XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di Martedì 12 ottobre 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Risoluzione in Commissione:

      La VIII Commissione,
          premesso che:
              il benzo(a)pirene è il componente più tossico tra gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici), è classificato dallo IARC nel gruppo 1 per pericolosità («cancerogeno per l'uomo») ed è immesso nell'atmosfera da combustioni industriali e da inquinamento da traffico;
              al benzo(a)pirene è associato, secondo l'OMS, un rischio di incremento di 9 casi di cancro ai polmoni ogni 100 mila abitanti per ogni incremento di 1 nanogrammo a metro cubo della sua concentrazione nell'aria;
              il benzo(a)pirene era normato dal decreto legislativo n.  152 del 2007 che recepiva la direttiva 2004/107/CE sugli IPA e sul benzo(a)pirene;
              il recente decreto legislativo 13 agosto 2010 n.  155 doveva avere come finalità l'attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e «per un'aria più pulita in Europa»;
              tale direttiva europea non aveva come oggetto il benzo(a)pirene ma riguardava altri inquinanti;
              la direttiva 2008/50/CE non prevedeva di «armonizzarsi» in un testo unico con la direttiva 2004/107/CE;
              al «considerando 4» della 2008/50/CE si legge infatti: «Quando sarà stata maturata un'esperienza sufficiente a livello di attuazione della direttiva 2004/107/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2004, concernente l'arsenico, il cadmio, il mercurio, il nickel e gli idrocarburi policiclici aromatici nell'aria ambiente, si potrà prendere in considerazione la possibilità di incorporare le disposizioni di tale direttiva nella presente direttiva»;
              ciononostante il decreto legislativo n.  155 del 2010 recante attuazione della direttiva 2008/50/CE relativa alla qualità dell'aria ambiente e per un'aria più pulita in Europa, ha abrogato il sopraccitato decreto legislativo n.  152 del 2007 pretendendo di armonizzare due direttive che la Commissione europea raccomandava di tenere distinte;
              il decreto ministeriale del 25 novembre 1994 prevedeva che – per le aree urbane con popolazione superiore a 150 mila abitanti ed elencate all'allegato III del decreto medesimo (Torino, Genova, Brescia, Milano, Padova, Venezia, Verona, Trieste, Bologna, Parma, Firenze, Livorno, Roma, Napoli, Bari, Foggia, Taranto, Reggio Calabria, Catania, Messina, Palermo, Siracusa, Cagliari) – si dovesse perseguire un obiettivo di qualità finalizzato a non superare 1 nanogrammo a metro cubo per il benzo(a)pirene, rilevato come valore medio annuale;
              il decreto legislativo 3 agosto 2007, n.  152, faceva salve le suddette norme del decreto ministeriale 25 novembre 1994 per le aree urbane con oltre 150 mila abitanti (articolo 3, comma 5) per le quali pertanto veniva confermato l'obbligo di rispetto dell'obiettivo di qualità a partire dal 1o gennaio 1999;
              il decreto legislativo n.  152 del 2007 richiamando il decreto ministeriale 25 novembre 1994 rendeva quindi cogente il rispetto di tale obiettivo di qualità dal 1o gennaio 1999 (confronta allegato IV del decreto ministeriale 25 novembre 1994);
              il decreto legislativo n.  152 del 2007 fissava il raggiungimento del valore obiettivo entro il 31 dicembre 2012 solo per le aree urbane con meno di 150 mila abitanti;
              abrogando il decreto legislativo n.  152 del 2007 è stata eliminata la data del 1o gennaio 1999 quale data a partire dalla quale non andava superata la media annua di 1 nanogrammo a metro cubo di benzo(a)pirene nell'aria delle aree urbane con più di 150 mila abitanti;
              vi è una netta differenza fra valore obiettivo e obiettivo di qualità, avendo quest'ultimo, a differenza del precedente, valore cogente ed avendo attinenza diretta alle «norme di qualità ambientale» (confronta l'articolo 8 del decreto legislativo n.  59 del 2005 che può prescrivere «misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecnologie disponibili»);
              nel decreto legislativo n.  155 del 2010 è stato compiuto un grave passo indietro in quanto è stata eliminata la definizione di obiettivo di qualità che nella precedente normativa vigeva per le aree urbane con più di 150 mila abitanti, facendo in tal modo regredire l'efficacia della normativa e rimuovendo in tal modo il nesso con il su citato articolo 8 del decreto legislativo n.  59 del 2005 che può prescrivere «misure più rigorose di quelle ottenibili con le migliori tecnologie disponibili»;
              l'abrogazione del decreto legislativo n.  152 del 2007 ha comportato pertanto un peggioramento della legislazione ambientale e per la tutela della salute umana, rimuovendo norme cogenti afferenti alla definizione di «obiettivo di qualità»;
              il decreto legislativo n.  152 del 2007 all'articolo 3, comma 5, fissava infatti il concetto di «obiettivo di qualità» (e non di «valore obiettivo») in quanto richiamava esplicitamente tale obiettivo di qualità «per i livelli del benzo(a)pirene nelle aree urbane elencate nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare in data 25 novembre 1994»;
              il decreto legislativo n.  152 del 2007, nelle aree urbane con più di 150 mila abitanti, obbligava le regioni e le province autonome ad adottare in caso di superamento dell'obiettivo di qualità, un piano di risanamento e, in caso di rischio di superamento dell'obiettivo di qualità, un piano di azione ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 4 agosto 1999, n.  351;
              il recepimento della direttiva 2008/50/CE non implicava in alcun modo la necessità di abrogare la precedente normativa sul benzo(a)pirene (decreto legislativo n.  152 del 2007 e normative ad esso collegate), tanto più che essa era un fiore all'occhiello della legislazione ambientale italiana in tema di perseguimento di norme di qualità ambientali relative alla riduzione di tale cancerogeno;
          il decreto legislativo n.  155 del 2008 è ad avviso dei sottoscrittori del presente atto – in sintesi – una ciambella di salvataggio per chi oggi sfora i valori di benzo(a)pirene posticipando al 2013 l'obbligo di adozione di provvedimenti che in ogni caso non sarebbero risolutivi neanche nel 2013 in quanto il «valore obiettivo» non è vincolante come invece lo è quell'obiettivo di qualità che il decreto ha eliminato dalla normativa in quanto vincolante anche sotto il profilo penale,

impegna il Governo:

      ad assumere iniziative volte a:
          a) a reintrodurre le norme di cui al decreto legislativo n.  152 del 2007 (e norme ad esso afferenti) lì dove si fa riferimento al rispetto dell'obiettivo di qualità e alla sua applicazione a partire dal 1o gennaio 1999 per le aree urbane con più di 150 mila abitanti;
          b) a ripristinare pertanto come vincolante l'obiettivo di qualità di 1 nanogrammo a metro cubo, con gli obblighi di intervento previsti dalla precedente normativa abrogata dal decreto legislativo n.  155 del 2010;
          c) a reintrodurre l'obbligo di intervento delle Regioni in caso di superamento dell'obiettivo di qualità di 1 nanogrammo a metro cubo come media annua, secondo le modalità previste dalla normativa antecedente all'entrata in vigore del decreto legislativo n.  155 del 2010;
          d) a reintrodurre pertanto norme che, in caso di superamento dell'obiettivo di qualità, diano al cittadino il potere di denunciare chi inquina e/o chi, avendo l'obbligo istituzionale di intervenire, invece non lo fa.
(7-00405) «Zamparutti, Maurizio Turco, Beltrandi, Bernardini, Farina Coscioni, Mecacci».


ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

      OLIVERIO. —Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          nel tardo pomeriggio di mercoledì 6 ottobre 2010 nella zona del cirota e del rossanese si è abbattuta una violenta grandinata;
          quest'anno la vendemmia nell'area di produzione del Cirò doc era stata annunciata addirittura di qualità «eccezionale» ma, paradossalmente, le alte temperature avevano causato una sovraproduzione di uva che le cantine sociali del Cirò non erano riuscite ad acquisire e trasformare in vino;
          su questo problema, che sembrava essere in via di risoluzione, si è abbattuto il disastro causato dalla grandinata che ha distrutto parecchi vigneti;
          nei comuni di Cirò e Cirò Marina interi vigneti, carichi di uva ormai pronta per la vendemmia sono stati distrutti. Come riportato da notizie di stampa, in particolare, l'area più colpita dal maltempo è indubbiamente quella delle campagne del «Vallo» nel comune di Cirò ma il nubifragio ha seminato distruzione anche nei vigneti di località Ciurria, Ponta, nel territorio di Melissa, lungo le sponde del Lipuda e nelle campagne di S. Venere;
          i sindaci dei comuni della contea del Cirò hanno avviato il coordinamento con l'ispettorato agrario provinciale per procedere alla ricognizione ufficiale dei danni e hanno inviato un telegramma alla provincia, alla regione ed anche al Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali perché venga attivata la procedura per la dichiarazione dello stato di emergenza e la conseguente assegnazione di adeguati mezzi finanziari per intervenire nei territori colpiti a sostegno del reddito degli agricoltori;
          la grandinata ha danneggiato seriamente anche le colture del territorio da Calopezzati a Rossano il cui sindaco, dopo un incontro con i tecnici e i dirigenti nel corso dei quali sono stati quantificati i danni, ha chiesto lo stato di calamità naturale e il sostegno per le popolazioni che rischiano di vedere compromesse le produzioni agrumicole e quelle olivicole;
          la provincia di Cosenza ha già deliberato la richiesta della proclamazione dello stato di calamità, la provincia di Crotone si appresta, al pari della provincia di Cosenza, a farla  –:
          se, in considerazione della gravità e straordinarietà dell'accaduto, ritengano opportuno proclamare in tempi rapidi lo stato di calamità naturale nei territori maggiormente colpiti e permettere l'invio di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza provocata dalla grandinata;
          se, al di là della situazione di emergenza, intendano affrontare i problemi strutturali del settore attivandosi per aprire un tavolo di concertazione che riunisca tutti gli operatori delle filiere vitivinicole, agrumicola, e olivicola ed i sindaci delle zone interessate. (5-03559)


      FIANO e VELTRONI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          notizie di stampa segnalano che in questi mesi si è svolto un master in studi di storia contemporanea avente come oggetto, tra l'altro, le tesi dei più noti intellettuali della corrente di pensiero negazionista in Europa;
          parte del contenuto di tale corso – e segnatamente due lezioni del professor Moffa – è disponibile su supporto video e consultabile attraverso la rete internet; il contenuto delle stesse lezioni conferma che l'oggetto didattico delle stesse esplicita un chiaro sostegno alle tesi che negano l'esistenza del progetto del genocidio del popolo ebraico da parte del regime nazista, l'inesistenza delle camere a gas e dei forni crematori;
          in diversi Paesi europei le tesi del professor Moffa e di taluni suoi «maestri» sono considerate un reato;
          risulterebbe dal sito www.claudiomoffa.it che la conferenza stampa di presentazione del corso sarebbe avvenuta, nel maggio 2010, nella sala polifunzionale di Palazzo Chigi gestita dalla struttura della Presidenza del Consiglio che è situata presso il plesso della Galleria Colonna in Roma  –:
          se tale conferenza stampa del professor Moffa si sia tenuta in quella sala ed in quale data, quali siano le caratteristiche di contenuto che devono avere le attività che sono ospitate presso le sale gestite dalla Presidenza del Consiglio, se partecipavano esponenti del Governo, se il contenuto della conferenza avesse attinenza con l'attività di Governo, se sia stata richiesta regolare autorizzazione all'uso di tale sala e da chi sia stata eventualmente richiesta, chi l'abbia firmata e se si ritenga che il contenuto del corso del professor Moffa rientri nei canoni culturali e dell'autonomia didattica tali da consentirne lo svolgimento. (5-03568)


Interrogazioni a risposta scritta:

      VINCENZO ANTONIO FONTANA. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          tale Paolo Francesco Barbaccia, a quanto consta all'interrogante, risulta essere aduso qualificarsi come «Principe Paolo Francesco Barbaccia Viscardi degli Hohenstaufen di Svevia, Gran Maestro del Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia»;
          sul sito www.teutonici.com, gestito dal predetto cosiddetto Ordine, viene riportata della documentazione di asserita provenienza della Presidenza del Consiglio dei ministri, a sostegno di un presunto «Riconoscimento a Paolo Francesco Barbaccia (oggi Barbaccia Viscardi) dell'Ordine Teutonico di Santa Maria di Gerusalemme»;
          l'Ordine teutonico (Ordo Fratrum Domus Hospitalis Sanctae Mariae Teutonicorum in Jerusalem) (www.deutscher-orden.at www.ordineteutonicosicilia.it) – che, come ordine religioso-cavalleresco, non ha mai avuto alcuna caratterizzazione dinastica, in quanto i suoi Gran Maestri sono sempre stati liberamente eletti dagli organi di autogoverno dell'ordine medesimo – a decorrere dal 1929 è stato trasformato, per volontà della Santa Sede, in ordine religioso, pur mantenendo le proprie quasi millenarie tradizioni cavalleresche impersonate, oggi, dai Familiari e, all'interno di questi ultimi, dai Cavalieri d'Onore tra i quali spiccano, attualmente, il Cardinale Arcivescovo di Vienna ed il capo della casa imperiale degli Asburgo d'Austria, perdendo del tutto la precedente caratterizzazione militare;
          l'Ordine teutonico – già ente sovrano – è oggi persona giuridica pubblica dell'ordinamento canonico ed è governato da un Gran Maestro avente il rango ed i privilegi di Abate generale mitrato;
          l'Ordine teutonico è presente in Italia, oltre che con la procura generale presso la Santa Sede e con il priorato di Lana, con due Baliati (uno per il Sud Tirolo-Alto Adige e l'altro per il resto dell'Italia, esclusa la Sicilia) ed una Commenda autonoma in Sicilia, articolazioni che, in conformità al codice di diritto canonico, alle costituzioni dell'ordine ed allo Statuto apostolico che le disciplina, sono persone giuridiche pubbliche dell'ordinamento canonico;
          il predetto Paolo Francesco Barbaccia, a quanto consta all'interrogante, non godrebbe di riconoscimento alcuno da parte di stati esteri e, nonostante ciò, come risulterebbe dal sito internet www.teutonici.com sembra sia stato autorizzato, già dal 1996, dal prefetto di Siena, ad esporre all'esterno della sua abitazione, a Poggibonsi, la bandiera dell'Ordine teutonico;
          il predetto Barbaccia conferisce onorificenze del suddetto supposto Ordine nella qualità di «Gran Mastro»;
          il cosiddetto Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia, in quanto asseritamente cavalleresco, non risulterebbe tra quelli le cui insegne sono destinatarie di autorizzazione all'uso pubblico da parte del Governo italiano, ai sensi della legge 3 marzo 1951, n.  178, ed, anzi, nell'allegato «C» della recente circolare prot. n.  M–D GMIL III 104/0541891 del Ministero della difesa italiano del 16 dicembre 2009 verrebbe espressamente indicato tra gli ordini non autorizzabili;
          il predetto Barbaccia ed i suoi affiliati risulterebbero essere adusi presenziare, talvolta, a cerimonie civili e religiose indossando segni distintivi che appaiono assai simili a quelli dell'Ordine teutonico, e che potrebbero ingenerare nell'opinione pubblica disorientamento e confusione  –:
          se, indipendentemente dalla sussistenza di eventuali illeciti ai sensi della legge 3 marzo 1951, n.  178, risulti autentica la documentazione della Presidenza del Consiglio dei ministri riportata sul sito internet www.teutonici.com a sostegno di un presunto «riconoscimento a Paolo Francesco Barbaccia (oggi Barbaccia Viscardi) dell'Ordine Teutonico di Santa Maria di Gerusalemme»;
          se il prefetto di Siena abbia autorizzato il citato Paolo Francesco Barbaccia all'esposizione della bandiera dell'Ordine Teutonico all'esterno della sua abitazione, come sembrerebbe evincersi dal citato sito internet e, in caso affermativo, sulla base di quali presupposti;
          se il cosiddetto Sovrano Ordine Militare ed Ospedaliero di Santa Maria di Gerusalemme Teutonico Dinastico di Svevia rientri tra quelli destinatari di autorizzazione all'uso pubblico ai sensi della legge 3 marzo 1951, n.  178, e, in particolare, se corrisponda al vero che il medesimo Ordine sia stato incluso tra quelli non autorizzabili con provvedimento del Ministero della difesa. (4-08960)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 6 ottobre 2010, ha pubblicato un articolo del giornalista Paolo Barbuto, nel quale si riferisce di un «allarme internazionale» a proposito di un progetto di perforazione dell'area vulcanica dei Campi Flegrei: «una poderosa trivella si infilerà nel cuore dell'area vulcanica tra Pozzuoli e Napoli, esattamente nell'ex zona industriale di Bagnoli, ma quest'operazione non convince una parte del mondo scientifico»; in particolare, viene riportato «il consiglio» del giornale Popular Science, che invita semplicemente i napoletani a «trattenere il respiro» perché, «se la trivella intercettasse casualmente una vena di magma sotto alta pressione, potrebbe teoricamente provocare un completo disastro, portando l'area vulcanica ad una definitiva eruzione (e Napoli alla sua fine)»;
          quello di Popular Science potrebbe essere un allarme esagerato, ma anche il prestigioso Nature nell'edizione online lancia il suo allarme da almeno quindici giorni: «Il pozzo sopra il vulcano e i dubbi sulla sicurezza»; l'articolo spiega con precisione tutto quel che avverrà con le operazioni di trivellazione che prenderanno il via a Bagnoli, fa una ricognizione storica dell'attività vulcanica dei Campi Flegrei, poi con agghiacciante semplicità spiega quali possono essere i rischi dell'esperimento: «Se fosse intercettato magma che si trova a una altezza superiore a quella prevista, potrebbe teoricamente verificarsi una esplosione, oppure potrebbe essere la causa scatenante di piccole scosse di terremoto che sarebbero molto pericolose nelle vicinanze di una grande città. Inoltre le operazioni di trivellazione potrebbero smuovere l'ex area industriale riportando in superficie metalli pesanti e altro materiale tossico prodotto dall'Ilva, che nel corso dei decenni era sprofondato nel cuore della terra»;
          secondo Nature, «In Islanda era partito un progetto identico ed è stato sospeso improvvisamente quando è stata intercettata una camera magmatica inaspettata alla profondità di 2.100 metri»  –:
          quali valutazioni abbiano espresso i competenti organi tecnici, e in primo luogo l'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, in merito ai pericoli e dei rischi adombrati e ipotizzati da Popular Science e da Nature;
          se siano stati ritenuti allarmi infondati;
          in caso affermativo, su quali elementi si basi tale convincimento. (4-08963)


      BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. — Per sapere – premesso che:
          una discarica abusiva di circa 5 tonnellate di amianto è stata scoperta nel Parco naturale dei Monti Lucretili, un'area protetta che si estende per 18.000 ettari a Nord-est di Roma e che comprende 13 comuni tra le province della Capitale e di Rieti;
          il ritrovamento è stato possibile grazie ad un'azione congiunta tra i guardiaparco del distaccamento di Orvinio e i carabinieri di Licenza, due dei comuni del parco regionale. L'operazione di individuazione delle discariche è risultata molto complessa perché il materiale imballato, ed estremamente pericoloso, è stato abbandonato in 11 diversi siti lungo un tratto di 12 chilometri, localizzati tra il chilometro 24.400 e il chilometro 36.200 della strada Licinese che collega i comuni di Licenza, Orvinio e Percile;
          la popolazione interessata al disastro ambientale, migliaia di cittadini, è preoccupata per l'evolversi della situazione e per la propria salute, oltre alla preoccupazione delle popolazioni residenti a valle del letto del fiume Aniene, che potrebbe divenire veicolo di pericoloso inquinamento in tutta la zona sublacense e limitrofe;
          la frustrazione subita è grande, a causa dell'ennesimo episodio di criminalità, perché non solo è noto che l'amianto è un materiale cancerogeno, natura riconosciuta per la prima volta nel 1943 in Germania, dove si verificarono decessi per tumori da uso di amianto, e da qui discendono le preoccupazioni sopra riportate degli abitanti le aree interessate, ma anche perché esse fanno parte di un ricchissimo patrimonio naturalistico ed ambientale di interesse comunitario: il torrente Licenza è quello citato dal poeta latino Orazio, vissuto nel I secolo a.C., che aveva scelto questo luogo incantato per edificare la sua villa, oggi un sito archeologico di grande interesse situato a pochi chilometri dal Borgo di Licenza;
          l'area protetta di Percile accoglie due piccoli laghi di origine carsica, chiamati Lagustelli, nel cui habitat incontaminato vivono specie rarissime, come il tritone crestato e l'ululone, o rana urlatrice dal ventre giallo, un anfibio endemico dell'area appenninica;
          nell'area parco limitrofa all'abitato di Orvinio, è invece il lupo a dominare sulle distese di macchia mediterranea e sulle faggete e sulle foreste ad alta quota;
          il ritrovamento delle discariche di amianto, per la quantità e per le modalità di deposito incontrollato, fa supporre che non si tratti di un caso isolato di abbandono illegale di rifiuti pericolosi, ma di un'operazione più articolata;
          il materiale è imballato, pronto per raggiungere i siti di smaltimento, ma è stato invece abbandonato nel cuore del Parco Naturale dei Monti Lucretili, non si conosce da quanto tempo;
          è stato predisposto il sequestro dell'intera area per garantire la tutela della salute pubblica, in attesa della bonifica;
          dal sito ufficiale del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare si legge che il SISTRI è finalizzato alla: «lotta alla illegalità nel settore dei rifiuti speciali costituisce una priorità del Governo per contrastare il proliferare di azioni e comportamenti non conformi alle regole esistenti e, in particolare, per mettere ordine a un sistema di rilevazione dei dati che sappia facilitare, tra l'altro, i compiti affidati alle autorità di controllo;
          nell'ottica di controllare in modo più puntuale la movimentazione dei rifiuti speciali lungo tutta la filiera, viene pienamente ricondotto nel SISTRI il trasporto intermodale e posta particolare enfasi alla fase finale di smaltimento dei rifiuti, con l'utilizzo di sistemi elettronici in grado di dare visibilità al flusso in entrata ed in uscita degli autoveicoli nelle discariche;
          il SISTRI costituisce, quindi, strumento ottimale di una nuova strategia volta a garantire un maggior controllo della movimentazione dei rifiuti speciali;
          con il SISTRI lo Stato intende dare, inoltre, un segnale forte di cambiamento nel modo di gestire il sistema informativo sulla movimentazione dei rifiuti speciali. Da un sistema cartaceo – imperniato sui tre documenti costituiti dal Formulario di identificazione dei rifiuti, Registro di carico e scarico, Modello unico di dichiarazione ambientale (MUD) – si passa a soluzioni tecnologiche avanzate in grado, da un lato, di semplificare le procedure e gli adempimenti con una riduzione dei costi sostenuti dalle imprese e, dall'altro, di gestire in modo innovativo e più efficiente, e in tempo reale, un processo complesso e variegato che comprende tutta la filiera dei rifiuti, con garanzie di maggiore trasparenza e conoscenza;
          benefici ricadranno anche sul sistema delle imprese. Una più corretta gestione dei rifiuti avrà, infatti, vantaggi sia in termini di riduzione del danno ambientale, sia di eliminazione di forme di concorrenza sleale tra imprese, con un impatto positivo per tutte quelle che, pur sopportando costi maggiori, operano nel rispetto delle regole  –:
          se siano a conoscenza dei fatti esposti in premessa e, nell'eventualità positiva, quali iniziative gravi ed urgentissime intendano porre in essere per dare soluzione ai fatti stessi;
          più specificamente, in quale modo intendano attivarsi per effettuare la necessaria bonifica al fine di preservare l'integrità biologica della zona, comprendente uomini, animali, piante, soprattutto al fine di evitare l'insorgere di un aumento dei casi di cancro e le morti a ciò connesse;
          perché, nonostante le ottimistiche dichiarazioni fatte sull’home page del SISTRI, appare non esservi stata la necessaria diligenza per impedire il crimine descritto e, in modo particolare, in quale forma e modo sia stata garantita la lotta all'illegalità nel settore dei rifiuti speciali, in che modo il sistema di rilevazione dei dati abbia contribuito all'accadimento descritto, come siano stati utilizzati i sistemi elettronici per dare visibilità al flusso degli autoveicoli addetti al trasporto dei rifiuti speciali, come la filiera dei rifiuti abbia potuto conoscere un vulnus tanto grave da consentire l'accadimento del fatto sopra citato e quali danni complessivi, non solo economici, la comunità sarà costretta a fare fronte. (4-08966)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro degli affari esteri, al Ministro per le politiche europee, al Ministro per le pari opportunità. — Per sapere – premesso che:
          la persona minorenne per legge è sempre sottoposta all'autorità e responsabilità di entrambi i genitori in virtù dell'articolo 30 della Costituzione;
          in materia di affidamento ed esercizio dell'autorità e della responsabilità genitoriale, la legge n.  54 del 2006 si applica sia ai figli di genitori non coniugati che a quelli di genitori coniugati;
          la legge n.  54 del 2006 sancisce il diritto dei figli – naturali o no – di mantenere rapporti equilibrati e continuativi con ciascun genitore e con i parenti di ciascun ramo genitoriale, coinvolgendo entrambi i genitori (e non più solo quello convivente, come si evince dall'articolo 317-bis del codice civile) nell'esercizio dell'autorità e della responsabilità genitoriale, e dunque nell'assunzione delle decisioni relative al minore;
          le norme della Convenzione ONU di New York del 20 novembre 1989 sui diritti del fanciullo e, in particolare gli articoli 7 e 18, hanno come ratio specifica il principio della cosiddetta bigenitorialità;
          allo stesso modo, tale principio è contemplato anche dalle norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, e in particolare dall'articolo 8;
          le norme della Convenzione de L'Aja del 5 ottobre 1961, «concernente la competenza delle autorità e la legge applicabile in materia di protezione dei bambini», sono state ratificate da Austria, Cina, Francia, Germania, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Portogallo, Spagna, Svizzera e Turchia;
          il regolamento (CE) n.2201/2003 (cosiddetto Bruxelles II-bis) in materia di tutela dei minori, pur prevalendo sulla richiamata Convenzione de L'Aja del 1961 (articolo 60 del Regolamento), non presenta alcuna disposizione equivalente all'articolo 3 della citata Convenzione, il quale articolo è dunque ancora in vigore, valido e pienamente efficace;
          l'articolo 3 della Convenzione de L'Aja del 1961 ha come ratio il principio della continuità transfrontaliera dell'autorità e della responsabilità genitoriale e dovrebbe tutelare tale continuità fra Italia e gli altri paesi della Convenzione;
          in diversi Stati, dove sono residenti molti cittadini italiani, quali i Paesi Bassi, la Svezia e la Germania, il padre di un minore nato al di fuori del matrimonio non ha automaticamente l'autorità e la responsabilità genitoriale sul figlio minorenne;
          le leggi dei Paesi che hanno ratificato la Convenzione de L'Aja del 1961, non estinguono l'attribuzione della autorità e della responsabilità genitoriale anche al padre, atteso che tale attribuzione scaturisce dal diritto italiano attraverso l'articolo 3 della citata Convenzione. Di fatto, però, in caso di conflittualità tra i coniugi i tribunali di Stati, quali Paesi Bassi, Svezia e Germania, ricorrono alla cosiddetta lex fori, con ciò applicando il Regolamento (CE) n.  2201/2003 e ignorando la Convenzione, con il risultato che ai padri italiani non viene riconosciuta l'autorità genitoriale;
          i padri italiani che incontrano ostacoli a farsi riconoscere dalla legge vigente negli altri Paesi l'autorità genitoriale non sono pochi e sono apparentemente abbandonati a se stessi;
          non tutti i Paesi dell'Unione europea hanno ratificato la Convenzione de L'Aja del 1961, e dunque sussiste disarmonia tra le normative dei diversi Stati;
          attualmente ci sono circa 8 milioni di cittadini europei residenti nel territorio europeo ma fuori dalla loro nazione (in pratica, più dell'1 per cento della popolazione dell'Unione europea), sicché tale problema è destinato a crescere in dimensione quantitativa;
          a giudizio della prima firmataria del presente atto nonché delle associazioni nazionali, quali l'Adiantum, che si battono per la tutela dei minori, la presente situazione, ignorando i diritti dei padri italiani residenti in un altro Paese europeo, rischia di azzerare il valore della cittadinanza italiana e dell'appartenenza alla nostra comunità nazionale  –:
          quali siano, nello specifico, gli strumenti di diritto internazionale che tutelano i genitori italiani residenti all'estero, e in particolare i padri, relativamente all'acquisizione e all'esercizio dell'autorità genitoriale sui loro figli minori residenti all'estero;
          in quale maniera tali strumenti tutelino i genitori ed i loro figli minorenni;
          se ritengano tali strumenti idonei a tutelare le singole posizioni giuridiche soggettive dei genitori e dei loro figli minorenni;
          quali siano le politiche e le iniziative messe in atto dal Governo al fine di rafforzare l'autorità genitoriale dei genitori italiani all'estero;
          quali specifiche iniziative e interventi il Governo intenda inoltre adottare per raggiungere l'obiettivo, da un lato, del rafforzamento del rispetto dell'autorità genitoriale dei genitori italiani residenti all'estero e, dall'altro, del sostegno e della tutela dei diritti dei minori di nazionalità italiana residenti all'estero nonché del sostegno del principio della bigenitorialità. (4-08985)


