XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di giovedì 14 ottobre 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che:
i minori stranieri, anche se entrati clandestinamente in Italia, sono titolari di tutti i diritti riconosciuti dalla Convenzione di New York sui diritti del fanciullo del 1989, dalla quale emerge chiaramente che in tutte le decisioni riguardanti i minori deve prevalere il «superiore interesse del minore»;
nel corso degli ultimi dieci anni, la presenza dei minori senza famiglia nelle varie forme di spostamenti umani è divenuta un fenomeno comune delle migrazioni a livello mondiale, cosicché non solo il loro numero è aumentato, ma essi rappresentano in molti Paesi di destinazione una parte importante della popolazione alla ricerca di protezione e asilo;
secondo il primo rapporto annuale di Save the children, nel corso del 2008 sono giunti sulle coste del Sud d'Italia 2.124 minori stranieri non accompagnati; tuttavia, si tratta di un trend in aumento, dal momento che nel 2007 ne erano arrivati 1.700; tra il mese di maggio 2008 e il mese di febbraio 2009 i soli minori stranieri arrivati via mare a Lampedusa sono stati 2.294, di cui 1.994 non accompagnati; al 30 settembre 2009 la banca dati del Comitato per i minori stranieri, la principale fonte informativa sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio, contava 6.587 minori; di questi ben il 77 per cento (5.091) risultava essere non identificato, cioè senza un documento di riconoscimento; i minori provengono da 77 diversi Paesi, in prevalenza africani; per lo più dal Marocco, dall'Egitto, dall'Albania, dall'Afghanistan, dalla Palestina, dalla Somalia, dall'Eritrea, dalla Nigeria e dalla Repubblica serba; si registra un aumento esponenziale del flusso dei minori provenienti dall'Afghanistan in fuga dalla guerra, dal 2006 al 2008 (+170 per cento), e di quelli egiziani, mentre sono diminuiti i minori marocchini, albanesi e palestinesi;
la crescente presenza sul territorio dei minori stranieri non accompagnati è ulteriormente testimoniata anche dall'Anci, che nell'ultimo rapporto sui minori stranieri non accompagnati, pubblicato nel 2009 (terzo rapporto Anci sull'argomento) ha registrato una dimensione quantitativa simile a quella rilevata nel rapporto precedente: 7.216 i minori presi in carico/contattati; 4.176 i minori inseriti accolti in prima/pronta accoglienza; 3.841 quelli accolti in seconda accoglienza, mentre i cambiamenti significativi, come sopra accennato, hanno riguardato la distribuzione per Paesi di provenienza;
tutto ciò determina un aumento dei minori soli nelle zone di frontiera o nelle aree di primo arrivo, come Veneto, Marche, Friuli Venezia Giulia, Puglia e Sicilia. Si tratta di regioni che nel 2008 risultavano di fatto interessate dal 50,5 per cento dei minori contattati presi in carico in Italia, dal 42 per cento dei minori collocati in prima e pronta accoglienza e dal 60 per cento dei minori accolti in strutture di seconda accoglienza;
per quanto riguarda le politiche adottate si può osservare lo sforzo delle amministrazioni nell'accogliere e collocare in luoghi sicuri i minori stranieri non accompagnati, uno sforzo che coinvolge non solo i comuni metropolitani, che confermano un forte impegno nella presa in carico dei minori soli (42 su 45 comuni oltre i 100.000 abitanti hanno accolto oltre il 50 per cento dei minori stranieri non accompagnati nel 2008), ma sempre di più anche i comuni con popolazione compresa tra i 5.000 e i 60.000 abitanti, che, nel biennio considerato, registrano variazioni di aumento prossime al 200 per cento. Rispetto al 2006 viene, quindi, rilevata una variazione positiva relativa ai minori che si fermano almeno un mese in prima accoglienza (dal 34,5 per cento nel 2006 al

52,6 per cento nel 2008), così come, contestualmente, diminuiscono i minori che fuggono dalle strutture, passando dal 62 per cento nel 2006 al 40 per cento sul totale degli accolti nell'ultimo anno di riferimento. Aumentano anche i minori affidati, dal 7 per cento nel 2006 al 9,9 per cento sul totale degli accolti in prima accoglienza nel 2008, così come incrementa il numero di coloro che in seconda accoglienza risultano titolari di permesso di soggiorno (dal 32,5 per cento nel 2006 al 42,8 per cento nel 2008); si osserva, tuttavia, che non mancano gli aspetti negativi: solo per il 36 per cento dei minori accolti in seconda accoglienza è stata aperta la tutela, così come, rispetto al 2006, i minori che rimangono per almeno un mese in seconda accoglienza diminuiscono e gli irreperibili aumentano. Questo dato è fortemente condizionato e determinato dalla realtà siciliana, nella quale i minori che rimangono sono solo 6 su 10 e quelli che fuggono sono la metà degli accolti in seconda accoglienza; a tal proposito, il programma nazionale di protezione dei minori stranieri non accompagnati, avviato nel 2008, si è posto l'obiettivo generale di dar vita ad un sistema coordinato a livello centrale ma diffuso sull'intero territorio nazionale, diretto a incentivare, tra i comuni, modalità standardizzate di presa in carico e integrazione dei minori stranieri non accompagnati, con particolare riguardo alla fase di pronta accoglienza;
nei primi undici mesi del 2009 si osservava che dei 7.988 minori stranieri non accompagnati, ben 3.000 hanno incontrato un ostacolo nel proprio percorso di integrazione, rappresentato dalla nuova normativa sulla sicurezza entrata in vigore nell'agosto del 2009, in materia di conversione del permesso di soggiorno; a tal proposito, Save the children Italia ha osservato che: «in base al dettato normativo previsto dalla leggi sulla sicurezza, i criteri più severi per la conversione del permesso di soggiorno, che prevedono la permanenza di almeno tre anni sul territorio italiano prima del conseguimento della maggiore età e aver seguito un percorso di integrazione sociale di almeno due anni presso un ente riconosciuto, stanno già facendo sentire i loro effetti, riducendo, di fatto, la già esigua gamma di possibilità che questi minori, per la maggior parte adolescenti di 16 e 17 anni, hanno di compiere un percorso di accoglienza, regolarizzazione e integrazione»;
sul totale dei minori stranieri non accompagnati presenti in Italia al 15 novembre 2009, Save the children Italia ha distinto tre diversi gruppi:
a) 2.503 sono i ragazzi ancora minorenni che sono stati segnalati per la prima volta nei primi mesi del 2009 e che rischiano in larga parte di subire le restrizioni della nuova legge, soprattutto in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età. Tra questi, infatti, ben 1.900 non riusciranno a maturare i requisiti temporali richiesti dalla normativa in vigore, in particolare i tre anni di permanenza sul territorio nazionale, pur avendo già avviato un percorso di integrazione. Si stima, infatti, anche in base al trend degli anni precedenti, che circa il 75 per cento delle nuove segnalazioni riguardi minori tra i 16 e i 17 anni e che, pertanto, prima del compimento della maggiore età al massimo siano in Italia da due anni;
b) altri 926 minori sono stati segnalati e sono divenuti maggiorenni nel 2009: anche per circa 500 di loro si stima non sarà possibile avere la conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età. Il resto, pari a meno del 50 per cento, potrebbe essere riuscito a convertire il proprio permesso di soggiorno prima dell'entrata in vigore della legge n. 94 del 2009;
c) 4.559 minori, invece, segnalati negli anni precedenti e divenuti maggiorenni nel 2009, subiranno solo in minima parte gli effetti della legge n. 94 del 2009, in tema di conversione del permesso di soggiorno alla maggiore età. L'80 per cento di loro, infatti, è riuscito a convertire il permesso di soggiorno subito dopo essere diventato maggiorenne e prima dell'entrata

in vigore della legge in questione. Di fatto, comunque, circa 900 neomaggiorenni, pur avendo sostenuto un percorso di integrazione molto lungo, non hanno maturato i requisiti temporali richiesti dalla nuova normativa;
secondo lo studio di Save the children, pertanto, la percentuale di minori stranieri non accompagnati, che vede dissolversi la possibilità di un percorso in Italia a causa delle recenti norme, potrà variare a seconda di un'interpretazione più o meno restrittiva delle disposizioni normative in fase attuativa; in presenza di interpretazioni restrittive, infatti, il numero dei neomaggiorenni che diverranno invisibili per le istituzioni e, conseguentemente, irregolari e imputabili del reato di ingresso e soggiorno illegale, assoggettabili a trattenimento fino a sei mesi e non più regolarizzabili, è destinato ad aumentare; ciò determina il senso di sfiducia nella regolarizzazione, il disincentivo all'integrazione e l'aumento degli allontanamenti dalle comunità di accoglienza; il rischio più grande, tuttavia, è che i ragazzi siano esposti alle conseguenze spesso drammatiche del mercato del lavoro irregolare o, ancor peggio, inseriti negli ambienti criminali;
l'analisi effettuata da Save the children mostra, infine, che i criteri utilizzati dalla legge n. 94 del 2009, relativi alla permanenza di almeno tre anni sul territorio italiano prima del conseguimento della maggiore età per la conversione del permesso di soggiorno e all'aver seguito un percorso di integrazione sociale di almeno due anni presso un ente riconosciuto, potrebbero essere causa di un abbassamento dell'età dei minori migranti, che, sulla scia delle restrizioni normative adottate, potrebbero spingersi ad intraprendere percorsi migratori in tenera età, col rischio di essere esposti al terribile fenomeno della tratta e della criminalità organizzata;
il 6 maggio 2010 la Commissione europea ha adottato un piano d'azione al fine di garantire una maggiore protezione dei minori non accompagnati che arrivano nell'Unione europea, comprendente norme comuni sulla tutela e la rappresentanza legale, con lo scopo di assicurare che le autorità competenti a decidere del futuro di questi bambini e ragazzi si pronuncino nel più breve tempo possibile, preferibilmente entro i sei mesi; si prevede che gli Stati membri dovranno anzitutto rintracciare le famiglie e seguire il reinserimento del minore nella società di origine, ma dovranno anche trovare possibili soluzioni alternative, anche attraverso il riconoscimento dello status di protezione internazionale o provvedendo al reinsediamento nell'Unione europea;
secondo Eurostat, nel 2009 hanno fatto domanda di asilo in 22 Stati membri (escludendo la Repubblica ceca, la Danimarca, la Francia, la Polonia e la Romania) ben 10.960 minori non accompagnati, il che indica un aumento del 13 per cento rispetto al 2008, quando le domande erano state 9.695; il piano dell'Unione europea è fondato su tre linee guida essenziali: prevenzione della tratta e della migrazione a rischio, accoglienza e garanzie procedurali nell'Unione europea e ricerca di soluzioni durature,

impegna il Governo:

ad adottare iniziative normative finalizzate a garantire ai minori stranieri non accompagnati una standardizzazione degli interventi, al fine di ottenere, sia a livello nazionale che in alcune aree critiche del Paese, il passaggio da un'azione di tipo emergenziale ad una più strutturata, incisiva e definitiva;
a promuovere la definizione di elevati standard di accoglienza e protezione, avendo come obiettivo primario il rispetto del principio del superiore interesse del minore;
a promuovere una normativa che sia indirizzata alla ricerca delle famiglie dei minori che arrivano da soli ed eventualmente a garantire condizioni di rimpatrio dirette al ricongiungimento familiare;

ad assumere iniziative normative che abbiano lo scopo fondamentale di assicurare l'integrazione e l'inclusione di migliaia di bambini e ragazzi in una comunità italiana che consenta loro di vivere in maniera dignitosa e serena, che rappresenta anche la ragione per cui molti di loro hanno affrontato viaggi disperati fuggendo da guerre, conflitti religiosi e fame;
a promuovere una riforma normativa in grado di garantire la possibilità di permanenza in Italia dei minori stranieri non accompagnati, qualora ciò corrisponda al loro superiore interesse e di favorirne l'integrazione, anche dopo il compimento della maggiore età;
a fornire i chiarimenti necessari alle autorità competenti al fine di una corretta attuazione della legge n. 94 del 2009.
(1-00453)
«Mosella, Calgaro, Tabacci, Brugger».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
in data 7 ottobre 2010 ha avuto luogo presso il Ministero degli affari esteri un'informativa sindacale sulla razionalizzazione della rete consolare, in occasione della quale l'amministrazione ha provveduto all'ufficializzazione della prossima chiusura di sedi - la cui decorrenza è stata fissata al 1o luglio 2011 - così come indicato dalla nuova delibera del Consiglio di amministrazione;
stando all'informativa suindicata il rinnovato programma di chiusura coinvolgerebbe le sedi di Liegi, Amburgo, Lilla, Mons e Manchester;
i referenti dell'amministrazione hanno legittimato nuovamente la volontà di procedere con le suindicate misure di razionalizzazione al fine di operare risparmi sui capitoli di spesa del Ministero degli affari esteri relativi al personale e alle spese di gestione (rispettivamente capp. 1503 e 1613) non fornendo - a sostegno di quanto annunciato nell'informativa - una reale quanto chiara quantificazione dei risparmi derivanti dal progetto;
l'amministrazione che ha provveduto ad ufficializzare il programma di chiusura suindicato non ha, di contro, reso noto l'ammontare dei potenziali risparmi oltre che la natura dei vantaggi che ne potrebbero derivare;
stando ai dati esplicitati dall'amministrazione, la sede consolare di Amburgo trasferirà le proprie competenze ad Hannover, Liegi e Mons - ma solo in parte relativamente a quest'ultima sede - a Charleroi, Manchester a Edimburgo e a Londra e Lilla a Parigi;
quanto all'eventualità di costituire in loco strutture alternative atte a garantire la presenza istituzionale del nostro Paese, nonché a recepire le necessità della collettività italiana all'estero non sono state delineate ancora dall'amministrazione proposte concrete ma sarebbero in corso delle valutazioni;
in particolare se si prende in considerazione la situazione di Liegi, Manchester ed Amburgo, dove la percentuale di italiani residenti è tra le più alte d'Europa, appare comprensibile la portata non trascurabile di disagi che la soppressione di una struttura consolare potrebbe arrecare;
con riferimento alla cittadina di Liegi in Belgio, che conta circa 70 mila cittadini italiani residenti, il venir meno di un consolato rappresenterebbe un atteggiamento irrispettoso ed incomprensibile nei confronti della nostra collettività;
la città di Amburgo in Germania rappresenta un riferimento economico oltre che culturale per il nostro Paese in Germania. Il numero di residenti italiani è di circa 20.000 unità e si presenta come uno dei centri di maggiore rilevanza internazionale dell'Unione europea in virtù della sua pregnanza nel settore portuale

ed industriale in quanto sede di alcune delle maggiori società del settore aereo-spaziale;
la città di Manchester in Gran Bretagna rappresenta una delle terre storicamente meta di emigrazione italiana. Attualmente sono 50.000 cittadini italiani residenti, per cui la comunità di Manchester rappresenta una delle più vaste comunità italiane dopo quella di Londra;
stando ai dati a disposizione dello scrivente, le citate chiusure non producono risparmi, ma comportano inevitabili criticità a carico delle nostre comunità all'estero, con conseguenti disagi al personale oltre che un pieno svilimento del patrimonio culturale, amministrativo e politico rappresentato dalla nostra rete diplomatico-consolare, elemento indispensabile della promozione del Sistema Italia nel mondo,

impegna il Governo:

a rivedere il progetto di chiusura delle sedi consolari citate in premessa, valutando la costituzione di strutture alternative al consolato o al consolato generale, prevedendo eventualmente la costituzione nella città di Liegi e nella città di Manchester di un'agenzia consolare e nella città di Amburgo di uno sportello consolare, che consentano di fare fronte alle molteplici esigenze della folta comunità italiana in loco;
a garantire allo stesso tempo un adeguato sistema di riferimento per le nostre relazioni economiche e ad esorcizzare contemporaneamente l'ipotesi di tracollo - organizzativo, logistico ed amministrativo - delle strutture consolari riceventi.
(7-00410) «Di Biagio».

La VI Commissione,
premesso che:
l'articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevedeva agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate, individuate dalla Commissione europea come destinatarie degli aiuti a finalità regionale, di cui alle deroghe dell'articolo 87, paragrafo 3, lettera a) e lettera c), del Trattato istitutivo della Comunità europea e successive modificazioni;
tale articolo concedeva un credito di imposta ai soggetti titolari di reddito d'impresa i quali, dal periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2000 e fino alla chiusura del periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2006, avessero effettuato nuovi investimenti nelle aree svantaggiate. Il credito d'imposta era attribuito entro la misura massima consentita nel rispetto dei criteri e dei limiti di intensità di aiuti stabiliti dalla Commissione europea;
i nuovi investimenti suscettibili di essere agevolati riguardavano i beni strumentali nuovi, materiali ed immateriali, di cui agli articoli 67 e 68 del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986;
l'articolo suddetto aveva istituito un incentivo di tipo automatico, la cui fruizione era subordinata esclusivamente alla corrispondenza dei soggetti beneficiari ai requisiti previsti, essendo escluso lo svolgimento di una preventiva istruttoria o valutazione da parte di specifiche autorità;
la ratio della norma era quella di favorire l'ampliamento della base produttiva e occupazionale nonché lo sviluppo di una nuova imprenditorialità nelle aree economicamente svantaggiate del Paese;
le regioni meridionali hanno usufruito di tale beneficio per un ammontare pari al 92 per cento dell'intervento, mentre il restante 8 per cento è stato utilizzato dalle aree territoriali svantaggiate del centro-nord;
circolari interpretative dell'Agenzia delle entrate oltre ad estendere tale agevolazione al settore agricolo ed a quello professionale, hanno introdotto orientamenti restrittivi dell'articolo 8 della legge

23 dicembre 2000, n. 388, i quali hanno condizionato la piena attuazione delle norme agevolative,

impegna il Governo

ad assumere le opportune iniziative, di carattere interpretativo o normativo, affinché all'articolo 8 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, per nuovi investimenti si intendano tutte le acquisizioni di beni strumentali nuovi di cui agli articoli 67 e 68 del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, anche se realizzati su beni in locazione laddove i contraenti del contratto di locazione o di affitto siano riconducibili allo stesso soggetto economico, ferma restando l'insussistenza di finalità elusive.
(7-00407) «Sposetti».

L'VIII Commissione,
premesso che:
tra le moderne tecniche per la protezione sismica delle costruzioni civili ed industriali, la più efficace appare essere quella dell'isolamento sismico;
tale tecnica possiede un vasto campo di applicabilità ed è in grado di accrescere fortemente la sicurezza sismica di numerose tipologie di costruzioni, tra cui gli edifici, i ponti, i viadotti, gli impianti, il patrimonio culturale;
il principio su cui si basa l'isolamento sismico risiede nel disconnettere la costruzione dal terreno, in modo da ridurre drasticamente le forze sismiche che vengono trasmesse dal terreno alla struttura attraverso le sue fondazioni;
la disconnessione opera, in linea generale, solo nel piano orizzontale delle costruzioni, «filtrando» almeno le componenti orizzontali del terremoto, che sono le più pericolose. A tal fine si inseriscono (di norma in corrispondenza del piano più basso) dispositivi costituiti da strati di gomma alternati con lamine d'acciaio, detti isolatori, disponendoli orizzontalmente oppure a scorrimento od anche a rotolamento. In tal senso la struttura isolata si muove lentamente e come un «corpo rigido» nel piano orizzontale, con valori molto piccoli sia dell'accelerazione, sia degli spostamenti d'interpiano, senza danni non solo alle parti strutturali, ma neppure a quelle non strutturali, compresi le persone ed oggetti che si trovano all'interno degli edifici, prevenendo anche eventuali condizioni di panico;
sebbene la funzione principale del sistema d'isolamento sia quella di «filtrare» l'energia sismica, esso deve anche corrispondere ad altre caratteristiche, in particolare quelle di essere ricentrante, di mantenere il comportamento definito a progetto durante l'intera vita utile della costruzione e di possedere una sufficiente capacità dissipativa, in modo da limitare lo spostamento di progetto a valori accettabili (usualmente dai 10 ai 50 centimetri in Italia, fino agli 80/100 centimetri in Giappone od in California);
l'Italia, con circa 300 edifici isolati ed oltre 250 ponti e viadotti protetti da sistemi antisismici, vanta una lunga tradizione non solo nelle attività di ricerca e sviluppo dei predetti sistemi, ma anche nella loro applicazione: infatti, risale al 1975 quella ai ponti e viadotti ed al 1981 quella agli edifici, a seguito del terremoto campano-lucano del 1980. Ciò è avvenuto quattro anni prima del Giappone e degli Stati Uniti. L'industria manifatturiera italiana ha applicato i propri dispositivi antisimici non solo in Italia, ma anche in numerosi altri paesi, europei ed extraeuropei. Per numero degli edifici isolati, l'Italia è attualmente al primo posto in Europa ed al quarto a livello mondiale (dopo il Giappone, la Cina e la Federazione Russa, ma davanti agli Stati Uniti);
gli isolatori sui quali l'Italia vanta la maggiore esperienza sono quelli in gomma. In caso si utilizzino questi tipi di isolatori, la funzione dissipativa si ottiene o aggiungendo alla gomma particolari oli e resine, oppure inserendo, all'interno degli

isolatori, nuclei di piombo o fluidi siliconici al fine di ottenere un coefficiente di smorzamento ancora maggiore, o infine installando alcuni dissipatori accanto ad isolatori in gomma, usualmente a basso smorzamento;
sono ad ogni modo tuttora utilizzati anche altri dispositivi d'isolamento sismico, tra cui gli isolatori a scorrimento a superficie piana (in genere costituiti da superfici piane di acciaio sovrapposte a superfici, pure piane, di teflon), o quelli «a pendolo scorrevole» o quelli «a rotolamento». Gli isolatori acciaio-teflon sono da qualche anno accoppiati ad isolatori in gomma (i quali forniscono la capacità ricentrante) per sorreggere parti di edifici che non devono sostenere carichi verticali rilevanti e per contribuire a minimizzare gli effetti torsionali. In tal modo si possono isolare in modo economico anche edifici leggeri o con forti asimmetrie in pianta;
gli isolatori «a pendolo scorrevole», utilizzati per la prima volta in edifici italiani (quelli del Progetto C.A.S.E. de L'Aquila) solo dopo il terremoto dell'Abruzzo del 2009, conferiscono alle costruzioni un comportamento che dipende in modo limitato dalla massa e dall'eccentricità della sovrastruttura, ma per garantire che il coefficiente d'attrito resti quello basso stabilito a progetto per tutta la vita utile dell'opera, richiedono particolare attenzione nella scelta del materiale «a scorrimento» e nella sua qualificazione, tramite la sperimentazione richiesta, per l'uso nell'intera Europa, dal cosiddetto «European Technical Approval» (ETA) e quella, del tutto simile, necessaria, in Italia, per l'omologazione da parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Inoltre, a parere di numerosi esperti, sarebbe ancora da esaminare compiutamente il comportamento degli isolatori suddetti nel caso di terremoti con forti componenti nella direzione verticale;
dopo il disastroso terremoto che ha colpito L'Aquila nel 2009, in Italia l'isolamento sismico sta divenendo d'uso sempre più frequente. In particolare, la città abruzzese, impegnata nella ricostruzione, sta utilizzando in modo significativo questa tecnologia, che, in generale, può essere una valida risposta all'esigenza di prevenzione sismica in un Paese, come il nostro, dove più del 70 per cento dell'edificato non è in grado di sopportare le azioni sismiche alle quali potrebbe essere sottoposto. L'isolamento sismico, infatti, è applicabile anche ad edifici già esistenti, qualora attorno ad essi esista o sia realizzabile uno spazio laterale («giunto strutturale») sufficiente a permettere il libero spostamento della sovrastruttura isolata;
la normativa sismica italiana, per incentivare l'utilizzazione dell'isolamento sismico (riducendone od anche azzerandone i costi aggiuntivi di costruzione), permette al progettista di tener conto parzialmente della riduzione delle forze sismiche operata dal sistema d'isolamento. Da ciò consegue che, nel caso in cui il sistema d'isolamento sismico non dovesse funzionare correttamente, una costruzione isolata potrebbe risultare meno sicura di una fondata convenzionalmente;
queste caratteristiche della normativa italiana impongono particolare cura nella scelta del tipo degli isolatori da installare e nelle verifiche che questi siano correttamente qualificati, prodotti, installati, protetti dagli agenti esterni e soggetti alle indispensabili ispezioni e manutenzioni. Inoltre, bisogna prestare molta attenzione alla corretta esecuzione e manutenzione dei «giunti strutturali», alle loro protezioni ed agli elementi che li attraversano (in particolare alle tubazioni del gas od altre rilevanti per la sicurezza). Il controllo finale spetta al collaudatore statico;
l'Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri n. 3274 del 2003 ha sottolineato l'obbligo del collaudo in corso d'opera delle strutture protette da isolamento sismico da parte di un esperto del

settore. Nella normativa successiva, però, non c'è più alcun riferimento al fatto che il collaudatore in corso d'opera debba essere un esperto;
in riferimento alle azioni sismiche di progetto, tenuto conto che quello di una struttura isolata si basa sullo spostamento, numerosi esperti di sismologia e di ingegneria sismica ritengono che il metodo probabilistico attualmente in uso per la valutazione della pericolosità sismica debba essere affiancato da quello deterministico, in quanto quest'ultimo sarebbe il solo in grado di fornire dati affidabili di spostamento del terreno;
riguardo alla qualificazione di nuove tipologie di isolatori, numerosi esperti di ingegneria sismica ritengono anche indispensabile sottoporne prototipi in scala piena a prove dinamiche quantomeno «bidirezionali» (cioè con ambedue le componenti orizzontali del terremoto applicate contemporaneamente) e con riproduzione di andamenti temporali di terremoti reali, anche se tali prove non sono richieste dalla normativa vigente. Infine, per isolatori il cui comportamento può essere influenzato anche dalla componente verticale del sisma e, soprattutto, quando essi debbano essere istallati in zone caratterizzate da un elevato valore della componente suddetta, sono, ad avviso dei suddetti esperti, da effettuare anche prove «tridirezionali», cioè con la componente verticale di moti sismici reali applicata simultaneamente alle due orizzontali;
la massiccia richiesta d'isolamento sismico avvenuta in tutt'Italia a seguito dei terremoti del Molise e della Puglia del 2002 e, soprattutto, dell'Abruzzo del 2009, se da una parte dimostra finalmente un'attenzione molto maggiore, da parte della popolazione, per la prevenzione sismica, dall'altra, però, sembra evidenziare anche frequenti e gravi problemi nella corretta realizzazione delle strutture con isolamento sismico. Infatti, non essendo tale tecnica ancora d'uso comune, molte imprese di costruzione, numerosi direttori dei lavori ed anche molti progettisti non sempre ne hanno un'elevata conoscenza e pertanto il collaudo in corso d'opera pare assumere particolare rilevanza,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, nell'immediato, affinché:
a) sia ripristinato, per le strutture isolate, l'obbligo secondo cui il collaudo statico in corso d'opera sia effettuato da esperti del settore, fino a quando l'isolamento non sarà divenuto d'uso più comune;
b) sia previsto che il certificato di collaudo di una struttura isolata contenga anche prescrizioni e raccomandazioni volte a garantire che l'opera resti nelle condizioni di sicurezza definite dal progetto, per l'intera sua vita;
c) sia previsto che, per definire lo spostamento di progetto delle opere isolate, il metodo probabilistico attualmente in uso per la valutazione della pericolosità sismica sia affiancato da quello deterministico;
d) sia previsto che la qualificazione di nuove tecnologie di isolatori comprenda anche la sperimentazione su prototipi di tali isolatori in scala piena e che essa includa altresì prove dinamiche almeno «bidirezionali» (cioè con ambedue le componenti orizzontali del terremoto applicate contemporaneamente) e con riproduzione di andamenti temporali del moto del terreno determinato da terremoti reali, anche se tali prove non sono richieste obbligatoriamente dalla normativa vigente;
e) sia previsto che per gli isolatori il cui comportamento può essere influenzato anche dalla componente verticale del sisma e, soprattutto, quando essi debbano essere installati in zone caratterizzate da un elevato valore della componente suddetta, siano effettuate anche prove «tridirezionali», cioè con la componente verticale di moti sismici reali applicata simultaneamente alle due orizzontali.
(7-00409)
«Alessandri, Guido Dussin, Lanzarin, Togni».

