XVI LEGISLATURA

Allegato B

Seduta di mercoledì 20 ottobre 2010

TESTO AGGIORNATO AL 26 OTTOBRE 2010

ATTI DI INDIRIZZO

Mozione:

La Camera,
premesso che,
la Cambogia è un paese che è stato martoriato da conflitti e guerre civili, nonché segnato per sempre dal genocidio perpetrato da Pol Pot e dai Khmer rossi nei confronti del loro stesso popolo;
si tratta, inoltre, di uno dei paesi più poveri del mondo: occupa il 136esimo posto nella graduatoria dello sviluppo umano delle Nazioni Unite, l'80 per cento dei suoi abitanti vive di agricoltura, e circa un terzo di essi si colloca al di sotto della soglia della povertà riconosciuta a livello internazionale;
quasi un quarto dei nuovi-nati non oltrepassa i 40 anni di vita a causa dell'alto tasso di mortalità infantile, della malnutrizione, della diffusione esplosiva di malattie legate al traffico di esseri umani e al turismo sessuale che sono molto diffusi nel Paese;
sulla base del Corruption Perceptions Index 2009, elaborato da Transparency international, la Cambogia è tra i primi 15 paesi con la maggiore corruzione al mondo;
il Rapporto 2010 sulla «Libertà di stampa nel mondo» redatto da Freedom House, considera la Cambogia tra i «Paesi non liberi», nonostante si tratti ufficialmente di un sistema di Governo su base democratica, e che formalmente rispetta lo Stato di diritto;
il Cambodian People's Party domina da tempo la scena politica cambogiana con l'attuale Primo ministro, Hun Sen che controlla da oltre vent'anni tutte le leve del potere statale;
nel Paese vengono pubblicati un centinaio di giornali privati, di cui alcuni sono legati ai gruppi di opposizione, ma negli ultimi tempi il Governo ha più volte limitato la libertà d'espressione, riducendo per esempio la possibilità ai membri dell'opposizione di partecipare a trasmissioni televisive e radiofoniche;
le emittenti televisive in Cambogia sono in gran parte controllate dal Governo;
Sam Rainsy è attualmente un deputato cambogiano, nonché il leader della seconda forza politica del Paese;
nonostante, come sopra esposto in premessa, il quadro politico ed istituzionale cambogiano presenti molte criticità dal punto di vista democratico, Sam Rainsy è comunque riuscito a guidare e a far sopravvivere un'opposizione liberale molto critica nei confronti del Governo, nonostante vi siano stati vari tentativi da parte di suoi oppositori e delle istituzioni, di eliminarlo dalla scena politica;
nel 1995, ad esempio, Sam Rainsy è stato espulso dall'Assemblea nazionale in violazione delle procedure Costituzionali che tutelano l'attività politica dei parlamentari ma, nonostante ciò, è riuscito a riottenere il proprio seggio di deputato nelle successive elezioni;
nel corso degli anni, inoltre, Sam Rainsy è sfuggito a diversi tentativi di assassinio, come ad esempio in occasione di un attacco terroristico avvenuto nel 1997 durante un comizio, e circa ottanta membri e simpatizzanti del suo partito sono stati assassinati dagli anni novanta;
il partito del Primo Ministro Hun Sen, che ha la maggioranza in Parlamento, è anche riuscito a privare Sani Rainsy dell'immunità parlamentare per ben tre volte e a farlo condannare due volte in pochi anni a pene detentive sono per aver espresso le proprie opinioni;
nel 2006, Sam Rainsy ha ricevuto il Premio per la libertà dell'internazionale, liberale;
attualmente, come riporta in data 23 settembre 2010 il sito www.asianews.it, Sam

Rainsy è stato condannato per la terza volta a 10 anni di prigione dalle autorità cambogiane;
l'accusa rivolta a Sam Rainsy è quella di essere colpevole di aver manipolato documenti e l'informazione nei confronti del pubblico;
il Governo, infatti, accusa Sam Rainsy di aver alterato carte geografiche per mostrare che il Vietnam è entrato in territori cambogiani, e inoltre che il partito di Rainsy avrebbe affermato che «Phnom Penh ha ceduto territori di confine al potente vicino»;
Sam Rainsy è stato condannato in absentia, essendo rifugiato in Francia in esilio volontario, per sfuggire ancora una volta alle pressioni e intimidazioni delle Autorità cambogiane;
la questione della definizione dei confini fra Vietnam e Cambogia è un tema molto importante per i cambogiani che storicamente vedono nel Vietnam una minaccia alla pace e all'indipendenza;
i confini fra i due Paesi non sono mai stati molto precisi. Nel 2006 i due Governi hanno tentato di definirli e ciò è avvenuto a spese di alcuni gruppi di cambogiani, che hanno perso le loro terre di frontiera;
Sam Rainsy ha cercato di sollevare l'attenzione dei cittadini su questa vicenda e per questo è stato accusato di manipolare le carte geografiche;
l'unico e solo crimine che si può imputare a Sam Rainsy è quello di denunciare con costanza la corruzione e le violazioni dei diritti umani e di difendere i diritti dei cittadini cambogiani che lo hanno eletto come loro rappresentante;
il 28 gennaio 2010, all'indomani dell'ultima condanna ricevuta da Sam, Human Rights Watch ha diffuso un comunicato intitolato «Cambogia: Processo del dirigente dell'opposizione Sam Rainsy: Una farsa», in cui tra l'altro si sosteneva: «Questa condanna riflette una persecuzione continua delle voci critiche e un controllo politico sul potere giudiziario»;
in un rapporto del 17 giugno 2010, il professor Surya Suhedi, relatore speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani in Cambogia, ha deplorato le «interferenze esterne sul lavoro nella giustizia»;
in un comunicato datato 14 settembre 2010, una coalizione di 16 ONG, che si occupano di difesa dei diritti umani, ha affermato: «Il Governo ha utilizzato i tribunali per ridurre al silenzio le voci critiche verso la sua azione relativa alla confisca di terre, alla corruzione e ai conflitti di frontiera». Con un'altra precisazione: «Le accuse contro Sam Rainsy e altri oppositori sono di natura politica»,

impegna il Governo:

a farsi promotore, sia a livello bilaterale sia nelle principali sedi internazionali sia in sede europea, d'iniziative politiche nei confronti della Cambogia, affinché siano rispettate le prerogative parlamentari del deputato e leader dell'opposizione Cambogiana, Sam Rainsy, a partire dal diritto a un processo equo e giusto, secondo gli standard internazionali garantiti dalla Convenzione ONU sui diritti civili e politici;
a chiedere alla Commissione europea di dare piena attuazione all'accordo di cooperazione tra Unione europea e Cambogia nel campo della difesa dei diritti umani, a partire dalla garanzia della libertà d'espressione.
(1-00460)
«Mecacci, Pistelli, Leoluca Orlando, Casini, Antonione, Stefani, Della Vedova, Rao, Bernardini, Zamparutti, Maurizio Turco, Farina Coscioni, Beltrandi, Vernetti, Barbieri».

Risoluzioni in Commissione:

La III Commissione,
premesso che:
lo status giuridico degli impiegati a contratto del Ministero degli affari esteri

italiano afferisce ancora ad una materia in cui sussistono molteplici lacune normative oltre che procedurali tali da rendere questa particolare ed atipica categoria di lavoratori sotto certi aspetti «vessata» a livello ordinamentale ed organizzativo;
siffatta categoria impiegatizia è infatti suddivisa in due settori: impiegati assunti ai sensi della legge italiana e impiegati assunti ai sensi della legge vigente nel Paese ospitante;
ai sensi della normativa vigente, i dipendenti del Ministero degli affari esteri impiegati localmente ed aventi cittadinanza straniera sono stati assunti e attualmente continuano ad essere assunti sulla base delle disposizioni vigenti a livello locale. Mentre con riguardo ai dipendenti di cittadinanza italiana fino all'entrata in vigore del decreto legislativo 103 del 7 aprile 2000 attuativo dell'articolo 4 della legge 28 luglio 1999, n. 266 vigeva la facoltà di optare per un contratto di lavoro regolato dalla legge italiana oppure dalla legge locale. Il predetto decreto legislativo ha stabilito in seguito che tutti i contratti, prescindendo dalla nazionalità del contraente, siano stipulati ai sensi della legge locale;
malgrado le esigenze di armonizzazione del regime giuridico degli impiegati premessa della definizione citato decreto legislativo, l'entrata in vigore di questo ha innescato un evidente disordine normativo in virtù del quale si sovrappongono norme italiane, disposizioni straniere, e disposizioni convenzionali oltre che norme del diritto internazionale pubblico. Creando evidenti problemi di applicazione e di interpretazione delle norme a netto svantaggio della categoria di lavoratori che risentono in prima persona della difficoltà normativa vigente in materia;
tutti i contratti di lavoro del personale assunto a decorrere dal mese di maggio del 2000 devono essere stipulati ai sensi della legge locale, come previsto dal citato decreto legislativo n. 103 del 7 aprile 2000;
malgrado le premesse iniziali, il suindicato provvedimento non ha contribuito ad «omogeneizzare» i regimi contrattuali esistenti, e, in contrasto con lo spirito della legge delega, ha creato di fatto oltre 150 diverse tipologie contrattuali: praticamente una versione valida rispettivamente in ogni Stato nel quale risiedono i dipendenti assunti;
in merito al regime contrattuale di questa categoria di impiegati nei Paesi dell'Unione europea sono state ignorate palesemente tutte le clausole di parità di trattamento sancite dai trattati dell'UE, con conseguenti numerosi contenziosi presso tribunali locali nei quali il Ministero degli affari esteri soccombe sistematicamente;
inoltre sono state ignorate le norme convenzionali di riferimento come le convenzioni di Vienna sui rapporti consolari e diplomatici. Infatti in molti casi l'amministrazione ha riadattato alle proprie esigenze o ai propri interessi le disposizioni vigenti nell'ordinamento locale e regolanti la disciplina contrattuale degli impiegati, in particolar modo per quanto attiene a questioni relative ad assenze per maternità, al periodo di aspettativa per gravi motivi di famiglia e al regime dei contributi previdenziali;
la categoria impiegatizia il cui contratto è disciplinato dalla normativa locale è inquadrata nell'ex area B del pubblico impiego, ad essa sono riconosciute le medesime funzioni spettanti alla categoria il cui contratto è disciplinato dalla legge italiana, anche in settori delicati, quali anagrafe consolare, stato civile, cittadinanza, passaporti e contabilità degli istituti italiani di cultura. Di conseguenza, stando a tali aspetti non esiste alcuna differenziazione di tipo funzionale e professionale tale da legittimare un gap di status giuridico tra impiegati assunti prima e dopo il 13 maggio del 2000, data di entrata in vigore del suindicato decreto legislativo;
la normativa italiana di riferimento, il decreto del Presidente della Repubblica

n. 18 del 1967, come novellato dal decreto legislativo 103, è presupposto dei contratti in parola, ed i principi stabiliti dall'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, prevedono che la legge locale si applica solo per quanto non espressamente previsto dalla seconda parte del Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, ed i contratti devono rispettare le norme imperative previste dall'ordinamento locale ed ai documenti di impiego si applicano, in ogni caso, le norme locali più favorevoli al lavoratore, anche nel caso in cui regolino aspetti già previsti dalla seconda parte del Titolo VI del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967;
gli aspetti di maggiore criticità vanno ricercati nel secondo comma dell'articolo 154 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967 in cui non è fatto obbligo alle rappresentanze diplomatiche e agli uffici consolari di prima classe di accertare con regolarità, dandone comunicazione al Ministero degli affari esteri, dopo aver sentito le rappresentanze sindacali in sede, la compatibilità dei contratti di lavoro con le norme locali a carattere imperativo, assicurando in ogni caso che al lavoratore vengano applicate le norme locali più favorevoli in luogo delle disposizioni previste dal decreto suddetto;
le nostre Ambasciate, nonché gli Uffici consolari di I classe, in assenza di un preciso vincolo normativo, omettono di fatto detti adempimenti infatti i documenti del personale in questione non vengono aggiornati dal 2001, ostacolando in questo modo l'armonizzazione dei contratti d'impiego con le norme imperative locali o con quelle ritenute più favorevoli;
l'articolo 157 del decreto del Presidente della Repubblica n. 18 del 1967, come novellato dal decreto legislativo n. 103 del 2000, prevede che la retribuzione annua base del personale a contratto venga fissata dal contratto individuale, tenendo conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, del costo della vita e, principalmente, delle retribuzioni corrisposte nella stessa sede da rappresentanze diplomatiche, uffici consolari, istituzioni culturali di altri Paesi, in primo luogo di quelli dell'Unione europea, nonché da organizzazioni internazionali;
il riferimento vincolante al valore delle retribuzioni corrisposte da altri Paesi, non può essere considerato un parametro di priorità assoluta considerando che molti Paesi, per riservatezza, oppure per motivi fiscali, si rifiutano o forniscono parzialmente alle nostre rappresentanze i dati in parola. Questa priorità data al valore delle retribuzioni di altri Paesi dalla nostra normativa ha compromesso in più occasioni e compromette tuttora la concessione degli adeguamenti economici ai nostri lavoratori;
emerge una situazione paradossale che vede il nostro Paese rinunciare alla propria sovranità, subordinando le decisioni in materia di retribuzione del proprio personale a determinazioni di Stati terzi,

impegna il Governo:

ad intervenire con apposite iniziative normative - che tengano in opportuna considerazione le proposte formulate in sede parlamentare - miranti a rettificare la normativa in premessa disciplinante lo status retributivo e contrattuale degli impiegati della rete estera del Ministero degli affari esteri aventi contratto disciplinato dalla legge locale.
(7-00421)«Di Biagio».

La VII Commissione,
premesso che:
il settore dell'editoria nel nostro Paese è investito da una crisi molto pesante, la più grave dall'ultimo dopoguerra: oltre novanta testate, tra quotidiane e periodiche, di idee, cooperative, non profit, di partito, edite e diffuse all'estero e tante aziende dell'emittenza locale sono sull'orlo della chiusura;

si esprime preoccupazione per una tale drammatica prospettiva: si perderebbero circa 4.500 posti di lavoro, tra giornalisti e poligrafici, senza contare le conseguenze che ricadrebbero sugli enti di previdenza del settore; il sistema italiano dell'informazione non sarebbe più come prima; sarebbero scomparsi giornali, anche storici e di grande valore culturale, sarebbe più povero il dibattito politico, marginalizzato dalla precarietà anche con la chiusura di giornali di partito, sarebbero spente tante voci che raccontano la vita delle comunità locali; il pluralismo riceverebbe un colpo durissimo ed i cittadini sarebbero privati di una parte importante degli strumenti d'informazione e di conoscenza;
mercoledì 10 marzo 2010 si è condizionato, con voto unanime, il parere favorevole allo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante misure di semplificazione e riordino della disciplina di erogazione dei contributi all'editoria cosiddetto regolamento «Bonaiuti»: a) al ristabilimento, nelle more della riforma del settore, del diritto soggettivo; b) allo stanziamento delle risorse necessarie a coprire il fabbisogno per la erogazione dei contributi diretti derivanti dal calcolo effettuato sulla base della normativa vigente, superando così l'articolo 44 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112; c) al ripristino dei contributi per i giornali editi e diffusi all'estero nonché all'emittenza locale;
alcune associazioni del settore nel corso di una conferenza stampa tenuta il 5 ottobre 2010 nella sala stampa del Senato hanno avanzato delle proposte per reperire le risorse necessarie che non incidono affatto sui conti pubblici,

impegna il Governo

a garantire in tempi rapidi l'adozione del provvedimento di cui in premessa, anche tenendo conto di quanto rappresentato dalle associazioni del settore.
(7-00422) «Giulietti».

La VIII Commissione,
premesso che:
nel nostro Paese il dissesto idrogeologico è un fenomeno sempre più ricorrente, legato alla particolare conformazione geologica del territorio, alla fragile e mutevole natura dei suoli ed all'acuirsi delle variazioni climatiche estreme; fenomeni come i processi erosivi del suolo, le alluvioni, le esondazioni, gli arretramenti delle rive, le frane, le subsidenze, i terremoti comportano perdite di vite umane e ingenti danni materiali e ambientali; l'intervento umano e la pressione antropica sul territorio hanno accelerato o innescato tali processi naturali oppure hanno trasformato il territorio, rendendolo vulnerabile a processi destabilizzanti;
la pericolosità e i danni diffusi si manifestano, peraltro, anche a seguito di eventi non particolarmente intensi ma localizzati in aree fortemente urbanizzate e vulnerabili le cui cause sono, fra l'altro, da imputare alla inadeguatezza del reticolo idraulico urbano e secondario nonché ad uno sviluppo urbanistico impetuoso che, unitamente alla contrazione complessiva del presidio agricolo, aumentano consistentemente il rischio idraulico;
le aree a criticità idrogeologica sono pari al 9.8 per cento del territorio italiano; la superficie nazionale, classificata a potenziale rischio idrogeologico più alto, è pari a 21.551,3 chilometri quadrati (7,1 per cento del totale nazionale) suddivisa in 13.760 chilometri quadrati di aree franabili e 7.791 chilometri quadrati di aree alluvionabili; le aree a potenziale rischio di valanga ammontano a 1.544 chilometri quadrati, accorpate a quelle di frana; almeno il 60 per cento dei comuni italiani è a rischio idrogeologico molto elevato;
le dimensioni del fenomeno del dissesto idrogeologico vengono rese chiaramente da una panoramica di alcuni degli eventi che hanno interessato l'area italiana: 5.400 alluvioni e 11.000 frane

negli ultimi 80 anni, 70.000 persone coinvolte e 30.000 miliardi di danni negli ultimi 20 anni;
il fabbisogno necessario per la realizzazione degli interventi di sistemazione complessiva delle situazioni di dissesto del territorio nazionale ammonta a 44 miliardi di euro, di cui 27 per l'area del Centro-Nord, 13 per il Mezzogiorno e 4 per il patrimonio costiero;
la situazione degli stanziamenti per la difesa del suolo e il contrasto del dissesto idrogeologico evidenzia tuttavia negli ultimi due anni una progressiva restrizione delle risorse impegnate; la missione sviluppo sostenibile, tutela del territorio e dell'ambiente è passata dai quasi due miliardi del 2008 a poco meno di seicento milioni nel 2010; l'ultima legge finanziaria approvata nella XV legislatura aveva stanziato 558 milioni per l'esercizio finanziario del 2008 a favore del programma 18.1 (conservazione dell'assetto idrogeologico); la legge finanziaria 2010 ha invece registrato una previsione triennale per gli esercizi finanziari 2010, 2011 e 2012 in netta diminuzione, ammontante rispettivamente a 120, 94 e 89 milioni di euro;
in merito alla generale situazione di grave e diffuso rischio idrogeologico del Paese, il 26 gennaio 2010 la Camera dei deputati ha approvato una mozione unitaria che impegnava il Governo a presentare ed a dotare delle opportune risorse pluriennali il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico; ad oggi nessuna indicazione è formalmente pervenuta alla Commissione da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa l'assegnazione delle risorse finanziarie né in merito alla definizione del piano nazionale per la difesa del suolo;
la VIII Commissione della Camera ha più volte messo in evidenza, anche attraverso l'indagine conoscitiva sulle politiche per la difesa del suolo e la risoluzione sul Fondo regionale di protezione civile, la necessità di rafforzare la prevenzione e la pianificazione degli interventi per la messa in sicurezza del territorio; in tale ambito, la risoluzione 8-00040 dell'aprile 2009 ha impegnato il Governo ad attuare un organico programma di interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio;
la legge n. 191 del 2009 (legge finanziaria per il 2010), all'articolo 2, comma 240, ha destinato ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico (individuate dal Ministero dell'ambiente, sentite le autorità di bacino e il dipartimento della protezione civile) 900 milioni di euro a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture, peraltro non ancora ripartiti;
in questo quadro appare necessario adottare azioni integrate che consentano di affrontare efficacemente le emergenze derivanti da eventi calamitosi, attraverso un rapido riconoscimento, qualora ne sussistano le condizioni, dello stato di calamità naturale ed un tempestivo trasferimento dei fondi ai territori colpiti, ed insieme di attuare politiche di prevenzione e contrasto al rischio idrogeologico, fondate sulla collaborazione interistituzionale tra regioni, autorità di bacino ed enti locali nelle attività di pianificazione, controllo e corretta manutenzione del territorio, per le quali devono poter essere impiegate le necessarie risorse economiche a disposizione degli stessi enti locali;
nel periodo tra il 13 ed il 15 agosto 2010 si sono verificati violenti nubifragi nella zona di Lecco, con enormi danni alla rete di viabilità, colpita da smottamenti ed allagamenti. Le zone maggiormente colpite sono quelle di Olgiate Molgora e il Vamaderese, dove, a causa di una frana è stata interrotta la linea ferroviaria Monza-Molteno-Lecco; altre frane e smottamenti hanno interessato la strada provinciale n. 58 e la strada provinciale n. 180, mentre numerosi allagamenti hanno reso difficile la circolazione su tutta la rete stradale;
a seguito di tali eventi descritti i sindaci di Olgiate Molgora, Santa Maria

Hoè, Perego, Cernusco Lombardone, Montevecchia, Merate, Osnago, Lomagna, Airuno e Brivio hanno inviato, in data 18 agosto 2010, una lettera alla regione Lombardia, per segnalare lo straordinario disagio e i numerosi danni causati alle strutture pubbliche e private dalle abbondanti piogge e richiedere, ai sensi della DGR 22 dicembre 2008 n. 8-8755 e della legge n. 225 del 1992, il riconoscimento dello stato di calamità naturale per eventi classificabili come eventi di livello B) regionale;
in data 31 agosto 2010 i sindaci di Calolziocorte, Carenno, Casatenovo, Castello di Brianza, Colle Brianza, Dolzago, Erve e Molteno hanno inoltrato a rappresentanti del Governo, del Parlamento e della regione Lombardia una nota di segnalazione dei pesanti danni subiti a seguito degli eventi del 14 e 15 agosto, evidenziando le pesanti ricadute sul tessuto economico locale, già provato dalla congiuntura negativa, nonché sugli stessi enti locali impossibilitati, per i vincoli di finanza pubblica, ad adottare i necessari interventi di ripristino e messa in sicurezza dei luoghi, al fine di prevenire il verificarsi di nuove calamità;
ad oggi non risulta che siano stati assunti provvedimenti a beneficio delle comunità locali colpite dagli eventi calamitosi dello scorso agosto,

impegna il Governo:

a dare attuazione a quanto previsto dalla risoluzione n. 8-00040 approvata dalla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici il 21 aprile 2009 e dalla mozione unitaria approvata dalla Camera dei deputati il 26 gennaio 2010, che impegnano il Governo a presentare, dotandolo delle opportune risorse pluriennali, il piano nazionale straordinario per il rischio idrogeologico e ad attuare un organico programma di interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico e la manutenzione del territorio, anche attraverso l'utilizzo delle risorse messe a disposizione dalla legge finanziaria per il 2010;
ad assumere le iniziative di propria competenza affinché sia dichiarato in tempi rapidi lo stato di calamità naturale nel comune di Olgiate Molgora e negli altri comuni colpiti dall'alluvione, consentendo in tal modo l'individuazione di risorse straordinarie per fronteggiare la situazione di emergenza;
ad adottare, in particolare, le iniziative di propria competenza affinché sia consentito ai comuni del territorio lecchese colpiti dagli eventi calamitosi del 14 e 15 agosto 2010 di utilizzare le risorse economiche necessarie alla realizzazione degli interventi di ripristino e messa in sicurezza dei luoghi, al fine di prevenire il verificarsi di nuove calamità, anche prevedendo attraverso le opportune iniziative l'esclusione delle voci di spesa finalizzate a tali interventi dai vincoli di finanza pubblica ed in particolare dal patto di stabilità.
(7-00419)
«Braga, Codurelli, Mariani, Marantelli».

La X Commissione,
premesso che:
il settore orafo-argentiero-gioielliero rappresenta da sempre uno dei comparti manifatturieri di eccellenza nella promozione del made in Italy, che negli anni è riuscito a conquistare i primi posti nel mondo grazie alla creatività, al design, all'innovazione di prodotto e di processo e alla capacità di adottare sofisticate tecnologie assieme alla artigianalità dei propri manufatti;
il mercato degli oggetti preziosi vive oggi una prolungata fase di crisi: sui mercati internazionali si sono prodotti grandi cambiamenti ed il nostro Paese, che sembrava leader indiscusso del settore orafo, ha dovuto sperimentare il lato amaro della globalizzazione. All'inizio degli anni '90 la posizione dell'industria italiana era molto solida nel panorama internazionale. Non solo il nostro Paese si aggiudicava con largo margine il primato

della produzione, ma rappresentava l'unica realtà, tra i Paesi di una certa consistenza in termini di offerta, capace di piazzare sui mercati esteri il grosso della produzione. La dipendenza dal mercato interno si fermava infatti al 31,5 per cento del quantitativo prodotto. Sembrava una posizione inattaccabile, proprio perché mantenuta tanto a lungo in un settore a tecnologia matura. Tre erano i fattori di protezione dalla concorrenza dei paesi emergenti: la limitata incidenza del costo del lavoro sul prezzo finale del prodotto a causa dell'elevato valore della materia prima, il primato indiscusso in fatto di stile e tecnologia, l'organizzazione finanziaria a supporto dell'approvvigionamento di metallo. A partire dalla seconda metà dello scorso decennio la situazione è però rapidamente mutata. Sono intervenuti fattori nuovi sia sul fronte del mercato che su quello della produzione. La domanda dei paesi sviluppati ha infatti seguito un andamento disomogeneo, che ha penalizzato fortemente molti paesi europei, Germania e Italia su tutti, insieme al Giappone ed ha concentrato i fenomeni di crescita in Gran Bretagna e nel mercato a più elevato tasso di competizione: gli Usa. La domanda è invece cresciuta in modo significativo in paesi relativamente nuovi rispetto al panorama consolidato dei mercati: India, Emirati Arabi, Egitto, Pakistan, Brasile, Vietnam, Malesia. Sul lato dell'offerta c'è stata una forte diffusione di tecnologia ed un deciso salto organizzativo dei concorrenti che ha inciso notevolmente sia sull'efficienza che sulla qualità della produzione. È cresciuta anche l'attitudine a misurarsi nei mercati internazionali in parallelo alla discesa del grado di dipendenza dal mercato interno di riferimento dei paesi emergenti;
il risultato per il nostro Paese è la perdita della leadership mondiale dei quantitativi prodotti a vantaggio dell'India e nel 2006 anche della Cina. Nel decennio tra il 1998 ed il 2008 si è registrata una discesa della quota di produzione globale dal 16,8 per cento al 7,8 per cento;
le contraddizioni sono esplose dal 2003, ed il loro teatro principale è stato il mercato americano. Nel 1996 il principale concorrente non arrivava ad un terzo del peso italiano ed il nostro Paese era leader incontrastato con una quota del 31,3 per cento. La fetta di mercato del nostro paese si è contratta al 23,4 per cento nel 2000 per precipitare al 10 per cento nel 2005. Mentre le importazioni americane crescevano del 36,7 per cento nel corso del triennio 2005-2007, le vendite italiane subivano una pesantissima flessione pari al 37,2 per cento. In questo breve periodo c'è stato il superamento ed il doppiaggio della Cina e dell'India ed affiancati dalla Tailandia. Nell'ultimo biennio poi, a causa della crisi che ha colpito il mercato statunitense, si è verificata una contrazione delle importazioni di gioielleria del 24 per cento che ha colpito però in maniera diversa i vari Paesi importatori: la Cina infatti, con un -16,8 per cento a valori correnti, ha contenuto molto meglio le perdite dei rispettivi competitors (India -43 per cento, Thailandia -36 per cento, Italia -48 per cento). La crisi, quindi, ha acuito la mancanza di competitività dell'Italia sul mercato statunitense, tanto che nella classifica 2009 dei Paesi dai quali gli Stati Uniti importano preziosi, è stata scavalcata da Australia e Svizzera, cresciute nell'ultimo biennio rispettivamente del 431 per cento e del 211 per cento;
in questo sarebbero da verificare eventuali effetti dovuti a normative doganali differenziate. La conseguenza di questo progressivo indebolimento della posizione italiana negli Stati Uniti è la perdita da parte del mercato statunitense della qualifica di principale mercato di sbocco della produzione nazionale, superato dagli Emirati Arabi Uniti e dalla Svizzera, che potrebbe quindi aver assunto la funzione, oltre che di mercato finale, anche di area di smistamento verso gli Stati Uniti;
il deterioramento di competitività è stato indotto anche dagli andamenti valutari: il significativo apprezzamento dell'euro sul dollaro. Si rafforza così l'ulteriore effetto penalizzante dei dazi doganali,

tra l'altro calcolati sul valore degli oggetti preziosi al lordo della materia prima, che avvantaggia i concorrenti asiatici;
il sistema bancario ha di recente modificato l'atteggiamento rispetto alla concessione di crediti alle aziende orafe, rendendo il ricorso ad affidamenti bancari sempre più difficile. Le stesse banche, inoltre, hanno iniziato a chiedere rientri di metallo oggetto del prestito d'uso, costringendo le aziende alla chiusura;
la quantità di materia prima che compone i gioielli, in particolare quelli orafi, incide in modo forte sul prezzo del prodotto finito, pertanto i dazi, anche relativamente bassi, possono contribuire ad accrescere in modo significativo sul prezzo finale generato nel Paese importatore. Appare quindi chiaro come anche una minima variazione verso l'alto delle aliquote applicate in ingresso dagli Stati Uniti su manufatti orafi provenienti dall'Italia, rispetto a quelli importati da altri Paesi, possa avere un impatto notevole sulla price competition dei prodotti orafi-gioiellieri italiani. Basti pensare che, per quanto concerne gli USA, negli ultimi sette anni la quota di mercato dei prodotti orafi italiani si è ridotta ad un terzo, lasciando spazio ad Israele, India e Cina;
secondo la Consulta nazionale dei produttori orafi il principale obiettivo da perseguire negli scambi commerciali di settore è quello di ottenere una reciprocità di trattamento differenziata per Paesi appartenenti o meno all'OCSE. Per i primi occorrerebbe l'eliminazione totale delle tariffe su base reciproca (0-0), per i secondi l'eliminazione dei picchi tariffari e delle barriere non tariffarie. Una possibile soluzione a breve potrebbe essere per gli USA, che rappresentano uno dei principali mercati dell'export italiano, da alcuni anni in forte calo, quella intervenire presso l'Amministrazione USA per ottenere l'applicazione del dazio alla sola manifattura, quando la materia prima è fornita dal cliente USA. L'operazione è stata avviata nel 2008/2009 con il deposito presso il Congresso USA dell'emendamento alla normativa doganale americana. Occorre ora il forte supporto del Governo e dei Ministri degli affari esteri e dello sviluppo economico perché l'azione possa proseguire anche, ad esempio, attraverso un accordo a livello doganale UE-USA per equiparare le procedure doganali USA a quelle europee in materia di Traffico di Perfezionamento al fine di escludere la materia prima dal calcolo del dazio;
parallelamente in ambito WTO-NAMA la gioielleria è stata inserita tra i settori che potenzialmente potrebbero raggiungere un accordo settoriale di completa liberalizzazione («0x0») per il comparto. Il Commissario UE al Trade, Karol De Gucht, in due distinte lettere in giugno alle associazioni di categoria italiane e in luglio al Vice presidente della Commissione europea ha confermato l'attenzione della Commissione sul dossier «Gems and Jewellery»;
la Consulta nazionale dei produttori orafi ritiene che occorre compiere ogni sforzo per introdurre in Europa una legislazione a tutela dell'origine di prodotti e, in primis, del «made in Italy». In questo ambito si inserisce la proposta di un Regolamento Unione europea per l'etichettatura obbligatoria per i prodotti provenienti dai Paesi extra UE («made in ...»). Questa proposta, dopo 5 anni, è stata recentemente approvata dalla Commissione internazionalizzazione del Parlamento europeo ed è ora al vaglio del Consiglio Unione europea dove la posizione italiana è però ancora minoritaria rispetto a quella di molti Paesi del nord-Europa che non sono favorevoli a questo importante strumento informativo e di trasparenza);
la normativa in vigore sui metalli preziosi (decreto-legge n. 251 del 1999) non è in grado di tutelare al meglio i produttori italiani, soprattutto in considerazione dell'identità di marchio tra produttore nazionale ed importatore prevista purtroppo dalla normativa vigente. Occorre intervenire immediatamente per ottenere

una nuova normativa tesa ad introdurre importanti novità nella disciplina settoriale. È all'esame del Parlamento italiano una nuova legge sui metalli preziosi che prevede delle nuove disposizioni a tutela del produttore italiano. In particolare:
a) la differenziazione dei marchi di Stato tra produttori propriamente detti e gli altri soggetti che operano nel settore come i venditori di materie prime, gli importatori, i commercianti. Tale modifica è volta a fronteggiare i diffusi casi di oggetti fabbricati all'estero e introdotti in Italia per la sola «punzonatura» e successivamente esportati all'estero come prodotto made in Italy;
b) l'introduzione di una nuova disciplina delle importazioni che prevede l'obbligo di evidenziare sugli oggetti provenienti da paesi extra-UE lo Stato di provenienza e impone agli importatori regole rigide a cui attenersi e specifiche sanzioni per chi contravviene a tali doveri;
c) la razionalizzazione e l'incremento delle sanzioni previste in caso di non conformità alla legge;
la crescita esponenziale del fenomeno della contraffazione, non solo mina la legalità del settore suddetto ma, ancor peggio, introduce nel mercato prodotti con marchi/griffe false e beni che non possono essere considerati di origine italiana. Ciò vanifica gli sforzi che i nostri produttori fanno per aumentare la competitività delle imprese italiane nel rispetto delle regole previdenziali, ambientali e di qualità vigenti. Il fenomeno della contraffazione, inoltre, nega al consumatore le garanzie poste a sua tutela dalle leggi europee e nazionali;
nel rispondere all'atto di sindacato ispettivo n. 2-00275, il Governo ha dichiarato che dal 2000 è operativo presso l'ex Ministero del commercio estero il tavolo tecnico orafo che riunisce i rappresentanti delle principali associazioni di categoria e gli esponenti dell'amministrazione pubblica che a vario titolo si occupano del settore. Il tavolo menzionato però risulta essere operativo per il settore tessile e non contempla quelle che sono le specifiche esigenze delle associazioni di categoria che rappresentano il settore orafo-argentiero-gioielliero: più numerose facilitazioni nell'accesso ai mercati terzi, maggiore salvaguardia del made in Italy, semplificazione nell'accesso al credito per le aziende, aumento degli investimenti in ricerca ed innovazione,

impegna il Governo

a istituire e convocare con urgenza uno specifico tavolo settoriale interministeriale di natura politica che preveda la partecipazione dei dicasteri interessati al settore (Ministero dell'interno, Ministero dello sviluppo economico, Ministero degli affari esteri, Ministero dell'economia e delle finanze) al fine di salvaguardare e valorizzare la produzione del settore metalli preziosi, rafforzare l'attività di controllo e lotta alle sopraffazioni, definire misure capaci di affrontare l'emergenza relativa alla crisi occupazionale, adottare un complesso di misure strutturali atte a far superare al settore il grave stato di crisi e mettere a punto una concreta politica industriale.
(7-00420)
«Lulli, Mattesini, Nannicini, Froner, Peluffo, Marchioni, Vico, Quartiani, Lovelli».