      PIONATI. – Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          sulla stampa sportiva veniva posto in evidenza che l'attuale presidente della Federcalcio avrebbe posto in essere una serie di determinazioni quali:
              la promozione a quadro di numerosi dipendenti che non avrebbero posseduto i requisiti necessari, sia come titoli accademici, sia come esperienza professionale;
              l'uso di un numero sproporzionato di consulenti a titolo oneroso di ogni genere;
              il trattenimento in servizio di pensionati, ai quali vengono erogati emolumenti di un certo rilievo oltre la pensione maturata;
              l'uso di aerei privati;
              l'assunzione senza concorso o selezione dei figli, parenti, o affini di dipendenti già in servizio;
          tutto questo con grave dispendio delle risorse pubbliche, mentre al contrario i fondi destinati al settore giovanile scolastico o ai dilettanti di quella federazione, appaiono insufficienti ed inadeguati all'attività che questi settori devono svolgere per educare i nostri ragazzi ad una sana competizione sportiva, al rispetto dei valori di lealtà e tolleranza  –:
          se nella predisposizione del disegno di legge finanziaria della Stato per il 2011 e nell'eventuale trasferimento di risorse al CONI, non intendano porre in essere disposizioni normative per una destinazione d'uso di queste risorse, affinché il contributo dello Stato venga utilizzato dalle federazioni sportive interessate, in cui esiste il fenomeno del professionismo, in larghissima parte, almeno il 50 per cento delle risorse, a favore dei settori giovanili e dilettantistici per una più efficace ed incisiva azione educativa nei confronti delle nuove generazioni. (4-08987)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri. — Per sapere – premesso che:
          il 30 settembre 2010, durante la trasmissione «Annozero» in onda su Rai 2, il Ministro della difesa, di fronte alle legittime rimostranze del segretario generale aggiunto del COISP Domenico Pianese, non riuscendo, ad avviso degli interroganti, ad affrontare sul piano dialettico e democratico le osservazioni dell'interlocutore circa mancate promesse e mera demagogia del Governo in carica, ha ritenuto di fare ricorso a toni, ad avviso degli interroganti, offensivi nei confronti del dirigente sindacale, che ha apostrofato come un «poliziotto non vero»;
          il segretario del COISP, infatti, incalzato dalle domande della conduttrice si era limitato a ricordare al Ministro La Russa che rispetto alla politica degli annunci ed alla politica mediatica della sicurezza, ciò che in concreto si è potuto constatare è che vi sono stati solo tagli orizzontali e massicci alle forze dell'ordine, tali da portare addirittura alla chiusura di importanti strutture;
          nonostante il segretario del sindacato di polizia abbia fatto presente che nelle questure non vi sono nemmeno i soldi per acquistare la carta per prendere le denunce e che solo a Roma mancano 1800 poliziotti e altri 800 a Napoli, e che quest'ultimi non possono essere sostituiti dalle pattuglie di militari che rappresentano piuttosto un aggravio di spesa al bilancio della sicurezza dato che non possono operare autonomamente sul territorio se non affiancati dagli appartenenti alle forze dell'ordine che giocoforza vengono distolti dai compiti di istituto, il Ministro La Russa ha pubblicamente dichiarato che il segretario del COISP Domenico Pianese, «nonostante fosse un poliziotto e avesse quindi fatto una scelta di vita importante, si stava abbassando a dire delle falsità», atteso che le cosiddette pattuglie miste «richiedendo la presenza di un solo poliziotto o di un solo carabiniere e non incidono negativamente sull'economia della sicurezza»;
          il Ministro La Russa, pur di salvare, secondo gli interroganti, le proprie ragioni dalle evidenti contraddizioni che quotidianamente emergono nella realtà dei fatti, è addirittura giunto al punto di negare platealmente il taglio di un miliardo di euro previsto dall'ultima manovra finanziaria ai danni del comparto sicurezza, per poi riconsiderare le sue dichiarazioni, non appena gli è stato fatto notare che proprio il Ministro della difesa e il Ministro dell'interno Maroni, pressati dalle sigle sindacali del cartello e dalla protesta che ha visto in tutta Italia mostrare sagome del COISP con poliziotti accoltellati alle spalle, hanno provveduto ad eliminarlo in parte;
          il Ministro della difesa, con un comportamento che, a giudizio degli interroganti, contrasta con la pacifica e democratica manifestazione del pensiero, ha dichiarato che il segretario del COISP, Domenico Pianese, è l'unico a sostenere tali rimostranze poiché gli altri poliziotti «quelli veri impegnati su strada e che hanno senso del dovere e spirito di dedizione, certe infamie non le dicono!!!!»;
          gli interroganti hanno rivolto numerose interrogazioni al Ministro della difesa e al Ministro dell'interno nelle quali si evidenziano fatti che confermano e aggravano quanto dichiarato dal segretario del COISP. Detti atti di sindacato attendono da mesi le doverose risposte  –:
          se intenda intervenire immediatamente al fine di assicurare una puntuale applicazione dell'articolo 5, comma 2, lettera d) della legge n.  400 del 1988 («Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri») secondo cui il Presidente del Consiglio dei ministri concorda con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi intendano rendere ogni qualvolta, eccedendo la normale responsabilità ministeriale, possano impegnare la politica generale del Governo;
          se non ritenga doveroso che il Ministro della difesa presenti le immediate scuse per quanto affermato nei confronti del dirigente sindacale nel corso della trasmissione di cui in premessa. (4-08991)


      SCILIPOTI. — Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          la legge n.  154 del 1992, articoli 4 e 5, sulla trasparenza bancaria, poi trasfusa nel successivo decreto legislativo n.  385 del 1993, articolo 117 (Testo unico bancario), ha reso «...nulle e considerate non apposte le clausole contrattuali di rinvio agli usi per la determinazione dei tassi di interesse...»;
          di conseguenza, i contratti bancari, debbono «...indicare il tasso di interesse ed ogni prezzo e condizione praticati...»;
          per effetto delle citate norme bancarie, tutte le banche, avrebbero dovuto provvedere a rinegoziare i precedenti contratti indeterminati, ancora non conclusi e, per i nuovi rapporti, a stipulare contratti con l'indicazione esatta e puntuale, sia degli interessi, che degli altri costi applicati;
          ciò avrebbe comportato la restituzione, in favore dei correntisti in rosso, dei maggiori interessi (cosiddetti «ultralegali») e di tutte le spese e commissioni, non espressamente pattuite in forma scritta, applicati fino all'entrata in vigore della legge n.  54 del 1992, corrispondenti a svariati migliaia di milioni di euro, che logicamente avrebbero gravato sui bilanci delle banche;
          anche alla luce delle risultanze emerse nei procedimenti giudiziari, instaurati al fine del recupero dei cosiddetti «ultralegali», è un dato di fatto che la pressoché totalità degli istituti di credito non si è mai uniformata alle statuizione del Tub, che sanciscono la nullità degli interessi «uso piazza»;
          ponderando i rischi ed i guadagni, la scelta delle banche, di non uniformarsi ai precetti indicati dal Tub, ha comportato, da un lato, l'incameramento in proprio favore di ingenti capitali, per migliaia di milioni di euro, dall'altro, l'instaurarsi di contenziosi civili che, qualora tempestivamente proposti, comportano un irrilevante obbligo risarcitorio in capo agli istituti stessi;
          appare di elementare comprensione, a fronte di tale ragionamento, il fatto che alle banche sia convenuto non applicare la legge, e tanto hanno consapevolmente fatto, in danno soprattutto dei consumatori e delle piccole e medie imprese, con ripercussioni sull'intera economia nazionale;
          in conseguenza delle violazioni al decreto legislativo n.  385 del 1993, la quasi totalità dei decreti ingiuntivi ottenuti dalle banche, con le modalità dell'articolo 50 Tub, sono risultati costituiti da somme non dovute;
          pertanto, è dato ritenere, ad avviso dell'interrogante, che, le attestazioni di verità e certezza del credito, rilasciate dai funzionari delle banche per ottenere i decreti ingiuntivi provvisoriamente esecutivi (articolo 50 Tub), siano da ritenersi dichiarazioni false, finalizzate a conseguire arricchimenti indebiti, con altrui danno;
          tale pratica ha consentito e consente alle banche di realizzare profitti smisurati, cagionando danni gravi ed in molti casi irreparabili a milioni di famiglie, piccole imprese, artigianali e commercianti, ed una crescente diseconomia su scala nazionale. Inoltre, con l'entrata in vigore della legge antiusura, n.  108 del 1996, tali illegittime appropriazioni hanno comportato il supero dei tassi soglia per interessi infinitamente elevati;
          la violazione delle leggi bancarie non poteva essere sconosciuta ai banchieri, in quanto, come detto, le mancate rinegoziazioni hanno comportato un beneficio diretto e sostanziale sui bilanci delle banche;
          la violazione delle leggi bancarie da parte degli istituti di credito in danno di milioni di utenti, in maggioranza ignari del proprio diritto al rimborso di somme ingenti, ha comportato la riduzione dei medesimi in uno stato di bisogno e di insolvenza cronica;
          detti comportamenti appaiono tanto più gravi in quanto posti in essere da soggetti istituzionalmente delegati al credito legale, i quali avrebbero violato deliberatamente i più elementari princìpi etici e morali, di solidarietà e correttezza professionale, per conseguire esclusivamente il massimo profitto, anche mediante l'uso distorto di mezzi formalmente leciti, come risultano essere quelli sopra indicati  –:
          se non si intendano adottare iniziative volte a rafforzare la disciplina in materia, eventualmente mediante un adeguamento del sistema sanzionatorio.
(4-08995)


AFFARI ESTERI

Interrogazioni a risposta scritta:

      GARAVINI, BUCCHINO e PORTA. —Al Ministro degli affari esteri. — Per sapere – premesso che:
          nel piano di «razionalizzazione» della rete consolare per la Germania è prevista la chiusura, oltre a quelli di Mannheim, Norimberga, Saarbrücken, anche del consolato di Amburgo, che per la grande mole di attività economiche, commerciali e professionali operanti nell'area anseatica e per il ruolo mondiale assunto dal porto della città, priverebbe il nostro Paese di un essenziale riferimento relazionale per i suoi più diretti interessi;
          in una sua recente riunione, il consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri ha confermato l'intenzione di chiudere il consolato di Amburgo, unitamente a quelli di Liegi, Lille, Mons e Manchester, a partire dal 1o luglio 2011;
          la scelta della nostra amministrazione di concentrare la rappresentanza ad Hannover è in evidente controtendenza con quelle compiute da altri Paesi, come la Spagna e la Grecia, che pur in un quadro di complessiva riduzione delle loro rappresentanze hanno conservato ad Amburgo le loro strutture, peraltro in coerenza con quanto già fatto da circa altri cento Paesi accreditati nella regione metropolitana amburghese, che per oltre il 90 per cento sono insediati nella città;
          l'eventuale dismissione della sede del consolato di Amburgo, che non ha beneficiato da tempo di interventi di manutenzione, avverrebbe ad un prezzo di mercato sfavorevole, certamente inferiore al reale valore dell'immobile, vanificando in buona parte le intenzioni di risparmio, per altro mai quantificato, sottese al piano di «razionalizzazione»;
          per alcune situazioni previste nel piano, come quelle di Norimberga e Saarbrucken, le reazioni della nostra comunità e le sollecitazioni espresse in ambito parlamentare hanno indotto il Governo e l'amministrazione a prevedere forme alternative di servizio, come gli sportelli consolari, accettati dopo una laboriosa mediazione anche dalle autorità tedesche, inizialmente perplesse sulle soluzioni adottate;
          una risposta del sottosegretario Mantica a un'interrogazione scritta presentata dall'interrogante il 14 luglio 2010 sembra segnalare da parte dell'amministrazione «un'approfondita riflessione in merito alle opzioni più appropriate e concretamente attuabili» relativamente al consolato di Amburgo;
          il prolungarsi di uno stato di incertezza in ordine ad una possibile soluzione alternativa alla chiusura prevista nel piano di «razionalizzazione», oltre a prolungare la condizione di allarme e di inquietudine della nostra comunità, di fatto determina ad avviso degli interroganti incertezza e perdita di credibilità del nostro Paese nei confronti dei soggetti internazionali che nella città anseatica hanno uno snodo importante per i loro interessi  –:
          se il Governo e l'amministrazione non intendano chiarire definitivamente la situazione del consolato di Amburgo, manifestando al più presto la decisione in ordine alla soluzione alternativa che s'intende adottare, che non può essere evidentemente inferiore a quella già assunta per altri consolati italiani in Germania. (4-08964)


      BOBBA. — Al Ministro degli affari esteri, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE) è un ente pubblico non economico ed ha autonomia regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria, secondo quanto dispone la legge 25 marzo 1997, n.  68, «Riforma dell'Istituto Nazionale per il Commercio Estero», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.  72 del 27 marzo 1997;
          «L'ICE, Istituto nazionale per il Commercio Estero, è l'ente che ha il compito di sviluppare, agevolare e promuovere i rapporti economici e commerciali italiani con l'estero, con particolare attenzione alle esigenze delle piccole e medie imprese, dei loro consorzi e raggruppamenti» (www.ice.gov.it);
          l'ICE ha la propria sede centrale in Roma e dispone di una rete composta da 17 uffici in Italia e da 116 uffici in 88 Paesi del mondo;
          con delibera n.  195 del 26 giugno 2008, è stato indetto il concorso pubblico, per titoli ed esami, a 107 posti nei ruoli del personale dell'ICE, Area funzionale C, posizione economica C1;
          il concorso si è articolato in una preselezione, due prove scritte, una orale e la valutazione dei titoli, ed è durato circa due anni;
          la graduatoria definitiva di detto concorso è stata approvata con determinazione del direttore generale in data 8 aprile 2010;
          al comma 1 dell'articolo 12 del bando di concorso, si precisa che «il superamento del concorso non costituisce garanzia di assunzione, essendo la stessa subordinata alla previa autorizzazione da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, ai sensi delle vigenti disposizioni in materia di assunzioni di personale nella Pubblica Amministrazione», e successivamente il comma 2 dispone: «il candidato dichiarato vincitore del concorso è invitato a stipulare un contratto individuale di lavoro, a tempo pieno e indeterminato»;
          esistono fondati rischi che però i vincitori del concorso possano essere assunti con un ritmo di quattro/sette all'anno, per cui il sessantesimo in graduatoria prenderà servizio tra non meno di circa cinque anni;
          a distanza di cinque anni da un concorso, si può sostenere con buona probabilità che, nelle migliori delle ipotesi, il giovane interessato abbia trovato un'alternativa lavorativa, magari all'estero, vista l'ottima conoscenza delle lingue che il concorso richiede, e nella peggiore, essendo nel frattempo diventato adulto, abbia dovuto trovare un lavoro non rispondente alla sue capacità per far fronte alla propria sussistenza e a quella della famiglia, qualora sia stato in grado di formarla;
          gli articoli 97 e 98 della Costituzione stabiliscono i princìpi di buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione, mentre la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nel titolo relativo alla cittadinanza, all'articolo 41, disciplina il diritto ad una buona amministrazione, e, a tali princìpi, si affianca il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni cagionati dalle istituzioni pubbliche, pienamente attuato anche in Italia con la sentenza della Cassazione n.  500/ 1999 in tema di risarcimento degli interessi legittimi, prefigurando la responsabilità della pubblica amministrazione  –:
          come mai si sia indetto un concorso pubblico a 107 posti se non si era in grado di garantire l'assunzione dei giovani interessati, visto anche l'articolo 12 dello stesso bando in premessa;
          se non si ritenga necessario, pur condividendo l'esigenza di razionalizzazione e contenimento della spesa pubblica, investire sui giovani meritevoli e migliorare l'efficienza della pubblica amministrazione, garantendo ai vincitori del concorso in premessa l'assunzione in tempi rapidi. (4-08988)


AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

      DI CAGNO ABBRESCIA. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da un articolo pubblicato dal quotidiano: «La Gazzetta del Mezzogiorno» in data 1o ottobre 2010, da diversi mesi, numerose aziende certificate e specializzate nella gestione dei rifiuti, propongono al comune di Bari, il ritiro gratuito dei prodotti vegetali utilizzati nelle cucine all'interno delle abitazioni private e quasi sempre gettati nei lavandini e quindi nelle condotte della fognatura;
          quanto predetto, oltre a causare gravi danni quali, l'intasamento delle fogne, l'ingrassamento dei ratti, il rischio piuttosto reale di bloccare il sistema di depurazione, avvelena, in particolare, l'acqua e inquina il mare e comunque va ad aggravare in modo anomalo il sistema di depurazione delle acque;
          la conferma della pericolosità ambientale proviene anche da una società di smaltimento dei predetti rifiuti che interpellata, sostiene che un solo litro «soffoca» uno specchio d'acqua di un chilometro quadrato, per circa 4 mesi, ed è per tale motivazione che la legge ha imposto l'obbligo del riciclo a tutte le attività professionali che finiscono con il produrre olio vegetale esausto (come ad esempio: frigoriferi e ristoranti);
          il medesimo articolo inoltre, sostiene che nonostante non ci sia per i cittadini l'obbligatorietà della raccolta, per gli operatori professionali quali i ristoranti e simili tale adempimento risulta invece dovuto, come previsto dall'articolo 233 del decreto legislativo, n.  152 del 2006, che impone alle utenze che detengono oli e grassi vegetali ed animali esausti, di conferirli al CONOE – Consorzio obbligatorio nazionale di raccolta e trattamento oli e grassi vegetali ed animali esausti, oppure mediante consegna a soggetti incaricati dal consorzio;
          le aziende baresi che gestiscono la raccolta di oli esausti, secondo quanto riportato dall'articolo, sarebbero soddisfatte di ritirare i resti degli scarti di olio usato per le fritture e senza alcun onere per il comune di Bari, in considerazione della valenza economica proveniente dalla sporcizia che unge i lavelli e tubature distrugge l'ambiente, avvalorata anche dall'introduzione del BIODIESEL, che costituisce per le imprese del settore di smaltimento un'attività redditizia, in quanto riciclano gli scarti e li trasformano in carburante o in altri prodotti, ma ciononostante l'amministrazione di Bari non ha tuttora stipulato alcun accordo in tal senso;
          a giudizio dell'interrogante, risulta quanto meno paradossale, che (sempre secondo quanto descrive il medesimo suddetto), vi siano enti locali, più modesti in termini di grandezza e d'importanza, rispetto alla città di Bari, che al contrario di quanto non ha fatto l'amministrazione del capoluogo di regione, hanno invece stipulato con le aziende di smaltimento dei rifiuti di olio vegetale esausto, la raccolta di prodotti vegetali gettati quasi sempre nei lavandini e quindi nelle condotte della fognatura  –:
          se e quali iniziative, nell'ambito delle sue competenze, intenda intraprendere al fine di promuovere ogni iniziativa che sia diretta a incentivare la raccolta degli oli usati, anche presso l'utenza domestica, in considerazione del fenomeno ambientale grave e pericoloso, relativo alla dispersione degli oli esausti che potrebbero al contrario costituire un volano di sviluppo se riutilizzati. (5-03562)


      FADDA, CALVISI, MARROCU, MELIS, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, PES, SCHIRRU e SORO. — Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la Castalia, società consortile costituita nel 1987 che aggrega le principali compagnie di navigazione italiane che operano nel soccorso e antinquinamento del mare, opera dal 2004 per conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ed ha espletato i servizi di vigilanza, prevenzione e abbattimento dell'inquinamento del mare da idrocarburi e altre sostanze nocive;
          tale servizio è stato effettuato attraverso l'utilizzazione di 35 mezzi navali di pronto intervento (10 di altura e 25 costieri) adeguatamente attrezzati, dislocati in diversi porti italiani e con l'impiego di circa trecento addetti;
          dal gennaio 2010 il servizio è attivo in base ad un contratto ponte di 7 mesi, condizionato dalla Corte dei Conti all'emanazione di un nuovo bando di gara (con scadenza 9 settembre 2010) ed all'espletamento della stessa;
          dal momento che il contratto ponte è scaduto il 5 ottobre 2010 e la gara è andata deserta, è ragionevole temere che l'Italia rischi di rimanere priva di un servizio di sorveglianza delle coste e del pronto intervento disinquinante;
          il mancato espletamento del nuovo bando di gara sembrerebbe legato a vistose imperfezioni del capitolato tecnico quali la mancanza sul mercato nazionale e internazionale di unità navali nel numero e con le caratteristiche richieste, nonché l'evidente discrasia fra i costi che si dovrebbero sostenere per rispondere alle richieste del capitolato e la disponibilità dei fondi previsti dal bando;
          a seguito degli inviti di Castalia rivolti al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di rivedere il capitolato e il successivo ricorso amministrativo, lo stesso Ministero ha comunicato il 31 agosto 2010, alle società e ai gruppi di società che avevano presentato manifestazione di interesse per il bando, il differimento del termine di presentazione delle offerte che purtroppo ancora non è stato indicato;
          allo scadere del contratto ponte l'attuale soggetto erogatore del servizio sarebbe costretto a procedere al disarmo dei mezzi e al congedo del personale. È immaginabile pertanto la gravissima situazione che si determinerebbe in caso di emergenza da inquinamento in mare in quanto il tempo necessario per allestire i mezzi e reclutare nuovo personale sarebbe di settimane;
          tale situazione sta destando particolare preoccupazione e allarme presso gli amministratori dei comuni rivieraschi della Sardegna il cui mare, stante la presenza di una delle più grandi raffinerie d'Europa, è solcato costantemente da un numero impressionante di petroliere;
          preoccupano le dichiarazioni stampa provenienti dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, secondo le quali il servizio di sorveglianza dopo il 5 ottobre verrà svolto dalle capitanerie di porto che purtroppo non hanno la disponibilità tecnica per svolgere in modo efficace tale servizio  –:
          se la causa effettiva della mancata attribuzione del servizio sia dovuta, oltre che a questioni burocratiche, alla scarsa disponibilità delle risorse dirette al servizio stesso;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare per impedire che dopo il 5 ottobre il servizio svolto da Castalia venga sospeso e i nostri mari quindi rimangano non presidiati e non protetti;
          con quali mezzi le capitanerie di porto potranno, nelle more dell'affidamento definitivo del servizio, svolgere la sorveglianza e il pronto intervento disinquinante. (5-03563)


BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta immediata:

      COSENZA. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'Italia possiede il più grande e straordinario patrimonio culturale del mondo. Eppure - come dimostrano molti esempi, a partire da quello dei Campi flegrei, in cui musei e siti archeologici sono abbandonati in stato di totale incuria - la gestione pubblica di questo patrimonio è spesso insufficiente per mancanza di risorse e per carenze organizzative;
          sul polo opposto si pongono Paesi, come gli Stati Uniti, la Francia, la Germania o la Gran Bretagna, che al contrario sono dotati di un patrimonio culturale certamente di minore spessore, sia quantitativo che qualitativo, rispetto all'Italia. Eppure lo sanno sfruttare nel modo migliore, valorizzandolo sia sul piano della conservazione che su quello dell'utilizzo a fini turistici, grazie, in particolare, al ricorso alle risorse del privato, che, se affiancate a quelle pubbliche e se selezionate in base a criteri rigorosi, possono garantire un'offerta culturale di qualità;
          l'esempio più eloquente è, in particolare, quello degli Stati Uniti, dove grandi istituzioni culturali, come il Metropolitan museum di New York, ricevono sostegni pubblici in quantità del tutto minoritaria rispetto alle donazioni ricevute dai privati (semplici cittadini, università, istituzioni culturali, fondazioni e imprese) oppure sono direttamente gestiti da soggetti privati  –:
          quali siano gli intendimenti del Governo rispetto alle seguenti ipotesi:
              a) affidare a privati in totale concessione sperimentale i musei italiani oggi più periferici e peggio gestiti, superando i limiti molto stretti posti dall'attuale ordinamento, che affida ai privati solo la conduzione di alcuni servizi;
              b) estendere alle sponsorship delle imprese private coinvolte in progetti culturali la disciplina del credito di imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo tecnologico;
              c) alzare dal 19 per cento attuale al 30 per cento l'aliquota da portare in detrazione fiscale, quando le erogazioni in favore di istituzioni culturali siano effettuate da persone fisiche. (3-01273)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      MELANDRI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          l'industria cinematografica italiana annovera oltre 9 mila imprese nel relativo comparto produttivo con un numero di occupati superiore alle 76 mila unità;
          l'industria cinematografica nazionale produce circa 120 film all'anno, con 109 milioni di spettatori nel 2009;
          il 78,5 per cento delle risorse impiegate nel settore cinematografico provengono da investitori privati;
          la costante riduzione del fondo unico per lo spettacolo e dell'investimento pubblico rende sempre più indispensabile l'intervento privato a sostegno del settore cinematografico;
          misure fiscali del «tax credit» e del «tax shelter» possono contribuire in maniera significativa ad agevolare l'investimento dei privati nel comparto cinema;
          il Ministro interrogato ha in più di un'occasione rassicurato gli operatori del settore circa la volontà dell'Esecutivo di rinnovare le misure di «tax credit» e di «tax shelter»  –:
          quali iniziative il Governo intenda mettere in campo per rinnovare il «tax credit» e il «tax shelter». (5-03561)


Interrogazioni a risposta scritta:

      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano Il Mattino, nella sua edizione del 6 ottobre 2010, ha pubblicato un articolo della giornalista Mariamichela Formisano, «Rottami e scritte così muore»;
          in particolare, si racconta del «viaggio nel degrado della Reggia di Caserta»: basoli divelti, rifiuti accatastati tra i colonnati vanvitelliani, erbacce che spuntano tra i cornicioni;
          nel citato articolo si parla, inoltre, di una vera e propria «casbah di zingare e venditori abusivi che utilizzano i marmi reali come supporti a ogni tipo di mercanzia»;
          «il caleidoscopio di lattine, bottigliette di plastica, cartacce e mozziconi di sigaretta attende il viaggiatore nel parco reale, quello che due anni fa meritò la corona del «più bello d'Italia». Una realtà fatta di rifiuti e ciarpame d'ogni tipo, che anche gli uccelli come i cigni e le oche della Peschiera Grande hanno imparato ad accettare»;
          è sufficiente «lasciare la strada maestra e risalire verso la fontana di Diana e Atteone seguendo la via d'acqua delle fontane, per conoscere lo scempio più inspiegabile. Un gabinetto di ceramica, e più in là la carcassa arrugginita di un'automobile, elettrodomestici rotti, sacchi di materiali di risulta giacciono all'ombra degli alberi secolari che costeggiano le mura di cinta della Reggia lungo le vie Tescione e Giannone. Uno spettacolo che incuriosisce ancora prima di impressionare: ma come ha fatto un'auto ad arrivare fin lì, insieme a sacchi ricolmi di chissà cosa, ed essere smontata e abbandonata senza che nessuno se ne accorgesse?»;
          già due anni fa la discarica a cielo aperto fu rinvenuta dai turisti e denunciata dai custodi della Reggia, cosicché la zona fu posta sotto sequestro dalle forze dell'ordine. Tuttavia dopo due anni, e ancora più ricca di materiali abbandonati, la discarica è ancora lì. Come ancora lì è la firma di Castellano Vincenzo, incisa sul basamento di una colonna al Vestibolo del piano nobile della Reggia. E anche qui la domanda di come sia stato possibile al megalomane vandalo agire indisturbato proprio all'ingresso degli appartamenti storici;
          la Soprintendente di Caserta, dottoressa Paola David, a proposito del degrado della Reggia spiega: «A fronte dell'esiguità dei finanziamenti ministeriali i costi per la pulizia e la manutenzione del complesso vanvitelliano sono di gran lunga superiori e affidati all'episodicità e straordinarietà dei fondi che il ministero eroga. Le somme che la soprintendenza spende ogni anno per la pulizia del complesso, che comprende un Parco di 140 ettari – continua Paola David – è sicuramente non sufficiente a provvedere alla pulizia di ogni sua parte. Ciò è dovuto al fatto che la manutenzione di un giardino storico necessita di competenze specifiche che non si limitano alla semplice raccolta dei rifiuti. Ciò vale anche per le vasche e le fontane»;
          tale degrado appare agli interroganti estremamente grave  –:
              quali urgenti iniziative, nell'ambito delle proprie prerogative e facoltà, intenda promuovere, sollecitare o adottare a fronte di quanto sopra esposto. (4-08989)


      EVANGELISTI, BARANI, BERGAMINI, GATTI, MARIANI e RIGONI. — Al Ministro per i beni e le attività culturali. — Per sapere – premesso che:
          la regione Toscana ha in corso di approvazione la costruzione di una scala mobile nella collina su cui si erge il castello Malaspina di Massa, monumento nazionale dal 1902, raggiungibile sia a piedi in una decina di minuti che in auto, con l'intento di «facilitare l'accesso al castello», al costo preventivato di 2 milioni di euro;
          la collina è soggetta a vincolo paesaggistico dal 1959 (decreto ministeriale 19 agosto 1959), vincolo ignorato dal comune, dalla regione (nonostante comparisse nella rispettive carte dei vincoli) e inizialmente anche dalla Soprintendenza di Lucca;
          su segnalazione della sezione locale dell'associazione Italia nostra, il soprintendente ad interim, dottor Bureca, ha espresso parere negativo alla costruzione di una scala mobile di sola risalita, divisa in due tratti, che giungeva in prossimità del castello, giudicandola (con parere prot. 5794 dell'11 maggio 2010) «incompatibile con la conservazione e la valorizzazione del patrimonio storico-monumentale e paesaggistico della collina»;
          allo scopo di non perdere i finanziamenti, si è poi arrivati a un «accordo» tra comune e Soprintendenza, che approva la costruzione di una scala mobile ridotta per estensione rispetto alla precedente, ma ancora più impattante poiché prevede anche una scala in discesa, scala che non raggiunge lo scopo di collegare città e castello, in quanto si ferma a metà della collina, e tra l'altro collega due strade carrozzabili;
          in questo accordo la Soprintendenza obbliga il comune a restaurare le mura del 1400, prima di costruire la scala mobile e precisa che il collegamento al castello, nel secondo pezzo, potrà avvenire solo tramite un ascensore o i sentieri esistenti;
          approvando questa scala mobile, ad avviso dei sottoscrittori del presente atto, non solo verrebbero disattese leggi dello Stato (la n.  41 del 1986, la n.  104 del 1992 e soprattutto il decreto del Presidente della Repubblica n.  503 del 1996) le quali stabiliscono che non è finanziabile con i soldi pubblici un manufatto che non abbatta le barriere architettoniche, ma lo stesso scopo del Piano integrato urbano di sviluppo sostenibile (PIUSS) che prevede la riqualificazione urbanistica sotto l'egida della sostenibilità;
          si aggiunga che, in contrasto con quanto previsto dalla convenzione del 1968 tra comune e Soprintendenza, nella quale si precisa che la concessione del castello al comune «viene fatta solamente a scopi culturali e museografici...», gli attuali progetti PIUSS di «valorizzazione» del castello prevedono un ascensore montacarichi e un punto di ristoro  –:
          quali siano gli intendimenti del Ministro in merito a quanto citato in premessa soprattutto alla luce del parere negativo iniziale dato dalla Soprintendenza per le province di Lucca e Massa Carrara;
          se non ritenga di intervenire con proprio provvedimento per il rigetto del progetto vista la mancata tutela dei manufatti storici (la scala mobile vi corre adiacente con un parapetto di due metri e due fasci di piloni di 5 e 7 metri, oltre a una piattaforma «panoramica» di 35 metri quadrati i quali ostruiranno la visione della muratura del quattrocento) e la devastazione del paesaggio soggetto a tutela. (4-08990)


DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 7 ottobre 2010, presso la Sala Santa Cecilia dell'Auditorium Parco della Musica di Roma, si è svolto il galà dell'Aeronautica militare con il concerto della banda dell'Aeronautica militare, la partecipazione straordinaria del soprano Cecilia Gasdia e del maestro, Enrico Giaretta e l'esibizione delle campionesse del mondo della squadra di ginnastica ritmica dell'Aeronautica militare  –:
          quali siano stati i costi dell'evento e chi li abbia sostenuti, se sia stato impiegato personale militare durante lo svolgimento dell'evento, con quali compiti e se al medesimo sia stato corrisposto l'eventuale compenso per il lavoro straordinario prestato;
          se il Ministro interrogato non ritenga opportuno, a causa dei severi tagli economici operati di recente nei confronti del personale militare, sospendere ogni iniziativa che esula dallo svolgimento dei primari compiti d'istituto delle Forze armate.
(4-08980)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          il 28 settembre 2010 è stato assegnato alla IV Commissione permanente (difesa), per l'espressione del relativo parere parlamentare, lo «schema di decreto ministeriale concernente il riparto dello stanziamento iscritto nello stato di previsione della spesa del Ministero della difesa per l'anno 2010, relativo a contributi ad enti, istituti, associazioni, fondazioni ed altri organismi», atto n.  259;
          il giorno 8 ottobre 2010 sul quotidiano Italia Oggi è stato pubblicato un articolo dall'eloquente titolo «La Russa e Frattini danno le mance – Soldi a 72 enti, alcuni dei quali erano stati definanziati dal Tesoro»  –:
          per ciascuna delle associazioni incluse nel citato schema di decreto, quali siano i contributi erogati negli ultimi 5 anni e quali le motivazioni, i bilanci presentati al Ministero vigilante, i nominativi dei componenti degli organismi statutari, i prospetti delle spese e delle erogazioni a favore degli associati o di soggetti terzi, le iniziative proposte e i progetti sostenuti;
          considerata la particolare congiuntura economica negativa, se non ritenga opportuno annullare detti finanziamenti e destinare la totalità delle risorse stanziate alla copertura totale delle spese mediche sostenute dai militari, che a causa del servizio prestato hanno contratto gravi patologie che richiedono continue e costose cure mediche. (4-08981)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          sulla rivista Panorama del 3 aprile 2008 è stato pubblicato un articolo dal titolo «RIS i superesperti sotto inchiesta» a firma di Antonio Rossitto; nel citato articolo vengono esposti fatti già oggetto di indagini da parte della procura militare competente che sollevano concreti dubbi sulla regolarità dello svolgimento dei compiti istituzionali durante l'ordinario orario di servizio da parte dei militari del reparto investigazioni scientifiche di Parma, in relazione all'esecuzione di attività extra professionali per consulenze e perizie tecniche affidate ai medesimi militari dalle autorità giudiziarie o direttamente dal comandante del reparto medesimo; a quanto consta agli interroganti, la normativa vigente prevede che nella documentazione delle attività peritali o di consulenza, svolte dai predetti militari, debba essere chiaramente indicato il luogo, il giorno e l'ora dell'accertamento, nonché i dati tecnici e il numero identificativo della strumentazione di analisi utilizzata  –:
          se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
          per ogni singolo militare in forza al reparto di cui in premessa, quante siano state le ore di lavoro straordinario effettuate nel corso degli anni 2008, 2009, 2010, quante siano state quelle compensate con permessi e/o giorni di ferie e quante le ore retribuite;
          quali e quante attività extra professionali siano state assegnate a ciascun militare direttamente su richiesta dell'autorità giudiziaria e quante quelle disposte dal comandante del reparto;
          quali siano gli importi economici corrisposti per ogni singola attività extra professionale svolta;
          se dette attività siano state svolte avvalendosi dei mezzi di proprietà dell'amministrazione militare assegnati in dotazione al reparto investigazioni scientifiche di Parma e, in caso contrario, presso quale laboratorio o struttura privata siano state effettuate;
          se il confronto fra i dati identificativi delle attrezzature di laboratorio di cui è dotato il reparto di cui in premessa, i dati riportati sulla documentazione di analisi delle attività peritali e di consulenza extra professionali svolte dai militari in forza al medesimo reparto e quelli riportati sui «memoriali di servizio» e i sui registri «Mod. A15» abbia escluso lo svolgimento delle citate attività durante l'ordinario orario di servizio, in caso contrario chi le abbia autorizzate e per quale motivo;
          quali immediate iniziative si intendano assumere per regolamentare le attività extra professionali dei militari in forza ai reparti investigazioni scientifiche dell'Arma dei carabinieri. (4-08992)


      MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della difesa. — Per sapere – premesso che:
          nel corso della XVI Legislatura, con numerose interrogazioni sia alla Camera (onorevole Turco Maurizio ed altri n.  4-06708, onorevole Turco Maurizio ed altri n.  4-06185, onorevole Giulietti n.  4-04777, onorevole Borghesi n.  4-02954, onorevole Paladini n.  4-02473) che al Senato (senatori Amati e Scanu n.  4-01081), sono stati chiesti chiarimenti in merito ai fatti che vedono coinvolto il maresciallo dei carabinieri Antonio Cautillo;
          ad avviso degli interroganti, la mancanza di elementi di risposta alle interrogazioni citate rappresenta la chiara volontà del Ministro della difesa e contribuisce a non offrire al militare le dovute tutele, ovvero a ricondurre l'intera vicenda entro quei canoni di correttezza e trasparenza che non sembrano essere posti a fondamento delle attività dell'amministrazione militare interessata  –:
          se il Ministro interrogato sia intenzionato ad accogliere le reiterate richieste di audizione avanzate dal maresciallo Cautillo e quali immediati provvedimenti intenderà adottare affinché al militare siano offerte le necessarie tutele che appaiono urgenti e irrinunciabili al fine di ricondurre la vicenda esposta entro quei canoni di legalità e trasparenza che dovrebbero caratterizzare ogni aspetto dell'Arma dei carabinieri. (4-08993)


ECONOMIA E FINANZE

Interrogazione a risposta immediata:

      MELCHIORRE, GRASSANO e TANONI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          tra poche settimane, come noto, sarà approvato in via definitiva il nuovo quadro normativo sulle condizioni per il credito, al fine di garantire la stabilità del sistema finanziario internazionale;
          tali norme, conosciute come «Basilea 3», prevedono delle regole più rigorose dal punto di vista delle tutele previste per il capitale, al fine di garantire le banche da crisi finanziarie, grazie alla necessaria adozione da parte degli istituti di credito di requisiti patrimoniali più severi;
          si opera, cioè, un «irrobustimento» del patrimonio delle banche, attraverso la modulazione del patrimonio di vigilanza rispetto al totale delle attività della banca, in considerazione del grado di rischio delle operazioni di prestito. Se queste cautele ridurranno il rischio di shock finanziari, al tempo stesso probabilmente questo significherà penalizzare tutte quelle piccole e medie imprese che incontreranno maggiori difficoltà nell'accedere al credito;
          il rischio evidenziato in primis dagli stessi operatori è che, per realizzare nel lungo periodo l'obiettivo di tenuta e di maggiore affidabilità dell'intero sistema bancario, si produca, nel medio periodo, un danno alla ripresa economica, venendo a mancare proprio le risorse necessarie per superarla  –:
          se e con quali strumenti il Ministro interrogato intenda sollecitare o accompagnare la ripresa economica e, in particolare, fornire sostegno alle imprese del nostro Paese, alla luce del mutato contesto normativo internazionale tuttora in evoluzione. (3-01276)


Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:

VI Commissione:

      FLUVI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          il comma 2-bis dell'articolo 3 del decreto-legge n.  40 del 2010, cosiddetto «incentivi», convertito, con modificazioni, dalla legge n.  73 del 22 maggio 2010, inserito durante l'esame del provvedimento in sede referente, reca disposizioni in materia di accelerazione del processo tributario;
          la lettera b) del citato comma ha previsto la possibilità, per quanto attiene alle controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione, che gli aventi causa con l'amministrazione finanziaria ne ottengano l'estinzione con il pagamento di un importo pari al 5 per cento del valore della controversia, e contestuale rinuncia da parte del fisco ad ogni eventuale pretesa di equa riparazione;
          la norma in oggetto non attua alcuna previsione di disposizioni a regime dirette alla semplificazione e abbreviazione del contenzioso tributario, ma sembra configurarsi come una sorta di «sanatoria» per le situazioni in essere;
          per l'erario potrebbe non esserci una convenienza dall'attuazione della norma, posto che si anticipa solo, e in misura assai contenuta, l'incasso di somme che avrebbero potuto affluire, e per importi ben maggiori, in caso di soccombenza definitiva del contribuente, tanto più stando agli orientamenti più recenti in tema di abuso del diritto, espressi dalla Cassazione, e prima ancora dalla Corte di giustizia europea;
          il Presidente della Repubblica, con propria lettera inviata al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Presidenti di Camera e Senato al momento della promulgazione del decreto-legge in questione, ha manifestato, fra gli altri, dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza per alcune disposizioni introdotte nel corso dell’iter parlamentare, nonché preoccupazioni relative a possibili contrasti con le disposizioni comunitarie, riferendosi esplicitamente anche proprio al comma 2-bis dell'articolo 3;
          una seria lotta all'evasione ed elusione fiscale può risultare credibile ed efficace solo se la normativa tributaria poggia sul riconoscimento e la premialità della lealtà fiscale, abbandonando la pratica dei condoni e dei provvedimenti di agevolazione mirati  –:
          quante imprese, società, soggetti si siano avvalsi della norma in questione per «sanare» i rispettivi contenziosi con l'Agenzia delle entrate pendenti in cassazione con il versamento del 5 per cento dell'importo dovuto, e a cui l'amministrazione finanziaria abbia rilasciato la prevista attestazione comprovante la regolarità dell'istanza e il pagamento integrale degli importi dovuti. (5-03565)


      FUGATTI. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          una commissione di inchiesta, presieduta durante la XV Legislatura dall'allora Sottosegretario all'economia Grandi, aveva rilevato pesanti anomalie nella gestione delle concessioni delle slot machine, tanto che la procura della Corte dei conti del Lazio, nel 2007, aveva contestato a dieci concessionarie delle slot un danno erariale pari a 98 miliardi di euro, conseguente al mancato collegamento delle slot machine alla rete telematica di proprietà dello Stato, gestita da Sogei e al mancato pagamento dei tributi;
          l'8 dicembre 2009 la Corte di cassazione, a seguito di una questione giurisdizionale sollevata dagli avvocati delle concessionarie, ha deciso che la competenza sulle maxi multe spetta alla Corte dei conti e non al TAR;
          l'ammontare del danno erariale sarebbe di 4 volte superiore a quello della manovra estiva varata dal Governo la scorsa estate;
          da articoli apparsi sulla stampa emerge che il Ministero dell'economia e delle finanze è intervenuto per cercare di attenuare l'importo delle sanzioni, formando una commissione tecnica, presieduta dall'ex ragioniere generale dello Stato, Andrea Monorchio, con lo scopo di rimodulare le multe secondo «criteri di ragionevolezza»;
          la conclusione dei lavori della commissione è che, applicando diversi parametri, le sanzioni a carico delle concessionarie ammonterebbero a 804 milioni di euro, anziché i 98 miliardi contestati;
          la procura della Corte dei conti ha chiesto quindi al Gat, il nucleo antifrode della Guardia di finanza, di ricalcolare tutte le cifre secondo le modalità di conteggio suggerite dalla commissione voluta dal Ministero;
          un recente parere del Consiglio di Stato afferma che è giusto abbassare le sanzioni;
          le penali calcolate dai giudici, che ammontano a 98 miliardi di euro, derivano da calcoli oggettivi, svolti sulla base delle clausole previste dai contratti siglati liberamente dalle concessionarie  –:
          quale sia stato il ruolo del Ministero dell'economia e delle finanze in questa vicenda;
          quale sia stata la composizione della commissione, quale il mandato da parte del Ministero e quali i criteri seguiti per quantificare in 804 milioni di euro l'ammontare delle sanzioni. (5-03566)


      BARBATO. — Al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          l'Area del poligono di tiro a segno di Castellammare di Stabia, appartenente inizialmente al patrimonio indisponibile dello Stato, fu data in consegna dal Ministero delle finanze al Ministero della difesa con verbale del 24 marzo 1956, e iscritto nella scheda patrimoniale n.  478;
          successivamente, a seguito della circolare n.  131 del 24 luglio 1957 (prot. n.  24054), con la quale il Ministero delle finanze disponeva che i poligoni di tiro passassero al demanio dello Stato, il predetto poligono di Castellammare fu inserito, con verbale del 5 febbraio 1958, tra i beni del demanio dello Stato e consegnato al Ministero della difesa – ramo esercito;
          sulla predetta area, sita in via Grotte di San Biagio n.  17, sussistono diversi immobili, tra i quali c’è, originariamente accatastato al catasto fabbricati alla partita 1579, particella n.  94, quello in uso sine titulo al signor Vittorio Cascone, figlio del custode del poligono stesso, nei confronti del quale l'Agenzia del demanio ha avanzato richiesta di rilascio dell'alloggio;
          tuttavia, nella medesima area demaniale sussistono anche altri alloggi: in particolare, 6 alloggi occupati da privati, accatastati originariamente alla medesima partita 1579, particella 107, nonché l'orfanotrofio di Napoli, il cui immobile è accatastato alle particelle 106-108, per il quale viene corrisposto un canone enfiteutico;
          a differenza di quanto avvenuto al signor Cascone, nei confronti dei predetti privati occupanti gli altri alloggi esistenti sul suolo demaniale del poligono non sono state al momento avanzate richieste di rilascio;
          parimenti incomprensibile risulta la circostanza riportata secondo cui, nei documenti catastali relativi agli immobili accatastati alla particella n.  94 ed alla particella n.  107, nonché negli atti dell'Agenzia del demanio relativi all'alloggio occupato dal signor Cascone, non si fa più riferimento alla partita n.  1579, che prima accomunava tali immobili, quasi a voler determinare una differenziazione che all'interrogante appare fittizia nella situazione giuridica degli stessi;
          la vicenda appena illustrata appare sintomatica della condizione di confusione che sembra in molti casi caratterizzare la condizione del demanio pubblico: a tale proposito appare evidente come le esigenze di legalità che devono orientare gli uffici competenti nella gestione dei beni demaniali debbano valere nei confronti di tutti, e non possano divenire fonti di inaccettabili discriminazioni  –:
          se i fatti riportati in premessa corrispondano al vero e quali siano le motivazioni del differente comportamento tenuto dall'Agenzia del demanio con riferimento a situazioni che sembrano del tutto analoghe. (5-03567)


Interrogazioni a risposta scritta:

      PORFIDIA. — Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          quasi quarant'anni fa ha avuto inizio in Italia la mobilitazione di cittadini e di lavoratori per eliminare l'amianto e i suoi effetti nocivi. Le lotte e gli scioperi iniziati in Piemonte (dove si trovavano le cave di Balangero e l’eternit di Casale Monferrato), in Friuli Venezia-Giulia (a Monfalcone e Trieste), in Veneto (a Porto Marghera) e in Lombardia (a Broni, a Seveso, alla Breda di Sesto) portarono alla sottoscrizione di accordi sindacali che prevedevano l'istituzione dei «libretti sanitari individuali», il registro dei dati ambientali di reparto nelle fabbriche, nonché i controlli delle aziende sanitarie locali sugli ambienti di lavoro. Questi accordi sindacali furono poi recepiti da leggi regionali e, successivamente, da leggi nazionali;
          nel 1992, dopo oltre venti anni di processi civili e penali, è stata approvata la legge 27 marzo 1992, n.  257, «Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto», che prevede il divieto di estrazione, lavorazione, utilizzo e commercializzazione dell'amianto, la bonifica degli edifici, delle fabbriche e del territorio, misure per la tutela sanitaria e previdenziale dei lavoratori ex esposti all'amianto, nonché misure per il risarcimento degli stessi e per il riconoscimento della qualifica di malattia professionale e del danno biologico;
          purtroppo, in questi ultimi sedici anni la predetta legge è stata solo parzialmente attuata, come pure il decreto legislativo 15 agosto 1991, n.  277, attuativo di direttive comunitarie in materia di protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da esposizione ad agenti climatici, fisici e biologici, mentre sono aumentati progressivamente i decessi per tumore causati da esposizione all'amianto;
          per quasi un decennio sono rimasti non attuati aspetti fondamentali di tale normativa, come la mappatura della presenza dell'amianto nel nostro Paese, la previsione dei piani regionali di bonifica, la creazione del registro degli ex esposti e dei mesoteliomi;
          solo nel 1999 si è svolta la 1a conferenza governativa sull'amianto che ha consentito una verifica dello stato di attuazione della legge;
          a fronte di questi ritardi il registro nazionale dei mesoteliomi – finalmente realizzato alla fine del marzo 2004 – registrava 3.670 casi di decesso. E importante sottolineare, però, che si tratta di dati molto parziali, sia perché, a quella data, molte regioni non avevano ancora provveduto alla creazione del registro degli ex esposti, sia perché trattasi di decessi avvenuti in strutture ospedaliere, rimanendo quindi sommerso e sconosciuto il numero dei decessi «non ufficiali»;
          per diversi anni i militari non sono stati presi in considerazione quali soggetti a cui spettassero i benefici previsti dalla legge n.  257 del 1992, sebbene la normativa fosse chiaramente estesa a tutto il personale militare e, in generale, a tutti i soggetti esposti per motivi lavorativi all'amianto;
          alcuni militari della Guardia di finanza, sia in servizio che in congedo, che svolgono o hanno svolto il proprio servizio nelle aree portuali di Trieste, partecipando assieme ai lavoratori portuali al controllo analitico delle merci provenienti dallo sbarco o destinate all'imbarco, operando a bordo o sottobordo delle navi, sulla banchina, nei capannoni, hanno richiesto al comando regionale del Friuli-Venezia Giulia il rilascio del proprio curriculum lavorativo, necessario per presentare istanza di riconoscimento dei benefici di legge previsti dalla legge n.  257 del 1992;
          il rilascio del curriculum lavorativo è un atto dovuto, non discrezionale e non negoziabile;
          alcuni militari della Guardia di finanza, sia in servizio che in congedo, che svolgono o hanno svolto il proprio servizio nelle aree portuali di Trieste hanno ricevuto l'iscrizione presso il registro regionale degli sposti all'amianto;
          il comando regionale Friuli-Venezia Giulia della Guardia di finanza non ha accolto l'istanza di rilascio del curriculum lavorativo, appellandosi all'articolo 3 del decreto interministeriale 27 ottobre 2004, (allegato 2 del decreto; articolo 2, commi 1 e 2) e nel caso specifico perché la caserma della Guardia di finanza «Fratelli Bandiera», sita a Trieste, in molo Fratelli Bandiera, ex sede della 19 legione della Guardia di finanza, ora comando regionale (come si legge nella lettera del comando 23 aprile 2009) «non risulta esposta a inquinamento da amianto oltre i limiti di legge, né risulta esposta ad amianto oltre i limiti di legge la zona (peraltro sede di numerose abitazioni, uffici ed impianti sportivi) vicina all'immobile ex Fabbrica Macchine»;
          con sentenza n.  187 del 29 giugno 2009 il tribunale di Trieste, sezione lavoro, ha stabilito che nell'area portuale di Trieste, tra il 1973 e il 1996, era presente una concentrazione di amianto sufficiente a far scattare a favore degli operatori portuali i benefici di cui alla legge n.  257 del 1992 («Norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto»);
          non si comprende per quale ragione, secondo il comando regionale della Guardia di finanza, se è provato che gli operatori portuali sono stati esposti alle fibre di amianto non lo sarebbero i finanzieri che hanno operato a stretto contatto con loro, procedendo al controllo analitico delle merci in transito, sia quelle provenienti dallo sbarco sia quelle destinate all'imbarco, trovandosi spesso sia a bordo (bettolina) sia sottobordo, sulla banchina, nei capannoni, partecipando anche al controllo dei sacchi contenenti amianto;
          il decreto ministeriale del 27 ottobre 2004 all'articolo 3 dispone quanto segue:
      «1. La sussistenza e la durata dell'esposizione all'amianto sono accertate e certificate dall'INAIL.
      2. La domanda di certificazione dell'esposizione all'amianto, predisposta secondo lo schema di cui all'allegato 1, deve essere presentata alla sede INAIL entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, a pena di decadenza dal diritto ai benefici pensionistici di cui all'articolo 2, comma 1. Per data di presentazione della domanda si intende la data di arrivo alla sede INAIL o la data del timbro postale di invio nel caso di raccomandata. I lavoratori di cui all'articolo 1, comma 1, che hanno già presentato domanda di certificazione dell'esposizione all'amianto alla data del 2 ottobre 2003 devono ripresentare la domanda.
      3. L'avvio del procedimento di accertamento dell'INAIL è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo, predisposto secondo lo schema di cui all'allegato 2, rilasciato dal datore di lavoro, dal quale risulti l'adibizione, in modo diretto ed abituale, ad una delle attività lavorative di cui al medesimo articolo 2, comma 2, comportanti l'esposizione all'amianto.
      4. Le controversie relative al rilascio ed al contenuto dei curricula sono di competenza delle direzioni provinciali del lavoro.
      5. Nel caso di aziende cessate o fallite, qualora il datore di lavoro risulti irreperibile, il curriculum lavorativo di cui al comma 3 è rilasciato dalla direzione provinciale del lavoro, previe apposite indagini.
      6. Ai fini dell'accertamento dell'esposizione all'amianto, il datore di lavoro è tenuto a fornire all'INAIL tutte le notizie e i documenti ritenuti utili dall'Istituto stesso. Nel corso dell'accertamento, l'INAIL esegue i sopralluoghi ed effettua gli incontri tecnici che ritiene necessari per l'acquisizione di elementi di valutazione, ivi compresi quelli con i rappresentanti dell'azienda e con le organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'azienda stessa.
      7. Per lo svolgimento dei suoi compiti, l'INAIL si avvale dei dati delle indagini mirate di igiene industriale, di quelli della letteratura scientifica, delle informazioni tecniche, ricavabili da situazioni di lavoro con caratteristiche analoghe, nonché di ogni altra documentazione e conoscenza utile a formulare un giudizio sull'esposizione all'amianto fondato su criteri di ragionevole verosimiglianza.
      8. La certificazione della sussistenza e della durata dell'esposizione all'amianto deve essere rilasciata dall'INAIL entro un anno dalla conclusione dell'accertamento tecnico.
      9. Per i lavoratori di cui all'articolo 1, comma 2, continuano a trovare applicazione le procedure di riconoscimento dell'esposizione all'amianto seguite in attuazione della previgente disciplina, fermo restando, per coloro i quali non abbiano già provveduto, l'obbligo di presentazione della domanda di cui al comma 2 entro il termine di 180 giorni, a pena di decadenza, dalla data di entrata in vigore del presente decreto.
      10. Il lavoratore in possesso della certificazione rilasciata dall'INAIL presenta domanda di pensione all'ente previdenziale di appartenenza che provvede a liquidare il trattamento pensionistico con i benefici di cui al presente decreto»;
          l'Associazione finanzieri democratici, e singoli iscritti, a quanto consta all'interrogante, hanno conferito mandato all'avvocato Ezio Bonanni, al fine di ottenere la più ampia tutela, con applicazione dalle norme vigenti;
          il mancato rilascio del curriculum lavorativo nei fatti preclude l'istruzione delle domande da parte dell'Inail-Contarp nel termine di un anno (articolo 3, comma 8, del decreto ministeriale 27 ottobre 2004) la cui decorrenza inizia «dalla conclusione dell'accertamento tecnico» , che «è subordinato alla presentazione, da parte del lavoratore interessato, del curriculum lavorativo» (articolo 3, comma 3, decreto ministeriale 27 ottobre 2004);
          il mancato rilascio del curriculum lavorativo preclude l'istruttoria delle domande, e pregiudica gli appartenenti al Corpo della Guardia di finanza la possibilità di ottenere, in via amministrativa, il riconoscimento dei benefici contributivi, per esposizione ad amianto;
          molti degli iscritti alla Associazione finanzieri democratici hanno ottenuto l'iscrizione nel registro dei lavoratori esposti tenuto presso la regione Friuli-Venezia Giulia;
          se da un lato il Comando della Guardi di Finanza di Trieste si rifiuta di rilasciare il curriculum necessario per istruire la procedura presso l'Inpdap, dall'altro la regione riconosce per quelle persone l'iscrizione nel registro degli esposti all'amianto e quindi beneficiari ex legge n.  257 del 1992;
          il rilascio del curriculum lavorativo è indispensabile per istruire presso la CONTARP la domanda di rilascio del certificato di esposizione qualificata necessario per ottenere dall'ente che gestisce la posizione previdenziale – l'INPDAP – l'accredito della maggiorazione contributiva, utile per maturare anticipatamente il diritto a pensione, ex articolo 13, comma 8, legge n.  257 del 1992, e per coloro che sono già in quiescenza per ottenere la maggiorazione delle prestazioni;
          l'atto di indirizzo ministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali del 14 luglio 2009 con oggetto «Procedure di accertamento dell'esposizione all'amianto per il settore marittimo» si riferisce ai lavoratori marittimi, per i quali l'assenza di un unico datore di lavoro, ed il susseguirsi di moltissimi imbarchi, con diversi armatori, molti dei quali sono falliti, rende pressoché impossibile che ci sia un datore di lavoro che possa rilasciare il curriculum, tanto che li deve rilasciare l'ufficio provinciale del lavoro, validando «l'estratto matricolare rilasciato dalla Capitaneria di Porto, oppure il libretto di navigazione autenticato dalla medesima Capitaneria»  –:
          se il Governo sia a conoscenza di quanto sopra e quali iniziative intende assumere affinché le norme in materia di riconoscimento dei benefici contributivi per esposizione ad amianto trovino applicazione anche per i militari della Guardia di finanza, e di ogni altro Corpo dello Stato;
          se non si ritenga opportuno adottare iniziative normative al fine di consentire ai militari in servizio ed in congedo della Guardia di finanza di Trieste di concorrere al riconoscimento dei benefici di cui alla legge n.  257 del 1992 per gli esposti all'amianto, qualora ne ricorrano i presupposti;
          se i Ministri interrogati non ritengano opportuno promuovere una revisione della normativa vigente per fare chiarezza nella materia in questione. (4-08959)