La Commissione VIII,
premesso che:
nel dicembre del 2008, il Parlamento europeo ha approvato il pacchetto «clima-energia» volto a combattere i cambiamenti climatici, promuovere le energie rinnovabili, e conseguire gli obiettivi in campo energetico che l'UE si è fissata per il 2020: ridurre del 20 per cento le emissioni di gas a effetto serra, portare al 20 per cento il risparmio energetico e aumentare al 20 per cento il consumo di fonti rinnovabili (il 17 per cento per il nostro Paese);
dal 2007 al 2008, lo sfruttamento dell'energia eolica ha mostrato un incremento del 30 per cento. Le installazioni, in gran parte localizzate al sud, sono passate da 2.175 megawatt del 2006 agli oltre 5.000 megawatt attuali, installati in poco meno di 300 comuni italiani, e consentono di soddisfare un fabbisogno di oltre 4 milioni di famiglie evitando di immettere in atmosfera circa 4,7 milioni di tonnellate di CO2;
come indicato dal recente rapporto di Legambiente «Comuni rinnovabili 2010», il 2009 ha rappresentato un anno di grande sviluppo del settore, con quasi 1.300 megawatt di nuove installazioni e un incremento del 25 per cento rispetto all'anno precedente;
secondo l'ANEV (Associazione nazionale energia del vento) il potenziale installabile al 2020 nel nostro Paese è di circa 16.200 megawatt. Sempre secondo il suddetto Rapporto di Legambiente, il raggiungimento di tale obiettivo consentirebbe di coprire il fabbisogno di energia elettrica di circa 12 milioni di famiglie, migliorando la qualità dell'aria attraverso un risparmio di 23,4 milioni di tonnellate di CO2 e circa 6 mila tonnellate di polveri sottili;
anche dal punto di vista dell'occupazione, il contributo che può essere fornito direttamente o indirettamente dal settore eolico, è stimato dall'Anev in oltre 66 mila nuovi posti di lavoro nei prossimi anni;
è incontestabile il contributo che lo sviluppo delle fonti di energia rinnovabile avrà sempre di più per la crescita industriale, economica e occupazionale del Paese. Nuove attività in grado di creare nuovi posti di lavoro e favorire la competitività dell'economia nazionale attraverso l'utilizzo ecologicamente orientato delle risorse naturali;
l'impatto ambientale sul nostro paesaggio, la scoperta dell'esistenza di infiltrazioni della criminalità organizzata e di nuovi affaristi nati intorno al business delle rinnovabili e dell'eolico in particolare, devono essere l'occasione per affrontare con decisione queste problematiche, verificando in primis trasparenza e legalità nelle procedure e negli appalti, ma non devono in nessun caso rappresentare un ripensamento complessivo delle politiche di incentivazione delle energie alternative;
il rischio di un ripensamento, oltre che ad andare in direzione opposta a quello che ci chiede l'Europa, finisce inevitabilmente per «avvantaggiare» i settori energetici concorrenti: il nucleare e il fossile (carbone, gas, petrolio);
una cosa è infatti pretendere una maggiore certezza normativa per gli operatori, un sistema di regole più precise e trasparenti, e un'eventuale revisione del meccanismo complessivo degli incentivi, altra cosa è quella di utilizzare, consapevolmente o inconsapevolmente, i fenomeni di corruzione e di infiltrazioni mafiose, per alimentare la diffidenza verso le fonti rinnovabili, finendo con il bloccare l'indispensabile sviluppo delle energie alternative. Sostenere, come fanno molti detrattori delle rinnovabili, che il settore e sistema degli incentivi favoriscono la corruzione, per trarne la conseguenza che le politiche di promozione delle energie rinnovabili vadano ripensate, è un grave errore oltre a essere chiaramente un falso;
letture fin troppo superficiali del fenomeno collegano per esempio il fatto che gli impianti di produzione di energia eolica sono soprattutto collocati nelle regioni meridionali, in quanto sono proprio

queste le aree dove sono più presenti fenomeni di illegalità diffusa. La realtà è invece che se è vero che nel Mezzogiorno vi è una concentrazione maggiore di impianti eolici, ciò è dovuto ad una maggiore incidenza del vento negli stessi territori;
l'esistenza di distorsioni e di errori nella gestione del sistema delle rinnovabili in Italia, non deve quindi in nessun caso servire a pretesto per rimettere in discussione la necessità/opportunità di continuare sulla strada delle energie alternative;
sotto questo aspetto, il nostro Paese purtroppo sconta una lunga fase di incertezza normativa e la carenza di una pianificazione territoriale adeguata, con localizzazioni di parchi eolici spesso errate. A ciò ha contribuito fortemente l'assenza in questi anni delle linee guida nazionali sulle fonti rinnovabili - finalmente approvate nel settembre scorso - che ha prodotto un caos normativo, una confusione sulla «governance» Stato-Regioni e sulla potestà legislativa «concorrente» in tema di energia, con regioni che hanno in questi anni provveduto a legiferare autonomamente e in maniera disomogenea, e con sentenze della Consulta che hanno spesso portato alla bocciatura delle medesime disposizioni regionali approvate. Insomma si è spesso pagato lo scotto dell'assenza di un perimetro chiaro entro cui le regioni stesse potevano esercitare la propria competenza sul rilascio delle relative autorizzazioni, e di indicazioni chiare delle aree in cui vietare la costruzione degli impianti per motivi naturalistici o storico-archeologici, fissando al contempo la costruzione di detti impianti solo nelle aree ritenute più idonee;
a ciò si aggiunga come i singoli comuni si sono rivelati spesso deboli nella trattativa con le aziende proponenti i vari progetti eolici. Le troppo spesso frequenti difficoltà economiche in cui versano molti comuni, e la conseguente necessità di «fare cassa», non ha finora posto i singoli comuni nelle condizioni e con i giusti rapporti di forza per governare adeguatamente il fenomeno chiedendo sostanziali modifiche e diversificazioni dei progetti, senza «subire» le pressioni degli operatori;
con il recente decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010, sono finalmente state emanate le «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili», così come prevedeva il decreto legislativo n. 387 del 2003. Attese da quasi sette anni, dette linee guida, rappresentano un passo importante per ridefinire ciò che finora è mancato: ossia una cornice unitaria nazionale entro cui consentire alle regioni l'esercizio della propria potestà legislativa e amministrativa, superando finalmente la frammentazione normativa del settore delle fonti rinnovabili. Ora le regioni avranno 90 giorni di tempo per mettere a punto le proprie norme per dare ordine allo sviluppo del settore e salvaguardare le aree più sensibili dal punto di vista naturalistico;
la costruzione, l'esercizio e la modifica degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili richiederà d'ora in poi un'autorizzazione unica rilasciata dalla regione o dalla provincia delegata, che dovrà essere conforme alle normative in materia di tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico artistico. Così come è previsto il coinvolgimento dei cittadini nel processo di comunicazione e informazione preliminare all'autorizzazione e realizzazione degli impianti;
tra i punti positivi delle linee guida nazionali, certamente il peso maggiore riconosciuto alle soprintendenze regionali, e inoltre la non applicabilità della procedura che attualmente prevede una semplice dichiarazione inizio attività per autorizzare impianti fino a 1 megawatt. Ora solo gli impianti più piccoli (per l'eolico fino a 60 chilowatt) saranno realizzabili con la procedura semplificata, consistente nella DIA. Sono inoltre predeterminati i criteri e le modalità di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio, con

particolare riguardo agli impianti eolici (per cui è stato previsto un allegato ad hoc);
accanto a quanto suesposto, vanno probabilmente rivisitati alcuni meccanismi incentivanti, se è vero che, come ha tra l'altro ricordato la stessa ANCI nella sua memoria depositata alla Commissione ambiente della Camera il 29 luglio 2009 in occasione dell'audizione in merito alle risoluzioni riguardanti la realizzazioni di impianti eolici: «la stessa UE stima che impianti con ventosità equivalente a circa 1.600 ore risultino già competitivi in assenza di incentivi. Con l'incentivazione vigente in Italia, risultano redditizi anche i siti con appena 900 ore. Ciò a spiegare il gran numero di nuove autorizzazioni richieste e in parte ottenute. .... Aggravante per l'eolico, riteniamo che sia il riconoscimento di incentivi anche per impianti "inattivi"»,

impegna il Governo:

a contrastare i fenomeni di illegalità e di corruzione emersi in questi mesi nell'ambito di inchieste giudiziarie legate alle energie rinnovabili e all'eolico;
a non indebolire, anche alla luce delle criticità suesposte, l'impegno finalizzato allo sviluppo delle fonti alternative, ma al contrario a rilanciare un progetto energetico alternativo che abbia come momento centrale lo sfruttamento delle fonti rinnovabili e la promozione del risparmio energetico;
a confermare il ruolo primario che l'energia eolica deve svolgere nell'ambito di una indispensabile diversificazione delle fonti energetiche rinnovabili sulle quali il nostro Paese deve puntare con maggiore decisione al fine del rispetto dell'obiettivo posto in sede UE con il pacchetto «clima-energia»;
a valutare l'opportunità che, nelle more dell'emanazione delle norme attuative delle «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» da parte delle regioni, le nuove autorizzazioni relative a impianti eolici siano concesse esclusivamente se i relativi progetti risultano conformi e rispondenti alle suddette Linee guida di cui al decreto del Ministero dello sviluppo economico del 10 settembre 2010;
ad assumere iniziative volte a graduare gli incentivi in funzione delle ore equivalenti di produzione, prevedendo a tal fine una modularità degli incentivi medesimi;
ad adottare misure volte a garantire maggiormente la salvaguardia dei valori paesaggistici ed ambientali del nostro territorio, con particolare riferimento alle aree di maggior pregio naturalistico e storico.
(7-00413) «Piffari, Scilipoti».

La VIII Commissione,
premesso che:
una costruzione antisismica progettata secondo tecniche tradizionali, ma con moderni criteri, deve soddisfare due requisiti fondamentali: (1) non deve crollare sotto l'azione di terremoti violenti; (2) non deve subire danni significativi per effetto di terremoti di bassa-media intensità;
il primo requisito ha implicazioni molto importanti, ovvero presuppone l'accettazione di danni anche gravi nella costruzione, a condizione, però, che la stessa non crolli, minimizzando così, i danni alle persone. Il secondo requisito è rilevante in termini economici, perché serve a ridurre i costi di riparazione a seguito di terremoti che possono colpire la costruzione durante la sua vita. Nell'ipotesi che le costruzioni fossero tutte realizzate in accordo con i suddetti moderni criteri antisismici, comunque, se si verificasse un terremoto violento (ad esempio, in Italia, simile a quelli del Friuli del 1976 e Campano-Lucano del 1980 ed anche quello recente dell'Abruzzo del 2009), esso causerebbe un numero limitato di vittime ma sicuramente ingenti danni economici e sociali;

si renderebbero necessari, infatti, provvedimenti d'evacuazione di lungo periodo, per permettere la riparazione dei danni e la messa in campo di alloggi provvisori con conseguenze economiche e sociali significative;
dunque, sebbene le costruzioni tradizionali progettate con moderni criteri antisismici possano condurre a significativi miglioramenti, è evidente come non si possano eliminare del tutto gli effetti del sisma;
si comprende, quindi, perché l'attenzione di molti ricercatori e dell'industria si sia concentrata, negli ultimi 30 anni, sulla messa a punto di tecnologie innovative per la riduzione degli effetti dei terremoti. Da un lato l'obiettivo è stato quello di superare le limitazioni delle costruzioni tradizionali, dall'altro, si sono voluti rendere più semplici ed efficaci, nonché più economici, gli interventi di miglioramento ed adeguamento sismico delle strutture esistenti;
grazie a tali attività di ricerca e sviluppo, per la progettazione antisismica sono attualmente disponibili sistemi e dispositivi in grado di accrescere considerevolmente la protezione delle costruzioni e, quindi, di garantire un livello di sicurezza assai più elevato alla popolazione e l'assenza di danni significativi nel caso di terremoti anche molto violenti, rispetto a quanto è possibile ottenere adottando l'approccio progettuale tradizionale;
i sistemi antisismici più efficaci sono quelli d'isolamento sismico, tecnica che, appunto, si pone l'obiettivo di «isolare» la costruzione dal sisma. Poiché l'energia sismica è trasmessa dal terreno alla struttura attraverso le sue fondazioni, il principio generale è di «disconnettere» la costruzione dal terreno. Più precisamente, con l'isolamento sismico si cerca di disaccoppiare il movimento della costruzione da quello del terreno, perlomeno in direzione orizzontale, «filtrando» cioè le componenti orizzontali del terremoto, che sono le più pericolose. Ciò è effettuato mediante l'inserimento (usualmente alla base od in corrispondenza del piano più basso) di dispositivi, detti isolatori, orizzontalmente estremamente flessibili (per lo più in gomma armata internamente con lamine d'acciaio) e/o a scorrimento od anche a rotolamento. Pertanto, al di sopra gli isolatori, la struttura si muove, lentamente, come un «corpo rigido» nel piano orizzontale, e, quindi, senza danneggiamento non solo delle parti strutturali, ma neppure di quelle non strutturali. Il movimento molto lento, inoltre, tende a ridurre l'effetto panico, che può essere pericoloso in edifici affollati (in primis nelle scuole). Sebbene la funzione principale del sistema d'isolamento sia quella di filtro dell'energia sismica, esso deve però possedere anche una sufficiente capacità dissipativa, in modo da limitare lo spostamento di progetto a valori accettabili;
oltre ad essere caratterizzato dalle funzioni principale e secondaria summenzionate, un sistema d'isolamento adeguato deve possedere: una buona capacità ricentrante (cioè di riportare la struttura nella posizione iniziale una volta terminato il terremoto), una vita utile sufficientemente lunga (almeno pari a quella delle usuali costruzioni, sebbene debba essere anche garantita la sostituibilità degli isolatori), rigidezza crescente al diminuire del livello dell'eccitazione sismica (elevata per quelle di modesta entità, così da impedire continue vibrazioni, ad esempio, sotto l'azione del vento), rigidezza e smorzamento poco sensibili ad effetti quali le variazioni di temperatura, l'invecchiamento, ed altri;
esistono oggi in commercio diversi tipi di isolatori per far fronte a diverse condizioni di lavoro. I più noti sono gli isolatori in gomma ma esistono anche isolatori a scorrimento a «superficie piana» (Sliding Device o SD, usualmente costituiti da superfici piane di acciaio sovrapposte a superfici, pure piane, di teflon), «a pendolo scorrevole» ed «a rotolamento»;
i comuni isolatori in gomma (i quali forniscono la capacità ricentrante) sono da qualche anno accoppiati ad isolatori

SD per sorreggere parti di edifici che non devono sostenere carichi verticali rilevanti e per contribuire a minimizzare gli effetti torsionali (in tal modo si possono isolare in modo economico, ad esempio, anche edifici leggeri o con forti asimmetrie in pianta);
l'efficacia di questi sistemi costituiti da dispositivi in gomma ed SD è stata dimostrata non solo da oltre 30 anni di dettagliate ricerche numerico-sperimentali in vari paesi (con Italia in prima linea), ma anche dall'ottimo comportamento che tutti gli edifici da essi protetti hanno dimostrato durante violenti terremoti, a partire da quelli che colpirono Los Angeles e Kobe nel 1994 e 1995, fino agli eventi più recenti: quello del Sichuan, in Cina, nel 2008 e quelli del Cile e della Nuova Zelanda di quest'anno;
più di recente l'attenzione nella ricerca e sviluppo si è appuntata sugli isolatori «a pendolo scorrevole» la cui funzionalità risulta meno dipendente dalla massa e dalla asimmetria delle strutture sovrastanti consentendo quindi maggiore flessibilità nelle realizzazioni, il principio di funzionamento di questi dispositivi si basa sullo scorrimento di un elemento di materiale speciale a superfici convesse sulle superfici concave di elementi in acciaio. A questa famiglia appartiene il cosiddetto Friction Pendulum System (FPS), realizzato circa 25 anni fa, e le sue recenti evoluzioni, che utilizzano materiali «a scorrimento» più «teneri» dello speciale tessuto che caratterizza il Friction Pendulum System;
si tratta del cosiddetto Sliding Isolation Pendulum (SIP) di produzione tedesca, che fa uso di un particolare materiale «a scorrimento» polietilenico, ed i cosiddetti isolatori Curved Sliding Surface (CSS) ora sviluppati e prodotti in Italia. Il nuovo materiale «a scorrimento» degli isolatori SIP è stato sviluppato pochi anni fa per evitare che la diversa deformazione degli elementi in acciaio e di quello a scorrimento sotto effetto del peso proprio, portasse, dopo qualche tempo, a concentrazioni del carico verticale sulla superficie in acciaio, con conseguente notevole aumento del valore del coefficiente di attrito di primo distacco e, quindi, notevole perdita di efficacia dell'isolatore. Gli isolatori «a pendolo scorrevole», oltre a filtrare l'energia sismica, possiedono quindi una sufficiente capacità dissipativa (grazie all'attrito) e, se ben progettati e mantenuti nelle condizioni di progetto, sono ricentranti (grazie alla curvatura degli elementi che li costituiscono);
si deve, però, osservare che per il loro corretto funzionamento è molto importante che il materiale a scorrimento non subisca abrasioni o danneggiamenti né in fase iniziale, né durante la sua vita e sia adeguatamente protetto da tutto ciò che, come polvere o umidità, può modificare il valore del coefficiente d'attrito;
per quanto attiene all'uso dei dispositivi di isolamento la normativa europea prevede per gli isolatori sismici (utilizzabili nell'UE) il possesso del marchio CE (come è richiesto per quelli in gomma o a scorrimento acciaio-teflon), ovvero aver ottenuto, per i nuovi materiali utilizzati, l'European Technical Approval o ETA (come ad esempio è richiesto per quelli a scorrimento che utilizzino materiali diversi dal teflon). Tale normativa, già da tempo in vigore per gli appoggi, è entrata in vigore all'inizio di agosto di quest'anno anche per gli isolatori, per i quali viene previsto un anno di transizione nell'applicazione;
in questa fase in Italia è necessario che gli isolatori, oltre ad essere stati debitamente qualificati, siano omologati dal Consiglio superiore dei lavori pubblici (CSLLPP);
va però sottolineato che per l'ottenimento del certificato di omologazione da parte del CSLLPP sono richiesti studi appropriati e sperimentazione sui nuovi materiali. Quanto alla qualificazione, essa include anche sperimentazione sugli isolatori, secondo quanto previsto dalle norme. In questa ottica vi è però da rilevare che le norme, sia italiane che

europee, sono state «pensate» riferendosi ai classici sistemi d'isolamento che erano stati sviluppati ed installati in Europa, cioè a quelli costituiti da isolatori in gomma e SD. Tali norme, pertanto, attualmente richiedono l'effettuazione di prove dinamiche solo «monodirezionali» con carico verticale (simulante il peso della sovrastruttura) costante. Il moto orizzontale è applicato agli isolatori solo in una direzione alla volta. Inoltre, non è richiesta l'applicazione di andamenti temporali di terremoti reali. Molti esperti, però, ritengono questo insufficiente. Ad esempio l'esperienza acquisita presso i laboratori dell'Università della California a San Diego (dove è in funzione una delle due sole attrezzature che, a livello mondiale, sono in grado di effettuare prove dinamiche multidirezionali su dispositivi antisismici in grande scala) sembra indicare, per diversi tipi di isolatori «a pendolo scorrevole», la necessità di qualificare questi dispositivi utilizzando prototipi in scala piena e sottoponendo questi anche a prove dinamiche quantomeno «bidirezionali» (cioè con ambedue le componenti orizzontali del terremoto applicate contemporaneamente) e con riproduzione di andamenti temporali di terremoti reali;
per la progettazione di strutture con isolamento sismico, la normativa applicata nei vari Paesi segue schematicamente due approcci diversi (in funzione della percezione che si ha del rischio sismico in tali Paesi):
a) quello di progettare l'opera senza tener conto della riduzione delle forze sismiche agenti sulla sovrastruttura e, quindi, sulle fondazioni, operata dall'isolamento sismico;
b) quello di tener conto, almeno parzialmente, di tali benefici;
con il primo approccio (utilizzato in Giappone, Stati Uniti d'America, Cile ed altro) l'isolamento comporta ovviamente un costo aggiuntivo. Con il secondo approccio (utilizzato in Italia, in Cina ed in altri paesi) si permette una limitazione degli extracosti di costruzione, garantendo al contempo un livello di sicurezza pari a quello raggiungibile col primo approccio in condizione di corretto funzionamento degli isolatori;
in Italia, per garantire la sicurezza di una struttura con isolamento sismico, è dunque indispensabile che:
a) gli isolatori siano correttamente scelti (quanto alla loro tipologia, in funzione delle caratteristiche d'uso dell'opera da proteggere e di quelle dei terremoti attesi, in particolare della prevedibilità o meno di forti componenti verticali), qualificati, prodotti, installati, protetti dagli agenti esterni e soggetti alle indispensabili ispezioni e manutenzioni;
b) le strutture isolate di nuova costruzione e gli interventi di adeguamento o miglioramento sismico di strutture esistenti con l'isolamento siano correttamente progettate e realizzate, dedicando particolare attenzione ai giunti strutturali, (che devono permettere lo spostamento rigido della sovrastruttura isolata fino allo spostamento massimo di progetto), ai cosiddetti «elementi di interfaccia» , cioè a quegli elementi che attraversano i giunti strutturali e devono, quindi, sopportare indenni lo spostamento suddetto (scale, ascensori, tubazioni, in particolare quelle del gas, antincendio od altre rilevanti ai fini della sicurezza) e, nel caso di interventi su edifici esistenti, al taglio dei pilastri e delle pareti di sostegno ed agli irrobustimenti degli stessi, sopra e sotto gli isolatori, al fine di garantire una rigidezza sufficiente per la corretta uniforme trasmissione delle azioni sismiche;
c) le strutture isolate siano mantenute nelle condizioni previste a progetto per l'intera loro vita utile;
il controllo ultimo che le condizioni suddette siano rispettate è affidato, in Italia, al collaudatore statico in corso d'opera e alle sue eventuali prescrizioni sui comportamenti da tenere durante la vita utile dell'opera (che, peraltro, non sono ancora formalmente richieste). Se tali condizioni non fossero rispettate, una

struttura isolata potrebbe risultare meno sicura di una fondata convenzionalmente;
per quanto riguarda le azioni sismiche di progetto trasmesse dal terreno alla costruzione (il cosiddetto «input sismico»), la normativa vigente in Italia si basa sulla loro determinazione attraverso il «metodo probabilistico». Tale metodo, però, sembrerebbe essersi dimostrato poco affidabile in numerosi recenti terremoti (come, ad esempio quello del Sichuan del 2008), perché privo di base fisica e perché tende a scartare eventi rari. Per porre rimedio a ciò sono stati per questo messi a punto (anche in Italia, nell'ambito di collaborazioni internazionali dell'università di Trieste) metodi deterministici, che invece si basano su una modellazione fisica della sorgente e della trasmissione delle onde nel terreno. Per le strutture isolate sismicamente, inoltre, i metodi deterministici hanno il vantaggio di fornire direttamente gli spostamenti del terreno. In Italia, contrariamente a quanto avviene in alcuni altri paesi (ad esempio la California), i metodi deterministici oggi non sono ancora utilizzati per la determinazione della pericolosità sismica, nonostante essi possano essere considerati complementari a quelli probabilistici;
per quanto riguarda la numerosità dei sistemi e dispositivi antisismici, ad oggi sono già stati applicati ad oltre 10.000 opere (edifici strategici, pubblici e residenziali, ponti e viadotti, impianti industriali, anche a rischio d'incidente rilevante, edifici monumentali e singoli capolavori), sia di nuova costruzione che ri adeguate, ubicate in oltre 30 Paesi;
quanto al numero complessivo delle applicazioni, l'Italia è attualmente al quinto posto, a livello mondiale, dopo il Giappone, gli Stati Uniti d'America, la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa, quindi al primo posto nell'Unione europea. L'Italia sale poi al quarto posto (dopo il Giappone, la Repubblica Popolare Cinese e la Federazione Russa, ma prima degli Stati Uniti d'America) considerando i soli edifici isolati sismicamente;
l'Italia, dove ora si contano circa 300 edifici isolati sismicamente ed oltre 250 ponti e viadotti protetti da sistemi e dispositivi antisismici, vanta, infatti, una lunga tradizione non solo nelle attività di ricerca e sviluppo dei sistemi e dei dispositivi suddetti, ma anche nella loro applicazione, avendo iniziato ad utilizzarli nel 1975 ai ponti ed ai viadotti e nel 1981 agli edifici, a seguito del terremoto campano-lucano del 1980 e quattro anni prima del Giappone e degli Stati Uniti d'America. L'industria manifatturiera italiana ha applicato i propri dispositivi antisismici non solo in Italia, ma anche in numerosi altri Paesi, sia europei che extraeuropei;
il numero delle applicazioni italiane sarebbe certamente molto maggiore se non si fosse assistito ad una lunga stasi dovuta all'assenza di una normativa adeguata e ad un iter approvativo lungo ed estremamente complesso ed incerto;
le applicazioni sono riprese in Italia dopo l'entrata in vigore dell'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri N. 3274 del 2003 (OPCM 3274/2003), che ha abolito l'obbligo di sottoporre i progetti delle costruzioni protette dai sistemi e dai dispositivi antisismici al vaglio del CSLLPP e, per incentivare l'utilizzazione dell'isolamento sismico, ha permesso di tenere parzialmente conto, nel progetto, della drastica riduzione delle forze sismiche agenti sulla struttura e (di conseguenza) sulle fondazioni che l'uso di tale tecnica produce;
data l'elevata percentuale dell'edificato italiano che non è in grado di sopportare le azioni sismiche alle quali potrebbe trovarsi soggetto, l'isolamento sismico offre, in Italia, ottime prospettive di una ancor più vasta applicazione, in quanto può essere agevolmente applicato ad edifici già esistenti. In considerazione dell'utilizzazione ancora poco comune dell'isolamento sismico in Italia, l'ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 3274/2003 ha sottolineato l'obbligo del collaudo in corso d'opera delle strutture protette con tale tecnica ed ha previsto che

tale incarico sia affidato ad un esperto del settore;
nella normativa successiva, però, pur permanendo l'obbligo del collaudo in corso d'opera, è stato eliminato quello che il relativo incarico debba essere affidato ad un esperto del settore;
a seguito del terremoto del Molise e della Puglia del 2002 e, soprattutto di quello dell'Abruzzo del 2009, vi è ora una massiccia richiesta d'isolamento sismico. Non essendo però tale tecnica ancora d'uso comune, molte imprese di costruzione, numerosi direttori dei lavori ed anche parecchi progettisti ne hanno scarsa conoscenza e, pertanto, il collaudatore in corso d'opera assume un ruolo di particolare rilevanza;
appare opportuno ed urgente porre in essere una serie di misure normative e di interventi tesi ad affrontare ed a mitigare tutti i problemi più sopra indicati ed in specifico a:
a) ripristinare l'obbligo che, per le strutture isolate, il collaudo in corso d'opera sia effettuato da parte di esperti del settore;
b) prevedere che il collaudatore in corso d'opera di una struttura isolata inserisca nel certificato di collaudo anche prescrizioni e raccomandazioni, atte a garantire che l'opera resti nelle condizioni di sicurezza sismica definite a progetto, per la sua intera vita utile;
c) prevedere che, per la valutazione dei dati di pericolosità sismica, si affianchi al metodo probabilistico quello deterministico e, comunque, che il progettista di strutture isolate sismicamente faccia riferimento anche ai dati ottenuti con quest'ultimo metodo per determinare lo spostamento massimo di progetto degli isolatori;
d) prevedere che, per la qualificazione sperimentale di nuove tipologie di isolatori, si utilizzino anche prototipi in scala piena e si sottopongano questi anche a prove dinamiche quantomeno «bidirezionali» (cioè con ambedue le componenti orizzontali dell'andamento temporale del terremoto applicate contemporaneamente) e con riproduzione di andamenti temporali corrispondenti a terremoti reali;
e) prevedere che, nel caso di isolatori il cui comportamento può essere influenzato anche dalla componente verticale del terremoto e soprattutto quando tali isolatori debbano essere installati in zone caratterizzate da un elevato valore della componente suddetta, siano effettuate anche prove sismiche «tridirezionali» (cioè con anche la componente verticale dell'andamento temporale di eventi reali applicata simultaneamente a quelle relative alle due orizzontali),

impegna il Governo

ad assumere iniziative normative atte a superare le problematiche evidenziate nel settore valutando la possibilità di introdurre le previsioni riportate in premessa.
(7-00414)«Benamati, Ginoble».