...

ATTI DI CONTROLLO

PRESIDENZA
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Interrogazione a risposta in Commissione:

TOMMASO FOTI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in data 31 ottobre 2000 il comune di Piacenza ha presentato istanza al Ministero

delle finanze (ora, dell'economia e delle finanze) - direzione compartimentale del territorio Emilia-Marche al fine di ottenere la sdemanializzazione (e, successivamente, la cessione o concessione a proprio favore) delle opere collettore settentrionale, collettore rifiuto e impianto idrovoro Finarda site nel comune di Piacenza, siccome non più esercenti funzioni di bonifica, sibbene fognarie;
il 25 giugno 2010 è entrato in vigore il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, recante «attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'articolo 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42» che dispone che con uno o più decreti attuativi del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuati i beni statali che possono essere attribuiti a titolo non oneroso a comuni, province, città metropolitane e regioni -:
se intenda confermare che le opere in premessa indicate risultano inserite nei decreti di cui sopra, così consentendo al comune di Piacenza di potere acquisirle a dieci anni dalla evocata istanza.
(5-03620)

Interrogazioni a risposta scritta:

TRAPPOLINO, VICO, SERENI, BOCCI, VERINI e GOZI. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
il polo chimico di Terni ha per anni rappresentato la più avanzata esperienza industriale nel settore degli alti polimeri. Tramite le fondamentali scoperte del premio Nobel Giulio Natta, il polo ternano si affermò a livello nazionale e internazionale. Nei centri di ricerca annessi alle industrie chimiche di Terni, Natta metterà a punto la sintesi del polipropilene isotattico. Successivamente, in quei laboratori vennero sviluppati i processi per la produzione delle fibre e del film in polipropilene in seguito commercializzati, rispettivamente, con la sigla Merak e la sigla Moplen;
la attuale produzione di polipropilene è stata, in tempi recenti, assicurata dalla multinazionale LyondellBasell, insediata in Italia con propri stabilimenti a Terni, Ferrara e Brindisi. Il 24 febbraio 2010 la società olandese ha comunicato ufficialmente di voler procedere alla dismissione del sito ternano, nonostante i risultati di eccellenza da questo conseguiti e gli utili registrati nel 2009 (oltre 9 milioni di euro). La decisione della multinazionale è il risultato di un piano di ristrutturazione mondiale conseguente alla crisi che avrebbe colpito, stando alle affermazioni della società, il settore mondiale dei polimeri;
la decisione della LyondellBasell si è immediatamente riversata sui 120 occupati (più 60 indiretti) dello stabilimento ternano e sulle altre quattro aziende ad essa collegate. La cessazione dell'attività di produzione del polipropilene da parte dell'industria olandese ha quindi messo una pesantissima e grave ipoteca sulle prospettive dell'intero polo chimico di Terni, in ragione delle caratteristiche di integrazione proprie della produzioni e del complesso delle funzionalità organizzative e di servizio del sito;
complessivamente, sono oltre 1.000 gli occupati diretti e indiretti coinvolti in questa crisi che, alla fine di settembre 2010, ha subito un'ulteriore accelerazione in relazione alle vicende legate alla Meraklon Yarn e Meraklon Spa, tanto da costringere istituzioni umbre e sindacati a rivolgersi al Ministero dello sviluppo economico per richiedere la convocazione urgente di un incontro «per un esame puntuale ed esaustivo della grave situazione che investe il Polo Chimico ternano»;
la ricerca di nuove soluzioni industriali per il polo chimico di Terni deve ribaltare la logica difensiva e di salvataggio. Quello che è decisivo è la possibilità di una nuova politica industriale capace di

sperimentare modalità innovative per il rilancio di uno dei settori di base dell'industria italiana, avendo cognizione, tuttavia, della natura dei vincoli rappresentati sia dall'esaurimento dei fondi della legge n. 181 del 1989 a livello nazionale sia dall'approvazione nel 2007, da parte della Commissione europea, della «Carta degli aiuti di Stato a finalità regionale» che per l'area ternana esclude la possibilità di finanziare gli investimenti delle grandi imprese;
all'interno del polo chimico ternano esistono tuttavia risorse tecnologiche e industriali per avviare un programma di reindustrializzazione e di sviluppo tale da rappresentare un driver di innovazione sui temi della sostenibilità e compatibilità ambientale della chimica moderna. Sono inoltre presenti, sempre all'interno del medesimo compendio produttivo, condizioni dimensionali, organizzative e di servizio in grado di attuare un programma di intervento compiuto e gestibile in una dimensione produttiva e finanziaria adeguata rispetto agli impegni che ciascuno dei soggetti coinvolti, pubblici e privati, potrebbe assumere;
lo schema di intervento per lo sviluppo industriale del polo chimico di Terni elaborato dalla regione Umbria prevede tre punti fondamentali: 1) un ruolo attivo e coordinato del Governo nazionale e delle istituzioni regionali e locali al fine di impegnare, a fianco del Ministro dello sviluppo economico, la Presidenza del consiglio in una vicenda che va oltre i confini regionali e presenta profili di rilevante interesse nazionale; 2) l'individuazione di un organismo tecnico di elevato standing che possa fungere da supporto nella costruzione del programma di sviluppo e da advisor rispetto alla selezione delle iniziative produttive; 3) la strutturazione di interventi coordinati pubblici e privati per l'attuazione del programma di sviluppo attraverso lo strumento dell'accordo di programma;
nel luglio 2010 il Ministero dello sviluppo economico, nel contesto istituzionale della sede stabile di concertazione tra governo e regioni, annunciò la presentazione di un programma di politica industriale incentrato su tre aree tecnologiche relative alla 1) chimica verde; 2) alla mobilità sostenibile; 3) al Made in Italy. Il programma - finalizzato alla proposizione di modelli e strumenti per lo sviluppo industriale di specifiche aree di crisi - avrebbe dovuto disporre delle risorse di cui alla delibera CIPE del 26 giugno 2009 per un importo pari a 300 milioni di euro -:
se il Ministro - al fine di affrontare la crisi del polo chimico di Terni con una strumentazione politica-amministrativa più adeguata e cogente rispetto al precedente protocollo di intesa del 5 agosto 2005 per lo sviluppo del territorio dei comuni di Terni e Narni siglato da Governo, regione, istituzioni locali, parti sociali ed imprese - intenda procedere alla definizione di un accordo di programma teso a mobilitare, a fronte di un piano di sviluppo, strumenti di intervento e risorse nazionali da destinare allo sviluppo industriale del polo e dell'intero settore della chimica della provincia di Terni, ciò anche in ragione dell'articolo 2, comma 2, della legge n. 99 del 23 luglio 2009 «Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia» che prevede l'attivazione di accordi di programma per sistematizzare attività, risorse ed iniziative industriali disponibili in maniera coordinata a fronte di situazioni che abbiano un impatto rilevante sulla politica industriale nazionale;
se il Ministro intenda - al fine di gestire la complessità di una situazione che richiede una gestione organica e coordinata di un programma di sviluppo industriale delle produzioni chimiche all'interno del sito ternano - incaricare l'Agenzia nazionale per l'attrazione di investimenti e lo sviluppo di impresa al fine di poter svolgere la funzione di advisor per il montaggio e la definizione del programma di sviluppo industriale, posto che la multinazionale LyondellBasell potrebbe rendere disponibile, a determinate condizioni,

lo stabilimento ternano ad investitori anche nell'ottica della salvaguardia dei livelli occupazionali dell'azienda e dell'intero insediamento;
se la Presidenza del Consiglio intenda svolgere un ruolo di primo piano in un vicenda che, per la complessità delle relazioni e le forti potenzialità nel segmento della chimica verde, non può essere certamente costretta ad una dimensione locale.
(4-09097)

DI STANISLAO. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro della gioventù. - Per sapere - premesso che:
dal 15 ottobre 2010 è arrivato in Italia il videogame «medal of honor» ambientato in pieno campo di battaglia Afghano. Il prodotto è stato creato da electronic arts e da ex soldati americani e può essere utilizzato su Xbox 360, PS3 e PC;
in tutti i Paesi, Stati Uniti per primi, l'annuncio del videogame è stato accompagnato da molteplici polemiche e attacchi, tra le quali spiccano quella di Benjamin Busch, veterano del conflitto in Iraq che attacca il modo con cui medal of honor rappresenta la guerra in Afghanistan perché sebbene sia solo fiction, equipara la guerra alla pratica dei videogiochi. Alla fine di agosto il Ministro della difesa britannico, Liam Fox, in un'intervista al Sunday Times aveva chiesto esplicitamente il bando del gioco chiedendo ai rivenditori di mostrare il loro supporto alle forze armate e di bandire questo prodotto privo di gusto. Dello stesso avviso sono stati i Ministri della difesa danese e canadese. All'inizio di settembre il generale maggiore Bruce Casella, comandante dell'Army and Air Force Exchange Service (AAFES), chiede di vietare la vendita del gioco nei negozi installati all'interno delle basi americane, in qualsiasi zona del mondo. Un vero e proprio embargo etico-commerciale, operato «nel rispetto di tutti coloro che prestano servizio per gli Stati Uniti», come da comunicato ufficiale;
il videogioco medal of honor ambientato durante l'operazione Enduring freedom è caratterizzato da un realismo crudo mai visto prima in nessun altro videogioco di guerra che ricalca quasi fedelmente la realtà. All'inizio del gioco sono presenti diverse mappe dei percorsi e obiettivi da perseguire, peraltro anche questi verosimili e utilizzate in quei territori, e tre tipologie di armi ma, man mano che si prosegue nei livelli, si aggiungono altri strumenti di combattimento;
sebbene la Electronic Arts, abbia fatto marcia indietro e ora i talebani sono definiti «fazione opposta», il risultato non cambia;
riprodurre in modo realistico un conflitto ancora in corso che ha causato, sta causando e sicuramente causerà ancora tanto dolore e tante vittime è decisamente inopportuno;
oltre tutto a tre giorni dall'arrivo nel mercato italiano è già possibile scaricare il gioco da internet e sebbene il videogioco sia etichettato PEGI 18+, vietato ai minori di 18 anni, è palesemente evidente che finirà nelle mani dei minorenni;
in merito a ciò in Italia si è espresso anche il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell'ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), denunciando che nonostante i divieti, finirà nelle mani dei minori, che notoriamente sono particolarmente influenzabili e suggestionabili. Il potere che può avere un videogioco sulla psiche di un bambino è enorme, e ci si chiede se la situazione di guerra riproposta, con annessa possibilità di guidare una banda di talebani o forze di opposizione che siano, e uccidere i soldati occidentali, possa rappresentare un potenziale pericolo per i minori;
la messa in vendita di un videogame che permetterà a tutti, bambini compresi, di scegliere di stare dalla parte delle forze occidentali o forze opposte e addentrarsi virtualmente nello scenario di guerra appare all'interrogante decisamente e senza

alcuna giustificazione di pessimo gusto e contro ogni senso di civiltà e di rispetto;
non c'è censura o retorica che tenga: indignarsi per «giochi» di questo tipo è l'unica risposta che si può e si deve dare per arginare la deriva morale e diseducativa che da più parti viene alimentata e riversata sulla nostra società;
in passato altri videogiochi (come six Days in Fallujah di Konami) erano già caduti nel tentativo di rappresentare la guerra in Afghanistan, costretti però dalle polemiche a un frettoloso ritiro dal mercato;
educare all'utilizzo dei media, filtrare le immagini che vengono diffuse in TV, parental control su internet sono in netto contrasto con l'autorizzazione a vendere un videogame dove il bambino o l'adolescente o lo stesso adulto può ritrovarsi dentro un vero campo di battaglia. Una battaglia attuale, una battaglia che riempie quotidianamente l'informazione pubblica e che diventa sempre più critica a livello politico, istituzionale, morale e sociale;
in una società in cui sempre più spesso si confonde la realtà con i reality e la linea tra reale e virtuale si assottiglia sempre di più è inaccettabile trasformare una missione in corso in un videogame -:
quali iniziative anche normative si intendano assumere per impedire la commercializzazione di tali videogiochi nel nostro Paese.
(4-09116)

MAZZARELLA, PICCOLO, SARUBBI, NICOLAIS, CIRIELLO e BOSSA. - Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
l'indagine sui falsi invalidi a Napoli, emersa da mesi all'attenzione della stampa nazionale, ha portato all'arresto di un consigliere della 1a Municipalità di Napoli (Chiaia-San Ferdinando-Posillipo), nonché del direttore amministrativo e del funzionario addetto alle pratiche;
il consiglio della municipalità ha approvato all'unanimità un documento con il quale si condannava fortemente l'accaduto, esprimendo al contempo pieno sostegno alle forze dell'ordine ed alla magistratura ed auspicando una rapida pulizia dei dipendenti infedeli;
tutta la vicenda ha colpito negativamente la municipalità nel suo complesso politico ed amministrativo;
è necessario salvaguardare l'onorabilità del personale amministrativo e politico della municipalità;
è stato chiesto al sindaco ed all'assessore alla legalità di promuovere la costituzione di parte civile dell'ente comune di Napoli nel processo intentato contro i presunti colpevoli, non avendo la municipalità la personalità giuridica per costituirsi;
dal momento che le indagini sono ancora in corso e che la sola costituzione di parte civile non risolve il problema della verifica del livello di condizionamento della 1a Municipalità da parte presenze o infiltrazioni malavitose, sarebbe opportuno che il prefetto di Napoli proceda all'invio presso la 1a Municipalità della commissione di accesso ai sensi degli articoli 59 comma 7, 143 comma 1, e 146 comma 1 del decreto legislativo n. 267 del 2000 -:
come intendano procedere rispetto alla richiesta di procedura della Commissione d'accesso, individuata dalla municipalità come l'unica possibilità per restituire ad essa e al suo personale amministrativo ed agli eletti l'onore politico così gravemente compromesso.
(4-09121)

AFFARI ESTERI

Interrogazione a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, CAPANO, CAVALLARO, CIRIELLO, CONCIA, CUPERLO, MELIS, PICIERNO, PISTELLI, ROSSOMANDO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI, TOUADI e MARIANI. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
diversi organi di informazione adombrano sospetti sulla mancata prontezza dei soccorsi e sulla morte di Daniele Franceschi, avvenuta il 25 agosto nel carcere francese di Grasse, e sulle modalità di conservazione e trasporto della salma, che è stata restituita alla famiglia in ritardo, senza organi ed in uno stato di avanzata decomposizione che rende difficoltosa una autopsia in territorio italiano;
gli stessi organi di informazione riferiscono, inoltre, che nel corso di una protesta contro le autorità francesi per i continui ritardi e dinieghi, la madre del giovane è stata fermata, trattenuta e malmenata dalle guardie carcerarie riportando gravi lesioni -:
se il Ministro, con gli strumenti messi a disposizione dalla legislazione vigente, sia in grado di ricostruire le modalità di soccorso e le cause della morte di Daniele Franceschi, il trattamento, i tempi e la conservazione della salma dello stesso e se intenda assumere iniziative per fare piena luce su questi accadimenti e sulle violenze subite dalla madre.
(5-03645)

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
Numerosi connazionali, autorità consolari, esponenti politici e parlamentari hanno più volte sottolineato l'esigenza di una sistemazione della «Casa d'Italia» di Zurigo, il più importante centro di ritrovo delle iniziative ed istituzioni italiane nella città svizzera;
oltre alle difficoltà già sottolineate nella gestione dell'edificio, in occasione di un recente incontro che l'interrogante ha avuto con la comunità italiana in Svizzera si è avuta notizia che le autorità locali sono intenzionate a togliere alla «Casa d'Italia» l'agibilità abitativa per il suo perdurante non collegamento degli scarichi con la rete fognaria della città;
un gruppo di italiani residenti in Svizzera si sarebbe detto disposto a contribuire almeno in parte a sostenere i lavori necessari per la sistemazione e messa a norma dell'edificio -:
al di là del grave danno di immagine che deriverebbe dalla chiusura della struttura, quale sarebbe il futuro delle numerose attività sociali e scolastiche che hanno sede nel centro italiano di Zurigo;
quali iniziative intenda con urgenza intraprendere il Ministero per intervenire concretamente su questo immobile al fine di mantenere l'agibilità edilizia e la sua fruizione per le nostre istituzioni a Zurigo.
(4-09093)

GIRLANDA. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
la lotta al terrorismo di matrice fondamentalista islamica vede l'impegno di contingenti militari italiani su diversi fronti a livello internazionale, tra cui i più rilevanti sono stati quello iracheno e, attualmente, quello afghano;
il regime iraniano non ha mai smentito in maniera ufficiale il proprio assenso morale ed operativo nei confronti della strategia terroristica messa in atto da Al Qaeda o dagli appartenenti all'ex governo talebano dell'Afghanistan;
in alcuni attentati nei quali sono stati coinvolti militari dei Paesi che fanno parte della missione Isaf è stato rinvenuto materiale che potrebbe far supporre un supporto da parte dello stesso regime iraniano -:
se i Ministri interrogati siano in possesso di dati o informazioni che documentino modalità, genere e frequenza di eventuali aiuti di carattere bellico o logistico-operativo da parte del regime iraniano nei

confronti di Al Qaeda o dei guerriglieri talebani.
(4-09102)

DI STANISLAO. - Al Ministro degli affari esteri, al Ministro della giustizia, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Consiglio dell'Unione Europea ha invitato gli Stati europei, tra cui l'Italia, a ratificare entro il 5 Giugno 2010 la Convenzione dell'Aja del 19 Ottobre 1996 sulla «competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori» (decisione 2008/431/CE);
l'Italia ha firmato la Convenzione nel maggio 2003 e non ha ancora provveduto alla ratifica;
si tratta dell'unico trattato che si applica alla quasi totalità dei provvedimenti relativi ai minori in difficoltà, creato per contribuire a fondare uno spazio giudiziario comune. Uno strumento che, se applicato, permetterebbe di dare risposta a un'infinità di situazioni irrisolte in cui si trovano oggi migliaia di bambini in difficoltà familiare: minori non accompagnati, bambini che provengono da Paesi colpiti da catastrofi naturali o eventi bellici, minori in kafala (strumento di tutela dell'infanzia dei Paesi del Nord Africa), minori in difficoltà familiare che non sono ancora stati adottati;
la Convenzione prevede una procedura di consultazione, da parte dell'autorità competente a disporre le «misure di protezione della persona e dei beni del minore» (dello Stato di residenza del minore), della «autorità centrale» dello Stato nel quale il provvedimento dovrà essere eseguito. L'articolo 33, comma 2, stabilisce infatti che «la decisione sul collocamento o l'assistenza (del minore) potrà essere presa nello Stato richiedente solo se l'Autorità centrale (...) dello Stato richiesto avrà approvato tale collocamento o assistenza, tenuto conto del superiore interesse del minore»;
la Commissione europea considera questa Convenzione estremamente importante per la protezione dei diritti dei minori nelle situazioni di custodia di tipo internazionale e che coinvolgono più Stati. La mancata ratifica della Convenzione da parte dell'Italia fa emergere il rischio che la Commissione europea attivi una procedura di infrazione che potrebbe anche comportare una sanzione pecuniaria per il mancato rispetto del diritto comunitario;
tra l'altro, l'articolo 3 del Trattato di Lisbona in vigore dal 1o dicembre 2009 recita «L'Unione combatte l'esclusione sociale e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore»;
sebbene il Ministero dell'interno abbia posto inizialmente una riserva tecnica sulla kafala, evidenziando la necessità di verificarne la compatibilità con l'ordinamento italiano e le esigenze di tutela dei minori, in data 6 ottobre 2010 durante un question time in Commissione Esteri della Camera relativo all'argomento in questione, il Governo ha dichiarato che «il fatto che il Ministero dell'interno abbia sciolto - con riferimento alla sola kafala giudiziale - la riserva precedentemente posta, permette al Ministero della Giustizia di riconvocare il tavolo interministeriale perché, nei tempi consentiti dagli ultimi necessari approfondimenti, possa essere completato il complesso concerto finalizzato al ddl governativo di ratifica della Convenzione» -:
con quali tempi e modalità il Governo intenda procedere alla presentazione del disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione dell'Aja, non sussistendo altri impedimenti procedurali.
(4-09103)

TESTO AGGIORNATO AL 21 OTTOBRE 2010

AMBIENTE E TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
VIII Commissione:

GUIDO DUSSIN, TOGNI, LANZARIN e ALESSANDRI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 2 della legge 23 dicembre 2009, n. 191, comma 240, ha destinato ai piani straordinari diretti a rimuovere le situazioni a più elevato rischio idrogeologico individuate dalla direzione generale competente del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le autorità di bacino, le risorse assegnate per interventi di risanamento ambientale con delibera del CIPE del 6 novembre 2009, pari a 1.000 milioni di euro, a valere sulle disponibilità del Fondo infrastrutture e del Fondo strategico per il Paese a sostegno dell'economia reale;
l'articolo 17, comma 2-bis, del decreto-legge 20 dicembre 2009, n. 195, convertito, con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2010, n. 26, ha destinato una parte di tali finanziamenti, pari a 100 milioni di euro ad interventi urgenti concernenti i territori delle regioni Emilia-Romagna, Liguria e Toscana colpiti dagli eventi metereologici eccezionali dell'ultima decade di dicembre 2009 e dei primi giorni del mese di gennaio 2010;
la restante parte delle risorse, pari a 900 milioni di euro, secondo modalità descritte dal sopra citato articolo 17, sono destinate ad interventi urgenti nelle situazioni a più elevato rischio idrogeologico e al fine di salvaguardare la sicurezza delle infrastrutture e il patrimonio ambientale e culturale, da utilizzare anche previo «accordo di programma sottoscritto dalla regione interessata e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare che definisce, altresì, la quota di cofinanziamento regionale a valere sull'assegnazione di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni, che ciascun programma attuativo regionale destina a interventi di risanamento ambientale» -:
quale sia lo stato di avanzamento degli accordi di programma sottoscritti con le regioni e del relativo finanziamento degli interventi, anche in considerazione della situazione di emergenza da rischio idrogeologico in cui versano alcune zone del Paese.
(5-03630)

MARIANI, IANNUZZI, REALACCI, BRATTI e BONAVITACOLA. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
come comprovato da recenti e ripetuti accadimenti, riportati da svariati organi d'informazione locale e nazionale, la situazione di emergenza nello smaltimento dei rifiuti in regione Campania è ben lungi dall'essere superata e presente criticità sempre più forti;
sulla base dei dati ufficiali fin qui disponibili (comunicati dal Sottosegretario Bertolaso alla VIII Commissione lavori pubblici e ambiente della Camera dei deputati il 1o luglio 2010) in Campania la produzione annua di rifiuti è pari a tonnellate 2.567.642, di cui 1.997.303 di rifiuti indifferenziati e 570.339 di rifiuti differenziati (il 22,21 per cento del totale annuo complessivo);
il trend di crescita della raccolta differenziata rimane lento e presenta un quadro differenziato fra le diverse province della regione: Salerno (38,31 per cento); Avellino (36,50 per cento); Benevento (26,59 per cento); Napoli (18,04 per cento); Caserta (13,25 per cento);
sono poi del tutto deludenti i risultati connessi alla capacità di smaltimento del termovalorizzatore di Acerra, con due linee su tre in blocco quasi permanente

(con conseguente trattamento di rifiuti ridotto ad 1/3 delle 600.000 tonnellate/anno previste a pieno regime);
critica è la situazione delle discariche oggi attive (Savignano, S. Arcangelo Trimonte, S. Tammaro, Chiaiano, Terzigno-Cava Vitiello) che a fronte di una capienza complessiva di 4.800.000 tonnellate, hanno una residua disponibilità ricettiva di circa 1.600.000 tonnellate;
pertanto le discariche oggi aperte sono in fase d'imminente saturazione, a fronte dell'assenza di concrete iniziative per l'individuazione delle discariche occorrenti a gestire la fase intermedia fino alla realizzazione di un'idonea rete impiantistica di termovalorizzazione; unica eccezione riguarda l'ostinazione ad aprire una discarica nel comune di Terzigno, del tutto ingiustificata e inaccettabile per le insostenibili ricadute ambientali in un'area di grande valenza paesaggistica nella cinta vesuviana;
l'attuale quadro legislativo statale sottopone la Campania ad un persistente commissariamento «surrettizio», dando luogo ad un immotivato regime differenziato nei confronti di tutte le altre regioni anche in difformità dei principi costituzionali a base del nostro ordinamento istituzionale, sia per le attività di raccolta, smaltimento e gestione dei rifiuti e della raccolta differenziata, sia per la riscossione e gestione di TARSU e TIA;
la Campania è l'unica regione dove è stata proclamata per legge la chiusura della fase di emergenza, ma non trova applicazione la normativa dettata dal Codice dell'ambiente di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, con grave compromissione delle legittime prerogative dei comuni, nonostante le più recenti modifiche della legislazione regionale introdotte con l'articolo 1, comma 68, della LRC n. 2/2010 (finanziaria regionale per l'anno 2010) -:
quali concrete iniziative il Governo sta predisponendo per evitare l'aggravamento drammatico della situazione legata al ciclo dei rifiuti in Campania e se abbia effettuato un bilancio degli effettivi esiti applicativi della provincializzazione del ciclo dei rifiuti disposta dal decreto-legge n. 195 del 2010 convertito dalla legge n. 26 del 2010 e quali modifiche intenda apportare, anche alla luce delle ripetute e generalizzate sollecitazioni avanzate dalle amministrazioni provinciali campane e dalle ripetute, motivate e preoccupate critiche espresse praticamente dalla generalità dei comuni campani, che in questi mesi hanno denunziato come la normativa attuale conduca alla paralisi e stia aprendo le porte ad una nuova e devastante crisi.
(5-03631)

LIBÈ, NUNZIO FRANCESCO TESTA e TORTOLI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
il mare di Cuma, in Campania, nell'area vulcanica dei Campi Flegrei, è soggetto da molti anni ad un forte inquinamento che rende impraticabile la balneazione e compromette seriamente l'equilibrio ambientale dell'intera area, nonché il regolare svolgimento delle attività economiche legate al turismo della zona;
gli scarichi industriali, i liquami agricoli e il deflusso delle acque sporche raggiungono il mare senza essere adeguatamente filtrati e puliti attraverso il canale di scarico di un depuratore che da anni non funziona correttamente e che, con il passare del tempo, utilizza impianti sempre più obsoleti;
l'impianto in questione è affidato alla società Hydrogest Campania S.p.A. a cui è stata assegnata nel 2003 in concessione la gestione e la rifunzionalizzazione di alcuni impianti dislocati nel territorio campano;
da anni è in corso una forte controversia tra la società in questione e gli enti locali interessati per competenza, che ostacola il regolare svolgimento delle opere di manutenzione e adeguamento necessarie per garantire standard qualitativi a norma di legge dell'impianto;

la Commissione ambiente, energia e protezione civile della regione Campania ha approvato in data 28 luglio 2010 all'unanimità la proposta di legge per la costituzione di una commissione di inchiesta sulla gestione del sistema di depurazione in Campania affidato alla Hydrogest Campania;
il sindaco di Bacoli ha recentemente inviato una lettera all'attenzione della società concessionaria allo scopo di conoscere le iniziative che codesta ha messo in atto ed intende implementare per la risoluzione concreta del problema, per i danni ambientali creati e per la tutela della salute dei cittadini;
la Hydrogest lamenta la mancata corresponsione da parte degli enti locali dei trasferimenti dovuti e necessari a mettere in atto i lavori mancanti di completamento delle strutture;
a fronte di una questione che dura oramai da decenni, è necessario intervenire celermente circa la risoluzione delle suddette problematiche ed intervenire tempestivamente per scongiurare gravi danni ambientali e, inoltre, per prevenire danni irreparabili della salute dei cittadini -:
se non ritenga opportuno attivarsi per verificare l'effettivo stato della situazione e assumere tutte le iniziative in suo potere per far fronte alla risoluzione della problematica che mette a repentaglio l'ecosistema e la salute dei cittadini che vivono nella zona.
(5-03632)

PIFFARI. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la società consortile Castalia, costituita dal 1987 a che aggrega le principali compagnie di navigazione dedite al soccorso antinquinamento in mare, dal 2004 espleta servizio di vigilanza, prevenzione e abbattimento degli inquinanti del mare per conto del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e dell'ispettorato centrale di difesa del mare dell'ex Ministero della marina mercantile;
tale servizio ha visto impegnate 35 unità navali adeguatamente attrezzate e dislocate in altrettanti porti italiani;
dal gennaio 2010 questo servizio è attivo in base a un contratto ponte di 7 mesi, condizionato dalla Corte dei conti all'emanazione di un nuovo bando di gara, pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell'8 febbraio 2010 con scadenza 9 settembre 2010;
il contratto ponte è scaduto il 5 ottobre 2010 e con il mancato espletamento delle procedure del nuovo bando l'Italia rischia di rimanere sprovvista di tale servizio;
il mancato espletamento del bando è dovuto a imperfezioni del capitolo tecnico e dalla discrasia fra i costi da sostenere e la disponibilità di fondi;
tale situazione, stando a quanto appreso dalla stampa, rischia di provocare il disarmo di mezzi e attrezzature -:
se il Ministro interrogato intenda intervenire con urgenza per scongiurare il rischio di sospensione di un servizio tanto strategico per il Paese.
(5-03633)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BRATTI, MARIANI, BRAGA, REALACCI, MORASSUT, MARGIOTTA, FRANCESCHINI, SORO e GINOBLE. - Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la gestione dei siti contaminati rappresenta uno dei maggiori problemi ambientali per i Paesi europei. Recenti dati della European environmental agency (EEA) mostrano come la contaminazione del suolo derivante da attività industriali, stoccaggio di rifiuti, attività minerarie, perdite da serbatoi e linee di trasporto degli idrocarburi, rappresenta una delle più importanti minacce. La presenza di sostanze potenzialmente pericolose nel

suolo, sottosuolo, nei sedimenti e nelle acque sotterranee può portare ad effetti negativi sulla salute dell'uomo e sugli ecosistemi;
sulla base dei dati raccolti dall'ISPRA (già APAT) e riportati nell'annuario dei dati ambientali 2008 in Italia i siti potenzialmente contaminati sono circa 15.000. Fra questi oltre 3.400 sono stati dichiarati già contaminati. Si tratta di un numero impressionate destinato a crescere ogni anno. A tale numero vanno aggiunti gli oltre 1.500 siti minerari abbandonati censiti e le aree comprese nei 57 siti di interesse nazionale ad oggi istituiti dal Ministro del'ambiente e della tutela del territorio e del mare che corrispondono a circa il 3 per cento dell'intero territorio italiano e a oltre 330.000 ettari di aree a mare;
all'interno dei 57 siti di interesse nazionale (mega-siti contaminati) ricadono le più importanti aree industriali della penisola: tra queste i petrolchimici di Porto Marghera, Brindisi, Taranto, Priolo, Gela; le aree urbane ed industriali di Napoli Orientale, Trieste, Piombino, Massa Carrara, La Spezia, Brescia, Mantova, Milano. Il quadro della contaminazione nei siti di interesse nazionale è notevolmente complesso, in quanto nella maggior parte dei casi attività industriali di diversa origine ed intensità si sono susseguite negli anni, compromettendo irreparabilmente l'utilizzo delle risorse ambientali e paesaggistiche e creando vere e proprie emergenze sanitarie come nel caso dei siti di Brescia, di Priolo e di vaste aree della Campania;
nel novembre 2008 i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare hanno sottoscritto un documento tecnico che individua tra le aree di preminente interesse per il recupero ambientale di siti contaminati il sito di Pioltello-Rodano (provincia di Milano);
il sito di interesse nazionale di Pioltello e Rodano, in provincia di Milano, è stato incluso nell'elenco dei siti di bonifica di interesse nazionale con la legge n. 388 del 2000 ed è stato perimetrato con decreto ministeriale 31 agosto 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 252 del 29 ottobre 2001;
il perimetro del sito di interesse nazionale, di estensione pari a circa 830.000 metri quadrati, include interamente il polo chimico ubicato al confine tra i territori comunali di Pioltello e di Rodano (localizzati a est del capoluogo di provincia), delimitato a nord dal tracciato ferroviario e a sud dalla strada provinciale 14 «Rivoltana»;
a sud del polo chimico insiste il confine del parco agricolo sud Milano;
nell'area erano stati realizzati dalla SISAS alcuni pozzi per abbassare la falda sottostante il corpo delle discariche presenti in area ex-SISAS, tramite emungimento, al fine di impedire il contatto tra la falda e il fondo delle discariche medesime. L'esercizio di tali pozzi è stato assicurato dalla curatela, con oneri a proprio carico, dal 2000 fino al gennaio 2006. Dal febbraio 2006 i comuni di Rodano e Pioltello sono subentrati - per il mantenimento delle condizioni di messa in sicurezza della falda idrica - alla curatela fallimentare a causa della manifestata indisponibilità di quest'ultima a continuare l'intervento. Ad oggi tale intervento risulta a carico del privato acquirente dell'area;
in data 18 aprile 2001 viene emessa dal tribunale di Milano, sezione II la dichiarazione di fallimento della società SISAS spa e viene nominato un curatore fallimentare dell'area;
nei primi mesi del 2002 il curatore fallimentare ha comunicato che, la società A.I.U. American international underwriters aveva manifestato interesse a condurre a proprie spese un'indagine ambientale completa del sito SISAS ed a condividerne i risultati con le amministrazioni pubbliche al fine di una migliore valutazione dell'eventuale fattibilità di un progetto industriale relativamente allo stabilimento SI