      BORGHESI. —Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          tra gli anni ’70 e ’80, a causa di somministrazione di emoderivati, vaccinazioni obbligatorie e trasfusioni di sangue, molte persone sono state contagiate e centinaia di queste sono già decedute. Molte di queste persone con patologie di per sé molto gravi e debilitanti, come gli emofilici e i talassemici, si sono ammalati anche di AIDS e di epatite;
          i contagi non sono avvenuti per una tragica fatalità, ma per dolo, come hanno delibato numerose sentenze della Corte di cassazione, ovvero i contagi sono avvenuti perché l'organo preposto ai controlli, l'allora Ministero della sanità, ha omesso di farlo;
          queste persone, dopo un lungo cammino, nel 1992, riuscirono ad ottenere un piccolo risarcimento, attraverso i benefici concessi, appunto, dalla legge n.  210 del 1992; all'epoca dell'entrata in vigore della stessa la somma erogata era, tutto sommato, adeguata al costo della vita e permetteva un sostegno decoroso. La legge prevedeva che la somma venisse rivalutata al costo della vita, solo in una delle sue componenti, la parte più piccola: con il passare degli anni, e soprattutto con l'avvento dell'euro, questa somma si è rivelata sempre più insufficiente;
          qualche anno fa, alcuni di questi cittadini pensarono di rivolgersi alla magistratura, per chiedere che la rivalutazione Istat fosse calcolata sull'intero importo della somma, così come accade per tutte le pensioni, come ad esempio, quelle di guerra. I giudici ritennero che fosse corretto così. Quindi sulla scorta di due sentenze della Corte di cassazione, e in anni di battaglie legali, il Ministero della salute, soccombente, fu costretto a pagare adeguamento e arretrati. Si parla di somme che superano di poco i 500 euro al mese, corrisposte in rate bimestrali. La rivalutazione maturata dalle sentenze passate in giudicato, quindi a tutti gli effetti è divenuta un diritto acquisito, va da 100 a 150 euro al mese, a seconda della gravità;
          ora con l'entrata in vigore del decreto-legge n.  78 del 2010, in particolare dell'articolo 11, comma 14, di fatto gli effetti delle succitate sentenze si annulleranno, ovvero perderanno di efficacia e si tornerà a percepire le stesse somme del 1992, un salto indietro nel tempo di 18 anni. È facile intuire, che anche per effetto della perdita di potere di acquisto pocanzi citata, l'importo attuale sia da considerarsi inferiore almeno di un terzo;
          inoltre, già la situazione si era complicata con la sentenza della Corte di cassazione, intervenuta nell'ottobre del 2009, che andava in senso contrario alle precedenti, per effetto della quale, si erano create molte disparità di trattamento tra gli ammalati. Nel frattempo però nei tribunali sono maturate ulteriori sentenze, alcuni giudici si adeguavano all'ultima sentenza della Corte di cassazione, altri no, continuando a condannare il Ministero;
          gli interessati stanno predisponendo centinaia di diffide (nei confronti del Ministero, delle regioni e delle Asl), volte a ottenere l'adeguamento di quanto disposto dalle varie sentenze. In caso di risposta negativa, procederanno a promuovere giudizi di ottemperanza al giudicato, di fronte al Tar di competenza, ed anche il tribunale dei diritti dell'uomo sta valutando di portare la questione alla corte europea. Con ogni probabilità, si arriverà, ancora una volta, ad una condanna per lo Stato italiano  –:
          se i Ministri siano a conoscenza dei fatti sopra riportati;
          se non ritengano di dover assumere le necessarie e improcrastinabili iniziative normative affinché venga abrogato il comma 14 e modificato il comma 13 dell'articolo 11 del decreto-legge n.  78 del 2010 in modo da garantire che la somma corrispondente all'importo dell'indennità integrativa speciale sia anch'essa rivalutata secondo il tasso d'inflazione. (4-08978)


GIUSTIZIA

Interrogazione a risposta orale:

      RAO. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la situazione negli istituti penitenziari di Trento e Rovereto risulta ben oltre i criteri più elastici di «capienza tollerabile»;
          i problemi, relativi al sovraffollamento, alle strutture fatiscenti, alla carenza di personale, denunciati ormai da molti anni, hanno raggiunto anche in Trentino, livelli di emergenza;
          nel carcere di Trento, costruito 130 anni fa, la capienza è di 60 posti e i detenuti sono 145, di cui 63 in attesa di giudizio (ne consegue che vi siano addirittura tre detenuti in una cella di 7 metri quadrati): una situazione gravissima per la dignità di vita dei detenuti e per il sovraccarico di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria;
          il nuovo carcere-modello di Spini di Gardolo, a nord di Trento, realizzato in tempi record, è chiuso per mancanza di agenti (quelli attuali sono soltanto 80), anche se la Provincia ha speso 112 milioni di euro per costruirlo;
          nonostante secondo il provveditore ne servano 250, la direzione generale ha previsto un incremento di sole 25 unità: un numero totalmente insufficiente, in previsione dell'annunciata operatività del carcere (con conseguente trasloco dei detenuti) dal 30 novembre 2010;
          si tratta di una delle poche strutture detentive moderne non solo nella struttura, ma anche nell'approccio con i detenuti (grazie a strutture sportive, ricreative, di formazione e di lavoro): è giusto infatti che, accanto alla dimensione punitiva della pena, vi sia un'offerta di riabilitazione e di reinserimento sociale dei detenuti;
          le nuove assunzioni, a livello nazionale, promesse dal Ministero della giustizia dovrebbero arrivare entro la fine del 2010, ma, a fronte di 2 mila nuove unità, saranno almeno 1.500 in due anni le guardie che andranno in pensione;
          le cose non vanno meglio a Rovereto: 78 uomini per 27 posti e 28 donne per una capienza di 16; tra l'altro, l'annunciata chiusura della struttura non farà che peggiorare la situazione, costringendo il personale a sobbarcarsi un trasferimento a Trento che non faciliterà la qualità del lavoro;
          sempre a Rovereto, a fronte di 59 unità complessive, il servizio a turno è svolto da appena 20 persone, assolutamente insufficienti per una popolazione di detenuti che risulta essere il doppio di quella tollerabile  –:
          quali urgenti ed efficaci misure intenda adottare, al fine di risolvere concretamente la drammatica situazione sopra descritta. (3-01270)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      DELFINO. — Al Ministro della giustizia. – Per sapere – premesso che:
          Il Tribunale di Alba-Bra, a cui fanno riferimento numerosi comuni del cuneese e torinese, sta rischiando la paralisi nel settore penale per la mancanza di magistrati;
          ad aggravare ulteriormente la situazione, è il ritardo nell'arrivo del presidente di sezione, nominato con decreto ministeriale il 31 agosto 2010, per il quale la corte d'appello ha chiesto il «ritardato possesso» di sei mesi;
          la sezione penale di Bra è rimasta sprovvista del giudice togato ed è stato necessario ricorrere ad un giudice onorario, il quale, però, potrà occuparsi solamente di alcuni processi, dati i limiti imposti dalla legge;
          tale criticità si riscontra anche nella sezione penale di Alba, dove sono operativi soltanto tre magistrati;
          per quanto riguarda i giudici di pace, la situazione è altrettanto disastrosa, in quanto ne risulterebbero in servizio soltanto tre su undici previsti;
          il posto vacante per la procura della Repubblica, nonostante sia stato messo a concorso per ben due volte, risulta ancora scoperto;
          nel Tribunale di Saluzzo su otto magistrati la metà sono di prima nomina e quindi limitati per legge nell'esercizio delle loro funzioni, strettamente legate a procedimenti civili e collegiali;
          come più volte ribadito dal presidente del tribunale di Cuneo, la situazione è estremamente delicata e difficile, anche per quanto riguarda il settore amministrativo, dove il numero dei cancellieri risulterebbe insufficiente per lo svolgimento di tutte le necessarie mansioni;
          quanto finora premesso delinea una situazione di particolare criticità che sta causando una vera e propria paralisi della giustizia penale  –:
          quali urgenti iniziative intenda avviare al fine di risolvere le criticità di organico evidenziate in premessa e garantire la totale efficienza e funzionalità dei tribunali della provincia di Cuneo, attualmente impossibilitati ad espletare tutte le funzioni ad essi attribuite. (5-03557)


Interrogazioni a risposta scritta:

      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano La Sicilia del 6 ottobre 2010 riporta la notizia così titolata «Taranto: magistrato concede arresti a detenuto con tumore, dopo 40 giorni è ancora in carcere»;
          l'articolo spiega che le condizioni di salute di Christian Bianchini, detenuto di 28 anni affetto da tumore al fegato si sono ulteriormente aggravate ma che continua a stare nel carcere di Taranto nonostante che dall'inizio di settembre il magistrato di sorveglianza gli abbia concesso gli arresti ospedalieri, ordinandone l'immediato trasferimento a Palermo per essere ricoverato al centro clinico Ismet la cui direzione sanitaria si è detta disponibile ad accoglierlo e sottoporlo ad intervento chirurgico per l'asportazione del tumore; incredibilmente è però accaduto che l'ordinanza del magistrato di sorveglianza non abbia trovato esecuzione nonostante l'immediata notifica alla direzione della casa circondariale e per conoscenza alla corte d'appello di Catania (che ha processato Bianchini in abbreviato condannandolo a tredici anni di reclusione per mafia e traffico di droga) e al difensore dello stesso detenuto, avvocato Giuseppe Brandino;
          il quotidiano catanese riporta anche la denuncia dei genitori: «i genitori del giovane detenuto, allarmati per le condizioni del figlio, che da una settimana a questa parte, continua ripetutamente a sputare sangue e rifiuta il cibo che gli passa la mensa carceraria, hanno minacciato di presentare una denuncia a carico del direttore della casa circondariale e di trascinare a giudizio i responsabili del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria per la omessa attuazione del provvedimento del magistrato di sorveglianza, nonché per il trattamento disumano cui è sottoposto Christian Bianchini, che, nonostante le sue gravi condizioni di salute, viene tenuto in una cella, senza alcuna assistenza sanitaria da parte dei medici del carcere. Le intenzioni del padre e della madre di Christian Bianchini sono state recepite dall'avvocato Giuseppe Brandino che ha immediatamente inoltrato una diffida sia al direttore della casa circondariale di Taranto che ai vertici del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, trasmettendone una copia al magistrato di sorveglianza di Taranto, per sollecitare un suo eventuale intervento in grado di far sbloccare la pratica del trasferimento all'ospedale Ismet di Palermo di Christian Bianchini. I motivi della mancata osservanza dell'ordinanza del magistrato sarebbero da ricercare nella carenza di risorse finanziarie per sostenere i costi di trasporto del detenuto da Taranto a Palermo. Ma anche se così fosse, i genitori, e non solo loro, si chiedono indignati: per soldi lo Stato può fare morire un giovane di appena 28 anni?»  –:
          se quanto riportato in premessa corrisponda al vero;
          se sia vero, in particolare, che il trasferimento del giovane detenuto non sia eseguito per carenza di risorse finanziarie;
          se intenda aprire un'indagine per verificare le responsabilità del caso;
          cosa intenda fare per dare immediata esecuzione all'ordinanza del magistrato di sorveglianza. (4-08969)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          la prima firmataria del presente atto di sindacato ispettivo domenica 10 ottobre 2010 ha visitato la casa circondariale di Bologna, registrando la seguente situazione:
              detenuti presenti: 1.119, di cui 1.047 uomini e 72 donne (un bambino di pochi mesi detenuto con la madre) a fronte di una capienza regolamentare di 483 posti; detenuti in attesa di 1o giudizio 272; detenuti appellanti e ricorrenti 356; detenuti definitivi 491; tossicodipendenti presenti: 293; i detenuti stranieri (comunitari ed extracomunitari) raggiungono la percentuale del 65 per cento e appartengono a 51 nazionalità diverse; la percentuale dei detenuti che lavorano è intorno al 10 per cento mentre coloro che frequentano i corsi scolastici appena ripresi dopo la pausa estiva, sono in tutto 80; 15 sono coloro che frequentano i corsi universitari; l'80 per cento dei reclusi trascorre in cella 20 nella più totale inattività 20 ore al giorno;
              molti sono i detenuti incontrati nel corso della visita che si trovano nel carcere per il solo reato di immigrazione clandestina;
          a fronte di questa drammatica situazione rappresentata dai numeri sopra esposti, c’è da registrare una forte carenza di agenti di polizia penitenziaria: a fronte dei 567 previsti nella pianta organica, ce ne sono effettivamente presenti solo 393;
          la situazione dell'istituto non è esplosiva solo grazie all'abnegazione del personale e alla significativa presenza di volontari che frequentano il carcere, ben 250;
          inoltre, l'interrogante ha trovato pieno riscontro a quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa Il Velino del 6 ottobre scorso: a fronte di un così elevato indice di sovraffollamento, nell'istituto i detenuti possono contare su sole due linee telefoniche attive per telefonare ai propri familiari;
          Mimmo Nicotra, vicesegretario generale dell'Osapp, lamentava le incongruenze del piano carceri, «laddove si parla di carceri nuove per risolvere i problemi dei penitenziari italiani mentre a Bologna, per telefonare ai propri familiari, i detenuti hanno a disposizione solo due linee telefoniche. Purtroppo questa è una causa ulteriore di aggressione al personale di polizia penitenziaria. E, comunque, di conflitti che possono sfociare in aggressioni. Ecco perché chiediamo più attenzione per le carceri già in uso e che hanno tra l'altro un numero di detenuti maggiore di quello previsto»;
          quanto alle telefonate, la carenza di linee e di personale (i detenuti, come è evidente, non telefonano direttamente ma hanno bisogno di essere accompagnati nelle cabine e di personale penitenziario che verifichi i numeri di telefono e componga i numeri fino a trovare l'interlocutore della chiamata) ha trovato un ulteriore incremento di lavoro a causa della peraltro lodevole e giusta iniziativa del DAP che autorizza le telefonate verso i numeri cellulari, previa verifica della corrispondenza fra il titolare della scheda telefonica e il nominativo del familiare destinatario della chiamata  –:
          quali interventi urgenti intenda mettere in atto per riportare la capienza della casa circondariale di Bologna nei numeri regolamentari;
          in che modo intenda affrontare la carenza del personale di polizia penitenziaria, carenza che incide fortemente sulle già scarsissime attività trattamentali;
          se e quando incrementerà le risorse da destinare all'istituto per consentire maggiori possibilità di lavoro e di studio per i detenuti;
          quali provvedimenti urgenti si intendano adottare al fine di aumentare il numero delle linee telefoniche a disposizione dei detenuti in modo da renderlo adeguato all'elevato tasso di sovraffollamento presente nell'istituto di pena bolognese;
          se intenda sollecitare i direttori degli istituti penitenziari italiani ad applicare la circolare del Dap che consente ai detenuti di telefonare verso utenze telefoniche mobili a chi ha familiari che non dispongono di un'utenza fissa. (4-08971)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferito da Roberto Santini, segretario generale del Sinappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria, al quotidiano Il Tirreno del 4 ottobre 2010, il carcere di Massa starebbe cadendo letteralmente a pezzi;
          nel predetto istituto di pena si sarebbe venuta creando nel corso del tempo una situazione generalizzata di incuria e conseguentemente di pericolo per gli agenti della polizia penitenziaria;
          nel carcere di Massa vi sarebbero problemi al sistema di illuminazione, a quello d'allarme, ai muri di cinta e alla qualità di vita di chi nel carcere lavora ogni giorno;
          secondo quanto riferito da Santini, «da tempo il cancello carrabile del carcere non funziona, la portineria ha il grave handicap di non permettere il riconoscimento a vista delle persone che suonano, alle quali quindi viene aperta la porta, ma con «l'incognita», visto che le telecamere sono rotte. Per lo stesso identico motivo non è possibile effettuare il controllo del deposito armi. Anche la terza portineria presenta gravi problematiche dal punto di vista del funzionamento. Problemi risolvibili con una sala regia, che però non è mai entrata in attività. I reparti detentivi sono sprovvisti di allarme»;
          sempre secondo Santini, «nell'area passeggi “comuni” della sezione C l'agente deve “passeggiare” insieme ai detenuti, data l'assenza di un posto di guardia ad hoc e di un allarme. Inoltre nella sezione C, dove la popolazione detenuta ha raggiunto quota 145, (anche il locale riservato agli agenti è stato adibito a cella) viene generalmente addetta una sola unità. E peggio ancora sarebbe nella sezione «A» dove un solo agente dovrebbe controllare tantissimi detenuti. I due cancelli che consentono l'accesso alle sezioni penali A ed M sono comandati dallo stesso agente in servizio alla Terza Portineria. Per non parlare della vasta area destinata alle lavorazioni, che impiega 35 detenuti e numerosi civili ed in cui è ordinario l'utilizzo di arnesi pericolosi, è affidata alla sorveglianza di due soli agenti. Anche il regolare svolgimento del servizio di sentinella sul muro di cinta è ostacolato dal mancato funzionamento degli allarmi e dei segnalatori antiscavalcamento, dalle serrature delle porte, che cadono letteralmente a pezzi, dalle radio trasmittenti rotte e dai telefoni guasti»;
          nel carcere di Massa sono 246 i detenuti con 122 unità di polizia, che si riducono a poco più di 90 in servizio  –:
          di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
          se non ritenga opportuno disporre una ispezione presso il carcere di Massa;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire la sicurezza dell'istituto nonché il rispetto, al suo interno, dell'articolo 27, comma 3, della Costituzione;
          se non ritenga opportuno disporre l'immediata chiusura dell'istituto, con conseguente ricollocazione dei detenuti in altre strutture. (4-08972)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferito dall'avvocato Silvano Gaggioli, presidente dell'ordine provinciale degli avvocati, al quotidiano Il Messaggero Veneto del 4 ottobre 2010, il carcere di Gorizia sarebbe «il fanalino di coda di tutta la regione in quanto a condizioni di vita e personale a disposizione, al punto che la situazione rischia di diventare letteralmente esplosiva se il Ministero della Giustizia non interverrà immediatamente»;
          nell'analisi dell'avvocato Gaggioli si evidenzia come nella struttura carceraria goriziana è ospitato il 60 per cento di detenuti in più rispetto alla capienza consentita. Contemporaneamente, il personale penitenziario vanta carenze notevoli, con il 25 per cento in meno di impiegati rispetto alla pianta organica prevista  –:
          di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
          se non ritenga opportuno disporre una ispezione presso la casa circondariale di Gorizia;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave sovraffollamento che affligge da tempo l'istituto di pena indicato in premessa;
          se non ritenga opportuno assegnare immediatamente alla citata casa circondariale un numero maggiore di agenti di polizia penitenziaria;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire all'interno del predetto istituto di pena il rispetto dell'articolo 27, comma 3, della Costituzione.
(4-08973)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riportato da un lancio dell'agenzia di stampa ANSA del 5 ottobre 2010, il diritto alla salute nelle carceri sarde sarebbe a rischio perché lo Stato e regione litigano sulle spese;
          secondo quanto denunciato da Maria Grazia Caligaris, presidente di Socialismo Diritti e Riforme, «il diritto alla salute nelle carceri della Sardegna viene compromesso, giorno dopo giorno, in seguito al braccio di ferro tra Governo e Regione sulle spese sanitarie e farmaceutiche da affrontare fino al 31 dicembre in attesa del passaggio delle competenze dal Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria al Servizio sanitario regionale. È una situazione drammatica che rischia di avere gravi conseguenze e che suscita forte preoccupazione anche tra gli operatori sanitari che si trovano nell'impossibilità di far fronte ad una situazione di emergenza per mancanza di fondi a disposizione. È indispensabile un intervento straordinario e urgente del Ministero della giustizia o della Regione per ripristinare la normalità nell'assistenza ai detenuti, in attesa di definire il passaggio di competenze e l'eventuale contenzioso. Se la Regione, responsabile di quanto sta accadendo, stante l'attuale crisi politica, non è in grado o non intende assumere un provvedimento straordinario, i fondi devono essere garantiti dal Governo attraverso il Ministero della giustizia. In caso contrario il perdurare dell'attuale situazione configura l'interruzione di pubblico servizio e richiede un intervento della magistratura e dei sindaci dei Comuni interessati»  –:
          di quali informazioni dispongano circa i fatti riferiti in premessa;
          quali iniziative urgenti intendano adottare, negli ambiti di rispettiva competenza, al fine di garantire i fondi necessari per la copertura delle spese sanitarie e farmaceutiche che le carceri sarde saranno chiamate ad affrontare fino al 31 dicembre 2010. (4-08974)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          sul quotidiano Il Centro del 6 ottobre 2010 è apparso un articolo intitolato: «Vasto, un avvocato denuncia: troppi detenuti, il carcere scoppia»;
          secondo quanto dichiarato dall'avvocato Angela Pennetta, «nella casa circondariale di Torre Sinello i detenuti vivono in condizioni estremamente disagiate. Il sovraffollamento esaspera i detenuti e rende estremamente difficoltoso anche il compito degli agenti di polizia penitenziaria. È necessario trovare un rimedio. Uno dei miei assistiti vive in una cella di due metri per tre con altri tre detenuti. Le quattro brande occupano quasi tutto lo spazio. Spesso i detenuti italiani rifiutano il cibo per protesta. Una situazione così disagiata crea malumore e nervosismo»;
          nel carcere di Vasto, le celle realizzate per un centinaio di detenuti ne ospitano attualmente più di 240, il 40 per cento dei quali di origine straniera. Anche i laboratori sono stati trasformati in celle. Detenuti di etnia, lingua e religione diversa sono costretti a convivere in pochi metri quadri;
          non più tardi di due mesi fa, gli stessi sindacati di polizia penitenziaria lamentavano condizioni lavorative insostenibili all'interno della casa circondariale di Vasto. Tutte le sigle: Osapp, Uil, Cisl-Fns, Sinappe, Ugl e Cnpp hanno più volte segnalato i problemi e i disagi al Ministro della giustizia;
          il direttore dell'istituto di pena, dottor Carlo Brunetti, già a inizio anno aveva rappresentato al Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria (DAP) la situazione divenuta insostenibile  –:
          di quali informazioni disponga circa i fatti riferiti in premessa;
          se non ritenga opportuno disporre una ispezione presso la casa circondariale di Vasto;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di contrastare il grave sovraffollamento che affligge da tempo l'istituto di pena indicato in premessa;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di garantire all'interno del predetto istituto di pena il rispetto dell'articolo 27, comma 3 della Costituzione. (4-08975)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro della giustizia. — Per sapere – premesso che:
          Antonio Granata, 35enne di origini campane, arrestato il 29 settembre 2010, si è tolto la vita la mattina del 4 ottobre 2010 impiccandosi nel carcere napoletano di Poggioreale. Appena entrato nell'istituto penitenziario l'uomo era stato allocato nel padiglione Firenze, nel reparto «nuovi giunti». Successivamente, notificatagli un'ordinanza di custodia cautelare per 416-bis era stato spostato nel padiglione Livorno-alta sicurezza;
          secondo una prima ricostruzione, pare che il detenuto abbia utilizzato un lenzuolo per togliersi la vita. A dare l'allarme è stato il compagno di cella che, rientrando dall'ora d'aria, ha trovato il corpo esamine. Salgono così a 52 le persone che si sono suicidate nelle carceri italiane dall'inizio del 2010;
          su questo ennesimo suicidio Eugenio Sarno, segretario generale Uil Pa penitenziari, ha dichiarato quanto segue: «il Dap e il Ministero della giustizia non sembrano capaci di arginare la mattanza in atto. Tra auto soppressioni, aggressioni, violenze, sovrappopolamento e violazione del diritto, le nostre galere hanno perso ogni residuo di civiltà, umanità e legalità. Nonostante gli sforzi del personale, abbandonato a se stesso, nulla si può se non intervengono quelle soluzioni strutturali più volte richieste»;
          il precedente suicidio registrato a Poggioreale risale al 9 settembre 2010: un transessuale di 34 anni, il pugliese Francesco Consoli, detenuto da circa un anno, si era tolto la vita inalando del gas. Il terzo caso in pochi giorni nel carcere campano: nelle settimane precedenti un detenuto era morto assumendo un mix di farmaci (Sanax e Rivodril) introdotti fraudolentemente in cella mentre un altro era stato stroncato da un infarto;
          la gravissima, allarmante, incivile emergenza dei suicidi in carcere impone di trovare quelle soluzioni che ancora non si intravedono; il fenomeno è stato denunciato tempo fa anche dal dossier «Morire di carcere», realizzato dai detenuti e dai volontari della redazione della rivista Ristretti Orizzonti;
          è emerso dal citato documento che i detenuti si tolgono la vita con una frequenza diciannove volte superiore rispetto alle persone libere; tale dato, di per sé agghiacciante, si carica di implicazioni che sgomentano e avviliscono;
          la mancanza di adeguata assistenza psicologica si va diffondendo in modo preoccupante in tutti gli istituti di pena sparsi sul territorio nazionale, ciò accade nonostante il recente decreto di riordino della sanità penitenziaria sottolinei l'obbligatorietà di garantire pari opportunità di cura ai soggetti reclusi rispetto a quelli liberi;
          i tagli all'assistenza psicologica carceraria si verificano mentre cresce inesorabilmente il sovraffollamento negli istituti di pena, con impennata dei detenuti stranieri soprattutto al Nord e dei consumatori di sostanze psicotrope e con conseguente aggravamento della condizione di vita in carcere; tutto ciò comporta un aumento esponenziale del rischio di condotte dimostrative e autolesioniste da parte dei detenuti, per non parlare poi del numero dei suicidi, in continua ascesa;
          è stato calcolato: a) che il tempo medio che ogni psicologo può dedicare ad ogni detenuto oscilla tra i 7 (sette) e i 15 (quindici) minuti al mese, tempo medio che include non solo il contatto diretto, ma anche la consultazione della documentazione, le riunioni di equipe, le relazioni e tutto ciò che ne consegue; peraltro negli ultimi anni il predetto monte ore, già insufficiente, è gradualmente diminuito fino a non rendere più possibile un serio intervento psicologico; b) che l'impegno economico per questa delicatissima attività è ormai la metà della metà di quello utilizzato non più di quattro anni fa;
          la circostanza che l'assistenza psicologica nelle carceri italiane, a cominciare da quella legata alle attività di osservazione e trattamento dei detenuti, risulti essere assolutamente carente e deficitaria, comporta, come naturale conseguenza, che gli istituti di pena siano diventati una istituzione a carattere prevalentemente, se non esclusivamente, affittivo, ciò in palese violazione del dettato costituzionale che affida alla pena finalità rieducative e di risocializzazione  –:
          di quali informazioni il Ministro interrogato disponga circa i fatti riferiti in premessa;
          quali iniziative intenda intraprendere affinché siano accertate le eventuali responsabilità della direzione del carcere Poggioreale di Napoli in ordine alla mancanza degli opportuni controlli che avrebbero potuto impedire il tragico suicidio;
          più in generale, quali provvedimenti urgenti il Governo intenda adottare, con riferimento alla triste piaga dei suicidi in carcere, al fine di garantire ai detenuti una non effimera attività di valutazione e trattamento, nonché i livelli essenziali di assistenza sanitario-psicologica previsti dalla legge;
          quali provvedimenti urgenti intenda adottare al fine di ricondurre le condizioni di detenzione vigenti all'interno dell'istituto penitenziario napoletano conformi al dettato costituzionale e normativo.
(4-08976)


INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per sapere – premesso che:
          l'ANAS, che ha il compito di gestire i lavori per l'ammodernamento dell'autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria, aveva ipotizzato, all'inizio del 2010, che gli stessi lavori sarebbero stati ultimati e consegnati nel 2013 salvo oggi ipotizzare una diversa conclusione degli stessi entro la fine del 2014 (data segnalata anche sui cartelli dei cantieri);
          il Presidente del Consiglio dei ministri, smentendo di fatto l'ultimo annuncio dell'ANAS, il 29 settembre 2010 ha annunciato che l'autostrada sarà completata nel 2013, di fatto proseguendo la scia di infiniti annunci che si susseguono fin da quando, nel 1996, sono stati avviati i lavori di ristrutturazione sulla Salerno-Reggio Calabria;
          il 30 settembre 2010 in Commissione bilancio della Camera dei deputati è stato esaminato lo schema di delibera del Cipe che ha disposto la riduzione di risorse finanziarie di 178 milioni di euro per il completamento di un tratto autostradale della Salerno-Reggio Calabria;
          sempre il 29 settembre, sul sito dell'ANAS, anche una dichiarazione del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteoli smentiva il Presidente del Consiglio dei ministri, facendo presente che «dei 443 chilometri della A3, 209 chilometri sono già stati ultimati e 174 chilometri già appaltati e finanziati. Restano circa 50 chilometri i cui progetti sono in fase di realizzazione. L'A3 sarà dunque pronta per il 90 per cento entro il 2014»;
          la stessa ANAS, sul suo sito, precisava che «i lavori su 209 chilometri sono ultimati e fruibili, rappresentanti circa il 46 per cento dell'intero tracciato. I lavori in esecuzione (151 chilometri) o in fase di gara (14 chilometri) interessano circa 165 chilometri dell'autostrada e per questi si prevede la fruibilità entro il 2014;
          al completamento dell'opera mancherebbero dunque 69 chilometri, e per questo tratto i lavori, secondo l'ANAS, sarebbero in «avanzata fase di progettazione»;
          per tale ultimo tratto di 69 chilometri servono ancora 2 miliardi e 660 milioni di euro, dei quali 537 già deliberati in modo programmatico dal Cipe;
          rimarrebbero da reperire circa 2 miliardi e 123 milioni di euro, ma nessuno dice come e dove si dovrebbero reperire queste risorse;
          se dunque per realizzare ex-novo l'autostrada Salerno-Reggio Calabria negli anni 60 si impiegarono appena 11 anni (e già esisteva la criminalità organizzata), per ammodernarla serviranno non meno di 18 anni, nonostante le tecniche di costruzione moderne dovrebbero essere di certo più efficienti aspetto a quelle di 50 anni fa;
          secondo alcuni organi di stampa, l'autostrada Salerno-Reggio Calabria non sarà completata per intero, in quarto probabilmente, rispetto al progetto iniziale, i lavori di completamento si fermeranno alla località di Campo Calabro (luogo in cui presumibilmente si potrà imboccare il famigerato e ancora inesistente Ponte sullo Stretto) e non, come previsto, a Reggio Calabria;
          il lotto in questione (macrolotto 6) riguarderà i 20 chilometri che separano Scilla da Reggio Calabria, il cui costo originario ammonta a circa 634 milioni di euro, e verrà dunque seguito per appena la metà dello stesso;
          se logica vuole che ad un dimezzamento dei lavori dovrebbe corrispondere un pari dimezzamento dei costi da sostenere, questo non si è verificato in quanto al prevedibile contenzioso aperto tra ANAS e general contractor dell'autostrada è seguito un accordo: i 634 milioni di euro della commessa sono stati ridotti a 415, ma l'ANAS ha dovuto concedere un indennizzo alla ditta appaltatrice pari a 91 milioni di euro;
          per completare il 50 per cento circa del tratto inizialmente progettato, poco più di 10 chilometri (rispetto ai 20 chilometri iniziali), serviranno dunque 506 milioni (rispetto ai 643 iniziali), circa il 78 per cento delle risorse inizialmente previste; oltretutto il tratto che non verrà realizzato corrisponde per le condizioni morfologiche del territorio a uno tra i più complicati per realizzazione dell'intero lotto autostradale;
          il costo finale dell'intera opera di ammodernamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, alla fine si dovrebbe aggirare intorno ai 9 miliardi e 698 milioni di euro, circa 22 milioni di euro a chilometri, addirittura 4 volte di più rispetto a quanto si spese quando negli anni 60 l'A3 venne costruita;
          in questo quadro già di per sé difficile è doveroso, citare lo sdegno per la palpabile presenza della criminalità organizzata negli appalti dei lavori di completamento dell'autostrada, presenza che, ad avviso degli interpellanti, non è mai stata combattuta fino in fondo dagli organi istituzionali e che è quasi stata accettata come se fosse normale per le cosche mafiose guadagnare profitti nell'esecuzione dei lavori;
          si parla, ma nessuno ha avuto mai la coscienza e la forza di verificarne la veridicità e disporne i necessari rimedi, di una «tassa» del 3 per cento imposta dalla malavita a tutte le imprese che lavorano a qualunque titolo sull'autostrada (solo questa voce, nel totale delle spese, ammonterebbe a circa 270 milioni di euro), senza contare i subappalti concessi alle imprese «amiche» delle famiglie mafiose e la scelta delle forniture sovra prezzate e di scarsa qualità;
          la magistratura, nonostante i controlli continui che dispone (sono 52 gli arresti disposti solo nel mese di giugno 2010), aiutata in questo dagli organi di polizia, carabinieri e Guardia di finanza, non è ancora riuscita a risolvere le problematiche che la malavita provoca interferendo con l'opera di ammodernamento dell'autostrada;
          nonostante i numerosi moniti provenienti anche dagli amministratori locali, non si è ancora disposta alla forma di commissariamento per i lavori, in modo da evitare l'eccessiva burocrazia e controllare ancora meglio il pericolo di infiltrazioni mafiose  –:
          se non ritenga di chiarire in modo certo i tempi di realizzazione dell'opera, i relativi costi effettivi e le fonti di finanziamento;
          quali siano i motivi per cui nella citata delibera del Cipe si sia proceduto ad una consistente riduzione delle risorse già previste per il completamento dell'opera e quali siano le conseguenze che ne potranno derivare;
          se non ritenga di fornire elementi certi volti a chiarire i motivi della palese
e, ad avviso degli interpellanti, macroscopica differenza tra il costo previsto per la realizzazione dei 22 chilometri del macrolotto 6 Stella-Reggio Calabria e quelli realmente necessari per il completamento della porzione rimanente;
          se oltre all'indennizzo corrisposto alla ditta appaltatrice citato in premessa, nel corso di realizzazione dell'intera opera, ne siano stati dispose ulteriori per parti di opere non realizzate o modificate e quali siano gli eventuali relativi costi.
(2-00850) «Casini, Libè, Occhiuto, Tassone, Compagnon, Mereu».


Interpellanza:

      Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il Ministro della difesa, per sapere – premesso che:
          i medici militari in servizio permanente effettivo sono abilitati al rilascio ed al rinnovo della patenti di guida. Gli stessi hanno l'obbligo di trasmettere gli allegati per il rinnovo o rilascio attraverso gli uffici da cui dipendono;
          alla luce delle recenti novità legislative, l'articolo 119 del codice della strada, modificato dalla legge n.  120 del 2010, prevede che anche i medici militari in quiescenza possono rilasciare o rinnovare le patenti di guida;
          per quest'ultimi, però, la norma di cui sopra demanda ad un decreto attuativo, ancora non adottato, la definizione puntuale delle modalità di trasmissione della certificazione necessaria ai fini di cui sopra;
          nelle more dell'adozione di tale decreto, permane una situazione di assoluta incertezza in quanto i medici in quiescenza, sebbene, come già detto, autorizzati al rilascio e/o al rinnovo di patenti, sono impossibilitati a trasmetterne gli allegati;
          ciò, oltre alle evidenti perplessità del caso, genera un palese stato di incertezza e di evidente danno economico  –:
          con quali modalità e in quali tempi debba avvenire la trasmissione della certificazione necessaria al rilascio o rinnovo di patenti di guida per i medici che si trovano in quiescenza in attesa dell'emanazione del decreto attuativo.
(2-00848) «Calearo Ciman».


Interrogazione a risposta in Commissione:

      DELFINO. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il 19 settembre 2010, un treno proveniente da Ventimiglia e diretto a Cuneo, è rimasto bloccato nella galleria del Tenda per quasi due ore a seguito di un guasto, nell'impossibilità di comunicare con l'esterno, perché nel tratto interessato (territorio francese) mancano i cavi per la diffusione del segnale per i cellulari;
          gli operatori hanno dapprima tentato invano di riavviare il locomotore, per poi scendere lungo i binari e cercare un telefono di emergenza sulla linea per dare l'allarme;
          dal grave incidente, avvenuto nella galleria del Tenda nel 2003, passi avanti sono stati fatti soltanto nei tratti di competenza italiana, mediante l'installazione di cavi fessurati per la diffusione del segnale telefonico, mentre tutto risulta inalterato per quanto riguarda i tratti di competenza francese;
          risulta quanto mai necessario sollecitare le autorità francesi, affinché provvedano, con urgenza, a dotare le gallerie di dispositivi che permettano la diffusione del segnale telefonico, indispensabili soprattutto per la gestione delle emergenze  –:
          quali urgenti iniziative intenda avviare nei confronti delle autorità francesi al fine di ottimizzare la sicurezza dell'intero tratto ferroviario di competenza nella galleria del Tenda, evitando che semplici guasti meccanici possano avere ripercussioni gravi a causa di quella che all'interrogante appare una inadempienza di chi ha l'obbligo di garantire la sicurezza della viabilità ferroviaria. (5-03556)


Interrogazioni a risposta scritta:

      BORGHESI. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          il CIPE si appresta ad autorizzare quell'aumento delle tariffe aeroportuali che consentirà ad ADR Aeroporti di Roma di avviare, con le risorse dei contribuenti, il suo piano di raddoppio dell'aeroporto di Fiumicino;
          il decreto-legge n.  78 del 2009 prevede infatti che (articolo 17, comma 34-bis) al fine di incentivare l'adeguamento delle infrastrutture di sistemi aeroportuali di rilevanza nazionale con traffico superiore a otto milioni di passeggeri annui, possano essere introdotti sistemi di tariffazione pluriennale in deroga alla normativa vigente in materia;
          in considerazione di ciò il Comitato FuoriPISTA si rivolge al CIPE per chiedere, prima di procedere all'aumento delle tariffe aeroportuali, la verifica della bontà degli interventi previsti dai gestori aeroportuali, così come previsto al paragrafo 4.3 della «Direttiva in materia di regolazione tariffaria dei servizi aeroportuali offerti in regime di esclusiva» allegato alla delibera CIPE 15 giugno 2007, n.  38;
          com’è noto infatti ADR subordina l'intero piano di sviluppo aeroportuale all'aumento delle tariffe all'ordine del giorno del CIPE; in altre parole l'investimento del privato è condizionato al finanziamento pubblico. Tutto ciò sulla base di un unico dato certo: fino ad oggi ADR SpA ha dato, ad avviso dell'interrogante, prova di scarsa efficienza nella gestione dei servizi, considerati i risultati di bilancio (l'indebitamento netto di ADR si è attestato, al 31 marzo 2010, a 1.304,5 milioni di euro);
          il Comitato ritiene quindi lecito esplicitare perplessità su un provvedimento che appare all'interrogante per nulla orientato a obiettivi di efficienza bensì soltanto a criteri di remunerazione degli investimenti e dei capitali privati. In altre parole un provvedimento che, in tutta apparenza, tende solo ad appianare i debiti di ADR  –:
          se il Ministro sia a conoscenza dei fatti sopra riportati;
          se non ritenga di dover intervenire assicurando, come previsto, che i piani di investimento di ADR ottengano prima una positiva valutazione da parte di ENAC. (4-08961)


      RAINIERI e FAVA. — Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. — Per sapere – premesso che:
          a gennaio 2010 è stato annunciata dal Cipe l'approvazione del 1o lotto funzionale del collegamento fra A15 e Autobrennero e, ;nello specifico, il tratto che unirà il casello sull'A15 – A1 a Fontevivo (Parma) fino al nuovo casello «Terre Verdiane», che sarà costruito a Trecasali (Parma);
          l'opera della quale si parla da 40 anni è stata sbloccata. Un'opera rilevante che costituisce parte integrante, se non fondamentale, del corridoio plurimodale Tirreno-Brennero, sul quale le istituzioni stanno lavorando da tempo sia per quanto riguarda la parte ferroviaria (linea Pontremolese e Parma-Suzzara) sia per quella autostradale (Fontevivo-Nogarole Rocca), che porterà nel territorio parmense nuove opportunità di sviluppo economico, essendo questo territorio al centro di un crocevia infrastrutturale strategico per i futuri assetti commerciali tra il nord Europa ed il Mediterraneo. Inoltre, grazie al sistema di tangenziali già in parte realizzato dalla provincia di Parma, i centri storici della bassa Parmense tornano ad essere centrali nella mappa territoriale;
          la Ti-Bre, che collegherebbe il raccordo A15-A1 al Brennero, è un'opera strategica per la Nazione e questa sarebbe già una ragione sufficiente per chiederne la realizzazione, ma ad oggi risultano esserci ritardi importanti nella cantierizzazione del primo stralcio, ritardi non comprensibili dal momento che risulta essere già totalmente finanziato;
          nel 2005 la provincia di Parma coordinò efficacemente l’iter che condusse alla firma del protocollo d'intesa con Autocisa che, tra i vari aspetti, definiva anche le opere compensative da realizzare sui territori interessati;
          da allora l’iter ha gradualmente affrontato gli aspetti autorizzativi e progettuali fino al passaggio fondamentale del maggio 2007, con il quale ANAS e Autocamionale della Cisa hanno siglato il nuovo schema di convenzione, rideterminando la scadenza della concessione al 2031, per arrivare a gennaio 2010, quando lo stesso CIPE ha approvato il progetto definitivo del primo lotto funzionale;
          in un periodo nel quale la crisi economica sta negativamente incidendo sulla possibilità di realizzare interventi pubblici, quelle opere che sono finanziate da risorse private dovrebbero avere un percorso privilegiato  –:
          se il Ministro interrogato, essendo a conoscenza della situazione, non intenda attivarsi al fine di dare attuazione a quanto programmato e, nel contempo, impegnare quei 513 milioni di euro che servirebbero anche per l'economia locale e nazionale. (4-08962)


INTERNO

Interpellanza:

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere – premesso che:
          notizie stampa riportano che ad Altamura (Bari) la mafia avrebbe fatto un vero e proprio salto di qualità, penetrando profondamente nel tessuto socio-economico della cittadina;
          il Rapporto SOS Impresa «Le mani della criminalità sulle imprese» del gennaio 2010 – Confesercenti – conferma la presenza ad Altamura del clan Mangione Matera e la sua forte incidenza estorsiva. Ma ad Altamura opera anche «il clan Dambrosio, capeggiato da Dambrosio Bartolomeo, vicino ai Di Cosola e dedito all'usura e alle estorsioni» (Relazione al Parlamento anno 2008 sull'attività delle forze di polizia, sullo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata);
          la Relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia del settembre 2008, conferma che Altamura è una realtà ad elevata presenza criminale. Registra che in questi anni si sono verificati numerosi episodi delittuosi, come associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsioni, rapine, porto e detenzione di armi e materiale esplosivo, traffico di sostanze stupefacenti;
          la Relazione annuale della Direzione Nazionale Antimafia sulle attività svolte dal Procuratore nazionale antimafia e dalla Direzione nazionale antimafia nonché sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso riferita all'anno 2008, ribadisce e precisa che «in Altamura opera il clan Dambrosio, capeggiato da Bartolomeo Dambrosio, personaggio di spessore della criminalità organizzata (affiliato al clan Di Casola), dedito all'usura ed alle estorsioni; in Gravina in Puglia opera il sodalizio retto dal triumvirato Mangione/Gigante/Matera, attivo nel settore del traffico e spaccio di sostanze stupefacenti e nell'usura. Particolarmente preoccupanti sono gli indicatori della capacità d'infiltrazione del clan Dambrosio nel tessuto economico e negli apparati della pubblica amministrazione locale, documentati attraverso la contiguità al sodalizio di esponenti del mondo dell'imprenditoria e della politica locale». La medesima Relazione riferita invece all'anno 2009, riporta nello schema della distribuzione territoriale dei clan nel territorio altamurano, non solo Dambrosio, Mangione, Matera, Gigante, ma anche Loglisci, Stolfa e Loiudice, con l'avvertenza che nell'ambito dei «processi di ristrutturazione delle cosche si possano profilare nuovi equilibri malavitosi e possano vedere la luce nuove organizzazioni criminali»;
          la relazione del Ministro dell'interno al Parlamento sull'attività svolta e sui risultati conseguiti dalla direzione investigativa antimafia del luglio/dicembre 2009 registra che «Ulteriori operazioni delle Forze di polizia hanno confermato sia la rilevanza strategica del territorio pugliese e delle locali compagini nei traffici di sostanze stupefacenti, sia l'esistenza di collegamenti con reti criminali transnazionali. Anche le fattispecie di reato meno rilevanti, essendo accompagnate dal ritrovamento di armi, evidenziano un non trascurabile livello criminale complessivo.»;
          dalla relazione annuale sulle attività del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali del novembre 2008, emerge che ad Altamura sono stati confiscati 12 beni immobili e 3 aziende in gestione al Demanio;
          già nel giugno 2005, in occasione dell'omicidio di Raffaele Scalera, ucciso con un colpo di arma da fuoco alla nuca sulla via vecchia per Cassano, dalle indagini investigative emersero presunti intrecci tra criminalità organizzata, imprenditori e politici;
          sempre nel 2005, il 25 luglio fu sequestrato un imprenditore, mentre nel novembre 2006 scomparve Biagio Genco, amico fraterno di boss mafiosi e presunto autore di un violento pestaggio ai danni del giornalista di Radio Regio Stereo, Alessio Di Palo;
          Alessio Di Palo è solito denunciare attraverso la sua trasmissione radiofonica il malaffare e la malapolitica nella gestione dei rifiuti, criticando apertamente il Gruppo imprenditoriale Columella e l'amministrazione comunale;
          il fratello di Di Palo, Francesco, è divenuto testimone di giustizia per aver denunciato i propri estorsori che gli imponevano il pizzo, nell'ambito della sua attività imprenditoriale. Francesco Di Palo, per questo suo gesto civile e di ribellione alla mafia, è attualmente sotto il programma di protezione provinciale assieme alla famiglia;
          un secondo caso di lupara bianca ad Altamura, dopo quello di Genco, si è verificato 5 anni fa, con la scomparsa di Paolo Loiudice, imprenditore edile caduto in rovina a causa della mafia altamurana capeggiata dal boss Bartolo Dambrosio;
          il 27 marzo 2010, in pieno giorno e in un quartiere popolato, sono stati uccisi Rocco Lagonigro e il suo collaboratore Vincenzo Ciccimarra. Lagonigro, il principale obiettivo dei sicari, era legato al clan di Palermiti. Le indagini dovranno chiarire se il duplice omicidio sia il risultato di una guerra tra clan baresi o di un regolamento di conti locale;
          ma è con l'uccisione del boss mafioso Bartolo Dambrosio, avvenuta il 6 settembre 2010 che l'ombra sulla legalità delle istituzioni altamurane si fa sempre più cupa. Come riporta l'articolo pubblicato su La Repubblica sezione di Bari dell'11 settembre 2010, l'assassinio è stato particolarmente efferato, eseguito con armi di particolare calibro e fabbricazione, che non erano mai state utilizzate negli ultimi agguati di mafia nel barese. È forte il rischio dunque che dietro l'omicidio vi possa essere «l'obiettivo della mafia di creare una struttura di comando che tutto controlla» (Procuratore della Repubblica di Bari, dottor Antonio Laudati, su La Repubblica dell'11 settembre 2010);
          Bartolo Dambrosio era un elemento strategico nella mafia locale, e ben noto alle forze dell'ordine. Risulta che sul social forum Facebook coltivasse rapporti di amicizia con esponenti politici, quali il sindaco Mario Stacca, il consigliere Michele Barattini, l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro, e l'ex consigliere Nicola Clemente (BariSera del 10 settembre 2010);
          D'Ambrosio era anche il pro cugino del presidente del Consiglio Comunale, Nicola D'Ambrosio;
          lo stesso Nicola Dambrosio e Saverio Columella, figlio dell'amministratore della Tradeco di Altamura, in alcune intercettazioni telefoniche disposte dal pubblico ministero Desirèe Digeronimo, avrebbero parlato «di presunte tangenti date a Pasquale Lomurno, segretario del sindaco di Altamura Mario Stacca» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010). L'intercettazione sarebbe al vaglio dei carabinieri «per provare l'antica abitudine dei Columella al pagamento di tangenti ai pubblici amministratori» (Barisera di venerdì 10 settembre 2010);
          si precisa che la società Tradeco S.p.A gestisce il servizio rifiuti solidi urbani ad Altamura, e che da tempo è al centro di inchieste giudiziarie. Risulta che il 7 settembre 2010 il comune abbia deliberato un milione e 260 mila euro alla società per il trasporto di rifiuti fuori bacino. In proposito, come riportato da un articolo del 26 settembre pubblicato sul sito altamuralive.it, il movimento «Aria Fresca» avrebbe dichiarato: «Mentre da settimane i cittadini attendono che il sindaco Stacca e i suoi collaboratori chiariscano con versioni credibili e documentate il contenuto delle intercettazioni effettuate dai Carabinieri su disposizione della Magistratura in cui amabilmente diversi di loro parlano, come rilevano gli stessi investigatori, di mazzette e bustarelle, arriva la ciliegina sulla torta. Il giorno seguente all'omicidio di Bartolo Dambrosio, mentre la città era sgomenta per l'accaduto ed esponenti dell'amministrazione rilasciavano dichiarazioni sconcertanti sulla vittima, Stacca e la sua squadra erano impegnati anche in qualcos'altro»;
          in particolare, riporta sempre l'articolo succitato, il Movimento avrebbe aggiunto che: «l'amministrazione Stacca ha deliberato, in via definitiva, di chiudere con una transazione il contenzioso che la opponeva alla Tradeco in merito alla quantificazione dei costi per il trasporto fuori bacino dei rifiuti indifferenziati. Si tratta della deliberazione di giunta n.  112 del 7 settembre 2010, che segue la precedente deliberazione n.  45 del 15 marzo 2010 con la quale sempre l'amministrazione Stacca aveva avviato tutta la procedura e la determinazione dirigenziale n.  1108 del 27 agosto 2010 che ha quantificato gli esborsi. Alla Tradeco viene riconosciuto, a partire dalla data di chiusura della discarica di Altamura (dal 1° aprile 2008) oltre un milione di euro all'anno per il servizio offerto. Somme che si aggiungono all'appalto di raccolta e smaltimento sui rifiuti (circa 7 milioni di euro, tra i più alti della Puglia) e ai costi di biostabilizzazione che il sindaco Stacca ha deciso di assumersi con ordinanza n.  52 del 30 aprile 2010. Tutto questo, mentre la percentuale già bassa di raccolta differenziata è in ulteriore diminuzione (appena l'8 per cento nel 2010) e, per questo, la Città paga 400mila euro di ecotassa regionale. Invece di prendere la strada dello scioglimento del contratto capestro, un contratto frutto di un appalto dalle regole truccate gestito da varie amministrazioni, ecco arrivare l'ennesimo esborso a danno degli altamurani. Un esito che non ci sorprende perché segue uno schema di condotta già collaudato in questo Comune: si fa la faccia feroce con la ditta, questa fa partire i contenziosi, l'amministrazione chiede pareri e consulenze, poi tutto si chiude con una transazione che viene fatta passare come favorevole per la Città (quest'ultima conciliazione riconosce alla Tradeco quasi 1.100.000 euro all'anno anziché i circa 1.700.000 richiesti inizialmente dalla ditta). “Con quale serenità, lucidità e imparzialità è stata definita e chiusa la transazione da questi amministratori, considerato che diversi di loro, tra i più vicini al sindaco, intrattenevano da anni – come emerge dalle intercettazioni effettuate su disposizione della Procura dai carabinieri in questi anni – rapporti molto confidenziali e intimi con i componenti della famiglia titolare della Tradeco (cioè l'impresa che gestisce il più costoso servizio pubblico locale che assorbe circa un quarto della spesa corrente comunale)?”»;
          l'attività di Carlo Dante Columella, patron della Tradeco, è oggetto di indagine da parte dell'antimafia che ipotizza i reati di associazione per delinquere e corruzione, traffico illecito e presunta gestione non autorizzata dei rifiuti. Dalle indagini degli inquirenti, la discarica in contrada Le Lamie conterrebbe il doppio dei rifiuti previsti. Il «re dei rifiuti della Murgia» è stato condannato il 29 settembre 2010 a 5 mesi di reclusione e al pagamento di una multa di 20 mila euro per costruzioni «in contrasto con la pianificazione urbanistica e in totale difformità rispetto al permesso di costruire peraltro illegittimo» in contrada San Tommaso, tra Altamura e Santeramo. Stessa pena è stata irrogata alla moglie, Irene Petronella, e al progettista Alfredo Striccoli;
          ma nelle intercettazioni all'esame della Procura, come si legge in un articolo pubblicato su Barisera, vi sarebbe anche uno «stralcio di presunte tangenti che i Columella devono pagare». Nella conversazione del 30 marzo 2002 tra Carlo Columella e una impiegata della Tradeco, Lucia Castoro, si discute di alcune questioni relative alla discarica. L'articolo succitato riporta la seguente conversazione: «Lucia Castoro (C): (...) i soldi per zio Franco (Petronella Francesco) per quelli lì ... (punto della registrazione incomprensibile) ... ora quello che mi ha detto, mi ha detto che deve andare lui ora (...) gli ottocento a Pasquale (duemilacinquecento a quell'altro – sembra dire al politico – (...). L'articolo riporta anche una telefonata del 10 aprile 2002 in cui le stesse persone parlano di una «presunta dichiarazione di guerra» che gli starebbero muovendo. Columella afferma che dirà al magistrato, il quale lo deve ascoltare, che «(...) mi hanno fatto la “delibera”, volevano 500 milioni (di vecchie lire, ndr), non glieli ho dati, me l'hanno revocata»;
          in un articolo apparso su La Repubblica sezione di Bari del 22 settembre 2010, il summenzionato giornalista Alessio Di Palo ha dichiarato: «Nico (Dambrosio) è un pesce piccolo. E in corso un braccio di ferro fra Stacca e i Columella. Nel 2011 dovrà essere bandita la gara d'appalto per lo smaltimento dell'immondizia e i Columella, appunto, non possono permettersi il lusso di perderla»;
          Michele Columella è sotto indagine, insieme all'ex Assessore alla sanità Alberto Tedesco, per l'appalto dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri della Asl Bari. L'ex dirigente Asl Lea Cosentino, interrogata dalla pm Digeronimo, avrebbe parlato di «un'amicizia fraterna che Tedesco aveva con la Tradeco di Columella. Io conosco il signor Franco Petronella – ha spiegato Cosentino – lo conosco da quando stava ad Altamura perché è un consigliere anche comunale e siccome Alberto Tedesco lo definiva mio fratello sapevo che spesso andava presso la società Tradeco a fare politica» (Corriere del Mezzogiorno.it);
          sottoposti ad interrogatorio, tra gli altri, anche il legale rappresentante della società di smaltimento rifiuti Vi.ri. di Altamura, e Francesco Petronella, titolare della società;
          secondo il giudice «è stata evidenziata l'illecita ingerenza degli indagati a sostegno degli interessi economici» di tre aziende, la Vi.ri srl, specializzata nella raccolta di rifiuti speciali, la Draeger Spa, rappresentata dal nipote di Tedesco, e la Consanit scpa, per l'aggiudicazione di altrettanti appalti dalla Asl di Bari (Corriere del Mezzogiorno.it);
          i reati contestati all'ex assessore regionale alla sanità Alberto Tedesco sono corruzione, turbativa d'asta e concorso in violazione del segreto d'ufficio rispetto ad appalti per un valore complessivo di 9 milioni di euro;
          alla morte di Bartolo Dambrosio, sia il presidente del Consiglio Comunale che l'assessore alla cultura Giovanni Saponaro hanno addirittura esaltato la figura del boss, sostenendo che fosse «una persona rispettabile». In particolare Nico Dambrosio su La Repubblica ha definito il suo parente come «una personalità eccessivamente portata verso il prossimo, il suo atteggiamento di vita era quello di una persona che puntava ad una promozione sociale». Con tali dichiarazioni, non degne di pubblici amministratori, è stato minimizzato l'ennesimo fatto di sangue legato a dinamiche mafiose avvenuto ad Altamura;
          risulterebbe anche che alcuni esponenti delle forze dell'ordine fossero soliti fare jogging col boss, esperto in arti marziali. Il fatto mai smentito, se confermato sarebbe ad avviso dell'interrogante di inaudita gravità, soprattutto considerato che uno di questi esponenti, avrebbe persino protetto Dambrosio (La Repubblica sezione di Bari del 14 settembre 2010);
          come se non bastasse, Bartolo Dambrosio avrebbe anche organizzato eventi collettivi, con il favore e il sostegno economico dell'amministrazione comunale. Appena due giorni prima della sua morte, avrebbe presentato la Notte bianca di Altamura;
          il sindaco di Altamura, Mario Stacca, in seguito alle inopportune dichiarazioni del presidente del consiglio comunale sul parente boss assassinato, ha chiesto le dimissioni di Nico Dambrosio. Il presidente però non si è fatto da parte, così il 20 settembre 2010 il sindaco ha presentato la lettera di dimissioni, «già pronta per l'eventualità e l'ha fatta protocollare» (Corriere del Mezzogiorno.it) per consentire di fare chiarezza sugli ultimi fatti accaduti;
          solo dieci giorni dopo, il sindaco ha ritirato le sue dimissioni, nonostante i presunti legami tra politica, imprenditoria e malavita siano rimasti inalterati e il presidente del consiglio comunale che elogia la personalità di un boss mafioso sia rimasto al suo posto;
          in segno di protesta contro l'intensificarsi dei fenomeni mafiosi ad Altamura, il Coordinamento per la legalità ha recentemente organizzato una manifestazione in piazza della Repubblica. La portavoce del movimento, Valentina D'Aprile, ha dichiarato testualmente «Ad Altamura la mafia c’è, c'e anche una cultura mafiosa. Va avanti in questo modo da vent'anni. Non siamo noi a sostenerlo, ma gli investigatori della Dia e i magistrati della Dda, che parlano di intreccio mafioso-affaristico-politico. Ecco perché vorremmo che oltre agli inquirenti, impegnati a fare luce su questo intreccio, lo stesso risultato fosse garantito da chi ha gestito la nostra città» (La Repubblica sezione di Bari del 28 settembre 2010);
          con tale manifestazione i ragazzi di Altamura per la legalità, hanno intesto proporre una «riflessione generale» per allontanare il rischio di «trasformare l'Alta Murgia in una terra invivibile, fra l'omertà dei testimoni, l'assenza di denunce per le estorsioni, la scarsa attenzione sul tema dell'usura e il consumo della droga» (La Repubblica sezione di Bari del 26 settembre 2010)  –:
          alla luce dei fatti descritti in premessa che rendono manifesta la forte incidenza della criminalità organizzata nella società altamurana, e che confermano l'esistenza di rapporti tra questa ed esponenti politici locali, se non si ritenga di accertare se ad Altamura vi siano condizionamenti esterni tali da richiedere lo scioglimento del consiglio comunale, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.  267.
(2-00849) «Zazzera, Barbato, Granata».