La X Commissione,
premesso che:
il 29 settembre la Commissione commercio internazionale del Parlamento europeo ha adottato a larga maggioranza la relazione Muscardini sulla proposta di regolamento sull'indicazione del Paese di origine di alcuni prodotti importati da paesi terzi;
la proposta di regolamento, presentata nel 2005 e mai discussa dal Consiglio, rappresenta un primo ed importante passo per il riconoscimento del «made in», fornendo ai consumatori una corretta informazione sul paese di origine di diverse categorie di merci, dall'abbigliamento al tessile, alle calzature, alla ceramica, all'oreficeria e all'occhialeria;
l'approvazione del regolamento permetterà all'Unione europea di recuperare lo svantaggio competitivo nei confronti dei suoi principali partner commerciali,

Stati Uniti, Canada, Cina e Giappone, che impongono l'obbligo di un marchio di origine sulle importazioni e di porre di conseguenza le basi per il rilancio dell'economia europea;
gli imprenditori italiani da tempo chiedono adeguati strumenti per difendersi dalla concorrenza di chi senza scrupoli immette sul mercato prodotti di qualità estremamente bassa e dannosi per la salute umana, facendoli passare come made in Italy quando in realtà non lo sono;
in Italia la materia è regolata dalla legge Reguzzoni-Versace, 8 aprile 2010, n. 55, recante disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, che promuove e sostiene l'industria manifatturiera italiana attraverso l'introduzione di un sistema di etichettatura a garanzia della qualità del made in Italy;
la citata legge, che avrà definitiva attuazione con l'adozione dei mancanti decreti, rappresenta un valido strumento di contrasto ai fenomeni di contraffazione, permettendo alle imprese di difendere e valorizzare le proprie produzioni e garantendo ai consumatori la certezza di essere correttamente informati sulla qualità e la sicurezza dei prodotti acquistati;
l'Italia è uno dei Paesi più danneggiati dallo sviluppo del mercato del falso perché, oltre a disporre di una struttura produttiva che ha difficoltà ad attrezzarsi adeguatamente per contrastare il fenomeno, ha anche una significativa quota di produzione, quella del made in Italy appunto, che risulta maggiormente esposta alla concorrenza sleale dei prodotti contraffatti;
nel 2008 il mercato del falso in Italia ha fatturato 7 miliardi e 107 milioni di euro ed ha sottratto all'economia regolare oltre 130 mila posti di lavoro. Il settore maggiormente colpito dal fenomeno è risultato quello dell'abbigliamento e degli accessori con 2,6 miliardi di euro;
l'Italia nel triennio 2006-2008 è stato il terzo paese europeo per numero di prodotti contraffatti, con oltre 44 mila prodotti sequestrati, pari all'11,5 per cento del totale europeo. Nel 2008, il 54,6 per cento dei prodotti contraffatti è arrivato dalla Cina, mentre in Europa ogni minuto vengono sequestrati 186 prodotti contraffatti provenienti dalla Cina;
le posizioni che l'Unione europea ha assunto in merito all'indicazione del luogo di origine e all'etichettatura rappresentano un importante segnale di cambiamento che il Governo italiano dovrebbe perseguire, in Italia e in Europa, per dare concreta attuazione alle istanze espresse dalle imprese manifatturiere per una maggiore tutela del made in Italy,
impegna il Governo:

ad adoperarsi in sede europea affinché venga quanto prima adottato il regolamento sull'indicazione del paese di origine dei prodotti importati da paesi extra-comunitari;
a dare attuazione alla legge Reguzzoni-Versace dell'8 aprile 2010, n. 55, recante disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, assumendo le opportune iniziative per estendere l'applicazione delle disposizioni in essa contenute ad altri settori industriali ed in particolare all'occhialeria, all'oreficeria e al comparto del mobile.
(7-00411)
«Dal Lago, Torazzi, Allasia, Maggioni».

La XIII Commissione,
premesso che:
l'Unione europea ha già adottato un quadro giuridico completo quanto all'autorizzazione dei prodotti costituiti o comunque ricavati da OGM. Tale quadro giuridico configura un sistema di autorizzazioni che è ispirato al duplice obiettivo di evitare gli effetti nocivi degli organismi in questione nei confronti della salute e

dell'ambiente e, dall'altro lato, di creare e assicurare un mercato interno per tali prodotti;
il sistema legislativo descritto, in sé completo, è stato sottoposto nel corso del tempo a verifiche e valutazioni alla luce delle esigenze e delle istanze da parte degli Stati membri, sfociate nella richiesta di un certo numero di essi nei confronti della Commissione per nuove proposte atte a riconoscere un margine di libertà dei singoli Stati in relazione alla coltivazione degli OGM, e alla protezione da possibili forme di inquinamento genetico dell'agricoltura biologica e convenzionale;
a conferma di tale nuovo quadro, gli orientamenti della Commissione, esplicitati nel 2009 dal presidente Barroso, hanno configurato un sistema volto a combinare sia l'apparato normativo comunitario di autorizzazioni basato sulla scienza, sia la libertà dei Paesi membri di decidere sull'ammissibilità di coltivazioni OGM;
in questo senso la proposta in esame tende ad attuare il nuovo sistema, fornendo agli Stati membri la possibilità di limitare o vietare coltivazioni OGM, autorizzate in ambito comunitario, nel contesto del quadro normativo e scientifico già fissato, ravvisabile anche nelle condizioni alle quali limiti o divieti devono essere comunque sottoposti, e indicando, come esplicitato nella raccomandazione (2010/C 200/01) del 13 luglio 2010, anche «la possibile perdita economica» derivante da contaminazione accidentale, tra le ragioni di valutazione delle possibili scelte;
sotto l'aspetto più strettamente contenutistico, la proposta tende ad inserire nella direttiva 2001/18/CE una nuova disposizione volta a consentire agli Stati membri di limitare o vietare coltivazioni di OGM autorizzati, purché per motivi diversi da quelli legati alla valutazione degli effetti negativi per la salute o per l'ambiente;
un quadro molto ampio e rappresentativo delle associazioni agricole, della pesca, dei consumatori, delle associazioni ambientaliste ha in più occasioni rappresentato la contrarietà di grandissima parte dei cittadini italiani circa la coltivazioni di OGM nel Paese;
nel nostro Paese, anche in conseguenza del pronunciamento della Corte costituzionale, le competenza circa la definizione di linee guida sulla coesistenza è chiaramente assegnata alle regioni;
nella riunione degli assessori all'agricoltura del 30 settembre 2010 non è stata adottata l'Intesa sulle linee guida di coesistenza tra colture convenzionali, biologiche e geneticamente modificate, e le regioni hanno unanimemente manifestato la loro intenzione di chiedere al Governo l'adozione di misure di salvaguardia;
tale orientamento è stato confermato lo scorso 7 ottobre 2010 dai presidenti delle regioni;
sulla base di quanto stabilito dal Consiglio di Stato con la sentenza 183 del 2010, tenuto conto dei profili prettamente economici che devono essere regolamentati dai piani di coesistenza, e considerato che a tali piani sono estranei i profili ambientali e sanitari, e il principio comunitario della coltivabilità degli OGM se autorizzati, il rilascio dell'autorizzazione alla coltivazione non può essere condizionato alla previa adozione dei piani di coesistenza e che quindi, secondo la Conferenza Stato-regioni «non sussiste in Italia alcun vuoto normativo attinente alla materia della coesistenza», la cui regolazione rappresenta «una facoltà e non un obbligo»;
si manifesta la convinzione che l'Italia debba avvalersi della facoltà, prevista dall'atto comunitario in questione, di escludere la coltivazione, sul territorio nazionale, di OGM autorizzati dall'Unione europea, alla luce dei potenziali effetti socio-economici negativi delle colture transgeniche sui vari sistemi agricoli locali, caratterizzati dalla tipicità e qualità dei prodotti e dal collegamento degli stessi col territorio;

si sottolinea l'esigenza che la facoltà, riconosciuta ai singoli Stati, di limitare la coltivazione di OGM venga estesa anche alle situazioni suffragate da motivazioni di carattere sanitario o ambientale;
nelle more dell'adozione della sopra citata normativa europea, non esiste al momento alcuna automatica autorizzazione alla coltivazione di piante OGM in Italia, prima dell'emanazione dei piani di coesistenza regionali;
il decreto legislativo 212 del 24 aprile 2001, sulla base del quale con decreto interministeriale 19 marzo 2010 il Ministro Zaia ha vietato la coltivazione di mais OGM MON 810, non interferisce in alcun modo con l'operatività del principio europeo di coltivazione delle sementi se autorizzate attenendo, piuttosto, all'attuazione del principio di purezza delle sementi e fondando, in esso, la propria autonoma legittimità;
permane l'esigenza fondamentale della tutela e della valorizzazione della qualità del nostro sistema agro-alimentare attraverso l'applicazione del principio di precauzione e la possibilità di dichiarare l'intero territorio nazionale come libero da OGM,
impegna il Governo:

a procedere con l'esercizio della clausola di salvaguardia sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati al fine di vietare la coltivazione del mais «Mon 810» e della patata «Amflora»;
a rappresentare anche in occasione delle riunioni in sede comunitaria, la posizione unanime delle regioni e delle province autonome di assoluta contrarietà rispetto all'autorizzazione della coltivazione degli organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale.
(7-00406)
«Cenni, Oliverio, Brandolini, Fiorio, Marco Carra, Servodio, Cuomo, Trappolino, Zucchi, Sani».

La XIII Commissione,
premesso che:
ancora una volta con il decreto-legge n. 78 del 2010 è stata riproposta l'annosa vicenda delle quote latte disponendo con l'articolo 40-bis che il pagamento degli importi con scadenza al 30 giugno 2010, previsti dai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge 28 marzo 2003, n. 49, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 maggio 2003, n. 119, ed al decreto legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, sia prorogato al 31 dicembre 2010;
la questione delle quote latte è stata affrontata nel citato decreto-legge con l'obiettivo dichiarato di far fronte alla grave crisi in cui versa il settore lattiero caseario, «a seguito della negativa congiuntura internazionale e degli accertamenti in corso»;
in realtà la prevista proroga dei pagamenti con scadenza al 30 giugno 2010 non costituisce un intervento di rilancio per il settore lattiero caseario. Infatti, la proroga non si applicherà ai piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 49 del 2003, convertito dalla legge n. 119 del 2003, perché le rate di questi piani scadono il 31 dicembre di ogni anno. Si applicherà invece ad una parte dei piani di rateizzazione di cui al decreto-legge n. 5 del 2009, convertito dalla legge n. 33 del 2009, ovvero solo a quelli per i quali la scadenza della prima rata era fissata al 30 giugno 2010;
ad avviso dei firmatari del presente atto, se da un lato si continua ad intervenire sul settore lattiero caseario con modalità che non premiano la legalità, la trasparenza ed il rispetto delle regole, dall'altro lato si continua a rimandare l'applicazione di misure già previste ma mai attuate, quali ad esempio quelle per favorire l'accesso al credito dei produttori che hanno acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione della legge del 2003, che consentirebbero di incidere positivamente sul comparto;

il comma 2 dell'articolo 8-septies, del decreto-legge n. 5 del 2009 prevede, infatti, che, al fine di favorire le misure di accesso al credito, i produttori che abbiano acquistato quote latte successivamente al periodo di applicazione del decreto-legge n. 49 del 2003, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 119 del 2003, possano avvalersi, sino all'emanazione del decreto che disciplinerà il funzionamento del fondo finanza di impresa, del fondo di garanzia di cui all'articolo 15 della n. 266 del 1997, come rifinanziato dall'articolo 11 del decreto-legge n. 185 del 2008 per un importo comunque non inferiore a 45 milioni di euro per il 2009;
in realtà, il fondo di garanzia, di cui all'articolo 15 della legge n. 266 del 1997, che avrebbe dovuto assicurare la copertura dei 45 milioni di euro per il 2009, non ha mai avuto la capienza necessaria per consentire la realizzazione dell'intervento di cui al citato comma 2 dell'articolo 8-septies;
per tali motivi il predetto comma 2 dell'articolo 8-septies è stato introdotto in sede di conversione del decreto-legge n. 5 del 2009 prevede che solo dopo «l'attivazione» del fondo di garanzia, ossia solo dopo che le risorse saranno rese disponibili, il Ministro dell'economia e delle finanze potrà emanare il decreto che dispone l'assegnazione dei 45 milioni di euro al comparto agricolo finalizzati a favorire le misure di accesso al credito, per i produttori che hanno acquistato quote latte,

impegna il Governo

a reperire le risorse, non inferiori a 45 milioni di euro, per il sostegno dell'intero settore lattiero-caseario e di coloro che hanno operato nel rispetto delle regole, come previsto dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
(7-00408)
«Marco Carra, Zucchi, Oliverio, Agostini, Brandolini, Cenni, Cuomo, Dal Moro, Fiorio, Marrocu, Mario Pepe (PD), Sani, Servodio, Trappolino».

La XIII Commissione,
premesso che:
il settore dell'agricoltura sta attraversando una profonda crisi, legata anche alla congiuntura negativa a livello internazionale;
il 2010 ha rappresentato un'annata particolarmente difficile per il comparto del pomodoro da industria, che rappresenta una delle più importanti produzioni italiane e che ancora garantisce un buon livello occupazionale;
l'intera filiera è negativamente influenzata da fattori generali come: l'aumento dei costi di produzione dovuti all'incremento degli oneri sociali, triplicati dal 2000 ad oggi; l'abolizione del «bonus gasolio»; il forte aumento del prezzo dei prodotti energetici (più 8,5 per cento con punte del 18,5 per cento per l'energia elettrica, secondo i dati dell'ISMEA);
da un ciclo di audizioni informali su tale crisi, svolto dalla Commissione agricoltura con le organizzazioni professionali e della cooperazione agricola e le organizzazioni delle industrie di produzione e di trasformazione, sono emerse con evidenza le difficili relazioni nella filiera, nonché i fattori di debolezza;
in sintesi le organizzazioni agricole hanno lamentato: un generale calo dei prezzi, che già nella fase contrattuale erano del 10-15 per cento inferiori rispetto al 2009; problemi di ritardo o mancato invio, dalla parte industriale, dei mezzi di trasporto, che hanno portato ad una eccessiva permanenza del prodotto sulle piante, con fenomeni di sovra maturazione che hanno poi determinato problemi a livello di qualità del prodotto, con aumento degli scarti, taglio dei prezzi, rifiuto di scaricare il prodotto; inoltre gli agricoltori hanno evidenziato che, essendo in vigore il regime di aiuto comunitario «parzialmente accoppiato», il che comporta

l'obbligo per il produttore di consegnare una resa minima per poter ottenere la parte «accoppiata» del premio, spesso, in particolare nelle regioni meridionali, i coltivatori sono stati costretti ad accettare prezzi vicini a quelli praticati per il pomodoro cinese;
di fatto si è avuto un mercato a due velocità, dove gli industriali e le cooperative corrette, che hanno pagato i prezzi pattuiti, devono sopportare la concorrenza sleale non solo di chi trasforma il prodotto cinese come made in Italy, ma anche di chi pretende di produrre in Italia, a prezzi cinesi, per poi andare sul mercato con i prezzi italiani;
l'industria conserviera, da parte sua, sostiene che la crisi è causata da una cattiva programmazione, che ha determinato un eccesso di produzione che si somma alle scorte di magazzino superiori a quelle fisiologiche; inoltre i prezzi del prodotto finito hanno raggiunto quotazioni bassissime, non remunerative per le aziende di trasformazione, sia sul mercato nazionale che internazionale;
infine, tutti i soggetti, sia di parte agricola che di parte industriale, denunciano i danni per l'intera filiera del pomodoro italiano (sottoposta ad un complesso sistema di norme e controlli qualitativi) che derivano dalla concorrenza sleale praticata dai prodotti importati da paesi dove tali regole non sono previste;
il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali Galan il 30 agosto 2010 ha, tempestivamente, convocato il tavolo tecnico sull'emergenza della filiera del pomodoro e in quella sede il Ministero ha tracciato le seguenti conclusioni: a) la task-force istituita per i controlli del settore, insieme con il Ministero della salute, dovrà rafforzare la sua attività soprattutto in relazione alle importazioni del pomodoro; b) la parte industriale è stata fortemente spinta a rispettare i contratti sottoscritti, sia in termini di prezzi che di quantità e sull'argomento a fine campagna sarà convocata una riunione volta ad esaminare i casi denunciati di non rispetto dei contratti stessi, nonché per accertare le eventuali responsabilità; c) prima della prossima campagna verrà definito dal Ministero una forma di contratto nazionale a cui attenersi; d) verrà preparata una proposta italiana di regolamento comunitario che definisca l'obbligo di etichettatura dell'origine del pomodoro utilizzato per i trasformati, da supportare a Bruxelles; e) continuerà il monitoraggio della problematica relativa all'obbligo di conferimento del 70 per cento della resa media regionale per il conseguimento della parte di aiuto «accoppiata»;
il comparto della trasformazione del pomodoro presenta uno scenario caratterizzato essenzialmente da tre blocchi, quello statunitense, quello cinese e quello europeo, costituito quest'ultimo prevalentemente dalla produzione italiana che, con circa 5,8 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato nel 2009, rappresenta il 14 per cento di tutta la produzione mondiale e il 52 per cento del trasformato UE;
in Italia le aziende che operano in questo settore sono circa 160;
grande è il contributo che queste aziende apportano all'occupazione, con circa 15.000 lavoratori fissi, 25/30.000 lavoratori stagionali, a cui va aggiunta la manodopera dell'indotto;
in tale contesto è urgente e necessario adottare tutte le misure possibili per salvaguardare la produzione di pomodoro nazionale e garantire il rispetto delle regole, anche a tutela del consumatore,

impegna il Governo:

a convocare con urgenza un tavolo di confronto tra tutti i soggetti della filiera per definire in tempi utili, una programmazione sia degli investimenti agricoli che delle attività industriali, anche attraverso la definizione di contratti di fornitura di riferimento a livello nazionale, vincolando agevolazioni/incentivi al rispetto delle regole;
ad adottare migliori sistemi di controllo nella filiera, in particolare sul prodotto

importato e non solo dal punto di vista degli obblighi generati dal traffico di perfezionamento attivo, ma anche dal punto di vista igienico-sanitario, con maggiore attenzione alla ricerca di residui di antiparassitari, muffe, sostanze estranee;
a promuovere l'adozione di un protocollo sanitario comunitario per il pomodoro concentrato cinese, nei punti di ingresso dei 27 Stati membri dell'Unione europea;
ad adottare una forte iniziativa governativa a livello comunitario per un sistema di etichettatura obbligatoria dell'origine del pomodoro utilizzato in tutti i derivati, valido a livello europeo;
ad adottare ogni iniziativa utile ad evitare che le imprese agricole, oltre ai danni derivanti dai fattori sopra esposti, perdano anche parte del contributo comunitario, a tal proposito verificando la possibilità di applicare la deroga delle circostanze eccezionali previste dal decreto ministeriale, 31 gennaio 2008, n. 1229, articolo 9;
a verificare la possibilità di negoziare a livello europeo l'ampliamento dei fondi destinati all'Italia in regime de minimis, di cui al regolamento (CE) n. 1535/2007;
a intensificare controlli e verifiche ed, eventualmente, se previsto, ad assumere iniziative per il blocco di agevolazioni/incentivi (Organizzazione comune di mercato, Programmi di sviluppo rurale, tariffe energetiche) per i soggetti che fossero risultati inadempienti agli obblighi contrattuali;
a intensificare le verifiche, da parte ministeriale, della operatività, durante la campagna del portale SIAN per la verifica del contratto/consegnato per le diverse industrie/OP e l'accertamento delle cause che hanno eventualmente provocato il mal funzionamento del servizio.
(7-00412)
«De Camillis, Ruvolo, Callegari, Paolo Russo, Biava, Nola, Beccalossi, Romele, Gottardo, De Girolamo, Nastri, Rosso, D'Ippolito Vitale, Faenzi, Di Caterina, Dima, Catanoso, Taddei».