SAS, a condizione fosse escluso ogni altro suo coinvolgimento riguardo ad ulteriori interventi ambientali;
pertanto, dopo una prima serie di riunioni tecniche preliminari (dal dicembre 2001), in data 8 luglio 2002, fu stipulato un accordo negoziale per la caratterizzazione ambientale del sito SISAS, sottoscritto dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero delle attività produttive, Ministero della salute, regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello, comune di Rodano, A.I.U. (American international underwriters, società del gruppo A.I.G. American international group) ed il curatore fallimentare. Con tale accordo fu individuata la possibilità di realizzare un duplice interesse collettivo: quello di procedere alla attivazione delle procedure ed interventi ambientali per la tutela pubblica (con la predisposizione del piano della caratterizzazione del sito) e quello del risparmio di risorse finanziarie della comunità. In accordo con quanto previsto e AIU/Turnaround ha effettuato le campagne di indagine di caratterizzazione sia del suolo che delle acque sotterranee per l'intera area SISAS;
con nota acquista dal Ministero dell'ambiente al protocollo numero 10024/Ri.Bo/B del 5 novembre 2002 la società Turnaround comunicò l'abbandono del progetto di acquisizione dell'area dello stabilimento ex SISAS e, mantenendo gli impegni assunti con l'accordo negoziale, si impegnò a consegnare agli enti i risultati della caratterizzazione realizzata e successivamente il progetto preliminare di bonifica;
in sede di conferenza di servizi decisoria del 18 novembre 2002 furono presentate dalla società Turnaround le attività eseguite ed i risultati della caratterizzazione;
nella conferenza di servizi decisoria dell'8 aprile 2003 si prese atto della validazione dei dati analitici fornita da ARPA Lombardia sui suoli e sulla falda e approvarono i risultati della caratterizzazione limitatamente ai suoli. La conferenza decisoria chiese, inoltre, alla curatela fallimentare SISAS di ottemperare le richieste fornite dalla regione Lombardia in merito al mantenimento delle attività di messa in sicurezza e monitoraggio sull'area SISAS per le acque di falda;
nella conferenza di servizi decisoria del 4 luglio 2003 furono approvate anche le integrazioni al piano di caratterizzazione - area ex SISAS;
la società AIU/Turnaround ha presentato i risultati della caratterizzazione relativo all'area ex Sisas. I risultati evidenziarono una contaminazione del terreno essenzialmente da mercurio e in pochi casi limitati da zinco limitata, in genere, ai prelievi più superficiali. In merito alle discariche presenti sul sito i rifiuti contenuti nelle discariche hanno manifestato presenza generalizzata di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), di mercurio e ftalati. I prelievi delle acque di falda rilevarono una contaminazione da cromo esavalente, di tricloro metano e di tricloro etilene;
la società, al fine di portare al termine gli accordi presi con la curatela fallimentare, nel mese di marzo 2004 trasmise il progetto preliminare di bonifica (acquisito al protocollo del Ministero dell'ambiente con n. 3537/QdV/DI del 9 marzo 2004). La conferenza di servizi decisoria del 15 giugno 2004 richiese che il medesimo dovesse essere ripresentato tenuto conto delle dichiarazioni dei comuni, nonché delle osservazioni tecniche illustrate in sede di conferenza di servizi istruttoria del 24 maggio 2004, con particolare riferimento alla mancanza di adeguate risposte circa soluzioni alternative di bonifica. In tale sede, non essendo state giudicate idonee alcune scelte progettuali, erano state formulate opportune prescrizioni tecniche al progetto esaminato ai fini della sua ripresentazione. Si è osservato, infatti, che l'orientamento generalizzato da parte di tutte le amministrazioni ed anche della commissione europea si basava sull'eliminazione delle discariche. Le medesime ponevano tra l'altro una riduzione

della disponibilità di aree e, in tal senso, si rivelava fondamentale l'acquisizione dell'indirizzo delle amministrazioni comunali relativamente alle destinazioni urbanistiche future;
in questo contesto si inquadra la condanna con la sentenza del 9 settembre 2004 della Corte di giustizia europea per la mancata bonifica dell'area ex SISAS;
la conferenza di servizi decisoria del 19 gennaio 2005 richiese, atteso l'abbandono del progetto da parte della società americana, al curatore fallimentare un nuovo progetto preliminare di bonifica dell'intera area entro il 31 gennaio 2005 incentrato sull'eliminazione delle discariche presenti sul sito, tenendo conto delle sopracitate osservazioni e prescrizioni, in accordo con le previsioni urbanistiche-territoriali dei comuni di Rodano e Pioltello ed coordinato dalle stesse amministrazioni con l'obiettivo prioritario dell'allontanamento dei rifiuti dall'area ex SISAS;
il curatore impugnò il deliberato della suddetta conferenza di servizi decisoria dinanzi al TAR della Lombardia; con ordinanza n. 1159/95 del 10 maggio 2005 il T.A.R. per la Lombardia - Sezione IIo ha dichiarato «la totale estraneità giuridica della curatela fallimentare e del Curatore a rivestire la qualità di destinatari di provvedimenti del tipo di quello di cui alla Conferenza di Servizi in data 19 gennaio 2005»;
la successiva conferenza di servizi decisoria del 24 maggio 2005 approvò il progetto preliminare di bonifica dei suoli, comunque presentato dalla curatela, nella versione che contemplava la rimozione dei rifiuti presenti nelle discariche denominate A-B-C. I costi complessivi dell'intervento facevano riferimento a differenti ipotesi in relazione alla tipologia dei rifiuti da smaltire (pericolosi o non pericolosi) ed in funzione degli impianti di smaltimento finale nazionali o esteri. Tali opzioni prevedevano costi che variavano da 110.000.000 euro a 139.000.000 euro;
la medesima conferenza di servizi individuava le priorità d'intervento nello smaltimento dei rifiuti presenti nella discarica C e richiedeva la presentazione del progetto definitivo di bonifica, secondo le prescrizioni riportate nel relativo verbale;
la citata conferenza di servizi decisoria del 24 maggio 2005, «deliberava di richiedere alla Curatela Fallimentare la presentazione del progetto definitivo di bonifica - secondo le prescrizioni riportate nel relativo verbale - o, in alternativa, di comunicare la volontà di trasferire alla Regione e/o agli Enti locali, a titolo non oneroso, la medesima area per l'effettuazione della bonifica da realizzarsi nei termini di cui sopra»;
in sede di conferenza di servizi istruttoria del 18 ottobre 2005, il curatore del fallimento SISAS, che aveva impugnato il suddetto deliberato dinanzi al TAR della Lombardia, al fine di superare la situazione di stallo, propose di valutare come soluzione operativa della questione la definizione di un apposito accordo di programma;
la successiva conferenza di servizi decisoria del 16 dicembre 2005, confermò, data la pericolosità dei rifiuti ivi presenti, la necessità di procedere prioritariamente agli interventi di rimozione del corpo rifiuti della discarica «C» e richiese la presentazione del relativo progetto alla regione Lombardia;
in ottemperanza a quanto richiesto dalle sopra citate conferenze di servizi decisorie, la regione Lombardia ha quindi trasmesso un «Piano di rimozione e smaltimento dei rifiuti presenti nella discarica "C"», relativo alla parte dei rifiuti in essa contenuti giudicati più pericolosi, da attuarsi quale primo intervento di messa in sicurezza dei medesimi rifiuti presenti nella discarica C, prevedendo di avvalersi sulle risorse finanziarie derivanti dai finanziamenti concessi alla regione Lombardia dal programma nazionale di bonifica di cui al decreto ministeriale n. 468 del 2001;

la regione Lombardia, congiuntamente alle amministrazioni comunali di Pioltello e Rodano, pertanto, avviò una trattativa con il curatore fallimentare, finalizzata alla cessione dell'area a favore delle amministrazioni pubbliche, al fine di consentire la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate;
data la precedente pronuncia del TAR sulla estraneità giuridica della curatela, l'onere della bonifica, solo in parte recuperabile in caso di successiva cessione dell'area a terzi, sarebbe stato in carico alla pubblica amministrazione;
la conferenza di servizi decisoria del 1o marzo 2006 deliberò di potersi avvalere, in mancanza di una conclusione positiva delle citate trattative avviate dalla curatela, delle previsioni della legge finanziaria 23 dicembre 2005, n. 266 all'articolo 1 - commi 434, 435, 436 e 437 che prevede una disciplina che consente la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate per le quali sono in atto procedure fallimentari. A tal fine, la norma prevede un accordo di programma che individua il soggetto pubblico al quale deve essere trasferita la proprietà dell'area. In tale caso, gli ingenti oneri per la bonifica sarebbero stati a carico della pubblica amministrazione e sarebbe stata applicata, come previsto dal citato comma 437, «... la normativa in materia di responsabilità del soggetto che ha causato l'inquinamento nelle aree e nei siti di cui al comma 434», con il conseguente accertamento dell'eventuale danno ambientale. Trattandosi di area inserita in un fallimento, sarebbe stato difficile recuperare somme per danno ambientale;
in questo contesto si colloca la comunicazione della curatela in merito ad una trattativa con soggetti privati interessati (Gruppo Zunino e Walde Ambiente) per la cessione, dietro corrispettivo da versare di circa 4-5 milioni di euro a tacitazione dei creditori, dell'area ex-SISAS. Tale trattativa risulta dalla corrispondenza tra il curatore fallimentare ed il gruppo Zunino con note acquisite al protocollo del Ministero dell'ambiente nr. 5389/QDV/DI del 14 marzo 2006 e prot. nr. 5553/QDV/Di del 15 marzo 2006;
successivamente, con nota del 6 ottobre 2006, la curatela fallimentare ha comunicato al Ministero dell'ambiente la disponibilità del Gruppo Zunino e del Gruppo Walde Ambiente ad acquistare gli impianti allora esistenti nell'ex stabilimento e a bonificare l'intera area;
in considerazione della trattativa privata, che avrebbe posto interamente a carico dell'acquirente privato ogni onere connesso alla bonifica del sito, senza finanziamento alcuno da parte della pubblica amministrazione, la regione Lombardia ha promosso presso gli enti coinvolti la stipula di un atto di intenti con i citati soggetti privati acquirenti che prevede che i soggetti privati interessati all'acquisto dell'area procedessero alla messa in sicurezza di emergenza e successiva bonifica dell'area ex-SISAS, «... senza alcun intervento di finanziamenti pubblici», a fronte della rinuncia, da parte degli enti ad attivarsi nei confronti:
«del Fallimento SISAS e dei suoi aventi causa per la richiesta di risarcimento del danno ambientale, con rinuncia a qualsiasi credito per bonifica e messa in sicurezza di emergenza, e con abbandono della causa da parte di tutti i soggetti interessati»;
«delle Società proponenti, nella loro qualità di acquirenti delle aree cedute dal Fallimento, a titolo di recupero delle spese di bonifica, risarcimento di danno ambientale, messa in sicurezza d'emergenza e ogni altro titolo derivante dalla situazione ambientale delle aree, nel rispetto delle vigenti leggi»;
l'atto di intenti è stato, successivamente, sottoscritto in data 21 dicembre 2006 dai soggetti privati acquirenti e dagli enti (Ministero dell'ambiente e della tutela

del territorio e del mare, regione Lombardia, provincia Milano, comune di Rodano e comune di Pioltello);
a seguito della sottoscrizione dell'atto di intenti, in ottemperanza a quanto previsto dal medesimo, in data 29 dicembre 2006 la società T.R. Estate Due srl (in qualità di soggetto terzo interessato, ai sensi dell'articolo 245 del decreto legislativo n. 152 del 2006) ha trasmesso il progetto di bonifica dell'area ex-SISAS, incentrato sulla asportazione e smaltimento in impianti esterni dei rifiuti presenti nella discarica C e sulla rimozione e smaltimento dei rifiuti presenti nelle discariche A e B presso una idonea discarica, all'interno del sito, autorizzata ai sensi della normativa vigente. L'importo complessivo di tali interventi risultava pari a circa 120 milioni di euro;
il progetto di bonifica dei suoli dell'area ex-SISAS, a partire dalla rimozione dei rifiuti come sopra riportato, è stato approvato con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare del 10 gennaio 2007;
in data 15 gennaio 2007 sono stati avviati gli interventi di asportazione dei rifiuti, presenti nell'area C, su base volontaria dal soggetto privato ad oggi titolare dell'area;
è stato sottoscritto in data 21 dicembre 2007 un accordo di programma, per il perfezionamento del sopracitato atto d'intenti, sempre promosso dalla regione Lombardia (D.G.R. n. 4117 del 14 febbraio 2007), finalizzato alla realizzazione degli interventi di bonifica e alla conseguente riqualificazione urbanistica dell'area ex-SISAS, tra tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte (Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello e comune di Rodano) e il soggetto privato acquirente. Il citato accordo definisce un processo di riqualificazione funzionale dell'area ex SISAS, da attuare mediante interventi di ristrutturazione urbanistica che comportano la necessità di introdurre varianti agli strumenti urbanistici generali dei comuni di Pioltello e Rodano;
inoltre, a valle della sottoscrizione dell'accordo è stato avviato il percorso per la definizione di un atto transattivo con l'operatore economico interessato all'acquisizione e bonifica dell'area (TR Estate Due Srl);
parallelamente alle attività amministrative sopra citate, considerato il rilevante impatto che le previsioni di sviluppo urbanistico, programmate dal sopra menzionato accordo, avranno sul territorio dei due comuni di Pioltello e Rodano, è stato avviato, su istanza delle amministrazioni comunali, la promozione di un secondo accordo di programma per la definizione degli interventi di riqualificazione delle aree interessate dal sito di interesse nazionale di «Pioltello-Rodano» (cosiddetto «Misure Compensative»), tra regione Lombardia, provincia di Milano, comune di Pioltello e comune di Rodano. Tale accordo è finalizzato a garantire l'attivazione di mirati interventi di mitigazione (ambientali e socio-economici) dei potenziali impatti connessi al futuro assetto urbanistico dell'area ex-SISAS nonché a garantire una complessiva riqualificazione del territorio dei due comuni;
sono state affinate le procedure relative all'atto integrativo dell'accordo di programma e degli altri atti amministrativi in corso di perfezionamento;
al fine di accelerare la risoluzione dell'accordo, è stato aperto un tavolo tecnico locale, per la sola parte urbanistica, costituito dai rappresentanti delle amministrazioni comunali, dai rappresentati della direzione generale territorio e urbanistica della regione Lombardia e dai rappresentanti dei soggetti privati, che avrebbe dovuto garantire in tempi ristretti la definizione condivisa del riassetto territoriale dell'area ex-SISAS, all'interno di un più ampio disegno di sviluppo urbanistico dell'intero polo chimico di Pioltello e Rodano;

in data 23 dicembre 2008 è stato sottoscritto il II atto integrativo Apq all'accordo di programma quadro ambiente - Energia - stralcio bonifiche. Tale atto prevede un finanziamento a favore della regione Lombardia pari a 35 milioni di euro di cui 20 milioni destinati a finanziare gli interventi indicati all'accordo di programma «cosiddetto misure compensative». Al riguardo si precisa, inoltre, che il trasferimento alla regione Lombardia delle citate risorse è comunque subordinato alla completa attuazione di tutti gli adempimenti e di tutte le procedure tecnico-amministrative previste nell'accordo di programma sottoscritto il 21 dicembre 2007 e nei successivi atti modificativi;
con nota prot. 002564 del 22 gennaio 2009 l'ISPRA ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una relazione di valutazione preliminare relativa all'azione di risarcimento del Danno ambientale per l'area ex SISAS. Da tale nota si evince che il danno ambientale dato dalla somma dei costi di ripristino più il valore dell'indisponibilità della risorsa è stato valutato pari a circa 320.263.200,00 euro. Il costo previsto per la rimozione dei rifiuti dalle discariche A, B e C è stato stimato pari a 132.192.000,00 euro;
in data 11 giugno 2009 è stato sottoscritto l'atto di transizione tra il soggetto privato ed il fallimento SISAS necessario per l'acquisizione dell'area;
in data 26 giugno 2009 la SISAS ha comunicato al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare di aver completato la rimozione e lo smaltimento all'esterno del sito dei i rifiuti presenti nella discarica C da parte del soggetto privato;
con nota del 17 aprile 2009, la società TR ESTATE DUE s.r.l. ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare una variante al progetto di bonifica dell'area ex SISAS;
con decreto ministeriale d'urgenza del 14 settembre 2009 è stato autorizzato l'avvio dei lavori della variante al progetto di bonifica dei suoli dell'area ex Sisas, approvato nella precedente conferenza di servizi decisoria del 24 aprile 2009. Tale progetto prevede lo smaltimento di tutto il nerofumo contenuto nelle discariche A e B off site in impianti autorizzati comportando un risparmio sulla tempistica generale di esecuzione in quanto le attività verranno compresse dagli iniziali 24 mesi ai previsti 18 mesi e comunque entro il 31 dicembre 2010. Il nuovo costo complessivo per la bonifica dell'area ex-SISAS è stato stimato in circa 143 milioni di euro. La fideiussione è confermata nel 50 per cento dell'importo totale dell'intervento. Tuttavia, tenuto conto che con la variante i rifiuti verranno smaltiti all'estero e che ciò determinerà l'obbligo per l'operatore di prestare ulteriori garanzie fideiussorie, al fine di evitare una duplicazione delle stesse, l'importo garantito della garanzia finanziaria da prestare a favore della regione Lombardia, secondo lo schema approvato dalla giunta regionale con deliberazione n. 2744 del 15 giugno 2006, sarà ridotto della quota prestata a garanzia degli obblighi derivanti dalla spedizione transfrontaliera (trasporto e smaltimento) dei rifiuti delle discariche. Al termine delle attività di trasporto la garanzia residua non potrà comunque essere inferiore al 50 per cento dei costi residui della bonifica ancora da effettuare. La garanzia finanziaria potrà inoltre prevedere la riduzione dell'importo garantito per lo smaltimento dei rifiuti sulla base della presentazione degli stati di avanzamento lavori e della percentuale di rifiuti smaltiti, con cadenza trimestrale. A tal fine gli stati di avanzamento lavori dovranno essere approvati dagli enti di controllo;
in data 30 settembre 2009 è stato sottoscritto, tra tutte le amministrazioni competenti, «l'atto integrativo dell'Accordo di Programma stipulato in data 21 dicembre 2007 avente ad oggetto la realizzazione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e riqualificazione urbanistica dell'area ex Sisas»;

in data 30 settembre 2009 e 5 ottobre 2009 è stato, altresì, sottoscritto, tra tutte le amministrazioni competenti, l'accordo di programma per «la definizione degli interventi di riqualificazione delle aree interessate dal sito di interesse nazionale di Pioltello-Rodano (cosiddetto Misure Compensative)»;
risultano in corso le attività di bonifica nell'area delle discariche, in particolare, il quantitativo totale di rifiuti inviati a smaltimento off-site autorizzato, alla data del 3 luglio 2009 risultava pari a 29.924,60 tonnellate;
la regione Lombardia con nota prot. TI.2009.0022367 del 5 novembre 2009, acquisita al prot. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con nota 22983/QdV/DI del 10 novembre 2009, ha comunicato che le attività in corso e quelle programmate nei tempi brevi dall'azienda presentano un ritardo rispetto al cronoprogramma riportato nella variante del progetto di bonifica in cui si ipotizzava l'inizio delle attività di smaltimento del nerofumo delle discariche A e B dal mese di luglio 2009. Tali attività alla data di trasmissione della nota non risultavano essere state avviate;
con nota del 6 novembre 2009, il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alla regione Lombardia, a garanzia del conseguimento degli interventi previsti, di far conoscere in via immediata i propri intendimenti sull'attuabilità dell'atto integrativo dell'accordo di programma. Nel caso il giudizio fosse negativo la regione è stata invitata a considerare l'opportunità di procedere all'adozione degli atti necessari alla sostituzione, salvo rivalsa, del soggetto TR Estate 2 srl mediante il ricorso a procedure d'urgenza che presuppongano la richiesta regionale di dichiarazione dello stato di emergenza sull'area ex Sisas e all'adozione di successiva ordinanza di protezione civile;
con nota del 20 novembre 2009 il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ha richiesto alla società TR Estate due srl di comunicare, con urgenza, le misure che la società intendesse intraprendere per ovviare al ritardo, al fine di rispettare il cronoprogramma presentato, che consentisse di rispettare le scadenze già comunicate alla Commissione europea, nonché di confermare la disponibilità al rilascio in favore della regione Lombardia delle garanzie fideiussorie;
con nota prot. 164362 del 4 dicembre 2009 l'Arpa Lombardia ha trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare la «Relazione di sopralluogo effettuato c/o la ditta ex SISAS, Polo chimico Pioltello-Rodano». Dalla relazione si evince che alla data del 23 novembre 2009 erano iniziati i lavori di perforazione tramite sondaggi sull'area della discarica B e che i lavori sulla discarica A erano momentaneamente rimandati alla definizione dell'area di ubicazione di un gasdotto Snam che passa all'interno della discarica stessa, risultavano in corso le attività di smaltimento dei terreni contaminati provenienti dalla discarica C presso la discarica di Barricalla spa di Collegno (Torino) e le operazioni di smaltimento del parco serbatoi nella zona impianti;
con nota del 1o dicembre 2009, acquisita al prot. del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare con prot. n. 25194/QdV/DI del 4 dicembre 2009, la società Tr Estate due s.r.l ha comunicato, tra l'altro, la piena operatività del nuovo consiglio di amministrazione, la disponibilità a convenire le forme di costituzione, a favore della regione Lombardia, della garanzia fideiussoria al fine di completare la bonifica entro i tempi previsti (31 dicembre 2010). Con la medesima nota la società ha poi richiesto a questa direzione generale un incontro tecnico;
al fine di esaminare la definizione delle forme di costituzione della garanzia fideiussoria, prevista a favore della regione Lombardia, nonché questioni connesse alle attività connesse alla bonifica dell'area ex Sisas, la direzione generale ha convocato,

per il giorno 17 dicembre 2009, una riunione con la società T.R. Estate Due srl e la regione Lombardia;
dal sopralluogo effettuato il 9 dicembre 2009 nell'area ex Sisas dall'Arpa si evince che erano in corso operazioni di scavo e rimozione di una porzione di nerofumo nell'area centrale della discarica A ed invio in Belgio, per realizzare una sperimentazione a scala industriale finalizzata alla migliore definizione del destino finale;
con nota del 4 gennaio 2010, è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che durante i periodo festivo:
a) è avvenuta secondo programma la rimozione e l'invio a smaltimento dei
rifiuti dell'argine sud est della discarica B;
b) è stata eseguita la campionatura dei terreni degli argini sud ed ovest;
c) è stato approntato la messa in sicurezza del fronte di scavo dell'argine sud est della discarica B (copertura con teli ed ancoraggi);
d) sono proseguiti gli smaltimenti dei rifiuti residui stoccati presso la platea e dei rifiuti liquidi;
e) sono proseguite le attività di bonifica delle tubazioni circostanti la discarica B e dell'impiantistica del settore nord est dello stabilimento;
con successiva nota del 3 marzo 2010 è stato trasmesso un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che i quantitativi totali di rifiuti del cumulo B inviati a smaltimento off site, alla data del 20 marzo 2010 ammontano a circa 17.600 tonnellate;
in data 16 aprile 2010, il Governo, su richiesta del presidente della regione Lombardia e d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, ha provveduto a dichiarare lo stato di emergenza ai sensi della legge n. 255 del 1992 per la bonifica delle discariche A e B dell'ex stabilimento Sisas;
alla dichiarazione di emergenza ha fatto seguito la predisposizione di uno schema di ordinanza di protezione civile con il quale si prevede, tra l'altro, la nomina di un commissario appositamente incaricato dal Governo di sorvegliare sulla puntuale prosecuzione dei lavori di bonifica;
con nota del 27 aprile 2010, acquisita è stato trasmesso al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare un aggiornamento relativo allo svolgimento delle attività di bonifica nell'area ex Sisas. Dalla nota si evince che i quantitativi totali di rifiuti del cumulo della discarica B inviati a smaltimento off site alla data del 17 aprile 2010 ammontano a circa 24.000 tonnellate;
l'ordinanza di protezione civile n. 3874 del 30 aprile 2010 (Gazzetta Ufficiale n. 111 del 14 maggio 2010) Disposizioni urgenti per la realizzazione degli interventi di bonifica da porre in essere nel sito di interesse nazionale di «Pioltello e Rodano» per le discariche A e B dell'area ex SISAS nomina l'avvocato Luigi Pelaggi commissario delegato per la bonifica del sito e stanzia per la bonifica del sito le seguenti risorse (articolo 7):
a) quanto ad euro 20.000.000,00 a valere sulle risorse già impegnate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a favore della regione Lombardia e destinati ad interventi di riqualificazione ambientale ed infrastrutturale nei comuni di Pioltello e Rodano a seguito delle previsioni urbanistiche dell'area ex SISAS nell'ambito dell'Accordo di programma quadro in materia di ambiente ed energia - stralcio bonifiche e riqualificazione siti inquinati regione Lombardia - II Atto integrativo del 23 dicembre 2008 e così ripartite:
euro 5.000.000,00 a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del

territorio e del mare sul cap. 7082-P.G.02, U.P.B. 1.2.3.5. es. fin 2004, in perenzione amministrativa;
euro 15.000.000,00 a valere sulle risorse iscritte nello stato di previsione del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare sul cap. 7503 - es. fin 2008;
b) quanto ad euro 9.873.069,79 a valere sulle risorse già impegnate a favore della regione Lombardia con decreto prot. n. 8717/Q.d.V./DI/G/SP del 30 novembre 2009 del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ad ulteriore copertura dell'impegno programmatico pari ad euro 50.000.000,00 previsto dall'articolo 22 del I Atto integrativo dell'Accordo di programma quadro «Ambiente ed Energia» sottoscritto in data 5 settembre 2002;
c) quanto ad euro 20.000.000,00 a valere sulle risorse finanziarie del bilancio della regione Lombardia, capp. 980, 5999 e 6361, oltre a ulteriori risorse che si renderanno eventualmente disponibili;
Luigi Pelaggi, il commissario straordinario nominato dal Governo Berlusconi per portare a termine la bonifica della ex Sisas di Pioltello-Rodano attualmente è:
capo segreteria tecnica del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare;
Direttore dell'area marina protetta delle isole Egadi;
membro del consiglio di amministrazione di ACEA SpA;
Commissario alla emergenza idrica alle isole Eolie;
consigliere nel consiglio di amministrazione di Sogesid;
commissario delegato alla bonifica ex SISAS;
avvocato a Roma;
lo stesso commissario in sedi istituzionali ha riferito di un coinvolgimento nelle progettazioni per la bonifica delle discariche dette A e B del sito della società Sogesid di cui, come riportato, è consigliere di amministrazione;
la Commissione Bicamerale di inchiesta sul traffico illecito dei rifiuti ha nel mese di luglio 2010, durante il sopralluogo eseguito in Lombardia ha riportato (si veda i numerosi articoli di stampa) per il sito di Pioltello-Rodano una situazione ambientale critica con possibile aggravio dovuto al fatto che la società TR ESTATE DUE s.r.l non intende procedere nell'iter definito dall'accordo di programma, da indagini delle procure competenti che riguarderebbero illeciti di varia natura -:
quale sia la strategia che intende perseguire il Governo in tema di siti contaminati, con particolare riguardo ai siti di interesse nazionale; quali accordi di programma siano stati realizzati che vedono la presenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e/o dello Sviluppo economico e quali siano i risultati conseguiti e le risorse finanziarie impegnate;
quali e quanti siti di interesse nazionale sono stati, in base alla normativa vigente, restituiti bonificati e quanti sono oggetto di processi di reindustrializzazione o comunque di attività economiche compreso il recupero edilizio;
in quanto tempo per i siti bonificati siano state espletate le operazioni autorizzative e le successive bonifiche o messe in sicurezza;
in quanti siti di interesse nazionale sia presente la Sogesid e per quali importi e una volta conseguito l'incarico, come abbia proceduto all'assegnazione di eventuali lavori e con quali ditte;
se non si ritenga opportuno affidare la regia delle operazioni di bonifica e di messa in sicurezza alle regioni visto il clamoroso insuccesso delle politiche ministeriali anche promuovendo una profonda modifica legislativa;
come si intenda proseguire nel sito di Piotello-Rodano dopo la bonifica delle di

scariche di rifiuti A e B oggetto del contenzioso con la Commissione Europea, in particolar modo se il Governo intenda contribuire a farsi garante che i terreni del sito vengano comunque bonificati evitando che i costi ricadano sul sistema degli enti locali;
se gli incarichi plurimi conseguiti dall'avvocato Pelaggi non siano quanto meno inopportuni configurando anche conflitti di interesse e se quindi pertanto non ritenga necessario assumere le iniziative di competenza dirette a rimuovere l'avvocato Pelaggi dagli incarichi assunti in posizione di conflitto di interessi; quali siano gli emolumenti percepiti dall'avvocato Pelaggi relativamente alle attività ordinarie e straordinarie svolte per conto della pubblica amministrazione;
se non ritenga alla luce delle infiltrazioni criminali ormai diffuse nelle attività di bonifica sia al sud che al nord del Paese definire un programma di controllo e monitoraggio specifico delle attività collegate insieme alle regioni interessate.
(5-03617)

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BENI E ATTIVITÀ CULTURALI

Interrogazione a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
l'interrogante da quando ricopre la carica di deputato è solito, come molti colleghi, passare a piedi nel tratto di strada che va da via del Corso a piazza Montecitorio passando attraverso piazza Colonna;
in questo breve tragitto, tra le bellezze che è possibile ammirare, vi è la Colonna di Marco Aurelio;
il monumento, eretto tra il 176 e il 192 per celebrare, forse dopo la sua morte, le vittorie dell'imperatore romano Marco Aurelio (161-180) ottenute su Germani e Sarmati stanziati a nord del medio corso del Danubio durante le Guerre marcomanniche;
assieme alla Colonna Traiana è certamente un meraviglioso esempio di colonna coclide e un capolavoro dell'arte romana;
ammirando la Colonna non si può, tuttavia, ignorare la orribile recinzione che protegge la colonna e, al suo interno, una sorta di baracca di lamiera la cui funzione resta attualmente sconosciuta;
constatando che da 9 anni la situazione resta la medesima, rilevando che non vi sono lavori di restauro che giustifichino la presenza del capanno, è lecito chiedersi quale sia lo scopo dello stesso -:
quali iniziative intenda assumere per assicurare l'immediata rimozione della recinzione e del capanno che deturpano l'importante monumento.
(4-09117)

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DIFESA

Interrogazioni a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
numerosi quotidiani nei giorni scorsi hanno sottolineato il caso del giovane soldato in ferma annuale che nel 2009 a Milano prontamente intervenne per bloccare un potenziale attentatore all'ingresso di una struttura militare;
all'interessato - giunto a fine ferma - non è stato confermata l'incarico e, dopo essere stato congedato, non risulta essere stato richiamato alle armi nonostante che il suo intervento dello scorso anno abbia probabilmente permesso la salvezza di diverse vite umane -:
se non ritenga opportuno intervenire al più presto - stante la richiesta di

riafferma dell'interessato - per reintegrarlo nelle Forze armate in considerazione anche del suo atto coraggioso.
(4-09096)

DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
gli alloggi di servizio ASI, AST, ASGC, ASIR sono circa 18.447, di cui quelli non più utili alle esigenze istituzionali sono 3.439, e se ne prevede l'alienazione ai sensi della legge n. 244 del dicembre 2007. Le vendite previste saranno effettuate dopo il decreto di passaggio a bene disponibile dello Stato, con le modalità previste dal decreto del Ministro della difesa 18 maggio 2010 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 20 luglio 2010, o con la vendita diretta o con la vendita all'asta (articolo 8 del Regolamento);
gli alloggi vuoti sono 1.619 e gli alloggi vuoti in attesa di finanziamento sono 2.036, mentre gli alloggi condotti da utenti con titolo scaduto sono 5.117;
ad essere presi di mira sono i residenti nelle case del Demanio militare, quelli che prima della regolarizzazione avviata con la legge n. 724 del 1994, venivano definiti sine titulo e che, da gennaio 2011, dovrebbero pagare canoni d'affitto di mercato o essere sfrattati, anche nel caso non riescano ad acquistare gli alloggi messi in vendita dal Ministero;
la maggior parte del gettito dei canoni proviene dai possessori sine titulo. L'amministrazione della difesa non ha mai erogato mutui al personale in servizio, come la legge obbligava (legge n. 724 del 1994 articolo 43), prevedendo l'accantonamento e la distribuzione delle somme dai canoni versati sine titulo, pari al 15 per cento dell'intero ammontare;
il differenziale tra AST e ASI tende ad annullarsi a favore di questi ultimi. È noto che gli alloggi ASI danno un gettito assolutamente inferiore a quello degli AST. Questo aumenta ulteriormente il deficit gestionale;
con lo sfratto già programmato dei conduttori sine titulo per effetto dei recuperi coatti si prevede la riduzione verticale del gettito, malgrado i previsti aumenti dei canoni di mercato e l'aumento clamoroso di ulteriori alloggi vuoti, a causa della mancanza dei necessari finanziamenti per manutenzione o ristrutturazione;
CASADIRITTO, l'Associazione rappresentante di migliaia di utenti degli alloggi demaniali della Difesa, ha lanciato un grido di allarme allo Stato maggiore dell'Aeronautica e al Ministro della difesa;
a migliaia di famiglie di militari onesti ed esemplari sono stati inviati avvisi di sfratto;
CASADIRITTO nei molteplici appelli che ha lanciato sostiene come questo procedere prematuro, che mette termine ad un periodo almeno di tre anni, sia intempestivo, anche rispetto all'adozione del decreto che riporterà l'elenco delle alienazioni degli alloggi, così come stabilito dal decreto del Ministro della difesa del 18 maggio 2010, all'articolo 6;
CASADIRITTO ha scoperto, inoltre, che le lettere colpiscono tutti senza distinzioni, comprese quelle famiglie incluse nella normativa di deroga di cui all'articolo 2 del decreto annuale Ministro della difesa (vedove, handicap, redditi entro il limite);
finiscono così nella disperazione militari e famiglie di militari che meritavano e meritano ben altro atteggiamento e ben altra comprensione;
il Ministero della difesa non può e non deve procedere con aumenti indiscriminati, tanto meno con sfratti. In uno stato di crisi economica generale e di crisi alloggiativa crescente, sono necessarie iniziative tali da evitare di lasciare senza abitazione quasi 4.000 persone;
occorre trovare fondi per mantenere l'attuale livello degli affitti con l'avvio di una programmazione di provvedimenti

speciali, come una moratoria, al fine di trovare soluzioni atte a dare le necessarie risposte;
ci sono centinaia di alloggi vuoti e fatiscenti, tenuti in abbandono, che potrebbero essere ristrutturati e dare una vera alternativa -:
se il Governo intenda assumere iniziative per una moratoria, al fine di dare soluzioni efficaci e risposte concrete agli utenti degli alloggi;
se sia vero e, in caso affermativo, per quali motivazioni, che il decreto sugli elenchi degli alloggi da alienare ancora non sia stato adottato, decreto che potrebbe vedere destinatari potenzialmente tutti gli utenti degli alloggi;
se risulti ancora valido che per le categorie tutelate il decreto annuale per i redditi 2009 del Ministro della difesa del 23 giugno 2010, registrato alla Corte dei Conti il 23 luglio 2010;
quali siano le motivazioni per cui i mutui non sono stati erogati e non vengono erogati al personale in servizio.
(4-09101)