Interrogazioni a risposta immediata:

      RAO, COMPAGNON, CICCANTI, NARO, VOLONTÈ, GALLETTI, LIBÈ, OCCHIUTO, ENZO CARRA e MEREU. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          l'articolo 7 del decreto-legge n.  144 del 2005 (il cosiddetto decreto Pisanu) ha posto dei limiti severi, in termini di adempimenti burocratici, per l'accesso senza fili alla rete internet;
          la norma, infatti, obbliga il gestore di pubblico esercizio, dopo aver chiesto una specifica licenza al questore, a richiedere l'identificazione da parte di coloro che vogliono accedere alla rete a mezzo wi-fi e a conservare in un apposito archivio i vari log relativi ai clienti/utenti;
          adottata nell'ambito delle misure volte a contrastare il terrorismo internazionale, una regolamentazione dell'utilizzo delle reti wi-fi aperte così rigida è riscontrabile solo in Italia e comporta elevati oneri burocratici, oltre a rappresentare un freno all'utilizzo della rete da parte dei cittadini e all'erogazione dei nuovi servizi offerti da parte delle pubbliche amministrazioni e degli enti pubblici;
          la norma, infatti, limita l'utilizzo dei servizi informativi diretti, quelli della infomobilità, dei servizi innovativi per la fruizione di beni culturali, ambientali e servizi per il turismo, dei servizi specifici destinati ai diversamente abili, dei servizi in ambienti pubblici, come aree verdi, biblioteche, ospedali, e dei servizi per la sicurezza;
          il «decreto Pisanu» dal 2005 è stato oggetto di numerose proroghe, l'ultima delle quali scadrà il prossimo 31 dicembre 2010  –:
          se non ritenga opportuno evitare una ulteriore proroga di una norma che non ha eguali in Europa e che rischia di frenare lo sviluppo del wi-fi in Italia, di pregiudicare il processo di semplificazione in atto e di limitare il diritto dei cittadini al libero accesso ai servizi della pubblica amministrazione. (3-01274)


      PICIERNO, FERRANTI, GARAVINI, MARAN, AMICI, QUARTIANI, GIACHETTI, CAPANO, CAVALLARO, CIRIELLO, CONCIA, CUPERLO, MELIS, ANDREA ORLANDO, ROSSOMANDO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI e TOUADI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          si sta assistendo negli ultimi mesi al continuo ripetersi di azioni intimidatorie, minacce e attentati contro esponenti delle procure e operatori dell'informazione coinvolti nell'accertamento della verità e nel racconto di fatti riguardanti le organizzazioni mafiose;
          l'intensa attività investigativa portata avanti in questi anni dalle forze dell'ordine e dalla magistratura ha consentito l'avvio di nuove indagini, l'arresto di numerosi latitanti, la confisca di beni per diversi milioni di euro, lo smantellamento di alcuni nuclei operativi di Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta su tutto il territorio nazionale, l'apertura di nuovi importanti processi giudiziari;
          in particolare, alcuni aspetti negli ultimi anni hanno dimostrato un rinnovato vigore nella lotta alle mafie da parte dello Stato: l'emergere di nuovi elementi sulle stragi di Capaci e Via D'Amelio, tali da condurre, secondo quanto risulta da notizie di stampa, il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari ad annunciare, nel corso dell'audizione in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere del 21 luglio 2010, la trasmissione alla procura generale della richiesta di revisione del processo per l'attentato in cui persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta nel luglio del 1992; la realizzazione del più grande processo contro la camorra, il processo Spartacus, concluso nel corso del 2010 con il terzo grado di giudizio, che ha coinvolto 115 persone e condannato numerosi esponenti del clan dei Casalesi, fra cui Francesco Schiavone (detto Sandokan), Francesco Bidognetti, Michele Zagaria e Antonio Iovine, gli ultimi due processati in contumacia poiché latitanti; la grande energia con cui le forze investigative e giudiziarie hanno provveduto ad arresti, confische, indagini e processi ai danni della ’ndrangheta, in particolare dopo l'omicidio del vicepresidente della regione Francesco Fortugno nel 2004 e dopo la strage di Duisburg del 2007, nonché la centralità data dalla relazione annuale della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere del 2008 all'organizzazione criminale calabrese, a cui bisogna aggiungere l'evidente e positivo cambiamento intervenuto nella società calabrese, dove sono sorti vari movimenti a sostegno della legalità e dove sono apparsi per la prima volta dei collaboratori di giustizia appartenenti alle ’ndrine;
          a questi importanti fatti sono seguiti avvenimenti che non possono che suscitare la più viva preoccupazione: sempre secondo quanto emerge da fonti di stampa, nel corso dell'audizione sopra citata in Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, è cominciato ad emergere come a impedire fino ad ora l'identificazione dei responsabili della strage di Via D'Amelio siano stati colossali depistaggi, le amnesie istituzionali, le false prove, parole chiare per descrivere come si vada delineando per gli avvenimenti del 1992 un coinvolgimento del più volte evocato «terzo livello», comprendente pezzi deviati dello Stato, uomini dei servizi, logge segrete; le minacce esplicite, considerate attendibili e pericolose, nei confronti del giudice Raffaele Cantone, della giornalista Rosaria Capacchione e dello scrittore Roberto Saviano, ognuno a suo modo protagonista di un nuovo racconto di verità sulla camorra, nonché le ripetute minacce e intimidazioni a esponenti politici e amministratori campani noti per l'impegno in difesa della legge; i ripetuti attentati e atti intimidatori avvenuti in Calabria negli ultimi mesi: la bomba del gennaio 2010 alla procura di Reggio Calabria, il 26 agosto 2010 lo scoppio di un ordigno nel palazzo del procuratore generale Salvatore Di Landro e il 5 ottobre 2010 il ritrovamento poco distante dalla procura di Reggio Calabria di un bazooka destinato al procuratore generale Pignatone; fatti particolarmente inquietanti, perché fanno emergere un tentativo delle organizzazioni criminali di rispondere all'attacco sferrato dallo Stato con maggiore violenza e ferocia, ricreando un clima che da più voci è stato descritto come simile a quello degli anni ’90, precedente la stagione stragista;
          in questo quadro, il recapito di una lettera anonima agli inquirenti di Caltanissetta, avente la forma di una nota riservata proveniente da organi investigativi o apparati di sicurezza, contenente informazioni riguardanti una recente riunione svoltasi a Messina tra esponenti di Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta, per concordare e pianificare l'eliminazione fisica di rispettivi «nemici», fra i quali vengono citati lo stesso Lari, l'ex pubblico ministero Cantone e il procuratore Pignatone, assume dei contorni estremamente oscuri; la tempistica della nota e della relativa riunione di Messina risalirebbe proprio ai giorni successivi all'audizione svolta presso la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, in cui sono stati, tra l'altro, evidenziati gli ostacoli riscontrati nell'accertamento della verità sulla strage di Via D'Amelio  –:
          alla luce di quanto riportato, quali iniziative urgenti di competenza il Ministro interrogato ritenga opportuno avviare affinché sia accertata l'effettiva esistenza della riunione tra boss delle mafie tenutasi a Messina e di piani volti a dare vita a una nuova stagione di violenza, con attentati e omicidi «eccellenti», e al contempo, nel caso in cui questa ipotesi fosse considerata attendibile, quale ulteriore supporto intenda fornire all'azione repressiva e preventiva nei confronti delle organizzazioni mafiose, accertando che siano state prese le più efficaci misure di protezione e sicurezza per consentire piena incolumità e agibilità ai procuratori minacciati. (3-01277)


Interrogazione a risposta in Commissione:

      LUCIANO DUSSIN e REGUZZONI. — Al Ministro dell'interno. — Per sapere – premesso che:
          il posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (Treviso), attualmente consta di n.  9 dipendenti, compreso il comandante, di cui n.  2 dipendenti in aspettativa che con tutta probabilità non rientreranno;
          a maggio del 2011 resteranno in 6 poiché il vice comandante dovrà andare in pensione per limiti di età, mentre il comandante ha già raggiunto i presupposti per la pensione e in qualsiasi momento può andare via;
          se questo accadesse si ritroverebbero in 5 unità, pochi per resistere alla paventata chiusura del posto Polfer da parte del Ministero dell'interno, che richiede un minimo di 7 unità;
          si potrebbe incrementare in modo sufficiente con l'invio di almeno n.  2-3 unità operative da attingere dalle liste di attesa per questo ufficio;
          a tal proposito si precisa che la stazione di Castelfranco Veneto, per la sua importanza e logistica, è fra le 116 stazioni di media importanza «Centostazioni», perciò considerata dalle Ferrovie dello Stato una stazione molto, rilevante per la sua mole di viaggiatori e studenti, nonché quale snodo ferroviario che consente il passaggio giornalmente di circa 170-180 treni, di cui circa 50-60 merci provenienti da ogni parte, liberando così quasi tutto il traffico merci che gravava prima sulla tratta Padova-Mestre-Treviso;
          la Polfer di Castelfranco è impegnata inoltre nella vigilanza di numerose linee, stazioni e scali F.S. e precisamente: linea F.S. Vicenza-Treviso, che comprende le stazioni di Albaredo-S. Martino di Lupari-Tombolo-Cittadella-Fontaniva-Carmignano di Brenta-San Pietro in Gu; linea F.S, Bassano-Padova, che comprende le stazioni di Bassano-Rosà-Rossano Veneto-Cittadella-Villa del Conte-Fratte; linea F.S. Camposampiero-Montebelluna che comprende dall'ingresso della stazione di Montebelluna, le stazioni di Fanzoro-Castelfranco Veneto, fino al segnale di protezione a Camposampiero, in attesa della nuova fermata a Loreggia; linea F.S. Mestre-Trento che comprende le stazioni di Trebaseleghe di nuova realizzazione Piombino-Dese-Resana-Castelfranco Veneto-Castello di Godego-Cassola-Bassano-Pove-Solagna-S. Nazario-Carpanè Valstagna-S. Marino-Cismon del Grappa-Primolano e fino al confine con la regione Trentino Alto Adige;
          come si può notare, rientrano nella competenza del suddetto ufficio, le stazioni di Cittadella e Bassano: la prima risulta una delle prime stazioni per il carico e lo scarico di treni merci in tonnellaggio a livello regionale, mentre la stazione di Bassano è ai primi posti per numero di viaggiatori, studenti e pendolari verso Venezia, coprendo un grande bacino d'utenza;
          la Polfer di Castelfranco Veneto risulta essere il primo ufficio della polizia istituito in Castelfranco Veneto, subito dopo la seconda guerra mondiale e ancor prima come milizia ferroviaria;
          i compiti della Polfer sono la prevenzione e repressione reati in corsa treno, stazioni e scali F.S., nonché tutto quello che riguarda la regolarità dell'esercizio ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n.  753 del 1980;
          chiudere la Polfer di Castelfranco Veneto significa meno controllo del territorio, e praticamente libero arbitrio da parte di piccole bande di minori extracomunitari che già a fatica si riesce per il momento ad allontanare;
          le stazioni, come si sa, sono luogo di incontro e crocevia per qualsiasi malaffare;
          il personale del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto è inoltre impegnato per le scorte ai treni regionali e euro star city nell'ambito regionale e non;
          talune volte personale del suddetto ufficio viene sacrificato per sopperire alle problematiche di altri uffici, tanto da dover chiudere e così perdere un po’ alla volta il controllo del territorio;
          in futuro il traffico ferroviario in Castelfranco Veneto sarà sempre più incrementato tanto che la regione Veneto con la metropolitana di superficie e la nuova istituenda stazione dei bus vicino a quella dei treni (gomma-rotaia) accentuerà il flusso di viaggiatori in modo esponenziale in arrivo e partenza da questo scalo F.S.  –:
          quali siano gli intendimenti del Ministro interrogato relativamente alla permanenza, o meglio al potenziamento, del posto di polizia ferroviaria di Castelfranco Veneto (Treviso). (5-03558)


Interrogazione a risposta scritta:

      BERTOLINI. — Al Ministro dell'interno, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          nel nostro Paese i casi di violenza da parte di stranieri, soprattutto di religione islamica, nei confronti delle mogli e dei figli, compiuti in nome del fondamentalismo e dell'oscurantismo religioso, sono sempre più numerosi;
          un'ennesima tragedia si è consumata il 3 ottobre 2010 a Novi di Modena (Modena), dove una donna pakistana, Begm Shnez, è stata uccisa a sassate dal marito Hamad Khan Butt, di 53 anni e la figlia Nosheen Butt è stata gravemente ferita dal fratello di 19 anni, Hamir Butt;
          alla base della tragedia ci sarebbe stato il rifiuto della figlia Nosheen, di 22 anni, di sposare il cugino, come invece avrebbe voluto il padre omicida;
          la madre avrebbe difeso la figlia e per questo il marito l'avrebbe colpita, dapprima con un mattone alla testa e poi con una spranga, mentre il figlio bastonava ripetutamente la sorella, ferendola alla testa ed a un braccio;
          sono stati inutili i soccorsi per la madre, che ha perso la vita poco dopo essere arrivata all'ospedale di Modena, mentre la ragazza è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico alla testa ed è ancora in prognosi riservata;
          molti della comunità pakistana di Novi di Modena conoscevano Khan Butt che, oltre ad essere proprietario dell'appartamento dove viveva la famiglia di cinque persone, è anche proprietario del locale a piano terra, di via Bigi Veles 38, utilizzato come moschea;
          sempre secondo le testimonianze, la moglie aveva già chiesto aiuto ad associazioni locali vicine alla comunità pakistana e, da tempo, diceva di avere paura di essere uccisa dal marito, per le troppe liti in famiglia, a causa delle discussioni sulla figlia;
          pare, sempre secondo altre testimonianze, che il Khan Butt stesse per comprare un altro locale da adibire a moschea;
          la mediatrice culturale, nonché presidente della comunità pakistana del distretto di Carpi, ha dichiarato a mezzo stampa che «l'80 per cento dei matrimoni all'interno della comunità pakistana sono combinati» e di non sapere «quando nella nostra comunità si smetterà con questi omicidi»;
          il cugino della vittima, Nasir Mahoomod di 45 anni, ha chiesto alle autorità di proteggere Nosheen, perché l'omicida, anche «dal carcere può organizzare atti violenti» nei suoi confronti e «temo che possa contattare qualcuno per portare a termine ciò che ha iniziato»;
          sarebbe opportuno, tra l'altro, approfondire il ruolo dei servizi sociali in questa tragica vicenda;
          violenza fisica, matrimoni imposti, poligamia e imposizione del burqa sono solo alcune delle vessazioni a cui sono sottoposte ancora troppe donne di religione islamica in Italia; si tratta di fenomeni alimentati dalla disinformazione, dall'isolamento, dalla mancata conoscenza dei propri diritti;
          i tanti episodi di violenza compiuti nei confronti delle donne musulmane, oltre a suscitare indignazione e ferma condanna, devono anche far riflettere sul fatto che la maggior parte di essi sono compiuti da componenti dei loro nuclei famigliari e da persone del loro stesso credo religioso  –:
          se il Ministro sia a conoscenza di tali fatti;
          come sia possibile che, nonostante le richieste di aiuto avanzate dalla vittima e dalla figlia ad associazioni locali dedite ad attività di mediazione culturale, teoricamente volte a facilitare l'integrazione degli stranieri, non sia intervenuto nessuno per denunciare le violenze subite dalle due donne;
          se sia in grado di fornire dati relativi a vicende che vedono coinvolte donne islamiche vittime di violenze e soprusi all'interno dei propri nuclei famigliari, avvenuti nel nostro Paese negli ultimi cinque anni;
          se non ritenga necessario avviare, con la collaborazione degli enti locali, un'indagine approfondita per verificare quante situazioni analoghe, non denunciate, ci siano nel nostro Paese, con particolare riferimento al fenomeno dei cosiddetti matrimoni combinati, e per verificare la reale situazione delle donne straniere che vivono in Italia;
          se e come intenda intervenire per verificare se l'attività di culto svolta nel locale adibito a moschea, in Via Bigi Veles 38, di Novi di Modena, rispetti le prescrizioni di legge e soprattutto non sia rivolta a finalità illecite, a danno della sicurezza e dell'ordine pubblico, nonché della sicurezza nazionale;
          quali iniziative urgenti intenda adottare per impedire che luoghi come questo continuino a proliferare nel nostro Paese, spesso senza essere tempestivamente individuati, e siano utilizzati per indottrinare le nuove generazioni straniere al fondamentalismo ed al fanatismo religioso.
(4-08982)


ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazione a risposta in Commissione:

      GHIZZONI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          il 29 settembre 2010 il Consiglio di Stato ha respinto, con l'ordinanza n.  4413/10, il ricorso (numero 7723/2010) presentato dal ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca contro l'ordinanza del tribunale amministrativo regionale del Lazio (Roma: Sezione III-bis n.  03363/2010) che, pronunciandosi su un ricorso dello Snals, aveva sospeso l'efficacia dei decreti ministeriali che prevedono la riduzione del 20 per cento delle ore di lezione operato nelle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e nelle seconde e terze dei professionali;
          in seguito alla suddetta ordinanza sospensiva del tribunale amministrativo regionale del Lazio, il Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI), fino a quel momento non coinvolto contrariamente a quanto previsto dalla normativa vigente, ha potuto esprimere il proprio parere sui suddetti decreti ministeriali che stabiliscono siffatte riduzioni di orario;
          il parere espresso dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione (CNPI) è negativo e, nello specifico, riporta che i provvedimenti in esame sono «destinati a generare confusione e disorientamento nell'intera comunità scolastica. Permane inoltre il rischio di una frammentazione dell'offerta formativa e di una gestione approssimativa dei percorsi di studio, a tutto danno degli alunni traditi nel loro diritto alla continuità educativa e costretti a patire la provvisorietà e la precarietà di provvedimenti che appaiono estranei alla funzione istituzionale della scuola ed alle attese della società civile e del mercato del lavoro»;
          il pronunciamento del Consiglio di Stato espressamente stabilisce che: «l'appello cautelare non appare assistito da fumus boni iuris, tenuto conto anche del fatto che alla luce del sopravvenuto parere emesso dal Consiglio nazionale della pubblica istruzione l'Amministrazione scolastica non potrebbe esimersi dal rideterminarsi sulla definizione dell'orario complessivo annuale delle lezioni delle seconde, terze e quarte classi degli istituti tecnici e delle seconde e terze classi degli istituti professionali»  –:
          se e come il Governo intenda dare seguito a quanto indicato nell'ordinanza del Consiglio di Stato di cui in premessa. (5-03560)


Interrogazioni a risposta scritta:

      DE POLI. —Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          a seguito delle disposizioni nella recente manovra finanziaria che comporta una cospicua decurtazione del bilancio del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, e anche soprattutto la fortissima riduzione dei finanziamenti a regioni ed enti locali, ci sarà sempre maggiore difficoltà ad erogare risorse e servizi ai sistemi scolastici territoriali;
          in questi ultimi mesi deputati di diversi schieramenti politici e molte organizzazioni sindacali hanno denunciato e fatto rilevare il drammatico taglio che ha colpito gli insegnanti di sostegno per alunni con disabilità, dimostrando come, in molte province del nostro Paese a seguito delle ultime leggi finanziarie si siano registrate riduzioni assolutamente incompatibili con la necessità di adeguare le cattedre di sostegno al rapporto insegnanti/alunni con disabilità;
          autorevoli quotidiani nazionali hanno pubblicato testimonianze che denunciano i disagi e le difficoltà che incontrano molte famiglie in cui sono presenti bambini con disabilità, ai quali purtroppo vengono sottratte delle ore scolastiche con gli insegnanti di sostegno a causa dei tagli ai bilanci;
          vari tribunali amministrativi si sono pronunciati recentemente a favore della tutela degli studenti portatori di handicap e, in base a tali sentenze, le amministrazioni scolastiche non potranno più giustificare le carenze di sostegno con esigenze di bilancio, né si potranno sostituire al sostegno altre figure non specializzate;
          diverse associazioni locali presentano petizioni e raccolgono firme contro la nuova riforma scolastica del Ministro Gelmini che danneggia e lede i diritti delle persone con disabilità, il loro diritto allo studio, e in molti casi mette le famiglie in condizioni tali da non poter garantire la frequenza scolastica dei propri figli per mancanza di personale che si prenda cura di loro;
          sono in molti a far rivelare che tutto ciò non può essere tollerato e che lo Stato dovrebbe altresì tendere a rimuovere ogni ostacolo che impedisca la prima integrazione delle persone con disabilità nella scuola, nel lavoro e nella società. Ricordando, l'esistenza di leggi come l'articolo 3 della Costituzione italiana o l'articolo 1 della legge 104 che garantiscono i diritti delle persone con disabilità  –:
          quali urgenti iniziative intendano attuare per risolvere la mancanza di personale che non permette alle persone con disabilità di rimanere a scuola in sicurezza e quali misure siano previste per garantire a questa fascia di popolazione, certamente più bisognosa di aiuto rispetto ad altre, il diritto allo studio. (4-08965)


      FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro della gioventù. — Per sapere – premesso che:
          il sito on-line del quotidiano Il Mattino ha pubblicato nella giornata del 9 ottobre 2010 la seguente lettera firmata Isabel Gentile;
          in detta lettera si legge: «Sono una ragazza di 18 anni residente a Buonabitacolo (Salerno) frequento il quinto anno all'istituto tecnico per il turismo di Montesano S.M. (Salerno) sono affetta da una gravissima malattia osteopetrosi, sono cieca e invalida al 100 per cento oltre alla vista ho problemi motori quindi immaginate la mia vita. Ogni anno l'Asl mi assegna 18 ore settimanali e giustamente un insegnante di sostegno quasi mai all'altezza visto che a scuola sono brava, mi manca tanto almeno l'intelligenza c’è, comunque per non farla lunga quest'anno dovrei affrontare gli esami di Stato e per mia grande sorpresa il signor provveditore degli studi di Salerno mi ha assegnato solo 9 ore settimanali, nelle mie condizioni ho una professoressa per sole 9 ore alla settimana.
      Ho inviato lettere fax raccomandate al signor provveditore di Salerno, un tale Acocella, nessuna risposta figuriamoci la preside del mio istituto mi dice dì ai tuoi genitori di darsi da fare, non so cosa fare mi rivolgo al Mattino sperando che voi pubblichiate questa mia lettera di denuncia, grazie un saluto Isabel Gentile»  –:
          se il contenuto della lettera della signora Gentile corrisponda a verità;
          in caso affermativo, nell'ambito delle proprie facoltà, quali iniziative si intendano promuovere, sollecitare, adottare, per una positiva soluzione del caso sopra evidenziato. (4-08970)


      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. — Per sapere – premesso che:
          l'VIII Rapporto «Sicurezza, qualità e comfort a scuola», presentato a Roma il 16 settembre 2010 da Cittadinanzattiva, definisce la scuola come «un gigante dai piedi di argilla»;
          gli istituti scolastici monitorati attraverso una griglia di osservazione strutturale con oltre 300 indicatori e un questionario per il responsabile del servizio prevenzione e protezione della scuola, ha riguardato per questa edizione 82 strutture di ogni ordine e grado;
          sul totale, il 16 per cento è «messo davvero male e la sensazione prevalente è che, nonostante i tanti annunci e le risorse messe a disposizione degli ultimi anni, la sicurezza scolastica resti ancora un fanalino di coda»;
          poco più di una scuola su tre possiede la certificazione di agibilità statica (37 per cento), nonostante oltre la metà si trovi in aree a rischio sismico (55 per cento);
          solo una scuola su quattro possiede il certificato igienico-sanitario ed appena il 31 per cento del campione è in regola con le norme sulla prevenzione incendi;
          le porte anti-panico sono sconosciute nel 93 per cento del campione; il 24 per cento delle palestre è sprovvisto della cassetta di pronto soccorso e, infine, il 13 per cento delle aule presenta barriere architettoniche;
          a giudizio della prima firmataria del presente atto, l'innalzamento progressivo del numero di alunni per classi, previsto dal regolamento attuativo dell'articolo 64 del decreto-legge n.  112 del 2008, rischia di aggravare ulteriormente la situazione  –:
          quali iniziative urgenti intenda adottare, sollecitare e/o promuovere al fine di garantire maggiore sicurezza, qualità e prevenzione dei nostri istituti scolastici. (4-08977)


LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta immediata:

      REGUZZONI, LUCIANO DUSSIN, FOGLIATO, LUSSANA, MONTAGNOLI, ALESSANDRI, ALLASIA, BITONCI, BONINO, BRAGANTINI, BUONANNO, CALLEGARI, CAPARINI, CAVALLOTTO, CHIAPPORI, COMAROLI, CONSIGLIO, CROSIO, DAL LAGO, D'AMICO, DESIDERATI, DI VIZIA, DOZZO, GUIDO DUSSIN, FAVA, FEDRIGA, FOLLEGOT, FORCOLIN, FUGATTI, GIDONI, GIANCARLO GIORGETTI, GOISIS, GRIMOLDI, LANZARIN, MAGGIONI, MOLGORA, LAURA MOLTENI, NICOLA MOLTENI, MUNERATO, NEGRO, PAOLINI, PASTORE, PINI, PIROVANO, POLLEDRI, RAINIERI, RIVOLTA, RONDINI, SIMONETTI, STEFANI, STUCCHI, TOGNI, TORAZZI, VANALLI, VOLPI e ZAFFINI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          è notizia di questi giorni che l'azienda multinazionale Carrier chiude lo stabilimento di Torreglia per delocalizzare la produzione dei banchi frigo nell'Est Europa;
          la decisione è stata ufficializzata con una lettera inviata alle segreterie provinciali di Fim, Fiom e Uilm, in cui si comunica l'apertura della procedura di licenziamento per cessata attività dei 193 lavoratori interessati, dirigenti inclusi;
          nella lettera medesima la multinazionale americana spiega i motivi del trasferimento della produzione di banchi frigo nella Repubblica ceca ed in Ungheria, dove sono presenti altri stabilimenti Carrier, ovvero che il costo di produzione a Torreglia è del 60 per cento, contro il 28 per cento nell'Est Europa;
          come risulta da notizie di stampa, alla base della chiusura dello stabilimento non c’è una carenza di ordini e quindi di attività, ma semplicemente un'operazione di delocalizzazione, che andrebbe contrastata anche in relazione al grande impatto che tale iniziativa determina sul piano occupazionale;
          da diversi giorni i lavoratori presidiano lo stabilimento per tentare di evitarne la chiusura;
          le modalità con cui la Carrier ha comunicato la propria decisione e, sopratutto, i motivi che stanno alla base della stessa destano grande preoccupazione a livello politico-locale, paventando il rischio che il modo di operare della Carrier possa essere seguito dalle altre multinazionali, presenti in gran numero nella provincia di Padova  –:
          se ed in quali termini il Governo intenda intervenire con urgenza per risolvere una questione che sta creando preoccupante allarme sociale e se non convenga sull'opportunità di adottare al più presto misure volte alla riduzione del costo del lavoro, al fine di evitare il diffondersi di iniziative di delocalizzazione, anche valutando l'adozione di misure che introducano meccanismi premiali a favore delle aziende che non delocalizzano. (3-01275)


Interrogazioni a risposta in Commissione:

      BELLANOVA, VANNUCCI, SERENI, DAMIANO, BERRETTA, BOCCUZZI, CODURELLI, GATTI, GNECCHI, MADIA, MATTESINI, MOSCA, MIGLIOLI, RAMPI, SANTAGATA e SCHIRRU. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          in data 10 novembre 2009, la prima firmataria del presente atto ha presentato una risoluzione in Commissione lavoro, atto camera n.  8-00055, circa la modalità di trasferimento all'INPS di personale scolastico, nella quale si impegnano il Governo «ad assicurare l'apertura di un tavolo di confronto tra le amministrazioni coinvolte e le parti interessate, al fine di mettere allo studio eventuali soluzioni che – ove giudicato possibile e tecnicamente praticabile – favoriscano, da un lato, una verifica della esatta determinazione della retribuzione individuale di anzianità (RIA) e, dall'altro, una valutazione circa al sua distinzione dallo stipendio tabellare, anche al fine di evitare l'insorgenza di contenziosi legali, con conseguente e possibile danno per l'Erario, da parte del personale di cui in premessa»;
          nel corso dei lavori della Commissione il Sottosegretario Pasquale Viespoli ha affermato che «il Governo, a seguito dell'istruttoria svolta, sarebbe disponibile esclusivamente ad accogliere un impegno all'apertura di un tavolo tecnico di confronto per lo studio di eventuali soluzioni, tecnicamente praticabili, sull'argomento oggetto della risoluzione;
          come da iter, a seguito di discussione e dibattito in Commissione lavoro, la risoluzione in questione è stata approvata. A tutt'oggi, però, agli interroganti non risulta posta in essere alcuna misura circa l'attivazione del tavolo di confronto in relazione al quale si è impegnato il Governo  –:
          se non ritenga urgente dare seguito all'impegno scaturito dall'approvazione in Commissione lavoro della risoluzione di cui in premessa, intervenendo per predisporre quanto necessario affinché il tavolo di confronto richiesto, tra le amministrazioni coinvolte e le parti interessate, sia quanto prima attivato. (5-03554)


      LOVELLI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la Space Cannon di Fubine, è un'azienda leader nei sistemi d'illuminazione ad alta tecnologia in provincia di Alessandria, nota in tutto il mondo per la creazione di architetture di luce ed opere di grande rilievo, resa recentemente famosa in tutto il mondo per aver realizzato, con i fari di sua produzione, i fasci di luce blu, utilizzati per illuminare Ground Zero, in occasione delle celebrazioni dell'anniversario dell'attentato terroristico dell'11 settembre a New York;
          nella primavera del 2008, dopo la scomparsa del fondatore, Bruno Baiardi, l'azienda è stata acquistata da una multinazionale austriaca, anch'essa operante nel settore dell'illuminazione, la Zumtobel;
          a distanza di 2 anni dall'acquisizione, il fatturato dell'azienda alessandrina è crollato dai precedenti 7/8 milioni di euro annui, al milione di euro registrato nei primi sei mesi del 2010. Inoltre l'azienda ha maturato un indebitamento pari a 8 milioni di euro;
          dopo la progressiva riduzione di alcune linee di produzione risalente agli ultimi mesi, l'amministratore delegato della Space Cannon, nella giornata di mercoledì 29 settembre 2010, ha comunicato alle maestranze la volontà dei soci di mettere in liquidazione l'azienda, che attualmente vede impiegati 48 lavoratori –:
          se sia a conoscenza del fatto di cui in premessa e quali siano in proposito le iniziative che il Ministro intende adottare, in particolare riguardo al futuro lavorativo dei 48 dipendenti dell'azienda;
          quali iniziative si intendano intraprendere per garantire la tutela dei lavoratori con ogni forma di ammortizzatori sociali. (5-03555)


      CODURELLI, BELLANOVA, SCHIRRU, MIGLIOLI, GATTI, BOCCUZZI, MATTESINI, FRONER, GHIZZONI, BRAGA, BRANDOLINI e MURER. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la consigliera nazionale di parità è una figura istituita per la promozione ed il controllo dell'attuazione dei princìpi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione per uomini e donne nel mondo del lavoro. È nominata con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro delle pari opportunità, e nell'esercizio di tale funzione la consigliera riveste anche la qualifica di pubblico ufficiale ed ha l'obbligo di segnalazione all'autorità giudiziaria per i reati di cui viene a conoscenza, si occupa della trattazione dei casi di discriminazione di rilevanza nazionale, e della promozione di pari opportunità anche mediante la partecipazione a diversi organismi di rilevanza nazionale che si interessano di politiche attive del lavoro, di formazione e di conciliazione. Le azioni della consigliera nazionale di parità si caratterizzano, dunque, per una duplice funzione istituzionale: di vigilanza contro le discriminazioni e di promozione della parità e pari opportunità in ambito lavorativo, collaborazione con istituzioni e attori del mondo del lavoro al fine di promuovere la costituzione di reti/network: una complessa interazione, che prevede momenti di collaborazione e momenti di confronto, a tutela di interessi collettivi ed individuali che non trovano espressione sufficiente nei normali processi decisionali, a causa di fenomeni radicati di discriminazione e sottorappresentazione delle donne;
          l'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, recepita dal nostro Paese con il decreto legislativo n.  5, 25 gennaio 2010 prevede che:
      «1. Gli Stati membri designano uno o più organismi per la promozione, l'analisi, il controllo e il sostegno della parità di trattamento di tutte le persone senza discriminazioni fondate sul sesso. Tali organismi possono far parte di agenzie incaricate, a livello nazionale, della difesa dei diritti umani o della salvaguardia dei diritti individuali.
      2. Gli Stati membri assicurano che nella competenza di tali organismi rientrino:
          a) l'assistenza indipendente alle vittime di discriminazioni nel dare seguito alle denunce da essi inoltrate in materia di discriminazione, fatto salvo il diritto delle vittime e delle associazioni, organizzazioni o altre persone giuridiche di cui all'articolo 17, paragrafo 2;
          b) lo svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione;
          c) la pubblicazione di relazioni indipendenti e la formulazione di raccomandazioni su questioni connesse con tali discriminazioni;
          d) al livello appropriato, lo scambio di informazioni disponibili con gli organismi europei corrispondenti, come un futuro Istituto europeo per l'eguaglianza di genere»;
          le discriminazioni vissute dalle donne lavoratrici negli ultimi tempi sono notevolmente aumentate. Secondo il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, rispondendo ad un atto di sindacato ispettivo (5-02121) presentato dall'interrogante, ha dichiarato che nell'anno 2009, le infrazioni e le irregolarità nei confronti delle lavoratrici madri, sono aumentate del 57 per cento;
          nonostante l'esistenza di una normativa avanzata, che prevede per le donne il diritto a non essere licenziate entro l'anno di età del figlio e la possibilità di utilizzare anche i congedi e le formule di conciliazione previste dai contratti di lavoro, pervengono notizie di licenziamenti e di dimissioni «volontarie» che riguardano appunto mamme lavoratrici di bambini con età inferiore ai 12 mesi;
          domenica 26 settembre 2010, nel reportage televisivo presa diretta, condotto da Riccardo Iacona sono state raccontate esperienze di giovani donne, madri e lavoratrici, che sono state licenziate nonostante fossero in possesso di regolare contratto di lavoro o alle quali è stato negato l'accesso al part-time impedendo loro di conciliare le esigenze familiari con quelle professionali. Il part-time è comunque penalizzante per le donne, perché le retribuzioni basse portano a pensioni basse, è usato come alibi per non progredire in carriera, ma la mancanza di sevizi, di piani di conciliazione, di responsabilizzazione dei padri rendono purtroppo obbligatoria almeno la riduzione dell'orario di lavoro. In tutti i casi si sono palesati evidenti casi di discriminazione nei confronti delle donne  –:
          alla luce degli innumerevoli episodi di discriminazione suddetti, quali azioni e attività siano state messe in campo dagli organismi preposti, a livello locale e nazionale, a partire dai casi più noti sollevati dai mass-media. (5-03564)


      MADIA. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          i dipendenti dell'azienda Herla Italia si trovano in una grave situazione economica. Da un anno questa società di call center, legata al gruppo Sercomm dell'imprenditore Giorgio Arcobello Varlese, già accusato di frode all'Inps per un altro call center, non eroga stipendi, contribuzioni previdenziali, assegni familiari;
          oltre 350 dipendenti hanno presentato dimissioni volontarie, mentre una trentina di lavoratrici e lavoratori (di cui due in stato di gravidanza) hanno attuato una mobilitazione affinché l'azienda versi i corrispettivi dovuti ai dipendenti, stimati sui 10.000,00 euro per ciascuno di essi. Questi 30 lavoratori occupano la sede dell'azienda, a Pomezia, passandovi la notte e manifestando dal tetto;
          l'azienda ha offerto un acconto, con criteri non a conoscenza dell'interrogante, tra i 600 e gli 800 euro. Secondo l'azienda la risoluzione definitiva della controversia avverrà «in sede di conciliazione monocratica dinanzi al servizio ispettivo, che inizierà il 20 ottobre prossimo»  –:
          se il Governo sia a conoscenza della situazione di Herla Italia e quali iniziative intenda adottare affinché i dipendenti ricevano le proprie spettanze;
          se il Governo sia a conoscenza dell'apertura di un tavolo sindacale o se intenda operare affinché venga presto istituito. (5-03570)


Interrogazione a risposta scritta:

      PEDOTO e GRASSI. — Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'economia e delle finanze. — Per sapere – premesso che:
          in occasione dell’iter di conversione del decreto-legge 31 maggio 2010. n.  78, il Parlamento si pronuncio in senso sfavorevole rispetto alle proposte avanzate di una modifica dei criteri di concessione dell'indennità di accompagnamento per le persone disabili, modifiche che incidendo sulla qualifica delle capacità deambulatorie e sulla capacità di svolgere gli atti elementari della vita avrebbero portato ad una sensibile riduzione delle erogazioni degli assegni a favore di persone realmente disabili piuttosto che di una lotta all'abusivismo;
          il tentativo di modifica suscitò la ferma reazione delle Federazioni delle persone con disabilità tanto che le proposte di modifica del testo del decreto-legge non ebbero seguito;
          a distanza di tre mesi dalla conversione in legge del citato decreto-legge l'INPS ha emanato delle «linee guida operative per l'invalidità civile» a cui dovrebbero attenersi i medici dell'INPS nell'esame delle domande di invalidità;
          tali linee guida, ad avviso degli interroganti, di fatto, restringono il campo d'accesso all'assegno;
          infatti, le linee guida intervengono nel limitare il concetto di autonomia nella deambulazione, restringendo molto il campo di applicazione anche per persone che possono muoversi solo a stento in modo autosufficiente, addirittura se in grado di muoversi su una sedia a ruote senza accompagnatore;
          intervengono altresì sulla definizione di atti quotidiani della vita, anche in questo caso restringendo l'applicazione rispetto alle attuali valutazioni, di modo che potrebbe essere esclusa dall'assegno una persona affetta da sindrome di Down o in grado di svolgere singoli atti quotidiani ma assolutamente incapace di muoversi in modo autonomo fuori da casa propria, come avviene anche per gravi forme di disabilità intellettiva;
          tali linee guida, di fatto, finiscono per porsi in contrasto con le intenzioni del legislatore, restringendo i diritti riconosciuti alle persone disabili in luogo di combattere l'abusivismo  –:
          se siano state espresse delle direttive in materia all'INPS;
          se con riferimento alle linee guida emanate dall'INPS, non si ritenga di intervenire per assicurare il pieno rispetto dei diritti previsti dalle vigenti leggi in materia di invalidità;
          quali siano i risultati ottenuti nel corso del 2010 in materia di revoca delle indennità di accompagnamento. (4-08979)


PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

      FARINA COSCIONI, BELTRANDI, BERNARDINI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. — Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della gioventù, al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          secondo quanto riferito dall'agenzia di informazioni ANSA dell'11 ottobre 2010 si è verificato un nuovo caso di discriminazione nel parco dei divertimenti di Gardaland, ai danni di una bambina down;
          secondo quanto riferisce l'agenzia, la piccola, «Lucrezia, dieci anni, secondo quanto denunciato dalla madre signora Cristina Cantoni, in occasione della giornata nazionale promossa da «Coordown», alla ragazzina per supposte norme di sicurezza che sarebbero in vigore nel parco, alla piccola è stato impedito di salire nella «Magic House», la casetta con il pavimento che trema, perché »portatrice di un ritardo intellettivo«»;
          l'episodio, l'ennesimo di una serie già denunciati in altrettante interrogazioni, risale al 29 dicembre 2009: la famiglia, padre, madre, e quattro bambine, tra cui Lucrezia è la più grande, aveva compiuto diversi giri sulle altre attrazioni di Gardaland, ma quando ha fatto per accedere alla «Magic House», un inserviente del parco ha bloccato madre e figlia, spiegando che la piccola non poteva entrare; la donna ha chiesto spiegazioni, ma alla fine è stata Lucrezia a voler lasciar perdere  –:
          quali urgenti iniziative, nell'ambito delle rispettive prerogative e facoltà, intendano promuovere, sollecitare, adottare, a fronte di questi ripetuti e odiosi episodi di discriminazione. (4-08984)


PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interrogazione a risposta scritta:

      MARCO CARRA. — Al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. — Per sapere – premesso che:
          in un articolo del 7 luglio 2010, apparso sul quotidiano Libero, si evince che i «Ministri nascondono le loro auto blu» e che il censimento delle auto blu, voluto dal Ministro interrogato, rischia di essere falsato dalle mancate dichiarazioni in materia di diversi Ministeri;
          l'articolo denuncia che «tutti i Ministeri, gli organi costituzionali, gli enti locali e gli enti pubblici economici erano stati chiamati a spiegare tutte le auto blu che hanno in pancia spiegandone l'utilizzo. Fino a ieri (cioè 6 luglio) però l'assoluta maggioranza di loro ha bellamente ignorato l'invito»;
          risulta incomprensibile la reticenza d'istituzioni che hanno il dovere di essere trasparenti nei confronti dei cittadini;
          gli elenchi delle auto blu in dotazione alle diverse istituzioni coinvolte andavano consegnati il 6 luglio 2010  –:
          quali siano i Ministeri, gli enti locali e gli enti pubblici economici che non hanno prodotto gli elenchi delle auto blu in loro dotazione;
          se intenda prorogare il termine di presentazione degli elenchi delle auto blu. (4-08958)


SALUTE

Interpellanza urgente (ex articolo 138-bis del regolamento):

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della salute, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere – premesso che:
          nei giorni scorsi il quotidiano La Stampa ha dato voce all'ennesima incredibile vicenda sulle difficoltà che incontrano le famiglie nella generosa assistenza ai loro famigliari;
          è la storia di una ragazza di Borgo San Dalmazzo (Cuneo) in coma da otto anni a seguito di un aneurisma;
          dal 2002 la ragazza, in stato vegetativo, è assistita a casa dai genitori entrambi pensionati che vivono ai limiti del possibile per garantirle tutte le cure necessarie;
          a scatenare l'indignazione dei familiari e di quanti conoscono e vivono l'impegno della famiglia è stata la richiesta dell'INPS di una visita di accertamento, pena la revoca della pensione di invalidità, nonostante i servizi sociali abbiano più volte inviato all'Istituto il certificato medico della ragazza che ne attesta l'impossibilità ad essere trasportata;
          l'aspetto più deprimente è legato, ancora una volta, al fatto di essere considerati dalle strutture pubbliche una pratica più che una persona, con una evidente mancanza del senso di responsabilità di tutti gli organi competenti; infatti, più volte il padre della ragazza si è rivolto agli enti locali per ottenere il contributo specifico regionale per l'affitto, a fronte di una spesa mensile di seicento euro sostenuta dalla famiglia per l'affitto della casa in cui vivono;
          la richiesta è stata, però, rigettata perché il reddito familiare (duemila euro mensili) risulterebbe troppo alto per usufruire del predetto contributo regionale;
          la stessa risposta è stata data per la richiesta di un lettino antidecubito, poiché questo particolare presidio non risulterebbe nel nomenclatore tariffario approvato dal Ministero;
          si tratta di un lettino specifico, indispensabile in casi come questo, dotato di elementi comandati da un computer che si gonfiano e si sgonfiano ciclicamente, per il quale sono necessari oltre quattromila euro;
          la famiglia, secondo i parametri assistenziali risulterebbe «benestante» sulla base dei duemila euro percepiti dai genitori per le loro pensioni, mentre le spese mensili affrontate dal medesimi per le cure sono di gran lunga superiori a tali entrate, spese che, se la ragazza dovesse essere portata in una struttura pubblica, ammonterebbero mensilmente a circa novemila euro;
          la «Fondazione La Stampa Specchio dei tempi» ha aperto, nei giorni scorsi, una sottoscrizione per trovare al più presto le risorse necessarie per l'acquisto del lettino antidecubito;
          quanto finora premesso rappresenta l'ennesimo «schiaffo» alla dignità umana, confermando, ancora una volta, come sia più semplice, da parte degli enti pubblici, nascondersi dietro un sostanziale rimpallo delle responsabilità piuttosto che affrontare concretamente e adeguatamente i problemi; è sufficiente pensare che casi come questo sono migliaia ma vengono tenuti nell'ombra dall'indifferenza pubblica e collettiva;
          da un lato ci sono la famiglia e i famigliari, «eroi coraggiosi e silenziosi», che affrontano quotidianamente e dignitosamente una scelta dettata dall'amore nei confronti di una figlia, e dall'altro enti pubblici e burocrazia che negano qualsiasi assunzione di responsabilità rispetto al dettame normativo;
          è indispensabile che le Istituzioni nazionali e gli enti locali, in accordo tra loro, intervengano a colmare le lacune più vergognose e permettere a chi è in difficoltà di ottenere adeguati sostegni per poter far fronte alle ingenti spese quotidiane  –:
          quali urgenti iniziative di competenza, anche normative, si intendano avviare, in accordo con le regioni, anche mediante una revisione dei parametri previsti per l'accesso ai contributi, che non tengono conto solo del reddito ma che valutino, soprattutto, le spese sostenute per le cure, al fine di dare puntuali indicazioni agli enti locali per assicurare alle famiglie, con persone in situazioni analoghe a quella in premessa, la possibilità di accedere agli interventi economici e assistenziali previsti dalla vigente normativa.
(2-00851) «Delfino, Adornato, Binetti, Bosi, Capitanio Santolini, Enzo Carra, Cera, Ciccanti, Compagnon, De Poli, Dionisi, Anna Teresa Formisano, Galletti, Libè, Lusetti, Mantini, Marcazzan, Mereu, Ricardo Antonio Merlo, Mondello, Naro, Occhiuto, Pezzotta, Poli, Rao, Ria, Ruggeri, Scanderebech, Tassone, Nunzio Francesco Testa, Volontè, Zinzi».


