, comma 4 del regolamento impone che il tempo di giallo abbia durata sufficiente a consentire ai pedoni lo sgombero dell'attraversamento prima dell'accensione del verde per i veicoli.
Solo in tale connessione è ipotizzabile un impiego dei dispositivi contasecondi, allo scopo di evidenziare il tempo di sgombero, fermo restando però il divieto di impegnare l'attraversamento dopo l'accensione del giallo pedonale.
Da ultimo si informa che l'articolo 60, comma 1, della legge 29 luglio 2010, n. 120, recante disposizioni in materia di sicurezza stradale, prevede che con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da emanare, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della citata legge, sono definite le caratteristiche per l'omologazione e per l'installazione di dispositivi finalizzati a visualizzare il tempo residuo di accensione delle luci dei nuovi impianti semaforici, di impianti impiegati per regolare la velocità e di impianti attivati dal rilevamento della velocità dei veicoli in arrivo.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

ROSATO, MARAN, STRIZZOLO e COMPAGNON. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
cinque sindaci di comuni delle Valli del Natisone, in provincia di Udine (San Pietro al Natisone, San Leonardo, Stregna, Savogna, Drenchia) hanno indirizzato una lettera aperta al Ministro per gli affari esteri;
in tale lettera essi lamentano che l'istituto comprensivo bilingue di San Pietro al Natisone con le sue attività fa «concorrenza sleale» alle scuole italiane del territorio, attirando finanziamenti derivanti dalla legge n. 38 del 2001 di tutela della minoranza slovena;
detti sindaci sostengono che le associazioni slovene e la stessa scuola tendono a far passare per «sloveni» i semplici

fruitori dei loro servizi, sovradimensionando la comunità slovena e contribuendo così a falsare il carattere nazionale delle Valli del Natisone e del Cividalese;
l'istituto comprensivo di San Pietro ospita 71 allievi nella scuola dell'infanzia impegnando sei insegnati, 113 allievi di scuola primaria con quattordici insegnanti e 36 alunni alla scuola secondaria di primo grado;
i suddetti sindaci richiedono una revisione degli articoli della legge n. 38 del 2001 riguardanti la tutela della lingua slovena nella provincia di Udine;
l'articolo 12 legge n. 38 del 2001 al comma 1, recita: «Nelle scuole materne site nei comuni della provincia di Udine di cui all'articolo 4, la programmazione educativa comprenderà anche argomenti relativi alle tradizioni, alla lingua ed alla cultura locali da svolgere anche in lingua slovena, senza nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato»;
lo stesso articolo al comma 5, facendo riferimento al caso in oggetto, scrive «la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano, gestite dall'Istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. (...) Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa massima di lire 1.436 milioni annue a decorrere dall'anno 2001», pari a euro 741.632,10;
l'istituto comprensivo bilingue italiano-sloveno rappresenta una esperienza educativo-formativa di grande significato umano, culturale, sociale ed economico che promuove - nei rispetto di lingue, culture e tradizioni - un peculiare percorso di integrazione e di collaborazione, in Friuli Venezia Giulia e nei paesi contermini, tra le comunità locali friulane e italiane e le comunità di lingua e cultura slovene, dando un prezioso contributo alla crescita della nuova Europa dei popoli e delle autonomie, apertasi ai paesi del centro-est Europa dopo la caduta del muro di Berlino -:
se i ministri ritengano di confermare l'interpretazione degli articoli della legge n. 38 del 2001 relativi alla tutela della minoranza nazionale e della lingua slovena nella provincia di Udine, secondo la quale essi non comportano oneri ulteriori per le casse dello Stato e quindi non arrecano danni alla popolazione di lingua italiana;
se intendano assumere iniziative volte a promuovere l'applicazione di tale legge che costituisce fonte d'arricchimento culturale anche per la maggioranza italiana;
se intendano adoperarsi affinché si provveda con speditezza a dotare la scuola slovena di una sede idonea e definitiva, senza detrimento delle altre scuole pubbliche italiane viciniori, così garantendo nei fatti a tutti gli studenti, di lingua italiana e slovena, il diritto a frequentare le lezioni in edifici e ambienti decorosi.
(4-07492)

Risposta. - Nel rispondere alla interrogazione in esame su delega della Presidenza del Consiglio dei ministri si fa presente che il Ministero degli affari esteri ha comunicato di non essere in possesso di specifici elementi di competenza.
Al riguardo il competente direttore generale dell'ufficio scolastico regionale per il Friuli Venezia Giulia nel premettere di non aver notizia riguardo alla lettera che cinque sindaci dei comuni delle Valli del Natisone avrebbero indirizzato al Ministro degli affari esteri, ha precisato che l'istituto comprensivo con insegnamento bilingue sloveno-italiano di San Pietro al Natisone (Udine) dal 1o settembre 2001 è stato riconosciuto come scuola statale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 12, comma 5, della legge 23 febbraio 2001, n. 38, recante «Norme per la tutela della minoranza linguistica slovena della regione Friuli-Venezia Giulia il quale prevede che "la scuola materna privata e la scuola elementare parificata con insegnamento bilingue sloveno-italiano,

gestite dall'istituto per l'istruzione slovena di San Pietro al Natisone in provincia di Udine, sono riconosciute come scuole statali. Alle predette scuole si applicano le disposizioni di legge e regolamentari vigenti per le corrispondenti scuole statali"».
Nell'anno scolastico in corso tale istituto è frequentato da n. 221 alunni, distribuiti tra scuola dell'infanzia, primaria e secondaria di 1o grado.
Il competente direttore ha fatto presente che la suddetta istituzione scolastica «non beneficia dei finanziamenti della suddetta legge n. 38 del 2001, in quanto scuola statale a tutti gli effetti. La sua gestione è soggetta alla legislazione scolastica nazionale in base alla quale di anno in anno vengono assegnate le risorse necessarie con riferimento al numero degli alunni iscritti e agli altri parametri previsti dai regolamenti.
Il medesimo direttore regionale, per quanto di sua competenza, ha fornito assicurazioni che continuerà a promuovere l'applicazione integrale della legge n. 38 nella convinzione che ciò non possa recare alcun danno alla popolazione di lingua italiana.
Con questo spirito il direttore regionale si è tempestivamente attivato, in collaborazione con le altre amministrazioni a ciò deputate, per assicurare alla scuola bilingue una sistemazione logistica, dopo il 5 marzo 2010 data in cui l'edificio che ospitava detta scuola è stato oggetto di un'ordinanza di sgombero immediato disposta a seguito di verifica tecnica effettuata dopo una leggera scossa tellurica.
Infatti, subito dopo lo sgombero, tutti i soggetti a ciò preposti, in particolare il comune di San Pietro al Natisone, la Regione autonoma Friuli Venezia Giulia nonché l'ufficio scolastico regionale, si sono attivati al fine di trovare una soluzione al problema. Nel corso del tavolo tecnico, convocato dal prefetto di Udine in data 17 maggio 2010 è stato assunto l'impegno, anche grazie ai finanziamenti individuati dalla regione autonoma Friuli Venezia Giulia, del rifacimento e della messa in sicurezza dell'immobile finora in uso della scuola. Tenuto conto tuttavia che per la sistemazione definitiva dell'immobile i tempi non potranno essere brevissimi, si è trattato anche di condividere la soluzione logistica della fase transitoria, cercando di evitare per quanto possibile disagi all'utenza e di garantire all'azione della scuola il massimo di efficacia didattica.
A tal fine, in data 23 giugno 2010, il prefetto di Udine ha convocato un'ulteriore riunione tecnica, nel corso della quale sono state concordate le modalità per il superamento di tale fase transitoria. La soluzione individuata, ad avviso del direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, pur non potendo per ragioni oggettive garantire alla scuola bilingue una completa unitarietà logistica, tuttavia, anche accogliendo alcune delle proposte avanzate dalla stessa scuola, può essere accettata da tutti.