ZAZZERA e DI STANISLAO. - Al Ministro della difesa. - Per sapere - premesso che:
l'articolo 13 della Costituzione sancisce che nessuna detenzione e restrizione della libertà personale è ammessa se non per atto dell'autorità giudiziaria;
l'articolo 1358, comma 4, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, prevede che il comandante di Corpo può, con propria determinazione sanzionatoria disciplinare, privare la libera uscita ai subalterni fino al massimo di sette giorni consecutivi;
l'articolo 1358, comma 5, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, prevede che il comandante di Corpo può, con propria determinazione sanzionatoria disciplinare, obbligare i subalterni alla permanenza fino al massimo di quindici giorni in apposito spazio dell'ambiente militare -:
se il Ministro non ritenga opportuno assumere iniziative normative volte a modificare le disposizioni sopra citate al fine di assicurare il pieno rispetto del principio costituzionale richiamato in premessa anche ai nei confronti dei militari.
(4-09123)

TESTO AGGIORNATO AL 27 OTTOBRE 2010

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ECONOMIA E FINANZE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

VANNUCCI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle riforme per il federalismo, al Ministro per la semplificazione normativa. - Per sapere - premesso che:
il decreto legislativo 28 maggio 2010, n. 85, prevede attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio in attuazione dell'articolo 19 della legge n. 42 del 5 maggio 2009;
per la discussione del parere parlamentare delle Commissioni di merito è stato fornito un elenco provvisorio del patrimonio disponibile 23A1 da parte dell'Agenzia del demanio aggiornato al 30 aprile 2010;
tale elenco comprendeva alla posizione 11419 regione Marche provincia Pesaro e Urbino comune di Fano, l'immobile caserma di Fanteria Paolini in viale Antonio Gramsci codice cespite PU0128001;
successivamente alla pubblicazione del decreto n. 85 l'Agenzia del demanio pubblicava nel proprio sito l'elenco dei beni disponibili del patrimonio dello Stato riferiti al decreto in cui il predetto immobile non compariva e non sembra essere stato inserito nel frattempo;
da corrispondenza intercorsa con la direzione dell'Agenzia del demanio si apprende che la momentanea esclusione è

riferita alla circostanza che l'immobile in questione è inserito nel protocollo d'intesa sottoscritto tra il Ministro ed il comune di Fano in data 7 giugno 2007 e che il bene apparterebbe al demanio storico-artistico;
la questione appare rilevante oltre che nello specifico dell'immobile per la portata generale dell'interpretazione della norma;
pur essendo infatti previsto nel decreto in questione all'articolo 5, comma 2, l'esclusione dei beni oggetto di accordi o intesa con gli enti territoriali, va specificato che nel caso citato l'accordo non è stato perfezionato stante l'impossibilità economica dell'ente che non lo rendeva praticabile;
l'interpretazione della norma non può che essere quella di riferirsi ai soli accordi «perfezionati» e non alle semplici dichiarazioni di intenti che creerebbero una evidente disparità di trattamento fra enti che vedrebbero assegnarsi l'immobile ed altri che non se lo vedrebbero assegnare solo perché hanno dichiarato un proprio interesse, peraltro con un Governo precedente e con altre normative di riferimento;
sull'ipotizzata attribuzione del bene al demanio storico-artistico la eventualità apparirebbe pretestuosa e degna di essere superata dovendosi intendere in questa fattispecie i beni di mero interesse culturale artistico (non è il caso della caserma Paolini) e non semplicemente gli immobili che hanno superato i 50 anni di vetustà pena l'esclusione dall'elenco di gran parte di beni;
le problematiche appaiono meritevoli di creare notevole contenzioso;
l'Agenzia del demanio, sempre nella citata corrispondenza, informa di aver formulato specifico quesito, al Ministro dell'economia e delle finanze sui due profili problematici citati -:
se i Ministri interrogati concordino con le considerazioni svolte, se il Ministro dell'economia e delle finanze intenda rispondere prontamente al quesito della Agenzia del demanio (se e in quanto trasmesso), chiarendo che il comma 2 dell'articolo 5 del decreto legislativo n. 85 del 2010 debba intendersi valere solo nel caso che gli accordi e le intese si siano effettivamente perfezionati prima dell'entrata in vigore del decreto stesso e chiarendo, altresì, che il riferimento contenuto nel medesimo comma 2 dell'articolo 5 al «patrimonio culturale» non può in nessun caso applicarsi ai beni della fattispecie di cui alla ex caserma Paolini di Fano.
(5-03621)

MARCHI, DE MICHELI e CALVISI. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
in diverse occasioni il patto di stabilità interno è stato oggetto di confronto nelle diverse sedi istituzionali, a seguito delle difficoltà di applicazione da parte dei comuni, in particolare per le pesanti ricadute sugli investimenti e in quanto gli enti locali più virtuosi sono stati oggettivamente quelli più penalizzati, dovendo ulteriormente migliorare una situazione finanziaria positiva;
uno degli aspetti più problematici del patto di stabilità interno così come configuratosi a seguito del decreto-legge n. 112 del 2008 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008, è sempre risultato essere l'assunzione di un solo anno, il 2007, come base di riferimento su cui determinare le modificazioni dei saldi richiesti agli enti locali nel 2009, 2010 e 2011; al fine di neutralizzare le entrate straordinarie del 2007 del patto, il comma 8 prevedeva la possibilità di escludere tali entrate sia dal saldo finanziario 2007 sia dal saldo utile ai fini del rispetto del patto di stabilità interno;
il suddetto comma 8 ha però provocato vari problemi di interpretazione per cui, con il decreto-legge n. 5 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 33 del 2009, è stato abrogato, lasciando però, agli enti locali che hanno approvato

il bilancio di previsione prima del 10 marzo 2009, la facoltà di avvalersi ugualmente delle disposizioni del predetto comma 8, ancorché abrogato;
tale facoltà è stata prorogata anche per il 2010 dall'articolo 4, comma 4-quinques, del decreto-legge n. 2 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 42 del 2010;
nel corso del 2008 alcuni, pochi, comuni hanno superato i 5000 abitanti e sono perciò tra quelli assoggettati al patto di stabilità interno dal 2010;
per tali comuni viene operata un'assimilazione ope legis ai comuni rispettosi del patto anno 2007 e pertanto pare logico, nel caso abbiano approvato il bilancio di previsione 2009 entro il 10 marzo 2009, che possano avvalersi delle facoltà degli altri comuni in simili condizioni, ovvero di esercitare l'opzione prevista dal comma 10 del decreto-legge n. 5 del 2009 convertito dalla legge n. 33 del 2009;
i comuni assoggettati, per la prima volta, al patto di stabilità interna sono venuti a conoscenza solo all'inizio di ottobre del 2010, ad esercizio finanziario già abbondantemente trascorso, di una diversa interpretazione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, secondo il quale «l'esclusione introdotta con il citato comma 8 non opera più in quanto il comma 8 è soppresso. L'opzione prevista dall'articolo 7-quater, comma 10 del decreto-legge n. 5 del 2009 operava solo come salvaguardia di programmazioni finanziarie già intraprese dagli enti locali che avevano approvato il bilancio prima della pubblicazione della norma e non come base per dichiarazione di intenti. Quindi, pur comprendendo le difficoltà che la regola dell'obiettivo calcolato su un solo esercizio determina, si segnala che la richiesta di escludere le entrate straordinarie non può essere assentita in via amministrativa ma necessita di un apposito intervento normativo che si faccia carico di rinvenire le risorse idonee a salvaguardia degli equilibri finanziari»;
tale interpretazione non considera che di fatto fa venire meno l'equiparazione dei nuovi enti assoggettati al patto di stabilità agli enti rispettosi del patto 2007 e con un saldo positivo o negativo sulla base delle effettive risultanze gestionali dell'esercizio 2007; inoltre, essa determina una reale impossibilità di rispettare il patto per i comuni che hanno avuto rilevanti entrate straordinarie nel 2007; infine, penalizza una realtà molto circoscritta di comuni (pare siano otto in tutto il territorio nazionale) che certamente incide in modo quasi insignificante sui saldi complessivi della finanza pubblica -:
se non ritenga opportuno assumere ogni iniziativa di competenza volta a determinare una interpretazione della normativa tale da dare effettività al concetto di equiparazione dei nuovi comuni assoggettati al patto di stabilità, avendo superato nel 2008 i 5000 abitanti, ai comuni rispettosi del patto 2007 o, in subordine, adottare un'iniziativa normativa in grado di risolvere i problemi che si sono determinati, certamente molto gravosi per i comuni in questione, ma sostanzialmente irrilevanti per la salvaguardia degli equilibri finanziari nazionali.
(5-03638)

SILIQUINI e DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze, al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale di assistenza al volo (Enav), come si legge dal portale dello stesso, è la società a cui lo Stato italiano demanda la gestione e il controllo del traffico aereo civile in Italia. L'ente è interamente controllato dal Ministero dell'economia e delle finanze oltre che vigilato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti;
attualmente le indagini condotte dagli inquirenti di Roma stanno svelando un intreccio di illeciti avente come sfondo proprio il consiglio di amministrazione dell'Enav;

sulla base delle indiscrezioni, tra l'altro pubblicate in queste ore da alcuni autorevoli quotidiani, sarebbero emersi pesanti dubbi circa la trasparenza delle attività del consiglio di amministrazione dell'ente, in particolare in occasione dell'approvazione dei bilanci 2006 e 2007;
stando agli accertamenti condotti dalla Guardia di finanza esisterebbe una chiara discrepanza tra i costi dichiarati e quelli effettivamente sostenuti dall'ente: un escamotage che avrebbe consentito il riconoscimento di un premio ai manager che dichiaravano di contenere i costi sotto un determinato tetto, in virtù di specifiche disposizioni contenute nel provvedimento sui requisiti di sistema;
a tali criticità che sembrerebbero presupporre un falso in bilancio da parte di un ente controllato dallo Stato, si aggiungono ulteriori ed allarmanti indiscrezioni circa società acquistate dall'Enav a costi oggettivamente sopravvalutati con evidenti danni all'erario dello Stato;
l'intreccio delle attività indebite citate in premessa, presunte o reali che siano, sollevano gravi perplessità circa l'efficacia del monitoraggio ed il controllo da parte dei dicasteri competenti;
il dubbio sulla correttezza delle attività svolte da un consiglio di amministrazione di un ente controllato dallo Stato, unita all'indagine già in corso circa una rete di cosiddette «assunzioni facili» coinvolgente lo stesso ente, rappresenta, ad avviso degli interroganti, un'onta pesante e vergognosa per lo Stato e per il Paese;
gli illeciti citati creano un'immagine che non dovrebbe essere più riflessa sull'opinione pubblica ed ai cittadini, poiché crea un malumore, un senso di sfiducia ed una disaffezione nei confronti dello Stato che non è certamente espressione di un Paese moderno e democratico -:
quali siano le forme e gli strumenti di un corretto monitoraggio dell'operato di un consiglio di amministrazione di un ente controllato dallo Stato e quali iniziative cautelative si intendano assumere sul piano amministrativo, fermo restando quanto spetti all'autorità giudiziaria accertare.
(5-03639)

Interrogazioni a risposta scritta:

ROSATO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'accisa italiana sui tabacchi è pari a 108,23 euro ogni mille sigarette e l'accisa slovena è invece di soli 69 euro;
tale differenza di tassazione si ripercuote inevitabilmente sul prezzo finale delle sigarette, sbilanciando il mercato del tabacco a cavallo della frontiera italo-slovena nelle province di Trieste, Gorizia e Udine;
la convenienza dei valori bollati sloveni rispetto agli italiani si traduce in una diminuzione degli incassi per i tabaccai delle province di Trieste e Gorizia, in alcuni casi fino al 40 per cento;
l'Unione europea ha fissato appena al 2014 la data entro la quale la Slovenia si dovrà adeguare alle direttive sull'armonizzazione delle accise, e che pertanto lo svantaggio dei tabaccai triestini e goriziani è ancor lontano dall'essere colmato;
il divario nei prezzi del tabacco non reca danno unicamente agli esercenti, ma allo stesso erario dello Stato, che vede spese all'estero somme crescenti di denaro di cittadini italiani -:
se il Ministro intenda convocare un tavolo di confronto per impostare un'azione volta all'armonizzazione delle accise sui tabacchi e i valori bollati nelle aree di confine e, in via transitoria, ricercare soluzioni di tipo fiscale per colmare le perdite economiche dello Stato e dei tabaccai della regione.
(4-09105)

DI BIAGIO. - Al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
Enel costituisce una delle principali partecipazioni pubbliche italiane, con un

valore di mercato per il Ministero dell'economia e delle finanze e la Cassa depositi e prestiti di oltre 11 miliardi di euro e con un valore strategico che va oltre il dato della capitalizzazione di borsa; in questo senso, basti pensare al ruolo che Enel sarà chiamata a svolgere per il rilancio del programma nucleare, i cui costi costituiscono tuttora una delle principali incognite;
poco prima dell'estate del 2010 la società ha portato a termine un aumento di capitale, il più consistente nella storia della borsa italiana, dell'importo complessivo di 8 miliardi di euro, 2,5 dei quali a carico del Ministero dell'economia e delle finanze, che ha dovuto obtorto collo provvedervi per non diluire la propria partecipazione e mettere a rischio il controllo pubblico sulla società; si è trattato di una scelta difficile, perché le ripercussioni della congiuntura internazionale sull'economia nazionale avrebbero anche potuto consigliare di investire le medesime risorse ai fini della crescita; d'altra parte, l'intervento dell'azionista pubblico è stato imposto da una situazione finanziaria di Enel che sembrerebbe presentare profili di criticità, in ragione di una campagna acquisti - culminata con l'acquisizione della società elettrica spagnola Endesa - che ha messo in crisi la stabilità finanziaria della società;
nel bilancio consolidato 2009 di Enel l'indebitamento finanziario netto al 31 dicembre era pari a 50,870 miliardi di euro; ma la «posizione finanziaria netta (come da comunicazione Consob)» era invece pari a 58.914 milioni di euro; ciò significa che l'indebitamento finanziario netto consolidato del gruppo Enel, secondo i criteri contabili stabiliti dall'organo di vigilanza, è di 58,9 miliardi di euro, ma Enel giudica questa cifra in eccesso di 8 miliardi di euro, perché non comprenderebbe crediti non correnti e titoli a lungo termine. Detto in altri termini, sembra che Enel ritenga di potere quindi adottare criteri di riclassificazione contabile, che riducono il suo indebitamento consolidato a 50,9 miliardi di euro;
in questo quadro, peraltro, non si considera la mole dei debiti commerciali del gruppo Enel, che ammontavano al 31 dicembre 2009 a 11.174 milioni: il che significa che alla fine del 2009 l'indebitamento complessivo di Enel era di circa 70 miliardi di euro (considerando quello finanziario secondo i criteri Consob);
infine, nella relazione semestrale al 30 giugno 2010 l'indebitamento finanziario netto (secondo i criteri Enel, presumibilmente, non secondo quelli Consob, cui non si fa alcun riferimento) è ulteriormente cresciuto di 3 miliardi, portandosi a ridosso dei 54 miliardi di euro -:
se il Ministro ritenga che l'entità effettiva dell'indebitamento netto consolidato di Enel sia quello che emerge applicando la normativa prevista dalla Consob o quello rielaborato dalla società secondo la propria riclassificazione dei criteri contabili;
se non ritenga di assumere iniziative affinché il bilancio della società debba essere più chiaramente leggibile e comprensibile, visto che tra gli azionisti Enel vi sono anche un milione di piccoli risparmiatori;
perché a distanza di quasi un anno e mezzo dall'aumento di capitale - che risulta di una cifra pari alla differenza tra l'indebitamento finanziario calcolato secondo i criteri Consob e quello ricalcolato secondo i criteri Enel - l'indebitamento di Enel continui a crescere, facendone la società di gran lunga più indebitata d'Europa;
come possa Enel onorare i propri impegni finanziari e in particolare quelli legati al programma nucleare italiano e come il Ministro dell'economia e delle finanze ritenga che debba farvi fronte, se vendendo attivi, aumentando ulteriormente il capitale, o scaricando sulle bollette elettriche degli italiani il costo del programma nucleare.
(4-09112)

TESTO AGGIORNATO ALL'11 NOVEMBRE 2010

GIUSTIZIA

Interrogazioni a risposta immediata in Commissione:
II Commissione:

ANGELA NAPOLI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
in data 27 marzo 2007 è stato siglato un accordo con le organizzazioni sindacali, di comparto sulla mobilità interna personale amministrativo dell'organizzazione giudiziaria;
sulla base delle disposizioni in esso contenute la domanda di trasferimento riguardava, oltre ai posti individuati vacanti e disponibili dal Ministero, anche quei posti che si sarebbero resi vacanti a seguito del trasferimento ad altra sede in conseguenza dell'interpello (cosiddetti posti di risulta);
ad oltre tre anni dall'inizio del procedimento, peraltro sospeso nel mese di agosto del 2008 e riavviato nel maggio 2009 anche a seguito dell'intervento dell'autorità giudiziaria che ha riconosciuto l'illegittimità della sospensione, l'azione amministrativa non è stata completata e non tutti i posti individuati vacanti e disponibili, rimasti tali a seguito della revoca della domanda di trasferimento, sono stati coperti né tantomeno i posti di risulta;
a tutt'oggi i destinatari della proposta di trasferimento e della conseguente immissione in possesso sono stati solo ed esclusivamente gli aspiranti meglio graduati nelle rispettive graduatorie, attribuendo al processo di mobilità le stesse caratteristiche di una procedura concorsuale;
con la circolare n. 4 del 18 aprile del 2008 in materia di mobilità, i citati posti vengono coperti, nell'ambito di una non meglio definita discrezionalità, attraverso le applicazioni temporanee di personale, in modo ad avviso dell'interrogante non conforme alle disposizioni contenute nel citato accordo e alle direttive fornite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
nel mese di agosto 2010 il capo dipartimento della organizzazione giudiziaria, aderendo alle richieste avanzate da alcune organizzazioni sindacali ha convocato le medesime per un analisi congiunta delle criticità attinenti all'applicazione dell'accordo sulla mobilità del personale sottoscritto il 27 marzo 2007;
nell'occasione, tutte le organizzazioni sindacali partecipanti al tavolo delle trattative hanno richiesto il rispetto degli impegni assunti con l'accordo e, in maniera particolare, di procedere alla copertura di tutti i posti individuati vacanti e disponibili con il personale legittimamente collocato in graduatoria;
il capo dipartimento, nel rinviare ogni decisione nel mese di settembre 2010, ha anticipato il probabile avvio della mobilità intercompartimentale, per colmare i buchi di organico, e si è riservato di procedere alla pubblicazione, dopo il periodo feriale, di un interpello «parziale» verso quegli uffici che presentano particolari e gravi scoperture di organico, quali ad esempio gli uffici della regione Veneto -:
quali urgenti iniziative intenda attuare al fine di rispettare gli impegni assunti con l'accordo del 27 marzo 2007 e se non ritenga necessario, prima ancora di procedere ai trasferimenti intercompartimentali e parziali, completare la mobilità già avviata procedendo alla copertura di tutti i posti ancora vacanti e disponibili e di «risulta» con il personale utilmente collocato in graduatoria che consentirebbe non solo di colmare i buchi e le scoperture di organico, ma, anche e soprattutto, di fornire taluni uffici delle risorse umane necessarie per fronteggiare il grave stato di criticità di cui si è diffusamente parlato in questi ultimi mesi.
(5-03642)

RAO. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
secondo quanto riportato dagli organi di stampa, la situazione negli istituti penitenziari di Trento e Rovereto risulta ben oltre i criteri più elastici di «capienza tollerabile»;
i problemi, relativi al sovraffollamento, alle strutture fatiscenti, alla carenza di personale, denunciati ormai da molti anni, hanno raggiunto anche in Trentino, livelli di emergenza;
nel carcere di Trento, costruito 130 anni fa, la capienza è di 60 posti e i detenuti sono 145, di cui 63 in attesa di giudizio (ne consegue che vi siano addirittura tre detenuti in una cella di 7 metri quadrati): una situazione gravissima per la dignità di vita dei detenuti e per il sovraccarico di lavoro degli agenti di polizia penitenziaria;
il nuovo carcere-modello di Spini di Gardolo, a nord di Trento, realizzato in tempi record, è chiuso per mancanza di agenti (quelli attuali sono soltanto 80), anche se la provincia ha speso 112 milioni di euro per costruirlo;
nonostante secondo il provveditore ne servano 250, la direzione generale ha previsto un incremento di sole 25 unità: un numero totalmente insufficiente, in previsione dell'annunciata operatività del carcere (con conseguente trasloco dei detenuti) dal 30 novembre 2010;
si tratta di una delle poche strutture detentive moderne non solo nella struttura, ma anche nell'approccio con i detenuti (grazie a strutture sportive, ricreative, di formazione e di lavoro): è giusto infatti che, accanto alla dimensione punitiva della pena, vi sia un'offerta di riabilitazione e di reinserimento sociale dei detenuti;
le nuove assunzioni, a livello nazionale, promesse dal Ministero della giustizia dovrebbero arrivare entro fine anno, ma, a fronte di 2 mila nuove unità, saranno almeno 1.500 in due anni le guardie che andranno in pensione;
le cose non vanno meglio a Rovereto: 78 uomini per 27 posti e 28 donne per una capienza di 16; tra l'altro, l'annunciata chiusura della struttura non farà che peggiorare la situazione, costringendo il personale a sobbarcarsi un trasferimento a Trento che non faciliterà la qualità del lavoro;
sempre a Rovereto, a fronte di 59 unità complessive, il servizio turno è svolto da appena 20 persone, assolutamente insufficienti per una popolazione di detenuti che risulta essere il doppio di quella tollerabile -:
quali urgenti ed efficaci misure intenda adottare al fine di risolvere concretamente la drammatica situazione sopra descritta.
(5-03643)

CONTENTO e COSTA. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
nell'anno in corso si sono conclusi molti dei procedimenti assegnati al giudice Henry John Woodcock, quale pubblico ministero, alcuni dei quali hanno avuto un forte risalto da parte degli organi di informazione, come ad esempio quello nel quale ha chiesto ed ottenuto l'arresto di Vittorio Emanuele di Savoia con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e al falso, ed associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione nell'ambito di attività legate al casinò di Campione d'Italia -:
quale sia l'esito dei predetti procedimenti e a quanto ammontino le spese per i medesimi, con particolare riferimento alle spese per intercettazioni.
(5-03644)

Interrogazione a risposta in Commissione:

BORGHESI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
l'avvocato Calogero Dolce dopo quasi 5 anni di processo che lo hanno visto imputato per truffa per qualche migliaio

di euro presso il Tribunale di Aosta, è stato assolto per non aver commesso il fatto;
sin da subito il pubblico ministero dottor Luca Ceccanti, disponeva il sequestro del suo conto corrente sul quale non ha potuto effettuare nessuna operazione, né versamenti, né prelevamenti, per circa un anno;
ovviamente sia le rate del mutuo e sia altre scadenze pagate con l'addebito sul conto corrente non sono state pagate, causando così la decadenza del beneficio del termine del mutuo della sua prima ed unica casa, l'inserimento nella black list precludendogli ogni sorta di finanziamento o credito o rinegoziazione del mutuo, sfratto per morosità del suo studio professionale e cosa ben più grave l'avvio della procedura esecutiva immobiliare della sua unica casa;
la banca ha preteso l'immediato pagamento del residuo del mutuo, per come detto sopra era decaduto dal beneficio del termine, e quindi ha pignorato e presentato istanza di vendita;
il 15 gennaio 2010 si è tenuta l'udienza di giuramento del C.T.U al fine della valutazione dell'immobile, mentre il prossimo 15 ottobre 2010 sarà decisa la data della vendita dell'immobile;
la sua unica casa è costata 40 anni di lavoro, un giudice ha impiegato 15 giorni a distruggere tutto (durata delle indagini preliminari che hanno portato al sequestro del suo conto corrente, saldo attivo compreso). Il residuo del mutuo e il debito per o sfratto per morosità non supera la somma di euro 200.000,00 mentre il valore commerciale dell'immobile è di circa un milione di euro, ma, come è notorio, all'asta il prezzo ricavato sarà di molto inferiore al valore commerciale dell'immobile;
l'interessato ha proposto ricorso alla Corte europea per la salvaguardia dei diritti umani per le palesi e abnormi violazioni commesse dalla procura di Aosta, il ricorso è stato assegnato alla seconda sezione ed è in attesa del giudizio, ma nel frattempo, l'avvocato rischia di perdere tutto;
l'avvocato Dolce ha interessato in passato, la Presidenza del consiglio, la Presidenza della Repubblica, il Ministro della giustizia ottenendo solo una dichiarazione di impotenza di fronte a fatti del genere e nessuna risposta da parte del Ministero della giustizia;
fin da subito il difensore di fiducia dell'avvocato Dolce chiese come atto istruttorio che il pubblico ministero precedente ponesse in essere degli specifici atti di indagine e in particolare, tramite i propri consulenti di ufficio, rintracciare ed identificare con qualsiasi strumento, attraverso, a titolo di esempio, l'identificazione dell'IP, chi ha in effetti operato sul conto corrente del signor Lang Bruno sul cui conto erano stati eseguiti dei bonifici costituenti l'oggetto del reato contestato all'avvocato (ogni accesso ad internet lascia tracce univoche che portano senza dubbio al soggetto che ha avuto accesso al conto corrente del signor Bruno con relativa località geografica e utenza), questo atto di indagine è determinante al fine di escludere la responsabilità dell'avvocato Dolce;
nella sentenza assolutoria il giudice estensore tra le motivazioni riporta quanto segue: «sarebbe stato necessario, ma non veniva fatto nel corso delle indagini preliminari, disporre l'acquisizione dei cosiddetti files di log, che consentono l'identificazione dell'ora e del giorno nel quale le comunicazioni in esame erano avvenute, nonché del numero e dell'intestatario dell'utenza telefonica dalla quale provenivano. In difetto dell'acquisizione dei suddetti files di log non è dunque possibile stabilire se dall'utenza in uso o nella disponibilità di Lang Bruno Enrico siano stati trasmessi gli ordini di esecuzione di bonifici di cui all'imputazione. L'acquisizione di tali dati, da compiersi mediante l'adozione di decreto ai sensi dell'articolo 132 comma 1 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, mai effettuata in precedenza durante le indagini preliminari,

non appare più possibile, per decorso del termine biennale di conservazione della documentazione del traffico telefonico, previsto dall'articolo 132 comma 1 predetto».
appare dunque evidente che il pubblico ministero precedente abbia omesso un atto fondamentale che avrebbe potuto portare all'immediato dissequestro del conto senza così causare danni irreparabili all'avvocato Dolce -:
se non intenda assumere iniziative ispettive per l'eventuale esercizio dei poteri di competenza;
se non ritenga di dover intervenire nell'esaminare il ricorso al fine di un bonario componimento con l'intermediazione del Cancelliere della Corte europea così come previsto dalla procedura.
(5-03634)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
con il decreto dirigenziale 28 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale - IV Serie Speciale - n. 3 del 12 gennaio 2010, è stato indetto un concorso, per esame, a 200 posti di notaio;
con il decreto ministeriale del 12 ottobre 2010 è stata nominata la commissione esaminatrice del concorso;
i commissari nominati provengono esclusivamente dal centro e dal sud del Paese (precisamente 9 da Roma, 2 dalla provincia di Roma, 1 da Cosenza, 1 da Avellino, 1 da Salerno, 1 da Bari);
peraltro, tale concorso sembra essere stato bandito senza aver comunicato l'esito del precedente, per cui senza dubbio tra i vincitori di questo ci sarà anche una buona parte dei vincitori del precedente, con un evidente danno per gli esaminandi -:
su quali presupposti il Ministro abbia nominato la suddetta commissione e per quali motivi sia stato indetto un nuovo concorso senza aver comunicato l'esito del precedente.
(4-09092)

TOMMASO FOTI. - Al Ministro della giustizia. - Per sapere - premesso che:
la corte d'appello di Bologna, dopo aver valutato le percentuali di scopertura degli organici degli uffici giudicanti del distretto, avrebbe individuato nel tribunale di Piacenza l'ufficio dal quale può essere disposto lo spostamento d'ufficio del funzionario giudiziario per la copertura del posto vacante presso l'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia;
sarebbe opportuno evitare gli effetti di una decisione che rischia di compromettere ulteriormente il già precario (stante il ristretto numero di dipendenti assegnati) funzionamento del tribunale di Piacenza -:
se non si intenda risolvere il problema rappresentato in premessa mediante l'assegnazione di un funzionario giudiziario all'ufficio di sorveglianza di Reggio Emilia senza penalizzare gli uffici del tribunale di Piacenza.
(4-09119)

TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2010

...

INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

Interrogazioni a risposta in Commissione:

STRADELLA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
da qualche settimana gli organi di informazione riportano proteste da parte di Arenaways società di trasporto ferroviario;
l'azienda ha proposto l'effettuazione di trasporto persone sulla linea Torino-Alessandria-Milano, avendo superato tutte le procedure per la verifica della idoneità tecnica ed economica;

l'iter propedeutico alla realizzazione del servizio su concessione ha accumulato ritardi ingiustificati in tutti i suoi passaggi;
l'Arenaways dopo alcuni rinvii ha comunicato di dover sospendere a tempo indeterminato l'inizio di attività -:
se sia a conoscenza dello stato della pratica concessoria tra le Ferrovie dello Stato e Arenaways;
se sia a conoscenza delle ragioni che inducono Ferrovie dello Stato a comportamenti, segnalati dagli utenti, che appaiono all'interrogante penalizzanti nei confronti del territorio piemontese.
(5-03618)

LANZARIN. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
i soci della cooperativa edilizia a proprietà indivisa «La Brianza società cooperativa edilizia s.r.l.» hanno avuto l'assegnazione del proprio alloggio, ai sensi della legge n. 865 del 1971, nel mese di luglio 1978;
nel 2008, a seguito di richiesta di rogito da parte dei soci della cooperativa, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha segnalato a dieci soci interessati la mancanza dei requisiti inerenti al reddito, chiedendo una somma di 18 mila di penale pro capite, per sanare la situazione pendente;
l'osservanza del requisito del reddito, ai sensi della normativa allora in vigore può facilmente essere dimostrato dai soci medesimi;
sulla base della legge n. 865 del 1971 e della normativa allora in vigore, il requisito relativo al reddito riguardava il solo socio assegnatario e doveva essere inferiore a 6 milioni di lire, mentre, successivamente all'assegnazione degli alloggi, nell'agosto 1978, è entrata in vigore la legge n. 457 del 1978 che prendeva a riferimento il cumulo del reddito famigliare;
infatti, la normativa di riferimento ai tempi dell'assegnazione degli alloggi era l'articolo 10 del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 ottobre 1975, n. 492, che recita «Il reddito annuo complessivo degli assegnatari di abitazioni comunque fruenti di concorso o contributo dello Stato concessi in locazione da IACP e cooperative edilizie a proprietà indivisa e loro consorzi è stabilito in lire 6 milioni da determinarsi ai sensi dell'articolo 8, decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 597, compresi i redditi esenti, diversi da quelli indicati nel primo, secondo e terzo comma dell'articolo 34, decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601», senza fare alcun riferimento al cumulo del reddito familiare;
anche l'articolo 5 della legge 8 agosto 1977, n. 513, fa riferimento al reddito del socio assegnatario dell'alloggio: «5. I redditi di cui al secondo comma dell'articolo 10 del decreto-legge 13 agosto 1975, n. 376, convertito, con modificazioni, nella legge 16 ottobre 1975, n. 492, per l'assegnazione degli alloggi realizzati da parte di cooperative edilizie in forza del predetto decreto-legge o di leggi precedenti, sono quelli dichiarati nell'anno antecedente a quello dell'assegnazione dell'alloggio.»;
i soci della cooperativa, incoraggiati dalle osservazioni dei legali cui si sono rivolti, ritengono di dover rispettare la legge n. 865 del 1971 e di non essere sottoposti alle disposizioni della legge n. 457 del 78, la cui entrata in vigore è successiva all'assegnazione degli alloggi;
inoltre, il reddito dei soci è stato controllato sia da parte del Ministero sia da parte del consiglio di amministrazione della cooperativa, nei tempi e nei modi previsti dalla legge, e a suo tempo non sono state segnalate irregolarità. La prima segnalazione ricevuta in merito alla mancanza dei requisiti è arrivata con 30 anni di ritardo da parte del Ministero e precisamente il 7 maggio 2008 -:
se il Ministro intenda verificare la correttezza dell'interpretazione delle

norme, allo scopo di evitare un pagamento vessatorio a carico di cittadini, ormai quasi tutti pensionati, a più di 30 anni di distanza dall'assegnazione del proprio alloggio.
(5-03636)

VALDUCCI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
richiedere o rinnovare la patente è stato per lungo tempo un incubo per le persone con diabete che non potevano limitarsi a effettuare la normale visita presso le Asl o presso i medici autorizzati al rilascio messi a disposizione, a pagamento, dall'ACI, autoscuole o agenzie di pratiche auto;
l'articolo 119 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, prevedeva, infatti, che durante la visita il richiedente era tenuto a compilare una «dichiarazione sostitutiva del certificato anamnestico», sottoscritta sotto la propria responsabilità civile, penale e amministrativa, dalla quale doveva risultare se soffriva di alcune delle patologie ricomprese in una apposita lista, tra le quali era inserito il diabete; per effetto di tale dichiarazione il richiedente era sottoposto in ogni caso alla valutazione delle commissioni mediche locali;
nella valutazione delle commissioni mediche locali si registrava un'ampia difformità anche in relazione a situazioni simili, per cui in alcuni casi si prevedeva il rinnovo della patente dopo cinque anni e in altri si prescriveva l'obbligo di ripresentarsi a visita medica di lì a pochi mesi;
nel 1997 un gruppo di lavoro composto da membri del Consiglio superiore della sanità e del Ministero dei trasporti e da rappresentanti delle associazioni ha elaborato delle linee guida, nelle quali si chiedeva alle commissione mediche locali di rilasciare e rinnovare per cinque anni le patenti di categoria A, B e BE a tutte le persone con il diabete, insulinodipendenti e non, anche in presenza di complicanze, purché non gravi e comunque certificate dal medico diabetologo curante;
le linee guida prevedevano invece requisiti più stringenti per le patenti di categoria superiore, previste per la guida di mezzi pesanti e di mezzi adibiti al trasporto di persone. Per le patenti C e CE il rilascio e il rinnovo avevano una validità di cinque anni soltanto per i diabetici non insulinodipendenti e senza complicanze. In tutti gli altri casi la concessione era ridotta a due anni, periodo che poteva essere ulteriormente limitato per i diabetici con complicanze. Infine, le patenti D e DE venivano rilasciate solo a diabetici non trattati farmacologicamente e senza complicanze: anche in questo caso, comunque, il controllo periodico era effettuato ogni due anni;
l'articolo 32 della legge 7 dicembre 1999, n. 472, ha modificato l'articolo 119 del codice della strada, attribuendo valenza normativa alle linee guida adottate; si è pertanto previsto che per il rilascio e rinnovo delle patenti di categoria A, B e BE le Commissioni mediche locali siano sostituite da «organi medici monocratici», vale a dire da un medico specialista, cui è demandata l'indicazione della scadenza entro la quale effettuare il successivo controllo medico; per le patenti professionali è stata prevista, all'interno delle Commissioni mediche locali, la presenza di un diabetologo, sia per gli accertamenti relativi alla specifica patologia sia per esprimere il giudizio finale;
l'articolo 3 della legge 22 marzo 2001, n. 85, ha precisato che la specializzazione del medico designato per il rilascio e rinnovo della patente di categoria A, B e BE dovesse riferirsi all'area della diabetologia e delle malattie del ricambio;
le novità normative introdotte in tale procedura hanno avuto delle conseguenze non interamente positive;
in particolare, per quanto riguarda il rilascio e rinnovo delle patenti di categoria A, B e BE, la previsione del comma 3 dell'articolo 119 del codice della strada,

per cui l'accertamento per l'idoneità alla guida deve essere effettuato dai soggetti di cui al comma 2, vale a dire dai medici chiamati in via ordinaria ad effettuare tale valutazione, con rilascio di una certificazione di data non anteriore a tre mesi dalla presentazione della domanda per sostenere l'esame di guida, ha privato di valenza autonoma il certificato di idoneità alla guida rilasciato dai medici specialisti diabetologi; nello stesso senso operano anche le disposizioni dell'articolo 331 del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, che fa riferimento soltanto ai medici indicati al comma 2 dell'articolo 119 per quanto concerne la compilazione del certificato; ai sensi del comma 4 del medesimo articolo 119, inoltre, sono soltanto i medici ai quali sono affidati ordinariamente gli accertamenti per il rilascio o il rinnovo della patente a poter disporre il rinvio del soggetto richiedente all'esame delle commissioni mediche locali;
per quanto riguarda le patenti di categoria superiore, la presenza all'interno delle commissioni mediche locali di un medico specialista diabetologo ha determinato rilevanti problemi organizzativi, dal momento che non è risultato possibile inserire stabilmente il diabetologo all'interno delle commissioni, in considerazione del ridotto numero di soggetti affetti da diabete che si sottopongono a rinnovo;
tale circostanza ha creato enormi ritardi nella valutazione dei soggetti affetti da diabete, dato che la convocazione a visita medica è subordinata sempre alla disponibilità del medico specialista diabetologo;
al fine di superare le problematiche sopra descritte è stato costituito un gruppo di lavoro composto da esperti del Ministero della salute, dei trasporti e da rappresentanti delle associazioni del settore;
il gruppo, al fine di rendere omogenei ed uniformi su tutto il territorio nazionale i criteri ai quali deve attenersi la valutazione, sotto il profilo della sicurezza alla guida, della eventuale minore durata del titolo rispetto alla normale scadenza prevista, ha elaborato nel maggio del 2006 ulteriori linee guida, in cui si prevede che il diabetologo abbia funzioni di consulente per il medico dell'azienda sanitaria locale; a quest'ultimo è demandata l'indicazione di una scadenza diversa, da valutare in base all'effettivo rischio che le condizioni mediche del paziente costituiscono in relazione alla guida;
ai sensi delle linee guida non dovrà essere imposta alcuna limitazione nella durata di validità della patente per un rischio alla guida giudicato basso, mentre l'eventuale prescrizione di scadenza anticipata dovrà essere basata sulla valutazione dell'entità del rischio alla guida sussistente per il soggetto al momento della visita;
malgrado le precise indicazioni fornite, diverse persone affette da diabete al momento del rinnovo della patente affermano di aver ricevuto dalle loro azienda sanitaria locale indicazioni contrastanti fra loro o diverse da quelle previste dalla circolare;
in alcuni casi la mancata indicazione della disposizione ai sensi della quale era stato emesso il certificato medico ha avuto la conseguenza di bloccare la pratica di rinnovo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con la conseguenza di creare evidenti disagi per i soggetti interessati;
rimangono inoltre molto lunghi i tempi di attesa per i soggetti affetti da diabete rinviati al giudizio delle commissioni mediche locali;
è necessario che il diabete non costituisca una penalizzazione per i soggetti che ne sono affetti rispetto alla possibilità di condurre veicoli, ma che la condizione di tali soggetti sia valutata in relazione al rischio effettivo che può sussistere durante la guida -:
se il Ministro sia a conoscenza dei problemi e delle difficoltà illustrati in premessa;

se non ritenga opportuno adottare appropriate iniziative, da concordare anche con il Ministero della salute, per pervenire ad una ulteriore semplificazione dell'iter burocratico relativo al rilascio e rinnovo della patente di categoria A, B e BE per le persone affette da diabete, assicurando, ad esempio, che sia il medico specialista diabetologo a rilasciare il certificato necessario per il conseguimento, la revisione o la conferma delle patenti delle suddette categorie ovvero a prescrivere l'esame da parte delle commissioni mediche locali;
se non ritenga opportuno adottare appropriate iniziative, da concordare nell'ambito dei lavori della Conferenza Stato-regioni, per fare in modo che le commissioni mediche locali integrate dallo specialista diabetologo si riuniscano con cadenza più ravvicinata, prevedendo un periodo massimo pari ad un mese tra una convocazione e l'altra.
(5-03640)

Interrogazioni a risposta scritta:

NACCARATO. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nel dicembre 2008 l'Albo nazionale degli autotrasportatori ha determinato le percentuali relative alle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali, diminuendo il fattore di sconto di circa la metà rispetto a quanto previsto dalla direttiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti emanata nel giugno 2008, poiché - in seguito ai tagli di spesa attuati negli anni precedenti - la disponibilità risultava corrispondente a 85.182.873,92 euro;
il successivo accordo tra il Governo e le associazioni degli autotrasportatori siglato il 1o dicembre 2009 ha stabilito l'utilizzo prioritario della somma di 60.000.000 di euro - da prevedersi per le riduzioni compensate dei pedaggi autostradali nella legge finanziaria 2010 - come pagamento dell'annualità relativa al 2008;
il 12 gennaio 2010 il Ministero dell'economia e delle finanze - nel quadro delle misure di sostegno all'autotrasporto tendenti ad ammortizzare il rincaro del prezzo del gasolio registrato nel 2008 - ha disposto, a favore della sopra citata misura, il recupero di ulteriori 9.224.747,56 euro;
l'Albo nazionale degli autotrasportatori - sulla base dello stanziamento definitivo attualmente disponibile - ha rielaborato le percentuali delle riduzioni spettanti alle imprese di trasporto beneficiarie. Per effetto delle sopra citate disponibilità aggiuntive la somma disponibile, al fine dell'erogazione delle riduzioni compensate dei pedaggi relative al 2008, ammonta a 154.407.621,48 euro;
tale somma risulta inferiore alla sopra citata direttiva del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per l'applicazione della quale - sulla base delle domande presentate e della categoria di appartenenza dei veicoli utilizzati nelle tratte autostradali - sarebbe stato necessario uno stanziamento complessivo pari a 162.844.207.07 euro -:
quale sia il motivo alla base del ritardo nell'erogazione del sopra citato importo;
se sia al corrente dei fatti fin qui esposti;
quale sia la ragione della diminuzione della somma disponibile per l'erogazione delle riduzioni compensate dei pedaggi autostradali relative al 2008, rispetto alla direttiva del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti del giugno 2008.
(4-09090)

FUGATTI e STUCCHI. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
ai sensi della normativa vigente, l'epilessia è inclusa tra le patologie soggette a particolari restrizioni ai fini del rilascio della patente di guida;

l'articolo 320 e l'appendice II, punto D del nuovo codice della strada (decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495) subordinano, infatti, la concessione di patente delle categorie A e B ai soggetti affetti da epilessia alla condizione che tali soggetti che non presentino crisi comiziali da almeno due anni, indipendentemente dall'effettuazione di terapie antiepilettiche di mantenimento e controllo; l'accertamento della suddetta condizione è affidato ad una commissione medica locale, sulla base di apposita certificazione; la validità della patente di guida è in ogni caso limitata a due anni. Ai soggetti in atto affetti o che abbiano sofferto in passato di epilessia è inoltre precluso il rilascio o la conferma della patente di guida delle categorie C, D, E;
le rilevanti limitazioni alla guida che la normativa vigente pone nei confronti dei soggetti affetti da epilessia, pur finalizzate a preservare l'incolumità sia dell'interessato che della collettività, risultano fondate su un approccio a questa «malattia sociale» ad oggi assolutamente superato, nella misura in cui non ammette la possibilità di guarigione da parte del soggetto che sia stato affetto da manifestazioni epilettiche, anche se isolate;
dietro il termine epilessia, citato in modo generico nell'allegato II, punto D del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, è infatti possibile individuare oltre quaranta sindromi che, seppure accomunate da analoghe connotazioni neurologiche, si differenziano tuttavia sostanzialmente non solo in relazione alle manifestazioni epilettiche, ma anche nei tempi e nelle modalità di guarigione: per molte sindromi epilettiche, infatti, la guarigione rappresenta un risultato medicalmente raggiungibile, ora in modo spontaneo, ora attraverso la somministrazione di apposite terapie farmacologiche;
una recente pronuncia del Tribunale Amministrativo Regionale Veneto (n. 73/2009) ha tuttavia chiaramente dimostrato come le limitazioni alla guida previste dal codice della strada nei confronti dei soggetti affetti da epilessia possano essere superate in sede giudiziale: con la suddetta sentenza, il Tribunale Amministrativo Regionale ha infatti smentito la commissione medico-legale, che aveva rigidamente applicato le disposizioni dell'allegato II del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, accogliendo la richiesta del ricorrente, e quindi riconoscendo che la guarigione del ragazzo cui era stato imposto il rinnovo biennale della certificazione di guida ai ciclomotori era da considerarsi «definitiva ed irreversibile»;
con la suddetta pronuncia, il giudice amministrativo ha evidenziato l'irragionevolezza della citata previsione del codice della strada, nella misura in cui si estende fino ad includere quei soggetti, i quali non presentano un rischio superiore alla media della popolazione di manifestare in futuro una determinata malattia, pericolosa per la circolazione stradale;
il tema incontra consensi politici trasversali, come confermato dalla pdl Saltamartini ed altri - presentata presso questo ramo del Parlamento e sottoscritta da parlamentari di entrambi gli schieramenti politici (AC 2060) -, che propone alcune modifiche normative al codice della strada finalizzate a rimuovere le limitazioni alla guida conseguenti al precedente e superato stato patologico di soggetto epilettico;
inoltre, il tema è già stato oggetto di un'interrogazione parlamentare (l'interrogazione a risposta scritta n. 3889 del 30 luglio 2009, a prima firma dell'onorevole Boccuzzi), finalizzata a verificare se il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti non intenda assumere iniziative volte a rivedere la normativa vigente in tema di concessione e rinnovo della patente di guida per chi sia stato vittima di forme leggere di crisi epilettica non più ripetutesi nel tempo, al fine di aumentare almeno a cinque anni il periodo di tempo intercorrente tra una verifica e l'altra, nonché concedere a tali soggetti il rilascio di patenti di guida superiori alla B;
con risposta del 26 ottobre 2009, il Ministero dell'infrastrutture e dei trasporti

si è limitato ad osservare come l'eventuale revisione della normativa debba essere supportata da studi scientifici, che dimostrino che episodi di crisi comiziali non recenti, per i conducenti che svolgano attività di guida professionale, non pregiudichino la sicurezza per sé e per gli altri utenti;
è noto, tuttavia, come altri Paesi europei abbiano adottato una diversa disciplina della materia: nel Regno Unito, ad esempio, un soggetto che sia stato affetto da epilessia può fare domanda per una patente di guida anche delle più elevate categorie a condizione che non sia stato affetto da crisi epilettiche per un anno ovvero che abbia sperimentato solo crisi di sonnolenza per un periodo di almeno tre anni e che l'agenzia di guida abbia accertato che come conducente il soggetto non costituisca un pericolo per l'incolumità pubblica;
un'analoga regolazione nel rilascio del permesso di guida ai soggetti affetti da epilessia è prevista in Irlanda, Germania e Svizzera;
la dottrina (Hopkins, Appleton, 1996) ha chiaramente evidenziato come vi siano pochi aspetti legati all'essere affetti da epilessia da adulti che creano maggiore sofferenza rispetto alle limitazioni amministrative alla guida;
la normativa italiana non solo appare tra le più restrittive in Europa, ma rischia, ad oggi, soprattutto a seguito delle più recenti pronunce dei giudici amministrativi, di creare diffuse incertezze tra i soggetti affetti da epilessia in ordine alle loro aspettative di vita, in quanto solo attraverso un ricorso giudiziale tali soggetti, laddove dimostrino di non presentare rischi superiori alla media degli altri cittadini, possono vedersi riconoscere un diritto al rilascio della patente di guida alle condizioni disciplinate, in via generale, dal codice della strada -:
se il Ministro interrogato non ritenga opportuno istruire una Commissione di studio finalizzata alla riformulazione dell'allegato II, punto d) del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, con l'intento di adeguare le condizioni di rilascio della patente di guida ai soggetti affetti da epilessia agli standard normativi consolidatisi, in materia, nella maggior parte dei Paesi europei.
(4-09099)

ZACCHERA. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
nell'aprile 2010, in risposta ad un precedente atto di sindacato ispettivo dell'interrogante, il Ministro interrogato confermava che sarebbero stati di prossimo avvio i lavori di sistemazione della stazione ferroviaria di Verbania, per un importo di circa 300.000 euro;
a quanto consta all'interrogante nessun lavoro però è stato nel frattempo avviato -:
quali motivi abbiano portato a questo ulteriore ritardo, se il Ministero abbia in merito sollecitato Trenitalia e società collegate, quando si ritenga che verranno effettivamente avviati gli indispensabili lavori di sistemazione e miglioramento della stazione ferroviaria di Verbania in località Fondotoce.
(4-09114)

DI GIUSEPPE. - Al Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. - Per sapere - premesso che:
il 13 giugno 1885 il consiglio dei lavori pubblici approvò un progetto per la costruzione di una linea ferroviaria che collegasse la città di Sulmona con quella di Isernia. Un percorso di 118 chilometri la cui realizzazione richiese molto tempo e vide l'inaugurazione del primo tratto Sulmona-Cansano, di 25 chilometri, il 18 settembre 1892 e l'inaugurazione dell'intera tratta il 18 settembre 1897. Un lavoro molto impegnativo su un territorio completamente montuoso; infatti, raggiunge un'altitudine di 1268 metri alla stazione di Rivisondoli-Pescocostanzo. Dopo il Brennero, la cui stazione è posta ad una

altitudine di 1.370 metri, è la linea ferroviaria più alta d'Italia. Il suo percorso è di una peculiarità unica. La tratta, giunta a Carpinone, consente di proseguire verso ovest (Isernia-Caianello-Roma-Napoli) oppure verso Est (Bosco Redole-Campobasso-Benevento). Sopravvissuta alle distruzioni della guerra, la linea ferroviaria sopravvive anche alla politica dei tagli dei «rami secchi» ed oggi deve vedersela con la politica del risparmio intrapresa dalle Ferrovie dello Stato. A partire dagli anni novanta, vengono chiuse le biglietterie, varie stazioni vengono declassate a semplici fermate e di fatto abbandonate a se stesse;
anche questa tratta ferroviaria è stata oggetto di forti penalizzazioni da parte di Trenitalia;
fino a dicembre 2008 vi era un servizio minimo di 4 coppie di treni tra Sulmona e Carpinone. Nei giorni festivi vi erano 2 coppie di regionali Sulmona-Napoli;
dal 2009 c'è stata una riduzione delle corse, che sono diventate due nei giorni feriali, mentre nei festivi circolava solo una coppia da e per Napoli;
oggi viene chiusa al traffico ferroviario parte della tratta, quella che va da Castel di Sangro a Carpinone. Il provvedimento è stato adottato da Trenitalia e dalla regione Abruzzo, quest'ultima competente sulla tratta soppressa per effetto dell'accordo del luglio 1998 tra il Ministero dei Trasporti, le regioni Abruzzo, Molise e Campania che assegnava alla regione Abruzzo la gestione della tragitto ferroviario in questione. Con la chiusura di questa tratta, diversi comuni dell'altissimo Molise (San Pietro Avellana, Capracotta, Carovilli, Vastogirardi, Pescolanciano, Sessano del Molise) non hanno più alcun collegamento ferroviario né verso l'Abruzzo né verso il capoluogo di provincia, Isernia. Le corse soppresse sono state sostituite da corrispondenti corse di autobus con estremi disagi alle utenze residenti nei piccoli centri a causa della tortuosità delle strade, ma ancor più per i ritardi medi (si parla di circa 90-120 minuti) dei servizi sostitutivi di autobus provenienti da Napoli. Ritardi accumulati che non consentono ai viaggiatori di prendere le coincidenze con i treni non ancora soppressi;
a parere della CGIL Trasporti Molise, Trenitalia giustifica i tagli adducendo le disposizioni della contestatissima legge finanziaria per il 2010, ma in realtà la causa sembra essere legata alla carenza di materiale (carrozze o automotrici); i treni sottratti alla tratta chiusa sarebbero stati dirottati su altre linee commercialmente più redditizie per Trenitalia o verso altre regioni più vigili rispetto alle inadempienze contrattuali della società Trenitalia;
oggi la linea ha assunto una valenza turistica-ambientale che va oltre il normale servizio ferroviario. L'obiettivo deve essere quello di renderla un mezzo inconsueto per gli amanti della natura e per gli appassionati del turismo ferroviario. Un viaggio lungo la tratta ferroviaria soppressa deve significare regalarsi un viaggio indimenticabile su una linea di bellezza impareggiabile. La linea ferroviaria è una vera e propria opera di ingegneria del paesaggio e regala al viaggiatore scorci mozzafiato, paesaggi in controluce, boschi, faggete, abetaie che si possono ammirare dal treno che si arrampica sulle montagne per poi scendere nelle vallate;
la carenza di fondi non deve continuare a colpire sempre le aree più deboli perché questa politica dei tagli continua ad impoverire un tessuto socio economico già debole per innumerevoli e contingenti motivi. Tutto il territorio dell'altissimo Molise e dell'area abruzzese interessata dalla tratta ferroviaria vedono nel percorso soppresso una ulteriore penalizzazione di aree interne e svantaggiate alle quali, invece, deve essere data una possibilità di sopravvivenza, anche attraverso il potenziamento dell'offerta turistica. La ferrovia, per la sua peculiarità, può e deve divenire uno strumento di richiamo per i visitatori che, lungo un percorso che può svilupparsi anche per diversi giorni, possono visitare località in cui continuano a

vivere tradizioni e storie a molti sconosciute. Per questo va potenziata attraverso un programma di rivitalizzazione e di promozione; per questo se ben utilizzata, non potrà che apportare benefici a territori che hanno bisogno di infrastrutture funzionanti e non possono più tollerare tagli che giungono da ogni parte e provocano uno spaventoso depauperamento del territorio ed una emigrazione continua -:
se sia a conoscenza della situazione descritta in premessa e, in tal caso, se e quali iniziative, per quanto di competenza, intendano adottare nei confronti di Trenitalia affinché sia ripristinata la piena funzionalità della tratta ferroviaria Castel di Sangro-Carpinone, posto che, ad avviso degli interroganti, essa rappresenta una linea di collegamento indispensabile per un territorio montuoso e attesa l'importanza che la stessa riveste nella visione di un miglioramento e potenziamento dell'offerta turistica delle aree interessate.
(4-09122)

TESTO AGGIORNATO AL 24 NOVEMBRE 2010

...

INTERNO

Interpellanze urgenti (ex articolo 138-bis del regolamento):

Il sottoscritto chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
in data 31 maggio 2010, oltre duecento ragazzi, autodefinitosi: «Collettivo degli occupanti Csoa mercato occupato di Bari», dopo aver infranto le serrature d'ingresso, hanno occupato abusivamente, un'area comunale adibita ad un ex mercato coperto del quartiere Poggiofranco di Bari, (composto da due piani di parcheggio ed un piano alla strada per oltre 6 mila metri quadrati) area che autogestiscono tuttora;
gli occupanti, introducendo all'interno del mercato rionale materassi, frigoriferi e altro materiale potenzialmente pericoloso, organizzano quotidianamente banchetti, feste e riunioni che terminano con risse, senza alcuna autorizzazione da parte delle autorità comunali;
quanto accaduto oltre ad essere un'iniziativa che oltrepassa palesemente ogni confine della legalità, sta esasperando i residenti della zona, i quali nonostante abbiano denunciato agli organi competenti la situazione oramai non più tollerabile, sono costretti a subire i comportamenti dei medesimi occupanti abusivi del mercato, spesso minacciosi e di disturbo anche acustico fino a notte fonda, a cui si aggiungono intemperanze di altro genere;
appare evidente a giudizio dell'interpellante la situazione di estrema gravità e pericolosità in considerazione di quanto suesposto, sia sotto il profilo legale, costituito dall'occupazione abusiva di una proprietà pubblica (del comune di Bari), che sotto il profilo della sicurezza e dell'incolumità dei cittadini residenti nel quartiere (e degli stessi occupanti) che da oltre quattro mesi, nonostante le sempre più veementi proteste, subiscono soprusi e minacce da individui, tra l'altro non ancora identificati, i cui atteggiamenti all'interno dell'ex mercato occupato, appaiono evidentemente illegali sotto ogni aspetto;
risulta altrettanto evidente e incomprensibile a giudizio dell'interpellante, la totale indifferenza da parte delle istituzioni locali nei confronti di questa forma di abusivismo, che a quanto pare, sembrerebbe sia tollerata dalle medesime, per assenza di alternative alle reiterate richieste del collettivo degli occupanti;
i ripetuti solleciti rivolti all'amministrazione comunale di Bari, che in tale circostanza avrebbe dovuto garantire la legalità dei comportamenti, nonché la sicurezza dei cittadini della zona interessata, rimuovendo ogni situazione di contrasto sin dal mese di agosto 2010, non hanno avuto alcun tipo di riscontro effettivo, né hanno portato alle attese di ordinanza di sgombero ed inoltre, secondo quanto riportato da alcuni quotidiani locali, gli occupanti dell'ex mercato rionale,

hanno trasformato la struttura in un vero e proprio centro sociale, con condizioni igienico-sanitarie divenute precarie, ma che non impediscono di organizzare, all'interno della struttura occupata, manifestazioni pubbliche senza alcuna autorizzazione e addirittura istituendo un'associazione con imprecisata finalità e finanche con l'annuncio dell'apertura di uno sportello al pubblico -:
se non ritenga urgente e necessario provvedere assumere le iniziative di competenza con riferimento alla struttura sede dell'ex mercato rionale situato nel quartiere Poggiofranco di Bari, occupata abusivamente da esponenti dei centri sociali, al fine di ripristinare la legalità e garantire la sicurezza dei cittadini i quali da oltre quattro mesi sono costretti a convivere una situazione insostenibile, nella totale inerzia da parte delle istituzioni locali.
(2-00865) «Di Cagno Abbrescia, Baldelli, Distaso».

I sottoscritti chiedono di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
domenica scorsa a Novi, in provincia di Modena, una donna pakistana è stata brutalmente assassinata e la figlia è stata gravemente ferita al termine di una lite familiare con il marito e l'altro figlio della coppia;
stando alle notizie riportate dagli organi di stampa il movente che ha scatenato la violenza è riconducibile alla ribellione della giovane ventenne ad un matrimonio combinato;
secondo la ricostruzione del crimine, la donna pakistana Begm Shnez, per aver preso le difese della giovane figlia, sarebbe stata uccisa con una pietra dal marito cinquantenne, mentre la figlia sarebbe stata colpita a sprangate con l'aiuto del fratello 19enne;
le notizie riportate dai media indicano nell'assassino, marito della vittima, il capo spirituale della comunità islamica presente nel territorio del comune di Novi (Modena) e referente religioso della moschea abusiva, ricavata in un locale di sua proprietà;
come dichiarato dall'associazione avvocati matrimonialisti (Ami): «il grave episodio di violenza, sfociato ancora una volta nell'assassinio, appartiene a un fenomeno molto radicato anche in Italia che vede protagonisti, quasi sempre, cittadini immigrati da India, Bangladesh, Pakistan e da alcuni Paesi nordafricani (in particolare di Marocco e Tunisia), un fenomeno che coinvolge spesso ragazze minorenni, costrette dalle famiglie a sposare uomini molto più anziani e a volte malati»;
i fatti di sangue, che hanno visto donne straniere residenti in Italia vittime di una violenza armata dalla sottomissione irragionevole a dettami fanatico-religiosi, meritano giustizia e attenzione: Saana Dafani ferita a morte con arma da taglio dal padre perché frequentava un giovane italiano, Hina, uccisa selvaggiamente dalla sua famiglia perché colpevole di essersi troppo «occidentalizzata», Maha, tunisina, picchiata a sangue perché osava uscire senza il consenso della famiglia, Khaur costretta al suicidio come unica via di fuga da un matrimonio combinato impostole dalla sua famiglia, sono soltanto gli ultimi tristi episodi di una diffusa e allarmante ferocia nei confronti di donne che osano ribellarsi al teodispotismo coranico;
i dati raccolti da associazioni di rappresentanza del mondo femminile islamico segnalano che l'86 per cento delle donne islamiche presenti in Italia sono analfabete e non conoscono il sistema alfanumerico; l'80 per cento non esce di casa se non accompagnata da figure maschili della famiglia di appartenenza; solo il 10 per cento delle 400.000 donne islamiche presenti in Italia conduce una vita che, secondo gli standard socio-statistici, potrebbe definirsi normale;
nelle famiglie di immigrati di fede islamica emerge una profonda disparità di diritti tra uomo e donna e nell'educazione dei figli, nonché la mancanza di un'istruzione adeguata;

sono sempre più diffuse le denunce da parte di donne di fede islamica che lamentano una scarsa attenzione del nostro Paese ad episodi di maltrattamenti conseguenti ad unioni poligamiche;
il maschilismo e la misoginia, mascherati da precetti religiosi, sono la causa di queste tragedie femminili legate a matrimoni combinati, a matrimoni poligamici e all'assoluto divieto dell'integrazione delle donne musulmane in seno alla società italiana;
tali atti si indirizzano, soprattutto, nei confronti delle donne e dei soggetti, che, in questi contesti, vivono in una condizione di debolezza;
sono oltre 3,3 milioni gli stranieri presenti in Italia, il 5,7 per cento della popolazione complessiva. Negli ultimi 15 anni la componente straniera è triplicata. Se questo tasso di crescita dovesse mantenersi, la prospettiva è un raddoppio della popolazione straniera circa ogni tre anni;
l'aumento esponenziale del fenomeno dell'immigrazione da Paesi di cultura islamica ha messo a dura prova le politiche di integrazione facendo emergere problematiche di diversa natura estremamente complicate e difficili da dirimere. Se, da un lato, è difatti connaturata nella storia democratica del nostro Paese una politica di integrazione e tolleranza, dall'altro lato non è più accettabile procrastinare interventi volti a garantire il rispetto della legalità da parte delle comunità musulmane presenti nel nostro territorio;
nel nostro Paese gli uomini e le donne di fede musulmana sono circa 1 milione, poco più di 10.000 invece gli italiani convertiti all'Islam. Di fondamentale importanza è analizzare come si è organizzata questa comunità in Italia, dove opera, come agisce e da chi è finanziata;
in Italia il fenomeno sociale della diffusione di centri islamici e moschee, in molti casi abusivi, sta subendo negli ultimi anni un'allarmante crescita esponenziale. Nel giro di poco tempo sono sorte in tutta Italia moschee di dimensioni enormi, centri culturali e religiosi, scuole coraniche e attività commerciali gestite direttamente dalle comunità musulmane (macellerie, phone center, e altro);
la violenza contro le donne è un fenomeno che ha assunto negli ultimi decenni una visibilità crescente, suscitando una progressiva attenzione fino a diventare un problema che necessita di una priorità di azione sia a livello internazionale che nell'ambito dei governi locali;
l'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e l'Unione europea definiscono la violenza alle donne nell'accezione di «violenza di genere», cioè una violenza che si annida nello squilibrio relazionale tra i sessi e nel desiderio di possesso e di controllo da parte del genere maschile su quello femminile;
la Convenzione sull'eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne adottata dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 1979, ratificata dall'Italia nel 1985, rappresenta uno degli strumenti di diritto internazionale più importanti in materia di tutela dei diritti umani delle donne. La Convenzione impegna gli Stati che l'hanno sottoscritta ad eliminare tutte le forme di discriminazione contro le donne, nell'esercizio dei diritti civili, politici, economici, sociali e culturali, indicando una serie di misure cui gli Stati devono attenersi per il raggiungimento di una piena e sostanziale uguaglianza fra donne e uomini;
i diritti delle donne costituiscono parte integrante ed inalienabile di quel patrimonio di diritti universali in cui si riconoscono le moderne società democratiche;
è necessario quindi ribadire come non vi potrà mai essere integrazione senza la preventiva accettazione da parte di tutta la comunità islamica del principio fondamentale della separazione inequivocabile tra la sfera laica e quella religiosa e delle normative vigenti in materia di libertà individuale e di pensiero, di obbligo scolastico,

di autodeterminazione e di uguaglianza formale di tutti i cittadini davanti alla legge, di status giuridico o religioso delle donne, di rispetto del diritto di famiglia e dell'istituto del matrimonio, dei minori e dei non credenti e di trattamento degli animali;
l'Islam si presenta fin dalle origini come un progetto globale che include tutti gli aspetti della vita. Include un modo di vivere, di comportarsi, di concepire il matrimonio, la famiglia, l'educazione dei figli, perfino l'alimentazione. In questo sistema di vita è compreso anche l'aspetto politico: come organizzare lo Stato, come agire con gli altri popoli, come rapportarsi in questioni di guerra e di pace, come relazionarsi agli stranieri e altro. Tutti questi aspetti sono stati codificati a partire dal Corano e dalla sunna e sono rimasti «congelati» nei secoli. La legge religiosa determina la legge civile e gestisce la vita privata e sociale di chiunque vive in un contesto musulmano e, se questa prospettiva è destinata a rimanere immutata, come è accaduto finora, la convivenza con chi non appartiene alla comunità islamica non può che risultare difficile -:
quali iniziative il Ministro intenda adottare per contrastare il fenomeno allarmante che si sta diffondendo nel nostro Paese in merito ad atti e comportamenti che violano la libertà individuale della donna.
(2-00866) «Reguzzoni, Polledri».

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro dell'interno, per sapere - premesso che:
il drammatico omicidio della collaboratrice di giustizia, Lea Garofalo, ripropone criticamente l'inadeguatezza delle misure di protezione per collaboratori di giustizia nonché quella per testimoni di giustizia;
in data 9 febbraio 2010, con atto n. 4-06063, privo ad oggi di risposta, l'interpellante, appena appresa la notizia della scomparsa della collaboratrice Lea Garofalo, ha chiesto di conoscere i motivi per cui non sia stata ammessa al regime di protezione, pur avendo subito un tentativo di sequestro e pur appartenendo ad una famiglia pressoché sterminata da una faida di 'ndrangheta;
oggi, dopo la notizia dell'uccisione della collaboratrice Lea Garofalo, l'interpellante apprende dalla stampa, e non in risposta all'atto ispettivo del febbraio 2010, che la protezione sarebbe stata revocata su rinuncia della collaboratrice di giustizia;
ad avviso dell'interpellante, appare davvero sottovalutata la situazione in cui versava la collaboratrice Lea Garofalo;
la collaboratrice, oltre ad aver denunziato gli intrighi della cosche della 'ndrangheta crotonese, aveva subito l'assassinio del padre e del fratello durante lo sterminio della faida di Petilia Policastro tra le due famiglie Garofalo e Mirabelli;
non è mai accaduto che la 'ndrangheta usasse l'occultamento dei cadaveri con lo scioglimento nell'acido, il che evidenzia l'aumentata pericolosità degli uomini delle cosche, che sicuramente non dimenticano di fare «macabra giustizia» di tutti coloro che hanno inteso denunciare;
a fronte di questa barbara uccisione l'interpellante ritiene che non possa più essere sottovalutata la necessità di adeguati interventi di protezione per collaboratori e testimoni di giustizia, anche quando viene chiesta la rinuncia spontanea al programma -:
se non ritenga necessario ed urgente chiarire tutte le reali vicende che hanno portato Lea Garofalo ad uscire spontaneamente da programma di protezione;
se non ritenga necessario ed urgente provvedere ad un adeguato regime di protezione per la figlia di Lea Garofalo, Denise;

se non ritenga necessario ed urgente assumere un'iniziativa normativa che imponga la valutazione, da parte degli organi competenti, sull'accoglimento o meno della richiesta di uscita dal programma di protezione per collaboratori e testimoni di giustizia.
(2-00863) «Angela Napoli».