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ATTI DI CONTROLLO

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta scritta:

GARAVINI, BUCCHINO e PORTA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in attuazione del piano di «razionalizzazione» dei consolati italiani all'estero, una recente delibera del consiglio di amministrazione del Ministero degli affari esteri ha fissato al 1o luglio del 2011 la chiusura dei consolati di Liegi, Amburgo, Lilla, Mons e Manchester;
tali misure sono tuttora oggetto delle forti e diffuse proteste delle nostre comunità, che hanno organizzato anche pubbliche manifestazioni di dissenso, dell'opposizione altrettanto ferma del Consiglio generale degli italiani all'estero, del parere critico più volte manifestato in modo trasversale dai parlamentari eletti all'estero e, in alcuni casi come in Germania, delle perplessità delle stesse autorità locali, preoccupate per la minore rappresentatività di interlocutori che fanno riferimento ad importanti insediamenti sociali;
l'Amministrazione, nonostante le reiterate richieste in tal senso di parlamentari, CGIE e sindacati, non ha fornito finora una precisa indicazione dei risparmi sulle spese di personale e di gestione, né alcuna rilevazione sull'idoneità ed efficienza delle soluzioni di accorpamento, e tanto meno una valutazione dei costi sociali che tali misure determineranno per i nostri connazionali;
tutti i consolati inclusi nella deliberazione di chiusura hanno consolidato nel tempo una insostituibile funzione di servizio,

di sostegno e di relazione all'interno delle nostre comunità e tra le comunità e il contesto locale, il che dovrebbe indurre il Governo e l'amministrazione a riconsiderare responsabilmente le decisioni prese;
i consolati di Liegi ed Amburgo, in particolare, rispondono l'uno alle esigenze di servizio a favore di una delle comunità di emigrati più consistenti d'Europa, già provata da acute fasi di crisi produttiva e sociale, l'altro all'interesse di offrire un riferimento autorevole ad interlocutori internazionali che sono insediati nella realtà anseatica perseguendo strategie più ampie di quella legata in modo esclusivo alla vita delle comunità immigrate -:
se il Governo intenda considerare in modo più approfondito le negative conseguenze che deriverebbero da questo ulteriore sviluppo del piano di chiusure e, nel caso intenda confermare tale decisione, quali servizi sostitutivi intenda adottare, in particolare per il consolato di Liegi e per quello di Amburgo.
(4-09023)

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AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazione a risposta in Commissione:

CONTENTO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premessa che:
è fissata per il 29 ottobre 2010 l'Action Day a favore dell'utilizzo responsabile del legno usato da riciclo; scioperano i produttori europei di pannelli riuniti in EPF (European panel federation), per i quali il legno usato costituisce la materia prima-seconda. All'Action Day partecipa anche Assopannelli che intende così sensibilizzare opinione pubblica e ambienti politici sull'utilizzo da parte degli impianti per la biomassa di ingenti quantità di legno come combustibile;
tale pratica porta a una rarefazione della materia prima e a un conseguente rincaro dei prezzi dei pannelli;
per l'industria dei pannelli truciolari, ma anche per l'intera filiera del legno-arredamento, la situazione viene descritta come molto problematica, al punto da spingere gli operatori del settore a organizzare la manifestazione del 29 ottobre 2010;
«ci auguriamo - afferma Paolo Fantoni, presidente di Assopannelli - che la manifestazione riesca a far comprendere agli enti governativi e agli organi politici che le sovvenzioni per usi energetici del legno devono cessare. Intendiamo ottenere condizioni di concorrenza eque sull'uso concreto ed energetico del legno. Le sovvenzioni concesse agli impianti per la biomassa causano una scarsità di materia prima che si traduce inevitabilmente in perdita di posti di lavoro nelle industrie di trasformazione del legno. Inoltre riteniamo che si debba privilegiare il riciclo del legno e limitare lo sfruttamento nelle centrali ai prodotti legnosi giunti alla fine del ciclo vitale e quindi inutilizzabili per il recupero»;
a causa della riduzione di disponibilità di legno da riciclo si assiste a una crisi dell'industria dei pannelli truciolari e conseguenza di questa carenza di materia prima è la difficoltà delle aziende di pannelli a rispettare i contratti di fornitura e a soddisfare la domanda;
l'intera federazione - sottolinea Rosario Messina, presidente di FederlegnoArredo - partecipa alla battaglia di Assopannelli per migliorare la situazione del legno da riciclo: una mancanza questa che, trasformandosi in un aumento dei prezzi dei pannelli, incide su tutta la filiera del legno-arredamento. Con l'aumento del costo dei prodotti finiti e una inevitabile diminuzione dei consumi si arriva nel

lungo periodo a una crisi non solo delle industrie di pannelli ma del legno-arredamento italiano in generale, settore per occupazione (397 mila addetti) e fatturato (32,5 miliardi di euro) di primaria importanza per l'economia italiana -:
se siano stati verificati gli effetti delle sovvenzioni ricordate sull'offerta di materia prima necessaria alla produzione di pannelli in truciolare e, in particolare, quali conseguenze si siano verificate sui costi dall'introduzione delle sovvenzioni medesime ad oggi;
se si riscontri una mancanza di materia prima o, comunque, un calo consistente di essa tale da influire negativamente sulla filiera legno-arredamento;
quali iniziative si intendano adottare, anche di carattere normativo, per evitare gli squilibri che l'utilizzo di ingenti quantità i legno da parte degli impianti per la biomassa rischia di determinare in un contesto nazionale che registra già gravi difficoltà nel settore in questione.
(5-03599)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
in Italia non esiste ancora una legge sulla «contabilità ambientale» ovvero un sistema che permetta di rilevare, organizzare, gestire e comunicare le informazioni e i dati ambientali;
da molte legislature si cerca di fare approvare questa normativa;
nel 2006 venne istituita da questo Ministero un'apposita commissione per lo studio della contabilità «verde»;
numerose sono le deleghe parlamentari tramite le quali il Ministero potrebbe procedere in questo senso -:
quali iniziative si ha in animo di attuare per promuovere concretamente la «contabilità verde ed ambientale» nel nostro Paese.
(4-09025)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in Italia non esiste ancora una normativa tesa ad incentivare il car-pooling, ovvero ad un uso collettivo delle auto private che potrebbe portare a una riduzione del traffico soprattutto nelle e verso le grandi città con conseguenze positive per l'ambiente, la riduzione delle emissioni in atmosfera e sullo stesso intasamento del traffico veicolare -:
quali iniziative intendano intraprendere i Ministeri interrogati - ciascuno per la propria competenza - per potenziare il ricorso al car-pooling nel nostro Paese.
(4-09027)

MARINELLO. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 28 del decreto-legge 25 giugno 2008, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, recante misure per garantire la razionalizzazione delle strutture tecniche statali, ha istituito - sotto la vigilanza del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare - l'Istituto per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), prevedendo, altresì, una gestione commissariale al fine di garantire l'ordinaria amministrazione e lo svolgimento delle attività istituzionali fino all'avvio dell'ISPRA stesso;
alla nuova struttura è stato affidato il compito di svolgere le funzioni di tre istituti soppressi e in esso confluiti: APAT (Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici), INFS (Istituto nazionale per la fauna selvatica) e ICRAM (Istituto centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare);

i tre istituti soppressi svolgevano, nei settori di competenza, compiti di rilevanza nazionale - che a seguito dell'istituzione dell'ISPRA - sono stati riassunti da quest'ultimo ente, il quale è assurto al ruolo di ente primario di ricerca a livello nazionale;
il 2008 è l'ultimo anno in cui, su autorizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze, l'ISPRA ha presentato tre distinti bilanci consuntivi, relativi ai singoli enti soppressi e in esso confluiti;
il Rendiconto finanziario consolidato 2008 dell'ISPRA si è chiuso con un disavanzo di competenza pari a 5.090.871 euro, quale somma algebrica tra i risultati di APAT (-10.006.385 euro), ICRAM (3.102.215 euro) e INFS (1.813.299 euro), come risulta dai dati contenuti nella Determinazione 67/2010 della Corte dei conti-Relazione sul controllo dell'esercizio finanziario 2008 dell'ISPRA;
il dato positivo da consuntivo 2008 dell'ICRAM derivava dall'espletamento di attività progettuali (discendenti da convenzioni/contratti attivi) a rendicontazione tecnico-scientifica e finanziaria vincolata, che da svariati anni costituivano la percentuale più elevata delle risorse dell'ICRAM stesso, tant'è che dal 2009, all'interno del nuovo bilancio dell'ISPRA, tutte le attività contrattuali specifiche dell'ICRAM sono state collocate all'interno di un apposito centro di responsabilità amministrativa (CRA) caratterizzato dalla distinta rilevazione di costi e ricavi per le singole attività di progetto, in quanto quest'ultime fruivano di distinte erogazioni di fondi da parte dei committenti;
a fronte della positiva situazione finanziaria presentata da ICRAM e da INFS, l'ISPRA si è trovato a dover fronteggiare una situazione di disavanzi generatisi sui bilanci di esercizio di APAT (e, dunque, a valere sulla parte prevalentemente istituzionale del bilancio dell'ISPRA), per elidere i quali è dovuta ricorrere ad assestamenti di bilancio, che hanno finito per ripercuotersi (con tagli di spesa tout court) sul predetto CRA, afferente alle attività di ICRAM, compromettendo in tal modo le attività già contrattualizzate con terzi committenti e configurando l'ipotesi di stralcio degli stessi contratti, con conseguente insorgenza di danno erariale;
la reiterazione dei disavanzi finanziari, generati da altri centri di responsabilità amministrativa in seno all'ISPRA, e le conseguenti restrizioni di budget hanno comportato la penalizzazione di attività vincolate quali quelle caratteristiche dell'ICRAM, causando già nello scorso esercizio 2009 lo slittamento e la proroga degli impegni assunti;
nello scorso mese di maggio, l'amministrazione di ISPRA ha posto in essere la prima variazione di bilancio dell'esercizio 2010, con la quale è stato disposto un taglio alle spese di parte corrente pari a circa 23 milioni di euro;
la quota parte di detto taglio posta a carico del bilancio di ICRAM ammontava a 5.202.873,89 euro (a fronte di un bilancio di previsione 2010 pari a circa 15,5 milioni di euro) e ha colpito quasi esclusivamente i fondi relativi alla attività di progetto svolte da ICRAM in seno al nuovo ente, senza tenere conto del pregiudizio arrecato allo svolgimento delle attività in questione né degli obblighi di rendicontazione scientifica e finanziaria previsti per le stesse attività: detti fondi, infatti provengono da finanziamenti esterni da parte di svariati committenti pubblici e privati (Ministeri, società private, enti pubblici, autorità portuali, e altri) ed impongono all'Istituto lo svolgimento di determinate attività, in forza di norme di legge o di atti convenzionali appositamente stipulati;
nella definizione della variazione di bilancio deliberata sono stati applicati, pertanto, principi di riequilibrio contabile validi solamente per contributi di funzionamento a fondo perduto (impostazione del bilancio per soli capitoli di spesa) quali quello di APAT, disconoscendo nei fatti che la quota parte di bilancio ISPRA direttamente riferibile ad ICRAM era formata da fondi esterni con un preciso vincolo di destinazione costituito dall'obbligo

di svolgimento delle attività di progetto e pertanto non sottoponibili alle misure di taglio di spese previste nella variazione di bilancio in questione. Il bilancio di ICRAM si conformava ad una impostazione di bilancio per capitoli e progetti/obiettivi, aderendo con ciò totalmente al dettato del decreto del Presidente della Repubblica 27 febbraio 2003, n. 97, recante il regolamento concernente l'amministrazione e la contabilità degli enti pubblici;
la variazione di bilancio in questione, è ricorsa in definitiva a misure di risanamento del bilancio ISPRA 2010 non corrette e comunque, ad avviso dell'interrogante, illegittime, intaccando gravemente fondi esterni di progetto per fronteggiare necessità di tagli di spesa al bilancio ordinario dell'ISPRA stesso;
il pregiudizio per le attività di progetto derivante dalla variazione di bilancio e dall'attuazione delle misure restrittive sulle attività previste dalla stessa è stato segnalato formalmente più volte sia dai responsabili delle attività di progetto (capi dipartimento) che dal responsabile di ICRAM (Responsabile CRA) alla citata struttura commissariale, senza - tuttavia - avere alcun cenno di riscontro da quest'ultima;
la situazione rappresentata costituisce un vulnus profondo per il sistema di ricerca scientifica nazionale: in un momento di fondamentale importanza per le attività connesse alla fruizione responsabile del mare e della tutela dell'ambiente marino e della sua biodiversità, infatti, il neo costituito ISPRA registra la perdita della possibilità di raggiungere i rilevanti risultati scientifici che il legislatore richiedeva, affidando ad esso il ruolo di ente primario di ricerca. A tale ruolo contribuiva per la maggior parte l'ex-ICRAM, in forza della sua capacità di reperire fondi esterni di progetto;
la recente nomina - il 7 ottobre 2010 - al vertice dell'ISPRA dell'ingegnere De Bernardinis, le cui capacità e competenze sono state unanimemente riconosciute anche dalle forze politiche oltreché dagli ambienti scientifici, costituisce un segnale positivo per il rilancio dell'Istituto sia in merito ai profili gestionali che al concreto perseguimento degli obiettivi istituzionali -:
quali iniziative intenda porre in essere per supportare il compito del neo presidente, in particolare nel ripristino di una corretta gestione finanziaria dell'ISPRA, al fine di evitare la perdita di credibilità scientifica dell'istituto e dei ricercatori e l'esclusione di ISPRA dal coinvolgimento in progetti ed attività di respiro internazionale.
(4-09030)

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ATTUAZIONE DEL PROGRAMMA

Interrogazione a risposta scritta:

GIRLANDA. - Al Ministro per l'attuazione del programma di Governo. - Per sapere - premesso che:
durante il corso di questa legislatura il Governo ha compiuto riforme normative fondamentali per il Paese, nonché aggiornato un corpo legislativo obsoleto e macchinoso;
la capillarità dell'azione di Governo è spesso poco percepita dai cittadini a causa di un'incompleta comunicazione da parte dei media sugli aspetti tecnici e normativi di tale azione;
la semplificazione del linguaggio del dibattito politico e mediatico finisce per portare spesso in secondo piano azioni legislative o riformatrici di primaria importanza;
la sensibilità del Governo sulla necessità di un monitoraggio costante e di una comunicazione adeguata su questo

fronte si è espressa immediatamente con la costituzione di un ministero preposto a queste funzioni;
la vis polemica tipica dell'agone politico non deve in alcun modo pretendere di sminuire o cancellare la realtà dell'azione di un Governo, a prescindere dalla sua connotazione politica -:
come il Ministro intenda lavorare affinché la comunicazione dell'azione di Governo aumenti la sua efficacia sui media;
se il Ministro intenda riferire circa lo stato di attuazione del programma.
(4-09038)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel 1997 l'Unesco ha dichiarato Pompei patrimonio dell'umanità;
il sito archeologico di Pompei viene visitato da circa 2,5 milioni di turisti ogni anno;
il turismo è, per l'Italia, uno dei settori più redditizi, rappresentando il 12 per cento del PIL totale;
numerosi organi di stampa nazionale hanno denunciato lo stato di abbandono del sito archeologico campano;
molte parti del sito, come le Terme o l'Antiquarium, risultano chiuse al pubblico;
molti reperti sono inspiegabilmente stipati nei Granai, senza un'adeguata catalogazione;
molti degli edifici del sito archeologico, come il Tempio di Apollo, presentano anche problemi di messa in sicurezza;
i lavori di restauro, come quelli della Casa dei Vettii, per cui erano stati impegnati 548 mila euro nel 2008, dovevano terminare nel 2009 e risultano ad oggi incompiuti e abbandonati;
il decoro del Paese è danneggiato a livello internazionale dalle condizioni di questo nostro patrimonio archeologico,
alcuni interventi di restauro non hanno, nel passato, rispettato alcuna regola basilare artistica o economica, come il rivestimento in tufo moderno del teatro grande;
non è in alcun modo regolato, all'interno del sito, il servizio di guida turistica, aprendo il varco a numerose guide abusive;
il Governo ha messo in atto una serie di iniziative, mostre ed eventi, dedicate a turisti e famiglie, come le visite notturne o le suggestive visite al buio con installazioni sonore, tese a valorizzare il sito;
a fine 2009 è stato avviato un progetto di nutrizione, chippatura e adozione dei cani randagi che popolano l'area -:
quali siano gli interventi che il Ministero abbia intenzione di mettere in atto per rendere nuovamente il sito interamente visitabile in sicurezza;
a quanto ammontino le disponibilità finanziarie stanziabili per tale finalità.
(5-03587)

TRAPPOLINO. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
il sindaco di Giove, architetto Alvaro Parca, ha più volte richiamato l'attenzione, attraverso la stampa regionale, sullo stato di progressivo degrado del Castello Farnese (o Palazzo Ducale) di Giove: un maestoso complesso edificato in epoca medievale dalla famiglia Colonna e trasformato, nel 1600, in una lussuosa residenza

dal marchese Mattei. Le sale interne sono in gran parte affrescate dal Domenichino e sono presenti inoltre dipinti della scuola del Veronese, della scuola Bolognese, Ferrarese e dell'Alfani. Le sale sono inoltre arricchite da numerosi arazzi;
il Castello è vincolato ai sensi della legge n. 1089 del 1939 ed è stato dichiarato monumento nazionale;
nel 1985, dopo un periodo di abbandono, il Castello viene acquistato dal produttore cinematografico Charles Robert Band;
in ragione alle vicende giudiziarie che si riferiscono al mancato pagamento dei creditori da parte dell'attuale proprietario, l'immobile è attualmente oggetto di un asta giudiziaria. Dopo due aste andate deserte, la terza è stata fissata per la metà di gennaio 2011 con una base di partenza ridotta da 4 a 3,2 milioni di euro;
il 13 novembre 2009 (Prot. 4841) il sindaco architetto Alvaro Parca invia una lettera al Presidente del Consiglio, al Ministero per i beni e le attività culturali e alla Presidente della giunta regionale attraverso la quale, dopo aver sommariamente ripercorso le vicende del Castello, si rivolge alle cariche istituzionali in indirizzo per chiedere un intervento di Stato e Regione al fine di poter acquisire al patrimonio pubblico l'immobile storico attraverso l'asta giudiziaria - programmata per il giorno 17 dicembre 2009 - oppure di esercitare il diritto di prelazione previsto per i beni sottoposti a tutela dalla legge 1089 ovvero, concludeva il sindaco a «incentivare l'acquisto da parte di società private interessate a farne un bene produttore di reddito»;
con lettera del 7 agosto 2010 il sindaco di Giove segnala al proprietario, al procuratore della proprietà, al custode giudiziario e al giudice delle esecuzioni immobiliari la situazione di degrado del Castello di Giove e del conseguente pericolo per la pubblica incolumità, allega alla missiva la relazione dei Vigili del fuoco (intervenuti in data 3 agosto 2010) e procede alla delimitazione tramite transenne delle parti più a rischio;
in data 28 agosto 2010 il sindaco di Giove invia al Ministro per i beni e le attività culturali e al Presidente dalla regione Umbria un'ulteriore lettera con cui si evidenzia il grave stato di incuria e di abbandono del Castello, i provvedimenti a tutela della pubblica incolumità posti in essere dal sindaco Parca e la richiesta affinché il Ministero possa esercitare «il potere sostitutivo adottando direttamente i provvedimenti conservativi previsti prima dagli articoli 15 e seguenti della legge n. 1089 di 1939 e successivamente dagli articoli 32 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2002, avvalendosi, per il recupero delle somme, delle possibilità offerte dalla stessa legge»;
nella stessa missiva, il sindaco segnala ancora l'opportunità di valutare l'acquisizione al patrimonio pubblico del Castello - realizzando sinergie tra Stato/regione/comune - in considerazione di condizioni di offerta particolarmente favorevoli (3,2 milioni di euro) e della nuova asta indetta per la metà di gennaio 2011;
come spesso accade nei borghi di origine medievale, la centralità urbana di castelli e palazzi continua a determinare, anche in assenza di un'analoga centralità economica, il destino di molti territori, specialmente laddove il degrado e l'incuria di un bene monumentale compromettono, sia l'integrità di un patrimonio straordinario sia la vita di una comunità, che resta in qualche modo condizionata dalla sorte di queste dimore;
come più volte segnalato dal sindaco Parca, l'interesse pubblico nei riguardi del Castello di Giove trova legittimità, oltre che nella tutela e salvaguarda di un bene di notevole rilevanza artistica e architettonica già monumento nazionale, nel riferirsi di quest'ultimo ad un ampio contesto territoriale ben più ampio dei perimetri municipali nelle potenziali attività

culturali ed economiche che un progetto di rifunzionalizzazione potrebbe concorrere a stimolare -:
quali provvedimenti il Ministro intenda adottare per tutelare l'integrità e la salvaguardia dell'architettura e delle opere del Castello Farnese di Giove;
se il Ministro, considerato lo stato di degrado e di incuria del complesso storico, intenda esercitare il potere sostitutivo adottando direttamente i provvedimenti conservativi previsti prima dagli articoli 15 e seguenti della legge 1089 del 1939 e successivamente dagli articoli 32 e seguenti del decreto legislativo n. 42 del 2004;
se il Ministro intenda valutare la possibilità di acquisire, tramite una sinergia con le istituzioni regionali e comunali, l'immobile al patrimonio pubblico con l'obiettivo di farne vettore di uno sviluppo economico e sociale sostenibile e coerente con le vocazioni del territorio;
se il Ministro intenda attivare, tramite canali istituzionali e la strumentazione pubblica in materia di valorizzazione dei beni culturali e di sviluppo economico, misure atte a sollecitare l'interesse di progettualità o di potenziali investitori nei riguardi del Castello Farnese di Giove.
(5-03598)

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DIFESA

Interrogazione a risposta scritta:

MADIA. - Al Ministro della difesa, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
in data 23 luglio 2009 è stato presentato un atto di sindacato ispettivo, poi ritirato, il n. 5-01678 concernente la Lega navale italiana, sezione di Ostia;
in particolare l'atto 5-01678 si riferiva alla contestazione mossa dai soci della sezione di Ostia al presidente della sezione che avrebbe assunto un gravoso impegno finanziario (1.450.000 euro) per dei lavori di ristrutturazione della sede, nonostante il parere contrario dell'assemblea dei soci;
vi sarebbero state diverse e gravi irregolarità tra le quali la firma del contratto per l'esecuzione dei lavori ben cinque mesi prima della prescritta assemblea per l'approvazione dello stanziamento;
all'inizio del 2007 la presidenza nazionale della Lega navale italiana ha commissariato la sezione di Ostia; tuttavia i lavori sarebbero continuati con la gestione commissariale nonostante i soci abbiano continuato ad opporvisi -:
se i Ministri interrogati, in qualità di enti vigilanti la Lega Navale Italiana, siano a conoscenza degli sviluppi della vicenda riguardante la sezione di Ostia, se la piena regolarità gestionale e amministrativa sia stata ripristinata e se l'esecuzione dei lavori sia avvenuta o meno in conformità con lo statuto e con gli scopi della Lega Navale Italiana.
(4-09024)

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il Fisco continua a considerare gli animali una fonte di gettito e a penalizzarne il possesso. Infatti, fa rientrare il possesso di un cavallo da corsa e da equitazione fra gli elementi denotanti una capacità contributiva superiore a quella espressa dai redditi dichiarati. Questo vale, indifferentemente, per i cavalli mantenuti in proprio e per quelli in pensione, per quelli bisognosi di cure e sotto osservazione sanitaria, e senza tenere in nessuna considerazione la differenza fra il cavallo

da reddito e il cavallo che svolge una funzione socialmente rilevante quando è d'affezione o da riabilitazione (ippoterapia);
in base al redditometro 2007-2008, il fisco può verificare la coerenza tra il reddito dichiarato e le «presunte» spese di mantenimento del cavallo. Si ha notizia di accertamenti in questo senso, in Piemonte, dove gli allevatori temono ripercussioni sul comparto allevatoriale equino e più in generale su quello nazionale. I proprietari e gli allevatori mantengono i cavalli con redditi assolutamente inferiori a quelli richiesti, contribuendo però al sostegno e allo sviluppo del settore, soprattutto per lo sviluppo delle razze equine autoctone e locali e di tutto l'indotto;
i medici veterinari della Società italiana veterinari per equini fanno notare che considerare il cavallo un indicatore di reddito disincentiva il possesso del cavallo, contrasta con la tutela sanitaria dell'animale, rischia di incoraggiare l'abbattimento e depotenzia gli sforzi dell'Europa e dell'Italia per la creazione di una anagrafe equina basata sull'identificazione certa del cavallo;
durante gli accertamenti, è richiesto di dichiarare quanti cavalli da corsa e da equitazione fossero mantenuti nel biennio 2007/2008, verificando quanto dichiarato dal proprietario con quanto riportato nell'anagrafe nazionale equina, dato ad oggi in possesso dell'Agenzia delle entrate;
individuare come soggetti di accertamento i proprietari che hanno regolarmente identificato il proprio animale rappresenta, ad avviso dell'interrogante, un criterio iniquo che paradossalmente favorisce i proprietari in violazione con l'obbligo di identificazione e registrazione nell'anagrafe nazionale equina -:
se non intendano assumere iniziative, anche normative, per un azzeramento dei criteri fiscali che sottendono all'attuale redditometro, correggendo l'anacronistica visione secondo cui il possesso responsabile del cavallo è un indicatore di ricchezza, e se non intendano, alla luce delle distorsioni evidenziate in premessa, eliminare il cavallo dagli indicatori del nuovo redditometro, allo studio dell'Agenzia delle entrate.
(5-03590)

CALVISI, FADDA, MARROCU, MELIS, PES, ARTURO MARIO LUIGI PARISI, SCHIRRU, SORO e SERVODIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
centinaia di giovani ragazzi sardi hanno beneficiato negli anni passati e continuano a beneficiare dei finanziamenti relativi al programma «Master & Back» e al bando «giovani ricercatori», gestiti rispettivamente dall'Agenzia regionale per il lavoro e dal Centro regionale di programmazione;
entrambe le tipologie di borse di studio sono parzialmente finanziate con risorse provenienti dal Fondo sociale europeo (FSE);
l'articolo 80 del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006, cosiddetto principio dell'integrità del contributo, stabilisce che i beneficiari di contributi europei ricevano l'importo totale del contributo pubblico senza nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari;
all'atto della corresponsione dell'importo previsto per le citate borse di studio è stata, invece, operata una ritenuta d'acconto sulla somma erogata (in base al combinato disposto dell'articolo 50 del Testo unico delle imposte sui redditi e dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973) calcolata sull'intero contributo, anziché limitatamente alla quota di contributo a carico dello Stato o della regione;
l'articolo 2, paragrafo 4 del regolamento (CE) n. 1083/2006 dell'11 luglio 2006, individua nel beneficiario «un operatore,

organismo o impresa, pubblico o privato, responsabile dell'avvio e dell'attuazione delle operazioni», conseguentemente, il «beneficiario» della specifica forma di aiuto europeo risulta essere il soggetto al quale viene assegnata la borsa di studio;
la partecipazione della regione all'operazione avviene a titolo di «intermediaria» tra la Commissione europea e il beneficiario finale ai sensi del paragrafo 6 dell'articolo 2 del regolamento (CE) n. 1083/2006 dell'11 luglio 2006, che definisce «Organismo intermedio: qualsiasi organismo o servizio pubblico o privato che agisce sotto la responsabilità di un'autorità di gestione o di certificazione o che svolge mansioni per conto di questa autorità nei confronti dei beneficiari che attuano le operazioni»;
in relazione al principio di integrità dei pagamenti, il citato articolo 80, secondo periodo, del regolamento (CE) n. 1083/2006, specifica ulteriormente che «Non si applica nessuna detrazione o trattenuta né alcun onere specifico o di altro genere con effetto equivalente che porti alla riduzione di detti importi per i beneficiari»;
la Corte di giustizia, con sentenza del 25 ottobre 2007 (C 427/05), relativamente alla predetta disposizione, ha chiarito che «il divieto delle detrazioni non può essere interpretato in modo puramente formale, nel senso di riguardare le sole detrazioni che vengono realmente effettuate al momento dei pagamenti e che, pertanto, il divieto di ogni detrazione deve necessariamente estendersi a tutti gli oneri che sono direttamente e intrinsecamente correlati alle somme versate» -:
come intenda il Ministro garantire, nei riguardi dei contributi in questione, nei limiti della somma corrispondente alla quota a carico del FSE (Fondo sociale europeo), pari al 50 per cento dell'ammontare corrisposto, l'inapplicazione della ritenuta prevista ai sensi dell'articolo 24 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973 e l'esclusione dalla base imponibile per il conseguente assoggettamento ad imposizione progressiva in base alle disposizioni del Testo unico delle imposte sui redditi n. 917 del 1986 della quota corrispondente al 50 per cento del contributo a carico del FSE.
(5-03595)