Il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca: Mariastella Gelmini.

SBROLLINI e VIOLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
da troppi anni il Nord-Est, e il Veneto in particolare mancano di infrastrutture adeguate all'importanza di un territorio fondamentale per l'intero Paese;
la crisi economica in Veneto colpisce aziende imprese e lavoratori di ogni settore, e il fenomeno è aggravato da una dotazione infrastrutturale carente e inadeguata alle esigenze dell'intera regione;
l'individuazione di Milano come sede per l'EXPO 2015, porta in primo piano nell'agenda politica regionale, la visione strategica che questo evento può portare non solo alla Lombardia, ma all'intero Centro-Nord del Paese, in termini di rilancio economico e di ricettività turistica anche veneta;
l'ipotesi di spostamento delle risorse economiche per la progettazione della tratta dell'alta velocità Verona-Padova,

dall'anno di competenza 2010 all'anno 2011 apre uno scenario di totale insicurezza per la consegna dell'opera in tempi ragionevoli, rischiando nuovamente di colpire una regione e un territorio che merita una attenzione particolare che continua a mancare;
le categorie economiche venete hanno già espresso le loro perplessità sullo slittamento temporale del finanziamento, e la decisione non può che essere accolta da tutti come una notizia negativa -:
se la decisione di spostare il finanziamento per la tratta dell'alta velocità in questione sia definitiva;
quali le ragioni che abbiano portato a tale scelta;
se si sia considerato l'impatto negativo che il ritardo nell'avanzamento dell'opera porterà alla regione Veneto;
se il Governo intenda assumere iniziative per ripristinare le risorse necessarie per la progettazione dell'opera nell'anno in corso, sciogliendo il nodo del passaggio su Vicenza.
(4-07380)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
La tratta AV/AC Verona-Padova rappresenta il completamento della linea AV/AC Verona-Venezia lunga complessivamente circa 100 chilometri di cui circa 27 già attivati all'esercizio ferroviario tra Padova e Mestre.
Il tracciato si sviluppa in Veneto, ha inizio all'interno del fascio binari di Verona Porta Vescovo e termina in corrispondenza della stazione di Padova.
Il Comitato interministeriale per la programmazione economica, con delibera n. 94 del 29 marzo 2006, ha approvato il progetto preliminare, limitatamente alle tratte di prima fase tra Verona e Montebello e tra Grisignano di Zocco e Padova, con prescrizioni e raccomandazioni. Con tale delibera è stabilito in 3.333 milioni di euro il «limite di spesa» dell'intervento di prima fase.
Per la rimanente tratta è stato individuato il corridoio nell'ambito del quale si colloca il tracciato della nuova linea e per la valutazione della formale focalizzazione urbanistica e della compatibilità ambientale si rinvia al progetto definitivo che dovrà essere presentato, ai sensi dell'articolo 4-
bis, comma 5, del decreto legislativo n. 189 del 2005, contestualmente alla presentazione del progetto definitivo delle tratte oggetto di approvazione della delibera n. 94 del 2006.
L'aggiornamento 2008 del contratto di programma 2007-2011, parte investimenti, tra il Ministero delle infrastrutture e Rete ferroviaria italiana, prevedeva la linea AV/AC Verona-Padova tra i progetti inseriti nell'
ex tabella «C» tra «le altre opere da avviare», per le quali non era disponibile il finanziamento necessario per lo svolgimento delle attività connesse.
Per questa opera veniva riportato l'ammontare delle risorse da reperire in 4.959 milioni di euro, di cui 120 milioni di euro erano stati indicati come fabbisogno 2009 per l'avvio dello sviluppo della progettazione definitiva nell'ambito del quadro giuridico-contrattuale relativo alle modalità di affidamento in vigore nel gennaio 2008.
Tuttavia, il decreto-legge n. 112 del 2008, emanato successivamente alla sottoscrizione dell'aggiornamento 2008 del contratto di programma, ha introdotto sostanziali modifiche nello scenario finanziario di riferimento - confermate dalla legge finanziaria 2009 - non prevedendo lo stanziamento delle nuove risorse attese.
Ciò ha comportato la necessità di revisionare la complessiva pianificazione degli investimenti per renderli finanziariamente sostenibili.
Lo schema di aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007-2011, proposto da Rete ferroviaria italiana al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nel luglio 2009, prevedeva già nell'anno 2010 la richiesta delle risorse per le progettazioni definitive delle tratte AV/AC Brescia-Verona e Verona-Padova, rispettivamente di 84 e 120 milioni di euro ed indicava un successivo fabbisogno per l'anno 2011 di 1.000

milioni di euro per l'avvio della fase realizzativa della tratta AV/AC Brescia-Verona.
Rispetto a questa impostazione è intervenuto il 7o documento di programmazione economica e finanziaria «programmare il territorio le infrastrutture le risorse» (Dpef 2010) nel quale la costruzione della linea AV/AC Torino-Milano-Verona-Venezia-Trieste è stata confermata come una delle priorità del Paese; tuttavia, si escludevano investimenti relativi alle tratte AV/AC Brescia-Verona e Verona-Padova dalla manovra triennale 2009-2011 e si indicava l'orizzonte del 2013 per l'avvio della Brescia-Verona mentre si condizionava l'avvio della tratta Verona-Padova alla risoluzione del nodo di Vicenza (v. allegato 1 - estratto del Dpef 2010).
A ribadire la necessità di una revisione della programmazione dei fabbisogni per la realizzazione dell'asse AV/AC Brescia-Verona-Padova è successivamente intervenuta anche la legge finanziaria 2010, nella quale non è stato previsto alcun stanziamento per gli investimenti ferroviari curati da Rete ferroviaria italiana, nemmeno per quelli attinenti la manutenzione straordinaria dell'infrastruttura o relativi ad obblighi di legge.
Di conseguenza, nelle successive versioni dello schema di aggiornamento 2009 del contratto di programma 2007-2011, in particolare in quella approvata dal Cipe nella seduta del 13 maggio 2010, le tratte AV/AC Brescia-Verona e Verona-Padova, inserite nell'allegato «opere programmatiche», presentano i già citati fabbisogni finanziari relativi allo sviluppo delle progettazioni nell'anno 2011.
Non si tratta di una esclusione degli interventi dalla programmazione né di una revisione della priorità assegnata all'esigenza di investimento ma solo di un rinvio attribuibile, in via esclusiva, a questioni di carattere finanziario.
L'attenzione del Governo rivolta allo sviluppo di questo asse ferroviario internazionale è stata ulteriormente avvalorata dallo stanziamento da parte del Cipe delle risorse necessarie per dare avvio alla fase realizzativa della tratta AV/AC Treviglio-Brescia, la più avanzata dal punto di vista progettuale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.

SCILIPOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della difesa, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
a Niscemi (Caltanissetta) già dal 1991, è in funzione un centro trasmissioni radio navali (NRTF) Usa, composto da 41 antenne, dipendente dalla Navcomtelsta Sicily situata a Sigonella (a circa 70 chilometri da Niscemi);
la Navcomtelsta Sicily di Sigonella è una delle più potenti realtà nel settore delle comunicazioni militari nel mondo;
i vertici militari statunitensi hanno individuato in un primo momento Sigonella, quale sito dove installare una delle stazioni terrestri del Muos (Mobile User Objective System), il sistema di telecomunicazioni a banda stretta di nuova generazione della Marina statunitense in grado di collegare, in modo capillare, le forze navali, aeree e terrestri in movimento;
la scelta di Niscemi quale alternativa alla base di Sigonella, sembra sia dettata dai risultati di uno studio sull'impatto delle onde elettromagnetiche generate da questo tipo di antenne, commissionato all'AGI - Analytical Graphics Inc., che pone quale ostacolo alla realizzazione dell'impianto, le fortissime emissioni elettromagnetiche preventivate, con serio rischio di detonazione degli ordigni presenti nella base militare, insieme ad interferenze prodotte a svantaggio del traffico aereo militare;
le ricerche di settore effettuate sulle emissioni dei sistemi radar e di telecomunicazione militare di tipo M.U.O.S., hanno dimostrato la nocività dei campi elettromagnetici sia in bassa che in alta frequenza, individuando come possibili conseguenze

dovute a questa forma d'inquinamento, gravi patologie quali, leucemie infantili, tumori del sistema nervoso, tumori mammari ed altro;
è comprovato che i rischi da esposizione aumentano vertiginosamente per i bambini residenti in un raggio di 4/5 chilometri circa intorno ai trasmettitori;
le autorità militari statunitensi sembrano aver provveduto ad iniziare i lavori con opere di movimentazione terra e predisposizione piattaforme -:
quali autorità amministrative abbiano autorizzato il progetto di installazione del sistema radio satellitare M.U.O.S. a Niscemi;
quali siano le ragioni in base alle quali è stata scelta la città di Niscemi come sede dell'impianto, diversamente da quanto originariamente previsto;
in conformità a quali criteri medico-scientifici siano state valutate le possibili conseguenze sulla salute della popolazione residente nell'immediata prossimità della nuova stazione di telecomunicazione;
quali analisi di impatto ambientale siano state previste o attuate, considerato che l'area indicata come luogo di possibile installazione del sistema satellitare militare M.U.O.S. ricade all'interno della Riserva naturale orientata, denominata «Sughereta»;
qual'è, al momento, il livello di realizzazione dell'eventuale progetto di installazione;
quali siano le priorità che vincolano il progetto M.U.O.S. a Niscemi al segreto militare, a danno della salute dei cittadini italiani.
(4-02540)

Risposta. - Il Muos (mobile user objective system) è il nuovo sistema satellitare di comunicazioni per utenti mobili che la Us Navy sta implementando su scala mondiale per il comando e controllo degli assetti operativi.
Ciò premesso, si rappresenta che la stazione ricetrasmittente del sistema
Muos in questione è stata ubicata presso il sito telecomunicazioni di Niscemi in quanto:
gli studi preliminari effettuati avevano sconsigliato l'ipotesi di collocazione presso la base di Sigonella per le possibili interferenze tra il sistema Muos stesso e i sistemi di comunicazione della base, quelli dei velivoli ivi operanti e, soprattutto, quelli degli aerei civili in avvicinamento al non distante aeroporto civile di Catania Fontanarossa.
era già presente una struttura Usa, ubicata in prossimità di un'area boschiva ora protetta, individuata per il diretto e funzionale servizio della
Us naval station di Sigonella fin dalla sua costituzione, avvenuta alla fine degli anni '50.

Avuto riguardo, invece, alle questioni relative alle «analisi di impatto ambientale», si rappresenta che in applicazione delle procedure bilaterali vigenti in materia di progetti finanziati con fondi statunitensi in Italia - nel 2006, gli Usa avevano presentato il progetto in parola per l'approvazione della difesa, corredato di una relazione illustrativa e di uno specifico studio di impatto ambientale elettromagnetico, sul quale si erano espressi favorevolmente tutti i competenti organi dell'amministrazione della difesa e dal quale, testualmente, si evince «... il rischio dell'esposizione del personale ... è minimo ed improbabile; ... la distanza di sicurezza dall'emissione elettromagnetica ... sarà imposta mediante l'installazione di una recinzione di sicurezza; ... ai sensi del decreto ministeriale 381 del 1998 ... la misurazione dell'inquinamento da radiofrequenze ... sarà eseguita appena i sistemi saranno installati e pronti ad operare».
Voglio sottolineare, inoltre, che i lavori di realizzazione del citato progetto non sono ancora iniziati.
Tuttavia, al momento, in ragione della particolare importanza ed urgenza del progetto stesso, risulta che la locale azienda regionale protezione ambientale (Arpa) ha effettuato un'estesa campagna di rilevazioni

che ha certificato il rispetto dei limiti normativi imposti, mentre è stata presentata una relazione di valutazione di incidenza ambientale (V.Inc.A.) nel rispetto del decreto del Presidente della Repubblica 357 del 1997.
L'amministrazione comunale competente ha prima espresso un parere favorevole sul progetto in parola - a premessa dell'emissione della delibera regionale di definitiva approvazione - poi lo ha ritirato in attesa di ulteriori approfondimenti sugli effetti presumibili sull'avifauna delle emissioni radioelettriche.
Si è allo scopo fornita assicurazione alla regione Sicilia e allo stesso comune di Niscemi che, durante e successivamente all'esecuzione dei lavori, in linea con le citate procedure bilaterali e, comunque, anche dopo l'avvio operativo del sistema, saranno effettuate le opportune verifiche da parte di strutture miste paritetiche per la raccolta e la trattazione dei dati rilevati, che provvederanno anche a comparare le effettive emissioni elettromagnetiche con quelle previste dallo studio di progetto, verificando la compatibilità del sistema con le leggi nazionali ed, eventualmente, con le apparecchiature già operanti in sito.
Un ultimo accenno va fatto, infine, «al segreto militare» cui sarebbe vincolato il progetto Muos, secondo l'interrogante.
A tal riguardo, rappresento che la difesa è consapevole della necessità di mantenere un continuo confronto con le istituzioni locali e, a tal proposito, si rende noto che alla legittima richiesta d'informazioni da parte del sindaco di Niscemi, di cui si fa cenno nell'interrogazione, è stato dato, da parte dell'amministrazione militare, esaustivo riscontro con lettera datata 14 novembre 2008. I contatti con quella amministrazione locale, peraltro, non si sono mai interrotti.
Inoltre, su espressa sollecitazione del Presidente della regione Sicilia, è stato confermato l'impegno della Difesa a garantire che l'operatività degli apparati militari non provochi danni alla salute e/o all'ambiente circostante, vigilando costantemente sull'applicazione delle norme e delle procedure previste dalle leggi e dai regolamenti vigenti.
Desidero ricordare, inoltre, che in occasione di incontri con i massimi vertici della rappresentanza diplomatica Usa in Italia, ho sottolineato l'assoluta priorità della tutela della salute della popolazione locale e del personale su ogni altra esigenza di natura tecnica.
Per completezza d'informazione, infine, rendo noto che l'ufficio stampa della regione Sicilia in data 8 aprile 2009 ha comunicato che «il dipartimento americano della
Us Navy ha consegnato all'assessorato regionale ambiente della regione Sicilia le schede tecniche e i dati della simulazione di emissioni di elettromagnetismo ante operam del sistema di comunicazioni per utenti mobili denominato Muos», mentre è stata recentemente consegnata all'ARPA, e successivamente integrata, la relazione sulla «valutazione di incidenza ambientale» (V.Inc.A.), per fornire ogni elemento di risposta alle perplessità, da ultimo, avanzate dal comune di Niscemi.
Il Ministro della difesa: Ignazio La Russa.