Interrogazione a risposta in Commissione:

PILI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
annualmente in Sardegna gli incendi percorrono diverse migliaia di ettari di superficie boscata;
quarantadue comuni della Sardegna sono classificati dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a potenziale rischio frane e alluvioni (oltre il 28 per cento dei comuni a rischio);
innumerevoli abitazioni e fabbricati industriali si trovano in aree golenali, in prossimità degli alvei dei fiumi e in aree a rischio frana. Limitate le delocalizzazioni delle strutture dalle aree più a rischio, scarsa la manutenzione dei corsi d'acqua e delle opere di difesa idraulica. Carente anche la predisposizione di piani di emergenza;
in Sardegna gli incendi non hanno il carattere di rischio di tipo naturale in relazione alle cause innescanti per la maggior parte di natura dolosa (72 per cento) e colposa (11 per cento);
in Sardegna gli incendi rappresentano un fenomeno tipicamente estivo. Tuttavia i dati statistici rivelano frequenti insorgenze d'incendio anche durante l'inizio della primavera, soprattutto nella parte meridionale dell'isola, dopo prolungati periodi di siccità e temperature superiori alle medie stagionali. Da ciò deriva l'esigenza di disporre di una struttura operativa in grado di fronteggiare le emergenze in tutti i periodi dell'anno;
la dotazione organica stabilita dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 29 aprile 1997, integrata dalle dotazioni relative alla successiva istituzione del distaccamento di San Vito e del distaccamento cittadino di Cagliari, risulterebbe essere di 141 unità capi squadra e di 52 unità capi reparto;
risulterebbe rispetto alla situazione attuale una carenza delle dotazioni di capo squadra del 17 per cento (corrispondente a 25 unità di carenza) e di capo reparto del 56 per cento (corrispondente a 29 unità di carenza);
risulta indispensabile utilizzare parte dei capi squadra nella mansione superiore di capo reparto, per coprire gli indispensabili servizi di gestione dei turni dei distaccamenti e della sede aeroportuale, il che porta ad una ulteriore diminuzione dei capi squadra disponibili per tale mansione;
la carenza complessiva di qualificati del comando (capi squadra + capi reparto) risulterebbe del 29 per cento rispetto all'organico;
si registra la crescente e quotidiana difficoltà nella copertura dei servizi minimi, nonché a fronteggiare le situazioni di emergenza che periodicamente si verificano e che da ultimo, nella trascorsa stagione estiva, hanno determinato notevoli difficoltà operative;
la condizione di insularità condiziona gravemente l'intero apparato di prevenzione e sicurezza in capo ai vigili del fuoco rendendo di fatto impossibile il temporaneo e tempestivo rinforzo dai comandi limitrofi in occasione del verificarsi di emergenze diffuse sul territorio;
si rende inderogabile la necessità che le procedure di mobilità e messa a concorso di posti per capo squadra tengano conto delle notevoli carenze del comando e della situazione conseguente all'insularità e che, pertanto, venga previsto un cospicuo reintegro delle dotazioni organiche carenti dei qualificati nella loro complessità;

la condizione insulare e la conseguente impossibilità di raggiungere la Sardegna nei tempi utili ad un pronto ed efficace intervento di protezione civile rendono necessario un provvedimento urgente del Ministro al fine di garantire l'immediata copertura, attraverso bandi di mobilità, o con provvedimenti d'urgenza che pure sono stati adottati per altre regioni e che ancora sono in vigore -:
se non ritenga indispensabile anche alla luce delle sempre più numerose segnalazioni di carenze nell'ambito degli interventi di sicurezza e protezione civile in Sardegna di adottare provvedimenti straordinarie urgenti proprio in virtù delle condizioni insulari;
se non ritenga, alla pari di altre regioni, e in considerazione delle gravi conseguenze causate da fenomeni alluvionali che hanno anche nei giorni scorsi colpito la Sardegna, con particolare riferimento alla provincia di Cagliari e dell'Ogliastra, di verificare la disponibilità di personale per le figure vacanti disponibile ad operare con immediatezza in Sardegna;
se non ritenga di dover dotare i distaccamenti dei vigili del fuoco delle zone maggiormente a rischio di alluvioni di mezzi adeguati al fine di poter sopperire all'impossibilità di disporre di apporti esterni da altre regioni in tempi ragionevoli per il primo intervento su possibili fenomeni alluvionali e non solo.
(5-03626)

Interrogazioni a risposta scritta:

MELIS, SARUBBI, TOUADI e FARINA COSCIONI. - Al Ministro dell'interno, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
nell'occasione del recente tragico episodio dell'uccisione della cittadina rumena Maricica Hahaianu, a Roma, Anagnina, ad opera del cittadino italiano Alessio Burtone, che - come documenta un video più volte trasmesso dai media - ha aggredito con un pugno la Hahaianu, provocandone la caduta a terra e la morte per trauma conseguente, i giornali (specificamente Il Messaggero del 19 ottobre 2010) e alcune TV hanno documentato reazioni offensive nei confronti della vittima e di solidarietà con l'aggressore;
una diffusa trasmissione televisiva ha raccolto, senza alcun specifico contraddittorio, le dichiarazioni minimizzanti della madre dell'aggressore, presentando del Burtone un ritratto di parte, che non tiene conto dei precedenti di violenza emersi a suo carico;
all'atto dell'arresto lo stesso Burtone è stato oggetto di manifestazioni di solidarietà, con cori di sostegno e ulteriori dichiarazioni dei suoi sodali di offesa alla vittima e alla sua appartenenza alla comunità rumena -:
se i fatti qui enunciati corrispondano al vero;
se non ritengano i Ministri tale situazione meritevole di essere affrontata con opportuni interventi di politica culturale, sia promuovendo campagne specifiche sul tema dell'immigrazione attraverso i media e la scuola, sia con specifici interventi volti a diffondere tra i giovani valori elementari di educazione alla convivenza e alla cittadinanza.
(4-09091)

PAOLINI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
da notizie di stampa si viene a conoscenza, con sempre maggiore frequenza, del progressivo radicarsi, nella città di Fano e nelle zone viciniori, di persone, fisiche e giuridiche, che potrebbero essere riconducibili ad organizzazioni criminali italiane e straniere;
non tranquillizzano alcuni episodi di incendi dolosi recentemente avvenuti, che mai avevano interessato la città, né il fatto che su 63 avvisi orali a pregiudicati emessi nella provincia di Pesaro-Urbino dal questore 30 riguardino Fano, che 10 su 22 sorvegliati speciali e 4 su 11 proposti per tale misura di prevenzione risiedano nella medesima città, che sempre più di frequente

si verifichi, dalla stampa locale, il coinvolgimento in fatti di cronaca nera di soggetti di provenienza campana;
men che meno tranquillizza l'apprendere che, nella vicina Romagna, perfino la rete di venditori di cocco sulle spiagge era controllata da elementi appartenenti alla camorra, recentemente arrestati, apparendo inverosimile che detta organizzazione non abbia varcato il confine di Cattolica, come parrebbe confermare l'accento partenopeo della maggior parte di venditori di cocco sulle spiagge marchigiane;
lo stesso questore, pur non affermando che sia comprovata la presenza a Fano di malavita organizzata, ha rilevato che ci sono le condizioni perché il territorio attiri le associazioni mafiose;
a fronte di questo evidente e palpabile pericolo, il personale del commissariato di polizia non è stato potenziato, tant'è che per garantire livelli minimi di sicurezza si è dovuti ricorrere a personale proveniente da altre province marchigiane o da altre regioni;
va altresì detto che, ad avviso dell'interrogante, occorre intensificare quella parte dell'attività di prevenzione generale e monitoraggio di flussi economici, passaggi di proprietà, partecipazioni e/o acquisizioni societarie, che, seppure meno appariscenti, costituiscono un deterrente molto più forte contro il radicamento di organizzazioni malavitose in un territorio, anche in forza delle nuove normative in materia di sequestro e confisca dei beni di illecita provenienza;
si ha la netta sensazione - giustificata da fatti di cronaca - che Fano e la provincia di Pesaro siano divenuti facile spazio di conquista da parte di soggetti ed organizzazioni criminali che paradossalmente trovano nel fuorviante e falso mito di «Marche zona felice» un terreno meno presidiato e, quindi, più indifeso alla penetrazione criminale -:
se e che cosa intenda fare il Ministro per potenziare la capacità di prevenzione, contrasto e «intelligence» del commissariato di Fano e della questura di Pesaro;
se ritenga utile ed opportuno costituire e destinare temporaneamente sul territorio della provincia di Pesaro e Urbino, anche a titolo sperimentale, uno speciale raggruppamento interforze per effettuare un monitoraggio analitico di tutte quelle posizioni economiche di società ed individui che presentino anomalie di natura tale da poter essere riconducibili ad azioni di infiltrazione e/o riciclaggio da parte di organizzazioni criminalimali italiane o straniere.
(4-09098)

BOSSA, PICCOLO e REALACCI. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
con delibera 150 del 1o agosto 2008 la giunta comunale del Comune di Volla, provincia di Napoli, ha adottato la proposta di nuovo piano urbanistico comunale (Puc), approvata poi dal consiglio comunale in data 22 maggio 2010;
secondo la legge regionale n. 16 del 2004 la proposta di Puc va corredata dei pareri obbligatori dell'Asl, dell'autorità di bacino, della valutazione di impatto ambientale, e altri atti richiesti alle autorità competenti solo ad aprile 2009, dopo l'approvazione della proposta stessa di Puc;
con delibere n. 37 e n. 38 del 15 luglio 2009 il consiglio comunale di Volla ha proceduto alla valutazione delle osservazioni pervenute e alla adozione della proposta di Puc, senza che la stessa fosse corredata dei previsti pareri richiesti dalla legge, mentre alcune osservazioni presentate da assessori e consiglieri comunali sono state approvate con il parere contrario del tecnico estensore del Puc, perché giudicate in contrasto con l'impianto urbanistico del Puc;
l'atto adottato prevede la completa cancellazione degli ultimi spazi verdi rimasti per far posto ad una imponente cementificazione del territorio; sono previsti, infatti, circa 5mila nuovi alloggi, che

determineranno un incremento di popolazione tale da portare Volla ad almeno 50mila abitanti, su un territorio di 5 chilometri quadrati immediatamente a ridosso della città di Napoli, con un impatto ambientale elevato in termini di inquinamento da smog, da sovraffollamento, con carenza di servizi come scuole primarie, fognature, parcheggi, strade;
la direzione Urbanistica dell'amministrazione provinciale di Napoli, con proprio atto del 3 settembre 2010, ha dichiarato che l'atto urbanistico del Comune di Volla va «rimodulato, integrato e corretto» perché difforme da quanto previsto dalla legge regionale n. 14 del 1982;
il comune di Volla, come gran parte dell'area metropolitana di Napoli, è attraversato duramente anche dal fenomeno dell'abusivismo edilizio che crea danni nascosti e gravissimi all'ambiente, al sottosuolo, alla vivibilità, alla salute pubblica, come dimostra la recente tragedia di Afragola, con il crollo della palazzina del centro storico durante un nubifragio;
il comune di Volla è stato già oggetto, nel 2004, di scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche e gran parte dei rilievi mossi allora dalla commissione d'accesso nominata dal prefetto di Napoli, che ha poi condotto allo scioglimento, riguardavano proprio l'intreccio tra politica, camorra e interessi legati al mondo dell'edilizia speculativa; inoltre alcuni degli esponenti politici indicati nella relazione della commissione d'accesso del 2004 sono stati rieletti in consiglio comunale;
sul tema delle infiltrazioni camorristiche e affaristiche nella vicenda dell'approvazione del Puc è in corso una indagine dei carabinieri, che stanno acquisendo documentazioni, atti e informazioni per riferirne all'autorità giudiziaria;
recentemente un assessore della giunta comunale ha ricevuto una lettera intimidatoria, con il bossolo di un proiettile e con frasi minacciose che lo invitavano a dimettersi; su tale episodio stanno indagando gli inquirenti ed è il segno tangibile del clima difficile di condizionamento e minacce nel quale gli organi istituzionali sono chiamati ad assumere le proprie decisioni;
una nuova ondata di cemento, delle proporzioni rappresentate dal Puc, è senza dubbio un tema sensibile per gli affari di camorra su un territorio ad altissima densità criminale, che, soprattutto lungo la linea di confine col comune di Casalnuovo, nella frazione «Casarea», è già assurta agli onori della cronaca nazionale, a febbraio 2007, per una vasta lottizzazione abusiva seguita da sequestri ed abbattimenti nonché da condanne penali inflitte proprio nei giorni scorsi nei confronti di costruttori, tecnici, proprietari dei suoli, dirigenti comunali ed esponenti della malavita locale;
l'enorme questione ambientale è sempre più aperta nel comune di Volla e in altri comuni dell'area metropolitana di Napoli, in considerazione sia del fenomeno dell'abusivismo edilizio, che erode il sottosuolo, e trasforma il territorio, sia delle decisioni assunte in alcuni casi dagli enti locali, che, a fronte di luoghi dissestati, invece di ridurre le volumetrie e aumentare gli spazi verdi, stanno conducendo i loro territori, con i Puc, ad una cementificazione estrema, massiccia, con un tale aumento di volumetrie e densità abitativa da mettere a rischio l'ambiente, la tenuta del territorio e la stessa pubblica incolumità -:
se e come il Ministro interrogato intenda attivarsi perché sia compiuto anche attraverso gli uffici territoriali di Governo, un accesso agli atti al comune di Volla, per la verifica di eventuali infiltrazioni e condizionamento camorristici, dal momento che le evidenze che nel 2004 hanno condotto allo scioglimento del consiglio comunale per infiltrazioni camorristiche, non sembrano superate e sembrano essersi acuite in occasione degli interessi legati alla costruzione dei 5mila vani previsti del nuovo Puc, come dimostrano sia la storia degli interessi criminali su quella

zona sia alcune importanti inchieste avviate dall'autorità giudiziaria e dalle forze di polizia.
(4-09107)

NACCARATO. - Al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
la mattina del 13 ottobre 2010 - approfittando di uno sportello aperto al pubblico - un gruppo composto da una cinquantina di aderenti al centro sociale «Pedro» ha occupato per circa 45 minuti la sede di Confindustria, in via Masini a Padova. Nel corso dell'irruzione i militanti del centro sociale padovano hanno imbrattato muri e vetrate dell'edificio con colla e manifesti, mentre un altro gruppo composto da circa venti persone raggiungeva il terzo piano della sede, appendendo ai balconi alcuni striscioni inneggianti all'«Unità contro la crisi»;
nei confronti degli attivisti del C.S.O. «Pedro» identificati dalle forze dell'ordine di Padova si profilano gli estremi di denuncia per i reati di violenza privata, danneggiamento e imbrattamento;
la notte tra il 14 e il 15 ottobre 2010 le serrande delle sedi CISL nelle vie Tasso e Zanchi a Padova sono state ricoperte di scritte ingiuriose e slogan intimidatori nei confronti del segretario della CISL Raffaele Bonanni;
nei pressi delle sopra citate sedi sindacali, lungo il marciapiede, sono stati rinvenuti alcuni volantini contenenti frasi offensive e minacciose contro la CISL e firmati dal movimento politico di estrema destra «Forza Nuova»;
gli episodi di illegalità sopra descritti non devono essere in alcun modo sottovalutati e devono essere prevenuti e contrastati con la massima sollecitudine dalle istituzioni e dalle forze dell'ordine -:
se il Ministro interrogato sia al corrente dei fatti rappresentati in premessa;
quali misure concrete il Ministro intenda porre in essere per evitare la diffusione di pratiche di illegalità come l'occupazione della sede padovana di Confindustria e la messa in atto di azioni intimidatorie come le scritte ingiuriose sulle serrande delle sedi cittadine della CISL;
se il Ministro sia in possesso di elementi tali da lasciare prevedere nei prossimi mesi iniziative illegali da parte di organizzazioni e gruppi antagonisti e antidemocratici.
(4-09108)

TESTO AGGIORNATO AL 28 OTTOBRE 2010

...

ISTRUZIONE, UNIVERSITÀ E RICERCA

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MOTTA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
all'avvio dell'anno scolastico 2010-2011 nella provincia di Parma, a causa secondo l'interrogante degli interventi normativi attuati dal Governo a partire dal 2008, si sono registrate evidenti gravi criticità:
nell'ultimo biennio, a fronte di 750 studenti in più a livello provinciale il numero di docenti assegnati è diminuito di 237 unità ed il personale ATA di 140 unità;
non sono state concesse 25 classi a tempo pieno richieste dalle famiglie (di cui 12 nel solo comune di Parma);
a nessuna classe prima della scuola secondaria di primo grado è stato concesso il tempo prolungato che quindi nel giro di due anni scomparirà dall'offerta formativa;
sono state eliminate le sezioni musicali delle scuole secondarie di primo grado Salvo D'Acquisto e Giuseppe Verdi nel comune di Parma;
è aumentato il numero di studenti per classe e sono sempre più numerose le classi che ospitano oltre 27 alunni, superando così i limiti di legge e i parametri di sicurezza;

sono diminuite di circa il 10 per cento le ore di sostegno assegnate agli studenti disabili;
gli istituti scolastici non dispongono di sufficienti risorse per le supplenze brevi ed è diventata prassi smembrare le classi in assenza del docente;
34 istituti scolastici hanno dirigenti «a mezzo servizio», cioè con un incarico di reggenza;
nonostante una parziale liquidazione relativa al 2009, tutte le istituzioni scolastiche continuano a vantare consistenti residui attivi nei confronti del Ministero;
solamente grazie all'impegno di tutte le istituzioni coinvolte si sono ottenute in extremis le risorse per attivare la prima classe del liceo europeo, mantenere il bilinguismo in tre istituti superiori, la prima e la quinta classe del serale all'istituto Alberghiero Magnaghi, la classe prima del liceo classico di Fidenza. Non è stata invece concessa la sezione distaccata in carcere, la classe serale al Bodoni, la classe prima all'IPSIA di Busseto;
nonostante queste evidenti difficoltà il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, in visita a Parma il 23 settembre 2010, ha avuto parole rassicuranti dichiarando che l'anno scolastico si stava avviando in modo «normale»;
nei giorni successivi l'assessorato provinciale alle politiche scolastiche ha al contrario ribadito l'estrema difficoltà nella quale anche la scuola di Parma è venuta a trovarsi per effetto dei due anni di tagli del Governo;
anche l'amministrazione comunale di Parma, incontrando i rappresentanti dei genitori nei consigli di circolo e i dirigenti scolastici degli istituti cittadini, ha preso atto degli innegabili problemi che quotidianamente il personale della scuola e le famiglie si trovano a dover affrontare tanto che il sindaco di Parma ha inviato al Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca una lettera, che ad oggi risulta all'interrogante ancora essere senza risposta, in cui in particolare ha chiesto conto dei residui attivi che gli istituti scolastici vantano nei confronti del Ministero;
a fronte di questa situazione, in tutta la provincia, gli enti locali hanno svolto un ruolo importante di supplenza in assenza di adeguate politiche da parte del Governo, ma è evidente che gli ulteriori e pesantissimi tagli imposti alle autonomie locali con il decreto-legge n. 78 del 2010 renderanno impossibile assorbire i deficit del sistema scolastico senza incidere sui servizi erogati;
ad avviso dell'interrogante, non si può considerare «normale» un avvio di anno scolastico, stanti le così evidenti e gravi difficoltà in cui versa il sistema scolastico pubblico della provincia di Parma e non solo -:
quali iniziative il Ministro interrogato intenda attuare al fine di ovviare a tali gravi criticità, a fronte di una popolazione scolastica in continua espansione.
(5-03625)

LANDOLFI e FRASSINETTI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da notizie in nostro possesso risulta che per l'anno scolastico 2010/2011 il direttore generale dell'ufficio scolastico regionale, dottor Guido Di Stefano, ha rimosso e trasferito d'ufficio la dottoressa Maria Frisella, dirigente scolastico dell'istituto alberghiero «P. Piazza» di Palermo, nonché presidente provinciale dell'associazione sindacale Dirpresidi-CONFEDIR;
per l'anno scolastico 2010/2011, la dottoressa Frisella ha avanzato alla direzione generale una proposta di organico, con riduzione delle classi, correlata alle condizioni di gestione complessiva della scuola, rientrando tra le facoltà del dirigente scolastico la possibilità di avanzare

proposte al direttore regionale cui spetta la competenza della definizione degli organici;
tale proposta di organico è stata avanzata dalla dottoressa Frisella con ben tre lettere indirizzate alla direzione generale, presentando ampie motivazioni giustificative della riduzione delle classi che attengono soprattutto a problemi di sicurezza e di scarsità di personale che in un istituto alberghiero di ben 2.400 alunni ed in presenza di tantissimi laboratori, legati alla particolare attività della scuola, sono di prioritaria importanza. A dette missive non è stata data alcuna risposta;
successivamente sono apparsi sulla stampa locale diversi articoli con le dichiarazioni di vari membri della Cgil siciliana che accusavano la stessa dirigente scolastica della mancata iscrizione di circa 400-500 alunni (dati assolutamente fasulli e privi di ogni riscontro);
in considerazione dei diversi articoli di stampa riportanti dichiarazioni di importanti membri della Cgil con dati assolutamente non veritieri circa il numero di iscrizioni all'istituto «Piazza» di Palermo per l'anno scolastico 2010-2011, ci sono fondati motivi per ritenere che il trasferimento della dottoressa Frisella sia stato incoraggiato dalla confederazione Cgil siciliana;
il 23 giugno è apparso un articolo su il fatto quotidiano, dal titolo emblematico: «A Palermo una scuola rifiuta 400 iscrizioni». Nell'articolo era riportato quanto dichiarato in proposito dal segretario provinciale della Cgil Calogero Guzzetta;
alla fine di giugno è stata effettuata un'ispezione all'istituto alberghiero «Piazza» da un ispettore tecnico con l'incarico di analizzare la situazione e verificare se ci fossero state forzature od omissioni. Motivo dell'ispezione, precisato nella nota d'incarico: «segnalazione della Cgil per la politica di rifiuto delle iscrizioni della Dirigente Frisella»;
in tale occasione all'ispettore incaricato della verifica sono stati presentati tutti i documenti ed i dati utili a chiarire la questione, ribadendo che l'istituto alberghiero «Piazza» di Palermo è la più grande scuola siciliana, con una struttura di 2.500 metri quadrati su 7 piani, con 6 vie di esodo, 3 delle quali non vigilate. Era altresì stato fatto presente che si erano già verificati 3 princìpi di incendio e la situazione era ancor più grave in considerazione della mancanza del certificato antincendio (obbligatorio), di competenza dell'ente locale, con l'aggiunta di gravi carenze in ordine agli interventi di manutenzione straordinaria, più volte vanamente richiesti;
in data 16 luglio il direttore regionale ha chiesto al centro servizi amministrativi di Palermo informazioni sulle iscrizioni non accolte dall'istituto Piazza;
in data 20 luglio il dirigente del centro servizi amministrativi di Palermo, in risposta a tale richiesta, ha comunicato i dati delle «iscrizioni alunni IPSSAR P. Piazza di Palermo», da cui si evince che «la lista d'attesa dovrebbe essere formata da 27 alunni, ...che si azzererà entro l'inizio del prossimo anno scolastico 2010/2011». Questi i dati reali del problema;
il 19 luglio, il direttore regionale, con nota prot. AOO DIR SI REG UFF. 16565, Ufficio IV, pubblicava «l'elenco nominativo dei Dirigenti scolastici che, con effetto dal 1 settembre 2010, hanno ottenuto mutamento d'incarico, conferma di incarico dirigenziale nelle sedi oggetto di riorganizzazione della rete scolastica....», dove al posto n. 10 della prima pagina dell'elenco è indicato il dirigente Frisella Maria, trasferita al liceo artistico Catalano di Palermo;
la normativa in materia di mobilità dirigenziale prevede che in presenza di ventilate esigenze dell'amministrazione il dirigente scolastico venga informato di tali esigenze e che sia posto nella condizione di scegliere altra sede e non trasferito d'ufficio come nel caso sopra illustrato -:
quali iniziative, effettuate le opportune verifiche del caso, il Ministro interrogato

intenda adottare al fine di fare chiarezza ed eventualmente intervenire sulle vicende esposte in premessa.
(5-03628)

Interrogazioni a risposta scritta:

GRIMOLDI, NICOLA MOLTENI e STUCCHI. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
l'ateneo di Siena ha avuto gravi dissesti finanziari che sono stati oggetto di indagine anche dalla procura della Repubblica e che risalgono principalmente alla gestione degli anni 2005 e 2006;
è notizia delle ultime settimane che l'Agenzia delle entrate ha effettuato una verifica in merito all'espletamento degli adempimenti connessi agli obblighi di effettuare le ritenute IRPEF ed i relativi versamenti per gli anni di imposta 2005 e 2006;
a seguito di queste operazioni di controllo, sono stati notificati un mancato pagamento e pagamenti effettuati tardivamente per l'anno 2005 e ritardi nei pagamenti per l'anno 2006;
in relazione all'anno d'imposta 2005 sono stati riscontrati l'omesso versamento di ritenute effettuate, versamenti tardivi di ritenute, dichiarazione MOD. 770S incompleta e presentata con un ritardo di 90 giorni; la rideterminazione delle imposte dovute e le relative sanzioni e interessi ammontano a 850.268,60 euro;
per l'anno d'imposta 2006 la contestazione della violazione è relativa a ritenute non versate nei termini previsti, che comporta sanzioni per 622.216,12 euro;
il totale delle somme complessivamente dovute è pari a 1.472.484,72 euro e dovrà essere versato entro 60 giorni;
tali somme, evidentemente, non sono previste a bilancio ed aggravano ulteriormente la situazione finanziaria dell'ateneo -:
quali iniziative i Ministri abbiano intenzione di adottare con riferimento alla situazione dell'ateneo di Siena.
(4-09095)

SIRAGUSA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
da quanto emerge dagli organi di stampa, in data 9 ottobre 2010, un gruppo di studenti si è incontrato davanti al liceo classico Umberto I di via Parlatore a Palermo per un volantinaggio;
il preside dell'istituto, allarmato dal presidio - e dalla presenza di un gruppo studentesco di opposta tendenza politica - avrebbe richiesto l'intervento della polizia, la quale, accertato che i ragazzi non avevano segnalato la manifestazione, chiede loro i documenti per l'identificazione;
da quel momento si sono verificati momenti di tensione, culminati con l'arresto di 3 ragazzi per lesioni e resistenza a pubblico ufficiale e la denuncia di altri per resistenza a pubblico ufficiale, nonché la contusione di alcuni appartenenti alle forze dell'ordine;
il giudice dell'udienza preliminare non ha convalidato il fermo. Secondo quest'ultimo infatti i tre ragazzi non andavano arrestati, non sussistendo né la gravità dei fatti né la pericolosità sociale dei soggetti, tutti incensurati;
l'episodio di cui sopra ha avuto grande eco a Palermo e rischia di incrinare il rapporto di fiducia costruito in questi anni tra la cittadinanza e le forze dell'ordine -:
se il Ministro sia a conoscenza dei fatti illustrati in premessa e se non ritenga di dover spiegare con chiarezza le modalità dell'intervento delle Forze dell'ordine e le relative conseguenze.
(4-09104)

ZACCHERA. - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
l'avviamento alla conoscenza delle lingue straniere è riconosciuto essere un elemento ed un obiettivo fondamentale della scuola italiana;
in alcune zone d'Italia la conoscenza del tedesco rappresenta un mezzo utilissimo in relazione non solo ai contatti con il Centro-Europa, ma anche ai flussi turistici provenienti da quelle nazioni e quindi la specifica conoscenza del tedesco agevola, anche dal punto di vista occupazionale, gli studenti che giungono al termine del loro percorso scolastico;
le cattedre di tedesco risultano limitate di numero rispetto alle necessità -:
se siano state avviate iniziative tese a diffondere l'insegnamento del tedesco nelle scuole primarie e secondarie, soprattutto nelle zone di confine del Nord Italia prossime ad aree geografiche dove il tedesco rappresenta la lingua più diffusa.
(4-09113)

TESTO AGGIORNATO AL 2 DICEMBRE 2010

...

LAVORO E POLITICHE SOCIALI

Interrogazione a risposta orale:

STRIZZOLO, MARAN e ROSATO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
quarant'anni fa, con l'articolo 9 dello statuto dei Lavoratori, la legge n. 300 del 1970, il legislatore ha riconosciuto e recepito la battaglia intrapresa dal movimento dei lavoratori per tutelare la salubrità, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro;
questa norma, molto avanzata, purtroppo non è quasi mai stata completamente applicata e per questo nel passato la Repubblica italiana è stata più volte condannata dalla Corte di giustizia europea;
il recepimento della direttiva 2009/148/CE del Parlamento europeo del 30 novembre 2009 sulla protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione all'amianto richiede un adeguamento dell'attuale legge sull'amianto, in modo da rendere pienamente esigibile anche l'applicazione dell'articolo 32 della Costituzione italiana nella parte che dice: «La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività»;
l'amianto non è un problema del passato. Ancor'oggi l'amianto, il killer silenzioso, rappresenta una vera emergenza, umana, ambientale e sanitaria. L'amianto è presente nei luoghi di lavoro, nelle scuole, negli edifici pubblici, sui tetti e nei capannoni industriali, nelle nostre case ed in circa tremila prodotti di uso corrente, con effetti devastanti come dimostrano le oltre 4.000 persone che muoiono ogni anno a causa di questo killer;
la direttiva comunitaria 2009/148/CE - premessa n. 11 - afferma che: «non è stato ancora possibile determinare il livello di esposizione al di sotto del quale l'amianto non comporta rischi di cancro»: pertanto, come affermano autorevoli scienziati e la stessa direttiva comunitaria sopra citata, non solo «è opportuno ridurre al minimo l'esposizione professionale dei lavoratori all'amianto», ma l'amianto va eliminato e va perseguito l'obiettivo del rischio zero, perché l'unica fibra innocua è quella che non si respira;
le esperienze fino ad oggi verificate portano a dire che non esiste nessuna soglia o limite di tolleranza all'amianto, perché anche poche fibre possono generare il mesotelioma (il tipico tumore derivante dall'amianto);
in questi giorni, per iniziativa di familiari di una vittima dell'amianto, è emersa una nuova e grave situazione su

cui la procura della Repubblica di Udine ha aperto una indagine con riferimento al decesso di sette lavoratori;
tutti dipendenti delle Ferrovie dello Stato, che hanno operato tra gli anni '70 e gli anni '90 presso l'officina o presso il magazzino delta Stazione FF.SS. di Udine a contatto con l'amianto;
tale tragica situazione, per quanto riguarda la regione Friuli Venezia Giulia, si aggiunge a quanto già riscontrato presso i Cantieri di Monfalcone e presso la stazione ferroviaria di Trieste, coinvolgendo migliaia di persone e le loro famiglie in un dramma lacerante e continuo come testimoniato in processi giudiziari sia penali che civili, sia nel corso di molte iniziative e manifestazioni pubbliche;
la giusta e doverosa battaglia che molte associazioni, non solo sindacali, portano avanti per la sicurezza, persegue l'obiettivo del rischio zero per chi viene a contatto con l'amianto e più in generale con tutte le sostanze cancerogene, ed è una battaglia per l'attuazione piena della Costituzione della Repubblica italiana;
la costante lotta per la difesa della salute e della vita umana riguarda tutti gli esseri viventi, non persegue interessi economici, ed è una battaglia di civiltà;
nonostante la gravità dei fatti sopra sinteticamente descritti, non risulta essere stato ancora emesso il decreto attuativo per rendere operativo il Fondo nazionale vittime dell'amianto, istituito ancora dal Governo Prodi con l'articolo 1, commi 241-246, legge n. 244 del 2007 (legge Finanziaria per il 2008), con gravissimo pregiudizio per migliaia di vittime dell'amianto;
la sorveglianza sanitaria agli operai, agli ex-lavoratori e cittadini esposti all'amianto in capo alle regioni, in mancanza di un protocollo comune non viene fatta in modo uniforme sul territorio nazionale. Ancor oggi alcune regioni, non hanno predisposto il registro degli esposti amianto e non attuano la sorveglianza sanitaria che, dove attuata, ha salvato molte vite umane facendo scoprire per tempo alle vittime malattie asbesto correlate in fase iniziale;
ritenendo doveroso, oltre che il giusto risarcimento economico per i familiari superstiti, un riconoscimento anche morale per i caduti sul lavoro, per via dell'amianto, perché è di questo che stiamo parlando: uomini e donne sacrificati sull'altare del profitto ed immolati ad una nuova religione, che travolge l'uomo, se è vero come è vero che già alla fine degli anni '30 studiosi italiani avevano dimostrato il rischio morbigeno dell'amianto;
in pieno conflitto mondiale, infatti, in data 12 aprile 1943, venne promulgata la prima e per oltre 50 anni l'unica legge di tutela dei lavoratori dell'amianto, la 455 che riconosceva a quelli ammalati di asbestosi una rendita, essendo questa patologia legata all'amianto respirato nell'ambi ente lavorativo;
a tutt'oggi non viene affrontato seriamente neppure il problema delle bonifiche;
in Italia ci sono circa 32 milioni di tonnellate d'amianto da smaltire e mettere in sicurezza, una vera bomba ecologica e le fibre del minerale killer disperse nell'aria e nelle falde acquifere continuano ad inquinare, avvelenare ed uccidere gli esseri umani e la natura;
si sottolinea ancora una volta che l'attuazione della Costituzione richiede ai datori di lavoro e a tutte le istituzioni l'impegno costante per il rispetto della dignità della vita umana, la sicurezza nei luoghi di lavoro e la salvaguardia della salute dei cittadini, e si considera, a tal riguardo, importante e prezioso il lavoro di sensibilizzazione che le diverse associazioni stanno sviluppando in questi anni, affinché finalmente sia fatta giustizia e altri cittadini e lavoratori non debbano patire ciò che migliaia di persone, con le loro famiglie, hanno già subito -:
quali iniziative i Ministri interrogati intendano assumere tempestivamente per l'attivazione del Fondo nazionale vittime dell'amianto;

quali iniziative, anche normative, intendano porre in essere per un giusto riconoscimento morale e per un adeguato ristoro economico per le famiglie delle persone colpite da malattie ascrivibili al contatto con l'amianto.
(3-01293)