Interrogazioni a risposta scritta:

      BERNARDINI, BELTRANDI, FARINA COSCIONI, MECACCI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. —Al Ministro della salute, al Ministro della giustizia, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          il quotidiano La Repubblica dell'otto ottobre, nelle pagine 28 e 29, fa un'inchiesta sulle infezioni ospedaliere, firmata da Alberto Custodero e intitolata «Sporcizia e batteri killer, cosi entrare in ospedale è diventato un pericolo – ogni anno 700mila infettati e 15.000 morti sospette»;
          nell'inchiesta, che riporta numerosi casi di persone che con un'infezione ospedaliera ci hanno rimesso la vita, si rileva che:
              il tasso di infezioni ospedaliere in Italia è dell'8,7 per cento a fronte di una media europea del 7,7 per cento; nel sud dell'Italia la media dei contagi raggiunge il 17 per cento rispetto al Nord che si attesta al 5 per cento;
              i pazienti che risultano positivi ad un'infezione nel giorno del ricovero sono il 4 per cento, mentre nel momento delle dimissioni la percentuale raggiunge il 14 per cento;
          sui controlli, il magistrato Raffaele Guariniello dichiara: «Nel nostro Paese abbiamo una legislazione che riguarda la tutela del lavoratori in qualsiasi ambiente, anche negli ospedali. Questo è un principio generale per cui queste leggi si applicano anche a tutela dei pazienti ricoverati. Da un punto di vista giudiziario, la tutela contro la patologia infettiva è una efficace risposta da parte del nostro ordinamento». «Queste sono le leggi – aggiunge Guariniello – però, come sempre capita, non basta che le norme siano scritte sulla carta, bisogna applicarle e farle applicare: ed è proprio qui che incominciano i problemi. Mi sembra più ragionevole impostare un discorso che coinvolga tutte le varie istituzioni: gli organi della pubblica amministrazione, l'autorità giudiziaria. Ma bisogna sviluppare una cultura perché non tutti si rendono conto che un'infezione ospedaliera può essere un reato»;
          quanto ai costi per il servizio sanitario nazionale si legge: «Ma quanto costa al servizio sanitario nazionale il dramma delle infezioni? Le infezioni ospedaliere comportano 3 milioni e 730 mila giorni di degenza aggiuntivi all'anno con un conseguente costo addizionale di circa 1.865 milioni di euro. Certo, il problema non è solo italiano. Ma qui, come abbiamo detto, il numero di infezioni contratte in ospedale è molto più alto. Secondo l'Oms, il tasso di contagio batterico nosocomiale rappresenta un importante e sensibile indicatore della qualità dell'assistenza prestata, in quanto ai tradizionali rischi legati a problemi di igiene ambientale si associano quelli derivanti da comportamenti, pratiche professionali e assetti organizzativi inadeguati. A questo proposito, dal 2000 il Ministero della salute, nel piano sanitario nazionale, pone tra gli obiettivi principali da perseguire la riduzione di almeno il 25 per cento delle forme infettive contratte in nosocomio. Nel piano del 2002-04 le infezioni erano già inserite tra gli errori in medicina e si prevedeva l'istituzione del CIO (Comitato infezioni ospedaliere), in tutti gli ospedali italiani. L'ultimo piano sanitario del 2008-10, quello del Governo Berlusconi, Ministro Ferruccio Fazio, impone protocolli per l'uso appropriato della terapia antibiotica, responsabile, quando mal prescritta, dell'insorgere dei super batteri antibioticoresistenti. E prevede una campagna igienica per la riduzione delle infezioni: «lavarsi di più le mani»;
              sempre sui controlli, l'inchiesta riporta l'opinione dell'infettivologo dell'università di Milano Fabrizio Pregliasco, membro del Sistema di sorveglianza europea delle infezioni respiratorie (EISS): «gli ultimi dati confermano un preoccupante aumento della frequenza relativa delle infezioni più gravi, come polmoniti, infezioni del sangue, che più incidono sull'esito delle cure in termini sia letali, che di durata di degenza, e quindi anche di costi del Ssn.  Non a caso oggi in Europa queste patologie sono al primo posto nei protocolli internazionali della gestione del rischio clinico. Basta sbagliare o saltare una procedura di pulizia come lavarsi le mani in modo appropriato per trasmettere a un paziente un batterio che può ucciderlo. Purtroppo la disposizione ministeriale di istituire dei Comitati infezioni ospedalieri è spesso presa sottogamba. A oggi solo il 50 per cento della Aziende sanitarie l'ha costituito, ma nessuno li controlla.»  –:
          se i dati riportati in premessa trovino corrispondenza nelle rilevazioni effettuate sul fenomeno delle infezioni ospedaliere da parte del Ministero della salute;
          se i dati riguardanti i tassi di infezione dei singoli ospedali, pubblici e privati, siano conoscibili agli utenti e, in caso affermativo, dove siano pubblicizzati e se siano pubblicati in internet;
          a cosa sia dovuto l'enorme divario fra Nord e Sud per quel che riguarda il tasso di infezioni ospedaliere;
          dal 2000, cioè da quando il Ministero della salute ha posto nel piano sanitario nazionale l'obiettivo di perseguire la riduzione di almeno il 25 per cento delle forme infettive contratte in nosocomio, quale sia stato anno per anno il tasso di infezioni registrate in generale, e ospedale per ospedale;
          a che punto si trovi la costituzione dei CIO (Comitato infezioni ospedaliere) in tutti gli ospedali italiani e cosa abbia intenzione di fare il Ministro per incentivarla;
          a che punto si trovi il recepimento dei protocolli per l'uso appropriato della terapia antibiotica, imposta dal Ministero nell'ultimo piano sanitario del 2008-10;
          se il Ministro della giustizia sia in grado di fornire i dati sui processi incardinati presso l'autorità giudiziaria, anno per anno e dal 2000 ad oggi, sul fenomeno delle infezioni ospedaliere;
          a che punto si trovi la politica del Ministero del lavoro e delle politiche sociali per quel che riguarda la sicurezza dei lavoratori negli ospedali. (4-08968)


      NARO. — Al Ministro della salute. — Per sapere – premesso che:
          risulterebbero essersi verificati sin dal 2006 ripetuti disservizi presso il Centro di riabilitazione di Canneto di Lipari (Messina) riguardanti la mancata effettuazione di terapie riabilitative domiciliari a favore del signor Luigi Viola, residente nell'isola di Lipari (Messina), che ha prodotto nel corso degli anni numerosi e circostanziati esposti e denunce a riguardo;
          sembrerebbe che negli ultimi sei mesi a causa di tali disservizi il summenzionato signor Viola colpito da emorragia cerebrale al livello del tronco encefalico, insieme ad altri disabili, non abbia ricevuto nessun tipo di assistenza riabilitativa domiciliare e che soltanto in questi giorni si sarebbe presentato un fisioterapista che però avrebbe garantito il servizio di fisioterapia per soli tre giorni a settimana, mentre per la logopedia non veniva fornita nessuna notizia, nonostante la richiesta del fisiatra richiedeva che entrambe le terapie fossero fornite quotidianamente;
          il copioso carteggio tra la famiglia del Viola e le istituzioni interessate, volto ad eliminare le anomalie indicate al fine di garantire la necessaria attività assistenziale, non ha purtroppo sortito un effetto risolutivo, tant’è che nell'ultimo esposto la consorte del Viola, signora Giovanna Lauria ha invitato la procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto ad adottare i provvedimenti conseguenti per sanzionare l'interruzione di pubblico esercizio;
          il mancato svolgimento di un adeguato servizio da parte del Centro di riabilitazione di Canneto Lipari, rappresenta un caso di inefficienza e disorganizzazione che colpisce i cittadini più indifesi  –:
          quali iniziative di competenza intenda adottare perché siano salvaguardati i livelli essenziali di assistenza. (4-08994)


SEMPLIFICAZIONE NORMATIVA

Interrogazioni a risposta immediata:

      DONADI, DI STANISLAO, FAVIA, EVANGELISTI e BORGHESI. — Al Ministro per la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
          il decreto legislativo 15 marzo 2010, n.  66, contiene il «Codice dell'ordinamento militare», rivisitato alla luce della legge sulla semplificazione della legislazione;
          tale ultima legge (legge 28 novembre 2005, n.  246) contiene una delega al Governo per la permanenza in vigore delle leggi approvate prima del 1970, prevedendo che nei decreti delegati il Governo faccia un elenco delle leggi che vengono mantenute in vigore e di quelle che si abrogano, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi;
          il «Codice dell'ordinamento militare» semplificato e riordinato a marzo 2010 si compone di 2.272 articoli ed è entrato in vigore 5 mesi dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo avvenuta l'8 maggio 2010, esattamente il 9 ottobre 2010;
          nell'articolo 2268 del codice vi è l'elenco delle norme primarie che vengono espressamente abrogate e che include al numero 297) il decreto legislativo 14 febbraio 1948, n.  43, ovvero il decreto che punisce le associazioni di carattere militare con scopi politici. Precisamente il decreto legislativo punisce «chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o partecipa ad associazioni di carattere militare, le quali perseguono, anche indirettamente, scopi politici, costituite mediante l'inquadramento degli associati in corpi, reparti o nuclei, con disciplina ed ordinamento gerarchico interno analoghi a quelli militari, con l'eventuale adozione di gradi o di uniformi, e con organizzazione atta anche all'impiego collettivo in azioni di violenza o di minaccia»;
          la delega data al Governo esclude dalla semplificazione normativa le «disposizioni la cui abrogazione comporterebbe lesione dei diritti costituzionali» e la Costituzione, all'articolo 18, comma 2, vieta espressamente «le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare», oltre a prevedere tra i valori costituzionali la protezione dell'ordine pubblico. Pertanto, il Governo non poteva abrogare il decreto legislativo n.  43 del 1948;
          fino alla data dell'entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare, pochi giorni fa, il Governo poteva e doveva intervenire a modificare gli eventuali errori contenuti nella lista delle leggi abrogate, attraverso la pubblicazione in Gazzetta ufficiale di un comunicato contenente le correzioni necessarie, dal momento che, dopo l'entrata in vigore del codice, le modifiche possono essere fatte solo con un atto di pari rango, ovvero con un nuovo decreto legislativo. Le correzioni sono semplici e veloci da farsi, mentre l'approvazione di un nuovo decreto legislativo ha tempi piuttosto lunghi, oltre alle conseguenze che comporta l'entrata in vigore di un'abrogazione come quella indicata;
          il Governo, per giunta, era già intervenuto proprio sulla lista delle leggi da abrogare contenuta nel Codice dell'ordinamento militare, al fine di eliminarne alcune; e lo ha fatto attraverso il comunicato del 7 settembre 2010, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 7 settembre 2010, n.  209. Si è trattato appunto di una correzione;
          l'Italia dei Valori aveva chiesto a gran voce che il Governo mantenesse in vigore il decreto legislativo che punisce le associazioni di carattere militare con scopi politici, facendo pubblicare in Gazzetta ufficiale un comunicato che poteva essere di un solo rigo, prima del 9 ottobre 2010;
          non avendolo fatto, l'entrata in vigore del codice nella sua versione attuale, ha comportato che i procedimenti penali attualmente in corso per i reati di cui al decreto legislativo n.  43 del 1948 termineranno con un'archiviazione o una sentenza di assoluzione perché il reato non esiste più, anche se successivamente il Governo intervenisse con un decreto legislativo che ripristini la vigenza del reato di associazione di carattere militare con scopi politici, anche solo indiretti. Né la situazione cambierebbe se, successivamente, la Corte costituzionale dichiarasse incostituzionale l'abrogazione del decreto legislativo n.  43 del 1948;
          in particolare, l'eliminazione di questo reato avrà da subito l'effetto di porre fine al procedimento in corso a Verona da ben 14 anni, nel quale sono imputati 36 esponenti politici del partito della Lega Nord, che avevano dato vita e partecipato alla «Guardia nazionale padana». Un processo nel quale erano coinvolti anche i vertici del partito, incluso il Ministro Bossi, la cui posizione è stata «stralciata»  –:
          se il Governo sia consapevole di aver determinato con propri atti l'abrogazione di una norma per la quale diversi esponenti leghisti sono sottoposti a giudizio con l'accusa di aver organizzato un'associazione di carattere militare con scopi politici. (3-01271)


      BALDELLI e STRACQUADANIO. — Al Ministro per la semplificazione normativa. — Per sapere – premesso che:
          già nel precedente Governo Berlusconi, con la legge di semplificazione del 2005 (legge n.  246 del 2005), è stata introdotta la versione italiana della ghigliottina normativa, il cosiddetto taglia-leggi, che si è rivelato un obiettivo strategico per il miglioramento della qualità della regolazione;
          l'effettiva consapevolezza dell'importanza di questi temi è dimostrata anche dal programma della Commissione europea di riduzione del 25 per cento degli oneri amministrativi derivanti da normative comunitarie e nazionali, da realizzarsi entro il 2012;
          semplificare il sistema normativo che regola la vita di cittadini e imprese significa anche rendere più semplice e proficua l'attività svolta da questi soggetti  –:
          quali siano i risultati già raggiunti dall'inizio della XVI legislatura in materia di semplificazione normativa e le iniziative che si intendono adottare per produrre benefici effettivi anche sulla competitività del sistema Paese. (3-01272)


SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

      TOGNI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          la Lega Nord, cogliendo ed associandosi alla crescente preoccupazione dei cittadini e dei lavoratori per la grave situazione della società ASA group di Castellamonte (Torino), ritiene necessario avere dei chiarimenti ed indicazioni precise sulla reale situazione;
          la società pubblica ASA group di Castellamonte (Torino), a seguito di una situazione economico-finanziaria disastrosa, è gestita oggi da un commissario straordinario nominato dal Ministero dello sviluppo economico;
          la detta società gestisce un bacino di circa 80.000 abitanti;
          da fonti ufficiose (stampa locale) il disavanzo della società ammonterebbe a 80.000.000 di euro e dall'ultima assemblea dei sindaci è emersa l'idea di istituire una nuova società per la gestione della filiera dei rifiuti, società che sarebbe fotocopia di quella esistente e quindi con le stesse criticità;
          alla discarica di località Vespia in Castellamonte (Torino), una delle maggiori fonti di risorse per ASA group, sono state revocate le autorizzazioni e quindi essa è stata chiusa per gravi inadempienze;
          sono molti mesi che ad ogni acquazzone avvengono perdite di percolato sia sulla strade vicinali alla discarica che nel torrente Malesina;
          poche settimane fa è avvenuta la revoca dell'autorizzazione al conferimento per ordine della provincia di Torino  –:
          quale sia l'impatto economico della chiusura dell'impianto su una azienda in stato pre-fallimentare;
          quali siano le cause di tale disastro e se siano stati presi provvedimenti in merito;
          quali provvedimenti si stiano predisponendo per risolvere questa situazione;
          quando e come questi provvedimenti saranno realizzati;
          di quali informazioni dispongano, tramite il commissario della società ASA group, circa le motivazioni formali che hanno portato alla revoca della autorizzazione dell'impianto di interramento controllato sito nel comune di Castellamonte – località Vespia, revoca che crea enormi impatti economici alla società pubblica in stato pre-fallimentare, rischiando di provocare una crisi ambientale sul territorio torinese;
          se siano assicurati la correttezza e il rispetto delle normative vigenti in tutte le attività aziendali;
          come si pensi che tali debiti possano essere onorati senza che siano poi i cittadini a risponderne. (5-03569)


Interrogazioni a risposta scritta:

      BITONCI. —Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. — Per sapere – premesso che:
          la società americana Carrier Refrigeration Operation, una delle aziende mondiali leader nella produzione di prodotti di refrigerazione, sta predisponendo la chiusura dello stabilimento di Torreglia (Padova), pur essendo questo uno dei plant produttivi più all'avanguardia nella fabbricazione di banconi frigoriferi;
          l'azienda, da decenni radicata profondamente nel territorio padovano, dà attualmente occupazione a oltre 190 persone, il 20 per cento delle quali donne;
          la scelta aziendale di delocalizzare in Ungheria, motivata dall'azienda medesima da ragioni di minor costo del lavoro, va soppesata alla luce del fatto che la manodopera veneta rappresenta da sempre uno dei punti di forza per il mondo imprenditoriale, ragion per cui il maggior costo industriale dei nostri lavoratori rispetto alla manodopera di altri Paesi è motivato da una più ragguardevole professionalità tecnica e qualitativa;
          il Governo nazionale si è adoperato da subito per ridurre al minimo gli impatti socio-economici derivanti dalla crisi internazionale, e che i dati del primo semestre dell'economia mondiale sono fiduciosi riguardo una ripresa della stessa  –:
          se non ritengano opportuno avviare un'opera di moral suasion e adoperarsi presso tutte le sedi competenti, affinché possa scongiurarsi il rischio di delocalizzazione della produzione e, conseguentemente, salvaguardare i livelli occupazionali delle famiglie ora interessate dal licenziamento. (4-08967)


      REALACCI. — Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. — Per sapere – premesso che:
          nell'aprile 2010 una falla alla piattaforma petrolifera «Deepwater Horizon», situata al largo della Louisiana, ha causato la fuoriuscita di greggio, riversando nell'oceano Atlantico milioni di litri di petrolio greggio e causando un disastro ambientale senza precedenti: migliaia sono le specie marine morte a causa della marea nera ed inestimabili i danni economici per le coste adiacenti;
          l'incidente petrolifero del golfo del Messico ha così riproposto la questione del grave rischio ambientale delle perforazioni petrolifere in mare;
          in occasione dell'audizione informale del 30 giugno 2010, alla VIII Commissione ambiente della Camera dei deputati, i rappresentanti della direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche del Ministero dello sviluppo economico hanno annunciato l'avvio di uno studio, da concludersi entro la fine di luglio 2010, da parte della Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie per analizzare le cause, le circostanze e le misure di sicurezza in relazione a quanto avvenuto negli Stati Uniti. Inoltre, proprio nel corso dell'audizione, è stato dichiarato che fino a che lo studio non sarà completato saranno fermate nuove esplorazioni petrolifere;
          numerosi organi di informazione, tra cui un articolo di Marco Zatterin pubblicato su La Stampa, riportano la notizia di una richiesta di moratoria dell'Unione europea alle piattaforme petrolifere offshore. Su proposta del commissario all'energia, Günther Oettinger, la Commissione europea ha infatti inviato una comunicazione a tutti gli Stati membri in cui si evidenziano i rischi del settore estrattivo offshore e si sottolinea la necessità di definire strategie di pronto intervento in caso di incidente, all'interno di un coordinata azione continentale, stante anche il fatto che, ad oggi, operano circa mille piattaforme petrolifere nella acque europee, di cui circa un centinaio nel mar Mediterraneo;
          anche il 2 agosto 2010, in relazione al progetto di nuove trivellazioni offshore nel golfo della Sirte da parte della British Petroleum, il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Stefania Prestigiacomo, è stata definita dal Financial Times: «la prima alta funzionaria nell'Unione europea a suggerire che sia opportuna una moratoria alle nuove trivellazioni in attesa di far trovare ai 21 Stati costieri del Mediterraneo una »voce comune«»  –:
          se sia stata portata a termine la completa redazione del sopraccitato studio del Ministero dello sviluppo economico sulle cause del disastro «Deepwater Horizon» e, in caso contrario, quali siano le ragioni del ritardo e se si intenda sollecitarne una rapida e precisa compilazione e renderne noti i risultati;
          se non si ritenga opportuno mantenere l'orientamento, già espresso dai tecnici auditi, di una moratoria delle perforazioni. (4-08983)


      VIGNALI. — Al Ministro dello sviluppo economico. — Per sapere – premesso che:
          il decreto ministeriale 10 settembre 2010 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili – Gazzetta Ufficiale n.  219 del 18 settembre 2010) in vigore dal 3 ottobre 2010, dopo tanta attesa, ha il chiaro scopo di regolamentare, uniformare e semplificare la normativa relativa alle procedure autorizzative con le quali gli operatori del settore si confrontano quotidianamente;
          in base alle linee guida del predetto decreto, viene chiarificata la competenza dei comuni, e, quindi, delle province e degli altri enti riguardo le predette procedure autorizzative;
          allo scopo di salvaguardare le pratiche-istanze in corso, già presentate ai comuni prima dell'entrata in vigore del presente decreto, viene prevista una «finestra» che consente di tutelare gli investimenti con iter autorizzativo in corso; infatti, nella «parte V, DISPOSIZIONI TRANSITORIE FINALI», il decreto prevede che «(18.5) i procedimenti in corso al novantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore delle presenti linee guida sono conclusi ai sensi della previgente normativa qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 13.1, lettera f) della Parte III e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti.»;
          secondo il legislatore, dunque, l’iter autorizzativo va senza alcun dubbio concluso dal comune, ai sensi della previgente normativa, per quei progetti completi della soluzione di connessione e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti;
          il decreto 6 agosto 2010, «Incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare», all'articolo 21, comma 2, abroga l'articolo 5, comma 7, del decreto ministeriale del 19 febbraio 2007, cioè abroga la possibilità di effettuare la Dia per gli impianti fotovoltaici per i quali non è necessaria nessuna autorizzazione, e abroga la possibilità del rilascio del permesso comunale a costruire per gli impianti sui quali esista solo un vincolo;
          il decreto 6 agosto 2010, Gazzetta Ufficiale 24 agosto 2010, n.  197, entrando in vigore il 25 agosto 2010, ha creato un evidente conflitto normativo: infatti all'articolo 1, comma 3, lo stesso decreto prevede: «3. Il decreto 19 febbraio 2007 continua ad applicarsi, tenendo conto di quanto previsto all'articolo 19 e delle modificazioni di cui all'articolo 20, agli impianti fotovoltaici che entrano in esercizio entro il 31 dicembre 2010.»;
          l’«accavallamento» di queste norme, ha indotto molte province della regione Emilia-Romagna, ad una interpretazione restrittiva delle norme in oggetto, scrivendo ai comuni interessati che, per effetto dell'articolo 21, comma 2, che abroga l'articolo 5, comma 7, del decreto ministeriale del 19 febbraio 2007, tutte le pratiche che i comuni hanno in corso e per le quali non sono stati rilasciati i permessi a costruire entro il 25 agosto, devono essere trasmesse per competenza alla provincia, prevedendo, altresì, che ogni istruttoria debba ripartire da zero;
          il trasferimento alle province dei procedimenti autorizzativi già pendenti ed ampiamente istruiti presso i comuni, implicherebbe un irragionevole aggravio procedurale, contrario ad ogni regola di economia procedimentale, oltre che creare serissimi problemi alle imprese; così come sta già accadendo nei comprensori di Cesena e Forlì, dove si rischia di mettere a repentaglio investimenti di decine di milioni di euro, con la probabile conseguenza di contenziosi milionari con le imprese che, ovviamente, chiederanno i danni per il mancato investimento  –:
          quali iniziative intenda adottare il Ministro interrogato al fine di chiarire la normativa in oggetto, onde evitare ogni possibile equivoco sull'interpretazione – ed applicazione – delle norme sopra citate, anche indirizzando una nota esplicativa a regioni ed enti locali, che chiarisca nei termini sopra accennati, la portata degli effetti abrogativi del predetto articolo 21, comma 2. (4-08986)


Apposizione di una firma ad una risoluzione.

      La risoluzione in Commissione Antonino Foti e altri n.  7-00403, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 7 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Scandroglio.

Apposizione di firme ad interrogazioni.

      L'interrogazione a risposta scritta Picierno e altri n.  4-08827, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 29 settembre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Biasi.

      L'interrogazione a risposta in Commissione Frassinetti n.  5-03536, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati: Giammanco, Ceccacci Rubino.

Pubblicazione di un testo riformulato.

      Si pubblica il testo riformulato della interpellanza urgente Ferranti n.  2-00825, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n.  371 del 21 settembre 2010.

      I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere – premesso che:
          rispondendo all'interrogazione n.  5-03528 dell'onorevole Palomba in Commissione Giustizia in data mercoledì 6 ottobre 2010, il Governo – nella persona del Sottosegretario Caliendo – ha ritenuto di precisare che lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante il nuovo regolamento di organizzazione del Ministero della giustizia, predisposto sin dal 2008, «è stato oggetto di alcune osservazioni da parte dei ministeri concertanti tali da comportare, di volta in volta, la modifica del testo (...)»; consta viceversa agli interpellanti che tali osservazioni in nessun modo riguardavano la giustizia minorile, oggetto della interrogazione dell'onorevole Palomba;
          lo stesso Sottosegretario ha altresì precisato in tale occasione che l'aggiornamento del progetto si è reso necessario «dovendosi tener conto delle innovazioni normative intervenute e dei provvedimenti predisposti dai vari Dipartimenti del dicastero per la riorganizzazione del personale non dirigenziale nell'ambito dei singoli comparti»; consta viceversa agli interpellanti che la riorganizzazione del personale non dirigenziale riguarda solo l'organizzazione giudiziaria, per la quale si è addivenuti al decentramento in direzioni regionali, mentre per gli uffici giudiziari rimane attuale la problematica inerente la suddivisione dei poteri tra capi degli uffici e dirigenti amministrativi;
          nella suddetta risposta del Governo, si mette in relazione necessaria la riorganizzazione proposta coi tagli al personale e alla spesa, mentre in altri Ministeri le stesse esigenze hanno condotto non ad una riorganizzazione ma ad una semplice revisione degli uffici dirigenziali, ciò che si sarebbe potuto benissimo attuare anche nel settore della giustizia, senza intaccare l'autonomia della giustizia minorile;
          ugualmente la citata risposta giustifica con analoghe necessità inderogabili l'accentramento in capo ai due dipartimenti «maggiori» (quello dell'organizzazione giudiziaria e quello dell'amministrazione penitenziaria) di tutta gestione del personale civile e della gestione dei beni, quando l'accentramento investe solo personale e beni della giustizia minorile, restando del tutto inalterato il quadro residuo e quando la riforma, ove attuata, sortirebbe l'effetto assai singolare di ripartire tra due distinti soggetti una materia oggi unitariamente amministrata nella giustizia minorile;
          l'ulteriore argomento addotto dal Governo della necessaria gestione del personale e dei beni e servizi sul duplice livello centrale e periferico è poi, ad avviso degli interpellanti, privo di senso comune, godendo la giustizia minorile di un decentramento che risale al 1955 (decreto del Presidente della Repubblica n.  1538 del 28 giugno 1955), quando ad esempio il Dipartimento della amministrazione penitenziaria gode del decentramento solo dal 1991;
          in realtà il progetto, frammentando tra gli organi degli altri dipartimenti esistenti le funzioni della giustizia minorile, sortirebbe, ad avviso degli interpellanti, l'unico risultato che una materia sino ad oggi organizzata e gestita unitariamente sarebbe adesso «governata» da ben tre dipartimenti; e ciò configurerebbe a dir poco un esempio unico di irrazionalità organizzativa ed amministrativa, con inevitabili inefficienze e maggiorazioni di spesa, ostacolando in modo decisivo lo svolgimento delle specifiche funzioni della giustizia minorile;
          l'autonomia di tali funzioni si radica in una concreta ed evidente specializzazione, a sua volta avvalorata da una lunga tradizione virtuosa, affrancatasi nel tempo dalle culture carcerarie nel nome della peculiarità dei soggetti (i detenuti minori) al centro dell'attività dell'amministrazione;
          l'esigenza di tale specializzazione viene unanimemente riconosciuta a livello nazionale e internazionale da tutti gli esperti del settore e anzi alcuni aspetti importanti della gestione trattamentale intra ed extracarceraria del comparto minorile costituiscono esempi significativi di innovazione in merito alla giustizia ripartiva o all'ipotesi di introdurre, anche nel mondo della giustizia ordinaria, la «messa in prova»;
          pertanto gli istituti penali nel settore minorile, le comunità, i centri di prima accoglienza e gli uffici di servizio sociale devono, per la loro spiccata specialità, continuare a mantenere una linea di comando unica, facente capo a un Dipartimento della giustizia minorile;
          se proprio si vuole risparmiare, si può in via subordinata e con sacrificio, comunque accettare l'idea di ridurre da tre a due le direzioni generali, accorpandone le funzioni, ma si deve al tempo stesso mantenere il decentramento oggi in atto, al quale corrispondono risparmi sicuri, essendo questo decentramento basato su uffici dirigenziali di livello non generale  –:
          se non ritenga il Ministro interpellato, tenendo conto delle molte critiche a suo tempo ricevute e delle specifiche caratteristiche della materia, la quale richiede d'essere organizzata con strutture autonome e sulla base di una forte specializzazione delle funzioni e del personale, di dover recedere dal progetto in corso di definitiva elaborazione e di dover riconsiderare la riforma nel pieno rispetto dell'autonomia della giustizia minorile.
(2-00825)
«Ferranti, Melis, Morassut, D'Incecco, Servodio, Concia, Zampa, Gianni Farina, Realacci, Pierdomenico Martino, Martella, Merloni, Minniti, Bellanova, Tidei, Capodicasa, Ferrari, Touadi, Peluffo, Veltroni, Samperi, Capano, Amici, De Pasquale, Maran, Motta, Pedoto, Sereni, Tenaglia, Velo, Zaccaria, Fioroni, Rosato, Lo Moro, Rossomando, Rubinato, Ciriello, Genovese».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
          interrogazione a risposta scritta Cosenza n.  4-08809 del 29 settembre 2010;
          interrogazione a risposta in Commissione Nunzio Francesco Testa n.  5-03515 del 30 settembre 2010;
          interrogazione a risposta scritta Nunzio Francesco Testa n.  4-08892 del 4 ottobre 2010;
          interpellanza urgente Luciano Dussin n.  2-00845 del 5 ottobre 2010.

Trasformazione di documenti del sindacato ispettivo.

      I seguenti documenti sono stati così trasformati su richiesta dei presentatori:
          interrogazione a risposta in Commissione Bobba n.  5-03149 del 30 giugno 2010 in interrogazione a risposta scritta n.  4-08988;
          interrogazione a risposta in Commissione Marco Carra n.  5-03214 del 13 luglio 2010 in interrogazione a risposta scritta n.  4-08958.