VACCARO. - Al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
nel 2003 è stato indetto dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) un concorso per l'assunzione di 39 psicologi, regolarmente espletato tra il 2004 e il 2006 al quale hanno partecipato 2500 candidati;
a causa del blocco delle assunzioni, né nel 2006, né nel 2007 l'amministrazione ha provveduto ad ingaggiare i 39 vincitori di tale concorso, nonostante il DAP abbia continuato a stipulare onerose consulenze ad oltre 400 psicologi esterni;
negli stessi anni il DAP ha utilizzato fondi pubblici, in deroga al blocco finanziario,

al fine di garantire i passaggi di carriera (54 per il 2006 e 273 per il 2007);
nel 2008 il DAP ha continuato a non assumere i 39 psicologi vincitori per due motivi: in primo luogo, carenza di personale nel ruolo contabile; in secondo luogo, la necessità di attendere gli sviluppi del passaggio delle competenze sanitarie del DAP dal Ministero della giustizia al Servizio sanitario nazionale, passaggio previsto dal 1999 decreto legislativo n. 230 del 1999;
come noto, il 1° aprile 2008 viene adottato il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo al trasferimento delle funzioni sanitarie, che prevede, per i vincitori di concorso, che le aziende sanitarie possano attingere alle graduatorie dei concorsi (articolo 3, comma 10);
da questa data in poi non è stata fornita alcuna indicazione, né a livello nazionale, né a livello locale, sulle modalità di utilizzo della graduatoria (le aziende sanitarie locali bandiscono finanche nuovi concorsi per psicologi duplicando così le spese) -:
per quale motivo non abbia fatto seguito al concorso indetto dal DAP l'assunzione dei 39 psicologi risultati vincitori;
per quale motivo sia stato sostenuto dallo Stato un aggiuntivo aggravio di spesa derivante dalla stipula di contratti di consulenza esterna per il DAP, pur in presenza di 39 psicologi vincitori del suddetto concorso;
quale soggetto pubblico debba farsi carico di attuare e promuovere, in concreto, i risultati di un concorso pubblico regolarmente bandito ed espletato;
quali iniziative utili il Ministro intenda, assumere ed attivare per risolvere tale questione nel minor tempo possibile e con il miglior risultato perseguibile.
(4-04505)

Risposta. - Si risponde all'interrogazione in esame, a seguito di delega della Presidenza del Consiglio dei ministri, e si osserva quanto segue.
In via preliminare, per il completamento del personale da dedicare alla sanità penitenziaria, si richiama l'attenzione su quanto previsto dall'articolo 3, comma 10, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1o aprile 2008: «Le aziende sanitarie locali, previo accordo con il ministero della giustizia e nel rispetto della vigente normativa in materia di assunzioni e dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento delle spese di personale, possono avvalersi delle graduatorie dei concorsi espletati anteriormente alla data del 15 marzo 2008 per il reclutamento in ruolo di figure professionali oggetto del trasferimento al servizio sanitario nazionale».
Di fatto esistono due graduatorie di altrettanti concorsi espletati prima del marzo 2008 dal Ministero della giustizia, dipartimento dell'amministrazione penitenziaria; si tratta di un concorso a 39 posti del profilo psicologo e di un concorso a 90 posti del profilo infermiere.
Per tale specifico aspetto segnalo che con due note, rispettivamente in data 1o aprile 2009 e 24 novembre 2009, ho rappresentato agli assessori alla sanità delle regioni e delle province autonome l'urgenza che la problematica trovi adeguata ed immediata soluzione a livello regionale.
Si fa presente, comunque, che nel frattempo il Ministero della giustizia, affinché non venissero del tutto mortificate le aspettative del personale in questione, ha varato un progetto, denominato «mare aperto», predisposto dalla direzione generale dell'esecuzione penale esterna e recentemente approvato dal consiglio di amministrazione della cassa delle ammende.
Tale progetto, che prevede l'impiego di 60 psicologi negli uffici di esecuzione penale esterna, offre ai 39 vincitori del concorso una corsia preferenziale, in quanto essi saranno i primi ad essere invitati a comunicare la loro disponibilità a stipulare un accordo di consulenza libero-professionale, della durata di un anno, per 64 ore mensili.

Il Ministro della salute: Ferruccio Fazio.

VIETTI e RAO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con la deliberazione n. 79 in data 30 maggio 2007, il consiglio di amministrazione dell'Agenzia nazionale per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali ha provveduto a «riconoscere e corrispondere, in virtù del combinato disposto dell'articolo 48-bis e dell'articolo 37 del CCNL dei Segretari comunali e provinciali sottoscritto in data 16 maggio 2001, ai Segretari che abbiano lasciato una sede di segreteria per essere utilizzati presso le sedi dell'Agenzia e della SSPAL, la voce stipendiale "diritti di segreteria" nella misura pari ad un terzo del trattamento annuo lordo a far data dai rispettivi provvedimenti di utilizzo»;
tale provvedimento sembra scaturito da «precedenti giurisprudenziali», come da sentenze citate nella delibera, ma tali procedimenti citati si riferiscono a giudizi di primo grado, e, solo in due casi, a sentenze di giudici di appello, escludendo l'intervento di una sentenza della suprema Corte di cassazione, sì da rendere definitiva la decisione;
esaminando nel merito la questione, si ritiene che la stessa avrebbe sicuramente potuto formare oggetto di interpretazione di norme contrattuali, ed il giudice, su richiesta dell'Agenzia, avrebbe potuto attivare, avendone le prerogative ai sensi dell'articolo 64 del decreto legislativo n. 165 del 2001, l'iter per addivenire con i sindacati firmatari del contratto, ad un'interpretazione delle due norme del CCNL 1998/2001 chiamate in causa (articoli 48-bis e 37);
ciò non si è verificato e con tale procedura si è provveduto a riconoscere a tutti i soggetti interessati una voce economica stipendiale aggiuntiva pari ad un terzo dello stipendio lordo in godimento a titolo di «diritti di rogito» senza che questi abbiano o possano svolgere l'attività rogatoria cui la stessa è collegata;
da tale vicenda scaturisce la questione che, se questa voce stipendiale come riportata dall'articolo 37 spetta di diritto ai segretari comunali e provinciali titolari di sede utilizzati dall'Agenzia e dalle SSPAL, non si comprende perché non dovrebbe spettare di diritto a tutti i segretari comunali che, pur titolari di sede, a causa delle minori dimensioni dei comuni non raggiungono il tetto massimo del terzo del proprio stipendio in godimento. Sembra ovvio che ciò potrebbe far innescare un contenzioso da parte degli altri segretari comunali non destinatari di tale deliberazione, con gravissimi danni per l'economia degli enti locali territoriali;
la Corte dei conti, nell'adunanza del 28 ottobre 2008, con deliberazione n. 15/AUT/2008, sezione delle autonomie, ha esplicitamente chiarito la natura e la portata delle norme relative ai diritti di rogito rilevando che gli stessi possono essere percepiti solo in base alla effettiva attività rogatoria svolta;
da tale chiarimento assunto dalla Corte dei conti scaturisce ad avviso dell'interrogante il perpetrarsi di una indebita elargizione di denaro pubblico che andrebbe, se confermata la tesi della Corte dei conti, a configurare danno erariale;
a seguito di sottoscrizione di protocollo d'intesa con i sindacati di categoria (tutti ad eccezione della Confsal Fenal) l'agenzia si accinge ad avviare un avviso di selezione per l'utilizzo di ulteriori unità di segretari comunali a cui si riconoscerà, a situazione invariata, lo stesso trattamento economico di quelli già in utilizzo, e quindi la quota di 1/3 dello stipendio per diritti di rogito senza che svolgano l'attività rogatoria;
pertanto urge un intervento del Ministero dell'interno vigilante, nonché dei Ministeri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e dell'economia e finanze, onde evitare che il perpetrarsi di tali comportamenti danneggi ulteriormente le casse dei comuni che contribuiscono alla spesa dell'AGES (Agenzia dei segretari comunali e provinciali) e della SSPAL