PICCHI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'Agenzia per la gestione del debito pubblico - Instituto de Gestao da Tesourarìa e do Crédito Publìco (IGCP) - della Repubblica del Portogallo nel mese di luglio 2010 ha concordato con le proprie controparti in contratti derivati di collateralizzare il valore del contratto ogni volta che esso abbia un valore negativo per il Paese sovrano - cosiddetto two way CSA;
così facendo il Portogallo è diventato il primo paese sovrano a stipulare con le proprie controparti in contratti derivati il two way CSA e poiché i Paesi sovrani normalmente non collateralizzano i contratti derivati - one way CSA -, le banche che siano controparti di questi contratti sono costrette a mitigare il rischio di insolvenza del Paese sovrano tramite la stipula di ulteriori contratti di Credit Default Swap e così facendo alimentano in modo sostanziale il mercato dei Credit Default Swap sul debito sovrano;
gli accordi di collateralizzazione cosiddetti two way CSA potrebbero essere molto utili per frenare la richiesta di Credit Default Swap sui debiti sovrani, frenando la speculazione e stabilizzandone gli spread con evidenti effetti positivi sulla stabilità del debito di molti Paesi sovrani -:
se abbia intrapreso iniziative per verificare l'opportunità anche per l'Italia di stipulare contratti che prevedano la collateralizzazione cosiddetta two way CSA;
se una tale proposta sia stata affrontata in ambito G20.
(5-03601)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 5, comma 9, lettera a) e h) del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010 ha provveduto a modificare l'articolo 84, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000;
a seguito della citata modificazione la formulazione attuale dell'articolo 84 citato è la seguente: «agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del consiglio, nel caso di consiglieri, è dovuto esclusivamente il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute nella misura fissata con decreto del Ministro dell'interno e del Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.»;
ne consegue che nessun altro rimborso, né di vitto né di pernottamento, è riconosciuto agli amministratori che si rechino al di fuori del territorio amministrativo in ragione del proprio mandato;
poiché spesso l'indennità di carica degli stessi risulta di importo abbastanza limitato, i trasferimenti per mandato verrebbero a gravare sulle tasche dell'amministratore stesso discendendone, presumibilmente, una meno efficace attività amministrativa cagionata dalla minore presenza presso le sedi centrali, invece necessaria per l'ottimo perseguimento del mandato, nell'interesse del territorio di appartenenza;
l'obiettivo del perseguimento della riduzione della spesa pubblica potrebbe esser garantito limitando i rimborsi per vitto e alloggio ad una determinata cifra, senza escluderli in toto -:
se non sia opportuno assumere iniziative normative dirette a rimodificare l'articolo 84, comma 1, del decreto legislativo n. 267 del 2000 secondo le modalità di cui all'ultimo punto della premessa della presente interrogazione.
(4-09028)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 6, comma 12, del decreto-legge n. 78 del 2010 convertito dalla legge n. 122 del 2010 ha disapplicato gli articoli 15 della legge n. 836 del 1973 e 8 della legge n. 417 del 1978 per il personale contrattualizzato delle pubbliche amministrazioni;
analogamente, cessano di avere effetto eventuali analoghe disposizioni contenute nei contratti collettivi;
le norme disapplicate consentivano il rimborso spese per missioni autorizzate con auto propria del dipendente nel limite di un quinto del costo di un litro di benzina (verde) per km percorso;
la finalità della disapplicazione operata dal decreto-legge n. 78 del 2000 dovrebbe essere quella di ridurre i costi della pubblica amministrazione;
tale finalità non coglie nel segno atteso che spesso i dipendenti utilizzano propri mezzi perché il parco macchine dell'amministrazione di appartenenza è del tutto insufficiente;
l'adeguamento del parco macchine avrebbe costi di gran lunga superiori ai rimborsi riconosciuti;
le norme vigenti, sia legislative che contrattuali, già prevedono che l'utilizzo del proprio mezzo in luogo di quello dell'amministrazione di appartenenza debba avvenire unicamente in casi eccezionali debitamente motivati;
i mezzi di trasporto pubblici il più delle volte sono inutilizzabili perché o assenti o inconciliabili con gli orari d'ufficio,

conseguendone un aumento delle ore di straordinario o pernottamenti a carico dell'amministrazione, così svilendo di fatto il tentativo di riduzione dei costi;
la disapplicazione, in ogni caso, ha inopportunamente reso inoperanti unicamente le norme destinate a determinare l'ammontare del rimborso, senza tuttavia abolire il principio stesso che rimane vigente, causando un cortocircuito giuridico;
viene così a mancare un parametro certo per la determinazione del rimborso conseguendo che ogni ente può emanare atti organizzativi interni per definire l'ammontare del rimborso e venendosi a creare una diversificazione da ente a ente che non ha ragione alcuna di esistere;
inoltre, il comma 14 del medesimo articolo 6 stabilisce che a decorrere dal 2011 le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese di ammontare superiore all'80 per cento della spesa sostenuta nell'anno 2009 per l'acquisto, la manutenzione, il noleggio e l'esercizio di autovetture, fatta salva deroga, per il solo anno 2011, in caso di contratti pluriennali;
pertanto, il combinato disposto di cui ai commi 12 ultimo periodo e 14 contribuisce a ulteriormente aggravare l'evidenziato corto circuito giuridico;
ulteriormente vengono colpiti gli enti periferici con norme imperative in contrasto con i princìpi di decentramento e autonomia, anche fiscale, degli stessi -:
se non sia opportuno assumere le opportune iniziative per abrogare i citati articoli 6, comma 12, ultimo periodo e comma 14 del decreto-legge n. 78 del 2010 come convertito dalla legge n. 122 del 2010.
(4-09029)

PITTELLI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 12 del decreto-legge 28 aprile 2009, n. 39 (in Gazzetta Ufficiale, 28 aprile, n. 97), convertito dalla legge n. 77 del 24 giugno 2009, i concessionari dello Stato per la gestione della rete telematica degli apparecchi di intrattenimento ex articolo 110, comma 6, lettera a), del TULPS sono stati facultati ad ottenere dal Ministero dell'economia e delle finanze le autorizzazioni per la installazione di apparecchi di gioco di cui all'articolo 110, comma 6, lettera b), del TULPS in proporzione del numero di apparecchi ex comma 6, lettera a), dello stesso testo unico;
in forza di tale provvedimento, che prevede la installazione di circa 54.000 nuovi apparecchi di gioco del nuovo tipo, denominati VLT, i concessionari sono tenuti a versare all'erario, per ciascuno di essi la somma di euro 15.000 con un'entrata prevista di circa euro 810 milioni;
tutti gli attuali concessionari hanno fatto richiesta in tal senso e fin dal 31 ottobre 2009 hanno provveduto a versare il 50 per cento dell'importo dovuto, circa 405 milioni di euro complessivamente e la seconda rata dovrà essere versata il 30 novembre 2010;
è previsto che sugli incassi realizzati dai nuovi apparecchi di gioco i concessionari raccolgano in favore dello Stato, a titolo di PREU (prelievo erariale unico) il 3 per cento a regime del volume di gioco e pure corrispondano all'erario lo 0,8 per cento del volume di gioco a titolo di canone;
come si vede dalla pronta attivazione messa in esercizio degli apparecchi di gioco, lo Stato si attende di ricavare, oltre alla seconda rata del costo delle licenze, anche delle cospicue entrate a titolo di PREU e di canone concessorio;
i concessionari hanno ormai posto in essere tutte quante le attività prodromi che alla messa in esercizio dei detti apparecchi secondo i disciplinari e le disposizioni emanati dall'amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ed è stata superata la fase di sperimentazione;
le particolari caratteristiche delle VLT e del loro sistema di gioco impongono

che le stesse siano costantemente collegate con la rete telematica, in mancanza delle quale le stesse non possono essere neanche azionate;
le caratteristiche relative al sistema di gioco prevedono la erogazione di jackpot calcolati in funzione del numero di apparecchi collegati al sistema, sia a livello locale che centrale, e per tale collegamento è necessario utilizzare la rete infrastrutturale telefonica in tecnologia ADSL;
l'unica azienda in grado di garantire capillarmente sul territorio nazionale il collegamento dei detti apparecchi del gioco è l'ex monopolista Telecom Italia spa, non disponendo i suoi competitor della necessaria infrastruttura e proprio a Telecom Italia si sono rivolti tutti i concessionari per la implementazione dei collegamenti telematici;
allo stato i predetti concessionari, a quanto consta all'interrogante, starebbero incontrando notevoli difficoltà nel loro rapporto con la detta Telecom Italia, che sin qui non sarebbe riuscita a garantire il chiesto collegamento per asserite ragioni tecniche, di guisa che i concessionari non sarebbero in grado di operare la messa in esercizio degli apparecchi di gioco;
ovvia conseguenza di ciò è il mancato introito in favore dell'erario di quanto sarebbe ricavabile a titolo di PREU e canone concessorio, trovandosi di fronte alla peculiare situazione che vede, da un lato, la filiera imprenditoriale pronta a garantire il gettito erariale previste e, dall'altro, l'erario, anche per la particolare congiuntura, in attesa di riceverlo il gettito, tenuto anche conto dei costi fin qui affrontati dall'industria stessa (circa 400 milioni e più di euro oltre ai costi delle VLP, dell'allestimento delle sale e di ogni altro onere connesso), con il risultato che non si cominciano a generare le entrate in ragione della mancanza del necessario collegamento telematico degli strumenti di gioco alla rete;
appare evidente, ad avviso dell'interrogante, che l'attuale situazione arreca un evidente danno alle casse dello Stato ed è causa anche di difficoltà a carico dei concessionari che entro il 30 novembre 2010 dovranno versare la seconda rata dovuta per il rilascio delle licenze -:
se sia a conoscenza dei fatti esposti in premessa;
se sia in condizione di poter quantificare l'ammontare del mancato introito in favore dell'erario derivante dalla mancata messa in esercizio dei nuovi apparecchi di gioco;
se e quali iniziative intenda adottare per porre rimedio alla situazione innanzi descritta;
se sia intenzione del Ministero intervenire nei confronti di Telecom spa che, non predisponendo la infrastruttura tecnica oggettivamente necessaria, impedisce di fatto la messa in esercizio delle apparecchiature, arrecando così a giudizio dell'interrogante un danno diretto alla casse dello Stato che non percepisce quanto dovuto come PREU con il rischio di dover ricorrere ad altre fonti di entrata, quando invece quella individuata ben potrebbe nell'immediato garantire i previsti flussi di cassa.
(4-09035)

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GIUSTIZIA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro della giustizia, per sapere - premesso che:
nella XV legislatura è stato predisposto dal Governo un disegno di legge, recante «Istituzione dell'ufficio per il processo, riorganizzazione funzionale dei dipendenti dell'Amministrazione giudiziaria e delega al Governo in materia di notificazione ed esecuzione di atti giudiziari,

nonché registrazione di provvedimenti giudiziari in materia civile», che scaturisce da un protocollo di intesa firmato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali del personale della giustizia, in data 9 novembre 2006;
tale disegno di legge, riproposto nella presente legislatura, prevede la riqualificazione del personale giudiziario attraverso un progetto di valorizzazione che avrebbe permesso: la ricomposizione dei profili professionali, una maggiore flessibilità, 2.800 assunzioni, un progetto di modernizzazione, la rideterminazione delle piante organiche, il recupero dei crediti e maggiori risorse finanziarie, investimenti adeguati per il processo telematico e l'informatizzazione;
le trattative relative all'annoso problema della riqualificazione che i lavoratori della giustizia attendono dal 2000, rese stringenti dalla necessità di adeguare il contratto integrativo di Ministero dopo la firma del contratto collettivo nazionale del lavoro 2006-2009, si sono arenate per diversi mesi, con l'inizio della nuova legislatura;
il Ministro ha ricevuto le organizzazioni sindacali solo nel febbraio 2009: sebbene in quella occasione il Guardasigilli abbia assicurato soluzioni in tempi brevi, consta all'interpellante nessuna iniziativa risolutiva in tal senso è stata mai adottata;
il Governo, nell'allegato al documento di programmazione economico-finanziaria 2010- 2013 ha stabilito che, per attuare le riforme in programma e quelle già avviate (riforma del codice civile, pacchetto sicurezza, eccetera), è necessario riqualificare il personale e procedere a 3.000 assunzioni, in modo tale da sopperire alle «gravi carenze di organico» e garantire la prosecuzione del servizio. Si chiedono, dunque, 40 milioni di euro per le progressioni professionali tra le aree e 114 milioni di euro per le assunzioni;
l'amministrazione del comparto giustizia ha tuttavia dichiarato più volte di non poter garantire i cosiddetti passaggi di area che porterebbero alla ricomposizione dei profili professionali, in quanto le previsioni contenute nella decisione di finanza pubblica 2010-2013 non hanno avuto alcun esito. Infatti, l'Amministrazione giudiziaria, nonostante il suddetto DPEF, non è andata mai oltre la garanzia di un mero passaggio economico per il personale da finanziare con i soldi del Fondo unico di amministrazione (Fua), inizialmente destinato a finanziare la produttività individuale e di gruppo;
il contratto nazionale, per garantire una maggiore flessibilità nell'ambito dei profili, individua il profilo professionale e il lavoro ad esso riconducibile su di un'unica area funzionale;
il contratto integrativo del 5 aprile 2000 aveva ricomposto i processi lavorativi in figure professionali uniche, capaci di garantire, anche grazie ad alcuni accordi sulla interfungibilità, la prosecuzione del servizio, nonostante le gravi carenze di organico;
il contratto nazionale impone che tali figure professionali vengano ricomposte in un'unica area, verso l'alto, per una maggiore qualificazione degli stessi lavoratori;
nelle more della riorganizzazione del comparto giustizia, l'amministrazione ha proposto un ordinamento professionale, firmato in data 15 dicembre 2009, che è apparso subito contrario al contratto nazionale 2006-2009 di cui sopra, al punto tale che perfino «l'ARAN» in data 4 febbraio 2010 ha sollevato diversi rilievi ed osservazioni, invitando l'amministrazione giudiziaria ad apportare le adeguate modifiche, nel rispetto dei principi contrattuali. Dopo la preintesa del 3 marzo 2010, in data 29 luglio 2010 è stato siglato l'accordo del nuovo CCNI, dall'Amministrazione, dalla CISL, dall'UNSA e dalla federazione «Mesa, che rappresentano le minoranze dei lavoratori;
il nuovo ordinamento professionale nascente dal CCNI del 29 luglio 2010

infatti, divide il lavoro, separa le funzioni e scompone le figure professionali verso il basso e non prevede alcun impegno formale che vincoli l'Amministrazione circa la ricomposizione dello stesse figure professionali. A tal riguardo, proprio con l'entrata in vigore della legge n. 15 del 2009 in materia di lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione, sarà impossibile procedere alla ricomposizione dei profili in quanto, per l'accesso all'area superiore, si dovrà essere in possesso del titolo di studio necessario per l'accesso dall'esterno e, dunque, per migliaia di cancellieri, ufficiali giudiziari e altri dipendenti, l'attività prestata negli ultimi anni sarà resa nulla e non consentirà la progressione nella carriera;
il nuovo CCNI è entrato in vigore il 29 luglio 2010 e prevede un ordinamento professionale che dequalifica, demansiona e mortifica i dipendenti dell'amministrazione giudiziaria. Dall'entrata in vigore del Contratto Integrativo, 7900 cancellieri, 1800 ufficiali giudiziari e altre migliaia di dipendenti sono stati «privati» delle loro funzioni: ciò, in contrasto con i principi costituzionali del buon funzionamento degli uffici;
tale accordo è inoltre viziato dalla marginale rappresentatività delle organizzazioni sindacali che hanno aderito e firmato lo stesso. Non è stata invece oggetto di trattativa la proposta di accordo, completa, di un ordinamento rispettoso del contratto collettivo nazionale del lavoro e improntato all'efficienza ed alla flessibilità, presentata dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali;
tale proposta, fra gli altri interventi previsti ed in base a quanto stabilito nella decisione di finanza pubblica 2010-2013 presentata dallo stesso Governo, dilazionava i passaggi del personale tra le aree in tre anni e prevedeva l'istituzione della figura dell'assistente di procedura informatica», volta a reinternalizzare un servizio importante come l'assistenza informatica, assicurando così stabilità contrattuale ai dipendenti e garantendo, allo stesso tempo, sicurezza del servizio e sulla circolazione dei dati sensibili relativi agli uffici giudiziari -:
come intenda garantire un'efficiente realizzazione del cosiddetto «processo breve», stante la condizione di sotto-organico e mancanza di risorse finanziarie di cui soffrono gli uffici giudiziari;
se intenda assegnare in maniera adeguata e sufficiente le risorse del «FUG» (Fondo unico giustizia), finalizzandole alla funzionalità degli uffici giudiziari e all'incentivazione del personale giudiziario;
come intenda dare concreta esecuzione a quanto stabilito nella decisione di finanza pubblica, in relazione alle necessità pregiudiziali per procedere alle riforme, ovvero alla vera riqualificazione del personale e a 4.000 nuove assunzioni;
se intenda riesaminare la proposta presentata dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali, nonché reperire i fondi previsti nella decisione di finanza pubblica, necessari a garantire la prosecuzione del servizio;
se intenda promuovere la revisione dell'Accordo del 29 luglio 2010, tenendo conto delle previsioni contrattuali, costituzionali e di legge, per dargli validità anche sotto l'aspetto democratico, in quanto, in questo caso, verrebbe firmato dalla maggioranza delle organizzazioni sindacali e dunque sarebbe rappresentativo del maggior consenso da parte dei lavoratori della giustizia;
se intenda procedere alla reinternalizzazione del servizio di assistenza informatica e di verbalizzazione, al fine di garantire una maggiore sicurezza al servizio della giustizia.
(2-00855) «Tassone».

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GAROFALO e GERMANÀ. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la stazione di Capo d'Orlando in Sicilia risulta essere abbandonata. Il problema si è acuito negli ultimi giorni dai numerosi disservizi che recano danno agli utenti (si citano in proposito il mancato funzionamento della macchinetta che eroga i biglietti ferroviari, la mancata esistenza di una biglietteria con la conseguenza che sul treno in viaggio vengono contestate delle infrazioni ai viaggiatori che percorrono la linea);
da aggiungere, ai citati disservizi, anche le pessime condizioni del mantenimento della stazione ferroviaria che costituisce un enorme danno per l'utenza che percorre la linea ferroviaria ed influisce negativamente sul decoro urbano dell'intera cittadina turistica;
è, quindi, una situazione insostenibile perché i potenziali fruitori del servizio ferroviario sono privati di qualsiasi tutela, assistenza, igiene e sicurezza come descritto nella prima parte della premessa di questo atto;
siamo, quindi, di fronte ad una situazione di assoluta carenza delle condizioni essenziali per lo svolgimento di un servizio pubblico essenziale come quello ferroviario che dovrebbe consentire a tutti i cittadini di fruire dello stesso in condizioni di assoluta normalità;
le regole di buona amministrazione impongono alla società che gestisce il percorso ferroviario di attenersi a scrupolose regole di comportamento che rispettino i cittadini nello svolgimento del servizio ferroviario -:
se sia al corrente della situazione descritta in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare per ripristinare una situazione di assoluta precarietà in cui versa la stazione di Capo d'Orlando, al fine di assicurare agli utenti il normale svolgimento del servizio pubblico.
(5-03597)

META. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che
l'articolo 15 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, ha previsto al comma 1, che, entro 45 giorni dall'entrata in vigore del suddetto decreto-legge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri «su proposta del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, (...) nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio»;
il comma 2 del medesimo articolo 15 ha inoltre previsto una fase transitoria, introducendo un pedaggiamento forfetario in cifra fissa a decorrere dal 1o luglio 2010 e comunque non oltre il 31 dicembre 2011, applicato sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta ANAS;
con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno 2010 sono state individuate le stazioni sulla rete autostradale in concessione presso le quali era applicabile la maggiorazione tariffaria forfettaria per i veicoli in transito a decorrere dal 1o luglio e fino alla data di applicazione dei pedaggi di cui all'articolo 15, comma 1, del citato decreto-legge n. 78 del 2010 e comunque non oltre il 31 dicembre 2011;
le maggiorazioni tariffarie applicate nella fase transitoria, a partire dal 1o luglio 2010, sono state sospese dai ricorsi al giudice amministrativo, avverso il decreto

del Presidente del Consiglio dei ministri del 25 giugno del 2010, di attuazione del decreto-legge n. 78;
il 1o settembre 2010, la pronuncia di secondo grado del Consiglio di Stato (quarta sezione) ha confermato la sentenza del tribunale amministrativo regionale di sospensione degli aumenti dei pedaggi, precisando peraltro che tale decisione «deve essere interpretata nel senso di riferirsi non all'intero territorio nazionale, ma solo ai singoli segmenti stradali interessanti gli ambiti spaziali degli enti territoriali ricorrenti»;
il provvedimento di maggiorazione tariffaria ha continuato, quindi, ad essere pienamente operativo presso le stazioni di esazione delle autostrade (autostrade a pedaggio assentite in concessione che si interconnettono con le autostrade e i raccordi autostradali in gestione diretta Anas) in collegamenti stradali e autostradali di rilevanza strategica nel Nord, nel Centro e nel Sud del Paese fino al 4 agosto 2010, data in cui l'Anas ha disposto la sospensione della maggiorazione tariffaria presso tutte le società concessionarie;
il decreto-legge 5 agosto 2010, n. 125, con l'articolo 1, comma 4, ha anticipato dal 31 dicembre al 30 aprile 2011 il termine della fase transitoria e quindi la data entro quale l'Anas dovrà provvedere ad applicare il pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta;
sulla Gazzetta Ufficiale del 13 settembre 2010, n. 106, 5a serie speciale - contratti pubblici, la direzione generale dell'Anas spa ha pubblicato il bando di gara per la fornitura e messa in opera di un sistema di pedaggiamento senza barriere sulle autostrade ed i raccordi autostradali Anas, e correlati servizi di manutenzione, gestione operativa del sistema di esazione e riscossione dei pedaggi;
tale bando di gara contiene nella sezione II - oggetto dell'appalto - l'elenco delle autostrade e dei raccordi autostradali Anas in cui verranno installati i nuovi sistemi di pedaggiamento senza attendere l'emanazione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui all'articolo 15, comma 1, del decreto-legge n. 78 del 2010 che individua nei Ministri delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze i soggetti autorizzati a stabilire «i criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, (...) nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio»;
al riguardo il presidente dell'Anas in una recente audizione presso la Commissione ambiente della Camera dei deputati ha riconosciuto di essere in attesa del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri che stabilisca i criteri e le tratte da sottoporre a pedaggiamento e che i tempi accelerati sono motivati dalla necessità di adempiere a quanto previsto dal decreto-legge n. 125 del 2010 che ha anticipato l'applicazione del pedaggiamento al 30 aprile 2010;
l'Anas spa ha quindi individuato in maniera autonoma le tratte da sottoporre a pedaggiamento senza attendere le decisioni di merito del Governo, unico soggetto autorizzato per legge a stabilire i criteri e le modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;
nel bando di gara del 13 settembre 2010 Anas spa non si e limitata ad autorizzare le operazioni di pedaggiamento per le tratte già a suo tempo individuate con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 giugno 2010, ma ne ha inserite di nuove sia autostradali sia di raccordo;
il comportamento della società Anas appare, ad avviso dell'interrogante, contrastare sia con le prerogative del Governo, sia con le decisioni assunte dal Parlamento nell'ambito del dibattito sul provvedimento di conversione del decreto-legge n. 125 del 2010;
in tale sede è stato, infatti, accettato dal Governo un ordine del giorno della

maggioranza - 9/3725/6. Piso e altri - che impegna l'Esecutivo a «valutare l'opportunità di intervenire (...) a favore dei pendolari, escludendo determinati tratti di autostrade e raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa interessati da traffico prevalentemente urbano e con caratteristiche pendolari, dall'applicazione di quanto previsto dall'articolo 15, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, o, in alternativa, prevedendo forme di esenzione, anche diversificate per tali utenti;
i raccordi e le tratte autostradali individuate da Anas per essere pedaggiate sono, al contrario di quanto auspicato dal Parlamento, cresciute di un terzo, tutte situate al Sud;
appare poco chiaro il modus operandi che si sta seguendo in questa vicenda anche in considerazione di quanto indicato nel programma delle infrastrutture strategiche allegato alla decisione di finanza pubblica in cui una fonte cospicua di finanziamento delle opere e individuata proprio nel maggior gettito derivante dal nuovo sistema dei pedaggiamenti delle tratte autostradali e raccordi gestiti da Anas, che viene stimato pari a 4,5 miliardi di euro nel triennio, di cui 3,8 miliardi dai nuovi pedaggiamenti del Sud e 700 milioni dai nuovi pedaggiamenti del Nord -:
se la scelta di Anas spa di individuare mediante il bando di gara del 13 settembre 2010 le tratte da predisporre per l'attivazione del sistema di pedaggiamento possa pregiudicare le decisioni di merito del Governo, unico soggetto autorizzato per legge a stabilire i criteri e modalità per l'applicazione del pedaggio sulle autostrade e sui raccordi autostradali in gestione diretta di Anas spa, nonché l'elenco delle tratte da sottoporre a pedaggio;
quali siano i nuovi dati che hanno determinato la revisione della stima del maggior gettito derivante dal nuovo sistema di pedaggiamento, valutato pari a 4,5 miliardi di euro nel triennio dall'allegato infrastrutture, rispetto a quanto stimato nella relazione tecnica sull'articolo 15 del decreto-legge n. 78 del 2010 pari a circa 315 milioni di euro a regime.
(5-03604)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
agli inizi degli anni '90 fu realizzato il nuovo tracciato della strada statale 33 del Sempione da Ornavasso (termine della A26) al confine di Iselle prevedendo un tratto a quattro corsie da Ornavasso a Domodossola;
per motivi incomprensibili alcuni svincoli - anche minori - furono dotati di impianti di illuminazione, altri (come quello fondamentale di Domodossola, dove tra l'altro la strada si riduce a 2 corsie) rimasero al buio e così sono restati fino ad oggi;
i lavori per realizzare le massicciate non furono certo compiuti a regola d'arte tanto che in caso di pioggia sono periodici gli allagamenti, la pendenza delle curve non ostacola la forza di gravità ma sono a volte in controtendenza, ma soprattutto il fondo stradale è periodicamente in stato critico con centinaia di buche soprattutto nel periodo invernale;
più volte si è posto mano ad interventi di riasfaltatura che però - incomprensibilmente - risultano di pessima qualità tanto che devono essere rifatti con una ritmo superiore a qualsiasi altra strada a conoscenza dell'interrogante;
dopo molte proteste di cittadini ed autorità locali l'anno scorso si procedette a rifare larghi tratti delle corsie principali di marcia con una spesa notevole;
quest'anno si sta riprocedendo nel lavoro anche per tratti da poco sistemati secondo una logica che sfugge all'interrogante -:
quali lavori siano stati programmati per la sistemazione di questo tratto della

strada statale 33 e per quale importo, se l'ANAS ritiene che i lavori fatti negli anni scorsi siano stati eseguiti a regola d'arte, perché si riproponga periodicamente il rifacimento del manto di copertura dell'asfalto e non un lavoro più radicale - ma finalmente definitivo - e tale da risolvere i problemi di questa importante strada statale di collegamento internazionale;
se si intenda finalmente procedere alla più volte annunciata illuminazione dello svincolo di Domodossola.
(4-09016)