Interrogazioni a risposta in Commissione:

GNECCHI, DAMIANO e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il presidente dell'INPDAP con determinazione n. 227 in data 22 settembre 2010 ha provveduto a conferire 4 incarichi di funzioni dirigenziali di prima fascia ad altrettanti dirigenti di seconda fascia dell'ente, in quanto nel corso del corrente anno sono cessati dal servizio 4 dirigenti di prima fascia rendendo così disponibili i corrispondenti posti funzione da ricoprire con nuove nomine;
l'articolo 28-bis del decreto legislativo n. 165 del 30 marzo 2001, introdotto dall'articolo 47 del decreto legislativo n. 150 del 27 ottobre 2009 prevede al comma 1 «Fermo restando quanto previsto dall'articolo 79, comma 4, l'accesso alla qualifica di dirigente di prima fascia nelle amministrazioni statali anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene, per il 50 per cento dei posti, calcolati con riferimento a quelli che si rendono disponibili ogni anno per la cessazione dal servizio dei soggetti incaricati, tramite concorso pubblico per titoli ed esami indetto dalle singole amministrazioni, sulla base di criteri generali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo parere della scuola superiore della pubblica amministrazione»;
il direttore generale dell'ente, nella prescritta relazione al Presidente, evidenziava espressamente: «lo scrivente ritiene che possano essere conferiti al momento attuale, solo n. 2 incarichi di livello dirigenziale generale, pari al 50 per cento dei posti vacanti procrastinando il conferimento degli ulteriori incarichi agli esiti del concorso pubblico, che sarà indetto dall'Istituto dopo l'emanazione del menzionato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri» -:
quali iniziative intenda assumere il Governo per far rispettare quanto disposto dall'articolo 28-bis, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 01 che dispone l'accantonamento di 2 posti per i quali l'ente deve procedere mediante procedura concorsuale.
(5-03619)

MARCO CARRA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
il 12 novembre 2010 scadrà la cassa integrazione straordinaria per i dipendenti della ditta Alluminium Trevisan Cometal (ATC) di Castelbelforte (MN);
ai dipendenti dell'ATC di Castelbelforte (MN) devono essere aggiunti i dipendenti dello stesso gruppo di stanza in stabilimenti in provincia di Brescia ed in quella di Verona;
sarebbe opportuno, per una maggior tranquillità dei dipendenti, che la cassa integrazione straordinaria fosse prolungata di sei mesi -:
se sia nelle intenzioni del Ministro interrogato prolungare di sei mesi la cassa integrazione straordinaria in favore dei dipendenti dell'Alluminium Trevisan Cometal, quale condizione per garantire gli indispensabili ammortizzatori sociali a chi rischia di ritrovarsi particolarmente indebolito sul piano del reddito famigliare.
(5-03623)

MARCO CARRA. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
sono già passati nove mesi da quando la direttrice dell'INPS di Mantova dottoressa Rossella Manni, è andata in pensione e, ancora oggi, l'INPS non ha provveduto alla sua sostituzione;

in questi mesi, è stato inizialmente incaricato il dottor Tullio Ferretti, titolare della direzione della sede di Bergamo, e attualmente tale incarico è ricoperto dal dottor Giuseppe Giuffrida, titolare della direzione della sede di Lodi;
a ciò si aggiunga il sistematico taglio del personale effettuato da inizio anno ad oggi (sono 138 i dipendenti in forza all'INPS di Mantova contro i 152 del gennaio 2010);
tale situazione sta determinando pesanti ritardi nella erogazione delle prestazioni, quali il pagamento degli ammortizzatori sociali, della cassa integrazione in deroga e delle liquidazioni delle pratiche previdenziali ed assistenziali;
tutto ciò è intollerabile se pensiamo che le prestazioni dell'INPS sono rivolte a lavoratrici e lavoratori coinvolti pesantemente dalla crisi e che hanno nei vari ammortizzatori sociali l'unico sostegno economico -:
se si intenda dar corso rapidamente alla nomina del direttore effettivo dell'INPS di Mantova quale condizione fondamentale per dare risposte tempestive a lavoratrici e lavoratori.
(5-03627)

SILIQUINI e VIGNALI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
la perdita di posti di lavoro è diventata il problema fondamentale, anche per la provincia di Alessandria, con la riduzione diffusa di posti in ogni attività e settore produttivo, a cui si aggiungono chiusure di fabbriche e di attività artigianali e commerciali, di studi professionali e partite IVA individuali, con gravi conseguenze negative su tutta la città e la provincia;
il caseificio Merlo di Terzo d'Acqui, in provincia di Alessandria, è una azienda che produce e distribuisce da anni prodotti lattiero-caseari che rappresentano una eccellenza piemontese;
sta sempre più diventando critica la situazione del caseificio Merlo di regione Domini, un'impresa storica i cui prodotti sono conosciuti in tutta Italia per la loro alta qualità e considerati con grande favore da parte dei consumatori, leader a livello provinciale, e una delle maggiori imprese piemontesi nel settore industriale dell'alimentare;
la situazione ha iniziato ad aggravarsi con la chiusura dello stabilimento a metà del mese di agosto 2010 da parte della proprietà che ha posto in cassa integrazione straordinaria i 40 lavoratori dipendenti del centro produttivo di regione Domini di Terzo, con la speranza della ripresa della produzione, che purtroppo ad oggi, non c'è stata;
la situazione è ormai giunta ad una fase di stallo, con il rischio concreto della chiusura del caseificio Merlo e l'uscita definitiva dal ciclo lavorativo di tutti i lavoratori, decretando così la fine di un'esperienza industriale consolidata, con conseguenze negative in termini di ricchezza economica e di occupazione per la provincia di Alessandria;
la situazione ha assunto un risvolto pericolosamente drammatico ed insostenibile per i lavoratori dipendenti del caseificio Merlo e per le rispettive famiglie -:
quali siano le informazioni del Governo sulla realtà dell'unità produttiva in questione e sulle possibilità di poterla mantenere attiva nonché di salvaguardare i relativi posti di lavoro;
se non ritenga di dover promuovere, con la massima urgenza, ulteriori iniziative con l'azienda, con le organizzazioni sindacali e le istituzioni interessate, al fine di accertare ogni utile possibilità di intervento per scongiurare la chiusura di una così importante esperienza produttiva;
quali siano i termini dell'accordo, relativo alla concessione della cassa integrazione straordinaria, nonché quali ulteriori tutele possano essere attivate per il rilancio

delle attività produttive dell'azienda, salvaguardando il posto di lavoro dei 40 lavoratori interessati.
(5-03635)

BERTOLINI, GHIZZONI, CAZZOLA e MIGLIOLI. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere - premesso che:
è molto diffuso nel nostro Paese ed in particolare nella provincia di Modena e in particolare nel distretto tessile di Carpi l'utilizzo, da parte di imprenditori tessili in prevalenza centroterzisti cinesi, di mano d'opera proveniente dallo stesso Paese, che lavora in nero e con paghe assai ridotte, il che determina una grave penalizzazione per tali lavoratori stranieri e una concorrenza sleale nei confronti degli altri imprenditori che impiegano lavoratori in regola a tutti gli effetti;
tale pratica posta in essere da imprenditori scorretti penalizza fortemente in particolare le imprese tessili della provincia di Modena - già impegnate ad affrontare una congiuntura economica non favorevole determinata anche da processi di delocalizzazione, determinando un vero e proprio stato di crisi del settore -:
se non si ritenga assolutamente urgente ed indispensabile un forte potenziamento dell'attività ispettiva sia del Ministero del lavoro e delle politiche sociali sia dell'Inps al fine di colpire adeguatamente quegli imprenditori che utilizzano mano d'opera in nero, dedicando particolare attenzione alla provincia di Modena (distretto tessile di Carpi) dove il fenomeno ha assunto dimensioni macroscopiche.
(5-03637)

BELLANOVA, VICO, GINEFRA, SERVODIO e CAPANO. - Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca. - Per sapere - premesso che:
in data 5 luglio 2010 la prima firmataria del presente atto ha presentato un'interrogazione circa le problematiche dei lavoratori addetti al servizio di pulizia degli istituti scolastici nella provincia di Lecce;
a questo atto di controllo, ricevendo risposta in merito dal Sottosegretario Pasquale Viespoli, la prima firmataria del presente atto ebbe modo di precisare che auspicava un intervento rapido da parte del Governo presso il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca per accelerare l'erogazione dei fondi e consentire il pagamento delle mensilità arretrate in favore dei lavoratori che nonostante il mancato ricevimento dello stipendio avevano continuato, responsabilmente, a garantire la puntuale erogazione di servizi di pubblica utilità;
nel merito, il Sottosegretario Pasquale Viespoli, come riportato dal resoconto stenografico della seduta in Commissione lavoro del 6 luglio 2010, faceva presente che «nell'ambito dell'incontro tenutosi il 16 giugno 2010 presso il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, alla presenza delle OO.SS di categoria - sia dei lavoratori impegnati nei servizi presso le istituzioni scolastiche a seguito dei cosiddetti appalti storici, che del personale della scuola - per questioni riguardanti la terziarizzazione dei servizi nelle scuole affidati tramite i cosiddetti appalti storici - sono state fornite assicurazioni circa la proroga - fino al 31 dicembre 2010 - dei contratti scaduti o che dovessero scadere in corso d'anno [...] È stato inoltre manifestato l'intento di ricercare possibili soluzioni, nell'ambito della complessiva normativa di riferimento, tali da garantire gli attuali livelli occupazionali e retributivi del personale interessato». Nello stesso resoconto il Sottosegretario Pasquale Viespoli parla di un incontro previsto tra le parti per il mese di ottobre 2010, quando, il quadro normativo e finanziario, afferma, potrà essere più chiaro;
attualmente sembrerebbe che nessun incontro sia stato ancora convocato e purtroppo pare che proprio a causa di

questa situazione, oramai incancrenitasi, i consorzi che si occupano del servizio in questione abbiano già attivato le procedure di mobilità per centinaia di lavoratori. Va, inoltre, sottolineato che anche la situazione per i lavoratori dei cosiddetti appalti storici si profila attualmente drammatica, poiché si è giunti al mese di ottobre ed ancora da parte del Ministero competente non si è dato avvio alla gara d'appalto dei servizi di pulizia;
è rilevante evidenziare che questa problematica coinvolge più di 25mila lavoratori sul territorio nazionale, molti collocati nel Mezzogiorno d'Italia e, nella sola provincia di Lecce, se ne contano circa 1240. Si sta parlando di persone che percepiscono una paga di appena 800 euro mensili e che nella maggior parte dei casi con questa risorsa sostentano l'intera attività familiare;
ad oggi, nonostante l'interrogazione precedentemente presentata e sopra citata e gli incontri delle organizzazioni sindacali con i Ministeri competenti, non è ancora emerso quale siano, da parte del Governo, le misure messe in campo attualmente o da utilizzare nel prossimo futuro per evitare, ancora una volta, che siano sempre i lavoratori, già gravemente provati da una crisi economico-occupazionale, a pagare il prezzo più alto;
va ribadito che qualora non vi fosse certezza sulle risorse da destinare a questa problematica, i lavoratori che hanno svolto sempre il proprio dovere responsabilmente, nonostante i ritardi nei pagamenti, saranno a rischio di licenziamento. Tutto ciò determinerebbe un'ulteriore drammaticità, poiché le ricadute che si avrebbero dal punto di vista economico-occupazionale sul Mezzogiorno ed, in particolare, nel Salento sarebbero tragiche -:
se i Ministri interrogati non ritengano opportuno intervenire con urgenza, adoperandosi affinché vengano messe in campo tutte le iniziative necessarie atte a reclutare le risorse indispensabili per il proseguo dell'attività lavorativa di queste persone, che altrimenti vedrebbero da un giorno all'altro svanire il proprio posto di lavoro e con esso una prospettiva di futuro.
(5-03641)

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PARI OPPORTUNITÀ

Interrogazione a risposta scritta:

SBROLLINI. - Al Ministro per le pari opportunità, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
dalla stampa locale e da alcuni tragici fatti di cronaca si è evidenziato una preoccupante esplosione del fenomeno degli aborti clandestini, soprattutto nel mondo dell'immigrazione, in particolar modo quella clandestina e nella tratta di donne destinate alla prostituzione;
in particolare il Giornale di Vicenza, in alcuni articoli pubblicati alla fine dello scorso agosto, dava notizia del caso del dottor Rowland Taylor Williamson, un ginecologo originario della Sierra Leone ma residente da anni a Grumolo delle Abbadesse, in servizio presso l'ospedale Cazzavillan di Arzignano, arrestato per aver eseguito in maniera illegale una serie di interruzioni di gravidanza a giovani donne, tra cui anche prostitute;
secondo l'accusa, il medico, in una stanza della sua abitazione adibita ad ambulatorio, praticava le interruzioni di gravidanza a giovani, quasi tutte prostitute, che - o perché clandestine in Italia, o perché erano ormai passati i termini fissati per legge - non volevano o non potevano andare in ospedale; il medico si sarebbe fatto pagare fra i 500 e i 1.500 euro per ogni aborto; il medico stesso, dopo l'interrogatorio, avrebbe ammesso di aver praticato, dal 2006 ad oggi, ben quindici aborti; in un caso, una donna immigrata, clandestina e prostituta, avrebbe abortito da lui ben tre volte in tre anni;
il caso del medico vicentino sembra essere, a detta di molti soggetti del non profit che

lavorano sul tema della tratta, solo la punta di un fenomeno ben più vasto; un fenomeno diffuso e vasto di laboratori clandestini dove si praticherebbero interruzioni di gravidanza fuorilegge, in condizioni igieniche precarie, senza alcuna tutela, su donne spesso costrette a prostituirsi e ad abortire;
tale fenomeno sembra aver ricevuto un incremento sensibile da quando è stato introdotto il reato di clandestinità, che allontana, anche a causa delle incessanti campagne di alcune forze politiche, le donne immigrate clandestinamente dagli ospedali pubblici e le spinge verso forme di intervento clandestino ed estremamente rischioso per la salute stessa della donna;
per effetto del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 dicembre 2008 «Approvazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri, per l'anno finanziario 2009» (pubbl. Gazzetta Ufficiale n. 25 del 31 gennaio 2009 - S.O.) i fondi previsti per l'articolo 13 della legge n. 228 del 2003 «Misure contro la tratta» sono stati azzerati, e per tale decisione i progetti ex articolo 13, che dovrebbero essere selezionati attraverso bando da pubblicare in agosto, sono a rischio per mancanza di finanziamento;
relativamente ai tagli apportati al fondo per le pari opportunità, ci sarebbe una difficoltà strutturale nel reperire le risorse per il funzionamento del numero verde in aiuto alle vittime di tratta le cui convenzioni con i gestori della postazione centrale e periferiche scadono a fine luglio;
l'Italia ha nel numero verde in aiuto alle vittime di tratta e nei progetti articolo 13 e articolo 18 previsti dalla legge n. 228 del 2003 e dal decreto legislativo n. 286 del 1998, i principali dispositivi atti a sostenere il sistema degli interventi di lotta alla tratta e al grave sfruttamento;
nel corso degli anni questi interventi hanno consentito di strutturare sui territori italiani delle reti operative a carattere regionale o sovra regionali capaci di raggiungere importanti risultati su più fronti: sociali mediante il sostegno alle vittime, investigativi relativi al contrasto delle reti criminali, processuali in merito all'accertamento dei reati;
ciò è avvenuto in assenza di un piano nazionale sulla tratta che priva gli operatori e i decisori delle politiche nazionali e locali di un osservatorio sul fenomeno e di un sistema di monitoraggio e di valutazione integrata degli interventi capace di verificare l'adeguatezza e l'efficacia dei dispositivi e delle prassi operative adottate in materia d'identificazione, assistenza e inclusione sociale delle vittime, nonché di leggerne complessivamente le trasformazioni alla luce dei collegamenti e intersezioni con altri fenomeni, in primis, il favoreggiamento dell'immigrazione irregolare;
con l'azzeramento del fondo sulla tratta legge n. 228 del 2003 attraverso il quale il Dpo finanzia i progetti articolo 13 finalizzati all'identificazione e alla pronta assistenza delle persone vittime di tratta e grave sfruttamento, nonché all'acquisizione da parte delle stesse del consenso informato nell'intraprendere un rapporto di collaborazione con l'autorità giudiziaria e con la possibile chiusura del numero verde, si smantella il sistema degli interventi di lotta alla tratta presente in Italia, e si rischia di dare un ulteriore incremento anche al fenomeno degli aborti clandestini -:
se e in che modo intendano realizzare interventi per monitorare e contrastare il fenomeno degli aborti fuorilegge, soprattutto quelli delle donne immigrate e clandestine vittime della tratta e vittime al tempo stesso della loro condizione di clandestinità;
se e come il Governo intenda salvaguardare le azioni che sui territori vengono attivate con i finanziamenti per progetti ex articolo 13 e ex articolo 18 previsti dalla legge n. 228 del 2003 e dal decreto legislativo n. 286 del 1998;

se e in che modo si intenda realizzare e sostenere un sistema nazionale degli interventi rivolti alla tutela delle vittime di tratta e grave sfruttamento.
(4-09111)

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POLITICHE AGRICOLE, ALIMENTARI E FORESTALI

Interrogazioni a risposta scritta:

BELLOTTI. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
l'Ente nazionale delle sementi elette, soppresso a seguito della promulgazione della legge 31 luglio 2010 n. 122 e accorpato nell'INRAN, gestiva importanti compiti connessi allo svolgimento, sotto la vigilanza del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, degli adempimenti derivanti dall'applicazione delle norme comunitarie e nazionali;
con le suddette disposizioni vengono regolamentate la produzione e la commercializzazione dei prodotti sementieri, e si prevedono specifiche metodologie circa la certificazione ufficiale dei prodotti sementieri, le analisi e i controlli qualitativi delle sementi e delle piantine di ortaggi, gli esami tecnici per il riconoscimento varietale e brevettuale delle novità vegetali, le prove di controllo di campo e di laboratorio previste per l'iscrizione nel registro nazionale delle varietà vegetali;
il Governo aveva dato già in sede di approvazione della legge n. 122 del 2010 ampie garanzie affinché non venisse disperso il capitale umano di competente specifiche, fossero salvaguardate le condizioni contrattuali dei lavoratori e non diminuisse la qualità del servigio fornito allora dall'ENSE;
il Ministro Galan per garantire quanto sopra ha indicato alcuni passaggi amministrativi: la redazione da parte dell'ex ENSE di un bilancio al 30 maggio 2010 che definisca le consistenze finanziarie, umane e strumentali dell'ex ENSE; l'assicurazione agli uffici ex ENSE della prosecuzione, con le previgenti modalità, delle attività in corso per il corrente anno, per non rallentare l'attività di certificazione, in modo da giungere al 1o gennaio 2011 ad una definizione organica del bilancio e della struttura dell'INRAN che tenga conto delle specificità dell'ex ENSE; la rapida ridefinizione della dotazione organica dell'INRAN in modo da tener conto, come richiesto anche dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, della confluenza in essa del personale dell'ex ENSE, ritenendo quindi superate le proposte di modifica della dotazione in corso d'esame; l'aggiornamento dello Statuto, del Regolamento di organizzazione e funzionamento e del regolamento di amministrazione e contabilità dell'INRAN, al fine di tener conto dell'attività svolta dall'ENSE, evidenziando la necessità che tale attività rimanga distinta e riconoscibile all'interno dell'INRAN, anche sotto il profilo amministrativo e contabile;
si rappresenta che la campagna di certificazione delle sementi è in pieno svolgimento, in particolare per le specie che hanno grande rilevanza per l'agricoltura nazionale quali frumento tenero, frumento duro e cereali minori, così come iniziata altresì la produzione di seme di erba medica e di specie foraggere, nonché quella di sementi di mais -:
se gli enti interessati si stiano attenendo alle disposizioni impartite dal Ministro e come stia procedendo il processo di accorpamento, se l'attuale amministrazione dell'INRAN sia in grado di assicurare una corretta incorporazione di Ense e INCA e, considerate le misure anticrisi dovute alla problematica fase economica, come sia possibile conciliare con lo spirito della manovra anticrisi l'aumento del costo del personale che l'Inran dovrà affrontare dato che l'allineamento delle indennità di ente, necessario per assicurare un trattamento omogeneo al personale, graverà sulle casse dell'INRAN, a partire dal 1o giugno 2010, per un importo annuale di oltre 300.000 euro;

come sia possibile «assicurare la prosecuzione delle attività in corso per il corrente anno dell'ex ENSE, con le previgenti modalità, per non rallentare l'attività di certificazione) dell'ex ENSE qualora le risorse liquide venissero sin da ora attribuite al conto corrente dell'ente accorpante, privando la struttura di liquidità che oggi funge da volano e permette lo svolgimento dell'attività di certificazione con tempestività senza pregiudicare l'economia del settore sementiero;
per quale motivo il sito dell'Inran non riporti informazioni su bilancio, consulenze, e altro come invece è previsto dalle disposizioni del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e se sia possibile conoscere la situazione economica e finanziaria dell'Inran, il costo complessivo di eventuali consulenze e se le attività affidate a consulenti non possano essere svolte da professionalità interne alla struttura;
se siano previsti ulteriori accorpamenti fra enti vigilati dal Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
(4-09109)

SCHIRRU, MARROCU, CALVISI, PES e MELIS. - Al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, al Ministro dell'interno. - Per sapere - premesso che:
il Movimento dei pastori sardi (Mps) è ritornato il 19 ottobre 2010, a Cagliari ad un mese di distanza dalla precedente manifestazione che si era svolta, senza disordini, in città. Gli allevatori chiedono interventi urgenti per un settore gravemente in crisi e in particolare al Governo e alla giunta regionale di mantenere le promesse fatte durante la precedente azione di protesta, nello specifico gli aiuti de minimis alle aziende, la rimodulazione del piano di sviluppo rurale, l'utilizzo delle energie rinnovabili e, soprattutto, la rimodulazione del prezzo del latte;
come dichiarato dal presidente della CIA, «in Sardegna tutti i comparti agricoli sono alle prese con una crisi profonda. Allarmante è, comunque, il quadro dell'ovicaprino. I pastori vivono tra questioni complesse e problematiche incertezze. La loro è una giusta e legittima protesta che trova tutto il nostro sostegno e la nostra solidarietà. Il settore, e ciò si sta verificando anche in altre regioni, è paralizzato dalle difficoltà, da costi produttivi, contributivi e burocratici alle stelle e da un prezzo del latte alla stalla non più remunerativo. Bisogna, quindi, intervenire e al più presto.»;
gli allevatori, giunti da tutte le parti della Sardegna, sono partiti da piazza Marco Polo verso le 11.30 e, come il 14 settembre 2010, si sono diretti in via Roma dove si trova il palazzo del Consiglio regionale. Oltre tremila sono, secondo la questura, le persone arrivate da tutte le zone dell'isola. Vigili urbani, polizia e carabinieri hanno chiuso al traffico le strade centrali di Cagliari;
i primi momenti di tensione si sono vissuti durante il corteo, quando, nei pressi di piazza Deffenu un gruppo di manifestanti si è staccato dal corteo e ha bloccato i pochi mezzi che transitavano, pur essendo gli stessi pastori a calmare gli animi e far rientrare i manifestanti nel corteo;
intorno alle ore 13.00 un gruppo di manifestanti ha tentato di forzare uno degli ingressi laterali, in via Lepanto, ma l'assalto è stato respinto. Un cordone di forze dell'ordine in tenuta anti sommossa è stato schierato davanti agli ingressi del consiglio regionale della Sardegna, blindando il Palazzo, mentre un elicottero della polizia sorvegliava dall'alto il maxi-raduno dei pastori;
alle 15.00, dopo lunghe trattative con i vertici della questura e con il questore del consiglio regionale, una delegazione di tredici rappresentanti del Movimento dei pastori è entrata nel palazzo per incontrare i capigruppo. Tra le rivendicazioni: la battaglia per il prezzo del latte, l'aiuto per l'accesso al credito, il ritiro delle giacenze, il finanziamento alle aziende con i contributi de minimis come previsto

dalla normativa comunitaria, i centri di stoccaggio, incentivi per le politiche energetiche;
dopo oltre cinque ore di chiusura al traffico della via Roma, fuori dal palazzo regionale la tensione è salita rapidamente: gli allevatori hanno cominciato a lanciare le aste in plastica delle bandiere, accusando gli agenti di aver colpito duramente e senza motivi apparenti alcuni allevatori. La protesta aveva avuto un attimo di tregua per consentire di soccorrere una donna e un agente colpiti dai frammenti di una lastra di vetro precipitata da una finestra del quarto piano del palazzo regionale;
il confronto tra agenti e manifestanti pare sia ripreso con uso di slogan, fischietti e trombette dal suono assordante. Da fonti Ansa si apprende che dal gruppo dei manifestanti non sarebbero stati mai lanciati contro il palazzo e le forze dell'ordine sassi o altri oggetti contundenti;
qualche minuto prima delle 18.00, le forze di polizia hanno effettuato un lancio di lacrimogeni per disperdere i manifestanti del Movimento pastori sardi che avevano tentato di forzare un ingresso laterale del palazzo del Consiglio regionale in via Roma, tirando bottiglie di vetro prese da un cassonetto per la raccolta differenziata. È partita poi una carica con scene di guerriglia urbana nel centro di Cagliari. Riferisce l'Ansa: «La svolta drammatica della manifestazione organizzata dal Movimento dei pastori sardi si è avuta quando le forze di polizia hanno reagito al lancio di bottiglie di vetro, prima con i lacrimogeni e poi con una serie di cariche condotte con i cellulari che hanno letteralmente invaso via Roma a sirene spiegate. Tutte le vie di fuga dei manifestanti sono state chiuse ed è cominciato un rastrellamento. Sono già alcune decine i manifestanti caricati sui cellulari di polizia e carabinieri mentre continua il lancio di lacrimogeni il cui fumo ha invaso via Roma e le zone vicine, penetrando anche all'interno del palazzo del Consiglio. Nel garage del palazzo sono stati portati cinque manifestanti ammanettati e fatti distendere per terra. Altre persone bloccate dalle forze dell'ordine erano coperte di sangue non si sa se perché colpiti con i manganelli durante le cariche o feriti dai frammenti di vetro che ora cospargono le strade intorno alla sede del Consiglio regionale.»;
la situazione è faticosamente ritornata alla normalità intorno alle 20.30, quando i manifestanti rimasti a dare manforte ai rappresentanti del Movimento pastori che, nel frattempo, avevano occupato una sala del Consiglio regionale. Domani, 20 ottobre, i pastori saranno di nuovo davanti al palazzo di via Roma messo a ferro e fuoco: a rischio la seduta dell'Assemblea in programma nel pomeriggio;
secondo i funzionari che dirigono il servizio d'ordine, il bilancio della giornata di scontri è di cinque arresti tra i manifestanti, perché notate mentre lanciavano pietre contro le forze di polizia. Una volta sottoposti a perquisizione sono stati trovati in possesso di coltelli a serramanico ed è scattato l'arresto in flagranza;
un manifestante, secondo quanto si è appreso, ha perso un occhio dopo essere stato colpito in pieno volto da un candelotto lacrimogeno. La notizia è stata confermata da fonti della Questura. Tre sono i feriti tra gli agenti di polizia e numerosi i contusi tra i manifestanti. Un poliziotto sarebbe stato colpito al viso da una pietra che gli avrebbe fratturato la mandibola, mentre gli altri due hanno riportato traumi contusivi. Tra i manifestanti vi sarebbero feriti, ma al momento dai pronto soccorsi cittadini non si sono avuti dati certi. Anche un fotografo è rimasto ferito durante gli scontri;
in un comunicato stampa, il Ministro ha commentato «Sono certo che quanto accaduto oggi contribuirà ulteriormente a frapporre nuove difficoltà al superamento del grave stato di crisi in cui versa il settore ovicaprino in Sardegna. Per far fronte alla crisi in atto, il ministero si è già impegnato con considerevoli misure finanziarie volte a intervenire nel settore mediante

l'acquisto di notevoli giacenze di pecorino romano, destinandole a finalità di solidarietà sociale. Ancora, sempre il Ministero si e attivato per favorire una serie di iniziative promozionali, mentre a tutt'oggi è attivo un Tavolo di lavoro di filiera che ha lo scopo di perfezionare un accordo interprofessionale tra le diverse componenti. Inoltre, è stato anticipato da parte del ministero il pagamento dei cosiddetti premi Pac. Sia chiaro, che da parte nostra, cioè ministeriale, si è fatto e si continuerà a fare il massimo consentito dall'attuale situazione del Paese. Sono certo che anche le altre istituzioni vorranno fare altrettanto» -:
quali siano le informazioni di cui disponga il Governo in merito ai fatti citati nella premessa a riguardo della manifestazione;
cosa giustifichi lo schieramento di carabinieri, della guardia di finanza, del reparto mobile della polizia in tenuta antisommossa, così imponente per una manifestazione e se non si potesse trovare alternativa, mediante il ricorso ad iniziative di mediazione, alle cariche della polizia nei confronti dei manifestanti;
in considerazione di quanto sopra esposto e dell'estrema complessità dei problemi che non possono essere demandati completamente all'autorità regionale, cosa sia stato fatto in questo anno dal Governo per il settore agricolo, in particolare quello ovicaprino.
(4-09110)

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PUBBLICA AMMINISTRAZIONE E INNOVAZIONE

Interpellanza:

La sottoscritta chiede di interpellare il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per sapere - premesso che:
non vi è nessun riferimento nel decreto legislativo n. 322 del 1989, che istituisce il Sistema statistico nazionale - SISTAN, riguardo a chi deve dirigere gli uffici di statistica, mentre già nel regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e nella legge n. 1748 del 1930, restate dal 1989 disattese, veniva «Riconosciuta l'urgente ed assoluta necessità di promuovere la preparazione tecnica del personale destinato ad esercitare funzioni direttive negli uffici di statistica istituiti presso enti statali, parastatali e autarchici», quindi nell'articolato veniva deciso che:
«articolo 1 - Gli uffici di statistica esistenti o che verranno istituiti presso enti autarchici e parastatali devono avere funzioni organicamente distinte da quelle degli altri servizi ed essere diretti da persone fornite di speciale abilitazione nelle discipline statistiche.
articolo 2 - I funzionari addetti alla direzione degli uffici di statistica delle amministrazioni dello Stato a termini del regio decreto-legge 27 maggio 1929, n. 1285, devono essere forniti del titolo di speciale abilitazione nelle discipline statistiche di cui al seguente articolo 3 - L'abilitazione alle funzioni suindicate si consegue mediante un esame sostenuto presso le università o gli istituti superiori del regno in conformità delle disposizioni che saranno impartite con decreto del capo del governo, di concerto col ministro per l'educazione nazionale»;
per garantire la necessaria professionalità negli uffici di statistica del SISTAN il Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica - Comstat, emanava la direttiva n. 1/ del 15 ottobre 1991, reiterandola per le varie diversità di enti, con le «Disposizioni per gli uffici di statistica del Sistema statistico nazionale, loro organizzazione o loro eventuale riorganizzazione, che all'articolo 4, dice:
1. Il personale dell'ufficio di statistica deve essere quantitativamente e qualitativamente adeguato all'attività statistica da svolgere e possedere la preparazione professionale statistico-informatica necessaria per l'uso delle apparecchiature informatiche in dotazione.