(Scuola superiore della pubblica amministrazione locale) mediante il fondo di mobilità e faccia attivare ricorsi da parte di quei segretari comunali che pur rogando atti non raggiungono la quota massima del terzo dello stipendio in godimento -:
quali iniziative si intendano adottare al fine di ripristinare la corretta interpretazione di norme del CCNL 1998/2001 dei segretari comunali, rilevando la circostanza che, a seguito di esposto del sindacato Confsal-Fenal-Diccap, della questione si sta già occupando la Corte dei conti.
(4-07323)

Risposta. - Il consiglio nazionale di amministrazione dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, con deliberazione n. 74 del 25 maggio 2009, ha sospeso l'efficacia della deliberazione n. 79 del 2007 - nella quale stabiliva «di riconoscere e corrispondere, in virtù del combinato disposto dell'articolo 48-bis e dell'articolo 37 del C.C.N.L: ai segretari che abbiano lasciato una sede di segreteria per essere utilizzati presso le sedi dell'Agenzia e della SSPAL della voce stipendiale «diritti di segreteria», nella misura pari ad un terzo del trattamento annuo lordo a far data dai rispettivi procedimenti di utilizzo» e, nello stesso tempo, ha rinnovato la richiesta di interpretazione autentica già formulata con riferimento all'articolo 48-bis del controllo collettivo nazionale di lavoro del 16 maggio 2001 con la deliberazione n. 104 del 2002.
A tale proposito, l'agenzia ha precisato che tale richiesta non avrebbe avuto ulteriore seguito in quanto il Dipartimento della funzione pubblica aveva ritenuto non sussistere le condizioni per proseguire nella procedura interpretativa.
Il dipartimento della funzione pubblica è giunto a tali conclusioni, anche in considerazione della pronuncia della Corte dei conti n. 15 del 2008 che ha correlato la determinazione del
quantum spettante per diritti di segreteria all'effettivo servizio svolto dal segretario all'interno dell'ente, in quanto gli stessi sono dovuti per «l'effettiva estrinsecazione della funzione di rogante». Dello stesso parere il Ministero dell'economia e delle finanze che ha concordato con le conclusioni e le valutazioni espresse nella nota del citato dipartimento.
Nella seduta del 10 ottobre 2009, il consiglio nazionale d'amministrazione ha ritenuto opportuno richiedere - vista la complessità della questione - un parere ad un esperto esterno, al fine di porre in essere le azioni amministrative più corrette in merito.
Acquisito il parere
de qua, il consiglio nazionale di amministrazione ha proceduto alla revoca della deliberazione n. 79 del 2007 con la deliberazione n. 7 adottata nella seduta del 22 gennaio 2010.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

VILLECCO CALIPARI e TOUADI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il 19 marzo 2009, Salah Souidani, migrante algerino di 42 anni, è morto nel centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria a Roma;
risulta da notizie stampa che il migrante era arrivato a Ponte Galeria da due giorni proveniente da Modena, probabilmente per essere espulso dal territorio italiano;
il Cie di Ponte Galeria, diviso in reparti separati per uomini e donne, è gestito al suo interno, relativamente al trattamento degli ospiti, esclusivamente da personale della Croce Rossa, mentre le forze dell'ordine dell'Ufficio Immigrazione svolgono un'attività di vigilanza, accettazione, e riconoscimenti presso i consolati, nonché di accompagnamento nei paesi di origine dei soggetti riconosciuti -:
quali siano le circostanze, le cause e le eventuali responsabilità che hanno determinato il verificarsi di questo tragico evento.
(4-02629)

Risposta. - Il 21 febbraio 2009, il cittadino algerino Salah Souidani è stato scarcerato,

per fine pena, dalla casa circondariale di Vasto (Ch), dove era detenuto per il reato di furto aggravato.
Non essendo in regola con le norme sul soggiorno, il prefetto di Chieti ne ha disposto l'espulsione, cui ha fatto seguito il provvedimento di trattenimento presso il Centro di identificazione ed espulsione di Modena.
All'arrivo presso il suddetto centro, il cittadino straniero è stato sottoposto a visita medica e giudicato «idoneo all'ospitalità»; il 25 febbraio 2009 il trattenimento è stato convalidato dal giudice di pace di Modena e, il 17 marzo 2009 il medesimo è stato trasferito presso il Cie di Ponte Galeria.
Alle ore 09.45 del 19 marzo 2009, il personale della croce rossa italiana - cui era allora affidata la gestione del centro di Ponte Galeria - ha segnalato all'ispettore della Polizia di Stato di turno che i medici in servizio, unitamente ad altri operatori, avvisati da alcuni ospiti del centro, stavano prestando soccorso sanitario al citato cittadino straniero, colpito da malore. In particolare, al signor Salah Souidani è stata praticata la procedura di rianimazione, con l'ausilio di un defibrillatore; è stato altresì richiesto l'intervento del servizio di emergenza sanitaria 118.
Alle ore 10.35, il personale sanitario intervenuto ha constatato il decesso del cittadino algerino per «arresto cardiocircolatorio e respiratorio irreversibile». Alle ore 11.20 la salma è stata portata presso l'ospedale «A. Gemelli» per essere posta a disposizione dell'autorità giudiziaria.
Dalla documentazione acquisita, non emergono elementi in ordine alle possibili cause dell'arresto cardiocircolatorio e respiratorio sofferto dal cittadino algerino. Si fa presente, peraltro, che - secondo quanto riportato nella relazione di servizio redatta dal personale di polizia - il signor Souidani risultava tossicodipendente da eroina e cocaina ed era in trattamento farmacologico che, peraltro, l'interessato rifiutava di osservare.
In seguito al decesso del signor Souidani è stata avviata una indagine amministrativa, da parte del dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione, per accertare le circostanze del decesso e verificare l'organizzazione e la gestione dei servizi erogati dall'ente gestore, nonché la loro corrispondenza a quanto stabilito nella convenzione per l'affidamento della gestione del centro.
L'ispezione ha consentito di appurare che i servizi assicurati agli ospiti rispondono agli
standard qualitativi e quantitativi fissati nella convenzione di affidamento della gestione e che le condizioni di accoglienza dei nuclei abitativi sono adeguate.
In particolare presso il centro è operativo un servizio di assistenza sanitaria nell'arco delle 24 ore, con la presenza di un medico e di un infermiere professionale, che, in caso di necessità, curano il trasferimento dello straniero presso strutture ospedaliere territoriali per esami diagnostici e per l'eventuale terapia.
Inoltre, è assicurata adeguata assistenza per problemi di tossicodipendenza e tossicofilia, anche con un servizio di assistenza e sostegno psicologico.

Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Nitto Francesco Palma.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro per il turismo. - Per sapere - premesso che:
un'indagine svolta sulle strutture ricettive e turistiche che aderiscono alla etichetta ecologica (ecolabel) di Legambiente Turismo evidenzia che anche gli hotel possono essere ecosostenibili; in particolare la ricerca (condotta su 305 hotel ecolabel) ha dimostrato una riduzione della produzione di CO2 di ben 21.000 tonnellate, con un concreto miglioramento dell'opinione sull'ospitalità da parte dei clienti, coinvolti nelle azioni per il risparmio di acqua ed energia e nell'utilizzo dei mezzi pubblici e delle biciclette;
in questa iniziativa sono coinvolti 372 alberghi sia annuali che stagionali, distribuiti in 15 regioni, con oltre 50.000 posti letto, che nel 2008 hanno contato circa 5