GIRLANDA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'interno, al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
già nello scorso mese di settembre molte amministrazioni comunali hanno provveduto all'installazione dei cosiddetti autovelox «a sorpresa», o «speed check»;
sono state comminate delle contravvenzioni per eccesso di velocità in seguito alle rilevazioni di questi apparecchi, già inviate ai cittadini;
il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha definito tali apparecchi non «inquadrabili in alcuna delle categorie previste dal nuovo codice della strada», non risultando quindi il relativo impiego per fini sanzionatori «coerente con la circolare del Ministero dell'Interno»" -.
quale sia il numero delle contravvenzioni comminate dagli apparecchi e inviate ai cittadini;
se il Ministero intenda assumere iniziative nei riguardi delle amministrazioni che hanno installato questi apparecchi per la loro rimozione;
quali siano le possibilità per i cittadini che hanno ricevuto una contravvenzione di vedere annullate le sanzioni economiche a loro carico, nonché l'eventuale restituzione di punti sulla patente;
quale sia la stima delle ricadute della mole dei ricorsi in termini economici e lavorativi sul sistema giudiziario preposto alla gestione di queste operazioni.
(4-09017)

GAROFALO, FALLICA, VINCENZO ANTONIO FONTANA, GERMANÀ, GIAMMANCO, GIBIINO, GRIMALDI, MARINELLO, MINARDO, PAGANO, STAGNO D'ALCONTRES, TERRANOVA e TORRISI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la divisione passeggeri nazionale/internazionale di Trenitalia ha deciso di eliminare diverse vetture dalle tratte che collegano la Sicilia alle principali città del nostro Paese attuando in maniera non congrua una politica di disimpegno e di ridimensionamento dei piani di investimento nel territorio della regione Sicilia. A essere ridimensionate saranno principalmente le tratte a lunga percorrenza;
tale politica di disimpegno, nell'ultimo decennio, ha causato una riduzione del flusso passeggeri del 30 per cento e delle merci del 40 per cento a favore (nel caso delle merci) del trasporto stradale che aggrava una situazione già insostenibile, sia per motivi infrastrutturali sia per la sicurezza e per gli effetti sull'ambiente. La politica del disimpegno, tra l'altro, ha avuto un ulteriore effetto negativo in Sicilia nel settore occupazionale proprio nella provincia messinese;
il diritto alla continuità territoriale si colloca nell'ambito della garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e della coesione di natura economica e sociale e si traduce nella capacità di garantire un servizio di trasporto che favorisca e non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti. Lo Stato, infatti, deve garantire a tutti i cittadini il diritto alla mobilità indipendentemente dalla loro dislocazione geografica e, quindi, in particolare di fronte allo svantaggio dell'insularità;

è necessario, quindi, fare fronte alla situazione descritta nei primi punti di questa premessa con investimenti affinché la Sicilia possa avere un servizio di trasporto passeggeri efficiente, sostenibile ed equo rispetto a quello cui usufruiscono i cittadini del continente;
quindi, di fronte ad una situazione insostenibile (l'azienda Trenitalia, infatti, continua a tagliare vetture, facendo disaffezionare gli utenti siciliani costretti tra inefficienze e disservizi a scegliere altri mezzi di trasporto) è necessario al contrario attuare una politica seria di investimenti che permettano di non penalizzare gli abitanti della regione Sicilia e introdurre politiche che accrescano il diritto alla mobilità territoriale soprattutto nelle aree più svantaggiate del Paese;
la Sicilia deve essere considerata, a tutti gli effetti, un'area strategica in termini trasportistici. Al contrario da anni subisce una politica di disimpegno da parte dei vertici del gruppo FS che sta compromettendo le potenzialità di sviluppo del territorio e il diritto dei passeggeri siciliani ad una mobilità efficiente e sicura;
la politica attuata in questo senso che diminuisce il trasporto passeggeri aggrava ancora di più il divario esistente tra il Nord ed il Sud del Paese creando condizioni di gravità insostenibile per i passeggeri che si devono recare nelle altre aree del Paese -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e quali urgenti iniziative intenda adottare per garantire un servizio efficiente ai passeggeri dei treni che dalla Sicilia si dirigono verso il continente eliminando la misura che sopprime i convogli e i treni a lunga percorrenza;
quali siano le ragioni della politica di disimpegno di FS nella Sicilia che sta compromettendo le potenzialità di sviluppo del territorio:
come, infine, debba essere garantito il diritto alla mobilità, con importanti investimenti, per quanti passeggeri siciliani si recano in altre aree del resto del Paese.
(4-09021)

LA LOGGIA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
con circolare in data 22 giugno 2010, prot. n. 54436/8.3, riguardante l'entrata in vigore a partire dal 3 gennaio 2011, dei nuovi questionari per il conseguimento della patente di guida delle categorie A e B, è stato disposto testualmente che: «l'Amministrazione ha ritenuto di non procedere alla traduzione dei questionari in altre lingue, con esclusione, ovviamente, del tedesco e del francese, per venire incontro alle esigenze linguistiche delle comunità dell'Alto Adige e della Valle d'Aosta»;
appare inspiegabile l'esclusione della traduzione dei questionari in particolare in lingua inglese, che rappresenta da tempo una sorta di esperanto, il che non rende facilmente comprensibile i questionari per i tanti cittadini di origine straniera presenti nel nostro Paese -:
se non si ritenga assolutamente urgente ed indispensabile intervenire per ripristinare la traduzione dei questionari, almeno in inglese ed in spagnolo.
(4-09031)

TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010

...

INTERNO

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il 9 ottobre 2010 si è svolto un presidio di fronte al liceo classico Umberto I d Palermo, a cui hanno partecipato alcune centinaia di studenti;

a seguito della richiesta del preside del suddetto istituto, è intervenuta la polizia;
tre studenti sono stati arrestati, accusati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, manifestazione non autorizzata e rifiuto di fornire le generalità ed altri tre, minorenni, sono stati identificati;
lunedì 11 ottobre 2010 i tre sono comparsi di fronte al giudice per il processo per direttissima, il giudice ha ritenuto l'arresto illegittimo perché deciso in assenza dei presupposti della gravità del fatto e della pericolosità sociale degli arrestati;
il provvedimento del giudice, ed i resoconti dei presenti, sollevano dubbi sulla correttezza dei comportamenti degli agenti della Digos, intervenuti sul posto;
considerato il rilevante ruolo svolto nella città di Palermo dalla polizia nel contrasto al racket ed alla mafia, simili episodi rischiano di compromettere l'immagine di un'istituzione fondamentale che in questi anni si è costruita un'ottima reputazione mettendo a segno colpi micidiali contro la mafia, arrestando numerosissimi pericolosi latitanti, mettendo in crisi il sistema del pizzo -:
se non intenda verificare quanto accaduto, il 9 ottobre 2010 che ha portato all'arresto di tre studenti di fronte al liceo Umberto I di Palermo, al fine di accertare eventuali comportamenti scorretti da parte degli agenti di Polizia.
(2-00853) «Antonino Russo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

TULLO, LOLLI, FRONER, ESPOSITO, FIANO, MARANTELLI, MELANDRI, GIACOMELLI, PIERDOMENICO MARTINO, MELIS, GINEFRA, TEMPESTINI, TOUADI, ROSSA e ZUNINO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella giornata di martedì 12 ottobre 2010 era in programma la partita di calcio tra la nazionale serba e quella italiana presso lo Stadio Luigi Ferraris di Genova. Per la situazione che si era determinata, l'inizio della partita è stato posticipato e l'incontro è stato poi sospeso dopo alcuni minuti, vista l'impossibilità di garantire l'incolumità dei giocatori;
è notizia riportata dalla stampa odierna che sarebbe stato trasmesso un rapporto dalla polizia serba nella giornata di lunedì per avvisare del possibile arrivo di un nutrito gruppo di ultrà collegabili all'estrema destra nazionalista serba; comunque già in altre occasioni gli ultrà serbi si erano resi protagonisti di incidenti in occasione delle partite della nazionale e i fatti recentemente avvenuti a Belgrado nel corso di manifestazioni pacifiche avrebbero dovuto rafforzare l'attenzione delle autorità competenti;
già nel pomeriggio un nutrito gruppo (300-400) di questi ultrà ha compiuto atti vandalici nel pieno centro della città prima che le forze dell'ordine riuscissero ad accompagnarli verso lo Stadio;
sono stati deturpati monumenti storici e, a seguito degli scontri che hanno costretto le forze dell'ordine a ricorrere a lanci di lacrimogeni, molti esercenti del centro cittadino hanno chiuso i negozi per il timore di danneggiamenti;
lo stato di tensione determinatosi e l'aggressività manifestata è probabile che abbia reso difficili i necessari controlli di sicurezza all'ingresso dello stadio;
grazie all'impegno del personale in servizio presso la questura di Genova il gruppo criminale è stato contrastato evitando ulteriori e più gravi danneggiamenti alla città ed alle persone, anche in considerazione della forte presenza all'evento di scolaresche e famiglie;
si registrano decine di feriti tra le forze dell'ordine e, nonostante gli incidenti

del pomeriggio, sono arrivati solo in tarda serata, i rinforzi provenienti da altre sedi -:
per quali motivi non siano state predisposte adeguate misure di prevenzione e di controllo sui pullman dei tifosi serbi ben prima del loro arrivo in città, effettuando sulla base dell'articolo 2 dell'accordo di Schengen controlli alle frontiere e provvedendo un accompagnamento a partire dal percorso autostradale con relativi controlli negli spazi di sosta lungo il tragitto;
per quali motivi non siano state previste adeguate misure di rafforzamento del personale in servizio al fine di gestire un evento sportivo così delicato.
(5-03593)

MARCO CARRA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Ministero dell'interno utilizza, con regolare contratto di locazione, due immobili di proprietà dell'amministrazione provinciale di Mantova quali caserme dei carabinieri di Sermide (MN) e dei vigili del fuoco di Mantova;
per entrambe le locazioni è già stato congruito il nuovo canone e sottoscritto l'atto di impegno a locare;
per quanto riguarda la caserma di Sermide (MN) il vecchio contratto, scaduto il 1o novembre 1994, è stato pagato fino al 31 dicembre 2009. Nel frattempo, è subentrato un nuovo contratto con un nuovo canone d'affitto. Sommando il dovuto per la differenza tra vecchio e nuovo canone e la locazione non pagata dal gennaio 2010, risulta che il Ministero dell'interno deve alla provincia di Mantova 531.987 euro;
anche per la caserma dei vigili del fuoco di Mantova, il Ministero dell'interno deve corrispondere i conguagli per la differenza tra canone attuale e precedente e per l'affitto non pagato dal novembre 2009. La cifra da corrispondere alla provincia di Mantova è di 508.379 euro;
l'ammontare complessivo del debito del Ministero dell'interno nei confronti della provincia di Mantova è di 1 milione e 40.366 euro e deve essere considerata una cifra molto importante e tale da rendere possibili investimenti utili per la comunità mantovana -:
se il Ministro interrogato intenda assicurare la corresponsione corrispondere in tempi rapidi della somma dovuta all'amministrazione provinciale di Mantova, non solo per riaffermare la credibilità dello Stato nelle relazioni istituzionali, ma anche per consentire l'utilizzo di quelle risorse per migliorare la qualità della vita ai mantovani.
(5-03594)

Interrogazioni a risposta scritta:

LEOLUCA ORLANDO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
gli organi di stampa hanno riportato notizie in merito ai fatti che hanno avuto luogo in data 9 ottobre 2010 davanti al liceo classico Umberto I di Palermo, in occasione di un'iniziativa di volantinaggio e sit-in organizzata da un gruppo studentesco;
su richiesta del preside dell'istituto, sarebbero intervenuti numerosi agenti di polizia per allontanare ed identificare i partecipanti al presidio, essendo peraltro presenti sul posto, secondo alcune ricostruzioni, anche ragazzi appartenenti ad un gruppo studentesco di opposta tendenza. In quella occasione si sarebbero verificati momenti di tensione, con il fermo di diversi manifestanti nonché la contusione di alcuni appartenenti alle forze dell'ordine e di altri studenti;
alcuni studenti, tra i quali un minorenne, sono stati denunciati a piede libero mentre per tre degli studenti fermati, accusati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, manifestazione non autorizzata e rifiuto di fornire le generalità, il fermo è stato successivamente trasformato in arresto. Tali arresti, tuttavia, risultano non essere stati convalidati dal giudice dell'udienza

preliminare. In mancanza di convalida, pertanto, il processo per direttissima, prescritto in caso di arresto in flagranza, non è stato celebrato e gli atti sono tornati al pubblico ministero perché sia valuta la posizione degli indagati -:
se il Ministro interrogato sia a conoscenza delle circostanze in cui si sono svolti i fatti di cui in premessa, con particolare riferimento alle modalità dell'intervento delle forze dell'ordine ed alla conseguente reazione.
(4-09014)

MURGIA. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nel centro di primo soccorso e accoglienza (Cpsa) di Elmas, nel pomeriggio di ieri è scoppiata una rivolta di immigrati - in particolare nordafricani - che ha portato alla chiusura dello scalo cagliaritano;
il suddetto Cpsa ha una capacità di 220 posti (fonte Ministero dell'interno);
il Cpsa di Elmas è una delle sette strutture destinate a garantire un primo soccorso agli stranieri irregolari rintracciati sul territorio nazionale;
è stato un pomeriggio di follia, caos, botte, risse e ressa, dentro e fuori la stessa struttura, ovvero una miscela esplosiva e assurda in quel miscuglio tra obiettivi sensibili - gli aeroporti - e strutture a rischio come da sempre sono i punti di raccolta;
per tre ore il Sud Sardegna è stato tagliato fuori dal traffico aereo, isolato dal mondo, perché c'era chi voleva fuggire da un centro non più sotto controllo;
il bilancio parla di una dozzina di voli cancellati e solo nel tardo pomeriggio sono riprese le operazioni di check-in e riprotezione dei viaggiatori sui voli;
tra i passeggeri la tensione è stata altissima, soprattutto dopo la comunicazione della definitiva cancellazione di alcuni voli internazionali;
sono stati gli agenti della Polaria, con l'aiuto del personale inviato dalla questura di Cagliari e della Guardia di finanza, a rastrellare la pista e tutta l'area adiacente all'aeroporto per impedire che i clandestini potessero raggiungere gli aerei in sosta e la zona partenze e arrivi dello scalo cagliaritano;
durante la rivolta sono stati ribaltati e divelti i letti a castello ed alcune scrivanie, e con gli arredi sono state formate barricate nei corridoi che danno accesso alle camerate;
si tratta della terza rivolta in 11 giorni; il primo ottobre scorso alcune decine di extracomunitari avevano appiccato un incendio a materassi, cuscini e arredi al secondo piano dell'edificio, dove si trovavano 40 persone, dopo aver manomesso le telecamere di videosorveglianza e quattro giorni dopo la scena si è ripetuta al primo piano, devastato e reso inagibile dai rivoltosi;
all'origine delle rivolte pare esserci il tentativo di impedire il trasferimento ad altro centro di alcuni ospiti;
nei giorni scorsi, dopo nuovi sbarchi dal nord Africa, il numero delle presenze nel Cpsa di Elmas è salito a un centinaio di unità;
anche il segretario generale del sindacato di polizia (Siulp) di Cagliari, in una dichiarazione, ritiene inaccettabile considerare idoneo il centro di accoglienza di Elarns tenendo conto, soprattutto, della carenza di personale in quanto poche unità di agenti a tutela del centro non risolvono il problema ma lo acuiscono -:
se il Ministro interrogato ritenga la presenza del Cpsa compatibile con i requisiti di sicurezza necessari per il funzionamento dell'aeroporto;
se il Ministro sia consapevole che i disordini - che periodicamente si verificano in questa struttura - arrecano gravi danni all'immagine turistica della Sardegna e se pertanto il Ministero non ritenga necessario chiudere, per sempre, il Cpsa di

Elmas e cercare di predisporre una struttura più sicura per tutti.
(4-09015)

ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
nella notte tra il 7 e l'8 ottobre 2010, nel comune di Barano d'Ischia, nell'isola di Ischia, in provincia di Napoli, due guardie venatorie volontarie della LIPU - BirdLife Italia, associazione che da oltre quarant'anni è impegnata in attività di volontariato per la tutela della natura, sono state violentemente aggredite da un gruppo di sei bracconieri;
l'aggressione, da parte dei bracconieri, è avvenuta in seguito al sequestro, da parte delle due guardie LIPU, di un richiamo elettromagnetico per uccelli, vietato dalla legge, ed è stata particolarmente cruenta, provocando varie ferite alle vittime. Alle guardie veniva inoltre strappata una borsa contenente il richiamo sequestrato e alcuni effetti personali;
le guardie volontarie, dopo essere riuscite a liberarsi e rifugiarsi in un locale pubblico, da cui avvertivano la polizia di Stato e richiedevano l'intervento di un'ambulanza, venivano trasportate all'ospedale Rizzoli, dove i medici riscontravano ferite guaribili in 7 giorni;
la situazione del bracconaggio nell'isola di Ischia sta raggiungendo livelli di vero allarme, sia per il danno alla fauna selvatica protetta che continua a perpetrarsi intensamente sia per i rischi corsi da chi cerca di far rispettare la legge e contrastare questo esecrabile fenomeno;
più in generale, il fenomeno del bracconaggio, attenuato in alcune parti del Paese proprio grazie alla decennale azione antibracconaggio della LIPU e di altre organizzazioni di volontariato, oltre che naturalmente all'azione delle forze dell'ordine, rappresenta ancora una grave piaga ambientale, con danni ingenti inferti al patrimonio dello Stato rappresentato dalla fauna selvatica e alla stessa immagine dell'Italia;
un nuovo ennesimo grave episodio si è verificato nei giorni scorsi presso il lago d'Iseo, in Lombardia, dove un ispettore del Corpo forestale dello Stato, anche egli nell'atto di sequestrare mezzi di caccia vietati, è stato aggredito da un bracconiere;
le risorse e l'impegno dello Stato verso la lotta al bracconaggio sono ormai palesemente inadeguati e insufficienti, laddove servirebbe un incremento dei medesimi e, ad esempio, una più massiccia e strutturata presenza di forze dell'ordine specializzate nelle aree maggiormente soggette al fenomeno;
sempre maggiori sono i rischi per chi si adopera, spesso con lo spirito di chi pratica volontariato, nelle azioni di antibracconaggio e dunque per la tutela della natura e il rispetto della legalità, come dimostrano gli episodi che in varie parti d'Italia si susseguono -:
quali iniziative, in base alle rispettive competenze, intendano adottare per contrastare il fenomeno del bracconaggio nell'isola d'Ischia, anche alla luce del grave episodio esposto;
quali iniziative, anche immediate, intendano assumere per affrontare con maggior vigore e sistematicità, al fine di ridurlo e debellarlo, il fenomeno del bracconaggio, anche considerando che il 2010 è l'anno internazionale della biodiversità e che inoltre dalla stessa Unione europea giungono forti richieste, tra cui la direttiva sul diritto penale applicato alla tutela dell'ambiente;
quali iniziative, anche di carattere normativo, intendano adottare per garantire una maggiore sicurezza alle guardie volontarie delle associazioni ambientaliste impegnate nella lotta al bracconaggio e nella tutela del patrimonio indisponibile dello Stato.
(4-09018)

DI VIZIA e STUCCHI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto, una procedura di stabilizzazione specifica per il personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco;
per tale procedura si utilizzano gli idonei della graduatoria approvata con decreto del Ministero dell'interno n. 1996 del 28 aprile 2008;
in tale graduatoria vi sono circa 400 idonei già sottoposti da circa un anno a relativa visita medica e psico-attitudinale, i quali, ciò nonostante, non sono ancora stati assunti;
per i primi 95 di costoro, è in via di emanazione l'autorizzazione all'assunzione da parte del dicastero;
come segnalato dalle associazioni sindacali ed, in modo particolare, dal CONAPO, il sindacato autonomo dei vigili del fuoco, per i restanti non vi sono notizie di assunzione, essendo questa subordinata ad una specifica norma autorizzatoria;
in data 16 dicembre 2009, il Governo, per il tramite del Sottosegretario di stato dell'economia e delle finanze. onorevole Luigi Casero, ha accolto l'ordine del giorno atto camera n. 9/02936-A234 (primo firmatario onorevole Grimoldi Paolo, cofirmatari onorevoli Comaroli Silvana Andreina, Caparini Davide, Allasia Stefano, Maccanti Elena) impegnandosi «ad adottare iniziative volte ad autorizzare il Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco ad utilizzare le procedure previste dall'articolo 1, comma 526, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 per assumere a tempo indeterminato gli aspiranti vigili dichiarati idonei dalla graduatoria approvato con il Decreto del Ministero degli Interni 28 aprile 2008, n 1996 e già sottoposti a prova moratoria e relativa visita psico-attitudinali»;
sono inoltre in fase di conclusione le procedure del concorso pubblico per titoli ed esami, a 814 posti per l'accesso alla qualifica di vigile del fuoco del ruolo dei vigili del fuoco del corpo nazionale dei vigili del fuoco -:
se il Ministro ritenga di assumere iniziative autorizzatorie per la stabilizzazione degli idonei già visitati, cosi come contenuto nell'ordine del giorno di cui in premessa;
se del caso quali iniziative normative straordinarie ed aggiuntive rispetto alle assunzioni già programmate per il concorso a 814 posti da vigile del fuoco intenda assumere, e quali siano le necessità funzionali e correlate alle annunciate norme sui passaggi di qualifica del personale permanente, che, come è noto, dovrebbero assorbire un considerevole numero di vigili del fuoco, da colmare, almeno in parte, con la procedura speciale della stabilizzazione del personale precario del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
(4-09019)

MAURIZIO TURCO, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e ZAMPARUTTI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
in occasione della partita Italia-Serbia si sono verificati atti violenti di assoluta gravità, anticipati il giorno precedente da episodi di teppismo commessi nella città di Genova;
è notoria l'esistenza all'interno delle tifoserie serbe di frange violente e politicizzate;
il sabato precedente all'incontro si erano verificati a Belgrado episodi di inaudita violenza in occasione della manifestazione detta «gay pride»;
le manifestazioni sportive sono soggette da anni all'attenzione dei vertici della Polizia italiana, avvalendosi della collaborazione ufficiale dell'AISI;
i cittadini genovesi e gli agenti di polizia sono stati esposti a rischi elevatissimi per la loro incolumità fisica;

il Ministro dell'interno Dacic, secondo una agenzia adnkronos del 12 ottobre 2010, avrebbe dichiarato che «La polizia italiana sarebbe potuta intervenire in modo migliore. Non avrebbero dovuto permettere ai tifosi di entrare allo stadio portando quelle cose, a Belgrado non sarebbe accaduto», sostiene Dacic. I tifosi serbi hanno costretto l'arbitro ad ordinare lo stop definitivo dell'incontro con un fitto lancio di petardi e bengala. Secondo il Ministro, la polizia italiana non ha chiesto informazioni sugli hooligans che avrebbero raggiunto Genova per l'incontro di ieri sera. «È stata una nostra iniziativa, abbiamo comunicato loro il numero dei tifosi in partenza e l'itinerario che avrebbero seguito»;
una agenzia Ansa del medesimo giorno ha riportato quanto segue «Abbiamo acquistato i razzi di segnalazione nei negozi di nautica di via Gramsci, li abbiamo messi nella cintura dei pantaloni sotto la maglia e siamo entrati senza problemi allo stadio». Lo ha detto Slobo, un capo tifoso serbo intervistato a microfoni spenti da un giornalista del Tg Rai regionale della Liguria all'uscita dalla Questura. «Non siamo nazisti, siamo nazionalisti - ha detto ancora Slobo al cronista della Rai - siamo contro l'entrata della Serbia nell'Unione europea e contro l'indipendenza del Kosovo, per questo abbiamo bruciato la bandiera dell'Albania. Il palcoscenico di Genova era ideale per fare conoscere le nostre motivazioni, che sono tutte politiche. A Belgrado c'è una dittatura: ha aggiunto il tifoso - e là non possiamo manifestare». «I duri della Stella Rossa erano 50-60 - ha concluso il tifoso - non trecento come avete detto voi italiani. Se fossimo stati di più avremmo avuto la meglio sui vostri poliziotti che sono molto più piccoli di quelli serbi». (ANSA) -:
quali informazioni fossero state comunicate dalle autorità serbe rispetto alle presenze dei tifosi serbi e di gruppi violenti organizzati;
se l'AISI o altri servizi di informazione avessero analizzato i rischi circa l'utilizzo della partita per episodi di violenza a carattere politico, e in caso affermativo quali provvedimenti di prevenzione siano stati assunti;
quali indicazioni fossero pervenute dall'Osservatorio sulle manifestazioni sportive e dal Casms;
perché non sia stata considerata l'ipotesi di cambiare la sede dell'incontro, essendo notorio che la città di Genova e il suo stadio non si prestano al controllo di gruppi organizzati di violenti;
come sia stato possibile che all'interno dello stadio siano stati introdotti oggetti atti a offendere, materiale pirotecnico e passamontagna.
(4-09022)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
è comprensibile porre degli obbiettivi nel controllo della finanza pubblica;
il Governo conferma la volontà di concedere progressiva autonomia alla finanza locale nell'ambito del federalismo solidale -:
se nella determinazione dell'entità dei trasferimenti agli enti locali per i prossimi anni si intenda considerare positivamente il rispetto o meno da parte dei singoli enti locali dei patti di stabilità concordati negli esercizi precedenti, nonché parametri virtuosi di contenimento della spesa - come il rating di singole amministrazioni, un contenuto rapporto tra spese per il personale e spese complessive di bilancio, e altro - affinché vengano privilegiati con minori tagli quelle amministrazioni che bene si sono comportate in passato rispetto a comuni od amministrazioni locali che non abbiano rispettato tali patti.
(4-09026)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'interno, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
in data 12 ottobre 2010 durante la partita Italia-Serbia, valida per le qualificazioni

agli europei del 2012 presso lo stadio Marassi di Genova, si è consumata una drammatica pagina di violenza e di intolleranza avente come sfondo le tensioni calcistiche e come protagonisti un centinaio di ultrà serbi;
la violenza scatenata pochi minuti prima dell'inizio della partita e che ha costretto all'interruzione della stessa dopo appena 7 minuti era stata scatenata dall'ira dei tifosi serbi contro la propria squadra a causa della sconfitta della settimana precedente contro l'Estonia;
il bilancio della guerriglia è stato di 16 feriti, di cui due carabinieri italiani e 35 ultrà denunciati;
stando alle prime indiscrezioni, le stesse autorità serbe avrebbero puntato il dito contro l'organizzazione della sicurezza da parte delle forze dell'ordine italiane, carente ed inefficiente nei confronti della mole di tifosi che si era riversata nel capoluogo ligure;
stando alle dichiarazione del Ministro dell'interno e Vicepremier serbo, Ivica Dacic, ci sarebbero state delle mancanze nella fase preparatoria dell'evento calcistico e nelle dinamiche di sicurezza che hanno consentito l'ingresso allo stadio a tifosi in possesso di oggetti vari, cosa che - a detta del Ministro - non sarebbe mai potuta avvenire a Belgrado;
secondo le dichiarazioni dei Ministri interrogati, dalle autorità serbe non sarebbe arrivata alcuna informazione che delineasse in qualche modo profili di rischio;
stando ad alcune indiscrezioni trapelate in queste ore, ci sarebbe stata una scarsa informativa da parte delle autorità di Belgrado che avrebbero inviato due telex tra il giorno prima della partita e la mattina dell'evento che riportavano informazioni completamente diverse se non antitetiche l'una rispetto all'altra: nella prima si parlava della presenza di pochi tifosi, nella seconda si riportava la notizia della vendita in Serbia di circa 1300 biglietti;
gli scontri di Genova potevano trasformarsi in una vera e propria tragedia, se non fosse stato per il rapido intervento delle forze dell'ordine, che pur in carenza di organico e con le risorse non dispiegate in stato di allerta, contando sull'apporto dei colleghi provenienti dalle vicine città, hanno potuto porre resistenza alla deriva violenta degli ultrà, dimostrando una lodevole capacità di gestione della crisi anche in assenza di adeguate direttive ed organizzazione da parte delle autorità competenti;
al di là del malfunzionamento oggettivo della comunicazione tra l'intelligence dei due Paesi, si è verificato un'altrettanto cattiva gestione dei meccanismi di controllo propedeutici all'ingresso nello stadio genovese: paradossale la notizia secondo cui da un lato si sarebbe concesso ai tifosi l'ingresso di armi improprie e materiale contundente nello stadio, dall'altro si sarebbe impedito ad un bambino di fare il suo ingresso con un succo di frutta -:
quali siano i meccanismi informativi e di controllo bilaterali propedeutici all'organizzazione e al monitoraggio di un evento pubblico a rischio tensione, come una partita di calcio internazionale a cui prendono parte tifoserie la cui vivacità è notoria a livello europeo;
quali siano state le difficoltà o i limiti organizzativi e gestionali da parte delle autorità competenti italiane che hanno consentito ad un gruppo di pseudo-tifosi esagitati di accedere allo stadio con un armamentario pericoloso, senza che vi sia stata la possibilità di fermarli.
(4-09033)