2. Il responsabile dell'ufficio deve essere preferibilmente un funzionario con precedenti esperienze statistiche, per aver diretto uffici di statistica o per aver curato particolari indagini statistiche, oppure laureato o diplomato in discipline statistiche o che abbia superato corsi di qualificazione professionale in materie statistiche o, ancora, che abbia svolto ricerche o pubblicato lavori di rilievo nello stesso campo»;
ne è derivato che da venti anni si verifica la deprofessionalizzazione specifica del Sistema statistico nazionale, come risulta dalle annuali «Relazioni al Parlamento sull'attività dell'Istat sulla raccolta, trattamento e diffusione dei dati statistici della P.A. e sullo stato di attuazione del programma statistico nazionale», ultima del maggio 2010 con dati dell'anno 2009; infatti i laureati in statistica sono solo il 5,4 per cento degli oltre 10 mila addetti negli uffici di statistica e alla loro direzione, per la quale talvolta è necessario sentire il presidente dell'Istat, la quota dei laureati in statistica è pari al 3,2 per cento, contro il 18,1 per cento dei laureati in materie giuridiche. Le quote più alte di responsabili laureati in statistica si osservano per le amministrazioni centrali (44,4 per cento), per gli enti nazionali (37,9 per cento) e per le regioni e province autonome (23,8 per cento). Si riconferma, invece, lo scarso peso della specializzazione in discipline statistiche nelle altre amministrazioni, in particolare nei comuni fino a 100 mila abitanti (1,5 per cento) e meno nelle prefetture-Utg, alle quali, in assenza di professionalità specifica nell'ufficio, «compete il collegamento e l'interconnessione a livello provinciale di tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta ed alla elaborazione dei dati statistici, come individuate dall'ISTAT»; eppure il regio decreto-legge 24 marzo 1930, n. 436, e la legge n. 1748 del 1930 prevedeva che per dirigere l'ufficio di statistica era necessario aver superato l'esame di Stato nelle discipline statistiche, tutt'ora esistente e nella forma delle lauree 3+2, ora necessario solo per certificare la professionalità di chi va a dirigere gli uffici di statistica nella pubblica amministrazione, in quanto tale esame non garantisce l'iscrizione ad un Albo professionale tutt'ora non esistente, anche se dal 1966, ossia da 46 anni, sono state presentate in Parlamento nelle varie legislature specifiche proposte di legge, e ora anche la sottoscritta ha presentato alla Camera una proposta di legge, che reca il n. 1294, sull'Ordinamento della professione di statistico nonché l'istituzione dell'Ordine e dell'albo degli statistici;
giova ricordare che negli uffici di statistica è stato assunto il 94,6 per cento di non statistici, mentre gli statistici operativi attualmente in Italia sono oltre 30 mila, dato che dalle università negli ultimi anni, con dati di difficile reperimento visto che l'Istat pubblica nell'annuario statistico i laureati in scienze statistiche globalmente con i laureati in economia, sono usciti nella totalità delle diverse specializzazioni in attuariali, demografiche, economiche, e altro negli anni 1981 (227 laureati), 1986 (336), 1991 (544), 1996 (-860), 2001 (1.428), 2002 (1.845), 2003 (1.903), 2004 (1.845), 2005 (1.689), 2006 (1.360), 2007 (1.128), 2008 (1.134), 2009 (1.223); ossia un numero più che sufficiente a coprire le necessità operative e professionali degli uffici di statistica del SISTAN;
inoltre risulta che sono 10.063 gli addetti alla statistica pubblica che operano negli uffici di statistica (3.391) per cui il numero medio di addetti nel 2009 è di 3,0 addetti per ufficio e data la scarsa professionalità specifica in campo statistico degli addetti negli uffici, con diplomi di secondo grado il 59,6 per cento, la quasi metà degli uffici rispondenti al questionario dell'ISTAT dichiara di non svolgere mai la validazione delle pubblicazioni (46,9 per cento), il 41,1 per cento lo fa a volte e solo il 6,8 per cento lo fa sempre, per cui i dati che diventano statistiche ufficiali vengono solo in parte certificati, nonostante le specifiche direttive del Comstat;
è noto che molti posti messi a concorso per statistici negli uffici di statistica della pubblica amministrazione sono stati

assegnati erroneamente anche a laureati in scienze politiche ed in economia e commercio, data la generica equipollenza con scienze statistiche, facendo riferimento al decreto 12 agosto 1991, che però riguardo ai pubblici concorsi è stato integrato, riservando quindi agli statistici i posti di «collaboratore statistico» nella pubblica amministrazione, come segue: 1. Il decreto del 12 agosto 1991, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 212, del 10 settembre 1991, relativo all'equipollenza delle lauree in scienze statistiche viene integrato come segue: «Ai pubblici concorsi per il profilo professionale di collaboratore statistico possono partecipare soltanto i laureati in scienze statistiche e demografiche, scienze statistiche e attuariali e scienze statistiche ed economiche», Decreto Interministeriale 12 agosto 1991 (Gazzetta Ufficiale del 10 settembre 1991, n. 212);
occorre sapere che nel SISTAN il 96 per cento degli uffici di statistica è costituito da strutture polifunzionali che non svolgono compiti unicamente statistici, mentre nel regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436 veniva deciso che gli uffici di statistica «devono avere funzioni organicamente distinte da quelle degli altri servizi», e il principio è stato reiterato, ma senza risultato, nelle direttive del Comstat, dove per l'assetto organizzativo è detto che gli uffici di statistica devono avere «funzioni organicamente distinte da quelle di altri servizi» e che tale autonomia funzionale «è realizzata, di norma, costituendo l'ufficio stesso in unità organica a se stante» -:
se non ritenga opportuno:
a) attivarsi per richiamare la responsabilità dei vertici delle amministrazioni pubbliche, alle cui dipendenze dovrebbe essere l'ufficio di statistica, verso l'applicazione del regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e della legge n. 1748 del 1930 per quanto attiene alla reale professionalità degli operatori, specie dei direttori degli uffici di statistica, mediante l'emanazione di una specifica direttiva per gli uffici di statistica che garantisca nel loro ambito la necessaria professionalità statistica degli addetti, ora ridotta al 5,4 per cento, visto che non è stata garantita né dal Comitato di indirizzo e coordinamento dell'informazione statistica - Comstat, né dalla Commissione per la garanzia dell'Informazione Statistica (CGIS) e neppure dallo stesso istituto nazionale di statistica - Istat;
b) assumere iniziative dirette a rivedere le norme del decreto legislativo n. 322 del 1989, al fine di integrarlo con il recepire le disposizioni del regio decreto legge 24 marzo 1930, n. 436, e della legge n. 1748 del 1930 e predisponendo delle modifiche alle emanate Direttive del Comstat al fine di garantire negli uffici di statistica, in futuro, la presenza di personale già qualificato da specifici studi accademici e la cui professionalità sia attestata dall'avere superato l'esame di Stato nelle discipline statistiche, come era prima del 1989.
(2-00864)«Siliquini».

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SALUTE

Interrogazioni a risposta in Commissione:

MANCUSO, CICCIOLI, FRASSINETTI e SARUBBI. - Al Ministro della salute, al Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. - Per sapere - premesso che:
dopo 25 anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl i cinghiali tedeschi si dimostrano fortemente contaminati dalle conseguenze ambientali della nube radioattiva della centrale ucraina; conseguentemente il Governo tedesco ha stanziato risorse economiche per evitare che la carne di sus scrofa contaminata sia venduta sul mercato;
il regolamento (CE) 853/2004 prevede che gli animali frutto dell'attività venatoria, e tra questi anche i cinghiali, possano

essere consumati per uso famigliare, venendo esclusi dai controlli medico-veterinari -:
se il Governo intenda promuovere un'indagine epidemiologica mirante a valutare la contaminazione radioattiva della carne di cinghiale mediante esami radiometrici, in modo da ottenere un modello emblematico di sentinella dei problemi di salute pubblica che la catena ambiente-animali-uomo potrebbe causare.
(5-03624)

ZAZZERA e PALAGIANO. - Al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che:
il 25 luglio 2010 presso il reparto di oncologia pediatrica del policlinico di Bari è accaduto un grave caso di malasanità che ha reso vittima Paolo Garganese, un bambino di sette anni affetto da una grave forma di leucemia mieloide promielocitica acuta, in recidiva dopo il trapianto del midollo donato dalla sorellina;
Garganese Donato, padre di Paolo, ha avviato un esposto-denuncia al presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali della Camera dei deputati, onorevole Leoluca Orlando, e all'assessore alla sanità della regione Puglia professor Tommaso Fiore;
secondo quanto riportato dal signor Garganese, suo figlio Paolo era stato ricoverato presso il reparto di oncoematologia pediatrica infantile sezione E del policlinico di Bari. Tuttavia tale settore dell'ospedale, pur accogliendo pazienti affetti da tumori e leucemie, è classificato come pediatria infantile, ed è dunque carente di assistenza infermieristica specializzata;
a causa dell'insufficienza numerica del personale medico oncologico, l'assistenza specialistica sarebbe stata assicurata soltanto la mattina. Nelle restanti ore, i piccoli pazienti sarebbero stati lasciati all'assistenza di medici generici, specializzandi o semplici infermieri;
Paolo Garganese era tra i ricoverati bisognosi di maggiore attenzione da parte dei medici, considerato che in seguito alla recidiva della leucemia aveva presentato anche un peggioramento della condizione polmonare, ritenuto dagli specialisti irreversibile;
i genitori di Paolo pertanto erano consapevoli della gravità delle condizioni del figlio in fase terminale, per questo il padre ha chiesto più volte che a Paolo fosse riservato un fine vita dignitoso e senza sofferenze atroci;
questa preghiera però sarebbe rimasta inascoltata, nonostante le rassicurazioni sull'adeguadezza della struttura ospedaliera e sulla disponibilità dei medici durante la fase terminale;
secondo quanto denunciato da Garganesee, infatti, proprio durante le ultime ore di vita del bambino il direttore e responsabile del reparto di oncologia sarebbero stati assenti, altri due colleghi in ferie, e un terzo dottore fuori l'ospedale per cause familiari;
in condizioni di totale mancanza di assistenza il padre del bambino ha dovuto assistere alle crisi respiratorie del figlio, ricorrendo anche all'erogazione dell'ossigeno per lenire appena le sue sofferenze;
contattati urgentemente i medici, questi non si sarebbero recati in ospedale, ma si sarebbero limitati a fornire un consulto per via telefonica ad una infermiera, che in quel momento assisteva il piccolo paziente;
all'interrogante risulta che al bambino sarebbe stato somministrato del sedativo, a detta del padre, a basso dosaggio, che avrebbe peggiorato il quadro respiratorio;
solo successivamente è intervenuto il rianimatore, che senza avere più il tempo per sedare efficacemente il bambino, avrebbe provveduto ad intubarlo ancora cosciente, salvandogli transitoriamente la vita ma certamente con ulteriori sofferenze;

dopo due giorni di rianimazione, Paolo è morto. Le sofferenze patite da questo bambino durante la permanenza presso il policlinico di Bari sono inaccettabili e come scrive il padre, vanno oltre ogni logica medica, oltre ogni tolleranza umana. Queste le parole di un uomo, che ha visto per l'ultima volta il figlio mentre gli implorava di salvarlo, di aiutarlo a respirare -:
se il Ministro interrogato intenda far luce su quanto descritto in premessa e quali iniziative ritenga opportuno adottare al fine di impedire il ripetersi di fatti di estrema gravità e crudeltà come quello accaduto presso il policlinico di Bari.
(5-03629)

Interrogazione a risposta scritta:

OLIVERIO. - Al Ministro della salute, al Ministro dell'economia e delle finanze. - Per sapere - premesso che:
con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell'11 dicembre 2007, recante la dichiarazione dello stato di emergenza socio-economico-sanitaria nel territorio della regione Calabria prorogato poi fino al 31 dicembre 2010 si affida ad un commissario delegato la materia;
il commissario di concerto con la regione ed avvalendosi di un comitato tecnico scientifico ha predisposto un piano di intervento per la riduzione del rischio clinico in Calabria prevedendo una serie di interventi urgenti in alcuni ospedali della regione;
la regione Calabria in questa fase delicata di attuazione del piano di rientro dal deficit sanitario ha comunque provveduto ad un piano di interventi per realizzare un programma di innovazione tecnologica, messa in sicurezza e ristrutturazione di alcuni ospedali calabresi prevedendo l'utilizzo delle risorse ex articolo 20 legge n. 67 del 1988 e articolo 71 legge n. 448 del 1998 tra cui il potenziamento tecnologico delle aziende ospedaliere di Catanzaro, Cosenza, Crotone e Reggio Calabria;
la regione aveva predisposto un piano di conversione di alcune strutture sanitarie per realizzare una rete di case della salute finanziate al 50 per cento con le risorse del POR Calabria e per la restante parte dal PAR-FAS e che le risorse previste per i suddetti interventi (369 milioni ex articolo 20, 19 milioni ex articolo 71, 67 milioni dal PAR-FAS) sono state tagliate e dirottate altrove nonostante l'approvazione delle relative delibere CIPE;
le ragioni di urgenza che avevano portato il Governo a decretare e poi prorogare il commissariamento per l'emergenza sanitaria in Calabria testimoniano l'assoluta necessità degli interventi previsti e che gli altri interventi programmati sono necessari per normalizzare la situazione sanitaria calabrese;
in data 30 luglio 2010, al fine di dare attuazione al piano di rientro dai disavanzi nel settore sanitario della regione Calabria, il Consiglio dei ministri ha nominato commissario ad acta il presidente della regione, dottor Giuseppe Scopelliti e, da notizie di stampa sembra che insieme alla nomina del commissario ad acta il Governo voglia bloccare la costruzione dei nuovi 4 ospedali, Sibaritide, Vibo Valentia, Catanzaro e Piana di Gioia Tauro, rientranti nel programma di riorganizzazione della sanità calabrese -:
quanti finanziamenti fino ad oggi la regione Calabria abbia ricevuto sia come ex articolo 20 sia come ex articolo 71 relativamente alla ristrutturazione degli edifici e alla acquisizione di nuove tecnologie e quanti allo stato attuale risultino impegnati e spesi;
se corrisponda al vero che la regione Calabria si è vista bloccare la costruzione dei promessi nuovi ospedali necessari alla ripianificazione e alla riorganizzazione di tutta la sanità calabrese;
se corrisponda al vero che i finanziamenti già assegnati e approvati con

delibere del CIPE non siano stati poi più erogati, finanziamenti necessari ad attuare non solo la parte relativa alle misure contenitive della spesa ma anche quella relativa alla programmazione degli interventi previsti nel piano di rientro dal disavanzo sanitario.
(4-09094)

TESTO AGGIORNATO AL 16 NOVEMBRE 2010

...

SVILUPPO ECONOMICO

Interrogazione a risposta in Commissione:

MARCO CARRA. - Al Ministro dello sviluppo economico. - Per sapere - premesso che:
in data odierna, gli organi di informazione mantovani hanno dato notizia della possibilità che in provincia di Mantova si possa realizzare una centrale nucleare;
lo spunto per la definizione di tale notizia è stato offerto dallo stesso Ministro interrogato che, a Milano, in un convegno sull'Europa, ha dichiarato che «sembrerebbe strano non prevedere che in Lombardia ce ne possa essere una»;
a questa dichiarazione se ne è aggiunta una successiva da parte del presidente dei «Verdi per la Costituente ecologista» Angelo Bonelli che così recitava: «l'impianto nucleare lombardo? Molto probabilmente, sarà realizzato tra le province di Cremona e Mantova lungo l'asta del fiume Po»;
tale scenario ha immediatamente destato un grande e grave allarme nelle comunità mantovana, in particolare nella zona viadanese collocata al confine con la provincia di Cremona -:
se, nella conferma della posizione contraria del gruppo parlamentare al quale appartiene l'interrogante sulla scelta nuclearista compiuta dal Governo, la notizia data dagli organi di informazione mantovani abbia un qualche fondamento e, soprattutto, se esista un elenco dei possibili siti per la localizzazione delle centrali nucleari.
(5-03622)

Interrogazioni a risposta scritta:

NEGRO e STUCCHI. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro per le politiche europee, al Ministro degli affari esteri. - Per sapere - premesso che:
secondo notizie di stampa, sembrerebbe sia in atto un'azione di disturbo alle operazioni doganali da parte del Governo argentino, che sta frenando le importazioni di prodotti alimentari dall'Italia e dall'Unione europea;
questo scenario, tanto dannoso per le esportazioni italiane, dipenderebbe dalla volontà del Governo argentino di bloccare l'ingresso di prodotti esteri che hanno equivalenti analoghi nel Paese sudamericano ed interesserebbe in primo luogo il settore della pasta;
per l'ingresso della pasta in Argentina si stanno manifestando, infatti, fermi alla dogana che durano fino a venti giorni, a causa di un allungamento ingiustificato della prassi che porta al rilascio dei documenti per lo sdoganamento delle merci;
quella denunciata dagli stessi importatori locali è una operazione di disturbo a tutti gli effetti che, pur non essendo formalizzata in un vero e proprio divieto, di fatto rallenta le pratiche procedurali, ostacolando l'effettiva realizzazione delle importazioni;
fonti diplomatiche affermano che negli ultimi anni le importazioni in Argentina sono aumentate a causa di un cambio euro/dollaro più favorevole. Nonostante il cambio vantaggioso, gli importatori di pasta sono talmente danneggiati dalle pratiche ostruzionistiche in dogana, che preferiscono non rischiare il loro tempo e i loro soldi;
il comportamento adottato dal Governo argentino ostacola l'ingresso di prodotti italiani ed europei nel territorio sudamericano,

creando disagi per gli imprenditori italiani che rischiano di vedersi cancellati i nuovi ordini;
a detta di molti, all'origine di questo comportamento vi sono la necessità di mantenere in equilibrio la bilancia commerciale, la volontà di proteggere i produttori locali ed una malcelata ostilità verso i ceti alti della popolazione che, pur in presenza di analoghi e più economici prodotti nazionali, preferiscono quelli importati -:
se non ritengano necessario attivarsi immediatamente presso l'Unione europea, affinché la stessa chieda in sede di WTO chiarimenti in merito alle eventuali iniziative di ostruzionismo messe in atto dal Governo argentino che ostacolano l'ingresso dei prodotti alimentari provenienti dall'Italia e dall'Unione europea.
(4-09100)

ROSATO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
la European panel federation ha programmato per venerdì 29 ottobre 2010 un Action day, cui hanno aderito tutte le aziende europee iscritte e, in Italia, quelle aderenti ad Assopannelli e a Federlegno Arredo;
in quella giornata sarà sospesa la produzione da parte delle industrie di trasformazione del legno, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni a proposito del danno causato alla categoria e a quell'importante e diffuso comparto industriale, dall'uso di sempre maggiori quantità di legno come combustibile nelle centrali a biomassa;
l'uso di legno da riciclo per fini di sfruttamento energetico - favorito dagli appositi incentivi pubblici - ne sta facendo lievitare i prezzi di mercato, alzando i costi di produzione nel settore dell'arredamento, comparto che oggi conta in Italia 397.000 addetti e 32,5 miliardi di euro di fatturato annuo;
si considera l'utilizzo di biomasse a fini energetici una buona prassi da incoraggiare in virtù del limitato tasso di inquinamento, ma si ritiene altresì inopportuno danneggiare il settore dell'arredamento, specie in periodo di crisi economica;
l'utilizzo del legno di riciclo a fini industriali nel ramo dell'arredamento e della produzione di pannelli sembra una destinazione non meno rispettosa dell'ambiente di quello a fini combustibili, e al contempo più favorevole allo sviluppo socio-economico del Paese;
si ritiene più corretto che le industrie di trasformazione del legno e gli impianti a biomasse si contendano la materia prima su un piano di parità in regime di libera concorrenza -:
se i Ministri non ritengano opportuno assumere iniziative per sospendere gli incentivi sul legno da riciclo a fini combustibili, concentrandoli piuttosto su biomasse di altra origine o su materiali lignei giunti a fine ciclo e perciò inservibili a fini industriali.
(4-09106)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. - Per sapere - premesso che:
secondo il circolo Legambiente di Mola di Bari, sono in corso lavori per la realizzazione di un impianto fotovoltaico che sorgerà su una parte della discarica non più operativa della Lombardi Ecologia, in contrada Martucci, in agro di Conversano, al confine con il territorio del comune di Mola di Bari;
secondo le informazioni acquisite dal circolo di Legambiente di Mola, l'impianto sorgerà su uno dei tre lotti di cui si compone la discarica (quello che è stato autorizzato agli inizi degli anni ottanta e

che non era stato avviato seguendo i canoni previsti dal decreto del Presidente della Repubblica n. 915 del 1982);
lungo alcune arterie stradali dei comuni di Conversano e Mola di Bari, la Lombardi Ecologia sta eseguendo in questi giorni lavori di canalizzazione dei cavi preposti alla conduzione dell'energia che sarà prodotta dall'impianto fotovoltaico;
a giudizio degli interroganti l'opera pone vari problemi sull'interferenza che un impianto fotovoltaico potrebbe avere con questa discarica di rifiuti in gestione post-operativa, in particolare in merito alla rete di captazione del biogas, ai pozzi di estrazione del percolato, alla possibilità di consentire la regolare manutenzione delle reti presenti, sul naturale cedimento biologico della discarica con relative modifiche nella morfologia ed incidenza sul bilancio idrologico; pone inoltre problemi sulla compatibilità di un impianto fotovoltaico con quanto autorizzato finora in contrada Martucci e a quanto previsto dal decreto legislativo n. 36 2003;
secondo i dati del GSE il sistema degli incentivi alle energie rinnovabili risulta tra i più alti in Europa e certamente quello a più lunga durata il che spiega a giudizio degli interroganti la proliferazione di impianti per energia rinnovabile a danno del territorio e di un sano sviluppo del Paese con progetti, come quello del mega-impianto fotovoltaico nel comune di Cutrofiano, realizzato da AzzeroC02 ed Exalto e presentato da Legambiente, che appaiono difformi rispetto ai criteri e alle modalità di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio predeterminati nelle Linee Guida sulle Fonti rinnovabili recentemente pubblicate e dalle disposizioni di legge in materia di sostegno del settore agricolo, valorizzazione delle tradizioni agro-alimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale;
il giorno 11 gennaio 2010 la giunta regionale ha approvato la proposta di piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR). Tale approvazione, non richiesta dalla legge regionale n. 20 del 2009, è stata effettuata per conseguire lo specifico accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali previsto dal Codice e per garantire la partecipazione pubblica prevista dal procedimento di Valutazione Ambientale Strategica. Pertanto, nessuna norma di salvaguardia è entrata in vigore a seguito di detta approvazione. Si procederà all'adozione ai sensi della legge regionale n. 20 del 2009 solo a valle del previsto accordo con il Ministero. E solo dopo tale adozione entreranno in vigore le misure di salvaguardia, le quali riguarderanno, come previsto dalle norme tecniche di attuazione della proposta di PPTR, i beni paesaggistici e gli ulteriori contesti paesaggistici. Ne consegue che allo stato attuale vige ancora esclusivamente il PUTT/Paesaggio e che ogni provvedimento comunale inerente ai valori paesaggistici dovrà fare riferimento solo ad esso. Si evidenzia infine che la Proposta di Piano sostituisce lo Schema di PPTR adottato il 20 ottobre 2009 -:
se non si ritenga di dover intervenire per abbreviare i tempi dell'adozione dei provvedimenti in materia di autorizzazioni di impianti di fonti rinnovabili;
se non si ritenga di rivedere il sistema degli incentivi che resta tra i più alti in Europa;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga di verificare se ed in quali progetti di realizzazione di impianti per energia rinnovabile siano coinvolte le associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero stesso;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda operare per una tempestiva entrata in vigore del Piano Paesaggistico Puglia.
(4-09118)

ZAMPARUTTI, BELTRANDI, BERNARDINI, FARINA COSCIONI, MECACCI e MAURIZIO TURCO. - Al Ministro dello sviluppo economico, al Ministro dell'ambiente e

della tutela del territorio e del mare, al Ministro per i beni e le attività culturali. - Per sapere - premesso che:
nel comune di Cutrofiano (Lecce), lungo la strada provinciale Cutrofiano-Supersano, si annuncia il progetto di un vasto impianto fotovoltaico caratterizzato da 700 maxi-pannelli insegui-sole alti 7 metri installati su 26 ettari di suolo agricolo o naturale;
il progetto, realizzato da Exalto e AzzeroCO2, di cui il comune di Cutrofiano figura essere un cliente, è stato presentato da Legambiente in una conferenza stampa a Lecce, il 14 ottobre scorso, come «un progetto sperimentale» e come «una soluzione innovativa al problema di coniugare la realizzazione di impianti fotovoltaici a terra con la tutela del suolo e dell'agricoltura locale»;
per raggiungere questo obiettivo verranno installati 700 inseguitori, realizzati dalla società Concentrix Solar con una tecnologia che prevede l'uso di lenti Fresnel di concentramento e celle-fotovoltaiche ad alta efficienza. «Inoltre - spiega Legambiente - la superficie dell'inseguitore è dotata di pannelli bianchi che determinano la rifrazione della luce solare a terra, favorendo la crescita delle colture seminate nel terreno sottostante»;
il comitato locale «Forum Amici del Territorio di Cutrofiano» si oppone invece alla realizzazione del mega impianto fotovoltaico, perché 26 ettari, l'equivalente di circa 40 campi da calcio, sono troppi per un progetto sperimentale, che peraltro dovrebbe durare almeno 20 anni. I ventisei ettari di campagna, affittati per vent'anni dalla AzzeroCO2 per realizzare l'impianto fotovoltaico, insistono in un'area detta «Gorgoni», dal nome del proprietario, noto latifondista della zona, che è una sorta di groviera traforata da quelle cave ipogee che fanno di Cutrofiano una zona ad alto rischio idrogeologico, soggetta a sprofondamenti e crolli. Inoltre, la captazione della radiazione solare da parte dei pannelli, riducendo enormemente l'arrivo dei fotoni luminosi al suolo, non giova alla fotosintesi clorofilliana e dunque a qualsiasi attività agricola che si volesse fare al di sotto. Né si può immaginare di avere la certificazione biologica in un luogo dove i pannelli dovranno periodicamente essere puliti con solventi, più o meno biodegradabili. Il complesso cablaggio dei cavidotti interrati e il costo complessivo dell'impianto che ammonta a ben 17 milioni di euro, per un guadagno nel corso degli anni estremamente superiore, rende indubbiamente incompatibile lo svolgimento di sistematica attività agricola con i necessari mezzi meccanici nel sito interessato dagli impianti, tutto ad ulteriore conferma di come sia una vana pretesa quella di poter conciliare agricoltura e industria dell'energia nelle modalità dell'impianto proposto. In quel sito, il dedalo di cavi elettrici renderebbe le operazioni di aratura alquanto difficoltose, nonché rischiose per l'incolumità degli operatori, come per la stessa «incolumità» del costosissimo impianto a seguito dei ben possibili urti tra i mezzi meccanici agricoli e i pannelli o altra struttura;
la zona in questione è un terreno che fino all'anno scorso era inserita in una grande riserva tra Cutrofiano e Maglie, una zona che fino a pochi anni fa era utilizzata per la coltivazione del tabacco, ora è diventata un'importante zona naturalistica sulla quale hanno svernato l'anno scorso interi stormi di pivieri dorati e allodole; ora non è più riserva, ma ricopre un'importanza straordinaria dal punto di vista ambientale e paesaggistico. Il sito, inoltre, per le sue peculiarità e per la sua ubicazione, rientra di fatto nell'area vasta «Bosco Belvedere», così classificata,nella nuova zonizzazione paesaggistica del territorio pugliese in seno al nuovo PPTR (piano paesaggistico territoriale della regione Puglia) recentemente approvato dalla Amministrazione regionale. In questa zona, la Regione Puglia, riconoscendone le alte valenze già indicate dalla Provincia di Lecce, ha istituito il «Parco rurale e naturale dei Paduli» al cui interno rientra anche il territorio agricolo di Cutrofiano, in particolar modo nella sua

porzione meridionale, che si raggiunge appunto percorrendo proprio la S.P. Cutrofiano-Supersano;
nel «Parco rurale e naturale dei Paduli», che è stato istituito per salvare un'area di alto pregio paesaggistico, dove vivono rarissimi e protetti animali (come il Tritone italico, altri anfibi a rischio di estinzione, numerosi uccelli tra cui gru e cicogne nere e bianche, eccetera), si dovranno finanziare, come previsto dal nuovo piano paesaggistico della Puglia che lo ha scelto come parco pilota, solo progetti di rimboschimento, di alto recupero della naturalità e delle suggestioni pittoresche del paesaggio rurale, nonché favorire il biologico e un'agricoltura di recupero delle varietà agro-pastorali della locale tradizione, impedendo assolutamente l'ubicazione in quell'area di pannelli fotovoltaici, come anche ribadito in più occasioni dal prof. Alberto Magnaghi dell'università di Firenze curatore scientifico del PPTR. Il termine «Paduli» sta a indicare la natura paludosa del vasto sito caratterizzato dalla presenza di numerosi «canali», uno dei quali, il Piscopio, attraversa lo stesso sito in cui Legambiente vorrebbe realizzare il progetto industriale;
il coinvolgimento diretto di Legambiente attraverso la sua AzzeroCO2 in questa operazione industriale sconcerta, ancora di più, per la sua contraddittorietà con le dichiarazioni pubbliche, ribadite nelle ultime linee guida dell'associazione, in merito all'ubicazione virtuosa dei pannelli fotovoltaici sui tetti di strutture recenti - e non più a terra - a salvaguardia dell'agricoltura, della biodiversità selvatica e, non ultimo, del paesaggio;
l'azione del «Forum Amici del Territorio di Cutrofiano» contro l'impianto ha visto l'appoggio di cittadini, agronomi, studiosi, medici, ingegneri e politici di ogni colore, e coinvolto numerose associazioni e comitati del territorio che condividono il medesimo impegno, tra cui Italia Nostra, Save Salento, la rete di comitati e movimenti del Forum Ambiente e Salute, e dello stesso parroco don Mirko Lagna, titolare della locale parrocchia di San Giuseppe, i quali chiedono che sia invece favorita l'incentivazione dei piccoli impianti fotovoltaici domestici sui tetti degli edifici;
contro il dilagare di progetti per impianti fotovoltaici estesi su più ettari di suolo agricolo o naturale si è pronunciata la stessa Agenzia regionale per la prevenzione e l'ambiente della Puglia (ARPA) attraverso una lettera inviata ai vertici regionali a firma del suo direttore generale, l'epidemiologo di fama internazionale professor Giorgio Assennato, e la Sovrintendenza ai beni culturali e paesaggistici della Puglia, attraverso una circolare inviata ai principali enti pubblici autorizzativi coinvolti, a firma del suo direttore, l'architetto Ruggero Martinez;
sia il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, di attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, sia le «Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili» adottate con il decreto ministeriale del 10 settembre 2010, prevedono che, in zone di particolare pregio rispetto al contesto paesaggistico-culturale come pure in zone classificate agricole dai piani urbanistici, l'insediamento e l'esercizio dell'impianto non comprometta o interferisca negativamente con le finalità perseguite dalle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui alla legge 5 marzo 2001, n. 57, articoli 7 e 8, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, articolo 14; secondo i dati del GSE il sistema degli incentivi alle energie rinnovabili risulta tra i più alti in Europa e certamente quello a più lunga durata il che spiega a giudizio degli interroganti la proliferazione di impianti per energia rinnovabile a danno del territorio e di un sano sviluppo del Paese con progetti, come quello del mega-impianto fotovoltaico nel Comune di Cutrofiano, realizzato da AzzeroCO2 ed Exalto e presentato da Legambiente, che appaiono difformi rispetto ai criteri e alle modalità di inserimento degli impianti nel paesaggio e sul territorio predeterminati nelle Linee Guida sulle Fonti rinnovabili recentemente pubblicate e dalle disposizioni di legge in materia di sostegno del settore agricolo, valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, tutela della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio rurale;

il giorno 11 gennaio 2010 la Giunta Regionale ha approvato la proposta di Piano Paesaggistico Territoriale Regionale (PPTR). Tale approvazione, non richiesta dalla legge regionale n. 20 del 2009, è stata effettuata per conseguire lo specifico accordo con il Ministero per i beni e le attività culturali previsto dal Codice e per garantire la partecipazione pubblica prevista dal procedimento di Valutazione Ambientale Strategica. Pertanto, nessuna norma di salvaguardia è entrata in vigore a seguito di detta approvazione. Si procederà all'adozione ai sensi della legge regionale n. 20 del 2009 solo a valle del previsto accordo con il Ministero. E solo dopo tale adozione entreranno in vigore le misure di salvaguardia, le quali riguarderanno, come previsto dalle norme tecniche di attuazione della proposta di PPTR, i beni paesaggistici e gli ulteriori contesti paesaggistici. Ne consegue che allo stato attuale vige ancora esclusivamente il PUTT/Paesaggio e che ogni provvedimento comunale inerente ai valori paesaggistici dovrà fare riferimento solo ad esso. Si evidenzia infine che la Proposta di Piano sostituisce lo Schema di PPTR adottato il 20 ottobre 2009 -:
se non si ritenga di dover intervenire per abbreviare i tempi dell'adozione dei provvedimenti in materia di autorizzazioni di impianti di fonti rinnovabili;
se non si ritenga di rivedere il sistema degli incentivi che resta tra i più alti in Europa;
se il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare non ritenga di verificare se ed in quali progetti di realizzazione di impianti per energia rinnovabile siano coinvolte le associazioni ambientaliste riconosciute dal Ministero stesso;
se il Ministro per i beni e le attività culturali non intenda operare per una tempestiva entrata in vigore del Piano Paesaggistico Puglia.
(4-09120)

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TURISMO

Interrogazione a risposta scritta:

ZACCHERA. - Al Ministro del turismo. - Per sapere - premesso che:
il turismo lacuale rappresenta una quota significativa del turismo in Italia, con molti milioni di turisti pernottanti nelle zone di lago, in buona parte stranieri, dando un contributo importante al comparto turistico nazionale;
non appare visibile una particolare promozione indirizzata al turismo lacuale italiano, né risultano disponibili fondi per iniziative di richiamo o riqualificazione turistica specificatamente per le località di lago -:
quali iniziative il Ministro intenda intraprendere per promuovere il turismo lacuale, le città e le località di lago e se non ritenga utile specificatamente indirizzare su questo canale turistico risorse dedicate, in collaborazione con le regioni e le amministrazioni locali interessate.
(4-09115)

...

Apposizione di firme ad una mozione.

La mozione Capitanio Santolini e altri n. 1-00459, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati D'Ippolito Vitale, Pes.

Apposizione di firme ad una risoluzione.

La risoluzione in commissione Di Centa e altri n. 7-00369, pubblicata nell'allegato B ai resoconti della seduta del 14 luglio 2010, deve intendersi sottoscritta anche dai deputati Zazzera, Strizzolo, Capitanio Santolini.

Modifica dell'ordine dei firmatari ad una mozione.

Mozione Capitanio Santolini ed altri n. 1-00459, pubblicata nell'Allegato B ai resoconti della seduta del 19 ottobre 2010, l'ordine delle firme viene così modificato: «Capitanio Santolini, Zampa, Di Giuseppe, Mussolini, Mosella, Misiti, Iannaccone, Lussana, Delfino, Nunzio Francesco Testa, Compagnon, Tassone, Volontè, Naro, Ciccanti, Rao, De Poli, Ruvolo, Livia Turco, Lo Moro, De Torre, Cardinale, Zaccaria, Sbrollini, Touadi, Arturo Mario Luigi Parisi, Farinone, Schirru, Recchia, Siragusa, Bossa, Vannucci, Zucchi, Mattesini, Brandolini, Motta, Leni, Donadi, Mura, Palagiano, Favia, Borghesi, Evangelisti, Carlucci, Soglia, Mannucci, Bocciardo, De Nichilo Rizzoli, Marsilio, Paglia, Marinello, Toccafondi, Lo Presti, De Angelis, Di Centa, Cosenza, Calgaro, Tabacci, Brugger, Lo Monte, Commercio, Latteri, Lombardo, Belcastro, Gaglione, Milo, Sardelli».

Ritiro di documenti del sindacato ispettivo.

I seguenti documenti sono stati ritirati dai presentatori:
interrogazione a risposta orale Occhiuto n. 3-00912 dell'11 febbraio 2010;
interrogazione a risposta in Commissione Angela Napoli n. 5-03461 del 23 settembre 2010;
interrogazione a risposta orale Rao n. 3-01270 del 12 ottobre 2010.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo (ex articolo 134, comma 2o, del Regolamento).

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Borghesi Antonio n. 4-06205 del 18 febbraio 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03634.

Trasformazione di un documento del sindacato ispettivo.

Il seguente documento è stato così trasformato su richiesta del presentatore: interrogazione a risposta scritta Bratti e altri n. 4-08285 del 30 luglio 2010 in interrogazione a risposta in commissione n. 5-03617.