milioni e 300 mila presenze e che, grazie a piccoli accorgimenti di gestione, hanno ottenuto un miglior posizionamento sul mercato, alleggerito le loro bollette e consentito una minore produzione di anidride carbonica -:
se e come intendano promuovere una maggior sostenibilità ambientale delle strutture ricettive e turistiche.
(4-03958)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, dove, in merito all'adesione di strutture alberghiere alla etichetta ecologica ecolabel, si segnalano i buoni risultati in termini di minori emissioni di CO2 ottenuti attraverso misure di adesione volontaria alla certificazione, promossa da Legambiente turismo e si chiede che venga promossa una maggiore sostenibilità ambientale delle strutture ricettive e turistiche, si rappresenta quanto segue.
Al riguardo, corre l'obbligo di segnalare la confusione terminologica, attualmente esistente, relativa alla dicitura
ecolabel, utilizzata impropriamente da Legambiente turismo per pubblicizzare il loro marchio di qualità ambientale per le strutture ricettive.
La dicitura
ecolabel è riconducibile alla dizione inglese del marchio di qualità ecologica europeo disciplinato dal regolamento (CE) n. 1980/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 luglio 2000, recentemente revisionato dal nuovo regolamento (CE) n.66/2010 del 25 novembre 2009. L'uso improprio di tale dicitura da parte della Legambiente turismo nelle proprie attività di promozione e pubblicizzazione è stato oggetto, negli anni passati e recentemente, di lettere di diffida da parte dell'organismo competente italiano per il rilascio del marchio ecolabel il comitato Ecolabel-Ecoaudit (lettere prot. n.144/COM del 31 maggio 2005 e prot. n. 536 del 2 dicembre 2009). L'utilizzo della dicitura ecolabel da parte della Legambiente turismo è stata anche conseguente alle diverse iniziative promozionali realizzate a livello istituzionale sul territorio italiano per il marchio ecolabel europeo.
Negli anni passati il settore
Ecolabel dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, in qualità di supporto tecnico della sezione Ecolabel del Comitato Ecolabel-Ecoaudit, ha infatti realizzato, in collaborazione con il sistema agenziale (Arpa/Appa) campagne di informazione e sensibilizzazione finalizzate alla diffusione del marchio ecolabel europeo tra gli operatori del settore attraverso eventi, quali workshop e convegni, mirati sia alle strutture ricettive, sia ai fruitori dei servizi turistici, nonché alle pubbliche amministrazioni locali.
Tali attività hanno permesso all'organismo competente italiano di posizionarsi al primo posto in Europa per numero di strutture ricettive con servizio turistico certificato
ecolabel, attualmente oltre 200, e di avviare percorsi formativi a livello regionale per la diffusione di pratiche di turismo sostenibile funzionali alla certificazione ecolabel.
Infine, per quanto riguarda le misure di promozione messe in campo dal Governo, si segnala come tutto il sistema di incentivi, anche fiscali, per la riqualificazione del patrimonio edilizio e per l'uso di alcuni elettrodomestici ad alta efficienza energetica, come pure per l'installazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili, è aperto anche agli operatori turistici.
La certificazione di qualità ambientale è divenuta ormai un elemento distintivo sul piano commerciale, elemento che dovrebbe essere di ulteriore stimolo naturale agli operatori di settore, in si può comunque avanzare l'ipotesi di un accordo di settore su base volontaria per la diffusione dell'efficienza energetica nelle pratiche costruttive e gestionali.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
oltre un anno e mezzo fa è stato inaugurato presso l'hotel «Il Caminetto»

un centro per l'accoglienza di richiedenti asilo politico (CARA) sugli Altipiani di Arcinazzo;
l'hotel prescelto per accogliere i rifugiati politici si trova nel centro di un minuscolo paesino di montagna che conta un centinaio scarso di residenti;
l'hotel avrebbe ottenuto la licenza, dopo averla dismessa, in un sol giorno, ed in tale breve frangente sarebbe stata volturata un paio di volte;
l'improntitudine dell'organo concedente risulta agli interroganti difficilmente comprensibile giacché una relazione dei Vigili del Fuoco ha rilevato sussistere nella struttura gravi e numerose carenze con riferimento alle norme sulla sicurezza;
tali irregolarità sarebbero state dall'allora sindaco di Trevi nel Lazio, oggetto di rimessione in termini, quanto alla messa a norma, cosa alquanto singolare, specie in considerazione del fatto che il prefetto di Frosinone allora facente funzioni, Pietro Cesari, si dichiarò indisponibile a concedere il terzo rinnovo della convenzione fino ad allora da lui avallato in ragione della situazione emergenziale;
il centro non avrebbe in loco disponibile neanche un vigile urbano, che giunge all'occorrenza da Trevi (8 chilometri o personale di pubblica sicurezza che viene da altre zone dove sia possibile reperire personale -:
se corrisponda al vero quanto sopra riferito in particolare per quanto riguarda le gravi e numerose carenze della struttura con riferimento alle norme sulla sicurezza;
in caso di risposta positiva quali iniziative si intendano adottare per la sicurezza degli ospiti;
per quali ragioni si intende mantenere questa struttura in una località così isolata.
(4-05661)

Risposta. - Il centro di accoglienza richiedenti asilo (Cara), sito presso l'hotel «Il Caminetto» in località Altipiani di Arcinazzo, nel territorio del comune di Trevi nel Lazio, è stato attivato a seguito di intese intercorse tra l'Arciconfraternita del SS. Sacramento e di San Trifone e il sindaco del detto comune, con la sottoscrizione, in data 30 settembre 2008, di un'apposita convenzione, dopo un sopralluogo nell'immobile prescelto, alla presenza dello stesso sindaco.
Il centro è tuttora gestito, con contratto di locazione tra la proprietà dell'albergo e la società cooperativa a.R.L. «Domus Caritatis», dalla predetta Arciconfraternita, con la quale la prefettura di Frosinone ha stipulato tre successive convenzioni per la gestione del centro, l'ultima delle quali scaduta il 30 aprile 2009. A decorrere dal 1o maggio 2009, le ulteriori convenzioni sono state sottoscritte direttamente dal dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'interno e dal sindaco di Trevi nel Lazio.
L'albergo che ospita il centro era munito di regolare licenza di esercizio rilasciata dal comune di Trevi nel Lazio il 2 gennaio 2008 ed era abilitato ad ospitare 115 persone; la licenza è stata volturata in occasione dell'affidamento della struttura all'Arciconfraternita del SS. Sacramento e di San Trifone di Roma.
Il 16 ottobre 2008, il comando provinciale dei vigili del fuoco di Frosinone, previa effettuazione di un sopralluogo, ha rilevato la sostanziale agibilità dei locali, riscontrando solo l'esigenza di alcuni adeguamenti nei requisiti di sicurezza antincendio. A seguito di tale relazione, il sindaco di Trevi nel Lazio ha emanato un'ordinanza con la quale predisponeva un primo adeguamento.
Relativamente alle doglianze circa la sicurezza della zona, si osserva che il Cara, nei primi mesi della sua operatività, anche in considerazione di alcune manifestazioni inscenate dagli abitanti del posto contrari a tale struttura, è stato oggetto di assidua sorveglianza; l'attività di controllo è successivamente proseguita a cura delle forze di polizia territoriali e degli stessi operatori della polizia locale del comune di Trevi nel Lazio.