CICCHITTO, LEHNER, BONIVER, NOLA, ROSSO, PELINO, ANTONIONE, DE CAMILLIS, NASTRI, PALUMBO, CATANOSO, PIANETTA e FAENZI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
nella seduta del 30 settembre 2010 la deputata Ida D'Ippolito Vitale ha denunciato un fatto assai grave;

l'onorevole D'Ippolito Vitale è consigliere comunale nel comune di Lamezia Terme (Cz), dove è stata candidata sindaco nelle ultime elezioni amministrative;
a distanza di molti mesi dalle elezioni, nonostante siano esaurite, come da regolamento, le procedure di convalida degli eletti, era stato convocato, per il 5 ottobre 2010, un consiglio comunale con all'ordine del giorno l'eccezione di ineleggibilità-incompatibilità a carico dell'onorevole D'Ippolito Vitale, in quanto componente della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere;
tale eccezione era stata sollevata dal signor Francesco Onorato, presidente dell'associazione «Cittadino senza voce», con una formale richiesta totalmente priva di legittimazione giuridica, e veniva inserita, in spregio a leggi e regolamenti, all'interno dell'ordine del giorno del consiglio comunale del 5 ottobre; è del tutto evidente, infatti, che non vi possano essere incompatibilità o ineleggibilità rispetto alla carica di deputato e di ogni altra carica pubblica che non siano quelle espressamente previste dalla legge;
la decisione dell'amministrazione locale di dare dignità e valore a tale richiesta palesemente priva di fondamento giuridico e di legittimazione soggettiva è assai grave; tra l'altro, il comune di Lamezia è stato sciolto per infiltrazioni mafiose già due volte nel corso degli ultimi dieci anni e la presenza di una parlamentare componente della citata Commissione antimafia può solo rappresentare una condizione di garanzia istituzionale e politica;
già attraverso pubbliche dichiarazioni ed uno specifico atto di sindacato ispettivo sono stati chiesti chiarimenti al Ministro interrogato in merito allo svolgimento delle elezioni amministrative 2010 nel comune di Lamezia Terme;
a seguito della denuncia del fatto in Parlamento, la presidenza del consiglio comunale di Lamezia Terme ha annullato il consiglio previsto per il 5 ottobre 2010 ed escluso la questione sulla ineleggibilità-incompatibilità dell'onorevole D'Ippolito Vitale, che infatti non compare nella convocazione dell'8 ottobre 2010 -:
se abbia disposto o intenda disporre accertamenti ai fini dell'eventuale esercizio dei poteri di cui agli articoli 141 e 143 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché ogni iniziativa di competenza in relazione alla vicenda.
(4-09039)

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interpellanza:

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, il Ministro dell'economia e delle finanze, per sapere - premesso che:
i licei linguistici di Enna e di Agira sono riconosciuti scuole paritarie ai sensi della legge n. 62 del 10 marzo 2000;
l'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010, stabilisce il divieto, a decorrere dal 1 gennaio 2011, di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale per gli enti locali nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 40 per cento delle spese correnti

l'amministrazione provinciale di Enna facendo riferimento a quanto previsto dalla normativa sopraccitata, è impossibilitata a conferire le supplenze annuali, mediante l'instaurazione di rapporti di lavoro a termine;
dal 1o settembre 2010 le istituzioni scolastiche di cui sopra, non sono nelle

condizioni di garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche e di assicurare la funzionalità ed il regolare andamento dei predetti istituti;
lo scorso 29 luglio 2010 l'amministrazione provinciale, ha inviato un quesito in merito alla Presidenza del Consiglio dei ministri dipartimento funzione pubblica al quale, pur dopo ripetuti solleciti, non è finora giunta una risposta;
l'applicazione del decreto-legge n. 78 del 2010, per il generico divieto di procedere a qualsivoglia tipologia di assunzione, comporterebbe il mancato mantenimento dei requisiti per il riconoscimento della parità scolastica, il funzionamento e l'autonomia dell'istituzione scolastica, l'impossibilità di assicurare i vari insegnamenti e la continuità didattica, con gravi ripercussioni sul diritto allo studio, sull'intera organizzazione dell'offerta formativa e, di conseguenza, sulle aspettative di un'ampia platea studentesca;
le stesse speciali esigenze connesse alla didattica riconosciute alle scuole statali, ricorrono anche per le scuole paritarie gestite dagli enti locali -:
se non ritengano di assumere un'iniziativa normativa che preveda una deroga all'articolo 14, comma 9, del decreto-legge n. 78 del 2010 per gli enti locali che gestiscono istituti scolastici paritari al fine di consentire il reclutamento del personale docente.
(2-00854) «Antonino Russo».

Interrogazioni a risposta in Commissione:

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in vista degli esami di Stato che quest'anno, per la prima volta, si svolgeranno con l'applicazione dei nuovi punteggi per il credito scolastico e per le prove d'esame (il credito scolastico passa da 20 a 25 punti, il punteggio della prova orale passa da 35 a 30 punti), è necessario provvedere con urgenza alla rimodulazione dei requisiti minimi richiesti per poter usufruire del bonus;
infatti, con i vecchi punteggi era richiesto: un credito scolastico di almeno 15 punti su 20 (pari al 75 per cento) e un punteggio nelle prove d'esame di almeno 70 punti su un massimo di 80 (pari al 87,5 per cento);
con il credito scolastico portato a 25 punti il minimo di 15 punti equivale appena al 60 per cento sul punteggio massimo. E ancora, con il colloquio portato a 30 punti, il massimo punteggio nelle prove d'esame passa da 80 a 75, pertanto il punteggio minimo di 70 punti equivale addirittura al 93 per cento;
è fin troppo evidente la necessità di rimodulare sui nuovi punteggi, i punteggi minimi richiesti per poter usufruire del bonus;
volendo mantenere le precedenti percentuali, il candidato dovrebbe ottenere: un credito scolastico di almeno 19 su un massimo di 25, e un punteggio, nelle prove d'esame, di almeno 66 su un massimo di 75;
l'ordinanza n. 40, prot. 2744 del 8 aprile 2009 su «istruzioni e modalità organizzative ed operative per lo svolgimento degli esami di Stato...» continua a riportare i vecchi punteggi minimi necessari per poter ottenere il bonus;
se non si procederà immediatamente alla correzione anche i candidati con credito molto alto rischiano di non poter ottenere il bonus;
molti studenti meritevoli saranno penalizzati e si annullerà il giusto principio ispiratore del bonus;
il permanere dei «vecchi» parametri minimi per l'attribuzione del cosiddetto «bonus» (il punteggio integrativo di massimo 5 punti a disposizione della Commissione) nonostante la «nuova» normativa per cui 5 punti su 100 sono stati spostati dal colloquio orale al credito scolastico (CS);

la ratio è chiara e condivisibile: dare più peso al percorso triennale dei ragazzi (massimo 25/100) e un po' meno alla valutazione complessiva alle prove d'esame (PE). I parametri minimi per ottenere il bonus continuano ad essere: 15 CS + 70 PE;
ma i conti non tornano: riguardo il CS, 15 su 20 è maggiore di 15 su 25, mentre per le PE si ha che 70 su 80 è minore di 70 su 75;
tradotto in termini pratici: mentre ora per gli studenti è molto più facile ottenere 15 punti di credito nei tre anni, è molto più difficile ottenerne 70 alle prove d'esame;
ciò può significare però che, ad esempio, un alunno con 15 di CS e un esame brillante con 70 PE potrebbe beneficiare del bonus, mentre un alunno «modello» nel triennio con 25 di CS (il massimo!) e un inciampo all'esame che lo porta a 69 PE non potrà beneficiarne in alcun modo;
casi intermedi e ben più frequenti ce ne sono tantissimi e la soluzione per risolvere il problema potrebbe essere ad esempio modificare i parametri minimi di accesso al bonus in 20 CS + 65 PE: la somma fa sempre 85, ma il significato è ben diverso -:
cosa il Ministro intenda fare per ovviare alle evidenti ma importanti problematiche che si determineranno nell'ambito dei prossimi esami di maturità se non si interverrà preventivamente ed efficacemente.
(5-03588)

DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
come riportato da Famiglia Cristiana e da molti altri giornali sarebbe in arrivo nelle scuole secondarie superiori il corso teorico e pratico «Allenati per la vita», da realizzarsi sulla base di un protocollo d'intesa risultante da un accordo tra il Ministro interrogato e quello della difesa;
da tali informazioni, non verificabili e confrontabili con un testo ufficiale in quanto il suddetto protocollo, se esistente, non risulta ufficializzato fra quelli riportati nel sito del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il suddetto corso, che dovrebbe produrre un credito formativo, risulterebbe costituito da lezioni teoriche incluse in diritto e costituzione, corsi di primo soccorso, arrampicata, nuoto, salvataggio e sopravvivenza. In più, percorsi ginnico-militari, tiro con l'arco e con la pistola ad aria compressa -:
se trovi conferma il fatto che tale discutibile progetto non sia effettivamente rinvenibile in un protocollo ufficiale del Ministero e che risulti invece frutto di un'iniziativa dell'ufficio scolastico della Lombardia;
in tal caso, quali siano le modalità della sua trasmissione alle scuole e del coinvolgimento degli studenti nelle relative attività;
se non si intenda opportunamente revocare l'iniziativa e di conseguenza non riconoscerne la realizzazione, anche per ragioni di razionalizzazione nell'uso delle risorse e di serietà della scuola italiana a livello europeo e mondiale in un momento in cui il Governo ha scelto di tagliare drasticamente le risorse per l'istruzione.
(5-03591)

GHIZZONI e DE PASQUALE. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il CIPE con la deliberazione del 13 maggio 2010 n. 32, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 215 del 14 settembre 2010 (supplemento ordinario n. 216) ha approvato un piano straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico con assegnazione a carico delle risorse di cui al punto 1 della delibera CIPE n. 3/2009;

la suddetta delibera prevede, fra l'altro, che a valere sulla destinazione di 1.000 milioni di euro per il finanziamento di interventi di messa in sicurezza delle scuole, vengano assegnati 358.422.000 euro agli enti locali proprietari degli edifici scolastici indicati nel piano straordinario stralcio di interventi urgenti sul patrimonio scolastico finalizzato alla messa in sicurezza e alla prevenzione e riduzione del rischio connesso alla vulnerabilità degli elementi, anche non strutturali, degli edifici scolastici;
il suddetto finanziamento sarà erogato secondo modalità temporali compatibili con i vincoli di finanza pubblica correlati all'utilizzo delle risorse FAS;
gli enti proprietari degli edifici scolastici possono richiedere - entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della delibera nella Gazzetta Ufficiale - i codici unici di progetto per gli interventi di competenza;
l'allegato modello di convenzione tra ente locale proprietario e Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, prevede (articoli 3 e 4) che:
«dopo la pubblicazione della suddetta delibera del CIPE» possa realizzarsi la presentazione, ai rispettivi provveditorati regionali alle opere pubbliche, dei progetti definitivi;
il parere su tali progetti venga formulato entro 45 giorni dalla loro presentazione;
entro sessanta giorni dalla stipula della medesima convenzione (articolo 6) venga erogato il primo acconto del 45 per cento sul relativo finanziamento -:
quante Convenzioni risultino stipulate, in ogni regione, dopo un mese dalla pubblicazione della delibera n. 32/10;
quali siano gli stanziamenti, riferiti ai 358,4 milioni di euro della delibera, effettivamente disponibili ed erogabili per l'anno 2010 e quanti disponibili solo per gli anni successivi e con quale distribuzione.
(5-03592)

TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazioni a risposta scritta:

BITONCI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la multinazionale statunitense Emerson, azienda mondiale leader che produce condizionamento di precisione, ha sempre avuto nello stabilimento di Piove di Sacco (Padova) uno dei suoi punti strategici per il mercato europeo e medio-orientale;
la grave crisi economica che ha colpito i mercati internazionali, ha portato l'azienda ad adottare strategie industriali volte a delocalizzare la produzione nello stabilimento di Nove Mesto (Slovacchia), in considerazione del minor costo del lavoro;
l'area di Piove di Sacco è, da molti anni, territorio di punta in Europa nel settore del condizionamento, tanto da essere nota con l'appellativo di «distretto del freddo», visto anche l'elevato numero di imprese che aggrega lungo la filiera produttiva in tutta l'area della Saccisica;
al termine del primo anno di cassa integrazione, il futuro per circa trecento dipendenti appare estremamente incerto, e la delocalizzazione delle linee produttive ha già prodotto gravi ripercussioni sull'intero indotto, con un logico impoverimento del sistema produttivo ed occupazionale del territorio di Piove di Sacco -:
se non ritenga opportuno assumere iniziative per salvaguardare i livelli occupazionali del territorio interessato.
(4-09020)

GRIMOLDI e STUCCHI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
la compagnia aerea charter Livingston, emanazione di Lauda Air, opera

presso lo scalo di Malpensa ed è la settima azienda per importanza del Varesotto; occupa più di 500 persone, senza considerare l'indotto;
la compagnia ha sempre operato con ottimi standard di qualità, il personale è giovane ed ha in media trent'anni; gli aerei della compagnia sono airbus 330 di ultimissima generazione e, se ci fossero, sarebbero pieni;
attualmente Livingston soffre di un forte problema di liquidità dovuto al fallimento del tour operator «I Viaggi del Ventaglio», proprietaria e principale committente, che ha lasciato un debito di 25 milioni di euro;
l'Enac ha notificato a Livingston la sospensione a partire dal 14 ottobre 2010 del COA, il certificato di operatività aerea, ovvero il diritto di volare;
il Ministero dello sviluppo economico ha convocato i vertici della compagnia per esaminare la grave situazione aziendale;
i dipendenti della compagnia, che hanno già visto il loro salario decurtato del 20 per cento per far fronte alle difficoltà aziendali, sono senza stipendio da più di due mesi;
è importante che vi sia un urgente intervento governativo, da un lato, per mantenere sul mercato una compagnia leader nel panorama aereo per efficienza, sicurezza, attenzione al passeggero, ottimi rapporti con i tour operator, dall'altro, per salvaguardare l'occupazione dei 500 addetti e dell'indotto che gravita su Malpensa -:
quali concrete iniziative intendano intraprendere i Ministri interrogati affinché la compagnia aerea Livingston e tutti i suoi dipendenti possano continuare ad operare con i livelli di qualità ed efficienza che li contraddistinguono.
(4-09034)

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
in Italia, incomprensibilmente ed a differenza di molti Paesi (per ultimo si ricorda la Bolivia, il quale, nel novembre del 2009, con decreto governativo ha imposto ai canali di televisione la traduzione obbligatoria nella lingua dei segni e previsto anche l'inserimento della lingua dei segni nel sistema educativo) non esiste un riconoscimento ufficiale della lingua dei segni, nonostante negli anni siano state presentate tante proposte di legge da Governo, maggioranza e opposizione;
con la legge 3 marzo 2009, n. 18, è stata ratificata la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, il cui articolo 21 rubricato «libertà di espressione e opinione e accesso all'informazione» afferma testualmente quanto segue: «Gli Stati Parti adottano tutte le misure adeguate a garantire che le persone con disabilità possano esercitare il diritto alla libertà di espressione e di opinione, ivi compresa la libertà di richiedere, ricevere e comunicare informazioni e idee su base di uguaglianza con gli altri e attraverso ogni mezzo di comunicazione di loro scelta ...[omissis]... provvedendo in particolare a: ...[omissis]... lettera e) riconoscere e promuovere l'uso della lingua dei segni»;
è stata indetta una mobilitazione nazionale per il prossimo 14 ottobre 2010 in tutta Italia con presidi dell'Ente nazionale sordi che saranno effettuati, tra l'altro, davanti alle locali prefetture;
da tempo ormai è in atto un dibattito, anche in sede parlamentare, sull'esigenza di un formale riconoscimento della lingua dei segni italiana che rappresenterebbe altresì un segno di rispetto per i diritti umani linguistici delle persone sorde, spesso relegate, loro malgrado, ai margini della società civile -:
se i Ministri interrogati non intendano sostenere ogni iniziativa volta a promuovere la lingua dei segni, lingua che rappresenta un fondamentale diritto individuale ed assoluto per i sordi nel rispetto dell'uguaglianza e della solidarietà sociale.
(4-09036)

DE POLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
i vertici di ANMIC, UIC, ENS, FISN e ANFASS sono stati informati l'8 settembre 2010 dall'INPS che lo stesso intendeva apportare correttivi al sistema di accertamento dell'invalidità civile;
in base a quanto ritenuto dall'Associazione nazionale mutilati e invalidi civili, l'INPS avrebbe emanato unilateralmente direttive divergenti rispetto ai criteri fissati dalle norme vigenti e dai provvedimenti di procedura stabiliti dall'INPS medesimo con determina 189/2009 e con circolare 131/2009 alcune delle quali ad avviso dell'interrogante di dubbia legittimità;
il coordinamento medico legale dell'INPS il 20 settembre 2010 ha predisposto per i propri uffici periferici delle indicazioni operative in materia, che violano gli accordi raggiunti con le Associazioni rappresentative;
le nuove disposizioni richiedono una ulteriore visita da parte dell'INPS, dopo quella delle commissioni ASL, nelle quali era già stato inserito, nel 2009, un medico dell'INPS;
tutto ciò è stato voluto dall'INPS per ridurre il cosiddetto fenomeno dei falsi invalidi, creando per la seconda visita medica pesanti problemi e disagi ai disabili e dimostrando profonda diffidenza nell'operato dei medici della commissione Asl -:
se sia ha conoscenza delle sopracitate disposizioni interne dell'INPS che modificano l'iter di accertamento delle invalidità civili;
se siano stati valutati adeguatamente gli effetti pregiudizievoli di tale iter sia in termini di maggiori costi che impone alla collettività, sia in termini di problemi che crea ai portatori di invalidità civile.
(4-09037)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MARCO CARRA e ENZO CARRA. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Unione nazionale incremento razze equine (UNIRE) è interessata ormai da tempo da una grave crisi finanziaria ed organizzativa che ha portato al suo ennesimo commissariamento il 23 giugno 2010;
l'attuale situazione di disavanzo si viene aggravando di giorno in giorno e, ad oggi, si attesta intorno ai 200 milioni di euro;
non sono stati approvati i bilanci 2008 e 2009 mentre quello relativo all'esercizio in corso è soggetto alla firma del nuovo commissario;
il settore risente ormai da tempo di una carenza di direzione tecnica ed amministrativa sempre più grave provocata dall'inadeguatezza dell'UNIRE;
l'andamento delle scommesse ippiche registra una prevedibile ed inarrestabile flessione. Circostanza, questa, che accresce il disavanzo dell'UNIRE;
appare opportuna una riforma dell'attuale sistema delle scommesse ippiche al fine di un loro rilancio nell'ambito del complessivo comparto dei giochi e della gestione dell'AAMS (azienda autonoma monopoli di Stato);
l Governo, in data 29 luglio 2010, ha accolto favorevolmente l'ordine del giorno 9/3638/326 (a prima firma dell'onorevole Enzo Carra) attraverso il quale si impegnava il Governo a valutare l'opportunità di sopprimere l'UNIRE facendo subentrare il Ministero interrogato nei relativi compiti ed attribuzioni ed il Ministero dell'econo- mia

e delle finanze e l'AAMS nei relativi compiti ed attribuzioni -:
se il Ministro interrogato, alla luce dell'ordine del giorno approvato, intenda dar corso all'impegno assunto prevedendo la soppressione dell'UNIRE.
(5-03589)

NASTRI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il rapporto sullo stato del territorio italiano realizzato dal Consiglio nazionale dei geologi, in collaborazione con il Centro ricerche economiche e sociali di mercato per l'edilizia e il territorio, presentato recentemente ha accertato che oltre 6 milioni di italiani vivono in 29.500 chilometri quadrati del nostro territorio, considerati ad elevato rischio idrogeologico;
in circa 60 anni, prosegue il rapporto, il costo del dissesto idrogeologico e dei terremoti è stato di circa 213 miliardi di euro di cui 27 tra il 1996 e il 2008;
sul dissesto idrogeologico e sui rischi che ne derivano per il nostro Paese, è intervenuta anche la Copagri (la Confederazione dei produttori agricoli), sostenendo che se i terremoti sono impossibili da prevedere, le cause di frane e alluvioni sono evidenti nella quasi totalità dei casi, le cui responsabilità sono attribuibili all'abbandono delle aree rurali limitrofe alle città, nonché all'urbanizzazione dei territori agricoli;
nel giugno 2010, nel corso di un forum sul dissesto idrogeologico in Italia, la stessa Confederazione aveva evidenziato il rischio frane e inondazioni per il 100 per cento dei comuni in 5 regioni ed in genere per l'82 per cento dei comuni italiani, così come una spesa di oltre 1 miliardo di euro all'anno da 20 anni per riparare disastri annunciati, ovvero dieci volte superiore a quanto servirebbe per prevenire;
a giudizio della Copagri, appare evidente la necessità di riconoscere il ruolo fondamentale degli agricoltori per la manutenzione dei territorio e la prevenzione contro i dissesti idrogeologici, attraverso ferrei vincoli sulla destinazione agricola dei terreni al fine di collocare la centralità dell'agricoltura nel dibattito politico istituzionale -:
se non ritenga opportuno valutare l'opportunità di assumere iniziative per rendere operative le proposte avanzate dalla Copagri, al fine di rilanciare il settore agricolo in Italia, nonostante gli apprezzabili interventi e le misure già introdotte dal Governo dall'inizio della presente legislatura a favore del comparto agricolo nazionale.
(5-03600)

MARCO CARRA e CENNI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
la regione Lombardia ha recentemente approvato delle modifiche alla legge regionale n. 26 del 1993 «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale» con la legge regionale n. 17 del 2010, pubblicata sul Burl del 7 ottobre 2010;
tali modifiche comportano uno stravolgimento dei principi che sono a fondamento della normativa comunitaria e statale, che consente il prelievo venatorio solo nei limiti in cui questa attività non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica, nel rispetto del principio che la stessa è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale;
al fine di applicare i principi generali di tutela delle specie selvatiche e degli habitat naturali, così come individuati dalla Unione europea, il legislatore nazionale ha introdotto come parametro applicativo la «densità venatoria», definito dall'articolo 14 della legge n. 157 del 1992 che esprime il rapporto tra il numero dei cacciatori ed il territorio utile ai fini venatori;

al medesimo articolo 14, ripreso dall'articolo 28 della legge regionale n. 26 del 1993 della Lombardia, si stabilisce che l'indice di densità venatoria può essere aumentato, immettendo un numero maggiore di cacciatori sulla medesima unità di territorio considerata, solo a patto che siano state preventivamente accertate modificazioni positive della densità faunistica;
la modifica normativa apportata dalla legge regionale n. 17 del 2010 non consente il rispetto dell'indice di densità venatoria, con l'immissione sul territorio mantovano di un numero di cacciatori «del tutto incompatibile» con qualsiasi principio di reale sostenibilità;
la potestà legislativa concessa dallo Stato alle Regioni deve essere esercitata solo nel rispetto della tutela dell'ambiente, inteso come specie animali e vegetali ed ecosistemi che li ospitano, così come ad oggi previsto dalle citate norme statali e regionali, in quanto l'articolo 117 della Costituzione, alla lettera s), prevede che lo Stato abbia potestà legislativa esclusiva nell'ambito della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali;
un'ulteriore violazione della legge in questione riguarda il porre in essere discriminazioni tra i cittadini, residenti e non residenti negli ambiti di caccia, a completo vantaggio di questi ultimi -:
se il Governo intenda valutare se sussistano i presupposti per l'impugnazione della legge regionale n. 17 del 2010 della regione Lombardia.
(5-03603)