Il sindaco di Trevi nel Lazio, peraltro, non ha ritenuto necessario assumere vigili urbani o vigilanti per una più intensa attività di controllo nell'area.
Lo stesso sindaco ha ribadito che la civica amministrazione si è più volte pronunciata a favore dell'attività del centro, non solo in occasione della costituzione in giudizio avverso i ricorsi presentati contro lo stesso, ma anche in occasione di riunioni della giunta o del consiglio comunale.
Si precisa che al commissario straordinario - che ha gestito il comune di Trevi nel Lazio, in seguito allo scioglimento del consiglio, dal 27 gennaio 2010 fino al rinnovo degli organi elettivi, avvenuto con le consultazioni del 28/29 marzo 2010 - è pervenuta una relazione redatta dal responsabile del servizio tecnico comunale, dalla quale emerge un quadro complessivamente soddisfacente della sicurezza, pur non risultando ancora realizzata la prosecuzione della scala esterna antincendio di collegamento tra il 1o piano e i piani superiori.
Per completezza di informazione, si ritiene utile aggiungere che la struttura è stata visitata dal deputato Giachetti e che presso la stessa sono stati effettuati servizi con riprese televisive a cura di Rai
educational e Rai tre «Presa diretta». In tali occasioni non sono stati registrati particolari rilievi o problemi in ordine alle condizioni complessive del centro stesso.
Il Sottosegretario di Stato per l'interno: Michelino Davico.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
da notizie stampa si apprende di un traffico illecito di rifiuti tossici in Lombardia;
i carabinieri del Gruppo tutela ambiente (Gta) di Treviso, con il sostegno dei carabinieri dei comandi provinciali di Varese, Monza, Milano e del secondo Elinucleo di Orio al Serio hanno sventato un'associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti, falsità documentale e riciclaggio;
l'organizzazione, secondo quanto accertato dai carabinieri, operava attorno a un sito di Fagnano Olona (Varese), noto come La Valle, formalmente adibito a ricovero di mezzi, ma di fatto utilizzato illecitamente come base di stoccaggio e trattamento di rifiuti pericolosi. Coinvolti nell'inchiesta i membri della famiglia di Salvatore Accarino, che avrebbe coordinato l'illecita gestione di rifiuti provenienti dalla bonifica della cartiera Fornaci di Fagnano Olona, soprattutto terre contaminate da idrocarburi e metalli pesanti;
Salvatore Accarino, tramite la creazione di diverse società intestate a prestanome, avrebbe diretto l'organizzazione raccogliendo rifiuti speciali, pericolosi e non, in Lombardia e anziché trasferirli in luoghi autorizzati, li avrebbe trasferiti in siti non autorizzati con alti guadagni che sarebbero poi stati riciclati con l'acquisto di mezzi e attrezzature da impiegare nelle società collegate all'organizzazione, oppure acquistando nelle aste pubbliche mediante prestanomi unità immobiliari in passato pignorate alla famiglia Accarino;
nel 2008 Accarino era già stato condannato in primo grado a sei anni e mezzo proprio per il traffico di rifiuti tramite la società Lombarda Servizi di Olgiate Olona che coinvolgeva la Campania, la Lombardia e l'Emilia Romagna in un'operazione per cui rifiuti urbani raccolti a Napoli arrivavano di nascosto in provincia di Varese dove venivano mescolati con terra contaminata e veleni industriali di vario genere e poi inviati di nuovo in meridione e alla fine smaltiti come scarti non pericolosi in un deposito di Grottaglie (Taranto) o direttamente nelle campagne lombarde;
una delle aziende coinvolte arrivò a fatturare 1,5 milioni di euro e il perno dell'operazione erano i fondi pubblici del commissariato per l'emergenza rifiuti della Campania;

tra gli indagati vi sarebbero anche vertici locali di alcuni istituti bancari compiacenti;
nonostante il suo status di pluriprotestato, che impediva di fatto la titolarità dei depositi, Salvatore Accarino sarebbe stato sistematicamente favorito dai direttori e impiegati di banca di alcuni istituti di credito nelle province di Verbania, Varese e Milano;
nell'ultimo Rapporto di Legambiente sulle ecomafie si denuncia la scomparsa di 31 milioni di tonnellate di rifiuti speciali in un anno in Italia per un valore stimato di circa 7 miliardi di euro -:
se e quali dati siano in possesso dei Ministri interrogati circa il fenomeno del traffico illecito di rifiuti in Italia;
quali iniziative di competenza si intendano adottare per garantire maggiore trasparenza e maggiore informazione sullo stato effettivo della gestione dei rifiuti in Lombardia e sull'intero territorio nazionale;
se il ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare intenda costituirsi come parte civile nel procedimento in corso;
quali reali precauzioni sono state adottate o si intendano adottare per salvaguardare la salute dei cittadini dei comuni ricadenti nelle zone interessate.
(4-05790)

Risposta. - In riscontro alla richiesta di notizie e valutazioni in merito all'interrogazioni in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
Il ciclo della gestione dei rifiuti in Lombardia ha in attivo 13 termovalorizzatori, 9 impianti di trattamento meccanico dei rifiuti differenziati, oltre 70 impianti di compostaggio ed un rilevante numero di impianti per il recupero e/o smaltimento dei rifiuti speciali.
Nella provincia di Varese non risultano situazioni di criticità in ordine alla gestione dei rifiuti: la raccolta differenziata ha raggiunto nel 2009 il 57.2 per cento, risultato che colloca questa provincia al 3o posto in Lombardia e tra le prime posizioni a livello nazionale. Il restante 42.8 per cento della quota dei rifiuti (indifferenziati) sono destinati per l'11.5 per cento al termovalorizzatore Accam di Busto Arsizio, il 15.3 per cento alla discarica di Goda Maggiore, il 4.4 per cento al termovalorizzatore Rea di Dalmine (Bergamo), il 3.7 per cento all'impianto di selezione di Vergiate (parte secca) ed il restante 7.9 per cento ad altri impianti di selezione.
Sul fronte dell'accertamento e repressione dei crimini ambientali, l'attività costante di monitoraggio info-investigativo è sviluppata in piena sinergia tra le forze dell'ordine con il comando tutela ambiente dell'Arma dei carabinieri, con il quale vengono programmate specifiche attività di controllo. Essa è rivolta ai circuiti criminali che potrebbero rivolgersi ai possibili interessi economici anche nel settore dello smaltimento dei rifiuti.
Le indagini condotte dall'Arma hanno accertato che i proventi dell'attività criminosa derivante dal traffico illecito di rifiuti venivano utilizzati dall'Accarino Salvatore per l'acquisto, tramite prestanome, di beni mobili già confiscati al predetto pluripregiudicato.
Per quanto concerne il territorio della Valle Olona, questo Ministero è a conoscenza delle vive preoccupazioni rappresentate dai cittadini, in relazione alle condizioni del territorio interessato da decenni di aggressioni ambientali e dalla presenza di discariche per le quali si rendono necessarie opere di bonifica e recupero. Al riguardo si rappresenta che è stato sottoscritto tra la provincia di Varese e i sindaci della Valle Olona, un protocollo d'intesa nel quale è stato previsto che le cave dismesse non saranno adibite a discariche ma potranno essere acquisite dalle amministrazioni comunali e recuperate.
In riferimento alla richiesta dell'interrogante in merito agli strumenti più idonei a garantire la trasparenza sul ciclo dei rifiuti ed assicurare un efficace sistema di monitoraggio e controllo su tutto il territorio nazionale, si evidenzia che è stato emanato il decreto ministeriale 17 dicembre

2009 «Istituzione del sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti ai sensi dell'articolo 189 del decreto legislativo n. 152 del 2006 e dell'articolo 14-bis del decreto legge n. 78 del 2009, convertito con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009».
Il decreto istituisce il nuovo sistema di tracciabilità dei rifiuti (Sistri), al fine di controllare in modo puntuale la movimentazione dei rifiuti lungo tutta la filiera, dalla produzione all'impianto di destinazione finale. Per controllare più efficacemente lo smaltimento dei rifiuti, il sistema prevede l'utilizzo di sistemi di videosorveglianza presso tutte le discariche e gli inceneritori presenti sul territorio nazionale. Precedentemente, la conoscenza ed il controllo della gestione dei rifiuti si realizzava attraverso un sistema cartaceo, basato su tre documenti: formulario di identificazione dei rifiuti, registro di carico e scarico, modello unico di dichiarazione ambientale. Tale sistema presentava alcuni limiti. I dati sul ciclo di gestione dei rifiuti speciali erano fruibili con notevole ritardo rispetto al periodo analizzato e, pertanto, risultavano poco rilevanti per l'individuazione di politiche ambientali più mirate e, soprattutto, per il controllo di legalità finalizzato a specifici interventi repressivi. Con il Sistri, sarà operativo un apparato di controllo adeguato, affidato al comando carabinieri per la tutela dell'ambiente. Il nuovo sistema, infatti, consente, attraverso l'utilizzo di dispositivi elettronici di monitorare ed acquisire, in tempo reale, i dati sulla movimentazione dei rifiuti speciali, nonché le informazioni sulla gestione dei rifiuti urbani. D'ora in poi ogni rifiuto speciale potrà essere seguito in qualsiasi fase della filiera produttiva, senza possibilità di occultamento.
Il Sistri sarà interconnesso con il sistema catasto telematico di Ispra che, a sua volta, dovrà fornire i dati acquisiti al sistema agenziale.
In dettaglio, produttori, trasportatori, intermediari, gestori dovranno dotarsi di un
personal computer, iscriversi al sistema, acquisire dalle camere di commercio una chiavetta dedicata per ogni unità locale contenente un programma di identificazione e di carico e scarico dei rifiuti.
I trasportatori dovranno montare su ogni mezzo uno speciale
box informatico, con GPS. La chiavetta conterrà un software specifico che sostituirà registri, formulari e modello unico di dichiarazione ambientale.
Il sistema informatico ha come obiettivo, per i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, (questi ultimi quasi il 90 per cento del totale dei rifiuti speciali) la sostituzione dell'attuale sistema cartaceo.

Il Sottosegretario di Stato per l'ambiente e la tutela del territorio e del mare: Roberto Menia.

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in una nota del Comitato per la riduzione dell'impatto ambientale dell'aeroporto di Ciampino vengono riportate le tappe più significative della vicenda dell'aeroporto omonimo;
nella nota si spiega che l'individuazione delle zone di rispetto intorno all'aeroporto entro le quali non devono essere superati i limiti massimi di rumore previsti dalla legge è compito che «doveva essere assolto già dal 1998 dalla Commissione Aeroportuale, istituita dai decreti applicativi della 447/1995, e insediatasi in quell'anno proprio con questo scopo e chi, in base ai tempi concessi dalla legge, già entro quell'anno avrebbe dovuto concludere i suoi lavori»;
al contrario, la Commissione aeroportuale presieduta dall'Enac non ha portato a termine il suo lavoro ed è rimasta «insediata» per 12 anni, fino al 2009, senza assolvere il suo compito che consisteva nell'individuare i limiti, nel confrontarli con i piani regolatori dei comuni e con le aree abitate esistenti e nel consentire

la limitazione del traffico ai livelli ammissibili per legge, a garanzia della salute dei cittadini e del territorio;
a partire dal Giubileo del 2001, senza alcuna Valutazione Ambientale dei rischi per la salute dei cittadini, sono stati portati a Ciampino i voli di linea delle compagnie low cost, passando da meno di 20.000 voli all'anno a oltre 60.000 e da 700 mila passeggeri all'anno a 5 milioni;
quando finalmente l'Agenzia Regionale per l'Ambiente (Arpa Lazio), nell'ambito dei suoi compiti istituzionali, e appoggiandosi ad Arpa Lombardia (che aveva già adottato queste misure a Linate), ha finalmente fatto la zonizzazione acustica dell'aeroporto di Ciampino, è emersa una situazione drammatica di totale superamento dei limiti di legge - sottolinea la nota - tanto che, per stare entro i limiti, i voli dovrebbero essere ridotti da oltre 160 a non più di 60 al giorno (arrivi e partenze) -:
se corrisponda al vero quanto riferito nella nota del Comitato di cui in premessa;
se e quali iniziative si intendano intraprendere per porre rimedio immediato alla grave situazione di sostanziale deroga alla normativa vigente;
se e quali iniziative si intendano adottare per sostenere le richieste evidenziate nella nota del Comitato, già da diverso tempo segnalate da Arpa Lazio, e perché sia definita finalmente, sulla base dei dati della stessa Arpa Lazio, la zonizzazione acustica dell'aeroporto di Ciampino, nel pieno rispetto delle leggi e dei piani regolatori dei comuni colpiti.
(4-06391)

Risposta. - In riferimento all'interrogazione in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.
In data 1o luglio 2010 si è tenuta la seconda seduta della conferenza di servizi per la zonizzazione dell'aeroporto i Ciampino.
Si premette che la prima seduta della suddetta conferenza aveva stabilito che un gruppo tecnico ristretto doveva procedere ad elaborare ed a presentare un nuovo documento di zonizzazione acustica dello scalo in argomento. Tale gruppo, a seguito di un lavoro complesso ed articolato, ha elaborato un'unica impronta acustica da votare nella seduta finale della conferenza di servizi. In base a tale impronta sono state definite due diverse proposte di zonizzazione acustica dell'intorno aeroportuale, legate alla diversa interpretazione degli strumenti normativi disponibili per affrontare la questione della presenza di abitazioni all'interno della fascia B.
La prima proposta di zonizzazione, ricavata direttamente dall'impronta acustica, era quella inizialmente preferita dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dall'ente nazionale per l'aviazione civile in quanto caratterizzata da una semplicità applicativa ancorché affetta da una necessità di interpretazione normativa per garantire l'eventuale risanamento delle abitazioni interessate. La limitazione concettuale di tale proposta appariva dovuta alla possibilità che potessero essere evitati interventi di mitigazione ambientale, attivando così potenziali contenziosi e problemi di relazioni con la popolazione.
La seconda proposta di zonizzazione sostenuta a maggioranza dall'agenzia regionale per la protezione dell'ambiente, Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lazio, comuni interessati e provincia di Roma si diversificava dalla precedente per una maggiore articolazione e per l'inclusione di alcune aree afferenti a edifici adiacenti alla linea di separazione tra le diverse zone di rispetto. Tale soluzione aveva lo scopo di garantire le azioni di mitigazione, in quanto le aree con presenza di abitazioni vedevano il superamento dei limiti previsti e quindi la necessità esplicita di avviare gli eventuali procedimenti di risanamento.
Si evidenzia che le riserve sulla seconda proposta da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e dell'Enac erano prevalentemente dovute alla possibilità di strumentalizzazione nella prospettiva di ottenere riduzioni dell'operatività aeroportuale.

A seguito del dibattito costruttivo nel corso della seconda conferenza di servizi, durante la conferenza medesima, si è optato per questa seconda proposta.
Tale soluzione è stata prescelta anche considerando che entrambe le zonizzazioni sono largamente sovrapponibili e parimenti rivolte ai necessari interventi di mitigazione ambientale; ciò in un'ottica di salvaguardia della popolazione contemperata con le esigenze del trasporto aereo e tenuto conto dell'unanime orientamento di tutte le amministrazioni pubbliche, centrali e territoriali, in favore della seconda proposta di zonizzazione, allo scopo di evitare posizioni contrapposte che avrebbero potuto attivare contenziosi tra tali amministrazioni e nuocere alla corretta interpretazione ed applicazione della decisione.
La scelta di tale opzione è stata accompagnata dalla sottolineatura che le dentature al limite tra la zona A e B coincidano con gli edifici esistenti e realmente abitati che si trovano nelle dentature stesse e che sono quindi i soli a richiedere correttamente eventuali interventi di mitigazione ambientale. Si evidenzia, infine, che quanto emerso, definito e deciso nei lavori della conferenza servizi è coerente con l'atto di indirizzo del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti relativo allo sviluppo della rete aeroportuale.

Il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti: Altero Matteoli.