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

OLIVERIO e LARATTA - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
il deficit sanitario della Calabria è «fuori controllo» e «senza segnali di miglioramento» come è emerso anche dal rapporto della Commissione della Camera sugli errori in campo sanitario e i disavanzi sanitari regionali;
già il 17 dicembre 2009, il Presidente pro tempore della regione Calabria firmava, con i Ministri dell'economia e delle finanze e della salute, il piano di rientro dal debito, evitando così il commissariamento di quel settore;
l'attuale presidente della regione Calabria, Giuseppe Scopelliti ha affermato: «La nostra certezza è quella di restituire ai calabresi una sanità in grado di dare risposte alle loro aspettative, con scelte coraggiose, capaci di incidere positivamente sul futuro della regione. (...) La sanità in Calabria deve recuperare credibilità, vogliamo costruire strutture di prestigio e adeguate, anche per poterci confrontare, alla pari, con le altre regioni. (...) L'emergenza sanitaria in Calabria c'è e la percepiamo ogni giorno: ospedali non funzionanti, posti letto eccessivi, ricoveri inappropriati, un debito difficile da quantificare ma che indebolisce questa Regione sempre di più»;
da una prima elaborazione dei dati, al 31 dicembre 2007 il debito totale ammontava a 2,166 miliardi di euro, di cui effettivi 1,610 miliardi. Dall'ultima ricognizione, relativa al 31 dicembre 2009, il debito fino al 31 dicembre 2008 ammonterebbe a 870 milioni di euro. Altra questione cruciale, i ricoveri inappropriati: la percentuale nel 2008 era del 16,7 per cento;
il Presidente Scopelliti ha poi proseguito affermando che: «Mettere mano alla sanità calabrese significa rivedere innanzitutto la rete ospedaliera. Abbiamo strutture fotocopia ovunque, venti ospedali con meno di cento posti-letto e tra questi, undici a rischio sicurezza; proprio per questo aumenteremo i controlli sull'appropriatezza delle prestazioni, valorizzando le professionalità sul territorio. Serve, però,

anche una qualificazione dell'offerta sanitaria con una rete ospedaliera che garantisca delle strutture d'eccellenza»;
il processo di riorganizzazione della sanità calabrese prevede la riconversione e la chiusura dei piccoli ospedali, la riorganizzazione della «rete emergenza» e la riorganizzazione della «continuità assistenziale». In pratica risorse per il potenziamento della rete territoriale nel contesto di una programmazione regionale che prevede tempi standard nettamente più elevati. Risorse che verranno attraverso il potenziamento dell'ADI (assistenza domiciliare integrata), della residenzialità e sviluppo dell'U1 (Unità territoriale Assistenza primaria, Case della Salute, Unità di Cure Primarie);
l'organizzazione della rete ospedaliera dell'emergenza urgenza prevede, 3 HUB (Centri stella, le strutture principali presenti sul territorio), 8 SPOKE, (Strutture periferiche di riferimento collegate alle strutture stella), 6 PS (pronto soccorso), 4 PPI AREA DIS (Punti primo intervento in strutture ospedaliere riconvertite), 6 PPI H24 (Punti primo intervento che agiscono sulle 24 ore), 3 PPI HI2 (punti primo intervento che agiscono sulle 12 ore);
la prima fase della riconversione, che dovrà essere attuata entro il 31 marzo 2011, riguarda i presidi di Taurianova, Palmi, Siderno, Chiaravalle Centrale, San Marco Argentano e Soriano. Alla seconda fase, da completarsi entro il 31 marzo del 2012, saranno interessati gli ospedali di Rogliano, Cariati, San Giovani in Fiore, Mormanno, Acri, Serra San Bruno, Praia a Mare, Lungro, Trebisacce, Soveria Mannelli, Scilla e Oppido Mamertina. Oltre alla razionalizzazione della rete ospedaliera il Piano persegue una serie di obiettivi generali che vanno dalla ridefinizione e riqualificazione dell'assistenza domiciliare integrata alla riqualificazione del Servizio sanitario regionale, anche con una ridefinizione della continuità assistenziale (le ex guardie mediche); sarà poi potenziato il sevizio di elisoccorso, razionalizzata la farmaceutica e riorganizzato il personale;
l'offerta di posti letto passerà da 7.600 a 6.400 con l'abbattimento di 1.200 posti letto e 100 mila ricoveri in meno (si passerà da 400 a 300 mila ricoveri);
come afferma il presidente Scopelliti: «particolare rigore sarà osservato nel rispetto della tempistica. Il piano detta delle scadenze precise, alcune delle quali erano fissate al 2009 ma che sono state disattese»;
alla presentazione di tale piano non sono mancate le proteste specialmente dei sindaci del Cosentino e del Crotonese, in particolare il sindaco di Cariati ha spiegato che «nel precedente piano stilato dalla Giunta Loiero l'ospedale di Cariati aveva un orientamento medico-riabilitativo, mentre oggi non è più così», criticando anche le scelte dal punto di vista della copertura territoriale, «tra Crotone e Policoro l'unico presidio è rappresentato dagli ospedali riuniti di Rossano e Corigliano». Il primo cittadino ha sostenuto che nella Sibaritide sono stati ridotti i livelli essenziali di assistenza: «Non si può smantellate la rete ospedaliera, in Calabria ci sono ospedali inutili ma certamente non quello di Cariati» -:
se i Ministri interrogati non ritengano e vigilare affinché pur nel rispetto dell'attuazione del piano di rientro e delle competenze regionali,si realizzi nella regione Calabria una presenza equilibrata degli ospedali sul territorio, nelle province e tra le province, sulla base di criteri oggettivi e facendosi carico delle difficoltà e delle esigenze delle aree di confine, che è sempre difficile servire adeguatamente senza compromettere i livelli essenziali di assistenza con particolare riferimento alla situazione della Sibaritide.
(5-03602)

FAVIA e PALAGIANO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
ai sensi dell'articolo 32 della Costituzione, «La Repubblica tutela la salute

come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti», in ciò rivelando la straordinaria attenzione che le istituzioni pubbliche, ed in primis il Governo, devono riservare alla politica sanitaria, quale strumento concreto di attuazione di un diritto fondamentale dei cittadini;
il sistema sanitario marchigiano è stato riconosciuto dallo stesso Governo e a più riprese (da ultimo in una recentissima indagine del marzo 2010), quale un modello assolutamente virtuoso, al punto da poter legittimamente ambire ad essere di concreto esempio per altre regioni italiane, e ciò sia in termini di costi, sia in termini di efficienza e qualità delle prestazioni erogate ai cittadini;
le manovre finanziarie varate del Governo Berlusconi (da ultimo la cosiddetta manovra estiva del luglio 2010) comportano drastici tagli nei trasferimenti in favore dei servizi sanitari delle, Regioni, ancorché - come nel caso della regione Marche - la stessa sia considerata «virtuosa»;
alla luce di questa ultima pesantissima manovra, unanimemente contestata dai presidenti delle regioni, anche perché scaturita senza che vi sia stato alcun confronto preliminare con i Governatori, per la regione Marche - in maniera particolare - vi è il concreto rischio, più volte paventato sulla stampa regionale, di non poter disporre delle risorse economico-finanziarie per garantire la costruzione di un nuovo polo sanitario nel nord della regione (segnatamente nel Pesarese), da lungo tempo atteso dalle popolazioni locali ed addirittura già inserito nel piano degli investimenti pubblici da parte della regione medesima;
a causa dei medesimi tagli, un polo di eccellenza sanitaria da sempre operante al servizio del territorio regionale e dell'Italia meridionale, adriatica e non solo, quale l'ospedale dei bambini «Salesi» di Ancona, attesa la necessità di spostare la struttura dagli edifici attualmente occupati, rischia di dover chiudere e non poter riaprire, venendo a mancare i finanziamenti necessari all'edificazione dei nuovi plessi ad hoc accanto ai padiglioni già esistenti dell'ospedale regionale di Torrette di Ancona -:
se il Governo intenda assumere iniziative volte a incrementare le risorse per i servizi sanitari regionali con particolare riferimento alla regione marche, così da consentire la costruzione dell'ospedale «Marche Nord» nel Pesarese e per l'edificazione del nuovo plesso dell'ospedale dei bambini «Salesi» di Ancona.
(5-03605)

Interrogazione a risposta scritta:

MECACCI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MAURIZIO TURCO e ZAMPARUTTI. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dal sito del Corriere della Sera il 12 ottobre 2010, la situazione ambientale del Lago di Massaciuccoli situato nel comune di Viareggio ha superato il livello di guardia e ha indotto l'ASL competente per territorio a scrivere ai comuni interessati insieme con quello di Viareggio, Massarosa e Vecchiano, paventando rischi per la salute dei cittadini che abbiano contatto con l'acqua contaminata da alghe tossiche o che ne respirino le esalazioni;
sempre secondo tale articolo, «Il sindaco di Viareggio Luca Lunardini (Pdl) ha convocato d'urgenza i comuni che si affacciano sui lago per un summit e intanto pensa ai primi interventi di emergenza, «Ci sono fondi dei ministero dell'Ambiente ancora non spesi - dice Lunardini - che potrebbero servire al risanamento. li problema esiste da anni, purtroppo, e con il tempo si aggrava. Bisogna agire al più presto»;
è, inoltre, «Regione e Autorità di bacino dei fiume Serchio lanciano l'idea di un Commissario che vigili sul Massaciuccoli,

proposta che piace ai sindaco Lunardini e agli altri primi cittadini dei comuni bagnati dal lago»;
va rilevato il grande valore storico, artistico e culturale di una zona dove il maestro Giacomo Puccini ha vissuto e ha composto alcune delle più celebri opere liriche del mondo; sulle rive del lago di Massaciuccoli è stato costruito il Gran Teatro Giacomo Puccini, unico teatro al mondo esclusivamente dedicato all'artista italiano dove ogni estate si svolge una prestigiosa e suggestiva rassegna di opere liriche, il Festival Pucciniano, che attrae migliaia di appassionati da tutto il mondo;
senza un immediato intervento straordinario ed urgente di tutte le autorità sanitarie e ambientali competenti, locali e nazionali, la salute dei cittadini che vivono nelle vicinanze del lago di Massaciuccoli sarà messa a rischio e sarà seriamente compromessa anche la possibilità che si possano continuare a svolgere le importanti attività culturali e artistiche del festival Pucciniano, arrecando quindi un gravissimo danno all'economia turistica di tutta la Versilia, già pesantemente colpita dalla crisi economica -:
quali siano i rischi per la salute della popolazione che vive nelle vicinanze del lago di Massaciuccoli e se non intenda da subito informarne nei dettagli la popolazione;
quali iniziative siano in atto per bonificare ai più presto il lago di Massaciuccoli dalle sostanze tossiche che lo rendono pericoloso per la salute dei cittadini, come denunciato dall'ASL competente per territorio;
a quanto ammontino i fondi non utilizzati del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare cui si fa riferimento in premessa e come e in che tempi possano essere utilizzati per risanare il lago di Massaciuccoli.
(4-09032)

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SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta orale:

ANNA TERESA FORMISANO. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
stando a quanto riferito dalle organizzazioni sindacali, la situazione della Videocon di Anagni non accenna a migliorare;
all'entusiasmo iniziale dei lavoratori e dei sindacati allorché la Ssim, società arabo-canadese con sede in Slovacchia, aveva siglato l'accordo preliminare nella sede del Ministero per rilevare e rilanciare l'azienda con un piano industriale innovativo ed incentrato sulla produzione di impianti per l'energia eolica e fotovoltaica e sull'assemblaggio di televisori, è subentrato un clima di paura ed incertezza tra le maestranze;
ad oggi, infatti, non vi sarebbe una manifestazione di intenti vincolante da parte della Ssim e ad aggravare la situazione si aggiungono le lungaggini dei tempi relativi all'omologazione del debito della Videocon da parte del tribunale di Frosinone -:
se non ritenga di convocare al più presto le parti sociali e le imprese interessate veramente a rilevare l'azienda al fine di addivenire ad una soluzione di una vicenda che dura da troppo tempo e che sta pregiudicando il mantenimento dei livelli occupazionali presenti.
(3-01280)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BENAMATI. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
la SIET S.p.A. è stata fondata nel 1983 dall'ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile) e dal CISE (Centro

informazioni studi esperienze, di proprietà dell'ENEL) con lo scopo primario di effettuare prove per la sicurezza di componenti e sistemi destinati ad impianti nucleari per la produzione di energia elettrica;
da allora, la particolare ubicazione della sede SIET, presso la centrale termoelettrica Edipower- Edison di Piacenza, consente di effettuare attività sperimentali utilizzando fluidi tipici del ciclo di produzione dell'energia elettrica, in particolare vapore surriscaldato ed acqua demineralizzata ad elevata portata. Ciò costituisce una prerogativa pressoché unica in Italia ed a livello internazionale;
con queste potenzialità a disposizione, e possedendo un gruppo di tecnici e ricercatori assai qualificato SIET, ha potuto operare nel settore della ricerca tecnologica in campo energetico ottenendo negli anni importanti commesse con risultati e riconoscimenti sia dai propri principali clienti (ENA, ENEL, Ansaldo, General Electric, Westinghouse, Mitsubishi, Toshiba, Doosan) quanto dall'organizzazione responsabile del rilascio delle licenze di esercizio degli impianti nucleari negli Stati Uniti;
SIET possiede, infatti, impianti sperimentali di grande taglia unici al mondo per dimensioni e specificità, in grado di simulare il comportamento termo-fluidodinamico di componenti e sistemi LWR (Light Water Reactors) appartenenti alla tecnologia dei reattori di Generazione III e III +;
questi impianti costituiscono uno strumento importante e di grande efficacia a supporto delle aziende, delle autorità istituzionali di sicurezza e delle industrie nazionali ed estere impegnate nello sviluppo e qualificazione di componenti e sistemi per la produzione di energia elettrica per via nucleare;
ad oggi, dopo un lungo periodo di difficoltà, i settori operativi di SIET possono essere così riassunti:
ricerca e sviluppo per l'energia nucleare;
sviluppo, prova e certificazione sperimentale di componenti termo-meccanici per impianti di produzione e di processo (valvole, scambiatori di calore, piping, sistemi di tenuta...);
ingegneria e formazione;
taratura della strumentazione di misura;
SIET sta cercando di potenziare i settori di attività collegati allo sviluppo di componenti e certificazione strumentale anche mediante significativi investimenti nel settore;
attualmente, il capitale sociale di SIET Spa è detenuto da: 44 per cento ENEA, 42 per cento ENEL New Hydro, 3,5 per cento Politecnico di Milano, 3,5 per cento Ansaldo Energia 3,5 per cento Finmeccanica, 3,5 per cento Tectubi Raccordi Spa;
l'azienda impiega 19 dipendenti di cui 8 laureati e 11 fra diplomati e tecnici;
gli organi sociali, ad oggi scaduti, non sono rinnovati e sono in regime di proroga;
inoltre, SIET è fortemente impegnata a supporto dello sviluppo del reattore IRIS (International reactor innovative and secure) per prove collegate alla simulazione integrale dei sistemi primario, secondario e del contenimento di questo reattore;
tali prove, finanziate nell'ambito di un contratto di ricerca fra ENEA e SIET sono relativa a linee progettuali contenute nell'accordo di programma fra ENEA e Ministero dello sviluppo economico, costituiscono una importantissima attività nel portafoglio aziendale della SIET;
recentemente la Westinghouse Electric Company, azienda leader mondiale nel settore della produzione di componenti per centrali nucleari, sembrerebbe aver deciso di abbandonare le attività relative al reattore IRIS. Questo avrebbe indubbi

riflessi su SIET e non potrebbe che generare preoccupazioni per le sue future attività -:
se risponda al vero quanto riportato in premessa e quali siano le linee di piano industriale e le prospettive per questa azienda, che costituisce un polo di eccellenza nel settore della ricerca tecnologica in campo energetico e un importante insediamento di ricerca nell'area piacentina.
(5-03596)

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Apposizione di firme ad interrogazioni.

L'interrogazione a risposta in Commissione Bobba e altri n. 5-03544, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 6 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Mattesini.

L'interrogazione a risposta in Commissione Ghizzoni n. 5-03560, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato De Pasquale.

L'interrogazione a risposta in Commissione Codurelli e altri n. 5-03564, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 12 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Castagnetti.

L'interrogazione a risposta in Commissione Di Biagio e Madia n. 5-03581, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 13 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dal deputato Angela Napoli.

Pubblicazione di un testo riformulato.

Si pubblica il testo riformulato della mozione Di Giuseppe n. 1-00367, già pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta n. 323 del 18 maggio 2010.

La Camera,
premesso che:
le Nazioni Unite hanno stimato, relativamente all'anno 2006, che nel mondo ci siano circa 18 milioni di minori migranti, di cui quasi 6 milioni come rifugiati. All'interno di questo processo migratorio, i minori non accompagnati negli ultimi 10 anni sono notevolmente aumentati: secondo l'United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR), nel 2008 sono state presentate oltre 16.300 domande di protezione internazionale da parte di minori stranieri non accompagnati in 68 diversi Paesi, e a circa 6.000 è stato riconosciuto lo status di rifugiato o una forma complementare di protezione;
per «minore straniero non accompagnato», la risoluzione del Consiglio dell'Unione europea del 26 giugno 1997 sui minori non accompagnati cittadini di Paesi terzi, intende un minore di diciotto anni di età che si trova fuori dal proprio paese di origine e che entra o soggiorna irregolarmente nel territorio di un Paese terzo, separato da entrambi i genitori o dall'adulto che, per legge o per consuetudine è tenuto alla sua tutela;
il minore non richiedente asilo o protezione umanitaria è un emigrato con il sostanziale consenso degli esercenti la potestà genitoriale o comunque senza essere stato sottratto contro la sua volontà. Si tratta di minorenni quindi che si trovano nella condizione di migranti quasi sempre indotti dalle contingenze di ordine sociali, economico, culturale, e che rappresentano quindi un fenomeno ben diverso da quello della tratta e del traffico di esseri umani per sfruttamento, sia esso sessuale, di lavoro o di altro tipo;
giunto nel nostro Paese, qualora venga individuato o si presenti spontaneamente alle autorità competenti, il minore viene segnalato al Comitato minori stranieri (l'organo competente a vigilare sul soggiorno dei minori stranieri temporaneamente ammessi sul territorio nazionale, nonché a coordinare le attività delle

amministrazioni coinvolte) e dotato di un permesso di soggiorno per minore età, come previsto dalla legge, e introdotto nei centri di prima accoglienza per un periodo relativamente breve, fino a un massimo di quaranta giorni, ma che molto spesso si protrae per alcuni mesi. Qui vengono avviati dei percorsi scolastici, di base o di formazione professionale, atti a favorire un inserimento graduale e mirato nella realtà italiana;
anche nel nostro Paese i minori stranieri, e quelli non accompagnati in particolare, costituiscono una realtà sempre più importante, dalle caratteristiche molto variegate e composite. Ciò comporta anche la difficoltà di quantificare con precisione il fenomeno. I dati enucleabili risultano tendenzialmente sottostimati anche perché in essi non sono inclusi i minori neocomunitari, le vittime di tratta, quelli che non sono mai entrati in contatto con il sistema istituzionale di accoglienza, e altri;
per stimare la presenza dei minori stranieri non accompagnati i dati sui residenti e sui soggiornanti presentano quindi dei limiti. Questi, infatti, spesso non riescono a essere identificati ed è frequente che se ne perdano le tracce. E ciò li rende inevitabilmente particolarmente vulnerabili ed esposti al pericolo di entrare in circuiti di tratta e sfruttamento;
sulla base del monitoraggio effettuato dall'Associazione Onlus Save the Children, la quota principale di minori presenti nelle banche dati regionali è quella segnalata da operatori e/o pubblici ufficiali della Sicilia, e rappresenta il 33 per cento del totale. Il resto dei minori inseriti in banca dati è stato segnalato dalle altre regioni: Lombardia (829), Emilia Romagna (561), Lazio (526), Piemonte (496), Marche (363), Puglia (345), Veneto (310), Toscana (310), Friuli Venezia Giulia (262), Trentino Alto Adige (121), Campania (78), Calabria (76), Liguria (51), Abruzzo (35), Sardegna (34), Umbria (17), Basilicata (8), Valle d'Aosta (7), Molise (3);
nel 2008 sulle coste meridionali del nostro Paese ne sono giunti 2.124, e di questi la grande maggioranza dei minori non accompagnati è arrivata negli ultimi due anni a Lampedusa. Una tendenza che risulta in aumento: nel 2007 ne erano infatti arrivati 1.700;
la principale fonte informativa sulla presenza dei minori stranieri non accompagnati sul territorio è la banca dati del Comitato per i minori stranieri, in cui vengono puntualmente registrate le segnalazioni effettuate da pubblici ufficiali, incaricati di pubblico servizio e da enti che svolgono attività sanitaria o di assistenza. Al 30 settembre 2009 la banca dati conta 6.587 minori non accompagnati;
con specifico riferimento invece ai minori non accompagnati richiedenti protezione internazionale, i dati parlano di 573 richieste di protezione internazionale nel 2008. Un numero che è andato aumentando negli anni: secondo i dati del Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) le richieste di accoglienza sono infatti passate da 102 nel 2004 a 251 nel 2006, a 295 nel 2007;
il 21 aprile 2009, la Commissione parlamentare bicamerale per l'infanzia e l'adolescenza ha concluso una indagine conoscitiva, avviata nell'ottobre del 2008, sulla condizione dei minori stranieri non accompagnati, approvando all'unanimità una importante risoluzione alla cui elaborazione finale hanno contribuito tutti i gruppi parlamentari. L'obiettivo principale dell'indagine è stato proprio quello di voler approfondire la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta abbandonati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
è evidente infatti come sia estremamente critica la fase del loro primo inserimento nella società civile, che li espone inevitabilmente a gravi rischi di sfruttamento da parte della criminalità, oltre che per la loro stessa incolumità;
va ricordato infatti come una larga parte dei minori che vengono rilasciati dai centri di prima accoglienza per gli immigrati

subiscano un destino incerto, scomparendo in molti casi senza lasciare traccia e sottraendosi così alle strutture di ospitalità previste dal nostro Stato;
il fenomeno per il quale molti minori si allontanano senza lasciare traccia dalle strutture di ospitalità per loro previste impone, di conseguenza l'individuazione di efficaci strumenti di contrasto alla loro scomparsa e alla tutela dei loro diritti fondamentali;
va sottolineato come una delle ragioni dell'allontanamento di questi giovani dalle comunità che li ospitano è da rinvenirsi anche nella riduzione delle risorse finanziarie assegnate ai comuni e conseguentemente ai relativi centri di prima accoglienza. Va evidenziato infatti che è proprio ai comuni che essi sono affidati con il provvedimento di tutela del magistrato;
si segnala che l'accoglienza dei minori stranieri non accompagnati - e le relative spese - rientra nella responsabilità dei comuni che, a partire dal 1990, hanno acquisito autonomia statutaria (legge n. 142 del 1990). In questo senso il Ministero dell'interno si limita a gestire la prima accoglienza fino alla nomina del tutore, mentre i fondi da assegnare per i progetti di accoglienza dei minori vengono stanziati dalle regioni sulla base delle presenze. Per quanto riguarda la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali è la legge n. 328 del 2000 a stabilire che siano i comuni a programmare e realizzare i servizi in accordo con i diversi enti interessati;
l'ente locale è quindi il soggetto su cui gravano i costi di queste permanenze. In base ad alcune stime, i comuni spendono complessivamente circa 200 milioni di euro l'anno per la gestione del problema;
è indispensabile che decisioni e politiche di intervento che riguardano i bambini e gli adolescenti debbano essere prese nel rispetto della considerazione preminente del superiore interesse del minore, così come previsto dall'articolo 3 della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia, a cui l'Italia è vincolata anche nell'esecuzione di accordi bilaterali. Peraltro l'articolo 12 della medesima Convenzione, impone agli Stati, di ascoltare il minore in ogni procedura giudiziaria e amministrativa che lo riguarda. Occorre ricordare, a tal proposito, che l'Italia ha ratificato con la legge n. 176 del 1991 la predetta Convenzione dell'Onu;
qualsivoglia previsione di un rientro del minore straniero nel Paese di origine deve quindi essere valutata sulla base di un'attenta analisi dei fattori di rischio e di accurati accertamenti circa l'identità del minore, la sua rete familiare di riferimento, il suo percorso migratorio e la sicurezza che il minore non cada in circuiti di tratta e sfruttamento;
un minore straniero non accompagnato dovrebbe avere la possibilità di poter restare nel Paese ospite e il permesso di soggiornare temporaneamente nel Paese ospite non dovrebbe essere inteso solo come una procedura amministrativa che può essere interrotta bruscamente quando il minore compie i 18 anni;
peraltro con le modifiche normative intervenute con l'approvazione della legge n. 94 del 2009 (il cosiddetto «pacchetto sicurezza») che - tra l'altro - introduce il reato di ingresso e soggiorno illegale in Italia, il rilascio di un permesso di soggiorno al minore straniero non accompagnato al compimento dei suoi 18 anni, è ora possibile solo a condizione che sussistano contemporaneamente, e non alternativamente (come invece previsto dalla normativa precedentemente in vigore - legge n. 189 del 2002), i seguenti requisiti: un provvedimento di tutela o affidamento, l'ingresso in Italia da almeno 3 anni e la partecipazione a progetti di integrazione per almeno 2 anni;
la normativa recentemente approvata rischia quindi di disincentivare i minori entrati in Italia a seguire un percorso di integrazione sociale, poiché vedrebbero probabilmente preclusa la prospettiva di

ottenere il rilascio del permesso di soggiorno dopo il compimento del diciottesimo anno. Esclusi da percorsi formali di protezione ed inclusione, i minori restano così maggiormente esposti ai rischi di sfruttamento e tratta, ed al coinvolgimento in attività irregolari o illegali,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative volte ad assicurare maggiori risorse finanziarie a favore delle regioni sulla base dei dati relativi alle presenze, per il potenziamento e il miglioramento dei progetti di accoglienza, prevedendo specifiche risorse a favore dei minori stranieri non accompagnati;
ad attuare un più stretto coordinamento tra il livello centrale e i governi locali, e a valorizzare a pieno il potenziale della società civile e dell'associazionismo per l'accoglienza e l'integrazione dei minori stranieri non accompagnati;
a dare soluzione alle note difficoltà connesse a procedure e prassi territorialmente eterogenee per quanto riguarda l'identificazione all'arrivo, le tempistiche, le condizioni di accoglienza, i casi di sovraffollamento, il profilo professionale degli operatori, la predisposizione di servizi di mediazione culturale, nonché l'attività informativa riguardo alla possibilità di presentare domanda di asilo;
a mettere in atto un più efficace e costante monitoraggio per valutare gli aspetti quantitativi relativamente alle presenze e agli allontanamenti dai centri di prima accoglienza, e a verificare gli standard qualitativi dell'accoglienza con particolare riferimento ai minori non accompagnati, approfondendo la situazione e il destino dei suddetti minori immigrati clandestinamente in Italia, una volta lasciati i centri di prima accoglienza per gli immigrati;
ad attuare efficaci iniziative, anche normative, al fine di intervenire nella fase estremamente critica del primo inserimento nella società civile dei minori non accompagnati, aiutandoli in una fase che li espone inevitabilmente a gravi rischi per la loro incolumità e di sfruttamento da parte della criminalità, e a favorire la loro integrazione, agevolando a tal fine opportune forme di affido temporaneo.
(1-00367)
«Di Giuseppe, Donadi, Mura, Palagiano, Favia, Borghesi, Evangelisti».